Kiss the shadow

di oOLeylaOo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 -Preparativi- ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 -Window's Vale ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 -Fratello- ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 -In cerca di una connessione- ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5-Discussione- ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 -Magia- ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 -Strega - ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 -Confusione- ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 -Interrogatorio- ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 -veri amici- ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 -In partenza- ***
Capitolo 12: *** CApitolo 12 -Arrivo- ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 -Preparativi- ***


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Capitolo 1

-Preparativi-

C’era un bel sole, cosa non insolita per aprile, che entrava gentilmente dalla finestra che avevo appena svogliatamente, finito di pulire. Spalancai le ante facendo entrare l’aria fredda e sperando che questo bastasse a svegliarmi: pulire la vecchia stanza degli ospiti, ormai usata come sgabuzzino, non era esattamente la mia idea di un buon fine settimana! D’altra parte mia cugina sarebbe arrivata quel pomeriggio e di certo non potevamo metterla a dormire sul divano per tutta la settimana che sarebbe rimasta.
-Morgan vieni a darmi una mano con questo affare!- mi chiamò mia sorella Mary K., decisamente più sveglia di me a quell’ora della mattina!
Mary K. era molto diversa da me: nonostante avesse solo quattordici anni era molto matura, aveva un corpo formoso e somigliava molto a nostra madre, era carina e molto attraente. Anche con la i pantaloni grigi di una tuta e una maglietta verde scolorita stava molto bene. Io invece indossavo una maglietta gialla e una salopette, nonostante i miei diciotto anni ero piatta come una tavola e con un naso “importante”, i miei occhi erano nerissimi e avevo iniziato a odiali quando avevo scoperto che li avevo ereditato dal mio padre biologico.
Gia, il mio padre biologico … Quando ero stata adottata avevo sollevato un putiferio con i miei genitori adottivi perché volevo sapere chi fossero i miei genitori naturali, nonostante li amassi molto per me era importante conoscerli. Inseguito a delle ricerche avevo scoperto che mi madre era Mave Riordan, una strega appartenente alla congrega di Bellweeket che era formata per la maggior parte da streghe Woodbane che avevano rifiutato l’uso della magia nera, che era stata uccisa, per la precisione bruciata viva, insieme a suo marito dal suo ex amate Ciaran, che per l’appunto era il mio padre biologico. Mi sentivo male al solo pensiero, non riuscivo ad accettare ancora pienamente che metà dei miei geni venissero da un uomo tanto malvagio da arrivare addirittura ad uccidere l’unica donna che aveva mai amato davvero.
-Accidenti quanto è grande!-si lamentò Mary K. mentre tentava di spostare il gigantesco quadro che era stato riposto nella stanza. Mi decisi a muovermi e andai ad aiutarla, afferrai l’altra estremità e insieme lo portammo in cantina, mentre nostra madre saliva con la biancheria per il letto. Nella stanza erano rimasti ancora un paio di scatoloni, però era stata completamente spolverata, rivelando in quel modo l’esistenza di una scrivania di legno, di un piccolo comodino intarsiato e di una lampada anni ’70.
Lasciammo il quadro in cantina, accanto ad alti due e a non so bene quanti scatoloni, mentre salivamo le scale il telefono iniziò a suonare: era Hunter, lo sapevo ancora prima di andare a rispondere. Mi precipitai all’apparecchio, Hunter era un cacciatore di streghe oscure e lavorava per il Concilio internazionale delle streghe che più di una settimana fa lo aveva spedito a Brooklin a investigare su Amiranth, la congrega di cui faceva parte anche Ciaran.
Afferrai il telefono e esordii con un preoccupatissimo –Come stai?-
-Bene, sto tornando a casa.- mi rassicurò con il suo solito accento inglese, il tono caldo.
Da quando mi aveva confessato di amarmi e ci eravamo lasciati e rimessi insieme era diventato molto più dolce di prima, meno freddo.
A quelle parole mi sentii incredibilmente sollevata e sospirai di sollievo.
-Quando sarai a casa?- domandai felice.
-Per le quattro di oggi pomeriggio dovrei essere a Window’s Vale. Sei libera?-
Mi bloccai, il primo impulso era di dire di si, ma mia cugina sarebbe arrivata in giornata e io dovevo restare ad aspettarla, i miei genitori non sarebbero stati contenti se me ne fossi andata per stare con il mio ragazzo.
-No.- risposi, la mia voce era carica di rammarico –Arriva mia cugina, devo restare ad aspettarla.-
Mi mancava, mi era mancato tanto, non vedevo l’ora di rivedere il suo viso dai tratti eleganti, i suoi capelli biondi e i suoi bellissimi occhi azzurri, il cui colore sembrava variare da quello blu del cielo a quello turchese del mare. Avevo voglia di rivederlo, di riabbracciarlo, di baciarlo; per tutta la settimana ero stata in ansia, avevo passato i primi giorni quasi insonne, continuavo a temere che gli accadesse qualcosa di brutto.
-Tua cugina?- domandò sorpreso –Che tipo è? Non mi hai mai parlato di lei.-
-Non l’ho mai vista.- confessai –Abita a Los Angeles ed è una lontana parente di mio padre, viene a trovarci e resta da noi per un paio di settimane perché i suoi vanno in Europa per una seconda luna di miele: è il loro trentesimo anniversario di nozze.-
-Quindi tua cugina resta da te finché non tornano?-chiese lui pensieroso.
-Gia. E se ci vedessimo stasera? O forse sarai troppo stanco…-riflettei.
-No stasera va bene. Ma non preferisci stare con tua cugina?- domandò curioso.
Arrossi –Veramente no-
-Morgan! Non disertare! Mancano ancora un paio di scatoloni!- mi chiamò Mary K. mentre portava in cantina uno scatolone, sembrava sul punto di cadere.
-Devo andare.- dissi con tristezza.
-A stasera-concluse lui riappendendo.
Niente mi sei mancata, o non vedo l’ora di vederti o ti amo. Bè, non si può cambiare tutto in un solo colpo.
Andai a finire di mettere a posto la stanza degli ospiti, i preparativi non erano ancora terminati.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 -Window's Vale ***


Documento senza titolo Ciao a tutti^^! Volevo ringraziarvi per aver letto il primo capitolo e fare alcune puntualizzazioni: la storia, come gia scritto, si svolge dopo il libro "oscure premonizioni" quindi personaggi come Cal o Selene che sono morti non riappariranno; gli eventi da me narrati sono frutto della mia fantasia e non ho idea se le cose nei futuri libri della bravissima Cate Tiernan prenderanno una piega simile a quella di questa fan fiction. Infine Andrea è un personaggio da me inventato che non apparirà nella serie dell'autrice^^! (cancellaimo tutti i dubbi XP)
Spero che la mia storia vi piaccia. Buona lettura a tutti^^!

Capitolo 2

-Window’s Vale –

 

@Dal punto di vista di Andy@

Il taxi era lento, o forse era la cittadina sperduta nel nulla in cui mi avevano inviato i miei a essere lontana dall’aeroporto. Sospirai sul sedile posteriore dell’auto e chiusi gli occhi pregando di tornarmene presto alla mia amata Los Angeles. L’auto si fermò davanti a una villetta in legno, con un piccolo giardino sul lato, un auto era parcheggiata davanti al garage che sembrava quella di un claun: aveva vari parti della macchina di colori diversi.
-Siamo arrivati?- domandai all’autista.
-Si, signorina. Questo è l’indirizzo che mi ha dato.- rispose il tassista.
-Può aspettarmi un attimo?-chiesi aprendo lo sportello.
-Certo.- disse lui spengendo il motore.
Scesi dall’auto e mi diressi verso la porta, bussai un paio di volte e venne ad aprire un uomo alto, sulla quarantina, magro e con i capelli sale e pepe. Sorrise con aria cordiale. –Andrea? Sei tu vero?-
Feci un cenno di assenso. –Sei zio Sean?- domandai alzando un sopracciglio.
-Benvenuta- mi salutò abbracciandomi, rimasi immobile.
Dio, perché ero sobria?
Gli diedi qualche pacca sulla spalla. –Zio Sean, devo prendere le mie cose.–
–Certo, hai bisogno di aiuto?– domandò premuroso.
Scossi la testa. –No, grazie– Mi diressi verso il taxi mentre l’autista usciva e apriva il bagagliaio, presi la mia borsa e zio Sean lo pagò prima che lo facessi io, decisi di non protestare perché qualche soldo in più poteva farmi comodo.
Entrai in casa e una donna e due ragazze vennero ad accogliermi, sorridevano tutte e tre, un po’ forzatamente. Quella più giovane, almeno a giudicare dall’aspetto, fece un paio di passi avanti e mi tese la mano (Dio ti ringrazio! Niente baci e abbracci!).
-Ciao! Io sono tua cugina Mary Khetleen, gli amici mi chiamano Mary K.- disse con gentilezza, sorridendo allegramente. La osservai un istante prima di stringerle la mano: aveva i capelli rossi raccolti in una coda, occhi marroni e un viso dolce e carino, probabilmente non aveva più di quindici anni, anche se dal corpo l’avrei detta una diciassettenne. Era il tipo di ragazza che il mio amico J. avrebbe definito “OGM”, un corpo non adatto per la sua età, forse in quel caso sarebbe stato un complimento. Comunque se avesse provato a dirlo lo avrei preso a pugni, in fondo era mia cugina, tutte le famiglie hanno il proprio Fredo!
Quando lasciai andare Mary K., l’altra ragazza si avvicinò con un sorriso un po’ timido, aveva un che di serio, i capelli erano lunghi e sciolti, tutti tagliati alla stessa altezza (non ero un amante di quel genere di taglio ma almeno non era la solita idiota che seguiva le mode del momento!), castani, e gli occhi neri, come due pozzi. Era alta all’incirca quanto me ed era molto magra, quasi piatta, aveva appena  un accenno di seno, il che era strano perché era sicuramente più grande della sorella. Mi tese la mano scacciando la timidezza che le si leggeva in viso.
-Io sono Morgan, piacere.- il tono musicale e profondo, serio. Mi fece sorridere. Sicuramente sarei andata d’accordo con quelle due, lo pensai sinceramente mentre stringevo la mano di Morgan.
La donna che somigliava in modo impressionante a Mary K., la loro madre quindi, si avvicinò e sorridendo disse – Benvenuta cara, io sono zia Mary Margaret –  poi mi abbracciò. In quell’istante capii un'altra cosa: con i miei zii non sarei andata d’accordo!
Quando mi sciolsi dall’abbraccio mi tolsi finalmente la giachetta di finta pelle che avevo addosso, guadagnandomi un occhiataccia: probabilmente la mia maglietta con il teschio e con scritto “Sorridi, solo da morto puoi farlo davvero!” non aveva guadagnato consensi.
– Io sono Andrea, ma potete chiamarmi Andy. – mi presentai con il sorriso più cordiale che riuscii a fingere. – Questa …?– domandai facendo un cenno alla giacca, la zia fece un cenno verso l’appendiabiti e fece come per prenderla, ma io la precedetti e la misi sull’appendiabiti all’ingresso mentre mio zio si dirigeva verso le scale con tutti i miei bagagli.
– Vuoi qualcosa da mangiare?– chiese zia Mary.
Scossi la testa. –No, non importa.– le sorrisi, in fondo erano le 5 di pomeriggio e non era il caso di pranzare a quell'ora tarda, tanto valeva aspettare la cena e poi non avevo fame. – Vorrei solo riposare un po’, se va bene.-
– Certo! Vieni.– mi fece segno di seguirla e mi guidò fino alla mia stanza. –Se hai bisogno di sapere qualcosa puoi chiedere a Morgan o a Mary K. Io ho preso mezza giornata di lavoro, ma ora devo andare.-
Mi guardai intorno: la stanza non era molto grande, c’erano un letto, una scrivania e un armadio, oltre al comodino accanto al letto.
–Grazie di tutto zia. Penso che dormirò un po’, se non è un problema. –
Lei sorrise prima di andarsene, chiusi la porta e mi buttai sul letto, poi mi rigirai a pancia in su e mi alzai a sedere per prendere il mio cellulare. C'erano due messaggi in segreteria: mettere il cellulare silenzioso era stato rischioso, ma non volevo rispondere a qualunque chiamata dei miei genitori, quale che fosse la chiamata che avrebbero fatto, quale che fosse la prescelta delle loro scuse che mi avrebbero elargito per essersene andati e avermi scaricato a quella famiglia.
Chiamai la segreteria telefonica svogliatamente, la voce calda e roca di Samantha mi avvertiva che aveva trovato un regalo perfetto per il compleanno di Ebony, una nostra amica il cui vero nome era Jessica, ma siccome lo odiava si faceva chiamare Ebony, come un personaggio di un libro illustrato che le piaceva molto. Il secondo era di J. che mi avvertiva che se quella sera non gli passavo il cd dei New Pornography che mi aveva prestato mi avrebbe ucciso, mi aspettava su un canale IRC alle 11, armato di coltello virtuale: stupido come al solito. Bè, almeno avevo loro che erano come una seconda famiglia, anzi come una prima famiglia visto che la famiglia vera e propria faceva attualmente schifo.
Sbuffai e mi buttai sul letto fissando il soffitto: una famigliola felice, proprio quello che mi ci voleva in quel momento! Ora che i miei genitori stavano praticamente scappando dalla situazione in cui si trovavano.
Guardai la finestra dall'altra parte della stanza: potevo uscire da quella e scappare. Un idea fin troppo allettante in realtà.
Chiusi gli occhi e tentai di riposare, solo di riposare, di non pensare al abili piani di fuga e luoghi lontani in cui sarei stata 100 volte meglio.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 -Fratello- ***


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Capitolo 3

-Fratello-

 

@Morgan@

Parcheggiai la mia auto nel famigliare vialetto circondato dagli alberi, spensi il motore e liberai i sensi, fissando la casa di legno davanti a me... Hunter era all'interno insieme ad altre due persone: Sky e una strega, ne ero sicura, che non conoscevo. Una strega abbastanza potente.
Scesi con una punta di nervosismo dall'auto quando Hunter aprì la porta e mi venne incontro. Indossava solo un paio di jeans sbiaditi e una maglia sbracciata che rivelava i muscoli delle braccia ed era abbastanza aderente da mostrare anche quelli del torace. Ci incontrammo sulle scale e lui mi prese per mano sorridendo.
-Benvenuta.- salutò con in suo solito accento inglese, il suo tono dolce mi diede un brivido ormai famigliare. Solo in quel momento mi accorsi di quando mi era mancato e di quando ero stata in pena per lui.
-Ben tornato.- dissi io con un sorriso che mi andava da un orecchio all'altro, fissandolo nei suo bellissimi occhi verde mare. Quando si abbassò a baciarmi toccai il cielo con un dito e mi persi in quel bacio come mai prima di quel momento.
Ci separammo di mala voglia, o meglio io mi allontanai da lui di mala voglia, perchè percepimmo che Sky stava venendo a chiamarci. Sempre mano nella mano ci dirigemmo alla porta di casa, quando Sky si affacciò mi sorrise e mi fece cenno di entrare.
La stanza era la solita: il famigliare camino in un angolo, il comodo divano e la poltrona sulla quale era seduto un uomo che non avevo mai visto ma che si era alzato appena ero entrata nella stanza. Era alto, sulla trentina, con i capelli castano chiaro lunghi fino alle spalle e gli occhi grigi, di corporatura media. Mi sorrise in modo forzato e cordiale.
–Buona sera– esordì con accento inglese. -Tu devi essere la famosa Morgan Riordan.-disse facendo un paio di passi avanti e tendendomi la mano. -Io sono Christian Soler, piacere di conoscerti.-
– Piacere mio.– sorrisi stringendo la mano, aveva una stretta ferrea e decisa.
–Ti va un pò di tè?– domandò cortesemente Sky. Avevo come la sensazione che qualcosa non andasse.
– No, grazie, non è il mio genere. – declinai e sentii Hunter storcere il naso in segno di disapprovazione: sapevo che per lui la mia bibita preferita, la diet coke, era una schifezza, ma ognuno ha i suoi gusti.
–Devi sapere una cosa. – esordì improvvisamente Hunter, i suoi occhi rivelavano un certo nervosismo.
–Piano Neal.– lo fermò Soler mi fece cenno di accomodarmi sul divano.
Mi misi seduta ma continuai a fissarlo in cagnesco: che accidenti stava succedendo?
–Morgan io non sono affatto sicuro che coinvolgerti ulteriormente in questa faccenda sia una buona idea..– iniziò con voce gentile ma ferma. –Ma qualcuno...– e così dicendo fissò il mio ragazzo – Non è molto d'accordo con me.–
–Morgan ha il diritto di sapere!– intervenne lui, alle mie spalle.
Soler sospirò piuttosto stancamente. – Sembra tu conosca abbastanza bene in gruppo di Amiranth–
Sussultai al sentire pronunciare quel nome, e fui attraversata da un brivido davvero molto spiacevole. I ricordi era impossibile scancellarli, a volte mi svegliavo ancora di notte spaventata dopo aver sognato il giorno in cui mi avevano catturata, il rito a cui ero stata sottoposta. Ricordavo ancora con chiarezza, nonostante fossero trascorsi diversi mesi, il dolore e la paura, la sensazione di morire e così facendo di tradire almeno un pò mia madre che aveva dato la vita per proteggermi da Amiranth.
Il ricordo di Ciaran era quello più vivido ovviamente, impresso nella mia mente a fuoco, come una ferita pericolosa e non ancora rimarginata. Odiavo quell'uomo, l'uomo di cui avevo gli occhi, l'uomo a cui dovevo metà della mia discendenza di strega, l'uomo che aveva tentato di uccidermi, il mio padre biologico. Eppure persino la definizione "essere umano" stonava se accostata al suo nome!
–Lo conosco.– fu tutto ciò che riuscii a dire mantenendo un tono di voce fermo.
Lui si guardò un attimo intono prima di continuare. – Sembrerebbe che un ex membro del gruppo si stia dirigendo qui.– proseguì con calma.
Alzai gli occhi fissi sulle mie mani intrecciate per incontrare quelli della strega che mi stava davanti. – Un ex- membro? Chi?–
Hunter mi mise una mano sulla spalla costringendomi a voltarmi verso di lui, quando i nostri sguardi si incrociarono lui parlò molto lentamente fissandomi sempre con preoccupazione. – Morgan ...– esitò un attimo prima di proseguire –Si tratta di Killian–
– Killian. – ripetei, nella mia bocca quel nome suonava strano e aveva un che di particolare. Suonava un pò come una domanda. Killian stava venendo a Window's vale... Killian il figlio di Ciaran ... Killian il mio fratellastro... Killian, l'ex-membro della congrega Amiranth. Mi massaggiai piano le tempie.
– Perché sta venendo qui? – domandai in preda all’confusione.
I tre si scambiarono uno sguardo veloce.
– Non lo sappiamo ancora. – mi rispose Hunter stringendomi una mano, la sua mano era calda e mi trasmetteva una sensazione rassicurante. Mi chiesi perché non poteva esserci mai pace. Perché dovevamo sempre trovarci in mezzo a quelle assurde situazioni? Hunter aveva già rischiato più volte di morire, non volevo che accadesse di nuovo.
– E il resto della congrega? – domandai con la gola secca per il nervosismo.
– Non sappiamo dove sia. – disse Soler.
Chiusi gli occhi e ispirai forte: e pensare che avevo sperato in un incontro un po’ più romantico.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 -In cerca di una connessione- ***


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x Seferdi: "un'altra" hai scritto ? Quindi oltre la mia c'è un altra fan su questa serie? *_____*
Dove? Dove ? DOVE? Io non sono riuscita a trovarne! ç_ç

x kira988: grazie mille per i complimenti! prometto di fare del mio meglio^^!

 

Capitolo 4

-In cerca di una connessione-

@Andy@

Accesi il computer e con mio disappunto mi accorsi che la rete wireless era scollegata, cliccai sull’icona che indicava la mancanza di segnale per connettermi. Una finestrella verde fece la sua apparizione sullo schermo,  quando ebbi completato la procedura per connettermi mi misi pazientemente in attesa. I minuti iniziavano a passare e i problemi di connettività rimanevano. Stavo per avere un esaurimento nervoso quando l’icona mi avvertì che era impossibile connettersi perché la connettività era limitata o assente. Riprovai con pazienza a fare il percorso … altri minuti di attesa. La lucina gialla passava da una parte all’altra del piccolo schermo che segnava la connettività. Di nuovo connettività limitata o assente. Iniziai a irritarmi. Spensi il computer e lo mollai sul letto, poi mi fiondai fuori dalla stanza, giù per le scale, afferrai il cappotto e corsi fuori con il cellulare in tasca: erano le sei di sera e il cielo era ancora luminoso. Camminai lungo il vialetto finchè non incontrai una fermata dell’autobus, salii con un balzo, pagai un biglietto e mi buttai su un sedile, c’erano poche persone. Rimasi in silenzio guardando il paesaggio del tutto anonimo mentre ci dirigevamo verso il centro commerciale dove speravo di trovare un Internet Point.
La fermata era non molto lontana dall’edificio e dopo appena dieci minuti entrai nel minuscolo centro commerciale pieno di persone (quelli non avevano idea di cosa fosse veramente un centro commerciale). Dopo pochi minuti individuai un minuscolo internet caffè, dove i computer avevano una saletta privata. Andai controvoglia nella minuscola saletta dove c’erano tre computer di numero, tutti occupati: che gioia! Sospirai tristemente pensando alla mia amata e lontanissima Los Angeles e mi diressi verso il bar, lasciandomi cadere sulla sedia. Una cameriera arrivò con un bicchiere d’acqua e mi chiese cosa prendevo, ordinai una fetta di torta alla crema e un frappé alla fragola. Mentre me ne stavo lì imbronciata a mangiarla si avvicinò al mio tavolo un ragazzo, aveva un corpo muscoloso e i capelli scuri erano corti e spettinati, continuava a cercare di tenerli lontano dal volto perché i ciuffi troppo lunghi gli ricadevano sugli occhi: probabilmente li aveva tagliati da poco. I suoi occhi erano dello stesso colore scuro dei capelli e i suoi lineamenti avevano qualcosa di familiare, nonostante l’abbigliamento semplice aveva qualcosa di affascinante.
Si appoggiò con una mano al tavolo e mi fissò negli occhi.
– Sto cercando Morgan. – esordì con arroganza.
Rimasi un attimo spiazzata, poi mi irritai. – Buon per te. – dissi sulla difensiva, tornando alla mia torta, era un po’ troppo dolce, forse era meglio se prendevo un caffè, il frullato alla fragola fu una mazzata.
–Tu la conosci, no? –
Non era una domanda quindi non risposi.
Lui si tolse la giacca, la mise sullo schienale della sedia e poi si mise a sedere.
Io alzai gli occhi per fissarlo con irritazione. – Non credi di esagerare? – il mio tono aveva qualcosa di minaccioso.
Lui sorrise per niente toccato dal mio comportamento. – Su tesoro, rilassati! – rispose divertito – Non mangio. E tu non sembri particolarmente buona da mangiare, anche se hai qualcosa di indubbiamente interessante. Io voglio solo sapere dov’è Morgan. –
Fissai nuovamente la torta mezza mangiata, poi posai lentamente la forchetta sul tavolo, appoggiai i gomiti ai lati del piatto e incrociai i diti, appoggiando poi il mento sulle mani, alzai lentamente lo sguardo tenendo le ciglia abbassate e fulminandolo con lo sguardo.
– Non so chi sei e non mi interessa. Ho passato una giornata insopportabile e il mio umore non è dei migliori quindi o abbassi la cresta e la smetti di fare l’idiota o giuro che ti spacco la faccia! – avvertii con voce suadente e un sorriso freddo quanto lo zero assoluto.
Lui alzò le mani in segno di resa. – Calma tesoro, vengo in pace. – il tono era scherzoso e aveva quell’odioso sorriso stampato in faccia.
– Non chiamarmi tesoro. – mi stavano saltando i nervi! Davvero una giornata fantastica!
Sorrise ancora. – Come vuoi. –
– Cosa le porto? – domandò una cameriera facendomi sobbalzare. Non mi ero accorta che si era avvicinata.
Mi lasciai andare contro lo schienale della sedia incrociando le braccia al petto e fissandolo seccata.
– Una birra. – ordinò indifferente alle mie occhiatacce.
– Non serviamo alcolici. – si scusò la cameriera.
Lui sospirò seccato – Un tè allora. –
Lei se ne andò dopo averlo annotato e lui tornò a fissarmi.
– Sembri molto seccata. – il suo tono di voce era divertito.
– Visto che non cerchi me, perché non te ne vai?– il mio tono di voce era freddo, ma non lasciava trapelare nessuna emozione.
– Ti sbagli, io cercavo proprio te. Sei la mia connessione. –
Alzai un sopracciglio in segno di domanda, non avevo idea di cosa parlasse. Lui si limitò a sorridere.
Sospirai. – Anch’io cercavo una connessione, anche se diversa dalla tua. – raccontai, tentando di spingerlo a dirmi qualcosa di più.
– E che genere di connessione era? – domandò con umorismo. Sembrava totalmente a proprio agio.
– Una connessione a internet. –
Ridacchiò divertito.
Si, aveva decisamente qualcosa di affascinante, non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso. Eppure mi irritava, mi infastidiva davvero, ma da un'altra parte c’era qualcosa in lui che mi piaceva, non riuscivo a raccapezzarmi con chiarezza in quelle sensazioni.
La cameriera lasciò la tazza, la caffettiera con l’acqua, la bustina di te e quella di zucchero sul tavolo e se ne andò. Il ragazzo mise la bustina nella tazza e versò lentamente l’acqua calda che pian piano si tinse del colore del te. Alzò gli occhi a incrociare i miei lasciando il tè in infusione.
– Devo vedere Morgan. – il tono di voce stavolta era serio.
– Inizia col dirmi chi sei. –
– Mi chiamo Killian. Sono una strega … e sono il fratello maggiore di Morgan.–
– Oh cazzo. – mi limitai a dire sotto shock.
A quanto pare la mia famiglia non era la sola ad avere dei problemi.

 

@Morgan@

– Forse è meglio se torno a casa. – dissi fissando il fuoco nel caminetto. Hunter era in cucina a parlare con quel tipo mandato dal Consiglio, le mie speranze di passare una giornata tranquilla con lui erano svanite del tutto.
– Non è necessario. – mi assicurò Sky aggiungendo un pezzo di legna nel fuoco.
– Non è che qui possa fare molto. – dissi guardando con rimpianto Hunter.
Era inutile stare lì e per quanto riguardava Killian non pensavo che avrebbe mai fatto qualcosa per farmi del male, non mi sembrava il tipo. E poi non è nemmeno detto che stesse venendo lì per me. E se avesse scoperto che ero sua sorella? Ma come avrebbe fatto? Voleva dire che aveva parlato con Ciaran. E Ciaran? Era sulle mie tracce?
Scossi la testa scacciando quei pensieri e mi alzai dal divano dirigendomi verso la porta, Sky mi venne dietro. – Non c’è bisogno che tu te en vada Morgan. – disse con gentilezza.
– Lo so, ma devo tornare a casa, c’è mia cugina. – feci, in realtà non mi importava molto del fatto che ci fosse mia cugina, ma non mi andava di restare lì, soprattutto dopo che mi era venuto in mente Ciaran. Dopo che lui aveva tentato di uccidere me e Hunter, che era venuto in mio soccorso. Dopo di che lo avevo lasciato, pensavo che sarebbe stato meglio lontano da me, che sarebbe stato più al sicuro. Ma alla fine eravamo tornati insieme, anche perché lui mi aveva detto che mi amava e che era il mio mùirn beatha dàn, la mia anima gemella.
Uscii di casa e andai in silenzio alla macchina, senza guardarmi indietro, tentando di scacciare la sensazione di essere in pericolo, per un po’ sarebbe stato meglio che stessi lontana da Hunter, così lui sarebbe stato più al sicuro o almeno così speravo. Un cacciatore di streghe oscure poteva mai essere al sicuro? Speravo di si, lo speravo con tutto il cuore. L’idea di non vedere per un po’ Hunter mi faceva male, anche considerando il fatto che non ci vedevamo da parecchio tempo. Non volevo che lui rischiare nuovamente la vita per salvarmi, non sopportavo l’idea di rischiare di perderlo di nuovo, e poi Ciaran e Killian erano un problema mio e mio soltanto.
“Morgan, devo parlarti” disse la voce di Hunter nella mia testa.
Sospirai rassegnata. “Dove?” domandai. I messaggi da strega erano una gran cosa, mi permettevano di risparmiare i soldi per il cellulare, ma le conversazioni con quelli erano molto brevi, si limitavano a una sorta di botta e risposta di massimo una frase.
“Ci vediamo al parco.”
Mi accostai e feci inversione di marcia per andare al parco, era pomeriggio inoltrato e avevo promesso che sarei tornata per le otto. Avevo ancora un po’ di tempo ma era sera e il sole era tramontato da poco quando parcheggiai la macchina nel parcheggio di fronte al parco, accanto a quella di Hunter.
Lui entrò accomodandosi sul sedile del passeggero e mi prese la mano.
– Sei preoccupata? – domandò guardandomi mentre io continuavo a fissare davanti a me senza voltarmi, dovevo dirglielo. Dovevo. Ce la dovevo fare!
– Morgan, per favore parlami. – il tono era un po’ freddo.
Feci un respiro profondo – Forse è meglio se non ci vediamo per un po’– esordii a malincuore.
Lo sentii irrigidirsi. – Non essere ridicola Morgan! –
– Non lo sono. – confermai con voce piatta, era difficile mantenere la calma.
– So perché lo dici! È ridicolo! Io sono un cacciatore di streghe! So molte più cose di te! E non sono un bambino! Non ho bisogno di essere protetto! – ha ribattuto.
– Già, perché non hai avuto problemi a vedertela contro Amyranth. – lo rimbeccai
Hunter è trasalito, poi però ha ribattuto. – Non sta venendo Amyranth, è solo Killian! –
– Ma potrebbe essere qui per via di Amyranth, in fin dei conti ne faceva parte. – ma non ci credevo nemmeno io.
– Non era un pesce grosso e dubito che sia tornato a far parte della congrega. Forse sta soltanto cercando di avere un legame con te. – rispose lui impassibile, dal suo tono di voce sapevo che stava per usare la sua logica schiacciante, come al solito. – In oltre se stesse realmente lavorando per Amyranth saresti più al sicuro con me che senza. Non dimenticare che c’è anche Chris che è un membro del consiglio, forse non potremmo sconfiggerli, ma quanto meno potremmo fermarli. Se agiamo insieme, Morgan, abbiamo molte più possibilità di cavarcela che se agiamo separatamente. – 
Feci una smorfia molto seccata: aveva ragione, l’aveva davvero, ma… – Loro vogliono me. – gli feci notare.
– Sei uno degli obiettivi. – assentì lui – Ma non gli permetterò di farti del male! –   
Scossi la testa mentre lui continuava ad osservarmi con attenzione.
– Guardami! – ordinò con dolcezza.
Mi voltai per fissarlo negli occhi: erano più verdi che azzurri e mi ricordavano l’acqua del mare. Lui si chinò in avanti per baciarmi e quando le nostre labbra si sono sfiorate ho sentito l’ansia dissolversi e il mondo intorno a noi svenire. Mentre mi stringevo a lui, facendo aderire i nostri corpi riuscivo solo a pensare a quanto fosse stato stupido preoccuparsi di tutte le cose brutte che accadevano. In quel momento esistevamo solo noi due, il resto del mondo non aveva importanza. Volevo Hunter, volevo sentirlo molto più vicino, volevo sentire tutto il suo amore per me e volevo che lui sentisse il mio. Volevo essere sua in modo totale.
Quando ci separammo rimanemmo a fissarci negli occhi per un tempo che a me sembrò infinito. Il rumore di una macchina che partiva ci fece sobbalzare e il momento passò ricapultandomi nel mondo reale dove i problemi non si potevano evitare. Hunter uscì dalla macchina salutandomi con un – Ti chiamo io. –
Erano le sette e quaranta di sera e dovevo tornare a casa, misi in moto la macchina e facendo attenzione mi diressi verso casa.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5-Discussione- ***


Documento senza titolo

Evviva! Ho finito il capitolo 5! Che maratona^^! Tutta per voi! Buona lettura e grazie mille per le recenzioni, sapere che quello che scrivo vi piace mi spinge a non arrendermi quando non so come proseguire.Quindi, non so se posso o no farlo, però ci terrei a dedicare questo capitolo a Seferdi, AliDiPiume, Kira988 e Shannara!

 

Capitolo 5

-Discussione-

@Andy@

“Non accettare mai passaggi dagli sconosciuti” era una delle mie regole base, eppure ora ero lì, seduta in quella stupida auto, sullo stupido sedile del passeggero, fissando una stupida strada, mentre un tizio che conoscevo da nemmeno due ore mi stava portando a casa di mia cugina, una cugina che conoscevo da nemmeno un giorno.
– Basta! – bisbigliai a me stessa, seccata dai miei stessi pensieri.
– Come ? – domandò tirandomi una fugace occhiata.
– Volta a sinistra al prossimo incrocio. – mi limitai a dire.
Eseguì senza fare commenti.
– Tu non sei una strega.- iniziò lui rompendo il silenzio.
Non era una domanda quindi restai zitta sbuffando: strega. Non esistono le streghe! Non esistono i poteri! Cosa si erano fumati? Le canne non fanno questo effetto!
– Però hai un qualcosa … Forse potresti esserlo studiando un po’–
Sbuffai di nuovo mantenendo il silenzio.
– Non mi credi molto, è tesoro?! – domandò con un certo divertimento.
– No, come chiunque avesse un minimo di buonsenso. – ribattei immediatamente – E non chiamarmi tesoro! –
– E se ti dimostrassi che la magia esiste? – propose con un ghigno.
– Cioè come in Joan of arcadia quando Joan dice a Dio:”Se sei Dio allora fammi vedere un miracolo.” e lui le fa vedere un albero e quando lei le dice “E’ un albero”, lui risponde “Prova tu a farne uno” ? – domandai con sarcasmo.
Lui mi lanciò un occhiata sconcertata.
Io mi voltai di nuovo verso il finestrino fissando le luci delle strada ignorandolo. Avvistai la casa.
– E’ quella, frena lì! – dissi indicandola.
Killian accostò al marciapiede e spense l’auto.
– Non sento Morgan. – annunciò.
Forse lo fissai come se fosse un idiota, ma giuro che non me ne accorsi, quello che diceva alle mie orecchie suonava insensato.
– Sei sicura che sia in casa?- domandò guardandomi.
– No. Non sono veggente.- mi limitai a rispondere.
– Potresti esserlo senza saperlo.- fu l’enigmatica risposta.
– Sai più passo il tempo con te, più vorrei picchiarti.- dissi candidamente.
– Sei un tipo violento. Mi piace. – fece con un sorriso molto provocante.
Mi voltai verso di lui sorridendo con freddezza e distacco. – Sei un idiota e indovina? Non mi piace!–
Lui scoppiò a ridere divertito. – Dammi un po’ di tempo e un tocco di magia … –
Sbuffai di nuovo.
– Non mi credi proprio … – constatò sempre più divertito.
Mi limitai a fargli la linguaccia. E aprii la portiera.
Lui mi afferrò il polso e io mi voltai verso di lui di scatto.
–Non mi inviti a entrare? – domandò con tono volutamente malizioso.
– Vuoi vedere Morgan giusto? – domandai soprapensiero.
– Vorrei anche convincerti che sono una strega. – aggiunse.
– Davvero? Come? – chiesi con sarcasmo.
Sorrise e aprì la portiera, abbassai gli occhi: sul terreno era disegnata una rosa, era stilizzata ma molto bella.
– Preferivi un orchidea? – sussurrò nel mio orecchio.
Mi voltai a fissarlo, la luce dell’abitacolo gli illuminava la faccia creando dei netti chiaro-scuri, rise divertito alla mia espressione incredula.
– L’hai vista prima con la macchina. –
Scosse la testa, ma il ghigno non sparì.
– La prossima volta cadrai ai miei piedi e allora ci crederai. – disse con un sorriso malizioso.
– La prossima volta ti darò una lezione di umiltà, altroché! – risposi, quanto mi dava ai nervi! Scesi dall’auto calpestando la rosa, lui rimase in macchina senza muoversi, quando arrivai davanti alla porta lo sentii partire, mi voltai a guardare la macchina allontanarsi sentendomi un po’ confusa. Lentamente mi diressi verso il punto dove era parcheggiata la macchina e mi chinai per terra a guardare la rosa, scuotendo la testa: e pensare che ero lì solo da quel pomeriggio.
Morgan arrivò in quel momento e parcheggiò la sua auto scassata nel punto in cui prima c’era quella di Killian. Morgan usci dall’auto e mi guardò sorpresa.
– Stai bene? – chiese un po’ preoccupata, ero ancora accucciata.
– Si, si sto bene. – assentii alzandomi lentamente.
Lei guardò il terreno e sgranò gli occhi sorpresa.
– L’hai disegnata tu? – chiese fissandola in modo particolare
– No. È stato … – tuo fratello – … un tizio strano. –
Mi lanciò uno sguardo sconcertato, poi la sua espressione si fece preoccupata.
– L’hai visto? Com’era? Ti ha detto qualcosa? Potresti descrivermelo? – domandò agitata e in preda all’ansia.
La guardai confusa prima di scrollare le spalle e dirigermi verso il portico, mi fermai quando vidi un vaso di orchidee completamente fiorito. Mi bloccai e rimasi a fissarlo sentdo qualcosa che mi impediva di respirare.
– Morgan– chiamai.
Sentii il suo sguardo posarsi su di me, la sentii avvicinarsi lentamente.
– Che c’è? –
– Da quanto sono fiorite queste orchidee? – chiesi sfiornado un petalo del fiore con la punta del dito.
– Fiorite? Ma se mia madre le ha piantate ieri! – rispose guardandole incredula.
– Morgan… prima ho incontrato tuo fratello Killian. – ero una traditrice? In fondo non mi aveva detto di non dirglielo, e non c’era motivo di non parlarle del mio incontro con suo fratello.
– Dove? – domandò sorpresa.
– Al centro commerciale – risposi – Mi ha riaccompagnata qui. Ha detto che è una strega. Non sapevo che avessi un fratello. – dissi voltandomi verso di lei. – Pensavo che avessi solo Mary K. –
– Ti ha detto niente? – domandò ignorando la mia implicita domanda.
– Morgan come è possibile che Killian sia tuo fratello? – domandai confusa, pretendendo una risposta. Lei rimase un attimo in silenzio.
– Io … sono stata adottata. Kiallian è il figlio del mio padre biologico. – rispose con tono esitante, sembrava che parlare non le facesse molto piacere, non potevo biasimarla, in fondo non era propriamente affar mio.
– Gli zii lo sanno? Che conosci Killian intendo. – domandai con il tono più delicato che riuscii a trovare.
– No. – rispose fissandomi negli occhi con fermezza.
– Non vuoi farglielo sapere? – chiesi cercando di non sembrare impicciona, volevo solo sapere come comportarmi.
– No. – rispose con fermezza.
– Sei monosillabica? – la presi in giro.
– Non dirglielo, per favore. – disse incrociando le braccia al petto.
– Non ho intenzione di farlo, non sono affari miei. –
Mi sorrise come per ringraziarmi e io ricambiai quel sorriso, forse stavamo diventando amiche, quanto era strano!
– Allora… – feci soprapensiero dirigendomi verso la porta, ignorando il più possibile la pianta. – La magia esiste davvero? –
Lei fece un cenno d’assenso. – Io sto studiando la wicca con alcuni amici. Anche mia madre, mia madre biologica, era una strega. –
Ci pensai su in silenzio aprendo la porta e entrando nell’altrio. – Quindi esiste. –
Sospirai irritata – La magia intendo. –
– Si esiste. – confermò con un cenno del capo mentre appendeva il giacchetto di jeans all’appendiabiti.
La imitai e appesi il mio giacchetto di pelle. – Morgan. – chiamai senza guardarla.
Lei si voltò per incrociare il mio sguardo ma io continuavo a tenere gli occhi bassi, le mani ancora strette alle maniche di morbida pelle nera. – Mi faresti un favore? –
– Cosa? – domandò sorpresa.
Mi voltai per incrociare il suo sguardo. – Non dirlo a Killian. – dissi con il mio miglior sorriso da strega.

 

@Morgan@

Ero stesa sul letto, il mio Dagda se ne stava raggomitolato accanto alla mia pancia mentre io gli accarezzavo distrattamente la testa, leggendo per la decima volta il diario di Maeve, tenendo appoggiato l’athame alle pagine. La cena era stata strana con mia cugina seduta a tavola insieme a noi, che sembrava non sapere cosa dire, anche mia madre era abbastanza a disagio e continuava a comportarsi in modo eccessivamente conrtese. Sospirai chiudendo di scatto le pagine del libro delle ombre.
Killian. Nella mia mente il suo nome rimbalzava come una pallina da tennis, il mio fratellastro … Come dovevo comportarmi? Cosa dovevo dirgli? Non riuscivo a decidermi.
Avrei dovuto chiamare Hunter, sapevo che avrei dovuto farlo, ma non ero sicura che fosse la cosa giusta visto che non sapevo bene come comportarmi. Quasi mi avesse letto nel pensiero, percepii la presenza di Hunter vicino a casa. Nascosi il diario di Maeve e l’athame sotto il cuscino e corsi giù per le scale fino alla porta, li mi bloccai: che dovevo fare? Dovevo dirgli di Killian o fingere di non sapere niente?
Hunter bussò alla porta, afferrai la maniglia e aprii lentamente la porta, il suo sguardo gentile e azzurro mi accarezzò.
– Come mai da queste parti? – domandai. – Ci siamo salutati solo pochi istanti fa. –
– Avevo la sensazione che fosse successo qualcosa, ma tu non mi hai chiamato, non mi hai nemmeno mandato un messaggio magico. Ho pensato che forse era una sensazione sbagliata, poi ho pensato che vista la tua testardaggine era sicuramente successo qualcosa. –
– E dovevi farla così lunga? – domandai seccata, aveva ragione ma non dovevo dirglielo per forza… in realtà non sapevo ancora cosa fare.
Hunter si passò la mano tra i capelli biondi togliendoli dalla faccia, incrociai le braccia al petto per resistere al desiderio di toccarlo.
– Posso entrare? – domandò incrociando il mio sguardo.
Mi feci da parte mentre lui faceva un paio di passi nell’ingresso, chiusi la porta e mia madre apparve dall’altra parte del corridoio.
– Morgan, chi è? – domandò inclinando guardando Hunter, in effetti non li avevo ancora presentati ufficialmente. * Ci sarà mai questa scena?*
Sorrisi nervosamente – Mamma, lui è Hunter. Hunter questa e mia madre. – li presentai guardando le mie ciabatte.
Hunter allungò una mano a stringere la sua con decisione una certa esitazione.
– Salve Hunter. – lo salutò mia madre con cordialità. – E’ un piacere conoscerti, finalmente. – concluse con un sorriso, poi mi lanciò uno sguardo che non riuscii a decifrare ma che non mi piacque molto.
– Il piacere è mio. – rispose cordialmente.
– Posso offrirti qualcosa? Un caffè, un tè magari … – propose
– Mamma, ci penso io – mi feci avanti – Andiamo in cucina. – proposi ad Hunter, poi mi avviai in cucina. Lui mi seguì in silenzio, grazie al cielo la cucina era deserta così potevamo parlare.
– Ti va un tè? – domandai, sapendo che lui al caffè preferiva sempre il tè, gli inglesi a volte sono strani.
– Si, grazie. – rispose mentre mettevo l’acqua al fuoco, si accomodò su una sedia, il suo sguardo sempre posato su di me. Presi la scatoletta con le bustine del te da una mensola e le posai sul tavolino accanto ad Hunter, poi andai al frigo.
– Latte o limone? –
– Solo zucchero. – rispose un po’ disgustato. Era inglese.
– Okay. – dissi afferrando una diet coke e chiudendo il frigo, tornai ai fornelli e presi dalla mensola sopra il contenitore con lo zucchero.
– Morgan. – chiamò Hunter, mi voltai mentre prendevo una tazza. – Hai incontrato Killian? – domandò guardandomi negli occhi.
– Perché ne sei sicuro? – domandai sospettosa.
– Ho visto che le orchidee sono fiorite e una rosa disegnata sulla terra, mi sono accorta che la magia non apparteneva a te. – spiegò – Non mi veniva in mentente nessuno che potesse averlo fatto . Comunque la magia non dovrebbe essere usata per ragioni futili. – concluse, con la sua solita ramanzina.
Sospirai rassegnata. –D’accordo. – acconsentii con rassegnazione.
– E’ venuto qui? – domandò.
– Si. – assentii molto seccata. Mi voltai i presi il bollitore, misi l’acqua nella tazza e tornai al tavolino, mi misi a sedere davanti a lui e gli porsi la tazza senza dire una parola.
– Perché non volevi parlarmene? – domandò mettendo una bustina di tè nell’acqua.
– Perché preferivo cavarmela da sola. – risposi scrollando le spalle.
Mi fissò con aria di rimprovero, io mi appoggiai allo schienale della sedia mentre sostenevo il suo sguardo verde acqua, improvvisamente sentii l’irrefrenabile desiderio di baciarlo e incrociai le braccia al petto per impedirmi di toccarlo.
– Comunque, non l’ho incontrato io. – continuai riprendendomi – L’ha incontrato mia cugina. –
– Tua cugina? – domandò sorpreso, si era sporto sul tavolo, la tazza di tè totalmente ignorata.
– Si, mia cugina. Quella che è arrivata oggi. Non so bene cosa è successo, comunque sembra che si siano incontrati e l’abbia riportata a casa. – raccontai con un alzata di spalle.
– Quindi tu non l’hai visto? – domandò.
– Nemmeno di sfuggita. –
– Promettimi di avvertirmi se lo incontri o la prossima volta che lo incontra tua cugina. –
Feci segno di si con la testa senza dire niente. Lui si sporse dal tavolo per baciarmi, chiusi gli occhi e mi strinsi a lui approfondendo il bacio. In quel momento Mary K entrò nella stanza e io ringraziai il cielo che fosse solo Mary K.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 -Magia- ***


Documento senza titolo

Lo so, avete aspettato un mese intero e io vi porto solo un paio di pagine, ma scrivere si è rivelato complicato, sopratutto perchè devo sempre tenere a mente il carattere di personaggi che non ho creato io. Spero di riuscirci bene.. -.-

Buona lettura a tutti.

Capitolo 6

-Magia-

@Andy@

Non ricordavo di aver mai dormito tanto bene in un letto che non era il mio. Forse c’entrava la stanchezza per il viaggio … o la conversazione con Killian … oppure quella con Morgan. O tutti e tre i fattori insieme.
La luce del mattino inondò piacevolmente la stanza mentre io la guardavo filtrare dalle persiane fino ad arrivare lentamente al mio letto. Fissai il computer abbandonato in angolo della stanza e mi ricordai improvvisamente che quella sera ero andata a letto senza mandare il cd a J. Svogliatamente mi alzai e presi il cellulare, gli inviai un messaggio di scuse ignorando il fatto che erano le nove e venti e che probabilmente se ne stava beatamente addormentato nel suo letto. Era domenica mattina, in fondo aveva il diritto di dormire quanto voleva.
Qualcuno bussò lievemente alla porta, tanto che non fui affatto sicura di aver sentito bene. Mi alzai dal letto, avevo addosso solo una maglietta un paio di taglie più grande del normale, ma speravo che la persona che era al di la della porta non si scandalizzasse.
Apri la porta lentamente, non so perché ma d’improvviso non mi sentivo più tanto tranquilla. Davanti a me si materializzò Killian, aveva in mano un’orchidea recisa. Mi sorrise con aria divertita e maliziosa, il suo sguardo nero si posò su di me.
– Che … che diavolo ci fai qui? – farfugliai un po’ confusa.
– Ora ci credi alla magia vero? – si limitò a domandare lui con aria compiaciuta, rigirando l’azalea tra un dito e l’altro.
Scossi la testa e feci un passo indietro, ma lui allungò la mano e mi afferrò il braccio, poi mi porse l’orchidea. La presi in mano con riluttanza. Improvvisamente l’orchidea iniziò a emettere una strana luce azzurra e dai suoi petali sfavillarono scintille bianche e blu. La mano iniziò a formicolarmi, non sentivo dolore, ma era una sensazione strana, poi sentii qualcosa, mi venne in mente l’immagine di un fiore che sboccia in un luogo riparato, un fiore che non avevo mai visto. Fui percorsa come da una scossa elettrica. Mi spaventai e allentai la presa sull’orchidea, per niente desiderosa di tenerla in mano. Stavo per lasciarla andare quando Killian mi strinse la mano costringendomi a tenerla.
– Ehy! – esclamai sempre più spaventata.
Lui sorrise, un sorriso vittorioso. – Lo sapevo. – disse con una certa fierezza – Sapevo che eri una strega. – e ciò detto si chinò a baciarmi.

Mi svegliai di soprassalto, era la prima volta che mi svegliavo così. Avevo letteralmente fatto un salto sul letto e ora ero seduta, con le mani che stringevano spasmodiche il lenzuolo e gli occhi fissi sul muro di fronte a me. Le pesanti tende davanti alla finestra erano tirate e solo un piccolo raggio di luce illuminava la stanza. Non riuscivo assolutamente a muovermi.
“Era solo un incubo. Era solo un incubo. Era solo un incubo.”
Me lo ripetevo ancora e ancora come un mantra, ma non serviva a niente, non riuscivo a calmarmi.
Qualcuno bussò rumorosamente alla porta, feci un altro sobbalzo, ma non mi mossi, mi limitai domandare con voce tremante – Chi è? – era il massimo che riuscivo a fare.
– Sono Morgan. Posso entrare? – domandò gentilmente la voce di mia cugina.
Lasciai andare il respiro, non mi ero nemmeno accorta di averlo trattenuto, e mi costrinsi a calmarmi prima di rispondere. Lentamente, uno dito per volta, lasciai andare il lenzuolo e mi voltai verso la porta. – Entra pure – acconsentii con la voce più ferma e tranquilla.
Morgan fece il suo ingresso nella stanza, andò alla finestra e, dopo aver aperto le tende, la spalancò. La luce inondò la stanza con forza, Morgan si voltò verso di me appoggiandosi al davanzale e mi osservò, per un istante sentii come qualcosa di caldo e strano così mi avvolsi nella coperta.
Mia cugina assunse un aria pensierosa – Mi sa che devo dirti una cosa. – disse sospirando, i suoi occhi però erano accessi di entusiasmo.
– Non mi piace il modo in cui lo hai detto … – bisbigliai piano, quella mattina non prometteva molto bene.
– Non è una cosa brutta! – assicurò – Almeno per me. – sussurrò.  
– Ho paura di chiederlo ma … di che stai parlando? – domandai con non poca esitazione.  
– Prima ho sentito qualcosa di strano. Un potere … forte … – iniziò a raccontare.
– Forse non c’entra niente, ma … prima ho sognato Killian. – confessai massaggiandomi i bracci nel tentativo di farmi passare la pelle d’oca che mi era venuta.
– In effetti potrebbe entrarci qualcosa con quello. – bisbigliò con aria seria e pensierosa, sembrava assorta in una riflessione che non potevo capire o immaginare.
“Quello”? “QUELLO”? “Quello” cosa? Cosa significava “quello”?
– Di che stai parlando? – domandai con voce alterata.
Sempre appoggiata alla finestra, Morgan si mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio e mi guardò con incertezza. – Prima ho sentito qualcosa. Era come un potere, come se qualcuno stesse facendo della magia qui dentro. Pensavo che fossi tu, che fossi una strega. Magari i tuoi … poteri … insomma, magari stando a contatto con me era venuto fuori il tuo … “potenziale” di strega. – tentò di spiegarmi a fatica.
– Io non sono una strega! – protestai. Sia lei che Killian iniziavano a essere irritanti, sempre a parlare di magia! Io non ero una strega! Non lo ero, punto!
– Forse dovremmo sentire Hunter … – propose con una punta di incertezza.
–Non ho bisogno che il tuo ragazzo mi dica che non sono una strega, lo so da me. – risposi sulla difensiva, poi però abbassai lo guardo, non era colpa di Morgan se mi sentivo così spaventata e nervosa e se avevo sognato Killian. – Scusa, non ce l’ho con te. Non volevo essere scortese. – bisbigliai.
– Non importa. – mi assicurò con gentilezza, avvicinandosi al letto. – Però è davvero importante che tu venga con me da Hunter. Per essere del tutto sincera mi secca chiedere il suo aiuto, ma se provassi a fare qualcosa da sola potrei fare dei pasticci. Senza contare che non so davvero da dove cominciare. – concluse sedendosi sul letto.
Sospirai. – Ho capito. Va bene, andiamo da questo Hunter. Almeno conoscerò il tuo ragazzo. – scherzai. – Che tipo è? – domandai curiosa.
Lei si guardò un attimo le mani, intrecciandole. – Lui è… molto in gamba, sa molte cose. È un cacciatore di streghe. – disse con un tono un po’ seccato.
– Non ne sembri molto felice. – notai sempre con una nota di curiosità nella voce.
Storse il naso – Bè, io non so ancora tante cose, questo a volte mi da fastidio. È come se avessi a disposizione una cassaforte con dentro un tesoro immenso, ma non sapessi come accedervi. A volte ho questa sensazione, e Hunter a volte me lo ricorda, anche non volendo. Soprattutto con la sua logica e il comportamento deciso. A volte è un po’ troppo freddo e assume quell’aria distaccata da “Io sono superiore” che mi da veramente sui nervi. – spiegò con un occhiata preoccupata.
Sorrisi. – Capisco. – bisbigliai.
– Ti va di andare dopo colazione? – propose. – Sono le dieci e un quarto. – fece guardando l’orologio. – Avrai fame. –
– Va bene, mi alzo e mi vesto. – acconsentii.
Morgan si alzò e si diresse verso la porta in silenzio, sentii di nuovo qualcosa sfiorarmi, non qualcosa di fisico, era come percepire qualcuno che ti pensa. Una cosa assurda, insomma. Scrollai le spalle per scacciare quella sensazione.
– Andrea. – mi chiamò Morgan, alzai gli occhi e vidi che era ferma davanti alla porta e mi fissava. – Non è un brutta cosa essere una strega. – mi assicurò con un sorriso.
La guardai con aria interrogativa, ma lei se ne andò prima che potessi domandarle qualcosa.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 -Strega - ***


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Ciao ^^! Stavolta non ci ho messo tanto vero^^? Anche se forse sarà strano leggerlo dopo aver leotto "L'erede delle tenebre". L'avete letto vero? Io lo adoro!!!!!!!!!! In realtà forse preferivo "Oscure premonizioni" come libro, ma anche questo non è male, anche se ero molto seccata dal fatto che lei e Hunter non stassero insieme, c'erano delle scene molto dolci.
Diciamo che per celebrare questo evento eccovi un nuovo capitolo (forse). Probabilmente sarà molto strano leggere questa storia dopo aver letto l'ultimo libro uscito in Italia. Mi rendo conto che ho saltato la parte del riappacificamento con Hunter e me ne sto un pò pentendo, ma preferisco metterla cone un ricordo a un certo punto della storia, sempre che c'entri.

Capitolo 7

-Strega-

@Morgan@


Non ce l’avevo fatta, era stato più forte di me, non ero riuscita a dirle “Sei una strega”. Trovavo irritante che la cosa non le piacesse, ma capivo perché la spaventava, tuttavia essere una strega era una delle cose miglior che mi era capitata. Anzi, più che altro era una parte di me che avevo scoperto, senza la quale non sarei mai stata completa.
La cucina era soleggiata e solitaria, aprii il frigo e presi una diet coke chiedendomi quanto ci avrebbe messo Andrea a vestirsi. Dopo qualche minuto scese in cucina, era stata incredibilmente veloce. Indossava un paio di jeans neri e una camicetta rossa borgogna attillata e un paio di scarpe con il tacco, i capelli neri le ricadevano scompostamente sul volto, leggermente ondulati, gli occhi blu scuro erano brillanti e svegli. Si passò una mano tra i capelli per mandarli indietro e mi fissò inclinando la testa, i capelli le scoprirono un orecchio rivelando che aveva la bellezza di tre orecchini tutti in fila. Soppressi un brivido: io non ero riuscita nemmeno a farmene uno!
– Andiamo? – domandò.
– Non vuoi fare colazione? – chiesi – Ci sono i cereali, se vuoi c’è anche del caffè. –
– No, non ho fame. Di solito non faccio colazione, al massimo mangio un paio di ciambelle. –
– Allora ti va di andare da Hunter? – domandai.
– Certo. – assicurò sorridendo, si mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio – Sono pronta. –
Sembrava un po’ nervosa, ma era anche decisa, il suo sguardo serio mi fece pensare che non si sarebbe tirata indietro qualunque cosa fosse successa. Sospirai e mi diressi verso l’ingresso, presi le chiavi che erano sul mobiletto dell’ingresso e afferrai la giacca, poi insieme a Andy andai alla macchina.
Fissai Das boat con una certa tristezza, ormai sembrava la macchina di un pagliaccio, il lontano ricordo di ciò che era stata in passato. Poveretta! Eppure le dovevo la vita! Se non avesse buttato giù la parete della casetta in piscina del mio ex ragazzo ora sarebbe a posto, certo in quel caso io sarei morta bruciata viva.
– Quindi questa è la tua macchina. – bisbigliò mia cugina fissandola.
Mi offesi un po’ per il modo in cui l’aveva detto: era una signora macchina la mia! Anche se ammetto che momentaneamente aveva un aspetto un po’ trasandato, ripararla era costato parecchio e dovevo ancora trovare i soldi per farla riverniciare.
– Va più che bene – la difesi, guadagnandomi un occhiata strana. Aprii la macchina e notai che mia cugina si stava morsicando il labbro. Fece il giro della macchina per salire senza dire niente.
– Mi togli una curiosità? – domandò lanciandomi un occhiata prima di entrare in macchina.
 – Cosa? – domandai incuriosita entrando a mia volta.
 – Che cosa è successo a questa macchina? – domandò divertita.
Storsi il naso. – Ha incontrato un muro in fiamme. – raccontai facendo attenzione mentre uscivo a marcia indietro nel vialetto.
Lei sgranò gli occhi e mi fissò scioccata. – Un muro in fiamme? Ma che è successo? – domandò con una forte dose di sorpresa. 
Ci pensai su, non potevo certo dirle tutto, non mi sembrava una buona idea e  non ero sicura di farcela. Se mi concentravo mi rendevo conto che non avevo mai parlato a fondo con nessuno di quello che era successo con Cal. All’inizio era stato davvero molto dolorosa, pensare che non mi amava, pensare che mi aveva mentito per tutto il tempo, che mi aveva preso in giro. Mi ero sentita così ferita, per chè il mio amore era sempre stato vero. Almeno io la vedevo così, anche se mi aveva fatto un incantesimo di qualche tipo, non potevo credere che i miei sentimenti per lui non fossero sinceri. Eppure alla fine Cal mi aveva salvato la vita, da sua madre, ed era morto per proteggermi … il mio primo amore. Certo, è vero che i primi amori hanno sempre una fine tragica, ma la mia è stata una sorta di fine tragica alla Romeo e Giulietta, solo che è molto peggio perché Romeo non ha mai tradito Giulietta, non l’ha mai usata, e non ha mai tentato di ucciderla. Cal invece aveva fatto tutte quelle cose. Ma la cosa più importante, in fin dei conti, era che io non avevo fatto la fine di Giulietta, non ero morta.
Sospirai tristemente – È una lunga storia. – mi limitai a dire. La storia era davvero lunga e davvero non mi andava di parlarne.
– Io sono russa. Adoro le storie lunghe. – scherzò con un accento strano.
– Non mi va molto di parlarne. – confessai stando attenta alla strada.
– Va bene. – bisbigliò – Allora posso chiedere di Humter? – domandò guardando fuori dal finestrino.
Sospirai. Di Hunter … quante cose c’erano da dire di Hunter … – L’ho conosciuto mentre stavo con Cal e non mi era molto simpatico. Poi le cose sono cambiate, a volte mi capita ancora di non sopportarlo, ma ora .. bèh … stiamo insieme. – spiegai tenendomi sul vago.
– Okay, ho capito, non ami le domande personali. – bisbigliò Andy.
Le lanciai un occhiata e mi sentii un po’ in colpa, non volevo offenderla, ma non mi sentivo di confidarmi con lei, anche se era mia cugina non avevo così tanta confidenza con lei.  
– Non è proprio così, è solo che non c’è molto da dire. – assicurai mentre ci avvicinavamo alla stradina che dava sulla casa di Hunter.
– Davvero? E da quando state insieme? – domandò voltandosi verso di me.
– Da qualche mese. Ma non stiamo proprio insieme. Cioè, si stiamo insieme, ma prima ci eravamo lasciati e poi siamo tornati insieme e lui è andato a New York subito dopo e  i dubbi sono tornati. A volte mi sembra tutto confuso, anzi direi praticamente sempre … Vorrei un po’ di chiarezza. – mi confidai. Non era molto ma era un inizio.
– Un saggio una volta disse “Le relazioni sono confuse. È la loro natura. Loro iniziano in modo confuso, e finiscono in modo confuso, e se tu vorrai mai avere un'altra relazione nella tua vita, è meglio che la smetta di preoccuparti della confusione.” – citò guardando il cielo fuori dalla macchina.
– Non l’ho mai sentita. – confessai.
– Non mi sorprende, è di Dowson’s Creek. – spiegò con un sorriso divertito.
Mi misi a ridere. – Avevi parlato di un saggio. –
– Me lo ha detto un mio amico, lo chiamano “Il saggio”, ma in un altro senso. Parla sempre come un libro stampato, sembra un enciclopedia ambulate. È come se gli avessero dato da fare un saggio su ogni argomento del mondo. Cosa che se ci penso bene non è da escludere. – disse toccandosi il labbro con un dito.
Imboccai la stradina secondaria, mezza nascosta alla vista dei passanti, percorrendo il vialetto sterrato lanciai un’occhiata ad Andy.
 – Fa ottimi saggi e tesine, a dieci dollari l’una. – spiegò con un sorriso divertito.
Quasi inchiodai per lo shock – COSA? – domandai.
Andy scoppiò a ridere.
Parcheggiai davanti alla casa di Hunter, notai anche la macchina di Raven oltre alla sua e a quella di Sky nel parcheggio.
– Sembra un posto frequentato. – scherzò guardandosi intorno.
Lasciai andare i sensi e percepii oltre a loro anche la strega del consiglio che avevo incontrato l’altro giorno, ma la cosa più scioccante di tutte è che in casa con loro c’era ...
– Killian! – esclamò mia cugina guardando la ringhiera del portico, si voltò verso di me con aria preoccupata. – Perché è qui? – domandò.
– Non lo so. – risposi con sincerità aprendo lo sportello della macchina. Scesi continuando a guardare la balaustra sorpresa, Killian era appoggiato lì e ci stava guardando, dietro di lui, sullo stipite della porta stava Hunter, i capelli biondi sembravano bagnati, aveva un asciugamano bianco sulle spalle.
Andrea scese dopo di me e mi fissò dall’altra parte della macchina con una discreta nota di preoccupazione negli occhi, le rivolsi il sorriso più rassicurante che riuscii a  racimolare e mi diressi verso l’entrata della casa. Lei mi seguì in silenzio.
Hunter scese le scale e mi venne incontro, i suoi occhi fissi nei miei, caldi e freddi insieme. Sorrisi e gli presi la mano tra la mia stringendola forte, avrei voluto baciarlo, ma c’erano troppi spettatori.
– Ciao. – bisbigliai.
– Ciao. – rispose con un sorriso.
– Lei è mia cugina Andrea. – la presentai voltandomi verso di lei.
Andrea gli rivolse un sorriso forzato, mentre Hunter allungava la mano in modo educato. – Piacere – bisbigliò.
– Io sono Hunter Neal. Piacere mio. – si presentò nel suo perfetto accento inglese, porgendole la mano e stringendogliela.
– Sei inglese. – bisbigliò inclinando la testa, i capelli le scivolarono con eleganza di lato.
Hunter fece un cenno d’assenso, poi si voltò verso Killian – Lui lo conosci già, giusto? –
Andy tirò un occhiata veloce a Killian che le sorrise raggiante. – Hai fatto bei sogni? – domandò con aria noncurante.
– Va all’inferno! – fu la pronta risposta di mia cugina, a quanto pare Killian riusciva sempre a far arrabbiare tutti.
Io e Hunter ci scambiammo un occhiata d’intesa, poi mi voltai verso Killian – Non pensavo di rivederti. – esordii.
Lo sguardo del mio fratellastro si posò su di me, il sorriso si affievolì. – Già, nemmeno io. Ma volevo parlarti dopo … bèh dopo aver scoperto che tu eri mia sorella. – spiegò con un alzata di spalle.
– Sono felice che tu sia qui. – gli dissi con un sorriso. E lo ero davvero perché Killian mi piaceva, quando l’avevo visto a New York io avevo sentito qualcosa, una sorta di legame ed ero curiosa di conoscerlo. In fondo era il mio fratellastro. Certo, mio padre non mi piaceva, ma Killian era diverso, non faceva parte di Amyrant e che io sapessi non aveva ucciso nessuno.
– Solo tu! – ha bisbigliato mia cugina.
– Come sei scontrosa tesoro. Hai fatto un brutto sogno? – domandò con un sorriso divertito stampato in faccia.
Andrea si irrigidì ma non rispose.
– Sei entrato nei suoi sogni? – domandai spostando lo sguardo da lui a mia cugina, e tornando poi nuovamente a lui.
– Questa è un … – iniziò Hunter, ma io lo bloccai con un occhiata.
– Volevo solo confermare il fatto che era una strega. – spiegò con un alzata di spalle.
Hunter si voltò a guardare mia cugina un po’ confuso. – Ma è una strega, mi sembra ovvio. – disse senza preamboli.
Non feci in tempo a fermarlo.
– Io NON sono una strega! – ribatté Andy.
– Invece direi proprio di si! – ribatté Killian, strizzandole un occhio in segno di complicità.
Andy scosse la testa, lo sguardo rivolto al terreno. La sentii bisbigliare – Io non sono una strega. –
Feci un respiro profondo guardandola. – Noi crediamo di si. – bisbigliai con un po’ di ansia, capii che si sentiva veramente male per questo e non potevo del tutto biasimarla, non dopo tutto quello che mi era successo.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 -Confusione- ***


Documento senza titolo

Solitamente odio far avvenire tante cose di fretta nelle mie storie, ma stavolta non mi è possibile fare diversamente. Devo dire che la mia adolescenza ha verametne fatto schifo, quindi mi è facile scrivere del senso di confusione che prova Andy, che per quanto voglia sentirsi unica, non soporta l'idea di essere particolare e la magia la spaventa a morte. Mi fa un pò pena. Come personaggio però è molto diverso da tutti quelli che ho creati fino ad ora per le mie storie: infatti le mie protagoniste, anche se agivano in modo impulsivo, solitamente lo facevano pensando al bene di qualcuno, e il più delle volte era una decisione sofferta. Invece Andy è un tipo impulsivo, coccuto e testardo,oltre ad essere abbastanza egocentrica e egoista. Però sta attraversando un momento difficile, povera.

Spero che Andy vi piaccia, anche se l'ho creata io.

baci e buona lettura.

 

Capitolo 8

-Confusione-

@Andy@

“Noi crediamo di si”. “Noi crediamo di si” … “Noi crediamo di si”? IN CHE SENSO “NOI CREDIAMO DI SI” ?????
Fissavo la terra sotto i miei piedi chiedendomi cosa con esattezza stesse succedendo, streghe, magie ... dove cavolo era finita? Ero lì da un giorno! UN GIORNO!
– Andrea! – mi chiamò con gentilezza Morgan.
Alzai lo sguardo su mia cugina e scossi la testa, mi voltai e me ne andai molto seccata. Il problema principale è che non avevo una macchina e senza … bèh senza mi sarebbe toccato andare a piedi, e anche se avevo sempre guardato fuori dal finestrino non avevo idea della strada da fare.
– Aspetta! Andrea dove stai andando? – mi chiamò Morgan.
– Via! – ho risposto seccamente.
– Non puoi certo andartene via a piedi. – ha detto Hunter con il suo tono di ragionevolezza
– Perché no? Camminare fa bene! – bisbigliai.
– Questo è ridicolo! Si vede che è tua cugina. – disse con quello che mi sembrava divertimento, Hunter. Che tipo seccante, il ragazzo di Morgan. Come faceva a piacerle? Un tipo così …! Grr! Che nervoso! Non sopporto chi fa tanto il superiore! Mi voltai arrabbiata. – Non so perché ma non mi sembra un complimento. – dissi con sguardo truce, mi accorsi che anche Morgan lo stava guardando male.
– Grazie. È sempre bello che tu sui così dolce. – disse guardandolo sfavorevolmente, poi si voltò verso di me. – D’accordo, andiamo! –
Sentii Killian scoppiare a ridere e mi voltai a guardarlo, stava ridendo di cuore, divertito, gli occhi scuri gli brillavano. Era lo stesso Killian del mio sogno , lo stesso che si divertiva a mettere zizzania, che mi aveva portato uno strano fiore nel mio sogno, che mi aveva baciato … Mi aveva baciato! Quel … ! Quel …! Senza nemmeno chiedermelo!
Seguii Morgan alla macchina.
– Morgan non fare la sciocca! – la rimproverò Hunter.
Lei lo guardò con gli occhi ridotti a fessure, sembrava quasi che volesse stritolarlo, bèh, non me la sentivo di darle torto, non dopo che le aveva detto che si comportava in modo ridicolo.
 –“Non fare la sciocca”? Sei tu che hai sempre qualcosa da ridire. Sempre. Come è possibile? Voglio dire a un certo punto chiunque finirebbe gli argomenti, ma tu no! – rispose arrabbiata.  
– Stai esagerando. – le fece notare.
– Che c’è di male? Tu esageri sempre! – rispose infervorata.
Sorrisi, in effetti aveva un che di buffo vederli litigare in quel modo, poi però scossi la testa e aprii lo sportello della macchina: volevo andarmene via e non vedere Killian. Non so come avesse fatto, ma io lo odiavo, non lo sopportavo, non ho idea di come facessi a non sopportarlo conoscendolo solo da poco tempo, ma era così.
Morgan salì accanto a me e mise in modo, la macchina iniziò ad andare in retromarcia, poi si fermò di colpo, come se il motore si fosse rotto e la macchina si fosse spenta.
– Che succede? – domandai voltandomi verso mia cugina. Lei scosse la testa fissando con sguardo seccato e anche un po’ invidioso Hunter e poi Killian.
– Sono stati loro. – affermò con un tono di voce alterato.
– Cosa? – chiesi scioccata.
– Hey bellezze! – disse Killian affacciandosi al finestrino dell’auto – Che ne dite di scendere? – propose.
– Lo ammazzo! – gridai con tono seccato.  Aprii di colpo la portiera, Killian arretrò andando a sbattere contro l’auto parcheggiata accanto alla nostra – Lasciami in pace! Ti riesce? O è un concetto troppo grande per te? – inveii arrabbiata. Mi voltai verso la strada e mi diressi lì con passo spedito. Sentivo gli altri chiamarmi ma non mi interessava. Mi sentivo irritata, tradita e triste. E non capivo perché. L’adolescenza fa schifo!
Mentre camminavo, sentii il motore di una macchina dietro di me perciò mi misi a correre finendo praticamente in mezzo alla strada principale. Un auto frenò di colpo. Era lussuosa e alla guida c’era un ragazza con i capelli neri e mossi, molto carina.
Abbasso il finestrino e si sporse sul sedile del passeggero. – Tutto bene?- domandò preoccupata.
Deglutii piano e feci un cenno d’assenso con la testa – Si. Si, sto bene. Ma potresti darmi un passaggio? – chiesi, non so perché ma sentivo di potermi fidare di quella ragazza e di certo le cose che sarebbero potute succedere non erano peggiori di tutta quella situazione assurda. Mi sentivo al limite, sempre travolta dagli avvenimenti e non ne potevo più. E ora stavano succedendo tutte un mucchio di cose strane, e la magia ... la magia! Semplicemente era troppo. Tornare a casa era una buona idea? Non ne ero certa. I miei erano andati in crociera solo per ricucire il loro rapporto. Mi avevano lasciato in quello che pensavo fosse un ambiente incredibilmente noioso e invece… invece facevo sogni strani, le orchidee fiorivano improvvisamente e … e tutto era ancora più confuso. Ed ero sola. Non c’era nessuno ad affrontare questa cosa con me, ero semplicemente sola. E non potevo nemmeno dirlo a nessuno perché chi mi avrebbe mai creduto? No, basta! Era troppo! Troppo! No, era troppo, semplicemente troppo.
La ragazza fece un cenno d’assenso e quando le dissi dovevo volevo andare parve sorpresa ma non mi chiese niente. Scesi davanti a casa dei miei zii e la ringraziai.
Quando se ne andò salii in camera e feci i bagagli, chiamai un taxi che arrivò dopo pochi minuti, ci salii e gli chiedi di portarmi all’aeroporto. Il viaggio fu lungo, ma avevo abbastanza soldi per potermelo permettere, anche perché il giorno prima non avevo pagato niente. Il mio soggiorno era stato breve … beh, breve ma intenso.
Arrivata all’aeroporto non ebbi problemi a farmi cambiare il biglietto aereo e a tornare a Los Angeles, sprofondai nel mio sedile di prima classe pensando che me ne stava andando da un mondo di stranezze per tornare in un altro più tranquillo. Molto, molto più tranquillo.
 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 -Interrogatorio- ***


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Stavolta non avete aspettato molto vero^^? Alla fine lo avete letto L'erede delle Tenebre? Se la risposta è si qua e la riconoscerete alcun e informazioni che ci sono in quel libro... credo sia tutto. Allora buona lettura^^!

Capitolo 9

-Interrogatorio-

@Morgan@


– Tua cugina è fuori di testa. – disse Hunter. Era seduto sulla poltrona davanti a me e sorseggiava in silenzio il suo tè.
Gli lanciai un occhiataccia ma non dissi niente, ammetto che il modo di comportarsi di Andrea era stato un po’ troppo impulsivo, ma ad accompagnarla a casa era stata Bree, quindi non avevo motivo di preoccuparmi: una cosa per volta.
Mi voltai verso un Killian sorridente e decisamente allegro, sembrava davvero che a lui non importasse niente di nessuno.
– Come mai sei da queste parti, Killian? – domandai, non ero mai stata brava nei giri di parole, sono sempre stata il tipo che arriva diritta al punto, anche se a volte non ne ho il coraggio. Come quando sono stata contatta da Cal e non lo avevo detto ad Hunter, ma quella era un'altra storia.
 – Ma come? Non è ovvio? Sono venuto qui per conoscere la mia famosa sorella minore? – rispose con un sorriso con il suo accento inglese. Si mise a sedere accanto a me sul divano e mi passò un bracco attorno alle spalle attirandomi a se. – Allora? Come te la passi? – domandò con noncuranza.
Hunter gli lanciò un occhiata guardinga, ma non fece commenti.
– Bene. Abbastanza. – risposi incerta, poi d’improvviso mi ricordai una cosa. – Killian, come hai scoperto che ero tua sorella? – domandai curiosa.
Lui mi guardò inclinando la testa, sempre sorridendo. – Bèh, non è stato difficile. Ne parlavano almeno metà delle streghe che conoscevo. Sei sulla bocca di tutti, come una celebrità. – disse ridacchiando.
– Stai scherzando vero? – chiesi subito allarmata.
– Affatto. Papà ha tirato fuori la faccenda mettendo in chiaro che tu sei intoccabile. Sai, nel caso a qualcuno venisse in mente di farti un brutto scherzo. – spiegò con noncuranza, prendendo una delle tue tazze di tè che Hunter aveva preparato per noi e bevendone un sorso. – Ah, un tè decente finalmente! Vale quasi la pena di essere nella casa del signore degli ottimismi soltanto per questo. – scherò.
Lo ignorai, la mia mente era altrove e non riuscivo a richiamarla indietro. – Nostro … – non riuscii a pronunciare la parola “padre”; non ero in grado di associarla al nome “Ciaran”. – Ciaran ha fatto questo? Perché? – domandai confusa.
Kiallian scrollò le spalle. – Non ne ho idea. Qualcuno ha tentato di farti del male a New York? – domandò fissandomi negli occhi, due occhi uguali ai suoi.
Sospirai rumorosamente, ma non risposi. Quando alzai gli occhi verso Hunter notai che mi guardava con preoccupazione. – Tu lo sapevi? – domadai.
Scosse la testa. – È meglio se informo Soler di quello che ha fatto tuo .. Ciaran. – la mia occhiata poco cortese lo fermò dal pronunciare la parola “padre”. – Potrebbe essere pericoloso. – m
– Ma che! Ora è in una botte di ferro. Nessuno è così sciocco da sfidare nostro padre. – pronunciò la parola padre con una nota di amarezza.
– Ha fatto così anche con te? – domandai spostando lo sguardo da Hunter a Killian.
Lui scosse la testa. – Non gli è mai importato molto di essere padre, credo. Probabilmente non ha mai amato mia madre e di conseguenza nemmeno i suoi figli. – rispose, le sue parole erano prive di tristezza, sembrava più una riflessione.
– Beh, almeno hai tua madre. – dissi incerta, non ero sicura che avesse bisogno di essere rincuorato.
Lui scoppiò a ridere. – Oh, Dea, no! Me la cavo molto meglio da solo! –
Lo guardai confusa, non ero certa di come rispondere. Scossi la testa. – Ciaran sa che sei qui? – domandai cambiando argomento.
– Spero proprio di no! – disse con convinzione.
– Non ti ha mandato lui vero? – chiesi esponendo un mio dubbio.
– No. Non lo sento più da un mucchio di tempo. – rispose divertito.
– Non vai d’accordo con lui per la faccenda di Amyranth? – chiesi curiosa.
Lui bevve un sorso di te in silenzio, come per raccogliere le idee un attimo. – Non è solo per quello. – rispose in fine.
– Non ti piace tuo … nostro.. lui.. – tentai di spiegarmi.
– Non riesci nemmeno a chiamarlo padre? – domandò inarcando un sopracciglio.
Lo guardai diritto negli occhi perché capisse che ero seria – Quel’uomo non merita un tale nominativo da parte mia! – risposi con freddezza e anche mentre lo dicevo mi suonava infantile.
Invece di ridere come mi aspettavo, Killian si limitò a fare un cenno d’assenso. – Non è che non mi piaccia. – spiegò – Direi che lo rispetto e rispetto il suo potere. Solo un folle non lo farebbe. Ma non è mai stato … un padre come quello dei telefilm alla tv. Era più del tipo assente, se capisci quello che intendo. –
Stavolta toccò a me assentire. – Com’è stato crescere con lui? – chiesi stavolta curiosa.
Killian mi guardò, poi sorrise. – Beh, ripetitivo. – scherzò con una nota cupa nella voce – Si faceva vivo un paio di volte l’anno, solo per metterci alla prova, ci trovava sempre carenti e se la prendeva con nostra madre e appena lei si metteva a piangere se ne andava il più velocemente possibile. –
– Hai dei fratelli? – chiesi cambiando argomento. Ciaran era un bastardo:che novità!
– Si, due. Kyle e Iona. Io sono il più piccolo. – raccontò, poi mi lanciò uno sguardo divertito – Beh, ora non più. –
Sorrisi con una certa tristezza. Che padre orribile c’eravamo ritrovati. Non invidiavo Killian per essere cresciuto con lui, e nemmeno me stessa che ero figlia dell’uomo che aveva ucciso mia madre.
Era strano parlare con Killian, ma mi piaceva. Non so perché ma riuscivo a prendere la faccenda più alla leggera se ne parlavo con lui. Forse era per via della sua totale spensieratezza o per l’indifferenza, non avrei saputo dirlo con certezza. Che fosse invece a causa del legame che sentivo con lui? Un legame di sangue, un sangue che avrei preferito mille volte non avere. Eppure l’idea che Killian fosse mio fratello non mi dispiaceva per niente.
– Quanto ti fermi? Potremmo far qualcosa insieme. – proposi con un sorriso.
– Si, non sarebbe male. Che ne dici di iniziare andandocene di qui? – propose a sua volta con un sorriso da piccola canaglia. – Il cacciatore non è esattamente il mio tipo, per quanto sembri essere il tuo. – disse a bassa voce.
Sorrisi mio malgrado, mi era difficile trovarlo antipatico. – E’ meglio avvertirlo però. Tende ad essere protettivo. –
– In pratica un rompiscatole. – bisbigliò prendendo un altro sorso di te. – Non sei preoccupata per tua cugina? – chiese improvvisamente. – Se ne è andata via da sola, sembrava furiosa. –
Scossi la testa – No, non c’è da preoccuparsi. Bree l’ha riaccompagnata a casa. Te la ricordi? È quella ragazza mora che era in discoteca la sera in cui ci siamo conosciuti. – spiegai – Andrea è arrivata ieri, è normale che si senta spaesate, se poi si aggiunge il fatto che ha appena saputo di essere una strega … –
Lui rimase un attimo in silenzio – È la prima volta che incontro una strega ereditaria che non sa di essere una strega. – disse soprapensiero. 
Lo fissai congelata. Strega ereditaria? Mia cugina. – Ti sbagli, non può essere un strega ereditaria, i miei sono cattolici da sempre,quindi immagino che anche i parenti di mio padre lo siano. –   
Killian scrollò le spalle con indifferenza – Comunque dolcezza. Che ne dici di andare a fare un giro? Ieri sera ho trovato un posto piuttosto carino. – insistette.
Mi alzai. – Avverto Hunter. –
Killian mi afferrò il braccio senza stringere, solo per fermarmi. – Io preferirei darmela semplicemente a gambe. –
– Non è molto corretto. – gli feci notare.
Lui alzò le spalle come per dire che non gli importava, poi si voltò e si diresse alla porta senza più degnarmi di uno sguardo, chiese solo – Vieni? –
Uscii di casa con lui e salimmo sulla mia auto, mandai un messaggio da strega ad Hunter in cui lo avvertivo che ce ne eravamo andati.
– Dove vado? – domandai una volta uscita dal vialetto che portava alla casa di Hunter. Killian rimase seduto in macchina accanto a me, in silenzio, continuando a dirmi dove andare fino a che non arrivammo al centro commerciale.
Inarcai un sopracciglio confusa.
– Questa città totalmente priva di attrattive che non offre di meglio per la giornata. Devo anche dire che la maggior parete del tempo da quando sono qui l’ho passato con tua cugina e in compagnia del signore dell’allegria che ci siamo appena lasciati alle spalle. – raccontò aprendo la portiera della macchina.
– Quindi il tuo posto carino è il centro commerciale? – domandai con ironia.
– No, ma ora è chiuso. Dovrebbe aprire dopo le sei. – si limitò a rispondere. (NdA. Mi pare, ma non ne sono sicura quando sono andata in America i pub aprissero dopo le sei, ma visto che non avevo l’età per andarci non ne posso essere sicura.)
Lo guardai confusa: dove diavolo voleva portarmi? In un pub?
– Al piano di sopra c’è una caffetteria, non è male. Hai fame? – domandò dirigendosi all’entrata.
Ci pensai su un momento. – In effetti si. È quasi ora di pranzo. –
Killian mi condusse fino alla caffetteria in cui tante volte ero stata con Bree, sembrava tranquillo e agitato insieme, in un certo senso sembrava come se pensasse ad altro, come se la sua mente fosse altrove. Una volta arrivati si voltò verso di me per un attimo, come se volesse dirmi qualcosa ma non ne avesse il coraggio.
Entrammo e ci sedemmo, ordinammo un paio di panini e del tè freddo. Guardavo Killian di sottecchi, lui sembrava pensare ad altro, come se la sua mente fosse altrove e questo mi sembrava strano anche se non lo conoscevo bene.
– Va tutto bene? –  domandai curiosa.
Lui mi guardò e sorrise. – Si sorellina, tutto bene. Ero solo … soprapensiero. –
– E cos’era che ti impensieriva tanto? –  chiesi.
– Perché quella bambolina odia tanto l’idea di essere una strega? –  domandò guardandomi negli occhi.
– Quella bambolina? – domandai confusa. Lui inarcò un sopracciglio. – Ah, vuoi dire Andrea. –
– Si … –  assenti sbrigativamente.
– Credo sia solo confusa. Si ritrovata con delle orchidee piantate da un giorno che le sbocciavano sotto gli occhi e una rosa disegnata sulla terra. Strani sogni in cui appari dal nulla. Per una che nemmeno credeva alla magia questi avvenimenti sono più che scioccanti. – spiegai.
Kiallian rimase in silenzio mentre la cameriera arrivava e appoggiava i piatti al tavolo, poi domandò  – Vi serve altro. –
– No, grazie. – risposi io, continuando a guardare Killian.
La cameriera se ne andò mentre Kiallian continuava a fissare il tè freddo, non la degnò di uno sguardo nonostante fosse molto carina. Iniziavo a chiedermi se non ci fosse qualcosa sotto.
– Ehm.. Killian? – chiamai, lui alzò gli occhi per guardarmi. – Per caso ti piace Andrea? – domandai.
Killian prese il bicchiere e se lo portò alle labbra, prima di bere bisbigliò. – Difficile dirlo. –

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 -veri amici- ***


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Ciao a tutti, so che stavolta è passato un bel pò di tempo, ma ero ipersommersa dagli esami. Nell'attesa è uscito l'altro libro della Tiernan... quanto sono lenta -.-

Capitolo 10

-Veri amici-

@Andy@

Una distesa di sabbia bianca si stendeva ai miei piedi mentre saltellavo felice: era bellissima, come il blu del male che vedevo in lontananza, il sole splendeva bruciante in un cielo azzurro senza nuvole. Ero a casa! Casa!
L’aeroporto è situato appena fuori la Pacific Coast Highway e non era troppo distante da casa. Vivevo in un modesto appartamento a Long Beach ed ero abituata al sole perenne e al mare, temperature non inferiori ai tredici gradi, gli stessi tredici gradi che avevo più o meno trovato a Window’s Vale. Okay, forse non erano tredici, ma era decisamente troppo freddo per i miei gusti “calienti”.
Adoravo il mare, il mio mare. Mi era mancato.  Con un sospiro mi voltai e mi diressi verso il vialetto asfaltato, dalla parte opposta del mare, con un sospiro triste, ripromettendomi però di tornarci appena depositati i bagagli e infilato il costume. Mentre attraversavo le strade per arrivare all’appartamento dove vivevo con i miei genitori, la mia mente ritornò agli ultimi giorni e sentii una fitta del senso di colpa stringermi lo stomaco: me ne ero andata in quel modo, senza dire niente a nessuno. Avevo lasciato un biglietto. Si sarebbero sicuramente preoccupati.
Il senso di colpa divenne enorme e mi schiacciò quasi, ma poi il volto di Killian, i fiori e gli eventi strani mi si accavallarono nella mente e fu come se una gru tirasse su gigantesco macigno che avevo sulle spalle, mi sentii subito meglio.
Ero lontana da Killian, da Morgan, dal suo ragazzo inglese di cui avevo totalmente rimosso il nome e da qualunque cosa magica ci fosse a questo mondo.
Entrai nell’ascensore del mio condominio: un palazzo a cinque piani con un garage sotterraneo, a circa cento metri dal mare. All’esterno il palazzo era completamente bianco, persino le persiane era banche, ma dentro le pareti erano di uno spento verde chiaro che ricordava un po’ quella dell’ospedale. Ovviamente noi stavamo all’ultimo piano e di solito c’era un caldo infernale, ma fortunatamente ero riuscita a convincere i miei a mettere l’aria condizionata, perciò in casa si stava decisamente bene.
L’ascensore aveva le pareti gialle e uno specchio da una parte, mi ci appoggiai evitando di guardare il mio riflesso, preferivo di gran lunga non sapere che aspetto avevo. Appena le porte si chiusero lasciai cadere a terra la sacca/valigia con i miei vestiti e chiusi gli occhi mentre aspettavo di arrivare al mio piano. Ci mise tre minuti buoni, quel coso era dannatamente lento!
Quando finalmente si fermò afferrai la sacca prima che le porte si aprissero e appena possibile mi fiondai fuori diretta alla porta del mio appartamento, che ovviamente era dietro all’ascensore. Ovviamente appena fuori sentii l’abbaiare concitato del barboncino della signora Pain. Lo ignorai come facevo di solito e andai diritta alla cassetta rossa contenente l’estintore, nascosta all’interno c’era la chiave di casa. La presi e andai alla porta, ma quando girai la chiave si aprì subito: questo era strano perché mio padre quando partiva aveva l’abitudine di chiudere la porta con tre giri di chiave.
Entrai nell’appartamento senza pulirmi le scarpe allo zerbino e di nuovo restai sorpresa: le persiane erano tirate in alto e le portefinestre che davano sul terrazzo erano aperte. Il caldo-umido era soffocante e mentre abbandonavo il mio bagaglio accanto al divano arancione del salto e mi dirigevo verso la portafinestra sentii la voce di mia madre.
-Allora questa sera alle sei …- disse mentre mi avvicinavo piano alla porta, passando tra il televisore e il tavolino basso di vetro arrivai alla porta. -Si… si va bene.- riprese a parlare.
Stava parlando al telefono.
-Si, i documenti per il divorzio sono tutti pronti. -
Divorzio? Ma il viaggio non era per tentare di appianare le divergenze?
-No, Andy non lo sa. L’abbiamo mandata dal fratello di Alan proprio per questo. Pensavamo di parlarle a fatto compiuto.-
Feci un passo indietro, barcollando. Mi avevano mentito. Fin dall’inizio e per tutto il tempo avevano continuato a mentirmi, invece che affrontarmi … Mi sentivo svenire e avevo voglia di scappare il più lontano possibile … di nuovo … e di nuovo lo feci. Mi voltai e corsi verso la porta, la spalancai e mi fiondai giù per le scale. Corsi, corsi fino a non avere più forza, corsi e arrivai a casa di J., alla fine andavo sempre lì.
Non me ne ero neanche accorta, non l’avevo scelta consapevolmente, ma finiva sempre così: tutte le volte che c’era qualcosa che non andava finivo da lui.
I genitori di J erano spaventosamente ricchi: vivevano in un grattacielo sull’Atalantic aveneue, avevano un appartamento a due piani, non chiedetemi come faceva un appartamento ad avere due piani perché non lo so, gli architetti sono strani. (vampira, questa me la farai pagare? Non era diretta a te.)
J. abitava all’ultimo piano (o agli ultimi due se così vogliamo dire) e aveva quindi una vista migliore della mia sulla città, ma arrivare al suo piano era impossibile a piedi e fortunatamente il suo ascensore era molto più veloce del mio.
Arrivai e feci praticamente irruzione nell’ingresso, dove una guardia mi salutò con un cenno mentre entravo come una furia nell’ascensore premetti il pulsante senza nemmeno farci caso, mi lasciai andare contro la parete d’acciaio dell’ascensore mentre saliva velocemente all’ultimo piano e appoggiai il mento alle ginocchia.
“Divorzio” …
Suonava strana quella parola nella mia mente … “divorzio”. No, non mi piaceva, era troppo … strano. Divorzio. Okay che erano superindaffarati, già così li vedevo poco, dopo poi sarebbero totalmente scomparsi dalla mia vita. Non erano mai stati particolarmente uniti, da che ricordavo loro erano sempre in contrasto, ma si preoccupavano di me. In fin dei conti erano dei bravi genitori anche se non dei bravi coniugi. Ultimamente litigavano molto più spesso e più violentemente di prima, è verissimo, però … divorzio. E senza dirmi niente, senza chiedermi un accidenti di niente! Insomma! Come avevano potuto comportarsi in modo tanto egoista? Era insopportabile! Pensavano di mettermi davanti al fatto compiuto? E perché poi? Non potevano parlarmene? Dirmi quello che stava succedendo? Spiegarmi per bene la situazione? Pensavano che mi intestardissi? Che dicessi che dovevano stare per forza insieme? Io non volevo che stessero insieme! Litigavano continuamente o al contrario si ignoravano, se divorziavano per me andava bene. Davvero. Non mi importava. Era okay. Sul serio, era okay.
Alzai lo sguardo e lo incrociai con la mia immagine riflessa: avevo il volto rigato di lacrime, non mi ero accorta di piangere. Asciugarmi le lacrime con una manica non servì a niente perché non smettevano di scendere. Maledizione! Non volevo che J. mi vedesse così! Avevo un aspetto orribile! Mi avrebbe preso in giro per un ora buona!
Le porte dell’ascensore si aprirono con il rumore di un campanello. Mi rimisi faticosamente in piedi e calpestando la moquette rossa del pavimento andai a bussare alla spessa porta di legno dell’appartamento di J. La musica dei Linkin parck si sentiva fino a fuori. Ovviamente nessuno venne alla porta, pensai quasi di fargli uno squillo con il cellulare, ma quando lo cercai ricordai di averlo lasciato nella borsa a casa.
Scoraggiata provai a suonare il campanello per due volte e ad attendere. Niente. Suonai di nuovo, già pronta a rifugiarmi nella mia gelateria preferita e a ordinare gelati fino a farmi venire un mal di stomaco con i fiocchi.
Improvvisamente sentii una voce che sovrastava la musica.
-Avverto chiunque sia che se non ha un problema fottutamente grosso può andarsene all’inferno o ce lo spedisco io appena apro la porta.- disse la voce di J. dall’altra parte, era un po’ più roca del solito.
Ebbi appena il tempo di asciugami di nuovo le lacrime che lui spalancò di colpo la porta e rimase pietrificato a guardarmi. Era praticamente nudo, aveva solo i boxer addosso oltre alle decine di orecchini che oltre a riempire il suo lobo sinistro, spuntavano qua e la sul suo corpo. I capelli neri cortissimi sembravano essere l’unica cosa non trasandata in lui. La sua espressione sembrava sinceramente sorpresa.
-Cazzo. Mi sa che oggi andrò in bianco …- disse con voce neutra.
Mio malgrado feci un sorriso -Ho interrotto qualcosa?-
Lui si guardò intorno come se la risposta giusta fosse scritta sul muro o da qualche parte e lui potesse semplicemente leggerla. -No … cioè si … non importa. - farfugliò guardandomi e grattandosi il sopracciglio con il piercing -Posso farlo anche dopo.-
Si fece da parte per farmi entrare e io sgusciai dentro l’immenso ingresso di casa sua.
Il pavimento era rivestito di moquette bianca, un tavolino di mogano antico era sistemato alla sinistra dell’appendiabiti, con sopra il telefono, alcuni blocchetti bianchi e una penna. Notai anche uno zaino, non suo,abbandonato accanto al mobile.
Intuendo il motivo per cui era venuto ad aprire la porta completamente nudo arrossii leggermente.
-Posso tornare dopo.- assicurai facendo marcia indietro.
Lui mi bloccò con una mano e la cosa un po’ mi disgustò perché il pensiero andò a cosa aveva fatto prima che arrivassi con quella mano, il che mi fece diventare se possibile ancora più rossa.
-Non importa.- si affrettò a dire. -Hai un aspetto veramente schifoso, sembra che ti sia passato sopra un auto camion. Faccio un salto in camera a vestirmi e torno, tu va in salotto.- concluse lasciandomi.
-Posso usare il bagno?- chiesi.
-Accomodati.- assentì mentre saliva le scale verso la sua stanza.
Mi rifugiai nel piccolo bagno al pian terreno, dove mi sciacquai la faccia e il braccio, poi tornai in salto in tempo per vedere J. che baciava Tracy Jefferson, la popolarissima cheerleader del nostro liceo che lui aveva preso in giro strenuamente, prima di lasciarla andare. Rimasi ferma sulla soglia del bagno, incerta sul da farsi.
Ma accidenti! Che cavolo aveva tutto in questi giorno? Io me ne ero andata solo per un giorno e mezzo e torno e trovo il mio migliore amico che sta con l’oca più oca della scuole e i miei che divorziano. Il mondo va a rotoli!
-Che significa?- domandai facendomi coraggio.
J. sussultò voltandosi.
-Cavolo! - imprecò piano. -Ecco … so che sembra una frase fatta, ma non è come sembra.-
-Vai a letto con la Jefferson.- non era una domanda.
Lui rise. -Allora è esattamente come sembra.-
-Come è successo?- chiesi inclinando la testa.
Lui sorrise andando a buttarsi sul divano. -Non sai come nascono i bambini?- scherzò.
Mi andai a sedere accanto a lui e accavallai le gambe. -Ma uffa, vado via un solo giorno e succede il finimondo! Che altro mi sono persa? Ebony si è improvvisamente tinta i capelli di biondo e ha iniziato a venerare Hello Kitty?-
-No.- rispose, sentii che allungava la mano ad accarezzarmi la schiena. -Sei venuta qui per prendermi in giro?- domandò divertito.
Rimasi in silenzio, d’improvviso sentivo un groppo in gola. Mi lasciai andare all’indietro e appoggiai la testa sulla sua spalla.
-I miei genitori hanno deciso di divorziare.- bisbigliai, sentendo le lacrime che iniziavano a scendere. J. mi avvolse in un abbraccio senza dire niente e io mi limitai a piangere appoggiata alla sua spalla.
J. non era mai stato molto bravo a consolare, non sapeva mai che dire ne cosa fare, ma quando c’era qualcosa che non andava o quando volevi divertirti lui era il tipo giusto perché sembrava sempre sapere come comportarsi. Ovviamente sempre che non ci fossero di mezzo le lacrime.
Mentre tentavo di ricompormi, inutilmente visto che continuavo a piangere in modo vergognoso, notai per la prima volta quanto forti fossero le sue spalle e quanto muscolose fossero le braccia. Non avevo mai notato simili dettagli prima, ma a quanto pare non era cresciuto solo in statura. Questo distogliere la mente mi calmò un po’ e mi permise di ricompormi.
Smisi di singhiozzare, anche se le lacrime scendevano ancora.
-Sei un po’ più calma?- domandò lui allentando la presa, incerto come al solito su cosa fare.
- Si.- dissi allontanandomi. Mi asciugai gli occhi. -Grazie.-
-Sei tornata perché i tuoi ti hanno detto che divorziano?- domandò con la sua solita, totale mancanza di tatto.
-No.- bisbigliai senza guardarlo.
-Allora ti hanno chiesto di tornare per dirtelo.-
Scossi la testa.
-Cosa accidenti ci fai qui ?- chiesi alla fine, esasperato.
-Sono tornata perché … beh…- “perché un tizio strano mi ha mostrato qualcosa di totalmente assurdo e soprannaturale che nemmeno nella serie streghe se lo sarebbero immaginato, e poi ha detto che sono una strega. E la cosa assurda è che visto quello che è successo quasi ci credo alla roba del tipo magia” -diciamo che è successo qualcosa di spiacevole. E quando sono tornata ho sentito mai madre al telefono che diceva che doveva firmare i fogli per il divorzio. Hanno divorziato.- mi rimisi a piangere appena pronunciata la parola “Divorzio”, ma almeno stavolta erano solo lacrime, niente singhiozzi.
-Comportamento pessimo, decisamente. Beh… ti va uno schoch?- domandò
Gli lanciai un occhiataccia anche tra le lacrime, lui afferrò la scatola di clinex sorpa il mobile accanto al divano e me la passò. Ne presi un paio e mi asciugai gli occhi, soffiandomi il naso.
-Dovrei avere del whiskey alla menta in frigo. La mia matrigna voleva provare qualcosa di nuovo.- spiegò alzandosi -Ti va?-
-Vuoi che affoghi la tristezza e il trauma nei superalcolici?- chiesi fingendomi offesa, lui si limitò a guardarmi. -Se è in frigo senza ghiaccio.- mi limitai a rispondergli lasciandomi nuovamente andare indietro sul divano.
-Arriva subito. Dormi qui?- domandò andando in cucina, che era dalla parte opposta del salotto.
-Se non do fastidio. Non ho davvero voglia di tornare a casa.- risposi alzando la voce, era un po’ roca perché avevo pianto. Non sentii risposta, probabilmente era indaffarato in cucina e non mi sentiva.
Torno pochi minuti dopo con un bicchiere con dentro tre cubetti di ghiaccio e la bottiglia, si verso un po’ di bevanda verde nel bicchiere e mi passò l’intera bottiglia: ne era rimasta poco meno di metà.
Buttai il tappo sull’elaborato e antico tavolino di mogano che avevo davanti e mi attaccai alla bottiglia.
-Hai il mio CD dei new phornography?- domandò
Mi staccai dopo appena un sorso per rispondere. -Non è molto forte.- dissi guardando la bottiglia, poi mi voltai verso di lui -No, è a casa.-
-Anche se non è molto forte non berne troppo.-
-Se non volevi che ne bevessi troppo perché mi hai dato la bottiglia.-
-I tuoi divorziano: hai il sacrosanto diritto di ubriacarti!- sentenziò, bevendo un sorso da suo bicchiere. -Troppo dolce.- giudicò posando il bicchiere sul tavolo senza sottobicchieri.
Mi attaccai nuovamente alla bottiglia, sentendomi un po’ stupida, e ne bevvi un bel sorso, poi la posai sul tavolino. -Non male.- valutai leccandomi le labbra.
Lui scrollò le spalle. - Chiamo le altre.- disse alzandosi dal divano, presi il suo bicchiere e ci versai un altro po’ di whiskey alla menta, lo tracannai senza pensarci mentre lo sentivo parlare con Ebony.
Forse, pensai con sempre meno lucidità, ero fuggita dalla cosa sbagliata.
– Stanno arrivando. – mi ha informato J tornando a sedersi accanto a me.
Ho abbassato il bicchiere posandolo sul tavolo. – Vorrei evitare di ubriacarmi da sola. –
Lui rise. – Con quello è difficile, è abbastanza leggero. – poi fissò la bottiglia – anche se visto quanto ne hai bevuto tutto è possibile –
Scrollai le spalle, in effetti non ero molto lucida – Chi viene? – domandai.
– Sam e Jessica – rispose con un ghigno.
– Jessica si arrabbierà se la chiami così. – misi la mano sopra la bocca – Cioè, volevo dire Ebony. –
Lui rise. – Non dirmi che sei già per quella via. –
Sbuffai – Non sono su nessuno via, a parte … – non continuai.
– A parte? – ripeté lui curioso.
– Ehm … diciamo che … m … – farfugliai. – non so come spiegarlo – ammisi.
Lui sospirò – Come è andata dalle tue cugine? – domandò improvvisamente.
Mi lasciai andare indietro e appoggiai la schiena al divano, lanciando un occhiata di traverso a J. – Perché riesci sempre a individuare l’unico argomento di cui proprio non voglio parlare? –
Inarcò un sopracciglio – Non dirmi che è andata così male?! –
Mi limitai a guardarlo.
– Okay, pessime cugine, i genitori che divorziano … –
Lo interruppi – Non erano male. –
– Allora che è successo? –  
Rimasi in silenzio pensandoci su, poi mi sporsi verso il tavolino, versai un altro po’ di whiskey nel bicchiere e lo sorseggiai appoggiandomi nuovamente alla spalliera del divano. – Lunga storia – farfugliai infine, senza dire altro.
j. mi prese il bicchiere e bevve il contenuto, poi fece una smorfia. – Basta con questa roba – disse prendendo la bottiglia e sparendo nuovamente in cucina.
Mi sentivo la mente lievemente annebbiata, ma ero abbastanza lucida da ricordare quello che era successo a Window’s vale e rabbrividire. Magia… esisteva la magia. E mia cugina ovviamente di che cosa era appassionata? Niente libri d’appendice, o gattini, o cani o pupazzi. Niente passione per i film o i musical. Insomma niente passioni idiote ma accettabili. No! Per lei magia!
Sbuffai così sonoramente che J. mi corse incontro con un panino e un aria preoccupata. – Che succede? – domandò
– Niente – assicurai – Stavo solo ripensando a una cosa. – non dissi altro e lui lasciò cadere il discorso rimanendo in silenzio. Mi pose il piatto con il panino, ma io lo scansai, avevo lo stomaco chiuso.
– Se non mangi qualcosa ti sentirai male. – mi fece notare.
Scossi la testa che inizio a vorticare. Chiusi gli occhi massaggiandomi le tempie. – Non ho fame.
– Mangia comunque qualcosa. – mi porse di nuovo il piatto con il panino.
Controvoglia ne staccai un pezzetto e iniziai a mangiucchiarlo: tonno, maionese e lattuga, il mio preferito. Senza nemmeno rendermene conto finii per mangiarlo tutto.
– Meno male che non avevi fame! – disse divertito.
Gli feci la linguaccia. – C’è un po’ d’acqua? –chiesi.
Lui si alzò per prenderla ma qualcuno suonò il campanello, andò ad aprire e in un attimo mi ritrovai davanti a Sam e Ebony. Sam aveva i lunghi capelli neri mossi raccolti con una pinza, la pelle era di un marrone d’orato per via dell’abbronzatura e i suoi profondi occhi blu erano preoccupati. Dei capelli erano sfuggiti dalla pinza e le ricadevano sul viso dalla forma ovale, dei grandi orecchini a cerchio le pendevano dai lobi e aveva una lunga catena blu con conchiglie al collo, indossava un vestito bianco e un paio di sandali.
Ebony invece era vestita di nero, non so come faceva con quel caldo: indossava una camiciola nera attillata, strappata di lato e tenuta insieme da alcune spille da balia, e una paio di pantaloni a scacchi rossi e neri con una cintura con un teschio al centro. Al collo aveva uno di quegli assurdi collari pieni di borchie appuntite, tutto quel nero spiccava sulla sua pelle bianca in modo incredibile. Aveva i capelli castani corti, con meche nere e viola. Gli occhi erano nocciola e esprimevano ansia. Nonostante il suo aspetto Ebony era la più dolce di noi, la più gentile. Si mise a sedere sul divano e mi strinse forte.
–Che cosa è successo? – domandò con voce musicale.
Feci un respiro profondo mentre Sam si sedeva dall’altra parte e mi metteva un braccio intorno alla vita. Fissando il muro iniziai a parlare: gli dissi di Morgan, di Killian, di Hunter, della magia e poi del divorzio dei miei genitori. J. mi guardava dalla poltrona di lato al divano con aria preoccupata, mentre io raccontavo tutto tra i singhiozzi.
– Gesù Andy, non posso credere a tutto quello che mi hai detto. – sbottò Sam alla fine.
– I tuoi non posso essere bastardi fino a quel punto. –
Mi limitai ad appoggiare la testa alla sua spalla ,mentre mi dava un bacio gentile sulla tempia e bisbigliava – Che bastardi. – anche i genitori di Sam erano divorziati.
– Già. Però Andy dovresti parlarci. – mi suggerì Ebony stringendomi la mano, lei aveva un ottimo rapporto con i suoi genitori. – E poi devi farmi conoscere tua cugina e questo Killian, anch’io voglio diventare una strega. –
Sbuffai. Sempre la solita.
– Erano solo trucchi Eby. Non esiste la magia. – fece petulante Sam.
Io guardai J. ignorando i loro battibecchi. – Che ne pensi? – chiesi. 
Lui scrollò le spalle. – Hai fatto bene a tornare a casa. – si limitò a rispondere.
Mi alzai, andai a sedermi sulle sue ginocchia e gli circondai il collo con le braccia mentre lui appoggiava il mento alla mia testa. – Sono a casa. – bisbigliai – Mi siete mancati.
Ero a casa … era dai miei amici più cari … tutto andava bene.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 -In partenza- ***


Documento senza titolo

Finalmente sono andata avanti (avendo finito il canto sono riuscita a proseguire anche questa) quindi mi scuso enormemente per l'attesa e metto un nuovo capitolo (vado più piano della mondadori, mi spiace -.-) . Farò del mio meglio per darmi una mossa e per aggiornare più rapidamente. Buona lettura a tutti

 

Capitolo 11

-In partenza-

– Morgan calmati, non farti prendere dal panico. – mi ammonì Hunter con il suo solito accento inglese, dall’altra parte del telefono.
– Calmarmi! È una parola! Mia madre si infurierà, soprattutto se verrà a sapere “perché” è andata via. – gli feci notare. – Lo sai che è cattolica e non approva affatto che pratichi la wicca. – Ero in cucina e avevo in mano una tazza di tè caldo, la sorseggiavo nel tentativo di calmarmi. Forse quella di bere tè era un’abitudine che Hunter con la sua insistenza mi aveva trasmesso, ma riguardava solo il berlo quando ero agitata per qualcosa: nessuno poteva farmi rinunciare alla mia Diet coke.
Hunter rimase un attimo in silenzio, poi sospirò – Non puoi trovarle la scusa?
– Mi stai chiedendo di mentire? – mi sembrava stano che l’assennato, responsabile Hunter mi proponesse di mentire.
– Beh, se non vuoi dirgli la verità … – lasciò la frase in sospeso.
– È escluso.
– Ha lasciato qualche messaggio?
Feci un cenno d’assenso, poi rendendomi conto che non poteva vedermi mi affrettai a dire di si. – Si, dice solo “Torno a casa, vi chiamo quando arrivo. Grazie per l’ospitalità. Andrea”. Fortuna che non specifica il perché. – sospirai stancamente. – Posso capire che sia spaventata …
Dopo un secondo di silenzio Hunter chiese – Anche a te era capitato di rimanere spaventata quando hai scoperto di essere una strega? –
Stavolta fui io a rimanere in silenzio, ripensai al mio primo cerchio con Cal, alla sensazione di dolore, tanto forte da togliermi il respiro, e dal malessere che ne seguiva. Poi la scoperta di essere una strega ereditaria, lo stupore la prima volta che usai il fuoco magico.
– Si. – confessai – E a volte mi fa paura anche ora. – come quando Cal mi aveva bloccato e poi rinchiuso nel suo semoar per bruciarmi viva, come quando Ciaran aveva tentato di strapparmi i miei poteri.
Hunter non ha detto niente, non ha fatto commenti su quanto avevo detto. – Killian ha risvegliato i suoi poteri, non possiamo lasciarla andare così, non sappiamo cosa potrebbe fare.
– Quindi che proponi? Di andare a cercarla a Los Angeles? – domandai incredula. – Io la prossima settimana ho scuola.
– Non è necessario che venga anche tu.
– Non ti lascio andare da solo da mia cugina. – rimasi in silenzio a riflettere per un attimo, anche lui non disse niente. – Faccio le valige! – dissi infine.
– Cosa?
– Faccio le valige e partiamo, lascio un biglietto a mia madre per spiegarle quello che è successo. – dissi tutto d’un fiato così da non avere il tempo di cambiare idea. – Vado di sopra.
– Morgan mi sembra un … – riattaccai il telefono senza lasciarlo finire, non volevo sentire quello che pensava. Ero sempre stata una persona assennata, responsabile e non mi comportavo mai in modo tanto impulsivo e irragionevole. Ma non volevo starmene con le mani in mano mentre lui andava a riprendere mia cugina e non aveva alcuna idea di come l’avrebbe presa mia madre se avesse saputo che Andy se ne era andata via per via della Wicca. Già disapprovava apertamente quello che facevo, anche se faceva finta di non sapere niente. Stavolta si sarebbe arrabbiata sul serio. Probabilmente anche l’andarsene via in quel modo l’avrebbe fatta infuriare e preoccupare, ma non mi veniva in mente nessun altra soluzione. Forse sarebbe andato tutto bene. Forse…

Buttai velocemente i miei vestiti in uno zaino, non progettavo di stare via più di qualche giorno. Dopotutto, forse, mia madre non si sarebbe arrabbiata più di tanto.
Presi l’indirizzo di Andy che era scritto su un foglio nella disordinata agenda che mio padre aveva dimenticato a casa e lasciai un biglietto a mia madre per dirle che ero andata a Los Angeles. Le scrissi che Andy aveva voluto tornare a tutti i costi e che io, non sentendomela di lasciarla andare da sola l’avevo accompagnata. Scrissi anche che l’avremmo chiamata presto, sperando tra me e me che quando l’avessi chiamata fosse stata presente anche Andrea nel caso avesse voluto parlarle. Uscii di casa appena percepii la presenza di Hunter e salii in silenzio sulla sua auto mentre lui fissava davanti a se, Killian era seduto sul sedile posteriore e stava in silenzio.
– Morgan, non è una buona idea. – esordì voltandosi a guardarmi, allungò una mano per mettermi una ciocca di capelli dietro all’orecchio e quando la sua pelle sfiorò la mia sentii una scarica elettrica. Lo guardai negli occhi e provai un desiderio fortissimo di stringerlo a me, che mi sbrigai a reprimere anche perché lì c’era Killian – I tuoi genitori staranno in pensiero, si arrabbieranno molto se vai via così. – aggiunse.
Scossi la testa, anche per riprendermi – Se scoprono perché se ne è andata si arrabbieranno anche di più. Sono sicura che se verrà fuori che quello che è successo ha a che fare con la wicca mi proibiranno di frequentare altri cerchi e forse mi manderanno anche in un collegio cattolico. – spiegai amareggiata – No, è molto meglio che venga anch’io a riprendere Andy. – conclusi
Hunter rimase un attimo a fissarmi negli occhi con sguardo preoccupato, – D’accordo. In fondo potrei aver bisogno del tuo aiuto.  
–Non avrai intenzione di bloccare i poteri della piccola Andy, cacciatore? – domandò Killian con il veleno nella voce
Guardai Hunter preoccupata, ma lui stava facendo marcia indietro e si muoveva con estrema attenzione, guardando che non ci fossero macchine. Non disse niente, non rispose alla domanda di Killian e lui si lasciò andare indietro sullo schienale della macchina con aria irritata. Fissò fuori dal finestrino per tutto il tempo senza dire una parola, io rimasi in silenzio a fissare Hunter, tentando di non soffermarmi troppo sulle sue labbra, di non immaginare quello che sarebbe potuto succedere quando saremmo stati da soli, lontano da casa, lontano da tutti.
Hunter guidava in modo prudente, io rimasi in silenzio fino all’aeroporto, stranamente anche Killian non disse niente. Arrivammo in due ore e mezzo e prenotammo gli ultimi posti rimasti su un aereo diretto a Los Angels che sarebbe partito di lì a un ora, saremmo arrivati per le otto di sera. Quando salimmo sull’aereo io presi posto accanto a Hunter e appoggiai la testa alla sua spalla, quando chiusi gli occhi lui mi strinse gentilmente la mano. Sentii Killian sbuffare dal sedile accanto al mio, sapevo che gli seccava non stare in prima classe ma non avevamo tutti quei soldi.
– Andrà tutto bene. – bisbigliò Hunter, aprii gli occhi e alzai la testa per sorridergli, mentre lui mi restituiva il sorriso feci un cenno d’assenso. Si, sarebbe andato tutto bene.

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Capitolo 12
*** CApitolo 12 -Arrivo- ***


Documento senza titolo

Altro capitolo, ancora raccontato dal punto di vista di Morgan, al prossimo si torna ad Andy però^^! Buona lettura^^!

 

Capitolo 12

-Arrivo-

L’aereo atterrò con trenta minuti di ritardo nel gigantesco aeroporto di Los Angeles, che però era come tutti i grandi aeroporti: pieni dei soliti negozi in cui compri gli ultimi regali che ti erano proprio passati di mente. Non so perché ma me lo aspettavo diverso e in un certo senso lo era perché dava proprio sul mare: Mery K lo avrebbe adorato.
– Hey, mr simpatia, io ho fame! – si lamentò Killian dietro di me.
Mi voltai lentamente a guardare Hunter e mi trattenni a stento dallo scoppiare a ridere: aveva la faccia rossa, sembrava sul punto di esplodere, la sua solita pacatezza svanita nel nulla. Aveva un che di buffo, ma probabilmente lo trovavo tale anche perché non se la prendeva con me. Ripensando alla faccenda di Cal e a come aveva reagito Hunter però pensai che più che rabbia quella che provava ora Hunter era totale esasperazione. Killian colpiva ancora.
– Se non stai zitto io … – ringhiò il mio ragazzo senza terminare la minaccia, da dopo la prima ora di viaggio Killian aveva iniziato a lamentarsi di tutto, sospetto lo facesse solo per infastidire Hunter e se quello era lo scopo, c’era riuscito alla grande.
– Cosa, cacciatore, sentiamo! – lo provocò.
Sbuffai esasperata, lanciando un occhiata all’orologio: erano le otto e mezzo passate.
– in effetti anch’io avrei fame. Se cercassimo un McDonald’s – proposi, Hunter mi lanciò un occhiata disgustata.
– Meglio un ristorante. – ribatté scuotendo la testa, come sempre odiava i miei gusti culinari.
– Avrei davvero voglia di fish and chips, mi manca l’Inghilterra. – disse Killian guardandosi attorno. – Dove dormiamo? –
Hunter sbuffò. – Credo che prima di tutto sia meglio andare da mia cugina, poi chiederemo a lei … potremmo mangiare lì. Peno anche dormiremo da lei. Non ho mai conosciuto mia zia, né sono stata mai a casa sua quindi credo sia meglio chiamare un taxi per farci portare lì. – spiegai trafficando con lo zainetto per tirare fuori il foglio in cui avevo segnato l’indirizzo.
– Non faremmo prima con un incantesimo di ricerca? – domandò Killian inarcando un sopracciglio.
Hunter gli lanciò un’occhiataccia – Non c’è bisogno di nessun incantesimo. – lo rimproverò.
Sentii Killian brontola a mezza voce, con il solito tono di voce infastidito, mentre con gli occhi cercavo l’uscita tra l’infinità di negozi. Alla fine adocchiai un cartello in alto che  mi indicò la direzione da seguire; all’uscita, sulla strada, aspettavano in fila diversi taxi gialli accostati al marciapiede, con delle scritte nere sulla fiancata e l’insegna luminosa. Afferrai la mano di Hunter, ringraziando che avevo portato solo il bagaglio a mano e non avevo dovuto passare un infinità di tempo a cercare lo sbarco dei bagagli.
Prendemmo il taxi e dicemmo al tassista l’indirizzo che mi ero segnato, in un quarto d’ora circa eravamo arrivati, avevo pensato di dividere la spesa, ma invece pagò Hunter di tasca propria. Il tassista si lasciò davanti a un alto condominio bianco, dalla porta di vetro nero, al di là dell’edificio si scorgeva uno scorcio di mare, provai un po’ di invida per Andy che era sempre vissuta qui, con profumo dell’acqua salmastra e il rumore delle onde. Anche il villaggio di Mave si trovava vicino al mare.
Arrivata davanti al citofono suonai al nome Rolands, la voce che rispose era gracchiante e un po’ roca, probabilmente a causa del citofono. – Chi è? – chiese.
– Andy, sono Morgan. Per favore, apri. – dissi incrociando le dita, se Andy se ne era andata per via della magia era altamente improbabile che prendesse anche solo in considerazione l’idea di aprire.
– Mi spiace Morgan, sono la madre di Andy, lei è andata a trovare la cugina, ma le dirò che sei passata. – rispose la voce.
Rimasi un attimo sconcertata – Sono io la cugina di Andy. – risposi confusa, lanciando un occhiata a Hunter che scrutava la zona, sentii che lasciava liberi i sensi, in esplorazione e lo imitai, ma non percepii nessuna strega nei dintorni.
– Sei la figlia di Sean? – chiese la voce.
–Si. – confermai, iniziando a preoccuparmi, sentii Killian bofonchiare qualcosa di incomprensibile, colsi solo le parole “incantesimo” e “ricerca”. Hunter mi mise una mano sulla spalla, bisbigliandomi nell’orecchio – Chiedile se tua cugina ha chiamato e l’ultima volta che l’ha sentita. –
– Come mai sei qui? – domandò. – E’ successo qualcosa? –
Sospirai – Non proprio … ehm.. Lei per caso ha sentito Andy ultimamente? Dovrebbe essere tornata qui. – domandai.
– No. – rispose – Non l’ho … – non terminò la frase, per un attimo scese il silenzio, poi il portone si aprì.
Guardai Hunter e poi Killian e mi fiondai dentro, su per le scale, ma non avevo idea di che piano occupasse. – Morgan – chiamò una voce, meno roca di quella al citofono. Alzai la testa e vidi una donna con i capelli lunghi e affacciata alle scale, a qualche piano sopra di me, Hunter mi era venuto dietro insieme a Killian, ma a quanto pare ero io la più veloce dei tre. Arrivai all’ultimo piano e quasi mi accasciai.
– Beh , c’erano le scale. – mi informò candidamente mia zia, che spostava costantemente il peso da un piede all’altro, sempre più nervosa. – Cosa è successo? – domandò irritata e preoccupata. – Dentro c’è il borsone di Andy. – disse con voce sempre più isterica – Che cosa le è successo? –
Guardai Hunter senza sapere cosa rispondere, lui incrociò il mio sguardo con fermezza e si voltò verso mia zia – Possiamo entrare? Credo ci siano un paio di cose che dovremmo spiegarle. –
Kiallian sbuffò irritato mentre li seguivamo dentro casa, mentre entravo camminando sul pavimento di moquette bianca vidi in un angolo il borsone che Andy aveva quando era arrivata a casa mia, sentii una stretta allo stomaco pensando a quello che le era successo. Da quando la magia era entrata nella mia vita tante cose erano cambiate, aveva portato tanti problemi, tanto dolore, ma anche tanta gioia. Forse però per Andy non era andata così, lei aveva trovato solo dolore e confusione, ma è anche vero che la magia era entrata all’improvviso, per via di Killian e quindi visto il modo era normale che tutto le fosse sembrato strano o insostenibile, inaffrontabile … ed era per questo che era scappata. Ma scappare non serve a niente e questo lei doveva capirlo.
Hunter si mise a sedere sul grande e comodo divano bianco, rifiutando l’offerta di qualcosa da bere da mia zia. Io e Killian ci sedemmo accanto a lui mentre mia zia rimase in piedi, andando avanti e indietro per la stanza. – Allora volete dirmi che è successo? – esplose alla fine, fermandosi con le mani sui fianchi a fissarci.
Guardai Hunter, poi fece un respiro profondo. – Ecco – iniziai – è successo tutto perché sono una strega –

 

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