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di Mirtillirossi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hugo ***
Capitolo 2: *** CASA ***



Capitolo 1
*** Hugo ***


 

Ciao a tutti! quest storia nasce in un momento di profonda solitudine interiore, in cui mi sono sentita di dover riversare il mio dolore in qualcosa di creativo. I protagonisti sono lati del mio carattere, o persone care alle quali mi sono ispirata. spero che vi piaccia. gradirei davvero un recensione, anche breve, anche severa. Per il momento posso solo dirvi che la situazione del primo capitolo verrà molto presto interrotta. aspetterò almeno una recensione per aggiornare. 

un bacio ! 

 

 

 

Non so dire, con precisione, a che età mi accorsi che noi non eravamo come gli altri. Forse l'ho sempre saputo.  

Sapevo che tutti guardavano mamma e papà in modo quasi reverenziale, e sapevo che noi facevamo cose diverse dagl' altri ragazzi: Sia io che i miei fratelli siamo stati istruiti a casa, da mamma. Inoltre, ogni giorno, da marzo a ottobre i bambini del villaggio giocavano nei prati. A me e mio fratello non era permesso giovare con gli altri  se con noi non c'era Arliss, la nostra sorella maggiore. Mamma e papà avevano paura che non ci comportassimo bene, che non custodissimo il segreto. A noi però era permesso giocare fuori anche da ottobre a marzo, agl altri bambini no: I loro genitori temevano che si ammalassero; noi non ci eravamo mai ammalati. Quindi giocavamo soli. Ma non ne eravamo scontenti, al contrario: Negl ultimi giorni d'estate io e mio fratello kail non stavamo mai nella pelle. Era davvero difficile fingere con gli altri di essere tristi per l'arrivo Dell inverno: Quando eravamo soli, potevamo fare i tuffi dalla scogliera, correre veloce e arrampicarci sugl alberi più alti. soprattutto, non serviva che Arliss fosse con noi costantemente. Si rintanava a leggere da qualche parte, qualche libro noioso da persona noiosa, e noi ci facevamo i fatti nostri. Non eravamo diversi solo in questo: Agl' adulti non piacciono mai i bambini. Ma per noi sembrava essere diverso:  ci regalavano sempre dolci, ogni volta che entravamo in un negozio o in una casa.  

Anche agl altri bambini piacevamo. Ma il peso costante di doverci in qualche modo trattenere, e nascondere le nostre capacità ci impediva di legarci con loro a fondo.  

Fu nella primavera dei miei quattordici anni che iniziai a capire davvero chi ero. Successe che qualcuno mi pose le domande giuste, di quelle che non riesci a dimenticare e che ti tormentano e assillano finche non trovi risposta. Di quelle che non ti fanno dormire, perche sai che se saprai rispondere scoprirai davvero chi sei. E poi, inevitabilmente, quel qualcuno diventa importante, perche ti ha rivelato a te stesso. Fu il mio primo vero amico. 

Qui in Irlanda, la primavera arriva di notte, e il mattino seguente i prati sono fioriti, della neve non c'è traccia e tutti sono più allegri. Quasi come se il gelido inverno non ci fosse mai stato.  

Era giusto il primo giorno di primavera quando conobbi, Hugo.  

Ero nel bosco dietro alle stalle di mr finnigan.  Era mattina presto, mi ero arrampicato su un albero in alto per vedere sorgere il sole. Arliss e Kailiam avevano troppo sonno, quel giorno, per venire con me. Non riuscivo a  trovare un ramo abbastanza basso da non essere pericoloso che mi offrisse una buona vista. Mi guardai intorno, e pensai che In fondo, non correvo alcun pericolo perché a quell ora del mattino, nessuno mi avrebbe visto, stavano ancora tutti dormendo, al villaggio. Decisi di salire un paio di metri, tanto anche jeson, il ragazzo grosso che abitava infondo alla strada, diceva di essere stato su un albero di sette metri. Ovvio che non fosse vero, ma che importava? Non mi avrebbe comunque visto nessuno. I sette metri diventarono otto e poi nove e infine undici. Forse era perfino meglio, cosi in alto avrebbero potuto scambiarmi per un uccello.  

Non era la prima volta che vedevo sorgere il sole, ma ricordo ancora l'emozione e e la pace avvolgere il mio cuore mentre il calore del sole avvolgeva il mio corpo gracile di ragazzino.  

Le cose della natura mi hanno sempre fatto uno strano effetto: Mi ricaricano, mi danno sicurezza. Scesi dall albero con aria  sognante e iniziai a camminare allegro, mentre già mi pregustavo la soddisfazione di sbattere in faccia a quei pigroni dei miei fratelli la magnificenza a cui avevo assistito. Naturalmente avrei detto loro che il sole non era mai stato cosi rosso, e il cielo cosi rosa, e che gli animali erano ammutoliti, il mare impetuoso con onde altre almeno cinque metri.  

Il sorriso ebete mi si gelò sul volto: Davanti a me, stava un ragazzino rosso, avrà avuto circa la mia età. Non lo avevo mai visto prima, quindi non era del villaggio. Aveva il naso a punta, all insù, era più basso di me e aveva molte più lentiggini (quasi quasi sembravano lentiggini gli sprazzi di pelle normale) gli occhi marroni erano sgranati, la sua bocca formava una perfetta 'O' . La testa era reclinata verso sinistra e le braccia cadevano inerti lungo i fianchi.  

A distanza di tempo, parlandone, la trovammo entrambi una situazione estremamente comica, ma in quel frangente Ero troppo occupato a non farmi prendere dal panico. Volevo esordire con un discorso intelligente che dimostrasse che il mio passaggio di li era casuale, almeno quanto il suo, e che assolutamente doveva aver visto male, chi mai potrebbe saltare da un albero di undici metri e non farsi male? Si doveva essere sbagliato. Qualcosa, insomma, come "non sono stato io". 

Ma il ragazzo mi precedette, prese un gran respiro e urlò a pieni polmoni:  

 "FAN TAS TI CO" rimasi immobile, spiazzato 

"come DIAAAAVOLO ci sei riuscito?" Continuò.  

Davanti all suo entusiasmo, la voglia di negare svaniva poco a poco.  

Mi chiese, senza letteralmente prendere fiato, come mi chiamassi, quanti anni avevo. Lui si chiamava Hugo ed era felice di fare la mia conoscenza. Ma si sentiva sciocco, CHI non sarebbe stato felice di fare la mia conoscenza. Potevo insegnarli? No vero? Peccato, se lo immaginava, però potevo provare a portarlo con me! Nel villaggio erano tutti cosi? Non vedeva di conoscere gli altri! C'era qualcuno che sputava fuoco? Lui aveva sempre desiderato sputare fuoco!  

A quel punto, venni assalito dal panico: Realizzai che qiel mucchietto di pelle e Ossa era la più grade minaccia che mi fossi mai trovato ad affrontare: Mi ero fatto scoprire, rivelato.  Anche se dentro di me tremavo di paura, gonfiai il petto e mi ersi in tutta la mia (patetica) altezza di quattordicenne. Pensai a quanto fa paura mia sorella quando si arrabbia e cercai di imitarla: Strinsi gli occhi, ma li fissai dritti nei suoi, e dissi tra i denti: "Io sono Micheal. 14." Iniziai ad avazare verso di lui: Mi stava simpatico, ma dovevo riuscire a terrorizzarlo: "Nessuno lo sa e  Nessuno deve sapere. Non devi dire niente di quello che hai visto ad anima viva" 

Non sembrava affatto intimorito. Mentre pensavo che avrei dovuto affinare la tecnica provai a cambiare approccio: "io... In cambio ti porterò sull albero con me la prossima volta. Anzi, tutte le volte che vuoi ma devi giurarmi, GIURARMI che non ne farai parola con nessuno." 

Mi fissò prima entusiasta e poi deluso e rispose "quindi nessuno sputa fuoco?" . 

Gli dirti appuntamento il giorno seguente alla stessa ora nello stesso posto, e gli raccontai di mamma e papà, che erano le persone piu buone del mondo e di Arliss che sapeva convincere le persone ed era amata da tutti per la sua dolcezza, e che alle volte quando si arrabbiava era davvero terrificante. Gli dissi di kailiam, il mio fratellino e compagno di malefatte e gli mostrai i rifugi che avevamo costruito sottoterra e sugl' alberi. Aspettai di capire che Hugo era molto più pazzo di Kail, per rivelargli il suo bizzarro rapporto con gli animali. Fu li, nel rispondere alle sue domande mi resi conto della diversità mia e della mia famiglia e soprattutto della nostra unicità. Iniziai a chiedermi da dove venissero le nostre capacità. Se erano gli altri, ad esserne privi oppure noi ad avere un dono. Soprattutto, mi chiedevo PERCHÉ e perché, e se, fossimo soli.  

Hugo mi disse che si era appena trasferito, Aveva cinque fratelli maggiori che lo prendevano in giro. mi disse che non vedeva bene e che sapeva i nomi e le proprietà di tutte le piante, grazie ad un libro che gli aveva lasciato suo nonno. Era povero, mi spiegò, e la sua famiglia si spostava spesso. Con il tempo scoprii che sapeva molto di più che le proprietà delle piante. Sembrava ricordare benissimo ogni dettaglio, o particolare che qualcuno gli dicesse. Era un pozzi di scienza.  

Dissi ai miei genitori che Hugo sapeva il nostro segreto solo dopo aver convinto Arliss e Kail che di lui si potevano fidare. Dopo che mamma e papà conobbero Hugo, si informarono sulla sua famiglia e mi dissero che il padre era solito picchiare i suoi figli. Hugo e io diventammo amici prima, fratelli poi. Anche a Arliss piaceva Hugo, ma io lui e kail eravamo inseparabili. Lo portavamo con noi ovunque il suo corpo gracile gli permettesse. Camminava sempre leggermente storto. Mi confidò che era a causa di una brutta ferita di un cane che lo aveva morso da piccolo. lui ci insegnava un sacco di cose, sulle piante, sui fenomeni atmosferici, su come non prendere botte dai fratelli maggiori. Per fortuna non ne avevo, perché non doveva riuscirgli molto bene la pratica di questa particolare disciplina. Un giorno venne da noi cosi mal ridotto che papà e mamma ebbero una delle loro conversazioni con gli occhi: Mio padre la guardò, adirato. Mamma lo guardò, comprensiva ma ferma. E alla fine papà annuí. Magari stavano solo sgranchendo le sopracciglia ma ricordo di aver avuto l'impressione che per un attimo papà volesse andarne a dirne quattro alla famiglia di Hugo. Mi dispiaceva per lui, davvero. A volte avevo voglia di andare io stesso a picchiare quegli stupidi orsi dei suoi fratelli, gli e le avrei date di santa ragione, se avessi potuto. Ma ovviamente non potevo farlo, il segreto. Fu Arliss, appena quattro giorni dopo, ad esibire un sorriso trionfante e a raccontarci che li aveva "sistemati". Non ci disse Altro, ma conosco mia sorella, e so che se fa qualcosa ci pensa su molto bene. Insomma, sembra dolce e carina, con quegl occhioni azzurri, i capelli morbidi e le labbra rosa, ma é una vera arpia quando ci si mette.  

Hugo mi racconto il giorno dopo, che i suoi fratelli facevano a gara ad essere gentili con lui, e sembravamo improvvisamente tutti innamorati di Arliss.  

 

Da quando conoscemmo Hugo smettemmo di giocare con gli altri bambini. Con lui non serviva nasconderci, e ogni volta che usavamo (ormai quasi senza accorgercene) le nostre capacità al massimo, lui le definiva "STRA OR DI NA RIEE".  Un giorno in cui Arliss si era unita a noi, avevamo fatto la lotta. A quel tempo ancora non ne capivamo il motivo, ma papà diceva che dovevamo sempre allenarci a combattere. Io ero il più veloce, schivavo i colpi molto meglio degl' altri.  Kail ha molta più resistenza, é quasi impossibile indurlo ad arrendersi. E arliss bara. Sempre! Poi ha questa cosa che riesce a confonderti.. non so come faccia, é sempre stata cosi. Di solito se sei abituato a lei (tipo se sei suo fratello e ci vivi insieme da 14 anni) e non la guard negl' occhi riesci a resisterle. A quel tempo, come forza ci Equivalevamo.  Hugo era il giudice ovviamente. Giudice e cronista. Ci Faceva cosi ridere alle volte, che dovevamo fermarci per riprendere fiato, e a noi non capitava mai di rimanere senza fiato. Hugo invece era sempre esausto. Faceva fatica a reggere il nostro ritmo. 

 Un giorno, insomma, come tanti altri, finse di andare a dormire e dopo qualche ora lo andammo a prendere per portarlo fuori con noi nel bosco: Ci teneva particolarmente a vederci cacciare di notte. quando io e Kaily lo riaccompagnammo a casa e entrando dalla finestra, lo mettemmo sul letto era davvero a pezzi e aveva ancora la ridarella. Metà sveglio metà dormiente, con gli occhi già chiusi e la voce ridotta quasi ad un sussurro ci disse che eravamo degl amici PAZZZ ESCHI.  

Era raro che lottassimo (anche se Hugo lo proponeva sempre, tanto non era lui a fare il lavoro sporco) di solito, giocavamo alla guerra o simili: Io e kail eravamo mercenari, o guardie del re, e Hugo era sempre il re. O il figlio del re. A volte entrambi. Sapeva parlare e comportarsi davvero come un nobile. Era cosi credibile che quando finivano di giocare a volte kail si sbagliava e continuava a chiamarlo maestà. Hugo stava al gioco e per sdrammatizzare con lo sguardo altezzoso gli porgeva un mano con un brillante anello invisibile, da baciare, mentre le guance di kail si imporporavano. 

In tutti i nostri giochi alla fine dovevamo sempre fuggire e/o trarre in salvo il re, e ci ritrovavamo a correre a perdifiato giù dalle colline o nel bosco. Io davanti perche ero più veloce, kail appena un metro dietro di me e Hugo a cavalluccio sulla mia schiena, allacciato con le gambe intorno alla mia vita e  con le braccia strette al mio collo, facendomi rischiare il soffocamento ogni qualvolta ci spronava, urlando, ad una fuga più rapida ("piu RA PI DAAAA") e accompagnava l'incitamento, con una entusiasta stritolata del mio esofago.  

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Capitolo 2
*** CASA ***


Wayfish era il villaggio più piccolo e più sperduto in cui avessimo mai vissuto. Non era molto lontano da Doolin, spesso andavamo li per comprare le cose che da noi non vendevano. Era proprio sull cliff of moher, a due passi dalla scogliera. La nostra casa, era in assoluto la più vicina al mare, perché per noi non era pericoloso. Prima di viere li, mi ero trasferito 4 volte. Avevamo dovuto farlo, perché stavamo per rivelare il segreto. Per fortuna non amavo nessuno di quei posti. Wayfish fu il primo luogo, che considerai casa.  

Il nostro primo trasferimento neppure lo ricordo. So solo che stavamo  non lontano da Dublino, siamo andati via quando é morto il fratello di mamma, Zio Hardin. C'è stato poi Moate 

, da cui siamo dovuti andare via perche avevo inavvertitamente (anche se mamma e papà non mi hanno creduto) lanciato la maestra di matematica fuori dall aula. Era una strega insopportabile, e poi gli altri bambini almeno avevano riso. Poi siamo stati qualche anno a Carrickmines, dove iniziammo a studiare a casa, ma papà aveva salvato la vita a cinque persone, traendole in salvo da un incendio e uscendone completamente indenne. Che sia chiaro: Se lo facessimo io, mamma, Arliss o kailiam ci bruceremmo.  

Non siamo tutti uguali. 

 É una cosa difficile da spiegare, questa delle capacità. 

 Ma credo che in realtà non sia molto diversa dalle capacita delle persone normali: C'è chi corre più veloce e chi meno, c'è chi al sole si scotta e chi no. Per noi é solo tutto enfatizzato.   

Per un periodo abitammo in quel villaggio carino nel sul Dell islanda. ma gli islandesi mi stavano antipatici, erano cosi competitivi! ne facevano una questione di nazionalità e ... Oh andiamo, avevo solo dodici anni! Non mi sembrava cosi "grave" battere il record mondiale di velocità olimpionica alla gara campestre del paese.  

Agl altri si.  

Per fortuna mia sorella convinse il cronometrista a mentire e scappammo nel cuore della notte.  

Mia madre era furiosa. Quando ci trasferimmo a xxx, mi tenne un mese chiuso in casa.  

Credo che papà sapesse che di notte scappavo e andavo in giro a curiosare, ma non mi ha mai detto niente. Quando mi sentiva uscire si accostava alla finestra a bere whisky finché non tornavo. E senza dirmi niente, cercando di non farsi scorgere, tornava a dormire.  

Imparai, nelle mie esplorazioni solitarie e notturne, due cose che mi furono fondamentali per salvarmi la vita in seguito:  A muovermi silenziosamente nel buio, e che di notte tutti fanno le cose che non hanno il coraggio, (o gli attributi, che dir si vogli) di fare di giorno:   

Il padre di Hugo, piangeva di notte. Mio padre di motte, beveva e fumava qualche sigaro, a volte.  

 Uno dei fratelli di Hugo, Secondo,  (e il nome é tutto un programma) spiava soní, la figlia di Ronbon, il barista, che spesso si intratteneva con dei ragazzi o degl uomini. Anche molto più vecchi o molto più giovani di lei. Ovviamente Ronbon non lo sapeva, nessuno lo sapeva tranne me loro e lei. Secondo guardava e faceva dei movimenti strani, che nel buio notturno non capivo bene. Avrei compreso la natura di quei movimenti, circa un anno dopo, in una situazione completamente diversa.  

Ronbon stava tutta la notte al pub, a volte con la moglie e il figlio piccoletto, che dormiva con la faccia malamente appoggiata al bancone. 

 Sua madre fumava tutto il tempo e faceva commenti ovvi su tutto quello che dicevano Billy boe, mick steavens e al kolasky, che praticamente vivevano li, erano gli ubriaconi del villaggio. 

Poi c'era Mike il pazzo. Ed é il motivo per cui non mi piace che mi si chiami Mike. Mike il pazzo avrà avuto una decina d'anni più dei miei. Doveva essere stato un bell uomo, perche aveva gli occhi verdi, e nonostante ormai fosse assolutamente trascurato aveva ancora un bel sorriso, che cozzava con la barba incolta e sporca, brizzolata. Poteva essere elegante, se tenuta con cura, come quella di papà, ma in quelle condizioni sembrava... Come quando la neve si scioglie sulle montagne. Il marrone scuro e il bianco si mescolano e si sporcano a vicenda in modo disomogeneo che ricorda il fango, e ti da fastidio perche ti sembra che ci sia qualcosa di sporco a contaminare qualcosa di bello e puro.  

Di solito Mike il pazzo dormiva su qualche panchina oppure girava per il paese blaterando insensatezze, con l'aria di chi ha la soluzione per la salvezza del mondo. Quando lo incontravo si fermava, mi sorrideva dolcemente e mi offriva un po della spazzatura che aveva trovato e che stava portando in qualche rifugio segreto, e rannicchiandosi per terra vicino a me, dopo essersi assicurato che anche io mi inginocchiassi, diceva sempre:  "il tuo nome é il mio nome e il tuo segreto é il nostro segreto ma é anche il loro segreto" poi ridacchiava e aggiungeva ancora più a bassa voce, fissandomi negl occhi e parlando lentamente, mentre con le dita delle mani tremanti teneva il conto delle cose che diceva, come a volermi dare istruzioni: "ti serve: Uno che non é morto, per trovare l'altro che non é morto. Un altro sono io e un altro é morto davvero."  

La prima volta che accadde questa scena mi spaventai terribilmente.  

Con il tempo ci feci l'abitudine fino a vederlo volentieri, Mike il pazzo.  

Talvolta mi sembrava l'unico a capirci qualcosa.  

Se gli domandavo "Mike, che giorno é oggi?" Rideva fino alle lacrime, con la sua risata simile a un ululato, come se avessi fatto la battuta più divertente del mondo.  

Se gli dicevo "sai che ho i superpoteri"  

Mi rispondeva "chi non ne ha" 

Un giorno pensai di mostrargli le mie capacità. Ma non volevo correre il rischio che dicesse qualcosa di equivoco alla mamma e che lei ci trascinasse ancora in un altro villaggio. Qui avevo Hugo, e il posto mi piaceva. Poi Arliss e Kail mi avrebbero davvero ucciso, se ci fossimo trasferiti ancora a causa mia.  

Era mamma, appunto a prendersi cura di Mike il pazzo. Gli portava da mangiare tutti i giorni e una volta alla settimana si occupava di farlo lavare e visitare. Scoprii e imparai un sacco di cose nei miei vagabondaggi notturni. Ma la lezione più importante che avrei dovuto apprendere, e che non appresi mai, sarebbe dovuta essere: FATTI GLI STRAMALEDETTISSIMI AFFARI TUOI.  Era una notte di autunno, 

ero già andato alla scogliera e vedere le stelle, nel bosco a cacciare (balestra, un coniglio, piuttosto soddisfatto)  

E a salutare il vecchio Mike. Stavo passando sotto casa di Hugo per assicurarmi che Secondo non avrebbe sfogato contro di lui la sia frustrazione nei confronti di quell oca giuliva di soní.  

Ma Secondo non c'era. Incuriosito andai sotto casa di soní e saltai il piu silenziosamente possibile sull albero di fronte alla sua stanza. Le tende erano tirate ma potevo chiaramente vedere in contro Luce la sagoma di soní che dormiva su un fianco. Nei cespugli sottostanti la finestra, dove di solito secondo si appartava, non C'era nessuno. Scesi dall albero pensando che potevo aver visto male a casa di Hugo, quando sentii degli strani versi nella stanza affianco. Saltai sul tetto e mi calai a testa in giù per vedere cosa diamine fosse. Cerano una donna e due uomini. Lei baciava appassionatamente prima l'uno, poi l'altro. Loro sembravano incantati. Scesi in fretta, turbato e confuso. Chi diavolo erano? Nella pemombra della stanza non ero riuscito a vedere bene. E che cosa disgustosa! Non fa già abbastanza schifo baciare una ragazza, pure tutto quel passaggio di saliva? Si, avrei cambiato idea sul baciare le ragazze, non molto tempo dopo. Erano nella camera padronale quindi uno doveva essere il padre di soní, uno un uomo sconosciuto, forse secondo e la donna? Se in realtà Secondo fosse sempre stato a fissare la MADRE di soní? Era una donna piuttosto brutta, sembrava strano.. E soprattutto, era seduta dentro il pub del marito, difronte a me. Vi ero arrivato percorrendo meccanicamente la strada. Anche il marito era li. Ero troppo incuriosito, entrai. 

Mi sentivo un vero detective in cerca di prove  

Mi sedetti al bancone come se fosse la cosa più naturale del mondo. 

Sapevo che per tutti era ok se io e i miei fratelli ci comportavano da adulti. Ronbon mi guardò a meta tra il divertito e il sorpreso e mi disse "insonnia ragazzo?"  

Probabilmente se un mio coetaneo qualsiasi del villaggio gli fosse piombato li nel cuore della notte, non avrebbe avuto lo stesso atteggiamento. Ma con noi, erano sempre tutti diversi.  

Gli domandai: " ha altre figlie oltre a Soní, signore?"  

"no ragazzo" rispose, sempre più divertito. 

"e non ha sicuramente dei figli maschi già adulti. Ha per caso affittato una stanza della sua casa di recente?"  

"eh! Un sacco di persone affittano le stanze adesso! Eh! Per pagare le cose.." Disse annoiatamente sua moglie, tra un tiro di sigaretta e un sorso di caffé. 

Il marito parve turbato per un attimo, poi preoccupato e poi in imbarazzo mi disse "ragazzo, micheal, hai visto per caso qualcuno che non dovrebbe esserci, in casa mia?" 

"no signore." Non ero bravo a mentire, avrei imparato anche questo più avanti.  

"non lo so signore" mi corressi 

"forse si signore" confessai. 

E lui: "hai visto qualcuno che potrebbe far male a Soní?"  

"oh no, lei dormiva. Ma non mi sembravano pericolosi signore. Non penso baderanno a soní, erano intenti a fare altro" conclusi bevendo il latte che mi era stato messo davanti.  

Ronbon mi sorrise falsamente e disse: 

 "si é fatto tardi. Vai a casa figliolo, da bravo"  

Trascino fuori dal locale la moglie e  lanciò le chiavi a Billy boe, che era troppo ubriaco per prenderle al volo e le prese in faccia, ruzzolando giù dalla sedia.  

Seguii Nell ombra i genitori di soní e li vidi entrare in casa, accendere la luce. Salire le scale, e entrare nella sua stanza. La madre tirò un urletto che più che trasmettere la premurosa ansia di una madre che scopre che la propria figlia si é trasformata in un grosso cuscino, sembrava di forma, come quando kail dice che io e Arliss li rubiamo il cibo dal piatto e papà dice annoiatamente "ragazzi fate i bravi".  

Ronbon strappò un cuscino a metà per la rabbia, e entro nella stanza affinco. Mi spostai, per vedere meglio: La madre accese la luce, Le tendine erano scostate e potevo vedere chiaramente soní, con la faccia tutta imbrattata dei trucchi di sua madre, in piedi, di fronte al letto matrimoniale dei suoi genitori. Sul quale   Erano seduti secondo e brutus, un altro dei fratelli di Hugo. Erano entrambi senza Giacca, calze e scarpe. Lei aveva indosso un vestitino trasparente che le stava davvero male, si vedeva tutto il suo corpo, ed era mollo e leggermente arrossato. Quando i suoi occhi incrociarono quelli dei genitori, il suo viso divenne violaceo. Penso che non avesse più sangue nel resto del corpo. Al contrario, i due fratelli erano pallidi cadaverici. Ronbon faceva paura. Davvero. So che avrei potuto spezzargli il collo a mani nude, volendo, ma in quel momento davvero, faceva paura. Li fissava e basta. Sua moglie era semplicemente sgomenta, quasi incuriosita. C'erauna tensione tale Nell aria che mi aspettavo che qualcuno di loro sarebbe esploso. E invece, Rimasero tutti fermi immobili. Per almeno dieci secondi! Soní rossa e molla, con la faccia tutta colorata, gli altri due pallidi, sudati e izmmobili. Uno dei due chiuse adirittura gli occhi, come per fingere di non esistere. Il padre furioso e la madre curiosa. Scoppiai a ridere.  

Tutti si girarono verso di me. 

 Soní mi guardò con odio puro.  

Dissi qualcosa di intelligente, per giustificare la mia presenza li: "ops"  

Lei urlò. "TUUU"  

Suo padre fece un passo avanti e indicandola urlo con ancora piu foga: "TU!"  

Si guardarono tutti tra di loro e me ne approfittai per filarmela.  

Mi coricai con un vago senso di nausea e limpellente desiderio di dimenticare tutta la squallida scena. La sentivo una cosa troppo lontana da me, sbagliata, per chiunque. Lontana anche da loro. Non é questa la felicità, pensavo. Cercai di svuotare la mente e mi addormentai. 

Ma l'indomani  non si parlava d'altro. Alla fine Soni riuscì a scaricare la colpa su quei fessi dei fratelli di Hugo, e ne uscì quasi indenne.  

Quasi, perche avvennero conseguentemente alla sua bravata una serie di cose, che la coinvolsero in prima persona.  

In primis, i fratelli di Hugo lo pestarono brutalmente, per punire me, o per intimargli di non frequentarmi, non so. Arliss li fece invaghire i se, come ho già raccontato, assicurandosi che l'episodio non si ripetesse.  

Soní, crepó di invidia. Vide mia sorella accompagnare a casa Hugo sorreggendolo, una sera, e li vide ridere e scherzare per tutto il tragitto.  

Il giorno seguente, lo umiliò davanti agl altri ragazzi della scuola. Non so cosa disse o fece, perche Hugo non ce lo raccontò. Ricordo però che dopo scuola non andò neppure a casa, luogo a lui ostile, ma venne da noi.  Quando papà aprì la porta lui aveva gli occhiali rotti, lo zaino bagnato e piangeva. Si gettò letteralmente tra le mie braccia, probabilmente perche cadette, imbranato com'è, e iniziò a singhiozzare ancora più forte.  

Gli chiedemmo cosa fosse successo ma riuscimmo a cavargli fuori qualcosa solo dopo avergli dato da bere e del cioccolato (ne va pazzo)  

E capimmo solo che soní era una "cavalletta bitorzoluta" e una 

"maledetta serpe acida" 

Lei lo aveva deriso davanti a tutti, qualcuno, influenzato dal suo carisma, gli avevano gettato lo zaino nel lago, e rotto gli occhiali.  

Iniziarono a chiamarlo gobbo, secchione e storpio.  Non riuscivo a sopportarlo. Andavo a prendere Hugo tutti i giorni a scuola, e tutti i giorni lo accompagnavo. Quando ero imoegnato ad aiutare papà nelle faccende, lo fscevano kail o arliss. Un giorno sentii uno, di qualche anno più grande di me dirgli "me lo hai portato il pranzo, storpio?"  

Il mio stupido e coraggioso amico lo guardo con orgoglio, come se quei 4o centimetri di altezza e muscoli che li separavano non esistessero, e gli rispose "vai all inferno, maiale"   

Corsi più lentamente che potei e mi presi il pugno di quel colosso al posto suo, dritto su uno zigomo. Mi fece anche leggermente male. Era la mia prima rissa, ero emozionato.  

"gira al largo pivello, non ce l'ho con te"  

"gora al largo tu, o credo che ti darò modo di avercela con me molto presto" risposi.  

Lui rise, e probabilmente si aspettava che lo facessero anche gli altri, ma la cerchia di persone che ormai ci circondava era ammutolita. Non erano abituati a vedere me e la mia famiglia immischiarci in questioni del genere.  

"davvero, levati"  

Feci un passo avanti.  

Sferrò un altro pugno, ma questa volta lo schivai e gli tirai una testata, concentrandomi perche non fosse troppo forte.  

Fallii miseramente: Il colosso rosso cadde all indietro, stecchito. Per un attimo ebbi paura di averlo ucciso ma due suoi amici lo aiutarono ad alzarsi. Era sul punto di dire qualcosa di molto cattivo, o di picchiarmi, non so, quando arrivò papà.  

Era appena tornato dalla pesca con gli altri uomini del villaggio, tra cui, lo riconobbi, il padre del colosso. Un signore rosso e pallido con i baffi, alto e grosso quanto lui.  

Mr Colosso fulminò con lo sguardo colosso jr e lui entrò a scuola. In quel gesto colsi tutta l'ammirazione e in qualche modo gratitudine che queluomo doveva nutrire per mio padre.  Mio padre mi sorrise, ma dagl occhi trapelava la sua preoccupazione.  

Si voltò verso il padre del colosso e in modo cosi sminuente e rassicurante che avrei voluto fosse diretto a me disse: "non ti preoccupare Kevin. Marachelle tra ragazzi."  

Poi con gli altri pescatori, sparirono tra le casette.  

I ragazzi rientrarono a scuola. 

Hugo mi guardò mortificato e grato allo stesso tempo e prima che iniziasse ad aprire bocca, dal momento che per fargliela richiudere sarebbero serviti molti minuti gli dissi: "é tutto ok. Non l'ho neanche sentito, lo sai." 

Parve tranquillizzarsi, ma durò poco 

"ma.." 

"papà non mi punirà" 

"mh okay. Okay.. Bene. Ma.." 

"Hugo andiamo! nessuno mi sgriderà, non mi sono fatto male, é stato quasi divertente anzi, e poi é il minimo scusa."  

"Giusto!" Sorrise, "siamo fratelli". 

"fratelli" gli risposi, mentre entrambi camminavamo all indietro e ci portavamo il pugno destro sul cuore.  

 

 

 

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