Ahora se que es la real felicidad

di Akeryana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** lasciare tutto per una vita migliore ***
Capitolo 3: *** Figlio di un uomo ***
Capitolo 4: *** La vita perfetta, o quasi ***
Capitolo 5: *** Divisi ***
Capitolo 6: *** Vecchi e nuovi incontri ***
Capitolo 7: *** Un incontro emozionante ***
Capitolo 8: *** L'uomo che non sei tu ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Mi ricordavo ancora quel giorno. Fu il giorno in cui la mia vita cambiò e anche quella di un bambino, fragile quanto bello, e forte quanto intelligente. 
-Mi sono stancato!- gridò l’uomo attirando l’attenzione di tutti si di se.
-Pablo per piacere calmati, siamo in un ospedale.- quasi lo supplicò Gregorio.
Pablo era un suo caro amico, l’aveva visto nascere e crescere in quei cinque anni. Era il professore dello studio 21, scuola di ballo e canto.
Poi c’era Gregorio anche lui un suo amico. Era un professore dello studio e insegnava ballo. Purtroppo era divorziato da un anno e insieme a lui, attaccato alla sua gamba, c’era il suo piccolo figliolo della stessa età di lui: Diego. 
Appena i due si ricordarono della piccola creatura ancora insieme a loro lo guardarono.
-Diego vai dal tuo amico, tra poco andiamo a casa- gli disse suo padre con un tono gentile per nascondere la preoccupazione.
Diego entrò nella stanza bianca e sentì dei singhiozzi provenire dal letto.
Si avvicinò ma il letto era troppo alto per lui, che aveva solo cinque anni.
Così avvicinò una sedia al letto bianco e ci si arrampicò sopra fino a sedersi sul materasso.
Alzò lo sguardo e vide il suo migliore amico, Leon Vergas.
Povero piccolo, aveva una gamba fasciata, così anche un braccio, una mano e il viso pieno di cerotti. Era pieno di lacrime, sia sul suo dolce visino che su tutti i vestiti strappati.
-Ti fa male?-  gli chiese Diego sfiorandogli il braccio. Leon sussultò e l'amico ritrasse subito la mano.
-Si, tanto. Anche più delle altre volte.- rispose il piccolo, mentre un'altra lacrima gli scendeva dagli occhi smeraldo, che si erano arrossati.
-Perché non vai con Pablo? Perché resti con Felipe?- 
-Perché lui.. Mi fa paura Diego. Mio padre mi fa paura.- ricominciò a piangere e singhiozzare mentre si portava le gambe al torace e affondava il viso tra le ginocchia. 
Diego a quel punto fece l'unica cosa che gli venne in mente, o almeno l'unica che un bambino poteva fare: lo abbracciò, dimostrandogli il suo affetto, consolandolo di tutto il male che gli stavano facendo.
Un uomo con gli stessi occhi e colore dei capelli di Leon, aprì la porta di botto e il bambino cominciò a tremare.
Diego se ne accorse e gli prese la mano, per fargli capire che lui lo avrebbe aiutato, gli starebbe stato vicino. Ma nulla poteva far calmare l'amico di fronte alla sua paura più grande: suo padre.
-Felipe vattene!- gridò Pablo entrando in stanza, furioso come mai.
-Calmati, guarda che qui davanti ci sono Diego e Leon.-  Gregorio gli mise una mano sulla spalla e l'uomo guardò i due bambini, fece un respiro profondo e uscì dalla stanza. Rodrigo prese Diego in braccio e lo stesso Alvaro con Leon.
Fuori i due padri misero giù i figli, Felipe si girò verso Pablo con uno sguardo pieno di sicurezza e cattiveria -Ti ringrazio per essere venuto, ma non c'era bisogno.- 
L'uomo strinse i pugni, Leon si allontanò dal padre, che lo guardava per ordinargli di andare con lui verso casa, corse tra le braccia dell'uomo a cui voleva più bene del padre e iniziò a gridare -Ti prego Pablo portami con te!  Io ho paura di lui, mi picchia, io voglio venire con te!- 
L'uomo pianse e abbracciò il bambino, ma non poteva fare nulla. La legge era dalla parte di Felipe e non poteva farlo arrestare, almeno fino a che Leon non fosse stato più grande, nessun giudice si sarebbe bastato sulla parola di un bambino e tanto meno su quella di due professori.
Felipe prese il figlio per il braccio e lo trascinò fuori, mentre il piccolo continuava a chiedere aiuto, ma tutti sembravano cechi, muti e sordi. 
Pablo continuò a piangere mentre Gregorio cercava di consolarlo, ma era inutile. Cosa poteva fare u 'uomo comune come lui contro uno spietato potente come Felipe? Doveva aspettare... Magari il tempo avrebbe aiutato quel povero bambino, o lo avrebbe condotto verso una via più difficile, una piena di insidie. Voleva solo il bene per quel bambino e la cosa più importante da fare in quel momento era salvarlo.

Nota autore: Hola! Eccomi con la mia nuova storia, non si inizia molto bene vero? Ma tranquilli che cose miglioreranno... O forse no, lo scoprirete leggendo. Ma se avete notato ci sono già mooooolte cose strane: 1) Pablo e Gregorio sono amici; 2) Gregorio sa dell'esistenza di Diego e sono insieme già da piccolo; 3) Leon e Diego sono amici d'infanzia e si conosco grazie a Pablo. Che altro succederà al nostro protagonista? Recensite. Un beso.

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Capitolo 2
*** lasciare tutto per una vita migliore ***


Lasciare tutto per una vita migliore

 
 
Era nel suo letto, a fissare il soffitto, mentre le lacrime calde gli scendevano fino alle guance gonfiandogli i piccoli occhi, o almeno, piccoli all'apparenza, ma quegli occhi avevano visto tante cose da poter essere più grandi di un uomo di cento anni. Ma mentre il piccolo piangeva per la disperazione, per il dolore che le ferite gli procuravano, mille ricordi gli attraversavano la mente, anche se era tanto piccolo aveva anche troppi ricordi. Come la morte di sua madre, i ricordi di quel giorno si fermavano solo a quando Felipe stringeva Leon mentre si disperava su di lui. Si, prima di quel giorno lui era sempre stato un padre affettuoso, dolce... Ma dopo la morte della madre nulla era più stato lo stesso.
Lo sguardo del piccolo vagava sulle foto appese e poggiate sui mobili, tutte foto con suo padre, mentre si abbracciando, sorridono, ridono e scherzano. Leon sentiva la mancanza di quei giorni... Ma anche se piccolo, era abbastanza intelligente per capire che non sarebbero tornati quei momenti, anche se ci avrebbe provato per anni non sarebbe tornato nulla come prima. Doveva pensare ad altro, doveva trovare una soluzione da solo. Ripensava alle parole di Pablo, l'unico adulto che gli abbia mai fatto da padre in ogni singolo momento, e gli prometteva che avrebbe trovato una soluzione.
Certo! Doveva andare da Pablo! Lui lo avrebbe aiutato! Doveva andare subito.
Si alzò di corsa, ma facendo il minimo rumore, prese il suo zainetto e lo riempì di vestiti e altre cose che potevano essergli utili, per poi uscire dalla finestra usando l'albero accanto come scala per scendere. Corse più veloce che poteva, doveva sbrigarsi prima che suo padre se ne accorgesse.
Fortunatamente Pablo viveva poco lontano e Leon lo raggiunse quasi subito, ma appena davanti la porta si fermò prima di suonare. Si sentiva Pablo gridare da fuori...
-Angie se potessi terrei Leon, ma Felipe ha la legge dalla sua parte e Leon è troppo piccolo per denunciarlo... Ho le mani legate, e questa è la cosa che mi fa più arrabbiare!- continuò a gridare mentre si sentiva il rumore di qualcosa infrangersi sul pavimento. Leon non rammentava nemmeno l'ultima volta che Pablo si era infuriato tanto. Non poteva dargli altri problemi, non doveva pensare che ogni volta lui ci poteva essere. Ormai era solo, doveva contare solo sulle sue forza.
Un bambino, da solo, per la strada. Non sarebbe resistito una notte... Ma nessuno lo obbligava a restare in città. Poco tempo fa aveva visto un film "Il libro della giungla". Si era folle, era da pazzi, ma che altro poteva fare? Solo un folle poteva pensare davvero che funzionasse... E i bambini non sono tutti folli?
Con le sue piccole mani si strinse lo zaino nelle spalle e cominciò a correre. Nessuno doveva trovarlo, nessuno doveva sapere più nulla di lui. Poco fuori da città c'era un piccolo parco, che conduceva alla foresta fuori confine. Si diceva che nessuno c'era mai stato, il pensiero, in un qualche strano modo,  faceva crescere il coraggio nel piccolo Leon, lui aveva sempre avuto uno spirito avventuriero, ma non si era mai spinto tanto in la. Era il momento di iniziare.
Corse tutta la notte e tutta la mattina, ormai la stanchezza, la fame, il sonno e la sete si facevano sentire. Le forze lo stavano abbandonando. La vista di faceva annebbiata, nulla era più come conosceva. Cadde in ginocchio per poi svenire, inerme sull'erba.
 
***
 
Ma quella mattina non era facile nemmeno per Gregorio e Pablo, riuniti a casa del primo, mentre il piccolo Diego li spiava da dietro la porta.
-Come... E' scappato?! Ma ne sei sicuro Pablo?-
-Si Gregorio, Felipe è venuto stamattina da me gridando che io l'avessi spinto a scappare, ne era convinto perché mancavano le sue cose. Non so cosa fare... Leon è come un figlio, e se gli succedesse qualcosa?- il povero Pablo era disperato, mentre parlava si teneva la testa e quasi si strappava i capelli.
Diego li ascoltava e per la prima volta nel suo cuoricino si formò un sentimento strano, un misto tra rabbia e paura: la preoccupazione. E mille domande gli offuscavano la mente.
-Leon... Resisti...-
 
***
 
Leon sentiva attorno a se delle voce, non capiva di chi fossero, ma sapeva per certo che erano voci di bambini.
-Fran non possiamo lasciarlo qui e se arrivasse un ghepardo? O un giaguaro? O una tigre?!-
-Se gridi così Maxi è ovvio che arrivano!-
Il suo delle loro urla era tanto fastidioso e forte che Leon non potè evitare di aprire gli occhi e guardarsi attorno. Era nello sposto dove era svenuto ma quei due rovinavano tutta la pace e la pace e la serenità, infatti tutti gli animi tranquilli, come gli uccellini e le scimmie, scappavano via. Si appoggiò prima sui gomiti, facendo sobbalzare e allontanare i due bambini di colpo, per poi mettersi in ginocchio e far vagare lo sguardo su di loro.
La prima, forse quella più grande, era una bambina mora, con gli occhi verdi e un vestitino rosso, tenuto sulla vita da una specie di nastro nero, e la pelle chiara come il sole.
Mentre l'altro era un bambino un po’ basso rispetto all'altra, aveva i capelli ricci e castani con un paio di pantaloni marroni e una maglietta verde, anche lui aveva la pelle chiara.
La cosa strana di entrambi era che erano scalzi, beh non così tanto pensando che erano in mezzo alla natura.
-Voi... Chi siete?- chiese, confuso, il piccolo Leon ai due strani individui.
-Noi? Tu piuttosto!- ricominciò a gridare la piccola e il suo amico fu costretto a tenerla ferma.
-Io mi chiamo Leon, sono scappato.-
I due si guardarono per un secondo e poi tornarono a guardare lui e dissero all'unisono -Aspettaci qui!- corsero più veloci del vento entrando più a fondo nella foresta.
Leon guardava spaesato la direzione dove erano corsi. Ma era anche molto divertito se doveva essere sincero, non aveva mai incontrato bambini come loro. Forse solo loro potevano essere così. Ma la curiosità prese il sopravvento sul resto.
-Mh... Chissà dove sono andati.- si chiese il bambino, per poi  guardarsi attorno. Allora era davvero così la foresta, era un ambiente del tutto diverso dalla città, non c’erano telefonini o tv, nessuno che gridava o piangeva, solo pace e tranquillità. Chissà se anche le persone erano diverse, soprattutto gli adulti. In quel momento gli venne in mente l’immagine di Pablo, che lo portava per mano al parco giochi e che proprio lì gli regalava il suo primo strumento: il tamburello. Si, non era il massimo, ma per un bambino era bellissimo. Soprattutto per Leon, che adorava scoprire cose nuove e soprattutto la musica. Amava quando una dolce melodia gli arrivava all’orecchio e gli rimbombava nella testa per settimane, fino a che ne ascoltava una nuova e la cosa si ripeteva all’infinito. Doveva ammettere che la musica era l’unica cosa che lo faceva sorridere in quella casa tetra.
Allora ripensò a una vecchia canzone che sua madre cantava assieme a Pablo, Angie e Gregorio, mentre lui, Diego e suo padre li ascoltavano sorridendo.
<<  Com’è che faceva… Ah si!  >>   sorrise il bambino e cominciò a canticchiare  <<  chi ti scalda quando senti freddo? Quando piove chi corre a ripararti? Chi ti aiuta quando stai cadendo e ti da una mano a rialzarti? La famiglia.
Chi ti aspetta e sempre a braccia aperte? E chi è che sa scaldarti il cuore, sempre lì, con tutto il suo amore? La famiglia.
Che cos’è la famiglia? E’ qualcuno che ti vuol bene, che pensa sempre a te… Che vuol dividere ciò che c’è.
Che ti aspetta sempre a braccia aperte…
Che cos’è la famiglia?
Un amore fatto di magia…
Ti vuole bene…
Ma chi è che sa scaldarti il cuore, sempre lì, con tutto il suo amore? La famiglia
La famiglia
La fami…   >> all’improvviso si fermò il piccolo sentendo un battito di mani, simile a un applauso… Si girò a guardare.
Vide un uomo con i capelli castano chiaro, quasi color miele, e gli occhi azzurri e di carnagione chiara. Era un uomo bellissimo e incredibilmente paterno, già solo con la sua presenza aveva fatto calmare Leon, che aveva un senso di inquietudine da quando era entrato nella foresta. Non sapeva se quell’uomo capisse o meno l’effetto che faceva al bambino, ma non voleva che smettesse, anche se non sapeva cosa facesse realmente. Forse era quel sorriso paterno, che coinvolgeva gli occhi creando un ritratto magnifico, di una persona buona e gentile.
L’uomo si avvicinò con estrema cautela al piccolo, sapendo benissimo che fosse spaventato. Non voleva terrorizzarlo ancora di più.
<<  Ciao piccolo. Lo sai che canti benissimo? Dove hai imparato quella canzone?  >>  gli chiese dolcemente l’uomo.
<<  Dai miei genitori… Ma sono scappato, mio padre non mi voleva più bene. Mi potete tenere con voi?  >>  chiese con fare ingenuo e triste allo stesso tempo il povero Leon.
L’uomo perse per un attimo il sorriso ma poi gli si mise davanti, in ginocchio, e gli chiese ancora  <<  Come ti chiami?  >> 
<<  Leon… Ho cinque anni  >> 
<<   Come noi!  >>  gridarono i due bambini di prima, che erano sempre rimasti dietro l’adulto, che poi prese di nuovo la parola.
<<  Leon… Perché pensi che il tuo papà non ti voglia più?  >> 
A quel punto il piccolo si alzò le maniche della maglietta facendo vedere le bende sulle braccia e fece lo stesso per quelle delle gambe. Vide lo strano uomo stringere i pugni, per poi sorridere e prenderlo in braccio.
<<  Mi chiamo Alvaro. Da oggi mi prenderò cura di te  >>  gli sorrise per poi indicare i due bambini   <<  Queste due pesti sono Francesca e Maxi, sono sicuro che diventerete amici  >> 
I tre si sorrisero mentre tutti insieme seguivano Alvaro.
 
***
 
<<  Gregorio devi andare, in Spagna tu e Diego sarete al sicuro da Felipe, io rimarrò qui e con Angie e Antonio costruiremo la scuola che abbiamo sempre sognato  >>  gli disse con tono rassicurante Pablo, mentre lo aiutava a fare i bagagli.
<<  Lo so Pablo, ma il pensiero che Leon non sia al sicuro non fa sorridere ne me ne Diego, chiede sempre di lui. Ma lo capisco…  >>  l’uomo abbassò gli occhi con amara tristezza aspettando la risposta dell’amico, ma invece ottenne altro…
<<  Leon tornerà!  >>  si mise a gridare il bambino con il viso ricoperto di lacrime mentre i due lo guardavano sorpresi,non si aspettavano che stesse origliando  <<  Vedrete! Io e lui siamo amici! Lui tornerà!  >>  corse a chiudersi in camera sua, ma i suoi singhiozzi per il pianto si sentivano e risuonavano per tutta la casa, dato che nessuno dei due si azzardava a parlare.
 
***
 
 Loro erano un popolo che viveva a stretto contatto con la natura, non erano pellerossa o indigeni, ma erano delle specie di branchi, e di quello Alvaro era il capo. Ma non essendo sposato e non avendo dei figli non c’erano eredi, Alvaro nel tragitto aveva proposto a Leon di adottarlo, ma qualcuno del branco aveva da ridire su questo…
<<  Alvaro riportalo subito indietro! Lui non è uno di noi!  >>  gli gridò contro suo padre, il vecchio Alejandro, aveva dato il suo posto al figlio, sapendo benissimo che era pronto e infatti non si arrabbiava mai con lui, anzi, erano più uniti che mai. Ma non poteva accettare che suo figlio facesse uno sbaglio del genere.
<<  Papà è solo un bambino, non può fare nulla di mal…  >> 
<<  Si è un bambini adesso! E quando crescerà?! Non è cresciuto con i nostri valori! E se da grande ci tradisse?! Conosci quella gente!  >> 
<<  E’ solo un bambino, lo crescerò io!  >> 
<<  Non sarà mai come noi!  >> 
La voce dell’uomo si fece tanto forte che tuonò per tutta la foresta, tanto da spaventare tutti i bambini, compresi Maxi e Fran che corsero dai loro genitori, e Leon che invece nascose il viso nel petto del suo nuovo padre.
<<  Bene… Sbarazzatene >>  ribatté secco Alvaro dandogli in braccio il piccolo Leon per poi salire su un albero e distendersi sopra il ramo più duro.
Tutti rimasero sorpresi dal comportamento di Alvaro, di certo aveva qualcosa in mente. Ma nel mentre Alejandro si era posizionato al lato del precipizio, tendendo le braccio con le quali teneva Leon, bastava lasciarlo per toglierli la sua piccola vita…
 
 
Nota autore: Salve a tutti! Spero vivamente che la storia vi stia piacendo, a me da morire. Sapete da tanto volevo pubblicarla ma solo ora che secondo me è presentabile l'ho potuto fare. Qui abbiamo tantissime novità che non vi sto nemmeno a dire. Ma quanto è simpatico Alvaro e cosa avrà in mente? Lascerà che Alejandro uccida il piccolo Leon? Recensite. Un beso.

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Capitolo 3
*** Figlio di un uomo ***


Figlio di un uomo

 
 
 
Alejandro teneva il piccolo Leon tra le sue grandi mani, mentre tutti gli occhi erano puntati su di lui, tranne quelli di Alvaro, che era disteso su un ramo, dell’albero dietro di loro con una gamba che penzola dal ramo e le braccia dietro la testa, come se non stesse succedendo nulla di strano.
Mentre Leon, dal canto suo, era immobile, non sapeva perché. Il suo corpo gli urlava di scalciare e gridare, di supplicarlo di lasciarlo libero, eppure non lo faceva, si limitava a tenere le iridi smeraldo fisse in quelle castane di Alejandro.
<<  No, non guardarmi così.  >>  cominciò a piagnucolare l’uomo  <<  Lo sanno tutti che i bambini sono la mia debolezza   >>  
In quel momento Leon ebbe un lampo di genio, gli saltò al collo stringendolo in un abbraccio e sentì l’uomo sbuffare rumorosamente.
<<   Alvaro!  >> 
<<  Dimmi papà  >> 
<<  Il tuo piano ha funzionato. Prendi questo bambino!  >> 
Alvaro, con un sorriso a trentadue denti, scese dal ramo con un balzo e corse a stringere Leon, per poi, senza farsi vedere e sentire, sussurrargli al piccolo orecchio  <<  Sei stato bravissimo  >>  facendo sorride il bambino, che lo strinse con forza. Non si era mai sentito tanto… A casa, per la prima volta nella sua giovane vita sentiva che poteva essere felice.
Subito dopo si rimise in viaggio e decisero di ritornare al villaggio dove abitavano, ma per loro sfortuna era stato attaccato da dei militari, gente odiosa che voleva distruggere la foresta per creare un’enorme ferrovia, ma fino a che loro avrebbero abitato quelle zone di terra verde erbosa infinita, non avrebbero potuto.
Leon vide davanti a se persone… Non tristi, era strano per lui. Di solito se Diego rompeva qualcosa per suo padre era una tragedia, invece quelle persone avevano perso tutto, case, averi, eppure non era tristi o arrabbiati, anzi, si stavano rimettendo subito a lavoro per ricostruire le loro case.
Alvaro sorrise a Leon   <<  Vai a giocare coi bambini, io vado ad aiutare quelle persone  >>  gli fece una veloce carezza sulla testa per poi spingerlo leggermente verso i bambini, dato che lo vedeva titubante sul da farsi. Alvaro aveva capito fin da subito che quel bambino aveva sofferto molto e che per questo non era come gli altri, lui era nato con la tristezza, ma l'uomo si era prefissato che il bambino doveva crescere con la gioia. Tutti dovevano essere felici nella vita, lui per sua fortuna era sempre stato felice, aveva un padre amorevole, il suo popolo era la sua famiglia e non ci sono mai state controversie. E voleva che lo stesso fosse per Leon, lui nel suo cuore sapeva, anche se non capiva come, che in lui c'era un vero re. No un capo, o una semplice guida, lui era destinato a grandi cose.
Intanto il piccolo, povero, indifeso, smarrito bambino, andò dai bambini, c'era un gruppo di tre, con i due bambini che li aveva conosciuto quella mattina... Com'è che si chiamavano? Ah si!
<<   Maxi e Francesca  >>  purtroppo si accorse troppo tardi di aver usato un tono di voce troppo alto, tant'è che i due bambini si girarono verso di lui e lo fissarono per qualche secondo senza dire nulla... Per poi saltargli addosso e gridare in coro  <<  Leon!  >> 
I tre risero insieme mentre un bambino li fissava, con aria confusa e il capo poco inclinato, facendo andare i suoi capelli castano chiaro tutti da una parte.
Fran smise di ridere e si mise accanto al bambino, mettendogli un braccio attorno al collo  <<  Leon, lui è Federico, ma chiamalo Fede. E' nostro amico da sempre   >>  Leon e Fede si guardarono per poi sorridersi e si strinsero le mani, fino a che Francesca riprese la parola   <<  Ehi! Possiamo essere un gruppo!  >> 
<<  Ottima idea! Io sarò il capo!  >>  si impose subito Maxi, alzando il pugno con fierezza, come se fosse un adulto.
<<  Ah si? E perché dovresti esserlo tu?  >>  ribatté Fede, incrociando le braccia e riempiendo le guance d'aria, facendogli avere un'aria furiosa.
<<  Vuoi esserlo tu? Ma dai  >> 
I due cominciarono a "discutere" tirandosi per i capelli e gridando uno contro l'altro, mentre Fran cercava di separarli mettendosi tra di loro, ricevendo anche lei grida e pugni.
Leon non capiva perché ma quella scena lo faceva divertire molto, infatti, senza rendersene conto, cominciò a ridere di gusto. Come non aveva mai fatto da quando era al mondo, era la cosa più bella che potesse esistere per un bambino, poter finalmente ridere e scherzare, cosa c'era di meglio?
 
Avrai la forza per lottare
Sarai saggio per decidere
Quando il tuo momento arriverà
 
Intanto i giorni passavano e Leon si ambientava in quell'ambiente completamente nuovo, privo di ogni confort o attrezzo, doveva costruirselo lui. Infatti provò, con l'aiuto di Maxi, Fra e Fede a costruire un arco e delle frecce fatte con sassi e dei legni... Ma non ebbe buoni risultati. I bambini tentarono a prendere un po’ di frutta dagli alberi con le frecce, infatti funzionò, e la freccia con la frutta si incastrò in un albero... Però lo fece proprio sulla testa di Alejandro, che si cosparse dei succhi dei frutti raccolti. E i bambini, appena lo videro, corsero a nascondersi dietro un albero.
 
Perché è in questo tuo vagare,
che risposte troverai.
Sarai tu sulla montagna
E tu che in cima andrai.
 
Leon ormai aveva sei anni, già da un po' di tempo voleva sperimentare un nuovo modo per spostarsi da una parte all'altra della foresta, in maniera rapida... Ma come? Si guardava attorno, ma vedeva solo rami e alberi, alberi e rami... Ma certo!
Lui e i suoi amici, cresciuti pure loro, anche se poco, erano su un ramo di un albero molto alto e lui teneva fisso il rima dell'albero accanto. Non c'era una distanza abissale, per loro che erano ancora bambini... La distanza era tanta.
<<  Leon ne sei convinto?  >>  chiese Fran, con molta preoccupazione, ed aveva ragione. Se Leon fosse caduto si sarebbe sicuramente rotto la gamba... O peggio.
<<  Sta tranquilla Fran, so quel che faccio  >>  rispose Leon, sicuro di se... Era una bugia colossale. Nemmeno lui era sicuro di farcela, ma tentar no nuoce… No?
Il bambino fece un respiro profondo per poi saltare quanto più poteva… Ma come volevasi dimostrare, non arrivò al ramo ma fortunatamente, appena cadde, passò di li Alvaro, che lo prese tra le braccia.
L’uomo lo guardò, in un primo momento confuso, poi sorrise e gli fece il solletico sulla pancia  << Toh guarda, piovono bambini  >>  ridacchiò l’uomo assieme al bambino, che oramai era diventato suo padre a tutti gli effetti. E Maxi, Fran e Fede i suoi fratelli. Non desiderava nulla di più.
 
Figlio di è padre ormai
Libero camminerai
E quando un padre tu sarai
In tuo figlio un padre scoprirai
 
Gli anni passavano ancora, Leon, assieme al suo gruppo, aveva raggiunto i dieci anni e anche il traguardo di riuscire a muoversi sugli alberi. Era felicissimo, aveva raggiunto il suo obiettivo e nessuno riusciva mai a stargli dietro, l’unica pecca era che ancora non sapeva tutte le vie della foresta e la maggior parte delle volte si perdeva… Come era appena successo.
Alvaro gli aveva consigliato che nei momento di perdizione doveva salire sull’albero più alto che c’era e andare verso una zona che conosceva o che ricordava.
Leon si ricordò del consiglio e salì sopra l’albero, ma non vi trovò foglie e uccellini come sempre, no, lì c’era… Una casa. O almeno, una piccola casetta fatta con tronchi d’albero. Il bambino, curioso come mai, entrò nella casa e si guardò attorno, c’erano tutti oggetti del suo vecchio mondo: un tavolino, fotografie sparse ovunque e anche delle coperte, che coprivano qualcosa al lato della casetta. Scostò quel velo e vi trovò due persone, una bambina, che poteva avere sette anni, e una donna adulta che lo fissavano. Le due si somigliavano parecchio, dovevano essere madre e figlia. Nessuno dei tre si muoveva, si limitavano ad osservarsi attentamente, o almeno Leon e la donna, visto che la bambina era tanto spaventata che affondò il viso nel petto della madre. Lui notò che la donna era ferita, perdeva molto sangue e tremava, non sarebbe resistita per molto…
<<  Aspettatemi qui, vado a chiamare mio padre e vi aiuterà!  >>  fece per andare ma la donna lo trattenne afferrandogli il braccio.
<<  Piccolo… Prendi mia figlia… Portala da tuo padre  >>  gli implorò la donna, con filo di voce mentre con l’altro braccio spingeva lentamente la figlia da lui.
Leon non sapeva molto bene cosa fare, ma capiva la confusione della bambina e allora le sorrise prendendole la mano  <<  Sta tranquilla e fidati di me  >>  ricevendo in cambio un sorriso da lei.
Lei si mise sulla sua schiena e il bambino cominciò a correre tenendola stretta.
Subito dopo il loro arrivo, Alvaro e alcuni uomini lo seguirono, con Leon, per aiutare la madre… Ma era troppo tardi… La donna era morta. Alvaro spiegò a Leon che lei era stata attaccata una animale molto pericoloso, ma non capiva quale fosse, dato che come indizio avevano solo il segno del graffio sulla donna, e continuò dicendogli che lui aveva fatto bene a portare via la figlia… Almeno non avrebbe assistito alla morte della madre.
Fran però, aiutò tutti a non abbattersi, e i ragazzi ammisero la bambina nel loro gruppo.
<<  Aspetta… Non ti abbiamo ancora chiesto come ti chiami  >>  fece notare Fede fissando la nuova arrivata.
<<  Violetta  >> 
 
E anche se sarai da solo
I dubbi vincerai.
E’ di sola andata il viaggio.
Da un ragazzo a un uomo sarai
 
I giorni passavano felici, non c’erano problemi. Alvaro cresceva Leon come l’uomo che voleva che fosse, nessuno era triste. Violetta non sentiva più la mancanza di casa, anzi, si sentiva nella propria casa. I ragazzi si radunavano ogni giorno alla cascata, era diventato il loro luogo di ritrovo. Si divertivano da morire, si schizzavano, facevano a gara a chi tratteneva di più il respiro sott’acqua o a chi si buttava meglio in acqua.
La vita era bella per loro e mentre passavano i giorni non si accorgevano di essere ormai diventati degli adulti.
 
Figlio di chi  è padre ormai
Libero camminerai
E quando padre tu sarai
In tuo figlio un padre scoprirai
 
Erano uniti, uno per tutti e tutti per uno, ma quelli più uniti di tutti erano Vilu e Leon, erano più che fratelli. Se succedeva qualcosa a lei, lui accorreva ed era anche capace di mettere sottosopra tutta la foresta. Se succedeva qualcosa a lui, lei avrebbe mosso mari e monti per raggiungerlo. Leon era il ragazzo più felice del mondo: aveva suo padre, Violetta, i suoi amici, il suo popolo. Cosa poteva esserci di più?
 
Imparerai insegnando
E imparando insegnerai.
Finché l’amore un giorno incontrerai.
 
Leon cresceva da bravo capo, e i suoi amici lo aiutavano.
Insieme costruirono un piccolo ritrovo per i bambini, dove poter stare tranquilli e dove le madri potevano osservarli.
Aiutarono le persone a costruire le proprie case, i medici a portare le medicine e si occuparono anche di altri lavori. Ormai tutti li conoscevano come quei bravi ragazzi, pronti ad aiutare il prossimo. Soprattutto Leon: una volta un bambino si era perso nella foresta e stava per essere morso da un serpente velenoso, Leon lo salvò appena in tempo e uccise il serpente. Da quel giorno la madre gli fu debitrice.
 
Tutti i sogni che hai sognato
E le tue fantasie
Non per molto lo saranno.
Questo tempo vola via
 
Leon quella mattina aveva il giro di controllo di tutta la foresta, come ogni giorno, ma c’era una novità.
<<  Leon portami con te oggi, per favore!  >> 
<<  Certo Vilu!  >> 
Leon sorrise e se la caricò sulla schiena per poi cominciare a correre e saltare di ramo in ramo, facendo attenzione a non farle sbattere la faccia da qualche parte.
I due ridevano felici, mentre il vento gli scompigliava i capelli e lei lo stringeva con forza, anche per non cadere.
Fino a che i due arrivarono, proprio sopra la cascata dove si radunavano sempre coi loro amici. Leon la prese in braccio come se fosse una sposina e Violetta gli mise le braccia attorno al collo mentre entrambi ammiravano il meraviglioso spettacolo davanti a loro.
 
E tuo figlio
Tuo figlio è padre già da un po’
 
Nota autore: Salve a tutti! Sono felice che la storia vi stia piacendo. Ci tengo molto. Ma in questo capitolo, che secondo me è molto toccante, si vedono i nostri ragazzi crescere e diventare le persone che conosciamo. Ma ora che succederà? La loro vita sarà migliore o peggiore? Recensite.

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Capitolo 4
*** La vita perfetta, o quasi ***


La vita perfetta, o quasi

 
(Piccola nota: le parti scritte in grassetto "Leon, Violetta" sono le parti cantate, cioè i protagonisti cantano.)
 
Leon e Violetta stavano tornando al villaggio dopo il solito giro di controllo, assicurandosi che tutto fosse tranquillo, ma per loro due non lo era.
"Andiamo Leon diglielo! Cosa c'è di difficile? Devi solo dire -Violetta, mi piaci.- Semplice, no?" pensò il ragazzo, stando accanto alla sua amica, mentre si tormentava le dita, spellandosele per il nervosismo. Perché non ci riusciva? Di solito non era tanto timido. Ah! Tutta colpa di suo padre! Si, suo padre che in quel momento li stava spiando da sopra un albero.
<<  Vilu tu va avanti, mi è parso di sentire qualcosa. Ti raggiungo tra poco.  >>  le sorrise rassicurante, per non farla preoccupare.
<<  Va bene, ma sta attento.  >>  ricambiò il sorriso ma con molta più dolcezza per poi andare avanti, superandolo di molto.
A quel punto Leon alzò lo sguardo  <<  Su, scendi. Se ne è andata  >> 
Alvaro, con un balzo incredibile, scese dall'albero e prese immediatamente il figlio per le spalle  <<  Leon perché non ti fai avanti?  >>  chiese con sguardo accesso, Leon a volte si chiedeva se importasse di più al padre o a lui.
<<  Papà se tu mi fissi non ci riesco! Perché ci hai seguiti?  >>  chiese il ragazzo mentre levava le foglie dalla testa del padre.
<<  Perché Violetta ti piace da quando avevi undici anni e ora stai per diventare un uomo, se non riesci a dire alla ragazza che ti piace quello che provi alla hai bisogno del mio aiuto  >>  spiegò l'uomo alzando il braccio, mostrando una posa trionfante.
<<  Se... Tu quando diventerai un uomo invece?  >> 
L'autostima dell'uomo cadde a terra...  <<  Ti preferivo da bambino  >> 
I due si guardarono per qualche secondo per poi ridere insieme e abbracciarsi stringendosi.
<<  Va bene va bene, ti lascio fare da solo. Ma me la paghi per avermi dato dell'immaturo.  >>   rise l'uomo per poi andarsene attraverso i rami, come suo figlio gli aveva insegnato, usando la scusa che se si fosse trovato nei guai sarebbe corso da Leon ad aiutarlo, ma era evidente che lo usa solo per divertirsi.
<<  Aspetta! Cosa...  >>  di solito le "vendette" del padre, erano poche, ma che colpivano nel segno.
<<  Leon! Leon! Insegnaci a combattere!  >>   gridò un bambino del villaggio, seguito da tutti i suoi amici dietro di lui, mentre Violetta li guardava ridacchiando, dato che li aveva accompagnati lei.
<<  Scusa Leon, me l'ha chiesto tuo padre.  >>   ridacchiò ancora la ragazza e lui non poté fare a meno di sorridere teneramente, poi davanti ai sorrisi dei bambini lui non poteva resistere.
<<  Certo che ve lo insegno bambini!  >>  il ragazzo prese da terra un bastone, un vecchio ramo caduto, e cominciò a far vedere ai bambini delle mosse utili <<  Energia! Non basta mai. Sincronia! Non puoi star fermo! Veloci! In assetto! L'effetto... E' perfetto!  >>  una seria di ganci destri, calci rotanti, tutti fatti col bastone, i bambini ne rimasero estasiati.
Infatti poi tutti in coro lo imitarono, sia dalle parole che dalle azioni, mentre lui pian piano aggiustava dove sbagliavano  <<  Energia! Non basta mai. Sincronia! Non puoi star fermo! Veloci! In assetto! L'effetto... E' perfetto!  >> 
Uno dei bambini andò davanti a Leon, con una posa da vero "uomo"  <<  Leon sono pronto!  >> 
Ma appena il ragazzo lo toccò con un dito, il bambino cadde a terra e lui ridacchiò  <<  Molto bene, ma ti manca l'equilibrio. Sei solo a metà strada.  >>  allora lui si sedette a terra e i bambini attorno a lui lo imitarono. Lui chiuse gli occhi e intreccio le mani  <<  l'aria io copierò, e i rami che non si spezzano mai.  >>  mentre indicava i rami sopra di loro, che si agitavano per via del vento  <<  Ora so che io non mi fermerò  >>  quando vede una bambina spaventata da un grillo che le era salito sulla gambe si alza e le va davanti prendendo il grillo e lei lo accarezza, all'inizio un po' spaventata per poi sorridere  <<  e paura non avrò.  >> 
Di nuovo i bambini lo imitarono in coro   <<  l'aria io copierò, e i rami che non si spezzano mai. Ora so che io non mi fermerò e paura non avrò.  >>  
<< Grazie mille Leon!  >>  gridarono i bambini per poi andarsene insieme sorridendo felici, per poi mostrare cosa avessero appreso ai genitori.
<<  Sei un ottimo insegnante.  >>  lo elogiò Violetta andando al suo fianco.
<<  Se vuoi, posso insegnare anche a te.  >>  sorrise Leon avvicinandosi a lei.
<<  Con molto piacere.  >> 
I due si avvicinarono, intenti a volersi baciare, quando Francesca si mise tra di loro, facendosi odiare da Leon. Prese Violetta per un braccio e la trascinò via sorridendo, lasciandolo solo, o almeno lui sperava.
<<  Oh Leon! Sei il miglior insegnante che esista!  >>  Federico si strusciò su di lui, imitando la voce di Violetta, anche nei gesti...
Seguito da Maxi, che cercava di imitare Leon, infatti rese la voce più profonda e ingrossò i muscoli, mettendosi accanto all'amico, dalla parte opposta di Federico <<  Grazie Violetta, se vuoi... Potrò dare lezioni anche a te, ma per altro...  >>  fece l'occhiolino e lui, assieme a Federico, scoppiarono a ridere.
<<  Vi. Odio.  >>  sillabò Leon, rimanendo irremovibile, ma alla fine scoppiò a ridere pure lui assieme ai suoi amici.
Eh si, era davvero una vita bellissima, piena di gioia e felicità... Ma tutti sanno, che nulla è per sempre.
 
Leon e Violetta, qualche giorno dopo,  erano a fare il solito giro di controllo, ma questa volta c'erano anche i loro amici. Però, appena vicini al villaggio, non videro nulla di buono.
<<  Ragazzi ma quello è... Fumo.  >>  fece notare Federico, indicando il fumo in direzione del villaggio.
<<  Cosa sarà successo?  >>  chiese Francesca, preoccupata.
<<  Un altro attacco?  >>  continuò Maxi, guardando i suoi amici preoccupato come mai...
Ma Vilu si accorse che Leon era stranamente silenzioso  <<  Leon...  >> 
Il ragazzo teneva fisso lo sguardo nella direzione del villaggio e mormorò, quasi in un sussurro <<  Papà...  >> 
I ragazzi corsero al villaggio e i loro dubbi erano giusti... Avevano subito un altro attacco, come quello prima dell'arrivo di Leon, ma questa volta... Non volevano lasciare superstiti. Tutte le case erano a fuoco, gli abitanti scappavano, le madri cercavano i loro figli disperate.
Alvaro invece cercava di aiutare più persone possibili, vedendolo anche loro cominciarono ad aiutare. Presero i bambini portandoli in salvo, salvarono le persone dalle case che stavano per crollare fino a che tutti furono salvi e corse verso la foresta… Ma non c’erano tutti.
<<  Papà! Andiamo!  >>gridò Leon, notando che suo padre stava tornando al  villaggio.
<<   Non senti? C’è ancora qualcuno! Guidali nella foresta, io tornerò presto!  >>  gridò anche l’uomo, mentre correva in direzione di una casa in fiamme, dentro si sentiva qualcuno gridare disperatamente, ma lui aveva una brutta sensazione, non poteva farlo capire al figlio però doveva salutarlo… Si fermò un secondo e lo guardò da lontano <<  Ti voglio bene figlio mio!Ti vorrò sempre bene!  >>  e senza attendere oltre corse in direzione della casa, ma appena entrato… Non ci fu più via di fuga.
Leon guardava la casa preoccupato e impaziente, pregava con tutto se stesso di vedere tra poco uscire suo padre, però quelle speranze se ne andarono quando la casa venne dilaniata dalle fiamme. E nel cuore di Leon qualcosa si spezzò, qualcosa che poteva essere ricucito. Il suo cuore si divise in mille pezzi e tutto accadde in un secondo… Le fiamme cominciavano a espandersi ma fortunatamente cominciò a piovere, però Leon era lì, immobile, ad attendere suo padre, quando Maxi e Fede lo trascinarono via di peso mentre di suo padre non rimaneva che cenere.
 La mattina seguente, fu il momento più doloroso di tutti, i ragazzi e gli abitanti tornarono al villaggio, distrutto, era solo polvere.
Tutti piangevano i loro cari, quelli che i ragazzi non erano riusciti a salvare assieme ad Alvaro, tutti piangevano… Ma Leon no. Non ci riusciva. Guardava tutta la tristezza e il dolore attorno a se, ma nessuna lacrima gli scendeva, sapeva che suo padre non avrebbe voluto, fino a quando…
<<  Leon…  >>  Alejandro, l’uomo che aveva imparato a chiamare “nonno” gli andò accanto, mettendogli una mano sulla spalla, mentre con l’altra mano reggeva la spada di Alvaro, quella che usava per addestrare Leon in caso di combattimenti e tutti gli abitanti li guardarono  <<  Alvaro, mio figlio, era un uomo forte e buono. Noi tutti lo ricorderemo come il miglior capo che abbiamo mai avuto, un buon figlio e…  >>  diede nelle mani del nipote la spada lucente del figlio con le lacrime gli occhi  <<  Il miglior padre.   >> 
A quel punto una lacrima rigò il viso del ragazzo, cosa che non sfuggì ai suoi amici che gli si avvicinarono per confortarlo, ma lui corse via.
Alejandro fermò i ragazzi  <<  Deve stare da solo. Ha bisogno di pensare…  >> 
Ma a Leon serviva molto più di un po’ di tempo… Aveva troppi dubbi nella testa.
Lui camminava per la foresta, stringendo tra le mani la spada di suo padre  <<  e’ freddo il sole, la terra è spoglia. Van via gli uccelli, si vuota il ciel, e l’orso va, lui dormirà lontano da quel gelo…  >>  mentre lui camminava e si guardava attorno tutto gli sembrava così maledettamente diverso  <<  Ma loro conoscono la vita cos’è, se credessi in me potrei capire… I miei perché…   >>   senza nemmeno accorgersene arrivò alla cascata dove lui e Alvaro, assieme ai suoi amici, giocavano sempre, e il vento lo avvolgeva  <<  Ma dove io potrei andare? Tra mille voci chi dovrò ascoltare? Senza un aiuto… E’ facile sbagliare  >>  nell’acqua cristallina si materializzò la figura di Alvaro, che sorrideva mentre gli dava un piccolo ciondolo a forma di lupo che gli aveva fatto lui stesso. Leon chiude gli occhi e con aria infinitamente triste, strinse in una mano il suo ciondolo e nell’altra la spada  <<  Come farò? Dove potrò… andare?  >> 
Aprì gli occhi e guardò nuovamente a il riflesso del padre, avvicinando una mano all’acqua  <<  Qui tutto cambia, lo faccio anch’io. So scegliere ed ora riesco a dire addio  >>  ma appena toccò il liquido cristallino il riflesso svanì e al suo posto comparvero i volti di Fede, Fran, Maxi e Violetta  <<  Il mio futuro non so qual è, ma so che in fondo il mio domani, dipenderà da me…  >>  si allontanò da lì e il vento fu come se lo spingesse in una direzione, mentre i ricordi della sua infanzia riaffioravano nel suo cammino   <<  Qualche cosa cambia in me ma cosa… Non so. E’ una vita nuova che da solo… Proverò!   >>  il vento si fermò appena arrivò nel luogo dove lui e Alvaro si incontrarono per la prima volta, e il vento lo travolse nuovamente  <<   Ma dove io potrei andare? Tra mille voci chi dovrò ascoltare? Se un aiuto è facile sbagliare…   >>   si inginocchiò al suolo e poggiò a terra la spada del padre, per poi coprirla con la sua giacca, come se stesse seppellendo il padre  <<  Come farò.. Dove potrò… Andare?   >>  abbassò il capo, annegando nel suo dolore, ma tutto questo… Era solo l’inizio.
<<  Leon! Aiuto! Ci stanno attaccando!  >> 
 
Nota autore: Salve a tutti! Chiedo scusa per l’enorme ritardo ma spero che almeno il capitolo vi piaccia. Povero Leon ha perso suo padre… A quanti di voi mancherà quel simpaticone di Alvaro? A me mancherà tanto, ma Leon deve andare avanti, infatti una nuova minaccia incombe sul villaggio, cosa succederà ai nostri amici? Leon supererà il trauma e si dichiarerà a Violetta? Chi è questo nemico che cerca in ogni modo di distruggerli? A chi indovina il nemico darò dei super spoiler della storia. Recensite.

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Capitolo 5
*** Divisi ***


Divisi 


<<  Leon! Vieni presto! Stanno per portare via Maxi e Fede!  >> gridò Francesca, guardando Leon da lontano, il quale scattò in piedi al suono di quelle parole e corse più veloce che poteva, seguito dall'amica.
<<  Dov'è Violetta?  >>  chiese lui continuando a correre e superando di gran lunga la ragazza, la quale fu' costretta ad alzare il tono della voce per farsi sentire da lui, sempre correndo.
<<  L'ho portata al sicuro appena Fede e Maxi hanno cominciato a tenere lontani quegli uomini, ma non ci sono riusciti. Se non ci sbrighiamo li porteranno via e non sappiamo nulla dopo che portano via qualcuno di noi...  >>  
Leon aumentò ancora il passo e finalmente li vide... Quattro uomini cercavano di legare i suoi amici, stesi a terra mentre cercavano di ribellarsi, ma li avevano catturati in una rete, per poi essere portati sicuramente da quei mostri..
<<  Lasciateli!  >>  gridò il capo, mentre si buttava a capofitto nella battaglia per salvare i suoi amici, ma appena intravide le armi nelle fondine che quei quattro avevano sui pantaloni, capì che in qualunque momento, anche se li avesse sconfitti in un corpo a corpo, loro avrebbero potuto uccidere lui e i suoi amici in qualsiasi istante. 
Doveva pensare in fretta… Un buon modo per tenere Maxi e Fede al sicuro, il tempo necessario di allontanare gli uomini così che loro si liberino e possano così scappare.
Ha un’idea, però è rischiosa, ma se servirà per salvare i suoi amici, la sua famiglia, allora sarà disposto a tutto. 
Cominciò a correre lontano e i quattro, come pianificato, lo inseguirono. Leon conosceva meglio delle sue tasche quella foresta, era avvantaggiato. O almeno credeva…
Quando entrarono nella foresta Leon era già pronto ad andarsene, lasciandoli con un pungo di mosche. Ma qualcosa andò storto…
Mentre correva si sentì afferrare le braccia e le gambe da qualcosa, girò poco lo sguardo e vide che erano catene, lanciate da quei mostri. Leon provò a liberarsi ma era troppo tardi, quegli uomini tirarono così tanto le catene che lo scaraventarono a terra, provocandogli un enorme dolore alla schiena e cominciarono a trascinarlo, ridendo di lui e vezzeggiandolo con frasi del tipo “Credevi di sfuggirci? Povero illuso!”.
Mentre lui veniva trascinato via dalle catene vedeva i suoi amici che stavano per intervenire, non poteva permetterlo!
<<  State indietro!  >>  gridò lui, facendoli indietreggiare  <<  Me la caverò! Voi badate agli altri!  >>  
A quel punto furono costretti a ritirarsi, ricolmi di tristezza mentre il loro nuovo capo, il loro migliore amico, il loro fratello, veniva portato via dai loro nemici. Nessuno poteva sapere cosa gli avrebbero fatto appena arrivato... E tanto meno se sarebbe mai tornato...
Intanto Leon e i suoi nemici erano ormai fuori dalla foresta, lui si rimise in piedi e si guardò attorno, era tutto così diverso dall'alutima volta...
Dimmi chi è che come me
Combetterà con lealtà?
E fuggirò e me ne andrò
Da un'altra notte,
Me ne andrò.
Lo continuavano a spingere dalle catene per andare più veloce, ma il tempo invece non andava veloce. Anche il tempo era triste per lui. Prima tuonò e poi cominciò a piovere a dirotto, ma quegli uomini senza cuore, allasciutto e al caldo nei loro cappotti, non si preoccupavano di Leon, che invece congelava e molto probabilmente si stava ammalando...
La forza che è dentro di me
E' fuoco e terra e inquietudine
Combatterò, 
Non perderò.
L'orgoglio di un gerriero che non muore mai!
Ma lui non ne potè più! Al loro ennesimo strattone cominciò a dimenarsi facendo addirittura cadere uno di loro, erano sorpresi dalla sua forza. Eh dire che lui aveva la metà dei loro anni e loro erano anche in maggioranza. Eppure li stava battendo!
Non giudicar!
Tu non devi insinuare
Con me non giocare!
No, che non mi arrendo e non mi arrenderò mai, no!
A quel punto i quattro uomini gli saltarono addosso per farlo stare fermo, ma lui non demordeva. Tutti gli anni ad arrampicarsi, a difendersi dalle vipere e dalle tigri, ad addestrare i lupi, stavano dando i suoi frutti. I segni che aveva sul corpo non erano solo ornamenti di una vita passata.
Tu sai che un fiore può fiorire dal sale
Come un canto che sale!
Sono libero nessuno mi sconfiggerà, no!
Tu non mi avrai così...
Ma purtroppo, fu costretto ad arrendersi davanti a loro, dopo che lo legarono e strinsero ancora di più la presa del metallo delle catene sulla sua carne delle braccia. Non poteva nulla, solo affidarsi al destino e sperare che non fosse stato troppo crudele con lui...
Dove sono non lo so,
Perché va tutto storto non so,
Non è il mio posto questo qui
La fuori il mondo mi aspetta, si!
Da lontano si vedeva un enorme caserma, con tanto di muro di cemento attorno per protezione. Cos'era quel luogo? Una prigione? Volevano ucciderlo la dentro? 
Mille domande erano nella mente di Leon mentre veniva spinto a forza dentro quel posto, isolato da tutto e da tutti, infatti non c'era l'ombra di un palazzo a miglia e miglia...
Combatterò e vincerò!
E tutta l'anima ci metterò
Nessuno mai mi fermerà...
E' l'onda piena,
E' l'onda che va!
Ma appena entrò, Leon, dopo tanto tempo, riscoprì la paura. Era una specie di scuola di addestramento per militari. Ma... A lui sembrava una prigione. C'erano solo uomini in divise bru coi ricami oro, come quelli che lo avevano portato lì, e ragazzi e ragazze, della sua età, con i vestiti simili a lui ma i volti vuoti e gli occhi spenti. 
Solo un ragazzo si fermò a guardarlo, non disse nulla, in quello sguardo disse tutto: "scappa da qui, ti faranno diventare come loro!", per poi essere spinto da uno di quei "soldati" in divisa blu.
In quel momento capì tutto. Quei ragazzi erano come lui, prima di essere lì vivevano nelle foreste, quel luogo dovrebbe essere una specie di "scuola rieducativa", eppure, tuttii ragazzi, davanti a lui, marciavano osservati perennemente dai soldi con i mano i fucili e sui pantaloni fondini con pistole. 
Non giudicar
Tu non devi insinuare,
Con me non giocare!
No, che non mi arrendo e non mi arrenderò mai, no!
No! Lui non farà questa fine! Non diventerà la bambola senza cervello che vogliono! Fino a che lui avrà un cervello per pensare e delle gambe per correre, li userà!
Si dimenò con forza e corse verso l'uscita facendo muovere i soldi... Ma uno fu più veloce di loro.
Si sentì uno sparo. Leon girò il viso, terrorizzato, e vide un uomo, un po' più anziano degli altri, con una pistola in mano, dalla quale usciva ancora un po' di fumo. 
Tu lo sai che un fiore può fiorire dal sale
Come un canto che sale!
Sono libero nessuno mi sconfiggerà, no...
Tu non mi avrai così!
<<  Bene, immagino sia tu il nuovo selvaggio del quale ci dovremo occupare. Io sono Felipe e lui è mio figlio: Tomas.  >>  si prensetò l'uomo per poi indicare un ragazzo con gli stessi anni di Leon, nascosto per bene tra due soldati. Ma in quel momento a Leon non importava del ragazzo...
<<  Felipe...  >>  
L'uomo inizialmente lo guardava confuso, ma appena lo vide negli occhi ricordò tutto  <<  Leon... Sei vivo allora... E sei un selvaggio. Immaginavo che fossi morto quando sei scappato di casa  >> disse l'uomo con un accenno di amarezza nella voce.
<<  Meglio morire che stare un altro giorno con te.  >>  
<<  Bene, vediamo subito allora. Uomini! A questo ragazzino non date cibo e acqua per tre giorni. Sbattetelo nella cella più calda che abbiamo.  >>  se ne andò senza dire nulla, seguito dal suo nuovo figlio. Mentre Leon veniva portato via.
<<  Papà... Come conosci quel ragazzo?  >>  chiese Tomas quando entrambi si ritrovarono da soli nella loro casa. 
<<  Lui è il mio vero figlio... Ma a quattro anni, senza un valido motivo, è scappato di casa. Non so, forse gli mancava la madre, non capisco perché l'abbia fatto. Però quando l'ho scoperto ne sono rimasto talmente sconvolto da non voler più vivere. Fino a che non ti ho incontrato, Tomas, e ti ho adottato. Ma ora, posso fargliela pagare.  >>  
<<  Cosa vuoi fare papà?  >> 
<<  Tomas, lui riuscirà a scappare. Io metterò mille guardie, più sicurezza, ma lui scapperà. E quando succederà, tu dovrai andare con lui, devi fartelo amico e seguirlo ovunque. Pian piano ti dirò il resto del piano. Per ora fai questo.  >>  
<<  ...Va bene, papà.  >>  
Intanto i ragazzi non potevano stare a girarsi i pollici, dovevano aiutare Leon!
Decisero di separarsi e andare in luoghi differenti dove cercare. 
Violetta si avventurò nella grande Buenos Aires, con una foto appena fatta stampare di Leon, chiedeva in giro se qualcuno lo avesse visto, ma la risposta era sempre no. Fino a che, andò a chiedere a una donna con i bigodini neri e un carrello della spesa dietro, che appena la vide si mise a gridare di gioia e la strinse con forza.
<<  Violetta! Sei tu! Non mi riconosci piccola? Sono la tua Olga!  >>  
<<  Scusi, dovrei conoscerla? Non è che mi scambia con un'altra ragazza? Io non ho mai abitato qui, fin da bambina sono sempre stata nella foresta.  >>  
<<  Il che spiega i tuoi abiti... Oh povera piccola chissò cosa hai dovuto subire..  >>  
<<  No, aspett..  >>  
Ma non fece in tempo a parlare che la donna la trascinò in una casa abbastanza vicina dove si trovavano, più che casa era una villa. Molto bella anche a dire il vero. Ma a Violetta non importava, aspettava di entrare dentro, dare fine a questo malinteso e continuare la ricerca del suo Leon... Ehm, aveva per caso detto "suo Leon"? Beh si, lo vedeva infatti come suo fratello... Ma chi voleva prendere in giro, lui era più di un fratello e di un migliore amico, lui era...
<<  Mia figlia!  >>  
<<  Cosa...?  >>  
Un uomo abbastanza alto, coi capelli neri e con un abito elegante le corse in contro abbracciandola  <<  Violetta, sei davvero tu. Dopo che tua madre ti aveva portata con se e vi siete perse nella foresta... Il mio cuore era a pezzi. Ma ora sei qui e sei al sicuro piccola mia.  >>  
<<  Aspetti.. Signore  >>  si allontana da lui  <<  Mi dispiace informarla che io sono stata cresciuta da un uomo di nome Alvaro, non so nemmeno come si chiami lei. Comunque ho un'altra vita io adesso. Arrivederci.  >>  ribatté lei freddamente cercando di uscire, ma l'uomo la riprese e la portò al piano di sopra, in una stanza con le pareti rosa e bianco con ovunque foto di lei da piccola con sua madre e quello strano uomo.
<<  Io sono German Castillo, e tu sei mia figlia  >>  le da una foto di lei da piccola, con lui che la tiene in braccio  <<  Violetta Castillo.  >>  
Lei guardava la foto con tanta nostalgia, ricordava qualcosa di quando era piccola, ricordava quell'uomo. Ma ne aveva passate troppe per tornare da lui e dimenticarsi della sua vecchia vita  <<  Mi dispiace, ma devo andare.  >>  uscì di corsa dalla stanza, ma, non essendoci abituata, non fece caso alle scale...

Ma Francesca, intanto, si sentiva spaesata nella grande Madrid, era stata l'unica ad allontanarsi così tanto, anzi, invidiava Federico che era rimasto al villaggio per aiutare gli abitanti. Non era mai stata in una città come quella, che doveva fare? Stare ferma lì ad aspettare che Leon si facesse vedere da un momento all'altro? 
Beh... Che altro poteva fare? Ma dopo un po' qualcuno arrivò, un ragazzo dell'età giusta... Ma non era quello giusto.
<<  Ehi, ti serve aiuto? E' da più di un'ora che sei qui da sola  >> 
<<  Mi puoi aiutare a trovare questo ragazzo?  >>  uscì dalla tasca dei pantaloni una foto recente di Leon, la stessa che avevano Violetta e Maxi, e la mostrò al ragazzo.
Ma quest'ultimo, appena vide il ragazzo nella foto, sbiancò di colpo  <<  Leon...  >>  

Invece Maxi... No, nemmeno lui era combinato meglio, non sapeva dov'era Leon, dove si trovava lui stesso, cosa dovesse fare. Cerca in giro o chiedeva a persone, ma nessuno sapeva dargli risposte. Fino a che, chiese a una ragazza, coi capelli ricci e neri, seduta sul marciapiede asfaltato al ciglio della strada.
<<  Ehi ciao, hai per caso visto... Ma cosa ti è successo?  >>  

<<  Cosa... Che mi è successo?   >>  mormorò Violetta, appena aprì gli occhi e si ritrovò in una cosa sconosciuta a lei.
<<  Piccola mia, stai bene?  >>  German si sedette accanto a lei nel letto. 
<<  Chi... Chi sei tu? Perché mi chiami "Piccola Mia"? E' questo il mio nome?  >>  
Sull'uomo calò il silenzio per qualche secondo, un'idea gli frullava nella testa, era diabolica e infida, ma se era l'unico modo per avere con se la sua piccola Violetta, la bambina che temeva di aver perso assieme alla moglie, non avrebbe fatto altrimenti. 
<<  Io sono tuo padre, il tuo amato padre, ti ho cresciuta tutti questi anni, siamo stati bene io, te, Roberto e Olga, li conoscerai loro, sono come degli zii per te. Il tuo nome è Violetta... Violetta Castillo.  >>  
<<  Papà...  >>  



Nota autore: Salve a tutti! Scusate, come sempre, per il ritardo. Anche in estate sono in ritardo eh si. Ma ditemi che ne pensate di questo capitolo? Qui incontriamo tanti nuovi personaggi e anche oggi vi lancio una nuova sfida: indovinate i due personaggi misteriosi che hanno incontrato Maxi e Fran. Come premio... Mh... Spoiler della storia! Spero vi piaccia :D. E ditemi anche cosa ne pensate della storia. Cosa succederà? Tomas riuscirà a diventare amico di Leon o Leon lo smaschererà? Leon riuscirà a evadere e a trovare i suoi amici? Cosa succederà a Violetta ora che ha dimenticato i ragazzi? Chi sono i personaggi misteriosi? Un beso.

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Capitolo 6
*** Vecchi e nuovi incontri ***


Vecchi e nuovi incontri

 
<<  Leon... >>  mormorò il ragazzo davanti Francesca, mentre teneva gli occhi fissi sulla foto che lei gli aveva dato.
<<  Lo conosci?  >>  chiese lei mentre lo guardava con uno sguardo tra il confuso e il preoccupato.
<<  Si, io e lui ci conoscevamo da piccoli. Ma poi è scappato di casa...  >>
<<  Tu chi sei?  >> 
<<  Diego, tu come fai a conoscerlo? Cosa gli è successo?  >> 
<<  Devi sapere molte cose, per ora posso dirti solo che è stato rapito  >> 
Il ragazzo la guardò per qualche istante, in completo silenzio, ma le sorrise raggiante, anche se quel sorriso nascondeva un velo di preoccupazione che non scappò allo sguardo attento della ragazza.
<<  Non so chi tu sia, ma se sei amica di Leon allora sei pure mia amica. Vieni dai, ti posso ospitare da me per un po' e così mi spieghi.  >> 
<<  Mh... Mi fido, andiamo.   >>  la ragazza, non fidandosi molto dello sconosciuto, rimase abbastanza fredda con lui mentre lo seguiva verso la sua casa.
 
Intanto Maxi cercava in ogni modo di far parlare la strana ragazza coi capelli ricci, che nemmeno alzava lo sguardo da terra.
<<  Dai... Dimmi almeno il tuo nome, come ti ho già detto io mi chiamo Maxi e vengo dalla foresta, tu perché non sei a casa tua?  >> 
<<  Ti hanno mai detto che parli troppo?  >>  fu l'unica cosa che disse la ragazza per poi chiudersi nuovamente nel suo silenzio.
Lui sorrise invece  <<  Finalmente hai parlato! Dai dimmi come ti chiami!  >>  era entusiasta lui di aver udito il suono della voce di lei, ma non ricapitò una seconda volta.
Le si sedette davanti aspettando che lei ricominciasse a parlare, ma quando si udì da lontano un rumore di passi, questa si alzò di scatto e corse lontano, seguita dal ragazzo.
<<  Aspetta! Che succede?  >> 
<<  Devo nascondermi!  >> 
Maxi capì che doveva aiutarla e così fece. La afferrò, prendendola in braccio come una sposina e la trasportò fino alla foresta, muovendosi agilmente tra gli alberi, sorprendendo incredibilmente la ragazza.
Una volta abbastanza lontani la mise giù, non aveva nemmeno un filo di fiatone.
<<  Allora? Perché scappi?  >>  chiese ancora lui, ma lei non lo degnò di risposta. Si limitò a sorridere appena, mentre camminava, arrivando al cuore della foresta, seguita da lui, come sotto incantesimo, mentre un sorriso da ebete si faceva strada sul suo viso.
 
Ma i giorni passavano in fretta, i tre giorni per Leon, senza bere ne mangiare erano finiti. Tomas lo osservava da lontano: era stanco, si vedeva, era debole e suo padre non avrebbe perso un'occasione del genere per mettere in riga il suo "ex figlio".
<<  Forza uomini! E' ora del combattimento!  >>  gridò Felipe, mentre lentamente si dirigeva davanti al ragazzo, che aveva le labbra screpolate ed era dimagrito di molto.
Tutti gli uomini esultarono e si misero attorno al ring fatto con materassini e attorno una recinzione in legno, nella palestra all'aperto.
Leon venne trascinato dentro, dato che nemmeno si reggeva sulle sue gambe, appena quelli lo lasciarono lui cadde a terra, sfinito. Tomas lo capiva, ma non poteva aiutarlo.
Tu credi che ho paura di te,
Si tu lo credi.
Ma dopo qualche secondo, sotto gli occhi di tutti, Leon si alzò da solo, con le gambe che gli tremavano e il ciuffo che gli copriva gli occhi, nessuno capiva cosa avesse in mente.
E invece sto ridendo di te,
non mi vedi.
Dentro il ring, assieme a Leon, entrarono due soldati, uno era dietro di lui, che era intento a mettergli delle manette ai polsi, mentre lui aveva le braccia dietro la schiena per poi andare, ma davanti a lui invece c'era una montagna di muscoli, però stranamente lui non aveva paura...
Oh ma se vuoi averne un po'
sai che sono pronto però.
Leon, appena vide l'uomo avvicinarsi con aria minacciosa rimase immobile, infatti tutti attendevano il fatidico momenti di vedere il ragazzo a terra sanguinante che implorava pietà, tutti tranne Tomas, che invece, a differenza degli altri, vide che sul volto del ragazzo si fece strada un ghigno.
Quando l'uomo gli fu davanti e fece per tirargli un pugno... Leon si dimostrò più svelto e, con le mani dietro la schiena tenute dalle manette, lo colpì sul viso con un calcio rotante, facendo rimanere tutti sorpresi.
Oh e levati di dosso
e gioca al mio gioco!
Levati di torno
E' meglio per te!
L'uomo finì a terra e un altro si lanciò sulla sua schiena, nella speranza di farlo finire a terra così da immobilizzarlo, ma Leon rimase in piedi sulle sue gambe e cominciò a correre in torno, alzando un po' di polvere e facendo anche "volare" l'uomo fuori dal ring. Per poi girarsi verso Felipe, che cercava di nascondere la rabbia, ma si vedeva lontano un miglio che stava per dar fuor di matto.
Levati di mezzo
sono selvaggio e credo sia più facile per te
se vai via di qua!
Poi ci fu il secondo round, un altro uomo che credeva di vincere facile... Ma invece si ritrovò fuori dal ring in meno di un secondo, e poi un altro e un'altro ancora. Fino a che quasi più nessuno volle entrare per combattere con lui, che sembrava anche più energico e fresco di quando aveva iniziato, anzi, camminava con aria trionfante.
Lo sai che è solo un gioco che
mi va di giocare.
Perché non scappi
non lo so
Perché vuoi rischiare?
Tomas lo guardava quasi ammirato, come faceva un ragazzo della sua età a essere così forte? Doveva saperlo! Ma invece suo padre non era d'accordo, si stava ingegnando per trovare un sistema che mettesse in riga Leon, ma tutto sembrava inutile.
Oh ma se tu voi averne un po'
Sai che sono pronto però.
Intanto Leon si divertiva a girare per il ring e a vedere gli sguardi spaventati dei soldati al suo passare, mentre tutti i ragazzi prigionieri lo applaudivano entusiasti. Finalmente c'era qualcuno che poteva liberarli.
Oh e levati di dosso
gioca al mio gioco!
E levati di torno
è meglio per te!
E levati di mezzo
che sono selvaggio!
Ma in lontananza Leon vide suo padre, decise di fare una cosa. Indietreggiò poco, per poi correre più veloce del vento fino ad arrivare davanti all'uomo, mentre tutta la polvere dietro di lui, che aveva sollevato per via della corsa, andava diminuendo e dietro di lui si vedevano TUTTI i ragazzi prigionieri, finalmente liberi, che fissavano l'uomo pieni d'odio. Tomas rimase sorpreso davanti a quello spettacolo.
"Come aveva fatto a liberarli in meno di tre secondi?!" pensò lui mentre gli andava accanto.
Leon all'inizio non comprese, ma appena vede Felipe stringere i pugni al gesto del nuovo figlio capì che anche Tomas non sopportava più Felipe e lo accolse a braccia aperte.
Credo che sia più facile per te
se vai via di qua!
Se vai via di qua!
Di qua!
Se vai
Se vai
Se vai
Tutti corsero via gridando entusiasti, compreso Tomas, che per la prima volta stava facendo una pazzia senza essere sorvegliato dal padre. Mentre seguiva Leon, lo osservava attentamente cercando di capire cosa avesse di tanto malvagio da meritare l'odio del loro padre. Ma forse l'avrebbe scoperto dopo... Sapeva solo che in quel momento doveva essere forte e non fargli capire che quella era tutta una farsa, anche se non sapeva per quanto avrebbe dovuto fingere.
Sei vai via di qua!
 
Ma Francesca invece stava cominciando a provare molta simpatia per Diego e anche un po’ per suo padre, anche se li controllava in continuazione.
In quel momento i tre erano nel salotto, Francesca seduta su una comoda poltrona di pelle rossa mentre padre e figlio su un divano bianco davanti a lei.
<<  Leon si è sempre cacciato nei guai… Spero che stia bene.  >>  mormorò il ragazzo mentre teneva lo sguardo basso, il che fece venire una grande tenerezza a Francesca.
Infatti lei gli prese la mano e lo guardò negli occhi appena lui rialzò lo sguardo  <<  Lui è un ragazzo forte, sono certo che se la saprà cavare fino a che non andremo da lui.  >> 
Diego le sorrise, fino a che suo padre non si mise in mezzo, letteralmente, passò tra di loro, facendoli allontanare per poi ritornare al suo posto.
<<  Allora siete sicuri di voler partire subito? Voi due… Da soli…?  >>  chiese per la centesima volta Gregorio, lanciando dei segni inequivocabili al figlio, che lo fissava con un sopracciglio alzato.
<<  Papà vieni, ti devo dire una cosa. Scusaci Fran.  >> disse il ragazzo per poi alzarsi e dirigersi nella cucina seguito dal padre.
<<  Si può sapere perché vuoi partire con quella ragazza? Non sai nemmeno chi è!  >> 
<<  Francesca è una ragazza per bene, non ti permetto di parlare male di lei, papà.  >> ma appena video l’uomo rattristarsi non resistette e lo abbracciò  <<  Fidati di me, è per salvare Leon, una volta arrivati ti chiamerò.  >>
Gregorio a quel punto lo strinse forte a se  <<  Fai buon viaggio, figliolo.  >>
 
Ormai Leon e Tomas erano lontani da quel luogo orribile ed era tarda notte, non si vedeva nessuno per strada e la loro unica luce a illuminare quelle strade era la luna.
<<  Leon evidentemente parliamo di foreste diverse, tu ne parli come se fosse il paradiso, ma io ho sempre trovato solo animali selvatici e tanti pericoli.  >> 
Le suo parole fecero venire da ridere al ragazzo  <<  Per chi non è cresciuto lì è ovvio. Ma credimi quel posto è meraviglioso, mi manca molto.  >> 
<<  Per me esageri amico.  >> 
<<  Ah si?  >>  Leon si mise in piedi su una panchina e si guardò attorno   << Dovrò andare via da qui, lo so. Vorrei solo la libertà...    >>  scese dalla panchina mettendosi seduto e si mese le mani attorno al collo come se stesse per soffocare   <<  Non voglio più il guinzaglio, le manette soffocanti e soprattutto niente più pianti umilianti.  >>  si alzò dalla panchina e andò accanto a Tomas mettendogli un braccio attorno alle spalle  <<  In fondo non cerco, neanche un granché!Un mondo senza recinti, come piace a me!   >>  Tomas lo fissava con un sopracciglio alzato e con uno sguardo confuso, non comprendeva quello che lui stava dicendo, non riusciva a immaginare un luogo del genere, allora Leon gli fece guardare dritto davanti a se  <<  Non c'è un confine e vai dove vuoi, perché non c'è nessun muro e puoi andare per i fatti tuoi!   >>   finalmente Tomas vide qualcosa, un prato immenso completamente verde con il sole che fa germogliare i fiori e gli alberi alti più delle case. Quando poi Leon gli andò davanti e lo indicò  <<  Non dormirai sempre sul sofà
Così come fa tuo papà. Ci sono mille posti, ci sono mille fiori.
C'è tutto un mondo che ci sta aspettando fuori!  >>   Leon lo afferrò per il polso e lo trascino per il prato fiorito ridendo e Tomas lo seguì sorridendo  <<  Non c'è chi controlla
Decidiamo solo noi! Un mondo che non ti opprime
è il mondo mio! Non più impegni, non più regole. Io so che quel mondo c'è... Lo trovo perfetto per me!   >>  
<<  Leon attento!  >>  gridò Tomas vedendo che stava andando a sbattere contro due ragazzi. Ma lui se ne accorse troppo tardi e i tre finirono a terra.
<<  Mi dispiac… Voi…  >> 
 
Nota autore: IMPORTANTE. Holaaaaaa! Scusate per il ritardo ma questo capitolo è abbastanza pieno di sorprese e prima di tutto vorrei dire una cosa. Per chi ha seguito la mia storia “Non possiamo tornare come prima, non importa se mettiamo da parte i nostri peccati” io tra una scena e l’altra mettevo dei pezzi di canzoni tradotte da me, ma non è come in questa storia. Quando vedete le scritte in grassetto quelle sono canzoni, quella dove Leon ha massacrato tutti si chiama “Togliti di dosso” presa da Spirit: Cavallo Selvaggio, mentre l’ultima, che era tra questi segni <<>>  che io metto per i dialoghi, sempre in grassetto, vuol dire che cantano in quel frangente di tempo, quindi questa storia è in realtà un enorme musical, come Violetta dopotutto, e quella canzone è invece Disney, l’ho presa da Lilly e il Vagabondo due. Se volete andate a sentirle, sono stupende, ma penso che le conosciate. Ora passiamo alla storia: Tomas è riuscito a ingannare Leon, cosa farà ora il nostro protagonista? Tutti i nostri amici riusciranno a ritrovarsi? Chi sono i due ragazzi contro cui Leon è andato a sbattere e come fa a conoscerli? Recensite e ditemi cosa ne pensate dell’idea del Musical. Un beso.

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Capitolo 7
*** Un incontro emozionante ***


Un rincontro emozionante

 
<<  Mi dispiac... Voi...  >> 
<<  Non è possibile… Leon!  >>  gridò la ragazza correndogli incontro per poi stringerlo con forza a se.
<<  Francesca!  >>  sorrise mentre la stringeva a se con immensa felicità. Era bellissimo rivederla, ma per la felicità non si accorse che c’era anche un’altra persona che attendeva un abbraccio.
Appena i due si separarono, lei indicò il ragazzo, che Leon aveva già notato, ma inizialmente credeva fosse solo un qualcuno che gli somigliava. Ma ora che lo vedeva bene… Era lui!
<<  Diego… >> 
<<  Leon! Vecchio amico mio! Allora sei vivo!  >>  ridacchiò lui, cercando, inutilmente, di non far notare i suoi occhi lucidi dai quali, da un momento all’altro, sarebbe scese calde lacrime. Ma non tardarono ad arrivare, dato che subito dopo Leon lo strinse a se ed entrambi rinunciarono all’orgoglio maschile, dando sfogo alle loro emozione.
<<  Diego perdonami… Dovevo dirti che sarei scappato ma avevo paura che Felipe se la prendesse con te, tuo padre e Pablo. Scusami.  >> 
<<  Leon io ti ho perdonato da tempo. Ora sono solo felice di rivederti.  >> 
 
Ma intanto, Nata sopportava sempre meno la foresta, tutto quel verde, gli insetti che non la lasciavano in pace e la costante paura di essere assaliti da un animale selvaggio.
<< Maxi non conosci altri posti?  >>  chiese lei tra uno sbuffo e un sospiro mentre cercava di sbarazzarsi delle mosche che le ronzavano attorno.
<<  Io sono nato e vissuto qui, forse per voi gente di città è più complicato…  >> 
<<  Già! Anzi non capisco nemmeno come hai fatto a stare qui per tutto questo tempo.  >> 
<<  Ti mostrerò la bellezza della mia foresta.  >> 
<<  E come?  >>
<<  Il sole splende alto sui monti e nella foresta il mormorio sveglierà…   >>  Maxi le andò accanto sorridendo.
<<  Chi sveglierà?  >>  chiese Nata alzando gli occhi al cielo.
<<  Tutti gli abitanti.   >>  sorrise ancora il ragazzo per poi prenderla in braccio e cominciando ad arrampicarsi su un albero  <<  Non puoi andartene via dalla foresta, il tuo cuore resta qui! Ti cattura al suono della natura, cambia ogni giorno, che avventura!  >>  quando la fece arrivare alla cima dell’albero le mostrò il meraviglioso posto ricoperto di verde e di altri mille colori che li circondavano. Per poi falla scivolare da un ramo, come fosse uno scivolo  <<  La mia realtà è una vita in libertà. Fa per me questo folle ritmo!  >>  fu lui il primo ad arrivare a terra e la prese in braccio, ma poi lei, stizzita, scese da lui e si allontanò a braccia incrociate. Allora lui le si avvicino e diede un calcio all’albero vicino facendo cadere dei frutti per poi farli ruotare sulle sue mani come un giocoliere  <<  Nessuno resiste a questa sinfonia e la monotonia, non torna più!  >>  per poi far cadere i frutti e afferrarla facendola ballare con lui, in un primo momento lei cercò di allontanarlo ma poi cominciò a ridere <<  Se sei un po’ triste questo ti aiuterà!  >> 
Alla fine lei lo abbracciò ridendo  <<  Grazie Maxi  >> 
<<  Finalmente ti ho fatto aprire gli occhi!  >>  rise pure lui mentre le teneva un braccio attorno alle spalle e le faceva strada in quel meraviglioso luogo.
 
Ma intanto Leon stava facendo le presentazioni tra i suoi amici.
<<  Fran, Diego, lui è Tomas, mi ha aiutato a scappare da quella prigione, Tomas, loro sono i miei migliori amici.  >>  sorrise entusiasta il ragazzo mentre vedeva i suoi amici fare conoscenza, era molto importante per lui.
<<  Ehm… Ciao.  >>  ma la timidezza di Tomas lo fece preoccupare e non poco.
<<  Amico sta tranquillo, io sono Diego e se tu hai aiutato il fratellino allora siamo in debito con te.  >> 
<<  Fratellino...? Ma non era il tuo migliore amico?  >>  chiese il povero Tomas, più spaesato che altro.
<<  Si, ma sai... Quando stai una persona per tanto tempo, ti sembra che sia più di un amico, io e lui siamo fratelli  >>  sorrise Diego mentre Leon gli dava una leggera spinta ridacchiando.
<<  Ma Fran... Gli altri dove sono?  >> 
<<  Ci siamo separati per cercarti, non so dove sono. Solo Federico è rimasto al villaggio. Ma dovrebbero essere qui a Buenos Aires.  >>  gli spiegò l'amica mentre sorrideva, ormai che l'avevano trovato non ci dovevano essere più problemi, no?
<<  Ma è orribile! Felipe mi cerca e appena avrà trovato gli altri li farà rinchiudere come ha fatto con me!  >>  si mise a gridare Leon, preso dalla paura che potesse capitare qualcosa a Maxi e alla sua Violetta.
<<  Dobbiamo correre a cercar...  >>  il povero Leon non poté terminare la frase che Tomas gli tappò la bocca con una mano.
<<  Non correre, Felipe avrà con se tutti i suoi soldati. Cosa possiamo fare noi da soli? Devi essere addestrato e so da chi andare...  >> 
 
Violetta era rimasta da sola in quell’immensa abitazione. Olga era uscita a fare la spesa, Roberto e suo padre erano a una conferenza e lei, nel mentre, esplorava quel posto molto strano. Non ricordava nulla… Solo poche cose, ma nulla di più… Non sapeva chi fossero gli strani ragazzi che vedeva, però la cosa più strana era che non riusciva a vedere i volti di quelle persone, solo di uno riusciva a vedere gli occhi ed erano verdi, di un verde smeraldo...
Ma mentre era presa dai suoi pensieri e girovagava per la casa, non si era nemmeno accorta di essere arrivata in una stanza molto strana, piena di tanti vestiti femminili e anche oggetti piccoli come collane, carillon e una specchiera... In quel momento non si chiedeva di chi fosse quella stanza, ma solo al fatto che in quel momento le venivano in mente qualcosa....
<<  Festa e balli, fantasia. E’ il ricordo di sempre... Ed un canto vola via quando viene dicembre.  >>  mentre si guardava attorno e delle piccole scintille andavano per tutta la stanza, rendendola diversa facendo scomparire tutti i mobili, ora era solo una stanza vuota  <<  Sembra come un attimo, dei cavalli s’impennano. Torna quella melodia che il tempo portò via!  >>  ma poi tutto riprese forma, quella piccola stanza divenne un’enorme sala da ballo con tanto di candelabro dorato e persone con abiti lunghi e pomposi, con gioielli al collo e alle dita che ballavano e si divertivano. Mentre in cima alle scale c’erano quattro ragazzi, tre maschi e una sola ragazza, ma tra quelli, uno di loro aveva gli occhi verdi, gli stessi che Violetta ricordava. Ma era troppo occupata a ballare al centro della sala per notarlo  <<  Sembra come un attimo, dei cavalli s’impennano. Sento quella melodia nella memoria mia!  >>  lei fece un giro su se stessa e le apparve un abito dorato, lungo fino ai piedi, con un nastro d’oro sulla vita e brillanti ovunque, per poi continuare a danzare, quando uno di quei ragazzi la afferrò continuando a ballare con lei  <<  Forse un giorno tornerò, il mio cuore lo sente, ed allora capirò il ricordo di sempre.  >>    alla fine del ballo loro si fermarono e si guardarono negli occhi. Lei si perse nei suoi meravigliosi occhi verdi… Non sapeva il suo nome, ma sapeva che li legava un sentimento forte e proprio mentre si stavano per baciare…
<<  Vilu, tesoro mio. Sono tornato!  >>  sentì suo padre entrare dalla porta di casa.
<<  Ed un canto vola via… Quando viene dicembre!  >> 
 
<< Tomas sei sicuro che tuo zio mi potrà addestrare?  >>  chiese Leon, abbastanza nervoso mentre lo seguiva assieme a Diego e Fran.
<<  Ma certo! Così avremo un aiuto in più contro Felipe!  >>  sorrise Tomas, ma solo in quel momento si accorse di essere un bravo attore: davanti rideva e sorrideva, come un vero amico che voleva aiutare, ma dentro di se stava cercando di controllare i sensi di colpa, perché dovevano essere così gentili con lui? Il fatto che per sino Diego gli abbia detto che era in debito con lui, gli faceva venire voglia di sotterrarsi…
<<  Tomas va tutto bene?  >>  chiese Francesca notando il suo insolito silenzio.
<<  Nulla, nulla. Siamo arrivati.  >>  sorrise ancora per poi indicare con la mano l’enorme c’entro d’addestramento davanti a loro.
<<  Leon, sei pronto?  >>  Diego guardò il suo migliore amico mettendogli una mano sulla spalla per dargli sostegno.
Peccato che Leon non fosse per nulla preoccupato, come sembrava <<  Prontissimo!  >>  gridò per poi correre dentro.
Lui non pensava alle conseguenze, anche se avrebbe dovuto, no lui pensava alla sua famiglia, a diventare più forte per loro: per Maxi, Diego, Francesca, Federico e la sua bellissima Violetta. Il pensiero che possa esserle successo qualcosa lo tormentava, per questo doveva diventare più forte, solo per loro lo faceva, solo per lei.
 
Nota autore: salve a tutti! Si, sono in mostruoso ritardo lo so molto bene e mi dispiace da morire ma spero con questo capitolo di farmi perdonare, anche se è un po’ piccolo ma lascia molte domande: Tomas continuerà col piano? Quella di andare dallo zio di Tomas è in verità una trappola? Felipe li catturerà? Recensite e ditemi che ne pensate. Un beso.

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Capitolo 8
*** L'uomo che non sei tu ***


L’uomo che non sei tu

Leon e i suoi amici erano davanti l’enorme entrata dell’accademia e il ragazzo fece per avvicinarsi ma fu trattenuto da un uomo, anzi, una montagna di due metri con occhi castani e capelli neri rasati rigorosamente,sul suo viso non c’era nemmeno una ruga ma i suoi occhi parlavano invece di mille avventure e disavventure.
<<  Leon, ti presento mio zio. Alfredo Heredia. >> 
Il ragazzo si sentiva un verme in confronto all’orso che aveva davanti, si lui aveva un po’ di anni d’allenamento alle spalle, ma quell’uomo invece aveva i segni ancora vividi sulla pelle a significare che le sue battaglie erano ancora accese come da giovane, no che fosse vecchio, però non poteva paragonarsi ai ragazzini che aveva davanti.
<<  Tomas, chi sono questi e cosa ci fate qui? >> chiese l’uomo a suo nipote, con sguardo indagatore.
<<  Scusa la visita senza preavviso zio, ma Leon ha bisogno che tu lo addestri per salvare dei suoi amici che si trovano in pericolo.  >>  spiegò Tomas indicando Leon, per poi continuare a spiegare  <<  Lei è Francesca e lui Diego, sono dei nostri amici ma staranno a guardare assieme a me.  >> 
All’ora l’uomo si rivolse a Leon, scrutandolo attentamente  <<  Ti fa onore essere qui per i tuoi amici, ma non pensare che ti darò vita facile. Ora seguirmi, pivello.  >> 
Leon inghiottì a vuoto la saliva, chiaramente nervoso, e seguì quella montagna con le sembianze da uomo, per poi mettersi nel gruppo con gli altri ragazzi che si dovevano addestrare, ma a quanto pareva non era visto di buon occhio da loro. Si sentivano messi da parte, loro che erano lì da mesi e erano stati sostituiti facilmente da un ragazzino.
Nel mentre Alfredo si metteva al centro del campo, davanti a loro. Leon però, un po’ lontano, vedeva degli uomini con dei pesi, che sembravano due gong in miniatura, attaccati ai polsi mentre cercavano di arrampicarsi su un palo nel tentativo di prendere la freccia in cima, ma non ce l’avrebbero mai fatta in quel modo.
Ma per sfortuna Alfredo se ne accorse <<  Non pensarci nemmeno, pivello. Quei due idioti che stanno cercando di arrampicarsi sono qui da almeno un anni e non ci sono ancora riusciti, tu già entro domani sarai via di qua a piangere da tua madre.  >> 
Tutti si misero a ridere della battutaccia di Alfredo, mentre Leon voleva sprofondare dalla vergogna, non si era mai ritrovato in una situazione del genere, forse era stato uno sbaglio andare lì.
Però, intanto, l’addestramento era iniziato.
Alfredo prese un bastone mentre due suoi uomini lanciavano dei piatti di vetro per aria, lui riuscì a romperli entrambi col bastone prima che toccassero terra con delle mosse di Kung Fu.
<<  Se cercate un fatto io ve lo darò. Gli unni han vita corta Chi vivrà vedrà!  >>  con lo sguardo incitò gli altri a farlo, nemmeno il tempo di prendere il bastano, che un uomo prese uno scorpione da terra e lo mise nella maglietta di Leon mentre lui non guardava, il povero ragazzo cominciò a dimenarsi sentendo le zampette di quell’animale su tutta la schiena, ma nel modo di farlo stava colpendo tutti col suo bastone, mandandoli a terra. Tocco ad Alfredo intervenire togliendogli il bastone dalle mani  <<  E anche se voi siete deboli lavoreremo ancor di più. Si vedrà l’uomo che non sei tu!  >>  afferrò il ragazzo per il colletto della maglietta e lo alzò di almeno due metri da terra, guardandolo male. Francesca e Tomas dovettero tenere fermo Diego dall’andare a prendere a pugni Alfredo.
Subito dopo si spostarono in lato del campo pieno di alberi, Alfredo si mise un secchio d’acqua sulla testa e si muoveva agilmente senza far cadere nemmeno una goccia mentre tutti gli tiravano dei sassi  <<  La foresta è calma ma nasconde in se, mille o più minacce. Vi trasformerò  >> 
Poi, ovviamente, ci voleva qualcuno che facesse vedere agli altri come si faceva, Alfredo scelse Leon, che all’inizio non temeva nulla, lui era cresciuta nella foresta selvaggia, tra animali feroci e serpenti velenosi, cosa poteva capitare?
Leon prese il secchio stracolmo d’acqua e se lo mise sulla testa, ma cambiò espressione quando vide gli sguardi malvagi dei suoi “compagni”, che subito dopo lo martoriarono di sassi e pietre, fino a fargli perdere l’equilibrio e cadere a terra, facendo rovesciare così il secchio d’acqua sulla sua testa, rendendolo zuppo oltre che in imbarazzo.
<<  Fino a far di voi degli uomini, sempre pronti a tutto e poi degli eroi, come me anche voi!  >> 
Ma fortunatamente Leon non era il solo a credere che l’allenamento fosse troppo faticoso, eppure, al tramonto di quella faticosa giornata, Alfredo li costrinse a portare dei pesi per una salita che portava agli alloggi, ma Leon non ne poteva davvero più. Cadde a terra, facendosi seminare dagli altri. Si appoggiò ai gomiti, cercando di rialzarsi, anche sotto l’incitamento dei suo amici, ma nulla, e per sua sfortuna, di nuovo, Alfredo lo notò.
<<  Manca poco tempo, la guerra ormai è qui. Sopravviverete spero ma… Non so  >>  andò da Leon, prendendo anche i suoi pesi aggiungendoli a quelli suoi, per poi ricominciare a correre, ma prima gli lanciò uno sguardo di disgusto, facendo sprofondare ancora più il ragazzo, ancora a terra.
Quella sera Leon, stanco e affaticato, si recava alla sua branda, ma ad attenderlo trovò Alfredo, con in mano uno zaino che conteneva le sue cose, glielo lanciò  <<  Io combatterò ma senza voi, quindi va, non servi più. L’uomo che cerco io non sei tu!  >> 
Appena l’uomo se ne tornò nella sua stanza, Leon guardò il palo, dove ancora c’era la freccia da prendere, nessuno c’era riuscito, lui poteva farcela, usando solo un po’ d’ingegno.
Andò lì e si mise i pesi ai polsi, inizialmente provò ad arrampicarsi normalmente, ma come volevasi dimostrare, cadde di sedere sul terreno, quei pesi lo frenavano, doveva trovare il modo di usarli come appoggio… Certo! Trovato!
Legò i pesi tra di loro e li usò come fossero una fune e salì, in quel momento comparve l’alba e tutti andarono a vedere, per fino Alfredo rimase sorpreso nel vedere che era riuscito a prendere la freccia  <<   E sarai, veloce come è veloce il vento. E sarai, un uomo vero senza timori. E sarai, potente come un vulcano attivo. Quell’uomo sarai che adesso non sei tu!  >> 
L’addestramento finì nel migliore dei modi, Leon dimostrò quanto valeva e si fece amici anche gli altri, e Alfredo decise di metterli alla prova, mandandoli in un campo di battaglia…
 
Ma intanto, in Violetta, qualcosa non andava, il volto di uno strano ragazzo le appariva in sogno, che fosse una persona che conosceva? Eppure lei non lo ricordava… Andò nel giardino sul retro, a riflettere sulle cose strane che le stavano accadendo, perché lei non ricordava il suo passato e all’improvviso il ragazzo dagli occhi verdi le appariva in sogno con tutta la sua bellezza?
Vilu si sedette sull’erba verde a guardare il cielo  <<  Guardami… Non potrei sembrare una buona figlia mai.  Ma lo so, questo ruolo non mi va.  >>  guardò German, Olga e Roberto, un collega di suo padre, dalla porta finestra che dava sul giardino, con immensa tristezza, non si sentiva parte di quel luogo  <<  Sono qui e se io facessi ciò che vorrei… i miei cari perderei.  >>  si alzò e rientrò in casa senza farsi vedere da nessuno, diretta nella mansarda  <<  Dimmi chi è l’ombra che riflette me. Non è come la vorrei, perché… Non so.  >>  entrò nella stanza, piena di abiti della madre ormai in cielo, a quanto le aveva detto il padre, ma lei non ricordava nemmeno il viso… Violetta si mise davanti alla specchiera e tenne la testa china, senza guardarsi allo specchio, temeva di vedere chi fosse riflesso…  <<  Chi sono lo so io e solo io. E il riflesso che vedrò mi assomiglierà!  >>  quando finalmente alzò lo sguardo sullo specchio, ebbe la risposta, rifletteva il ragazzo dagli occhi verdi, non c’era lei, ma lui, eppure lui faceva i suoi stessi movimenti, cosa significava?  <<  Quando il mio riflesso avrò… Sarà uguale a me  >>  Violetta uscì dalla stanza con lo sguardo basso, mentre da lontano, lo specchio ingannava la realtà, mostrando il riflesso… Di Leon.
 
Ormai i ragazzi erano sul campo di battaglia, ad attendere l’attacco. Per ordine sia di Leon, che di Alfredo, Tomas, Francesca e Diego erano rimasti all’accampamento per paura che gli potesse succedere qualcosa.
Nel tragitto Alfredo si mise al fianco di Leon, per parlare un po'.
<<  Devo ammetterlo ragazzo, mi hai sorpreso, e non di poco, pensavo che un pivello come te sarebbe corso via con la coda tra le gambe.  >> 
<<  Dovrebbe essere un complimento?  >> 
<<  Ma non prenderci la mano con me, ti posso ancora uccidere senza nemmeno sporcarmi le mani. Chiaro?  >> 
<<  Cristallino signore!  >> 
<<  E non voglio che ti monti la testa.  >> 
<<  Certo che no signore!  >> 
<<  Mi stai prendendo in giro, pivello?  >> 
<<  Mai e poi mai signore!  >> 
L'uomo lo guardò storto, finalmente un momento di pace, ma durò pochi istanti, subito dopo una freccia colpì la spalla di Alfredo, che in quel momento era distratto a parlare con Leon. Tutti si misero sull'attenti pronti a colpire il nemico, un gruppo di soldati provenienti da oriente molto probabilmente. Leon e gli altri erano in netto svantaggio, loro avevano armi potenti anche se usate da lontano, dovevano avvicinarsi, ma a farlo sarebbero morte troppe persone. Una persona doveva sacrificarsi. Una persona folle, che sapeva che stava rischiando la vita…Chi meglio di Leon?
Lui sapeva bene che doveva e soprattutto voleva, il pensiero che se non fossero riusciti a fermarli avrebbero attaccato Buenos Aires… Doveva riuscirci. Prese un fucile e corse con quello fino ad arrivare a pochi passi dai nemici, sparò un colpo, ma li manco, tutti ne furono scioccati. Alfredo infatti gridò  <<  Come hai potuto mancarli?!  >> 
<<  Non miravo a loro!  >> 
Dietro a tutti loro, nel loro campo, c’era un prato pieno di bombe a mano, con quello sparo le fece attivare, per poi correre via per evitare di essere spazzato via come l’esercito nemico. Mentre tutti esultavano entusiasti della vittoria e acclamavano Leon, l’eroe, per fino Alfredo gli sorride. Leon si sentiva davvero felice.
Quella notte tornarono al rifugio a festeggiare la vittoria anche con Tomas e gli altri, ma Diego, a un certo punto, si allontanò da tutti rifugiandosi nell’oscurità della foresta. Solo Leon e Francesca se ne accorsero, e lei si offrì di andare da lui.
L’unico pensiero di Diego era rivolto alla ragazza che lo aveva conquistato mentre era alla ricerca del suo migliore amico.
E’ un emozione nuova per me.  Mi sento scosso senza nessun perché, ma capisco che c’è molto più da scoprire.
Francesca lo guardava nascosta e sorrideva ammaliata
Il cuore sta impazzendo perché, penso più spesso a lui che non a me e lo voglio felice da morire.
Ma per suo sfortuna Diego se ne accorse, allora lei si nascose dietro l’albero, arrossendo, e lui ridacchiò.
C’è qualcuno che mi vuole bene, che strana sensazione. Io non mi sono mai sentito.
Lui fece per avvicinarsi a lei, ma inciampò in un ramo caduto finendo faccia a terra e questa volta fu lei a ridere.
Com’è buffo! E’ la prima volta che un sogno mio si avvera.          Io non mi sono mai sentita così.
Diego e Fran, una volta che lui si rimise in piedi, si allontanarono ancora un po’ dagli altri e lei ne approfittò per mostrare a Diego le bellezze della foresta, ma lui pensava solo a una cosa…
Sento un calore dentro di me.
Lei gli sorrise un po’ imbarazzata, notando che Diego la stava fissando.
Se mi sorride mi sento sciogliere. Sento il cuore che batte più forte. Che follia!
Lui allora non resistette più, la afferrò per i fianchi portandola a un palmo dal suo viso.
Non so più parlare appena dice ciao.
Francesca allora divenne rossa come un peperone, ma lo lasciò fare inebriata dal suo profumo e dal cuore che le batteva a mille.
Io non mi sono mai sentita…
Diego a quel punto la baciò con tutta la dolcezza che aveva nel cuore e lei ricambiò con infinito amore.
Io non avrei immaginato… Io non mi sono mai sentito così.
 
Ma intanto, non tutti potevano essere felici e vivere una bellissima fiaba come quello delle principesse e dei principi. Infatti, mentre nessuno guardava, Alfredo si ritirò nella sua stanza, dove ad attenderlo c’era suo fratello Felipe.
-Allora, Alfredo, cosa mi dici di Leon? Qual è il suo punto debole?-
-Felipe, Leon… E’ troppo forte per te, non potrai mai batterlo… Mai.-
-Cosa stai dicendo?! –
-Quel ragazzo è speciale, non si farà mai piegare.-
-Io troverò il modo e quel giorno lui e tu, meschino traditore, pagherete!- l’uomo se ne andò sbattendo con forza la porta, lasciando il fratello da solo, coi suoi pensieri.
“Resisti Leon, per tutti noi.”
 
Nota autore: Salve a tutti! Mi dispiace per il ritardo ma spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo, che secondo me è molto emozionante. Scusate ma dovrò essere breve. Cosa succederà a Leon? Felipe lo catturerà con l’aiuto di Tomas? Cosa ne pensate del romantico bacio Diecesca? Che fine hanno fatto Maxi e Nata? Perché Violetta ha come riflesso Leon? Recensite. Un beso.

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