Amor Vincit Omnia. di S h a d o w h u n t e r _ (/viewuser.php?uid=933559)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo #1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo #2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo #3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo #4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo #5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo #6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo #7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo #8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo #9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo #10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo #11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo #12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo #13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo #14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo #15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo #16 ***
Capitolo 17: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Capitolo #1 ***
Amor Vincit Omnia.
Capitolo #1
Il
leggero ticchettare incessante dell'orologio era il solo e unico rumore
che Alec percepiva, oltre ai suoi ingarbugliati pensieri.
Pazzo, ecco
come si definiva, un
folle.
Si guardò la mano sporca di sangue secco, emettendo quello
che alle sue orecchie giunse come uno strano verso strozzato.
Quel sangue non era affatto il suo, lo sapeva bene, ma era proprio quello il problema.
Alexander Gideon Lightwood, il rampollo di una delle più
note famiglie di Londra, era stato testimone di un qualcosa che nemmeno
lui sapeva spiegarsi.
Al solo pensiero di ciò a cui aveva assistito, un brivido
gli percorse la schiena, facendogli socchiudere gli occhi.
Lui non avrebbe mai dovuto fare quello che aveva fatto, ma non aveva
avuto nessun'altra scelta; sorvolare sulla questione come se niente
fosse era stato assolutamente impensabile.
Era risaputo che Alec necessitava di avere la situazione costantemente
sotto controllo, e non sapere ciò che stava accadendo in
zona con quello
lì, lo mandava letteralmente fuori di testa.
Come aveva potuto non accorgersi di niente?
Riaprì gli occhi del colore dell’oceano, sbattendo
piano le lunghe ciglia nere e folte.
La situazione, osservata da un punto di vista esterno, poteva sembrare
alquanto insensata e pericolosa,
ma nulla poteva distoglierlo dall'obbiettivo che si era ormai
prefissato.
Voleva sapere.
Ed era per quello che, involontariamente, si era ritrovato immischiato
in qualcosa da cui sapeva non sarebbe più potuto uscire.
Tutto stava solo a capire che
cosa.
Riportò lentamente lo sguardo sul corpo febbricitante steso
nel suo letto, le labbra tese in una smorfia, un sopracciglio
leggermente inarcato.
Conosceva benissimo la sua identità: per quanto detestasse
ammetterlo persino a sé stesso, una parte remota del suo
cervello continuava a volerlo ricordare in maniera vivida.
Scosse la testa con veemenza, immaginando già cosa sarebbe
successo quando quel ragazzo si fosse svegliato: il caos.
Sospirando al solo pensiero di vederselo inveire contro con quanti
più improperi presenti nel suo vocabolario, prese la pezza
bianca che aveva poggiato sulla fronte dell’altro, per poi
bagnarla subito dopo nel piccolo recipiente posto affianco al letto
riempito con dell’acqua fredda.
Si prese un lungo momento per studiare attentamente la sua figura: i
capelli corvini striati di rosso sulle punte, erano sparsi sul cuscino
in modo disordinato, mentre alcune ciocche più lunghe erano
incollate sulle sue guance sudate; le labbra carnose erano appena
socchiuse per via della difficoltà che aveva nel respirare.
Gli occhi, che Alec sapeva essere di un verde intenso tendente quasi al
giallo, erano stretti in una linea sofferente.
Anche in quelle condizioni però, non poteva non notare
quanto fosse diverso rispetto a parecchi anni prima.
Scosse la testa energicamente, come a volere allontanare un pensiero
decisamente troppo assurdo per essere concepito dalla sua testa.
Perché quel pensiero era
assurdo.
E sbagliato.
Sentendosi improvvisamente in trappola e frustrato al tempo stesso, si
alzò, aprendo con un movimento veloce le ante della piccola
finestrella posta vicina la sua libreria, in modo tale da far
arieggiare la stanza.
Il buio regnava sovrano ormai da ore, segno indiscusso che fosse
già notte inoltrata e che, di conseguenza, la mattina dopo
avrebbe avuto due simpatiche occhiaie a testimonianza di quella
fantastica serata.
Si girò verso l’orologio per vedere quanto
effettivamente fosse tardi; la lancetta delle ore segnava le tre.
Bene, non solo aveva quel
tizio - che da quanto ne sapeva ultimamente poteva
benissimo essere diventato uno psicopatico killer - nel suo letto, ma
stava anche facendo le ore piccole per assisterlo.
Complimenti Alexander.
Ma sì,
pensò, perché
non aggiungere qualche altro problema a quelli che già aveva
di suo?
Sospirando per l’ottocentesima volta da quando aveva messo
piede nella stanza, tornò a sedersi sulla sua sedia
girevole, osservando l’altro dormire tranquillamente,
incurante di ciò che gli accadeva intorno.
Lo sguardo gli cadde sulla fasciatura leggermente impiastricciata di
sangue, così storse la bocca in una smorfia.
Aveva cercato di curare bene la ferita alla spalla, disinfettandola e
applicandogli sopra un qualche strano unguento, ma non era sicuro di
essere riuscito in qualche modo ad attenuargli il dolore.
Anzi, era certo che nonostante tutti gli ottimi prodotti che si era
premurato di utilizzare, il taglio gli facesse ancora molto male.
All’inizio, se doveva proprio essere sincero, era stato
assalito dal panico più totale, non sapendo proprio cosa
fare o dove mettere mano senza creare ulteriori casini; ma poi, a mente
lucida, aveva preso i medicinali che aveva ritenuto più
adatti - dopo aver letto prima attentamente le indicazioni sul
bugiardino - e aveva fatto del suo meglio per migliorare la situazione.
Certo, l’idea di portarlo all’ospedale aveva fatto
più volte capolino nella sua mente, ma era stato costretto a
scacciarla via così come era arrivata per ovvi motivi: come
poteva spiegare ai dottori il perché dello stato malconcio
in cui versava il ragazzo?
Sbuffò ancora e ancora, scuotendo la testa in maniera stanca.
Sapeva che se si era risparmiato di dover raccontare ciò che
era avvenuto, all’ospedale, la cosa non si sarebbe di certo
ripetuta quando, al risveglio, quello lì avrebbe chiesto
senza ombra di dubbio delle spiegazioni su tutta la faccenda.
In primis, il perché l’avesse aiutato.
E lui a quel punto cosa avrebbe dovuto dirgli? Che incurante della
situazione di puro pericolo, aveva deciso di intromettersi in quello
scontro senza pensare alle conseguenze?
Sì, ma
perché?
Per la decima volta da quando aveva rimesso piede in casa con Magnus al
seguito, ritornò a pensare a quello che era successo,
cercando di dare un senso a quanto aveva visto.
Stava tornando a casa facendo lo stesso tragitto di sempre dopo aver
lasciato Jace e Izzy alle prese con una delle loro solite serate
alcoliche, - a cui lo avevano letteralmente obbligato a partecipare -
quando aveva sentito diversi individui gridare in quella che sembrava
una discussione decisamente accesa.
Spinto più dall'istinto che per altro, si era avvicinato al
vicolo da cui provenivano le voci, sbirciando da dietro il muro e
cercando di capire cosa stesse succedendo.
Aveva immediatamente scorto tre figure in piedi che si fronteggiavano;
una di queste era girata di spalle, cosa che non gli permise di vederne
il viso, almeno in un primo momento.
Ma in un certo senso aveva pensato fosse meglio così: gli
altri due, con quei ghigni malefici e le cicatrici che spiccavano
perfino a quella distanza, erano stati più che sufficienti
per far sorgere un senso di profonda inquietudine in Alec.
« Avevamo un accordo, lo sai benissimo. Non permettiamo a
nessuno di tirarsi indietro senza conseguenze. » stava in
quel momento dicendo il più alto dei due, praticamente
digrignando i denti.
Stava seriamente valutando la possibilità di filarsela da
lì prima che si accorgessero di lui, quando il ragazzo
voltato di spalle prese a parlare, ghiacciandogli il sangue nelle vene.
« L'accordo è cambiato, miei cari. Ma beh, non
è certo colpa mia! Prendetevela con chi di dovere.
» aveva risposto in tono mellifluo, facendo loro segno con
una mano di tacere.
Alec si era pietrificato in un batter di ciglia sul posto; quella voce
gli era giunta alle orecchie terribilmente familiare, così
come l'accento strascicato carico d’ironia.
Non può
essere lui, ti prego fa che non sia lui, aveva pensato,
sentendosi improvvisamente stringere la gola in un nodo soffocante.
Si era sporto di qualche centimetro per studiare la figura che aveva di
fronte, cercando di ottenere una risposta ai suoi dubbi.
Purtroppo fu praticamente inutile dato che da quella prospettiva gli
era decisamente impossibile distinguere qualcosa che non fosse il nero
dei capelli.
E quella, non era di certo una prova schiacciante.
« Credi davvero che m’importi sapere di chi
è la colpa? Se mi ostacolano li farò a pezzi. E tu, mi servirai a
mandare loro questo messaggio da parte mia. » aveva replicato
bruscamente l'energumeno, con un sorriso malefico che fece risaltare
ancora di più l'orrendo solco che gli deturpava il lato
destro del viso.
Immediatamente dopo, senza dare all'altro il tempo di reagire,
l’aveva colpito con qualcosa che Alec non era riuscito a
vedere in un primo momento, facendolo crollare rovinosamente a terra.
Non ci aveva poi impiegato un secondo di più per capire di
cosa si trattasse: un coltello.
Quel delinquente aveva accoltellato un povero ragazzo disarmato, senza
dargli neanche la possibilità di difendersi; e niente lo
infastidiva di più di uno scontro disonesto.
Prima ancora di rendersene conto era entrato in azione, uscendo dal suo
nascondiglio e piazzandosi davanti a quei due, in difesa del ferito.
Una mossa sciocca e imprudente, considerando che era da solo e per di
più disarmato.
Questi ultimi, che non erano sembrati minimamente toccati da
quell’improvvisa apparizione, erano avanzati verso di lui con
aria minacciosa.
Alec ricordava chiaramente il sorriso carico di ironia che gli avevano
rivolto, prima di sbeffeggiarlo a parole.
« Oh guarda che carino, un pivellino vuole giocare a fare
l'eroe. Dagli una bella lezione, Russ. » aveva ghignato
dunque il più tarchiato, scrocchiandosi le nocche.
Russ non se l’era di certo fatto ripetere due volte.
Scattando in direzione di Alec con il coltello ancora in mano,
cercò di colpirlo dritto al collo, senza tuttavia riuscirci.
Con una prontezza di riflessi sorprendente, infatti, il moro
riuscì a bloccare il braccio dell'individuo, torcendoglielo
con tutta la forza che aveva e facendogli cadere l'arma a terra; poi,
rifiutandosi di pensare al raccapricciante scricchiolio delle ossa
dell'altro, lo aveva colpito con una gomitata in pieno viso, facendolo
barcollare all'indietro.
Subito dopo, Alec si era accorto con un’occhiata di come
l'altro uomo si fosse portato alle sue spalle con fare guardingo,
pronto ad attaccarlo.
Come se glielo avesse permesso.
Sfruttando l'adrenalina che in quel momento gli scorreva nelle vene,
aveva ruotato su se stesso, sferrando un micidiale calcio girato che
fece finire il suo aggressore a terra in pochi istanti.
I due si erano tirati su a fatica, guardando con una malcelata
ostilità il ragazzo che li aveva appena presi a calci senza
tante cerimonie.
« Questa volta te la cavi, ma non finisce qui ragazzino!
» gli aveva gridato contro Russ, dopodiché
entrambi se ne erano andati, sparendo velocemente dalla sua visuale.
Alec era rimasto qualche istante immobile, cercando di rallentare i
battiti ancora accelerati del suo cuore, poi si era ricordato del
ragazzo a pochi passi da lui.
Voltandosi di scatto, si era inginocchiato velocemente al suo fianco,
scostandogli delicatamente i capelli dal viso.
E per l'Angelo.
In quello stesso momento aveva confermato tutti i suoi dubbi: quello
steso a terra nel suo stesso sangue privo di sensi, era.. Magnus Bane.
Senza fermarsi a riflettere e cercando di non peggiorare ulteriormente
la ferita dell'altro, se l’era caricato in spalla, temendo
che quei due potessero tornare indietro, magari insieme ai loro
amichetti.
Spinto dall'ansia e dalla preoccupazione per le condizioni di Magnus,
era quindi arrivato a casa in pochissimo tempo.
E ora eccolo lì, a spremersi le meningi e cercando in tutti
i modi di capire in che razza di guaio si fosse cacciato quello stupido.
Si passò una mano tra i capelli arruffati e arricciati per
via del sudore, poi sospirò ancora, in maniera piuttosto
stanca.
Era improbabile che tizi come quelli facessero minacce a vuoto: era
certo del fatto che, presto o tardi, avrebbe dovuto nuovamente avere a
che fare con loro; dubitava però che sarebbe stato di nuovo
così fortunato.
Già quella sera se non fosse stato per le lezioni che suo
padre gli aveva impartito fin da piccolo, spronandolo a continuare
anche quando lo pregava di smettere, probabilmente Russ e il suo
compare lo avrebbero infilzato come un puntaspilli.
Nonostante ciò, chiedere aiuto a Jace era impensabile: non
avrebbe mai messo suo fratello in pericolo per la sua incoscienza.
Se la doveva cavare da
solo.
Anche se ad essere sincero, non era tanto per se stesso che aveva paura.
« Come hai fatto a ridurti così? »
sussurrò a Magnus, come se sperasse che potesse in qualche
modo rispondergli.
Figurarsi, molto probabilmente non lo avrebbe mai fatto nemmeno da
sveglio, con il caratteraccio che si ritrovava.
Non aveva idea di come fosse finito ad avere a che fare con gentaccia
del genere, ma di una cosa era certo: qualunque fosse il motivo,
sarebbe rimasto al suo fianco.
Non lo avrebbe lasciato da solo, che Magnus fosse d'accordo o meno.
I suoi pensieri furono interrotti improvvisamente da un gemito
soffocato, a pochi centimetri da lui.
Alzò la testa verso la fonte di quel suono, aspettandosi di
trovare il ragazzo ancora profondamente addormentato; invece, si
ritrovò a perdersi in due spettacolari occhi verdi che lo
fissavano sconcertati.
« E tu chi sei? »
La voce era bassa, roca, quasi un sussurro, ma fu abbastanza chiara
perché Alec la udisse come un rimbombo assordante nelle
proprie orecchie.
Nelle poche ore passate al suo fianco, il ragazzo aveva pensato a tutte
le possibili reazioni che l'altro avrebbe potuto avere al suo
risveglio; una punta d’ansia ad attanagliargli lo stomaco in
una morsa poco piacevole.
Nonostante però avesse già valutato
più volte quell’alternativa, non riuscì
a reprimere l’onda di delusione che lo attraversò,
veloce e tagliente.
Ovvio che non si
ricordava di lui.
In quel momento si sentì veramente stupido, e anche
abbastanza patetico. Oltre che, seppur irrazionalmente, vagamente
risentito.
« Davvero è questa la cosa che più ti
preme sapere? »
Con uno sbuffo appena mascherato gli fece cenno di non muoversi,
premurandosi di cambiargli la benda dalla fronte.
Le sue mani erano ferme e decise, eppure sentì
l’ombra di un lieve formicolio danzargli lungo le dita quando
queste sfiorarono la fronte calda dell’uomo.
Perché era un uomo
adesso, Magnus. Per l’Angelo, gli sembrava tutto
così assurdo.
L'altro sussultò in maniera quasi impercettibile,
guardandosi intorno con aria confusa e spaesata.
Poi, come ricordandosi solo in quel momento della domanda che gli era
stata posta, si decise a rispondere.
« Direi di sì. » disse, provando ad
alzare una mano per toccarsi la spalla ferita; e l’avrebbe
anche fatto, beccandosi l’ennesima fitta di dolore, se Alec
non l’avesse fermato.
Magnus gli scoccò un’occhiataccia contrariata, ma
lui fece finta di non vederla.
« Anche se, ripensandoci, mi piacerebbe sapere anche dove
diavolo mi trovo in questo momento. »
Alec all'udire quel tono imperioso e scocciato, arricciò le
labbra in una smorfia, assicurandosi di non farsi notare.
Per un attimo, ma solo per un attimo, si chiese se fosse il caso di
rivalutare le proprie scelte: forse avrebbe fatto meglio a lasciarlo
marcire lì nel vicolo, quel brutto ingrato.
Insomma, aveva rischiato di farsi ammazzare per salvarlo e come
ringraziamento Magnus si comportava in quel modo?
« Ti trovi a casa mia. E forse dovresti essere un po'
più cortese con chi ti ha appena salvato la vita, non credi?
» ribatté poi, in maniera glaciale.
Ti prego, vedi di darti
un contegno, pensò, dandosi mentalmente dello
sciocco.
L'altro a quelle parole si tirò su di scatto, lamentandosi
immediatamente dopo per il dolore che quell'improvviso movimento doveva
avergli procurato.
« Ma io dico, sei pazzo per caso? Mettiti giù
idiota, farai riaprire la ferita! » esclamò Alec
esterrefatto, spingendolo con delicatezza per costringerlo a
distendersi.
Magnus allontanò bruscamente le sue mani, vagamente seccato;
era palese solo guardandolo che stesse facendo appello a tutta la sua
testardaggine per non cedere all'impulso di accasciarsi di nuovo a peso
morto sul letto, mordendosi impercettibilmente il labbro inferiore per
trattenere una smorfia di dolore.
« Tu mi hai salvato la vita? Che cosa è successo?
Ti ha visto qualcuno? » iniziò a chiedere a
raffica, improvvisamente più loquace, con una strana urgenza
nella voce.
Per un attimo Alec avrebbe anche potuto illudersi che fosse quasi.. preoccupato.
Immediatamente, però, scacciò quel pensiero come
scottato.
Magnus non si ricordava
più di lui.
Aprì la bocca per rispondergli, ma poi la richiuse.
Se gli avesse detto la verità, Magnus indubbiamente avrebbe
voluto sapere le motivazioni che lo avevano spinto a quel gesto. Di
conseguenza, avrebbe dovuto spiegargli almeno un paio di cosette che,
ad essere sinceri, non sapeva spiegarsi nemmeno lui al momento.
Difatti, difficilmente qualcuno se ne andrebbe in giro a fare a botte
con dei delinquenti armati in un vicolo buio solo per salvare la vita
ad un perfetto sconosciuto.
Decise dunque di optare per la soluzione più semplice: mentire.
A quel punto, non aveva altra alternativa.
« Non lo so cosa è successo. Anzi, a voler essere
precisi dovresti essere tu a dirlo a me. »
annunciò poi, studiando la sua reazione.
Sei troppo puro per
questo mondo, gli aveva detto una volta Jace
sghignazzando, con quei
grandi occhi azzurri che sembrano così ingenui, potresti
fare fuori un uomo a tradimento e crederebbe ancora che sei innocente.
Il ragazzo sembrò analizzare le parole dell'altro con
attenzione per alcuni istanti; subito dopo, si rilassò
visibilmente.
« Se non hai visto niente, come avresti fatto a salvarmi?
» parlò con calma ponderata, solo una punta di
tagliente diffidenza ad accompagnare le sue parole.
Alec fissò i suoi occhi in quelli incredibilmente verdi di
Magnus, cercando di elaborare nello stesso tempo una storia che potesse
essere plausibile.
« Stavo tornando a casa, quando ho notato una figura
accasciata in un vicolo. Mi sono avvicinato e ho trovato te, disteso in
una pozza di sangue. Per un attimo sono stato tentato di portarti in un
ospedale, viste le tue condizioni; ma avevo la netta sensazione che non
avresti gradito. Quindi ti ho trascinato qui a casa mia e ho passato le
ultime ore a prendermi cura della tua ferita. E comunque, non
c'è di che. » esordì, con appena una
lieve sfumatura di sarcasmo nella voce, in particolare su quell'ultima
frase.
Era piuttosto soddisfatto di essere riuscito a mantenere la voce salda,
senza balbettare o suonare incredibilmente falso.
Alec non sapeva dove giaceva il filo sottile che separava il Magnus che
aveva conosciuto lui e quello dallo sguardo penetrante che ora aveva
davanti.
Ma quando quest’ultimo alzò gli occhi al cielo,
con il fantasma di un sorriso ironico ad ornargli la linea sinuosa
delle labbra, Alec pensò a come, nonostante tutto, riuscisse
sempre a coglierlo di sorpresa.
« Scusami.
- gli disse, e non seppe decifrare fino a che punto lo stesse prendendo
per i fondelli - Grazie infinite per avermi salvato da una
morte certa quando ero abbandonato e a rischio di aggressioni da topi
di fogna assassini, in un malfamato vicoletto. Oh, mio prode cavaliere!
» annunciò poi melodrammaticamente.
Alec si sentì stranamente rincuorato da quella sua uscita
strampalata: l’ironia tagliente di Magnus era ancora
lì per fortuna, e anzi, probabilmente col tempo aveva
affinato ancora di più la sua arte del sarcasmo puntiglioso.
Forse non era troppo tardi per tirarlo fuori dalla situazione in cui si
era cacciato, qualsiasi essa fosse.
« Molto divertente. - esordì, socchiudendo gli
occhi - Ora, poiché sei in debito con me per averti
coraggiosamente risparmiato un morso di topo, mi vuoi spiegare cosa ti
è successo? E tanto per la cronaca, so riconoscere una
ferita da coltello, per cui puoi risparmiarti le balle del "sono caduto
mentre mi sistemavo il ciuffo" o "si è trattato solo di un
incidente". » gli chiese subito dopo, notando quasi con
piacere misto ad un pizzico di soddisfazione, Magnus dilatare gli occhi
interdetto e, avrebbe detto, divertito.
Alec sapeva perfettamente cosa gli era capitato, visto e considerato
che si trovava ad appena un paio di metri di distanza da lui quando era
stato aggredito, ma voleva proprio vedere come gli avrebbe risposto.
« Se sei dotato di questa fenomenale abilità
signor So-Tutto-Io,
cosa me lo chiedi a fare? - sbuffò poi, una scintilla di
scherno ad adornargli gli occhi, resi opachi dalla stanchezza - Sono
stato accoltellato. Dei tizi mi hanno rapinato, e mentre cercavo di
difendermi mi hanno ferito. » gli rispose, fissando gli occhi
blu del ragazzo senza la minima esitazione.
Aveva parlato con una sicurezza tale che se Alec non fosse stato
perfettamente a conoscenza di quello che era veramente successo, gli
avrebbe creduto senza il minimo dubbio.
Magnus aveva sempre avuto una parlantina decisa, melliflua e serafica.
Probabilmente era in grado di convincerti che il mare era asciutto,
senza che uno si ponesse troppe domande.
Nonostante le impressionanti doti di attore di Magnus però,
non aveva nessuna intenzione di lasciarsi abbindolare.
In qualche modo, sarebbe riuscito a farlo parlare.
« Ah sì? Ti hanno rapinato? Per caso avevi un
diamante attaccato in fronte? » disse, alzando un
sopracciglio ed intercettando l’espressione perplessa di
Magnus.
« No, dico, considerando che il tuo cellulare e il portafogli
con tanto di soldi dentro erano ancora nella tasca dei tuoi pantaloni,
la tua squallida scusa non è molto credibile. Mi credi
davvero così imbecille? »
Magnus aggrottò le scure sopracciglia, formando una ruga
verticale appena accennata, chiaramente preso in contropiede.
Boccheggiando, si portò una mano sulla tasca destra dei
jeans, trovandola vuota.
Quel ragazzo si era davvero messo a perquisirlo mentre era svenuto? Era
scioccato, questa di certo non se la sarebbe mai aspettata.
Fortunatamente non aveva niente di compromettente, come informazioni o
indirizzi, quindi poteva almeno stare tranquillo sotto quel punto di
vista.
« Ti dispiacerebbe ridarmi le mie cose, piccolo detective?
» chiese poi con una cadenza ironica sulla punta delle
parole, non riuscendo a trattenere nel mentre un sorrisetto divertito.
L'altro scosse vigorosamente la testa, guardandolo con una strana luce
negli occhi.
« Non ci penso nemmeno. - proferì deciso,
scuotendo la testa - Quelle cose sono la mia assicurazione:
finché saranno in mano mia potrò stare
tranquillo. Senza soldi o possibilità di chiamare qualcuno,
nelle tue condizioni non potrai andare da nessuna parte. »
affermò risoluto, incrociando le braccia sul petto.
Magnus si sforzò di ignorare il fisico statuario dell'altro
che era stato messo spaventosamente in evidenza da quel gesto,
concentrandosi piuttosto su quello che gli aveva appena detto.
« Cos'è, sono tuo prigioniero adesso? »
esclamò costernato, cercando invano di trovare una sorta di
equilibrio che gli permettesse di reggersi un minimo in piedi.
Ancora una volta due mani si posarono prontamente sulle sue spalle,
impedendogli di scollarsi definitivamente da quel maledetto letto.
La situazione iniziava davvero a diventare ridicola, considerando il
teatrino che stavano pian piano tirando su.
« Ho intenzione di dirti un paio di cosette, quindi apri bene
le orecchie. - dichiarò, sperando di riuscire a trasmettere
un po’ di severità nel tono - Punto numero uno:
smettila di muoverti e di cercare di tirarti su; sei stato gravemente
ferito e in questo modo rischi solo di peggiorare le cose. »
prese una pausa, fissandolo intensamente negli occhi.
« Punto numero due: io non sono un idiota. So benissimo che
non sono stati dei rapinatori a conciarti così, ma piuttosto
qualcuno che ha cercato seriamente di farti fuori. E visto che per
quanto ne so, non c'è nulla che impedisca loro di
riprovarci, resterai qui finché non ti sarai ripreso del
tutto. Non mi sono preso la briga di curarti affinché tu
possa cercare di farti ammazzare un’altra volta, sono stato
chiaro? » annunciò Alec, scandendo ogni singola
parola con decisione, in modo tale che per l'altro fosse completamente
impossibile fraintendere o, tantomeno, opporsi in qualche modo.
Si sentiva molto come un carceriere in quel momento, ma non poteva
permettere che quell’idiota rovinasse tutto con il suo
caratteraccio irruente.
Magnus guardò a bocca aperta il bel ragazzo dagli occhi blu
di fronte a lui, sconvolto dal quel suo discorso.
« Oh io non credo proprio, perchè ho tutte le
intenzioni di andarmene. » replicò acido,
più per ripicca che per altro.
Non era uno sciocco, si rendeva perfettamente conto che in quel momento
sarebbe stato a malapena in grado di muovere qualche passo da solo,
figurarsi se poteva anche solo sperare di riuscire ad allontanarsi da
lì.
Per non parlare del fatto che vi era la minima possibilità
che trovasse quel modo di parlare così imperioso,
dannatamente affascinante.
Ma non per questo gli avrebbe dato soddisfazione così
facilmente; aveva ancora una reputazione da difendere.
Alec prese un lungo respiro, in un tentativo disperato di richiamare a
sé tutta la sua pazienza.
« Tu non andrai da nessuna parte, non in queste condizioni.
Il discorso è chiuso. » asserì
perentorio, in un tono di comando che avrebbe reso sicuramente fiero
suo padre.
Magnus si lasciò ricadere all'indietro, con un borbottio
indistinto.
« Come hai detto scusa? » gli domandò il
moro, inarcando le sopracciglia scure in un’espressione
confusa.
Magnus riportò lentamente lo sguardo sul suo volto
leggermente sconvolto dalla stanchezza, abbozzando un minuscolo sorriso.
« Ho detto che mi piacerebbe almeno sapere il nome del mio
cavaliere, visto che sono bloccato qui con lui. » disse con
appena un pizzico di divertimento nella voce.
Il ragazzo dovette ignorare l'ennesima fitta di delusione a quella
domanda, stando ben attento a non far trasparire nulla dal suo viso.
« Alexander. - gli uscì un verso strozzato contro
la sua volontà, perciò cercò di
ricomporsi, schiarendosi la voce - Ma preferisco Alec. »
continuò poi, riuscendo egregiamente a mostrarsi impassibile.
Magnus sembrò lanciargli uno sguardo pensieroso, come se
qualcosa lo stesse disturbando. Per un attimo, Alec si concesse il
lusso di pensare che forse, forse
sentire il suo nome avrebbe potuto far scattare qualcosa dentro di lui,
anche solo un vago e sfumato ricordo.
Ma non successe, ovvio
che non successe.
« Alexander.. » ripetè Magnus lentamente.
Se qualcosa si contorse dentro il moro in una morsa nostalgica, la
scacciò velocemente.
« Io sono Magnus. » esordì l'altro in
tono mellifluo, mentre una strana ombra passava nello sguardo del moro
senza che se ne rendesse conto.
Oh, so bene come ti
chiami.
Alec per un attimo fu tentato di dar voce ai suoi pensieri, ma sarebbe
stato un gesto controproducente, nonché incredibilmente
stupido.
« Bene, Magnus. Benvenuto nella mia umile dimora. Ti
consiglio di metterti comodo, potresti rimanerci per un po'.
» annunciò risoluto.
Magnus tentò di ribattere che era davvero incivile da parte
sua decidere al suo posto, ma un capogiro lo costrinse a distendersi
immediatamente.
Si portò una mano alla fronte, sentendola ancora lievemente
fresca per via della pezza che vi appoggiava sopra fino a poco prima.
« Stai bene? » gli chiese il moro apprensivo,
poggiandogli due dita sul collo per sentirne il battito.
Magnus sentì un brivido attraversargli la spina dorsale e
Alec pensò fosse dovuto al fatto che avesse ancora qualche
lineetta di febbre.
Probabilmente, avrebbe dovuto dargli qualcosa che gli facesse scendere
la temperatura, ma in casa non aveva praticamente niente.
Essendo un tipo che difficilmente si ammalava, il suo scaffale
medicinali era costituito solamente da garze, pomate, cerotti e
antidolorifici.
Cose che gli erano molto utili dopo le sue spericolate missioni.
« Sto bene infermiera, grazie. » ribatté
l’altro ironico, scostandosi da lui in maniera quasi
involontaria.
Il moro trattenne una risatina, poi si alzò, deciso a
prendere della nuova acqua fresca: quella che aveva lì aveva
finito con lo scaldarsi un po’, vista la temperatura elevata
della stanza.
Prese la bacinella con mani ferme, lanciandogli solo un breve sguardo,
poi con passi decisi si diresse in bagno.
Magnus sentì l’acqua scorrere nel lavandino e
sospirò: quella situazione non andava per niente bene.
Doveva trovare un modo per filarsela da lì il più
velocemente possibile, senza che l’altro potesse in qualche
modo accorgersene.
Apprezzava davvero quello che stava facendo per lui, ma non poteva
rischiare di coinvolgere quel ragazzo nei suoi affari.
Il suo mondo era un qualcosa di decisamente devastante, che portava
persino alla distruzione di stessi.
E lui, di certo non meritava di finirci dentro.
Animandosi con tutta la poca forza che ancora aveva, fece leva sulle
braccia, sollevandosi il giusto per poggiare i piedi a terra.
La ferita gli bruciava terribilmente, ma non gli importava se nel
tentativo di scappare da Alec si fosse riaperta.
Aveva smesso di preoccuparsi per se stesso molto tempo fa, quando
vivere o morire non faceva più alcuna differenza per lui.
Con un po’ di fatica riuscì a mettersi in piedi,
sentendo però le gambe molli sotto il suo peso. Poi si
guardò intorno, sperando di trovare il suo portafogli o il
suo cellulare.
Magari, se fosse riuscito a chiamare Braxton, non avrebbe nemmeno
dovuto faticare per uscire; sarebbe semplicemente venuto lui a
prenderlo.
E proprio mentre stava muovendo qualche passo, Alec rientrò
in stanza, il contenitore stretto tra le mani.
Magnus notò quanto fosse alto rispetto a lui, quasi dieci
centimetri in più.
Gli occhi blu erano spalancati per la sorpresa, e le labbra stavano per
proferire qualcosa che sicuramente non gli sarebbe piaciuto.
Ma non riuscì mai a capire cosa.
Magnus sentì il suo corpo formicolare e, improvvisamente,
quasi senza rendersene conto, il buio lo avvolse.
L’unica cosa che riuscì a percepire
dell’ambiente circostante prima di perdere i sensi, fu il
rumore dell’acqua che si rovesciava accompagnata da
un tonfo, e due braccia forti che lo avvolgevano con una strana
dolcezza.
Poi, il nulla.
Saaalve a tutte! :D
Prima di dire qualsiasi cosa, voglio, anzi, vogliamo informarvi che
questa è una storia a quattro mani, e che quindi
è stata partorita da ben due menti malate xD
(Come la precendente storia a dire il vero, solo che per dei motivi che
non stiamo a spiegarvi per non annoiarvi - a meno che non vogliate
saperlo, in quel caso saremmo ben disposte a dirvelo -, avevamo deciso
di non dirlo. Ma anyway, ora le carte sono state scoperte! xD)
Ma tralasciando questa cosa di cui sicuramente non vi importa
minimamente ahahah, eccoci qui con una nuova trama un po' particolare.
>_<
Innanzitutto ci teniamo a dirvi che sarà abbastanza
lunghetta come storia, ben 18 capitoli abbastanza sostanziosi, quindi
speriamo con tutto il cuore che vi possa piacere <3
In questo capitolo abbiamo pensato di introdurvi un po' i loro
personaggi e, probabilmente in alcune scene Alec sarà un po'
OCC, al fine di non forzare la trama >_< speriamo che
questo non vi crei alcun tipo di disturbo :D
Non vogliamo annoiarvi ulteriormente, speriamo solo che la lettura sia
stata di vostro gradimento! Ci farebbe molto piacere sapere cosa ne
pensate, quindi se volete, ve ne saremo grate<3 (anche
perchè, essendo il primo capitolo non sappiamo se potrebbe
incuriosirvi o meno come cosa xD)
Naturalemente, gli aggiornamenti avverranno una volta alla settimana :D
Vi invitiamo anche ad iscrivervi al gruppo facebook, se vi fa piacere
<3
Il link è questo ----> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Bye!
<3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo #2 ***
Capitolo
#2
Alec aprì piano la porta, sbirciando
all'interno della stanza per quella che era la decima volta consecutiva.
Magari stava diventando un po' paranoico, ma visto e considerato che la
sera scorsa, nel preciso momento in cui aveva girato le spalle Magnus
aveva tentato di darsela a gambe, si sentiva almeno in parte
giustificato.
Quando lo aveva visto crollare a terra aveva rischiato seriamente di
farsi venire un accidente.
Qualsiasi persona, dotata di un minimo di razionalità,
avrebbe capito che in quelle condizioni era meglio starsene buono e a
riposo.
Ma no, Magnus come al solito aveva deciso di dover fare di testa sua,
fregandosene altamente dei suoi avvertimenti sullo stare fermo per non
creare ulteriori complicazioni alla ferita.
Ferita che tra l'altro aveva finito col riaprirsi dopo quella sua
bravata.
E così Alec era stato costretto a ricominciare tutto da
capo, cambiandogli le bende e passando la successiva ora a prendersi
cura di lui.
Per qualche minuto aveva contemplato la possibilità di
soffocarlo nel sonno, in modo tale da smetterla di preoccuparsi per la
sua salute e risolvere così il problema alla radice.
Aveva però desistito, non fosse altro per il fatto che non
era ancora riuscito a farlo parlare e ottenere delucidazioni
sull'enorme guaio in cui si era andato a cacciare.
Ripensandoci però, indipendentemente dall'essere o meno
Magnus in vita, quei due gliela avrebbero fatta pagare lo stesso;
meglio fare in modo che il suo sacrificio non fosse vano.
Inutile dire poi che non aveva quasi chiuso occhio, troppo frustrato e
innervosito da tutta quella situazione.
Aveva infatti continuato a spostarsi dal divano, piazzato in un angolo
del salotto, alla sua stanza, indeciso tra il controllare il ragazzo e
il concedersi un minimo di riposo.
Cosa che avrebbe potuto tranquillamente evitarsi, se quella zucca vuota
non avesse deciso di giocare alla spia, terminando la sua missione
svenendogli tra le braccia.
Insomma, ricordava che fosse testardo, ma non immaginava certo fino a
quel punto.
Solo Magnus poteva cercare di "scappare" quando a malapena riusciva a
reggersi in piedi.
Dato che la metteva in quel modo, ad Alec non restava altra scelta che
sorvegliarlo costantemente per evitare che con la sua
stupidità trovasse il modo di farsi uccidere.
Ma ti pare vita, questa?
Vedendolo ancora dormire pacificamente nel suo letto, si
tranquillizzò: finché era nel mondo dei sogni non
poteva andare davvero da nessuna parte.
Proibendo a sé stesso di soffermarsi più del
dovuto sulla figura del ragazzo, richiuse lentamente la porta dietro di
sé.
Poi, nel giro di pochi minuti, si ritrovò accasciato su una
sedia e con la testa poggiata sul ripiano di mogano del tavolo in
soggiorno.
Certo, sul divano sarebbe stato senz'altro più comodo, ma
temeva di sprofondare in un sonno lungo un giorno intero una volta
toccata quella morbida superficie di pelle.
Dire che era stanco era a dir poco riduttivo: i capelli corvini
sparavano in tutte le direzioni, segno evidente delle innumerevoli
volte in cui ci aveva passato le mani in mezzo cercando di scaricare la
tensione; gli occhi erano cerchiati da due mezzelune scure, premio per
aver passato la notte praticamente insonne.
Se non era ancora crollato, era soltanto per via di tutti i pensieri,
le domande e le supposizioni che continuavano ad affollargli la mente.
Moriva dalla voglia di saperne di più, anche se la sua unica
fonte di informazioni si era mostrata più che restia a
parlare: interrogare Magnus era stato soddisfacente quanto lo sarebbe
stato il cercare di cavare un ragno dal buco.
Quel poco che aveva scoperto la sera precedente era completamente
insufficiente per farsi un benché minimo quadro della
situazione.
“Avevamo un
accordo..”
“L'accordo
è cambiato, prendetevela con chi di dovere.”
A che razza di accordo si stavano riferendo? Per chi lavorava Magnus?
Il fatto che si trattasse di gente tutt'altro che raccomandabile era
più che evidente, anche se quella considerazione non
restringeva poi di molto il campo.
Con tutta la criminalità che c'era in quella
città, ci si poteva sempre aspettare attività
illegali delle più disparate specie.
Sebbene non fosse una cosa propriamente corretta dal punto di vista
etico, aveva rivoltato da cima a fondo il portafogli così
come il cellulare di Magnus, nella minuscola speranza di trovare un
qualche indizio.
Niente.
Tutto ciò di cui era venuto in possesso, era una lista di
contatti dai nomi per nulla rassicuranti.
Braxton, Dirk, Kerr,
Shaw, Camden.. Headley.
Ma che razza di tizi frequentava?
In ogni caso, visto che di certo non poteva telefonare loro per avere
qualche dettaglio - dai nomi sembrava quasi una gang mafiosa, non certo
un ufficio informazioni - la sua era risultata essere tutta fatica
sprecata.
Con un sonoro sbuffo si ritirò su, massaggiandosi la fronte
con una mano; di quel passo si sarebbe fatto venire un mal di testa da
Guinness dei primati.
Prima che potesse tornare per l'ennesima volta a rimuginare sui quei
fatti, però, fu distratto da un bussare incessante alla
porta.
Merda.
Aveva completamente dimenticato la promessa di Jace di passare a
trovarlo quella mattina.
Che poteva fare? Il biondo era perfettamente a conoscenza del fatto che
Alec fosse in casa: lo conosceva abbastanza da sapere che, diligente
com'era, se mai avesse avuto un qualche sorta di imprevisto lo avrebbe
immediatamente
avvisato.
Se non gli avesse aperto suo fratello si sarebbe senz'altro
insospettito, allertando immediatamente Izzy che, a sua volta, sarebbe
stata capacissima di mandargli una squadra di soccorso dritta dentro
casa, tanto per assicurarsi che stesse bene.
Non aveva altra scelta che lasciarlo entrare, cercando di sbarazzarsi
di lui il più velocemente possibile.
Pregando tutti i santi esistenti che Magnus non decidesse di svegliarsi
proprio in quel momento mandando tutto a monte, Alec si
trascinò all'ingresso.
« Finalmente! Temevo di doverla buttare giù a
calci. Per l'Angelo fratello, che faccia! Ma che ti è
capitato? »
Jace fece irruzione nella sala come una furia, prima ancora che Alec
potesse pronunciare una qualsiasi parola.
Stava ancora cercando di elaborare il commento decisamente poco
lusinghiero che l'altro gli aveva appena rivolto, quando lo vide
dirigersi a grandi passi verso il divano e accomodarcisi sopra senza
tante cerimonie.
Valutò con aria critica la distanza quasi inesistente che
intercorreva tra l'attuale posizione di suo fratello e la porta della
camera da letto, ritrovandosi d'un tratto a sudare freddo.
Sta calmo, sii naturale.
« Questa è tutta colpa tua e di Izzy. Giuro,
è l'ultima volta che mi lascio convincere a venire a bere
con voi! » esclamò, cercando di risultare
disinvolto e indicandosi il volto con una mano.
Certo, quella della sbronza non era la scusa migliore che potesse
inventare, ma se non altro era credibile.
Diversamente dai suoi fratelli Alec era tutt'altro che abituato al
consumo di alcool, per cui Jace avrebbe potuto tranquillamente credere
a quella versione della storia.
Per una volta si ritrovò a ringraziare l'indole da don
Giovanni del fratello che aveva fatto sì che la sera prima,
mentre si trovavano nel locale, gli avesse riservato ben poca
attenzione; in caso contrario, avrebbe senz'altro notato che era
tutt'altro che brillo.
A sostegno di quelle sue riflessioni, il biondo scoppiò a
ridere fragorosamente, evidentemente più che divertito dal
poco spirito festaiolo dell'altro.
Alec imprecò mentalmente cercando di costringere, con
tecniche occulte e con la sola forza del pensiero, suo fratello a fare
silenzio.
Di quel passo avrebbe finito con lo svegliare Magnus, combinando un
vero e proprio disastro.
« Oltre che per insultarmi, c'è qualche altro
motivo per cui sei qui? » chiese sarcasticamente al biondo,
cercando di accelerare le cose.
Da quanto gli aveva detto la sera prima, aveva bisogno del suo supporto
per chissà quale indagine stesse svolgendo per conto del
loro padre.
In quel momento quella faccenda era senza ombra di dubbio all'ultimo
posto della lista delle sue priorità, ma avrebbe fatto bene
a fingersi comunque interessato.
Per cacciare via Jace subito dopo, s'intende.
« In quest'ultimo periodo papà sta indagando su un
gruppo di trafficanti di armi che, a quanto pare, agiscono qui in zona.
Non è ancora riuscito a capire chi sia il capo: oltre che
essere un pezzo grosso è anche maledettamente furbo, riesce
sempre a coprire le sue tracce. » iniziò a
spiegare Jace, ridivenuto improvvisamente serio.
Se c'era una cosa di cui bisognava dargli atto, era la
professionalità con cui gestiva quel tipo di situazioni.
Era da sempre il soldato perfetto, molto più di lui.
« Siete riusciti a scoprire qualcosa? » gli chiese
poi, prestando solo in parte attenzione a quella conversazione.
Era abbastanza sicuro di aver sentito un rumore provenire dalla stanza
da letto, ma sperò di esserselo solo immaginato.
Jace si passò distrattamente una mano tra i capelli, con
un'espressione alquanto scoraggiata.
« Praticamente niente. L'unica cosa che sappiamo é
che tutti gli scambi vengono organizzati per mano di un intermediario.
Abbiamo il nome, ma non siamo ancora riusciti a capire chi diavolo
possa essere. »
Beh, se non altro Alec si tirò un minimo su di morale; non
era l'unico a brancolare nel buio.
Cercò davvero di pensare ad un modo per aiutare suo padre e
Jace, ma al momento non gli veniva in mente assolutamente niente.
Probabilmente, i suoi poveri neuroni si erano fusi a furia di
analizzare la situazione in cui si era cacciato.
Per un attimo si immaginò la reazione di suo fratello se
solo gli avesse raccontato cosa era successo davvero: lo avrebbe fatto
rinchiudere.
« Qual è il nome? Magari posso fare qualcosa.
» asserì Alec, sebbene lui per primo fosse
abbastanza scettico circa quell'ipotesi.
« Bane.
» gli rispose semplicemente Jace.
All'inizio Alec non riuscì a capire come mai quel nome gli
suonasse così famigliare, soprattutto perché
troppo occupato a tendere le orecchie per cercare di capire cosa stesse
combinando Magnus, per seguire il filo del discorso.
Nel giro di pochi istanti, però, la rivelazione insita in
quelle quattro semplici lettere lo lasciò senza fiato.
Bane.. come Magnus Bane.
Lo stesso Magnus che lui aveva salvato e curato solo la sera prima.
Quel grandissimo pezzo di imbecille era andato ad invischiarsi con dei
trafficanti d'armi.
E lo stesso aveva fatto anche lui, pur non essendone consapevole in
quel momento.
Perfetto.
Ora era ancora più sicuro del fatto che lo avrebbero fatto a
pezzi.
L'unico lato positivo in tutto ciò era che almeno poteva
smetterla di arrovellarsi il cervello: “l'accordo”
di cui stavano parlando era senz'altro quello per uno scambio di merce.
Maledizione.
Come accidenti avrebbe fatto a tirare entrambi fuori da quella storia?
Per un attimo fu seriamente tentato di fare Magnus a pezzi con le sue
stesse mani; certo, farlo fuori non gli avrebbe risolto tutti i
problemi, ma almeno si sarebbe tolto una gran bella soddisfazione.
Insomma, come diavolo gli era venuto in mente di unirsi ad un giro del
genere?
L'omicidio è
un reato, cerca di calmarti Alexander.
Prendendo un respiro profondo, si sforzò di analizzare
quell'informazione con lucidità.
Per prima cosa doveva sbarazzarsi di suo fratello, senza ovviamente
dargli alcun tipo di informazione: non voleva che fosse coinvolto in
quella storia nel tentativo di aiutarlo e, per di più, una
piccola e irrazionale parte della sua mente era ancora convinta di
poter salvare Magnus in qualche modo.
« Bane, eh? Il nome non mi dice niente. Comunque
cercherò di scoprire qualcosa e se avrò fortuna
ti farò sapere. Ora alza le chiappe dal divano e lasciami
continuare a soffrire in santa pace! » esclamò poi
rivolto al biondo, indicandogli l'uscita con un ampio gesto della mano.
Jace scoppiò nuovamente a ridere, scompigliandogli i capelli
e dirigendosi subito dopo alla porta.
Alec era già sul punto di tirare un respiro di sollievo,
quando un tonfo allucinante proveniente dalla sua stanza li fece
sobbalzare entrambi per lo spavento.
Oh per l'Angelo, cos'ha
combinato questa volta?
Troppo concentrato a stilare una lista di ipotesi che potessero
spiegare tutto quel rumore, Alec impiegò qualche secondo di
troppo a ricordarsi di suo fratello, ancora in piedi accanto a lui.
« Che cosa è stato? » chiese infatti
quest'ultimo, con un’espressione basita stampata in volto,
avviandosi poi verso la fonte di quel trambusto per poter controllare
di persona.
Il moro, completamente in preda al panico, si piazzò di
fronte a Jace cercando disperatamente di farsi venire in mente una
scusa qualsiasi.
« Lascia stare, sarà stato il gatto. Non te ne
stavi andando? » annunciò, lasciando trasparire
appena una punta di nervosismo e poggiando le mani sulle sue spalle per
spingerlo verso l'uscita.
« Il gatto? E da quando in qua hai un gatto? Me lo fai almeno
vedere? Qui micio - micio! » gli chiese in tutta
risposta l'altro, per poi mettersi a schioccare le dita con un ghigno
carico d’ironia.
Alec dovette sopprimere una risata, immaginando la faccia che avrebbe
potuto fare Magnus sentendo suo fratello che lo trattava come un felino
spaurito.
Tentando di ricomporsi afferrò suo fratello per le braccia,
trascinandolo con decisione all'indietro.
« Da alcuni giorni. E no, non puoi. Il mio gatto odia i
biondi, meglio per te che non ti veda. » esclamò
risoluto, stupendosi lui per primo di come la sua voce fosse risultata
salda alle sue stesse orecchie.
Risultato niente male, considerando che era ancora indeciso tra
l'accasciarsi in preda ad una crisi di nervi e il ridere fino alle
lacrime.
« Il tuo gatto.. odia
i biondi? » ripeté Jace lentamente,
palesemente scioccato e sbalordito.
Alec sbuffò sonoramente, cercando così di
mascherare il ghigno che gli era spuntato sulle labbra.
« Hai capito benissimo. Se la cosa ti crea problemi puoi
presentarmi un reclamo scritto! »
Subito dopo aver sbattuto la porta in faccia ad un Jace decisamente
costernato, si diresse a grandi passi verso la sua camera per
assicurarsi che quel genio fosse ancora tutto intero.
E già che c'era, per strozzarlo con le sue mani.
..peccato che non ci fosse nessuno.
Alec si guardò più volte intorno, sperando
vivamente di essere in preda a una qualche sorta di allucinazione
dovuta allo stress.
Sembrava non aver lasciato nessuna traccia, se non qualche glitter
spalmato nel punto in cui aveva poggiato la testa fino a quel momento.
Lui e Jace erano stato piazzati in salone per tutto il tempo, dove
sarebbe potuto andare?
Fu allora che lo vide: un intreccio di lenzuoli buttato a mo' di corda
fuori dalla finestra.
« Ma che.. siamo
in un fottuto film per caso?!
Prima ancora di rendersene conto, Magnus si era ritrovato con il muso
per terra a pochi metri dell’abitazione dalla quale era
appena saltato giù, in perfetto stile superman.
La fronte era completamente madida di sudore, segno indiscusso dello
sforzo che aveva appena compiuto pensando bene di calarsi
giù per quasi due piani.
Lanciò un fugace sguardo alla finestra da cui era appena
sceso con degli stupidi lenzuoli, maledicendosi più e
più volte per non essere stato in grado nemmeno di stringere
bene un cavolo di nodo: il risultato era stato quello di finire
rovinosamente a faccia in giù sull’erba fresca di
pioggia, provocandosi una scossa di dolore per tutta la lunghezza del
braccio.
Con un rantolio sommesso portò una mano sulla spalla ferita,
sentendola bagnata di un liquido troppo caldo per essere della semplice
acqua: sangue.
Per un momento l’idea di amputarsi l’intero arto -
tagliando così il problema alla radice -, aveva fatto
breccia nella sua mente contorta, ma era stato costretto a scartarla
immediatamente quando si era reso conto che quella era la mano con cui
faceva praticamente tutto.
Non solo non sarebbe stato più in grado di mettersi in
maniera corretta l' eye-liner - cosa assai dolorosa per lui -, ma non
sarebbe nemmeno stato più in grado di difendersi.
Scosse la testa lentamente, alzandosi dolorosamente e a fatica,
puntandosi con le ginocchia; le dita erano strette sulla stoffa
all’altezza della ferita, in modo da fermare almeno un minimo
l’incombente quantità di sangue che fuoriusciva.
Probabilmente occhi blu l’avrebbe ammazzato per questo.
Sempre che riuscisse a trovarlo, cosa che era molto probabile se non si
decideva a muoversi.
Con un ultimo sguardo veloce alla casa, fece qualche passo zoppicando,
maledicendosi nuovamente per essere stato così debole e
stupido.
Idea più idiota non poteva venirgli, ma vista
l’occasione presentatasi senza preavviso, non aveva avuto
modo di elaborare una qualsiasi strategia più efficiente di
quella.
Approfittando del fatto che Alec sembrava coinvolto in un animata
discussione, - fece voto di erigere un monumento a chiunque fosse colui
che stava distraendo il suo carceriere - si era alzato dal letto,
barcollando leggermente.
Aveva aperto l’armadio il più silenziosamente
possibile, mettendosi a frugare al suo interno quasi fosse in cerca di
chissà quale tesoro inestimabile.
Era rimasto abbastanza deluso dal fatto che l’unica cosa che
aveva trovato sotto strati di maglioni bucati e jeans slavati, fossero
solo dei miseri pezzi di stoffa.
Poi però si era illuminato improvvisamente, ripensando a
tutti quei film che aveva visto, dove i figli scapestrati di qualche
stupido riccone scappavano di casa legando delle lenzuola a
mo’ di corda, in cerca di quella tanto agognata
libertà sfuggente.
Così, con mani tremanti, aveva cercato di far del suo
meglio, stringendo bene ogni singolo nodo ma, vista l’uscita
di scena imbarazzante, qualcosa doveva essere andata sicuramente per il
verso sbagliato.
Sospirando pesantemente si concentrò sulla strada che aveva
davanti, cercando con lo sguardo un qualche vicolo nascosto che gli
permettesse di acquistare il tempo necessario per non farsi
più trovare.
Lo sforzo gli stava prosciugando via anche le ultime forze che aveva
riacquistato in quelle ore di sonno, provocandogli brividi in tutto il
corpo.
Raggiunse in breve una piccola via dove si infilò senza
pensarci troppo, incurante del fatto che qualcuno potesse vederlo in
quello stato.
Un colpo di tosse lo disorientò appena, facendogli vorticare
la testa come se si fosse trovato su una giostra per nulla piacevole;
un conato di vomito gli risalì su per la gola, ma lo
scacciò via, poggiandosi contro una parete ruvida e cercando
di riprendere aria.
Sentiva le palpebre sempre più pesanti e la stanchezza
avvolgerlo tra le proprie fredde braccia in una stretta soffocante
dalla quale non riusciva a sottrarsi.
Si accasciò a terra, tossendo convulsamente.
Un rivolo rossastro gli colò giù dalle labbra
secche, ma se lo ripulì con stizza, quasi stesse sfidando il
suo stesso sangue a provarci ancora.
Allungò il braccio sano a terra e, facendo leva con i piedi,
avanzò in un chiaro tentativo di provare almeno ad arrivare
un po’ più lontano di lì.
Tuttavia sentiva i muscoli tendersi e la testa martellare troppo
dolorosamente per poter anche solo pensare di poter raggiungere
chissà quale altro posto.
Con un ultimo sforzo si trascinò a sedere con la schiena
poggiata alla parete, nascondendo il proprio corpo dietro un lurido
cassonetto.
Se lo avessero visto in quel momento, cosa avrebbero pensato di lui?
Che era una stupida femminuccia, incapace perfino di badare a se stesso.
Tossendo ancora una volta lasciò che Morfeo gli avvolgesse
le membra stanche nel suo dolce abbraccio, oscurandogli ancora una
volta la vista e ogni percezione della realtà.
***
Dove si è
cacciato quel maledettissimo cretino?
Era più di mezz'ora che correva in giro per la
città alla disperata ricerca di quel gran pezzo d'asino.
Era mai possibile che non potesse lasciarlo neanche pochi minuti privo
di supervisione, senza che riuscisse a trovare il modo di fare qualche
stupidaggine?
Alec stava seriamente iniziando a chiedersi come aveva fatto a
sopravvivere in tutti quegli anni.
Ed era una domanda più che lecita, considerando che Magnus
era stato capace di calarsi giù dalla finestra con dei
miseri lenzuoli intrecciati.
Roba da pazzi.
Se non fosse stato nel bel mezzo di una situazione critica
probabilmente sarebbe scoppiato a ridere fino alle lacrime di fronte a
quella scena, e magari gli avrebbe anche fatto un applauso per
l’originalità.
Come diavolo gli era venuta in mente un’idea così
strampalata?
Senz’altro una delle prime cose che gli avrebbe chiesto
sarebbe stata quella.
Certo, sempre che riuscisse a ritrovarlo; e preferibilmente ancora vivo
e con tutti gli arti ben attaccati al resto del corpo.
Peccato che a quel punto non ne fosse più così
sicuro di nulla.
Iniziava ad essere seriamente preoccupato: se quei due lo avessero
trovato prima di lui?
Magnus era ferito e ancora molto debole; in caso di scontro non aveva
davvero nessuna possibilità di farcela.
Alec si guardò intorno, accorgendosi di essere oramai
arrivato fin troppo distante da casa.
Tra la fuga di Magnus e l'inizio della sua ricerca dovevano essere
passati solo pochi minuti, che aveva abbondantemente recuperato
giocando alla corsa campestre: era impossibile che il ragazzo, per di
più in quelle condizioni, potesse essere arrivato
così lontano.
Imprecò sonoramente, voltandosi di scatto ed iniziando a
correre nella direzione da cui era venuto.
Doveva esserci un indizio, qualcosa che aveva tralasciato.
Era abbastanza sicuro di aver perlustrato ogni singola strada, ma era
sempre possibile che qualcuna gli fosse sfuggita.
A meno che..
A meno che non lo avessero preso prima loro.
Quell'ipotesi, ora sempre più concreta, lo mandò
completamente in preda al panico.
Lanciando metaforicamente fuori dalla finestra tutta la sua
razionalità, fece l'unica cosa che gli venne in mente:
telefonò niente di meno che al generale, nella speranza che
potesse rintracciarlo con tutte le sue conoscenze.
« Pronto?
Alexander? »
La voce di suo padre gli risuonò chiara nell'orecchio,
mentre continuava a procedere ancora più velocemente di
prima.
Imprecò mentalmente per l'ennesima volta, mentre scartava
bruscamente a destra per evitare di investire in pieno due anziani
signori che passeggiavano placidamente per le strade di Londra.
« Papà! Devi mandare immediatamente tutto
l'esercito. Non è un esercitazione, ripeto, non si tratta di
un esercitazione! »
Una donna lo guardò esterrefatta mentre le sfrecciava
accanto.
Per qualche secondo Alec cercò di capire se quello fosse
dovuto al fatto di sembrare inseguito da un killer, oppure al modo in
cui si era messo a gridare; quasi subito, però, decise che
la cosa non gli interessava minimamente.
« Qual
è l'emergenza? »
Robert Lightwood aveva utilizzato un tono mortalmente calmo, ma Alec
non se ne sorprese più di tanto: abituato al comando
così come a rivestire responsabilità
particolarmente gravose, suo padre aveva nervi di acciaio e un ferreo
autocontrollo.
Probabilmente solo lo sbarco in pieno giorno degli alieni sulla terra
avrebbe potuto fargli assumere un'espressione almeno un minimo
sorpresa; ma anche in quel caso, non sarebbe durata più di
una manciata di secondi.
« Ho cercato dovunque ma non c'è! Probabilmente
sono arrivati primi! »
Una minima parte del suo cervello era consapevole del fatto che, se
voleva che quel poveruomo lo potesse capire, avrebbe dovuto essere un
tantino più preciso di così.
Ma in quel momento davvero non era in grado di esprimersi come una
persona normale.
« Alexander,
di cosa stai parlando? »
La voce del generale, se possibile, si era fatta ancora più
glaciale. Probabilmente credeva che il figlio gli stesse facendo un
qualche stupido scherzo.
« Sto parlando di quella principessina del cazzo! Oltre che
fare la diva ingrata se ne è andata in una nuvola di
glitter! »
Non sapeva neanche lui per quale motivo avesse appena chiamato Magnus
"principessina", ma doveva ammettere che almeno in un certo senso quel
nomignolo gli calzava a pennello.
Non udendo risposta dall'altro capo del telefono, Alec
continuò il suo sproloquio gesticolando animatamente, quasi
come se credesse che l'altro potesse vederlo.
« Raperonzolo buttava giù la treccia, questa qui
invece dei fottuti lenzuoli intrecciati! Come in un dannato racconto
del medioevo. Che poi dì, ti sembro per caso la strega
cattiva della torre io?!
»
Dopo altri secondi di estenuante silenzio, si udì finalmente
la voce di Robert.
« Alexander
Gideon Lightwood, se sei sotto l'effetto di stupefacenti, ti giuro che
ti costringerò a correre per 60 chilometri con un carico di
45 chili sulle spalle. Tanto per ricordarti un po' di disciplina.
»
Ecco, perfetto. Ci mancava solo che suo padre lo prendesse per drogato.
« Non è così! Papà, ascolta
io devo.. »
Alec si interruppe di colpo, inchiodando nel bel mezzo della strada.
Si inginocchiò, in modo tale da studiare da vicino
ciò che aveva attirato la sua attenzione: davanti ai suoi
piedi, c'era una vera e propria scia di sangue.
Magnus.
Scattando nuovamente in piedi, si diresse verso il vicolo in cui la
traccia sembrava svanire, pregando con tutto il cuore di trovarlo
ancora vivo.
Non ci mise molto a notare la figura di un ragazzo, accasciato in malo
modo contro un muro ad occhi chiusi e con la camicia macchiata da un
liquido vermiglio.
« Alec?
Figliolo sei lì? »
Ignorando la voce che proveniva dal telefono ancora stretto nella sua
mano, si avvicinò lentamente a Magnus, controllando le sue
condizioni.
Sospirò di sollievo quando constatò che respirava
ancora e non sembrava riportare ulteriori lesioni: evidentemente non
aveva retto quel tentativo di fuga, che gli aveva fatto riaprire per
l'ennesima volta la ferita, finendo col perdere i sensi.
Almeno era stato abbastanza furbo da nascondersi.
« Alexander!
Se non mi rispondi subito mando una squadra di soccorso a cercarti!
»
Sobbalzando nell'udire quella minaccia, il ragazzo portò
immediatamente l'apparecchio all'orecchio, tranquillizzando suo padre.
« Sì, eccomi. E' tutto risolto, scusa se ti ho
chiamato. Ci sentiamo più tardi. »
Poi, senza aggiungere altro, gli riattaccò il telefono in
faccia.
Probabilmente il generale in quel momento lo stava prendendo per pazzo,
e quasi certamente non appena avrebbe rimesso piede alla base lo
avrebbe sottoposto ad un qualche test psicologico.
Ma non era certo quello il momento per preoccuparsi di simili dettagli:
doveva sbrigarsi a medicare Magnus, di nuovo.
Facendo appello a tutta la sua pazienza, Alec si caricò
Magnus sulle spalle, pronto a trascinarlo a casa sua per la seconda
volta in appena dodici ore.
A quanto pareva,
salvarlo sarebbe stato ancora più difficile del previsto.
Un urlo squarciò l’apparente silenzio che
aleggiava nella stanza, facendo socchiudere appena gli occhi ad Alec,
intento a cicatrizzare il taglio in modo tale che non potesse
più riaprirsi.
Certo, aveva sperato fino all’ultimo di non dover arrivare a
fare una cosa del genere, ma visto lo spreco inutile che stava facendo
con i medicinali non aveva potuto evitarlo.
Magnus annaspò, cercando di riprendere l’aria che
gli era venuta inevitabilmente a mancare quando quell’arnese
incandescente aveva toccato la sua pelle nuda.
Se lo voleva ammazzare tra le più atroci sofferenze, ci
stava sicuramente riuscendo.
Alec prese a disinfettare il punto in cui aveva poggiato la lama, con
un olio eudermico, usato già prima di cominciare il lavoro.
Magnus strinse le labbra in una linea sottile sentendo bruciare la
pelle come se andasse a fuoco, ma si impose di non lamentarsi
più del dovuto.
Si era già dimostrato abbastanza debole, non poteva
continuare così.
Alec tirò un sospiro di sollievo, osservando con occhio
critico la lama utilizzata.
Non si sarebbe mai aspettato di poter riuscire a fare una cosa del
genere, anzi, per un momento era stato anche tentato di desistere.
Ma dato che la ferita non stava facendo altro che peggiorare
infettandosi, le alternative erano cominciate a scarseggiare, e non
aveva avuto modo di sottrarsi.
Così, cercando di non farsi influenzare dal terrore del
dolore che quel gesto avrebbe sicuramente provocato a Magnus, aveva
preso il suo coltellino dalla lama sottile e l’aveva posto
sul braciere del suo caminetto, aspettando che questo si arroventasse.
Nel momento in cui era diventato incandescente, si era fatto coraggio e
l’aveva poggiato sulla pelle dell’altro, bruciando
le pareti della ferita dall’interno, in modo tale da chiudere
definitivamente i vasi sanguigni che portavano il sangue ed evitando
così un nuovo flusso.
Gli tamponò la fronte, sentendosi un minimo in colpa per
aver lasciato che si allontanasse così da lui.
« Mi spieghi che volevi fare, eh? » gli
domandò, solo una punta di rabbia nella voce.
Magnus deglutì a fatica, sentendo la gola improvvisamente
secca e un bisogno impellente di bere.
« Io.. Acqua. » sussurrò, storcendo poi
il naso per quel tono di voce sommesso che non gli apparteneva
minimamente.
Alec non se lo fece ripetere due volte e, catapultandosi velocemente in
cucina, versò dell’acqua in un bicchiere di vetro,
per poi tornare immediatamente da lui.
Gli alzò la testa con una mano, aiutandolo così a
bere.
Il ragazzo si sentì improvvisamente meglio mentre il liquido
freddo gli scorreva giù per la gola, rinfrescandolo.
« Di certo non volevo essere riportato qui. »
esordì finalmente, sentendo il proprio timbro riacquistare
piano il suo volume.
Alec sbuffò, massaggiandosi stancamente le tempie e sentendo
il bisogno di farsi almeno un paio d’ore di sonno.
« Beh, allora potevi impegnarti di più.
» replicò ironicamente, sedendosi ai piedi del
letto e guardando il muro di fronte a sé.
Magnus emise quella che alle orecchie del moro sembrava una leggera
risata, per poi socchiudere gli occhi.
« Magari la prossima volta andrà meglio.
»
Il moro stava per ribattere che non ci sarebbe stata una prossima
volta, ma l’altro si era già addormentato.
Si girò, poggiando la testa sopra le mani incrociate sul
letto e osservandolo mentre con espressione quieta, dormiva.
Visto da così, sembrava essere un ragazzo normale, tranquillo.
Ma Alec sapeva che ciò non era affatto vero, e che quando si
sarebbe svegliato avrebbe dovuto fornirgli senz’altro delle
spiegazioni riguardo la faccenda.
Sbadigliò, sentendo quelle ore di sonno mancato gravargli
sulle spalle tese e stanche.
Si sarebbe concesso appena qualche ora di sonno, se lo meritava.
Così, senza quasi rendersene conto, si
addormentò, stranamente in pace con se stesso.
Saaalve! :D
Ed eccco qui il secondo capitolo, di passaggio, solo per farvi
inquadrare un po' meglio la situazione.
Jace ha - diciamo - aperto gli occhi ad Alec, e da qui
partirà la vera storia e un susseguirsi di eventi che
cambierà la vita - in meglio? in peggio? chissà!
- ad entrambi.
Ma se volete saperne di più, non vi resta che aspettere la
prossima settimana <3
Intanto ringraziamo tutte quelle splendide persone che hanno anche solo
letto la storia, che per noi è già un traguardo!
Un grazie a chi l'ha inserita tra le preferite, seguite e ricordate, e
a chi ha anche espresso un parere in merito! Siete l'amore! <3
Come al solito vi lasciamo il link del gruppo facebook,
dove potrete seguire meglio la storia e leggere di eventuali spoiler.
Ma è anche un gruppo in cui si discute tranquillamente di
tutto, una piccola famigliola virtuale <3
Se vi interessa, il link è questo ----> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
»
Se
vi va, fateci sapere cosa ne pensate del capitolo! :D
Vi diamo appuntamento alla prossima settimana!
Bye! <3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo #3 ***
Capitolo
#3
L'uomo
poggiò elegantemente il calice di vino sul tavolo,
rivolgendo uno sguardo penetrante ai due individui appena entrati su
suo ordine nella stanza.
Continuò ad analizzarli per alcuni istanti, cercando di
decidere se dovesse o meno farli fuori per via della loro completa
inutilità.
Di certo non si sarebbe mai posto alcun tipo di scrupolo nel fare una
cosa del genere: aveva sulle mani il sangue di talmente tante persone
che aggiungere due tirapiedi incompetenti in fondo alla lista delle sue
vittime, non faceva davvero alcun tipo di differenza.
La sua non era crudeltà, ma puro e semplice senso degli
affari. Era infatti impossibile diventare uomini temuti e di successo,
se non si era disposti ad eliminare tutti coloro che tentavano in
qualsivoglia modo di ostacolarti.
Ezekiel Dixon si era premurato di seguire fin da giovane quella regola
fondamentale se si voleva sopravvivere in quello che era il suo mondo.
E forse, proprio per questo motivo, adesso era a capo di una delle
più grandi organizzazioni del paese.
I vantaggi del ritrovarsi in una simile posizione erano a dir poco
considerevoli: ricchezza, potere, bella vita.
Certo, se non si stava ben attenti si rischiava di beccarsi una
pallottola nel cervello, ma quello non era mai stato un suo problema.
Pochi erano quelli talmente folli da intralciare o da cercare di
immischiarsi nei suoi affari.
D'altronde, aveva dalla sua tutta una serie di esempi che facevano
sì che chiunque ci pensasse bene prima di mettersi contro di
lui.
Volti di uomini e donne si confondevano nella sua mente; in molti casi
si trattava di persone che avevano visto o sentito troppo, trovandosi
coinvolte in giri di cui non avrebbero dovuto essere a conoscenza.
Eliminando senza alcun tipo di rimorso quelle immagini dalla sua mente,
l'uomo tornò a concentrarsi sugli scagnozzi ancora davanti a
lui.
Nessuno dei due aveva osato emettere neanche una singola sillaba,
troppo impegnati a tener su la migliore espressione contrita a loro
disposizione, sforzandosi evidentemente di non incrementare
ulteriormente il suo disappunto.
Non sono proprio dei
completi idioti, allora.
Li squadrò lentamente e con estrema freddezza, per fargli
avvertire ancora di più il peso dell'attesa del suo
responso; magari sentendosi graziati, la prossima volta - consapevoli
della fortuna sfacciata che avevano avuto - avrebbero svolto il loro
lavoro in maniera adeguata, senza costringerlo ad inutili spargimenti
di sangue che l'avrebbero condotto alla ricerca di nuovi tirapiedi.
« C'è un motivo particolare per cui non sono
ancora in possesso della mia merce? » chiese poi in
tono tagliente quanto la lama di un rasoio, sfiorando con un dito il
bordo del bicchiere di vetro e guardandoli di sottecchi.
I due uomini esitarono per alcuni istanti, quasi stessero cerando di
mettersi d'accordo con la forza del pensiero sul modo migliore di
esplicare i fatti senza essere ridotti a brandelli.
Alla fine uno di loro si fece avanti, con un'espressione timorosa
dipinta in volto.
Difficilmente un qualsiasi passante avrebbe guardato in quel modo un
banale uomo sulla cinquantina, dall'aria impeccabile e il completo su
misura.
Chi però era a conoscenza della sua identità, chi
sapeva quanta spietatezza si nascondeva dietro quegli abiti eleganti,
assumeva sempre quel tipo di atteggiamento in sua presenza.
« Ci sono stati dei problemi, capo. Headley vuole il doppio
del prezzo pattuito per consegnare il carico; dice che gli stanno
addosso, e che se deve rischiare vuole una ricompensa più
elevata. O almeno questo è quello che ha riferito il
suo
intermediario. »
Russ, dopo aver parlato, fece nuovamente un passo indietro, attendendo
la reazione di Ezekiel di fronte a quella notizia.
La cifra, così come il carico di cui si parlava, quella
volta erano tutt'altro che irrisori, e lo aveva visto andare su tutte
le furie per motivi decisamente meno gravi.
« Il doppio? Quel rifiuto umano è per caso
impazzito? Non intendo dare loro una simile quantità di
denaro, tanto più che lui e i suoi uomini sono
già in ritardo sulla consegna. Non se ne parla. »
esordì difatti l'altro, subito dopo.
Ezekiel si alzò di scatto, misurando a grandi passi la
sontuosa sala in cui l'incontro stava avendo luogo: un enorme
lampadario di cristallo a goccia pendeva dal soffitto, finemente
intarsiato; un mobile d'antiquariato dell'epoca di Luigi XV
dall'inestimabile valore copriva gran parte della parete sulla destra,
e vi poggiava sopra un piccolo vaso dalle decorazioni piuttostosto
discutibili. E poi, l'enorme vetrata che dava sul perimetro esterno
dell'abitazione, ben si abbinava al lusso che permeava da ogni altro
oggetto presente.
Non che un simile sfarzo fosse realmente una sorpresa per qualcuno.
Quando si rischiava abitualmente la vita in un giro del genere, essere
ricchi da far schifo era il minimo.
« Siete riusciti ad ottenere qualche altra informazione?
» chiese ad un tratto Ezekiel, arrestandosi sul posto e
scrutando torvamente i due individui.
Se possibile, questi ultimi assunsero un aria ancora più
terrorizzata, facendogli ben intendere che quello che gli avrebbero
detto gli sarebbe piaciuto veramente poco.
L'uomo prese un respiro profondo, facendo appello a tutto il suo
autocontrollo per non mettere mano alla pistola che si portava sempre
dietro, per poi iniziare un tiro al bersaglio alternativo.
La sua vena sadica era profondamente divertita a quell'idea.
Tuttavia, la razionalità e la logica che lo avevano sempre
assistito in tutti quegli anni, garantendogli di non essere mai colto
di sorpresa o battuto in scaltrezza da nessuno, continuavano a fargli
presente che l'uccidere entrambi non fosse una buona idea.
O almeno, non in quel momento.
« Mi degnate di una risposta, o devo appendervi a testa in
giù da qualche parte per convincervi a parlare? »
domandò poi tranquillamente, ma con una tacita minaccia
nella voce.
Ezekiel era perfettamente consapevole di incutere un certo timore nei
suoi uomini con quel tono arcigno, ed era esattamente quello il suo
intento.
Dopo alcuni attimi di silenzio, Russ sembrò ritrovare l'uso
della parola.
« Noi.. non ne abbiamo avuto modo. Abbiamo dato una lezione a
quel tipo, quel Bane, ma poi prima che avessimo il tempo di fare
altro.. »
L'uomo, nel suo quasi incomprensibile borbottio, non aveva alzato
neanche un solo istante lo sguardo da terra: incrociare quegli occhi
freddi, glaciali, quasi inumani, era l'ultima cosa di cui avesse
bisogno mentre cercava di giustificarsi per quanto era successo.
L'altro emise un'espressione di disappunto, accompagnata da una per
nulla velata imprecazione; tutto quel tergiversare stava accrescendo di
secondo in secondo i suoi istinti omicidi.
« Tu,
dimmi immediatamente quello che è successo senza tralasciare
niente. E se ti azzardi a incespicare come questo qui, ti
pianterò una pallottola in testa. »
esordì poi ormai al limite della pazienza, indicando con un
cenno l'altro individuo.
Gli sembrava si chiamasse Aric, non che la cosa gli importasse
minimamente.
Alla fin fine, per quanto lo riguardava, gli scagnozzi erano tutti
uguali: un branco di imbecilli buoni a nulla.
« Russ aveva appena tirato una coltellata a Bane. Stavamo per
prenderlo a calci per ottenere tutte le informazioni che vi potessero
interessare capo, quando un moccioso è sbucato dal nulla e
si è messo in mezzo. Non so' chi diavolo fosse, nessuno di
noi lo aveva mai visto prima. »
Ezekiel guardò l'uomo palesemente scocciato, cercando di
registrare quello che gli era appena giunto alle orecchie.
Aveva davvero appena detto che si erano fatti mettere nel sacco da uno
sciocco moccioso che passava di lì per caso?
Assumendo un'aria a dir poco minacciosa persino per se stesso,
iniziò a girare lentamente intorno ai due individui,
scrutandoli dall'alto il basso.
« Sono vittima di allucinazioni uditive o mi state davvero
dicendo che vi siete fatti prendere a calci da un ragazzino?
» chiese con tono di voce basso, misurato, che li fece
trasalire come se fossero stati appena colpiti da una frustata.
Russ deglutì, evidentemente a disagio.
« Non era un semplice ragazzino. Chiunque fosse era
maledettamente ben addestrato: è riuscito a coglierci di
sorpresa quando eravamo convinti di farlo fuori in due minuti. Non ci
aspettavamo certo che si sapesse difendere in quel modo. »
rispose poi, decidendo di sfidare la possibile ira del suo capo per
spiegare come erano andate davvero le cose.
Era già abbastanza umiliante essere stati battuti
così facilmente, anche senza passare per uno smidollato che
frignava davanti al primo mocciosetto di turno.
Ezekiel si immobilizzò per qualche istante, evidentemente
riflettendo su quanto il suo tirapiedi gli aveva appena detto.
« Credete che fosse uno degli uomini di Headley? »
Dopotutto, quello era un dubbio più che lecito. Magari quel
tizio si era finalmente svegliato e si era reso conto che mandare uno
dei suoi uomini più fidati da solo, contro i suoi, non era
propriamente un'idea di eccezionale furbizia.
I due scossero la testa quasi all'unisono, ponendo immediatamente fine
a quella considerazione.
« No, non credo fosse uno dei suoi. Aveva più
l'aria di essere capitato lì per caso. »
commentò nuovamente Russ, guardando l'altro di sbieco.
L'essere ancora entrambi tutti interi era senz'altro una conquista, ma
era pur sempre meglio tenere un profilo basso e non mostrarsi neanche
minimamente strafottenti.
Non si poteva mai sapere cosa avrebbe fatto definitivamente perdere la
pazienza a quell'uomo dispotico.
« Quindi in giro c'è un ragazzino eroico e fin
troppo di sicuro di sé che, per i miei gusti, si
è già immischiato abbastanza nei miei piani.
» esclamò Ezekiel, accarezzandosi la mascella con
aria studiata.
Russ ed Aric nel mentre continuavano ad osservare il loro capo in
attesa di una sua qualsiasi decisione.
Anche se entrambi immaginavano già quali sarebbero stati gli
ordini a quel punto.
« Bene, sparite. E fate in modo di trovare Bane, voglio
chiudere quest'affare una volta per tutte. »
esordì difatti l'uomo, scacciandoli con una mano.
Dopo avergli rivolto un lieve cenno d'assenso, i due si voltarono
dirigendosi alla porta.
« Aspettate. » li richiamò Ezekiel, un
attimo prima di riprendere a parlare. « Mettete a tacere quel
ragazzino, e fate in modo che il suo corpo non venga ritrovato.
»
« E queste
cosa diamine sono?! »
Alec puntò lo sguardo verso la camera da letto inarcando un
sopracciglio, divertito.
Posò la tazzina di caffè - che aveva preparato
per non riaddormentarsi, dato che con Magnus non c’era
affatto da scherzare - sul tavolo davanti a sé, strusciando
rumorosamente la sedia sul pavimento in legno per alzarsi.
Con calma ponderata aprì l’anta del frigo, per poi
agguantare tra le sue dita lunghe una bottiglia di acqua minerale, che
versò in un bicchiere di vetro qualsiasi preso dalla
dispensa.
Ne bevve un sorso, stropicciandosi gli occhi per scacciare via il sonno
che prepotentemente cercava di strapparlo alla realtà dei
fatti, incitandolo a concedersi finalmente ad una sana dormita.
Poggiando poi anche quello nel lavabo, si diresse in camera, sostenendo
il corpo allo stipite della porta e cercando di trattenere la risata
che stava per nascere spontanea dal fondo della propria gola quando lo
vide alternare lo sguardo dal polso alle sbarre del letto.
« Uhm, una prevenzione direi. » gli rispose, quando
questo lo guardò con rabbia mista a disappunto.
Magnus mosse la mano, facendo tintinnare fastidiosamente la corta
catenella. Con le labbra socchiuse in una smorfia infastidita e con gli
occhi stretti in una linea sottile, lasciò che la parte
irruente di sé venisse a galla.
« Mi hai ammanettato al letto?! » gli
gridò contro risentito, arricciando il naso in maniera
piuttosto scioccata.
Quando aveva riaperto gli occhi qualche ora dopo essere crollato
addormentato per la stanchezza, l’unica cosa che gli era
inconsciamente venuta da fare era stata quella di portarsi una mano a
toccare la ferita.
Ma qualcosa l’aveva bloccato.
Alzando poi lo sguardo verso la propria mano, l’aveva trovata
inchiodata alla spalliera del letto con delle stupide manette.
Inutile dire che la cosa lo aveva profondamente irritato.
« Come ho detto, è solo una prevenzione. -
ribadì l’altro, sedendosi sulla sedia girevole
accanto al letto sfatto - Ma ora dovresti darmi alcune spiegazioni.
»
Magnus alzò gli occhi al cielo, sbuffando in maniera
piuttosto rumorosa e senza preoccuparsi minimamente di risultare
maleducato o incivile.
Alec lo ignorò senza alcun pudore, l’ombra di un
sorriso divertito ad abbellirgli le labbra carnose.
Spingendo poi la spalle verso lo schienale in un movimento fluido, si
portò le gambe al petto, trovando una sorta di equilibrio
che gli permettesse di rimanere in quella posizione.
« Mi chiedevo se per caso conoscessi un certo Bane.
» proferì, scrutando attentamente la reazione
dell’altro.
Magnus corrugò le labbra così velocemente e in
maniera quasi impercettibile che Alec si chiese immediatamente se non
se lo fosse solo immaginato.
« Mai sentito. »
La risposta arrivò secca, rapida, come se non avesse avuto
il bisogno di rifletterci su.
Lo sguardo era serio, posato, cauto.
Alec avrebbe creduto senza ombra di dubbio alle sue parole in altre
circostanze, ma non era di certo lì per farsi prendere in
giro.
Annuì, quasi a voler far credere persino a se stesso che
quella era la verità e non una squallida bugia detta per
chissà quale motivo.
Magnus era davvero molto bravo a rigirare le cose a proprio favore o
come più gli aggradava a seconda delle situazioni, ma se
c’era una cosa che Alec aveva imparato bene in tutti quegli
anni di servizio nella base militare, era il saper raggirare a sua
volta le questioni.
« Beh, questo Bane è stato accusato di traffico
d’armi illegali, e tutto l’esercito lo sta
cercando. » asserì, scrollando le spalle
indifferente.
Una breve scintilla passò nello sguardo di Magnus, ma non
poté accertarsene fino in fondo visto che subito dopo questi
sospirò, socchiudendo appena gli occhi.
« Povero incosciente, non vorrei proprio essere nei suoi
panni. » esclamò quasi melodrammaticamente,
puntando nuovamente lo sguardo in quello sempre più
impaziente di Alec.
Cercare di capirci qualcosa con lui stava diventando sempre di
più una vera e propria utopia. Stava persino arrivando quasi
a domandarsi se non fosse inutile cercare di aiutarlo.
Se Magnus avesse avuto anche la più minima intenzione di
uscire da quel giro, a quell'ora avrebbe senz'altro vuotato il sacco; o
perlomeno sarebbe stato disposto a fornirgli una qualche informazione.
Da come però si ostinava a restare chiuso nel suo mutismo,
accampando le più improbabili scuse pur di non farsi
scoprire, non sembrava affatto disposto a lasciarsi salvare.
Sei così
affezionato al crimine da rischiare persino la tua stessa vita?
Scosse la testa energeticamente, come a voler scacciare via quel
pensiero.
Per quanto le cose risultassero difficili, non poteva permettersi di
mollare: aveva fatto una promessa a sé stesso, e in un modo
o nell'altro sarebbe riuscito a tirarlo fuori da quella situazione.
« Sai, riflettevo sul modo inusuale in cui ti ho trovato.
Pensavo che magari avessi fatto o sentito qualcosa che non dovevi,
provocando l’ira di qualcuno. » provò
ancora, cercando di smuovere anche una minima reazione da parte sua, ma
nulla.
L’unica cosa che ottenne, fu un ulteriore sbuffo che ben
esprimeva quanto l'altro fosse stufo di quell'interrogatorio
improvvisato.
« Ancora con questa storia? Per Lilith che noioso. Ti ho
detto che mi hanno rapin- »
« Rapinato, certo.
» lo interruppe prontamente, passandosi una mano tra i
riccioli corvini e scompigliandoseli inconsciamente, quasi come se quel
gesto avesse potuto in qualche modo scacciare via la stanchezza.
Magnus lo guardò stranamente divertito, arricciando le
labbra in una smorfia per impedirsi di scoppiare a ridere.
Non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma nonostante quella
situazione lo stesse decisamente stressando, era anche un minimo
incuriosito da tutto quell’interessamento.
« Ricordo benissimo quello che hai detto. Quel che non so
è il perché avrebbero dovuto fare a te una cosa
simile. Ah già, non lo ricordo perché non me
l’hai detto. » continuò, ignorando
l’occhiataccia che l'altro gli lanciò.
Magnus ammutolì sul posto, per la prima volta senza una vera
risposta da fornirgli; il che era assai strano visto che lui sapeva
sempre cosa dire e come dirlo.
Passandosi la mano libera sul viso segnato dalla stanchezza,
sospirò per quella che poteva senz’altro definirsi
l’ottocentesima volta negl’ultimi trenta minuti.
« Senti, non so cosa speri di ottenere da me, ma non so
nulla. - ribadì, come un mantra - Ma se mai dovessi venire a
conoscenza dell’identità di questo fantomatico
Bane di cui parli, sarai il primo a saperlo. » concluse,
facendo un vago cenno con la mano come a voler allontanare un insetto
decisamente fastidioso.
Alec notò quanto fosse effettivamente grande la sua mano,
con quelle dita lunghe e affusolate e con quel palmo ampio.
Lo sguardo percorse poi l’avambraccio, il braccio,
immagazzinando ogni possibile dettaglio dell’arto, messo
ancora più in evidenza dalla posizione rigida in cui si
trovava.
Si ridestò improvvisamente quando sentì lo
sguardo bollente dell’altro sul proprio viso, così
si schiarì la voce, diventata improvvisamente roca.
« Perché sento di non dovermi fidare? »
gli domandò, poggiando i piedi sul pavimento in mattoni
bianchi.
Un sorrisino fece capolino sul volto semi-illuminato di Magnus, che si
premurò di scacciarlo immediatamente via, veloce
così come era apparso.
Alec non ci fece caso, intento a guardarsi i palmi delle mani quasi
fossero la cosa più interessante che avesse mai visto.
« Perché infatti non dovresti, non mi conosci
nemmeno. »
Oh, invece ti conosco
più di quanto immagini, avrebbe voluto dire,
togliendogli definitivamente quell’aria saccente dal viso.
E l’avrebbe anche fatto, se non fosse stato per la sua parte
razionale che lo spingeva sempre ad una lunga riflessione prima di
agire.
« Non dovrei fidarmi eh? Allora ammetti di star mentendo. Tu
sai benissimo di chi si tratta, non è vero? » gli
domandò, senza giri di parole e sperando con tutto il cuore
che cedesse.
Lo guardò fisso negl’occhi, e per un breve
istante, verde e azzurro si fusero assieme, obbligati a dipendere
l’uno dall’altro come un tossicodipendente ha
bisogno della sua droga.
Magnus fu il primo a distogliere lo sguardo, puntandolo poi sulla sua
mano, ancora appesa.
« Voglio che mi togli queste cose immediatamente. »
proferì, sfidandolo a dirgli ancora di no.
Cosa che ovviamente Alec fece.
« Non se ne parla nemmeno, non ti lascio andare fin quando
non mi dici come sono andate realmente le cose. » si
impuntò, più per orgoglio che per altro.
Sapeva benissimo che almeno al momento non sarebbe riuscito a venire a
conoscenza di niente, ma ciò non spengeva la sua speranza
ossessiva di riprovarci fino al suo cedimento.
« Guarda che chiamo la polizia. » provò
Magnus, cercando di apparire serio ma fallendo miseramente.
Gli occhi gli brillavano di una strana luce divertita e il tremolio
leggero delle labbra erano un chiaro segno del suo trattenersi a stento
dallo scoppiare al ridere.
Alec sbuffò, ormai sempre più conscio che
insistere non sarebbe servito a nulla se non a fargli venire una crisi
di nervi isterica.
E solo l’Angelo sapeva quanto era vicino al punto di non
ritorno.
« Tremo al solo pensiero. » gli rispose, accennando
un sorrisino che non sfuggì all’altro.
Magnus notò che quando le sue labbra andavano ad incurvarsi
verso l’alto, gli si creava una leggera fossetta
all’altezza dello zigomo.
L’avrebbe trovata addirittura adorabile, se non fosse stata
del ragazzo che ormai da ore era diventato il suo carceriere.
« Beh, dovresti infatti. » ribatté.
Uno strano silenzio piombò nella stanza, a scandire il tempo
solo l’incessante ticchettio dell’orologio a muro.
Poi, mantenendo quella quiete, Alec recuperò la piccola
chiave nella tasca dei suoi pantaloni, per aprire subito dopo le
manette con un leggero scatto metallico.
« Non riuscirò a sapere nient’altro da
te, vero? » gli chiese, riponendo accuratamente
l’oggetto nel cassetto della scrivania.
Magnus si portò una mano al polso, decisamente molto
più leggero libero di quelle cose.
Si trascinò a sedere con la schiena verso la spalliera, per
poi scoprirsi dei lenzuoli con un movimento fluido.
Notò con piacere quanto il male fosse diminuito: sebbene
sentisse ancora un po’ di bruciore, questo era di certo
più sopportabile del dolore lancinante provato fino a poche
ore prima.
Era veramente grato ad Alec per essersi preso cura di lui, ma di certo
non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce.
Ricordandosi poi della domanda che gli era stata posta, si decise
finalmente a rispondere: « La verità
è quanto ti ho detto, niente di più niente di
meno. » disse, poggiando i piedi nudi a terra.
Trattenne a stento un leggero brivido che gli percorse la spina dorsale
quando la pelle riscaldata dalle coperte entrò a contatto
con il pavimento completamente gelido.
« Merda.
Così è tutto più complicato.
» si lasciò sfuggire il moro, frustrato.
Si alzò di scatto dalla sedia, buttandosi letteralmente le
mani tra i capelli in un gesto nervoso.
Solo allora si rese conto che probabilmente era davvero l’ora
di mettere fine a quell’interrogatorio: ne stava uscendo
pazzo persino lui.
Magnus incurvò un sopracciglio verso l’alto,
scettico: « Prego? »
Alec scosse la testa, come a voler incitare l’altro a non
dare peso a ciò che aveva appena detto.
« Niente. Forse è meglio che vai a lavarti prima
di cenare, puzzi di urina di cane. » disse, sorridendo appena.
Poi, senza aggiungere altro, prese dal suo armadio una maglietta a caso
e un altrettanto a caso pantalone, gettandoli senza troppe cerimonie in
direzione dell’altro.
« Oh, che cavaliere.
» lo stuzzicò allora Magnus, prendendo al volo
ciò che gli era stato appena lanciato.
Odiava ammetterlo visto che era sempre perfetto, ma aveva davvero
bisogno di una doccia.
Il sudore si era mischiato all’odore del sangue e
dell’immondizia, creando un aroma per nulla piacevole al suo
bel nasino francese.
Chissà che poi non avesse davvero ricevuto le attenzioni da
qualche randagio; il solo pensiero gli fece venire brividi di disgusto.
« Smettila di chiamarmi così. »
sbuffò Alec, aprendo la porta del bagno e incitandolo con la
mano ad entrare.
Magnus a quel punto si indispettì. Lo raggiunse in poche
falcate e, comprimendo il dito indice contro il pollice, lo
lasciò andare in uno scatto contro la fronte bianca
dell’altro, gustandosi l’espressione sorpresa che
gli riservò.
« E tu smettila di dirmi cosa devo fare, sta diventando
snervante. » ribatté poi a quel punto, infilandosi
nella stanza.
Era piuttosto grande per essere un bagno, e Magnus capì
subito il perché: difatti, oltre al semplice e classico box
doccia, c’era una grande vasca idromassaggio che occupava un
bel po’ di spazio.
« Ti vizi bene. » disse, facendo per aprire
l’acqua.
Alec gli fece la linguaccia.
« Fila a lavarti e basta, principessina.
» lo schernì, indugiando nel guardare le sue
gambe, quando questo si sfilò i suoi jeans davanti a lui
senza problemi.
Per un attimo si perse nell’osservare i muscoli sodi delle
cosce, immaginando quanti anni gli fossero serviti per renderle
così toniche.
Magnus, intercettando il suo sguardo, sorrise in maniera maliziosa,
infilando i pollici nell’elastico dei boxer.
« Vuoi strofinare la mia regale schiena per caso? »
Alec divampò di colpo, sentendo il sangue affluire troppo
velocemente verso la testa.
Con una velocità disarmante sbatté la porta
dietro di sé, urlando un: « Neanche morto!
»
Jace imboccò il viale di casa sua con la sua bellissima
nuova macchina.
Sul sedile affianco era poggiato un sacchetto marroncino contente due
porzioni di cibo preso da Taki, per lui e Clary.
Parcheggiando poi nel suo solito posticino, agguantò la
confezione e fece scattare la chiusura dell’auto quando ne fu
uscito.
Il granulato accompagnò ogni suo passo, tintinnando ogni
qual volta alzava il piede per compiere un nuovo movimento, in una
leggera sinfonia.
Si passò una mano tra i capelli biondi, diventati
decisamente troppo lunghi per i suoi standard, sospirando appena.
Stava per infilare la chiave nella toppa quando il suo cellulare prese
a squillare, facendogliela cadere a terra.
« Pronto? » rispose, raccogliendo quanto gli era
caduto, per poi appoggiarsi contro la porta.
« Jonathan.
» la voce austera di suo padre giunse alle sue orecchie,
velata da una punta di preoccupazione.
Jace aprì la bocca, alquanto sorpreso di sentirsi chiamare
con il proprio nome di battesimo e non con il suo diminutivo.
Oramai non c’era praticamente più nessuno che si
rivolgesse a lui in quel modo, perché tutti sapevano quanto
disprezzasse quel nome troppo antico e poco adatto a lui.
Le uniche volte in cui suo padre lo chiamava così, sapeva in
automatico di trovarsi in grossi guai.
E Jace spero con tutto il cuore che non ce ne fossero, almeno per
quella volta.
« Papà, è successo qualcosa?
» gli chiese infatti, spostando il peso del proprio corpo da
una gamba all’altra.
Una strana sensazione di disagio cominciò a far breccia nel
suo petto, stringendolo in una morsa quasi soffocante.
Raramente Robert Lightwood si scomponeva, essendo un uomo serio e
pacato, eppure sentiva qualcosa di strano nel suo respiro regolare,
come se fosse agitato per qualcosa.
« Oh no,
volevo sapere se per caso avessi sentito Alexander, ultimamente.
» disse, e lo sentì sospirare.
Jace corrugò le sopracciglia, formando una ruga verticale al
centro della fronte, leggermente interdetto.
Non capiva proprio cosa centrasse Alec ora.
« Oh sì, lo sono andato a trovare giusto
stamattina, perché? » rispose, mantenendo un tono
calmo.
Dubitava infatti che Robert avrebbe continuato ad avere il solito
sangue freddo, se solo avesse fatto trasparire un minimo di incertezza.
E l’unica cosa che non avrebbe mai voluto rivedere in
quell’uomo, era proprio l’agitazione.
« Ti
è sembrato normale? » chiese, con un
tono di voce leggermente più disteso di prima.
Jace rifletté qualche momento sulla domanda appena postagli.
Se Alec gli fosse sembrato normale? Da quando esattamente lo era?
Il biondo aveva sempre pensato al proprio fratello maggiore come una
specie di eroe, perfetto in tutto ciò che faceva.
Era la sua spalla destra, il suo confidente, il suo migliore amico, suo
fratello,
sebbene non ci fosse alcun legame di sangue ad unirli.
Ricordava che quand’era piccolo passava le giornate sui libri
a studiare e studiare, e quando non lo faceva era sempre intento negli
allenamenti asfissianti che gli erano stati imposti già
all’età di sette anni.
Non l’aveva mai visto divertirsi per davvero, uscire con
qualcuno o fare normali esperienze da adolescente, e la cosa non poteva
che rattristarlo.
Per questo lui ed Iz molto spesso lo convincevano ad unirsi a loro in
qualche festicciola di quartiere, perché speravano che
potesse godersi la vita com’era giusto che fosse.
Perchè aldilà dei doveri, c'era anche molto altro.
Capiva perfettamente che ormai aveva dedicato la sua intera esistenza
ad altre cose, come ad esempio l’esercito, che amava come una
seconda famiglia, ma doveva fare anche altre esperienze.
Perciò no, normale non lo era mai stato. Non come lo
intendeva lui, per lo meno.
« Non più del solito direi. Ma non capisco dove
vuoi arrivare, ha detto o fatto qualcosa di strano? »
domandò, scompigliandosi i capelli in un gesto casuale.
Lo sentì sospirare attraverso il telefono, e
immaginò che si stesse passando due dita sulla barba,
com’era solito fare quando rifletteva.
« Beh non so,
mi ha chiamato poche ore fa farfugliando strane storie su principesse e
torri glitterate. Oppure era il contrario? Ad ogni modo mi è
parso davvero strano un simile atteggiamento da lui.
» disse, lasciandolo letteralmente in stato di shock.
L’unica spiegazione che poteva dare ad una simile
circostanza, era che Alec fosse stato portato verso la via della droga.
Chi è che andrebbe in giro a farfugliare di principesse e
glitter?
Scosse vigorosamente la testa a quel pensiero: era impossibile che
facesse ricorso a quella stupida roba, non era nemmeno in grado di
reggere un po’ di alcool, figurarsi altre cose.
E poi sembrava perfettamente in grado di fare discorsi coerenti,
avevano perfino parlato del..
Oh merda.
« Ora che mi ci fai pensare mi ha cacciato da casa sua
perché il suo gatto odia i biondi. » disse,
sbattendo gli occhi sorpreso per le sue stesse parole.
Non era assolutamente da Alec una cosa del genere, c’era
sicuramente una spiegazione più che logica.
« Jace, cerca di capire
che cos'ha e appena scopri qualcosa richiamami, ora devo andare.
» disse, tornando al suo solito tono gelido.
Jace annuì inconsciamente, come se suo padre avesse potuto
in qualche modo vederlo.
O forse era più un modo per convincersi che tutto
ciò era solo una barzelletta, detta così in un
momento di noia.
« Non preoccuparti, me ne occupo io. »
asserì, poi richiuse la chiamata.
C’era solo un unico modo per capire fino in fondo cosa stava
succedendo.
Scorrendo tra i contatti in rubrica, pigiò sul tasto
chiamata dell’unica persona in grado di essere folle quanto
lui, tanto da sfondare persino la porta di casa di Alec pur di capirci
qualcosa.
« Pronto, Izzy? Abbiamo un problema. »
Hello! :D
Ed eccovi qui anche il terzo capitolo! <3
Prima di parlarvene, volevamo fare dei chiarimenti sul capitolo prima
riguardo lo sfogo di Alec a telefono con il padre. Magari qualcuna di
voi l'avrà ritenuta esagerata e controproducente quella
chiamata, ma era proprio questo lo scopo! Ora Robert
comincerà a farsi molti dubbi da come avete potuto leggere
in queste ultime righe, ragion per cui dovrà indagare sul
comportamente del figlio. Ed è fondamentale questa cosa. Non
aggiungiamo altro altrimenti vi spoilereremo l'intera faccenda xD
Quindi, tornando a questo capitolo, le cose iniziano ad ingranare. E'
stato un po' introdotto l'ambiente in cui si trova Magnus e con chi ha
a che fare, nonchè il nuovo ordine di strategia.
Bwahahhaha, guai in vista :D
Per quanto riguarda invece il rapporto tra Magnus e Alec, qualcosina si
sta smuovendo, e con il prossimo capitolo, che avrà uno
stacco di alcuni giorni, una certa complicità
comincerà a nascere. Anche se Magnus non vuole vuotare il
sacco xD
Bene, che altro dire, speriamo che il capitolo vi sia piaciuto e che ci
facciate sapere cosa ne pensate se vi va <3
Grazie a tutte le persone che seguono la storia e che ci hanno espresso
il proprio parere, vi adoriamo davvero! <3
Come al solito vi lasciamo il link per il gruppo facebook, se
siete interessati a leggere di eventuali spoiler ed a fare conoscenza
con delle bellissime persone!
Il link è questo ----> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Bye! <3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo #4 ***
Capitolo #4
From:
Izzy
To:
Alec
"Fratellone!
Che stai facendo in questo momento?"
From:
Jace
To:
Alec
"Ehi
bro, che ne dici di vederci per una bella chiacchierata?"
Alec
sospirò profondamente, bloccando lo schermo del suo telefono
e decidendo di ignorarli bellamente entrambi.
Erano giorni
che i suoi fratelli andavano avanti in quel modo: continui messaggi e
telefonate, quasi stessero cercando di farlo uscire pazzo per
l'esasperazione.
A chiunque
altro tutta quella premura poteva anche apparire come una cosa dolce,
ma di certo non a lui.
Conosceva
abbastanza Jace ed Izzy da sapere che quello non era affatto banale
interessamento, ma una vera e propria forma di costante sorveglianza.
Evidentemente,
qualcosa nel suo comportamento dei giorni passati, doveva averli
insospettiti più del dovuto.
E quella era
la stupenda conseguenza.
Doveva
trovare al più presto un modo per dissipare i loro sospetti,
qualunque essi fossero, prima di ritrovarseli ancora più
alle costole.
Magari
appostati fuori da casa sua che tenevano sotto controllo la situazione
con l'aiuto di binocoli e cimici spia.
Quel
pensiero gli diede i brividi: erano entrambi più che capaci
di fare una cosa del genere.
Cercando di
allontanare quell'immagine agghiacciante dalla sua mente,
tornò a concentrarsi su Magnus, ancora raggomitolato sul
divano di casa sua con un adorabile broncio stampato in volto.
Era davvero
incredibile quanto quel ragazzo potesse essere ostinato: erano oramai
più di quattro giorni che si trovava a casa sua, eppure non
era riuscito a tirargli fuori neanche una misera sillaba.
Iniziava
seriamente a contemplare la possibilità di creare in qualche
modo un siero della verità e di farglielo ingurgitare a
forza; di sicuro sarebbe risultato un processo di gran lunga meno
impegnativo.
Ma se non
altro, i tentativi di fuga si erano drasticamente ridotti.
Certo, Alec
era stato comunque costretto a sorvegliarlo costantemente ma, almeno
per il momento, Magnus sembrava intenzionato a starsene buono.
In quei
giorni di convivenza si era ritrovato ancora di più ad
apprezzare il carattere ironico dell'altro che, in un modo o
nell'altro, riusciva sempre a coglierlo di sorpresa con le sue uscite
strampalate e le costanti frecciatine maliziose.
Iniziava
davvero ad affezionarsi a quel ragazzo a tratti scontroso e
rompiscatole, e di giorno in giorno cresceva la sua determinazione nel
salvarlo.
Indipendentemente
da quanto lui potesse pensare di sé stesso, Alec era sempre
più convinto che in Magnus ci fosse del buono.
Doveva solo
trovare il modo di fargli capire che di lui poteva fidarsi.
Ti
pare facile.
«
Stai immaginando il momento in cui arriverà il principe
azzurro a salvarti dalla strega cattiva, principessa?
» chiese ironicamente al ragazzo, vedendo come questo si
ostinava a fissare la porta con espressione assorta. Un altro po' e ci
avrebbe lasciato un buco.
Magnus si
riscosse dal suo torpore, rivolgendogli un’occhiataccia che
sicuramente in origine voleva essere truce, ma che risultò
solo indignata.
«
Ti sembro per caso il tipo che sogna il principe azzurro ad occhi
aperti, io? E poi a cosa vuoi che mi serva, quando ho il mio adorato e
prode cavaliere
al mio fianco? » replicò sarcasticamente,
portandosi una mano sul petto ed esibendosi nella sua migliore
espressione da diva.
Di fronte a
quella scena Alec non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a
ridere fragorosamente, scuotendo la testa rassegnato.
Convincerlo
a smetterla di chiamarlo in quel modo era una battaglia persa.
«
Meglio così, anche perché non verrà
nessuno a tirarti fuori. Hai avuto la tua possibilità di
fuga e l'hai sprecata, più che miseramente aggiungerei.
» esclamò con un ghigno, dondolandosi leggermente
indietro sulla sedia su cui era seduto.
Magnus gli
fece un gestaccio, riuscendo a mantenere un'aura di
superiorità anche mentre lo mandava poco carinamente a quel
paese.
«
Non ci giurare; prima o poi il tuo amico dell'altro giorno
tornerà a farti visita e nel momento in cui abbasserai la
guardia.. puff! » ribatté poi, agitando le dita su
quell'ultima parola, quasi ad imitare un prestigiatore alle prese con
uno dei suoi trucchi di magia.
Alec
inarcò le sopracciglia, guardandolo con aria palesemente
divertita.
Credeva
davvero che fosse così stupido da commettere lo stesso
errore due volte?
Povero
ingenuo.
«
Mi dispiace deluderti, ma Jace non tornerà a farmi visita
tanto presto. Era passato solo a chiedere informazioni su quel Bane.
Temo dovrai trovare un altro modo per dartela a gambe! » gli
rispose subito dopo, cercando di mantenere un tono allegro e di
studiare allo stesso tempo la sua reazione nel sentirlo fare
riferimento a quella storia.
Non era
certo la prima volta che provava a tirar fuori qualche allusione
sperando di spingerlo a tradirsi in qualche modo. Ed anche se fino ad
allora non aveva funzionato, ciò non voleva dire che prima o
poi Magnus non avrebbe commesso un passo falso.
Deludendo
per l'ennesima volta tutte le sue aspettative però, l'altro
rimase completamente impassibile, limitandosi a corrugare leggermente
la fronte quasi stesse cercando di ricordare chi fosse.
Altro
che il trafficante d'armi, Magnus doveva fare l'attore.
«
Ti riferisci a quel tizio di cui mi parlavi? Aspetta, cos'era? Uno
spacciatore? » chiese poi, con un tono talmente ingenuo che
portò ancora una volta il moro a complimentarsi mentalmente
per la sua bravura.
Se proprio
voleva ostinarsi a giocare a quel gioco, Alec di certo non si sarebbe
tirato indietro.
«
In realtà è un trafficante d'armi, non uno
spacciatore. Anche se è "spacciato" in ogni caso, tanto per
usare un gioco di parole. » replicò difatti,
facendo appello a tutta la naturalezza a sua disposizione.
Nessuno
avrebbe detto che in realtà fosse perfettamente a conoscenza
dell'identità dell'altro e che gli stesse tendendo una
trappola; lo stesso Magnus non sembrava avere il minimo dubbio.
Certo, aveva
senz'altro capito che Alec lo aveva ricollegato in qualche modo a
quella faccenda, ma non sapeva certo fino a che punto si erano spinte
le sue intuizioni.
«
Perché? L'hanno arrestato? »
Come
se tu non lo sapessi.
Alec scosse
lentamente la testa, continuando ad analizzare con occhio critico
l'espressione genuina di Magnus.
Sembrava
quasi stessero parlando del tempo e non delle probabilità
che lui finisse in carcere.
«
Non ancora. Vedi, Jace e il generale sono addosso da un po' ad un
gruppo di trafficanti di armi, ma non erano riusciti a scoprire niente
di concreto fino ad ora. E adesso che hanno capito chi è
l'intermediario.. poveretto, gli daranno la caccia in tutti i modi
possibili. » annunciò seraficamente Alec
stringendosi nelle spalle, come se quello a cui stava fornendo la
notizia non fosse il diretto interessato.
Magnus
sospirò, con un'espressione di finta commiserazione stampata
sul volto.
«
Già, poveraccio. Comunque questo Jace chi sarebbe, un
poliziotto? E poi perché è venuto a chiedere
proprio a te? Non dirmi che approfitti di quel faccino tanto carino per
fare la spia! » esclamò poi scherzosamente,
dandogli una leggera spintarella sulla gamba.
Alec si
sforzò di non arrossire per quel complimento spiritoso - non
sarebbe stata una cosa molto dignitosa - tornando a concentrarsi sulla
conversazione.
«
In realtà Jace non è un poliziotto, ma un
soldato; esattamente come me. »
A quell'
affermazione Magnus sgranò gli occhi palesemente allibito,
con la bocca aperta dalla sorpresa.
«
Mi stai prendendo in giro?! Tu
un soldato?! » esclamò poi, senza accennare
minimamente a darsi un contegno.
Alec non
credeva certo che il suo lavoro lo avrebbe sconvolto così
tanto.
Dopotutto
era Magnus quello che smerciava armi illegali per vivere, per cui cosa
ci trovava di tanto scioccante nel far parte dell'esercito?
«
Già. Non che nessuno dei due abbia avuto molta scelta,
considerando che siamo i figli del generale della British Army. Perfino
nostra sorella Izzy è stata addestrata fin da piccola per
fare questo. » replicò semplicemente Alec, con un
sorrisino appena accennato di fronte al palese stato di shock in cui
era caduto l'altro.
Probabilmente
si stava maledicendo in turco per essersi fatto salvare niente di meno
che da lui.
«
Beh, wow.
Questa davvero non me l'aspettavo. Anche se devo ammettere di aver
notato che tendi ad assumere un certo tono di comando, quando ti faccio
arrabbiare. Eredità paterna? » gli
domandò ironicamente Magnus, inarcando appena le
sopracciglia.
Alec
ridacchiò, colto in fragrante.
Aveva
utilizzato spesso dei modi un po' bruschi con lui, ma quel ragazzo
davvero non gli aveva lasciato scelta; era così
maledettamente testardo che doveva dare fondo a tutto il suo lato
militaresco per tenerlo a bada.
«
Potremmo dire così. Anche se tu devi ammettere che ti ci
metti d'impegno per farmi perdere le staffe, o sbaglio? »
L'unica
risposta a quella domanda fu un sorrisetto divertito da parte di
Magnus, che si strinse nelle spalle come a voler dire "che vuoi farci,
sono fatto così".
Per alcuni
istanti Alec credé che quella conversazione fosse finita
lì, ma evidentemente l'altro non era dello stesso avviso.
«
Quindi... Cosa si prova a crescere con un padre così?
» gli chiese infatti, sinceramente curioso di sapere qualcosa
di più di quel bel ragazzo dagli occhi blu.
Alec per
alcuni istanti restò spiazzato; poteva contare sulle dita di
una mano le volte in cui qualcuno si era premurato di chiedergli una
cosa del genere.
Ancora una
volta, Magnus era riuscito a sorprenderlo senza nemmeno rendersene
conto.
«
E'.. impegnativo. Mio padre ha sempre preteso il massimo da me. In
quanto suo primogenito ha sempre voluto che fossi un esempio, sia per i
miei fratelli che per i suoi uomini. Avevo appena sette anni quando
iniziò ad addestrarmi. Ricordo ancora le interminabili ore
di esercitazioni e tutte le volte che me ne tornavo nella mia stanza
sconvolto e dolorante. Quella non è propriamente la vita
adatta ad un ragazzino di quell'età. »
iniziò a spiegare senza quasi rendersene conto, troppo
assorto nei ricordi.
Quanto gli
era sembrato difficile allora l'essere costretto a far parte di una
famiglia del genere, quanto si era sentito sotto pressione nel
tentativo di mantenere la facciata di figlio e soldato modello.
Solo un paio
di anni prima si era reso di conto di quali fossero davvero le cose
importanti.
Aveva avuto
bisogno di essere catapultato in una tragedia, per capire che tutte le
sue paranoie erano inutili.
Non che
quella scoperta gli fosse servita poi a molto: era stato comunque
costretto ad essere forte per Jace ed Izzy, mettendo di nuovo
sé stesso in secondo piano.
«
Ma è terribile! Posso capire la disciplina ma.. sette anni?
Andiamo, questa è una specie di dittatura! Non ti
è mai venuto in mente di ribellarti o, che so, di fare
qualcos'altro? » saltò su Magnus indignato,
distogliendolo dalle sue riflessioni.
Alec lo
osservò, piacevolmente colpito da quella sua reazione: non
si aspettava certo che prendesse così a cuore la sua storia
personale.
Vedi
di non farti troppe illusioni, per cortesia. Continui a non essere
nemmeno un labile ricordo.
«
In realtà non è poi così male, mio
padre mi ha cresciuto in modo che fossi forte ed indipendente. E poi mi
piace quello che faccio, aiutare le persone e proteggere chi amo.
» gli rispose dopo appena qualche attimo di esitazione,
studiandosi distrattamente le unghie per evitare lo sguardo penetrante
dell'altro. Poteva chiaramente percepire quegli occhi verdi che gli
bruciavano addosso.
«
Non mi riferivo tanto a questo, quanto al fatto di essere costretto ad
essere un modello per tutti. Nessuno dovrebbe avere una simile
responsabilità. » lo sentì dichiarare
in modo risoluto, come se un pensiero del genere potesse essere un
affronto personale.
Alec
sollevò lo sguardo, fissando l'altro negli occhi. Non
poté fare a meno di notare quanto fosse bello, con
quell'espressione seria e decisa.
«
Ho smesso di preoccuparmi tempo fa di quello che gli altri pensano su
di me. Gli unici la cui opinione mi importi qualcosa sono i miei
fratelli, Izzy e Jace. Sono la mia famiglia e in quanto fratello
maggiore è mio dovere badare a loro ed essere il loro punto
di riferimento. » replicò poi, e poté
quasi giurare di vedere un lampo di ammirazione brillare in quelle
iridi verdi.
Così
nostalgico.
«
Tutto questo ti fa onore Alexander, ma non puoi continuare a
proteggerli in eterno. Senza contare poi, che nessuno può
essere perfetto. Di questo passo finirai per crollare. »
affermò Magnus lentamente, con il tono di un vecchio saggio
che cerca di impartire una lezione di vita ad un discepolo ribelle.
Cercando di
non far vedere quanto quelle parole lo avessero colpito, Alec
accennò ad un minuscolo sorriso, cercando di alleggerire
quella situazione che stava diventando fin troppo seria e personale.
«
Da quando mio padre ha smesso di essere così rigido non ho
più tanto bisogno di essere perfetto. E poi non mi dirai che
sei preoccupato per me! Sono più forte di quanto sembri, principessa.
»
L'altro
alzò gli occhi al cielo, manifestando il suo dissenso per
quel nomignolo.
Sapeva
perfettamente che l'essere chiamato in quel modo lo infastidiva, ed era
proprio per questo che si ostinava a continuare così.
Una piccola
rivalsa, sopratutto se così insignificante, era dovuta visto
tutti i guai che gli stava procurando.
«
Cosa hai fatto per sciogliere a tal punto il signor ghiacciolo? Qualche
impresa eroica con un salvataggio spettacolare? »
ribatté immediatamente Magnus ghignando.
Il suo
voleva essere un gioco, una provocazione.
Per questo
restò scioccato nel vedere un velo di tristezza calare su
quei bei occhi blu.
«
Io.. no. Avrei tanto voluto riuscirci, ma non ce l'ho fatta.
» mormorò il ragazzo, guardandosi la punta delle
scarpe.
Sembrava
quasi che le parole fossero rotolate fuori dalla sua bocca senza che ne
avesse il completo controllo.
Magnus
valutò per un attimo la possibilità di fare
domande su quel repentino cambio di umore, curioso di sapere cosa
avesse mai detto di tanto sbagliato per farlo reagire in quel modo.
Decise
però che fosse meglio dare al ragazzo la
possibilità di scegliere se spiegarsi o meno: sapeva bene
quanto fosse snervante essere pressato con domande alle quali non
vorresti mai rispondere.
«
Due anni fa, mia madre è stata uccisa. » riprese
l'altro, in un tono così sommesso che Magnus dovette
sporgersi in avanti per cogliere appieno le sue parole.
Non appena
riuscì a registrare quello che aveva appena sentito, per
alcuni istanti non fu in grado di fare altro che non fosse restare a
bocca spalancata per lo shock.
«
Come è successo? » si ritrovò poi a
chiedere quasi contro la sua volontà, combattuto tra il
desiderio di non essere invadente e quello di venire a conoscenza di
tutti i dettagli.
Alec lo
guardò appena, passandosi distrattamente una mano tra i
capelli corvini.
«
Non siamo mai riusciti a capirlo con certezza, ma credo che si sia
immischiata dove non avrebbe dovuto. Non che la cosa mi sorprenda poi
tanto: sarebbe stato tipico di lei. »
iniziò a raccontare, spinto da un istinto che neanche lui
sapeva spiegarsi del tutto, mentre le sue labbra si incurvavano in un
sorriso amareggiato.
Magnus
continuava ad osservarlo attentamente, senza perdersi neanche una sola
parola.
Avrebbe
voluto porgergli ulteriori domande, ma temeva di interrompere quel
momento di confidenza che, chissà come, si era venuto a
creare.
Si impose
quindi di starsene zitto, aspettando che occhi blu fosse pronto a
continuare.
«
Mia madre, Maryse, è sempre stata fin da giovane una donna
dotata di un carattere ferreo e di una determinazione unica. Credo sia
stato proprio per questo motivo che mio padre ha finito per
innamorarsene perdutamente: era l'unica abbastanza caparbia e
coraggiosa da tenergli testa. » rise appena, mentre con la
mente ripercorreva quei dolorosi ricordi.
Era ancora
una ferita aperta per lui, nonostante fosse passato così
tanto tempo da sembrare quasi un’eternità.
«
Era impossibile non ammirarla per la sua forza d'animo che la portava
sempre a combattere con ardore per quello che credeva giusto. Sia io
che i miei fratelli abbiamo sempre visto in lei un modello da imitare,
un punto di riferimento, una guida. » proseguì,
mentre una scintilla di orgoglio balenava in quegli occhi
meravigliosamente azzurri.
Magnus si
chiese quanto stesse soffrendo nel parlargli di sua madre, ma non
provò nemmeno a fermarlo. Lo lasciò parlare,
ascoltando quel fiume di parole che era rimasto arginato per troppo
tempo.
«
Quando io e mio padre ci siamo trovati alle strette dopo che lui era
venuto a conoscenza della mia omosessualità, - inutile dirti
che per il generale solo l'idea dell'esistenza di un soldato gay era un
insulto alla divisa e allo stesso esercito - è stata lei a
prendere le mie difese e a fare di tutto per mantenere unita la nostra
famiglia. »
Alec
continuava a tenere lo sguardo fisso davanti a sé, rivivendo
nella mente quei ricordi.
Magnus, nel
mentre, analizzava la sua espressione assorta, cercando di capire cosa
gli stesse passando per la testa.
Gli sembrava
leggermente sconvolto, con gli occhi lucidi ed i capelli scomposti dopo
tutte le volte che ci aveva passato le mani senza accorgersene. Non che
qualcuno potesse biasimarlo, ovvio.
«
Doveva essere davvero una persona straordinaria. »
esordì con tutta la delicatezza di cui era capace, cercando
di riportarlo alla realtà.
Il suo
tentativo sembrò funzionare, dal momento che Alec si
riscosse e, voltandosi verso di lui, gli rivolse un'espressione di
gratitudine mista ad orgoglio.
Era evidente
quanto le volesse bene e quanto doveva aver sofferto per quella perdita.
«
Già, lo era. Forse anche un po' troppo; magari se non fosse
stata così maledettamente coraggiosa a quest'ora sarebbe
ancora qui. » gli rispose subito dopo, sospirando
profondamente e scompigliando i capelli per la decima volta nel giro di
pochi minuti.
Magnus
restò ancora una volta in silenzio, seguendo con lo sguardo
i movimenti dell'altro, chiaramente dettati dal nervosismo.
«
Quella fatidica sera ha telefonato nel bel mezzo della notte alla
nostra base, in preda al panico. Io ero lì, insieme ad un
paio di altri uomini ad ultimare una strategia per una missione che
stavamo organizzando già da un po', quando il telefono ha
squillato. » riprese fiato, come se avesse avuto
bisogno di più aria nei suoi polmoni per continuare quella
che per lui doveva essere una storia devastante.
«
All'inizio ho fatto fatica a capire cosa stesse dicendo, tanto era
agitata. Continuava a ripetere che non avrebbe dovuto essere
così stupida da andare a controllare da sola, che "stavano"
sicuramente per fargliela pagare. Ho provato a farmi spiegare a chi si
riferisse, cosa stesse succedendo, ma continuava solo a ripetermi che
le stavano dando la caccia. Prima ancora di rendermene conto ero uscito
in strada a cercarla e giuro, ho cercato di fare il più in
fretta possibile, ma non ce l'ho fatta. Quando sono arrivato, era
già troppo tardi. » la voce gli si
incrinò, e Magnus si sentì in dovere di
trasmettergli sicurezza, avvicinandosi a lui e passandogli una mano
sulla schiena proprio come si faceva con i bambini.
Alec gli
sorrise, prima di continuare a parlare: « L'unica cosa che un
minimo mi consola, è che sono almeno riuscito a beccare il
bastardo che le aveva appena sparato, godendomi la soddisfazione di
vederlo sbattuto dietro le sbarre per il resto della sua vita. Mio
padre ha tentato in tutti i modi di farlo parlare, utilizzando metodi
di certo non consoni, ma tutto ciò che è riuscito
a scoprire è che quell'uomo era stato mandato da "qualcuno"
che non aveva gradito che mia madre avesse scoperto qualcosa di troppo.
» sospirò, socchiudendo gli occhi.
«
Anche se ha smesso da tempo di parlare della cosa, sono sicuro che il
generale stia ancora cercando di scoprire chi sia stato a dare
quell'ordine, di capire cosa sia successo davvero quella
notte. E da allora, forse per il trauma, forse perché ha
capito anche lui come le cose più importanti ti possano
essere strappate via senza preavviso, mio padre ha finito col cambiare
completamente atteggiamento, perdendo tutta la sua rigidità
e facendo di tutto per rinsaldare il rapporto con i suoi figli. Credo
la mamma sarebbe orgogliosa di lui per questo. »
Per alcuni
attimi, alla fine di quel discorso, un silenzio assordante cadde nella
stanza.
Alec ancora
assorbito nel passato e Magnus troppo sconvolto da quelle rivelazioni
per cercare di formulare un pensiero coerente.
Quest'ultimo,
in particolar modo, continuava a fissare quel ragazzo dal passato
più oscuro rispetto a quanto avrebbe potuto immaginare,
cercando di trovare qualcosa di intelligente da dire.
Mai
tentativo fu più vano: tutta la loquacità di cui
si era sempre vantato così tanto, sembrava essersi dissolta
nel nulla.
Inaspettatamente
fu proprio Alec a riprendere per primo la parola.
«
Sai qual è la cosa più brutta? Non l'essere stato
costretto a fare forza ai miei fratelli, non il vedere mio padre
sconvolto per la prima volta in vita mia, bensì la
consapevolezza che se fossi stato più veloce, se fossi
arrivato in tempo magari le cose non sarebbero andate così.
E' colpa mia se è morta, non sono riuscito a salvarla.
» sussurrò, mentre la sua voce si rompeva appena
su quelle ultime parole.
Sospirò
profondamente, cercando di darsi un contegno.
In tutto
quel tempo non era mai crollato, non si era mai concesso debolezze e
non aveva certo intenzione di iniziare in quel momento, per di
più davanti a Magnus.
Si
ritrovò a chiedersi come gli fosse venuto in mente di
confessare il suo senso di colpa proprio a lui, quando non era mai
riuscito ad ammettere fino in fondo neanche a sé stesso cosa
provasse.
Si stava
completamente rincretinendo, non c'era alternativa.
L'unica
spiegazione che gli veniva in mente, era che tutto quello che era
successo in quegli ultimi giorni lo avesse destabilizzato
più quanto credesse.
Perso nelle
sue riflessioni, rimosse completamente il pensiero della possibile
reazione dell'altro di fronte a quell'ammissione, almeno
finché non sentì una mano poggiarsi con estrema
delicatezza sulla sua spalla.
Alzò
lo sguardo, incrociando gli occhi verdi di Magnus.
«
Tu non hai nessuna colpa per quanto è successo, non devi mai
dubitare di questo. » disse, guardandolo con una tale
dolcezza che Alec si chiese se fosse lo stesso Magnus che fino a
qualche giorno prima gli sbraitava contro di lasciarlo andare.
«
Il ragazzo che ha portato un perfetto sconosciuto a casa sua per
curarlo, che si ostina a volersi prendere cura di lui nonostante la sua
caparbietà e irriconoscenza, che vuole essere forte per
proteggere la sua famiglia.. Quel ragazzo non avrebbe mai lasciato
morire sua madre, non se avesse avuto anche la più piccola
possibilità di salvarla. Hai fatto tutto quello che potevi,
ma a volte le cose succedono e basta e non c'è nessuno che
possa arginare il loro corso. »
Alec
guardò l'altro a bocca aperta, esterrefatto da quanto era
appena giunto alle sue orecchie.
Non sapeva
neanche lui cosa si aspettasse di preciso, ma di certo non si sarebbe
mai immaginato un simile discorso da Magnus.
Quest'ultimo
sembrò leggergli nel pensiero e, sventolando elegantemente
una mano, tornò ad assumere la sua solita espressione
sarcastica.
«
Non guardarmi in quel modo, il mio è sano egoismo. Non
voglio ritrovarmi tra i piedi un cavaliere
depresso e immusonito. » aggiunse poi stringendosi nelle
spalle, come se non gliene importasse granché di tutta
quella faccenda.
Alec
però non si fece abbindolare.
Aveva visto
tutta la serie di emozioni che erano passate negli occhi di Magnus:
riconoscimento, comprensione, dolore; come se avesse provato quella
stessa sensazione di rimorso sulla sua pelle.
Si chiese
per l'ennesima volta che cosa gli fosse successo, per cosa si sentisse
a sua volta così tanto in colpa.
La
tentazione di fare domande al riguardo era forte, anche
perché l'istinto gli diceva che, qualsiasi cosa fosse, era
strettamente collegata al cambiamento del ragazzo.
Tuttavia,
sapeva fin troppo bene che non avrebbe ottenuto nient'altro che
silenzio se solo si fosse azzardato a chiedergli qualcosa.
Decise
dunque di non rovinare quel momento di inaspettata intimità,
rimandando la curiosità ad un secondo momento.
Assecondando
il tentativo dell'altro di alleggerire quella situazione, Alec mise su
il suo migliore sorriso sardonico, colpendo giocosamente Magnus su un
braccio.
«
Grazie, principessa.
»
Magnus gli
lanciò un’occhiataccia, ma Alec scorse l'accenno
di un sorriso.
«
Ho bisogno di prendere aria. » proferì sardonico
in quel momento, sventolandosi una mano davanti alla faccia.
Alec
osservò il taglio degli occhi di Magnus assottigliarsi,
quasi fossero stati realmente quelli di un felino: belli e micidiali.
Si
alzò dal divano sbuffando e alzando gli occhi al cielo, in
un chiaro tentativo di far intendere all’altro che era stufo
delle sue continue richieste che non sarebbero mai state ascoltate.
Apprezzava
il fatto che volesse distrarlo per farlo riprendere, ma quella storia
iniziava davvero a stufarlo.
«
Beh, apri la finestra e metti la testa fuori. Ti assicuro che
c’è aria in abbondanza. » rispose con
una punta di ironia nella voce, mentre apriva davvero i vetri.
Magnus
interpretò quel gesto come un chiaro invito a farlo
seriamente e storse la bocca in una smorfia ben evidente.
Sul serio
credeva che si sarebbe arreso per così poco?
Se
c’era una cosa in cui non falliva mai, quella era ottenere
sempre tutto ciò che voleva; non era affatto abituato a
sentirsi dire “no”, e non avrebbe certo cominciato
in quel momento.
Le sue
labbra si incurvarono verso l’alto in un sorrisino
ammiccante, mentre si avvicinava a lui con passi studiati.
Alec lo
osservava avanzare nella sua direzione con un sopracciglio nero
inarcato verso l’alto, consapevole del fatto che Magnus non
l’avrebbe avuta vinta a quel modo.
«
Molto divertente, ma volevo dire che ho bisogno di uscire. »
ribatté l’altro, facendo un segno con la testa in
direzione della porta, in modo che non ci fossero fraintendimenti sulle
sue intenzioni.
Non che
potessero essercene davvero in ogni caso, dato che era ben evidente
cosa voleva.
Peccato che
Alec non sembrava avere minimamente intenzione di accontentarlo.
«
Non se ne parla proprio. » dichiarò infatti
duramente, incrociando le braccia al petto e assumendo la sua migliore
espressione di pura serietà.
Era solito
utilizzare quel tono quando si trovava alle prese con qualche
interrogatorio e doveva far parlare il malcapitato di turno.
Difatti con
il suo fisico imponente, la piccola cicatrice verso la fine del
sopracciglio dove oramai non cresceva più peluria, il tono
duro e lo sguardo penetrante, Alec era valutato davvero come una
persona spaventosa.
Considerando
quanto l'incutere un minimo di timore fosse importante nel suo lavoro,
era stato costretto a lavorare sulla sua espressione minacciosa,
dovendo dunque scacciare tutta l’insicurezza che lo aveva
caratterizzato fin da piccolo.
Sperava di
ottenere lo stesso effetto anche con Magnus, ma evidentemente non era
affatto così.
Infatti,
quest’ultimo alzò gli occhi al cielo spazientito,
puntandogli il dito indice contro il petto.
«
Sono giorni che mi tieni inchiodato qui dentro! La mia ferita
è guarita, posso cavarmela da solo ora! »
sbottò, alzando le braccia verso l’alto in un
gesto esasperato.
In quei
giorni di convivenza forzata, non aveva fatto altro che ribadirgli in
continuazione che doveva stare fermo se voleva guarire.
E lui
l’aveva fatto, inghiottendo il rospo.
«
Ti ho detto che non se ne parla, sei pericoloso.
» disse Alec, scuotendo la testa con veemenza.
Ci mancava
solo che se ne andasse in giro come se niente fosse per le strade,
attirando così l’attenzione su di sé.
Perché
era decisamente impossibile non notarlo; non sarebbe passato
inosservato nemmeno a qualcuno che avesse gli occhi tappati.
«
E quindi vostra signoria non mi farà mai uscire
perché sono pericoloso?
- gli chiese, inarcando un sopracciglio - Giuro che non
ruberò nessun lecca-lecca a dei poveri bambini, anzi,
aiuterò persino le vecchiette ad attraversare, ci stai?
» propose, allungando un braccio in sua direzione per
stringere il patto.
Alec
accennò ad un sorriso divertito, per poi allontanare la sua
mano con un gesto deciso, sospirando.
«
Mettiti in quella testolina bacata che ti ritrovi, che da qui, per di
più da solo, non esci. » esordì
sardonico, in un tono che non ammetteva alcun tipo di replica.
Sapeva che
un atteggiamento simile incominciava ad essere sospettoso, ma come
poteva lasciarlo andare quando sapeva con certezza che qualcuno aveva
intenzione di ucciderlo?
Se non fosse
andato a quella serata con Jace ed Iz, se non fosse passato per quel
vicoletto, se non avesse ascoltato quella discussione, se non fosse
intervenuto.. A quest’ora non avrebbe avuto quel problema.
Ma
non è un problema per te, e preferisci che sia andata
così.
«
Allora vieni con me. » annunciò con
tranquillità l’altro, come se oramai fosse
l’unica e sola alternativa a tutto ciò.
Per un
momento Alec pensò che si potesse anche fare, ma poi dovette
ripensarci.
Non potevano
commettere passi falsi e se Magnus avesse incominciato a detestarlo,
vedendolo realmente come un carceriere e non come suo amico, ci avrebbe
fatto prima o poi l’abitudine.
Perché
l’alternativa era quella di vederlo morire, e lui era stanco
di veder morire persone innocenti.
Aveva
giurato a se stesso che non sarebbe più successa una cosa
del genere, che non l’avrebbe più permesso per
nulla al mondo e così sarebbe stato.
O almeno lo
sperava.
«
Ancora non so chi ti cerca visto che non vuoi parlare, quindi no.
Resteremo entrambi qui dentro. » esordì ancora,
sospirando.
Sperò
che a quel punto Magnus si arrendesse, rendendosi conto che
effettivamente non poteva uscire come se niente fosse, come se non
fosse mai stato aggredito.
«
Ancora con questa storia? Ti ho detto che non mi sta cercando nessuno.
Roba da pazzi, prima o poi verrà qualche serial killer ad
uccidermi mentre dormo; ma per davvero. » sbuffò
l’altro in risposta, allontanandosi da lui e buttandosi sul
divano senza troppe cerimonie.
Alec lo
seguì con lo sguardo, mentre Magnus si portava le gambe al
petto, raggomitolandosi su se stesso.
Sentì
improvvisamente qualcosa stringergli il petto in una morsa, ma
cercò di non darci peso, raggiungendolo e sedendosi nel
posto accanto al suo.
«
Mi stai dicendo che cerco di portarti sfiga? » si finse
oltraggiato Alec, portandosi una mano al petto e provocando una risata
accennata da parte dell'altro.
«
Ti sto dicendo che voglio uscire. - riprovò - Ma se proprio
sei fissato potrei travestirmi da clown, almeno sarei irriconoscibile.
» propose, portandosi una mano sotto al mento quasi stesse
realmente soppesando quell’idea.
Alec
inizialmente lo guardò divertito, ma poi si
illuminò improvvisamente, facendosi venire chissà
quale idea balzana in seguito a quell'uscita strampalata.
«
Questo potrebbe davvero essere un colpo di genio! »
esclamò, battendo una mano sul divano.
Magnus lo
guardò confuso, inarcando un sopracciglio curato verso
l’alto.
Non stava
seriamente valutando l'ipotesi di farlo travestire da pagliaccio, vero?
Non avrebbe
mai fatto una cosa del genere, piuttosto si sarebbe rifiutato fino alla
morte.
Ne andava
della sua reputazione.
«
Aspetta un secondo, per quanto affascinante io sia non mi ci vedo con
addosso quel grosso nasone spugnoso rosso. »
affermò risoluto, sperando con tutto il cuore che non lo
costringesse ad indossarlo.
L’avrebbe
tramortito con un pugno, se ci avesse anche solo provato.
«
Non mi riferivo al fatto del vestirti da clown. - disse, facendolo
sospirare di sollievo - Ma del travestirti.
» affermò, mentre lo guardava dall’alto
in basso.
Magnus era
decisamente più basso e meno muscoloso rispetto a lui,
perciò i suoi vestiti gli stavano piuttosto larghi.
Bastava
vedere il numero di volte in cui si era risvoltato i pantaloni per non
strascicarli per tutta casa e notare quanto il girocollo della
maglietta gli stesse largo.
«
Cos’è, mi vuoi mettere un'elegante gonna a
palloncino rosa e una parrucca biondo platino? » gli chiese
ironico, portandosi le mani sui fianchi.
Alec gli
rivolse uno dei sorrisi più divertiti che gli avesse mai
visto stampato in volto; cosa che lo fece preoccupare oltre ogni dire.
«
Nah, posso fare di meglio. » esordì difatti il
moro, per poi andare in camera da letto e mettersi a frugare
all’interno del proprio armadio.
Magnus lo
raggiunse qualche secondo dopo, assistendo al caos che in pochi minuti
il ragazzo creò nella sua stanza, buttando
a terra magliette, calzoni e camicie.
Si
fermò solo quando ebbe trovato ciò che stava
cercando, rigirandosi poi tra le mani tutto il necessario con fare
trionfante.
Magnus
aprì la bocca per dire qualcosa, come “che diavolo
stai combinando”, ma Alec non gliene diede tempo.
Lo
incitò a spogliarsi velocemente senza dargli modo di
protestare, divertendosi ad acconciarlo a mo' di barbie fin quando non
ebbe finito il suo capolavoro.
«
Oh Lilith prendimi con te se questo sono davvero io. »
esclamò Magnus schifato, guardandosi allo specchio con una
smorfia disgustata.
Alec gli
aveva infilato un jeans scolorito dal tempo - che oramai a lui stava
quasi stretto -, accompagnato da una maglia a maniche corte dal colore
giallognolo.
Magnus
sospettava che un tempo fosse bianca, ma preferì non
indagare oltre, troppo impegnato a guardare con malcelata
ostilità i sandali osceni che aveva ai piedi e gli occhiali
da sole decisamente troppo stonati sul suo viso.
Ma la cosa
che più lo raccapricciò, fu la parrucca castana
che gli poggiava sulla testa con intorno una fascetta a pois marroni.
«
Poteva andarti peggio, guarda il lato positivo. »
esordì Alec, trattenendo una risata.
Vederlo
conciato in quel modo era quanto di più esilarante avesse
mai creduto possibile. E ben immaginava che per lui fosse una vera
tortura essere così trasandato, ma non gli importava.
«
Sono vestito da hippie, Alec. Un hippie decisamente trascurato per di
più. » esclamò scioccato, alternando lo
sguardo dal suo riflesso alla figura di Alec, che stava quasi per
scoppiare a ridere.
Magnus
apprezzò lo sforzo che l'altro fece per non metterlo
ulteriormente in imbarazzo, più di quanto già non
fosse.
«
Suvvia, nessuno saprà chi sei, quindi la tua reputazione non
verrà intaccata. » lo rassicurò il
moro, aggiustandogli gli occhiali sul naso.
Nel farlo,
la mano gli sfiorò delicatamente il viso ed Alec si
ritrovò inconsciamente a trattenne il respiro.
Anche Magnus
sembrò sussultare, ma non ne era sicuro.
Quest’ultimo
riportò poi lo sguardo allo specchio, indicandosi con un
dito.
«
Ma il mio orgoglio sì. » dichiarò
affranto, sospirando subito dopo alquanto frustrato.
«
Che poi, mi spieghi il motivo per cui hai questa roba? -
domandò, disgustato - Anzi no. Non voglio neanche saperlo,
andiamo. » dichiarò, dirigendosi verso la porta
d’ingesso.
Non ci
teneva davvero a conoscere i dettagli sul perché Alec
conservasse una parrucca da donna nel suo armadio.
Che avesse
qualche strano desiderio di cambiare sesso?
Scosse la
testa, allontanando velocemente quel pensiero a dir poco sconvolgente;
poteva tranquillamente vivere nel dubbio.
Alec gli
aprì la porta per poi inchinarsi, porgendogli la mano in un
gesto galante.
«
Dopo di te principessa.
»
Magnus
sorrise divertito ma senza farsi vedere, e sbuffando fintamente lo
superò fuori.
Alec
lanciò un ultimo sguardo all’interno della casa,
con una strana sensazione d'inquietudine addosso.
Magnus era
travestito ed era un bene, ma lui no.
Sperò
con tutto il cuore che tutto andasse bene, poi richiuse la porta dietro
di sé.
***
Alec
sbuffò spazientito, mentre si dirigevano in una piazza con
appena una persona in circolazione.
Di solito
non ci andava mai nessuno, quindi aveva pensato di portarlo
lì per avere almeno un po’ di
tranquillità.
Ma era
più di mezz’ora che Magnus continuava a guardarsi
intorno furtivo, come a cercare l’occasione giusta per
darsela a gambe da un momento all’altro.
E dire che
sperava che si fosse ormai rassegnato al fatto che non
l’avrebbe lasciato andare.
«
Non ti sei ancora stancato di cercare vie di fuga per scappare da me?
» lo rimproverò bonario, mordendosi
impercettibilmente il labbro inferiore.
Magnus si
voltò verso di lui, sentendosi preso in contro piede.
Non era
proprio così: non stava cercando di scappare via da lui,
solo di trovare un’alternativa alla permanenza a casa sua.
Che era
assai diverso.
«
Odio sentirmi intrappolato, e tu hai invaso e stai invadendo
tutt’ora i miei spazi. » sentenziò
risoluto, arricciando le labbra in una smorfia.
Alec
aprì la bocca indignato.
Per quanto
lo riguardava non sentiva di aver violato la sua privacy, al limite era
proprio il contrario.
Irriconoscente,
pensò acido.
«
Semmai sei tu ad invadere i miei, dato che stai alloggiando a casa mia.
» lo punzecchiò allora, anche se la cosa non gli
dava minimamente fastidio.
Anzi, si era
talmente abituato alla sua presenza, che pensare di dover tornare a
vivere da solo lo faceva stare male.
Certo, non
che l’avrebbe mai ammesso, ovvio.
«
Beh, nessuno ti ha chiesto di portarmici, potevi benissimo lasciar-
» cominciò Magnus, ma si fermò di
colpo, con la gola improvvisamente secca.
Assottigliando
lo sguardo, riconobbe due persone che avrebbe sicuramente preferito non
incontrare più.
Russ
e Aric.
«
Oh merda. » imprecò, voltandosi di scatto e
trascinandosi dietro Alec, senza dargli possibilità di
replicare.
«
Che c’è, che succede? » gli
domandò infatti il moro, cercando di fermarlo, ma Magnus lo
stava letteralmente tirando via il più velocemente possibile.
Sperò
in cuor suo che il travestimento avesse funzionato e che non
l’avessero riconosciuto, altrimenti erano entrambi seriamente
nei guai.
Lui per ovvi
motivi, Alec solo perché aveva avuto la sfortuna di
imbattersi in lui.
Si maledisse
più e più volte per non essere scappato prima,
quando ne aveva avuto l’occasione.
«
Niente, cosa vuoi che stia succedendo! - disse, agitato - È
solo che sono stufo, non mi dai mai retta, non dovevamo uscire!
» esclamò, addossandogli tutte la
responsabilità della cosa.
Alec lo
guardò decisamente confuso e scocciato, alternando lo
sguardo da lui alla strada davanti a sé.
«
Cosa? Ma se sei stato tu a dirmi che volevi prendere aria! »
ribatté Alec, prendendolo per le spalle e arrestando la sua
folle corsa.
Magnus
guardò in direzione di quei due, ma sembravano essersi
volatilizzati.
Sospirò
di sollievo, immaginando che se ne fossero andati.
«
E tu non hai nemmeno provato a fermarmi! Quale carceriere farebbe
uscire un prigioniero? Ora che hai imparato la lezione, voglio tornare
a casa e infilare la testa nella finestra. »
Alec era
sempre più scioccato. Che si fosse rimbecillito tutto
d’un tratto?
Il pensiero
lo scalfì per un momento, e per quanto sensata potesse
essere quell'eventualità - soprattutto alla luce delle sue
affermazioni deliranti -, la scartò, cercando piuttosto di
capire cosa diamine andava blaterando.
«
Ma che accidenti stai dicendo?! » gli chiese, esasperato.
Magnus stava
per rispondere, ma una voce lo immobilizzò sul posto,
ghiacciandogli il sangue nelle vene.
«
Hey tu.
» sentì dire, e vide Alec irrigidirsi mentre
guardava dritto davanti a sé.
Il cuore
aumentò di qualche battito, mentre si sentiva davvero uno
stupido per non aver dato retta al moro.
Se ne
fossero usciti vivi, gli avrebbe sicuramente chiesto scusa per non
averlo ascoltato.
« Cazzo. -
esclamò sottovoce, per poi voltarsi verso i due - Sentite
posso spiegarvi tut- » cominciò, ma Russ lo
interruppe, come se nemmeno lo avesse notato.
«
E così ci rincontriamo, moccioso. » disse,
guardando Alec.
Magnus
sgranò gli occhi, non riuscendo minimamente a capire
perché diavolo si stessero rivolgendo al moro e non a lui.
Aprì
la bocca per dire qualcosa, ma venne fermato ancora una volta, questa
volta da Aric.
«
Ultime parole? » pronunciò, scrocchiandosi le dita
con un ghigno minaccioso stampato in viso.
Solo allora
Magnus riuscì a mettere pienamente a fuoco la
gravità di quella situazione: quei due erano lì
per Alexander.
Jace stava
bellamente stravaccato sulla sua poltrona, sorseggiando la sua
coca-cola e studiando attentamente delle carte dategli dal padre,
quando Isabelle fece il suo ingresso nel suo studio come una furia.
Con passi
spediti si diresse verso la scrivania, battendo una mano aperta sulla
superficie nera, mentre i capelli le ricadevano davanti al viso in dei
bellissimi riccioli corvini.
«
Le ho provate tutte, quindi ci sto. Allora qual è il tuo
fantomatico piano? » gli chiese, guardandolo con una strana
determinazione negli occhi.
Jace sapeva
benissimo a cosa si stesse riferendo: ad Alec.
Di fatti,
dopo averle spiegato a grandi linee cosa era successo per telefono,
l’aveva spinta a cercare un dialogo con lui, ma il moro
sembrava semplicemente sparito.
Sapevano che
era vivo solo per le telefonate che faceva alla base, perché
altrimenti avrebbero potuto pensare tranquillamente che qualcuno lo
avesse fatto fuori, vista la sua ostinazione nel non rispondere alle
chiamate o ai messaggi di nessuno di loro due.
Quindi
stanco della situazione aveva chiesto a Iz di raggiungerlo nel suo
ufficio, in modo tale da cercare una qualche sorta di strategia per
capire cosa diamine stesse succedendo al loro fratello maggiore.
«
Ciao a te Iz, sì io sto bene e mi fa piacere vedere che stai
bene anche tu. » rispose ironicamente, poggiando tutto quello
che aveva in mano sulla scrivania.
Isabelle
sbuffò, poi con grazia inaudita si sedette su una delle due
sedie lì presenti, accavallando le gambe elegantemente.
«
Oh andiamo, vai dritto al punto Jace. » lo incitò,
sporgendosi per afferrare la lattina di coca-cola e prendendone un
sorso.
Jace
sospirò, pensando che era inutile dirle che quella era sua e
che gli serviva per carburare, meglio di un caffè.
Tanto lo
avrebbe ignorato comunque, lanciandogli una delle sue solite occhiate
inceneritrici.
«
Mamma mia che acidità sorellina, cos’hai mangiato
per colazione? Yogurt scaduto? » la punzecchiò,
mentre questa riposava la lattina sulla scrivania.
Le labbra
tinte di un rosso fuoco si incurvarono velocemente verso
l’alto, nella sua tipica smorfia sarcastica.
Jace non se
ne curò affatto, abituato ormai a quello sguardo di
tagliente ironia mista ad un accennato divertimento.
«
Molto divertente, vorrei vedere te a cercare informazioni nei vecchi
archivi per ben tre ore di fila. » ribatté,
incrociando le braccia sotto il seno in una posa severa.
Con quello
sguardo e con quel corpo che emanava sensualità da tutti i
pori, Isabelle era senz’altro una delle donne più
belle che avesse visto in vita sua.
Nonché
una delle più brave nel suo impiego, doveva ammetterlo.
Quando da
piccola aveva dichiarato di voler seguire i fratelli nel loro lavoro,
non si sarebbe mai aspettato di vederla diventare una stratega militare
così in gamba.
Lui ed Alec
erano davvero fieri della loro piccola sorellina.
«
Non ci tengo. » dichiarò, alzandosi dalla poltrona
sulla quale era mollemente seduto da un paio d’ore e
portandosi di fronte a lei.
Isabelle
ridacchiò: troppa concentrazione non era affatto da Jace,
avrebbe mandato tutto a farsi benedire dopo appena dieci minuti, se non
di meno.
«
Comunque - riprese, ignorando la sua risata derisoria - pensavo di
prenderlo e metterlo con le spalle al muro. Una roba come “O
confessi o ti sparo!”. Ma senza sparargli davvero nel caso
decidesse di non vuotare il sacco. » disse, come se fosse la
cosa più ovvia del mondo.
Izzy
spalancò la bocca indignata, alzandosi di scatto e
puntandogli l’indice smaltato di rosso contro il tessuto
della camicia.
«
Mi hai fatto venire fin qui per dirmi questa gran cretinata?
» lo accusò, spingendolo a sedersi sulla scrivania.
Non poteva
credere alle sue orecchie, davvero era il meglio che potesse fare?
«
Guarda che c’è stata una lunga riflessione prima
di arrivare a questa conclusione. » cercò di
giustificarsi Jace, che era evidentemente stato ferito
nell’orgoglio.
Iz
cercò di restare calma, prendendo dei grandi respiri.
Senza dubbio
avrebbe voluto strozzarlo per averla fatta muovere dai suoi progetti
per nulla, ma doveva contenersi.
Uccidere suo
fratello non le pareva per niente una buona idea, anzi.
«
Che a quanto pare non è servita ad un cavolo! »
esclamò con convinzione, sbuffando sonoramente subito dopo.
Jace
alzò le braccia in segno di resa.
«
Così mi offendi, donna. » proferì,
accennando ad un piccolo sorriso divertito.
Isabelle
scosse la testa con veemenza, rassegnata.
«
Ma piantala, speravi piuttosto che fosse venuta a me un’idea,
non è vero? » gli chiese, portandosi le mani sui
fianchi.
Jace
sorrise, carezzandole dolcemente la nuca e osservandola divertito
mentre si scostava da lui per non farsi rovinare la messa in piega.
Chissà
quante diamine di ore ci aveva messo per arricciarsi i capelli in quel
modo; meglio non rovinarli e morire per una stupidaggine.
«
E dunque le mie speranze sono state ben riposte? » le chiese
a sua volta, tornando a sedersi sulla poltrona.
Isabelle
alzò gli occhi al cielo: doveva sempre pensarci lei alla
fine.
I maschi,
pensò, tutti
inutili.
Ma poi, un
sorrisino comparve su quelle labbra perfette, e gli occhi si accesero
di una strana luce.
« Forse. »
Magnus
continuava a spostare lo sguardo da Alec a Russ, completamente
esterrefatto.
Come era
possibile che occhi blu conoscesse quel poco di buono?
C'era
qualcosa di profondamente sbagliato in quella faccenda, che gli fece
stringere lo stomaco in una morsa d'inquietudine.
Alec aveva
detto di averlo trovato svenuto e sopratutto da solo, quando alcune
sere prima si era imbattuto in lui.
Quindi non
era minimamente probabile che quei due lo avessero visto, giusto?
Ma allora
per quale motivo stavano dando la caccia ad Alec?
Che le
indagini che stava conducendo insieme a suo fratello, si fossero spinte
più in là di quanto gli aveva detto? Che avesse
scoperto qualcosa di troppo, provocando l'ira del capo di quei due
imbecilli?
Logicamente
parlando, quella gli appariva come la soluzione più sensata.
Tuttavia, fu
costretto a scartarla non appena registrò l'espressione di
Alec: non sembrava sorpreso o sconvolto, piuttosto rassegnato, quasi
come se si fosse aspettato una visita da parte di quei due energumeni.
Senza
contare poi quel "e così ci rincontriamo".
Aveva
già avuto a che fare con loro in passato? Se era davvero
così, perché non gli aveva detto niente?
Certo,
come se tu fossi stato un modello di sincerità, eh.
Magnus
mandò brutalmente a quel paese la sua vocina interiore in
quel momento tutt'altro che desiderata, cercando di concentrarsi su
quanto stava accadendo intorno a lui.
«
Non rispondi? Che c'è, ora non sei più
così spavaldo, vero? E pensare che quando l'altra sera ti
sei messo in mezzo per salvare la vita a Bane sembravi
così.. eroico. » tornò alla carica
Russ, scoccando un'occhiata carica di derisione al moro.
Cazzo.
Aveva
sentito bene? Alec si era intromesso per salvarlo?
«
Tu! Tu..
avevi detto che non c'era nessuno! » farfugliò
goffamente, puntando il suo dito con fare accusatore verso il ragazzo.
Occhi blu
gli rivolse un'occhiataccia infastidita, che rischiò quasi
di sbriciolarlo sul posto.
«
Davvero ti sembra questo il momento per mettersi a discutere?
» gli sibilò poi contro, continuando allo stesso
tempo a tenere sotto controllo quelle due zucche vuote.
Magnus
aprì la bocca indignato, pronto a scaricargli addosso tutta
la sua ira.
Ma prima che
potesse anche solo pronunciare mezza sillaba, Russ lo
azzittì nuovamente.
«
Adesso basta, questa pagliacciata è durata fin troppo. Che
tu abbia espresso o meno il tuo ultimo desiderio, la tua ora
è giunta. »
Immediatamente
dopo aver dato voce a quell'affermazione tutt'altro che rassicurante,
l'uomo iniziò ad avanzare verso di loro, spalleggiato da
Aric.
Magnus,
colto dal panico - più per l'incolumità di Alec
che per la sua -, si mise davanti al ragazzo con l'intenzione di
proteggerlo.
«
Vattene Alexander, li trattengo io! » esclamò con
convinzione, cercando di apparire più sicuro di
sé di quanto realmente si sentisse.
Prima che
potesse riflettere sul come mantenere quella promessa, però,
due braccia robuste lo afferrarono per le spalle, scaraventandolo
all'indietro e facendolo finire ben poco elegantemente con la schiena
spalmata per terra.
Magnus si
ritirò su a fatica, giusto in tempo per vedere Alec che si
piazzava davanti ai due in posizione di guardia.
«
Che accidenti fai! - provò a fermarlo, senza ottenere la
benché minima reazione dall’altro - Sei impazzito
per caso? Non stiamo parlando di Carl e dei bulletti della scuola!
» gli gridò, rendendosi conto di quello che aveva
detto solo quando le parole avevano ormai lasciato la sua bocca.
Alec, udendo
quell'affermazione, si voltò di scatto verso di lui,
dimenticandosi completamente del pericolo alle sue spalle.
Lo shock che
lo aveva pervaso in quel momento si leggeva chiaramente anche sul volto
di Magnus, che si era portato una mano alla bocca quasi a voler
ritirare ogni cosa.
L'espressione
del ragazzo tuttavia passò dallo sconcerto al terrore, nel
giro di pochi istanti.
Alec lo vide
indicare con un dito alle sue spalle, gridando: « Stai
attento! », un attimo prima di voltarsi di scatto per
ritrovarsi con la lama del coltello di Russ che puntava dritta alla sua
gola.
Indietreggiò
rapidamente cercando di uscire dalla sua traiettoria, ma non fu
abbastanza veloce: l'uomo riuscì comunque a ferirlo
all'altezza del petto, squarciando la sua maglia e provocando una
copiosa fuoriuscita di un liquido caldo e vermiglio dove la pelle era
stata lacerata.
Ignorando
Magnus che continuava a gridargli avvertimenti, e spingendo il dolore
nell'angolo più remoto della sua mente, Alec si
concentrò completamente sullo scontro, rimandando ogni
discussione o pensiero a più tardi.
Sempre che
ne fossero usciti vivi, s’intendeva.
Piantò
i suoi occhi in quelli dell'energumeno, cercando di prevedere le sue
mosse così come gli era stato insegnato a fare.
Questa
volta, quando Russ cercò di nuovo di attaccarlo, il ragazzo
non si fece cogliere impreparato e riuscì a deviare il colpo
senza alcuna fatica.
Il moro
sferrò poi un calcio laterale per allontanare Aric che si
stava pericolosamente avvicinando alla sua sinistra, senza smettere un
attimo di continuare a parare e schivare gli affondi del primo uomo.
Quando Russ
puntò nuovamente al suo volto, Alec si abbassò
passando sotto il suo braccio e, muovendo appena un passo in avanti, lo
colpì violentemente allo stomaco con un calcio circolare;
l'impatto con la sua tibia fece piegare in due l'avversario, e il
ragazzo ne approfittò per tirargli una gomitata sulla
tempia, lasciandolo momentaneamente stordito.
L'altro
uomo, che nel mentre si era ritirato su, attaccò il moro
alle spalle, stringendogli la gola con un braccio e afferrandolo alla
nuca con l'altro nel tentativo di impedirgli di reagire.
Alec
riuscì però a liberarsi dalla presa e,
strattonando violentemente Aric verso il basso, gli sferrò
una serie di ginocchiate sul naso, interrompendosi solo quando il volto
dell'uomo fu completamente ricoperto di sangue.
Immediatamente
dopo lo lanciò addosso a Russ, ancora barcollante per il
colpo subito in precedenza, buttando entrambi a terra.
Quest'ultimo
iniziò a far leva sulle braccia nel tentativo di ritirarsi
su, ma prima che potesse riuscirci il ragazzo lo prese a calci in
faccia facendolo crollare nuovamente su quel lurido selciato.
Approfittando
del fatto che, almeno per poco, fossero entrambi incapaci di reagire,
Alec voltò loro le spalle, dirigendosi velocemente verso
l'imbocco della stradina laterale dove quei due gli avevano teso un
imboscata.
In una
manciata di secondi arrivò da Magnus che si trovava ancora
seduto per terra dove lo aveva lasciato, con in volto un espressione
talmente basita da sembrare quasi comica.
« Ma da dove diavolo sei uscito
fuori? » lo sentì chiedere in un
sussurro, con il tono di chi ha appena ricevuto un'illuminazione divina.
In altre
circostanze Alec sarebbe stato quasi lusingato di vedere una simile
ammirazione trapelare da Magnus, ma quello non era certo il momento
giusto per perdersi in certe considerazioni.
Lo
afferrò per le braccia e, con ben poca delicatezza, lo
rimise in piedi.
Subito dopo,
trascinandoselo dietro, iniziò a correre il più
velocemente possibile, portando entrambi lontani dal pericolo.
Ed ecco qui che le cose cominciano ad ingranare :D
Come già vi avevamo anticipato, abbiamo deciso di fare uno
stacco di qualche giorno, che hanno avuto la funzione di farli
avvicinare almeno un minimo.
E qui la confessione di Alec che, per il momento, è
sufficiente per farvi intendere un po' la sua situazione familiare. Ed
anche per farvi mettere sotto una luce diversa Robert :D
Ovviamente un momento del genere doveva essere interrotto dalle follie
di Magnus che li mette nuovamente entrambi nei guai.. e vi avvertiamo
che ora saranno "cavoli amari" per loro xD E poi, hanno qualcosa da
chiarire ora.. xD
In tutto ciò, Izzy e Jace hanno deciso di muoversi ed
intervenire, quindi guai in vista!
Come al solito ringraziamo tutte quelle persone che seguono e
recensiscono la storia, siete meravigliose! *-*
Speriamo che questo capitolo vi sia piaciuto, e vi invitiamo, se
volete, ad esprimerci il vostro parere <3
Come al solito, vi lascio link del gruppo
facebook, se ne volete entrare a far parte!
Cliccate qui ---> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Bye!<3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo #5 ***
Capitolo #5
« Ehi ragazzi, venite a vedere! C'è lo smidollato!
Che fai femminuccia, ti nascondi? » sentì gridare
a gran voce, a poca distanza da lui.
Ti
prego no, non di nuovo.
Alec
era seduto su un vecchio muretto scalcinato nella zona più
remota del cortile, scelto intenzionalmente affinché quel
gruppo di imbecilli non lo notasse, lasciandolo in pace una volta tanto.
Peccato
che, a quanto pareva, la sua brillante strategia avesse fallito
miseramente.
Oramai
erano settimane che Carl - il tipico bulletto senza cervello della
scuola - e i suoi patetici amici lo avevano preso di mira.
Data
la sua propensione a non spiccicare parola con anima viva e i suoi modi
da irreprensibile bravo ragazzo, Alec era la preda perfetta per battute
e prese in giro della più vasta specie.
Solitamente
aspettavano momenti come quello, in cui Jace o Izzy - i suoi fratelli,
nonché gli unici amici che aveva lì dentro - lo
lasciavano da solo per qualsivoglia motivo.
E
in un certo senso era decisamente meglio così: li conosceva
abbastanza da sapere che avrebbero impiegato soltanto pochi minuti per
spingere quei presuntuosi a fuggire in lacrime e con la coda tra le
gambe; quando volevano, sapevano essere davvero tremendi.
Proprio
per questo motivo aveva accuratamente evitato di fare loro menzione di
quella faccenda.
Contrariamente
a quanto potevano pensare quei bulletti, infatti, Alec non aveva alcun
bisogno di essere difeso né tantomeno di far intervenire
qualcuno in suo soccorso.
Essendo
molto più alto, decisamente più forte e cresciuto
con un padre come il suo, sarebbe stato capace di stenderli senza
battere ciglio se solo si fossero spinti troppo oltre.
Semplicemente
lo infastidiva stare a sentire le loro idiozie, tanto più
che poi era troppo buono per rispondere come avrebbe dovuto fare.
«
Guardate che faccia! Che c'è bambinetta, stai per piangere?
Vuoi correre a farti consolare da mammina? » tornò
all'attacco l'altro, avvicinandosi sempre di più ad Alec.
Quest'ultimo
alzò a malapena lo sguardo; l'ultima cosa che aveva
intenzione di fare era dargli corda, rendendo tutta quella sceneggiata
ancora più lunga.
«
Intendi dire come ho visto fare a te ieri? Sai credo di aver registrato
perfino un video. Non sai quanto mi sono divertito a vedere la tua
faccia da fesso in quelle condizioni! E ti assicuro che se continui a
girare da queste parti farò in modo che tutti se la ridano
come ho fatto io. » esclamò in quel momento
qualcuno alle sue spalle, con uno strano tono che poteva essere
descritto come un mix tra il divertito e l'altezzoso.
Per
un attimo, pensò che Jace avesse bidonato la ragazza che lo
stava aspettando per pranzo, incappando per sbaglio in quel teatrino.
Poi
però si rese conto che per quanto l'ironia fosse la stessa
di cui da sempre suo fratello si vantava, il timbro di voce era
decisamente diverso dal suo.
Voltò
lentamente la testa in modo da riuscire a vedere il volto di chi aveva
parlato, restando subito dopo basito: ad intervenire in suo "aiuto",
era stato niente di meno che il mitico Magnus Bane.
Al
contrario di Alec, di cui avevano memoria solo i professori in
virtù della sua media impeccabile, Magnus era conosciuto da
ogni singola persona presente all'interno dell'istituto.
Era
il tipico ragazzo sicuro di sé sempre e comunque, che amava
mettersi costantemente al centro dell'attenzione e che a volte riusciva
ad essere talmente sfacciato da sfociare quasi nell'odioso.
Per
non parlare poi di quanto fosse maledettamente bello: con quei capelli
corvini, la pelle color caramello che faceva risaltare ancora di
più il fisico tonico, e quei meravigliosi occhi verdi, di
certo non era il tipo che passava inosservato.
Ancora
troppo scioccato per reagire lo vide accomodarsi accanto a lui, come se
quella fosse la cosa più naturale del mondo.
«
Non ci è voluto poi molto a farli fuggire, no? »
gli disse immediatamente dopo, rivolgendogli un sorriso smagliante.
Alec
si guardò intorno confuso, notando così che dove
fino a poco prima si trovavano quei ragazzi, adesso c'era solo ed
esclusivamente il nulla.
Era
davvero riuscito a scollarglieli di dosso con poche semplici paroline.
Il bello dell'essere famosi,
commentò tra sé e sé.
«
Sai, c'è solo una cosa che non capisco. Perché
diavolo non gli hai tirato uno di quei calci rotanti alla Bruce Lee?
Morivo dalla voglia di vedertelo fare. » gli
domandò Magnus in tono lamentoso, guardando Alec come se si
aspettasse davvero una risposta a quell'insensata domanda.
Il
ragazzo batté le palpebre perplesso, continuando a pensare a
cosa avrebbe dovuto rispondergli a quel punto.
L'altro,
minimamente toccato da quel silenzio imbarazzato, continuò a
sproloquiare gesticolando come un forsennato.
«
Alexander Lightwood che se ne sta fermo senza sfoderare le sue
micidiali mosse? Ma insomma, dico io, tu e i tuoi fratelli non dovreste
essere delle macchine da guerra? Ah, questa falsa
pubblicità! Prima o poi distruggerà il mondo!
»
Alec,
dopo essere rimasto per alcuni istanti a bocca aperta,
riuscì finalmente a ritrovare l'uso della parola.
«
Come fai tu a sapere il mio nome? E come conosci me e i miei fratelli?
O meglio, Jace e Izzy sono abbastanza facili da individuare, ma io? Sono
praticamente invisibile! » gli rispose, sinceramente colpito
dalle parole uscite dalla bocca dell'altro.
Magnus
scoppiò a ridere di gusto, guardandolo come se fosse pazzo.
«
Ah Lightwood, come sei ingenuo. Credi davvero che in questo covo di
pettegoli, nessuno parli dei figli del generale della British Army?
» gli chiese, inarcando le sopracciglia e portandosi una mano
al petto in una finta espressione sconvolta.
Alec
sospirò pesantemente, passandosi una mano in mezzo ai
capelli e continuando a guardare a terra.
«
Beh, immagino che sia così. Ma ancora non capisco che cosa
c'entri mio padre in tutto ciò. » gli rispose poco
dopo, sforzandosi di intavolare una conversazione come una persona
normale.
Considerando
i suoi standard, quello lì era già una specie di
record; tuttavia doveva di certo impegnarsi di più per non
fare la figura dello stupido con uno come lui.
«
C'entra perché sono sicuro che ti abbia addestrato a dovere,
motivo per cui saresti stato più che capace di picchiarli
senza dar loro nemmeno il tempo di reagire. Nonostante ciò
non l'hai fatto, restando lì a farti insultare. Per quanto
ci provi non capisco proprio il perché. » gli
disse Magnus, studiandolo con palese interesse.
Alec
lo guardò sorpreso: non erano in molti, quelli che si
sarebbero presi la briga di fargli una simile domanda.
La
maggior parte della gente, al posto suo, l'avrebbe bollato come un
povero smidollato incapace di farsi valere, mollandolo lì
subito dopo.
«
Il fatto che io ne abbia le capacità non mi autorizza a far
loro del male. Non mi importa se si divertono ad insultarmi, mi rifiuto
di umiliare delle persone che sono incapaci di difendersi. »
esordì in tono deciso, aspettandosi che l'altro gli
scoppiasse a ridere in faccia o lo deridesse dopo un pensiero del
genere.
Al
contrario, Magnus lo stava guardando con un sorriso dolce stampato in
volto, e Alec poté giurare di vedere un lampo di ammirazione
passare nel suo sguardo.
«
Questo ti rende una persona davvero molto speciale, fiorellino.
» gli sussurrò il ragazzo, avvicinandosi in modo
da tale da poterlo guardare negli occhi.
Alec
rimase momentaneamente spiazzato dalla reazione dall'altro e dai suoi
occhi che, visti da così poca distanza, erano di una
tonalità di verde spettacolare, talmente intensa da non
sembrare quasi vera.
Scosse
la testa, cercando di riprendere il controllo dei suoi pensieri - che
stavano vagando su sentieri decisamente pericolosi - e
rivolgendogli uno dei suoi migliori sorrisi.
«
Non mi hai davvero chiamato fiorellino, vero? » gli chiese,
fintamente inorridito.
Magnus
scosse vigorosamente la testa, dimostrando tutto il suo dissenso.
«
Assolutamente no. Deve essere stata un' allucinazione, fiorellino. Magari
ti dovresti togliere da sotto questo sole. Sai, tanto per evitare che
il tuo cervellino possa farti sentire cose strane. » rispose
poi, con un sorrisino scaltro che contribuì ancora di
più a dargli l'aria da birbante.
«
Oh, per l'Angelo. Sarà proprio il caso correre ai ripari,
non voglio mica retrocedere allo stadio di un ameba in agonia!
» si finse sconvolto Alec, stando al gioco del ragazzo.
Magnus
scoppiò a ridere allegramente, finendo col contagiare anche
l'altro.
«
Sai Alexander, tu mi sei davvero simpatico; e posso assicurarti che
è una cosa difficile piacere ad una persona
meravigliosamente scintillante come me. - esordì, una volta
che ebbe ripreso fiato - Per cui, non hai altra scelta che sentirti
onorato: da oggi in poi io e te saremo buoni amici. »
Purtroppo,
però, non ne ebbero mai la possibilità.
Nel
giro di pochissimo tempo infatti, Magnus mutò
completamente atteggiamento, diventando sempre più scostante
e solitario, senza che nessuno riuscisse minimamente a capirne il
perché.
Tutti
coloro che provavano ad avvicinarsi a lui venivano scacciati senza
tante cerimonie, e non fece eccezione neanche Alec, che non ebbe
più modo di rivolgergli neanche una parola.
Passarono
solo poche settimane prima che il ragazzo, oramai irriconoscibile tanto
era divenuto cupo e rabbioso nei confronti di chiunque, lasciasse la
scuola.
Alec
cercò in tutti i modi di scoprire che ne era stato di lui,
di capire cosa gli fosse successo, ma alla fine dovette rassegnarsi
alla realtà: Magnus sembrava svanito nel nulla, e nonostante
i suoi sforzi, non lo rivide più.
Almeno
fino a qualche sera prima, quando lo aveva trovato privo di sensi in un
vicolo con una ferita sanguinante alla spalla.
Aveva
passato le ore successive in attesa che Magnus si svegliasse, cercando
disperatamente di capire cosa avrebbe potuto dirgli.
Ma
alla fine, tutte le sue preoccupazioni erano state vane: il ragazzo,
non appena aperti gli occhi, gli aveva fatto subito ben intendere di
non ricordarsi minimamente di lui.
Non
che una cosa del genere fosse poi così assurda, anzi,
sarebbe stato strano il contrario.
Alec
gli era grato per la sua gentilezza e per essere stato in grado di
farlo sentire apprezzato, sebbene per poco. Ed era
stato proprio per questo motivo, almeno in parte, che si era intromesso
in quello scontro deciso a salvarlo.
Per
Magnus, invece, quella conversazione risalente a molti anni addietro
non doveva aver significato assolutamente niente, motivo per cui era
più che comprensibile che si fosse dimenticato di lui.
O
per lo meno era quello che Alec aveva creduto.
"Non
stiamo parlando di Carl e dei bulletti della scuola".
Quella
frase gridata da Magnus, durante il suo scontro con quei due
energumeni, lo aveva lasciato letteralmente a bocca aperta.
Avrebbe
quasi potuto pensare che si trattasse di un'assurda coincidenza o di
un'allucinazione dovuta allo stress, se non fosse stato per la faccia
scioccata dello stesso Magnus.
Subito
dopo aver pronunciato quelle parole, Alec lo aveva visto portarsi una
mano alla bocca, evidentemente pentito di quello che aveva detto.
Come
se si fosse lasciato scappare qualcosa che non avrebbe dovuto.
Ma
se davvero si ricordava di lui e del loro incontro, che senso aveva
mentire?
Gli
aveva rivelato solo in seguito di come un certo Bane fosse ricercato
dall'esercito, perché fingere fin dal principio di non
conoscerlo?
L'unica
spiegazione che gli venisse in mente era che stesse cercando di
proteggerlo.
Alec
si sforzò di scacciare quel pensiero: l'ultima cosa di cui
aveva bisogno in quel momento, era farsi delle strane illusioni.
Riportò
la sua attenzione sull'altro che continuava a studiare, con espressione
estremamente concentrata, il contenuto della sua cassetta di pronto
soccorso.
Lo
vide disporre sul tavolo accanto a loro tutta una serie di garze e
disinfettanti, che gli sarebbero stati utili per prendersi cura della
ferita che Russ gli aveva lasciato in ricordo.
Fortunatamente
era stato abbastanza veloce da riuscire a spostarsi, facendo
sì che l'altro lo prendesse solo di striscio, o le
conseguenze sarebbero state senz'altro più gravi.
Magnus
gli fece cenno di togliersi la maglia in modo da potersi occupare senza
intralci del taglio sul suo torace, senza accennare però a
guardarlo o a spiccicare parola.
Alec
iniziava quasi a preoccuparsi: un simile silenzio era davvero insolito
per lui.
Dal
momento in cui avevano rimesso piede in casa, - ancora affaticati dalla
corsa rocambolesca fatta per scampare ad un altro scontro - Magnus,
dopo avergli rivolto un'occhiata carica di preoccupazione per il sangue
che gli imbrattava vistosamente la maglia, si era messo a frugare in
giro alla ricerca del necessario, rifiutandosi categoricamente di
aprire la bocca.
Il
moro iniziava veramente a credere che fosse abbastanza alterato con lui
per avergli mentito, anche se a conti fatti non poteva certo criticarlo
sotto quel punto di vista.
«
Questo ti farà un po' male. » esordì
Magnus in quel momento, avvicinandogli dell'ovatta imbevuta di
disinfettante sulla ferita.
Il
moro trattenne un' imprecazione, imponendosi di ignorare il bruciore
che sembrava sfiorargli ogni terminazione nervosa.
«
Sai minimamente cosa stai facendo, principessa? » chiese
ironicamente all'altro, non riuscendo ad evitare di sorridere di fronte
all'occhiataccia che ricevette in risposta.
Con
ancora addosso quegli assurdi vestiti che lo aveva costretto ad
indossare per uscire senza essere riconosciuto, Magnus risultava
tutt'altro che spaventoso; il potere dei figli dei fiori azzerava
completamente ogni suo tentativo di essere minaccioso.
Almeno
si era tolto quella parrucca orripilante - che sua sorella aveva
utilizzato per una missione lasciandola poi nel suo armadio - e gli
occhiali da sole che gli impedivano di ammirare quelle iridi verdi.
«
Ma sì, mettiti pure a fare lo spiritoso. E' logico. Chi non
lo farebbe dopo essersi quasi fatto ammazzare? »
borbottò il ragazzo chiaramente piccato, cercando nel
contempo di fare una fasciatura degna di questo nome.
Prima
che Alec potesse replicare, l'altro lo interruppe, prendendo nuovamente
la parola.
«
Come ti senti? Hai altre ferite? » gli chiese palesemente
preoccupato, lasciandolo a dir poco sorpreso da tutta quella premura
nei suoi confronti.
Dopo
alcuni attimi di esitazione scosse lentamente la testa, senza staccare
gli occhi dal ragazzo.
«
Sto benissimo, non è niente. E no, a parte quel taglio sono
praticamente illeso. »
Magnus
annuì accondiscendente, per poi alzarsi dalla sedia con
un'espressione tutt'altro che rassicurante stampata in viso.
«
Si può sapere che diavolo ti è saltato in mente?
Avrebbero potuto farti fuori! » si mise difatti a gridare a
pieni polmoni subito dopo, rischiando seriamente di rompere un timpano
al moro.
Quest'ultimo
alzò le mani in segno di resa, mettendosi a sua volta in
piedi per fronteggiare quel piccolo concentrato di furia.
Alla
faccia dei figli dei fiori.
«
Nel caso in cui tu non l'avessi notato, non ho avuto altra scelta! O
volevi forse che me ne rimanessi immobile mentre ci facevano a pezzi
entrambi? » replicò sarcasticamente, incrociando
le braccia al petto e guardandolo dall'alto in basso.
Magnus
lo trucidò con lo sguardo, puntandogli un dito contro con
fare accusatore.
«
Non provarci nemmeno, Alexander! Non era questo che volevo dire, lo sai
benissimo! » esclamò poi, senza accennare
minimamente ad abbassare il tono della voce.
Era
una fortuna che Alec non avesse vicini, o si sarebbe senz'altro beccato
una denuncia per disturbo della quiete pubblica.
«
E cosa volevi dire, di grazia? Perché sembrava proprio che
mi stessi accusando per essermi scontrato con quei due. »
ribatté prontamente, portandosi le mani sui fianchi e
assumendo un'espressione supponente.
L'altro
alzò le braccia al cielo, in chiaro gesto di esasperazione.
«
Per Lilith, Alec! Sei partito in quarta mettendoti a fare a botte senza
pensarci due volte. Sarebbe potuta andarti molto peggio di
così! » esclamò poi, lasciando il moro
palesemente basito.
Lui
che aveva a che fare ogni giorno con dei criminali privi di qualsiasi
scrupolo, gli stava facendo la morale sulla pericolosità
delle sue azioni? Seriamente?
«
Magnus, io sono un soldato.
Sono stato addestrato
per questo, per trovarmi faccia a faccia col pericolo. Sono
perfettamente in grado di badare a me stesso. »
affermò con durezza, sforzandosi di mantenere la calma.
Se
si fosse messo a gridare anche lui come Magnus non ne sarebbe
più usciti, o almeno non tutti interi.
Il
ragazzo si mise a camminare avanti e indietro alla stregua di un leone
in gabbia, sospirando profondamente. Il tutto sotto lo sguardo curioso
di Alec, che non aveva ancora ben capito che cosa gli passasse per la
testa, né tantomeno per quale motivo fosse così
infuriato.
«
Potevi lasciare che me ne occupassi io. » disse dopo alcuni
minuti, ritrovando il suo solito contegno.
Il
moro lo studiò per alcuni istanti, convinto di trovare
qualche segnale o traccia del fatto che l'altro lo stesse prendendo in
giro, ma sorprendentemente non ve ne erano.
Credeva
davvero di poter tenere testa a quei due da solo, disarmato e per
più con una ferita in via di guarigione?
Pura pazzia, ecco
cos'era quella.
«
No, non potevi. Per quanto ti piaccia pensare di essere immortale, ti
informo che così non è. Probabilmente questa
volta ti avrebbero ammazzato davvero se ti fossi intromesso.
» gli rispose semplicemente, sforzandosi di tenere per
sé tutte le sue considerazioni e di non suonare troppo
severo.
Magnus
strinse le labbra in una linea sottile, cercando evidentemente di
impedirsi di mandarlo a quel paese come invece moriva dalla voglia di
fare.
Orgoglioso
com'era non doveva essere una bella cosa il sentirsi dire che aveva
bisogno dell'aiuto di qualcuno per salvarsi la pelle. Ma purtroppo per
lui, quella era la verità.
«
Perché invece di parlare di questa volta, non
parliamo un po' di quella precedente? » gli
domandò poi, guardandolo con un lampo di sfida negli occhi.
Alec
avanzò di qualche passo, portandosi a pochi centimetri di
distanza da lui.
«
Non so proprio a cosa tu ti riferisca. » asserì
poi con tono innocente, assumendo un'espressione angelica.
Magnus
fece scorrere lo sguardo da quegli occhioni blu così sinceri
alle labbra del ragazzo, per poi soffermarsi brevemente su quel fisico
statuario.
Combattendo
l'impulso di suggerirgli di indossare nuovamente una maglietta per
evitare di distrarlo con quell'addome scolpito -
probabilmente il moro era troppo assorbito nella discussione per
ricordarsi delle condizioni in cui ancora si trovava -,
tornò a concentrarsi sul discorso principale.
Aveva
sentito chiaramente Russ mentre diceva che Alec si era intromesso
facendo l'eroe, ed era più che intenzionato ad andare in
fondo a quella faccenda.
«
Ah no? Quindi vuoi dirmi che non avevi mai incontrato quei due prima di
oggi? E che volevano ucciderti così, per sport? Per favore
Alec, non insultare la mia intelligenza. Voglio che tu mi spieghi
immediatamente cosa è successo la sera che mi hai
trovato, e che questa volta sia la verità. »
esordì imperiosamente, cercando di trasmettere all'altro
tutte le torture a cui sarebbe andato in contro in caso di menzogna.
Il
moro accennò appena un sorrisino sarcastico, scompigliandosi
i capelli con una mano.
«
Magari mi hanno confuso con qualcun'altro? » provò
a suggerire, pur essendo consapevole del fatto che si trattasse davvero
di un tentativo disperato.
Magnus
non perse minimamente la sua espressione truce, per nulla divertito da
quella battutaccia mal riuscita.
«
Alexander.
»
Ecco,
quello sì che era un tono minaccioso. Avrebbe dovuto
portarsi dietro il ragazzo durante gli interrogatori, avrebbe
senz'altro guadagnato tempo prezioso.
Consapevole
di essere stato messo all'angolo - maledetto Russ e la sua schifosa
boccaccia - si preparò mentalmente alla ramanzina che
avrebbe subìto a breve.
«
Stavo tornando a casa dopo una serata passata in uno squallido locale,
- dove i miei fratelli mi avevano letteralmente trascinato a forza, sia
chiaro - quando ho sentito una discussione piuttosto accesa provenire
da un vicolo poco distante. Mi sono avvicinato per controllare e vi ho
sentiti parlare. » iniziò lentamente, cercando in
tutti i modi di non incontrare lo sguardo dell'altro.
Aveva
come l'impressione che se malauguratamente avesse incrociato quelle
iridi verdi, probabilmente sarebbe stato carbonizzato. O che meglio
ancora si sarebbe trasformato in pietra come i poveretti che, secondo
un mito greco, avevano avuto la sfiga di trovarsi davanti a Medusa.
Inutile
dire, infatti, che riusciva chiaramente a percepire tutto il suo
disappunto.
«
Che cosa hai sentito? » gli chiese Magnus seccamente, senza
sforzarsi minimamente di nascondere una nota di accusa nella sua voce.
«
Non molto. Ho sentito solo Russ che parlava di alcuni accordi che
avevate preso. A quel punto stavo per andarmene, quando l'ho visto
mentre ti accoltellava. Tu eri ferito e privo di sensi, e lui non
sembrava minimamente intenzionato a fermarsi: ti avrebbe quasi
sicuramente ucciso. E così.. beh ecco, diciamo che puoi
immaginarti la scena prendendo spunto da quello che hai visto poco fa.
» borbottò Alec in risposta, attendendo la
reazione dell'altro che, senza ombra di dubbio, sarebbe stata
tutt'altro che pacifica.
«
TU MI HAI MENTITO? »
Appunto,
come volevasi dimostrare.
Ma
che accidenti aveva al posto delle corde vocali? Se avesse urlato un
altro po' lo avrebbe lasciato sordo a vita.
Cercò
più volte di replicare, ma prima ancora che potesse
formulare una qualsiasi sillaba, Magnus lo interrompeva nuovamente
gridandogli contro i più coloriti insulti che avesse mai
sentito.
Se
non fosse stato vagamente risentito, avrebbe quasi potuto apprezzare la
sua fantasia.
«
Che cosa ci facevi solo soletto e sanguinante in un vicolo? Cosa ti
è successo, poverino? Ho come l'impressione che qualcuno
voglia ucciderti! » affermò ad un certo punto,
chiaramente scimmiottando la voce del moro e facendo
riferimento a quello che aveva detto nei giorni passati.
Alec
di fronte a quel teatrino, non riuscì a trattenersi dallo
scoppiare a ridere fragorosamente, incurante della furia che avrebbe
potuto abbattersi di lui per quel gesto; vederlo in quelle condizioni
era maledettamente divertente.
«
La cosa ti fa ridere? Ho passato quattro giorni a mentire e ad
inventare scuse per niente? Sapevi benissimo cosa era successo e ti sei
divertito a prendermi per il naso! » continuò
Magnus immediatamente dopo, lasciando trasparire tutta la sua
indignazione.
Alec
inarcò le sopracciglia, riservandogli un'occhiata di
sarcasmo misto a rimprovero.
«
Io mi sono
divertito a prenderti in giro, Signor
"sono stato rapinato"? Giusto, perché poi tu
sei stato così onesto con me. » replicò
poi, mentre l'altro serrava le labbra in una linea stizzita,
consapevole di non poter replicare in nessun modo, non a quella
affermazione.
«
Stavo solo cercando di avere qualche informazione, tanto per capire in
che razza di situazione mi sono ritrovato. »
continuò il moro, guadagnandosi un'occhiata a dir poco
penetrante.
«
Se tu avessi evitato di immischiarti in affari che non ti riguardano,
non avresti avuto questo problema. » annunciò
Magnus altezzosamente, assumendo quell'aria di composta
superiorità che l'altro detestava come poche altre cose al
mondo.
Quella
conversazione stava degenerando fin troppo velocemente, Alec se ne
rendeva perfettamente conto, ma si rifiutava di soccombere come se
niente fosse di fronte alla testardaggine di quel ragazzo, tanto
più dal momento che non era certo dalla parte del torto.
«
Se non mi fossi "immischiato", come dici tu, a quest'ora saresti morto.
» gli fece notare seraficamente, convinto che non avrebbe
avuto niente da ridire.
Peccato
che, ancora una volta, si trovò a dover rivedere le sue
decisioni nel giro di pochi secondi netti.
«
Nessuno ti ha chiesto di salvarmi. » replicò
difatti l'altro, sollevando il mento in un gesto di sfida.
Alec
studiò quell'espressione stizzita per qualche attimo,
cercando ancora di registrare quello che aveva appena sentito.
Quando
acquisì in pieno il significato di quelle parole, fu
sopraffatto da un'ondata di rabbia che ben poche volte in vita sua
aveva sperimentato.
«
E' questo quello che hai da dire dopo che ho messo a repentaglio la mia
vita per salvarti? Che nessuno mi ha chiesto niente? Bene, puoi stare
tranquillo: non commetterò mai più un errore
così stupido. » sibilò poi, con un tono
freddo quanto i ghiacciai dell'artico.
Questo è davvero
troppo, continuava a pensare fissandolo rabbiosamente.
Aveva
sopportato la sua ingratitudine per giorni ma non riusciva proprio a
mandare giù che gli rispondesse in quel modo, non quando
aveva da poco rischiato, per la seconda volta, di farsi tagliuzzare per
proteggerlo.
Magnus
sospirò profondamente, avvicinandosi a lui di qualche passo
e borbottando quelli che sembravano insulti verso un qualcuno di
imprecisato.
«
Okay, va bene, ho esagerato. Ti sono grato per avermi salvato e scusa
per quello che ho detto. » esordì poi con una
smorfia, come se pronunciare davvero ad alta voce quelle parole fosse
quasi un dolore fisico.
Ed
ecco che lo aveva sorpreso un altra volta: Alec era convinto che
avrebbe visto l'inferno congelare prima che le sue orecchie potessero
udire una cosa del genere provenire dalla bocca di Magnus.
«
Non credo di aver capito, sai? » replicò
furbescamente, con un sorrisetto appena accennato; di fronte a
quell'evento più unico che raro era difficile restare
arrabbiati.
Magnus
schioccò la lingua, guardandolo dall'alto in basso con finta
ostilità.
«
Non ci provare occhi blu, non mi sentirai mai più dire una
cosa del genere. » lo riprese poi, facendogli un cenno di
diniego con l'indice a mo' di maestrina.
«
Come vuoi, principessa.
Allora a questo punto.. » iniziò il moro, ma fu
prontamente interrotto.
«
Oh no, adesso basta. Mi hai sommerso di domande per giorni, ora
è il mio turno. Tanto per cominciare, per quale motivo hai
fatto una cosa così assurdamente pericolosa?» gli
chiese difatti Magnus, guardandolo come se volesse ricavare la risposta
a quella domanda direttamente dalla sua testa.
Alec
esitò, pensando a un qualsiasi modo per tirarsi fuori da
quella conversazione senza riuscire a trovarne alcuno.
Senza
contare poi che dopo quello che aveva sentito gridare a Magnus e la
quasi certezza che in realtà si ricordasse di lui..
Alec
sospirò profondamente, passandosi una mano tra i capelli.
A
quel punto non aveva altre alternative: tanto valeva dirgli la
verità.
«
Perché.. Ti devo un favore no? Mi hai tolto dai piedi una
gran bella scocciatura tanti anni fa. » provò,
lasciando la frase in sospeso, cercando di scorgere in lui anche solo
un lampo di comprensione.
Non
era ancora del tutto convinto di aver sentito bene. Una parte di lui
continuava a ripetergli che probabilmente si trattava solo di un frutto
della sua fantasia, ma proprio per questo motivo era arrivato il
momento di scoprirlo.
Magnus
aprì leggermente la bocca inclinando la testa di lato, quasi
a voler soppesare la carente informazione appena ricevuta.
Quando
capì a cosa si stesse riferendo, un balenio di speranza
passò in quegli occhi così belli quanto
misteriosi.
«
Aspetta, tu ricordi? » gli chiese, portandosi a pochi
centimetri da lui.
Alec,
in quel preciso istante, riuscì quasi a percepire il cuore
pompare il sangue più velocemente nelle sue vene.
Da
quando Magnus era piombato nuovamente nella sua vita, non aveva fatto
altro che pensare a cosa sarebbe potuto succedere se si fosse ricordato
di lui. Aveva immaginato molte possibili reazioni per entrambi, ma ogni
sua previsione era stata scacciata via con quelle tre semplici parole.
Credeva
che sarebbe stato felice nel sapere di non essere stato schedato solo
come una misera e banale conoscenza, ma in quel momento sentiva solo
montargli dentro una gran rabbia per essere stato preso nuovamente in
giro.
«
Vuoi dirmi che per tutto questo tempo hai finto di non riconoscermi?
Perché?! » gli chiese, esasperato da tutta quella
situazione e bisognoso di avere cinque minuti di pausa da tutto.
L’altro
assottigliò lo sguardo, alzando la testa con fare altezzoso.
Con
quell’espressione saccente, gli occhi ridotti ad una fessura
e le labbra tese in una smorfia di pura superiorità, Magnus
gli puntò un indice contro con fare accusatorio, scrutandolo
dall’alto in basso.
Alec
in quel momento avrebbe voluto trucidarlo sul posto, facendogli passare
una volta per tutte la fantasia di rivolgersi a lui in quel modo.
«
Beh, non si può dire che tu abbia agito assai diversamente
da me. Non hai mai accennato a qualcosa che potesse farmi intendere che
sapevi. » gli rispose allora, spintonandolo appena.
Alec
storse la bocca in una smorfia, lo sguardo carico di una tagliente
ironia.
«
Perché tu, Magnus Bane dei miei stivali, non eri
intenzionato a dirmi in che cavolo di situazione ti eri cacciato!
» esclamò risoluto, guardandolo con sfida.
Non
poteva sopportare il fatto che cercasse in tutti i modi di scaricargli
addosso la colpa di tutto.
Magnus
aprì la bocca, pronto a ribattere, ma poi la richiuse
inaspettatamente, scrutandolo con una strana espressione dipinta in
viso.
Magnus
Bane.
Quindi
lui sapeva benissimo che quel fantomatico Bane a cui
l’esercito dava la caccia era lui, e non aveva fatto altro
che fingere per tutto il tempo.
Non
sapeva esattamente cosa pensare in proposito, ma sperava che non
l’avesse fatto solo per i suoi stupidi interessi.
Facendo
dunque appello a tutta la sua compostezza, gli rivolse
un’occhiata penetrante, cercando di leggergli dentro.
«
Tu.. Non mi hai consegnato, perché? »
gli domandò, osservandolo mentre si scompigliava
nervosamente i capelli corvini.
Alec
valutò seriamente l’opzione di andarsene e
lasciarlo lì, senza una risposta, ma sapeva di non poterlo
fare, non quando si trattava di Magnus.
Nemmeno
lui sapeva bene cosa lo avesse spinto a non farne parola con nessuno;
tutto quello che voleva era vederlo fuori da un giro di affari del
genere.
«
Perché non voglio che ti arrestino, ma che tu esca da quel
diamine di casino, Magnus. » gli disse, con un espressione
che faceva ben intendere quanto fosse serio riguardo quella faccenda.
L’altro
alzò un sopracciglio con aria di sufficienza, incrociando le
braccia al petto e battendo ripetutamente il piede a terra, come a
volergli dimostrare il proprio evidente disappunto.
«
Adesso decidi tu per me Alexander? — gli chiese, la voce
dipinta di una sfumatura sarcastica — Dammi un solo motivo
per cui dovrei tirarmene fuori, avanti. » lo
spronò, arricciando le labbra.
Alec
fece un passo indietro, come oltraggiato per ciò che aveva
appena udito.
Davvero
credeva che non avrebbe saputo trovarne una motivazione valida? Ne
aveva di infinite nella manica, figurarsi se con quell’aria
da prima donna lo avrebbe mai fatto oscillare.
«
È un lavoro disonesto e pericoloso! — si
infervorò — Possibile che non ti interessa
minimamente della tua incolumità? »
Magnus
scosse la testa da una parte all’altra, quasi come se avesse
voluto scacciare via un’idiozia decisamente fastidiosa da
sentire.
Non
sapeva più cosa pensare di Alec.
Si
era fatto un’idea completamente diversa inizialmente, ma man
mano che continuava a stare in sua compagnia, si riscopriva ad essere
sempre più sorpreso dal suo modo di agire.
Alec
non era affatto come i soliti smidollati con cui aveva a che fare,
anzi. Sapeva farsi rispettare con un’occhiata, e immaginava
fosse persino in grado di fare inginocchiare la gente di fronte a lui
con nemmeno un cenno.
Beh,
non che potesse biasimarli, alla fine.
Scosse
la testa energeticamente, scacciando via la visione di un Alec in preda
al piacere provocato dalla sue mani sul suo corpo, della sua bocca
contro la sua pelle..
Oh
cazzo. Da quanto non placava i suoi ormoni? O da
quando, esattamente, si sentiva così attratto da Alec?
Si
riscosse improvvisamente, sentendo il sangue affluire più
velocemente nelle sue vene.
«
È la mia vita Alexander, decido io se voglio vivere o
morire. » rispose, decidendo saggiamente di non indagare
oltre su quei suoi strani pensieri.
Ci
mancava solo che si mettesse a pensare a lui in quel modo.
Alec
spalancò la bocca indignato sentendosi, quasi
inconsciamente, ferito.
Possibile
che non apprezzasse nemmeno un minimo il suo tentativo di salvarlo?
«
Qui non si tratta solo di te Magnus! — ribatté
allora, facendo trapelare il suo disappunto in ogni singola parola
— Capisci in che razza di situazione ti sei andato a
cacciare? Quei due vogliono farti fuori! »
esclamò, sentendosi uno stupido per essersi così
tanto preoccupato per qualcuno a cui non interessava minimamente di
essere vivo oppure morto.
Nervoso,
si diresse con poche falcate verso il frigorifero, prendendo la
bottiglia d’acqua e scolandosene metà.
Sentiva
che non sarebbe affatto finita lì la discussione,
perciò aveva assolutamente bisogno di qualcosa che gli
rinfrescasse la mente oltre che la gola.
Magnus
lo osservò trangugiare in maniera piuttosto rozza il
contenuto, un dito poggiato sull'angolo della bocca.
«
Non mi sembra che tu sia nella posizione di poter dire qualcosa, visto
che ce l’hanno anche con te. » gli fece notare,
sedendosi sul tavolo.
Alec
nemmeno lo notò, troppo impegnato a trattenersi dallo
spaccargli la faccia seduta stante.
Ora
si erano scambiati di ruolo? Lui si arrabbiava e l’altro
cercava di mantenere la calma come se stesse conversando
tranquillamente del più o del meno, roba da matti.
«
Forse stare a contatto con te mi sta facendo venire idee suicide.
» lo schernì, cercando di riacquistare il
controllo.
Non
era assolutamente da lui perdere le staffe e la cosa lo innervosiva
più del dovuto; non lasciava mai trapelare simili
sentimenti, preferiva piuttosto mettere su una maschera che gli
permettesse di mostrarsi come più gli aggradava.
Era
da sempre stato così per lui, che fin da piccolo aveva avuto
a che vedere con la solitudine.
Ormai
era una sua compagna da così tanti anni che non riusciva a
liberarsene, sebbene più volte si era ritrovato a desiderare
di poter trovare qualcuno in grado di infrangere quell'illusione.
Qualcuno in grado di spogliarlo delle sue paure e delle sue debolezze.
«
Vedi di fartele passare, perché non è uno scherzo
questo. » gli disse Magnus, accavallando le gambe e puntando
lo sguardo su Alec, che aveva rimesso la bottiglia nel frigo e si stava
voltando per guardarlo negli occhi.
«
Ed io che credevo di trovarmi davvero in una fiaba. Che peccato,
dovrò proprio riporre al proprio posto la spada e il cavallo
bianco allora. » recitò con finta tristezza,
facendo ghignare Magnus.
Non
vi era alcun dubbio sul fatto che la parte del principe gli riuscisse
più che egregiamente, ma dubitava oltremodo che da fanciulla
isterica quale era se ne sarebbe stata buona a farsi salvare senza
alzare un dito.
«
Sarà per un’altra occasione, cavaliere.
» scherzò, scendendo dal tavolo e avvicinandosi a
lui.
Alec
annuì, come a voler dare enfasi a ciò che
l’altro aveva appena detto.
Ci
sarebbe stata eccome, ma era doveroso informarsi sul come e il
perché.
«
Sono sicuro che non mancherà principessa, quindi che ne dici
di iniziare a spiegarmi in che cavolo di situazione siamo? »
Beh,
a quel punto non avrebbe certo potuto tacere ancora.
Hello! :D
Finalmente si sa che anche Magnus ricordava perfettamente Alec, e che
la sua è stata tutta una grande falsa v.v piccino bugiardo,
non si fa! xD
Ma a parte tutto, il capitolo ci era venuto lungo una trentina di
pagine, motivo per cui abbiamo deciso di tagliarlo per non renderlo
pesante >_< ma don't worry, nel prossimo capitolo
verrà approfondito un po' il personaggio di Magnus, dunque
si scoprirà qualcosina in più su di lui :D
Come al solito ringraziamo tutte le persone che stanno seguendo questa
storia, siete decisamente fantastiche e vi amiamo. TUTTE. <3
Un grazie anche a tutte coloro che ci esprimono capitolo dopo capitolo
il proprio parere, noi lo appreziamo davvero tanto tanto!<3
Speriamo con tutto il cuore che il capitolo sia stato di vostro
gradimento, e se vi va, fateci sapere cosa ne pensate!
Vi invitiamo nuovamente ad iscrivervi al gruppo facebook se
volete seguire meglio la storia e fare conoscenza con altre bellissime
persone e autrici!<3
Il link è questo---> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Alla prossima! <3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Capitolo #6 ***
Capitolo #6
Russ ritirò le mani all’ennesima frustata,
trattenendo a stento una smorfia di dolore: se avesse proferito anche
solo una parola, Ezekiel avrebbe continuato ad accanirsi su di lui per
tutta la notte.
Tutta colpa di quel dannato bamboccio tutto pompato, che da quando si
era immischiato nei loro affari, non aveva fatto altro che portargli
guai su guai.
Se solo si fosse comportato come un normale passante, facendosi i fatti
suoi e lasciandolo svolgere il suo lavoro, non si sarebbe ritrovato di
certo in quella dannata situazione.
Neanche a dirlo, quando erano tornati alla base circa
mezz’ora prima, il capo li aveva guardati con una certa
soddisfazione, credendo avessero finalmente fatto quanto aveva detto
loro.
Inutile dire che quando aveva scoperto che erano stati malmenati per la
seconda volta da quel ragazzino disarmato, si era infuriato al punto
tale da punirli.
Non solo erano tornati feriti dallo scontro, ma erano anche stati presi
a frustate per quello che poteva definirsi il quarto d’ora
più lungo della loro vita.
Entrambi avevano la pelle lacerata in più punti, ma non
avrebbero osato dire una sola parola per scagionarsi.
Ezekiel aveva tutti i diritti del mondo per arrabbiarsi con loro.
« Possibile che non riusciate a farne una giusta?!
» urlò, sbattendo la frusta a terra e facendoli
trasalire entrambi.
In quel momento sembrava irriconoscibile, tanto il suo viso era
deformato da un’espressione di pura rabbia.
Gli occhi infossati e le numerose rughe d'espressione, lo rendevano
ancora più minaccioso di quanto già non fosse
solitamente, e le labbra strette in una linea sottile e i capelli
incollati alla fronte per via del sudore, contribuivano ancora di
più a dargli l'aspetto da folle.
Mai l’avevano visto così tanto arrabbiato.
Anche se non avrebbero saputo dire se fosse per il fatto che si erano
fatti infinocchiare per la seconda volta dalla stessa persona, oppure
semplicemente perché non aveva ancora tra le mani il suo
tanto atteso bottino.
Probabilmente entrambe,
pensò Russ, senza accennare a muoversi di un solo millimetro.
« Una cosa vi ho detto di fare, una. »
continuò, rigirandosi l’arma tra le mani come
fosse chissà quale tesoro inestimabile.
Il che poteva anche essere così per lui, dato che era una
delle sue preferite oltre la sua amata pistola.
Aric si morse impercettibilmente il labbro inferiore, dando una leggera
gomitata al fianco di Russ senza ovviamente farsi vedere.
Quest’ultimo gli lanciò un’occhiata
penetrante, intimandogli con un semplice sguardo di tacere e di non
interferire nel suo sproloquio.
« Dovevate uccidere un cazzo di ragazzino viziato, un lavoro
semplice e veloce. - proferì sardonico, puntando un dito
dall’uno all’altro
-
Invece, vi siete fatti massacrare come due femminucce. »
continuò, riponendo la sua fedele frusta nel cassetto della
scrivania.
Ezekiel si stava sforzando disperatamente di riprendere il controllo di
sé, altrimenti era sicuro che li avrebbe uccisi seduta
stante senza battere ciglio.
Se vuoi che un lavoro
venga bene, non affidarti mai a nessuno, gli ribadiva
sempre il padre, ed ora sapeva con certezza quanto avesse ragione.
« Ed ora io vi chiedo: perché dovrei essere
clemente e risparmiarvi? No. Non vi azzardate a rispondere. »
li ammonì, prima che uno dei due aprisse bocca.
Cosa che, ovviamente, non erano minimamente intenzionati a fare; ci
mancava solo che lo facessero alterare più di quanto
già non fosse in quel momento.
Non ci tenevano affatto a morire, ma di quel passo, la morte non era di
certo così lontana.
Russ rabbrividì quando Ezekiel si diresse con passi spediti
verso l’armadietto nero delle armi, che lui aveva
soprannominato l’armadio delle torture.
Ne aprì un’anta afferrando un qualcosa che non
poté vedere, almeno in un primo momento.
Quando poi i suoi occhi si posarono su una 44 Magnum, la pistola
preferita del capo, fu colto da un senso di vertigine rischiando quasi
di svenire sul colpo.
L’aveva visto utilizzarla molte volte, come se fosse un
semplice giocattolo ad acqua, ma non gliene era mai importato un
accidente, fintanto che non si era ritrovato a dover temere della
propria vita.
Tuttavia, l’unica cosa che poteva sperare in quel momento,
era che avesse pietà dei propri scagnozzi e che li lasciasse
liberi, in modo da farli riscattare.
« La risposta, però, è estremamente
semplice. Volete sentirla? » chiese in maniera retorica,
senza voler effettivamente ascoltare ciò che avevano da dire.
Se voleva andare a colpo sicuro, non doveva affidare compiti importanti
a degli incompetenti buoni a nulla. Il suo motto era sempre stato
quello di sbarazzarsi dei più deboli senza pensarci due
volte, perché indegni di vivere.
E in quel preciso istante, nulla avrebbe potuto fargli cambiare idea,
neanche la discesa dell'angelo Raziel in persona.
Avrebbe fatto fuori anche lui se solo fosse stato necessario,
perché da potente calcolatore quale era, tutto
ciò che non gli andava a genio veniva eliminato in un batter
di ciglia.
« Vi prego non uccideteci! Risparmiateci per questa volta,
possiamo promettervi che faremo d- » Aric si
strozzò con il suo stesso sangue a metà frase,
sentendo un insolito bruciore espandersi nel petto.
Con mani tremanti tastò il punto che sentiva bruciare,
trovandosi subito dopo i palmi imbrattati di un liquido vermiglio.
Annaspò, allungando un braccio verso Ezekiel, poi cadde a
terra con un tonfo sordo, sporcando di sangue il lungo tappeto che
ricopriva metà sala.
Russ guardò la scena cereo tremando visibilmente,
evidentemente scosso da quello scenario.
« Pregare di essere risparmiato, un debole. »
esclamò schifato, tirando fuori un fazzoletto di stoffa dal
taschino.
Con mani esperte lucidò la pistola, anche se non ve ne aveva
assolutamente bisogno.
Poi, riponendola dove l’aveva presa si rivolse a
Russ, con un’espressione di puro sadismo dipinta in
volto.
« Sii felice dell’occasione che ti è
appena stata concessa. La prossima volta, finirai come lui. »
proferì laconico, indicando con un cenno del capo il corpo
esamine di Aric.
« Ora và e chiama qualcuno che possa pulire questo
schifo. » disse, e Russ non se lo fece ripetere due volte,
scappando letteralmente dalla sala.
Ezekiel ghignò, per poi tornare a sedersi sulla sua
bellissima poltrona rossa con eleganza, come se nulla fosse accaduto.
Poi, incrociando le braccia sulla scrivania si sporse in avanti, mentre
con aria di sufficienza una sola frase usciva dalla sua bocca:
« Credo sia
arrivato il mio momento. »
Alec tamburellava nervosamente con le dita sulla superficie di legno
del tavolo mordicchiandosi le labbra, mentre aspettava che Magnus
finalmente si decidesse a parlare.
Quando il ragazzo aveva acconsentito a spiegargli ogni cosa, il moro
aveva subito pensato che, dopo giorni passati a fare buchi nell'acqua,
una notizia del genere fosse troppo bella per essere vera.
Aveva avuto ragione.
Dal momento in cui aveva dato il suo consenso, difatti, Magnus si era
rinchiuso in una bolla di silenzio, da cui sembrava più che
intenzionato a non volere uscire.
Alec all'inizio lo aveva lasciato fare, aspettando che fosse pronto a
parlare ma la cosa cominciava ad essere seriamente snervante.
« Allora?! » sbottò ad un certo punto il
moro, incapace di starsene ancora zitto.
Nonostante si sforzasse di rimanere tranquillo, la curiosità
lo stava letteralmente divorando, facendolo diventare più
impaziente di quanto solitamente fosse.
Magnus gli rivolse uno sguardo vacuo, giocherellando con la tazzina che
aveva davanti.
Per ingannare l'attesa e sopportare il mutismo dell'altro, Alec era
arrivato perfino a mettersi a fare il the. Inutile dire che sua grazia
gli aveva rivolto un'occhiataccia sprezzante, ma l'aveva bellamente
ignorato piazzandogli davanti la bevanda per poi lasciarsi cadere su
una sedia accanto a lui.
Magnus sospirò pesantemente, quasi stesse cercando di
riscuotersi completamente dalla specie di trance in cui era caduto.
« Bene, cosa vuoi sapere per prima cosa? »
domandò infine, quasi rassegnato a quella sua sorte.
Il moro, dopo alcuni istanti di esitazione, pensò bene di
porgli una domanda che, oramai da anni, continuava a ronzargli nella
mente.
« Perché hai abbandonato la scuola in quel modo?
»
Non ci mise molto a capire di aver toccato un tasto estremamente
dolente: Magnus sollevò lo sguardo verso di lui, il volto
trasfigurato in una maschera inespressiva.
« Questa è l'unica cosa che non ho alcuna
intenzione di dirti, né adesso né mai. Non ne ho
mai parlato con anima viva e credo proprio che continuerò
così. » replicò poi seccamente, ponendo
fine a qualsiasi ipotetica discussione prima ancora che potesse sorgere.
Il moro piegò le labbra in una smorfia, lottando contro
l'impulso di replicare.
Avrebbe voluto davvero saperne di più, ma il tono gelido
dell'altro e la sua espressione lo convinsero a desistere.
Evidentemente, qualsiasi cosa gli fosse successa, doveva essere ancora
più grave di quanto avesse potuto immaginare.
Che fosse in qualche modo collegata al senso di colpa che gli aveva
letto dentro solo poche ore prima?
Alec si ripromise che, prima o poi, sarebbe riuscito a scoprirlo.
Accantonò momentaneamente quel pensier,o deciso a tornarvi
sopra in un secondo momento, dedicandosi a questioni più
urgenti.
« Okay, okay. Allora, come ci sei finito in un giro del
genere? » gli chiese, cambiando completamente argomento come
gli era stato molto carinamente suggerito di fare.
Il volto di Magnus, inaspettatamente, si aprì in un
sorrisino sardonico.
« Questa è facile: grazie a Braxton. »
gi rispose candidamente, stringendosi nelle spalle.
Il moro inarcò leggermente le sopracciglia, cercando di
capire perché quel nome gli risuonasse quasi familiare.
L'illuminazione giunse dopo diversi istanti.
« Ma certo! Era uno dei nomi nella tua rubrica, ecco dove lo
avevo già sentito. O letto, dipende dai punti di
vista. » esclamò non appena riuscì a
trovare una delucidazione al dubbio che si era posto poc'anzi,
dimenticandosi completamente di collegare il cervello alla bocca.
Se solo si fosse preso la briga di riflettere un minimo, sarebbe
senz'altro arrivato alla conclusione che pronunciare quella frase ad
alta voce era tutt'altro che una buona idea.
« Ti sei messo a frugare tra le mie cose? Poi cos'altro vuoi
fare, passarmi sotto un metal detector per assicurarti che non abbia
armi nascoste chissà dove? Sappi che è una cosa
veramente squallida e.. » iniziò a sgridarlo
Magnus, per quella che era molto probabilmente la decima volta - minimo
- nel giro di appena un'ora.
Alec lo interruppe con un gesto della mano, quasi a scacciare via un
insetto fastidioso.
« Sì certo, è stata davvero una brutta
cosa: disonore su di me e su tutta la mia famiglia. Ora potresti, che
so', dirmi chi è questo tizio? »
Magnus gli scoccò un'occhiataccia, decidendo però
di far cadere l'argomento; forse si era stancato di gridargli contro.
« Braxton è uno dei pezzi grossi nella nostra
organizzazione, ha una più che discreta influenza nel
decidere con chi trattare. Non che la cosa sia poi così
scioccante, se si tiene presente che altri non è se non il
nipote di Headley Barker, il capo. » rispose poi stancamente,
stravaccandosi contro lo schienale della sedia per stare più
comodo.
Alec socchiuse lievemente la bocca, alquanto sorpreso da quello che gli
era appena stato rivelato.
Certo, Magnus aveva promesso di dirgli ogni cosa, ma non si aspettava
certo che gli confessasse subito, e senza il minimo dubbio, il nome del
responsabile di tutta l'organizzazione.
Se solo avesse voluto, Alec avrebbe impiegato meno di cinque minuti per
telefonare alla base e farli arrestare tutti, usando Magnus come fonte.
Il ragazzo era troppo intelligente per non aver preso in considerazione
quell'ipotesi, e il moro, di fronte a quella consapevolezza, non
poté non sorridere: stava finalmente iniziando a fidarsi di
lui.
« Come hai fatto ad incontrarlo? Si è presentato
da te con un biglietto "entra anche tu nel club di delinquenti e avrai
uno sconto su armi potenzialmente letali"? » gli chiese
ironicamente, facendo scoppiare a ridere l'altro.
« In realtà la faccenda è andata in
maniera leggermente diversa. » replicò una volta
ripreso fiato, guardandolo divertito.
Alec in tutta risposta poggiò il mento sui palmi della mani,
fissandolo palesemente in attesa.
Dopo aver tirato l'ennesimo sospiro, Magnus iniziò a
raccontare.
« Mi trovavo in uno dei più squallidi bar della
città, dove avevo trascorso intere giornate da quando.. beh,
da quando non mi hai più visto in circolazione, mettiamola
così. Comunque, ad un certo punto, un ragazzo si
è seduto accanto a me offrendomi da bere. Considerando che
ero già abbastanza brillo e che quel tipo non era affatto
male, non ci ho certo pensato due volte ad accettare. » si
interruppe per alcuni istanti, fissando un punto non meglio precisato
dietro la testa di Alec, quasi stesse rivivendo quella scena nella sua
mente.
« Abbiamo passato il resto della serata a bere e a parlare.
Sai, in quel periodo non ero esattamente un raggio di sole, eppure
Braxton è riuscito nell'impresa quasi impossibile di avere
una conversazione degna di questo nome con me. Forse perché
testardo quanto me, forse perché abbastanza brusco e
insensibile da non curarsi delle mie rispostacce. Fatto sta che quella
notte si è conclusa in un modo più che
soddisfacente per entrambi, tanto che abbiamo deciso di portare avanti
la cosa, frequentandoci per un po' di tempo. »
continuò tranquillamente, come se non avesse appena
sganciato una vera e propria bomba sul povero ragazzo seduto alla sua
destra.
Alec infatti risputò il the che aveva in bocca in quel
momento rischiando di soffocare, battendo poi violentemente la tazzina
sul tavolo.
« Sei stato insieme
a quel tizio? » gli chiese totalmente incredulo, cercando di
respingere l'irrazionale senso di risentimento appostato dietro
l'angolo per motivi che nemmeno lui sapeva spiegarsi.
Oh sì che lo
sai, non mentire anche a te stesso.
« E' esattamente quello che ho detto. La cosa ti stupisce
così tanto? Tranquillo, ti posso assicurare che è
davvero un bel pezzo di ragazzo, non ho perso il mio buongusto.
» ribatté Magnus sarcasticamente, inarcando le
sopracciglia con un sorrisetto furbo.
Aveva tutta l'aria di divertirsi un mondo, ed Alec non poté
fare a meno di chiedersi cosa accidenti ci fosse di così
esilarante.
« Sono solo stato colto di sorpresa, non mi aspettavo certo
che bastassero pochi bicchierini di alcool e un bel viso per farti
cadere così ai piedi di qualcuno. Ma infondo che importa?
Sei liberissimo di darti da fare con tutti i criminali di Londra, per
quanto mi riguarda. » replicò subito il moro, con
un tono acido che fece allargare ancora di più il sorriso
dell'altro.
« Alexander, non sarai per caso geloso, vero? » gli
chiese poi portandosi melodrammaticamente una mano sul petto, quasi
trovasse quell'ipotesi sconvolgente.
Peccato che la luce divertita - e in un certo senso soddisfatta - nei
suoi occhi lo tradisse.
« Io geloso di
te? Ma per favore, non farmi ridere. Perché
mai dovrei esserlo? » esclamò il moro sprezzante,
non riuscendo però del tutto a mascherare una punta di
rossore sugli zigomi candidi.
Magnus si sporse lentamente oltre il tavolo che li separava con la
grazia di un felino, portandosi a pochi millimetri dal suo viso.
« Forse perché sei pazzo di me? »
gli chiese in un sussurro, piantando i suoi occhi in quelli blu
dell'altro.
Per alcuni istanti Alec sembrò incapace di formulare una
risposta coerente, poi, scuotendo lievemente la testa quasi a sottrarsi
da un incantesimo, si tirò indietro allontanandosi dal volto
dell'altro.
« Ti piacerebbe, principessa.
» riuscì infine a rispondere, sebbene la sua
suonasse più come una domanda che come un affermazione.
Magnus sorrise maliziosamente, facendo scorrere lo sguardo sul corpo
dell'altro.
« Oh, ci puoi scommettere. »
borbottò poi, tornando a sedersi al suo posto.
Alec si schiarì la gola per interrompere il silenzio che era
caduto dopo quell'uscita, facendo finta di non aver sentito e
riportando la conversazione sul binario originale.
« Poi cosa successe? » gli chiese infatti, tornando
a concentrarsi su quanto di utile potesse esserci in quel racconto.
Magnus gli rivolse l'ennesimo sguardo divertito, ma decise di
assecondarlo.
« E' successo che, pian piano, mi sono ritrovato invischiato
negli “affari di famiglia”. All'inizio si trattava
solo di accompagnare Braxton a trattare con dei clienti, come li
chiamava lui, poi ho iniziato a portare messaggi per suo conto e a
cercare informazioni. Alla fine, senza quasi rendermene conto, mi sono
ritrovato di fronte al boss che mi dava ordini sul come organizzare il
prossimo scambio di merce. » riprese a raccontare, seguendo
con un dito le venature di legno del tavolo e senza staccare gli occhi
da quella superficie, quasi temesse di incrociare lo sguardo di Alec,
leggendovi dentro un giudizio tutt'altro che lusinghiero.
« Non ho nessuna intenzione di mentirti facendo la
povera vittima che è stata costretta a fare quello che ha
fatto. All'inizio mi piaceva fare parte di quel mondo, non preoccuparmi
di nessuno se non di me stesso, coperto da più soldi di
quanti ne potessi desiderare. E poi, quello era l'unico posto adatto ad
uno come me: un mostro sta bene solo in mezzo ai suoi simili.
» sussurrò poi con una strana inflessione nel tono
di voce, soprattutto su quell'ultima parte.
Era come se stesse recitando le battute di un ruolo che in passato
aveva provato e riprovato, fino a non essere più in grado di
distinguere la finzione dalla realtà.
« No, non è vero, non ci credo. Smettila di dire
certe assurdità: Magnus, tu non sei un mostro. Non voglio
più sentirti dire una cosa del genere. »
ribatté duramente Alec, portando una mano sotto il mento
dell'altro e costringendolo ad incrociare il suo sguardo.
Voleva che lo guardasse negli occhi e capisse che era serio, che
nonostante le sciocche convinzioni che aveva su sé stesso,
lui non lo vedeva in quel modo e mai lo avrebbe fatto.
La facciata che solitamente Magnus brandiva a mo' di scudo contro il
resto del mondo, Alec incluso, sembrò inclinarsi leggermente
lasciando trasparire la volontà di credere a quella
rassicurazione, schiacciata però da un profondo disprezzo
verso di sé.
« Se tu sapessi quello che ho fatto, non la penseresti
così. » replicò solamente, per poi
liberarsi dalla presa di Alec, abbassando nuovamente lo sguardo.
Il moro lo fissò in silenzio, sperando che l'altro gli
fornisse se non una spiegazione, perlomeno un minimo indizio che
potesse aiutarlo a far luce su quella storia.
Avrebbe potuto chiedergli qualcosa, ma non ci voleva certo un genio per
rendersi conto che si trattava di un argomento estremamente difficile
per l'altro, e non se la sentiva di forzarlo.
« In ogni caso non era certo di questo che stavamo parlando.
Dunque, dopo essere stato ufficialmente inserito nel giro, sono stato,
per così dire, promosso al grado di intermediario. Headley
con l'aiuto di Braxton si occupava di trovare le persone giuste,
gestiva i soldi e si procurava la merce. Io, invece, organizzavo ogni
singolo scambio facendo in modo che nessuno scoprisse o sospettasse
niente. » riprese Magnus, cercando di distrarre l'altro dalla
confessione fatta poco prima, fornendogli informazioni che avrebbero
potuto interessargli.
Alec pur accorgendosi di quel tentativo deliberato, lo
lasciò continuare, facendo cadere per l'ennesima volta
l'argomento.
Tutta quella faccenda stava diventando sempre più stressante.
« Quanti di questi scambi hai organizzato? » gli
chiese semplicemente, invece di dar voce ai pensieri contrastanti che
gli stavano girando per la testa in quel momento.
Magnus sospirò, passandosi stancamente una mano sugli occhi.
« Più di quanti riesca a ricordare con esattezza.
Ho visto delinquenti arricchirsi e poveri cristi venire uccisi senza
tanti complimenti per aver detto o fatto quello che non avrebbero
dovuto. Ma è così che vanno le cose: il
più forte sopravvive, il più stupido viene fatto
fuori. » dichiarò poi, come se quella fosse una
constatazione inutile, quasi banale o scontata.
Peccato che Alec non fosse affatto di quello stesso parere.
« Non trovi niente di sbagliato in quello che hai appena
detto? Come hai potuto sopportare, per anni, una simile condizione
senza far nulla per uscirne fuori? Non ti è mai venuto in
mente che un giorno potresti essere tu quello ucciso per aver detto o
fatto qualcosa che non avresti dovuto? » saltò su
indignato, senza preoccuparsi minimamente per il fatto di aver appena
alzato il tono della voce.
Non avrebbe voluto essere così brusco, ma quella
tranquillità, quella rassegnazione con la quale il ragazzo
aveva appena parlato, gli avevano fatto venire voglia di prenderlo a
sberle, per vedere se almeno così sarebbe riuscito a farlo
rinsavire.
Magnus si limitò a guardarlo tranquillamente, come se quella
sfuriata non lo avesse minimamente sfiorato.
« Credi che io non abbia mai pensato di tirarmene fuori?
Passata la fase iniziale ho incominciato a stancarmi sempre di
più di vivere di sotterfugi, di essere costantemente
costretto a guardarmi le spalle per evitare di ritrovarmici un coltello
piantato nel mezzo. Ma cosa avrei dovuto fare? Andare da Headley a
passo di danza e dirgli: "Ehi, io mollo tutto. So che la cosa non ti va
a genio considerando che so tutti i tuoi piccoli sporchi segreti ma
pazienza. Pace." Quanto ci avrebbe messo per te a chiudermi la bocca?
» replicò poi sarcasticamente, facendo alzare gli
occhi al cielo al moro per l'esasperazione.
Quando Magnus si comportava in quel modo era assolutamente impossibile
avere un qualsivoglia dialogo con lui.
« Maledizione, mi hai rubato le parole di bocca! Era proprio
quello che stavo per suggerirti di dirgli! »
ribatté altrettanto sarcasticamente guadagnandosi un
sorriso, seppur minimo.
Alec si passò una mano tra i capelli, cercando di fare mente
locale su tutto ciò che aveva appreso negli ultimi minuti.
Poi una domanda gli sorse spontanea.
« Che cosa è successo esattamente con il capo di
Russ e quell'altro tizio? Perché i vostri accordi sono
saltati? »
Magnus fece una piccola smorfia; evidentemente non gli faceva molto
piacere sentir chiamare in causa quella sottospecie di pitbull.
« Già, Russ e Aric. In realtà sono
successi tuo padre e tuo fratello, ecco cosa. »
Il moro lo guardò sorpreso, sforzandosi di capire che
collegamento poteva esserci.
L'altro dovette giustamente interpretare la sua espressione perplessa,
visto che si affrettò ad esplicargli l'intera faccenda.
« Tu stesso hai detto che è da un po' che ci
stanno addosso. Beh, Headley è tutt'altro che stupido e se
ne è accorto fin da subito. Perché credi che non
siano riusciti a scoprire quasi niente? Ha fatto di tutto per
depistarli e coprire le sue tracce. »
Alec prese nota mentale di rassicurare Jace - ovviamente in un secondo
momento - circa il suo talento investigativo: non è
possibile trovare qualcuno che sa di essere cercato.
« Sarà la stanchezza arretrata che mi sta giocando
un brutto tiro, ma non riesco davvero a capire cosa c'entri tutto
ciò. » disse poi lentamente, quasi cercando di
giustificarsi.
Magnus restò in silenzio per alcuni istanti, probabilmente
cercando di capire il modo migliore per spiegarsi.
« Avevamo preso un accordo per uno scambio abbastanza
considerevole di merce; diciamo solo che con tutte armi che ha
richiesto il loro capo ci si potrebbe tranquillamente organizzare una
terza guerra mondiale. Il tutto doveva avvenire giorni fa, ma Headley,
consapevole di avere i tuoi alle calcagna, ha deciso di mandare tutto a
monte, chiedendo il doppio della cifra pattuita per il rischio di
essere beccato. Perché di certo è abbastanza
difficile far passare inosservato un carico del genere. »
Alec aggrottò leggermente le sopracciglia, iniziando
finalmente ad unire tutti i puntini.
« Fammi indovinare, il capo non è stato affatto
felice di quel cambio di programma, giusto? »
Magnus scosse la testa, con un sorrisino semi divertito ad illuminargli
il volto.
« No, direi proprio di no. I trafficanti di certo non sono
creaturine socievoli e amabili, ma quel tizio, Ezekiel Dixon, li fa
quasi apparire tali. Anche per un ambiente del genere la sua
crudeltà è cosa fuori dal comune. Possiamo stare
più che certi che ci saranno ripercussioni, soprattutto dopo
quello che è successo oggi. » affermò
Magnus, rivolgendo un'occhiata preoccupata al moro.
Alec fece un gesto secco con la mano, come a voler interrompere sul
nascere qualsiasi ramanzina.
« So badare a me stesso, principessa. Dopotutto, hai avuto
modo di verificarlo con i tuoi occhi. » aggiunse poi,
assumendo una posa esageratamente altezzosa.
L'altro ridacchiò, appena più rilassato di prima.
« Oh sì, questo è poco ma sicuro. Non
avrei mai detto che fossi in grado di batterti in quel modo. Le lezioni
del paparino hanno davvero dato i loro frutti! »
esclamò ironicamente, dandogli una leggera spintarella
giocosa.
« Riferirò. Di certo gli farà molto
piacere saperlo. » ribatté prontamente Alec,
utilizzando lo stesso tono divertito.
Magnus lo studiò per alcuni istanti, perso in
chissà quali pensieri.
Prima che il moro potesse formulare una qualsiasi domanda,
però, l'altro si riscosse.
« Bene, ora che ti ho raccontato tutto.. Che cosa facciamo?
» gli chiese difatti, con le sopracciglia corrucciate in un
espressione pensierosa.
« A questo punto dobbiamo trovare il modo di tirarti fuori,
possibilmente cercando di rimanere vivi. »
dichiarò Alec, come se fosse la cosa più ovvia
del mondo.
Anche perché non c’erano molte altre alternative,
quindi si sarebbero dovuti adeguare per forza.
Magnus scosse la testa vigorosamente, guardandolo con aria indignata:
« Dobbiamo? No, non se ne parla nemmeno, non devi impicciarti
in questa faccenda più di quanto tu già
non lo sia. »
Alec sbuffò sonoramente, senza preoccuparsi di farsi sentire
dall’altro, anzi.
Era bene che sapesse che non riusciva a mandar giù il suo
modo di comportarsi: non poteva sempre pensare di risolvere le
situazioni da solo, non era mica superman, al contrario di quello che
sicuramente credeva.
« Smettila di lamentarti sempre, stai diventando
insopportabile. » lo schernì sbuffando, per poi
sedersi sul divano senza troppe cerimonie.
Magnus lo guardò di sottecchi, sentendosi - anche se non
doveva, assolutamente - in parte, apprezzato per la prima volta.
Raramente qualcuno mostrava un particolare interesse per la sua vita,
mentre Alec sembrava davvero tenerci molto. Più di quanto si
sarebbe mai aspettato comunque.
Del resto, però, non c’era molto di cui
sorprendersi: il suo bell’occhi blu era fatto
così, metteva il cuore in qualsiasi cosa facesse, e lui non
sarebbe di certo stata l’eccezione.
« E tu hai preso la parte del cavaliere un po’
troppo seriamente, a mio parere. » lo riprese, per
poi affiancarlo subito dopo.
Alec lo osservò buttarsi accanto a lui con nonchalance,
mentre si passava una mano tra i capelli con fare annoiato.
Non poté non fissarlo mentre con quell’aria da
perfetto sbruffone si portava le ginocchia al petto, chiudendosi nella
sua tipica posizione a riccio.
Quando assumeva quella
posa sembrava quasi tenero, constatò con una
certa sorpresa per aver appena ritenuto Magnus tenero.
Perché poteva senz’altro essere definito in molti
modi, come finto saccente, permaloso, caprone, antipatico.. ma di certo
tenero proprio no. Forse avrebbe anche potuto considerarlo bellissimo..
O forse stava solamente impazzendo.
« Non posso farci nulla, amo salvare le principesse in
pericolo. » lo prese in giro, tirandogli un leggero pugno sul
ginocchio.
Magnus alzò gli occhi al cielo esasperato, tuttavia, un
leggero sorrisino gli abbelliva le labbra.
Stava seriamente cominciando ad apprezzare quel tipo di rapporto che si
era andato creare, anche se non lo avrebbe mai ammesso al moro, ovvio.
E poi, adorava davvero stuzzicare Alec, era diventato il suo nuovo
passatempo preferito e non sapeva se sarebbe stato più in
grado di vivere senza.
Scosse impercettibilmente la testa, allontanando quel suo pensiero come
scottato.
Devo smetterla, basta.
« Sei veramente un.. » si interruppe
improvvisamente, sentendo il suo cellulare vibrare nella tasca dei
pantaloni.
Confuso, lo tirò fuori immediatamente, per poi sbarrare gli
occhi quando vide il mittente del messaggio: Headley.
Inghiottì pesantemente, incurante dello sguardo intenso che
il moro gli stava rivolgendo in quel momento, poi lesse il messaggio ad
alta voce: « Dove
cavolo sei finito? »
Hellooo! <3
Ed ecco qui anche la seconda parte del capitolo!
Ebbene, finalmente sappiamo qualcosina in più su Magnus,
anche se, da come avrete sicuramente capito, c'è qualcosa
che vuole tenere segreto a tutti i costi.. :D
E visto che i guai non vengono mai da soli, ecco che "compare" anche il
famoso Headley :D
Vi ringraziamo per aver letto anche questo capitolo, e speriamo con
tutto il cuore che sia stato di vostro gradimento! Se vi va, fateci
sapere cosa ne pensate, ci farebbe davvero molto piacere! <3
Come al solito, vi lasciamo il link del gruppo facebook, e
vi diamo appuntamento al prossimo capitolo! <3
Se volete iscrivervi, cliccate qui ---> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Alla prossima! <3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Capitolo #7 ***
Capitolo
#7
Magnus
era intento nel farsi una linea dritta di eye-liner - dopo giorni,
aveva finalmente avuto l’occasione per metterlo -, quando
esasperato gettò a terra il pennellino, fregandosene
altamente di sporcare il pavimento di nero.
Era
dal giorno prima che Alec continuava a stressarlo sul messaggio che gli
era stato mandato da Headley, blaterando che non avrebbe dovuto
rispondergli per nulla al mondo.
Ed
era esattamente dal giorno prima che combatteva contro
l’istinto di strozzarlo, mettendo finalmente a tacere tutte
le sue proteste di cui aveva davvero piene le scatole.
Apprezzava
il fatto che avesse preso a cuore la situazione, ma iniziava davvero ad
esagerare, rischiando seriamente di portarlo sull'orlo di un
esaurimento nervoso.
Sempre
se non ci fosse già arrivato, s'intendeva.
Alec
raccolse il pennellino “scivolato” dalle mani
dell’altro, puntandoglielo contro quasi fosse stata
un’arma letale.
«
Devi andarci per forza? Non puoi fingere.. Che so, di essere morto?
» continuava il suo sproloquio, agitando quel coso da una
parte all’altra e brandendolo come una spada da scherma.
Se
non fosse stato per il fatto che quella situazione andava avanti da fin
troppo tempo per i suoi gusti, Magnus avrebbe potuto anche trovare
ridicola quella scena.
«
Sarà almeno la centesima volta che ti ripeto che non posso,
Alexander. - scandì bene, laconico, in modo tale che l'altro
recepisse il messaggio - Devo riferirgli tutto quel che è
successo. » continuò, sfilandogli
“l’arnese” dalle mani e richiudendolo nel
suo apposito contenitore.
Alec
non sembrò nemmeno notarlo, troppo intento nel cercare una
soluzione che potesse mettere entrambi d'accordo.
D’altro
canto, non riusciva proprio a capire perché Magnus si
ostinasse a voler tornare per forza alla sua base, senza avere un
più che valido motivo.
“Devo riferirgli il
tutto”, continuava a dire, ma sebbene si
sforzasse con tutto se stesso di credere che fosse realmente
così, qualcosa gli diceva che c'era altro dietro tutta la
sua determinazione.
E
se c’entrasse Braxton?
Alec
si rifiutò di contemplare quell’ipotesi, convinto
che l'altro fosse più intelligente di così.
Tuttavia
i suoi dubbi non accennavano a svanire - sebbene non riuscisse a
spiegarsene la ragione -, e una morsa fastidiosa continuava a
stringergli il petto.
Le
parole di Magnus, poi, gli risuonarono nella testa come un mantra:
« Sei geloso
per caso, Alexander? »
Lui
geloso? Figurarsi! Non ne aveva proprio motivo: Magnus non era di sua
proprietà e mai lo sarebbe stato. E poi, non era per nulla
interessato a lui, quindi quell’idea era assolutamente da
escludere a priori.
«
Non mi sembra una bella mossa per uscirne, questa. »
ribatté, cercando di scacciare il più lontano
possibile quelle sue considerazioni.
Magnus
alzò gli occhi al cielo, dirigendosi verso il bagno per
darsi una sistemata ai capelli.
Proprio
come se fosse a casa sua, afferrò il gel da un mobiletto
bianco affianco alla vasca, per poi prenderne una certa
quantità con le dita e spalmarselo sulle punte.
Alec
lo raggiunse qualche secondo dopo, appoggiandosi allo stipite della
porta in una posizione rigida.
«
Ti metti in tiro, eh? » sputò acido, non riuscendo
proprio a trattenersi.
Subito
dopo però si morse la lingua, sentendosi un perfetto idiota;
doveva seriamente iniziare a tenere a bada le sue emozioni.
«
Mi piace essere sempre perfetto. » rispose l’altro,
lavandosi le mani per mandare via il gel.
Alec
notò che l'altro non sembrava aver fatto caso al tono che
aveva usato, e ringraziò tutti i santi possibili per averlo
aiutato.
«
Dovresti aspettare che le acque si calmino, - riprese Alec,
voltandolo in modo che lo guardasse dritto negli occhi - poi potremmo
fare la nostra mossa. »
Magnus
guardò il punto in cui il moro gli stava stringendo
delicatamente il braccio, sentendo improvvisamente un’ondata
di calore attraversarlo.
Per
qualche secondo non riuscì a distogliere lo sguardo,
sentendosi quasi soggiogato da quel semplice sfioramento, poi
però si ridestò, schiarendosi la voce.
«
Alec, devo andarci e basta. Smettila di fare la mammina preoccupata
perché non ti si addice per nulla. » lo
fulminò con lo sguardo, mentre notava - malvolentieri - il
moro far ricadere il braccio lungo il fianco.
Un
silenzio tombale cadde nella stanza e Magnus pensò per un
attimo di averlo offeso, anche se era piuttosto strano visto che non
era per niente il tipo.
E
poi, gli aveva detto di molto peggio in quei giorni.
«
Allora vengo con te. » proferì il moro
all’improvviso, avanzando di un passo.
Magnus
spalancò la bocca inorridito, per poi scansarlo poco
delicatamente per dirigersi verso l'ingresso.
«
Non se ne parla proprio, toglitelo dalla testa! »
urlò, mentre apriva con foga la porta.
Alec
lo raggiunse in poche falcate, piazzando una mano sul muro dietro di
lui, in modo tale da impedirgli di uscire.
Magnus
provò a scansarlo, ma il moro sembrava una lastra di marmo
tanto era irremovibile.
«
Dovrai uccidermi per impedirmelo. » si impuntò,
piazzandosi di fronte a lui e fronteggiandolo con
superiorità.
Magnus
lo squadrò irritato.
Possibile
che volesse sempre interferire in qualunque cosa? Se
pensava di averla vinta anche questa volta però, si
sbagliava di grosso, a costo di doverlo davvero ammazzare.
«
Perché dovrei sporcarmi le mani inutilmente? Mi basta
tramortirti. » replicò, e senza dargli modo di
protestare, gli sferrò un pugno in pieno viso, facendogli
inclinare impercettibilmente la testa all'indietro.
Alec,
superato lo smarrimento iniziale, si portò una mano alla
bocca, sentendosi le dita leggermente umide: sangue.
Lo
guardò esterrefatto, dandogli poi un violento spintone in un
impeto di rabbia.
Lui
cercava di proteggerlo e come ringraziamento lo prendeva a pugni?
Magnus
barcollò all’indietro, preso alla sprovvista; poi si
accanì nuovamente contro l’altro, sferrandogli un
calcio all’altezza dell'addome che però venne
prontamente bloccato da Alec; il ragazzo, sfruttando la presa sulla sua
gamba, tirò bruscamente Magnus verso di sé,
afferrandolo per il collo della maglia.
«
Che cosa credevi di fare, esattamente? »
Erano
così vicini che le punte dei loro nasi quasi si sfioravano,
mentre il silenzio della stanza era scandito solo dai respiri
leggermente accelerati di entrambi.
Per
un attimo Magnus si perse in quell’oceano azzurro, riuscendo
a scorgerci qualcosa che non seppe ben definire.
Alec
dal canto suo fece altrettanto, perdendosi in quel prato verde che
tanto gli sarebbe piaciuto esplorare,
carpendone ogni segreto ed ogni paura, ma che
in quel momento continuava a restare a tratti solo un grande mistero.
Improvvisamente,
anche i pochi centimetri che li separavano l'uno dall'altro risultarono
essere troppi, mentre entrambi lottavano contro l'impulso di azzerare
quell'esigua distanza.
Fu
Magnus a spezzare l'incantesimo, sottraendosi alla stretta ormai quasi
inesistente di Alec, con il cuore a mille.
Decidendo
di ignorare bellamente quanto era appena accaduto, e cercando di
ritornare completamente padrone di sé, Magnus prese parola
come se nulla fosse successo, con il suo solito tono ironico:
« Io.. Devo andare. Ma non temere, sarò di ritorno
prima che tu possa sentire la mia mancanza. »
Alec
si acquattò contro il muro, strisciando come un serpente
nell’ombra nel tentativo di seguire Magnus senza farsi vedere.
Quest’ultimo
infatti, dopo essersi precipitato fuori casa, aveva fatto in modo di
sparire il più velocemente possibile, nell'evidente
tentativo di evitare di ritrovarsi il moro alle calcagna.
Peccato
che non avesse messo in conto che Alec era un soldato, e che quindi era
più che abituato a seguire le tracce, ragion per
cui aveva impiegato nemmeno cinque minuti per raggiungerlo.
Credevi davvero che me ne sarei
stato buono a casa?, pensò, osservandolo mentre
svoltava un angolo.
Con
passi silenziosi ma veloci cercò di non perderlo di vista,
fin quando non lo vide inoltrarsi in una stradina piuttosto stretta.
Alec
lo seguì immediatamente, fermandosi solo quando gli si
aprì davanti agli occhi uno spiazzale con al centro una
grande struttura che sembrava quasi una vecchia fabbrica abbandonata da
chissà quanto tempo.
Non
poté fare a meno di sentirsi uno sciocco per non aver mai
preso in considerazione quel posto come la base
“nemica”.
E
così, ciò che stavamo cercando da così
tanto tempo, si trovava solo ad un palmo dal nostro naso.
Non
osava immaginare quale sarebbe stata la reazione di Jace, se solo lo
avesse scoperto.
Appena
assicuratosi che Magnus fosse entrato e, accertatosi che non ci fosse
nessuno nei paraggi, si precipitò di corsa verso la grande
struttura, cercando di passare inosservato.
Se
solo l’avessero beccato sarebbe finito in guai seri.
Camminando
molto silenziosamente si portò dietro all’entrata,
cercando un’altra via per passare. Dubitava infatti che non
l'avrebbero acciuffato immediatamente se fosse entrato con nonchalance
dalla porta principale.
Il
fatto che non ci fosse nessuno di guardia poi, lo aveva abbastanza
allarmato.
Assottigliò
lo sguardo, cercando di individuare la presenza di eventuali telecamere
nella zona; tuttavia non scorse nulla di tutto ciò, e
tirò un breve sospiro di sollievo.
Poi,
curioso di sapere cosa stesse succedendo lì dentro, si
guardò intorno, in cerca di qualcosa che potesse
permettergli di entrare.
Uno
scalino attirò la sua attenzione e vi si avvicinò
velocemente, senza perdere un secondo di vista l’ambiente
circostante.
Quando
vi si affacciò, una lunga scalinata si aprì di
fronte a lui; inghiottendo pesantemente si armò di coraggio
ed incominciò a salire.
In
cima trovò una porta che aprì con estrema
cautela, per poi sporgersi lievemente guardando da una parte all'altra
per controllare se potesse esserci qualcuno.
Quando
si fu assicurato che non circolasse anima viva, percorse il lungo
corridoio osservando con un cipiglio ironico quanto ricco fosse
quell'arredamento. Cosa che non si poteva certo intuire da fuori, dove
sembrava che quell'abitazione fosse stata abbandonata oramai da anni.
E
forse era davvero così, prima che quelli ci mettessero piede.
Non
poté fare a meno di notare la quantità di quadri
posti su ogni singola parete: chiunque comandasse lì dentro,
doveva essere assolutamente un appassionato di arte, non vi era dubbio.
Perso
nei suoi pensieri, si ridestò solo quando sentì
un rumore non troppo lontano da lui.
Cercò
di restare tranquillo, portando alla memoria tutte le esercitazioni e
le missioni svolte in circostanze simili.
Mantieni la calma, escogitare
strategie a mente lucida è la cosa migliore da fare,
gli aveva ribadito spesso il padre, quando invece il senso di panico lo
assaliva.
Ma
solitamente non era mai da solo come in quel momento, e aveva sua
sorella con lui, magnifica nel creare piani di ogni genere.
Voltò
l’angolo alla fine del corridoio, aspettando che il tizio si
avvicinasse per assestargli una bella botta sulla carotide, facendolo
svenire.
Sentì
dei passi avvicinarsi sempre di più ed era già
pronto a colpire, quando il rumore di una pistola che veniva caricata
dietro di lui, gli ghiacciò il sangue nelle vene.
«
E tu chi cazzo sei? »
Magnus
si lisciò il mento con fare saccente, ascoltando con poco
interesse quella che poteva definirsi la ramanzina più lunga
della sua vita.
Non
solo non aveva fatto altro che sentirsele dire di tutti i colori per
giorni da Alec, ora ci mancava solo Headley. E non osava nemmeno
immaginare cosa avrebbe detto Braxton.. Strano che non lo avesse ancora
visto, a pensarci.
«
Non importa che fossi sul punto di morire. Il lavoro compiuto doveva
essere riferito. » continuò freddo, puntandogli un
dito contro con fare accusatorio.
Magnus
alzò gli occhi al cielo. Sapeva quanto gli affari fossero
importanti per quell'uomo, ma non poteva di certo nascondere il
fastidio che si insinuava in lui ogni volta che si trovava a sentire
frasi del genere.
Stava
per rispondere con la sua solita calma pungente, quando la voce di
Camden lo interruppe.
«
Capo, abbiamo beccato questo tizio mentre cercava di intrufolarsi di
soppiatto. Deve essere per forza una spia di Dixon. » li
informò, mentre Magnus sentiva improvvisamente formarsi un
nodo al petto.
Prendendo
un respiro profondo si voltò lentamente, timoroso di trovare
conferma ai suoi dubbi.
Quello
che vide subito dopo lo destabilizzò come poche cose in vita
sua.
Che
accidenti ci fa occhi blu qui?
Magnus
continuava a guardare la scena di fronte a sé ad occhi
sgranati, completamente paralizzato.
Come
diavolo gli era venuto in mente di seguirlo?! Da Alec avrebbe dovuto
certamente aspettarselo, ma come avrebbe fatto ora a spiegare la
presenza del ragazzo? Come avrebbe potuto giustificare il fatto che si
trovasse lì, in modo tale da evitare che li uccidessero
entrambi?
Non
poteva certo saltar su dicendo "Ehi, fermi tutti, questo è
il bel soldato che mi ha salvato la vita!"; gli avrebbero sparato nel
giro di cinque secondi.
Cercò
disperatamente di farsi venire in mente qualcosa, implorando con lo
sguardo Alec di smetterla di divincolarsi dalla presa di Braxton e
Camden, tanto per evitare di peggiorare ulteriormente le cose.
Fu
proprio vedere l'espressione stizzita del moro rivolta al suo ex
amante, a fargli venire l'illuminazione.
«
Per Lilith, ancora tu?! Come accidenti te lo devo dire che non mi
interessi?! Devo mandarti un telegramma musicato, per caso? »
si mise a gridare, facendo del suo meglio per risultare il
più stizzito possibile.
Non
che fosse poi così complicato: gli bastava pensare a cosa
avrebbe combinato a quel maledetto incosciente se mai ne fossero usciti
vivi, per trovare la giusta ispirazione.
Alec
mise su l'espressione più confusa e sconvolta che gli avesse
mai visto in volto, sforzandosi palesemente di capire dove l'altro
volesse andare a parare.
Prima
che gli altri potessero accorgersi di quel tentennamento, Magnus
portò nuovamente l'attenzione su di sé.
«
Ti pare possibile che nonostante io l'abbia respinto centinaia di
volte, questo tizio continui ad assillarmi in tutti i modi possibili?
» chiese rivolto ad Headley, stampandosi in viso la sua
migliore smorfia disgustata.
L'uomo
ghignò in modo tutt'altro che rassicurante, spostando lo
sguardo dal suo intermediario all'intruso.
Magnus
si trovò a sudare freddo, temendo di non essere stato
abbastanza convincente da farlo abboccare. Sarebbero stati guai grossi,
per entrambi.
«
Quindi questo bel moretto è un tuo ammiratore? »
domandò Headley, con una scintilla nello sguardo che l'altro
non seppe ben identificare.
Probabilmente
lo stava invitando a buttare immediatamente fuori da lì quel
tizio piombato loro tra capo e collo, evitando scrupolosamente di
fargli intendere dove si era davvero andato a cacciare.
O
almeno sperava fosse così: l'ipotesi che avesse capito che
gli nascondevano qualcosa era troppo agghiacciante per essere anche
solo
considerata.
« John, che diavolo stai aspettando a giustificarti? Dico io,
come accidenti ti è venuto in mente di seguirmi fin dentro
casa del mio amato zio? » sputò furibondo in
direzione di Alec, non dovendo nemmeno impegnarsi per risultare adirato.
Maledetto
occhi blu, se solo mi avessi ascoltato non saremmo in questa situazione.
Il
moro, grazie al cielo, capì l'antifona e fece del suo meglio
per stare al gioco.
«
Wow, quindi questa bella catapecchia è di tuo zio? Non mi
avevi detto di essere anche ricco, bellissimo.
Sei appena diventato un bocconcino ancora più appetibile.
» ribatté immediatamente in un tono strascicato
che, in qualche modo, risultò essere maledettamente
affascinante; sembrava davvero un dongiovanni alle prese con la sua
preda del giorno.
Magnus
cercò in tutti i modi di non spalancare la bocca per lo
shock: e quello da dove
era uscito fuori? Da quando in qua Alec era capace di
flirtare spudoratamente in quel modo?
Avanti
Magnus, tieni a bada gli ormoni e concentrati.
«
Mi stai prendendo in giro? Ancora insisti? Senti zio, spiegaglielo tu,
probabilmente non capisce la mia lingua! » sbottò
falsamente esasperato, alzando le braccia al cielo per aggiungere
ancora più enfasi al tutto.
Headley
si alzò elegantemente dalla sedia, avvicinandosi lentamente
al ragazzo.
«
E così, John, hai preso di mira il mio caro nipote, eh? Come
hai fatto ad entrare? » gli chiese utilizzando un tono basso,
freddo, che avrebbe terrorizzato la maggior parte delle persone. Ma la
maggior parte delle persone non cresce con un generale dell'esercito
come padre.
«
Dalla porta, da dove vuoi che sia entrato vecchio? Ho visto il mio
bocconcino entrare qui e credevo fosse casa sua o che so io. Dopo
appena due passi questi qua mi sono saltati addosso. Cosa accidenti
sono, delle guardie del corpo? » esclamò con la
massima tranquillità possibile, scoccando un'occhiata
curiosa ai due che ancora lo stavano tenendo.
Di
fronte a quella risposta così diretta e, soprattutto, priva
di alcun tipo di esitazione o paura, Headley sembrò
rilassarsi impercettibilmente; forse iniziava a credere a quella
versione della storia.
Era
infatti abbastanza consapevole della sua fama e del timore che poteva
incutere, motivo per cui vedere il ragazzo così rilassato
doveva avergli fatto credere che fosse realmente all'oscuro di tutto.
Magnus
prese nota di congratularsi con Alec per le sue straordinarie doti da
attore: difficilmente avrebbe creduto il moro capace di una performance
così convincente.
«
Una mezza specie. » replicò l'uomo, abbozzando un
ghigno divertito in direzione dell'ospite.
Braxton
scostò bruscamente una ciocca di capelli biondi dal viso,
puntando i suoi occhi grigi carichi di disappunto su Headley. Magnus
sperò che quel gesto fosse dovuto al fatto che non avesse
apprezzato la definizione che gli era stata appioppata.
«
Dici davvero? Dovete assolutamente insegnarmi un paio di mosse. Sapete,
fa incredibilmente figo. » esclamò Alec, guardando
i due con ammirazione e mettendosi a ridacchiare scioccamente.
Magnus
dovette trattenere anche lui una risata di fronte all'espressione sul
viso di Camden che, in quel momento, stava guardando il moro quasi
fosse un insetto spiaccicato sul parabrezza.
Chissà che faccia avrebbe fatto vedendo cosa davvero era
capace di fare quel ragazzo, che era stato appena classificato come un
idiota da tutti i presenti.
«
Smettila di infastidirli, non hanno certo tempo da perdere con te. E
nemmeno io, se è per questo. » replicò
invece seccamente, lanciandogli un'occhiata di puro disgusto e
risentimento.
Alec,
in tutta risposta, lo studiò da capo a piedi in modo a dir
poco malizioso.
«
Ne sei sicuro? Perché scommetto che ti farei divertire.
» ribatté con un tono di voce leggermente
più roco del normale, fissandolo con palese desiderio.
Magnus
imprecò mentalmente, sempre più scioccato di
fronte a quell'audacia; occhi blu era fortunato a non avergli mai
parlato in quel modo prima di allora, o gli sarebbe senz'altro saltato
addosso giorni fa, che lui fosse d'accordo o meno.
Se
non altro, però, era riuscito a convincere pienamente
Headley, che adesso assisteva a quella scenetta con un sorrisetto
ironico sulle labbra.
Andiamo,
un ultimo sforzo e riusciremo ad uscire vivi da qui.
«
E io sono sicuro che il tuo ego sia direttamente proporzionale alla tua
stupidità. » esclamò sarcasticamente,
accarezzandosi il mento con una mano, come a voler riflettere sulla sua
stessa affermazione.
Alec
ghignò, stringendosi nelle spalle.
«
Ehi, che vuoi che ti dica? Sono bello, non posso essere anche
intelligente. »
Magnus
si voltò verso Headley con un'espressione demoralizzata
stampata in viso.
«
Ora capisci con chi mi tocca avere a che fare? » gli chiese
poi, concludendo il tutto con un rumoroso sospiro.
L'uomo
studiò Alec con estrema attenzione, quasi lo stesse
sottoponendo ad una qualche specie di lastra mentale.
«
Tutto sommato non è poi così male. Conosco gente
che sborserebbe una bella cifra per divertircisi un po'. »
commentò poi, con una luce negli occhi che per un attimo
fece venire i brividi al moro.
Magnus
raggelò sul posto, facendo del suo meglio per mascherare la
cosa.
Sapeva
bene che tipo di gente frequentava Headley, e il solo pensiero che
qualcuno di loro mettesse le mani addosso ad Alec..
Non
lo avrebbe permesso per nessun motivo.
« Poveracci, gli vuoi davvero così male? Tempo un
paio di giorni e ti chiederebbero il rimborso. E' una tale piattola.
» affermò in modo studiatamente annoiato, a far
intendere che non gliene fregava un accidenti del destino di quello
lì.
«
Guarda che ti sento, non c'è bisogno di diventare sgarbato.
E poi vecchio, potresti dire a questi qui di lasciarmi? Mi stanno
rovinando tutta la pelle. » intervenne Alec in quel momento,
usando il miglior tono lamentoso a sua disposizione.
Braxton
gli lanciò un'occhiata disgustata, probabilmente inorridito
dall'essere così rammollito dell'altro.
Ah
Braxton, se solo sapessi.
«
Stai zitto, e ringrazia la tua buona stella che siano stati
così carini con te. Non ti hanno insegnato che non si entra
nelle case altrui senza invito? Questa volta ti dice bene, la prossima
ti denuncerò io stesso. » ribatté
Magnus impietoso, facendo però al contempo segno a Camden e
all'altro di lasciarlo.
Era
arrivato il momento di una strategica e studiata uscita di scena, prima
che la fortuna sfacciata che avevano avuto fino a quel momento,
decidesse all'improvviso di abbandonarli.
Non
appena i due lasciarono la presa, Alec barcollò leggermente,
rischiando per alcuni istanti di finire veramente a terra.
Magnus
ridacchiò sotto i baffi: quella del fingersi debole era
stata davvero una mossa magistrale da parte del suo occhi blu.
«
Tranquillo, non ci metterò più piede qui dentro.
Questi tizi sono così antipatici! »
rincarò la dose Alec, sfregandosi i polsi e usando un tono
che avrebbe fatto invidia ad una prima donna.
«
Perfetto, ora chiedi immediatamente scusa a mio zio per esserti
infilato a casa sua, o parola mia ti stacco la testa. » gli
ordinò Magnus imperiosamente, puntando l'indice nella sua
direzione e sbattendo un piede a terra a mo' di maestrina che sgrida un
alunno insolente.
«
Mi dispiace zio. Giuro sul mio onore che non mi avvicinerò
più a casa tua nemmeno sotto minaccia di morte. »
eseguì pedissequamente il moro, con tanto di mano sinistra
premuta sul cuore per sottolineare la veridicità di quel
giuramento.
Magnus,
nell'esatto momento in cui Camden si voltò a guardarlo,
storse le labbra in una smorfia, sforzandosi di guardare il ragazzo con
disgusto per quella che, agli occhi degli altri, appariva chiaramente
come una scena pietosa.
Subito
dopo scosse la testa spazientito, mormorando una preghiera a Dio per
ricevere un po' di pazienza extra, che risultò volutamente
udibile a tutti.
«
Bene. Camden, Braxton, vi dispiace accompagnare questo benemerito beota
fuori da qui? Giuro che tra pochi istanti lo porterò lontano
dalla vostra vista. » chiese freddamente, guardando il biondo
negli occhi e rifiutandosi di rivolgere la minima attenzione
all'oggetto di quella richiesta.
Il
ragazzo annuì brevemente tornando ad afferrare Alec ben poco
delicatamente, per richiudere, pochi attimi dopo, la porta alle loro
spalle.
Magnus
sospirò stancamente, passandosi una mano sugli occhi.
«
Che sia maledetto il giorno in cui mi è venuta voglia di
andare in quel locale a bere ed ho incontrato quella piaga umana.
» borbottò tra sé e sé,
sapendo che Headley lo avrebbe sentito.
Ogni
dettaglio era fondamentale, e non poteva certo permettersi di abbassare
la guardia quando ormai mancavano solo alcuni centimetri per tagliare
il traguardo; metaforicamente parlando, ovvio.
L'uomo
ridacchiò, assestandogli una pacca sulla spalla.
«
La maledizione dell'essere così affascinante. E quindi io
sarei il tuo zio adorato, eh? » gli chiese poi con un ghigno,
facendo riferimento a quanto l'altro aveva detto poc'anzi.
Magnus
arricciò le labbra carnose in una smorfia, guardando il suo
interlocutore con un espressione che diceva più che
chiaramente "ti prego, almeno tu dammi tregua".
«
E' stata la prima scusa che mi è venuta in mente, non che ci
sarebbero stati problemi anche se avessi detto che eri la mia nonnina.
Quel pezzo di cretino si berrebbe qualsiasi cosa. Sono stato un
imbecille a non accorgermi di averlo dietro, mi dispiace. Gli
darò il benservito per l'ultima volta e se ancora insiste lo
farò tacere in eterno. » esclamò poi
sprezzante e sicuro di sé, proprio come il suo capo si
aspettava di sentirlo.
Headley
annuì soddisfatto, guardando il ragazzo con orgoglio.
«
Così ti voglio, spietato e privo di scrupoli. Stai solo
attento a nascondere il corpo nel caso, l'ultima cosa che ci serve
è attirare l'attenzione. » lo ammonì
poi, scrutandolo attentamente.
Magnus
gli rispose con un sorrisetto sardonico e un gesto stizzito della mano.
«
Tranquillo, sai che sono fin troppo bravo nel mio lavoro. Non appena
riesco a scoprire qualcosa di concreto sullo scambio con Dixon mi
faccio vivo. » aggiunse poi semplicemente, congedandosi dopo
un accenno di assenso da parte del suo capo.
Una
volta fuori dalla porta, si trovò di fronte ad una delle
scene più esilaranti che avesse mai visto: Alec continuava a
recitare il ruolo dell'imbecille chiedendo a Braxton e Camden se
sapevano fare "tutte quelle cose fighe da spie", mentre gli altri due
sembravano lottare contro l'istinto di sparargli.
«
Io e lo zio abbiamo finito. Sarà meglio che ti riporti a
casa, prima che ti venga in mente di rompere l'anima a qualche altro
povero Cristo. » esclamò sarcasticamente, facendo
del suo meglio per non scoppiare a ridere e rivolgendo, allo stesso
tempo, uno sguardo di scusa ai suoi compari.
Poi,
afferrando bruscamente Alec per un orecchio - tanto per rendere il
tutto più credibile, non perché avesse davvero
voglia di fargli del male fisico dopo il guaio in cui li aveva
infilati, no
- lo trascinò senza tante cerimonie verso l'uscita.
Nel
tragitto vide diverse facce note voltarsi a guardarli, richiamati dalle
grida di Magnus che continuava a imprecare contro l'altro per aver
invaso la sua privacy, e minacciandolo di ripercussioni legali e
quant'altro.
Per
un attimo si fermò a pensare che forse si stava facendo un
po' prendere la mano.
Poi,
però, si ricordò di trovarsi ancora nella base di
uno dei trafficanti più temuti della zona e, di conseguenza,
un simile teatrino poteva rivelarsi un alibi maledettamente utile; e
poi, dopotutto, doveva allenarsi per la strigliata epocale che il moro
si sarebbe beccato una volta in salvo.
***
«
Si può sapere cosa ti è saltato in mente?
»
Alec
si obbligò a contare fino a dieci, sopprimendo l'impulso di
prendere a testate il muro più vicino, se non altro per
evitare che i passanti lo guardassero scioccati; ci mancavano soltanto
loro.
Da
quando erano usciti dalla base del capo di Magnus, quest'ultimo non
aveva fatto altro che gridargli contro inviperito, traumatizzando
poveri cittadini innocenti e facendo scoppiare in lacrime un paio di
bambini.
Non
che dentro la villa gli fosse poi andata tanto meglio: aveva seriamente
rischiato di staccargli un orecchio mentre lo trascinava come una mucca
al mercato, insultandolo in tutti i modi possibili.
Stare
con Magnus si stava rivelando un vero e proprio corso di autostima: se
riuscivi a non raggomitolarti in lacrime dopo tutti gli improperi che
riusciva a tirarti contro nel giro di pochi istanti, potevi star certo
che saresti sopravissuto a qualsiasi esperienza potessi fare nella tua
vita.
«
Vuoi seriamente fare questo discorso un'altra volta? Se continui
così qualcuno ti farà arrestare e, ti posso
assicurare, io non farò nulla per impedirglielo! »
gli rispose stizzito, incrociando le braccia al petto e continuando
ostinatamente a guardare dritto davanti a sé.
Magnus
emise un verso che suonava a metà tra uno sbuffo e un
ringhio, aumentando il passo per stare dietro alle lunghe falcate del
moro.
«
Sì, dobbiamo. Mi sembra proprio il caso di farti notare,
ancora una volta, che razza di incosciente tu sia stato ad introdurti
in quel modo in casa di Headley. Avrebbe potuto ammazzarti. »
ribatté, senza preoccuparsi minimamente di mascherare
l'astio nella sua voce.
Alec
prese un respiro profondo, cercando di calmarsi.
«
Volevo solo controllare che fosse tutto ok. E comunque non è
successo niente, quindi possiamo darci un taglio? »
replicò poi, rallentando di poco la sua marcia per scoccare
all'altro un'occhiata da sopra la sua spalla.
Magnus
fece schioccare la lingua indispettito, fissando con
ostilità la nuca del moro, quasi volesse obbligarlo a
voltarsi con il pensiero.
«
Se tu non ti fossi intromesso per l'ennesima volta, lasciando fare a me
una volta tanto, questa conversazione non avrebbe avuto luogo.
» affermò seccamente.
Alec
inchiodò così bruscamente che Magnus
rischiò seriamente di piombargli addosso facendo rovinare a
terra entrambi.
«
Scusami se, per l'ennesima volta, ero preoccupato per te e volevo
assicurarmi che non ti succedesse niente. » gli
sibilò contro, chiaramente offeso dalla precedente uscita
dell'altro.
Subito
dopo si voltò, riprendendo a camminare tanto velocemente che
Magnus dovette correre per stargli dietro e non perderlo tra la gente.
Improvvisamente,
osservando l'andatura rigida e stizzita del moro, si sentì
terribilmente in colpa.
Era
infuriato con lui per non averlo ascoltato e per aver messo in tal modo
a repentaglio la sua vita, era vero, ma quando era stata l'ultima volta
in cui qualcuno si era preso la briga di preoccuparsi per lui?
Chi,
prima di quel ragazzo, aveva rischiato tanto per assicurarsi che stesse
bene? Nessuno.
«
Alec.. » lo richiamò cercando di attirare la sua
attenzione, ma fu tutto inutile; occhi blu continuava a guardare dritto
davanti a sé, con uno sguardo tanto minaccioso da far
scansare i passanti.
Forse,
col senno di poi, non era stata un'idea geniale scegliere di usare una
strada così trafficata per tornare a casa del moro.
Certo,
si erano evitati un agguato potenzialmente mortale dai loro nuovi
amichetti in un qualche vicolo, ma d'altro canto avevano attirato su di
loro l'attenzione di mezza Londra.
Deciso
a mettere fine all'inseguimento, che ormai iniziava a diventare
estenuante, afferrò bruscamente Alec per un braccio, usando
tutta la forza a sua disposizione per farlo voltare.
Il
ragazzo gli scoccò un'occhiata adirata, ma prima che potesse
aprire bocca per rivolgergli degli epiteti tutt'altro che lusinghieri,
Magnus lo precedette.
«
Alexander, ascoltami. Io apprezzo il fatto che tu stia cercando di
proteggermi, te lo giuro, ma in questo caso davvero non ce n'era
bisogno. Non volevo essere così odioso ma cerca di capire,
mi è venuto un accidente quando ti ho visto lì;
non sapevo cosa dire o fare per salvarti. So che visto i precedenti
può risultarti difficile crederlo, ma ti giuro che so badare
a me stesso. Quindi magari la prossima volta dammi ascolto, ok?
» gli disse tutto di un fiato, per timore di essere
interrotto.
Aveva
usato un tono decisamente più calmo di prima, quasi
dispiaciuto.
Se
qualcuno gli avesse detto che lui, Magnus Bane, sarebbe finito a
chiedere scusa - per di più per ben due volte alla stessa
persona - probabilmente lo avrebbe preso per pazzo.
E
invece eccolo lì.
Alec
dovette essere ugualmente sorpreso da quel gesto, considerando la
rapidità con cui il cipiglio offeso abbandonò il
suo bel viso.
«
Ti prometto che farò del mio meglio, principessa.
» ribatté poi, ridacchiando sommessamente.
Per
alcuni minuti continuarono a camminare tranquilli, fianco a fianco, poi
Alec decise di rompere quel silenzio.
«
Quindi.. Quel biondino era Braxton, eh? Non ti facevo molto tipo da
biondi. »
Magnus
lo guardò maliziosamente, inarcando leggermente un
sopracciglio.
«
Infatti non sono mai stato molto un fan del genere, e comunque ci siamo
solo divertiti un po', niente di che. Ad essere sincero, ho sempre
avuto un debole per i bei mori con gli occhi azzurri. » gli
rispose seraficamente, godendosi la reazione dell'altro a quelle parole.
Alec
difatti stava diventando di un impensabile tonalità di
rosso, mentre borbottava frasi incomprensibili a chiunque tranne che
forse a lui stesso.
Magnus
non riuscì a trattenersi dallo scoppiare in una fragorosa
risata, alla vista di quella scena.
«
Sei arrossito? Seriamente? Che fine ha fatto l'uomo navigato, tutto
flirt e battutine maliziose? » gli chiese sarcasticamente,
facendo riferimento alle uscite che l'altro aveva tirato fuori poco
prima, lasciandolo a dir poco basito.
Alec
sospirò pesantemente, riuscendo nel mentre a tornare del suo
colorito naturale.
«
Sono stato costretto, dovevo assecondarti. » gli disse, pochi
istanti prima di svoltare nella strada di casa sua.
Magnus
lo seguì, senza smettere un attimo di ghignare.
«
Beh, mi devo congratulare. Non credevo fossi un attore così
bravo. » lo stuzzicò, fermandosi dietro di lui
davanti alla porta della sua abitazione.
«
Ci sono tante cose che non sai di me, principessa.
» ribatté l'altro, con un sorrisino sardonico
stampato in volto.
Alec
fece per infilare le chiavi nella serratura ma, in quell'esatto
momento, dall'altra parte della strada vide qualcosa che lo fece
congelare sul posto: una bellissima ragazza dai lunghi riccioli
corvini, avanzava a passi spediti accompagnata da un ragazzo dai
capelli biondi e altrettanto attraente.
Jace
ed Izzy stavano andando dritti verso di loro.
Merda.
Oddio scusateci per il ritardo ma finalmente ce l'abbiamo fatta!
Che dire, pensiamo che sia più che evidente che prima o poi
cederanno l'uno di fronte all'altro, insomma, sono anime gemelle!
Bwahaha xD
E boom, ecco anche che Headley e Braxton fanno il loro ingresso.. non
sottovalutateli mai, mi raccomando! :D
Ma a parte ciò, infine Izzy e Jace sono entrati in scena e..
solo l'Angelo sa cosa combineranno! xD
Come al solito vi ringraziamo dal più profondo del nostro
cuore, sia per seguire la storia, sia per recensirla, mettendoci sempre
di buon umore con il vostro parere! Grazie davvero! <3
Se vi va, saremmo ben liete di sapere cosa pensate anche di questo
capitolo! <3
Vi invitiamo come al solito ad iscrivervi ad il gruppo facebook, se
ancora non l'avete fatto, basta cliccare qui ---->
https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Alla prossima settimana!
Bye! <3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Capitolo #8 ***
Capitolo
#8
E
ora che diamine faccio?
Alec
per alcuni istanti fu colto dal panico più totale, mentre
cercava disperatamente di inventarsi qualcosa.
Avrebbe
potuto far finta di niente, scegliere un nome a caso per Magnus,
presentarlo loro e poi mandarli via, certo.
Ma
se lo avessero riconosciuto?
Sì,
era vero, erano passati oramai parecchi anni dai tempi del liceo, ma
allora Magnus era stato il ragazzo più popolare della
scuola, perfino più di Jace.
Senza
contare che Izzy aveva una certa propensione a registrare e memorizzare
tutti i bei ragazzi che incontrava.
Riusciva
quasi a immaginarsi la faccia orripilata di suo fratello mentre
Isabelle chiedeva al ragazzo al suo fianco se fosse proprio "quel
Magnus Bane".
No,
per quanto la possibilità fosse tanto minuscola da risultare
quasi inesistente, non poteva permettersi di rischiare.
«
Occhi blu? Che c'è, ti sei pietrificato? » gli
chiese ironicamente Magnus, vedendo la postura rigida che l'altro aveva
assunto tutto ad un tratto.
Alec
si voltò a guardarlo, con un espressione sconvolta stampata
sul viso.
«
Non girarti per nessuno motivo. Rimani dietro di me. »
esordì, con una tale urgenza nella voce che l'altro non si
azzardò a contraddirlo né a disubbidire.
«
Che succede? Non dirmi che quei due imbecilli di Russ e Aric ci hanno
seguito, ti prego. » bisbigliò, sperando con tutto
il cuore che il moro lo contraddicesse.
Era
già abbastanza grave che Alec si fosse scontrato con loro
non una, ma ben due volte; ci mancava solo che riuscissero in qualche
modo a scoprire dove vivesse.
«
Peggio. Iz e Jace stanno arrivando. » disse l'altro lapidario.
Magnus
aprì la bocca per rispondergli ma, vedendo i suoi fratelli
ormai pericolosamente vicini, Alec aprì di scatto la porta e
lo lanciò con malagrazia dentro casa.
«
Ehi fratellone! » esclamò Izzy con entusiasmo,
saltandogli letteralmente addosso.
Alec
ebbe appena il tempo di chiudere la porta, prima di ritrovarsi sua
sorella tra le braccia.
«
Quanto affetto! » ridacchiò il ragazzo,
scompigliandole amorevolmente i capelli.
Lei
si staccò scoccandogli un’occhiataccia,
probabilmente dovuta al fatto di aver avuto l'ardire di rovinarle
l'acconciatura.
«
Sai com'è, sono giorni che non vedo mio fratello.
» replicò poi altezzosamente, guardandolo con
chiaro rimprovero.
Alec
si sentì terribilmente in colpa per aver, seppur
involontariamente, ignorato la sua sorellina.
Ma
a sua discolpa aveva avuto un'ottima motivazione: stare dietro a Magnus
senza evitare che si facesse ammazzare era a dir poco impegnativo.
«
Ho avuto da fare. » replicò con leggerezza,
stringendosi nelle spalle.
Jace
diede un leggero colpo di tosse, evidentemente nel tentativo di
nascondere una risata.
«
Oh, l'abbiamo notato. A proposito, non dimentichi qualcosa? Non so,
magari di dirci chi era quello?
» gli chiese poi sarcasticamente, inarcando un sopracciglio
biondo.
Alec
mise su la sua migliore espressione innocente, battendo appena le
palpebre.
«
Quello chi? »
Sua
sorella gli lanciò un'occhiataccia da manuale, portandosi le
mani sui fianchi e battendo un piede a terra.
«
Credi di essere spiritoso? Quel grandissimo pezzo di figo che hai
appena sbattuto dentro casa tua, ecco chi! »
esclamò subito dopo, con una luce maliziosa negli occhi.
Alec
arrossì leggermente, non potendo fare a meno di pensare a
come quella descrizione gli calzasse a pennello.
Era
innegabile quanto Magnus fosse bello.
«
Ah, lui. Beh, ecco.. » balbettò, cerando in tutti
i modi una scusa per poter giustificare la presenza del ragazzo a casa
sua.
E,
di certo, il fatto che Isabelle lo conoscesse meglio di chiunque altro
e riuscisse sempre a capire quando mentiva, non aiutava affatto.
«
Esatto, proprio lui. Che aspettavi a dirmi che stai uscendo con un
ragazzo? Almeno avrei evitato di farmi mille preoccupazioni per le tue
sparizioni di questi giorni! » ribatté prontamente
la ragazza, non dandogli neanche il tempo di finire la frase, certo,
sempre se si potesse definire "frase" quel balbettio indistinto.
Alec
prese un respiro profondo, facendo appello a tutto il suo spirito
razionale.
Isabelle
davvero credeva che stesse uscendo con Magnus? D'altronde, cos'altro
avrebbe dovuto pensare vedendo un ragazzo entrare in casa sua?
A
quel punto era meglio assecondare quella versione, e fare poi il
possibile per mandarli via.
Stava
pensando al modo migliore per scusarsi, risultando il più
convincente e contrito possibile per non scatenare le ire della sua
sorellina, quando Jace decise di dare aria alla bocca,mandando al
diavolo tutti i suoi buoni propositi.
«
O almeno se non altro non avremmo temuto che ti fossi dato alla droga,
come invece abbiamo fatto. » affermò
semplicemente, quasi fosse il pensiero più naturale del
mondo da fare sul proprio fratello maggiore.
Dato alla droga? Ma
per chi accidenti lo avevano preso?
Bene,
visto che erano stati capaci di pensare che si fosse trasformato in un
drogato da un giorno all'altro, quasi come se non lo conoscessero
affatto, il minimo che potesse fare era prendersi una piccola rivincita.
Forse,
dopotutto, Magnus iniziava davvero a contagiarlo con il suo
caratteraccio.
«
In realtà avevate indovinato. Quello non è certo
il mio ragazzo, ma il mio spacciatore di fiducia. Ora, se volete
scusarmi, sarà meglio che vada dentro a pagarlo e a farmi
dare la mia dose, prima che nell'attesa si faccia fuori tutti i miei
funghetti allucinogeni. » affermò con la massima
nonchalance a sua disposizione, facendo loro un gesto di saluto con la
mano prima di voltarsi.
Udì
chiaramente un verso strozzato provenire da dietro le sue spalle,
seguito da un'imprecazione a dir poco colorita.
«
ALEXANDER GIDEON LIGHTWOOD! » si mise a gridare Isabelle che,
probabilmente, stava già pensando al modo migliore per farlo
finire dritto in ospedale.
Quando
utilizzava quel tono solitamente erano guai, guai molto seri.
Alec
si girò lentamente a guardarla, tentando spasmodicamente di
trattenere le risate.
«
Iz non serve che gridi a quel modo, sono a venti centimetri da te, ti
sento. » replicò tranquillamente, sollevando
appena le sopracciglia.
Se
già prima sua sorella era sconvolta, ora vedendo
l'espressione rilassata che si stava sforzando di mantenere, la ragazza
sembrò seriamente sul punto di prenderlo a calci.
«
Coma accidenti ti è venuta in mente una cosa del genere? E
poi che diavolo hai da stare lì con quella faccia? Ti rendi
conto di quello che hai appena detto? » continuò
lei imperterrita, facendo del suo meglio per fulminarlo con lo sguardo.
Alec
si sentì un po' colpevole vedendola così
arrabbiata, ma si trattava di una vendetta più che meritata.
«
E quindi? Isabelle, sono adulto e vaccinato, se voglio darmi agli
stupefacenti sono liberissimo di farlo. Non vedo quale sia il tuo
problema. » ribatté poi, mordendosi il labbro
inferiore per non scoppiare a ridere rovinando quel momento a dir poco
epico.
Sua
sorella, difatti, lo stavo guardando con gli occhi fuori dalle orbite e
con in viso l'espressione più scioccata che le avesse mai
visto.
«
Qual è il mio problema? Il mio problema è che il
mio fratellone non è un maledettissimo drogato! Tira subito
fuori il mio fratellone! » esclamò la ragazza con
veemenza, scuotendolo poco delicatamente per le spalle.
Davanti
a quella scena Alec non ce la fece più, e scoppiò
a ridere tanto fragorosamente da farsi venire le lacrime agli occhi.
«
Izzy calmati, stavo solo scherzando! » le spiegò
non appena ebbe ripreso fiato, facendole spalancare la bocca per la
sorpresa.
Subito
dopo gli si lanciò addosso in un abbraccio spaccaossa, che
gli strappò via di botto tutta l'aria dai polmoni.
«
Ti sembrano scherzi da fare? Hai rischiato di farmi venire un infarto!
» esclamò staccandosi da lui, e tirandogli un
pugno sul braccio talmente forte da farlo barcollare leggermente;
quando voleva sua sorella aveva la forza di un piccolo camionista.
«
Ve la siete cercata. Mi avete preso per un drogato! A proposito, grazie
mille per la fiducia. » replicò, scoccando
un'occhiata truce ad entrambi e massaggiandosi la parte lesa con una
mano, tanto per essere certo che vi circolasse ancora il sangue dopo
quella botta.
Jace,
che fino a quel momento aveva assistito in silenzio alla scena quasi
fosse stato improvvisamente paralizzato sul posto, fece un passo avanti
puntandogli un dito contro.
«
Mi hai cacciato di casa perché il tuo gatto odia i biondi! Cosa
avrei dovuto pensare?» gli chiese con un tono a dir poco
incredulo. Evidentemente non aveva ancora digerito quella sua scusa
infelice; certo, col senno di poi avrebbe potuto inventarsi di meglio,
ma in quel momento non aveva saputo davvero che altro dire.
«
Non è ti venuto il mente che fosse solo un modo per
liberarmi di te? » ribatté sarcasticamente,
portandosi una mano sotto il mento in una finta espressione pensierosa.
Jace
spalancò la bocca scioccato, richiudendola subito dopo con
un gesto secco.
Alec
moriva dalla voglia di fargli notare quanto, in quelle condizioni,
assomigliasse ad un povero pesce fuor d'acqua che cerca in tutti in
modi di sopravvivere, ma ritenne saggiamente che non fosse il caso.
«
Perché avresti dovuto farlo? » gli
domandò poi il biondo, con un espressione a dir poco
stranita in volto.
Già
perché? Avanti Alec, pensa.
Valutò
velocemente le sue possibilità, e si rese conto che alla fin
fine avrebbe fatto meglio ad assecondare la teoria di Isabelle.
«
Perché il mio ragazzo non mi rispondeva al telefono dalla
sera prima ed iniziavo ad essere preoccupato. E di certo non potevo
andare a casa sua a controllare con te piantato in mezzo ai piedi!
» affermò incrociando le braccia al petto, e
facendo del suo meglio per sembrare il più possibile sicuro
di sé.
Jace
sembrò valutare quella sua risposta, evidentemente cercando
qualcosa su cui potesse contraddirlo.
Quando
non trovò nulla da obbiettare, decise di passare al prossimo
argomento della sua lista.
«
E la telefonata che hai fatto a papà? Dice che sembravi
fuori di te. » replicò, difatti, scrutandolo con
aria inquisitoria.
Alec
imprecò mentalmente, stando ben attento però a
non lasciar trasparire il suo fastidio.
Dovevano
proprio fare tutti quanti comunella per mettersi a ficcanasare nella
sua vita? Aveva sì dato per scontato che suo padre fosse
rimasto perplesso dalla sua uscita senza senso, ma non si aspettava
certo che gli piazzasse i suoi fratelli alle costole.
Certe
volte era davvero brutto crescere con gente che aveva il pallino del
controllo assoluto su tutto.
«
Quando sono arrivato a casa sua non l'ho trovato da nessuna parte, e
continuava a non rispondermi. Ho temuto che gli fosse successo
qualcosa; ero nel panico. » gli rispose semplicemente,
stringendosi nelle spalle e sforzandosi di sembrare disinvolto.
Il
fatto di aver appena detto una mezza verità lo aveva
senz'altro aiutato: nel panico temendo che gli avessero fatto del male
c'era andato seriamente.
Jace
sembrò poco convinto da quella risposta ma, di fatto, non
c'era niente che potesse fargli dire che gli stava mentendo.
Annuì
seccamente, come a voler affermare che la storia era stata archiviata.
Alec
lo conosceva troppo bene per esserne certo ma preferì
lasciar cadere l'argomento.
«
Allora, lo possiamo conoscere? » gli chiese sua sorella in
quel momento, mettendosi quasi a saltellare per l'entusiasmo.
Il
moro scosse vigorosamente la testa, non accennando minimamente a
spostarsi dalla porta per farli entrare.
«
Spiacente sorellina, ma c'è un motivo se ho cercato di
tenervelo nascosto: non ho intenzione di permettervi di farlo scappare
a gambe levate. Lui è.. seriamente
importante per me. » affermò con una
punta di divertimento nella voce, che si trasformò in
imbarazzo su quell'ultima frase.
Dire
quelle parole ad alta voce gli aveva procurato una strana sensazione,
che si affrettò immediatamente a seppellire il
più a fondo possibile nel suo inconscio; l'ultima cosa di
cui aveva bisogno, era mettersi a pensare se seriamente Magnus fosse
diventato più importante del dovuto per lui.
Izzy
sembrò sul punto di protestare, ma non le diede modo di
farlo: afferrandola delicatamente per le spalle la fece voltare,
spingendola nella direzione da cui era arrivata.
«
Forza, smammate. Non c'è niente da vedere. Se e quando
potrò essere certo che farete i bravi ve lo farò
conoscere, parola di scout! » esclamò, ridendo per
le espressioni infastidite che avevano stampate in viso mentre li
invitava "gentilmente" ad andarsene.
«
Per questa volta passi, ma se non ti sbrighi a presentarmelo come si
deve smetterai di essere il mio fratello preferito, sappilo!
» replicò Iz guardandolo torvamente, per poi
allontanarsi con la sua innata grazia.
«
Dovrei sentirmi offeso secondo te? » domandò
ironicamente Jace, riferendosi all'affermazione della sorella.
Poi,
senza attendere risposta, scosse lentamente la testa e si
affrettò a seguire la ragazza.
Alec
tirò un sospiro di sollievo, e quando fu certo che se ne
fossero andati si decise a rientrare in casa.
Magnus,
che si trovava accovacciato con un orecchio poggiato contro la
superficie legnosa della porta, non fece in tempo a scansarsi finendo
inesorabilmente col perdere l’equilibrio e trascinandosi
dietro Alec, aggrappandosi malamente alla cintura di cuoio dei suoi
pantaloni.
Chiuse
gli occhi, aspettando il contatto della sua testa contro il freddo
pavimento, ma quando questo non avvenne, li riaprì
lentamente.
Alec
lo sovrastava con tutto il corpo, una mano dietro la sua nuca, mentre
l’altra era posizionata vicino al suo viso per evitare
di cadergli completamente addosso.
Sbaglio,
o ha cercato di proteggermi anche questa volta?
«
Sai vero che quando prima ho detto che sarei stato in grado di
divertirti, non ero realmente io a parlare, vero? »
scherzò Alec, sfilando la mano per poggiarla a terra, in
modo da sostenersi meglio.
L’altro,
superato lo shock momentaneo, gli rivolse un’occhiata
penetrante, ghignando come solo lui era in grado di fare, con un misto
di ironia e malizia: « Eppure sembravi molto serio Alexander,
pensavo giusto di metterti alla prova; tanto per vedere di cosa sei
capace. » lo provocò, senza distogliere lo sguardo.
Alec
dal canto suo non ci pensò minimamente a dargliela vinta.
Armandosi anche lui della sua più tagliente ironia si
avvicinò al suo viso, tanto da potergli sussurrare ad un
orecchio.
Magnus
percepì il respiro dell’altro infrangersi contro
il suo collo, e dovette sforzarsi di reprimere un brivido di pura.. Di cosa esattamente?
Anche
la sola presenza di Alec cominciava a destabilizzarlo,
confondendo
ancora di più i suoi già ingarbugliati pensieri.
Non
poteva negare di sentirsi terribilmente attratto dalla semplice ma al
tempo stesso disarmante bellezza incarnata da quel ragazzo, tuttavia,
perché gli faceva quello strano effetto?
Per
la prima volta, sembrò comprendere cose che il suo corpo
già aveva recepito da tempo: stava seriamente per prendersi
una bella batosta per quel soldato che tanto aveva ammirato in passato,
di quelle che non riusciresti mai a dimenticare nemmeno volendolo con
tutto te stesso.
E
Magnus sapeva benissimo quanta poca determinazione avesse in quel
genere di situazioni.
«
Sono capace di molte cose, a dire il vero. Non sono così
innocente come credi. » la voce era scesa di un ottava,
diventando più roca e al tempo stesso.. sexy.
Per
l’Angelo, stava decisamente perdendo il senno, non vi era
alcun dubbio al riguardo.
Magnus
con un colpo di bacino ribaltò velocemente le posizioni,
sedendosi a cavalcioni su di lui.
Alec
stava facendo di tutto per non diventare delle tonalità
più impensabili di viola; aveva provato a provocarlo per
scherzare, convinto che Magnus poi avrebbe fatto qualche battutaccia
facendo cadere l’argomento.
Invece,
contro ogni sua possibile previsione, sembrava non volerlo proprio
assecondare, anzi.
«
Per essere un soldatino ligio al dovere, mi rendo conto che sei anche
in grado di rompere gli schemi a volte. » asserì,
guardandolo intensamente negli occhi.
Alec
deglutì, sentendosi improvvisamente la gola secca.
Magnus
era bello, doveva ammetterlo.
Era
quel tipo di bellezza che ti entrava dentro senza
possibilità di scelta, intrappolandoti nella sua fitta rete
di meraviglie senza che te ne rendessi realmente conto.
Come
poteva chiamarsi quel mix di emozioni che sembravano danzare
instancabili all’interno del tuo corpo? Alec non
riusciva proprio a rispondersi.
Con
uno scatto si tirò su a sedere, scontrandosi
impercettibilmente col naso di Magnus.
Quella
situazione stava diventando estremamente familiare, ed entrambi
sembravano non poterla più sopportare.
Entrambi, si resero
conto di star desiderando la stessa cosa da fin troppo tempo,
inconsapevolmente.
Magnus
inclinò la testa di lato lentamente, avvicinandosi tanto
quanto bastava per far sfiorare le loro labbra.
Poi
però il cellulare squillò, rompendo la magia.
Magnus
maledì più volte quel cavolo di aggeggio,
alzandosi immediatamente dalle gambe di Alec.
Quest’ultimo,
ancora scosso da quanto stava per accadere e dai mille pensieri che gli
tormentavano la testa, si alzò a sua volta, ascoltando
attentamente il nome di colui che li aveva appena interrotti: Headley.
E adesso che voleva
ancora?
Robert
Lightwood lanciò sul tavolo il fascicolo che aveva in mano,
in un chiaro gesto di esasperazione.
Era
dietro a quel caso da mesi, eppure ancora non riusciva a venirne a capo.
Aveva
setacciato la città in lungo e in largo alla ricerca del
più minimo straccio di informazione, ma tutti i suoi sforzi
erano risultati essere inutili.
E,
ovviamente, neanche i suoi uomini avevano avuto successo.
Il
maledettissimo capo di quel gruppo di trafficanti, che svolgeva
indisturbato i suoi affari ormai da fin troppo tempo a suo parere, era
sempre più avvolto in una fitta coltre di mistero.
E
adesso che dopo tanta fatica erano riusciti a carpire il nome
dell'intermediario che avrebbe potuto finalmente risolvergli le cose,
non c'era verso che riuscissero a capire chi accidenti fosse.
Più
passava il tempo senza alcun tipo di informazione, e più
Robert era tentato di sottoporre ad un test del DNA l'intera
città, tanto per stringere un po' i tempi.
Come
se tutto ciò non fosse sufficiente, ci si metteva anche uno
strisciante senso di preoccupazione, che gli era rimasto addosso dalla
telefonata ricevuta giorni prima dal suo primogenito.
Qualsiasi
genitore al suo posto avrebbe immediatamente archiviato la cosa
schedandola come una ragazzata, ma non lui.
Conosceva
troppo bene Alexander per prendere quella situazione alla leggera.
In
ventiquattro anni di vita, mai, nemmeno una volta, lo aveva sentito
farfugliare frasi senza senso in quel modo.
Lui
era sempre stato il più responsabile, il più
composto; era impossibile che fosse impazzito così di colpo,
senza che ci fosse un motivo più che serio dietro.
Aveva
chiesto a Jace di indagare sulla faccenda, ma ancora non aveva avuto
alcun tipo di aggiornamento sulla situazione neanche da lui.
Sembrava
che tutto il mondo si fosse messo d'accordo per mandarlo fuori di testa.
Deciso
a risolvere un problema alla volta, afferrò il telefono
componendo il numero di suo figlio.
«
Pronto?
» la voce del ragazzo risuonò cristallina nel suo
orecchio, dopo appena pochi squilli.
«
Jace, cosa hai scoperto su Alec? » gli chiese, senza tanti
giri di parole. Non era mai stato da lui perdere tempo in inutili
convenevoli.
Sentì
una risata appena trattenuta, camuffata da un leggero colpo di tosse.
«
A quanto pare il caro e
vecchio Alec si sta dando da fare. »
replicò poi ironicamente il suo interlocutore, contribuendo
solo a far aumentare ancora di più i dubbi dell'uomo.
Aveva
visto giusto? Suo figlio si era cacciato in chissà che
situazione?
No,
era impossibile: in tal caso Jace non sarebbe stato certo
così tranquillo.
Impulsivo
com'era, se solo avesse scoperto qualcosa di grave sul suo
conto, avrebbe già trascinato Alec alla base
legato come un salame, inventandosi metodi tutti suoi per farlo
rinsavire.
«
Figliolo, non sono davvero in vena di enigmi. Smettila di fare la
Sibilla Cumana e dimmi cosa sai. » replicò
seccamente, risultando più imperioso di quanto in
realtà volesse.
A
quella richiesta seguirono alcuni istanti di silenzio, quasi come se il
ragazzo stesse cercando di elaborare le idee per presentargli la
situazione andando dritto al punto.
«
Alec si è
trovato un fidanzato. » asserì poi
Jace, in tono quasi compiaciuto.
Robert
fu preso totalmente in contropiede da quell'affermazione, mentre il
castello di carte, formato da tutta una serie di ipotesi di certo poco
rassicuranti, crollava miseramente.
«
U-un fidanzato? » gli chiese tanto per essere sicuro,
balbettando lievemente per la sorpresa.
Era
davvero quello il motivo per cui Alec si era comportato in modo
così strano? Perché diamine non gliene aveva
semplicemente parlato?
Okay,
magari non era stato un gran padre per lui - troppo concentrato sui
suoi doveri e sulle sue responsabilità - ma nell'ultimo
periodo aveva fatto del suo meglio per recuperare, arrivando ad avere
un ottimo rapporto con lui.
«
Già. Io non
posso dare opinioni, ma a detta di Izzy è anche un gran bel
pezzo di ragazzo. » riprese Jace, ignaro dei
dubbi che nel mentre affollavano la mente dell'altro.
Robert
non ci mise molto a registrare quello che aveva appena sentito.
«
Izzy? Tua sorella lo ha visto? Dove? » chiese sempre
più perplesso, cercando di raccapezzarsi.
Poteva
sembrare difficile da credere, ma a volte guidare un intero corpo
dell'esercito era di gran lunga meno complicato che star dietro ai suoi
figli.
«
Lo abbiamo visto
entrambi, anche se Alec si è rifiutato di presentarcelo. Io
e Isabelle eravamo andati da lui per controllare la situazione, e li
abbiamo beccati mentre rientravano a casa. » gli
spiegò il ragazzo, cercando di essere il più
conciso possibile.
L'uomo
corrugò le sopracciglia, chiedendosi il perché di
quello strano atteggiamento.
«
Come sarebbe a dire che non ve lo ha presentato? »
domandò, sperando che la risposta dell'altro lo avrebbe
aiutato a fare un po' di chiarezza.
«
Esattamente quello che ho
detto. Quando ci ha visti arrivare lo ha letteralmente lanciato in casa
sprangando la porta. Quando gli abbiamo chiesto il perché ha
risposto che voleva evitare che lo facessimo scappare.
» esclamò ridacchiando, quasi l'immagine del
fidanzato di suo fratello in fuga da lui lo divertisse.
Robert
sospirò stancamente, passandosi una mano sul viso.
Chiunque conoscesse minimamente Jace ed Isabelle avrebbe senz'altro
fatto lo stesso, di questo era sicuro, ma nonostante questa
consapevolezza la cosa gli risultava comunque strana.
Non
era da Alec escludere così la sua famiglia.
«
Vi ha almeno spiegato il perché di quelle sue uscite, giorni
fa? »
Aveva
quasi paura a chiedere visto le risposte precedenti, ma se voleva
cercare di ricavare un quadro chiaro da quella storia, doveva sapere
ogni minimo dettaglio.
«
A quanto pare mi ha
cacciato di casa perché, visto che il suo ragazzo non gli
rispondeva al telefono dalla sera precedente, era preoccupato e voleva
controllare. Quando andando a casa sua non l'ha trovato è
andato nel panico, credendo che fosse successo qualcosa, ed ha chiamato
te. » replicò Jace tentennando
lievemente, come se non credesse del tutto a quella versione.
E
anche Robert la pensava esattamente così.
Forse
avrebbe potuto essere credibile se non fosse stato per il fatto che,
quando lo aveva chiamato, Alec aveva esclamato un "sono arrivati prima
loro".
Loro
chi? A chi si riferiva?
Se
era solo preoccupato perché non trovava il suo ragazzo,
perché usare quella frase? No, decisamente c'era qualcosa
che non andava.
«
Posso sapere come si chiama il mio futuro genero? » chiese
con nonchalance, quasi fosse una domanda butta lì per caso.
In
realtà aveva tutte le intenzioni di fare dei controlli,
tanto per stare tranquillo.
«
Ehm.. Non ce lo ha voluto
dire. »
Okay,
a quel punto non aveva più dubbi: Alexander nascondeva
qualcosa.
«
Senti Jace, non potreste magari.. » iniziò, ma
prima che potesse finire la sua richiesta il figlio lo interruppe.
«
Tranquillo
papà, Izzy sta già pensando al modo migliore per
metterlo sotto torchio. » esordì
difatti, riuscendo a strappargli un miniscolo sorriso.
C'era
da aspettarselo da Isabelle: quella ragazza era tale e quale a sua
madre.
«
Perfetto, tenetemi informato ed occhi aperti. » concluse poi,
chiudendo subito dopo la chiamata.
Bene,
almeno in minima parte iniziava ad avere più chiaro uno dei
due problemi.
Ora
rimaneva l'altro.
Stava
per alzarsi, intenzionato a cercare i suoi due uomini migliori per
ricevere aggiornamenti, quando questi, dopo aver rispettosamente
bussato, fecero il loro ingresso nella stanza.
«
Caleb, Shane, eccovi. Stavo per venirvi a chiamare. Avete notizie sul
caso Bane? » chiese loro, ostentando il suo solito tono
mortalmente calmo, e sistemandosi meglio sulla poltrona.
I
due uomini assunsero un'espressione lievemente titubante, quasi
stessero cercando anche loro di capirlo completamente.
«
Abbiamo passato a setaccio tutti gli indirizzi, i conti bancari,
perfino gli schedari per vedere se qualcuno con quel nome avesse avuto
a che ridire con la giustizia. » affermò Shane
seccamente, evidentemente scocciato dal fatto che quella ricerca si
stesse rivelando per tutti più difficile del previsto.
«
E? » lo spronò a continuare il generale, pur
immaginandosi dove quel discorso sarebbe andato a parare.
«
Non abbiamo trovato né indirizzi né conti
bancari, questo tizio è un fantasma. » gli rispose
prontamente Caleb, rivolgendo al suo superiore uno sguardo di scuse.
Robert
si lasciò cadere pesantemente sullo schienale, imprecando
mentalmente per l'ennesima volta.
Che
accidenti dovevano fare per riuscire a mettere le mani addosso a quello
lì? Non era possibile che non ci fosse modo di riuscire a
scoprire chi fosse.
Poteva
fuggire e nascondersi quanto voleva, prima o poi sarebbe riuscito a
metterlo alle strette e lo avrebbe costretto a parlare.
Ora
che finalmente aveva una possibilità di bloccare un giro di
quel calibro, non avrebbe certo permesso ad un qualunque delinquente di
mandare tutto a monte.
«
Anche se.. » riprese lentamente Caleb, riportando su di
sé l'attenzione del generale.
L'uomo
gli rivolse un'occhiata perplessa, incoraggiandolo a finire.
«
Crediamo di aver finalmente trovato una pista, signore. »
affermò il soldato, mentre un lampo di soddisfazione passava
sul suo viso.
Robert
piegò la bocca in un ghigno, battendo una mano sul tavolo
per l'entusiasmo.
«
Dite davvero? Finalmente. » replicò poi, studiando
attentamente i suoi uomini.
Questi
annuirono seccamente, in risposta a quella domanda retorica.
«
Abbiamo finalmente
- come avete giustamente detto - un indiziato. I nostri uomini gli sono
addosso, è solo questione di tempo prima che riusciamo a
sbatterlo dentro. » spiegò poi Shane, senza
distogliere gli occhi da quelli del suo superiore.
Quest'ultimo
gli rivolse uno sguardo palesemente soddisfatto.
«
Ottimo lavoro. Fate in modo di prenderlo il prima possibile, voglio
mettere la parola fine a questa storia. » ordinò,
rivolgendo loro un leggero sorriso.
Inutile
dire quanto i due soldati si sentirono gratificati per quel gesto:
considerando quanto fosse rigido il generale, era necessario fare
l'impossibile per ottenere anche un minimo e velato apprezzamento,
figuriamoci una cosa del genere.
«
Grazie, signore. Sarà fatto. » esclamò
Caleb, pronto a congedarsi.
Prima
che potesse muovere un passo, però, Robert li
richiamò.
«
Potete mettere qualcuno dei nostri uomini nelle vicinanze di casa di
mio figlio? Si tratta solo di una prevenzione, certo, ma preferisco
tenerlo sotto controllo. Ovviamente dovranno essere molto discreti per
evitare che se ne accorga. » gli chiese poi, decidendo
bellamente di ignorare le espressioni confuse e le sopracciglia
corrugate dei due.
«
Signore? Vuole che mettiamo qualcuno a sorvegliare Jace? »
gli chiese incerto Shane, scoccando un'occhiata all'altro in cerca di
conferma.
Il
generale scosse vigorosamente la testa, passandosi lentamente una mano
sul mento.
«
Non Jace, Alec. » spiegò loro, ritrovandosi subito
dopo di fronte a due espressioni a dir poco basite.
« A-Alec,
signore? Ne siete sicuro? » balbettò Caleb,
guardando l'uomo completamente stralunato.
Robert
cercò di non prendersela per quella reazione.
Dopotutto,
entrambi conoscevano il suo primogenito da anni, e sapevano fin troppo
bene quanto il suo ragazzo fosse praticamente perfetto sotto ogni punto
di vista; non poteva certo biasimarli se la richiesta di sorvegliare
lui, e non magari quella testa calda di Jace, li aveva spiazzati.
«
Sicurissimo. » rispose comunque, in un tono che non ammetteva
repliche.
I
due si misero sull'attenti, portandosi rapidamente la mano destra alla
fronte.
«
Si, signore. »
«
Certo, signore. »
Dopo
avergli risposto praticamente all'unisono, sia Caleb che Shane uscirono
velocemente dall'ufficio del generale, pronti ad eseguire gli ordini
che gli erano stati impartiti.
Robert
li vide allontanarsi, sospirando appena: era tempo di rimettersi a
lavoro.
Jace
ripose il telefono nella propria tasca nel momento stesso in cui
Isabelle tornò a sedersi al tavolino del bar vicino la
centrale, mandando indietro con un gesto i suoi bellissimi riccioli
scuri.
«
Allora? Cosa voleva papà? » chiese senza troppe
cerimonie, portandosi la tazzina di caffè alle labbra.
Jace
poggiò i gomiti sulla superficie plastificata, incrociando
le mani sotto al mento in una tipica posa riflessiva.
«
Sapere qualche novità su Alec. » rispose
semplicemente, fissandola intensamente negli occhi.
Isabelle
capì subito ciò che suo fratello gli stava
comunicando con lo sguardo: entrambi infatti, avevano intuito che
qualcosa non andava nella versione raccontata da Alec.
Per
quanto potesse essere plausibile come spiegazione, lo conoscevano
troppo bene per credere fino in fondo a quella versione dei fatti.
Dubitavano
infatti che il loro caro fratello maggiore potesse andare in crisi solo
perché il fidanzato non rispondeva al telefono. Cosa poteva
mai succedergli di così tanto grave da mandarlo in palla?
«
Fammi indovinare, dobbiamo scoprire chi è questo presunto
ragazzo. » lo anticipò, osservandolo mentre
annuiva in maniera impercettibile.
Isabelle
sorrise, accavallando le gambe in maniera elegante; la minigonna
aderente viola si sollevò appena di qualche millimetro.
«
Quindi abbiamo bisogno di un piano. » continuò,
posando la tazzina sul piattino di ceramica.
Jace
si arruffò i capelli con una mano, sorridendo in maniera
sghemba: « Credi di essere in grado di fare del lavoro extra?
» la provocò giocosamente.
Isabelle
corrugò le sopracciglia, formando una ruga verticale al
centro della propria fronte, mentre le labbra tinte di viola si
incurvarono in un sorrisino appena accennato.
Le
dita scivolarono esperte tra quei capelli setosi, spostandosi la
frangia da una parte all’altra.
«
Non hai la benché minima idea di cosa sono in grado di fare,
fratellino. » rispose. Poi, scoccandogli un bacio volante, si
alzò, dirigendosi verso la porta.
Conoscendola,
sarebbe andata dritta in ufficio per riordinarsi le idee, poi avrebbe
creato una sorta di strategia alla Izzy style.
Sperava
solo che sarebbe stata realmente capace di scoprire cosa
c’era davvero sotto tutta quella faccenda di Alec,
perché conoscendolo difficilmente si sarebbe fatto
raggirare, era troppo bravo in quel genere di cose.
Sospirando,
lasciò qualche banconota sul tavolino, poi uscì
anche lui, diretto a casa.
Spera
che sia davvero la verità Alexander, o sarai presto in mare
di guai.
Hi!
Sappiamo che volete ammazzarci perchè son ben due volte che
vi facciamo "credere" che il bacio Malec sia lì per poi..
distruggere i vostri sogni xD Ma bon, giuriamo che questa è
stata l'ultima volta xD
Allora, Izzy e Jace sono entrati in scena all'improvviso
destabilizzando Alec, che non ha avuto modo di pensare ad un qualcosa
di credibile da rifilargli.. ed ecco che quindi i due partono alla
carica perchè devono proteggere il loro fratellone.. :D
cariniii xD
Per quanto riguarda il padre, al contrario di quello che molte di voi
hanno ipotizzato, Robert non è affatto sconvolto del fatto che
Alec stia frequentando un ragazzo. La sua preoccupazione è
sul chi sia in realtà e sul perchè occhi blu
cerchi di nasconderlo :D Sorpresa(?)xD lo sappiamo che lo volevate
cattivo v.v xD
Come al solito vi ringraziamo tutte, sia per seguire la storia, sia per
recensirla, siete davvero fantastiche e non abbiamo parole per
definirvi!<3
Davvero, grazie<3
Semmai voleste iscrivervi ad il gruppo facebook, se ancora non l'avete
fatto e ne avete intenzione, cliccate qui ---> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Vi mandiamo un grosso bacione, alla prossima settimana!
Bye!<3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Capitolo #9 ***
Capitolo #9
«
Come ti è venuto in mente di organizzare tutto in una
manciata di minuti? »
Alec
guardò Magnus fare avanti e indietro per la stanza, il
cellulare poggiato sull’orecchio destro e un tic
all’occhio che sembrava non volerlo proprio abbandonare.
Lo
vide battere il piede a terra con fare impaziente, mordendosi il labbro
in maniera tanto violenta che per un attimo Alec pensò
volesse staccarselo da solo con i denti.
Si
raccapricciò a quel pensiero.
«
Lo so che devo concludere il lavoro, lo so. »
continuava a blaterare nervosamente, passandosi una mano in mezzo ai
capelli e scompigliandoseli appena.
Ok,
che era ovvio che prima o poi avrebbe dovuto concludere quel maledetto
affare lasciato in sospeso, ma non si aspettava di certo che Headley
nel giro di appena mezz’ora dal loro incontro, gli
organizzasse il tutto per lo scambio.
Soprattutto
se poi gli aveva appena detto che aveva quasi rischiato di lasciarci le
penne durante il fatidico incontro.
Non
che pensasse che gli avrebbe dato modo di riprendersi, figurarsi, per
lui avevano aspettato anche fin troppo tempo, ma almeno aveva sperato
di avere il tempo necessario per prepararsi.
«
Ho capito, ci andrò. » concluse sospirando, poi,
richiuse la chiamata, gettando il cellulare sul tavolo della cucina con
malagrazia.
«
Andrai dove esattamente? » gli chiese Alec, potendo
finalmente venire a conoscenza del contenuto della telefonata.
Magnus
si passò una mano sul viso con fare stanco, per poi
lanciargli un breve sguardo attraverso le dita.
Probabilmente
rivelarglielo sarebbe equivalso ad una nuova ramanzina e ad una nuova
litigata sul perché non dovesse assolutamente
andare.
E
Magnus era davvero stufo di ricordargli che destare sospetti non era la
maniera più efficiente di agire.
Senza
contare poi che stava di nuovo per impicciarsi in faccende che non lo
riguardavano, e la cosa non poteva che alterarlo.
«
Non credo siano affari tuoi. » rispose con nonchalance,
gesticolando con una mano.
Alec
trattenne l’istinto di prenderlo a testate sui denti,
mordendosi impercettibilmente il labbro inferiore.
Non
poté fare a meno di provare una punta di delusione
nell'udire quell'affermazione: credeva si fosse finalmente instaurata
una certa complicità, dell’intesa, soprattutto
visto ciò che stava per accadere pochi minuti prima, ma a
quanto pareva Magnus continuava a considerarlo ancora uno sconosciuto.
Ma
come puoi ancora considerarmi tale, dopo che mi hai praticamente
scombussolato la vita?
«
Oh ma davvero? Non sono affari miei? Certo, che sciocco! »
esclamò con enfasi, alzando le braccia in un chiaro segno di
esasperazione.
Magnus
restò impassibile di fronte alla sua reazione, scrutandolo
con estrema freddezza.
Già
si era fatto imbambolare nemmeno mezz’ora prima,
permettendogli di seguirlo e di farsi quasi ammazzare con la sua
incoscienza, non avrebbe di certo ripetuto lo stesso errore due volte.
«
Alexander, quello che intendo di- »
«
Che non vuoi farmi immischiare perché tieni alla mia
incolumità? Per favore risparmiami questa storiella,
perché ne ho davvero piene
le scatole. » lo interruppe, avvicinandosi a lui.
Magnus
aprì la bocca, pronto a rispondergli piccato, ma lo sguardo
di fuoco che il moro gli lanciò lo fece desistere.
Aveva
visto Alec arrabbiato, eccome se l’aveva visto, eppure in
quel momento sembrava diverso, come se ci fosse ben altro oltre alla
collera ad offuscargli la vista.
Alec
lo guardava dritto negli occhi, le sopracciglia corrugate e
un’espressione furente stampata in viso, quasi fosse un leone
pronto ad accanirsi sulla propria preda con ferocia.
«
Se sei stufo, allora lasciami stare Alec. Rivolgiti a tuo padre e digli
tutto quello che sai, digli anche di me se necessario. Non voglio che
tu muoia Alexander, non
voglio. » ritrovò l’uso
della parola Magnus, cercando di fargli capire che per lui era
importante che l’ascoltasse.
Alec
fece un passo indietro, momentaneamente destabilizzato dalla sua
risposta.
Magnus
si sentì incoraggiato da quel suo tentennamento, e
avanzò verso di lui inchiodando la sua figura al tavolo da
cucina.
«
So che non posso decidere per te Alec, so che vorresti salvarmi anche
se ancora non ne capisco il motivo, e so che se ti metti in testa di
voler fare qualcosa, non sarò di certo io a farti cambiare
idea. - cominciò, fissandolo intensamente negli occhi. - Ma
so anche che non posso permetterti di fare un passo falso, quando so
per certo di poter evitare una situazione pericolosa per entrambi.
Perciò ti
prego, resta a casa questa volta. »
Alec
si sorprese nel sentirsi dire una cosa del genere proprio da Magnus.
Non
c’era niente da fare, quel ragazzo dagli occhi costantemente
velati da un’amara tristezza, non faceva altro che
sorprenderlo giorno dopo giorno.
Poche
persone ne erano capaci, e non riuscì a reprimere un sorriso
nel constatare che lui ne facesse parte.
«
Apprezzo il fatto che tu voglia proteggermi Magnus, ma so badare a me
stesso. » rispose, facendo sbuffare l’altro.
Certo,
sapeva proprio badare a se stesso, come no.
Alec
era la persona più cocciuta che Magnus avesse mai visto in
vita sua; non solo si ostinava a non voler prendere in considerazione
l’idea di trovarsi effettivamente anche lui in una situazione
di pericolo, ma oltretutto faceva persino di tutto per peggiorare la
loro già precaria posizione.
Possibile
che non riuscisse a capire che non doveva esporsi troppo? Soprattutto
poi, se si parlava di un tipo come lui?
Alec
non aveva ancora ben capito che razza di persona fosse, altrimenti era
sicuro che non l’avrebbe protetto con tutto se stesso, come
invece stava già facendo.
Ma
rivelargli ogni dettaglio per fargli capire chi davvero si trovava di
fronte era una cosa che non era ancora in grado di fare, anzi, forse
non ne sarebbe stato mai capace.
Non
voleva assolutamente sentire il peso del suo giudizio ricadergli sulle
spalle, doloroso come lo erano in parte i suoi ricordi.
No,
forse non lo avrebbe mai detto a nessuno.
«
Senti, - provò, ormai al limite della sopportazione - ti
propongo un patto. » esordì laconico, cominciando
a girargli intorno come durante un interrogatorio.
Lo
sguardo finì inesorabilmente per scivolare
sull’intera figura di Alec, passando dal viso etereo al collo
candido, dalle spalle larghe e ben piazzate, alle braccia muscolose con
qualche vena in tendenza, e da quel sedere che tanto gli sarebbe
piaciuto tastare - perché per Lilith, era wow - alle gambe
toniche e allenate.
Perché
Alec doveva essere così dannatamente erotico? E
perché continuava a reprimere l’istinto di
buttarsi e conquistarlo?
Non
si era mai fatto troppi problemi a passare da un ragazzo ad un altro,
sostenendo che per il genere di vita che conduceva, non poteva
assolutamente affezionarsi a qualcuno.
Ed
è proprio per questo che non ti fai avanti,
perché sai che se ci caschi, questa volta non puoi rialzarti
e scappare da lui.
Dannazione,
quel dannato occhi blu stava davvero mandando il suo cervello a farsi
benedire.
«
Avanti allora, sentiamo. » lo riportò alla
realtà la fonte dei suoi pensieri, quando completata la
radiografia poco velata, si fermò nuovamente a pochi
centimetri dal suo viso.
«
Sono sicuro del fatto che se io ti dicessi di non seguirmi, lo faresti
lo stesso, credo lo abbiamo appurato entrambi questo. -
cominciò, cercando di risultare il più serio
possibile - Perciò okay. Puoi venire con me, ma
l’affare lo sbrigo io, tu ne resti fuori. Letteralmente.
» concluse, guardandolo minacciosamente e con un sopracciglio
inarcato in un’aria davvero saccente.
Alec
valutò attentamente la proposta, determinandone i pro e i
contro.
Poi,
decidendo che era fattibile e che comunque, in caso di
necessità sarebbe intervenuto - che Magnus lo volesse o meno
-, poteva definirsi un buon affare.
«
E sia, principessa.
»
Jace
lanciò la penna sulla sua scrivania con malagrazia,
massaggiandosi le tempie con le dita.
Per
quanto cercasse di sforzarsi, non riusciva proprio a capire qual era il
tassello mancante in tutta quella faccenda. Sospirando, decise di
prendersi un caffè alla macchinetta fuori dal suo ufficio,
bisognoso di una bella dose di caffeina.
Inserì
qualche moneta e spinse il bottoncino, premurandosi prima di togliere
tutto lo zucchero.
Il
familiare suono del campanellino gli annunciò che la sua
bevanda era pronta, e prendendo il bicchiere con mani ferme, ne
buttò giù il contenuto con poche sorsate.
«
Jace! Cercavamo proprio te! »
Jace
cestinò il bicchierino di carta, voltandosi poi verso Caleb
e Shane, due dei suoi più cari amici, nonché
ottimi soldati.
«
Beh, mi avete trovato ragazzi. » li salutò con un
leggero pugno sulla spalla, sorridendo.
Da
quanto ne aveva memoria, Caleb e Shane erano stati due figure presenti
nella sua vita, fin dalla sua adolescenza dove avevano stretto un forte
legame.
Inizialmente
non scorreva buon sangue con i due fratelli, considerando che li
reputava dei perfetti figli di papà incapaci di affezionarsi
davvero a qualcosa che non fossero i soldi.
Ma
poi si era dovuto ricredere, quando li aveva ascoltati per puro caso
parlare dei propri sogni e delle proprie aspirazioni.
Volevano
entrambi entrare nell’esercito per servire il loro paese e
per ridurre la criminalità, volenterosi di contribuire in
maniera efficiente a risolvere i problemi delle persone.
Jace
era rimasto alquanto sorpreso nel sentirli parlare in maniera
così intensa e profonda, tanto da non essere riuscito a
trattenersi dall’immischiarsi in quella conversazione che
aveva tutta l’aria di essere privata.
Da
lì era incominciata la loro amicizia, che si era sempre
più solidificata nel tempo.
«
Abbiamo sentito dal generale che Alec sta.. Come dire.. Dando di matto
ultimamente. » incominciò ad intavolare il
discorso Shane, tentennando appena.
Caleb
annuì con vigore per enfatizzare le parole del fratello,
cercando negli occhi di Jace la risposta a tutti i propri dubbi.
«
Dato.. di matto? » ripeté lentamente il biondo,
come a voler soppesare ogni singola parola.
Probabilmente
Robert aveva messo al corrente anche loro di quella situazione, anche
se non ne capiva bene la motivazione, visto che ci stavano pensando
già lui ed Isabelle ad andare in fondo alla faccenda.
In
effetti doveva assolutamente ricordarsi di chiedere ad Izzy se fosse
riuscita a trovare una strategia; magari l’avrebbe chiamata
più tardi.
«
Uhm, beh.. Diciamo che l’aver trovato un fidanzato gli ha
dato leggermente alla testa. » rispose, non volendo entrare
nei dettagli.
Infondo,
quello era un problema di Alec e non suo, perciò non si
sentiva di spifferare tutte le sue questioni personali in giro, anche
se si trattava di loro.
Nemmeno
lui capiva fino in fondo cosa stesse accadendo al proprio fratello
maggiore, figurarsi se avrebbero potuto riuscirci loro due solo dalle
poche informazioni in suo possesso.
«
Alec ha un ragazzo? - chiese confuso Shane, sbarrando gli occhi per la
sorpresa - E da quando? »
Jace
accennò ad un sorrisino malizioso e forse anche un
po’ colpevole.
Sapeva
infatti che tra lui ed Alec era successo qualcosa in passato: si erano
frequentati per circa un anno, ma poi si erano lasciati per
l’incompatibilità di carattere.
Tuttavia
Jace sospettava che l'amico provasse ancora qualcosa per suo fratello,
sebbene non avesse mai accennato alla questione da quel giorno.
Avevano
continuato ad avere un buon rapporto, sia a livello di lavoro che di
amicizia, e Jace non aveva mai voluto indagare sulla cosa, lasciando
che fossero loro a sbrigarsela.
«
In realtà non da molto presumo. » rispose
tranquillamente, poggiandosi con la schiena contro la macchinetta.
Caleb
lanciò un breve sguardo al fratello, quasi ad assicurarsi
che stesse bene, ma vedendolo tranquillo come se la cosa non
lo turbasse minimante, si rilassò.
«
Se è solo questo, non capisco perché mai dovremmo
ehm.. stalkerarlo.
» pronunciò confuso quest’ultimo,
cercando di capirci qualcosa.
Già
gli era parso strano che da i tre dei suoi figli, il generale avesse
fatto il nome proprio di Alec, - visto che era sempre stato il
più diligente di tutti, nonché uno dei migliori
nel suo lavoro -, figurarsi sapere che la motivazione di tutto quello
scompiglio era il semplice fatto che avesse un fidanzato..
Non
ci stava capendo più niente.
«
Mio padre vi ha chiesto di farlo seguire? »
domandò Jace scioccato, non riuscendo a credere alle proprie
orecchie.
Okay
che da quando Maryse era venuta a mancare aveva sviluppato un forte
senso di protezione per i suoi figli, ma possibile che fosse
preoccupato fino a tal punto?
Pensandoci
bene, era tipico di lui: doveva per forza avere la situazione sotto
controllo, altrimenti non riusciva a stare tranquillo.
«
Sì. Infatti volevamo saperne il motivo, ma se è
davvero questo.. Beh, in ogni non possiamo mancare a degli ordini.
» rispose Caleb, grattandosi distrattamente il mento con una
mano.
Jace
prese nota di parlare anche con il padre, tanto per farsi chiarire
qualche dubbio. Prima però, avrebbe senz’altro
contatto Isabelle per informarla e per farle dare una mossa.
«
Buon lavoro allora. » li salutò con una mano,
senza però preoccuparsi di farsi vedere pensieroso.
Si
rifugiò dietro la sua scrivania, sollevando la cornetta del
telefono e componendo velocemente un numero.
Aspettò
qualche secondo, poi la voce della sorella gli risuonò forte
e chiara nelle orecchie.
«
Bene, entriamo.
»
Magnus
si voltò di scatto verso il ragazzo, guardandolo con un
lampo omicida negli occhi.
Lo
stava per caso prendendo in giro?
A
casa - si rifiutava di analizzare il fatto che per lui, oramai,
l'abitazione del moro fosse diventata "casa" - avevano discusso per
un’eternità prima di arrivare ad una soluzione
accettabile, ed ora Alec si permetteva di fare finta di niente?
Prima
o poi lo avrebbe davvero strozzato nel sonno, se lo sentiva.
«
Alexander, quale parte del io
entro e tu
resti fuori non hai ben compreso? » gli chiese
sarcasticamente, inarcando appena un sopracciglio.
Il
ragazzo gli rivolse un’occhiata penetrante, avvicinandosi a
lui di qualche passo.
«
Visto che me lo chiedi, quella in cui dici di voler entrare da solo a parlare
con l'uomo che ti vuole morto. Dammi pure del paranoico, ma sono
fermamente convinto che ci sia qualcosa che non vada in questo piano.
» replicò poi palesemente stizzito, passandosi una
mano tra i capelli come ogni volta in cui era nervoso o a disagio per
qualche motivo.
Magnus
lo afferrò saldamente per un braccio, conducendolo dietro un
angolo dell'edificio, per riuscire a parlargli senza doversi spostare
ogni due secondi per non farsi investire da qualche passante.
Ezekiel,
difatti, aveva pensato bene di chiedergli di vedersi in un locale di
una delle zone più affollate e trafficate della
città.
Dire
che quella scelta lo aveva lasciato di stucco era un eufemismo.
Forse
credeva che in quel modo non avrebbe avuto problemi a presentarsi
all'incontro, convinto di trovarsi al sicuro tra la gente che, in ogni
caso, difficilmente avrebbe prestato ascolto a loro e a quello che si
sarebbero detti.
Magnus
preferiva di gran lunga quell'ipotesi, all'opzione in cui Ezekiel
sfruttava la confusione del posto per portarlo chissà dove e
dargli l'ultimo saluto.
Non
che avrebbe mai fatto presente quella sua perplessità ad
Alec; sarebbe stato impossibile convincerlo a rimanere fuori dopo.
Quasi
contro la sua volontà si ritrovò a sorridere
lievemente a quella considerazione: non importava quanto si impegnasse
a negare di provare qualcosa per occhi blu, il suo inconscio non
smetteva di fargli presente quanto il fatto che quel ragazzo si
preoccupasse così per lui lo rendesse felice.
Cosa
che, di conseguenza, aumentò ancora di più la sua
determinazione a far sì che Alec restasse immischiato il
meno possibile con quell'uomo.
Poteva
anche essere un bravo soldato e un combattente fenomenale, ma non gli
avrebbe permesso per nulla al mondo di trovarsi nella stessa stanza con
un sadico come quello.
«
Alexander, ti prego.
Ne abbiamo già discusso fino allo sfinimento: non ci sono
altre alternative e lo sai benissimo anche tu. »
iniziò, sforzandosi di essere conciliante.
Un
atteggiamento del genere era contro il suo stesso carattere, ma non
poteva permettersi di perdere la calma spingendo l'altro ad ignorare
ciò che gli diceva per ripicca.
Inutile
dire infatti che Alec era abbastanza caparbio da fare una cosa del
genere.
«
Potresti non entrare. » replicò immediatamente
l'altro, usando lo stesso tono risoluto a cui aveva fatto ricorso
già nei giorni passati, ogni qual volta voleva convincerlo
di qualcosa.
Magnus
alzò gli occhi al cielo per l'esasperazione, cercando al
contempo di mantenere i nervi salvi.
Diamine
se era cocciuto.
«
Non posso, lo sai. Headley mi ha ordinato di trattare con Dixon. Se
viene a sapere che non mi sono presentato si insospettirà e
saranno guai grossi per entrambi. Se davvero vuoi trovare un modo per
chiudere tutta questa storia, occorre che teniamo un profilo basso e
non destiamo sospetti. » gli rispose poi, facendo del suo
meglio per risultare diplomatico.
Alec
sospirò pesantemente, passandosi per l'ennesima volta le
mani tra i capelli e scompigliandoseli ancora più di quanto
già non fossero: sembrava si fosse appena alzato dal letto.
«
Hai ragione. Maledizione, lo so benissimo che non si può
fare altrimenti ma non riesco a stare tranquillo al pensiero che
incontri quel tizio. Lo hai detto tu stesso che è un pazzo
criminale. » gli rispose poi, appoggiandosi al muro dietro di
lui e incrociando le braccia al petto.
Magnus
si maledì mentalmente più e più volte:
se fosse stato un po' meno sincero magari non sarebbe stato
così arduo persuaderlo.
Sfruttando
il silenzio dell'altro, Alec decise di tornare alla carica con un
ultimo tentativo.
«
Magari potrei venire con te. Non mi intrometterei nel discorso, te
l'assicuro, ma potrei assicurarmi che.. » iniziò a
dire, ma venne brutalmente interrotto da Magnus che, d'un tratto,
sembrava aver ritrovato l'uso della parola.
«
No. Non ci
pensare nemmeno. Non permetterò che tu ti faccia ammazzare
per la tua maledetta testardaggine! » gli inveì
contro, senza preoccuparsi minimente di attirare l'attenzione dei
passanti su di sé; che pensassero pure quello che
più preferivano, aveva ben altre preoccupazioni in quel
momento.
Per
quanto Alec fosse convinto del contrario, Magnus sapeva perfettamente
che Ezekiel lo avrebbe ucciso senza pensarci due volte e, proprio per
questo motivo, non avrebbe mai permesso che si incontrassero.
Poco
importava se alla fine sarebbe stato costretto a prenderlo a bastonate
in testa per farlo desistere, Alec doveva restare al sicuro.
«
Ma tu senti da che pulpito! Non so se te ne rendi conto, ma si
può dire tranquillamente lo stesso per te! »
ribatté il moro indignato, alzando le braccia al cielo.
Magnus
sospirò avvicinandosi poi a lui, tanto da lasciare solo
pochi millimetri a dividere i loro corpi.
«
Alexander, ascoltami bene. Tu ti sei intromesso nei suoi piani
scoprendo molto più di quanto avresti dovuto, e oltretutto,
come se questo non bastasse, hai dato per ben due volte una sonora
lezione ai suoi uomini. Se Ezekiel ti dovesse vedere anche solo da
lontano, non farebbe passare neanche un istante prima di provare ad
ucciderti. » affermò con sicurezza, guardandolo
negli occhi.
«
Nel mio caso è diverso. Non nego che muoia dalla voglia di
farmi fuori, ma non lo farà; o almeno non oggi. Sa
perfettamente che senza di me non riuscirà mai a mettere le
mani sulle sue preziose armi. Io gli servo, non mi farà
niente. » riprese poi, sperando con tutto il cuore che
l'altro riuscisse finalmente a capire cosa stava cercando di dirgli.
Alec
restò in silenzio per alcuni istanti, mordendosi a sangue le
labbra.
«
Okay, va bene. Hai vinto. Prometto di restare qui, ma ad una
condizione: se le cose si dovessero mettere male dovrai chiamarmi
immediatamente. » replicò infine, fissandolo con
quei suoi occhi incredibilmente azzurri, che sembravano volergli
perforare l'anima.
Magnus
pensò quasi di ribattere, ma si rese subito conto di quanto
sarebbe stato controproducente.
«
Hai la mia parola. » gli rispose in tono solenne, cercando di
eliminare i sensi di colpa per avergli appena mentito.
Dopotutto
non era poi così grave dire una piccola bugia a fin di bene,
giusto?
Non
lo avrebbe mai avvisato in caso di pericolo, a costo di rimetterci la
vita, ma questo occhi blu non doveva certo saperlo.
Alec
annuì impercettibilmente, in apparenza più
tranquillo.
«
Bene. Io entro, tu aspettami qui e stai pronto a intervenire nel caso
servisse. »
Magnus
si girò, deciso ad allontanarsi prima che l'altro potesse
cambiare idea, ma non riuscì a fare neanche un solo passo.
Una
presa salda sul suo braccio lo costrinse a voltarsi, e prima ancora che
potesse davvero rendersi conto di quanto stesse succedendo, le labbra
di Alec erano sulle sue. Dopo l'iniziale smarrimento - non si aspettava
certo una simile iniziativa da parte del moro, meno che mai in un
momento del genere - Magnus si lasciò completamente andare
tra le braccia dell'altro.
Alec
lo strinse più forte a sé, quasi temesse che
potesse allontanarsi o rifiutarlo.
Ma
Magnus non aveva nessuna intenzione di fare niente di tutto
ciò: tutta la sua sicurezza, la sua convinzione nel non
voler provare nulla per quel ragazzo, si erano dissolte nell'esatto
momento in cui le loro labbra si erano sfiorate.
Era
sempre stato bravo a mentire, in particolar modo poi a sé
stesso, ma era davvero impossibile negare quanto quel gesto lo avesse
destabilizzato.
Si
sentiva completamente in balia delle sensazioni incredibili che stava
provando, mentre tutta la sua razionalità andava in vacanza
insieme alla capacità di giudizio. Sapeva che quello era
sbagliato, che doveva tenere il suo occhi a blu a distanza per il suo
stesso bene, ma non riusciva davvero a staccarsi da lui.
Mai
gli era successo di perdere completamente il controllo in quel modo per
un misero bacio. Come se poi il suo subconscio avesse bisogno di un
ulteriore prova di quanto il bel soldato maniaco del controllo contasse
per lui.
Alec,
rassicurato dal fatto che l'altro non lo avesse ancora preso a pugni in
faccia per quel suo gesto sconsiderato, approfondì
ulteriormente il bacio sfiorando la lingua di Magnus con la sua.
Quest'ultimo,
in tutta risposta, andò a cingergli il collo con le braccia,
facendo aderire completamente i loro corpi.
Entrambi
sembravano aver completamente dimenticato la realtà che li
circondava: Ezekiel, il pericolo, e le loro controversie, in quel
momento non contavano più nulla. Alla fine però,
pur se malvolentieri, furono costretti a separarsi, tornando con i
piedi per terra.
«
Se osi farti uccidere, io ti ammazzo.
» mormorò Alec a pochi centimetri dal viso
dell'altro, non accennando minimamente ad allentare la presa sui suoi
fianchi.
Magnus
alzò lo sguardo verso i suoi occhi, perdendosi completamente
in quel blu che non gli era mai parso così simile a quello
di un mare in tempesta.
«
Non sarò un esperto, ma dubito che si possa uccidere un uomo
morto. » disse semplicemente, ancora troppo stordito per
usare il suo tipico sarcasmo.
Alec
sorrise lievemente, scostandogli una ciocca di capelli dal viso.
«
Vorrà dire che troverò il modo di resuscitarti
solo per poterti uccidere con le mie mani. »
ribatté poi, facendo ridacchiare l'altro.
«
Mi sembra un po' un lavoro inutile, sai? » replicò
quest'ultimo allontanandosi leggermente dal ragazzo, e cercando al
tempo stesso di tornare padrone delle sue emozioni.
Alec
si limitò a scuotere la testa, rassegnato al fatto che
niente sarebbe stato mai facile con Magnus, neanche le presunte minacce
di morte.
«
Fa attenzione, principessa.
»
***
Magnus
sospirò profondamente, cercando di concentrarsi su quanto
stava per fare. Ezekiel di certo non avrebbe aspettato che scendesse
dalla sua nuvoletta felice prima di parlare di affari. Era molto
più probabile che gli avrebbe sparato senza pensarci due
volte se non fosse stato ben attento.
Per
quanto si sforzasse però, non riusciva a smettere di vedere
l'espressione di Alec mentre lo pregava di stare attento.
Maledetto occhi blu.
Lo
mandava in confusione come mai gli era successo.
Rimandando
ad un secondo momento tutti i pensieri che gli affollavano la mente,
spinse la porta del locale.
Da
subito fu investito da un permeante odore dei cibi più
disparati, mentre un vociare indistinto giungeva alle sue orecchie.
Ancora
una volta si chiese per quale oscuro motivo Dixon avesse chiesto di
vederlo in quel locale, circondato da quell'atmosfera che doveva essere
a dir poco pacchiana per un uomo come lui.
Rinunciando
al tentativo di capire cosa c'era nella mente deviata di quel pazzo,
aguzzò la vista cercando di individuare lui o uno dei suoi
uomini tra la folla.
Dopo
alcuni istanti riuscì a scorgere la figura massiccia di
Russ, seduto in fondo alla sala in un tavolo molto più
appartato rispetto agli altri.
Accanto
a lui c'era un uomo sulla cinquantina, fasciato in un elegante completo
su misura che stonava terribilmente con l'ambiente circostante.
Dixon.
Evitando
agilmente una graziosa cameriera che arrancava con un enorme vassoio su
una spalla, si diresse con grazia verso i due uomini. Facendo del suo
meglio per apparire il più possibile sprezzante e sicuro di
sé, si accomodò di fronte a loro con
un’espressione imperscrutabile sul
viso.
«
Bene, parliamo d'affari. »
Kabooom(?) xD
E fu così che il tanto atteso bacio avvenne xD un bacio al
fly di cui avrete chiarimenti nel prossimo capitolo :D
Ma a parte ciò, abbiamo introdotto un pochino i due fratelli
Caleb e Shane che nei prossimi capitoli avranno un po' più
di rilievo :D vi aspettavate che Shane stesse con Alec? xD
Volevamo inoltre informarvi che sempre nel prossimo capitolo,
verrà approfondito anche un po' il passato di Magnus
perchè..perchè era ora v.v xD
Al solito vi ringraziamo tutte per seguire la storia! <3 ci fa
davvero piacere sapere che molte di voi l'apprezzano!
Un grazie a chi ci dedica un po' del proprio tempo per farci sapere il
proprio pensiero <3 A-D-O-R-I-A-M-O <3
Speriamo che questo capitolo vi sia piaciuto(se vi va, fateci sapere
cosa ne pensate), e vi diamo appuntamento alla prossima settimana!
<3
E se aveste voglia di entrare nel gruppo
facebook, non dovete far altro che cliccare qui
---> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Bye!<3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Capitolo #10 ***
Capitolo
#10
Dove
accidenti si è andato a cacciare?
Alec
non faceva che porsi quella domanda da interminabili minuti, mentre
continuava a camminare avanti e indietro in preda ad un tracollo
nervoso.
Di
quel passo avrebbe finito col fare una voragine nel terreno, ma non gli
importava minimamente.
Era
passata più di mezz'ora da quando Magnus aveva fatto il suo
ingresso nel locale, e ancora non era tornato.
Poteva
capire che un accordo per uno scambio di merci di quel tipo richiedesse
del tempo, ma non immaginava certo così tanto.
E
se era successo qualcosa? E se gli avevano fatto del male?
No,
doveva stare calmo: Magnus gli aveva promesso che in caso di pericolo
lo avrebbe allertato, dandogli modo di andarlo a salvare.
E
se non gli avessero dato la possibilità di avvisarlo?
Cercò
di allontanare quel pensiero, facendo il possibile per convincersi che
sarebbe andato tutto bene.
Dopotutto
stava piantonando l'uscita con la massima attenzione possibile, senza
contare poi che difficilmente un uomo scaltro come quello, si sarebbe
azzardato a mettere a repentaglio la sua copertura cercando di uccidere
qualcuno davanti a così tanta gente.
Magnus
stava bene, ne era convinto.
E
allora perché diavolo non esce?
Sospirò
pesantemente, passandosi stancamente una mano sul viso; doveva
tranquillizzarsi in qualche modo, o avrebbe finito con l'uscire pazzo.
Anche
se non era del tutto certo di non essere già arrivato a
quell'ultimo stadio, non dopo il modo in cui si era comportato.
Come
gli era venuto in mente di baciare Magnus?
Evidentemente
quel piccolo siparietto avuto con il ragazzo solo poco prima lo aveva
destabilizzato più di quanto avesse creduto.
Se
Headley non avesse telefonato proprio in quel momento, probabilmente
sarebbe stato Magnus stesso a fare la prima mossa.
O
almeno, di questo si era convinto.
Che
come al solito avesse frainteso tutto?
Eppure
non gli era parso affatto disgustato dal suo gesto quando lo aveva
baciato.
Certo,
non che gli avesse dato la possibilità di rendersi conto di
quanto stesse accadendo. Nemmeno
lui sapeva spiegarsi con esattezza perché avesse agito in
quel modo: aveva visto Magnus voltarsi pronto per andare dritto tra le
braccia del pericolo, e l'unica cosa che era stato in grado di pensare
era che non voleva si allontanasse da lui.
Maledizione.
Che cosa stai combinando?
Niente
stava andando più secondo i suoi piani, e la cosa peggiore
era che non aveva la minima idea di come riportare ogni cosa nel suo
asse.
Si
era ripromesso di trovare un modo per salvare Magnus, così
da poter estinguere il debito e il senso di gratitudine che provava da
anni nei suoi confronti; ma anche ora che era venuto a conoscenza di
quasi ogni dettaglio, non sapeva davvero da dove iniziare per tirarlo
fuori da quel giro. Non senza che venisse arrestato, o peggio ancora, ucciso.
In
più adesso, come se non bastasse, si stava prendendo una
sbandata colossale per quel rompiscatole melodrammatico che continuava
a voler restare avvolto in chissà quale mistero.
Complimenti,
tu sì che sai come complicarti la vita.
Perché
per quanto avesse fatto uso di tutta la sua diligenza e disciplina per
ignorare la cosa, Magnus significava per lui ben più di
quanto volesse ammettere.
Quando
aveva iniziato a provare quei sentimenti nei suoi confronti?
Forse
durante una delle loro infinite discussioni; o quando aveva capito che
nonostante gli atteggiamenti da diva stava solo cercando di
proteggerlo; o nel momento in cui lo aveva confortato e consolato,
togliendogli dalle spalle quello che per tanto tempo era stato il suo
peso più grande; o magari in una delle tante volte in cui
aveva temuto per la sua vita.
Non
avrebbe saputo dirlo con certezza.
Anche
se una parte di lui era ben consapevole di essersi irrimediabilmente
legato a Magnus nel giorno in cui tanti anni prima, dopo averlo difeso,
lo aveva guardato come nessuno aveva mai fatto prima di lui.
Merda.
Sembrava
una fottuta ragazzina sentimentale in preda agli ormoni.
Era
veramente il caso che si sforzasse di tornare padrone di sé
e delle sue emozioni: Magnus poteva anche aver risposto al bacio, ma
difficilmente avrebbe mai provato qualcosa per lui.
E
questo tagliava definitivamente la testa al toro.
Scacciando
via dalla sua mente quelle considerazioni che avrebbero solo finito col
farlo diventare pazzo, tornò alla realtà.
Erano
passati altri dieci minuti. E di lui non c'era traccia.
Alec
imprecò in maniera più che colorita, mandando al
diavolo anche quell'ultimo briciolo di pazienza che gli era rimasta.
Poco
importava quanto si sarebbe arrabbiato se lo avesse scoperto: era ora
di andare a controllare di persona.
Sfilò
la pistola - che saggiamente quella volta aveva deciso di portarsi
dietro - dalla fondina, togliendo rapidamente la sicura.
Poi,
tenendosi il più possibile incollato al muro per non farsi
vedere da nessuno, si avvicinò di soppiatto alla porta del
locale, pronto ad entrare se necessario.
Stava
per svoltare l'angolo quando si scontrò con una figura
apparsa all'improvviso, e che rischiò seriamente di farsi
sparare.
«
Che cosa credevi di fare?
»
Bene,
si era appena fatto cogliere con le mani nel sacco proprio da Magnus.
Ricordando
fin troppo bene la scenata che si era dovuto subire quando si era
introdotto di nascosto a casa di Headley, non ci mise molto a decidere
di propinargli una piccola menzogna.
«
Io? Niente. Mentre ti aspettavo stavo lucidando la mia pistola.
Già finito? » replicò difatti, mettendo
su la migliore espressione angelica a sua disposizione e riponendo al
contempo l'arma.
Magnus
gli scoccò un'occhiataccia contrariata, spingendolo appena
per farlo indietreggiare.
«
Secondo te potrei davvero bermi questa balla? Stavi di nuovo per
immischiarti, vero? E poi da dove accidenti hai tirato fuori quella
cosa? » gli domandò poi palesemente piccato,
continuando a guardarlo in cagnesco.
Alec
non fece minimamente vacillare la sua espressione, aggiungendo anche un
disarmante sorriso a completare il tutto.
Negare
sempre, negare fino alla morte.
«
Immischiarmi? Io? Non oserei mai. Dal cassetto della scrivania;
reputavo saggio essere preparato questa volta, non si sa mai. Vieni
principessa, andiamo via da qui.» gli rispose candidamente
iniziando a incamminarsi verso casa, dove lo aspettavano tutti gli
aggiornamenti del caso che di certo l'altro, conoscendo i
precedenti, non gli avrebbe fornito, non senza una certa dose
di domande e minacce.
«
Certo, certo. Poi facciamo i conti, brutto cavaliere zuccone.
» si limitò a borbottare Magnus contrariato, prima
di seguire il suo occhi blu.
Ezekiel
fissò per alcuni istanti il punto in cui Magnus era sparito,
per poi agguantare il suo bicchierino di liquore sopra il bancone.
Mandò
giù il contenuto giallognolo tutto d'un sorso, mentre
sentiva la gola bruciare quasi avesse appena ingoiato un tizzone
ardente.
Russ
lo osservò attentamente, senza proferire alcuna parola,
aspettando che fosse lui a prendere l’iniziativa per
qualsiasi tipo di conversazione.
Sempre
che ne volesse fare alcuna, s’intendeva.
L’uomo
rigirò il piccolo bicchierino di vetro tra le mani,
osservandolo con poco interesse. Vi era riflesso il suo volto, un volto
scavato dagli anni e dagli occhi infossati che tanto timore riuscivano
ad incutere.
Non
che gli dispiacesse: amava far tremare con una semplice occhiata anche
la terra sotto i suoi piedi, adorava il modo in cui le persone
abbassavano lo sguardo ogni volta che passava, necessitava di mostrare
quanto potente era.
Perché
lo rendeva forte, indistruttibile, dominante.
«
Come ti è parso, Russ? - domandò al suo
inefficiente tirapiedi, poggiando il bicchierino e chiedendone poi un
altro - Quel ragazzo che vi ha steso. Ti pareva uno degli uomini di
Headley proprio come sostiene? » specificò,
afferrando quanto ordinato.
Russ
sembrò rifletterci su, valutando davvero quella domanda, ma
Dixon interruppe i suoi pensieri riprendendo parola.
«
Fosse stato uno dei suoi uomini si sarebbe presentato
all’incontro, non trovi? » chiese, più a
se stesso che effettivamente all’altro.
Anche
il contenuto del secondo bicchierino sparì in pochi istanti.
Ezekiel
ghignò, aggiustandosi la cravatta con un movimento secco
delle mani, poi si girò verso Russ, che aveva lo sguardo
puntato sul bancone; tutto pur di non avere un contatto visivo con lui.
«
Cerca di proteggerlo, davvero adorabile. » esordì,
un sorriso sadico dipinto sul volto.
Si
alzò dallo sgabello, dirigendosi con poche falcate verso la
porta, avvertendo subito dopo la presenza dell’altro dietro
di lui; sapeva che lo avrebbe seguito immediatamente e senza fiatare.
«
Chiama Headley e chiedi conferme sulla sua identità. -
ordinò, facendo un gesto con la mano - In ogni caso
però, assicurati che ad affare concluso entrambi spariscano
dalla faccia della Terra. »
Poi,
con un elegante gioco di dita, fece scattare lo sportellino della sua
bellissima BMW.
Lanciando
dunque un ultimo sguardo a Russ, salì sull'auto e
mise in moto, lo sguardo subdolo ed un sorriso per niente rassicurante
ad incurvargli le labbra.
«
Certo, penso a tutto io. Ti farò sapere al più
presto. »
Alec
osservava Magnus parlare al telefono con Headley, comodamente seduto
sul divano di casa sua.
Non
appena erano rientrati, l'altro si era subito precipitato ad aggiornare
il suo capo sulle ultime novità circa l'affare con Dixon,
onde evitare di farlo insospettire o attirare le sue ire.
Ad
Alec non era restato altro da fare se non cercare di capire, dai
frammenti di conversazioni che riusciva a cogliere, quanto era stato
stabilito nell'incontro tenutosi poco prima.
Dopo
aver finalmente chiuso la conversazione, Magnus andò a
sedersi accanto al suo occhi blu palesemente curioso e in attesa di
sentire quanto gli avrebbe detto.
«
Avanti, spara. Lo vedo che muori dalla voglia di sommergermi di
domande. » esordì ironicamente, dando un leggero
colpetto con la gamba al moro.
Quest'ultimo
non riuscì a trattenere un sorrisino, evidentemente colto
sul fatto, mentre si sforzava di fare mente locale.
Difatti,
se già prima ogni volta che si trovavano così
vicini la tensione era sempre dietro l'angolo, ora, dopo quel bacio, si
sentiva ancora più insicuro e fuori posto.
«
Allora, com'era la bestia dal vivo? » chiese infine,
nell'evidente tentativo di alleggerire l'atmosfera.
Magnus
scoppiò a ridere fragorosamente per quell'uscita
assolutamente priva di senso, mentre gli rivolgeva un'occhiata
divertita.
«
Non potrei credere neanche con tutto l'impegno del mondo che era questo
che volevi tanto domandarmi. Non più di quanto abbia creduto
alla storia per cui prima stavi solamente lucidando la pistola.
» ribatté immediatamente dopo, cogliendo
l'occasione per fare riferimento al discorso che occhi blu aveva
cercato di far cadere per non prendersi una bella lavata di testa.
Alec
non mutò minimante espressione, quasi come se le parole
dell'altro gli fossero completamente scivolate addosso.
«
Di cosa avete parlato? Come ha intenzione di procedere? » gli
domandò poi semplicemente, rifiutandosi di raccogliere
quella provocazione.
Magnus
sbuffò sonoramente, borbottando delle frasi incomprensibili
- molto probabilmente insulti rivolti al ragazzo - prima di decidersi a
rispondere.
«
C'è voluto un po', anche se non credo che tu ci abbia fatto
caso impegnato com'eri nelle pulizie, ma alla fine siamo riusciti a
trovare un punto di incontro soddisfacente per entrambi. »
L'ironia
di quella frase non sfuggì ad Alec, che dovette trattenersi
dal ridacchiare; di certo non si poteva dire che Magnus fosse il tipo
di persona che si perdeva d'animo anche se, purtroppo per lui, quella
volta non l'avrebbe avuta vinta.
«
Credevo che fosse tutt'altro che felice del cambio di programma,
sopratutto del fatto che Headley avesse deciso di chiedergli il doppio
del prezzo per la consegna della merce. » affermò
con sicurezza, guadagnandosi un'occhiataccia dall'altro per
quell'ulteriore tentativo di sviare le sue decisamente poco velate
accuse.
Magnus
poggiò la schiena, portandosi le gambe al petto e
scostandosi una ciocca di capelli dal viso.
«
O, ci puoi giurare. All'inizio ero convinto che mi avrebbe fatto fuori
davanti a tutta quella gente tanto sembrava adirato. Dopo tanto
autocontrollo e un duro lavoro di persuasione, sono riuscito a fargli
infilare nella zucca che non ci farebbe un bel niente con le sue
preziose armi da dietro le sbarre di una prigione. »
Alec
tornò a guardarlo, in attesa che continuasse a parlare.
«
Aspetterà che si calmino un minimo le acque o che, comunque,
si riesca a trovare un posto sicuro dove effettuare lo scambio senza
ritrovarsi l'esercito addosso. In cambio però, pretende che
il prezzo venga drasticamente diminuito. » riprese difatti
poco dopo l'altro, con lo sguardo fisso davanti a sé.
Per
quanto oramai avesse quasi completamente vuotato il sacco con il moro
circa i suoi "affari", gli faceva sempre uno strano effetto trattare
certi argomenti con lui con tanta disinvoltura.
Ogni
volta aspettava il momento in cui il suo bell'occhi blu sarebbe saltato
su indignato alla sua ennesima rivelazione, dichiarando di non voler
avere nulla a che fare con lui.
D'altronde,
cosa ci faceva un ragazzo così buono ed onesto ancora alle
prese con i suoi guai?
Non
sapeva davvero spiegarselo, ma di una cosa era sicuro: di certo non se
lo meritava.
«
Mi sembra una soluzione abbastanza intelligente. Certo, non che
desideri davvero che quel pazzo venga in possesso di un simile
armamentario, ma devo riconoscere che sa quello che fa. Come l'ha presa
Headley? » gli domandò Alec dopo aver pienamente
recepito quanto aveva sentito, ignaro di tutti i dubbi che in quel
momento si affollavano nella mente dell'altro.
Magnus
sbuffò sonoramente, raggomitolandosi ancora di
più su sé stesso.
«
Di certo non ha fatto i salti di gioia. Anche se ha dovuto ammettere
che è un buon accordo, soprattutto se si considera che la
cifra di partenza era comunque abbastanza considerevole. »
rispose poi sarcasticamente, guardando l'altro in tralice.
Alec
sorrise lievemente, ormai abituato a quella sottile ironia.
«
Beh, se non altro sei riuscito a guadagnare un po' di tempo.
» replicò, passandosi una mano tra i capelli
corvini.
«
Non così tanto. Nessuno dei due è particolarmente
noto per la sua pazienza. » gli rispose l'altro, guardandolo
di sbieco.
Alec
non poté trovare nulla da obbiettare in quella
considerazione, ma non per questo si lasciò scoraggiare.
«
Sarà sufficiente, vedrai. Troveremo il modo di.. »
iniziò, ma fu bruscamente interrotto da Magnus, che decise
bene di cimentarsi nella sua ennesima sfuriata.
Il
moro a quel punto non se ne stupiva quasi più.
«
Noi non
faremo proprio un bel niente! Non so più come dirtelo: tu
devi restare fuori da questa storia, è troppo pericoloso!
Anzi, sai cosa? Dovrei andarmene da questa casa e non metterci piede
mai più. » gli gridò contro, saltando
letteralmente su dal divano.
Alec
prese un respiro profondo, passandosi stancamente una mano sugli occhi:
si preannunciava l'ennesimo scontro senza senso.
«
Si può sapere che cosa ti prende adesso? Eravamo d'accordo
che avremmo trovato una soluzione insieme. » gli fece notare,
sforzandosi di mantenere la calma.
Magnus
si voltò di scatto verso di lui, con una luce che non gli
aveva mai visto prima nello sguardo.
«
Questo era prima che Dixon iniziasse a darti la caccia. Alec, lui mi ha
chiesto di te, voleva sapere dov'era il ragazzo che "si diverte ad
ostacolare i suoi piani". L'espressione agghiacciante che aveva in
volto mentre mi ha posto quella domanda.. No, non se ne parla nemmeno:
la sola idea che tu ti avvicini a lui mi da i brividi. »
esclamò poi con veemenza, lasciando il moro a bocca aperta.
E
così Dixon si era messo a cercarlo? Non poteva certo dire
che la cosa lo scioccasse più di tanto, dopotutto aveva
pestato a sangue i suoi uomini.
Quello
che più lo sconvolgeva era la reazione dell'altro, il fatto
che fosse tanto spaventato da quella scoperta.
Subito
dopo lo shock, però, avvertì un'inspiegabile
sensazione di calore all'altezza del cuore: Magnus aveva paura per lui,
era preoccupato all'idea che Ezekiel gli facesse del male.
Restò
a guardarlo per diversi istanti, incapace di formulare una qualsiasi
risposta né tantomeno di muovere un singolo muscolo.
Era
più che convinto del fatto che se in quel momento si fosse
minimamente spostato dalla posizione in cui si trovava, avrebbe finito
col baciarlo nuovamente e con ancora più trasporto.
E
non si poteva certo dire che fosse un'idea brillante, non se si teneva
conto della situazione.
«
Non sapevo che cosa dirgli. Se avessi risposto che eri un semplice
passante avrebbe voluto ucciderti, ma fargli presente chi eri sarebbe
stato venti volte peggio. Alla fine ho inventato che il tizio che era
intervenuto altro non era se non uno degli uomini più fidati
di Headley, sperando che questo lo facesse desistere dallo starti
addosso. Ma se dovesse capire che non è vero.. »
riprese l'altro, all'oscuro della battaglia interiore che stava avendo
luogo nel moro.
«
Non succederà. E poi in ogni caso mi vorrebbe morto lo
stesso. » riuscì a replicare quest'ultimo,
sforzandosi si far valere la sua opinione su tutta quella storia.
Magnus
gli scoccò un'occhiataccia di fuoco, puntandogli un dito
contro con fare accusatore.
«
Questo perché tu sei un maledetto incosciente! Non ti
farebbe male emigrare in Guatemala finché non
sarà tutto finito. E poco ma sicuro, non ti avvicinerai a
quel pazzo per nessun motivo. » affermò in tono
imperioso, cercando di troncare sul nascere qualsiasi protesta.
Peccato
che avesse sottovalutato la testardaggine dell'altro, che non aveva
nessuna intenzione di dargli ascolto.
«
Beh, in questo caso abbiamo un bel problema, perché mi
rifiuto di scappare e nascondermi. Ho giurato che ne saremo usciti e lo
faremo, quell'uomo non mi spaventa. » ribatté
prontamente, alzandosi in piedi a sua volta.
Magnus
imprecò sonoramente, mettendosi entrambe le mani nei capelli
a testimoniare tutta la sua esasperazione.
«
Maledizione, perché ti rifiuti di capire? Non
permetterò che tu muoia per colpa mia. Non potrei
sopportarlo, non di
nuovo. » gridò infine,
oramai completamente incapace di controllarsi e di rendersi conto di
quello che era appena uscito dalla sua bocca.
Alec
inspirò di colpo, guardando l'altro basito.
Eccolo
finalmente: il pezzo mancante, l'ultimo tassello del puzzle,
quell'elemento che gli permetteva di chiudere il cerchio collegando
ogni cosa.
Qualcuno
era morto a causa sua, o almeno, questo era ciò di cui
Magnus si era convinto.
Per
questo si sforzava di fare la parte del criminale insensibile, per
questo reputava sé stesso un mostro.
«
Chi era? Chi è stato a morire per causa tua? Era per questo?
Il fatto che tu ti sia ritirato dal liceo, il tuo essere entrato in un
gruppo di trafficanti, il dolore e il senso di colpa che ho visto nei
tuoi occhi quando ti ho parlato di mia madre... E' tutto collegato, non
è vero? » gli chiese lentamente, desideroso di
chiarire definitivamente ogni dubbio, ma temendo al tempo stesso che
l'altro decidesse di chiudersi per l'ennesima volta a riccio, finendo
col tagliarlo fuori.
Tutto
il colore aveva d'improvviso lasciato il volto di Magnus che, dalla sua
espressione, sembrava aver appena visto un fantasma.
Evidentemente
non aveva previsto di perdere il controllo in quel modo rivelando
così tanto, né tantomeno si aspettava che Alec
fosse in grado di giungere a quella conclusione.
«
Fidati, è meglio che tu non lo sappia. »
mormorò poi, con lo sguardo fisso a terra.
Alec
avanzò di un passo, portandosi a pochi centimetri da lui.
«
Principessa,
puoi parlarne con me. Capisco che non sia facile, ma non puoi tenerti
tutto dentro; prima o poi dovrai dirlo a qualcuno. Fidati di me, ti
prego. » esordì con il tono più dolce a
sua disposizione, sollevandogli delicatamente il volto per poterlo
guardare negli occhi.
Magnus
si immerse in quelle pozze di un blu spettacolare, valutando veramente
per la prima volta la possibilità di confessare ogni cosa.
In
cuor suo sapeva che Alec non lo avrebbe giudicato né lo
avrebbe trattato diversamente, ma razionalmente continuava a temere il
suo disprezzo e disgusto.
Forse
poteva essere proprio quella la sua ancora di salvezza: quel maledetto
testardo si rifiutava di chiamarsi fuori da quel disastro che era
diventato la sua vita, lasciandolo al suo destino, ma se gli avesse
fatto capire una volta per tutte di non valere un simile sforzo, forse
avrebbe rinunciato pensando alla sua incolumità.
Quella
era la cosa più giusta da fare: doveva proteggerlo anche a
costo di farsi odiare.
«
Sono cresciuto in uno dei quartieri più malfamati della
città, con un padre alcolista e con il vizio del gioco ed
una madre a cui non importava un'accidenti di me. Nessuno dei due era
troppo tagliato per il ruolo del genitore. »
iniziò con un sospiro tremante, tenendo lo sguardo sulla
parete dietro la testa del moro.
Alec,
ansioso di conoscere ogni singolo dettaglio della sua storia,
continuava a fissarlo in attesa di sentire cosa l'altro gli avrebbe
detto.
«
Mio padre passava tutte le sue giornate buttato in qualche squallido
bar, a bere e sperperare ogni singolo spicciolo che riusciva in qualche
modo a racimolare. Quando alla fine si degnava di tornare a casa era in
condizioni talmente pietose da non esitare neanche un solo istante a
maltrattare me o la mamma. » riprese, mordendosi a sangue le
labbra nel tentativo di mantenere il suo respiro regolare e di
controllare i nervi.
Alec,
su quell'ultima affermazione, strinse istintivamente le mani a pugno,
tanto da farsi sbiancare le nocche.
Dire
che un comportamento del genere fosse vergognoso, era un eufemismo.
Come
si poteva lasciare un bambino in una simile situazione?
Se
non altro capiva a cosa era dovuta tutta la forza di carattere di
Magnus: per sopravvivere doveva averne avuto un disperato bisogno.
«
Un bel giorno, però, mio padre decise che noi due eravamo
solo un intralcio per lui. E come biasimarlo considerando che doveva
sottrarre al suo prezioso fondo per gli alcolici il denaro sufficiente
per permetterci di mangiare? Pensò bene, quindi, di sparire
dalla nostra vita senza farsi più rivedere.
» il ragazzo pronunciò ogni singola
sillaba con amarezza, mentre un ghigno appena accennato si delineava
sul suo viso.
Alec
continuava a non emettere un solo suono, lasciando all'altro tutto il
tempo necessario.
«
Mia madre cadde in depressione. Perse completamente interesse per
qualsiasi cosa la circondasse, non toccava più cibo e
rimaneva ore ed ore a fissare il soffitto rinchiusa nella sua stanza,
quasi sperasse di trovarci la soluzione a tutti i suoi problemi. Se
già prima non era una madre presente, dopo l'abbandono di
mio padre si trasformò nell'ombra di sé stessa, e
io divenni completamente invisibile per lei. »
continuò a raccontare subito dopo, torcendosi le mani e
continuando a guardare ovunque tranne che verso l'altro.
Quest'ultimò
si avvicinò ancora di più a Magnus, cercando di
trasmettergli un po' di conforto; era evidente dalla sua espressione
pallida e spaurita che stava per giungere alla parte più
traumatica di quella vicenda.
«
Io la odiavo per questo. Sapevo che stava male, che dopotutto non era
colpa sua, ma non potevo fare a meno di avercela con lei. Avrei dovuto
fare qualcosa, cercare un modo di aiutarla, ma ho finito per
abbandonarla a sé stessa. Finché un giorno sono
tornato a casa e... » si interruppe bruscamente, prendendo
dei respiri profondi.
«
Ehi, è tutto apposto. Non devi continuare se non vuoi.
» esordì Alec prendendo parola per la prima volta
da quando l'altro aveva iniziato il suo racconto, sforzandosi di
utilizzare il tono più rassicurante a sua disposizione.
Magnus
scosse lievemente la testa, determinato ad andare fino in fondo.
«
L'ho trovata sdraiata a terra, immobile, distesa in una pozza di
sangue. Si era tagliata le vene, Alec. Ho chiamato immediatamente i
soccorsi, ma non c'era più niente da fare. »
concluse, con la voce che gli tremava leggermente e gli occhi chiusi
come a voler allontanare quel ricordo dalla sua mente.
«
Magnus...» iniziò il moro, per interrompersi
subito dopo.
Cosa
avrebbe potuto dirgli? Non era mai stato bravo a consolare le persone,
non sapeva davvero come fare a farlo stare meglio.
In
quel momento desiderò ardentemente avere
l'abilità di Jace nel formulare discorsi, quella sua
retorica innata che gli consentiva sempre di dire la cosa giusta.
«
Se solo fossi stato meno egoista, meno superficiale, forse
le cose non sarebbero andate così. Forse se le fossi rimasto
accanto, invece di lasciarmi prendere dal risentimento, avrei potuto
salvarla. Ma così non è stato. Capisci adesso? Io
sono un mostro, merito il tipo di vita che ho. » riprese
l'altro, lasciando trasparire tutto il suo dolore e il suo senso di
colpa.
Alec
smise di pensare, e prima ancora di rendersene conto aveva stretto
Magnus a sé, abbracciandolo con tutte le sue forze.
Il
ragazzo emise un verso sorpreso, affondando subito dopo il viso
nell'incavo del collo del suo occhi blu.
Non
riusciva a crederci: gli aveva appena raccontato il suo più
grande peccato, qualcosa che avrebbe fatto scappare chiunque a gambe
levate, e lui lo consolava?
Nel
caso in cui avesse ancora bisogno di prove per avere la certezza del
cuore buono e puro di Alexander, le aveva appena avute.
«
Non è stata colpa tua, principessa. Anche volendo non
avresti potuto fare niente per aiutarla. Tu non sei un mostro, vedi di
metterlo bene in testa, perché te lo ripeterò
fino allo stremo se sarà necessario. » gli
bisbigliò quest'ultimo in un orecchio, lasciandolo spiazzato.
Scacciando
il rimpianto e l'odio verso sé stesso, per una volta, si
permise di crederci.
Tra
le braccia di Alexander niente aveva più importanza, e
avrebbe potuto tranquillamente convincersi di qualsiasi cosa.
Dopo
un tempo che ad entrambi sembrò infinito, Magnus si
staccò lentamente dall'altro, ringraziandolo con lo sguardo
e accarezzandogli dolcemente una guancia.
Alec
sorrise appena senza accennare a staccare gli occhi dai suoi.
Poi
con sospiro sembrò riscuotersi da quella specie di trance, e
ripristinò una distanza di sicurezza dall'altro.
«
A questo punto cosa facciamo? » chiese subito dopo,
riportando la conversazione su un terreno più neutro.
Magnus
sollevò un sopracciglio, guardandolo con la sua tipica aria
di superiorità.
«
Tu non farai proprio un bel niente. A costo di legarti. »
replicò altezzosamente, facendo alzare gli occhi al cielo al
moro.
Se
prima voleva tenerlo al sicuro a tutti i costi, adesso dopo quello che
Alexander aveva appena fatto per lui, non avrebbe mai lasciato che
qualcuno gli facesse del male, a qualsiasi costo.
Era
ben consapevole di sembrare una ragazzina sdolcinata, ma non gliene
importava niente.
Quel
soldato irriverente e testardo era diventato fin troppo importante per
lui, non poteva permettersi di perderlo.
«
Tu sei l'essere più cocciuto e caparbio che abbia mai
conosciuto! Sei davvero insopportabile! » gli
gridò contro occhi blu, per nulla felice di quella sua
ultima affermazione.
Magnus
eliminò nuovamente la poca distanza che li separava,
fregandosene del tentativo del moro di tenere sotto controllo la
situazione.
«
Ah sì? Non mi sembrava la pensassi così quando,
poco fa, mi hai baciato. A proposito, posso sapere perché lo
hai fatto? »
Alec
si irrigidì immediatamente, mentre le sue guance si
colorivano di un tenue rossore.
Si
girò per non farsi vedere, schiarendosi la voce per darsi un
minimo di contegno: « Beh perché.. Mi
andava. » rispose, mordendosi la lingua subito dopo.
Che
voleva dire che gli andava? Perché una volta tanto non
rifletteva prima di parlare a vanvera?
Magnus
aprì la bocca, scioccato ed indispettito allo stesso tempo.
E forse, anche un po’ deluso.
Infondo
si era aperto con lui come mai aveva fatto prima, gli aveva mostrato il
suo lato più debole, lo aveva messo a conoscenza della parte
più oscura della sua anima... Si era spogliato per la prima
volta di ogni maschera, perché era lui.
E
perché per la prima volta aveva inevitabilmente incominciato
a provare qualcosa che non fossenon solamente rabbia verso se stesso,
ma un qualcosa che gli scaldava il cuore e che gli dava la forza per
vivere.
Quindi
come poteva dire una cosa del genere?
«
Ah, ti andava? Bene, quindi se a me va di scippare una vecchietta posso
farlo e giustificarmi in questo modo, giusto? » gli chiese
ironicamente, voltando Alec verso di lui con uno strattone.
«
E questo cosa c’ent- »
«
C’entra eccome, Alec. » lo interruppe,
avvicinandosi ancora di più.
Alec
restò immobile, completamente soggiogato dai movimenti di
Magnus.
Era
ovvio che non l’avesse fatto solo per quello, sapeva
benissimo che c’era dell’altro. Era ammetterlo ad
alta voce il problema.
Magnus
lo attirò a sé con forza, approfittando di
quell’attimo di smarrimento, per poi poggiare le proprie
labbra su quelle di lui, in un gesto quasi stizzito. Subito dopo si
tirò indietro all’improvviso, lasciandolo confuso.
«
E questo per cos’era? » gli chiese Alec furibondo,
non aspettandosi un gesto così prepotente da parte sua.
Ok
che se l’era cercata, ma Magnus non poteva di certo fargli i
dispetti come un bambino dell’asilo solo perché se
ne era uscito in maniera infelice.
«
Che c’è? Mi andava. » gli rispose con
nonchalance, facendo un vago cenno con la mano.
Alec
trattenne un insulto poco carino, avvicinandosi nuovamente a lui:
« Hai appena violato le mie labbra! »
Magnus
inarcò un sopracciglio, improvvisamente divertito dalla
piega che stava prendendo quella situazione.
«
Non mi pare tu ti sia fatto scrupoli quando hai stuprato le mie.
» ribatté allora, incrociando le braccia al petto
e assumendo quella sua solita aria saccente.
Stu..stuprato le sue labbra?
Era questo che pensava avesse fatto?
In
realtà non sapeva spiegarsi bene il motivo che
l’avesse spinto a compiere un gesto così
disperato; aveva voluto semplicemente trasmettergli tutta la sua forza
con quel semplice contatto. Che poi questo l’avesse sconvolto
emotivamente, era un altro discorso.
Infatti,
non poteva di certo negare di essersi sentito spiazzato da
quel genere di sensazioni del tutto nuove che aveva avvertito. Non che
non avesse mai baciato qualcuno o altro, ma sentiva che c'era qualcosa
di diverso.
Sentiva che questa
volta c’era un vero sentimento di mezzo, e la cosa lo
destabilizzava e rendeva felice al tempo stesso.
«
Non mi pareva che ti fosse dispiaciuto così tanto, sai?
» borbottò, sentendosi improvvisamente a disagio.
Magnus
sorrise, scostandogli una ciocca di capelli corvini dal viso in maniera
lenta, senza interrompere per nemmeno un secondo il contatto visivo.
Sembrava
essere piuttosto sicuro di quel che faceva, senza timore alcuno, e Alec
non poté fare a meno di ammirare tutta quella sua
schiettezza ed intraprendenza.
Non
che poi lui non ne fosse capace, visto come l’aveva afferrato
solo un’ora prima.
«
Infatti, non mi è dispiaciuto affatto.
» esordì, stupendolo.
Non
si aspettava di certo che Magnus se ne uscisse con una frase del
genere. Anzi, più che altro non poteva permettersi di farlo,
perché avrebbe mandato inevitabilmente tutti i suoi
propositi di “fare il bravo”, a benedire.
«
A-ah no? » balbettò il moro, mentre il
suo respiro si faceva sempre più affannoso.
Si
chiese come mai da tante persone che abitavano su quel dannato pianeta,
solo Magnus riuscisse a renderlo così debole ma allo stesso
tempo così forte.
Si
chiese se fosse quello l’amore di cui tanto aveva sentito
parlare e di cui tanto aveva letto in molti libri.
E
si chiese se fosse proprio lui quello destinato a prendere tra le
proprie mani il suo cuore, custodendolo gelosamente come il
più raro dei gioielli.
«
Proprio no. » rispose Magnus, percorrendo con
l’indice i tratti del suo viso, passando da quegli occhi
azzurri che tanto amava, alla linea dritta del naso, dallo zigomo alto
e pronunciato, alla mascella squadrata coperta da un accenno di barba.
Il
suo sguardo poi si fissò su quelle labbra così
carnose, che aveva appurato fossero così morbide da spedirlo
direttamente in paradiso; si ritrovò inconsciamente a
percorrerne il contorno con un dito, quasi soggiogato da quel movimento.
Alec
non si rese nemmeno conto di star trattenendo il respiro, fin quando
non decise di attirare Magnus a sé afferrandolo per il
bacino, e facendo scontrare per la terza volta nell’arco di
quella giornata le loro labbra.
E
mentre lo baciava, sentiva per la prima volta che quel foglio bianco,
che poche volte era stato apprezzato perché definito banale
e semplice, acquisiva varie sfumature di colore; per la prima volta, si
sentì completo.
Alec
poggiò le mani sui fianchi di Magnus, facendo aderire i
propri corpi come due tasselli di un puzzle che non aveva avuto fine
prima di allora.
Poi,
Magnus infilò le mani sotto la giacca di Alec,
togliendogliela velocemente.
Quest’ultimo,
lasciò per un momento le labbra dell’altro,
sollevandolo per le cosce in modo da poterlo prendere in braccio, per
poi riappropriarsene un secondo dopo.
Magnus
aveva completamente staccato il cervello, ormai in balia delle forti
emozioni che Alec gli stava donando solo baciandolo.
Senza
rendersi conto del come e del quando si ritrovò seduto sopra
di lui a cavalcioni nella sua camera da letto, mentre il moro gli
sfilava con mani ferme anche il suo di giacchetto.
«
Ma dove sei stato per tutto questo tempo? » gli chiese, ed
Alec non poté fare a meno di sorridere contro il suo collo,
dove gli stava lasciando una scia di baci.
Così
mi corrompi Occhi Blu.
Magnus
insinuò le mani sotto la maglia grigiastra
dell’altro, togliendogliela e buttandola da qualche parte sul
pavimento, dove presto la raggiunse anche la sua.
Nessuno
dei due avvertiva la necessità di scambiarsi alcuna parola,
visto che gli bastavano gli occhi a comunicare tutto ciò che
avrebbero voluto dirsi.
Pelle
contro pelle, Magnus spinse delicatamente Alec a distendersi, mentre
con i polpastrelli tracciava la linea dei suoi addominali, facendolo
sospirare.
Si
beò di quel suono sentendo già di non poterne
più fare a meno, perché dipendente dalla sua
voce, dalle sue mani che gli esploravano le spalle, dal suo corpo, da lui.
Quanto gli ci era voluto per capire quanto fosse
effettivamente perso per lui?
Perché
succede così, succede che ti accorgi che fra tutte le
persone senza senso, una pare avercelo. E ti accorgi di non aver
bisogno di nient’altro che non sia lui.
«
Ma-Magnus. » gemette il moro al limite della sopportazione.
Magnus
sorrise, slacciandogli la cintura con mani esperte, come se fosse
abituato. Non che questo non corrispondesse a verità.
«
Ti ho mai detto che mi piace essere pregato, Alexander? »
gli sussurrò roco all’orecchio, mentre i pantaloni
di entrambi raggiungevano il pavimento.
Alec
inarcò la schiena, sentendo la lingua di Magnus tracciare il
contorno dei suoi capezzoli, per poi morderli dolcemente.
Se
continua così, impazzisco.
Ribaltando
le posizioni con un colpo di bacino, Alec si portò sopra di
lui, le braccia poggiate sul letto intorno al suo viso per non pesargli
addosso.
«
E io ti ho mai detto che necessito di avere la situazione sotto
controllo? » proferì, sorridendo contro le sua
labbra e facendogli piegare una gamba semplicemente sfiorandola appena.
Per Lilith Occhi Blu,
pensò, così
mi ammazzi.
Magnus
rise appena, circondandogli il collo con le braccia, mentre le mani
andavano tra i capelli; si stava ormai rendendo conto di adorare la
consistenza di quella soffice zazzera tra le proprie dita.
«
No, ma l’ho notato. » scherzò,
socchiudendo gli occhi in preda al piacere che le sue mani sapevano
regalargli.
Perchè sì, Alec sapeva davvero quel che stava
facendo.
E per Lilith se lo faceva bene.
Era tutto un continuo stuzzicarsi, con morsi che reclamavano delle
carezze, e delle carezze che reclamavano dei baci.
Potevano quasi sentire le loro anime sfiorarsi, toccarsi, e avvolgersi
tra di loro come una cosa sola.
«
Credo proprio che tu mi stia facendo perdere la testa, principessa.
»
Magnus
sorrise, poi lo baciò ancora: fu un bacio lento e delicato, un
bacio che ne prometteva altri in seguito.
E
se fecero l'amore, più e più volte, lo fecero
come se stessero per perdersi da un momento all’altro, quando
invece, non sapevano di essersi appena trovati.
Testimone
di quell’amore appena sbocciato, solo i raggi del sole che
pian piano, lasciavano spazio alla notte.
Finale col botto(?) xD
Ok diciamo che era ora che questi due si dessero una mossa,
perchè la tensione si stava facendo sempre più
intensa v.v ed anche se apertamente non si sono ancora esposti nel
rivelare i propri sentimenti, presto saranno obbligati a farlo uwu xD
A parte cioò, ecco che il tormento di Magnus viene infine
rivelato. Ed ecco anche perchè si ritiene un mostro.
Tuttavia Alec è ben intezionato a fargli capire che non
è assolutamente così, perciò vedremo
uwu (aw, amorini)
Vi avvertiamo fin da subito che il prossimo capitolo sarà un
fiume di angst, non ce ne vogliate xD (fangirl avvisata, mezza salvata
-- seh. xD)
E vi ringraziamo per continuare ancora a seguire questa storia! Vi
adoriamo, tutte. <3 E grazie anche a chi ci fa sapere sempre il
proprio parere, siete personcine meravigliose*_* <3
Come al solito vi lasciamo il link del gruppo facebook, qualora foste
interessate ad entrarvi! <3
Dunque, cliccate qui -----> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Un bacione, e alla prossima settimana!
Bye!<3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Capitolo #11 ***
Capitolo #11
Alec aprì lentamente gli occhi, svegliato da un rumore fastidioso nelle sue orecchie.
Sbatté appena le palpebre, momentaneamente accecato dai raggi di luce che filtravano dalla finestra.
Dopo alcuni istanti di stordimento, si rese conto che il suono che aveva sentito proveniva dal suo telefono, abbandonato sul mobiletto situato accanto al letto.
Facendo il possibile per non svegliare Magnus, che lo stava stringendo a mo' di peluche, cercò di liberarsi da quella presa stritolante.
Quando alla fine riuscì a sporgersi abbastanza da afferrare il cellulare, vide ben dieci messaggi e tre chiamate senza risposta di sua sorella.
Prima che potesse anche solo pensare di preoccuparsi - perfino per gli standard di Isabelle una cosa del genere era eccessiva - la suoneria partì nuovamente, annunciando l'ennesima chiamata.
Trattenendo appena un sospiro esasperato si affrettò a rispondere, prima di svegliare anche Magnus.
In realtà, come facesse il ragazzo a continuare a dormire con tutto quel baccano per lui era un mistero.
« Pronto? » mormorò, schiarendosi appena la voce.
Dall'altra parte del telefono si udì un'esclamazione decisamente colorita.
« Finalmente! E' un'ora che ti chiamo, si può sapere che fine avevi fatto? » esordì Izzy, con un tono decisamente irritato.
Alec si stropicciò gli occhi, sforzandosi di reprimere uno sbadiglio.
« Quello che fanno tutte le persone normali a quest'ora Iz, dormivo. » replicò poi, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Sua sorella restò in silenzio per alcuni istanti, quasi stesse cercando di recepire a pieno quello che aveva sentito.
« Alec, sono le tre del pomeriggio. Sei sicuro di sentirti bene? » replicò poi, riuscendo a far trasparire tutta la sua preoccupazione da ogni singola parola.
Alec sgranò gli occhi sconvolto, cercando con lo sguardo l'orologio appeso alla parete opposta.
Constatò con non poco stupore che Izzy aveva pienamente ragione: avevano davvero dormito fino a quell'ora indecente.
Certo, l'aver passato l'intera notte impegnato in ben altre attività poteva aver contribuito, ma non credeva di essere stanco fino a quel punto.
« Certo, tutto bene. Ho solo fatto un po' tardi ieri. » borbottò, sforzandosi di non crollare nuovamente a peso morto sul suo cuscino.
Si udì una risatina soffocata, mal camuffata da un leggero colpo di tosse.
« E dimmi fratellone, cosa ti ha tenuto così impegnato da farti fare le ore piccole? » ribatté sarcasticamente sua sorella subito dopo, mentre Alec si colpiva la fronte con una mano.
Come gli era venuto in mente di uscirsene con una frase del genere?
Ora Isabelle gli avrebbe dato il tormento, poco ma sicuro.
Riusciva quasi a sentirla ghignare maliziosamente fin da lì.
« Considerando tutti i messaggi e le chiamate che mi hai fatto presumo volessi dirmi qualcosa. » le rispose semplicemente, decidendo di ignorare bellamente quella sua insinuazione.
Negare sarebbe stato uno sforzo inutile: sua sorella avrebbe comunque continuato a pensare che se la stesse spassando con il suo ragazzo.
E aveva tutte le ragioni di farlo.
Alec si affrettò a scacciare dalla sua mente le immagini tutt'altro che caste di quanto era successo la sera prima, tornando a concentrarsi sulla conversazione.
« Sì. Ti aspetto al nostro solito bar tra 15 minuti. Non fare tardi o, parola mia, verrò a prenderti a casa e ti trascinerò di peso. » affermò la ragazza con la sua solita sicurezza, per poi riattaccare senza dargli neanche il tempo di replicare.
Alec sospirò per l'ennesima volta, rassegnato al fatto di doversi sbrigare a raggiungerla.
Non metteva in dubbio infatti, che Iz sarebbe stata più che capace di mettere in atto quella sua minaccia e, per quanto possibile, doveva tenerla lontana da Magnus.
Scoccando un'ultima occhiata al ragazzo, che sembrava ancora dormire profondamente, si alzò lentamente del letto.
Nel giro di pochi minuti fu pronto ad uscire per andare ad incontrare sua sorella.
Per un attimo valutò la possibilità di svegliare Magnus per avvisarlo, per poi scacciarla subito dopo.
Sapeva che gli avrebbe fatto delle storie inutili sulla pericolosità di andare in giro da solo, e francamente preferiva evitare l'ennesima discussione in cui lo invitava a rifugiarsi in un qualche paese sperduto.
Scrisse velocemente un biglietto con cui lo informava che sarebbe tornato presto, lasciandolo sul cuscino affianco a lui. Poi, lasciò la stanza da letto.
Prese le chiavi dal mobiletto all'ingresso ed uscì, scacciando uno strano senso d'inquietudine.
***
Alec camminava a passo spedito per le strade della città, stranamente deserte a quell'ora.
Aveva trascorso gli ultimi minuti cercando di spiegarsi perché mai Isabelle avesse voluto vederlo con tanta urgenza.
L'unica idea plausibile, era quella dell'intenzione della ragazza di sottoporlo ad un interrogatorio degno di questo nome su di Magnus.
Sperava vivamente di sbagliarsi: non sapeva davvero che cosa avrebbe potuto inventarsi in quel caso.
Era tutt'altro che bravo a mentire, sopratutto poi a quella piccola peste; avrebbe finito col coglierlo con le mani nel sacco nel giro di pochi istanti.
D'altra parte, però, non poteva certo permettersi di dirle la verità.
Non che credesse che in tal caso lei lo avrebbe tradito, confessando tutto a sua padre e facendo arrestare Magnus - sapeva che non ne sarebbe mai stata capace - ma non aveva nessuna intenzione di farla finire nei guai insieme a lui.
Perché di certo la forte e coraggiosa Isabelle non se ne sarebbe mai stata con le mani in mano, mentre qualcuno minacciava l'incolumità del suo fratellone.
Scosse appena la testa, intenerito da quel pensiero.
Sua sorella era sempre stata un vero e proprio vulcano di energia, tanto testarda quanto orgogliosa.
Sotto quel punto di vista sarebbe davvero andata d'amore e d'accordo con Magnus.
Svoltò velocemente nella stradina alla sua sinistra, troppo concentrato sulle sue riflessioni per rendersi conto dell'ambiente circostante.
Quello fu il più grave errore che potesse commettere: se solo si fosse preso la briga di guardarsi intorno con più attenzione, avrebbe notato le figure appostate dietro l'angolo.
« Ciao ragazzino. »
Alec congelò sul posto nell'udire quella voce, ormai sgraditamente familiare.
Russ.
Alec imprecò mentalmente, maledicendosi per la sua stupidità.
Come diavolo era possibile che continuasse ad imbattersi costantemente in quell'individuo?
Quella volta, però, c'era qualcosa che non gli tornava.
Quell'espressione rilassata, quasi strafottente, non lasciava presagire nulla di buono.
Come a voler confermare quei pensieri, altri tre uomini uscirono dall'ombra, affiancandosi a Russ con lo stesso aspetto tutt'altro che rassicurante.
Il moro valutò le sue possibilità di fuga, che divennero inesistenti quando udì degli altri passi avvicinarsi alle sue spalle.
Lo avevano appena circondato.
Maledizione.
« Allora, John, c'è forse qualcosa che ci vorresti dire? »
Alec si voltò a bocca aperta verso il proprietario di quella voce, che aveva già udito solo il giorno prima.
Subito si trovò di fronte ad un avvenente ragazzo ben piazzato, dai capelli biondi e penetranti occhi grigi.
Braxton.
E accanto a lui c'erano Camden e un altro uomo che il moro ricordava con chiarezza di aver visto nella base di Headley.
Che diavolo ci facevano quei tre lì? Da quando lavoravano con gli uomini di Ezekiel?
Quella considerazione passò in secondo piano alla vista delle pistole che gli stavano puntando contro.
Bene, così davvero non aveva alcuna possibilità di cercare di mettersi in salvo, non se voleva evitare di essere trivellato.
Prese un respiro profondo, cercando di mantenere la calma.
Molto probabilmente stava per morire lì in quella squallida stradina, ad appena ventiquattro anni e senza aver avuto la possibilità di dire addio alle persone che amava. Ma per nulla al mondo si sarebbe mostrato debole o spaventato davanti a quegli uomini.
« Cos'è, una riunione di cui non sono stato informato? Spiacente, ma non ho intenzione di entrare nel vostro gruppo di amici del cuore. » esclamò con un ghigno, usando il suo miglior tono sprezzante.
Assurdo come l'influenza di Jace potesse essergli utile in un momento del genere. Peccato che non avrebbe mai potuto ringraziarlo.
Braxton gli rivolse un'occhiata calcolatrice a dir poco inquietante, mentre avanzava verso di lui senza mai togliergli quella dannata pistola di dosso.
« Sai, John, avevo quasi creduto alla tua piccola recita. E come me anche Headley. Immagina la mia sorpresa quando quel ragazzone laggiù mi ha contatto chiedendomi informazioni su un nostro uomo che, a parer suo, si era intromesso nei loro affari. Sorpresa ancora più grande quando mi ha fornito proprio la tua descrizione. » esclamò sarcasticamente, mentre Camden gli girava intorno come a voler valutare ogni sua possibile mossa.
E così, alla fine Dixon aveva davvero cercato di capirne di più sulla sua identità, Magnus aveva ragione.
Se solo gli avesse dato ascolto, magari non si sarebbe trovato in quella situazione.
Ma chi vuoi prendere in giro?
Sarebbe comunque finita così prima o poi, ne era convito dal momento stesso in cui aveva deciso di uscire dal suo prezioso nascondiglio, intromettendosi per salvare la vita a Magnus.
Aveva capito fin dal primo istante che quelle non erano certo il tipo di persone a cui poter pestare i piedi sperando poi di sopravvivere ma, nonostante ciò, sperava di riuscire perlomeno a trovare la maniera di aiutare Magnus prima che lo uccidessero.
Come aveva fatto a restare invischiato con certa gente, dopo tutte le lezioni che suo padre gli aveva dato fin da piccolo?
Se lo avesse visto in quel momento, probabilmente il generale lo avrebbe preso a sberle per essere stato così sconsiderato.
Eppure, non aveva davvero potuto farne a meno.
Alec non era mai stato il tipo di persona che si faceva coinvolgere, soprattutto in quel genere di situazioni, ma di fronte a quegli occhi verdi, non aveva avuto alternative.
Per quanto si potesse pensare il contrario, non riusciva davvero a pentirsi di quella sua scelta.
Dopotutto, era servito a proteggere lui.
Anche in quel momento, ad un passo da morte certa, continuava a pensare che per Magnus ne era valsa la pena.
Se quello era il prezzo da pagare per aver potuto finalmente trascorrere alcuni giorni con la persona di cui era innamorato, non aveva proprio di che lamentarsi.
Già, perché a quel punto tanto valeva ammettere la verità: si era innamorato di Magnus.
Avrebbe solo voluto avere la possibilità di dirglielo, di fargli sapere che nonostante le cose orribili che pensava su sé stesso, qualcuno era riuscito a vederlo per quello che era davvero e lo amava per questo.
« Non hai nulla da aggiungere? »
Russ si avvicinò con un ghigno inquietante sul volto, evidentemente più che entusiasta di poter finalmente dare il benservito al moccioso che gli aveva creato così tanti problemi.
Alec si rifiutò di rispondergli, continuando a mantenere la sua espressione imperscrutabile.
« Non dici niente? Rispondi almeno a questa domanda: se non sei uno dei nostri uomini, né una spia di Dixon, chi accidenti sei? » lo interrogò Braxton, utilizzando quello che senza dubbio doveva essere il suo miglior tono inquisitorio.
Alec ghignò, rivolgendo all'altro un'occhiata sprezzante.
« Ti piacerebbe saperlo vero? Sta' tranquillo, prima o poi lo scoprirai, puoi starne certo. Peccato che allora sarà troppo tardi. Per tutti voi. » replicò poi con decisione, senza staccare gli occhi dagli individui davanti a sé.
La sua poteva sembrare una minaccia, e in un certo senso lo era: prima o poi suo padre e i suoi fratelli sarebbero riusciti a catturarli, e allora per loro sarebbe stata la fine.
Braxton ringhiò, puntando poi la pistola dritta verso il cuore di Alec.
Isabelle continuava a tamburellare nervosamente sulla superficie di legno del tavolo, rivolgendo continuamente delle occhiate preoccupate all'orologio appeso sul fondo della stanza.
Suo fratello era in ritardo di ben venti minuti, e per ogni secondo che passava, la sua ansia cresceva sempre di più.
Forse per chiunque altro una reazione del genere avrebbe potuto essere esagerata, ma non per lei: Alec non era mai in ritardo, per nessun motivo.
Il fatto poi che non si fosse neanche dato pena di avvisarla non faceva altro che insospettirla.
Afferrò bruscamente il cellulare, provando per l'ennesima volta a telefonargli, nel tentativo di capire dove si fosse andato a cacciare.
Continuava a squillare a vuoto, di nuovo.
No, decisamente c'era qualcosa che non andava.
Si alzò, lasciando alcuni dollari per il caffè che aveva preso mentre aspettava suo fratello, dirigendosi poi velocemente all'uscita del locale.
Facendo il possibile per scacciare la morsa d'inquietudine che le stringeva il petto ogni minuto di più, si avviò a grandi passi verso casa di Alec, decisa a verificare la situazione di persona.
Magari per uno strano scherzo del destino quella volta suo fratello era davvero semplicemente in ritardo e le sue paranoie si sarebbero verificate inutili.
Tuttavia, aveva imparato molto tempo fa a fidarsi ciecamente del suo innato istinto che non l'aveva mai abbandonata, e che in quel momento le stava gridando di fare il più in fretta possibile.
Era quasi giunta a destinazione, quando una figura attirò la sua attenzione.
Si avvicinò cautamente, pregando tutti i santi che le venissero in mente di far sì che quella fosse solo un'orrenda allucinazione.
Non può essere vero.
Davanti a lei, Alec era steso in una pozza di sangue.
« Oddio... Oh mio Dio, Alec... Cosa... » riuscì appena ad articolare in preda al panico più intenso che avesse mai provato in vita sua, mentre si lasciava cadere in ginocchio al fianco del fratello.
Lo voltò delicatamente, inorridendo nel posare gli occhi sul foro di un proiettile che lo aveva colpito a pochi centimetri dal cuore.
Respirando a fatica Isabelle poggiò due dita sul collo del ragazzo, rischiando seriamente di svenire quando sentì il suo battito sempre più lento e scostante.
Okay, mantieni il controllo, è ancora vivo. Lo puoi salvare.
« Pronto? »
La ragazza realizzò di aver tirato fuori il cellulare chiamando la base, solo quando udì la voce di Caleb provenire dall'altro lato della linea.
Il suo corpo aveva agito in automatico, facendo ciò che la sua mente annebbiata non era in grado di afferrare.
« Dovete mandare qualcuno immediatamente... Io non... Siamo all'imbocco di Richmond Road. » balbettò singhiozzando, sforzandosi di farsi capire dall'altro.
Si udì un vociare indistinto, e diverse frasi scambiate in tono concitato: evidentemente Caleb aveva fatto in modo di mettere anche gli altri in ascolto di quella telefonata.
Non che la cosa potesse sorprenderla di più di tanto.
Sentirla ridotta in quello stato doveva aver fatto giustamente pensare al soldato che fosse appena successo qualcosa di grave, di molto grave.
« Isabelle, cerca di calmarti e spiegami la situazione. » affermò con sicurezza un'altra voce, quella di Shane.
La ragazza prese un respiro profondo, cercando di riprendere il controllo sufficiente a formulare una frase di senso compiuto.
« Hanno sparato ad Alec. La ferita è a pochi centimetri dal cuore, le sue condizioni sono critiche. Inviate qualcuno, adesso. » articolò poi a fatica, facendo il possibile per controllare la sua voce rotta dal pianto.
A quell'affermazione proruppero delle imprecazioni oltremodo colorite, seguite da ordini gridati a piena voce per mettere tutti in azione.
« Pochi minuti e saremo lì. »
Isabelle lasciò cadere il telefono a terra, stringendo suo fratello a sé.
Gli scostò delicatamente i capelli dal viso, ignorando volutamente il suo colorito cinereo e il respiro affaticato.
« Alec gli aiuti stanno arrivando, starai bene vedrai. Cerca di resistere, ce la devi fare. Ti supplico fratellone non lasciarmi. » mormorò, lasciandogli un leggero bacio sulla fronte, umido di lacrime.
Lui non poteva morire, non la poteva abbandonare.
Alec era la sua ancora, il suo protettore, la persona di cui si fidava di più al mondo e su cui poteva costantemente contare.
Fin da piccoli era sempre stato lui a prendersi cura di lei, supportandola e incoraggiandola; ogni volta che cadeva, Alec era lì pronto a prenderla, senza chiedere mai nulla in cambio.
Quando la loro madre era stata assassinata, era stato soltanto grazie a lui se era riuscita ad andare avanti: si era sforzato di essere forte per entrambi, dormendo insieme a lei ogni notte per settimane, perché solo stretta tra le braccia del fratello riusciva a mandare via gli incubi.
Non ce l'avrebbe mai fatta, non senza di lui.
Alec era la persona più leale, più forte e più buona che esistesse, e chiunque fosse stato a fargli una cosa del genere l'avrebbe pagata molto cara.
Spera per te che io non riesca mai a trovarti, perché se dovesse succedere ti farò a pezzi con le mie mani. Fosse l'ultima cosa che faccio.
Ma, in quel momento, l'unica cosa che contava era la vita di Alec.
Mancava poco all'arrivo dei soccorsi, sarebbe andato tutto bene. O almeno, questo era quello che continuava a ripetersi per evitare di crollare in mille pezzi.
A quel punto non poteva far altro che sperare, pregando seriamente per la prima volta in vita sua, con ancora il sangue di suo fratello sulle mani.
Magnus era intento a fare l'ennesimo pancake - ignorando volutamente il fatto che fossero quasi le sei del pomeriggio -, quando frustato lanciò con poca delicatezza la padella ancora bollente nel lavandino.
Senza pensarci due volte aprì l’acqua per farla raffreddare, ma si maledì subito dopo per non aver pensato alla fumata che avrebbe realizzato con quel gesto.
Tossendo, sventolò una mano per far dissolvere la nebbiolina che si era andata a creare, cercando nel contempo di chiudere il getto.
« Oh, al diavolo! » esclamò scocciato, afferrando poi il cellulare dal tavolo lì vicino.
Nessuna chiamata persa.
Nessun messaggio ricevuto.
Possibile che occhi blu si fosse dileguato improvvisamente?
Quando aveva aperto gli occhi a pomeriggio già inoltrato, aveva allungato una mano in direzione della parte di Alec, trovandola vuota. E fredda.
Confuso si era alzato a sedere, notando solo in un secondo momento un bigliettino sul cuscino. Magnus aveva dedotto che fosse la calligrafia di Alec, impeccabile come lo era lui.
Non c’era scritto dove fosse, solo che era in compagnia della sorella e che sarebbe tornato nel giro di un paio d’ore. E senz’altro quel paio d’ore erano sicuramente passate.
Ma allora dove cavolo era andato a finire?
Stanco di aspettare, digitò il tasto chiamata sul suo contatto, attendendo il familiare suono della voce del moro.
Il pensiero che stesse cercando di evitarlo dopo ciò che era successo, perché pentito, era sempre più vivido in lui, tuttavia cercava di non darci troppo peso. Insomma, come avrebbe potuto filarsela così lasciando solo un bigliettino con poche frasi scritte?
Scosse la testa, decidendo che di certo non era quella la spiegazione: Alec era abbastanza adulto da riuscire a chiarire una situazione del genere, non sarebbe mai scappato di fronte a un simile problema.
Non l’aveva fatto quando aveva saputo in che giro si era immischiato, figurarsi sepoteva farlo per quello.
"Segreteria telefonica, il cliente da lei chiama-"
Magnus riagganciò, fissando lo schermo con una certa ansia.
Appurato che Alec mai si sarebbe comportato in quel modo, l'unica ipotesi plausibile era che si fosse trattenuto più del previsto.
Ma se era solo questo il problema, per quale motivo non aveva risposto?
Dubitava seriamente del fatto che il suo telefono potesse essere in silenzioso, dopotutto doveva sempre essere raggiungibile per qualsiasi emergenza.
Quell’ultima parola gli fece scattare qualcosa nelle mente: e se stato fosse impegnato in una qualche missione, in bilico tra la vita e la morte? E se fosse stato messo con le spalle al muro? E se non l’avesse più rivisto?
Inghiottendo pesantemente e scacciando l’idea di un Alec completamente riverso a terra, morto, compose nuovamente il numero, battendo a terra un piede in preda al panico.
Se non gli avesse risposto neanche questa volta, si sarebbe recato senza esitazione dal paparino generale. Poco gli importava se l’avrebbero riconosciuto e arrestato, Alec aveva la priorità.
Quando però sentì rispondere, la rabbia prese il sopravvento e, quasi inconsciamente, si ritrovò a sbraitare.
« Brutto imbecille che non sei altro, perché non mi hai risposto?! Mi hai fatto preoccupare da morir- »
« Scusa, saresti? » una voce femminile giunse alle sue orecchie, e in un attimo si zittì.
Quella doveva senza dubbio essere Isabelle, la sorella di Alec.
Perché era lei a rispondergli? Ma soprattutto, perché sembrava avere la voce spezzata dal pianto?
« Alec..? » domandò, sentendo il cuore battergli in petto più velocemente del normale.
La sentì trattenere un singhiozzo, e l’ansia cominciò ad espandersi all’interno del suo corpo con una velocità disarmante.
« Alec è.. Non può rispondere al momento, lui è.. » sussurrò, tirando su con il naso.
A Magnus si ghiacciò il sangue nelle vene, mentre i peggiori scenari possibili andavano a crearsi nella sua mente.
Non poteva essere, non doveva, non..
« Dov’è adesso?! » quasi urlò, passandosi una mano tra i capelli e sperando con tutto il cuore che non fosse come pensava, che non fosse successo niente di quello che credeva.
Alec stava bene, doveva star bene per forza.
« E perché mai dovrei dirtelo, non so nemmeno chi sei! » ribatté Isabelle, alzando anche lei la voce ma sforzandosi chiaramente di trattenere le lacrime.
Magnus era certo che stesse piangendo, nonostante la ragazza sembrava fare il possibile per non apparire debole.
« Non sono nessuno, ma credimi, tuo fratello è molto importante per me. » rispose, mentre un nodo gli si formava in gola, impedendogli quasi di respirare.
Se gli fosse successo qualcosa, lui.. Non lo sapeva. Non ci stava più capendo niente, l’unica cosa che voleva era sapere come stava.
Voleva solo che Isabelle gli dicesse che era vivo.
« Come fai a sapere che sono.. Aspetta, tu sei il suo nuovo ragazzo? » gli chiese allora, cercando di darsi un contegno.
Sembra distrutta dal dolore.
Magnus non disse nulla, non voleva mentirle, ma doveva assolutamente sapere che cosa stava succedendo.
L’attesa lo stava logorando dentro, avvolgendolo sempre di più in una stretta quasi dolorosa.
« Qualcuno ha tentato di ucciderlo, ma non sappiamo ancora chi. »
Magnus cadde in un silenzio scioccato, momentaneamente incapace di eleborare quanto era appena giunto alle sue orecchie.
Avevano cercato di ucciderlo..?
Tutte le sue paure più grandi sembravano aver preso vita in quell’esatto momento, trascinandolo in un oblio senza fine.
Li avevano scoperti.
« Cazzo, lo sapevo che non doveva immischiarsi così! - cominciò, mentre sentiva la voce scendere di un ottava - Sono stato un coglione! Ti prego dimmi come sta, dove siete, io.. » si interruppe, mentre sentiva di star per scoppiare a piangere da un momento all’altro.
Tuttavia, non era certo il momento giusto per lasciarsi travolgere dalle emozioni.
Troppo preso dalla situazione, non si era nemmeno reso conto di ciò che era appena uscito dalla sua bocca.
« Mi stai dicendo che è colpa tua se adesso Alec è in coma? » il tono di Isabelle era fermo, glaciale.
Se solo lo avesse avuto di fronte molto probabilmente lo avrebbe ammazzato seduta stante.
Ma non si soffermò minimamente su quel pensiero, non dopo quello che aveva appena sentito.
In coma. Alec era in coma.
Sferrò un pugno al muro con violenza, mentre sentiva le lacrime spingere per uscire. Il dolore alla mano era quasi inesistente in confronto al dolore che il suo cuore stava provando in quel momento.
Era tutta colpa sua.
Era solo un mostro.
« Per favore dimmi dove siete, devo vederlo. » la pregò, cercando di calmare il suo respiro sempre più affannoso.
Si sentiva come se le forze lo avessero improvvisamente abbandonato, lasciandolo a crogiolarsi nel suo dolore.
« Stai lontano da mio fratello. » sibilò la ragazza, poi attaccò.
Magnus lasciò cadere il telefono a terra inconsciamente, mentre lo sguardo si perdeva in un punto indefinito.
Si sentiva come un contenitore vuoto, vecchio e inutile.
Avrebbe dovuto tagliare i rapporti con lui fin da subito, avrebbe dovuto essere più intelligente, avrebbe dovuto fermarlo.
Ma non l’aveva fatto perché, da egoista quale era, aveva finito con l’innamorarsi di Alec.
Con quel suo animo gentile e con quegli occhi blu come il mare, era stato capace di fargli credere che perfino lui potesse avere una seconda possibilità.
Si era sbagliato di grosso, e un ragazzo buono ed altruista che aveva fatto di tutto per proteggerlo, rischiava di morire per causa sua.
Una sola lacrima gli rigò la guancia, ma Magnus non si preocuppò minimamente di asciugarla.
Non si ricordava nemmeno più l’ultima volta che si era permesso di piangere, di lasciare emergere il suo dolore in quel modo.
Sapeva di dover dare ascolto ad Isabelle, di doversi allontare il più possibile da Alexander. Ma non poteva.
Egoista.
Doveva vederlo, accertarsi che stesse bene.
Poi, sarebbe sparito davvero dalla sua vita, senza lasciare traccia.
Strofinandosi leggermente gli occhi con le dita, si precipitò all’ingresso, deciso a cercarlo in tutti gli ospedali possibili pur di trovarlo.
Peccato che tutte le sue convinzioni vennero brutalmente calpestate nell'esatto momento in cui aprì la porta.
A solo pochi metri dall'abitazione del moro, difatti, si trovò circondato da un branco di energumeni dall'aria tutt'altro che rassicurante.
« Bane, sei accusato di traffico illegale d’armi. » esordì un ragazzo biondo e dalla corporatura massiccia, muovendo un passo nella sua direzione.
Merda.
Proprio in quel momento dovevano arrivare quei maledettissimi soldati?
Scattando in avanti cercò di farsi largo, ma due solide braccia lo trattennero per la maglia, inchiodandolo subito dopo contro il muro.
« Razza di gorilla che non sei altro, lasciami andare! » si ribellò, ma era praticamente immobilizzato.
Sentì il fastidioso rumore delle manette che si chiudevano e si sentì ancora più impotente di prima.
« Spiecente di ostacolare i tuoi programmi, ma dovrai seguirci in centrale. » riprese il biondo con un tono che grondava sarcasmo da ogni singola parola.
Magnus cercò inutilmente di ribattere, mentre veniva trascinato bruscamente verso la fine della strada.
La presa di quel tizio era tanto stretta da fargli vedere le stelle, ma non era certo quello il suo problema più grave.
« Vi prego, per favore ascoltatemi. Volete sbattermi in galera a vita? Perfetto. Anzi, vi dirò io stesso tutto quello che potrebbe servirvi per l'intento. Ma vi supplico, prima lasciatemi andare da lui. » farfugliò, mandando completamente al diavolo il suo orgoglio.
In quel momento non gli importava di niente che non fosse Alec: tutto il resto passava in secondo piano in confronto a lui.
« Shane, fallo stare zitto. » affermò duramente uno degli altri, rivolgendosi al ragazzo che lo stava tenendo.
Magnus riprese a divincolarsi, cercando di sottrarsi a quella presa mortale; loro dovevano dargli ascolto.
« Speravo davvero che lo dicessi, fratello. » sentì dire dal biondo dietro di lui, poi un dolore lancinante alla testa gli fece perdere i sensi, avvolgendolo nell’oscurità.
Ed ecco che l'angst ci assale.
Vi avevamo avvertite, quindi non fateci del male fisico(?) xD
A parte gli scherzi, non abbiamo molto da dire, dato che pensiamo che il capitolo parli da solo xD (sacchi di angst per voi e per noi ç-ç)
Unica cosa che possiamo anticiparvi è che vedrete un altro lato di Magnus, uno dei più nascosti, nonchè forse uno dei migliori :D (My babyy*-*)
Non aggiungiamo altro, semplicemente vi ringraziamo per seguire la storia e per recensirla! Siete delle persone meravigliose e my God, ci ispirate davvero tantissimo <3
Grazie, grazie, grazie! <3
Al solito vi lasciamo il link del gruppo facebook, semmai qualcuna di voi fosse interessata ad iscriversi! Dunque, cliccate qui nel caso -----> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Noi vi diamo appuntamento come sempre alla prossima settimana! <3
Bye! <3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Capitolo #12 ***
Capitolo
#12
«
Forza, in piedi. »
Magnus alzò lo sguardo verso la porta della
cella in cui era rinchiuso, trovandosi di fronte un soldato dalla
corporatura massiccia e dall'aria truce.
Studiò con premeditata
lentezza la figura dell'uomo, soffermandosi sulla sua espressione
imperscrutabile e facendo al contempo del suo meglio per non
mostrarsi minimamente impressionato da quell'aura di composta
superiorità.
Solo dopo alcuni istanti si premurò di fare ciò
che gli era stato ordinato, piazzandosi a pochi centimetri
dall'altro.
« Voglio sapere come sta Alexander. »
esordì
seccamente, incrociando le braccia al petto e guardando negli occhi
il soldato.
Quest'ultimo ovviamente si rifiutò di rispondergli,
limitandosi ad afferrarlo bruscamente per la maglia per poi
ammanettarlo subito dopo.
Non che Magnus si aspettasse davvero una
risposta, certo.
Negli ultimi quattro giorni - dal preciso momento
in cui si era risvegliato chiuso in quelle quattro mura - non aveva
fatto altro che strepitare e gridare a pieni polmoni, urlando a
qualsiasi sventurato che passasse nei pressi della sua cella di
volere informazioni su di Alec.
Inutile dire che nessuno si era
premurato di fargli sapere niente.
Si limitavano a guardarlo con
ostilità, procedendo per la loro strada come se non fosse
altro che
un moscerino molesto, indegno di qualsiasi spiegazione.
In altre
circostanze quell'atteggiamento lo avrebbe fatto infuriare oltre
misura, ma in quel momento era troppo preoccupato per Alec per badare
a certi dettagli.
Considerando la mancanza di collaborazione di
quei maledetti soldatini dal cuore di ghiaccio, aveva cercato
più
volte e invano un modo per uscire da lì, così da
potersi recare di
persona dal suo occhi blu.
Poco importava che certamente sarebbe
stato riacciuffato e sbattuto in galera non appena si fosse
presentato in ospedale da lui, considerando tutti i membri
dell'esercito - primo tra tutti il generale - che dovevano essere
piazzati lì .
Tutto ciò che voleva era riuscire a vederlo, anche
solo per pochi istanti.
Quando aveva parlato al telefono con
Isabelle, la ragazza gli aveva detto che suo fratello si trovava in
coma.
Doveva sapere se si era svegliato, doveva sapere se stava
bene.
Non sapeva per quanto ancora sarebbe riuscito a sopportare
quella dolorosa morsa di preoccupazione ed angoscia.
Ma oltre a
gridare fino a perdere la voce ed imprecare contro chiunque, non
sapeva davvero che accidenti fare per ottenere anche il più
piccolo
straccio d'informazione.
Una stretta sul suo braccio lo riportò
con i piedi a terra, mentre l'energumeno lo scortava ben poco
delicatamente fuori da quelle mura umide e scalcinate.
Forse dopo
tutto quel tempo finalmente avrebbe avuto la possibilità di
parlare
con qualcuno.
Fino ad allora nessuno si era avvicinato a lui in
alcun modo, fatta eccezione per gli uomini che a turno venivano a
lasciargli il cibo, rispedito quasi interamente al mittente.
Non
sapeva se ciò fosse dovuto allo scompiglio che doveva
essersi creato
in seguito ad un attentato ai danni del primogenito del generale - il
solo pensiero lo fece sentire male -, o se lo avessero semplicemente
lasciato a cuocere nel suo brodo.
In ogni caso, se adesso quel
tizio lo stava portando da qualche suo superiore per un
interrogatorio, avrebbe potuto barattare le informazioni in suo
possesso in cambio di notizie su Alec.
Dopo aver percorso un lungo
corridoio, l'uomo lo condusse in una stanza completamente spoglia ad
eccezione di un tavolo e tre sedie posti al centro.
Senza dire
neanche mezza sillaba, il soldato lo spinse bruscamente a sedere,
uscendo subito dopo e chiudendosi la porta alle spalle.
Veramente
carino, non c'è che dire.
Magnus sospirò pesantemente,
cercando di mettersi il più comodo possibile, nonostante le
mani
bloccate dietro la schiena.
Mister simpatia avrebbe potuto
almeno togliermi le manette.
Si guardò
attentamente intorno, notando una piccola telecamera posta su un
angolo in alto della parete di fronte a lui.
Prima che potesse
formulare un qualsivoglia commento su quell'esagerata sorveglianza -
dove mai sarebbe potuto andare legato come un salame? - la porta si
aprì.
Lo stesso soldato biondo che lo aveva arrestato entrò a
passo di marcia, seguito da un altro ragazzo che Magnus ricordava di
aver visto quello stesso giorno insieme a lui.
Era quello che
molto carinamente aveva invitato il compagno a farlo stare
zitto.
Quest'ultimo lo strattonò leggermente in avanti, in modo
da potergli togliere le manette.
Poi, conservando le medesima aria
truce del tizio che lo aveva trascinato lì, si sedette di
fronte a
lui insieme al biondino.
« Apri bene le orecchie, Bane. Ho
poco tempo da perdere e nessuna intenzione di stare dietro alle tue
stronzate. Per cui o mi dici quello che voglio sapere con le buone, o
troverò il modo di farti sputare tutto con le cattive.
» esordì il
biondo senza tanti preamboli, guardandolo come se stesse seriamente
pensando di farlo a pezzi con le sue mani.
Magnus rimase per
alcuni istanti completamente senza parole.
Poteva capire
l'avversione di un militare verso un criminale, ovvio, ma quel
ragazzo sembrava davvero odiarlo a morte.
Ma che diavolo gli ho
fatto?
L'altro soldato scoccò un'occhiata preoccupata
all'amico, quasi temesse di vederlo perdere completamente le staffe
da un momento all'altro.
Non che Magnus potesse biasimarlo, non
dopo che lui stesso aveva avuto la medesima impressione.
« Shane,
capisco che.. Cerca di controllarti, per favore. Sai quali sono gli
ordini. » esclamò il ragazzo rivolgendosi al
biondino ed usando un
tono quasi esitante.
Shane in tutta risposta fece un gesto secco
con la mano, come a voler allontanare qualsiasi discussione.
«
Rilassati Caleb, non gli ho messo nemmeno un dito addosso. Almeno per
ora. » replicò poi, senza staccare gli occhi da
Magnus.
Okay,
magari sarebbe stato più difficile del previsto riuscire a
contrattare, ma non per questo si sarebbe dato per vinto.
«
Ti dirò ogni cosa. Tu in cambio però.. »
iniziò in tono risoluto, ma venne immediatamente interrotto.
Shane,
difatti, sbatté con violenza una mano sul tavolo, portandosi
a pochi
centimetri dal suo volto.
«
Credo che non ci siamo capiti: tu non puoi pretendere proprio un bel
niente. Sei un prigioniero, non un ospite di riguardo. »
gli sibilò poi, assottigliando lo sguardo.
Magnus boccheggiò
indignato. Era così che volevano giocarsela? Bene.
Fino a che non
gli avessero dato modo di chiedere quanto voleva sapere, non avrebbe
pronunciato una sola sillaba.
Chissà, magari così il signor
macho si sarebbe infilato in quella zucca vuota che se non gli
facevano avere notizie di Alexander se la potevano anche sbrigare da
soli col traffico d'armi, per quanto lo riguardava.
Caleb poggiò
una mano sulla spalla dell'altro, spingendolo indietro con
fermezza.
Shane si lasciò trascinare, pur non mutando minimamente
espressione.
« Per chi
lavori? » domandò poi Caleb
inquisitorio, incrociando le braccia al petto.
Magnus si limitò a
guardarlo, inarcando leggermente un sopracciglio.
Che diavolo
stavano cercando di fare?
Sperava non si trattasse di una messa
in scena in stile poliziotto buono-poliziotto cattivo, sarebbe
stato un terribile cliché.
Fregandosene completamente degli
sguardi di fuoco rivolti nella sua direzione, iniziò a
studiarsi le
unghie, quasi non avesse una sola preoccupazione al mondo.
«
Mio fratello ti ha fatto una domanda. »
affermò seccamente Shane, tornando a rivolgersi a lui.
Magnus
alzò appena lo sguardo per studiare i soldati di fronte a
lui.
Dunque erano fratelli?
Beh, in effetti tra i due c'era
una certa somiglianza: sebbene Caleb fosse più basso e
decisamente
meno biondo - i suoi capelli davano più sul castano scuro -
aveva
gli stessi occhi verdi e i medesimi lineamenti dell'altro.
«
Ho sentito. Non ho problemi di udito e, diversamente da te, non sono
un povero imbecille senza cervello. » ribatté
candidamente subito dopo, dando sfoggio a tutta la sua aria
di superiorità.
Il biondo a quel punto sembrò sul punto di
saltargli addosso; se solo avesse potuto, probabilmente gli avrebbe
sparato.
« Se non avessi
ricevuto degli ordini precisi io.. »
gli ringhiò contro, con un espressione a dir poco rabbiosa
stampata
in volto.
Magnus fece il possibile per non lasciare trasparire la
minima emozione, limitandosi a sventolare lievemente una mano come a
voler scacciare un insetto.
«
Certo, immagino. Peccato che con quella faccia da fesso non riesca a
prenderti seriamente. »
replicò subito dopo, con un tono che grondava sarcasmo.
Questa
volta Caleb fu davvero costretto a trattenere suo fratello per
evitare che lo prendesse a pugni in faccia.
«
Forse non hai ben intenso in che situazione ti trovi: quello di cui
sei accusato è un crimine molto grave. Se non vuoi restare
in
prigione per il resto della tua vita, ti consiglio vivamente di
smetterla con questo atteggiamento e di iniziare a collaborare.
»
affermò poi il soldato in maniera glaciale, continuando a
tenere una
mano poggiata sulla spalla di Shane.
Magnus si alzò di scatto,
mandando al diavolo anche quell'ultimo briciolo di autocontrollo di
cui ancora disponeva.
« E
forse voi non avete capito che io non vi dirò niente. Non
finché
non mi farete vedere Alexander. »
gridò loro contro, fregandosene completamente della reazione
che
avrebbero potuto avere.
Cosa potevano fargli? Picchiarlo?
Torturarlo?
Ogni cosa sarebbe stata di gran lunga migliore del
panico e della sofferenza che gli stavano attaccate addosso come una
seconda pelle da giorni.
«
Che c'è, vuoi portare a termine il lavoro? Se credi che ti
faremo
avvicinare a lui sei completamente pazzo. »
sibilò gelido Shane, alzandosi in piedi a sua volta.
Magnus
vacillò appena, completamente destabilizzato da quella
affermazione.
Erano convinti che fosse stato lui a cercare di
ucciderlo?
Era dovuto a questo tutto quell'astio nei suoi
confronti?
Era a dir poco ridicolo.
Non sarebbe mai stato
capace di fargli minimamente del male, figurarsi se avrebbe potuto
sparargli.
Oh, davvero? Come se non fosse davvero una tua
responsabilità quello che è successo.
Scacciò
prepotentemente i suoi sensi di colpa - non era quello il momento di
lasciarsi schiacciare dal fardello che gli gravava sulle spalle -,
concentrandosi sulla discussione.
«
Credete davvero che sia stato io? Non avete capito niente. Lasciatemi
andare da lui, adesso! »
riprese a sbraitare, gesticolando come un forsennato.
Caleb aggirò
il tavolo che li separava piazzandosi dritto davanti a lui; con
quella mole e la luce di pura determinazione nello sguardo incuteva
timore quasi quanto suo fratello.
«
Tu non andrai da nessuna parte. »
affermò imperioso, facendo il possibile per ergersi in tutta
la sua
statura.
Magnus fu investito da un'ondata totalmente irrazionale
di rabbia.
Come osavano dargli ordini? Come si permettevano di
tenerlo lontano dal suo Alexander?
Quei due idioti non avevano la
minima idea di quanto occhi blu fosse importante per
lui,
eppure lo trattavano come uno psicopatico capace di attentare alla
sua vita alla prima occasione disponibile.
Al diavolo tutti quanti
loro, le loro stupide regole e le loro schifose leggi.
Lui sarebbe
riuscito a vedere Alec, in un modo o nell'altro.
« Vogliamo
scommettere? »
Prima che uno dei due avesse minimamente modo di
rendersi conto di quanto gli stesse passando per la mente, Magnus
scattò velocemente in avanti, spalancando la porta e
iniziando a
correre.
Non sapeva neanche lui cosa volesse fare di preciso;
l'unica cosa a cui riusciva a pensare era che non ne poteva
più di
aspettare che qualcuno si degnasse di fargli sapere se la persona che
amava era ancora viva.
Era senza ombra di dubbio una follia, e le
possibilità di farcela rasentavano lo zero, ma se solo fosse
riuscito ad uscire da lì avrebbe potuto scoprire in qualche
modo in
che ospedale era stato portato occhi blu.
Era arrivato appena a
metà corridoio quando due braccia solide e muscolose lo
placcarono
da dietro, scrivendo la parola fine sulla sua fuga.
« Toglimi
queste schifose mani di dosso! Lasciami andare, io devo uscire da
qui, lo devo trovare! » si mise a gridare a pieni polmoni,
cercando
in tutti i modi di divincolarsi.
Nel giro di pochi istanti diversi
soldati si precipitarono nella sua direzione, probabilmente curiosi
di sapere a cosa era dovuto tutto quel trambusto.
Magnus mandò
mentalmente tutti quanti a quel paese, continuando ad urlare e
scalciare come un ossesso.
Il soldato dietro di lui cercò di
tappargli la bocca con una mano e, in tutta risposta, il ragazzo lo
morse con violenza, affondando i denti nella carne fino a sentire in
bocca il sapore del sangue dell'altro.
Dopo un mugolio di dolore e
un imprecazione a dir poco colorita, la presa che lo teneva fermo si
allentò, consentendogli di muovere ancora qualche passo.
Anche
questa volta, però, non riuscì ad andare troppo
lontano: Shane lo
afferrò inchiodandolo violentemente con la faccia al muro e
torcendogli un braccio dietro la schiena per impedirgli di
muoversi.
Subito dopo lo fece voltare altrettanto bruscamente,
trascinandolo verso la sua cella.
Guardandosi intorno Magnus
riuscì a vedere le espressioni scioccate e infastidite della
maggior
parte degli uomini lì presenti, nonché un Caleb
risentito ed
infuriato che si teneva una mano insanguinata con l'altra.
Ecco
chi era stato a bloccarlo la prima volta.
Giunti a
destinazione Shane lo scaraventò con violenza all'interno di
quelle
ormai famigliari quattro mura, sbattendo subito dopo la porta della
cella.
« Spero davvero che tu sia innocente. Se dovessi in
qualche modo scoprire che non sei solo invischiato nel traffico
illegali di armi, ma c'entri anche qualcosa con quello che è
successo a lui, stai pur certo che ti
farò pentire di essere
venuto al mondo. » gli sibilò attraverso le
sbarre; poi si
allontanò velocemente, sparendo dalla sua vista.
Magnus si tirò
su a fatica, massaggiandosi il braccio su cui era atterrato e che gli
lanciava delle fitte di dolore.
Probabilmente a quel punto avrebbe
dovuto odiare Shane, per il modo burbero con cui lo aveva trattato e
per il fatto che lo ritenesse responsabile di quanto era successo ad
Alec, ma non ci riusciva.
Questo perché sapeva, in cuor suo, che
quel ragazzo aveva ragione: era tutta colpa sua.
Aveva giurato a
sé stesso che avrebbe protetto Alec a qualsiasi costo, e
invece alla
fine aveva lasciato che gli facessero del male.
Sapeva quanto era
pericoloso il suo mondo, sapeva i guai in cui occhi blu si stava
andando a cacciare cercando di aiutarlo, eppure non aveva mai davvero
fatto niente di concreto per fermarlo.
Era un debole, un
egoista.
Si era ritrovato per la prima volta in vita sua alla
prese con qualcuno che sembrava davvero tenere a lui e alla sua
incolumità, e si era crogiolato in quella consapevolezza,
incapace di
mettere il bene di Alec davanti al suo.
Nonostante ogni minima
parte della sua razionalità lo avesse implorato
più e più volte di
andarsene il più in fretta e lontano possibile dal bel
soldato, il
suo stupido cuore si era lasciato convincere a restare.
Ed ecco il
bel risultato.
Alexander
era troppo buono, troppo puro per avere a che fare con uno come lui.
Lo
aveva capito fin dalla prima volta in cui, tanti anni prima, lo aveva
visto mentre percorreva i corridoi della scuola in compagnia dei suoi
fratelli.
Magnus
non aveva minimamente notato i due che avevano la fama dei
più bei
rubacuori in circolazione, ma era stato immediatamente attirato dal
ragazzo coi capelli corvini arruffati e lo sguardo rivolto verso il
basso, che sorrideva appena agli altri due ma che al contempo
sembrava restare ai margini, come un punto sfocato in un
inquadratura.
Tutti
conoscevano i figli del generale Lightwood ma pochi si premuravano di
dare attenzione a quel ragazzo, troppo timido e riservato per godersi
le luci della ribalta insieme ai suoi consanguinei.
Magnus
era sempre andato controcorrente, e quella volta non fece certo
eccezione: mentre la maggior parte degli studenti sembrava a mala
pena accorgersi dell'esistenza del maggiore dei tre fratelli, lui
faceva di tutto per incrociarlo anche se solo per pochi istanti.
C'era
qualcosa in Alexander Gideon Lightwood che lo attirava come mai gli
era successo, che gli faceva venire voglia di saperne di più
su quel
ragazzo sempre imbronciato ma dallo sguardo limpido e sincero.
Quando
dopo settimane di stalker-aggio degno di un maniaco, aveva visto Carl
e i suoi insulsi tirapiedi infastidirlo, aveva quasi saltellato dalla
felicità: gli avevano fornito l'occasione che stava
aspettando.
Gli
erano bastati soltanto pochi minuti di conversazione per rendersi
conto di che persona profondamente buona e speciale fosse Alec.
Per
un attimo era stato tentato di confidarsi con lui come non aveva mai
fatto con nessuno, di raccontargli quello schifo che era la sua vita.
Non
si era mai fatto scappare neanche una sola sillaba con anima viva
–
non era stupido, sapeva bene che tutti i suoi presunti “amici
”
gli giravano intorno solo per il suo essere popolare, non
interessandosi affatto a lui personalmente – ma aveva
l'assurda
convinzione che Alec sarebbe stato diverso, che lui lo avrebbe
capito.
Tutte
le sue speranze erano però volate via come polvere nel vento
solo
pochi giorni dopo, quando tornando a casa aveva trovato il corpo
senza vita di sua madre.
Ricordava
ancora distintamente l'orrore, la confusione, il panico.
Non
sapeva che cosa fare, non sapeva chi chiamare.
Quando
era tornato in sé abbastanza da allertare i soccorsi e
questi
avevano decretato la morte della donna, Magnus aveva provato
un'inspiegabile sensazione di vuoto: certo, la sua non era mai stata
una gran madre, ma era l'unica famiglia che aveva.
Senza
di lei non c'era più nessuno che si interessasse neanche
minimamente
a lui, non c'era più nessuno a ricordargli che aveva una
casa a cui
tornare, anche se non era un granché.
Era
completamente solo.
Quella
consapevolezza però non era niente, in confronto alla
convinzione
che sua madre fosse morta perché lui non era stato in grado
di
salvarla.
Se
solo fosse stato meno egoista, meno meschino, magari le cose
sarebbero andate in maniera diversa.
Invece
di lasciarla stare ore ed ore chiusa nel suo mutismo ostinato,
avrebbe potuto convincerla a parlare con lui, a vedere un medico, a
reagire in qualche modo.
Ma
non lo aveva fatto, semplicemente perché lui non voleva
farlo.
Quando
aveva recepito appieno le conseguenza delle sue azioni, quello che
era stato capace di causare, non aveva potuto negare l'evidenza: era
una una brutta persona, un essere immondo che non meritava
né
conforto né comprensione.
Proprio
per questo motivo, quando Alec era venuto a cercarlo preoccupato per
il suo improvviso cambio di atteggiamento, Magnus si era premurato di
respingerlo il più bruscamente possibile.
Moriva
dal desiderio di lasciare che lui gli
stesse accanto – non aveva il minimo dubbio che il suo occhi
blu lo
avrebbe fatto – ma non poteva, per il bene del ragazzo.
Lui
era un mostro, avvelenava e distruggeva tutto quello che toccava, e
non poteva lasciare che anche Alexander fosse trascinato a fondo dal
suo turbine di disperazione.
Ecco
perché quando si era risvegliato a casa di Alec, dopo che
Russ aveva
tentato di ucciderlo, aveva subito cercato di scappare, prima di
cedere alla tentazione di spifferargli ogni cosa o, peggio ancora,
prima che il ragazzo lo riconoscesse e si offrisse di aiutarlo.
Ma
le cose non erano andate come lui aveva previsto, e Magnus si era
trovato sempre più legato a doppio filo al bel soldato.
Era
stato così stupido da credere che davvero le cose si
sarebbero
potute sistemare in qualche modo, ed era rimasto insieme ad occhi blu,
mettendolo sempre più in pericolo.
Se
lui dovesse morire sarà colpa mia, solo ed esclusivamente
colpa mia.
Magnus
portò le ginocchia al petto raggomitolandosi su
sé stesso, nel vano
tentativo di proteggersi dal dolore insostenibile che in quel momento
rischiava seriamente di annientarlo.
Quasi
contro la sua volontà si trovò ad immaginare il
bel viso di
Alexander pallido ed emaciato e i suoi meravigliosi occhi blu
nascosti dalle palpebre, mentre decine di tubi e svariati macchinari
erano attaccati al suo corpo per consentirgli di continuare a vivere.
Che
cosa ho fatto? Sono una disgrazia, una maledizione. Distruggo tutto
quello che tocco.
Ho
distrutto anche lui.
Si
accorse di essere scoppiato in lacrime solo quando sentì
delle gocce
calde infrangersi sulla sua mano.
Ti
supplico occhi blu, non mi lasciare.
Non
sapeva davvero cosa sarebbe stato capace di fare se Alexander non ce
l'avesse fatta.
Era
riuscito a stento ad andare avanti dopo la morte di sua madre, e ci
era riuscito solo chiudendo tutte le sue emozioni in una scatola e
rifugiandosi tra gente a cui importava solo ed esclusivamente del
potere e del denaro.
Quella
volta, se avesse perso l'unica persona al mondo veramente importante
per lui, molto probabilmente non ci sarebbe stato niente in grado di
rimettere insieme i frammenti del suo cuore.
Ti
prego, ti prego, ti prego torna da me.
Pesante.
Perché
sentiva come se tutto il suo corpo fosse così appesantito e
indolenzito
da non riuscire nemmeno a fare il più minimo dei movimenti?
La
testa gli pulsava dolorosamente, come se avesse avuto un piccolo
martelletto a sbattergli contro le tempie con insistenza; e ad
incrementare l'emicrania, un sorta di “beep” che
veniva
ripetuto come una macchina. Ma cosa fosse non era in grado di
capirlo, troppo stordito per avere un pensiero coerente in quel
momento.
Avrebbe
voluto aprire gli occhi per vedere dove si trovasse, ma sentiva le
palpebre troppo sigillate per poter anche solo sperare che
potessero sollevarsi.
Non
riusciva proprio a capire cosa stesse succedendo, avvertiva solo un
forte odore di disinfettante a solleticargli le narici, ma
null'altro.
Cercando
di combattere contro l'impulso di tenere incollati gli occhi,
riuscì pian piano ad aprirli, mettendo a fuoco solo
successivamente l'ambiente che lo circondava.
La
prima cosa che vide fu un piccolo televisore a muro, poggiato su un
piccolo scaffale in alto. Poi lo sguardo gli cadde sul mobiletto
bianco posto sotto, con una brocca piena d'acqua ed un bicchiere
di vetro.
Accanto lui, riuscì a distinguere un monitor ospedaliero a
colori, per rilevare i suoi parametri vitali. E notò poi con
una smorfia, diversi cavi partire da quella macchina e finire su vari
punti del suo corpo.
Pian
piano sentiva di riprendere possesso dei propri arti, così
spostò
la testa da una parte all'altra, accorgendosi solo allora di una figura
dai
lunghi boccoli neri, poggiata sul suo letto, dormiente.
Izzy.
Avrebbe
voluto svegliarla per cercare di capire, ma sembrava davvero troppo
provata, come una persona che non dormiva da giorni interi.
Da
quanto tempo sono qui esattamente? Ma sopratutto, come ci sono
finito?
Molto
lentamente si alzò a sedere, facendo il più piano
possibile per
non svegliare la sorella.
Gli
scostò poi delicatamente una ciocca corvina dal viso,
notando con una certa amarezza le occhiaie piuttosto evidenti sotto
gli occhi, e il respiro irregolare di chi sta avendo un incubo.
Le
carezzò la testa come era solito fare quand'erano ancora
piccoli,
quando Izzy, ancora turbata dall'abbandono precoce della loro madre,
si rifugiava nel suo letto per scacciare via i demoni che sembravano
rincorrerla.
Ricordava
allora che doveva cantarle qualcosa, cullandola nel suo abbraccio e
accarezzandole i capelli, perché solo così
riusciva a calmarsi e ad
addormentarsi.
Sorrise
con nostalgia, riflettendo sul fatto che per quanto ora fosse
cresciuta e diventata una splendida donna indipendente, per quanto
cercasse di nascondere le proprie debolezze e le proprie paure, la
piccola Izzy spaventata e insicura di un tempo, ancora era presente
dentro di lei.
Ed
era inutile cercare di nasconderla con lui, perché sapeva
leggerla
dentro come nessun altro era mai stato in grado di fare,
così come
ne era in grado lei.
«
Mmmh.. » un mugolio lo riportò con i piedi per
terra, rivolgendo
l'attenzione sulla figura accovacciata vicino a lui.
Iz
aprì gli occhi lentamente, stropicciandoseli come una
bambina nel
chiaro tentativo di mettere a fuoco la situazione.
Quando
notò suo fratello sveglio mentre le sorrideva dolcemente,
impiegò
solo alcuni secondi per saltargli addosso, abbracciandolo come se non
lo vedesse da anni, come se fosse stata in procinto di perderlo per
sempre.
Non
che Alec sapesse che era stato davvero così.
«
Alec sei sveglio, sei vivo, oh mio Dio.. » lo strinse forte a
sé,
mentre lacrime di gioia le percorrevano il viso etereo e candido come
la neve, inzuppando leggermente il pigiama del fratello che si era
premurata di portargli.
Alec
la strinse a sua volta, sbattendo tuttavia le palpebre confuso. Non
ricordava niente di quello che era successo. Aveva partecipato a
qualche missione e avevano rischiato di farlo fuori?
Isabelle
lo allontanò leggermente da sé, tirando su con il
naso, mentre Alec
gli asciugava le lacrime con il pollice.
«
Iz.. cos'è successo? » le chiese, la voce rauca.
Non
sembrava nemmeno la sua a dire il vero, ma probabilmente si era
arrochita nel tempo in cui era stato dormiente.
Izzy
si scansò i capelli dal viso, guardandolo con aria piuttosto
preoccupata.
«
Alec.. non ricordi niente? » gli chiese, ottenendo solo un
cenno di
diniego in risposta.
«
Ti hanno sparato fratellone, hai rischiato seriamente di morire. Ho
avuto paura che mi avresti lasciato anche tu Alec, ho avuto
seriamente paura di perderti. » ammise, la voce che
traballava leggermente.
Il
ragazzo la strinse nuovamente forte a sé a quella
rivelazione,
carezzandole dolcemente i capelli.
Aveva
davvero seriamente rischiato di lasciarci le penne? Allora
perchè
non ricordava niente? Si sentiva solamente confuso: troppi pensieri
gli affollavano la mente e non avrebbe saputo distinguerne neanche
uno.
«
Non mi perderai mai Iz, puoi starne certa. » la
rassicurò, cercando
al tempo stesso di mettere a fuoco la situazione.
Poi,
come una secchiata d'acqua gelida in pieno inverno, fu investito da
una marea di ricordi, ricordi che sembravano essersi completamente
persi fino ad un momento prima.
Ricordò
distintamente il volto carico d'ironia e di disprezzo di Braxton, il
rumore di uno sparo, il dolore che aveva avvertito nello stesso
momento in cui la pallottola era entrata nella sua carne, il senso di
nausea che l'aveva colto e il pensiero di due occhi verdi mentre i
suoi si chiudevano – aveva creduto - per sempre.
Magnus.
«
Da quanto tempo sono qui ricoverato Iz? » le
domandò, colto dal
panico.
Isabelle
lo guardò confusa, ma non disse nulla riguardo ai suoi dubbi.
«
Alec, avevi un polmone perforato, hanno dovuto operarti d'urgenza.
Sei stato in coma per quasi cinque giorni. » rispose,
lanciandogli
uno sguardo stanco.
Alec
sentì la terra mancare sotto i suoi piedi e un senso di
disagio
farsi largo all'interno del suo corpo con una velocità
disarmante.
Quasi cinque
giorni.
Magnus.
Scansando
velocemente la sorella, poggiò i piedi nudi sul pavimento,
avvertendo
il freddo penetrargli sin dentro le ossa, quasi fino a farlo
rabbrividire, ma non ci badò.
Tossì,
sentendo un forte dolore al petto.
«
Alec che cavolo fai! Mettiti giù! » lo
sgridò la sorella, cercando
di farlo calmare.
Sembrava
come se fosse stato posseduto dal diavolo in persona tutto d'un
tratto.
Ignorandola
come se non avesse proferito alcuna parola, si staccò ogni
tubicino presente sulla pelle e la flebo
senza troppi complimenti, per poi alzarsi letto.
Per
un attimo ebbe come l'impressione di star per cadere, sentendo le
gambe intorpidite e appesantite per l'inattività degli
ultimi
giorni.
Traballando
infatti un po' su se stesso, finì alla fine col trovare una
sorta di
equilibrio che gli permettesse di reggersi in piedi.
Subito
la sorella gli fu davanti, allargando le braccia come per impedirgli
di passare.
«
Cosa credi di fare?! Sei ancora debole, mettiti a letto! »
urlò
nuovamente.
Si
sentì quasi in colpa verso la sorella, dato che l'unica cosa
che
voleva vedere in quel momento era suo fratello stare bene. Ma di
certo non si sarebbe fermato per un motivo del genere.
«
Izzy non capisci, devo vederlo! » le
disse a sua volta,
cercando di farle capire che non poteva assolutamente restare
lì.
Chissà
cosa diamine aveva combinato in tutti quei giorni, chissà a
chi si
era rivolto, chissà se stava bene, chissà se era
ancora vivo.
«
Vedere chi..? » gli domandò, ma il moro l'aveva
già superata,
correndo via sulle sue gambe inferme.
Traballava
leggermente, ma sicuramente avrebbe ripreso presto possesso dei suoi
arti inferiori.
Sentì
sua sorella gridare qualcosa in lontananza ma non se ne curò
molto,
il suo unico pensiero era quello di raggiungere Magnus, di
raggiungere la persona che amava.
Era quasi arrivato alle scale, quando venne
braccato però da un medico, che senza troppi preamboli, gli
bucò la
carne con una siringa.
Alec
sentì le forze abbandonarlo nuovamente, e la vista
appannarsi,
mentre cedeva lentamente ad un'oscurità che aveva ben
imparato a
conoscere.
L'ultima
cosa che riuscì a sentire fu la sorella chiamare il suo
nome, mentre
le sue labbra si incontravano in un'unica parola: « Magnus..
»
Poi,
il nulla.
Jace
si passò una mano tra i capelli, stanco e assonnato come non
era
ormai da tempo.
Quegli
ultimi giorni non aveva fatto altro che passarli in ospedale - dove
rimaneva al capezzale del fratello fino a notte fonda -, e a casa, dove
cercava di riordinarsi le idee sull'accaduto.
Tutto
gli pareva troppo strano, improbabile, tanto da non riuscire a capire
fino in fondo cosa ci fosse di così sbagliato nelle sue
supposizioni.
Forse
era semplicemente il fatto che la questione principale era Alec.
E
probabilmente c'entrava anche il fatto che mai, l'aveva visto essere
così poco responsabile e disattento.
Sospirando
spinse la porta della centrale; subito fu accolto da un via vai di
gente che faceva avanti e indietro, correndo da una parte all'altra
con un'urgenza tale da farlo corrucciare.
Mancava
pochi giorni e scoppiava l'inferno?
«
Jace! »
Il
biondo si voltò verso la voce, un sopracciglio inarcato
verso
l'alto e lo sguardo stupito.
«
Papà, che cos'è questo trambusto? » gli
chiese confuso, dandogli
una leggera pacca sulla spalla a mo' di saluto.
Robert
sospirò, facendogli un cenno con la mano per farsi seguire
lungo il
corridoio.
«
Bane ha tentato di scappare. Inconcepibile.
» sibilò con
voce glaciale, socchiudendo appena gli occhi.
Se
non fosse un criminale, probabilmente mi sarebbe quasi
risultato simpatico, pensò Jace, trattenendo un
sorriso.
Infatti,
nessuno avrebbe mai tentato di fare una cosa così stupida, e
non
poteva che ammirarlo per averci provato.
«
Dov'è adesso? » gli chiese, scuotendo la testa
come per allontanare
un pensiero.
«
In cella ovviamente. » rispose laconico Robert, dirigendosi
verso
suddetta cella.
Jace
guardava i propri piedi mentre camminava, pensando a quanto tempo ci
era voluto solo per trovare uno straccio di prova, mentre ora,
avevano preso addirittura colui che faceva direttamente da
intermediario per gli scambi.
Grazie a lui, avrebbero potuto anche rintracciare il colpevole
dell'aggressione di Alec.
E
solo l'Angelo sapeva quanto moriva dalla voglia di mettergli le mani
addosso.
Il
solo pensare che suo fratello aveva rischiato di morire per mano di
uno di quei luridi criminali, lo mandava letteralmente fuori di
testa.
Alzò
lo sguardo quando il padre gli indicò una figura posta
all'angoletto
della cella.
Dovette
sbattere più volte gli occhi per capire se quello che aveva
davanti
fosse reale o meno.
«
Aspetta.. quello è Bane? » gli chiese scioccato,
spalancando
leggermente la bocca.
Robert
annuì, comprendendo appieno lo sbigottimento del figlio:
infondo
quello era solo un ragazzo inesperto, come avevano potuto non
beccarlo prima?
«
Già, un moccioso. Patetico per essere un trafficante d'armi.
»
rispose infatti, guardandolo con un malcelato disprezzo.
Jace
continuava a fissarlo come se avesse avuto davanti il diavolo in
persona, e Robert cominciava seriamente a preoccuparsi per la sua
reazione.
Va
bene la sorpresa iniziale, ma non stava un tantino esagerando?
«
Papà.. c'è qualcosa che non va, quel tipo l'ho
già visto. »
proferì il biondino, facendo attivare tutti i sensi
dell'uomo lì
presente e facendogli capire finalmente qualcosa.
«
Dove? Potremmo ripartire da lì per trovare la loro base.
» domandò
immediatamente, facendo un gesto con la mano come a volerlo esortare
a continuare a parlare.
Tuttavia
Jace continuò per qualche minuto ad alternare lo sguardo dal
padre,
al ragazzo lì seduto.
Non
può essere vero.
«
Lui è.. il famoso ragazzo di Alec. »
Hello!
:D
Allora cosa dire, cosa diiiire xD
Diciamo che Magnus sta facendo il diavolo a quattro per cercare di
capire come sta il suo bell'occhi blu, ma nessuno è
intenzionato a metterlo al corrente. Sopratutto Shane, che sta tirando
fuori tutto lo zucchero di cui è fornito xD
Alec invece è costretto a letto per alcuni giorni per via
dell'operazione, quindi poverello, anche lui non sa come sta xD
Siamo crudeli. HAHAHA.
Ed ecco qui che Jace ricollega Magnus al ragazzo di Alec.. diciamo che
ora ci sarà una bella evoluzione della situazione xD
E tranquille, i litigi e altri morsi non mancheranno ahahha :D
Bene, come al solito vi ringraziamo con tutto il nostro corazon per
seguire la storia e per recensirla, se non fosse per voi, non saremmo
nemmeno qui a scrivere <3 Davvero, grazie mille per il supporto
che ci date! <3
Vi lasciamo anche il link del gruppo facebook, qualora decideste di
entrarvi! Cliccate pure qui ----> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Vi diamo appuntamento alla prossima settimana e vi mandiamo un grosso
bacione!<3
Bye!<3
P.s
è probabile che siano presenti alcuni errori data la
mancanza di tempo per correggere, quindi ci scusiamo in anticipo e
vedremo presto di revisionare il capitolo!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Capitolo #13 ***
Capitolo #13
«
Sei
proprio sicuro che sia lui? »
Jace
sospirò profondamente cercando di calmarsi, onde evitare di
commettere qualche atto estremo; come un sororicidio ad esempio.
Era
almeno la decima volta che gli poneva quella
domanda.
Insomma,
poteva capire la sua sorpresa - anche lui era rimasto non poco
scioccato -, ma così si iniziava seriamente ad esagerare.
«
Sì
Isabelle, come ne ero sicuro tutte le altre volte in cui me lo hai
chiesto. »
replicò
sarcasticamente, inarcando appena un sopracciglio biondo.
Sua
sorella gli rivolse un'occhiataccia da manuale, buttando i suoi
lunghi capelli corvini dietro la spalla con un gesto secco.
«
Scusa
tanto se la notizia mi ha lasciata un tantino allibita. Sai
com'è,
mi hai appena detto che Alec è entrato in un giro di
traffico
d'armi. » ribatté
poi prontamente, mentre si lasciava cadere su una di quelle scomode
sedie di plastica della sala d'aspetto dell'ospedale.
Guardandola
Jace si sentì lievemente in colpa per il modo in cui le
aveva
risposto. La solita splendente e fascinosa Isabelle sembrava svanita
nel nulla e, al suo posto, era rimasta una ragazza insicura e
preoccupata, con gli abiti stropicciati e il trucco sbavato.
Quegli
ultimi giorni erano stati infernali per tutti loro: il ritrovamento
di Alec in fin di vita, l'operazione, le ore passate in attesa che si
svegliasse e pregando che lo facesse.
Jace,
Robert ed Isabelle erano rimasti piantati in ospedale ventiquattro
ore su ventiquattro, senza lasciare il capezzale del ragazzo
– a
parte per svolgere alcune mansioni importanti - neanche per un
secondo. Tuttavia, quest'ultima era decisamente la più
sconvolta dei
tre.
Se
ciò fosse dovuto al fatto che era stata proprio lei la prima
a
soccorrerlo o al legame profondo che li legava non avrebbe saputo
dirlo.
Da
quando Alec si era finalmente risvegliato sembrava aver ripreso,
almeno in parte, il suo solito autocontrollo, anche se era ancora
abbastanza scossa.
«
Iz
non è quello che ho detto. Non sappiamo ancora cosa sia
successo di
preciso. »
le
disse, sedendosi accanto a lei e cercando di addolcire il tono.
Sua
sorella sospirò, poggiando la testa alla parete dietro di
lei.
«
È
che non riesco proprio a capire. Com'è possibile che il
presunto
"ragazzo" di Alec in realtà sia l'intermediario che
stavate cercando? Non ha senso. Che ci faceva mio fratello con quel
quel tizio? »
gli
chiese poi, guardandolo in attesa di una risposta.
Jace
avrebbe davvero voluto saperlo ma purtroppo nemmeno lui ne aveva la
minima idea.
Passandosi
una mano tra i riccioli biondi, tentò disperatamente di
farsi un
quadro generale della situazione. Non che poi avesse fatto altro in
quei giorni.
Shane
e Caleb avevano raccontato di averlo trovato a pochi metri da casa di
Alec.
Ma
cosa ci faceva lì?
A
detta loro non aveva fatto altro che chiedere informazioni sulla
salute di suo fratello.
Ma
a che scopo? Possibile che fosse davvero preoccupato per le sue
condizioni? E se così era, per quale motivo? In che rapporti
si
trovavano?
Prima
o poi gli sarebbe esplosa la testa, se lo sentiva.
«
Hai
aggiornato tua sorella sulle novità? »
Jace
si voltò verso suo padre, appena entrato nella stanza con
una strana
luce nello sguardo.
Mentre
lui si era subito precipitato dentro a raccontare ad Izzy quanto
aveva scoperto, Robert era rimasto nel parcheggio, al telefono con
uno dei suoi soldati. Che una volta tanto gli avessero dato buone
notizie?
Assai
improbabile.
«
Certo.
Cosa è successo? »
gli
chiese, allungando leggermente il collo per poterlo vedere bene in
viso.
Suo
padre li studiò entrambi, quasi valutando se potesse dare o
meno
loro quelle ulteriori notizie.
«
Era
Shane. Ha trovato il cellulare di Bane dentro
casa di Alec. Stanno vedendo se può essergli utile in
qualche modo,
ma per il momento la risposta sembra essere negativa. »
esordì
poi, con un tono estremamente stanco.
Anche
mentre si preoccupava per le condizioni di suo figlio, non aveva
smesso neanche un solo istante di lavorare, dando ordini a destra e a
manca ai suoi soldati per far sì di trovare un qualsiasi
indizio che
li aiutasse a capire.
L'ospedale,
da quando loro erano lì, si era trasformato in un via vai di
tutti i
componenti dell'esercito, di vari gradi ed età, tutti
ansiosi di
conoscere le condizioni del figlio del generale e di ricevere
istruzioni da quest'ultimo.
Le
visite più frequenti erano state da parte di Caleb e Shane,
preoccupati quasi quanto loro per le condizioni di Alec.
Entrambi
erano molto legati a suo fratello, in particolar modo Shane.
Non
sapeva se il ragazzo provasse ancora qualcosa per Alec, ma era
indubbio il profondo affetto che nutriva nei suoi confronti.
Proprio
per questo aveva preso la questione molto che più che
seriamente,
determinato come non mai a mettere le mani addosso al colpevole.
Il
fatto che si fosse fosse spinto fino a perquisire la casa del ragazzo
alla ricerca di uno straccio di prova, non era altro che un'ulteriore
dimostrazione.
«
Possibile
che non ci sia un modo per cavargli una maledetta informazione dalla
bocca? Lasciatelo cinque minuti con me, ci penserò io a
farlo
parlare. »
affermò
Iz glacialmente, riferendosi chiaramente a quella spina nel fianco di
Bane.
Jace
era completamente d'accordo con lei, ma sapeva già cosa le
avrebbe
risposto Robert.
«
Non
se ne parla Izzy. Fino a che non riusciamo a capire che collegamento
c'è tra lui ed Alexander non ho intenzione di usare le
maniere
forti. E comunque non credere che Shane sia stato molto delicato nel
suo interrogatorio. »
ribatté
difatti il generale, prendendo posto accanto a loro.
Da
fuori sarebbero potuti quasi sembrare una normale famiglia in attesa
di poter vedere un proprio caro ricoverato, se non fosse stato per la
pistola ben visibile che l'uomo portava addosso.
La
ragazza sbuffò sonoramente, incrociando le braccia al petto
in gesto
di stizza.
«
E
allora come mai non ha ancora pronunciato neanche mezza parola?»
domandò,
senza preoccuparsi minimamente di nascondere il suo scetticismo.
Robert sembrò sforzarsi di trattenere un sorriso mentre la
guardava;
Jace era pronto scommettere che era dovuto al fatto che con
quell'atteggiamento gli ricordava in maniera impressionante Maryse.
«
Continua
a dire che non parlerà finché non gli
permetteremo di vedere
Alexander. »
La
ragazza aggrottò leggermente le sopracciglia, analizzando
quanto suo
padre aveva appena detto.
«
In
effetti.. Quando ho parlato con lui mi è parso davvero
preoccupato.
Non appena ha sentito che Alec era in coma, dalla voce sembrava
davvero sul punto di scoppiare in lacrime. »
mormorò
poi, probabilmente riflettendo ad alta voce su quanto gli stava
passando per la testa in quel momento.
A
quell'affermazione seguirono diversi istanti di silenzio, in cui
tutti e tre cercarono invano di cogliere una qualche connessione.
«
E
se quella che abbiamo dato per scontato fosse una menzogna, in
realtà, fosse davvero la verità? »
domandò
alla fine Jace, attirando su di sé lo sguardo confuso e
incerto
degli altri due.
«
Okay,
è ufficiale: Jace è completamente uscito pazzo.
Tranquillo
fratellino, qui sei nel posto giusto. »
esclamò
alla fine Izzy, ma era più che evidente che il suo fosse un
tentativo forzato di sbloccare la situazione.
Il
biondo le scoccò un'occhiataccia, tornando subito dopo a
rivolgersi
al padre.
«
Pensaci.
Se Bane fosse davvero il fidanzato di Alec? Magari si sono conosciuti
in qualche modo e Alec ha capito solo più avanti che il suo
ragazzo
era invischiato in un giro del genere. »
riprese
difatti, sperando che l'altro capisse dove voleva andare a parare.
Il
generale si raddrizzò appena, portandosi una mano sotto il
mento.
«
Magari ha scoperto la vera identità del suo ragazzo proprio
quel
giorno in cui mi ha telefonato in preda al panico. Parlava di
rapimenti e ha detto qualcosa sul timore che qualcuno fosse stato
catturato. Magari c'era stato uno scontro. »
affermò poi, seguendo
immediatamente il filo del discorso portato avanti dal figlio.
Jace
annuì vigorosamente, contento che l'altro fosse sulla sua
stesse
lunghezza d'onda.
«
Esattamente. E al quel punto da bravo samaritano qual è,
Alec avrà
senz'altro cercato di salvarlo. Lo farebbe per chiunque, figuriamoci
per qualcuno per cui forse prova qualcosa. »
continuò imperterrito,
ormai sempre più convinto di quella sua teoria.
«
Cercando di aiutare Bane potrebbe essersi immischiato anche lui dove
non doveva. Ed ecco il perché della sua aggressione.
» concluse per
lui Robert.
Vedendoli
così non era difficile immaginarli mentre pianificavano una
missione
militare, precisi e sincronizzati come poche altre persone avrebbero
mai potuto essere.
Isabelle,
che per tutto il dibattito aveva continuato a spostare lo sguardo
dall'uno all'altro quasi fosse alle prese con una partita di
ping-pong, fu più che convinta da quella spiegazione.
«
Beh, senz'altro è un'ipotesi più credibile
dell'improvvisa
trasformazione in criminale di Alec. Inoltre se così fosse
si
spiegherebbe anche tutta l'ansia e la preoccupazione di Bane nei suoi
confronti. »
Il
generale sospirò stancamente, sforzandosi di trovare
un'opzione
migliore di quella ma fallendo miseramente nell'intento.
Solo
dopo alcuni minuti di analisi della situazione, si decise a parlare.
«
Sembrerebbe quadrare tutto alla perfezione. A questo punto, figliolo,
non ci resta che scoprire se hai ragione. »
Alec
si svegliò all'improvviso, i raggi del sole che gli
sfioravano il
viso in una tenera carezza, costringendolo a stropicciarsi gli occhi.
Si
sentiva decisamente spossato e stordito, motivo per cui non
riuscì a
mettere immediatamente a fuoco l'ambiente in cui si trovava.
Quando
finalmente si rese conto di essere ancora in quello stesso letto
d'ospedale, un senso di nausea lo colpì in pieno.
Quindi
non era stato affatto un sogno.
I
ricordi del giorno precedente – presumeva lo fosse, sperava
davvero
di non aver dormito di più – lo travolsero,
lasciandolo senza
fiato.
Il
senso di torpore appena sveglio, quella pesantezza, sua sorella che
lo abbracciava, Magnus.
Già,
il suo Magnus.
Chissà
dove si trovava, chissà se era preoccupato per lui,
chissà se era
ancora vivo.
Tutta
la faccenda si era svolta così velocemente che non aveva
nemmeno
avuto il tempo materiale per poter riflettere su cosa stesse
effettivamente accadendo.
Si
passò una mano tra gli scomposti capelli corvini, come se
quel
semplice gesto avesse potuto in qualche modo scacciare via la
stanchezza e il senso di inquietudine che gli avvolgeva lo stomaco in
una stretta poco piacevole.
Devo
vederlo.
Guardandosi
intorno come una spia, cercò immediatamente quello che
poteva
definirsi un armadietto, in modo tale da poter recuperare dei vestiti
puliti da indossare per uscire senza dare troppo nell'occhio.
Dubitava
infatti che non avrebbero sospettato nulla nel vederlo gironzolare
per l'ospedale con un pigiamino sbiadito addosso. E l'ultima cosa di
cui aveva bisogno era essere riacciuffato da qualche medico armato di
ago.
Si
alzò dal letto ignorando la vertigine che quel movimento gli
aveva
provocato, avvertendo immediatamente il freddo pungente delle
mattonelle bianche penetrargli nelle ossa.
Rabbrividì,
senza tuttavia ritirarli indietro, anzi.
Si
costrinse a sgranchire un po' le gambe, avanzando con passi malfermi
verso il piccolo sportello, che tirò verso di sé
con un leggero
strattone.
Vide
da una parte dei vestiti appallottolati e sporchi di sangue: dovevano
essere gli stessi indumenti che indossava quando era stato braccato
da quei tizi.
Subito
il volto di Braxton gli comparve davanti agli occhi, facendogli
storcere appena il naso in una smorfia.
Avrebbe
avuto sicuramente la sua vendetta e sperava che fosse una delle
più
atroci possibili.
Non
solo aveva avuto il coraggio di stare con il suo Magnus, ma aveva
addirittura osato sparargli con l'intenzione di ucciderlo.
Aveva
impresso nella mente ogni singolo viso partecipante a quella
rimpatriata di gang mafiose e non se ne sarebbe fatto scappare
nemmeno uno.
Scrollando
la testa spostò lo sguardo dalla parte opposta, notando un
jeans e
una normale maglia a maniche lunghe.
Quella
roba sicuramente non era sua – probabilmente era di Jace
– ma
andava assolutamente benissimo. Pur di riuscire ad uscire da
lì
sarebbe stato capace pure di infilarsi i vestiti sporchi di sangue.
Prendendo
il tutto e richiudendo poi l'armadietto, buttò i suoi
vestiti sul
letto, cambiandosi.
In
altre circostanze sarebbe stato quantomai infastidito dal fatto di
doversi cambiare senza nemmeno darsi una rinfrescata, ma non gli
pareva affatto il caso di soffermarsi su una cosa del genere.
Aprì
lentamente la porta, sporgendosi con circospezione nel corridoio.
Appurato
poi che nei paraggi non c'era nessuno, la richiuse, rientrando nella
stanza.
Doveva
assolutamente far sembrare che stesse ancora dormendo in quel letto,
mettendoci un qualcosa che potesse in qualche modo ricordare la
sagoma del suo corpo. Si sentiva stupido per l'idea che gli stava
passando per la mente, anche se poteva essere un valido espediente
per guadagnare un po' di tempo.
Si
affrettò a prendere due cuscini ma, prima che potesse
posizionarli
come aveva pianificato, la porta si aprì all'improvviso,
facendogli
lanciare in aria ciò che aveva in mano per lo spavento.
Alec
si ritrovò di fronte tre figure estremamente famigliari che
lo
guardavano allibite.
Maledizione.
La
sua famiglia al completo doveva decidere di entrare proprio in quel
momento? Studiò l'espressione sconcertata e scioccata
stampata sui
loro volti - se ne stavano sulla soglia della stanza a guardarlo in
maniera truce, con le braccia incrociate - cercando di farsi venire
in mente una scusa plausibile.
Peccato
che la mente ancora parzialmente annebbiata dagli antidolorifici non
aiutasse affatto la sua già scarsa propensione ad inventare
balle.
«
Sta-stavo
andando a fare due passi, tanto per sgranchirmi un po' le gambe. »
balbettò,
cercando senza alcun successo di mostrarsi sicuro di quanto stava
dicendo.
Sua
sorella gli lanciò una delle sue migliori occhiatacce,
mentre Jace
si sforzava visibilmente di trattenere le risate.
«
Completamente
vestito? »
gli
chiese Izzy, con un tono che grondava sarcasmo. Alec imprecò
mentalmente, continuando però a mantenere l'espressione
più
angelica a sua disposizione.
«
Certo,
sai quanto ci tengo a mostrarmi al meglio. L'ospedale non fa mica
eccezione. »
replicò
poi, consapevole che non avrebbe convinto proprio nessuno con una
simile uscita.
Isabelle
lo guardò come se fosse pazzo, voltandosi verso Robert e
Jace.
«
Crede
davvero che potremmo berci una cosa del genere? »
domandò
loro, con un'incredulità che traspariva da ogni singola
parola.
Alec
osservò perplesso suo fratello mentre si avvicinava a lui
con aria
circospetta, per poi sventolargli una mano davanti al viso.
«
Che
cosa ti sembra questa? »
gli
chiese, con le sopracciglia corrucciate per la concentrazione.
Il
moro lo scansò malamente, domandandosi dove accidenti
volesse andare
a parare; con Jace ci si poteva sempre aspettare di tutto.
«
Ma
che diavolo ti prende? Toglimi quella manaccia dalla faccia! »
esclamò,
senza curarsi minimamente di mascherare il suo fastidio.
Doveva
correre a cercare Magnus, assicurarsi che stesse bene: non aveva
tempo da perdere con simili scemenze.
«
Oh,
grazie a Raziel. Per un attimo ho temuto che fossi vittima di una
qualche allucinazione. »
ribatté
l'altro, portandosi una mano sul petto e assumendo una posa a dir
poco melodrammatica.
La
luce maliziosa nel suo sguardo e il tremolio all'angolo delle labbra
fecero intuire al moro che, come al solito, Jace si stava divertendo
un mondo a prenderlo in giro.
Maledetto
biondino.
«
Jace!
»
lo
richiamò bonariamente suo padre, anche lui però
divertito da quello
scambio.
Wow,
non pensava che per loro il fatto che potesse prestare la minima
attenzione al suo vestiario fosse così comico.
Ma
chi voleva prendere in giro?
Sarebbe
stato più credibile dire che voleva andare a visitare Marte.
Oh,
al diavolo.
«
Adesso
basta, togliti Jace. »
esclamò
seccamente, facendo cenno di spostarsi.
Una
fitta di dolore al petto lo fece quasi piegare in due, tuttavia si
sforzò di ignorarla, concentrandosi sui problemi
più urgenti.
Doveva
liberarsi di quei tre e trovare Magnus al più presto.
«
Alec,
ma che fai? Stenditi immediatamente, sei ancora convalescente! »
gli
sbraitò contro Isabelle, piazzandosi davanti a lui con un
cipiglio
truce e le mani sui fianchi a mo' di maestrina.
«
Spostati
Izzy, devo uscire da qui. »
le
rispose semplicemente, cercando di aggirarla.
Peccato
però che sua sorella non accennasse minimamente a farsi da
parte.
Anzi,
considerando la determinazione nel suo sguardo, sembrava pronta a
spingerlo giù con la forza da un momento all'altro.
«
Alec,
non te lo chiederò con le buone un'altra volta: sdraiati, adesso.
»
affermò
difatti la ragazza, mentre anche suo padre e suo fratello si
avvicinavano a loro due.
Dannazione,
non posso farmi incastrare così, devo trovare Magnus.
Scattò
in avanti diretto verso la porta, intenzionato ad uscire da
lì e a
trovarlo il prima possibile.
Fatti
appena pochi passi però fu braccato dai suoi fratelli, che
lo
trascinarono indietro costringendolo a sedersi nuovamente sul letto.
«
Lasciatemi andare! Voi non capite, devo andare da lui! »
Izzy
e Jace si scambiarono un'occhiata carica di significati, quasi
stessero cercando di comunicare con la sola forza del pensiero.
In
altre circostanze Alec sarebbe stato curioso di sapere cosa stessero
tramando, ma in quel momento non gliene importava minimamente.
«
Se è a Bane che ti riferisci puoi stare tranquillo che lo
troverai
anche dopo esserti rimesso: difficilmente potrebbe riuscire a
lasciare la base. Anche se in effetti ci ha provato. »
esordì poi
il biondo, rivolgendogli uno sguardo penetrante.
Alec
impiegò alcuni istanti per registrare appieno le parole del
ragazzo,
completamente esterrefatto dalla bomba che suo fratello gli aveva
appena sganciato addosso con il massimo della naturalezza.
«
Avete arrestato Magnus? » gridò loro contro, senza
sforzarsi
minimamente di mascherare l'accusa nella sua voce.
Jace
alzò le mani, come a volersi difendere da un possibile
attacco da
parte del fratello. « Ah, è così che si
chiama? Beh, non abbiamo avuto molta scelta. Nel caso ti fosse
sfuggito, quel tizio è l'intermediario di un giro di
traffico d'armi
abbastanza rilevante. » replicò poi, guardando suo
padre in cerca
di sostegno.
L'uomo
annuì seccamente, spostando lo sguardo su Alec.
Considerando
la reazione di Alexander, si disse, la teoria di
Jace sembra
sempre più plausibile.
«
Figliolo, che ne dici di spiegarci una volta per tutte cos'è
questa
storia? Che ci faceva quel criminale a casa tua? »
domandò
cautamente il generale, ansioso di arrivare alla fine di quella
faccenda.
Il
ragazzo lo fulminò con lo sguardo.
«
Magnus non è un criminale! E prima di dirvi come stanno le
cose lo
voglio vedere, voglio assicurarmi che stia bene. »
replicò poi,
mentre una scintilla di ferrea determinazione si accendeva nei suoi
occhi.
Robert
restò a bocca aperta per alcuni istanti, prima di scoppiare
a ridere
fragorosamente.
Alec
fissò allibito suo padre piegato in due dalle risate, come
gli era
capitato ben poche volte di vederlo, chiedendosi che accidenti ci
fosse di così comico in quello che aveva appena detto.
«
“ Non vi dirò niente finché
non mi direte se Alexander sta
bene”, “ Non vi racconterò niente
finché non me lo farete
vedere”. Dico io, ma vi siete per caso messi
d'accordo per
farmi uscire di testa? » domandò retoricamente
l'uomo scimmiottando
le voci dei due ragazzi, non appena si fu ripreso abbastanza da
parlare.
Alec
restò senza fiato, invaso da un'inspiegabile sensazione di
calore:
Magnus aveva davvero detto una cosa del genere? Si era preoccupato
per lui?
«
Magnus ha chiesto di me? » ripeté, giusto per
assicurarsi di aver
capito bene.
Suo
padre lo guardò con divertimento misto ad un profondo
affetto.
«
Scherzi vero? Non ha fatto altro. Sta facendo
uscire pazzi
tutti i miei uomini a furia di sbraitare e gridare. Sono pronto a
scommettere che se pronuncerà anche solo un'altra volta il
tuo nome,
o ci sarà un suicidio di massa per esasperazione, o qualcuno
lo
imbavaglierà una volta per tutte. » gli rispose
poi, con un sorriso
appena accennato.
Alec
si portò una mano al petto, nel vano tentativo di rallentare
i
battiti accelerati del suo cuore.
«
Credo che l'opzione del suicidio di massa sia la più
probabile; non
permetterebbe mai a nessuno di imbavagliarlo, non con il
caratteraccio che si ritrova. » esclamò poi,
facendo il possibile
per non assumere un'espressione ebete.
«
Quel poveretto di Caleb sarebbe d'accordo con te. »
ribatté
prontamente Robert, con un ghigno ironico stampato in viso.
Alec
aggrottò le sopracciglia, confuso da quell'affermazione.
Che
c'entrava adesso Caleb?
C'era
stato qualche scontro tra lui e Magnus?
Per
un attimo ebbe una chiara visione di Magnus che tirava una sedia in
testa all'altro; ne sarebbe stato più che capace.
Il
generale, percependo la perplessità del figlio, si
affrettò a
spiegare.
«
Il tuo.. amico, ha tentato la fuga. Caleb
è riuscito a
placcarlo prima che potesse mettere piede fuori dalla base, e lui in
tutta la risposta lo ha morso. »
Alec
sbatté le palpebre, completamente esterrefatto.
Che
suo padre lo stesse prendendo in giro?
No,
era impossibile.
Il
suo tono era troppo indignato per far pensare ad uno scherzo.
«
Lo ha morso? Seriamente? » ribadì, indeciso tra
l'essere sorpreso e
lo scoppiare a ridere per quell'ulteriore manifestazione di
testardaggine.
«
Ed è stato anche un signor morso, considerando che hanno
dovuto
mettergli dei punti. Fossi in te starei attento con lui nei paraggi,
o perlomeno gli metterei una museruola. » intervenne Jace,
ridacchiando.
Alec
gli scoccò un'occhiataccia, anche se non poté
certo replicare, non
tenendo conto di quanto Magnus aveva fatto.
Povero
Caleb.
Si
ripromise che appena gli fosse capitata l'occasione avrebbe fatto in
modo che il ragazzo si scusasse con lui.
Era
il minimo che potesse fare.
«
Qualcuno gli ha fatto sapere che sono vivo, vero? »
domandò ad un
tratto, colpito da quell'improvviso pensiero.
Suo
padre aveva detto che Magnus continuava a chiedere di lui, ma non gli
aveva mai detto di avergli dato una qualche risposta.
Conoscendo
il modo di ragionare di Magnus, doveva aver passato gli ultimi giorni
ad incolparsi di quanto gli era successo, così come aveva
fatto dopo
la morte di sua madre.
Quel
pensiero gli diede la nausea: non voleva neanche figurarsi cosa
poteva essergli passato per la mente.
«
No, non sapevamo nemmeno se fosse implicato in quello che ti
è
successo. Nessuno aveva voglia di essere accomodante con lui.
» gli
rispose suo padre, con una punta di dispiacere a venargli la voce.
Alec
fece appello a tutto il suo autocontrollo per non inveire contro
nessuno di loro.
Dopotutto,
in qualità di soldato, avrebbe fatto anche lui la stessa
identica
cosa.
Lui
conosceva Magnus, ma per suo padre e i suoi fratelli non era che un
qualsiasi criminale: era naturale che avessero sospettato di lui e
non si fossero premurati di trattarlo con i guanti. «
Capisco. Ti dispiace
fare in modo che sappia che sto bene? Non voglio che si preoccupi
più
di quanto di certo ha fatto fin'ora. » affermò
poi, sospirando
pesantemente.
Robert
annuì, tirando fuori il cellulare dalla tasca ed
armeggiandovi per
un paio di minuti; doveva aver mandato un messaggio alla base per far
sì che qualcuno facesse quanto gli era stato richiesto.
Alec
si rilassò notevolmente, contento di non doversi preoccupare
per
l'incolumità di Magnus né fisica, né
tanto meno mentale.
Stava
per iniziare a raccontare alla sua famiglia ogni cosa – era
ben
consapevole che non gli avrebbero concesso di spostarsi di un
millimetro prima di sapere ogni dettaglio, motivo per cui era inutile
tergiversare –, quando sua sorella ruppe il silenzio che si
era
momentaneamente andato a creare nella stanza, con un'esclamazione di
sorpresa.
Il
moro la guardò confuso, chiedendosi che accidenti le stesse
passando
per la testa.
Per
tutto l'arco della discussione avuta con Jace e suo padre circa
l'arresto e le condizioni di Magnus si era completamente estraniata,
tanto da fargli quasi dimenticare la sua presenza, e adesso se ne
usciva così?
«
Izzy, che cosa... » provò a chiederle, per essere
però interrotto
ad appena metà della frase.
«
Finalmente sono riuscita a collegare ogni cosa! Quando poco fai hai
pronunciato il nome di Bane mi è suonato terribilmente
familiare.
All'inizio non capivo come mai, ma adesso ci sono: è quel
Magnus
Bane, vero? Quello che veniva al liceo con noi ma che poi, senza
motivo, si è ritirato da scuola. »
esclamò difatti la ragazza,
sbattendo le mani.
Il
generale sollevò le sopracciglia fino all'attaccatura della
fronte,
guardando il suo primogenito come in attesa di una smentita.
«
Intendi quello che si mormorava fosse finito in qualche brutto giro?
Stiamo parlando di lui? » si intromise Jace, fissando anche
lui il
fratello in attesa della sua risposta.
Avrebbe
dovuto immaginarlo.
I
suoi fratelli erano troppo svegli per non mettere insieme i pezzi.
«
Sì, proprio lui. E, a quanto pare, le voci erano vere. Anche
se non
è stata colpa di Magnus, lui non voleva restare davvero
invischiato
con certa gente. » replicò infine, alternando lo
sguardo dall'uno
all'altro.
Isabelle
sorrise dolcemente, sedendosi accanto a lui.
«
Beh, se non altro
capisco perché
ti sei fatto trascinare nei guai in questo modo. Faresti qualsiasi
cosa per salvarlo, vero? E non cercare di negare: hai sempre provato
qualcosa per lui, lo so. »
gli disse
poi, scostandogli
una ciocca di capelli corvini dal viso.
Alec
boccheggiò, cercando disperatamente di non arrossire come un
ragazzino alla sua prima cotta, ma fallendo miseramente.
«
Che cosa?! Ecco
perché eri così
depresso quando se ne è andato! »
esclamò
suo fratello, con
il tono di chi ha appena fatto la scoperta del secolo.
Il
moro tentò di elaborare una replica degna di questo nome, ma
riuscì
soltanto a balbettare delle frasi sconnesse e senza senso.
Accidenti
a loro.
Perché
gli erano toccati come fratelli i due individui meno dotati di tatto
al mondo?
Robert,
che fino a quel momento aveva assistito con estrema attenzione al
dibattito, gli rivolse un sorrisetto divertito.
«
A quanto pare ho
davvero un nuovo
genero! Certo, avrei preferito che fosse un dottore o un avvocato,
però almeno è... come dite voi giovani? Ah,
sì: un
gran figo.
»
annunciò
subito dopo,
assumendo un'espressione allusiva.
Se
possibile Alec arrossì ancora di più,
completamente sconvolto da
quell'uscita. Sentire suo padre che dava del "gran figo" a
Magnus era un'esperienza per cui non era pronto, e probabilmente non
lo sarebbe mai stato.
Era
felice che non gli avesse fatto alcun tipo di problema accettando
così facilmente la cosa, ma quello era davvero troppo.
«
Ti quoto
papà! E tu non fare
quella faccia, poteva andarti peggio. Poteva anche chiederti se sei
andato a letto con lui. »
aggiunse
sua sorella con
nonchalance, tanto per fargli rischiare un arresto cardiaco per via
dell'imbarazzo.
Come
le veniva in mente?
Non
che non lo avesse fatto davvero, ma insomma, le sembrava il caso di
uscirsene in quel modo?
«
Tu.. come.. Isabelle! »
esclamò
infine, rinunciando
a formulare una frase coerente.
La
ragazza sventolò un mano con grazia, a voler allontanare con
un
cenno le sue proteste.
«
Tranquillo fratellone,
la tua
reazione basta come risposta. Almeno per adesso. » riprese
poi, come
se nulla fosse.
Grandioso.
Conoscendo
sua sorella quella era una vera e propria promessa di un futuro
interrogatorio.
Sospirò
profondamente, cercando di rientrare in possesso del suo
autocontrollo. Qualcosa gli diceva che gli sarebbe servito presto.
Dubitava
che avrebbero continuato a girare intorno alla questione ancora per
molto; avrebbe dovuto comunque raccontare loro tutto quello che era
successo.
«
Ci sarà
tempo per indagare sui
risvolti sentimentali. Ora, figliolo che ne dici di metterci al
corrente di tutto il resto? »
esordì
il generale,
cercando di riportare le cose all'ordine e dando voce ai pensieri dei
presenti.
Appunto. Oramai tanto valeva vuotare
il sacco. Fino a quel momento si era rifiutato di coinvolgere suo padre
e i
suoi fratelli perché voleva evitare che Magnus potesse
essere
arrestato o incolpato di qualcosa, ma considerando che il ragazzo era
stato comunque sbattuto dietro le sbarre, non aveva più
nessun
motivo per nascondere loro la verità.
Senza
contare poi, che con l'esercito dalla loro sarebbe stato di gran
lunga molto più semplice risolvere quella faccenda una volta
per
tutte.
La
sua unica preoccupazione era per le sorti di Magnus, ma era convinto
che, una volta ascoltata tutta la storia, suo padre sarebbe stato
più
che disposto a mettere una buona parola per lui, facendo sì
che non
venisse accusato di niente.
A
quel punto non aveva più scuse.
Prese
un respiro profondo, poi iniziò a parlare.
Hello!
<3
Allooora!
Innanzitutto vi informiamo che abbiamo deciso – per via di
alcuni
problemi >_< - di cambiare il giorno di pubblicazione,
spostandola al venerdì. Scusateci, ma siamo
troppo impicciate(?) di giovedì xD
Ma
torniamo a noi xD dunque, questo – come avete potuto notare
– è
un capitolo di passaggio, motivo per cui è leggermente
più corto
del normale. Ma vi promettiamo belle cose(?) nel prossimo capitolo
U.U
Ora
che la famiglia Lightwood sa tutto, tadadadaaaan, ci saranno parecchi
risvolti!
Non
vogliamo annoiarvi più del dovuto, perciò vi
ringraziamo come
sempre per seguire e recensire la storia! Vi amiamo a T U T T @
<3
Per chi avesse intenzione di iscriversi, vi lasciamo il link del
gruppo facebook,
basta cliccare qui -----> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/?fref=ts
Vi
mandiamo un grosso bacio, alla prossima settimana!
Bye!<3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Capitolo #14 ***
- Capitolo
#14
- Alec
scese lentamente dalla macchina, guardandosi intorno con un profondo
sospiro: quel posto gli era mancato più di quanto credesse.
- Le
spesse mura che circondavano la zona e il reticolato di filo spinato
erano per lui stranamente rassicuranti, gli davano un senso di
familiarità.
- Per
chiunque altro una cosa del genere sarebbe stata strana, ma non per
lui: era cresciuto lì tra fatica e sudore, con i suoi amici
e
compagni d'arma.
- Suo
padre, dopo aver fatto il giro dal lato del guidatore, gli rivolse un
sorriso carico d'affetto, quasi stesse intuendo cosa gli passava per
la mente.
- «
Bentornato,
figliolo. »
esordì
poi, dandogli una leggera pacca sulla spalla.
- Alec
gli sorrise a sua volta, avviandosi poi verso l'ingresso della base.
- Vide
da lontano un gruppo di soldati, probabilmente nuove reclute, correre
nel campo poco distante con uno zaino da svariati chili sulle spalle
e un superiore che gridava loro contro qualcosa che suonava come
"Accelerate
femminucce, mia nonna corre più veloce".
- Il
moro ridacchiò, pensando a quando era stato anche lui in
quella
stessa situazione, con la sola differenza che essendo il figlio del
generale si aspettavano tutti il massimo da lui.
- Bei
vecchi tempi.
- Allora
aveva odiato tutta quella pressione, tutti quegli sforzi, ma col
senno di poi poteva dire che ogni istante gli era stato necessario
per diventare chi era.
- Forza,
determinazione, disciplina, sacrificio: niente meglio dell'esercito
era in grado di insegnare simili valori.
- «
Vieni
Alexander, i tuoi fratelli ci staranno aspettando. »
affermò
Robert, spingendo sbrigativamente la porta d'ingresso.
- Alec
si affrettò a seguirlo e fu subito catapultato nel brusio e
nella
confusione che da sempre caratterizzavano quel luogo.
- I
corridoi erano pieni di soldati che passavano da una stanza
all'altra, dalla sala di addestramento a quella di comando, che
disponevano e ricevano ordini circa i più diversi casi.
- Molti
di loro vedendoli entrare si fermarono il tempo necessario per
salutare il generale e fare un cenno ad Alec, procedendo poi di gran
carriera con i loro compiti.
- Dopo
una serie di scale e svolte giunsero nell'ufficio di Robert, dove
Jace e Isabelle erano già seduti in attesa.
- Erano
passati diversi giorni dal suo risveglio in ospedale - tempo che
aveva trascorso a letto a riprendersi completamente - ed era giunto
il momento in cui avrebbe rivisto Magnus.
- Suo
padre e i suoi fratelli erano difatti intenzionati a parlare
personalmente con lui, ottenendo tutte le informazioni necessarie per
fermare Dixon e Headley, e sapevano che difficilmente sarebbero
riusciti nel loro intento se lui non fosse stato presente.
- E
in ogni caso non avrebbero potuto certo trattenerlo neanche un giorno
di più dal catapultarsi dal suo ragazzo.
- Sapeva
che stava bene e che nessuno gli aveva torto nemmeno un singolo
capello - il che considerando gli uomini di suo padre era
già una
conquista -, ma voleva comunque accertarsi di persona delle sue
condizioni.
- Moriva
dalla voglia di vederlo e di farlo finalmente uscire da quella
maledetta cella in cui lo avevano rinchiuso.
- Aveva
pregato suo padre di fare in modo che Magnus lo raggiungesse in
ospedale, ma aveva ricevuto solo un secco rifiuto.
- Secondo
il generale era necessario - se voleva che Magnus venisse scagionato
da ogni accusa - che per prima cosa lo si convincesse a collaborare.
- Sebbene
quella decisione non gli fosse particolarmente piaciuta, non aveva
potuto obbiettare.
- «
Scusi
il ritardo, signore. »
- Alec
si voltò di scatto verso la porta dell'ufficio, trovandosi
di fronte
Caleb e Shane.
- Quest'ultimo
appena lo vide gli andò incontro con un gran sorriso,
stritolandolo
in un abbraccio spacca ossa.
- Alec
si lasciò completamente andare nella stretta del ragazzo,
sentendosi
a casa nelle sue braccia.
- Conosceva
Shane da quando aveva memoria, e lo aveva sempre considerato come un
porto sicuro, un alleato, il suo migliore amico.
- Per
un certo periodo alcuni anni prima erano stati insieme, cercando di
capire se il legame che li univa poteva andare oltre l'amicizia.
- Alla
fine però avevano deciso di comune accordo di tornare al
loro
vecchio rapporto: nonostante il profondo affetto che provavano l'uno
per l'altro, entrambi avevano dovuto riconoscere che non poteva
esserci altro: mancava la scintilla tipica dell'amore.
- «
Sono
felice di vederti di nuovo in piedi, Alec. Non farmi più uno
scherzetto del genere. »
gli
bisbigliò il biondo, prima di separarsi da lui.
- Alec
gli poggiò una mano sulla spalla, sorridendogli.
- Jace
gli aveva detto di tutti i suoi sforzi per aver arrivare al colpevole
della sua aggressione e della sua preoccupazione per lui; era bello
sapere che Shane aveva fatto quello che anche lui avrebbe fatto a
ruoli inversi.
- «
Farò
del mio meglio. »
replicò
poi, dandogli una leggera spintarella giocosa.
- Il
biondo ridacchiò, alzando gli occhi al cielo divertito.
- Il
generale, che fino a quel momento aveva osservato la scena con il
sorriso sulle labbra, si decise a riportare tutti nei ranghi,
tornando al vero motivo per cui erano lì.
- «
Caleb,
Shane, potete andare a prendere Bene? Portatelo qui, è
giunto il
momento di interrogarlo una volta per tutte. Ma mi raccomando, siate
gentili con lui. » esordì,
ottenendo subito l'attenzione di tutti i presenti.
- Entrambi
annuirono brevemente, rivolgendo però un'occhiata perplessa
al loro
superiore.
- «
Signore?
Non è più sospettato? »
domandò
cautamente Caleb, facendo scorrere lo sguardo sui tre Lightwood.
- Isabelle
sfoggiò un ghigno malizioso, mentre Jace cercò
senza troppo
successo di coprire con un colpo di tosse una risatina sarcastica.
- «
No,
niente affatto. Ci siamo completamente sbagliati sul suo conto. »
spiegò
Robert, guardando anche lui suo figlio con aria divertita.
- Shane
seguì lo sguardo del generale, rivolgendo ad Alec
un'occhiata
interrogativa.
- «
Non
è stato lui a spararti? È davvero innocente come
dice? »
gli
chiese poi, aggrottando appena le sopracciglia.
- Sebbene
lo desse ben poco e vedere, il moro lo conosceva abbastanza da sapere
che quel cambio di piano lo aveva spiazzato.
- «
No,
lui non c'entra niente. Mags non mi farebbe mai del male. »
esclamò
poi, consapevole che l'altro sarebbe stato ancora più
confuso da
quella sua affermazione.
- «
Mags?
Ma se non c'entra niente come dici, che ci faceva a casa tua? »
ribatté
immediatamente Shane, guardandosi intorno alla ricerca di aiuto.
- Jace
fece un passo in avanti, dandogli un paio di pacche sulla schiena
come incoraggiamento.
- «
Anche
noi all'inizio eravamo un po' perplessi prima di sentire la storia
del nostro bel addormentato. In sintesi, possiamo dire che quello che
avete sbattuto in cella è il nuovo ragazzo di Alec. »
annunciò
poi, con una scintilla maliziosa nello sguardo.
- Entrambi
i fratelli si voltarono e bocca spalancata verso il ragazzo,
guardandolo ad occhi sgranati.
- «
Seriamente?
Alec sei sicuro di quello che fai? Non sarà il responsabile
di
quello che ti è successo, ma è pur sempre un
criminale. »
disse
poi Shane, con un tono incredulo e preoccupato al tempo stesso.
- Detta
da chiunque altro una cosa del genere lo avrebbe senz'altro
infastidito, ma sapeva che il ragazzo era solo in pensiero per lui e
voleva assicurarsi che non gli succedesse niente.
- Non
conosceva Magnus se non per come si era mostrato durante
l'interrogatorio, e non aveva idea di tutta la storia che c'era
dietro quella vicenda; era naturale che la vedesse cosi.
- «
Capisco
che non ti fidi di lui, ma credimi, Magnus è una brava
persona. Non
voleva entrare davvero in un giro del genere, non è un
criminale.
Senza contare poi che credo che tenga veramente a me: non mi
metterebbe mai in pericolo di proposito, anzi, ha sempre cercato di
proteggermi. »
gli
rispose, sperando che quello bastasse a convincere quella testa dura
del suo migliore amico.
- Quanto
a testardaggine tra lui e Magnus era davvero una bella lotta.
- Shane
accennò un minuscolo sorriso.
- «
Okay,
se lo dici tu ci credo. Ma sarà meglio per lui che si
comporti come
si deve, o potrei essere costretto a prenderlo a calci in culo. »
borbottò
poi, incrociando le braccia al petto.
- Alec
scoppiò a ridere, sollevato dalla sua uscita.
- Per
gli standard di Shane quella era una vera e propria benedizione.
- «
Tranquillo,
nel caso ce ne fosse bisogno io e Izzy ti daremmo volentieri una
mano. » intervenne Jace, dando sfoggio al suo tipico sarcasmo
«
Ora, che ne dici di andarlo a recuperare? Non so voi, ma io sono
curioso di conoscere il tizio capace di far perdere la testa a mio
fratello. »
- Con
le mani strette intorno a quegli ormai familiari tubi di metallo,
Magnus sospirò per la milionesima volta nell'arco di una
settimana.
- Col
cuore in tumulto e l'anima tormentata, lanciò un breve
sguardo al
muro aldilà le sbarre, cercando – inutilmente
– un qualcosa che
potesse distrarlo da quell'ammasso ingarbugliato di pensieri che gli
ronzavano nella mente.
- Scivolò
leggermente con una mano verso il basso, avvertendo immediatamente il
freddo di quella superficie liscia a contatto con la pelle delicata
delle dita, e storcendo appena il naso per lo stridio provocato
dall'anello che portava sempre sul medio.
- Da
quanto ne aveva memoria lo aveva sempre posseduto, e lo aveva
custodito gelosamente come se fosse la cosa più importante
della sua
vita, poiché unico regalo che i suoi genitori gli avevano
fatto
quando ancora potevano definirsi una famiglia.
- Ma
ora, nel guardare quel semplice cerchio di plastica dal colore
anonimo, una stizza che non credeva appartenergli montò in
lui
veloce come una saetta.
- Come
poteva tenere così tanto ad un oggetto regalatogli da coloro
che non
avevano fatto altro che rovinargli la vita?
- Scosse
la testa, poggiando poi la fronte sul metallo e lasciando alcuni
ciuffi ad ombrargli leggermente gli occhi che sembravano aver perso
definitivamente la propria luce.
- Aveva
pensato in passato che non li avrebbe più visti
così vivaci e
brillanti come quando era ancora solo un bambino, ma era stato
costretto a ricredersi quando un timido ragazzo dai capelli corvini
costantemente in disordine, e gli occhi blu limpidi come il mare, era
entrato a far parte della sua disastrata vita.
- L'aveva
visto per la prima volta appoggiato ad un armadietto con un libricino
in una mano, mentre ascoltava quasi assente suo fratello che parlava
di un qualcosa che sicuramente non gli interessava.
- E
si era reso conto in quel momento che quasi certamente non avrebbe
mai fatto notare al biondo quanto poco appunto volesse ascoltarlo,
poiché abituato a stare sulle sue senza voler ferire la
gente, al
contrario dell'altro che sapeva non si sarebbe mai fatto scrupoli.
- La
sua fama lo precedeva e Magnus ben sapeva con che cosa aveva a che
fare quel ragazzo: con qualcuno con un ego talmente smisurato da
farti credere di essere una nullità in suo confronto.
- Tuttavia,
Magnus era certo che se
Jace era oro, che catturava luce e attenzione, Alec era argento:
così
abituato al fatto che tutti guardassero l’altro,
così abituato a
vivere nella sua ombra da non aspettarsi di essere notato. Forse
bastava essere la prima persona a dirgli che meritava di essere
notato per primo in una stanza, e osservato più a lungo.
L’argento,
poi, sebbene in pochi lo sapessero, era un metallo più raro
dell’oro.
- Da
quel momento il mondo aveva assunto nuove e diverse sfumature per
lui, perché aveva compreso qualcosa che era sfuggito a
molti, forse
a troppi.
- Anche
se purtroppo non aveva avuto modo di godersi poi quella meravigliosa
scoperta, cadendo nella depressione più totale e negli
abissi più
profondi del suo subconscio.
- Si
era così ritrovato da solo a combattere la sua guerra
interiore, non
volendo che qualcuno abbattesse quel muro che aveva costruito per non
far fuoriuscire i suoi demoni.
- Si
era ritrovato a vagare senza avere nemmeno una meta, senza aver
più
forze, solo con la disperazione dipinta negli occhi e le labbra
sigillate in una tacita richiesta di aiuto.
- Forse
perché troppo disperato, non si era reso conto che in
realtà tutto
ciò poteva essere affrontato e che il suo bel occhi blu
l'avrebbe
aiutato. O forse perché effettivamente non era in grado di
ammettere
nemmeno a se stesso di avere seriamente bisogno di qualcuno che gli
porgesse la mano per tirarlo su da quello schifo che era diventata la
sua vita in poco tempo.
- Non
sapeva spiegarselo più oramai, ma aveva costruito una
certezza che
si era solidificata con il passare del giorni, quando aveva
rincontrato il suo cavaliere nel modo più assurdo possibile:
non
era troppo tardi.
- E
sebbene all'inizio non volesse credere al fatto che per uno come lui
c'era ancora speranza, che c'era ancora un motivo valido per non
gettare completamente via la sua vita, ogni dubbio si era sciolto
come neve al sole nell'esatto momento in cui si era reso conto di
essersi perdutamente innamorato di quello che poteva definirsi
l'unico grande amore della sua vita.
- E
quando quella certezza si era fatta strada, sempre più
vivida in
lui, ne aveva fatto manifesto nella sua mente, per non dimenticarsela
mai.
- Ma
proprio quando aveva creduto che finalmente le cose stessero andando
per il verso giusto, che la situazione si potesse rivoltare, ecco che
ancora una volta era stato capace di distruggere con le sue stesse
mani quella felicità tanto agognata.
- Con
forza mollò un pugno contro la sbarra, sentendola vibrare
impercettibilmente e avvertendo uno strano scricchiolio provenire
dalle ossa della sua mano.
- Subito
l'afferrò con l'altra, lanciando un imprecazione
più che colorita,
mentre si piegava su se stesso come se così facendo avesse
potuto
avvertire meno dolore.
- Per
anni non aveva fatto altro, traendo forza solo da se stesso, ma in
quel momento aveva seriamente bisogno del suo Alexander.
- Aveva
bisogno dei suoi occhi che tanto amava guardare, del sorriso
peccaminoso che sapeva rivolgergli e delle sua labbra che gli
trasmettevano ossigeno nel momento in cui lo sfioravano.
- L'unica
cosa che voleva in quel momento era vederlo, stringerlo tra le sue
braccia mentre gli sussurrava che non doveva avere paura, che era
lì
per lui.
- Strinse
gli occhi in una stretta dolorosa, come a volersi allontanare dalla
realtà crudele che lo circondava, che rideva di lui.
- Con
il suo egoismo l'aveva distrutto, aveva messo in pericolo la persona
che gli era più cara, e nulla gli avrebbe ora fatto
abbandonare
l'idea che un uomo come lui fosse indegno.
- Se
solo occhi blu fosse morto, lui..
- Uno
scatto della cella lo fece tornare immediatamente in posizione
eretta, mentre sgranava gli occhi per la sorpresa.
- Talmente
preso nel crogiolarsi nel suo dolore, non aveva nemmeno sentito
arrivare i suoi amichetti del cuore.
- Tuttavia,
c'era qualcosa di diverso nella loro postura e nel loro sguardo:
sembravano notevolmente più rilassati e tranquilli.
- L'unica
spiegazione possibile era che entrambi fossero bipolari.
- Insomma,
il giorno prima lo guardavano con un disprezzo tale da fargli credere
che lo volessero ammazzare, e ora nulla?
- Qualcosa
sicuramente non andava in quelle testoline bacate che si ritrovavano.
- «
Bane, seguici. »
gli ordinarono
più docilmente, afferrandolo per le spalle.
- Magnus
notò che non gli avevano messo le manette. Forse pensavano
che dopo
la sua fuga assai inconcludente, non avevano motivo di preoccuparsi.
- Non
che potesse biasimarli, era ormai certo anche lui che non avrebbe mai
avuto modo di scappare, erano in troppi per lui.
- «
Cos'è, è l'ora del tè? No
perché non credo di voler spettegolare
con voi, sapete? » esordì, trasudando da ogni
singola parola il
proprio sarcasmo, che in quei giorni non aveva fatto altro che
diventare più tagliente di quanto già non lo
fosse prima.
- Caleb
lanciò uno sguardo al fratello, che ricambiò
immediatamente, quasi
potessero leggersi nel pensiero.
- Questi
sono proprio matti.
- Sospirò,
lasciando che quei due lo trascinassero in una stanza, dove ad
accoglierlo c'era un uomo presumeva sulla cinquantina, con una
capigliatura corvina perfettamente composta e due occhi blu incupiti
dalle leggere rughe sotto di essi.
- Non
gli ci volle molto prima di capire chi era colui che gli si trovava
davanti: niente di meno che il generale dell'esercito Robert
Lightwood, nonché padre di Alec. Al suo fianco, una
bellissima
ragazza dai lunghi capelli corvini e un biondino dall'espressione
altezzosa, lo scrutavano con la massima attenzione.
- Considerando
la somiglianza sia nei lineamenti che nell'atteggiamento, era pronto
a scommettere che quelli fossero i fantomatici Isabelle e Jace, i
fratelli del suo occhi blu.
- A
quanto pareva si trovava di fronte alla famiglia Lightwood al
completo.
- Ottimo.
- «
Bene Bane, siamo giunti alla fine dei giochi. Che ne dici di dirci
ciò che vogliamo sapere? » gli
chiese, l'espressione seria dipinta in volto e la voce autoritaria
solo come un giusto leader era in grado di avere.
- Magnus
si stampò in volto un'aria di sufficienza, mentre lo
facevano sedere
su una seduta di fronte ad un lungo tavolo. Incrociò le
braccia al
petto, scrutando la figura del padre di Alec e trovandolo davvero
molto simile a suo figlio.
- Sebbene
trasmettesse molta più rigidità e
serietà, non poteva non notare
quanto quello sguardo fosse così simile a quello del
primogenito,
uno sguardo che trasmetteva sicurezza ma che al contempo lasciava
intravedere quella fragilità che li rendeva umani.
- «
Io non sono stato accontentato, quindi non vedo perché
dovrei
accontentare voi. » disse, dando sfoggio a tutta la
caparbietà di
cui era fornito senza indugio.
- Robert
cercò di trattenere un sorrisino per non tradirsi, non dopo
aver
ordinato al proprio figlio maggiore di nascondere la sua presenza per
capire un po' che tipo era il suo ragazzo.
- «
E sentiamo, cosa vorresti sapere? » gli chiese
accondiscendente,
incrociando le mani sotto al mento.
- Magnus
lo scrutò per bene: non sembrava voler avere un
atteggiamento
scontroso nei suoi confronti come si era inizialmente immaginato,
anzi, sembrava lo stesse semplicemente studiando.
- E
Magnus ricordava benissimo di non essere mai stato un
granché con
gli esami.
- Per
di più poi se il suo esaminatore era niente di meno che il
padre di
Alec.
- «
Alexander. Voglio sapere come sta, ho bisogno di vederlo. »
proferì,
cercando di essere il più serio possibile.
- In
quei giorni non aveva fatto altro che scervellarsi sulla tattica da
adottare per sapere come stesse Alec, se era uscito dal coma, se
stava bene, se non lo
voleva più vedere.
- L'ultima
opzione gli spezzò il cuore, ma sentiva dentro di
sé di non poter
proprio obbiettare una simile decisione: infondo era per colpa sua se
era andata a finire in quella maniera.
- «
Alexander.. lo chiami con il suo nome intero, quindi deduco che siate
abbastanza in confidenza. » disse l'uomo, assumendo un tono
inquisitorio e gustandosi la reazione del ragazzo.
- Tuttavia
Magnus non si scompose minimamente, intenzionato a non rispondere ad
alcuna domanda senza prima venire a conoscenza di quello che voleva
sapere.
- «
Voglio sapere come sta. » ribadì.
- L'uomo
stava per aggiungere qualcosa, ma venne interrotto da Jace.
- «
Non riuscirai a cavare un ragno dal buco, è testardo come un
mulo. »
esalò con un cipiglio, provocandolo palesemente mentre si
passava
una mano tra i riccioli dorati.
- Magnus
si alzò all'improvviso, battendo una mano sul tavolo.
- «
Sentite, sarei onoratissimo di far due chiacchiere con voi in altre
circostanze, ma mi dispiace informarvi che mi sono rotto i coglioni.
Sappiate che dalla mia bocca non uscirà nulla fin quando non
mi
farete vedere Alexander, mettetevelo bene in testa. »
cominciò a
sbraitare, fregandosene altamente di chi si trovava davanti.
- Okay
che forse avrebbe dovuto essere un po' più gentile per farsi
“graziare” dal padre di Alec, ma adesso ne aveva
davvero
abbastanza.
- Era
passata più di una settimana e nessuno si era premurato di
rispondere ad una delle sue mille mila domande, aveva accumulato
talmente tanto nervosismo e preoccupazione che era quasi scontato che
si ritrovasse ad esplodere come una bomba ad orologeria.
- Anzi,
fin troppo si era trattenuto per i suoi standard.
- «
Papà, direi che è abbastanza, non credi?
» chiese a quel punto
Isabelle, senza voler effettivamente ricevere una risposta.
- Robert
sorrise, annuendo soddisfatto.
- Quel
ragazzo sembrava davvero tenere a suo figlio, perciò non
aveva alcun
motivo per volergliene male o quant'altro.
- Magnus
aprì la bocca, pronto a dar sfogo a tutte le sue
preoccupazioni,
quando le parole gli morirono in gola.
- «
Dobbiamo seriamente lavorare sul tuo caratteraccio principessa.
»
- Magnus
raggelò sul posto, convinto di essere preda di
un'allucinazione.
- Quella
era la sua
voce.
- Si
voltò lentamente verso la fonte di quel suono, aspettandosi
di
trovare il nulla.
- Invece,
una figura emerse da dietro la libreria posta ad angolo nel fondo
della stanza, da dove sarebbe stato impossibile da individuare fino a
quel momento.
- Dopo
più di una settimana passata a sperare di poterlo vedere,
finalmente
eccolo, a pochi metri di distanza da lui.
- Alexander.
- Fece
scorrere lo sguardo dai capelli neri del ragazzo, al ghigno ironico
stampato sul suo viso, ai suoi occhi.
- I
suoi occhi.
- Era
a malapena cosciente del fatto che tutti i presenti stessero
assistendo alla scena, in particolar modo Shane, che sembrava
studiarlo con un interesse quasi clinico; tutto quello che riusciva a
pensare era che Alexander era lì davanti a lui, vivo.
- «
Cos'è quella faccia? Non dirmi che ti sono mancato.
» riprese il
moro, facendo un ulteriore passo in avanti e sorridendogli con
dolcezza.
- Quel
gesto riuscì ad infrangere lo shock in cui era caduto,
riportandolo
con i piedi per terra.
- Scattò
in avanti, correndo verso Alec e gettandosi tra le sue braccia.
- Affondò
il volto nel sul petto, mentre il ragazzo lo stringeva a sé,
tanto
da far svanire ogni confine che distingueva l'uno dall'altro.
- Magnus
si beò di quella sensazione, di quel calore, grato come mai
prima
d'allora che qualcuno lassù avesse ascoltato tutte le sue
preghiere.
- «
Sei vivo. Sei vivo per davvero. »
singhiozzò, stringendo
convulsamente tra le mani la sua camicia mentre le lacrime gli
rigavano le guance.
- Non
gliene importava un accidente di apparire debole di fronte a quei
maledetti soldati: il sollievo di sapere che Alexander stava bene
batteva qualsiasi altra cosa.
- «
Mi spiace averti fatto preoccupare principessa, perdonami. »
continuava a mormorargli Alec tra i capelli, cercando di rassicurarlo
passandogli con tenerezza una mano sulla schiena.
- Magnus
sospirò profondamente, tentando di trovare un contegno.
- Dopo
un tempo che a lui parve interminabile, riuscì a calmarsi
abbastanza
da staccarsi dal moro.
- «
Questa volta ci è mancato poco. Non è
così? » esordì poi con un
filo di voce, sfiorandogli il viso con estrema delicatezza, quasi
temesse di vederlo sparire o crollare in pezzi da un momento
all'altro.
- Alec
strinse la mano di Magnus con la sua, perdendosi in quegli occhi di
giada.
- «
A questo punto è un po' inutile da dire ma.. avevi ragione.
Non
avrei mai dovuto abbassare la guardia in quel modo, non dovevo
uscire senza avvisarti e lasciandoti da solo. »
replicò poi, con un
tono che lasciava trasparire tutto il suo dispiacere.
- In
altre circostanze Magnus lo avrebbe preso volentieri a sberle per la
sua incoscienza e per tutti i gesti avventatati che gli aveva appena
ricordato di aver commesso, ma al momento era troppo felice di
saperlo sano e salvo per provare istinti violenti.
- Magari
ci avrebbe pensato più avanti, anche perché di
certo non poteva
fargliela passare liscia.
- «
No che non avresti dovuto, puoi dirlo forte! Che diavolo credevi di
fare andandotene in giro solo e disarmato in quel modo? I tuoi pochi
neuroni superstiti erano per caso andati in vacanza? »
sbraitò,
portandosi le mani sui fianchi e ritrovando il suo abituale spirito.
- Alec
sorrise appena, guardandolo divertito.
- «
Finalmente. Sono passati ben cinque minuti senza che tu mi insultassi
o mi gridassi contro in qualche modo. Cominciavo a preoccuparmi.
»
esclamò con sarcasmo, alzando gli occhi al cielo.
- Magnus
gli tirò uno scappellotto tutt'altro che leggero,
fulminandolo con
lo sguardo.
- «
Non è affatto divertente Alexander! Hai idea di quanto fossi
preoccupato? Eh? Ho davvero creduto che tu... »
iniziò, per poi
interrompersi a metà frase.
- Che
tu fossi morto. E la responsabilità sarebbe stata solo ed
esclusivamente mia.
- Non
ce la faceva, non riusciva a dirlo ad alta voce.
- Nonostante
ciò, Alec sembrò leggergli nel pensiero: la sua
espressione mutò
radicalmente, mentre un lampo di consapevolezza e di rammarico
passava nei suoi bei occhi blu.
- «
Mags, non è stata colpa tua. Tu hai fatto il possibile per
proteggermi, sono io che ho voluto fare di testa mia. Non ti devi
sentire responsabile. » affermò poi, con il tono
più dolce che gli
avesse mai sentito usare.
- Magnus
sapeva che stava solo cercando di farlo sentire meglio, ma era tutto
inutile.
- «
Tu non capisci. Avevo giurato a me stesso che avrei fatto qualsiasi
cosa per impedire che ti facessero del male e invece.. ti hanno
sparato, sei quasi morto e io non ero lì. Non ho fatto
proprio un
bel niente per evitare che accadesse. Se ti avessi perso, io...
»
disse lentamente, con la voce che si incrinava leggermente su quelle
ultime parole.
- «
Tu non mi perderai mai, te lo prometto. »
- Magnus
restò senza fiato a quella replica ma, prima che potesse in
qualche
modo rispondere, Alec
lo attirò bruscamente verso di sé, facendo
incontrare la loro
labbra e mettendo a tacere ogni sua possibile replica.
- Bel
modo di chiudermi la bocca.
- Magnus
si lasciò completamente andare tra le braccia dell'altro,
affondando
le mani nei suoi riccioli corvini.
- Alec
lo strinse ancora più forte approfondendo il bacio,
incurante di
tutti gli spettatori presenti a quella scena.
- Dio,
quanto gli era mancato.
- Nei
giorni scorsi, mentre se ne stava confinato nella sua piccola cella
in attesa di avere una qualsivoglia notizia, aveva sognato
così
tante volte di poter riabbracciare Alec in quel modo, di poter
sentire almeno un'altra volta quelle labbra sulle sue.
- Ora
che stava realmente accadendo, quasi non riusciva a capacitarsene.
- Tu
non mi perderai mai.
- Sperava
davvero che fosse vero, perché dubitava seriamente di poter
vivere
in un mondo in cui Alexander non era al suo fianco.
- La
minima parte del suo cervello ancora in grado di processare
razionalmente la realtà che lo circondava,
registrò un brusio di
sottofondo e un rumore penetrante.
- Un
fischio? Chi accidenti stava fischiando?
- Alec
dovette chiedersi la stessa cosa, poiché si
staccò dall'abbraccio,
rivolgendo subito dopo un'occhiata rassegnata e divertita alle spalle
di Magnus.
- Quest'ultimo
si voltò, trovandosi di fronte alla scena più
bizzarra che avesse
mai visto: il generale li stava osservando con un enorme sorriso
stampato in viso, il biondino aveva infilato due dita in bocca e
continuava a fischiare - ecco da chi proveniva il suono che aveva
sentito -, mentre Isabelle si era messa in piedi su di una sedia ad
applaudire.
- Ma
che diavolo...
- «
Apprezzo
il vostro entusiasmo per la mia vita sentimentale, ma che ne dite di
darci un taglio? »
esclamò
il moro sarcasticamente, alzando gli occhi al cielo.
- Sua
sorella saltò agilmente giù dalla sua postazione,
scoccandogli
un'occhiata minacciosa.
- «
Non
ti permetterò di rovinarmi questo momento, brutto
guastafeste che
non sei altro! »
esclamò
poi con stizza, puntandogli un dito contro con fare minaccioso.
- Il
moro alzò le mani in segno di resa, continuando
però a sorridere.
- «
Non
mi permetterei mai sorellina, amo tutti i miei arti allo stesso modo.
» replicò
poi, con la stessa nota di ironia nella voce.
- Magnus
continuava a spostare lo sguardo dall'una all'altro più
confuso che
mai, chiedendosi se per caso non fosse stato catapultato in una
qualche realtà alternativa.
- «
Vi
dispiacerebbe spiegarmi che sta succedendo qui? Voi fino a poco fa
non mi trattavate come un criminale incallito? Perché siete
così
felici adesso? »
chiese,
rivolgendosi ai tre davanti a lui «
E
ora che ci penso, perché tu te ne stavi nascosto
lì dietro? »
continuò,
voltandosi a guardare Alec.
- Quest'ultimo
assunse un'aria colpevole, guardandolo di sottecchi.
- «
Mi
dispiace per questo teatrino, ma mio padre e i miei fratelli volevano
parlarti prima da soli per capire che intenzioni avessi con me. Sono
un tantino iperprotettivi. »
si
affrettò poi a spiegargli, passandosi distrattamente una
mano tra i
capelli.
- Magnus
restò a bocca aperta, guardando i tre Lightwood
completamente
esterrefatto.
- «
Era
una specie di prova? Seriamente? »
domandò
poi, tanto per avere conferma.
- «
Già.
E loro non erano i soli a volerti mettere alla prova. Vero Shane? Che
dici, ha superato il test? »
esclamò
Alec, rivolgendo un ghigno ironico al soldato biondo. Con tutto quel
trambusto Magnus si era quasi dimenticato della presenza dei due
nella stanza.
- Si
girò nella direzione in cui si trovava il ragazzo,
aspettandosi di
trovargli un'espressione scocciata dipinta in volto - dopotutto fino
ad allora lo aveva trattato come se lo odiasse a morte - ma vedendo
invece un enorme e sincero sorriso a distendergli le labbra.
- Okay,
questa davvero non me l'aspettavo.
- «
A
pieni voti direi. Avevi ragione su di lui, dovrò rinfoderare
i
pugnali. Ma ne sono felice Alec, davvero. »
ribatté
il biondino, sorprendendo Magnus ancora di più.
- Ma
di cosa continui a stupirti ancora?
- In
tutta risposta Alec gli sorrise con un affetto che fece sorgere in
Magnus uno sgradito senso di gelosia.
- Prima
quel soldato che lo minacciava di morte certa nel caso in cui fosse
responsabile di quanto successo ad Alec, ora quest'ultimo che
rivolgeva all'altro un espressione così intima?
- Che
cosa c'era esattamente tra quei due?
- «
Mags,
Shane è il mio migliore amico; siamo praticamente cresciuti
insieme.
So che lui e Caleb non sono stati molto gentili con te, ma credevano
che fossi stato tu a spararmi. Non avercela troppo con loro. »
esordì
il moro, quasi gli avesse letto nel pensiero.
- Il
suo migliore amico, eh?
- Se
non altro si spiegava il modo rude in cui quel biondino lo aveva
trattato fin dall'inizio.
- Non
che questo risolvesse del tutto la faccenda, ovvio.
- «
Non
sono stati molto gentili? Questo sì che è un
eufemismo! »
ribatté
difatti, scoccando un'occhiata di fuoco al suo presunto fidanzato.
- Sempre
che lo potesse definire tale, ovvio.
- Il
ragazzo alzò gli occhi al cielo, sbuffando infastidito.
- «
O
per favore, anche tu non sei stato da meno. Anzi, visto che ci siamo
cosa ne dici di scusarti con Caleb? Hanno dovuto mettergli dei punti
dopo il morso che gli hai dato. »
replicò,
assumendo il suo tipico tono supponente.
- Magnus
si sentì lievemente in colpa nell'udire quell'affermazione,
non che
lo avrebbe mai ammesso.
- «
Davvero?
Beh, la può considerare una ferita di guerra. »
affermò
con nonchalance, solo per ripicca.
- Il
moro lo trucidò con lo sguardo, in apparenza pronto a
prenderlo a
male parole. Prima che potesse riuscire nel suo intento,
però, Caleb
si decise ad intervenire.
- «
Lascia
stare Alec, non fa niente. Anche se dovresti un po' rivedere i tuoi
gusti in fatto di ragazzi. Prima mio fratello, ora questo qui; uno
meno testardo no, eh? »
- Quell'uscita
gli fece guadagnare una risata fragorosa da Jace, e un pugno giocoso
sulla spalla da Shane.
- Magnus,
al contrario, raggelò completamente.
- «
Ah,
dunque stavate insieme? » chiese
poi gelidamente, attirando su di sé l'attenzione dei
presenti.
- Sentì
un "oh merda" provenire da Caleb - evidentemente si era
reso conto di quello che aveva appena combinato - ma non se ne
curò.
- Era
troppo impegnato ad uccidere Alec con lo sguardo.
- «
Io
e Shane siamo stati insieme per un po' alcuni anni fa, ma ci siamo
resi ben presto conto che era meglio essere amici. Tutto qui. Non hai
motivo di prendertela. »
gli
rispose il moro, stringendosi nelle spalle.
- Tutto
qui.
- Come
se fosse normale avere come migliore amico un proprio ex.
- Bene
Lightwood, se la metti così.
- «
Non
me la sono affatto presa, anzi per dimostrarti che sono una persona
matura ho intenzione di scusarmi. Caleb, mi dispiace tanto. Avrei
dovuto mordere tuo fratello, non te. »
- «
MAGNUS!
»
- Il
ragazzo mise su l'espressione più angelica a sua
disposizione.
- «
Cosa? Che ho detto che non va? » chiese con finta
ingenuità,
portandosi una mano sul petto.
- Alec
non si lasciò minimamente irretire da quella scenetta,
continuando a
lanciargli occhiate di fuoco.
- «
E lo chiedi anche? Si può sapere cosa ti prende? »
domandò poi,
palesemente esasperato.
- Mi
prende che la sola idea di te con quell'energumeno mi manda fuori dai
gangheri, ecco cosa.
- «
Assolutamente niente. Scusa tanto se non sono carino col tuo ex che,
per inciso, si è divertito a tirarmi da una parte all'altra
come una
bambola di pezza. » replicò, non preoccupandosi
minimamente di
risultare odioso.
- «
Almeno il mio ex non ti ha sparato, cosa che non si può dire
del
tuo. » sbottò alla fine Alec, incrociando le
braccia al petto in un
gesto di stizza.
- Magnus
lo guardò completamente sotto shock, cercando di processare
quanto
aveva sentito.
- «
Come? Ho capito bene? Hai appena detto che è stato Braxton a
spararti? » mormorò poi, sentendosi sul punto di
svenire.
- Quando
aveva saputo che Alec era stato aggredito aveva in automatico pensato
che fosse opera di uno degli uomini di Ezekiel, non gli era
minimamente venuto in mente che le cose potessero essere andate in
maniera diversa.
- «
Sì, anche se non volevo dirtelo in questo modo, mi dispiace.
» gli
rispose l'altro, evidentemente dispiaciuto dal suo precedente scatto
d'ira.
- Considerando
la preoccupazione sul volto di Alec doveva davvero avere
un'espressione pietosa.
- Prese
un respiro profondo cercando di calmarsi.
- Braxton
l'avrebbe pagata cara per aver fatto del male alla persona che lui
più amava, a qualsiasi costo.
- Non
sapeva assolutamente contro chi si era messo.
- Si
voltò verso Robert Lightwood, l'unico in grado di sbattere
quella
feccia in galera per il resto dei suoi giorni, con una ferrea
determinazione nello sguardo.
- «
Dimmi cosa vuoi sapere. »
- Salve
bella gente! <3
- Allora,
finalmente i due piccolini si sono riuniti, quindi basta
sofferenza(?) xD Inoltre, ora che le carte sono state scoperte,
Braxton e company avranno vita breve u.u ...forse. XD
- E
dunque dunque, come bene sapete ormai la storia è giunta
quasi al
termine, mancano circa quattro capitoli, e boh, il nostro cuore
è
vuoto ç-ç
- Ma
come si è soliti dire, ad ogni fine c'è un nuovo
inizio.. :D
Comunque,
vi vorremmo ringraziare una per una per il sostegno che ci date, e vi
adoriamo per continuare a seguirci e per farci sapere di volta in
volta il vostro parere, davvero! <3
Speriamo
che questo capitolo sia stato di vostro gradimento, noi vi diamo
appuntamento alla prossima settimana!
Bye!
<3
Gruppo
facebook ---> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Capitolo #15 ***
Capitolo
#15
«
Quei
maledetti soldati mi stavano col fiato sul collo, sono stato
costretto a tenere un basso profilo. »
Alec
osservava Magnus parlare al telefono e dare sfoggio di una
glacialità
impressionante.
Beh,
senz'altro aveva delle doti d'attore davvero fuori dal comune.
Alec
sapeva che per cavarsela in un mondo come quello in cui viveva il
ragazzo era necessario saper mantenere un buon bluff, ma non poteva
comunque fare a meno di restare colpito.
E
considerando l'espressione scolpita sulle facce dei presenti, anche
loro dovevano pensare lo stesso.
Subito
dopo l'affermazione di Magnus, suo padre aveva invitato tutti quanti
ad accomodarsi intorno al grande tavolo presente nella stanza, in
modo tale da poter discutere con calma di tutta la faccenda.
Magnus
aveva passato più di un'ora a parlare, divulgando ogni
singola
informazione in suo possesso: i nomi dei capi delle due
organizzazioni e di tutti i loro collaboratori, la precisa
collocazione della base, ogni singolo sistema di sicurezza installato
nella villa e il modo per aggirarlo, gli uomini di guardia e i loro
turni, tutti gli affari e gli omicidi messi in piedi da Headley e,
infine, ogni singolo risvolto dell'accordo con Dixon.
Dopo
aver ascoltato nel massimo silenzio tutte le parole del ragazzo,
Robert aveva affermato che la prima cosa da fare era far mettere in
contatto Magnus con il suo capo, in modo che non sospettasse di lui
più di quanto potesse aver fatto. L'avere un infiltrato
dalla loro
parte era un grandissimo vantaggio, e il generale non voleva che
andasse sprecato.
Dato
che nessuno aveva avuto niente da ridire, Caleb era corso a prendere
il cellulare di Magnus portandolo subito dopo al ragazzo.
Ed
era eccoli tutti lì, ad ascoltare col fiato sospeso quella
conversazione.
«
A
cosa ti riferisci? »
chiese
in quel momento Magnus al suo interlocutore, aggrottando leggermente
le sopracciglia.
Suo
padre e Jace si scambiarono un'occhiata carica di significati, quasi
avessero già capito dove sarebbe andati a parare.
Beati
loro.
Alec
era un fantastico soldato, ma non si poteva certo dire che l'intuito
fosse il suo forte.
Tutto
quello che poteva fare era aspettare, cercando nel mentre di capire
cosa aveva procurato quella riga di preoccupazione sulla fronte del
suo fidanzato.
«
In
realtà non sapevo nemmeno di cosa stesse parlando. Sai,
l'essere a
terra privo di sensi implica il non rendersi conto della
realtà
circostante. »
continuò
il ragazzo con un tono che grondava sarcasmo e noncuranza.
Nonostante
ciò, Alec riuscì a percepire tutta la sua
tensione dalla posa delle
sue spalle e dal modo in cui continuava a torturarsi le labbra con i
denti.
«
Ovvio
che ho mentito. Visto che non aveva la minima idea di chi fosse il
tizio di cui parlava, ho preferito fargli credere che fosse uno dei
nostri e che fosse lì a guardarmi le spalle. Tanto per
invogliarlo a
non fare brutti scherzi. Perché tutto questo attaccamento
per questa
storia? »
riprese
l'altro, mantenendo un tono distaccato nonostante la stizza dipinta
sul suo volto.
Alec
imprecò mentalmente, finalmente consapevole dell'argomento
di
discussione.
Dopotutto
era naturale che Headley interrogasse Magnus dopo quella faccenda.
Russ
doveva senz'altro aver riferito a Braxton quello che il ragazzo aveva
detto di lui quel giorno.
Sperò
solo che il grande capo abboccasse alla scusa che l'altro gli stava
propinando, o sarebbero stati tutti nei guai.
Qualunque
cosa Headley avesse detto in quel momento, Magnus cambiò
radicalmente espressione, passando dalla scocciato al furibondo.
Alec
poggiò con delicatezza la mano su quella del ragazzo,
stretta al
tavolo tanto da farsi sbiancare le nocche, cercando di
tranquillizzarlo.
L'altro
gli sorrise appena riconoscente, guardandolo negli occhi con una luce
che il moro non seppe ben identificare.
«
Chiunque
fosse se Braxton si è occupato di lui adesso sarà
due metri
sottoterra, non vedo perché preoccuparsene. »
ribatté
poi rivolto al suo interlocutore, mantenendo un tono freddo e
spietato nonostante pochi istanti prima fosse sembrato turbato.
Alec
non poté far a meno di ridacchiare, stando ben attento a non
farsi
sentire; tutta quella storia era a dir poco assurda.
«
Non
dire idiozie. Lavoro per te da quanti anni? E non mi sembra di aver
mai fallito. Tra pochissimo avrai i tuoi soldi, fidati di me. Mi
faccio vivo io. »
concluse
a quel punto Magnus, per poi riattaccare con un gesto secco.
Per
alcuni momenti nella stanza calò un silenzio irreale, mentre
tutti
aspettavano di sapere cosa avesse detto Headley con esattezza.
Vedendo
che l'altro non accennava minimamente ad aprire bocca, né
tanto meno
a togliersi dal volto quell'espressione rabbiosa, Alec gli rivolse un
occhiata interrogativa, invitandolo a spiegarsi.
«
Ha
riso.
»
Alec
fisso interdetto Magnus, chiedendosi dove diamine volesse andare a
parare con quell'affermazione.
«
Quando
mi ha detto che Braxton ti aveva sparato si è messo a
ridere. Era
felice come una Pasqua all'idea che ti avessero ucciso. »
spiegò
il ragazzo, avvertendo la perplessità dei presenti.
Ecco
il perché di quella faccia.
Alec
posò gentilmente una mano sul braccio dell'altro,
rivolgendogli il
sorriso più dolce a sua disposizione.
Il
fatto che Magnus fosse così furioso per quell'agguato che
gli
avevamo teso, gli provocava una strana sensazione di calore.
Per
quanto egoista potesse essere da parte sua, era felice che Magnus
reagisse in quel modo.
«
Oh,
tranquillo. Dopo aver passato cinque minuti in mano mia non
sarà in
grado di riconoscersi neanche da solo, figuriamoci di ridere. »
replicò
sarcasticamente Shane, con una scintilla di puro sadismo nello
sguardo.
Magnus
gli rivolse un'occhiata divertita, trovandosi suo malgrado a
rivalutare quel soldato.
Certo,
non gli era ancora andato completamente giù il fatto che,
seppur per
poco tempo, quel tizio era stato insieme al suo
Alexander.
Dall'altra
parte però non poteva non ammirare quella perenne faccia
tosta e la
sua ferrea e ostinata determinazione.
«
Sai
amico, tutto sommato non sei poi così male. »
esordì
ironicamente, incrociando le braccia al petto.
Il
biondo ghignò, inarcando le sopracciglia in una finta
espressione
sorpresa.
«
Ma tu pensa. Neanche tu sei tremendo come credevo. Ma con questo non
credere che ci metteremo a farci le treccine parlando di ragazzi, o
stronzate simili. » ribatté poi, usando il
medesimo tono
dell'altro.
Magnus
scoppiò a ridere fragorosamente, mandandolo malamente a quel
paese.
Magari
dopotutto avrebbe anche potuto evitare di attentare alla sua vita.
Una
volta risolta la questione del burbero trattamento – cosa su
cui
non aveva poi molto da ridire, viste le circostanze – l'unico
motivo valido che aveva per odiarlo era la sua presunta storia con
Alec.
Forse,
considerando che il moro gli aveva più volte ripetuto che
tra loro
non c'era mai stato niente di romantico e che per lui Shane non era
nulla di più di un migliore amico, forse avrebbe potuto
chiudere un
occhio e seppellire l'ascia di guerra, facendo così felice
Alexander.
Forse.
Alec
assisteva a quello scambio con una certa sorpresa e con un sorriso
divertito.
Dalla
sua espressione sembrava sul punto di parlare, ma prima che potesse
riuscire nel suo intento, commentando quel quantomai strano e
inaspettato quadretto, venne interrotto dal ragazzo seduto accanto a
lui.
«
Tutto questo amore mi scalda il cuore, giuro, ma che ne dite di
tornare alla questione principale? Ora che Magnus è di nuovo
nel
giro – volendo essere ottimisti – come facciamo ad
acciuffare i
cattivi? » esordì difatti Jace, attirando subito
l'attenzione di
tutti i presenti su di sé.
Non
si poteva certo dire che quel ragazzo passasse inosservato, qualunque
fosse la situazione.
«
Tu sì che sai come rovinare un bel momento, eh fratellino?
» lo
schernì Izzy, giocherellando con i suoi lunghi capelli
corvini e
rivolgendogli un sorrisetto sghembo.
Jace
la ignorò completamente, riservandole un gesto sprezzante
della mano
come unica risposta.
«
Jace ha ragione. Dobbiamo decidere la nostra prossima mossa.
»
intervenne Caleb, dando manforte all'amico.
Robert
si massaggiò lentamente gli occhi, cercando di fare un
quadro
generale di quella situazione.
Certo,
le informazioni che Magnus aveva rivelato loro erano molto
più che
utili, ma nonostante ciò non potevano aiutarlo a creare un
piano per
sgominare quel maledettissimo traffico.
Quella
rischiava di diventare l'indagine più lunga della sua
carriera.
E
visto l'entità dei casi con cui aveva a che fare di solito,
quello
era tutto dire.
«
Suggerimenti? » domandò poi col suo tipico
cipiglio, rivolgendo
l'attenzione verso di Jace.
Solitamente
suo figlio, in quel genere di situazioni, era quello che più
di
tutti sapeva tirare fuori dalla manica la strategia vincente.
«
Potremmo andare con i nostri uomini nella base di Headley, sgominando
l'intera banda. Dopotutto sappiamo dove si trova, quali sono i
sistemi di sicurezza... sarebbe un gioco da ragazzi. »
propose il
biondo in maniera riluttante, neanche lui minimamente convinto di
quanto stava dicendo.
Le
implicazioni di quella scelta erano evidenti, ma davvero non gli
veniva in mente nulla di meglio.
Qual
è il senso dell'avere una spia dalla propria parte, se non
si poteva
far ricorso alle dritte che forniva?
«
Potremmo, certo. Ma in quel caso Dixon verrebbe senz'altro a sapere
la cosa – è difficile far passare inosservata
un'operazione di
quel calibro – e si darebbe alla fuga. Non possiamo
permettere che
accada. » affermò Shane in risposta all'altro,
poggiandosi allo
schienale della sedia e mettendosi comodo.
Magnus
pensò che quella non fosse poi una così cattiva
idea; considerando
come erano procedute le cose fino a quel momento, ci sarebbe voluto
un po' prima di venirne a capo.
«
Magari una volta catturato Headley potremmo riuscire in qualche modo
a farlo parlare. Possibile che non abbia la minima idea di dove
scovare Dixon? » intervenne Izzy, cercando di trovare una
soluzione
a quel rompicapo.
Magnus
scosse la testa, smentendo immediatamente quell'ipotesi.
«
Dixon è troppo furbo: non esiste che Headley, che
è il suo unico
vero concorrente sul campo, possa avere la minima informazione
compromettente su di lui. » le rispose poi, notando a
malincuore la
delusione sul suo volto.
Quella
di Isabelle non era poi una così cattiva idea; peccato solo
che
Dixon fosse un sociopatico con la mania dell'assoluta sicurezza.
Alec
si voltò verso suo padre, sperando che avesse nel mentre
trovato una
strategia per procedere.
L'espressione
che trovò sul suo volto lo mandò nel panico: era
quella che il
generale era solito mettere su quando stava per dire qualcosa di
estremamente sgradevole.
«
Papà? Cosa c'è? » gli chiese, sperando
che il suo timore fosse
infondato.
Non
poteva realmente proporre quello che Alec sospettava.
«
Dobbiamo organizzare davvero uno scambio. » esordì
l'uomo, zittendo
la discussione ancora in corso tra Shane e Jace.
I
due ragazzi si voltarono con espressione perplessa verso l'altro,
cercando di tenere il filo del discorso.
«
E' l'unico modo per acciuffare entrambi. Pensateci: difficilmente due
trafficanti di quel calibro si fiderebbero a far gestire una scambio
di quella portata da dei miseri scagnozzi;sono pronto a scommettere
che saranno entrambi presenti sul posto. E con loro la maggioranza
dei loro uomini, per occuparsi della merce e per assicurare
l'incolumità dei rispettivi capi. Tutto quello che dobbiamo
fare è
irrompere sulla scena al momento giusto. » riprese Robert,
spiegando
ai presenti la sua idea.
Per
alcuni istanti nessuno disse niente, essendo tutti troppo assorti a
valutare quella proposta.
«
Come facciamo ad essere sicuri che abboccheranno? Per quanto ne
sappiamo appena giunti sul luogo potrebbero intuire che qualcosa non
va - cosa più che possibile, considerando che
l'intermediario non
sarà presente - e riuscire a sfuggirci. E a quel punto
potremmo
tranquillamente dire addio alla possibilità di prenderli.
» gli
fece poi notare Jace, mettendo in luce quello che poteva essere un
ostacolo non irrilevante per la missione.
Il
generale sospirò profondamente, guardando Alec con
espressione
contrita.
«
Proprio per questo motivo l'intermediario dovrà essere
presente, per
far sì di non destare sospetti. »
affermò subito dopo in modo
risoluto, seppur con una nota di dispiacere nella voce « Mi
dispiace
Magnus, ma se vogliamo che questa cosa funzioni dovrai fare da esca.
»
Magnus
annuì, comprendendo appieno la situazione: Headley non era
affatto
uno stupido e avrebbe senza dubbio intuito che qualcosa non andava se
non vi avesse partecipato anche lui.
Robert
sembrava aver avuto l'idea più fattibile, quindi di
conseguenza
avrebbero dovuto concordare tutti.
Avrebbero..
«
Cosa?! No, no, no. Non se ne parla nemmeno, scordatelo. Anzi,
scordatevelo. » proferì Alec
con tono glaciale, mettendo a
tacere tutti con uno sguardo che trasudava serietà.
Jace
si batté una mano sulla fronte sospirando: sapeva che ora
non ne
sarebbero più usciti da quella situazione. Non fin quando
non
avrebbero trovato un compromesso che andasse bene anche al fratello
maggiore.
«
Sono abbastanza grande da poter decidere da solo Alexander, grazie.
»
ribatté repentino Magnus, assottigliando lo sguardo.
Apprezzava
il fatto che Alec volesse sempre proteggerlo, ma doveva mettersi in
quella zucca vuota che non poteva continuare ad assillarlo per ogni
minima cosa. Non quando era stato così incosciente lui
stesso da
abbassare la guardia e farsi sparare.
«
Beh sì il tuo parere al momento non mi interessa.
» asserì il
moro, liquidandolo con un gesto della mano.
Magnus
spalancò la bocca esterrefatto, mentre gli occhi andavano a
sgranarsi per la sorpresa.
Ah,
è così che la metteva allora? Benissimo.
Poggiando
entrambe le mani sulla superficie liscia del tavolo,
dispiegò le
labbra in un sorriso forzato, cercando di trattenere quel tic
all'occhio che stava sicuramente nascendo per il nervosismo.
«
Bene, allora fatemi sapere il luogo in cui dovrò combinare
l'incontro. Io ci sto, e me ne fotto altamente di quello che vuole
lui. » dichiarò, inacidito, indicando con un dito
il suo già ex
ragazzo.
«
Devi smetterla di essere sempre così avventato! »
lo rimproverò
subito Alec, prendendolo per un braccio e voltandolo verso di lui.
Magnus
assottigliò lo sguardo, inarcando un sopracciglio.
«
E tu dovresti imparare a morderti la lingua a volte! »
A
quel punto, Isabelle, sbatté una mano sul tavolo, attirando
così
l'attenzione di tutti i presenti e mettendo a tacere quei due
cretini.
Con
eleganza si scansò una ciocca di capelli corvini dal viso,
guardando
Magnus ed Alec come se avesse la soluzione a tutti i loro problemi.
«
Sentite, ho un'idea. Magnus farà come d'accordo e.. no, non
provare
ad interrompermi. » liquidò il fratello con
un'occhiata, quando
questi provò a controbattere « E tu potrai stare
in “prima
linea”, in modo tale da non perderlo mai di vista.
Così nel caso
succedesse qualcosa – ma ne dubito -, potrai intervenire
piccolo
Robin Hood dei poveri. » concluse, passandosi un dito sulle
labbra
tinte di blu.
Alec
aprì la bocca pronto a rispondere, ma la richiuse.
Effettivamente
non era un'idea così male.
«
Perfetto, caso risolto. » disse a quel punto Magnus, non
senza
essere ancora un minimo arrabbiato con Alec per quello che aveva
detto in precedenza.
Robert
annuì solenne, appuntandosi qualcosa su un foglio.
«
Bene, direi che è tutto risolto a questo punto. Domani,
saranno
tutti dietro le sbarre. »
«
Bene, come ci disponiamo per questa sera? » chiese Magnus
glaciale,
poggiando il telefonino sul tavolo della cucina di Alec.
Quest'ultimo
lo fissò torvo, grattandosi leggermente il mento.
«
Che vorresti dire..? » domandò a sua volta, mentre
la sua voce si
abbassava impercettibilmente.
Non
sapeva spiegarsene il motivo, ma c'era qualcosa nella voce di Magnus
che lo aveva fatto fremere.
Infondo,
ora che ci pensava, nessuno dei due aveva detto all'altro cosa aveva
significato per loro quella notte. Per quanto ne sapeva, per Magnus
poteva essere stata anche una semplice nottata di passione.
Insomma,
era innegabile l'affetto che provava nei suoi confronti, ma da qui a
dire che era innamorato di lui... non sapeva proprio cosa pensare.
Perché
per Alec tutto era chiaro, sapeva cosa provava per Magnus. Lo
riteneva già il suo fidanzato, senza però sapere
se l'altro era
d'accordo.
Oddio,
e se per lui non è lo stesso?
Il
pensiero di essere stato solo uno dei tanti gli fece accapponare la
pelle, ma probabilmente si stava solo facendo troppi problemi.
Alla
fine, quando Alec si era mostrato, Magnus gli era saltato al collo e
l'aveva baciato come se ne andasse della sua stessa vita. O almeno,
questo era quello che aveva provato lui quando se
l'era
ritrovato finalmente tra le braccia.
«
Voglio dire, vuoi che dorma sul divano? »
chiese,
sistemandosi una ciocca di capelli dietro all'orecchio, mantenendo
comunque lo stesso tono.
Persino
lui non capiva perché se l'era presa così tanto
con Alec. Sapeva
benissimo che ciò che aveva detto era dovuto sopratutto al
fatto che
non volesse metterlo in una situazione di pericolo, però non
gli
andava giù il fatto che non volesse prendere in
considerazione anche
la sua opinione.
Era
sciocca come cosa, ma ormai aveva preso punto.
«
No.. cioè, io non voglio.. ma se tu.. ecco, se tu non vuoi
dormire
con me, io.. » rispose, incespicando su ogni singola parola.
E
pensare che nessuno era mai stato in grado di innervosirlo a tal
punto da non sapere esattamente cosa dire. Proprio lui che aveva
sempre la risposta pronta.
Magnus
lo scrutò attentamente per alcuni istanti.
«
Bene, okay. Andrò a farmi una doccia prima però.
» disse infine,
dirigendosi verso la camera da letto.
Alec
lo fermò per un braccio e, attirandolo subito dopo verso di
sé, lo
abbracciò.
Magnus
spalancò gli occhi sorpreso, sentendo improvvisamente i
muscoli che
non sapeva di aver teso, distendersi.
Non
si mosse né ricambiò l'abbraccio,
restò semplicemente lì,
immobile tra quelle braccia che tanto gli davano quella sensazione di
casa che a lui mancava.
«
Magnus tu.. mi sei mancato davvero. »
Dolce
come il miele, fu
il pensiero di
Magnus mentre l'arrabbiatura scemava via come se non fosse mai
esistita.
«
Sono giorni che.. non faccio altro che pensarti. »
continuò, mentre
il cuore dell'altro si scioglieva come un cumulo di neve sotto i
raggi tiepidi del sole.
Le
dita delle mani di Magnus andarono a stringere la stoffa della felpa
di Alec, aggrappandosi a lui come se fosse stata la sua unica ancora
di salvezza.
Sentendosi
un minimo incoraggiato da quella stretta, Alec continuò,
poggiando
il mento contro la tempia dell'altro, in modo da potergli sussurrare
all'orecchio.
«
E non sopporto l'idea di te, senza di me.
» concluse,
sentendo i suoi battiti aumentare ad ogni secondo che passava.
Magnus
sorrise contro la spalla del moro, inebriandosi del suo profumo al
sandalo.
Dio
se gli era mancato anche lui.
In
quei giorni non aveva fatto altro che pensarlo, non aveva fatto altro
che sperare che stesse bene, non aveva fatto altro che domandarsi se
l'avrebbe mai più rivisto.
E
quando finalmente i suoi occhi si erano posati sulla sua figura, e
l'aveva visto lì, stare bene, con quella sua espressione da
sbruffone, i capelli scomposti ed un felpone largo, non aveva potuto
crederci.
Perché
occhi blu era così, riusciva sempre a sconvolgerlo ed a
travolgerlo
come mai gli era successo in vita sua.
«
Alexander.. » sussurrò, staccandosi appena in modo
tale da poter
immergere i suoi occhi in quelli dell'altro.
E
per un attimo fu come se tutto il resto non esistesse, mentre le loro
labbra andavano ad incontrarsi ancora, sigillando quel momento come
un contratto di vero amore.
Alec
prese il volto di Magnus tra le mani, baciandolo con una tenerezza
tale da scacciare via ogni debolezza o insicurezza.
«
Ho aspettato di poter far questo per giorni. »
scherzò Magnus
quando si staccarono, lasciandogli poi un leggero bacio sulla punta
del naso.
Alec
sorrise a quel gesto, sentendo i loro cuori battere all'unisono.
«
Okay, direi che ho davvero bisogno di una doccia ora. »
Magnus
si allontanò e subito avvertì la mancanza del
corpo di Alec contro
il suo, come se ne fosse stato dipendente.
Si
voltò così verso di lui, sorridendogli
maliziosamente: « E se
venissi, non mi dispiacerebbe. » concluse, facendogli
l'occhiolino.
Poi
entrò in bagno chiudendosi la porta alle spalle e lasciando
un Alec
imbarazzato, ma al tempo stesso eccitato, lì impalato.
Di
certo non era un ragazzo vergine alle prime esperienze, ma alcune
cose riuscivano ancora ad imbarazzarlo.
Prese
un respiro profondo, cercando di rallentare il battito impazzito del
suo cuore.
Magnus
probabilmente non era stato poi così serio, ma Alec voleva davvero
raggiungerlo e fargli sentire quanto lo voleva.
Quando
sentì l'acqua scorrere, decise che per una volta doveva
prendere in
mano quel genere di situazione, doveva avere il coraggio di fare
quello che voleva fare.
Si
tolse la felpa, buttandola da qualche parte nella stanza,
così come
i pantaloni.
Poi
prese un bel respiro, scacciando via ogni forma di insicurezza e
aprendo lentamente la porta.
Magnus
non aveva tirato la tendina, e quello che vide Alec gli
mozzò
immediatamente il respiro.
Magnus.
Nudo. Wow.
Ed
okay che l'aveva già visto nudo, ma non poteva non fare a
meno di
ammirarlo senza fiato per l'ammirazione.
Lo
sguardo percorse velocemente tutto il suo corpo e quando finalmente
notò che anche Magnus lo stava guardando, in attesa,
arrossì
lievemente. Neanche fosse stato beccato con le mani nel barattolo
della marmellata. Oh beh, quasi.
«
Non pensavo saresti venuto davvero. » ammise Magnus con un
sorrisetto da furfante, buttandosi indietro il ciuffo bagnato.
Sexy.
Alec
si leccò il labbro, avvicinandosi alla doccia con ancora i
boxer
addosso.
Magnus
lo prese per le spalle, avvicinandolo al getto dell'acqua, mentre
faceva incontrare ancora una volta le loro labbra.
Ma
di dolce e tenero non c'era nulla in quel bacio, c'era solo la voglia
di assaggiarsi, di tenersi, di amarsi.
Magnus
esplorò le ampie spalle da soldato di Alec con le mani,
percorrendo
con i polpastrelli ogni centimetro di pelle e beandosi della
meravigliosa sensazione di averlo contro di sé.
Quel
ragazzo aveva massimo potere su di lui, non c'era niente da fare.
Dal
canto suo, Alec l'aveva incollato contro la parete della doccia e
l'aveva costretto ad alzare una gamba, che aveva incominciato ad
accarezzare con estrema lentezza, strappandogli dei leggeri sospiri.
Entrambi
gemettero contro la bocca dell'altro, senza smettere di darsi
attenzioni.
Poi
Magnus sfilò via i boxer da Alec, passando per la linea
degli
addominali scolpiti. E chissà quanti cavolo di anni gli ci
erano
voluti per avere un fisico del genere.
Quanto
puoi essere perfetto occhi blu?
Il
moro scese a baciargli il collo caramello, soffermandosi un po' di
più su alcuni punti, lasciandogli così in ricordo
delle piccole
macchioline violacee.
Era
un po' come un marchio che stava ad indicare che gli apparteneva. Che
era solo suo e di nessun altro.
Magnus
sospirò dal piacere, inclinando la testa in modo tale da
fargli
continuare quella dolce tortura, e socchiudendo gli occhi quando
l'acqua glieli bagnò.
«
Alec.. » lo chiamò Magnus, sentendo il desiderio
crescere dentro di
lui.
Alec
sorrise, scendendo a baciargli il petto, a mordergli i capezzoli
turgidi e percorrendo con la lingua il loro contorno.
«
Chiamami con il mio nome intero, Magnus. » lo
provocò, mentre una
mano andava a dar sollievo all'evidente erezione del suo ragazzo.
Era
strano, non aveva mai amato il suo nome, aveva sempre preferito il
suo diminutivo perché gli dava un senso di
unicità. Ma trovava
stranamente eccitante la maniera in cui le labbra di Magnus lo
pronunciavano, tanto da non poterne fare a meno.
«
Alexander! » gemette, arrivato quasi al suo limite.
Alec
sorrise, sollevandolo per le gambe in modo tale che potesse prenderlo
in braccio, per poi baciarlo con passione.
Ogni
volta che loro bocche si univano, era come se stessero respirando per
la prima volta, come se fossero l'uno l'ossigeno dell'altro.
E
quando Alec entrò in lui con un'unica spinta, il piacere li
avvolse
entrambi, facendoli gemere il nome dell'altro in sincrono.
«
Sei.. fantastico. » gemette Magnus, poggiando la fronte sulla
spalla
del moro.
L'acqua
continuava a scorrere tra i loro corpi uniti, ma nemmeno ci facevano
più caso ormai.
Quando
con un'ultima e forte spinta, raggiunsero l'apice del piacere, Alec
non poté fare a meno di pensare che nonostante tutto, amasse
davvero
Magnus per quello che era.
Con
lui si sentiva per la prima volta vivo. Vivo davvero.
Con
ancora il respiro affannato, Magnus gli carezzò una guancia,
baciandolo a fior di labbra.
«
Alexander.. io.. aku cinta kamu. » proferì,
scostandogli una ciocca
di capelli che non gli permetteva di guardarlo bene negli occhi.
Alec
lo guardò confuso, inclinando leggermente la testa.
«
Cosa significa? » gli chiese, baciandogli il palmo della mano
con
una dolcezza tale da fargli stringere il cuore.
Magnus
sorrise, chiudendo il getto dell'acqua: « Se riesci a tenere
un
secondo round, potrei anche pensare di dirtelo. »
Alec
rise di gusto, trascinandoselo dietro mentre lo baciava ancora e
ancora.
«
Sono già tutto orecchi. »
Ok
la storia è giunta davvero quasi al termine e meritavano un
momento
puccioso v.v
Non
abbiamo molto da dire, ma vi promettiamo che nel prossimo capitolo ci
sarà un bel po' d'azione.. e un “po'” di
angst xD insomma, siamo
arrivati alla fine dei giochi qui xD
E
nulla, vi ringraziamo come sempre per il sostegno che ci date, e
speriamo che questo capitolo sia stato di vostro gradimento! :D
Noi,
vi diamo appuntamento alla prossima settimana! <3
Bye!
<3<3
Gruppo
facebook ----> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Capitolo #16 ***
Hello!
:D
Prima
di lasciarvi al capitolo, volevamo avvertirvi che questo è
abbastanza più corto del solito, poiché era stato
tagliato da
quello precedente. Avremmo voluto aggiungere altre cose, ma essendo
il penultimo capitolo, non c'era molto altro da dire.
Speriamo
comunque che sarà di vostro gradimento, noi vi ringraziamo e
vi
diamo appuntamento alla prossima settimana con – finalmente
– il
gran finale(?)! <3
Speriamo
che non ci uccidiate a fine lettura e.. niente, alla prossima! XD
Bye!
<3
Capitolo
#16
Alec
lanciò l'ennesima occhiata in direzione di Magnus,
sporgendosi
appena dal suo nascondiglio.
Oramai
mancava poco all'orario prestabilito per lo scambio, e tutti erano
pronti ad intervenire non appena Dixon e Headley fossero giunti sulla
scena.
Durante
la riunione del giorno prima in cui si era cercato di capire come
agire, Jace e Robert avevano individuato un perfetto luogo per
svolgere quell'operazione.
Un
magazzino semi abbandonato in una delle zone meno popolate della
città era stato considerato da tutti
all'unanimità come il più
indicato.
Gran
parte dell'esercito era lì presente in quel momento: alcuni
soldati
erano nascosti all'interno dell'edificio, mentre altri erano
appostati nelle vicinanze per eliminare qualsiasi
possibilità di
fuga.
Alec,
invece, si era piazzato sul tetto in una posizione strategica da cui
sarebbe stato in grado di proteggere Magnus al meglio.
A
quanto pareva la sua abilità da cecchino quel giorno sarebbe
stata
più utile che mai.
Anche
perché, senza ombra di dubbio, non si sarebbe concesso il
lusso di
mancare il bersaglio, non quando il suo ragazzo e la sua famiglia
erano in pericolo. Non era affatto felice di vedere Magnus sul campo
mentre rischiava di essere coinvolto in un conflitto a fuoco tra due
diversi fronti e doveva costantemente sopprimere l'impulso di
scendere giù e trascinarlo via di peso.
«
Alec, mi ricevi? »
Il
ragazzo si riscosse dai suoi pensieri, riportato con i piedi per
terra dalla voce di suo fratello, proveniente dalla ricetrasmittente
piazzata nel suo orecchio.
«
Sì, ci sono » replicò il moro in
risposta a Jace, in quel momento
nascosto nel magazzino in attesa di ricevere il segnale.
«
Come procede? »
Alec
sorrise lievemente nel sentire il tono impaziente di suo fratello.
Era
pronto a scommettere che lui più che ogni altro stesse
fremendo
dalla voglia di entrare in azione: Jace era nato per la battaglia,
per l'adrenalina dello scontro. « Ancora niente. Tenetevi
pronti,
potrebbero arrivare da un momento all'altro. » Chiuse la
comunicazione per tornare a concentrarsi sulla figura di Magnus.
Il
ragazzo se ne stava appoggiato con disinvoltura su di un muro
scrostato e scalcinato, scrutando l'ambiente circostante con aria
vigile.
A
vederlo così sembrava la persona più tranquilla e
rilassata del
mondo, ma Alec sapeva che dietro quella facciata di indifferenza si
nascondeva una buona dose di ansia e panico.
Non
che l'altro l'avrebbe mai ammesso, avrebbe rovinato la sua
reputazione di duro insensibile.
Alec
sospirò pesantemente, pregando mentalmente che tutto andasse
secondo
i loro piani. Non appena i due boss fossero arrivati a
destinazione, Robert e i suoi soldati avrebbero fatto irruzione sulla
scena. Magnus, non
essendo un militare addestrato, doveva allontanarsi il più
in fretta
possibile dallo scontro, in modo tale da non venirvi coinvolto. Meglio
per lui che seguisse alla
lettera quell'ordine, o quella volta davvero lo avrebbe ucciso con le
sue mani. Prima che potesse iniziare
un rapido ripasso delle tecniche da poter utilizzare per sbarazzarsi
una volta per tutte di un rompiscatole con impulsi suicidi, un grosso
camion giunse dalla strada laterale alla sua sinistra, per poi
fermarsi esattamente davanti all'edificio. Pochi istanti dopo, un uomo
dall'aspetto famigliare scese dal veicolo, rivolgendo a Magnus un
cenno di saluto. «
Jace, Headley è qui. »
Magnus
osservò Headley percorrere con passi decisi lo spazio che li
separava, raggiungendolo in una manciata di secondi, circondato dai
propri uomini.
Braxton,
di fianco, gli fece un cenno di saluto con la testa e Magnus dovette
ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non saltargli addosso e
ucciderlo con le sue mani.
Come
si permetteva di salutarlo dopo che aveva quasi fatto fuori il suo
bellissimo occhi blu? Se voleva che la sua pellaccia si salvasse
doveva stargli lontano.
Si
costrinse tuttavia a ricambiare il gesto per non dare nell'occhio: ci
mancava solo che ad un passo dalla vittoria rovinasse tutto.
«
Spero per te che si faccia vivo perché non ho tutto questo
tempo
libero. » proferì Headley, in tono imperioso.
Magnus
si morse la lingua per impedirsi di dar sfogo a tutte le sue
frustrazioni, mandando giù tutti gli improperi che avrebbe
voluto
rivolgergli.
Annuì
solamente, voltandogli le spalle e facendo qualche passo in avanti,
mentre Headley sussurrava qualcosa a Braxton.
Non
voleva più vedere le loro facce, sperava davvero avrebbero
avuto la
fine che meritavano.
Lanciò
un breve sguardo alla postazione di Alec, senza farsi vedere: sapere
che lui era lì, gli metteva una certa
tranquillità addosso.
Anche
se un minimo preoccupato lo era comunque; non tanto per se stesso,
quanto per Alexander.
Sapeva
che da soldato ben addestrato qual era non doveva temere per la sua
incolumità, e in ogni caso c'era la sua famiglia a coprirgli
le
spalle.
Tuttavia
non poteva non dar peso a quel senso di angoscia che si era insinuato
alla base del suo petto, come una pallottola nella carne.
Sospirò
passandosi una mano tra i capelli scuri, tirandoli indietro in un
gesto nervoso, ma che da fuori era sicuro sembrasse un gesto casuale.
Tornò
a rivolgere l'attenzione al suo già oramai ex capo, mentre
si
preparava mentalmente a seguire lo schema che gli era stato
illustrato, quando sul posto sarebbero giunti entrambi i pezzi
grossi.
E
oramai mancavano meno di cinque minuti prima dell'arrivo di Dixon.
O
almeno, sperava arrivasse, non era ancora ben sicuro che questi
mantenesse l'accordo prestabilito.
Era
un uomo impegnato e potente, non ci avrebbe messo molto a spostare
l'appuntamento, anche se stava aspettando questo carico da tempo.
Scosse
la testa, mettendo fine a quei pensieri negativi.
Osservò
il cielo annuvolarsi e non poté fare a meno di pensare a
quanto
rispecchiasse il suo umore in quel momento.
Se
fosse stato per lui avrebbe fatto fuori Headley e gli altri in quello
stesso istante, ma dopo non sarebbero mai riusciti a prendere Ezekiel
e i suoi.
In
realtà voleva solamente mettere fine a quella storia.
Per
una volta voleva essere così egoista da voler abbracciare la
felicità insieme al suo Alexander.
Per
una volta, voleva far in modo che andasse tutto bene nella sua vita.
I
suoi pensieri furono però interrotti quando colui che
stavano
aspettando, fece il suo ingresso con una moltitudine di uomini al suo
fianco.
È
ora.
Lanciò
uno sguardo all'ambiente dietro di sé, facendo un cenno con
la
testa.
Poi,
udì uno sparo provenire poco lontano da lui.
Si
guardò intorno cercando di capire chi avesse sparito a chi,
ma
l'unica cosa che notò fu uno dei tanti uomini di Ezekiel che
si
piegava su stesso con un braccio sanguinante.
In
un attimo scattò indietro, nascondendosi nel chiasso
generale che si
era creato e andando dove gli era stato ordinato di rifugiarsi.
Bene,
si dia inizio ai giochi.
Alec
ricaricò velocemente la pistola con un movimento fluido
dettato da
anni di esperienza, per poi tornare immediatamente dopo a
concentrarsi sullo scontro che stava avendo luogo pochi metri sotto
le sue scarpe.
Nel
preciso momento in cui anche Ezekiel era giunto sul posto affiancando
Magnus e Headley, il generale aveva dato ordine ai suoi uomini di
intervenire.
Nel
giro di pochi istanti si era scatenato un vero e proprio inferno, con
sparatorie e lotte all'ultimo sangue.
Alec
dalla sua postazione partecipava al suo meglio allo scontro,
abbattendo il maggior numero possibile di avversari.
Dopo
essersi accertato che Magnus avesse trovato riparo all'interno del
magazzino come gli era stato ordinato di fare, si era completamente
concentrato sul proteggere i suoi compagni d'armi, come loro si
aspettavano da lui.
Colpì
alla schiena due uomini - non avrebbe saputo dire se di Ezekiel o
Headley - che avevano cercato di darsi alla fuga approfittando della
confusione del momento.
Riuscì
a distinguere, al margine del suo campo visivo, suo padre ed Ezekiel
impegnati in uno scontro corpo a corpo.
Alec
non aveva il minimo dubbio su chi sarebbe stato il vincitore: Robert
era un combattente fenomenale e Dixon iniziava già a
mostrare i
primi cenni di cedimento.
Cercò
con lo sguardo sua sorella, per assicurarsi che se la stesse cavando
bene. Inutile a dirsi, la ragazza stava prendendo a calci il
poveretto capitato davanti a lei senza tanti complimenti.
Forza
sorellina.
Jace,
poco distante da lei, stava tenendo a bada tre uomini
contemporaneamente, con una semplicità disarmante.
Parava
i loro colpi con estrema naturalezza, senza il minimo sforzo, con lo
sguardo accesso di entusiasmo.
Beh,
almeno per lui non si doveva di certo preoccupare.
Sparò
ad un tizio basso e tarchiato che aveva cercato di attaccare Shane
alle spalle, colpendolo ad una gamba.
Il
biondo finì il lavoro mettendolo fuori combattimento, per
poi
rivolgere un cenno di ringraziamento ad Alec.
Le
cose stavano girando per il verso giusto, la maggior parte dei
colpevoli era già stata arrestata e i suoi uomini stavano
avendo la
meglio anche con i superstiti, quando una più che nota
chioma scura
attirò l'attenzione del moro.
Magnus.
Che
accidenti ci faceva in mezzo allo scontro, fuori dal suo
nascondiglio?
La
sorpresa durò poco, rimpiazzata dal panico più
totale: Russ era
dietro di lui e gli teneva una pistola puntata alla testa.
Per
l'angelo.
Alec
restò per alcuni istanti paralizzato sul posto, troppo
sconvolto e
scioccato per reagire con la sua consueta prontezza di riflessi.
Prima
che potesse davvero rendersi conto di quanto stesse succedendo, Russ
trascinò Magnus lontano degli altri, conducendolo dietro
l'angolo di
un edificio minore che un tempo doveva essere utilizzato come
deposito.
Erano
fuori dalla sua visuale.
Non
poteva intervenire, non da dove si trovava.
Valutò
all'istante la distanza che in quel momento lo separava da Magnus,
pensando a cosa avrebbe potuto fargli Russ prima che riuscisse a
raggiungerlo.
Fu
assalito dal terrore più assoluto, mentre una dolorosa
certezza si
insinuava nella sua mente.
Non
riuscirò ad arrivare in tempo.
«
Avanti,
muoviti. »
Magnus
represse l'impulso di imprecare malamente contro quel benemerito
cretino di Russ, che continuava a spintonarlo con malagrazia.
Doveva
ammettere che la gelida canna della pistola puntata alla sua nuca,
era un più che valido deterrente per il suo caratteraccio.
Quando
si era rifugiato in quel decadente magazzino, seguendo gli ordini che
gli erano stati impartiti - più che altro perché
temeva che occhi
blu lo avrebbe ucciso in caso contrario, che per un vero e proprio
senso del dovere - l'ultima cosa che si aspettava di vedere era Russ
che gli piombava addosso come una furia.
Qualsiasi
altra persona, dotata di un discreto quoziente intellettivo, avrebbe
approfittato della confusione per scappare.
Ma
evidentemente Russ era ancora più stupido di quanto
credesse, visto
e considerato che aveva preferito trascinarlo chissà dove
per
ottenere la sua vendetta.
Magnus
si guardò intorno studiando la zona, nella più
che remota
possibilità di trovare una via di fuga.
Lo
aveva trascinato dietro il piccolo edificio laterale, fuori dalla
portata dell'esercito.
Se
anche fosse riuscito a scappare senza beccarsi una pallottola nel
cervello, difficilmente sarebbe riuscito a raggiungere gli altri.
La
sua unica speranza a quel punto era che qualcuno, accortosi della sua
assenza, arrivasse ad aiutarlo.
Ma
erano tutti troppo impegnati nello scontro con gli uomini di Dixon ed
Ezekiel per rendersi conto della sua assenza.
A
quanto pare siamo arrivati alla fine dei giochi.
«
Segui
gli ordini fino alla fine, eh? Ma che bravo servetto che sei. »
esordì,
dando sfoggio di tutto il suo sarcasmo.
Se
proprio doveva morire, tanto valeva farlo con stile.
Russ
lo afferrò bruscamente per un braccio facendolo voltare,
colpendolo
subito dopo ad una tempia con il calcio della pistola.
Il
dolore esplose come un fuoco d'artificio nel retro delle sue
palpebre, lasciandolo stordito.
Quando
fu di nuovo in grado di percepire l'ambiente circostante, si rese
conto di trovarsi in ginocchio davanti ai piedi di Russ.
Alzò
lentamente lo sguardo, vedendo così, nonostante il sangue
che gli
colava sul viso, la canna della pistola a pochi centimetri dalla sua
testa.
È
finita.
Era
proprio un bello scherzo del destino il fatto che dovesse morire
proprio quando aveva finalmente trovato qualcuno a cui importasse
davvero qualcosa di lui.
Alexander.
Il
suo benissimo, leale e dolce Alexander.
Avrebbe
voluto avere la possibilità di sfiorare il suo viso
un'ultima volta,
di provare quella sensazione di pace e protezione che le sue braccia
sapevano donargli prima di andarsene.
Ma
più di ogni altra cosa sentiva il bisogno bruciante di
rassicurarlo,
di fargli sapere che non era sua la colpa se era finita in quel modo
e che, nonostante tutto, era felice della decisione che aveva preso.
Valeva
la pena di essere inerme ed indifeso, inginocchiato su un sudicio
selciato; almeno era certo che né gli uomini di Headley
né quelli
di Dixon avrebbero più potuto fare del male al suo occhi
blu.
Solo
alcuni mesi prima Magnus non avrebbe mai creduto possibile di essere
in grado di amare qualcuno al punto tale da voler dare la sua vita
per lui.
E
invece eccolo lì, a morire in pace sapendo che Alec sarebbe
stato al
sicuro. Richiamò alla mente il viso di Alexander, il suo
sorriso.
Se
doveva dire addio al mondo, voleva farlo aggrappandosi a
quell'immagine. Chiuse gli occhi, pronto a quanto stava per accadere.
Per
alcuni istanti non vi fu alcun rumore a turbare la quiete di quella
squallida strada.
Poi
uno sparo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Epilogo ***
Epilogo.
Alec
spinse il cancello dell'entrata del cimitero, stringendosi di
più
nel cappotto per ripararsi dall'aria gelida.
Percorse
lentamente il sentiero alla sua destra cosparso da ciottoli, ormai
estremamente familiare dopo tutto quel tempo.
Erano
difatti passati quattro anni dalla sua morte, ed ogni prima domenica
del mese aveva preso l'abitudine di recarsi alla sua tomba.
Dopo
pochi minuti si inginocchiò lentamente di fronte alla sua
lapide,
sforzandosi di ignorare il fastidioso nodo che gli stringeva la gola.
Fece
scorrere un dito sulle linee del suo nome, poggiando poi la mano
sulla M.
Come
ogni volta, fu assalito dal rimpianto e dalla tristezza.
Passato
il dolore iniziale, col tempo e con l'aiuto delle persone a lui
più
vicine era riuscito a capire che la sua morte non era stata una sua
responsabilità, che nessuno avrebbe potuto fare niente per
impedirlo, nemmeno lui.
Nonostante
ciò, non riusciva a scrollarsi completamente di dosso il
senso di
colpa per non aver fatto abbastanza, per non essere arrivato in
tempo.
Si
ritrovò a pensare a tutto quello che era successo, cercando
di
capire cosa avrebbe potuto fare per evitare che si arrivasse a tanto,
se c'era qualcosa nelle sue azioni che avrebbe potuto cambiare per
impedire che ciò si verificasse.
Avrebbe
tanto voluto avere una risposta a quella domanda, ma non l'avrebbe
mai trovato.
Strinse
gli occhi per evitare che le lacrime gli scorressero sul viso: aveva
già pianto abbastanza, e di sicuro non l'avrebbe voluto
vedere così
fragile.
Una
mano gli strinse delicatamente la spalla, distraendolo da quei cupi
pensieri.
Sorrise
lievemente, sapendo già chi era senza bisogno di voltarsi.
«
Tutto bene? »
Alec
annuì appena, alzando lo sguardo per incrociare quelle iridi
verdi
che tanto amava.
Magnus
lo scrutava con un'espressione preoccupata, le sopracciglia appena
corrugate in una smorfia che metteva ancora in più in
evidenza la
cicatrice bianca, regalo di Russ.
Ogni
volta che Alec si ritrovava ad osservare quella piccola imperfezione
sul viso altrimenti perfetto del ragazzo, non poteva fare a meno di
ripensare a quanto era stato vicino dal perderlo per sempre.
Dopo
aver visto Russ che lo trascinava via, si era catapultato verso le
scale il più velocemente possibile, per poi correre come non
aveva
mai fatto in tutta la sua vita.
Per
alcuni interminabili istanti di terrore aveva creduto di non farcela,
di non riuscire ad arrivare prima che fosse troppo tardi.
Quando
aveva svoltato l'angolo, Magnus era in ginocchio di fronte a Russ,
con il sangue che gli imbrattava il viso e una pistola puntata alla
testa.
Non
c'era stato tempo per avvicinarsi ulteriormente, né tanto
meno di
fermarsi per prendere la mira; lasciando che fossero gli anni di
pratica e di allenamento a guidare la sua precisione, aveva alzato la
pistola, sparando dritto verso Russ.
Aveva
tirato un respiro di sollievo solo quando aveva visto l'uomo
accasciarsi al suolo con una chiazza vermiglia che si estendeva al
centro del petto, lasciando Magnus vivo e quasi totalmente illeso.
L'espressione
di meraviglia, riconoscenza ed amore che il ragazzo gli aveva rivolto
una volta aperti gli occhi e capito quanto era successo, sarebbe
rimasta impressa nella sua mente fino alla fine dei suoi giorni.
Dopo
aver stretto Magnus in un abbraccio ed essersi assicurato che stesse
bene, lo aveva portato verso il vecchio deposito dove, oramai, lo
scontro doveva essersi concluso.
Due
uomini stavano tenendo un Ezekiel a dir poco infuriato, mentre
Headley stava guardando con espressione allibita Braxton ridotto ad
un ammasso sanguinolento di carne.
Alec
scioccato almeno quanto l'uomo da quella scena, aveva fatto scorrere
lentamente lo sguardo sui presenti, più che curioso di
sapere chi
fosse stato l'artefice di quel capolavoro.
La
sua attenzione venne ben presto attirata da Isabelle e Shane: la
ragazza studiava con la massima naturalezza le sue mani chiazzate di
rosso sulle nocche, mentre l'altro faceva il possibile per non
incrociare lo sguardo del moro.
Bingo.
Per
un attimo, al pensiero di sua sorella ed il suo migliore amico che si
accanivano insieme su Braxton aveva quasi provato pena per quel
poveretto.
Quasi.
Poco
dopo tutti gli uomini di Headley ed Ezekiel ed i rispettivi capi
erano stati trascinati in prigione, dove avevano atteso di essere
sottoposti al processo: tra l'accusa di traffico d'armi e tutti gli
omicidi di cui potevano essere accusati, nessuno di loro avrebbe
rivisto tanto presto la luce del sole.
Anche
Magnus era stato ascoltato dal giudice che, tenendo conto del fatto
che la sua collaborazione era stata fondamentale per sgominare la
banda, aveva optato per due anni di libertà vigilata.
Tutto
sommato se l'era cavata discretamente bene.
Lontano
da cattive influenze e dalla convinzione di essere indegno di vivere
in mezzo a delle persone "per bene", il ragazzo aveva
trovato un vero lavoro che non implicasse lo svolgimento di azioni
illegali e aveva abbandonato completamente la strada della
criminalità.
Non
che Alec gli avrebbe mai permesso il contrario, ovvio.
E
considerando che si era trasferito a casa sua non appena tutta
quell'assurda faccenda si era conclusa, il moro non aveva avuto alcun
problema ad assicurarsi che rigasse dritto.
«
Alexander?
Mi ascolti? »
Alec
scosse appena la testa, sforzandosi di tornare con i piedi per terra.
Il
suo ragazzo lo guardava con un'espressione perplessa stampata in
volto, probabilmente chiedendosi cosa gli stesse passando per la
mente.
Alec
replicò
con un piccolo sorriso imbarazzato, passandosi una mano tra i
capelli. Poi, dando un ultimo sguardo alla tomba di sua madre, si
alzò in piedi trascinando Magnus con sé.
«
Vieni
Mags, andiamo a casa. »
Magnus
si svegliò improvvisamente, sbattendo le palpebre per
cercare di
calmarsi.
Lanciò
uno sguardo alla sveglia posta al lato della sua testa, che
lampeggiava le quattro e mezza di notte.
Sospirò
passandosi una mano tra i capelli scuri e trascinandosi a sedere.
Gli
capitava ormai spesso di svegliarsi nel cuore della notte, con il
pensiero che tutto ciò che gli era accaduto fosse solo
l'ennesimo
sogno di una vita perfetta.
Abituato
a trovarsi in continuo pericolo di vita, convinto di non meritare
nulla di buono, ancora non riusciva a credere a come la sua esistenza
era stata improvvisamente stravolta in meglio.
A
ripensarci gli venne da ridere.
Più
volte aveva cercato di allontanarsi dall'unico che pensava potesse
salvarlo, facendo il possibile per proteggerlo da sé stesso;
adesso
non riusciva nemmeno lontanamente ad immaginare di non avere il suo
bellissimo cavaliere al suo fianco.
Ancora
si chiedeva come fosse possibile che un ragazzo così bello,
dolce e
buono, avesse scelto proprio lui per accompagnarlo passo dopo passo
nel lungo percorso che era la vita.
Avrebbe
potuto avere di meglio senza alcun dubbio, ma ogni volta che gli
manifestava i propri dubbi al riguardo, Alec gli rispondeva che il
meglio era proprio lì al suo fianco, e che non avrebbe
voluto nessun
altro che non fosse lui.
Si
mosse piano sul letto, girandosi per guardarlo in viso.
I
suoi stupendi occhi azzurri erano nascosti dietro le palpebre chiuse,
in un'espressione così innocente che provocò una
capriola nel cuore
di Magnus.
La
bocca rosea e che tanto gli piaceva baciare era leggermente
socchiusa, il respiro regolare e tranquillo.
Con
una dolcezza che non credeva nemmeno di possedere, gli passò
delicatamente una mano tra i riccioli corvini, beandosi della loro
soffice consistenza.
Amava
farlo, gli trasmetteva un senso di tenerezza.
Poi,
gli accarezzò una guancia, il tocco leggero come polvere.
Lo
amava così tanto e così intensamente da temere
che un giorno o
l'altro il cuore gli sarebbe esploso, incapace di contenere oltre
quel sentimento.
Si
avvicinò lentamente, nascondendosi nel suo abbraccio e
intrecciando
dolcemente le gambe alle sue.
Le
punte dei loro nasi si sfiorarono appena, e fu sufficiente per
mandarlo in subbuglio.
Che
incantesimo mi hai fatto occhi blu?
Sorrise,
lasciandogli un leggero bacio sulla punta del naso, mentre con un
mano lo stringeva più a sé.
Alec
emise un rantolio non ben identificato, stringendo gli occhi prima di
cominciare ad aprirli lentamente.
Quando
le sue pupille misero a fuoco le iridi verdi di Magnus sorrise,
richiudendo gli occhi.
«
Mags, è ancora presto, dormi. »
lo pregò dolcemente, la voce tipicamente roca di una persona
appena
sveglia.
Magnus
gli si strusciò addosso, dandogli un altro leggero bacio,
questa
volta sulle labbra.
«
Ti amo, Alec. » gli disse.
L'altro
lo guardò di nuovo, e Magnus poté bearsi della
vista di quel
fantastico mare in tempesta che non faceva altro che sconvolgerlo.
Alec
gli passò una mano sulla guancia, guardandolo con occhi
innamorati:
«
Ti amo anch'io, principessa. »
Magnus
rise, accoccolandosi meglio tra le sue braccia e ispirando quel suo
profumo al sandalo che tanto amava.
Alec
lo strinse a sé, lasciandogli un tenero bacio tra i capelli.
Perché
era così tra di loro: in quei piccoli attimi di pura
intimità, non
potevano non pensare al fatto che bastava stare insieme, per essere a
casa.
Che
bastavano solo loro.
E
il loro amore.
E.. fine.
Già, alla fine anche questa storia si è conclusa
e ci dispiace anche un bel po', ci eravamo molte affezionate!
Non sappiamo bene come ringraziarvi, ma vorremmo farlo un@ per un@ per
averci seguito capitolo dopo capitolo, arrivando fin qui. Per noi
è davvero molto, grazie. <3
Se fosse per noi staremmo qui fino a mattina a dirvi grazie per averci
sostenuto, aprezzato e fatto presente il proprio parere positivo e
negativo che sia stato. Ma purtroppo non ci pare il caso xD
Per l'ennesima volta, davvero grazie per averci seguito, speriamo che
questa storia sia stata di vostro gradimento, noi vi mandiamo un grosso
bacione! <3
Alla prossima(speriamo!)! <3
Bye! <3
Gruppo facebook ------> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3512606
|