Nei miei occhi.

di AnonymousA
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Senza sole. ***
Capitolo 2: *** Amiche, sorelle. ***
Capitolo 3: *** L'invito. ***
Capitolo 4: *** Più vicini. ***
Capitolo 5: *** Un colpo al cuore. ***
Capitolo 6: *** Lupo. ***
Capitolo 7: *** Scappare non servirà. ***
Capitolo 8: *** Due facce uguali. ***
Capitolo 9: *** Un unico pensiero. ***
Capitolo 10: *** Incidente di percorso. ***
Capitolo 11: *** Nessuna traccia. ***
Capitolo 12: *** Inesorabile paura. ***
Capitolo 13: *** In punta di piedi. ***
Capitolo 14: *** Minaccia fantasma. ***
Capitolo 15: *** Amara scoperta. ***
Capitolo 16: *** Dodici lune. ***
Capitolo 17: *** Dubbi inconffessati. ***
Capitolo 18: *** Sulla mia pelle. ***



Capitolo 1
*** Senza sole. ***


Ciao a tutti, sono tornata qui con una nuova storia riguardo Jacob e Reneesme ( una coppia che adoro. Avrei voluto che la Mayer avesse scritto un libro su loro due).
Questa è la mia seconda fanfiction su questa coppia, mi auguro l'apprezzerete.
P.S. per tutti i miei lettori delle storie incomplete: vi chiedo umilmente perdono! Mi auguro di continuarle al più presto. Scusatemi.




Mentre un sole invisibile tramonta oltre le nuvole, i miei occhi si specchiano nelle acque grigie e fredde dell'oceano. 
Sono anni che il sole non scalda la mia pelle glaciale e che i miei occhi non si beano di un paesaggio sereno. 
In un giorno anonimo come questo, i miei pensieri sono rivolti soltanto alla sensazione dell'acqua che s'infrange contro la mia pelle dura e impenetrabile.
Chiudo gli occhi e inspiro la salsedine, apro le braccia lasciando che il vento mi porti in una realtà che non sia questa.
Sbuffo dinanzi alla mia malinconia; la mia natura non mi è mai andata stretta come adesso.
Scalcio nervosamente la sabbia, cercando qualcosa di rilassante nelle sue dune irregolari. 
Non avevo mai pensato, in questi brevi anni della mia esistenza, che avrei invidiato gli umani. 
Così tanto vulnerabili, così ignari della verità che li circonda, così irrimediabilmenti irragionevoli. Ma così maledettamente liberi.
Liberi di cambiare nazione e persino Continente se volessero, liberi di scegliere chi amare e chi lasciare andare.
Mio padre mi aveva avvertita, ma io mi ero scottata lo stesso. Esattamente un anno prima, quando avevo ormai raggiunto la maturità e con lei il mio innamoramento era divenuto più forte, così tangibile da fare male, mio padre mi aveva portata con sé, proprio su questa spiaggia.
« L'amore può essere irrazionale » aveva esordito, facendomi arrossire « Spesso può far male »
Non avevo trovato il coraggio di negarlo: mi ero innamorata. Avevo lasciato, però, che le sue braccia forti mi sostenessero e che mi cullassero come quand'ero bambina. Speciale, ma pur sempre una piccola e fragile bambina.
« Sei ancora troppo giovane per questo » aveva sentenziato scaturendo la mia risata amara.
« Ma se la mamma ha accettato di sposarti a diciott'anni » l'avevo sbeffeggiato.
Aveva storto il naso, conscio della verità; poi aveva drizzato le spalle e sollevato il mento « Sei sempre la mia bambina, non dimenticarlo »
Il mio testardo, geloso padre. 
Mio padre custodisce ancora questo piccolo segreto, o così mi piace pensarlo. 
Qualche volta mi è parso di scorgere qualche sguardo preoccupato negli occhi di mia madre o delle mie zie. Ed è stato in quei momenti che mi sono chiesta se mio padre avesse mantenuto il segreto o se io fossi una pessima bugiarda. 
In fondo, era tremendamente difficile nascondere i propri sentimenti quando il ragazzo che mi aveva rubato il cuore frequantava costantemente la nostra casa. 
Lentamente, assaporando ogni momento, cammino verso l'acqua di madreperla. Sciolgo i capelli che avevo raccolto in una coda e li accarezzo, portandoli verso destra lasciandomi accarezzare la spalla. 
Per la prima volta, il cielo di Forks rispecchia il mio umore e i miei sentimenti distorti. 
L'acqua mi accarezza le ginocchia, immergo anche le mani, facendo momenti circolari sulla sua superficie. 
Il costume verde risalta sulla mia carnagione pallida e l'oceano appare ancora più cupo in confronto.
Un formicolio alla nuca mi provoca un vuoto d'aria, mettendomi lo stomaco in subbuglio.
E prima che possa voltarmi, la sua voce danza già nelle mie orecchie, giungendo al cuore.
« Cosa fai, Cullen? » mi punzecchia Jacob.
Sorrido verso il cielo, intenzionata a non voltarmi ancora: la mia espressione beata mi tradirebbe su due piedi.
Scrollo le spalle « Volevo farmi una nuotata »
Da quando ero nata, il patto tra i Quileutes e i miei famigliari era stato abolito; non so in quale modo, né il perché, ma la mia nascita aveva ristabilito la pace. Ora la spiaggia di La Push era accessibile anche a noi vampiri. 
Anche se, a dir la verità, avevo scelto un posto più distante dalla Riserva e da casa mia per non essere trovata ma avevo sottovalutato ancora una volta Jake: ovunque andassi, mi trovava sempre. 
Non che questo mi dispiacesse, anzi; ma mi ero rassegnata ormai da tempo a pensare che i suoi comportamenti significassero qualcosa di più del semplice affetto.
Lo scrosciare dell'acqua, e la sabbia che si muove sotto di me, mi avverte che Jacob mi ha raggiunta. 
Quando si trova esattamente accanto a me, mi è impossibile non cercarlo con lo sguardo. 
I muscoli prorompenti e abbronzati flettono ad ogni movimento; i capelli corvino luccicano persino senza i raggi del sole. Le labbra piene e scure, addolciscono un po' i suoi tratti duri e spigolosi.
Anche i suoi occhi mi scrutano velocemente, dal basso verso l'alto, mettendomi piacevolmente a disagio. 
Quando il suo sguardo si sofferma più del dovuto sui miei seni pieni, arrosisco. Colpito dalla mia reazione, sposta rapidamente lo sguardo verso l'orizzonte. 
Si mordicchia l'interno della bocca e prende a giocherellare con le onde dell'Oceano.
« Non eri mai venuta qui » dal tono di voce sorpreso, capisco che non è una domanda. Sembra un altro dettaglio di un puzzle in fase di lavorazione. 
« Mhmh » mi limito a dire. 
Jacob sbadiglia soronamente senza fare nulla per nasconderlo.
Inarco il sopracciglio voltandomi dalla sua parte, incorcio le braccia al petto e dico « Hai fatto le ore piccole, Black? »
Jake scoppia in una risata sguaiata che contagia anche me, eppure il cuore prende a martellarmi nel petto in attesa di una sua risposta.
Come un'eremita, elemosino informazioni sulla sua vita mondana tentando di estorcergliele con l'inganno.
« Sì » ammette « La serata è sta più movimentata del previsto » e mi fa l'occhiolino.
Ed è come se avessi ricevuto un pugno allo stomaco, perché so esattamente cosa vuol dire. 
Gli tiro un pugno sul braccio « Sei disgustoso »
La sua risata riecheggia ancora una volta nel cielo ed io devo faticare per non esplodere in lacrime proprio qui, di fronte a lui.
La sua mano si poggia sulla mia spalla ma, in preda ad una reazione isterica, mi scanso urlandogli in faccia « Non toccarmi! »
La sua espresione diviene corrucciata, l'angolo della bocca si contorce in un ghigno interrogativo « Che ti prende, Nessie? »
Sento il cuore nel petto che vorrebbe esplodere in un miliardo di pezzettini e giacere nel mare infinito.
Alzo le mani in segno di scuse « Niente. Voglio stare da sola »
Detto questo, mi accingo ad uscire dall'acqua per rivestirmi e trovare un nuovo posto dove sfogare le mie frustrazioni, i miei sentimenti a senso unico, le mie tristezze.
« Ne vuoi parlare? » chiede alle mie spalle, il tono di voce divenuto serio. Quando mi volto a guardarlo con aria interrogativa, intravedo il suo volto scuro e tormentato, come succede ogni volta che si preoccupa per me.
Chiudo gli occhi ed inspiro una grossa boccata d'aria « No ».
Abbassa il capo annuendo impercettibilmente, poi riporta il suo sguardo su di me. 
Per un attimo fugace e folle, i suoi occhi mi sembrano qualcosa di simile ai miei: coinvolti e persi, infiniti e chiusi. Poi quella sensazione sparisce in fretta così come si è presentata.
« Hai voglia ancora di fare quella nuotata? » chiede, la voce leggera e roca, il ghigno divertito disegnato in faccia. 
Sospiro, consapevole già che non potrò sottrarmi né a questo, né nient'altro.

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Capitolo 2
*** Amiche, sorelle. ***


Ciao a  tutti e buona domenica! Eccomi tornata con un nuovo capitolo, spero vi piaccia ( fatemelo sapere eheh). 
A presto, vi abbraccio. 
Angela.




« Mi mancherai! » cantileno oltre le spalle della mia migliore amica June, mentre la tengo stretta e ci culliamo come due bambine.
La sua risata riempe la stanza piena di scatoloni e piccole valigie « Starò via solo tre mesi, Ness! »
Anche lei, come Jacob, usava chiamarmi col mio nomignolo. 
La sua treccia lunga e bionda scivola oltre le sue spalle, il suo sorriso dolce m'inonda il cuore di amore. Le voglio bene. Le voglio così bene che la proteggerei dal mondo intero. 
E' la sorella che non ho mai avuto e che, adesso, parte per il college. 
« Be' mi mancherai lo stesso » le dico scrollando le spalle, come se fosse una legge specifica dell'universo, mentre le aggiusto i capelli che fuoriescono dalla treccia. 
« La MSU non dista molto da qui » dice con nonchalance mentre mi scruta di sottecchi.
Alzo gli occhi al cielo e declino silenziosamente la sua offerta.
La Montana State University si trova nel Montana, ad Est di Washington. 
« Sai che non posso » brontolo. Ed è la verità: June, purtroppo o fortunatamente per lei, non sa nulla sulla mia vera natura. Le ho raccontato che sono figlia unica perché mia madre ha dovuto aspettare tanto per avermi e che, per questo, i miei genitori sono particolarmente apprensivi. 
So che in parte non ci è cascata: June è una ragazza sveglia e intelligente. Ho riconosciuto spesso, nei giorni passati insieme, lo sguardo interrogativo nell'osservare la mia pelle quando, durante una caduta, non si scorticasse nemmeno un po', o nella mia straordinaria agilità. 
Ci sono stati giorni in cui il mio segreto diveniva sempre più opprimente e faticavo a non raccontarle la verità.
Ma mia madre mi dissuadeva ogni volta « Non capirebbe, tesoro » mi rispondeva « Ci esporresti solo ad un inutile pericolo »
Finivo col restare in silenzio e scrollare le spalle. Io ero sicura del contrario: June avrebbe capito, ma mi sentivo egoista ad esporla alla mercè dei Volturi e non solo.
June armeggia con la lampo di una valigia, la chiude del tutto e poi ci salta su sorridendo come una bambina.
« Ho un'idea » esclama raggiante.
Inarco le sopracciglia aspettandomi una pessima idea.
« Sarebbe? »
« Andiamo alla spiaggia ».


June inspira la fredda salsedine dell'Oceano di Forks « Mi mancherà tutto questo » sospira.
Seduta sulla sabbia fredda e umida di La Push, aspetto con tristezza il momento in cui June andrà via, lasciandomi da sola.
Sospiro di malinconia e le prendo la mano, infondendole con lo sguardo l'affetto infinito che provo per lei.
Adoro questa fragile e testarda umana che, con la sua presenza, ha reso unica questa parte d'esistenza. 
Un brivido freddo e lugubre mi oltrepassa la schiena al pensiero della mia vita eterna in confronto alla sua.
« Ti prometto che quando tornerai, non ti lascerò un minuto »
« Questa è una minaccia! » mi deride. 
Scoppiamo a ridere insieme e lasciamo che questi attimi semplici ed unici non passino inosservati.
June si mette seduta accanto a me, le mani strette sulle ginocchia esili « Come va con Jacob? »
Solo nell'ascoltare il suo nome, il mio corpo scatta come una molla tesa « Bene »
« E' sempre il solito iperprotettivo... »
« Fratello? » 
La sua espressione tradisce ciò che più mi fa soffrire « Già »
Sbuffo nervosamente giocherellando con la sabbia tra le dita « Non lo so, talvolta, quando sento i suoi occhi su di me mi sembra... coinvolto » spiego, sbarazzandomi delle mie frustrazioni « Poi, invece, mi ritrovo a parlare con un ragazzone immaturo e mondano che passa ogni notte con una ragazza diversa! »
« Nessie » dice accarezzandomi dolcemente i capelli « Non essere melodrammatica »
« Dico solo la verità »
« Nessie » sbotta esasperata « Ogni volta che Jacob ti guarda, vorrei poter svenire io al posto tuo! »
Arrossisco al pensiero degli occhi neri e profondi di Jacob su di me, mentre osserva ogni mio movimento, al pensiero che lo memorizzi e lo faccia suo.
Jacob si è sempre comportato come il fratello che non ho mai avuto: costante e fedele, non mi ha mai lasciata sola durante la mia infanzia. 
Mio padre gli permetteva di cullarmi di notte e di andare via il mattino seguente. Col passare degli anni, le sue incursioni notturne sono divenute sempre più rade: più crescevo, più il lupo sostituiva Jacob nella sua presenza.
« Mi vuole bene, non lo metto in dubbio ».
« Ti vuole più che bene, Renesmee. Dovresti essere solo cieca per non accorgertene » obietta.
« Oh oh » ulula una voce alle nostre spalle. 
June si volta di scatto, colta di sopresa nella nostra intimità. Spaventata, tra l'altro, dal fatto di non aver sentito nessuno arrivare. 
« Seth » borbotto alzando gli occhi al cielo, poi mi volto a guardarlo « Cosa ci fai qui? »
Con un balzo, atterra esattamente davanti a noi. Spaccone, penso. Gli getto un'occhiataccia eloquente mentre June lo fissa rapita.
Ti capisco June, vorrei confidarle. Sono innamorata di un licantropo e so bene cosa sta guardando.
Come se Seth avesse letto i miei pensieri, chiede « Renesmee, hai visto Jacob? »
« No » mi affretto a dire « E' successo qualcosa? »
Lui alza la mano in segno di scherno « Naaaaa »
Eppure qualcosa nell'espressione del viso lo tradisce. 
Un'occhiata d'intesa mi fa capire che, probabilmente, c'è qualcosa che non va, anche se non so precisamente cosa.
Impaurita dalla preoccupazione che questo non possa essere un posto sicuro per June, decido di andare via e raccogliere il silenzioso consiglio di Seth.

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Capitolo 3
*** L'invito. ***


Ciao a tutti, eccomi con un nuovo capitolo.
Spero vi piaccia, buona lettura!
Un abbraccio, A.



Quando varco la soglia dell'immacolata villa dei nonni, la malinconia del saluto con June è ancora impresso sulla mia pelle. 
Spalanco la porta vetrata ed entro nel salotto vuoto.
Dove sono tutti? Mi chiedo impreparata nell'aver trovato la casa vuota. Dovevano essere tutti qui..
Mi dirigo a grandi passi nella cucina e, prima che possa entrare, la voce di mio padre mi giunge alle orecchie: « Non lo so » dice, rivolto al nonno. 
Un odore dolciastro che mi fa pizzicare il naso, mi dice che Jacob è qui. Il cuore comincia a battermi forte e devo ricorrere a tutti i modi possibili per non farmi scoprire.
« Dovremmo tenere gli occhi aperti, Edward »
asserisce Jacob duro, il tono di voce completamente differente da quello a cui sono abituata.
« Lo faremo sicuramente » lo rassicura zio Jasper. Zio Emmett annuisce impaziente.
Una mano sulla spalla mi fa voltare di scatto. La prima cosa che vedo sono gli occhi dorati e i capelli castano scuro di mia madre. 
Il sorriso caldo e amorevole, come sempre, mi arriva fin nel profondo.
Nonostante questo, sono stata beccata con le mani nel sacco. Come una principiante.
« Non dovresti origliare, Reneesmee » afferma severa.
« Sono appena arrivata » mento.
Mia madre non si lascia ingannare, ma decide di far finta di nulla. Allaccia il suo braccio attorno al mio collo e mi conduce all'interno della cucina.
« Eccoci qui » squilla allegra e non posso evitare di pensare che questo suo modo di fare sia un chiaro segnale ai presenti di continuare questa conversazione in un altro momento.
Cosa mi stanno nascondendo?
Nonostante cerchi di evitarlo con tutta me stessa, sento lo sguardo prepotente di Jacob su di me come lava incandescente. M'infiamma dentro.
Mio padre si schiarisce la voce.
Arrossisco terribilmente e, mentalmente, gli chiedo scusa. Lui sorride.    
« Hai accompagnato la tua amica alla stazione, tesoro? » chiede mio padre, cambiando abilmente discorso.
« Chi » s'intromette zio Emm « Quella che crede nell'esistenza degli alieni ma non in quella dei vampiri? »
« Quella » ribatto velenosa « Si chiama June »
Jacob ridacchia mentre mia madre dà un buffetto sul braccio a zio Emmett.
« Sì, comunque » rispondo in definitiva a mio padre.
La nonna mi cinge dolcemente le spalle, emettendo un piccolo suono di comprensione. Sorrido con tristezza, aggrappandomi alla sua esile, ma forte, mano.
« Cosa farai, adesso? » chiede con interesse la nonna. Scrollo le spalle. 
« Non è mica caduto il mondo » borbotta zio Emmett.
« E' come se lo fosse » sussurro.
La mamma lancia un'occhiata eloquente a mio padre che non mi sfugge.
Incrocio le braccia al petto, inarco le sopracciglia e sorrido loro con un ghigno.
Siete incredibili, penso ad alta voce, affinché il mio pensiero arrivi forte e chiaro a mio padre.
Lui ridacchia e, di fronte all'espressione corrucciata di mia madre, scuote la testa.
« Perché non esci con me, stasera » sbotta Jake all'improvviso « Ti va? »
« Ci siamo » borbotta ancora una volta zio Emmett, sgomitando verso mio padre. 
Inarco il sopracciglio « Con te? »
« Certo »
« E non intralcerei le tue conquiste? » replico acida.
« Per una sera posso farne a meno ».
Maledetto Jacob Black.
« Papà? » chiedo eludendo l'affermazione di Jake. Una punta di risentimento s'insedia dentro di me rendendomi nervosa ed elettrica. Adesso farebbe comodo una scazzottata con zio Emmett. 
Mio padre inarca il sopracciglio dinanzi ai miei pensieri, poi risponde: « Va bene »
« Okay » rispondo apatica. Per evitare di dargli soddisfazione, ignoro completamente Jacob e mi fiondo fuori diretta al cottage.
« Passo a prenderti alle dieci, succhiasangue! » mi urla dietro.
Sorrido con lo stomaco in subbuglio e le farfalle nel cuore.

Il tubino verde smeraldo cade morbido sulle mie cosce fermandosi molto prima delle ginocchia.
Si allaccia al collo attraverso una catena intrecciata di metallo dorato, lasciando scoperta la schiena fino alle fossette di Venere.
Sospiro guardandomi ancora una volta allo specchio: sono perfetta, non c'è che dire.
La creatura mitologica che è in me non potrebbe rendermi altrimenti e so già cos'è che vedranno gli umani: una dea, una modella. 
Ma mi sento a mio agio? Poco.
E allora perché decido di osare così tanto? Per sorprendere Jacob, che è abituato a vedermi in abiti vintage o sportivi che non mettono propriamente in risalto le mie curve. 
« Sei fantastica, tesoro » mormora zia Rose alle mie spalle, mentre arriccia le punte ramate dei miei capelli.
Un sorriso che non mi accende il cuore spunta sul mio viso e cade come una stella cadente.
« Ecco » tuona zia Alice mentre entra con un paio di décolleté spuntati color fango tra le mani « Prova questi ».
Li sfilo dalle sue mani ed obbedisco, allaccio il cinturino et voilà!
« Sono dei trampoli, questi » mi lamento.
Zia Alice sminuisce tutto con un gesto della mano « Sciocchezze »
Zia Rosalie mi sorride nello specchio « Sotto quest'abito non potevi indossare altro »
Mi arrendo davanti alla caparbietà delle mie zie e accetto, a malincuore, questo outfit per niente personale. 
Scendo le scale attraversando il salotto per salutare i miei genitori.
Quando mi vedono, i presenti si ammutiliscono di colpo.
Mi schiarisco la voce in evidente difficoltà « Allora... io vado »
Silenzio.
Mi mordicchio l'interno della guancia, agitata. La mascella di mio padre s'irrigidisce mentre mi scruta dal basso verso l'alto. Il suo giudizio è molto importante per me per cui quest'atteggiamento mi mette a disagio.
Mia madre, lentamente, gli afferra il braccio come per trattenere una sua forte emozione; lui si volta a guardarla e col sorriso di lei, sospira anche lui.
Una parte del mio cuore si scalda, si sbriciola e si consuma davanti a un amore così immenso. L'immagine del loro amore sarà sempre impressa in me.
Li saluto con discrezione mentre un clacson impaziente bussa senza sosta.
« Stupido cane » borbotto agitata tra me e me mentre attraverso il giardino dei nonni.
Cammino a testa bassa nella speranza di tardare  il momento in cui sentirò i suoi occhi su di me.
Impaziente, alzo il capo e vedo la Volkswagen blu di Jacob. 
Intravedo la testa di Jake dal finestrino che scatta in avanti, poi tira il freno a mano e scende dall'auto, lasciando lo sportello aperto. Questa reazione mi fa fermare di blocco ma, prima che lui possa accorgersene, riprendo a camminare.
Jake fa il giro della vettura e si appoggia sul fianco della macchina, davanti al finestrino.
Con le braccia incrociate, le sopracciglia che schizzano verso l'alto e lo sguardo incollato su di me.
« Ehi » dico quando sono di fronte a lui.
Lui, senza preoccuparsi di risultare indelicato, mi osserva dal basso verso l'alto « Tuo padre non ti ha vista uscire di casa? »
Alzo gli occhi al cielo e sbuffo sonoramente « Hai paura che possa essere più bella delle tue amichette? »
L'espressione divertita scompare dal suo viso e diviene estremamente serio, si stacca dall'auto e si avvicina. Questo cambiamento di umore mi fa venire la pelle d'oca e il cuore prende a battermi in maniera forsennata.
La sua mano vola sotto al mio mento. Il contatto con la sua pelle scatena un miliardo di reazioni chimiche dentro di me. Vorrei poter sprofondare nel suo dolce profumo.
I suoi occhi sono dei pozzi neri che splendono di luce propria. Non si era mai visto che una tale oscurità potesse illuminare ogni cosa.
 « Non ho paura » soffia vicinissimo al mio viso « Lo so già ».

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Capitolo 4
*** Più vicini. ***


Ciao a tutti eccomi di ritorno con un nuovo capitolo.
Spero che vi piaccia e che continuerete a seguirla. Un abbraccio, a presto. A.




Il Pretty Angels è colmo di umani che ballano e si divertono senza controllo.
Non ho mai ricevuto restrizioni nella mia vita, eppure non posso fare a meno di pensare che oggi mi trovo a contatto con molti più umani di quanto mi sia mai stato concesso. 
Jacob, accanto a me, pare captare il mio stato d'animo perché mi sussurra all'orecchio ( gesto puramente simbolico): « Va tutto bene?»
« Sì » rispondo immediatamente. 
Lui mi sorride e, inaspettatamente, mi prende la mano. La parte più grande di me festeggia selvaggiamente mentre l'altra deve contenersi.
I muri della sala sono costeggiati da mattoni irregolari posti in rilievo. 
Il soffitto è decorato da un'infinità di stelle che risaltano nella semioscurità; le luci psichedeliche saettano gettando luci ed ombre al loro passaggio.
Ad un tratto Jacob m'indica un punto nel vuoto « Eccoli »
Con lo sguardo indentifico la traettoria del suo braccio e individuo il punto indicato.
Nell'angolo, oltre un tavolo bianco basso laccato, c'è un ragazzo mediamente alto, con i capelli castani che parla animatamente con due ragazze.
La prima, quella che mi colpisce subito, indossa un tubino aderente nero che lascia intravedere gran parte delle coscie. Ha i capelli biondo ossigenati tagliati a caschetto con una frangia perfettamente simmetrica.
L'altra, sicuramente sua amica, è più modesta: porta i capelli raccolti in una coda semplice e indossa un pantalone a vita alta con una camicetta rossa scollata.
Tutta la situazione mi fa storcere il naso e permette alla mia dannata gelosia di logorarmi con domande pungenti.
Jacob mi lascia la mano e mi fa sprofondare in un immenso lago di tristezza. 
La musica va a ritmo del mio cuore infranto.
« Eeeeh, ragazzi! » urla fuori di sé. I miei occhi non possono fare a meno di notare la differenza del suo atteggiamento.
La bionda, nel sentire la sua voce, scatta come una molla. Il ragazzo sorride mentre sorseggia il suo drink, la bruna rimane in silenzio ma sorride guardando la sua amica che si getta tra le braccia di Jacob.
Improvvisamente, mi sento di troppo e mi pento di aver accettato il suo stramaledetto invito.
Una fitta di gelosia mi perfora il petto e la rabbia diventa quasi ingestibile. 
Annebbiata e arrabbiata, decido per una volta di sfruttare la mia natura vampiresca.
La bionda finalmente si stacca dal collo di Jacob e gli sorride. Capisco dai suoi gesti, e dal fatto che prima di essere una vampira sono una donna, che cerca di ignorarmi con tutta la sua volontà.
Jacob, però, interrompe il suo tentativo « Camille, lei è Reneesmee »
Quasi come se dalla mia parte ci fosse una blatta gigantesca, si volta disgustata e afflitta nella mia direzione. 
Mastica un ciwingam a menta e liquirizia e mi porge la mano. Quando gliela stringo, mi lascio travolgere dalla mia forza.
« Piacere » esclamo. 
Orgogliosa e testarda, decide di non esprimere ad alta voce ciò che pensa. 
Ma quando mi presento agli altri due, la vedo di sottecchi che si massaggia la mano.
Gabriel e Micaela, non sono male anche se quest'ultima è troppo condizionata dall'amicizia con Camille Demon.
Jacob afferra la mano di Camille mi passa accanto senza degnarmi di uno sguardo e raggiunge la pista da ballo.
Il mio udito sopraffino mi porta a vedere nella mia mente i loro passi, a misurare di un soffio lo spazio tra i loro corpi, lo scivolare della mano di Jacob sulle sue braccia esili.
Non ho neanche la forza di voltarmi, per cui mi dirigo impettita verso il bancone del bar e mi accomodo su uno dei sgabelli blu elettrico.
Non appena ordino il mio drink, sento lo sgabello accanto a me piegarsi sotto il peso di qualcuno.
Non ho bisogno di girarmi per sapere che Gabriel ha occupato quel posto.
« Allora » esordisce, la schiena rivolta al bancone lucido e gli occhi incollati sulla folla « Tu sei la famosa Reneesmee »
Il barista mi porge il mio drink ed io l'agguanto come fosse un'ancora di salvezza, sorseggio e inarco il sopracciglio.
« Non sapevo di essere famosa »
« Oh » afferma voltandosi finalmente nella mia direzione « Sei famosa eccome »
Poi con uno sguardo eloquente, incolla i suoi occhi su Jacob e Camille, intenti a strusciare i loro corpi senza ritegno.
Famosa
In che modo? In quale contesto? Per quale motivo?
Non trovo un valido motivo per cui Jacob abbia potuto parlare di me con insistenza al suo amico. Non adesso che le sue attenzioni sono rivolte altrove.
Bevo tutto d'un fiato ciò che resta del mio drink e sbatto violentemente il bicchiere sul bancone bianco.
« Sono famosa anche per qualcos'altro » ribatto acida, diretta alla pista da ballo.
Sono più che decisa a far morire d'invidia una sciaquetta bionda e di far pentire un certo lupo poco interessato.
Comincio a muovermi e non ho bisogno di pensare in quale modo per ottenere un buon risultato; questo è uno dei numerosi vantaggi che la mia natura mi offre.
Sento già gli occhi di tutti puntati su di me, posso distinguere le innumerevoli e differenti sensazioni: ammirazione, desiderio, gelosia.
Probabilmente anche Jacob mi starà guardando e probabilmente sarà infuriato a causa del suo fastidiosissimo senso di protezione. 
Ma non me ne frega un accidente.
In ogni movimento, sento i miei sentimenti che scivolano via.
La frustrazione, l'insofferenza, la sensazione d'impotenza in un rapporto che designa un amore non corrisposto.
Sento delle mani che si poggiano sui miei fianchi, la luce si propaga lentamente sulla sala. 
Continuo a muovermi ignorando qualsiasi sensazione di pudore stia alimentando la mia etica.
Voglio ignorarlo, adesso. Voglio provare qualcosa di diverso dalla solita routine.
Le mani mollano la presa su di me e un altro tocco, familiare e caldo, prende il suo posto.
Con un unico movimento, mi fa ruotare su me stessa e mi ritrovo schiacciata contro il suo petto.
« Che diavolo fai? » ringhia Jake.
Il cuore martella nel petto a un ritmo forsennato « Ballo »
La sua mano scivola sul mio viso tracciando una scia di fuoco, il tocco sulla mia schiena nuda lo fa sussultare e un brivido d'emozione mi percuote.
Avvicina la sua bocca al mio orecchio, respirando contro di esso provocandomi la pelle d'oca.
Dopo una lenta agonia sussurra « Allora balla con me »
Ed è come se mi avessero aperto le porte del paradiso.

Le mani di Jacob mi guidano tra la folla, trascinandomi verso l'aria aperta. 
Approfitto, per un istante, di quest'apparente confusione per stringermi a lui il più possibile.
Le sue mani, adesso, non sono altro che per me l'unica forma di salvezza.
Le tocco e dimentico tutto.
Il contatto caldo e familiare mi tranquillizza, nonostante la situazione, nonostante abbiano accarezzato un corpo smilzo e sinuoso che non era il mio.
Se le sue mani mi stringono, non importa. Non m'importa, mi dico.
Incredibile non averci fatto caso prima, ma il locale, nell'ala ovest, affaccia su un delizioso laghetto. Non è molto ampio, ma è accogliente e sa di casa.
Jacob appoggia le mani sulla staccionata di legno nocciola sbiadito e si volta a guardarmi.
Il suo sguardo invadente avanza dall'alto verso il basso « Non ti riconosco ». Jacob sussurra. Gli occhi profondi e liquidi non mentono adesso. 
Non sta bluffando, non mi sta prendendo in giro; non è uno dei suoi tanti modi stupidi per punzecchiarmi. 
La sua sincerità mi spiazza impendendomi di trovare una risposta all'altezza.
Mi slaccio i cinturini delle scarpe sfilandole e lasciandole sul prato morbido ed umido; m'infilo le mani tra i capelli per appiattire i riccioli artificiosi formati dalla piastra.
La mia altezza, adesso, si è abbassata di una spanna e se non fosse per l'abito succinto, mi sentirei la Renesmee di sempre. La sua Renesmee.
« E adesso? » mormoro.
Gli occhi di Jacob lampeggiando, si stacca dalla staccionata e mi tira a sé.
Le mani esplorano i miei capelli e un dolce sorriso gli adorna il viso. 
« Direi che sei la versione di te che preferisco » si lascia sfuggire. Sorrido colpita, il cuore che pompa sempre più forte.
I suoi occhi divengono di nuovo seri, la sua mano mi spinge ancora di più verso di sé.
La sua bocca morbida sfiora il mio lobo e, quando parla, la sua voce mi mette i brividi « Anche se vestita così, mi hai fatto impazzire » confessa.
Si stacca per scroccarmi un'occhiata profonda « E non solo me » aggiunge contrariato.
Rido di gusto, gettando la testa all'indietro. Mi alzo sulle punte, incrocio le braccia al petto e fingo un'espressione offesa « E a te cosa importa? »
Il suo sorriso svanisce e si rabbuia in fretta; mi afferra soltanto la mano passandomi accanto mentre sussurra « Già ».

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Capitolo 5
*** Un colpo al cuore. ***


Ciao a tutti e a chi ( come me) è da poco rientrato dalle vacanze: buon rientro! Per tutti quelli che sono da poco partiti o che a breve lo faranno: buone vacanze!
Sono tornata qui con un nuovo capitolo. Spero vi piaccia!
P.s. alla fine del capitolo, ci sarà un'altra mia piccola osservazione.
A presto, A.



Il cottage è silenzioso e solitario, illuminato dalle luci soffuse infilate tra le piastrelle del pavimento che mia madre ama tanto.
Getto le scarpe in un angolo dirigendomi al frigo da cui afferro un succo di frutta alla pesca. 
Lo mando giù in un attimo, sorprendendomi per l'improvvisa sete.
Resto impalata in cucina fissando il vuoto.
Jake.
E' il primo e l'unico pensiero che mi ha sfiorato non appena ho messo piede in casa. Cosa posso farci?  Sono un caso perso.
Sospiro stanca dei miei soliti pensieri, nonostante tutto, nonostante lui. 
Sorrido mentre alla mente affiora il suo viso mentre un'insolita bella giornata, il suo sorriso splende più del sole. 
Afferro con forza l'estremità del marmo da cucina. Cosa mi hai fatto, Jake?
« Tesoro » la voce di mia madre mi chiama dall'ingresso.
Mi volto ad affrontarla dipingendo il miglior sorriso possibile.
« Ehi » la saluto.
Lei si avvicina interrogativa, le braccia incrociate al petto di chi la sa lunga e lo sguardo indagatore.
Con l'esile mano mi sfiora con dolcezza una ciocca di capelli « Divertita? »
Musica. Jake. Le sue mani sul mio corpo. Noi che balliamo.
« Abbastanza » mi limito a dire.
Lei annuisce silenziosa, senza esporsi. Qualcosa le frulla per la testa ma non faccio domande. Mia madre ha i suoi tempi.
« Volevo dirti che io e tuo padre andiamo a caccia con zia Alice e zio Jasper » m'informa.
« D'accordo » le rispondo mentre temporeggio bevendo un altro sorso di succo « Vi aspetto qui »
Mia madre sorride e mi stampa un tenero bacio sulla guancia. 
Quando arriva all'uscio della porta si blocca, si volta e dice: « Sai che puoi dirmi tutto, vero Renesmee? »
« Certo » rispondo immediatamente.
« Bene » sospira « Sono sempre qui per te ».
Mi mordicchio l'interno della guancia mentre, impalata, fisso il vuoto lasciato da mia madre.
Ringrazio il cielo che fosse entrata lei e non mio padre. Ora come ora, non riuscirei a trattenere neanche uno dei miei pensieri. La notte dovrà aiutarmi a nasconderli prima che facciano ritorno dalla caccia.
La mia pelle frema di essere libera. 
Vorrebbe poter volteggiare sotto il tocco caldo, passionale, ma allo stesso tempo delicato di Jake; vorrebbe poter urlare il desiderio di lui. 
Una domanda mi attraversa la mente e scappa via.
In un'eventuale relazione, in un futuro lontano, mio padre accetterebbe mai un licantropo al mio fianco? Non che esista una simile possibilità, ovvio.
Ripongo il bicchiere nel lavabo e sguscio nella mia camera che, da tempo, è diventata il mio rifugio.
Sprofondo tra i cuscini verdi morbidi, ne afferro uno e lo stringo al petto, affondandoci il viso.
Il pensiero di me che conduco la stessa vita di sempre è asfissiante, quasi logorante.
Jacob avrà la sua vita a cui pensare. La ronda, i compiti di un Alfa. E poi le feste, le ragazze.
Sbuffo frustrata scalciando un cuscino. Jacob non cambierà mai e probabilmente nemmeno i miei sentimenti.
Sono condannata, dunque? Il mio cuore apparterrà sempre a lui?
Il panico mi serra lo stomaco. I miei occhi non guarderanno mai nessuno come hanno guardato lui. La mia pelle lo sa, lo sa sempre, quando è nei paraggi. Vibra al suo solo tocco.
Dovrei scappare, forse. 
Rido ad alta voce di questa follia. I miei impazzirebbero. 
Ne abbiamo parlato così tante volte, da aver ormai perso persino gli argomenti a mio favore. Ad un certo punto, un bel giorno, ero semplicemente stufa di discutere. 
Anche perché, durante le nostre pacate discussione, mio padre sfruttava la sua conoscenza di me abilmente. 
Mi urlava: « Cosa ti manca qua, Renesmee? »
Niente! Sbottavo d'impulso nella mia testa. 
Il problema non erano le mancanze, ma l'impotenza. 
Mio padre ha capito che amassi Jacob molto prima di me e ne ho pagato le conseguenze.
Alla fine, mi passava e semplicemente smettevamo di discuterne. Fin quando non avvertivo di nuovo quel senso di smarrimento.
Come adesso.
Mi rimetto a sedere portando le ginocchia al petto.
Cosa posso fare? Ho un peso che mi opprime il petto.
Dopo la serata trascorsa, Jacob mi manca più che mai. Cosa pagherei per ascoltare anche solo il suo ululato!
Poi il mio cervello elabora qualcosa così in fretta che il cuore mi batte più forte solo per il pensiero.
Le mani cominciano a tremarmi, ora più consce di quello che sto per fare.
Scatto in piedi, le mie mani scorrono tra i milioni di abiti ammassati nell'armadio; afferrano in fretta una t-shirt ed uno short comodo.
A tentoni, infilo le snickers al piede e, in un attimo, sono già all'ingresso.
Proprio sui gradini, mi blocco. L'aria mi accarezza la pelle, cullandomi un po'; è fresca, rassicurante. 
Non mi sembra possibile di aver preso finalmente una decisione. 
Rimungino sul fatto che, probabilmente, questa sarà l'ultima volta che osserverò i fiori che ornano la casa con la stessa integrità. Probabilmente, domani non sarò più la stessa e la luce della luna che accarezza il prato avrà un altro significato. Non m'importa, cerco di essere coraggiosa. Voglio essere coraggiosa.
Confessare a Jake i miei sentimenti, presumibilmente, non sarà l'idea migliore della storia, ma sono così stanca di nascondermi dietro a frasi mancate e sguardi a metà.
Il vento della foresta, adesso, non è più delicato; mi sferza inesorabilmente la faccia e tutto il resto del corpo. Eppure, nonostante questo, è la sensazione più rassicurante e familiare che possa mai avvertire. 
Gli alberi al delimitare della Riserva si aprono, sfociando nel terriccio umile che tiene in piedi le case dei Quileutes.
La casa di Jacob, a pochi metri di distanza, è poco illuminata.
Col passo tremante mi dirigo in quella direzione. Cosa gli dirò? 
Le mani mi prudono così tanto che potrei strapparmi quell'involucro fragile senza alcun problema.
Chiudo gli occhi e chiedo aiuto ad un altro piccolo respiro.
Ancora uno.
La porta d'ingresso è socchiusa, le luci della cucina spente.
« Jacob » sospira la voce, ed è l'eco dei miei pensieri.
Aggrotto le sopracciglia mentre, con difficoltà, cerco di ricordare ciò che zio Jazz ha sempre provato ad insegnarmi: come risultare invisibili.
Concentro tutta la mia attenzione sull'aura che potrebbe avere la mia anima fuori dal mio corpo. La controllo, ne assottiglio i bordi e le dimensioni. Piano piano, con fatica, diventa una piccola bolla nell'aria.
Nel frattempo avanzo, il corridoio stretto è in disordine: alcune cornici di foto appese al muro, pendono da un lato; la maglietta che Jacob indossava al Pretty Angels è a terra, alla rovescio.
Un colpo al cuore mi avverte che non c'è nulla di buono per me, qui; una voce nella mia testa mi urla di andar via.
Chiudo gli occhi ancora una volta, respiro tenendo salda l'integrità della mia aura per non farmi scoprire proprio adesso. 
La porta della camera di Jacob è semiaperta e mi nascondo dietro di essa. 
I mugolii ed i sospiri mi pugnalano immediatamente.
No...
Poi li vedo. I corpi attorcigliati di Jacob ed un'altra ragazza.
Alla fine il caschetto biondo platino lo riconosco bene. Camille. 
Prima che possa anche solo valutare l'alternativa, sono già fuori casa.
Stupida! Mi rimprovero. Le lacrime scorrono già come acido sul mio viso e, a contatto col vento freddo della foresta, scavano un fosso dentro me.
Con un unico movimento, spalanco la porta d'ingresso del cottage che sbatte violentemente contro il muro.
Afferro un borsone nero dall'armadio di mia madre. Ci butto dentro a casaccio i miei indumenti, lo spazzolino, scarpe comode, felpe, tutto quello che può divenire necessario.
Strappo un pezzo di carta al volo e lascio un biglietto sulla tavola per i miei genitori:
" Vado a trovare June. Non cercatemi per favore. Sto bene.
P.s. non arrabbiatevi!
"
Impazziranno, lo so.
Nel portachiavi all'ingresso, prendo le chiavi della Volvo. 
Potrei tranquillamente affrontare il viaggio a piedi ed arrivare in un'ora al massimo, ma risulterebbe tutto un po' sospetto.
Mi fiondo nell'auto e in un attimo raggiungo l'autostrada.
Per cercare di scacciare l'immagine di quei corpi che mi tortura, accendo la radio.
Riconosco immediatamente la canzone: Payphone dei Maroon 5.
Il battito del cuore, lentamente, si placa. 
Ed io mi sento proprio proprio come Adam, abbandonata ad un telefono pubblico; paralizzata dinanzi a questo buio.

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Capitolo 6
*** Lupo. ***


    Ciao a tutti, eccomi qua già con un nuovo capitolo. Quando sono pronti, approfitto sempre a postarli perché potrebbero passare molti giorni tra un capitolo e l'altro non appena gli orari di lavoro diventeranno più intensi.
Quindi, questo è tutto. Spero vi piaccia, a presto!                                                     
                     
                     Jacob


 
Il suono del telefono che squilla si infila nel mio sogno disturbandomi il sonno.
Riesco a malapena ad aprire gli occhi, dopo la notte trascorsa; allungo il braccio a tentoni, tasto il comodino accanto al mio letto ma niente. 
Maledetti cellulari.
Sento la vibrazione del cellulare e questo indizio mi dice che non sono poi così lontano.
I capelli di Camille mi pungono il collo; cerco di essere delicato mentre la sposto per raggiungere il cellulare che continua a squillare. Il suono pare non aver disturbato il suo sonno, incredibile.
« Pronto? » chiedo assonnato e parecchio incazzato.
« Dove diavolo sei, cane? » vuole sapere la solita voce rancorosa.
« Non sono affari tuoi, Cullen » ribatto alzandomi dal letto; afferro i Jeans dal pavimento e me li infilo.
Percorro il corridoio in fretta in modo che Camille non si svegli e senta qualcosa; apro la porta e, a piedi scalzi, cammino sull'erba attorno alla piccola casa.
« Giuro che questa volta ti ammazzo » sibila.
« Frena, succhiasangue » lo interrompo « Che diavolo vuoi da me?! »
« Reneesmee è scappata » m'informa con lo stesso tono.
Per un attimo mi dimentico di respirare, l'aria sembra essermi stata risucchiata dai polmoni. La terra intorno a me prende a girare e non riesco a pensare con lucidità. Dall'altro capo del telefono non sento più niente, i miei sensi sono accecati.
Sento il cuore carico di aghi di ghiaccio che lacerano, spezzano, ogni parte di me.
« E' uno scherzo » riesco solo a sussurrare.
Non posso valutare l'opzione che se ne sia andata. E' impossibile. Stare lontano da lei è inconcepibile. 
Il mio cuore non mente, però: il vuoto della sua assenza, adesso, è più profondo che mai.
« Non scherzo mai quando si tratta di mia figlia » risponde risoluto.
Nemmeno io quando si tratta di lei.
Scaccio l'insicurezza, cerco di soffocare questa maledetta assenza che rischia di uccidermi. 
Scatto verso casa, in un attimo sono nella mia stanza.
« Sono subito da te » e riaggancio.
Mentre mi infilo scarpe e maglietta, compongo velocemente il numero di un altro cellulare. Esco dalla stanza senza nemmeno guardare quella figura esile, ma allo stesso tempo inutile per me, distesa sul letto.
« Che vuoi? » risponde come al solito.
Se fosse un altro momento, questo, risponderei a tono come farei sempre. Ma non è il momento.
« Quil, non posso fare la ronda. Devi sostituirmi. »
« Oh, ma dai Jake! » si lamenta.
Lo interrompo subito « Reneesmee è scappata »
Silenzio tombale. Chiudo gli occhi per frenare la rabbia. 
« Jake.. »
« Mi serve un altro favore » dico « Devi accompagnare Camille a casa. Dille che ho avuto un contrattempo »
« Ricevuto »
« Quil io... » non riesco a finire la frase.
« La troverai » afferma risoluto « Ricorda che è come se fosse una parte di te: la conosci meglio di chiunque altro »
Scatto verso la foresta e lascio andare il lupo che è in me e che mi lega a lei più che mai.
Intravedo la casa dei Cullen da lontano e sento il cuore pompare incredibilmente forte, il mio pelo freme d'impazienza.
Faccio le scale a tre alla volta, spalanco la porta e... il cazzotto che si schianta contro il mio mento è pari alla portata di una lastra di marmo.
Indietreggio quanto basta per frenarne un altro.
« Edward! » lo ammonisce Bella. Quello grosso lo trattiene per la vita. 
Mi sgranchisco la mascella e lo guardo torvo. Ci metterei davvero poco a trasformarmi di nuovo e a staccargli la testa.
« Provaci » sibila, come sempre nella mia testa.
Ma cosa racconterei a Nessie?
Cullen ringhia. Mi trattengo dal farlo anch'io: solo pensare il suo nome è come ricevere un pugno allo stomaco.
« Che cosa hai fatto? » chiede ancora teso come una corda di violino.
Ripenso alla serata che abbiamo trascorso insieme. Non ricordo di aver fatto l'idiota più del necessario. 
Dopo averla trattata con distacco, ogni volta, quando tornavo a casa, mi sentivo vuoto, spoglio come un albero in autunno. 
Mi pesava più di quanto avessi voluto ammettere il fatto che Nessie fosse all'oscuro del mio Imprinting. Essere sempre sarcasticamente stronzo mi prosciugava di ogni energia. 
« Niente, Cullen ».
« E allora perché è scappata? »
« Credi che fossi ancora qui se lo sapessi? » urlo senza controllo.
« Avete discusso? » chiede Bella.
« No, Bells. Perché avremmo dovuto? » domando amareggiato.
« Perché ti ama, razza di idiota! » scatta Edward furibondo.
«Credi che l'abbia fatto per me? L'ho tenuta lontana da me, come volevate VOI! » urlo. 
« Non osare.. » abbaia Edward, puntandomi il dito contro.
« Non ti abbiamo obbligato, Jacob » asserisce Bella dura.
« Be', non è che mi abbiate lasciato molto scelta! »
Edward si toglie Emmett di dosso « Volevamo solo che fosse libera, idiota! »
« Non avete fatto altro che renderla prigioniera di se stessa! » gli rinfaccio muso a muso.
Una mano mi spinge lontano, quasi con delicatezza « Smettetela di comportarvi come due ragazzini » afferma Carlisle, calmo come sempre. « La cosa importante adesso » continua « E' trovare Renesmee »
Non desidero altro. Vorrei che scendesse da quelle scale, come al solito, e che mi guardasse come se fossi la persona più importante della sua vita.
« Probabilmente lo sei » borbotta Cullefissandomi.
Sbuffo. Non ne ho idea. Il pensiero di lei, lontano da me, in un posto non sicuro mi fa impazzire.
« Probabilmente è una domanda idiota: avete già provato a chiamarla?»
Bella sospira si volta e mi lascia intravedere ciò che regge tra le mani: il cellulare di Nessie.
Maledizione. Testarda e caparbia di una vampira. 
Mi passo una mano tra i capelli spazientito e arrabbiato.
Dove sei, Nessie?
In quel momento entrano Jasper e il folletto, Alice.
« Allora? » scatta Bella verso i due.
Alice le prende la mano e la guarda come se avesse una terribile notizia da darle. Mi faccio più vicino, col cuore che pompa senza freni e una maledetta paura allo stomaco.
L'espressione di Edward, però, è abbastanza tranquilla: se fosse successo qualcosa a Nessie, lui sarebbe il primo a saperlo giusto?
Cullenn annuisce impercettibilmente. Chiudo gli occhi e il battito del cuore, pian piano, si rallenta.
« Perdiamo le sue tracce poco dopo aver percorso la Radura, a sud ovest » ci informa l'elfo « Poi è come se scomparisse nel nulla... »
Bella porta le mani al viso, coprendolo disperata; Edward si fa avanti cingendola per le spalle.
« Sono sicuro che non le sia accuduto niente » si fa avanti Jasper « Credo che abbia ricorso ad un piccolo trucchetto... »
Sollevo il sopracciglio curioso e incrocio le braccia al petto.
L'espressione di Edward diviene d'un tratto dura « Che tipo di trucchetto? »
« Ecco.. »
« Jasper » lo ammonisce Edward esasperato.
« Le ho insegnato a risultare invisibile » ammette.
« Tu cosa? » drighigna Cullen.
Jasper alza le mani in segno di resa.
Cullen sbotta avvicinandosi « E non provare a calmarmi! »
Faccio scricchiolare le ossa delle dita, una bella lezione gliela darei anch'io.
« Adesso basta! » interviene Esme « Calmiamoci tutti, intesi? »
La stupida bionda dietro di lei fissa il pavimento preoccupata. E pensare che quell'involucro vuoto ama così tanto la mia Nessie. Impensabile.
Bells si volta verso di me disperata « Ci ha lasciato un biglietto »
All'improvviso le parole di Quil rimbombano nel mio cervello: " ricorda che è come se fosse una parte di te: la conosci meglio di chiunque altro ".
Bella mi porge il biglietto, lo afferro senza guardarlo neanche. Mi preme avere tra le mani qualcosa che ha toccato lei, annusare da quel pezzettino di carta il suo odore. E' rigenerante.
« Credo di sapere già dov'è » affermo andando via.

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Capitolo 7
*** Scappare non servirà. ***


Buona sera a todos e scusate il ritardo! Finalmente posto un nuovo capitolo che mi auguro apprezzerete.
Volevo ringraziare le persone che seguono questa storia e quelle che hanno il pensiero di lasciarmi una piccola recensione.
Sappiate che ogni recensione mi riempie di gioia e che le leggo tutte con infinito interesse. Grazie, grazie di leggere la mia storia.



« Nessie! » urla stridula la voce di June. L'entusiasmo palese sul suo dolce viso sparisce davanti alla mia espressione infelice.
Sono consapevole dei miei occhi arrossati dal pianto, le guancie scavate dalla sofferenza e l'espressione di una a cui hanno appena ammazzato il gatto.
Le sue mani afferrano le mie « Stai bene? »
Scuoto la testa. Neanche un po'. Vorrei urlarglielo eppure mi sento così stremata che abbasso la testa, le lacrime che pungono già gli occhi per poter uscire.
June capisce la situazione e mi trascina dentro « Entriamo, su »
Il piccolo appartamento è intimo e caldo; noto subito che è arredato principalmente con il legno. E' quasi rustico. 
Se non mi fossi sentita così vuota, probabilmente, sarei riuscita ad apprezzare meglio questa peculiarità. 
Eppure, incredibilmente, anche questo mi mette tristezza: in altre circostanze avrei pensato " devo dirlo a Jacob". E anche adesso, nonostante tutto, il primo pensiero è stato questo.
Mi butto sul divano rosso, afferro un cuscino e lo stringo al petto.
June mi raggiunge offrendomi un bicchiere d'acqua che butto giù tutto d'un sorso.
« Spara » afferma sedendosi accanto a me. Conosco bene quel tono di voce, è quello che noi chiamiamo " parla o ti prendo a calci nel sedere".
Finalmente, sorrido. Sono così fortunata ad averla.
Giocherello col bicchiere tra le dita, la luce del lampadario filtra nel vetro provocando piccoli riflessi colorati. Ne sono quasi ipnotizzata.
« Avevo intenzione di confessare a Jake.. » deglutisco « ... i miei sentimenti »
Alzo lo sguardo per osservare la sua reazione; June, da buona amica, alza gli occhi al cielo esclamando « Finalmente! »
Sì, peccato che non sia andata poi così bene.
« E lui? » chiede, entrando subito nella fase " cuoriosità mode on".
« Non gliel'ho detto » confesso.
« Cosa? » esclama alzandosi in piedi « Reneesmee, tu... »
La blocco subito alzandomi a mia volta « L'ho trovato a letto con un'altra! »
June ammutolisce e sgrana gli occhi. Dirlo ad alta voce l'ha reso più reale, tangibile. Indimenticabile.
« Sono scappata via e... » mi trema la voce e, immediatamente, le braccia della mia amica mi avvolgono.
La stringo anch'io, quasi fosse la mia ancora di salvezza. E lo è.
Singhiozzi scuotono il mio corpo, mi aggrappo alle sue spalle; cerco di reprimerli, ma senza riuscirci granché.
« Mi dispiace, mi dispiace così tanto Ness » sussurra stringendomi più forte. 
Il mio corpo reagisce immediatamente, sembra che adesso che ha cominciato, non riesce più a smettere. 
Ed io non vorrei essere così fragile, sentirmi così debole.
« Piangi, Nessie » dice June « Sfogati. Andrà meglio ».
La sua voce mi culla fin quando non giungo tra le braccia di Morfeo.


I raggi del sole filtrano dalla finestra giungendo fino a me, accarezzandomi dolcemente il viso.
Per un attimo infinito e meraviglioso non ricordo dove sono e cosa è accaduto la sera precedente.
Poi l'amara verità riaffiora nella mia mente e la disperazione si diffonde come una gigantesca macchia d'olio.
Mi rimetto supina fissando il soffitto; porto il braccio alla fronte come segno finale dell'apice della mia immensa disperazione.
Cosa farò adesso?
Rimpiango di non aver portato il cellulare con me. 
Il senso di colpa accompagnato dal pentimento mi pervadono il cuore: non dovevo andare via così. I miei genitori saranno disperati.
Avranno parlato anche con Jacob? Se si, sarà in pensiero per me?
Tutta questa situazione è così surreale, mi sembra solo un brutto sogno. 
Non vorrei trovarmi in questa situazione, adesso; ma sono consapevole che è anche colpa mia.
Cosa ha fatto di male, in fondo, Jacob?
Ha solo ferito incosciamente i miei sentimenti!
D'altronde non è un reato non amare qualcuno e andare a letto con qualcun'altro.
Sono solo una stupida ed un'avventata. 
Ma è anche vero che, ormai, questa vita vissuta in questo modo non la reggo più: ho bisogno di qualcosa che sia unicamente mio.
E, soprattutto, non posso condurre la mia vita subordinata a quella di Jacob. 
Sono certa che mia madre e mio padre, seppur non totalmente d'accordo, non me ne farebbero una colpa: chi non vorrebbe essere felice? O quanto meno chi non vorrebbe provare ad esserlo?
« Già sveglia? » la voce di June interrompe il vortice complicato dei miei pensieri.
Mi limito a sorridere come unico cenno.
« Sono solo le otto e mezza » m'informa.
« Non riuscivo a dormire » le confido.
June mi sorride dolcemente, sedendosi accanto a me.
Mi accarezza i capelli dolcemente, in silenzio; la sua espressione è quella tipica di qualcuno che ha qualcosa in gola, ma che non riesce a pronunciare.
« Spara » le ordino mettendomi a sedere.
Lei sospira rumorosamente e giocherella nervosamente con le mani.
« Cosa farai adesso? » mi chiede.
La domanda mi coglie dritto allo stomaco. Un vuoto gigante mi trascina nel nero del dolore, della mancanza, della solitudine.
Mi sento già così in colpa con i miei genitori per non averli nemmeno chiamati. Eppure, nonostante il senso di colpa, non ce la faccio a dare spiegazioni adesso.
E Jake? Come potrò guardarlo in faccia con gli stessi occhi di un tempo?
« Non ci ho ancora pensato » le dico sinceramente, anche se una puntina dentro di me si sente un po' bugiarda. 
« Ti prenderai del tempo? » chiede.
Scrollo le spalle « Probabilmente si ».
June allunga la mano e afferra la mia, col pollice l'accarezza « Nessie, ovunque tu vada, ciò che sei lo porti con te. »
Un magone alla gola mi impedisce di parlare. 
Jacob lo porterò con me sempre. Ogni luogo che vedrò, mi ricorderà lui; ogni profumo, ogni emozione, ogni sapore parlerà sempre di lui.
Ed io non voglio, dannazione.
Non voglio più essere legata a lui per sempre. 
Ed è proprio questo il punto.
« Non voglio più che sia così » mi porto le mani al volto, disperata e distrutta da quell'immensa e dura verità.
« Nessie magari è più semplice di quel che pensiamo » la butta lì.
Una risata amara fuoriesce dalla mia gola « Cioè? »
« Probabilmente non è ciò che hai visto » ipotizza, faccio per interromperla ma lei alza una mano bloccandomi « Oppure ci siamo sbagliate entrambe »
Resto in silenzio aspettando che lei prosegua.
« Magari non ti ama come ho sempre pensato »
Mi volto dall'altra parte, in silenzio.
« Ma se fosse così non vorresti saperlo? » mi provoca.
La guardo inebetita. Lo vorrei? Credo di sì.
« Sarebbe una cosa netta » osservo ad alta voce.
« Esatto! » esclama la mia amica alzandosi in piedi.
Mi alzo anch'io, afferrandole le mani. 
I nostri occhi si specchiano e sorridono; la mia amica abbandona l'espressione euforica per passare a quella dolce, comprensiva, che solo lei sa fare.
« June ci conosciamo da quando eravamo bambine » esordisco « Tu sei una delle poche persone a cui avrei avuto il coraggio di chiedere aiuto »
June alza il sopracciglio, incuriosita « Ma? »
« Ora non ce la faccio » confesso « Ho solo bisogno di comprensione e un posto in cui rifugiarmi »
« Nessie, scappare non servirà a nulla » obietta.
« Ho solo bisogno di silenzio: cominciare una nuova battaglia, adesso, non sarebbe salutare per me »
Lei mi abbraccia forte « Sai bene quanto mi renda felice che tu sia qui » dice « Voglio solo che tu faccia ciò che è giusto per te »
« Lo so, June » sospiro lasciandomi cullare « Lo so »
« Da oggi in poi » esclama « Questa sarà anche casa tua ».





P.s. Mi scuso in anticipo se avete trovato questo capitolo un po' noioso e privo di suspence. Ma è una sorta di intermedio tra qualcosa che è accaduto e qualcos'altro che dovrà ancora accadere. 
C'è qualcosa di più grande che dovrà ancora venire.
Grazie per l'attenzione, vi abbraccio tutti!

 

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Capitolo 8
*** Due facce uguali. ***


Eccomi pronta con un nuovo capitolo di questa storia. Grazie a tutti voi che la leggete, seguite e trovate il tempo per lasciarmi i vostri pensieri.
Infinite grazie, spero vi piaccia. Buona lettura!



                                                         Renesmee

« Nessie, devi telefonare i tuoi genitori » asserisce duramente June, richiude i libri sbattendoli e si siede accanto a me.
Incrocia le braccia al petto e inarca il sopracciglio.
Sbuffo alzando gli occhi al cielo, richiudo la mia rivista e mi dirigo alla finestra.
Le giornate del Montana, come a Forcks, sono spesso fredde ed uggiose. Le strade costeggiate dagli alberi sono umide e poco camminate. 
Da lontano, un piccolo fiume serpeggia per la città; gli alberi creano un'adorabile solco di vegetazione.
Non è male qui, devo ammettere. Il cinguiettare degli uccelli al mattino è piacevole, mi crea quella disarmante sensazione di sentirmi meno sola. 
La compagnia di June, poi, è assolutamente perfetta.
Eppure, ogni mattina ed ogni sera, c'è un piccolo vuoto al petto, difficile da colmare.
Dopo due giorni, ancora non avevo avuto il coraggio di chiamare i miei genitori.
Mi meravigliava già il fatto che non avesservo sfondato la porta dell'appartamento di June trascinandomi a casa.
Una goccia di pioggia scivola sulla finestra, col polpastrello ne traccio la scia.
Mi mancano i miei.
Mi manca la mia casa.
Mi mancano i miei adorati libri disposti disordinatamente tra il letto e la scrivania.
Mi manca la dolce voce di mia nonna che mi annuncia un nuovo dolce nel forno.
Mi mancano le lunghe chiacchierate con mio padre e gli abbracci soffocanti di mia madre.
E, nonostante tutto, più di tutto, mi manca Jake.
« Lo so » sussurro a scoppio ritardato.
June alle mie spalle sospira « Non voglio cacciarti, sia chiaro »
Annuisco, lo sguardo ancora fisso al panorama uggioso che mi si presenta davanti.
« Non è giusto nei confronti dei tuoi genitori » dice « Saranno in pensiero »
« Staranno impazzendo » la correggo.
« Appunto! » esclama « Non puoi fargli questo »
No, infatti.
« Sì ma Jake.. » 
« Non pensare a Jake » risponde immediatamente « E' una cosa che dovrai affrontare in un altro momento, quando sarai pronta »
« Già » sbuffo.
June afferra il cordless dalla base e me lo porge « Chiamali »
Lo afferro e lo porto al petto. Non le rispondo ma le sorrido incoraggiante.
« Devo andare » m'informa. Infila le scarpe e afferra la borsa stracolma di appunti « Ho un corso tra dieci minuti »
« Ci vediamo dopo » sorrido.
« Stasera pizza! » mi fa l'occhiolino.
« Ci sto! »
Esce dalla stanza in fretta. Poi ritorna.
« Chiamali » mi ammonisce. Alzo le mani in segno di resa davanti alla sua minaccia.
Sorride e questa volta va via.
Armeggio col telefono tra le mani, seduta sull'estremità del letto.
Digito i numeri più e più volte, cancellandoli sempre.
Respiro.
Digito il numero ad occhi chiusi.
Un altro piccolo respiro e poi: « Pronto, mamma? »



                                                           Jacob

Quando parcheggio la mia Polo in fondo al viale, mi accorgo di un piccolo dettaglio: le strade sono umide e opache come quelle di Forks. 
Il cielo grigio e oscurato dalle nuvole, non mi sembra tanto diverso da quello di casa.
E' questo che pensa Nessie, adesso?
Solo pensare al suo nome mi viene un vuoto allo stomaco.
Le mani cominciano a tremarmi sul volante. Devo ricorrere a tre lunghi respiri per calmarmi.
Mi sembra di impazziere.
Nessie è così vicina a me.
Afferro il volante con forza. Che cosa è successo? Perché è scappata via senza preavviso?
La Nessie che conoscevo non sarebbe mai andata via senza dirlo a nessuno. Senza dirlo a me.
Non era mai capitato che stessi per più di due ore lontanta da lei. Dal mio Imprinting.
Sferro un pugno al volante. Maledizione! Non sono bravo nemmeno a prendermi cura del mio Imprinting.
Tutto questo tempo passato a nascondermi da lei, a rinnegare la mia natura.
Ogni giorno era una recita da mandare in scena: mentire a lei e a me stesso. Al resto del mondo.
Quante ragazze sono passate sotto al suo naso?
Sapevo che le facevo del male eppure non potevo fermarmi. Fermarmi significava perdere.
Perdere lei, però, fa infinitamente più male.
Il cellulare nella tasca della giacca di pelle comincia a suonare.
Lo sfilo e mi soffermo sul display.
« Sam »
« Jacob » mi saluta « Dove sei? »
« Nel Montana » lo informo. 
« Hai trovato Nessie? » chiede.
Alzo lo sguardo verso la finestra alla quale era affacciata.
« Quasi ».
Un attimo di silenzio poi Sam parla « Stasera sei di ronda, ci sei? »
Sbatto la testa contro lo schienale e sbuffo « Non posso, Sam »
« Jacob, non puoi rifiutarti » mi rimprovera « Hai delle responsabilità »
« Nessie è una di queste » ribatto « Devo portarla a casa »
« Sì, ma... »
« Ne parliamo quando ritorno » e metto giù.
Non posso sopportare una discussione con Sam proprio ora. Metta qualcun altro a fare quella dannata ronda.
Adesso non posso concentrarmi su questo. 
Devo portare Nessie a casa. Con la sua famiglia. Con me.
Voglio che il nostro rapporto sia ciò che ho sempre desiderato.
Voglio che i pomeriggi di ronda sembrino infiniti perché passeremo la serata insieme. Come abbiamo sempre fatto. 
Ogni volta che penso a lei, ogni volto che penso a quell'ultima sera passata insieme mi vengono alla mente troppi rammarichi.
Perché non l'ho baciata? Perché non le ho afferrato quei fianchi meravigliosi per stringerla a me?
Quella sera era perfetta, incredibilmente, ancora più bella di sempre. I capelli rame scendevano morbidi sul vestito verde.
Avrei voluto radere al suolo tutti gli umani che perdevano la testa solo a guardarla.
" E' mia ", avrei voluto ringhiare come un cane rabbioso ad ogni uomo che la mangiava con gli occhi.
Ma non sarebbe stata la verità: Nessie non era mia. Era solo il centro della mia totale esistenza.
Sorrido amaramente della beffa: lei non ne è nemmeno a conoscenza.
C'è un'altra cosa, ancora, che mi preoccupa adesso: il fatto che se ne sia andata da sola l'ha esposta ad un grosso rischio.
Bells, angosciata, aveva dato voce alle mie stesse preoccupazioni prima che mi fiondassi qui: « Potrebbe succederle qualcosa se è da sola »
Avevo scosso la stessa « Mai. Nessie è in gamba »
Lei aveva spostato il peso del corpo su una gamba e annuito impercertibilmente « Portamela a casa, d'accordo? »
« D'accordo », avevo risposto.
Non le avevo detto ciò che mi preoccupa tutt'ora: lei vorrà tornare?

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Capitolo 9
*** Un unico pensiero. ***


Ciao a tutti miei carissime lettrici ( o lettori, se ce ne sono). Finalmente pubblico uno dei capitoli che ho scritto ancor prima degli altri. 
Spero vi piaccia come piace a me. Grazie a tutti per il tempo che mi dedicate leggendo la mia storia.
Vi abbraccio. Buona lettura!





Col telefono ancora stretto in mano, mi asciugo le lacrime che scorrono sul viso.
Il tremito delle mani si è attenuato, i singhiozzi non scuotono più il mio petto.
La voce di mia madre - la sua sofferenza - rimbomba ancora e ancora nella mia testa. 
Parlarle, accennarle qualcosa sul mio stato d'animo era stato straziante e liberatorio al tempo stesso.
« Mi dispiace tanto, mamma » le avevo detto tra le lacrime « Lo so che siete arrabbiati... »
« Certo che siamo arrabbiati! » mi aveva interrotto con enfasi « Però la preoccupazione ha superato la rabbia »
Questo non aveva fatto altro che aumentare il mio straripante senso di colpa.
« Mamma, senti » avevo cominciato « So che con questa telefonata ti aspetti che torni a casa e che tutto ritorni come prima ma.. »
« Ti serve del tempo » aveva concluso al posto mio.
Avevo sospirato « Proprio così ».
La confusione non faceva parte del programma, devo ammetterlo. Eppure, non so bene perché, ma qualcosa mi trattiene ancora qui. 
Quasi come, per una sconosciuta ragione, mi mancasse il coraggio di rimettere piedi in casa mia, nella mia terra.
« E papà? » le avevo chiesto all'improvviso « Ha dato di matto? »
Lei aveva riso « Ci puoi giurare! »
Era scappata una risata anche a me. Un pizzico di felicità mi aveva scaldato il cuore e l'amore di mia madre mi aveva arricchito di colpo.
La tristezza, però, si era tornata a farsi sentire presto.
Il pensiero che mio padre fosse impazzito di disperazione mi logorava « Non c'è? »
Mi madre aveva sospirato « Purtroppo no. Si arrabbierà sicuramente non appena rientrerà ».
Avevo chiuso la telefonata promettendole che l'avrei richiamata l'indomani al più presto. 
Mi fiondo sotto la doccia per cercare di rilassare i sensi, spazzolo i capelli con energia e cerco di pensare ad altro mentre il getto caldo del phono mi scompiglia i capelli.
Il telefono comincia a squillare; prima di rispondere una strana ansia mi pervade.
« Pronto? » rispondo titubante.
« Nessie! » è June. Chiudo gli occhi e lascio andare l'aria che avevo trattenuto. Il battito del cuore, lentamente, si calma.
« Ehi » mi limito a dire ancora col fiato corto.
« Ness, mi dispiace, stasera farò tardi! » comincia a spiegare e a scusarsi: un progetto da consegnare entro l'indomani mattina la terrà occupata - a sua detta - almeno tutta la notte.
Ordinerò una pizza solo per me.
La pizza arriva in fretta e la divoro velocemente.
Vagabondo da una stanza all'altra cercando disperatamente qualcosa da fare.
Sistemo la camera di June - su cui pare essersi abbattuto un uragano - che mi tiene impegnata per troppo poco tempo.
Poi passo agli armadietti del bagno, al ripostiglio e infine alla dispensa in cucina. 
Mi getto sul divano cambiando canale in continuazione, insoddisfatta. La noia mi assale peggio di un rapace in vista della sua preda.
Guardo l'orologio amareggiata: sono le dieci di sera e di June neanche l'ombra. 
Vorrei aspettarla al suo rientro ma non so come far volare il tempo.
Lentamente, come il cullare delle onde, scivolo in un rassicurante dormiveglia.
Mi sveglio di soprassalto. La TV è spenta e ho addosso una calda coperta. Mi scappa un sorriso.
Mi alzo e mi dirigo nella stanza di June. Trovo la porta socchiusa e, con quanto più tatto mi consente la mia natura, la apro. 
Anche nella semi oscurità i capelli dorati di June brillano di luce propria. Sorrido dinanzi alla dolce fragilità della mia migliore amica.
Decido di bere un bicchier d'acqua prima di andare a dormire.
Quando entro in cucina, una folata di vento attira la mia attenzione.
C'è qualcosa di diverso negli odori che avverto: un misto di familiaretà e pericolosità. Contraddittorio e insolito.
Chiudo la finestra scrutando l'oscurità che ci circonda. Per poco non vado a sbattere nel sacco dell'immondizia, lo afferro e decido di gettarlo nella spazzatura. 
Sempre meglio che esca io che June; e poi, così, potrò dare un'occhiata veloce in giro e tranquillizzarmi.
Dopo aver gettato l'immondizia nel cassonetto, un cespuglio alla mia destra attira la mia attenzione; mi acquatto, i sensi all'erta.
E poi un tenero micino ne esce fuori miagolando e snobbandomi. 
Prima che possa rientrare nel palazzo della mia amica, il solito formicolio alla nuca mi sorprende, lanciando il mio cuore in un burrone.
Devo aggrapparmi al muro per non cadere.
« Nessie » la voce bassa e roca di Jake mi coglie impreparata comunque. 
Ho un tamburo al posto del cuore e il mio corpo non risponde ai miei comandi. La mani tremanano senza freno.
Sapevo sarebbe successo. Se conoscevo Jake come lui conosceva me, sapevo che sarebbe venuto a riprendermi. E per quanto l'avessi desiderato, c'era una piccola parte di me che sperava non accadesse. 
« Jacob » saluto quando mi volto « Cosa ci fai qui? »
Jacob esce dalla semioscurità, il passo lento e deciso, lo sguardo acceso da mille scintille irriconoscibili.
« Cosa ci fai tu qui » asserisce senza troppi preamboli.
Incrocio le braccia al petto aspettandomi la tempesta che verrà. Per un attimo estremamente doloroso, rivedo le mani di Jacob scivolare sulle gambe liscie e sode di Camille, i suoi capelli biondi spettinati, i suoi sospiri...
Chiudo gli occhi per respingere questo dolore e affrontare Jake a testa alta.
« Sto cercando la mia strada » affermo.
« La tua strada è già tracciata. Ed è a Forks » ribatte energico.
Rido beffarda « Con chi? »
« Con me » asserisce sicuro « Con la tua famiglia »
Appoggio le spalle al muro, cercando di mettere distanza tra me e Jacob. 
Com'è successo? Tutto ciò che volevo nella mia vita era restare accanto a lui. 
« Non c'è più posto per me a Forks » mormoro, ricordando ancora una volta le scene che mi hanno spinto a scappare via.
Jacob si avvicina imperioso, la mano afferra il mio mento « E' casa tua »
« Non più, Jacob » ribatto districandomi dalla sua presa; mi allontano giungendo nella semioscurità.
« Cosa vuoi dire, Nessie? » domanda pungente, il sarcasmo e il rancore impressi bene nella voce.
« Che non ho motivi per tornare a Forks » spiego « Avevo pensato di trasfirirmi qui, e... »
Jacob, senza lasciarmi il tempo di continuare, mi afferra per le spalle inchiodandomi al muro.
« Dimmi che stai scherzando, Ness » sibila.
I suoi occhi neri sono lo specchio dei miei: liquidi, infiniti, sofferenti. 
C'è sempre stato un rapporto speciale tra me e Jacob che i miei genitori hanno sempre accettato di buon grado. 
Da piccola, non aspettavo altro che quel ragazzone imponente dalla pelle ambrata e gli occhi scuri. 
Jacob ha passato con me le notti più lunghe della mia vita; quelle che mi hanno tolto il sonno, a causa dello scontro con i Volturi.
Il lupo rossiccio non ha mai abbandonato la mia casa, di notte; anche quando era di ronda. Il suo ululato mi cullava anche a distanza.
Con uno spintone, l'allontano da me « Sono serissima, Jacob »
Jacob sferra un pugno al muro, facendolo ciondolare. Mi fiondo su di lui per bloccare un ulteriore colpo.
« Sei impazzito! » ringhio « Così June ti sentirà! »
Il mio cuore galoppa impazzito dinanzi alla sua resistenza; non ho mai dubitato che Jake mi volesse bene, mai.
Avremmo fatto qualsiasi cosa l'una per l'altro, non c'era mai stato bisogno di dirselo. 
Eppure questo suo dispiacere mi faceva sperare in qualcosa che avevo respinto da anni...
Tremante, gli poggio una mano sul braccio per calmarlo « Comunque, non c'è niente che tu possa fare » affermo risoluta « la decisione è stata presa »
« Ness.. »
Scuoto la testa interrompendolo « E' tempo che io mi faccia la mia vita, Jacob »
Non voglio un addio e neanche un arrivederci: non sono pronta a salutare Jacob e, probabilmente, non lo sarò mai.
Senza fiatare, mi volto per andar via; già so che questa scena mi torturerà in eterno e non ci saranno le sue braccia a sostenermi, né quelle di mio padre. 
« Ed io? » la voce implorante alle mie spalle. 
Sorrido amareggiata « Non avrai difficoltà a dimenticarmi »
Un attimo di silenzio e poi, con la sua solita voce roca e bassa, mormora « Non posso dimenticare il mio imprinting »
 La mia mano si blocca sul cancello bianco e argento; il mio cuore alterna fasi di apatia a istanti di isteria pura. 
Con l'altra mano tappo la disperazione che fuoriuscirebbe come un fiume in piena dalla mia bocca. 
Imprinting. Una parola così semplice, ma così intrinsa di complicazioni. 
Quando ero più piccola, e insieme giungevamo alla Riserva, mi fermavo ad osservare con invidia gli altri componenti del branco insieme ai propri imprinting. 
Volevo soltanto qualcuno che mi toccasse nello stesso modo, che mi osservasse nello stesso identico modo in cui Sam guardava Emily. 
Forse l'ho sempre saputo perché ogni volta che spostavo lo sguardo su Jake, lui mi guardava nella stessa maniera. 
Perché non me ne ha mai parlato? Perché non rendermi partecipe di una situazione così importante?
Come hanno fatto i miei genitori a tenermelo nascosto?
Il mio corpo non emette un sibilo, non riesce nemmeno ad eseguire i movimenti più semplici.
La presenza di Jake alle mie spalle è così tangibile che è difficile ignorarlo per mettere a posto i pensieri.
E allora cos'è stato, tre giorni fa, con Camille?
I passi di Jake occupano tutta la mia attenzione, poi la sua mano titubante mi ciondola la spalla, sussurrando « Dì qualcosa Nessie... »
Nonostante questo significhi più di ciò che ho sempre sperato, non riesco a cancellare l'amaro in bocca lasciatomi da ciò che ho visto.
Mi volto ad affrontarlo, gli occhi colmi di lacrime che non vorrei lasciare andare. Mi scanso, ancora una volta, dal suo tocco e incrocio le braccia al petto per tenere insieme i pezzi del mio cuore.
I suoi occhi non nascondono la tristezza e non posso fare a meno di provare dolore per lui, per il mio Jake, il mio lupo rossiccio.
Le sue dita scivolano sul mio viso, accarezzandolo; nonostante la rabbia, non me la sento di sottrarmi.
« Questi tre giorni senza di te sono stati infernali » soffia malinconico sul mio viso. Ora lo so, prima potevo solo sperare che, di tanto in tanto, pensasse a me; mentre adesso, ho la piena consapevolezza di essere il suo tutto. E questa certezza, adesso, mi spiazza.
Questo non m'impedisce di essere ancora arrabbiata con lui.
Ora passo al mio lato oscuro vampiresco « E' poco, rispetto a quello che ho passato io » ribatto velenosa.
Jacob incrocia le braccia e inarca un sopracciglio dubbioso.
Sorrido ironica « Ero venuta da te la sera di tre giorni fa »
Inclina la testa di lato, facendomi capire che è tutto orecchi, il sopracciglio ancora inarcato « E? »
E ho visto qualcosa che mi ha distrutto il cuore. « Avevi compagnia » rispondo, anche solo dirgli qualche particolare in più mi fa male.
D'un tratto Jacob ricorda, lo capisco dal battere forte del suo cuore, dagli occhi sgranati colmi di sofferenza. Adesso lo sa.
« Nessie.. »
Mi allontano sbattendo contro il muro « Non posso credere che io sia il tuo imprinting, se tu hai fatto... » lascio cadere la frase perché non posso continuare. 
Il suo sguardo si riempe di tenerezza, un sorriso dolce sboccia sul suo viso; le mani mi bloccano al muro.
« Non ho fatto quel che pensi, Nessie » afferma.
Mi oppongo alla sua forza ma lui raddoppia la presa sui miei polsi « Credi che sia stupida? »
Scuote la testa, quel maledetto sorriso dolce ancora impiantato lì « Mai » sorride « Non siamo andati oltre, te lo giuro Renesmee »
Il suo sguardo diventa improvvisamente serio e questo potrebbe farmi cedere.
« Come credi che mi sarei sentito, dopo? » chiede « Se poi non avrei fatto altro che pensare a te.. »
Le sue labbra mi solleticano l'orecchio infestandomi la pelle di brividi.
Nonostante la sua presa non intenda cedere, le mie braccia si rilassano. Chiudo gli occhi e un respiro profondo mi scuote il cuore.
« Jake.. » sussurro.
Le sue mani mi afferrano delicatamente il viso « Nessie »
Le mie mani agiscono incontrollate: si infilano tra i suoi capelli lisci nero corvino, dai riflessi quasi blu. Il contatto è rassicurante, familiare.
Jacob poggia la sua fronte alla mia « Non farmi questo mai più, Nessie, mai più ».
Una lacrima mi riga il viso; mi aggrappo alle maniche del suo giubbotto di pelle.
Lui col dito cattura subito la mia lacrima « Cercavo di dimenticarti » confessa a voce bassa « Volevo non averti nei miei pensieri almeno per dieci minuti. Ma è stato impossibile »
« Non vuoi avermi tra i tuoi pensieri? » ribatto confusa, la voce roca dal pianto.
« Tu sei il pensiero » ammette e il mio cuore perde un battito.
Sorrido e lui sorride della mia reazione. Jacob mi stringe a sé e questa cosa mi manda fuori di testa. Immagino potrei svenire da un momento all'altro.
« Torna a casa » propone « Con me »
I mio occhi schizzano verso l'altro, inquadrando la finestra del delizioso appartamento di June.
« Non posso » obietto.
Jacob mi stringe il viso in una mano « Nessie, non lasciarmi »
Sospiro, lo sguardo basso « Voglio parlare prima con June » lo rassicuro « Tornerò domani »
Il viso di Jacob si apre in un enorme sorriso « Da sola » preciso.
Jacob si rabbuia. Non era difficile da immaginare la sua reazione; conosco bene la sua iperprotettività e il suo senso del dovere.
« Ti prego Jake non insistere » gli dico prima che continui, poggiando la mia fronte alla sua « Devo farlo da sola »
Jacob, scontento, annuisce. So quanto questa mia decisione gli pesi e, ora che so dell'imprinting, so quanto sia logorante. Ma non posso fare altrimenti.
Così come sono scappata, devo tornare a casa da sola.

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Capitolo 10
*** Incidente di percorso. ***


Ciao a  tutti! Et voilà: un nuovo capitolo tutto per voi!
Avevamo lasciato Jake e Nessie ad un punto cruciale: la scoperta dell'Imprinting. Come reagirà Nessie? 
Spero che questo capitolo vi piaccia, al prossimo! Vi abbraccio tutti.





L'appartamento di June, adesso, mi sembra così lontano dall'essere casa.
La finestra che avevo chiuso, è di nuovo aperta, lascia entrare un vento freddo e indelicato. 
Lascio che ciò che è appena accaduto venga immagazinato per bene dalla mia mente.
Le mani calde e forti di Jake, la sua voce - Dio, quanto mi era mancata! - il suo meraviglioso, spigoloso, rabbioso e ironico viso. 
Imprinting. L'unica parola che non riesco a strappare dal cervello, men che meno dal cuore.
E' l'ancora di salvezza a cui mi aggrappo con tutte le mie forze.
Stringo forte il marmo del lavabo della cucina. Sono il suo Imprinting, ripeto ancora una volta. All'improvviso, come un'illuminazione, una certezza mi scuote le viscere: sono unica, indispensabile, insostituibile.
Questa sensazione mi fa girare la testa e, devo ammetterlo, farmi sentire su di giri più di quanto, orgogliosamente, dovrei. E' come se avessi ingoiato uno sciame di farfalle, uno stormo di uccelli e stessero dando festa nel mio stomaco.
Non so proprio come farò a dormire, adesso.
Dopo ciò che ho scoperto, le sensazioni che ho provato, l'emozione di avvertire le sue mani sulla mia pelle... no, non credo riuscirò a prender sonno.
Per un attimo, l'opzione di svegliare la mia amica nel cuore della notte e raccontarle ciò che è successo mi sembra plausibile.
Io vorrei che lei lo facesse.
Una vocina mi scuote i pensieri: lo vorresti perché, privarti del tuo sonno, non ti causerebbe alcun danno fisico.
Sbuffo frustrata.
La porta della sua camera è ancora socchiusa, il vento non l'ha smossa.
June dorme beata e, dopo l'intensa serata di studio, sarà stremata. 
Mi mordo il labbro inferiore in guerra con me stessa.
Faccio per andarmene ma poi resto ancora lì, con la mano poggiata sulla porta e gli occhi fissi su di lei.
Non mi risulta difficile attraversare il percorso fino al suo letto e sedermici sopra senza creare nemmeno un soffio nell'aria. La mia natura è vantaggiosa nove volte su dieci, non posso negarlo.
« June » mormoro, confidando in un primo tentativo.
Non so per quale motivo, ma sento il cuore battere forte in gola, l'ansia mi buca lo stomaco.
Mi mordo le labbra. June mi ignora.
Sospiro. Un altro tentativo « June » chiamo, questa volta un po' più forte.
June si scuote, si stiracchia e cambia posizione; afferra il secondo cuscino e se lo porta alla faccia, affondandola dentro.
La tenerezza di questa scena mi fa sorridere. Devo mettere da parte la mia irrequietezza e aspettare che il sole sorga. 
Camminerò per le sponde del fiume o attraverserò la città a piedi per impedirmi di fiondarmi per la strada verso Forcks. Impiegherei meno di due ore per raggiungere La Push, per rivedere Jacob...
Scuoto la testa scacciando questi pensieri.
Proprio quando sto per uscire dalla porta della stanza di June, la sua vocina assonnata mormora « Nessie? »
Mi volto nella sua direzione, la bocca improvvisamente secca « Sei sveglia? »
« Mhmh » mugola, stroppiciandosi gli occhi con le mani « E' successo qualcosa? »
« Be', sì- no, insomma..  »
« Nessie » esclama con voce ferma.
« Scusa » dico, giocherellando con le unghia « Volevo dirti che ho parlato con Jake... »
« Ti ha telefonata? » mi interrompe entusiasta.
« No, è stato qui... »
« Jake è stato qui?! » esclama mettendosi a sedere di colpo.
La sua reazione, entusiasta e sorpresa al tempo stesso, mi conferma che non devo esitare a svegliarla nel cuore della notte se si tratta di Jake.
Ridacchio nervosa « Sì, è quello che... »
« Vieni subito qui! » mi ordina, scalciando le coperte, sedendosi in posizione strategicamente indirizzata all'ascolto.
Obbedisco senza esitare, il mio stomaco vuole vomitare tutto ciò che sente: dalla sera in cui ho trovato Camille nella camera di Jake e sono scappata come una fuggiasca, a quando ho ascoltato la voce triste di mia madre, a quando il viso di Jake è comparso di nuovo sbattendomi in faccia un'unica verità.
Il fatto che non possa essere sincera con June al cento per cento mi strazia: sapere che lei non potrà mai capire fino in fondo la natura del nostro rapporto e che ciò che ci legherà non potrà essere percepito dagli occhi umani, mi lascia un po' d'amaro in bocca.
« E' venuto a riprendermi » le spiego « Mi ha detto che i miei genitori erano preoccupati e che gli mancavo »
Gli occhi di June brillano letteralmente « E tu? »
Scrollo le spalle « Gli ho raccontato ciò che ho visto »
« E lui? » chiede cupa.
« Mi ha detto che non avrebbe potuto fare ciò che penso.. » racconto « .. se dopo non avrebbe fatto altro che pensare a me »
Alzo gli occhi per osservare la sua reazione; un sorriso colmo d'affetto le si dipinge sul viso.
« Lo sapevo! » esclama abbracciandomi con vigore, per essere un'umana. Mentre le sue braccia mi cullano non smette di sussurrare cose del tipo « Ne ero certa, Nessie! » o « L'ho sempre saputo! »
Ed il mio cuore non faceva altro che gonfiarsi sempre di più, come una mongolfiera, fino ad innalzarsi e volare alto nel cielo.
« Perché sei ancora qui? » chiede d'un tratto, dopo aver mollato la presa su di me.
Aggrotto le sopracciglia confusa « Cosa? »
« Perché non sei tornata a casa con lui? »
Un sorriso cupo mi attraversa il viso « Non posso »
« Cosa? » ribatte infuriandosi « Non dirmi che l'hai lasciato andare così... »
Scuoto la testa « Tornerò a casa. Ma non stanotte »
« Nessie! » e somiglia più ad un rimprovero che al mio nome.
« June, in questi giorni sono stata uno schifo » sbotto « Non potevo cedere così, da un momento all'altro, e dimenticare ogni cosa! »
« Sì, ma.. »
« Gli parlerò, promesso » la tranquillizzo « Ma ci sono cose che devo sapere prima... »
« Di affidargli il tuo cuore » conlude.
Il mio cuore è già al sicuro con lui. Probabilmente, è la cosa più importante della sua vita.
Ma questo lei non lo saprà mai.
« Già » mi limito a rispondere.
La sua mano giocherella con una ciocca dei miei capelli, un gesto tipicamente materno.
« Tu lo ami » mormora, e non si tratta di una domanda.
Da morire, vorrei risponderle. Ma chiudo gli occhi e, lentamente, annuisco.


Il sole sorge in fretta. 
Forse per chi non ha passato la notte ad aspettare questo momento, per partire e ricominciare.
Il tempo non era mai stato un problema per me, prima d'ora. Anzi: era una della cose che amavo più della mia natura.
Non doversi preoccupare del tempo che scorre, non solo mi ha permesso di assaporare ogni attimo della mia vita, ma appare quasi liberatorio: una certezza, un colosso infallibile.
Eppure oggi non ha rappresentato altro che un ulteriore incidente di percorso.
Nonostante non abbia chiuso occhio, ho passato la notte stesa nel mio letto solitario. 
Il soffitto mi è sembrato più attraente dei miei pensieri.
Scalcio via le lenzuola e corro a fare il caffè.
Devo comportarmi normalmente, mi dico, non devo cedere all'istinto di fiondarmi in macchina in questo preciso istante.
Ho pianificato tutto nei minimi dettagli: passerò queste poche ore in compagnia della mia migliore amica, davanti a un buon caffè, preparerò le valige e solo allora, mi metterò in cammino verso Forcks.
I passi di June accompagnano i miei pensieri « Nervosa? »
Annuisco, senza guardarla. Mettere a nudo i miei sentimenti mi risulta sempre un po' difficile.
Una nuova forma d'irrequietezza si fa strada dentro me: lentamente, ma con forza, s'intrufola in ogni angolo di me.
Qualcosa mi dice che devo fare in fretta.
L'unica valigia che avevo portato con me, già pronta sul letto; la mia migliore amica che mi guarda in silenzio, come in attesa di qualcosa.
Le faccio un sorriso. Lei mi risponde di rimando.
So già che tutti questi momenti insieme mi mancheranno da morire, nonostante la tristezza che l'ha accompagnati.
Dopo vari tentativi di convincimento ( andati precisamente in fumo), June decide di accompagnarmi lo stesso all'auto. 
Getto la valigia sul sedile del passeggero e mi volto a guardare la mia splendida migliore amica: questa meravigliosa giovane donna che non vivrà per sempre, ma che sarà sempre parte di me.
« Non so cosa farei senza di te » le dico sinceramente.
I suoi occhi si riempono di lacrime « Sei la mia migliore amica » dice, come se questo desse un senso a tutto. Ed, effettivamente, lo dà.
Ci teniamo strette in un lungo abbraccio, la lascio con la promessa di chiamarla non appena chiarirò ogni cosa con Jacob.
Quella sensazione di oppressione si presenta di nuovo.
Guardo tutto ciò che mi circorda. Più tardi manderò zio Jazz e zio Emmett a dare un'occhiata.
Quando voglio accendere la radio qualcosa, posizionato sopra al cruscotto, attira la mia attenzione: un CD, riposto in una custodia trasparente, su cui è stato attaccato un bigliettino.
Per te, Nessie: riconosco la calligrafia disordinata di Jacob ed è come se avessi inghiottito olio bollente. 
Tre semplicissime parole che mi fanno andare fuori di testa.
Inserisco con entusiasmo il CD nello stereo, le note della prima canzone fuoriescono come una cascata. 
Riconosco la canzone che ascoltavamo insieme, quasi ogni notte: Neutron Star Collision dei Muse.
Poi accade tutto molto velocemente: qualcosa di molto potente colpisce la mia auto, facendola sbandare.
L'auto sbalza dalla strada e mi ritrovo a rotolare come una pallina da golf per molti metri.
I miei sensi si sono acuiti nello stesso istante in cui la Volvo è uscita fuori strada. E' la parte vampira di me che adesso ha preso il controllo.
In equilibrio tra il volante e il sedile, con le braccia spalancate orizzontalmente, tengo ben distanti da me le estremità dell'auto che, nell'impatto, potrebbero incurvarsi e schiacciarmi. Ne uscirei comunque indenne, ma voglio evitare inutili perdite di tempo.
Con un tonfo sordo, l'auto si ferma a testa in giù. 
Il mio corpo è trattenuto dalla cintura di sicurezza che, per fortuna, non ho slacciato. 
I finestrini sono andati in frantumi e l'auto tende ad ondeggiare leggermente.
Un rumore di passi attira la mia attenzione: è fermo, sicuro, silenzioso. Troppo silenzioso
Il mio cuore, teso, comincia a battere senza freno. Tengo le orecchie all'erta, chiudo gli occhi ed inspiro cercando di tener salda la concentrazione sull'udito.
Poi, quando distinguo chiaramente i passi fermi proprio accanto a me, tengo fisso lo sguardo sull'asfalto.
In sottofondo i Muse cantano ancora, ed è in quel momento che un paio di occhi rosso sangue fanno capolineo.

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Capitolo 11
*** Nessuna traccia. ***


Et voilà! Eccomi ( finalmente) con un nuovo capitolo! Lo so che è passato più tempo del dovuto ( perdonatemi, eheheh) ma sono stati giorni molto duri.
Bando alle ciance, vi lascio alla lettura; spero che vi piaccia! A presto!


                                                                    Jacob.

Alla fine avevo deciso di partecipare a quella stupida ronda.
- Non chiamarla stupida - mi rimprovera Leah nella mia testa.
- Piantala - la ammonisco ringhiando. 
Sono già troppo nervoso di mio per sorbirmi anche le sue lamentele.
- Sei stufo eh? Pensa a me che ho dovuto sopportare il tuo monologo interiore prima per Bella e adesso per Reneesmee- mi rinfaccia.
Un brivido mi percuore sotto pelo, la coda comincia a frusciare frenetica.
Senza più pensare, mi volto nella sua direzione ringhiando selvaggiamente, incitandola a smettere.
La sua espressione resta quella dura di sempre e, muso a muso, non intende ripiegare.
Leah è sempre stata così. Non ha mai nutrito un grande amore per i Cullen, per Bella ancor di meno. E non è cambiato niente con la nascita di Reneesmee anzi: le cose erano pure peggiorate. 
Non l'aveva scalfito il fatto che Nessie fosse il mio Imprinting. 
Anche se questo aveva contribuito ad evitare una battaglia e Leah era stata al mio fianco, faceva parte della schiera che riteneva questo legame un abominio. 
Leah volge il muso in un'altra direzione - Possiamo continuare la nostra ronda o devi ancora struggerti nei tuoi dolci pensieri?-
Il mio ringhio, questa volta, diviene ancora più forte. Leah sa bene come stuzzicarmi ed è, maledizione, capace di farmi perdere le staffe in meno di un secondo.
- Non ci vuole molto con te, Jacob - ribatte lei ancora intenzionata a infastidirmi.
- Per una rompiscatole come te, non deve volerci molto - replico.
- Piantatela, tutti e due - replica Quil dal canto suo, che era rimasto in silenzio per tutto il tempo - fare la ronda con voi equivale ad essere masochisti.
Proseguiamo in discesa sulla vallata di fronte a noi. Chiudo gli occhi ed un leggero sbuffo fuoriesce dalle mie narici.
Ora come ora, non riesco a non pensare a Nessie. E' più forte di me. Lo è sempre stata. 
Ecco perché non volevo fare questa dannata ronda. 
Volevo passare le ultime ore che ci dividevano, da solo sul divano, a riflettere: era chiedere troppo?
- Leah, perché non ti dirigi ad est; io e Jacob andremo ad ovest - propone Quil.
Leah obbedisce ma il rancore è dipinto palesemente sul suo volto e nei suoi pensieri disordinati.
- Questo non le impedirà di sentirci - obietto.
- Sì, ma almeno non dovremo vedere anche la sua faccia - risponde pacato Quil.
Scoppiamo subito in una risata che, lo so, somiglia più ad un latrato.
Come ha detto Quil, imbocchiamo la strada ad ovest; il sentiero tranquillo e solitario, non da l'aria di essere stato impestato dal disgustoso passaggio di vampiri. 
- A proposito - inizia Quil - come vanno le cose?
Resto in silenzio lasciando che i lievi raggi del sole mi riscaldino, almeno un po', il mio manto spesso.
- Con Reneesmee, s'intende .
Sbuffo un'altra volta - Ho fatto un casino.
Quil scuote il muso - Come sempre. Che hai combinato?
- Ho commesso il grave errore di tentare di dimenticare il mio Imprinting. E, per ironia della sorte, non ho fatto altro che ferirla. - spiego.
Quil sospira - Te l'avevo detto che quella non era la strada giusta.
Già, l'aveva fatto. Aveva cercato di dissuadermi più volte dal crearmi amicizie " inopportune", come le chiamava lui. 
« Non ti porteranno da nessuna parte, Jacob » mi diceva ogni volta che intraprendevamo il discorso « Brucerai l'unica cosa a cui tieni davvero e dopo ti ritroverai con un pugno di cenere »
Ma io, caparbio come un mulo, non gli avevo mai dato ascolto.
Egoista, non aspettavo altro che una reazione di Nessie per la mia inspiegabile vita.
Volevo che fosse gelosa, anche se soffriva. Volevo che si vedesse apertamente e che arrivasse al punto da non poterne più. Magari sarebbe corsa da me, durante la notte, e me l'avrebbe confessato.
E l'aveva fatto, alla fine. 
E cosa avevo fatto io? Mi ero fatto trovare a letto con un'altra.
A letto, poi. Un altro argomento ricco di spine da affrontare insieme alla mia orgogliosa Nessie.
- Non ho voluto crederti - mi giustifico.
Quil ridacchia - E' che sei testardo.
- Troppo - mi rammarico - Sono stato un vero idiota e adesso non saprò mai se lei portà amarmi. Dopo tutto, sono io ad aver avuto l'Imprinting non lei...
- Nah - m'interrompe Quil energico - Questo non significa nulla. Certe volte, anche se non lo crediamo perché troppo occupati a preoccuparci per loro, i nostri Imprinting sono anime già legate alle nostre.
Me lo auguro. Incurante di ciò che potevo procurarle, le ho fatto male involontariamente. Immagino, per un attimo orrendo, di essere io al posto suo e di averla vista a letto con un altro...
Il cuore pare sul punto di esplodermi solo al pensiero, una rabbia cieca s'impossessa di me. 
Non posso più aspettare. Voglio che Nessie mi ami, non posso più farne a meno.
In ogni carezza, in ogni sospiro, ogni notte passata sveglio, non volevo altro che lei. Non volevo altro che fosse lei distesa accanto a me.
- Sono al punto che non posso più fare a meno di lei, Quil. E' cambiato qualcosa e adesso lo so. - confesso.
Quil risponde qualcosa ma non lo sento. All'improvviso, un dolore imponente mi mozza il fiato, la vista s'offusca.
Le parole di Quil rimbombano nella testa più e più volte, senza arrivare davvero. 
Le zampe mi tremano, milioni di corde si spezzano dentro me una dopo l'altra ed è come se ricevessi delle coltellate nel petto.
- Jacob! Jacob!- mi chiama Quil, ma non è altro che un suono lontano e distorto.
Che cos'è questo strano dolore? E' come se mi avessero strappato il cuore dal petto...
Poi la mia testa scatta in alto, le pupille si dilatano freneticamente, il muso umido e un solo pensiero: Nessie.
Sono già pronto a cercare Renesmee in qualsiasi posto si trovi, quando la vista di tre lupi che si avvicinano velocemente mi bloccano.
Insieme a loro c'è Leah.
Gli corro incontro, impaziente.
- Jacob - mi chiama Sam, conosco bene quel tono di voce - c'è stato un attacco.
- Vampiri? - chiedo col cuore in tempesta.
- Non ne siamo sicuri - s'intromette Paul.
- Ma c'è una cosa...- riprende Sam - una Volvo grigio metallizzata è stata capovolta.
Il cuore sprofonda nell'acido. Ora non ho più dubbi: Nessie è in pericolo.

Cercando di ignorare l'istinto di correre in fretta e furia da lei, raggiungo la casa dei Cullen.
Nella mia testa un unico pensiero circonda il cervello: Reneesmee.
Mi dico di star calmo. Sì, calmo. Perché non le può essere accaduto nulla di male.
Nessie è con June, è al sicuro.
E poi quante Volvo grigio metallizzate ci sono in giro? Milioni, cerco di rassicurarmi.
E allora che cos'è questo peso nel petto che rischia di schiacciarmi il cuore?
Riprendo la mia forma umana e, in men che non si dica, ho già scavalto le scale e spalancato le porte d'ingresso.
« Edward! » urlo, anche se non ce ne sarebbe bisogno: nel silenzio che regna in questa casa, persino lo strisciare di una lumaca sarebbe udibile ad orecchio umano.
La bionda interrompe il mio richiamo. Mi fa cenno con la testa di proseguire a sinistra « Ti stavamo aspettando »
Lo immaginavo.
Quando entro nel salone, i vampiri sono posti in un semicerchio ben chiuso e i loro volti hanno occhi solo per ciò che c'è all'interno del cerchio. La visione mi è oscurata dalle sagome di ognuno di loro ma non ho dubbi su chia posto al centro: Alice.
Bella, come se solo adesso si fosse resa conto che sono qui, mi scruta silenziosa gli occhi un pugno di sofferenza.
Le mie mani tremano e le gambe non vogliono saperne di aiutarmi.
Apro la bocca per dire qualcosa, ma non esce un solo suono.
E', come sempre, Edward ad interrompere il silenzio. 
Per un attimo che non ha nulla a che fare con ciò che sta accadendo adesso, ripenso alla mia ostilità nei suoi confronti. 
Ricordo di non aver mai provato odio, però: non ci sono mai riuscito fino in fondo. E odiavo me stesso per questo: insomma, era mio acerrimo nemico e avrei dovuto trattarlo come tale.
Adesso, al pensiero di questi stessi occhi ramati e un paio di occhi scuri, ho una spiegazione ben precisa.
« Alice ha avuto una visione » annuncia lui ignorando, per la prima volta, i miei pensieri. Lui lo sa già: sa bene di quanto gli sia grato per aver salvato Bella e avermi donato Nessie.
« Sappiamo bene quanto siano poco chiare le visioni che riguardano esseri speciali come Nessie o come Jacob » spiega dapprima « Tutto ciò che sappiamo è che qualcosa o qualcuno ha provato un incidente alla macchina su cui viaggiava Nessie »
Il respiro mi si mozza in gola e le mani fremono dall'acchiappare chiunque sia stato a farle del male. 
« E Nessie? » mormoro strozzato.
Edward cinge Bella per le spalle « Nessuna traccia »
Mi abbasso, lasciando il peso del mio corpo sui talloni; le mani dietro la nuca cercando di riordinare i pensieri.
Nessuna traccia.
Non c'è pensiero più doloroso. Bella sarà distrutta. Edward dovrà essere forte per entrambi.
Ed io?
Anche se dovessi attraversare il mondo intero, tra fuoco e fiamme, anche se dovessi scavare fino al centro della terra la troverò.
Fosse l'ultima cosa che faccio.
Nessie, penso, ovunque tu sia aspettami: sto arrivando.

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Capitolo 12
*** Inesorabile paura. ***


Ciao a tutti! Incredibile ma vero posto un altro capitolo di questa storia. Sono veramente mortificata per l'attesa alla quale vi sottopongo ogni volta, ma non posso proprio fare nulla di più.
Purtroppo i tempi sono questi e se a voi non importerà e vorrete seguire ugualmente le mie storie, ne sarei più che onorata.
Come sempre vi lascio al capitolo, vi auguro una buona lettura.
Vi abbraccio, A.




Occhi rossi.
Inconfondibili. Inequivocabili. Inaccessibili.
Per un attimo torno indietro nel tempo, a quando dovetti attingere a tutto il mio coraggio per stanziare ad un altro paio di occhi rossi. Più feroci, più selvaggi.
All’epoca, però, potetti fare affidamento sulla solidarietà della mia famiglia.
Accanto a me, il posto dei miei genitori non è mai apparso vuoto.
Jake, insieme ai Quileute, non mi ha mai abbandonato.
Così come lo sguardo fiero di Zia Rose, le braccia forti di Zio Emmett, il carisma del Nonno e la dolcezza di Nonna Esme.
Persino zia Alice e zio Jasper, comparsi quasi alla fine della disputa con i Volturi, mi avevano subito trasmesso una sensazione di pace.
Sapevo, anzi ne ero convinta, che con una famiglia come la mia non sarebbe mai potuto accadermi nulla.
C’era la possibilità che saremmo morti, a dispetto di ciò che pensava mia madre ne ero a conoscenza, ma l’avremmo fatto gli uni accanto agli altri.
Non come adesso.
Sola, impaurita, debole.
Vorrei poter dire che la parte vampiresca che è in me abbia preso subito il sopravvento. Ma non è così.
Impiego più di qualche minuto per costringermi ad attingere al mio coraggio.
Jake, penso, la mamma, papà. Tornerò a casa per loro.
Stringo forte gli occhi per impedire che il panico mi sovrasti.
Prendo un lungo respiro, la pesantezza di quegli occhi ben piantati addosso.
Prima che possa riaprire gli occhi, un rumore di lamiere implode nelle mie orecchie. Ruoto insieme all’auto che ritorna nella giusta direzione.
Il calore del sole m’investe. Apro gli occhi di scatto su un cielo azzurro e limpido.
Semplicemente un paradosso. Credo di non aver mai visto, in vita mia, un cielo più sereno di questo.
Nel mio ultimo giorno probabilmente.
Il volto del vampiro mi si para davanti e, insieme ad esso, tutta la sua statura.
Sono così abituata a questa natura che, nonostante l’aggressione, non mi pare del tutto estraneo.
Studio ogni dettaglio: le iridi rosso fuoco, dal contorno nero come la pece; i capelli dorati spettinati che gli ricadono lungo il viso, le braccia lunghe e affusolate.
Deglutisco nervosamente, la cintura di sicurezza mi sega il collo tenendomi saldamente ancorata all’auto.
L’espressione del vampiro muta in fretta: dapprima imperscrutabile, la curiosità ne modifica i tratti.
Inclina il volto e dischiude le labbra. I suoi occhi mi scrutano avidi, predatori.
«Allora è vero quel che si dice di te…» mormora affascinato. Come se fossi una cavia da laboratorio.
Ed è in quel momento che io e il panico diveniamo un’unica anima.
Una vocina martellante ed incessante nella mia testa urla: Volturi! Volturi!
Sapevo che un giorno sarebbero ritornati con qualche futile pretesto per abbatterci. Un ego smisurato come il loro non poteva essere calpestato da esseri insignificanti come noi.
Vorrei poter avere la possibilità di avvertire la mia famiglia, per lo meno.
Le lacrime mi pungono gli occhi come punte di spilli. Mi mordo più forte le labbra per non cedere adesso, davanti al mio predatore.
In qualche modo, sono contenta di essere qui da sola.
Senza un pubblico i Volturi non sono nessuno. E se io morissi adesso, in questo posto sperduto, non nuocerebbero a nessuno oltre che a me stessa.
I volti della mia famiglia vengono a bussare alla mia mente proprio ora, proprio adesso che pensare alla morte non è poi così difficile.
Li tengo ben impressi nella mente, riesco quasi a scorgerli accanto a me mentre lentamente gli dico addio.
Chissà cosa staranno facendo, adesso. Nessuno di loro sa che proprio in questo istante sto per morire.
« Avanti » lo incito a denti stretti « Fallo »
L’espressione del vampiro appare nuovamente indecifrabile, poi le sopracciglia si corrugano, pensierose « Prego? »
Mi schiarisco la voce per imprimere un tono più intimidatorio « Sei qui per uccidermi, no? »
Inarca un sopracciglio e risponde con un secco « No »
Aggrotto le sopracciglia a mia volta: e, allora, cosa vuole da me?
E se non vuole farmi fuori, che motivo c’era di abbattermi mandandomi fuori strada?
« No? » domando flebile.
« Nah, nah » risponde con un sorriso glaciale « In realtà dovrei, ma no »
Il panico mi serra di nuovo lo stomaco e con un unico movimento strappo la cintura di sicurezza e balzo fuori dall’auto, esattamente alle sue spalle.
Basta essere la preda.
Con sguardo fermo, gli perforo le spalle affinché si volti ad affrontarmi.
Lo vedo scuotere la testa ed inclinarla, come se avesse sospettato che questo momento sarebbe potuto arrivare.
E poi sparisce. Così in fretta che non avverto neanche un sibilo nel vento.
Ed è lì, proprio dietro di me, a bloccarmi con il gomito premuto sulla mia gola.
Faccio per tirare ma è inutile: è come se provassi a scuotere tutti gli uomini della mia famiglia insieme.
La pressione diventa sempre più insopportabile e l’incoerenza delle sue parole non mi dà pace: non vuole uccidermi ma ci prova. Qual è il senso?
Quando crede di avermi in pugno, sposto il peso del mio corpo tutto alla fine, fino a raggiungere i piedi. Lievito verso l’alto, colpendolo alla testa e costringendolo a mollare la presa.
Effettivamente funziona ed io ritorno a respirare.
« Si può sapere cosa diavolo vuoi da me? » sbotto senza fiato più per la paura che per lo sforzo.
« Se me ne lasciassi il tempo, te lo spiegherei! » urla.
Si guarda intorno e vede ciò che vedo io: una distesa immensa d’erba che ci vortica intorno.
Il cielo, come se avesse accolto le mie preghiere, diviene via via sempre più cupo fino a farmi credere che, da un momento all’altro, possa piovere.
« Chi sei? » sibilo minacciosa.
Un sospiro divertito fuoriesce dalle sue labbra « Non è questo che dovresti chiedermi »
« Allora cosa vuoi? » spazientita, indietreggio per poter mettere ancora più distanza tra di noi. Studio il paesaggio per trovare una via d’uscita alla svelta.
I suoi occhi m’inchiodano, quasi consci delle mie intenzioni.
Potrebbe avere il dono della telecinesi, per quanto ne sappia.
Mi inumidisco le labbra nervosa.
« Non lo so » mormora quasi a se stesso. Lo fisso incerta. Se scappassi adesso, me lo lascerebbe fare?
Di nuovo, come se mi avesse letto nel pensiero, scatta verso di me afferrandomi entrambi i polsi.
I suoi occhi colmi di fiamme mi scrutano a fondo, avidi di conoscere e di scoprire.
Brividi di angoscia mi pervadono tutta.
« Non so cosa abbiate di speciale voi Cullen » sussurra come se qualcuno potesse ascoltarci « Ma c’è qualcuno che vi vuole. Che ti vuole »
Lascia che le parole prendano il giusto peso e che si facciano largo verso la mia coscienza « Ed hanno mandato me a prenderti »
« Perché mi stai dicendo tutto questo? » mormoro a mia volta.
« Ancora non l’ho deciso. Ma ciò che è sicuro » scandisce lentamente le ultime parole « E’ che ci rivedremo presto »
Il mio corpo assimila la minaccia ed una serie di formicolii m’invadono arrestandone i sensi.
Il mondo mi vortica intorno ma non ne riesco a captare i limiti.
La visione comincia ad offuscarsi e, lentamente, come avevo immaginato, delle leggere goccioline di pioggia mi scivolano sulla pelle.
« Cosa… Intendi dire che la mia famiglia è in pericolo? » asserisco a denti stretti, bisognosa di difenderla.
Lo stesso sorriso di poco prima gli increspa di nuovo il viso « Stammi bene, Renesmee »
E sparisce nel vuoto.
Insieme a lui la mia ansia, la mia paura, la mia insicurezza.
Ma le gambe mi cedono lo stesso.
 
 
 
 
 
Mi sembra siano passati anni, anziché ore da quando il vampiro è andato via.
Mi è sembrato aver girovagato per anni, anziché ore, prima di giungere a casa.
Credevo che non li avrei trovati lì, tutti riuniti ad aspettarmi.
Credevo che ognuno di loro si trovasse a svolgere la propria vita, incurante della mia.
Avevo dimenticato il legame immenso, così complicato e insolito che ci unisce.
Che mi unisce a tutti loro.
Quando varco la porta di casa della nonna mi tremano le mani e non so cosa mi attenderà.
Soprattutto, non so come intraprendere il discorso.
“Ciao a tutti! Papà volevo dirti che sono stata attaccata da un vampiro e che, presto o tardi, saremo tutti morti?”
Mi aggrappo alla porta di casa, come se fosse la mia ultima speranza. Vorrei poter non aver bisogno di parlare, di chiarire, di chiedere scusa.
E’ passato così tanto tempo dall’ultima volta che sono stata qui da farmi sentire un’estranea. Crudele ed egoista.
Noto con stupore le orchidee bianche e viola piantate accanto agli scalini.
Mi sono persa i passi quotidiani di ognuno di loro solo per un capriccio, uno stupido, banale…
La porta si apre di scatto, anticipandomi.
Resto impalata a scrutare gli occhi dorati dei miei genitori. La chioma folta e scura di mia madre mi appare rassicurante, dopo la giornata di oggi. I capelli ramati di mio padre così accoglienti e familiari.
Scoppio a piangere già prima che abbiano riempito lo spazio e che mi abbiano accolta tra le loro braccia.
Sento lo sguardo dei componenti della mia famiglia pesarmi addosso come un macigno.
Ma c’è dell’altro: avverto affetto, solidarietà, amore, comprensione, accettazione.
« Mi dispiace » balbetto tra i fiumi di lacrime « Mi dispiace così tanto »
La mano di mio padre mi accarezza la schiena, rassicurandomi. Ci tiene stretto nella sua morsa confortandoci.
« Oh, Nessie! » esclama mia madre con voce rotta « Eravamo così in pensiero per te »
Zia Rose ci fa strada verso il salotto, poi mi porge una tazza di tè caldo e dei biscottini.
Mi schiarisco la voce, il cuore che martella nel petto « Per cosa? »
« Sappiamo ciò che è successo oggi, Renesmee » m’informa severo mio padre.
Poi un’altra emozione gli attraversa il viso: colpevolezza, impotenza, rabbia, frustrazione?
« E credimi, tesoro mio, se ti dico che abbiamo smosso mari e monti per trovarti » la voce cupa e distante.
Aggrotto le sopracciglia mente il nonno spiega: « Era come se fossi scomparsa dalla terra »
La mamma mi afferra la mano, accarezzandola « Neanche Jacob riusciva a sentirti »
L’informazione si fa strada a tentoni dentro di me. Un’intera lastra di ghiaccio casca dal mio cuore ed è come se avessi perso la sensibilità alle informazioni esterne.
Immagino me, ad affrontare tutto questo, come se Jacob fosse scomparso.
Non ne uscirei integra.
« A proposito di Jacob » asserisce zia Alice « Qualcuno dovrà avvisarlo. E’ ancora là fuori a smuovere il cielo e la terra »
Ed esce dalla stanza, accompagnata dalla nonna.
Rivolgo l’attenzione ai miei genitori « Sono stata una stupida »
La mano di mia madre mi accarezza piano il viso, le sue labbra sorridono tenere e comprensive. Gli occhi di mio padre, invece, lo sono di meno, ma non danno segno di voler dare tempesta.
« Affronteremo questo discorso più tardi, Renesmee » risponde mio padre « La cosa più importante, adesso, è ben altro »
Lui e zio Emmett si scambiano un’occhiata eloquente, che promette danni.
Per un momento, la paura che ho provato oggi mi appare così lontana e distorta. Quasi impossibile, irrealizzabile.
E’ proprio vero che accanto a loro mi sento così protetta.
Il nonno si avvicina « Abbiamo bisogno d’informazioni, tesoro »
Annuisco, intenzionata a mettere a loro disposizione qualsiasi dettaglio possa risultargli utile per scovare ed affrontare questa nuova minaccia.
L’aria è carica di elettricità e non ho bisogno che qualcuno mi avvisi, per sapere che Jacob è qui. A pochi passi da me.
Con la sua solita delicatezza di un elefante, fa il suo ingresso in salotto.
Dista circa dieci falcate da me, il divano sul quale sono seduta si trova dall’altra parte della stanza rispetto a lui.
Deglutisco alla vista dei suoi occhi neri così profondi, preoccupati, colmi d’amore.
Ha l’aria di uno che ha passato più di una nottata in bianco. Indossa una felpa malandata, inzuppata per la solita pioggia di Forcks, su un paio di bermuda strappati e sudici. Le mani strette in pugni chiusi.
Scatto in piedi prima che l’abbia pensato, prima che qualcuno, per qualsiasi motivo possa proibirmelo; Jacob si protende verso di me nello stesso istante.
Ci incontriamo a metà strada ed è come se due pianeti si fossero finalmente allineati sulla stessa retta, congiunti sullo stesso legame indivisibile.
Il calore di Jacob è ovunque, lo avverto fin dentro lo stomaco, tra i capelli, sul mio viso.
Non credevo che il mio primo bacio l’avrei ricevuto davanti ai miei parenti.
Eppure mi sembra tutto così superfluo che è inevitabile che accada.
Quando le labbra di Jacob si posano sulle mie, nulla più esiste.

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Capitolo 13
*** In punta di piedi. ***


Ciao a tutti! Sono qui con un nuovo capitolo tutto da leggere solo per voi. Domani parto finalmente per la mia vacanza e quindi non so bene quando posterò, per cui ne ho approfittato oggi. Spero apprezziate. 
Buone vacanze a tutti voi!






Le labbra di Jacob somigliano molto a ciò che ho sempre sognato.
Inutile dire che la sensazione di integrità non mi ha mai abbandonata, dalla prima volta che le sue labbra si sono posate sulle mie, fino all’ultima.
La mia anima incompleta si è finalmente ricongiunta con il suo rispettivo pezzo di puzzle.
Mi sento come se fossi entrata in una dimensione sconosciuta, eppure così familiare, rassicurante.
Come si può conoscere da così tanto tempo una persona e riuscire a scoprire comunque nuovi tratti?
«Nessie, Nessie, Ness…» Jacob respira attraverso di me.
Di nuovo, come se il mio corpo ancora non avesse metabolizzato la sua presenza, la pelle si cosparge di brividi, rendendola sensibile al suo più piccolo tocco.
Respiro il suo profumo e lo faccio mio, ribadendo a me stessa che tutto quello che sta accadendo è vero, reale, tangibile.
Lo stesso Jake, avvinghiato a me da quando è tornato, sembra irreale sotto al mio tocco.
I suoi occhi non hanno mai smesso di guardarmi nello stesso identico modo che mi provoca un vuoto allo stomaco colmabile solo dalla frenesia dei suoi lunghi baci.
Mio padre mi ha concesso un po’ di tregua. Dopo che i pezzi blandi del nostro scarso autocontrollo ci hanno spinti a baciarci davanti a tutti, i miei famigliari ci hanno lasciato il tempo di chiarirci prima di dedicarci alla nuova minaccia.
Sono tutti troppo buoni con me. Non merito questa gentilezza.
Jacob mi ha chiesto se ci fosse un posto nel quale avrei voluto andare, quasi come se fosse un appuntamento.
Ho scrollato le spalle e gli ho risposto che la semplice tranquillità della Radura mi andava bene.
Adesso, seduti sulla gigantesca pietra che ha vissuto insieme a noi i cambiamenti della nostra relazione, il calore di Jake mi appare non solo indispensabile ma insostituibile.
Come ho fatto a pensare che avrei potuto vivere tutta la mia vita senza di lui?
Raccolgo qualche lavanda e ne annuso il profumo, lasciando che questa calma arrivi dritta al cuore.
Jacob mi cinge la vita, attirandomi di nuovo a sé. M’inserisco tra le sue gambe mentre intreccio le mie mani alle sue, dietro la schiena.
Di nuovo, le sue labbra mi cercano e mi trovano. Come un assetato.
Non posso fare a meno di rinfrescarmi di lui, della sua essenza.
Mi spingo verso di lui accarezzandogli i capelli, le spalle larghe, i muscoli tesi delle braccia.
« Jacob » mormoro, intenzionata a capire che effetto fa, adesso, sentire la mia voce che pronuncia il suo nome. Adesso che è cambiato tutto.
Quando la frenesia del bacio diventa ingestibile, Jacob si scosta elegantemente da me, poggiando la sua fronte contro la mia.
Le sue labbra sono piene, gonfie e arrossate. Sorrido davanti a questa tenerezza.
Jacob mi scosta con delicatezza una ciocca di capelli che ricade sul viso e la ripone dietro l’orecchio. Appare nervoso.
Sbuffo, tesa anch’io. Quando abbiamo discusso l’ultima volta, mi aveva confessato il suo Imprinting.
Entrambi sapevamo che questa rivelazione avrebbe modificato la nostra relazione irreversibilmente.
Gli avevo confidato che averlo trovato a… letto con Camille mi aveva distrutta. Di certo non si aspettava questa reazione (neanch’io, in realtà), in fondo non gli avevo confessato apertamente i miei sentimenti. Da donna, avevo fatto in modo che lo capisse.
« Nessie, voglio che tu mi dica ogni cosa » esordisce cupo e serio « Voglio che tu mi dia ogni dettaglio di quel vampiro, perché io voglio staccargli… »
Lo zittisco immediatamente poggiandogli un dito sulle sue labbra. Chiudo energicamente gli occhi per raggiungere la giusta dose di forza.
Non voglio affrontare questo argomento, non ora per lo meno.
Non voglio che quanto è accaduto oggi guasti questo nostro momento.
Non voglio che, in futuro, ripensando a quest’attimo, la paura rovini la magia.
« Jake, prometto che vi dirò ogni cosa » mormoro contro le sue labbra « Adesso siamo solo io e te »
Jacob si inumidisce le labbra contrariato, so che in questo momento passerebbe la sua intera esistenza alla ricerca del vampiro misterioso.
Poi mi stringe la schiena più forte, attirandomi ancora a sé.
« So che forse questo non è un argomento altrettanto importante, ma lo è per me » comincio tesa.
Jake aggrotta le sopracciglia davanti al mio fare un po’ criptico. Dapprima rimane esterrefatto, poi pian piano le mie parole prendono significato.
« Jake quella sera ero venuta a dirti ciò che provo per te » esordisco a testa bassa, incapace di guardarlo negli occhi. E’ una dichiarazione indiretta questa!
Il suo cuore batte a un ritmo frenetico quasi al pari del mio.
Sbuffo frustrata incapace di continuare come vorrei « Per tutto questo tempo ho creduto che tu te la spassassi con ogni ragazza ogni sera. E questo mi ha ferita più di quanto vorrei dirti, ma ora… »
Questa volta è lui a zittirmi afferrandomi il viso con forza e delicatezza al tempo stesso « Ness, non voglio mentirti. Ho passato ogni notte della mia vita a provare a sostituirti »
La sua vicinanza mi provoca un’onda d’urto che mi arresta completamente. Ancora adesso, dopo poco più di due ore, averlo vicino in questo modo… mi spiazza.
Mi afferra le mani stringendole forti « Non sono stato casto, se è questo che mi stai chiedendo. Ma non mi sono spinto fino a quel che pensi »
La sua bocca si avvicina rapida alla mia « Mai » sussurra languido prima che le nostre labbra diventino indivisibili.
Le mie mani raggiungono presto la sua schiena ed anche le sue viaggiano avide sul mio corpo.
Mi passerà mai? Avrò sempre questa smania quando sarà accanto a me?
Questa sensazione non morirà mai ed ora ne ho la certezza.
« Non pretendo niente da te, Jacob » mi giustifico « Volevo solo che sapessi la verità »
« La verità » mormora « E’ che quella sera al Pretty Angels, quando ci siamo appartati, avrei voluto confessarti tutto »
« Perché non l’hai fatto? » sussurro incuriosita e una punta d’egoismo mi pervade: quante cose mi sarei risparmiata!
« Sono stato un codardo, Nessie » afferma cupo, mi fa spazio accanto a lui e mi seggo sull’enorme masso grigio « Avevo paura che non ricambiassi »
Era davvero così cieco? O è stata la paura a renderlo così insicuro?
Ed io che ero certa che si vedesse lontano un miglio quanto fossi presa da lui!
« Mi stai prendendo in giro? » lo sbeffeggio ridendo « Jacob Black che ha paura di un semplice “no”? »
La mia allegria non lo contagia, il volto serio quando si volta a dirmi: « Il tuo mi avrebbe ucciso »
Il senso di colpa mi avvolge, lasciandomi un buco nel petto. Gli sorrido incoraggiante. Adesso, in fondo, nulla ha più importanza: siamo insieme ed è questo ciò che conta.
Anche se, adesso, sono più conscia delle sue emozioni e riesco a comprendere appieno il fulcro dei suoi problemi: so bene che convivere con l’Imprinting non è un’esperienza semplice.
E, ora che ci penso, non gli ho reso le cose meno complicate. Certo, se avesse abbattuto prima le sue difese e mi avesse lasciato entrare gli avrei risparmiato un bel po’ di problemi. Ed anche a me stessa, probabilmente.
Quante notti insonne mi hanno accompagnato quando lui non era di ronda? Mille domande mi affollavano la testa, la martellavano riducendomi in brandelli malandati.
Immaginavo la sua bocca baciare più e più labbra, le sue mani toccare troppe curve.
Credo di aver torturato senza scrupoli mio padre. Anche se la sua discrezione è sempre stata adorabile.
Ho immaginato per troppo tempo un futuro costruito su progetti irrealizzabili e colmi di speranze.
Credevo che questo giorno non sarebbe mai arrivato, che avrei trascorso la mia vita alla ricerca dell’anima gemella senza risultati.
Quando, in realtà, la mia era così vicina.
« Be’ » esordisco punta sul vivo «Avresti dovuto essere meno spavaldo»
Questa volta è lui a scoppiare a ridere « Oh, Nessie, eri semplicemente adorabile quando ti ingelosivi »
Il mio sorriso si arresta di colpo «Allora non eri cieco»
Jacob si alza in piedi dandomi le spalle, le lunghe braccia congiunte verso l’alto. Si stiracchia, producendo una serie di sonori respiri e mormorii.
Incrocio le braccia al petto attendendo una sua risposta. Bel tentativo di eludere la mia domanda, cane.
Quando si volta, il sorriso smagliante che gli spunta sul viso è abbagliante « Voglio mostrarti una cosa ».
 
 
La Radura è sempre stato, a mio avviso, un posto magico, colmo d’amore.
I miei genitori mi hanno accompagnata sempre qui, da piccola. L’atmosfera è sempre stata piacevole e rassicurante.
Mia madre mi ha raccontato la sua vita da umana, mi ha descritto perfettamente l’amore incondizionato che provava ( e che prova tutt’ora) per mio padre. E del tempo trascorso insieme in questo posto.
Quindi, ogni volta che penso alla Radura, non posso fare altro che collegarla ad un pezzo magnifico e romantico non solo della mia vita, ma anche a quella dei miei genitori.
E, motivo per cui, ero convinta di conoscerla alla perfezione.
Ma mi sbagliavo.
Oltre la vallata ripida, alle spalle del campo di Lavande, un sereno salice piangente copre l’ingresso ad un piccolo spiazzale.
E’ davvero un pezzo minuscolo rispetto all’immensità della Radura, ma è pur sempre incredibilmente mistico.
Al centro vige un tenero laghetto dalle sponde irregolari. Su di esso, troneggia un imponente albero di ciliegio. Posso perfino intravedere qualche bocciolo pronto a fiorire con la prossima primavera.
Jacob mi tiene per mano trascinandomi all’interno del posto incantato. Mi pare di essermi addentrata all’interno della Bella e la Bestia.
Un sorriso ebete mi increspa il viso ogni volta che noto un nuovo dettaglio: una rana che nuota serena, lo scintillio della rugiada, il profumo dell’erba bagnata.
« Jake ma.. » sospiro estasiata « è bellissimo! »
Il sorriso che mi rivolge è la risposta a tutte le domande.
In questo piccolo spiazzale, persino il sole appare più caldo e i raggi più luminosi rispetto a quello a cui sono abituata di solito.
Jacob mi lascia la mano e si avvicina al laghetto. Si accosta alla sponda tenendosi in equilibrio sui talloni; con delicatezza, ruota le dita sulla superficie dell’acqua, producendo una serie di cerchi d’onda.
Mi lascio travolgere da quell’immagine, quasi ipnotizzata e beata da questa semplicissima serenità.
« Non ne ero sicuro » borbotta all’improvviso, lo sguardo fisso davanti a sé.
Prendo una lunga boccata d’aria e mi avvicino a lui. L’erba calpesta produce un tenero suono, quasi un impercettibile scricchiolio.
 « Avevo notato qualcosa di diverso nei tuoi occhi » dice alzandosi, gli occhi puntati nei miei. L’intensità del suo sguardo mi fa fermare di botto.
« Credevo fosse solo frutto della mia disperata speranza » continua avvicinandosi, le braccia spalancate.
Quando è a un soffio da me lo interrompo: « Perché non mi hai mai portata qui? »
Ora sorride. Con il dorso della mano rovente mi accarezza il viso, scendendo lentamente verso il collo e poi giù sino al mio cuore. Mi si mozza il fiato.
«Ho giurato a me stesso che ti avrei mostrato questo posto solo dopo essere certo dei tuoi sentimenti» chiarisce.
Dischiudo le labbra, le mani mi tremano: «E adesso lo sei? »
Jacob annienta la distanza tra di noi, mi afferra il viso disegnando dei cerchi sulle mie guance. La scarica di elettricità che si irradia è immediata e la reazione del mio corpo non tarda ad arrivare.
Non se la lascia sfuggire e soffia un vigoroso « Sì »
Impossibile resistere al sapore dei suoi baci, all’intensità del suo trasporto e al fatto che mai mi abituerò alla sua impetuosità.
Proprio quando mi aggrappo alle sue spalle per distruggere qualsiasi fonte di distanza, il cellulare squilla frenetico nella tasca dei miei jeans.
Sobbalziamo entrambi, sconvolti dagli eventi.
Un moto di paura mi accende il petto: perché mio padre mi chiama anziché raggiungerci? Ci sarebbe voluto davvero poco…
« Papà? » chiedo impaurita.
« Renesmee, dovete tornare subito » ordina.
La domanda mi muore in gola quando mio padre afferma: « Questo lo dovete vedere »





Eccomi di nuovo qui! Questo non lo potevo scrivere all'inizio del capitolo per non fare spoiler.
Spero abbiate apprezzato un capitolo completamente incentrato sulla Jacksmee. Credo che la storia ne aveva bisogno.
Vi abbraccio ancora!

 

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Capitolo 14
*** Minaccia fantasma. ***


Eccomi qua, finalmente dopo aver terminato il mio tour de force, a postare un altro capitolo per voi. 
Spero abbiate fatto buone vacanze e spero apprezziate il capitolo. Buona lettura, vi abbraccio!




Quando arriviamo alla Riserva, il cuore mi batte forte nel petto come un tamburo.
« Perché ci incontriamo qui? » chiedo a Jacob che è tornato in versione umana da poco. Vederlo a dorso nudo accanto a me mi fa uno strano effetto.
« I Quileute sono preoccupati. Non hanno voluto lasciare la Riserva incustodita » spiega col volto serio.
Dopo il breve tramonto, la notte è calata velocemente su Forks. La coltre di nubi impedisce di vedere le stelle e persino la luna appare più scolorita in alto nel cielo.
Non appena ci vedono, un silenzio carico di aspettative cala su di noi. 
Jacob ed io non ci teniamo per mano eppure ciò che si scatena tra di noi è palpabile, innegabile. Il nostro legame si avverte a chilometri di distanza e non è sfuggito a tutte le creature sovrannaturali che ci guardano con attenzione.
Le nostre famiglie sono divise da un piccolo falò al centro, che sembra fare da tramite.
Le lingue di fuoco saettano luci ed ombre qua e là, incupendo il pallore dei vampiri ed enfatizzando la luce dorata della pelle dei Quileute.
« Papà, cosa succede? » arrivo dritta al punto, allarmata.
Mio padre cinge la vita di mia madre come al solito; accanto ai nonni, zia Alice e zia Rose stanziano immobili come statue.
Dove sono zio Emmett e zio Jazz?
Esattamente dall’altro lato, il branco di Jacob giace in tensione. 
Nonostante il Patto non esista più, è difficile negare una punta di ostilità nei nostri confronti. 
Al centro, tra le due fazioni, Billy siede sulla sua consueta carrozzina; dietro di lui Rachel si regge ai manici.
Mio padre si stacca dal semicerchio per raggiungerci. Regge una busta bianca di medie dimensioni tra le mani.
Con discrezione, ce la porge. L’afferro con le mani che mi tremano ed una voragine nel petto. 
Jacob, accanto a me, m’infonde sicurezza. Prima che apra la busta, ci scambiamo un’occhiata carica di significato.
Mi ritrovo tra le mani una serie di fotografie. Di me e Jacob. Di poco fa. Alla Radura.
Le sfoglio una ad una e, nonostante la pericolosità di questo gesto, non posso impedire all’imbarazzo di affiorare sulle mie guance. 
Ci siamo io e Jacob mentre ci baciamo, ci abbracciamo; uno scatto ha catturato l’attimo in cui la sua mano mi accarezza il viso.
E mi sento violata, in un certo senso. Quegli attimi appartengo a noi, e a noi soli.
L’ultima foto inquadra solo me, intenta a raccogliere un fiore di Lavanda.
Non so perché, ma la volto. Sul retro della foto, scritta in una perfetta calligrafia, vi trovo la scritta:
                                          A presto, Renesmee.

E non ho dubbi su chi sia il mittente.
Deglutisco nervosa: « Che cosa significa questo? »
Jacob mi strappa le foto dalle mani, sfogliandole ancora e ancora. Fino allo sfinimento.
Mio padre incrocia le braccia: « Che può trovarti ovunque voglia »
Il nonno si avvicina calmo, si scambia un’occhiata eloquente con mio padre, il quale annuisce.
« Non è tutto però, tesoro » afferma porgendomi un’altra busta.
Questa volta l’afferro velocemente e l’apro con impazienza. Il soggetto in foto non siamo né io, né Jacob. 
E’ un’umana, dalla corporatura minuta e i capelli chiari. Riconosco immediatamente la fossetta sul mento mentre sorride e l’anello a forma di quadrifoglio che porta al dito.
June.
Vacillo, portandomi le mani al volto: « No! »
Mia madre si avvicina immediatamente, offrendomi il suo conforto. 
« Papà, June, no! » urlo in preda al panico.
Jacob mi cinge la vita, il calore del suo corpo lentamente mi calma.
«Sta tranquilla, Nessie » mi tranquillizza mia madre « I tuoi zii già sono stati sul posto a controllare. June sta bene »
Ecco il motivo della loro assenza.
Sam si avvicina, incombendo su di noi. La sua autorità è indiscutibile.
« Renesmee, adesso abbiamo bisogno di sapere tutto » ordina ed io annuisco.
Il cerchio si allarga e comincio dal principio.
Dal mio strano presentimento di inquietudine, agli odori che avvertivo durante il mio soggiorno da June.
Racconto dell’incidente, di come mi abbia mandato fuori strada e di come mi sia comportata per non farmi schiacciare dalle lamiere.
Descrivo gli occhi rossi come l’inferno, la sua curiosità e la strana espressione che ha utilizzato che mi ha fatto pensare subito ai Volturi.
Quando Sam mi domanda se sia uno dei Volturi presenti anche all’ultima battaglia rispondo che no, non lo è, perché ricordo perfettamente i volti di tutti i presenti di allora.
Spiego il suo comportamento ambiguo, di come avrebbe potuto nuocermi in qualsiasi modo, ma che non l’ha fatto. Dell’ordine che aveva di uccidermi, ma che non ha portato a termine. 
E poi, infine, della minaccia velata. A presto Renesmee, mi fa venire ancora i brividi.
Quando porto a termine il mio racconto, mio padre e il nonno si scambiano una lunga ed intensa occhiata con Sam.
« Cosa succederà, adesso? » chiede Quil, impensierito.
Sam sospira rumorosamente, gli occhi ancora puntati sui miei famigliari « Niente. Per adesso. »
Mi passo una mano tra i capelli, sconvolta. Siamo tutti esposti ad un pericolo fantasma. 
Non sappiamo chi cercare, ma soprattutto perché. 
« Perfetto! » si leva una voce dal branco che conosco bene « Ci troviamo immischiati, di nuovo, in una guerra che non ci appartiene »
L’acredine e l’ostilità delle parole di Leah mi arrivano quasi sfocate. Sono così abituata alle sue provocazioni che ormai non le colgo nemmeno più.
Non mi perdo di scrutarla in volto, però. La mascella squadrata, i capelli tagliati a caschetto fanno di lei una ragazza mascolina, ma pur sempre bella. 
Mi dispiace così tanto che tra di noi non siamo mai giunte ad un accordo. Jacob era sempre preoccupato per ciò che Paul avesse detto di me. Invece si era dimostrato molto ben predisposto ad accettarmi, mentre quella che aveva fatto più di dieci passi indietro era stata Leah. E non c’era stato modo di recuperarla.
Jacob fa per dire qualcosa ma Sam lo interrompe, rivolgendosi a Leah: « Appartiene a Jacob e per questo anche a noi. Non dimenticarlo mai »
Leah lo fissa attentamente negli occhi « Come potrei »
Una punta di dolore mi trafigge. So bene del triangolo Sam, Leah, Emily. 
Immagino che il suo sarcasmo sia solo un’utile arma di difesa. Credo che anche io, al posto suo, vorrei ritagliarmi un posto sicuro solo per me. Come ci si protegge dopo una delusione così grande?
Billy afferra Sam per il braccio « Non perdiamo di vista la questione »
« Esatto » s’intromette zio Emmett mentre scrocca un bacio sulla guancia a zia Rose, appena arrivato insieme a zio Jazz. 
Entrambi si avvicinano e zio Jazz mi sussurra all’orecchio « June sta più che bene. Trascorrerà il fine settimana dai genitori »
Immediatamente mi sento più tranquilla e il macigno che ho sullo stomaco pare sciogliersi come neve al sole. Anche se non sottovaluto mai la testardaggine dei vampiri.
Il nonno si fa avanti « Il punto è che i Volturi hanno un metodo ben preciso nelle proprie procedure. Sono abitudinari ed amano lo spettacolo. Non dico che non sarebbero stati capaci di ingaggiare un sicario per uccidere Renesmee » sospira, guardandoci uno ad uno, da vampiro a licantropo « Ma avrebbero fatto in modo di lasciare una traccia ben precisa. Tutti devono sempre essere al correnti della supremazia dei Volturi »
« E cosa ti fa pensare che non siano loro? » chiede Paul che era rimasto in silenzio fino a questo momento.
« Semplice » afferma il nonno « Il vampiro che ha attaccato Renesmee non ha lasciato firme. Anzi, il fulcro della faccenda è proprio questo: non abbiamo alcuna scia da seguire »
« Cosa ci stai suggerendo, Carlisle? » chiede spiccio Billy.
Il nonno si volta a guardare mio padre, in cerca di aiuto, il quale interviene subito « Di stare in allerta. Di tenere sotto controllo la zona e le persone a cui tenete di più. Dovremo collaborare»
Jacob si espone, con la sua imponenza « Questo non sarà un problema »
« Non per lui » mormora Leah irritata nell’orecchio di Seth, il quale la spintona. 
Nonostante i rapporti poco idilliaci, la sua asprezza non riesce a spezzare il legame precario su cui si basa questa pace. 
Jacob la fulmina con lo sguardo e poi si rivolge alla mia famiglia « Non abbiamo paura dei vampiri »
Mormorii di approvazione si levano dai Quileute. Ancora una volta i legami di queste persone sono capaci di emozionarmi e inondare il mio petto d’amore. Non potrò mai sentirmi sola sapendo che tutti loro sono sul mio stesso pianeta.
« Stiamo sperando nelle abilità di Alice » ci informa la mamma « Potremmo avere molti vantaggi »
« Immagino » risponde freddo Sam. Ha ancora qualche difficoltà nel trattare certi argomenti.
« Non appena avremo maggiori informazioni, non tarderemo a condividerle con voi » li rassicura nonna Esme.
Restiamo incastrati in un imbarazzante silenzio fin quando qualcosa attira la nostra attenzione e all’unisono ci voltiamo di scatto verso est.
Un odore familiare impregna l’aria, facendoci scattare all’unisono verso est.
Il pizzicore alla gola diventa man mano più potente.
«Umani» sussurra zia Alice, guardando zio Jasper.
I miei familiari decidono di uscire di scena prima dell’arrivo degli umani: non si è mai troppo prudenti.
Li rassicuro dicendo loro di essere in compagnia di Jake, il quale sicuramente mi scorterà verso casa.
Osservo i volti interrogativi di ognuno del branco e il cuore mi batte più forte nel petto, inspiegabilmente.
Una moto rosso fiammante fa il suo ingresso nella Riserva e non ho più bisogno di motivare la mia ansia.
Il casco integrale copre il volto di entrambi gli umani, ma non ci sono dubbi su chi sia la ragazza al posto di guida. Dietro di lei, un uomo.
Camille si sfila il casco, ondeggiando soavemente la testa per sistemare i capelli. Gabriel, dietro di lei, ci sorride ammiccando.
Gli occhi di Camille sono puntati su Jacob e il suo sguardo potrebbe infiammare l’intera foresta.
Nonostante il significato speciale dell’Imprinting, non riesco a non sentirmi minacciata dalla sua presenza.
Non è tanto questione di aver paura, quanto dell’insicurezza della natura del loro rapporto. Purtroppo per lei, la memoria di una vampira è molto spaziosa. 
E i suoi sospiri, le sue unghia lunghe sulla pelle di Jake, le sue mani sulle sue curve.
Chiudo gli occhi. E’ acqua passata, mi dico. E allora perché fa così male?
Jacob accanto a me non si è mosso. 
Il panico monta dentro di me velocemente e mi affoga. 
Faccio per andar via, perché questa situazione non la potrei reggere adesso. Va bene qualsiasi posto: il cuore della foresta, la spiaggia di La Push o dentro casa di Billy. 
Ovunque ma non qui.
Jacob mi afferra il polso e mi sbatte contro il suo petto. La sua mano scivola sotto al mio mento, sulla mia guancia. 
Le sue labbra si posano immediatamente sulle mie: delicate, tiepide, mi assaporano. Quasi come se stesse rivendicando ogni suo diritto su di me. 
I suoi occhi emanano scintille e maledico di nuovo la mia stupidità per aver dubitato di lui.
Dolcemente soffia sul mio viso «Resta».
Non posso oppormi alla sua richiesta. Con tutta la buona volontà, ma il mio cuore non potrebbe resistere.
Soprattutto di darla vinta a quella vipera.
Jacob, ancora più testardo, mi afferra la mano pronto a ricevere i suoi amici.
I riccioli castani si muovono ad ogni passo di Gabriel « Ehi, amico. Non dirmi che hai dimenticato.. »
« Be’, in realtà sì » lo interrompe Jacob, stando ben attento a tener puntati i suoi occhi solo su Gabriel. Camille, accanto a lui, si smuove frenetica ed irrequieta; mi lancia occhiatacce cariche di significato, potrei reagire alle sue minacce ma mi basta sentire il calore della mano di Jake per sapere che non ho bisogno di ricorrere a stupidi trucchetti.
« Ooooh, ma dai! » esclama Gabriel col solito tono allegreo « Sei sempre il solito idio.. »
Gabriel non termina la sua frase, perché qualcosa ha attirato la sua attenzione.
Ci voltiamo a guardare il centro del suo interesse e scorgiamo Leah, ammaliata e immobile nella sua traiettoria. 
E’ come se al mondo non esistessero altri che loro, ed è allora che accade: come un incantesimo sprigionato nell’aria che riesco ad avvertire persino io.
Billy ci porge una domanda ma l’attenzione di ognuno di noi è solo per Leah, la cui anima pare librarsi nel cielo ad una velocità mozzafiato. I suoi occhi sono puntini di stelle luminosi, il suo corpo pare sul punto di sciogliersi e rinascere allo stesso tempo.
Ogni suo dettaglio sembra enfatizzarsi: le labbra sono fresche e rosee, la pelle liscia e scintillante, i capelli setosi, lo sguardo più accattivante. 
La sua vita, da adesso in poi, ruota attorno a quell’unico essere in grado di diventare il centro della sua gravità.
Leah ha avuto l’Imprinting.


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Capitolo 15
*** Amara scoperta. ***


Hello guys! Come va? Finalmente posto il seguito della mia storia, molto mooooooolto particolare. 
Come al solito spero vi piaccia e vi auguro una piacevole lettura!
Vi abbraccio, A.




Avrei voluto declinare l’intera faccenda e sparire nel vuoto. Purtroppo per me non è stato possibile e mi ritrovo a mettere in scena qualcosa che ci aiuti a tollerare questa serata.
Jacob mi aveva lasciato in compagnia di Emily per rincorrere Gabriel e aiutarlo ad entrare in questa nuova incredibile sfaccettatura che gli si è presentata, ma di cui ancora non ne è a conoscenza. Anche se non capisco bene come. Io l’ho accettato perché sono nata in un contesto tutt’altro che normale.
Ho storto il naso, contrariata: dopo tutto ciò che Leah ha sopportato, meritava un po’ di pace.
«Come farà, adesso, Leah a spiegare la storia dell’Imprinting a Gabriel? » chiedo ad Emily, mentre studio gli ingredienti presenti nella dispensa.
Jacob mi ha chiesto di aiutare Emily a preparare qualcosa per cena facendo ricorso alle mie abilità culinarie. Solo Jacob sa di tutte le torte e pasticcini che ha divorato nel corso degli anni. 
Tutti minuziosamente preparati per lui.. ma questa è un’altra storia.
Emily mi sorride dolcemente, il segno della cicatrice ben visibile sul volto «Non ci sarà molto da spiegare, Nessie. Sai bene quanto sia esplicito l’Imprinting. Non è una cosa a cui puoi sottrarti»
Aggrotto le sopracciglia interrogativa: « Intendi dire che siamo tutte prigioniere di una magia suprema? »
Lei scuote la testa, di una dolce pazienza « Dimentichi di dire che la magia della quale parli è l’amore »
Lascio perdere qualsiasi ricetta, pronta a renderle tutta la mia attenzione mentre continua: «Onestamente, Nessie, dopo la scoperta dell’Imprinting è cambiato qualcosa?»
Scuoto la testa ammaliata e incapace di ribattere a parole.
« Ed è proprio questo il punto » asserisce «Il legame incomparabile lo sentivi dal principio anche tu»
Già. So bene di cosa parla: ricordi di me e Jacob mi affollano la mente, inondandola di un sentimento profondo ed irrinunciabile. Anche prima che sapessi dell’Imprinting, immaginare la mia vita senza di lui era inconcepibile.
«Nessun essere umano al mondo…» poi si accorge di chi si trova davanti e si corregge «…scusami, nessun essere al mondo rinuncerebbe ad una simile fortuna. E sarà lo stesso per Gabriel, vedrai».
Una nuova domanda affiora sulle mie labbra prima che posso fermarla «Sei contenta per Leah? Voglio dire…»
Un sorriso compassionevole le increspa il viso, addolcendo la grossa cicatrice che le attraversa il bel volto «Moltissimo. Sai all’inizio di tutta questa storia, ho combattuto l’Imprinting di Sam con tutte le mie forze»
Leah ha sofferto molto ma se c’è un’altra parte lesa di cui ci dimentichiamo spesso, quella è Emily. Certo per lei le cose saranno andate meglio con Sam al suo fianco, ma vedere soffrire la cugina a causa sua non sarà stato per nulla facile.
« Sarà stato estenuante » osservo. Quando sono scappata via convinta che Jacob fosse andato oltre con Camille, ho sentito un vuoto nel petto incolmabile.
Lei annuisce, felice che qualcun altro finalmente possa capirla «Stavo distruggendo non solo me stessa, ma anche Sam »
Che situazione orribilmente complicata. Nessuno è stato risparmiato dal dolore.
«Pensa che adesso troverete tutti un po’di pace» la conforto, appoggiandole una mano sulla spalla.
«Già » risponde felice.
Proprio in quel momento Camille fa il suo ingresso in cucina, turbandomi nuovamente. 
«Posso essere d’aiuto?» chiede. La timidezza della domanda non si addice ai tacchi alti e al tubino la cui scollatura lascia ben poco spazio all’immaginazione.
«Certo» risponde Emily, gentile come sempre. Le dice che magari potrebbe affettare il pane e Camille accetta volentieri. Dal canto mio le do le spalle, incapace di intrattenere una qualsiasi conversazione.
So bene come si sentono gli umani in presenza di noi vampiri ( dopo tutto questo tempo passato insieme a loro e dopo aver raggiunto la maturità, mi sento d’inserirmi nella categoria dei succhiasangue rigorosamente vegetariani): affascinati e intimiditi al tempo stesso. E’ stato proprio questo, a suo tempo, ad attirare mia madre; quindi non riesco a capire perché diamine debba sentirmi io in soggezione rispetto a questa stupida ochetta bionda. Dovrebbe essere lei a temere me, non il contrario.
Eppure questa orribile sensazione nel petto non vuole sapere di lasciarmi andare, rendendomi nervosa e vulnerabile al tempo stesso.
Odio pensare che Jacob possa guardarla più del necessario, persino il pensiero che possano intrattenere una qualsiasi banale conversazione mi brucia.
Sospiro cercando di mettere ordine nei miei pensieri. Non ho nulla da temere, mi dico.
Proprio quando ho raggiunto una leggera calma interiore, Emily mi abbandona recandosi sul retro a fare scorta di birra prima che i ragazzi “ le stacchino la testa a morsi”.
Merda.
Continuo ad impastare gli ingredienti, a mescolarli e, infine, ad infornarli. Mi dedico alla preparazione di qualche contorno da abbinare al rustico ripieno e alle coscette di pollo fritte.
Ignoro la presenza umana finché posso, finché non si schiarisce la voce attirando palesemente la mia attenzione.
In realtà, ancora una volta, fingo di non aver notato i suoi tentativi, fin quando Camille non mi chiama esplicitamente «Renesmee?»
Mi volto ad affrontarla e lei insiste imperterrita: «Renesmee, giusto?»
Alzo gli occhi al cielo, il suo tentativo di apparire disinteressata è ridicolo persino per lei, ma mi limito ad annuire.
«Jacob ti ha mai parlato di me?» chiede sfrontata.
Una piccola lama invisibile si conficca nel petto, all’altezza del cuore. Non riesco a rispondere a parole per cui scuoto la testa, visibilmente irritata.
Lei scuote il capo a sua volta, sorridendo beffarda «Ci avrei scommesso»
Aggrotto le sopracciglia «Cosa intendi dire?»
Camille ripone il coltello sul ripiano marmoreo e si avvicina. Quando cammina i muscoli tonici delle cosce si flettono, mettendo in risalto la sua corporatura snella. Il vestito sale di un centimetro alla volta ad ogni suo movimento.
«Jacob mi ha parlato di te» spiega «Molto»
Il cuore mi martella così forte che pare sul punto di spiccare il volo in piena autonomia. 
«Era troppo bello per essere vero»
«Cosa?» mi sono persa.
«Non cosa, ma chi» esclama «Jacob, era troppo bello per essere vero. Ho sempre pensato che la nostra fosse un’avventura valida per uno scopo. E, quando ti ho vista, ho capito subito quale»
Perché mi sta dicendo tutte queste cose? Insomma, una come lei che rinuncia al suo orgoglio?
«E qual è?» chiedo, ancora stupita per come si sta svolgendo la cosa.
«Quello di farti ingelosire » sorride.
Resto di sasso. Era così chiaro per lei che Jacob non fosse interessato? E allora perché si è accontentata di essere il suo passatempo?
Fuori gli schiamazzi richiamano la nostra attenzione: la fame del branco comincia a farsi sentire.
«Sarà meglio che vada» osserva Camille, il vassoio del pane ben stretto tra le esili mani.
La serata scorre velocemente tra chiacchiere vivaci e una marea di aneddoti del branco volti a prendere di mira uno dei fratelli.
Sono semplicemente adorabili insieme, così chiassosi e così difficili da tenere a bada, ma infondono davvero tanta felicità.
Mi dimentico persino di avere un vampiro alle calcagna che, nel peggiore dei casi, lavora per i Volturi.
La mano di Jacob non mi lascia mai. Per tutta la sera, anche quando impegnato a mangiare, le sue dita si sono strette intorno alla mia gamba, provocandomi una serie di brividi in tutto il corpo.
Ciò che la sua sola presenza è capace di suscitare in me è sconcertante.
Sarà stato il poco tempo che abbiamo avuto per scoprirci o perché ci siamo ritrovati da poco, ma più volte i nostri occhi si sono incontrati durante la serata ed era come se l’intero mondo avesse creato uno spazio solo per noi.
Gabriel e Leah non si sono uniti a noi. Credo abbiano tante cose da dirsi.
Restiamo fino a tarda notte fino a quando Jacob non si alza dal tavolo e annuncia: «Sarà meglio andare».
Ci incamminiamo verso casa dei nonni e, prima che imbocchiamo la strada, Jacob mi agguanta per i fianchi spingendomi contro un albero.
Presto le sue labbra sono ovunque.
« Ti va di andare a caccia » chiede « Come ai vecchi tempi? »
Gli mordo il labbro inferiore e accordo: «Come ai vecchi tempi».



Prima di addentrarci nel bosco, invito Jacob a fare un salto a casa, sentendo il bisogno di cambiarmi. 
Se c'è una cosa che ho ereditato da zia Alice è la passione per le scarpe: non permetterei nemmeno ai Volturi di rovinarmele... o quasi.
I componenti della mia famiglia sono più splendidi che mai, nei loro abiti semplici e nei sorrisi mozzafiato. Così silenziosi e immobili, sembrano adornare l'intera veranda.
Faccio un cenno a mia madre e mi dirigo al Cottage, lasciando Jacob lì a parlottolare.
Man mano che mi avvicino alla mia casa, il bisogno di entrarvi diviene sempre più impellente, necessario, imponente. Come un comando a cui non posso disobbedire.
Qualcosa attira la mia attenzione, un unico pensiero rimbomba nel mio cervello, frastornandomi: devo entrare in camera mia. Subito.
La luce è spenta e i raggi argentati filtrano dalla finestra conferendo un aspetto freddo e al tempo stesso rassicurante.
La mia stanza è come l’ho lasciata l’ultima volta. Nulla è stato toccato o cambiato.
Eppure un dettaglio che fino a qualche giorno fa non c’era, adesso giace sul letto.
Mi avvicino tremante e afferro la fonte della mia curiosità.
Un’altra fotografia.
Questa volta non sono io il soggetto e neppure la mia June.
Questa foto riguarda mia madre e Jacob, avvinghiati l’uno all’altra. Mentre si baciano.
La terra pare mancarmi da sotto i piedi e mi sento vacillare in questo mondo del tutto estraneo. Il panico mi serra lo stomaco, impendendomi di pensare lucidamente.
Ma cosa c’è da pensare? E’ tutto così evidente, maledizione!
Osservo di nuovo la foto e un dettaglio mi scuote: mia madre era ancora umana.
Prima che l’abbia solo pensato, sono già fuori dalla porta diretta alla casa dei nonni.
Tengo così stretta la foto tra le dita che si strappa in più punti; quando arrivo, la maggior parte della mia famiglia è intenta a godersi il panorama e la piacevole compagnia.
Jacob, di fronte ai miei genitori, ha appena fatto una battuta alla quale mia madre sta ridendo di gusto.
Questo pare far esplodere la mia rabbia sempre di più.
Mi fermo a debita distanza da entrambi, non voglio entrare nel loro raggio d’azione. Voglio impedire qualsiasi contatto.
« Qualcuno sa spiegarmi questa? » asserisco glaciale, gettando la foto ai loro piedi.
Mia madre non ha bisogno di raccoglierla per sapere di cosa si tratti e, se possibile, sembra diventare ancora più pallida. Mio padre, dalla mia mente, sa già cosa sta per succedere. Il suo volto straripante di compassione è un ulteriore coltellata alla schiena.
Jacob, ingenuo ed umano, si abbassa a raccogliere l’oggetto in questione. Pare sbiancare e sul punto di vomitare.
« Nessie… » mormora lui, con quel tono di voce tra il compassionevole e il mortificato.
Qualcosa si spezza ufficialmente dentro me. Il suo tono di voce è un’ulteriore conferma « No… » dico, coprendomi il volto con le mani.
Che diavolo pretendevo? Che mi dicessero che si trattava solo di uno stupido fotomontaggio?
Mia madre si avvicina in un lampo, afferrandomi le mani « Tesoro, ascoltami… »
«Non toccarmi!» esplodo isterica.
Sott’occhio noto che mia nonna Esme invita con discrezione tutti a lasciarci soli.
Deglutisco in preda al panico, Jacob di fronte a me è una statua di ghiaccio.
« Nessie, ascoltaci » comincia lui avvicinandosi lentamente «E’ stato molto tempo fa…»
Non gli lascio terminare la frase e mi rivolgo ai miei genitori « Non credete che avrei dovuto saperlo? Come avete potuto pensare che questo non mi avrebbe ferito?! »
Mio padre tenta di rispondermi ma glielo impedisco «Come avete potuto permettere che accadesse? E TU » mi rivolgo a Jacob «Avresti dovuto starmi alla larga!»
«Nessie, sei il mio Imprinting, maledizione!» urla «Avrei dovuto combattere la mia natura!»
« Ah, giusto » ribatto velenosa «Immagino che il tuo Imprinting ti sia andato stretto, non è vero?»
Jacob mi guarda sconvolto, ma sono così fuori di me che niente potrebbe impedirmi di dire ciò che la rabbia mi spinge a pensare, così continuo: « In fondo, sono stata l’ostacolo tra te e l’amore della tua vita, non è così? »
« Renesmee, tesoro » s’intromette la mamma, cercando di placarmi « Non eri ancora nata. In realtà, non eri nemmeno nei nostri piani. Ero ancora umana e vulnerabile, ed io e tuo padre non ci eravamo ancora sposati »
« E’ questo dovrebbe essere una giustificazione? » chiedo con la voce rotta dal pianto. Sono in lacrime da quando ho cominciato questa assurda discussione e pare che non ne siano mai abbastanza.
Ogni parola, ogni scoperta, ogni amarezza riesce a farne fuoriuscire sempre di più. Sono un fiume in piena.
« No » ribatte energica « Ma non puoi incolparci di qualcosa accaduto prima di te. L’ultima cosa che vorremmo è farti del male »
Mi allontano affondando le mani tra i capelli, respiro lunghe boccate d’aria per calmarmi e per cercare di riflettere.
« Nessie » mi chiama Jacob, afferrandomi per le spalle.
Me lo scrollo immediatamente di dosso « Levami le mani di dosso, Jacob »
Jacob non si accinge a ritirarsi e la mia espressione non cambia «Jacob, non toccarmi, non voglio farti del male»
Lui ci riprova ed allora mio padre lo ammonisce «Jacob»
Fisso le persone più importanti della mia vita: non ce la farò mai a superare tutto questo. E’ assolutamente inaccettabile.
« Sapete una cosa? » dico rivolgendomi a mia madre e a Jacob « Mi fate, letteralmente… »
« RENESMEE! » mi minaccia mio padre prima che prosegui.
Schifo!, urlo nella mia testa a perdifiato. Sprofondo nell’assoluto dolore, tutto svanisce intorno a me e nulla ha più significato. 
Non so come farò, da adesso in poi, ad affrontare la mia vita.
«Tieniti il tuo Imprinting » non c’è pietà nel mio tono di voce «Non permetterò ad una stupida legge suprema di condizionare la mia vita».
« No, Nessie » esclama mia madre «Non commettere questo errore »
« Stanne fuori, mamma » sibilo.
« Renesmee » mi richiama mio padre.
« Lasciatemi stare tutti!» urlo e mi dirigo al Cottage.
Lacrime bollenti continuano a scorrermi sul viso. Mi sento spezzata.
Vorrei solamente che la terra m’inghiottisse al suo centro senza lasciarmi andare mai più. 
Sono stata distrutta dalle due persone che amo di più. Posso perfino comprendere una parte delle loro parole: tu non esistevi.
E’ il dopo, che non capisco. Avrebbero dovuto impedire a Jacob di avvicinarsi a me in quel modo. Diamine, non hanno pensato minimamente alle probabilità che ne rimanessi sconvolta?
Jacob amava mia madre. 
Come posso continuare la mia vita come se questa verità non esistesse?
E, soprattutto, se Jacob non avesse avuto l’Imprinting mi avrebbe mai amata?

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Capitolo 16
*** Dodici lune. ***


Ciao a tutti! Eccomi qua finalmente con un nuovo capitolo. Ho aspettato che si risolvessero un po' i problemi del sito prima di postare il seguito, giusto per non avere problemi. 
Spero che vi piaccia e come al solito buona lettura!
P.S. Alla fine del capitolo c'è una piccola nota! Grazie per l'attenzione!




Dodici lune.
Le notti che ho trascorso senza Jacob.
Distesa sul letto a fissare il soffitto, non riesco a trovare una giustificazione al mio dolore.
E’ semplicemente inaccettabile il pensiero di mia madre e Jacob insieme. Un dolore troppo grande da sopportare, non incline alla rassegnazione.
Ho preteso silenzio da entrambe le parti.
Mia madre è quella con cui mi risulta più difficile restare arrabbiata. Non posso odiare la persona più importante della mia vita.
Riversare su Jacob, invece, la mia rabbia appare estremamente semplice.
Mi copro il volto con le mani, avvolta dalla vergogna per ciò che ho detto ad entrambi e per ciò che ho pensato, dodici giorni fa.
Vorrei poter cancellare gli ultimi avvenimenti e ripartire daccapo. So bene che questo non avverrà mai e che dovrò convivere con questa batosta per l’eternità. In pratica, non ci sarà mai fine alla mia pena.
In questi giorni ho sfruttato al meglio le mie abilità da vampira: sparisco in un lampo così come sono arrivata, caccio in solitudine anche se so bene che c’è mio padre a tenermi d’occhio e non rivolgo la parola a nessuno. 
Ho evitato mia madre finché ho potuto, fin quando non l’ho vista così addolorata da sentirmi sprofondare. 
Le sono andata incontro e senza troppe cerimonie le ho detto: « Ho solo bisogno di tempo ».
Se avesse potuto piangere credo che sarebbe scoppiata in un mare di lacrime e, prima che lo facessi io, sono andata via senza guardarmi indietro.
Ho valutato persino l’idea di scappare di nuovo.
Mi è quasi venuto da ridere. Ma non ho potuto: il rischio che incombe su di noi è più importate di qualsiasi dramma personale.
Il pensiero di Jacob lontano da me è logorante e straziante. Quante volte avrei voluto correre da lui e rimediare alla mia sfuriata; avrei voluto avere la forza necessaria per lasciar correre e continuare con la nostra vita. Più che il cuore, il mio orgoglio  non me lo permette. E’ anch’esso lacerato dai dubbi, dal dolore di ciò che ha dovuto sopportare.
Lo scatto di mia madre e Jacob che si baciano mi tormenta persino di notte.
Qualche volta ho trovato conforto nello sguardo di mio padre o quando, di notte, abbiamo trascorso il tempo insieme in silenzio ad osservare le stelle. E’ stato rassicurante, seppur incapace di esprimere la mia sofferenza. Anche perché sarà riuscito ugualmente a conoscerla, dato il turbine dei miei pensieri.
Ho alzato un muro tra me e tutte le persone a cui voglio bene.
Non riesco a guardare in faccia i miei parenti, i miei compagni di vita, mia madre. Jacob.
In questi dodici giorni ho allontanato da me persino il pensiero della morte. 
So bene quanto gli umani abbiano la tendenza a venerare la morte nei momenti di difficiltà; essendo per metà umana, ho creduto che questa tendenza mi avrebbe assalito. 
Ma non è stato così.
Persino il pensiero dei Volturi impallidisce davanti al mio buco nel petto.
Se sono rimasta qui, senza commettere sciocchezze, è stato solo per l'infinito amore che nutro per la mia famiglia.
Mi alzo di scatto raggiungendo la finestra. Scosto le tendine dal motivo floreale che ha scelto la nonna e osservo i raggi lunari risplendere sull'erba umida di fronte a me.
Vorrei poter essere una persona migliore, affrontare tutto questo con razionalità e mettere fine ai problemi che, col mio comportamento, sto creando. 
Ma non posso. Non ci riesco. 
Richiudo le tende sbuffando e una presenza alle mie spalle mi desta.
Sorrido senza voltarmi all'uomo che non mi ha lasciata mai sola e che, sono certa, mai lo farà.
La mano di mio padre mi cinge la spalla e mi lascio cullare come quand'ero bambina. Poggio la mia testa contro il suo petto, traendo serenità da questo contatto.
« Tesoro » mi chiama mio padre, cercando la mia attenzione.
Mi volto verso di lui. I suoi occhi dorati mi scrutano a fondo e non ho bisogno della telecinesi per sapere cosa stia pensando.
« Ho qualcosa da dirti » comincia.
Alzo gli occhi al cielo irritata « Se vuoi dirmi, ancora una volta, che è accaduto prima che io nascessi... »
Mio padre mi zittisce facendomi sedere ai piedi del letto.
Sbalordita, lo fisso senza fiatare. Il bronzo di Riace che mi sta davanti, mi sorride incoraggiante, raggiungendomi al mio fianco.
« Ho qualcosa da mostrarti » mi dice, quasi con timidezza « Ma ho bisogno della tua collaborazione »
Aggrotto le sopracciglia « Che intendi dire? »
Sorride e ancora una volta è abbagliante. Posso capire senza troppi sforzi perché mia madre abbia perso la testa per lui.
« Credo di poterti aiutare ad utilizzare meglio il tuo dono »
La mia curiosità spicca alle stelle « In che senso? »
Mio padre si guarda intorno, incerto. Si alza in piedi e mi porge la mano: « Andiamo »

Il rumore della vita della Riserva mi mette immediatamente di buon'uomore. 
Nonostante la pace che m'infonde, un senso di malinconia mi pervade: i ricordi di me e Jacob vissuti da poco, sono ferite ancora fresche per non sanguinare.
Chiudo gli occhi cercando di allontanare via da me ogni sensazione negativa. 
Posso farcela, mi dico, sono qui, insieme a mio padre. A non pensare a Jacob. Posso farcela.
L'enorme masso al centro della Radura mi attira, circondato da numerosi ricordi felici, sereni.
Mio padre, leggendomi nel pensiero, si avvia verso di esso, accomodandosi e lasciandomi uno spazio per me.
I suoi occhi si fissano nei miei ed io gli sorrido di rimando, spontaneamente.
« So cosa stai attraversando » esordisce.
Sospiro irritata « Davvero? »
Il suo sopracciglio si solleva, scettico « Oh, certo che si! »
« Questo non cambia le cose però » mormoro.
« Ovviamente » dice. 
Nego a me stessa la possibilità di pensarci proprio adesso: « Dai, papà. Cosa volevi dirmi? »
Il suo sguardo diviene improvvisamente serio: « Il tuo potere funziona in maniera diversa dal mio, tu sei capace di trasmettere nella mente, io di guardarvi attraverso. Attivalo » mi incita.
Non so bene cosa fare per cui mi limito a mostrargli qualche ricordo felice legato alla mia infanzia.
Mio padre scuote la testa contrariato: « Avanti, Renesmee: sai fare di meglio »
Dopo dodici giorni di silenzio esplodo, tocco il volto liscio come il marmo di mio padre e gli infliggo la peggiore delle torture: gli mostro la sofferenza della sua unica figlia.
Le lacrime mi scendono senza sosta sul viso ed io continuo a scavare dentro di me e a brillare attraverso lui.
Gli mostro ogni cosa, ogni pensiero, ogni dettaglio che mi ha logorato in questi giorni fatti di assenze e silenzi.
Jake è dovunque e non posso impedirlo. Rappresenta una parte troppo grande di me stessa che non riesco a cancellare. Una parte che non mi consente di essere integra quando lui non c’è. Come se non riuscissi nemmeno a respirare.
Mio padre comprende e annuisce ad ogni mia dimostrazione.
« Lascia che ti aiuti » sussurra nella mia testa.
E all'improvviso non sono io a navigare nei miei ricordi, ma è lui che mi lascia camminare nei suoi; comincio a vagare nel mondo di mio padre, a scrutarlo attraverso i suoi occhi.
Non ho bisogno di vederlo per potervi accedere. E’ qualcosa di essenzialmente straordinario. Noi siamo straordinari. Per quanto le leggende ci disprezzino, per quanto siano nati addirittura nuovi esseri per contrastarci, non possiamo far altro che continuare dritti nella nostra magnificenza.
Come può accadere tutto questo? Due poteri che s’intrecciano e danno vita ad un’altra dimensione!
Mio padre mi sta facendo un regalo tutto suo.
Ed io sono lì, accanto a lui, mentre il furgoncino scuro sbanda sulla strada ghiacciata, pronto ad investire mia madre una volta umana.
« Non lei! Le parole gridavano nella mia testa come fossero appartenute a qualcun altro »
Sussulto spaventata: non credevo, addirittura, di poter sentire così chiaramente i suoi pensieri.
Scorgo la storia velocemente, forse per mio padre questi sono punti tralasciabili che però non mi sfuggono: mio padre che presenta la sua fidanzata alla famiglia, l’incontro con i tre vampiri selvaggi, la lotta, la vittoria, il loro amore.
Più lentamente, invece, mi mostra le immagini che a suo tempo l’hanno spinto a dire addio: lo scarso autocontrollo di zio Jasper, mia madre ferita – ancora una volta messa in pericolo dalla sua natura- la volontà di darle una scelta. 
E poi ancora mia madre che corre attraverso una piazza, incontro a mio padre che ha scelto di morire. La tenacia con cui mia madre non si dà per vinta mi fa venire i brividi.
Così esile, così umana pronta a salvare la vita dell’unico uomo che ama.
Intravedo la scena da lontano, come se fossi in disparte: la mente di zia Alice, forse? Mio padre annuisce impercettibilmente. 
E poi ancora, la parte che mi preme di più: la rabbia di Jacob per il ritorno di mio padre, il suo disgusto. Alzo una mano: sono così vicina al suo viso che potrei toccarlo. 
Riesco a vivere tutte le sue sensazioni: è questo ciò che prova mio padre ogni volta che legge nella mente degli altri?
Finalmente arriva il momento che tanto avevo aspettato, che mi ha provocato un moto d’ansia ingombrante nello stomaco.
Jacob e mia madre si baciano senza freni ai piedi di una vallata innevata, il sole inaspettato inonda entrambi di rosso, il colore giusto.
Non c’è bisogno di guardare ancora la scena per intravedere i tratti estasiati di Jacob. L’amava così tanto?
« » risponde mio padre nella mia testa, al di sopra delle immagini.
Deglutisco addolorata. Cosa c’entra tutto questo con me?
Vedere Jacob che bacia qualcun altro – e se quel qualcun altro è mia madre – è semplicemente devastante.
La scena cambia di colpo e mia madre e Jacob si trovano nella Riserva, a casa di Billy. Jacob giace bendato e ferito, reduce da una battaglia mentre mia madre è al suo capezzale. 
Entrambi si dicono addio. 
Non ho mai visto tanto dolore sul volto di due persone. Perché mia madre ha sposato mio padre, se amava Jacob così tanto?
Sento mio padre sorridere al mio fianco. Amava lui di più.
La scena cambia, ancora, rapidamente. Tutto ciò che riesco ad intravedere sono delle luci soffuse, romantiche; alberi fitti e ricchi di festoni eleganti in mezzo al bosco.
« Grazie » dice mio padre alla semioscurità «Sei stato molto…gentile»
«”Gentile” è il mio secondo nome» risponde una voce roca e familiare, dal nero della notte.
Sentire la sua voce, seppur dal passato, mi manda in fibrillazione. 
Mio padre mi spendisce più avanti nel tempo. Mia madre è già vampira e discute animatamente con Jacob.
Come se avessero improvvisamente alzato il volume della televisione, avverto la voce di Jacob che si giustifica: «Ma lo sai anche tu come funziona! Pensi che Edward mi avrebbe lasciato vivo, se fosse stato così? Desidero soltanto che lei sia al sicuro e felice. E’ sbagliato? E’ così diverso da ciò che vuoi tu? »
Il cuore pompa più forte nel petto, sapendo alla perfezione che il fulcro della conversazione sono io, il suo Imprinting.
Una folata di nebbia bianca insabbia la scena, portandone subito in atto un'altra. 
Jacob è di nuovo a casa, accanto a mio madre. Tra le cui braccia ci sono io, neonata speciale.
Gli occhi di Jacob non mi mollano un attimo mentre spiega: «Gli ho detto: “Fidati è meglio che tu non sappia. Ma se riesci a ignorare gli aspetti bizzarri, ne resterai affascinato. Non c’è essere più meraviglioso al mondo”».
Stringo gli occhi veemente, lacrime calde mi inondano il viso.
Jacob, il mio lupo rossiccio.
« Non cambia le cose » mormoro tra le lacrime, distrutta dalla verità delle mie parole.
Il fatto che mio padre abbia voluto condividere con me le dimostrazioni che ha racimolato nel corso della sua vita sull'amore di Jacob che nutre per me, non basta a farmi accettare la cosa.
Non posso continuare a fare la parte della famigliola felice dove una madre ha avuto uno sorte di relazione amorosa con il ragazzo di sua figlia!
Non posso far finta che questo non sia accaduto prima o dopo di me, perché non fa alcuna differenza.
Jacob amava mia madre. Se non avesse avuto l'Imprinting, probabilmente avrebbe odiato mio padre per il resto della sua vita.
Ed io, che ruolo avrei avuto nel suo cuore? Sarei stata, più di tutte, la causa del suo dolore: il motivo per cui la sua Bella era morta ( per dare alla luce me, frutto dell'amore di Edward e Bella) e che l'aveva resa un vampiro. Tutto ciò che odia racchiuso in un'unica persona.
E quella persona ero io.


Rientro nel Cottage da sola, dopo aver lasciato mio padre alla Radura.
Quanto avrei voluto che i suoi ricordi mi avessero aperto gli occhi. E, invece, paradossalmente, avevano avuto l'effetto contrario: non avevano fatto altro che rafforzare la mia tesi sull'Imprinting.
Jacob non mi avrebbe mai amata se non fosse stato per l'Imprinting.
Le nostre vite non si sarebbero mai incrociate, io non sarei cresciuta con un lupo al mio fianco e, soprattutto, a lui non sarebbe mai interessato conoscermi.
Probabilmente avremmo lasciato Forks dopo un anno al massimo dalla mia nascita e Jacob non ci avrebbe più rivisti. 
Avremmo continuato ognuno le proprie vite incuranti dell'altro.
Spalanco la porta della mia camera, decisa a fiondarmi in un rasserenante sonno profondo.
La porta si chiude sbattendo alle mie spalle.
Mi volto di scatto, un urlo mi muore in gola.
« Jacob! » balbetto « Come...? »
« Non sei l'unica ad aver imparato qualche trucchetto » ribatte duro.
Deglutisco, improvvisamente conscia della sua presenza e della solitudine che ci circonda.
Indietreggio verso il letto, mettendo quanto più distanza possibile tra di noi. Non mi va che mi veda vulnerabile.
Jacob mi scruta a fondo, aggrotta le sopracciglia pensoso, poi chiede: « Hai pianto? »
« Cosa? » mi porto immediatamente una mano agli occhi, cogliendo qualche goccia di lacrima che mi bagna ancora il viso. Non mi ero nemmeno accorta che stessi piangendo.
« Nessie.. »
« Non farlo, Jacob » asserisco « Non dirmi cose che non ho assolutamente voglia di ascoltare! »
Jacob digrigna i denti, un guizzo smuove la mascella squadrata « D'accordo »
Per calmare il mio cuore impazzito, comincio a distrarmi togliendo le scarpe e preparando il letto per la notte.
« Ti serve qualcosa? » chiedo, facendolo sobbalzare.
« Che? »
« Perché sei qui? » gli chiedo spazientita.
Jacob, che era rimasto impalato sotto la porta, si avvicina sovrastandomi.
L'intensità del suo sguardo potrebbe incendiare l'intera camera e non me ne accorgerei. Tutto ciò che desidero, tutto ciò che il mio cuore vuole, è perdermi in lui, tra le sue braccia, nella sua bocca. Fondermi con la sua anima e rinascere ancora.
Il silenzio tra di noi pare leggerci dentro: non mi sentirei al sicuro continuando questi stupidi convenevoli.
Nonostante la spiacevole situazione in cui ci troviamo, mi cullo in queste sensazioni che ci regaliamo l'un l'altro. Mentirei se dicessi che in questo preciso istante non vorrei mandare al diavolo tutto e baciarlo come se non esistesse un domani.
Ma è proprio questo il punto: un domani esiste. E sarei ancora capace di guardarlo negli occhi, come sto facendo adesso, senza lasciarmi condizionare dal passato?
Non è giusto lasciarsi andare agli impulsi con la probabilità di ferire entrambi. Anche se sto male per qualcosa che Jacob ha fatto, non merita di essere preso in giro in questo modo.
« Non voglio che tu confonda la situazione » esordisce spiazzandomi.
« Di che stai parlando? » domando disorientata.
« Ti ho dato del tempo, ho lasciato che tu decidessi anche per me, ma non posso continuare per sempre così Renesmee: ho delle responsabilità » asserisce duro.
« E quindi? » sbotto.
« In queste responsabilità rientri tu » spiega con fare energico « Dodici giorni sono troppi: da domani sarò di nuovo qui, non nel modo che intendi tu, ma per proteggerti. Il nostro uomo è ancora là fuori in attesa di un nostro passo falso »
Sospiro innervosita dalla piega che ha preso la situazione, getto le scarpe lontano da me con più foga di quanto ci metterei normalmente.
« Quindi » continua lui alle mie spalle « Ti chiedo di mettere da parte le nostre liti private quando si tratta della tua sicurezza »
Il tono freddo e impersonale che utilizza mi irrita ancora di più della questione per cui gli serbo rancore.
« D'accordo » rispondo stizzita « Non ti causerò alcun problema ».
Il suo sguardo muta rapidamente, divenendo infuocato, quasi urgente.
Riduce lo spazio tra di noi ed è a un soffio dal mio cuore; la sua vicinanza mi causa uno sbalzo d'uomore così intenso, da non riuscire a distinguere il battito dei nostri cuori: non so quale batta più velocemente dell'altro.
La sua mano mi accarezza dolcemente il viso, incurante della mia reazione. 
Sussurra rassegnato: « Peccato ».
Mi sembra essere tornata a quando Jacob le pensava tutte pur di farmi uscire allo scoperto e confessare i miei sentimenti. 
La mia mano si alza, mossa da una volontà indipendente. Gli accarezzo il viso caldo e spigoloso, poi i capelli lisci e costantemente umidi. 
Gli poggio una mano sul cuore, dove lo sento battere frenetico; lui raggiunge la mia mano con la sua, chiude gli occhi e sospira dolcemente.
Con l'altra mano mi attira a sé, poggiando la sua fronte contro la mia.
Potrei raggiungere le sue labbra in un nulla, ma non lo faccio.
Deglutisco a fatica prima di mormorare: « Non posso »
Jake si inumidisce le labbra, senza lasciarmi andare: « E' tutto molto semplice, Nessie »
Scuoto la testa incredula e arrabbiata con me stessa. No, non lo è.
Prima che possa rispondere, la voce di mio padre ci interrompe: « Jacob! Lo so che sei qui! »
Ci stacchiamo immediatamente, interrompendo la magia che si era venuta a creare tra noi.
Mio padre, insieme alla mamma, fa ingresso nella mia stanza:« Muoviti » lo incita « Abbiamo una pista »
I miei sensi scattano allerta subito: « Vengo anch'io »
« E' fuori discussione! » esclamano Jacob e mio padre contemporaneamente.
Alzo gli occhi al cielo spazientita: non la smetteranno mai di trattarmi come una bambina.
« Perché per noi lo sei ancora » risponde mio padre ai miei pensieri.
« Non possiamo lasciarla da sola, però, Edward » gli fa notare mia madre.
« Verranno proprio tutti? » chiedo fuoriosa.
« Sì, abbiamo bisogno di tutto il loro aiuto. E anche del tuo Jacob, altrimenti non ti avremmo chiesto... » spiega mio padre.
« Resterà alla Riserva » proprone Jacob « Non c'è posto più sicuro per lei »
Mio padre e mia madre si lanciano una lunga occhiata.
« Bells, la difenderanno a costo della vita » promette Jake. Un brivido mi sale lungo la schiena.
Mio padre annuisce: « E' deciso, allora »





NOTA: In questo capitolo sono presenti alcuni estratti di Breaking Dawn e Midnight Sun, giusto per essere corretti.
Grazie per aver letto il capitolo! Vi abbraccio.


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Capitolo 17
*** Dubbi inconffessati. ***


Ehi guys! Eccomi qui con un nuovo capitolo per voi. Purtroppo con lo studio, lavoro e vita sociale ho poco tempo da dedicare alla storia, per cui aggiorno con molta lentezza.
Come sempre vi abbraccio e vi auguro buona lettura! A.





« Seth, non sei costretto a farmi compagnia » dico per la milionesima volta al mio amico.
Sono passate quasi sei ore da quando i miei, insieme a Jacob, sono andati in "missione". L'alba è quasi sorta e i raggi aranciati vagano qua e là per la sabbia di La Push; la fitta coltre di nuvole di Forks, però, mi impedisce di goderne a pieno.
Quando mi hanno accompagnato alla Riserva, mi sono incapunita nell'andar via da lì: temevo di mettere tutti in grave pericolo. La spiaggia di La Push è sembrata a tutti un ottimo posto per sorvegliarmi.
«Oh, smettila Nessie! » mi sbeffeggia Seth « Adoro farti da baby sitter »
Punta sul vivo, gli mollo un  vigoroso pugno sulla spalla.
« Ehi! » protesta.
Poi esplodiamo insieme in una grossa risata, Seth mi circonda le spalle con il suo braccio avvicinandomi ed io poggio la mia testa sulla sua spalla, confortata dalla sua presenza.
« Jacob è fortunato ad avere te » osserva sincero.
Sospiro, in vista degli eventi « Be', è fortunato ad avere te come fratello »
Il mio amico si alza e si avvia verso l'oceano e mi fa cenno di seguirlo.
Lo scrosciare delle onde sul bagnoasciuga è rassicurante, mi fa venire in mente ricordi felici di quand'ero bambina. E, in ognuno di essi, vi è sempre Jake.
« Avanti, Nessie, che problema hai? » chiede Seth, spronandomi.
« Sono stanca di essere trattata come se fossi una bambina » esplodo « Insomma, ho raggiunto la maturità l'anno scorso! Inoltre ho dimostrato più volte di sapermela cavare da sola ed essere in grado di difendermi egregiamente »
Seth ride sommessamente « So bene cosa provi »
Mi volto a guardarlo incuriosita « Davvero? »
« Ah-ah » annuisce « Ho avuto la mutazione pochi mesi prima che nascessi tu ed ho affrontato parecchie battaglie col branco, anche insieme alla tua famiglia »
« E? » lo esorto.
« Hanno sempre avuto un occhio di riguardo per il  " piccolo" Seth » mima delle virgolette in aria.
« E come hai fatto a superarlo? » chiedo disperata. Muoio dalla voglia di essere lì con loro, inoltre la preoccupazione per ogni singolo componente della mia famiglia mi tormenta. 
E se qualcosa andasse storto? Le ultime parole che ho rivolta a mia madre sono semplicemente orribili e il loro peso graverebbe su di me per tutta la mia esistenza. E Jacob, poi, non gli ho nemmeno detto addio...
Basta! Non devo permettere allo sconforto di assalirmi.
Per il momento, non sono andati incontro a nessuna battaglia. O almeno è quello che mi hanno assicurato. Sospiro rassegnata: mi auguro solo che non sia stata una bugia per proteggermi.
« All'inizio ho reagito come te » risponde Seth destandomi dai miei pensieri « Poi ho capito che dovevo lasciare solo che accendessi in loro la fiducia »
« Non lo faranno mai con me » gli assicuro.
Lui scrolla le spalle, accordandomi « Forse hai ragione »
In lontananza, Sam e Quil parlano tranquillamente seduti sulla sabbia. Paul, Leah ed Embry hanno la ronda.
Nonostante Leah si sia addolcita con l'Imprinting, sono davvero felice che adesso non sia qui. Non credo riuscirei a reggere le sue battutine sulla meschinità dei vampiri, dopo la mia questione con Jacob e la mamma.
Seth si avvicina nuovamente, offrendomi il suo silenzioso conforto « Sai, sei la prima mezza-vampira che mette piede a La Push »
Gli schiaffeggio delicatamente la mano, prima di stringerla affettuosamente « Chissà perché i miei non sono mai venuti qui, in fondo il Patto non esiste più giusto? »
Lui scrolla timidamente le spalle « Le abitudini sono dure a morire »
Annuisco, poi una domanda mi sorge spontanea prima che possa trattenerla: « Il Patto è stato abolito nello stesso anno in cui sono nata, vero? »
« Esatto »
« Che coincidenza » osservo.
Seth riprende a sedersi sulla sabbia, smuovendo i piedi ritmicamente fino a creare delle buche: « Be', mica tanto »
Aggrotto le sopracciglia, incrocio le braccia al petto mentre chiedo: « Che intendi dire? »
Seth si guarda intorno, poi sospira rumorosamente: « Non so se è giusto dirtelo... »
« Seth » lo ammonisco.
« D'accordo, d'accordo » alza le mani in segno di resa « Ti hanno mai raccontato la storia precedente alla tua nascita? »
Scuoto la testa, il cuore mi martella velocemente nel petto.
Seth sospira ancora. Mi dà su i nervi. Mi siedo di fronte a lui, incoraggiandolo a continuare.
« Nessie, non voglio che tu la prenda male » mi avverte.
Alzo una mano: « Sono più che pronta, Seth. Vai avanti. »
« Quando è circolata la notizia circa la gravidanza di Bella si è scatenato... un pandemonio! Capiscici, Nessie, un'unione tra un'umana e un vampiro era cosa rara - prima di te, ovviamente- e ci ha spaventati parecchio » spiega Seth adorabilmente, stando ben attento a non ferirmi. Vorrei potergli spiegare che sono già stata spezzata e che sono sopravvissuta.
« Sam aveva impartito l'ordine al branco di eliminarti. Dovevamo eliminare il mostro e poco importava se anche Bella ci avrebbe rimesso la pelle » un brivido freddo e impetuoso mi attraversa il corpo, al pensiero di mia madre uccisa. 
Deglutisco a fatica mentre ogni pezzo di storia mi entra a fondo nella memoria, per non uscirne mai più.
Le mani prendono a tremarmi e per quanto abbia convinto Seth circa la mia forza, vorrei potermi tirare indietro, perché solo ciò che ho ascoltato è intollerabile. In silenzio, lascio che prosegui.
« Ma Jacob non l'ha permesso - come è ovvio, perché sei qui » sorride, una caratteristica dei licantropi che amo di più: l'ironia.
C'è qualcosa che non quadra, però: come ha potuto Jacob disobbedire ad un ordine Alfa?
« Come? » chiedo incuriosita.
« Nelle vene di Jacob scorre sangue Alfa, mia giovane Renesmee » ribatte Seth, con tono spensierato di chi sta raccontando una favola e non un quasi omicidio.
« Non me ne ha mai parlato » sussurro più a me stessa.
« A Jacob non piace parlare di quella storia » asserisce il mio amico lupo « E, tanto meno, della sua discendenza ».
Già. Jake è così semplice nella sua impetuosa essenza, nel suo esserci sempre e nel sorridere costantemente alla vita. In tutti questi anni, onestamente, sono stata molto rare le volte in cui non mi abbia accolto con il sorriso. 
Jacob è fatto così: tralascia le grandezze per l'essenziale.
« Diceva che eri tu » sbotta all'improvviso Seth.
« Cosa? »
« Il motivo per cui non riusciva a staccarsi da Bella » spiega « Sei sempre stata tu »
Le lacrime mi pungono gli occhi ed è come se non riuscissi più a respirare.
Mi copro il volto prima che sprofondi in un pianto isterico che non riuscirei a spiegare.
Seth sospira « So tutto Nessie, non c'è bisogno che ti nascondi »
Cavolo. Avevo dimenticato i poteri della loro fratellanza.
« Mi dispiace » mi scuso per il mio repentino cambio d'umore.
« Non scusarti, Nessie » mi rassicura Seth « Nonostante io non abbia ancora avuto l'Imprinting, sono collegato con la mente dei miei fratelli ogni giorno: posso solo immaginare, ma allo stesso tempo provare, il dolore che si attraversa in una fase così delicata col proprio Imprinting ».
Mi asciugo frettolosamente una lacrima: « Seth, dopo ciò che ho visto, non sono più sicura di nulla »
Un singhiozzo mi spezza il petto, Seth si protende verso di me e mi abbraccia, mormorando dei rassicuranti « Shhhh ».
Poi, come se seguisse un richiamo, la sua testa si volta di scatto verso Sam che severamente annuisce.
Seth si alza, offrendomi la sua mano:« Andiamo, Ness. E' tempo di tornare a casa »


Quando salgo i gradini della casa dei nonni, mi accorgo che Seth non è accanto a me.
Mi volto a guardarlo e lui se ne sta lì, con le mani nelle tasche dei jeans a sorridermi.
« Non entri? » indico la porta.
Lui scuote la testa, poi mi raccomanda: « Non sparire, Ness »
Gli sorrido, colpevole del poco tempo che ho dedicato ad ognuno di loro prima a causa della storia di Camille ed ora con questo.
« Non lo farò » prometto.
Ancora non varco la porta, anzi: non mi avvicino nemmeno. Non voglio che mi scoprano. 
Tranquillizzata dal fatto che sono tutti qui sani e salvi a discutere, cerco di scoprire quanti più dettagli possibili. 
Chiudo gli occhi e tutto il resto al di fuori di me; focalizzo tutta l'attenzione sulle voci che mi appartengono fino in fondo e mi concentro per tenerle dentro.
Poi scoppiano nella mia testa.
« Sì, Edward » sta dicendo zia Alice « Ma cosa ci faceva Jane lì? »
Jane? Vacillo e deglutisco a fatica. Quella Jane?
Allora davvero il mio incubo personale è tornato...
« Per costruire un'alleanza » spiega mio padre.
« Cosa se ne fanno i Volturi di un'alleanza? I Volturi non offrono seconde possibilità, Edward, dovresti saperlo bene » obietta zio Jasper.
« Non l'abbiamo dimenticato » s'intromette la mamma.
« A questo punto » osserva zio Emmett « Vuol dire solo che i Volturi non... »
« Renesmee! » mi rimprovera una voce, interrompendo il contatto.
Mi volto di scatto e, proprio sotto l'arco della porta, zia Rose mi scruta sospetta.
« Ciao, zia Rose » osservo sarcastica « Divertiti? »
Lei mi mostra la sua migliore espressione di irritazione e mi invita ad entrare. Tanto lo so che non riesce a stare arrabbiata con me a lungo, per cui le faccio una linguaccia che accoglie con un sorriso.
« Guardate chi c'è » esordisce lei, interrompendo così qualsiasi mezzo di comunicazione.
Le getto un'occhiataccia. Astuta.
Come al solito, tutti i componenti della mia famiglia discutono pacatamente e in piedi.
Solo una persona si è accomodata sul bracciolo del divano di fronte alla finestra: Jacob.
Il mio cuore non riesce ad ignorare la sua presenza.
Faccio del mio meglio: « Continuate pure »
« Renesmee » mi ammonisce la nonna « E' per il tuo bene »
Alzo gli occhi al cielo e sospiro irritata: « Sono un po' cresciuta per questo, non vi pare? »
I miei familiari si scrutano l'un l'altro, pensosi.
Mio padre mi viene incontro, afferrandomi per le braccia: « Ti prometto che non appena sapremo con certezza contro chi combattiamo, ti metteremo al corrente di tutto »
Be', mi sembra un buon compromesso per adesso. Sempre meglio che niente.
« Ben detto » risponde mio padre ai miei pensieri.
Non sei affatto divertente, esci dalla mia testa, gli dico giocosa. 
Il pensiero di perderli mi ha fatto perdere una parte di orgoglio e spavalderia. Al momento non sono più sicura di niente.
Persino adesso sto cercando di controllare il mio corpo che freme dalla voglia di correre da Jake, di un contatto, di assaporare la sua pelle calda e le sue labbra dolci...
Mio padre si schiarisce la voce, distogliendomi dai miei pensieri. Immediatamente le mie guance si tingono di rosso e non posso fare a meno di rispondere allo sguardo presente di Jacob su di me che, vagando con gli occhi tra mio padre e me, cerca di capirci qualcosa.
I suoi occhi si posano sulle mie gote rosa e risalgono nei miei. E nasce subito un sorriso.
Scappo immediatamente via di lì, raggiungendo mia madre che apre e chiude il frigorifero ritmicamente.
Il frigorifero dei nonni è ricco di prelibatezze tenute lì solo per me e Jacob. Più per Jacob che per me.
Sono rare le volte in cui mangio cibo umano; nonostante abbia la facoltà di nutrirmi attraverso due mondi, non ho mai rinnegato la mia natura. Perché avrei dovuto? Ho la possibilità di godermi eternamente la mia famiglia e, grazie a questo, di tener Jacob sempre al mio fianco.
Di certo non sono mai mancate le abbuffate con Jake: amo follemente la pizza, il gelato a vaniglia e le patatine alla paprika.
Prima che la richiami all'attenzione, non riesco a non notare lo sguardo di pura angoscia e inquietudine dipinto sul suo volto di cera.
« Mamma? » 
Impensierita com'è, non mi ha nemmeno sentita arrivare: « Ehi, tesoro »
Le indico il giardino « Hai due minuti? »
Lei sorride affettuosa « Per te anche l'eternità »
Il cuore mi batte forte nel petto, mi mordicchio l'interno della guancia e il discorso che avevo preparato accuratamente nel mio cervello non ha più alcun significato.
« Mi dispiace averti trattata male, mamma » dico tutto d'un fiato « E' stato ingiusto »
Blocco il suo tentativo di replica: « Ma hai sbagliato anche tu, mamma. Avresti dovuto mettermi al corrente del vostro passato. Forse, più del bacio, è stato proprio questo a ferirmi: mi sono sentita tradita »
Lei si avvicina e mi accarezza delicatamente i capelli: « Oh, tesoro. Sono stata una stupida » mormora « Credevo di tenerti al sicuro così e invece ho ottenuto il risultato opposto »
Mi inumidisco le labbra, nervosa: « E' proprio questo il punto. Con la vostra mania di proteggermi non fate altro che ferirmi. Dovreste darmi maggiore fiducia, sai »
Lei annuisce: « Ci proverò »
E prima che possa proseguire la stritolo in un lungo abbraccio tra mamma e figlia vampira. In pratica, si fa a gara a chi stringe più forte.
« Ti voglio bene » sussurra al mio orecchio.
Stringo gli occhi per impedire alle lacrime di venir giù: « Anch'io. Tanto. »
« E Jacob? » chiede d'un tratto interrompendo l'abbraccio.
Abbasso lo sguardo e i miei occhi volano alla ricerca del mio lupo, all'interno della casa.
Scuoto la testa amareggiata.
« Renesmee, dagli una seconda possibilità » mi incoraggia « Ci tiene molto a te »
Già. « Come faccio ad essere sicura che non sia solo a causa dell'Imprinting, mamma? »
Sono perfettamente conscia dell'effetto che Jacob ha su di me. E di ciò che provo io per lui, oltretutto.
Nonostante fossi stata all'oscuro della verità per tutto questo tempo, non ho potuto impedire ai miei sentimenti di crescere e modificarsi grazie a lui.
Sono stati i giorni della mia vita trascorsi con lui che mi hanno fatto capire quanto ci tenessi a lui, di quanto Jacob avesse cambiato il mio modo di vedere la vita, circondata solo da vampiri.
Jacob, col suo carisma e il suo calore, con la sua voglia di ridere e farmi ridere, ha impresso il suo passaggio nella mia anima.
Oltre ogni logica e confine, mi sono innamorata di un licantropo che, per natura, dovrebbe considerarmi sua nemica.
Quanta importanza devo dare all'Imprinting che è stato in grado di superare i limiti imposti dalla natura?
« Se Jacob non avesse avuto l'Imprinting non mi avrebbe mai amata. Ed io non posso lasciare che questo condizioni la mia vita a discapito delle mie scelte » osservo con il male al cuore.
Mia madre alza gli occhi di scatto « Jacob! »
Jacob non risponde, i suoi occhi sono impressi nei miei.
La miriade di sensazioni che leggo spaventano persino me: rabbia, sofferenza, impotenza, incredulità, sconforto.
Jake ha sentito tutto.

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Capitolo 18
*** Sulla mia pelle. ***


La pioggia mi sferza la pelle mentre corro incessantemente sotto di essa. Se non fosse per la resistenza della mia pelle, somiglierebbe a milioni di rustrate una dietro l'altra.
Ringrazio ancora una volta la mia natura, per la quale non avverto il freddo altrimenti glaciale di Forks unito all'umidità della pioggia.
Corro perché sono impaziente di raggiungere Jake. Corro perché mi sono lasciata ostacolare dai noiosissimi discorsi di mio padre ringuardante la mia sicurezza, del pericolo che si nasconde nell'ombra.
Ed io, come una stupida, ho lasciato che Jake andasse via, senza riuscire a fermarlo, senza potergli spiegare..
Spiegare cosa, poi?
Sono stata io ad allontanarlo per quei motivi che ha accidentalmente ascoltato dalla mia conversazione con la mamma.
E allora cos'è che mi fa star male, adesso?
Probabilmente i suoi occhi scuri e tristi, così profondi e risentiti da ciò che avevano visto: il dubbio dipinto sul mio volto deve averlo distrutto e con lui si è sbriciolato anche il mio cuore.
E' stato Jake ad aver avuto l'Imprinting eppure il pensiero di lui distante e ferito mi annienta completamente, impedendomi di condurre la mia giornata come se nulla fosse.
L'insicurezza mi afferra l'anima prima di bussare alla sua porta: i ricordi dell'ultima improvvisata brucinano ancora in fondo alla gola.
Scaccio via questi pensieri deleteri: l'ultima volta era una situazione completamente diversa da questa. So già Jacob cosa prova per me. E anche io per lui.
E' il mio tutto.
Busso fugacemente alla porta, mentre la pioggia scroscia lenta ed inesorabile sopra di me avvolgendo la città in un'intera bolla d'acqua.
Non ho nemmeno bisogno di ripetermi perché la porta si apra. 
Gli occhi profondi e scuri che incrocio mi intimidiscono immeditamente e l'istinto di indietreggiare è forte. Un altro dettaglio mi fa arrossire violentemente: Jacob mi sta davanti a torso nudo.
Jacob non dice una parola, si fa da parte invitandomi silenziosamente ad entrare.
Mi faccio avanti col cuore che batte a mille mentre sento lo scatto della porta che si richiude alle mie spalle.
Le gocce di pioggia che bagnano i capelli, scivolano silenziosamente sul pavimento creando una personalissima ombra circolare.
« Che ci fai qui? » il tono di voce carico di ostilità mi ferisce immediatamente.
« Quello che hai ascoltato... »
« Quello che ho ascoltato cosa, Ness? » m'interrompe lui rancoroso.
« E' esattamente ciò che penso, Jake » ribatto risentita « Come credi che mi sia sentita dopo gli ultimi eventi? »
Jacob si smuove irrequieto, si passa una mano tra i capelli nervosamente: « Cosa avrei dovuto fare, Nessie? Non eri nemmeno nata! »
« Avresti dovuto dirmelo, Jacob! » esclamo furiosa « Hai tradito la mia fiducia »
Jake pianta le mani sui fianchi fissandomi adirato: « Tu non capisci »
Mi faccio avanti incrociando le braccia al petto, mossa dalla rabbia: « Spiegami, allora »
« Non eri nemmeno a conoscenza del mio Imprinting, come diavolo facevo a spiegarti tutto il casino che c'è stato prima di te? » urla « Il nostro rapporto era già precario! »
« Se avessi avuto fiducia in me » affermo velenosa « Non saremmo arrivati a tanto! Avresti dovuto solamente dirmi la verità, Jacob: la verità. Non era così difficile! »
Jacob stringe i pugni per la rabbia, sento la sua furia quasi fuoriuscire dal suo corpo. E' come se fosse quasi vicino alla trasformazione.
Lo fisso preoccupata e amareggiata al tempo stesso.
Nonostante il dolore, non posso fare a meno di preoccuparmi per il mio lupo rossiccio.
« Mi avresti mai amata, Jacob » dico fuori di me per la rabbia e il dolore « Se non avessi avuto l'Imprinting? »
Jacob mi guarda supplichevole, lo sguardo incorniciato da mille emozioni diverse.
Il suo silenzio è peggio di qualsiasi altra punizione.
« Come immaginavo » esclamo arrancando alla porta.
Jacob richiude la porta fulmineo, inchiodandomi contro di essa.
« Il mio Imprinting ha superato l'ostilità tra due fazioni create solo per essere nemiche  » i suoi occhi lampeggiano, ipnotizzandomi « Non ti basta questo? »
La sua mano mi accarezza il viso « Sei la creatura più meravigliosa che possa esistere, l'ho pensato la prima volta che ti ho visto e lo credo tutt'ora che sei qui, bella come non mai, a chiedermi se ti avessi amato nonostante il mio fottutissimo gene.
Sarò sempre al tuo fianco, qualsiasi cosa accada, lotterò per te e ti proteggerò da qualsiasi nemico. Persino da me stesso, se sarà necessario »
« Questo » mi dice afferrandomi la mano, portandola sul suo petto « E' un cuore che batte solo per te. Tu sei il principio di ciò che mi lega a questa Terra. E ti amo in un modo che non credevo nemmeno possibile ».
Il mio cuore perde non uno, ma un milione di battiti. Termina il suo discorso tutto d'un fiato e pare affannare: « E se non ti bacio adesso rischio di morire »
Jacob si avventa sulle mie labbra e immediatamente mi ritrovo sollevata da terra, spinta contro il muro e il suo corpo avvolto dalle mie gambe.
Lo lascio entrare nella mia bocca, incapace di resistere a ciò che il contatto con le sue labbra scatena in me.
L'urgenza e la disperazione traspaiono dai suoi gesti, dai suoi tempi lunghi e carichi di una fame insaziabile.
Il suo tocco è delicato e al tempo stesso sicuro, esperto: sa esattamente cosa vuole e come ottenerlo. Ma è comunque accorto, appassionato.
Le sue mani calde mi afferrano per i fianchi, schiacciandomi ancora di più contro il suo corpo. Il mugolio che mi sfugge pare accenderlo ancora di più.
Con un gesto repentino, la sua bocca lussuriosa mi accarezza il collo, le spalle; le mani esplorano il mio corpo senza indugi o imbarazzi. Non voglio altro che essere sua, irreversibilmente sua.
La sua bocca ritrova la mia ed è come tornare a casa dopo mesi di viaggio; le mie mani si aggrappano ai suoi capelli e mi stringo ancora di più a lui.
Jacob accentua quei movimenti verso di me che mi mandano fuori di testa e mugolo contro la sua bocca.
Ben presto la mia camicia a quadri finisce sul pavimento e, nonostante mi senta esposta, non desidero altro che il suo tocco rovente.
Sento la sua presenza su di me come un'onda anomala ed io mi lascio travolgere senza obiettare. Le sue mani vagano vogliose sui miei seni, ormai liberi dall'involucro di stoffa; tenedomi ben stretta, si abbassa racchiudendomi i seni tra le sue mani, stuzzicandoli, succhiandoli, baciandoli.
Un ringhio gli fuoriesce quando accarezzo il punto in cui il suo pantalone è gonfio.
Come un affamato, mi afferra il viso baciandomi con una tale intensità da non riuscire quasi a reggere.
Mentre mi stringo a lui, noto con piacere che la nostra pelle nuda a contatto si fonde azzerando le differenze. In questo momento abbiamo la stessa temperatura, lo stesso colore, la stessa anima.
Jacob respira il mio odore nell'incavo del collo, lo lecca bruciandomi dentro, poi supplica: « Ness, ti prego, fermami »
Se spera di poter fare affidamento sul mio autocontrollo perché il suo è andato, si sbaglia di grosso. 
Sorrido scuotendo la testa, mormorando: « Non posso »
I suoi occhi ritrovano filmanente i miei e quasi non li riconosco: sono ardenti di un fuoco che brucia anche me.
Si lascia andare ad una risatina sommessa, sotto il mio sguardo interrogativo.
Con la lingua traccia il contorno delle mie labbra, mentre riempie le sue mani con i miei seni.
« Ti prenderei qui, adesso » asserisce e un fuoco pare esplodermi nel ventre. Sono quasi tentata dal chiedergli di farlo, quando sussurra « Ma non te lo meriti ».
Certo, perché lui sa. Sa bene che la mia verginità è stata tenuta bene al sicuro per tutto questo tempo. Non che ci abbia pensato molto, dopo tutto. Non mi sono mai soffermata troppo su questo pensiero, data la mia inesperienza; ma, ogni volta che lo facevo, ero certa solo di Jake. Non avrei voluto nessun altro.
Ancora deciso a farmi impazzire, smuove la sua mano sulla mia pelle sensibile e pronta. Si spinge ancora più giù, facendosi spazio tra i miei pantaloni.
Quando raggiunge la parte più intima di me, mi lascio sfuggire un sospiro che lo manda letteralmente fuori gioco: si avventa tra i miei seni mentre la sua mano entra ed esce dalla mia intimità, donandomi un piacere senza precendenti.
Sono totalmente assuefatta dai suoi gesti e da queste emozioni che non avevo mai sperimentato e che non pensavo nemmeno esistessero. 
Il piacere che mi dà con un solo tocco è indescrivibile: mi sento come se avessi un milione di fuochi di artificio nel mio corpo pronti ad esplodere da un momento all'altro.
Con un po' di coraggio, gli slaccio il pantalone e con un piede lo spingo a terra; Jacob lo scalcia via senza difficolà.
A quel punto l'unico impedimento sono i miei jeans che Jacob mi strappa di dosso letteralmente.
Jacob mi spinge, appiattendomi al muro; il mio corpo si tiene in equilibrio tra il suo corpo e il muro. Piazza le mani al muro e mi regala un'ultima, lenta, logorante spinta. Ansimo più forte contro la sua bocca, che sento aprirsi in un sorriso.
Mi stringe tra le sue braccia mentre si avvia nella camera da letto. Non smette mai di baciarmi, nemmeno per un secondo. Ed io gliene sono infinitamente grata perché non potrei sopportare quest'ansia e questa paura che, fedele e vigliacca, mi coglie alla sprovvista.
Jacob pare avvertire la mia inquietudine perché quando mi adagia sul letto si prende un attimo per osservarmi.
Mi accarezza i capelli delicatamente e, ad ogni tocco, il mio cuore vacilla sempre di più, librandosi nell'aria. Ho il fiato corto per le infinite emozioni che mi ha regalato, così repentinamente.
Prima di venire qui non avrei mai pensato di imbattermi nella sua anima.
« C'è qualcosa che non va, amore? » chiede caldo.
Chiudo gli occhi all'appellativo che mi ha dato, riusciendo a trattenere a stento un sorriso.
« Nulla che non vada » l'assicuro.
Lui inarca il sopracciglio, afferra le mie mani con le sue, intrecciandole. Sfiora il mio naso col suo, strappandomi un sorriso.
Poi l'ansia diviene più forte e la paura quasi tangibile: « Che cosa faremo, dopo? »
Jacob si inumidisce le labbra e scrolla le spalle: « Quello che abbiamo sempre fatto »
Aggrotto le sopracciglia, interrogativa. Jacob mi scrocca una scia di baci sul mento, sulle guance, a fior di labbra.
Delicamente, mi scosta le gambe per farsi spazio. Il respiro si mozza in gola, mentre mi accarezza la coscia con le unghie, regalandomi una serie di brividi che si espandono dalla nuca ai piedi.
Ancora baci sulle spalle, sul collo, dietro la nuca. Piano, piano si avvicina sempre di più a me.
« Ho intenzione di romperti le palle per l'eternità, Nessie » sussurra contro il mio orecchio, mentre il suo corpo aderisce perfettamente al mio.
Allaccio le mie gambe attorno al suo busto, invitandolo. Gli accarezzo le spalle larghe, i muscoli tonici delle braccia, gli bacio la pelle rovente e mi accoccolo nell'incavo del suo collo.
Lentamente, ma con fermezza, si fa strada dentro di me. 
Lacrime calde mi bagnano presto le guance; il cuore è sul punto di esplodermi e non sono più padrona del mio corpo che ormai appartiene solo a lui, al mio lupo dal carattere irascibile e dal cuore immenso e puro.
E' incredibile come il suo corpo non mi procuri altro che piacere.
Jacob mi afferra per i fianchi, spingendosi ancora più a fondo. All'inizio i suoi movimenti sono delicati, lenti, profondi. Poi il ritmo incalza e più le sue spinte sono intense, più il mio piacere cresce.
Ansimo sulla sua bocca e ad ogni mio sospiro giunge una spinta ancora più forte, più intesa.
« Direi che è perfetto » sussurro contro il suo orecchio. 
L'eternità insieme a lui è decisamente sopportabile.






Oooooookay, here we are. Era da un po' che pensavo ad un capitolo come questo per Jake e Ness; volevo qualcosa di non troppo semplice, ma nemmeno troppo... " intimo".
Spero che non l'abbiate trovato troppo volgare e che abbiate apprezzato questo momento un po' più intimo per i nostri due protagonisti. 
Ci tenevo, inoltre, a ringraziare di cuore tutte le persone che recensiscono o che leggono la mia storia: tutto questo è per voi! Grazie infinite, un abbraccio. A.


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