Enemies di Bakacchi (/viewuser.php?uid=67464)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 3.07 : Start. ***
Capitolo 2: *** Era una notte buia e tempestosa... ***
Capitolo 3: *** Disgusto; qui piove! ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 in costruzione. ***
Capitolo 1 *** 3.07 : Start. ***
Enemies
(titolo
provvisorio)
di
Haciko; o meglio Hacch.
- Haine-san!!!Svegliati!Sono
tornati, ci attaccano di nuovo!!! –
Aprii
gli occhi di scatto, bruscamente risvegliata dall’urlo
di Aki, la mia migliore amica, nonché compagna di banda.
Allungai la mano,
tastando nel buio alla ricerca della sveglia, premetti il pulsantino
centrale e
subito il led della piccola macchinetta segna ora si accese,
informandomi che
erano soltanto le 3.07 del mattino. La pioggia batteva insistente sulla
finestra e le gocce parevano sassi da quanto erano grandi.
Ottimo
tempismo, pensai mentre mi mettevo a sedere sul
letto. Mi alzai e cercai l’interruttore della luce. Lo
premetti e la stanza
venne illuminata di colpo dalla lampada, facendomi strizzare gli occhi.
Guardai
Aki, in piedi sulla soglia, fradicia dalla testa ai
piedi, con il fiatone e in attesa di ordini.
- Ancora loro? –
chiesi ancora assonnata, mentre sentivo la rabbia crescermi dentro..
- Si, capo. E sta volta
c’è anche…lui. –
rispose Aki, esitando
sull’ultima parola.
Sentii
un brivido di pura follia scorrermi lungo la schiena e
digrignai i denti all’idea della sua
presenza.
Scattai
fuori dal letto come se fossi appena stata morsa da
un serpente e spalancai il piccolo armadio di legno, prendendo da una
gruccia
la divisa della banda, una camicetta bianca e una
minigonna rossa a
pieghe. Legai attorno al colletto della camicia il fiocco rosso,
simbolo del nostro gruppo, presi la Coraline dalla custodia argentata appoggiata
sulla
scrivania e mi fiondai fuori dal dormitorio. Aki mi seguì
lungo i corridoi,
correndo insieme a me come una furia.
- Aki, dove sono? –
urlai mentre continuavo a correre su per le
scale a perdifiato.
- Sul tetto dell’edificio
di fronte!Gli altri sono già lì! –
Salii
le scale due gradini alla volta, fino a raggiungere la
porta che dava sul tetto. La spalancai e mi fiondai fuori, sotto la
pioggia
battente. Stava per cominciare l’ennesima lotta.
-
- -
Quando
avevo solo due anni i miei genitori morirono
durante uno scontro tra le due bande rivali
dell’epoca.
A
Tokyo il governo, i
politici e tutto il resto valevano ormai meno di zero, fatto che
favorì la
nascita delle cosiddette “band”, il cui unico
obiettivo era quello di ottenere
il controllo sulla città.
L’odio
profondo che scorreva tra le due derivava da
scontri avvenuti secoli prima tra due famiglie che governavano la
città e si
era protratto negli anni fino ad oggi. I miei genitori facevano parte
degli
“Hanami”, il team dei fiori, la stessa band di cui
ora io sono il capo.
Fino ai
dodici anni ho vissuto in orfanotrofio con gli altri bambini che
avevano subito
il mio stesso crudele destino. Un giorno però, decisi di
andarmene. Volevo
dimostrare di essere indipendente, che potevo cavarmela da
sola.
Così
lasciai
l’orfanotrofio, portando con me l’unica cosa di
valore che possedevo, la mia
bacchetta Coraline, dotata di strani poteri e datami in dono come eredità dei miei
genitori, e vagai alla
ricerca di un posto dove dormire per giorni finchè non
trovai “il dormitorio”,
come lo chiamiamo noi Hanami, un vecchio palazzo abbandonato situato ai
confini
della città.
Pochi
giorni più tardi trovai Aki e alcuni degli altri bambini con
cui avevo condiviso l’orfanotrofio sulla soglia
dell’edificio, intenzionati a
seguirmi e a stare con me. Mentre sistemavamo alla bell’e
meglio il palazzo,
decidemmo di riformare gli Hanami e io venni eletta capobanda. La
nostra
tranquillità, però, durò troppo poco.
Non
avevamo rimesso in piedi la band con gli stessi scopi dei nostri predecessori, ma solo
perché eravamo un gruppo di ragazzini accomunati da storie
simili, cresciuti
insieme senza genitori. Ma ben presto scoprimmo di non essere gli unici
orfani
a essersi riuniti.
Un giorno d’estate ricevemmo la visita di un ragazzino biondo, che
con aria strafottente disse di chiamarsi Chiaki Takamura, il famoso "lui", e che la sua
band, la
“DanFlame”, ci avrebbe sconfitti e cacciati dalla
città. Poco dopo
realizzai che il team del fuoco, quello di Chiaki, era il perenne
rivale di
quello dei fiori e capii che i miei genitori dovevano essere stati
uccisi da
qualche ex componente di quella band, forse gli stessi genitori di quel
Chiaki.
Cominciai a provare un odio profondo nei suoi confronti e in quelli
della sua
banda, desiderando con tutta me stessa di farli fuori.
Tempo
un mese e
cominciarono gli scontri tra le nostre band. Inizialmente si
trattò di semplici
scaramucce tra bambini ma con il tempo ci rafforzammo e i nostri
combattimenti
cominciarono a farsi più duri e intensi fino ad arrivare ad
avere dei feriti.
Nessuna
delle due parti, però, ha mai prevalso totalmente
sull’altra. Ormai
sono cinque anni che continuiamo a farci guerra e quel che resta della
polizia
si ostina a darci la caccia, considerandoci “elementi
pericolosi per il paese”.
Ma
ora basta.
Stanotte la faremo finita una volta per tutte.
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Capitolo 2 *** Era una notte buia e tempestosa... ***
La
pioggia batteva impetuosa sulle lamine del tetto
malandato, provocando un rumore assordante. La notte, di un nero
assoluto, era
illuminata solo dai pochi lampioni che fiancheggiavano le strade e
dalla
pallida luce della luna, resa ancora più opaca dalle grosse
nuvole grigio
piombo che coprivano il cerchio candido .
Il
tetto piatto si protraeva per quindici metri davanti a me
e in quello spazio erano disposti, in formazione, i miei compagni.
Taiki, il
più grande tra noi nonché mio vice, stava in
testa, impugnando la sua spada
Kuroi saldamente. Dietro di lui, Myu, la più piccola,
fissava il tetto del
palazzo di fronte nervosamente. Itsuki e Shinji, i fratelli Makuya, le
stavano
accanto. Correndo raggiunsi Taiki, mentre Aki si posizionava alle
nostre spalle
con gli altri.
- Ce ne hai messo di tempo, eh capo?
– mi canzonò lui.
- Sta zitto, Taiki.
– risposi accennando un sorriso. - Piuttosto, dove sono
quei bastardi?-
- Proprio lì.
– disse, indicando il tetto del palazzo di
fronte.
Aveva
ragione: nel punto da lui
indicato si stagliavano contro la luce dei lampioni, cinque figure
scure, anche
loro in formazione.
- Buonasera, Sagami. -
disse uno
di loro, con un sorrisetto beffardo stagliato sul volto.
Mi
voltai verso l’ombra che aveva
parlato, fissandola con disgusto. Avevo riconosciuto
all’istante quella voce
fredda e dal tono perennemente ironico.
- Qual buon vento ti porta qui tra noi, Takamura? Di solito,
lasci che siano i tuoi carissimi compagni a onorarci della loro
presenza,
mentre tu...te ne vai a spasso chissà dove -
risposi acidamente.
Con
un balzo l’alta figura nera
saltò sul nostro tetto, arrivando a pochi centimetri dal mio
viso, lasciandomi
disorientata dalla velocità con cui aveva compiuto quelle
azioni.
- Avevo voglia di vederti,
piccola – mi disse con aria strafottente,
guardandomi
dritta negli occhi.
In
un secondo estrassi dalla
divisa la Coraline, e gliela puntai al collo, senza muovermi di un
centimetro.
- Bè, io no, anzi,
gradirei se...ecco, come dire...sparissi - dissi
digrignando i denti.
- Uh uh, siamo nervosette
stasera,
eh?Mmm...mi sa che qui ci vuole un calmante –
Chiaki
portò la mano dietro la
schiena e, lentamente, estrasse una lunga katana dalla custodia che
portava al
fianco. La lama scintillò di rosso sotto il riflesso delle
luci e venne subito
avvolta da un'aura fiammeggiante. Prima che me ne potessi accorgere, la
punta
della spada era appoggiata al mio fianco, e Chiaki la stava facendo
scorrere
sulla mia pelle, provocandomi un taglio.
Urlai di dolore e mi scostai da lui con un salto.
Shinji,
o meglio Shin, mi corse
incontro e si inginocchiò accanto a me.
- Haine-san, stai bene?
– mi
chiese, sorreggendomi.
- Il taglio...brucia da morire
Shin! - mi lamentai, tenendo una mano sulla ferita.
Il ragazzo fissò con aria preoccupata il taglio sanguinante
che si stagliava
scarlatto oltre la maglietta strappata.
- Ragazzi, ritirata!!Haine
è
ferita! - urlò poi prendendomi in braccio.
Takamura, però,
non era d’accordo. Si
avvicinò lentamente ed emise una risatina lugubre.
- Ritirata?Oh non credo proprio,
il divertimento è appen...-
Il
monotono suono di una sirena interruppe Chiaki. Lo vidi guardare
giù dal
tetto, il viso in tensione, la katana stretta tra le mani.
- E’ la
polizia!!!Ragazzi, VIA! – gridò ai
compagni, raggiungendoli sul tetto
opposto.
Nel frattempo un
gruppo di poliziotti era salito sul tetto del dormitorio degli Hanami,
mentre un altro si era lanciato all’inseguimento dei DanFlame.
Shin prese a correre più che poteva quando si accorse che
uno degli sbirri
puntava verso di noi. Tentò in ogni modo di seminarlo,
saltando di tetto in
tetto, ma scivolò sulle lamine bagnate. Cademmo insieme ma
nell’impatto io
finii qualche metro dietro di lui. Mi rialzai a fatica, indebolita dal
dolore
al fianco, e frugai nelle tasche della gonna, alla ricerca della
Coraline.
Quando
finalmente la trovai, la
estrassi e cominciai a tracciare grandi quadrati nell’aria,
borbottando formule
magiche. Qualche istante più tardi vidi formarsi davanti ai
miei occhi una
barriera luminescente. Oltre, c’era Shin, che mi fissava
scandalizzato.
Ormai
l’uomo era troppo vicino a me, sarebbe stato impossibile
sfuggirgli, ma Shin,
lui sì, poteva farcela.
Il ragazzo si rialzò e cominciò a sbattere i
pugni
sulla barriera come una furia.
- Haine, cosa diavolo stai
facendo??Vieni via! - urlò furioso.
- Scappa Shin!Metti in
salvo gli altri!QUESTO E' UN ORDINE! - dissi voltandomi
verso di lui e lanciandogli uno sguardo che non ammetteva repliche.
Mi
fissò ancora un istante, scuotendo lievemente la testa, per
poi dileguarsi
nel buio della notte.
Il poliziotto intanto mi aveva raggiunta e, senza alcuno sforzo, mi
aveva messo
ai polsi due pesanti manette.
- Ma guarda cos'abbiamo
qui...proprio la capobanda di quel gruppo di bastardini
eh? -
Strattonandomi e spingendomi, mi condusse fino alla macchina e mi
sbattè sul
sedile posteriore, dove caddi priva di forze. Tentai di mettermi a
sedere, sul
viso una maschera di rabbia, dolore e odio.
- Oh, ma guarda. Il destino allora
ci vuole insieme, piccola - disse una voce
accanto a me.
Fu
l’unica cosa che sentii prima
di perdere i sensi.
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Capitolo 3 *** Disgusto; qui piove! ***
Ah, salve! Dunque dunque ho
riscritto interamente la storia fino a questo capitolo, quindi per chi
l'avesse già letta nella forma precedente consiglio di
ridarci un'occhiata perchè ho cambiato un po' di cosette.
Mi scuso poi per aver
lasciato la storia al secondo capitolo. Torno solo ora con il "terzo",
che non si potrebbe proprio definire tale, ma va bè XD.
Ora ho intenzione di
continuarla, quindi se vi va seguitela (:
Lo dico fin da subito:
i miei capitoli saranno piuttosto corti. Non è
perchè non ho voglia di scrivere, giuro, è che mi
trovo meglio così e credo che renda anche la storia
più chiara.
Ecco, ora sparisco e
spero di tornare presto con la fine del terzo capitolo e il quarto.
Hacch.
- - -
Mi
risvegliai con le ossa doloranti e la puzza di umidità
sotto il naso.
Avevo
totalmente perso la concezione del tempo: quante ore
erano passate dalla lotta sul tetto?
A
svegliarmi fu un pulsante dolore al fianco destro: sotto
la camicetta squarciata e tinta di rosso si estendeva un lungo, ma fortunatamente
superficiale,
taglio scarlatto. La ferita si era già semi rimarginata ma
il dolore era ancora
intenso e mi impediva di muovermi liberamente.
Sbattei
più volte le palpebre, cercando di mettere a fuoco
l’ambiente che mi circondava.
Era
una minuscola cella di circa tre metri per tre, circondata da
mura color piombo alte almeno sette metri, scrostate ed
ammuffite a causa della forte umidità percebile in quel
luogo: numerose goccioline percorrevano le pareti e formavano una
piccola pozzanghera sul pavimento. L’unica fonte di luce era
costituita da una piccolissima finestrella coperta da una grata, posta
a circa
quattro metri d’altezza. Sembrava essere una torre.
La
luce che entrava nella celletta era davvero pochissima e
arrivava ad illuminare solo metà della stanzetta, lasciando
il resto nella
penombra.
Ed
era proprio lì che giaceva una figura scura, la schiena
appoggiata contro il muro umido e freddo e la testa bassa, ciondolante
su un
collo troppo esausto per sostenerla.
Studiai
la figura silenziosa, cercando di riconoscerne i
tratti, ma quando tentai di avvicinarmi notai con orrore che la mia
caviglia
sinistra era imprigionata da una pesante catena legata ad un gancio nel
muro.
Arrivai a pochi centimetri da quel corpo, quando sentii un grande
strattone al
piede e persi l’equilibrio, cadendo in avanti.
Mi
rialzai sbuffando, infastidita da quella situazione
assurda.
- Tsk, Sagami…ti sei
appena svegliata e già fai danni? –
esalò
con un sussurro il ragazzo, che riconobbi immediatamente come Takamura.
Mi
scostai di colpo da lui come se mi fossi scottata o fosse
stato un animale pericoloso.
Era
il peggiore degli incubi. Già l’essermi
risvegliata in
una cella fredda e decisamente scomoda non era certo divertente, ma il
fatto
che lì, a pochi centimetri da me ci fosse la persona che
più odiavo al mondo
rendeva la situazione insostenibile.
Mi
ritirai in un angolo, appoggiai la schiena al muro opposto a quello
di Chiaki e mi rannicchiai su me stessa il più possibile,
prendendo le massime
distanze da quel ragazzo disgustoso.
Gli lanciai uno sguardo schifato, mentre lui mi guardava ghignando, con quel suo sorrisetto idiota che si allargava sul suo viso.
Con mio enorme piacere notai che era ridotto piuttosto male: e labbra gli si incurvavano
spesso in una smorfia di dolore che andava a sostituire il suo
sorrisetto beota e sembrava davvero esausto. Per di più
aveva graffi e tagli sparsi per tutto il viso e un rigolo di sangue
scendeva, simile ad una lacrima, da una lunga ferita sullo zigomo
sinistro. Il suo corpo era coperto da grossi ematomi violacei e aveva i
vestiti strappati in più punti.
Ridacchiai,
crudelmente divertita da quella splendida visione.
- Wow, Takamura, chi ti ha
ridotto così? Sai vorrei fargli i miei complimenti
- sibilai sarcasticamente.
Chiaki
sollevò lentamente lo sguardo e puntò i suoi
occhi gelati nei miei, rivolgendomi un altro dei suoi detestabili
sorrisetti.
-
Faresti meglio a darti un'occhiata prima di giudicare me, Haine - disse,
pronunciando più lentamente l'ultima parola.
Infastidita da
quell'ultima affermazione, diedi un'occhiata fugace alle mie gambe.
L'idiota aveva ragione, purtroppo.
Sulla mia pelle chiara
apparivano grossi ematomi e numerosi tagli, e mi accorsi solo al
momento del sangue che colava lento da una decina di ferite.
Solo allora cominciai
a sentire dolori ovunque. Era come se il mio corpo si fosse
improvvisamente risvegliato da un lungo sonno.
Spalle, braccia,
gambe, tutto il corpo chiedeva di essere medicato.
Le ferite bruciavano,
i tagli non smettevano più di sanguinare e le botte
pulsavano di dolore.
Distolsi lo sguardo
dal mio corpo, sperando che questo mi aiutasse a provare meno dolore, e
tentai di trattenere le smorfie che mi si delineavano automaticamente
sul volto. Non volevo che quel ragazzo mi vedesse così
vulnerabile.
Puntai gli occhi nei
suoi, cercando di ucciderlo con un semplice sguardo.
- Tu... - sussurrai,
arrabbiata e incerta su come proseguire - perchè ti hanno
messo in questa cella?Eh?Lo sanno tutti che ci detestiamo! -
Ero furiosa. In
realtà avevo capito benissimo qual' era l'astuto e crudele
piano degli agenti. Autodistruzione, di questo si trattava.
Speravano di trovarci
morti, un giorno, per mano dell'altro. Disgustoso. Avrei preferito
uccidermi, che essere ammazzata da Chiaki.
Dal canto suo, il
ragazzo rimase in silenzio. Con le poche forze che gli rimanevano, si
aggrappò al muro retrostante e si mise in piedi barcollando.
Mosse qualche passo
incerto e tremolante verso di me.
Sembrava assolutamente
instabile e io mi feci ancora più piccola nel mio angolo,
per timore che mi crollasse addosso.
Si fermò
davanti a me fissandomi seriamente e poi si lasciò cadere al
mio fianco.
D'istinto, tentai di
scostarmi ma lui fu più veloce di me e mi prese per il
braccio, impedendomi di allontanarmi.
Ridotto com'era, mi
sembrò impossibile che fosse riuscito a muoversi
così agilmente, eppure il mio braccio era chiuso saldamente
tra le sue dita e lui non dava il minimo segno di cedimento.
Lo guardai furiosa,
dimenando il braccio nel tentativo di liberarmi, ma l'unica cosa che
ottenni fu una serie di fitte dolorose ovunque.
Chiaki strinse di
più la presa, fino a farmi male, mentre con la mano libera
mi sollevava il mento e mi costringeva a fissarlo negli occhi.
Insensibile alla mia
ribellione, il ragazzo continuò a guardarmi con quell'aria
seria che non gli avevo mai visto, uno sguardo che non ammetteva
repliche.
Colpita e sorpresa da
tanta serietà, rilassai momentaneamente i muscoli e mi
limitai a restituire uno sguardo infuriato, ma al tempo stesso
incuriosito, a Chiaki.
Il ragazzo
sospirò lentamente e finalmente si decise a parlare.
-
E' proprio per questo che io e te siamo qui...insieme, stupida
ragazzina. Quei bastardi vogliono che ci massacriamo a vicenda e, devo
ammeterlo, tu eri partita davvero bene. Ma io non voglio dargliela
vinta. Quindi, per favore, collabora. -
Sembrava che si stesse
rivolgendo ad una stupida bambina testarda. Il tono era strafottente e
sicuro di sè come sempre, ma percepii anche una nota di
assoluta e irreplicabile decisione nella sua voce.
Ero esterrefatta e
sconcertata. Lo fissai a bocca aperta. Che razza di idiozie erano mai
quelle?Collaborare?Io e lui?
- Che cosa?Io dovrei stare ai
tuoi giochetti? - gli urlai contro, ricominciando a
dimenarmi furiosamente.
Chiaki
sbuffò spazientito e rinforzò la presa ferrea sui
miei polsi.
- Ascoltami bene, Sagami. Le
opzioni sono tre: la prima prevede che io e te veniamo uccisi dal
governo, la seconda, estremamente allettante ma poco divertente,
è che io ti uccida qui e subito, come desiderano i bastardi.
La terza invece mi sembra più ragionevole. Scappiamo di qui,
insieme, torniamo dai nostri compagni e riprendiamo la nostra vita di
sempre. - spiegò sussurrando per paura di
essere sentito dalla polizia.
Fece una pausa.
- In sostanza ti sto solo
concedendo qualche giorno di vita in più, perchè
alla fine ti ucciderò comunque - aggiunse
ridacchiando e alzando le spalle.
Avevo il corpo in
fiamme per la rabbia; avrei voluto ucciderlo con le mie mani in quello
stesso istante eppure rimasi immobile, a fissarlo imbambolata.
Ero d'accordo con la
terza opzione, e sapevo che avrei dovuto dare la mia opinione, anche
solo per contrastare le parole di Chiaki.
Ma non ce la feci. Ero
stanca, dolorante, avevo fame, sete e sonno, ero chiusa in una cella
minuscola con Chiaki Takamura, non sapevo che ora fosse, ero lontana da
casa e dalle persone che amavo e mi sentivo incredibilmente
vulnerabile. Non avevo nemmeno più la mia preziosa Coraline,
unico oggetto in grado di darmi sicurezza. Mi sentivo spogliata da
tutto ciò che mi rendeva felice e mi proteggeva.
Svuotata completamente
e priva di ogni minimo appiglio. Senza che me ne accorgessi, presa
com'ero dalle mie sensazioni, cominciarono a scendermi le lacrime,
salate e amare, e poco dopo mi ritrovai a singhiozzare sonoramente
addossata al muro, il mio unico conforto.
Un'altra frustrante
sensazione andò a mischiarsi con le altre: Chiaki mi stava
fissando, ne ero sicura, e probabilmente il suo orgoglio stava ruggendo
di gioia nel vedermi così. Non sopportavo dargliela vinta,
odiavo l'immagine del suo odioso sorrisetto vittorioso e non avevo il
coraggio di sollevare lo sguardo per osservare la sua reazione.
Rimasi ancora un po'
nell'incertezza e nello sconforto, finchè non sollevai
lentamente lo sguardo, mi asciugai gli occhi con il dorso della mano e
lanciai uno sguardo furtivo in direzione di Chiaki.
Era fermo accanto a
me, la testa appoggiata al muro, nessuna espressione cinica.
Il ragazzo
girò appena il viso nella mia direzione e allungò
il braccio, sfiorando il mio.
Abbassai lo sguardo
sul suo pugno chiuso. Tra le dita teneva un brandello di stoffa bianca,
strappata dalla sua camicia già sbrindellata.
Rimasi a fissare la
sua mano, stupita e confusa.
Poi sentii altre
lacrime pungermi gli occhi, afferrai quel piccolo pezzo di stoffa
candida e mi ritrassi nuovamente su me stessa, chiudendomi come un
riccio e stringendo forte quel tessuto che tanto odiavo.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 in costruzione. ***
Scrivo per
avvisare che il terzo capitolo è finito e per scusarmi per
il ritardo.
Mi
dispiace molto, ma purtroppo non ho molto tempo per scrivere .__.
Bè,
spero che continuiate a seguire la storia, ora che sta entrando nel
vivo e mi auguro di riuscire ad aggiungere il quarto al capitolo al
più presto.
Intanto
tornate al numero 3 e leggete il finale XD
Baci,
Hacch.
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