Amor Vincit Omnia.

di S h a d o w h u n t e r _
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo #1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo #2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo #3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo #4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo #5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo #6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo #7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo #8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo #9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo #10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo #11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo #12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo #13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo #14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo #15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo #16 ***
Capitolo 17: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo #1 ***


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Amor Vincit Omnia.

Capitolo #1


Il leggero ticchettare incessante dell'orologio era il solo e unico rumore che Alec percepiva, oltre ai suoi ingarbugliati pensieri.
Pazzo, ecco come si definiva, un folle.
Si guardò la mano sporca di sangue secco, emettendo quello che alle sue orecchie giunse come uno strano verso strozzato.
Quel sangue non era affatto il suo, lo sapeva bene, ma era proprio quello il problema.
Alexander Gideon Lightwood, il rampollo di una delle più note famiglie di Londra, era stato testimone di un qualcosa che nemmeno lui sapeva spiegarsi.
Al solo pensiero di ciò a cui aveva assistito, un brivido gli percorse la schiena, facendogli socchiudere gli occhi.
Lui non avrebbe mai dovuto fare quello che aveva fatto, ma non aveva avuto nessun'altra scelta; sorvolare sulla questione come se niente fosse era stato assolutamente impensabile.
Era risaputo che Alec necessitava di avere la situazione costantemente sotto controllo, e non sapere ciò che stava accadendo in zona con quello lì, lo mandava letteralmente fuori di testa.
Come aveva potuto non accorgersi di niente?
Riaprì gli occhi del colore dell’oceano, sbattendo piano le lunghe ciglia nere e folte.
La situazione, osservata da un punto di vista esterno, poteva sembrare alquanto insensata e pericolosa, ma nulla poteva distoglierlo dall'obbiettivo che si era ormai prefissato.
Voleva sapere.
Ed era per quello che, involontariamente, si era ritrovato immischiato in qualcosa da cui sapeva non sarebbe più potuto uscire.
Tutto stava solo a capire che cosa.
Riportò lentamente lo sguardo sul corpo febbricitante steso nel suo letto, le labbra tese in una smorfia, un sopracciglio leggermente inarcato.
Conosceva benissimo la sua identità: per quanto detestasse ammetterlo persino a sé stesso, una parte remota del suo cervello continuava a volerlo ricordare in maniera vivida.
Scosse la testa con veemenza, immaginando già cosa sarebbe successo quando quel ragazzo si fosse svegliato: il caos.
Sospirando al solo pensiero di vederselo inveire contro con quanti più improperi presenti nel suo vocabolario, prese la pezza bianca che aveva poggiato sulla fronte dell’altro, per poi bagnarla subito dopo nel piccolo recipiente posto affianco al letto riempito con dell’acqua fredda.
Si prese un lungo momento per studiare attentamente la sua figura: i capelli corvini striati di rosso sulle punte, erano sparsi sul cuscino in modo disordinato, mentre alcune ciocche più lunghe erano incollate sulle sue guance sudate; le labbra carnose erano appena socchiuse per via della difficoltà che aveva nel respirare. Gli occhi, che Alec sapeva essere di un verde intenso tendente quasi al giallo, erano stretti in una linea sofferente.
Anche in quelle condizioni però, non poteva non notare quanto fosse diverso rispetto a parecchi anni prima.
Scosse la testa energicamente, come a volere allontanare un pensiero decisamente troppo assurdo per essere concepito dalla sua testa.
Perché quel pensiero era assurdo.
E sbagliato.
Sentendosi improvvisamente in trappola e frustrato al tempo stesso, si alzò, aprendo con un movimento veloce le ante della piccola finestrella posta vicina la sua libreria, in modo tale da far arieggiare la stanza.
Il buio regnava sovrano ormai da ore, segno indiscusso che fosse già notte inoltrata e che, di conseguenza, la mattina dopo avrebbe avuto due simpatiche occhiaie a testimonianza di quella fantastica serata.
Si girò verso l’orologio per vedere quanto effettivamente fosse tardi; la lancetta delle ore segnava le tre.
Bene, non solo aveva quel tizio - che da quanto ne sapeva ultimamente poteva benissimo essere diventato uno psicopatico killer - nel suo letto, ma stava anche facendo le ore piccole per assisterlo.
Complimenti Alexander.
Ma sì, pensò, perché non aggiungere qualche altro problema a quelli che già aveva di suo?
Sospirando per l’ottocentesima volta da quando aveva messo piede nella stanza, tornò a sedersi sulla sua sedia girevole, osservando l’altro dormire tranquillamente, incurante di ciò che gli accadeva intorno.
Lo sguardo gli cadde sulla fasciatura leggermente impiastricciata di sangue, così storse la bocca in una smorfia.
Aveva cercato di curare bene la ferita alla spalla, disinfettandola e applicandogli sopra un qualche strano unguento, ma non era sicuro di essere riuscito in qualche modo ad attenuargli il dolore.
Anzi, era certo che nonostante tutti gli ottimi prodotti che si era premurato di utilizzare, il taglio gli facesse ancora molto male.
All’inizio, se doveva proprio essere sincero, era stato assalito dal panico più totale, non sapendo proprio cosa fare o dove mettere mano senza creare ulteriori casini; ma poi, a mente lucida, aveva preso i medicinali che aveva ritenuto più adatti - dopo aver letto prima attentamente le indicazioni sul bugiardino - e aveva fatto del suo meglio per migliorare la situazione.
Certo, l’idea di portarlo all’ospedale aveva fatto più volte capolino nella sua mente, ma era stato costretto a scacciarla via così come era arrivata per ovvi motivi: come poteva spiegare ai dottori il perché dello stato malconcio in cui versava il ragazzo?
Sbuffò ancora e ancora, scuotendo la testa in maniera stanca.
Sapeva che se si era risparmiato di dover raccontare ciò che era avvenuto, all’ospedale, la cosa non si sarebbe di certo ripetuta quando, al risveglio, quello lì avrebbe chiesto senza ombra di dubbio delle spiegazioni su tutta la faccenda.
In primis, il perché l’avesse aiutato.
E lui a quel punto cosa avrebbe dovuto dirgli? Che incurante della situazione di puro pericolo, aveva deciso di intromettersi in quello scontro senza pensare alle conseguenze?
Sì, ma perché?
Per la decima volta da quando aveva rimesso piede in casa con Magnus al seguito, ritornò a pensare a quello che era successo, cercando di dare un senso a quanto aveva visto.
Stava tornando a casa facendo lo stesso tragitto di sempre dopo aver lasciato Jace e Izzy alle prese con una delle loro solite serate alcoliche, - a cui lo avevano letteralmente obbligato a partecipare - quando aveva sentito diversi individui gridare in quella che sembrava una discussione decisamente accesa.
Spinto più dall'istinto che per altro, si era avvicinato al vicolo da cui provenivano le voci, sbirciando da dietro il muro e cercando di capire cosa stesse succedendo.
Aveva immediatamente scorto tre figure in piedi che si fronteggiavano; una di queste era girata di spalle, cosa che non gli permise di vederne il viso, almeno in un primo momento.
Ma in un certo senso aveva pensato fosse meglio così: gli altri due, con quei ghigni malefici e le cicatrici che spiccavano perfino a quella distanza, erano stati più che sufficienti per far sorgere un senso di profonda inquietudine in Alec.
« Avevamo un accordo, lo sai benissimo. Non permettiamo a nessuno di tirarsi indietro senza conseguenze. » stava in quel momento dicendo il più alto dei due, praticamente digrignando i denti.
Stava seriamente valutando la possibilità di filarsela da lì prima che si accorgessero di lui, quando il ragazzo voltato di spalle prese a parlare, ghiacciandogli il sangue nelle vene.
« L'accordo è cambiato, miei cari. Ma beh, non è certo colpa mia! Prendetevela con chi di dovere. » aveva risposto in tono mellifluo, facendo loro segno con una mano di tacere.
Alec si era pietrificato in un batter di ciglia sul posto; quella voce gli era giunta alle orecchie terribilmente familiare, così come l'accento strascicato carico d’ironia.
Non può essere lui, ti prego fa che non sia lui, aveva pensato, sentendosi improvvisamente stringere la gola in un nodo soffocante.
Si era sporto di qualche centimetro per studiare la figura che aveva di fronte, cercando di ottenere una risposta ai suoi dubbi.
Purtroppo fu praticamente inutile dato che da quella prospettiva gli era decisamente impossibile distinguere qualcosa che non fosse il nero dei capelli.
E quella, non era di certo una prova schiacciante.
« Credi davvero che m’importi sapere di chi è la colpa? Se mi ostacolano li farò a pezzi. E tu, mi servirai a mandare loro questo messaggio da parte mia. » aveva replicato bruscamente l'energumeno, con un sorriso malefico che fece risaltare ancora di più l'orrendo solco che gli deturpava il lato destro del viso.
Immediatamente dopo, senza dare all'altro il tempo di reagire, l’aveva colpito con qualcosa che Alec non era riuscito a vedere in un primo momento, facendolo crollare rovinosamente a terra.
Non ci aveva poi impiegato un secondo di più per capire di cosa si trattasse: un coltello.
Quel delinquente aveva accoltellato un povero ragazzo disarmato, senza dargli neanche la possibilità di difendersi; e niente lo infastidiva di più di uno scontro disonesto.
Prima ancora di rendersene conto era entrato in azione, uscendo dal suo nascondiglio e piazzandosi davanti a quei due, in difesa del ferito.
Una mossa sciocca e imprudente, considerando che era da solo e per di più disarmato.
Questi ultimi, che non erano sembrati minimamente toccati da quell’improvvisa apparizione, erano avanzati verso di lui con aria minacciosa.
Alec ricordava chiaramente il sorriso carico di ironia che gli avevano rivolto, prima di sbeffeggiarlo a parole.
« Oh guarda che carino, un pivellino vuole giocare a fare l'eroe. Dagli una bella lezione, Russ. » aveva ghignato dunque il più tarchiato, scrocchiandosi le nocche.
Russ non se l’era di certo fatto ripetere due volte.
Scattando in direzione di Alec con il coltello ancora in mano, cercò di colpirlo dritto al collo, senza tuttavia riuscirci.
Con una prontezza di riflessi sorprendente, infatti, il moro riuscì a bloccare il braccio dell'individuo, torcendoglielo con tutta la forza che aveva e facendogli cadere l'arma a terra; poi, rifiutandosi di pensare al raccapricciante scricchiolio delle ossa dell'altro, lo aveva colpito con una gomitata in pieno viso, facendolo barcollare all'indietro.
Subito dopo, Alec si era accorto con un’occhiata di come l'altro uomo si fosse portato alle sue spalle con fare guardingo, pronto ad attaccarlo.
Come se glielo avesse permesso.
Sfruttando l'adrenalina che in quel momento gli scorreva nelle vene, aveva ruotato su se stesso, sferrando un micidiale calcio girato che fece finire il suo aggressore a terra in pochi istanti.
I due si erano tirati su a fatica, guardando con una malcelata ostilità il ragazzo che li aveva appena presi a calci senza tante cerimonie.
« Questa volta te la cavi, ma non finisce qui ragazzino! » gli aveva gridato contro Russ, dopodiché entrambi se ne erano andati, sparendo velocemente dalla sua visuale.
Alec era rimasto qualche istante immobile, cercando di rallentare i battiti ancora accelerati del suo cuore, poi si era ricordato del ragazzo a pochi passi da lui.
Voltandosi di scatto, si era inginocchiato velocemente al suo fianco, scostandogli delicatamente i capelli dal viso.
E per l'Angelo.
In quello stesso momento aveva confermato tutti i suoi dubbi: quello steso a terra nel suo stesso sangue privo di sensi, era.. Magnus Bane.
Senza fermarsi a riflettere e cercando di non peggiorare ulteriormente la ferita dell'altro, se l’era caricato in spalla, temendo che quei due potessero tornare indietro, magari insieme ai loro amichetti.
Spinto dall'ansia e dalla preoccupazione per le condizioni di Magnus, era quindi arrivato a casa in pochissimo tempo.

E ora eccolo lì, a spremersi le meningi e cercando in tutti i modi di capire in che razza di guaio si fosse cacciato quello stupido.
Si passò una mano tra i capelli arruffati e arricciati per via del sudore, poi sospirò ancora, in maniera piuttosto stanca.
Era improbabile che tizi come quelli facessero minacce a vuoto: era certo del fatto che, presto o tardi, avrebbe dovuto nuovamente avere a che fare con loro; dubitava però che sarebbe stato di nuovo così fortunato.
Già quella sera se non fosse stato per le lezioni che suo padre gli aveva impartito fin da piccolo, spronandolo a continuare anche quando lo pregava di smettere, probabilmente Russ e il suo compare lo avrebbero infilzato come un puntaspilli.
Nonostante ciò, chiedere aiuto a Jace era impensabile: non avrebbe mai messo suo fratello in pericolo per la sua incoscienza.
Se la doveva cavare da solo.
Anche se ad essere sincero, non era tanto per se stesso che aveva paura.
« Come hai fatto a ridurti così? » sussurrò a Magnus, come se sperasse che potesse in qualche modo rispondergli.
Figurarsi, molto probabilmente non lo avrebbe mai fatto nemmeno da sveglio, con il caratteraccio che si ritrovava.
Non aveva idea di come fosse finito ad avere a che fare con gentaccia del genere, ma di una cosa era certo: qualunque fosse il motivo, sarebbe rimasto al suo fianco.
Non lo avrebbe lasciato da solo, che Magnus fosse d'accordo o meno.
I suoi pensieri furono interrotti improvvisamente da un gemito soffocato, a pochi centimetri da lui.
Alzò la testa verso la fonte di quel suono, aspettandosi di trovare il ragazzo ancora profondamente addormentato; invece, si ritrovò a perdersi in due spettacolari occhi verdi che lo fissavano sconcertati.
« E tu chi sei? »
La voce era bassa, roca, quasi un sussurro, ma fu abbastanza chiara perché Alec la udisse come un rimbombo assordante nelle proprie orecchie.
Nelle poche ore passate al suo fianco, il ragazzo aveva pensato a tutte le possibili reazioni che l'altro avrebbe potuto avere al suo risveglio; una punta d’ansia ad attanagliargli lo stomaco in una morsa poco piacevole.
Nonostante però avesse già valutato più volte quell’alternativa, non riuscì a reprimere l’onda di delusione che lo attraversò, veloce e tagliente.
Ovvio che non si ricordava di lui.
In quel momento si sentì veramente stupido, e anche abbastanza patetico. Oltre che, seppur irrazionalmente, vagamente risentito.
« Davvero è questa la cosa che più ti preme sapere? »
Con uno sbuffo appena mascherato gli fece cenno di non muoversi, premurandosi di cambiargli la benda dalla fronte.
Le sue mani erano ferme e decise, eppure sentì l’ombra di un lieve formicolio danzargli lungo le dita quando queste sfiorarono la fronte calda dell’uomo.
Perché era un uomo adesso, Magnus. Per l’Angelo, gli sembrava tutto così assurdo.
L'altro sussultò in maniera quasi impercettibile, guardandosi intorno con aria confusa e spaesata.
Poi, come ricordandosi solo in quel momento della domanda che gli era stata posta, si decise a rispondere.
« Direi di sì. » disse, provando ad alzare una mano per toccarsi la spalla ferita; e l’avrebbe anche fatto, beccandosi l’ennesima fitta di dolore, se Alec non l’avesse fermato.
Magnus gli scoccò un’occhiataccia contrariata, ma lui fece finta di non vederla.
« Anche se, ripensandoci, mi piacerebbe sapere anche dove diavolo mi trovo in questo momento. »
Alec all'udire quel tono imperioso e scocciato, arricciò le labbra in una smorfia, assicurandosi di non farsi notare.
Per un attimo, ma solo per un attimo, si chiese se fosse il caso di rivalutare le proprie scelte: forse avrebbe fatto meglio a lasciarlo marcire lì nel vicolo, quel brutto ingrato.
Insomma, aveva rischiato di farsi ammazzare per salvarlo e come ringraziamento Magnus si comportava in quel modo?
« Ti trovi a casa mia. E forse dovresti essere un po' più cortese con chi ti ha appena salvato la vita, non credi? » ribatté poi, in maniera glaciale.
Ti prego, vedi di darti un contegno, pensò, dandosi mentalmente dello sciocco.
L'altro a quelle parole si tirò su di scatto, lamentandosi immediatamente dopo per il dolore che quell'improvviso movimento doveva avergli procurato.
« Ma io dico, sei pazzo per caso? Mettiti giù idiota, farai riaprire la ferita! » esclamò Alec esterrefatto, spingendolo con delicatezza per costringerlo a distendersi.
Magnus allontanò bruscamente le sue mani, vagamente seccato; era palese solo guardandolo che stesse facendo appello a tutta la sua testardaggine per non cedere all'impulso di accasciarsi di nuovo a peso morto sul letto, mordendosi impercettibilmente il labbro inferiore per trattenere una smorfia di dolore.
« Tu mi hai salvato la vita? Che cosa è successo? Ti ha visto qualcuno? » iniziò a chiedere a raffica, improvvisamente più loquace, con una strana urgenza nella voce.
Per un attimo Alec avrebbe anche potuto illudersi che fosse quasi.. preoccupato.
Immediatamente, però, scacciò quel pensiero come scottato.
Magnus non si ricordava più di lui.
Aprì la bocca per rispondergli, ma poi la richiuse.
Se gli avesse detto la verità, Magnus indubbiamente avrebbe voluto sapere le motivazioni che lo avevano spinto a quel gesto. Di conseguenza, avrebbe dovuto spiegargli almeno un paio di cosette che, ad essere sinceri, non sapeva spiegarsi nemmeno lui al momento.
Difatti, difficilmente qualcuno se ne andrebbe in giro a fare a botte con dei delinquenti armati in un vicolo buio solo per salvare la vita ad un perfetto sconosciuto.
Decise dunque di optare per la soluzione più semplice: mentire.
A quel punto, non aveva altra alternativa.
« Non lo so cosa è successo. Anzi, a voler essere precisi dovresti essere tu a dirlo a me. » annunciò poi, studiando la sua reazione.
Sei troppo puro per questo mondo, gli aveva detto una volta Jace sghignazzando, con quei grandi occhi azzurri che sembrano così ingenui, potresti fare fuori un uomo a tradimento e crederebbe ancora che sei innocente.
Il ragazzo sembrò analizzare le parole dell'altro con attenzione per alcuni istanti; subito dopo, si rilassò visibilmente.
« Se non hai visto niente, come avresti fatto a salvarmi? » parlò con calma ponderata, solo una punta di tagliente diffidenza ad accompagnare le sue parole.
Alec fissò i suoi occhi in quelli incredibilmente verdi di Magnus, cercando di elaborare nello stesso tempo una storia che potesse essere plausibile.
« Stavo tornando a casa, quando ho notato una figura accasciata in un vicolo. Mi sono avvicinato e ho trovato te, disteso in una pozza di sangue. Per un attimo sono stato tentato di portarti in un ospedale, viste le tue condizioni; ma avevo la netta sensazione che non avresti gradito. Quindi ti ho trascinato qui a casa mia e ho passato le ultime ore a prendermi cura della tua ferita. E comunque, non c'è di che. » esordì, con appena una lieve sfumatura di sarcasmo nella voce, in particolare su quell'ultima frase.
Era piuttosto soddisfatto di essere riuscito a mantenere la voce salda, senza balbettare o suonare incredibilmente falso.
Alec non sapeva dove giaceva il filo sottile che separava il Magnus che aveva conosciuto lui e quello dallo sguardo penetrante che ora aveva davanti.
Ma quando quest’ultimo alzò gli occhi al cielo, con il fantasma di un sorriso ironico ad ornargli la linea sinuosa delle labbra, Alec pensò a come, nonostante tutto, riuscisse sempre a coglierlo di sorpresa.
« Scusami. - gli disse, e non seppe decifrare fino a che punto lo stesse prendendo per i fondelli -  Grazie infinite per avermi salvato da una morte certa quando ero abbandonato e a rischio di aggressioni da topi di fogna assassini, in un malfamato vicoletto. Oh, mio prode cavaliere! » annunciò poi melodrammaticamente.
Alec si sentì stranamente rincuorato da quella sua uscita strampalata: l’ironia tagliente di Magnus era ancora lì per fortuna, e anzi, probabilmente col tempo aveva affinato ancora di più la sua arte del sarcasmo puntiglioso.
Forse non era troppo tardi per tirarlo fuori dalla situazione in cui si era cacciato, qualsiasi essa fosse.
« Molto divertente. - esordì, socchiudendo gli occhi - Ora, poiché sei in debito con me per averti coraggiosamente risparmiato un morso di topo, mi vuoi spiegare cosa ti è successo? E tanto per la cronaca, so riconoscere una ferita da coltello, per cui puoi risparmiarti le balle del "sono caduto mentre mi sistemavo il ciuffo" o "si è trattato solo di un incidente". » gli chiese subito dopo, notando quasi con piacere misto ad un pizzico di soddisfazione, Magnus dilatare gli occhi interdetto e, avrebbe detto, divertito.
Alec sapeva perfettamente cosa gli era capitato, visto e considerato che si trovava ad appena un paio di metri di distanza da lui quando era stato aggredito, ma voleva proprio vedere come gli avrebbe risposto.
« Se sei dotato di questa fenomenale abilità signor So-Tutto-Io, cosa me lo chiedi a fare? - sbuffò poi, una scintilla di scherno ad adornargli gli occhi, resi opachi dalla stanchezza - Sono stato accoltellato. Dei tizi mi hanno rapinato, e mentre cercavo di difendermi mi hanno ferito. » gli rispose, fissando gli occhi blu del ragazzo senza la minima esitazione.
Aveva parlato con una sicurezza tale che se Alec non fosse stato perfettamente a conoscenza di quello che era veramente successo, gli avrebbe creduto senza il minimo dubbio.
Magnus aveva sempre avuto una parlantina decisa, melliflua e serafica. Probabilmente era in grado di convincerti che il mare era asciutto, senza che uno si ponesse troppe domande.
Nonostante le impressionanti doti di attore di Magnus però, non aveva nessuna intenzione di lasciarsi abbindolare.
In qualche modo, sarebbe riuscito a farlo parlare.
« Ah sì? Ti hanno rapinato? Per caso avevi un diamante attaccato in fronte? » disse, alzando un sopracciglio ed intercettando l’espressione perplessa di Magnus.
« No, dico, considerando che il tuo cellulare e il portafogli con tanto di soldi dentro erano ancora nella tasca dei tuoi pantaloni, la tua squallida scusa non è molto credibile. Mi credi davvero così imbecille? »  
Magnus aggrottò le scure sopracciglia, formando una ruga verticale appena accennata, chiaramente preso in contropiede.
Boccheggiando, si portò una mano sulla tasca destra dei jeans, trovandola vuota.
Quel ragazzo si era davvero messo a perquisirlo mentre era svenuto? Era scioccato, questa di certo non se la sarebbe mai aspettata.
Fortunatamente non aveva niente di compromettente, come informazioni o indirizzi, quindi poteva almeno stare tranquillo sotto quel punto di vista.
« Ti dispiacerebbe ridarmi le mie cose, piccolo detective? » chiese poi con una cadenza ironica sulla punta delle parole, non riuscendo a trattenere nel mentre un sorrisetto divertito.
L'altro scosse vigorosamente la testa, guardandolo con una strana luce negli occhi.
« Non ci penso nemmeno. - proferì deciso, scuotendo la testa - Quelle cose sono la mia assicurazione: finché saranno in mano mia potrò stare tranquillo. Senza soldi o possibilità di chiamare qualcuno, nelle tue condizioni non potrai andare da nessuna parte. » affermò risoluto, incrociando le braccia sul petto.
Magnus si sforzò di ignorare il fisico statuario dell'altro che era stato messo spaventosamente in evidenza da quel gesto, concentrandosi piuttosto su quello che gli aveva appena detto.
« Cos'è, sono tuo prigioniero adesso? » esclamò costernato, cercando invano di trovare una sorta di equilibrio che gli permettesse di reggersi un minimo in piedi.
Ancora una volta due mani si posarono prontamente sulle sue spalle, impedendogli di scollarsi definitivamente da quel maledetto letto.
La situazione iniziava davvero a diventare ridicola, considerando il teatrino che stavano pian piano tirando su.
« Ho intenzione di dirti un paio di cosette, quindi apri bene le orecchie. - dichiarò, sperando di riuscire a trasmettere un po’ di severità nel tono - Punto numero uno: smettila di muoverti e di cercare di tirarti su; sei stato gravemente ferito e in questo modo rischi solo di peggiorare le cose. » prese una pausa, fissandolo intensamente negli occhi.
« Punto numero due: io non sono un idiota. So benissimo che non sono stati dei rapinatori a conciarti così, ma piuttosto qualcuno che ha cercato seriamente di farti fuori. E visto che per quanto ne so, non c'è nulla che impedisca loro di riprovarci, resterai qui finché non ti sarai ripreso del tutto. Non mi sono preso la briga di curarti affinché tu possa cercare di farti ammazzare un’altra volta, sono stato chiaro? » annunciò Alec, scandendo ogni singola parola con decisione, in modo tale che per l'altro fosse completamente impossibile fraintendere o, tantomeno, opporsi in qualche modo.
Si sentiva molto come un carceriere in quel momento, ma non poteva permettere che quell’idiota rovinasse tutto con il suo caratteraccio irruente.
Magnus guardò a bocca aperta il bel ragazzo dagli occhi blu di fronte a lui, sconvolto dal quel suo discorso.
« Oh io non credo proprio, perchè ho tutte le intenzioni di andarmene. » replicò acido, più per ripicca che per altro.
Non era uno sciocco, si rendeva perfettamente conto che in quel momento sarebbe stato a malapena in grado di muovere qualche passo da solo, figurarsi se poteva anche solo sperare di riuscire ad allontanarsi da lì.
Per non parlare del fatto che vi era la minima possibilità che trovasse quel modo di parlare così imperioso, dannatamente affascinante.
Ma non per questo gli avrebbe dato soddisfazione così facilmente; aveva ancora una reputazione da difendere.
Alec prese un lungo respiro, in un tentativo disperato di richiamare a sé tutta la sua pazienza.
« Tu non andrai da nessuna parte, non in queste condizioni. Il discorso è chiuso. » asserì perentorio, in un tono di comando che avrebbe reso sicuramente fiero suo padre.
Magnus si lasciò ricadere all'indietro, con un borbottio indistinto.
« Come hai detto scusa? » gli domandò il moro, inarcando le sopracciglia scure in un’espressione confusa.
Magnus riportò lentamente lo sguardo sul suo volto leggermente sconvolto dalla stanchezza, abbozzando un minuscolo sorriso.
« Ho detto che mi piacerebbe almeno sapere il nome del mio cavaliere, visto che sono bloccato qui con lui. » disse con appena un pizzico di divertimento nella voce.
Il ragazzo dovette ignorare l'ennesima fitta di delusione a quella domanda, stando ben attento a non far trasparire nulla dal suo viso.
« Alexander. - gli uscì un verso strozzato contro la sua volontà, perciò cercò di ricomporsi, schiarendosi la voce - Ma preferisco Alec. » continuò poi, riuscendo egregiamente a mostrarsi impassibile.
Magnus sembrò lanciargli uno sguardo pensieroso, come se qualcosa lo stesse disturbando. Per un attimo, Alec si concesse il lusso di pensare che forse, forse sentire il suo nome avrebbe potuto far scattare qualcosa dentro di lui, anche solo un vago e sfumato ricordo.
Ma non successe, ovvio che non successe.
« Alexander.. » ripetè Magnus lentamente.
Se qualcosa si contorse dentro il moro in una morsa nostalgica, la scacciò velocemente.
« Io sono Magnus. » esordì l'altro in tono mellifluo, mentre una strana ombra passava nello sguardo del moro senza che se ne rendesse conto.
Oh, so bene come ti chiami.
Alec per un attimo fu tentato di dar voce ai suoi pensieri, ma sarebbe stato un gesto controproducente, nonché incredibilmente stupido.
« Bene, Magnus. Benvenuto nella mia umile dimora. Ti consiglio di metterti comodo, potresti rimanerci per un po'. » annunciò risoluto.
Magnus tentò di ribattere che era davvero incivile da parte sua decidere al suo posto, ma un capogiro lo costrinse a distendersi immediatamente.
Si portò una mano alla fronte, sentendola ancora lievemente fresca per via della pezza che vi appoggiava sopra fino a poco prima.
« Stai bene? » gli chiese il moro apprensivo, poggiandogli due dita sul collo per sentirne il battito.
Magnus sentì un brivido attraversargli la spina dorsale e Alec pensò fosse dovuto al fatto che avesse ancora qualche lineetta di febbre.
Probabilmente, avrebbe dovuto dargli qualcosa che gli facesse scendere la temperatura, ma in casa non aveva praticamente niente.
Essendo un tipo che difficilmente si ammalava, il suo scaffale medicinali era costituito solamente da garze, pomate, cerotti e antidolorifici.
Cose che gli erano molto utili dopo le sue spericolate missioni.
« Sto bene infermiera, grazie. » ribatté l’altro ironico, scostandosi da lui in maniera quasi involontaria.
Il moro trattenne una risatina, poi si alzò, deciso a prendere della nuova acqua fresca: quella che aveva lì aveva finito con lo scaldarsi un po’, vista la temperatura elevata della stanza.
Prese la bacinella con mani ferme, lanciandogli solo un breve sguardo, poi con passi decisi si diresse in bagno.
Magnus sentì l’acqua scorrere nel lavandino e sospirò: quella situazione non andava per niente bene.
Doveva trovare un modo per filarsela da lì il più velocemente possibile, senza che l’altro potesse in qualche modo accorgersene.
Apprezzava davvero quello che stava facendo per lui, ma non poteva rischiare di coinvolgere quel ragazzo nei suoi affari.
Il suo mondo era un qualcosa di decisamente devastante, che portava persino alla distruzione di stessi.
E lui, di certo non meritava di finirci dentro.
Animandosi con tutta la poca forza che ancora aveva, fece leva sulle braccia, sollevandosi il giusto per poggiare i piedi a terra.
La ferita gli bruciava terribilmente, ma non gli importava se nel tentativo di scappare da Alec si fosse riaperta.
Aveva smesso di preoccuparsi per se stesso molto tempo fa, quando vivere o morire non faceva più alcuna differenza per lui.
Con un po’ di fatica riuscì a mettersi in piedi, sentendo però le gambe molli sotto il suo peso. Poi si guardò intorno, sperando di trovare il suo portafogli o il suo cellulare.
Magari, se fosse riuscito a chiamare Braxton, non avrebbe nemmeno dovuto faticare per uscire; sarebbe semplicemente venuto lui a prenderlo.
E proprio mentre stava muovendo qualche passo, Alec rientrò in stanza, il contenitore stretto tra le mani.
Magnus notò quanto fosse alto rispetto a lui, quasi dieci centimetri in più.
Gli occhi blu erano spalancati per la sorpresa, e le labbra stavano per proferire qualcosa che sicuramente non gli sarebbe piaciuto.
Ma non riuscì mai a capire cosa.
Magnus sentì il suo corpo formicolare e, improvvisamente, quasi senza rendersene conto, il buio lo avvolse.
L’unica cosa che riuscì a percepire dell’ambiente circostante prima di perdere i sensi, fu il rumore dell’acqua che si  rovesciava accompagnata da un tonfo, e due braccia forti che lo avvolgevano con una strana dolcezza.
Poi, il nulla.



Saaalve a tutte! :D
Prima di dire qualsiasi cosa, voglio, anzi, vogliamo informarvi che questa è una storia a quattro mani, e che quindi è stata partorita da ben due menti malate xD
(Come la precendente storia a dire il vero, solo che per dei motivi che non stiamo a spiegarvi per non annoiarvi - a meno che non vogliate saperlo, in quel caso saremmo ben disposte a dirvelo -, avevamo deciso di non dirlo. Ma anyway, ora le carte sono state scoperte! xD)
Ma tralasciando questa cosa di cui sicuramente non vi importa minimamente ahahah, eccoci qui con una nuova trama un po' particolare. >_<
Innanzitutto ci teniamo a dirvi che sarà abbastanza lunghetta come storia, ben 18 capitoli abbastanza sostanziosi, quindi speriamo con tutto il cuore che vi possa piacere <3
In questo capitolo abbiamo pensato di introdurvi un po' i loro personaggi e, probabilmente in alcune scene Alec sarà un po' OCC, al fine di non forzare la trama >_< speriamo che questo non vi crei alcun tipo di disturbo :D
Non vogliamo annoiarvi ulteriormente, speriamo solo che la lettura sia stata di vostro gradimento! Ci farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate, quindi se volete, ve ne saremo grate<3 (anche perchè, essendo il primo capitolo non sappiamo se potrebbe incuriosirvi o meno come cosa xD)
Naturalemente, gli aggiornamenti avverranno una volta alla settimana :D
Vi invitiamo anche ad iscrivervi al gruppo facebook, se vi fa piacere <3
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Bye! <3

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Capitolo 2
*** Capitolo #2 ***


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Capitolo #2

Alec aprì piano la porta, sbirciando all'interno della stanza per quella che era la decima volta consecutiva.
Magari stava diventando un po' paranoico, ma visto e considerato che la sera scorsa, nel preciso momento in cui aveva girato le spalle Magnus aveva tentato di darsela a gambe, si sentiva almeno in parte giustificato.
Quando lo aveva visto crollare a terra aveva rischiato seriamente di farsi venire un accidente.
Qualsiasi persona, dotata di un minimo di razionalità, avrebbe capito che in quelle condizioni era meglio starsene buono e a riposo.
Ma no, Magnus come al solito aveva deciso di dover fare di testa sua, fregandosene altamente dei suoi avvertimenti sullo stare fermo per non creare ulteriori complicazioni alla ferita.
Ferita che tra l'altro aveva finito col riaprirsi dopo quella sua bravata.
E così Alec era stato costretto a ricominciare tutto da capo, cambiandogli le bende e passando la successiva ora a prendersi cura di lui.
Per qualche minuto aveva contemplato la possibilità di soffocarlo nel sonno, in modo tale da smetterla di preoccuparsi per la sua salute e risolvere così il problema alla radice.
Aveva però desistito, non fosse altro per il fatto che non era ancora riuscito a farlo parlare e ottenere delucidazioni sull'enorme guaio in cui si era andato a cacciare.
Ripensandoci però, indipendentemente dall'essere o meno Magnus in vita, quei due gliela avrebbero fatta pagare lo stesso; meglio fare in modo che il suo sacrificio non fosse vano.
Inutile dire poi che non aveva quasi chiuso occhio, troppo frustrato e innervosito da tutta quella situazione.
Aveva infatti continuato a spostarsi dal divano, piazzato in un angolo del salotto, alla sua stanza, indeciso tra il controllare il ragazzo e il concedersi un minimo di riposo.
Cosa che avrebbe potuto tranquillamente evitarsi, se quella zucca vuota non avesse deciso di giocare alla spia, terminando la sua missione svenendogli tra le braccia.
Insomma, ricordava che fosse testardo, ma non immaginava certo fino a quel punto.
Solo Magnus poteva cercare di "scappare" quando a malapena riusciva a reggersi in piedi.
Dato che la metteva in quel modo, ad Alec non restava altra scelta che sorvegliarlo costantemente per evitare che con la sua stupidità trovasse il modo di farsi uccidere.
Ma ti pare vita, questa?
Vedendolo ancora dormire pacificamente nel suo letto, si tranquillizzò: finché era nel mondo dei sogni non poteva andare davvero da nessuna parte.
Proibendo a sé stesso di soffermarsi più del dovuto sulla figura del ragazzo, richiuse lentamente la porta dietro di sé.
Poi, nel giro di pochi minuti, si ritrovò accasciato su una sedia e con la testa poggiata sul ripiano di mogano del tavolo in soggiorno.
Certo, sul divano sarebbe stato senz'altro più comodo, ma temeva di sprofondare in un sonno lungo un giorno intero una volta toccata quella morbida superficie di pelle.
Dire che era stanco era a dir poco riduttivo: i capelli corvini sparavano in tutte le direzioni, segno evidente delle innumerevoli volte in cui ci aveva passato le mani in mezzo cercando di scaricare la tensione; gli occhi erano cerchiati da due mezzelune scure, premio per aver passato la notte praticamente insonne.
Se non era ancora crollato, era soltanto per via di tutti i pensieri, le domande e le supposizioni che continuavano ad affollargli la mente.
Moriva dalla voglia di saperne di più, anche se la sua unica fonte di informazioni si era mostrata più che restia a parlare: interrogare Magnus era stato soddisfacente quanto lo sarebbe stato il cercare di cavare un ragno dal buco.
Quel poco che aveva scoperto la sera precedente era completamente insufficiente per farsi un benché minimo quadro della situazione.
“Avevamo un accordo..” 
“L'accordo è cambiato, prendetevela con chi di dovere.”
A che razza di accordo si stavano riferendo? Per chi lavorava Magnus?
Il fatto che si trattasse di gente tutt'altro che raccomandabile era più che evidente, anche se quella considerazione non restringeva poi di molto il campo.
Con tutta la criminalità che c'era in quella città, ci si poteva sempre aspettare attività illegali delle più disparate specie.
Sebbene non fosse una cosa propriamente corretta dal punto di vista etico, aveva rivoltato da cima a fondo il portafogli così come il cellulare di Magnus, nella minuscola speranza di trovare un qualche indizio.
Niente.
Tutto ciò di cui era venuto in possesso, era una lista di contatti dai nomi per nulla rassicuranti.
Braxton, Dirk, Kerr, Shaw, Camden.. Headley.
Ma che razza di tizi frequentava?
In ogni caso, visto che di certo non poteva telefonare loro per avere qualche dettaglio - dai nomi sembrava quasi una gang mafiosa, non certo un ufficio informazioni - la sua era risultata essere tutta fatica sprecata.
Con un sonoro sbuffo si ritirò su, massaggiandosi la fronte con una mano; di quel passo si sarebbe fatto venire un mal di testa da Guinness dei primati.
Prima che potesse tornare per l'ennesima volta a rimuginare sui quei fatti, però, fu distratto da un bussare incessante alla porta.
Merda.
Aveva completamente dimenticato la promessa di Jace di passare a trovarlo quella mattina.
Che poteva fare? Il biondo era perfettamente a conoscenza del fatto che Alec fosse in casa: lo conosceva abbastanza da sapere che, diligente com'era, se mai avesse avuto un qualche sorta di imprevisto lo avrebbe immediatamente avvisato.                                                                                                   
Se non gli avesse aperto suo fratello si sarebbe senz'altro insospettito, allertando immediatamente Izzy che, a sua volta, sarebbe stata capacissima di mandargli una squadra di soccorso dritta dentro casa, tanto per assicurarsi che stesse bene.
Non aveva altra scelta che lasciarlo entrare, cercando di sbarazzarsi di lui il più velocemente possibile.
Pregando tutti i santi esistenti che Magnus non decidesse di svegliarsi proprio in quel momento mandando tutto a monte, Alec si trascinò all'ingresso.
« Finalmente! Temevo di doverla buttare giù a calci. Per l'Angelo fratello, che faccia! Ma che ti è capitato? »
Jace fece irruzione nella sala come una furia, prima ancora che Alec potesse pronunciare una qualsiasi parola.
Stava ancora cercando di elaborare il commento decisamente poco lusinghiero che l'altro gli aveva appena rivolto, quando lo vide dirigersi a grandi passi verso il divano e accomodarcisi sopra senza tante cerimonie.
Valutò con aria critica la distanza quasi inesistente che intercorreva tra l'attuale posizione di suo fratello e la porta della camera da letto, ritrovandosi d'un tratto a sudare freddo.
Sta calmo, sii naturale.
« Questa è tutta colpa tua e di Izzy. Giuro, è l'ultima volta che mi lascio convincere a venire a bere con voi! » esclamò, cercando di risultare disinvolto e indicandosi il volto con una mano.
Certo, quella della sbronza non era la scusa migliore che potesse inventare, ma se non altro era credibile.
Diversamente dai suoi fratelli Alec era tutt'altro che abituato al consumo di alcool, per cui Jace avrebbe potuto tranquillamente credere a quella versione della storia.
Per una volta si ritrovò a ringraziare l'indole da don Giovanni del fratello che aveva fatto sì che la sera prima, mentre si trovavano nel locale, gli avesse riservato ben poca attenzione; in caso contrario, avrebbe senz'altro notato che era tutt'altro che brillo.
A sostegno di quelle sue riflessioni, il biondo scoppiò a ridere fragorosamente, evidentemente più che divertito dal poco spirito festaiolo dell'altro.
Alec imprecò mentalmente cercando di costringere, con tecniche occulte e con la sola forza del pensiero, suo fratello a fare silenzio.
Di quel passo avrebbe finito con lo svegliare Magnus, combinando un vero e proprio disastro.
« Oltre che per insultarmi, c'è qualche altro motivo per cui sei qui? » chiese sarcasticamente al biondo, cercando di accelerare le cose.
Da quanto gli aveva detto la sera prima, aveva bisogno del suo supporto per chissà quale indagine stesse svolgendo per conto del loro padre.
In quel momento quella faccenda era senza ombra di dubbio all'ultimo posto della lista delle sue priorità, ma avrebbe fatto bene a fingersi comunque interessato.
Per cacciare via Jace subito dopo, s'intende.
« In quest'ultimo periodo papà sta indagando su un gruppo di trafficanti di armi che, a quanto pare, agiscono qui in zona. Non è ancora riuscito a capire chi sia il capo: oltre che essere un pezzo grosso è anche maledettamente furbo, riesce sempre a coprire le sue tracce. » iniziò a spiegare Jace, ridivenuto improvvisamente serio.
Se c'era una cosa di cui bisognava dargli atto, era la professionalità con cui gestiva quel tipo di situazioni.
Era da sempre il soldato perfetto, molto più di lui.
« Siete riusciti a scoprire qualcosa? » gli chiese poi, prestando solo in parte attenzione a quella conversazione.
Era abbastanza sicuro di aver sentito un rumore provenire dalla stanza da letto, ma sperò di esserselo solo immaginato.
Jace si passò distrattamente una mano tra i capelli, con un'espressione alquanto scoraggiata.
« Praticamente niente. L'unica cosa che sappiamo é che tutti gli scambi vengono organizzati per mano di un intermediario. Abbiamo il nome, ma non siamo ancora riusciti a capire chi diavolo possa essere. »
Beh, se non altro Alec si tirò un minimo su di morale; non era l'unico a brancolare nel buio.
Cercò davvero di pensare ad un modo per aiutare suo padre e Jace, ma al momento non gli veniva in mente assolutamente niente.
Probabilmente, i suoi poveri neuroni si erano fusi a furia di analizzare la situazione in cui si era cacciato.
Per un attimo si immaginò la reazione di suo fratello se solo gli avesse raccontato cosa era successo davvero: lo avrebbe fatto rinchiudere.
« Qual è il nome? Magari posso fare qualcosa. » asserì Alec, sebbene lui per primo fosse abbastanza scettico circa quell'ipotesi.
« Bane. » gli rispose semplicemente Jace.
All'inizio Alec non riuscì a capire come mai quel nome gli suonasse così famigliare, soprattutto perché troppo occupato a tendere le orecchie per cercare di capire cosa stesse combinando Magnus, per seguire il filo del discorso.
Nel giro di pochi istanti, però, la rivelazione insita in quelle quattro semplici lettere lo lasciò senza fiato.
Bane.. come Magnus Bane.
Lo stesso Magnus che lui aveva salvato e curato solo la sera prima.
Quel grandissimo pezzo di imbecille era andato ad invischiarsi con dei trafficanti d'armi.
E lo stesso aveva fatto anche lui, pur non essendone consapevole in quel momento.
Perfetto.
Ora era ancora più sicuro del fatto che lo avrebbero fatto a pezzi.
L'unico lato positivo in tutto ciò era che almeno poteva smetterla di arrovellarsi il cervello: “l'accordo” di cui stavano parlando era senz'altro quello per uno scambio di merce.
Maledizione.
Come accidenti avrebbe fatto a tirare entrambi fuori da quella storia?
Per un attimo fu seriamente tentato di fare Magnus a pezzi con le sue stesse mani; certo, farlo fuori non gli avrebbe risolto tutti i problemi, ma almeno si sarebbe tolto una gran bella soddisfazione.
Insomma, come diavolo gli era venuto in mente di unirsi ad un giro del genere?
L'omicidio è un reato, cerca di calmarti Alexander.
Prendendo un respiro profondo, si sforzò di analizzare quell'informazione con lucidità.
Per prima cosa doveva sbarazzarsi di suo fratello, senza ovviamente dargli alcun tipo di informazione: non voleva che fosse coinvolto in quella storia nel tentativo di aiutarlo e, per di più, una piccola e irrazionale parte della sua mente era ancora convinta di poter salvare Magnus in qualche modo.
« Bane, eh? Il nome non mi dice niente. Comunque cercherò di scoprire qualcosa e se avrò fortuna ti farò sapere. Ora alza le chiappe dal divano e lasciami continuare a soffrire in santa pace! » esclamò poi rivolto al biondo, indicandogli l'uscita con un ampio gesto della mano.
Jace scoppiò nuovamente a ridere, scompigliandogli i capelli e dirigendosi subito dopo alla porta.
Alec era già sul punto di tirare un respiro di sollievo, quando un tonfo allucinante proveniente dalla sua stanza li fece sobbalzare entrambi per lo spavento.
Oh per l'Angelo, cos'ha combinato questa volta?
Troppo concentrato a stilare una lista di ipotesi che potessero spiegare tutto quel rumore, Alec impiegò qualche secondo di troppo a ricordarsi di suo fratello, ancora in piedi accanto a lui.
« Che cosa è stato? » chiese infatti quest'ultimo, con un’espressione basita stampata in volto, avviandosi poi verso la fonte di quel trambusto per poter controllare di persona.
Il moro, completamente in preda al panico, si piazzò di fronte a Jace cercando disperatamente di farsi venire in mente una scusa qualsiasi.
« Lascia stare, sarà stato il gatto. Non te ne stavi andando? » annunciò, lasciando trasparire appena una punta di nervosismo e poggiando le mani sulle sue spalle per spingerlo verso l'uscita.
« Il gatto? E da quando in qua hai un gatto? Me lo fai almeno vedere? Qui micio - micio! »  gli chiese in tutta risposta l'altro, per poi mettersi a schioccare le dita con un ghigno carico d’ironia.
Alec dovette sopprimere una risata, immaginando la faccia che avrebbe potuto fare Magnus sentendo suo fratello che lo trattava come un felino spaurito.
Tentando di ricomporsi afferrò suo fratello per le braccia, trascinandolo con decisione all'indietro.
« Da alcuni giorni. E no, non puoi. Il mio gatto odia i biondi, meglio per te che non ti veda. » esclamò risoluto, stupendosi lui per primo di come la sua voce fosse risultata salda alle sue stesse orecchie.
Risultato niente male, considerando che era ancora indeciso tra l'accasciarsi in preda ad una crisi di nervi e il ridere fino alle lacrime.
« Il tuo gatto.. odia i biondi? » ripeté Jace lentamente, palesemente scioccato e sbalordito.
Alec sbuffò sonoramente, cercando così di mascherare il ghigno che gli era spuntato sulle labbra.
« Hai capito benissimo. Se la cosa ti crea problemi puoi presentarmi un reclamo scritto! »
Subito dopo aver sbattuto la porta in faccia ad un Jace decisamente costernato, si diresse a grandi passi verso la sua camera per assicurarsi che quel genio fosse ancora tutto intero.
E già che c'era, per strozzarlo con le sue mani.
..peccato che non ci fosse nessuno.
Alec si guardò più volte intorno, sperando vivamente di essere in preda a una qualche sorta di allucinazione dovuta allo stress.
Sembrava non aver lasciato nessuna traccia, se non qualche glitter spalmato nel punto in cui aveva poggiato la testa fino a quel momento.
Lui e Jace erano stato piazzati in salone per tutto il tempo, dove sarebbe potuto andare?
Fu allora che lo vide: un intreccio di lenzuoli buttato a mo' di corda fuori dalla finestra.
« Ma che.. siamo in un fottuto film per caso?!



Prima ancora di rendersene conto, Magnus si era ritrovato con il muso per terra a pochi metri dell’abitazione dalla quale era appena saltato giù, in perfetto stile superman.
La fronte era completamente madida di sudore, segno indiscusso dello sforzo che aveva appena compiuto pensando bene di calarsi giù per quasi due piani.
Lanciò un fugace sguardo alla finestra da cui era appena sceso con degli stupidi lenzuoli, maledicendosi più e più volte per non essere stato in grado nemmeno di stringere bene un cavolo di nodo: il risultato era stato quello di finire rovinosamente a faccia in giù sull’erba fresca di pioggia, provocandosi una scossa di dolore per tutta la lunghezza del braccio.
Con un rantolio sommesso portò una mano sulla spalla ferita, sentendola bagnata di un liquido troppo caldo per essere della semplice acqua: sangue.
Per un momento l’idea di amputarsi l’intero arto - tagliando così il problema alla radice -, aveva fatto breccia nella sua mente contorta, ma era stato costretto a scartarla immediatamente quando si era reso conto che quella era la mano con cui faceva praticamente tutto.
Non solo non sarebbe stato più in grado di mettersi in maniera corretta l' eye-liner - cosa assai dolorosa per lui -, ma non sarebbe nemmeno stato più in grado di difendersi.
Scosse la testa lentamente, alzandosi dolorosamente e a fatica, puntandosi con le ginocchia; le dita erano strette sulla stoffa all’altezza della ferita, in modo da fermare almeno un minimo l’incombente quantità di sangue che fuoriusciva.
Probabilmente occhi blu l’avrebbe ammazzato per questo.
Sempre che riuscisse a trovarlo, cosa che era molto probabile se non si decideva a muoversi.
Con un ultimo sguardo veloce alla casa, fece qualche passo zoppicando, maledicendosi nuovamente per essere stato così debole e stupido.
Idea più idiota non poteva venirgli, ma vista l’occasione presentatasi senza preavviso, non aveva avuto modo di elaborare una qualsiasi strategia più efficiente di quella.
Approfittando del fatto che Alec sembrava coinvolto in un animata discussione, - fece voto di erigere un monumento a chiunque fosse colui che stava distraendo il suo carceriere - si era alzato dal letto, barcollando leggermente.
Aveva aperto l’armadio il più silenziosamente possibile, mettendosi a frugare al suo interno quasi fosse in cerca di chissà quale tesoro inestimabile.
Era rimasto abbastanza deluso dal fatto che l’unica cosa che aveva trovato sotto strati di maglioni bucati e jeans slavati, fossero solo dei miseri pezzi di stoffa.
Poi però si era illuminato improvvisamente, ripensando a tutti quei film che aveva visto, dove i figli scapestrati di qualche stupido riccone scappavano di casa legando delle lenzuola a mo’ di corda, in cerca di quella tanto agognata libertà sfuggente.
Così, con mani tremanti, aveva cercato di far del suo meglio, stringendo bene ogni singolo nodo ma, vista l’uscita di scena imbarazzante, qualcosa doveva essere andata sicuramente per il verso sbagliato.
Sospirando pesantemente si concentrò sulla strada che aveva davanti, cercando con lo sguardo un qualche vicolo nascosto che gli permettesse di acquistare il tempo necessario per non farsi più trovare.
Lo sforzo gli stava prosciugando via anche le ultime forze che aveva riacquistato in quelle ore di sonno, provocandogli brividi in tutto il corpo.
Raggiunse in breve una piccola via dove si infilò senza pensarci troppo, incurante del fatto che qualcuno potesse vederlo in quello stato.
Un colpo di tosse lo disorientò appena, facendogli vorticare la testa come se si fosse trovato su una giostra per nulla piacevole; un conato di vomito gli risalì su per la gola, ma lo scacciò via, poggiandosi contro una parete ruvida e cercando di riprendere aria.
Sentiva le palpebre sempre più pesanti e la stanchezza avvolgerlo tra le proprie fredde braccia in una stretta soffocante dalla quale non riusciva a sottrarsi.
Si accasciò a terra, tossendo convulsamente.
Un rivolo rossastro gli colò giù dalle labbra secche, ma se lo ripulì con stizza, quasi stesse sfidando il suo stesso sangue a provarci ancora.
Allungò il braccio sano a terra e, facendo leva con i piedi, avanzò in un chiaro tentativo di provare almeno ad arrivare un po’ più lontano di lì.
Tuttavia sentiva i muscoli tendersi e la testa martellare troppo dolorosamente per poter anche solo pensare di poter raggiungere chissà quale altro posto.
Con un ultimo sforzo si trascinò a sedere con la schiena poggiata alla parete, nascondendo il proprio corpo dietro un lurido cassonetto.
Se lo avessero visto in quel momento, cosa avrebbero pensato di lui? Che era una stupida femminuccia, incapace perfino di badare a se stesso.
Tossendo ancora una volta lasciò che Morfeo gli avvolgesse le membra stanche nel suo dolce abbraccio, oscurandogli ancora una volta la vista e ogni percezione della realtà.

***

Dove si è cacciato quel maledettissimo cretino?
Era più di mezz'ora che correva in giro per la città alla disperata ricerca di quel gran pezzo d'asino.
Era mai possibile che non potesse lasciarlo neanche pochi minuti privo di supervisione, senza che riuscisse a trovare il modo di fare qualche stupidaggine?
Alec stava seriamente iniziando a chiedersi come aveva fatto a sopravvivere in tutti quegli anni.
Ed era una domanda più che lecita, considerando che Magnus era stato capace di calarsi giù dalla finestra con dei miseri lenzuoli intrecciati.
Roba da pazzi.
Se non fosse stato nel bel mezzo di una situazione critica probabilmente sarebbe scoppiato a ridere fino alle lacrime di fronte a quella scena, e magari gli avrebbe anche fatto un applauso per l’originalità.
Come diavolo gli era venuta in mente un’idea così strampalata?
Senz’altro una delle prime cose che gli avrebbe chiesto sarebbe stata quella.
Certo, sempre che riuscisse a ritrovarlo; e preferibilmente ancora vivo e con tutti gli arti ben attaccati al resto del corpo.
Peccato che a quel punto non ne fosse più così sicuro di nulla.
Iniziava ad essere seriamente preoccupato: se quei due lo avessero trovato prima di lui?
Magnus era ferito e ancora molto debole; in caso di scontro non aveva davvero nessuna possibilità di farcela.
Alec si guardò intorno, accorgendosi di essere oramai arrivato fin troppo distante da casa.
Tra la fuga di Magnus e l'inizio della sua ricerca dovevano essere passati solo pochi minuti, che aveva abbondantemente recuperato giocando alla corsa campestre: era impossibile che il ragazzo, per di più in quelle condizioni, potesse essere arrivato così lontano.
Imprecò sonoramente, voltandosi di scatto ed iniziando a correre nella direzione da cui era venuto.
Doveva esserci un indizio, qualcosa che aveva tralasciato.
Era abbastanza sicuro di aver perlustrato ogni singola strada, ma era sempre possibile che qualcuna gli fosse sfuggita.
A meno che..
A meno che non lo avessero preso prima loro.
Quell'ipotesi, ora sempre più concreta, lo mandò completamente in preda al panico.
Lanciando metaforicamente fuori dalla finestra tutta la sua razionalità, fece l'unica cosa che gli venne in mente: telefonò niente di meno che al generale, nella speranza che potesse rintracciarlo con tutte le sue conoscenze.
« Pronto? Alexander? »
La voce di suo padre gli risuonò chiara nell'orecchio, mentre continuava a procedere ancora più velocemente di prima.
Imprecò mentalmente per l'ennesima volta, mentre scartava bruscamente a destra per evitare di investire in pieno due anziani signori che passeggiavano placidamente per le strade di Londra.
« Papà! Devi mandare immediatamente tutto l'esercito. Non è un esercitazione, ripeto, non si tratta di un esercitazione! »
Una donna lo guardò esterrefatta mentre le sfrecciava accanto.
Per qualche secondo Alec cercò di capire se quello fosse dovuto al fatto di sembrare inseguito da un killer, oppure al modo in cui si era messo a gridare; quasi subito, però, decise che la cosa non gli interessava minimamente.
« Qual è l'emergenza? »
Robert Lightwood aveva utilizzato un tono mortalmente calmo, ma Alec non se ne sorprese più di tanto: abituato al comando così come a rivestire responsabilità particolarmente gravose, suo padre aveva nervi di acciaio e un ferreo autocontrollo.
Probabilmente solo lo sbarco in pieno giorno degli alieni sulla terra avrebbe potuto fargli assumere un'espressione almeno un minimo sorpresa; ma anche in quel caso, non sarebbe durata più di una manciata di secondi.
« Ho cercato dovunque ma non c'è! Probabilmente sono arrivati primi! »
Una minima parte del suo cervello era consapevole del fatto che, se voleva che quel poveruomo lo potesse capire, avrebbe dovuto essere un tantino più preciso di così.
Ma in quel momento davvero non era in grado di esprimersi come una persona normale.
« Alexander, di cosa stai parlando? »
La voce del generale, se possibile, si era fatta ancora più glaciale. Probabilmente credeva che il figlio gli stesse facendo un qualche stupido scherzo.
« Sto parlando di quella principessina del cazzo! Oltre che fare la diva ingrata se ne è andata in una nuvola di glitter! »
Non sapeva neanche lui per quale motivo avesse appena chiamato Magnus "principessina", ma doveva ammettere che almeno in un certo senso quel nomignolo gli calzava a pennello.
Non udendo risposta dall'altro capo del telefono, Alec continuò il suo sproloquio gesticolando animatamente, quasi come se credesse che l'altro potesse vederlo.
« Raperonzolo buttava giù la treccia, questa qui invece dei fottuti lenzuoli intrecciati! Come in un dannato racconto del medioevo. Che poi dì, ti sembro per caso la strega cattiva della torre io?! »
Dopo altri secondi di estenuante silenzio, si udì finalmente la voce di Robert.
« Alexander Gideon Lightwood, se sei sotto l'effetto di stupefacenti, ti giuro che ti costringerò a correre per 60 chilometri con un carico di 45 chili sulle spalle. Tanto per ricordarti un po' di disciplina. »
Ecco, perfetto. Ci mancava solo che suo padre lo prendesse per drogato.
« Non è così! Papà, ascolta io devo.. »
Alec si interruppe di colpo, inchiodando nel bel mezzo della strada.
Si inginocchiò, in modo tale da studiare da vicino ciò che aveva attirato la sua attenzione: davanti ai suoi piedi, c'era una vera e propria scia di sangue.
Magnus.
Scattando nuovamente in piedi, si diresse verso il vicolo in cui la traccia sembrava svanire, pregando con tutto il cuore di trovarlo ancora vivo.
Non ci mise molto a notare la figura di un ragazzo, accasciato in malo modo contro un muro ad occhi chiusi e con la camicia macchiata da un liquido vermiglio.
« Alec? Figliolo sei lì? »
Ignorando la voce che proveniva dal telefono ancora stretto nella sua mano, si avvicinò lentamente a Magnus, controllando le sue condizioni.
Sospirò di sollievo quando constatò che respirava ancora e non sembrava riportare ulteriori lesioni: evidentemente non aveva retto quel tentativo di fuga, che gli aveva fatto riaprire per l'ennesima volta la ferita, finendo col perdere i sensi.
Almeno era stato abbastanza furbo da nascondersi.
« Alexander! Se non mi rispondi subito mando una squadra di soccorso a cercarti! »
Sobbalzando nell'udire quella minaccia, il ragazzo portò immediatamente l'apparecchio all'orecchio, tranquillizzando suo padre.
« Sì, eccomi. E' tutto risolto, scusa se ti ho chiamato. Ci sentiamo più tardi. »
Poi, senza aggiungere altro, gli riattaccò il telefono in faccia.
Probabilmente il generale in quel momento lo stava prendendo per pazzo, e quasi certamente non appena avrebbe rimesso piede alla base lo avrebbe sottoposto ad un qualche test psicologico.
Ma non era certo quello il momento per preoccuparsi di simili dettagli: doveva sbrigarsi a medicare Magnus, di nuovo.
Facendo appello a tutta la sua pazienza, Alec si caricò Magnus sulle spalle, pronto a trascinarlo a casa sua per la seconda volta in appena dodici ore.
A quanto pareva, salvarlo sarebbe stato ancora più difficile del previsto.



Un urlo squarciò l’apparente silenzio che aleggiava nella stanza, facendo socchiudere appena gli occhi ad Alec, intento a cicatrizzare il taglio in modo tale che non potesse più riaprirsi.
Certo, aveva sperato fino all’ultimo di non dover arrivare a fare una cosa del genere, ma visto lo spreco inutile che stava facendo con i medicinali non aveva potuto evitarlo.
Magnus annaspò, cercando di riprendere l’aria che gli era venuta inevitabilmente a mancare quando quell’arnese incandescente aveva toccato la sua pelle nuda.
Se lo voleva ammazzare tra le più atroci sofferenze, ci stava sicuramente riuscendo.
Alec prese a disinfettare il punto in cui aveva poggiato la lama, con un olio eudermico, usato già prima di cominciare il lavoro.
Magnus strinse le labbra in una linea sottile sentendo bruciare la pelle come se andasse a fuoco, ma si impose di non lamentarsi più del dovuto.
Si era già dimostrato abbastanza debole, non poteva continuare così.
Alec tirò un sospiro di sollievo, osservando con occhio critico la lama utilizzata.
Non si sarebbe mai aspettato di poter riuscire a fare una cosa del genere, anzi, per un momento era stato anche tentato di desistere.
Ma dato che la ferita non stava facendo altro che peggiorare infettandosi, le alternative erano cominciate a scarseggiare, e non aveva avuto modo di sottrarsi.
Così, cercando di non farsi influenzare dal terrore del dolore che quel gesto avrebbe sicuramente provocato a Magnus, aveva preso il suo coltellino dalla lama sottile e l’aveva posto sul braciere del suo caminetto, aspettando che questo si arroventasse.
Nel momento in cui era diventato incandescente, si era fatto coraggio e l’aveva poggiato sulla pelle dell’altro, bruciando le pareti della ferita dall’interno, in modo tale da chiudere definitivamente i vasi sanguigni che portavano il sangue ed evitando così un nuovo flusso.
Gli tamponò la fronte, sentendosi un minimo in colpa per aver lasciato che si allontanasse così da lui.
« Mi spieghi che volevi fare, eh? » gli domandò, solo una punta di rabbia nella voce.
Magnus deglutì a fatica, sentendo la gola improvvisamente secca e un bisogno impellente di bere.
« Io.. Acqua. » sussurrò, storcendo poi il naso per quel tono di voce sommesso che non gli apparteneva minimamente.
Alec non se lo fece ripetere due volte e, catapultandosi velocemente in cucina, versò dell’acqua in un bicchiere di vetro, per poi tornare immediatamente da lui.
Gli alzò la testa con una mano, aiutandolo così a bere.
Il ragazzo si sentì improvvisamente meglio mentre il liquido freddo gli scorreva giù per la gola, rinfrescandolo.
« Di certo non volevo essere riportato qui. » esordì finalmente, sentendo il proprio timbro riacquistare piano il suo volume.
Alec sbuffò, massaggiandosi stancamente le tempie e sentendo il bisogno di farsi almeno un paio d’ore di sonno.
« Beh, allora potevi impegnarti di più. » replicò ironicamente, sedendosi ai piedi del letto e guardando il muro di fronte a sé.
Magnus emise quella che alle orecchie del moro sembrava una leggera risata, per poi socchiudere gli occhi.
« Magari la prossima volta andrà meglio. »
Il moro stava per ribattere che non ci sarebbe stata una prossima volta, ma l’altro si era già addormentato.
Si girò, poggiando la testa sopra le mani incrociate sul letto e osservandolo mentre con espressione quieta, dormiva.
Visto da così, sembrava essere un ragazzo normale, tranquillo.
Ma Alec sapeva che ciò non era affatto vero, e che quando si sarebbe svegliato avrebbe dovuto fornirgli senz’altro delle spiegazioni riguardo la faccenda.
Sbadigliò, sentendo quelle ore di sonno mancato gravargli sulle spalle tese e stanche.
Si sarebbe concesso appena qualche ora di sonno, se lo meritava.
Così, senza quasi rendersene conto, si addormentò, stranamente in pace con se stesso.




Saaalve! :D
Ed eccco qui il secondo capitolo, di passaggio, solo per farvi inquadrare un po' meglio la situazione.
Jace ha - diciamo - aperto gli occhi ad Alec, e da qui partirà la vera storia e un susseguirsi di eventi che cambierà la vita - in meglio? in peggio? chissà! - ad entrambi.
Ma se volete saperne di più, non vi resta che aspettere la prossima settimana <3
Intanto ringraziamo tutte quelle splendide persone che hanno anche solo letto la storia, che per noi è già un traguardo! Un grazie a chi l'ha inserita tra le preferite, seguite e ricordate, e a chi ha anche espresso un parere in merito! Siete l'amore! <3
Come al solito vi lasciamo il link del gruppo facebook, dove potrete seguire meglio la storia e leggere di eventuali spoiler. Ma è anche un gruppo in cui si discute tranquillamente di tutto, una piccola famigliola virtuale <3
Se vi interessa, il link è questo ----> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
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Se vi va, fateci sapere cosa ne pensate del capitolo! :D
Vi diamo appuntamento alla prossima settimana!
Bye! <3

 

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Capitolo 3
*** Capitolo #3 ***


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Capitolo #3

L'uomo poggiò elegantemente il calice di vino sul tavolo, rivolgendo uno sguardo penetrante ai due individui appena entrati su suo ordine nella stanza.
Continuò ad analizzarli per alcuni istanti, cercando di decidere se dovesse o meno farli fuori per via della loro completa inutilità.
Di certo non si sarebbe mai posto alcun tipo di scrupolo nel fare una cosa del genere: aveva sulle mani il sangue di talmente tante persone che aggiungere due tirapiedi incompetenti in fondo alla lista delle sue vittime, non faceva davvero alcun tipo di differenza.
La sua non era crudeltà, ma puro e semplice senso degli affari. Era infatti impossibile diventare uomini temuti e di successo, se non si era disposti ad eliminare tutti coloro che tentavano in qualsivoglia modo di ostacolarti.
Ezekiel Dixon si era premurato di seguire fin da giovane quella regola fondamentale se si voleva sopravvivere in quello che era il suo mondo.
E forse, proprio per questo motivo, adesso era a capo di una delle più grandi organizzazioni del paese.
I vantaggi del ritrovarsi in una simile posizione erano a dir poco considerevoli: ricchezza, potere, bella vita.
Certo, se non si stava ben attenti si rischiava di beccarsi una pallottola nel cervello, ma quello non era mai stato un suo problema.
Pochi erano quelli talmente folli da intralciare o da cercare di immischiarsi nei suoi affari.
D'altronde, aveva dalla sua tutta una serie di esempi che facevano sì che chiunque ci pensasse bene prima di mettersi contro di lui.
Volti di uomini e donne si confondevano nella sua mente; in molti casi si trattava di persone che avevano visto o sentito troppo, trovandosi coinvolte in giri di cui non avrebbero dovuto essere a conoscenza.
Eliminando senza alcun tipo di rimorso quelle immagini dalla sua mente, l'uomo tornò a concentrarsi sugli scagnozzi ancora davanti a lui.
Nessuno dei due aveva osato emettere neanche una singola sillaba, troppo impegnati a tener su la migliore espressione contrita a loro disposizione, sforzandosi evidentemente di non incrementare ulteriormente il suo disappunto.
Non sono proprio dei completi idioti, allora.
Li squadrò lentamente e con estrema freddezza, per fargli avvertire ancora di più il peso dell'attesa del suo responso; magari sentendosi graziati, la prossima volta - consapevoli della fortuna sfacciata che avevano avuto - avrebbero svolto il loro lavoro in maniera adeguata, senza costringerlo ad inutili spargimenti di sangue che l'avrebbero condotto alla ricerca di nuovi tirapiedi.
« C'è un motivo particolare per cui non sono ancora in possesso della mia merce? »  chiese poi in tono tagliente quanto la lama di un rasoio, sfiorando con un dito il bordo del bicchiere di vetro e guardandoli di sottecchi.
I due uomini esitarono per alcuni istanti, quasi stessero cerando di mettersi d'accordo con la forza del pensiero sul modo migliore di esplicare i fatti senza essere ridotti a brandelli.
Alla fine uno di loro si fece avanti, con un'espressione timorosa dipinta in volto.
Difficilmente un qualsiasi passante avrebbe guardato in quel modo un banale uomo sulla cinquantina, dall'aria impeccabile e il completo su misura.
Chi però era a conoscenza della sua identità, chi sapeva quanta spietatezza si nascondeva dietro quegli abiti eleganti, assumeva sempre quel tipo di atteggiamento in sua presenza.
« Ci sono stati dei problemi, capo. Headley vuole il doppio del prezzo pattuito per consegnare il carico; dice che gli stanno addosso, e che se deve rischiare vuole una ricompensa più elevata. O almeno questo è quello che ha riferito il suo                 intermediario. »
Russ, dopo aver parlato, fece nuovamente un passo indietro, attendendo la reazione di Ezekiel di fronte a quella notizia.
La cifra, così come il carico di cui si parlava, quella volta erano tutt'altro che irrisori, e lo aveva visto andare su tutte le furie per motivi decisamente meno gravi.
« Il doppio? Quel rifiuto umano è per caso impazzito? Non intendo dare loro una simile quantità di denaro, tanto più che lui e i suoi uomini sono già in ritardo sulla consegna. Non se ne parla. » esordì difatti l'altro, subito dopo.
Ezekiel si alzò di scatto, misurando a grandi passi la sontuosa sala in cui l'incontro stava avendo luogo: un enorme lampadario di cristallo a goccia pendeva dal soffitto, finemente intarsiato; un mobile d'antiquariato dell'epoca di Luigi XV dall'inestimabile valore copriva gran parte della parete sulla destra, e vi poggiava sopra un piccolo vaso dalle decorazioni piuttostosto discutibili. E poi, l'enorme vetrata che dava sul perimetro esterno dell'abitazione, ben si abbinava al lusso che permeava da ogni altro oggetto presente.
Non che un simile sfarzo fosse realmente una sorpresa per qualcuno.
Quando si rischiava abitualmente la vita in un giro del genere, essere ricchi da far schifo era il minimo.
« Siete riusciti ad ottenere qualche altra informazione? » chiese ad un tratto Ezekiel, arrestandosi sul posto e scrutando torvamente i due individui.
Se possibile, questi ultimi assunsero un aria ancora più terrorizzata, facendogli ben intendere che quello che gli avrebbero detto gli sarebbe piaciuto veramente poco.
L'uomo prese un respiro profondo, facendo appello a tutto il suo autocontrollo per non mettere mano alla pistola che si portava sempre dietro, per poi iniziare un tiro al bersaglio alternativo.
La sua vena sadica era profondamente divertita a quell'idea.
Tuttavia, la razionalità e la logica che lo avevano sempre assistito in tutti quegli anni, garantendogli di non essere mai colto di sorpresa o battuto in scaltrezza da nessuno, continuavano a fargli presente che l'uccidere entrambi non fosse una buona idea.
O almeno, non in quel momento.
« Mi degnate di una risposta, o devo appendervi a testa in giù da qualche parte per convincervi a parlare? » domandò poi tranquillamente, ma con una tacita minaccia nella voce.
Ezekiel era perfettamente consapevole di incutere un certo timore nei suoi uomini con quel tono arcigno, ed era esattamente quello il suo intento.
Dopo alcuni attimi di silenzio, Russ sembrò ritrovare l'uso della parola.
« Noi.. non ne abbiamo avuto modo. Abbiamo dato una lezione a quel tipo, quel Bane, ma poi prima che avessimo il tempo di fare altro.. »
L'uomo, nel suo quasi incomprensibile borbottio, non aveva alzato neanche un solo istante lo sguardo da terra: incrociare quegli occhi freddi, glaciali, quasi inumani, era l'ultima cosa di cui avesse bisogno mentre cercava di giustificarsi per quanto era successo.
L'altro emise un'espressione di disappunto, accompagnata da una per nulla velata imprecazione; tutto quel tergiversare stava accrescendo di secondo in secondo i suoi istinti omicidi.
« Tu, dimmi immediatamente quello che è successo senza tralasciare niente. E se ti azzardi a incespicare come questo qui, ti pianterò una pallottola in testa. » esordì poi ormai al limite della pazienza, indicando con un cenno l'altro individuo.
Gli sembrava si chiamasse Aric, non che la cosa gli importasse minimamente.
Alla fin fine, per quanto lo riguardava, gli scagnozzi erano tutti uguali: un branco di imbecilli buoni a nulla.
« Russ aveva appena tirato una coltellata a Bane. Stavamo per prenderlo a calci per ottenere tutte le informazioni che vi potessero interessare capo, quando un moccioso è sbucato dal nulla e si è messo in mezzo. Non so' chi diavolo fosse, nessuno di noi lo aveva mai visto prima. »
Ezekiel guardò l'uomo palesemente scocciato, cercando di registrare quello che gli era appena giunto alle orecchie.
Aveva davvero appena detto che si erano fatti mettere nel sacco da uno sciocco moccioso che passava di lì per caso?
Assumendo un'aria a dir poco minacciosa persino per se stesso, iniziò a girare lentamente intorno ai due individui, scrutandoli dall'alto il basso.
« Sono vittima di allucinazioni uditive o mi state davvero dicendo che vi siete fatti prendere a calci da un ragazzino? » chiese con tono di voce basso, misurato, che li fece trasalire come se fossero stati appena colpiti da una frustata.
Russ deglutì, evidentemente a disagio.
« Non era un semplice ragazzino. Chiunque fosse era maledettamente ben addestrato: è riuscito a coglierci di sorpresa quando eravamo convinti di farlo fuori in due minuti. Non ci aspettavamo certo che si sapesse difendere in quel modo. » rispose poi, decidendo di sfidare la possibile ira del suo capo per spiegare come erano andate davvero le cose.
Era già abbastanza umiliante essere stati battuti così facilmente, anche senza passare per uno smidollato che frignava davanti al primo mocciosetto di turno.
Ezekiel si immobilizzò per qualche istante, evidentemente riflettendo su quanto il suo tirapiedi gli aveva appena detto.
« Credete che fosse uno degli uomini di Headley? »
Dopotutto, quello era un dubbio più che lecito. Magari quel tizio si era finalmente svegliato e si era reso conto che mandare uno dei suoi uomini più fidati da solo, contro i suoi, non era propriamente un'idea di eccezionale furbizia.
I due scossero la testa quasi all'unisono, ponendo immediatamente fine a quella considerazione.
« No, non credo fosse uno dei suoi. Aveva più l'aria di essere capitato lì per caso. » commentò nuovamente Russ, guardando l'altro di sbieco.
L'essere ancora entrambi tutti interi era senz'altro una conquista, ma era pur sempre meglio tenere un profilo basso e non mostrarsi neanche minimamente strafottenti.
Non si poteva mai sapere cosa avrebbe fatto definitivamente perdere la pazienza a quell'uomo dispotico.
« Quindi in giro c'è un ragazzino eroico e fin troppo di sicuro di sé che, per i miei gusti,  si è già immischiato abbastanza nei miei piani. » esclamò Ezekiel, accarezzandosi la mascella con aria studiata.
Russ ed Aric nel mentre continuavano ad osservare il loro capo in attesa di una sua qualsiasi decisione.
Anche se entrambi immaginavano già quali sarebbero stati gli ordini a quel punto.
« Bene, sparite. E fate in modo di trovare Bane, voglio chiudere quest'affare una volta per tutte. » esordì difatti l'uomo, scacciandoli con una mano.
Dopo avergli rivolto un lieve cenno d'assenso, i due si voltarono dirigendosi alla porta.
« Aspettate. » li richiamò Ezekiel, un attimo prima di riprendere a parlare. « Mettete a tacere quel ragazzino, e fate in modo che il suo corpo non venga ritrovato. »



« E queste cosa diamine sono?! »
Alec puntò lo sguardo verso la camera da letto inarcando un sopracciglio, divertito.
Posò la tazzina di caffè - che aveva preparato per non riaddormentarsi, dato che con Magnus non c’era affatto da scherzare - sul tavolo davanti a sé, strusciando rumorosamente la sedia sul pavimento in legno per alzarsi.
Con calma ponderata aprì l’anta del frigo, per poi agguantare tra le sue dita lunghe una bottiglia di acqua minerale, che versò in un bicchiere di vetro qualsiasi preso dalla dispensa.
Ne bevve un sorso, stropicciandosi gli occhi per scacciare via il sonno che prepotentemente cercava di strapparlo alla realtà dei fatti, incitandolo a concedersi finalmente ad una sana dormita.
Poggiando poi anche quello nel lavabo, si diresse in camera, sostenendo il corpo allo stipite della porta e cercando di trattenere la risata che stava per nascere spontanea dal fondo della propria gola quando lo vide alternare lo sguardo dal polso alle sbarre del letto.
« Uhm, una prevenzione direi. » gli rispose, quando questo lo guardò con rabbia mista a disappunto.  
Magnus mosse la mano, facendo tintinnare fastidiosamente la corta catenella. Con le labbra socchiuse in una smorfia infastidita e con gli occhi stretti in una linea sottile, lasciò che la parte irruente di sé venisse a galla.
« Mi hai ammanettato al letto?! » gli gridò contro risentito, arricciando il naso in maniera piuttosto scioccata.
Quando aveva riaperto gli occhi qualche ora dopo essere crollato addormentato per la stanchezza, l’unica cosa che gli era inconsciamente venuta da fare era stata quella di portarsi una mano a toccare la ferita.
Ma qualcosa l’aveva bloccato.
Alzando poi lo sguardo verso la propria mano, l’aveva trovata inchiodata alla spalliera del letto con delle stupide manette.
Inutile dire che la cosa lo aveva profondamente irritato.
« Come ho detto, è solo una prevenzione. - ribadì l’altro, sedendosi sulla sedia girevole accanto al letto sfatto - Ma ora dovresti darmi alcune spiegazioni. »
Magnus alzò gli occhi al cielo, sbuffando in maniera piuttosto rumorosa e senza preoccuparsi minimamente di risultare maleducato o incivile.
Alec lo ignorò senza alcun pudore, l’ombra di un sorriso divertito ad abbellirgli le labbra carnose.
Spingendo poi la spalle verso lo schienale in un movimento fluido, si portò le gambe al petto, trovando una sorta di equilibrio che gli permettesse di rimanere in quella posizione.
« Mi chiedevo se per caso conoscessi un certo Bane. » proferì, scrutando attentamente la reazione dell’altro.
Magnus corrugò le labbra così velocemente e in maniera quasi impercettibile che Alec si chiese immediatamente se non se lo fosse solo immaginato.
« Mai sentito. »
La risposta arrivò secca, rapida, come se non avesse avuto il bisogno di rifletterci su.
Lo sguardo era serio, posato, cauto. Alec avrebbe creduto senza ombra di dubbio alle sue parole in altre circostanze, ma non era di certo lì per farsi prendere in giro.
Annuì, quasi a voler far credere persino a se stesso che quella era la verità e non una squallida bugia detta per chissà quale motivo.
Magnus era davvero molto bravo a rigirare le cose a proprio favore o come più gli aggradava a seconda delle situazioni, ma se c’era una cosa che Alec aveva imparato bene in tutti quegli anni di servizio nella base militare, era il saper raggirare a sua volta le questioni.
« Beh, questo Bane è stato accusato di traffico d’armi illegali, e tutto l’esercito lo sta cercando. » asserì, scrollando le spalle indifferente.
Una breve scintilla passò nello sguardo di Magnus, ma non poté accertarsene fino in fondo visto che subito dopo questi sospirò, socchiudendo appena gli occhi.
« Povero incosciente, non vorrei proprio essere nei suoi panni. » esclamò quasi melodrammaticamente, puntando nuovamente lo sguardo in quello sempre più impaziente di Alec.
Cercare di capirci qualcosa con lui stava diventando sempre di più una vera e propria utopia. Stava persino arrivando quasi a domandarsi se non fosse inutile cercare di aiutarlo.
Se Magnus avesse avuto anche la più minima intenzione di uscire da quel giro, a quell'ora avrebbe senz'altro vuotato il sacco; o perlomeno sarebbe stato disposto a fornirgli una qualche informazione.
Da come però si ostinava a restare chiuso nel suo mutismo, accampando le più improbabili scuse pur di non farsi scoprire, non sembrava affatto disposto a lasciarsi salvare.
Sei così affezionato al crimine da rischiare persino la tua stessa vita?
Scosse la testa energeticamente, come a voler scacciare via quel pensiero.
Per quanto le cose risultassero difficili, non poteva permettersi di mollare: aveva fatto una promessa a sé stesso, e in un modo o nell'altro sarebbe riuscito a tirarlo fuori da quella situazione.
« Sai, riflettevo sul modo inusuale in cui ti ho trovato. Pensavo che magari avessi fatto o sentito qualcosa che non dovevi, provocando l’ira di qualcuno. » provò ancora, cercando di smuovere anche una minima reazione da parte sua, ma nulla.
L’unica cosa che ottenne, fu un ulteriore sbuffo che ben esprimeva quanto l'altro fosse stufo di quell'interrogatorio improvvisato.
« Ancora con questa storia? Per Lilith che noioso. Ti ho detto che mi hanno rapin- »
« Rapinato, certo. » lo interruppe prontamente, passandosi una mano tra i riccioli corvini e scompigliandoseli inconsciamente, quasi come se quel gesto avesse potuto in qualche modo scacciare via la stanchezza.
Magnus lo guardò stranamente divertito, arricciando le labbra in una smorfia per impedirsi di scoppiare a ridere.
Non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma nonostante quella situazione lo stesse decisamente stressando, era anche un minimo incuriosito da tutto quell’interessamento.
« Ricordo benissimo quello che hai detto. Quel che non so è il perché avrebbero dovuto fare a te una cosa simile. Ah già, non lo ricordo perché non me l’hai detto. » continuò, ignorando l’occhiataccia che l'altro gli lanciò.
Magnus ammutolì sul posto, per la prima volta senza una vera risposta da fornirgli; il che era assai strano visto che lui sapeva sempre cosa dire e come dirlo.
Passandosi la mano libera sul viso segnato dalla stanchezza, sospirò per quella che poteva senz’altro definirsi l’ottocentesima volta negl’ultimi trenta minuti.
« Senti, non so cosa speri di ottenere da me, ma non so nulla. - ribadì, come un mantra - Ma se mai dovessi venire a conoscenza dell’identità di questo fantomatico Bane di cui parli, sarai il primo a saperlo. » concluse, facendo un vago cenno con la mano come a voler allontanare un insetto decisamente fastidioso.
Alec notò quanto fosse effettivamente grande la sua mano, con quelle dita lunghe e affusolate e con quel palmo ampio.
Lo sguardo percorse poi l’avambraccio, il braccio, immagazzinando ogni possibile dettaglio dell’arto, messo ancora più in evidenza dalla posizione rigida in cui si trovava.
Si ridestò improvvisamente quando sentì lo sguardo bollente dell’altro sul proprio viso, così si schiarì la voce, diventata improvvisamente roca.
« Perché sento di non dovermi fidare? » gli domandò, poggiando i piedi sul pavimento in mattoni bianchi.
Un sorrisino fece capolino sul volto semi-illuminato di Magnus, che si premurò di scacciarlo immediatamente via, veloce così come era apparso.
Alec non ci fece caso, intento a guardarsi i palmi delle mani quasi fossero la cosa più interessante che avesse mai visto.
« Perché infatti non dovresti, non mi conosci nemmeno. »
Oh, invece ti conosco più di quanto immagini, avrebbe voluto dire, togliendogli definitivamente quell’aria saccente dal viso.
E l’avrebbe anche fatto, se non fosse stato per la sua parte razionale che lo spingeva sempre ad una lunga riflessione prima di agire.
« Non dovrei fidarmi eh? Allora ammetti di star mentendo. Tu sai benissimo di chi si tratta, non è vero? » gli domandò, senza giri di parole e sperando con tutto il cuore che cedesse.
Lo guardò fisso negl’occhi, e per un breve istante, verde e azzurro si fusero assieme, obbligati a dipendere l’uno dall’altro come un tossicodipendente ha bisogno della sua droga.
Magnus fu il primo a distogliere lo sguardo, puntandolo poi sulla sua mano, ancora appesa.
« Voglio che mi togli queste cose immediatamente. » proferì, sfidandolo a dirgli ancora di no.
Cosa che ovviamente Alec fece.
« Non se ne parla nemmeno, non ti lascio andare fin quando non mi dici come sono andate realmente le cose. » si impuntò, più per orgoglio che per altro.
Sapeva benissimo che almeno al momento non sarebbe riuscito a venire a conoscenza di niente, ma ciò non spengeva la sua speranza ossessiva di riprovarci fino al suo cedimento.
« Guarda che chiamo la polizia. » provò Magnus, cercando di apparire serio ma fallendo miseramente.
Gli occhi gli brillavano di una strana luce divertita e il tremolio leggero delle labbra erano un chiaro segno del suo trattenersi a stento dallo scoppiare al ridere.
Alec sbuffò, ormai sempre più conscio che insistere non sarebbe servito a nulla se non a fargli venire una crisi di nervi isterica.
E solo l’Angelo sapeva quanto era vicino al punto di non ritorno.
« Tremo al solo pensiero. » gli rispose, accennando un sorrisino che non sfuggì all’altro.
Magnus notò che quando le sue labbra andavano ad incurvarsi verso l’alto, gli si creava una leggera fossetta all’altezza dello zigomo.
L’avrebbe trovata addirittura adorabile, se non fosse stata del ragazzo che ormai da ore era diventato il suo carceriere.
« Beh, dovresti infatti. » ribatté.
Uno strano silenzio piombò nella stanza, a scandire il tempo solo l’incessante ticchettio dell’orologio a muro.
Poi, mantenendo quella quiete, Alec recuperò la piccola chiave nella tasca dei suoi pantaloni, per aprire subito dopo le manette con un leggero scatto metallico.
« Non riuscirò a sapere nient’altro da te, vero? » gli chiese, riponendo accuratamente l’oggetto nel cassetto della scrivania.
Magnus si portò una mano al polso, decisamente molto più leggero libero di quelle cose.
Si trascinò a sedere con la schiena verso la spalliera, per poi scoprirsi dei lenzuoli con un movimento fluido.
Notò con piacere quanto il male fosse diminuito: sebbene sentisse ancora un po’ di bruciore, questo era di certo più sopportabile del dolore lancinante provato fino a poche ore prima.
Era veramente grato ad Alec per essersi preso cura di lui, ma di certo non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce.
Ricordandosi poi della domanda che gli era stata posta, si decise finalmente a rispondere:  « La verità è quanto ti ho detto, niente di più niente di meno. » disse, poggiando i piedi nudi a terra.
Trattenne a stento un leggero brivido che gli percorse la spina dorsale quando la pelle riscaldata dalle coperte entrò a contatto con il pavimento completamente gelido.
« Merda. Così è tutto più complicato. » si lasciò sfuggire il moro, frustrato.
Si alzò di scatto dalla sedia, buttandosi letteralmente le mani tra i capelli in un gesto nervoso.
Solo allora si rese conto che probabilmente era davvero l’ora di mettere fine a quell’interrogatorio: ne stava uscendo pazzo persino lui.
Magnus incurvò un sopracciglio verso l’alto, scettico: « Prego? »
Alec scosse la testa, come a voler incitare l’altro a non dare peso a ciò che aveva appena detto.
« Niente. Forse è meglio che vai a lavarti prima di cenare, puzzi di urina di cane. » disse, sorridendo appena.
Poi, senza aggiungere altro, prese dal suo armadio una maglietta a caso e un altrettanto a caso pantalone, gettandoli senza troppe cerimonie in direzione dell’altro.
« Oh, che cavaliere. » lo stuzzicò allora Magnus, prendendo al volo ciò che gli era stato appena lanciato.
Odiava ammetterlo visto che era sempre perfetto, ma aveva davvero bisogno di una doccia.
Il sudore si era mischiato all’odore del sangue e dell’immondizia, creando un aroma per nulla piacevole al suo bel nasino francese.
Chissà che poi non avesse davvero ricevuto le attenzioni da qualche randagio; il solo pensiero gli fece venire brividi di disgusto.
« Smettila di chiamarmi così. » sbuffò Alec, aprendo la porta del bagno e incitandolo con la mano ad entrare.
Magnus a quel punto si indispettì. Lo raggiunse in poche falcate e, comprimendo il dito indice contro il pollice, lo lasciò andare in uno scatto contro la fronte bianca dell’altro, gustandosi l’espressione sorpresa che gli riservò.
« E tu smettila di dirmi cosa devo fare, sta diventando snervante. » ribatté poi a quel punto, infilandosi nella stanza.
Era piuttosto grande per essere un bagno, e Magnus capì subito il perché: difatti, oltre al semplice e classico box doccia, c’era una grande vasca idromassaggio che occupava un bel po’ di spazio.
« Ti vizi bene. » disse, facendo per aprire l’acqua.
Alec gli fece la linguaccia.
« Fila a lavarti e basta, principessina. » lo schernì, indugiando nel guardare le sue gambe, quando questo si sfilò i suoi jeans davanti a lui senza problemi.
Per un attimo si perse nell’osservare i muscoli sodi delle cosce, immaginando quanti anni gli fossero serviti per renderle così toniche.
Magnus, intercettando il suo sguardo, sorrise in maniera maliziosa, infilando i pollici nell’elastico dei boxer.
« Vuoi strofinare la mia regale schiena per caso? »
Alec divampò di colpo, sentendo il sangue affluire troppo velocemente verso la testa.
Con una velocità disarmante sbatté la porta dietro di sé, urlando un: « Neanche morto! »



Jace imboccò il viale di casa sua con la sua bellissima nuova macchina.
Sul sedile affianco era poggiato un sacchetto marroncino contente due porzioni di cibo preso da Taki, per lui e Clary.
Parcheggiando poi nel suo solito posticino, agguantò la confezione e fece scattare la chiusura dell’auto quando ne fu uscito.
Il granulato accompagnò ogni suo passo, tintinnando ogni qual volta alzava il piede per compiere un nuovo movimento, in una leggera sinfonia.
Si passò una mano tra i capelli biondi, diventati decisamente troppo lunghi per i suoi standard, sospirando appena.
Stava per infilare la chiave nella toppa quando il suo cellulare prese a squillare, facendogliela cadere a terra.
« Pronto? » rispose, raccogliendo quanto gli era caduto, per poi appoggiarsi contro la porta.
« Jonathan. » la voce austera di suo padre giunse alle sue orecchie, velata da una punta di preoccupazione.
Jace aprì la bocca, alquanto sorpreso di sentirsi chiamare con il proprio nome di battesimo e non con il suo diminutivo.
Oramai non c’era praticamente più nessuno che si rivolgesse a lui in quel modo, perché tutti sapevano quanto disprezzasse quel nome troppo antico e poco adatto a lui.
Le uniche volte in cui suo padre lo chiamava così, sapeva in automatico di trovarsi in grossi guai.
E Jace spero con tutto il cuore che non ce ne fossero, almeno per quella volta.
« Papà, è successo qualcosa? » gli chiese infatti, spostando il peso del proprio corpo da una gamba all’altra.
Una strana sensazione di disagio cominciò a far breccia nel suo petto, stringendolo in una morsa quasi soffocante.
Raramente Robert Lightwood si scomponeva, essendo un uomo serio e pacato, eppure sentiva qualcosa di strano nel suo respiro regolare, come se fosse agitato per qualcosa.
« Oh no, volevo sapere se per caso avessi sentito Alexander, ultimamente. » disse, e lo sentì sospirare.
Jace corrugò le sopracciglia, formando una ruga verticale al centro della fronte, leggermente interdetto.
Non capiva proprio cosa centrasse Alec ora.
« Oh sì, lo sono andato a trovare giusto stamattina, perché? » rispose, mantenendo un tono calmo.
Dubitava infatti che Robert avrebbe continuato ad avere il solito sangue freddo, se solo avesse fatto trasparire un minimo di incertezza.
E l’unica cosa che non avrebbe mai voluto rivedere in quell’uomo, era proprio l’agitazione.
« Ti è sembrato normale? » chiese, con un tono di voce leggermente più disteso di prima.
Jace rifletté qualche momento sulla domanda appena postagli.
Se Alec gli fosse sembrato normale? Da quando esattamente lo era?
Il biondo aveva sempre pensato al proprio fratello maggiore come una specie di eroe, perfetto in tutto ciò che faceva.
Era la sua spalla destra, il suo confidente, il suo migliore amico, suo fratello, sebbene non ci fosse alcun legame di sangue ad unirli.
Ricordava che quand’era piccolo passava le giornate sui libri a studiare e studiare, e quando non lo faceva era sempre intento negli allenamenti asfissianti che gli erano stati imposti già all’età di sette anni.
Non l’aveva mai visto divertirsi per davvero, uscire con qualcuno o fare normali esperienze da adolescente, e la cosa non poteva che rattristarlo.
Per questo lui ed Iz molto spesso lo convincevano ad unirsi a loro in qualche festicciola di quartiere, perché speravano che potesse godersi la vita com’era giusto che fosse.
Perchè aldilà dei doveri, c'era anche molto altro.
Capiva perfettamente che ormai aveva dedicato la sua intera esistenza ad altre cose, come ad esempio l’esercito, che amava come una seconda famiglia, ma doveva fare anche altre esperienze.
Perciò no, normale non lo era mai stato. Non come lo intendeva lui, per lo meno.
« Non più del solito direi. Ma non capisco dove vuoi arrivare, ha detto o fatto qualcosa di strano? » domandò, scompigliandosi i capelli in un gesto casuale.
Lo sentì sospirare attraverso il telefono, e immaginò che si stesse passando due dita sulla barba, com’era solito fare quando rifletteva.
« Beh non so, mi ha chiamato poche ore fa farfugliando strane storie su principesse e torri glitterate. Oppure era il contrario? Ad ogni modo mi è parso davvero strano un simile atteggiamento da lui. » disse, lasciandolo letteralmente in stato di shock.
L’unica spiegazione che poteva dare ad una simile circostanza, era che Alec fosse stato portato verso la via della droga.
Chi è che andrebbe in giro a farfugliare di principesse e glitter?
Scosse vigorosamente la testa a quel pensiero: era impossibile che facesse ricorso a quella stupida roba, non era nemmeno in grado di reggere un po’ di alcool, figurarsi altre cose.
E poi sembrava perfettamente in grado di fare discorsi coerenti, avevano perfino parlato del..
Oh merda.
« Ora che mi ci fai pensare mi ha cacciato da casa sua perché il suo gatto odia i biondi. » disse, sbattendo gli occhi sorpreso per le sue stesse parole.
Non era assolutamente da Alec una cosa del genere, c’era sicuramente una spiegazione più che logica.
« Jace, cerca di capire che cos'ha e appena scopri qualcosa richiamami, ora devo andare. » disse, tornando al suo solito tono gelido.
Jace annuì inconsciamente, come se suo padre avesse potuto in qualche modo vederlo.
O forse era più un modo per convincersi che tutto ciò era solo una barzelletta, detta così in un momento di noia.
« Non preoccuparti, me ne occupo io. » asserì, poi richiuse la chiamata.
C’era solo un unico modo per capire fino in fondo cosa stava succedendo.
Scorrendo tra i contatti in rubrica, pigiò sul tasto chiamata dell’unica persona in grado di essere folle quanto lui, tanto da sfondare persino la porta di casa di Alec pur di capirci qualcosa.
« Pronto, Izzy? Abbiamo un problema. »



Hello! :D
Ed eccovi qui anche il terzo capitolo! <3
Prima di parlarvene, volevamo fare dei chiarimenti sul capitolo prima riguardo lo sfogo di Alec a telefono con il padre. Magari qualcuna di voi l'avrà ritenuta esagerata e controproducente quella chiamata, ma era proprio questo lo scopo! Ora Robert comincerà a farsi molti dubbi da come avete potuto leggere in queste ultime righe, ragion per cui dovrà indagare sul comportamente del figlio. Ed è fondamentale questa cosa. Non aggiungiamo altro altrimenti vi spoilereremo l'intera faccenda xD
Quindi, tornando a questo capitolo, le cose iniziano ad ingranare. E' stato un po' introdotto l'ambiente in cui si trova Magnus e con chi ha a che fare, nonchè il nuovo ordine di strategia.
Bwahahhaha, guai in vista :D
Per quanto riguarda invece il rapporto tra Magnus e Alec, qualcosina si sta smuovendo, e con il prossimo capitolo, che avrà uno stacco di alcuni giorni, una certa complicità comincerà a nascere. Anche se Magnus non vuole vuotare il sacco xD
Bene, che altro dire, speriamo che il capitolo vi sia piaciuto e che ci facciate sapere cosa ne pensate se vi va <3
Grazie a tutte le persone che seguono la storia e che ci hanno espresso il proprio parere, vi adoriamo davvero! <3
Come al solito vi lasciamo il link per il gruppo facebook, se siete interessati a leggere di eventuali spoiler ed a fare conoscenza con delle bellissime persone!
Il link è questo ----> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Bye! <3

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Capitolo 4
*** Capitolo #4 ***


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Capitolo #4
From: Izzy
To: Alec
"Fratellone! Che stai facendo in questo momento?"

From: Jace
To: Alec
"Ehi bro, che ne dici di vederci per una bella chiacchierata?"

Alec sospirò profondamente, bloccando lo schermo del suo telefono e decidendo di ignorarli bellamente entrambi.
Erano giorni che i suoi fratelli andavano avanti in quel modo: continui messaggi e telefonate, quasi stessero cercando di farlo uscire pazzo per l'esasperazione.
A chiunque altro tutta quella premura poteva anche apparire come una cosa dolce, ma di certo non a lui.
Conosceva abbastanza Jace ed Izzy da sapere che quello non era affatto banale interessamento, ma una vera e propria forma di costante sorveglianza.
Evidentemente, qualcosa nel suo comportamento dei giorni passati, doveva averli insospettiti più del dovuto.
E quella era la stupenda conseguenza.
Doveva trovare al più presto un modo per dissipare i loro sospetti, qualunque essi fossero, prima di ritrovarseli ancora più alle costole.
Magari appostati fuori da casa sua che tenevano sotto controllo la situazione con l'aiuto di binocoli e cimici spia.
Quel pensiero gli diede i brividi: erano entrambi più che capaci di fare una cosa del genere.
Cercando di allontanare quell'immagine agghiacciante dalla sua mente, tornò a concentrarsi su Magnus, ancora raggomitolato sul divano di casa sua con un adorabile broncio stampato in volto.
Era davvero incredibile quanto quel ragazzo potesse essere ostinato: erano oramai più di quattro giorni che si trovava a casa sua, eppure non era riuscito a tirargli fuori neanche una misera sillaba.
Iniziava seriamente a contemplare la possibilità di creare in qualche modo un siero della verità e di farglielo ingurgitare a forza; di sicuro sarebbe risultato un processo di gran lunga meno impegnativo.
Ma se non altro, i tentativi di fuga si erano drasticamente ridotti.
Certo, Alec era stato comunque costretto a sorvegliarlo costantemente ma, almeno per il momento, Magnus sembrava intenzionato a starsene buono.
In quei giorni di convivenza si era ritrovato ancora di più ad apprezzare il carattere ironico dell'altro che, in un modo o nell'altro, riusciva sempre a coglierlo di sorpresa con le sue uscite strampalate e le costanti frecciatine maliziose.
Iniziava davvero ad affezionarsi a quel ragazzo a tratti scontroso e rompiscatole, e di giorno in giorno cresceva la sua determinazione nel salvarlo.
Indipendentemente da quanto lui potesse pensare di sé stesso, Alec era sempre più  convinto che in Magnus ci fosse del buono.
Doveva solo trovare il modo di fargli capire che di lui poteva fidarsi.
Ti pare facile.
« Stai immaginando il momento in cui arriverà il principe azzurro a salvarti dalla strega cattiva, principessa? » chiese ironicamente al ragazzo, vedendo come questo si ostinava a fissare la porta con espressione assorta. Un altro po' e ci avrebbe lasciato un buco.
Magnus si riscosse dal suo torpore, rivolgendogli un’occhiataccia che sicuramente in origine voleva essere truce, ma che risultò solo indignata.
« Ti sembro per caso il tipo che sogna il principe azzurro ad occhi aperti, io? E poi a cosa vuoi che mi serva, quando ho il mio adorato e prode cavaliere al mio fianco? » replicò sarcasticamente, portandosi una mano sul petto ed esibendosi nella sua migliore espressione da diva.
Di fronte a quella scena Alec non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere fragorosamente, scuotendo la testa rassegnato.
Convincerlo a smetterla di chiamarlo in quel modo era una battaglia persa.
« Meglio così, anche perché non verrà nessuno a tirarti fuori. Hai avuto la tua possibilità di fuga e l'hai sprecata, più che miseramente aggiungerei. » esclamò con un ghigno, dondolandosi leggermente indietro sulla sedia su cui era seduto.
Magnus gli fece un gestaccio, riuscendo a mantenere un'aura di superiorità anche mentre lo mandava poco carinamente a quel paese.
« Non ci giurare; prima o poi il tuo amico dell'altro giorno tornerà a farti visita e nel momento in cui abbasserai la guardia.. puff! » ribatté poi, agitando le dita su quell'ultima parola, quasi ad imitare un prestigiatore alle prese con uno dei suoi trucchi di magia.
Alec inarcò le sopracciglia, guardandolo con aria palesemente divertita.
Credeva davvero che fosse così stupido da commettere lo stesso errore due volte?
Povero ingenuo.
« Mi dispiace deluderti, ma Jace non tornerà a farmi visita tanto presto. Era passato solo a chiedere informazioni su quel Bane. Temo dovrai trovare un altro modo per dartela a gambe! » gli rispose subito dopo, cercando di mantenere un tono allegro e di studiare allo stesso tempo la sua reazione nel sentirlo fare riferimento a quella storia.
Non era certo la prima volta che provava a tirar fuori qualche allusione sperando di spingerlo a tradirsi in qualche modo. Ed anche se fino ad allora non aveva funzionato, ciò non voleva dire che prima o poi Magnus non avrebbe commesso un passo falso.
Deludendo per l'ennesima volta tutte le sue aspettative però, l'altro rimase completamente impassibile, limitandosi a corrugare leggermente la fronte quasi stesse cercando di ricordare chi fosse.
Altro che il trafficante d'armi, Magnus doveva fare l'attore.
« Ti riferisci a quel tizio di cui mi parlavi? Aspetta, cos'era? Uno spacciatore? » chiese poi, con un tono talmente ingenuo che portò ancora una volta il moro a complimentarsi mentalmente per la sua bravura.
Se proprio voleva ostinarsi a giocare a quel gioco, Alec di certo non si sarebbe tirato indietro.
« In realtà è un trafficante d'armi, non uno spacciatore. Anche se è "spacciato" in ogni caso, tanto per usare un gioco di parole. » replicò difatti, facendo appello a tutta la naturalezza a sua disposizione.
Nessuno avrebbe detto che in realtà fosse perfettamente a conoscenza dell'identità dell'altro e che gli stesse tendendo una trappola; lo stesso Magnus non sembrava avere il minimo dubbio.
Certo, aveva senz'altro capito che Alec lo aveva ricollegato in qualche modo a quella faccenda, ma non sapeva certo fino a che punto si erano spinte le sue intuizioni.
« Perché? L'hanno arrestato? »
Come se tu non lo sapessi.
Alec scosse lentamente la testa, continuando ad analizzare con occhio critico l'espressione genuina di Magnus.
Sembrava quasi stessero parlando del tempo e non delle probabilità che lui finisse in carcere.
« Non ancora. Vedi, Jace e il generale sono addosso da un po' ad un gruppo di trafficanti di armi, ma non erano riusciti a scoprire niente di concreto fino ad ora. E adesso che hanno capito chi è l'intermediario.. poveretto, gli daranno la caccia in tutti i modi possibili. » annunciò seraficamente Alec stringendosi nelle spalle, come se quello a cui stava fornendo la notizia non fosse il diretto interessato.
Magnus sospirò, con un'espressione di finta commiserazione stampata sul volto.
« Già, poveraccio. Comunque questo Jace chi sarebbe, un poliziotto? E poi perché è venuto a chiedere proprio a te? Non dirmi che approfitti di quel faccino tanto carino per fare la spia! » esclamò poi scherzosamente, dandogli una leggera spintarella sulla gamba.
Alec si sforzò di non arrossire per quel complimento spiritoso - non sarebbe stata una cosa molto dignitosa - tornando a concentrarsi sulla conversazione.
 « In realtà Jace non è un poliziotto, ma un soldato; esattamente come me. »
A quell' affermazione Magnus sgranò gli occhi palesemente allibito, con la bocca aperta dalla sorpresa.
« Mi stai prendendo in giro?! Tu un soldato?! » esclamò poi, senza accennare minimamente a darsi un contegno.
Alec non credeva certo che il suo lavoro lo avrebbe sconvolto così tanto.
Dopotutto era Magnus quello che smerciava armi illegali per vivere, per cui cosa ci trovava di tanto scioccante nel far parte dell'esercito?
 « Già. Non che nessuno dei due abbia avuto molta scelta, considerando che siamo i figli del generale della British Army. Perfino nostra sorella Izzy è stata addestrata fin da piccola per fare questo. » replicò semplicemente Alec, con un sorrisino appena accennato di fronte al palese stato di shock in cui era caduto l'altro.
Probabilmente si stava maledicendo in turco per essersi fatto salvare niente di meno che da lui.
« Beh, wow. Questa davvero non me l'aspettavo. Anche se devo ammettere di aver notato che tendi ad assumere un certo tono di comando, quando ti faccio arrabbiare. Eredità paterna? » gli domandò ironicamente Magnus, inarcando appena le sopracciglia.
Alec ridacchiò, colto in fragrante.
Aveva utilizzato spesso dei modi un po' bruschi con lui, ma quel ragazzo davvero non gli aveva lasciato scelta; era così maledettamente testardo che doveva dare fondo a tutto il suo lato militaresco per tenerlo a bada.
« Potremmo dire così. Anche se tu devi ammettere che ti ci metti d'impegno per farmi perdere le staffe, o sbaglio? »
L'unica risposta a quella domanda fu un sorrisetto divertito da parte di Magnus, che si strinse nelle spalle come a voler dire "che vuoi farci, sono fatto così".
Per alcuni istanti Alec credé che quella conversazione fosse finita lì, ma evidentemente l'altro non era dello stesso avviso.
« Quindi... Cosa si prova a crescere con un padre così? » gli chiese infatti, sinceramente curioso di sapere qualcosa di più di quel bel ragazzo dagli occhi blu.
Alec per alcuni istanti restò spiazzato; poteva contare sulle dita di una mano le volte in cui qualcuno si era premurato di chiedergli una cosa del genere.
Ancora una volta, Magnus era riuscito a sorprenderlo senza nemmeno rendersene conto.
« E'.. impegnativo. Mio padre ha sempre preteso il massimo da me. In quanto suo primogenito ha sempre voluto che fossi un esempio, sia per i miei fratelli che per i suoi uomini. Avevo appena sette anni quando iniziò ad addestrarmi. Ricordo ancora le interminabili ore di esercitazioni e tutte le volte che me ne tornavo nella mia stanza sconvolto e dolorante. Quella non è propriamente la vita adatta ad un ragazzino di quell'età. » iniziò a spiegare senza quasi rendersene conto, troppo assorto nei ricordi.
Quanto gli era sembrato difficile allora l'essere costretto a far parte di una famiglia del genere, quanto si era sentito sotto pressione nel tentativo di mantenere la facciata di figlio e soldato modello.
Solo un paio di anni prima si era reso di conto di quali fossero davvero le cose importanti.
Aveva avuto bisogno di essere catapultato in una tragedia, per capire che tutte le sue paranoie erano inutili.
Non che quella scoperta gli fosse servita poi a molto: era stato comunque costretto ad essere forte per Jace ed Izzy, mettendo di nuovo sé stesso in secondo piano.
« Ma è terribile! Posso capire la disciplina ma.. sette anni? Andiamo, questa è una specie di dittatura! Non ti è mai venuto in mente di ribellarti o, che so, di fare qualcos'altro? » saltò su Magnus indignato, distogliendolo dalle sue riflessioni.
Alec lo osservò, piacevolmente colpito da quella sua reazione: non si aspettava certo che prendesse così a cuore la sua storia personale.
Vedi di non farti troppe illusioni, per cortesia. Continui a non essere nemmeno un labile ricordo.
« In realtà non è poi così male, mio padre mi ha cresciuto in modo che fossi forte ed indipendente. E poi mi piace quello che faccio, aiutare le persone e proteggere chi amo. » gli rispose dopo appena qualche attimo di esitazione, studiandosi distrattamente le unghie per evitare lo sguardo penetrante dell'altro. Poteva chiaramente percepire quegli occhi verdi che gli bruciavano addosso.
« Non mi riferivo tanto a questo, quanto al fatto di essere costretto ad essere un modello per tutti. Nessuno dovrebbe avere una simile responsabilità. » lo sentì dichiarare in modo risoluto, come se un pensiero del genere potesse essere un affronto personale.
Alec sollevò lo sguardo, fissando l'altro negli occhi. Non poté fare a meno di notare quanto fosse bello, con quell'espressione seria e decisa.
« Ho smesso di preoccuparmi tempo fa di quello che gli altri pensano su di me. Gli unici la cui opinione mi importi qualcosa sono i miei fratelli, Izzy e Jace. Sono la mia famiglia e in quanto fratello maggiore è mio dovere badare a loro ed essere il loro punto di riferimento. » replicò poi, e poté quasi giurare di vedere un lampo di ammirazione brillare in quelle iridi verdi.
Così nostalgico.
« Tutto questo ti fa onore Alexander, ma non puoi continuare a proteggerli in eterno. Senza contare poi, che nessuno può essere perfetto. Di questo passo finirai per crollare. » affermò Magnus lentamente, con il tono di un vecchio saggio che cerca di impartire una lezione di vita ad un discepolo ribelle.
Cercando di non far vedere quanto quelle parole lo avessero colpito, Alec accennò ad un minuscolo sorriso, cercando di alleggerire quella situazione che stava diventando fin troppo seria e personale.
 «  Da quando mio padre ha smesso di essere così rigido non ho più tanto bisogno di essere perfetto. E poi non mi dirai che sei preoccupato per me! Sono più forte di quanto sembri, principessa. »
L'altro alzò gli occhi al cielo, manifestando il suo dissenso per quel nomignolo.
Sapeva perfettamente che l'essere chiamato in quel modo lo infastidiva, ed era proprio per questo che si ostinava a continuare così.
Una piccola rivalsa, sopratutto se così insignificante, era dovuta visto tutti i guai che gli stava procurando.
« Cosa hai fatto per sciogliere a tal punto il signor ghiacciolo? Qualche impresa eroica con un salvataggio spettacolare? » ribatté immediatamente Magnus ghignando.
Il suo voleva essere un gioco, una provocazione.
Per questo restò scioccato nel vedere un velo di tristezza calare su quei bei occhi blu.
« Io.. no. Avrei tanto voluto riuscirci, ma non ce l'ho fatta. » mormorò il ragazzo, guardandosi la punta delle scarpe.
Sembrava quasi che le parole fossero rotolate fuori dalla sua bocca senza che ne avesse il completo controllo.
Magnus valutò per un attimo la possibilità di fare domande su quel repentino cambio di umore, curioso di sapere cosa avesse mai detto di tanto sbagliato per farlo reagire in quel modo.
Decise però che fosse meglio dare al ragazzo la possibilità di scegliere se spiegarsi o meno: sapeva bene quanto fosse snervante essere pressato con domande alle quali non vorresti mai rispondere.
« Due anni fa, mia madre è stata uccisa. » riprese l'altro, in un tono così sommesso che Magnus dovette sporgersi in avanti per cogliere appieno le sue parole.
Non appena riuscì a registrare quello che aveva appena sentito, per alcuni istanti non fu in grado di fare altro che non fosse restare a bocca spalancata per lo shock.
« Come è successo? » si ritrovò poi a chiedere quasi contro la sua volontà, combattuto tra il desiderio di non essere invadente e quello di venire a conoscenza di tutti i dettagli.
Alec lo guardò appena, passandosi distrattamente una mano tra i capelli corvini.
« Non siamo mai riusciti a capirlo con certezza, ma credo che si sia immischiata dove non avrebbe dovuto. Non che la cosa mi sorprenda poi tanto: sarebbe stato tipico di lei. »  iniziò a raccontare, spinto da un istinto che neanche lui sapeva spiegarsi del tutto, mentre le sue labbra si incurvavano in un sorriso amareggiato.
Magnus continuava ad osservarlo attentamente, senza perdersi neanche una sola parola.
Avrebbe voluto porgergli ulteriori domande, ma temeva di interrompere quel momento di confidenza che, chissà come, si era venuto a creare.
Si impose quindi di starsene zitto, aspettando che occhi blu fosse pronto a continuare.
« Mia madre, Maryse, è sempre stata fin da giovane una donna dotata di un carattere ferreo e di una determinazione unica. Credo sia stato proprio per questo motivo che mio padre ha finito per innamorarsene perdutamente: era l'unica abbastanza caparbia e coraggiosa da tenergli testa. » rise appena, mentre con la mente ripercorreva quei dolorosi ricordi.
Era ancora una ferita aperta per lui, nonostante fosse passato così tanto tempo da sembrare quasi un’eternità.
« Era impossibile non ammirarla per la sua forza d'animo che la portava sempre a combattere con ardore per quello che credeva giusto. Sia io che i miei fratelli abbiamo sempre visto in lei un modello da imitare, un punto di riferimento, una guida. » proseguì, mentre una scintilla di orgoglio balenava in quegli occhi meravigliosamente azzurri.
Magnus si chiese quanto stesse soffrendo nel parlargli di sua madre, ma non provò nemmeno a fermarlo. Lo lasciò parlare, ascoltando quel fiume di parole che era rimasto arginato per troppo tempo.
« Quando io e mio padre ci siamo trovati alle strette dopo che lui era venuto a conoscenza della mia omosessualità, - inutile dirti che per il generale solo l'idea dell'esistenza di un soldato gay era un insulto alla divisa e allo stesso esercito - è stata lei a prendere le mie difese e a fare di tutto per mantenere unita la nostra famiglia. »
Alec continuava a tenere lo sguardo fisso davanti a sé, rivivendo nella mente quei ricordi.
Magnus, nel mentre, analizzava la sua espressione assorta, cercando di capire cosa gli stesse passando per la testa.
Gli sembrava leggermente sconvolto, con gli occhi lucidi ed i capelli scomposti dopo tutte le volte che ci aveva passato le mani senza accorgersene. Non che qualcuno potesse biasimarlo, ovvio.  
« Doveva essere davvero una persona straordinaria. » esordì con tutta la delicatezza di cui era capace, cercando di riportarlo alla realtà.
Il suo tentativo sembrò funzionare, dal momento che Alec si riscosse e, voltandosi verso di lui, gli rivolse un'espressione di gratitudine mista ad orgoglio.
Era evidente quanto le volesse bene e quanto doveva aver sofferto per quella perdita.
« Già, lo era. Forse anche un po' troppo; magari se non fosse stata così maledettamente coraggiosa a quest'ora sarebbe ancora qui. »  gli rispose subito dopo, sospirando profondamente e scompigliando i capelli per la decima volta nel giro di pochi minuti.
Magnus restò ancora una volta in silenzio, seguendo con lo sguardo i movimenti dell'altro, chiaramente dettati dal nervosismo.
« Quella fatidica sera ha telefonato nel bel mezzo della notte alla nostra base, in preda al panico. Io ero lì, insieme ad un paio di altri uomini ad ultimare una strategia per una missione che stavamo organizzando già da un po', quando il telefono ha squillato. »  riprese fiato, come se avesse avuto bisogno di più aria nei suoi polmoni per continuare quella che per lui doveva essere una storia devastante.
« All'inizio ho fatto fatica a capire cosa stesse dicendo, tanto era agitata. Continuava a ripetere che non avrebbe dovuto essere così stupida da andare a controllare da sola, che "stavano" sicuramente per fargliela pagare. Ho provato a farmi spiegare a chi si riferisse, cosa stesse succedendo, ma continuava solo a ripetermi che le stavano dando la caccia. Prima ancora di rendermene conto ero uscito in strada a cercarla e giuro, ho cercato di fare il più in fretta possibile, ma non ce l'ho fatta. Quando sono arrivato, era già troppo tardi. »  la voce gli si incrinò, e Magnus si sentì in dovere di trasmettergli sicurezza, avvicinandosi a lui e passandogli una mano sulla schiena proprio come si faceva con i bambini.
Alec gli sorrise, prima di continuare a parlare: « L'unica cosa che un minimo mi consola, è che sono almeno riuscito a beccare il bastardo che le aveva appena sparato, godendomi la soddisfazione di vederlo sbattuto dietro le sbarre per il resto della sua vita. Mio padre ha tentato in tutti i modi di farlo parlare, utilizzando metodi di certo non consoni, ma tutto ciò che è riuscito a scoprire è che quell'uomo era stato mandato da "qualcuno" che non aveva gradito che mia madre avesse scoperto qualcosa di troppo. » sospirò, socchiudendo gli occhi.
« Anche se ha smesso da tempo di parlare della cosa, sono sicuro che il generale stia ancora cercando di scoprire chi sia stato a dare quell'ordine,  di capire cosa sia successo davvero quella notte. E da allora, forse per il trauma, forse perché ha capito anche lui come le cose più importanti ti possano essere strappate via senza preavviso, mio padre ha finito col cambiare completamente atteggiamento, perdendo tutta la sua rigidità e facendo di tutto per rinsaldare il rapporto con i suoi figli. Credo la mamma sarebbe orgogliosa di lui per questo. »
Per alcuni attimi, alla fine di quel discorso, un silenzio assordante cadde nella stanza.
Alec ancora assorbito nel passato e Magnus troppo sconvolto da quelle rivelazioni per cercare di formulare un pensiero coerente.
Quest'ultimo, in particolar modo, continuava a fissare quel ragazzo dal passato più oscuro rispetto a quanto avrebbe potuto immaginare, cercando di trovare qualcosa di intelligente da dire.
Mai tentativo fu più vano: tutta la loquacità di cui si era sempre vantato così tanto, sembrava essersi dissolta nel nulla.
Inaspettatamente fu proprio Alec a riprendere per primo la parola.
« Sai qual è la cosa più brutta? Non l'essere stato costretto a fare forza ai miei fratelli, non il vedere mio padre sconvolto per la prima volta in vita mia, bensì la consapevolezza che se fossi stato più veloce, se fossi arrivato in tempo magari le cose non sarebbero andate così. E' colpa mia se è morta, non sono riuscito a salvarla. » sussurrò, mentre la sua voce si rompeva appena su quelle ultime parole.
Sospirò profondamente, cercando di darsi un contegno.
In tutto quel tempo non era mai crollato, non si era mai concesso debolezze e non aveva certo intenzione di iniziare in quel momento, per di più davanti a Magnus.
Si ritrovò a chiedersi come gli fosse venuto in mente di confessare il suo senso di colpa proprio a lui, quando non era mai riuscito ad ammettere fino in fondo neanche a sé stesso cosa provasse.
Si stava completamente rincretinendo, non c'era alternativa.
L'unica spiegazione che gli veniva in mente, era che tutto quello che era successo in quegli ultimi giorni lo avesse destabilizzato più quanto credesse.
Perso nelle sue riflessioni, rimosse completamente il pensiero della possibile reazione dell'altro di fronte a quell'ammissione, almeno finché non sentì una mano poggiarsi con estrema delicatezza sulla sua spalla.
Alzò lo sguardo, incrociando gli occhi verdi di Magnus.
« Tu non hai nessuna colpa per quanto è successo, non devi mai dubitare di questo. » disse, guardandolo con una tale dolcezza che Alec si chiese se fosse lo stesso Magnus che fino a qualche giorno prima gli sbraitava contro di lasciarlo andare.
« Il ragazzo che ha portato un perfetto sconosciuto a casa sua per curarlo, che si ostina a volersi prendere cura di lui nonostante la sua caparbietà e irriconoscenza, che vuole essere forte per proteggere la sua famiglia.. Quel ragazzo non avrebbe mai lasciato morire sua madre, non se avesse avuto anche la più piccola possibilità di salvarla. Hai fatto tutto quello che potevi, ma a volte le cose succedono e basta e non c'è nessuno che possa arginare il loro corso. »
Alec guardò l'altro a bocca aperta, esterrefatto da quanto era appena giunto alle sue orecchie.
Non sapeva neanche lui cosa si aspettasse di preciso, ma di certo non si sarebbe mai immaginato un simile discorso da Magnus.
Quest'ultimo sembrò leggergli nel pensiero e, sventolando elegantemente una mano, tornò ad assumere la sua solita espressione sarcastica.
« Non guardarmi in quel modo, il mio è sano egoismo. Non voglio ritrovarmi tra i piedi un cavaliere depresso e immusonito. » aggiunse poi stringendosi nelle spalle, come se non gliene importasse granché di tutta quella faccenda.
Alec però non si fece abbindolare.
Aveva visto tutta la serie di emozioni che erano passate negli occhi di Magnus: riconoscimento, comprensione, dolore; come se avesse provato quella stessa sensazione di rimorso sulla sua pelle.
Si chiese per l'ennesima volta che cosa gli fosse successo, per cosa si sentisse a sua volta così tanto in colpa.
La tentazione di fare domande al riguardo era forte, anche perché l'istinto gli diceva che, qualsiasi cosa fosse, era strettamente collegata al cambiamento del ragazzo.
Tuttavia, sapeva fin troppo bene che non avrebbe ottenuto nient'altro che silenzio se solo si fosse azzardato a chiedergli qualcosa.
Decise dunque di non rovinare quel momento di inaspettata intimità, rimandando la curiosità ad un secondo momento.
Assecondando il tentativo dell'altro di alleggerire quella situazione, Alec mise su il suo migliore sorriso sardonico, colpendo giocosamente Magnus su un braccio.
« Grazie, principessa. »
Magnus gli lanciò un’occhiataccia, ma Alec scorse l'accenno di un sorriso.
« Ho bisogno di prendere aria. » proferì sardonico in quel momento, sventolandosi una mano davanti alla faccia.
Alec osservò il taglio degli occhi di Magnus assottigliarsi, quasi fossero stati realmente quelli di un felino: belli e micidiali.
Si alzò dal divano sbuffando e alzando gli occhi al cielo, in un chiaro tentativo di far intendere all’altro che era stufo delle sue continue richieste che non sarebbero mai state ascoltate.
Apprezzava il fatto che volesse distrarlo per farlo riprendere, ma quella storia iniziava davvero a stufarlo.
« Beh, apri la finestra e metti la testa fuori. Ti assicuro che c’è aria in abbondanza. » rispose con una punta di ironia nella voce, mentre apriva davvero i vetri.
Magnus interpretò quel gesto come un chiaro invito a farlo seriamente e storse la bocca in una smorfia ben evidente.
Sul serio credeva che si sarebbe arreso per così poco?
Se c’era una cosa in cui non falliva mai, quella era ottenere sempre tutto ciò che voleva; non era affatto abituato a sentirsi dire “no”, e non avrebbe certo cominciato in quel momento.
Le sue labbra si incurvarono verso l’alto in un sorrisino ammiccante, mentre si avvicinava a lui con passi studiati.
Alec lo osservava avanzare nella sua direzione con un sopracciglio nero inarcato verso l’alto, consapevole del fatto che Magnus non l’avrebbe avuta vinta a quel modo.
« Molto divertente, ma volevo dire che ho bisogno di uscire. » ribatté l’altro, facendo un segno con la testa in direzione della porta, in modo che non ci fossero fraintendimenti sulle sue intenzioni.
Non che potessero essercene davvero in ogni caso, dato che era ben evidente cosa voleva.
Peccato che Alec non sembrava avere minimamente intenzione di accontentarlo.
« Non se ne parla proprio. » dichiarò infatti duramente, incrociando le braccia al petto e assumendo la sua migliore espressione di pura serietà.
Era solito utilizzare quel tono quando si trovava alle prese con qualche interrogatorio e doveva far parlare il malcapitato di turno.
Difatti con il suo fisico imponente, la piccola cicatrice verso la fine del sopracciglio dove oramai non cresceva più peluria, il tono duro e lo sguardo penetrante, Alec era valutato davvero come una persona spaventosa.
Considerando quanto l'incutere un minimo di timore fosse importante nel suo lavoro, era stato costretto a lavorare sulla sua espressione minacciosa, dovendo dunque scacciare tutta l’insicurezza che lo aveva caratterizzato fin da piccolo.
Sperava di ottenere lo stesso effetto anche con Magnus, ma evidentemente non era affatto così.
Infatti, quest’ultimo alzò gli occhi al cielo spazientito, puntandogli il dito indice contro il petto.
« Sono giorni che mi tieni inchiodato qui dentro! La mia ferita è guarita, posso cavarmela da solo ora! » sbottò, alzando le braccia verso l’alto in un gesto esasperato.
In quei giorni di convivenza forzata, non aveva fatto altro che ribadirgli in continuazione che doveva stare fermo se voleva guarire.
E lui l’aveva fatto, inghiottendo il rospo.
« Ti ho detto che non se ne parla, sei pericoloso. » disse Alec, scuotendo la testa con veemenza.
Ci mancava solo che se ne andasse in giro come se niente fosse per le strade, attirando così l’attenzione su di sé.
Perché era decisamente impossibile non notarlo; non sarebbe passato inosservato nemmeno a qualcuno che avesse gli occhi tappati.
« E quindi vostra signoria non mi farà mai uscire perché sono pericoloso? - gli chiese, inarcando un sopracciglio - Giuro che non ruberò nessun lecca-lecca a dei poveri bambini, anzi, aiuterò persino le vecchiette ad attraversare, ci stai? » propose, allungando un braccio in sua direzione per stringere il patto.
Alec accennò ad un sorriso divertito, per poi allontanare la sua mano con un gesto deciso, sospirando.
« Mettiti in quella testolina bacata che ti ritrovi, che da qui, per di più da solo, non esci. » esordì sardonico, in un tono che non ammetteva alcun tipo di replica.
Sapeva che un atteggiamento simile incominciava ad essere sospettoso, ma come poteva lasciarlo andare quando sapeva con certezza che qualcuno aveva intenzione di ucciderlo?
Se non fosse andato a quella serata con Jace ed Iz, se non fosse passato per quel vicoletto, se non avesse ascoltato quella discussione, se non fosse intervenuto.. A quest’ora non avrebbe avuto quel problema.
Ma non è un problema per te, e preferisci che sia andata così.
« Allora vieni con me. » annunciò con tranquillità l’altro, come se oramai fosse l’unica e sola alternativa a tutto ciò.
Per un momento Alec pensò che si potesse anche fare, ma poi dovette ripensarci.
Non potevano commettere passi falsi e se Magnus avesse incominciato a detestarlo, vedendolo realmente come un carceriere e non come suo amico, ci avrebbe fatto prima o poi l’abitudine.
Perché l’alternativa era quella di vederlo morire, e lui era stanco di veder morire persone innocenti.
Aveva giurato a se stesso che non sarebbe più successa una cosa del genere, che non l’avrebbe più permesso per nulla al mondo e così sarebbe stato.
O almeno lo sperava.
« Ancora non so chi ti cerca visto che non vuoi parlare, quindi no. Resteremo entrambi qui dentro. » esordì ancora, sospirando.
Sperò che a quel punto Magnus si arrendesse, rendendosi conto che effettivamente non poteva uscire come se niente fosse, come se non fosse mai stato aggredito.
« Ancora con questa storia? Ti ho detto che non mi sta cercando nessuno. Roba da pazzi, prima o poi verrà qualche serial killer ad uccidermi mentre dormo; ma per davvero. » sbuffò l’altro in risposta, allontanandosi da lui e buttandosi sul divano senza troppe cerimonie.
Alec lo seguì con lo sguardo, mentre Magnus si portava le gambe al petto, raggomitolandosi su se stesso.
Sentì improvvisamente qualcosa stringergli il petto in una morsa, ma cercò di non darci peso, raggiungendolo e sedendosi nel posto accanto al suo.
« Mi stai dicendo che cerco di portarti sfiga? » si finse oltraggiato Alec, portandosi una mano al petto e provocando una risata accennata da parte dell'altro.
« Ti sto dicendo che voglio uscire. - riprovò - Ma se proprio sei fissato potrei travestirmi da clown, almeno sarei irriconoscibile. » propose, portandosi una mano sotto al mento quasi stesse realmente soppesando quell’idea.
Alec inizialmente lo guardò divertito, ma poi si illuminò improvvisamente, facendosi venire chissà quale idea balzana in seguito a quell'uscita strampalata.
« Questo potrebbe davvero essere un colpo di genio! » esclamò, battendo una mano sul divano.
Magnus lo guardò confuso, inarcando un sopracciglio curato verso l’alto.
Non stava seriamente valutando l'ipotesi di farlo travestire da pagliaccio, vero?
Non avrebbe mai fatto una cosa del genere, piuttosto si sarebbe rifiutato fino alla morte.
Ne andava della sua reputazione.
« Aspetta un secondo, per quanto affascinante io sia non mi ci vedo con addosso quel grosso nasone spugnoso rosso. » affermò risoluto, sperando con tutto il cuore che non lo costringesse ad indossarlo.
L’avrebbe tramortito con un pugno, se ci avesse anche solo provato.
« Non mi riferivo al fatto del vestirti da clown. - disse, facendolo sospirare di sollievo - Ma del travestirti. » affermò, mentre lo guardava dall’alto in basso.
Magnus era decisamente più basso e meno muscoloso rispetto a lui, perciò i suoi vestiti gli stavano piuttosto larghi.
Bastava vedere il numero di volte in cui si era risvoltato i pantaloni per non strascicarli per tutta casa e notare quanto il girocollo della maglietta gli stesse largo.
« Cos’è, mi vuoi mettere un'elegante gonna a palloncino rosa e una parrucca biondo platino? » gli chiese ironico, portandosi le mani sui fianchi.
Alec gli rivolse uno dei sorrisi più divertiti che gli avesse mai visto stampato in volto; cosa che lo fece preoccupare oltre ogni dire.
« Nah, posso fare di meglio. » esordì difatti il moro, per poi andare in camera da letto e mettersi a frugare all’interno del proprio armadio.
Magnus lo raggiunse qualche secondo dopo, assistendo al caos che in pochi minuti il ragazzo creò nella sua stanza, buttando a terra magliette, calzoni e camicie.
Si fermò solo quando ebbe trovato ciò che stava cercando, rigirandosi poi tra le mani tutto il necessario con fare trionfante.
Magnus aprì la bocca per dire qualcosa, come “che diavolo stai combinando”, ma Alec non gliene diede tempo.
Lo incitò a spogliarsi velocemente senza dargli modo di protestare, divertendosi ad acconciarlo a mo' di barbie fin quando non ebbe finito il suo capolavoro.
« Oh Lilith prendimi con te se questo sono davvero io. » esclamò Magnus schifato, guardandosi allo specchio con una smorfia disgustata.
Alec gli aveva infilato un jeans scolorito dal tempo - che oramai a lui stava quasi stretto -, accompagnato da una maglia a maniche corte dal colore giallognolo.
Magnus sospettava che un tempo fosse bianca, ma preferì non indagare oltre, troppo impegnato a guardare con malcelata ostilità i sandali osceni che aveva ai piedi e gli occhiali da sole decisamente troppo stonati sul suo viso.
Ma la cosa che più lo raccapricciò, fu la parrucca castana che gli poggiava sulla testa con intorno una fascetta a pois marroni.
« Poteva andarti peggio, guarda il lato positivo. » esordì Alec, trattenendo una risata.
Vederlo conciato in quel modo era quanto di più esilarante avesse mai creduto possibile. E ben immaginava che per lui fosse una vera tortura essere così trasandato, ma non gli importava.
« Sono vestito da hippie, Alec. Un hippie decisamente trascurato per di più. » esclamò scioccato, alternando lo sguardo dal suo riflesso alla figura di Alec, che stava quasi per scoppiare a ridere.
Magnus apprezzò lo sforzo che l'altro fece per non metterlo ulteriormente in imbarazzo, più di quanto già non fosse.
« Suvvia, nessuno saprà chi sei, quindi la tua reputazione non verrà intaccata. » lo rassicurò il moro, aggiustandogli gli occhiali sul naso.
Nel farlo, la mano gli sfiorò delicatamente il viso ed Alec si ritrovò inconsciamente a  trattenne il respiro.
Anche Magnus sembrò sussultare, ma non ne era sicuro.
Quest’ultimo riportò poi lo sguardo allo specchio, indicandosi con un dito.
« Ma il mio orgoglio sì. » dichiarò affranto, sospirando subito dopo alquanto frustrato.
« Che poi, mi spieghi il motivo per cui hai questa roba? - domandò, disgustato - Anzi no. Non voglio neanche saperlo, andiamo. » dichiarò, dirigendosi verso la porta d’ingesso.
Non ci teneva davvero a conoscere i dettagli sul perché Alec conservasse una parrucca da donna nel suo armadio.
Che avesse qualche strano desiderio di cambiare sesso?
Scosse la testa, allontanando velocemente quel pensiero a dir poco sconvolgente; poteva tranquillamente vivere nel dubbio.
Alec gli aprì la porta per poi inchinarsi, porgendogli la mano in un gesto galante.
« Dopo di te principessa. »
Magnus sorrise divertito ma senza farsi vedere, e sbuffando fintamente lo superò fuori.
Alec lanciò un ultimo sguardo all’interno della casa, con una strana sensazione d'inquietudine addosso.
Magnus era travestito ed era un bene, ma lui no.
Sperò con tutto il cuore che tutto andasse bene, poi richiuse la porta dietro di sé.

***

Alec sbuffò spazientito, mentre si dirigevano in una piazza con appena una persona in circolazione.
Di solito non ci andava mai nessuno, quindi aveva pensato di portarlo lì  per avere almeno un po’ di tranquillità.
Ma era più di mezz’ora che Magnus continuava a guardarsi intorno furtivo, come a cercare l’occasione giusta per darsela a gambe da un momento all’altro.
E dire che sperava che si fosse ormai rassegnato al fatto che non l’avrebbe lasciato andare.
« Non ti sei ancora stancato di cercare vie di fuga per scappare da me? » lo rimproverò bonario, mordendosi impercettibilmente il labbro inferiore.
Magnus si voltò verso di lui, sentendosi preso in contro piede.
Non era proprio così: non stava cercando di scappare via da lui, solo di trovare un’alternativa alla permanenza a casa sua.
Che era assai diverso.
« Odio sentirmi intrappolato, e tu hai invaso e stai invadendo tutt’ora i miei spazi. » sentenziò risoluto, arricciando le labbra in una smorfia.
Alec aprì la bocca indignato.
Per quanto lo riguardava non sentiva di aver violato la sua privacy, al limite era proprio il contrario.
Irriconoscente, pensò acido.
« Semmai sei tu ad invadere i miei, dato che stai alloggiando a casa mia. » lo punzecchiò allora, anche se la cosa non gli dava minimamente fastidio.
Anzi, si era talmente abituato alla sua presenza, che pensare di dover tornare a vivere da solo lo faceva stare male.
Certo, non che l’avrebbe mai ammesso, ovvio.
« Beh, nessuno ti ha chiesto di portarmici, potevi benissimo lasciar- » cominciò Magnus, ma si fermò di colpo, con la gola improvvisamente secca.
Assottigliando lo sguardo, riconobbe due persone che avrebbe sicuramente preferito non incontrare più.
Russ e Aric.
« Oh merda. » imprecò, voltandosi di scatto e trascinandosi dietro Alec, senza dargli possibilità di replicare.
« Che c’è, che succede? » gli domandò infatti il moro, cercando di fermarlo, ma Magnus lo stava letteralmente tirando via il più velocemente possibile.
Sperò in cuor suo che il travestimento avesse funzionato e che non l’avessero riconosciuto, altrimenti erano entrambi seriamente nei guai.
Lui per ovvi motivi, Alec solo perché aveva avuto la sfortuna di imbattersi in lui.
Si maledisse più e più volte per non essere scappato prima, quando ne aveva avuto l’occasione.
« Niente, cosa vuoi che stia succedendo! - disse, agitato - È solo che sono stufo, non mi dai mai retta, non dovevamo uscire! » esclamò, addossandogli tutte la responsabilità della cosa.
Alec lo guardò decisamente confuso e scocciato, alternando lo sguardo da lui alla strada davanti a sé.
« Cosa? Ma se sei stato tu a dirmi che volevi prendere aria! » ribatté Alec, prendendolo per le spalle e arrestando la sua folle corsa.
Magnus guardò in direzione di quei due, ma sembravano essersi volatilizzati.
Sospirò di sollievo, immaginando che se ne fossero andati.
« E tu non hai nemmeno provato a fermarmi! Quale carceriere farebbe uscire un prigioniero? Ora che hai imparato la lezione, voglio tornare a casa e infilare la testa nella finestra. »
Alec era sempre più scioccato. Che si fosse rimbecillito tutto d’un tratto?
Il pensiero lo scalfì per un momento, e per quanto sensata potesse essere quell'eventualità - soprattutto alla luce delle sue affermazioni deliranti -, la scartò, cercando piuttosto di capire cosa diamine andava blaterando.
« Ma che accidenti stai dicendo?! » gli chiese, esasperato.
Magnus stava per rispondere, ma una voce lo immobilizzò sul posto, ghiacciandogli il sangue nelle vene.
« Hey tu. » sentì dire, e vide Alec irrigidirsi mentre guardava dritto davanti a sé.
Il cuore aumentò di qualche battito, mentre si sentiva davvero uno stupido per non aver dato retta al moro.
Se ne fossero usciti vivi, gli avrebbe sicuramente chiesto scusa per non averlo ascoltato.
« Cazzo. - esclamò sottovoce, per poi voltarsi verso i due - Sentite posso spiegarvi tut- » cominciò, ma Russ lo interruppe, come se nemmeno lo avesse notato.
« E così ci rincontriamo, moccioso. » disse, guardando Alec.
Magnus sgranò gli occhi, non riuscendo minimamente a capire perché diavolo si stessero rivolgendo al moro e non a lui.
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma venne fermato ancora una volta, questa volta da Aric.
« Ultime parole? » pronunciò, scrocchiandosi le dita con un ghigno minaccioso stampato in viso.
Solo allora Magnus riuscì a mettere pienamente a fuoco la gravità di quella situazione: quei due erano lì per Alexander.


Jace stava bellamente stravaccato sulla sua poltrona, sorseggiando la sua coca-cola e studiando attentamente delle carte dategli dal padre, quando Isabelle fece il suo ingresso nel suo studio come una furia.
Con passi spediti si diresse verso la scrivania, battendo una mano aperta sulla superficie nera, mentre i capelli le ricadevano davanti al viso in dei bellissimi riccioli corvini.
« Le ho provate tutte, quindi ci sto. Allora qual è il tuo fantomatico piano? » gli chiese, guardandolo con una strana determinazione negli occhi.
Jace sapeva benissimo a cosa si stesse riferendo: ad Alec.
Di fatti, dopo averle spiegato a grandi linee cosa era successo per telefono, l’aveva spinta a cercare un dialogo con lui, ma il moro sembrava semplicemente sparito.
Sapevano che era vivo solo per le telefonate che faceva alla base, perché altrimenti avrebbero potuto pensare tranquillamente che qualcuno lo avesse fatto fuori, vista la sua ostinazione nel non rispondere alle chiamate o ai messaggi di nessuno di loro due.
Quindi stanco della situazione aveva chiesto a Iz di raggiungerlo nel suo ufficio, in modo tale da cercare una qualche sorta di strategia per capire cosa diamine stesse succedendo al loro fratello maggiore.
« Ciao a te Iz, sì io sto bene e mi fa piacere vedere che stai bene anche tu. » rispose ironicamente, poggiando tutto quello che aveva in mano sulla scrivania.
Isabelle sbuffò, poi con grazia inaudita si sedette su una delle due sedie lì presenti, accavallando le gambe elegantemente.
« Oh andiamo, vai dritto al punto Jace. » lo incitò, sporgendosi per afferrare la lattina di coca-cola e prendendone un sorso.
Jace sospirò, pensando che era inutile dirle che quella era sua e che gli serviva per carburare, meglio di un caffè.
Tanto lo avrebbe ignorato comunque, lanciandogli una delle sue solite occhiate inceneritrici.
« Mamma mia che acidità sorellina, cos’hai mangiato per colazione? Yogurt scaduto? » la punzecchiò, mentre questa riposava la lattina sulla scrivania.
Le labbra tinte di un rosso fuoco si incurvarono velocemente verso l’alto, nella sua tipica smorfia sarcastica.
Jace non se ne curò affatto, abituato ormai a quello sguardo di tagliente ironia mista ad un accennato divertimento.
« Molto divertente, vorrei vedere te a cercare informazioni nei vecchi archivi per ben tre ore di fila. » ribatté, incrociando le braccia sotto il seno in una posa severa.
Con quello sguardo e con quel corpo che emanava sensualità da tutti i pori, Isabelle era senz’altro una delle donne più belle che avesse visto in vita sua.
Nonché una delle più brave nel suo impiego, doveva ammetterlo.
Quando da piccola aveva dichiarato di voler seguire i fratelli nel loro lavoro, non si sarebbe mai aspettato di vederla diventare una stratega militare così in gamba.
Lui ed Alec erano davvero fieri della loro piccola sorellina.
« Non ci tengo. » dichiarò, alzandosi dalla poltrona sulla quale era mollemente seduto da un paio d’ore e portandosi di fronte a lei.
Isabelle ridacchiò: troppa concentrazione non era affatto da Jace, avrebbe mandato tutto a farsi benedire dopo appena dieci minuti, se non di meno.
« Comunque - riprese, ignorando la sua risata derisoria - pensavo di prenderlo e metterlo con le spalle al muro. Una roba come “O confessi o ti sparo!”. Ma senza sparargli davvero nel caso decidesse di non vuotare il sacco. » disse, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Izzy spalancò la bocca indignata, alzandosi di scatto e puntandogli l’indice smaltato di rosso contro il tessuto della  camicia.
« Mi hai fatto venire fin qui per dirmi questa gran cretinata? » lo accusò, spingendolo a sedersi sulla scrivania.
Non poteva credere alle sue orecchie, davvero era il meglio che potesse fare?
« Guarda che c’è stata una lunga riflessione prima di arrivare a questa conclusione. » cercò di giustificarsi Jace, che era evidentemente stato ferito nell’orgoglio.
Iz cercò di restare calma, prendendo dei grandi respiri.
Senza dubbio avrebbe voluto strozzarlo per averla fatta muovere dai suoi progetti per nulla, ma doveva contenersi.
Uccidere suo fratello non le pareva per niente una buona idea, anzi.
« Che a quanto pare non è servita ad un cavolo! » esclamò con convinzione, sbuffando sonoramente subito dopo.
Jace alzò le braccia in segno di resa.
« Così mi offendi, donna. » proferì, accennando ad un piccolo sorriso divertito.
Isabelle scosse la testa con veemenza, rassegnata.
« Ma piantala, speravi piuttosto che fosse venuta a me un’idea, non è vero? » gli chiese, portandosi le mani sui fianchi.
Jace sorrise, carezzandole dolcemente la nuca e osservandola divertito mentre si scostava da lui per non farsi rovinare la messa in piega.
Chissà quante diamine di ore ci aveva messo per arricciarsi i capelli in quel modo; meglio non rovinarli e morire per una stupidaggine.
« E dunque le mie speranze sono state ben riposte? » le chiese a sua volta, tornando a sedersi sulla poltrona.
Isabelle alzò gli occhi al cielo: doveva sempre pensarci lei alla fine.
I maschi, pensò, tutti inutili.
Ma poi, un sorrisino comparve su quelle labbra perfette, e gli occhi si accesero di una strana luce.
« Forse. »



Magnus continuava a spostare lo sguardo da Alec a Russ, completamente esterrefatto.
Come era possibile che occhi blu conoscesse quel poco di buono?
C'era qualcosa di profondamente sbagliato in quella faccenda, che gli fece stringere lo stomaco in una morsa d'inquietudine.
Alec aveva detto di averlo trovato svenuto e sopratutto da solo, quando alcune sere prima si era imbattuto in lui.
Quindi non era minimamente probabile che quei due lo avessero visto, giusto?
Ma allora per quale motivo stavano dando la caccia ad Alec?
Che le indagini che stava conducendo insieme a suo fratello, si fossero spinte più in là di quanto gli aveva detto? Che avesse scoperto qualcosa di troppo, provocando l'ira del capo di quei due imbecilli?
Logicamente parlando, quella gli appariva come la soluzione più sensata.
Tuttavia, fu costretto a scartarla non appena registrò l'espressione di Alec: non sembrava sorpreso o sconvolto, piuttosto rassegnato, quasi come se si fosse aspettato una visita da parte di quei due energumeni.
Senza contare poi quel "e così ci rincontriamo".
Aveva già avuto a che fare con loro in passato? Se era davvero così, perché non gli aveva detto niente?
Certo, come se tu fossi stato un modello di sincerità, eh.
Magnus mandò brutalmente a quel paese la sua vocina interiore in quel momento tutt'altro che desiderata, cercando di concentrarsi su quanto stava accadendo intorno a lui.
« Non rispondi? Che c'è, ora non sei più così spavaldo, vero? E pensare che quando l'altra sera ti sei messo in mezzo per salvare la vita a Bane sembravi così.. eroico. » tornò alla carica Russ, scoccando un'occhiata carica di derisione al moro.
Cazzo.
Aveva sentito bene? Alec si era intromesso per salvarlo?
« Tu! Tu.. avevi detto che non c'era nessuno! » farfugliò goffamente, puntando il suo dito con fare accusatore verso il ragazzo.
Occhi blu gli rivolse un'occhiataccia infastidita, che rischiò quasi di sbriciolarlo sul posto.
« Davvero ti sembra questo il momento per mettersi a discutere? » gli sibilò poi contro, continuando allo stesso tempo a tenere sotto controllo quelle due zucche vuote.
Magnus aprì la bocca indignato, pronto a scaricargli addosso tutta la sua ira.
Ma prima che potesse anche solo pronunciare mezza sillaba, Russ lo azzittì nuovamente.
« Adesso basta, questa pagliacciata è durata fin troppo. Che tu abbia espresso o meno il tuo ultimo desiderio, la tua ora è giunta. »
Immediatamente dopo aver dato voce a quell'affermazione tutt'altro che rassicurante, l'uomo iniziò ad avanzare verso di loro, spalleggiato da Aric.
Magnus, colto dal panico - più per l'incolumità di Alec che per la sua -, si mise davanti al ragazzo con l'intenzione di proteggerlo.
« Vattene Alexander, li trattengo io! » esclamò con convinzione, cercando di apparire più sicuro di sé di quanto realmente si sentisse.
Prima che potesse riflettere sul come mantenere quella promessa, però, due braccia robuste lo afferrarono per le spalle, scaraventandolo all'indietro e facendolo finire ben poco elegantemente con la schiena spalmata per terra.
Magnus si ritirò su a fatica, giusto in tempo per vedere Alec che si piazzava davanti ai due in posizione di guardia.
« Che accidenti fai! - provò a fermarlo, senza ottenere la benché minima reazione dall’altro - Sei impazzito per caso? Non stiamo parlando di Carl e dei bulletti della scuola! » gli gridò, rendendosi conto di quello che aveva detto solo quando le parole avevano ormai lasciato la sua bocca.
Alec, udendo quell'affermazione, si voltò di scatto verso di lui, dimenticandosi completamente del pericolo alle sue spalle.
Lo shock che lo aveva pervaso in quel momento si leggeva chiaramente anche sul volto di Magnus, che si era portato una mano alla bocca quasi a voler ritirare ogni cosa.
L'espressione del ragazzo tuttavia passò dallo sconcerto al terrore, nel giro di pochi istanti.
Alec lo vide indicare con un dito alle sue spalle, gridando: « Stai attento! », un attimo prima di voltarsi di scatto per ritrovarsi con la lama del coltello di Russ che puntava dritta alla sua gola.
Indietreggiò rapidamente cercando di uscire dalla sua traiettoria, ma non fu abbastanza veloce: l'uomo riuscì comunque a ferirlo all'altezza del petto, squarciando la sua maglia e provocando una copiosa fuoriuscita di un liquido caldo e vermiglio dove la pelle era stata lacerata.
Ignorando Magnus che continuava a gridargli avvertimenti, e spingendo il dolore nell'angolo più remoto della sua mente, Alec si concentrò completamente sullo scontro, rimandando ogni discussione o pensiero a più tardi.
Sempre che ne fossero usciti vivi, s’intendeva.
Piantò i suoi occhi in quelli dell'energumeno, cercando di prevedere le sue mosse così come gli era stato insegnato a fare.
Questa volta, quando Russ cercò di nuovo di attaccarlo, il ragazzo non si fece cogliere impreparato e riuscì a deviare il colpo senza alcuna fatica.
Il moro sferrò poi un calcio laterale per allontanare Aric che si stava pericolosamente avvicinando alla sua sinistra, senza smettere un attimo di continuare a parare e schivare gli affondi del primo uomo.
Quando Russ puntò nuovamente al suo volto, Alec si abbassò passando sotto il suo braccio e, muovendo appena un passo in avanti, lo colpì violentemente allo stomaco con un calcio circolare; l'impatto con la sua tibia fece piegare in due l'avversario, e il ragazzo ne approfittò per tirargli una gomitata sulla tempia, lasciandolo momentaneamente stordito.
L'altro uomo, che nel mentre si era ritirato su, attaccò il moro alle spalle, stringendogli la gola con un braccio e afferrandolo alla nuca con l'altro nel tentativo di impedirgli di reagire.
Alec riuscì però a liberarsi dalla presa e, strattonando violentemente Aric verso il basso, gli sferrò una serie di ginocchiate sul naso, interrompendosi solo quando il volto dell'uomo fu completamente ricoperto di sangue.
Immediatamente dopo lo lanciò addosso a Russ, ancora barcollante per il colpo subito in precedenza, buttando entrambi a terra.
Quest'ultimo iniziò a far leva sulle braccia nel tentativo di ritirarsi su, ma prima che potesse riuscirci il ragazzo lo prese a calci in faccia facendolo crollare nuovamente su quel lurido selciato.
Approfittando del fatto che, almeno per poco, fossero entrambi incapaci di reagire, Alec voltò loro le spalle, dirigendosi velocemente verso l'imbocco della stradina laterale dove quei due gli avevano teso un imboscata.
In una manciata di secondi arrivò da Magnus che si trovava ancora seduto per terra dove lo aveva lasciato, con in volto un espressione talmente basita da sembrare quasi comica.
« Ma da dove diavolo sei uscito fuori? » lo sentì chiedere in un sussurro, con il tono di chi ha appena ricevuto un'illuminazione divina.
In altre circostanze Alec sarebbe stato quasi lusingato di vedere una simile ammirazione trapelare da Magnus, ma quello non era certo il momento giusto per perdersi in certe considerazioni.
Lo afferrò per le braccia e, con ben poca delicatezza, lo rimise in piedi.
Subito dopo, trascinandoselo dietro, iniziò a correre il più velocemente possibile, portando entrambi lontani dal pericolo.





Ed ecco qui che le cose cominciano ad ingranare :D
Come già vi avevamo anticipato, abbiamo deciso di fare uno stacco di qualche giorno, che hanno avuto la funzione di farli avvicinare almeno un minimo.
E qui la confessione di Alec che, per il momento, è sufficiente per farvi intendere un po' la sua situazione familiare. Ed anche per farvi mettere sotto una luce diversa Robert :D
Ovviamente un momento del genere doveva essere interrotto dalle follie di Magnus che li mette nuovamente entrambi nei guai.. e vi avvertiamo che ora saranno "cavoli amari" per loro xD E poi, hanno qualcosa da chiarire ora.. xD
In tutto ciò, Izzy e Jace hanno deciso di muoversi ed intervenire, quindi guai in vista!
Come al solito ringraziamo tutte quelle persone che seguono e recensiscono la storia, siete meravigliose! *-*
Speriamo che questo capitolo vi sia piaciuto, e vi invitiamo, se volete, ad esprimerci il vostro parere <3
Come al solito, vi lascio link del gruppo facebook, se ne volete entrare a far parte!
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Bye!<3

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Capitolo 5
*** Capitolo #5 ***


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Capitolo #5


« Ehi ragazzi, venite a vedere! C'è lo smidollato! Che fai femminuccia, ti nascondi? » sentì gridare a gran voce, a poca distanza da lui.

Ti prego no, non di nuovo.
Alec era seduto su un vecchio muretto scalcinato nella zona più remota del cortile, scelto intenzionalmente affinché quel gruppo di imbecilli non lo notasse, lasciandolo in pace una volta tanto.
Peccato che, a quanto pareva, la sua brillante strategia avesse fallito miseramente.
Oramai erano settimane che Carl - il tipico bulletto senza cervello della scuola - e i suoi patetici amici lo avevano preso di mira.
Data la sua propensione a non spiccicare parola con anima viva e i suoi modi da irreprensibile bravo ragazzo, Alec era la preda perfetta per battute e prese in giro della più vasta specie.
Solitamente aspettavano momenti come quello, in cui Jace o Izzy - i suoi fratelli, nonché gli unici amici che aveva lì dentro - lo lasciavano da solo per qualsivoglia motivo.
E in un certo senso era decisamente meglio così: li conosceva abbastanza da sapere che avrebbero impiegato soltanto pochi minuti per spingere quei presuntuosi a fuggire in lacrime e con la coda tra le gambe; quando volevano, sapevano essere davvero tremendi.
Proprio per questo motivo aveva accuratamente evitato di fare loro menzione di quella faccenda.
Contrariamente a quanto potevano pensare quei bulletti, infatti, Alec non aveva alcun bisogno di essere difeso né tantomeno di far intervenire qualcuno in suo soccorso.
Essendo molto più alto, decisamente più forte e cresciuto con un padre come il suo, sarebbe stato capace di stenderli senza battere ciglio se solo si fossero spinti troppo oltre.
Semplicemente lo infastidiva stare a sentire le loro idiozie, tanto più che poi era troppo buono per rispondere come avrebbe dovuto fare.
« Guardate che faccia! Che c'è bambinetta, stai per piangere? Vuoi correre a farti consolare da mammina? » tornò all'attacco l'altro, avvicinandosi sempre di più ad Alec.
Quest'ultimo alzò a malapena lo sguardo; l'ultima cosa che aveva intenzione di fare era dargli corda, rendendo tutta quella sceneggiata ancora più lunga.
« Intendi dire come ho visto fare a te ieri? Sai credo di aver registrato perfino un video. Non sai quanto mi sono divertito a vedere la tua faccia da fesso in quelle condizioni! E ti assicuro che se continui a girare da queste parti farò in modo che tutti se la ridano come ho fatto io. » esclamò in quel momento qualcuno alle sue spalle, con uno strano tono che poteva essere descritto come un mix tra il divertito e l'altezzoso.
Per un attimo, pensò che Jace avesse bidonato la ragazza che lo stava aspettando per pranzo, incappando per sbaglio in quel teatrino.
Poi però si rese conto che per quanto l'ironia fosse la stessa di cui da sempre suo fratello si vantava, il timbro di voce era decisamente diverso dal suo.
Voltò lentamente la testa in modo da riuscire a vedere il volto di chi aveva parlato, restando subito dopo basito: ad intervenire in suo "aiuto", era stato niente di meno che il mitico Magnus Bane.
Al contrario di Alec, di cui avevano memoria solo i professori in virtù della sua media impeccabile, Magnus era conosciuto da ogni singola persona presente all'interno dell'istituto.
Era il tipico ragazzo sicuro di sé sempre e comunque, che amava mettersi costantemente al centro dell'attenzione e che a volte riusciva ad essere talmente sfacciato da sfociare quasi nell'odioso.
Per non parlare poi di quanto fosse maledettamente bello: con quei capelli corvini, la pelle color caramello che faceva risaltare ancora di più il fisico tonico, e quei meravigliosi occhi verdi, di certo non era il tipo che passava inosservato.
Ancora troppo scioccato per reagire lo vide accomodarsi accanto a lui, come se quella fosse la cosa più naturale del mondo.
« Non ci è voluto poi molto a farli fuggire, no? » gli disse immediatamente dopo, rivolgendogli un sorriso smagliante.
Alec si guardò intorno confuso, notando così che dove fino a poco prima si trovavano quei ragazzi, adesso c'era solo ed esclusivamente il nulla.
Era davvero riuscito a scollarglieli di dosso con poche semplici paroline.
Il bello dell'essere famosi, commentò tra sé e sé.
« Sai, c'è solo una cosa che non capisco. Perché diavolo non gli hai tirato uno di quei calci rotanti alla Bruce Lee? Morivo dalla voglia di vedertelo fare. » gli domandò Magnus in tono lamentoso, guardando Alec come se si aspettasse davvero una risposta a quell'insensata domanda.
Il ragazzo batté le palpebre perplesso, continuando a pensare a cosa avrebbe dovuto rispondergli a quel punto.
L'altro, minimamente toccato da quel silenzio imbarazzato, continuò a sproloquiare gesticolando come un forsennato.
« Alexander Lightwood che se ne sta fermo senza sfoderare le sue micidiali mosse? Ma insomma, dico io, tu e i tuoi fratelli non dovreste essere delle macchine da guerra? Ah, questa falsa pubblicità! Prima o poi distruggerà il mondo! »
Alec, dopo essere rimasto per alcuni istanti a bocca aperta, riuscì finalmente a ritrovare l'uso della parola.
« Come fai tu a sapere il mio nome? E come conosci me e i miei fratelli? O meglio, Jace e Izzy sono abbastanza facili da individuare, ma io? Sono praticamente invisibile! » gli rispose, sinceramente colpito dalle parole uscite dalla bocca dell'altro.
Magnus scoppiò a ridere di gusto, guardandolo come se fosse pazzo.
« Ah Lightwood, come sei ingenuo. Credi davvero che in questo covo di pettegoli, nessuno parli dei figli del generale della British Army? » gli chiese, inarcando le sopracciglia e portandosi una mano al petto in una finta espressione sconvolta.
Alec sospirò pesantemente, passandosi una mano in mezzo ai capelli e continuando a guardare a terra.
« Beh, immagino che sia così. Ma ancora non capisco che cosa c'entri mio padre in tutto ciò. » gli rispose poco dopo, sforzandosi di intavolare una conversazione come una persona normale.
Considerando i suoi standard, quello lì era già una specie di record; tuttavia doveva di certo impegnarsi di più per non fare la figura dello stupido con uno come lui.
« C'entra perché sono sicuro che ti abbia addestrato a dovere, motivo per cui saresti stato più che capace di picchiarli senza dar loro nemmeno il tempo di reagire. Nonostante ciò non l'hai fatto, restando lì a farti insultare. Per quanto ci provi non capisco proprio il perché. » gli disse Magnus, studiandolo con palese interesse.
Alec lo guardò sorpreso: non erano in molti, quelli che si sarebbero presi la briga di fargli una simile domanda.
La maggior parte della gente, al posto suo, l'avrebbe bollato come un povero smidollato incapace di farsi valere, mollandolo lì subito dopo.
« Il fatto che io ne abbia le capacità non mi autorizza a far loro del male. Non mi importa se si divertono ad insultarmi, mi rifiuto di umiliare delle persone che sono incapaci di difendersi. » esordì in tono deciso, aspettandosi che l'altro gli scoppiasse a ridere in faccia o lo deridesse dopo un pensiero del genere.
Al contrario, Magnus lo stava guardando con un sorriso dolce stampato in volto, e Alec poté giurare di vedere un lampo di ammirazione passare nel suo sguardo.
« Questo ti rende una persona davvero molto speciale, fiorellino. » gli sussurrò il ragazzo, avvicinandosi in modo da tale da poterlo guardare negli occhi.
Alec rimase momentaneamente spiazzato dalla reazione dall'altro e dai suoi occhi che, visti da così poca distanza, erano di una tonalità di verde spettacolare, talmente intensa da non sembrare quasi vera.
Scosse la testa, cercando di riprendere il controllo dei suoi pensieri - che stavano vagando su sentieri decisamente pericolosi - e  rivolgendogli uno dei suoi migliori sorrisi.
« Non mi hai davvero chiamato fiorellino, vero? » gli chiese, fintamente inorridito.
Magnus scosse vigorosamente la testa, dimostrando tutto il suo dissenso.
« Assolutamente no. Deve essere stata un' allucinazione, fiorellino. Magari ti dovresti togliere da sotto questo sole. Sai, tanto per evitare che il tuo cervellino possa farti sentire cose strane. » rispose poi, con un sorrisino scaltro che contribuì ancora di più a dargli l'aria da birbante.
« Oh, per l'Angelo. Sarà proprio il caso correre ai ripari, non voglio mica retrocedere allo stadio di un ameba in agonia! » si finse sconvolto Alec, stando al gioco del ragazzo.
Magnus scoppiò a ridere allegramente, finendo col contagiare anche l'altro.
« Sai Alexander, tu mi sei davvero simpatico; e posso assicurarti che è una cosa difficile piacere ad una persona meravigliosamente scintillante come me. - esordì, una volta che ebbe ripreso fiato - Per cui, non hai altra scelta che sentirti onorato: da oggi in poi io e te saremo buoni amici. »


Purtroppo, però, non ne ebbero mai la possibilità.
Nel giro di pochissimo tempo infatti,  Magnus mutò completamente atteggiamento, diventando sempre più scostante e solitario, senza che nessuno riuscisse minimamente a capirne il perché.
Tutti coloro che provavano ad avvicinarsi a lui venivano scacciati senza tante cerimonie, e non fece eccezione neanche Alec, che non ebbe più modo di rivolgergli neanche una parola.
Passarono solo poche settimane prima che il ragazzo, oramai irriconoscibile tanto era divenuto cupo e rabbioso nei confronti di chiunque, lasciasse la scuola.
Alec cercò in tutti i modi di scoprire che ne era stato di lui, di capire cosa gli fosse successo, ma alla fine dovette rassegnarsi alla realtà: Magnus sembrava svanito nel nulla, e nonostante i suoi sforzi, non lo rivide più.
Almeno fino a qualche sera prima, quando lo aveva trovato privo di sensi in un vicolo con una ferita sanguinante alla spalla.
Aveva passato le ore successive in attesa che Magnus si svegliasse, cercando disperatamente di capire cosa avrebbe potuto dirgli.
Ma alla fine, tutte le sue preoccupazioni erano state vane: il ragazzo, non appena aperti gli occhi, gli aveva fatto subito ben intendere di non ricordarsi minimamente di lui.
Non che una cosa del genere fosse poi così assurda, anzi, sarebbe stato strano il contrario.
Alec gli era grato per la sua gentilezza e per essere stato in grado di farlo sentire apprezzato, sebbene per poco. Ed era stato proprio per questo motivo, almeno in parte, che si era intromesso in quello  scontro deciso a salvarlo.
Per Magnus, invece, quella conversazione risalente a molti anni addietro non doveva aver significato assolutamente niente, motivo per cui era più che comprensibile che si fosse dimenticato di lui.
O per lo meno era quello che Alec aveva creduto.
"Non stiamo parlando di Carl e dei bulletti della scuola".
Quella frase gridata da Magnus, durante il suo scontro con quei due energumeni, lo aveva lasciato letteralmente a bocca aperta.
Avrebbe quasi potuto pensare che si trattasse di un'assurda coincidenza o di un'allucinazione dovuta allo stress, se non fosse stato per la faccia scioccata dello stesso Magnus.
Subito dopo aver pronunciato quelle parole, Alec lo aveva visto portarsi una mano alla bocca, evidentemente pentito di quello che aveva detto.
Come se si fosse lasciato scappare qualcosa che non avrebbe dovuto.
Ma se davvero si ricordava di lui e del loro incontro, che senso aveva mentire?
Gli aveva rivelato solo in seguito di come un certo Bane fosse ricercato dall'esercito, perché fingere fin dal principio di non conoscerlo?
L'unica spiegazione che gli venisse in mente era che stesse cercando di proteggerlo.
Alec si sforzò di scacciare quel pensiero: l'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento, era farsi delle strane illusioni.
Riportò la sua attenzione sull'altro che continuava a studiare, con espressione estremamente concentrata, il contenuto della sua cassetta di pronto soccorso.
Lo vide disporre sul tavolo accanto a loro tutta una serie di garze e disinfettanti, che gli sarebbero stati utili per prendersi cura della ferita che Russ gli aveva lasciato in ricordo.
Fortunatamente era stato abbastanza veloce da riuscire a spostarsi, facendo sì che l'altro lo prendesse solo di striscio, o le conseguenze sarebbero state senz'altro più gravi.
Magnus gli fece cenno di togliersi la maglia in modo da potersi occupare senza intralci del taglio sul suo torace, senza accennare però a guardarlo o a spiccicare parola.
Alec iniziava quasi a preoccuparsi: un simile silenzio era davvero insolito per lui.
Dal momento in cui avevano rimesso piede in casa, - ancora affaticati dalla corsa rocambolesca fatta per scampare ad un altro scontro - Magnus, dopo avergli rivolto un'occhiata carica di preoccupazione per il sangue che gli imbrattava vistosamente la maglia, si era messo a frugare in giro alla ricerca del necessario, rifiutandosi categoricamente di aprire la bocca.
Il moro iniziava veramente a credere che fosse abbastanza alterato con lui per avergli mentito, anche se a conti fatti non poteva certo criticarlo sotto quel punto di vista.
« Questo ti farà un po' male. » esordì Magnus in quel momento, avvicinandogli dell'ovatta imbevuta di disinfettante sulla ferita.
Il moro trattenne un' imprecazione, imponendosi di ignorare il bruciore che sembrava sfiorargli ogni terminazione nervosa.
« Sai minimamente cosa stai facendo, principessa? » chiese ironicamente all'altro, non riuscendo ad evitare di sorridere di fronte all'occhiataccia che ricevette in risposta.
Con ancora addosso quegli assurdi vestiti che lo aveva costretto ad indossare per uscire senza essere riconosciuto, Magnus risultava tutt'altro che spaventoso; il potere dei figli dei fiori azzerava completamente ogni suo tentativo di essere minaccioso.
Almeno si era tolto quella parrucca orripilante - che sua sorella aveva utilizzato per una missione lasciandola poi nel suo armadio - e gli occhiali da sole che gli impedivano di ammirare quelle iridi verdi.
« Ma sì, mettiti pure a fare lo spiritoso. E' logico. Chi non lo farebbe dopo essersi quasi fatto ammazzare? » borbottò il ragazzo chiaramente piccato, cercando nel contempo di fare una fasciatura degna di questo nome.
Prima che Alec potesse replicare, l'altro lo interruppe, prendendo nuovamente la parola.
« Come ti senti? Hai altre ferite? » gli chiese palesemente preoccupato, lasciandolo a dir poco sorpreso da tutta quella premura nei suoi confronti.
Dopo alcuni attimi di esitazione scosse lentamente la testa, senza staccare gli occhi dal ragazzo.
« Sto benissimo, non è niente. E no, a parte quel taglio sono praticamente illeso. »
Magnus annuì accondiscendente, per poi alzarsi dalla sedia con un'espressione tutt'altro che rassicurante stampata in viso.
« Si può sapere che diavolo ti è saltato in mente? Avrebbero potuto farti fuori! » si mise difatti a gridare a pieni polmoni subito dopo, rischiando seriamente di rompere un timpano al moro.
Quest'ultimo alzò le mani in segno di resa, mettendosi a sua volta in piedi per fronteggiare quel piccolo concentrato di furia.
Alla faccia dei figli dei fiori.
« Nel caso in cui tu non l'avessi notato, non ho avuto altra scelta! O volevi forse che me ne rimanessi immobile mentre ci facevano a pezzi entrambi? » replicò sarcasticamente, incrociando le braccia al petto e guardandolo dall'alto in basso.
Magnus lo trucidò con lo sguardo, puntandogli un dito contro con fare accusatore.
« Non provarci nemmeno, Alexander! Non era questo che volevo dire, lo sai benissimo! » esclamò poi, senza accennare minimamente ad abbassare il tono della voce.
Era una fortuna che Alec non avesse vicini, o si sarebbe senz'altro beccato una denuncia per disturbo della quiete pubblica.
« E cosa volevi dire, di grazia? Perché sembrava proprio che mi stessi accusando per essermi scontrato con quei due. » ribatté prontamente, portandosi le mani sui fianchi e assumendo un'espressione supponente.
L'altro alzò le braccia al cielo, in chiaro gesto di esasperazione.
« Per Lilith, Alec! Sei partito in quarta mettendoti a fare a botte senza pensarci due volte. Sarebbe potuta andarti molto peggio di così! » esclamò poi, lasciando il moro palesemente basito.
Lui che aveva a che fare ogni giorno con dei criminali privi di qualsiasi scrupolo, gli stava facendo la morale sulla pericolosità delle sue azioni? Seriamente?
« Magnus, io sono un soldato. Sono stato addestrato per questo, per trovarmi faccia a faccia col pericolo. Sono perfettamente in grado di badare a me stesso. » affermò con durezza, sforzandosi di mantenere la calma.
Se si fosse messo a gridare anche lui come Magnus non ne sarebbe più usciti, o almeno non tutti interi.
Il ragazzo si mise a camminare avanti e indietro alla stregua di un leone in gabbia, sospirando profondamente. Il tutto sotto lo sguardo curioso di Alec, che non aveva ancora ben capito che cosa gli passasse per la testa, né tantomeno per quale motivo fosse così infuriato.
« Potevi lasciare che me ne occupassi io. » disse dopo alcuni minuti, ritrovando il suo solito contegno.
Il moro lo studiò per alcuni istanti, convinto di trovare qualche segnale o traccia del fatto che l'altro lo stesse prendendo in giro, ma sorprendentemente non ve ne erano.
Credeva davvero di poter tenere testa a quei due da solo, disarmato e per più con una ferita in via di guarigione?
Pura pazzia, ecco cos'era quella.
« No, non potevi. Per quanto ti piaccia pensare di essere immortale, ti informo che così non è. Probabilmente questa volta ti avrebbero ammazzato davvero se ti fossi intromesso. » gli rispose semplicemente, sforzandosi di tenere per sé tutte le sue considerazioni e di non suonare troppo severo.
Magnus strinse le labbra in una linea sottile, cercando evidentemente di impedirsi di mandarlo a quel paese come invece moriva dalla voglia di fare.
Orgoglioso com'era non doveva essere una bella cosa il sentirsi dire che aveva bisogno dell'aiuto di qualcuno per salvarsi la pelle. Ma purtroppo per lui, quella era la verità.
« Perché invece di parlare di questa volta, non parliamo un po' di quella precedente? » gli domandò poi, guardandolo con un lampo di sfida negli occhi.
Alec avanzò di qualche passo, portandosi a pochi centimetri di distanza da lui.
« Non so proprio a cosa tu ti riferisca. » asserì poi con tono innocente, assumendo un'espressione angelica.
Magnus fece scorrere lo sguardo da quegli occhioni blu così sinceri alle labbra del ragazzo, per poi soffermarsi brevemente su quel fisico statuario.
Combattendo l'impulso di suggerirgli di indossare nuovamente una maglietta per evitare di distrarlo con quell'addome scolpito -  probabilmente il moro era troppo assorbito nella discussione per ricordarsi delle condizioni in cui ancora si trovava -, tornò a concentrarsi sul discorso principale.
Aveva sentito chiaramente Russ mentre diceva che Alec si era intromesso facendo l'eroe, ed era più che intenzionato ad andare in fondo a quella faccenda.
« Ah no? Quindi vuoi dirmi che non avevi mai incontrato quei due prima di oggi? E che volevano ucciderti così, per sport? Per favore Alec, non insultare la mia intelligenza. Voglio che tu mi spieghi immediatamente  cosa è successo la sera che mi hai trovato, e che questa volta sia la verità. » esordì imperiosamente, cercando di trasmettere all'altro tutte le torture a cui sarebbe andato in contro in caso di menzogna.
Il moro accennò appena un sorrisino sarcastico, scompigliandosi i capelli con una mano.
« Magari mi hanno confuso con qualcun'altro? » provò a suggerire, pur essendo consapevole del fatto che si trattasse davvero di un tentativo disperato.
Magnus non perse minimamente la sua espressione truce, per nulla divertito da quella battutaccia mal riuscita.
« Alexander. »
Ecco, quello sì che era un tono minaccioso. Avrebbe dovuto portarsi dietro il ragazzo durante gli interrogatori, avrebbe senz'altro guadagnato tempo prezioso.
Consapevole di essere stato messo all'angolo - maledetto Russ e la sua schifosa boccaccia - si preparò mentalmente alla ramanzina che avrebbe subìto a breve.
« Stavo tornando a casa dopo una serata passata in uno squallido locale, - dove i miei fratelli mi avevano letteralmente trascinato a forza, sia chiaro - quando ho sentito una discussione piuttosto accesa provenire da un vicolo poco distante. Mi sono avvicinato per controllare e vi ho sentiti parlare. » iniziò lentamente, cercando in tutti i modi di non incontrare lo sguardo dell'altro.
Aveva come l'impressione che se malauguratamente avesse incrociato quelle iridi verdi, probabilmente sarebbe stato carbonizzato. O che meglio ancora si sarebbe trasformato in pietra come i poveretti che, secondo un mito greco, avevano avuto la sfiga di trovarsi davanti a Medusa.
Inutile dire, infatti, che riusciva chiaramente a percepire tutto il suo disappunto.
 « Che cosa hai sentito? » gli chiese Magnus seccamente, senza sforzarsi minimamente di nascondere una nota di accusa nella sua voce.
« Non molto. Ho sentito solo Russ che parlava di alcuni accordi che avevate preso. A quel punto stavo per andarmene, quando l'ho visto mentre ti accoltellava. Tu eri ferito e privo di sensi, e lui non sembrava minimamente intenzionato a fermarsi: ti avrebbe quasi sicuramente ucciso. E così.. beh ecco, diciamo che puoi immaginarti la scena prendendo spunto da quello che hai visto poco fa. » borbottò Alec in risposta, attendendo la reazione dell'altro che, senza ombra di dubbio, sarebbe stata tutt'altro che pacifica.
« TU MI HAI MENTITO? »
Appunto, come volevasi dimostrare.
Ma che accidenti aveva al posto delle corde vocali? Se avesse urlato un altro po' lo avrebbe lasciato sordo a vita.
Cercò più volte di replicare, ma prima ancora che potesse formulare una qualsiasi sillaba, Magnus lo interrompeva nuovamente gridandogli contro i più coloriti insulti che avesse mai sentito.
Se non fosse stato vagamente risentito, avrebbe quasi potuto apprezzare la sua fantasia.
« Che cosa ci facevi solo soletto e sanguinante in un vicolo? Cosa ti è successo, poverino? Ho come l'impressione che qualcuno voglia ucciderti! » affermò ad un certo punto, chiaramente scimmiottando la voce del  moro e facendo riferimento a quello che aveva detto nei giorni passati.
Alec di fronte a quel teatrino, non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere fragorosamente, incurante della furia che avrebbe potuto abbattersi di lui per quel gesto; vederlo in quelle condizioni era maledettamente divertente.
« La cosa ti fa ridere? Ho passato quattro giorni a mentire e ad inventare scuse per niente? Sapevi benissimo cosa era successo e ti sei divertito a prendermi per il naso! » continuò Magnus immediatamente dopo, lasciando trasparire tutta la sua indignazione.
Alec inarcò le sopracciglia, riservandogli un'occhiata di sarcasmo misto a rimprovero.
« Io mi sono divertito a prenderti in giro, Signor "sono stato rapinato"? Giusto, perché poi tu sei stato così onesto con me. » replicò poi, mentre l'altro serrava le labbra in una linea stizzita, consapevole di non poter replicare in nessun modo, non a quella affermazione.
« Stavo solo cercando di avere qualche informazione, tanto per capire in che razza di situazione mi sono ritrovato. » continuò il moro, guadagnandosi un'occhiata a dir poco penetrante.
« Se tu avessi evitato di immischiarti in affari che non ti riguardano, non avresti avuto questo problema. » annunciò Magnus altezzosamente, assumendo quell'aria di composta superiorità che l'altro detestava come poche altre cose al mondo.
Quella conversazione stava degenerando fin troppo velocemente, Alec se ne rendeva perfettamente conto, ma si rifiutava di soccombere come se niente fosse di fronte alla testardaggine di quel ragazzo, tanto più dal momento che non era certo dalla parte del torto.
« Se non mi fossi "immischiato", come dici tu, a quest'ora saresti morto. » gli fece notare seraficamente, convinto che non avrebbe avuto niente da ridire.
Peccato che, ancora una volta, si trovò a dover rivedere le sue decisioni nel giro di pochi secondi netti.
« Nessuno ti ha chiesto di salvarmi. » replicò difatti l'altro, sollevando il mento in un gesto di sfida.
Alec studiò quell'espressione stizzita per qualche attimo, cercando ancora di registrare quello che aveva appena sentito.
Quando acquisì in pieno il significato di quelle parole, fu sopraffatto da un'ondata di rabbia che ben poche volte in vita sua aveva sperimentato.
« E' questo quello che hai da dire dopo che ho messo a repentaglio la mia vita per salvarti? Che nessuno mi ha chiesto niente? Bene, puoi stare tranquillo: non commetterò mai più un errore così stupido. » sibilò poi, con un tono freddo quanto i ghiacciai dell'artico.
Questo è davvero troppo, continuava a pensare fissandolo rabbiosamente.
Aveva sopportato la sua ingratitudine per giorni ma non riusciva proprio a mandare giù che gli rispondesse in quel modo, non quando aveva da poco rischiato, per la seconda volta, di farsi tagliuzzare per proteggerlo.
Magnus sospirò profondamente, avvicinandosi a lui di qualche passo e borbottando quelli che sembravano insulti verso un qualcuno di imprecisato.
« Okay, va bene, ho esagerato. Ti sono grato per avermi salvato e scusa per quello che ho detto. » esordì poi con una smorfia, come se pronunciare davvero ad alta voce quelle parole fosse quasi un dolore fisico.
Ed ecco che lo aveva sorpreso un altra volta: Alec era convinto che avrebbe visto l'inferno congelare prima che le sue orecchie potessero udire una cosa del genere provenire dalla bocca di Magnus.
« Non credo di aver capito, sai? » replicò furbescamente, con un sorrisetto appena accennato; di fronte a quell'evento più unico che raro era difficile restare arrabbiati.
Magnus schioccò la lingua, guardandolo dall'alto in basso con finta ostilità.
« Non ci provare occhi blu, non mi sentirai mai più dire una cosa del genere. » lo riprese poi, facendogli un cenno di diniego con l'indice a mo' di maestrina.
« Come vuoi, principessa. Allora a questo punto.. » iniziò il moro, ma fu prontamente interrotto.
« Oh no, adesso basta. Mi hai sommerso di domande per giorni, ora è il mio turno. Tanto per cominciare, per quale motivo hai fatto una cosa così assurdamente pericolosa?» gli chiese difatti Magnus, guardandolo come se volesse ricavare la risposta a quella domanda direttamente dalla sua testa.
Alec esitò, pensando a un qualsiasi modo per tirarsi fuori da quella conversazione senza riuscire a trovarne alcuno.
Senza contare poi che dopo quello che aveva sentito gridare a Magnus e la quasi certezza che in realtà si ricordasse di lui..
Alec sospirò profondamente, passandosi una mano tra i capelli.
A quel punto non aveva altre alternative: tanto valeva dirgli la verità.
« Perché.. Ti devo un favore no? Mi hai tolto dai piedi una gran bella scocciatura tanti anni fa. » provò, lasciando la frase in sospeso, cercando di scorgere in lui anche solo un lampo di comprensione.
Non era ancora del tutto convinto di aver sentito bene. Una parte di lui continuava a ripetergli che probabilmente si trattava solo di un frutto della sua fantasia, ma proprio per questo motivo era arrivato il momento di scoprirlo.
Magnus aprì leggermente la bocca inclinando la testa di lato, quasi a voler soppesare la carente informazione appena ricevuta.
Quando capì a cosa si stesse riferendo, un balenio di speranza passò in quegli occhi così belli quanto misteriosi.
« Aspetta, tu ricordi? » gli chiese, portandosi a pochi centimetri da lui.
Alec, in quel preciso istante, riuscì quasi a percepire il cuore pompare il sangue più velocemente nelle sue vene.
Da quando Magnus era piombato nuovamente nella sua vita, non aveva fatto altro che pensare a cosa sarebbe potuto succedere se si fosse ricordato di lui. Aveva immaginato molte possibili reazioni per entrambi, ma ogni sua previsione era stata scacciata via con quelle tre semplici parole.
Credeva che sarebbe stato felice nel sapere di non essere stato schedato solo come una misera e banale conoscenza, ma in quel momento sentiva solo montargli dentro una gran rabbia per essere stato preso nuovamente in giro.
« Vuoi dirmi che per tutto questo tempo hai finto di non riconoscermi? Perché?! » gli chiese, esasperato da tutta quella situazione e bisognoso di avere cinque minuti di pausa da tutto.
L’altro assottigliò lo sguardo, alzando la testa con fare altezzoso.
Con quell’espressione saccente, gli occhi ridotti ad una fessura e le labbra tese in una smorfia di pura superiorità, Magnus gli puntò un indice contro con fare accusatorio, scrutandolo dall’alto in basso.
Alec in quel momento avrebbe voluto trucidarlo sul posto, facendogli passare una volta per tutte la fantasia di rivolgersi a lui in quel modo.
« Beh, non si può dire che tu abbia agito assai diversamente da me. Non hai mai accennato a qualcosa che potesse farmi intendere che sapevi. » gli rispose allora, spintonandolo appena.
Alec storse la bocca in una smorfia, lo sguardo carico di una tagliente ironia.
« Perché tu, Magnus Bane dei miei stivali, non eri intenzionato a dirmi in che cavolo di situazione ti eri cacciato! » esclamò risoluto, guardandolo con sfida.
Non poteva sopportare il fatto che cercasse in tutti i modi di scaricargli addosso la colpa di tutto.
Magnus aprì la bocca, pronto a ribattere, ma poi la richiuse inaspettatamente, scrutandolo con una strana espressione dipinta in viso.
Magnus Bane.
Quindi lui sapeva benissimo che quel fantomatico Bane a cui l’esercito dava la caccia era lui, e non aveva fatto altro che fingere per tutto il tempo.
Non sapeva esattamente cosa pensare in proposito, ma sperava che non l’avesse fatto solo per i suoi stupidi interessi.
Facendo dunque appello a tutta la sua compostezza, gli rivolse un’occhiata penetrante, cercando di leggergli dentro.
« Tu..  Non mi hai consegnato, perché? » gli domandò, osservandolo mentre si scompigliava nervosamente i capelli corvini.
Alec valutò seriamente l’opzione di andarsene e lasciarlo lì, senza una risposta, ma sapeva di non poterlo fare, non quando si trattava di Magnus.
Nemmeno lui sapeva bene cosa lo avesse spinto a non farne parola con nessuno; tutto quello che voleva era vederlo fuori da un giro di affari del genere.
« Perché non voglio che ti arrestino, ma che tu esca da quel diamine di casino, Magnus. » gli disse, con un espressione che faceva ben intendere quanto fosse serio riguardo quella faccenda.
L’altro alzò un sopracciglio con aria di sufficienza, incrociando le braccia al petto e battendo ripetutamente il piede a terra, come a volergli dimostrare il proprio evidente disappunto.
« Adesso decidi tu per me Alexander? — gli chiese, la voce dipinta di una sfumatura sarcastica — Dammi un solo motivo per cui dovrei tirarmene fuori, avanti. » lo spronò, arricciando le labbra.
Alec fece un passo indietro, come oltraggiato per ciò che aveva appena udito.
Davvero credeva che non avrebbe saputo trovarne una motivazione valida? Ne aveva di infinite nella manica, figurarsi se con quell’aria da prima donna lo avrebbe mai fatto oscillare.
« È  un lavoro disonesto e pericoloso! — si infervorò — Possibile che non ti interessa minimamente della tua incolumità? » 
Magnus scosse la testa da una parte all’altra, quasi come se avesse voluto scacciare via un’idiozia decisamente fastidiosa da sentire.
Non sapeva più cosa pensare di Alec.
Si era fatto un’idea completamente diversa inizialmente, ma man mano che continuava a stare in sua compagnia, si riscopriva ad essere sempre più sorpreso dal suo modo di agire.
Alec non era affatto come i soliti smidollati con cui aveva a che fare, anzi. Sapeva farsi rispettare con un’occhiata, e immaginava fosse persino in grado di fare inginocchiare la gente di fronte a lui con nemmeno un cenno.
Beh, non che potesse biasimarli, alla fine.
Scosse la testa energeticamente, scacciando via la visione di un Alec in preda al piacere provocato dalla sue mani sul suo corpo, della sua bocca contro la sua pelle..
Oh cazzo. Da quanto non placava i suoi ormoni? O da quando, esattamente, si sentiva così attratto da Alec?
Si riscosse improvvisamente, sentendo il sangue affluire più velocemente nelle sue vene. 
« È la mia vita Alexander, decido io se voglio vivere o morire. » rispose, decidendo saggiamente di non indagare oltre su quei suoi strani pensieri.
Ci mancava solo che si mettesse a pensare a lui in quel modo.
Alec spalancò la bocca indignato sentendosi, quasi inconsciamente, ferito.
Possibile che non apprezzasse nemmeno un minimo il suo tentativo di salvarlo?
« Qui non si tratta solo di te Magnus! — ribatté allora, facendo trapelare il suo disappunto in ogni singola parola — Capisci in che razza di situazione ti sei andato a cacciare? Quei due vogliono farti fuori! »  esclamò, sentendosi uno stupido per essersi così tanto preoccupato per qualcuno a cui non interessava minimamente di essere vivo oppure morto.
Nervoso, si diresse con poche falcate verso il frigorifero, prendendo la bottiglia d’acqua e scolandosene metà.
Sentiva che non sarebbe affatto finita lì la discussione, perciò aveva assolutamente bisogno di qualcosa che gli rinfrescasse la mente oltre che la gola.
Magnus lo osservò trangugiare in maniera piuttosto rozza il contenuto, un dito poggiato sull'angolo della bocca.
« Non mi sembra che tu sia nella posizione di poter dire qualcosa, visto che ce l’hanno anche con te. » gli fece notare, sedendosi sul tavolo.
Alec nemmeno lo notò, troppo impegnato a trattenersi dallo spaccargli la faccia seduta stante.
Ora si erano scambiati di ruolo? Lui si arrabbiava e l’altro cercava di mantenere la calma come se stesse conversando tranquillamente del più o del meno, roba da matti.
« Forse stare a contatto con te mi sta facendo venire idee suicide. » lo schernì, cercando di riacquistare il controllo.
Non era assolutamente da lui perdere le staffe e la cosa lo innervosiva più del dovuto; non lasciava mai trapelare simili sentimenti, preferiva piuttosto mettere su una maschera che gli permettesse di mostrarsi come più gli aggradava.
Era da sempre stato così per lui, che fin da piccolo aveva avuto a che vedere con la solitudine.
Ormai era una sua compagna da così tanti anni che non riusciva a liberarsene, sebbene più volte si era ritrovato a desiderare di poter trovare qualcuno in grado di infrangere quell'illusione. Qualcuno in grado di spogliarlo delle sue paure e delle sue debolezze.
« Vedi di fartele passare, perché non è uno scherzo questo. » gli disse Magnus, accavallando le gambe e puntando lo sguardo su Alec, che aveva rimesso la bottiglia nel frigo e si stava voltando per guardarlo negli occhi.
« Ed io che credevo di trovarmi davvero in una fiaba. Che peccato, dovrò proprio riporre al proprio posto la spada e il cavallo bianco allora. » recitò con finta tristezza, facendo ghignare Magnus.
Non vi era alcun dubbio sul fatto che la parte del principe gli riuscisse più che egregiamente, ma dubitava oltremodo che da fanciulla isterica quale era se ne sarebbe stata buona a farsi salvare senza alzare un dito.
« Sarà per un’altra occasione, cavaliere. » scherzò, scendendo dal tavolo e avvicinandosi a lui.
Alec annuì, come a voler dare enfasi a ciò che l’altro aveva appena detto.
Ci sarebbe stata eccome, ma era doveroso informarsi sul come e il perché.
« Sono sicuro che non mancherà principessa, quindi che ne dici di iniziare a spiegarmi in che cavolo di situazione siamo? »
Beh, a quel punto non avrebbe certo potuto tacere ancora.




Hello! :D
Finalmente si sa che anche Magnus ricordava perfettamente Alec, e che la sua è stata tutta una grande falsa v.v piccino bugiardo, non si fa! xD
Ma a parte tutto, il capitolo ci era venuto lungo una trentina di pagine, motivo per cui abbiamo deciso di tagliarlo per non renderlo pesante >_< ma don't worry, nel prossimo capitolo verrà approfondito un po' il personaggio di Magnus, dunque si scoprirà qualcosina in più su di lui :D
Come al solito ringraziamo tutte le persone che stanno seguendo questa storia, siete decisamente fantastiche e vi amiamo. TUTTE. <3
Un grazie anche a tutte coloro che ci esprimono capitolo dopo capitolo il proprio parere, noi lo appreziamo davvero tanto tanto!<3
Speriamo con tutto il cuore che il capitolo sia stato di vostro gradimento, e se vi va, fateci sapere cosa ne pensate!
Vi invitiamo nuovamente ad iscrivervi al gruppo facebook se volete seguire meglio la storia e fare conoscenza con altre bellissime persone e autrici!<3
Il link è questo---> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Alla prossima! <3


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Capitolo 6
*** Capitolo #6 ***


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Capitolo #6

Russ ritirò le mani all’ennesima frustata, trattenendo a stento una smorfia di dolore: se avesse proferito anche solo una parola, Ezekiel avrebbe continuato ad accanirsi su di lui per tutta la notte.
Tutta colpa di quel dannato bamboccio tutto pompato, che da quando si era immischiato nei loro affari, non aveva fatto altro che portargli guai su guai.
Se solo si fosse comportato come un normale passante, facendosi i fatti suoi e lasciandolo svolgere il suo lavoro, non si sarebbe ritrovato di certo in quella dannata situazione.
Neanche a dirlo, quando erano tornati alla base circa mezz’ora prima, il capo li aveva guardati con una certa soddisfazione, credendo avessero finalmente fatto quanto aveva detto loro.
Inutile dire che quando aveva scoperto che erano stati malmenati per la seconda volta da quel ragazzino disarmato, si era infuriato al punto tale da punirli.
Non solo erano tornati feriti dallo scontro, ma erano anche stati presi a frustate per quello che poteva definirsi il quarto d’ora più lungo della loro vita.
Entrambi avevano la pelle lacerata in più punti, ma non avrebbero osato dire una sola parola per scagionarsi.
Ezekiel aveva tutti i diritti del mondo per arrabbiarsi con loro.
« Possibile che non riusciate a farne una giusta?! » urlò, sbattendo la frusta a terra e facendoli trasalire entrambi.
In quel momento sembrava irriconoscibile, tanto il suo viso era deformato da un’espressione di pura rabbia.
Gli occhi infossati e le numerose rughe d'espressione, lo rendevano ancora più minaccioso di quanto già non fosse solitamente, e le labbra strette in una linea sottile e i capelli incollati alla fronte per via del sudore, contribuivano ancora di più a dargli l'aspetto da folle.
Mai l’avevano visto così tanto arrabbiato.
Anche se non avrebbero saputo dire se fosse per il fatto che si erano fatti infinocchiare per la seconda volta dalla stessa persona, oppure semplicemente perché non aveva ancora tra le mani il suo tanto atteso bottino.
Probabilmente entrambe, pensò Russ, senza accennare a muoversi di un solo millimetro.
« Una cosa vi ho detto di fare, una. » continuò, rigirandosi l’arma tra le mani come fosse chissà quale tesoro inestimabile.
Il che poteva anche essere così per lui, dato che era una delle sue preferite oltre la sua amata pistola.
Aric si morse impercettibilmente il labbro inferiore, dando una leggera gomitata al fianco di Russ senza ovviamente farsi vedere.
Quest’ultimo gli lanciò un’occhiata penetrante, intimandogli con un semplice sguardo di tacere e di non interferire nel suo sproloquio.
« Dovevate uccidere un cazzo di ragazzino viziato, un lavoro semplice e veloce. - proferì sardonico, puntando un dito dall’uno all’altro - Invece, vi siete fatti massacrare come due femminucce. » continuò, riponendo la sua fedele frusta nel cassetto della scrivania.
Ezekiel si stava sforzando disperatamente di riprendere il controllo di sé, altrimenti era sicuro che li avrebbe uccisi seduta stante senza battere ciglio.
Se vuoi che un lavoro venga bene, non affidarti mai a nessuno, gli ribadiva sempre il padre, ed ora sapeva con certezza quanto avesse ragione.
« Ed ora io vi chiedo: perché dovrei essere clemente e risparmiarvi? No. Non vi azzardate a rispondere. » li ammonì, prima che uno dei due aprisse bocca.
Cosa che, ovviamente, non erano minimamente intenzionati a fare; ci mancava solo che lo facessero alterare più di quanto già non fosse in quel momento.
Non ci tenevano affatto a morire, ma di quel passo, la morte non era di certo così lontana.
Russ rabbrividì quando Ezekiel si diresse con passi spediti verso l’armadietto nero delle armi, che lui aveva soprannominato l’armadio delle torture.
Ne aprì un’anta afferrando un qualcosa che non poté vedere, almeno in un primo momento.
Quando poi i suoi occhi si posarono su una 44 Magnum, la pistola preferita del capo, fu colto da un senso di vertigine rischiando quasi di svenire sul colpo.
L’aveva visto utilizzarla molte volte, come se fosse un semplice giocattolo ad acqua, ma non gliene era mai importato un accidente, fintanto che non si era ritrovato a dover temere della propria vita.
Tuttavia, l’unica cosa che poteva sperare in quel momento, era che avesse pietà dei propri scagnozzi e che li lasciasse liberi, in modo da farli riscattare.
« La risposta, però, è estremamente semplice. Volete sentirla? » chiese in maniera retorica, senza voler effettivamente ascoltare ciò che avevano da dire.
Se voleva andare a colpo sicuro, non doveva affidare compiti importanti a degli incompetenti buoni a nulla. Il suo motto era sempre stato quello di sbarazzarsi dei più deboli senza pensarci due volte, perché indegni di vivere.
E in quel preciso istante, nulla avrebbe potuto fargli cambiare idea, neanche la discesa dell'angelo Raziel in persona.
Avrebbe fatto fuori anche lui se solo fosse stato necessario, perché da potente calcolatore quale era, tutto ciò che non gli andava a genio veniva eliminato in un batter di ciglia.
« Vi prego non uccideteci! Risparmiateci per questa volta, possiamo promettervi che faremo d- » Aric si strozzò con il suo stesso sangue a metà frase, sentendo un insolito bruciore espandersi nel petto.
Con mani tremanti tastò il punto che sentiva bruciare, trovandosi subito dopo i palmi imbrattati di un liquido vermiglio.
Annaspò, allungando un braccio verso Ezekiel, poi cadde a terra con un tonfo sordo, sporcando di sangue il lungo tappeto che ricopriva metà sala.
Russ guardò la scena cereo tremando visibilmente, evidentemente scosso da quello scenario.
« Pregare di essere risparmiato, un debole. » esclamò schifato, tirando fuori un fazzoletto di stoffa dal taschino.
Con mani esperte lucidò la pistola, anche se non ve ne aveva assolutamente bisogno.
Poi, riponendola dove l’aveva presa si rivolse a Russ,  con un’espressione di puro sadismo dipinta in volto.
« Sii felice dell’occasione che ti è appena stata concessa. La prossima volta, finirai come lui. » proferì laconico, indicando con un cenno del capo il corpo esamine di Aric.
« Ora và e chiama qualcuno che possa pulire questo schifo. » disse, e Russ non se lo fece ripetere due volte, scappando letteralmente dalla sala.
Ezekiel ghignò, per poi tornare a sedersi sulla sua bellissima poltrona rossa con eleganza, come se nulla fosse accaduto.
Poi, incrociando le braccia sulla scrivania si sporse in avanti, mentre con aria di sufficienza una sola frase usciva dalla sua bocca: « Credo sia arrivato il mio momento. »



Alec tamburellava nervosamente con le dita sulla superficie di legno del tavolo mordicchiandosi le labbra, mentre aspettava che Magnus finalmente si decidesse a parlare.
Quando il ragazzo aveva acconsentito a spiegargli ogni cosa, il moro aveva subito pensato che, dopo giorni passati a fare buchi nell'acqua, una notizia del genere fosse troppo bella per essere vera.
Aveva avuto ragione.
Dal momento in cui aveva dato il suo consenso, difatti, Magnus si era rinchiuso in una bolla di silenzio, da cui sembrava più che intenzionato a non volere uscire.
Alec all'inizio lo aveva lasciato fare, aspettando che fosse pronto a parlare ma la cosa cominciava ad essere seriamente snervante.
« Allora?! » sbottò ad un certo punto il moro, incapace di starsene ancora zitto.
Nonostante si sforzasse di rimanere tranquillo, la curiosità lo stava letteralmente divorando, facendolo diventare più impaziente di quanto solitamente fosse.
Magnus gli rivolse uno sguardo vacuo, giocherellando con la tazzina che aveva davanti.
Per ingannare l'attesa e sopportare il mutismo dell'altro, Alec era arrivato perfino a mettersi a fare il the. Inutile dire che sua grazia gli aveva rivolto un'occhiataccia sprezzante, ma l'aveva bellamente ignorato piazzandogli davanti la bevanda per poi lasciarsi cadere su una sedia accanto a lui.
Magnus sospirò pesantemente, quasi stesse cercando di riscuotersi completamente dalla specie di trance in cui era caduto.
« Bene, cosa vuoi sapere per prima cosa? » domandò infine, quasi rassegnato a quella sua sorte.
Il moro, dopo alcuni istanti di esitazione, pensò bene di porgli una domanda che, oramai da anni, continuava a ronzargli nella mente.
« Perché hai abbandonato la scuola in quel modo? »
Non ci mise molto a capire di aver toccato un tasto estremamente dolente: Magnus sollevò lo sguardo verso di lui, il volto trasfigurato in una maschera inespressiva.
« Questa è l'unica cosa che non ho alcuna intenzione di dirti, né adesso né mai. Non ne ho mai parlato con anima viva e credo proprio che continuerò così. » replicò poi seccamente, ponendo fine a qualsiasi ipotetica discussione prima ancora che potesse sorgere.
Il moro piegò le labbra in una smorfia, lottando contro l'impulso di replicare.
Avrebbe voluto davvero saperne di più, ma il tono gelido dell'altro e la sua espressione lo convinsero a desistere.
Evidentemente, qualsiasi cosa gli fosse successa, doveva essere ancora più grave di quanto avesse potuto immaginare.
Che fosse in qualche modo collegata al senso di colpa che gli aveva letto dentro solo poche ore prima?
Alec si ripromise che, prima o poi, sarebbe riuscito a scoprirlo.
Accantonò momentaneamente quel pensier,o deciso a tornarvi sopra in un secondo momento, dedicandosi a questioni più urgenti.
« Okay, okay. Allora, come ci sei finito in un giro del genere? » gli chiese, cambiando completamente argomento come gli era stato molto carinamente suggerito di fare.
Il volto di Magnus, inaspettatamente, si aprì in un sorrisino sardonico.
« Questa è facile: grazie a Braxton. » gi rispose candidamente, stringendosi nelle spalle.
Il moro inarcò leggermente le sopracciglia, cercando di capire perché quel nome gli risuonasse quasi familiare.
L'illuminazione giunse dopo diversi istanti.
« Ma certo! Era uno dei nomi nella tua rubrica, ecco dove lo avevo già sentito. O letto, dipende dai punti di vista. » esclamò non appena riuscì a trovare una delucidazione al dubbio che si era posto poc'anzi, dimenticandosi completamente di collegare il cervello alla bocca.
Se solo si fosse preso la briga di riflettere un minimo, sarebbe senz'altro arrivato alla conclusione che pronunciare quella frase ad alta voce era tutt'altro che una buona idea.
« Ti sei messo a frugare tra le mie cose? Poi cos'altro vuoi fare, passarmi sotto un metal detector per assicurarti che non abbia armi nascoste chissà dove? Sappi che è una cosa veramente squallida e.. » iniziò a sgridarlo Magnus, per quella che era molto probabilmente la decima volta - minimo - nel giro di appena un'ora.
Alec lo interruppe con un gesto della mano, quasi a scacciare via un insetto fastidioso.
« Sì certo, è stata davvero una brutta cosa: disonore su di me e su tutta la mia famiglia. Ora potresti, che so', dirmi chi è questo tizio? »
Magnus gli scoccò un'occhiataccia, decidendo però di far cadere l'argomento; forse si era stancato di gridargli contro.
« Braxton è uno dei pezzi grossi nella nostra organizzazione, ha una più che discreta influenza nel decidere con chi trattare. Non che la cosa sia poi così scioccante, se si tiene presente che altri non è se non il nipote di Headley Barker, il capo. » rispose poi stancamente, stravaccandosi contro lo schienale della sedia per stare più comodo.
Alec socchiuse lievemente la bocca, alquanto sorpreso da quello che gli era appena stato rivelato.
Certo, Magnus aveva promesso di dirgli ogni cosa, ma non si aspettava certo che gli confessasse subito, e senza il minimo dubbio, il nome del responsabile di tutta l'organizzazione.
Se solo avesse voluto, Alec avrebbe impiegato meno di cinque minuti per telefonare alla base e farli arrestare tutti, usando Magnus come fonte.
Il ragazzo era troppo intelligente per non aver preso in considerazione quell'ipotesi, e il moro, di fronte a quella consapevolezza, non poté non sorridere: stava finalmente iniziando a fidarsi di lui.
« Come hai fatto ad incontrarlo? Si è presentato da te con un biglietto "entra anche tu nel club di delinquenti e avrai uno sconto su armi potenzialmente letali"? » gli chiese ironicamente, facendo scoppiare a ridere l'altro.
« In realtà la faccenda è andata in maniera leggermente diversa. » replicò una volta ripreso fiato, guardandolo divertito.
Alec in tutta risposta poggiò il mento sui palmi della mani, fissandolo palesemente in attesa.
Dopo aver tirato l'ennesimo sospiro, Magnus iniziò a raccontare.
« Mi trovavo in uno dei più squallidi bar della città, dove avevo trascorso intere giornate da quando.. beh, da quando non mi hai più visto in circolazione, mettiamola così. Comunque, ad un certo punto, un ragazzo si è seduto accanto a me offrendomi da bere. Considerando che ero già abbastanza brillo e che quel tipo non era affatto male, non ci ho certo pensato due volte ad accettare. » si interruppe per alcuni istanti, fissando un punto non meglio precisato dietro la testa di Alec, quasi stesse rivivendo quella scena nella sua mente.
« Abbiamo passato il resto della serata a bere e a parlare. Sai, in quel periodo non ero esattamente un raggio di sole, eppure Braxton è riuscito nell'impresa quasi impossibile di avere una conversazione degna di questo nome con me. Forse perché testardo quanto me, forse perché abbastanza brusco e insensibile da non curarsi delle mie rispostacce. Fatto sta che quella notte si è conclusa in un modo più che soddisfacente per entrambi, tanto che abbiamo deciso di portare avanti la cosa, frequentandoci per un po' di tempo. » continuò tranquillamente, come se non avesse appena sganciato una vera e propria bomba sul povero ragazzo seduto alla sua destra.
Alec infatti risputò il the che aveva in bocca in quel momento rischiando di soffocare, battendo poi violentemente la tazzina sul tavolo.
« Sei stato insieme a quel tizio? » gli chiese totalmente incredulo, cercando di respingere l'irrazionale senso di risentimento appostato dietro l'angolo per motivi che nemmeno lui sapeva spiegarsi.
Oh sì che lo sai, non mentire anche a te stesso.
« E' esattamente quello che ho detto. La cosa ti stupisce così tanto? Tranquillo, ti posso assicurare che è davvero un bel pezzo di ragazzo, non ho perso il mio buongusto. » ribatté Magnus sarcasticamente, inarcando le sopracciglia con un sorrisetto furbo.
Aveva tutta l'aria di divertirsi un mondo, ed Alec non poté fare a meno di chiedersi cosa accidenti ci fosse di così esilarante.
« Sono solo stato colto di sorpresa, non mi aspettavo certo che bastassero pochi bicchierini di alcool e un bel viso per farti cadere così ai piedi di qualcuno. Ma infondo che importa? Sei liberissimo di darti da fare con tutti i criminali di Londra, per quanto mi riguarda. » replicò subito il moro, con un tono acido che fece allargare ancora di più il sorriso dell'altro.
« Alexander, non sarai per caso geloso, vero? » gli chiese poi portandosi melodrammaticamente una mano sul petto, quasi trovasse quell'ipotesi sconvolgente.
Peccato che la luce divertita - e in un certo senso soddisfatta - nei suoi occhi lo tradisse.
« Io geloso di te? Ma per favore, non farmi ridere. Perché mai dovrei esserlo? » esclamò il moro sprezzante, non riuscendo però del tutto a mascherare una punta di rossore sugli zigomi candidi.
Magnus si sporse lentamente oltre il tavolo che li separava con la grazia di un felino, portandosi a pochi millimetri dal suo viso.
« Forse perché sei pazzo di me? » gli chiese in un sussurro, piantando i suoi occhi in quelli blu dell'altro.
Per alcuni istanti Alec sembrò incapace di formulare una risposta coerente, poi, scuotendo lievemente la testa quasi a sottrarsi da un incantesimo, si tirò indietro allontanandosi dal volto dell'altro.
« Ti piacerebbe, principessa. » riuscì infine a rispondere, sebbene la sua suonasse più come una domanda che come un affermazione.
Magnus sorrise maliziosamente, facendo scorrere lo sguardo sul corpo dell'altro.
« Oh, ci puoi scommettere.  » borbottò poi, tornando a sedersi al suo posto.
Alec si schiarì la gola per interrompere il silenzio che era caduto dopo quell'uscita, facendo finta di non aver sentito e riportando la conversazione sul binario originale.
« Poi cosa successe? » gli chiese infatti, tornando a concentrarsi su quanto di utile potesse esserci in quel racconto.
Magnus gli rivolse l'ennesimo sguardo divertito, ma decise di assecondarlo.
« E' successo che, pian piano, mi sono ritrovato invischiato negli “affari di famiglia”. All'inizio si trattava solo di accompagnare Braxton a trattare con dei clienti, come li chiamava lui, poi ho iniziato a portare messaggi per suo conto e a cercare informazioni. Alla fine, senza quasi rendermene conto, mi sono ritrovato di fronte al boss che mi dava ordini sul come organizzare il prossimo scambio di merce. » riprese a raccontare, seguendo con un dito le venature di legno del tavolo e senza staccare gli occhi da quella superficie, quasi temesse di incrociare lo sguardo di Alec, leggendovi dentro un giudizio tutt'altro che lusinghiero.
« Non ho nessuna intenzione di mentirti facendo la  povera vittima che è stata costretta a fare quello che ha fatto. All'inizio mi piaceva fare parte di quel mondo, non preoccuparmi di nessuno se non di me stesso, coperto da più soldi di quanti ne potessi desiderare. E poi, quello era l'unico posto adatto ad uno come me: un mostro sta bene solo in mezzo ai suoi simili. » sussurrò poi con una strana inflessione nel tono di voce, soprattutto su quell'ultima parte.
Era come se stesse recitando le battute di un ruolo che in passato aveva provato e riprovato, fino a non essere più in grado di distinguere la finzione dalla realtà.
« No, non è vero, non ci credo. Smettila di dire certe assurdità: Magnus, tu non sei un mostro. Non voglio più sentirti dire una cosa del genere. » ribatté duramente Alec, portando una mano sotto il mento dell'altro e costringendolo ad incrociare il suo sguardo.
Voleva che lo guardasse negli occhi e capisse che era serio, che nonostante le sciocche convinzioni che aveva su sé stesso, lui non lo vedeva in quel modo e mai lo avrebbe fatto.
La facciata che solitamente Magnus brandiva a mo' di scudo contro il resto del mondo, Alec incluso, sembrò inclinarsi leggermente lasciando trasparire la volontà di credere a quella rassicurazione, schiacciata però da un profondo disprezzo verso di sé.
« Se tu sapessi quello che ho fatto, non la penseresti così. » replicò solamente, per poi liberarsi dalla presa di Alec, abbassando nuovamente lo sguardo.
Il moro lo fissò in silenzio, sperando che l'altro gli fornisse se non una spiegazione, perlomeno un minimo indizio che potesse aiutarlo a far luce su quella storia.
Avrebbe potuto chiedergli qualcosa, ma non ci voleva certo un genio per rendersi conto che si trattava di un argomento estremamente difficile per l'altro, e non se la sentiva di forzarlo.
« In ogni caso non era certo di questo che stavamo parlando. Dunque, dopo essere stato ufficialmente inserito nel giro, sono stato, per così dire, promosso al grado di intermediario. Headley con l'aiuto di Braxton si occupava di trovare le persone giuste, gestiva i soldi e si procurava la merce. Io, invece, organizzavo ogni singolo scambio facendo in modo che nessuno scoprisse o sospettasse niente. » riprese Magnus, cercando di distrarre l'altro dalla confessione fatta poco prima, fornendogli informazioni che avrebbero potuto interessargli.
Alec pur accorgendosi di quel tentativo deliberato, lo lasciò continuare, facendo cadere per l'ennesima volta l'argomento.
Tutta quella faccenda stava diventando sempre più stressante.
« Quanti di questi scambi hai organizzato? » gli chiese semplicemente, invece di dar voce ai pensieri contrastanti che gli stavano girando per la testa in quel momento.
Magnus sospirò, passandosi stancamente una mano sugli occhi.
« Più di quanti riesca a ricordare con esattezza. Ho visto delinquenti arricchirsi e poveri cristi venire uccisi senza tanti complimenti per aver detto o fatto quello che non avrebbero dovuto. Ma è così che vanno le cose: il più forte sopravvive, il più stupido viene fatto fuori. » dichiarò poi, come se quella fosse una constatazione inutile, quasi banale o scontata.
Peccato che Alec non fosse affatto di quello stesso parere.
« Non trovi niente di sbagliato in quello che hai appena detto? Come hai potuto sopportare, per anni, una simile condizione senza far nulla per uscirne fuori? Non ti è mai venuto in mente che un giorno potresti essere tu quello ucciso per aver detto o fatto qualcosa che non avresti dovuto? » saltò su indignato, senza preoccuparsi minimamente per il fatto di aver appena alzato il tono della voce.
Non avrebbe voluto essere così brusco, ma quella tranquillità, quella rassegnazione con la quale il ragazzo aveva appena parlato, gli avevano fatto venire voglia di prenderlo a sberle, per vedere se almeno così sarebbe riuscito a farlo rinsavire.
Magnus si limitò a guardarlo tranquillamente, come se quella sfuriata non lo avesse minimamente sfiorato.
« Credi che io non abbia mai pensato di tirarmene fuori? Passata la fase iniziale ho incominciato a stancarmi sempre di più di vivere di sotterfugi, di essere costantemente costretto a guardarmi le spalle per evitare di ritrovarmici un coltello piantato nel mezzo. Ma cosa avrei dovuto fare? Andare da Headley a passo di danza e dirgli: "Ehi, io mollo tutto. So che la cosa non ti va a genio considerando che so tutti i tuoi piccoli sporchi segreti ma pazienza. Pace." Quanto ci avrebbe messo per te a chiudermi la bocca? » replicò poi sarcasticamente, facendo alzare gli occhi al cielo al moro per l'esasperazione.
Quando Magnus si comportava in quel modo era assolutamente impossibile avere un qualsivoglia dialogo con lui.
« Maledizione, mi hai rubato le parole di bocca! Era proprio quello che stavo per suggerirti di dirgli! » ribatté altrettanto sarcasticamente guadagnandosi un sorriso, seppur minimo.
Alec si passò una mano tra i capelli, cercando di fare mente locale su tutto ciò che aveva appreso negli ultimi minuti.
Poi una domanda gli sorse spontanea.
« Che cosa è successo esattamente con il capo di Russ e quell'altro tizio? Perché i vostri accordi sono saltati? »
Magnus fece una piccola smorfia; evidentemente non gli faceva molto piacere sentir chiamare in causa quella sottospecie di pitbull.
« Già, Russ e Aric. In realtà sono successi tuo padre e tuo fratello, ecco cosa. »
Il moro lo guardò sorpreso, sforzandosi di capire che collegamento poteva esserci.
L'altro dovette giustamente interpretare la sua espressione perplessa, visto che si affrettò ad esplicargli l'intera faccenda.
« Tu stesso hai detto che è da un po' che ci stanno addosso. Beh, Headley è tutt'altro che stupido e se ne è accorto fin da subito. Perché credi che non siano riusciti a scoprire quasi niente? Ha fatto di tutto per depistarli e coprire le sue tracce. »
Alec prese nota mentale di rassicurare Jace - ovviamente in un secondo momento - circa il suo talento investigativo: non è possibile trovare qualcuno che sa di essere cercato.
« Sarà la stanchezza arretrata che mi sta giocando un brutto tiro, ma non riesco davvero a capire cosa c'entri tutto ciò. » disse poi lentamente, quasi cercando di giustificarsi.
Magnus restò in silenzio per alcuni istanti, probabilmente cercando di capire il modo migliore per spiegarsi.
« Avevamo preso un accordo per uno scambio abbastanza considerevole di merce; diciamo solo che con tutte armi che ha richiesto il loro capo ci si potrebbe tranquillamente organizzare una terza guerra mondiale. Il tutto doveva avvenire giorni fa, ma Headley, consapevole di avere i tuoi alle calcagna, ha deciso di mandare tutto a monte, chiedendo il doppio della cifra pattuita per il rischio di essere beccato. Perché di certo è abbastanza difficile far passare inosservato un carico del genere. »
Alec aggrottò leggermente le sopracciglia, iniziando finalmente ad unire tutti i puntini.
« Fammi indovinare, il capo non è stato affatto felice di quel cambio di programma, giusto? »
Magnus scosse la testa, con un sorrisino semi divertito ad illuminargli il volto.
« No, direi proprio di no. I trafficanti di certo non sono creaturine socievoli e amabili, ma quel tizio, Ezekiel Dixon, li fa quasi apparire tali. Anche per un ambiente del genere la sua crudeltà è cosa fuori dal comune. Possiamo stare più che certi che ci saranno ripercussioni, soprattutto dopo quello che è successo oggi. » affermò Magnus, rivolgendo un'occhiata preoccupata al moro.
Alec fece un gesto secco con la mano, come a voler interrompere sul nascere qualsiasi ramanzina.
« So badare a me stesso, principessa. Dopotutto, hai avuto modo di verificarlo con i tuoi occhi. » aggiunse poi, assumendo una posa esageratamente altezzosa.
L'altro ridacchiò, appena più rilassato di prima.
« Oh sì, questo è poco ma sicuro. Non avrei mai detto che fossi in grado di batterti in quel modo. Le lezioni del paparino hanno davvero dato i loro frutti! » esclamò ironicamente, dandogli una leggera spintarella giocosa.
« Riferirò. Di certo gli farà molto piacere saperlo. » ribatté prontamente Alec, utilizzando lo stesso tono divertito.
Magnus lo studiò per alcuni istanti, perso in chissà quali pensieri.
Prima che il moro potesse formulare una qualsiasi domanda, però, l'altro si riscosse.
« Bene, ora che ti ho raccontato tutto.. Che cosa facciamo? » gli chiese difatti, con le sopracciglia corrucciate in un espressione pensierosa.
« A questo punto dobbiamo trovare il modo di tirarti fuori, possibilmente cercando di rimanere vivi. » dichiarò Alec, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Anche perché non c’erano molte altre alternative, quindi si sarebbero dovuti adeguare per forza.
Magnus scosse la testa vigorosamente, guardandolo con aria indignata: « Dobbiamo? No, non se ne parla nemmeno, non devi impicciarti in  questa faccenda più di quanto tu già non lo sia. »
Alec sbuffò sonoramente, senza preoccuparsi di farsi sentire dall’altro, anzi.
Era bene che sapesse che non riusciva a mandar giù il suo modo di comportarsi: non poteva sempre pensare di risolvere le situazioni da solo, non era mica superman, al contrario di quello che sicuramente credeva.
« Smettila di lamentarti sempre, stai diventando insopportabile. » lo schernì sbuffando, per poi sedersi sul divano senza troppe cerimonie.
Magnus lo guardò di sottecchi, sentendosi - anche se non doveva, assolutamente - in parte, apprezzato per la prima volta.
Raramente qualcuno mostrava un particolare interesse per la sua vita, mentre Alec sembrava davvero tenerci molto. Più di quanto si sarebbe mai aspettato comunque.
Del resto, però, non c’era molto di cui sorprendersi: il suo bell’occhi blu era fatto così, metteva il cuore in qualsiasi cosa facesse, e lui non sarebbe di certo stata l’eccezione.
« E tu hai preso la parte del cavaliere un po’ troppo seriamente, a mio parere. »  lo riprese, per poi affiancarlo subito dopo.
Alec lo osservò buttarsi accanto a lui con nonchalance, mentre si passava una mano tra i capelli con fare annoiato.
Non poté non fissarlo mentre con quell’aria da perfetto sbruffone si portava le ginocchia al petto, chiudendosi nella sua tipica posizione a riccio.
Quando assumeva quella posa sembrava quasi tenero, constatò con una certa sorpresa per aver appena ritenuto Magnus tenero.
Perché poteva senz’altro essere definito in molti modi, come finto saccente, permaloso, caprone, antipatico.. ma di certo tenero proprio no. Forse avrebbe anche potuto considerarlo bellissimo.. O forse stava solamente impazzendo.
« Non posso farci nulla, amo salvare le principesse in pericolo. » lo prese in giro, tirandogli un leggero pugno sul ginocchio.
Magnus alzò gli occhi al cielo esasperato, tuttavia, un leggero sorrisino gli abbelliva le labbra.
Stava seriamente cominciando ad apprezzare quel tipo di rapporto che si era andato creare, anche se non lo avrebbe mai ammesso al moro, ovvio.
E poi, adorava davvero stuzzicare Alec, era diventato il suo nuovo passatempo preferito e non sapeva se sarebbe stato più in grado di vivere senza.
Scosse impercettibilmente la testa, allontanando quel suo pensiero come scottato.
Devo smetterla, basta.
« Sei veramente un.. » si interruppe improvvisamente, sentendo il suo cellulare vibrare nella tasca dei pantaloni.
Confuso, lo tirò fuori immediatamente, per poi sbarrare gli occhi quando vide il mittente del messaggio: Headley.
Inghiottì pesantemente, incurante dello sguardo intenso che il moro gli stava rivolgendo in quel momento, poi lesse il messaggio ad alta voce: « Dove cavolo sei finito? »





Hellooo! <3
Ed ecco qui anche la seconda parte del capitolo!
Ebbene, finalmente sappiamo qualcosina in più su Magnus, anche se, da come avrete sicuramente capito, c'è qualcosa che vuole tenere segreto a tutti i costi.. :D
E visto che i guai non vengono mai da soli, ecco che "compare" anche il famoso Headley :D
Vi ringraziamo per aver letto anche questo capitolo, e speriamo con tutto il cuore che sia stato di vostro gradimento! Se vi va, fateci sapere cosa ne pensate, ci farebbe davvero molto piacere! <3
Come al solito, vi lasciamo il link del gruppo facebook, e vi diamo appuntamento al prossimo capitolo! <3
Se volete iscrivervi, cliccate qui ---> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Alla prossima! <3

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Capitolo 7
*** Capitolo #7 ***


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Capitolo #7

Magnus era intento nel farsi una linea dritta di eye-liner - dopo giorni, aveva finalmente avuto l’occasione per metterlo -, quando esasperato gettò a terra il pennellino, fregandosene altamente di sporcare il pavimento di nero.
Era dal giorno prima che Alec continuava a stressarlo sul messaggio che gli era stato mandato da Headley, blaterando che non avrebbe dovuto rispondergli per nulla al mondo.
Ed era esattamente dal giorno prima che combatteva contro l’istinto di strozzarlo, mettendo finalmente a tacere tutte le sue proteste di cui aveva davvero piene le scatole.
Apprezzava il fatto che avesse preso a cuore la situazione, ma iniziava davvero ad esagerare, rischiando seriamente di portarlo sull'orlo di un esaurimento nervoso.
Sempre se non ci fosse già arrivato, s'intendeva.
Alec raccolse il pennellino “scivolato” dalle mani dell’altro, puntandoglielo contro quasi fosse stata un’arma letale.
« Devi andarci per forza? Non puoi fingere.. Che so, di essere morto? » continuava il suo sproloquio, agitando quel coso da una parte all’altra e brandendolo come una spada da scherma.
Se non fosse stato per il fatto che quella situazione andava avanti da fin troppo tempo per i suoi gusti, Magnus avrebbe potuto anche trovare ridicola quella scena.
« Sarà almeno la centesima volta che ti ripeto che non posso, Alexander. - scandì bene, laconico, in modo tale che l'altro recepisse il messaggio - Devo riferirgli tutto quel che è successo. » continuò, sfilandogli “l’arnese” dalle mani e richiudendolo nel suo apposito contenitore.
Alec non sembrò nemmeno notarlo, troppo intento nel cercare una soluzione che potesse mettere entrambi d'accordo.
D’altro canto, non riusciva proprio a capire perché Magnus si ostinasse a voler tornare per forza alla sua base, senza avere un più che valido motivo.
“Devo riferirgli il tutto”, continuava a dire, ma sebbene si sforzasse con tutto se stesso di credere che fosse realmente così, qualcosa gli diceva che c'era altro dietro tutta la sua determinazione.
E se c’entrasse Braxton?
Alec si rifiutò di contemplare quell’ipotesi, convinto che l'altro fosse più intelligente di così.
Tuttavia i suoi dubbi non accennavano a svanire - sebbene non riuscisse a spiegarsene la ragione -, e una morsa fastidiosa continuava a stringergli il petto.
Le parole di Magnus, poi, gli risuonarono nella testa come un mantra: « Sei geloso per caso, Alexander? »
Lui geloso? Figurarsi! Non ne aveva proprio motivo: Magnus non era di sua proprietà e mai lo sarebbe stato. E poi, non era per nulla interessato a lui, quindi quell’idea era assolutamente da escludere a priori.
« Non mi sembra una bella mossa per uscirne, questa. » ribatté, cercando di scacciare il più lontano possibile quelle sue considerazioni.
Magnus alzò gli occhi al cielo, dirigendosi verso il bagno per darsi una sistemata ai capelli.
Proprio come se fosse a casa sua, afferrò il gel da un mobiletto bianco affianco alla vasca, per poi prenderne una certa quantità con le dita e spalmarselo sulle punte.
Alec lo raggiunse qualche secondo dopo, appoggiandosi allo stipite della porta in una posizione rigida.
« Ti metti in tiro, eh? » sputò acido, non riuscendo proprio a trattenersi.
Subito dopo però si morse la lingua, sentendosi un perfetto idiota; doveva seriamente iniziare a tenere a bada le sue emozioni.
« Mi piace essere sempre perfetto. » rispose l’altro, lavandosi le mani per mandare via il gel.
Alec notò che l'altro non sembrava aver fatto caso al tono che aveva usato, e ringraziò tutti i santi possibili per averlo aiutato.
« Dovresti  aspettare che le acque si calmino, - riprese Alec, voltandolo in modo che lo guardasse dritto negli occhi - poi potremmo fare la nostra mossa. »
Magnus guardò il punto in cui il moro gli stava stringendo delicatamente il braccio, sentendo improvvisamente un’ondata di calore attraversarlo.
Per qualche secondo non riuscì a distogliere lo sguardo, sentendosi quasi soggiogato da quel semplice sfioramento, poi però si ridestò, schiarendosi la voce.
« Alec, devo andarci e basta. Smettila di fare la mammina preoccupata perché non ti si addice per nulla. » lo fulminò con lo sguardo, mentre notava - malvolentieri - il moro far ricadere il braccio lungo il fianco.
Un silenzio tombale cadde nella stanza e Magnus pensò per un attimo di averlo offeso, anche se era piuttosto strano visto che non era per niente il tipo.
E poi, gli aveva detto di molto peggio in quei giorni.
« Allora vengo con te. » proferì il moro all’improvviso, avanzando di un passo.
Magnus spalancò la bocca inorridito, per poi scansarlo poco delicatamente per dirigersi verso l'ingresso.
« Non se ne parla proprio, toglitelo dalla testa! » urlò, mentre apriva con foga la porta.
Alec lo raggiunse in poche falcate, piazzando una mano sul muro dietro di lui, in modo tale da impedirgli di uscire.
Magnus provò a scansarlo, ma il moro sembrava una lastra di marmo tanto era irremovibile.
« Dovrai uccidermi per impedirmelo. » si impuntò, piazzandosi di fronte a lui e fronteggiandolo con superiorità.
Magnus lo squadrò irritato.
Possibile che volesse sempre interferire in qualunque cosa? Se pensava di averla vinta anche questa volta però, si sbagliava di  grosso, a costo di doverlo davvero ammazzare.
« Perché dovrei sporcarmi le mani inutilmente? Mi basta tramortirti. » replicò, e senza dargli modo di protestare, gli sferrò un pugno in pieno viso, facendogli inclinare impercettibilmente la testa all'indietro.
Alec, superato lo smarrimento iniziale, si portò una mano alla bocca, sentendosi le dita leggermente umide: sangue.
Lo guardò esterrefatto, dandogli poi un violento spintone in un impeto di rabbia.
Lui cercava di proteggerlo e come ringraziamento lo prendeva a pugni?
Magnus barcollò all’indietro, preso alla sprovvista; poi si accanì nuovamente contro l’altro, sferrandogli un calcio all’altezza dell'addome che però venne prontamente bloccato da Alec; il ragazzo, sfruttando la presa sulla sua gamba, tirò bruscamente Magnus verso di sé, afferrandolo per il collo della maglia.
« Che cosa credevi di fare, esattamente? »
Erano così vicini che le punte dei loro nasi quasi si sfioravano, mentre il silenzio della stanza era scandito solo dai respiri leggermente accelerati di entrambi.
Per un attimo Magnus si perse in quell’oceano azzurro, riuscendo a scorgerci qualcosa che non seppe ben definire.
Alec dal canto suo fece altrettanto, perdendosi in quel prato verde che tanto gli sarebbe piaciuto esplorare, carpendone ogni segreto ed ogni paura, ma che in quel momento continuava a restare a tratti solo un grande mistero.
Improvvisamente, anche i pochi centimetri che li separavano l'uno dall'altro risultarono essere troppi, mentre entrambi lottavano contro l'impulso di azzerare quell'esigua distanza.
Fu Magnus a spezzare l'incantesimo, sottraendosi alla stretta ormai quasi inesistente di Alec, con il cuore a mille.
Decidendo di ignorare bellamente quanto era appena accaduto, e cercando di ritornare completamente padrone di sé, Magnus prese parola come se nulla fosse successo, con il suo solito tono ironico: « Io.. Devo andare. Ma non temere, sarò di ritorno prima che tu possa sentire la mia mancanza. »



Alec si acquattò contro il muro, strisciando come un serpente nell’ombra nel tentativo di seguire Magnus senza farsi vedere.
Quest’ultimo infatti, dopo essersi precipitato fuori casa, aveva fatto in modo di sparire il più velocemente possibile, nell'evidente tentativo di evitare di ritrovarsi il moro alle calcagna.
Peccato che non avesse messo in conto che Alec era un soldato, e che quindi era più che abituato a seguire le tracce, ragion per cui  aveva impiegato nemmeno cinque minuti per raggiungerlo.
Credevi davvero che me ne sarei stato buono a casa?, pensò, osservandolo mentre svoltava un angolo.
Con passi silenziosi ma veloci cercò di non perderlo di vista, fin quando non lo vide inoltrarsi in una stradina piuttosto stretta.
Alec lo seguì immediatamente, fermandosi solo quando gli si aprì davanti agli occhi uno spiazzale con al centro una grande struttura che sembrava quasi una vecchia fabbrica abbandonata da chissà quanto tempo.
Non poté fare a meno di sentirsi uno sciocco per non aver mai preso in considerazione quel posto come la base “nemica”.
E così, ciò che stavamo cercando da così tanto tempo, si trovava solo ad un palmo dal nostro naso.
Non osava immaginare quale sarebbe stata la reazione di Jace, se solo lo avesse scoperto.
Appena assicuratosi che Magnus fosse entrato e, accertatosi che non ci fosse nessuno nei paraggi, si precipitò di corsa verso la grande struttura, cercando di passare inosservato.
Se solo l’avessero beccato sarebbe finito in guai seri.
Camminando molto silenziosamente si portò dietro all’entrata, cercando un’altra via per passare. Dubitava infatti che non l'avrebbero acciuffato immediatamente se fosse entrato con nonchalance dalla porta principale.
Il fatto che non ci fosse nessuno di guardia poi, lo aveva abbastanza allarmato.
Assottigliò lo sguardo, cercando di individuare la presenza di eventuali telecamere nella zona; tuttavia non scorse nulla di tutto ciò, e tirò un breve sospiro di sollievo.
Poi, curioso di sapere cosa stesse succedendo lì dentro, si guardò intorno, in cerca di qualcosa che potesse permettergli di entrare.
Uno scalino attirò la sua attenzione e vi si avvicinò velocemente, senza perdere un secondo di vista l’ambiente circostante.  
Quando vi si affacciò, una lunga scalinata si aprì di fronte a lui; inghiottendo pesantemente si armò di coraggio ed incominciò a salire.
In cima trovò una porta che aprì con estrema cautela, per poi sporgersi lievemente guardando da una parte all'altra per controllare se potesse esserci qualcuno.  
Quando si fu assicurato che non circolasse anima viva, percorse il lungo corridoio osservando con un cipiglio ironico quanto ricco fosse quell'arredamento. Cosa che non si poteva certo intuire da fuori, dove sembrava che quell'abitazione fosse stata abbandonata oramai da anni.
E forse era davvero così, prima che quelli ci mettessero piede.
Non poté fare a meno di notare la quantità di quadri posti su ogni singola parete: chiunque comandasse lì dentro, doveva essere assolutamente un appassionato di arte, non vi era dubbio.
Perso nei suoi pensieri, si ridestò solo quando sentì un rumore non troppo lontano da lui.
Cercò di restare tranquillo, portando alla memoria tutte le esercitazioni e le missioni svolte in circostanze simili.
Mantieni la calma, escogitare strategie a mente lucida è la cosa migliore da fare, gli aveva ribadito spesso il padre, quando invece il senso di panico lo assaliva.  
Ma solitamente non era mai da solo come in quel momento, e aveva sua sorella con lui, magnifica nel creare piani di ogni genere.
Voltò l’angolo alla fine del corridoio, aspettando che il tizio si avvicinasse per assestargli una bella botta sulla carotide, facendolo svenire.
Sentì dei passi avvicinarsi sempre di più ed era già pronto a colpire, quando il rumore di una pistola che veniva caricata dietro di lui, gli ghiacciò il sangue nelle vene.
« E tu chi cazzo sei? »



Magnus si lisciò il mento con fare saccente, ascoltando con poco interesse quella che poteva definirsi la ramanzina più lunga della sua vita.
Non solo non aveva fatto altro che sentirsele dire di tutti i colori per giorni da Alec, ora ci mancava solo Headley. E non osava nemmeno immaginare cosa avrebbe detto Braxton.. Strano che non lo avesse ancora visto, a pensarci.
« Non importa che fossi sul punto di morire. Il lavoro compiuto doveva essere riferito. » continuò freddo, puntandogli un dito contro con fare accusatorio.
Magnus alzò gli occhi al cielo. Sapeva quanto gli affari fossero importanti per quell'uomo, ma non poteva di certo nascondere il fastidio che si insinuava in lui ogni volta che si trovava a sentire frasi del genere.
Stava per rispondere con la sua solita calma pungente, quando la voce di Camden lo interruppe.
« Capo, abbiamo beccato questo tizio mentre cercava di intrufolarsi di soppiatto. Deve essere per forza una spia di Dixon. » li informò, mentre Magnus sentiva improvvisamente formarsi un nodo al petto.
Prendendo un respiro profondo si voltò lentamente, timoroso di trovare conferma ai suoi dubbi.
Quello che vide subito dopo lo destabilizzò come poche cose in vita sua.
Che accidenti ci fa occhi blu qui?
Magnus continuava a guardare la scena di fronte a sé ad occhi sgranati, completamente paralizzato.
Come diavolo gli era venuto in mente di seguirlo?! Da Alec avrebbe dovuto certamente aspettarselo, ma come avrebbe fatto ora a spiegare la presenza del ragazzo? Come avrebbe potuto giustificare il fatto che si trovasse lì, in modo tale da evitare che li uccidessero entrambi?
Non poteva certo saltar su dicendo "Ehi, fermi tutti, questo è il bel soldato che mi ha salvato la vita!"; gli avrebbero sparato nel giro di cinque secondi.
Cercò disperatamente di farsi venire in mente qualcosa, implorando con lo sguardo Alec di smetterla di divincolarsi dalla presa di Braxton e Camden, tanto per evitare di peggiorare ulteriormente le cose.
Fu proprio vedere l'espressione stizzita del moro rivolta al suo ex amante, a fargli venire l'illuminazione.
« Per Lilith, ancora tu?! Come accidenti te lo devo dire che non mi interessi?! Devo mandarti un telegramma musicato, per caso? » si mise a gridare, facendo del suo meglio per risultare il più stizzito possibile.
Non che fosse poi così complicato: gli bastava pensare a cosa avrebbe combinato a quel maledetto incosciente se mai ne fossero usciti vivi, per trovare la giusta ispirazione.
Alec mise su l'espressione più confusa e sconvolta che gli avesse mai visto in volto, sforzandosi palesemente di capire dove l'altro volesse andare a parare.
Prima che gli altri potessero accorgersi di quel tentennamento, Magnus portò nuovamente l'attenzione su di sé.
« Ti pare possibile che nonostante io l'abbia respinto centinaia di volte, questo tizio continui ad assillarmi in tutti i modi possibili? » chiese rivolto ad Headley, stampandosi in viso la sua migliore smorfia disgustata.
L'uomo ghignò in modo tutt'altro che rassicurante, spostando lo sguardo dal suo intermediario all'intruso.
Magnus si trovò a sudare freddo, temendo di non essere stato abbastanza convincente da farlo abboccare. Sarebbero stati guai grossi, per entrambi.
« Quindi questo bel moretto è un tuo ammiratore? » domandò Headley, con una scintilla nello sguardo che l'altro non seppe ben identificare.
Probabilmente lo stava invitando a buttare immediatamente fuori da lì quel tizio piombato loro tra capo e collo, evitando scrupolosamente di fargli intendere dove si era davvero andato a cacciare.
O almeno sperava fosse così: l'ipotesi che avesse capito che gli nascondevano qualcosa era troppo agghiacciante per essere anche solo considerata.                      
« John, che diavolo stai aspettando a giustificarti? Dico io, come accidenti ti è venuto in mente di seguirmi fin dentro casa del mio amato zio? » sputò furibondo in direzione di Alec, non dovendo nemmeno impegnarsi per risultare adirato.

Maledetto occhi blu, se solo mi avessi ascoltato non saremmo in questa situazione.
Il moro, grazie al cielo, capì l'antifona e fece del suo meglio per stare al gioco.
« Wow, quindi questa bella catapecchia è di tuo zio? Non mi avevi detto di essere anche ricco, bellissimo. Sei appena diventato un bocconcino ancora più appetibile. » ribatté immediatamente in un tono strascicato che, in qualche modo, risultò essere maledettamente affascinante; sembrava davvero un dongiovanni alle prese con la sua preda del giorno.
Magnus cercò in tutti i modi di non spalancare la bocca per lo shock: e quello da dove era uscito fuori? Da quando in qua Alec era capace di flirtare spudoratamente in quel modo?
Avanti Magnus, tieni a bada gli ormoni e concentrati.
« Mi stai prendendo in giro? Ancora insisti? Senti zio, spiegaglielo tu, probabilmente non capisce la mia lingua! » sbottò falsamente esasperato, alzando le braccia al cielo per aggiungere ancora più enfasi al tutto.
Headley si alzò elegantemente dalla sedia, avvicinandosi lentamente al ragazzo.
« E così, John, hai preso di mira il mio caro nipote, eh? Come hai fatto ad entrare? » gli chiese utilizzando un tono basso, freddo, che avrebbe terrorizzato la maggior parte delle persone. Ma la maggior parte delle persone non cresce con un generale dell'esercito come padre.
« Dalla porta, da dove vuoi che sia entrato vecchio? Ho visto il mio bocconcino entrare qui e credevo fosse casa sua o che so io. Dopo appena due passi questi qua mi sono saltati addosso. Cosa accidenti sono, delle guardie del corpo? » esclamò con la massima tranquillità possibile, scoccando un'occhiata curiosa ai due che ancora lo stavano tenendo.
Di fronte a quella risposta così diretta e, soprattutto, priva di alcun tipo di esitazione o paura, Headley sembrò rilassarsi impercettibilmente; forse iniziava a credere a quella versione della storia.
Era infatti abbastanza consapevole della sua fama e del timore che poteva incutere, motivo per cui vedere il ragazzo così rilassato doveva avergli fatto credere che fosse realmente all'oscuro di tutto.
Magnus prese nota di congratularsi con Alec per le sue straordinarie doti da attore: difficilmente avrebbe creduto il moro capace di una performance così convincente.
« Una mezza specie. » replicò l'uomo, abbozzando un ghigno divertito in direzione dell'ospite.
Braxton scostò bruscamente una ciocca di capelli biondi dal viso, puntando i suoi occhi grigi carichi di disappunto su Headley. Magnus sperò che quel gesto fosse dovuto al fatto che non avesse apprezzato la definizione che gli era stata appioppata.
« Dici davvero? Dovete assolutamente insegnarmi un paio di mosse. Sapete, fa incredibilmente figo. » esclamò Alec, guardando i due con ammirazione e mettendosi a ridacchiare scioccamente.
Magnus dovette trattenere anche lui una risata di fronte all'espressione sul viso di Camden che, in quel momento, stava guardando il moro quasi fosse un insetto spiaccicato sul parabrezza.
Chissà che faccia avrebbe fatto vedendo cosa davvero era capace di fare quel ragazzo, che era stato appena classificato come un idiota da tutti i presenti.

« Smettila di infastidirli, non hanno certo tempo da perdere con te. E nemmeno io, se è per questo. » replicò invece seccamente, lanciandogli un'occhiata di puro disgusto e risentimento.
Alec, in tutta risposta, lo studiò da capo a piedi in modo a dir poco malizioso.
« Ne sei sicuro? Perché scommetto che ti farei divertire. » ribatté con un tono di voce leggermente più roco del normale, fissandolo con palese desiderio.
Magnus imprecò mentalmente, sempre più scioccato di fronte a quell'audacia; occhi blu era fortunato a non avergli mai parlato in quel modo prima di allora, o gli sarebbe senz'altro saltato addosso giorni fa, che lui fosse d'accordo o meno.
Se non altro, però, era riuscito a convincere pienamente Headley, che adesso assisteva a quella scenetta con un sorrisetto ironico sulle labbra.
Andiamo, un ultimo sforzo e riusciremo ad uscire vivi da qui.
« E io sono sicuro che il tuo ego sia direttamente proporzionale alla tua stupidità. » esclamò sarcasticamente, accarezzandosi il mento con una mano, come a voler riflettere sulla sua stessa affermazione.
Alec ghignò, stringendosi nelle spalle.
« Ehi, che vuoi che ti dica? Sono bello, non posso essere anche intelligente. »
Magnus si voltò verso Headley con un'espressione demoralizzata stampata in viso.
« Ora capisci con chi mi tocca avere a che fare? » gli chiese poi, concludendo il tutto con un rumoroso sospiro.
L'uomo studiò Alec con estrema attenzione, quasi lo stesse sottoponendo ad una qualche specie di lastra mentale.
« Tutto sommato non è poi così male. Conosco gente che sborserebbe una bella cifra per divertircisi un po'. » commentò poi, con una luce negli occhi che per un attimo fece venire i brividi al moro.
Magnus raggelò sul posto, facendo del suo meglio per mascherare la cosa.
Sapeva bene che tipo di gente frequentava Headley, e il solo pensiero che qualcuno di loro mettesse le mani addosso ad Alec..
Non lo avrebbe permesso per nessun motivo.
« Poveracci, gli vuoi davvero così male? Tempo un paio di giorni e ti chiederebbero il rimborso. E' una tale piattola. » affermò in modo studiatamente annoiato, a far intendere che non gliene fregava un accidenti del destino di quello lì.

« Guarda che ti sento, non c'è bisogno di diventare sgarbato. E poi vecchio, potresti dire a questi qui di lasciarmi? Mi stanno rovinando tutta la pelle. » intervenne Alec in quel momento, usando il miglior tono lamentoso a sua disposizione.
Braxton gli lanciò un'occhiata disgustata, probabilmente inorridito dall'essere così rammollito dell'altro.
Ah Braxton, se solo sapessi.
« Stai zitto, e ringrazia la tua buona stella che siano stati così carini con te. Non ti hanno insegnato che non si entra nelle case altrui senza invito? Questa volta ti dice bene, la prossima ti denuncerò io stesso. » ribatté Magnus impietoso, facendo però al contempo segno a Camden e all'altro di lasciarlo.
Era arrivato il momento di una strategica e studiata uscita di scena, prima che la fortuna sfacciata che avevano avuto fino a quel momento, decidesse all'improvviso di abbandonarli.
Non appena i due lasciarono la presa, Alec barcollò leggermente, rischiando per alcuni istanti di finire veramente a terra.
Magnus ridacchiò sotto i baffi: quella del fingersi debole era stata davvero una mossa magistrale da parte del suo occhi blu.
« Tranquillo, non ci metterò più piede qui dentro. Questi tizi sono così antipatici! » rincarò la dose Alec, sfregandosi i polsi e usando un tono che avrebbe fatto invidia ad una prima donna.
« Perfetto, ora chiedi immediatamente scusa a mio zio per esserti infilato a casa sua, o parola mia ti stacco la testa. » gli ordinò Magnus imperiosamente, puntando l'indice nella sua direzione e sbattendo un piede a terra a mo' di maestrina che sgrida un alunno insolente.
« Mi dispiace zio. Giuro sul mio onore che non mi avvicinerò più a casa tua nemmeno sotto minaccia di morte. » eseguì pedissequamente il moro, con tanto di mano sinistra premuta sul cuore per sottolineare la veridicità di quel giuramento.
Magnus, nell'esatto momento in cui Camden si voltò a guardarlo, storse le labbra in una smorfia, sforzandosi di guardare il ragazzo con disgusto per quella che, agli occhi degli altri, appariva chiaramente come una scena pietosa.
Subito dopo scosse la testa spazientito, mormorando una preghiera a Dio per ricevere un po' di pazienza extra, che risultò volutamente udibile a tutti.
« Bene. Camden, Braxton, vi dispiace accompagnare questo benemerito beota fuori da qui? Giuro che tra pochi istanti lo porterò lontano dalla vostra vista. » chiese freddamente, guardando il biondo negli occhi e rifiutandosi di rivolgere la minima attenzione all'oggetto di quella richiesta.
Il ragazzo annuì brevemente tornando ad afferrare Alec ben poco delicatamente, per richiudere, pochi attimi dopo, la porta alle loro spalle.
Magnus sospirò stancamente, passandosi una mano sugli occhi.
« Che sia maledetto il giorno in cui mi è venuta voglia di andare in quel locale a bere ed ho incontrato quella piaga umana. » borbottò tra sé e sé, sapendo che Headley lo avrebbe sentito.
Ogni dettaglio era fondamentale, e non poteva certo permettersi di abbassare la guardia quando ormai mancavano solo alcuni centimetri per tagliare il traguardo; metaforicamente parlando, ovvio.
L'uomo ridacchiò, assestandogli una pacca sulla spalla.
« La maledizione dell'essere così affascinante. E quindi io sarei il tuo zio adorato, eh? » gli chiese poi con un ghigno, facendo riferimento a quanto l'altro aveva detto poc'anzi.  
Magnus arricciò le labbra carnose in una smorfia, guardando il suo interlocutore con un espressione che diceva più che chiaramente "ti prego, almeno tu dammi tregua".
« E' stata la prima scusa che mi è venuta in mente, non che ci sarebbero stati problemi anche se avessi detto che eri la mia nonnina. Quel pezzo di cretino si berrebbe qualsiasi cosa. Sono stato un imbecille a non accorgermi di averlo dietro, mi dispiace. Gli darò il benservito per l'ultima volta e se ancora insiste lo farò tacere in eterno. » esclamò poi sprezzante e sicuro di sé, proprio come il suo capo si aspettava di sentirlo.
Headley annuì soddisfatto, guardando il ragazzo con orgoglio.
« Così ti voglio, spietato e privo di scrupoli. Stai solo attento a nascondere il corpo nel caso, l'ultima cosa che ci serve è attirare l'attenzione. » lo ammonì poi, scrutandolo attentamente.
Magnus gli rispose con un sorrisetto sardonico e un gesto stizzito della mano.
« Tranquillo, sai che sono fin troppo bravo nel mio lavoro. Non appena riesco a scoprire qualcosa di concreto sullo scambio con Dixon mi faccio vivo. » aggiunse poi semplicemente, congedandosi dopo un accenno di assenso da parte del suo capo.
Una volta fuori dalla porta, si trovò di fronte ad una delle scene più esilaranti che avesse mai visto: Alec continuava a recitare il ruolo dell'imbecille chiedendo a Braxton e Camden se sapevano fare "tutte quelle cose fighe da spie", mentre gli altri due sembravano lottare contro l'istinto di sparargli.
« Io e lo zio abbiamo finito. Sarà meglio che ti riporti a casa, prima che ti venga in mente di rompere l'anima a qualche altro povero Cristo. » esclamò sarcasticamente, facendo del suo meglio per non scoppiare a ridere e rivolgendo, allo stesso tempo, uno sguardo di scusa ai suoi compari.
Poi, afferrando bruscamente Alec per un orecchio - tanto per rendere il tutto più credibile, non perché avesse davvero voglia di fargli del male fisico dopo il guaio in cui li aveva infilati, no - lo trascinò senza tante cerimonie verso l'uscita.
Nel tragitto vide diverse facce note voltarsi a guardarli, richiamati dalle grida di Magnus che continuava a imprecare contro l'altro per aver invaso la sua privacy, e minacciandolo di ripercussioni legali e quant'altro.
Per un attimo si fermò a pensare che forse si stava facendo un po' prendere la mano.
Poi, però, si ricordò di trovarsi ancora nella base di uno dei trafficanti più temuti della zona e, di conseguenza, un simile teatrino poteva rivelarsi un alibi maledettamente utile; e poi, dopotutto, doveva allenarsi per la strigliata epocale che il moro si sarebbe beccato una volta in salvo.
 
***

« Si può sapere cosa ti è saltato in mente? »
Alec si obbligò a contare fino a dieci, sopprimendo l'impulso di prendere a testate il muro più vicino, se non altro per evitare che i passanti lo guardassero scioccati; ci mancavano soltanto loro.
Da quando erano usciti dalla base del capo di Magnus, quest'ultimo non aveva fatto altro che gridargli contro inviperito, traumatizzando poveri cittadini innocenti e facendo scoppiare in lacrime un paio di bambini.
Non che dentro la villa gli fosse poi andata tanto meglio: aveva seriamente rischiato di staccargli un orecchio mentre lo trascinava come una mucca al mercato, insultandolo in tutti i modi possibili.
Stare con Magnus si stava rivelando un vero e proprio corso di autostima: se riuscivi a non raggomitolarti in lacrime dopo tutti gli improperi che riusciva a tirarti contro nel giro di pochi istanti, potevi star certo che saresti sopravissuto a qualsiasi esperienza potessi fare nella tua vita.
« Vuoi seriamente fare questo discorso un'altra volta? Se continui così qualcuno ti farà arrestare e, ti posso assicurare, io non farò nulla per impedirglielo! » gli rispose stizzito, incrociando le braccia al petto e continuando ostinatamente a guardare dritto davanti a sé.
Magnus emise un verso che suonava a metà tra uno sbuffo e un ringhio, aumentando il passo per stare dietro alle lunghe falcate del moro.
« Sì, dobbiamo. Mi sembra proprio il caso di farti notare, ancora una volta, che razza di incosciente tu sia stato ad introdurti in quel modo in casa di Headley. Avrebbe potuto ammazzarti. » ribatté, senza preoccuparsi minimamente di mascherare l'astio nella sua voce.
Alec prese un respiro profondo, cercando di calmarsi.
« Volevo solo controllare che fosse tutto ok. E comunque non è successo niente, quindi possiamo darci un taglio? » replicò poi, rallentando di poco la sua marcia per scoccare all'altro un'occhiata da sopra la sua spalla.
Magnus fece schioccare la lingua indispettito, fissando con ostilità la nuca del moro, quasi volesse obbligarlo a voltarsi con il pensiero.
« Se tu non ti fossi intromesso per l'ennesima volta, lasciando fare a me una volta tanto, questa conversazione non avrebbe avuto luogo. » affermò seccamente.
Alec inchiodò così bruscamente che Magnus rischiò seriamente di piombargli addosso facendo rovinare a terra entrambi.
« Scusami se, per l'ennesima volta, ero preoccupato per te e volevo assicurarmi che non ti succedesse niente. » gli sibilò contro, chiaramente offeso dalla precedente uscita dell'altro.
Subito dopo si voltò, riprendendo a camminare tanto velocemente che Magnus dovette correre per stargli dietro e non perderlo tra la gente.
Improvvisamente, osservando l'andatura rigida e stizzita del moro, si sentì terribilmente in colpa.
Era infuriato con lui per non averlo ascoltato e per aver messo in tal modo a repentaglio la sua vita, era vero, ma quando era stata l'ultima volta in cui qualcuno si era preso la briga di preoccuparsi per lui?
Chi, prima di quel ragazzo, aveva rischiato tanto per assicurarsi che stesse bene? Nessuno.
« Alec.. » lo richiamò cercando di attirare la sua attenzione, ma fu tutto inutile; occhi blu continuava a guardare dritto davanti a sé, con uno sguardo tanto minaccioso da far scansare i passanti.
Forse, col senno di poi, non era stata un'idea geniale scegliere di usare una strada così trafficata per tornare a casa del moro.
Certo, si erano evitati un agguato potenzialmente mortale dai loro nuovi amichetti in un qualche vicolo, ma d'altro canto avevano attirato su di loro l'attenzione di mezza Londra.
Deciso a mettere fine all'inseguimento, che ormai iniziava a diventare estenuante, afferrò bruscamente Alec per un braccio, usando tutta la forza a sua disposizione per farlo voltare.
Il ragazzo gli scoccò un'occhiata adirata, ma prima che potesse aprire bocca per rivolgergli degli epiteti tutt'altro che lusinghieri, Magnus lo precedette.
« Alexander, ascoltami. Io apprezzo il fatto che tu stia cercando di proteggermi, te lo giuro, ma in questo caso davvero non ce n'era bisogno. Non volevo essere così odioso ma cerca di capire, mi è venuto un accidente quando ti ho visto lì; non sapevo cosa dire o fare per salvarti. So che visto i precedenti può risultarti difficile crederlo, ma ti giuro che so badare a me stesso. Quindi magari la prossima volta dammi ascolto, ok? » gli disse tutto di un fiato, per timore di essere interrotto.
Aveva usato un tono decisamente più calmo di prima, quasi dispiaciuto.
Se qualcuno gli avesse detto che lui, Magnus Bane, sarebbe finito a chiedere scusa - per di più per ben due volte alla stessa persona - probabilmente lo avrebbe preso per pazzo.
E invece eccolo lì.
Alec dovette essere ugualmente sorpreso da quel gesto, considerando la rapidità con cui il cipiglio offeso abbandonò il suo bel viso.
« Ti prometto che farò del mio meglio, principessa. » ribatté poi, ridacchiando sommessamente.
Per alcuni minuti continuarono a camminare tranquilli, fianco a fianco, poi Alec decise di rompere quel silenzio.
« Quindi.. Quel biondino era Braxton, eh? Non ti facevo molto tipo da biondi. »
Magnus lo guardò maliziosamente, inarcando leggermente un sopracciglio.
« Infatti non sono mai stato molto un fan del genere, e comunque ci siamo solo divertiti un po', niente di che. Ad essere sincero, ho sempre avuto un debole per i bei mori con gli occhi azzurri. » gli rispose seraficamente, godendosi la reazione dell'altro a quelle parole.
Alec difatti stava diventando di un impensabile tonalità di rosso, mentre borbottava frasi incomprensibili a chiunque tranne che forse a lui stesso.
Magnus non riuscì a trattenersi dallo scoppiare in una fragorosa risata, alla vista di quella scena.
« Sei arrossito? Seriamente? Che fine ha fatto l'uomo navigato, tutto flirt e battutine maliziose? » gli chiese sarcasticamente, facendo riferimento alle uscite che l'altro aveva tirato fuori poco prima, lasciandolo a dir poco basito.
Alec sospirò pesantemente, riuscendo nel mentre a tornare del suo colorito naturale.
« Sono stato costretto, dovevo assecondarti. » gli disse, pochi istanti prima di svoltare nella strada di casa sua.
Magnus lo seguì, senza smettere un attimo di ghignare.
« Beh, mi devo congratulare. Non credevo fossi un attore così bravo. » lo stuzzicò, fermandosi dietro di lui davanti alla porta della sua abitazione.
« Ci sono tante cose che non sai di me, principessa. » ribatté l'altro, con un sorrisino sardonico stampato in volto.
Alec fece per infilare le chiavi nella serratura ma, in quell'esatto momento, dall'altra parte della strada vide qualcosa che lo fece congelare sul posto: una bellissima ragazza dai lunghi riccioli corvini, avanzava a passi spediti accompagnata da un ragazzo dai capelli biondi e altrettanto attraente.
Jace ed Izzy stavano andando dritti verso di loro.
Merda.



Oddio scusateci per il ritardo ma finalmente ce l'abbiamo fatta!
Che dire, pensiamo che sia più che evidente che prima o poi cederanno l'uno di fronte all'altro, insomma, sono anime gemelle! Bwahaha xD
E boom, ecco anche che Headley e Braxton fanno il loro ingresso.. non sottovalutateli mai, mi raccomando! :D
Ma a parte ciò, infine Izzy e Jace sono entrati in scena e.. solo l'Angelo sa cosa combineranno! xD
Come al solito vi ringraziamo dal più profondo del nostro cuore, sia per seguire la storia, sia per recensirla, mettendoci sempre di buon umore con il vostro parere! Grazie davvero! <3
Se vi va, saremmo ben liete di sapere cosa pensate anche di questo capitolo! <3
Vi invitiamo come al solito ad iscrivervi ad il gruppo facebook, se ancora non l'avete fatto, basta cliccare qui ----> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Alla prossima settimana!
Bye! <3

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Capitolo 8
*** Capitolo #8 ***


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Capitolo #8
E ora che diamine faccio?
Alec per alcuni istanti fu colto dal panico più totale, mentre cercava disperatamente di inventarsi qualcosa.
Avrebbe potuto far finta di niente, scegliere un nome a caso per Magnus, presentarlo loro e poi mandarli via, certo.
Ma se lo avessero riconosciuto?
Sì, era vero, erano passati oramai parecchi anni dai tempi del liceo, ma allora Magnus era stato il ragazzo più popolare della scuola, perfino più di Jace.
Senza contare che Izzy aveva una certa propensione a registrare e memorizzare tutti i bei ragazzi che incontrava.
Riusciva quasi a immaginarsi la faccia orripilata di suo fratello mentre Isabelle chiedeva al ragazzo al suo fianco se fosse proprio "quel Magnus Bane".
No, per quanto la possibilità fosse tanto minuscola da risultare quasi inesistente, non poteva permettersi di rischiare.
« Occhi blu? Che c'è, ti sei pietrificato? » gli chiese ironicamente Magnus, vedendo la postura rigida che l'altro aveva assunto tutto ad un tratto.
Alec si voltò a guardarlo, con un espressione sconvolta stampata sul viso.
« Non girarti per nessuno motivo. Rimani dietro di me. » esordì, con una tale urgenza nella voce che l'altro non si azzardò a contraddirlo né a disubbidire.
« Che succede? Non dirmi che quei due imbecilli di Russ e Aric ci hanno seguito, ti prego. » bisbigliò, sperando con tutto il cuore che il moro lo contraddicesse.
Era già abbastanza grave che Alec si fosse scontrato con loro non una, ma ben due volte; ci mancava solo che riuscissero in qualche modo a scoprire dove vivesse.
« Peggio. Iz e Jace stanno arrivando. » disse l'altro lapidario.
Magnus aprì la bocca per rispondergli ma, vedendo i suoi fratelli ormai pericolosamente vicini, Alec aprì di scatto la porta e lo lanciò con malagrazia dentro casa.
« Ehi fratellone! » esclamò Izzy con entusiasmo, saltandogli letteralmente addosso.
Alec ebbe appena il tempo di chiudere la porta, prima di ritrovarsi sua sorella tra le braccia.
« Quanto affetto! » ridacchiò il ragazzo, scompigliandole amorevolmente i capelli.
Lei si staccò scoccandogli un’occhiataccia, probabilmente dovuta al fatto di aver avuto l'ardire di rovinarle l'acconciatura.
« Sai com'è, sono giorni che non vedo mio fratello. » replicò poi altezzosamente, guardandolo con chiaro rimprovero.
Alec si sentì terribilmente in colpa per aver, seppur involontariamente, ignorato la sua sorellina.
Ma a sua discolpa aveva avuto un'ottima motivazione: stare dietro a Magnus senza evitare che si facesse ammazzare era a dir poco impegnativo.
« Ho avuto da fare. » replicò con leggerezza, stringendosi nelle spalle.
Jace diede un leggero colpo di tosse, evidentemente nel tentativo di nascondere una risata.
« Oh, l'abbiamo notato. A proposito, non dimentichi qualcosa? Non so, magari di dirci chi era quello? » gli chiese poi sarcasticamente, inarcando un sopracciglio biondo.
Alec mise su la sua migliore espressione innocente, battendo appena le palpebre.
« Quello chi? »
Sua sorella gli lanciò un'occhiataccia da manuale, portandosi le mani sui fianchi e battendo un piede a terra.
« Credi di essere spiritoso? Quel grandissimo pezzo di figo che hai appena sbattuto dentro casa tua, ecco chi! » esclamò subito dopo, con una luce maliziosa negli occhi.
Alec arrossì leggermente, non potendo fare a meno di pensare a come quella descrizione gli calzasse a pennello.
Era innegabile quanto Magnus fosse bello.
« Ah, lui. Beh, ecco.. » balbettò, cerando in tutti i modi una scusa per poter giustificare la presenza del ragazzo a casa sua.
E, di certo, il fatto che Isabelle lo conoscesse meglio di chiunque altro e riuscisse sempre a capire quando mentiva, non aiutava affatto.
« Esatto, proprio lui. Che aspettavi a dirmi che stai uscendo con un ragazzo? Almeno avrei evitato di farmi mille preoccupazioni per le tue sparizioni di questi giorni! » ribatté prontamente la ragazza, non dandogli neanche il tempo di finire la frase, certo, sempre se si potesse definire "frase" quel balbettio indistinto.
Alec prese un respiro profondo, facendo appello a tutto il suo spirito razionale.
Isabelle davvero credeva che stesse uscendo con Magnus? D'altronde, cos'altro avrebbe dovuto pensare vedendo un ragazzo entrare in casa sua?
A quel punto era meglio assecondare quella versione, e fare poi il possibile per mandarli via.
Stava pensando al modo migliore per scusarsi, risultando il più convincente e contrito possibile per non scatenare le ire della sua sorellina, quando Jace decise di dare aria alla bocca,mandando al diavolo tutti i suoi buoni propositi.
« O almeno se non altro non avremmo temuto che ti fossi dato alla droga, come invece abbiamo fatto. » affermò semplicemente, quasi fosse il pensiero più naturale del mondo da fare sul proprio fratello maggiore.
Dato alla droga? Ma per chi accidenti lo avevano preso?
Bene, visto che erano stati capaci di pensare che si fosse trasformato in un drogato da un giorno all'altro, quasi come se non lo conoscessero affatto, il minimo che potesse fare era prendersi una piccola rivincita.
Forse, dopotutto, Magnus iniziava davvero a contagiarlo con il suo caratteraccio.
« In realtà avevate indovinato. Quello non è certo il mio ragazzo, ma il mio spacciatore di fiducia. Ora, se volete scusarmi, sarà meglio che vada dentro a pagarlo e a farmi dare la mia dose, prima che nell'attesa si faccia fuori tutti i miei funghetti allucinogeni. » affermò con la massima nonchalance a sua disposizione, facendo loro un gesto di saluto con la mano prima di voltarsi.
Udì chiaramente un verso strozzato provenire da dietro le sue spalle, seguito da un'imprecazione a dir poco colorita.
« ALEXANDER GIDEON LIGHTWOOD! » si mise a gridare Isabelle che, probabilmente, stava già pensando al modo migliore per farlo finire dritto in ospedale.
Quando utilizzava quel tono solitamente erano guai, guai molto seri.
Alec si girò lentamente a guardarla, tentando spasmodicamente di trattenere le risate.
« Iz non serve che gridi a quel modo, sono a venti centimetri da te, ti sento. » replicò tranquillamente, sollevando appena le sopracciglia.
Se già prima sua sorella era sconvolta,  ora vedendo l'espressione rilassata che si stava sforzando di mantenere, la ragazza sembrò seriamente sul punto di prenderlo a calci.
« Coma accidenti ti è venuta in mente una cosa del genere? E poi che diavolo hai da stare lì con quella faccia? Ti rendi conto di quello che hai appena detto? » continuò lei imperterrita, facendo del suo meglio per fulminarlo con lo sguardo.
Alec si sentì un po' colpevole vedendola così arrabbiata, ma si trattava di una vendetta più che meritata.
« E quindi? Isabelle, sono adulto e vaccinato, se voglio darmi agli stupefacenti sono liberissimo di farlo. Non vedo quale sia il tuo problema. » ribatté poi, mordendosi il labbro inferiore per non scoppiare a ridere rovinando quel momento a dir poco epico.
Sua sorella, difatti, lo stavo guardando con gli occhi fuori dalle orbite e con in viso l'espressione più scioccata che le avesse mai visto.
« Qual è il mio problema? Il mio problema è che il mio fratellone non è un maledettissimo drogato! Tira subito fuori il mio fratellone! » esclamò la ragazza con veemenza, scuotendolo poco delicatamente per le spalle.
Davanti a quella scena Alec non ce la fece più, e scoppiò a ridere tanto fragorosamente da farsi venire le lacrime agli occhi.
« Izzy calmati, stavo solo scherzando! » le spiegò non appena ebbe ripreso fiato, facendole spalancare la bocca per la sorpresa.
Subito dopo gli si lanciò addosso in un abbraccio spaccaossa, che gli strappò via di botto tutta l'aria dai polmoni.
« Ti sembrano scherzi da fare? Hai rischiato di farmi venire un infarto! » esclamò staccandosi da lui, e tirandogli un pugno sul braccio talmente forte da farlo barcollare leggermente; quando voleva sua sorella aveva la forza di un piccolo camionista.
« Ve la siete cercata. Mi avete preso per un drogato! A proposito, grazie mille per la fiducia. » replicò, scoccando un'occhiata truce ad entrambi e massaggiandosi la parte lesa con una mano, tanto per essere certo che vi circolasse ancora il sangue dopo quella botta.
Jace, che fino a quel momento aveva assistito in silenzio alla scena quasi fosse stato improvvisamente paralizzato sul posto, fece un passo avanti puntandogli un dito contro.
« Mi hai cacciato di casa perché il tuo gatto odia i biondi! Cosa avrei dovuto pensare?» gli chiese con un tono a dir poco incredulo. Evidentemente non aveva ancora digerito quella sua scusa infelice; certo, col senno di poi avrebbe potuto inventarsi di meglio, ma in quel momento non aveva saputo davvero che altro dire.
« Non è ti venuto il mente che fosse solo un modo per liberarmi di te? » ribatté sarcasticamente, portandosi una mano sotto il mento in una finta espressione pensierosa.
Jace spalancò la bocca scioccato, richiudendola subito dopo con un gesto secco.
Alec moriva dalla voglia di fargli notare quanto, in quelle condizioni, assomigliasse ad un povero pesce fuor d'acqua che cerca in tutti in modi di sopravvivere, ma ritenne saggiamente che non fosse il caso.
« Perché avresti dovuto farlo? » gli domandò poi il biondo, con un espressione a dir poco stranita in volto.
Già perché? Avanti Alec, pensa.
Valutò velocemente le sue possibilità, e si rese conto che alla fin fine avrebbe fatto meglio ad assecondare la teoria di Isabelle.
« Perché il mio ragazzo non mi rispondeva al telefono dalla sera prima ed iniziavo ad essere preoccupato. E di certo non potevo andare a casa sua a controllare con te piantato in mezzo ai piedi! » affermò incrociando le braccia al petto, e facendo del suo meglio per sembrare il più possibile sicuro di sé.
Jace sembrò valutare quella sua risposta, evidentemente cercando qualcosa su cui potesse contraddirlo.
Quando non trovò nulla da obbiettare, decise di passare al prossimo argomento della sua lista.
« E la telefonata che hai fatto a papà? Dice che sembravi fuori di te. » replicò, difatti, scrutandolo con aria inquisitoria.
Alec imprecò mentalmente, stando ben attento però a non lasciar trasparire il suo fastidio.
Dovevano proprio fare tutti quanti comunella per mettersi a ficcanasare nella sua vita? Aveva sì dato per scontato che suo padre fosse rimasto perplesso dalla sua uscita senza senso, ma non si aspettava certo che gli piazzasse i suoi fratelli alle costole.
Certe volte era davvero brutto crescere con gente che aveva il pallino del controllo assoluto su tutto.
« Quando sono arrivato a casa sua non l'ho trovato da nessuna parte, e continuava a non rispondermi. Ho temuto che gli fosse successo qualcosa; ero nel panico. » gli rispose semplicemente, stringendosi nelle spalle e sforzandosi di sembrare disinvolto.
Il fatto di aver appena detto una mezza verità lo aveva senz'altro aiutato: nel panico temendo che gli avessero fatto del male c'era andato seriamente.
Jace sembrò poco convinto da quella risposta ma, di fatto, non c'era niente che potesse fargli dire che gli stava mentendo.
Annuì seccamente, come a voler affermare che la storia era stata archiviata.
Alec lo conosceva troppo bene per esserne certo ma preferì lasciar cadere l'argomento.
« Allora, lo possiamo conoscere? » gli chiese sua sorella in quel momento, mettendosi quasi a saltellare per l'entusiasmo.
Il moro scosse vigorosamente la testa, non accennando minimamente a spostarsi dalla porta per farli entrare.
« Spiacente sorellina, ma c'è un motivo se ho cercato di tenervelo nascosto: non ho intenzione di permettervi di farlo scappare a gambe levate. Lui è.. seriamente importante per me. » affermò con una punta di divertimento nella voce, che si trasformò in imbarazzo su quell'ultima frase.
Dire quelle parole ad alta voce gli aveva procurato una strana sensazione, che si affrettò immediatamente a seppellire il più a fondo possibile nel suo inconscio; l'ultima cosa di cui aveva bisogno, era mettersi a pensare se seriamente Magnus fosse diventato più importante del dovuto per lui.
Izzy sembrò sul punto di protestare, ma non le diede modo di farlo: afferrandola delicatamente per le spalle la fece voltare, spingendola nella direzione da cui era arrivata.
« Forza, smammate. Non c'è niente da vedere. Se e quando potrò essere certo che farete i bravi ve lo farò conoscere, parola di scout! » esclamò, ridendo per le espressioni infastidite che avevano stampate in viso mentre li invitava "gentilmente" ad andarsene.
« Per questa volta passi, ma se non ti sbrighi a presentarmelo come si deve smetterai di essere il mio fratello preferito, sappilo! » replicò Iz guardandolo torvamente, per poi allontanarsi con la sua innata grazia.
« Dovrei sentirmi offeso secondo te? » domandò ironicamente Jace, riferendosi all'affermazione della sorella.
Poi, senza attendere risposta, scosse lentamente la testa e si affrettò a seguire la ragazza.
Alec tirò un sospiro di sollievo, e quando fu certo che se ne fossero andati si decise a rientrare in casa.
Magnus, che si trovava accovacciato con un orecchio poggiato contro la superficie legnosa della porta, non fece in tempo a scansarsi finendo inesorabilmente col perdere l’equilibrio e trascinandosi dietro Alec, aggrappandosi malamente alla cintura di cuoio dei suoi pantaloni.
Chiuse gli occhi, aspettando il contatto della sua testa contro il freddo pavimento, ma quando questo non avvenne, li riaprì lentamente.
Alec lo sovrastava con tutto il corpo, una mano dietro la sua nuca, mentre l’altra era posizionata vicino al suo viso per evitare di  cadergli completamente addosso.
Sbaglio, o ha cercato di proteggermi anche questa volta?
« Sai vero che quando prima ho detto che sarei stato in grado di divertirti, non ero realmente io a parlare, vero? » scherzò Alec, sfilando la mano per poggiarla a terra, in modo da sostenersi meglio.
L’altro, superato lo shock momentaneo, gli rivolse un’occhiata penetrante, ghignando come solo lui era in grado di fare, con un misto di ironia e malizia: « Eppure sembravi molto serio Alexander, pensavo giusto di metterti alla prova; tanto per vedere di cosa sei capace. » lo provocò, senza distogliere lo sguardo.
Alec dal canto suo non ci pensò minimamente a dargliela vinta. Armandosi anche lui della sua più tagliente ironia si avvicinò al suo viso, tanto da potergli sussurrare ad un orecchio.
Magnus percepì il respiro dell’altro infrangersi contro il suo collo, e dovette sforzarsi di reprimere un brivido di pura.. Di cosa esattamente?
Anche la sola presenza di Alec cominciava a destabilizzarlo,
confondendo ancora di più i suoi già ingarbugliati pensieri.
Non poteva negare di sentirsi terribilmente attratto dalla semplice ma al tempo stesso disarmante bellezza incarnata da quel ragazzo, tuttavia, perché gli faceva quello strano effetto?
Per la prima volta, sembrò comprendere cose che il suo corpo già aveva recepito da tempo: stava seriamente per prendersi una bella batosta per quel soldato che tanto aveva ammirato in passato, di quelle che non riusciresti mai a dimenticare nemmeno volendolo con tutto te stesso.
E Magnus sapeva benissimo quanta poca determinazione avesse in quel genere di situazioni.
« Sono capace di molte cose, a dire il vero. Non sono così innocente come credi. » la voce era scesa di un ottava, diventando più roca e al tempo stesso.. sexy.
Per l’Angelo, stava decisamente perdendo il senno, non vi era alcun dubbio al riguardo.
Magnus con un colpo di bacino ribaltò velocemente le posizioni, sedendosi a cavalcioni su di lui.
Alec stava facendo di tutto per non diventare delle tonalità più impensabili di viola; aveva provato a provocarlo per scherzare, convinto che Magnus poi avrebbe fatto qualche battutaccia facendo cadere l’argomento.
Invece, contro ogni sua possibile previsione, sembrava non volerlo proprio assecondare, anzi.
« Per essere un soldatino ligio al dovere, mi rendo conto che sei anche in grado di rompere gli schemi a volte. » asserì, guardandolo intensamente negli occhi.
Alec deglutì, sentendosi improvvisamente la gola secca.
Magnus era bello, doveva ammetterlo.
Era quel tipo di bellezza che ti entrava dentro senza possibilità di scelta, intrappolandoti nella sua fitta rete di meraviglie senza che te ne rendessi  realmente conto.
Come poteva chiamarsi quel mix di emozioni che sembravano danzare instancabili all’interno del tuo corpo?  Alec non riusciva proprio a rispondersi.
Con uno scatto si tirò su a sedere, scontrandosi impercettibilmente col naso di Magnus.
Quella situazione stava diventando estremamente familiare, ed entrambi sembravano non poterla più sopportare.
Entrambi, si resero conto di star desiderando la stessa cosa da fin troppo tempo, inconsapevolmente.
Magnus inclinò la testa di lato lentamente, avvicinandosi tanto quanto bastava per far sfiorare le loro labbra.
Poi però il cellulare squillò, rompendo la magia.
Magnus maledì più volte quel cavolo di aggeggio, alzandosi immediatamente dalle gambe di Alec.
Quest’ultimo, ancora scosso da quanto stava per accadere e dai mille pensieri che gli tormentavano la testa, si alzò a sua volta, ascoltando attentamente il nome di colui che li aveva appena interrotti: Headley.
E adesso che voleva ancora?   


Robert Lightwood lanciò sul tavolo il fascicolo che aveva in mano, in un chiaro gesto di esasperazione.
Era dietro a quel caso da mesi, eppure ancora non riusciva a venirne a capo.
Aveva setacciato la città in lungo e in largo alla ricerca del più minimo straccio di informazione, ma tutti i suoi sforzi erano risultati essere inutili.
E, ovviamente, neanche i suoi uomini avevano avuto successo.
Il maledettissimo capo di quel gruppo di trafficanti, che svolgeva indisturbato i suoi affari ormai da fin troppo tempo a suo parere, era sempre più avvolto in una fitta coltre di mistero.
E adesso che dopo tanta fatica erano riusciti a carpire il nome dell'intermediario che avrebbe potuto finalmente risolvergli le cose, non c'era verso che riuscissero a capire chi accidenti fosse.
Più passava il tempo senza alcun tipo di informazione, e più Robert era tentato di sottoporre ad un test del DNA l'intera città, tanto per stringere un po' i tempi.
Come se tutto ciò non fosse sufficiente, ci si metteva anche uno strisciante senso di preoccupazione, che gli era rimasto addosso dalla telefonata ricevuta giorni prima dal suo primogenito.
Qualsiasi genitore al suo posto avrebbe immediatamente archiviato la cosa schedandola come una ragazzata, ma non lui.
Conosceva troppo bene Alexander per prendere quella situazione alla leggera.
In ventiquattro anni di vita, mai, nemmeno una volta, lo aveva sentito farfugliare frasi senza senso in quel modo.
Lui era sempre stato il più responsabile, il più composto; era impossibile che fosse impazzito così di colpo, senza che ci fosse un motivo più che serio dietro.
Aveva chiesto a Jace di indagare sulla faccenda, ma ancora non aveva avuto alcun tipo di aggiornamento sulla situazione neanche da lui.
Sembrava che tutto il mondo si fosse messo d'accordo per mandarlo fuori di testa.
Deciso a risolvere un problema alla volta, afferrò il telefono componendo il numero di suo figlio.
« Pronto? » la voce del ragazzo risuonò cristallina nel suo orecchio, dopo appena pochi squilli.
« Jace, cosa hai scoperto su Alec? » gli chiese, senza tanti giri di parole. Non era mai stato da lui perdere tempo in inutili convenevoli.
Sentì una risata appena trattenuta, camuffata da un leggero colpo di tosse.
« A quanto pare il caro e vecchio Alec si sta dando da fare. » replicò poi ironicamente il suo interlocutore, contribuendo solo a far aumentare ancora di più i dubbi dell'uomo.
Aveva visto giusto? Suo figlio si era cacciato in chissà che situazione?
No, era impossibile: in tal caso Jace non sarebbe stato certo così tranquillo.
Impulsivo com'era, se solo avesse scoperto qualcosa di grave sul suo conto,  avrebbe già trascinato Alec alla base legato come un salame, inventandosi metodi tutti suoi per farlo rinsavire.
«  Figliolo, non sono davvero in vena di enigmi. Smettila di fare la Sibilla Cumana e dimmi cosa sai. » replicò seccamente, risultando più imperioso di quanto in realtà volesse.
A quella richiesta seguirono alcuni istanti di silenzio, quasi come se il ragazzo stesse cercando di elaborare le idee per presentargli la situazione andando dritto al punto.
« Alec si è trovato un fidanzato. » asserì poi Jace, in tono quasi compiaciuto.
Robert fu preso totalmente in contropiede da quell'affermazione, mentre il castello di carte, formato da tutta una serie di ipotesi di certo poco rassicuranti, crollava miseramente.
« U-un fidanzato? » gli chiese tanto per essere sicuro, balbettando lievemente per la sorpresa.
Era davvero quello il motivo per cui Alec si era comportato in modo così strano? Perché diamine non gliene aveva semplicemente parlato?
Okay, magari non era stato un gran padre per lui - troppo concentrato sui suoi doveri e sulle sue responsabilità - ma nell'ultimo periodo aveva fatto del suo meglio per recuperare, arrivando ad avere un ottimo rapporto con lui.
« Già. Io non posso dare opinioni, ma a detta di Izzy è anche un gran bel pezzo di ragazzo. » riprese Jace, ignaro dei dubbi che nel mentre affollavano la mente dell'altro.
Robert non ci mise molto a registrare quello che aveva appena sentito.
« Izzy? Tua sorella lo ha visto? Dove? » chiese sempre più perplesso, cercando di raccapezzarsi.
Poteva sembrare difficile da credere, ma a volte guidare un intero corpo dell'esercito era di gran lunga meno complicato che star dietro ai suoi figli.
« Lo abbiamo visto entrambi, anche se Alec si è rifiutato di presentarcelo. Io e Isabelle eravamo andati da lui per controllare la situazione, e li abbiamo beccati mentre rientravano a casa. » gli spiegò il ragazzo, cercando di essere il più conciso possibile.
L'uomo corrugò le sopracciglia, chiedendosi il perché di quello strano atteggiamento.
« Come sarebbe a dire che non ve lo ha presentato? » domandò, sperando che la risposta dell'altro lo avrebbe aiutato a fare un po' di chiarezza.
« Esattamente quello che ho detto. Quando ci ha visti arrivare lo ha letteralmente lanciato in casa sprangando la porta. Quando gli abbiamo chiesto il perché ha risposto che voleva evitare che lo facessimo scappare. » esclamò ridacchiando, quasi l'immagine del fidanzato di suo fratello in fuga da lui lo divertisse.
Robert sospirò stancamente, passandosi una mano sul viso.
Chiunque conoscesse minimamente Jace ed Isabelle avrebbe senz'altro fatto lo stesso, di questo era sicuro, ma nonostante questa consapevolezza la cosa gli risultava comunque strana.

Non era da Alec escludere così la sua famiglia.
« Vi ha almeno spiegato il perché di quelle sue uscite, giorni fa? »
Aveva quasi paura a chiedere visto le risposte precedenti, ma se voleva cercare di ricavare un quadro chiaro da quella storia, doveva sapere ogni minimo dettaglio.
« A quanto pare mi ha cacciato di casa perché, visto che il suo ragazzo non gli rispondeva al telefono dalla sera precedente, era preoccupato e voleva controllare. Quando andando a casa sua non l'ha trovato è andato nel panico, credendo che fosse successo qualcosa, ed ha chiamato te. » replicò Jace tentennando lievemente, come se non credesse del tutto a quella versione.
E anche Robert la pensava esattamente così.
Forse avrebbe potuto essere credibile se non fosse stato per il fatto che, quando lo aveva chiamato, Alec aveva esclamato un "sono arrivati prima loro".
Loro chi? A chi si riferiva?
Se era solo preoccupato perché non trovava il suo ragazzo, perché usare quella frase? No, decisamente c'era qualcosa che non andava.
« Posso sapere come si chiama il mio futuro genero? » chiese con nonchalance, quasi fosse una domanda butta lì per caso.
In realtà aveva tutte le intenzioni di fare dei controlli, tanto per stare tranquillo.
« Ehm.. Non ce lo ha voluto dire. »
Okay, a quel punto non aveva più dubbi: Alexander nascondeva qualcosa.
« Senti Jace, non potreste magari.. » iniziò, ma prima che potesse finire la sua richiesta il figlio lo interruppe.
« Tranquillo papà, Izzy sta già pensando al modo migliore per metterlo sotto torchio. » esordì difatti, riuscendo a strappargli un miniscolo sorriso.
C'era da aspettarselo da Isabelle: quella ragazza era tale e quale a sua madre.
« Perfetto, tenetemi informato ed occhi aperti. » concluse poi, chiudendo subito dopo la chiamata.
Bene, almeno in minima parte iniziava ad avere più chiaro uno dei due problemi.
Ora rimaneva l'altro.
Stava per alzarsi, intenzionato a cercare i suoi due uomini migliori per ricevere aggiornamenti, quando questi, dopo aver rispettosamente bussato, fecero il loro ingresso nella stanza.
« Caleb, Shane, eccovi. Stavo per venirvi a chiamare. Avete notizie sul caso Bane? » chiese loro, ostentando il suo solito tono mortalmente calmo, e sistemandosi meglio sulla poltrona.
I due uomini assunsero un'espressione lievemente titubante, quasi stessero cercando anche loro di capirlo completamente.
« Abbiamo passato a setaccio tutti gli indirizzi, i conti bancari, perfino gli schedari per vedere se qualcuno con quel nome avesse avuto a che ridire con la giustizia. » affermò Shane seccamente, evidentemente scocciato dal fatto che quella ricerca si stesse rivelando per tutti più difficile del previsto.
« E? » lo spronò a continuare il generale, pur immaginandosi dove quel discorso sarebbe andato a parare.
« Non abbiamo trovato né indirizzi né conti bancari, questo tizio è un fantasma. » gli rispose prontamente Caleb, rivolgendo al suo superiore uno sguardo di scuse.
Robert si lasciò cadere pesantemente sullo schienale, imprecando mentalmente per l'ennesima volta.
Che accidenti dovevano fare per riuscire a mettere le mani addosso a quello lì? Non era possibile che non ci fosse modo di riuscire a scoprire chi fosse.
Poteva fuggire e nascondersi quanto voleva, prima o poi sarebbe riuscito a metterlo alle strette e lo avrebbe costretto a parlare.
Ora che finalmente aveva una possibilità di bloccare un giro di quel calibro, non avrebbe certo permesso ad un qualunque delinquente di mandare tutto a monte.
« Anche se.. » riprese lentamente Caleb, riportando su di sé l'attenzione del generale.
L'uomo gli rivolse un'occhiata perplessa, incoraggiandolo a finire.
« Crediamo di aver finalmente trovato una pista, signore. » affermò il soldato, mentre un lampo di soddisfazione passava sul suo viso.
Robert piegò la bocca in un ghigno, battendo una mano sul tavolo per l'entusiasmo.
« Dite davvero? Finalmente. » replicò poi, studiando attentamente i suoi uomini.
Questi annuirono seccamente, in risposta a quella domanda retorica.
« Abbiamo finalmente - come avete giustamente detto - un indiziato. I nostri uomini gli sono addosso, è solo questione di tempo prima che riusciamo a sbatterlo dentro. » spiegò poi Shane, senza distogliere gli occhi da quelli del suo superiore.
Quest'ultimo gli rivolse uno sguardo palesemente soddisfatto.
« Ottimo lavoro. Fate in modo di prenderlo il prima possibile, voglio mettere la parola fine a questa storia. » ordinò, rivolgendo loro  un leggero sorriso.
Inutile dire quanto i due soldati si sentirono gratificati per quel gesto: considerando quanto fosse rigido il generale, era necessario fare l'impossibile per ottenere anche un minimo e velato apprezzamento, figuriamoci una cosa del genere.
« Grazie, signore. Sarà fatto. » esclamò Caleb, pronto a congedarsi.
Prima che potesse muovere un passo, però, Robert li richiamò.
« Potete mettere qualcuno dei nostri uomini nelle vicinanze di casa di mio figlio? Si tratta solo di una prevenzione, certo, ma preferisco tenerlo sotto controllo. Ovviamente dovranno essere molto discreti per evitare che se ne accorga. » gli chiese poi, decidendo bellamente di ignorare le espressioni confuse e le sopracciglia corrugate dei due.
« Signore? Vuole che mettiamo qualcuno a sorvegliare Jace? » gli chiese incerto Shane, scoccando un'occhiata all'altro in cerca di conferma.
Il generale scosse vigorosamente la testa, passandosi lentamente una mano sul mento.
« Non Jace, Alec. » spiegò loro, ritrovandosi subito dopo di fronte a due espressioni a dir poco basite.
« A-Alec, signore? Ne siete sicuro? » balbettò Caleb, guardando l'uomo completamente stralunato.
Robert cercò di non prendersela per quella reazione.
Dopotutto, entrambi conoscevano il suo primogenito da anni, e sapevano fin troppo bene quanto il suo ragazzo fosse praticamente perfetto sotto ogni punto di vista; non poteva certo biasimarli se la richiesta di sorvegliare lui, e non magari quella testa calda di Jace, li aveva spiazzati.
« Sicurissimo. » rispose comunque, in un tono che non ammetteva repliche.
I due si misero sull'attenti, portandosi rapidamente la mano destra alla fronte.
« Si, signore. »
« Certo, signore. »
Dopo avergli risposto praticamente all'unisono, sia Caleb che Shane uscirono velocemente dall'ufficio del generale, pronti ad eseguire gli ordini che gli erano stati impartiti.
Robert li vide allontanarsi, sospirando appena: era tempo di rimettersi a lavoro.


Jace ripose il telefono nella propria tasca nel momento stesso in cui Isabelle tornò a sedersi al tavolino del bar vicino la centrale, mandando indietro con un gesto i suoi bellissimi riccioli scuri.
« Allora? Cosa voleva papà? » chiese senza troppe cerimonie, portandosi la tazzina di caffè alle labbra.
Jace poggiò i gomiti sulla superficie plastificata, incrociando le mani sotto al mento in una tipica posa riflessiva.
« Sapere qualche novità su Alec. » rispose semplicemente, fissandola intensamente negli occhi.
Isabelle capì subito ciò che suo fratello gli stava comunicando con lo sguardo: entrambi infatti, avevano intuito che qualcosa non andava nella versione raccontata da Alec.
Per quanto potesse essere plausibile come spiegazione, lo conoscevano troppo bene per credere fino in fondo a quella versione dei fatti.
Dubitavano infatti che il loro caro fratello maggiore potesse andare in crisi solo perché il fidanzato non rispondeva al telefono. Cosa poteva mai succedergli di così tanto grave da mandarlo in palla?
« Fammi indovinare, dobbiamo scoprire chi è questo presunto ragazzo. » lo anticipò, osservandolo mentre annuiva in maniera impercettibile.
Isabelle sorrise, accavallando le gambe in maniera elegante; la minigonna aderente viola si sollevò appena di qualche millimetro.
« Quindi abbiamo bisogno di un piano. » continuò, posando la tazzina sul  piattino di ceramica.
Jace si arruffò i capelli con una mano, sorridendo in maniera sghemba: « Credi di essere in grado di fare del lavoro extra? » la provocò giocosamente.
Isabelle corrugò le sopracciglia, formando una ruga verticale al centro della propria fronte, mentre le labbra tinte di viola si incurvarono in un sorrisino appena accennato.
Le dita scivolarono esperte tra quei capelli setosi, spostandosi la frangia da una parte all’altra.
« Non hai la benché minima idea di cosa sono in grado di fare, fratellino. » rispose. Poi, scoccandogli un bacio volante, si alzò, dirigendosi verso la porta.
Conoscendola, sarebbe andata dritta in ufficio per riordinarsi le idee, poi avrebbe creato una sorta di strategia alla Izzy style.
Sperava solo che sarebbe stata realmente capace di scoprire cosa c’era davvero sotto tutta quella faccenda di Alec, perché conoscendolo difficilmente si sarebbe fatto raggirare, era troppo bravo in quel genere di cose.
Sospirando, lasciò qualche banconota sul tavolino, poi uscì anche lui, diretto a casa.
Spera che sia davvero la verità Alexander, o sarai presto in mare di guai.



Hi! Sappiamo che volete ammazzarci perchè son ben due volte che vi facciamo "credere" che il bacio Malec sia lì per poi.. distruggere i vostri sogni xD Ma bon, giuriamo che questa è stata l'ultima volta xD
Allora, Izzy e Jace sono entrati in scena all'improvviso destabilizzando Alec, che non ha avuto modo di pensare ad un qualcosa di credibile da rifilargli.. ed ecco che quindi i due partono alla carica perchè devono proteggere il loro fratellone.. :D cariniii xD
Per quanto riguarda il padre, al contrario di quello che molte di voi hanno ipotizzato, Robert non è affatto sconvolto del fatto che Alec stia frequentando un ragazzo. La sua preoccupazione è sul chi sia in realtà e sul perchè occhi blu cerchi di nasconderlo :D Sorpresa(?)xD lo sappiamo che lo volevate cattivo v.v xD
Come al solito vi ringraziamo tutte, sia per seguire la storia, sia per recensirla, siete davvero fantastiche e non abbiamo parole per definirvi!<3
Davvero, grazie<3
Semmai voleste iscrivervi ad il gruppo facebook, se ancora non l'avete fatto e ne avete intenzione, cliccate qui ---> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Vi mandiamo un grosso bacione, alla prossima settimana!
Bye!<3

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Capitolo 9
*** Capitolo #9 ***


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Capitolo #9
« Come ti è venuto in mente di organizzare tutto in una manciata di minuti? »
Alec guardò Magnus fare avanti e indietro per la stanza, il cellulare poggiato sull’orecchio destro e un tic all’occhio che sembrava non volerlo proprio abbandonare.
Lo vide battere il piede a terra con fare impaziente, mordendosi il labbro in maniera tanto violenta che per un attimo Alec pensò volesse staccarselo da solo con i denti.
Si raccapricciò a quel pensiero.
« Lo so che devo concludere il lavoro, lo so. » continuava a blaterare nervosamente, passandosi una mano in mezzo ai capelli e scompigliandoseli appena.
Ok, che era ovvio che prima o poi avrebbe dovuto concludere quel maledetto affare lasciato in sospeso, ma non si aspettava di certo che Headley nel giro di appena mezz’ora dal loro incontro, gli organizzasse il tutto per lo scambio.
Soprattutto se poi gli aveva appena detto che aveva quasi rischiato di lasciarci le penne durante il fatidico incontro.
Non che pensasse che gli avrebbe dato modo di riprendersi, figurarsi, per lui avevano aspettato anche fin troppo tempo, ma almeno aveva sperato di avere il tempo necessario per prepararsi.
« Ho capito, ci andrò. » concluse sospirando, poi, richiuse la chiamata, gettando il cellulare sul tavolo della cucina con malagrazia.
« Andrai dove esattamente? » gli chiese Alec, potendo finalmente venire a conoscenza del contenuto della telefonata.  
Magnus si passò una mano sul viso con fare stanco, per poi lanciargli un breve sguardo attraverso le dita.
Probabilmente rivelarglielo sarebbe equivalso ad una nuova ramanzina e ad una nuova litigata sul perché  non dovesse assolutamente andare.
E Magnus era davvero stufo di ricordargli che destare sospetti non era la maniera più efficiente di agire.
Senza contare poi che stava di nuovo per impicciarsi in faccende che non lo riguardavano, e la cosa non poteva che alterarlo.
« Non credo siano affari tuoi. » rispose con nonchalance, gesticolando con una mano.
Alec trattenne l’istinto di prenderlo a testate sui denti, mordendosi impercettibilmente il labbro inferiore.
Non poté fare a meno di provare una punta di delusione nell'udire quell'affermazione: credeva si fosse finalmente instaurata una certa complicità, dell’intesa, soprattutto visto ciò che stava per accadere pochi minuti prima, ma a quanto pareva Magnus continuava a considerarlo ancora uno sconosciuto.
Ma come puoi ancora considerarmi tale, dopo che mi hai praticamente scombussolato la vita?
« Oh ma davvero? Non sono affari miei? Certo, che sciocco! » esclamò con enfasi, alzando le braccia in un chiaro segno di esasperazione.
Magnus restò impassibile di fronte alla sua reazione, scrutandolo con estrema freddezza.
Già si era fatto imbambolare nemmeno mezz’ora prima, permettendogli di seguirlo e di farsi quasi ammazzare con la sua incoscienza, non avrebbe di certo ripetuto lo stesso errore due volte.
« Alexander, quello che intendo di- »
« Che non vuoi farmi immischiare perché tieni alla mia incolumità? Per favore risparmiami questa storiella, perché ne ho davvero piene le scatole. » lo interruppe, avvicinandosi a lui.
Magnus aprì la bocca, pronto a rispondergli piccato, ma lo sguardo di fuoco che il moro gli lanciò lo fece desistere.
Aveva visto Alec arrabbiato, eccome se l’aveva visto, eppure in quel momento sembrava diverso, come se ci fosse ben altro oltre alla collera ad offuscargli la vista.
Alec lo guardava dritto negli occhi, le sopracciglia corrugate e un’espressione furente stampata in viso, quasi fosse un leone pronto ad accanirsi sulla propria preda con ferocia.
« Se sei stufo, allora lasciami stare Alec. Rivolgiti a tuo padre e digli tutto quello che sai, digli anche di me se necessario. Non voglio che tu muoia Alexander, non voglio. » ritrovò l’uso della parola Magnus, cercando di fargli capire che per lui era importante che l’ascoltasse.
Alec fece un passo indietro, momentaneamente destabilizzato dalla sua risposta.
Magnus si sentì incoraggiato da quel suo tentennamento, e avanzò verso di lui inchiodando la sua figura al tavolo da cucina.
« So che non posso decidere per te Alec, so che vorresti salvarmi anche se ancora non ne capisco il motivo, e so che se ti metti in testa di voler fare qualcosa, non sarò di certo io a farti cambiare idea. - cominciò, fissandolo intensamente negli occhi. - Ma so anche che non posso permetterti di fare un passo falso, quando so per certo di poter evitare una situazione pericolosa per entrambi. Perciò ti prego, resta a casa questa volta. »
Alec si sorprese nel sentirsi dire una cosa del genere proprio da Magnus.
Non c’era niente da fare, quel ragazzo dagli occhi costantemente velati da un’amara tristezza, non faceva altro che sorprenderlo giorno dopo giorno.
Poche persone ne erano capaci, e non riuscì a reprimere un sorriso nel constatare che lui ne facesse parte.
« Apprezzo il fatto che tu voglia proteggermi Magnus, ma so badare a me stesso. » rispose, facendo sbuffare l’altro.
Certo, sapeva proprio badare a se stesso, come no.
Alec era la persona più cocciuta che Magnus avesse mai visto in vita sua; non solo si ostinava a non voler prendere in considerazione l’idea di trovarsi effettivamente anche lui in una situazione di pericolo, ma oltretutto faceva persino di tutto per peggiorare la loro già precaria posizione.
Possibile che non riuscisse a capire che non doveva esporsi troppo? Soprattutto poi, se si parlava di un tipo come lui?
Alec non aveva ancora ben capito che razza di persona fosse, altrimenti era sicuro che non l’avrebbe protetto con tutto se stesso, come invece stava già facendo.
Ma rivelargli ogni dettaglio per fargli capire chi davvero si trovava di fronte era una cosa che non era ancora in grado di fare, anzi, forse non ne sarebbe stato mai capace.
Non voleva assolutamente sentire il peso del suo giudizio ricadergli sulle spalle, doloroso come lo erano in parte i suoi ricordi.
No, forse non lo avrebbe mai detto a nessuno.
« Senti, - provò, ormai al limite della sopportazione - ti propongo un patto. » esordì laconico, cominciando a girargli intorno come durante un interrogatorio.
Lo sguardo finì inesorabilmente per scivolare sull’intera figura di Alec, passando dal viso etereo al collo candido, dalle spalle larghe e ben piazzate, alle braccia muscolose con qualche vena in tendenza, e da quel sedere che tanto gli sarebbe piaciuto tastare - perché per Lilith, era wow - alle gambe toniche e allenate.
Perché Alec doveva essere così dannatamente erotico? E perché continuava a reprimere l’istinto di buttarsi e conquistarlo?
Non si era mai fatto troppi problemi a passare da un ragazzo ad un altro, sostenendo che per il genere di vita che conduceva, non poteva assolutamente affezionarsi a qualcuno.
Ed è proprio per questo che non ti fai avanti, perché sai che se ci caschi, questa volta non puoi rialzarti e scappare da lui.
Dannazione, quel dannato occhi blu stava davvero mandando il suo cervello a farsi benedire.
« Avanti allora, sentiamo. » lo riportò alla realtà la fonte dei suoi pensieri, quando completata la radiografia poco velata, si fermò nuovamente a pochi centimetri dal suo viso.
« Sono sicuro del fatto che se io ti dicessi di non seguirmi, lo faresti lo stesso, credo lo abbiamo appurato entrambi questo. - cominciò, cercando di risultare il più serio possibile - Perciò okay. Puoi venire con me, ma l’affare lo sbrigo io, tu ne resti fuori. Letteralmente. » concluse, guardandolo minacciosamente e con un sopracciglio inarcato in un’aria davvero saccente.
Alec valutò attentamente la proposta, determinandone i pro e i contro.
Poi, decidendo che era fattibile e che comunque, in caso di necessità sarebbe intervenuto - che Magnus lo volesse o meno -, poteva definirsi un buon affare.
« E sia, principessa. »



Jace lanciò la penna sulla sua scrivania con malagrazia, massaggiandosi le tempie con le dita.
Per quanto cercasse di sforzarsi, non riusciva proprio a capire qual era il tassello mancante in tutta quella faccenda. Sospirando, decise di prendersi un caffè alla macchinetta fuori dal suo ufficio, bisognoso di una bella dose di caffeina.
Inserì qualche moneta e spinse il bottoncino, premurandosi prima di togliere tutto lo zucchero.
Il familiare suono del campanellino gli annunciò che la sua bevanda era pronta, e prendendo il bicchiere con mani ferme, ne buttò giù il contenuto con poche sorsate.
« Jace! Cercavamo proprio te! »
Jace cestinò il bicchierino di carta, voltandosi poi verso Caleb e Shane, due dei suoi più cari amici, nonché ottimi soldati.
« Beh, mi avete trovato ragazzi. » li salutò con un leggero pugno sulla spalla, sorridendo.
Da quanto ne aveva memoria, Caleb e Shane erano stati due figure presenti nella sua vita, fin dalla sua adolescenza dove avevano stretto un forte legame.
Inizialmente non scorreva buon sangue con i due fratelli, considerando che li reputava dei perfetti figli di papà incapaci di affezionarsi davvero a qualcosa che non fossero i soldi.
Ma poi si era dovuto ricredere, quando li aveva ascoltati per puro caso parlare dei propri sogni e delle proprie aspirazioni.
Volevano entrambi entrare nell’esercito per servire il loro paese e per ridurre la criminalità, volenterosi di contribuire in maniera efficiente a risolvere i problemi delle persone.
Jace era rimasto alquanto sorpreso nel sentirli parlare in maniera così intensa e profonda, tanto da non essere riuscito a trattenersi dall’immischiarsi in quella conversazione che aveva tutta l’aria di essere privata.
Da lì era incominciata la loro amicizia, che si era sempre più solidificata nel tempo.
« Abbiamo sentito dal generale che Alec sta.. Come dire.. Dando di matto ultimamente. » incominciò ad intavolare il discorso Shane, tentennando appena.
Caleb annuì con vigore per enfatizzare le parole del fratello, cercando negli occhi di Jace la risposta a tutti i propri dubbi.
« Dato.. di matto? » ripeté lentamente il biondo, come a voler soppesare ogni singola parola.
Probabilmente Robert aveva messo al corrente anche loro di quella situazione, anche se non ne capiva bene la motivazione, visto che ci stavano pensando già lui ed Isabelle ad andare in fondo alla faccenda.
In effetti doveva assolutamente ricordarsi di chiedere ad Izzy se fosse riuscita a trovare una strategia; magari l’avrebbe chiamata più tardi.
« Uhm, beh.. Diciamo che l’aver trovato un fidanzato gli ha dato leggermente alla testa. » rispose, non volendo entrare nei dettagli.
Infondo, quello era un problema di Alec e non suo, perciò non si sentiva di spifferare tutte le sue questioni personali in giro, anche se si trattava di loro.
Nemmeno lui capiva fino in fondo cosa stesse accadendo al proprio fratello maggiore, figurarsi se avrebbero potuto riuscirci loro due solo dalle poche informazioni in suo possesso.
« Alec ha un ragazzo? - chiese confuso Shane, sbarrando gli occhi per la sorpresa - E da quando? »
Jace accennò ad un sorrisino malizioso e forse anche un po’ colpevole.
Sapeva infatti che tra lui ed Alec era successo qualcosa in passato: si erano frequentati per circa un anno, ma poi si erano lasciati per l’incompatibilità di carattere.
Tuttavia Jace sospettava che l'amico provasse ancora qualcosa per suo fratello, sebbene non avesse mai accennato alla questione da quel giorno.
Avevano continuato ad avere un buon rapporto, sia a livello di lavoro che di amicizia, e Jace non aveva mai voluto indagare sulla cosa, lasciando che fossero loro a sbrigarsela.
« In realtà non da molto presumo. » rispose tranquillamente, poggiandosi con la schiena contro la macchinetta.
Caleb lanciò un breve sguardo al fratello, quasi ad assicurarsi che stesse bene, ma vedendolo tranquillo come se la cosa  non lo turbasse minimante, si rilassò.
« Se è solo questo, non capisco perché mai dovremmo ehm.. stalkerarlo. » pronunciò confuso quest’ultimo, cercando di capirci qualcosa.
Già gli era parso strano che da i tre dei suoi figli, il generale avesse fatto il nome proprio di Alec, - visto che era sempre stato il più diligente di tutti, nonché uno dei migliori nel suo lavoro -, figurarsi sapere che la motivazione di tutto quello scompiglio era il semplice fatto che avesse un fidanzato..
Non ci stava capendo più niente.
« Mio padre vi ha chiesto di farlo seguire? » domandò Jace scioccato, non riuscendo a credere alle proprie orecchie.
Okay che da quando Maryse era venuta a mancare aveva sviluppato un forte senso di protezione per i suoi figli, ma possibile che fosse preoccupato fino a tal punto?
Pensandoci bene, era tipico di lui: doveva per forza avere la situazione sotto controllo, altrimenti non riusciva a stare tranquillo.
« Sì. Infatti volevamo saperne il motivo, ma se è davvero questo.. Beh, in ogni non possiamo mancare a degli ordini. » rispose Caleb, grattandosi distrattamente il mento con una mano.
Jace prese nota di parlare anche con il padre, tanto per farsi chiarire qualche dubbio. Prima però, avrebbe senz’altro contatto Isabelle per informarla e per farle dare una mossa.
« Buon lavoro allora. » li salutò con una mano, senza però preoccuparsi di farsi vedere pensieroso.
Si rifugiò dietro la sua scrivania, sollevando la cornetta del telefono e componendo velocemente un numero.
Aspettò qualche secondo, poi la voce della sorella gli risuonò forte e chiara nelle orecchie.


« Bene, entriamo. »
Magnus si voltò di scatto verso il ragazzo, guardandolo con un lampo omicida negli occhi.
Lo stava per caso prendendo in giro?
A casa - si rifiutava di analizzare il fatto che per lui, oramai, l'abitazione del moro fosse diventata "casa" - avevano discusso per un’eternità prima di arrivare ad una soluzione accettabile, ed ora Alec si permetteva di fare finta di niente?
Prima o poi lo avrebbe davvero strozzato nel sonno, se lo sentiva.
« Alexander, quale parte del io entro e tu resti fuori non hai ben compreso? » gli chiese sarcasticamente, inarcando appena un sopracciglio.
Il ragazzo gli rivolse un’occhiata penetrante, avvicinandosi a lui di qualche passo.
« Visto che me lo chiedi, quella in cui dici di voler entrare da solo a parlare con l'uomo che ti vuole morto. Dammi pure del paranoico, ma sono fermamente convinto che ci sia qualcosa che non vada in questo piano. » replicò poi palesemente stizzito, passandosi una mano tra i capelli come ogni volta in cui era nervoso o a disagio per qualche motivo.
Magnus lo afferrò saldamente per un braccio, conducendolo dietro un angolo dell'edificio, per riuscire a parlargli senza doversi spostare ogni due secondi per non farsi investire da qualche passante.
Ezekiel, difatti, aveva pensato bene di chiedergli di vedersi in un locale di una delle zone più affollate e trafficate della città.
Dire che quella scelta lo aveva lasciato di stucco era un eufemismo.
Forse credeva che in quel modo non avrebbe avuto problemi a presentarsi all'incontro, convinto di trovarsi al sicuro tra la gente che, in ogni caso, difficilmente avrebbe prestato ascolto a loro e a quello che si sarebbero detti.
Magnus preferiva di gran lunga quell'ipotesi, all'opzione in cui Ezekiel sfruttava la confusione del posto per portarlo chissà dove e dargli l'ultimo saluto.
Non che avrebbe mai fatto presente quella sua perplessità ad Alec; sarebbe stato impossibile convincerlo a rimanere fuori dopo.
Quasi contro la sua volontà si ritrovò a sorridere lievemente a quella considerazione: non importava quanto si impegnasse a negare di provare qualcosa per occhi blu, il suo inconscio non smetteva di fargli presente quanto il fatto che quel ragazzo si preoccupasse così per lui lo rendesse felice.
Cosa che, di conseguenza, aumentò ancora di più la sua determinazione a far sì che Alec restasse immischiato il meno possibile con quell'uomo.
Poteva anche essere un bravo soldato e un combattente fenomenale, ma non gli avrebbe permesso per nulla al mondo di trovarsi nella stessa stanza con un sadico come quello.
« Alexander, ti prego. Ne abbiamo già discusso fino allo sfinimento: non ci sono altre alternative e lo sai benissimo anche tu. » iniziò, sforzandosi di essere conciliante.
Un atteggiamento del genere era contro il suo stesso carattere, ma non poteva permettersi di perdere la calma spingendo l'altro ad ignorare ciò che gli diceva per ripicca.
Inutile dire infatti che Alec era abbastanza caparbio da fare una cosa del genere.
« Potresti non entrare. » replicò immediatamente l'altro, usando lo stesso tono risoluto a cui aveva fatto ricorso già nei giorni passati, ogni qual volta voleva convincerlo di qualcosa.
Magnus alzò gli occhi al cielo per l'esasperazione, cercando al contempo di mantenere i nervi salvi.
Diamine se era cocciuto.
« Non posso, lo sai. Headley mi ha ordinato di trattare con Dixon. Se viene a sapere che non mi sono presentato si insospettirà e saranno guai grossi per entrambi. Se davvero vuoi trovare un modo per chiudere tutta questa storia, occorre che teniamo un profilo basso e non destiamo sospetti. » gli rispose poi, facendo del suo meglio per risultare diplomatico.
Alec sospirò pesantemente, passandosi per l'ennesima volta le mani tra i capelli e scompigliandoseli ancora più di quanto già non fossero: sembrava si fosse appena alzato dal letto.
« Hai ragione. Maledizione, lo so benissimo che non si può fare altrimenti ma non riesco a stare tranquillo al pensiero che incontri quel tizio. Lo hai detto tu stesso che è un pazzo criminale. » gli rispose poi, appoggiandosi al muro dietro di lui e incrociando le braccia al petto.
Magnus si maledì mentalmente più e più volte: se fosse stato un po' meno sincero magari non sarebbe stato così arduo persuaderlo.
Sfruttando il silenzio dell'altro, Alec decise di tornare alla carica con un ultimo tentativo.
« Magari potrei venire con te. Non mi intrometterei nel discorso, te l'assicuro, ma potrei assicurarmi che.. » iniziò a dire, ma venne brutalmente interrotto da Magnus che, d'un tratto, sembrava aver ritrovato l'uso della parola.
« No. Non ci pensare nemmeno. Non permetterò che tu ti faccia ammazzare per la tua maledetta testardaggine! » gli inveì contro, senza preoccuparsi minimente di attirare l'attenzione dei passanti su di sé; che pensassero pure quello che più preferivano, aveva ben altre preoccupazioni in quel momento.
Per quanto Alec fosse convinto del contrario, Magnus sapeva perfettamente che Ezekiel lo avrebbe ucciso senza pensarci due volte e, proprio per questo motivo, non avrebbe mai permesso che si incontrassero.
Poco importava se alla fine sarebbe stato costretto a prenderlo a bastonate in testa per farlo desistere, Alec doveva restare al sicuro.
« Ma tu senti da che pulpito! Non so se te ne rendi conto, ma si può dire tranquillamente lo stesso per te! » ribatté il moro indignato, alzando le braccia al cielo.
Magnus sospirò avvicinandosi poi a lui, tanto da lasciare solo pochi millimetri a dividere i loro corpi.
« Alexander, ascoltami bene. Tu ti sei intromesso nei suoi piani scoprendo molto più di quanto avresti dovuto, e oltretutto, come se questo non bastasse, hai dato per ben due volte una sonora lezione ai suoi uomini. Se Ezekiel ti dovesse vedere anche solo da lontano, non farebbe passare neanche un istante prima di provare ad ucciderti. » affermò con sicurezza, guardandolo negli occhi.
« Nel mio caso è diverso. Non nego che muoia dalla voglia di farmi fuori, ma non lo farà; o almeno non oggi. Sa perfettamente che senza di me non riuscirà mai a mettere le mani sulle sue preziose armi. Io gli servo, non mi farà niente. » riprese poi, sperando con tutto il cuore che l'altro riuscisse finalmente a capire cosa stava cercando di dirgli.
Alec restò in silenzio per alcuni istanti, mordendosi a sangue le labbra.
« Okay, va bene. Hai vinto. Prometto di restare qui, ma ad una condizione: se le cose si dovessero mettere male dovrai chiamarmi immediatamente. » replicò infine, fissandolo con quei suoi occhi incredibilmente azzurri, che sembravano volergli perforare l'anima.
Magnus pensò quasi di ribattere, ma si rese subito conto di quanto sarebbe stato controproducente.
« Hai la mia parola. » gli rispose in tono solenne, cercando di eliminare i sensi di colpa per avergli appena mentito.
Dopotutto non era poi così grave dire una piccola bugia a fin di bene, giusto?
Non lo avrebbe mai avvisato in caso di pericolo, a costo di rimetterci la vita, ma questo occhi blu non doveva certo saperlo.
Alec annuì impercettibilmente, in apparenza più tranquillo.
« Bene. Io entro, tu aspettami qui e stai pronto a intervenire nel caso servisse. »
Magnus si girò, deciso ad allontanarsi prima che l'altro potesse cambiare idea, ma non riuscì a fare neanche un solo passo.
Una presa salda sul suo braccio lo costrinse a voltarsi, e prima ancora che potesse davvero rendersi conto di quanto stesse succedendo, le labbra di Alec erano sulle sue. Dopo l'iniziale smarrimento - non si aspettava certo una simile iniziativa da parte del moro, meno che mai in un momento del genere - Magnus si lasciò completamente andare tra le braccia dell'altro.
Alec lo strinse più forte a sé, quasi temesse che potesse allontanarsi o rifiutarlo.
Ma Magnus non aveva nessuna intenzione di fare niente di tutto ciò: tutta la sua sicurezza, la sua convinzione nel non voler provare nulla per quel ragazzo, si erano dissolte nell'esatto momento in cui le loro labbra si erano sfiorate.
Era sempre stato bravo a mentire, in particolar modo poi a sé stesso, ma era davvero impossibile negare quanto quel gesto lo avesse destabilizzato.
Si sentiva completamente in balia delle sensazioni incredibili che stava provando, mentre tutta la sua razionalità andava in vacanza insieme alla capacità di giudizio. Sapeva che quello era sbagliato, che doveva tenere il suo occhi a blu a distanza per il suo stesso bene, ma non riusciva davvero a staccarsi da lui.
Mai gli era successo di perdere completamente il controllo in quel modo per un misero bacio. Come se poi il suo subconscio avesse bisogno di un ulteriore prova di quanto il bel soldato maniaco del controllo contasse per lui.  
Alec, rassicurato dal fatto che l'altro non lo avesse ancora preso a pugni in faccia per quel suo gesto sconsiderato, approfondì ulteriormente il bacio sfiorando la lingua di Magnus con la sua.
Quest'ultimo, in tutta risposta, andò a cingergli il collo con le braccia, facendo aderire completamente i loro corpi.
Entrambi sembravano aver completamente dimenticato la realtà che li circondava: Ezekiel, il pericolo, e le loro controversie, in quel momento non contavano più nulla. Alla fine però, pur se malvolentieri, furono costretti a separarsi, tornando con i piedi per terra.
« Se osi farti uccidere, io ti ammazzo. » mormorò Alec a pochi centimetri dal viso dell'altro, non accennando minimamente ad allentare la presa sui suoi fianchi.
 Magnus alzò lo sguardo verso i suoi occhi, perdendosi completamente in quel blu che non gli era mai parso così simile a quello di un mare in tempesta.
« Non sarò un esperto, ma dubito che si possa uccidere un uomo morto. » disse semplicemente, ancora troppo stordito per usare il suo tipico sarcasmo.
Alec sorrise lievemente, scostandogli una ciocca di capelli dal viso.
« Vorrà dire che troverò il modo di resuscitarti solo per poterti uccidere con le mie mani. » ribatté poi, facendo ridacchiare l'altro.
« Mi sembra un po' un lavoro inutile, sai? » replicò quest'ultimo allontanandosi leggermente dal ragazzo, e cercando al tempo stesso di tornare padrone delle sue emozioni.
Alec si limitò a scuotere la testa, rassegnato al fatto che niente sarebbe stato mai facile con Magnus, neanche le presunte minacce di morte.
« Fa attenzione, principessa. »

                                                              ***
Magnus sospirò profondamente, cercando di concentrarsi su quanto stava per fare. Ezekiel di certo non avrebbe aspettato che scendesse dalla sua nuvoletta felice prima di parlare di affari. Era molto più probabile che gli avrebbe sparato senza pensarci due volte se non fosse stato ben attento.
Per quanto si sforzasse però, non riusciva a smettere di vedere l'espressione di Alec mentre lo pregava di stare attento.
Maledetto occhi blu.
Lo mandava in confusione come mai gli era successo.
Rimandando ad un secondo momento tutti i pensieri che gli affollavano la mente, spinse la porta del locale.
Da subito fu investito da un permeante odore dei cibi più disparati, mentre un vociare indistinto giungeva alle sue orecchie.
Ancora una volta si chiese per quale oscuro motivo Dixon avesse chiesto di vederlo in quel locale, circondato da quell'atmosfera che doveva essere a dir poco pacchiana per un uomo come lui.
Rinunciando al tentativo di capire cosa c'era nella mente deviata di quel pazzo, aguzzò la vista cercando di individuare lui o uno dei suoi uomini tra la folla.
Dopo alcuni istanti riuscì a scorgere la figura massiccia di Russ, seduto in fondo alla sala in un tavolo molto più appartato rispetto agli altri.
Accanto a lui c'era un uomo sulla cinquantina, fasciato in un elegante completo su misura che stonava terribilmente con l'ambiente circostante.
Dixon.
Evitando agilmente una graziosa cameriera che arrancava con un enorme vassoio su una spalla, si diresse con grazia verso i due uomini. Facendo del suo meglio per apparire il più possibile sprezzante e sicuro di sé, si accomodò di fronte a loro con un’espressione imperscrutabile sul viso.                                
« Bene, parliamo d'affari. »





Kabooom(?) xD
E fu così che il tanto atteso bacio avvenne xD un bacio al fly di cui avrete chiarimenti nel prossimo capitolo :D
Ma a parte ciò, abbiamo introdotto un pochino i due fratelli Caleb e Shane che nei prossimi capitoli avranno un po' più di rilievo :D vi aspettavate che Shane stesse con Alec? xD
Volevamo inoltre informarvi che sempre nel prossimo capitolo, verrà approfondito anche un po' il passato di Magnus perchè..perchè era ora v.v xD
Al solito vi ringraziamo tutte per seguire la storia! <3 ci fa davvero piacere sapere che molte di voi l'apprezzano!
Un grazie a chi ci dedica un po' del proprio tempo per farci sapere il proprio pensiero <3 A-D-O-R-I-A-M-O <3
Speriamo che questo capitolo vi sia piaciuto(se vi va, fateci sapere cosa ne pensate), e vi diamo appuntamento alla prossima settimana! <3
E se aveste voglia di entrare nel gruppo facebook, non dovete far altro che cliccare qui ---> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Bye!<3


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Capitolo 10
*** Capitolo #10 ***


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Capitolo #10
Dove accidenti si è andato a cacciare?
Alec non faceva che porsi quella domanda da interminabili minuti, mentre continuava a camminare avanti e indietro in preda ad un tracollo nervoso.
Di quel passo avrebbe finito col fare una voragine nel terreno, ma non gli importava minimamente.
Era passata più di mezz'ora da quando Magnus aveva fatto il suo ingresso nel locale, e ancora non era tornato.
Poteva capire che un accordo per uno scambio di merci di quel tipo richiedesse del tempo, ma non immaginava certo così tanto.
E se era successo qualcosa? E se gli avevano fatto del male?
No, doveva stare calmo: Magnus gli aveva promesso che in caso di pericolo lo avrebbe allertato, dandogli modo di andarlo a salvare.
E se non gli avessero dato la possibilità di avvisarlo?
Cercò di allontanare quel pensiero, facendo il possibile per convincersi che sarebbe andato tutto bene.
Dopotutto stava piantonando l'uscita con la massima attenzione possibile, senza contare poi che difficilmente un uomo scaltro come quello, si sarebbe azzardato a mettere a repentaglio la sua copertura cercando di uccidere qualcuno davanti a così tanta gente.
Magnus stava bene, ne era convinto.
E allora perché diavolo non esce?
Sospirò pesantemente, passandosi stancamente una mano sul viso; doveva tranquillizzarsi in qualche modo, o avrebbe finito con l'uscire pazzo.
Anche se non era del tutto certo di non essere già arrivato a quell'ultimo stadio, non dopo il modo in cui si era comportato.
Come gli era venuto in mente di baciare Magnus?
Evidentemente quel piccolo siparietto avuto con il ragazzo solo poco prima lo aveva destabilizzato più di quanto avesse creduto.
Se Headley non avesse telefonato proprio in quel momento, probabilmente sarebbe stato Magnus stesso a fare la prima mossa.
O almeno, di questo si era convinto.
Che come al solito avesse frainteso tutto?
Eppure non gli era parso affatto disgustato dal suo gesto quando lo aveva baciato.
Certo, non che gli avesse dato la possibilità di rendersi conto di quanto stesse accadendo. Nemmeno lui sapeva spiegarsi con esattezza perché avesse agito in quel modo: aveva visto Magnus voltarsi pronto per andare dritto tra le braccia del pericolo, e l'unica cosa che era stato in grado di pensare era che non voleva si allontanasse da lui.
Maledizione. Che cosa stai combinando?
Niente stava andando più secondo i suoi piani, e la cosa peggiore era che non aveva la minima idea di come riportare ogni cosa nel suo asse.
Si era ripromesso di trovare un modo per salvare Magnus, così da poter estinguere il debito e il senso di gratitudine che provava da anni nei suoi confronti; ma anche ora che era venuto a conoscenza di quasi ogni dettaglio, non sapeva davvero da dove iniziare per tirarlo fuori da quel giro. Non senza che venisse arrestato, o peggio ancora, ucciso.
In più adesso, come se non bastasse, si stava prendendo una sbandata colossale per quel rompiscatole melodrammatico che continuava a voler restare avvolto in chissà quale mistero.
Complimenti, tu sì che sai come complicarti la vita.
Perché per quanto avesse fatto uso di tutta la sua diligenza e disciplina per ignorare la cosa, Magnus significava per lui ben più di quanto volesse ammettere.
Quando aveva iniziato a provare quei sentimenti nei suoi confronti?
Forse durante una delle loro infinite discussioni; o quando aveva capito che nonostante gli atteggiamenti da diva stava solo cercando di proteggerlo; o nel momento in cui lo aveva confortato e consolato, togliendogli dalle spalle quello che per tanto tempo era stato il suo peso più grande; o magari in una delle tante volte in cui aveva temuto per la sua vita.
Non avrebbe saputo dirlo con certezza.
Anche se una parte di lui era ben consapevole di essersi irrimediabilmente legato a Magnus nel giorno in cui tanti anni prima, dopo averlo difeso, lo aveva guardato come nessuno aveva mai fatto prima di lui.
Merda.
Sembrava una fottuta ragazzina sentimentale in preda agli ormoni.
Era veramente il caso che si sforzasse di tornare padrone di sé e delle sue emozioni: Magnus poteva anche aver risposto al bacio, ma difficilmente avrebbe mai provato qualcosa per lui.
E questo tagliava definitivamente la testa al toro.
Scacciando via dalla sua mente quelle considerazioni che avrebbero solo finito col farlo diventare pazzo, tornò alla realtà.
Erano passati altri dieci minuti. E di lui non c'era traccia.
Alec imprecò in maniera più che colorita, mandando al diavolo anche quell'ultimo briciolo di pazienza che gli era rimasta.
Poco importava quanto si sarebbe arrabbiato se lo avesse scoperto: era ora di andare a controllare di persona.
Sfilò la pistola - che saggiamente quella volta aveva deciso di portarsi dietro - dalla fondina, togliendo rapidamente la sicura.
Poi, tenendosi il più possibile incollato al muro per non farsi vedere da nessuno, si avvicinò di soppiatto alla porta del locale, pronto ad entrare se necessario.
Stava per svoltare l'angolo quando si scontrò con una figura apparsa all'improvviso, e che rischiò seriamente di farsi sparare.
« Che cosa credevi di fare? »
Bene, si era appena fatto cogliere con le mani nel sacco proprio da Magnus.
Ricordando fin troppo bene la scenata che si era dovuto subire quando si era introdotto di nascosto a casa di Headley, non ci mise molto a decidere di propinargli una piccola menzogna.
« Io? Niente. Mentre ti aspettavo stavo lucidando la mia pistola. Già finito? » replicò difatti, mettendo su la migliore espressione angelica a sua disposizione e riponendo al contempo l'arma.
Magnus gli scoccò un'occhiataccia contrariata, spingendolo appena per farlo indietreggiare.
« Secondo te potrei davvero bermi questa balla? Stavi di nuovo per immischiarti, vero? E poi da dove accidenti hai tirato fuori quella cosa? » gli domandò poi palesemente piccato, continuando a guardarlo in cagnesco.
Alec non fece minimamente vacillare la sua espressione, aggiungendo anche un disarmante sorriso a completare il tutto.
Negare sempre, negare fino alla morte.
« Immischiarmi? Io? Non oserei mai. Dal cassetto della scrivania; reputavo saggio essere preparato questa volta, non si sa mai. Vieni principessa, andiamo via da qui.» gli rispose candidamente iniziando a incamminarsi verso casa, dove lo aspettavano tutti gli aggiornamenti del caso che di certo l'altro, conoscendo i precedenti,  non gli avrebbe fornito, non senza una certa dose di domande e minacce.
« Certo, certo. Poi facciamo i conti, brutto cavaliere zuccone. » si limitò a borbottare Magnus contrariato, prima di seguire il suo occhi blu.



Ezekiel fissò per alcuni istanti il punto in cui Magnus era sparito, per poi agguantare il suo bicchierino di liquore sopra il bancone.
Mandò giù il contenuto giallognolo tutto d'un sorso, mentre sentiva la gola bruciare quasi avesse appena ingoiato un tizzone ardente.
Russ lo osservò attentamente, senza proferire alcuna parola, aspettando che fosse lui a prendere l’iniziativa per qualsiasi tipo di conversazione.
Sempre che ne volesse fare alcuna, s’intendeva.
L’uomo rigirò il piccolo bicchierino di vetro tra le mani, osservandolo con poco interesse. Vi era riflesso il suo volto, un volto scavato dagli anni e dagli occhi infossati che tanto timore riuscivano ad incutere.
Non che gli dispiacesse: amava far tremare con una semplice occhiata anche la terra sotto i suoi piedi, adorava il modo in cui le persone abbassavano lo sguardo ogni volta che passava, necessitava di mostrare quanto potente era.
Perché lo rendeva forte, indistruttibile, dominante.
« Come ti è parso, Russ? - domandò al suo inefficiente tirapiedi, poggiando il bicchierino e chiedendone poi un altro - Quel ragazzo che vi ha steso. Ti pareva uno degli uomini di Headley proprio come sostiene? » specificò, afferrando quanto ordinato.
Russ sembrò rifletterci su, valutando davvero quella domanda, ma Dixon interruppe i suoi pensieri riprendendo parola.
« Fosse stato uno dei suoi uomini si sarebbe presentato all’incontro, non trovi? » chiese, più a se stesso che effettivamente all’altro.  
Anche il contenuto del secondo bicchierino sparì in pochi istanti.
Ezekiel ghignò, aggiustandosi la cravatta con un movimento secco delle mani, poi si girò verso Russ, che aveva lo sguardo puntato sul bancone; tutto pur di non avere un contatto visivo con lui.
« Cerca di proteggerlo, davvero adorabile. » esordì, un sorriso sadico dipinto sul volto.
Si alzò dallo sgabello, dirigendosi con poche falcate verso la porta, avvertendo subito dopo la presenza dell’altro dietro di lui; sapeva che lo avrebbe seguito immediatamente e senza fiatare.
« Chiama Headley e chiedi conferme sulla sua identità. - ordinò, facendo un gesto con la mano - In ogni caso però, assicurati che ad affare concluso entrambi spariscano dalla faccia della Terra. »
Poi, con un elegante gioco di dita, fece scattare lo sportellino della sua bellissima BMW.
Lanciando dunque un ultimo sguardo a Russ, salì sull'auto e mise in moto, lo sguardo subdolo ed un sorriso per niente rassicurante ad incurvargli le labbra.



« Certo, penso a tutto io. Ti farò sapere al più presto. »
Alec osservava Magnus parlare al telefono con Headley, comodamente seduto sul divano di casa sua.
Non appena erano rientrati, l'altro si era subito precipitato ad aggiornare il suo capo sulle ultime novità circa l'affare con Dixon, onde evitare di farlo insospettire o attirare le sue ire.
Ad Alec non era restato altro da fare se non cercare di capire, dai frammenti di conversazioni che riusciva a cogliere, quanto era stato stabilito nell'incontro tenutosi poco prima.
Dopo aver finalmente chiuso la conversazione, Magnus andò a sedersi accanto al suo occhi blu palesemente curioso e in attesa di sentire quanto gli avrebbe detto.
« Avanti, spara. Lo vedo che muori dalla voglia di sommergermi di domande. » esordì ironicamente, dando un leggero colpetto con la gamba al moro.
Quest'ultimo non riuscì a trattenere un sorrisino, evidentemente colto sul fatto, mentre si sforzava di fare mente locale.
Difatti, se già prima ogni volta che si trovavano così vicini la tensione era sempre dietro l'angolo, ora, dopo quel bacio, si sentiva ancora più insicuro e fuori posto.
« Allora, com'era la bestia dal vivo? » chiese infine, nell'evidente tentativo di alleggerire l'atmosfera.
Magnus scoppiò a ridere fragorosamente per quell'uscita assolutamente priva di senso, mentre gli rivolgeva un'occhiata divertita.
« Non potrei credere neanche con tutto l'impegno del mondo che era questo che volevi tanto domandarmi. Non più di quanto abbia creduto alla storia per cui prima stavi solamente lucidando la pistola. » ribatté immediatamente dopo, cogliendo l'occasione per fare riferimento al discorso che occhi blu aveva cercato di far cadere per non prendersi una bella lavata di testa.
Alec non mutò minimante espressione, quasi come se le parole dell'altro gli fossero completamente scivolate addosso.
« Di cosa avete parlato? Come ha intenzione di procedere? » gli domandò poi semplicemente, rifiutandosi di raccogliere quella provocazione.
Magnus sbuffò sonoramente, borbottando delle frasi incomprensibili - molto probabilmente insulti rivolti al ragazzo - prima di decidersi a rispondere.
« C'è voluto un po', anche se non credo che tu ci abbia fatto caso impegnato com'eri nelle pulizie, ma alla fine siamo riusciti a trovare un punto di incontro soddisfacente per entrambi. »
L'ironia di quella frase non sfuggì ad Alec, che dovette trattenersi dal ridacchiare; di certo non si poteva dire che Magnus fosse il tipo di persona che si perdeva d'animo anche se, purtroppo per lui, quella volta non l'avrebbe avuta vinta.
« Credevo che fosse tutt'altro che felice del cambio di programma, sopratutto del fatto che Headley avesse deciso di chiedergli il doppio del prezzo per la consegna della merce. » affermò con sicurezza, guadagnandosi un'occhiataccia dall'altro per quell'ulteriore tentativo di sviare le sue decisamente poco velate accuse.
Magnus poggiò la schiena, portandosi le gambe al petto e scostandosi una ciocca di capelli dal viso.
« O, ci puoi giurare. All'inizio ero convinto che mi avrebbe fatto fuori davanti a tutta quella gente tanto sembrava adirato. Dopo tanto autocontrollo e un duro lavoro di persuasione, sono riuscito a fargli infilare nella zucca che non ci farebbe un bel niente con le sue preziose armi da dietro le sbarre di una prigione. »
Alec tornò a guardarlo, in attesa che continuasse a parlare.
« Aspetterà che si calmino un minimo le acque o che, comunque, si riesca a trovare un posto sicuro dove effettuare lo scambio senza ritrovarsi l'esercito addosso. In cambio però, pretende che il prezzo venga drasticamente diminuito. » riprese difatti poco dopo l'altro, con lo sguardo fisso davanti a sé.
Per quanto oramai avesse quasi completamente vuotato il sacco con il moro circa i suoi "affari", gli faceva sempre uno strano effetto trattare certi argomenti con lui con tanta disinvoltura.
Ogni volta aspettava il momento in cui il suo bell'occhi blu sarebbe saltato su indignato alla sua ennesima rivelazione, dichiarando di non voler avere nulla a che fare con lui.
D'altronde, cosa ci faceva un ragazzo così buono ed onesto ancora alle prese con i suoi guai?
Non sapeva davvero spiegarselo, ma di una cosa era sicuro: di certo non se lo meritava.
« Mi sembra una soluzione abbastanza intelligente. Certo, non che desideri davvero che quel pazzo venga in possesso di un simile armamentario, ma devo riconoscere che sa quello che fa. Come l'ha presa Headley? » gli domandò Alec dopo aver pienamente recepito quanto aveva sentito, ignaro di tutti i dubbi che in quel momento si affollavano nella mente dell'altro.
Magnus sbuffò sonoramente, raggomitolandosi ancora di più su sé stesso.
« Di certo non ha fatto i salti di gioia. Anche se ha dovuto ammettere che è un buon accordo, soprattutto se si considera che la cifra di partenza era comunque abbastanza considerevole. » rispose poi sarcasticamente, guardando l'altro in tralice.
Alec sorrise lievemente, ormai abituato a quella sottile ironia.
« Beh, se non altro sei riuscito a guadagnare un po' di tempo. » replicò, passandosi una mano tra i capelli corvini.
« Non così tanto. Nessuno dei due è particolarmente noto per la sua pazienza. » gli rispose l'altro, guardandolo di sbieco.
Alec non poté trovare nulla da obbiettare in quella considerazione, ma non per questo si lasciò scoraggiare.
« Sarà sufficiente, vedrai. Troveremo il modo di.. » iniziò, ma fu bruscamente interrotto da Magnus, che decise bene di cimentarsi nella sua ennesima sfuriata.
Il moro a quel punto non se ne stupiva quasi più.
« Noi non faremo proprio un bel niente! Non so più come dirtelo: tu devi restare fuori da questa storia, è troppo pericoloso! Anzi, sai cosa? Dovrei andarmene da questa casa e non metterci piede mai più. » gli gridò contro, saltando letteralmente su dal divano.
Alec prese un respiro profondo, passandosi stancamente una mano sugli occhi: si preannunciava l'ennesimo scontro senza senso.
« Si può sapere che cosa ti prende adesso? Eravamo d'accordo che avremmo trovato una soluzione insieme. » gli fece notare, sforzandosi di mantenere la calma.
Magnus si voltò di scatto verso di lui, con una luce che non gli aveva mai visto prima nello sguardo.
« Questo era prima che Dixon iniziasse a darti la caccia. Alec, lui mi ha chiesto di te, voleva sapere dov'era il ragazzo che "si diverte ad ostacolare i suoi piani". L'espressione agghiacciante che aveva in volto mentre mi ha posto quella domanda.. No, non se ne parla nemmeno: la sola idea che tu ti avvicini a lui mi da i brividi. » esclamò poi con veemenza, lasciando il moro a bocca aperta.
E così Dixon si era messo a cercarlo? Non poteva certo dire che la cosa lo scioccasse più di tanto, dopotutto aveva pestato a sangue i suoi uomini.
Quello che più lo sconvolgeva era la reazione dell'altro, il fatto che fosse tanto spaventato da quella scoperta.
Subito dopo lo shock, però, avvertì un'inspiegabile sensazione di calore all'altezza del cuore: Magnus aveva paura per lui, era preoccupato all'idea che Ezekiel gli facesse del male.
Restò a guardarlo per diversi istanti, incapace di formulare una qualsiasi risposta né tantomeno di muovere un singolo muscolo.
Era più che convinto del fatto che se in quel momento si fosse minimamente spostato dalla posizione in cui si trovava, avrebbe finito col baciarlo nuovamente e con ancora più trasporto.
E non si poteva certo dire che fosse un'idea brillante, non se si teneva conto della situazione.
« Non sapevo che cosa dirgli. Se avessi risposto che eri un semplice passante avrebbe voluto ucciderti, ma fargli presente chi eri sarebbe stato venti volte peggio. Alla fine ho inventato che il tizio che era intervenuto altro non era se non uno degli uomini più fidati di Headley, sperando che questo lo facesse desistere dallo starti addosso. Ma se dovesse capire che non è vero.. » riprese l'altro, all'oscuro della battaglia interiore che stava avendo luogo nel moro.
« Non succederà. E poi in ogni caso mi vorrebbe morto lo stesso. » riuscì a replicare quest'ultimo, sforzandosi si far valere la sua opinione su tutta quella storia.
Magnus gli scoccò un'occhiataccia di fuoco, puntandogli un dito contro con fare accusatore.
« Questo perché tu sei un maledetto incosciente! Non ti farebbe male emigrare in Guatemala finché non sarà tutto finito. E poco ma sicuro, non ti avvicinerai a quel pazzo per nessun motivo. » affermò in tono imperioso, cercando di troncare sul nascere qualsiasi protesta.
Peccato che avesse sottovalutato la testardaggine dell'altro, che non aveva nessuna intenzione di dargli ascolto.
« Beh, in questo caso abbiamo un bel problema, perché mi rifiuto di scappare e nascondermi. Ho giurato che ne saremo usciti e lo faremo, quell'uomo non mi spaventa. » ribatté prontamente, alzandosi in piedi a sua volta.
Magnus imprecò sonoramente, mettendosi entrambe le mani nei capelli a testimoniare tutta la sua esasperazione.
« Maledizione, perché ti rifiuti di capire? Non permetterò che tu muoia per colpa mia. Non potrei sopportarlo, non di nuovo. »  gridò infine, oramai completamente incapace di controllarsi e di rendersi conto di quello che era appena uscito dalla sua bocca.
Alec inspirò di colpo, guardando l'altro basito.
Eccolo finalmente: il pezzo mancante, l'ultimo tassello del puzzle, quell'elemento che gli permetteva di chiudere il cerchio collegando ogni cosa.
Qualcuno era morto a causa sua, o almeno, questo era ciò di cui Magnus si era convinto.
Per questo si sforzava di fare la parte del criminale insensibile, per questo reputava sé stesso un mostro.
« Chi era? Chi è stato a morire per causa tua? Era per questo? Il fatto che tu ti sia ritirato dal liceo, il tuo essere entrato in un gruppo di trafficanti, il dolore e il senso di colpa che ho visto nei tuoi occhi quando ti ho parlato di mia madre... E' tutto collegato, non è vero? » gli chiese lentamente, desideroso di chiarire definitivamente ogni dubbio, ma temendo al tempo stesso che l'altro decidesse di chiudersi per l'ennesima volta a riccio, finendo col tagliarlo fuori.
Tutto il colore aveva d'improvviso lasciato il volto di Magnus che, dalla sua espressione, sembrava aver appena visto un fantasma.
Evidentemente non aveva previsto di perdere il controllo in quel modo rivelando così tanto, né tantomeno si aspettava che Alec fosse in grado di giungere a quella conclusione.
« Fidati, è meglio che tu non lo sappia. » mormorò poi, con lo sguardo fisso a terra.
Alec avanzò di un passo, portandosi a pochi centimetri da lui.
« Principessa, puoi parlarne con me. Capisco che non sia facile, ma non puoi tenerti tutto dentro; prima o poi dovrai dirlo a qualcuno. Fidati di me, ti prego. » esordì con il tono più dolce a sua disposizione, sollevandogli delicatamente il volto per poterlo guardare negli occhi.
Magnus si immerse in quelle pozze di un blu spettacolare, valutando veramente per la prima volta la possibilità di confessare ogni cosa.
In cuor suo sapeva che Alec non lo avrebbe giudicato né lo avrebbe trattato diversamente, ma razionalmente continuava a temere il suo disprezzo e disgusto.
Forse poteva essere proprio quella la sua ancora di salvezza: quel maledetto testardo si rifiutava di chiamarsi fuori da quel disastro che era diventato la sua vita, lasciandolo al suo destino, ma se gli avesse fatto capire una volta per tutte di non valere un simile sforzo, forse avrebbe rinunciato pensando alla sua incolumità.
Quella era la cosa più giusta da fare: doveva proteggerlo anche a costo di farsi odiare.
« Sono cresciuto in uno dei quartieri più malfamati della città, con un padre alcolista e con il vizio del gioco ed una madre a cui non importava un'accidenti di me. Nessuno dei due era troppo tagliato per il ruolo del genitore. » iniziò con un sospiro tremante, tenendo lo sguardo sulla parete dietro la testa del moro.
Alec, ansioso di conoscere ogni singolo dettaglio della sua storia, continuava a fissarlo in attesa di sentire cosa l'altro gli avrebbe detto.
« Mio padre passava tutte le sue giornate buttato in qualche squallido bar, a bere e sperperare ogni singolo spicciolo che riusciva in qualche modo a racimolare. Quando alla fine si degnava di tornare a casa era in condizioni talmente pietose da non esitare neanche un solo istante a maltrattare me o la mamma. » riprese, mordendosi a sangue le labbra nel tentativo di mantenere il suo respiro regolare e di controllare i nervi.
Alec, su quell'ultima affermazione, strinse istintivamente le mani a pugno, tanto da farsi sbiancare le nocche.
Dire che un comportamento del genere fosse vergognoso, era un eufemismo.
Come si poteva lasciare un bambino in una simile situazione?
Se non altro capiva a cosa era dovuta tutta la forza di carattere di Magnus: per sopravvivere doveva averne avuto un disperato bisogno.
« Un bel giorno, però, mio padre decise che noi due eravamo solo un intralcio per lui. E come biasimarlo considerando che doveva sottrarre al suo prezioso fondo per gli alcolici il denaro sufficiente per permetterci di mangiare? Pensò bene, quindi, di sparire dalla nostra vita senza farsi più rivedere. »  il ragazzo pronunciò ogni singola sillaba con amarezza, mentre un ghigno appena accennato si delineava sul suo viso.
Alec continuava a non emettere un solo suono, lasciando all'altro tutto il tempo necessario.
« Mia madre cadde in depressione. Perse completamente interesse per qualsiasi cosa la circondasse, non toccava più cibo e rimaneva ore ed ore a fissare il soffitto rinchiusa nella sua stanza, quasi sperasse di trovarci la soluzione a tutti i suoi problemi. Se già prima non era una madre presente, dopo l'abbandono di mio padre si trasformò nell'ombra di sé stessa, e io divenni completamente invisibile per lei. » continuò a raccontare subito dopo, torcendosi le mani e continuando a guardare ovunque tranne che verso l'altro.
Quest'ultimò si avvicinò ancora di più a Magnus, cercando di trasmettergli un po' di conforto; era evidente dalla sua espressione pallida e spaurita che stava per giungere alla parte più traumatica di quella vicenda.
« Io la odiavo per questo. Sapevo che stava male, che dopotutto non era colpa sua, ma non potevo fare a meno di avercela con lei. Avrei dovuto fare qualcosa, cercare un modo di aiutarla, ma ho finito per abbandonarla a sé stessa. Finché un giorno sono tornato a casa e... » si interruppe bruscamente, prendendo dei respiri profondi.
« Ehi, è tutto apposto. Non devi continuare se non vuoi. » esordì Alec prendendo parola per la prima volta da quando l'altro aveva iniziato il suo racconto, sforzandosi di utilizzare il tono più rassicurante a sua disposizione.
Magnus scosse lievemente la testa, determinato ad andare fino in fondo.
« L'ho trovata sdraiata a terra, immobile, distesa in una pozza di sangue. Si era tagliata le vene, Alec. Ho chiamato immediatamente i soccorsi, ma non c'era più niente da fare. » concluse, con la voce che gli tremava leggermente e gli occhi chiusi come a voler allontanare quel ricordo dalla sua mente.
« Magnus...» iniziò il moro, per interrompersi subito dopo.
Cosa avrebbe potuto dirgli? Non era mai stato bravo a consolare le persone, non sapeva davvero come fare a farlo stare meglio.
In quel momento desiderò ardentemente avere l'abilità di Jace nel formulare discorsi, quella sua retorica innata che gli consentiva sempre di dire la cosa giusta.
« Se solo fossi stato meno egoista, meno superficiale, forse le cose non sarebbero andate così. Forse se le fossi rimasto accanto, invece di lasciarmi prendere dal risentimento, avrei potuto salvarla. Ma così non è stato. Capisci adesso? Io sono un mostro, merito il tipo di vita che ho. » riprese l'altro, lasciando trasparire tutto il suo dolore e il suo senso di colpa.
Alec smise di pensare, e prima ancora di rendersene conto aveva stretto Magnus a sé, abbracciandolo con tutte le sue forze.
Il ragazzo emise un verso sorpreso, affondando subito dopo il viso nell'incavo del collo del suo occhi blu.
Non riusciva a crederci: gli aveva appena raccontato il suo più grande peccato, qualcosa che avrebbe fatto scappare chiunque a gambe levate, e lui lo consolava?
Nel caso in cui avesse ancora bisogno di prove per avere la certezza del cuore buono e puro di Alexander, le aveva appena avute.
« Non è stata colpa tua, principessa. Anche volendo non avresti potuto fare niente per aiutarla. Tu non sei un mostro, vedi di metterlo bene in testa, perché te lo ripeterò fino allo stremo se sarà necessario. » gli bisbigliò quest'ultimo in un orecchio, lasciandolo spiazzato.
Scacciando il rimpianto e l'odio verso sé stesso, per una volta, si permise di crederci.
Tra le braccia di Alexander niente aveva più importanza, e avrebbe potuto tranquillamente convincersi di qualsiasi cosa.
Dopo un tempo che ad entrambi sembrò infinito, Magnus si staccò lentamente dall'altro, ringraziandolo con lo sguardo e accarezzandogli dolcemente una guancia.
Alec sorrise appena senza accennare a staccare gli occhi dai suoi.
Poi con sospiro sembrò riscuotersi da quella specie di trance, e ripristinò una distanza di sicurezza dall'altro.
« A questo punto cosa facciamo? » chiese subito dopo, riportando la conversazione su un terreno più neutro.
Magnus sollevò un sopracciglio, guardandolo con la sua tipica aria di superiorità.
« Tu non farai proprio un bel niente. A costo di legarti. » replicò altezzosamente, facendo alzare gli occhi al cielo al moro.
Se prima voleva tenerlo al sicuro a tutti i costi, adesso dopo quello che Alexander aveva appena fatto per lui, non avrebbe mai lasciato che qualcuno gli facesse del male, a qualsiasi costo.
Era ben consapevole di sembrare una ragazzina sdolcinata, ma non gliene importava niente.
Quel soldato irriverente e testardo era diventato fin troppo importante per lui, non poteva permettersi di perderlo.
« Tu sei l'essere più cocciuto e caparbio che abbia mai conosciuto! Sei davvero insopportabile! » gli gridò contro occhi blu, per nulla felice di quella sua ultima affermazione.
Magnus eliminò nuovamente la poca distanza che li separava, fregandosene del tentativo del moro di tenere sotto controllo la situazione.
« Ah sì? Non mi sembrava la pensassi così quando, poco fa, mi hai baciato. A proposito, posso sapere perché lo hai fatto? »
Alec si irrigidì immediatamente, mentre le sue guance si colorivano di un tenue rossore.
Si girò per non farsi vedere, schiarendosi la voce per darsi un minimo di contegno: «  Beh perché.. Mi andava. » rispose, mordendosi la lingua subito dopo.
Che voleva dire che gli andava? Perché una volta tanto non rifletteva prima di parlare a vanvera?
Magnus aprì la bocca, scioccato ed indispettito allo stesso tempo. E forse, anche un po’ deluso.
Infondo si era aperto con lui come mai aveva fatto prima, gli aveva mostrato il suo lato più debole, lo aveva messo a conoscenza della parte più oscura della sua anima... Si era spogliato per la prima volta di ogni maschera, perché era lui.
E perché per la prima volta aveva inevitabilmente incominciato a provare qualcosa che non fossenon solamente rabbia verso se stesso, ma un qualcosa che gli scaldava il cuore e che gli dava la forza per vivere.
Quindi come poteva dire una cosa del genere?
« Ah, ti andava? Bene, quindi se a me va di scippare una vecchietta posso farlo e giustificarmi in questo modo, giusto? » gli chiese ironicamente, voltando Alec verso di lui con uno strattone.
« E questo cosa c’ent- »
« C’entra eccome, Alec. » lo interruppe, avvicinandosi ancora di più.
Alec restò immobile, completamente soggiogato dai movimenti di Magnus.
Era ovvio che non l’avesse fatto solo per quello, sapeva benissimo che c’era dell’altro. Era ammetterlo ad alta voce il problema.
Magnus lo attirò a sé con forza, approfittando di quell’attimo di smarrimento, per poi poggiare le proprie labbra su quelle di lui, in un gesto quasi stizzito. Subito dopo si tirò indietro all’improvviso, lasciandolo confuso.
« E questo per cos’era? » gli chiese Alec furibondo, non aspettandosi un gesto così prepotente da parte sua.
Ok che se l’era cercata, ma Magnus non poteva di certo fargli i dispetti come un bambino dell’asilo solo perché se ne era uscito in maniera infelice.
« Che c’è? Mi andava. » gli rispose con nonchalance, facendo un vago cenno con la mano.
Alec trattenne un insulto poco carino, avvicinandosi nuovamente a lui: « Hai appena violato le mie labbra! »
Magnus inarcò un sopracciglio, improvvisamente divertito dalla piega che stava prendendo quella situazione.
« Non mi pare tu ti sia fatto scrupoli quando hai stuprato le mie. » ribatté allora, incrociando le braccia al petto e assumendo quella sua solita aria saccente.
Stu..stuprato le sue labbra? Era questo che pensava avesse fatto?
In realtà non sapeva spiegarsi bene il motivo che l’avesse spinto a compiere un gesto così disperato; aveva voluto semplicemente trasmettergli tutta la sua forza con quel semplice contatto. Che poi questo l’avesse sconvolto emotivamente, era un altro discorso.
Infatti, non poteva di certo negare di essersi sentito spiazzato  da quel genere di sensazioni del tutto nuove che aveva avvertito. Non che non avesse mai baciato qualcuno o altro, ma sentiva che c'era qualcosa di diverso.
Sentiva che questa volta c’era un vero sentimento di mezzo, e la cosa lo destabilizzava e rendeva felice al tempo stesso.
« Non mi pareva che ti fosse dispiaciuto così tanto, sai? » borbottò, sentendosi improvvisamente a disagio.
Magnus sorrise, scostandogli una ciocca di capelli corvini dal viso in maniera lenta, senza interrompere per nemmeno un secondo il contatto visivo.
Sembrava essere piuttosto sicuro di quel che faceva, senza timore alcuno, e Alec non poté fare a meno di ammirare tutta quella sua schiettezza ed intraprendenza.
Non che poi lui non ne fosse capace, visto come l’aveva afferrato solo un’ora prima.
« Infatti, non mi è dispiaciuto affatto. » esordì, stupendolo.
Non si aspettava di certo che Magnus se ne uscisse con una frase del genere. Anzi, più che altro non poteva permettersi di farlo, perché avrebbe mandato inevitabilmente tutti i suoi propositi di “fare il bravo”, a benedire.
« A-ah no? » balbettò il  moro, mentre il suo respiro si faceva sempre più affannoso.
Si chiese come mai da tante persone che abitavano su quel dannato pianeta, solo Magnus riuscisse a renderlo così debole ma allo stesso tempo così forte.
Si chiese se fosse quello l’amore di cui tanto aveva sentito parlare e di cui tanto aveva letto in molti libri.
E si chiese se fosse proprio lui quello destinato a prendere tra le proprie mani il suo cuore, custodendolo gelosamente come il più raro dei gioielli.
« Proprio no. » rispose Magnus, percorrendo con l’indice i tratti del suo viso, passando da quegli occhi azzurri che tanto amava, alla linea dritta del naso, dallo zigomo alto e pronunciato, alla mascella squadrata coperta da un accenno di barba.
Il suo sguardo poi si fissò su quelle labbra così carnose, che aveva appurato fossero così morbide da spedirlo direttamente in paradiso; si ritrovò inconsciamente a percorrerne il contorno con un dito, quasi soggiogato da quel movimento.
Alec non si rese nemmeno conto di star trattenendo il respiro, fin quando non decise di attirare Magnus a sé afferrandolo per il bacino, e facendo scontrare per la terza volta nell’arco di quella giornata le loro labbra.
E mentre lo baciava, sentiva per la prima volta che quel foglio bianco, che poche volte era stato apprezzato perché definito banale e semplice, acquisiva varie sfumature di colore; per la prima volta, si sentì completo.
Alec poggiò le mani sui fianchi di Magnus, facendo aderire i propri corpi come due tasselli di un puzzle che non aveva avuto fine prima di allora.
Poi,  Magnus infilò le mani sotto la giacca di Alec, togliendogliela velocemente.
Quest’ultimo, lasciò per un momento le labbra dell’altro, sollevandolo per le cosce in modo da poterlo prendere in braccio, per poi riappropriarsene un secondo dopo.
Magnus aveva completamente staccato il cervello, ormai in balia delle forti emozioni che Alec gli stava donando solo baciandolo.
Senza rendersi conto del come e del quando si ritrovò seduto sopra di lui a cavalcioni nella sua camera da letto, mentre il moro gli sfilava con mani ferme anche il suo di giacchetto.
« Ma dove sei stato per tutto questo tempo? » gli chiese, ed Alec non poté fare a meno di sorridere contro il suo collo, dove gli stava lasciando una scia di baci.
Così mi corrompi Occhi Blu.
Magnus insinuò le mani sotto la maglia grigiastra dell’altro, togliendogliela e buttandola da qualche parte sul pavimento, dove presto la raggiunse anche la sua.
Nessuno dei due avvertiva la necessità di scambiarsi alcuna parola, visto che gli bastavano gli occhi a comunicare tutto ciò che avrebbero voluto dirsi.
Pelle contro pelle, Magnus spinse delicatamente Alec a distendersi, mentre con i polpastrelli tracciava la linea dei suoi addominali, facendolo sospirare.
Si beò di quel suono sentendo già di non poterne più fare a meno, perché dipendente dalla sua voce, dalle sue mani che gli esploravano le spalle, dal suo corpo, da lui.
Quanto gli ci era voluto per capire quanto fosse effettivamente perso per lui?
Perché succede così, succede che ti accorgi che fra tutte le persone senza senso, una pare avercelo. E ti accorgi di non aver bisogno di nient’altro che non sia lui.
« Ma-Magnus. » gemette il moro al limite della sopportazione.
Magnus sorrise, slacciandogli la cintura con mani esperte, come se fosse abituato. Non che questo non corrispondesse a verità.
« Ti ho mai detto che mi piace essere pregato, Alexander? » gli sussurrò roco all’orecchio, mentre i pantaloni di entrambi raggiungevano il pavimento.
Alec inarcò la schiena, sentendo la lingua di Magnus tracciare il contorno dei suoi capezzoli, per poi morderli dolcemente.
Se continua così, impazzisco.
Ribaltando le posizioni con un colpo di bacino, Alec si portò sopra di lui, le braccia poggiate sul letto intorno al suo viso per non pesargli addosso.
« E io ti ho mai detto che necessito di avere la situazione sotto controllo? » proferì, sorridendo contro le sua labbra e facendogli piegare una gamba semplicemente sfiorandola appena.
Per Lilith Occhi Blu, pensò, così mi ammazzi.
Magnus rise appena, circondandogli il collo con le braccia, mentre le mani andavano tra i capelli; si stava ormai rendendo conto di adorare la consistenza di quella soffice zazzera tra le proprie dita.
« No, ma l’ho notato. » scherzò, socchiudendo gli occhi in preda al piacere che le sue mani sapevano regalargli.
Perchè sì, Alec sapeva davvero quel che stava facendo.
E per Lilith se lo faceva bene.
Era tutto un continuo stuzzicarsi, con morsi che reclamavano delle carezze, e delle carezze che reclamavano dei baci.
Potevano quasi sentire le loro anime sfiorarsi, toccarsi, e avvolgersi tra di loro come una cosa sola.
« Credo proprio che tu mi stia facendo perdere la testa, principessa. »
Magnus sorrise, poi lo baciò ancora: fu un bacio lento e delicato, un bacio che ne prometteva altri in seguito.
E se fecero l'amore, più e più volte, lo fecero come se stessero per perdersi da un momento all’altro, quando invece, non sapevano di essersi appena trovati.  
Testimone di quell’amore appena sbocciato, solo i raggi del sole che pian piano, lasciavano spazio alla notte.




Finale col botto(?) xD
Ok diciamo che era ora che questi due si dessero una mossa, perchè la tensione si stava facendo sempre più intensa v.v ed anche se apertamente non si sono ancora esposti nel rivelare i propri sentimenti, presto saranno obbligati a farlo uwu xD
A parte cioò, ecco che il tormento di Magnus viene infine rivelato. Ed ecco anche perchè si ritiene un mostro. Tuttavia Alec è ben intezionato a fargli capire che non è assolutamente così, perciò vedremo uwu (aw, amorini)
Vi avvertiamo fin da subito che il prossimo capitolo sarà un fiume di angst, non ce ne vogliate xD (fangirl avvisata, mezza salvata -- seh. xD)
E vi ringraziamo per continuare ancora a seguire questa storia! Vi adoriamo, tutte. <3 E grazie anche a chi ci fa sapere sempre il proprio parere, siete personcine meravigliose*_* <3
Come al solito vi lasciamo il link del gruppo facebook, qualora foste interessate ad entrarvi! <3
Dunque, cliccate qui -----> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Un bacione, e alla prossima settimana!
Bye!<3

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Capitolo 11
*** Capitolo #11 ***


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Capitolo #11

Alec aprì lentamente gli occhi, svegliato da un rumore fastidioso nelle sue orecchie.
Sbatté appena le palpebre, momentaneamente accecato dai raggi di luce che filtravano dalla finestra.
Dopo alcuni istanti di stordimento, si rese conto che il suono che aveva sentito proveniva dal suo telefono, abbandonato sul mobiletto situato accanto al letto.
Facendo il possibile per non svegliare Magnus, che lo stava stringendo a mo' di peluche, cercò di liberarsi da quella presa stritolante.
Quando alla fine riuscì a sporgersi abbastanza da afferrare il cellulare, vide ben dieci messaggi e tre chiamate senza risposta di sua sorella.
Prima che potesse anche solo pensare di preoccuparsi - perfino per gli standard di Isabelle una cosa del genere era eccessiva - la suoneria partì nuovamente, annunciando l'ennesima chiamata.
Trattenendo appena un sospiro esasperato si affrettò a rispondere, prima di svegliare anche Magnus.
In realtà, come facesse il ragazzo a continuare a dormire con tutto quel baccano per lui era un mistero.
« Pronto? » mormorò, schiarendosi appena la voce.
Dall'altra parte del telefono si udì un'esclamazione decisamente colorita.
« Finalmente! E' un'ora che ti chiamo, si può sapere che fine avevi fatto? » esordì Izzy, con un tono decisamente irritato.
Alec si stropicciò gli occhi, sforzandosi di reprimere uno sbadiglio.
« Quello che fanno tutte le persone normali a quest'ora Iz, dormivo. » replicò poi, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Sua sorella restò in silenzio per alcuni istanti, quasi stesse cercando di recepire a pieno quello che aveva sentito.
« Alec, sono le tre del pomeriggio. Sei sicuro di sentirti bene? » replicò poi, riuscendo a far trasparire tutta la sua preoccupazione da ogni singola parola.
Alec sgranò gli occhi sconvolto, cercando con lo sguardo l'orologio appeso alla parete opposta.
Constatò con non poco stupore che Izzy aveva pienamente ragione: avevano davvero dormito fino a quell'ora indecente.
Certo, l'aver passato l'intera notte impegnato in ben altre attività poteva aver contribuito, ma non credeva di essere stanco fino a quel punto.
« Certo, tutto bene. Ho solo fatto un po' tardi ieri. » borbottò, sforzandosi di non crollare nuovamente a peso morto sul suo cuscino.
Si udì una risatina soffocata, mal camuffata da un leggero colpo di tosse.
« E dimmi fratellone, cosa ti ha tenuto così impegnato da farti fare le ore piccole? » ribatté sarcasticamente sua sorella subito dopo, mentre Alec si colpiva la fronte con una mano.
Come gli era venuto in mente di uscirsene con una frase del genere?
Ora Isabelle gli avrebbe dato il tormento, poco ma sicuro.
Riusciva quasi a sentirla ghignare maliziosamente fin da lì.
« Considerando tutti i messaggi e le chiamate che mi hai fatto presumo volessi dirmi qualcosa. » le rispose semplicemente, decidendo di ignorare bellamente quella sua insinuazione.
Negare sarebbe stato uno sforzo inutile: sua sorella avrebbe comunque continuato a pensare che se la stesse spassando con il suo ragazzo.
E aveva tutte le ragioni di farlo.
Alec si affrettò a scacciare dalla sua mente le immagini tutt'altro che caste di quanto era successo la sera prima, tornando a concentrarsi sulla conversazione.
« Sì. Ti aspetto al nostro solito bar tra 15 minuti. Non fare tardi o, parola mia, verrò a prenderti a casa e ti trascinerò di peso. » affermò la ragazza con la sua solita sicurezza, per poi riattaccare senza dargli neanche il tempo di replicare.
Alec sospirò per l'ennesima volta, rassegnato al fatto di doversi sbrigare a raggiungerla.
Non metteva in dubbio infatti, che Iz sarebbe stata più che capace di mettere in atto quella sua minaccia e, per quanto possibile, doveva tenerla lontana da Magnus.
Scoccando un'ultima occhiata al ragazzo, che sembrava ancora dormire profondamente, si alzò lentamente del letto.
Nel giro di pochi minuti fu pronto ad uscire per andare ad incontrare sua sorella.
Per un attimo valutò la possibilità di svegliare Magnus per avvisarlo, per poi scacciarla subito dopo.
Sapeva che gli avrebbe fatto delle storie inutili sulla pericolosità di andare in giro da solo, e francamente preferiva evitare l'ennesima discussione in cui lo invitava a rifugiarsi in un qualche paese sperduto.
Scrisse velocemente un biglietto con cui lo informava che sarebbe tornato presto, lasciandolo sul cuscino affianco a lui. Poi, lasciò la stanza da letto.
Prese le chiavi dal mobiletto all'ingresso ed uscì, scacciando uno strano senso d'inquietudine.

***

Alec camminava a passo spedito per le strade della città, stranamente deserte a quell'ora.
Aveva trascorso gli ultimi minuti cercando di spiegarsi perché mai Isabelle avesse voluto vederlo con tanta urgenza.
L'unica idea plausibile, era quella dell'intenzione della ragazza di sottoporlo ad un interrogatorio degno di questo nome su di Magnus.
Sperava vivamente di sbagliarsi: non sapeva davvero che cosa avrebbe potuto inventarsi in quel caso.
Era tutt'altro che bravo a mentire, sopratutto poi a quella piccola peste; avrebbe finito col coglierlo con le mani nel sacco nel giro di pochi istanti.
D'altra parte, però, non poteva certo permettersi di dirle la verità.
Non che credesse che in tal caso lei lo avrebbe tradito, confessando tutto a sua padre e facendo arrestare Magnus - sapeva che non ne sarebbe mai stata capace - ma non aveva nessuna intenzione di farla finire nei guai insieme a lui.
Perché di certo la forte e coraggiosa Isabelle non se ne sarebbe mai stata con le mani in mano, mentre qualcuno minacciava l'incolumità del suo fratellone.
Scosse appena la testa, intenerito da quel pensiero.
Sua sorella era sempre stata un vero e proprio vulcano di energia, tanto testarda quanto orgogliosa.
Sotto quel punto di vista sarebbe davvero andata d'amore e d'accordo con Magnus.
Svoltò velocemente nella stradina alla sua sinistra, troppo concentrato sulle sue riflessioni per rendersi conto dell'ambiente circostante.
Quello fu il più grave errore che potesse commettere: se solo si fosse preso la briga di guardarsi intorno con più attenzione, avrebbe notato le figure appostate dietro l'angolo.
« Ciao ragazzino. »
Alec congelò sul posto nell'udire quella voce, ormai sgraditamente familiare.
Russ.
Alec imprecò mentalmente, maledicendosi per la sua stupidità.
Come diavolo era possibile che continuasse ad imbattersi costantemente in quell'individuo?
Quella volta, però, c'era qualcosa che non gli tornava.
Quell'espressione rilassata, quasi strafottente, non lasciava presagire nulla di buono.
Come a voler confermare quei pensieri, altri tre uomini uscirono dall'ombra, affiancandosi a Russ con lo stesso aspetto tutt'altro che rassicurante.
Il moro valutò le sue possibilità di fuga, che divennero inesistenti quando udì degli altri passi avvicinarsi alle sue spalle.
Lo avevano appena circondato.
Maledizione.
« Allora, John, c'è forse qualcosa che ci vorresti dire? »
Alec si voltò a bocca aperta verso il proprietario di quella voce, che aveva già udito solo il giorno prima.
Subito si trovò di fronte ad un avvenente ragazzo ben piazzato, dai capelli biondi e penetranti occhi grigi.
Braxton.
E accanto a lui c'erano Camden e un altro uomo che il moro ricordava con chiarezza di aver visto nella base di Headley.
Che diavolo ci facevano quei tre lì? Da quando lavoravano con gli uomini di Ezekiel?
Quella considerazione passò in secondo piano alla vista delle pistole che gli stavano puntando contro.
Bene, così davvero non aveva alcuna possibilità di cercare di mettersi in salvo, non se voleva evitare di essere trivellato.
Prese un respiro profondo, cercando di mantenere la calma.
Molto probabilmente stava per morire lì in quella squallida stradina, ad appena ventiquattro anni e senza aver avuto la possibilità di dire addio alle persone che amava. Ma per nulla al mondo si sarebbe mostrato debole o spaventato davanti a quegli uomini.
« Cos'è, una riunione di cui non sono stato informato? Spiacente, ma non ho intenzione di entrare nel vostro gruppo di amici del cuore. » esclamò con un ghigno, usando il suo miglior tono sprezzante.
Assurdo come l'influenza di Jace potesse essergli utile in un momento del genere. Peccato che non avrebbe mai potuto ringraziarlo.
Braxton gli rivolse un'occhiata calcolatrice a dir poco inquietante, mentre avanzava verso di lui senza mai togliergli quella dannata pistola di dosso.
« Sai, John, avevo quasi creduto alla tua piccola recita. E come me anche Headley. Immagina la mia sorpresa quando quel ragazzone laggiù mi ha contatto chiedendomi informazioni su un nostro uomo che, a parer suo, si era intromesso nei loro affari. Sorpresa ancora più grande quando mi ha fornito proprio la tua descrizione. » esclamò sarcasticamente, mentre Camden gli girava intorno come a voler valutare ogni sua possibile mossa.
E così, alla fine Dixon aveva davvero cercato di capirne di più sulla sua identità, Magnus aveva ragione.
Se solo gli avesse dato ascolto, magari non si sarebbe trovato in quella situazione.
Ma chi vuoi prendere in giro?
Sarebbe comunque finita così prima o poi, ne era convito dal momento stesso in cui aveva deciso di uscire dal suo prezioso nascondiglio, intromettendosi per salvare la vita a Magnus.
Aveva capito fin dal primo istante che quelle non erano certo il tipo di persone a cui poter pestare i piedi sperando poi di sopravvivere ma, nonostante ciò, sperava di riuscire perlomeno a trovare la maniera di aiutare Magnus prima che lo uccidessero.
Come aveva fatto a restare invischiato con certa gente, dopo tutte le lezioni che suo padre gli aveva dato fin da piccolo?
Se lo avesse visto in quel momento, probabilmente il generale lo avrebbe preso a sberle per essere stato così sconsiderato.
Eppure, non aveva davvero potuto farne a meno.
Alec non era mai stato il tipo di persona che si faceva coinvolgere, soprattutto in quel genere di situazioni, ma di fronte a quegli occhi verdi, non aveva avuto alternative.
Per quanto si potesse pensare il contrario, non riusciva davvero a pentirsi di quella sua scelta.
Dopotutto, era servito a proteggere lui.
Anche in quel momento, ad un passo da morte certa, continuava a pensare che per Magnus ne era valsa la pena.
Se quello era il prezzo da pagare per aver potuto finalmente trascorrere alcuni giorni con la persona di cui era innamorato, non aveva proprio di che lamentarsi.
Già, perché a quel punto tanto valeva ammettere la verità: si era innamorato di Magnus.
Avrebbe solo voluto avere la possibilità di dirglielo, di fargli sapere che nonostante le cose orribili che pensava su sé stesso, qualcuno era riuscito a vederlo per quello che era davvero e lo amava per questo.
« Non hai nulla da aggiungere? »
Russ si avvicinò con un ghigno inquietante sul volto, evidentemente più che entusiasta di poter finalmente dare il benservito al moccioso che gli aveva creato così tanti problemi.
Alec si rifiutò di rispondergli, continuando a mantenere la sua espressione imperscrutabile.
« Non dici niente? Rispondi almeno a questa domanda: se non sei uno dei nostri uomini, né una spia di Dixon, chi accidenti sei? » lo interrogò Braxton, utilizzando quello che senza dubbio doveva essere il suo miglior tono inquisitorio.
Alec ghignò, rivolgendo all'altro un'occhiata sprezzante.
« Ti piacerebbe saperlo vero? Sta' tranquillo, prima o poi lo scoprirai, puoi starne certo. Peccato che allora sarà troppo tardi. Per tutti voi. » replicò poi con decisione, senza staccare gli occhi dagli individui davanti a sé.
La sua poteva sembrare una minaccia, e in un certo senso lo era: prima o poi suo padre e i suoi fratelli sarebbero riusciti a catturarli, e allora per loro sarebbe stata la fine.
Braxton ringhiò, puntando poi la pistola dritta verso il cuore di Alec.



Isabelle continuava a tamburellare nervosamente sulla superficie di legno del tavolo, rivolgendo continuamente delle occhiate preoccupate all'orologio appeso sul fondo della stanza.
Suo fratello era in ritardo di ben venti minuti, e per ogni secondo che passava, la sua ansia cresceva sempre di più.
Forse per chiunque altro una reazione del genere avrebbe potuto essere esagerata, ma non per lei: Alec non era mai in ritardo, per nessun motivo.
Il fatto poi che non si fosse neanche dato pena di avvisarla non faceva altro che insospettirla.
Afferrò bruscamente il cellulare, provando per l'ennesima volta a telefonargli, nel tentativo di capire dove si fosse andato a cacciare.
Continuava a squillare a vuoto, di nuovo.
No, decisamente c'era qualcosa che non andava.
Si alzò, lasciando alcuni dollari per il caffè che aveva preso mentre aspettava suo fratello, dirigendosi poi velocemente all'uscita del locale.
Facendo il possibile per scacciare la morsa d'inquietudine che le stringeva il petto ogni minuto di più, si avviò a grandi passi verso casa di Alec, decisa a verificare la situazione di persona.
Magari per uno strano scherzo del destino quella volta suo fratello era davvero semplicemente in ritardo e le sue paranoie si sarebbero verificate inutili.
Tuttavia, aveva imparato molto tempo fa a fidarsi ciecamente del suo innato istinto che non l'aveva mai abbandonata, e che in quel momento le stava gridando di fare il più in fretta possibile.
Era quasi giunta a destinazione, quando una figura attirò la sua attenzione.
Si avvicinò cautamente, pregando tutti i santi che le venissero in mente di far sì che quella fosse solo un'orrenda allucinazione.
Non può essere vero.
Davanti a lei, Alec era steso in una pozza di sangue.
« Oddio... Oh mio Dio, Alec... Cosa... » riuscì appena ad articolare in preda al panico più intenso che avesse mai provato in vita sua, mentre si lasciava cadere in ginocchio al fianco del fratello.
Lo voltò delicatamente, inorridendo nel posare gli occhi sul foro di un proiettile che lo aveva colpito a pochi centimetri dal cuore.
Respirando a fatica Isabelle poggiò due dita sul collo del ragazzo, rischiando seriamente di svenire quando sentì il suo battito sempre più lento e scostante.
Okay, mantieni il controllo, è ancora vivo. Lo puoi salvare.
« Pronto? »
La ragazza realizzò di aver tirato fuori il cellulare chiamando la base, solo quando udì la voce di Caleb provenire dall'altro lato della linea.
Il suo corpo aveva agito in automatico, facendo ciò che la sua mente annebbiata non era in grado di afferrare.
« Dovete mandare qualcuno immediatamente... Io non... Siamo all'imbocco di Richmond Road. » balbettò singhiozzando, sforzandosi di farsi capire dall'altro.
Si udì un vociare indistinto, e diverse frasi scambiate in tono concitato: evidentemente Caleb aveva fatto in modo di mettere anche gli altri in ascolto di quella telefonata.
Non che la cosa potesse sorprenderla di più di tanto.
Sentirla ridotta in quello stato doveva aver fatto giustamente pensare al soldato che fosse appena successo qualcosa di grave, di molto grave.
« Isabelle, cerca di calmarti e spiegami la situazione. » affermò con sicurezza un'altra voce, quella di Shane.
La ragazza prese un respiro profondo, cercando di riprendere il controllo sufficiente a formulare una frase di senso compiuto.
« Hanno sparato ad Alec. La ferita è a pochi centimetri dal cuore, le sue condizioni sono critiche. Inviate qualcuno, adesso. » articolò poi a fatica, facendo il possibile per controllare la sua voce rotta dal pianto.
A quell'affermazione proruppero delle imprecazioni oltremodo colorite, seguite da ordini gridati a piena voce per mettere tutti in azione.
« Pochi minuti e saremo lì. »
Isabelle lasciò cadere il telefono a terra, stringendo suo fratello a sé.
Gli scostò delicatamente i capelli dal viso, ignorando volutamente il suo colorito cinereo e il respiro affaticato.
« Alec gli aiuti stanno arrivando, starai bene vedrai. Cerca di resistere, ce la devi fare. Ti supplico fratellone non lasciarmi. »  mormorò, lasciandogli un leggero bacio sulla fronte, umido di lacrime.
Lui non poteva morire, non la poteva abbandonare.
Alec era la sua ancora, il suo protettore, la persona di cui si fidava di più al mondo e su cui poteva costantemente contare.
Fin da piccoli era sempre stato lui a prendersi cura di lei, supportandola e incoraggiandola; ogni volta che cadeva, Alec era lì pronto a prenderla, senza chiedere mai nulla in cambio.
Quando la loro madre era stata assassinata, era stato soltanto grazie a lui se era riuscita ad andare avanti: si era sforzato di essere forte per entrambi, dormendo insieme a lei ogni notte per settimane, perché solo stretta tra le braccia del fratello riusciva a mandare via gli incubi.
Non ce l'avrebbe mai fatta, non senza di lui.
Alec era la persona più leale, più forte e più buona che esistesse, e chiunque fosse stato a fargli una cosa del genere l'avrebbe pagata molto cara.
Spera per te che io non riesca mai a trovarti, perché se dovesse succedere ti farò a pezzi con le mie mani. Fosse l'ultima cosa che faccio.
Ma, in quel momento, l'unica cosa che contava era la vita di Alec.
Mancava poco all'arrivo dei soccorsi, sarebbe andato tutto bene. O almeno, questo era quello che continuava a ripetersi per evitare di crollare in mille pezzi.
A quel punto non poteva far altro che sperare, pregando seriamente per la prima volta in vita sua, con ancora il sangue di suo fratello sulle mani.




Magnus era intento a fare l'ennesimo pancake - ignorando volutamente il fatto che fossero quasi le sei del pomeriggio -, quando frustato lanciò con poca delicatezza la padella ancora bollente nel lavandino.
Senza pensarci due volte aprì l’acqua per farla raffreddare, ma si maledì subito dopo per non aver pensato alla fumata che avrebbe realizzato con quel gesto.
Tossendo, sventolò una mano per far dissolvere la nebbiolina che si era andata a creare, cercando nel contempo di chiudere il getto.
« Oh, al diavolo! » esclamò scocciato, afferrando poi il cellulare dal tavolo lì vicino.
Nessuna chiamata persa.
Nessun messaggio ricevuto.

Possibile che occhi blu si fosse dileguato improvvisamente?
Quando aveva aperto gli occhi a pomeriggio già inoltrato, aveva allungato una mano in direzione della parte di Alec, trovandola vuota. E fredda.
Confuso si era alzato a sedere, notando solo in un secondo momento un bigliettino sul cuscino. Magnus aveva dedotto che fosse la calligrafia di Alec, impeccabile come lo era lui.
Non c’era scritto dove fosse, solo che era in compagnia della sorella e che sarebbe tornato nel giro di un paio d’ore. E senz’altro quel paio d’ore erano sicuramente passate.
Ma allora dove cavolo era andato a finire?
Stanco di aspettare, digitò il tasto chiamata sul suo contatto, attendendo il familiare suono della voce del moro.
Il pensiero che stesse cercando di evitarlo dopo ciò che era successo, perché pentito, era sempre più vivido in lui, tuttavia cercava di non darci troppo peso. Insomma, come avrebbe potuto filarsela così lasciando solo un bigliettino con poche frasi scritte?
Scosse la testa, decidendo che di certo non era quella la spiegazione: Alec era abbastanza adulto da riuscire a chiarire una situazione del genere, non sarebbe mai scappato di fronte a un simile problema.
Non l’aveva fatto quando aveva saputo in che giro si era immischiato, figurarsi sepoteva farlo per quello.
"Segreteria telefonica, il cliente da lei chiama-"
Magnus riagganciò, fissando lo schermo con una certa ansia.
Appurato che Alec mai si sarebbe comportato in quel modo, l'unica ipotesi plausibile era che si fosse trattenuto più del previsto.
Ma se era solo questo il problema, per quale motivo non aveva risposto?
Dubitava seriamente del fatto che il suo telefono potesse essere in silenzioso, dopotutto doveva sempre essere raggiungibile per qualsiasi emergenza.
Quell’ultima parola gli fece scattare qualcosa nelle mente: e se stato fosse impegnato in una qualche missione, in bilico tra la vita e la morte? E se fosse stato messo con le spalle al muro? E se non l’avesse più rivisto?
Inghiottendo pesantemente e scacciando l’idea di un Alec completamente riverso a terra, morto, compose nuovamente il numero, battendo a terra un piede in preda al panico.
Se non gli avesse risposto neanche questa volta, si sarebbe recato senza esitazione dal paparino generale. Poco gli importava se l’avrebbero riconosciuto e arrestato, Alec aveva la priorità.
Quando però sentì rispondere, la rabbia prese il sopravvento e, quasi inconsciamente, si ritrovò a sbraitare.
« Brutto imbecille che non sei altro, perché non mi hai risposto?! Mi hai fatto preoccupare da morir- »
« Scusa, saresti? » una voce femminile giunse alle sue orecchie, e in un attimo si zittì.
Quella doveva senza dubbio essere Isabelle, la sorella di Alec.
Perché era lei a rispondergli? Ma soprattutto, perché sembrava avere la voce spezzata dal pianto?
« Alec..? » domandò, sentendo il cuore battergli in petto più velocemente del normale.
La sentì trattenere un singhiozzo, e l’ansia cominciò ad espandersi all’interno del suo corpo con una velocità disarmante.
« Alec è.. Non può rispondere al momento, lui è.. » sussurrò, tirando su con il naso.
A Magnus si ghiacciò il sangue nelle vene, mentre i peggiori scenari possibili andavano a crearsi nella sua mente.
Non poteva essere, non doveva, non..
« Dov’è adesso?! » quasi urlò, passandosi una mano tra i capelli e sperando con tutto il cuore che non fosse come pensava, che non fosse successo niente di quello che credeva.
Alec stava bene, doveva star bene per forza.
« E perché mai dovrei dirtelo, non so nemmeno chi sei! » ribatté Isabelle, alzando anche lei la voce ma sforzandosi chiaramente di trattenere le lacrime.
Magnus era certo che stesse piangendo, nonostante la ragazza sembrava fare il possibile per non apparire debole.
« Non sono nessuno, ma credimi, tuo fratello è molto importante per me. » rispose, mentre un nodo gli si formava in gola, impedendogli quasi di respirare.
Se gli fosse successo qualcosa, lui.. Non lo sapeva. Non ci stava più capendo niente, l’unica cosa che voleva era sapere come stava.
Voleva solo che Isabelle gli dicesse che era vivo.
« Come fai a sapere che sono.. Aspetta, tu sei il suo nuovo ragazzo? » gli chiese allora, cercando di darsi un contegno.
Sembra distrutta dal dolore.
Magnus non disse nulla, non voleva mentirle, ma doveva assolutamente sapere che cosa stava succedendo.
L’attesa lo stava logorando dentro, avvolgendolo sempre di più in una stretta quasi dolorosa.
« Qualcuno ha tentato di ucciderlo, ma non sappiamo ancora chi. »
Magnus cadde in un silenzio scioccato, momentaneamente incapace di eleborare quanto era appena giunto alle sue orecchie.  
Avevano cercato di ucciderlo..?
Tutte le sue paure più grandi sembravano aver preso vita in quell’esatto momento, trascinandolo in un oblio senza fine.
Li avevano scoperti.
« Cazzo, lo sapevo che non doveva immischiarsi così! - cominciò, mentre sentiva la voce scendere di un ottava - Sono stato un coglione! Ti prego dimmi come sta, dove siete, io.. »  si interruppe, mentre sentiva di star per scoppiare a piangere da un momento all’altro.
Tuttavia, non era certo il momento giusto per lasciarsi travolgere dalle emozioni.
Troppo preso dalla situazione, non si era nemmeno reso conto di ciò che era appena uscito dalla sua bocca.
« Mi stai dicendo che è colpa tua se adesso Alec è in coma? » il tono di Isabelle era fermo, glaciale.
Se solo lo avesse avuto di fronte molto probabilmente lo avrebbe ammazzato seduta stante.
Ma non si soffermò minimamente su quel pensiero, non dopo quello che aveva appena sentito.
In coma. Alec era in coma.
Sferrò un pugno al muro con violenza, mentre sentiva le lacrime spingere per uscire. Il dolore alla mano era quasi inesistente in confronto al dolore che il suo cuore stava provando in quel momento.
Era tutta colpa sua.
Era solo un mostro.

« Per favore dimmi dove siete, devo vederlo. » la pregò, cercando di calmare il suo respiro sempre più affannoso.
Si sentiva come se le forze lo avessero improvvisamente abbandonato, lasciandolo a crogiolarsi nel suo dolore.
« Stai lontano da mio fratello. » sibilò la ragazza, poi attaccò.
Magnus lasciò cadere il telefono a terra inconsciamente, mentre lo sguardo si perdeva in un punto indefinito.
Si sentiva come un contenitore vuoto, vecchio e inutile.
Avrebbe dovuto tagliare i rapporti con lui fin da subito, avrebbe dovuto essere più intelligente, avrebbe dovuto fermarlo.
Ma non l’aveva fatto perché, da egoista quale era, aveva finito con l’innamorarsi di Alec.
Con quel suo animo gentile e con quegli occhi blu come il mare, era stato capace di fargli credere che perfino lui potesse avere una seconda possibilità.
Si era sbagliato di grosso, e un ragazzo buono ed altruista che aveva fatto di tutto per proteggerlo, rischiava di morire per causa sua.
Una sola lacrima gli rigò la guancia, ma Magnus non si preocuppò minimamente di asciugarla.
Non si ricordava nemmeno più l’ultima volta che si era permesso di piangere, di lasciare emergere il suo dolore in quel modo.
Sapeva di dover dare ascolto ad Isabelle, di doversi allontare il più possibile da Alexander. Ma non poteva.
Egoista.
Doveva vederlo, accertarsi che stesse bene.
Poi, sarebbe sparito davvero dalla sua vita, senza lasciare traccia.
Strofinandosi leggermente gli occhi con le dita, si precipitò all’ingresso, deciso a cercarlo in tutti gli ospedali possibili pur di trovarlo.
Peccato che tutte le sue convinzioni vennero brutalmente calpestate nell'esatto momento in cui aprì la porta.
A solo pochi metri dall'abitazione del moro, difatti, si trovò circondato da un branco di energumeni dall'aria tutt'altro che rassicurante.
« Bane, sei accusato di traffico illegale d’armi. » esordì un ragazzo biondo e dalla corporatura massiccia, muovendo un passo nella sua direzione.
Merda.
Proprio in quel momento dovevano arrivare quei maledettissimi soldati?
Scattando in avanti cercò di farsi largo, ma due solide braccia lo trattennero per la maglia, inchiodandolo subito dopo contro il muro.
« Razza di gorilla che non sei altro, lasciami andare! » si ribellò, ma era praticamente immobilizzato.
Sentì il fastidioso rumore delle manette che si chiudevano e si sentì ancora più impotente di prima.
« Spiecente di ostacolare i tuoi programmi, ma dovrai seguirci in centrale. » riprese il biondo con un tono che grondava sarcasmo da ogni singola parola.
Magnus cercò inutilmente di ribattere, mentre veniva trascinato bruscamente verso la fine della strada.
La presa di quel tizio era tanto stretta da fargli vedere le stelle, ma non era certo quello il suo problema più grave.
« Vi prego, per favore ascoltatemi. Volete sbattermi in galera a vita? Perfetto. Anzi, vi dirò io stesso tutto quello che potrebbe servirvi per l'intento. Ma vi supplico, prima lasciatemi andare da lui. » farfugliò, mandando completamente al diavolo il suo orgoglio.
In quel momento non gli importava di niente che non fosse Alec: tutto il resto passava in secondo piano in confronto a lui.
« Shane, fallo stare zitto. » affermò duramente uno degli altri, rivolgendosi al ragazzo che lo stava tenendo.
Magnus riprese a divincolarsi, cercando di sottrarsi a quella presa mortale; loro dovevano dargli ascolto.
« Speravo davvero che lo dicessi, fratello. » sentì dire dal biondo dietro di lui, poi un dolore lancinante alla testa gli fece perdere i sensi, avvolgendolo nell’oscurità.




Ed ecco che l'angst ci assale.
Vi avevamo avvertite, quindi non fateci del male fisico(?) xD
A parte gli scherzi, non abbiamo molto da dire, dato che pensiamo che il capitolo parli da solo xD (sacchi di angst per voi e per noi ç-ç)
Unica cosa che possiamo anticiparvi è che vedrete un altro lato di Magnus, uno dei più nascosti, nonchè forse uno dei migliori :D (My babyy*-*)
Non aggiungiamo altro, semplicemente vi ringraziamo per seguire la storia e per recensirla! Siete delle persone meravigliose e my God, ci ispirate davvero tantissimo <3
Grazie, grazie, grazie! <3
Al solito vi lasciamo il link del gruppo facebook, semmai qualcuna di voi fosse interessata ad iscriversi! Dunque, cliccate qui nel caso -----> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Noi vi diamo appuntamento come sempre alla prossima settimana! <3
Bye! <3

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Capitolo 12
*** Capitolo #12 ***


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Capitolo #12

« Forza, in piedi. »
Magnus alzò lo sguardo verso la porta della cella in cui era rinchiuso, trovandosi di fronte un soldato dalla corporatura massiccia e dall'aria truce.
Studiò con premeditata lentezza la figura dell'uomo, soffermandosi sulla sua espressione imperscrutabile e facendo al contempo del suo meglio per non mostrarsi minimamente impressionato da quell'aura di composta superiorità.
Solo dopo alcuni istanti si premurò di fare ciò che gli era stato ordinato, piazzandosi a pochi centimetri dall'altro.
« Voglio sapere come sta Alexander. » esordì seccamente, incrociando le braccia al petto e guardando negli occhi il soldato.
Quest'ultimo ovviamente si rifiutò di rispondergli, limitandosi ad afferrarlo bruscamente per la maglia per poi ammanettarlo subito dopo.
Non che Magnus si aspettasse davvero una risposta, certo.
Negli ultimi quattro giorni - dal preciso momento in cui si era risvegliato chiuso in quelle quattro mura - non aveva fatto altro che strepitare e gridare a pieni polmoni, urlando a qualsiasi sventurato che passasse nei pressi della sua cella di volere informazioni su di Alec.
Inutile dire che nessuno si era premurato di fargli sapere niente.
Si limitavano a guardarlo con ostilità, procedendo per la loro strada come se non fosse altro che un moscerino molesto, indegno di qualsiasi spiegazione.
In altre circostanze quell'atteggiamento lo avrebbe fatto infuriare oltre misura, ma in quel momento era troppo preoccupato per Alec per badare a certi dettagli.
Considerando la mancanza di collaborazione di quei maledetti soldatini dal cuore di ghiaccio, aveva cercato più volte e invano un modo per uscire da lì, così da potersi recare di persona dal suo occhi blu.
Poco importava che certamente sarebbe stato riacciuffato e sbattuto in galera non appena si fosse presentato in ospedale da lui, considerando tutti i membri dell'esercito - primo tra tutti il generale - che dovevano essere piazzati lì .
Tutto ciò che voleva era riuscire a vederlo, anche solo per pochi istanti.
Quando aveva parlato al telefono con Isabelle, la ragazza gli aveva detto che suo fratello si trovava in coma.
Doveva sapere se si era svegliato, doveva sapere se stava bene.
Non sapeva per quanto ancora sarebbe riuscito a sopportare quella dolorosa morsa di preoccupazione ed angoscia.
Ma oltre a gridare fino a perdere la voce ed imprecare contro chiunque, non sapeva davvero che accidenti fare per ottenere anche il più piccolo straccio d'informazione.
Una stretta sul suo braccio lo riportò con i piedi a terra, mentre l'energumeno lo scortava ben poco delicatamente fuori da quelle mura umide e scalcinate.
Forse dopo tutto quel tempo finalmente avrebbe avuto la possibilità di parlare con qualcuno.
Fino ad allora nessuno si era avvicinato a lui in alcun modo, fatta eccezione per gli uomini che a turno venivano a lasciargli il cibo, rispedito quasi interamente al mittente.
Non sapeva se ciò fosse dovuto allo scompiglio che doveva essersi creato in seguito ad un attentato ai danni del primogenito del generale - il solo pensiero lo fece sentire male -, o se lo avessero semplicemente lasciato a cuocere nel suo brodo.
In ogni caso, se adesso quel tizio lo stava portando da qualche suo superiore per un interrogatorio, avrebbe potuto barattare le informazioni in suo possesso in cambio di notizie su Alec.
Dopo aver percorso un lungo corridoio, l'uomo lo condusse in una stanza completamente spoglia ad eccezione di un tavolo e tre sedie posti al centro.
Senza dire neanche mezza sillaba, il soldato lo spinse bruscamente a sedere, uscendo subito dopo e chiudendosi la porta alle spalle.
Veramente carino, non c'è che dire.
Magnus sospirò pesantemente, cercando di mettersi il più comodo possibile, nonostante le mani bloccate dietro la schiena.
Mister simpatia avrebbe potuto almeno togliermi le manette.
Si guardò attentamente intorno, notando una piccola telecamera posta su un angolo in alto della parete di fronte a lui.
Prima che potesse formulare un qualsivoglia commento su quell'esagerata sorveglianza - dove mai sarebbe potuto andare legato come un salame? - la porta si aprì.
Lo stesso soldato biondo che lo aveva arrestato entrò a passo di marcia, seguito da un altro ragazzo che Magnus ricordava di aver visto quello stesso giorno insieme a lui.
Era quello che molto carinamente aveva invitato il compagno a farlo stare zitto.
Quest'ultimo lo strattonò leggermente in avanti, in modo da potergli togliere le manette.
Poi, conservando le medesima aria truce del tizio che lo aveva trascinato lì, si sedette di fronte a lui insieme al biondino.
« Apri bene le orecchie, Bane. Ho poco tempo da perdere e nessuna intenzione di stare dietro alle tue stronzate. Per cui o mi dici quello che voglio sapere con le buone, o troverò il modo di farti sputare tutto con le cattive. » esordì il biondo senza tanti preamboli, guardandolo come se stesse seriamente pensando di farlo a pezzi con le sue mani.
Magnus rimase per alcuni istanti completamente senza parole.
Poteva capire l'avversione di un militare verso un criminale, ovvio, ma quel ragazzo sembrava davvero odiarlo a morte.
Ma che diavolo gli ho fatto?
L'altro soldato scoccò un'occhiata preoccupata all'amico, quasi temesse di vederlo perdere completamente le staffe da un momento all'altro.
Non che Magnus potesse biasimarlo, non dopo che lui stesso aveva avuto la medesima impressione.
« Shane, capisco che.. Cerca di controllarti, per favore. Sai quali sono gli ordini. » esclamò il ragazzo rivolgendosi al biondino ed usando un tono quasi esitante.
Shane in tutta risposta fece un gesto secco con la mano, come a voler allontanare qualsiasi discussione.
« Rilassati Caleb, non gli ho messo nemmeno un dito addosso. Almeno per ora. » replicò poi, senza staccare gli occhi da Magnus.
Okay, magari sarebbe stato più difficile del previsto riuscire a contrattare, ma non per questo si sarebbe dato per vinto.
« Ti dirò ogni cosa. Tu in cambio però.. » iniziò in tono risoluto, ma venne immediatamente interrotto.
Shane, difatti, sbatté con violenza una mano sul tavolo, portandosi a pochi centimetri dal suo volto.
« Credo che non ci siamo capiti: tu non puoi pretendere proprio un bel niente. Sei un prigioniero, non un ospite di riguardo. » gli sibilò poi, assottigliando lo sguardo.
Magnus boccheggiò indignato. Era così che volevano giocarsela? Bene.
Fino a che non gli avessero dato modo di chiedere quanto voleva sapere, non avrebbe pronunciato una sola sillaba.
Chissà, magari così il signor macho si sarebbe infilato in quella zucca vuota che se non gli facevano avere notizie di Alexander se la potevano anche sbrigare da soli col traffico d'armi, per quanto lo riguardava.
Caleb poggiò una mano sulla spalla dell'altro, spingendolo indietro con fermezza.
Shane si lasciò trascinare, pur non mutando minimamente espressione.
« Per chi lavori? » domandò poi Caleb inquisitorio, incrociando le braccia al petto.
Magnus si limitò a guardarlo, inarcando leggermente un sopracciglio.
Che diavolo stavano cercando di fare?
Sperava non si trattasse di una messa in scena in stile poliziotto buono-poliziotto cattivo, sarebbe stato un terribile cliché.
Fregandosene completamente degli sguardi di fuoco rivolti nella sua direzione, iniziò a studiarsi le unghie, quasi non avesse una sola preoccupazione al mondo.
« Mio fratello ti ha fatto una domanda. » affermò seccamente Shane, tornando a rivolgersi a lui.
Magnus alzò appena lo sguardo per studiare i soldati di fronte a lui.
Dunque erano fratelli?
Beh, in effetti tra i due c'era una certa somiglianza: sebbene Caleb fosse più basso e decisamente meno biondo - i suoi capelli davano più sul castano scuro - aveva gli stessi occhi verdi e i medesimi lineamenti dell'altro.
« Ho sentito. Non ho problemi di udito e, diversamente da te, non sono un povero imbecille senza cervello. » ribatté candidamente subito dopo, dando sfoggio a tutta la sua aria di superiorità.
Il biondo a quel punto sembrò sul punto di saltargli addosso; se solo avesse potuto, probabilmente gli avrebbe sparato.
« Se non avessi ricevuto degli ordini precisi io.. » gli ringhiò contro, con un espressione a dir poco rabbiosa stampata in volto.
Magnus fece il possibile per non lasciare trasparire la minima emozione, limitandosi a sventolare lievemente una mano come a voler scacciare un insetto.
« Certo, immagino. Peccato che con quella faccia da fesso non riesca a prenderti seriamente. » replicò subito dopo, con un tono che grondava sarcasmo.
Questa volta Caleb fu davvero costretto a trattenere suo fratello per evitare che lo prendesse a pugni in faccia.
« Forse non hai ben intenso in che situazione ti trovi: quello di cui sei accusato è un crimine molto grave. Se non vuoi restare in prigione per il resto della tua vita, ti consiglio vivamente di smetterla con questo atteggiamento e di iniziare a collaborare. » affermò poi il soldato in maniera glaciale, continuando a tenere una mano poggiata sulla spalla di Shane.
Magnus si alzò di scatto, mandando al diavolo anche quell'ultimo briciolo di autocontrollo di cui ancora disponeva.
« E forse voi non avete capito che io non vi dirò niente. Non finché non mi farete vedere Alexander. » gridò loro contro, fregandosene completamente della reazione che avrebbero potuto avere.
Cosa potevano fargli? Picchiarlo? Torturarlo?
Ogni cosa sarebbe stata di gran lunga migliore del panico e della sofferenza che gli stavano attaccate addosso come una seconda pelle da giorni.
« Che c'è, vuoi portare a termine il lavoro? Se credi che ti faremo avvicinare a lui sei completamente pazzo. » sibilò gelido Shane, alzandosi in piedi a sua volta.
Magnus vacillò appena, completamente destabilizzato da quella affermazione.
Erano convinti che fosse stato lui a cercare di ucciderlo?
Era dovuto a questo tutto quell'astio nei suoi confronti?
Era a dir poco ridicolo.
Non sarebbe mai stato capace di fargli minimamente del male, figurarsi se avrebbe potuto sparargli.
Oh, davvero? Come se non fosse davvero una tua responsabilità quello che è successo.
Scacciò prepotentemente i suoi sensi di colpa - non era quello il momento di lasciarsi schiacciare dal fardello che gli gravava sulle spalle -, concentrandosi sulla discussione.
« Credete davvero che sia stato io? Non avete capito niente. Lasciatemi andare da lui, adesso! » riprese a sbraitare, gesticolando come un forsennato.
Caleb aggirò il tavolo che li separava piazzandosi dritto davanti a lui; con quella mole e la luce di pura determinazione nello sguardo incuteva timore quasi quanto suo fratello.
« Tu non andrai da nessuna parte. » affermò imperioso, facendo il possibile per ergersi in tutta la sua statura.
Magnus fu investito da un'ondata totalmente irrazionale di rabbia.
Come osavano dargli ordini? Come si permettevano di tenerlo lontano dal suo Alexander?
Quei due idioti non avevano la minima idea di quanto occhi blu fosse importante per lui, eppure lo trattavano come uno psicopatico capace di attentare alla sua vita alla prima occasione disponibile.
Al diavolo tutti quanti loro, le loro stupide regole e le loro schifose leggi.
Lui sarebbe riuscito a vedere Alec, in un modo o nell'altro.
« Vogliamo scommettere? »
Prima che uno dei due avesse minimamente modo di rendersi conto di quanto gli stesse passando per la mente, Magnus scattò velocemente in avanti, spalancando la porta e iniziando a correre.
Non sapeva neanche lui cosa volesse fare di preciso; l'unica cosa a cui riusciva a pensare era che non ne poteva più di aspettare che qualcuno si degnasse di fargli sapere se la persona che amava era ancora viva.
Era senza ombra di dubbio una follia, e le possibilità di farcela rasentavano lo zero, ma se solo fosse riuscito ad uscire da lì avrebbe potuto scoprire in qualche modo in che ospedale era stato portato occhi blu.
Era arrivato appena a metà corridoio quando due braccia solide e muscolose lo placcarono da dietro, scrivendo la parola fine sulla sua fuga.
« Toglimi queste schifose mani di dosso! Lasciami andare, io devo uscire da qui, lo devo trovare! » si mise a gridare a pieni polmoni, cercando in tutti i modi di divincolarsi.
Nel giro di pochi istanti diversi soldati si precipitarono nella sua direzione, probabilmente curiosi di sapere a cosa era dovuto tutto quel trambusto.
Magnus mandò mentalmente tutti quanti a quel paese, continuando ad urlare e scalciare come un ossesso.
Il soldato dietro di lui cercò di tappargli la bocca con una mano e, in tutta risposta, il ragazzo lo morse con violenza, affondando i denti nella carne fino a sentire in bocca il sapore del sangue dell'altro.
Dopo un mugolio di dolore e un imprecazione a dir poco colorita, la presa che lo teneva fermo si allentò, consentendogli di muovere ancora qualche passo.
Anche questa volta, però, non riuscì ad andare troppo lontano: Shane lo afferrò inchiodandolo violentemente con la faccia al muro e torcendogli un braccio dietro la schiena per impedirgli di muoversi.
Subito dopo lo fece voltare altrettanto bruscamente, trascinandolo verso la sua cella.
Guardandosi intorno Magnus riuscì a vedere le espressioni scioccate e infastidite della maggior parte degli uomini lì presenti, nonché un Caleb risentito ed infuriato che si teneva una mano insanguinata con l'altra.
Ecco chi era stato a bloccarlo la prima volta.
Giunti a destinazione Shane lo scaraventò con violenza all'interno di quelle ormai famigliari quattro mura, sbattendo subito dopo la porta della cella.
« Spero davvero che tu sia innocente. Se dovessi in qualche modo scoprire che non sei solo invischiato nel traffico illegali di armi, ma c'entri anche qualcosa con quello che è successo a lui, stai pur certo che ti farò pentire di essere venuto al mondo. » gli sibilò attraverso le sbarre; poi si allontanò velocemente, sparendo dalla sua vista.
Magnus si tirò su a fatica, massaggiandosi il braccio su cui era atterrato e che gli lanciava delle fitte di dolore.
Probabilmente a quel punto avrebbe dovuto odiare Shane, per il modo burbero con cui lo aveva trattato e per il fatto che lo ritenesse responsabile di quanto era successo ad Alec, ma non ci riusciva.
Questo perché sapeva, in cuor suo, che quel ragazzo aveva ragione: era tutta colpa sua.
Aveva giurato a sé stesso che avrebbe protetto Alec a qualsiasi costo, e invece alla fine aveva lasciato che gli facessero del male.
Sapeva quanto era pericoloso il suo mondo, sapeva i guai in cui occhi blu si stava andando a cacciare cercando di aiutarlo, eppure non aveva mai davvero fatto niente di concreto per fermarlo.
Era un debole, un egoista.
Si era ritrovato per la prima volta in vita sua alla prese con qualcuno che sembrava davvero tenere a lui e alla sua incolumità, e si era crogiolato in quella consapevolezza, incapace di mettere il bene di Alec davanti al suo.
Nonostante ogni minima parte della sua razionalità lo avesse implorato più e più volte di andarsene il più in fretta e lontano possibile dal bel soldato, il suo stupido cuore si era lasciato convincere a restare.
Ed ecco il bel risultato.
Alexander era troppo buono, troppo puro per avere a che fare con uno come lui.
Lo aveva capito fin dalla prima volta in cui, tanti anni prima, lo aveva visto mentre percorreva i corridoi della scuola in compagnia dei suoi fratelli.
Magnus non aveva minimamente notato i due che avevano la fama dei più bei rubacuori in circolazione, ma era stato immediatamente attirato dal ragazzo coi capelli corvini arruffati e lo sguardo rivolto verso il basso, che sorrideva appena agli altri due ma che al contempo sembrava restare ai margini, come un punto sfocato in un inquadratura.
Tutti conoscevano i figli del generale Lightwood ma pochi si premuravano di dare attenzione a quel ragazzo, troppo timido e riservato per godersi le luci della ribalta insieme ai suoi consanguinei.
Magnus era sempre andato controcorrente, e quella volta non fece certo eccezione: mentre la maggior parte degli studenti sembrava a mala pena accorgersi dell'esistenza del maggiore dei tre fratelli, lui faceva di tutto per incrociarlo anche se solo per pochi istanti.
C'era qualcosa in Alexander Gideon Lightwood che lo attirava come mai gli era successo, che gli faceva venire voglia di saperne di più su quel ragazzo sempre imbronciato ma dallo sguardo limpido e sincero.
Quando dopo settimane di stalker-aggio degno di un maniaco, aveva visto Carl e i suoi insulsi tirapiedi infastidirlo, aveva quasi saltellato dalla felicità: gli avevano fornito l'occasione che stava aspettando.
Gli erano bastati soltanto pochi minuti di conversazione per rendersi conto di che persona profondamente buona e speciale fosse Alec.
Per un attimo era stato tentato di confidarsi con lui come non aveva mai fatto con nessuno, di raccontargli quello schifo che era la sua vita.
Non si era mai fatto scappare neanche una sola sillaba con anima viva – non era stupido, sapeva bene che tutti i suoi presunti “amici ” gli giravano intorno solo per il suo essere popolare, non interessandosi affatto a lui personalmente – ma aveva l'assurda convinzione che Alec sarebbe stato diverso, che lui lo avrebbe capito.
Tutte le sue speranze erano però volate via come polvere nel vento solo pochi giorni dopo, quando tornando a casa aveva trovato il corpo senza vita di sua madre.
Ricordava ancora distintamente l'orrore, la confusione, il panico.
Non sapeva che cosa fare, non sapeva chi chiamare.
Quando era tornato in sé abbastanza da allertare i soccorsi e questi avevano decretato la morte della donna, Magnus aveva provato un'inspiegabile sensazione di vuoto: certo, la sua non era mai stata una gran madre, ma era l'unica famiglia che aveva.
Senza di lei non c'era più nessuno che si interessasse neanche minimamente a lui, non c'era più nessuno a ricordargli che aveva una casa a cui tornare, anche se non era un granché.
Era completamente solo.
Quella consapevolezza però non era niente, in confronto alla convinzione che sua madre fosse morta perché lui non era stato in grado di salvarla.
Se solo fosse stato meno egoista, meno meschino, magari le cose sarebbero andate in maniera diversa.
Invece di lasciarla stare ore ed ore chiusa nel suo mutismo ostinato, avrebbe potuto convincerla a parlare con lui, a vedere un medico, a reagire in qualche modo.
Ma non lo aveva fatto, semplicemente perché lui non voleva farlo.
Quando aveva recepito appieno le conseguenza delle sue azioni, quello che era stato capace di causare, non aveva potuto negare l'evidenza: era una una brutta persona, un essere immondo che non meritava né conforto né comprensione.
Proprio per questo motivo, quando Alec era venuto a cercarlo preoccupato per il suo improvviso cambio di atteggiamento, Magnus si era premurato di respingerlo il più bruscamente possibile.
Moriva dal desiderio di lasciare che lui gli stesse accanto – non aveva il minimo dubbio che il suo occhi blu lo avrebbe fatto – ma non poteva, per il bene del ragazzo.
Lui era un mostro, avvelenava e distruggeva tutto quello che toccava, e non poteva lasciare che anche Alexander fosse trascinato a fondo dal suo turbine di disperazione.
Ecco perché quando si era risvegliato a casa di Alec, dopo che Russ aveva tentato di ucciderlo, aveva subito cercato di scappare, prima di cedere alla tentazione di spifferargli ogni cosa o, peggio ancora, prima che il ragazzo lo riconoscesse e si offrisse di aiutarlo.
Ma le cose non erano andate come lui aveva previsto, e Magnus si era trovato sempre più legato a doppio filo al bel soldato.
Era stato così stupido da credere che davvero le cose si sarebbero potute sistemare in qualche modo, ed era rimasto insieme ad occhi blu, mettendolo sempre più in pericolo.
Se lui dovesse morire sarà colpa mia, solo ed esclusivamente colpa mia.
Magnus portò le ginocchia al petto raggomitolandosi su sé stesso, nel vano tentativo di proteggersi dal dolore insostenibile che in quel momento rischiava seriamente di annientarlo.
Quasi contro la sua volontà si trovò ad immaginare il bel viso di Alexander pallido ed emaciato e i suoi meravigliosi occhi blu nascosti dalle palpebre, mentre decine di tubi e svariati macchinari erano attaccati al suo corpo per consentirgli di continuare a vivere.
Che cosa ho fatto? Sono una disgrazia, una maledizione. Distruggo tutto quello che tocco. 

Ho distrutto anche lui.
Si accorse di essere scoppiato in lacrime solo quando sentì delle gocce calde infrangersi sulla sua mano.
Ti supplico occhi blu, non mi lasciare.
Non sapeva davvero cosa sarebbe stato capace di fare se Alexander non ce l'avesse fatta.
Era riuscito a stento ad andare avanti dopo la morte di sua madre, e ci era riuscito solo chiudendo tutte le sue emozioni in una scatola e rifugiandosi tra gente a cui importava solo ed esclusivamente del potere e del denaro.
Quella volta, se avesse perso l'unica persona al mondo veramente importante per lui, molto probabilmente non ci sarebbe stato niente in grado di rimettere insieme i frammenti del suo cuore.
Ti prego, ti prego, ti prego torna da me.


Pesante.
Perché sentiva come se tutto il suo corpo fosse così appesantito e indolenzito da non riuscire nemmeno a fare il più minimo dei movimenti?
La testa gli pulsava dolorosamente, come se avesse avuto un piccolo martelletto a sbattergli contro le tempie con insistenza; e ad incrementare l'emicrania, un sorta di “beep” che veniva ripetuto come una macchina. Ma cosa fosse non era in grado di capirlo, troppo stordito per avere un pensiero coerente in quel momento.
Avrebbe voluto aprire gli occhi per vedere dove si trovasse, ma sentiva le palpebre troppo sigillate per poter anche solo sperare che potessero sollevarsi.
Non riusciva proprio a capire cosa stesse succedendo, avvertiva solo un forte odore di disinfettante a solleticargli le narici, ma null'altro.
Cercando di combattere contro l'impulso di tenere incollati gli occhi, riuscì pian piano ad aprirli, mettendo a fuoco solo successivamente l'ambiente che lo circondava.
La prima cosa che vide fu un piccolo televisore a muro, poggiato su un piccolo scaffale in alto. Poi lo sguardo gli cadde sul mobiletto bianco posto sotto, con una brocca piena d'acqua ed un bicchiere di vetro.
Accanto lui, riuscì a distinguere un monitor ospedaliero a colori, per rilevare i suoi parametri vitali. E notò poi con una smorfia, diversi cavi partire da quella macchina e finire su vari punti del suo corpo.
Pian piano sentiva di riprendere possesso dei propri arti, così spostò la testa da una parte all'altra, accorgendosi solo allora di una figura dai lunghi boccoli neri, poggiata sul suo letto, dormiente.
Izzy.
Avrebbe voluto svegliarla per cercare di capire, ma sembrava davvero troppo provata, come una persona che non dormiva da giorni interi.
Da quanto tempo sono qui esattamente? Ma sopratutto, come ci sono finito?
Molto lentamente si alzò a sedere, facendo il più piano possibile per non svegliare la sorella.
Gli scostò poi delicatamente una ciocca corvina dal viso, notando con una certa amarezza le occhiaie piuttosto evidenti sotto gli occhi, e il respiro irregolare di chi sta avendo un incubo.
Le carezzò la testa come era solito fare quand'erano ancora piccoli, quando Izzy, ancora turbata dall'abbandono precoce della loro madre, si rifugiava nel suo letto per scacciare via i demoni che sembravano rincorrerla.
Ricordava allora che doveva cantarle qualcosa, cullandola nel suo abbraccio e accarezzandole i capelli, perché solo così riusciva a calmarsi e ad addormentarsi.
Sorrise con nostalgia, riflettendo sul fatto che per quanto ora fosse cresciuta e diventata una splendida donna indipendente, per quanto cercasse di nascondere le proprie debolezze e le proprie paure, la piccola Izzy spaventata e insicura di un tempo, ancora era presente dentro di lei.
Ed era inutile cercare di nasconderla con lui, perché sapeva leggerla dentro come nessun altro era mai stato in grado di fare, così come ne era in grado lei.
« Mmmh.. » un mugolio lo riportò con i piedi per terra, rivolgendo l'attenzione sulla figura accovacciata vicino a lui.
Iz aprì gli occhi lentamente, stropicciandoseli come una bambina nel chiaro tentativo di mettere a fuoco la situazione.
Quando notò suo fratello sveglio mentre le sorrideva dolcemente, impiegò solo alcuni secondi per saltargli addosso, abbracciandolo come se non lo vedesse da anni, come se fosse stata in procinto di perderlo per sempre.
Non che Alec sapesse che era stato davvero così.
« Alec sei sveglio, sei vivo, oh mio Dio.. » lo strinse forte a sé, mentre lacrime di gioia le percorrevano il viso etereo e candido come la neve, inzuppando leggermente il pigiama del fratello che si era premurata di portargli.
Alec la strinse a sua volta, sbattendo tuttavia le palpebre confuso. Non ricordava niente di quello che era successo. Aveva partecipato a qualche missione e avevano rischiato di farlo fuori?
Isabelle lo allontanò leggermente da sé, tirando su con il naso, mentre Alec gli asciugava le lacrime con il pollice.
« Iz.. cos'è successo? » le chiese, la voce rauca.
Non sembrava nemmeno la sua a dire il vero, ma probabilmente si era arrochita nel tempo in cui era stato dormiente.
Izzy si scansò i capelli dal viso, guardandolo con aria piuttosto preoccupata.
« Alec.. non ricordi niente? » gli chiese, ottenendo solo un cenno di diniego in risposta.
« Ti hanno sparato fratellone, hai rischiato seriamente di morire. Ho avuto paura che mi avresti lasciato anche tu Alec, ho avuto seriamente paura di perderti. » ammise, la voce che traballava leggermente.
Il ragazzo la strinse nuovamente forte a sé a quella rivelazione, carezzandole dolcemente i capelli.
Aveva davvero seriamente rischiato di lasciarci le penne? Allora perchè non ricordava niente? Si sentiva solamente confuso: troppi pensieri gli affollavano la mente e non avrebbe saputo distinguerne neanche uno.
« Non mi perderai mai Iz, puoi starne certa. » la rassicurò, cercando al tempo stesso di mettere a fuoco la situazione.
Poi, come una secchiata d'acqua gelida in pieno inverno, fu investito da una marea di ricordi, ricordi che sembravano essersi completamente persi fino ad un momento prima.
Ricordò distintamente il volto carico d'ironia e di disprezzo di Braxton, il rumore di uno sparo, il dolore che aveva avvertito nello stesso momento in cui la pallottola era entrata nella sua carne, il senso di nausea che l'aveva colto e il pensiero di due occhi verdi mentre i suoi si chiudevano – aveva creduto - per sempre.
Magnus.
« Da quanto tempo sono qui ricoverato Iz? » le domandò, colto dal panico.
Isabelle lo guardò confusa, ma non disse nulla riguardo ai suoi dubbi.
« Alec, avevi un polmone perforato, hanno dovuto operarti d'urgenza. Sei stato in coma per quasi cinque giorni. » rispose, lanciandogli uno sguardo stanco.
Alec sentì la terra mancare sotto i suoi piedi e un senso di disagio farsi largo all'interno del suo corpo con una velocità disarmante.
Quasi cinque giorni.
Magnus.
Scansando velocemente la sorella, poggiò i piedi nudi sul pavimento, avvertendo il freddo penetrargli sin dentro le ossa, quasi fino a farlo rabbrividire, ma non ci badò.
Tossì, sentendo un forte dolore al petto.
« Alec che cavolo fai! Mettiti giù! » lo sgridò la sorella, cercando di farlo calmare.
Sembrava come se fosse stato posseduto dal diavolo in persona tutto d'un tratto.
Ignorandola come se non avesse proferito alcuna parola, si staccò ogni tubicino presente sulla pelle e la flebo senza troppi complimenti, per poi alzarsi letto.
Per un attimo ebbe come l'impressione di star per cadere, sentendo le gambe intorpidite e appesantite per l'inattività degli ultimi giorni.
Traballando infatti un po' su se stesso, finì alla fine col trovare una sorta di equilibrio che gli permettesse di reggersi in piedi.
Subito la sorella gli fu davanti, allargando le braccia come per impedirgli di passare.
« Cosa credi di fare?! Sei ancora debole, mettiti a letto! » urlò nuovamente.
Si sentì quasi in colpa verso la sorella, dato che l'unica cosa che voleva vedere in quel momento era suo fratello stare bene. Ma di certo non si sarebbe fermato per un motivo del genere.
« Izzy non capisci, devo vederlo! » le disse a sua volta, cercando di farle capire che non poteva assolutamente restare lì.
Chissà cosa diamine aveva combinato in tutti quei giorni, chissà a chi si era rivolto, chissà se stava bene, chissà se era ancora vivo.
« Vedere chi..? » gli domandò, ma il moro l'aveva già superata, correndo via sulle sue gambe inferme.
Traballava leggermente, ma sicuramente avrebbe ripreso presto possesso dei suoi arti inferiori.
Sentì sua sorella gridare qualcosa in lontananza ma non se ne curò molto, il suo unico pensiero era quello di raggiungere Magnus, di raggiungere la persona che amava.
Era quasi arrivato alle scale, quando venne braccato però da un medico, che senza troppi preamboli, gli bucò la carne con una siringa.
Alec sentì le forze abbandonarlo nuovamente, e la vista appannarsi, mentre cedeva lentamente ad un'oscurità che aveva ben imparato a conoscere.
L'ultima cosa che riuscì a sentire fu la sorella chiamare il suo nome, mentre le sue labbra si incontravano in un'unica parola: « Magnus.. »
Poi, il nulla.


Jace si passò una mano tra i capelli, stanco e assonnato come non era ormai da tempo.
Quegli ultimi giorni non aveva fatto altro che passarli in ospedale - dove rimaneva al capezzale del fratello fino a notte fonda -, e a casa, dove cercava di riordinarsi le idee sull'accaduto.
Tutto gli pareva troppo strano, improbabile, tanto da non riuscire a capire fino in fondo cosa ci fosse di così sbagliato nelle sue supposizioni.
Forse era semplicemente il fatto che la questione principale era Alec.
E probabilmente c'entrava anche il fatto che mai, l'aveva visto essere così poco responsabile e disattento.
Sospirando spinse la porta della centrale; subito fu accolto da un via vai di gente che faceva avanti e indietro, correndo da una parte all'altra con un'urgenza tale da farlo corrucciare.
Mancava pochi giorni e scoppiava l'inferno?
« Jace! »
Il biondo si voltò verso la voce, un sopracciglio inarcato verso l'alto e lo sguardo stupito.
« Papà, che cos'è questo trambusto? » gli chiese confuso, dandogli una leggera pacca sulla spalla a mo' di saluto.
Robert sospirò, facendogli un cenno con la mano per farsi seguire lungo il corridoio.
« Bane ha tentato di scappare. Inconcepibile. » sibilò con voce glaciale, socchiudendo appena gli occhi.
Se non fosse un criminale, probabilmente mi sarebbe quasi risultato simpatico, pensò Jace, trattenendo un sorriso.
Infatti, nessuno avrebbe mai tentato di fare una cosa così stupida, e non poteva che ammirarlo per averci provato.
« Dov'è adesso? » gli chiese, scuotendo la testa come per allontanare un pensiero.
« In cella ovviamente. » rispose laconico Robert, dirigendosi verso suddetta cella.
Jace guardava i propri piedi mentre camminava, pensando a quanto tempo ci era voluto solo per trovare uno straccio di prova, mentre ora, avevano preso addirittura colui che faceva direttamente da intermediario per gli scambi.
Grazie a lui, avrebbero potuto anche rintracciare il colpevole dell'aggressione di Alec.
E solo l'Angelo sapeva quanto moriva dalla voglia di mettergli le mani addosso.
Il solo pensare che suo fratello aveva rischiato di morire per mano di uno di quei luridi criminali, lo mandava letteralmente fuori di testa.
Alzò lo sguardo quando il padre gli indicò una figura posta all'angoletto della cella.
Dovette sbattere più volte gli occhi per capire se quello che aveva davanti fosse reale o meno.
« Aspetta.. quello è Bane? » gli chiese scioccato, spalancando leggermente la bocca.
Robert annuì, comprendendo appieno lo sbigottimento del figlio: infondo quello era solo un ragazzo inesperto, come avevano potuto non beccarlo prima?
« Già, un moccioso. Patetico per essere un trafficante d'armi. » rispose infatti, guardandolo con un malcelato disprezzo.
Jace continuava a fissarlo come se avesse avuto davanti il diavolo in persona, e Robert cominciava seriamente a preoccuparsi per la sua reazione.
Va bene la sorpresa iniziale, ma non stava un tantino esagerando?
« Papà.. c'è qualcosa che non va, quel tipo l'ho già visto. » proferì il biondino, facendo attivare tutti i sensi dell'uomo lì presente e facendogli capire finalmente qualcosa.
« Dove? Potremmo ripartire da lì per trovare la loro base. » domandò immediatamente, facendo un gesto con la mano come a volerlo esortare a continuare a parlare.
Tuttavia Jace continuò per qualche minuto ad alternare lo sguardo dal padre, al ragazzo lì seduto.
Non può essere vero.
« Lui è.. il famoso ragazzo di Alec. »



Hello! :D
Allora cosa dire, cosa diiiire xD 
Diciamo che Magnus sta facendo il diavolo a quattro per cercare di capire come sta il suo bell'occhi blu, ma nessuno è intenzionato a metterlo al corrente. Sopratutto Shane, che sta tirando fuori tutto lo zucchero di cui è fornito xD
Alec invece è costretto a letto per alcuni giorni per via dell'operazione, quindi poverello, anche lui non sa come sta xD
Siamo crudeli. HAHAHA.
Ed ecco qui che Jace ricollega Magnus al ragazzo di Alec.. diciamo che ora ci sarà una bella evoluzione della situazione xD
E tranquille, i litigi e altri morsi non mancheranno ahahha :D
Bene, come al solito vi ringraziamo con tutto il nostro corazon per seguire la storia e per recensirla, se non fosse per voi, non saremmo nemmeno qui a scrivere <3 Davvero, grazie mille per il supporto che ci date! <3
Vi lasciamo anche il link del gruppo facebook, qualora decideste di entrarvi! Cliccate pure qui ----> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Vi diamo appuntamento alla prossima settimana e vi mandiamo un grosso bacione!<3
Bye!<3 

P.s è probabile che siano presenti alcuni errori data la mancanza di tempo per correggere, quindi ci scusiamo in anticipo e vedremo presto di revisionare il capitolo!

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Capitolo 13
*** Capitolo #13 ***


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Capitolo #13

« Sei proprio sicuro che sia lui? »
Jace sospirò profondamente cercando di calmarsi, onde evitare di commettere qualche atto estremo; come un sororicidio ad esempio.
Era almeno la decima volta che gli poneva quella domanda.
Insomma, poteva capire la sua sorpresa - anche lui era rimasto non poco scioccato -, ma così si iniziava seriamente ad esagerare.
« Sì Isabelle, come ne ero sicuro tutte le altre volte in cui me lo hai chiesto. » replicò sarcasticamente, inarcando appena un sopracciglio biondo.
Sua sorella gli rivolse un'occhiataccia da manuale, buttando i suoi lunghi capelli corvini dietro la spalla con un gesto secco.
« Scusa tanto se la notizia mi ha lasciata un tantino allibita. Sai com'è, mi hai appena detto che Alec è entrato in un giro di traffico d'armi. » ribatté poi prontamente, mentre si lasciava cadere su una di quelle scomode sedie di plastica della sala d'aspetto dell'ospedale.
Guardandola Jace si sentì lievemente in colpa per il modo in cui le aveva risposto. La solita splendente e fascinosa Isabelle sembrava svanita nel nulla e, al suo posto, era rimasta una ragazza insicura e preoccupata, con gli abiti stropicciati e il trucco sbavato.
Quegli ultimi giorni erano stati infernali per tutti loro: il ritrovamento di Alec in fin di vita, l'operazione, le ore passate in attesa che si svegliasse e pregando che lo facesse.
Jace, Robert ed Isabelle erano rimasti piantati in ospedale ventiquattro ore su ventiquattro, senza lasciare il capezzale del ragazzo – a parte per svolgere alcune mansioni importanti - neanche per un secondo. Tuttavia, quest'ultima era decisamente la più sconvolta dei tre.
Se ciò fosse dovuto al fatto che era stata proprio lei la prima a soccorrerlo o al legame profondo che li legava non avrebbe saputo dirlo.
Da quando Alec si era finalmente risvegliato sembrava aver ripreso, almeno in parte, il suo solito autocontrollo, anche se era ancora abbastanza scossa.
« Iz non è quello che ho detto. Non sappiamo ancora cosa sia successo di preciso. » le disse, sedendosi accanto a lei e cercando di addolcire il tono.
Sua sorella sospirò, poggiando la testa alla parete dietro di lei.
« È che non riesco proprio a capire. Com'è possibile che il presunto "ragazzo" di Alec in realtà sia l'intermediario che stavate cercando? Non ha senso. Che ci faceva mio fratello con quel quel tizio? » gli chiese poi, guardandolo in attesa di una risposta.
Jace avrebbe davvero voluto saperlo ma purtroppo nemmeno lui ne aveva la minima idea.
Passandosi una mano tra i riccioli biondi, tentò disperatamente di farsi un quadro generale della situazione. Non che poi avesse fatto altro in quei giorni.
Shane e Caleb avevano raccontato di averlo trovato a pochi metri da casa di Alec.
Ma cosa ci faceva lì?
A detta loro non aveva fatto altro che chiedere informazioni sulla salute di suo fratello.
Ma a che scopo? Possibile che fosse davvero preoccupato per le sue condizioni? E se così era, per quale motivo? In che rapporti si trovavano?
Prima o poi gli sarebbe esplosa la testa, se lo sentiva.
« Hai aggiornato tua sorella sulle novità? »
Jace si voltò verso suo padre, appena entrato nella stanza con una strana luce nello sguardo.
Mentre lui si era subito precipitato dentro a raccontare ad Izzy quanto aveva scoperto, Robert era rimasto nel parcheggio, al telefono con uno dei suoi soldati. Che una volta tanto gli avessero dato buone notizie?
Assai improbabile.
« Certo. Cosa è successo? » gli chiese, allungando leggermente il collo per poterlo vedere bene in viso.
Suo padre li studiò entrambi, quasi valutando se potesse dare o meno loro quelle ulteriori notizie.
« Era Shane. Ha trovato il cellulare di Bane dentro casa di Alec. Stanno vedendo se può essergli utile in qualche modo, ma per il momento la risposta sembra essere negativa. » esordì poi, con un tono estremamente stanco.
Anche mentre si preoccupava per le condizioni di suo figlio, non aveva smesso neanche un solo istante di lavorare, dando ordini a destra e a manca ai suoi soldati per far sì di trovare un qualsiasi indizio che li aiutasse a capire.
L'ospedale, da quando loro erano lì, si era trasformato in un via vai di tutti i componenti dell'esercito, di vari gradi ed età, tutti ansiosi di conoscere le condizioni del figlio del generale e di ricevere istruzioni da quest'ultimo.
Le visite più frequenti erano state da parte di Caleb e Shane, preoccupati quasi quanto loro per le condizioni di Alec.
Entrambi erano molto legati a suo fratello, in particolar modo Shane.
Non sapeva se il ragazzo provasse ancora qualcosa per Alec, ma era indubbio il profondo affetto che nutriva nei suoi confronti.
Proprio per questo aveva preso la questione molto che più che seriamente, determinato come non mai a mettere le mani addosso al colpevole.
Il fatto che si fosse fosse spinto fino a perquisire la casa del ragazzo alla ricerca di uno straccio di prova, non era altro che un'ulteriore dimostrazione.
« Possibile che non ci sia un modo per cavargli una maledetta informazione dalla bocca? Lasciatelo cinque minuti con me, ci penserò io a farlo parlare. » affermò Iz glacialmente, riferendosi chiaramente a quella spina nel fianco di Bane.
Jace era completamente d'accordo con lei, ma sapeva già cosa le avrebbe risposto Robert.
« Non se ne parla Izzy. Fino a che non riusciamo a capire che collegamento c'è tra lui ed Alexander non ho intenzione di usare le maniere forti. E comunque non credere che Shane sia stato molto delicato nel suo interrogatorio. » ribatté difatti il generale, prendendo posto accanto a loro.
Da fuori sarebbero potuti quasi sembrare una normale famiglia in attesa di poter vedere un proprio caro ricoverato, se non fosse stato per la pistola ben visibile che l'uomo portava addosso.
La ragazza sbuffò sonoramente, incrociando le braccia al petto in gesto di stizza.
« E allora come mai non ha ancora pronunciato neanche mezza parola?» domandò, senza preoccuparsi minimamente di nascondere il suo scetticismo. Robert sembrò sforzarsi di trattenere un sorriso mentre la guardava; Jace era pronto scommettere che era dovuto al fatto che con quell'atteggiamento gli ricordava in maniera impressionante Maryse.
« Continua a dire che non parlerà finché non gli permetteremo di vedere Alexander. »
La ragazza aggrottò leggermente le sopracciglia, analizzando quanto suo padre aveva appena detto.
« In effetti.. Quando ho parlato con lui mi è parso davvero preoccupato. Non appena ha sentito che Alec era in coma, dalla voce sembrava davvero sul punto di scoppiare in lacrime. » mormorò poi, probabilmente riflettendo ad alta voce su quanto gli stava passando per la testa in quel momento.
A quell'affermazione seguirono diversi istanti di silenzio, in cui tutti e tre cercarono invano di cogliere una qualche connessione.
« E se quella che abbiamo dato per scontato fosse una menzogna, in realtà, fosse davvero la verità? » domandò alla fine Jace, attirando su di sé lo sguardo confuso e incerto degli altri due.
« Okay, è ufficiale: Jace è completamente uscito pazzo. Tranquillo fratellino, qui sei nel posto giusto. » esclamò alla fine Izzy, ma era più che evidente che il suo fosse un tentativo forzato di sbloccare la situazione.
Il biondo le scoccò un'occhiataccia, tornando subito dopo a rivolgersi al padre.
« Pensaci. Se Bane fosse davvero il fidanzato di Alec? Magari si sono conosciuti in qualche modo e Alec ha capito solo più avanti che il suo ragazzo era invischiato in un giro del genere. » riprese difatti, sperando che l'altro capisse dove voleva andare a parare.
Il generale si raddrizzò appena, portandosi una mano sotto il mento.
« Magari ha scoperto la vera identità del suo ragazzo proprio quel giorno in cui mi ha telefonato in preda al panico. Parlava di rapimenti e ha detto qualcosa sul timore che qualcuno fosse stato catturato. Magari c'era stato uno scontro. » affermò poi, seguendo immediatamente il filo del discorso portato avanti dal figlio.
Jace annuì vigorosamente, contento che l'altro fosse sulla sua stesse lunghezza d'onda.
« Esattamente. E al quel punto da bravo samaritano qual è, Alec avrà senz'altro cercato di salvarlo. Lo farebbe per chiunque, figuriamoci per qualcuno per cui forse prova qualcosa. » continuò imperterrito, ormai sempre più convinto di quella sua teoria.
« Cercando di aiutare Bane potrebbe essersi immischiato anche lui dove non doveva. Ed ecco il perché della sua aggressione. » concluse per lui Robert.
Vedendoli così non era difficile immaginarli mentre pianificavano una missione militare, precisi e sincronizzati come poche altre persone avrebbero mai potuto essere.
Isabelle, che per tutto il dibattito aveva continuato a spostare lo sguardo dall'uno all'altro quasi fosse alle prese con una partita di ping-pong, fu più che convinta da quella spiegazione.
« Beh, senz'altro è un'ipotesi più credibile dell'improvvisa trasformazione in criminale di Alec. Inoltre se così fosse si spiegherebbe anche tutta l'ansia e la preoccupazione di Bane nei suoi confronti. »
Il generale sospirò stancamente, sforzandosi di trovare un'opzione migliore di quella ma fallendo miseramente nell'intento.
Solo dopo alcuni minuti di analisi della situazione, si decise a parlare.
« Sembrerebbe quadrare tutto alla perfezione. A questo punto, figliolo, non ci resta che scoprire se hai ragione. »





Alec si svegliò all'improvviso, i raggi del sole che gli sfioravano il viso in una tenera carezza, costringendolo a stropicciarsi gli occhi.
Si sentiva decisamente spossato e stordito, motivo per cui non riuscì a mettere immediatamente a fuoco l'ambiente in cui si trovava.
Quando finalmente si rese conto di essere ancora in quello stesso letto d'ospedale, un senso di nausea lo colpì in pieno.
Quindi non era stato affatto un sogno.
I ricordi del giorno precedente – presumeva lo fosse, sperava davvero di non aver dormito di più – lo travolsero, lasciandolo senza fiato.
Il senso di torpore appena sveglio, quella pesantezza, sua sorella che lo abbracciava, Magnus.
Già, il suo Magnus.
Chissà dove si trovava, chissà se era preoccupato per lui, chissà se era ancora vivo.
Tutta la faccenda si era svolta così velocemente che non aveva nemmeno avuto il tempo materiale per poter riflettere su cosa stesse effettivamente accadendo.
Si passò una mano tra gli scomposti capelli corvini, come se quel semplice gesto avesse potuto in qualche modo scacciare via la stanchezza e il senso di inquietudine che gli avvolgeva lo stomaco in una stretta poco piacevole.
Devo vederlo.
Guardandosi intorno come una spia, cercò immediatamente quello che poteva definirsi un armadietto, in modo tale da poter recuperare dei vestiti puliti da indossare per uscire senza dare troppo nell'occhio.
Dubitava infatti che non avrebbero sospettato nulla nel vederlo gironzolare per l'ospedale con un pigiamino sbiadito addosso. E l'ultima cosa di cui aveva bisogno era essere riacciuffato da qualche medico armato di ago.
Si alzò dal letto ignorando la vertigine che quel movimento gli aveva provocato, avvertendo immediatamente il freddo pungente delle mattonelle bianche penetrargli nelle ossa.
Rabbrividì, senza tuttavia ritirarli indietro, anzi.
Si costrinse a sgranchire un po' le gambe, avanzando con passi malfermi verso il piccolo sportello, che tirò verso di sé con un leggero strattone.
Vide da una parte dei vestiti appallottolati e sporchi di sangue: dovevano essere gli stessi indumenti che indossava quando era stato braccato da quei tizi.
Subito il volto di Braxton gli comparve davanti agli occhi, facendogli storcere appena il naso in una smorfia.
Avrebbe avuto sicuramente la sua vendetta e sperava che fosse una delle più atroci possibili.
Non solo aveva avuto il coraggio di stare con il suo Magnus, ma aveva addirittura osato sparargli con l'intenzione di ucciderlo.
Aveva impresso nella mente ogni singolo viso partecipante a quella rimpatriata di gang mafiose e non se ne sarebbe fatto scappare nemmeno uno.
Scrollando la testa spostò lo sguardo dalla parte opposta, notando un jeans e una normale maglia a maniche lunghe.
Quella roba sicuramente non era sua – probabilmente era di Jace – ma andava assolutamente benissimo. Pur di riuscire ad uscire da lì sarebbe stato capace pure di infilarsi i vestiti sporchi di sangue.
Prendendo il tutto e richiudendo poi l'armadietto, buttò i suoi vestiti sul letto, cambiandosi.
In altre circostanze sarebbe stato quantomai infastidito dal fatto di doversi cambiare senza nemmeno darsi una rinfrescata, ma non gli pareva affatto il caso di soffermarsi su una cosa del genere.
Aprì lentamente la porta, sporgendosi con circospezione nel corridoio.
Appurato poi che nei paraggi non c'era nessuno, la richiuse, rientrando nella stanza.
Doveva assolutamente far sembrare che stesse ancora dormendo in quel letto, mettendoci un qualcosa che potesse in qualche modo ricordare la sagoma del suo corpo. Si sentiva stupido per l'idea che gli stava passando per la mente, anche se poteva essere un valido espediente per guadagnare un po' di tempo.
Si affrettò a prendere due cuscini ma, prima che potesse posizionarli come aveva pianificato, la porta si aprì all'improvviso, facendogli lanciare in aria ciò che aveva in mano per lo spavento.
Alec si ritrovò di fronte tre figure estremamente famigliari che lo guardavano allibite.
Maledizione.
La sua famiglia al completo doveva decidere di entrare proprio in quel momento? Studiò l'espressione sconcertata e scioccata stampata sui loro volti - se ne stavano sulla soglia della stanza a guardarlo in maniera truce, con le braccia incrociate - cercando di farsi venire in mente una scusa plausibile.
Peccato che la mente ancora parzialmente annebbiata dagli antidolorifici non aiutasse affatto la sua già scarsa propensione ad inventare balle.
« Sta-stavo andando a fare due passi, tanto per sgranchirmi un po' le gambe. » balbettò, cercando senza alcun successo di mostrarsi sicuro di quanto stava dicendo.
Sua sorella gli lanciò una delle sue migliori occhiatacce, mentre Jace si sforzava visibilmente di trattenere le risate.
« Completamente vestito? » gli chiese Izzy, con un tono che grondava sarcasmo. Alec imprecò mentalmente, continuando però a mantenere l'espressione più angelica a sua disposizione.
« Certo, sai quanto ci tengo a mostrarmi al meglio. L'ospedale non fa mica eccezione. » replicò poi, consapevole che non avrebbe convinto proprio nessuno con una simile uscita.
Isabelle lo guardò come se fosse pazzo, voltandosi verso Robert e Jace.
« Crede davvero che potremmo berci una cosa del genere? » domandò loro, con un'incredulità che traspariva da ogni singola parola.
Alec osservò perplesso suo fratello mentre si avvicinava a lui con aria circospetta, per poi sventolargli una mano davanti al viso.
« Che cosa ti sembra questa? » gli chiese, con le sopracciglia corrucciate per la concentrazione.
Il moro lo scansò malamente, domandandosi dove accidenti volesse andare a parare; con Jace ci si poteva sempre aspettare di tutto.
« Ma che diavolo ti prende? Toglimi quella manaccia dalla faccia! » esclamò, senza curarsi minimamente di mascherare il suo fastidio.
Doveva correre a cercare Magnus, assicurarsi che stesse bene: non aveva tempo da perdere con simili scemenze.
« Oh, grazie a Raziel. Per un attimo ho temuto che fossi vittima di una qualche allucinazione. » ribatté l'altro, portandosi una mano sul petto e assumendo una posa a dir poco melodrammatica.
La luce maliziosa nel suo sguardo e il tremolio all'angolo delle labbra fecero intuire al moro che, come al solito, Jace si stava divertendo un mondo a prenderlo in giro.
Maledetto biondino.
« Jace! » lo richiamò bonariamente suo padre, anche lui però divertito da quello scambio.
Wow, non pensava che per loro il fatto che potesse prestare la minima attenzione al suo vestiario fosse così comico.
Ma chi voleva prendere in giro?
Sarebbe stato più credibile dire che voleva andare a visitare Marte.
Oh, al diavolo.
« Adesso basta, togliti Jace. » esclamò seccamente, facendo cenno di spostarsi.
Una fitta di dolore al petto lo fece quasi piegare in due, tuttavia si sforzò di ignorarla, concentrandosi sui problemi più urgenti.
Doveva liberarsi di quei tre e trovare Magnus al più presto.
« Alec, ma che fai? Stenditi immediatamente, sei ancora convalescente! » gli sbraitò contro Isabelle, piazzandosi davanti a lui con un cipiglio truce e le mani sui fianchi a mo' di maestrina.
« Spostati Izzy, devo uscire da qui. » le rispose semplicemente, cercando di aggirarla.
Peccato però che sua sorella non accennasse minimamente a farsi da parte.
Anzi, considerando la determinazione nel suo sguardo, sembrava pronta a spingerlo giù con la forza da un momento all'altro.
« Alec, non te lo chiederò con le buone un'altra volta: sdraiati, adesso. » affermò difatti la ragazza, mentre anche suo padre e suo fratello si avvicinavano a loro due.
Dannazione, non posso farmi incastrare così, devo trovare Magnus.
Scattò in avanti diretto verso la porta, intenzionato ad uscire da lì e a trovarlo il prima possibile.
Fatti appena pochi passi però fu braccato dai suoi fratelli, che lo trascinarono indietro costringendolo a sedersi nuovamente sul letto.
« Lasciatemi andare! Voi non capite, devo andare da lui! »
Izzy e Jace si scambiarono un'occhiata carica di significati, quasi stessero cercando di comunicare con la sola forza del pensiero.
In altre circostanze Alec sarebbe stato curioso di sapere cosa stessero tramando, ma in quel momento non gliene importava minimamente.
« Se è a Bane che ti riferisci puoi stare tranquillo che lo troverai anche dopo esserti rimesso: difficilmente potrebbe riuscire a lasciare la base. Anche se in effetti ci ha provato. » esordì poi il biondo, rivolgendogli uno sguardo penetrante.
Alec impiegò alcuni istanti per registrare appieno le parole del ragazzo, completamente esterrefatto dalla bomba che suo fratello gli aveva appena sganciato addosso con il massimo della naturalezza.
« Avete arrestato Magnus? » gridò loro contro, senza sforzarsi minimamente di mascherare l'accusa nella sua voce.
Jace alzò le mani, come a volersi difendere da un possibile attacco da parte del fratello. « Ah, è così che si chiama? Beh, non abbiamo avuto molta scelta. Nel caso ti fosse sfuggito, quel tizio è l'intermediario di un giro di traffico d'armi abbastanza rilevante. » replicò poi, guardando suo padre in cerca di sostegno.
L'uomo annuì seccamente, spostando lo sguardo su Alec.
Considerando la reazione di Alexander, si disse, la teoria di Jace sembra sempre più plausibile.
« Figliolo, che ne dici di spiegarci una volta per tutte cos'è questa storia? Che ci faceva quel criminale a casa tua? » domandò cautamente il generale, ansioso di arrivare alla fine di quella faccenda.
Il ragazzo lo fulminò con lo sguardo.
« Magnus non è un criminale! E prima di dirvi come stanno le cose lo voglio vedere, voglio assicurarmi che stia bene. » replicò poi, mentre una scintilla di ferrea determinazione si accendeva nei suoi occhi.
Robert restò a bocca aperta per alcuni istanti, prima di scoppiare a ridere fragorosamente.
Alec fissò allibito suo padre piegato in due dalle risate, come gli era capitato ben poche volte di vederlo, chiedendosi che accidenti ci fosse di così comico in quello che aveva appena detto.
« “ Non vi dirò niente finché non mi direte se Alexander sta bene”, “ Non vi racconterò niente finché non me lo farete vedere”. Dico io, ma vi siete per caso messi d'accordo per farmi uscire di testa? » domandò retoricamente l'uomo scimmiottando le voci dei due ragazzi, non appena si fu ripreso abbastanza da parlare.
Alec restò senza fiato, invaso da un'inspiegabile sensazione di calore: Magnus aveva davvero detto una cosa del genere? Si era preoccupato per lui?
« Magnus ha chiesto di me? » ripeté, giusto per assicurarsi di aver capito bene.
Suo padre lo guardò con divertimento misto ad un profondo affetto.
« Scherzi vero? Non ha fatto altro. Sta facendo uscire pazzi tutti i miei uomini a furia di sbraitare e gridare. Sono pronto a scommettere che se pronuncerà anche solo un'altra volta il tuo nome, o ci sarà un suicidio di massa per esasperazione, o qualcuno lo imbavaglierà una volta per tutte. » gli rispose poi, con un sorriso appena accennato.
Alec si portò una mano al petto, nel vano tentativo di rallentare i battiti accelerati del suo cuore.
« Credo che l'opzione del suicidio di massa sia la più probabile; non permetterebbe mai a nessuno di imbavagliarlo, non con il caratteraccio che si ritrova. » esclamò poi, facendo il possibile per non assumere un'espressione ebete.
« Quel poveretto di Caleb sarebbe d'accordo con te. » ribatté prontamente Robert, con un ghigno ironico stampato in viso.
Alec aggrottò le sopracciglia, confuso da quell'affermazione.
Che c'entrava adesso Caleb?
C'era stato qualche scontro tra lui e Magnus?
Per un attimo ebbe una chiara visione di Magnus che tirava una sedia in testa all'altro; ne sarebbe stato più che capace.
Il generale, percependo la perplessità del figlio, si affrettò a spiegare.
« Il tuo.. amico, ha tentato la fuga. Caleb è riuscito a placcarlo prima che potesse mettere piede fuori dalla base, e lui in tutta la risposta lo ha morso. »
Alec sbatté le palpebre, completamente esterrefatto.
Che suo padre lo stesse prendendo in giro?
No, era impossibile.
Il suo tono era troppo indignato per far pensare ad uno scherzo.
« Lo ha morso? Seriamente? » ribadì, indeciso tra l'essere sorpreso e lo scoppiare a ridere per quell'ulteriore manifestazione di testardaggine.
« Ed è stato anche un signor morso, considerando che hanno dovuto mettergli dei punti. Fossi in te starei attento con lui nei paraggi, o perlomeno gli metterei una museruola. » intervenne Jace, ridacchiando.
Alec gli scoccò un'occhiataccia, anche se non poté certo replicare, non tenendo conto di quanto Magnus aveva fatto.
Povero Caleb.
Si ripromise che appena gli fosse capitata l'occasione avrebbe fatto in modo che il ragazzo si scusasse con lui.
Era il minimo che potesse fare.
« Qualcuno gli ha fatto sapere che sono vivo, vero? » domandò ad un tratto, colpito da quell'improvviso pensiero.
Suo padre aveva detto che Magnus continuava a chiedere di lui, ma non gli aveva mai detto di avergli dato una qualche risposta.
Conoscendo il modo di ragionare di Magnus, doveva aver passato gli ultimi giorni ad incolparsi di quanto gli era successo, così come aveva fatto dopo la morte di sua madre.
Quel pensiero gli diede la nausea: non voleva neanche figurarsi cosa poteva essergli passato per la mente.
« No, non sapevamo nemmeno se fosse implicato in quello che ti è successo. Nessuno aveva voglia di essere accomodante con lui. » gli rispose suo padre, con una punta di dispiacere a venargli la voce.
Alec fece appello a tutto il suo autocontrollo per non inveire contro nessuno di loro.
Dopotutto, in qualità di soldato, avrebbe fatto anche lui la stessa identica cosa.
Lui conosceva Magnus, ma per suo padre e i suoi fratelli non era che un qualsiasi criminale: era naturale che avessero sospettato di lui e non si fossero premurati di trattarlo con i guanti. « Capisco. Ti dispiace fare in modo che sappia che sto bene? Non voglio che si preoccupi più di quanto di certo ha fatto fin'ora. » affermò poi, sospirando pesantemente.
Robert annuì, tirando fuori il cellulare dalla tasca ed armeggiandovi per un paio di minuti; doveva aver mandato un messaggio alla base per far sì che qualcuno facesse quanto gli era stato richiesto.
Alec si rilassò notevolmente, contento di non doversi preoccupare per l'incolumità di Magnus né fisica, né tanto meno mentale.
Stava per iniziare a raccontare alla sua famiglia ogni cosa – era ben consapevole che non gli avrebbero concesso di spostarsi di un millimetro prima di sapere ogni dettaglio, motivo per cui era inutile tergiversare –, quando sua sorella ruppe il silenzio che si era momentaneamente andato a creare nella stanza, con un'esclamazione di sorpresa.
Il moro la guardò confuso, chiedendosi che accidenti le stesse passando per la testa.
Per tutto l'arco della discussione avuta con Jace e suo padre circa l'arresto e le condizioni di Magnus si era completamente estraniata, tanto da fargli quasi dimenticare la sua presenza, e adesso se ne usciva così?
« Izzy, che cosa... » provò a chiederle, per essere però interrotto ad appena metà della frase.
« Finalmente sono riuscita a collegare ogni cosa! Quando poco fai hai pronunciato il nome di Bane mi è suonato terribilmente familiare. All'inizio non capivo come mai, ma adesso ci sono: è quel Magnus Bane, vero? Quello che veniva al liceo con noi ma che poi, senza motivo, si è ritirato da scuola. » esclamò difatti la ragazza, sbattendo le mani.
Il generale sollevò le sopracciglia fino all'attaccatura della fronte, guardando il suo primogenito come in attesa di una smentita.
« Intendi quello che si mormorava fosse finito in qualche brutto giro? Stiamo parlando di lui? » si intromise Jace, fissando anche lui il fratello in attesa della sua risposta.
Avrebbe dovuto immaginarlo.
I suoi fratelli erano troppo svegli per non mettere insieme i pezzi.
« Sì, proprio lui. E, a quanto pare, le voci erano vere. Anche se non è stata colpa di Magnus, lui non voleva restare davvero invischiato con certa gente. » replicò infine, alternando lo sguardo dall'uno all'altro.
Isabelle sorrise dolcemente, sedendosi accanto a lui.
« Beh, se non altro capisco perché ti sei fatto trascinare nei guai in questo modo. Faresti qualsiasi cosa per salvarlo, vero? E non cercare di negare: hai sempre provato qualcosa per lui, lo so. » gli disse poi, scostandogli una ciocca di capelli corvini dal viso.
Alec boccheggiò, cercando disperatamente di non arrossire come un ragazzino alla sua prima cotta, ma fallendo miseramente.
« Che cosa?! Ecco perché eri così depresso quando se ne è andato! » esclamò suo fratello, con il tono di chi ha appena fatto la scoperta del secolo.
Il moro tentò di elaborare una replica degna di questo nome, ma riuscì soltanto a balbettare delle frasi sconnesse e senza senso.
Accidenti a loro.
Perché gli erano toccati come fratelli i due individui meno dotati di tatto al mondo?
Robert, che fino a quel momento aveva assistito con estrema attenzione al dibattito, gli rivolse un sorrisetto divertito.
« A quanto pare ho davvero un nuovo genero! Certo, avrei preferito che fosse un dottore o un avvocato, però almeno è... come dite voi giovani? Ah, sì: un gran figo. » annunciò subito dopo, assumendo un'espressione allusiva.
Se possibile Alec arrossì ancora di più, completamente sconvolto da quell'uscita. Sentire suo padre che dava del "gran figo" a Magnus era un'esperienza per cui non era pronto, e probabilmente non lo sarebbe mai stato.
Era felice che non gli avesse fatto alcun tipo di problema accettando così facilmente la cosa, ma quello era davvero troppo.
« Ti quoto papà! E tu non fare quella faccia, poteva andarti peggio. Poteva anche chiederti se sei andato a letto con lui. » aggiunse sua sorella con nonchalance, tanto per fargli rischiare un arresto cardiaco per via dell'imbarazzo.
Come le veniva in mente?
Non che non lo avesse fatto davvero, ma insomma, le sembrava il caso di uscirsene in quel modo?
« Tu.. come.. Isabelle! » esclamò infine, rinunciando a formulare una frase coerente.
La ragazza sventolò un mano con grazia, a voler allontanare con un cenno le sue proteste.
« Tranquillo fratellone, la tua reazione basta come risposta. Almeno per adesso. » riprese poi, come se nulla fosse.
Grandioso.
Conoscendo sua sorella quella era una vera e propria promessa di un futuro interrogatorio.
Sospirò profondamente, cercando di rientrare in possesso del suo autocontrollo. Qualcosa gli diceva che gli sarebbe servito presto.
Dubitava che avrebbero continuato a girare intorno alla questione ancora per molto; avrebbe dovuto comunque raccontare loro tutto quello che era successo.
«
Ci sarà tempo per indagare sui risvolti sentimentali. Ora, figliolo che ne dici di metterci al corrente di tutto il resto? » esordì il generale, cercando di riportare le cose all'ordine e dando voce ai pensieri dei presenti.
Appunto. Oramai tanto valeva vuotare il sacco. Fino a quel momento si era rifiutato di coinvolgere suo padre e i suoi fratelli perché voleva evitare che Magnus potesse essere arrestato o incolpato di qualcosa, ma considerando che il ragazzo era stato comunque sbattuto dietro le sbarre, non aveva più nessun motivo per nascondere loro la verità.
Senza contare poi, che con l'esercito dalla loro sarebbe stato di gran lunga molto più semplice risolvere quella faccenda una volta per tutte.
La sua unica preoccupazione era per le sorti di Magnus, ma era convinto che, una volta ascoltata tutta la storia, suo padre sarebbe stato più che disposto a mettere una buona parola per lui, facendo sì che non venisse accusato di niente.
A quel punto non aveva più scuse.
Prese un respiro profondo, poi iniziò a parlare.




Hello! <3
Allooora! Innanzitutto vi informiamo che abbiamo deciso – per via di alcuni problemi >_< - di cambiare il giorno di pubblicazione, spostandola al venerdì. Scusateci, ma siamo troppo impicciate(?) di giovedì xD
Ma torniamo a noi xD dunque, questo – come avete potuto notare – è un capitolo di passaggio, motivo per cui è leggermente più corto del normale. Ma vi promettiamo belle cose(?) nel prossimo capitolo U.U
Ora che la famiglia Lightwood sa tutto, tadadadaaaan, ci saranno parecchi risvolti!
Non vogliamo annoiarvi più del dovuto, perciò vi ringraziamo come sempre per seguire e recensire la storia! Vi amiamo a T U T T @ <3
Per chi avesse intenzione di iscriversi, vi lasciamo il link del gruppo facebook, basta cliccare qui -----> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/?fref=ts
Vi mandiamo un grosso bacio, alla prossima settimana!
Bye!<3

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Capitolo 14
*** Capitolo #14 ***


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Capitolo #14
Alec scese lentamente dalla macchina, guardandosi intorno con un profondo sospiro: quel posto gli era mancato più di quanto credesse.
Le spesse mura che circondavano la zona e il reticolato di filo spinato erano per lui stranamente rassicuranti, gli davano un senso di familiarità.
Per chiunque altro una cosa del genere sarebbe stata strana, ma non per lui: era cresciuto lì tra fatica e sudore, con i suoi amici e compagni d'arma.
Suo padre, dopo aver fatto il giro dal lato del guidatore, gli rivolse un sorriso carico d'affetto, quasi stesse intuendo cosa gli passava per la mente.
« Bentornato, figliolo. » esordì poi, dandogli una leggera pacca sulla spalla.
Alec gli sorrise a sua volta, avviandosi poi verso l'ingresso della base.
Vide da lontano un gruppo di soldati, probabilmente nuove reclute, correre nel campo poco distante con uno zaino da svariati chili sulle spalle e un superiore che gridava loro contro qualcosa che suonava come "Accelerate femminucce, mia nonna corre più veloce".
Il moro ridacchiò, pensando a quando era stato anche lui in quella stessa situazione, con la sola differenza che essendo il figlio del generale si aspettavano tutti il massimo da lui.
Bei vecchi tempi.
Allora aveva odiato tutta quella pressione, tutti quegli sforzi, ma col senno di poi poteva dire che ogni istante gli era stato necessario per diventare chi era.
Forza, determinazione, disciplina, sacrificio: niente meglio dell'esercito era in grado di insegnare simili valori.
« Vieni Alexander, i tuoi fratelli ci staranno aspettando. » affermò Robert, spingendo sbrigativamente la porta d'ingresso.
Alec si affrettò a seguirlo e fu subito catapultato nel brusio e nella confusione che da sempre caratterizzavano quel luogo.
I corridoi erano pieni di soldati che passavano da una stanza all'altra, dalla sala di addestramento a quella di comando, che disponevano e ricevano ordini circa i più diversi casi.
Molti di loro vedendoli entrare si fermarono il tempo necessario per salutare il generale e fare un cenno ad Alec, procedendo poi di gran carriera con i loro compiti.
Dopo una serie di scale e svolte giunsero nell'ufficio di Robert, dove Jace e Isabelle erano già seduti in attesa.
Erano passati diversi giorni dal suo risveglio in ospedale - tempo che aveva trascorso a letto a riprendersi completamente - ed era giunto il momento in cui avrebbe rivisto Magnus.
Suo padre e i suoi fratelli erano difatti intenzionati a parlare personalmente con lui, ottenendo tutte le informazioni necessarie per fermare Dixon e Headley, e sapevano che difficilmente sarebbero riusciti nel loro intento se lui non fosse stato presente.
E in ogni caso non avrebbero potuto certo trattenerlo neanche un giorno di più dal catapultarsi dal suo ragazzo.
Sapeva che stava bene e che nessuno gli aveva torto nemmeno un singolo capello - il che considerando gli uomini di suo padre era già una conquista -, ma voleva comunque accertarsi di persona delle sue condizioni.
Moriva dalla voglia di vederlo e di farlo finalmente uscire da quella maledetta cella in cui lo avevano rinchiuso.
Aveva pregato suo padre di fare in modo che Magnus lo raggiungesse in ospedale, ma aveva ricevuto solo un secco rifiuto.
Secondo il generale era necessario - se voleva che Magnus venisse scagionato da ogni accusa - che per prima cosa lo si convincesse a collaborare.
Sebbene quella decisione non gli fosse particolarmente piaciuta, non aveva potuto obbiettare.
« Scusi il ritardo, signore. »
Alec si voltò di scatto verso la porta dell'ufficio, trovandosi di fronte Caleb e Shane.
Quest'ultimo appena lo vide gli andò incontro con un gran sorriso, stritolandolo in un abbraccio spacca ossa.
Alec si lasciò completamente andare nella stretta del ragazzo, sentendosi a casa nelle sue braccia.
Conosceva Shane da quando aveva memoria, e lo aveva sempre considerato come un porto sicuro, un alleato, il suo migliore amico.
Per un certo periodo alcuni anni prima erano stati insieme, cercando di capire se il legame che li univa poteva andare oltre l'amicizia.
Alla fine però avevano deciso di comune accordo di tornare al loro vecchio rapporto: nonostante il profondo affetto che provavano l'uno per l'altro, entrambi avevano dovuto riconoscere che non poteva esserci altro: mancava la scintilla tipica dell'amore.
« Sono felice di vederti di nuovo in piedi, Alec. Non farmi più uno scherzetto del genere. » gli bisbigliò il biondo, prima di separarsi da lui.
Alec gli poggiò una mano sulla spalla, sorridendogli.
Jace gli aveva detto di tutti i suoi sforzi per aver arrivare al colpevole della sua aggressione e della sua preoccupazione per lui; era bello sapere che Shane aveva fatto quello che anche lui avrebbe fatto a ruoli inversi.
« Farò del mio meglio. » replicò poi, dandogli una leggera spintarella giocosa.
Il biondo ridacchiò, alzando gli occhi al cielo divertito.
Il generale, che fino a quel momento aveva osservato la scena con il sorriso sulle labbra, si decise a riportare tutti nei ranghi, tornando al vero motivo per cui erano lì.
« Caleb, Shane, potete andare a prendere Bene? Portatelo qui, è giunto il momento di interrogarlo una volta per tutte. Ma mi raccomando, siate gentili con lui. » esordì, ottenendo subito l'attenzione di tutti i presenti.
Entrambi annuirono brevemente, rivolgendo però un'occhiata perplessa al loro superiore.
« Signore? Non è più sospettato? » domandò cautamente Caleb, facendo scorrere lo sguardo sui tre Lightwood.
Isabelle sfoggiò un ghigno malizioso, mentre Jace cercò senza troppo successo di coprire con un colpo di tosse una risatina sarcastica.
« No, niente affatto. Ci siamo completamente sbagliati sul suo conto. » spiegò Robert, guardando anche lui suo figlio con aria divertita.
Shane seguì lo sguardo del generale, rivolgendo ad Alec un'occhiata interrogativa.
« Non è stato lui a spararti? È davvero innocente come dice? » gli chiese poi, aggrottando appena le sopracciglia.
Sebbene lo desse ben poco e vedere, il moro lo conosceva abbastanza da sapere che quel cambio di piano lo aveva spiazzato.
« No, lui non c'entra niente. Mags non mi farebbe mai del male. » esclamò poi, consapevole che l'altro sarebbe stato ancora più confuso da quella sua affermazione.
« Mags? Ma se non c'entra niente come dici, che ci faceva a casa tua? » ribatté immediatamente Shane, guardandosi intorno alla ricerca di aiuto.
Jace fece un passo in avanti, dandogli un paio di pacche sulla schiena come incoraggiamento.
« Anche noi all'inizio eravamo un po' perplessi prima di sentire la storia del nostro bel addormentato. In sintesi, possiamo dire che quello che avete sbattuto in cella è il nuovo ragazzo di Alec. » annunciò poi, con una scintilla maliziosa nello sguardo.
Entrambi i fratelli si voltarono e bocca spalancata verso il ragazzo, guardandolo ad occhi sgranati.
« Seriamente? Alec sei sicuro di quello che fai? Non sarà il responsabile di quello che ti è successo, ma è pur sempre un criminale. » disse poi Shane, con un tono incredulo e preoccupato al tempo stesso.
Detta da chiunque altro una cosa del genere lo avrebbe senz'altro infastidito, ma sapeva che il ragazzo era solo in pensiero per lui e voleva assicurarsi che non gli succedesse niente.
Non conosceva Magnus se non per come si era mostrato durante l'interrogatorio, e non aveva idea di tutta la storia che c'era dietro quella vicenda; era naturale che la vedesse cosi.
« Capisco che non ti fidi di lui, ma credimi, Magnus è una brava persona. Non voleva entrare davvero in un giro del genere, non è un criminale. Senza contare poi che credo che tenga veramente a me: non mi metterebbe mai in pericolo di proposito, anzi, ha sempre cercato di proteggermi. » gli rispose, sperando che quello bastasse a convincere quella testa dura del suo migliore amico.
Quanto a testardaggine tra lui e Magnus era davvero una bella lotta.
Shane accennò un minuscolo sorriso.
« Okay, se lo dici tu ci credo. Ma sarà meglio per lui che si comporti come si deve, o potrei essere costretto a prenderlo a calci in culo. » borbottò poi, incrociando le braccia al petto.
Alec scoppiò a ridere, sollevato dalla sua uscita.
Per gli standard di Shane quella era una vera e propria benedizione.
« Tranquillo, nel caso ce ne fosse bisogno io e Izzy ti daremmo volentieri una mano. » intervenne Jace, dando sfoggio al suo tipico sarcasmo « Ora, che ne dici di andarlo a recuperare? Non so voi, ma io sono curioso di conoscere il tizio capace di far perdere la testa a mio fratello. »



Con le mani strette intorno a quegli ormai familiari tubi di metallo, Magnus sospirò per la milionesima volta nell'arco di una settimana.
Col cuore in tumulto e l'anima tormentata, lanciò un breve sguardo al muro aldilà le sbarre, cercando – inutilmente – un qualcosa che potesse distrarlo da quell'ammasso ingarbugliato di pensieri che gli ronzavano nella mente.
Scivolò leggermente con una mano verso il basso, avvertendo immediatamente il freddo di quella superficie liscia a contatto con la pelle delicata delle dita, e storcendo appena il naso per lo stridio provocato dall'anello che portava sempre sul medio.
Da quanto ne aveva memoria lo aveva sempre posseduto, e lo aveva custodito gelosamente come se fosse la cosa più importante della sua vita, poiché unico regalo che i suoi genitori gli avevano fatto quando ancora potevano definirsi una famiglia.
Ma ora, nel guardare quel semplice cerchio di plastica dal colore anonimo, una stizza che non credeva appartenergli montò in lui veloce come una saetta.
Come poteva tenere così tanto ad un oggetto regalatogli da coloro che non avevano fatto altro che rovinargli la vita?
Scosse la testa, poggiando poi la fronte sul metallo e lasciando alcuni ciuffi ad ombrargli leggermente gli occhi che sembravano aver perso definitivamente la propria luce.
Aveva pensato in passato che non li avrebbe più visti così vivaci e brillanti come quando era ancora solo un bambino, ma era stato costretto a ricredersi quando un timido ragazzo dai capelli corvini costantemente in disordine, e gli occhi blu limpidi come il mare, era entrato a far parte della sua disastrata vita.
L'aveva visto per la prima volta appoggiato ad un armadietto con un libricino in una mano, mentre ascoltava quasi assente suo fratello che parlava di un qualcosa che sicuramente non gli interessava.
E si era reso conto in quel momento che quasi certamente non avrebbe mai fatto notare al biondo quanto poco appunto volesse ascoltarlo, poiché abituato a stare sulle sue senza voler ferire la gente, al contrario dell'altro che sapeva non si sarebbe mai fatto scrupoli.
La sua fama lo precedeva e Magnus ben sapeva con che cosa aveva a che fare quel ragazzo: con qualcuno con un ego talmente smisurato da farti credere di essere una nullità in suo confronto.
Tuttavia, Magnus era certo che se Jace era oro, che catturava luce e attenzione, Alec era argento: così abituato al fatto che tutti guardassero l’altro, così abituato a vivere nella sua ombra da non aspettarsi di essere notato. Forse bastava essere la prima persona a dirgli che meritava di essere notato per primo in una stanza, e osservato più a lungo.
L’argento, poi, sebbene in pochi lo sapessero, era un metallo più raro dell’oro.
Da quel momento il mondo aveva assunto nuove e diverse sfumature per lui, perché aveva compreso qualcosa che era sfuggito a molti, forse a troppi.
Anche se purtroppo non aveva avuto modo di godersi poi quella meravigliosa scoperta, cadendo nella depressione più totale e negli abissi più profondi del suo subconscio.
Si era così ritrovato da solo a combattere la sua guerra interiore, non volendo che qualcuno abbattesse quel muro che aveva costruito per non far fuoriuscire i suoi demoni.
Si era ritrovato a vagare senza avere nemmeno una meta, senza aver più forze, solo con la disperazione dipinta negli occhi e le labbra sigillate in una tacita richiesta di aiuto.
Forse perché troppo disperato, non si era reso conto che in realtà tutto ciò poteva essere affrontato e che il suo bel occhi blu l'avrebbe aiutato. O forse perché effettivamente non era in grado di ammettere nemmeno a se stesso di avere seriamente bisogno di qualcuno che gli porgesse la mano per tirarlo su da quello schifo che era diventata la sua vita in poco tempo.
Non sapeva spiegarselo più oramai, ma aveva costruito una certezza che si era solidificata con il passare del giorni, quando aveva rincontrato il suo cavaliere nel modo più assurdo possibile: non era troppo tardi.
E sebbene all'inizio non volesse credere al fatto che per uno come lui c'era ancora speranza, che c'era ancora un motivo valido per non gettare completamente via la sua vita, ogni dubbio si era sciolto come neve al sole nell'esatto momento in cui si era reso conto di essersi perdutamente innamorato di quello che poteva definirsi l'unico grande amore della sua vita.
E quando quella certezza si era fatta strada, sempre più vivida in lui, ne aveva fatto manifesto nella sua mente, per non dimenticarsela mai.
Ma proprio quando aveva creduto che finalmente le cose stessero andando per il verso giusto, che la situazione si potesse rivoltare, ecco che ancora una volta era stato capace di distruggere con le sue stesse mani quella felicità tanto agognata.
Con forza mollò un pugno contro la sbarra, sentendola vibrare impercettibilmente e avvertendo uno strano scricchiolio provenire dalle ossa della sua mano.
Subito l'afferrò con l'altra, lanciando un imprecazione più che colorita, mentre si piegava su se stesso come se così facendo avesse potuto avvertire meno dolore.
Per anni non aveva fatto altro, traendo forza solo da se stesso, ma in quel momento aveva seriamente bisogno del suo Alexander.
Aveva bisogno dei suoi occhi che tanto amava guardare, del sorriso peccaminoso che sapeva rivolgergli e delle sua labbra che gli trasmettevano ossigeno nel momento in cui lo sfioravano.
L'unica cosa che voleva in quel momento era vederlo, stringerlo tra le sue braccia mentre gli sussurrava che non doveva avere paura, che era lì per lui.
Strinse gli occhi in una stretta dolorosa, come a volersi allontanare dalla realtà crudele che lo circondava, che rideva di lui.
Con il suo egoismo l'aveva distrutto, aveva messo in pericolo la persona che gli era più cara, e nulla gli avrebbe ora fatto abbandonare l'idea che un uomo come lui fosse indegno.
Se solo occhi blu fosse morto, lui..
Uno scatto della cella lo fece tornare immediatamente in posizione eretta, mentre sgranava gli occhi per la sorpresa.
Talmente preso nel crogiolarsi nel suo dolore, non aveva nemmeno sentito arrivare i suoi amichetti del cuore.
Tuttavia, c'era qualcosa di diverso nella loro postura e nel loro sguardo: sembravano notevolmente più rilassati e tranquilli.
L'unica spiegazione possibile era che entrambi fossero bipolari.
Insomma, il giorno prima lo guardavano con un disprezzo tale da fargli credere che lo volessero ammazzare, e ora nulla?
Qualcosa sicuramente non andava in quelle testoline bacate che si ritrovavano.
« Bane, seguici. » gli ordinarono più docilmente, afferrandolo per le spalle.
Magnus notò che non gli avevano messo le manette. Forse pensavano che dopo la sua fuga assai inconcludente, non avevano motivo di preoccuparsi.
Non che potesse biasimarli, era ormai certo anche lui che non avrebbe mai avuto modo di scappare, erano in troppi per lui.
« Cos'è, è l'ora del tè? No perché non credo di voler spettegolare con voi, sapete? » esordì, trasudando da ogni singola parola il proprio sarcasmo, che in quei giorni non aveva fatto altro che diventare più tagliente di quanto già non lo fosse prima.
Caleb lanciò uno sguardo al fratello, che ricambiò immediatamente, quasi potessero leggersi nel pensiero.
Questi sono proprio matti.
Sospirò, lasciando che quei due lo trascinassero in una stanza, dove ad accoglierlo c'era un uomo presumeva sulla cinquantina, con una capigliatura corvina perfettamente composta e due occhi blu incupiti dalle leggere rughe sotto di essi.
Non gli ci volle molto prima di capire chi era colui che gli si trovava davanti: niente di meno che il generale dell'esercito Robert Lightwood, nonché padre di Alec. Al suo fianco, una bellissima ragazza dai lunghi capelli corvini e un biondino dall'espressione altezzosa, lo scrutavano con la massima attenzione.
Considerando la somiglianza sia nei lineamenti che nell'atteggiamento, era pronto a scommettere che quelli fossero i fantomatici Isabelle e Jace, i fratelli del suo occhi blu.
A quanto pareva si trovava di fronte alla famiglia Lightwood al completo.
Ottimo.
« Bene Bane, siamo giunti alla fine dei giochi. Che ne dici di dirci ciò che vogliamo sapere? » gli chiese, l'espressione seria dipinta in volto e la voce autoritaria solo come un giusto leader era in grado di avere.
Magnus si stampò in volto un'aria di sufficienza, mentre lo facevano sedere su una seduta di fronte ad un lungo tavolo. Incrociò le braccia al petto, scrutando la figura del padre di Alec e trovandolo davvero molto simile a suo figlio.
Sebbene trasmettesse molta più rigidità e serietà, non poteva non notare quanto quello sguardo fosse così simile a quello del primogenito, uno sguardo che trasmetteva sicurezza ma che al contempo lasciava intravedere quella fragilità che li rendeva umani.
« Io non sono stato accontentato, quindi non vedo perché dovrei accontentare voi. » disse, dando sfoggio a tutta la caparbietà di cui era fornito senza indugio.
Robert cercò di trattenere un sorrisino per non tradirsi, non dopo aver ordinato al proprio figlio maggiore di nascondere la sua presenza per capire un po' che tipo era il suo ragazzo.
« E sentiamo, cosa vorresti sapere? » gli chiese accondiscendente, incrociando le mani sotto al mento.
Magnus lo scrutò per bene: non sembrava voler avere un atteggiamento scontroso nei suoi confronti come si era inizialmente immaginato, anzi, sembrava lo stesse semplicemente studiando.
E Magnus ricordava benissimo di non essere mai stato un granché con gli esami.
Per di più poi se il suo esaminatore era niente di meno che il padre di Alec.
« Alexander. Voglio sapere come sta, ho bisogno di vederlo. » proferì, cercando di essere il più serio possibile.
In quei giorni non aveva fatto altro che scervellarsi sulla tattica da adottare per sapere come stesse Alec, se era uscito dal coma, se stava bene, se non lo voleva più vedere.
L'ultima opzione gli spezzò il cuore, ma sentiva dentro di sé di non poter proprio obbiettare una simile decisione: infondo era per colpa sua se era andata a finire in quella maniera.
« Alexander.. lo chiami con il suo nome intero, quindi deduco che siate abbastanza in confidenza. » disse l'uomo, assumendo un tono inquisitorio e gustandosi la reazione del ragazzo.
Tuttavia Magnus non si scompose minimamente, intenzionato a non rispondere ad alcuna domanda senza prima venire a conoscenza di quello che voleva sapere.
« Voglio sapere come sta. » ribadì.
L'uomo stava per aggiungere qualcosa, ma venne interrotto da Jace.
« Non riuscirai a cavare un ragno dal buco, è testardo come un mulo. » esalò con un cipiglio, provocandolo palesemente mentre si passava una mano tra i riccioli dorati.
Magnus si alzò all'improvviso, battendo una mano sul tavolo.
« Sentite, sarei onoratissimo di far due chiacchiere con voi in altre circostanze, ma mi dispiace informarvi che mi sono rotto i coglioni. Sappiate che dalla mia bocca non uscirà nulla fin quando non mi farete vedere Alexander, mettetevelo bene in testa. » cominciò a sbraitare, fregandosene altamente di chi si trovava davanti.
Okay che forse avrebbe dovuto essere un po' più gentile per farsi “graziare” dal padre di Alec, ma adesso ne aveva davvero abbastanza.
Era passata più di una settimana e nessuno si era premurato di rispondere ad una delle sue mille mila domande, aveva accumulato talmente tanto nervosismo e preoccupazione che era quasi scontato che si ritrovasse ad esplodere come una bomba ad orologeria.
Anzi, fin troppo si era trattenuto per i suoi standard.
« Papà, direi che è abbastanza, non credi? » chiese a quel punto Isabelle, senza voler effettivamente ricevere una risposta.
Robert sorrise, annuendo soddisfatto.
Quel ragazzo sembrava davvero tenere a suo figlio, perciò non aveva alcun motivo per volergliene male o quant'altro.
Magnus aprì la bocca, pronto a dar sfogo a tutte le sue preoccupazioni, quando le parole gli morirono in gola.
« Dobbiamo seriamente lavorare sul tuo caratteraccio principessa. »
Magnus raggelò sul posto, convinto di essere preda di un'allucinazione.
Quella era la sua voce.
Si voltò lentamente verso la fonte di quel suono, aspettandosi di trovare il nulla.
Invece, una figura emerse da dietro la libreria posta ad angolo nel fondo della stanza, da dove sarebbe stato impossibile da individuare fino a quel momento.
Dopo più di una settimana passata a sperare di poterlo vedere, finalmente eccolo, a pochi metri di distanza da lui.
Alexander.
Fece scorrere lo sguardo dai capelli neri del ragazzo, al ghigno ironico stampato sul suo viso, ai suoi occhi.
I suoi occhi.
Era a malapena cosciente del fatto che tutti i presenti stessero assistendo alla scena, in particolar modo Shane, che sembrava studiarlo con un interesse quasi clinico; tutto quello che riusciva a pensare era che Alexander era lì davanti a lui, vivo.
« Cos'è quella faccia? Non dirmi che ti sono mancato. » riprese il moro, facendo un ulteriore passo in avanti e sorridendogli con dolcezza.
Quel gesto riuscì ad infrangere lo shock in cui era caduto, riportandolo con i piedi per terra.
Scattò in avanti, correndo verso Alec e gettandosi tra le sue braccia.
Affondò il volto nel sul petto, mentre il ragazzo lo stringeva a sé, tanto da far svanire ogni confine che distingueva l'uno dall'altro.
Magnus si beò di quella sensazione, di quel calore, grato come mai prima d'allora che qualcuno lassù avesse ascoltato tutte le sue preghiere.
« Sei vivo. Sei vivo per davvero. » singhiozzò, stringendo convulsamente tra le mani la sua camicia mentre le lacrime gli rigavano le guance.
Non gliene importava un accidente di apparire debole di fronte a quei maledetti soldati: il sollievo di sapere che Alexander stava bene batteva qualsiasi altra cosa.
« Mi spiace averti fatto preoccupare principessa, perdonami. » continuava a mormorargli Alec tra i capelli, cercando di rassicurarlo passandogli con tenerezza una mano sulla schiena.
Magnus sospirò profondamente, tentando di trovare un contegno.
Dopo un tempo che a lui parve interminabile, riuscì a calmarsi abbastanza da staccarsi dal moro.
« Questa volta ci è mancato poco. Non è così? » esordì poi con un filo di voce, sfiorandogli il viso con estrema delicatezza, quasi temesse di vederlo sparire o crollare in pezzi da un momento all'altro.
Alec strinse la mano di Magnus con la sua, perdendosi in quegli occhi di giada.
« A questo punto è un po' inutile da dire ma.. avevi ragione. Non avrei mai dovuto abbassare la guardia in quel modo, non dovevo uscire senza avvisarti e lasciandoti da solo. » replicò poi, con un tono che lasciava trasparire tutto il suo dispiacere.
In altre circostanze Magnus lo avrebbe preso volentieri a sberle per la sua incoscienza e per tutti i gesti avventatati che gli aveva appena ricordato di aver commesso, ma al momento era troppo felice di saperlo sano e salvo per provare istinti violenti.
Magari ci avrebbe pensato più avanti, anche perché di certo non poteva fargliela passare liscia.
« No che non avresti dovuto, puoi dirlo forte! Che diavolo credevi di fare andandotene in giro solo e disarmato in quel modo? I tuoi pochi neuroni superstiti erano per caso andati in vacanza? » sbraitò, portandosi le mani sui fianchi e ritrovando il suo abituale spirito.
Alec sorrise appena, guardandolo divertito.
« Finalmente. Sono passati ben cinque minuti senza che tu mi insultassi o mi gridassi contro in qualche modo. Cominciavo a preoccuparmi. » esclamò con sarcasmo, alzando gli occhi al cielo.
Magnus gli tirò uno scappellotto tutt'altro che leggero, fulminandolo con lo sguardo.
« Non è affatto divertente Alexander! Hai idea di quanto fossi preoccupato? Eh? Ho davvero creduto che tu... » iniziò, per poi interrompersi a metà frase.
Che tu fossi morto. E la responsabilità sarebbe stata solo ed esclusivamente mia.
Non ce la faceva, non riusciva a dirlo ad alta voce.
Nonostante ciò, Alec sembrò leggergli nel pensiero: la sua espressione mutò radicalmente, mentre un lampo di consapevolezza e di rammarico passava nei suoi bei occhi blu.
« Mags, non è stata colpa tua. Tu hai fatto il possibile per proteggermi, sono io che ho voluto fare di testa mia. Non ti devi sentire responsabile. » affermò poi, con il tono più dolce che gli avesse mai sentito usare.
Magnus sapeva che stava solo cercando di farlo sentire meglio, ma era tutto inutile.
« Tu non capisci. Avevo giurato a me stesso che avrei fatto qualsiasi cosa per impedire che ti facessero del male e invece.. ti hanno sparato, sei quasi morto e io non ero lì. Non ho fatto proprio un bel niente per evitare che accadesse. Se ti avessi perso, io... » disse lentamente, con la voce che si incrinava leggermente su quelle ultime parole.
« Tu non mi perderai mai, te lo prometto. »
Magnus restò senza fiato a quella replica ma, prima che potesse in qualche modo rispondere, Alec lo attirò bruscamente verso di sé, facendo incontrare la loro labbra e mettendo a tacere ogni sua possibile replica.
Bel modo di chiudermi la bocca.
Magnus si lasciò completamente andare tra le braccia dell'altro, affondando le mani nei suoi riccioli corvini.
Alec lo strinse ancora più forte approfondendo il bacio, incurante di tutti gli spettatori presenti a quella scena.
Dio, quanto gli era mancato.
Nei giorni scorsi, mentre se ne stava confinato nella sua piccola cella in attesa di avere una qualsivoglia notizia, aveva sognato così tante volte di poter riabbracciare Alec in quel modo, di poter sentire almeno un'altra volta quelle labbra sulle sue.
Ora che stava realmente accadendo, quasi non riusciva a capacitarsene.
Tu non mi perderai mai.
Sperava davvero che fosse vero, perché dubitava seriamente di poter vivere in un mondo in cui Alexander non era al suo fianco.
La minima parte del suo cervello ancora in grado di processare razionalmente la realtà che lo circondava, registrò un brusio di sottofondo e un rumore penetrante.
Un fischio? Chi accidenti stava fischiando?
Alec dovette chiedersi la stessa cosa, poiché si staccò dall'abbraccio, rivolgendo subito dopo un'occhiata rassegnata e divertita alle spalle di Magnus.
Quest'ultimo si voltò, trovandosi di fronte alla scena più bizzarra che avesse mai visto: il generale li stava osservando con un enorme sorriso stampato in viso, il biondino aveva infilato due dita in bocca e continuava a fischiare - ecco da chi proveniva il suono che aveva sentito -, mentre Isabelle si era messa in piedi su di una sedia ad applaudire.
Ma che diavolo...
« Apprezzo il vostro entusiasmo per la mia vita sentimentale, ma che ne dite di darci un taglio? » esclamò il moro sarcasticamente, alzando gli occhi al cielo.
Sua sorella saltò agilmente giù dalla sua postazione, scoccandogli un'occhiata minacciosa.
« Non ti permetterò di rovinarmi questo momento, brutto guastafeste che non sei altro! » esclamò poi con stizza, puntandogli un dito contro con fare minaccioso.
Il moro alzò le mani in segno di resa, continuando però a sorridere.
« Non mi permetterei mai sorellina, amo tutti i miei arti allo stesso modo. » replicò poi, con la stessa nota di ironia nella voce.
Magnus continuava a spostare lo sguardo dall'una all'altro più confuso che mai, chiedendosi se per caso non fosse stato catapultato in una qualche realtà alternativa.
« Vi dispiacerebbe spiegarmi che sta succedendo qui? Voi fino a poco fa non mi trattavate come un criminale incallito? Perché siete così felici adesso? » chiese, rivolgendosi ai tre davanti a lui « E ora che ci penso, perché tu te ne stavi nascosto lì dietro? » continuò, voltandosi a guardare Alec.
Quest'ultimo assunse un'aria colpevole, guardandolo di sottecchi.
« Mi dispiace per questo teatrino, ma mio padre e i miei fratelli volevano parlarti prima da soli per capire che intenzioni avessi con me. Sono un tantino iperprotettivi. » si affrettò poi a spiegargli, passandosi distrattamente una mano tra i capelli.
Magnus restò a bocca aperta, guardando i tre Lightwood completamente esterrefatto.
« Era una specie di prova? Seriamente? » domandò poi, tanto per avere conferma.
« Già. E loro non erano i soli a volerti mettere alla prova. Vero Shane? Che dici, ha superato il test? » esclamò Alec, rivolgendo un ghigno ironico al soldato biondo. Con tutto quel trambusto Magnus si era quasi dimenticato della presenza dei due nella stanza.
Si girò nella direzione in cui si trovava il ragazzo, aspettandosi di trovargli un'espressione scocciata dipinta in volto - dopotutto fino ad allora lo aveva trattato come se lo odiasse a morte - ma vedendo invece un enorme e sincero sorriso a distendergli le labbra.
Okay, questa davvero non me l'aspettavo.
« A pieni voti direi. Avevi ragione su di lui, dovrò rinfoderare i pugnali. Ma ne sono felice Alec, davvero. » ribatté il biondino, sorprendendo Magnus ancora di più.
Ma di cosa continui a stupirti ancora?
In tutta risposta Alec gli sorrise con un affetto che fece sorgere in Magnus uno sgradito senso di gelosia.
Prima quel soldato che lo minacciava di morte certa nel caso in cui fosse responsabile di quanto successo ad Alec, ora quest'ultimo che rivolgeva all'altro un espressione così intima?
Che cosa c'era esattamente tra quei due?
« Mags, Shane è il mio migliore amico; siamo praticamente cresciuti insieme. So che lui e Caleb non sono stati molto gentili con te, ma credevano che fossi stato tu a spararmi. Non avercela troppo con loro. » esordì il moro, quasi gli avesse letto nel pensiero.
Il suo migliore amico, eh?
Se non altro si spiegava il modo rude in cui quel biondino lo aveva trattato fin dall'inizio.
Non che questo risolvesse del tutto la faccenda, ovvio.
« Non sono stati molto gentili? Questo sì che è un eufemismo! » ribatté difatti, scoccando un'occhiata di fuoco al suo presunto fidanzato.
Sempre che lo potesse definire tale, ovvio.
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, sbuffando infastidito.
« O per favore, anche tu non sei stato da meno. Anzi, visto che ci siamo cosa ne dici di scusarti con Caleb? Hanno dovuto mettergli dei punti dopo il morso che gli hai dato. » replicò, assumendo il suo tipico tono supponente.
Magnus si sentì lievemente in colpa nell'udire quell'affermazione, non che lo avrebbe mai ammesso.
« Davvero? Beh, la può considerare una ferita di guerra. » affermò con nonchalance, solo per ripicca.
Il moro lo trucidò con lo sguardo, in apparenza pronto a prenderlo a male parole. Prima che potesse riuscire nel suo intento, però, Caleb si decise ad intervenire.
« Lascia stare Alec, non fa niente. Anche se dovresti un po' rivedere i tuoi gusti in fatto di ragazzi. Prima mio fratello, ora questo qui; uno meno testardo no, eh? »
Quell'uscita gli fece guadagnare una risata fragorosa da Jace, e un pugno giocoso sulla spalla da Shane.
Magnus, al contrario, raggelò completamente.
« Ah, dunque stavate insieme? » chiese poi gelidamente, attirando su di sé l'attenzione dei presenti.
Sentì un "oh merda" provenire da Caleb - evidentemente si era reso conto di quello che aveva appena combinato - ma non se ne curò.
Era troppo impegnato ad uccidere Alec con lo sguardo.
« Io e Shane siamo stati insieme per un po' alcuni anni fa, ma ci siamo resi ben presto conto che era meglio essere amici. Tutto qui. Non hai motivo di prendertela. » gli rispose il moro, stringendosi nelle spalle.
Tutto qui.
Come se fosse normale avere come migliore amico un proprio ex.
Bene Lightwood, se la metti così.
« Non me la sono affatto presa, anzi per dimostrarti che sono una persona matura ho intenzione di scusarmi. Caleb, mi dispiace tanto. Avrei dovuto mordere tuo fratello, non te. »
« MAGNUS! »
Il ragazzo mise su l'espressione più angelica a sua disposizione.
« Cosa? Che ho detto che non va? » chiese con finta ingenuità, portandosi una mano sul petto.
Alec non si lasciò minimamente irretire da quella scenetta, continuando a lanciargli occhiate di fuoco.
« E lo chiedi anche? Si può sapere cosa ti prende? » domandò poi, palesemente esasperato.
Mi prende che la sola idea di te con quell'energumeno mi manda fuori dai gangheri, ecco cosa.
« Assolutamente niente. Scusa tanto se non sono carino col tuo ex che, per inciso, si è divertito a tirarmi da una parte all'altra come una bambola di pezza. » replicò, non preoccupandosi minimamente di risultare odioso.
« Almeno il mio ex non ti ha sparato, cosa che non si può dire del tuo. » sbottò alla fine Alec, incrociando le braccia al petto in un gesto di stizza.
Magnus lo guardò completamente sotto shock, cercando di processare quanto aveva sentito.
« Come? Ho capito bene? Hai appena detto che è stato Braxton a spararti? » mormorò poi, sentendosi sul punto di svenire.
Quando aveva saputo che Alec era stato aggredito aveva in automatico pensato che fosse opera di uno degli uomini di Ezekiel, non gli era minimamente venuto in mente che le cose potessero essere andate in maniera diversa.
« Sì, anche se non volevo dirtelo in questo modo, mi dispiace. » gli rispose l'altro, evidentemente dispiaciuto dal suo precedente scatto d'ira.
Considerando la preoccupazione sul volto di Alec doveva davvero avere un'espressione pietosa.
Prese un respiro profondo cercando di calmarsi.
Braxton l'avrebbe pagata cara per aver fatto del male alla persona che lui più amava, a qualsiasi costo.
Non sapeva assolutamente contro chi si era messo.
Si voltò verso Robert Lightwood, l'unico in grado di sbattere quella feccia in galera per il resto dei suoi giorni, con una ferrea determinazione nello sguardo.
« Dimmi cosa vuoi sapere. »




Salve bella gente! <3
Allora, finalmente i due piccolini si sono riuniti, quindi basta sofferenza(?) xD Inoltre, ora che le carte sono state scoperte, Braxton e company avranno vita breve u.u ...forse. XD
E dunque dunque, come bene sapete ormai la storia è giunta quasi al termine, mancano circa quattro capitoli, e boh, il nostro cuore è vuoto ç-ç
Ma come si è soliti dire, ad ogni fine c'è un nuovo inizio.. :D
Comunque, vi vorremmo ringraziare una per una per il sostegno che ci date, e vi adoriamo per continuare a seguirci e per farci sapere di volta in volta il vostro parere, davvero! <3
Speriamo che questo capitolo sia stato di vostro gradimento, noi vi diamo appuntamento alla prossima settimana!
Bye! <3



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Capitolo 15
*** Capitolo #15 ***


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Capitolo #15
« Quei maledetti soldati mi stavano col fiato sul collo, sono stato costretto a tenere un basso profilo. »
Alec osservava Magnus parlare al telefono e dare sfoggio di una glacialità impressionante.
Beh, senz'altro aveva delle doti d'attore davvero fuori dal comune.
Alec sapeva che per cavarsela in un mondo come quello in cui viveva il ragazzo era necessario saper mantenere un buon bluff, ma non poteva comunque fare a meno di restare colpito.
E considerando l'espressione scolpita sulle facce dei presenti, anche loro dovevano pensare lo stesso.
Subito dopo l'affermazione di Magnus, suo padre aveva invitato tutti quanti ad accomodarsi intorno al grande tavolo presente nella stanza, in modo tale da poter discutere con calma di tutta la faccenda.
Magnus aveva passato più di un'ora a parlare, divulgando ogni singola informazione in suo possesso: i nomi dei capi delle due organizzazioni e di tutti i loro collaboratori, la precisa collocazione della base, ogni singolo sistema di sicurezza installato nella villa e il modo per aggirarlo, gli uomini di guardia e i loro turni, tutti gli affari e gli omicidi messi in piedi da Headley e, infine, ogni singolo risvolto dell'accordo con Dixon.
Dopo aver ascoltato nel massimo silenzio tutte le parole del ragazzo, Robert aveva affermato che la prima cosa da fare era far mettere in contatto Magnus con il suo capo, in modo che non sospettasse di lui più di quanto potesse aver fatto. L'avere un infiltrato dalla loro parte era un grandissimo vantaggio, e il generale non voleva che andasse sprecato.
Dato che nessuno aveva avuto niente da ridire, Caleb era corso a prendere il cellulare di Magnus portandolo subito dopo al ragazzo.
Ed era eccoli tutti lì, ad ascoltare col fiato sospeso quella conversazione.
« A cosa ti riferisci? » chiese in quel momento Magnus al suo interlocutore, aggrottando leggermente le sopracciglia.
Suo padre e Jace si scambiarono un'occhiata carica di significati, quasi avessero già capito dove sarebbe andati a parare.
Beati loro.
Alec era un fantastico soldato, ma non si poteva certo dire che l'intuito fosse il suo forte.
Tutto quello che poteva fare era aspettare, cercando nel mentre di capire cosa aveva procurato quella riga di preoccupazione sulla fronte del suo fidanzato.
« In realtà non sapevo nemmeno di cosa stesse parlando. Sai, l'essere a terra privo di sensi implica il non rendersi conto della realtà circostante. » continuò il ragazzo con un tono che grondava sarcasmo e noncuranza.
Nonostante ciò, Alec riuscì a percepire tutta la sua tensione dalla posa delle sue spalle e dal modo in cui continuava a torturarsi le labbra con i denti.
« Ovvio che ho mentito. Visto che non aveva la minima idea di chi fosse il tizio di cui parlava, ho preferito fargli credere che fosse uno dei nostri e che fosse lì a guardarmi le spalle. Tanto per invogliarlo a non fare brutti scherzi. Perché tutto questo attaccamento per questa storia? » riprese l'altro, mantenendo un tono distaccato nonostante la stizza dipinta sul suo volto.
Alec imprecò mentalmente, finalmente consapevole dell'argomento di discussione.
Dopotutto era naturale che Headley interrogasse Magnus dopo quella faccenda.
Russ doveva senz'altro aver riferito a Braxton quello che il ragazzo aveva detto di lui quel giorno.
Sperò solo che il grande capo abboccasse alla scusa che l'altro gli stava propinando, o sarebbero stati tutti nei guai.
Qualunque cosa Headley avesse detto in quel momento, Magnus cambiò radicalmente espressione, passando dalla scocciato al furibondo.
Alec poggiò con delicatezza la mano su quella del ragazzo, stretta al tavolo tanto da farsi sbiancare le nocche, cercando di tranquillizzarlo.
L'altro gli sorrise appena riconoscente, guardandolo negli occhi con una luce che il moro non seppe ben identificare.
« Chiunque fosse se Braxton si è occupato di lui adesso sarà due metri sottoterra, non vedo perché preoccuparsene. » ribatté poi rivolto al suo interlocutore, mantenendo un tono freddo e spietato nonostante pochi istanti prima fosse sembrato turbato.
Alec non poté far a meno di ridacchiare, stando ben attento a non farsi sentire; tutta quella storia era a dir poco assurda.
« Non dire idiozie. Lavoro per te da quanti anni? E non mi sembra di aver mai fallito. Tra pochissimo avrai i tuoi soldi, fidati di me. Mi faccio vivo io. » concluse a quel punto Magnus, per poi riattaccare con un gesto secco.
Per alcuni momenti nella stanza calò un silenzio irreale, mentre tutti aspettavano di sapere cosa avesse detto Headley con esattezza.
Vedendo che l'altro non accennava minimamente ad aprire bocca, né tanto meno a togliersi dal volto quell'espressione rabbiosa, Alec gli rivolse un occhiata interrogativa, invitandolo a spiegarsi.
« Ha riso. »
Alec fisso interdetto Magnus, chiedendosi dove diamine volesse andare a parare con quell'affermazione.
« Quando mi ha detto che Braxton ti aveva sparato si è messo a ridere. Era felice come una Pasqua all'idea che ti avessero ucciso. » spiegò il ragazzo, avvertendo la perplessità dei presenti.
Ecco il perché di quella faccia.
Alec posò gentilmente una mano sul braccio dell'altro, rivolgendogli il sorriso più dolce a sua disposizione.
Il fatto che Magnus fosse così furioso per quell'agguato che gli avevamo teso, gli provocava una strana sensazione di calore.
Per quanto egoista potesse essere da parte sua, era felice che Magnus reagisse in quel modo.
« Oh, tranquillo. Dopo aver passato cinque minuti in mano mia non sarà in grado di riconoscersi neanche da solo, figuriamoci di ridere. » replicò sarcasticamente Shane, con una scintilla di puro sadismo nello sguardo.
Magnus gli rivolse un'occhiata divertita, trovandosi suo malgrado a rivalutare quel soldato.
Certo, non gli era ancora andato completamente giù il fatto che, seppur per poco tempo, quel tizio era stato insieme al suo Alexander.
Dall'altra parte però non poteva non ammirare quella perenne faccia tosta e la sua ferrea e ostinata determinazione.
« Sai amico, tutto sommato non sei poi così male. » esordì ironicamente, incrociando le braccia al petto.
Il biondo ghignò, inarcando le sopracciglia in una finta espressione sorpresa.
« Ma tu pensa. Neanche tu sei tremendo come credevo. Ma con questo non credere che ci metteremo a farci le treccine parlando di ragazzi, o stronzate simili. » ribatté poi, usando il medesimo tono dell'altro.
Magnus scoppiò a ridere fragorosamente, mandandolo malamente a quel paese.
Magari dopotutto avrebbe anche potuto evitare di attentare alla sua vita.
Una volta risolta la questione del burbero trattamento – cosa su cui non aveva poi molto da ridire, viste le circostanze – l'unico motivo valido che aveva per odiarlo era la sua presunta storia con Alec.
Forse, considerando che il moro gli aveva più volte ripetuto che tra loro non c'era mai stato niente di romantico e che per lui Shane non era nulla di più di un migliore amico, forse avrebbe potuto chiudere un occhio e seppellire l'ascia di guerra, facendo così felice Alexander.
Forse.
Alec assisteva a quello scambio con una certa sorpresa e con un sorriso divertito.
Dalla sua espressione sembrava sul punto di parlare, ma prima che potesse riuscire nel suo intento, commentando quel quantomai strano e inaspettato quadretto, venne interrotto dal ragazzo seduto accanto a lui.
« Tutto questo amore mi scalda il cuore, giuro, ma che ne dite di tornare alla questione principale? Ora che Magnus è di nuovo nel giro – volendo essere ottimisti – come facciamo ad acciuffare i cattivi? » esordì difatti Jace, attirando subito l'attenzione di tutti i presenti su di sé.
Non si poteva certo dire che quel ragazzo passasse inosservato, qualunque fosse la situazione.
« Tu sì che sai come rovinare un bel momento, eh fratellino? » lo schernì Izzy, giocherellando con i suoi lunghi capelli corvini e rivolgendogli un sorrisetto sghembo.
Jace la ignorò completamente, riservandole un gesto sprezzante della mano come unica risposta.
« Jace ha ragione. Dobbiamo decidere la nostra prossima mossa. » intervenne Caleb, dando manforte all'amico.
Robert si massaggiò lentamente gli occhi, cercando di fare un quadro generale di quella situazione.
Certo, le informazioni che Magnus aveva rivelato loro erano molto più che utili, ma nonostante ciò non potevano aiutarlo a creare un piano per sgominare quel maledettissimo traffico.
Quella rischiava di diventare l'indagine più lunga della sua carriera.
E visto l'entità dei casi con cui aveva a che fare di solito, quello era tutto dire.
« Suggerimenti? » domandò poi col suo tipico cipiglio, rivolgendo l'attenzione verso di Jace.
Solitamente suo figlio, in quel genere di situazioni, era quello che più di tutti sapeva tirare fuori dalla manica la strategia vincente.
« Potremmo andare con i nostri uomini nella base di Headley, sgominando l'intera banda. Dopotutto sappiamo dove si trova, quali sono i sistemi di sicurezza... sarebbe un gioco da ragazzi. » propose il biondo in maniera riluttante, neanche lui minimamente convinto di quanto stava dicendo.
Le implicazioni di quella scelta erano evidenti, ma davvero non gli veniva in mente nulla di meglio.
Qual è il senso dell'avere una spia dalla propria parte, se non si poteva far ricorso alle dritte che forniva?
« Potremmo, certo. Ma in quel caso Dixon verrebbe senz'altro a sapere la cosa – è difficile far passare inosservata un'operazione di quel calibro – e si darebbe alla fuga. Non possiamo permettere che accada. » affermò Shane in risposta all'altro, poggiandosi allo schienale della sedia e mettendosi comodo.
Magnus pensò che quella non fosse poi una così cattiva idea; considerando come erano procedute le cose fino a quel momento, ci sarebbe voluto un po' prima di venirne a capo.
« Magari una volta catturato Headley potremmo riuscire in qualche modo a farlo parlare. Possibile che non abbia la minima idea di dove scovare Dixon? » intervenne Izzy, cercando di trovare una soluzione a quel rompicapo.
Magnus scosse la testa, smentendo immediatamente quell'ipotesi.
« Dixon è troppo furbo: non esiste che Headley, che è il suo unico vero concorrente sul campo, possa avere la minima informazione compromettente su di lui. » le rispose poi, notando a malincuore la delusione sul suo volto.
Quella di Isabelle non era poi una così cattiva idea; peccato solo che Dixon fosse un sociopatico con la mania dell'assoluta sicurezza.
Alec si voltò verso suo padre, sperando che avesse nel mentre trovato una strategia per procedere.
L'espressione che trovò sul suo volto lo mandò nel panico: era quella che il generale era solito mettere su quando stava per dire qualcosa di estremamente sgradevole.
« Papà? Cosa c'è? » gli chiese, sperando che il suo timore fosse infondato.
Non poteva realmente proporre quello che Alec sospettava.
« Dobbiamo organizzare davvero uno scambio. » esordì l'uomo, zittendo la discussione ancora in corso tra Shane e Jace.
I due ragazzi si voltarono con espressione perplessa verso l'altro, cercando di tenere il filo del discorso.
« E' l'unico modo per acciuffare entrambi. Pensateci: difficilmente due trafficanti di quel calibro si fiderebbero a far gestire una scambio di quella portata da dei miseri scagnozzi;sono pronto a scommettere che saranno entrambi presenti sul posto. E con loro la maggioranza dei loro uomini, per occuparsi della merce e per assicurare l'incolumità dei rispettivi capi. Tutto quello che dobbiamo fare è irrompere sulla scena al momento giusto. » riprese Robert, spiegando ai presenti la sua idea.
Per alcuni istanti nessuno disse niente, essendo tutti troppo assorti a valutare quella proposta.
« Come facciamo ad essere sicuri che abboccheranno? Per quanto ne sappiamo appena giunti sul luogo potrebbero intuire che qualcosa non va - cosa più che possibile, considerando che l'intermediario non sarà presente - e riuscire a sfuggirci. E a quel punto potremmo tranquillamente dire addio alla possibilità di prenderli. » gli fece poi notare Jace, mettendo in luce quello che poteva essere un ostacolo non irrilevante per la missione.
Il generale sospirò profondamente, guardando Alec con espressione contrita.
« Proprio per questo motivo l'intermediario dovrà essere presente, per far sì di non destare sospetti. » affermò subito dopo in modo risoluto, seppur con una nota di dispiacere nella voce « Mi dispiace Magnus, ma se vogliamo che questa cosa funzioni dovrai fare da esca. »
Magnus annuì, comprendendo appieno la situazione: Headley non era affatto uno stupido e avrebbe senza dubbio intuito che qualcosa non andava se non vi avesse partecipato anche lui.
Robert sembrava aver avuto l'idea più fattibile, quindi di conseguenza avrebbero dovuto concordare tutti.
Avrebbero..
« Cosa?! No, no, no. Non se ne parla nemmeno, scordatelo. Anzi, scordatevelo. » proferì Alec con tono glaciale, mettendo a tacere tutti con uno sguardo che trasudava serietà.
Jace si batté una mano sulla fronte sospirando: sapeva che ora non ne sarebbero più usciti da quella situazione. Non fin quando non avrebbero trovato un compromesso che andasse bene anche al fratello maggiore.
« Sono abbastanza grande da poter decidere da solo Alexander, grazie. » ribatté repentino Magnus, assottigliando lo sguardo.
Apprezzava il fatto che Alec volesse sempre proteggerlo, ma doveva mettersi in quella zucca vuota che non poteva continuare ad assillarlo per ogni minima cosa. Non quando era stato così incosciente lui stesso da abbassare la guardia e farsi sparare.
« Beh sì il tuo parere al momento non mi interessa. » asserì il moro, liquidandolo con un gesto della mano.
Magnus spalancò la bocca esterrefatto, mentre gli occhi andavano a sgranarsi per la sorpresa.
Ah, è così che la metteva allora? Benissimo.
Poggiando entrambe le mani sulla superficie liscia del tavolo, dispiegò le labbra in un sorriso forzato, cercando di trattenere quel tic all'occhio che stava sicuramente nascendo per il nervosismo.
« Bene, allora fatemi sapere il luogo in cui dovrò combinare l'incontro. Io ci sto, e me ne fotto altamente di quello che vuole lui. » dichiarò, inacidito, indicando con un dito il suo già ex ragazzo.
« Devi smetterla di essere sempre così avventato! » lo rimproverò subito Alec, prendendolo per un braccio e voltandolo verso di lui.
Magnus assottigliò lo sguardo, inarcando un sopracciglio.
« E tu dovresti imparare a morderti la lingua a volte! »
A quel punto, Isabelle, sbatté una mano sul tavolo, attirando così l'attenzione di tutti i presenti e mettendo a tacere quei due cretini.
Con eleganza si scansò una ciocca di capelli corvini dal viso, guardando Magnus ed Alec come se avesse la soluzione a tutti i loro problemi.
« Sentite, ho un'idea. Magnus farà come d'accordo e.. no, non provare ad interrompermi. » liquidò il fratello con un'occhiata, quando questi provò a controbattere « E tu potrai stare in “prima linea”, in modo tale da non perderlo mai di vista. Così nel caso succedesse qualcosa – ma ne dubito -, potrai intervenire piccolo Robin Hood dei poveri. » concluse, passandosi un dito sulle labbra tinte di blu.
Alec aprì la bocca pronto a rispondere, ma la richiuse.
Effettivamente non era un'idea così male.
« Perfetto, caso risolto. » disse a quel punto Magnus, non senza essere ancora un minimo arrabbiato con Alec per quello che aveva detto in precedenza.
Robert annuì solenne, appuntandosi qualcosa su un foglio.
« Bene, direi che è tutto risolto a questo punto. Domani, saranno tutti dietro le sbarre. »




« Bene, come ci disponiamo per questa sera? » chiese Magnus glaciale, poggiando il telefonino sul tavolo della cucina di Alec.
Quest'ultimo lo fissò torvo, grattandosi leggermente il mento.
« Che vorresti dire..? » domandò a sua volta, mentre la sua voce si abbassava impercettibilmente.
Non sapeva spiegarsene il motivo, ma c'era qualcosa nella voce di Magnus che lo aveva fatto fremere.
Infondo, ora che ci pensava, nessuno dei due aveva detto all'altro cosa aveva significato per loro quella notte. Per quanto ne sapeva, per Magnus poteva essere stata anche una semplice nottata di passione.
Insomma, era innegabile l'affetto che provava nei suoi confronti, ma da qui a dire che era innamorato di lui... non sapeva proprio cosa pensare.
Perché per Alec tutto era chiaro, sapeva cosa provava per Magnus. Lo riteneva già il suo fidanzato, senza però sapere se l'altro era d'accordo.
Oddio, e se per lui non è lo stesso?
Il pensiero di essere stato solo uno dei tanti gli fece accapponare la pelle, ma probabilmente si stava solo facendo troppi problemi.
Alla fine, quando Alec si era mostrato, Magnus gli era saltato al collo e l'aveva baciato come se ne andasse della sua stessa vita. O almeno, questo era quello che aveva provato lui quando se l'era ritrovato finalmente tra le braccia.
« Voglio dire, vuoi che dorma sul divano? » chiese, sistemandosi una ciocca di capelli dietro all'orecchio, mantenendo comunque lo stesso tono.
Persino lui non capiva perché se l'era presa così tanto con Alec. Sapeva benissimo che ciò che aveva detto era dovuto sopratutto al fatto che non volesse metterlo in una situazione di pericolo, però non gli andava giù il fatto che non volesse prendere in considerazione anche la sua opinione.
Era sciocca come cosa, ma ormai aveva preso punto.
« No.. cioè, io non voglio.. ma se tu.. ecco, se tu non vuoi dormire con me, io.. » rispose, incespicando su ogni singola parola.
E pensare che nessuno era mai stato in grado di innervosirlo a tal punto da non sapere esattamente cosa dire. Proprio lui che aveva sempre la risposta pronta.
Magnus lo scrutò attentamente per alcuni istanti.
« Bene, okay. Andrò a farmi una doccia prima però. » disse infine, dirigendosi verso la camera da letto.
Alec lo fermò per un braccio e, attirandolo subito dopo verso di sé, lo abbracciò.
Magnus spalancò gli occhi sorpreso, sentendo improvvisamente i muscoli che non sapeva di aver teso, distendersi.
Non si mosse né ricambiò l'abbraccio, restò semplicemente lì, immobile tra quelle braccia che tanto gli davano quella sensazione di casa che a lui mancava.
« Magnus tu.. mi sei mancato davvero. »
Dolce come il miele, fu il pensiero di Magnus mentre l'arrabbiatura scemava via come se non fosse mai esistita.
« Sono giorni che.. non faccio altro che pensarti. » continuò, mentre il cuore dell'altro si scioglieva come un cumulo di neve sotto i raggi tiepidi del sole.
Le dita delle mani di Magnus andarono a stringere la stoffa della felpa di Alec, aggrappandosi a lui come se fosse stata la sua unica ancora di salvezza.
Sentendosi un minimo incoraggiato da quella stretta, Alec continuò, poggiando il mento contro la tempia dell'altro, in modo da potergli sussurrare all'orecchio.
« E non sopporto l'idea di te, senza di me. » concluse, sentendo i suoi battiti aumentare ad ogni secondo che passava.
Magnus sorrise contro la spalla del moro, inebriandosi del suo profumo al sandalo.
Dio se gli era mancato anche lui.
In quei giorni non aveva fatto altro che pensarlo, non aveva fatto altro che sperare che stesse bene, non aveva fatto altro che domandarsi se l'avrebbe mai più rivisto.
E quando finalmente i suoi occhi si erano posati sulla sua figura, e l'aveva visto lì, stare bene, con quella sua espressione da sbruffone, i capelli scomposti ed un felpone largo, non aveva potuto crederci.
Perché occhi blu era così, riusciva sempre a sconvolgerlo ed a travolgerlo come mai gli era successo in vita sua.
« Alexander.. » sussurrò, staccandosi appena in modo tale da poter immergere i suoi occhi in quelli dell'altro.
E per un attimo fu come se tutto il resto non esistesse, mentre le loro labbra andavano ad incontrarsi ancora, sigillando quel momento come un contratto di vero amore.
Alec prese il volto di Magnus tra le mani, baciandolo con una tenerezza tale da scacciare via ogni debolezza o insicurezza.
« Ho aspettato di poter far questo per giorni. » scherzò Magnus quando si staccarono, lasciandogli poi un leggero bacio sulla punta del naso.
Alec sorrise a quel gesto, sentendo i loro cuori battere all'unisono.
« Okay, direi che ho davvero bisogno di una doccia ora. »
Magnus si allontanò e subito avvertì la mancanza del corpo di Alec contro il suo, come se ne fosse stato dipendente.
Si voltò così verso di lui, sorridendogli maliziosamente: « E se venissi, non mi dispiacerebbe. » concluse, facendogli l'occhiolino.
Poi entrò in bagno chiudendosi la porta alle spalle e lasciando un Alec imbarazzato, ma al tempo stesso eccitato, lì impalato.
Di certo non era un ragazzo vergine alle prime esperienze, ma alcune cose riuscivano ancora ad imbarazzarlo.
Prese un respiro profondo, cercando di rallentare il battito impazzito del suo cuore.
Magnus probabilmente non era stato poi così serio, ma Alec voleva davvero raggiungerlo e fargli sentire quanto lo voleva.
Quando sentì l'acqua scorrere, decise che per una volta doveva prendere in mano quel genere di situazione, doveva avere il coraggio di fare quello che voleva fare.
Si tolse la felpa, buttandola da qualche parte nella stanza, così come i pantaloni.
Poi prese un bel respiro, scacciando via ogni forma di insicurezza e aprendo lentamente la porta.
Magnus non aveva tirato la tendina, e quello che vide Alec gli mozzò immediatamente il respiro.
Magnus. Nudo. Wow.
Ed okay che l'aveva già visto nudo, ma non poteva non fare a meno di ammirarlo senza fiato per l'ammirazione.
Lo sguardo percorse velocemente tutto il suo corpo e quando finalmente notò che anche Magnus lo stava guardando, in attesa, arrossì lievemente. Neanche fosse stato beccato con le mani nel barattolo della marmellata. Oh beh, quasi.
« Non pensavo saresti venuto davvero. » ammise Magnus con un sorrisetto da furfante, buttandosi indietro il ciuffo bagnato.
Sexy.
Alec si leccò il labbro, avvicinandosi alla doccia con ancora i boxer addosso.
Magnus lo prese per le spalle, avvicinandolo al getto dell'acqua, mentre faceva incontrare ancora una volta le loro labbra.
Ma di dolce e tenero non c'era nulla in quel bacio, c'era solo la voglia di assaggiarsi, di tenersi, di amarsi.
Magnus esplorò le ampie spalle da soldato di Alec con le mani, percorrendo con i polpastrelli ogni centimetro di pelle e beandosi della meravigliosa sensazione di averlo contro di sé.
Quel ragazzo aveva massimo potere su di lui, non c'era niente da fare.
Dal canto suo, Alec l'aveva incollato contro la parete della doccia e l'aveva costretto ad alzare una gamba, che aveva incominciato ad accarezzare con estrema lentezza, strappandogli dei leggeri sospiri.
Entrambi gemettero contro la bocca dell'altro, senza smettere di darsi attenzioni.
Poi Magnus sfilò via i boxer da Alec, passando per la linea degli addominali scolpiti. E chissà quanti cavolo di anni gli ci erano voluti per avere un fisico del genere.
Quanto puoi essere perfetto occhi blu?
Il moro scese a baciargli il collo caramello, soffermandosi un po' di più su alcuni punti, lasciandogli così in ricordo delle piccole macchioline violacee.
Era un po' come un marchio che stava ad indicare che gli apparteneva. Che era solo suo e di nessun altro.
Magnus sospirò dal piacere, inclinando la testa in modo tale da fargli continuare quella dolce tortura, e socchiudendo gli occhi quando l'acqua glieli bagnò.
« Alec.. » lo chiamò Magnus, sentendo il desiderio crescere dentro di lui.
Alec sorrise, scendendo a baciargli il petto, a mordergli i capezzoli turgidi e percorrendo con la lingua il loro contorno.
« Chiamami con il mio nome intero, Magnus. » lo provocò, mentre una mano andava a dar sollievo all'evidente erezione del suo ragazzo.
Era strano, non aveva mai amato il suo nome, aveva sempre preferito il suo diminutivo perché gli dava un senso di unicità. Ma trovava stranamente eccitante la maniera in cui le labbra di Magnus lo pronunciavano, tanto da non poterne fare a meno.
« Alexander! » gemette, arrivato quasi al suo limite.
Alec sorrise, sollevandolo per le gambe in modo tale che potesse prenderlo in braccio, per poi baciarlo con passione.
Ogni volta che loro bocche si univano, era come se stessero respirando per la prima volta, come se fossero l'uno l'ossigeno dell'altro.
E quando Alec entrò in lui con un'unica spinta, il piacere li avvolse entrambi, facendoli gemere il nome dell'altro in sincrono.
« Sei.. fantastico. » gemette Magnus, poggiando la fronte sulla spalla del moro.
L'acqua continuava a scorrere tra i loro corpi uniti, ma nemmeno ci facevano più caso ormai.
Quando con un'ultima e forte spinta, raggiunsero l'apice del piacere, Alec non poté fare a meno di pensare che nonostante tutto, amasse davvero Magnus per quello che era.
Con lui si sentiva per la prima volta vivo. Vivo davvero.
Con ancora il respiro affannato, Magnus gli carezzò una guancia, baciandolo a fior di labbra.
« Alexander.. io.. aku cinta kamu. » proferì, scostandogli una ciocca di capelli che non gli permetteva di guardarlo bene negli occhi.
Alec lo guardò confuso, inclinando leggermente la testa.
« Cosa significa? » gli chiese, baciandogli il palmo della mano con una dolcezza tale da fargli stringere il cuore.
Magnus sorrise, chiudendo il getto dell'acqua: « Se riesci a tenere un secondo round, potrei anche pensare di dirtelo. »
Alec rise di gusto, trascinandoselo dietro mentre lo baciava ancora e ancora.
« Sono già tutto orecchi. »



Ok la storia è giunta davvero quasi al termine e meritavano un momento puccioso v.v
Non abbiamo molto da dire, ma vi promettiamo che nel prossimo capitolo ci sarà un bel po' d'azione.. e un “po'” di angst xD insomma, siamo arrivati alla fine dei giochi qui xD
E nulla, vi ringraziamo come sempre per il sostegno che ci date, e speriamo che questo capitolo sia stato di vostro gradimento! :D
Noi, vi diamo appuntamento alla prossima settimana! <3
Bye! <3<3



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Capitolo 16
*** Capitolo #16 ***


Hello! :D
Prima di lasciarvi al capitolo, volevamo avvertirvi che questo è abbastanza più corto del solito, poiché era stato tagliato da quello precedente. Avremmo voluto aggiungere altre cose, ma essendo il penultimo capitolo, non c'era molto altro da dire.
Speriamo comunque che sarà di vostro gradimento, noi vi ringraziamo e vi diamo appuntamento alla prossima settimana con – finalmente – il gran finale(?)! <3
Speriamo che non ci uccidiate a fine lettura e.. niente, alla prossima! XD
Bye! <3

Capitolo #16
Alec lanciò l'ennesima occhiata in direzione di Magnus, sporgendosi appena dal suo nascondiglio.
Oramai mancava poco all'orario prestabilito per lo scambio, e tutti erano pronti ad intervenire non appena Dixon e Headley fossero giunti sulla scena.
Durante la riunione del giorno prima in cui si era cercato di capire come agire, Jace e Robert avevano individuato un perfetto luogo per svolgere quell'operazione.
Un magazzino semi abbandonato in una delle zone meno popolate della città era stato considerato da tutti all'unanimità come il più indicato.
Gran parte dell'esercito era lì presente in quel momento: alcuni soldati erano nascosti all'interno dell'edificio, mentre altri erano appostati nelle vicinanze per eliminare qualsiasi possibilità di fuga.
Alec, invece, si era piazzato sul tetto in una posizione strategica da cui sarebbe stato in grado di proteggere Magnus al meglio.
A quanto pareva la sua abilità da cecchino quel giorno sarebbe stata più utile che mai.
Anche perché, senza ombra di dubbio, non si sarebbe concesso il lusso di mancare il bersaglio, non quando il suo ragazzo e la sua famiglia erano in pericolo. Non era affatto felice di vedere Magnus sul campo mentre rischiava di essere coinvolto in un conflitto a fuoco tra due diversi fronti e doveva costantemente sopprimere l'impulso di scendere giù e trascinarlo via di peso.
« Alec, mi ricevi? »
Il ragazzo si riscosse dai suoi pensieri, riportato con i piedi per terra dalla voce di suo fratello, proveniente dalla ricetrasmittente piazzata nel suo orecchio.
« Sì, ci sono » replicò il moro in risposta a Jace, in quel momento nascosto nel magazzino in attesa di ricevere il segnale.
« Come procede? »
Alec sorrise lievemente nel sentire il tono impaziente di suo fratello.
Era pronto a scommettere che lui più che ogni altro stesse fremendo dalla voglia di entrare in azione: Jace era nato per la battaglia, per l'adrenalina dello scontro. « Ancora niente. Tenetevi pronti, potrebbero arrivare da un momento all'altro. » Chiuse la comunicazione per tornare a concentrarsi sulla figura di Magnus.
Il ragazzo se ne stava appoggiato con disinvoltura su di un muro scrostato e scalcinato, scrutando l'ambiente circostante con aria vigile.
A vederlo così sembrava la persona più tranquilla e rilassata del mondo, ma Alec sapeva che dietro quella facciata di indifferenza si nascondeva una buona dose di ansia e panico.
Non che l'altro l'avrebbe mai ammesso, avrebbe rovinato la sua reputazione di duro insensibile.
Alec sospirò pesantemente, pregando mentalmente che tutto andasse secondo i loro piani. Non appena i due boss fossero arrivati a destinazione, Robert e i suoi soldati avrebbero fatto irruzione sulla scena. Magnus, non essendo un militare addestrato, doveva allontanarsi il più in fretta possibile dallo scontro, in modo tale da non venirvi coinvolto. Meglio per lui che seguisse alla lettera quell'ordine, o quella volta davvero lo avrebbe ucciso con le sue mani. Prima che potesse iniziare un rapido ripasso delle tecniche da poter utilizzare per sbarazzarsi una volta per tutte di un rompiscatole con impulsi suicidi, un grosso camion giunse dalla strada laterale alla sua sinistra, per poi fermarsi esattamente davanti all'edificio. Pochi istanti dopo, un uomo dall'aspetto famigliare scese dal veicolo, rivolgendo a Magnus un cenno di saluto. « Jace, Headley è qui. »


Magnus osservò Headley percorrere con passi decisi lo spazio che li separava, raggiungendolo in una manciata di secondi, circondato dai propri uomini.
Braxton, di fianco, gli fece un cenno di saluto con la testa e Magnus dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non saltargli addosso e ucciderlo con le sue mani.
Come si permetteva di salutarlo dopo che aveva quasi fatto fuori il suo bellissimo occhi blu? Se voleva che la sua pellaccia si salvasse doveva stargli lontano.
Si costrinse tuttavia a ricambiare il gesto per non dare nell'occhio: ci mancava solo che ad un passo dalla vittoria rovinasse tutto.
« Spero per te che si faccia vivo perché non ho tutto questo tempo libero. » proferì Headley, in tono imperioso.
Magnus si morse la lingua per impedirsi di dar sfogo a tutte le sue frustrazioni, mandando giù tutti gli improperi che avrebbe voluto rivolgergli.
Annuì solamente, voltandogli le spalle e facendo qualche passo in avanti, mentre Headley sussurrava qualcosa a Braxton.
Non voleva più vedere le loro facce, sperava davvero avrebbero avuto la fine che meritavano.
Lanciò un breve sguardo alla postazione di Alec, senza farsi vedere: sapere che lui era lì, gli metteva una certa tranquillità addosso.
Anche se un minimo preoccupato lo era comunque; non tanto per se stesso, quanto per Alexander.
Sapeva che da soldato ben addestrato qual era non doveva temere per la sua incolumità, e in ogni caso c'era la sua famiglia a coprirgli le spalle.
Tuttavia non poteva non dar peso a quel senso di angoscia che si era insinuato alla base del suo petto, come una pallottola nella carne.
Sospirò passandosi una mano tra i capelli scuri, tirandoli indietro in un gesto nervoso, ma che da fuori era sicuro sembrasse un gesto casuale.
Tornò a rivolgere l'attenzione al suo già oramai ex capo, mentre si preparava mentalmente a seguire lo schema che gli era stato illustrato, quando sul posto sarebbero giunti entrambi i pezzi grossi.
E oramai mancavano meno di cinque minuti prima dell'arrivo di Dixon.
O almeno, sperava arrivasse, non era ancora ben sicuro che questi mantenesse l'accordo prestabilito.
Era un uomo impegnato e potente, non ci avrebbe messo molto a spostare l'appuntamento, anche se stava aspettando questo carico da tempo.
Scosse la testa, mettendo fine a quei pensieri negativi.
Osservò il cielo annuvolarsi e non poté fare a meno di pensare a quanto rispecchiasse il suo umore in quel momento.
Se fosse stato per lui avrebbe fatto fuori Headley e gli altri in quello stesso istante, ma dopo non sarebbero mai riusciti a prendere Ezekiel e i suoi.
In realtà voleva solamente mettere fine a quella storia.
Per una volta voleva essere così egoista da voler abbracciare la felicità insieme al suo Alexander.
Per una volta, voleva far in modo che andasse tutto bene nella sua vita.
I suoi pensieri furono però interrotti quando colui che stavano aspettando, fece il suo ingresso con una moltitudine di uomini al suo fianco.
È ora.
Lanciò uno sguardo all'ambiente dietro di sé, facendo un cenno con la testa.
Poi, udì uno sparo provenire poco lontano da lui.
Si guardò intorno cercando di capire chi avesse sparito a chi, ma l'unica cosa che notò fu uno dei tanti uomini di Ezekiel che si piegava su stesso con un braccio sanguinante.
In un attimo scattò indietro, nascondendosi nel chiasso generale che si era creato e andando dove gli era stato ordinato di rifugiarsi.
Bene, si dia inizio ai giochi.


Alec ricaricò velocemente la pistola con un movimento fluido dettato da anni di esperienza, per poi tornare immediatamente dopo a concentrarsi sullo scontro che stava avendo luogo pochi metri sotto le sue scarpe.
Nel preciso momento in cui anche Ezekiel era giunto sul posto affiancando Magnus e Headley, il generale aveva dato ordine ai suoi uomini di intervenire.
Nel giro di pochi istanti si era scatenato un vero e proprio inferno, con sparatorie e lotte all'ultimo sangue.
Alec dalla sua postazione partecipava al suo meglio allo scontro, abbattendo il maggior numero possibile di avversari.
Dopo essersi accertato che Magnus avesse trovato riparo all'interno del magazzino come gli era stato ordinato di fare, si era completamente concentrato sul proteggere i suoi compagni d'armi, come loro si aspettavano da lui.
Colpì alla schiena due uomini - non avrebbe saputo dire se di Ezekiel o Headley - che avevano cercato di darsi alla fuga approfittando della confusione del momento.
Riuscì a distinguere, al margine del suo campo visivo, suo padre ed Ezekiel impegnati in uno scontro corpo a corpo.
Alec non aveva il minimo dubbio su chi sarebbe stato il vincitore: Robert era un combattente fenomenale e Dixon iniziava già a mostrare i primi cenni di cedimento.
Cercò con lo sguardo sua sorella, per assicurarsi che se la stesse cavando bene. Inutile a dirsi, la ragazza stava prendendo a calci il poveretto capitato davanti a lei senza tanti complimenti.
Forza sorellina.
Jace, poco distante da lei, stava tenendo a bada tre uomini contemporaneamente, con una semplicità disarmante.
Parava i loro colpi con estrema naturalezza, senza il minimo sforzo, con lo sguardo accesso di entusiasmo.
Beh, almeno per lui non si doveva di certo preoccupare.
Sparò ad un tizio basso e tarchiato che aveva cercato di attaccare Shane alle spalle, colpendolo ad una gamba.
Il biondo finì il lavoro mettendolo fuori combattimento, per poi rivolgere un cenno di ringraziamento ad Alec.
Le cose stavano girando per il verso giusto, la maggior parte dei colpevoli era già stata arrestata e i suoi uomini stavano avendo la meglio anche con i superstiti, quando una più che nota chioma scura attirò l'attenzione del moro.
Magnus.
Che accidenti ci faceva in mezzo allo scontro, fuori dal suo nascondiglio?
La sorpresa durò poco, rimpiazzata dal panico più totale: Russ era dietro di lui e gli teneva una pistola puntata alla testa.
Per l'angelo.
Alec restò per alcuni istanti paralizzato sul posto, troppo sconvolto e scioccato per reagire con la sua consueta prontezza di riflessi.
Prima che potesse davvero rendersi conto di quanto stesse succedendo, Russ trascinò Magnus lontano degli altri, conducendolo dietro l'angolo di un edificio minore che un tempo doveva essere utilizzato come deposito.
Erano fuori dalla sua visuale.
Non poteva intervenire, non da dove si trovava.
Valutò all'istante la distanza che in quel momento lo separava da Magnus, pensando a cosa avrebbe potuto fargli Russ prima che riuscisse a raggiungerlo.
Fu assalito dal terrore più assoluto, mentre una dolorosa certezza si insinuava nella sua mente.
Non riuscirò ad arrivare in tempo.



« Avanti, muoviti. »
Magnus represse l'impulso di imprecare malamente contro quel benemerito cretino di Russ, che continuava a spintonarlo con malagrazia.
Doveva ammettere che la gelida canna della pistola puntata alla sua nuca, era un più che valido deterrente per il suo caratteraccio.
Quando si era rifugiato in quel decadente magazzino, seguendo gli ordini che gli erano stati impartiti - più che altro perché temeva che occhi blu lo avrebbe ucciso in caso contrario, che per un vero e proprio senso del dovere - l'ultima cosa che si aspettava di vedere era Russ che gli piombava addosso come una furia.
Qualsiasi altra persona, dotata di un discreto quoziente intellettivo, avrebbe approfittato della confusione per scappare.
Ma evidentemente Russ era ancora più stupido di quanto credesse, visto e considerato che aveva preferito trascinarlo chissà dove per ottenere la sua vendetta.
Magnus si guardò intorno studiando la zona, nella più che remota possibilità di trovare una via di fuga.
Lo aveva trascinato dietro il piccolo edificio laterale, fuori dalla portata dell'esercito.
Se anche fosse riuscito a scappare senza beccarsi una pallottola nel cervello, difficilmente sarebbe riuscito a raggiungere gli altri.
La sua unica speranza a quel punto era che qualcuno, accortosi della sua assenza, arrivasse ad aiutarlo.
Ma erano tutti troppo impegnati nello scontro con gli uomini di Dixon ed Ezekiel per rendersi conto della sua assenza.
A quanto pare siamo arrivati alla fine dei giochi.
« Segui gli ordini fino alla fine, eh? Ma che bravo servetto che sei. » esordì, dando sfoggio di tutto il suo sarcasmo.
Se proprio doveva morire, tanto valeva farlo con stile.
Russ lo afferrò bruscamente per un braccio facendolo voltare, colpendolo subito dopo ad una tempia con il calcio della pistola.
Il dolore esplose come un fuoco d'artificio nel retro delle sue palpebre, lasciandolo stordito.
Quando fu di nuovo in grado di percepire l'ambiente circostante, si rese conto di trovarsi in ginocchio davanti ai piedi di Russ.
Alzò lentamente lo sguardo, vedendo così, nonostante il sangue che gli colava sul viso, la canna della pistola a pochi centimetri dalla sua testa.
È finita.
Era proprio un bello scherzo del destino il fatto che dovesse morire proprio quando aveva finalmente trovato qualcuno a cui importasse davvero qualcosa di lui.
Alexander.
Il suo benissimo, leale e dolce Alexander.
Avrebbe voluto avere la possibilità di sfiorare il suo viso un'ultima volta, di provare quella sensazione di pace e protezione che le sue braccia sapevano donargli prima di andarsene.
Ma più di ogni altra cosa sentiva il bisogno bruciante di rassicurarlo, di fargli sapere che non era sua la colpa se era finita in quel modo e che, nonostante tutto, era felice della decisione che aveva preso.
Valeva la pena di essere inerme ed indifeso, inginocchiato su un sudicio selciato; almeno era certo che né gli uomini di Headley né quelli di Dixon avrebbero più potuto fare del male al suo occhi blu.
Solo alcuni mesi prima Magnus non avrebbe mai creduto possibile di essere in grado di amare qualcuno al punto tale da voler dare la sua vita per lui.
E invece eccolo lì, a morire in pace sapendo che Alec sarebbe stato al sicuro. Richiamò alla mente il viso di Alexander, il suo sorriso.
Se doveva dire addio al mondo, voleva farlo aggrappandosi a quell'immagine. Chiuse gli occhi, pronto a quanto stava per accadere.
Per alcuni istanti non vi fu alcun rumore a turbare la quiete di quella squallida strada.
Poi uno sparo.

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Capitolo 17
*** Epilogo ***


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Epilogo.

Alec spinse il cancello dell'entrata del cimitero, stringendosi di più nel cappotto per ripararsi dall'aria gelida.
Percorse lentamente il sentiero alla sua destra cosparso da ciottoli, ormai estremamente familiare dopo tutto quel tempo.
Erano difatti passati quattro anni dalla sua morte, ed ogni prima domenica del mese aveva preso l'abitudine di recarsi alla sua tomba.
Dopo pochi minuti si inginocchiò lentamente di fronte alla sua lapide, sforzandosi di ignorare il fastidioso nodo che gli stringeva la gola.
Fece scorrere un dito sulle linee del suo nome, poggiando poi la mano sulla M.
Come ogni volta, fu assalito dal rimpianto e dalla tristezza.
Passato il dolore iniziale, col tempo e con l'aiuto delle persone a lui più vicine era riuscito a capire che la sua morte non era stata una sua responsabilità, che nessuno avrebbe potuto fare niente per impedirlo, nemmeno lui.
Nonostante ciò, non riusciva a scrollarsi completamente di dosso il senso di colpa per non aver fatto abbastanza, per non essere arrivato in tempo.
Si ritrovò a pensare a tutto quello che era successo, cercando di capire cosa avrebbe potuto fare per evitare che si arrivasse a tanto, se c'era qualcosa nelle sue azioni che avrebbe potuto cambiare per impedire che ciò si verificasse.
Avrebbe tanto voluto avere una risposta a quella domanda, ma non l'avrebbe mai trovato.
Strinse gli occhi per evitare che le lacrime gli scorressero sul viso: aveva già pianto abbastanza, e di sicuro non l'avrebbe voluto vedere così fragile.
Una mano gli strinse delicatamente la spalla, distraendolo da quei cupi pensieri.
Sorrise lievemente, sapendo già chi era senza bisogno di voltarsi.
« Tutto bene? »
Alec annuì appena, alzando lo sguardo per incrociare quelle iridi verdi che tanto amava.
Magnus lo scrutava con un'espressione preoccupata, le sopracciglia appena corrugate in una smorfia che metteva ancora in più in evidenza la cicatrice bianca, regalo di Russ.
Ogni volta che Alec si ritrovava ad osservare quella piccola imperfezione sul viso altrimenti perfetto del ragazzo, non poteva fare a meno di ripensare a quanto era stato vicino dal perderlo per sempre.
Dopo aver visto Russ che lo trascinava via, si era catapultato verso le scale il più velocemente possibile, per poi correre come non aveva mai fatto in tutta la sua vita.
Per alcuni interminabili istanti di terrore aveva creduto di non farcela, di non riuscire ad arrivare prima che fosse troppo tardi.
Quando aveva svoltato l'angolo, Magnus era in ginocchio di fronte a Russ, con il sangue che gli imbrattava il viso e una pistola puntata alla testa.
Non c'era stato tempo per avvicinarsi ulteriormente, né tanto meno di fermarsi per prendere la mira; lasciando che fossero gli anni di pratica e di allenamento a guidare la sua precisione, aveva alzato la pistola, sparando dritto verso Russ.
Aveva tirato un respiro di sollievo solo quando aveva visto l'uomo accasciarsi al suolo con una chiazza vermiglia che si estendeva al centro del petto, lasciando Magnus vivo e quasi totalmente illeso.
L'espressione di meraviglia, riconoscenza ed amore che il ragazzo gli aveva rivolto una volta aperti gli occhi e capito quanto era successo, sarebbe rimasta impressa nella sua mente fino alla fine dei suoi giorni.
Dopo aver stretto Magnus in un abbraccio ed essersi assicurato che stesse bene, lo aveva portato verso il vecchio deposito dove, oramai, lo scontro doveva essersi concluso.
Due uomini stavano tenendo un Ezekiel a dir poco infuriato, mentre Headley stava guardando con espressione allibita Braxton ridotto ad un ammasso sanguinolento di carne.
Alec scioccato almeno quanto l'uomo da quella scena, aveva fatto scorrere lentamente lo sguardo sui presenti, più che curioso di sapere chi fosse stato l'artefice di quel capolavoro.
La sua attenzione venne ben presto attirata da Isabelle e Shane: la ragazza studiava con la massima naturalezza le sue mani chiazzate di rosso sulle nocche, mentre l'altro faceva il possibile per non incrociare lo sguardo del moro.
Bingo.
Per un attimo, al pensiero di sua sorella ed il suo migliore amico che si accanivano insieme su Braxton aveva quasi provato pena per quel poveretto.
Quasi.
Poco dopo tutti gli uomini di Headley ed Ezekiel ed i rispettivi capi erano stati trascinati in prigione, dove avevano atteso di essere sottoposti al processo: tra l'accusa di traffico d'armi e tutti gli omicidi di cui potevano essere accusati, nessuno di loro avrebbe rivisto tanto presto la luce del sole.
Anche Magnus era stato ascoltato dal giudice che, tenendo conto del fatto che la sua collaborazione era stata fondamentale per sgominare la banda, aveva optato per due anni di libertà vigilata.
Tutto sommato se l'era cavata discretamente bene.
Lontano da cattive influenze e dalla convinzione di essere indegno di vivere in mezzo a delle persone "per bene", il ragazzo aveva trovato un vero lavoro che non implicasse lo svolgimento di azioni illegali e aveva abbandonato completamente la strada della criminalità.
Non che Alec gli avrebbe mai permesso il contrario, ovvio.
E considerando che si era trasferito a casa sua non appena tutta quell'assurda faccenda si era conclusa, il moro non aveva avuto alcun problema ad assicurarsi che rigasse dritto.
« Alexander? Mi ascolti? »
Alec scosse appena la testa, sforzandosi di tornare con i piedi per terra.
Il suo ragazzo lo guardava con un'espressione perplessa stampata in volto, probabilmente chiedendosi cosa gli stesse passando per la mente.
Alec replicò con un piccolo sorriso imbarazzato, passandosi una mano tra i capelli. Poi, dando un ultimo sguardo alla tomba di sua madre, si alzò in piedi trascinando Magnus con sé.
« Vieni Mags, andiamo a casa. »




Magnus si svegliò improvvisamente, sbattendo le palpebre per cercare di calmarsi.
Lanciò uno sguardo alla sveglia posta al lato della sua testa, che lampeggiava le quattro e mezza di notte.
Sospirò passandosi una mano tra i capelli scuri e trascinandosi a sedere.
Gli capitava ormai spesso di svegliarsi nel cuore della notte, con il pensiero che tutto ciò che gli era accaduto fosse solo l'ennesimo sogno di una vita perfetta.
Abituato a trovarsi in continuo pericolo di vita, convinto di non meritare nulla di buono, ancora non riusciva a credere a come la sua esistenza era stata improvvisamente stravolta in meglio.
A ripensarci gli venne da ridere.
Più volte aveva cercato di allontanarsi dall'unico che pensava potesse salvarlo, facendo il possibile per proteggerlo da sé stesso; adesso non riusciva nemmeno lontanamente ad immaginare di non avere il suo bellissimo cavaliere al suo fianco.
Ancora si chiedeva come fosse possibile che un ragazzo così bello, dolce e buono, avesse scelto proprio lui per accompagnarlo passo dopo passo nel lungo percorso che era la vita.
Avrebbe potuto avere di meglio senza alcun dubbio, ma ogni volta che gli manifestava i propri dubbi al riguardo, Alec gli rispondeva che il meglio era proprio lì al suo fianco, e che non avrebbe voluto nessun altro che non fosse lui.
Si mosse piano sul letto, girandosi per guardarlo in viso.
I suoi stupendi occhi azzurri erano nascosti dietro le palpebre chiuse, in un'espressione così innocente che provocò una capriola nel cuore di Magnus.
La bocca rosea e che tanto gli piaceva baciare era leggermente socchiusa, il respiro regolare e tranquillo.
Con una dolcezza che non credeva nemmeno di possedere, gli passò delicatamente una mano tra i riccioli corvini, beandosi della loro soffice consistenza.
Amava farlo, gli trasmetteva un senso di tenerezza.
Poi, gli accarezzò una guancia, il tocco leggero come polvere.
Lo amava così tanto e così intensamente da temere che un giorno o l'altro il cuore gli sarebbe esploso, incapace di contenere oltre quel sentimento.
Si avvicinò lentamente, nascondendosi nel suo abbraccio e intrecciando dolcemente le gambe alle sue.
Le punte dei loro nasi si sfiorarono appena, e fu sufficiente per mandarlo in subbuglio.
Che incantesimo mi hai fatto occhi blu?
Sorrise, lasciandogli un leggero bacio sulla punta del naso, mentre con un mano lo stringeva più a sé.
Alec emise un rantolio non ben identificato, stringendo gli occhi prima di cominciare ad aprirli lentamente.
Quando le sue pupille misero a fuoco le iridi verdi di Magnus sorrise, richiudendo gli occhi.
« Mags, è ancora presto, dormi. » lo pregò dolcemente, la voce tipicamente roca di una persona appena sveglia.
Magnus gli si strusciò addosso, dandogli un altro leggero bacio, questa volta sulle labbra.
« Ti amo, Alec. » gli disse.
L'altro lo guardò di nuovo, e Magnus poté bearsi della vista di quel fantastico mare in tempesta che non faceva altro che sconvolgerlo.
Alec gli passò una mano sulla guancia, guardandolo con occhi innamorati: « Ti amo anch'io, principessa. »
Magnus rise, accoccolandosi meglio tra le sue braccia e ispirando quel suo profumo al sandalo che tanto amava.
Alec lo strinse a sé, lasciandogli un tenero bacio tra i capelli.
Perché era così tra di loro: in quei piccoli attimi di pura intimità, non potevano non pensare al fatto che bastava stare insieme, per essere a casa.
Che bastavano solo loro.
E il loro amore.





E.. fine.
Già, alla fine anche questa storia si è conclusa e ci dispiace anche un bel po', ci eravamo molte affezionate!
Non sappiamo bene come ringraziarvi, ma vorremmo farlo un@ per un@ per averci seguito capitolo dopo capitolo, arrivando fin qui. Per noi è davvero molto, grazie. <3
Se fosse per noi staremmo qui fino a mattina a dirvi grazie per averci sostenuto, aprezzato e fatto presente il proprio parere positivo e negativo che sia stato. Ma purtroppo non ci pare il caso xD
Per l'ennesima volta, davvero grazie per averci seguito, speriamo che questa storia sia stata di vostro gradimento, noi vi mandiamo un grosso bacione! <3
Alla prossima(speriamo!)! <3
Bye! <3


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