Who are you?

di RiverWood
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1.1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1.2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14. ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16. ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18. ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1.1 ***


Who Are You? 


Note introduttive:
Saaaalve a tutti. Bene, da dove iniziare? Partiamo da qui: questa storia non mi appartiene, è tratta/ispirata/rivisitata dal libro “Every Day” (Ogni Giorno) di David Levithan.
Ieri, rispolverando la mia preziosa libreria mi sono imbattuta nuovamente in questo piccolo capolavoro. Okay, forse definirlo capolavoro è un po’ esagerato, ma ognuno trae dai libri la propria bellezza, suppongo.
Posso solo dirvi che sono tanto, davvero troppo, innamorata di quel libro e, sebbene dopo la prima lettura non mi abbia fatto pensare ad una sua rivisitazione in chiave Camren; dopo ieri, assolutamente sì. Diciamo pure che questo è un mio umile omaggio ad uno scrittore che adoro.
I personaggi non mi appartengono, né quelli descritti nella storia, né i personaggi del libro.
Bene, che altro dirvi? Nulla, altrimenti mi dilungherei un po’ troppo. Vi lascio alla lettura del primo capitolo e ci rivediamo sotto per altri chiarimenti sulla storia/curiosità/simili.
 
“Who are you today?
‘Cause I am still the same.”
 
 
CAPITOLO 1.1
 
Non ho mai pensato che un giorno, un solo giorno, nella vita di qualcuno potesse mai fare così tanto la differenza. Voglio dire, possono succedere tante cose in un giorno, ci s’innamora nella frazione di un secondo ma ci si conosce davvero in un lungo arco di tempo. Ci si ferisce o si combinano guai in pochi attimi, ma ci vuole del tempo per perdonarsi.
Tempo.
Questa parola non mi è mai sembrata tanto inquietante e bella nello stesso momento.
Cos'è il tempo dopotutto? Convenzione instaurata dagli uomini o qualcosa di sempre esistente?
E quanto è lungo il tempo?
A volte, soltanto un secondo.
 
Quel giorno, è stato quello il giorno che ha cambiato per sempre la mia esistenza.
Perché esistenza e non vita? Perché io non ho una vita. Non una mia vita. Potrei piuttosto dire che prendo in prestito quella degli altri.
Ma questa è una storia più lunga e complicata.
 
Vi spiacerebbe se partissi dall'inizio?
 
Bene. Partiamo da quel giorno allora.
 
Giorno 5994.
 
Mi sveglio.
Devo immediatamente capire chi sono. E non mi riferisco solo al corpo. Non basta aprire gli occhi e scoprire se la carnagione del mio braccio è chiara o scura, se ho i capelli lunghi o corti, se sono grassa o magra, se effettivamente sono una ragazza o un ragazzo, se ho cicatrici o una pelle liscia e vellutata. Il corpo è la cosa più semplice cui adattarsi quando si è abituati ad averne uno nuovo a ogni risveglio. È la vita, il contesto attorno al semplice corpo fisico, che a volte è difficile da comprendere.
Ogni giorno sono una persona diversa. Sono me stessa- so di essere me stessa – ma nello stesso tempo sono qualcun altro.
È sempre stato così.
 
Le informazioni di cui ho bisogno sono lì che mi aspettano. Mi sveglio, apro gli occhi, mi rendo conto che questo è un nuovo mattino, un nuovo posto.
Ecco affiorare i dettagli biografici, un regalo di benvenuto da parte di quell'angolo della mente che non mi appartiene davvero.
Oggi sono Austin. Non so come, ma lo so. Mi chiamo Austin. Allo stesso tempo, però, so di non essere davvero Austin.
Mi limiterò a prendere in prestito la sua vita per un giorno.
Con un'occhiata capisco di trovarmi nella sua camera. Questa è casa sua. La sveglia si disattiverà fra sette minuti esatti. Capisco senza troppe cerimonie che Austin non è esattamente il tipo da svegliarsi prima ma oggi Austin è me – o meglio, io sono lui – e la prima incongruenza che apporto nella sua vita sono i sette minuti della sveglia in anticipo.
Non sono mai la stessa persona due volte, ma in passato sono già stata un tipo simile ad Austin: vestiti sparsi dappertutto e molti più videogiochi che libri.
Austin dorme in boxer, fuma, a giudicare dal sapore che ha in bocca, ma non tanto da desiderare una sigaretta appena sveglio.
<< Buongiorno, Austin >> dico per ascoltare il suono della sua voce, e forse anche in modo autoironico. Per oggi appartieni a me, Austin. Spiacente se non sei esattamente d'accordo.
Il suo tono è basso. La voce nella mia mente è sempre diversa.
Austin non è il tipo da prendersi molta cura di sé. Il cuoio capelluto prude e mi da una mezza idea di una doccia prima di andare a scuola.
Gli occhi faticano a restare aperti. Capisco che non aver dormito molto ieri notte.
Ho già la sensazione che questa giornata non mi piacerà.
 
Quando capito nel corpo di qualcuno che non mi va a genio, devo comunque rispettarlo, per quanto sia difficile.
In passato ho rovinato la vita ad alcune persone, e ho scoperto che ogni errore commesso finisce poi per tormentarmi anche se non sarò mai più quell’individuo e non saprò le reali conseguenze, a lungo termine o meno, del mio gesto. Perciò cerco di fare attenzione.
 
Inesperienza, direte?
 
Mi dispiace deludervi, ma non sono così gentile con me stessa.
 
Per esperienza posso dire che abito sempre individui della mia età. NonPASSO da un sedicenne a un sessantenne; al momento ci sono soltanto sedicenni, quindi immagino che questa debba essere la mia età.
Non so di preciso come funzioni o perché, ho smesso di domandarmelo da un bel pezzo.
Non credo che arriverei comunque mai a capirlo, così come chiunque altro non capirà mai del tutto la propria vita. Insomma, dopo un po' non resta che accettare pacificamente che si esiste.
E la routine continua senza fermarsi.
Non c'è modo di comprenderne la ragione, si possono avere delle teorie, ma non si potrà mai contare su una reale prova tangibile.
 
Che altro dire di me quando non ho un corpo da definire? Oh, abbiamo appena cominciato.
 
Ho accesso ai fatti, non ai sentimenti. Per capirci: so che questa è la stanza di Austin, ma non so se a lui piaccia o meno, ha in mente di uccidere la madre nella camera qui affianco o si sentirebbe perso se lei non entrasse come al solito per assicurarsi che sia sveglio?
Proprio non posso saperlo.
È come se una precisa parte di me andasse a sostituire quella stessa precisa parte della persona in cui mi trovo; e anche se sono felice di poter continuare a ragionare con la mia mente, un indizio su come ragiona l'altro ogni tanto tornerebbe utile.
Custodiamo tutti dei misteri, specie se ci osserviamo da dentro.
 
Oh a proposito, la sveglia ha suonato alla fine, e in questo preciso momento ha smesso.
Sette minuti, ripenso. Sette minuti nel corpo di Austin.
Non che conti il tempo realmente, sono solo ventiquattr'ore.
Sempre ventiquattr'ore.
 
Recupero una maglia e un paio di jeans, ma qualcosa mi dice che ho scelto la stessa maglia che Austin indossava ieri.
Nessun rimasuglio di ieri? No... non ancora.
Ne prendo un'altra, porto i vestiti in bagno e dopo la doccia li indosso.
La madre di Austin è in cucina. Lei non immagina che qualcosa sia cambiato.
Punto per me. Non posso lasciare che gli altri se ne accorgano, non è la mia vita.
Sedici anni sono un bel po' di tempo per fare pratica e di regola non commetto errori. Non più.
È facile decifrare sua madre. Di mattina Austin non parla molto, quindi non sono tenuta a farlo. Ormai sono diventata piuttosto brava a intuire le aspettative o l’indifferenza altrui, per cui non sono affatto sorpresa quando mi rivolge un breve sorriso come buongiorno ma resta in silenzio.
Butto giù un paio di cucchiaiate di cereali, abbandono la tazza nel lavello senza risciacquarla, - Austin non è solito fare nemmeno questo – recupero le chiavi della sua auto ed esco.
 
Ieri ero una ragazza di una città a due ore da qui, il giorno prima un ragazzo a tre ore di distanza da lei. Inizio già a dimenticare i dettagli delle loro vite. Devo farlo, altrimenti non ricorderei chi sono davvero io. L’unica cosa importante di cui ho certezza.
 
L’autoradio di Austin è sintonizzata su una pessima stazione che trasmette pessima musica dove i deejay fanno pessime battute nel tentativo di tirare mezzogiorno.
Preferirei decisamente della buona musica, qualsiasi genere andrebbe bene, ma della musica; una delle poche cose che potrebbe migliorare l’inizio di questa giornata.
Non mi serve sapere altro, davvero.
Accedo alla mente di Austin solo per capire quale strada prendere per arrivare a scuola, dove parcheggiare, a quale armadietto andare, la combinazione e i nomi degli studenti che riconosce nei corridoi.
A volte non riesco proprio a sostenerla questa trafila: mi manca la voglia di andare a scuola e di capire come fare per arrancare a sera. In quei casi dico semplicemente che non mi sento bene e rimango a letto, a leggere un po’. Ma anche questa routine col procedere può diventare noiosa e la prospettiva di una nuova scuola, nuovi amici per un giorno, torna a intrigarmi.
Ma è tutto lì. Per un giorno.
 
Accedo nuovamente alla mente di Austin per sapere quali libri prendere dall’armadietto quando avverto una presenza. Mi volto e mi ritrovo davanti ad una ragazza trasparente: esitante e in attesa, nervosa e adorante. Questa volta non mi serve un accesso per capire che è la ragazza di Austin. Nessun altro reagirebbe così di fronte a lui. È carina, ma non se ne rende conto; nasconde il viso dietro i lunghi capelli castani all’apparenza morbidi, è un po’ felice e un po’ no di vedermi.
Si chiama Camila e per un istante – appena la frazione di un secondo- penso che sì, è il nome appropriato. Non so perché, non la conosco, eppure mi sembra appropriato.
Non si tratta di un pensiero di Austin. È mio e provo a ignorarlo. So che non è con me che Camila vuole parlare.
<< Ehi >> dico con estrema disinvoltura.
<< Ehi >> mormora lei di rimando.
Tiene gli occhi bassi, puntati sulle sue Converse: le ha personalizzate, disegnando attorno alle suole il profilo di una città, hanno la punta un po’ rovinata e scura ma non ci faccio troppo caso.
Tra lei e Austin è successo qualcosa, ma non so bene cosa, la mente di Austin non mi aiuta.
Probabilmente, decreto, è qualcosa di cui Austin non si è nemmeno accorto.
<< Tutto bene? >> chiedo.
Per quanto si sforzi, Camila non riesce a mascherare il suo stupore. Non è una domanda che Austin le pone spesso.
Punto in meno per me.
Attenta L.
Sapete cosa? Non m’importa: anche se è strano, voglio saperlo davvero, e il fatto che ad Austin non interesserebbe me lo fa desiderare ancora di più.
<< Certo >> risponde lei, nient’affatto sicura.
Trovare il suo sguardo è difficile. Per esperienza so che ogni ragazza dall’aria qualunque custodisce dentro di sé una verità decisiva. Camila sembra nascondere bene la propria, ma vorrebbe che io la notassi. Meglio, vorrebbe che Austin la notasse.
Quella verità è lì, poco fuori dalla mia portata. Un suono che aspetta di essere articolato in una parola.
 
Camila è così triste che non si accorge nemmeno di quanto sia evidente la sua infelicità. La capisco, per un solo istante mi faccio forte di quella pretesa; poi però da dentro quella tristezza brilla un sorprendente lampo di determinazione. Oserei definirlo d’impavidità.
Alza gli occhi da terra e incrocia il mio sguardo.
 
<< Ce l’hai con me? >> chiede.
 
Non mi viene in mente nessuna ragione plausibile per essere avercela con lei, semmai con Austin poiché la tratta in questo modo.
Il linguaggio corporeo di Camila non fa che sottolineare la crescente mortificazione di quel qualcosa che ancora mi sfugge.
Quando è in compagnia di Austin, questa ragazza rimpicciolisce.
 
<< No, per niente >> rispondo.
 
È ciò che vuole sentire, ma non mi crede. Le sto offrendo le parole giuste, ma è sospettosa quasi temesse una minaccia celata dietro esse.
Non sono affari miei. Lo so. Me lo ripeto. Ancora.
Sei qui solo per un giorno L.
Sono qui solo per un giorno, continuo a dirmi.
Non posso risolvere i problemi del fidanzato di chiunque mi capiti a tiro, non posso – non dovrei – alterare la vita di nessuno.
Lo so.
 
Distolgo lo sguardo da Camila, recupero i libri che mi servono e chiudo l’armadietto.
Dovrebbe essere semplice, automatico. È tutt’altro.
 
Camila non si muove, paralizzata dalla profonda e disperata solitudine di una pessima relazione.
 
<< Hai ancora voglia di pranzare con me, oggi? >> chiede quasi timorosa.
 
Risponderle di no renderebbe le cose più semplici, più automatiche appunto. Mi succede spesso: quando la vita dell’altra persona inizia a risucchiarmi, io mi precipito nella direzione opposta.
Eppure c’è qualcosa in Camila, qualcosa nel modo di fare, di parlare, di guardarmi persino, che ha ormai acceso in me la voglia di scoprire quale sia la parola che darà forma a quel suono. Spero inconsciamente che smetta di essere soltanto un suono.
Nel corso degli anni ho incontrato moltissime persone senza arrivare a conoscerle davvero, e invece stamattina, in questa stupida scuola, alla presenza di questa ragazza, avverto il più languido dei richiami: voglio sapere. Devo sapere.
 
In un momento di debolezza e di audacia, decido di assecondare quel richiamo.
 
<< Certo, è perfetto! >> esclamo.
Nuovamente decifrare Camila è semplicissimo: mi sono mostrata troppo entusiasta. Austin non è mai o quasi entusiasta.
 
<< Sembra okay >> aggiungo.
 
È sollevata o quel tanto che è disposta a concedersi. È una forma di sollievo molto prudente, come se dovesse contare le parole, i passi e le emozioni quando è in presenza di Austin.
 
Accedo in lui e scopro che stanno insieme da un anno e qualche mese. Niente di più. Austin non è il tipo da ricordare date precise, come conferma la sua memoria.
 
Camila mi prende per mano ed è una sensazione davvero bella, davvero non me l’aspettavo.
 
<< Sono felice che tu non sia arrabbiato con me. Voglio sul serio che vada tutto bene. >>
 
Annuisco senza dire altro. Se la vita mi ha donato un insegnamento che posso portare con me, nonostante cambi persona ogni giorno, è che ognuno di noi desidera che tutto vada bene; non ci spingiamo ad immaginare qualcosa di fantastico, incredibile o strabiliante il più delle volte, ci accontentiamo che tutto vada perché quel bene è già abbastanza.
 
La campanella della prima ora suona e spezza il momento.
 
<< A dopo >> dico.
 
È una promessa elementare, quasi scontata per molti, ma agli occhi di Camila rappresenta il mondo.
 
In principio era difficile vivere senza instaurare legami duraturi e senza mai poter incidere sulla vita degli altri. A lungo andare ti fa convincere di essere impotente sotto ogni aspetto, come se ti mancasse qualcosa di indispensabile.
Anni fa desideravoAMICIZIA e intimità, mi gettavo a capofitto nelle relazioni senza preoccuparmi di quanto in fretta e drasticamente si sarebbero concluse.
Senza considerare i risvolti che avrebbero avuto sulla vita degli altri. Prendevo sul personale delle vite che non mi appartenevano. M’illudevo che i loro amici e i loro genitori potessero essere i miei e vivere con così tante separazioni mi faceva sempre a brandelli il cuore.
Vagabondo e, anche se la mia condizione alquanto singolare comporta un certo grado di solitudine, mi regala anche un notevole senso di libertà. Non sarò mai costretta a definire me stessa partendo da qualcun altro, non soffrirò mai la pressione delle occhiate, il fardello delle aspettative dei familiari.
 
Ai miei occhi ogni individuo è come la parte di un tutto ed io posso concentrarmi su quel punto meglio di chiunque altro. Non sono accecata dal passato, né motivata dal futuro. Preferisco concentrarmi sul presente, devo farlo perché è la sola dimensione che sono destinata a vivere.
 
Imparo. Uno dei grandi vantaggi è che posso imparare qualcosa di nuovo, capita che mi venga insegnato qualcosa che mi è già stato spiegato decine e decine di volte ma accedendo a un corpo, una mente, scopro quali informazioni vi sono custodite, e anche se non mi è permesso arrivare ai sentimenti di quella persona, imparo.
La conoscenza è l’unica cosa che mi è concesso tenere con me quando vado via.
 
Conosco parecchie cose che Austin ignora e che, magari, non imparerà mai.
Scrollo le spalle fra me e me: non è un mio problema.
Mi siedo al suo banco per l’ora di matematica, apro il suo quaderno pieno di appunti e numeri e dopo aver cercato una pagina bianca scrivo alcune frasi che Austin non ha mai avuto occasione di ascoltare.
Shakespeare, Kerouac, Dickinson.
Domani, un giorno o magari mai, Austin si ritroverà davanti queste citazioni scritte di suo pugno, e si domanderà da dove provengano e di chi siano.
L’ho già detto di aver capito esattamente che tipo è? Bene.
Questa è l’unica interferenza che posso permettermi nella sua vita. Tutto il resto non deve lasciare traccia del mio passaggio.
 
Note conclusive:
Oooookay, e questo era il primo capitolo :’) in realtà nel libro è decisamente più lungo ma io ho deciso di spezzarlo, quindi il secondo riprenderà esattamente dove questo si è fermato.
Andiamo con qualche curiosità?
1. Nel libro il vero “nome” del protagonista è A, mentre qui (come avrete già avuto modo di notare) è L.
2. Motivazione? Beh questa è semplice, sembra abbastanza ovvio ma la storia è/sarà dal punto di vista di Laur- no, di L :’) Lo so che sembra un tantino complicato da capire ma cercherò di essere abbastanza chiara: L non è Lauren, anche se convenzionalmente io ho immaginato la sua presenza come quella di Lauren. L è L… vi assicuro che capirete tutto e meglio più avanti.
3. Nel libro sono sporadiche le parti in cui A fa riferimento a se stesso con il femminile, mentre qui probabilmente sarà l’opposto. Inizialmente avevo pensato di alternare a capitoli i riferimenti al maschile e al femminile per L, ma ho avuto paura che si potesse creare troppa confusione.
4. È probabile (anche se non certo ancora) che lungo il corso della storia io possa inserire dei capitoli o/e delle parti che effettivamente non sono presenti nel libro. Beh, nel caso di capitoli interi v’informerò nelle note iniziali.
Beeeene, per il momento mi fermo qui, ma se avete delle domande o delle semplici constatazioni sulla storia sarò felice di rispondere :’)

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Capitolo 2
*** Capitolo 1.2 ***


CAPITOLO 1.2
 
Camila è ancora con me. Alcuni dei suoi particolari di questa mattina, intendo. Molti invece derivano dalla memoria di Austin. Piccole cose, come la piega naturale dei suoi capelli, quel modo di torturarsi le unghie, la sua voce carica di arrendevolezza e determinazione al tempo stesso.
Altri dettagli casuali.
La vedo ballare con il nonno di Austin, che aveva chiesto di poter danzare con una bella ragazza; la vedo coprirsi gli occhi durante un film dell’orrore e sbirciare attraverso gli anfratti delle dita per godersi comunque i brividi della paura.
Sono i ricordi belli, appuro. Non voglio guardare gli altri.
Prima dell’ora di pranzo riesco ad incrociarla soltanto una volta ed è un incontro frettoloso in corridoio. Lei si avvicina, io mi ritrovo a sorriderle, Camila ricambia e abbassa appena lo sguardo.
Semplice e complicato, come gran parte delle cose vere.
Mi trovo a desiderare di vederla alla fine di ognuna delle ore successive e sento di non essere davvero padrona dei miei istinti.
Voglio vederla. Semplice e complicato.
 
A metà giornata sono esausta, vuoi per colpa del poco riposo di Austin, vuoi perché i pensieri che affollano la mia mente non mi danno pace.
Aspetto Camila all’armadietto e sento suonare la campanella due volte.
Lei non c’è. Forse non era esattamente questo il luogo dell’appuntamento. Forse Austin l’ha dimenticato e neanche accedere in lui mi servirebbe.
Ma quando ormai sono sul punto di rinunciare, è lei a trovarmi, dev’essere abituata alla sbadataggine del suo ragazzo.
 
Camila si avvicina più di quanto non abbia fatto la prima volta.
 
<< Ehi >> dico.
<< Ehi >> ripete lei.
 
Mi studia come se fosse in attesa di qualcosa ed è lì che capisco: è Austin a prendere l’iniziativa, lui a decidere per entrambi, lui a saper sempre cosa fare.
Non riesco a fare a meno di pensar che sia altamente deprimente. L’ho visto succedere troppe volte, davvero.
La devozione incondizionata verso quella persona, perché non possiamo farci nulla, è vero… tollerare la paura di essere con la persona sbagliata per non affrontare quella di essere soli.
Una speranza colorata dal dubbio e viceversa.
 
Nonostante riconoscere un simile sentimento sul viso di qualcuno mi sconforti, i lineamenti di Camila non comunicano semplice delusione. Riescono anche a trasmettere dolcezza, una di quelle che Austin non arriverà mai a cogliere e apprezzare.
Per me si riflette come acqua limpida, ma nessun altro sembra notarla.
 
La frazione di tempo di posare i libri nell’armadietto e le vado incontro, le appoggio la mano con delicatezza sul braccio. Non sto riflettendo sulle mie azioni, mi limito ad eseguire ciò che gli impulsi comandano.
 
<< Andiamo da qualche parte. Dove hai voglia di andare? >> chiedo improvvisamente dal nulla.
 
Sono abbastanza vicina da notare che Camila ha gli occhi color del cioccolato intenso e sono ipnotici; abbastanza vicina da rendermi conto che nessuno si avvicina mai abbastanza da notarlo.
 
<< Non lo so >> risponde incerta.
 
La prendo per mano.
 
<< Andiamo via da qui >> replico.
 
Adesso non sono irrequieta o tormentata da pensieri: adesso sono solo avventata.
Camminiamo mano nella mano, poi corriamo, ci abbandoniamo alla sensazione vertiginosa di tenere ilPASSO dell’altro. Il mondo attorno a noi non è altro che una ripetizione d’immagini fuori fuoco.
Lasciamo i libri di Camila nel suo armadietto e continuiamo a correre, è solo una breve pausa.
Finalmente la sento ridere per la prima volta, c’è allegria in quel suono e ho immediatamente voglia di sentirlo ancora.
Fuori la giornata è calda e il sole ci picchia addosso riscaldandoci. Respiriamo a pieni polmoni e tutto sembra meno opprimente.
Saliamo a bordo dell’auto di Austin ed è in quel momento che inizio ad infrangere tutte le regole, partendo dalla chiave inserita nel quadro di accensione.
 
<< Dico davvero Camz, dove ti piacerebbe andare? >> domando di nuovo.
 
Non mi accorgo nemmeno di aver utilizzato un diminutivo, ma Camila lo fa. Mi guarda con sorpresa negli occhi e mi studia per qualche secondo, so che sta cercando di cogliere cosa ci sia di diverso, da dove provenga questo mio comportamento improvviso.
Il punto è proprio questo: è mio. Non di Austin. Mio.
Mi mordo il labbro inferiore e mi ritrovo a pensare quanto tutto dipenda dalla sua risposta: se dicesse, andiamo al centro commerciale o portami a casa tua o, ancora, che non vorrebbe perdere la lezione della sesta ora, mi disconnetterei all’istante.
Non è la prima volta che mi capita di sbagliare nella considerazione di una persona, ma percepisco anche quanto sarei irrimediabilmente dispiaciuta se Camila si dimostrasse tale.
 
Lei scrolla le spalle e distende le labbra in un sorriso sincero.
 
<< All’oceano. Portami all’oceano >> risponde dopo quella che sembra un’eternità.
 
Eccola la connessione che aspettavo tra di noi.
 
Impieghiamo un’ora per arrivare e nel frattempo ci godiamo semplicemente il panorama nei dintorni, è quasi autunno ormai.
Lascio che sia Camila ad occuparsi della radio e nuovamente la mia libertà concessa le appare nuova. Non voglio davvero riascoltare nemmeno per un attimo la pessima stazione preferita di Austin, e ho la sensazione che per Camila sia una gratificazione altrettanto grande.
La melodia inizia piano ed è una canzone che conosco. Canticchio sottovoce.
 
“Mom and dad, did you search for me?
I’ve been up here so long I’m going crazy!”
 
Camila passa dalla sorpresa al sospetto. Oh. Austin non canta mai.
 
<< Che ti prende? >> chiede osservandomi a lungo.
<< È la musica >> le rispondo, perché davvero, anche volendo, che altra risposta potrei dare?
<< Oh >>.
<< Dico davvero >> cerco di essere più convincente.
 
Sento il suo sguardo scavare sulla mia pelle, poi mi sorride ancora. È così bello vederla sorridere, con gli occhi che si assottigliano sotto le palpebre e l’espressione rilassata. Vorrei che Austin potesse rendersene conto in questo momento, vorrei che la sensazione di guardare Camila sorridere s’imprimesse in lui. Vorrei che la facesse sorridere più spesso.
Me ne ricorderei di qualcosa di simile, ma nella memoria di Austin sembra non esserci traccia.
 
<< Se lo dici tu >> commenta, prima di cambiare stazione trovare un’altra canzone.
 
Questa la conosciamo entrambi, e presto ci ritroviamo a cantare a squarciagola con i finestrini abbassati e il vento che ci scompiglia i capelli.
Ogni tensione semplicemente si rilassa. Camila smette di pensare a quanto sia strano questo momento e si concede piuttosto di farne parte.
Voglio davvero regalarle una bella giornata, solo una bella giornata.
Per la prima volta dopo tempo avverto la sensazione di avere uno scopo, è fugace e magari effimera, ma la sento: Camila. Questo è il mio scopo.
Ho a disposizione una sola giornata, perché non renderla memorabile? Perché non condividerla con lei? Perché non lasciarmi rapire dalla musica e vedere quanto un attimo può essere realmente lungo?
Il vento che ci investe ci da la sensazione che l’auto non esista: noi siamo la velocità, noi siamo questa stessa corsa.
Quando parte un’altra canzone, afferro con delicatezza la mano di Camila. Il contatto mi dona tranquillità ed è piacevole; continuo a guidare così per diverse miglia, ponendole qualche domanda di tanto in tanto. Come stanno i suoi, come va la sua sorellina più piccola a scuola, cosa ne pensa lei in proposito.
Spesso le sue risposte sono vaghe, ma non appena qualche secondo dopo inizia ad articolarle meglio.
Mi dice che vorrebbe finire presto il liceo e al tempo stesso la prospettiva del college futuro un po’ la spaventa. Mi chiede come la vedo io e mi limito a stringermi nelle spalle.
 
<< Ho deciso che è meglio vivere semplicemente giorno per giorno >> ed è la verità. Meglio, l’unica verità che posso concedermi.
 
Riprendiamo a cantare e siamo attraversati dallo stesso senso di abbandono, senza fare troppo caso alle note o alle parole giuste. Siamo noi. Il mondo, adesso, siamo noi. Ci guardiamo diverse volte lungo il tragitto e scopro che anche questa è una forma di conversazione: gli occhi di Camila riescono a dirmi così tanto. Puoi capire molto su di una persona dal modo in cui canta, in cui ti guarda, in cui racconta le sue storie.
 
Camila intreccia le sue dita con le mie non appena nota la mia mano posata sul cambio e mi spiega la strada per arrivare all’oceano; lei sembra quasi sentirlo quel richiamo.
 
Parcheggiamo e ci incamminiamo verso la spiaggia. Non è estate, né un weekend e nessun altro ci sta andando, così ci ritroviamo presto immersi nella sabbia.
 
Stamattina, quando ci siamo incontrati, Camila sembrava nervosa, sulle spine, mentre adesso sembra muoversi su un territorio più tranquillo, più suo, più accogliente.
So di star correndo un grosso pericolo; è palese che Austin non si comporti nel migliore dei modi con lei. Se accedo ai brutti ricordi, quelli che ho tentato di relegare in un angolo lontano per tutta la mattinata, posso vedere lacrime, litigi e qualche momento decente.
Lei è sempre stata lì per lui e Austin lo apprezza, così come apprezza che Camila piaccia ai suoi amici, alla sua famiglia. Ma non si tratta di amore, nemmeno una minima traccia.
Camila è rimasta aggrappata alla speranza tanto a lungo da non accorgersi che ormai c’è ben poco in cui sperare.
È come se insieme non condividessero momenti o silenzi, soltanto chiasso e freneticità. In particolare quelli di Austin; e se mi sforzassi, potrei scendere in profondità nelle loro discussioni da disseppellire i frammenti che Austin ha collezionato dopo averla ridotta in pezzi molte volte.
Io non sono lui, so bene che lei non è a conoscenza di questo, ma non sono Austin. Non sopporterei di gridarle in faccia che in lei c’è qualcosa che non va, di distruggerla, di rimetterla a posto. Non ci riuscirei proprio.
 
<< Divertiamoci e basta >> esordisco.
<< Andata >> replica lei. << Non sai quante volte ho desiderato farlo >>.
<< Sgattaiolare via dalla scuola senza che nessuno ti vedesse? >> domando scherzosa.
<< No, scemo >> mi tira un pugno debole sulla spalla. << Desiderato di scappare… e finalmente lo sto facendo. Per un giorno non sto guardando le cose al di là del vetro ma ci sto correndo in contro >>.
 
C’è molto di lei che vorrei ancora sapere e mentre continuiamo a parlare ho anche la sensazione che Camila abbia qualcosa che conosco già, e quando capirò di che cosa si tratta, allora io e lei ci rincontreremo. Ci riconosceremo. Lo so.
Ci siamo sfilate le scarpe e mentre mi chino per arrotolare un po’ i jeans, con i piedi nudi immersi nella sabbia, Camila scappa via.
Sollevo lo sguardo di scatto, preoccupata da quel movimento improvviso e la vedo più lontana che scalcia la sabbia, ride e mi fa cenno di raggiungerla.
Camila è così felice in questo istante che non posso fare a meno di fermarmi e ammirarla ancora e ancora. Cerco di impormi di ricordare. Di non dimenticarla. Voglio poterlo testimoniare.
 
<< Avanti, vieni! >> grida.
 
Non sono chi credi che io sia, vorrei dirgli. Davvero. Ma come posso dirglielo? Come potrei anche solo spiegarglielo? È ovvio che non ci sia un modo.
 
La spiaggia è tutta per noi, così anche l’oceano è tutto per noi. Lei è tutta per me ed io sono tutta per lei.
Insieme ritroviamo quella parte infantile celata in noi, mentre corriamo sulla battigia con il primo schiaffo d’acqua gelida contro le caviglie, per poi tuffare le mani in acqua e raccogliere delle conchiglie prima che la corrente le trascini via con sé.
Io e Camila stiamo esplorando questo nuovo mondoPASSO dopoPASSO, come rinchiuse in una bolla. Allarghiamo le braccia come se volessimo acchiappare il vento. Camila mi schizza per gioco ed io la ricambio allo stesso modo. Pantaloni e magliette sono più bagnati che asciutti, ma non importa. Non abbiamo alcun pensiero a preoccuparci.
Vuole che l’aiuti a costruire un castello di sabbia, quando mi inginocchio affondando nel manto umido, mi racconta di lei e della sorellina più piccola, Sofia; al mare insieme fanno sempre tantissimi castelli di sabbia, ma Sofi prega Camila di renderli sempre più alti, come se fossero le vere dimore delle principesse con cui ama giocare, e Camila l’accontenta, salvo poi trovarsi ricoperta di sabbia quando quelli crollano. Ma anche in quel frangente non le importa.
Colgo un eco della vita passata di Camila, mentre vedo le sue mani schiudersi piano facendo affiorare le torrette.
Nei miei ricordi non c’è traccia di castelli di sabbia ma la mia memoria deve conservarne una vaga idea, perché ho la netta impressione di sapere come farne uno.
 
Dopo aver finito, torniamo all'oceano per risciacquarci le mani, le nostre impronte che si fondono sulla riva come se fossero una sola.
 
<< Che succede? >> Camila nota la mia espressione persa.
 
Come posso spigarglielo? Forse c'è un modo. Un unico modo per dirglielo.
 
<< Grazie >>.
 
Mi fissa colta di sorpresa, come se per la prima volta sentisse questa parola.
 
<< Grazie per cosa? >> domanda.
<< Per tutto questo >> faccio un cenno a tutto ciò che ci circonda.
 
“Grazie per la fuga, per le onde, per il mare, per te.” Continuo a ripetermi nella mente.
È come se avessimo fatto unPASSO fuori dal tempo, come se potessimo sfiorare una dimensione che probabilmente non esiste davvero.
 
Una parte di Camila resta in attesa ed esita, come se si aspettasse che da un istante all'altro questo nostro momento si rovini e la nota felice sparisca dalla giornata.
 
Lo noto e non posso fare a meno di avvicinarmi a lei e sorridere.
 
<< Tranquilla. Va bene essere felici >>.
 
I suoi occhi diventano lucidi e la vedo trattenere le lacrime. La stringo tra le braccia. È una sensazione meravigliosa. È la peggiore e la migliore al tempo stesso.
So che la mia felicità è sempre così effimera che nel mio vocabolario non c'è traccia di questa parola.
 
<< Sono felice >> mormora lei contro il mio petto << Davvero >>.
 
Austin non si sarebbe spinto fino a tanto. Austin probabilmente l'avrebbe schernita tutto il tempo vedendola correre e giocare come una bambina.
Ma io non sono lui. Ne ho abbastanza di non provare emozioni, voglio un contatto tra di noi. Voglio poter essere qui con lei e voglio incarnare, almeno per un giorno, un ragazzo all'altezza delle sue aspettative. Qualcuno che la meriti davvero.
 
<< Guarda >> le dico indicando la distesa azzurra e immensa davanti a noi. << È come se l'oceano stesse suonando una sua musica e il vento stesse mettendo in piedi una danza, per me e per te. Stiamo prendendo parte allo spettacolo >>.
 
Fa per aprire bocca ma le poso un dito sulle labbra.
 
<< Shhh. Non chiederlo >>.
 
Si alza appena sulle punte e prima che possa rendermene conto, mi bacia. Erano anni che non mi concedevo un bacio. Di solito non permetto mai a qualcuno di avvicinarmi così tanto, ma lei è qui ed io sono qui.
Ricambio il bacio con lentezza. Le labbra di Camila sono morbide e delicate come i petali di un fiore, tuttavia sono capaci di un'intensità travolgente.
Lascio che ogni attimo si riversi nel successivo e assaporo la sua pelle e bevo il suo respiro.
Lei tiene gli occhi chiusi, inebriata dal nostro contatto; io li tengo aperti e indugio su ogni particolare del suo viso. Voglio ricordare tutto, voglio l'esperienza per intero. Questa volta non mi basta una singola sensazione.
 
È un bacio. Niente di più, niente di meno.
Camila sembra volersi spingere più avanti, ma io non voglio, così faccio correre le dita lungo il profilo delle sue spalle e lei mi accarezza lungo la schiena. Passo a baciarle il collo con delicatezza, senza lasciare alcun segno su di lei. Lei mi bacia appena sotto il lobo. Non appena ci stacchiamo, ci sorridiamo.
Camila dovrebbe essere a lezione d'inglese ed io di biologia. L'oceano non era affatto previsto. Ci siamo ribellati alla routine che ci aspettava.
 
Iniziamo di nuovo a camminare mano nella mano, i piedi affondati nella sabbia e il sole che lentamente si abbassa nel cielo. Sono così grata di tutto questo. Non potrei desiderare di meglio.
 
<< Dovremmo farlo ogni lunedì e martedì e mercoledì e giovedì e venerdì >> dice lei preda all'entusiasmo.
<< Così finiremmo per annoiarci poi... è più bello una volta sola >> ridacchio.
<< Quindi non lo rifaremo più? >> mette su un broncio adorabilissimo e ho nuovamente voglia di baciarla.
<< Beh, mai dire mai >> scrollo le spalle.
<< Io mai non lo dico mai >>.
 
Non siamo più le uniche persone in spiaggia, alcune coppie di anziani arrivano per fare una passeggiata pomeridiana. Ci guardano, ci sorridono ma non dicono nulla. Non chiedono perché siamo lì o perché non siamo a scuola. E per un momento mi chiedo cosa potrei mai provare ad essere per un giorno nel corpo di uno di loro. Sono soddisfatti della loro vita? Avranno ricordi più belli che brutti o viceversa? Guarderanno ancora la moglie o il marito con gli stessi occhi e proveranno lo stesso amore? I sentimenti degli altri non mi appartengono, non credo che potrò mai saperlo davvero.
 
Il sole cala e inizia a fare freddo, Camila abbandona la mia mano e si strofina le braccia. Corro in macchina e recupero una coperta posata nel bagagliaio di Austin; ho l'impressione di sapere bene a cosa serva e perché la tenga lì, ma non accedo alla sua mente per rievocare ricordi in particolare.
Torno alla spiaggia e Camila si distende accanto a me. La coperta su di noi e il viso rivolto al cielo.
Osserviamo le nuvole indicando le forme buffe che assumono e riesco a sentire il respiro che ci separa. Uno solo. Ce ne riempiamo i polmoni.
 
<< È una delle giornate più belle che abbiamo passato >> spezza il silenzio lei, dopo qualche minuto.
<< Raccontami di altre giornate così >> le chiedo ritrovando la sua mano tra le mie.
<< Non saprei... >>.
<< Avanti, soltanto una. La prima che ti salta in mente >>.
 
Lei scuote il capo però sorride.
 
<< È buffa e alquanto imbarazzante anche >>.
<< Non importa >>.
 
Sembra soppesare l'idea per qualche momento mentre con la mano libera disegna dei cerchi sul mio petto.
 
<< D'accordo, ma devi promettermi che non riderai, okay? >>.
<< Prometto >>.
 
Quando sembra convinta della mia sincerità, annuisce.
 
<< Ero in terza elementare ed era l'ora di pranzo, stavo in mensa con tutti i miei compagni e seduto al mio stesso tavolo, c'era il bimbo per cui avevo una cotta. Io e i miei amici dall'altro lato stavamo giocando a “obbligo o verità” e una mia amica, quando scelsi obbligo, mi disse di frullare insieme i piselli, le carote e la carne che avevo nel vassoio, per poi berlo in una sola volta >>.
 
Aggrotto la fronte.
 
<< Sono sicuro che dev'essere stata la cosa più buona che tu abbia mai assaggiato >>.
 
Mi da un buffetto sulla guancia.
 
<< Se parli di nuovo, smetto di raccontartelo >> mi minaccia scherzosamente con l'indice puntato.
 
Mi alzo di scatto e catturo la sua mano tra le labbra posandovi un bacio sul palmo aperto.
 
<< Continua >> la incito.
<< Beh... l'ho fatto. Voglio dire, ho messo insieme tutte quelle cose, le ho frullate e le ho bevute... per poi vomitare di fronte a tutta la mensa e, soprattutto, di fronte alla mia cotta >>.
 
Mi mordo con forza il labbro inferiore pur di non scoppiare a ridere, ma Camila lo nota e mi schiaffeggia piano, fintamente offesa.
 
<< Ecco. Lo sapevo che avresti riso >>.
<< Non sto ridendo >>.
<< Stai per implodere o giù di lì se non lo fai >>.
 
È in quel momento che scoppio a ridere di gusto. Rido fino a sentire i polmoni che bruciano per la mancanza d'aria. Camila sospira rassegnata e so che non è arrabbiata, anche dopo aver infranto la “promessa”.
Ma non sto semplicemente ridendo per ciò che ha detto, lo sto facendo perché nessuno prima d'ora mi ha mai raccontato una storia. È una sensazione magnifica. Di regola mi limito a scoprirle da sola, quando capita, perché so che se qualcuno racconta una storia, lo fa perché vuole che essa sia ricordata. Ed io non posso offrire una simile garanzia, non posso sapere se una storia rimarrà nel corpo della persona che mi ospita, una volta abbandonato.
Lasciare che qualcuno si fidi a tal punto e poi vedere quella fiducia tradita è davvero crudele. Non posso assumermi una responsabilità di questo tipo, in genere. In genere. Ma Camila è semplicemente irresistibile.
 
Quando le mie risate si placano, lei ha la testa poggiata sul mio petto e l'espressione rilassata.
 
<< Tuttavia la consideri una delle tue giornate più belle, uhm? >>.
 
Annuisce.
 
<< Quando sono corsa in bagno non piangevo, ma avevo gli occhi gonfi di lacrime. Sapevo di aver deciso da sola di compiere quell'azione ma è stato decisamente umiliante; ad un certo punto, dalla porta del bagno, è spuntata Dinah. Mi ha aiutata a ripulirmi e tutto il resto, non ha esitato nemmeno un secondo, è da quel momento che siamo diventate inseparabili. Siamo sempre state l'una al fianco dell'altra >>.
 
Dinah. Dinah... questo nome mi ricorda qualcosa. Accedo alla memoria di Austin e scopro che la conosce. Superficialmente certo. Sa soltanto che è la migliore amica della sua ragazza e ha passato con lei alcuni momenti, ma la presenza di Dinah nella mente di Austin è fugace, quasi fosse un volto come tanti, solo un po' più conosciuto.
Mi scopro quasi a detestare la superficialità di questo ragazzo. Qualcosa che a Camila non appartiene affatto.
Poi mi ritrovo anche a pensare che uno dei motivi per cui non rivelo mai la mia presenza in un corpo è proprio questo: mettiamo il caso che la persona in questione mi creda, mettiamo che inizi a pensare quanto sia figo parlarne alla sua migliore amica o il suo migliore amico, mettiamo che lui o lei inizi a pensare che l'altro è pazzo – nella migliore delle ipotesi -, nella peggiore, la storia inizia a fare il giro della scuola, passando di bocca in bocca e arricchendosi di particolari per lo più non veri.
Caos. Caos. Caos.
No. Decisamente non posso parlarne.
 
Resto confinata nel mio spazio, e davvero, mi basta.
 
<< Non riesco a credere di avertelo raccontato >> dice, incredula di se stessa.
<< Perché? >>.
<< Perché è... ridicolo. È una storia che probabilmente dovrei evitare di dire in giro >>.
<< Non l'hai raccontata in giro, l'hai raccontata a me. È una bella storia >>.
<< E tu? Cosa racconti tu? >> mi chiede.
<< Beh ecco... nella mia umile e modesta vita, non ho mai vomitato di fronte alla mia cotta delle elementari >> rispondo ironicamente.
<< Dai, raccontami una giornata simile a questa >>.
 
Accedo alla memoria di Austin e scopro che si è trasferito in città quando aveva dodici anni, perciò un qualunque avvenimento anteriore, che non coinvolga Camila, non mi esporrà ad alcun pericolo. Potrei prelevare un qualunque ricordo di Austin e condividerlo, ma non mi va. Voglio regalarle qualcosa di mio.
 
<< C’è stato un giorno, quando avevo undici anni, giocavo a nascondino con degli amici e continuavo a guardami intorno per trovare un posto che avrebbe fatto al caso mio. Ci trovavamo nei dintorni di un bosco e, non so bene per quale motivo, pensai che la cima di un albero avrebbe fatto al caso mio. Non mi ero mai arrampicato prima di quel momento e l’albero era alquanto alto, ma non m’importava. Scelsi i rami più bassi ed iniziai a salire. Quando ho superato la linea delle chiome, non me ne sono nemmeno reso conto, mi veniva così naturale, come camminare. Mi arrampicavo e basta, attorno a me non c’erano più alberi. Nella mia testa erano centinaia di metri quelli. C’ero solo io, aggrappato al tronco, lontano dalla terra >>.
 
Con un guizzo, la sensazione torna a pervadermi le membra. Riaffiorano alcuni dettagli: l’altezza, il profilo della città sotto di me.
 
<< Non saprei come altro descriverlo se non… meraviglioso. I miei amici non erano riusciti a trovarmi ma non ci pensavo. Gridavano e correvano, ma io sentivo di poter volare da lassù. Dominavo il mondo, è stata un’esperienza straordinaria. Almeno… fino a quando non sono precipitato >>.
 
Camila si alza a sedere, il volto dapprima sorridente, ora serio in un lampo.
<< Cosa? >>.
<< Sì. Beh, è stata davvero una gran caduta. Non so come faccio ad essere ancora intero, sinceramente >> rispondo ironica.
<< Ma come…? Come è successo insomma? >>.
<< Ero al di sopra di tutto ciò che conoscevo. Ero arrivato lassù da solo, nessuno mi aveva chiesto di farlo o costretto, nessuno mi ci aveva portato. Lo avevo fatto di spontanea volontà. Sentivo di dover restare da solo con me stesso, di dover vedere il mondo dall’altro, ma ho finito per sporgermi un po’ troppo, così sono caduto >>.
 
Camila mi stringe con più forza, quasi a volersi assicurare che io sia lì tutto intero.
  
<< Dev’essere stata incredibile. La sensazione intendo, non la caduta >>.
<< Lo è ancora adesso, se ci ripenso >>.
<< È successo quando eri in Texas? >>.
 
Texas? No. No… dov’ero? Mi sforzo di ricordare.
Oh sì. Carolina del Nord.
Ma dopo aver acceduto in Austin mi accorgo che per lui dev’essersi trattato del Texas.
 
Annuisco.
 
<< Questo giorno mi ricorda il nostro secondo appuntamento >>.
 
Nei ricordi di Austin non vi è traccia di ciò che Camila ha appena menzionato.
Mi sorprendo a pensare che in realtà è proprio questo il nostro primo appuntamento. Quanto puoi essere ridicola a pensare una cosa del genere L.
 
<< La festa a casa di Nela? Quando ancora lui e Dinah stavano insieme… >> tenta Camila.
<< Sì >> rispondo per evitare di farla insospettire.
<< Non so se esattamente poteva considerarsi un secondo appuntamento, ma era la seconda volta che uscivano insieme. Mi sembrava che tu avessi a disposizione tutto il tempo del mondo e che volessi spenderlo con me. Adesso io… sento che sei sempre di corsa, e non che mi dia fastidio, è solo che è bello anche passare dei momenti così. Quella volta mi guardavi per davvero, continuavi a dirmi cose carine e mi facevi sentire il centro del tuo universo. Come se fossi arrivato in cima di quell’albero e beh… avessi trovato me ad aspettarti. Ricordi quella sensazione? Mi sentivo così bella, perché ero bella per te, con te >>.
 
Mi domando a cosa ci porterà tutto questo. Mi domando se Camila si renda conto che adesso è la calda luce del tramonto all’orizzonte a farla risplendere, ed è bellissima per me. Lo è per la prima volta.
 
Non ho il tempo di pensare perché la voglia di baciarla mi coglie all’improvviso. La bacio e ci abbracciamo. La sento. È una vicinanza non soltanto fisica. Una connessione del tutto fuori dal tempo. In quel momento mi terrorizza e m’inebria al tempo stesso: è la sensazione di appartenenza reciproca.
 
Com’è l’attimo in cui ci s’innamora? Come può una frazione di tempo così infinitesimale racchiudere una tale immensità? D’un tratto capisco perché le persone credano nei déjà-vu e nelle vite passate: l’attimo in cui ci s’innamora sembra preceduto da secoli, generazioni, come se l’universo e il tempo fossero stati all’opera da decenni e in quel preciso momento non resta che prenderne atto. Non resta che arrivare dove si era da sempre destinati ad arrivare.
 
Il telefono di Camila suona. Sento dire a sua madre che tornerà presto a casa, ma mantengo gli occhi chiusi.
Quando li apro, l’acqua dell’oceano è ormai scura e il cielo è inchiostrato di blu notte. Le stelle iniziano a spuntare e, per quanto sarebbe bello poter restare a guardarle, raccogliamo la coperta e torniamo in macchina.
Durante il tragitto cantiamo qualche altra canzone, poi Camila si addormenta con la tempia che sfiora la mia spalla. Le permetto di sognare ancora un po’ prima di arrivare al capolinea. Mi costringo a non pensare a quello che accadrà non appena arriverà la mezzanotte.
Imprimo nella mente la visione di Camila mentre dorme; è l’opposto della ragazza che ho incontrato questa mattina, ancora vulnerabile ma sicura al tempo stesso.
Il clacson di un’altra macchina, nella direzione opposta alla nostra, la sveglia e sussulta. Quando mi parla di domani, trovo difficile prestare attenzione alla conversazione. Per me non c’è domani. Non c’è domani con lei.
 
<< So che non potremo rifarlo, ma voglio vederti per pranzo, e magari potremmo inventarci qualcosa da fare dopo la scuola. Nulla di complicato, solo stare con te mi basta >> annuisco.
<< Scusami, ma adesso non riesco proprio a pensare a domani >>.
<< Hai ragione. Domani sarà un altro giorno. Lasciamo che oggi si concluda con una nota felice >>.
 
Già, domani sarà un altro giorno. Chi sarò, io, domani? Dove sarò? A pochi minuti o a chilometri da lei?
 
Vorrei sbagliare strada di proposito e allungare ancora il tragitto, ma non posso. Arrivo di fronte casa di Camila e apro la serratura centralizzata.
Lei si sporge e mi bacia. I miei sensi si riaccendono; il suo sapore, il suo profumo, il calore del suo respiro. Tutto.
 
<< Eccola, la nota felice >> mi sorride e scende dall’auto.
 
Sparisce lungo il vialetto prima ancora che io abbia il tempo di parlare. Di dirle addio.
 
Una volta rientrato a casa, la madre di Austin gli chiede dove sia stato per tutto il giorno, ma sono solo domande di routine mentre sfoglia un libro. Non fraintendetemi, non sto affatto dicendo che non s’interessi del figlio, ma mi sembra tutto così automatico. Meccanico, è la parola giusta.
Chiudo la porta della camera di Austin alle sue spalle e mi rendo conto che dovrei fare i compiti. Non ne ho voglia. Dovrei, magari per una minima parte di lui è importante e dovrei. Ma non voglio.
Il pensiero di Camila non mi da tregua. La immagino convincersi che le cose siano cambiate tra lei e Austin. Non avrei dovuto farlo, ma mi è parso che tutto l’universo si fosse messo in movimento per far sì che accadesse. Che oggi andasse esattamente in questo modo.
 
Non potrò restare in questo corpo, anche se non andassi a dormire. Davvero, ci ho già provato credetemi. Il passaggio avverrà comunque. Una volta credevo che restando sveglia avrei potuto impedirlo, ma ero stata comunque strappata via dal corpo, un vero e proprio strappo: ogni singola terminazione nervosa aveva patito il dolore del distacco e dopo, il dolore, si era amalgamato in qualcosa di nuovo. Da allora vado a dormire ogni notte. Inutile opporsi.
 
La consapevolezza di ciò che ho fatto mi colpisce come uno schiaffo in piena faccia. Non posso lasciarle credere che oggi capiterà ancora. Decido di chiamarla.
 
<< Austin >> risponde dopo un paio di squilli.
<< Camz… >>.
<< Mi piace questo nuovo soprannome >> la sento ridere dall’altro capo del telefono.
<< Anche a me >> mi concedo. Non credo che Austin la chiamerà ancora così, ma a lei piace. A me piace. È l’unica cosa nostra, forse.
<< Grazie ancora per oggi >>.
<< A proposito di oggi >> inizio << Non potrà andare sempre così. Voglio che tu lo sappia >>.
 
Camila non parla. Sospira.
 
<< Sì… ma forse le cose possono migliorare >>.
<< Non saprei. In ogni caso, volevo dirtelo: quello che è successo oggi, è successo oggi. È stato meraviglioso però >>.
<< Lo è stato davvero >> replica.
<< Okay >> dico.
<< Okay >>.
 
Esiste l’eventualità che, in qualche modo assurdo, sia riuscita a lasciare un segno in Austin. Le cose potrebbero cambiare per davvero, ma non mi è dato saperlo. Voglio che Austin la tratti come merita, ma non voglio che lei si crei delle aspettative, a partire da domani.
 
<< Era tutto qui… >> sospiro.
<< Bene, ci vediamo domani allora? >> mi chiede tornando al tono tentennante e insicuro.
<< Sì >>.
 
Prima che possa chiudere la chiamata, la sento parlare e il sangue mi si gela nelle vene.
 
<< Ti amo >>.
 
La sensazione che mi pervade da capo a piedi mi spinge a dirlo a mia volta. Ma non durerà a lungo, solo poche ore ancora.
Scuoto il capo anche se Camila non può vedermi.
 
<< Buonanotte >> chiudo la chiamata.
 
Corro alla scrivania di Austin e scrivo tempestivamente su di un post-it: “Ricordati che ami Camila.”
Lui non ricorderà di averlo scritto, ma deve ricordarlo per lei.
 
Con il computer m’invio i dati di Austin e di Camila nella mia casella e-mail. Cancello la cronologia.
 
Mi distendo sul letto. In genere non ho mai voglia di restare, ma stasera lo desidero con tutta me stessa. Sono tormentata dal fatto che domani Austin sarà qui ed io no.
Il ricordo del sorriso di Camila mi fa scivolare nel sonno. Non resterò, lo so.
 
 
Note conclusive: OKAY. Fermiamoci un momento. Data importante oggi. Perché? Come perché? Ma ovviamente è il compleanno della nostra Lauren!
19 anni. 19 gente. Non posso ancora crederci.
Dunque, avevo in mente di postare il capitolo domani, ma dato che sono riuscita a finirlo in tempo stasera, essendo passata la mezzanotte ho deciso di postarlo come "regalo".
E' decisamente più lungo dell'altro ma di fatto così abbiamo concluso il primo capitolo.
Andiamo con qualche curiosità:
 
1. Cosa succederà ad L? Dove si sveglierà domani? Sarà ancora nel corpo di Austin? Questo non ve lo anticipo, anche se, nel corso del capitolo, lo ripete diverse volte.
2. La canzone che viene menzionata è "Hold On 'Till May" dei Pierce The Veil, ma nel libro originale la canzone è "Running Up That Hill" dei Placebo.
3. La "giornata memorabile" raccontata da Camila è stato un episodio realmente successo. Camila ne parla in un Takeover, precisamente quello dove giocano a "Would you rather" (io ho soltanto aggiunto qualcosina).
4. Non temete... Austin verrà menzionato in altri capitoli ma non sarà più così presente nella storia.
 
That's it!
 
Mo andiamo tutti a twittare #HappyBirthdayLauren e/o #HappyBirthdayLaurenFromItaly :')

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Capitolo 3
*** Capitolo 2. ***


Capitolo 2.
 
Giorno 5995.
 
Mi sveglio e la prima cosa a cui ripenso è ieri. I ricordi mi danno gioia, ma la consapevolezza che si sia trattato di ieri mi fa male. Non sono più nel letto di Austin, né nel suo corpo.
Oggi sono Elise Smith ed Elise non ha sentito la sveglia, quindi sua madre è furiosa.
 
<< Elise! Vuoi alzarti? Tra venti minuti Aaron se ne va! >> urla scrollando il mio corpo ancora disteso.
<< D’accordo mamma >> mi lamento.
<< Mamma? Chissà cosa penserebbe tua madre se fosse qui adesso! >>.
 
Spalanco gli occhi e accedo in tutta fretta alla mente di Elise. Nonna. Mamma dev’essere già al lavoro.
Corro sotto la doccia e, nel frattempo che l’acqua mi da la solita sensazione di benessere e mi sveglia, mi rendo conto di aver sognato Camila. Mi domando se il sogno sia iniziato quando ero ancora nel corpo di Austin o no, se lui abbia continuato poi a sognarla e se si sveglierà con pensieri dolci su di lei.
Una parte di me si augura che sia stato un sogno tutto mio. Lo è stato?
 
<< Elise! >> sento da dietro la porta del bagno.
 
Giusto, devo sbrigarmi. Non posso permettermi di assentarmi.
Esco dalla doccia, mi asciugo e mi vesto in fretta. Ho modo di notare che Elise non è una di quelle ragazze popolari; le poche fotografie che tiene in camera la ritraggono con amici, ma sembrano tutto fuorché ispirate.
Il suo guardaroba sembra appartenere più ad una tredicenne che ad una sedicenne.
Non appena scendo in cucina per la colazione, nonna mi scruta.
 
<< Non dimenticare la chitarra >> mi ricorda.
 
 Annuisco.
 
Al tavolo, seduto all’estremità opposta, c’è un ragazzo che mi fissa serio e arrabbiato. Presumo sia il fratello di Elise. Accedo in lei per la seconda volta e ne ho la certezza. Aaron, più grande di due anni ed il mio passaggio per la scuola.
Roteo gli occhi senza farmi vedere: se c’è una cosa che ho imparato, è che tutte le mattine, in quasi tutte le famiglie, sono uguali. Borbottii intorno al tavolo, o se i genitori dormono è tutto uno sgattaiolare via piano, senza farsi sentire.
Le uniche cose che possono rendere l’inizio di una giornata interessante sono le variazioni.
La prima variazione è riconducibile ad Aaron che accende uno spinello non appena saliamo in macchina.
Cerco di non mostrarmi troppo sorpresa dal momento che non ricevo “variazioni” dal corpo di Elise: evidentemente è parte della routine.
 
<< Non dire una parola, okay? >> l’ammonisce poco dopo il fratello.
Inarco entrambe le sopracciglia e lui aggiunge: << Non ho bisogno di un tuo giudizio sulla cosa, chiaro? >>.
 
Quello spinello non deve averlo affatto rilassato.
 
Preferisco essere figlia unica. Ammetto che i fratelli o le sorelle nel lungo periodo di tempo si dimostrano un valido aiuto, ma il problema è che io non ho dei lunghi periodi di tempo. Ho solo un giorno.
In genere è bello avere qualcuno con cui condividere i segreti di famiglia, i ricordi, una generazione addirittura. Qualcuno che ti veda sempre allo stesso modo sia che tu abbia otto anni, sia diciotto, sia cinquantotto. Davvero, è un vantaggio. Ma per me che vivo in un lasso di tempo decisamente breve, i fratelli sono una seccatura, nella migliore delle ipotesi; nella peggiore, un incubo.
Quasi tutti i soprusi che ho subito durante la mia singolare vita sono da imputare ai fratelli e le sorelle, specie se maggiori. È la fine. All’inizio la mia ingenuità mi portava a credere che loro fossero alleati per nascita, compagni di avventure, e a volte le circostanze confermavano la mia ipotesi: se, per esempio, capitavo in una famiglia in vacanza o in una domenica fiacca durante una riunione di famiglia – dove l’unico caso per potersi divertire era quello di essere “alleati” – allora le regole si sovvertivano. Nella quotidianità però la parola d’ordine è competizione, non collaborazione.
Mi è capitato di domandarmi più volte se, effettivamente, fratelli e sorelle riescano ad intuire qualcosa di diverso in chiunque mi ospiti. Chissà se presumano che qualcosa non torna.
 
Mi ritorna in mente un episodio di quando avevo otto anni, la mia sorella maggiore giornaliera mi disse di aspettarla mentre raccoglieva dei fiori da portare ai nostri genitori – i suoi genitori -, ci trovavamo nel bel mezzo di un boschetto vicino casa. Non avevo prestato attenzione alla strada di andata perché c’era lei a guidarmi. Ma quando iniziò a piovere a dirotto ed io iniziai a chiamarla ad alta voce, di lei non c’era nessuna traccia. Rimasi nel boschetto a vagare e cercarla, tentando invano di seguire le sue orme che il terreno fangoso cancellava. Alla fine mi arresi e mi accucciai contro il grosso tronco di un albero con le mani a coprire il viso e le orecchie per via dei tuoni, aspettando che qualcuno uscisse e venisse a riprendermi o che la pioggia smettesse.
Un’ora dopo, nostro padre riuscì a trovarmi e mi riportò a casa.
 
Da ragazzina ho avuto molti fratelli – maggiori e minori – che mi spintonavano, urlavano dietro, colpivano e che mi hanno affibbiato più nomignoli di quanti possa ricordare.
Il meglio in cui potevo sperare oggi era un fratello mite, Aaron all’apparenza lo era. Ma soltanto all’apparenza.
Non appena arriviamo a scuola, Aaron esce dalla sua sfera d’invisibilità, battendosi il cinque con i suoi amici, ridendo, senza augurarmi buona giornata né salutarmi. L’unica cosa che fa è fissarmi abbastanza a lungo da vedere che ho chiuso la portiera e può far scattare le serrature.
 
<< Chi fissi? >> chiede una voce alle mie spalle mentre sono ancora concentrata su Aaron.
 
Mi volto e osservo la ragazza di fronte a me, prima di accedere alla memoria di Elise.
 
Valerie. La mia migliore amica sin dalle elementari. Beh, la migliore amica di Elise almeno.
 
<< Aaron >>.
<< Per quale motivo? È figo, ma è un tale idiota >>.
<< Ehi! Non è così! >> l’ammonisco.
Non so nemmeno perché lo faccio giacché, in effetti, era ciò che io stessa pensavo.
 
Suppongo che lei sappia qualcosa che io non so, ma decido di non fare domande.
 
Scuote il capo felice di poter cambiare argomento.
 
<< Che hai fatto ieri sera alla fine? >> mi chiede.
 
Nella mia mente subito schizzano e si susseguono i ricordi del tempo trascorso con Camila e tenerli a bada non è semplice. Non è semplice non lasciarmici trasportare dentro.
Una volta sperimentata l'immensità, ce la troviamo ad aspettarci ovunque posiamo lo sguardo, in ogni parola, in ogni particolare.
 
<< Niente di che >> la risposta è vaga, ma è quella che funziona sempre meglio di tutte.
<< Tu? >>
<< Allora non hai davvero ricevuto il mio messaggio! >> esclama come se fosse stata colta da un'illuminazione.
 
Scuoto la mano per aria.
 
<< Il telefono era morto >> mormoro.
<< Oh... beh, stai a sentire: Kevin mi ha contattata! Siamo stati a chattare per tutta la sera >> batte le mani eccitata come una bambina di fronte al suo regalo di compleanno.
<< Wow >> non sono affatto sorpresa.
<< Già >> sospira lei con aria sognante. << Pensavo che non si ricordasse di me, dopo quella festa in cui ci siamo conosciuti. A proposito, sei stata tu a dargli il mio numero? >> mi domanda dubbiosa.
 
Accedo alla svelta in Elise. Questo è il genere di domanda che ti porta all'errore, magari non adesso, ma in futuro. Se Elise rispondesse di non averlo fatto, e Valerie scoprisse il contrario, la loro amicizia potrebbe risentirne, proprio come potrebbe succedere se si verificasse il contrario.
 
Scopro che Kevin è Kevin Hoodle, un ragazzo del terzo anno per cui Valerie ha una cotta da qualche mese.
Elise non lo conosce bene, e non riesco a trovare alcun ricordo significativo che la colleghi a lui. Quindi credo di non correre alcun rischio.
 
<< No >> scuoto il capo. << Non ho fatto nulla >>.
<< Allora si sarà dato davvero da fare per scoprirlo >>.
 
“Come se un qualsiasi social network non potesse dargli l'informazione che desidera.” Penso con sarcasmo, e la cosa mi fa sentire un po' in colpa.
Questo è l'aspetto peggio di capitare nella vita di qualcuno che abbia dei migliori amici con cui non ho alcuna affinità: non concedo loro il beneficio del dubbio. E c'è da dirlo, molto spesso l'amicizia è basata sul beneficio del dubbio.
Valerie è comunque al settimo cielo per la faccenda di Kevin, quindi mi fingo emozionata anche io per lei. Non appena ci dividiamo, per seguire la lezione della prima ora, avverto una sensazione farsi strada in me. Mi stringe lo stomaco in una morsa e capisco di non poterla tenere a bada: gelosia.
So di essere gelosa del fatto che Valerie possa avere Kevin, parlarci, vederlo, toccarlo; mentre io non posso avere Camila.
 
“È ridicolo, L! Sei ridicola.” mi schiaffeggio mentalmente.
 
Un'esistenza come la mia non può cedere alla gelosia. Se commetti quest'errore, la gelosia ti fa a pezzi.
 
Terza ora, lezione di musica. Alla fine ho davvero dimenticato la chitarra, questa mattina. Così Elise si becca una nota ed è costretta a partecipare comunque alla lezione. Non mi dispiace. Ho sempre e comunque avuto bisogno della musica durante il corso della mia vita, era una delle cose che mi dava forza per andare avanti ed ispirazione.
 
All'ora di pranzo so che le voci su Valerie e Kevin hanno già fatto il giro dei nostri amici. Tutti si mostrano entusiasti, ma non so bene se sia davvero per loro due o perché finalmente Valerie, passata la cotta, smetterà di parlarne.
Quando incontro Kevin in mensa sono sorpresa di scoprire quanto sia insignificante come personalità. Quasi sorpresa... raramente le persone si mostrano all'altezza delle aspettative e raramente si mostrano attraenti quanto agli occhi di chi è innamorato di loro.
Però trovo piuttosto incoraggiante che l'affetto agisca sulla semplice percezione fisica, fino a modificarla quasi.
 
Kevin viene al nostro tavolo soltanto per salutare Valerie. E wow. Devo sul serio stare attenta che non mi svenga addosso.
La combriccola di Elise comunque non sembra dedita ad argomenti come il sesso, piuttosto sognano il romanticismo, le serenate, i baci.
Vorrei scappare. Saltare il resto delle ore scolastiche. Ma senza Camila a tenermi la mano, che canta con me sulle canzoni che passano in radio, che mi stringe, non è la stessa cosa. Quasi una perdita di tempo.
È sempre stato così, è raro che io trovi uno scopo davvero soddisfacente nelle mie giornate. Ieri l'ho avuto. Ieri era un altro mondo e vorrei tornarci.
 
All'inizio della sesta ora, l'altoparlante richiama mio fratello in presidenza, proprio mentre io  varco la porta della classe.
Credo di aver sentito male, ma quando noto gli sguardi degli altri pesare su di me, sono sicura di aver sentito bene.
Non ho realmente paura. Se fosse successo qualcosa di grave in famiglia, avrebbero chiamato entrambi.
Valerie mi passa un bigliettino piegato in quattro: “Che ha combinato stavolta?”
Non lo so. Come posso saperlo? Scrollo le spalle.
Quasi a fine ora, chiedo il permesso di uscire dall'aula per andare in bagno.
Qualcuno mi afferra la mano. Aaron.
 
Aaron con il naso sanguinante e il labbro rotto.
 
<< Cos- >>.
<< SH! Seguimi >>.
<< Che cosa hai fatto? >>.
 
Si guarda intorno prima di rispondere. Lo seguo fin sotto le gradinate del campo da football.
 
<< È uno scherzo o cosa? >>.
<< Ti sembra uno scherzo questo? >> replica infuriato indicando la sua faccia.
<< Allora parla >> incrocio le braccia al petto in attesa.
<< Sono nei guai. Garantito >>.
<< Ho sentito che ti hanno convocato in presidenza. Che cosa è successo? >>.
<< Sono scappato... cioè, prima che mi facessero entrare >>.
 
Inarco entrambe le sopracciglia.
 
<< Sei... scappato? >> chiedo incerta.
 
Annuisce.
 
<< Chi è stato a colpirti? >>.
<< Questo non è importante, Elise! >>.
<< Beh lo sarebbe, se tu iniziassi a dirmi qualcosa di concreto! >> esclamo spazientita.
 
Aaron non dev'essere abituato a vedere la sorella rispondergli con questo tono. Ecco spiegata la sua faccia stupita.
 
<< Telefoneranno a casa. Ho bisogno che tu mi copra >> mi porge le chiavi della macchina << Controlla la situazione a casa, ti chiamo appena posso >>.
 
Afferro il mazzo. Almeno so guidare.
 
<< Grazie >> deve costargli un po' dire quella parola perché vedo la sua faccia piegarsi in una smorfia.
<< Vedo che non sei morto mentre lo dicevi, prendi nota anche per una prossima volta >> replico con sarcasmo.
 
Aaron se ne va senza salutarmi.
 
 
<< Tuo fratello e James Douglass hanno litigato mentre erano al campo da football per gli allenamenti. Dicono che c'entri della droga e wow Elise... voglio dire, sapevo che tuo fratello fumasse erba, ma addirittura spacciarla in giro. Sono stati chiamati in presidenza ma poi Aaron è scappato via >>.
 
Eccola la notizia che ha fatto il giro della scuola per le ultime due ore. I mormorii intorno a me e le occhiate si fanno insistenti ogni secondo di più. Alla gente non importa che sia tutto inventato, tutto vero o metà e metà. Questa è la notizia. Devono per forza saperla tutti.
 
<< Chi te l'ha detto? >> domando aggrottando la fronte.
 
Non sapevo ancora la causa del litigio fra mio fratello e James. Era così?
 
<< Kevin! >> mi risponde Valerie tutta eccitata.
 
Errore mio: è questa la notizia allora. Per Valerie è questa. Il fatto che Kevin le abbia parlato.
Non è così egoista da pretendere che io sia felice per lei, dal momento che mio fratello è nei guai, ma l'ordine delle sue priorità è chiaro.
 
<< Devo tornare a casa. Non oso pensare cosa diranno i miei della faccenda di Aaron >> ammetto.
<< Vuoi che venga con te? >> domanda lei.
 
Il pensiero di avere compagnia mi sfiora, ma il dettaglio che non sia esattamente la compagnia che desidero è più forte. Scuoto il capo.
 
<< No, va bene così >>.
 
Valerie mi stringe il braccio come se volesse mostrarmi sostegno. Continuo a non sentirla vicina. Mi affretto a tornare a casa.
 
Non appena varco l’uscio, l’interrogatorio comincia.
 
<< Dov’è Aaron? >>.
<< Non lo so >> è la verità e sono grata che Aaron non me l’abbia detto.
 
Mio padre mi fissa con sguardo indecifrabile, so che è terribilmente arrabbiato e questa è una situazione davvero insolita nella mia famiglia.
 
<< L’hai lasciato andare via? Elise! Eravate a scuola insieme, non mentire! >> mio padre mi afferra per le spalle. Non ha alcuna intenzione di alzare le mani, lo capisco, ma sta iniziando a spaventarmi un po’.
<< Non sta mentendo. So riconoscere quando lo fa >> accorre in mia difesa la madre di Elise.
Mia madre.
 
Papà annuisce rigidamente.
 
<< D’accordo, ma non puoi negare che lo difende sempre >> tuona rivolto verso mia madre. << Adesso ci dirai tutto quello che è successo! >>.
<< Ti assicuro che non ne so nulla >> ribatto tentando di scrollarmi la presa di dosso.
<< Perché tuo fratello e James Douglass avrebbero dovuto litigare? Sono amici >>.
 
Amici? Un vago ricordo di colui che dovrebbe essere James mi salta in mente.
Sì, fidandomi di ciò che trovo in Elise, dovrebbero essere buoni amici. O dovrebbero essere stati.
 
Quella situazione mi fa prendere in considerazione l’idea di accettare lo spinello che Aaron aveva stamattina.
 
<< È uno spacciatore? Cosa avete fatto ieri sera a quella festa? Eri con lui? C’entri anche tu? >> la raffica di domande mi stordisce.
 
Festa? Quale festa? L’unica cosa che riesco a ricordare di ieri sera è Camila. Camila e la sua voce al telefono. Camila e il suo respiro leggero.
 
<< Elise! >> mi richiama mio padre.
 
Accedo tempestivamente in lei e scopro che non c’è traccia di alcuna festa.
 
<< No. Non ero a nessuna festa ieri sera >>.
<< È uno spacciatore? >> ripete.
 
Questa è una bella domanda. Percepisco che Aaron non lo sia, ma tutto dipende da cosa è successo davvero al campo da football con James Douglass.
 
<< James dice che è stato tuo fratello a vendergli la droga >> continua.
<< Hanno trovato droga addosso ad Aaron? Nel suo armadietto? L’avete trovata in camera sua? >> replico io.
 
Mia madre sembra presa alla sprovvista perché scuote il capo ma posso vedere i suoi occhi spalancarsi di più.
 
Sbuffo.
 
<< So che avete frugato nella sua camera >> dico ovvia.
 
Tipico dei genitori.
 
<< Ma certo che l’abbiamo fatto. Anche nella tua >> attacca mio padre.
 
Inarco un sopracciglio.
 
<< Pensavate davvero che la nascondesse da me? >>.
<< Ci dispiace tesoro, noi… >> cerca di scusarsi mia madre, ma sollevo la mano per far capire che è tutto okay.
<< Non importa, davvero >>.
 
Non importa. Lo penso sul serio. Quella non è la mia camera e sarà Elise a doversi occupare del disordine domani mattina. Non voglio accedere in lei così tante volte da sfinirmi soltanto per sapere dove riporre ogni cosa.
 
Mia madre mi segue con lo sguardo quando arrivo ai piani superiori. Mi chiudo nella mia stanza. Santo cielo… è davvero successo il pandemonio qui dentro.
Non m’importa. In questo momento mi serve soltanto un computer; ho bisogno di controllare se Camila ha scritto qualcosa. È un bisogno pressante e per un momento – la frazione più piccola di un istante – desidero di non averlo. Troppo tardi, L. troppo tardi.
 
Inserisco l’indirizzo e la password di Austin, noto la casella delle notifiche con un nuovo messaggio non letto, ma prima che possa anche solo cliccarvi sopra, il mio cellulare inizia a vibrare.
 
Aaron.
 
<< Com’è lì la situazione? >>.
 
Senza mezzi termini. Come sempre, fratellone.
 
<< Hanno dato un bel po’ di matto e non credo che papà ti farà le congratulazioni non appena tornerai a casa >> rispondo.
<< Senti, non posso tornare adesso. Vediamoci al solito posto, ti spiegherò tutto >> riattacca senza darmi il tempo di dire altro.
 
Mi gratto la nuca infastidita. Odio quando non riesco ad avere il tempo di considerare la situazione o meno. Aaron è nei guai, ma perché devo tentare di risolverli io i suoi guai?
Improvvisamente mi manca la sensazione di quando al mattino sono appena sveglia e non so ancora chi sono o quanto la mia giornata possa degenerare.
 
A malincuore chiudo la casella e-mail e mi avvio fuori dalla camera.
 
<< Dove stai andando? >> mi ferma mia madre sulle scale.
<< Valerie ha bisogno di una mano con... dei compiti >> invento sul momento, presa alla sprovvista.
<< Valerie? Elise, tuo fratello è stato appena accusato di aver spacciato droga e tu vai da Valerie? >> domanda sconcertata.
 
Mi stringo nelle spalle.
 
<< Per prima cosa, non sappiamo ancora se sia vero; secondo, non siamo braccati dalla polizia, terzo, non è con me che sei infuriata >>.
 
La sorpasso con facilità ed esco da casa senza darle il tempo di replicare. La priorità adesso è capire a quale “solito posto” Aaron si riferiva. Accedo in Elise e scopro che potrebbe trattarsi del boschetto vicino al lago che sono soliti frequentare.
Faccio un tentativo e ci vado.
 
Aaron ancora non c'è, così mi siedo sul tronco di un albero abbattuto. Non è un posto molto grande, ma sono completamente circondata dalla vegetazione e posso ascoltare i suoni della natura. Mi è sempre piaciuto restarmene da sola con me stessa.
Non posso fare a meno di pensare a Camila. Di nuovo. È come un impulso che si è radicato in me da ieri. Tempo breve, radici profonde.
Mi chiedo come sia andata la sua giornata scolastica. Mi si stringe lo stomaco a pensare con quali occhi colmi d'amore possa aver guardato Austin questa mattina. Chissà se sono riuscita a lasciare qualcosa di reale in lui.
Vorrei aver letto quella mail.
 
<< È sempre stato il tuo posto preferito quel tronco >> una voce mi coglie alle spalle.
 
Sussulto e mi giro incrociando lo sguardo di Aaron.
 
<< Sì? >>.
<< Già >> annuisce.
<< D'accordo. Senti, qui è tutto molto bello, ma ti conviene iniziare a parlare e ti conviene farlo in fretta; sono uscita senza dire nulla a papà e sono sicura che succederà il finimondo non appena se ne accorgerà. Devi tornare a casa con me >>.
Aaron annuisce di nuovo.
 
<< James mi ha venduto la roba, ma l'ho fumata stamattina. Ricordi in macchina? Ecco. Dopo gli allenamenti gliene ho chiesta dell'altra, ma qualcuno ci ha visti e James ha iniziato a spintonarmi dicendo che ero stato a vederla a lui >>.
<< Hai cercato di spiegare che tu non c'entri nulla? >>.
 
Aaron ride sarcasticamente.
 
<< Certo, e a chi pensi che crederanno? A me? Il padre di James è il fottuto avvocato più in gamba della città e va in giro sbandierando i buoni voti e i corsi extra che fa e la vita perfetta che ha >>.
 
Mi mordo il labbro inferiore. Questo è un tratto tipico delle persone in cui sono capitata; molto spesso, pur sapendo di avere ragione, di aver affermato la verità, decidono di credere alle bugie perché è più semplice. È più semplice per Aaron credersi un fallito che ha realmente venduto della droga che non farlo. Non è la verità. Io lo so, lui lo sa. Ma quando questa abbia smesso di essere una bugia e sia diventata la verità non lo so.
Nella sua testa deve avere molto più senso. Ho già vissuto una situazione simile. Ho già conosciuto qualcuno come mio fratello.
 
Quando torniamo a casa, papà spinge Aaron a muro. I miei occhi devono essere schizzati fuori dalle orbite perché davvero non me lo aspettavo.
 
<< COSA HAI COMBINATO? >> gli urla contro.
<< Non è come sembra, posso spiegare >> tenta di difendersi lui.
<< Beh, ti conviene farlo subito, ragazzino! >>.
 
Se prima era soltanto un'idea quella che, durante il tragitto in macchina, Aaron stesse mettendo su qualche scusa per i nostri genitori, diventa una certezza dal momento che lo sento parlare di una ragazza che gli piace e del fatto che lui e James abbiano fatto a botte per questo.
Nostro padre si calma, nostra madre sospira di sollievo. Io sollevo gli occhi al soffitto.
Sarà meglio per lui che questa tipa esista davvero, che gli piaccia o meno, prima che la situazione degeneri domani a scuola.
La consolazione nei loro visi è palpabile. A quanto pare l’idea di un figlio che s’improvvisa dal nulla il Romeo della situazione è molto più accettabile. Chissà un giorno, quando sarò grande abbastanza da capitare nel corpo di persone che sono dei genitori, che consigli darò ai miei figli del momento.
 
Rido fra me e me. Che pensieri stupidi. Mi preoccupo del giorno dopo e di cosa diranno a scuola. Come se potessi esserci anche domani.
Il problema delle vite che risucchiano tutta la tua attenzione, è che si crede di avere sempre più tempo. Si crede nel tempo disperatamente, come se il tempo potesse risolvere ogni sorta di arcano mistero presente nelle nostre vite.
Ma il tempo è inspiegabilmente veloce e lento contemporaneamente. E il tempo è impotente, siamo noi a dargli un significato.
 
Per poter finalmente leggere con calma la mail di Camila, devo aspettare che tutti siano andati a dormire.
 
Aus,
 
davvero non capisco... ieri sembrava tutto perfetto e oggi sei di nuovo arrabbiato con me. Mi hai detto che tutto era okay. Continuavi a dirmi di non ricordare del mare, dei castelli di sabbia e della musica. È per qualcosa che io ho fatto? Se ho sbagliato, per favore dimmelo. Non voglio che le nostre giornate finiscano come oggi. Voglio una nota felice.
 
Camila.
 
Le lacrime mi pizzicano agli angoli degli occhi e premono per uscire.
Vorrei poterle rispondere. Anzi, vorrei poterla andare a prendere, arrivare sotto casa sua, lasciare che si affacci alla finestra e rassicurarla.
 
“Andrà tutto bene, Camz.” ma non ci sono garanzie, né promesse. Non posso offrirle nulla di tutto questo. Il pensiero mi tormenta e mi fa pulsare le tempie.
 
“Che cosa hai fatto, L?”
 
Vorrei tornare a ieri, ma ieri è passato. Vorrei tornare da lei.
 
 
Note Conclusive: Salve a tutti :') non c'è davvero molto da dire su questo capitolo, se non che (come avrete notato) Camila è poco presente, almeno per quanto riguarda il personaggio fisico.
Per L, Camila è sempre presente.
Si tratta di un capitolo di transizione, ma è utile per capire alcune caratteristiche di L e per mostrare come è costretta ad adeguarsi alle situazioni più improbabili che le si parano davanti.
L'ho riletto velocemente (poiché avevo programmato di postarlo domani ma boo yah!) e ho cercato di correggere tutti gli errori che ho trovato, se dovessero essercene altri gli darò una lettura più attenta e li sistemerò.
Il prossimo sarà decisamente, decisamente, decisamente più interessante ;) parola mia.
Lo sto già scrivendo e nel fine settimana dovrebbe essere pronto. Nel terzo ritroveremo Camila e *rullo di tamburi* finalmente introdurrò il personaggio di Lauren. (Come? Eh... chi lo sa) :) 
Detto ciò uhm... direi che non ci sono altri avvertimenti/chiarimenti/curiosità.
 
See you :')

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Capitolo 4
*** Capitolo 3. ***


Capitolo 3.
 
Apro gli occhi. Buio. Buio pesto.
Sono nella mia nuova camera? Ho appena avuto un incubo? No, non mi sembra nulla di tutto ciò.
Una raffica di vento pungente mi colpisce in pieno viso e i brividi scivolano giù per la mia schiena nuda.
Un momento. Aspetta. Vento? Schiena nuda? Dove accidenti mi trovo? Chi sono?
Faccio un tentativo di accedere alla memoria del nuovo corpo, ma non trovo nulla. Vuoto totale. Come se non ci fosse effettivamente alcuna mente da cui attingere informazioni.
Mi sforzo di riprovarci ma sono esausta e crollo a terra.
Faccio forza sui palmi per tirarmi su e finalmente riesco a mettere a fuoco qualcosa. Asfalto. Le mie mani contro l'asfalto ruvido e scuro.
Devo trovarmi decisamente in mezzo ad una strada.
Abbasso gli occhi per avere un'idea di come sono fatta oggi e vedo tutto fuori fuoco.
Sollevo lo sguardo di fronte a me, limpida e cristallina notte.
In lontananza adocchio l'insegna di una stazione di servizio e provo ad avvicinarmi.
Il primo passo che faccio è piccolo e mi sembra di essere bloccata dentro le sabbie mobili, in più, da quel poco che riesco a capire di me stessa, sono nuda. Completamente nuda.
Potrei essere nel corpo di un ragazzo o di una ragazza. Potrei essere chiunque. Davvero non riesco a capirlo.
Quando tento di muovere un altro passo, sono costretta a piegarmi in due sulle ginocchia. Mi sento così debole. Fitte di dolore m'invadono la testa e sento come se tanti spilli fossero piantati in questo momento dentro la mia pelle.
 
“Che mi succede?” è il primo pensiero coerente che riesco a formulare. Non ho mai provato questa sensazione prima d'ora e sta iniziando a preoccuparmi.
Che diavolo ci faccio sul ciglio di una strada sconosciuta, in piena notte, senza avere alcuna idea di chi sia? La persona che mi ospita ha davvero bevuto così tanto da finire in queste condizioni?
Eppure non sento nemmeno vagamente il sapore di alcool nella mia bocca. A dire la verità, non sento proprio niente, se non il freddo acuto sulla pelle.
 
La cosa più strana è che, ancora, nessun ricordo abbia fatto capolino. Non ho la mente annebbiata, è vuota. Non appena me ne rendo conto, la cosa inizia a terrorizzarmi. Ho provato diverse volte la sensazione di crogiolarmi in una mente offuscata dall'alcool o dalla droga. La sensazione di una mente caotica e quella di una mente serena e pacata. Ma mai... mai una mente totalmente vuota.
Né passato né futuro. Non c'è niente. È come se quello che stessi vivendo in questo momento fosse il primo ricordo che la mia testa è in grado di costruire.
 
Per un attimo, un guizzo passa attraverso la coltre spessa dei miei pensieri. Se fosse... se questo fosse...? Se questo corpo, questa mente, questa... fossi io? Io? Io che non posso avere un corpo. Io che non l'ho mai avuto. Io che ho condiviso sempre tutto nella mia vita senza poter essere davvero padrona di me stessa.
 
“No. No, è ridicolo anche solo pensarlo, L. Come ti salta in mente?”
 
Il problema è proprio questo: è l'unica cosa plausibile che mi salta in mente.
 
Respiro profondamente. “Concentrati, L. Concentrati.” mi ripeto “Devi riuscire ad arrivare a quella stazione di servizio. Puoi riuscirci.”
Inspiro più aria di quanta probabilmente i miei polmoni possano contenerne e faccio un altro tentativo. Questa volta riesco ad alzarmi in piedi, benché non veda ancora. Non mi veda. Il mio corpo è l'unica cosa che non riesco a vedere, tutto il resto è perfettamente chiaro.
Con un po' di fatica riesco ad arrivare di fronte alla stazione di servizio, supero i distributori di carburante e mi accingo a spingere la porta d'ingresso.
Mi costa una fatica immensa e una volta dentro, rischio di cadere rovinosamente a terra.
Il barista sta servendo alcune persone ma il luogo è pressoché deserto. Non appena mi nota, strabuzza gli occhi.
 
<< Ma cosa cavol- >>.
<< Ehi dolcezza, non ti hanno insegnato che i vestiti vanno indossati? >>.
 
Le voci mi arrivano ovattate, come se dovessi impegnarmi per capire che lingua stanno parlando o che senso abbiano i loro commenti.
È, ancora una volta, una sensazione totalmente sconosciuta che prende piano piano forma in me.
Vorrei parlare, dire qualsiasi cosa... ma la lingua è impastata e le mie corde vocali sembrano più un groppo in gola che non scende.
 
Deglutisco.
 
Ho la gola secca e il solo provare a schiarirmi la voce graffia e brucia terribilmente.
 
Muovo le mani, vorrei far capire che ho bisogno di sapere dove mi trovo, ma l'unica cosa che ottengo sono soltanto sguardi ancora più confusi.
Noto un espositore di cartine geografiche e mi avvicino, forse così potrò avere almeno un'idea di dove mi trovo.
Miami. Sono a Miami? Miami... mi ricorda qualcosa in particolare.
Un volto emerge dalla spessa coltre che sembra incombere su di me in questo momento. I tratti ispanici, il sorriso dolce, una voce che è capace di emozionarmi anche solo parlando. L'ho sentita cantare? Sì. Sì, l'ho sentita. Cam-qualcosa. Camz.
 
CAMILA.
 
Nello stesso momento in cui ritrovo il suo ricordo e la mia mente ne viene invasa, un'altra fitta di dolore lancinante mi colpisce. La mia testa sembra essere in procinto di spaccarsi a metà.
Mi stringo le tempie e mi accascio sulle ginocchia, il respiro irregolare e veloce.
 
“Camila. Camila. Camila. Aiutami, Camz.”
 
Una mano si posa gentilmente sulle mie spalle scuotendomi appena. La mia pelle è totalmente esposta.
 
<< Ti senti bene? Vuoi che chiamiamo i tuoi genitori o i soccorsi? >> il tono di voce è maschile e gentile. Questa volta riesco a capire meglio.
 
È come se qualcosa avesse finalmente iniziato a funzionare in me. Di nuovo.
 
<< Io non... >> provo a parlare, ma la voce bassa e roca non me lo permette. Indico con l'indice l'espositore delle bevande e l'uomo dinanzi a me annuisce.
<< D'accordo >>.
 
Quando mi porge la bottiglietta d'acqua non posso fare a meno di ringraziarlo con lo sguardo.
 
Chissà poi che sguardo ho. Chissà come mi stanno vedendo in questo momento i presenti alla scena.
 
<< G-grazie >> riesco a dire.
 
Adesso la mia voce è più chiara e la gola brucia un po' di meno.
 
<< Cosa ti è successo? >> domanda lui.
 
Scuoto il capo. Davvero, non ne ho idea. Ieri sera sono andata a dormire come Elise Smith. Adesso sono appena sbucata dal ciglio di una strada.
Più vicina a Miami. Più vicina a Camila. È tutto ciò che riesco a pensare. La mia mente è quasi vuota e il pensiero di lei la riempie interamente.
 
<< Camila... >> sussurro piano.
<< Come? >> chiede confuso l'uomo.
<< Io devo... devo arrivare a Miami >> riprendo.
<< Abiti lì? >> mi domanda.
 
Scuoto il capo.
 
<< Ci sono dei tuoi amici? >>.
 
Nego ancora.
 
<< Allora perché vuoi andare? >>.
 
Un conato di vomito mi coglie alla sprovvista. Non so come, mi alzo in piedi di scatto e corro verso quello che sembra essere il bagno. Non ho nulla nello stomaco ma rimetto tutto lo stesso.
Tremo e so che il corpo sta iniziando ad avere la meglio su di me.
Mi è già capitato prima d'ora che il corpo prendesse il sopravvento. È una sensazione terrificante: non ho piena coscienza di ciò che accade, eppure so con certezza anch’io quello che voglio o che devo fare. Ha senso?
Ho un'altra fitta allo stomaco, ma questa volta mi concentro e inspiro profondamente perché non voglio rimettere ancora.
È come se il corpo che possiedo in questo momento fosse circondato da un filo spinato elettrificato.
La mia stessa pelle brucia da morire.
Senza accorgercene, nel corso della nostra vita, il corpo prende il comando su di noi più volte di quanto saremmo disposti ad ammettere. Quasi come se gli consegnassimo le chiavi della nostra esistenza.
Sento il cuore che batte così forte da volermi sfondare il petto, le mie mani tremano e mi appoggio ad uno dei lavandini bianchi.
Faccio scorrere l'acqua ghiacciata e mi sciacquo il viso e la bocca. Mi butto l'acqua addosso e un senso di sollievo mi pervade.
Tento di alzare lo sguardo e di fissarmi allo specchio. Sfuocato. Tutto ciò che tento di vedere di me stessa in quel momento è fuori fuoco. Mi concentro meglio. Qualcosa riesco a scorgere.
Occhi verdi.
Intensi occhi verdi. Verde smeraldo. Non riesco a vedere altro e non riesco a vederli bene, ma sono sicura che siano verdi.
 
A chi appartiene questo corpo? A chi appartengono questi occhi?
 
Sento bussare al di fuori della porta del bagno. Apro piano, ancora incurante della mia nudità. È l'ultimo dei problemi che mi preoccupa.
L'uomo che mi ha messo la mano sulle spalle e che mi ha dato la bottiglietta d'acqua. Avrà circa quarant'anni e il suo viso è segnato da uno sguardo di preoccupazione. Non fa scorrere gli occhi lungo il mio corpo, non fa alcun commento sprezzante o sarcastico. Solo sincera preoccupazione. Come un padre che si preoccupa per una figlia.
 
<< Ti senti meglio? >> mi domanda cauto.
<< Sì >> rispondo.
<< Sei sicura di non voler andare in ospedale o di non voler chiamare i tuoi genitori? >>.
<< No... >> non so nemmeno chi siano i miei genitori di oggi. Non so nemmeno chi sia io.
<< Ricordi cosa è successo? >>.
 
Non so come rispondere a questa domanda. Ricordo cosa è successo ieri. Ero Elise Smith, mio fratello Aaron aveva combinato un casino. Questo lo ricordo. Ma per quanto riguarda adesso, il corpo ha cancellato i suoi ricordi, di chiunque esso sia; quindi devo affidarmi ai miei personali, quelli indipendenti che mi accompagnano ovunque io vada o chiunque io sia.
 
<< Ero ad una festa con i miei amici. Devo davvero aver bevuto troppo... non ricordo altro >> invento sul momento.
 
L'uomo sospira e annuisce, anche se posso vedere un'ombra di dubbio nei suoi occhi.
 
<< Non dovresti bere così tanto. Avanti, metti questi >> mi porge dei vestiti di almeno tre taglie più grandi di quelli che abitualmente indosso << Sono gli unici che ho trovato e che ho con me >> si gratta la nuca imbarazzato.
 
Abbozzo un sorriso sincero.
 
<< Non importa, andranno benissimo comunque. Grazie >>
 
Quest'uomo non mi conosce affatto, eppure non sta esitando un attimo ad aiutarmi. Vorrei poter incontrare più persone del genere in giro. Magari in altre circostanze però.
 
Fa un cenno verso la porta.
 
<< Cambiati pure, ti aspetterò qui fuori e quando avrai finito posso darti un passaggio a casa >>.
 
Casa. Soltanto il suono di quella parola sa di calore e di rassicurazione in questo momento. Ma non ho idea di dove sia casa. Non ho mai avuto una mia casa. Immagino a come sarebbe la sensazione di avere un posto a cui si sente di appartenere davvero. Io appartengo ad ogni posto e a nessuno.
Camila è ancora l’unico pensiero coerente che ho. Vorrei appartenere a lei. Vorrei che lei appartenesse a me.
 
Annuisco e sorrido ancora.
 
Indosso i vestiti che mi ha portato, si tratta di una semplice maglietta a maniche corte, un paio di jeans e delle scarpe di tela grezza. Non sono moltissimo e non ho biancheria intima, ma non m'importa. Davvero, non m'importa.
 
Sull’auto il calore è confortante e c’è un vago odore di menta. Non mi chiedo da dove provenga, ma lo respiro pienamente un paio di volte.
 
<< Posso almeno sapere il tuo nome? >> mi domanda l’uomo.
 
Il mio nome. Già. Faccio un altro tentativo di accedere alla memoria del corpo che mi ospita.
Niente. Vuoto totale.
 
<< Non importa, non devi dirmelo per forza >> si affretta a continuare lui.
 
Non mi ero nemmeno accorta di star scuotendo il capo.
 
<< Io sono Michael comunque, ma Mike va bene >> dice spostando gli occhi dalla strada a me per qualche secondo.
 
<< I-io… uhm sto and- devo arrivar- >> sospiro infastidita e mi stringo nuovamente le tempie con le dita.
 
“Che cosa ti sta succedendo, L?”
 
In quel momento tentare di mettere insieme una frase sembra la cosa più difficile del mondo. È come se le parole fossero proprio lì, sotto la superficie, ma io non riuscissi ad afferrarle. Se prima il cuore sembrava volermi schizzare fuori dal petto, adesso devo posarci su una mano per assicurarmi che batta ancora.
Lento e regolare.
 
<< Devo arrivare a Miami >> riesco a dire questa volta con minor fatica.
 
Mike aggrotta la fronte.
 
<< Stai andando da quella ragazza…? >> domanda incerto.
 
Lo fisso attonita.
 
<< Hai pronunciato il suo nome quando sei crollata sul pavimento >> spiega notando la mia espressione confusa e sorpresa.
<< Camila >> il suo nome scivola dalle mie labbra con delicatezza e senza alcuna difficoltà, come se avessi tutto il tempo del mondo per assaporare ogni lettera.
 
Mike annuisce.
 
<< È una tua amica? >>.
 
Camila. Cos’è Camila per me? Non mi ero ancora posta la domanda prima d’ora. La verità è che ho anche paura di conoscere la risposta. Come puoi spiegare a qualcuno la sensazione d’infinito che provi per una persona quando non puoi nemmeno averla vicina? Non sono sicura che potrei dare a Mike una valida risposta nemmeno se la conoscessi.
 
Mi limito ad un assenso. Non mi sento ancora in grado di parlare per bene.
 
Senza accorgermene, con la strada silenziosa e buia che scorre davanti ai miei occhi, mi perdo in alcuni ricordi.
 
<< Siamo appena entrati a Miami >> Mike mi scrolla delicatamente per una spalla.
 
Mi strofino gli occhi e vedo le luci della città. Non conosco le strade di Miami, le ho già rimosse dalla mia memoria, ma riconosco il vialetto e il familiare profilo della casa di Camila.
Mike mi fa un cenno con la mano e osservo la luce dei fari della macchina sparire in lontananza nel buio.
 
Se prima ho dovuto controllare il battito del mio cuore per accertarmi che fosse ancora presente, ora lo sento quasi spaccarmi la gabbia toracica. Sto per rivederla.
La sensazione è di adrenalina pura.
 
Adocchio un albero dai rami bassi in giardino che da direttamente sulla finestra di una camera. Non so ancora se sia la camera di Camila o dei suoi genitori, ma decido di tentare lo stesso. Forse la fortuna sarà dalla mia parte questa volta.
Durante la scalata ogni movimento mi costa fatica, ma non sono tentata nemmeno per un secondo di fermarmi. Accelero i movimenti, cercando di stare attenta a non cadere questa volta, e prima che possa rendermene conto, mi ritrovo sul balcone della camera.
La portafinestra è semiaperta ma riesco a vedere Camila anche da questa posizione, con gli occhi ormai abituati all’oscurità notturna.
Entro piano e subito le mie narici sono invase dal suo buon odore. Un misto tra vaniglia e cioccolato. Lo avrei riconosciuto tra mille, è il suo odore. 
Lei è lì. Le coperte accatastate ai piedi del letto e solo il sottile strato del lenzuolo a lambire i suoi fianchi nudi. La canotta mi permette di intravedere le sue spalle scoperte e accarezzate dalla cascata di capelli che scivolano lungo la sua schiena.
Ha le braccia intrecciate attorno al cuscino e il viso girato nella mia direzione. L’espressione angelica e rilassata dei suoi lineamenti mi fa venire voglia d’imprimere quell’immagine a fuoco nella mia mente.
 
Potrei restare ore qui a guardarla dormire, ma il tempo non è esattamente dalla mia parte.
 
Inspiro lentamente, non voglio fare alcun rumore, alcun movimento brusco che possa svegliarla. Mi avvicino al bordo del letto e mi siedo a terra con le gambe incrociate immerse nei jeans larghi. La osservo dormire riempiendomi le orecchie del suo respiro lieve. Una ciocca di capelli le sfiora la guancia e tendo istintivamente la mano per spostarla dietro il suo orecchio, ma mi fermo a mezz’aria. Sono spaventata. Una sensazione di panico s’irradia dentro di me senza che io possa fare nulla per placarla.
Non dovrei essere qui. Non dovrei desiderare disperatamente tutto questo. Potrei stare ore a guardarla, ma non posso. Non posso.
 
“Non puoi, L. Torna indietro.” Continuo a ripetermelo. Un loop nella mia mente.
 
Quando scendo, utilizzando nuovamente il ramo come appiglio, e l’aria fresca s’insinua nei miei polmoni, mi rendo conto che ormai è quasi l’alba.
Dovrei andare via, ma il problema è che non ho la minima idea di dove andare. Ancora nessuna traccia dei ricordi della persona che mi ospita. Non so bene cosa significhi, ma la sensazione che questo possa essere davvero il mio corpo, mio e solo mio, mi terrorizza enormemente. Sono sempre stata abituata ad un’esistenza da nomade. Ho sempre raccolto i frammenti di altre persone e li ho messi insieme cercando di dare loro un senso. Ho paura di non riuscire a dare senso a me stessa invece.
 
Abbasso gli occhi e tento di osservarmi le mani, l’unica parte non coperta dalla maglietta. Di nuovo. Sfuocato. Vedo chiaramente i vestiti che mi ricoprono, ma non vedo me. Chi sono?
 
All’improvviso un acuminato dolore mi trafigge le tempie. Non ho neppure il tempo di realizzarlo che crollo a terra. Buio totale.
 
Giorno 5996.
 
Il reale inizio della giornata successiva ha un qualcosa di magico. Mi sveglio presto e sono sicura di essere una ragazza. La città dove mi trovo dista soltanto un’ora da quella di Camila.
 
Dopo aver fatto colazione ed essermi concessa una doccia, mi allontano da casa di Alexa Ferrer e la imploro silenziosamente di perdonarmi: quella che sto per mettere in atto è una singolare forma di sequestro. Ho il sospetto che ad Alexa non dispiacerebbe.
Nella scelta dei vestiti non ho avuto molte alternative, Alexa indossa praticamente solo il nero. Ma non un nero che mi dispiace, è più rock ‘n’ roll, il che è da apprezzare notevolmente.
Nella sua macchina, come previsto, ritrovo cd dei My Chemical Romance, Whitesnake e Led Zeppelin. Inserisco “Danger Days” e sulle note di Summertime, sfreccio in direzione di Miami.
 
Il corpo di Alexa è in gran forma oggi, come se la sua dormita notturna non fosse stata disturbata affatto, ma la mia mente è stanca e fatica a riscostruire i frammenti di quello che è accaduto durante la notte. Di una cosa sono certa: ho rivisto Camila. Non in un sogno questa volta, l’ho rivista davvero mentre dormiva beata nella sua camera. Ricordo l’uomo che mi ha dato il passaggio, Mike. Ma non ricordo niente di me… la mia mente è offuscata, l’unica cosa che cattura la mia attenzione e risveglia la mia memoria sono un paio d’intensi occhi verdi.
Occhi verdi come non li avevo mai visti prima di quel momento.
 
Riporto la mia attenzione sulla strada e penso che invece di guarire una ferita, la sto allargando. Non potrò mai avere un futuro insieme a Camila e tutto ciò che faccio è prolungare il passato per un giorno.
Le persone, in genere, non devono decidere cosa o chi valga la pena di ricordare perché hanno a disposizione la ripetitività, le aspettative e il lungo respiro della vita. Io sono costretta a imprimere l’importanza in ogni singolo attimo in ogni singolo ricordo. Mi costa una gran fatica tenere con me le persone che desidero ricordare. Non c’è una foto, né un biglietto che possa aiutarmi; sono solo nella mia testa. È l’unico modo che ho per rivederle.
E se devo scegliere con cura chi ricordare, allora scelgo Camila. La scelgo adesso e continuerei a farlo e farlo ancora. Non sopporterei, nemmeno per un istante, il pensiero di farla svanire.
 
Eccole le parole che aspettavo, risuonano in quella canzone.
 
“And if you stay, I would even wait all night, or until my heart explodes, how long?”
 
L’universo sembra annuire a tempo di musica alla mia decisione.
 
Quando arrivo alla scuola, so già cosa dirò se dovessero chiedermelo: sono in visita perché i miei genitori vorrebbero trasferirsi qui.
Sono una delle tante ragazze che si aggirano nei corridoi con l’aria di avere una destinazione. L’armadietto di Camila compare di fronte ai miei occhi. Nessuno fa caso a me. Nessuno fa caso a noi.
Potrei fermarmi e tornare indietro, potrei guardarla e rivolgerle un sorriso, in entrambi i casi lei non avrebbe idea di chi io sia. La cosa mi rattrista un po’. Non si tratta di una tristezza superficiale, si tratta più di rassegnazione all’evidenza. Eppure… eppure anche in mezzo ad un corridoio affollato c’è qualcosa che mi attira verso di lei. E’ impossibile ignorare la sensazione.
 
<< Ehi >> esordisco con voce bassa.
 
Camila non si rende conto che sto parlando con lei, ma poi alza lo sguardo e incrocia il mio.
 
<< Oh scusami… ciao >> ricambia. Lo vedo nei suoi occhi, non ha idea di chi io sia, ma non ha intenzione di mostrarsi ostile nei miei confronti.
<< Perdonami se ti ho interrotta ma… è la prima volta che vengo in questa scuola; sai i miei genitori hanno intenzione di trasferirsi qui ed io volevo vedere un po’ come fosse il posto >>.
 
Camila inarca un sopracciglio e mi fissa in silenzio, poi vedo l’ombra di un sorriso sincero che si distende sulle sue labbra.
 
<< Sono Camila >> si presenta.
<< Alexa >>.
<< Bene Alexa, quindi fammi capire un po’: sei andata via da scuola per vedere una… scuola? >> chiede con voce divertita.
 
Annuisco.
 
<< Ti ho notata non appena ho svoltato il corridoio e, dal momento che sono parecchio sola, mi chiedevo perché non salutarla >>.
 
La sua espressione è carica di sorpresa.
 
<< Ho detto qualcosa che non va? >> mi affretto a chiedere.
 
Camila scuote il capo istantaneamente.
 
<< No affatto. È solo… non importa. >> agita la mano in aria << Ti andrebbe di restare con me oggi? Posso mostrarti la scuola e farti vedere un po’ come funziona >> un altro sorriso genuino le colora il volto e non posso fare a meno di ricambiare.
 
Capisco il perché le mie parole l’abbiano sorpresa. Non si tratta delle parole in sé, si tratta del fatto che io l’abbia notata per prima. È sorpresa che lungo un corridoio gremito di persone, i miei occhi si siano posati su di lei senza indugiare.
 
<< Sarebbe fantastico, Camila >> il suo nome esce dalle mie labbra per la prima volta oggi e vorrei ripeterlo altre mille.
 
So che Camila sta soltanto cercando di essere cortese con me, ma provo l’irrazionale desiderio che in qualche modo mi abbia riconosciuta. Ho bisogno di credere che Camila possa farlo malgrado questo non sia il mio corpo. Ho bisogno di credere che riesca a vedermi dentro, per quella che sono davvero.
 
La seguo, quando all’improvviso la vedo fermarsi in prossimità di una ragazza alta e dai lineamenti polinesiani. Si gira verso di me e si morde un labbro.
 
<< Spero che per te non sia un problema se ti presento la mia migliore amica Dinah >> dice con un tono vagamente incerto.
 
Scuoto il capo e sorrido.
 
<< È un piacere Camila >>.
 
Sono davvero felice di scoprire che nella sua vita sia circondata da altre persone che la fanno sentire esattamente come merita. Non c’è ancora traccia di Austin e credo che questo sia un bene.
Il modo che ha Camila di coinvolgermi, di rendermi parte della via, anche se solo per un giorno, me la fa piacere ancora di più. Man mano che i minuti passano diventa meno cortese e più gentile. Capisco che si tratta di una qualità del carattere più incisiva: tutti riusciamo ad essere cortesi se ci impegniamo abbastanza, ma la gentilezza è innata. Rimanda strettamente alla persona che sei, mentre la cortesia rimanda più a come vuoi che gli altri ti vedano.
 
Dinah, comunque, mi ha sorpreso piacevolmente, è come sorella per Camila e mi ritrovo a pensare che probabilmente il loro legame sia più vero e forte di quello di due reali sorelle.
 
Camila sposta gli occhi in ogni direzione del corridoio alla ricerca di Austin ma non lo trova. La cosa la ferisce e le fa abbassare lo sguardo, resta senza dire una parola fin quando arriviamo in classe.
Le ore scorrono così lentamente da farmi considerare la giornata come una sottile forma di tortura non ancora sperimentata. Camila è seduta al mio fianco e riesco perfino a sentire il suo profumo dolce.
 
“Sarebbe molto più divertente costruire castelli di sabbia che restare a sentire questa lezione” le passo il bigliettino senza fare rumore pur di avere una scusa per picchiettarle la spalla.
Vedo i suoi occhi che si concentrano a leggere quello che c’è scritto e poi si spalancano un po’.
Per lei sono una sconosciuta ma quella manciata di parole sembra riportarla per un secondo alla giornata in spiaggia. Vorrei sapere se le ho lasciato qualcosa. Vorrei tanto che potesse vedermi… ma so che non può.
 
Austin fa definitivamente la sua comparsa a pranzo sedendosi al nostro tavolo. È strano trovarmi di fronte alla persona che pochi giorni fa mi ha ospitato nel suo corpo. Lo fisso cercando di non farmi notare e guardarlo dal vivo non è come farlo allo specchio. Ci vediamo sempre abbastanza diversi rispetto a come lo fanno gli altri.
Austin ha un che di affascinante, sono costretta ad ammetterlo, ma i modi in cui si comporta non lo sono. Possiede quell’aria di risentita superiorità, come se il mondo non potesse davvero toccarlo quando è evidente che non sia così, si muove e si guarda intorno come se fosse perennemente sulla difensiva. I suoi occhi sono scuri e carichi di disappunto.
Mi chiedo cosa Camila abbia potuto trovare in un ragazzo del genere, e se questo è l’Austin di tutti i giorni beh… devo davvero averlo fatto apparire come un’altra persona qualche giorno fa.
 
Austin non ci rivolge quasi parola, l’unica cosa che fa è stringere la vita di Camila possessivamente marcando il suo territorio. Dinah si alza dal tavolo e sbuffa piano, evidentemente la coppia non deve andargli così a genio.
 
<< Mila, ci vediamo oggi per studiare a casa mia? >> chiede prima di allontanarsi.
 
Austin grugnisce in risposta, il che equivale ad uno sguardo dispiaciuto ed un cenno negativo del capo da parte di Camila. Sembra quasi rassegnata.
 
<< Passo da te per cena DJ, va bene? >>.
 
Dinah scrolla le spalle e annuisce.
 
<< D’accordo. Alexa, è stato un piacere conoscerti >> sorride nella mia direzione prima di incamminarsi fuori dalla mensa.
 
Camila sussulta e improvvisamente riprende coscienza della mia presenza lì.
 
<< Oh perdonami… Austin, lei è Alexa. È in visita alla scuola oggi perché i suoi genitori vogliono trasferirsi in città. Alexa lui è Austin, il mio ragazzo >> lei mi sorride ma Austin solleva gli occhi solo per osservarmi qualche secondo prima di ritornare a mangiare.
 
Sono quasi disgustata dalla mancanza di attenzione che riserva a Camila e la cosa m’intristisce parecchio. Ma non posso renderlo presente. Sono insieme a lei e cerco di fingere che tutto il resto intorno a noi non esista. Continuo a recitare pur di avere un minuto in più in sua compagnia.
 
<< A proposito >> riprende Camila inaspettatamente << dal momento che prima me hai accennato alla cosa, la spiaggia non è molto lontana da qui >>.
 
Le mie sopracciglia s’inarcano e i miei occhi mostrano sorpresa. Voglio sapere cosa ricorda di quel giorno.
 
<< Siete andati di recente? >> domando.
<< Sì, è stato meraviglioso >> risponde con entusiasmo Camila.
 
Non voglio perdere nemmeno un frammento del suo sorriso. Al contrario di Austin, non voglio distogliere la mia attenzione da lei. Ma cerco di tenerlo d’occhio comunque per capire se ho provocato una qualsiasi reazione anche in lui. Niente.
 
<< È stato come un momento magico >> ripete Camila.
 
La luce nei suoi occhi e il sorriso che illumina il suo volto mi fanno capire che i ricordi di tre giorni fa la rendono felice. Sono costretta a mordermi l’interno della guancia fino a sentire il sapore ferroso del sangue.
Vengo salvata dalla campanella che annuncia la ripresa delle lezioni.
 
Per il tempo restante, Camila è seduta accanto a me, il suo braccio esposto che invade appena il mio lato del banco mi fa venire voglia di accarezzarlo. Vorrei farle increspare la pelle di brividi, vorrei baciarla accanto all’orecchio e poi sussurrarle la verità.
Suona tutto come un crudele scherzo del destino.
Prendo una matita e inizio a disegnare il profilo del suo viso. Disegnare è una delle poche cose che adoro fare e che mi rilassa. Traccio le linee con leggerezza e semplicità, senza alcuna fatica. È come se ogni particolare di Camila fosse già tra le mie mani ed io stessi soltanto aspettando l’occasione giusta per esprimerlo.
 
A fine giornata, Camila mi accompagna fino alla macchina, è l’ultima in fondo al parcheggio e cerco di misurare i passi il più lentamente possibile affinché tutto non finisca troppo in fretta. Ma ci arriviamo.
Mi rende nervosa il pensiero che Austin l’avrà con sé tutto il pomeriggio e domani e dopodomani, mentre il mio tempo con lei è di nuovo scaduto.
 
La saluto e le sorrido. Sono sul punto di salire in auto quando la sua voce mi ferma.
 
<< Aspetta >> mi volto stupita e la vedo mordersi il labbro inferiore.
 
“Oh no… non farlo Camila. Ti prego, non farlo.”
 
<< Posso dirti una cosa? >>.
 
Aggrotto la fronte in confusione.
 
“Tutto quello che vuoi. Ogni cosa che desideri.”
 
<< Certo >> rispondo reprimendo la mia voglia di baciarla ancora e ancora fino a non avere più aria.
<< Durante l’ultima ora ti ho uhm… ho notato che disegnavi insomma e, giuro di non aver sbirciato, ma non ho potuto fare a meno di pensare che sei davvero brava >>.
 
Il nodo allo stomaco si scioglie violentemente e un enorme sorriso si distende sulle mie labbra. Potrebbero farmi male le guance per quanto è ampio.
 
<< Non preoccuparti per quello, è davvero gentile da parte tua avermelo detto e beh… grazie per averlo notato >>.
 
Un sorriso altrettanto grande si fa spazio sul suo volto e le illumina gli occhi. Non è come quello di prima dovuto ai ricordi, è dovuto al presente e la cosa mi rende oltremodo felice.
Apre la bocca per dire qualche altra cosa ma un clacson la fa trasalire e la costringe a fermarsi bucando la piccola bolla che avevamo creato. È Austin nella sua macchina, vuole riaccompagnare Camila a casa.
 
<< Beh Alexa sono davvero contenta di averti conosciuta, e spero di ritrovarti qui il prossimo anno >> mi saluta e fa per andarsene ma questa volta sono io a fermarla.
 
Corro con la mano alla tasca dei jeans alla ricerca del foglio con il disegno. Lo trovo e prendo la mano destra di Camila tra le mie. È come se una scossa elettrica percorresse le nostre spine dorsali e arrivasse dritta al punto in cui la nostra pelle è entrata in contatto.
Sorrido, incapace di dire una sola parola, e richiudo la sua piccola mano attorno al pezzo di carta ripiegato.
 
È lì che lo capisco. In quell’esatto momento.
Non voglio amarla. Non voglio innamorarmi.
Di solito si da per scontata la continuità dell’amore e con essa la continuità del proprio corpo. Ma la qualità dell’amore è la sua persistenza. Una parte di Camila da per scontato che ha amato prima di Austin, magari in modo diverso ma l’ha fatto, e continuerà ad amare dopo di lui. Ma per me non funziona così, non può funzionare così.
Ne sono consapevole. Non ho alcuna difesa quando si tratta di Camila.
Non voglio innamorarmi di lei, ma non posso fare a meno di farlo.
 
Il nostro tempo è scaduto anche oggi. Quando Camila alza gli occhi dal disegno, io sono già scomparsa con la macchina.
 
 
Note conclusive:
E anche questo è andato! :’) avevo promesso la comparsa di Lauren in questo capitolo e l’abbiamo avuta… solo in modo un po’ particolare.
Qualcuno vuole indovinare a chi appartiene il corpo e gli occhi che L non riesce a riconoscere? Anyway, la domanda importante che salta fuori adesso è questa: Lauren sarà solo un’altra persona di cui L prenderà il corpo in “prestito” o sarà proprio quello il suo? Who knoooows?
Altra domandina per voi, avete riconosciuto il Mike presente nel capitolo? Direi che è piuttosto semplice da capire :’)
Giusto un paio di curiosità per voi:
 
1. La canzone che viene menzionata è “Summertime” dei My Chemical Romance (una delle mie preferite di sempre).
2. Non so bene per quale motivo ma Alexa mi ha ispirata particolarmente così ho deciso di inserirla come personaggio in questo capitolo. Per chi non lo sapesse (non si sa mai), Alexa Ferrer è davvero una delle migliori amiche di Lauren.
3. Ritroveremo Dinah in qualche altro capitolo e sto pianificando di inserire anche Normani e Ally all’interno della storia.
4. Avevo accennato al fatto che L, pur non essendo Lauren, ha delle caratteristiche di Lauren in sé (perché convenzionalmente il personaggio l’ho immaginato come lei, sooo) una di queste è il saper disegnare.
 
Oookay, è anche per stavolta è tutto qui :’)
See you at the next chapter!
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4. ***


Capitolo 4.
 
La mia mente è ancora sottosopra quando mi sveglio, ma posso con certezza dire che per Ally Brooke non è così.
Ally rientra nei parametri di quella che si potrebbe definire una brava ragazza. È la prima cosa che riconosco quando i ricordi iniziano a emergere dalla sua memoria come un benvenuto.
La sua camera è in ordine, ha puntato la sveglia nonostante sia sabato mattina e, non appena adocchio la sua scrivania con il portatile sopra, vedo che ha già fatto i compiti per lunedì.
Sbuffo e ruoto gli occhi al soffitto. Non ho nulla contro Ally, o contro le ragazze come lei, ma decisamente preferivo trovarmi nella situazione di Alexa, come il giorno prima.
Controllo la casella e-mail mia e quella di Austin. Continua a sembrarmi scorretto ma non m’importa. Voglio sapere se Camila gli ha scritto. Non trovo nulla da parte della ragazza cubana, ma, in compenso, prima che possa chiudere la finestra mi appare un messaggio.
A quanto pare Tyler Stanush darà un party a casa sua – data l’assenza dei genitori – e Austin è, ovviamente, invitato.
 
Do un’occhiata in giro e penso per un momento ad Ally. Normalmente mi terrei nei suoi limiti personali, so che è giusto così, è la sua vita ed io non posso approfittarne come se nulla fosse. Ma ho i miei motivi. Adesso ne ho uno, una priorità. E quella priorità è rivedere Camila.
Sembra proprio che Ally Brooke andrà ad una festa stasera.
 
La madre di Ally irrompe nella camera e mi chiede di scendere per aiutare suo padre – beh, mio padre oggi -, la accontento e capisco subito che è una di quelle donne da non mettere in discussione.
 
<< Posso prendere in prestito la macchina stasera? >> domando quando ormai è pomeriggio.
 
Ho passato tutta la giornata tra le faccende domestiche, il chiedermi se stessi facendo la cosa giusta e… altri compiti.
È davvero questa la vita di Ally Brooke? Cerco di rievocare un qualche ricordo particolarmente impresso nella sua memoria, ma viene fuori che l’unica cosa traumatica che l’è successa risale al suo periodo da bambina, quando era morto il suo gatto.
 
<< Perché? >> domanda curioso mio padre.
<< Non ti avevo detto che la squadra della scuola è arrivata in finale nel campionato di football? >> invento con tono divertito.
 
Non ho idea di quale squadra giochi nella scuola di Ally, né se sia arrivata in finale al campionato di football, ma non è una bugia troppo rischiosa perché mi accorgo che i suoi genitori non sono esattamente interessati a quella parte della vita di Ally. O meglio, lo sono, posso percepirlo dall’espressione sul viso del padre. Sono interessati quel tanto che basta a mantenere coperta la superficie. Non sono così interessati da andare a verificare le mie parole.
 
<< D’accordo >> asserisce poi con una scrollata di spalle. << Ma ti rivoglio a casa entro mezzanotte >>.
 
Annuisco energicamente. Se fossi un’adolescente qualunque, con una vita diversa da quella di Ally Brooke e un’esistenza non particolare come la mia, suppongo che cercherei una scusa, una qualsiasi, per posticipare l’orario di rientro. Ma a mezzanotte io sarò di nuovo io, e Ally potrà tornare alla sua vita. Ciò che m’interessa sta nel frattempo. E nel frattempo c’è Camila.
 
Ceno con loro e dopo sono pronta ad andare. I genitori di Ally non si fanno problemi a lasciarmi la macchina, ritengono la figlia responsabile e non sono quel tipo di persone da fare programmi per uscire, anche se si tratta di sabato sera.
 
 
Per poter entrare alla festa devo passare inosservata e l’unico modo che mi salta in mente è quello di arrivare un’ora dopo l’inizio. Tutti saranno abbastanza presi dal bere e dal ballare da non far caso a me.
Mentre sono in macchina, esploro un po’ la vita di Ally; è quel genere di vita patinata di quiete e serenità che stanno sempre ad un passo dallo scombussolarsi. Posso percepirlo dalle vibrazioni che mi giungono inspiegabilmente dal suo stesso corpo, Ally è eccitata e nervosa di prendere parte alla festa. È felice e vorrebbe fare marcia indietro al tempo stesso. Lo vuole ma non abbastanza forse.
 
Decreto che una vita così debba essere piuttosto stressante a lungo andare, e mi chiedo da cosa derivi tutto quell’autocontrollo esercitato da Ally su se stessa. Paura di deludere i genitori? Paura di non essere all’altezza? Paura di fallire nei suoi tentativi?
È come un miscuglio da cui ogni cosa non può essere scissa dall’altra.
 
La possibilità di rivedere Camila mi conduce senza troppa difficoltà al di fuori delle misure di Ally. Le chiedo silenziosamente scusa e proseguo. Questa volta non accendo l'autoradio ma lascio semplicemente che i pensieri m'invadano la testa. Mi concentro su di uno in particolare, esattamente ieri notte.
Non ricordo molto ma ho distintamente avuto la sensazione che quel corpo nudo non appartenesse a nessun altro se non a me. Un corpo completamente mio. Mi chiedo come sia possibile. Mi chiedo perché dopo tutto questo tempo. Mi chiedo cosa sia successo quando sono svenuta sotto casa di Camila. Ecco che ci risiamo, è come un circolo vizioso. Ogni cosa che abbia a che fare con me, o con le mie più recenti azioni, è anche collegato a lei.
 
È possibile che la forza del nostro contatto sia tale da riuscire a trascinarmi fuori da un corpo per poterne creare uno completamente nuovo? No. No. È letteralmente impossibile, andiamo.
 
Deve essere impossibile. Deve esserlo o sento che potrei iniziare ad impazzire.
Se solo potessi capirne di più.
Poi ricordo un altro particolare di quella notte; la mia mente era completamente vuota, come se stessi iniziando ad elaborare i più elementari pensieri in quel momento. I miei ricordi erano nascosti sotto un sottile strato di superficie che tuttavia non riuscivo a superare.
Camila era stata la scia di luce che mi aveva condotta fuori dalle tenebre. Il solo ricordare il suo nome aveva risvegliato tutto il resto. Mi sembra perfino paradossale ammetterlo, ma in quel momento è stata l'unica ragione che mi ha permesso di ritrovare me stessa, in qualsiasi forma mi presentassi.
 
Lo capisco, è così. Non avevo via d'uscita. Lei ne ha creata una ed io mi ci sono aggrappata disperatamente. Ho sperimentato l'amore sotto diverse forme: carnale, platonico, puro e innocente... ma mai così. Mai una forza così totalizzante.
Oggi permetto alla mia vita di mettere in secondo piano quella degli altri. Solo per un giorno. Ma anche un giorno solo può essere pericoloso.
 
Arrivo a casa di Tyler alle otto in punto, non ci sono molte auto parcheggiate nei dintorni, men che meno quella di Austin. Mi toccherà aspettare.
Accedo al telefono di Ally e controllo un po' le sue applicazioni e i suoi messaggi di posta elettronica. Nulla di troppo interessante a parte il fatto che – scopro – è molto religiosa e crede fermamente in Dio.
Mi trovo interdetta per un attimo chiedendomi la stessa cosa. Credo in Dio? Forse. Una volta ci credevo almeno, ma quando capisci che la tua vita non sarà mai la stessa per più di un giorno, che non avrai la possibilità di intrattenere un legame duraturo con una persona, non conoscerai i tuoi genitori, non porterai alcun ricordo con te se non frammenti che nella tua memoria si mescoleranno, inizi a chiederti quale Dio permetterebbe una cosa simile.
Inizi a smettere di domandarti perché, e inizi semplicemente a rubare ogni attimo in più, nella speranza di poterli in qualche modo tenere con te.
Non credo in Dio. Non posso permettermi qualcosa di simile.
 
Quando sollevo gli occhi dal cellulare, noto che le persone hanno iniziato ad arrivare.
È assolutamente da matti: ho passato un giorno e mezzo in quella scuola ma non riesco a riconoscere nessuna di quelle facce. Comparse che sfuggono.
Aspetto qualche altro minuto e scorgo in lontananza i fari dell'auto di Austin. Camila è con lui.
Non si preoccupa di aprirle lo sportello o di porgerle il braccio per scortarla dentro, nemmeno di tenerle la mano a dire il vero. Scuoto la testa. Quella particolare forma di mancata attenzione nei suoi riguardi m'innervosisce e mi ritrovo a imprecare mentalmente contro Austin.
 
Esco dall'auto e li seguo mantenendomi a distanza in modo da passare inosservata. La musica è assordante e la festa è già degenerata nel caos. Molti dei presenti sono già brilli e i ritardatari stanno recuperando terreno. Oltrepasso la soglia e mi chiudo la porta alle spalle rendendomi conto che il guardaroba di Ally non è esattamente l'ideale per le feste di questo genere, ma nessuno sembra farci caso. Dopotutto, passo benissimo per una sfigata qualunque.
Con quelle luci soffuse fatico a trovare Camila, nonostante mi stia guardando intorno più del dovuto. Di lei non c'è traccia e nemmeno di Austin. Spero che il ragazzo abbia proseguito nella sua totale mancanza d'interesse verso la sua fidanzata, perché sarebbe assolutamente imbarazzante ritrovarli su qualche divano o in pista che ballano insieme.
Tutto quel rumore inizia a infastidirmi e decido di salire ai piani superiori per ritrovare un po' di tranquillità e magari sciacquarmi un po' il viso in bagno.
Mentre salgo i gradini, adocchio Austin in cucina che chiacchiera con altri ragazzi. Per la prima volta ha l'aria rilassata e tranquilla, mentre beve un paio di birre.
 
Nel momento in cui metto piede ai piani superiori, ho la sensazione che Camila sia qui. È inequivocabile la sua presenza. È come sentire una scossa elettrizzante percorrere l'intera spina dorsale. Sento la sua voce accompagnata dalla chitarra e sono sicura di avere i brividi.
 
“I can just stare at you forever,
 I can be here with you doing whatever.
 It's not the way you look that brings me to my knees,
 It's the way you look at me.”
 
Mi affaccio senza fare rumore. È da sola nella stanza, il viso rivolto al muro – ma potrei giurare che i suoi occhi siano chiusi –, le spalle verso di me, il capo che si muove ad un ritmo lento e naturale.
La sua voce m’ipnotizza, potrei restare lì a sentirla cantare per sempre.
 
Vorrei poterla accontentare e guardarla per sempre, come dice tra le righe di quella canzone. Vorrei che lei guardasse me e mi vedesse per davvero, oltre l'aspetto fisico che non ho.
 
Muove delicatamente le dita sulla chitarra producendo quella melodia dolce. Mi accorgo di conoscere la canzone, così, senza pensarci troppo, canto anch’io.
 
“I could just stare at you forever
 If forever you were staring at me.
 What do you see? I can't figure it out,
 You're talking to my heart without making a sound.”

 
Non mi ero ancora accorta quanto la voce di Ally potesse effettivamente essere bella. Rovistando fra i suoi ricordi avevo ritrovato delle lezioni di canto cui aveva partecipato, era la più brava del suo corso, ma poi aveva smesso quando i suoi genitori si erano trasferiti e aveva lasciato il canto come un puro hobby personale.
 
Camila trasalisce, come se io fossi un rumore improvviso nella sua bolla silenziosa. Ti ho notata, vorrei dirle. Ti ho cercata. Anche quando nessuno lo fa, io lo faccio. Voglio continuare a farlo.
 
<< N-non sapevo che ci fosse qualcuno qui... non volevo occupare la tua stanza >> si affretta a scusarsi, posa la chitarra sul materasso e si alza in piedi.
 
I miei occhi percorrono il suo corpo un paio di volte senza mostrarsi troppo insistenti. È bellissima. Indossa un vestito rosso che la fascia perfettamente, delle scarpe nere che si abbinano al fiocco che ha in testa.
Scuoto la testa.
 
<< Oh no, non è la mia camera. È che... stavo cercando il bagno e ti ho sentita cantare, la tua voce era così bella che non ho potuto fare a meno di fermarmi e ascoltare >> dico.
 
Camila arrossisce e gioca con le sue mani intrecciate fra di loro. Vorrei avvicinarmi abbastanza da poterne prendere una tra le mie e accarezzarla. Resto al mio posto aspettando che dica qualcosa mentre le sorrido.
 
<< Grazie, sei così dolce a dirmi questo. Non volevo isolarmi da tutti gli altri, ma preferivo un po' di calma. Ho visto la chitarra e insomma... >> il rossore sulle guance c'è ancora, ma la sua voce è più ferma adesso.
 
<< Ci conosciamo? >> mi domanda dopo qualche secondo di silenzio, guardandomi attentamente.
<< Sono Ally >> rispondo.
 
Camila inarca un sopracciglio, non è né un sì, né un no, ma accetta di buon grado la mano che le porgo e la stringe.
 
<< Io sono Camila >> ricambia lei.
<< È davvero un bel nome Camila >> è la prima volta che ho l'opportunità di dirglielo ma credo ancora che sia esattamente il nome appropriato per lei.
<< Grazie. A dire il vero, questo è il mio secondo nome >> ammette.
<< Oh... e qual è il primo? >> adesso sono curiosa. Ogni particolare che posso scoprire in più su di lei mi lascia affascinata.
<< Karla, ma l'ho sempre detestato >>.
<< Perché? >> domando.
 
Camila si limita a stringersi nelle spalle.
 
<< Semplicemente non lo sentivo mio. Non mi suonava appropriato >> spiega.
 
È buffo come inconsapevolmente lo stesso pensiero sia passato nella mente di entrambe.
 
Altro silenzio tra di noi. Camila non sembra a disagio ma ha lo sguardo un po' basso. Mi fissa alternativamente, corruga le sopracciglia, abbassa gli occhi. Ripete il tutto un paio di volte, nella frazione di un minuto.
 
<< Ti piacciono i New Kids On The Block, quindi? >> voglio sentirla cantare ancora, quindi la prima cosa che mi viene in mente è quella di tornare nel “settore” musica.
 
Annuisce.
 
<< Anche tu conoscevi quella canzone >> aggiunge.
<< Sì, ho studiato canto prima che i miei genitori si trasferissero >>.
<< Davvero? Frequenti la Palmetto anche tu? >>.
 
Scuoto la testa.
 
<< No, sono venuta a trovare mio cugino per il weekend >> mento.
<< Chi è tuo cugino? >>.
<< Tyler >>.
 
Questa è una bugia rischiosa, non ho idea di chi tra i presenti sia davvero Tyler e non ho modo di accedere a queste informazioni. Spero che la fortuna sia dalla mia parte questa volta, ma devo giocare bene le mie carte.
 
Camila ha un guizzo negli occhi.
 
<< Oh, questo spiega un sacco di cose >>.
 
Mi sorride e capisco che sta per allontanarsi e uscire dalla stanza. Inseguirla un'altra volta potrebbe destare la sua curiosità in modo negativo, così, prima che possa uscire dalla stanza, la richiamo.
 
<< Camila... >> il suo nome tra le labbra ha sempre un gusto dolce. Come se potessi davvero coglierne l'essenza più profonda.
 
“Sono solo sei lettere, L. Solo sei lettere. Datti una calmata.” cerco d'ignorare i miei pensieri e mi concentro sulla ragazza di fronte a me che mi fissa interrogativa.
 
<< Suoneresti qualcosa per me? >> chiedo.
 
Camila spalanca gli occhi e resta immobile per qualche attimo.
 
<< Oh io... insomma non che sia davvero così brava, cioè io... >>.
<< La prima canzone che ti viene in mente, anche solo una strofa... se non ti va di suonarla potresti cantarla >> mi affretto a replicare.
 
Non posso riavere il tempo indietro. Lo so. Lo so fin troppo bene. Ma posso creare nuovi ricordi da portare con me. Il suono della voce di Camila è qualcosa che non voglio dimenticare mai. Voglio che risuoni nelle mie orecchie fino a farmi addormentare durante quelle notti dove la lontananza con lei diventerà impossibile da sopportare. La voglio con me anche in quei momenti.
 
<< D'accordo >> asserisce riprendendo in mano la chitarra e sedendosi sul letto. Questa volta il suo viso è di fronte al mio e i suoi occhi incontrano i miei.
 
Sono gli occhi di Ally, a dir la verità, ma non m'importa. Questo mi basta.
 
Camila si picchietta il plettro sulle labbra un paio di volte.
 
<< Sai... c'è questa canzone che ho sentito qualche giorno fa in macchina. Stavo andando al mare con il mio ragazzo e lui la canticchiava sottovoce, è stato abbastanza strano da parte sua ma... non sono riuscita a togliermela dalla testa >> racconta con un sorriso quasi amaro sulle labbra.
 
Tra lei e Austin le cose non devono davvero andare bene. Forse sono perfino peggiorate dopo quella giornata in spiaggia.
 
Il fiato mi si mozza in gola comunque. Camila sta parlando di quella canzone. Quella canzone che ho cantato io in macchina. Ero io, Camila. Sono io adesso.
 
<< È letteralmente la prima volta che suono davanti a qualcuno che non siano i miei genitori o mia sorella però >> arrossisce di nuovo ed io sorrido per rassicurarla.
<< Va benissimo così, non preoccuparti >>.
 
“And as the sun went down we ended up on the ground.
I heard the train shake the windows,
You screamed over the sound.”



Suona e canta soltanto il ritornello, ma i brividi mi scuotono il petto lo stesso.
 
“And as we own this night,
 I put your body to the test with mine.
This love was out of control,
Tell me where did it go?”

 
Quell'ultimo verso lo pronuncia fissandomi dritta negli occhi. Ho paura che possa sentire il battito furioso del mio cuore che sta picchiando contro il petto. Il mondo semplicemente si annulla quando siamo insieme. E in quell'attimo, con i suoi occhi dentro i miei, ho la sensazione che mi abbia appena riconosciuta, che abbia superato il corpo e la mente di Ally Brooke e sia giunta a me. Solo e soltanto a me.
 
Camila non è stata soltanto la scia di luce che mi ha condotta fuori dalle tenebre. Non mi ha permesso soltanto di aggrapparmi a lei, mi ha concesso di innamorarmene nel modo più profondo che si possa pensare e desiderare. Stavo affogando in quel vortice apatico che era la mia vita, il mio circolo infinito. Lei mi aveva tirata fuori, strappandomi a forza l'amore.
In genere, quando ci s'innamora davvero di qualcuno, questi diventa la nostra ragione di vita. Ma per me era stato il contrario: avevo bisogno di una ragione di vita, così mi sono innamorata di lei.
 
Posa nuovamente la chitarra ed io voglio dirle qualcosa. Non so cosa, ma qualcosa. Apro la bocca ma in quel momento qualcuno sbatte contro lo stipite della porta della stanza. Il momento si spezza e con esso il silenzio.
Ci giriamo, ma probabilmente è soltanto qualcuno ubriaco in cerca del bagno per vomitare.
 
Camila si alza in piedi e mi accorgo di non avere più una scusa per fermarla.
 
<< Forse sarebbe meglio se andassi a cercare Austin, deve riportarmi a casa e non voglio che si ubriachi >> dice prendendo parola per prima.
 
“Pensa, L, pensa. Avanti.” Non voglio che Camila se ne vada.
 
<< Lo odio >> sussurro senza rendermene conto.
<< Come scusa? >>.
 
Ho richiamato la sua attenzione. Lei è di nuovo girata verso di me.
 
<< Sì, odio come si comporta con le ragazze, odio che rivolga la parola a qualcuno soltanto quando ne ha bisogno, odio che sembri incapace di amare e odio che pensi di potersi comprare i suoi amici con feste del genere >>.
<< Parli di tuo cugino? >> mi domanda confusa.
 
Parlo di Austin. Parlo di lui e del modo in cui la tratta, ma non posso rivelarglielo. Annuisco.
 
<< E se lo odi così tanto allora... beh, come mai sei venuta a trovarlo? >>.
<< Per godermi lo spettacolo di quando tutto andrà a rotoli, ovviamente >> rispondo sarcastica.
 
Camila sembra sorpresa.
 
<< Quindi asserisci che Tyler non sia capace di amare Baylee nonostante stiano insieme da più di un anno? >> è ancora concentrata su quel punto.
 
Baylee dev'essere la ragazza di Tyler. Non la conosco, ma vorrei scusarmi comunque con lei per quello che sto dicendo.
 
<< Non è importante. Insomma, quando stai con una persona da più di un anno, ci sono due alternative: o la si ama, o si è in trappola >>.
 
Devo aver colpito nel segno poiché vedo Camila mordersi il labbro inferiore. Ha recepito le mie parole, ma non ho idea di come le stia elaborando. Il suono delle parole, quando si pronunciano, è diverso dal suono che assumono nelle orecchie di chi le ascolta. Chi ascolta coglie in esse anche qualcosa che proviene da dentro di sé.
 
Si prende il suo tempo, poi mi chiede:
 
<< Esperienza personale? >>.
 
Frugo tempestivamente nella memoria di Ally. Non c'è alcuna esperienza del genere nella sua vita, ma anche se ci fosse, dubito che vorrei metterla in luce in questo momento. La conversazione si sta spostando su una linea sottile e devo prestare parecchia attenzione per non spingermi oltre con Camila.
 
Io stessa non ho molta esperienza al riguardo, ma posso dire di aver osservato praticamente ogni tipo di relazione.
 
<< Vedi, sono parecchi i motivi che possono spingerci a non rompere una relazione: paura di restare soli, di creare scompiglio nell'ordine che abbiamo creato attorno a noi, o perché ci accontentiamo di qualcosa pur di non correre il rischio di poter ottenere di meglio. O magari è l'irrazionale convinzione che tutto migliorerà, anche se è evidente giorno dopo giorno che non è così e che lui non cambierà >>.
<< Cosa è successo con lui? >> mi domanda.
 
Non esiste nessun lui, quindi sono costretta a inventare.
 
<< Mi ha tradita >>.
 
<< Capisco... mi dispiace >> so che lo pensa davvero perché la sincerità nelle sue parole è palpabile, ma resta impassibile. Credo che stia ancora processando quello che le ho detto. Magari sta pensando che, per essere una sconosciuta, ho proprio centrato il punto.
 
Ho paura di averla offesa in qualche modo, così mi affretto a chiederle:
 
<< E tu? Parlavi di un certo Austin? >>.
<< Sì, io e lui siamo insieme da più di un anno >> non sono sicura che il suo tono voglia suonare di sfida ma percepisco come se volesse invogliarmi inconsapevolmente a darle qualcos'altro su cui riflettere. Qualcosa sulla sua storia con Austin, che ormai non funziona e forse non ha mai funzionato davvero.
 
Inarco un sopracciglio dicendole silenziosamente di andare avanti.
 
<< Mi ritrovo in tutte le cose che hai elencato, ma Austin sa essere anche dolcissimo e sono sicura che, in fondo in fondo, per lui è lo stesso nei miei riguardi >>.
<< Quindi, in sostanza, l'amore è trovare la persona giusta che ti ferisca? >> ho un breve sorriso stampato sulle labbra e Camila sospira prima di ricambiarlo.
<< Più o meno >>.
 
Improvvisamente le spalle di Camila vengono circondate da uno più grande di Austin. L'espressione corrucciata che aveva assunto si rilassa quando si accorge che sono una ragazza.
 
<< E lei chi è? >> m’indica con il collo della bottiglia di birra che ha in mano.
<< Aus, lei è Ally >>.
 
Austin si limita a un cenno del capo.
 
<< Hai visto Bayls per caso? Tyler la cerca >> chiede.
 
Camila scrolla le spalle e con esse anche il braccio di Austin.
 
<< Sarà di sotto >>.
<< Nel seminterrato si balla >> annuncia annoiato.
<< Oh, ti va di andare? >> propone lei speranzosa.
<< No, sto bene così. Ma voi che ci fate qui sopra? >> domanda dubbioso.
<< C'è più tranquillità per parlare, ma adesso credo proprio che scenderò a ballare e porterò Ally con me >> asserisce lei afferrando la mia mano e trascinandomi di sotto.
 
Si ferma a metà strada e mi guarda.
 
<< Qualcosa non va? >> chiedo.
<< Spero non sia un problema... >> indica il seminterrato gremito di persone.
 
Sorrido e le stringo la mano con più forza.
 
<< Spero proprio che tu sappia stare al passo, Camila >> è la mia unica risposta prima di scivolare nella musica.
 
La vera colonna sonora della festa è qui, un’ondata di vibrazioni e di ritmo totalmente diversa da quella di Camila con la chitarra. Le luci sono poche e tutto ciò che riesco a vedere sono i profili di corpi che si fondono a rallentatore.
Ci ritroviamo in pista a ballare come matti. Mi perdo nella musica e mi perdo in Camila contemporaneamente. In quello stretto spazio fra i due corpi, instauriamo un dialogo. Sono la sua metà in questo momento, ciò che la completa e so che lei riesce a sentirlo a sua volta. È troppo intenso per ignorarlo. Camila si fa più vicina mentre troviamo il nostro rimo. Senza pensarci sto cantando per lei, ballando per lei, respirando per lei.
Perdendo me stessa nel ritmo assordante e profondo, conquisto Camila. È una conquista effimera e duratura al tempo stesso.
 
<< Non te la cavi affatto male! >> mi urla cercando di sovrastare la musica.
<< Potrei dire lo stesso di te! >> replico.
<< Ehi Tyler! Tua cugina è davvero forte! >> grida in direzione di un ragazzo che dev’essere il famoso Tyler.
 
Le tracce si susseguono in un mix perfettamente incalzante e si danno il cambio in un’unica canzone senza fine. D’un tratto il seminterrato diventa immenso, niente pareti, niente muri. Le onde sonore ci spingono e ci plasmano a loro piacimento. Ci avvicinano, ci respingono, ci percorrono. È il bello dell’immensità.
Siamo attratte l’una dall’altra, così come siamo attratte dall’infinità che ci si spalanca davanti agli occhi. Non c’è un limite, è impossibile capire dove finisca il suo corpo e inizi il mio. Siamo parti integranti.
Almeno fin quando la musica non viene staccata e le sirene ci giungono come rumori estranei in lontananza.
 
Camila si stacca improvvisamente da me e già sento la mancanza del contatto con la sua pelle. Ma il momento è stato spezzato e la festa è stata interrotta a causa del troppo baccano a quanto pare.
Qualcuno ci dice che sta arrivando la polizia e si sentono già le sirene che impazzano.
Camila ha la mia stessa aria contrariata, come se quell'interruzione non le fosse piaciuta affatto.
 
<< Devo andare a cercare Austin >> mi dice dispiaciuta.
<< Vuoi che ti accompagni? >> mi offro istintivamente. Per quanto non sopporti lui, non voglio che Camila finisca nei guai o peggio.
 
Nega con il capo.
 
<< No, è okay così. Tu starai bene? >> mi domanda premurosa.
 
Prima che possa rispondere, qualcuno mi spinge da dietro e quasi finisco addosso a lei. Il nostro respiro si mischia e so che non starò bene fino a quando non potrò rivederla di nuovo. Fino a quando non potrò averla con me, ovunque io sia. È un pensiero fortemente egoistico, me ne rendo conto, eppure non riesco a fare a meno di formularlo.
 
Stanno tutti scappando ai piani superiori, così faccio l'unica cosa coerente che mi viene in mente e le afferro la mano trascinandola con me.
 
<< Non ti lascerò in mezzo a questa bolgia, dobbiamo uscire da qui >> affermo decisa.
<< Ma... >> so cosa sta per dire.
<< Lo troveremo >> l'anticipo.
 
In cucina c'è una gran confusione, lo stesso è nelle altre stanze. Faccio in modo di guadagnarmi l'uscita attraverso la porta sul retro e la prima boccata d'aria fresca che prendiamo è di sollievo. Ci riempiamo i polmoni più volte con grossi respiri, anche se il bisogno d'aria non è davvero così pressante, lo facciamo. Ci guardiamo senza dire nulla. Sono i nostri sguardi a parlare per noi. Camila mi sorride e stringe la mia mano più forte. Si fida. Si fida di Ally. Si fida di me.
 
È la sensazione più bella che si possa provare.
 
<< È stato un peccato dover abbandonare la pista così presto >> dice.
 
Annuisco. Non ho idea di che ora sia, ma ho il sospetto che non sia davvero così presto.
 
“Mezzanotte, L. non hai nient'altro che mezzanotte.” mi ripeto.
 
Non voglio controllare l'orologio, voglio solo restare lì con Camila.
 
<< Non ti senti bene? >> mi domanda.
 
Evidentemente deve aver notato la mia assenza.
 
<< No, va tutto benissimo. Mi piace restare qui con te >> rispondo senza riuscire a non sorriderle.
 
Sorride di nuovo anche lei. È più alta di me ma si appoggia ugualmente alla mia spalla, fin quando i rumori delle sirene ci colgono ancora alla sprovvista.
 
<< Oh mio dio... devo davvero trovare Austin! Non posso lasciarlo lì dentro! >>.
 
Non credo di poter far nulla per fermarla questa volta.
 
<< Grazie per questa serata, Ally. Me ne ricorderò >> se ne ricorderà. Lo so che lo farà.
 
Per quanto il pensiero mi renda felice riconosco che si tratta di una felicità amara.
Ricorderà questa serata con Ally. Con me.
 
“Ma ricorderai me, Camz? No che non lo farai.”
 
 << Posso avere la tua e-mail? >> chiedo prima che sparisca di nuovo all'interno della casa.
 
Mi da l'indirizzo, le do il mio. Mi promette che guiderà lei se Austin non sarà lucido e corre via lasciando definitivamente la mia mano.
 
Corro alla mia auto anch’io, metto in moto e inspiro profondamente prima di guardare l'orologio.
 
23:30. Oh no.
 
Oh no.
 
Mi allontano il più velocemente possibile da Miami, ma pur andando oltre ogni limite di velocità imposto, so che non arriverò mai in tempo.
 
23.50.
 
Lo stomaco mi si stringe in una morsa ferrea. Non è ancora mezzanotte, cosa sta succedendo?
I miei occhi si annebbiano, li guardo dallo specchietto e sono lucidi... ma qualcosa sta cambiando.
Accosto con l'auto e apro lo sportello, prendere aria non serve a nulla questa volta.
Inizio a vedere delle strane sfumature gialle e blu intorno a me. La sensazione di panico s'irradia in tutto il mio corpo e stringe le mie membra in un nodo impossibile da sciogliere.
Conosco questa sensazione. La riconosco. È la stessa della notte scorsa, quando mi sono svegliata completamente incosciente e nuda sul ciglio della strada.
 
23.55.
 
Tento di accedere alla memoria di Ally, ma i suoi ricordi stanno già svanendo. Vorrei addormentarmi. Vorrei restare sveglia. Fisso lo specchietto ancora ma tutto ciò che vedo sono giallo e blu. Giallo e blu che si mescolano in continuazione e si separano e si mescolano ancora.
Le tempie iniziano ad essere invase da fitte dolorose e vorrei urlare, ma la mia voce è strozzata in gola.
 
23.57.
 
È come se un martello pneumatico mi stesse perforando il cranio. Tento di chiamare il nome di Camila e la voce che lo pronuncia è totalmente diversa da quella di Ally. Non è chiara, è più bassa e in questo momento sta soltanto rantolando.
 
23.59.
 
Vorrei dire di essere pronta a quello che mi aspetta, ma non lo sono. Ogni volta è sempre diverso, sempre più doloroso rispetto alla precedente, sempre più intenso.
 
00.00.
 
Il primo strappo è il peggiore. Mi toglie quella poca aria ancora rimasta nei polmoni. Fa male all'inverosimile. Mi aggrappo allo sportello dell'auto ma non funziona, cado a terra sulle ginocchia e urlo.
Questa volta l'urlo viene fuori direttamente dalla mia gola, è profondo e lo sento graffiare.
Il secondo strappo mi coglie alla sprovvista, senza darmi il tempo di riprendermi. Strizzo gli occhi più forte che posso. È come se l'intero corpo di Ally avesse ripreso conoscenza di se stesso e stesse lottando e spingendo fuori il mio, quasi scollandosi. Non si tratta più di sensazioni o di emozioni o di percezioni. Si tratta di un dolore fisico quasi primitivo.
 
Cerco di ritrovare il ricordo di Camila. La scia di luce che mi conduce fuori da tutto quel buio, ma la mia mente è troppo debole e il nome di Camila si perde nei meandri profondi del vuoto.
Voglio la pioggia. Voglio sentire quelle gocce ghiacciate su di me perché sto letteralmente andando a fuoco.
Al terzo strappo mi arrendo e le mie resistenze crollano, allo stesso modo crollo esausta sull'asfalto ruvido e fresco. Ma per quanto preghi di addormentarmi e di porre finalmente fine a quest'episodio straziante, non ci riesco.
Piano piano, la mia mente torna più lucida e quando riapro gli occhi le sfumature di giallo e blu sono sparite. Tutto è stato sostituito dal vento tiepido della notte.
 
Mi alzo in piedi con un po' di fatica, i miei muscoli sono stanchi e fremono per potersi distendersi e rilassare. Ho bisogno di riposo ma tutto ciò che faccio è voltarmi in direzione della macchina di Ally. Lei è lì, completamente distesa tra i sedili anteriori, totalmente inconsapevole di tutto ciò che è accaduto. Il suo respiro è regolare e, poggiandole una mano sul petto, constato che anche il suo cuore lo è.
 
Sono nuda, di nuovo. Nuda nella notte in mezzo ad una strada. Mi fisso dall'alto verso il basso. I miei occhi mi restituiscono un'immagine sfocata, come l'ultima volta, ma in compenso mi permettono di focalizzarmi meglio di alcuni particolari.
Controllo lo specchietto. Gli stessi occhi verdi che mi hanno sorpresa la prima volta sono ancora lì ad attendermi. Ancora luminosi e ipnotici. Due smeraldi che brillano.
Resto ferma a guardarmi cercando di focalizzarmi su altri dettagli. La mente completamente vuota.
Sorprendentemente respingo lontano il ricordo di Camila: concentrandomi su di lei, ho paura che potrei svanire da un momento all'altro e voglio saperne di più.
 
Sollevo una mano e con le dita traccio i contorni del mio viso. Anche senza riuscire a vederlo chiaramente, capisco di avere delle labbra carnose, un naso sottile, dei lineamenti morbidi e non spigolosi, un pelle liscia e soffice. Sento la leggera pressione dei capelli lungo la mia schiena e sulle spalle; prendo una ciocca fra le dita e la esamino, sono scuri.
Una ragazza. Riesco a decretarlo con certezza quando traccio il resto della mia pelle esposta.
Non sono alla ricerca di zone particolari del mio corpo, non sono alla ricerca di piacere o qualsiasi altra cosa. Sono alla ricerca di niente e di tutto al tempo stesso. La mia pelle è ancora molto sensibile ma lo faccio per pura curiosità. Voglio sapere chi sono. Voglio sapere se questo è davvero il mio corpo o soltanto un'altra illusione.
 
Un movimento da parte di Ally alle mie spalle mi distrae.
 
ALLY.
 
Devo fare in modo che torni a casa, soltanto un mostro potrebbe lasciarla sul ciglio della strada, dopo una notte di cui probabilmente non ricorderà nulla.
Avrei le mie ragioni per fuggire, è vero. Le ho. Ma non posso farlo.
Sfilo il giubbotto di Ally dalle sue spalle senza svegliarla – dubito che ci riuscirei comunque, dato il sonno profondo in cui è caduta – e lo indosso. Meglio di non avere nulla. Trovo il suo telefono e con il GPS imposto la strada per tornare a casa sua. I ricordi stanno pian piano affiorando.
Camila è, ovviamente, il primo. La sensazione della sua mano stretta a quella di Ally. Stretta alla mia. La sua voce che accompagnava la melodia della chitarra risuona nella mia testa e mi accompagna lungo il tragitto buio.
 
Ally arriva a casa sana e salva. Certo è mezzanotte passata e le luci accese dentro la casa mi confermano che i suoi genitori sono alzati ad aspettarla, probabilmente preoccupati, ma non posso presentarmi a loro. Non si tratta di un fattore fisico, si tratta del non poter e basta.
Non so chi sono.
Si accorgeranno della figlia domani mattina. Io non posso restare.
 
Un pensiero mi coglie all'improvviso. L'unico che mi crederebbe, l'unico a cui poter domandare magari, non è molto ma è l'unica opportunità che ho.
Non so ancora quando potrò rivedere Camila, non so sotto quale forma o aspetto, forse proprio questo... ho bisogno di risposte. Per me, per lei. Per permettere a noi due di restare insieme. Per ritrovarci ancora.
So che lo desidera tanto quanto lo desidero io, l'ho percepito, ma non posso offrirle soltanto un'illusione. Voglio poterle dare una certezza.
 
Mentre corro via nella notte, ho un'altra priorità: devo trovare Mike.




Note conclusive: 
Ed eeeeccoci al quarto :') in questo capitolo abbiamo incontrato la nostra Ally in un modo alquanto singolare direi. Piccolo spoiler: la ritroveremo anche in seguito :)
Camila che inizia a percepire qualcosa anche se ancora non capisce... beh, ha bisogno del suo tempo. O magari sarà proprio L a rivelarle tutto, voi cosa dite?
Vi lascio giusto con qualche curiosità direttamente dal capitolo:
1. La prima canzone che incontriamo, quando Camila suona con la chitarra, è "Stare At you" dei New Kids On The Block.
2. La seconda canzone è nuovamente "Hold On 'Till May" dei Pierce The Veil, la stessa della radio nel primo capitolo.
3. Quando L dice di vedere delle sfumature gialle e blu, beh i colori non li ho scelti a caso, se il giallo e il blu si mescolano (a seconda della loro tonalità, ovviamente) viene fuori il verde, un chiaro riferimento agli occhi di Lauren. 
4. Tyler Stanush è una persona realmente esistente ed è davvero un amico di Austin. (Ho solo raccolto un paio d'informazioni in giro giusto per non campare nomi per aria lol) 
5. Mike viene nuovamente citato alla fine di questo capitolo, suppongo che abbiate capito chi sia, ma se ancora non fosse chiaro sappiate che lo ritroveremo nel prossimo capitolo e in altri a seguire :')
See you :')

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5.

Giorno 1597

Apro gli occhi in uno sfarfallio di ciglia e mi accorgo di essere nel corpo di un ragazzo. Come posso arrivarci così in fretta? Semplice, i sessi opposti emanano diverse vibrazioni.

In realtà se riuscissimo ad accettare che gli esseri umani si somigliano tra loro per il 98 percento, beh... si eviterebbe la stragrande maggioranza dei conflitti nel mondo.

Per motivi indefiniti però, preferiamo concentrarci sul 2 percento che ci differenzia, senza mai venirne a capo.

Per vivere un'esistenza come la mia, però, quel 98 percento è essenziale. È ciò che rende comuni le vite che vivo.

Chris Jauregui, comunque, non deve preoccuparsi di questo. O almeno, non come me ne preoccupo io. Mi passo una mano tra i capelli prima di scostare le lenzuola e uscire dal letto.

Corro al computer per controllare se Camila mi abbia scritto qualcosa. Nulla da parte sua.

Decido di scriverle per prima.

"Ehi Camila,

volevo solo dirti che è stato davvero bello incontrarti ieri sera. Sono ancora onorata che tu abbia suonato per me. Mi dispiace che la festa si sia dovuta fermare sul più bello, avrei preferito continuare a ballare con te. Sei il tipo di ragazza che riesce a colpirmi, umanamente parlando. Spero che potremmo restare in contatto.

Ally."

Vorrei avere il coraggio di premere invio subito dopo, ma finisco per rileggere quelle poche righe fino a quando non iniziano a bruciarmi gli occhi. Finalmente la invio e subito cerco di figurarmi cosa potrà pensare Camila, cosa mi risponderà. Ammesso che mi risponda.

Torno ai messaggi non letti e il sangue mi si gela nelle vene. Ho un messaggio da parte di Ally Brooke. La vera Ally Brooke.

Temporeggio con il cursore del mouse come se mi trovassi davanti ad una potenziale bomba a orologeria.

"Non so chi sei, cosa sei o cosa mi hai fatto ieri sera, ma voglio che tu sappia che non sarà così facile cavartela. Non ti permetterò di distruggere la mia vita o d'impossessarti di me un'altra volta. So cos'è successo, lo ricordo, e non resterò in silenzio. Sei responsabile di tutto questo."

Sono così paralizzata sul posto da non sentire nemmeno la porta della mia camera aprirsi.

<< Chris, stai bene? >> domanda mia madre notando i miei occhi spalancati dall'uscio della porta.

<< Cosa? Io? Uh... sì. Sì, sto bene >> mento nel tono più convincente possibile.

<< Okay. Volevo soltanto avvisarti che la colazione è pronta in cucina >>.

Annuisco e ritorno al computer.

È buffo. Non ho ancora mai sentito la voce di Chris pronunciare una sola parola e per un momento mi trovo stranita nel non risentire quella di Ally. O quella di Elise. O di Alexa. O quella di Austin.

"Concentrati L, ci sono cose più importanti in questo momento!" mi ammonisco.

Giusto. Cose più importanti. Tipo Ally Brooke. Ho un vago ricordo della madre di Ally che irrompe nella sua stanza e le chiede di scendere; devo aver dimenticato di cancellare la cronologia.

Di solito sono brava a chiudere i capitoli che vivo senza lasciare tracce. Di solito sono brava a cancellare le cronologie. Ma questa volta non ci sono riuscita; così, quando Ally si è collegata, dev'esserle apparso il mio indirizzo. Non conosce i miei dati, quindi l'account è ancora sicuro, ma sarebbe comunque meglio crearne un altro.

"Non resterò in silenzio." Cosa vuoi fare, Ally?

Certamente Ally vuole venirne a capo, ma è un rischio troppo grande che non posso correre. Immagino la sua reazione nel trovarsi addormentata in auto la mattina dopo, senza alcuna idea del tragitto fatto. O della festa. O di Camila. Mi sforzo d'immedesimarmi in lei e di capire cosa può aver provato, ma il ricordo del mio corpo staccato a forza dal suo occupa interamente la mia mente.

Ero troppo concentrata su di me per pensare ad Ally. Una vita come un'altra. Un corpo preso in prestito come tutti gli altri. Non volevo alcuna conseguenza, né per me né per lei... ma c'è.

Scendo in cucina per unirmi alla mia famiglia in questa mattina domenicale e, per la seconda volta nell'arco di dieci minuti, il cuore mi sussulta nel petto.

Mike è seduto a capotavola che parla tranquillamente con la moglie e la figlia – mia sorella minore -.

Posso percepire la serenità regnare nella stanza. Non si tratta di qualcosa legato all'apparenza, questa famiglia gode davvero di un ottimo rapporto. Scorre comprensione e affabilità tra di loro.

Ho ancora lo sguardo puntato su quello che, a giudicare dalla situazione, è mio padre e ho gli occhi spalancati.

<< Fratellone, sei sicuro che sia tutto okay? >> mi chiede mia sorella. Taylor. Si chiama Taylor.

Accenno un sì con il capo.

Non posso fare a meno di pensare che il mio corpo sia giunto a destinazione questa volta. Ieri mentre correvo nella notte, più lontana possibile da Ally Brooke e la sua casa, più lontana dalla festa e da Camila, alla ricerca dell'unica persona che avrebbe potuto garantirmi delle informazioni... Mike. Sono riuscita ad arrivare. Sono riuscita ad arrivare da lui, ma evidentemente il mio corpo – quello che sembra essere il mio vero corpo – ha ceduto prima che potessi realmente entrare in contatto con lui.

Adesso sono seduta proprio al suo fianco e lui mi rivolge uno sguardo carico di affetto. No, non a me, a suo figlio Chris. Oggi sono suo figlio Chris.

Vorrei davvero riuscire a valutare i lati positivi della situazione, insomma per la prima volta ieri notte sono riuscita a prendere il controllo su me stessa. Ero io. E adesso sono arrivata alla meta, ma come faccio a parlare di certe cose con Mike senza che lui lo trovi strano? Come potrebbe suo figlio sapere di quello che è accaduto alla stazione di servizio un paio di notti fa? Come potrebbe Mike credere alla mia storia?

"Semplice L: devi dimostrarglielo." Mi dico.

Ma posso davvero farlo? Posso davvero mettere qualcuno al corrente della mia situazione? E perché dovrei?

Mi chiedo perché ardentemente desidero avere queste risposte, queste certezze. Ma non è davvero un mistero scoprire il perché. Camila. Camila è la chiave di tutto.

Non voglio delle certezze solamente per me, le voglio anche per lei. Per la prima volta il bisogno di legarmi a qualcuno è così prorompente che fa quasi male fisicamente.

Voglio queste risposte per me. Per me e per Camila.

Accedo alla mente di Chris e scopro che solitamente la domenica va a correre. Immagino che non sia poi così insolito chiedere a mio padre di unirsi a me, giusto?

<< Ehi papà, che ne dici di andare a correre oggi? >> propongo.

Mike accenna un sorriso e prende un sorso di caffè caldo dalla sua tazza.

<< Credevo che tu fossi andato ieri. Mi avevi detto di avere un appuntamento con Lacey oggi >>.

Lacey. La fidanzata di Chris. Accedo di nuovo, non si vedranno prima del pomeriggio.

<< Mi vedo con lei nel pomeriggio. Ho voglia di trascorrere una mattinata tranquilla con il mio vecchio >> scherzo dando una pacca sulle spalle di mio padre.

Lui mi fissa stupito per qualche secondo.

<< E questa da dove l'hai tirata fuori? >>.

<< Devo aver aggiornato il repertorio quando tu non guardavi >> tutta la famiglia ride attorno al tavolo. Non è nulla di particolarmente divertente ma è abbastanza per gli Jauregui.

Mi piace l'aria che si respira in questa casa. Mi piace essere Chris. Ne avrò solo per un giorno e basta, lo so. E ho cose molto importanti da discutere con Mike non appena saremo fuori dalla portata di mia madre Clara e di Taylor. Ma restare qui ancora per un po' mi piace. Mi rende partecipe di un affetto che cerco da sempre e non ho mai avuto davvero.

Andiamo a correre poco fuori città, in prossimità di un boschetto. Non siamo gli unici ad essere presenti, ma decisamente il luogo è silenzioso e tranquillo. Mi soddisfa. Scopro che il corpo di Chris ha più resistenza di quanto mi aspettassi e corro senza fermarmi. È come se tutte le paure e le preoccupazioni che mi hanno afflitta negli ultimi giorni scivolassero semplicemente via. Sospiro di sollievo prima di fermarmi su un vecchio tronco, caduto probabilmente decenni fa, e prendo un sorso dalla bottiglietta d'acqua.

Mi permetto di ripensare ad Ally. In testa continuano a girarmi le parole della sua e-mail.

Chi crede che io sia?

Cosa crede che io sia?

Mike compare alle mie spalle e mi lancia un asciugamano, sedendosi accanto a me.

Mi guarda con apprensione e affetto. Devono davvero avere un bel rapporto, perché sento che tra loro c'è quel tipo di confidenza e sincerità che spingerebbe suo figlio a raccontargli tutto. Ci sono sempre stati l'uno per l'altro. Mike sa leggere Chris. E se fossi davvero lui potrei rivelargli i turbamenti presenti nella sua mente, ma ogni secondo in più che passa, quella che inizialmente mi era sembrata una buona decisione, perde sicurezza.

<< C'è qualcosa di cui vorresti parlarmi? >> spezza il silenzio l'uomo.

Alzo gli occhi e lo fisso per qualche secondo. Capisco che per quanto difficile da capire, Mike sarebbe al fianco del figlio di qualsiasi cosa si tratti.

<< Io uhm... papà secondo te sono stato diverso negli ultimi giorni? >> è l'unico modo con cui mi sento in grado di iniziare la conversazione, ma i miei stati d'animo non hanno alcuna relazione con quelli di Chris, perciò non sono sorpreso quando Mike solleva entrambe le sopracciglia.

<< Che vuoi dire? >>.

<< Voglio dire che... non so, non mi sento molto me stesso ultimamente. Soprattutto oggi >>.

"Questa è una pessima idea, L. Davvero, davvero, davvero una pessima idea. Fermati adesso."

<< Qualcosa non va con Lacey? >>.

Scuoto il capo.

<< Con Lacey va tutto a meraviglia. Il problema sono io... devo parlarti di una cosa importante >>.

Lo sguardo di Mike diventa preoccupato.

<< Ti sei cacciato in qualche guaio, Chris? >> mi chiede con voce più seria.

<< No. Papà ascolta... devi promettermi che non m'interromperai e farai del tuo meglio per capire. Quello che sto per dirti non è semplice e non l'ho mai detto a nessuno prima d'ora >>.

Una parte di me sperava che fosse effettivamente Camila la prima persona a saperlo. Ma quest'occasione potrebbe non ricapitarmi più: devo rischiare.

Mike mi fa un cenno con la mano e capisco che posso iniziare.

<< So che di fronte a te adesso c'è Chris, tuo figlio, ma è soltanto il suo aspetto fisico quello che vedi, io non sono davvero Chris >>.

<< Ma cos- >>.

<< Ti prego >> lo fermo prima che possa interrompermi << Quando avrò finito ne parleremo, ma adesso lasciami spiegare >>.

Annuisce con espressione rigida.

<< Ogni giorno mi sveglio e mi trovo in un corpo diverso, non so come accada, non so perché... è sempre stato così fin da quando sono nata, o meglio esistita. Dura soltanto un giorno, dopodiché la persona in questione non ricorda nulla o solo particolari vaghi. C'è un qualcosa che annulla la mia presenza al loro interno, cioè qualcosa che gl'impedisce di percepirla >> continuo a spiegare ma ho l'impressione che Mike voglia scoppiare a ridere o piangere da un momento all'altro.

<< Stai scherzando, vero? Chris, non è divertente! >> mi ammonisce assumendo un tono infastidito come se lo stessi testando per capire il suo livello di stupidità.

<< Non è così Mike, non è così. Ti prego, devi credermi >>.

L'uomo si passa una mano tra i capelli e sospira.

<< Come puoi chiedermi di credere a una storia del genere? Hai fumato qualcosa? Hai preso qualcosa? Davvero, è assurdo >>.

Lo sapevo che sarebbe stato difficile, ma decido di non demordere.

<< Mike, sei l'unico che può darmi delle risposte, ho bisogno che tu faccia uno sforzo e mi creda >>.

<< Perché diavolo continui a chiamarmi Mike, Chris? Sono tuo padre! >> urla indeciso se essere arrabbiato o solo sconvolto.

<< Perché non sono Chris! Non lo sono oggi! >> esclamo più forte.

<< Adesso basta. Non ascolterò nemmeno un'altra parola. Prendi le tue cose e andiamo a casa >> replica con tono di voce lapidario ignorandomi.

Inspiro profondamente. Ho ancora una carta da giocarmi ed è quella decisiva. Frugo tra i ricordi di Chris, ma non c'è traccia della notte alla stazione di servizio, Mike non ha detto nulla.

<< Un paio di notti fa hai soccorso una... ragazza, di notte, e lei era completamente nuda. Le hai prestato dei vestiti, gli unici che avevi con te, ti ha pregato di portarla a Miami, non ti ha detto il suo nome, non ti ha detto nulla di sé... ma tu l'hai aiutata comunque. L'hai accompagnata sotto casa della persona di cui continuava a ripetere il nome >>.

Mike si ferma. È voltato di spalle ma posso vedere quanto si sia irrigidito alle mie parole. È completamente immobile.

<< Adesso mi credi? >> allargo le braccia anche se non può vedermi.

Si volta lentamente, il volto pallido.

<< C-come... come fai a saperlo? >> il tono balbettante e incerto.

Questa volta mi crede. Ma la domanda che arriva è inaspettata.

<< Chi sei tu? >>.

Già, chi sono io? "Chi sei, L? Che cosa sei? Un'anima vagante in cerca di un corpo in cui stabilirsi definitivamente?" No. Non sono sicura di essere nulla di tutto questo. Ma potrei esserlo... il vero problema è che non lo so.

<< Non lo so >> rispondo dando voce ai miei pensieri.

<< Dov'è Chris adesso? >>.

<< Sopito da qualche parte dentro se stesso. Domani sarà il solito Chris, tuo figlio, non ricorderà nulla o quasi di oggi, non ricorderà me, né questa conversazione >>.

<< Ma tu lo farai... in qualsiasi altro corpo ti troverai, tu la ricorderai >> completa Mike al mio posto.

Asserisco con il capo.

<< Che cosa vuoi da me? >> chiede cauto. È spaventato, posso dirlo con certezza.

<< Solo delle risposte, nient'altro Mike >> chiarisco cercando di regolarizzare il respiro.

È la prima volta in assoluto che spiego a qualcuno la mia esistenza, la mia "vita". Devo accertarmi che il cuore batta ancora nel petto prima di concentrarmi di nuovo sulla conversazione.

<< Che genere di risposte potrei mai darti io? >> è sinceramente spiazzato.

<< Quella notte ecco... non sono sicura di essere stata davvero nel corpo di qualcuno. Era più come se fosse stato proprio il mio corpo. Il corpo che non ho mai avuto che si generava senza preavviso... o qualcosa del genere >> su questo ambito sono tanto turbata quanto lui.

<< Oh mio dio... questo è troppo, davvero troppo. Io me ne torno a casa >> si passa una mano sulla fronte e fa per andarsene.

Riesco a trattenerlo afferrandogli una mano.

<< Mike sei la mia unica possibilità. Non riuscirò a venirne a capo da sola >>.

Sospira esasperato.

<< Cosa vuoi che faccia? >>.

<< Dimmi cosa ricordi di quella notte, particolari di me, di qualcosa che ho detto... nella mia testa è tutto così confuso >>.

<< Sei entrata in quella stazione di servizio, tentavi di dire qualcosa, avevi lo sguardo smarrito. Ad un certo punto sei crollata a terra, così sono accorso e ti ho chiesto se fosse tutto okay, ma sei scappata in bagno e quando sono tornato con i vestiti da darti, avevi la faccia stravolta >> racconta.

Inizio a collezionare e ricostruire i ricordi di cui non avevo più memoria. Pendo dalle sue labbra.

<< Hai ripetuto diverse volte il nome di una ragazza, anche quando avevo acconsentito di accompagnarti a Miami. Non sapevo chi fosse, non sapevo chi fossi tu. Mi hai detto di non avere né genitori né amici lì, ma sei voluta andare lo stesso. Una volta arrivati avevi lo sguardo più smarrito che avessi mai visto, ma sei scesa comunque dall'auto e sei andata avanti >> finisce di raccontare con un sospiro.

Così ecco com'è andata. Mi sforzo di rimettere insieme i pezzi che sfuggono e qualcosa si agita fastidiosamente dentro di me. Non dentro di Chris. Questa situazione mi spaventa, ho paura di perdere del tutto il controllo. La mia esistenza è guidata da disciplina e ordine. Ho già infranto entrambe le cose diverse volte per Camila e lo rifarei ancora, ma una volte che procedi in quella direzione, non si torna più indietro.

<< A cosa stai pensando? >> interrompe il flusso dei miei pensieri Mike.

Mi volto nella sua direzione.

<< Non lo hai detto a nessun altro? >> chiedo per esserne certa.

<< No, a nessuno. Volevo parlarne con Clara, mia moglie, ma alla fine ho convenuto che fosse meglio non dire nulla. Voglio dire, è stato solo un episodio strano, chi avrebbe mai pensato ad un seguito, no? E adesso tu sei qui, a dirmi che la stessa ragazza che ho soccorso quella notte è effettivamente dentro il corpo di mio figlio. Mi sembra di diventare matto >>.

Non lo biasimo. Non faccio niente a dire il vero. Raccolgo le mie cose e torniamo a casa senza dirci un'altra parola.

Mentre il pomeriggio scorre lento, noto di non aver ancora ricevuto una mail di risposta da parte di Camila. Non lo troverei particolarmente strano, se non fosse che un presentimento negativo mi da il tormento dal momento in cui ho rimesso piede in casa Jauregui.

Mike non ha accennato di nuovo all'argomento e probabilmente sta ancora cercando di elaborare le mie parole, ma vorrei tanto che mi aiutasse a venirne a capo.

Cerco d'ignorare quella sensazione che mi stringe lo stomaco e continua a sussurrarmi il nome di Camila, e provo a concentrami sui compiti che Chris deve consegnare a scuola il giorno seguente.

Non ci riesco. Scendo in cucina e trovo il giornale lasciato incustodito. Si tratta di un quotidiano locale. Lo apro e giro svogliatamente le pagine quando un articolo attira la mia attenzione.

Si tratta di ieri, della festa di ieri a casa di Tyler.

No... non si tratta della festa. Si tratta di Camila e Austin. Si tratta di un incidente.

Non appena realizzo le parole che sono scritte, sono sicura che il cuore abbia perso diversi battiti.

Camila... un incidente? Sento montare istintivamente la rabbia. Rabbia perché mi trovo qui, in queste condizioni. Rabbia perché non ho potuto fare nulla per evitarlo. Rabbia perché la mia vita è questa. Rabbia cieca contro Austin. Rabbia contro me stessa.

Panico. Inizio a sentire i sensi venire meno, mi impongo di respirare profondamente: avere un attacco di panico non è nei miei piani adesso.

Mi guardo compulsivamente intorno alla ricerca di qualcuno o di qualcosa. Trovo le chiavi della macchina posate dentro una ciotola all'ingresso. Le afferro e faccio per scattare fuori dalla porta, quando la voce di Mike mi coglie alle spalle.

<< Chris, dove stai andando così di fretta? >>.

Mi volto. Gli occhi spalancati, quasi fuori dalle orbite, il respiro affannato e un'espressione sconvolta in viso.

<< Che succede? >> mi domanda preoccupato avvicinandosi.

Noto il suo disagio ma anche sincera angoscia nello sguardo.

<< Devo andare! Io devo... devo... un incidente. Devo andare da lei! >> esclamo nella più totale confusione.

Non sto ragionando lucidamente, le mie mani tremano. Mike mi posa le mani sulle spalle e stringe la presa.

<< Calmati. Calmati adesso, non andrai da nessuna parte in queste condizioni. Di che incidente stai parlando? >>.

<< Camila >> sussurro.

Mike non sembra sorpreso di sentirmi pronunciare il suo nome ancora una volta.

<< La ragazza di Miami. La stessa ragazza da cui mi hai pregato di portarti >> dice e annuisce da solo come per esserne sicuro.

<< Devo andare da lei... ieri sera >> la mia voce si spezza a causa di un singhiozzo.

Ho voglia di graffiare i muri. Di gridare. Di prendermi a pugni.

Non avrei dovuto lasciarla andare ieri sera. Avrei dovuto riaccompagnarla a casa.

<< Ieri sera cosa? >> m'incita Mike.

<< Ieri sera ero ad una festa, sono andata solo per rivedere Camila, ma alla fine la festa è stata fermata per via del troppo rumore e... avrei dovuto assicurarmi che tutto andasse bene! Mike, devo andare da lei! Devo trovarla! >> ormai non sto più pensando. Tutto ciò che faccio è reagire di conseguenza alle mie emozioni e i miei istinti.

L'uomo mi sfila le chiavi dalle mani. Voglio urlargli di ridarmele ma non ne ho il tempo.

<< Ti accompagno io >> afferma con tono serio.

<< Cosa? >>.

<< Non ti lascerò guidare in queste condizioni, sei evidentemente poco lucida... rischieresti tu stessa un incidente e non sarebbe utile né a te, né a Camila, né a mio figlio Chris >>.

Una parte di me sa che lo sta facendo per lui. Non riesce ancora a capitarsi che in quel momento non ci sia suo figlio seduto nel sedile a fianco al suo ma un'altra persona. Eppure lui mi ha vista, mi ha aiutata. Ha percepito la sincerità nelle mie parole. Sa che sono reale.

Non so quanto tempo passi prima che mi ritrovi catapultata all'interno di un ospedale a Miami. Non so come Mike ci sia arrivato. Non so se mi abbia chiesto qualcosa durante il tragitto o se si sia limitato a fissarmi con apprensione. Non so niente. La mia mente è assolutamente bianca. Il nome di Camila e la sua voce mi rimbombano nelle orecchie.

Mike chiede informazioni per poterla trovare tra i reparti, mentre io resto accanto a lui a giocare nervosamente con le mie mani. Le mani di Chris.

Quando torna si siede accanto a me e poggia la testa contro il muro dietro di lui.

<< Dov'è? Posso vederla? Sta bene? >> domando a raffica.

Mike sospira e annuisce.

<< Si trova qui, in questo momento è semplicemente sott'osservazione. L'incidente non è stato nulla di grave per fortuna, il suo ragazzo è stato già mandato a casa >>.

Un moto di rabbia torna a impossessarsi di me.

<< Non m'importa niente di lui! Probabilmente è anche colpa sua se adesso lei si trova in quelle condizioni! >> scatto in piedi e urlo, l'intera sala d'attesa si volta a guardarmi.

<< Chris... >> Mike m'invita a sedermi nuovamente. Sa che non è il mio nome, ma non importa in questo momento. << Chris, devi calmarti o non ce la lasceranno vedere. Ho bisogno che tu respiri profondamente e ti calmi. Avanti, insieme, posso aiutarti io >>.

Faccio come ha detto. Sento i miei muscoli distendersi placidamente. Devo convincermi che Camila mi attende. Devo impedire alla rabbia di prendere possesso di me. Noto che è una caratteristica particolarmente presente nella personalità di Chris. Non è un tipo che cede facilmente all'ira, affatto, ma se la rabbia s'impadronisce di lui diventa del tutto irrazionale.

Tutto questo crea un mix indistricabile di emozioni e sensazioni da cui mi è difficile venirne fuori.

Per calmarmi devo isolare le circostanze da me. Affondo nei ricordi personali, nei sorrisi di Camila, nei suoi baci, nella sua voce.

Respiro ancora.

Mi muovo da respiro a respiro, combatto il sopravvento del corpo respiro dopo respiro.

Quando riapro gli occhi, Mike mi fa cenno di seguirlo lungo un corridoio dalle pareti bianche. Ho sempre odiato gli ospedali. Suppongo che a nessuno piacciano in ogni caso. Quell'odore di disinfettante che punge le narici, è tutto asettico e spoglio.

Arrivo in prossimità della stanza destinata a Camila e mi sporgo a guardare attraverso il vetro.

Mike fa lo stesso e sobbalziamo quando qualcuno si schiarisce la voce alle nostre spalle.

Mi volto e trovo una coppia che ci guarda. Sono piuttosto giovani e si tengono per mano. Hanno il viso tirato dalla stanchezza, ma gli occhi sono colmi di sollievo. Devono essere i genitori di Camila.

<< Sei un amico di Mila? >> mi chiede con tono gentile la donna, e solo in quel momento mi accorgo di aver trattenuto l'aria.

Non ci avevo mai realmente pensato, ma mi rendo conto di essere nervosa all'idea d'incontrarli.

Li fisso incapace di muovere le labbra e parlare. Annuisco.

<< Salve, sono Mike Jauregui e questo è mio figlio Chris >> Mike capisce il momento di difficoltà in cui mi trovo e subito accorre in mio aiuto.

È ironico come quest'uomo sia in grado di aiutarmi con piccoli gesti senza neppure sapere chi io sia veramente. È un fattore che molti altri semplicemente ignorano.

La donna di fronte a noi abbozza un sorriso.

<< Io sono Sinuhe e lui è mio marito Alejandro Cabello. Siamo i genitori di Camila >> dice.

<< Già... quella bella addormentata lì dentro che non decide di svegliarsi >>.

Alejandro cerca di alleggerire la tensione del momento, ma riesco a percepire quanta fatica gli costi. Sono entrambi sicuramente sollevati che la figlia non abbia nulla di grave e sia fuori pericolo, ma vederla distesa in un letto d'ospedale dopo un incidente non è sicuramente il loro miglior scenario.

Mando giù il groppo che sento crescere in gola e le mie mani fremono per poter di nuovo toccare Camila. Anche solo per un secondo. È un bisogno istintivo. Sento di averne bisogno o potrei ricadere in una situazione come quella già vissuta poco prima.

<< Posso uhm... posso entrare? >> domando timidamente indicando la porta con un dito.

Sinuhe e il marito annuiscono contemporaneamente.

<< Ma certo che puoi. Siete compagni di scuola? >> domanda.

Per dare anche una vaga definizione di cosa siamo io e Camila dovrei passare ore a parlare, forse nemmeno basterebbero. Non ho voglia d'inventarmi una qualche scusa, così asserisco.

Non appena mi chiudo la porta alle spalle mi sembra di essere finalmente arrivata a casa dopo un lunghissimo viaggio. La stanza è impregnata del profumo di Camila ed è la cosa più buona che io abbia mai sentito. Lei è lì, stesa immobile sul letto, il suo petto si alza e si abbassa al ritmo regolare del respiro. Un monitor accanto al letto scandisce il suo battito cardiaco senza fare rumore. Se non sapessi il motivo per cui è lì, potrei dedurre che stia semplicemente riposando.

Mi avvicino silenziosamente e, prima di potermi sedere accanto a lei, sbircio fuori dalla vetrata che permette di vedere l'interno della sua stanza; probabilmente Mike e i Cabello staranno parlando tra di loro di cosa è successo. Non m'importa. Il mio momento è qui con lei.

Non me lo perderei per nulla al mondo.

Noto la sua mano aperta poggiata mollemente sul materasso, cautamente la sfioro con la mia fino ad intrecciare le nostre dita. È una sensazione così bella il contatto della sua pelle vellutata con la mia. Quella di Chris è più ruvida, ma cerco di non farci caso.

Una flebo è attaccata al braccio opposto. Le uniche tracce residue dell'incidente sono un taglio sul labbro – constato che non ha punti, quindi non dev'essere profondo – e un livido sulla guancia sinistra.

Sollevo piano la sua mano intrecciata alla mia e me la porto alle labbra. Lascio un bacio delicato sul dorso, prima di guidare il suo palmo aperto sul mio viso. Non è davvero il mio, lo so. Lo so. Darei di tutto per avere un corpo adesso. Per avere quello che sembra essere il mio corpo. Vorrei davvero sentire i brividi che scorrono sulla mia pelle causati dalla sua vicinanza.

"Potrei restare a memorizzare ogni minimo dettaglio di te, Camz. Potrei farlo ogni volta e non sarebbe mai abbastanza. Guardami... perché non riesci a vedermi? Vorrei così tanto che tu mi vedessi." Una parte di me è realmente spaventata dai sentimenti che provo per lei. Continuo a chiedermi se non sia un errore essere qui, continuare a riaprire una ferita quando dovrei invece cercare di cicatrizzarla. Eppure non ci riesco. Il solo pensiero di starle lontana mi fa a pezzi. Non sono sicura di poter tornare indietro. Non più adesso.

Mi accorgo solo in questo momento di quanto io mi sia avvicinata a lei. La sua bocca è appena aperta, gli occhi celati dalle palpebre, le sue labbra sono invitanti e morbide, il suo respiro caldo s'infrange sulle mie.

Realizzo che sono sua, che potrei continuare a combattere quello che sento fino alla fine... ma che non voglio vincere. In quel preciso istante le mie labbra si trovano sulle sue, le modellano con delicatezza e senza irruenza. È come se il suo sapore fosse il nettare più prezioso che sia mai esistito. Non ho paura di niente in questo momento. Non esiste più niente. Niente confini, niente stanze, niente luoghi definiti. Esistiamo io e lei. È tutto.

Riapro gli occhi solo quando sento quelle labbra paradisiache muoversi appena contro le mie. Le iridi intense di Camila mi fissano spalancate dalla sorpresa e nella realizzazione. Tuttavia non so bene di cosa.

Mi allontano di scatto, imbarazzato e sento il mio viso prendere fuoco all'istante.

Lei mi fissa. Non dice niente. I suoi occhi sono puntati su di me come se mi stesse studiando e la sua fronte è aggrottata probabilmente alla ricerca di un qualcosa che la colleghi al mio ricordo. Ma non c'è alcun ricordo nella mente di Camila che comprenda Chris Jauregui. C'è qualcosa che la collega a me. Sì che c'è.

Riesco a leggerlo nei suoi movimenti e nelle sue espressioni che sta tentando di superare la superficie e arrivare fino in fondo.

Quel qualcosa che ci lega senza una possibile spiegazione logica. Più forte di quanto si possa immaginare.

"Avanti Camz. Avanti. So che puoi arrivarci. Sono qui, sono io. So che l'hai sentito anche tu, so che lo senti."

La vedo massaggiarsi le tempie e abbassare lo sguardo per un momento. Non ha ancora detto nulla, ma torna a fissarmi. Finalmente qualcosa sembra illuminarsi in lei. Un guizzo che passerebbe inosservato a chiunque, ma non a me. I suoi occhi si sbarrano.

<< Tu... >> tenta di dire.

Ma un bussare alla porta spezza le sue parole all'istante. Mi costringo a non imprecare ad alta voce e mi mordo dolorosamente l'interno della guancia fino a sentire il sapore ferroso del sangue nella mia bocca.

<< Tesoro, sei sveglia >> l'accoglie Sinuhe con sollievo e tono dolce.

Camila annuisce.

<< Solo da cinque minuti >> conferma.

Alle spalle di sua madre, la testa di Alejandro fa capolino dalla porta. Vedo Mike fuori dalla vetrata osservarmi con un'ombra di sorriso sulle labbra e mi chiedo quanto effettivamente abbia visto di tutta la scena. Chissà se i suoi genitori hanno assistito anche. Nei loro volti non c'è traccia di una particolare espressione, sono solo sinceramente felici di appurare che la loro figlia stia bene.

Entrambi arrivano accanto a me ed io mi sposto dal letto per permettere a Camila di abbracciarli.

Per un momento mi sento in più in quel quadretto familiare. Con sorpresa sento gli occhi di Camila puntati su di me. Continua a fissarmi da sopra la spalla del padre. È uno sguardo strano, come se non potesse capacitarsi del fatto che io sia reale e sia lì. Come se mi avesse finalmente trovata.

Il pensiero che Camila possa avermi percepita come l'entità che sono davvero mi riscalda il cuore, tuttavia non ne sono sicura. Non sono sicura di cosa lei pensi che io sia. Non so cosa davvero possa aver compreso o sentito.

<< Forse sarebbe meglio che io... >> ho voglia di evitare il disagio che potrebbe crearsi.

<< NO! >> m'interrompe Camila con enfasi.

Inarco entrambe le sopracciglia in evidente sorpresa.

<< È solo... è da un po' che non ci vediamo, speravo potessi restare ancora un po' >> si affretta ad aggiungere.

Annuisco, incapace di negarmi a lei.

I suoi genitori escono dalla stanza e ci concedono qualche altro minuto mentre vanno a chiamare un'infermiera per gli ultimi controlli di routine. Ormai sono sicura che Camila stia bene, presto sarà fuori dall'ospedale, quindi resto unicamente per esaudire la sua richiesta e per puro egoismo personale. Per non privarmi di averla vicina. È una forma diversa di egoismo, è un egoismo cui non rinuncerei nemmeno se dovessi.

<< Chi sei? >> parte all'attacco senza mezzi termini nello stesso istante in cui la porta si chiude di nuovo.

Sospiro. Non è il momento giusto per dirle la verità. Lo farò, ma non oggi, non adesso. Non so nemmeno se sarebbe in grado di sopportarla.

<< Mi chiamo Chris >> rispondo riportando i miei occhi su di lei.

<< E tu ed io ci conosciamo? Perché a me sembra proprio di no >>.

<< Per certi versi tu mi conosci molto meglio di chiunque altro >> ammetto ed è la verità. Beh... suppongo che posso concederle una mezza verità come questa.

Inarca un sopracciglio.

<< Che vuoi dire? >>.

Scuoto la testa.

<< Nulla. Non importa. Devo andare adesso, Camila. Vorrei poter restare di più, ma non posso >>.

<< Sì che puoi, stai solo scappando >> replica con tono più duro.

M'irrigidisco visibilmente alle sue parole. Mi feriscono, anche se lei non lo sa. Mi feriscono perché sono vere. Mi feriscono perché io non voglio scappare, non voglio farlo. Ma devo. Sono costretta a doverlo fare ogni volta. Ogni giorno.

Torno vicina a lei e le accarezzo il viso con una mano. Alcune ciocche dei suoi capelli mi sfiorano le dita. Le riporto dietro l'orecchio.

<< Non ho altra scelta. Resterei se potessi. Resterei per te, Camz. >> è tutto ciò che le dico prima di alzarmi dal letto e uscendo.

I suoi occhi si spalancano in un misto di arrendevolezza e realizzazione.

L'odore di Camila ancora impresso nelle mie narici, ilsuo sapore ancora sulle labbra. Anche stavolta, non posso dirle di più, nonposso darle di più.

 

Note Conclusive: Allooooora, salve gente! :') Mi dispiace se questa volta vi ho fatto aspettare un po' di più per il capitolo ma proprio non mi decidevo ad andare avanti. 

Ad essere sincera non saprei se dirmi pienamente soddisfatta di quest'ultimo pezzo oppure no. Si tratta di un passo abbastanza importante nella trama che seguirà, per L, per Camila, per Mike eeeee anche per Ally. Sì, non la rivedremo soltanto per e-mail. Ally ritornerà come personaggio fisico presto.

L'ho appena finito e l'ho appena riletto quindi darò un'ulteriore occhiata se ci dovessero essere altri errori. 

In conclusione lo definirei come un capitolo di transizione ma non troppo. Voglio dire, ci sono elementi che non si auto-concludono qui e hanno bisogno dei capitoli successivi, ma al tempo stesso se riuscite a cogliere il filo conduttore della storia, il capitolo riesce già a darvi delle risposte. 

Curiosità/chiarimenti/bla bla bla: :)

1. Sì, ho deciso di inserire la famiglia Jauregui che effettivamente avrà un ruolo non indifferente andando avanti nella storia. 

2. Abbiamo incontrato Chris, abbiamo visto Taylor, abbiamo visto Clara e Mike.... non manca ancora qualcuno all'appello? Sì? Esatto, manca qualcuno :')

3. Camila sembra aver capito qualcosa. Eh sì... ma che cosa? Vedremo finalmente L rivelarle la verità come ha fatto con Mike?

4. L'incidente (come abbiamo già visto non è stato nulla di davvero grave) non avrà - appunto - conseguenze in Camila, l'ho semplicemente utilizzato come pretesto per permettere a lei e Chris/L di incontrarsi ancora.

5. Sì. Per un momento ho pensato di far picchiare Austin da Chris quando ha scoperto quello che era successo... ma poi ci ho ripensato dai. 

6. Lacey - la fidanzata di Chris - non è un personaggio realmente esistente. L'ho messa su soltanto perché mi serviva nel contesto. 

7. Abbiamo visto ormai quasi tutte le componenti delle Fifth Harmony. QUASI. Arriverà anche la nostra Normani, non vi preoccupate :') 

Ooookay, è tutto :') See you at the next one. - Vi prometto che sarà decisamente interessante ;) -

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Capitolo 7
*** Capitolo 6. ***


Capitolo 6.
 
Giorno 1598.
 
La mattina dopo al risveglio sono ancora più lontana da Camila. Mi trovo a quattro ore di distanza da lei.
Non mi trovo più nel corpo di Chris. Quando mi sveglio sono una ragazza, Isabelle Evey. Isabelle ha un computer che fortunatamente posso utilizzare prima di andare a scuola. Trovo un'e-mail di Camila.
 
“Ally!
Sono così felice che tu mi abbia scritto. Purtroppo avevo dimenticato il tuo indirizzo, sai dopo la festa, Austin ha insistito per guidare; ho cercato di strappargli le chiavi di mano dicendogli che aveva bevuto e non era lucido o calmo, ma non ha voluto ascoltarmi e abbiamo fatto un incidente. Nulla di grave, stiamo entrambi bene. Hai ragione! È stato bellissimo poter ballare con te, ed è stato un piacere che tu mi abbia ascoltata suonare. Nessuno si prende mai il tempo di farlo ed io sono troppo timida per provarci. Sei decisamente il mio tipo anche tu, umanamente parlando, anche se non credi nelle relazioni che durano più di un anno. Solitamente odio le feste, cioè quel genere di feste, sono più la tipa che scappa alla ricerca del cibo (e della tranquillità nelle stanze superiori), ma spero davvero che Tyler dia un'altra festa molto presto, mi farebbe piacere rivederti.
Con affetto,
Camila.”
 
La immagino mentre scrive il messaggio, appena tornata a casa, la immagino sorridente e questo fa sorridere anche me.
Ma non appena trovo un altro messaggio da parte di Ally Brooke, il mio sorriso svanisce.
 
“Questo indirizzo adesso è nelle mani della polizia. Te lo ripeto, non riuscirai a cavartela così facilmente. Non te lo permetterò.”
 
Devo essere impallidita poiché una sensazione di freddo passa attraverso il mio corpo. La polizia?
Faccio una veloce ricerca su internet e scopro che effettivamente saltano fuori un paio di risultati. Si tratta del sito web di un quotidiano locale nella cittadina di Ally, nulla di cui allarmarsi troppo. Leggo l'articolo.
 
“POSSESSIONE DEMONIACA”
I poliziotti che sono stati chiamati dai signori Brooke hanno parlato con la figlia, Ally Brooke, ritrovata domenica mattina profondamente addormentata nella sua auto, dinanzi alla propria casa. La polizia era stata allertata dal padre della giovane ragazza, non notando il rientro a casa della figlia. Brooke ha detto di non sapere come fosse finita lì, né di aver passato la serata fuori. La risposta, ha aggiunto, era forse una possessione demoniaca. “È stato come essere sonnambula. Per tutto il giorno questa creatura, qualsiasi cosa essa sia, ha controllato il mio corpo. Ho mentito ai miei genitori riguardo le intenzioni della serata, sono arrivata in una città che non conoscevo per prendere parte ad una festa. Non ricordo altri particolari dopo questo, ma sicuramente non ero in me.” Brooke è stata posta ad esami per valutare il tasso alcolico, ma nulla è risultato positivo. La ragazza era perfettamente sobria. Per rendere il tutto più interessante, Brooke ha detto di aver ritrovato nella sua cronologia un indirizzo e-mail che non appartiene a lei.”
 
La prima reazione che ho è quella di scoppiare a ridere.
 
“Possessione demoniaca? Seriamente? Avanti, Ally...”
 
Eppure sono nervosa. In tutti questi anni nessuno mi aveva fatto una cosa del genere. Mai nessuno si era accorto del mio passaggio.
Che cosa avrà percepito Ally mentre ero dentro di lei? Cercava di ribellarsi alla mia presenza? Voleva combattermi? Poteva farlo? … Cosa sarebbe successo se fosse stata effettivamente tanto forte da respingermi fuori dal suo corpo? Dove sarei finita?
Forse è questo ciò che mi aspetta prima di poter avere un mio vero corpo? Dovrò aspettare qualcuno tanto forte da accorgersi di me e respingermi fuori? No... non posso correre un rischio così grande.
 
Creo un altro indirizzo di posta elettronica e inizio a inoltrare i messaggi, salvando anche il contatto che Mike mi ha lasciato ieri in modo che io possa contattarlo.
Ha accettato di aiutarmi alla fine. Ripenso a ieri.
 
Flashback.
 
La strada di ritorno che scorre accanto a noi è silenziosa. Mike non ha messo su l'autoradio e si sente soltanto il rumore del motore che ci accompagna.
 
<< Devi tenerci davvero tanto a quella ragazza >> spezza il silenzio.
 
Mi volto verso di lui e annuisco. Non so se ho davvero voglia di parlare dopo quello che è successo con Camila. La possibilità che lei mi abbia riconosciuto è remota, eppure così presente nei miei pensieri. Così come lo era nei suoi occhi.
Avrei voluto darle delle spiegazioni, fare qualsiasi cosa. Ma non ho avuto altra scelta che andare via. Di nuovo.
 
<< Sai, se tu mi parlassi invece di utilizzare i gesti, credo che sarebbe molto più semplice >>.
 
Sospiro e mi sforzo di far scivolare fuori le parole dalla mia bocca. La bocca di Chris.
 
<< Non c'è molto da dire. È questa la mia esistenza, lo è sempre stata >> scrollo le spalle.
<< Ma stamattina hai anche parlato della possibilità di avere un corpo tutto tuo >>.
 
D'accordo. La conversazione potrebbe rivelarsi anche interessante.
 
<< Sì, ma non ne sono sicura. Non ho le forze sufficienti per restare in quel corpo tanto a lungo da scoprirlo. Non riesco nemmeno a vedere come sono fatta >> ammetto.
Mike aggrotta le sopracciglia.
 
<< Che vuoi dire? Non riesci a vedere? >>.
<< Non riesco a vedermi >> puntualizzo << Mi fisso... ma è tutto fuori fuoco, l'unica cosa che mi risulta chiara sono un paio d'occhi verde smeraldo. Solo quelli sono nitidi >>.
<< Sei una ragazza >> dice Mike dopo qualche secondo di riflessione.
<< Come scusa? >>.
<< Il tuo corpo, quello vero intendo, ha le fattezze di una ragazza. Io riuscivo a vederti chiaramente, ecco perché trovo strano che tu non ci riesca >> spiega.
<< Oh... >>.
 
Devo ammettere di non aver mai dato troppo peso a questa cosa. Ragazza, ragazzo. Che importa? Un giorno sono Ally, l'altro sono Chris. È sempre stato così. Non ho mai avuto spazio per un'identificazione di me stessa. Il concetto di un sesso definito è strettamente legato alla biologia, alla fisionomia, alla genetica. Ma io cosa sono? Come potrei mai definirmi un qualcuno senza avere qualcosa su cui fare affidamento?
Le uniche cose che restano immutate sono la mia mente, i miei ricordi, i miei comportamenti... ma tutte queste cose, di fatto, non definiscono il genere di una persona.
 
<< Voglio aiutarti >> questo sì che mi lascia a bocca aperta.
<< Eh? >>.
 
Mike distoglie per un momento gli occhi dalla strada per posarli su di me.
 
<< Ho detto che voglio aiutarti. Non so bene come, non so bene in che modo, ma voglio farlo. Non puoi essere completamente sola lì fuori >>.
<< Quella notte... hai immaginato che una cosa del genere potesse capitare a Chris o a Taylor, non è vero? È per questo che mi hai aiutata; hai rivisto loro in me per un momento >>.
 
Mike asserisce con il capo. Poi sorride.
 
<< Beh non potevo esattamente sapere cosa ci fosse dietro >>.
 
Ridiamo entrambi. Ridiamo per soffocare tutto il resto. Per darci una possibilità di venirne fuori. Sapere che Mike vuole aiutarmi mi fa sentire decisamente meno sola.
Sento una lacrima bagnare la guancia di Chris, mi finisce sulle labbra ed è salata.
Non m'importa. Guardo fuori dal finestrino e ringrazio il mio corpo, ringrazio qualsiasi Dio che non prego e in cui non credo. Lo ringrazio comunque, perché anche se Mike domani riavrà suo figlio Chris, anche se magari si dimenticherà di ciò che ha detto oggi e di tutto il resto... per un giorno mi ha dato una speranza a cui aggrapparmi.
 
Immagino la brutta situazione in cui ho cacciato Ally. Mi sento colpevole e minacciata al tempo stesso. Colpevole per ciò che ho fatto ad Ally, qualsiasi fossero le mie intenzioni, per quanto buone, non dovevo permettere alla mia vita di fare un passo avanti rispetto a quella di qualcun altro. Minacciata perché non la sto costringendo io a reagire così.
Certamente Ally mi ha percepita, ha detto che il suo corpo è stato posseduto. Solo che Ally non riesce a pensare a qualcuno in grado d'impossessarsi di un corpo fuorché il diavolo. Ecco dunque la sua storia. È una brava ragazza, sa che le crederanno. Non avrebbero motivo di dubitare.
 
Questo non farà che peggiorare la sua situazione e la mia.
 
Nell’eventualità che Ally abbia convinto qualcuno a rintracciare il mio indirizzo, non potrò più controllare il mio account da casa; localizzerebbero le abitazioni da cui sono passa… il che porterebbe a parecchi discorsi sconclusionati.
Una parte di me, quanto grande o piccola sia non lo so, vorrebbe rispondere ai messaggi di Ally. Ma come potrei mai spiegarglielo senza che mi creda un mostro? Non credo che una generica spiegazione le basterebbe. Ally non sembra quel tipo di persona. Ed io non ho delle risposte certe. Ho smesso d’inseguire i perché molto tempo fa, o non avrebbero fatto altro che corrodere anche gli unici momenti che sono ancora in grado di portare con me.
Ho però la sensazione che Ally non mollerà tanto facilmente.
 
È così che trascorre la mia intera mattinata a scuola, persa tra i pensieri nebulosi e un’attenzione che rasenta lo zero. Solo durante l’ottava ora decido che è il caso di prendere un po’ in mano la situazione; chiedo all’insegnante di poter uscire dalla classe e corro in biblioteca. Esulto mentalmente perché è totalmente vuota e prendo subito posto di fronte ad uno dei computer a disposizione. Accedo ad internet e finisco d’inoltrare le e-mail nel mio nuovo account. Per qualche motivo però, non riesco né a cancellare quello precedente, né a cancellare i messaggi di Ally. Non voglio. Voglio invece che lei possa contattarmi. Voglio avere una prova tangibile dal fatto che la mia presenza sia reale.
Ritrovo il messaggio di Camila di questa mattina, ma prima che possa aprire la nuova pagina per rispondere, ecco che me ne arriva un altro. Ancora di Camila. Un guizzo di stupore passa attraversi i miei occhi. Apro la mail.
 
“Ally,
a quanto pare Tyler non ha nessuna cugina che si chiami Ally, e nessuno dei suoi parenti era in visita da lui per il week-end. Ti spiacerebbe darmi una spiegazione?
Camila.”
 
Oh no.
 
Non riesco a riflettere e agisco d’impulso. Digito in fretta sulla tastiera.
 
“Camila…
in effetti esiste una spiegazione, ma non posso dartela adesso. È quel genere di spiegazione che dev’essere data di persona. Credi che io abbia una possibilità di vederti ancora?
Ally.”
 
Non so se sono davvero pronta a dirle la verità, ma al tempo stesso non voglio escogitare un’altra menzogna più grande. Sento come se tutte le piccole bugie che io abbia messo tra me e lei si stiano ingigantendo ed io non sia più grado di portarne il peso. Voglio Camila. La vera Camila. Non il suo semplice ricordo, e voglio che lei abbia me. La vera me. Non un corpo qualunque.
 
Torno in classe e aspetto il suono dell’ultima campanella. Davanti al mio armadietto trovo Matt. Il mio ragazzo – meglio, il ragazzo di Isabelle -. Non appena la vede, si comporta come se fosse stato separato da lei per settimane. La bacia. Mi bacia. L’ultimo sapore di labbra sulle mie che ricordo è quello di Camila, lo tengo impresso dentro di me. Ma non posso allontanarmi, così mentre lo bacio immagino che sia colpa del momento. Tento di fingere che sia Camila, ma le sue labbra non sono queste. Non funziona. Ho la spiacevole sensazione di commettere un atto sleale nei suoi confronti.
Mentre lo bacio, la mia mente è lontana da qui, è con lei.
 
Giorno 1599.
 
L'universo sembra essere dalla mia parte il giorno dopo, perché quando mi sveglio sono nel corpo di  Frannie Blake. Sono distante solo un'ora da Miami. Da Camila.
Trovo un suo messaggio nel mio nuovo indirizzo di posta.
 
“Ally,
spero si tratti di una seria spiegazione. Vediamoci alla libreria “Shelter” alle 17.00.
Camila.”
 
Sospiro e valuto le mie possibilità. Poi digito una risposta.
 
“Camila,
sarò lì, ma non nel modo in cui ti aspetti di vedermi. Ti prego solo di avere pazienza e fidarti di me. 
L.”
 
È la prima volta che mi firmo con il mio nome. Non credo che possa fare una grandissima differenza; Camila non lo interpreterà in alcun modo particolare.
Cerco di scegliere con cura i vestiti dall'armadio di Frannie. Se c'è una cosa che ho capito del genere umano e delle persone è che, per fare in modo di conquistare la loro fiducia, c'è bisogno di fare delle cose giuste. Devi essere nel posto giusto, cogliere il momento giusto, dire le cose giuste, indossare i vestiti giusti e camminare dal lato giusto della strada.
Qualunque cosa decida di fare oggi – dirle un'ulteriore bugia o scegliere la pura verità – avrò bisogno di tutta la fiducia possibile.
 
Frannie lascia in anticipo gli allenamenti delle cheerleaders, e mentre mi trovo sotto il getto dell'acqua calda che mi accarezza il corpo, penso a cosa dire.
La prima volta che ho dovuto confessare la verità è stato a causa di Mike. Dovevo cogliere quell'opportunità o avrei rischiato di non averne un'altra, forse mai più. Ma anche Camila merita la verità. Non posso pretendere di avere delle risposte, cercare delle certezze, voler restare con lei, pretendere che lei mi riconosca dentro qualcun altro... se non metto effettivamente a nudo la mia anima davanti a lei.
 
È buffo come queste parole suonino così appropriate in questo momento. Suppongo si tratti ancora delle cose giuste e del loro modo di far funzionare l'universo nel modo giusto.
Allo stesso tempo sono spaventata dalla verità. Dirla significa tirare fuori ogni cosa, significa essere vulnerabili. Potrebbe anche essere pericolosa in qualche modo. Ma più mi sforzo di pensare ad una bugia plausibile da dirle, più mi accorgo che essa mi conduce sull'inesorabile strada della sincerità.
Voglio che la mia presenza sia reale per lei. Voglio che possa percepirmi e trovarmi con lo sguardo anche in mezzo a centinaia di persone. Quello che cerco – capisco – è una connessione più profonda, che vada al di là del semplice aspetto fisico. Ma per chi è abituato alla continuità della vita e alle sue certezze, esso è essenziale. Così come diamo forma alle cose, diamo forma alle persone.
So che è davvero egoistico da pensare, ma vorrei che Camila si abituasse a quest'esistenza. Così come ho fatto io. Non è una pretesa che posso avanzare nei suoi confronti, né in quelli di nessun altro. È sbagliato. Ma non posso fare a meno di desiderare che succeda.
Se Camila avrà fiducia in me e percepirà la stessa sensazione di libertà, di infinito come mi è successo, allora ci crederà davvero. Se non dovesse farlo, se dovesse sentire di trovarsi nel posto sbagliato, al momento sbagliato, con sensazioni sbagliate... allora io sembrerò soltanto una dei tanti folli che vagano a piede libero per il mondo.
 
Cerco di convincermi che non ho molto da perdere. Che il pensiero di lei lontana da me non influirebbe poi così tanto sulla mia esistenza. Che potrei facilmente andare avanti. Ci provo davvero, ma non funziona.
 
Parto con un'ora di anticipo per arrivare a Miami. Non c'è traffico e con il telefono controllo che sia la strada giusta. Arrivo alla “Shelter”, ma ancora non c'è traccia di Camila. Mi siedo ad uno dei tavoli presenti nell'area lettura e mi massaggio le tempie. Cerco di ricordare se il sogno che ho fatto stanotte appartenesse a Frannie o a me. Tento di penetrare nei confini più remoti che riesco a raggiungere per realizzare che non si trattava di un sogno: ero di nuovo io. Ero di nuovo la ragazza dagli occhi verdi.
Non riesco a ricordare quanto tempo sono rimasta me prima di risvegliarmi in Frannie. Non riesco a ricordare cosa ho fatto, ma ricordo di essermi vista finalmente.
 
Solo che ero talmente esausta dai tentativi fatti, che la mia mente ha rimosso l'immagine. Non si tratta più di un riflesso fuori fuoco. Sono davvero stata in grado di vedermi per la prima volta, ma il pezzo dev'essere stato risucchiato dai meandri bui della mia mente.
 
Sospiro.
 
Ho capito una cosa: acquisire un corpo e restare se stessi richiede un'immensa quantità di energia, e provoca una fatica non indifferente. Tremo al pensiero che dovrò imparare a controllarla. Dovrò trovare un equilibrio. Sconvolgere questo precario per trovarne uno definitivo e stabile.
 
Il rumore della porta che si apre mi costringe a sollevare gli occhi dal legno del tavolo per puntarli sulla persona che ha appena preso posto ad un paio di tavoli di distanza dal mio. Camila.
Vorrei fissarla da qui per un tempo indefinito, invece mi costringo ad alzarmi in piedi e mi siedo sulla sedia di fronte a lei. Abbozzo un sorriso mentre lei resta sorpresa dalla mia azione.
 
<< Scusami, questo posto è occupato. Sto aspettando una persona >> esordisce.
<< Sei Camila, non è vero? Ally mi ha mandata, non preoccuparti >> cerco di rassicurarla.
 
Inarca le sopracciglia.
<< Ha mandato te? Perché? Dov'è lei? >> perlustra con lo sguardo tutto il negozio, come se Ally potesse saltare fuori da qualche scaffale di libri da un momento all'altro. Non sa di non star cercando Ally. Sta cercando me. Come se io non fossi esattamente qui di fronte a lei.
 
Preferirei uscire per parlare, non voglio dirlo in pubblico. So che le persone presenti non sono molte e non stanno prestando attenzione a noi, ma è come se mi sentissi minacciata da loro. Non sono certa però che Camila mi seguirebbe, se glielo chiedessi. Probabilmente la spaventerei. Devo ricordarmi che per lei si tratta di una sconosciuta seduta ad una libreria.
 
Metto da parte i miei dubbi scuotendo il capo e mi concentro solo su di lei. Su di lei e me. Su di noi.
 
<< Camila >> la chiamo. La guardo negli occhi e ritrovo la nostra affinità. Il nostro legame inspiegabile.
 
C'è un grande senso di riconoscimenti in noi due, c'è perfino qualcosa oltre. Camila non interrompe la nostra connessione, il nostro sguardo, ma resta seduta. Ho la sensazione che riesca a sentirlo anche lei però.
 
<< Si? >> sussurra.
<< Devo dirti una cosa estremamente importante. E forse non mi crederai, forse ti sembrerà assurdo. E avrai voglia di scappare, di urlarmi contro e di ridere. Ma è la verità... ed io ho bisogno che tu la conosca. Puoi concedermi questo? Puoi concedermi di spiegarti e dirti la verità? >>.
 
È spaventata e posso capirlo. Poso la mano sulla sua e lei rabbrividisce istintivamente, ma resta lì. Gli occhi fissi nei miei.
 
<< Io non sono la persona che tu credi. Non sono colei che siede di fronte a te. Non sono Ally, ovviamente, ma non sono nemmeno Frannie >> comincio.
<< Frannie? Cos- >> la interrompo con un gesto della mano. La sua espressione è confusa.
<< Ogni giorno mi sveglio in un corpo diverso. Stamattina mi sono svegliata nel corpo di Frannie Blake, la ragazza che tu vedi. È sempre stato così, ho smesso di cercare una ragione logica del perché avvenga. Alla festa a casa di Tyler, sabato sera, ero Ally Brooke. In ospedale, dopo il tuo incidente, il ragazzo che ti ha baciata... una scintilla di riconoscimento è passata nei tuoi occhi... >> sorrido tristemente << ma si è spenta così velocemente. Ero Chris Jauregui. Alla scuola, la ragazza che doveva trasferirsi in città, ero Alexa Ferrer. E prima ancora, quella meravigliosa giornata in spiaggia, la prima volta che ci siamo incontrate, ero Austin, il tuo ragazzo >>.
 
Camila ritrae la mano di scatto.
 
<< Stai scherzando, vero? Perché se è così, sappi che non è divertente. Affatto >>.
 
Nego con un cenno.
 
<< Dev'essere uno scherzo! >> esclama a voce più alta.
 
Sospiro affranta. Non voglio cedere, ma non avevo effettivamente riflettuto sulla sua reazione. Qualcuno si volta a guardarci. M'innervosisco un po'. Non voglio spettatori.
 
<< Camila... >> tento, chiedendole di sedersi di nuovo, ma lei scuote la testa.
<< No, io... non... >> esce fuori dal negozio prima che io abbia la possibilità di fermarla.
 
La rincorro fino a trovarmi davanti a lei, costringendola ad arrestare il passo.
 
<< Ti prego, devi credermi >> faccio per sfiorarla ma si sposta.
<< Non toccarmi! >>.
<< D'accordo. Va bene, ma tu solo... ascoltami, per favore. Lasciami finire. Posso dare un senso a tutto quello che stai pensando e concretizzare i tuoi dubbi >> la incalzo con questo approccio e la cosa sembra convincerla. 
 
Incrocia le braccia al petto e mi fissa in attesa.
 
<< Quando eravamo in spiaggia mi hai raccontato di quella volta in cui hai vomitato di fronte al ragazzino che ti piaceva, di come in bagno hai incontrato Dinah e di come lei è diventata la tua migliore amica da quel momento. All'ultima ora di lezione hai visto Alexa disegnare, al parcheggio le hai detto che pensavi fosse davvero brava e lei ti ha regalato il suo schizzo senza aggiungere altro. Hai incontrato Ally mentre suonavi la chitarra a casa di Tyler, ti ha chiesto di suonare una canzone per lei e tu lo hai fatto, ti ha raccontato di essere la cugina di Tyler e ti ha parlato delle relazioni a lungo termine. Non avete parlato di te e di Austin, ma tu sapevi che in fondo lei si stava riferendo a quello. Le hai detto che ti accontenti di ciò che lui ti da... ma non è davvero abbastanza per te. Camila... sto cercando di dirti che dentro quelle persone c'ero io. Quando sentivi quel legame naturale e particolare, ero io. Sono io adesso. Solo per un giorno >>.
 
Il suo sguardo è pieno d'incredulità. Resta in silenzio. Cerca di elaborare il mio discorso.
 
<< Perché solo adesso? >> chiede dopo diversi minuti.
<< Come? >>.
<< Perché me lo stai dicendo adesso? Perché prima mi hai mentito? Perché non hai preferito dirmelo dopo? >>.
<< Oh... >> cerco un segnale che mi dica che Camila è disposta a credermi e fidarsi di me. Non lo trovo. Sono comunque costretta a risponderle.
<< Perché sentivo di doverlo fare. Perché non ti ho dimenticata dalla prima volta che ti ho vista. Perché con te mi sono sentita completa dopo tanto tempo. Perché non posso cambiare ancora senza che tu lo sappia... voglio smettere d'incontrarti come le altre persone, voglio farlo come me stessa >>.
 
Sento la bocca completamente asciutta, il respiro corto e devo inumidirmi le labbra.
 
<< È stato Austin a convincerti a dirlo? >> sbotta disgustata.
 
Austin? È davvero questa la prima cosa a cui ha pensato?
 
<< Non è divertente, né uno scherzo. Camila devi credermi. È la verità. So che sembra assurdo da credere, ma lo è davvero. Austin non c'entra nulla con questo >>.
 
Si porta le mani alle orecchie come se non volesse sentire più una parola.
 
<< Basta, ti prego. Perché mi fai questo? >>.
 
I suoi occhi sono lucidi ed io ho voglia di piangere. Di urlare e di prendermi a pugni. Non avrei mai voluto vedere Camila in queste condizioni.
 
“Coraggio L, cerca di salvare la situazione. Non arrenderti proprio adesso. Deve solo passare sotto la superficie, sai che può sentirlo anche lei. Sai che lo ha sentito. Ricordale cosa ha sentito. Fai in modo che lo senta ancora.”
 
Inspiro profondamente e cerco di calmarmi prima di posare delicatamente le mani sulle sue spalle.
 
<< Ascoltami. Camila... cerca dentro di te. In fondo lo sai che con te, quel giorno, non c'era Austin. Non si è comportato come è suo solito, non ha fatto le cose che avrebbe fatto Austin, non ha detto le cose che lui avrebbe detto. Sai il perché? Perché ero io >> mi assicuro che abbia gli occhi puntati nei miei e asciugo una lacrima che scivola silenziosa sulla sua guancia.
 
Il contatto tra di noi non sembra darle fastidio, ma non voglio ugualmente approfittarne. Così mi allontano di poco.
È solo un attimo, ma lo avverto. Sono pronta a dirglielo.
 
<< Non avevo intenzione di farlo. Non avevo intenzione di sconvolgere la tua vita in questo modo. Quella mattina volevo soltanto che passassimo una bella giornata. Volevo regalarti qualcosa che non avresti dimenticato. Non volevo innamorarmi di te. Ma l'ho fatto... è successo. E credimi, mi spaventa a morte anche solo pensarlo, figurarsi dirlo, ma non posso e non voglio fingere che non sia accaduto. Non voglio dimenticarmene e non voglio dimenticarti. Ho messo bugie su bugie per tutta la vita, una dopo l'altra. Alcune grandi, altre piccole, non importa... tu sei la persona che mi ha fatto desiderare di smettere. Mi hai fatto desiderare di respirare la libertà e la verità. Di coglierne quanta più possibile >>.
 
Sul suo volto c'è ancora traccia di paura. Trema tra le mie mani e ho l'impulso di abbracciarla. Ma non posso.
 
<< Ma perché io? Cos'ho fatto di così diverso... tutto questo non ha alcun senso >>.
<< Per me sì. Perché sei bellissima e non te ne rendi conto, sei quel tipo di bellezza che potrei guardare per giorni senza mai stancarmi. Perché potrei esplorare ogni particolare di te e li amerei tutti allo stesso modo. Perché sei gentile con una sconosciuta che si presenta a scuola tua. Perché vuoi correre e afferrare ogni secondo, vuoi vivere la vita al di là del vetro. Perché sentirti suonare per me è stato come sentirmi in pace con tutto il resto del mondo, perché vedere che stavi bene in ospedale è stato come tornare a casa dopo tanto tempo. Perché so che pensi che le relazioni a lungo termine possano funzionare e pensi che Austin possa imparare ad amarti in fondo... ma io non ho bisogno di imparare a farlo, perché io ti amo in tutto e per tutto >> concludo e non riesco nemmeno a credere alle mie parole.
 
Ho sul serio detto tutto questo? L'ho davvero detto a Camila? Ho appena rovinato per sempre le cose o ho appena dato il via a qualcosa di nuovo?
 
Camila mi spinge via e tenta di prendere un po' le distanze. Allunga una mano davanti a sé come a chiedermi di non raggiungerla, ma resta ferma. Non vuole scappare.
 
Quando questa mattina mi sono figurata la scena davanti agli occhi, avevo valutato diverse opzioni possibili, le più gettonate erano solo due: curiosità o repulsione. Ma per il momento siamo bloccate a metà strada: Camila non crede alla mia storia – almeno non del tutto, il dubbio le colora gli occhi -, vuole disperatamente trovare un senso a questo, ma non sembra esserci ancora per lei. Tuttavia non è davvero scappata via come pensavo, e decisamente non crede più che si tratti di uno scherzo di cattivo gusto.
 
Capisco che ha bisogno di qualcosa di più tangibile. Devo dargli delle prove.
 
<< Come sapevi cosa pensavo quando ero quel giorno con Austin in spiaggia? >> mi chiede.
<< Non eri con lui, eri con me >>.
<< Smetti di dirlo! Io non... non lo so. Davvero, sto facendo del mio meglio ma non lo so >> replica piccata.
 
Annuisco. So che sta cercando di non dare di matto da un momento all'altro. È ancora lucida e ragionevole.
 
<< Ti sembra impossibile, ma io ne sono la prova... tutto questo è vero >> ribadisco.
 
Inarca un sopracciglio aspettando che continui.
 
<< Perché non uhm... ci vediamo domani? Io non sarò più nello stesso corpo, ma sarò ancora me stessa. Sarebbe più semplice per te? >>
<< O potresti dire a qualcun altro di presentarsi al tuo posto >> fa una risatina scettica.
 
Mi stringo nelle spalle.
 
<< Non ho nessuno, e perché dovrei farlo? Se tutto questo fosse una farsa, potrei capirlo. Ma si tratta della mia vita. Sarebbe infliggere un colpo inutile su di me >>.
 
Ho un punto fermo. La mia voce non trema e non da segno di cedimento. È costretta a valutare seriamente le mie parole. Mi fissa dritta negli occhi, come se dietro quelle iridi stesse scavando per trovare la mia anima.
 
<< Qual è il tuo nome? >> chiede.
<< Frannie Blake >> elementare.
<< No. Il tuo vero nome >> oh.
 
Oh.
 
Tentenno per qualche secondo; nessuno prima d'ora me l'aveva chiesto. Beh a parte Mike... ma Mike non sapeva ancora la verità. Avrei potuto avere un nome qualunque. Lei merita di sapere tutto ciò che desidera.
 
<< L >> sussurro.
<< L... solo L? >> domanda soppesando la risposta.
 
Faccio un segno di assenso con il capo.
 
<< Perché? >>.
<< Forse la motivazione ti sembrerà stupida, ma avevo bisogno di qualcosa che si preservasse, anche dopo il passaggio da un corpo ad un altro. Qualcosa che rimanesse tale, anche se nessuno lo sapeva. Beh, tu sei la prima adesso. Così ho scelto la lettera L >>.
<< Perché la L? >>.
<< Perché la L è quasi in mezzo all'alfabeto. Non rappresenta né un inizio, né una fine, resta semplicemente in mezzo. La trovavo una sorta di metafora per la mia esistenza. Bloccata in uno stato di realtà e irrealtà, vita ma non davvero vita, mia ma non mia >> spiego.
 
Per la prima volta da quando l'ho vista oggi, Camila accenna un sorriso sincero.
 
<< Curioso. E cosa ne pensi del mio nome? >>.
 
Non credo che abbia davvero intenzione d'iniziare con le domande indagatrici, ma non posso fare a meno di notare – da come mi guarda – che per lei rappresenta una sorta di test. Vuole capire se può davvero fidarsi.
 
<< Trovo che su di te stia meravigliosamente bene, il nome appropriato. E tu l'hai scelto perché pensi che il tuo primo nome non sia quello giusto >>.
 
Trattiene il respiro per un momento.
 
<< E qual è il mio primo nome? >>.
<< Karla. Ne abbiamo parlato l'altra sera a casa di Tyler >>.
 
Camila resta lì, indecisa su quale sia la prossima mossa da fare. Poi si passa una mano tra i capelli ravviandoli.
Ho per la prima volta l'impressione che l'amore sia un sentimento che non ti permette davvero di conoscere meglio l'altra persona, ma di capire meglio te stesso. Esplorare le tue emozioni e metterti alla prova. Solo dopo si riesce a comprendere come viaggiando dentro noi stessi, ritroviamo la parte mancante. L'altra persona.
 
<< Credo ancora che tu sia sinceramente solo pazza. O almeno, questo urla la parte più ragionevole di me. L'altra non vuole saperne di lasciarti andare o di negare quello che mi hai appena detto, vuole crederci disperatamente... e non so nemmeno perché sinceramente >>.
 
Credo di aver perso un battito, forse due. Non m'importa, perché lei lo sente, so che lo sente. Sta cercando il nostro legame. Deve soltanto rimettere i tasselli a posto.
 
<< Camila >> tento ma vengo bloccata da un suo cenno.
<< Ti concedo domani. Solo domani. Se mi dimostrerai che ciò che dici è vero... beh, mi prenderò il mio tempo per capire e venirne a capo. Ma mi servirà del tempo >>.
<< Grazie... per aver ascoltato >> le dico, e sono sinceramente grata di questo.
 
Riconosco che ha respinto il naturale impulso di sottrarsi e scappare via da qualcosa di impossibile da credere o capire. Riconosco che ha fatto appello a tutto il suo autocontrollo e al ricordo di quello che ha provato quando era con me. Tutto questo non fa che accentuare i miei sentimenti verso di lei.
 
<< Ringraziami domani se mi farò vedere >> afferra il giubbotto e fa per uscire dalla porta.
 
Poi si ferma.
 
<< Sai una cosa, L? Quando ero in ospedale, dopo l'incidente, ripensavo alla familiare sensazione che mi aveva pervasa quando ero con Ally, e dopo tu eri lì, con un altro corpo, con la vita di un'altra persona tra le mani, ma io continuavo a sentire quella strana sensazione. Ero al sicuro mentre uno sconosciuto mi baciava. Tutto ciò ha dell'incredibile, non trovi? Ho creduto davvero di essere arrivata alla realizzazione di qualcosa quando ti ho guardata negli occhi, ma in un attimo tutto è svanito. Tu sei svanita... ed io non sapevo più dove cercarti. E adesso eccoti qui. A quanto pare ti ho trovata, o meglio, tu hai trovato me >> mi dice.
 
L'ombra di un sorriso ironico tra le labbra, ma so che lo pensa davvero. So che pensa ogni singola parola che dice.
 
<< Eccomi qui >> convengo.
 
Agita una mano in segno di saluto ed io faccio o stesso.
 
<< A domani >> dico.
<< A domani >> ripete.
 
Non riesco a fare a meno di pensare che “A domani” sia la promessa più bella che possa farmi.
 
Note conclusive: Beeeeene, e siamo arrivati alla fine anche di questo sesto capitolo :')
Perdonate il ritardo, volevo arrivare a postarlo entro ieri sera/notte ma non sono riuscita a finirlo in tempo. Lo so che passo dopo passo ogni capitolo costituisce un punto fondamentale della storia, ma questo, senza dubbio, è uno dei più grossi. Abbiamo il momento in cui L ha finalmente detto la verità a Camila e lei... beh come vi è sembrata lei? Effettivamente, dal momento che lungo il “percorso” Camila sembrava iniziare a raccogliere dei piccoli segni, ho pensato (in parte in accordo con il libro) che scatenare una reazione esagerata da parte sua al momento della confessione di L, fosse un po' fuori luogo. Di certo non era il tipo di verità che si aspettava però ;)
 
Andiamo al solito con qualche curiosità/chiarimento:
 
1. Non abbiamo visto L riprendere la sua forma fisica in questo capitolo (di chi ormai credo che sia abbastanza chiaro) ma ci rifaremo nei prossimi, promesso :')
 
2. La vera domanda è: Lauren effettivamente è una persona reale o L riesce a “creare” quel corpo da sé?
 
3. Vedremo Lauren in una situazione interessante e abbastanza in aspettata, probabilmente sarà nel prossimo capitolo (che non vedo l'ora d'iniziare a scrivere).
 
4. Una delle motivazioni fondamentali per cui ho scelto “L” come nome della nostra protagonista è davvero quella descritta nel capitolo. Oltre a voler creare una connessione con Lauren. (Ma shh okay? L ancora questo non lo sa)
 
5. Ovviamente il contrasto si viene a creare in quanto, rivelando la verità a Camila, L manda in aria tutti i pronostici e robe varie.

 
6. L'arrivo di Normani è pianificato entro un paio di capitoli massimo circa. Devo ancora definire bene il suo ruolo.
 
7. Per il finale (non vi preoccupate, ancora è lontano) sto valutando entrambe le possibilità di un happy ending o no, credo che scriverò entrambe le versioni ma ovviamente alla fine ne sceglierò una. Avevo pensato di mettere l'altra (qualunque sia) come capitolo extra, ma questo è ancora da vedere. (Seriamente, mi manca un bel po' per arrivarci lol).
 
8. Frannie non è un personaggio realmente esistente.
 
Credo che sia tutto qui per questo capitolo :') Oh sì, volevo dirvi immensamente grazie per leggere/seguire/commentare la storia perché seriamente mi rende oltremodo felice e mi fa tanto piacere riuscire a sapere cosa ne pensate/cosa vi aspettate e simili. Quindi un enorme grazie a tutti.
See you!

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Capitolo 8
*** Capitolo 7. ***


Capitolo 7.

Giorno 6000.

Non sono sola quando mi sveglio il giorno dopo. Apro gli occhi, scacciando via i residui di sonno, e vedo che qualcun altro sta dormendo accanto a me. La mia sorellina più piccola. Cassie.

Ha soltanto sette anni e, in qualche modo, la sua figura mi ricorda vagamente la sorella di Camila. Me ne ha parlato solo una volta ma non m'interrogo sul perché mi sia rimasta in mente, pur non avendola mai conosciuta.

Io mi chiamo Bennett Way. Sento prudere una guancia e la gratto sentendo sotto le dita un accenno di barba ispida.

Realizzo di trovarmi nella città di Ally, a un paio d'ore da quella di Camila.

Ally. Cosa succederebbe se la rivedessi a scuola oggi o in giro? Riuscirebbe a riconoscermi? Rabbrividisco un momento. E se Ally fosse un'amica di Bennett? Non voglio nemmeno pensarci.

Cassie si muove tra le mie braccia. È piccola e si stringe più vicina al mio petto.

<< Cass? È ora di alzarsi >> sussurro mentre una lama di luce penetra nella stanza a segnalare l'inizio della mattinata.

<< Uhm... >> ricevo come risposta.

Cassie apre gli occhi in uno sfarfallio di ciglia e mi sorride.

<< Grazie per avermi fatto dormire qui, fratellone >> dice saltando giù dal letto.

Sorrido. Un moto di tenerezza mi attraversa. Non è un sentimento che appartiene a Bennett, è mio. Ma intuisco che tra i due dev'esserci davvero un bel rapporto perché il sorriso sul mio volto è spontaneo.

Questa è una cosa che ho notato da quando il mio corpo si è letteralmente strappato da quello di Ally Brooke: io ho il controllo maggiore sulla vita della persona in cui mi trovo, ma lei è altrettanto reattiva. Se Bennett Way si concentrasse abbastanza e facesse appello a tutte le sue forze emotive e fisiche, potrebbe perfino respingermi. Potrebbe plasmare i miei pensieri con i suoi fino a confonderli del tutto. Potrebbe prendere tanto il controllo quanto me.

Ma perché solo adesso? Perché non sono mai riuscita a capirlo prima?

Beh forse perché prima non avevo un corpo mio. Non esito a capire che sono stati i sentimenti che nutro verso Camila ad aiutarmi a crearlo.

Quando passi da un'esistenza a un'altra, quando cambi vita ogni giorno, il solo pensiero di fermarsi più a lungo è spaventoso e inaccettabile. Non senti davvero il bisogno di qualcosa del genere. Ti limiti ad apprezzare la quotidianità e, con essa, anche i giorni semplicemente vuoti. Anzi, ti batti proprio per quelli. Per fare in modo che nulla cambi in una persona. Ma quando trovi la tua ragione per farlo, per cambiare, quando trovi qualcosa per cui valga la pena lottare... allora sì. Allora senti il bisogno divorarti dall'interno.

Cassie salta giù dal letto e corre in camera sua per prepararsi. Mi passo una mano tra i capelli scompigliati e corti, prima di mettermi al computer. C'è un messaggio da parte di Camila.

"L,

vorrei davvero poterti credere, ma non so come fare. Stamattina mi sono svegliata continuando a pensare che si trattasse solo della mia immaginazione... ma so che non è stato così.

Camila."

È un barlume di speranza quello che sento nel mio petto? Ero terrorizzata che Camila potesse semplicemente decidere di ignorare e dimenticare quello che era successo ieri. Con il passare del tempo le sarebbe sembrato soltanto uno strambo incontro con qualcuno che dichiarava cose impossibili. Ma ha scelto di non farlo. Ha scelto di non ignorare ciò che il suo istinto le comunica. Ha scelto d'iniziare a fidarsi – almeno delle mie parole, di me non sono sicura -.

Le rispondo velocemente.

"Camila,

capisco quello che stai provando. Capisco la tua confusione e la tua paura, ma non serve trovare un modo: basta che tu voglia credermi e potrai farlo. Mi trovo a un paio d'ore da te e mi trovo nel corpo di Bennett Way. Lo so che ti sembra assurdo, ma è vero... come del resto lo sono io.

L."

La spedisco e noto una nuova e-mail da parte di Ally nell'account precedente.

"Non potrai evitare le mie domande per sempre. Dovrai rispondere almeno a qualcuna. Voglio sapere chi sei e perché mi hai fatto quello."

Non le rispondo nemmeno questa volta. Forse Ally ha ragione. Le dovrei una spiegazione... ma non sono sicura di quale essa sia. Ciò che potrei darle sarebbero i miei dubbi, e che razza di spiegazione sarebbe?

Accedo ad alcuni siti e notiziari e scopro che le voci su di Ally si moltiplicano. Testimonianze di persone che dicono di essere state possedute da spiriti maligni, alcune costruite di sana pianta, altre più realistiche.

La cosa m'innervosisce alquanto e mi spaventa, perché se i più arguti iniziano a farne una parodia, vuol dire che i meno arguti stanno iniziando a crederci.

No. Non posso per nulla offrire una prova ad Ally, non ancora almeno.

Accedendo in Bennett, scopro che lavora in una caffetteria in centro, per mettere un po' di soldi da parte. Scopro che gioca nella squadra di baseball della scuola e, nonostante sia un ragazzo attraente, attento e sensibile, non è fidanzato. Poco male. Non dovrò fingere con lei e non proverò di nuovo la spiacevole sensazione di tradimento nei confronti di Camila.

L'unico problema che sembra presente in Bennett è un elevato numero di cibi a cui è allergico e da cui deve tenersi alla larga. Sono già passata attraverso giornate come questa, ed ero stata costretta ad affidarmi alla sola memoria del corpo che mi ospitava per capire cosa potevo prendere e da cosa dovevo tenermi alla larga. Oggi sento davvero di potermela cavare. Così cancello la cronologia dal computer e mi vesto.

È un giorno qualunque e trovo semplice perdermi in esso... almeno fin quando non intravedo Ally Brooke nel corridoio della mia scuola. Sulle prime credo di essermi sbagliata, poi noto le occhiate sospettose e ironiche che gli altri le rivolgono. Senza alcun dubbio è Ally.

"Smettila L, non dovrebbe suscitarti compassione: è lei che ti sta cacciando nei guai. E non sai nemmeno come uscirne." Urla una parte di me. "Ma sono stata io a farla finire in questo casino..." pensa l'altra.

Un giocatore di football urta di proposito la spalla di Ally e i libri che tiene in mano scivolano a terra. Il primo impulso che ho è quello di protendermi verso di lei e aiutarla. Posso solo immaginare come sia ritrovarsi con tutti gli sguardi addosso e i mormorii attorno: dev'essere terrificante. Ho sempre odiato le occhiate troppo insistenti. Ci sono momenti in cui apprezzo che le persone intorno a me cerchino di spezzare le barriere invisibili che inevitabilmente ci dividono, ma in altri voglio soltanto restarmene in disparte, rinchiusa tra i miei pensieri.

Assecondo la mia idea di aiutare Ally ed è così che io e lei ci ritroviamo faccia a faccia. Non ci avevo davvero fatto caso quando ero in lei, ma Ally è senza dubbio molto carina.

Accedo in Bennett e scopro che erano compagni di classe durante le elementari. Così non la sorprendo quando sollevo la mano e la saluto. Lei ricambia e mi rivolge un sorriso come ringraziamento.

Sarà una lunga giornata.

Il suo stupore si manifesta quando, all'ora di pranzo, decido di sedermi con lei. Ally non sembra una ragazza che è solita mangiare da sola. Riesco a immaginare il perché di quella situazione e quasi mi disgusta. Se da una parte sono grata che i suoi amici – o quello che ne rimane – non tentino di ingigantire la sua storia, dall'altra mi rendo conto quanto debba essere imbarazzante e difficile trovarsi nei panni di Ally. Chissà come gestirei la situazione se fossi in lei in questo momento.

"Ma tutto questo è successo proprio perché sei stata dentro di lei." mi ricordo.

<< Posso? >> chiedo sfoderando un sorriso gentile, notando le sue occhiate stranite.

<< Certo >>.

Ripenso alla sua ultima e-mail. Essenzialmente si tratta di una sfida – riconosco -, Ally vuole delle prove concrete.

"Guardami adesso. Alza gli occhi e scava in fondo, trova le tracce che desideri per completare il puzzle." Vorrei dirle, ma non posso. Non posso e non voglio.

<< Allora... come ti senti? >> chiedo e, nel momento in cui lo faccio, mi accorgo che non è una domanda di circostanza.

Sono davvero preoccupata per Ally, e ho l'impressione che nessuno gli abbia ancora chiesto come si senta davvero, malgrado tutta l'attenzione che le riservano.

<< Sto bene. Almeno... credo >>.

<< Novità su quella storia? >> chiedo cercando di suonare casuale.

Ally lancia un'occhiata intorno e si morde il labbro inferiore.

<< Perché me lo chiedi? E poi... i tuoi amici ci stanno fissando >> indica con un cenno del capo.

Mi volto, e di rimando una buona parte degli amici di Bennett distolgono lo sguardo all'istante.

<< Non importa. Ignorali >> scuoto la mano come a dargli poca importanza.

<< Posso capirli... è difficile accettare quello che affermo come verità >>.

<< Lo so. Ma dev'essere opprimente il peso di tutta questa situazione. Prima la polizia, poi i blog e i giornali >>.

<< E adesso anche il reverendo Parker >>.

Aggrotto le sopracciglia perché, fra tutte le notizie che riguardavano Ally, questa del reverendo Parker non era inclusa. La mia faccia deve mostrare confusione poiché Ally si affretta a parlare di nuovo.

<< Non ho tenuto nessuna intervista con lui, né simili... ma riesce a capirmi. Gli ho parlato e lui mi ascoltava e mi ha detto di resistere. Sapeva che avrebbero potuto prendermi in giro, credermi pazza e ferirmi. Certo, sopportare le loro angherie non esattamente come sopravvivere a una possessione >>.

Le sue parole mi colpiscono e martellano inaspettatamente la mia testa.

"Sopravvivere"

Non ho scelto la mia particolare esistenza, ma non ho mai considerato quello che faccio sotto questi termini. Come qualcosa cui bisogna sopravvivere.

Ally mi posa una mano sulla spalla distogliendomi dai pensieri.

<< Qualcosa non va? >> domanda.

Scuoto il capo.

<< Sono solo un po' curiosa. Voglio dire, non metto assolutamente in dubbio ciò che dici, ma dopo aver visto tutte le notizie e sentito ciò che dicono gli altri, mi sono reso conto di non aver mai ascoltato la tua versione. Spesso sono solo storie di seconda e terza mano... cosa ricordi tu di quel giorno? >> so di star rischiando parecchio.

Tra Bennett e Ally non c'è mai stata troppa confidenza e non deve instaurarsi proprio adesso. Per quanto ne so, Bennett potrebbe aver dimenticato questa conversazione domani mattina, e non voglio dare ad Ally altri motivi per diventare sospettosa.

Lei sembra aver voglia di parlare. Cerca di essere cauta, ma nei suoi occhi vedo brillare un luccichio strano: non aveva mai immaginato che la sua vita potesse prendere una tale piega.

<< È stata una giornata normale. Ero a casa con i miei genitori e ho sbrigato i miei soliti doveri e i compiti. Poi ecco arrivare l'aspetto più strano: me ne sono uscita con la storia della finale di football qui a scuola. Ho chiesto la macchina ai miei, e mentre guidavo era come se cercassi di dimenarmi. Mi sentivo prigioniera nella mia stessa pelle, come se ci fosse una volontà superiore alla mia che riusciva a controllarmi. Ricordo qualche frammento di una festa, luci, musica... e nient'altro. Alcune ore sono completamente vuote, sostituite da un blackout. Mi sono risvegliata davanti alla porta di casa mia con mio padre e la polizia. Erano tutti preoccupati, mi hanno fatto quei soliti test, sai >> racconta.

<< Non potrebbe essersi trattato semplicemente di un mancamento o qualcosa di simile? >>.

Ally mi studia per qualche secondo prima di annuire.

<< Ci ho pensato, sì. Ma per quale motivo dovrei aver chiesto l'auto ai miei e mentito? Secondo il reverendo Parker ho lottato contro il diavolo, o uno spirito che ha cercato d'impossessarsi di me. Dev'esserci anche riuscito per un po' a quanto pare... ma ho combattuto e alla fine sono riuscita a vincerlo >>.

Ancora una volta, il primo impulso è quello di scoppiare a ridere. Non solo perché la storia di Ally sembra uscita da un film dell'orrore di serie B, ma perché capisco che ci crede. Ci crede davvero. Questa è, allo stesso tempo, la cosa più preoccupante di tutte.

Ally ci crede.

<< Non dev'essere stato per forza il diavolo... possono esistere altre mille spiegazioni, Ally >> replico con tono cauto.

Vorrei farla ragionare, aprirle gli occhi, ma su cosa? So di non poter dire all'improvviso "Ehi Ally, hai presente lo spirito che credi ti abbia posseduta? Beh è proprio qui di fronte a te. Adesso sta possedendo Bennett Way."

No, assolutamente no. Non posso e non voglio.

<< Senti, so che sembra impossibile e tutte quelle cose lì, ma io lo so, okay? Ne sono sicura. Non sono stata l'unica a sperimentare un'esperienza simile. Il reverendo Parker mi ha fatta parlare con alcune di queste persone, ed è stato orribile appurare quante cose abbiamo in comune >> si mette sulla difensiva.

<< Ma se davvero è stato il diavolo, come tu dici, non hai paura che la cosa possa ricapitare? Cosa potrebbe mai fare il reverendo Parker a proposito? Non è mica una scelta che spetta a lui >>.

<< Sarò pronta. Oh sì che sarò pronta questa volta >> risponde decisa.

Resto seduta davanti a lei e l'ascolto. Cambiamo argomento e ci ritroviamo a parlare di qualcosa di più semplice. Più reale. Più umano.

Ally non mi riconosce. Mi ha percepita e mi ha spinta via dal suo corpo, ma non mi riconosce.

"Non sono il diavolo." vorrei dirle. Vorrei convincerla di questo, ma poi mi accorgo che dal lontano punto di vista di Ally, io potrei esserlo. Potrei davvero apparire spaventosa. Cosa m'impedirebbe di compiere azioni malvage? Cosa m'impedirebbe di commettere un crimine e farla franca? Il corpo responsabile dell'omicidio verrebbe catturato, ma la vera mente, il vero assassino, sarebbe ancora a piede libero. Non potrebbero mai prendermi.

"Smettila, L. Immediatamente."

Ogni essere umano potrebbe commettere un crimine, ciononostante sceglie di non farlo. Sceglie di non farlo giorno dopo giorno. Io non sono diversa. Perdere questo tipo di lucidità significherebbe perdere l'ultimo briciolo di ciò che mi rende umana.

Riesco a tenere sott'occhio Ally per il resto della giornata scolastica. In classe le prese in giro non finiscono, anche in sua presenza. Quando l'insegnante di chimica chiede che le vengano consegnate le ricerche che aveva assegnato la settimana precedente, un ragazzo si presenta a mani vuote.

<< Professoressa... mi creda, io non ricordo proprio nulla. Il diavolo deve aver preso possesso del mio corpo! Non c'è altra spiegazione! >> sputa fuori con sarcasmo, fissando palesemente Ally.

Mi volto verso di lei e la vedo incassare la testa tra le spalle, come se volesse scomparire in quel preciso momento.

<< Già professoressa, è successo anche a me. Il diavolo mi ha costretto a bere qualche bicchierino di troppo, non è stata così male come possessione! >> gli da man forte il suo compagno di banco.

Ally esce dalla classe come un fulmine. Vorrei inseguirla per dimostrarle che capisco cosa prova, che mi dispiace di averla messa in quella situazione e che non avrebbe dovuto portare su tutto quel putiferio. Ma resto ferma al mio posto. Ho già fatto abbastanza casini nella sua vita.

Tornata a casa, controllo i messaggi. Ne trovo uno da parte di Camila.

"L,

dove potremmo vederci? Ho controllato un po' il posto dove vivi e potrei essere lì per le 18:00. Sono davvero curiosa di scoprire chi sei oggi.

Camila."

La prospettiva di rivedere Camila mi rende non poco felice. Nonostante non abbia avuto moltissimo tempo per pensarci, non vuole tirarsi indietro.

"Camila,

il ragazzo in cui mi trovo oggi, Bennett, lavora al Monroe-Coffee. Potrei chiedere a qualcuno di coprirmi per il turno, cosa ne pensi?

L."

Camila risponde affermativamente, ed io cerco di non farmi prendere troppo dall'entusiasmo perché ho paura di rovinare le cose con lei, quindi dovrò essere attenta e non troppo impulsiva.

Ma c'è anche un'altra cosa che devo necessariamente fare e non posso aspettare oltre; la situazione sta prendendo una piega inaspettata e, oltre Camila, c'è una sola persona di cui mi fidi: Mike.

Ritrovo il suo indirizzo di posta elettronica.

"Mike,

ho bisogno di rivederti.

L."

Quando adocchio Mike, lui non mi riconosce, – come potrebbe dopotutto? - mi limito ad aspettare che sia abbastanza vicino alla panchina su cui siedo e fingo un colpo di tosse esplicativo.

<< Chiedo scusa, sei uhm... >> inizia lui lievemente imbarazzato.

<< Sono io, Mike >> confermo.

Lui rilascia un sospiro di sollievo e prende posto accanto a me.

<< Credevo di non rivederti più, ad essere sincero >> rompe il silenzio.

Abbozzo un sorriso.

<< Potevi semplicemente dirlo che volevi liberarti di me al più presto >> scherzo.

Lui mi sorride di rimando e scuote il capo.

<< Niente affatto. Sono solo alquanto sorpreso che tu mi abbia cercato, speravo riuscissi a stare fuori dai guai più a lungo >> replica divertito.

Sollevo le sopracciglia.

<< Chi dice che mi trovo nei guai? >>.

Mi lancia uno sguardo eloquente.

<< Ti prego... la storia di quella ragazza che crede di essere stata posseduta dal demonio? >>

<< Come facevi a sapere che si trattava proprio di me? >> sono sinceramente sorpresa dalle sue parole.

<< Vorresti dire di no? >> ribatte lui.

Sospiro.

<< No, hai ragione, ero io... e questa situazione mi sta mandando fuori di testa, Mike. Quella ragazza non ha intenzione di mollare tanto facilmente. I giornali e i blog si sono interessati a lei e adesso perfino un certo reverendo Parker... ho paura che la cosa stia iniziando a sfuggirmi di mano >>.

Mika aggrotta le sopracciglia.

<< Un reverendo? Cosa vogliono fare, trasformarla nella loro ragazza immagine? >> chiede retorico.

Mi stringo nelle spalle. Tutto questo contesto non mi sta aiutando per nulla.

<< Non ne ho idea. Stamattina me la sono ritrovata a scuola, a quanto pare Bennett, cioè io, insomma è suo amico. Ho provato a chiederle cosa ricorda di quel giorno e ha soltanto reminiscenze lacunose, quasi insignificanti, magari qualcun altro deciderebbe di passarci sopra. Un giorno un po' più strano degli altri. Ma lei no, Ally ha provato perfino a combattermi, o almeno, questo è quello che crede >> racconto con la testa tra i palmi.

<< Ed è la verità? Hai avuto anche tu quest'impressione? >> mi domanda posandomi una mano sulle spalle.

<< Sì. Forse. Non lo so... non ne sono sicura >> rispondo con voce debole.

<< Ascolta L, cercheremo di venirne fuori. Scoprirò quanto più possibile su questo reverendo Parker, andrò a parlare con lui se necessario, e capiremo cos'ha intenzione di fare. Ma per adesso cerca di tenerti alla larga da Ally Brooke. D'accordo? >> mi parla con tono rassicurante.

Mi parla come se fosse mio padre e mi vengono i brividi.

<< Chris e Taylor sono molto fortunati >> dico prima di potermi rendere conto.

Mike mi sorride ed è sincero.

<< Non sei sola qui fuori, okay? >> questa volta mi guarda negli occhi.

Ricambio il sorriso e annuisco.

Controllo l'orologio e sussulto quando mi rendo conto che non manca molto all'appuntamento con Camila.

CAMILA.

Credo ci sia qualcos'altro che Mike debba sapere.

<< Ehm... Mike? Io, ecco... diciamo che potrei aver detto la verità a Camila >> sussurro con voce flebile.

Sulle prime non sono sicura che mi abbia sentita, ma quando vedo i suoi occhi spalancarsi capisco che l'ha fatto.

<< Cosa? >> chiede basito.

Torturo il labbro inferiore con i denti a causa del nervosismo.

<< Dovevo farlo, ero stanca di continuare a mentirle, stanca di far accadere tutto per coincidenza. Meritava che io fossi sincera con lei >>.

Mike si passa una mano sul viso sfiorando la barba.

<< Non credi sia stato poco saggio esporla a una simile rivelazione? Cosa ti garantisce che non andrà in giro a dirlo o accetterà questa tua condizione? >>.

Avevo pensato e ripensato anch'io a queste stesse domande. Mi hanno perseguitata per tutta la giornata.

<< Mi fido di lei. Questa è l'unica cosa che so, mi fido di Camila >> sono sincera, lo riconosco.

Non dubito di lei.

<< Spero davvero che tu abbia ragione, L >> sospira preoccupato.

È l'ultima cosa che mi dice prima che ci salutiamo. Adesso devo correre a lavoro. Devo arrivare da Camila.

Sono sicura di avere l'aria trafelata quando arrivo al Monroe-Coffee. Accedo tempestivamente in Bennett per scoprire da dove si acceda al retro del locale, quale sia il mio armadietto con il cambio e come si chiamino i miei colleghi.

<< Ehi Ben, hai corso la maratona di New York o cosa? >> scherza Brian, un ragazzo poco più grande di me con cui passerò le mie ore lavorative.

Distendo le labbra in un sorriso e scuoto la testa.

<< Amico, ti ricordo che io vado ancora a scuola, i miei compiti non si fanno di certo da soli. Ho dovuto correre giusto qualche miglio per arrivare puntuale >> ribatto con tono di voce giocoso.

Cerco di mascherare il nervosismo dovuto al fatto che Camila tra poco sarà qui.

<< Quindi sei stato in biblioteca? Oh Ben, quelli sono posti da femmine >> ridacchia.

Capisco che il rapporto di amicizia tra Bennett e Brian è stretto, così posso permettermi di replicare ancora una volta.

<< Ed ecco il motivo per cui tu non ne rimedi mai una >>.

Brian si finge indignato e mi pianta un pugno non troppo forte sulla spalla destra. Finiamo di sistemare le nostre uniformi da lavoro e usciamo dal retro. Faccio correre velocemente lo sguardo lungo il perimetro della caffetteria, e il respiro mi viene a mancare di nuovo. Camila è lì, seduta a uno dei tavoli mentre controlla distrattamente qualcosa sul cellulare.

Indossa un maglioncino bianco, dei jeans aderenti a scacchi e un beanie nero. Non posso fare a meno di pensare che sia splendida.

Chiedo a Brian se può coprirmi per oggi e quando leggo la sua espressione interrogativa, indico lei.

Il mio amico mi sorride come se la sapesse lunga e mi fa un cenno d'approvazione, prima di tornare a servire un cliente.

Esco dal retro del bancone e, una volta arrivata al tavolo, mi schiarisco la voce per rendere nota la mia presenza.

Camila alza immediatamente gli occhi dal telefono per fissarmi.

<< Oh... mi scusi, sto ancora aspettando una persona, potrebbe passare do- >> la interrompo con un gesto della mano.

<< No Camila, sono io >>.

L'avevo avvisata che oggi sarei stata un ragazzo, ma è un po' sbigottita comunque.

<< D'accordo allora. Prima di tutto siediti e poi... >> si morde il labbro inferiore per un momento << fammi controllare il telefono >> decreta.

Devo avere l'aria un po' confusa, ma tasto comunque la tasca alla ricerca del cellulare di Bennett.

<< Voglio controllare le chiamate e i messaggi. Se tutto ciò che hai detto è vero, non hai nulla da nascondere >> aggiunge.

Glielo porgo e lei resta in silenzio per i successivi minuti armeggiando con il dispositivo. Me lo restituisce e si poggia contro lo schienale della sedia.

<< Adesso passiamo alle domande: quale canzone abbiamo ascoltato mentre eravamo in macchina per arrivare all'oceano? >>.

<< Hold On 'Till May >> rispondo sicura.

<< Giusto. Cosa indossavo quel giorno? >>.

Mi sforzo, ma l'unica cosa nitida è l'immagine di lei, non di cosa indossava.

<< Non lo ricordo, sono dettagli che spariscono in fretta >> ammetto e vedo la sua espressione farsi dubbiosa.

<< Tu ricordi cosa indossava Austin quel giorno? >> mi affretto a chiederle per darle una dimostrazione di ciò che dico.

Camila sembra pensarci su, poi si arrende.

<< No, giusta considerazione. Siamo finiti a letto insieme? >>.

Sgrano gli occhi.

<< Cosa? No! Ci siamo soltanto baciate >>.

Lei annuisce e non sembra far caso al cambio delle mie parole. Mi auguro che sia un buon segno. O non ha prestato molta attenzione o per lei non fa alcuna differenza, il che sarebbe molto meglio della prima ipotesi.

<< Cosa suonavo quando ti ho incontrata alla festa come Ally Brooke? >> chiede ancora.

<< Suonavi la chitarra, Stare At You >>.

<< Qual è il nome della ragazza di Tyler? >> non sembra intenzionata a fermarsi.

<< Baylee >>.

Rispondo colpo su colpo. Dovevo aspettarmi qualcosa di simile.

<< Cosa ho detto ad Alexa poco prima che lei andasse via? >>.

<< Le hai detto che non volevi sbirciare ma non hai potuto fare a meno di notare che disegnasse davvero bene. Lei ti ha regalato lo schizzo che aveva fatto >> il mio tono è deciso, posso vedere i dubbi iniziare a sciogliersi in Camila.

<< E cosa raffigurava? >>.

<< Te. Raffigurava te >>.

<< Quel giorno alla spiaggia... tu mi hai chiamata in un certo modo, hai utilizzato un soprannome... >> dice in un sussurro. 

Non è una vera e propria domanda, ma so per certo che desidera una risposta.

Mi passo la lingua sulle labbra e annuisco piano.

<< Camz >>

Sospira e si passa una mano tra i capelli.

<< Beh, che dire... o sei una bugiarda davvero brava, o passi da un corpo all'altro ogni giorno. Sono ancora insicura su quale sia la verità >>.

Abbozzo un sorriso.

<< Credimi, è proprio la seconda >>

Osservo un gruppetto di persone entrare nella caffetteria e solo adesso mi accorgo di quanto il posto stia iniziando a riempirsi e a diventare più rumoroso. Camila ed io non ci abbiamo fatto caso, completamente circondate da una bolla tutta nostra, ma adesso mi chiedo se qualcuno non abbia per caso sentito parte della nostra conversazione.

Lancio uno sguardo a un panchina poco distante dal locale, immersa nel verde, e gliela indico.

<< Ti va di andare fuori? >> chiedo.

<< Cosa? >> lei inarca un sopracciglio.

<< Saremo sempre a vista d'occhio, non preoccuparti. Ma senza spettatori >> chiarisco.

Mi fissa scettica per qualche altro secondo, poi asserisce.

<< Posso però avere un milk-shake prima di uscire? >> mi domanda timidamente.

Suppongo che abbia fatto caso alla mia uniforme da lavoro.

<< Certo. Dimmi solo cosa vuoi che metta dentro >>.

Si picchietta il mento con l'indice mentre soppesa la propria scelta. Se potessi le scatterei una foto. Anzi due. Anzi mille. Vorrei catturare ogni sfumatura di lei, ogni cambio d'espressione, ogni riflesso che attraversa i suoi occhi.

Mi limito a raccogliere quanto più possibile con gli occhi, senza staccarle lo sguardo di dosso nemmeno per un secondo.

<< Uhm... fai tu. Mi fido. L'unica direttiva che posso darti è che il mio frutto preferito è la banana >> risponde inclinando il capo lateralmente.

<< Credo di potermi inventare qualcosa allora >> il sorriso sul mio volto si allarga notevolmente.

Quando arriviamo alla panchina, Camila è concentrata sul milk-shake che le ho preparato. Non riesce a fare a meno di emettere versi di apprezzamento ogni volta che ne prende un sorso.

Io mi siedo per prima, lasciando a lei la decisione di sedersi più vicina o più lontana da me.

Occupa il lato opposto al mio, e finalmente torna a incastrare i suoi meravigliosi occhi con i miei.

<< Sei sicura di non esserti appena messa nei guai con il lavoro? >> domanda dubbiosa.

Scuoto la testa.

<< No, non preoccuparti, Bennett non avrà alcun problema >>.

Annuisce, più a se stessa che alle mie parole.

<< Giusto. Oggi è Bennett quindi. Sei così da quando sei nata? >>.

<< Sì, fin da quando ne ho memoria, la mia vita è sempre stata questa >>.

<< Ma non... non ti fa impazzire? Non ti fa desiderare di prendere a pugni tutto il mondo? >> raccoglie un pezzetto di banana e se lo porta alle labbra.

Sorrido perché adoro vederla muoversi in modo naturale. Si tiene ancora alla larga da me, ma il timore del giorno precedente è quasi del tutto svanito.

<< L'abitudine è la grande guida degli esseri umani. Anche se... non sono sicura che definirmi così sia esattamente corretto. All'inizio non ci facevo molto caso, voglio dire, da bambini non diamo molta importanza a tante cose. Mi bastava che ci fosse qualcuno che si prendesse cura di me. Ricordo che riuscivo a vederlo come una specie di gioco, ho imparato naturalmente a frugare tra i ricordi delle persone; ma più crescevo e più qualcosa iniziava a stridere in tutta quella situazione. Ho desiderato tante volte che smettesse di succedere >> racconto.

Ho tutta la sua attenzione in questo momento. Il suo respiro si spezza un po' e riesco perfino a sentire i battiti del suo cuore. La gente che passa non fa caso a noi.

<< Non è mai successo, vero? >>.

<< No, mai. Immagina di provare nostalgia di casa, ma non avere una tua casa. O desiderare dei genitori che ti vedano crescere mentre ne sei consapevole, affezionarti ad un animale e sentire che in certi momenti è davvero il tuo migliore amico. In alcuni casi è stato davvero straziante. Mi svegliavo di soprassalto nel cuore della notte e piangevo, ma era già troppo tardi perché il passaggio era avvenuto, e i genitori che accorrevano spaventati nella camera dei loro figli non erano mai gli stessi. Mi dicevano che erano soltanto degli incubi, che esistevano nella mia testa e che le cose brutte non erano reali e potevo combatterle. Ma come potevo farlo...? Come potevo combattere... quello? >> ho la gola secca.

Non ho mai raccontato queste cose a nessuno, le ho semplicemente custodite per me nei cassetti più profondi della mia mente.

<< E accettandolo, abituandoti, sei riuscita a trovare pace? >> mi domanda con voce spezzata.

Deve pensare che la mia storia sia tra le più tristi mai esistite.

Mi stringo nelle spalle.

<< Ci ho provato. Ho smesso di chiedermelo, non posso oppormi in ogni caso >>.

"Beh, forse adesso posso... devo solo scavare più profondamente." penso. Ma non è il caso di dirlo a Camila. Non ancora almeno.

Lei cerca di elaborare più velocemente possibile il mio discorso.

<< Ma... cosa ne è stato dei tuoi genitori? Quelli veri intendo >> chiede.

<< Non lo so. Suppongo che siano da qualche parte lì fuori, ma non è che possa chiederlo a qualcuno in ogni caso >>.

Camila sembra ancora poco convinta.

<< Esistono altri come te? >> questa volta il suo tono sembra sinceramente intriso di curiosità.

Questa è davvero una bella domanda. Vorrei. Vorrei disperatamente credere che non sono la sola ad avere un'esistenza simile. Vorrei disperatamente incontrare qualcuno come me.

<< Non ho mai incontrato nessuno come me, e, ammesso che l'abbia fatto, probabilmente non sono riuscita a riconoscerlo >>.

Camila annuisce in segno di comprensione, ma non dice nient'altro. A giudicare dalla sua espressione, deve pensare che la mia vita sia qualcosa di orribile. Non è così. Voglio farle capirle che non tutto ciò che ho vissuto è stato brutto.

<< Camila... so che dalla tua prospettiva tutto questo è davvero disastroso e complicato e miserabile ma... ho anche avuto la possibilità di osservare e vivere in realtà diverse >> comincio.

È un discorso un po' complicato, ma tra di noi c'è quella connessione speciale e so che lei la sente. So che può capirmi.

<< Sto tentando, L. Sto cercando di comprendere quanto più possibile quello che mi dici >> mi sorride, ma è un sorriso nervoso.

<< Ho visto moltissime cose. Probabilmente conosco molte più cose di quanto una persona della mia età dovrebbe. Vedi, restando sempre nello stesso corpo è difficile avere una concezione reale di cosa la vita rappresenti davvero, perché si tende a essere radicati in ciò che si è. Io cambio corpo ogni giorno, entro a contatto con l'universale, ho visto centinaia e centinaia di prospettive diverse. Anche nei piccoli particolari più banali... >> rubo un pezzetto di banana dal suo milk-shake e l'assaggio.

Camila mi osserva compiere l'azione in silenzio.

<< Si può capire quanto diverso sia il gusto di qualcosa per ognuno di noi. E le tonalità dei colori. È come se io avessi a disposizione un paio di occhiali e migliaia di lenti, ciascuna con una sfumatura diversa, per quanto piccola o sottile, è diversa. Ogni giorno sono costretta a cambiare queste lenti, e questo mi permette di vedere il mondo sotto tutti gli aspetti possibili >> spiego.

<< Dai valore ad ogni giorno perché per te sono tutti diversi >> mormora.

Annuisco. Capisco che è riuscita a cogliere il punto. Ha una mano posata sul ginocchio e vorrei prenderla tra le mie.

<< Per la maggior parte delle persone, la routine rappresenta la loro vita >>.

<< Però non puoi mai vedere le cose nel corso del tempo, giusto? >>.

Faccio un cenno negativo.

<< Non voglio sminuire quello che dici, assolutamente. Voglio semplicemente dire che anche nelle cose a lungo termine c'è della bellezza, se si riesce a coglierla. Non hai mai visto quanto le cose si possano incasinare e la dolce sensazione di sistemarle, di rimettere insieme i pezzi. Non sei mai stata coinvolta in una relazione in cui l'amore subisce alti e bassi di continuo... >>.

Dovevo immaginare anche questo. Dovevo immaginare che saremmo tornate su questo argomento. Camila sembra restia ad accettare la verità dei fatti per la paura di restare sola o di spezzare qualcosa che ha costruito con tanta fatica. Anche se ormai non c'è davvero più nulla da salvare. Ammiro la sua tenacia, davvero. Ma il pensiero di lei e Austin mi infastidisce profondamente.

<< Credo che tu stia sottovalutando quanto in realtà sia prevedibile una relazione >> non vuole suonare come una sfida alle sue parole, ma sento comunque la sua risata sarcastica.

<< E immagino che tu lo sappia perché hai osservato molte relazioni dall'esterno, no? Non puoi pretendere che sia tutto. Non puoi pretendere di aver capito >>.

<< Tu lo ami? >> la mia domanda la spiazza.

Apre la bocca come a voler rispondere, ma la richiude senza riuscire a dire niente. Non so nemmeno dove io abbia trovato il coraggio di porle quella domanda, ma desidero ricevere una risposta. Sono impaurita e allo stesso tempo elettrizzata.

Una bugiarda riuscirebbe affermerebbe di sì, ma Camila non è tra quelle. È l'ultima persona a voler vivere la sua vita mentendo. Riesco a riconoscerlo da tutte le volte che, pur non sapendo chi fossi o cosa realmente volessi da lei, non ha mai esitato a mostrarsi per ciò che davvero è.

Si morde le labbra e finalmente parla.

<< Non lo so. Non lo so più ormai... >> ammette.

Allungo la mano con calma, le do il tempo di ritrarsi, ma non lo fa. Sento un brivido scorrere sotto la sua pelle fresca quando entra a contatto con il mio palmo caldo.

<< Ricordi cosa provavi quel giorno in spiaggia? Ricordi la sensazione che fosse tutto perfettamente al proprio posto? Che fosse giusto? >> dico a bassa voce.

<< Sì. Ma non so più chi è la persona per cui ho provato quei sentimenti. E anche se ammettessi che eri tu, non puoi non considerare che il mio rapporto con Austin ha giocato il suo ruolo. Non sarebbe stato lo stesso in compagnia di qualcun altro >>.

La lontananza fra noi si è dimezzata. Sorrido appena, perdendomi nelle sue iridi.

<< Te ne sei innamorata di più quando io ero in lui >> mi avvicino ancora. Sento il suo respiro farsi più corto, prima che prenda la mia mano tra le sue e la allontani da lei.

<< No, L. Non farlo. Non farmi questo >> mi prega.

Non posso fare a meno di accontentarla. Mi allontano da lei e la sensazione di freddo che irradia il mio corpo è poco piacevole. La ignoro.

<< Devo ammetterlo, mi hai convinta. Sei la stessa persona che ho incontrato in corpi e situazioni diverse, e forse sono pazza quanto te, però ti credo. Ti credo, sul serio. Ma ho un ragazzo. So che non ti piace, e in certi momenti non piace nemmeno a me, ma è così. Tu dici di amarmi, io dico che in realtà ancora non mi conosci. Una settimana? Due? Non sono davvero abbastanza, L. A me serve più tempo per realizzare tutto questo >>.

Guarda l'orologio al polso e so bene cosa significa: deve andare via.

<< Devo tornare a casa. Ho promesso a mia madre che l'avrei aiutata con la cena di stasera e sono già in ritardo >> spezza il silenzio che si è venuto a creare.

<< Mi dispiace... >>.

Camila scuote il capo.

<< No, non scusarti, va bene così >> mi rassicura.

<< Potrò rivederti? >> la mia voce è profondamente speranzosa.

Mi sorride e si alza dalla panchina, butta via il bicchiere ormai vuoto e si passa una mano tra i capelli.

<< Mi rivedrai. Dopotutto, se vuoi capire davvero cos'è l'amore, dovrò dimostrartelo >>.

La sua risposta mi fa perdere qualche battito. Non mi aspettavo quelle parole. Vorrei che lo dicesse ancora e ancora. Deglutisco ma non riesco più a spiccicare parola.

Camila va via ed io ritorno a casa. Cassie mi salta in braccio e, dopo aver cenato, mi trascina in camera sua chiedendomi di giocare con lei. Lo faccio. Sono presente in quel momento, ma la mia mente è ancora totalmente risucchiata dai momenti passati con Camila. Dalla strana speranza mista a paura che ho percepito nelle sue parole. Ripenso anche alla mattinata trascorsa con Ally.

Alla televisione l'hanno davvero intervistata... ho ascoltato di nuovo la sua versione dei fatti.

Ho pensato di nuovo la stessa cosa: non sarà facile uscire fuori da tutto questo.

 

 

 

Note conclusive: Saaaaalve gente :') sto disperatamente tentando di tornare alla "programmazione" originale, ovvero quella di due capitoli a settimana, dopo l'inconveniente della scorsa.

Anywaaaay, ci ho messo tipo secoli a finirlo però ci sono finalmente riuscita. YAAAY!

L'ho appena riletto, quindi è possibile che abbia mancato alcuni errori (spero proprio di no), se così fosse provvederò a rivederlo di nuovo e correggerli. 

Alright, Alright, le cose iniziano a farsi anche più interessanti. Ally che da di matto con questa storia della possessione (Seriously, Allycat?), L che prende coraggio e parla con Camila, Camz che all'improvviso "Devo dimostrarti cos'è l'amore" (EXCUSE ME? Vi giuro che ho avuto certi feels mentre lo scrivevo. Capite, il solo pensiero di Camila che dice una cosa del genere a Lauren mi ucciderebbe sul colpo).

OOOOOKAY, una cosa importante: l'altro capitolo arriverà domenica, dovesse venire giù non so cosa, ci sarà. Il motivo è semplice. La settimana prossima partirò e starò via 7/8 giorni, quindi non potrò postare nulla e non voglio lasciarvi così tanto tempo senza un altro capitolo :') 

SECONDA COSA, a seguire ci saranno le solite note/curiosità/chiarimenti, nell'ultimo punto troverete uno SPOILER riguardante il prossimo capitolo. 

Adesso, se siete come me e non riuscite ad evitare gli spoiler anche se vorreste, perché è più forte di voi (I'm so sorry, I just can't) andate pure avanti tranquillamente e leggetelo.

SE NON VOLETE, semplicemente saltatelo. Si tratta del punto n

1. Il titolo del capitolo è un riferimento alla canzone degli All Time Low, "Just The Way I'm Not", la canzone in sé non c'entra praticamente nulla con il capitolo, ma il titolo si riferisce un po' ad Ally e a tutta la situazione che L sta vivendo in quanto viene scambiata prima per il diavolo, poi fatica a definirsi umana/non umana (who knows?), poi ancora a Camila che poverina penso stia più confusa di prima LOL.

2. Inizialmente avevo pensato che al posto di Bennett avrei potuto mettere Troy, per creare più affinità con Ally e roba simile. Non so bene per quale motivo alla fine io abba preferito Bennett, sarà che ormai avevo la sua figura bloccata in testa e lo vedevo semplicemente giusto per questo capitolo.

3. Bennett non esiste davvero, l'ho solo inventato io. 

4. Il prossimo capitolo sarà un po' impegnativo da scrivere ma spero di farlo riuscire bene, almeno tanto quanto l'ho immaginato e vi piacerà. Trust me :')

5. Avevo effettivamente pensato di fare uno (o un paio) di capitoli dal punti di vista di Camila. Per capire un po' meglio anche la sua visione delle cose, dei suoi sentimenti, delle sue insicurezze e simili; ovviamente integrandoli al resto della storia. Volevo però chiedere se a voi interesserebbe leggerli o se preferite soltanto il punto di vista di L.

6. SPOILER (Metto i trattini, sì. Ma per chi non volesse leggere, fate comunque attenzione)

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Nel prossimo capitolo uhm... diciamo che *coff* Camila potrebbe conoscere Lauren, cioè L, cioè L come Lauren *coff* (Non so nemmeno spiegare bene quello che voglio dire. Shame on me) Dai che avete capito ;)    

 

See you, guys! :')

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Capitolo 9
*** Capitolo 8. ***


Capitolo 8.

Giorno 6003.

Sono passati due giorni esatti da quando ho rivisto Camila per l'ultima volta. Impossibilitate per via della mia distanza e dei suoi impegni. Non ha specificato di cosa si trattasse, ma suppongo che Austin dovesse essere incluso, poiché ha deliberatamente scelto di non parlarne. Lo so di non poter pretendere che lei annulli la sua vita per passare quanto più tempo possibile con me, ma non posso fare a meno di sentirmi estremamente gelosa.

Oggi però è diverso. Quel tipo di diverso non piacevole. La mente di Nora Martin è un luogo oscuro e quasi impenetrabile. Riesco a sentirlo ancora prima di aprire gli occhi. La sua mente è inquieta, i suoi pensieri confusi e scostanti, gli impulsi sembrano cozzare contro le pareti del suo stesso corpo. Quando cerco di penetrare più a fondo e impormi su di lei, un capogiro mi costringe a serrare ancora di più le palpebre per evitare di vomitare. La fronte s'imperla si sudore e sento un forte bruciore al braccio sinistro. Tento di mantenere la calma, pensando che se cercherò di assumere il controllo bruscamente, Nora potrebbe avere un crollo nervoso.

Alcuni ritengono che le malattie mentali siano una semplice alterazione dell'umore o della personalità. S'illudono che sia possibile combatterle con una ferrea forza di volontà. E che il corpo non abbia alcuna partecipazione in esse.

Si sbagliano. Tutti. Dal primo all'ultimo. Si sbagliano.

Pensare ad un disturbo mentale solo come un'anima malata è altamente sbagliato. Anima e corpo coesistono, condividono più del 90 percento delle sensazioni e degli stimoli. Quando ero piccola, non riuscivo a capire per quale motivo alcune mattine mi svegliassi circondata da una realtà muta e solitaria, e altre in cui il mio umore era alle stelle, schizzava come se fosse una radio con frequenze diverse. Avevo già compreso di non poter avere accesso ai sentimenti delle persone, m'illudevo che fosse lo stesso con le sensazioni, credevo che tutto ciò che provassi dipendesse da me. Ma non era così. Esse facevano parte del corpo che mi ospitava tanto quanto il colore della pelle, il suono della sua voce e il battito del suo cuore.

Cerco di mettermi in piedi, ma il corpo di Nora si oppone a me. Di solito il malessere, qualunque esso sia, non è così forte di prima mattina. Mi spaventa un po', però non mi lascio demoralizzare.

Con calma e un po' alla volta riesco a insinuarmi nella mente di Nora. Devo scavare più affondo per confermare i miei sospetti; ed eccoli improvvisamente a portata di mano. Lì ad accogliermi.

Sotto la superficie dei pensieri di Nora si cela un radicato desiderio di dolore. Quasi come se ne avesse costantemente bisogno per provare a se stessa che può spingersi oltre, che può fare ancora male, che lei può sentirlo. Che è umana. Che è viva.

Poso gli occhi sul braccio che brucia fastidiosamente e trovo una ragnatela di cicatrici. Alcune più chiare, quasi bianche, come se volessero tornare a nascondersi e a fondersi con la sua pelle candida. Altre più recenti. Quella che mi sta dando il tormento è proprio lì. Dev'essere stata fatta ieri a giudicare dalle condizioni. Le lenzuola sono macchiate di rosso, ma non m'importa più di tanto.

Capisco che le cicatrici di Nora non sono solo visibili, ma molto più profonde. Appartengono alla sua anima inquieta. Cerca disperatamente di trovare pace ma non ci riesce.

Per Nora, ogni cosa ha perso importanza ormai; non riesco a far emergere dalla sua mente qualcosa che possa aiutarla in questo momento.

Mi è capitato di trovarmi in situazioni simili. Simili. Qualcosa di simile non è mai perfettamente uguale, soprattutto se si tratta di persone reali. La grande differenza degli esseri umani risiede nel loro modo di affrontare le cose, guardare con la giusta prospettiva. Loro sono la variabile più importante dell'equazione, quella che muove il mondo intero. Di solito, trovandomi in un corpo afflitto come quello di Nora, faccio appello a tutte le mie convinzioni e forze emotive. Mi prefisso l'obiettivo di arrivare alla fine della giornata senza mettermi nei guai. E quasi sempre ci riesco.

Quasi.

Ho la sensazione che oggi sarà diverso invece.

Controllo la sveglia di Nora, è ancora notte fonda. I numeri rossi sul display segnano le 04:00. Dunque, se non mi sono svegliata per via della sveglia, l'alternativa è di gran lunga più terrificante: la mente di Nora sta urlando. Urla così forte che non riesco a capire nulla. Quel frastuono inizia a martellarmi le tempie.

M'impongo di stare calma. Di fare appello a tutti i miei momenti che abbiano la capacità di trascinarmi via da lì. So che il corpo di Nora sta cercando di contrastarmi. È la stessa sensazione che ha provato Ally? È la stessa sensazione che ho provato io la prima volta?

Cerco di focalizzarmi sull'unica cosa in grado di tirarmi fuori da tutto quel caos.

L'unica persona.

Immagino gli occhi di Camila riflettersi nei miei. Nei miei veri occhi, quelli verde smeraldo. Quelli che appartengono alla ragazza che, a quanto pare, sono. Dev'essere la sensazione più bella del mondo sentirsi improvvisamente a casa solo per via dello sguardo di qualcuno. Mi chiedo come Camila sia riuscita a farmi questo. Mi chiedo dove si trovi tutta quella differenza dalle migliaia di altre persone che ho incontrato e in cui sono stata. La risposta è chiara, come sempre lo è stata.

È Camila. Nient'altro d'aggiungere.

Mi guardo intorno e riesco ad avere un'idea della sua camera; sembra un luogo abbandonato. Nora deve aver lasciato che le cose prendessero la loro piega, semplicemente guardandole sgretolarsi o cambiare davanti ai suoi occhi. Tento, per la prima volta da quando sono in lei, di accedere ai suoi ricordi e mi colpisce il fatto che nessuno l'abbia ridotta così, ma nessuno se n'è nemmeno accorto. L'hanno semplicemente lasciata sola troppo a lungo, e la solitudine, la tristezza, la paura l'hanno spezzata.

So che nessuno di noi smette di esistere davvero, anche quando ci sembra che sia così. Nessuno di noi non può non essere ricostruito pezzo dopo pezzo. È solo molto più difficile, perché rimettersi in piedi necessità per dieci volte il tempo che c'è voluto a crollare. Ma non siamo irrimediabilmente rotti. Non possiamo esserlo.

Finalmente ricado nel sonno alle prime luci dell'alba.

Quando sono costretta ad alzarmi, un paio d'ore più tardi, riconosco che il corpo di Nora è più rilassato, mi lascia mantenere il controllo più facilmente. Non so per quanto tempo possa durare la sensazione. Vorrei tanto poter aiutare Nora a scindere il suo fardello da lei; è circondata da questa nuvola nera e non riesce a vedere una via d'uscita. Se riuscissi ad imprimere in lei qualcosa di positivo, qualcosa che le facesse capire quanto dividere questa sua entità da lei potrebbe farle bene, lo farei senza alcuna remora.

Mi concedo una doccia veloce per cercare di scacciare quei pensieri e quando esco incrocio per la prima volta la madre di Nora.

<< È tardi. Sbrigati a prepararti >> sono le sue uniche parole.

Annuisco e ritorno a chiudermi nella mia stanza. Non ho voglia di accedere nuovamente in lei, così afferro alcuni libri per la scuola e noto un diario già presente nello zaino. Non ho il tempo di aprirlo, ma decido di lasciarlo lì, magari potrebbe tornarmi utile per scoprire qualcosa che non sono in grado di apprendere attraverso Nora.

Vorrei controllare le e-mail, ma non ho il tempo necessario per accedere al computer e ho paura che se lo facessi dal cellulare potrei lasciare delle tracce compromettenti com'è successo con Ally.

Durante il tragitto, la madre di Nora non le rivolge la parola ed io faccio lo stesso. I suoi movimenti trasudano impazienza e il suo atteggiamento sembra suggerire tutto tranne che tranquillità. Non riuscirò mai a capire per quale motivo le persone si ostinino a fuggire invece di affrontare i problemi. Per quale motivo vogliano ignorarli a tutti i costi.

Certo, magari sarei l'ultima persona a poter dire qualcosa del genere... ma nel mio caso non è qualcosa d'intenzionale.

Mi chiedo se Camila l'abbia mai fatto. Se abbia mai tentato di sfuggire a qualcosa pur di non doverla affrontare.

Ho medicato il taglio al braccio, ma pizzica ugualmente. Per un momento mi chiedo se Nora faccia tutto questo per via di persone che la maltrattano, ma scopro che nella sua vita non ci sono individui del genere. Non subisce maltrattamenti. È solo troppo impegnata ad autodistruggersi per notare le presenze altrui.

Vorrei urlare a sua madre che Nora ha bisogno d'aiuto. Che non reggerà a lungo così. Ma non è una decisione che spetta a me. Resto in silenzio.

Mi presento alle lezioni, mi trascino da un'aula a un'altra, da un banco all'altro. Mi sforzo di essere presentabile o attenta. Funziona appena, ma funziona. L'obiettivo è fare in modo che Nora sopravviva alla giornata e devo fare appello a tutto il mio vigore per far sì che succeda, altrimenti il peso della sua esistenza mi trascinerà giù. Ho già capito che il suo corpo può facilmente vincere questa battaglia, devo frappormi quanto più a lungo possibile per non farlo accadere.

Nora ha degli amici, ma si tratta più di conoscenze che amicizie radicate. Conoscenze con cui si limita a trascorrere il tempo, ma non rappresentano una variante indispensabile nella sua vita. È una sensazione quasi nuova, del tutto particolare, come se parlassero attraverso una finestra chiusa. Come se io fossi non invisibile ma nemmeno il contrario.

Quando colgo la netta sensazione di volere che la giornata finisca il prima possibile, che tutto intorno a me sia inutile... ho paura che per la prima volta i pensieri di Nora si siano riversati nei miei e li abbiano macchiati.

L'ora di arte è la mia preferita e sembra esserlo anche quella di Nora, accedo in lei e trovo il suo banco, lascio lo zaino e recupero un paio di pennelli e dei colori per iniziare. Prima che la porta si chiuda, ecco entrare la mia compagna di banco. Accedo di nuovo tempestivamente. Luce.

Mi rivolge un sorriso a dir poco caloroso, tento di ricambiare allo stesso modo ma quello che viene fuori è più simile a una smorfia. Mi chiedo da quanto tempo Nora non sorrida sinceramente. Sembra un gesto così semplice, quasi scontato. Non lo è per lei.

Inizio a lavorare sulla tela che ho davanti improvvisando un disegno e mescolando i colori. Mentre faccio per stendere una pennellata di giallo, sento lo sguardo di Luce su di me. Mi volto e lei subito distoglie gli occhi. Giurerei perfino di aver visto le sue gote colorarsi di rosso. Aggrotto le sopracciglia con curiosità.

<< Che c'è? >> domando.

Lei scuote la testa.

<< Nulla, non preoccuparti >> risponde.

<< Mi stavi fissando. C'è qualcosa che vorresti dirmi? >>.

Ecco che il rossore colora il suo viso di nuovo. Sono ancora più curiosa. Questa volta abbozzo un sorriso sincero quando finalmente Luce torna a guardarmi.

<< È solo... i tuoi dipinti sono spesso più cupi e malinconici. Mi ricordano sempre un mare in tempesta, un animo inquieto. Invece questo... beh questo è colorato, è più... non importa, lascia stare. Probabilmente è soltanto un mio stupido pensiero >> la vedo mordersi il labbro inferiore e tornare a concentrarsi sulla propria tela ancora bianca.

Fatica a trovare l'ispirazione per dipingere qualcosa ed è distratta. Rubo di soppiatto un po' di verde dalla sua tavolozza e faccio scorrere il pennello sulla sua tela. Luce sussulta.

<< Ma cosa... >>.

<< Inizia da lì >> dico, lei mi guarda in attesa che continui, con evidente sorpresa negli occhi << non sembravi avere le idee ben chiare su cosa dipingere, quindi ho pensato... beh potresti iniziare da lì >>.

<< Da uno schizzo di verde? >>.

<< È un bel colore, perché no? >> replico di rimando.

Luce si limita a scuotere la testa e ridere.

<< Dovresti farlo più spesso. Non mi dispiacerebbe >> conclude prima di tornare a concentrarsi sul proprio lavoro.

Forse potrei arrivare in fondo a questa giornata.

Forse.

Durante la pausa pranzo colgo l'occasione di accedere al mio account per leggere i nuovi messaggi. Ne trovo uno da parte di Camila e mi sembra di vivere il primo momento autentico della giornata. Non Nora. Solo io. Sto tentando di mantenere a bada le urla silenziose e martellanti nella sua mente, ma non è semplice, e le distanze fra me e lei sembrano essersi assottigliate per oggi.

"L,

che mi racconti della tua vita di oggi? Gli ultimi due giorni sono stati difficili. La mamma di Austin non si è sentita molto bene, così ho provato a stare sia acanto a lei che a lui, ma non mi rende le cose semplici. Piuttosto che ammettere di aver bisogno di aiuto, preferisce rifiutare la mia presenza in continuazione. Devo essere davvero stupida per raccontarti di questa parte della mia vita... perdonami. Se vorrai restarne fuori rispetterò la tua decisione. È stato sciocco da parte mia pensare che tu non avresti mai fatto una cosa simile?

Sono curiosa, come procede la tua giornata? Cosa stai facendo?

Camila."

Sorrido, ed è una bella sensazione. So che sto sorridendo per qualcosa che è accaduto a me e non a Nora, so che lei non avrà memoria di questo, ma non riesco a fare a meno di pensare che vorrei recuperare per lei tutti i sorrisi che ha nascosto negli ultimi periodi.

"Camila,

io sto bene, ma la ragazza in cui mi trovo oggi, Nora, non la pensa allo stesso modo. Credo davvero che soffra di un serio caso di depressione o giù di lì. Sto cercando di controbilanciare i suoi pensieri con i miei, i suoi stati d'animo con i miei... ma non è semplice. Camila, sento che potrei perdere il controllo da un momento all'altro.

So che Austin fa parte della tua vita, e per quanto sia doloroso ammetterlo, preferisco che tu sia sincera con me. Non sentirti sciocca a pensare qualcosa del genere, sai che io non ti terrei mai da parte nella mia vita.

Spero di poterti rivedere al più presto,

L."

Controllo l'orologio appeso al muro. Non mi restano che pochi minuti. Apro il vecchio account e non sono così sorpresa di trovare una nuova e-mail di Ally.

"So di non essermi sbagliata. Scoprirò cosa sei e chi sei. Il reverendo Parker ha già attivato le sue ricerche. Ti conviene confessare prima che ti troviamo. Allora sarà peggio per te."

Ecco dunque cosa sta facendo questo famoso reverendo Parker... indagini su di me. O almeno, così dice Ally. Mi chiedo se non sia qualcosa di cui dovrei seriamente iniziare a preoccuparmi. Spero che Mike sia altrettanto a lavoro. Dovrò contattarlo appena possibile, ma non oggi. Oggi la priorità è arrivare alla fine della giornata senza lasciare che Nora crolli.

Percorro a piedi la strada per tornare a casa, ma prima di accorgermene decido di fare una deviazione. Non so bene quale istinto mi suggerisca di proseguire, ma lo ascolto. Mi ritrovo dinanzi ad una vecchia casa diroccata. Il luogo deve sembrare familiare a Nora poiché non avverto alcuna vibrazione diversa in lei. Forse un po' di sollievo.

La casa è senza tetto, così mi distendo nel pavimento, ignorando che sia sporco o meno. Non m'importa. Devo riuscire a trovare pace dalle voci insistenti nella sua testa.

Ricordo di aver adocchiato un diario nel suo zaino. Lo raccolgo e tentenno prima di aprirlo. Sono curiosa di poter leggere i sentimenti di Nora trascritti, dal momento che non posso averne accesso, ma al tempo stesso sono terrorizzata da cosa potrei trovarvi dentro. Lo apro. La prima pagina è interamente occupata da una foto un po' sbiadita di colui che dev'essere il padre di Nora. Accedo in lei e scopro che è morto quando sua figlia aveva appena tre anni.

Sfoglio un altro paio di pagine.

Questo non è un diario.

"1 gomito + 1 clavicola + 2 piedi + 1 caviglia + 4 dita della mano + 1 rotula + 1 perone + 1 un polso + 3 dita dei piedi + 3 costole.

Totale = 18 ossa rotte.

Ne restano 188."

Gli occhi quasi mi schizzano fuori dalle orbite. Proseguo di qualche altro rigo. Dettagli minuziosi su come eseguire tutto il resto. Il sangue mi si gela nelle vene nella pagina successiva.

Una deadline. Una deadline fissata da due settimane a questa parte. Una deadline che decreta oggi come l'ultimo giorno di vita di Nora Martin.

Mi chiedo se non sia uno scherzo, un'esagerazione. Ma non trovo altre tracce di deadline nel diario di Nora. Quel piccolo quadernetto non è più un insieme di fogli sporchi d'inchiostro plasmato in parole e numeri. Quel quadernetto è una bomba a orologeria tra le mie mani. Ho la sensazione di poter travolgere e danneggiare qualsiasi cosa io tocchi. Mi mordo il labbro inferiore. Tecnicamente in questo momento non c'è alcuna possibilità che Nora ponga fine alla sua vita in qualche modo: sto riuscendo a mantenere il pieno controllo su di lei. Ma ho paura che presto o tardi, oggi, il suo corpo inizierà a ribellarsi nuovamente a questa condizione. Dovrò stare doppiamente attenta.

Non devo permettere una cosa simile. Non posso. Però domani non sarò più io ad avere il controllo. Domani toccherà a Nora. Ma adesso... adesso ho bisogno d'aiuto.

Scrivo a Camila.

"Camila,

la situazione qui è più seria del previsto. Nora non ha semplicemente dei brutti pensieri che la tormentano, ha progettato di uccidersi. Ha stilato una deadline da due settimane a oggi. Non sto scherzando, ho bisogno che tu mi aiuti.

L."

Spero che risponda. Ho bisogno che Camila risponda. Lo fa. Mi chiede il numero di Nora, glielo passo e attendo che il cellulare inizi a vibrare. Ho i palmi sudati e continuo ad asciugarli sul tessuto ruvido dei jeans.

Mi chiedo se non sia un errore intervenire. Se effettivamente io non abbia il diritto di interferire con la sua vita togliendole la possibilità di fare le sue scelte.

Camila mi chiama.

<< L, ci sei? >> chiede.

<< Sì, sono qui >>.

<< Come stai? >> è da tanto che qualcuno non mi pone effettivamente questa domanda. Il tono dolce che Camila usa mi fa capire che non è un gesto di cortesia, ma qualcosa di sincero.

<< Sto... insomma, starei meglio se tu fossi qui >> ammetto in un sospiro.

Qualche secondo di silenzio mi attende all'altro capo del telefono.

<< L non dovresti... non so, dirlo a qualcuno? >>.

<< Camila, non è che io abbia esattamente un manuale da consultare per situazioni del genere >> replico.

<< D'accordo, hai ragione. Dove ti trovi? >>.

Le spiego dov'è la mia città. Mi dice che mi raggiungerà subito, senza bisogno che io glielo chieda. È la prima volta nella giornata che mi sembra di sentire una sensazione autentica, un calore che mi scalda il cuore. Ho bisogno di Camila più di quanto possa immaginare.

Sono tornata nella camera di Nora ormai. Mi distendo sul suo letto in attesa di Camila e, per la prima volta, guardo le cose da una prospettiva diversa. Per gli esseri umani la vita è una continua lotta contro la morte. Il desiderio d'immortalità non è qualcosa di astratto, ci appartiene tanto quanto ci appartengono i nostri sentimenti e i nostri pensieri. È qualcosa che ci accompagna ogni giorno. Non riesco davvero a capire cosa in Nora abbia fatto partire la miccia e abbia spento questo suo desiderio di autoconservazione, tanto da ricercare la morte.

Camila suona alla porta mezz'ora dopo. La prima reazione naturale sarebbe quella di afferrarla e stringerla a me, ma mi limito a un sorriso stanco perché la spessa coltre dei pensieri di Nora è così densa che è il mio istinto a trovarsi in difficoltà ancora una volta. Devo tentare di restare calma. Camila è qui. Può aiutarmi.

Lei mi guarda, si prende il suo tempo per cogliere quanti più particolari possibili di me. Fa scorrere lo sguardo su e giù lungo il mio corpo diverse volte. Deve ancora abituarsi all'idea che io mi trovi in un corpo diverso ogni giorno.

La invito a entrare e il peso del suo sguardo è tanto piacevole per me, quanto fastidioso per Nora.

Una volta nella mia camera, le porgo il diario e aspetto che lei lo legga e giunga da sola alla conclusione.

Strabuzza gli occhi quando finalmente lo richiude.

<< Wow L... ma questa, dio questa è roba seria >> mi siedo accanto a lei sul letto.

Ho bisogno della sua vicinanza per poter prendere il sopravvento su Nora.

<< Devi salvarla. Non puoi permettere che accada una cosa simile >>.

<< Non sappiamo nemmeno se sia una cosa vera. Non so se avrebbe il coraggio di farlo >> replico debolmente prendendole una mano tra le mie.

<< Ma tu non ci credi, vero? Altrimenti non mi avresti chiamata. Sai che avrebbe il coraggio di farlo >> ribatte lei.

Ha ragione. Riesce sempre a scavare in me tanto a fondo da leggere la verità. La vedo abbassare gli occhi e concentrarsi sulle nostre mani intrecciate.

<< È così strano... >> mormora a bassa voce.

<< Che cosa? >> inclino la testa lateralmente.

<< Tutto questo. Io e te siamo qui, io ti stringo la mano e tu stringi la mia. Ma è un'altra mano. Non è come quella dell'altro giorno, né come quella del giorno prima. Tu sei diversa >>.

<< Sono sempre io >>.

Camila aggrotta le sopracciglia prima di ritrarre la propria mano.

<< Non è vero, non lo sei. Dentro sei la stessa persona, ma le apparenze contano L >>.

<< Per me tu sei sempre la stessa, non importa attraverso quali occhi io ti guardi, provo comunque gli stessi sentimenti >>.

Sospira di frustrazione. Sa che è la verità, ma non è ciò che voleva intendere.

<< Mi hai detto che cerchi di vivere le vite così come le trovi, senza stravolgerle. Allora perché quel giorno con Austin è stato diverso? >> domanda.

<< Tu >> rispondo stringendomi nelle spalle.

<< Io? Non è... non è abbastanza >> replica.

<< Lo è per me >>.

Camila si alza nel letto e inizia a misurare la stanza a grandi falcate.

<< È semplicemente assurdo >> esordisce con tono nervoso.

<< Per quale motivo? Perché oggi sono una ragazza? >> inarco un sopracciglio curiosa.

<< Cosa? No. Come puoi pensare una cosa simile? Non ho nulla in contrario al fatto che tu sia... ascolta L, stiamo parlando del suicidio di qualcun altro. Della sua vita. Questa non è affatto una cosa da niente >>.

<< Voglio che tu risponda alla domanda. Nel tuo cuore ha importanza chi io sia? >> chiedo ancora.

<< Non m'importa chi tu sia, ma tutto il resto sì. Guardo lei e non riesco a vedere te e ho voglia di urlare, L. Riesco soltanto a provare tristezza. Non so nemmeno quale sia la tua voce, non so davvero che sapore abbiano le tue labbra e se desidero baciarti, come lo voglio adesso, so di star baciando l'esteriorità. Tutto questo non mi basta >> i suoi passi profondi potrebbero scavare un buco sul pavimento.

<< Camila... >> tento di fermarla, ma lei è più veloce.

<< No. No, L. Non siamo qui per me. Siamo qui per Nora. Dimmi, se stesse morendo dissanguata, non l'aiuteresti per paura d'interferire nella sua vita? >>.

<< Sì, lo farei >> rispondo senza dubbio.

<< Se tentasse di uccidere qualcun altro? >>.

<< La fermerei >>.

<< E perché non dovresti fermarla dal fare questo? >> allarga le braccia esasperata.

<< Perché non stiamo parlando della vita di qualcun altro, ma della sua. Se è davvero ciò che vuole... >> lo so che c'è qualcosa di sbagliato nelle mie stesse parole. Riesco a percepirlo.

<< Dev'esserci un altro modo >> si picchietta il mento per qualche secondo.

Poi sembra illuminarsi.

<< Una linea telefonica che aiuti i giovani in difficoltà? >> propone.

<< Darebbero un consiglio a me, non vi è alcuna garanzia che qualcosa penetri in Nora >>.

<< Parlane alla sua migliore amica? Al suo ragazzo o ragazza? >> chiede.

Scrollo la testa in segno negativo.

<< Sua madre... resta solo sua madre. Devi fare questo tentativo. Costringila ad essere nuovamente parte della vita di Nora >> afferma decisa.

<< E cosa dovrei dirle? "Mamma ho intenzione di uccidermi entro stanotte"? >>.

<< Sì. Fallo. Diglielo e basta... le conseguenze verranno dopo. Fai in modo che ti creda >>.

<< E se non mi credesse? >> so che ha ragione, ho solo paura di dover affrontare questo senza la sua presenza accanto.

<< Falle leggere il diario >>.

Tutto ha senso. In quel momento, lì con lei, tutto ha senso.

Mi prendo la testa tra le mani e mi strofino le tempie.

<< Non so se ci riuscirò >>.

Camila torna a sedersi accanto a me e mi solleva il viso in modo che io riesca a perdermi nei suoi occhi.

<< Sì che ci riuscirai >> mi sussurra prima di stringermi in un caldo abbraccio.

<< Resteresti con me ancora un po'? La madre di Nora non finirà il suo turno prima di mezzanotte Voglio solo sapere cosa si prova ad addormentarsi accanto a te >> le parlo piano all'orecchio, con delicatezza, come se fosse lei il cristallo tra le mie mani e potesse spezzarsi.

Non risponde. Si limita a strascinarmi sul letto e stendersi accanto a me. La testa sul mio petto. Il suo orecchio conta i miei battiti. I battiti del cuore pulsante di Nora.

Ma non dura lungo. Quella pace non dura a lungo. Quando mi risveglio, mi trovo inspiegabilmente sul tetto di casa di Nora. Sono stordita, non ricordo cosa sia successo nell'ultima frazione di tempo. Ricordo di essermi addormentata accanto a Camila. Poi buio totale. Sta piovendo e le gocce fredde hanno già inzuppato tutti i miei vestiti e adesso scivolano e penetrano nella mia pelle. Rabbrividisco dal freddo, non dev'essere da poco che sono quassù.

Guardo il cielo dinanzi a me e noto che ormai è buio. Sono ancora nel corpo di Nora. Non è ancora mezzanotte. Che cosa sto facendo? Cosa sta succedendo?

Impiego un po' a realizzare la situazione. Poi capisco. Finalmente riesco a ricucire i pezzi insieme.

Il corpo di Nora dev'essere riuscito ad avere il sopravvento su di me mentre ero addormentata accanto a Camila. Sono spaventata, perché benché adesso la mia coscienza sia tornata attiva, la presenza di Nora è troppo forte per tentare di sovrastarla.

Sono seduta sul bordo del tetto, vicino alla grondaia, le ginocchia piegate contro il petto. Tento di accedere in lei, tento d'impormi. Il dolore alle tempie inizia piano.

<< L? Cosa stai facendo? >> sento la voce di Camila urlare per sovrastare il rumore torrenziale della pioggia.

Mi volto di scatto. Sono terrorizzata. Non è una sensazione che appartiene a Nora, appartiene a me. Se il corpo che mi ospita dovesse morire mentre io sono dentro di esso? Cosa ne sarebbe di me? Riuscirei finalmente ad ottenere il mio vero corpo? Morirei anche io? Una cosa è certa: non ho intenzione di scoprirlo adesso.

Si muove per raggiungermi. Impresa non semplice, data l'angolazione e l'ardesia bagnata sulla quale è costretta ad appoggiarsi.

<< Camila! >> urlo di rimando << Non muoverti! Resta lì, ti prego >> gesticolo per cercare di farmi capire meglio, ma lei non mi ascolta e continua ad avvicinarsi.

Piccoli passi. Uno dopo l'altro. Mi ha quasi raggiunta ormai. Tengo lo sguardo fisso su di lei, preoccupata.

<< Camila, torna indietro. Ti prego, torna indietro >> la supplico.

La terribile sensazione dell'acqua che batte su di noi senza sosta.

<< No. Non lo farò. Non ho intenzione di andarmene >> risponde.

È ancora più vicina.

Mi afferra per le spalle, cerca di tirarmi indietro e di guardarmi in viso. Mi scuote un po'.

<< Che stai facendo, L? Cosa stai facendo? Avanti, so che puoi farcela, devi solo combatterla. Torna indietro >> mi parla così vicina da riuscire a sentire il calore del suo corpo.

Il dolore alle tempie diventa più acuto. Lascio cadere qualcosa che finisce nella grondaia. Un flacone di plastica di diazepam. Vuoto. Camila l'osserva, io faccio lo stesso ma i miei occhi iniziano ad essere vuoti. Il suicidio programmato di Nora sta per diventare un'opzione concreta.

Camila mi scuote più forte per le spalle.

<< AVANTI! Torna indietro... torna da me, ti prego >> non è più la pioggia, sono le lacrime a bagnarle gli occhi e scivolare lungo le guance.

È in quel momento che le sfumature di blu e giallo ricompaiono al margine del mio campo visivo. La mia mente inizia ad urlare. Urla così forte da spaccarmi i timpani, sento le tempie bruciare. Sento che potrei prendere facilmente fuoco.

Il primo strappo è un dolore che conosco. Un dolore sordo che mi annebbia il cervello. Cerco di prepararmi mentalmente al dolore vero, sarà tremendo. Non funziona. Al secondo strappo stringo i denti in una morsa ferrea.

Avverto a malapena le mani di Camila che si scostano dal mio corpo. A questo dolore non sono affatto abituata. Sto combattendo con tutte le mie forze per salvare Nora. Per salvare me. Posso farcela. So che posso farcela. Devo riuscirci.

Il terzo strappo è un dolore arancione e orrendo. Ogni muscolo, ogni osso, ogni tendine, ogni articolazione va letteralmente a fuoco. Corpo che stride contro un corpo. Corpo che schiaccia un altro corpo. È la cosa peggiore che io abbia mai provato.

Finalmente sento i miei pensieri farsi più nitidi, fuori dal diazepam. Fuori dalla coltre scura che adombrava la mente di Nora. Riesco quasi a sentirmi più leggera. Ma il dolore è ancora lì. Non appena riesco a prendere fiato, urlo. Urlo a pieni polmoni per la sensazione di liberazione e di sofferenza.

Mi accascio sulle ginocchia. Ho il respiro pesante e sono stravolta, ma riesco a riconoscermi questa volta. Sono io. Sono la stessa ragazza dagli occhi verdi. Sollevo lo sguardo provando ad incrociare gli occhi di Camila... ma è qui che succede il peggio.

Una tegola si stacca, Camila scivola di lato e perde l'appoggio sulla pietra unta di pioggia. La sequenza è istantanea. Si ritrova appesa alla grondaia scivolosa. Senza pensarci nemmeno un secondo di più, mi lancio contro di lei per afferrarle le braccia e tirarla su.

Mi sembra di udire un grido silenzioso in un abisso quando faccio appello a tutte le mie forze per tirarla su. La mia pelle è gelida. La pioggia precipita nell'aria a velocità terrificante.

Riesco a tirare su Camila e mi assicuro che sia abbastanza indietro questa volta.

Mi atterra addosso. Sono ancora nuda e i suoi occhi trasudano sorpresa guizzando da ogni lato.

<< Tu... io non... oh mio dio. Tu sei... >> balbetta confusamente, mi sfiora il viso. Si assicura che la mia pelle sia vera, che lei possa toccarla.

Non ho il tempo di pensare a niente poiché la figura di Nora, ancora sul bordo del tetto, cattura la mia attenzione. Il diazepam si sta impadronendo di lei ormai.

<< Ha preso tutte le pastiglie >> urlo nel frastuono dell'acqua.

Mi spingo in avanti e sono quasi arrivata, la mano quasi a portata della sua spalla. Intanto i suoi occhi si chiudono, sprofondando nel sonno più profondo. Un'altra tegola si stacca e con uno slancio in avanti riesco ad afferrarla e tirarla di lato. Fuori dalla portata del bordo.

Lascio il suo corpo e mi distendo sul tetto. Sono sfinita. La pioggia m'inzuppa la pelle ma non m'importa. Dopo il calore intenso che ho sentito, è quasi una benedizione.

Camila arriva addosso a me, le sue mani circondano il mio viso, mi accarezzano le palpebre, il profilo del naso, le guance, le labbra. Ha il respiro corto. Forse per via dello spavento, forse per me. Non riesco a capirlo.

<< Sei... sei tu? L, questa sei... oh mio dio, questa sei tu? >>.

Annuisco mentre per la prima volta i suoi occhi si perdono nei miei. Camila sprofonda letteralmente nei miei occhi verdi, sembra volerci affogare dentro senza più risalire. Mi divora con lo sguardo. Non uno sguardo carico di malizia. Un sguardo carico di bisogno. È allora che riusciamo a sentirlo entrambe. Io ho bisogno di lei tanto quanto lei ha bisogno di me.

<< Camila... >> tento d'iniziare, ma la sua mano si posa sulle mie labbra tempestivamente.

<< Shh. Sta zitta, non dire niente >>.

Affonda la mano tra i miei capelli scuri e mi bacia. Spalanco gli occhi per la sorpresa, prima di richiuderli e lasciarmi andare. Non è il nostro primo bacio, ma è anche il nostro primo bacio. Le mie labbra sulle sue trasmettono una sensazione diversa. I nostri corpi si completano in maniera diversa questa volta. È il primo bacio da quando lei ha scoperto chi sono e cosa sono, quindi è un primo bacio più di quanto non lo sia stato il nostro primo. Non è un bacio che si limita al desiderio o al bisogno; ci baciamo per una ragione che trascende desideri e bisogni, ma è elementare per le nostre intere esistenze.

La sua lingua passa sul profilo del mio labbro inferiore prima di morderlo con delicatezza.

Il bisogno d'aria inizia a farsi pressante. Ci stacchiamo e i suoi occhi sono ancora nei miei. Il corpo di Nora al sicuro, poco distante. Ci sorridiamo per la prima volta.

<< I tuoi occhi sono... >> dice sorpresa.

<< Lo so >> la interrompo << anche i tuoi >>.

Arrossisce notando il mio corpo ancora completamente esposto. Si sfila la felpa bagnata con difficoltà e me la poggia sulle spalle.

<< So che non ti terrà calda ma almeno... beh, ci ho provato >>.

Ridiamo. Ridiamo insieme e ridiamo di gusto. Allentiamo la tensione. Sciogliamo ogni dubbio del momento. Abbiamo tanto ancora da dirci, ma in questo momento, essere qui l'una alla reale presenza dell'altra, è l'unica cosa di cui c'importa.

 

 

Note conclusive: Ebbeeeeene, il capitolo era già pronto una settimana fa, finito alle 04:00 del mattino e tutto il resto... ma internet mi ha abbandonata proprio in quel momento e non ho potuto caricarlo. Sono stata via una settimana e mi dispiace di avervi lasciato ad aspettare così :'(

Anyway, questo è quello nuovo, l'ho riletto e dovrei aver corretto tutto ciò che c'era da correggere :') detto ciò, spero che possa piacervi, ci ho messo secoli per cercare di scriverlo decentemente.

Eeeeeeh così abbiamo avuto il primo incontro di L e Camila, cioè L come Lauren uh. Direi che era anche ora :')

Anyway vi lascio a qualche piccola curiosità: 

1. "The Divine Zero" è una canzone dei Pierce The Veil, l'ho ascoltata diverse volte e mi ha accompagnata durante la stesura del capitolo, inoltre il testo potrebbe avere una certa affinità con il personaggio di Nora.

2. Nora non è un personaggio realmente esistente.

3. Il prossimo capitolo doveva essere quello della nostra Normani, ma mi sa che invece sarà un grazioso "P.o.v. Camila" quindi dovremo aspettare ancora un po' prima di vederla :')

4.Occhio a questo simpaticone del reverendo Parker.

See you guys :') 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9. ***


Capitolo 9.

P.O.V. Camila.

Quando mi sveglio sono nel mio letto, nella mia camera. Controllo la sveglia che sta suonando e che ha interrotto il mio sonno. So per certo di aver dormito un massimo di due ore questa notte, un po' a causa di ciò che è successo con L, un po' a causa di Nora che poteva morire da un momento all'altro, un po' a causa mia... riconosco che anch'io mi sarei potuta trovare sdraiata sull'asfalto bagnato, se L non avesse fatto in tempo ad afferrarmi.

Mi strofino gli occhi e sposto le coperte prima di dirigermi in bagno. Non faccio molto caso ai miei soliti rituali di preparazione mattinieri, sono ancora sovrappensiero, così mi ritrovo in cucina a far colazione con la mia famiglia, senza riuscire a comprendere una sola parola di ciò che stanno dicendo.

All'improvviso, Sofi mi salta in braccio e mi riporta alla realtà.

<< Cami a cosa stai pensando? >> domanda con la sua vocina dolce.

Ho sempre adorato mia sorella, ho sempre fatto in modo di essere presente per lei e lei ha sempre ricambiato lo stesso affetto profondo che ci lega.

<< Ehi Sofi, buongiorno anche a te >> sorrido.

Vorrei posarle un bacio delicato sulla testa, ma prima di farlo la lingua sulle labbra e vengo riportata indietro a qualche ora fa. C'è ancora il suo sapore su di esse. C'è ancora L.

Scuoto la testa e stringo mia sorella in un abbraccio.

<< Ti ho già dato il buongiorno >> replica accigliata lei.

<< Oh davvero? >>.

<< Sì. Ma tu non stavi ascoltando nessuno qui in mezzo >>.

Mi mordo il labbro inferiore. Beccata. Sofi ha soltanto sei anni, ma non c'è modo che le sfugga nulla, soprattutto ciò che riguarda me.

Metto su un broncio adorabile e lei poggia la testa sul mio petto.

<< Scusami piccoletta >> dico mentre torno a osservare i nostri genitori che discutono di qualcosa fra loro.

<< Sei tornata tardi ieri sera... >> mi sussurra Sofi.

Sussulto e il mio cuore batte più velocemente.

<< Perché me lo chiedi? >>.

<< Non te lo sto chiedendo. Sono entrata in camera tua e non c'eri >> continua stringendosi nelle spalle.

Capisco che sta sussurrando perché non vuole che i nostri genitori colgano sprazzi di conversazione. Non amo mentire ai nostri genitori, e certamente loro mi permettono di poter stare fuori fino a tardi, soprattutto se sono con Dinah, ma non così tardi. E non se sono con una sconosciuta.

Una sconosciuta. Il solo pensare a questa parola mi provoca una fitta di fastidio allo stomaco. Per certi versi, sto imparando a conoscere L molto più di quanto possa dire di conoscere Austin. È questo che succede quando si è innamorati? Ci si dona senza alcuna remora? Si permette all'altro di guardare ed esplorare ogni parte di sé?

Odio doverlo ammettere, ma nel rapporto fra me e Austin sono stata l'unica ad averlo fatto, o ad averci provato almeno. Adesso non sono più sicura di aver neppure un rapporto umano con lui che vada oltre la superficiale conoscenza personale. Io mi sono donata con tutta me stessa, io gli ho permesso di guardarmi... ma lui semplicemente si è rifiutato di farlo. Ha preferito voltarsi dalla parte opposta, lasciandomi credere che fosse colpa mia se le cose non andavano per il verso giusto nella nostra relazione.

Con L è diverso, lo riconosco. È sempre stato diverso. Anche quando ancora non sapevo chi fosse o cosa fosse. Mi chiedo come io non abbia mai potuto notarlo prima.

È facile parlare con lei, è facile mostrare emozioni, perché coglie ogni singolo particolare di me, ogni singola cosa che faccio.

<< Ancora brutti sogni? >> chiedo cercando di sviare il discorso.

Sofi scuote il capo.

<< No, volevo solo dormire con te. Mi sento più sicura >> risponde lei.

Una parte di me si sente in colpa per non essere stata presente lì con lei, ma non posso fare a meno di notare che l'altra continua a pungolarmi dicendomi di aver fatto la cosa giusta.

Mi aggiro per i corridoi della scuola senza una meta precisa. Aspetto di veder spuntare Dinah da un momento all'altro. Vorrei parlarle di tutto ciò che mi sta succedendo ultimamente, dei miei sentimenti confusi, di L, ma so che non posso. Sarebbe fin troppo strano e non sono nemmeno sicura che Dinah capirebbe ciò che voglio dirle.

Se ci ripenso, la storia di L sembra del tutto pazzesca anche a me, ma come potrei negare l'ovvia connessione che ci lega così profondamente? Come potrei negare di aver sentito qualcosa tutto questo tempo? Come potrei negare di aver desiderato perdermi nei suoi occhi senza via d'uscita la scorsa notte? Semplicemente non potrei.

È qualcosa di totalmente nuovo tanto per lei quanto per me. Qualcosa che non ho mai lontanamente provato per Austin o per qualcun altro. Certo, c'è stato amore per lui -almeno da parte mia- ma non sono sicura di poter dare una definizione a tutto il resto.

<< Chancho! >> esclama Dinah, quasi mi sbilancio e perdo l'equilibrio.

<< Dinah, vuoi che mi venga un infarto? Gesù... >> replico portandomi una mano al petto per dare più enfasi alle mie parole.

Dinah solleva le mani in segno d'innocenza.

<< Scusami, non intendevo spaventarti. Credevo che mi avessi sentita arrivare, i miei tacchi non sono esattamente silenziosi >>.

Corrugo la fronte per un momento.

<< Non capirò mai per quale motivo ti ostini ad indossare i tacchi anche a scuola >> le dico abbassando lo sguardo sulle mie semplici Converse.

Dinah si passa una mano tra i capelli e li scuote un po'.

<< Beyoncé potrebbe sempre decidere di fare la sua apparizione da queste parti un giorno o l'altro >> ribatte come se fosse la cosa più comune del mondo.

Sollevo entrambe le sopracciglia scettica.

<< Certamente. Spero che tu ti renda conto presto che non accadrà >>.

Un sonoro scappellotto impatta contro la mia nuca nell'istante in cui finisco di pronunciare quelle parole.

<< Ouch, vacci piano DJ >> mi lamento massaggiando il punto colpito.

<< Te lo meritavi >> ribatte lei con fermezza.

Agito la mano come a dar poca importanza a ciò che ha detto.

<< Non ti ho sentita arrivare perché ero soprappensiero >> ammetto.

<< Da quando pensi? >> mi prende in giro la mia migliore amica ridacchiando.

Le mostro la lingua e mi dirigo verso il mio armadietto, poso un paio di libri e ne prendo altri, inspirando prima di parlare.

<< Dinah... posso chiederti una cosa? >> mi volto improvvisamente verso di lei con sguardo e tono serio.

<< Oh-oh, non mi piace per niente quando usi il mio nome... cosa ho combinato di male stavolta? >> domanda di rimando, senza più ironia nella voce.

<< Non hai combinato nulla Cheechee >> rispondo sorridendo un po' per non farla preoccupare.

Lei annuisce.

<< Cosa hai combinato tu allora? >>.

Mi mordo il labbro inferiore. La verità è che non ho idea di come iniziare il discorso, non ho idea di come esprimere ciò che voglio dirle senza far in modo di sembrare assolutamente fuori di testa.

<< Ti è mai capitato di avere una connessione con qualcuno, anche se conosci a malapena quella persona? >> il mio tono vibra un po' alla menzione della parola "persona": se prima non sapevo esattamente come identificare L, dopo ieri notte decisamente posso farlo.

Ho quasi paura che si sia trattato solo di un sogno. Non riesco a capacitarmi che non sia stato così. Ma il ricordo della pioggia che inzuppava i nostri vestiti e la nostra pelle, la sensazione di freddo pungente, quella di vuoto, quella di sollievo subito dopo, il calore delle braccia di L che afferrano le mie per tirarmi su al sicuro, lì con lei, il sapore delle sue labbra, i suoi occhi mozzafiato.

No. È stato tutto troppo reale perché potesse trattarsi di un sogno.

Dinah corruga la fronte soppesando le mie parole.

<< Non saprei, che tipo di connessione intendi? >> mi chiede.

<< Quel tipo che ti fa pensare di conoscere l'altra persona senza aver bisogno di parlare, quel tipo che ti fa sentire di essere nel posto giusto al momento giusto con la persona giusta, quel tipo che ti fa sentire di poter sperimentare l'infinito ogni volta che i vostri occhi s'incontrano e... >>.

<< Wow, wow, wow Chancho >> m'interrompe lei << di chi stiamo parlando esattamente? >> chiede curiosa inarcando un sopracciglio.

Mi muovo a disagio con la schiena sostenuta dall'anta metallica dell'armadietto e sento le mie guance diventare rosse.

<< D-di n-nessuno... nessuno, era solo un'ipotesi, per dire >> cerco di giustificarmi, rendendomi conto solo in questo momento delle mie parole.

<< Certo, come se io ti credessi adesso >> sono sicura che stia per aggiungere qualcos'altro, ma fortunatamente la campanella mi salva dalla situazione.

Le rivolgo un sorriso colpevole e scivolo via dirigendomi in classe.

<< Ci vediamo a pranzo, DJ >> la saluto prima di aprire la porta.

L'ultima cosa che sento è un suo "Non è finita qui, Cabello!" e non riesco a fare a meno di ridere. Forse parlarne con Dinah potrebbe aiutarmi.

Non ho visto Austin per tutta la mattina, né lui si è degnato di scrivermi un messaggio. Beh, nemmeno io l'ho fatto. La verità è che sono riuscita a prestare vagamente attenzione a tutto ciò che stava succedendo attorno a me. È l'ora di pranzo, così mi siedo al mio solito tavolo aspettando l'arrivo di Dinah. L'impulso di controllare la mia casella e-mail è imminente. Voglio sapere se L sta bene, se è ancora lei o se, anche oggi, si trova in un corpo diverso.

Non trovo nessun messaggio da parte sua, così gli scrivo di getto.

Non c'è nulla di male nell'assicurarsi che qualcuno stia bene, giusto? Mi strofino le palpebre e strizzo un po' gli occhi perché so che non è così. Non sto soltanto controllando che lei stia bene, ma non voglio pensarci.

"L,

è buffo... non so nemmeno se sei ancora tu o se oggi sei di nuovo un'altra persona. Continuo a pensare a ciò che è successo ieri sera, credimi sto provando a smettere ma non ci riesco. Tu eri reale, eri lì, non si trattava di un sogno, ne sono sicura. Mi sembra di star diventando pazza. Dove sei? Cosa stai facendo? Sei a poche ore da me? A pochi metri? Sei distante chilometri e chilometri? Riesci a capire quello che voglio dirti? Riesci a vedere quello che ci stiamo facendo entrambe?

Camila."

Non so nemmeno per quale motivo scrivo quelle parole, ho gli occhi lucidi e sento che potrei scoppiare a piangere da un momento all'altro.

Un movimento di fronte a me mi costringe a sollevare lo sguardo. Dinah è arrivata.

<< Mila non hai toccato cibo, quale strambo alieno ti ha rapi-... Oh, ti senti bene? >> chiede notando la mia espressione.

Mi affretto ad annuire e mettere via il cellulare. Forzo un sorriso e rimescolo svogliatamente con la forchetta il cibo nel mio piatto.

<< Sì, non ho molta fame oggi >> rispondo cercando di risultare convincente.

Dinah mi osserva con sguardo indagatore.

<< C'entra qualcosa quel messaggio che stavi mandando prima? >> domanda non distogliendo gli occhi dai miei.

La mia espressione si allarma. Come fa a saperlo?

<< C-cosa? >>.

<< Ti ho solo vista super concentrata mentre scrivevi >> si giustifica.

Sospiro di sollievo.

<< Austin continua a comportarsi come suo solito? >> mi chiede conoscendo i precedenti del mio ragazzo.

<< No, non era Austin >> rispondo scuotendo la testa.

<< Oh >> adesso la sua espressione è ricolma di curiosità << e allora chi? >>.

Dinah ed io siamo abituate a dirci ogni cosa, non ci sono segreti tra di noi. So che per quanto complicata qualcosa possa essere, lei riesce sempre a capirmi e ad aiutarmi, ed io faccio lo stesso per lei. È come se fossimo totalmente parte l'una della famiglia dell'altra.

L è di fatto il primo vero segreto da cui la sto tenendo all'oscuro. Odio mentire in generale, a Dinah ancor di più, ma non sono sicura di poterle rivelare la verità. Non ancora almeno.

<< Ti ricordi quello che ti ho chiesto stamattina? >>.

Lei annuisce.

<< Oh mio dio... lo sapevo che c'entrava qualcuno! Avanti, chi è? Lo conosco? >> è così eccitata dalle sue stesse parole che quasi salta in piedi sulla sedia.

<< Shh, abbassa la voce per favore, non ho nemmeno dormito bene stanotte >>.

È la verità, le mie tempie pulsano ancora, nonostante le ultime ore di riposo che mi sono concessa.

<< Ah, siete già passati in seconda base insomma... come hai potuto non dirmi nulla? >> sbotta indignata.

Ci metto qualche secondo. Poi la mia espressione confusa finalmente scivola via. Sento le mie guance andare a fuoco quando capisco cosa sta insinuando. Spalanco gli occhi.

<< NO! Oh no! Non è quello, nulla di ciò che stai pensando! >> mi affretto a chiarire.

Dinah sembra non credermi ancora ma si calma.

<< Però c'è qualcuno >> ribadisce il suo punto. << Perché non me l'hai detto? Sono secoli che cerco di scollarti da mister Austin-non-me-ne-frega-nulla-di-te >> si finge offesa.

Rido perché riconosco la verità in quelle parole. Dinah non è mai stata troppo felice del fatto che io ed Austin stessimo insieme. Entrambi hanno sviluppato una specie di avversione l'uno per l'altra e Dinah continua a ripetermi da mesi che lui non è quello giusto per me. Credo che una parte di me lo sappia già, solo che fatica ad ammetterlo. Come ha detto L, ho paura del cambiamento che porterebbe nella mia vita; ho paura di ritrovarmi sola, ho paura di spezzare l'equilibrio che ho faticosamente cercato. Ma non può funzionare più. Questa scusa non reggerà più a lungo.

Sospiro e mi passo una mano tra i capelli per prendere tempo.

<< Perché non sono ancora esattamente sicura di cosa provo per questa persona >> ammetto.

Dinah annuisce e torna a spiluccare qualcosa dal suo vassoio.

<< D'accordo, giusta osservazione, ma chi è lui? >>.

Sento le mie guance diventare nuovamente rosse e stringo più forte il manico della forchetta tra le mie mani, le nocche diventano bianche.

<< Ehm... e se non fosse un lui? >>.

Dinah tossisce pesantemente quasi strozzandosi con l'acqua. Mi affretto a darle qualche colpetto sulla schiena per farla riprendere.

<< Oh... Mila, io uhm... solo sono sorpresa. Insomma non mi avevi mai detto che ti piacessero anche le ehm... le ragazze >> so che non ha alcun problema con la cosa in sé, ma devo averla lasciata davvero di stucco poiché ha ancora gli occhi spalancati.

Dinah ed io ci conosciamo praticamente da quando siamo nate.

<< Nemmeno io. Voglio dire, questa è la prima ragazza per cui provo qualcosa di diverso >> ammetto ancora.

<< Ma hai detto di non sapere cosa sia di preciso però, no? >>.

Annuisco in assenso.

<< Pensi che si tratti di pura attrazione fisica o potrebbe essere qualcosa di più? >> mi domanda con la curiosità che colora i suoi occhi.

Mi trattengo dallo scoppiare a ridere. Vista la situazione di L, l'attrazione fisica è l'ultima cosa di cui potrei parlare; non che non abbia apprezzato i corpi in cui l'ho incontrata, ma si tratta decisamente di qualcosa di diverso fra di noi. Questo lo so per certo. Lo so io, e lo sa lei.

<< Non posso negare che senza dubbio lei è di gran lunga la ragazza più bella che abbia mai visto, ma tra di noi c'è quella strana connessione di cui ti parlavo. Ho la sensazione di averla già conosciuta sotto così tanti aspetti, eppure di doverne scoprire ancora mille altri >> sto dando voce a quello che sento, forse per la prima volta in vita mia.

Beh, a parte quando mi trovo con L. Quando sono con lei, è un continuo dar vita alle nostre emozioni. È così che ci ritroviamo l'una persa dentro l'altra.

<< Deve trattarsi davvero di una persona speciale allora, perché non ti ho mai sentita parlare così di nessun altro >> rivela Dinah non nascondendo il sorriso che ha preso forma sulle sue labbra.

Arrossisco per la terza volta durante la giornata e abbasso lo sguardo sul mio piatto. Non posso negare di sentire il peso sul mio petto scivolare un po' via a quella confessione.

Sapevo che parlarne con Dinah mi avrebbe aiutata in qualche modo.

Prima di riprendere le lezioni mi assicuro di aver controllato di nuovo il mio account. Nulla. Nessuna risposta.

Mi passo la lingua tra le labbra e mi dico di restare calma. L sta bene. Può semplicemente non aver avuto il tempo o l'occasione di leggere il mio messaggio. Sì, dev'essere così.

P.O.V. L.

Giorno 6004.

Il telefono squilla. Lo afferro all'istante sperando che si tratti di Camila. Come posso essere così stupida? È impossibile che sia lei.

Ricordo con nitidezza ciò che è successo la notte scorsa. Ricordo la pioggia battente, Nora, il tetto, il flacone di diazepam, il calore che si sprigionava per tutto il mio corpo, ricordo me, ricordo di aver afferrato Camila, poi Nora.

Ricordo Camila. Ricordo che mi ha vista per la prima volta. Non in un corpo qualsiasi, nel mio. Eravamo io e lei. Mi ha baciata senza esitazione, senza pensarci un secondo in più. Ma si è trattato di ieri. Oggi è un altro giorno, ed io non sono più io.

Ringhio di frustrazione. Non ricordo di preciso quando ho perso nuovamente il controllo del mio corpo. Probabilmente è durato qualche ora in più rispetto alle volte precedenti, ma non saprei affermarlo con certezza.

Il nome sul display recita "Tommy". Accedo alla memoria del corpo in cui mi trovo e scopro che Tommy è il mio ragazzo.

Oh giusto, oggi io sono Quentin.

<< Pronto? >> rispondo cercando di suonare più sveglia di quanto non sia in realtà.

<< Q! Finalmente, ci hai messo un'eternità! Passo a prenderti fra un'ora insieme a Richard e Mark, fatti trovare pronto, non come al tuo solito >> mi ammonisce scherzosamente, ma io non ho voglia di ridere, così farfuglio semplicemente un "Okay" e chiudo la conversazione.

Mi strofino gli occhi e mi siedo alla scrivania di Quentin accedendo al suo portatile per controllare i messaggi. Ne trovo due da parte di Camila, l'ultimo spedito appena qualche minuto fa.

"L,

è buffo... non so nemmeno se sei ancora tu o se oggi sei di nuovo un'altra persona. Continuo a pensare a ciò che è successo ieri sera, credimi sto provando a smettere ma non ci riesco. Tu eri reale, eri lì, non si trattava di un sogno, ne sono sicura. Mi sembra di star diventando pazza. Dove sei? Cosa stai facendo? Sei a poche ore da me? A pochi metri? Sei distante chilometri e chilometri? Riesci a capire quello che voglio dirti? Riesci a vedere quello che ci stiamo facendo entrambe?

Camila."

Mi passo una mano tra i capelli scompigliandoli e chiudo gli occhi ritrovando la sensazione delle labbra di Camila sulle mie. Sulle mie vere labbra. Non su quelle di Nora, o di Quentin o di chiunque altro. Sulle mie.

Mi mordo le labbra perché riesco a capire cosa sta cercando di dirmi. Riesco a vedere quello che entrambe ci stiamo facendo. Stiamo lasciando un segno l'una sull'altra che non andrà più via, anche se fossimo costrette a non rivederci più, anche se non potessi tornare indietro e correre di nuovo da lei, non riusciremmo a dimenticare. Ci siamo spinte troppo oltre ormai.

Mi chiedo per la prima volta se non sia stato un errore permettere a Camila di sapere la verità su di me. Se non sia stato un errore lasciarla penetrare così profondamente dentro la mia pelle. Riapro gli occhi e penso che nulla di così bello possa essere definito un errore.

No. Decisamente no. È stata la cosa giusta. Ma il fatto che sia stata la cosa giusta non implica che non possa avere delle conseguenze poco piacevoli.

Il secondo messaggio è diverso. Camila non è più concentrata su se stessa.

"L,

scusami, so che ti ho già scritto prima, ma spero davvero che ieri sia andato tutto bene. Spero che tu possa rispondermi perché ho davvero bisogno di sentirti in qualche modo. Prima ho chiamato lo stesso numero che tu mi hai lasciato, volevo accertarmi che Nora stesse meglio e fosse ancora viva. Nora ha risposto, le ho dato appena qualche informazione vaga senza dirle chi fossi io, ma suppongo che sentire la sua voce sia stato un buon segno. Ancora una cosa, ho trovato questo link. La storia di Ally sta andando fuori controllo. Per quale motivo non mi hai raccontato quello che è successo?

Camila."

Non saprei dire con certezza se Camila è arrabbiata con me o no. Le sue parole suonano come un misto fra disperazione e avversione al tempo stesso. Capisco che probabilmente per lei, più di me, scendere a patti con tutta questa situazione è molto più complicato. Ma sta tentando di farlo. Sta cercando di riuscirci perché ha ammesso a se stessa di provare qualcosa per me.

Il solo pensarci fa piegare le mie labbra in un sorriso amaro. Sono felice dei sentimenti di Camila, ma so quanto le stanno costando... chi sono io per darle un fardello così pesante da sopportare?

Clicco sul link che è allegato al messaggio e vengo reindirizzata alla testata giornalistica di un quotidiano di Miami.

"IL DIAVOLO È ARRIVATO."

Cosa? Hanno intenzione di fare sul serio con questa storia?

Ovviamente l'ampio articolo riporta la storia di Ally, ma non è più soltanto la sua. Adesso altre testimonianze di possessioni si sono aggiunte. Scorro i nomi delle varie persone, ma nessuna di esse mi risulta in qualche modo familiare. Fortunatamente.

Alcune testimonianze sono davvero assurde. Mi sorprende che il giornalista non si sia nemmeno preso la briga di valutare quali inserire e quali no. Si è semplicemente bevuto tutto, anzi lo ha addirittura collegato a confessioni di altri criminali che hanno giurato di essere stati sotto l'influenza di uno spirito mentre compievano i loro misfatti.

Oltre ai messaggi di Camila ne trovo anche uno da parte di Mike. Un altro link.

"L,

come ti avevo promesso, sto facendo il possibile per trovare informazioni su questo reverendo Parker. Questi articoli sono stati i primi risultati che sono riuscito a scovare, ma credo di poter fare qualcosa in più. Restiamo in contatto.

Mike Jauregui."

Nel link di Mike sono contenute interviste al reverendo Brandon Parker, tutte relative e collegate in qualche modo ad Ally. Sostanzialmente Parker sostiene che non ci siano dubbi e si tratti di possessione demoniaca.

"Questi episodi non dovrebbero stupirci, perché il diavolo non potrebbe decidere di fare una cosa del genere?"

Questo è ciò che recita una parte dell'intervista.

Sono così stanca di questa storia. Stringo i pugni fino a sentire le unghie conficcarsi nei palmi delle mie mani.

"Perché accidenti non puoi lasciarmi in pace, Ally? Non l'ho deciso io di prendere il tuo corpo quel giorno!" penso con rabbia.

Ciò che m'infastidisce di più è che le credano. Stanno iniziando a crederci davvero, e ogni persona in più che sostiene questa storia è un motivo in più per far sì che Ally si avvicini a me.

Apro la cartella dei messaggi che lei mi ha inviato, cui io non ho mai risposto. Inspiro profondamente e scrivo fulmineamente la prima e-mail di risposta ad Ally Brooke.

"Io non sono il diavolo."

È una sola riga, ma ammette già troppo. Le ho appena confermato che qualsiasi cosa io sia, qualsiasi cosa lei crede che io sia, esisto davvero. Sono una presenza reale. Sono qualcuno che le ha appena dato un motivo in più per andare fino in fondo alla faccenda.

Sto per rispondere ai messaggi di Camila, quando un clacson strombazza e mi fa sussultare sulla sedia. Mi affaccio alla finestra e controllo l'orario digitale a caratteri rossi sulla mia sveglia.

Tommy è lì che sventola una mano per salutarmi. Dalla macchina fanno lo stesso anche Richard e Mark.

<< Siete in anticipo >> urlo per far sì che mi sentano.

Tommy scrolla le spalle.

<< Andiamo a prendere la colazione e siamo di ritorno. Sbrigati pigrone! >> m'indica con l'indice come a volermi far notare che sono ancora in pigiama.

Chiudo la finestra e sollevo il pollice in segno di "Okay". Non ho il tempo di concentrarmi per rispondere alle e-mail di Camila. Corro in doccia e mi preparo. Scendo in cucina, dove i miei genitori parlano tranquillamente in una lingua che non mi è molto familiare, simile allo spagnolo, ma non è spagnolo. Riconosco un po' l'accento, ma soltanto con un accesso in Quentin capisco che si tratta dell'argentino. Sapere che loro due sono argentini non mi aiuterà a capirli meglio; così li saluto velocemente in inglese e gli auguro buona giornata, senza dargli il tempo necessario per replicare.

Quando esco di casa, Tommy non è ancora tornato; così mi prendo un attimo di tempo per capire dove dovremmo andare tutti e quattro stamattina.

Gay Pride. Oh. Giusto. Come ho fatto a non capirlo prima? Dal momento che Tommy è il mio ragazzo e Richard e Mark formano un'altra coppia – questo mi costa un altro accesso -.

Quando Tommy arriva, salto a bordo dell'auto rivolgendogli un sorriso e battendo il cinque con Richard e Mark.

<< Wow, ehi... non pensavo che la cosa ti mettesse così tanto di buon umore >> esordisce Tommy squadrandomi dalla testa ai piedi, prima di porgermi un caffè e un muffin.

<< Perché no? >> chiedo cercando di suonare casuale.

<< Perché ci messo anni per convincerti a venire con me al Pride >> scuote la testa ridendo mentre riparte con la macchina.

Mi stringo nelle spalle e resto in silenzio per la durata del viaggio. Non sono di buon umore. Non sono felice, ma desidero disperatamente che almeno per un giorno le cose siano normali.

Avrei voluto rispondere ai messaggi di Camila. Non solo, avrei voluto avere delle risposte concrete alle sue domande, ma non ho nulla. Solo i miei sentimenti, e capisco che in questo momento potrebbero non bastarle. La mia mente è altrove. Concentrata anche su Ally e sul reverendo Parker.

Non avrei dovuto mandarle quell'e-mail.

Una volta al Pride, mi rendo conto che Tommy si ritrova perfettamente nel suo elemento. Saltella in giro, mi tiene la mano, mi stringe in abbracci fugaci. Ci ritroviamo in mezzo ad una comitiva variegata e disorganizzata che tuttavia si muove in sincro. Certamente capisco che è l'idea principale, più che l'atto in sé, a voler lasciare il segno. Non mi dispiacerebbe rendermi una partecipante attiva durante tutta la manifestazione, ma sono così distratta che assecondo a malapena i discorsi di Tommy.

Cerco Camila nella folla. So che non c'è. Non sono nemmeno riuscita a dirle dove mi trovo. Ma la cerco ugualmente. Ho voglia di lei accanto a me, ho voglia di vederla, di dirle che è tutto okay e che i suoi stessi pensieri spaventano anche me. Ho voglia che mi veda ancora come la reale me. Come la vera L, e non un altro corpo che finirà per confonderla, come tutto il resto.

Mi sento così egoista. Dovrei essere qui e regalare a Tommy la giornata che si merita insieme a Quentin. Tutto ciò che sto facendo è portare via l'attenzione del suo ragazzo alla ricerca di qualcuno che non potrebbe essere affatto da quelle parti. La giornata di Camila non è meno importante della mia.

Arriviamo ad un incrocio, mano nella mano con Tommy, dove alcune persone protestano contro il raduno. Gli insulti piovono e davvero stento a capirli. È come protestare contro chi ha gli occhi chiari.

Nel corso della mia vita non ho mai potuto definire con certezza – fino ad ora – l'appartenenza ad un genere sessuale. Non mi sono mai innamorata di una persona per il genere sessuale. Mi sono innamorata d'individui. Anche adesso, che ho capito di essere una ragazza, il mio pensiero non cambia. Non si tratta di abitudine, si tratta di qualcosa di più. Non capisco perché per alcuni sia così difficile capire qualcosa di così ovvio. Il desiderio è desiderio. L'amore è amore. Che importa di tutto il resto?

Tommy si ferma proprio davanti a loro e mi bacia. Vorrei essere con lui in quel gesto. Filosoficamente lo sono, con tutta me stessa. Ma fisicamente sono completamente da un'altra parte. È impossibile riprodurre la sensazione di benessere e d'infinità che provo quando sono con Camila. Tengo gli occhi aperti e adocchio un cartellone dei protestanti con su scritto: "L'omosessualità è soltanto un'opera demoniaca!"

Un solo pensiero mi lampeggia in testa quando Tommy mi trascina via tenendomi ancora la mano.

"Ma perché le persone si servono del diavolo come soluzione per qualsiasi loro paura?"

Ci fermiamo a mangiare qualcosa con Richard e Mark, non appena abbiamo finito, Tommy mi chiede di accompagnarlo a provare alcuni capi d'abbigliamento. Non sono per nulla concentrata. Continuo a sperare di potermi imbattere in Camila. Tommy ha le braccia cariche di vestiti, faccio per prenderne alcuni quando le sue mani mi spingono contro la parete del camerino e mi bacia con passione. Ancora una volta non riesco a trovare la giusta intensità. È semplicemente qualcosa che non si può riprodurre meccanicamente. Ma questa volta Tommy lo nota, si accorge che c'è qualcosa di diverso.

Abbandona i vestiti ammucchiandoli gli uni sopra gli altri.

<< Usciamo. È inutile che fingiamo ancora di girarci attorno, dobbiamo parlare >> dice con freddezza mista a rassegnazione.

E improvvisamente quella mi sembra una delle frasi più spaventose che possano esistere.

Ci allontaniamo dalla festa e dalla folla, andiamo verso il mare. L'oceano. Ancora una volta tutto mi riporta a Camila, ma cerco di restare concentrato. Questa volta devo prestare attenzione. Accedo nei ricordi di Quentin e scopro che lui e Tommy stanno insieme da un anno. Un anno esattamente oggi.

Scuoto la testa. Fino ad ora non mi sono dimostrata un'ospite degna della vita di Quentin. Lui avrebbe dovuto ricordarsene. Quentin l'avrebbe fatto. Ma io no.

<< Perché, Q? Perché proprio oggi? >> chiede Tommy con il volto tra le mani.

Non mi sta guardando negli occhi, guarda in basso. Gli poso una mano sulla schiena per fargli capire che sono presente, ma se la scrolla di dosso con un rapido movimento.

<< Credevo che avessi deciso di dare una chance alla nostra relazione, credevo che oggi fosse la volta buona per riprendere tutto in mano... ma evidentemente hai la testa da un'altra parte. Continui a guardarti intorno come se cercassi qualcuno tra la folla, come se tutto fosse più importante di noi due >> sputa fuori con rabbia e, ancora una volta, rassegnazione.

Mi sento in colpa. Tremendamente in colpa. Non ho il diritto di comportarmi così. Non ho il diritto di rovinare la vita delle persone, non ho il diritto di farle soffrire.

<< Chi stai cercando? Cosa stai cercando? Mi hai detto mille volte di non preoccuparmi, che non c'era nessun altro. Magari non è più cos- >> gli poso due dita sulle labbra interrompendolo.

Nego furiosamente con il capo, perché so che non c'è nessun altro per Quentin.

<< No. È ancora così, è sempre stato così. Non ti ho mai tradito, non c'è mai stato nessun altro >> la sincerità nelle mie parole è palpabile e dallo sguardo di Tommy capisco che riesce a coglierla.

Sono felice che tra di loro ci sia questo feeling che gli permetta di capirsi anche senza parlare, ma adesso devo fare in modo di non mandare tutto in pezzi.

<< Non c'è nulla che non farei per te, Q. Ma non puoi chiedermi di far funzionare le cose tra noi e, al tempo stesso, non essere partecipe. O di farle funzionare mentre tu cerchi di buttarle giù. Non posso farlo, riesci a capirlo? >>.

No, non voglio fare nulla di tutto questo. Non voglio che succeda nulla di tutto questo tra loro.

<< Almeno dimmi se mi ami ancora! >> sbotta frustrato Tommy dalla mia non risposta.

La verità è che non lo so. Non ho modo di saperlo. Non mi è concesso di accedere alle emozioni di Quentin. Ma non posso nemmeno eludere la domanda di Tommy.

<< Sai bene che i miei sentimenti per te non sono cambiati >> rispondo finalmente.

<< Lo so bene? È il nostro anniversario, Quentin... >> replica lui sarcastico.

<< Il mio umore di oggi non ha nulla a che vedere con te o con quello che provo per te >>.

Un'altra risata sarcastica fa capolino dalle sue labbra.

<< Siamo qui insieme. Siamo sempre stati insieme in tutta la nostra relazione, abbiamo affrontato degli ostacoli e l'abbiamo fatto insieme. Ed oggi è il nostro fottuto primo anniversario e tu dici che non ha nulla a che vedere con me? Siamo pur sempre in due! >>.

È arrabbiato. Davvero arrabbiato. Capisco che non è qualcosa che riguarda soltanto oggi, le cose devono aver preso una brutta piega da un po'. Eppure tra loro è rimasta ancora quella scintilla che potrebbe permettermi di riportare le cose a posto. Devo solo scavare a fondo per trovarla. Non farò andare in pezzi la loro storia.

<< Mi dispiace Tommy, non volevo affatto che la giornata andasse così. Hai ragione, dovrei smetterla di pensare a tutto il resto e concentrarmi su noi due, e non dico solo per oggi, dico anche per i giorni a venire. Non voglio che tutto questo finisca, e mi dispiace che io non abbia qualcosa in più da offrire se non le mie scuse... ma dico davvero questa volta >>.

Tommy poggia la testa sul mio petto ed io gli prendo una mano fra le mie e me la porto alle labbra baciandola delicatamente. Osserviamo le onde dell'oceano ancora per un po'. Mi perdo nei ricordi di Quentin dove c'è anche Tommy. Sono così felici insieme.

Tommy solleva la testa e mi fissa dritto negli occhi. Tenta di ricacciare indietro le lacrime, ma prima che io possa parlare fa un'unica richiesta.

<< Baciami >>.

Non posso negarglielo. Non posso e non voglio. Questa volta c'è qualcosa di diverso nel bacio, Tommy lo sente. Questa volta sono presente, sono qui con lui. Mi aspettavo che la sensazione di tradimento verso Camila mi attanagliasse lo stomaco, ma non succede. Ci metto un po' a capire, ma poi ci arrivo: sono riuscita in qualche modo a distanziare i miei veri sentimenti e le mie emozioni da quelle di Quentin. Risulta paradossale, ma è come se stessi guardando questa scena dall'esterno pur vivendola. Lascio che sia davvero Quentin a baciare Tommy. Lascio che siano i loro sentimenti a collidere e ritrovarsi. Così come i loro si appartengono, i miei appartengono a Camila, e non potrebbe essere in alcun modo diversamente.

Il resto della giornata scorre tranquillo. Tommy è molto più sereno, io mi comporto da ragazzo modello. Cerco di regalare alla giornata la sua nota positiva. Raggiungiamo Richard e Mark e balliamo, festeggiamo tutti insieme dimenticandoci del resto.

Una volta tornata a casa mi precipito al computer per rispondere ai messaggi di Camila.

"Camila,

non ricordo di preciso quando ieri notte ho perso il controllo del mio corpo. Dovevo essere davvero sfinita. Mi dispiace di non essere stata presente nella tua giornata, spero che tutto sia andato bene. Camz... riesco a capire ciò che vuoi dirmi. Riesco a sentirlo. Credimi, in certi momenti ho la tua stessa sensazione di andare fuori di testa, ma se c'è una cosa che riesce a tirarmi fuori da quella spirale buia, è proprio il pensiero di te. Mi rendo conto che forse questo può sembrare pazzesco o non sufficiente, ma ti assicuro che è la verità. Vorrei poterti parlare ancora, ma il tempo che ho a disposizione in questo corpo sta scadendo. Spero di poter essere più vicina a te domani, magari potremmo vederci. Ho così tanta voglia di vederti.

PS: non credevo che la storia di Ally andasse in questo modo. Sarebbe meglio parlarne di presenza.

L."

Dopo averla spedita, mando un messaggio a Tommy per assicurarmi che sia tutto okay tra di noi, poi accedo al mio vecchio account, curiosa di sapere se Ally mi ha risposto.

L'ha fatto. Il mio cuore batte più veloce in attesa che il messaggio si apra.

Una sola parola appare davanti a me.

"Dimostralo."

Note conclusive: Ebbene sì, ci sono riuscita! Uhhhh ho fatto il prima possibile per completare il capitolo e finalmente è fatto.

Questo è il primo capitolo dove incontriamo il P.O.V. Camila e, ad essere sincera, non sto pianificando di farne altri in questo modo. Ma volevo che almeno in parte fosse presente il suo punto di vista. Volevo che ci fosse una visione da parte sua, anche riguardo ai sentimenti verso L.

Anyway, non c'è molto da dire per il resto, sto già ricontrollando il capitolo in cerca di errori o simili :')

Vi lascio un paio di curiosità/chiarimenti/etc.

1. Normani sarà nel prossimo (lo giuro, lo so che l'ho detto mille volte, ma stavolta ci sarà davvero lol)

2. Forse verso la fine incontreremo un altro P.o.v Camila, non sono sicura.

3. Sto già decidendo quando far entrare definitivamente in scena Lauren.

4. Nessuno dei personaggi citati (a parte gli ovvi) sono reali.

5. Il titolo del capitolo è tratto da una canzone dei Florence and the Machine.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10. ***


Capitolo 10.

 

Giorno 6005.

 

Quando mi sveglio mi ritrovo nel corpo di Beyoncé.

 

D'accordo, non la vera Beyoncé, ma in un corpo altrettanto fantastico. A dir la verità, quando ho aperto gli occhi non ho visto altro che sagome sfocate e pallini che volteggiavano fuori posto. Ho tastato il comodino alla ricerca di un paio d'occhiali, ma non c'era nulla. Così mi sono trascinata fino in bagno e lì ho finalmente trovato delle lenti a contatto. Quando mi sono guardata allo specchio, sono rimasta quasi folgorata.

 

Oggi non sono bella. Oggi sono meravigliosa. Bellissima, davvero. non c'è una sola parte di me che non vada bene, ogni curva è al posto giusto.

Di norma sono più contenta quando non risulto troppo attraente: le attenzioni insistenti m'infastidiscono.Preferisco restare nella media. La mia esistenza è stata perennemente costituita dalla media di qualcosa. Dall'essere trasparente ma visibile al tempo stesso. In ogni caso, ci tengo a dare un'impressione positiva di me.

 

La vita di Normani Kordei Hamilton non è però definita dal fascino. Nonostante sia una delle ragazze più belle in cui mi sia mai potuta ritrovare, comprendo che c'è dell'altro in lei. Suppongo che quando si tratti di bellezza si parli di un fattore del tutto naturale, ma essere così favolosi non è un puro caso: un corpo così e un viso del genere richiedono parecchia cura.

 

Accedo in Normani, e scopro di trovarmi appena fuori Miami. Quindi a pochissimi chilometri da Camila. Normani però non è originaria di Miami, ma di Atlanta.

 

Controllo le e-mail e trovo un nuovo messaggio da parte di Camila.

 

"L,

spero che tu sia nei paraggi oggi, perché ho il pomeriggio libero e la macchina tutta per me. Ti va di fare un giro?

 

Camila."

 

Una delle giornate migliori che siano mai cominciate. Certo che ho voglia di rivederla. Le rispondo di sì.Mille volte sì.

 

I genitori di Normani resteranno fuori per il week-end, ma posso notare che non è qualcosa di anormale perla ragazza. Molte volte è rimasta da sola in queste occasioni, e sospetto che essere al comando non sia qualcosa che le dispiaccia.

Mi preparo curando alcuni dettagli molto più del solito; sono intrigata dalla prospettiva di condurre una vita come quella di Normani, anche solo per un giorno. Controllo un paio di cose sul suo account di posta elettronica e mi chiedo se i suoi amici siano quei tipici ragazzi che la considerano indiscutibilmente bella ma carente in tutto il resto. Normani non è affatto una ragazza superficiale, ma per gli altri quando l'aspetto fisico è indubbiamente meraviglioso, molte altre cose diventano discutibili.

 

Camila suona dalla sua macchina. Esco esento un brivido di eccitazione scorrermi addosso: sono emozionata di rivederla. Sono felice.

 

Mi chiedo se sarà sempre così, se sentirò sempre quel tuffo al cuore ogni volta che i miei occhi si poseranno su di lei. Se il fiato mi si mozzerà in gola nel riscontrare quanto sia fortunata ad amare una ragazza del genere.

 

Salgo in macchina e Camila scoppia a ridere.

 

<< Fai sul serio? >>chiede.

 

Non capisco se sia seria o no all'inizio. Poi comprendo.

 

<< Non ho la minima idea di cosa tu stia parlando >> fingo indifferenza.

<< Ah no? >> replica lei con un sopracciglio inarcato.

 

Ha ancora il sorriso stampato sulle labbra e sono sinceramente lieta di vederla così a suo agio da scherzare con me.

 

<< Cerca di capirmi, sei la prima persona a vedermi in più di un corpo e a sapere chi io sia in realtà. Non ci sono esattamente abituata >>.

 

Ci facciamo entrambe più serie.

 

<< Hai ragione, scusami. È che...è solo difficile avere un'immagine precisa di te nella mia testa.Voglio dire guardati, oggi sei assolutamente bellissima. Devo continuare a modificarla >> scuote la testa.

<< Potrei quasi ritenermi offesa dalle tue parole. Stai forse insinuando che a casa di Nora non ero abbastanza bella? >> non so nemmeno dove trovo il coraggio di scherzare sull'accaduto di quella sera, ma lo faccio.

 

Un modo un po' drastico di allentare la tensione. Camila mi lancia uno sguardo allusivo.

 

<< L tu eri... >> ma non continua la frase. << Credo solo che alla mia immaginazione serva un po' di tempo per essere più flessibile in quest'ambito>>.

 

Annuisco comprendendo cosa vuole dire.

 

<< Allora, dove andiamo oggi? >> chiedo posando le mani sulle mie gambe.

<< Andiamo in montagna >> risponde mettendo in moto la macchina.

<< Montagna? >>.

 

Lei si limita a scrollare le spalle.

 

<< Siamo già state all'oceano, quindi perché no? >>.

 

C'è qualcosa di diverso rispetto all'ultima volta che ci siamo viste. Qualcosa di strano. Ma ho l'impressione che anche se lo chiedessi, Camila non mi darebbe una risposta. Canticchia la canzone che passa in radio, ma non lo fa a voce alta e non m'invita a seguirla con il ritmo. Continua a lanciare delle occhiate furtive alla mia mano libera, come se volesse stringerla, ma decidesse di non farlo. Si morde il labbro inferiore,come se volesse dirmi qualcosa, ma ci ripensasse all'ultimo secondo.

 

Rifletto su ciò che ha detto all'inizio. Forse è proprio questo il problema di essere meravigliosi: l'essere intoccabili. L'altra faccia della medaglia. Ma questo potrebbe essere il problema di Normani, il mio essenzialmente è diverso. Mi ritrovo ogni giorno in un corpo diverso: dentro è custodita la mia storia, ma dall'esterno non trapela nulla.

 

Vorrei che Camila mi guardasse molto più profondamente di così.

 

Arriviamo presso un boschetto in una zona di montagna. Resto sorpresa quando scopro che Camila ha portato con sé tutto l'occorrente per un vero e proprio pic-nic. Il posto che scegliamo è un po' appartato e mi chiedo se finalmente potremmo avere una vera conversazione lì. Il silenzio imbarazzante che c'era in macchina sembrava spaccarmi i timpani.

La vedo estrarre tutto dal cestino da pic-nic che ha con sé e ci stendiamo su una grande coperta godendoci i raggi del sole che penetrano tra le fronde degli alberi.

 

<< Cosa c'è? >> domando sentendo lo sguardo di Camila fisso su di me.

 

Ho gli occhi chiusi ma le sue iridi stanno scandagliando il mio profilo silenziosamente.

 

<< Perché me lo chiedi? >>replica lei.

<< Non è carino rispondere aduna domanda con un'altra domanda >> le faccio presente stirando le labbra in un sorriso sincero.

 

Camila ridacchia anche e alla fine si arrende.

 

<< D'accordo. Mi chiedevo solo dove fosse? >>.

 

Non sono sicura di aver capito bene.

 

<< Dove fosse chi? >> chiedo confusa.

<< La ragazza dagli occhi smeraldo. Tu >> risponde a voce più bassa nonostante ci troviamo da sole. Lo dice come se fosse un segreto che non dev'essere assolutamente rivelato.

 

Oh. Oh...

 

Sospiro e riapro gli occhi.

 

<< Non lo so >> ammetto. << Non so cosa succede quando perdo il controllo e mi risveglio in un altro corpo >> vorrei davvero avere una spiegazione migliore per lei, per me... ma non ce l'ho.

 

Non ancora.

 

Camila annuisce, cerca di comprendermi.

 

<< Cosa senti quando... insomma, quando passi da un corpo all'altro così bruscamente? >>.

 

Nessuno mi ha mai fatto queste domande, non mi sono mai preoccupata di dover dare una qualche risposta del genere un giorno. Eppure eccoci qui adesso.

 

<< È la sensazione più dolorosa che si possa provare. Il calore è tale da poter andare in autocombustione, gli strappi sono intensi... è come se la tua pelle venisse davvero strappata. La mente diventa completamente bianca, non riesci a pensare a nulla, tutto sembra fuori fuoco >> spiego.

 

È persa in un silenzio impenetrabile dopo le mie parole, mi sento quasi in dovere e allo stesso tempo colpevole di doverlo rompere.

 

<< Camila... >> dico cautamente << quella sera io->>

<< No, non dire nulla. Non è necessario che ti giustifichi >> scuote la testa e forza un sorriso.

 

Capisco che questo è il ritmo che seguirà per l'intera giornata; anche se Camila sentirà di averbisogno di me, di volermi avere vicina, non lo darà a vedere. Non mi cercherà, almeno per oggi.

 

<< Prima il dolce? >> le chiedo con un sopracciglio alzato quando la vedo preparare quella che ha tutta l'aria di essere una banana split.

 

Annuisce e accenna un altro sorriso,questa volta più dolce.

 

<< Decisione filosofica o...? >> sono curiosa dal suo strano atteggiamento e dai suoi modi di fare.

 

Voglio scoprire quanto più posso su di lei. Il tempo in sua presenza non è mai abbastanza, e non voglio lasciare sfuggire neanche un secondo oggi.

 

<< Qualcosa del genere. Vedi, ho questa strana teoria secondo la quale beh se all'improvviso succedesse una catastrofe naturale e dovessi morire senza aver mangiato la cosa che più mi piace? Aspettiamo un intero pasto per arrivarci, senza effettivamente sapere se arriveremo alla fine >>risponde non smettendo di lanciarmi occhiate.

 

Devo avere davvero un'espressione buffa, poiché scoppia a ridere. M'inebrio del suono della sua risata. Vorrei che non smettesse di farlo. Vorrei vedere sempre il sorriso raggiungere e illuminare i suoi occhi.

 

<< Dovresti vederti in questo momento, L! >> esclama.

<< Lo trovi divertente? >> mi fingo offesa.

<< Assolutamente sì >>.

 

Torna più seria quando le chiedo.

 

<< Dici sul serio? Sai, riguardo alla tua teoria... >>

<< No, ma lo faccio spesso e sono semplicemente stanca della domanda. Lo faccio perché mi va >>si stringe nelle spalle.

<< La tua ipotesi non è del tutto errata comunque, altamente improbabile, ma non errata >>appuro sorridendo anche io.

 

Mangiamo continuando a chiacchierare,ma affrontiamo il punto della situazione solo dopo esserci incamminate per una passeggiata in riva ad uno stagno nei dintorni.

 

<< L, ho bisogno di sapere cosa vuoi da me >> mi dice.

 

Non riesco a decifrare bene il suo tono. Non è arrabbiata, ma nemmeno felice. Vorrei stringerle la mano, ma non lo faccio.

 

<< Voglio stare insieme a te >> semplice. Non ho nemmeno bisogno di pensarci.

<< Ma noi non possiamo stare insieme. Lo sai, vero? >>.

 

Mi fermo, lei si ferma con me. Lancio un sassolino al centro dello stagno e fisso i cerchi concentrici che si vengono a formare sulla superficie.

 

<< No, a dire il vero non lo so Camila >>.

 

Fa scivolare una mano dietro le mie spalle e poggia la fronte sul mio petto. Sento il suo respiro contro la pelle. Non sono io in questo momento, si tratta di Normani, ma non importa. Ho quasi paura che riesca il sentire il cuore che vuole schizzarmi fuori dal petto.

 

<< È così, L. Devi accettarlo tu e devo farlo anche io. Possiamo affezionarci l'una all'altra, ma non possiamo stare insieme >>.

<< Perché no? >> domando testarda.

<< Perché no? Vuoi scherzare? Oggi sei lei e domani chi sarai? Un giorno potresti svegliarti all'altro capo del mondo, potresti semplicemente non esserci per me. Non credo di potermi innamorare di te, non così almeno >>.

<< Per quale motivo? Cosa c'è che non va in me? >>.

<< Non c'è niente che non va in te! È il contesto ad essere un problema, lo capisci? Sei tu ma non sei tu. Ho la continua impressione d'incontrare qualcuno di diverso ogni volta. Superare le apparenze non è così semplice come sembra, L >> sbotta esasperata passandosi una mano tra i capelli.

<< Non devi guardare lei. Guarda me, Camila. Concentrati su di me >> tento di nuovo.

<< Dannazione, ti sei vista oggi? Non potrei mai immaginare di stare con una ragazza così perfetta, non riesco a farlo... >>.

<< Ma tu mi hai vista. Hai visto come sono fatta davvero, hai visto molto più delle mie apparenze di chiunque altro, hai visto chi sono >> lo so che non può bastarle.

 

Davvero, lo so. Ma devo provarci. Non posso nemmeno ponderare per un secondo l'idea di lasciarla andare.

 

<< È stato troppo poco, L. Non posso sperare di vederti riapparire, trascorrere un paio d'ore con la vera te e lasciare che tutto continui come se niente fosse. E poi c'è Austin, devo pensare anche a lui >>.

<< No che non devi >> ribatto convinta.

<< E tu come puoi dirlo con certezza? Soltanto perché hai trascorso un giorno dentro di lui? Come puoi pretendere di conoscere una persona in questo modo? >>.

<< Io l'ho visto da dentro. Tanto importa a te di lui, tanto poco a lui importa di te >> affermo.

 

Credo che Camila lo sappia ma si rifiuti di accettarlo. Ha puntato così tanto su di Austin che ormai parte della sua vita senza di lui le sembrerebbe vuota. Almeno all'inizio... fin quando non si accorgerebbe di aver fatto la cosa giusta.

 

<< Smettila! Non sai nulla! >> fa per allontanarsi da me, ma la fermo per un braccio.

 

Non mi rendo nemmeno conto di quello che sto per dire, fin quando le parole non escono fuori di getto.

 

<< Credi che se dovesse vedermi così, se m'incontrasse in questo corpo, sarebbe capace di dedicarti attenzioni? Sarebbe capace di tenere le mani a posto? >> domando provocandola.

<< Non farebbe nulla del genere >> risponde, ma la sua espressione vacilla un po' e i suoi occhi si spostano sul terreno.

<< Ah no? >> continuo.

<< Sai cosa? Se ci tieni tanto, te lo dimostrerò >> mi ferma lei.

 

E prima che possa rendermene conto, sta chiamando Austin, dicendogli d'incontrarsi per cenare insieme fuori in centro.

 

<< Cosa accidenti stai facendo, Camila? >> le chiedo una volta conclusa la telefonata.

So cosa sta facendo, non intendo il senso letterale della domanda. Mi riferisco più al suo comportamento. Mi chiedo se sia davvero colpa mia. Mi chiedo se sia stata io a farle questo indirettamente.

 

Lei si prende la testa tra le mani e la scuote.

 

<< Non lo so... non lo so >>.

 

Riprendiamo a parlare di cose reali,evitando il vero problema. Non vogliamo ricordarlo ancora una volta a noi stesse.

 

Mi chiede quando è successo la prima volta. La prima volta che ho sentito di avere un corpo mio.

Glielo racconto, gli parlo di Mike e del fatto che intende aiutarmi.

 

<< Tu credi... >> deglutisce prima di formulare la domanda << credi che un giorno sarai abbastanza forte da riuscire a restarvi dentro? >>.

 

Mi prende un po' alla sprovvista doverle rispondere, ma non posso negare di essermelo chiesta.

 

<< Non lo so >> scrollo le spalle << Mi accorgo che dura un po' di più ogni volta che succede, ma non so con precisione quando accade e dove finisce quandone esco fuori >>.

<< Ma quando eri piccola, non riuscivi a capirlo? Intendo, il passaggio da un corpo all'altro >>.

<< Non ho molti ricordi di quando ero piccola; le vite che ho vissuto sono moltissime, conservo pochi ricordi significativi ad essere sincera. Ricordo che non volevo dormire la notte, perché sapevo che il giorno dopo non ci sarei più stata. Continuavo a chiedermi se si trattasse di una loro illusione del domani o se ci fosse qualcosa di sbagliato in me >>.

 

Camila non m'interrompe, non dice nulla. Resta in ascolto con il viso inclinato leggermente, come se mi stesse studiando meglio.

 

<< Una bambina di pochi anni probabilmente non si accorge nemmeno di essersi assentata per un giorno >> commenta.

<< Probabile >>.

<< Austin nemmeno >>.

 

La fisso con più attenzione.

 

<< Dopo che mi hai rivelato la verità, non ho potuto fare a meno di chiedergli cosa si ricordasse di quel giorno all'oceano >> dice.

<< E lui? >>.

<< Non obietta quando gliene parlo, ma non ricorda dei dettagli. A dire il vero ricorda poco di quel giorno >>.

<< La sua mente deve aver elaborato qualcosa che gli permettesse di giustificare il trascorrere del tempo, senza veramente sapere cosa stesse succedendo >> ipotizzo.

 

Restiamo in silenzio mentre passo le dita sulla superficie dell'acqua. Camila mi guarda e potrei giurare di vedere un accenno di sorriso sincero sul suo volto.

 

<< Sei mai stata innamorata, L? >> mi chiede all'improvviso.

 

Mi siedo sulla riva.

 

<< Non so se lo si possa definire essere innamorati, ma la relazione più vicina all'amore che ho avuto è stata con Maya >>.

<< Mi parli di lei? >> la sua voce non ha tracce di un qualche sentimento in particolare, solo genuina curiosità.

<< L'ho conosciuta circa un anno e mezzo fa. A volte ho l'impressione che i miei ricordi di lei svaniscano nel nulla, ma sono ancora lì. Non posso dimenticarla. Beh, io lavoravo in un negozio di musica, o almeno Casey lavorava lì, la ragazza in cui mi trovavo quel giorno. Nonostante Maya avesse l'abitudine di comprare spesso dei cd, non si erano mai incontrate, o non avevano mai prestato attenzione l'una all'altra. Non so di preciso cosa successe quella volta, ma ci fu... la scintilla. Credo sia giusto definirla in questo modo, non saprei come altro descriverla. Maya finì per trascorrere tutto il pomeriggio al negozio con me. Ascoltammo della musica, parlammo, le raccontai qualcosa di Casey, qualcosa di davvero mio e lei fece lo stesso. Ma mi disse anche che suo padre aveva ricevuto da tempo una proposta di trasferimento nel proprio lavoro e l'aveva accettata; Maya sarebbe partita il giorno seguente. Le dissi che volevo continuare a sentirla, per me sarebbe stata la situazione ideale: una relazione a distanza senza bisogno di doversi raggiungere di continuo. Lei non era convinta della cosa, così le proposi semplicemente un'amicizia. Ci sentivamo con assiduità e, con il tempo, iniziò anche per lei a diventare qualcosa di più di una pura amicizia >>.

 

Camila mi ascolta silenziosamente, senza interrompermi. Poi prende parola.

 

<< Non hai mai ponderato di dirle la verità? >> domanda.

<< L'ho fatto, ma non credevo che lei potesse sopportare un peso del genere. Così ad un certo punto,quando mi propose di andarla a trovare, le dissi che mi vedevo con un'altra persona. Utilizzai le informazioni del corpo in cui mi trovavo quel giorno. Non ci siamo più sentite da quella volta >>.

<< Accidenti... mi dispiace molto per lei >> commenta sinceramente alla fine del mio racconto.

 

Annuisco amareggiata nel ricordare come ho dovuto mettere fine alla strana relazione che io e Maya avevamo.

 

<< Già, anche a me. È uno dei motivi per cui non mi sono mai più lasciata influenzare da qualcun altro o sono entrata direttamente nella sua vita cercando di sconvolgerla. Almeno... fino a quando non ho incontrato te >>.

 

Vedo Camila arrossire ma cercare di mascherare l'imbarazzo.

 

<< Lo hai mai raccontato a qualcun altro? >> mi chiede.

<< No, giuro. Tu sei la prima in assoluto >> è la verità. Sa che può fidarsi di me. Il problema è che non sono sicura che ancora riesca a farlo.

 

Il fatto che io mi fidi ciecamente di lei non presuppone che lei debba fare altrettanto di riflesso. Non è in questo modo che funziona la fiducia.

 

Continuiamo a conversare scoprendo sempre più cose l'una dell'altra. Scopro attraverso Camila cosa significhi trovarsi ogni giorno a far parte della stessa famiglia.Accorgersi che i drammi o le gioie del giorno precedente non svaniscono in quello dopo. E lei scopre che riesco a compiere grandi distanze soltanto se il corpo in cui mi trovo compie grandi distanze.

Resto meravigliata nel constatare chela sua singola esistenza sia piena di sfaccettature, quasi quanto lamia che è molteplice.

 

Arriviamo all'appuntamento con Austin; Camila seguirà le nostre interazioni da lontano, io dovrò fingermi una sua amica che riconosce Austin per caso e si ferma a parlare con lui. Spero che basti poco per farlo capitolare perché non desidero alcun contatto prolungato con lui.

 

Lo scorgo dalla vetrata del locale e dentro. Ordino qualcosa da bere mentre sento lo sguardo di

Camila incollato alla mia schiena. Adocchio Austin che aspetta impazientemente. Batte di continuo il piede a terra e controlla l'orario sul telefono ogni dieci secondi.Sembra davvero nervoso. Probabilmente non è tipico di Camila ritardare agli appuntamenti, men che meno con lui.

Mi avvicino al suo tavolo.

 

<< Scusami, tu sei Austin? Austin Mahone? >> chiedo fingendo sorpresa.

 

Lui annuisce annoiato, ma quando si volta a squadrarmi devo quasi raccogliere la sua mascella a terra.

 

<< Sono io >> conferma riprendendo la sua solita spavalda facciata.

<< Camila mi ha parlato tanto dite, io sono una sua amica d'infanzia >> mento, ma Austin è più concentrato a far scorrere i suoi occhi lungo il mio corpo.

<< Con chi ho il piacere di parlare? >> chiede sfoderando un sorriso attraente.

<< Normani >> gli porgo la mano per gentilezza e subito lui la stringe, soffermandosi più del dovuto e lasciando una lieve carezza sul dorso.

<< Posso sedermi? Ti dispiace? >> ricambio il suo sorriso anch'io.

 

Lui accenna un no con la testa.

 

<< Non mi dispiace affatto, ma in realtà sto proprio aspettando Camila >>.

<< Oh, che coincidenza: Camila mi ha scritto un messaggio proprio qualche minuto fa dicendomi che non riesce a rintracciarti, ma ha avuto un imprevisto e non potrà venire>>.

 

Austin solleva un sopracciglio ma non fa obiezioni. Probabilmente in questo momento si sente più fortunato poiché potrà trascorrere del tempo con me che con la sua ragazza.

 

<< D'accordo allora. Già che siamo qui, ti unisci a me per cena? >> accetto.

 

Potrei perfino capire cosa ha attratto Camila di lui, ma non riesco a capacitarmi che stia facendo una cosa del genere senza problemi nei confronti suoi.

 

Austin mi chiede come io e la sua ragazza ci siamo conosciute, per quale motivo non mi ha mai vista prima d'ora, quanto resterò in città. Invento che sono soltanto venuta per trascorrere una settimana tranquilla di vacanza, ma il giorno dopo dovrò ripartire per un provino a New York. So benissimo di potermi permettere una bugia del genere, e lo sa anche Austin, soltanto che non sospetta minimamente che non sia vero.

Per moltissime persone, Camila compresa, il mentire è un'azione che richiede meditazione prima. Non è così semplice. Ma per me, mentire è parte della mia vita quotidiana, dovuto alla mia particolare condizione. Ho imparato ad adattarmi e a superare gli ostacoli che giornalmente mi si presentano davanti... ma questo richiede un alto numero di menzogne che si sovrappongono sulle mie spalle. Giorno dopo giorno.

 

Gli sfioro accidentalmente la mano. Po ila gamba sotto il tavolo. Poi gli sorrido battendo le ciglia in modo decisamente provocatorio. Sono sfacciata, ma attenta alla mia sfacciataggine. Voglio comunque far vedere a Camila (diversi tavoli indietro) che è lui a rispondere volontariamente alle mie avances. Si sporge, cerca il mio sguardo e mi sorride.

Quando, appena dopo cena, mi prende una mano tra le sue, mi sento incredibilmente sporca. Non sta succedendo nulla di davvero sconvolgente, ma il solo pensiero di lui e me mi nausea. Come può trattarla così? Dimmi che lo vedi, Camila. Dimmi che capisci che è sbagliato quello che provi per lui. Dimmi che tene rendi conto.

 

Austin mi sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio e si sporge per baciarmi. In quel momento, il mio telefono squilla. Meglio, il telefono di Normani. Austin grugnisce infastidito a causa dell'interruzione. Io sfodero un finto sorriso colpevole e dispiaciuto al tempo stesso. Mi aspetto che si tratti di Camila. Le avevo passato il numero di Normani per qualsiasi eventualità durante la cena. Lo avevo fatto perché volevo comunque essere sicura di poter avere un contatto con lei. Ma non è Camila . Il nome che lampeggia sullo schermo è "Dinah".

 

Dinah? Aspetta... io lo conosco questo nome. Dinah.

 

Ma certo che sì! Si tratta della migliore amica di Camila. Un momento, questo significa che anche Normani conosce Dinah. Mi dico che non è poi così strano, può essere una semplice coincidenza. Dinah conosce Normani, ma Normani non conosce Camila. Che strana situazione. Decido che non è esattamente il momento giusto per pormi certe domande.

 

<< Devo andare, è mia madre che mi chiede di rientrare e riportarle la macchina >>.

 

Altra bugia. Non mi sento in colpa nemmeno per un secondo. Tutto ciò che voglio è allontanarmi da Austin il prima possibile. Raccolgo le mie cose ed esco dal ristorante.

 

Pochi secondi dopo mi raggiunge Camila. Ha il volto basso e gli occhi scuri. Mi riaccompagna a casa ma non accenna una sola parola. Quando mi accorgo che ormai siamo quasi arrivate, mi volto a guardarla.

 

<< Scusami... non volevo >>dico, ma lei scuote la testa.

<< No, non scusarti. È colpa mia, avrei dovuto immaginare una cosa simile >>.

<< Camila... >> tento, ma lei mi blocca un'altra volta.

<< L, oggi ho passato una bella giornata con te. Dico sul serio. D'accordo, non tutto è andato perfettamente e alcune delle nostre idee e dei nostri pensieri sono ancora lontani l'uno dall'altro, ma niente è come lo immaginiamo. Per oggi è bastato. Tu sei stata la mia nota felice della giornata,  non roviniamola... per favore >> il suo tono è supplicante.

 

Non posso negarle nulla. Non ho idea di cosa dirà ad Austin o come si comporterà con lui da adesso. Ma rientro dentro casa senza aver avuto la possibilità di baciarla o di tenerle la mano.

Anche a me oggi è bastato. Mi basta sempre quando c'è lei, perché è lei che voglio. Ma ha ragione, non è stato perfetto come lo avevo immaginato.

 

 

 

 

 

 

 

Note conclusive: Saaaalve :') per prima cosa vorrei scusarmi per via del ritardo assurdo di questo capitolo. Volevo soltanto essere sicura di trovare una soluzione affinché non si leggesse male come quello dell'altra volta. Adesso sto postando da pc diverso e spero che in questo modo la cosa possa cambiare. 

Duuuunque, in questo capitolo abbiamo trovato Normani, non ci sono stati né Ally, né Mike ma torneranno presto.... eeeee se vi dicessi che L potrebbe iniziare a ricordare qualcosa? Della vera sé s'intende :')

Vedremo nel prossimo.

Curiosità/chiarimenti/note varie:

1. Il titolo del capitolo è anche il titolo di una canzone, "Don't say anything" di Trent Dabbs. La melodia e il testo mi ricordavano particolarmente la scena finale in cui Camila dice ad L che lei è stata la sua nota positiva della giornata.

2. Austin non ci sarà ancora a lungo. 

3. Abbiamo visto che Normani conosce Dinah... adesso dobbiamo capire in che modo :')

4. Ci sono stati due personaggi "nuovi" in questo capitolo: Casey, ma non è ispirata ad una persona realmente esistente, e Maya. Maya è ispirata all'attrice Maya Mitchell (che tra l'altro è un'amica di Lauren).

 

Credo sia tutto qui :') rileggerò/correggerò il capitolo eeeee see you!

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Capitolo 12
*** Capitolo 11. ***


Capitolo 11.

 

Giorno 6007.

 

Il risveglio non è difficoltoso o inaspettato questa mattina, ma decisamente sorprendente. Mi ritrovo nel mio corpo senza alcuno sforzo, senza alcun dolore lancinante alle tempie. Esattamente come se mi stessi destando da un sonno profondo. Devo aver sognato qualcosa ieri notte, lo ricordo, ma non riesco a percepire nient'altro se non il sentore del sogno stesso. Nessun particolare, niente, ma so con certezza che apparteneva a me. Forse è stato proprio quello a permettermi di risvegliarmi nel mio vero corpo? Immagino di non poter trovare una risposta. Non adesso almeno.

 

Mi alzo in piedi e ci metto qualche secondo in più a decifrare il dolore alla spalla. Mi guardo intorno e finalmente capisco da cosa è stato causato: devo aver dormito sul pavimento per tutta la notte. Fantastico.

 

Trovo il letto della persona in cui dovrei essere. Frugo, senza essere indiscreta, dentro il suo zaino e ritrovo il portafoglio con un documento. Matthew Anderson. Oh oggi sarei dovuta essere un ragazzo. D'accordo, non che faccia molta differenza poi. Matthew ha una sorella, Anita, mi dirigo silenziosamente nella sua stanza e aprendo l'armadio tiro fuori i primi vestiti che mi capitano a tiro.

Lancio uno sguardo fuori alla finestra. Matt sta dormendo alla grande. È ancora l'alba, ecco perché nessun componente della famiglia Anderson è ancora alzato.

Scendo le scale in punta di piedi fino ad arrivare alla cucina della casa, recupero qualcosa da mangiare ed esco silenziosamente. Oh, quasi dimenticavo, Matt non sa di avermi prestato un po' di soldi oggi, ma non è necessario svegliarlo affinché ne venga a conoscenza.

 

Sono intenzionata a raggiungere Camila, ma non trovandomi dentro il corpo di Matthew non ho accesso alle informazioni basilari, come la concezione del luogo in cui sono. Mi tocca cercare di capirlo dai vari manifesti e cartelli pubblicitari appesi in giro. Questa città dista un paio d'ore da quella di Camila. Decido di raggiungerla ugualmente. Due giorni di totale silenzio da parte sua, dopo quello che è successo quando ero nel corpo di Normani, sono abbastanza per iniziare a preoccuparsi. E per volerla vedere ovviamente, ma non credo che questo faccia testo: ho perennemente voglia di vederla.

 

Mentre sono in viaggio per raggiungerla, mi prendo il mio tempo per esaminare i pro e i contro di un'azione così avventata. Mi chiedo quale sarà la reazione di Camila nel rivedermi come beh... me.

Mi chiedo quali saranno i suoi sentimenti questa volta nei miei confronti. Non riuscirei a tollerare un'altra giornata come quella trascorsa nel corpo di Normani, non con Camila in quello stato.

Non so esattamente cosa sia successo tra lei ed Austin dopo il mio incontro con lui, ma mi domando ugualmente se avrò bisogno di riavvicinarla o di conquistarla.

 

Mi prendo anche il tempo per ripercorrere la nottata trascorsa. Non ricordo come o quando sono scivolata nel mio corpo, non so quanto questo sarà stabile ancora,ma mi sento abbastanza in forma e riposata e sono disposta a restare in me per tutto il tempo possibile. Non ho fretta. Spero che nemmeno il mio corpo ne abbia.

Non riesco a figurarmi il sogno che ho fatto, eppure... eppure riesco a rievocare delle voci. All'inizio sono voci confuse, mischiate l'una all'altra, come la distorsione di un disco e la saturazione di un suono. Poi, piano piano, inizio a distinguerle, ma non le riconosco. C'è la voce di una donna che urla qualcosa, sembrano più gemiti di dolore che altro. Mi concentro per capire cosa stia dicendo, quando il bus si ferma all'improvviso facendomi dondolare pericolosamente in avanti. Sono arrivata. Scendo e fronteggio il grande edificio dinanzi a me.

 

"Palmetto High School."

 

Sospiro. Stamattina non sarà per niente facile, ma ne varrà decisamente la pena.

 

Sono arrivata nel bel mezzo della mattinata, quando metto piede dentro l'edificio scolastico una campanella suona assordandomi. Sono sempre state così forti? Non è il momento di pensarci. Non ho che una manciata scarsa di minuti per trovare Camila prima che entri in classe per la sua prossima lezione.

 

Inizio a correre per i corridoi, urto le spalle di diverse persone, ricevo qualche insulto dovuto alle mie maniere poco educate, e poi mi fermo. Mi fermo al centro di un lungo corridoio fronteggiando la realtà. Non so dove sia. Non ho la minima idea di quale sia la prossima lezione di Camila, e se continuo così non la troverò. Chiudo gli occhi e inspiro profondamente per qualche secondo.

 

Quando li riapro file di studenti continuano a passarmi davanti e dietro. Ma io sono concentrata su di lei. Ci sono tutti gli altri, e c'è lei. Lascio che sia l'istinto a guidarmi, un istinto che non proviene solo da me o dal mio corpo,trascende tutto il resto, deve davvero avere sede in un luogo al di fuori dell'universo. Quel qualcosa in più che ci unisce.

 

L'infinito si materializza di fronte ai miei occhi quando Camila Cabello solleva lo sguardo per incrociare il mio. È sull'uscio della porta. È un attimo, uno solo. È abbastanza. Le sue iridi incontrano le mie e sono certa di vederla trattenere il fiato. È difficile spiegarlo perché non esistono parole abbastanza adatte per farlo. Io la guardo e lei mi guarda. Non sta guardando attraverso un corpo sconosciuto. Non oggi. Sta guardando me.

 

Si allontana dall'aula e muove lentamente dei passi che l'avvicinano sempre di più a me. È come se fossimo due isole in mezzo al mare aperto, i flutti continuano a lambirci e a passarci intorno da ogni parte, ma io e lei siamo le isole. Siamo i punti fermi nel mare in continuo movimento.

 

La seconda campanella suona e gli studenti scivolano via diretti alle loro lezioni, lei scivola verso di me.

 

<< Ehi >> mormora.

<< Ehi >> ricambio.

 

Mi osserva in silenzio per un po'.

 

<< Non posso crederci, sei... >>.

<< Sì >> la interrompo soltanto perché so già cosa voleva dire.

 

Scuote il capo e sorride.

 

<< Sei matta a farti trovare qui così? >> domanda ironica.

<< Così come? >> corrugo le sopracciglia.

<< Così... te >>.

 

Scrollo le spalle.

 

<< Pensavo avessi detto di volermi vedere più spesso come me stessa. Non appena il corpo è stato reperibile ho pensato di fare un salto da queste parti >> scherzo.

 

So che lei lo capisce. So che capisce che non si tratta di una mia scelta. Vorrebbe che capissi anche io che per lei agire nel modo in cui agisce non è una sua scelta, ma una semplice conseguenza dell'insieme.

 

<< Dal momento che ti trovi da queste parti, ti va di fare un giro? >> mi propone.

<< Puoi saltare le altre ore? >> domando sorpresa.

 

Lei ridacchia.

 

<< Hai già rovinato abbastanza il mio registro delle presenze, un giorno in più non può essere poi così tragico >> risponde.

 

Sì. Un milione di volte sì. Voglio restare con lei. Voglio lei e la voglio adesso.

 

Mi porta in auditorium, accediamo al palco da dietro le quinte e ci sediamo a terra. Alcuni strumenti sono posizionati lì immobili; una batteria, una chitarra classica, un basso, una tastiera, costumi di scena, pezzi di scenografie. Incrocio le gambe e poggio il viso tra le mani puntellando i gomiti sulle ginocchia. Camila imita la mia posizione.

 

<< Ha fatto male anche questa volta? >> chiede riferendosi ovviamente al mio passaggio.

 

Nego con il capo.

 

<< Mi sono svegliata così >>.

<< Oh... com'è successo? >>.

 

Scrollo le spalle.

 

<< Non lo so ad essere sincera, è successo e basta. Mi sarei dovuta trovare nel corpo di un ragazzo di nome Matthew Anderson, e invece sono solo io >>.

<< Matthew Anderson indossa questo genere di vestiti tutti i giorni? >> inarca un sopracciglio indicando il mio abbigliamento.

<< Matthew Anderson ha una sorella, si chiama Anita >> replico divertita.

<< Così, fammi capire bene, ti sei svegliata nuda, hai scoperto che avresti dovuto essere un ragazzo, hai scoperto che ha una sorella, hai rubato i vestiti a sua sorella e sei sgattaiolata fino a qui in gran segreto; manca qualche pezzo? >> l'ombra di un sorriso è sul suo volto.

 

Annuisco.

 

<< Tutto perfetto fino a qui >>.

<< Sei incredibile, L >> sospira.

<< Perché? >> domando genuinamente interessata alla sua considerazione.

<< Perché? Perché non ho avuto tue notizie per due giorni consecutivi, e adesso mi appari qui, comete stessa, come se nulla fosse... stento un po' a crederci >> ammette.

 

Per un momento mi passa l'idea di star facendo tutto senza nemmeno avere il suo consenso. Posso davvero essere così egoista? Non riesco a trattenermi e glielo chiedo.

 

<< Non avevi voglia di vedermi? >>.

 

Temporeggia prima di rispondere, alla fine lo fa.

 

<< Sì e no. Vedi, tu credi che in questo modo stai semplificando le cose. Sei qui. Sei tu. Siamo insieme. Ma in realtà non è così... molto probabilmente le stai solo complicando >>.

 

Fa male. Sono costretta ad ammetterlo.Fa parecchio male sentirglielo dire. È come se si stesse sgretolando parte dell'infinito che ha racchiuso questo momento etereo tra di noi.

Mi sembra di star inseguendo una luce troppo lontana da afferrare.

 

<< Camila... tu lo senti vero? >> non posso fare a meno di chiederle anche questo.

 

Ho bisogno di saperlo. Ho bisogno di esserne sicura. Lei comprende la mia domanda senza bisogno di ulteriori spiegazioni.

 

<< Lo sento. L'universo pazzesco che ruota attorno a me e te quando siamo insieme, sembra risucchiarci e racchiuderci in una bolla dove nessun altro può entrare, eppure è comunque così fragile. Sì L, lo sento, lo percepisco, lo respiro.Ogni volta che sei intorno a me il mio cuore accelera i battiti e le mie mani tremano istintivamente >> rivela.

 

<< Ma...? Posso avvertire il ma in arrivo >> dico con una punta di amarezza nella voce.

 

Camila deglutisce e si schiarisce la gola prima di riprendere a parlare.

 

<< Ma non sono disposta a buttare via qualcosa di certo per un'incertezza >>.

<< Io sarei l'incertezza? >>.

 

Lo sono? Sono davvero qualcuno su cui non può fare affidamento o non vuole? Sono davvero qualcuno di cui non può innamorarsi o non vuole?

 

<< Lo sei, e non credo di aver bisogno di spiegarti un'altra volta il perché >> riprende.

<< Mi domando come tu abbia la forza sufficiente per non negarti a lui, ma a me >> mi passo una mano tra i capelli.

 

Camila sgrana gli occhi.

 

<< Hai davvero il coraggio di chiedermi una cosa simile? Dopo quello che è successo l'altra sera al ristorante? >>.

<< Mi sono scusata mille volte per quello, mi dispiace di non averlo potuto fare di persona, mail a cui tu non hai risposto. Nemmeno ad una; ma sono qui adesso, lo sto facendo adesso >>.

 

Lei muove una mano per aria.

 

<< Lascia stare. Io non avrei dovuto organizzare quella stupida cena per prima. Ha continuato ad insultarti anche dopo essersene andato >> racconta.

 

Aggrotto la fronte.

 

<< Davvero? >> chiedo sorpresa.

 

Lei annuisce.

 

<< Testuali parole? Ha detto che sei stata una vera stronza e io dovrei smetterla di fare affidamento su amici del genere >> ride, ma è una risata forzata e dolce amara.

 

Forse le fa un po' piacere che Austin si preoccupi per lei in questo modo, ma decisamente deve aver capito che si trattava di una facciata. Come se lui fosse davvero stato immune alle mie particolari attenzioni quella sera. Camila lo sa, ma probabilmente non ha ancora il coraggio di ammetterlo o non vuole semplicemente farlo. Ed io e lei non siamo amiche. Lo sappiamo.Davvero, non potremmo essere più lontane dalla definizione di amicizia. Ma cosa siamo allora?

 

"Cosa siamo, Camila"

<< Vuoi delle certezze, Camila? Eccone una: sei letteralmente la persona più importante e l'unica che mi abbia mai dato modo di sperimentare un sentimento così profondo nel corso della mia esistenza >>.

 

Le mie parole vibrano così tanto di sincerità che posso vedere il suo sguardo addolcirsi e quasi spezzarsi al pensiero di dovermi respingere ancora.

 

"Allora non farlo. Non farlo Camila, non respingermi. Non tirarti indietro. Lascia che ti dimostri quanto posso darti di me stessa." penso senza avere il coraggio di far rotolare fuori quelle parole.

<< Mi conosci da così poco tempo... >> sussurra abbassando lo sguardo.

<< Camila >> sussurro a mia volta prendendo le sue mani tra le mie, con una le sollevo il viso in modo che possa tornare a guardami negli occhi, poi le accarezzo una guancia.

 

Non si ritrae, non sussulta. La sua pelle è così morbida e profumata che posso avvertirlo anche da qui.Ci separano solo una manciata di centimetri e ho voglia di baciarla di nuovo. E poi di nuovo e di nuovo. Ma non sembra la cosa giusta da fare in questo momento.

 

<< Lotto contro il tempo da tuttala vita, se di vita possiamo parlare, sono costretta a farmi bastare un giorno, poche ore la maggior parte delle volte; ma se c'è una cosa che so è che l'amore ti colpisce nella frazione di un secondo,forse anche meno. Hai ragione, per conoscersi ci vuole più tempo, molto più tempo, ma io ci sto provando, riesci a capirlo? Sto facendo tutto ciò che è in mio potere per dimostrarti quello che provo per te >> è una delle poche volte nelle quali sto parlando a cuore aperto.

 

Non sto parlando a chiunque, sto parlando a lei.

 

Camila giocherella con le mie dita intrecciate alle sue. Poi, all'improvviso le solleva e se le porta alle labbra. Sento il calore della sua bocca premuta contro miei polpastrelli. Resto in silenzio, il solo rumore presente è quello dei nostri respiri. Camila avvicina la sua fronte alla mia, ritrova le mie iridi smeraldo. Io ritrovo le sue, calde accoglienti, potrei affogarci dentro. L'ho già fatto senza avere il tempo di rendermene conto.

 

<< Oggi, quando ti ho vista infondo a quel corridoio, sapevo che eri lì e che eri tu ancora prima di voltarmi >> spezza delicatamente il silenzio con quelle parole.

<< Come? >>.

<< Il modo in cui mi hai guardata, il modo in cui il tuo sguardo mi ha fatto scivolare brividi lungo la schiena, nessun altro mi hai mai guardata alla stesso modo>> ammette. << I tuoi occhi sono... incredibili >> continua dopo qualche attimo.

<< Anche i tuoi- >> tento, ma vengo interrotta.

<< No, fammi finire. I tuoi occhi, il modo in cui mi guardi, potrei sprofondarci dentro e non risalire mai più. L'immenso che c'è tra di noi, quello di cui parli sempre, io lo sento L, okay? Lo sento davvero... ma si tratta realmente di una certezza? >> mi bisbiglia, il suo respiro s'infrange sulle mie labbra.

 

È questo che fa l'amore? Fa venir voglia di riscrivere tutte le storie, tutte le poesie, tutte le canzoni, tutto il mondo? Fa vedere la bellezza anche in quelle cose che all'apparenza ne sono prive? Fa venir voglia di fermare il momento e restare così in eterno? È questo l'amore?

 

Sì. No. Non lo so. Quello di cui sono certa è che afferro delicatamente il viso di Camila fino a quando non c'è più distanza tra di noi. Non mi ferma. Lo vuole. Questa è la certezza che posso darle. La bacio piano, mi prendo tutto il tempo del mondo. Le sue labbra si uniscono perfettamente alle mie, come due pezzi di puzzle che finalmente trovano la loro naturale collocazione l'uno nell'altro. Le sue mani si spostano sul mio collo, appena sotto l'orecchio. Le lascio carta bianca e sento la sua bocca succhiare piano il mio labbro inferiore, prima di morderlo e passarci sopra la lingua dolcemente. Preme nuovamente con la lingua lungo il contorno della mia bocca, le permetto di accedere, le permetto di approfondire il bacio senza esitare un solo secondo. Sposto una mano sulla sua nuca per spingerla più vicina.

 

Sento il bisogno d'aria pressare nei miei polmoni. Per quanto non lo voglia, tento di allontanarmi un po'per riprendere fiato, ma quando lo faccio le sue labbra si protendono istintivamente verso di me. Ignorando il bisogno d'aria riprendo a baciarla, probabilmente con più intensità di prima. Non so quanti secondi passano prima che siamo costrette entrambe a staccarci.

 

Di gran lunga si tratta del bacio e del momento più intenso e carico di significato che io abbia mai scambiato con qualcuno, con lei.

 

Camila si alza in piedi piano, ho paura che voglia in qualche modo spezzare ciò che è appena successo, ma non è così. Non dice nulla, semplicemente prende la chitarra e questa volta va a posizionarsi a bordo del palco, le sue gambe penzolano fuori.

 

<< La prima volta che mi hai chiesto di suonare per te io non sapevo ancora chi tu fossi, ed  eri Ally Brooke. Adesso conosco la verità, adesso non sei nessun altra se non te. Adesso sono io che te lo chiedo L... se io suonassi, tu canteresti una canzone per me? >> domanda.

 

Questa richiesta è disarmante. Non ero preparata a nulla del genere, ma capisco che la musica è un elemento importantissimo nella vita di Camila. Non ho avuto moltissimo tempo per ragionarci su, ma l'ho capitolo subito. L'ho capito dal modo in cui suonava quella sera alla festa, dal modo in cui le parole uscivano senza sforzo dalla sua bocca, dai suoi occhi chiusi, dal suo essere totalmente immersa in quell'istante senza preoccuparsi di tutto il resto.

 

Deglutisco e annuisco. Non negherei mai nulla a Camila.

 

Inizia a suonare lentamente. Conosco quella melodia, è una delle canzoni che adoro.

 

"What time you coming down?
We started losing light.
I'll never make it right
If you don't want me around."

 

Inizia lei. Sorrido e proseguo con il testo.

 

"I'ms o excited for the night,
All we need's my bike and your enormous house
You said some day we might
When I'm closer to your height
'Til then we'll knock around, endlessly
You're all I need."

 

Camila stacca gli occhi un attimo dalla chitarra per guardarmi.  Inspiriamo nello stesso istante e andiamo insieme cantando il ritornello.

 

"Don't you see me now?
I think I'm falling, I'm falling for you,
Don't you need me?
I think I'm falling, I'm falling for you,
And on this night and in this light,
I think I'm falling, I'm falling for you
Maybe you'll change your mind
I think I'm falling, I think I'm falling."

 

Arriviamo alla fine della canzone. Non ci diciamo nient'altro. Rovinare questo momento non è nella priorità di entrambe. Lo prolunghiamo quanto più possibile, ma arriva anche questo alla fine.

Ci penso e ripenso durante il viaggio di ritorno. Ritorno verso dove poi? Casa di Matthew? Non c'è nulla di mio lì. Ci metto poco a capire che sto andando verso casa di Mike. In qualche strano modo è l'unico posto dove mi senta davvero al sicuro. Mike non mi negherebbe mai il suo aiuto, lo so, ma adesso non ho bisogno di aiuto, ho solo bisogno di un posto o di un paio di braccia che mi tengano abbastanza a lungo da poterle definire casa.

 

All'improvviso le tempie iniziano a pulsarmi, sento un calore irrazionale irradiarsi lungo tutto il mio corpo.

 

No.

 

No.

 

No.

 

Non può succedere adesso. Non posso abbandonare il mio corpo. Non adesso, davvero. Mi faccio forza, devo restare concentrata. Posso riuscirci. Il dolore alla testa si accentua, non accenna a smettere, anzi continua ad intensificarsi ogni secondo in più.

Mi aspetto le sfumature gialle e blu comparire da un momento all'altro.

 

Non compaiono.

 

Mi aspetto di sentire il dolore lancinante dovuto agli strappi.

 

Non accade nulla del genere.

 

Eppure la mia mente continua ad urlare senza sosta. Le voci si confondono di nuovo, non riesco a distinguerle. Sono le stesse del sogno? Lo sono? Inizialmente non lo capisco. Poi sì. Iniziano a diventare più nitide. La donna che prima urlava caoticamente adesso sembra dare un senso alle sue parole.

 

Cosa accidenti mi sta succedendo?

 

Mi premo gli indici sulle tempie, la mia fronte scotta. La donna continua ad urlare. Non sono frasi. È una sola parola. Una sola. Non ho idea di cosa le persone attorno a me stiano pensando, non so nemmeno se riescano a vedere cosa sta succedendo, semplicemente non le sento.

 

Il mondo fuori non esiste, si annulla.

 

Esiste solo quella voce dolorosa che mi perfora i timpani e mi fa venire voglia di gridare a pieni polmoni. La donna nella mia mente urla un'ultima volta, ed io crollo in ginocchio nella realizzazione.

 

Poi il silenzio.

 

Così improvviso da stordirmi i sensi. Silenzio assordante.

 

Urlava una sola parola. Non una semplice parola.

 

Un nome.

 

"Lauren".

 

 

 

 

 

 

 

Note conclusive: UHHHHH finalmente sono riuscita a finirlo, mi dispiace di aver impiegato più tempo del previsto. Inizialmente ero un po' indecisa su come concluderlo o se prolungarlo, alla fine mi sono detta di aver in mente abbastanza materiale per il prossimo :') quindi inizierò a scriverlo preso.

L'ho appena riletto ma nuovamente lo ricontrollerò per eventuali errori. 

Leeeeeeet's go con le solite curiosità/chiarimenti/bla bla bla vari:

1. Il capitolo è intitolato "fallingforyou" perché... dai c'è davvero bisogno di spiegare perché? Lol ci sono due motivi essenziali: c'è Lauren, voglio dire PROPRIO LAUREN EH. Non potevano mancare anche i The 1975. Il secondo motivo è stato che avevo questa canzone a ripetizione mentre scrivevo il capitolo, quindi sì. Fallingforyou.

2. I personaggi di Matthew e la sorella Anita non sono ispirati a nessuno di reale. 

3. Più avanti capiremo chi è la donna presente nel sogno di L che effettivamente chiama il nome di "Lauren" alla fine. 

4. Rivedremo Ally e Mike molto presto e tornerà il reverendo simpaticone.

5. Come avrete notato dal capitolo precedente c'è un collegamento fra Dinah e Normani, le rivedremo entrambe e insieme, Camila riuscirà a conoscere realmente Normani. 

Sembra essere tutto per il momento :') per qualsiasi cosa/problema sentitevi pure liberi di dirmelo.

See you! :') 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12. ***


Capitolo 12.

 

Giorno 6010

 

<< Lauren? Sei sicura? >> mi domanda Mike dall'altro capo.

<< Ne sono sicura >> annuisco anche se so che lui non può vedermi.

<< D'accordo. Senti non è affatto prudente parlare di queste cose al telefono, pensi di farcela ad arrivare a Miami oggi? >> mi chiede.

 

Pondero la distanza tra la mia città e la sua. Tre ore. Posso farcela.

 

<< Sì >> rispondo.

 

La prospettiva di tornare a Miami non mi alletta al momento. Io e Camila non ci siamo riviste né sentite da quella volta a scuola sua. Ho ricevuto solo una sua e-mail quella sera stessa.

 

"L,

rivederti è stato complicato, ma anche bellissimo. Credimi. Ma credo che per ora sia meglio limitarsi alle e-mail, ho bisogno di una pausa per capire cosa sta succedendo davvero dentro di me e di elaborare i miei sentimenti. Spero tu possa capirmi.

 

Camila."

 

Non le ho risposto. Non le ho scritto un nuovo messaggio. Non riesco a decifrare il suo tono dietro quelle parole. Era forse dispiaciuta di dovermi dire una cosa simile? Era sollevata di potermi tenere a distanza?

 

Non lo so. Forse non lo sa neppure lei.

 

Tempo fa credevo di desiderare questo tono ordinario nella mia vita, ma da quando Camila è entrata a far parte della mia vita, la normalità e la quotidianità mi delude. Mi accorgo che la sensazione di vuoto e grigio che sentivo prima non dipendeva dalle persone in cui mi trovavo, dipendeva da me.

 

Controllo di nuovo la posta per sicurezza ma non trovo un messaggio da parte di Camila. Ne trovo uno da parte di Ally nel vecchio account.

 

"Non vuoi ancora darmi nessuna prova? Lascia che ti possa aiutare."

 

Come, Ally? Avresti davvero un modo  per aiutarmi se conoscessi cosa si nasconde dietro tutto questa storia? Dietro di me?

So di non aver chiuso con Ally Brooke ,e il fatto che io le abbia risposto una volta implica che per lei io sia tangibile. E lo sono, solo... non come si aspetta.

Per un momento vorrei che iniziasse a temermi. Potrei essere chiunque, potrei essere vicina a lei in qualsiasi momento e non lo saprebbe.

 

"No L, smettila. Tu non sei così." mi ripeto mentalmente come un mantra.

 

Controllo l'orario. È tardi e devo andare da Mike o non arriverò in tempo. Per quanto ci sia il rischio d'imbattermi in Camila, ho davvero bisogno di vedere Mike.

 

Prendo in prestito la macchina di Annalise Stevens e guido cercando di concentrarmi più sulla strada e sulla musica che passa in radio che sui miei pensieri. Sono rumorosi, così alzo di più il volume. Non ho intenzione di tagliare Camila fuori dalla mia vita, non potrei mai farlo; ma fa maledettamente male non poter essere con lei e darle ciò di cui davvero ha bisogno, ciò che davvero merita. Io non posso farlo, non in queste condizioni, devo prenderne atto. E devo valutare la prospettiva che la cosa potrebbe non subire mai un cambiamento.

"Lauren, chiunque tu sia, aiutami a venirne fuori per favore. Fa in modo che io riesca a capire come fare."

 

Quel nome ha continuato a girarmi intesta e tormentarmi dalla prima volta che l'ho sentito. Chi è?Potrei essere io? Perché dovrei essere io? Perché non l'ho mai ricordato prima d'ora? Chi era quella donna che urlava?

 

<< Non pensavo fossi così lontana oggi, ci saremmo potuti incontrare a metà strada >> mi dice Mike non appena mi vede corrugando la fronte.

 

Non rispondo, mi limito a stringerlo in un abbraccio. Posso giurare che in volto ha stampata un'espressione di pura sorpresa dovuta al mio gesto, però ricambia il gesto e mi stringe più forte.

Mi rendo conto che è la cosa più vicina ad un padre che io abbia mai avuto e di questo sono grata.

 

<< Non importa, non avevo nulla da fare oggi in ogni caso >> dico.

<< Tu no probabilmente, ma che mi dici della ragazza che presenzia in questo momento di fronte a me? >> domanda con un accenno d'ironia.

 

Scrollo le spalle.

 

<< Farà un'eccezione >> rispondo sorridendo.

 

Gli racconto nuovamente degli ultimi avvenimenti con più calma, del mio sogno che sembra in realtà essere un vero e proprio ricordo. Di Camila. Del messaggio di Ally.

 

<< Credi di aver vissuto un'altra vita un tempo? >> mi chiede alla fine.

 

Inarco un sopracciglio e pondero seriamente la domanda, poi scuoto la testa.

 

<< No, in genere non ho mai creduto a queste cose >>.

<< Quindi di cosa pensi si possa trattare? >> domanda ancora.

<< Non-... non lo so >>.

 

Restiamo in silenzio per un po'. Poi Mike spezza la quiete.

 

<< Ho parlato con il reverendo Parker >> annuncia risvegliando la mia attenzione.

<< Davvero? Come hai fatto? >> chiedo sorpresa.

 

Il solo pensare una cosa simile mi da i brividi.

 

<< Sono andato a trovarlo, naturalmente >>.

 

Sorridiamo entrambi.

 

<< Non posso credere che tu tisia finto uno di quei poveretti che sono stati posseduti dal diavolo >>.

 

Mi guadagno un sonoro scappellotto non troppo forte sulla nuca.

<< Oh io no, avevo una mezza idea di utilizzare mio figlio Chris come cavia >> replica divertito.

<< Sono grata che tu non l'abbia fatto. Non potrei perdonarmi di aver coinvolto altre

persone in questa situazione assurda >> sospiro più seria.

Mike mi circonda le spalle con un braccio.

 

<< Non dovresti essere così dura con te stessa, L. Fin dal principio è stata questa la tua vita, non l'hai scelta tu, ti sei ritrovata a viverla... e onestamente non so nemmeno pensare come tu abbia fatto ad abituarti >> confessa.

 

Socchiudo gli occhi cercando discacciare via la sensazione di abbandono che mi pervadeva ogni volta quando ero ancora piccola. La sensazione di solitudine e tristezza.

 

<< L'abitudine è la grande guida degli esseri umani >> mormoro.

 

Mike annuisce e sembra capire i miei pensieri.

 

Siamo ancora poggiati contro lo sportello anteriore della mia auto. Meglio, dell'auto di Annalise.

 

<< Dunque, cosa ti ha detto quel Parker? >> chiedo incuriosita.

<< Non molto a dire il vero, non è stato nemmeno semplice riuscire a trovarlo. In ogni caso, per lui non ci sono dubbi che si tratti del demonio, non sembra esserci verso di fargli cambiare idea >> risponde con rassegnazione allargando le braccia.

<< E sta usando Ally e tutte le sue capacità per arrivare a me in un modo o nell'altro >> continuo spingendo le parole tra i denti.

<< Hai parlato con Ally Brooke?>> mi domanda Mike inarcando un sopracciglio.

 

Annuisco gravemente.

 

<< L! >> esclama contrariato.

<< Lo so, lo so... ho commesso un errore assurdo >> mi affretto a dire sollevando le mani insegno di resa << non riuscirà a risalire a me però, non senza altri indizi, per il momento sa soltanto che qualsiasi cosa io sia,esisto davvero. Non sono frutto della sua immaginazione >>.

<< Ed è già abbastanza rischioso così. Mi dispiace doverlo dire, ma hai fatto molto più di ciò che potevi permetterti >> mi avvisa Mike sincero.

 

Annuisco e sospiro pesantemente poggiando tutto il mio peso sull'auto.

 

<< Non posso tornare indietro e cancellare ciò che ho fatto, ma non ho intenzione di darle altre prove o simili >> metto in chiaro.

 

Mike asserisce.

 

<< Parker non mi ha detto altro, ma sto iniziando a considerare l'idea che forse dovresti incontrarlo tu di persona >> si gratta un sopracciglio.

 

Gli lancio uno sguardo di pura incredulità.

 

<< Cosa? Dovrei incontrarlo io?>>.

<< Sì >>

<< E se dovesse riconoscermi? >> chiedo stupidamente.

<< Non può riconoscerti se ti presenti con un corpo che non è tuo >> risponde ovvio.

 

Scuoto la testa.

 

<< No... non voglio che nessun altro sia coinvolto in questa situazione, l'ho già detto. Ci sono già dentro fin troppe persone >> non mi accorgo di aver abbassato il tono alla fine della frase.

Mike mi stringe più forte.

 

<< Ascolta L, qualsiasi cosa si presenterà davanti a noi la affronteremo, ma devi pensare a quest'opportunità... potresti avere l'occasione di fargli le domande giuste, di vedere tu stessa chi sta cercando di ricostruire e manipolare la tua vita >>.

 

Ha ragione. So che ha ragione e dovrei davvero prendere in considerazione l'idea, ma solo il pensiero di vedere quel reverendo, e Ally, mi fa stringere lo stomaco in una morsa dolorosa.

 

<< Dovresti comunque dare un'occhiata a questo sito qui >> mi porge il suo telefono aperto su una pagina internet.

 

Corrugo la fronte.

<< Sembra un sito aperto appositamente per questo genere di testimonianze assurde >> commento.

<< Non sembra, è; e indovina un po' chi lo gestisce? >> domanda con ironia.

 

Non ho nemmeno bisogno di pensarci.

 

<< Parker >>.

<< Esatto. Sta reclutando quante più fonti possibili e sta facendo in modo che siano attendibili e rintracciabili al 100%. Capisci cosa sto cercando di dirti, L? >>.

 

Annuisco gravemente.

 

<< Qualsiasi cosa questo tizio abbia intenzione di fare, sta cercando di farla nel miglior modo possibile senza alcun dubbio >> concludo.

 

Scorro la pagina. Ovviamente c'è la testimonianza di Ally, è sintetizzata in breve e un link sottostante rimanda ad una sezione più ampia di tutte le interviste e dichiarazioni che ha rilasciato, le altre sono più elaborate. Alcune sembrano storie tirate fuori da libri dell'orrore, più che attestare qualcosa cercano di spaventare chiunque si appresti a leggerle. Più leggo, più penso che parecchie di quelle persone avrebbero bisogno dell'aiuto di qualcuno; non posso davvero crederci.

Per fortuna, nessuno dei dei nomi mi è familiare.

 

Capisco che questa è solo una home, molti di questi racconti non sono ancora stati filtrati da Parker e presto verranno eliminati, così clicco su un'altra sezione e finalmente leggo qualcosa di più comprensibile.

Qui le attestazioni sono molto più sincere e dolorose. C'è un uomo che racconta del suicidio del figlio dando la colpa ad una possessione demoniaca. Mi si stringe il cuore in una morsa leggendo tra le sue parole. Mi chiedo se sia davvero questo il suo modo di esorcizzare il dolore: dando la colpa a qualcosa che non puoi vedere, qualcosa che s'insinua dentro di te e non puoi combattere anche se vuoi. Mi chiedo se così sia più semplice in qualche modo accettare la morte. Mi chiedo contro quali demoni metaforici dentro di sé il ragazzo abbia dovuto lottare, prima di porre fine alla sua vita.

Erano gli stessi demoni che tormentavano Nora Martin? Erano le stesse sensazioni? Più dolorose?Meno? Se mi fossi trovato nel suo corpo durante il suo ultimo giorno di vita, sarei riuscita a salvarlo?

 

Non lo so. Questa è la vera risposta. Io non lo so.

 

Se la mia particolare condizione di vita mi ha permesso di capire qualcosa, è che non importa quante vite potrai vivere, nessuna sarà mai uguale alla precedente.

Leggo un'altra dichiarazione. Questa proviene da un ragazzo del Montana; non gli è accaduto nulla di particolare, ma rabbrividisco ugualmente quando dice di essersi accorto non essere stato in pieno possesso del suo corpo. Ha percepito una presenza dentro di lui.

 

Non sono mai stata nel Montana, non ancora. Di questo sono sicura. Ma il suo racconto è così simile a ciò che faccio io che mi porta a domandarmi una sola cosa: esistono altri come me?

 

Allontano il telefono di scatto con una sensazione di nausea che mi circola in corpo.

 

<< L stai bene? >> mi domanda premuroso Mike sfilando il dispositivo dalle mie mani e riponendolo in tasca.

<< S-sì è solo... solo... tutte quelle storie non- Mike, tu credi che possano esistere altri come me? >> domando non riuscendo a scrollarmi il pensiero di dosso e necessitando di una risposta, di una rassicurazione.

 

Lui sospira e passa una mano sulla barba ispida.

 

<< Non saprei, L. Sicuramente la tua vita è alquanto particolare, ma il fatto che sia particolare e singolare non significa necessariamente che escluda la possibilità che tu non sia l'unica >>.

 

Grugnisco e porto le mani a massaggiare nervosamente le tempie.

 

<< Sul serio L, stai bene? >> domanda di nuovo apprensivo.

 

Annuisco.

 

<< Non so cosa fare... >> ammetto con la voce ridotta ad un lamento.

 

Mike mi passa delicatamente una mano sulla schiena e mi stringe in un altro abbraccio.

 

<< Non pensarci adesso. Ne verremo a capo, sta tranquilla. Prenditi il tuo tempo >>.

 

Gli chiedo di nuovo se posso usare il suo telefono per controllare rapidamente le mie e-mail. Di rado lo faccio più volte al giorno, ma adesso sento l'irrefrenabile impulso di farlo. Voglio scrivere a Camila, ho bisogno di sentire le sue parole. Anche se non sarà la sua vera voce ma solo il ricordo che ho di lei nella mia testa a pronunciarle, ho bisogno di lei.

 

Quasi mi precipito a scriverle, quando noto un suo nuovo messaggio.

 

"L,

non ricevere nessuna risposta da parte tua sta iniziando a preoccuparmi. Qualcosa non va? Mi dispiace se sono stata assente in questi ultimi due giorni, ma sono successe alcune cose che mi hanno tenuta impegnata (scuola compresa, sai nessuna strana e bellissima ragazza dagli occhi verdi che si insinua nei corpi degli altri ancora riesce a fare i compiti al posto mio) (okay scusami, non era minimamente divertente. Non sono riuscita a strapparti un sorriso? Nemmeno uno?). Continuo a ripensare a te e, so che non dovrei desiderare una cosa simile, ma a dispetto di ciò che ho detto, spero di poterti rivedere quanto prima. Mi dispiace se ti ho ferita con ciò che ho detto, non riesco a fare a meno di sentirmi in colpa e scusarmi con te.

 

Camila."

 

Sospiro frustrata. Il desiderio di rivedere Camila s'insinua prepotentemente nelle mie vene come fuoco liquido. Quando non avevo desideri, la mia vita era migliore. Più solida, forse più equilibrata. Non ottenere ciò che si vuole può rendere crudeli, ed io non voglio trasformarmi in qualcuno del genere.

 

<< Come sta Camila? >> mi chiede improvvisamente Mike attirando la mia attenzione di nuovo.

 

Mi stringo nelle spalle.

 

<< Bene >> rispondo semplicemente.

 

Mike mi fissa poco convinto.

 

<< So che ne abbiamo già parlato prima e mi hai raccontato quello che è successo, volevo soltanto essere sicuro di come stessero andando le cose tra di voi >> chiarisce.

<< È complicato. Non la sento da giorni e, a dir la verità, ero piuttosto spaventata di dover tornare a Miami, paura di potermi imbattere in lei da un momento all'altro...>> ammetto.

<< Forse dovresti >> suggerisce Mike.

 

Aggrotto la fronte.

 

<< Che vuoi dire? >>.

<< Voglio dire che quella ragazza potrebbe essersi chiesta dove tu sia in questo momento, cosa tu stia facendo, se tu stia bene. Dio, L, per quanto ne sa potresti anche essere in un altro continente oggi, potresti esserti svegliata in qualcuno che stava vivendo il suo ultimo giorno di vita >> mi fa notare cercando di restare più calmo possibile.

 

La prospettiva della situazione mi colpisce come non mai.

 

<< Non era poi così preoccupata se non mi ha contatta in questi ultimi giorni >> replico testardamente.

 

È una mezza bugia perché Camila lo ha fatto, circa.

Mike mi rivolge uno sguardo più severo e allo stesso tempo carico di qualcosa che mi viene difficile decifrare. Mi guarda come ha guardato Chris e Taylor. Come se, in qualche modo, io fossi anche parte della sua famiglia.

 

<< Non credo che tu stia pensando lucidamente in questo momento, perché non insinueresti mai una cosa simile >>.

 

Mi conosce già così bene che stento a credere sia stato assente per la gran parte della mia vita. Dopo una pausa di qualche secondo significativo riprende a parlare.

 

<< Camila può non averti contattata in questi giorni, ma non significa che non ti abbia pensata. Cerca di metterti nei suoi panni L, sta cercando di fare i conti con una situazione più grande di lei, sta cercando di venirti incontro in qualche modo. I suoi sentimenti devono essere parecchio confusi al momento, ma sta comunque tentando di decifrarli e capire cosa vuole >>.

 

Senza indugiare oltre sollevo gli occhi per guardare Mike.

 

<< Posso vederla? >>.

Sorride. Non avrei nemmeno avuto bisogno di chiederglielo.

 

Quando mi ritrovo a scalciare piccoli sassolini di fronte all'ingresso della Palmetto High School, capisco di essere più nervosa del previsto. Controllo di nuovo l'orario. Tra poco ci sarà la pausa pranzo e la confusione creata dagli studenti mi permetterà di passare inosservata. Ripenso a quando ho fatto la stessa cosa diversi giorni prima e un angolo delle mie labbra si solleva.

 

M'immobilizzo però quando noto la figura di Camila uscire fuori dall'edificio scolastico insieme a Dinah. Mi mordo il labbro inferiore con più forza fino a sentirlo sanguinare. Non riesco a muovere nemmeno un passo. Camila solleva gli occhi, probabilmente sentendosi osservata, e incrocia il mio sguardo.È come la scorsa volta: non c'è bisogno di dire nulla, né di fare nulla, l'universo scorre tra di noi. Mi vede, mi riconosce, sa che sono lì per lei. Fa cenno a Dinah di pazientare qualche momento, e si avvia nella mia direzione. Mi guardo alle spalle nervosa, per un momento ho paura che non sia io quella che Camila ha visto, che si sia confusa e stia cercando qualcun altro.

La ritrovo di fronte a me con un'espressione vagamente dubbiosa in viso.

 

<< Tu uhm... >> inizia.

<< Camila >> la interrompo per farle capire chi sono.

 

Sospira e annuisce. Prima di darmi uno schiaffo.

 

Indietreggio sorpresa dal gesto e porto una mano a massaggiare la guancia offesa.

 

<< Ouch! >> esclamo indignata << Per quale motivo l'hai fatto? >> mi lamento.

<< Sei un'idiota! Per quale motivo? Fai sul serio? Sei sparita L, sparita; non avevo idea di dove fossi, se ti fosse successo qualcosa, se fossi ancora... >> boccheggia per qualche istante << ancora nel tuo corpo >>.

 

Scuoto il capo tristemente.

 

<< Non ho resistito tanto a lungo dopo esserci divise >> ammetto.

 

Camila rilascia un respiro lungo prima di avvolgere le braccia attorno ai miei fianchi e stringermi forte.

 

Non è il mio corpo ma riesco comunque a sentire la sensazione di benessere che s'irradia dentro di me a quel contatto. Mi è mancata. Dio se mi è mancata. Non so nemmeno come ho fatto a restarle lontana durante questi giorni.

 

<< Per la cronaca, questo non significa che io non sia arrabbiata con te >> mormora affondando il viso nell'incavo del mio collo.

 

Ridacchio e le accarezzo la schiena con movimenti delicati.

 

Si allontana un po' e mi fissa negli occhi. Le sue iridi castane mi uccidono ogni secondo di più. Non sono sicura di poterle resistere ancora per molto.

 

Arriccia il naso.

 

<< Il tuo profumo è così diverso... >> sussurra avvicinandosi al mio orecchio.

 

Sorrido amaramente.

 

<< Mi dispiace >> sussurro a mia volta baciandole una guancia con delicatezza, prima di accarezzarla.

<< Mila? >> la voce di Dinah ci coglie alla sprovvista e sento Camila sussultare tra le mie braccia.

 

La ragazza più alta ci guarda con entrambe le sopracciglia inarcate.

 

<< Dinah, scusami... >> si affretta a dire Camila arrossendo e allontanandosi. << Lei è uhm... un'amica di famiglia >> aggiunge cercando di sembrare convincente.

 

Vorrei poter ridere per la definizione.Chissà se un giorno mi capiterà realmente di trovarmi nel corpo di un'amica di Camila. Mi chiedo come debba essere trovarsi in Dinah e mi domando se Camila sarebbe capace di leggermi e capire che qualcosa non va.

 

Scuoto la testa cercando di allontanare quei pensieri.

 

<< Annalise, piacere >> le mie labbra si distendono in un sorriso mentre porgo la mia mano verso Dinah.

<< Dinah-Jane, la migliore amica di questa sottospecie di essere umano >> scherza Dinah ricambiando la mia stretta.

<< Ehi! >> si lamenta Camila dando un debole pugno sul braccio della ragazza più alta.

 

Io e Dinah ridiamo. Mi godo quel piccolo istante di normalità come se io fossi davvero Annalise, una vecchia amica di Camila, e fossi tornata in città per incontrarla. La osservo mentre ride. Vedo il suo naso arricciarsi e i suoi occhi assottigliarsi un po'. Trovo che sia assolutamente l'espressione più carina mai vista. Camila stessa per me è l'espressione pura della bellezza.

 

Il modo in cui si riflette dentro e fuori attraverso lei.

 

<< Annalise, non ti ho mai vista da queste parti, sicura di essere di Miami? >> mi domanda incuriosita Dinah.

 

Ho una vaga sensazione di deja-vu alle sue parole, come se stessi rivivendo la stessa scena accaduta quandomi trovavo nel corpo di Normani e Austin era l'interlocutore.

 

Un momento. Normani. Ho visto apparire il nome di Dinah sullo schermo.

 

<< Uh no, ero solo venuta a trovare Camila... e Normani >>.

 

Vedo passare un guizzo negli occhi di Dinah.

 

<< Oh, conosci Mani anche tu? >> mi domanda.

 

Annuisco.

 

Sento una presa ferrea  stringersi attorno al mio braccio sinistro e capisco che si tratta di Camila. Sta silenziosamente cercando di dirmi cosa io abbia intenzione di fare.

 

Il telefono di Dinah prende a squillare e lei si scusa con noi prima di accettare la chiamata.

Camila mi strattona non appena Dinah ci rivolge le spalle.

 

<< Ma che razza di uscita è mai questa, L? >> chiede sottovoce arrabbiata. << Non cercare minimamente di mettere Dinah in mezzo a questa storia! >> mi ammonisce.

 

Mi libero dalla sua presa e sollevo le mani.

 

<< Non ho intenzione di fare nulla del genere. Ricordi quella sera al ristorante con Austin? Ricordi che il mio telefono ha interrotto la sua intenzione di baciarmi? Beh indovina un po' chi era la suddetta persona che mi stava chiamando? >> domando con ironia << Esatto, proprio Dinah >>.

 

Camila solleva entrambe le sopracciglia prima di scuotere il capo.

 

<< Ma la cosa non ha alcun senso... >>.

<< Ce l'ha invece! Andiamo Camila, è semplice: loro due si conoscono >> concludo sicura di me.

 

La cubana sembra ancora scettica alle mie parole.

 

<< Come puoi esserne sicura? Voglio dire, tu non hai preso la telefonata, e sono piuttosto sicura che esistano altre persone al mondo che rispondano al nome di Dinah >> replica.

<< Io credo che invece si trattasse proprio di lei e tu... sei solo gelosa del fatto che io sia arrivata a cogliere questo dettaglio prima di te >> aggiungo con un scrollata di spalle e un sorriso furbo sulle labbra.

<< Oh mio dio L, ma ti senti? Fa isul serio? Io gelosa di... questo? >> gesticola con le mani ma la vedo ridere tra le parole.

<< Sì, sei decisamente gelosa >> ribatto decisa a non lasciar cadere il mio punto.

 

La verità è che sì, ne sono sicura, ho avuto quella sensazione che si trattasse proprio di Dinah, ma adoro vedere Camila in questo stato.

 

<< Dinah può avere altre amiche,non è che io sia la sua unica >> si gratta la nuca vagamente imbarazzata.

<< Camz, rilassati, sto solo scherzando un po' >> la rassicuro prendendo le su mani tra le mie e intrecciando per un attimo le nostre dita.

 

È quasi un riflesso, mi viene istantaneo farlo e a lei sembra non dispiacere affatto dal momento che si avvicina di più a me.

Non ci accorgiamo che Dinah ha già concluso la sua telefonata e ci sta guardando con un'espressione sorpresa in volto.

 

<< Potrei benissimo dire che sembrate un'adorabile coppietta di fidanzate >> scherza... o forse no.

 

Non lo so, ma io e Camila ci separiamo all'istante e lei arrossisce di botto.

 

<< Ma cosa dici, DJ? L cioè Lise, cioè Annalise è solo un'amica >> farfuglia ancora più rossa.

 

Dinah si limita a stringersi nelle spalle.

 

<< Ehi, non che io abbia qualcosa in contrario; sempre meglio di te e quel dorito boy >>.

 

Scoppio a ridere perché comprendo verso chi è diretta la frecciatina di Dinah. Allora non sono l'unica a non trovare Austin mister simpatia.

<< Ehi, Austin non è così male! >> tenta di difenderlo debolmente Camila, ma sembra più unaf rase di circostanza che realmente piena di significato.

La polinesiana inclina la testa lateralmente come a volersi chiedere se la sua migliore amica sia seria.

 

<< Certo Mila, anche io dico lo stesso... del mio cane però. "Non è così male" non dovrebbe esattamente essere una frase rivolta al proprio fidanzato >> replica.

 

Osservo lo scambio di battute tra le due con espressione divertita in volto, ma Camila lo nota e mi punta contro l'indice.

 

<< E tu, vedi di non ridere. Non farle credere di essere divertente >> mi dice indicando  Dinah con un cenno del capo.

<< Oh ma lei non è divertente, è esilarante >> commento prima di scoppiare a ridere seguita dalla polinesiana che alza la mano per battere il cinque con me.

 

Camila scuote la testa esasperata, ma vedo un sorriso affettuoso far capolino dalle sue labbra.

 

<< Sentite un po', bambine >> enfatizza molto sull'ultima parola la cubana << non so voi, ma io sto morendo di fame e voglio andare a mangiare. Non ho alcuna intenzione di rientrare in mensa, dal momento che le lezioni che mia spettano dopo sono assolutamente noiose. Che voi ci siate o no, poco importa. Addio >> ci dice iniziando a camminare fuori dal cortile scolastico.

 

Dinah emette un verso di approvazione e la segue. Io resto immobile a guardarle allontanarsi di qualche passo, senza sapere cosa fare. Mi volto per assicurarmi che Mike sia ancora in attesa sull'altro lato della strada con il suo pick-up.  Lui è lì e con un cenno del capo mi fa segno di raggiungere le due ragazze. "Va da lei" mima con le labbra. Solleva il pollice e il mignolo mimando un telefono, facendomi capire che ci saremmo tenuti in contatto dopo.

 

Annuisco. Torno a voltarmi verso Camila e Dinah che ora si sono fermate ad aspettarmi.

 

<< Ehi L, non vieni con noi? >> mi chiama Camila già fuori dai cancelli.

 

Accelero il passo e la raggiungo. Ha un sorriso enorme stampato sulle labbra e non posso fare altro che reciprocarlo: vederla così felice mi fa battere il cuore nel petto ad una velocità impressionante. Ho quasi paura che entrambe riescano a sentirlo.

 

<< Grazie >> mi sussurra sottovoce, approfittando del fatto che Dinah stia guardando intorno per assicurarsi che non ci siano macchine, mi stampa un rapido bacio all'angolo delle labbra.

<< Grazie a te. A proposito, sei bellissima oggi, come sempre >> rispondo a mia volta.

 

Arrossisce di nuovo ma i suoi occhi s'illuminano. Ecco, dovrebbe essere sempre così perfetto. Il suo volto dovrebbe essere sempre così radioso. Capisco che molta della mia forza per continuare a vivere in questo modo, ed essere quella che sono, la sto prendendo da lei.

 

<< Perché L? >> domanda Dinah una volta superato l'incrocio senza pericolo.

<< La chiamo così da quando eravamo piccole. È una cosa solo nostra >> risponde Camila senza esitazione e senza pensarci troppo.

 

Ha davvero detto questo? Ha davvero eluso la reale domanda nel modo più dolce possibile? Per un attimo mi dico che non è reale, che si tratta solo di un sogno: che presto mi sveglierò e capirò che sono lontana chilometri e chilometri da lei. Tutto frutto della mia immaginazione. Ma quando la sua mano scivola nuovamente sulla mia e le sue dita mi stringono in una presa salda, capisco che è tutto reale.

Giorno 6011.

 

Mi sveglio e non sono a quattro ore da lei. Neppure ad un'ora. Né a dieci minuti.

No.

Mi sveglio nella sua città.

In casa sua.

In camera sua.

Nel suo letto.

Nel suo corpo.

 

Inizialmente credo si tratti di un sogno perché, non appena sollevo le palpebre, la prima impressione è quella di trovarmi nella camera di una qualsiasi ragazza. Un luogo familiare e dove lei vive da tempo. Mi guardo attorno: un poster di Ed Sheeran troneggia su una delle pareti, una scrivania per lo più ordinata ma con dei fogli sparpagliati sopra, libri di scuola sulle mensole, una libreria nella parete opposta colma di libri personali, una chitarra posata in un angolo della stanza.

Accedo alla mente della ragazza, perché no, non può essere, non esiste un sogno così vivido, non ne ho mai fatto uno del genere; tutto ciò che mi appare è Camila. I ricordi di Camila sono lì. Forse anche molte delle risposte che sto cercando su di lei sono lì, decido però di accantonarle per il momento.

 

Non sto sognando.

 

Posso sentire la pressione del cuscino morbido contro il mio viso, contro il suo viso. Le lenzuola fresche avvolte attorno alle gambe.

 

Okay, un momento. Come fai a capire se stai sognando o no? Un pizzicotto, è ovvio. Lo faccio. La sensazione fastidiosa di dolore mi fa capire che tutto è reale.

 

Respiro profondamente. Il mondo sembra fatto di vetro e ogni attimo è più fragile di un cristallo prezioso. Ogni movimento mi sembra rischioso.

 

Oggi è solo uno dei tanti giorni che scorrono nella mia vita. Non sono nel mio corpo. Sono nel corpo di qualcun altro. No, non qualcun altro. Sono nel corpo di Camila Cabello.

 

Sono terrorizzata, so che Camila non mi vorrebbe qui, so l'orrore che proverebbe. La totale perita  del controllo è una delle cose che l'atterrisce di il mi più.

Ogni mio gesto potrebbe compromettere tutto.

 

Mi districo dal groviglio di lenzuola emi avvicino alla scrivania. Ci sono delle foto di Camila a tre anni,poi sette, poi undici, insieme a Sofi, insieme ai suoi genitori,insieme a Dinah. Non c'è Austin. Il dettaglio non mi sfugge. Do uno sguardo alla libreria, trovo titoli tra i più svariati, da "To Kill A Mockingbird" di Harper Lee, a "The Fault In Our Stars"di John Green. Il mix in sé suona esplosivo e grandioso in qualche modo.

Un paio di scaffali sono riempiti da CD; immagino che Ed Sheeran e Taylor Swift dominino la sua playlist, ma Camila ascolta davvero di tutto. Ci sono titoli e artisti che non ho mai sentito.

 

Un fotografia in particolare attira la mia attenzione, non è posata sulla scrivania come tutte ma si trova accanto ad uno dei libri. Ritrae semplicemente Camila e sua madre. Istintivamente faccio per accedere in lei tentando di risalire al ricordo e al momento preciso in cui è stata scattata, ma poi m'irrigidisco impedendo al processo di continuare.

Non voglio rubare informazioni dall asua vita, voglio che sia lei a raccontarmele una dopo l'altra.

Mi sento così tanto un'intrusa nella sua vita in questo momento.

Oggi non si tratta di un giorno come tanti. Oggi voglio dimostrare a me stessa, ma soprattutto a Camila che posso comportarmi come si aspetta. Ho come il presentimento che a lei questa giornata non passerà inosservata, ed io voglio essere sicura che lei sappia che non ho approfittato della situazione.

 

Ecco la sensazione di sentire l'aria scendere attraverso i suoi polmoni.

Ecco la sensazione di passare la sua mano tra i capelli e sentirli morbidi e setosi tra le dita.

Ecco la sensazione di guardare il mondo attraverso i suoi occhi, dalla sua altezza.

 

<< Ehi >>

 

Ecco la sensazione di sentire le corde vocali vibrare al suono della sua stessa voce.

 

Scendo in cucina e subito Sofi si lancia tra le mie braccia.

 

<< Kaki! >> esclama contenta.

 

Ecco la sensazione di sentire le sue labbra piegarsi in un sorriso.

 

<< Ehi Sofi >> ricambio l'abbraccio.

 

I nostri genitori, i genitori d iCamila, ci guardano entrambi con immenso affetto. Così mi ritrovo nella cucina di casa Cabello, in una normale mattina scolastica, a fare colazione con i genitori della ragazza che amo... nel suo corpo.

 

Decido che non è il caso di cambiarmi, mi sento già abbastanza nuda semplicemente fissandomi allo specchio. Mi sembra tutto troppo intenso e troppo intimo, come se fosse sbagliato che io mi trovi in lei. Non riesco a trovare nulla di giusto in questo. Niente.

 

Sperimentare la sensazione di vivere la sua vita, anche solo per un giorno, dall'interno e dall'esterno. È questo che voglio fare, è questo che sto facendo. Mi accarezzo una guancia e chiudo gli occhi, è questo quello che prova quando la tocco? Quando Austin la tocca, è questo quello che prova? Per un attimo vorrei avere accesso alle sue emozioni e capire quale sia la sostanziale differenza che intercorre tra me e lui. Cosa prova quando è con me?

 

Mi porto una mano al petto, all'altezza del cuore, il battito è lento e regolare. Accelera quando io sono nelle vicinanze? Il respiro le si mozza in gola come succede a me?

Non lo so. Non posso saperlo.

 

Mi sforzo di far emergere i miei pensieri, voglio imprimere questo giorno in lei. Voglio che se ne ricordi in ogni dettaglio.

 

Guido fino a scuola con l'autoradio accesa ma non canto, il sedile del passeggero accanto a me è vuoto; è lì che Camila dovrebbe essere, al mio fianco, indicandomi la direzione dove andare.

È una metafora alquanto buffa perché lei è stata davvero la mia guida da quando l'ho conosciuta.

 

Una volta arrivata a scuola so che cercherò con tutte le forse di evitare Austin, e forse potrei anche riuscirci, ma non sono sicura di riuscire ad evitare Dinah, non so nemmeno se lo voglio ad essere sincera. La sua presenza in qualche modo mi rassicura. Dinah è un'ancora per Camila. Così come Camila lo è per lei.

 

Evito il resto dei suoi amici che mi prestano attenzione molto distrattamente. Meglio. Finalmente però mi accorgo che la vita di Camila non è così vuota come io l'ho immaginata. Sono felice di questo; sono felice di sapere che ci sono altre persone che riempiono le sue giornate, i suoi pensieri e i suoi ricordi. Ma capisco anche che non sono questi gli amici da cui fugge Camila quando decide di farlo.

 

<< Chancho! >> esclama Dinah non appena mi vede.

 

Sono già seduta al mio banco e m'immobilizzo. Ho paura che lei possa capire che c'è qualcosa di diverso oggi in me... che non sono Camila. Fortunatamente Dinah sembra essere molto di fretta e tira fuori il suo quaderno di matematica.

 

<< Mila, ho bisogno che tu mi dia una mano con questi ultimi problemi, ti prego >> congiunge le mani e sporge fuori il labbro.

 

Dev'essere una cosa che le chiede spesso, perché istintivamente mi trovo a roteare gli occhi e annuire con un mezzo sorriso sulle labbra. Un momento. Questa non era un'azione pianificata da me.

 

Un momento. Camila riesce davvero a sentirmi da qui? Riesce a capire cosa sta succedendo? Riesce a percepire ciò che scorre dentro di me e dentro di lei al tempo stesso?

 

Dinah copia il resto dei compiti di matematica di Camila, io non posso fare a meno di fingermi concentrata sull'inizio della lezione. Prendo appunti distrattamente,disegno qualcosa al margine del suo libro. Scarabocchio un "Ricordati di me. Ricordati di quanto tutto questo ti sia sembrato normale oggi." Nella speranza di un altro impulso da parte sua, scrivo anche "Riesci a sentirmi?"

Ma non succede nulla.

 

Sfioro con il pollice le sue labbra e le sento morbide al tocco. Vorrei tanto sapere qual è la sensazione che prova quando la bacio, quando lei mi bacia; ma non vorrei sperimentarlo con nessun altro, tanto meno Austin.

 

Eccola sensazione di mordere delicatamente il tappo della penna.

Eccola sensazione delle sue gambe che si accavallano nel tentativo di trovare una posizione più comoda.

Ecco com'è la sensazione di sentire il mondo attraverso le sue orecchie,ecco cosa sono i rumori fastidiosi per lei e quelli melodici.

 

Come per rispondere alla mia precedente richiesta, un ricordo si fa prepotentemente spazio nella mia testa annebbiandomi la mente. Non lo rievoco io. Lo sento come spinto a forza tra quelle mura quasi impenetrabili. Le tempie mi pulsano un paio di volte prima che il ricordo si faccia finalmente nitido.

 

"Camila... che stai facendo?"

 

Capisco che è lei a fare questo in qualche assurdo modo, ma non sono pronta a cosa sto per vedere.

 

Un bacio. No. Non un bacio qualsiasi. Il nostro primo bacio. La prima volta che lei ha visto davvero chi io fossi.

 

Mi sembra di essere stata risucchiata indietro nel tempo. Sento di nuovo la pioggia inzupparmi la pelle e i capelli. Sento il mio corpo nudo.Sento le sue mani che mi afferrano tirandomi verso di lei. Vedo nuovamente la su espressione sconcertata. Poi sento solo le suel abbra sulle mie. Le sento davvero. Sembra tutto così reale. È questa la sensazione che ha provato? È un'esplosione di fuochi d'artificio colorati; sento il mio battito accelerare attraverso il suo corpo.

 

Camila ha davvero risposto alla mia domanda in questo modo? Voleva farmi capire che ciò che io sento per lei è un sentimento ricambiato?

 

 Da qualche parte, dentro di me, la sento; la sua presenza si muove piano, non è irrequieta, non sta cercando di combattermi o di spingermi fuori. Sta cercando di mandarmi degli imput per farmi capire che è presente, che sta vivendo questa giornata allo stesso modo di come sto facendo io.

 

 Il ricordo si alterna a quello in auditorium, dove io ho iniziato il nostro bacio questa volta. È tutto così magico che ringhioindispettita quando Dinah mi tira una gomitata tra le costole per riportarmi alla realtà.

 

<< Ma che accident- >> faccio per domandare infuriata, ma vengo interrotta da un'altra voce al centro dell'aula.

<< Signorina Cabello, qualche problema? Vuole forse raccontare anche anoi in quali mondi di era persa? >> domanda ironicamente la nostra professoressa di matematica.

 

Arrossisco e scuoto la testa mormorando un "Mi scusi", prima di tornare a rivolgere la mia attenzione alla ragazza al mio fianco.

 

<< Mi hai fatto male >> mi lamento.

<< Scusami, ho provato a chiamarti sotto voce ma continuavi a non sentirmi >> si giustifica, dal tono posso decretare che è sincera.

<< A cosa stavi pensando? Sembravi così assorta... >> mi domanda sottovoce.

 

Sussulto perché davvero... cosa dovrei risponderle?

 

<< Nulla, soltanto uno strano sogno che ho fatto la scorsa notte >> mento senza pensarci troppo.

 

"Scusa, Camz."

 

<< Certo, un sogno che comprendeva te e Austin a rotolarvi tra le lenzuola >> mi provoca scherzosamente.

 

Oh no. Il solo pensiero mi fa venir voglia di vomitare.

 

<< Ew, no Dinah >> replico disgustata.

 

Dinah mi lancia un'occhiata carica di sorpresa.

 

<< Woah! Chi sei tu e cosa ne hai fatto della mia migliore amica? >>.

 

Sorrido per mascherare l'imbarazzo e fingere disinvoltura. Se solo sapesse la verità.

 

Durante l'ora di pranzo per quanto cerchi di evitare Austin, non mi è possibile. M'imbatto in lui e non sembra né felice, né triste di vedermi; si limita a registrare la mia presenza come un dato di fatto.

 

<< Ti va di pranzare fuori? >> mi chiede con tono neutro.

 

Tutto in lui è così monotono, così grigio... mi fa pensare che sia questo il motivo per cui Camila splende di mille colori diversi quando non è in sua compagnia.

 

<< Sicuro >> rispondo.

 

Non sono d'accordo, ma lo faccio per lei.

 

Dividiamo una pizza e tento di seguire la stramba conversazione che lui tenta di portare avanti che coinvolge lui, i suoi drammi, lui, le ingiustizie che subisce dal mondo, lui, la vita complicata e... l'ho già detto lui?

 Austin non ascolta nemmeno la mia opinione la prima volta che la offro, così smetto di tentare e resto in silenzio.

Lui non lo sa, non può, ma in questo momento se solo io volessi potrei semplicemente usare le parole giuste e chiudere la relazione. Austin potrebbe tentare di intenerirmi con le lacrime, le promesse o arrabbiarsi... io potrei resistere a tutto questo. Non m'importerebbe. Ma finirei per ferire Camila, e non è il modo migliore per ottenere la sua fiducia. Così desisto.

 

Torniamo a scuola e Austin lascia la mia mano senza nemmeno salutarmi. Una presenza scontata ormai nella sua vita. Gli importava, all'inizio della loro relazione gli importava davvero di Camila, ma adesso non ha nemmeno il coraggio di prestare attenzione.

 

"T'importava... ma non è stato mai abbastanza." penso tra me e me. Non ho idea se Camila riesca a percepire il mio pensiero perché tutto resta silenzioso dentro di lei.

 

Quando torno a casa il pomeriggio inizia a scorrere lento. Raccolgo il libro dal comodino di Camila e ricomincio a leggerlo da capo, non voglio andare avanti dal suo punto perché ho paura che domani non se ne ricorderà.

 

Ecco la sensazione di leggere le parole attraverso i suoi occhi.

Ecco la sensazione delle pagine che scivolano tra le sue dita.

 

Lancio un'occhiata all'orologio appeso alla parete della stanza e decido che è il momento di concedermi un po' di tempo da sola. Beh... io e Camila da sole.

Opto per i boschi dal momento che con lei non li ho mai visti. I sentieri sono deserti, l'unico rumore è quello del suo respiro. Percorro quanta più strada possibile, mi sembra di essermi quasi persa tra quei sentieri liberi. Voglio concedere a Camila quel tipo di solitudine che ama, ma che non riesce quasi mai a trovare. Si tratta di una solitudine diversa, si tratta di ascoltare un bisogno elementare del corpo e assecondarlo. Di muoversi senza uno scopo,senza meta, solo per il gusto di farlo. Di continuare a salire nonostante i muscoli inizino a bruciare, di non cadere, di perdersi ancora e ancora. Una volta in cima, ammiro il panorama. Lo guardo attraverso i suoi occhi e mi sento al di sopra di tutto. Ho quasi voglia di piangere in questo momento.

 

Resto immobile di fronte all'immenso che si spalanca sotto di me, di noi.Inspiro ed espiro profondamente. L'aria è così pura che mi pizzicale narici, non ci faccio caso.

 

<< Voglio che tu te ne ricordi >> dico ad alta voce.

 

Basta sussurrare, so che può ascoltarmi e so che lo sta facendo. Non sono io in lei, non è lei in me. Siamo io e lei insieme.

 

<< Ricordati di questa sensazione. Ricordati di essere stata qui con me >>.

 

Non mi accorgo delle lacrime che stanno scendendo lungo le mie guance.

 

<< Camila... io non lo so cosa sia l'amore di preciso. Non so in  quale frazione di tempo avvenga, né quanto duri; e non posso farti delle promesse, né pretendo che tu faccia lo stesso con me. Ma guardami,allo stesso modo in cui sto guardando te e attraverso te. Riesci a vedere quello che vedo io? >>.

 

La cena a casa è tranquilla e intrisa di quel calore familiare che Camila ama. Mi prendo un momento per sentirmi parte della famiglia anche io. Sofi vuole giocare con me, così l'accontento per un po', fino all'ora in cui devo accompagnarla a letto. Le accarezzo delicatamente la testa e vengo sommersa dall'immenso affetto che Camila stessa prova per la sorella. La madre di Camila ci guarda con amore.

 

Una volta tornata nella sua camera cerco di fare i suoi compiti. Non controllo la sua posta elettronica, non mi concedo una doccia, per quanto lo voglia sarebbe decisamente troppo intimo... non posso fare una cosa del genere a lei.

Sulla scrivania noto il suo diario personale, sono tentata di aprirlo e sapere cosa ha scritto di me, cosa di ha scritto di lei, cosa pensa;ma non sarebbe giusto. Strappo solo un foglio bianco e scrivo per lei. Le racconto la giornata, le racconto cosa è successo. Voglio che lei domani abbia un segno tangibile della mia presenza. Non ometto nulla, sono sincera al massimo in quella lettera. Le dico che non avrei mai e poi mai scelto il suo corpo di proposito: si tratta di qualcosa che mi è impossibile controllare. Le dico di aver cercato di mantenere la sua routine intatta e mi scuso se ho apportato cambiamenti precari alla sua vita.

Poi mi metto a letto.

Ecco la sensazione delle sue palpebre che si chiudono.

Ecco il sonno scivolare piano come un'ombra su di lei.

Ecco i rumori della notte che si assottigliano sempre di più fino ad essere indistinguibili.

 

Ho ancora i vestiti addosso. Immagino di essere con lei nel suo stesso letto, immagino di stringerla, la sento rilassarsi contro di me. Abbiamo ancora la stessa pelle, avvertiamo la stessa notte, stiamo vivendo gli stessi attimi.

Scivoliamo in due versioni diverse dello stesso sogno.

 

 

Ecco come finisce la sua giornata.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note conclusive: Alloooooora, salve a tutti :') so di essere in un ritardo imperdonabile e per questo mi scuso da morire.

Non si è trattato di una mancanza d'idee per il capitolo, ma di una seria voglia di non buttare giù nemmeno una riga (Buh... odio quando mi succede, perdonatemi), quindi ho letteralmente scritto il capitolo per interno negli ultimi due giorni.

Duuuunque, spero possa piacervi e uhmm vi lascio giusto qualche curiosità (as usual):

1. *domanda seria* secondo voi esistono altri/e come L? *rullo di tamburi*.... lo scoprirete.

2. Amo vedere Dinah in quei panni, non ci posso far nulla LOL

3. Annalise Stevens non s'ispira a nessun personaggio reale.

4. Devo ancora decidere il modo in cui salterà fuori che Dinah e Normani si conoscono effettivamente ma vbb.

Mi sa che per il momento questo è tutto :') al solito, passerò per correggere tutti gli o/errori e rileggere il capitolo. 

BOOYAH :') 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13. ***


Capitolo 13.

 

Giorno 6012.

 

"L,

credo di ricordare tutto. Dove ti trovi oggi? Preferirei parlare di persona invece di scriverti. Dimmi se e dove possiamo vederci.

 

Camila."

 

Sono distante circa due ore da lei quando ricevo il suo messaggio. Le rispondo scrivendole dove mi trovo e dove vederci subito dopo la scuola. Sono nel corpo di Allan Summers. Sono giorni che tento e spero di potermi risvegliare nel mio vero corpo, ma fino ad ora non ha funzionato. Non ho ancora realmente capito come funzioni tutta questa storia, ma non ha funzionato. Devo trovare un modo.

 

Allan è un tipo affascinante, ha un mucchio di amici che gli vogliono bene, è un fanatico dei videogiochi e parecchie ragazze vorrebbero uscire con lui. Trovo tutto in un solo accesso. La mente di Allan sembra debole, come se lui non ponesse alcuna resistenza alla mia presenza; non sento nessun ronzio alle orecchie, nessun tumulto dentro di me. Allan è quieto, accetta di lasciarmi interferire con la sua vita per un giorno intero.

 

Arrivo di fronte al parco dove Camila mi ha chiesto d'incontrarci, sono così ansiosa da non riuscire a fare a meno di osservare il luogo attorno a me. Ci siamo incontrate a metà strada questa volta, e nonostante io non abbia mai visto questo posto, Allan sembra conoscerlo.

 

Sto per entrare quando la spalla di qualcuno impatta contro la mia schiena.

 

<< Oh...scusami, sono così distratta oggi... ti ho fatto male? >>.

 

Non ho bisogno di voltarmi per riconoscere la sua voce. So che si tratta di lei ancora prima di incrociare i suoi occhi mozzafiato.

 

<< Camila >> la chiamo e il suo sguardo subito saetta alla ricerca del mio viso.

 

Noto un'ombra di delusione attraversare le sue iridi; sperava che fossi nuovamente io.

 

Accenno un sorriso triste perché immagino come debba sentirsi. Vorrei che non sperasse inutilmente e vorrei poter essere me, ma è una promessa che non sono sicura di poter mantenere. Non posso illuderla in modo così crudele.

 

<< L? >> domanda per essere certa.

 

Annuisco.

 

Non mi da il tempo di nulla che me la ritrovo tra le braccia. Mi stringe senza che io l'abbia chiesto e sospira. Mormora qualcosa contro il mio petto, in un primo momento non capisco le sue parole, ma poi i sussurri si fanno meno confusi.

 

<< Non continuare ad andare via. Torna da me, ti prego >>.

 

Inspiro e sento gli occhi pizzicarmi a causa delle lacrime. Le ricaccio indietro e circondo il suo corpo esile.

 

Per la prima voltami domando se sia giusto continuare ad agire in questo modo, o se il modo migliore di renderla felice sarebbe lasciarla andare.

 

 

<< Allora,come ti senti? >> chiedo una volta seduti su di una panchina in mezzo al parco.

 

Qualcuno va in bici, qualcuno sta facendo jogging ma noi non prestiamo attenzione al mondo intorno. Abbiamo il nostro piccolo infinito e ci basta.

 

<< È come averei postumi di una sbornia >> risponde con un mezzo sorriso dipinto sulle labbra.

<< Tu ed Ally sembrate vederla allo stesso modo >> ridacchio.

 

La osservo. Non è strano osservarla dall'esterno anche dopo essere stata letteralmente dentro di lei.

Noto alcuni particolari che avevo sempre visto ma cui non avevo prestato attenzione fino a ieri, come la curva delle sue labbra, il piccolo neo sulla sua fronte. Tutto ciò che potrebbe essere definito come imperfezione da qualcun altro, è invece perfetto per me. Non c'è nulla che non trovi bello in lei.

 

<< Apprezzo particolarmente che tu non abbia deciso di scagliarmi addosso un'intera comunità religiosa >> scherzo.

 

Il sorriso di Camila si allarga. Farla sorridere è senz'altro una delle cose più significative al mondo.

 

Scuote la testa.

 

<< Non ho la sensazione che sia stata tu a governare la mia vita, o il mio corpo,o la mia esistenza. Piuttosto mi è sembrato di vivere un giorno intero accanto a te... in modo decisamente intimo >>.

 

Prende la mia mano posata sul tavolo tra le sue prima di continuare.

 

<< L, non mi è sembrato di perdere un giorno della mia vita, ho avuto l'impressione che qualcosa di prezioso sia stato aggiunto invece. Non sei stata l'unica ad aver colto qualcosa durante quei momenti; la mia presenza poteva essere quieta, ma c'era... ti assicuro che c'ero anche io >> mi dice quando nota il mio sguardo dubbioso.

 

Avvicina la mia mano, la mano di Allan, alle labbra ma non la bacia. La osserva ,solleva gli occhi su di me.

 

<< Anche tu sei lì dentro, da qualche parte insieme a lui? >> chiede cauta.

 

Sospiro.

 

<< Camila... >> comincio, ma vengo interrotta all'istante.

<< No. Ascolta... quando mi sono svegliata stamattina, prima ancora di leggere la tua lettera, ho percepito che ci fosse qualcosa di diverso. Poi ho letto ciò che hai scritto, mi sono fermata a ricordare e ho trovato tutto lì. Tutto. Ogni singolo momento. Ogni singola sensazione. Attraverso me e attraverso te soprattutto. C'era la libertà che mi hai fatto provare mentre camminavi tra i boschi,c'erano le parole che mi avevi detto, c'era il pranzo con Austin, c'era Dinah... ogni cosa. E c'eri tu. È qualcosa di troppo importante perché io possa passarci sopra, quindi ho bisogno che tu mi dica che puoi tornare da me... ho bisogno che tu mi prometta questo >>.

 

<< Camila, non posso tornare in un corpo per più di una volta, lo sai vero? >> domando aggrottando le sopracciglia perché non sono sicura di cosa mi stia davvero chiedendo.

<< Lo so, e non voglio che tu lo faccia. In realtà sono abbastanza sollevata all'idea che non dovrò svegliarmi avvertendo qualcosa di simile >> sorride prima di continuare << ma rivoglio te, la vera te >>.

 

Oh. Oh...

 

<< Io sono qui, adesso, in questo esatto istante. Sono qui, Camz >> rispondo.

<< Sì, lo sei, ma non è abbastanza. Lo so, lo so che sei qui, riesco a sentirlo... ma so benissimo che per quanto ti sembrerà stupido io non posso innamorarmi di... uhm >>.

<< Allan >> suggerisco.

<< Allan. Non posso farlo perché lui non è te. Tu sei qui ma c'è lui ed io non voglio innamorarmi di lui, io voglio innamorarmi di te. Della vera te >>.

 

Per la prima voltami ritrovo a considerare un corpo per ciò che realmente è. Non si tratta soltanto di uno scheletro ricoperto di pelle; non si tratta di un involucro che può essere lasciato indietro quando lo si desidera.Io non ho mai dovuto fare i conti con cosa rappresentasse davvero un corpo, perché non ne ho mai avuto uno mio... fino ad ora.

 

Adesso mi rendo conto di cosa davvero vuole dirmi Camila. Adesso mi trovo davvero a sperare di poter essere me, di poterle dare ciò che desidera. Tutto ciò che desidera, perché lei merita ogni minima parte di me.

 

<< Volevo che tu ricordassi tutto >> ammetto sincera cambiando argomento << Non so come mi sia stato possibile farlo, non ero mai stata capace d'imprimere dei ricordi in qualcuno prima di te >>.

 

Camila si limita astringersi nelle spalle.

 

<< Sono solo molto felice di ricordarlo. Oh, e grazie per non aver sbirciato ed esserti tenuta i vestiti addosso >> risponde arrossendo.

 

Rido di gusto alle sue parole e sollevo le mani in segno d'innocenza.

 

<< Era il minimo che potessi fare, non devi ringraziarmi >>.

 

Parliamo ancora di quello che è successo. Io voglio sapere di più su cosa lei ha percepito di me e lei vuole sapere altrettanto.

 

<< L? >> richiama la mia attenzione dopo qualche minuto, come se già non fossi concentrata su nient'altro che lei.

<< Camz >> replico.

<< Tu hai... adesso hai la sensazione di avermi conosciuta meglio attraverso quello che è successo? Voglio dire, a me sembra di aver trovato e custodito una parte di te che non conoscevo prima >> riflette ad alta voce.

 

Passo una mano tra i capelli corti di Allan prima di rispondere.

 

<< Non esattamente, vedi ho preferito lasciare intatti i tuoi ricordi, niente di ciò che tu abbia voluto tenere nascosto da me è stato toccato. Tutto ciò che tu mi hai detto o mi hai lasciato vedere di te sono state le uniche cose che ho continuato a custodire in me; ma ho visto la tua vita dalla tua prospettiva, ho notato le persone sulle quali posi l'attenzione, ho scritto utilizzando la tua mano e la tua grafia...ho fatto molte cose che, per quanto piccole e scontate, puoi fare soltanto con te stessa >>.

 

Camila annuisce e sono sicura che abbia davvero colto il significato delle mie parole.

 

Restiamo in silenzio per un paio di minuti, la mia mano ancora tra le sue, la lascia andare delicatamente.

 

<< Non ricapiterà, vero? >> conosce già la risposta, ma vuole sentirselo dire.

<< No, mai più >>.

 

Non saprei dire se le mie parole la rasserenano o la intristiscono.

 

<< La tua famiglia è fantastica e Sofi ti adora >> esordisco spezzando il silenzio pesante.

 

Camila sorride non appena le mie labbra pronunciano il nome della sorella.

 

<< E io adoro lei. A volte ho l'impressione che sia lei la sorella maggiore fra le due >>ammette.

<< Come mai? >> domando interessata puntando i gomiti sul tavolo.

<< Perché è sempre lì per me quando ho bisogno di un sostegno, è lei che riesce a capirmi con una semplice occhiata... beh a modo suo almeno. Ma, credimi, non sai quante volte riesce a centrare il punto >> i suoi occhi s'illuminano quando parla di Sofi.

 

<< Hai visto la mia vita >> aggiunge dopo qualche attimo.

 

Annuisco.

 

<< Come pensi possa funzionare una cosa simile tra me e te? >> il suo tono non è carico di accusa, né di tristezza, soltanto sincera curiosità.

 

Mi stringo nelle spalle e rifletto.

 

<< Possiamo trovare un modo, un modo per stare insieme >> rispondo.

<< Questa non è una risposta, L. Si tratta di una possibilità >> replica accennando un altro sorriso.

<< Sto scoprendo delle cose, Camila; non so cosa essi significhino ancora, ma sto cercando di capirlo >> rivelo a voce più bassa.

 

Non credo affatto che le persone nel resto del parco stiano prestando attenzione a noi, ma non posso fare a meno di guardarmi intorno con circospezione.

 

Camila corruga la fronte.

 

<< Che intendi? Che tipo di cose stai scoprendo? >>.

<< Io... uhm, non sono ancora sicura... ma credo di dover incontrare il reverendo Parker >> rispondo.

 

Il suo volto non cela un'espressione di pura sorpresa.

 

<< Cosa? Stai scherzando spero,quel tipo pensa che tu sia il demonio o chissà che altro... non puoi presentarti semplicemente così e raccontare la tua storia! >>

<< Non saprà chi io sia >>.

<< Ma rischierai di mettere in mezzo un'altra persona che il giorno seguente non si ricorderà nulla... >> replica lei.

 

Non avevo ancora pensato a questo, ma suppongo che Camila abbia ragione. Non posso farlo, questa non è un'opzione plausibile.

 

<< Giusto. Andrò come me stessa, quando sarò nel mio corpo >> affermo decisa.

<< L... >>

<< No Camila, è qualcosa che devo fare. So che probabilmente è difficile da capire, ma non posso lasciare che le cose continuino in questo modo, non se ho una possibilità di venirne a capo. È l'unico modo che ho per offrirti delle risposte. L'unico modo in cui io e te possiamo stare insieme...se tu lo vuoi >>.

 

La conversazione è tornata a farsi seria; lo sento come se qualcosa si fosse mossa nell'aria. Come una nuvola che inizia ad oscurare il sole.

 

<< L, lo sai che >> inizia, ma la interrompo.

<< No, non adesso. Non voglio sentire i mille motivi per cui io e te non dovremmo vederci o stare insieme, sono stanca di sentirli. Voglio solo accontentarmi di oggi, di averti qui adesso con me >> dico.

 

Camila sorride e mi passa una mano trai capelli scompigliandoli un po'. Sono i capelli di Allan ma non importa. La sento con me e questo mi basta.

 

Quando è ora di andare via per entrambi le chiedo se potrò rivederla ancora.

 

<< Vuoi scherzare? E perdermi un'altra versione di te? Certo che voglio rivederti >>.

 

Mi butta le braccia al collo e mi lascia un bacio all'angolo delle labbra. È un contatto fugace ma mi basta per avvertire nuovamente il suo sapore.

 

Questa è la nota felice della giornata.

 

 

Giorno 6014.

 

Ho trascorso due giorni senza vedere Camila e senza pensare ad Ally. Ma Ally non ha fatto lo stesso.

 

Questa mattina mi sono svegliata nel mio corpo e ho avvertito la piacevole sensazione di sentirmi a casa in qualche strano modo. Credo che mi stia finalmente abituando all'idea di avere una forma tutta mia, ma ciò implica il soffrirne quando sono costretta nel corpo di un'altra persona. Assaporare cosa davvero significhi avere una propria vita e una propria esistenza è del tutto nuovo per me, ma mi porta a desiderare cose che prima nemmeno sognavo. Come il familiare calore della mia pelle, la sensazione al tatto degli oggetti, la visione del mondo dalla mia prospettiva. Ogni singola cosa che ho sempre agognato e che adesso posso avere... ma non so ancora come controllare il processo.

 

Sono sgattaiolata via dalla casa in cui mi sono risvegliata facendo meno rumore possibile, ma non ha funzionato molto dato che alla fine sono inciampata nei giochi sparsi a terra da colui che, suppongo, sarebbe dovuto essere mio fratello minore durante questa giornata.

Ho dovuto nuovamente prendere in prestito dei vestiti e non sono ancora riuscita a mettere le mani su qualcosa da mangiare.

 

Me ne ricordo poiché la mia pancia ha ricominciato a lamentarsi. Adesso mi trovo in biblioteca a monopolizzare uno dei tanti computer presenti.

 

Accedo alla mia casella di posta elettronica e vedo i messaggi inviati da Ally. Risalgono tutti a due giorni fa o ieri.

 

"Dammi una prova. Come ti aspetti che ti creda altrimenti?"

 

"Per quale motivo non vuoi parlarmi?"

 

"HO IL DIRITTO DI SAPERE QUALCOSA. MI HAI MESSA TU IN QUESTA SITUAZIONE!"

 

"Non riesco a dormire... hai idea del modo in cui mi sento?"

 

"Tornerai? Mi succederà ancora ciò che è già accaduto?"

Sospiro sconfitta mentre leggo quei brevi testi. La consapevolezza di aver ridotto e lasciato Ally in quello stato mi colpisce in pieno e mi carica di un senso di responsabilità mai sperimentata prima d'ora. È un peso lento che s'insidia sotto la mia pelle, e adesso che sono presente come me stessa, posso sentirlo scorrere fin dentro le vene.

 

Ripenso a Mike, a Camila, ad Ally... si merita almeno una risposta da parte mia.

 

"Non accadrà mai più. Non posso spiegarti perché, ma capita soltanto una volta. Non posso controllare questa cosa."

 

"Dimmi chi sei. Dimmi che posso fidarmi di te." mi risponde qualche minuto dopo.

 

Non sono sicura di come interpretare il tono di quelle parole, potrebbe essere supplicante, arrabbiato  o infastidito. Davvero non lo so.

 

Qualsiasi altra risposta da parte mia potrebbe espormi ad un rischio più grande, come quello di finire in prima pagina sul sito del reverendo Parker. Sono sicura che Ally è colei che ha i contatti più stretti con lui al momento.

Ma prima di rendermene conto, le mie mani digitano le parole che prendono forma sulla tastiera.

 

"Mi chiamo Lauren, e tu puoi fidarti di me perché sono l'unica in grado di poterti raccontare cosa è davvero successo quella notte."

 

Mi mordo l'interno della guancia con forza fino a farlo sanguinare non appena mi rendo conto di cosa ho inviato.

 

Lauren. Questo nome ha continuato a tormentarmi. Non ho più sentito quella donna urlare, ma ho sognato lo scenario diverse volte. In una di queste era addirittura Camila a chiamare questo nome e, per qualche assurdo motivo, nulla mi sembrava più logico che rispondere alla sua richiesta d'aiuto. Non era un semplice senso del dovere o un'orda di sentimenti, no. Era il reale senso di appartenenza. Quel nome era il mio. Quella persona ero io.

 

Quando mi sono svegliata di soprassalto, ricordavo tutto con estrema nitidezza. Indugio per qualche secondo con le dita sulla tastiera.

 

Scrivo "Lauren" nel motore di ricerca. Troppi risultati. Troppo vago. Non speravo davvero che funzionasse.

 

Vengo distratta da un nuovo messaggio da parte di Ally.

 

"Allora provalo."

 

Non sono sorpresa nemmeno un po'.

 

Paradossalmente immagino che Ally sia l'unica persona che merita davvero di sapere come sono andate le cose, così gli racconto:

 

"Sei stato ad una festa, sei stato bene, eri lì per parlare con una ragazza che volevi vedere, lei ti ha invitato a ballare e tu hai accettato. Avete ballato per un bel po', ma poi il tempo a tua disposizione è terminato e sei dovuto andare via. Hai perso la cognizione del tempo e questo è stato il motivo per cui ti sei risvegliata di fronte casa dei tuoi senza ricordare quasi nulla. Nessun incidente, nessuna droga, niente alcool. Fine della storia"

Ally mi risponde ancora.

 

"Vuoi dire che tu volevi parlare con una ragazza, tu volevi andare ad una festa, tu hai terminato il tempo a tua disposizione. Tu, tu e solo tu. Io non c'entravo nulla."

 

Adesso posso quasi sentire il suo tonoastioso nei miei confronti. Sospiro e digito sulla tastiera:

 

"Mi dispiace. Non è qualcosa che posso controllare a mio piacimento e non volevo in alcun modo sconvolgere la tua vita. Prima smetterai di fare domande e di credermi il diavolo, prima te ne dimenticherai, credimi."

 

"Non posso. Non è così semplice. Come si chiama lei?"

 

Oh no. Assolutamente no. Non ho alcuna intenzione di coinvolgere Camila in tutta questa situazione, più di quanto già ci sia dentro. L'ultima cosa di cui ho bisogno è che Ally Brooke risalga a lei.

 

"Non importa. Ally, ti ho già detto che non ricapiterà. Va avanti... tutte queste domande senza risposta finiranno solo per distruggerti."

 

"Permettimi di parlare con lei.Voglio solo sapere cosa ricorda di quella notte." scrive ancora.

 

"No. Lasciala fuori da questa storia. Le nostre strade non hanno fatto altro che incrociarsi accidentalmente. Spero che tu capisca che sto soltanto cercando di aiutarti al meglio delle mie possibilità." sono irremovibile.

 

"Posso sentire la tua voce? Puoi essere toccata? Hai le mie stesse sembianze?".

 

Ancora una volta mi ritrovo a ridacchiare notando effettivamente quanta importanza gli esseri umani pongano al contatto fisico, di qualsiasi tipo esso sia. Il contatto fisico rappresenta più del 60% delle loro interazioni. Buffo che io lo dica... dal momento che ho passato la quasi totalità della mia vita senza avere un corpo.

 

Abbasso lo sguardo su di me. Mi osservo. Mi mordo delicatamente il labbro inferiore soppesando le domande di Ally nell'ultima e-mail.

 

Sono reale. Ho una voce. Ho delle sembianze. Sono... qualcuno.

 

Non sono più domande o speranze o desideri che vagano nel vuoto. Sono una certezza.

 

Mi chiedo se questo possa bastare a Camila, se io potrei bastarle. Se restassi così... se restassi me stessa.

 

Scrollo il capo e torno a concentrarmi sulle parole fisse nello schermo.

 

"Forse... un giorno."

 

Questo è tutto ciò che posso garantire ad Ally. So che non demorderà. So che le nostre strade torneranno ad incrociarsi ancora. Ma non adesso.

 

Esco dalla mia casella di posta e sono quasi in procinto di andarmene, quando delle dita si avvolgono attorno al mio polso sinistro. Mi volto confusa, sollevando lentamente lo sguardo fino ad incrociare un paio di occhi azzurri. Il primo istinto è quello di scattare all'indietro.

 

<< Scusami, non volevo spaventarti >> mormora la ragazza di fronte a me.

 

Ha dei lunghi capelli rossi e una spruzzata di lentiggini sul volto. Mi fissa nervosamente e continua a sfregarsi le mani sul tessuto dei jeans. La fisso di rimando inattesa scrollando le spalle.

 

<< Non fa nulla. Hai bisogno di qualcosa? >> chiedo con gentilezza.

 

Vedo le sue pupille dilatarsi un po'prima di scuotere la testa indecisa se parlare o meno.

 

<< Io uhm... è imbarazzante >> mormora così piano che fatico a sentirla.

 

Inclino il capo lateralmente non cogliendo il significato del suo disagio.

 

<< Cosa? Cosa è imbarazzante? >>.

<< Si tratta di una scommessa...>> ammette arrossendo furiosamente.

 

Oh. Adesso è molto più chiaro.

 

<< Oh... e di cosa tratta questa scommessa? >> domando sorridendo per alleviare un po' la tensione.

 

La ragazza mi fissa dritta negli occhi, sembra perdersi per qualche attimo, prima di parlare di nuovo.

 

<< Parlarti >>.

<< Tutto qui? >> chiedo ancora divertita.

<< No... chiederti di uscire >> se possibile diventa più rossa dei suoi stessi capelli.

 

Mi passo una mano tra i capelli e adocchio il tavolo dei suoi amici alle sue spalle. Mi mordo l'angolo delle labbra e soppeso la sua richiesta.

 

<< D'accordo >> affermo annuendo.

 

Lei spalanca gli occhi per la seconda volta e mi fissa con espressione incredula.

 

<< Come? >> domanda sicura di non aver capito bene.

 

Annuisco di nuovo.

 

<< Sì, andiamo >>.

<< A-adesso? >> lancia uno sguardo ai suoi compagni e poi sposta nuovamente l'attenzione su di me.

<< Adesso. Conosci qualche posto qui intorno? >>.

<< Sì >> asserisce.

<< Okay allora, ti aspetto all'uscita >> dico avviandomi verso le porte pesanti della biblioteca.

 

Non voglio sentire i mormorii eccitati dei suoi amici o le loro domande impertinenti. Non so nemmeno per quale motivo ho accettato. So che l'ho fatto. È probabilmente la prima cosa che compio con il mio vero corpo che non sia correre da Camila.

 

L'immagine di lei mi coglie di sorpresa, perché non posso fare a meno di pensare che avrei potuto incontrarla in questo modo. Tutto sarebbe potuto essere normale.

 

L'improvvisa voglia di rivederla mi coglie alla sprovvista ed è così irruenta da togliermi il respiro per qualche attimo.

 

Vengo distratta dalla ragazza che delicatamente mi picchietta una spalla.

 

<< Possiamo andare >> sorride.

 

Camminiamo a lungo, arriviamo ai confini di una spiaggia, parliamo di svariate cose ma anche lunghe pause di silenzio si alternato tra di noi.

I suoi capelli sono sciolti e vagano liberi sulle spalle; i suoi occhi azzurrissimi sono fissi di fronte a sé.

 

<< Non so nemmeno quale sia il tuo nome >> spezza la quiete dopo diversi minuti.

 

Mi gratto un sopracciglio e non ho nemmeno bisogno di ponderare la risposta. Scivola fuori dalle mie labbra spontaneamente.

 

<< Lauren >>.

<< Lauren >> ripete lei, come se volesse assaporare il suono tra le labbra. << È un bel nome >> aggiunge.

 

Mi stringo nelle spalle e abbozzo un sorriso.

 

<< Piace anche a me. Come ti chiami tu? >> domando a mia volta.

<< Danielle, ma Dani va bene >>.

 

Annuisco.

 

<< Okay Dani, cosa ti piace fare? >>.

 

Lei mi osserva per qualche secondo.

 

<< Recitare è la mia passione più grande >> risponde mentre un sorriso genuino si distende sulle sue labbra.

 

Ironicamente penso a quanto io abbia effettivamente recitato per gran parte della mia esistenza. Ogni giorno un ruolo diverso. Ogni vita cercava di essere la protagonista nel proprio mondo. Io stavo dietro le quinte, sempre dietro le quinte. Fino ad ora.

 

<< Non ti ho mai vista da queste parti >> commenta lei sedendosi sulla scogliera vicino al mare.

 

Il rumore delle onde mi conforta. Mi ricorda la prima volta che sono stata all'oceano con Camila. Camila. Di nuovo Camila. Non riesco a non pensare a lei. Nonostante la compagnia di Dani non mi dispiaccia, so per certo che preferirei essere qui con Camila.

 

<< Non vivo qui >> rispondo osservando delle onde infrangersi contro gli scogli. Qualche goccia d'acqua arrivo fino a noi.

 

Altri secondi di silenzio.

 

<< Come si chiama? >> sollevo di scatto lo sguardo confusa.

<< Chi? >>.

<< La persona di cui sei innamorata >> risponde ovvia.

 

Un guizzo di colpevolezza passa attraverso i miei occhi. Arrossisco imbarazzata.

 

<< Non volevo essere così ovvia >> ammetto dispiaciuta.

 

Dani si limita a scrollare le spalle.

 

<< Non fa nulla. I tuoi occhi sembravano urlarlo ad ogni modo >> dice.

 

Mi chiedo se sia vero. Mi chiedo se anche Camila possa vederlo. È davvero questo che dicono i miei occhi? Che sono innamorata di lei? Vorrei che quelle parole fossero uscite dalle sue labbra.

 

<< Si chiama Camila >> rispondo sospirando.

 

Ho lo strano sentore di potermi fidare di Dani, anche se solo per un giorno. Qualcosa nel suo sguardo mi dice che posso restare tranquilla e che lei capirà.

 

<< Camila... e dov'è adesso? >> domanda con curiosità.

<< Vive a Miami >>.

<< Quindi anche tu vieni da lì >> deduce.

 

Mi mordo il labbro inferiore chiedendomi se mentire o no. Alla fine annuisco.

 

<< Sì, potremmo dire così >>.

 

Se non ho davvero una casa, mi piace pensare che la mia casa sia dov'è Camila e dov'è Mike.

 

<< E lei ti ama? >> chiede Dani sorprendendomi.

 

Camila mi ama? Non lo so. Forse, in qualche modo, lo fa. Forse mi ama. Ma non posso esserne sicura, non fin quando non lo sentirò uscire dalle sue labbra.

 

<< Io non... non lo so >> ammetto insicura.

 

Dani aggrotta la fronte.

 

<< Come puoi non essere certa di qualcosa come l'amore? >> domanda meravigliata.

<< Io sono sicura di ciò che provo per lei, ma lei probabilmente non lo è >> scuoto la testa.

<< Perché? >>.

<< Perché le cose non sono così semplici come sembrano tra di noi >> mi passo una mano sulla nuca e distolgo i miei occhi verdi dai suoi azzurri.

 

Dani mi prende timidamente una mano tra le sue. Osservo il suo movimento e il suo tocco delicato sulla mia pelle. Non mi dispiace, ma non lo trovo nemmeno giusto. Non sento gli stessi brividi che ho in presenza di Camila. Non sento l'infinito tra di noi. Eppure non mi dispiace. Dani è davvero una compagnia migliore di quella che mi aspettassi o di qualsiasi cosa avessi programmato per questa giornata.

 

<< Nulla è semplice, fin quando non proviamo noi a renderlo tale >> sussurra.

<< Che vuoi dire? >> inarco entrambe le sopracciglia alla sua affermazione.

<< Glielo hai mai detto?Esplicitamente intendo. Gli hai mai detto che la ami? >> mi chiede.

<< No... >> mormoro.

<< Allora dovresti farlo >> la mia mano è ancora tra le sue.

<< In che modo esporre i miei sentimenti potrebbe rendere le cose più semplici? >> ricordo le volte che io e Camila abbiamo navigato vicino all'argomento.

 

Nessuna di quelle volte il discorso è sembrato leggero, né tanto meno andato così bene.

 

<< Perché le daresti una certezza. Qualsiasi cosa succeda, il tuo amore sarà lì per lei. Tu sarai lì per lei >>.

 

E tutto improvvisamente sembra più chiaro. Una certezza. Mi sono continuamente detta di voler dare a Camila una certezza. Ho sempre pensato di non poterle offrire niente, ma posso. Posso farlo. I miei sentimenti per lei sono una certezza e continueranno ad esserlo. Voglio pensare che questo possa davvero bastare per noi.

 

Stringo a mia volta le mani di Dani e quasi salto in piedi. La ragazza sobbalza ma imita i miei movimenti.

 

<< Che succede? >> chiede confusa.

<< Grazie. Grazie. Grazie Dani. Non so come ringraziarti! >> esclamo su di giri.

<< Ma io non ho fat- >>.

 

Prima che possa terminare la frase, le mie braccia la stringono con forza e ritrovo il suo viso nell'incavo del mio collo.

 

<< Grazie >> mormoro ancora contro di lei.

 

La sento sorridere. Non la vedo, ma so che sta sorridendo.

 

Quando ci allontaniamo noto le sue guance rosse e il suo respiro lievemente accelerato.

 

<< Non so come ringraziarti >> ripeto ancora.

 

Dani soppesa le mie parole e si fissale scarpe.

 

<< Non ho- uhm... non ho proprio la possibilità di rivederti, vero? >> domanda con voce flebile.

 

Il cuore mi si stringe a sentire le sue parole e sorrido tristemente.

 

Con le dita sollevo il suo mento e fisso di nuovo i suoi occhi nei miei. Luccicano. Sono spicchi di cielo azzurro.

 

Senza dire altro mi sporgo in avanti e catturo le sue labbra tra le mie.

 

È un bacio. Non sento le stesse sensazioni dei miei baci con Camila, nulla potrebbe mai avvicinarsi a quella perfezione, ma il solo pensiero di star facendo qualcosa di mia spontanea volontà, senza dover obbedire agli ordini di un corpo,di una vita che non sia la mia, mi rende oltremodo cosciente della piega che stanno prendendo le cose.

 

È un bacio che racchiude un significato diverso.

"Spero che tu possa capire, Dani... io non posso essere altro che sua."

 

 

 

 

Note conclusive:

Non voglio nemmeno trovare le parole per giustificarmi di questo assurdo ritardo... vi giuro che mi dispiace da morire. Tra la scuola e tutto il resto sono stata davvero impegnata. Cercherò di ridurre decisamente i tempi d'attesa per gli altri capitoli.

Beeeene, cosa dire? Mi era mancato davvero tanto scrivere questa storia. :')

Ho già in mente come andare avanti, quindi il discorso "trama" non sarà un problema, cercherò di trovare del tempo per scrivere ovviamente :')

Vi lascio con qualche curiosità sul capitolo (as usual):

1. Il titolo si riferisce alla parte finale del capitolo (soprattutto) ed è preso dalla canzone degli Arctic Monkeys "Baby I'm yours".

2. Allan e Dani non s'ispirano a nessun personaggio reale.

3. L che casualmente, oh molto casualmente, rivela il suo nome ad Ally. Ally che tra l'altro rivedremo presto in forma reale e non più attraverso delle e-mail.

4. Riguardo al bacio presente alla fine, fra Dani e Lauren, ci ho pensato un po' prima di scriverlo. Spero si riesca a comprendere che Lauren non lo fa semplicemente per ringraziarla o perché ha pena per la ragazza o simili, ma per un significato più profondo, ha appena ricevuto la consapevolezza di aver trovato qualcosa di sincero e puro da offrire totalmente a Camila; dunque (almeno personalmente) non può essere contemplato come un tradimento nei suoi confronti.

Mi sa che è tutto per questa volta. Mi scuso ancora per il ritardo e per gli eventuali errori presenti, vado a rileggerlo subito e a correggerlo. :')

See you!

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Capitolo 15
*** Capitolo 14. ***


Capitolo 14.

 

Giorno 6015.

 

Apro gli occhi in uno sfarfallio di ciglia e ho subito la sensazione che nulla sia cambiato da ieri. È una sensazione così insolita che mi si stringe un po' lo stomaco. Sono ancora io. Sono ancora nel mio corpo. Per una volta tutto sembra essere uguale a ieri.

 

In realtà non è esattamente così. Non mi ritrovo nella stessa città di ieri, né nella stessa famiglia, ma qualcosa di positivo c'è: sono distante soltanto un paio d'ore da Camila.

Non potevo davvero immaginare che il mio sabato avrebbe preso questa piega.

 

Camila mi ha inviato una mail.

 

"Ho il via libera da parte dei miei, sanno che dormirò da Dinah per il week-end e che domenica andremo a trovare i suoi zii. Dinah ha detto che mi coprirà, a dire il vero le devo un immenso favore ma pensavo che valesse la pena se questo significava poter trascorrere una giornata insieme... quali sono i tuoi programmi?"

 

Sorrido mentre le rispondo.

 

"Fammi pensare un po'... ho un corpo tutto mio a disposizione, c'è una ragazza meravigliosa che mi aspetta, cos'altro potrei desiderare?"

 

L'urgenza di vederla è sempre di più. Questi miseri contatti non bastano a placare la sete che abbiamo l'una dell'altra, non più ormai. Non quando so cosa signific apoterla avere accanto, non quando conosco la sensazione di benessere che ho anche solo nel vederla.

 

Sono grata alla tecnologia per milioni di motivi, ma con Camila non basta più.

 

Nella successiva e-mail che ricevo mi ha lasciato delle indicazioni, non ha però lasciato alcuna destinazione. La famiglia in cui mi trovo è decisamente ricca e anche decisamente fuori casa per il week-end. Per una volta le tempistiche sono a mio favore.

 

Prendo in prestito l'unica macchina rimasta a disposizione e guido per quasi due ore senza destinazione, seguendo soltanto ciò che le indicazioni di Camila dicono.

 

Arrivo di fronte a quella che sembra essere una casetta curata vicino ad un lago della zona. Se non sapessi di aver seguito con tanta scrupolosità le direttive della cubana, direi di essermi decisamente persa. Non ho idea di dove io sia, ma noto la figura di Camila seduta sugli scalini del piccolo portico in legno.

 

Sta leggendo un libro ed è così assorta da non aver notato la mia presenza, né aver percepito il rumore dell'auto sulla strada sterrata.

 

Inspiro l'aria fresca e un odore pungente di pino mi riempie le narici. È piacevole, più di quanto potessi aspettarmi.

 

Potrei restare ore a guardarla assorta nel suo mondo. Mi prendo il mio tempo per far scorrere il mio sguardo lungo la sua figura, non tralascio alcun particolare di lei.

Poi, dopo quelli che mi sembrano giorni, mi schiarisco la voce.

 

<< Immagino che sia questa la tuai dea di sorpresa >> esordisco, un sorriso che si fa istintivamente spazio sulle mie labbra.

 

Camila sussulta e solleva il viso di scatto, i suoi occhi si allargano nel riconoscere la mia figura. Probabilmente si aspettava di dover fronteggiare qualcuno che non conoscesse, qualcuno che le desse soltanto il vago sentore di essere con me.

 

Me la ritrovo fra le braccia senza aver avuto il tempo di registrare i suoi movimenti. Mi stringe così forte da mozzarmi il fiato il gola... eppure non c'è altro modo in cui vorrei stringerla.

 

Registro la forma delle sue labbra che si distendono in un sorriso sulla mia spalla, la punta fredda del suo naso che scivola sul mio collo inspirando profondamente come se volesse riempire i polmoni del profumo naturale che risiede nella mia pelle.

 

Si allontana piano e fissa i suoi occhi nei miei. Mi sento sprofondare nell'immensità che racchiudono.Sembra contenta e nervosa al tempo stesso di vedermi. Tiene le mani ancora strette ai miei fianchi, come se avesse paura di vedermi sparire da un momento all'altro.

 

<< S-sei... sei così... sei bellissima >> dice avvicinandosi di qualche centimetro.

 

Ho l'impressione di essere arrossita poiché sento le mie guance andare a fuoco.

 

<< Tu lo sei sempre >> replico non distogliendo il mio sguardo dal suo.

 

Si avvicina ancora e mi lascia un bacio sull'angolo delle labbra. Mi prende delicatamente la mano e mi fa cenno verso la casa.

 

Non ho ancora idea di dove ci troviamo, ma non m'importa. Sono con Camila, tutto il resto può aspettare.

 

Una volta dentro facciamo un giro veloce e noto che Camila ha portato tutto l'occorrente per trascorrere la giornata insieme. Inclusi un paio di costumi da bagno.

 

Scoppia a ridere quando mi vede adocchiare un boxer da uomo. Inarco un sopracciglio e lei si stringe nelle spalle.

 

<< Non sapevo chi saresti stata, dovevo prevenire in qualche modo, così ho preso un costume di mio padre >> spiega.

 

Ha senso, ma rido di gusto ugualmente.

 

Non mi sembra vero. Questa giornata è così perfetta che ho voglia di piangere dalla gioia.

 

<< Così questo sarebbe il tuo modo carino d'invitarmi a fare un tuffo nel lago con te? >>scherzo.

 

Lei sorride teneramente e annuisce.

 

È senz'altro lo spettacolo più bello a cui io abbia mai assistito.

 

La successiva cosa che so è che sto volando. Sono sospesa nel vuoto. Letteralmente.

Camila mi ha convinta a saltare da una roccia poco distante e ora ci troviamo entrambe in caduta diretta verso la superficie cristallina. Rompiamo la quiete del lago e riemergiamo in un turbinio di acqua.

 

Camila mi sposta i capelli appiccicati al viso prima di intrecciare le mani attorno al mio collo. Ci sono diversi centimetri di differenza tra di noi ma non ce ne curiamo. Restiamo lì a fissarci come se tutto il mondo attorno non esistesse.

 

E non esiste davvero. Non esiste quando Camila mi guarda in quel modo, non esiste quando le sue dita accarezzano lentamente la mia nuca e le mie mani scivolano sui suoi fianchi.

 

Non esiste quando colma quella breve distanza che ci separa e mi bacia. Mi bacia sul serio questa volta. Le sue labbra sulle mie sono la mia più grande debolezza. Lei lo è.

 

Mi bacia e io rispondo al bacio intensificando il contatto. Le mie dita tracciano l'elastico del suo costume giallo e le mie mani la stringono con più forza,possessivamente. Eppure non si tratta di possesso tra di noi. Si tratta solo di voler imprimere quanto più possibile la presenza dell'una nell'altra.

 

Camila lo fa premendosi contro di me,mordendomi con vigore il labbro inferiore prima di passarci sopra la lingua. Passo le mani sotto le sue gambe e la sollevo azzerando i centimetri d'altezza che ci separano. Lei avvolge le gambe attorno alla mia vita. Ignoro il bisogno d'aria e la spingo contro di me,come se fosse possibile essere più vicine di così. Sento le sue mani scendere dal collo fino al laccio del mio costume, è sul punto di tirarlo via quando il suo corpo premuto sul mio mi fa perdere l'equilibrio e cadiamo all'indietro. Atterriamo malamente contro l'acqua, io di schiena e lei aggrappata alle mie spalle.

 

Torniamo in superficie grondanti d'acqua. Ridiamo. Sono delle risate spensierate, così come dovrebbe essere ogni attimo tra di noi. È felice, lo vedo dal sorriso che le illumina il volto e che raggiunge i suoi occhi. La sua pelle caramellata brilla a causa delle gocce d'acqua e del sole, in contrasto con la mia decisamente più pallida.

 

È un contrasto piacevole.

 

È così felice che voglio vederla. È così felice che voglio renderla ogni giorno. Voglio svegliarmi la mattina sapendo di poter vedere il suo viso e di poter sentire la sua risata. Sapendo di poterla avere.

 

Non voglio il tempo tra di noi, voglio l'infinito. Chiedo l'infinito. Chiedo di poter avere Camila.

 

Le nostre risate si affievoliscono e lei mi prende la mano, se la porta alle labbra e la bacia con una delicatezza estrema, ricopre ogni centimetro che trova. Poi se la porta al viso, le mie dita le accarezzano la guancia e lei quasi si abbandona contro di essa.

 

Continuo a ripetermi quanto questo sia lo spettacolo più bello che io abbia mai visto.

 

Non voglio dimenticare un singolo attimo di oggi.

 

Una folata di vento increspa la superficie dell'acqua e vedo Camila rabbrividire.

 

<< Vieni, usciamo fuori da qui >> le dico senza abbandonare la sua mano.

 

Le sue dita s'intrecciano alle mie e non le lasciano né quando avvolgo un telo attorno alle sue spalle, né quando le bacio la fronte, né quando con un lembo mi asciuga le goccioline d'acqua che ancora scivolano dal mio volto.

 

<< I tuoi occhi sono senz'altro la cosa più bella che io abbia mai visto. Non mi stancherei mai di guardarli >> mormora con un tono basso, ma abbastanza alto perché io la senta.

 

Sorrido.

 

<< Io non mi stancherei mai di guardare te, qualsiasi sia la circostanza >> replico.

<< Spero che tu sappia che la cosa è reciproca >> annuisce e la vedo arrossire mentre si stringe su se stessa alla ricerca di calore.

 

Inclino la testa lateralmente prima di passare una mano attorno alle sue spalle, una attorno al retro delle sue gambe e sollevarla in braccio. Emette un verso di sorpresa e getta le braccia sul retro del mio collo, ma sorride ed è così che arriviamo nuovamente dentro la casa.

 

Mi guardo in giro meglio della prima volta e noto che la casa è dislocata su due piani - sotto il soggiorno e la cucina, sopra le camere da letto e il bagno -.

 

<< Dove ci troviamo? >> chiedo ancora ignara di dove sia quel luogo.

<< Questa è la casa al lago dei miei nonni, loro ormai ci vengono di rado, ma io e la mia famiglia ci trascorriamo qualche settimana durante le vacanze estive e nel week-end di primavera >>.

 

Annuisco e gironzolo un po', noto delle foto posate sull'unico caminetto presente nella casa e mi avvicino per poterle guardare meglio. Alcune sono in bianco e nero, più antiche, ritraggono quelli che devono sicuramente essere i nonni di Camila. Ci sono foto di quella che sembra essere una festa al lago e i sorrisi sui loro volti sono radiosi.

Altre foto sono più recenti e ritraggono i genitori di Camila, Camila che gioca sulla riva da

bambina, Sofi sulle spalle della sorella con le braccia in aria mentre riemergono dall'acqua.

 

Sorrido spontaneamente alla vista di quei piccoli cimeli e sento le braccia della cubana intrecciarsi ai miei fianchi. Mi lascia un bacio sulla spalla sinistra e segue la direzione del mio sguardo.

 

<< Ti diverti a cercare le tracce della mia infanzia? >> mi domanda scherzosa.

<< Doveva essere bello... >> mormoro più a me stessa che a lei.

<< Lo era, ma lo è anche adesso >> asserisce.

 

Mi giro tra le sue braccia in modo da poterla avere di fronte e sollevo entrambe le sopracciglia.

 

<< Sì sai... quando torniamo qui per le vacanze, è pieno di ricordi questo posto, e adesso... adesso perché ci sei tu, avrò anche un ricordo di te. Della vera te >>.

 

Posso dire senza dubbio che è imbarazzata in questo momento, ma non distoglie comunque i suoi occhi dai miei.

 

Ci dirigiamo in cucina e insieme prepariamo qualcosa da mangiare, prima di trasferirci nuovamente nel piccolo salotto, restiamo sedute a terra mentre sfogliamo dei vecchi album di fotografie e Camila mi racconta quanti più aneddoti possibili sulla sua infanzia. Alcuni sono solo frammenti, altri sono ricordi impressi nella sua mente per intero.

 

Ad un certo punto indico una foto in cima al mucchietto che abbiamo racimolato.

 

<< Eri così carina da piccola >> esordisco.

 

Le mie parole mi costano un pugno sul braccio.

 

<< Cosa vorresti insinuare scusa? Che adesso così non ti piaccio? >> mi provoca.

<< Uh no... no, assolutamente. È solo che eri più... adorabile >>.

 

Camila mette giù il bicchiere da cui stava bevendo e si fionda addosso a me prima che io possa accorgermene. Mi spinge con le spalle sul pavimento di legno e si posiziona sopra di me, poi mi punta contro un indice con aria accusatrice.

 

<< Ripetilo adesso se hai coraggio >> finge un tono solenne.

 

Mi aggrappo con le mani ai suoi fianchi e capovolgo la posizione senza troppa fatica; adesso è lei ad essere sotto di me. La fisso con un angolo delle labbra sollevato.

 

<< Dovresti stare più attenta prima di dichiarare vittoria >> scherzo.

 

Lei scuote la testa e sorride.

 

<< L? >> mi chiama dopo qualche secondo di silenzio.

<< Sì? >>.

<< Qual è il tuo vero nome? >> chiede giocherellando con le mie mani.

 

Trattengo il fiato per qualche attimo.

 

<< Perché lo chiedi? >>.

 

Non ho ancora detto nulla di specifico a Camila di ciò che ho scoperto ultimamente.

 

Lei scrolla le spalle.

 

<< Hai un corpo, stai combattendo in ogni modo possibile pur di restarci dentro... dovresti anche avere un nome. Non penserai davvero di andartene in giro un giorno e presentarti dicendo solo L >>

 

Sospiro.

 

<< Lauren >> mormoro.

<< Come? >> aggrotta le sopracciglia lei.

<< Il mio nome. Lauren >>.

<< Lauren... >> sussurra fra sé e sé.

 

Mi ricorda la conversazione avuta con Dani il giorno prima. Chissà cosa starà facendo ora.

 

<< Lo hai scelto tu? >> domanda Camila.

 

Scuoto la testa.

 

<< No, l'ho... ricordato, in qualche strano modo sono riuscita a ricordarlo >>.

 

Annuisce.

 

<< Ti si addice >> aggiunge alla fine.

 

Ha socchiuso gli occhi e i tratti del suo volto sono rilassati. Mi chino quanto basta per lasciarle un tenero bacio sulle labbra.

 

Camila solleva le palpebre e si rimette lentamente in piedi, mi porge una mano affinché io faccia lo stesso, raccoglie la foto posata in cima al mucchietto e mi guida al piano superiore. Arriviamo alla sua camera, l'ampio letto al centro della stanza occupa abbastanza spazio, ma altrettanto resta libero tutto intorno. C'è un armadio, una scrivania con qualche foglio sparso su, alcuni disegni attaccati sui muri con il nome di Sofi sopra.

 

Camila lascia la mia mano prima di posare la foto sul comodino accanto al letto e sedersi sul bordo.

 

Seguo i suoi movimenti ma resto in piedi. È diventata più silenziosa, ma ho l'impressione che adesso stia per parlare.

 

Punta lo sguardo sul mio viso e non distoglie le sue iridi dorate dai miei occhi smeraldini.

 

<< Lauren >> è la prima volta che utilizza il mio vero nome per chiamarmi, e non posso fermare i brividi che mi scivolano lungo la schiena nel sentire la sua voce pronunciarlo.

<< Camila >> replico.

<< Non voglio stare con lui... >> dice cogliendomi di sorpresa.

 

Non c'è bisogno di specificare chi sia"lui", sappiamo benissimo entrambe di chi stia parlando.

 

<< Oh... non dobbiamo insomma...non dobbiamo parlarne per forza, Camz >> le sue parole mi rendono felice, certamente, ma non voglio che si senta obbligata a dirmi nulla al riguardo.

<< Lo so, ma io voglio farlo. Voglio che tu lo sappia >> ribadisce con decisione.

<< D'accordo >> asserisco << Allora perché ci stai? >>.

 

Camila scuote la testa.

 

<< Non lo so più. Una volta lo sapevo, ma adesso non più. Probabilmente avevi ragione, si tratta di abitudine. E si tratta anche della mia stupidità nel credere di poter sistemare le cose >> non posso fare a meno di notare il suo tono amareggiato nel constatare quelle parole.

 

Mi avvicino a lei e mi inginocchio accanto al bordo del letto, con le dita le sollevo il mento e con l'altra mano le accarezzo una guancia. La sua pelle morbida sembra richiamare disperatamente il mio tocco su di essa.

 

<< Ehi, non dire così Camz. Non dirlo più, ti prego. Non sei stupida, è umano commettere degli errori, ed è lecito che tu abbia desiderato e provato a sistemare la situazione tra di voi. Non c'è nulla di sbagliato in questo, anzi, se possibile, ti rende una persona ancora più stupenda di quanto potessi pensare >> ammetto, ed è la verità.

 

Penso ogni singola parola che ho appena detto.

 

Camila ha gli occhi lucidi e cerca di ricacciare le lacrime che premono agli angoli indietro.

 

Poggia la fronte contro la mia e sento il suo respiro sulle mie labbra.

 

<< L-Lauren... >> mi chiama di nuovo con voce tremante.

<< Camz >> la incalzo con tono basso.

 

Respira profondamente prima di pronunciare le parole che mi spezzano il respiro.

 

<< Sono innamorata di te >>.

 

Credo di aver perso un battito. O due.O tre. O mille.

 

Non lo so.

 

All'inizio sono convinta di aver capito male. Le parole di Camila cominciano a riecheggiarmi in testa con un ritmo assordante.

 

È innamorata di me. È innamorata di me. È innamorata di me.

 

Camila Cabello mi ama.

 

<< C-Camila... io >>.

 

Non mi da il tempo di aggiungere nient'altro perché le sue labbra sono di nuovo sulle mie. Sono frenetiche e dolci al tempo stesso. Non penso nemmeno per un secondo di fermarla. Lasciamo che siano i nostri corpi a parlare al posto nostro.

 

Non mi guardo più attorno. Le mani di Camila cercano di raggiungere i miei fianchi per tirarmi addosso a lei. Stavolta è lei ad atterrare di schiena mentre io artiglio le sue spalle. Il gemito che scappa dalle sue labbra mi fa desiderare di sentirlo ancora e ancora.

 

Il respiro è accelerato, il calo renella stanza aumenta, Camila solleva la maglietta ancora umida per via del costume e la getta da qualche parte nella stanza. Faccio lo stesso con la sua. Siamo pelle contro pelle. Scendo a baciarle il collo, la gola, le clavicole e risalgo. Lascio un bacio sul suo mento prima di ritrovare di nuovo le sue labbra.

 

L'infinito tra di noi sembra esplodere in quel momento, si rivela anche nei gesti più piccoli.

 

Ci stacchiamo per riprendere aria.

 

<< Camila >> la chiamo con dolcezza.

<< Lauren? >> replica lei in attesa

<< Lo diresti di nuovo... sai solo per esserne certa ecco >> sono sicura di essere arrossita, ma non importa.

 

Camila ride e si avvicina al mio orecchio, lo bacia delicatamente e sussurra.

 

<< Ho detto che sono innamorata di te >>.

 

Le sue mani si muovono al centro del mio petto, sento il cuore battere furioso ed è lì che lei posa il bacio successivo.

 

Con una mano sui suoi fianchi inverto le posizioni e la tiro nuovamente addosso a me. Lascio che sia lei a prendere l'iniziativa ancora una volta. Adesso non c'è più nulla a fermarla quando slaccia il fiocco del costume che indosso. Lo tira via prima di fare lo stesso con il suo. Le sue mani sbottonano i miei shorts, abbassano la zip e li tirano giù lungo le mie gambe.

Li scalcio via e mi appresto a fare lo stesso con i suoi. Scivolo più in basso e poso un bacio appena sotto il suo ombelico prima di risalire. Camila emette un altro gemito e si preme contro di me.

 

Adesso il ritmo sta rallentando. Non siamo più frenetiche come all'inizio, ci stiamo assaporando con più calma. Stiamo raccogliendo e facendo nostro ogni secondo che scorre. Adesso siamo libere di farlo, perché lei mi ama, ed io la amo. E lei è mia, ed io sono sua. Non importa quanto lontane, questo momento è qui ed è un ricordo che nessuna delle due potrà mai cancellare.

 

Tira giù l'ultimo pezzo del costume rimasto a coprirmi e fa lo stesso con il suo. Riapro gli occhi.

 

<< Camila... forse dovremmo... >> sto per dire "fermarci" ma lei mi anticipa annuendo con il capo.

<< Lo so. Non voglio fare l'amore con te, non adesso almeno >>.

 

La fisso sinceramente stupita perché dalla piega che stavano prendendo le cose sembrava decisamente il contrario.

 

<< Ah no? >> inarco un sopracciglio con un mezzo sorriso malizioso a contornarmi le labbra.

 

Camila sorride e poggia la testa sul mio petto, proprio dove i battiti del mio cuore rimbombano.

 

<< Certo che voglio, idiota; è solo... non è questo il momento giusto >>.

<< Per quale motivo ti sembra sbagliato? >> domando, non sono ferita dalle sue parole, solo sinceramente curiosa.

 

Lei si solleva sui gomiti e torna a puntare i suoi occhi nei miei.

 

<< Perché mi sto fidando di te, Lauren. La nostra nudità adesso ha un significato più profondo di un semplice incontro di due corpi: è una forma di fiducia totale. Mi fido di te così tanto da lasciarmi vedere nel modo più vulnerabile possibile. Ti voglio, credimi. Ti voglio così tanto... ma al tempo stesso ho paura. Probabilmente ti sembrerà stupido... >>.

 

Le prendo il viso con entrambe le mani e la bacio sulle labbra, sulle guance, sulla punta del naso, sulla fronte. Alterno ogni parola con un bacio.

 

<< Non è stupido. È la cosa più bella che potessi dirmi >> ammetto.

<< Voglio solo dormire con te accanto, sentire tutto il calore del tuo corpo contro il mio >> mi sussurra.

 

Annuisco e ci rilassiamo. La sua testa trova la sua posizione quasi naturalmente nell'incavo del mio collo. Il suo respiro caldo mi solletica la pelle. Lascio un bacio sulla sua guancia prima di scivolare nel sonno insieme a lei.

 

Quando mi desto dal sonno è per via del frullio delle ali di uno stormo di uccelli, del rumore delle foglie tra gli alberi. La stanza è immersa nella penombra e il sole sta iniziando a calare sull'orizzonte.

 

Camila sta ancora dormendo accanto a me. I nostri corpi nudi sono incastrati e il calore sprigionato ci mantiene al sicuro.

 

Mi districo lentamente e mi assicuro di non aver svegliato la ragazza accanto a me. Indosso nuovamente i vestiti che ritrovo sparsi per la stanza e poso quelli di Camila sul lato vuoto del letto per quando si sveglierà.

Scendo in cucina e controllo tra gli ingredienti che Camila ha portato con sé, preparo della cioccolata calda e riempio un paio di tazze dopo averle sciacquate.

 

Esco fuori e mi siedo sui gradini del piccolo portico dove questa mattina ho trovato la cubana intenta a leggere. Il cielo è sfumato di rosso e di rosa, pieno di nuvole, il sole è una palla di fuoco che sparisce lentamente all'orizzonte. Sono così immersa in quello spettacolo che sento a malapena deip assi frettolosi scendere le scale e precipitarsi fuori dalla porta.

 

<< Lauren! >> esclama Camila.

 

Sussulto, colta di sorpresa, poso la tazza e mi affretto a raggiungerla quando noto i suoi occhi colmi di terrore.

 

<< Ehi, che succede? Stai bene? >> chiedo preoccupata.

 

Senza perdere altro tempo, Camila mi stringe in un abbraccio così forte da togliermi il respiro.

 

<< Credevo che... io credevo che fossi... credevo che fossi andata via, io non >>.

<< Shhh >> la zittisco stringendola a mia volta.

 

Adesso comprendo la sua reazione. Sono stata una stupida a lasciarla nel letto in questo modo.

 

<< Mi dispiace, non avrei dovuto... ma sono qui Camz, sono qui >> le sussurro tra i capelli.

 

Dopo essersi tranquillizzata, adocchiala tazza di cioccolata e sorride timidamente.

 

<< Ecco cos'era quel buon profumo che mi ha svegliata >>.

 

Sorrido a mia volta e annuisco.

 

<< Ne ho preparata un po' anche per te, è in cucina >>.

<< Vado a prenderla, vedi di non muoverti da qui o potrei seriamente ucciderti >> scherza.

 

Quando la vedo sparire dentro la casa sussurro a me stessa.

 

<< Non c'è nessun altro posto al mondo in cui vorrei essere >>.

 

Pochi minuti dopo ci ritroviamo sedute entrambe sugli scalini del portico. Le mani di Camila sono attorno alla tazza di cioccolata in cerca di calore, il suo mento è poggiato sulla mia spalla. Osserviamo in silenzio gli ultimi residui di tramonto.

 

<< Qual è la tua preferita? >> domanda spezzando la quiete.

<< La mia preferita cosa? >>.

<< La tua vita preferita. Il corpo in cui ti sei trovata meglio, non so >> si stringe nelle spalle.

<< Questa qui >> rispondo senza aver bisogno di pensarci.

<< Dovevo aspettarmi la risposta. Riformulo: la tua preferita che non sia la tua vita >>.

<< Oh... >>.

 

Rifletto per diversi secondi, vado indietro nel tempo e cerco tra i ricordi. Poi mi torna in mente. Limpido, lampante. Avrei dovuto pensarci subito.

 

<< Ricordi quando ti ho raccontato di Maya e del fatto che a causa di ciò che era successo con lei avevo deciso di non interferire più con la vita degli altri? >> chiedo.

 

Camila annuisce.

 

<< Ecco... non è stato esattamente soltanto quello il motivo >> continuo.

<< Cosa vuoi dire? >> corruga la fronte confusa.

 

Sospiro.

 

<< Ero più piccola quando è successo, forse dieci, undici anni, mi sono svegliata nel corpo di un bambino in sedia a rotelle. Non so se quella vita possa essere definita la mia preferita, ma di certo è una di quelle che ricordo meglio >> racconto.

<< Cosa è successo quel giorno? >> m'incita ad andare avanti.

<< Beh, sono andata a scuola, non che ci fosse una singola persona che avesse osato prendermi in giro o fatto qualcosa di male nei miei confronti. Tutto il contrario a dire il vero, erano gentili, avevano dei riguardi particolari per me; ma forse era proprio questo a farmi più male, a fare a lui più male >>.

<< Il fatto di non poter essere trattato come gli altri >> dice Camila.

 

Annuisco.

 

<< Esatto. Sentirsi diversi per propria scelta ed essere diversi per fattori che non dipendono dalla nostra volontà è molto diverso. Ho imparato così tanto da lui quel giorno. Vedeva correre i suoi compagni, li vedeva compiere le azioni più naturali che a lui costavano molta più fatica... così nel mio tentativo di aiutarlo feci solo qualcosa di peggiore. Ancora non sapevo di avere abbastanza autocontrollo da interferire pienamente con la vita di qualcun altro se soltanto mi fossi impegnata abbastanza; così quel giorno l'ho fatto, spesi così tanta energia da riuscire a fargli muovere le gambe, perfino qualche passo sotto gli occhi increduli di tutti. Ma non fu un bene perché i genitori ovviamente vollero saperne di più, consultarono dei medici quel pomeriggio stesso. Nessuno di loro riusciva a spiegarsi come il ragazzino ci fosse riuscito >>.

 

Deglutisco e riprendo fiato. Raccontare questa storia mi sta costando più di quando potessi immaginare.

 

<< Il giorno dopo io ovviamente non c'ero più, e ho lasciato quel ragazzino con una speranza vana e a dover fronteggiare tutte le conseguenze di una delusione così grande >>.

 

Una lacrima scappa dall'angolo dei miei occhi e sento la presa di Camila stringersi attorno a me.

 

<< Non credo che riuscirò mai a perdonarmelo... >> confesso nascondendo il viso tra le mie mani.

 

Camila s'inginocchia accanto a me. Sembra la stessa scena di prima, ma con i ruoli invertiti.

 

<< Lauren, ehi... tu cercavi solo di aiutarlo, non cercavi di fargli del male, è questo ciò che conta >> tenta di rassicurarmi spostandomi le mani dal volto.

<< Camila, non capisci, io l'ho illuso in un modo così crudele... >>.

<< La vita ci fa male di continuo, Lauren. I tuoi propositi non sono mai stati quelli, hai sempre agito cercando di fare la cosa migliore. Con lui, con Maya, con me. So che in certi momenti anche le nostre azioni migliori possono ritorcersi contro di noi, ma cerchiamo di non dimenticare il vero motivo che ci ha spinti a compierle >>.

 

I barlumi di luce ormai sono sporadici, le tenebre stanno per avvolgerci completamente.

<< Ti amo >> sussurro.

 

Camila sorride e mi bacia piano sulle labbra. Non cerca di approfondire il contatto.

 

Sfila la piccola foto dalla tasca posteriore dei suoi pantaloncini di jeans e me la mostra.

 

<< So di non potertela dare adesso. Vorrei che tu non dovessi andare, ma devi >> mormora.

<< Se potessi non lo farei, resterei qui con te. Resterei sempre con te >>.

<< Lo so, lo so >> annuisce con gli occhi ricolmi di lacrime che ricaccia indietro con forza.

 

Inspira profondamente e mi rivolge un sorriso un po' incerto.

 

<< Un giorno mi prometti che la porterai con te e la terrai? >> mi chiede.

 

Abbasso gli occhi sulla foto e lascio un bacio anche su di essa.

 

<< Te lo prometto >>.

 

Non posso fingere che non sia ora di andare, non perché qualcuno mi stia aspettando, ma perché la macchina deve ritornare indietro e perché sento di star lentamente perdendo il vigore che ho mantenuto negli ultimi due giorni.

 

<< Come hai fatto a capirlo? >> domando con curiosità.

 

Sa a cosa mi riferisco.

 

<< I tuoi occhi sono più spenti, la tua pelle se possibile è ancora più pallida, il modo stesso in cui le tue mani mi stringono è più incerto. So che non dipende da te... quanto hai resistito questa volta? >>

<< Due giorni >>.

 

Camila sorride amaramente.

 

<< Due giorni sono lunghi e imprevedibili, non è vero Lauren? >>.

<< Tornerò domani >> prometto.

 

Non so se domani sarò di nuovo io. Non lo credo probabile, ma molte delle cose che non credevo probabili si stanno dimostrando tutto il contrario. Voglio provare a riporre della fiducia anche nell'andare del tempo, proprio come Camila l'ha riposta in me.

 

<< Ti aspetterò >> mi dice Camila.

 

E sono quelle le parole con cui ci lasciamo. Quelle le parole che mi risuonano in testa. Si chiude la porta alle spalle, non vuole vedermi andare via, la sento scivolare contro il legno pesante e sento un paio di singhiozzi scuoterle il petto.

 

Mi volto. Ma non torno indietro. Se lo facessi non sarei più in grado di andarmene.

 

Mi volto pur non vedendola. Spero che lei possa percepire il mio sguardo sempre presente.

 

Mi volto anche se iniziano ad esserci metri e poi chilometri tra di noi.

 

Mi volto ancora con gli occhi offuscati dalle lacrime, il cuore più pesante e il familiare nodo allo stomaco che presto si trasformerà nel dolore più puro.

 

Continuo a voltarmi anche quando il mio corpo brucia e la mia pelle sembra volersi letteralmente strappare da me.

 

Mi volto anche quando non sono più io.

 

Continuo comunque a voltarmi verso di lei.

 

 

 

 

Note conclusive: anche per questa storiella simpatica è successo lo stesso problema che ho riscontrato con "The Infinite Playlist", ma tutto sembra essere risolto sooo aggiornamento anche per Who Are You :')

E niente, sono abbastanza emozionata perché (a mio parere) questo è uno dei capitoli cruciali della storia. Camila che ormai ha fatto chiarezza nei suoi sentimenti, Lauren che sta pian piano mantenendo sempre più il controllo sul proprio corpo.

EDDAJE POI, FINALMENTE E' LAUREN E NON L.

Non credo ci sia molto altro da dire se non che il titolo del capitolo è lo stesso della canzone di Ed Sheeran ed è la canzone che ho ascoltato ripetutamente mentre scrivevo e che in parte mi ha ispirata, quindiiiii yep, il capitolo si chiama "Lego House" per questo ( e perché a dirla tutta mi sembrava avesse anche affinità con diversi dettagli del capitolo).

See you :')

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Capitolo 16
*** Capitolo 15. ***


Capitolo 15.

 

Giorno 6016.

 

Il dolore alle tempie quando mi sveglio è così forte da annebbiare il resto dei miei pensieri. Capisco di non essere più nel mio corpo e tento un accesso nella persona in cui mi trovo, ma vengo ricompensata con una potente sensazione di nausea che s'irradia dappertutto.

Lo stomaco mi si stringe dolorosamente e sento il bisogno urgente di vomitare.

Provo ad aprire gli occhi, ma sono troppo debole e la luce proveniente dall'esterno mi rende cieca per diversi secondi.

La mente della persona in cui mi trovo è completamente buia, gli spiragli di luce non riescono a penetrare per il momento, così cerco di far subentrare la mia, ma è un compito difficile e non ho la concentrazione necessaria per riuscirci con efficacia.

 

In qualche modo alla fine riesco a schiarire un po' quelle tenebre, ma non appena lo faccio l'istinto di correre in bagno è più forte di ogni altro dolore che pervade il mio corpo. Non il mio... ma non sono ancora abituata a pensarla in questo modo. Oggi è questo il mio corpo, e la mia missione è riuscire a portarlo integro fino al termine della giornata, poi non sarà più un mio problema.

 

Una volta in bagno riverso tutto ciò che c'è nel mio stomaco, e non sembra esserci molto. Il bruciore alla gola è quasi insopportabile. La sensazione di voler vomitare ancora e ancora è presente, come se non avessi già buttato via tutto. La sopprimo in qualche modo e mi rimetto in piedi. Barcollo un paio di volte ma al terzo tentativo ci riesco.

 

Vado al lavandino, di fronte allo specchio, non ho intenzione di guardarmi in queste condizioni. Mi sciacquo il viso con l'acqua ghiacciata e questo mi aiuta un po' a riprendermi. Il martellio alle tempie è ancora presente ma più lieve. So che mangiare qualcosa mi aiuterebbe, ma il solo pensiero di dover ingerire del cibo fa riapparire la sensazione di nausea.

 

Chi sono? Quanto accidenti deve aver bevuto questa persona ieri per ridursi in queste condizioni?

 

Tre colpi alla porta della mia stanza mi fanno sobbalzare.

 

<< RACHEL >> una voce, che suppongo essere quella di mia madre, mi chiama.

 

Rachel. D'accordo. Oggi sono Rachel. Questo è già più di quanto io sia riuscita a racimolare nell'ultima manciata di minuti.

 

Per quale motivo ti sei ridotta così Rachel?

 

Ho l'impressione che Rachel non possa darmi una risposta oggi.

 

Atri colpi, questa volta con più insistenza.

 

<< Rachel vuoi alzarti? >> non è una vera domanda, è più un ordine.

 

Mi avvio verso la porta e con un cigolio la apro. Mi madre è lì con le braccia incrociate al petto e un'espressione severa dipinta in volto.

 

<< S-sono sveglia >> la mia voce è roca e il solo parlare fa ripartire il bruciore alla gola.

<< Beh finalmente, non pensare di cavartela in questo modo. Ti do cinque minuti, poi devi scendere in cucina, io e tuo padre vorremmo parlarti >>.

 

Annuisco e chiudo la porta. Il tono era solenne e deciso, so di aver combinato qualche guaio, o meglio, Rachel l'ha combinato, ma oggi tocca a me rispondere delle conseguenze.

 

Mi vesto letargicamente, tutti i muscoli mi fanno male e la sensazione di smarrimento non è ancora passata del tutto.

 

Arrivo in cucina tenendomi al corrimano delle scale, la sensazione di sprofondare ad ogni gradino era sempre maggiore.

 

Muovo gli occhi lungo la stanza prima di raggiungere i miei genitori. Vedo un camino... mi ricorda qualcosa. Qualcosa di familiare... qualcosa che abbia a che fare con una casa di legno vicino al lago.

 

Un momento.

 

Camila.

 

CAMILA.

 

Il pensiero scatta nella mia mente con la rapidità di una molla e d'improvviso i miei senso sono più acuti che mai.

 

Mi guardo intorno freneticamente, sono alla ricerca di un computer, di un telefono, qualsiasi cosa che mi permetta di contattarla.

 

Ma non trovo niente.

 

<< Ti senti bene? >> questa volta la voce di mia madre è più gentile.

 

Mi fissa immobile appoggiata allo stipite della porta mentre i miei occhi furiosi vagano lungo la sua figura.

 

<< Ho bisogno di un telefono! Un computer! Ho bisogno... per favore >> parlo con voce implorante, ma la donna di fronte a me scuote il capo con decisione.

<< No, non esiste Rachel. Quello che hai fatto è stato molto serio, sei in punizione già da ieri sera, ma immagino che tu fossi troppo ubriaca per potertene ricordare >> l'amarezza del tono mi fa capire che devo aver fatto qualcosa che li ha davvero feriti, ma non sono in grado di ricordarmene.

 

In questo momento vorrei essere me stessa più di ogni altra cosa al mondo. I problemi di Rachel non sono i miei, ma devo comunque far fronte ad essi. Ma Camila è la ragazza che amo e che ho lasciato da sola in quella casa promettendole che sarei tornata. Mi ha detto che mi avrebbe aspettato.

Le ho fatto una promessa. Una promessa che non sono stata in grado di mantenere. Era pericoloso ma lei aveva deciso di fidarsi di me, ed io mi ero fidata del tempo, delle circostanze...

Le sto solo dando una ragione in più per non farlo un'altra volta. Le sto dando un motivo in più per allontanarmi. Sto io stessa lasciando che mi sfugga dalle mani... e non sono pronta a perderla.

 

Non sono pronta a perdere Camila e mai lo sarò. Non dopo che ho scoperto cosa significa averla. Amarla. Non dopo aver saputo che anche lei mi ama.

 

Ma sono impotente. Non c'è nulla che io possa fare in questo momento per tirarmi fuori da questa situazione. Non ho mai odiato il corpo di qualcun altro in questo modo.

 

Perdonami Rachel. Perdonami.

 

Sospiro sconfitta e le mie spalle cedono. Annuisco debolmente e mi siedo su una sedia in cucina.

 

Mio padre è furioso e batte il piede a terra nervosamente, come se si stesse trattenendo dal mettermi le mani addosso.

 

<< A COSA ACCIDENTI STAVI PENSANDO? >> urla livido non appena ne ha l'occasione.

 

I ricordi di ieri sera sono ancora offuscati, non riesco a capire a cosa si riferisca. L'unico pensiero lampeggiante nella mia mente è Camila.

 

<< I-Io non... >> tento, ma vengo interrotta.

<< Non stavi pensando? Credi davvero di potertela cavare così? >>.

 

Scuoto la testa.

 

<< N-No, io... non ricordo >>.

 

Mio padre ride, ma è una risata carica di sarcasmo e tristezza.

 

<< Non ricordi, eh? Non ricordi nemmeno cosa è successo a Clay? >>.

 

E d'improvviso la cascata di ricordi mi sommerge, tanto forte da farmi quasi affogare.

 

Clay.

 

Quel nome è troppo potente per essere ignorato. Squarcia la nebbia presente tra i pensieri di Rachel e mi colpisce.

 

Clay è mio fratello. Mio fratello che è morto.

 

Clay si è ucciso. Ed io avrei potuto fermarlo, se solo me ne fossi accorta. Se solo quella sera non fossi stata ubriaca. Se Rachel non fosse stata ubriaca.

 

Adesso i tasselli iniziano a tornare a posto.

 

Rachel aveva dato una festa data l'assenza dei suoi genitori quella sera. Clay era suo fratello minore, era convinta di aver tutto sotto controllo, non avrebbe dovuto guidare, Clay sarebbe stato al sicuro, nessun problema. Ma poi aveva iniziato a bere e il mondo attorno a lei aveva iniziato ad assumere strane sembianze, sempre più sfocate, sempre meno nitide dalle forme reali. Non si era accorta di Clay che aveva iniziato a fare lo stesso. La musica era troppo assordante e tutto sembrava essersi ridotto in quella stanza. Il mondo era lì in quel momento.Fin quando Clay, con il cervello completamente annebbiato dall'alcool, non aveva recuperato uno dei fucili da caccia che il padre custodiva. Si era assicurato sempre di nasconderli in garage, ma Rachel e Clay avevano giocato a nascondino così tante volte in quella casa da conoscerne ogni singolo centimetro. Avevano capito dove il padre conservava quelle armi, ma mai si erano spinti oltre dal guardarle con un misto di ammirazione e timore al tempo stesso.

 

Ma Clay non ragionava quella sera, non poteva davvero rendersi conto che una munizione era ancora dentro il fucile... fin quando il colpo non gli aveva squarciato il petto.

 

Le immagini che Rachel ha tentato di sopprimere nella sua memoria con quanta forza possibile, adesso stanno tornando tutte a galla senza preavviso. La stomaco mi si contorce. Non so bene se la sensazione appartenga a me o a lei, so solo che scatto in avanti verso il lavandino e rimetto tutto ciò che ho nello stomaco, il che è pari a zero.

 

Non riesco a controllare più le mie emozioni, tremo visibilmente al ricordo di ciò che è successo a Clay.

Se solo fossi stata abbastanza lucida da accorgermene. Ma non l'ho fatto, e adesso lui è morto. Ed è colpa mia, solo colpa mia.

 

Mia madre mi posa una mano sulle spalle e mi lascia delle deboli carezze. Prova a confortarmi, ma è ferita quanto me, se non di più.

 

Mi chiedo come possa ancora guardarmi negli occhi e so che non è un pensiero mio, è un pensiero di Rachel.

 

Vorrei poter fare qualcosa per aiutarla, per farla sentire meglio... ma per la seconda volta in questa giornata mi trovo impotente. Non c'è nulla che io possa fare.

 

Corro nella mia stanza e chiudo la porta a chiave. Scaravento a terra tutto ciò che le mie mani possano toccare in un vago tentativo di riversare l'immenso caos e dolore che mi stringe il petto in una morsa ferrea.

 

Vorrei che Camila fosse qui.

 

Vorrei che le sue braccia mi stringessero e che io potrei ritrovare il suo calore, la sua sicurezza.

 

Vorrei posare la testa nell'incavo del suo collo, annusare il suo profumo e sentire la sua voce confortante dirmi che tutto andrà bene. Che va bene perché siamo insieme, perché lei è lì con me ed io sono con lei.

 

Ma Camila non c'è. Non è qui. E il cuore mi sprofonda nel petto ad immaginarla da sola, in quella casa ad attendere che io ritorni.

 

Si è fidata di me. Si è fidata delle mie parole... ed io la sto ferendo come mai sarei stata capace di pensare.

 

Il resto della giornata trascorre lentamente. Le ore si susseguono mentre continuo a crogiolarmi nel ricordo di ciò che ho fatto.

Ogni volta che il pensiero di Clay o di Camila m'invade la mente, la nausea si presenta. Faccio fatica a combatterla, ma ci riesco. Pian piano riesco ad estenuare il corpo. Pian piano sento sempre il bisogno di combatterlo. Vorrei solo chiudere gli occhi e riuscire a svuotare la mente da tutti i pensieri che mi tormentano.

 

Mia madre bussa alla porta della mia camera con la cena ancora calda. Accetto di mangiare qualcosa mentre lei si siede nel letto accanto a me.

 

<< Ti senti un po' meglio? >> mi chiede con cautela.

 

I miei occhi sono come quelli di un animale in trappola. Nego con la testa, non ha senso mentire, non ancora, non più.

 

Mi porge un paio di pastiglie, una per il mal di testa, un'altra per aiutarmi a dormire.

 

Non so dove sia mio padre, ma non ho il coraggio di confrontarlo per oggi.

Quando finisco mia madre in silenzio raccoglie nuovamente tutto sul vassoio, ma solo quando è sull'uscio riesco ad aprire bocca.

 

<< M-Mamma... m-mi dispiace c-così tanto >> la mia voce trema, gli occhi pizzicano e ho voglia di scoppiare a piangere.

 

So che potrei davvero scoppiare a piangere da un momento all'altro e cerco di trattenermi.

 

<< Lo so Rachel, lo so >> annuisce, sta cercando di essere comprensiva, ma le costa più di quanto io possa immaginare.

 

Non basta a risanare le cose tra di loro. Non basta come ammenda per ciò che ho fatto ieri sera e non basterà mai per ciò che è successo con Clay, ma lo dico. Voglio provare a ricucire le ferite che possono essere ricucite. Non è molto, ma è qualcosa. Spero che Rachel se ne ricordi. È questo che voglio lasciare dentro di lei oggi: la consapevolezza che non potrà mai sfuggire a ciò che ha fatto nel passato, ma c'è spazio per creare un futuro migliore. Cominciando da oggi.

 

"Andrà tutto bene Rachel, andrà tutto bene." Vorrei che fossero le parole di Camila per me, invece sto cercando d'imprimerle io stessa nella mente di Rachel. Voglio che se ne ricordi. È l'unica cosa che posso fare per lei.

 

Spengo la luce e mi metto a letto dopo aver preso le due pastiglie. Stanno già facendo effetto poiché sento gli occhi più pesanti e la testa più sgombra dai pensieri. Le tenebre attorno a me mi avvolgono come un manto. Ripenso a Camila. A come vorrei stringerla tra le mie braccia e farla sentire al sicuro. A come vorrei che tutto fosse andato diversamente oggi. Non ho una sua foto con me, ma le immagini del suo viso, del suo sorriso, del suo corpo, sono sempre nitide. Mi accontento di dipingerla nella mia mente. È l'opera d'arte più bella che io abbia mai visto.

 

Scivolo nel sonno con il pensiero dei miei occhi fissi su di lei, e i suoi che per la prima volta non ricambiano lo sguardo.

 

 

Giorno 6017.

 

Mi sveglio di soprassalto quando qualcuno mi scuote per le spalle. Questa volta la mente è lucida e vigile.

 

Sono Ross Hampton e mia sorella Laney sta tentando di destare la mia attenzione.

<< Cosa vuoi, Laney? >> domando con voce assonnata.

 

Il piano non era esattamente quello di svegliarsi presto, ma a quanto pare è ciò che dovrò fare.

Mi metto a sedere sul letto e mi strofino gli occhi.

 

Ross ha dei capelli abbastanza lunghi e parecchio scompigliati al momento, ma questo è un particolare di poco rilievo.

 

<< Svegliati fratellone, oggi partiamo! L'hai dimenticato? >> Laney fatica a trattenere l'entusiasmo e la sua voce si alza di qualche ottava.

 

Non esattamente il risveglio ideale.

 

<< Partiamo? >> domando confuso.

 

Annuisce e indica la valigia ai miei piedi già chiusa.

 

Oh no.

 

No.

 

Questo non può accedere. Io non posso partire.

 

La famiglia di Ross è in partenza per Dublino, dove si terrà il matrimonio del fratello maggiore, ma io non posso andare. Non oggi almeno.

 

Tempismo perfetto, Lauren.

 

La mia testa gira alla velocità di una trottola; potrei tentare di uscire dal corpo di Ross, ma sarebbe troppo faticoso, potrei ferire entrambi non avendo mai provato.

 

Non voglio che si perda il matrimonio del fratello, ma io non posso perdere Camila. E non si tratta più solo di lei, si tratta anche della mia vita che sta iniziando a prendere forma.

Non posso semplicemente partire e lasciarmi tutto alle spalle.

 

La famiglia di Ross starà via soltanto una settimana, ma per me non sarà una settimana. Potrebbero volerci mesi prima di capitare nel corpo di qualcuno in partenza per la Florida. Anni. Potrebbe non accadere mai. Con il mio corpo avrei la possibilità di fare ciò che voglio e tornare indietro in ogni momento, ma non è detto che io ci riesca. Dopo ieri ho seriamente imparato a rivalutare le circostanze delle situazioni. E le circostanze sono imprevedibili. Non posso rischiare, non ora.

 

La priorità non è più restare nel mio guscio. La priorità è scoprire come uscire fuori da esso. La priorità è creare la mia vera vita. Ed io non voglio una vita senza Camila.

 

<< Laney, la colazione è pronta! >> esclama mia madre salendo le scale. << Oh Ross, sei sveglio finalmente... avanti preparati, il taxi ci aspetta fra un'ora per l'aeroporto >> sorride tranquilla.

 

Lei ancora non lo sa, ma Ross oggi non partirà con loro.

 

Non importa come e perché, devo riuscire a raggiungere Camila.

 

Sfilo una maglietta a maniche corte dei Led Zeppelin e m'infilo un paio di jeans neri. Scrivo un biglietto di scuse frettolose ma sincere e lo lascio in cucina. Non posso prendere in prestito una macchina, la cosa sarebbe troppo sospetta e potrebbero facilmente localizzarla con un GPS, ma -con un accesso-scopro che mio padre possiede una moto, un modello vecchio ma tenuto magnificamente.

 

E credo che oggi sia la giornata perfetta per poterla utilizzare. Recupero le chiavi e mentre tutti sono distratti dagli ultimi preparativi, riesco a sgattaiolare dalla porta sul retro, corro con la moto più veloce che posso per allontanarmi da quella casa. Non che abbia qualcosa in contrario agli Hampton, ma non posso lasciare che lo scoprano, non adesso almeno. L'assenza di Ross non passerà inosservata, ma non sapranno dove sono andato fino a stasera.

 

Sono distante circa quattro ore da Miami, ma non m'importa. Non credo di aver mai corso così velocemente e inizio ad avere paura. L'adrenalina che mi scorre addosso mi annebbiai sensi, il vento m'increspa la pelle e s'insinua fin sotto le mie ossa. Sento freddo. In autostrada una cascata di pioggia mi sorprende, ma sono asciutto quando arrivo a destinazione. I capelli più scompigliati che mai e la maglietta stropicciata. Non m'importa.

 

Non m'importa nulla che non sia Camila in questo momento.

 

Parcheggio di fronte alla Palmetto e corro dentro. I corridoi sono deserti, tutti sono a lezione -o quasi tutti-, non posso permettere che mi notino in giro per la scuola, non credo sia legale una cosa del genere. Ho infranto un mucchio di regole per arrivare fin qui, morali e non, ma adesso devo essere più cauta se voglio sperare di trovare Camila e sistemare le cose.

Ammesso che si possano sistemare.

 

Cerco di ricordare vagamente il suo orario ma non ci riesco, così ho un'idea. Mi dirigo verso quella che dev'essere la segreteria e mi accerto che non ci sia nessuno presente in quel momento. Accendo il microfono e chiedo che la signorina Camila Cabello si diriga in auditorium attraverso gli altoparlanti generali. Poi corro in auditorium senza lasciarmi dietro alcuna traccia.

 

Passano alcuni minuti prima che effettivamente io veda la porta aprirsi e l'esile figura di Camila scivolarvi dentro. Un sorriso istintivo si fa spazio sulle mie labbra quando la vedo avanzare confusa, senza capire per quale motivo sia stata convocata lì.

 

Mi nota con la coda dell'occhio, sono seduto all'angolo del palcoscenico. Si avvicina e mi squadra per qualche minuto. Mi avvicino anche io di qualche passo, non so cosa dire, né cosa fare. Sento l'irrefrenabile bisogno di toccarla, di averla più vicina in qualche modo.

Allungo una mano per prendere la sua, ma ciò che ricevo in cambio sono i suoi palmi aperti sul petto che mi spingono con forza all'indietro.

 

Barcollo colto di sorpresa e spalanco gli occhi.

 

<< Non toccarmi >> dice con durezza e freddezza.

 

La sua voce vibra di rabbia e il cuore mi si spezza in mille parti al solo sentirla così. Boccheggio perché l'aria mi manca d'improvviso. Non è quel genere di rabbia che si può ignorare; Camila si sente tradita non solo da me, ma anche dal mondo intero, dai suoi sentimenti, dalle circostanze che l'hanno portata a fidarsi e a darmi una possibilità.

 

<< Mi dispiace... Camila, devi credermi, avrei voluto contattarti in ogni momento, sarei voluta tornare indietro un miliardo di volte... ma non potevo >>.

 

Scuote la testa come se non volesse elaborare le parole che ho appena pronunciato.

 

Deglutisce e cerca di calmarsi prima di parlare di nuovo.

 

<< Ti ho aspettata. Ho pianto quando sei andata via, mi sono detta che saresti tornata perché me lo avevi promesso, perché avevi detto di amarmi ed io ho detto di provare lo stesso per te, ma non sei più tornata! Ho creduto che non ricordassi più dove il posto si trovasse, ho creduto che fosse colpa del telefono che non andava... e ti ho aspettata. Ho letto un fottuto libro immaginando che ogni parola di quella storia potesse essere la nostra, che tutto sarebbe stato normale alla fine e che sarebbe andato bene. E proprio quando credevo che tu stessi per tornare... beh tu non sei tornata >>.

 

Solleva lo sguardo e noto che i suoi occhi sono lucidi e pieni di lacrime. La fisso con espressione affranta odiando i centimetri di distanza che ha messo tra di noi. Muovo un passo in avanti, ma lei ne fa uno all'indietro, e capisco che non mi vuole vicino. Non ancora almeno.

 

Tira su con il naso e cerca di trattenersi dal piangere.

 

<< Ti ho aspettata anche quando Dinah mi ha chiamato dicendo che i miei genitori avevano provato a contattarmi e volevano che tornassi a casa per cena. Ti ho aspettata comunque, fin quando non ha fatto buio, non m'importava di mettermi nei guai, non se avrei potuto rivederti. Ma tu non sei tornata >>.

 

Quelle cinque parole alla fine più di quanto riesca ad ammettere. Una lacrimami scivola dagli occhi e Camila mi fissa in attesa che io dica qualcosa.

 

So che giustificarmi raccontando ciò che è successo ieri non aiuterà molto, ma è qualcosa, potrebbe farle capire per quale motivo non sono potuta tornare indietro da lei nonostante lo desiderassi con tutta me stessa.

 

Le racconto di Rachel, di Clay, di Ross. La rabbia dentro di lei sembra placarsi, ma so che non è abbastanza per sistemare del tutto le cose.

 

Quando mi avvicino e la stringo in un abbraccio non si ritrae, si lascia stringere e affonda il viso nel petto di Ross.

 

<< Dimmi come questo potrebbe mai funzionare? Dimmelo, ti prego >> solleva il viso e mi fissa con occhi imploranti.

 

Mi chino perché vorrei baciarla ma si ritrae.

 

Mi passo una mano sulla nuca con imbarazzo. Lei abbozza un sorriso di scuse.

 

<< Scusami è solo...i-io non posso, non con te >> aggrotta per un secondo le sopracciglia << So che sei sempre tu lì dentro, ma non posso... non sei- >>.

 

<< Lauren >> concludo per lei comprensiva.

 

Camila annuisce.

 

Scambiamo un sorriso timido e non ci accorgiamo della porta dell'auditorium che si apre e della figura che entra.

 

<< E questo cosa significa? >> sbotta la voce alle nostre spalle.

 

Io e Camila sobbalziamo. La vedo immobilizzarsi e sbarrare gli occhi.

 

<< Austin... non è come- >>.

<< Sembra? A me invece sembra proprio di aver ragione! >> incrocia le braccia al petto e ci fissa.

 

Camila scuote il capo tempestivamente.

 

<< No, te lo assicuro, noi non stavamo facendo nulla >>.

<< Ho sentito la comunicazione, non ti ho vista più rientrare in classe, pensavo che ti fosse successo qualcosa, così sono venuto a cercarti. Mi sa che ho fatto male >> sputa fuori le parole con veleno.

<< Adesso sei venuto a cercarmi? E tutte le volte che ero io ad aver bisogno di te? Dov'eri quelle volte?Troppo occupato con i tuoi amici per prestare attenzione? >> ribatte Camila con rabbia.

 

Batto le palpebre un paio di volte chiedendomi se sia stata proprio la ragazza di fronte a me a pronunciare quelle parole. La Camila che ho conosciuto il primo giorno non avrebbe mai detto una cosa del genere ad Austin. Mi chiedo se sia stato il prolungato contatto con me o i suoi sentimenti nei miei confronti che l'abbiamo spinta finalmente a reagire.

 

<< Questo non c'entra assolutamente nulla adesso! >> replica Austin avvicinandosi a noi sempre di più.

 

Tutto nel suo atteggiamento è minaccioso in questo momento, ma Camila sembra stanca di dover incassare la testa e accontentarsi di uscire sconfitta dai loro confronti.

 

<< Ah no? Questo non c'entra con noi? Questo è probabilmente il primo momento dopo giorni che ti trovi a meno di un metro da me e hai davvero il coraggio di dirmi che non c'entra nulla? >> sbotta.

 

Vedo Austin aprire la bocca pronto a ribattere ancora una volta, ma deve aver notato il sorrisetto involontario che mi si è dipinto sulle labbra. La successiva cosa che so è che il suo pugno impatta contro il mio viso e mi manda a terra.

 

Non avevo seriamente considerato l'opzione possibile. Camila sembra sorpresa quanto me, perché la sento emettere un verso strozzato e subito s'inginocchia per aiutarmi a rialzarmi, ma Austin è più veloce, con un braccio la sposta malamente di lato, più lontana dalla mia posizione, e mi pianta un calcio tra le costole.

 

Questa volta il fiato mi manca davvero.

 

Un altro calcio dritto allo stomaco.

 

Emetto un verso di dolore ma sono incapace di muovermi.

 

Con la coda dell'occhio vedo Camila fiondarsi su di lui e spingerlo via. Austin si sposta all'indietro ma resta ben saldo sui piedi.

 

<< Chi diavolo è quello, eh? Da quanto tempo stai con lui alle mie spalle? Quante cazzo di volte mi hai tradito? >> mi punta contro un dito mentre urla quella raffica di parole.

 

<< Austin smettila! Falla finita! >> urla anche lei di rimando.

<< La smetterò quando mi dirai la verità, Camila! Lo ami? >>.

 

Camila si volta per qualche secondo verso di me... prima di scuotere la testa.

 

<< Non amo lui, ma nemmeno te. Non più ormai >>.

 

Austin tenta di avventarsi nuovamente su di me, ma questa volta sono più veloce e mi sposto lateralmente. La campanella suona e questo sembra destarci dallo stato delle cose. Mi rimetto in piedi a fatica. Mi avvino di qualche passo a Camila e vedo Austin serrare una mano a pugno, ma resta fermo.

 

<< Devo andare via Camila, se mi trovano qui potrebbero chiamare la polizia >> dico.

 

Lei annuisce con sguardo serio e si morde il labbro inferiore.

 

<< Pensi di riuscire a farcela oggi pomeriggio allo stesso posto dove ci siamo incontrate il giorno dopo la festa a casa di Tyler? >> chiedo avviandomi verso l'uscita.

<< Posso provarci >> risponde.

 

Annuisco e mando giù il groppo che mi attanaglia la gola.

 

Non mi ha dato alcuna certezza, e mi sembra di aver reso le cose soltanto più complicate.

 

Questo non è ciò che avevo previsto per oggi. Ancora una volta mi trovo sorpresa da quante variabili ci siano in gioco e quanto sia complicato far funzionare le cose tra me e Camila. Ma non rinuncerei per nulla al mondo. Così quando mi trovo fuori dalla scuola, sulla moto, non posso fare altro che sperare di vederla oggi pomeriggio.

 

La vedo varcare la porta nel tardo pomeriggio. Si ferma al bancone per ordinare un caffè, mentre attende si guarda intorno, mi riconosce e mi fa cenno con la testa di raggiungerla. Mi affianco a lei sebbene sia ancora confusa. Prende il caffè e si dirige fuori verso la sua auto. La seguo e mi accomodo nel sedile del passeggero.

 

Camila tira fuori un mini-kit di primo soccorso e finalmente ride notando il mio sguardo completamente smarrito.

 

<< Il tuo naso ha smesso di sanguinare, ma dobbiamo ripulire il resto dei graffi che hai addosso >>.

 

Sorrido a mia volta.

 

<< Ti ha picchiato per bene, eh? >> domanda ironica.

<< Oh se io ti sembro ridotto male, dovresti vedere quell'altro >> rispondo con lo stesso tono.

 

Scoppiamo a ridere entrambi. È una sensazione liberatoria. Forse c'è poco da ridere in ciò che è davvero successo oggi, ma ne abbiamo bisogno, dobbiamo sciogliere la tensione in qualche modo.

 

Camila passa a medicare il taglio sul labbro e un sorriso involontario fa aprire di più la mia ferita.

 

<< Ouch! >> mi lamento.

<< Smettila, idiota. Finirai soltanto per farti più male >> mi ammonisce lei scherzosamente mentre ripulisce le gocce di sangue.

 

<< Sorrideresti anche tu se ti trovassi di fronte la ragazza più bella mondo >> le dico.

 

Camila arrossisce furiosamente alle mie parole, ma mi da pugno debole su una spalla. Poi finalmente si rilassa contro lo schienale della macchina e prende un sorso lungo di caffè ancora caldo.

 

<< Mhm... ne avevo così bisogno >> mormora più a se stessa che a me.

<< Hai considerato di non presentarti? >> le chiedo.

 

Questa domanda mi divora interiormente da ore. Poteva benissimo scegliere di non venire e mettere fine a tutto, ma non l'ha fatto. È qui. Qui con me.

 

Sembra soppesare la risposta, ma poi annuisce.

 

<< Sì, ci ho pensato; ma non potevo farlo. Non davvero. Mi dispiace che sia andata in questo modo a scuola >> è sincera, riconosco il suo tono di voce.

 

Mi stringo nelle spalle.

 

<< Nemmeno Ross metterebbe nella sua top 10 quello che è successo, ma non importa, io dovevo vederti>>.

 

Lei abbozza un sorriso triste.

 

<< È finita fra noi, Austin e me intendo >> mi comunica dopo qualche secondo di silenzio imbarazzante.

<< Oh... >>.

<< Già. Non era questo ciò che volevi? >> inarca un sopracciglio.

 

Scuoto la testa e sospiro.

 

<< Posso non avere tutta l'esperienza del mondo quando si tratta di storie d'amore, ma non credere che io sia del tutto all'oscuro al riguardo, Camila. So che non stai con lui, ma so che in questo momento non puoi nemmeno stare con me... è troppo presto e finiremo solo per farci male entrambe >> quelle parole mi costano fatica, ma so che è la cosa giusta da dire in questo momento.

 

Lei mi fissa sinceramente stupita, ma poi annuisce.

 

<< Sono ancora legata a lui in modi diversi, ma non ho più voglia di tenermi quei legami, li romperò uno dopo l'altro >>.

 

Non credo di averla mai vista così decisa prima d'ora riguardo a qualcosa del genere.

 

<< Avresti preferito che io fossi partita? Sarebbe stato più facile non vedermi più? >> chiedo cauta.

 

Sbarra gli occhi non appena pronuncio quelle parole.

 

<< No, Lauren. Io voglio che tu sia qui, con me, ogni volta che ci è concesso poter stare insieme >> risponde con voce ferma e sicura.

 

Una delle sue mani stringe la mia e l'altra mi accarezza piano la guancia.

 

<< Mi dispiace tanto per Ross >> mormora con un mezzo sorriso.

<< Lui se la caverà >>.

<< Anche noi ce la caveremo >> sussurra quando ormai è ad un soffio dalle mie labbra.

<< Promesso? >> le chiedo.

 

So che è l'ultima cosa che posso permettermi di fare, ma ho bisogno ancora una volta di potermi aggrappare a lei e alla sicurezza di poterla avere. La sicurezza che lei sia mia, tanto quanto io sono sua.

 

Camila mi studia per qualche attimo. Mi lascia un bacio sulla guancia, all'angolo della labbra sfiorandole appena.

 

<< Promesso >>.

 

Ci separiamo quando ormai è buio ed io devo necessariamente tornare a casa. Vorrei sentire ancora il calore della mano di Camila intrecciata alla mia, invece c'è solo il vento che nuovamente mi penetra fin dentro le ossa.

Non so cosa mi succederà una volta a casa per aver fatto perdere il volo alla famiglia di Ross, ma so che oggi ho sfiorato così tante volte il punto di poter perdere Camila da non volerlo provare mai più. Solo l'idea mi fa stringere il cuore in una morsa dolorosa.

 

So che dopo oggi sono ancora più determinata a combattere per rendere noi due qualcosa di reale.

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Capitolo 17
*** Capitolo 16. ***


Capitolo 16.

P.o.v. Camila.

Ho dormito poco stanotte, tutti gli avvenimenti di ieri continuano a vorticarmi in testa senza possibilità di uscita. Controllo la sveglia e mi accorgo di essere già in ritardo, così sono costretta ad alzarmi e ad azzerare i pensieri in favore della mia solita routine mattiniera.

Lungo il tragitto da casa mia a casa di  Dinah tutto ciò che faccio è ripensare a ciò che Lauren mi ha detto.

Sospiro lasciando che i ricordi mi avvolgano in una spirale senza uscita. Io e lei siamo come due tessere di un puzzle, cerchiamo disperatamente di combaciare perfettamente ma la sua forma continua a cambiare. So che c'è di più, so che ci stiamo provando e voglio davvero poter restare insieme a lei... ma a quale prezzo?

 

Arrivo di fronte casa della mia migliore amica e la vedo chiudersi la porta alle spalle. L'espressione ancora vagamente assonnata le conferisce qualcosa di buffo.

 

<< Buongiorno, Cheechee >> la saluto.

<< Shhh... lasciami dormire, Mila >> Dinah si raggomitola sul sedile accanto a me e chiude gli occhi.

 

Riparto con la macchina in direzione della nostra scuola, non prima di aver fatto di proposito una frenata brusca per svegliarla.

<< Dannazione, vuoi forse ucciderci? >>.

<< Non essere così drammatica suvvia >> le scuoto una spalla con la mano destra.

Dinah sbuffa.

<< Non mi lascerai dormire, vero? >> chiede retorica.

Scuoto la testa con un ghigno divertito stampato sulle labbra.

 

<< D'accordo, dal momento che desideri così tanto la mia presenza, magari potresti spiegarmi per bene cosa è successo ieri? >> inarca un sopracciglio in attesa.

<< Ieri? >> fingo di non sapere a cosa si riferisca.

<< Sì, ieri... sai quando Austin ha pestato a sangue quel povero ragazzo che si trovava con te e poi tu lo hai lasciato? Devo essermi persa qualcosa... >> sputa fuori con sarcasmo.

La mia espressione diventa più seria ed emetto un sospiro.

<< Quel ragazzo non... non era come sembrava, Austin non poteva scegliere momento peggiore per entrare >>.

<< Ehm magari era il tuo ragazzo e stava cercando di capire cosa ti fosse successo dal momento che eri sparita? >> domanda ancora piccata.

<< Avevo capito che tu non fossi una così grande fan di me e Austin >> ribatto aggrottando la fronte.

<< Ed io avevo capito che in tutta questa storia c'entrasse una ragazza, o mi sbaglio? >> replica lei con tono più arrabbiato.

Apro e chiudo la bocca un paio di volte senza essere capace di dire nulla. Siamo arrivate all'ingresso dell'edificio scolastico, mi prendo il mio tempo per parcheggiare mentre penso con quali parole rispondere a Dinah. La verità è fuori discussione, almeno per il momento... io e Lauren non abbiamo mai parlato nei dettagli di cosa dire se si fosse presentata l'occasione ma è come un tacito accordo tra di noi: meno persone sanno, meglio è.

<< DJ questa è... una storia complicata >> rispondo dopo secondi d'interminabile silenzio.

 

"Wow Camila, davvero una scusa originale da rifilare alla tua migliore amica che ti conosce meglio del palmo della sua mano."

<< Mi sbaglio, Mila? >> ripete lei tra i denti.

Poggio la fronte al volante e scuoto la testa.

<< No, non sbagli, è solo...solo che io non posso stare con lei, non sempre almeno >> l'ultima parte la mormoro appena strizzando gli occhi con forza per ricacciare indietro le lacrime.

 

"Dannazione a te Lauren e a quando hai deciso di entrare nella mia vita in questo modo!"

<< Cosa accidenti vuol dire questo? >> chiede Dinah confusa.

<< Esattamente quello che ho detto >> replico tagliente.

Non sono arrabbiata con Dinah. Sono arrabbiata con me stessa, con Lauren, con ogni singola cosa che non ci permette di stare insieme come vorremmo.

<< Non riesco a capirti, Mila. E non si tratta soltanto di oggi o di ieri, si tratta di questo periodo che sta andando avanti da un po'... cosa sta succedendo? >> mi poggia le mani sulle spalle cercando d'incrociare il mio sguardo.

I miei occhi lucidi minacciano di far uscire le lacrime da un momento all'altro. In qualche modo mi ritrovo a negare con il capo di nuovo.

<< I-io non... non posso dirtelo, non adesso >> rispondo con voce rotta.

Sento lo sguardo ferito di Dinah indugiare su di me, ma non c'è nulla che io possa fare per il momento. Sento lo sportello aprirsi e lei scendere, prima dichiuderselo alle spalle ecco le parole che mi riducono in singhiozzi.

<< Sai una cosa, Mila? Tu per me sei più della mia migliore amica, sei come una sorella e il semplice fatto che tu non riesca a fidarti abbastanza di me da dirmi la verità mi ferisce in modo inimmaginabile; ma questa persona che ho di fronte? Questa non è la Camila che io conosco e non è quella che voglio conoscere >>.

È questo che significa poter stare con Lauren? Azzerare tutto il resto, godere di attimi strappati a forza dal tempo, odiare l'orologio perché corre troppo velocemente nei momenti in cui siamo insieme e fin troppo lentamente quando siamo lontane? Perché questo è un prezzo che non sono disposta a pagare.

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Non riesco a rivedere Dinah per l'intera giornata scolastica. Durante le lezioni in comune ha evitato di sedersi accanto a me, l'ho vista spesso inviare dei messaggi al telefono, perfino durante il pranzo ha preferito accettare l'invito di Siope e sedersi al tavolo insieme a lui e i suoi amici.

Fantastico.

Questa giornata potrebbe andare in modo peggiore? Oh giusto... Lauren non si è fatta ancora sentire oggi.

Una parte di me si chiede compulsivamente dove sia, cosa stia facendo, se stia bene. Un'altra vorrebbe soltanto non pensarci e chiuderla fuori dalla mia mente. Dopo quello che è successo ieri non ho ricevuto le occhiate più benevole a scuola ma non me ne sono preoccupata troppo. Molti altri pensieri hanno occupato la mia testa durante le ultime ore.

Sono tentata di chiedere a Dinah se ha bisogno di un passaggio al ritorno, ma non riesco a trovarla al suono dell'ultima campanella. Provo ad inviarle un messaggio.

L'unica risposta che ricevo è un freddo: "No, un'amica è venuta a prendermi."

Decisamente non da Dinah.

Controllo di nuovo la mia casella di posta ma non c'è alcun messaggio da parte di Lauren. Okay, la mia priorità oggi è un'altra. 

Chiamo mia madre dicendole che tornerò per cena ma che mi fermerò a casa di Dinah durante il pomeriggio; ho bisogno di parlare con lei, ho bisogno di chiarire le cose. So che non sarà semplice farlo omettendo una gran parte della verità, ma non sono disposta a perdere Dinah... nemmeno se questo significa dover tradire il segreto di Lauren.

 

Busso alla porta e inspiro profondamente cercando di prepararmi a cosa mi aspetta. Milika viene ad aprirmi e mi rivolge un sorriso caloroso come sempre. Immagino che Dinah non le abbia raccontato nulla e la cosa mi solleva, so che è molto legata alla sua famiglia e quando qualcosa diventa serio i suoi genitori sono i primi a saperlo. Quindi il fatto che non abbia menzionato la nostra discussione significa che ho ancora una possibilità di sistemare le cose.

Saluto Milika con un abbraccio.

<< Camila, è sempre bello vederti, Dinah non mi ha detto che oggi saresti venuta >> mi dice senza smettere di sorridere.

Mi passo una mano sulla nuca con lieve imbarazzo. È quasi ridicolo sentirmi così dopo tutto il tempo che io e Dinah abbiamo trascorso insieme.

<< Sì beh... non era esattamente previsto. Posso vederla? >> chiedo timidamente.

Milika annuisce e fa cenno verso le scale.

<< Certo, è in camera sua con un'altra amica ma sono sicura che non le dispiacerà che anche tu sia qui. Va pure >>.

Asserisco con il capo aggrottando appena le sopracciglia. Sarà la stessa amica che è venuta a prenderla a scuola?

Decido che restare sotto a chiedermi queste cose non servirà a nulla, così arrivo di fronte alla porta della sua stanza da dove riesco ad udire il suono di alcune risate, busso un paio di volte.

<< Avanti >> sento la voce di Dinah.

Apro piano la porta e la prima cosa che noto è la mia migliore amica seduta per terra a gambe incrociate, mi fissa con espressione vagamente sorpresa e mi rivolge un debole ma sincero sorriso.

<< Ehi, Mila >> mi saluta.

Sto per aprire bocca quando l'altra figura presente nella stanza cattura la mia attenzione. Sgrano gli occhi e per qualche attimo il fiato mi si spezza in gola.

So chi è. L'ho già incontrata un'altra volta, o meglio... ho incontrato il suo corpo.

<< Normani... >>.

 

Normani inarca un sopracciglio e si alza in piedi porgendomi una mano.

<< Direi che hai indovinato; tu devi essere Camila >> mi osserva come se stesse cercando di riconoscere qualcosa di familiare in me.

Mi mordo il labbro inferiore e annuisco mostrandomi più disinvolta possibile.

<< Sono io >> rispondo con un sorriso.

<< È possibile che io ti abbia già incontrata? >> domanda incerta.

Spalanco gli occhi per la seconda volta in questo breve arco di tempo.

<< N-non... non credo, voglio dire mi sarei ricordata senz'altro di te >>.

"Ottimo Camila, davvero convincente."

Normani mi studia ancora per qualche secondo ma poi scrolla le spalle.

<< Avevi un'aria vagamente familiare; Dinah mi ha parlato così tanto di te che devo averti immaginata in qualche modo >>.

Annuisco e sorrido nervosamente.

Dinah ci osserva curiosamente dalla  sua posizione, cercando di capire cosa sta succedendo. Prima che possa aprire bocca per parlare, la interrompo.

<< Magari adesso non è un buon momento ma avrei bisogno di parlarti prima possibile >>.

Dinah sospira e sono sicura che abbia capito a cosa mi riferisco poiché fa un cenno di assenso con il capo.

<< Io e Mani stavamo pensando di andare a mangiare qualcosa fuori, puoi unirti a noi se vuoi >> il tono della mia migliore amica è calmo, ma capisco che non mi ha ancora perdonata per ciò che è successo questa mattina.

Normani annuisce con un sorriso stampato in volto.

<< Certo, mi farebbe piacere se venissi anche tu Camila >> dice.

Mi mordo il labbro inferiore chiedendomi se sia una buona idea. E se Normani dovesse ricordare qualcosa a causa della mia presenza? Se avesse le stesse impressioni che ha avuto Ally?

Il mio primo impulso è quello di contattare Lauren in qualche modo. Averla vicina mi darebbe senz'altro più sicurezza, ma lei non è qui. C'è ancora un modo che posso sfruttare per capire se sto facendo la cosa giusta.

Sfodero il sorriso più convincente possibile e prego di aver ragione.

--------------

Durante il tragitto in macchina Dinah e Normani continuano a conversare come se nulla fosse, ed effettivamente è così. Normani non può di certo sapere che io e lei ci siamo già conosciute quando lei non era esattamente se stessa. Non può sapere ciò che io so. Non può avere ricordi di quel giorno... o sì? No, Lauren mi ha detto di non essere solita nell'imprimere ricordi dei suoi momenti trascorsi nel corpo di un'altra persona. Troppe nuove domande, troppe risposte che non sono ancora alla sua portata.

Non cerco d'inserirmi nei loro discorsi, mi limito a restare a portata d'orecchio per capire se qualcosa possa scattare in Normani da un momento all'altro. Nulla del genere sembra accadere fino a quando Dinah non le mostra la foto di rito del ballo scolastico dello scorso anno.

<< ... e qui abbiamo Mila insieme al suo -mi lancia uno sguardo severo e quasi compiaciuto al tempo stesso- ormai ex-ragazzo... >>.

<< Austin >>.

È poco più di un sussurro ma sono sicurissima di averlo udito. E sono altrettanto sicura che non sia stata la voce di Dinah a pronunciare il suo nome.

I miei occhi saettano in direzione di Normani che fissa la fotografia con una concentrazione tale da perforarla quasi. Ha le pupille dilatate e un'espressione indecifrabile in volto.

Dinah solleva le sopracciglia con sorpresa.

<< Sì, Austin... lo conosci? >> domanda confusa.

Normani solleva lo sguardo fino ad incrociare il mio. Non sono sicura di cosa esprima il mio viso in questo momento, ma sono piuttosto certa che sia qualcosa di simile all'orrore.

<< N-non... non sono del tutto convinta >> i suoi occhi sono scuri nei miei.

Cerco di ricordarmi se è lo stesso formicolio che sentivo scorrermi addosso di quando era Lauren ad essere nel suo corpo.

Normani sta cercando qualcosa che possa darle una conferma e per qualche oscuro motivo la sta cercando in me. È davvero possibile che si ricordi qualcosa di quella giornata? Si ricorda di non essere stata in sé?

La tentazione di chiederglielo c'è e anche forte, ma mi mordo l'interno della guancia per evitare di far uscire le parole. Diventerebbe tutto più complicato. Non posso farlo.

Continuo a ripetermi come un mantra che meno persone vengano a conoscenza di questa storia, meglio sarà.

Dinah ci osserva palesemente stralunata, senza riuscire a capire cosa stia davvero succedendo. Mi lancia occhiate sospettose e ho come l'impressione che porgerle le scuse per questa mattina non basterà più.

Posso davvero raccontarle tutto?

"È la vita di Lauren, non la tua." si dibatte una parte di me. "Ma Lauren ha volontariamente deciso di continuare a far incrociare il suo cammino con il mio, anche a discapito della vita di qualcun altro. Non si tratta più solo di lei ma anche di me."  replica l'altra.

Non riesco più a pensare razionalmente e, in un impulso improvviso, mi alzo dalla sedia senza dire una parola per dirigermi in bagno.

Una volta dentro respiro profondamente e sfilo il telefono dalla tasca, accedo alle mie e-mail e digito velocemente.

"Ho bisogno di vederti. Dobbiamo parlare.

Camila."

 

Giorno 6019.

Ancor prima di aprire gli occhi, so di non essere Lauren. So di non essere me. Inizio a diventare frustrata perché sono passati già un paio di giorni e non sono riuscita a riprendere il controllo del mio corpo. Non ho ancora ben capito come la cosa funzioni, ma so che dev'esserci un modo. Ho bisogno di trovare un modo per poter uscire da questo circolo senza fine.

Accedo alla mente della nuova persona in cui mi trovo oggi e scopro di chiamarmi Marty.

"Marty, spero che tu non abbia nulla d'importante in programma oggi perché non posso proprio attenermi alla routine."

Con un altro accesso scopro che la giornata non è per nulla densa di eventi, a Marty non dispiacerà se le farò saltare un giorno di scuola, ma ha un appuntamento con la sua ragazza questa sera e non è qualcosa che voglio farle perdere.

Cerco d'imprimerlo come promemoria nella mia testa e mi alzo dal letto alla ricerca di vestiti.

Non appena apro l'armadio realizzo ciò che non sono ancora stata in grado di decifrare: biologicamente Marty è una ragazza ma sente intensamente di appartenere al genere maschile.

Mentre mi vesto e faccio colazione penso che diverse volte anche io mi sono trovata nella stessa situazione. Costretta ad un corpo che non sentivo appartenermi. Prima di scoprire chi fossi, c'erano giorni in cui per me era più semplice sentirmi una ragazza e giorni in cui era più semplice sentirmi un ragazzo. Le persone continuano a credere che si debba per forza essere l'uno o l'altro, ma certe regole non possono essere applicate agli esseri umani in continuo cambiamento, non possono essere applicate a qualcuno che può essere entrambi e nessuno al tempo stesso.

Per Marty è stato un po' diverso. Scopro che lei in un primo momento si è sentita tradita dal proprio corpo ma poi tutti gli altri attorno a lei hanno accettato la sua scelta, lei ha accettato se stessa e la sua ragazza la ama esattamente per questo. In lei vede ciò che Marty desidera essere, non ciò che gli altri vogliono che lei sia.

Per un momento invidio la profondità di un rapporto e una confidenza del genere, ma non posso soffermarmi troppo su questo.

Apro l'ultimo messaggio da parte di Camila e il sangue mi si gela quasi nelle vene.

 

"Ho bisogno di vederti. Dobbiamo parlare.

Camila."

 

Che si tratti di me o di un'altra persona, di un film o della vita reale, "dobbiamo parlare" non significa mai qualcosa di buono.

Sono a tre ore di macchina da Camila e decido che sì, possiamo decisamente parlare, ma prima ho bisogno di vedere Mike.

Così mi dirigo verso casa Jauregui e riesco a beccarlo in tempo, poco prima che vada via per il lavoro.

<< Mike >> lo chiamo facendolo voltare.

Sulle prime è sorpreso, non riconosce la voce né la persona di fronte a lui, ma poi una lenta realizzazione si fa spazio nel suo sguardo.

<< Lauren? >> domanda sorpreso.

Annuisco e mi avvicino poggiandomi alla sua auto.

<< Non vorrei risultare offensivo o qualcosa del genere ma... chi sei oggi? >> chiede osservandomi da capo a piedi.

Sorrido e mi passo una mano tra i capelli.

<< Marty, sono una ragazza che però sente di essere un ragazzo in realtà >> spiego più brevemente possibile.

<< Oh, capisco. Beh... immagino che tu e Marty non siate qui per nulla, quindi dimmi pure >> m'incalza.

<< Voglio incontrare il reverendo Parker >> affermo senza mezze misure.

Mike batte le palpebre un paio di volte fissandomi.

<< Come scusa? >> chiede convinto di non aver capito bene.

<< Ho detto che lo voglio incontrare, lui e Ally Brooke >> ripeto.

<< Sei forse impazzita, Lauren? >>.

<< Mike questa cosa... questa vita che ho non mi basta più, continuo ad essere a metà e magari prima non m'importava nulla ma adesso ho qualcosa di grande da perdere e non voglio perderlo. Si tratta di me, si tratta di Camila... non posso continuare a far muovere tutto su dei fili così sottili che continuano a spezzarsi >> dico esasperata.

Mike sospira e si prende qualche attimo di silenzio prima di tornare a fissarmi.

<< D'accordo,ma soltanto se posso accompagnarti io >> parla con altrettanta decisione nel tono.

Scuoto la testa rapidamente.

<< No, non voglio che tu o la tua famiglia veniate coinvolti in questo modo, non posso lasciarlo accadere >>.

<< Lauren, non accetterò un no come risposta >> ribatte.

<< Ma Mike- >>.

<< Può essere rischioso, okay? Non mi fido assolutamente di quel tipo,voglio rispettare il tuo desiderio d'incontrarlo per trovare delle risposte, ma non sono disposto a lasciarti andare da sola da lui >>.

Sento le lacrime pizzicarmi gli occhi perché mai nessuno si è preoccupato per me inquesto modo. Non ho mai avuto la sensazione di appartenere davvero ad una famiglia, di essere davvero figlia di qualcuno, di avere un posto in cui tornare.

Mike è la mia famiglia, l'unica che ho. Lui e Camila sono il mio posto in cui tornare.

Così in un impulso lo stringo in un ferreo abbraccio.

<< Grazie >> sussurro contro la sua spalla colma di sincera gratitudine.

------------

 

Oggi è sabato mattina, quindi Camila non sarà a scuola; il primo posto che mi viene in mente è casa sua. Ed è lì che mi dirigo come seconda tappa.

Non vedo la macchina dei suoi genitori nei dintorni, il che è un buon segno. Suono alla porta e sento dei passi frettolosi che si avvicinano sempre di più. La porta si apre rivelando un'adorabile Camila ancora in pigiama, dai capelli scompigliati e l'espressione stralunata.

<< Sì? >> domanda trattenendo uno sbadiglio.

È così bella anche in quelle condizioni che non posso fare a meno di sorridere e ammirarla per qualche secondo.

<< Camila, sono io >> le dico.

I suoi si spalancano in realizzazione.

<< Lauren? >> domanda per esserne certa ed io asserisco con il capo.

<< Che ci fai qui? >> beh... non è certo il benvenuto che mi aspettavo, ma immagino che vada bene così.

Mi stringo nelle spalle.

<< Hai detto di volermi parlare, no? Quindi sono qui >>.

<< Oh... sì, è solo uhm... non mi aspettavo spuntassi così all'improvviso >> ammette arrossendo.

Ho paura di continuare ad essere nella vita di Camila una deviazione improvvisa. Piuttosto voglio essere la destinazione verso cui la sua strada conduce.

<< Vuoi che vada via? >> chiedo inarcando entrambe le sopracciglia.

<< No! No! Non voglio che tu vada via, resta, per favore >> si affretta a rispondere con sguardo allarmato.

Annuisco e sospiro di sollievo.

<< Posso entrare? O preferisci andare fuori? >>.

Camila si sposta lateralmente concedendomi di entrare in casa sua.

<< I miei genitori sono fuori per lavoro e Sofi è a casa da un'amica >> dice.

<< Pranzo fuori? >> propongo.

<< Sì, va bene, ma devo essere di ritorno nel pomeriggio perché devo badare a mia sorella >> mi avvisa.

<< Andata >> asserisco.

Aspetto che Camila si prepari e poi usciamo. Nonostante io abbia la macchina con me, decidiamo di avviarci a piedi e lungo il tragitto non parliamo. Camila mi si avvicina e poggia la testa sulla mia spalla, ma continua a restare in silenzio.

Quando arriviamo in questo piccolo diner, ci accomodiamo al tavolo e ordiniamo. Non c'è molta gente e il posto sembra abbastanza riservato. Mi chiedo se Camila lo abbia scelto di proposito o sia soltanto una coincidenza; in ogni caso ad entrambe va bene così.

<< Com'è andata poi a scuola? >> domando cercando di rompere il ghiaccio mentre Camila sorseggia dal suo bicchiere con la cannuccia.

I suoi occhi si sollevano pigramente fino ai miei. Si schiarisce la gola e traccia il bordo del bicchiere con un dito.

<< A quanto pare io sono la stronza che lo ha tradito, lui il povero angioletto che non ha mai fatto nulla di male nella vita >> risponde.

<< E tu hai provato a raccontare la tua versione? >>.

Camila annuisce.

<< Io e Dinah per l'esattezza, anche se continua a tenermi il muso e per una buona causa direi... probabilmente farei lo stesso se fossi in lei >> mormora l'ultima parte della frase.

Aggrotto la fronte.

<< Perché Dinah è arrabbiata con te? >> chiedo confusa.

Camila abbozza una risata sarcastica.

<< A causa tua >>.

Okay, ora sono decisamente ancora più confusa.

<< Come scusa? >>.

<< Mi hai sentita, Lauren >> replica con lo stesso tono lei.

<< E cosa avrei fatto? >>.

Camila inspira prima di pronunciare le prossime parole.

<< Non ci sei, ecco tutto... Dinah sa che c'è qualcun altro nella mia vita, una ragazza per l'esattezza, ma questa non è stata assolutamente la parte difficile da rivelare. La parte più complicata è stata dover omettere tutto il resto... lei è la mia migliore amica, come una sorella per me, non hai idea di quanto sia difficile dover tenere nascosta l'altra parte della storia >>.

La fisso con espressione mortificata e prendo le sua mani tra le mie, Camila non si ritrae ma non si abbandona nemmeno al mio tocco.

<< Mi dispiace... mi dispiace da morire, Camz >>.

Lei scuote la testa e si libera dalla mia presa.

<< Dobbiamo smetterla di dirci che ci dispiace ogni volta >> il suo tono è rassegnato.

Decifrare a cosa sia rassegnato però mi spaventa da morire. In un tentativo di deviare la conversazione su qualcos'altro interrompo i suoi pensieri.

<< Oggi sono sia una ragazza che un ragazzo >>.

Camila solleva un sopracciglio con curiosità.

<< Ovvero?>>.

<< Beh...Marty, il corpo in un cui mi trovo, è una ragazza a tutti gli effetti, ma lei sente di appartenere al genere maschile >> spiego.

<< Non sembra molto diverso dalla tua precedente condizione, quando non sapevi ancora chi fossi, giusto? >> cerca di capire.

Annuisco.

<< È stato difficile accettarlo? >> mi domanda dopo che le nostre ordinazioni sono arrivate al tavolo.

<< Per me o per lei? >>.

<< Per te. Prima passavi da un corpo all'altro senza sapere quale forma potesse avere il tuo, mi hai detto che era semplice sentirsi una ragazza o un ragazzo a seconda della persona che ti ritrovavi di fronte ogni giorno. È stato difficile accettare che adesso sei qualcosa di definito in qualche modo? >> si porta la forchetta alla bocca dopo aver parlato.

Rifletto sulle sue parole qualche attimo.

<< No, non davvero. È stato quasi un sollievo essere finalmente in grado di capire chi ero e cosa ero. Per anni sono rimasta a brancolare nel buio e a dover accettare passivamente la mia condizione di mera esistenza, ma per Marty è diverso: lei sente di essere stata quasi tradita dal proprio corpo, ha avuto bisogno di tempo per accettarlo e non è ancora semplice per gli altri riuscire a vederla come lei vuole essere vista. Soltanto la sua ragazza sembra riuscirci senza difficoltà >>.

Questo sembra attirare la sua attenzione. È un lampo di gelosia quello che ho appena visto passare nei suoi occhi? Sorrido a quel pensiero.

<< Non ridere, so cosa stai pensando, io non sono gelosa >> dice prima che io possa aprire bocca.

<< No? >> domando ironica.

<< No. A proposito, non dovresti essere con lei adesso? Cosa ci fai qui? >>.

Questa volta rido a voce alta.

<< Sei totalmente gelosa >> ribadisco.

<< Io non...okay, forse un po' >> si arrende alla fine abbassando lo sguardo.

Allungo una mano sul tavolo e afferro la sua portandomela alle labbra, ci poso su un bacio delicato e carezzo il dorso con il pollice.

<< Non devi. Non hai nulla di cui essere gelosa >> sussurro.

Camila sorride sinceramente forse per la prima volta in questa giornata e torna a fissarmi.

<< Ti ringrazio ma una parte di me era seria... non dovresti mettere la sua vita prima della tua? >>.

<< Perché? >>.

<< Perché oggi sei l'ospite, Lauren. Questo non è il tuo corpo, non è la tua vita... mi hai sempre detto che quello viene prima di tutto >>.

Ha ragione. È quello che ho sempre fatto e ciò che mi ero ripromessa di fare, ma sentirlo dire da lei mi causa un fitta di dolore atroce.

<< Aspetta, aspetta, non voglio dire che tu non sia importante tanto quanto, lo sai >> cerca di spiegarsi ma io annuisco e le faccio un cenno con la mano per fermarla.

<< Tu chi è che ami, Camila? Me o l'idea che ti sei fatta di me? >>.

Per un momento sono sicura di aver sentito il suo respiro fermarsi. L'espressione allarmata che le si dipinge in volto quasi mi fa pentire di averle rivolto la domanda. Ma aspetto la sua risposta, voglio saperlo.

<< Cosa stai cercando di dire? >>.

Sospiro e passo una mano tra i capelli di Marty.

<< Quando eravamo nella casa al lago hai detto di essere innamorata di me, ma l'altro giorno di fronte ad Austin hai detto non amarmi >>.

Capisce perfettamente quale sia la mia confusione e scuote subito la testa.

<< Parlavo di quel ragazzo, Ross; non di te >> risponde finalmente.

<< Davvero? Perché continuo ad avere l'impressione che tu sia innamorata di Lauren >> ribatto con più sarcasmo di quanto non voglia.

Camila corruga la fronte.

<< Che diavolo stai dicendo? Tu sei Lauren, certo che sono innamorata di te e lo sai >>.

<< Eppure oggi non mi ami >> le mie parole non sembrano avere un freno, non riesco a fermarle e so benissimo che in qualche modo stanno ferendo Camila, ma i dubbi che mi divorano dall'interno sono molto più forti.

Ho bisogno di essere sicura che lei lo voglia quanto lo voglio io o non potrà mai funzionare.

Vedo la sua espressione passare da confusa ad infuriata nel giro di un minuto.

<< So che sei lì dentro, davvero, lo so... ma qui fuori la tua forma continua a cambiare ed io non posso amare la persona diversa che ogni giorno mi si presenta davanti >>.

<< Sono diversa solo fisicamente >> dico.

<< Lo so...credimi, ma questo non cambia il fatto che io non posso farlo >> mormora dispiaciuta.

Finiamo il resto del pranzo passando da un argomento all'altro. Le racconto della vita di Marty, le racconto della sua ragazza, condivido qualche altro ricordo... ma niente riesce a togliermi il macigno delle sue parole dal petto.

E benché una parte di me sia determinata a lottare per noi due, benché io sappia che per Camila è lo stesso... per la prima volta mi chiedo seriamente se da questa storia ne usciremo insieme.

 

 

 

 

 

 

 

Note conclusive: ebbene sì, non sono morta :') non tento nemmeno di scusarmi perché seriamente... sono un caso irrecuperabile. Onestamente ci ho messo una vita prima di terminare questo capitolo per il semplice motivo che l'ispirazione mi abbandonava ogni momento (personalmente lo ritengo uno dei peggiori che abbia finito di scrivere) ma spero comunque che vi piaccia e che in qualche modo tutto questo abbia senso :')

Ho deciso d'inserire il p.o.v. Camila all'inizio perché volevo che ci fosse una visione anche da parte sua proprio nel mezzo della storia, seppur breve. 

Ormai non manca moltissimo per la conclusione di questa storia, ma ci sono ancora dei capitoli interessanti che devono snocciolarsi :') 

Lo rileggerò per controllare eventuali errori e sinceramente mi scuso se lo odierete ma... purtroppo è uscito fuori così.

Love you! See you! 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18. ***


Giorno 6021.

Mi sveglio e stranamente riconosco quasi subito il posto in cui mi trovo. Riconosco o lo ricordo? È un ricordo? All'inizio non sono sicura, ma poi i pezzi tornano piano piano a posto.

Sì, è un ricordo.

Mike è venuto a recuperarmi dopo che ieri sera ho concluso la mia giornata in un bar abbastanza squallido, circondata da persone altrettanto squallide, che mi lanciavano occhiate decisamente poco caste. Ma non m'importava di niente, non m'importa di niente. Ieri era ieri, e ieri è anche una luce a neon che lampeggia e dice "Camila ha rotto con te".

Già.

Ieri era ieri.

"Ci rivedremo." Lo faremo davvero, Camila? Ci rivedremo?

Mi è sembrata solo una grossa bugia, ma ricordo perfettamente quanto io abbia tentato di appigliarmi a quel momento, anche se non è servito a niente.

Forse ci rivedremo.Forse...

E da quel "forse" ecco la mia geniale idea di andare in un bar e sfogare tutta la mia frustrazione sull'alcool. 

Molto maturo da parte tua, Lauren, davvero davvero maturo.

Mi sono svegliata su un letto, probabilmente quello della camera degli ospiti di casa Jauregui. Dovrò ricordarmi di ringraziare Mike mille volte. Come ha fatto poi a sapere dove trovarmi? Oh giusto, in uno degli ultimi momenti di lucidità mi ero fatta prestare un telefono da un tipo al bar e l'avevo chiamato. Mi sento così patetica.

Apro la porta e intravedo le scale che conducono al piano inferiore, le scendo lentamente e a ogni gradino mormoro quello che diventa una sorta di mantra nella mia testa.

Un gradino "svegliati una mattina nel corpo di un ragazzo", due gradini "innamorati della sua fidanzata", tre gradini "rovina la vita degli altri pur di dare una possibilità alla vostra storia", quattro gradini"raccontale chi o cosa davvero sei anche se non hai una risposta certa", cinque gradini "acquisisci il tuo vero corpo che non sapevi di avere, impara a conoscerti", sei gradini "credi che l'amore possa bastare a conquistare il mondo intero", sette gradini "fatti spezzare il cuore come non credevi fosse possibile", otto gradini "rimetti le cose a posto una volta per tutte"Terra.

Quando varco la soglia della cucina, quattro teste si sollevano nella mia direzione. Fantastico, la famiglia al completo. Mike mi rivolge uno sguardo a metà fra il serio e rincuorato, poi mi fa cenno di accomodarmi nel posto libero accanto a lui.

Chris e Taylor continuano a fissarmi senza proferire parola; Clara si alza da tavola per servirmi la colazione e, anche se sono tentata di fermarla a causa del nodo che ho nello stomaco, non lo faccio.

Non ho letteralmente il coraggio di aprire bocca di mia spontanea volontà.

<< Come ti senti? >> mi chiede Mike posandomi una mano sulla spalla.

Il contatto mi fa quasi trasalire, ma riesco a trattenermi dallo scattare indietro.

<< Uh ehm...sto bene, grazie >> lui mi rivolge un sorriso gentile mentre Clara mi posa un piatto con dei pancakes di fronte.

Ripensandoci forse un po' di fame potrei averla.

Ho ancora gli occhi di tutti puntati addosso quando inforco un pezzetto di pancake allo sciroppo d'acero e, prima che io possa aprire la bocca, la voce di Taylor mi coglie di sorpresa.

<< Scommetto che però hai avuto giorni migliori >> non riesco a decifrare il tono, sembra essere a metà tra lo scherzoso e l'indagatore.

Deglutisco cercando di schiarirmi la gola asciutta e annuisco abbozzando un sorriso.

<< Decisamente sì >>.

Il sorriso che lei mi rivolge è più ampio.

<< Papà ci ha detto ciò che era necessario per non farci preoccupare tutti e dare di matto, ma preferisco sentirlo dalla fonte diretta... com'è che ti chiami? >>.

So che sa già il mio nome, ma in questo momento aggrapparmi al minimo di conversazione che mi sta offrendo è la cosa migliore che io possa fare.

<< Lauren >>.

<< Lauren... è un bel nome. Io sono Taylor e questo ragazzone qui è Chris >> indica il fratello più grande accanto a lei.

Chris mi rivolge un mezzo sorriso imbarazzato e mi saluta con una mano. Deglutisco nuovamente mentre lo guardo, cercando di ricambiare il sorriso.

Non ricorda nulla? Cristo santo... sono stata nel suo corpo per un giorno, ho usato i suoi ricordi, sono stata una parte di lui, lui ha visto Camila... no. Basta. Niente Camila. Non funzionerà mai se non inizio a smettere di pensarci; e il fatto che tutti i miei ricordi e pensieri in un modo o nell'altro convergano verso di lei non aiuta affatto.

Mike sembra notare il mio disagio e si schiarisce la gola.

<< Non dovreste andare a prepararvi per la scuola? Farete tardi altrimenti... >>.

Taylor e Chris annuiscono e si alzano da tavola, avendo terminato la colazione. Taylor sembra volersi guadagnare qualche minuto in più in mia compagnia, quindi mi fissa prima di uscire dalla cucina e mi sorride in modo gentile, ricambio il più sinceramente possibile.

<< Spero di rivederti quando tornerò da scuola, ciao Lauren >>.

Non rispondo. Sono piuttosto terrorizzata da quelle parole, ma cerco di non mostrarlo. Quando ho iniziato ad avere così paura di gestire delle situazioni improvvisate? Dovrei aver passato l'intera vita a fare allenamento per questo genere di situazioni senza renderle imbarazzanti... a quanto pare non è stato abbastanza; non se dall'altro lato c'è la famiglia di colui che è la cosa più vicina ad una figura paterna che io abbia mai avuto.

Clara e Mike restano a tavola, la vedo stringere la mano di lui e lanciargli un'occhiata a metà tra il preoccupato e il sollevato. Vorrei tanto poter scoprire cosa sta pensando adesso.

<< Tesoro, potresti darci qualche minuto per parlare? >> chiede Mike con dolcezza.

Clara annuisce e annuncia che penserà lei a sparecchiare quando avremo finito.

Così restiamo soli, io e Mike, lui mi fissa con apprensione prima di scuotere la testa e sospirare.

<< Che diavolo ti è saltato in mente, Lauren? Finire in quel modo in un qualunque bar, ieri sera... se non fossi stata lucida abbastanza da chiamarmi? Hai idea di cosa sarebbe potuto succedere? >>.

Non mi capita spesso di sentirmi dire queste cose, certo è capitato in passato, ma mi ero sempre trovata nel corpo di qualcun altro e spesso non era nemmeno rivolta direttamente a me. Non sono abituata a dovermi vergognare delle mie azioni, forse proprio perché per molto tempo il concetto di "mio" non era ben definito nella mia vita.

Quindi è così che ci si sente ad assumersi delle responsabilità senza poterle veder sparire il giorno dopo?

Mi chiedo quanto stupida debba sembrare a Mike, o a chiunque altro, una domanda del genere. Ma la mia vita non è stata sempre questa, non sempre così... ho bisogno di tempo per mettere a posto le cose.

<< M-mi dispiace... >> dico a mezza voce.

Mike mi lancia un altro sguardo severo.

<< Ti credo, ma questo non cambia le cose. Continuavi a mormorare il nome di Camila e dicevi che ti aveva lasciata... è vero? È questo quello che è successo, Lauren? >>.

Annuisco lasciando scivolare la testa tra le mani.

Gli occhi mi bruciano al solo ricordo, ma riesco a fermare le lacrime che vorrebbero scendere.

È tutto così complicato. È tutto così sbagliato. È tutto così ingiusto.

Voglio fare qualcosa per cambiare le cose... ma cosa?

<< Ally! >> esclamo all'improvviso, tanto forte da far sussultare Mike sul posto.

<< Cosa? >> chiede confuso.

<< Ally. Ally Brooke. >>.

<< Okay... Ally, cosa c'entra Ally adesso? >> domanda ancora.

<< Mi ha scritto una mail ieri, ha chiesto di potermi incontrare, vuole una spiegazione ed io... io gliela devo >> rispondo alla fine.

Mike spalanca gli occhi.

<< Sei forse impazzita? Non puoi presentarti da lei e dire semplicemente che sei stata nel suo corpo per un giorno, ti rendi conto di quanto suonerebbe assurdo, Lauren? >> cerca di farmi ragionare.

Mi stringo nelle spalle frustrata.

<< Quale altra possibilità ho, Mike? Ally non mollerà fino a quando non  avrà ottenuto quello che vuole, e quello che vuole è una spiegazione razionale di ciò che è successo quella sera... ed io voglio dargliela, e voglio che Parker la smetta di usarla come paladina di questa investigazione contro un presunto demonio che s'impossessa delle persone >> prendo fiato e sollevo nuovamente lo sguardo fino ad incrociare il suo. << Sento che posso farlo, Mike. Devo farlo... devo farlo perché ora so come ci si sente ad essere tenuti all'oscuro da tutto il resto, so cosa si prova a non avere il controllo di ciò che vorresti fare, a non saper lasciare andare qualcosa >>.

Il sospiro che lascia le sue labbra è rassegnato.

<< Non pensare nemmeno per un secondo che ti lascerò andare in  questa missione suicida da sola >>.

E per la  prima volta in questi due giorni, sorrido. Sorrido sinceramente. Non voglio essere sola e il pensiero che lui mi resti accanto mi rassicura.

Posso farlo.

Quando accedo alla mia casella di posta elettronica, leggo un'altra volta il messaggio di Ally e, finalmente, rispondo.

"D'accordo. Dove vuoi incontrarmi?"

Senza sapere bene come, io e Mike ci ritroviamo di fronte casa di Ally. Adesso le mie mani stanno iniziando a tremare e non sono più così sicura come prima, ma so che devo farlo. Glielo devo. Scendo dall'auto e chiudo lo sportello, Mike abbassa il finestrino e mi lancia uno sguardo apprensivo.

<< Sta attenta, okay? Io sarò esattamente qui fuori ad aspettarti, non esitare a chiamarmi se qualcosa non va come dovrebbe >>.

Annuisco e gli sorrido con l'intento di rassicurarlo, ma non so chi dei due io voglia cercare di calmare di più.

Suono il  campanello di casa Brooke mentre non ho ancora smesso di tremare. Ally apre  la porta, faccio correre lo sguardo su di lei per accertarmi che sia la stessa Ally dell'ultima volta. Certo che sì.

È vestita in modo informale, ma al tempo stesso posso notare che i vestiti non sono stati scelti a caso. Sollevo una mano a mo' di saluto e accenno un sorriso che inizialmente non ricambia. Ha un'aria confusa e sospettosa, e il velo di tensione nei suoi occhi non sparisce.

M'invita ad entrare e mi fa accomodare in salotto sul divano. Recupera un paio di bicchieri d'acqua e poi ci troviamo costrette ad affrontare la situazione.

<< Lauren? >> chiede per esserne sicura.

Annuisco.

<< Sono io>>.

<< Quindi sei... una ragazza? >>.

Sollevo un sopracciglio.

<< È una storia più lunga di un semplice cambiamento tra ragazzo e ragazza, ma se puoi concedermi del tempo sono disposta a spiegarti tutto >>.

Ally si schiarisce la gola, asserisce e poggia la schiena contro la poltrona su cui  è seduta, in ascolto.

Le racconto tutto dal principio e ho la netta impressione che parlarne con qualcun altro mi stia aiutando notevolmente. Le racconto del giorno in cui mi trovavo nel suo corpo, delle sensazioni, del perché sono sicura  che non riaccadrà mai più... e gli occhi di Ally sembrano illuminarsi quando finalmente riesce a mettere a posto i pezzi del puzzle che mancavano. Non m'interrompe, non trova una singola cosa da contraddire.

Alla fine le racconto anche del mio corpo. Del mio vero corpo, quello che non sto più lasciando da diversi giorni e le dico che forse ho acquisito abbastanza speranza e forza da poterci restare dentro.

Ally spalanca gli occhi quando arrivo a quella parte del discorso.

<< Quindi domani... tu sarai ancora tu? Esattamente così? >>.

Sorrido.

<< Sì, o almeno, questo è quello che accaduto in questi ultimi giorni, spero di essere me stessa anche domani >>.

<< Qual è  la sensazione? >> chiede curiosa osservandomi.

<< La sensazione di passare da un corpo ad un altro o quella di restare finalmente in uno? >>.

<< Entrambe>>.

Sospiro prima di rispondere a questa domanda.

<< A meno che io non voglia sentire un'orda di dolori atroci, se vado a dormire prima della mezzanotte non sento nulla... il passaggio avviene ed io mi ritrovo semplicemente in un altro corpo il giorno dopo; ma quando sono in me... non lo so, ho costantemente la sensazione di essere io, me stessa, non c'è un termine preciso per spiegarlo >>.

Ally annuisce e resta in silenzio per qualche altro secondo.

<< Quindi è per questo che ho avvertito la tua presenza? Perché il passaggio non è avvenuto pacificamente? >>.

Tento di ricordare prima di rispondere.

<< Suppongo che sia così ma... tu eri diversa, anche quando mi trovavo nel  tuo corpo, tu cercavi di respingermi in qualche modo. Non so perché non abbia funzionato esattamente come tutte le altre volte, ma è successo >>.

Ally mi chiede se io voglia qualcosa da mangiare, nonostante il mio stomaco sia chiuso da un nodo che ancora non riesce a sciogliersi, faccio un cenno affermativo e lei scompare in direzione della cucina.

Mi concentro ad osservare la stanza in cui mi trovo, vedo le fotografie di famiglia, alcuni trofei vinti da Ally nei diversi club scolastici.

Non mi accorgo del rumore di passi più pesanti alle mie spalle, quindi la voce che mi coglie di sorpresa mi fa trasalire violentemente e il nodo alla base dello stomaco si scioglie all'improvviso.

<< Credevo che non avrei mai avuto l'opportunità d'incontrarti davvero >>.

Scandisce le parole con calma e mi approccia con lentezza... ma mi è impossibile non riconoscerlo.

Parker.

Irrigidisco la mascella e lancio un'occhiata sulla soglia, Ally è ferma lì, un'espressione colpevole in volto mentre chiude delicatamente la porta.

Apro la bocca per parlare ma non esce fuori alcun suono. Sono totalmente pietrificata.

Mi costringo ad inghiottire il groppo in gola e mi passo la lingua sulle labbra.

<< Che cosa vuole? >>.

L'uomo di fronte a me sorride, ma è un sorriso finto, lo riconosco. Si accomoda sulla stessa poltrona di Ally, sembra rilassato, ma il mio istinto sta iniziando ad inviare segnali d'allarme. Quanto ci metterei a raggiungere la macchina di Mike? Se urlassi, mi sentirebbe?

Parker sembra avvertire i miei pensieri poiché solleva le mani in un gesto d'innocenza.

<< Non ho intenzione di farti del male, Lauren. Voglio solo sentire questa tua versione interessante della storia, anche se, a dire il vero, ho già sentito abbastanza >>.

Era in casa tutto questo tempo? Ha sentito ogni cosa della mia conversazione con Ally?

Parker accavalla le gambe e mi fa cenno di sedermi sul divano, ma scuoto la testa in una chiara negazione.

<< Non ho nulla da dirle >> affermo duramente.

<< Così come tu non hai detto nulla ad Ally per tutto questo tempo? >> replica lui.

<< È diverso... quali risposte avrei potuto offrirle? Come avrei anche solo potuto provare a spiegare chi sono? >>.

<< Che cosa sei... >>.

La sua insinuazione non mi piace affatto. Serro nuovamente la mascella e stringo i pugni.

<< Io non sono il diavolo, né nulla di ciò che lei crede >> ribadisco tra i denti.

<< Ah no? Non riconosci l'opera del diavolo in quello che fai agli altri? >>.

Parker sembra quasi divertito dall'esasperazione a cui la sua presenza mi sta spingendo. Tecnicamente non sta facendo nulla, ma a me sembra quasi di sentire una delle sue grandi mani stringersi attorno al mio collo e iniziare a premere.

<< Io non... io non faccio nulla! Lei non capisce, è sempre stato così, sono nata così, io non... >>.

<< Tranne adesso, non è vero? >>.

Sollevo gli occhi di scatto ad incrociare i suoi. Quasi dimenticavo che ha sentito anche quella parte.

Notando il mio silenzio, Parker continua.

<< Adesso sei rimasta in questo corpo, adesso le cose stanno cambiando... dimmi, ti senti finalmente in controllo? Cosa c'è di diverso dalle altre volte? Ti senti più forte? >>.

Mi premo le tempie con due dita e scuoto la testa.

<< Mi sento... completa. Come se non dovessi più cercare altro, come se avessi raggiunto la mia destinazione >>.

<< Ma se all'interno degli altri corpi c'eri tu, che cos'è che c'è dentro di te? >>.

La domanda mi spiazza, ma so dove vuole arrivare e non sono disposta a lasciarglielo fare.

<< Non c'è alcun diavolo all'interno di me stessa, deve smetterla di credere il contrario! >> esclamo con più forza del dovuto.

Parker scoppia a ridere, tanto da buttare la testa all'indietro.

<< Certo che no, Lauren >> riprende fiato, e le sue prossime parole sono quelle che mi confondono ancora di più. << Credi che io sia così tanto ingenuo? Credi che il tuo sia solo un caso? >>

<< C-cosa? Che sta dicendo? >>.

Lui ridacchia ancora per qualche attimo.

<< Non stavo cercando di catalogare semplici esperienze per avere un arsenale di confessioni, stavo cercando di arrivare a te, mia cara >> si sistema la manica della camicia prima di continuare. << Io ti conosco molto più di quanto tu possa credere... e sai perché? >> il tono della sua voce ora è diverso.

Indietreggio di qualche passo, come se le sue parole potessero colpirmi in faccia da un momento all'altro.

<< Perché io e te non siamo poi così diversi >> conclude.

Il respiro mi si blocca in gola e mi ritrovo con gli occhi spalancati a sbattere le ciglia.

<< N-non è...non è possibile! Non ci sono altri come me >>.

<< Oh, tu credi? >> I suoi occhi hanno un guizzo. << Il fatto che tu non ne abbia mai incontrato uno, o che tu non l'abbia riconosciuto, non significa che non ci siano altri come te >>.

Sta davvero dicendo ciò che ho sempre voluto sentire e temuto al tempo stesso. Lui è come... me?

Parker si alza dalla poltrona e si avvicina cautamente con qualche passo. Io non indietreggio, resto immobile.

<< So come ci si sente a sentirsi dire una cosa del genere, so cosa stai provando, Lauren. Ma tu non ti rendi conto del potere che hai acquisito, della forza che hai avuto... >>.

<< Di che cosa sta parlando? >> chiedo, ma non sono sicura di volerlo davvero sapere.

Ogni altra informazione che Parker mi darà potrebbe essere cruciale e pericolosa. Devo stare attenta. Il guizzo ardente presente nei suoi occhi non si quieta.

<< Il tuo corpo, il tuo vero corpo, è solo tuo. Nessun altro potrà  prenderne il possesso e tu sei riuscita a crearlo o a trovarlo... ho cercato per mesi interi la spiegazione logica a questo, ma non l'ho trovata. Né sono riuscito a capire come mai io non ci fossi riuscito, fino ad oggi... oggi finalmente l'ho capito, Lauren >>.

Il respiro è accelerato e sono sicura di star sudando freddo, ma lo lascio terminare.

Parker scuote la testa come se la sola idea di pronunciare quelle parole gli costasse caro.

<< Quella ragazza. La connessione che esiste tra di voi è così profonda da averti dato la forza necessaria per staccarti dalla nostra condizione di nomadi >>.

Sussulto quando dice "nostra".

Avevo quasi dimenticato di aver parlato ad Ally anche di Camila. Al solo pensiero di lei, il petto mi si stringe in una morsa dolorosa, ma faccio del mio meglio per non lasciare trasparire alcuna emozione sul mio volto. Parker ha già troppi elementi a sua disposizione su di me.

<< Lei non è... tu non sei davvero Parker, non è così? Questo è solo il suo corpo >> adesso sono sicura di ciò che riesco ad intravedere nei suoi occhi.

Il suo sguardo è fisso nel mio e riesco ad intravedere un'altra persona all'interno. No, non la vedo... la sento. È come una sensazione di elettricità che mi attraversa e mi fa rabbrividire. È così che Camila riusciva a riconoscere me? Era questo ciò che vedeva quando fissava negli occhi il corpo di qualcun altro ed io ero l'ospite?

Adesso riesco a capire per quale motivo era molto più tranquilla quando ero davvero io. Non era qualcosa che riguardava il corpo in cui stavo, era la disperata voce che urlava attraverso il mio sguardo, erano i pugni che inconsapevolmente battevano con forza sul petto. 

Camila non vedeva solo me... ma anche la persona in cui mi trovavo.

Non oso pensare come questo debba averla tormentata per mesi.

Come ho potuto essere così cieca? Come ho potuto pensare che si trattasse di una semplice forma di egoismo relativa al mio aspetto? Come non ho potuto vedere fino in fondo dentro di lei ciò che la logorava?

Il bisogno di rivederla, correrle incontro e stringerla con forza mi assale ed è quasi soffocante; ma non è Camila la persona che ho di fronte adesso, e non è lei che per il momento mi sta dando queste risposte.

Parker annuisce compiaciuto.

<< Lo ero ieri, lo sono ancora oggi, forse lo sarò domani... deciderò quale altro corpo prendere >>.

Spalanco la bocca in totale stato di shock. Lui sceglie. Lui. Lui sceglie il corpo che vuole. Lui può scegliere chi essere... perché lui non è come me. Lui non ha un corpo, ma non ha nemmeno la casualità a muovere le carte di questo gioco. 

Lui ha capito come controllarlo.

I suoi occhi sono due braci ardenti.

Ci vedo il vero Parker tentare di uscire e farsi sentire.

Vedo il pericolo.

Vedo qualcuno che non gioca secondo le mie regole.

Gli do una spinta forte sulle spalle e Parker è costretto ad indietreggiare. Nella confusione del momento tento di aggirarlo e scappare, ma lui è rapido e una delle sue mani riesce ad afferrarmi per la vita e tirarmi indietro.

Urlo il nome di Ally. Una volta, due volte. Prima che Parker possa posare una mano sulla mia bocca per zittirmi, urlo di nuovo, e questa volta Ally mi sente.

Spalanca la porta con sguardo totalmente sorpreso dalla scena che si trova davanti.

Lo sapevo. Ho scommesso sulla sua rispettabilità e lei non mi ha delusa. Non questa volta.

<< COSA ACCIDENTI STA FACENDO? >> urla di rimando.

Parker, sorpreso dalla minacciosità della sua voce, allenta un po' la presa, ma tanto basta, sono rapida mentre mi districo dalla sua morsa e corro in direzione della porta aperta. Parker tenta di afferrarmi di nuovo, ma Ally si getta contro di lui per concedermi secondi preziosi di tempo.

Corro più veloce che posso verso la macchina di Mike, vedo il suo sguardo allarmarsi ma mette in moto senza dire una parola. Parker raggiunge la soglia di casa di Ally e lo sento urlare:

<< Non vuoi nasconderti davvero, Lauren. Non puoi! So che sarai tu a tornare da me, tu come tutti gli altri! >>. 

Quelle sono le ultime parole che sento, prima di chiudere con forza lo sportello e sentire il rumore dall'auto di Mike che parte a tutta velocità.

Sono scappata via, ma ciò che lui ha detto continua a perseguitarmi e so che lo farà ancora e ancora.

Forse ha ragione: tornerò da lui.

Se Parker ha tutte le risposte che mi servono, cercarlo di nuovo non è una possibilità da scartare. Mi volto a guardare Mike e ho ancora il fiato corto. La mia mente sta girando come una trottola impazzita e le tempie iniziano a pulsarmi.

Lui non chiede nulla, ma posso sentire i suoi occhi colmi di preoccupazione posarsi più volte su di me.

Non sono l'unica.

Potrebbe aver mentito? Certo che potrebbe.

Ma per qualche strana ragione gli ho creduto. Io l'ho visto. Non posso  semplicemente ignorarlo; se inizio a dubitare di me stessa in questo modo, non riuscirò mai ad uscirne.

Esistono altri come me.

Esistono davvero? Parker era uno di loro? Cos'ha davvero visto Camila mentre guardava attraverso occhi che non erano i miei?

Mike accosta di fronte casa Jauregui e mi poggia una mano sul ginocchio, non stringe ed io non sussulto. Ormai sono abituata a riconoscere il suo tocco, come se fosse mio padre. Lui è davvero la cosa più vicina ad un padre che io abbia mai avuto. Mi concedo di pensarlo.

<< Qualsiasi cosa sia successa lì dentro... la risolveremo, Lauren. Andrà tutto bene, te lo prometto >>.

Non chiede spiegazioni per il momento, so che dovrò dargliele e so che lo farò spontaneamente, ma per ora si limita ad aprire le braccia e a stringermi forte quando sprofondo con il viso nel suo petto e inizio a piangere.

Non sei l'unica.

Esistono altri come me.

Mentre le lacrime scorrono apertamente sul mio viso, capisco che la decisione è solo mia.

Ma questa volta è una decisione da cui non potrò mai più tornare indietro.   

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Capitolo 19
*** Capitolo 19. ***


Giorno 6022.

Il giorno dopo mi sveglio ancora a casa di Mike. Lui è uscito per andare a lavoro, Taylor e Chris sono a scuola, l'unica persona presente in casa è Clara.

Mi rivolge un sorriso quando mi vede scendere dalle scale con i capelli arruffati e un'espressione assonnata. Mi chiedo se è lo stesso sorriso che rivolge ai suoi figli quando si svegliano la mattina. 

Nei suoi occhi trovo la sincerità e la riscopro anche nei suoi gesti: non sta facendo un favore a suo marito, non sta sopportando semplicemente la mia presenza... mi fa sentire come se invece fossi anche io parte della famiglia.

Senza bisogno che io dica nulla, fa scivolare un piatto con sopra un paio di pancakes con lo sciroppo d'acero e del succo di frutta. Non mi aspetto che si sieda a tavola a guardarmi consumare la mia colazione, ma lo fa e la cosa non m'infastidisce. Solitamente odio essere fissata dalle persone, ho la sensazione che i loro occhi vadano sempre alla ricerca di qualcosa di più, come se si aspettassero di vedere in te qualcosa di diverso di una semplice persona.

Clara non è così. Mi fissa, ma il suo sguardo non è indagatore o accusatore, è genuinamente curioso, come se fosse in attesa di vedermi compiere la prossima mossa.

<< Lauren? >> mi chiama.

È la prima volta che pronuncia il mio nome, mi rendo conto che Camila e Mike sono state quasi le uniche due persone ad averlo mai detto.

<< Sì? >> sollevo timidamente la testa.

I suoi occhi mi stanno scrutando gentilmente.

<< Com'è? >> domanda cautamente, quasi avesse paura di offendermi o irritarmi con la domanda.

Inghiotto il boccone che ho in bocca perché so già cosa sta per chiedermi.

<< Com'è cosa? >>.

<< Passare da un corpo ad un altro... vivere la tua vita >>.

Quindi Mike gliel'ha raccontato. Non mi arrabbio alla realizzazione, sono solo molto sorpresa che Clara si sia presa del tempo per crederci davvero, soprattutto perché lei mi ha soltanto vista come Lauren. Sempre come Lauren.

Tutto ciò che ho sempre voluto è stato una vita normale, una famiglia e sentire i giorni scorrere lentamente; per molte persone non è nulla di anormale e forse alcuni di loro crederebbero di poter essere felici nella mia condizione, ma non funziona così.

Quando non hai delle radici e non puoi lasciarne crescere qualcuna è difficile pensare alla mia condizione come una di libertà.

Scrollo le spalle.

<< Dopo tutto questo tempo ho anche smesso di chiedermelo. Impari a far caso ai dettagli, anche quelli più piccoli; impari a capire meglio le persone guardandole dall'interno... ma allo stesso tempo ti perdi tutto il resto: non hai idea di come sia vivere per più di un giorno nella stessa famiglia, né cosa significhi essere guardato con orgoglio dai tuoi amici o i tuoi genitori >>.

<< Ma adesso non è più così >> riprende.

Le lancio un'occhiata confusa.

<< Che vuoi dire? >>.

Lei sospira e congiunge le mani, un accenno di sorriso è ancora dipinto sulle sue labbra.

<< So che Mike vorrebbe che tu venissi a vivere qui con noi >>.

Deglutisco a fatica il cibo che sto masticando e i miei occhi si spalancano nell'udire le sue parole.

<< C-come? >>.

Clara annuisce.

<< Non mi sorprende che ancora non te l'abbia detto, abbiamo preso questa decisione soltanto ieri... mi sembrava semplicemente giusto che fossi io a farlo: se deciderai di fermarti qui con noi, saremmo lieti di poterti accogliere >>.

Non parlo per diversi minuti, non continuo a mangiare e il mio sguardo resta fisso di fronte a me. Non sto guardando Clara, sto fissando il vuoto mentre le sue parole mi rimbombano in testa.

Vivere lì, con loro... con una famiglia.

Clara allunga una mano e mi accarezza delicatamente un avambraccio.

È un tipico gesto materno e, benché non sia la prima volta che mi capita, i miei occhi diventano lucidi, perché lei sta guardando me, la vera me e nessun altro.

Respiro profondamente cercando di riacquistare il controllo e annuisco lievemente.

<< Io non-...non so che dire, davvero... >> ammetto.

<< Non c'è bisogno di dire nulla. È giusto che tu lo sappia e puoi prenderti tutto il tempo che ti serve per pensarci >> mi rassicura lei con un sorriso.

<< Taylor e Chris... cosa penseranno di questo? >> domando insicura.

 

Non è la prima volta, ovviamente, che mi capita di non essere "figlia" unica, ma c'è un certo sollievo nel sapere che tuo fratello o tua sorella resteranno tali solo per quel giorno. Questa, tuttavia, è una situazione differente ed è qualcosa che non sarà possibile cambiare, dunque voglio solo essere sicura della loro opinione.

Clara sorride gentilmente.

<< Non abbiamo ancora parlato con loro, ma Taylor era alquanto entusiasta di averti finalmente incontrata... Mike ci ha parlato di te >>.

Pronuncia l'ultima frase quasi con colpevolezza.

<< È okay, non c'è problema, mi fido di lui >>.

Clara annuisce e abbozza un altro sorriso.

<< Sono sicura che Chris capirà, ma prima ancora vorrei che fossi tu a decidere per te stessa, Lauren >>.

Inspiro profondamente e finisco la mia colazione. Clara mi lascia del tempo da sola e trovo confortante che riesca a capire i miei silenzi senza bisogno che io dica niente; probabilmente è qualcosa che ha a che fare con quell'istinto materno che poche volte ho sperimentato nella mia vita.

Iniziare adesso non suona per nulla male.

 

Mi trovo seduta davanti al portico di casa Jauregui quando avverto Taylor sedersi accanto a me.

Mi scruta in silenzio per qualche minuto e inclina la testa lateralmente.

<< Resterai con noi? >> mi chiede senza mezzi termini.

Sorrido perché avrei dovuto aspettarmelo, anche se ancora non conosco Taylor quasi per nulla, sembra il tipo di ragazza che fa quel genere di domande dirette.

Mi stringo nelle spalle.

<< Forse...cosa ne penseresti tu? >> domando di rimando per tastare il terreno.

<< Oh figurati, avere una vera sorella maggiore su cui poter scaricare i miei guai e con cui parlare? Per me va benissimo >> risponde con tranquillità.

Ridiamo entrambe di gusto.

<< E a Chris? Credi che andrebbe bene? >>.

<< Chris ha passato l'intera giornata a ribadire quanto tu sia figa e forte e quel genere di cose lì >> rotea gli occhi al cielo. << Disgustoso. Credo non abbia capito ancora bene il concetto di "sorella", dovrai spiegarglielo meglio >> scherza.

Posso notare l'affetto presente nelle sue parole e la cosa mi rincuora profondamente. Quando impari a mentire e nasconderti per così tanto tempo dimentichi cosa significhi avere della pura sincerità attorno. Non riesco a fare a meno di essere immensamente grata a Mike e alla sua famiglia.

<< Allora direi che non resta molto da pensare, mi piacerebbe davvero tanto poter restare qui con voi >> ammetto con un sorriso timido.

<< Davvero? >> Taylor salta in piedi eccitata.

<< Davve->>.

Mi salta al collo abbracciandomi come stretta come fosse la cosa più naturale del mondo. E lo è.... per la prima volta lo è davvero.

Per il resto della giornata mi dedico alla nuova vita che mi aspetta. Non è semplice, ma tento di tenere fuori dalla mia mente Camila, Ally e ciò che è successo con il reverendo Parker.

Quando Mike torna dal lavoro sembra entusiasta di apprendere la novità ed io lo sono per lui, con lui, insieme a tutti loro.

Mi chiedo quali cose imparerò; come sarà svegliarsi ogni mattina e trovare  la colazione pronta o andare a scuola e avere gli stessi amici tutti  i giorni, scopro che questa nuova sensazione non mi dispiace affatto.

Voglio conoscere quella parte del mondo che credevo fosse andata persa in me e impossibile da recuperare.

Mi concedo qualche minuto prima di andare a letto per controllare le mail, inizialmente mi sembra inutile, ma poi trovo un messaggio da parte di Ally e uno da parte di Camila.

Ally mi dice che le dispiace per come siano andate le cose e chiede se può fare qualcosa per sistemare tutto.

Le rispondo che non è stata colpa sua ma che deve cercare di dimenticare tutto, deve stare alla larga da Parker e smettere di farsi domande. Le domande portano solo ad altri perché e non può vivere una vita immersa in queste incertezze. 

Non le dico che non mi fido di lei, ma credo lo abbia già capito, le dico però che questa sarà la mia ultima e-mail.

Prima di creare un nuovo account apro la mail di Camila.

"Non sapere dove sei o come stai mi sta mandando fuori di testa. Ti prego, rispondimi.

Camila."

Vorrei poterle raccontare quello che è successo negli ultimi due giorni, vorrei sapere cosa ne pensa lei e vorrei averla accanto pronta a rassicurarmi... ma Camila ha ragione: non posso continuare a deragliare la sua vita dai binari, non in questo modo, non se non è lei a chiedermelo.

Convengo che un coinvolgimento in quello che è successo a casa di Ally non è la cosa migliore che io possa fare, così mi limito ad un semplice:

"Scusami, sono stati dei giorni difficili e ci sono dei pensieri che non abbandonano la mia mente; ma ci sono stati anche dei risvolti positivi. Spero che per te tutto stia andando bene.

Lauren."

 

Potrei aspettare una sua risposta ma decido di non farlo. 

Camila può scegliere se tornare da me o no... forse, per la prima volta, sono io a non sapere se tornare da lei.  

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