Terreni

di piccolimarcoakajohn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La salita ***
Capitolo 2: *** La discesa ***
Capitolo 3: *** Il Piano ***



Capitolo 1
*** La salita ***


La salita

Affrontare una salita, per quanto difficoltosa e impegnativa, è più semplice della discesa, dice il cronista.
Io sono disteso in salotto, sento la pelle morta e conciata della vacca premere sulla mia di pelle,
apparentemente fresca e viva, sicuramente sudata. L'estate si porta dietro pure quegli interminabili
pomeriggi di calura annientante accompagnati dal dolce suono della voce che accompagna il giro di Francia.
  E oggi si è portato pure dietro un'ottima analogia su cui poter imbastire una riflessione capace di attirare
su di sé quel poco di energia che mi è rimasta. E questo è bene. Arrivare a stabilire che il cronista ha ragione.
Che dalle azioni fisiche di un gruppo di atleti, filmati e trasmessi via etere, possa trarre del beneficio a
lungo termine, oltre ad un'immediato godimento.

Che da questa esperienza possa trarre delle conclusioni e da queste conclusioni possa ritrovare sicurezza nelle
mie azioni e scelte, anche considerandole come inevitabili. Che poi possa pure arrivare a scriverne, dando ascolto
alla parte di me che vuole condividere ciò che ha trovato ed evitare ad altri i brutti incontri, con tutto quello
che implica una siffatta affermazione, sicuramente velleitaria e in qualche modo fuori luogo.

Ecco che tutto questo sia il frutto di una innocente constatazione del cronista sopra alle difficoltà del ciclista,
della tappa e del clima, ha dell'incredibile ma sicuramente si è verificato. Ebbene questo maledetto cronista ha
detto che un ciclista adesso ha tutti gli strumenti necessari per arrivare preparato, anche in condizione di brutto
tempo, nell'affrontare la più impervia delle salite, al contrario delle discese. Mentre nella discesa bagnata ci si
deve affidare all'abilità personale,
 all'attimo, all'occasione e brutalmente alla casualità del gesto vissuto istante
per istante, alla salita ci si prensenta già con un piano, consapevoli fin dove poter arrivare, se ci si stancherà
prima, quale passo tenere, se questo è in linea con le strategie
 generali di tappa e di classifica.
Nulla è lasciato al caso nell'affrontare una salita. E il caldo lo si teme certo, ma facilmente ci si può arrangiare
per contrastarlo. Al massimo si può smontare in tutta sicurezza e proseguire a piedi.

  E in questo arrivo alla conclusione di come la mia vita non assomigli per niente ad una calcolabile salita,
ma di quanto invece vorrei che lo fosse. La fatica non mi spaventa. La possibilità di controllare e pianificare
le prestazioni e i risultati mi rassicura.

Eppure continuo a non sentimici  giusto. In un siffato percorso mi sentirei asfissiato. Non troverei alcuno stimolo.
Non potrei essere sorpreso degli accidenti, delle occasioni uniche. Ma capisco pure che se per caso mi ritrovassi di
fronte ad una salita, saprei benissimo come affrontarla. Che trattare una salita per una discesa sarebbe un'occasione
persa, mal sfruttata.

  Tutto troppo esplicito, ma forse attinente al tema. Quesdta era la mia personale salita quotidiana, più simile alla
rampa del parcheggio che al passo di montagna, ma sempre di salita si tratta.

         
​                                       ​                                       ​                           210022072016

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Capitolo 2
*** La discesa ***


La discesa

 Se non forzatamente, l'occasione di affaticare il corpo, di restitere nello sforzo per superare i
propri limiti, si è già trovata, vissuta, manifestata. Ora è il tempo di tenere la mente salda,
concentrata, liscia, liscia come le pareti di quell'asfalto capace di strappare la più piccola
particella delle ruote in gomma che alleggeriscono l'attrito di cui è capace la forza gravitazionale.
  Questa la discesa. Prepara la postura. Poco importa che tu arrivi da una volata in altopiano, o
abbia appena conquistato la maglia a pois. Posizionati favorevole al vento. Se non vuoi bagnarti
preparati con largo anticipo, e stai attento all'effetto paracadute di una mantellina mal agganciata.
La preparazione è fondamentale ma la si decide sul momento, pochi secondi prima di lasciarsi andare.
  Ogni curva, ogni cambio di baricentro, ogni ostacolo, ogni minuscola pagliuzza, avvantaggiarsi delle
forze centrifughe, centripete, gravitazionali. Tutto questo non lo puoi scrivere, Non lo puoi calcorare.
Lo possono solo memorizzare i tuoi muscoli rischiando in allenamento la caduta, anche la morte, al
solo scopo di raggiungere il proprio limite, la consapevolezza di non poter ottenere di più dalla
propria prestazione in gara, quando altri pensieri, altre priorità scavalcano la necessità di calibrare
i movimenti al millimetro. Ed ecco che la pioggia lacera il viso senza alcuna conseguenza sulle espressioni
chiuse dei migliori. 
  Non ci sono specchietti. Non ci sono inutili pezzi di vetro su cui poter riflettere la propria e l'altrui
immagine. Non siamo mica in una grotta. La discesa chiede tutto e nulla sconta. La discesa esclude l'altro,
ed è meglio pure distanziarsi, perché sbagliare è facile come lo è cadere sugli errori dei vicini. 
  Più prosegui è più si allontana la fatica fisica, più ti abitui a lasciarti trasportare dalla forza e
dalla fermezza delle tue volontà. Non puoi distrarti, ma la mancanza di uno sforzo costante ti riporta con
malefico ardore a provare noia per un immutabile cadere, a voler vivacizzare il tutto magari osservando i
forsennati movimenti di chi ti corre affianco vestito da anatra o quel che è, dal bambino che si esalta
sventolando il tuo nome scritto malamente su di una stoffa bianca recuperata chissaddove, e tu sei lì pronto
a manifestare tutto il tuo sentito sdegno. Ma se fai questo, se lasci perdere, se ti volti per vedere che fine
hanno fatto gli inseguitori, ecco che hai perso la partita, ecco che hai perso velocità, ecco che un piccolo
sassolino può farti perdere aderenza.
  Ciò che mi fa preferire la discesa a tutti gli altri terreni sta proprio in questa sua palese quanto
contraddittoria presenza. Non fai fatica, anzi, meno tempo impieghi a raggiungere il piano, più sei portato
a ridurre il contatto con la tagliente forza dell'impalpabile aria in cui da quando sei uscito dall'utero
di tua madre hai iniziato a nuotare, più sei portato a ridurre le forze che tendono a rallentarti. La fatica
è un questione di tensione, di staticità, quanto tempo riuscirò a resistere in quella posizione areodinamicamente perfetta senza farmi sbandare dalla forza della curva? Quanto tempo potrò resistere in punta sul sellino,
con la coppa del collo incollata alle spalle? Per quanto tempo riuscirò a mantenere quella posizione da me decisa, senza farmi influenzare dall'esterno? 
  Quanto questo sia l'opposto di chi affronta una salita è palese. Proprio in questo contrasta l'elegante
resistenza della discesa contro l'affannosa rincorsa della salita. D'altra parte chi più del nobile si è
esercitato a mantenere una posizione acquisita per occasione? Chi più del commerciante si è affannato nel
recuperare i danari capaci di aggiudicarsi un blasone? Mondi speculari ma sempre parte della stessa montagna.
Ora bisogna solo capire quale parte può appagare la propria personale sete. Ed io l'ho già trovata.    


​                                       ​                                       ​                           200503082016

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Capitolo 3
*** Il Piano ***


Il piano

La presenza di una salita, o di una discesa, inevitabilmente rimandando ad una morfologia del terreno ben definita. In passato vi è stato un terremoto. In passato la terra piatta si è increspata, distruggendo tutto quel che vi era cresciuto sopra, oppure tra quella enorme moltitudine di zattere che è lo strato superficiale della terra, una piccola crepa ha permesso al liquido ad alta temperatura delle profondità di solidificarsi in luoghi ben diversi da quelli in cui era abituato rimescolarsi. Ci sono zone ancora intatte però. Zone della terra che fanno dell'assenza di asperità la loro caratteristica. Allora ecco che per orientarsi si possono usare solo le stelle o un qualsiasi tratto riconoscibile del terreno, del territorio, della vegetazione. Certamente non la forma o il colore delle montagne. Ed in siffatti teritori, a volte verdissimi, a volte umidi, altre aridi, un corridore non può fare altro che cercare di contare sulle sue energie per sfidare il tempo. L'unico vero avversario di un corridore in piano è il tempo e la fatica che questo conflitto comporta. Possono esserci delle curve nella strada, certo, solo in un deserto la linea retta è sempre conveniente, però queste sono facilmente affrontabili, altro che in discesa! Il vero problema è il tempo che scorre, la strada che ci si lascia alle spalle, l'usura del proprio corpo e del proprio mezzo e se si vuole pure quel prurito che viene a chi si sente già la vittoria in tasca, che non considera sufficientemente avvincente una facile riuscita.
  Ma tutto questo forma lo spirito in modi assai diversi che in uno scalatore o in un discesista. Anzi è vero il contrario, così come la montagna si è formata da due pianure in contrasto, trasformandosi in salita e discesa, il ciclista primitivo si è fomato in piano e in questo poi ha visto per lui migliori stimoli, portati all'estremo, nella discesa o nella salita. Chi preferisce la fatica ed il calcolo, eccolo divenire un eccezionale scalatore. Chi invece si inebria nel rischio e nella velocità dare il tutto in discesa. Chi preferisce rimanere in piano invece ha ben deciso di ignorare le sfide, di concentrarsi sull'osservazione di un paesaggio apparentemente omogeneo, noioso, capace di portarlo a vedere l'essenza di ciò che vede, piuttosto che le modalità con cui affrontare le minime ma cruciali differenze di un percorso inclinato. 

  Se prima io ho detto di preferire la discesa alla salita è anche perché non avevo considerato la pianura e con più precisione il deserto. Nel deserto mi sento a casa, ma è anche vero che prima o poi nel mezzo del deserto ci si possa trovare di fronte ad un monte isolato, ed è in quella condizione che io arrivo a preferivi la possibilità di scendere, accettando pure la fatica della salita, piuttosto che circumnavigare. Non ho altro da aggiungere sopra a tutti i terreni del mondo. Le variazioni sono infinite. Ho tralasciato situazioni particolari che non varrebbe la pena descrivere, data la loro rarità e stranezza che ne vanificherebbe ogni sforzo descrittivo. Allo strano ci si può preparare solo vivendolo, se si ha la sfortuna o fortuna d'incontrarlo.

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