Ognuno è artefice del proprio destino

di Vavi_14
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La prima impressione è quella che conta ***
Capitolo 3: *** Distanze ***
Capitolo 4: *** Presenze indesiderate ***
Capitolo 5: *** Per noi ***
Capitolo 6: *** Di pugnali, lenzuoli sospetti e niente da perdere ***
Capitolo 7: *** Peggio di così non può andare (o forse sì?) ***
Capitolo 8: *** Sguardi divergenti ***
Capitolo 9: *** Cose che non sai ***
Capitolo 10: *** Un peso può essere condiviso? ***
Capitolo 11: *** La nascita di un assassino ***
Capitolo 12: *** Colpevole ***
Capitolo 13: *** A volte ritornano ***
Capitolo 14: *** Di furti e saponette ***
Capitolo 15: *** Limite umano ***
Capitolo 16: *** Un inferno per due ***
Capitolo 17: *** In bilico ***
Capitolo 18: *** Aiutami ***
Capitolo 19: *** Accettazione ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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Prologo





Il pomeriggio è il momento della giornata che più detesti, specialmente quando il responsabile ha la luna storta e decide di togliervi anche quell'ora d'aria che ormai avevi iniziato a considerare come una benedizione. Non c'è neanche uno stralcio di finestra in quella maledetta cella, solo due sudici futon, un tavolino rettangolare, un bagno alla turca e quattro libri impilati l'uno sull'altro che non hai mai osato aprire. Qualche volta hai lanciato loro occhiate curiose, pensando che forse avresti potuto provare a leggerne uno, ma la verità è che preferisci rimanere con i piedi per terra, ancorato a quella realtà che infondo credi di esserti meritato.

Togli una mano da sotto il cuscino per afferrare un piccolo ritaglio di fotografia che tieni nascosto sotto il materasso, lontano da occhi indiscreti e dalle male lingue. Incroci le iridi azzurre con quelle chiarissime di lei, osservi quel sorriso timido ma innamorato che ti appare quasi ogni sera prima di andare a dormire e infine studi i capelli scuri, potendone quasi sentire la morbidezza sotto i polpastrelli. Accanto a lei, guancia a guancia, c'eri tu, ma quella metà è stata strappata; non vuoi più guardare negli occhi il ragazzo che eri prima di entrare lì dentro, desideri scontare i tuoi crimini anche se lei ti ha sempre difeso e creduto innocente.

Il rimbombo di due passi in lontananza ti distoglie dai tuoi pensieri e di scatto nascondi la foto, mettendoti a sedere sul materasso. Non è il momento delle visite, né hai fatto qualcosa di male negli ultimi giorni, eppure la guardia sembra venire proprio verso di te.

«Uzumaki» dice, infilando distrattamente la chiave nella serratura e aprendo le sbarre con uno strattone.
Gli vai incontro, scrutando un fascicolo sospetto che tiene per le mani.
«Che succede?» domandi, leggermente sulla difensiva.
L'uomo distende gli angoli della bocca in un ghigno che vorrebbe essere rassicurante.
«Da oggi avrai un compagno di stanza»
Spalanchi le palpebre, per poi aggrottare le sopracciglia. «
È proprio necessario?»
La guardia ti fulmina con lo sguardo, facendoti deglutire.
«La tua cella è l'unica libera, Uzumaki, perciò starai con un detenuto di un altro penitenziario»
«Come?!»
«Uchiha Sasuke, ti dice qualcosa?»
Rimani a bocca aperta, prendendoti qualche secondo per riflettere. «Mai sentito» ti arrendi poi, sbuffando appena. «Perché è dentro?»
Dall'espressione eloquente della guardia capisci che quella era l'unica domanda che non avresti mai dovuto fare.
Ti batte una mano sulla spalla non troppo dispiaciuto. «Pluriomicidio»

















































****
Ma Buonasera!
Inutile dire che le idee vengono sempre al momento sbagliato. Sto avendo un periodo un po' nero ultimamente, perciò sono poco in vena di scrivere cose leggere, ecco. Diciamo che questo è un po' il modo di sfogarmi. Comunque, si tratterà di un'altra raccolta (l'ennesima, sì), i cui protagonisti saranno sempre loro, Naruto e Sasuke, in veste di detenuti stavolta.
Credo si alterneranno flash a one (io e limiti di parole non andiamo d'accordo), nelle quali verranno poi spiegati tutti i dettagli man mano che si prosegue con la storia.
Mi sono informata un po' sia sulle prigioni americane che su quelle giapponesi, perciò farò un mix di entrambe, dato che non ci troviamo in un lu
ogo specifico. In ogni caso vi spiegherò tutto qui sotto volta per volta.
Probabilmente comparirà qualche altro personaggio, ma solo a fare da sfondo.
Spero che questo esperimento possa interessarvi e niente... se vi va fatemi sapere cosa ne pensate! :)

Ps. La tastiera del mio PC è defunta, perciò al momento sono in crisi mistica e credo che per un pò non potrò pubblicare. Troverete comunque un avviso anche sulla mia pagina... purtroppo la sfiga mi perseguita. In ogni caso cercherò di essere presente dal cellulare almeno per le recensioni. Ovviamente il capitolo è stato scritto prima della tragedia e pubblicato grazie ad un altro PC che ho potuto usare stasera. Spero di trovare presto una soluzione.

Pps. Dimenticavo... il raiting potrebbe salire a rosso!

NB. Il banner è stato realizzato da me, ma le immagini sono di proprietà degli artisti che le hanno disegnate. Lo sketch di Naruto è opera di Lori M Lee, mentre Sasuke è stato realizzato da Sasufan71 (potete trovare la sua galleria su Deviantart).

 

 

 

Vavi

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Capitolo 2
*** La prima impressione è quella che conta ***


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La prima impressione è quella che conta







Non una parola. Dal momento in cui è entrato in quella cella sono passati circa cinque giorni, eppure non accenna a voler tentare un approccio con gli altri detenuti, né tanto meno con te.
Sei rimasto sorpreso quando al posto dell'uomo barbuto con gli occhi vitrei che ti eri immaginato è comparso un ragazzo pallido, più o meno della tua età, qualche ciuffo nero sul volto a nascondere dei lineamenti delicati e due pupille scure nelle quali l'unica cosa che hai percepito è stato un nauseante senso di vuoto; non un'altra emozione sembrava animare il suo cuore.
Si tiene alla larga dalle risse, cammina a testa bassa e ha lo sguardo perso chissà dove; talvolta si dimentica di indossare la camicia azzurra che vi identifica come prigionieri, preferendo quasi sempre una maglia grigia a maniche lunghe, che fuori facciano quaranta gradi o si geli dal freddo.

C'è un unico momento in cui sembra finalmente tornare umano ed è quando si concede quei cinque minuti di relax sdraiato sul futon, poco prima del turno pomeridiano di lavoro. Chiude gli occhi ma non dorme, forse è sempre lontano, in una dimensione non accessibile ad altri, eppure sembra tranquillo, i muscoli facciali rilassati e il respiro stranamente regolare.

«Che diamine hai da guardare?»

Salti sul materasso come se ti fossi appena seduto su un chiodo appuntito. Impieghi qualche secondo per capire che a parlare è stato proprio il tuo compagno di cella.
Ti fissa con un occhio aperto e uno chiuso, rimanendo immobile nella sua posizione. Sul momento l'unica cosa che ti viene in mente è la certezza che non sia affetto da mutismo.

«Ecco, tu...» ti gratti la nuca, potresti inventarti qualsiasi cosa, ma alla fine decidi di rivelare quello che ti passa per la testa. Che poi è uno dei motivi per cui puntualmente ti ritrovi in infermeria un giorno sì e l'altro pure. «...sei strano» butti lì, senza guardarlo.
Aspetti un qualche tipo di reazione, ma ottieni solo un sospiro indifferente come risposta.

«Però, insomma...- ti fai coraggio, dopotutto se avesse voluto pestarti lo avrebbe già fatto - non sembri per niente un assassino»

Forse è solo una tua impressione, ma dopo quell'affermazione il silenzio della cella ha iniziato a farsi sempre più pesante. Guardi nervosamente oltre le sbarre, chiedendoti perché diavolo quegli sciagurati dei tuoi compagni abbiano deciso di schiacciare tutti un pisolino proprio in quell'esatto momento.
Quando, ancora titubante, torni a guardarlo, ti accorgi che ha sollevato entrambe le palpebre e dall'espressione stranita capisci che sta per dirti qualcosa.

«Tu invece sembri proprio un idiota»
Alzi un sopracciglio, intenzionato ad approfondire il discorso, ma lui si gira dalla parte opposta dandoti le spalle, come a voler dire che per quel giorno la conversazione sarebbe finita lì.
Sbuffi sonoramente, cercando di resistere all'impulso di tirargli un destro, e ti copri il volto con due mani, sperando che due palmi siano sufficienti per contenere tutto lo sdegno che avresti voluto sfogare.

È appena arrivato e già lo detesti.





















****
Eccomi anche qui!
Nell'incertezza del futuro (?) volevo regalarvi questo primo approccio tra i due protagonisti. Andrò con i piedi di piombo, perciò dovrete attendere un pochino prima di conoscere nel dettaglio la situazione. Spero possa piacervi! :)



Vavi

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Capitolo 3
*** Distanze ***


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Distanze







Mancano appena cinque minuti al suono dell'allarme che vi richiama nelle vostre celle e lui ancora non si è fatto vedere. Lo hanno assegnato al gruppo del giardinaggio, un settore disdegnato dalla maggior parte dei detenuti, ma che tu hai sempre ritenuto una manna dal cielo: profumo di terriccio bagnato, erba, aria pulita, tranquillità. Il paradiso in confronto al caos frenetico della cucina, dove ogni giorno sei costretto a lavorare tra i vapori e il via vai di chi è addetto a servire il pasto agli altri detenuti. Saresti disposto a pagare pur di chiedere un trasferimento, ma difficilmente qualcuno riesce a far entrare dei soldi lì dentro e nel tuo caso preferisci obbedire evitando di creare problemi.
Per quanto riguarda il tuo compagno, lui sembra aver preso la notizia del nuovo impiego alla solita maniera: totale indifferenza. Fa quello che gli viene chiesto, niente di più, niente di meno. Sembrerebbe svogliato a guardarlo mentre lavora le zolle, ma la verità è che nulla di ciò che lo circonda gli interessa veramente, sembra quasi che stia continuando a vivere perché qualcuno glielo ha ordinato. A volte ti spaventa.

«Ehi, Uzumaki!»

È una voce profonda a destarti dai tuoi pensieri e sfortunatamente non appartiene a Sasuke. Alzi il capo per guardare in faccia l'uomo che ha parlato: ha i capelli color carota, è alto quasi due metri e porta una canottiera bianca che lascia intravedere degli strani simboli neri tatuati sul braccio destro.
«Che vuoi?»
Parli senza dargli troppa corda, ormai le celle verranno chiuse a momenti e non sarebbe saggio iniziare una discussione.
«Mi dicono che tu hai la roba», si appoggia con il gomito al bordo delle sbarre e ti lancia uno sguardo eloquente.
«Io non ho niente, lasciami in pace», speri che l'arrivo di una guardia in lontananza basti per farlo desistere, ma il detenuto non sembra voler andare via a mani vuote; ti afferra per il colletto della camicia e ti solleva sfruttando una forza disumana. Juugo il titano, lo chiamano.
«Non fare il finto tonto con me, so bene cosa facevi prima di entrare qui dentro e ora vuoi farmi credere che...»
«C'è qualche problema?»
Stavolta lo riconosci, un timbro basso ma pulito. Sasuke ti affianca lentamente e non sembra gradire la presenza dell'ospite.
«E tu che cavolo vuoi?» Juugo lo guarda sprezzante, come se ai suoi occhi non fosse nient'altro che una piccola pulce. «Sto parlando con lo stronzetto biondo, quindi vedi di non...»
«
Sparisci».
Ci voleva del coraggio per interrompere il titano due volte nell'arco di pochi secondi. Deglutisci, cercando di avvertire il tuo compagno che sta rischiando grosso, ma quello non non ti degna di uno sguardo e continua a trafiggere Juugo da cima a fondo.
«Cosa hai detto?» l'uomo ti lascia andare per fronteggiare il moro, sovrastandolo di parecchi centimetri. Sasuke ovviamente non si scompone, rimanendo immobile.
«Sei sordo forse? - quel tono sarcastico ti fa rabbrividire, facendoti prospettare una tragedia imminente – Ho detto... sparisci».
A giudicare dal colore delle orecchie di Juugo, parecchia collera sembrava ribollire in quel corpo possente. La fortuna volle che la guardia passò di lì appena in tempo per trascinarlo a forza nella sua cella, con la minaccia di chiuderlo in isolamento se avesse continuato a gridare.


Imponi al tuo cuore di rallentare i battiti e lanci al tuo compagno di stanza un'occhiata di disapprovazione.
«Ma lo sai chi era quello?!» sibili a denti stretti, mentre lui va ad accomodarsi sul futon come se nulla fosse successo.
«Non mi interessa» dice solo, sistemando meglio il cuscino.
Sollevi gli occhi al cielo e raggiungi il tuo materasso, sedendoti pesantemente sul bordo.
«Se non fosse arrivata la guardia ti avrebbe fatto a pezzi».
Lo vedi alzare le spalle. «Può darsi».
Quelle sue risposte evasive ti fanno andare il sangue al cervello. «Devi restare fuori da questioni che non ti riguardano».
«Stava creando problemi nella mia cella».
«La tua cella?!» ti guardi in giro e per un attimo pensi di lanciargli il tavolino con tutti gli utensili sopra, ma poi prendi un bel respiro e ti ripeti che litigare con lui peggiorerebbe soltanto le cose.
«Non ti sopporto» borbotti, voltandoti dalla parte opposta nella speranza di riuscire a prendere sonno.
«Spaccio di droga, eh?»
Quella domanda ti coglie alla sprovvista, rendendoti incapace di rispondere.
«Quindi è per questo che ti hanno sbattuto al fresco».
«Non sono affari tuoi» ribatti, deciso a chiudere la questione. Ti stringi nel cuscino, sperando che la finisca di interrogarti.
Lo senti trafficare con la coperta, probabilmente ha deciso di andare a dormire.
«Come vuoi» sussurra, non troppo deluso.
Sospiri e chiudi gli occhi, pregando che gli incubi ti lascino riposare.




















Buonsalve!
Eccomi qui, munita di tastiera esterna e pregando che il PC non si blocchi ogni due per tre! XD Se tutto va bene ad inizio settimana lo porto in assistenza e speriamo non mi diano brutte notizie! Nel frattempo mi arrangio, non riesco proprio a stare senza scrivere... e senza di voi! *.* Grazie di tutto, davvero! :)

Ps. Scusate per la punteggiatura... nello scorso capitolo Lemonguess mi ha giustamente fatto notare che anche a fine discorso diretto va aggiunto un punto o una virgola, perciò sto cercando di capire le varie correnti di pensiero sulle virgolette a sergente... nel frattempo abbiate pazienza! (lo so, lo so, vi sta finendo XD).

Vavi

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Capitolo 4
*** Presenze indesiderate ***


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Presenze indesiderate

 

 

 

 

 

Dopo l'ultima, brevissima, discussione nella quale gli dichiari il tuo odio incondizionato, Sasuke ricomincia ad ignorarti esattamente come il primo giorno che ha fatto il suo ingresso nella cella. Dalle rare occhiate che ti lancia capisci che ti considera alla stregua di un soprammobile: completamente inutile. Fa come se non esistessi, vive in quel buco pensando solo a se stesso; se non altro lava i suoi indumenti e li stende nella sua parte di corda, occupando esattamente lo spazio che avete concordato all'inizio, al contrario della maggior parte dei detenuti che hanno condiviso la cella con te.

Girano parecchie voci su di lui all'interno della prigione: c'è chi ti consiglia di essere prudente, chi lo definisce uno psicopatico da cui stare alla larga, chi invece lo considera un pivello innocente travestito da presunto assassino. Tu in genere ascolti, a volte annuisci, ma non dai troppo adito a quello che dice la gente, perché preferisci valutare con i tuoi occhi la persona che hai di fronte, affidandoti quasi esclusivamente all'intuito.

Mentre sistemi il tuo futon, ringraziando i Kami di aver trascorso la giornata in relativa tranquillità, ecco che un presagio di tempesta appare proprio dinanzi ai tuoi occhi, mandando in frantumi quella piccola bolla protettiva da cui eri riuscito a farti avvolgere nonostante la presenza irritante di Sasuke.
Il moro ti guarda un attimo, percependo dal tuo atteggiamento che qualcosa non va, dopodiché rivolge le iridi all'ingresso della cella, incrociando quelle gialle ed inquietanti di un uomo sulla cinquantina, i cui capelli neri e bisunti ricadono proprio ai lati del viso allungato, proseguendo nella loro discesa fin sotto ai gomiti.
Per una lieve frazione di secondo giuri di aver percepito un fremito anche nel corpo di Sasuke.
«Naruto caro» esordisce con voce roca e spaventosamente melliflua, avanzando con a seguito un ragazzo albino dall'aspetto inquietante e il Titano che hai dovuto fronteggiare pochi giorni prima. «È scortese non presentare agli amici il tuo nuovo compagno di cella»
.
Sussulti alla parola amici, reprimendo un brivido di disgusto; vorresti saltargli al collo e strangolarlo con tutta la forza che hai, per poi far fuori anche quei due imbecilli al suo seguito, eppure non riesci a far nulla, se non starlo a guardare col terrore negli occhi, come se ogni muscolo fosse vittima di una grave paralisi.

Sasuke si alza di scatto, lasciando i suoi vestiti accanto al futon, e scruta l'uomo con circospezione mentre lo vede avvicinarsi lentamente a lui.
«Ora capisco perché lo tenevi nascosto» sibila l'uomo rivolgendo a Naruto un'occhiata eloquente. «Dimmi, Suigetsu, non ti sembra una bambolina?» afferra il mento di Sasuke e lo alza per scrutarlo meglio, mentre il tipo smilzo dai capelli bianchi gli risponde con un ghigno divertito.
Tu nel frattempo hai smesso di respirare, sperando che l'orario pomeridiano faccia desistere quell'individuo da qualsiasi malsano proposito gli fosse passato per la testa. Dal giorno in cui rifiutasti di entrare a far parte del suo gruppo, Orochimaru - quello era il suo nome - non aveva fatto altro che spedirti minacce intimidatorie tramite i suoi subordinati, per poi presentarsi di tanto in tanto nella tua cella, giusto per farti sapere che non si era dimenticato dell'affronto che avevi osato fargli.
Sasuke capisce che non è il caso di scherzare, ma quel tocco indesiderato lo fa scattare e finisce per scostare malamente le dita affusolate dell'uomo, provocando in lui un moto di perplessità.
«Non devi toccarmi» sussurra, apparentemente sicuro di sé.
«Che caratterino» replica Orochimaru, quasi divertito dalla situazione. «Forse a te potrebbe interessare entrare a far parte del mio piccolo seguito» accenna, indicando con un gesto della mano i suoi adepti. «Sai, sono molto rispettato qui dentro e potrei offrirti protezione».
Il moro squadra tutti e tre in modo circospetto e il suo sguardo si fa ancora più duro.
«Non ci tengo ad essere una delle tue puttane, né ho bisogno di protezione. Ora sposta quel tuo viscido culo da qui o giuro-»
Neanche il tempo di finire la frase che Juugo scatta in avanti e con un gesto deciso gli schiaccia una guancia sulla parete, mentre con l'altra mano gli tiene entrambi i polsi fermi dietro la schiena.
«Ehi!» ti sblocchi all'improvviso, non vuoi di certo assistere ad una rissa lì dentro, ma Suigetsu ti fa capire che è meglio non intromettersi.
Orochimaru si avvicina a Sasuke tanto da sfiorargli il naso e mormora con voce pacata, mentre Juugo continua a premergli la guancia sul muro sino a sfregiarla.
«Col tempo capirai che metterti contro di me è peggio che inimicarti tutti i detenuti di questo penitenziario».
Mai come in quel momento desideri che il tuo compagno si trattenga dal fare qualsiasi mossa azzardata, anche se le tue spalle sono scosse da impercettibili tremori provocati dall'ira per quell'essere immondo.
Sasuke respira in modo affannoso, ma non reagisce. Ad un'occhiata di Orochimaru, Juugo lo lascia andare e torna docilmente al suo seguito accanto a Suigetsu.
«Ci rivedremo presto» dice poi a mò di saluto, avviandosi con i due ragazzi verso la propria cella.






















****

Buonsalve!
Un aggiornamento non premeditato quello di oggi.
Se non altro ho buone notizie sul fronte tecnologico: a breve potrò riavere il mio PC con tanto di hard disk nuovo di zecca (e ci manca pure, con quello che ho speso! -.-), mentre per la tastiera dovrò aspettare ancora un po', nel frattempo mi arrangerò con quella preistorica.
In questo capitolo vediamo apparire la Gang di Orochimaru, preannuncio già che non sarà l'ultima volta in cui sentirete parlare di loro; diciamo che la visita non ha avuto il solo scopo di “conoscere” Sasuke.
Per il Serpentello avevo pensato ad un reato ben specifico, ma non so se lo espliciterò o meno nella storia, perché potrebbe essere difficile affrontare l'argomento. In ogni caso si può anche intuire.
Forse è un capitolo un pò di transizione, visto che non abbiamo un vero e proprio sviluppo della trama, però si tratta di un incontro che avrà le sue conseguenze.

Okey, ora mi dileguo prima di dire altre fandonie.

Un bacio e grazie a chi sta seguendo questa storia! :*

 

 

Vavi

 

 

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Capitolo 5
*** Per noi ***


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Per noi








La spiacevole visita di Orochimaru ha stranamente posto un freno alle vostre litigate quotidiane, anche se il livello massimo di socializzazione che avete raggiunto è stato scambiare qualche monosillabo la mattina e la sera, principalmente sull'organizzazione della cella, sulla pulizia del bagno e altri questioni che si tengono strettamente alla larga dalla sfera privata. Ogni tanto ti sei lasciato scappare qualche cattiveria su Orochimaru e la sua banda, beccandoti il solito rimprovero da Sasuke.
Non fa altro che ripetere: «Ti preoccupi troppo», come se nulla potesse scalfirlo, ma tu sei fermamente convinto che quell'atteggiamento, prima o poi, lo porti a cacciarsi in qualche guaio.

In realtà però, osservandolo, ti sembra che la sua sia un'attitudine al rifiuto verso il mondo, piuttosto che qualcosa indirizzata a te soltanto. Dopotutto non lo biasimi; pur non sapendo cosa ha dovuto passare lì fuori, infondo anche tu pensi che in giro ci sia più feccia che brava gente, e che la metà di quella feccia stia gironzolando a piede libero quando invece meriterebbe di essere sbattuta in prigione tanto quanto voi.

«Metanfetamina».
Lo sussurri più a te stesso che a Sasuke, anche se a giudicare dal respiro non sembra che stia dormendo. Come immaginavi non segue nessuna reazione, perciò continui a parlare.
«Si tratta di roba buona, viene dall'America. Vendi tre dosi di quella e puff, ti ritrovi con milioni di yen da spendere come cazzo ti pare». Ti viene quasi da ridere e scuoti la testa. «Oppure in prigione con tre anni di pena da scontare».
Rimani qualche secondo in silenzio per poi sistemarti meglio dentro il lenzuolo. È stata una pessima idea quella di mettersi a parlare da solo.

«Te l'ho detto che sei un'idiota».

Non solo l'aveva fatto sentire lo zimbello della situazione, ma come al solito aveva aperto bocca solo per offendere. «Per uno che non ha mai spacciato droga, la MET non è certo la scelta più azzeccata. Il controllo sul traffico di metanfetamina in Giappone è uno dei più alti al momento, ma suppongo che tu non abbia mai letto un giornale».
«Come fai a sapere che non ho mai spacciato prima?»
Ti giri a fissarlo, sinceramente sorpreso da quella constatazione che ha appena fatto.
Sasuke sembra quasi compatirti, quando si volta nella tua direzione. «Basta guardare quella faccia da bravo ragazzo che ti ritrovi».
«F-faccia da bravo ragazzo?» Non riesci a capire se ti stia prendendo in giro o meno. Forse cercava solo una scusa per motivare quell'affermazione che in realtà aveva fatto sulla base di sue supposizioni.
«Tu non sai niente di me», ti limiti ad aggiungere, visto che Sasuke non sembra voler continuare a parlare. Tiri di nuovo il lenzuolo fino al mento, intenzionato a prendere sonno una volta per tutte, ma la voce del tuo compagno ti costringe a riaprire gli occhi.
«Erano per lei i soldi della MET?»
Inarchi le sopracciglia, confuso. «Per lei?»
«La ragazza che guardi ogni sera prima di dormire».
Così ora faceva anche finta che niente lo sfiorasse quando invece era riuscito a beccarti con quella fotografia in mano, nonostante avessi sempre preso tutte le accortezze necessarie a non farti scoprire.
D'istinto infili una mano sotto il materasso e lentamente scopri il ritaglio alla debole penombra delle luci di corridoio. Sorridi appena nel ritrovare quel volto così familiare, il tuo punto di partenza per riuscire a cambiare, il tuo punto di arrivo in una nuova esistenza fuori da lì.
«Per noi.» rispondi, sistemandola di nuovo al suo posto.



















****
Buonasera e buon inizio di settimana!
E' appena lunedì è già sono esaurita... ma come si può? Comunque, meglio lasciar stare vicissitudini personali e spendere due paroline su questo capitolo.
Naruto e Sasuke continuano a comportarsi da quasi-estranei, ma la verità è che Naruto si sta facendo una precisa opinione su di lui e così una sera finisce per confessargli qualcosa in più sul suo passato, visto che Juugo lo aveva già fatto uscire allo scoperto. Per chi conosce il telefilm Breaking Bad, la metanfetamina è un tipo di droga che ho preso in prestito proprio da lì - i telefilm mi stanno condizionando l'esistenza (non bastavano i manga -.-). In ogni caso ciò che afferma Sasuke è pura fantasia, perchè ovviamente non so neanche se la MET sia effettivamente in circolazione in Giappone, nè quanto controllo ci sia sulle sostanze stupefacenti. Passatemela così com'è, insomma.
Essendo un capitolo un pò corto credo di fare il bis questa settimana.
Visto che tanto siamo più o meno sempre i soliti, preannuncio che vorrei cercare di tornare anche su Nakushite, dato che mi sono momentaneamente arenata.
Grazie, come sempre, a tutti coloro che continuano a seguirmi e, soprattutto, alle personcine speciali che mi lasciano sempre un loro pensiero! :)
 
Ps. Prossimamente darò qualche dettaglio in più sulle età dei personaggi e sul tempo che hanno già trascorso in prigione. Per quanto riguarda gli anni che sono stati dati a Naruto non mi metterò ad indagare la questione dal punto di vista legale; la legge italiana può dare dai 6 ai 20 anni per spaccio, ma dipende dai diversi casi ovviamente, c'è anche chi ha avuto poco più di due anni o solo qualche mese agli arresti domiciliari. Qui ci troviamo in Giappone e in tutta sincerità non ho trovato materiale attendibile per poter fare ipotesi certe... quindi anche qui ho fatto di testa mia, scegliendo una via di mezzo. In ogni caso i dettagli del reato compiuto da Naruto saranno indagati più avanti, tramite flashback, e lo stesso vale per Sasuke. Anche se di lui non si sa ancora quasi nulla *faccia melfica*.

Ok, ora tolgo il disturbo!


Un bacio!



Vavi

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Capitolo 6
*** Di pugnali, lenzuoli sospetti e niente da perdere ***


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Di pugnali, lenzuoli sospetti e niente da perdere









Anche se cerchi di convincerti che vada tutto bene, ti è quasi impossibile ignorare gli sguardi intimidatori di Orochimaru e la sua banda, sopratutto durante l'ora d'aria, nel momento in cui siete meno controllati e tu ti senti più vulnerabile. Sasuke in genere se ne sta su una panca in legno accanto alla recinzione e forse anche lui si è accorto delle loro occhiate insistenti, ma ovviamente non lo dà a vedere. Cammini con le mani in tasca, senza una meta precisa, percorrendo l'intero perimetro del cortile una decina di volte, fino a quando una voce nell'altoparlante vi comunica che è ora di rientrare.

Terminato il turno serale in cucina sei andato via senza mangiare, desideroso di fiondarti quanto prima sul tuo adorato, seppur scomodo futon, chiudere gli occhi e non pensare a niente. Entri senza dire una parola e ti getti letteralmente sul materasso, facendo tremare il tavolino accanto e guadagnandoti un'occhiataccia da Sasuke. Nel distendere i piedi senti qualcosa di fresco solleticarti l'alluce e lì per lì non gli dai molta importanza, pensando si tratti di qualche oggetto rimasto sepolto per chissà quanto tempo sotto il materasso.
Un grande sbadiglio e sei già quasi nel mondo dei sogni, se non fosse per un'illuminazione improvvisa che ti fa scattare seduto: l'ultima perquisizione delle celle risale a due giorni prima e ricordi benissimo di aver messo tutto in ordine per non dover discutere con le guardie.

Hai quasi timore nel chinarti a vedere di cosa si tratta e quando scorgi un'impugnatura argentata per poco non rischi di collassare. Le mani iniziano a sudare freddo e all'improvviso lasci andare l'oggetto come se fosse una bomba sul punto di esplodere.
«Merda!», imprechi cercando di non farti sentire e cominci a guardarti intorno in preda al panico.
Senti Sasuke sbuffare ed alzarsi facendo leva sui gomiti. «Che ti prende?»
«Merda!», imprechi di nuovo, tirando un calcio a quell'arnese per farlo sparire e infili entrambe le mani tra i capelli,  incapace di elaborare un ragionamento lucido.
Sasuke ti si para davanti e ti stringe le spalle con presa salda.
«Sto aspettando una risposta! - sbotta, a voce bassa, guardandoti negli occhi – Stai attirando l'attenzione di metà braccio, dannazione!»
Lo fissi spaesato e apri la bocca per dire qualcosa ma non riesci ad emettere alcun suono. Lui ti lancia un'ultima occhiata furiosa, scruta di sfuggita gli sguardi curiosi degli altri detenuti e poi si dirige verso il tuo futon cercando di rimanere calmo. Lo segui con lo sguardo più confuso che mai, fino a quando lo vedi appropriarsi del tuo lenzuolo per legarlo alle estremità delle sbarre ormai chiuse della vostra cella, in modo da oscurare completamente la visuale.
«No, ehi...». Riacquisti un po' di lucidità e ti avvicini a lui mentre si premura di stringere il secondo nodo. «Che stai facendo?»
I suoi movimenti sono più scattosi del solito e a giudicare dagli occhi chiusi a fessura sembra essere decisamente di pessimo umore.
«Ehi, mi hai sentito?! - insisti, seguendolo con lo sguardo mentre si va a sedere sul suo letto – Lo sai che significa quello che hai appena fatto?!». Fai un'enorme sforzo di volontà per non urlarglielo contro con tutto il fiato che hai in gola.
Sasuke chiude gli occhi, respira a fondo e nasconde il volto dietro le dita incrociate.
«Significa che devi darti una calmata immediatamente e spiegarmi che cazzo sta succedendo».
«No, invece! Per gli altri detenuti quel dannatissimo lenzuolo significa che noi due ce la stiamo spassando!». Indichi il telo incriminato con l'indice tremante e Sasuke reagisce nell'immediato afferrandoti per il bavero e schiacciandoti la nuca contro il muro.
«Se non la finisci di urlare ti spacco la testa, razza di idiota!». Parla a volume bassissimo ma senti il suo tono di voce vacillare. «Vuoi risolvere la questione senza dare nell'occhio, oppure preferisci fare tutto al chiaro di luna per difendere qualche sorta di reputazione che ti sei fatto qui dentro?»
Digrigni i denti e gli tiri un calcio su uno stinco per farlo allontanare. Massaggi le palpebre con due dita, prima di lasciarti cadere a terra strusciando la schiena alla parete.
Ti ci vuole qualche minuto per riprendere a respirare, dopodiché lanci un'occhiata a Sasuke e per la prima volta scorgi nei suoi occhi qualcosa che assomiglia vagamente ad un istinto omicida. Scuoti la testa cercando di non pensarci e, senza dire niente, afferri il piccolo oggetto colpevole della reazione isterica che hai avuto poco prima, per poi passarlo a Sasuke.
Lui se lo rigira tra le mani e si accomoda sul pavimento freddo, poggiandosi alla parete opposta.
«Non è roba tua, immagino», commenta sospirando, mentre ti restituisce l'arnese.
«Un pugnale», biascichi, senza forze. «Deve averlo lasciato quel bastardo di Suigetsu quando è venuto a farci visita assieme ad Orochimaru… continuava a guardarci come se fossimo appena caduti in una sua trappola. Immagini cosa può succedere se le guardie ci beccano con questo?»
Sasuke abbassa lo sguardo, sembra stia pensando a qualcosa.
«Dobbiamo disfarcene immediatamente. Potremmo trasferirlo nella cella di qualcun altro senza che se ne accorga», proponi riprendendo un po' di colore.
«No», esordisce il moro, categorico. «Trasportarlo è troppo pericoloso. Lo terremo nascosto».
«E dove vorresti nasconderlo?!», domandi esasperato, gesticolando per indicare quel buco di cella in cui vi trovate.
Sasuke afferra l'arma e ne infila l'impugnatura sottile in un calzino, coprendo poi la lama con il pantalone blu scuro.
«Per ora lo terrò io. Se non gli darò motivo di perquisirmi resterà al sicuro, almeno fino a quando non ci verrà un'idea migliore».
«Ma perché vuoi rischiare così tanto?»
Inizialmente non comprendi il motivo di quella decisione, ma bastano poche parole per far sì che la spiegazione ti sia più chiara.
«Perché io non ho niente da perdere, Naruto».


















Buonsalve!
Stasera sarò breve, anche perchè ultimamente non me ne va bene una, quindi evito di tediare anche voi con i miei problemi. Mi dispiace di non essere riuscita a portare avanti Nakushite come avrei voluto; diciamo che so cosa devo scrivere ma non riesco a metterlo nero su bianco. So che potete capirmi, quindi passo oltre.
Lo stratagemma del lenzuolo è un'altra chicca che ho preso da "Prison Break": a quanto pare davanti ad un lezuolo tirato davanti alle sbarre neanche le guardie fanno molte storie e preferiscono lasciare i detenuti alla loro "intimità". XD Comunque Naruto non ha apprezzato il fatto che Sasuke lo usasse solamente per nascondere il suo momento di escandescenza, anche se alla fine si è arreso e gli ha esposto il problema senza fare troppe storie. Come vi dicevo Orochimaru non li lascerà in pace tanto facilmente - vi anticipo già un pò di movimento nel prossimo capitolo.

Ps. Quando Sasuke parla di "braccio", intende la parte di carcere in cui sono rinchiusi entrambi; possiamo considerarla come una "sezione" della prigione con un determinato numero di celle.

Io non so se davvero sto riuscendo a portare avanti questa storia come vorrei... è nata in un momento difficile, forse anche un pò come sfogo. In ogni caso vi ringrazio, perchè state continuando a farmi sentire il vostro appoggio ed è questo che mi spinge a continuarla! ^^

Un bacio e alla prossima! :)


Vavi

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Capitolo 7
*** Peggio di così non può andare (o forse sì?) ***


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Peggio di così non può andare (o forse sì?)







Generalmente eviti di farti vedere insieme a lui in cortile, visto che quel ragazzo sembra avere una predisposizione ad attirare guai, eppure quando decide di accomodarsi sulla panchina riservata ai detenuti della cella quarantasei e quarantasette l’istinto di sopravvivenza ha la meglio e ti avvicini per intimargli di andarsene quanto prima.

«Sono su un suolo pubblico» replica Sasuke distrattamente, poggiando i gomiti sulle ginocchia e portandosi avanti col busto.
Sfili le mani dalle tasche e ti avvicini di qualche passo. «Quei tizi sono qui da molto prima di noi e se ti azzardi a contraddirli ti pesteranno a sangue facendo i turni!»
«E anche se fosse? A te cosa importa?»
Rimani con la bocca spalancata, sempre più sorpreso dalle uscite del tuo compagno.
«Non hai un briciolo di amor proprio!» sbotti poi, alzando le mani al cielo. «Comunque non voglio entrare in merito alla faccenda. Sanno che siamo nella stessa cella e ci ho già avuto a che fare in passato, perciò potrebbero anche decidere di prendersela con me. Quelli sono fuori di testa».
«Me la vedrò io» conclude Sasuke, lasciandosi andare sullo schienale e guardando nella direzione opposta alla tua. «Tra l’altro ho anche un’arma per difendermi».
«Ma sei matto?!»
Ti avvicini di scatto e l’istinto è quello di mettergli le mani al collo e strozzarlo per impedirgli di aggiungere un’altra parola. «Non devi mai parlarne quando ci sono gli altri» sibili, guardandoti furtivamente attorno. «E poi avevamo detto di non usarlo per nessun mot-»
Ti fermi all’istante, inorridito, quando vedi aprirsi sul suo volto un ghigno che somiglia molto ad un sorriso sghembo.
«Che… che c’è di tanto divertente?»
Hai il fiato corto e le orecchie rosse per l’agitazione. Sasuke sospira e scuote il capo, poi ti riserva un’occhiata insistente e a quel punto capisci che l’oggetto della sua ilarità sei proprio tu.
Gli rispondi con un’occhiata di fuoco ed inizi ad allontanarti, stufo di essere sempre preso per i fondelli. Fai pochi metri, quando senti un vociare dall’aria familiare avvicinarsi e d’istinto ti volti a guardare la panchina; sono loro, un gruppo di cinque detenuti dall’aria poco raccomandabile, gli sguardi persi e la mente ancora stordita dall’effetto di chissà quali sostanze. Gli si avvicinano lentamente, studiandolo ad ogni passo, e una volta appurato che l’intruso non ha intenzione di andarsene decidono di attaccare bottone. Vorresti allontanarti e far finta di niente, ma qualcosa ti tiene bloccato lì, anche se sai che non potrai intervenire in alcun modo.

«Guarda chi si vede».
Uno di loro si siede accanto a Sasuke, circondandogli il collo con un braccio, mentre gli altri lo accerchiano tanto da oscurarti parzialmente  la visuale.
«Tu sei quello nuovo» continua l’uomo, gesticolando con la mano libera. «L’assassino».
A quella parola fa una smorfia che dovrebbe spaventare, provocando risate roche nei suoi compagni. «Non sarebbe in grado di uccidere neanche una mosca» aggiunge poi, unendosi al coro.
Sasuke dapprima rimane in silenzio, ma poi gli rivolge un’espressione di sfida che l’altro non si lascia sfuggire. «Vogliamo provare?»
Il sorriso sul volto dell’uomo scompare all’improvviso, per lasciare spazio ad un cipiglio indignato. «Ripetilo se hai coraggio».
Assottigli le palpebre e riesci a scorgere tra due corpi la sagoma di Sasuke, all’impiedi. Tiri un sospiro di sollievo, pensando che si sia deciso finalmente a lasciar perdere, ma per poco non ti viene un colpo quando lo vedi caricare un destro e piantarlo dritto sul naso dell’uomo seduto.
Quello che succede dopo si esaurisce in una frazione di secondo: Sasuke è a terra, con la testa immobilizzata dal piede di un detenuto, mentre gli altri gli gridano i peggiori insulti, aspettando che la loro guida si riprenda dal colpo ricevuto poco prima.
«Razza di bastardo infame!» sibila, cercando invano di tamponare il sangue con la manica della camicia blu. «Spezzategli le ossa, qui, subito».
All’ordine dell’uomo i detenuti iniziano a tirargli calci nei fianchi e sulle giunture, accompagnando il tutto con le solite risate sguaiate.
Se in un primo momento hai pensato che infondo Sasuke se la sia andata a cercare, ora quei suoi lamenti sommessi ti lacerano i timpani come fossero urla disumane. Cominci ad ansimare dinanzi a quello spettacolo raccapricciante e la consapevolezza di non poter essere d’aiuto fa più male che il pensiero di ricevere uno di quei calci in pieno volto.
Respiri profondamente e sai che te ne pentirai, ma devi almeno provarci; questa volta però non è più la paura a bloccarti, ma il suono di una voce pacata che si insinua tra i detenuti come fosse una serpe alla ricerca della sua preda.

«Cosa succede qui?»

Gli uomini riconoscono il timbro di Orochimaru ed interrompono la zuffa.
«Stiamo solo insegnando l’educazione ad un ragazzino maleducato» risponde il capo del gruppo, cercando di non sembrare arrogante.
Orochimaru si fa largo tra gli uomini con un semplice gesto della mano,  poi si china accanto a Sasuke, chiuso a riccio e con entrambe le braccia incrociate davanti al volto per attutire i colpi.
«Quattro contro uno» sussurra, afferrando il ragazzo per un polso ed invitandolo a rialzarsi. «Fossi in voi mi vergognerei».
Gli altri si scambiano sguardi perplessi e un po’ intimoriti, trovando nell’espressione stupita del loro capo quello stesso terrore che prendeva il sopravvento al solo sentir nominare Orochimaru.
«Sasuke caro» continua poi, porgendogli un fazzoletto per tamponare la ferita sul labbro inferiore. «Perdona questi degenerati per essere stati scortesi con te».
Il ragazzo è ancora a terra con una gamba stretta tra le mani, gli occhi chiusi e il respiro che non vuole saperne ti tornare regolare.
«Ti prometto che se verrai con me potrai vendicarti di loro ogni volta che vorrai» gli sussurra ad un orecchio, scostandogli un ciuffo di capelli impregnato di sudore.
«C-come sarebbe?» balbetta un uomo più basso degli altri, decisamente spaventato. Tutto ciò che ottiene in risposta è  il riflesso delle iridi violacee di Suigetsu, che gli mostra i caratteristici denti aguzzi con i quali si dice abbia morso a sangue parecchi detenuti.
«Sarai rispettato – continua Orochimaru – esattamente come lo sono io. Basta solo che tu mi dica…».
Inconsapevolmente ti sei fatto più vicino, stando sempre attento a non dare nell’occhio, così da dove sei puoi scorgere Sasuke aprire lentamente le palpebre, mentre una lacrima di dolore gli solca la guancia sinistra, abbandonando l’occhio gonfio e tumefatto.
«Fottiti» mormora, la voce attutita dai troppi dolori che gli invadono il corpo.
Ti porti le dita tra i capelli, tormentando le ciocche bionde nella speranza di farti venire qualche idea.
Orochimaru però, al contrario di ogni previsione, si lascia andare alla solita risata gracchiante, facendo leva su un ginocchio per tornare in piedi.
«Sei un tipo interessante, Sasuke», dice quasi con soddisfazione. «Suppongo tu sia troppo sconvolto per ragionare a mente lucida, adesso, ma immagino tu sappia che ad un mio cenno questa gente potrebbe continuare a picchiarti sino a ridurti in fin di vita. Prendi questa mia gentilezza come un regalo e rifletti bene sul da farsi».
Si volta dal lato opposto, pronto a scomparire così com’era venuto. «E voi, fuori dai piedi» dice agli altri detenuti, invitandoli a lasciare Sasuke da solo. Quelli annuiscono e si dileguano all’istante.

Ti avvicini lentamente, mentre adocchi Orochimaru confabulare con una guardia; di sicuro nessuno verrà punito, come ogni volta che c’è lui di mezzo.
«Che figlio di puttana» imprechi,  avvicinandoti piano a Sasuke. Ti chini su un ginocchio e lo osservi mentre fa leva sul braccio per mettersi seduto.
«Ce la fai a camminare da solo?» gli chiedi, porgendogli il fazzoletto di stoffa che gli aveva lasciato Orochimaru. Lui lo prende in malo modo e sbuffa leggermente.
«No» mormora, visibilmente scocciato.
«D’accordo. Ti accompagno in infermeria».
Sasuke fa un grugnito strano, ma poi lascia che siano le tue spalle a fargli da perno per alzarsi. Senti il peso del suo corpo adagiarsi e lasciarsi guidare dalla presa salda con la quale gli sostieni il braccio dietro il tuo collo.
«Non aspettarti che sia il medico a prendere provvedimenti. Se c’è di mezzo quel viscido pedofilo sta sicuro che nessuno verrà mandato in isolamento. L’aspetto positivo è che l’hai scampata anche tu e non è roba da poco, visto che sei stato il primo a cominciare».
Sasuke guarda avanti e continua a camminare ignorando le occhiate stralunate degli uomini che si trovano nelle vicinanze.
«Credo ti abbia preso di mira» aggiungi poi con tono grave, riferendoti ad Orochimaru.
«Ma non mi dire» risponde lui con un filo di voce, incrociando per un breve lasso di tempo lo sguardo di quell’essere il cui nome ha cominciato a farti salire la nausea.
Una guardia poggiata allo stipite del portone d’entrata scruta Sasuke e poi ti osserva in modo insistente come a voler chiedere spiegazioni ma tu scuoti la testa e continui per la tua strada, tanto sai che non servirà a niente. In quell’agglomerato di cemento armato che vi tiene prigionieri non c’è spazio per le persone di buon cuore, è la supremazia a vincere sempre su tutto.
Senti il tuo compagno scostarsi leggermente da te, per provare a camminare da solo, ma una fitta lancinante al ginocchio gli fa perdere l’equilibrio e finisce per affidarsi nuovamente al tuo aiuto. «Siamo nella merda» sibili a denti stretti, continuando a guardare avanti.
Il respiro pesante di Sasuke ti spinge a voltarti verso di lui e quello in cui ti imbatti è uno sguardo carico d’ira pronta ad esplodere da un momento all’altro.



















Ehilà!
Scusate se mi tratterò poco ma oggi sono un pò di fretta!
Dunque, avevo promesso di pubblicare Let it be questa settimana, ma tempo per scrivere ne ho avuto poco e niente, perciò ho deciso di aggiornare quest'altra raccolta, visto che avevo già pronto il capitolo! Sono oberata di studio ma non riesco a stare lontana da voi per tanto tempo! ;)
Quindi niente, vi mando un bacio grande e spero tanto che vi piaccia! :*


Vavi

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Capitolo 8
*** Sguardi divergenti ***


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Sguardi divergenti









Due settimane di riposo, un polso lussato, il labbro incerottato e una gamba fasciata; questo è quello che ha avuto in cambio della sua arroganza. Mentre lo guardi far leva sulla stampella che gli hanno prestato in infermeria, non sai se essere più incazzato con lui o con le guardie della prigione, cieche e sorde dinanzi ogni ingiustizia, purché di mezzo sia coinvolto Orochimaru.
Sasuke si è fatto sempre più taciturno, ti guarda in cagnesco quando ti avvicini per chiedergli se ha bisogno d'aiuto e non fa altro che dormicchiare sul suo futon, talvolta saltando anche i pasti. In un primo momento credevi che sarebbe andato ugualmente a sbrigare i suoi turni di lavoro, zoppicante o meno, ma evidentemente c'era qualcosa che lo bloccava e di certo non era il dolore.
Hai come l'impressione che stia rimuginando su qualcosa; ti da sui nervi il fatto che non spiccichi parola neanche se interpellato, ma ormai hai capito che quand'è così c'è poco da fare, anche se per principio vorresti almeno uno stralcio di spiegazione.

Forse pretendeva che ti immischiassi per andare ad aiutarlo? No, non sembra il tipo.
Infondo sapeva a cosa andava incontro nel momento in cui ha deciso di rimanere su quella panchina.

Magari ha avuto dei problemi con il dottore, oppure sta solo pensando a come cavarsi d'impiccio dalla questione con Orochimaru. Probabile, ma allora perché avercela con te? Dopotutto camminate sulla stessa lunghezza d'onda e, sebbene non ti stia poi granché simpatico, anzi, sarebbe decisamente meglio collaborare per venirne a capo, proprio come avete fatto con il pugnale, se non altro per questioni di sopravvivenza.

Nascondi il viso sui palmi delle mani, sospirando. Dovresti pensare a comportarti bene per uscire da lì il prima possibile, visto che ormai è questione di pochi mesi, ma da quando quel ragazzo è entrato nella tua cella sembra tutto decisamente più difficile.
Potresti lasciarlo lì a rodersi l'animo facendoti i cavoli tuoi – è o non è un assassino? - eppure ti senti coinvolto tanto quanto lui.

Tu sei come una spugna, Naruto. Assorbi i problemi degli altri per farli anche tuoi e condividi le loro sofferenze.

La voce di Hinata ti ricorda che difficilmente si può andare contro la propria natura e in momenti come questo pensi di essere fatto in modo sbagliato, perché alla fine sei sempre tu a pagare il prezzo più alto.

«Ehi» tenti di nuovo, magari è la volta buona.
Sasuke non muove un muscolo ma lo senti sospirare. «Che vuoi?»
«Si può sapere che problema hai?»
Lo chiedi in modo tranquillo, anche se ormai la tua pazienza è quasi esaurita.
Silenzio.
Rotoli giù dal futon, inginocchiandoti tra i vostri materassi. «Voglio sapere perché continui a evitarmi peggio della peste, dannazione. Non mi frega un cazzo di essere tuo amico, ma se c'è una cosa che non sopporto è la cattiveria gratuita».
«Lasciami in pace».
Sono di nuovo parole sprezzanti, quasi crudeli, dette a fior di labbra. Tu rimani immobile, in attesa che aggiunga qualcosa, qualsiasi cosa che ti convinca a non rompergli anche l'altra gamba. Sasuke si volta ed anche alla penombra della cella riesci a scorgere i suoi occhi stanchi, due fessure color pece che ti guardano e sembrano implorare.
«Non me ne faccio niente del tuo aiuto, Naruto. E tieniti anche la tua fottuta compassione, riservala per qualcuno che la merita davvero».
«Compassione?!»
Sei parecchio confuso e fatichi a seguirlo.
«Smettila di far finta che ti importi qualcosa di come sto, perché qui dentro ognuno pensa solo a se stesso, è così che funziona».
Inarchi le sopracciglia e stai per replicare, ma lui ti vince sul tempo.
«Non devi starmi addosso, hai capito?»
«D’accordo!» sbotti all'improvviso, senza riuscire a controllare il volume della voce. «Se è questo che pensi di me va bene, facciamo come vuoi!» non sai perché ma ti senti ferito, quasi insultato da quelle parole. Sasuke continua a fissarti, forse è rimasto stupito dalla tua reazione improvvisa, fino a quando non rompi il contatto visivo tornando sul tuo letto e voltandoti su un fianco, dalla parte del muro.
«Ognuno per sé» ripeti meccanicamente, alludendo alle parole dette da lui poco prima.
Sasuke chiude gli occhi, ma rimane a pancia sopra.
Ti risponde con un sospiro.


















Buonsalve carissimi!
Oggi vi propongo un capitoletto senza troppe pretese, giusto per farvi capire come il nostro caro Sasuke sta vivendo la situazione; prometto che nell'arco di due, massimo tre capitoli inserirò il suo flashback, avete aspettato anche troppo! ;)
E poi... che ne pensate del banner? :3 Ormai ci sto prendendo gusto! Stavolta l'ho realizzato con Gimp... dai sto facendo passi avanti! Dopo tremila tentativi con caratteri e colori diversi, questo è ciò che ne è uscito. Volevo fosse semplice ma d'effetto. Per le immagini devo ringraziare una mia amica che ha frugato nella sua "collezione" in lungo e in largo fino a trovare queste due splendide fanart. Naruto è disegnato in modo particolare, forse non sembra neanche lui, ma a me è sembrato molto adatto per questa fan fiction; e poi anche i piercing fanno parte del gioco...!
Come ho specificato anche nel primo capitolo, entrambe le immagini sono di proprietà degli artisti che le hanno disegnate: Naruto è uno schizzo di Lori M Lee, mentre Sasuke è stato realizzato da Sasufan71.

Ps. Quasi dimenticavo! Volevo spendere due paroline sulle età dei protagonisti. Dunque, ho immaginato che Naruto fosse entrato in carcere a ventidue anni e che attualmente ne avesse quasi venticinque, perciò, come afferma lui stesso nel capitolo, ormai ha quasi scontato interamente la sua pena. Sasuke invece è stato incarcerato di recente, questione di tre/quattro mesi, anche se in precedenza risiedeva in un altro penitenziario. Attualmente anche lui ha sui venticinque/ventisei anni e, a differenza di Naruto, non sa ancora quale pena decideranno per lui; il suo caso è ancora in corso, insomma. 
Non sono stata molto precisa perché non è essenziale ai fini della storia, ma qualche riferimento dovevo pur darvelo. Almeno vi fate un’idea!

Un bacio e alla prossima!



Vavi

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Capitolo 9
*** Cose che non sai ***


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Cose che non sai










Dall’incidente nel cortile della prigione sono passati più di dieci giorni.  
Orochimaru è momentaneamente impegnato in questioni che riguardano il suo scagnozzo migliore, Juugo; il ragazzo infatti, dopo l’ennesima crisi di schizofrenia avuta durante il turno di lavoro, è stato trasferito nel reparto psichiatrico, a pochi metri di distanza dal vostro. A quanto ne sai verrà tenuto in osservazione per un po’, dopodiché decideranno se reintegrarlo nel vostro braccio oppure no. Hai preso più volte in considerazione la possibilità che Orochimaru intensifichi le sue mire su di te e su Sasuke per cercare di rimpiazzare la perdita, ma Juugo era un alleato importante - pochi lì dentro hanno la sua stazza e la sua prestanza fisica - perciò sei sicuro che la Serpe faccia tutto ciò che è in suo potere per riaverlo.
Sasuke è stato di nuovo ammesso nel settore del giardinaggio, visto che nessun detenuto ha dato la sua disponibilità a sostituirlo. Ora cammina abbastanza bene e si rifiuta di portare il tutore che l’infermiere gli ha assegnato al posto delle stampelle. Ti sembra che si stia risollevando poco a poco, anche se quell’episodio pare aver smosso qualcosa in lui che lo rende più scostante del solito. Non che a te importi più di tanto, s’intende, ma doverci condividere una cella quasi ventiquattrore al giorno non è esattamente una passeggiata.

«Naruto?»
La voce flebile e tranquilla di Hinata ti risveglia dai troppi pensieri che ti scuotono ultimamente. Incroci le tue dita con le sue, stringendo un poco, e le sorridi quel tanto che basta per farla tranquillizzare.
«Scusa, Hinata».
Ti rendi conto di non aver udito neanche una parola di ciò che ha detto negli ultimi cinque minuti e questo ti fa sentire un dannatissimo stronzo. A volte pensi che il padre di Hinata abbia ragione e che lei meriti molto di più che uno spacciatore fallito senza neanche l’ombra di un misero yen in tasca. Ma poi ti basta guardarla per sentire il cuore battere di nuovo nel petto e solo l’idea di lasciarla andare per la sua strada ti distrugge dentro come neanche anni ed anni in quella prigione saprebbero fare.
«È per il tuo nuovo compagno di cella, vero?» domanda lei preoccupata, gettando un’occhiata alla vostra sinistra ed alludendo al tuo atteggiamento distante.
La segui con lo sguardo e ti accorgi che a pochi metri da voi è seduto Sasuke, intento a parlare con un uomo distinto in giacca e cravatta che non hai mai visto prima d’ora. Probabilmente è la prima visita che riceve da quando lo hanno spostato nel vostro penitenziario.
«Ne parlano tutti i giornali, Naruto – riprende Hinata, attirando di nuovo la tua attenzione – pare che i suoi bersagli siano stati due uomini d’affari parecchio in vista nel mercato giapponese. Il suo crimine non passerà inosservato».
Sai bene che anche i famigliari di Hinata, gli Hyuuga, hanno un’influenza non indifferente in quanto a scambi commerciali nella nazione e di sicuro suo padre non si sarà fatto sfuggire l’occasione per raccontarle qualche macabro dettaglio sull’omicidio.
«A me non importa» menti, sapendo che quello non è il momento per parlarne. Vi restano poco meno di tre minuti e vorresti chiederle come sta andando il suo nuovo lavoro, ma lei ti precede anche stavolta e quando le palpebre si assottigliano nascondendo parte di quelle iridi chiarissime che hai sempre amato, capisci che sta tornando sull’argomento.
«Promettimi che starai attento, Naruto».
«Ma certo – rispondi nell’immediato, un po’ perplesso – guarda che non devi preoccuparti per Sasuke, lui-»
«Forse non è quello che credi» ti interrompe lei, mentre la sua voce si riduce ad un sussurro e le sue dita stringono le tue con più foga.
«Sasuke Uchiha è accusato anche di un terzo omicidio, oltre ai due uomini d’affari».
Inarchi le sopracciglia e ti avvicini a lei, chinando il busto per ascoltare il resto.
«Quello di suo fratello».


















Buon pomeriggio!
Dunque, un capitolo piuttosto corto, seppur con qualche dettaglio in più riguardo al crimine di Sasuke. Non vorrei pronunciarmi, dato che il prossimo riguarderà sia un breve confronto tra Sasuke e Naruto che - principalmente - l'atteso(?) flashback su Sasuke, per cui sarà davvero mooolto lungo rispetto ai precedenti, con una dose di angst non indifferente. Penso di cambiare il raiting prima di pubblicarlo, ma ci penserò su ancora un pò. Vi chiedo quindi di prendere questo momento di transizione in vista di uno molto più importante ai fini della storia.
Grazie a tutti coloro che mi stanno seguendo! Vi adoro! <3


Un bacio,


Vavi

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Capitolo 10
*** Un peso può essere condiviso? ***


NdA: Avevo promesso di pubblicare il flashback su Sasuke, ma il confronto tra lui e Naruto che avrebbe dovuto precederlo è venuto più lungo del previsto, perciò ho dovuto dividere il capitolo in due parti. Vi chiedo scusa, ma ho fatto male i calcoli; in ogni caso pubblicherò il flashback in settimana, subito dopo questo. Ultimamente mi sono dedicata quasi solo a questa storia, perciò ci tengo davvero a fare un buon lavoro. Perdonatemi per l’inconveniente, spero possiate apprezzarlo in attesa del prossimo! Colgo l’occasione per avvertirvi che anche nel flashback userò il tu onnisciente, ma dal punto di vista di Sasuke (esclusivamente per quel capitolo, ovviamente).





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Un peso può essere condiviso?








«Uzumaki! Vuoi dormire in cucina stasera? Avanti, muovi quel culo e torna in cella!»
In effetti la guardia non ha tutti i torti: forse preferiresti davvero passare la notte tra le pentole e gli strofinacci piuttosto che in una stanza assieme a lui.

Non c’è stato nessun cambiamento rilevante da quando hai parlato con Hinata, ma per quanto cerchi di convincere te stesso che il passato di Sasuke non è affar tuo, la sua presenza è diventata sempre più difficile da sopportare senza che tu non ti faccia prendere da una valanga di dubbi e interrogativi, magari destinati a rimanere senza risposta. Sai che lì dentro c’è gente peggiore, un omicidio non è poi una novità all’interno di un penitenziario; inconsapevolmente potrebbe essere colpa della prima impressione che hai avuto su di lui, un semplice sguardo con cui hai creduto di poterlo inquadrare senza alcuna base certa. Timore? Delusione? Ancora non ti è chiaro.

Lo trovi accovacciato sul suo futon, mentre si srotola un calzino, scoprendo la lama che nasconde al suo interno. Un brivido ti percorre la schiena al solo vedere il pugnale ed associarlo al suo proprietario: un altro problema che avete momentaneamente lasciato in sospeso approfittando della lontananza di Orochimaru.
Afferri il denitrificio, ma non ti è sfuggita l’abrasione che ha Sasuke sulla caviglia, né il fatto che stia cercando di tamponarla con della semplice carta igienica, quando invece avrebbe bisogno di farsela disinfettare in infermeria.
«Dovreshti cambiargli pohsto» mugugni, strofinando lo spazzolino sui denti.
Non che ti senta particolarmente in vena di fare conversazione, ma una ferita dolorante ed infettata peggiorerebbe solo la situazione.
«Già» borbotta lui, riponendo l’arma sotto al materasso. «Dovrei infilarlo nelle mutande».
Sputacchi nel lavandino e sospiri, sciacquandoti la bocca. Ma che glielo hai detto a fare?
«Posso tenerlo io per un po’».
Ora ti guarda come se avessi appena dichiarato di essere l'imperatore giapponese in persona.
«Sei talmente goffo che al primo passo falso ti infilzeresti la caviglia» mormora scuotendo la testa, e a dire la verità ti sembra quasi uno di quei rimproveri che ti rivolgeva il vecchio Jiraya, prima che l’alcool lo consumasse fino a farlo uscire di senno.
Cerchi di reprimere un groppo all’altezza dello stomaco e ti stendi anche tu sul materasso, senza replicare.
Sasuke ti guarda di sottecchi, probabilmente stupito dalla tua mancata risposta, poi si volta dal lato opposto infilando un braccio sotto al cuscino, intenzionato a prendere sonno.
Fissi il soffitto con le mani incrociate al petto, tiri un respiro profondo e finalmente prendi una decisione.
«Era il tuo avvocato quello che è venuto la scorsa settimana?»
Una domanda piuttosto diretta, buttata lì senza mezzi termini.
Sasuke non muove un muscolo. «Perché dovrebbe interessarti».
Neanche si degna di porlo come un interrogativo, semplicemente crede che tu non debba saperlo. Ancora una volta però, il silenzio che fai seguire alla sua affermazione lo lascia sorpreso e forse lo invoglia a tentare un approccio diverso.
«Non tutti i detenuti hanno qualcuno che li aspetta al di fuori di qui» si limita ad aggiungere, con tono serio.
Ti giri dalla sua parte, anche se lui è ancora voltato verso il muro. «Hinata mi ha raccontato del tuo caso». Sei deciso ad andare avanti, non sai fino a dove, ma ormai desideri avere delle informazioni in più.
«La tua ragazza non era presente quel giorno – replica a denti stretti, quasi stesse reprimendo la voglia di esplodere dalla rabbia – né tantomeno il mio avvocato, i giornalisti, o il giudice al quale è stato sottoposto il mio caso. Nessuno sa com’è andata».
«Ma tu lo sai» reagisci quasi d’impulso, non appena ha terminato di parlare.
Trattieni il respiro, attendendo un qualche tipo di reazione nel tuo compagno di cella. Il rischio che si chiudesse di nuovo in se stesso era alto, ma prima o poi ci avresti provato comunque, perciò meglio togliersi il pensiero il prima possibile.
«L’ultima cosa che voglio è farmi giudicare da uno come te, Naruto».
In altre circostante avresti sicuramente preteso di sapere cosa volesse insinuare con l’espressione “uno come te”, ma al momento l’unica cosa importante è che Sasuke ha capito, ha percepito il tuo bisogno di ricevere qualche dettaglio sul suo passato, sebbene non sembri ancora intenzionato a volerne parlare apertamente.
«L’ultima cosa che voglio è giudicarti, Sasuke».
Sei sincero quando lo dici e il tuo compagno lo percepisce, ma attende qualche minuto prima di farsi di nuovo avanti.
«È una storia lunga che non vorresti sentire. Che nessuno vorrebbe sentire» tenta ancora, prova a dissuaderti, anche se infondo sembra sia lui il primo ad aver bisogno di esternare, di condividere un peso forse troppo pesante da portare da solo.
«Tu prova. Di tempo ne abbiamo».
Non sono certo le parole più incoraggianti che potessi dire, eppure Sasuke cambia posizione, lentamente, fino a girarsi su un lato, quello che gli permette di incrociare il tuo sguardo anche nell’oscurità; schiude le labbra e, in un sussurro che solo tu puoi sentire, inizia a raccontare la sua storia, quando tutto ha avuto inizio, quando l’incubo è divenuto realtà.






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Capitolo 11
*** La nascita di un assassino ***


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La nascita di un assassino








Avvolgi la garza bianca attorno al polso sinistro, leggermente dolorante dopo una schiacciata venuta male nell’ultimo allenamento. Infili i polsini neri e impugni la racchetta, pronto per un’altra serie di colpi che sferrerai concentrandoti al massimo delle tue possibilità. Ricevi la prima palla con un rovescio che la spedisce a pochi centimetri dalla linea bianca che delimita il campo: è dentro. Solitamente preferisci la precisione alla potenza dei colpi, ma al momento senti il bisogno di sfogare una strana sensazione di nervosismo che non ti ha lasciato in pace neanche per un secondo dal preciso istante in cui hai sentito la sveglia suonare. I tendini delle braccia si stendono e si accorciano con sorprendente ritmicità, seguendo i movimenti della racchetta, assecondando la straordinaria potenza che stai riponendo in ogni palla colpita.

Tutto procede liscio finché un giramento di testa ti costringe ad interrompere l’allenamento. Non hai mai rinunciato neanche ad una giornata trascorsa in quel campo, che fossi al massimo della forma o con la febbre alta. Eppure ti senti strano e assieme al pulsare delle tempie un fastidioso aggrovigliarsi all’altezza dello stomaco ti convince a mollare tutto e tornare negli spogliatoi. Il tuo compagno ti segue preoccupato, chiedendoti se stai bene: non è da te abbandonare una partita per un insulso mal di testa. Annuisci e ti scusi, ma l’unica cosa che desideri fare in quel momento è tornare a casa, sdraiarti sul letto e solo più tardi cenare assieme a tuo fratello.

Mentre lasci il centro sportivo, con la borsa in spalla, cerchi di dare una spiegazione a ciò che ti sta accadendo, ma per la prima volta dopo tanto tempo senti di dover seguire l’istinto, accantonando le giustificazioni della ragione. Percorri la strada del ritorno a passo veloce, non hai voglia di aspettare i mezzi, c’è sempre troppa gente che spinge per entrare e l’attesa ti farebbe innervosire maggiormente.

Non appena scorgi il vostro appartamento hai come un moto di sollievo nell’animo ed il sorriso gioviale di tuo fratello, assieme ad un morbido futon, sono tutto ciò che desideri in quel preciso momento.Sali le scale a due a due e suoni il campanello in modo insistente, poggiando la sacca a terra. Aspetti qualche secondo per poi farti sfuggire un leggero sbuffo e cominci a frugare nelle tasche alla ricerca delle chiavi.
«Nii-san, accidenti, quando la smetterai di recluderti in quella maledetta stanza a suonare» borbotti a bassa voce, mentre combatti con la serratura che per qualche motivo sembra diversa rispetto al solito. Ti chini a guardare meglio e scorgi una leggera ammaccatura che ti costringe a forzare la chiave per aprire.
Entri silenziosamente, notando un leggero barlume dalla cucina. La camera insonorizzata di tuo fratello ha la luce spenta.
Ti chiudi la porta alle spalle ed un moto di angoscia comincia ad appesantirti il respiro.
«Nii-san» lo chiami, alzando un po’ la voce, magari sta facendo una doccia e non ti ha sentito entrare.
Non appena molli la borsa sul divano, il silenzio assordante di quella casa rafforza i tuoi dubbi precedenti e la certezza che lì dentro sia davvero successo qualcosa. Fai per attraversare il corridoio, quando due ombre veloci catturano la tua attenzione, facendoti pietrificare sul posto; le hai viste dalla finestra del bagno, quindi, con ogni probabilità, ora saranno dietro di te, brandendo qualche utensile affilato che minaccia la tua gola.
Quando ti volti scorgi effettivamente due uomini, entrambi vestiti eleganti, ma completamente disarmati. Uno di loro ha un piede che avanza verso la porta, l’altro ha le mani avanti e ti guarda piuttosto agitato.
«Chi cazzo siete?» sbotti col fiato corto, tastando in giro per trovare un qualsiasi oggetto che ti permetta di difenderti.
«Sta calmo» dice il primo, facendo un passo nella tua direzione.
Un raggio di luce lunare che filtra dalle serrande gli illumina le mani e solo in quel momento scorgi che le ha avvolte in guanti di silicone, leggermente macchiati di rosso.
In risposta indietreggi, cercando di ignorare il battito del tuo cuore che rimbomba nelle orecchie.
«Vi ho chiesto chi cazzo siete!» cerchi di urlare, ma la voce ti si spezza in gola.
Ora sono entrambi davanti a te e stanno bloccando il passaggio che conduce al salone principale e alla cucina. Quello che si è avvicinato per primo, un uomo di mezza età con la calvizie appena accennata, sta per rispondere alla tua domanda, ma un altro interrogativo prende il sopravvento sul primo e stavolta è un sussurro flebile ad uscire dalle tue labbra.
«Dov’è mio fratello?»
L’uomo sospira e si massaggia le tempie. «Non saresti dovuto tornare».
Senza pensarci due volte corri loro incontro, li scansi in malo modo spingendoli ad un lato e ti dirigi verso l’unica luce accesa della casa, in cucina. Scorgi un tagliere con delle verdure appena affettate ed una ciotola di riso lì accanto, piena sino all’orlo. In un cartoccio c’è del pesce fresco, il cui odore ti assale le narici facendoti salire la nausea. Al di là del tavolino, sui tatami in legno, giace una sagoma di un uomo, con gli occhi ancora aperti, vuoti, a fissare il soffitto. Un rivolo di sangue gli cola dalla bocca e un’altra macchia color cremisi si espande all’altezza della spalla sinistra, rivelando un foro profondo causato da un proiettile.

A quella vista il tuo respiro si ferma, il cuore sembra smettere di pulsare e le ginocchia tremano sino a toccare terra con un tonfo.

Vorresti chiamarlo ma senti la salivazione scomparire e riesci solo ad allungare una mano verso il suo collo, tastandolo per cercare un battito che ormai non esiste più. Ti chini ad ascoltare il petto, ma anche quello ti restituisce solo l’eco del tuo respiro. Sbatti le palpebre, delle macchie di luce ti annebbiano la vista – stai perdendo conoscenza -, ma il pensiero di quegli uomini penetrati in casa tua ti dà la forza di restare lucido.

«Avevamo studiato con zelo tutti i tuoi orari» sussurra uno di loro, e la sua voce ora sembra più ferma e decisa. Forse vederti lì a terra inerme gli ha dato la convinzione di avere la situazione in pugno. «Alle sei in punto raggiungi il campo di allenamento a pochi isolati da casa tua e ci rimani fino alle otto».
Senti i passi dell’uomo avvicinarsi e d’stinto stringi i pugni.
«Sono mesi che ti osserviamo, Sasuke. Sei un tipo metodico e, a dirla tutta, non pensavamo che avresti mai saltato un allenamento. Siamo stati poco previdenti».
Hai lo sguardo basso, muovi le iridi a destra e a sinistra alla ricerca di un’idea, ma hai la mente vuota, non riesci a pensare, fino a quando scorgi un arnese nero metallizzato accanto alla gamba di tuo fratello. È una pistola.
L’uomo si accorge che hai notato l’arma ed abbassa le palpebre. «Quell’arma è intrisa del tuo DNA, Sasuke. Abbiamo cancellato ogni traccia del nostro passaggio, perciò quando arriveranno le forze dell’ordine, tra – gettò un’occhiata veloce all’orologio – venti minuti circa, troveranno te sul luogo del delitto, tuo fratello morto e le tue impronte digitali sulla pistola. In poche parole, un biglietto di sola andata per il carcere a vita».

Ti porti due mani tra i ciuffi neri, incapace di dare un senso a quelle parole. La vista del corpo martoriato di tuo fratello ti sta tormentando sino alla pazzia e soltanto l’idea che possano incolpare te di un simile crimine basta per farti salire un groppo alla gola che sembra volerti soffocare. I polmoni si accartocciano, come stretti da due mani possenti che minacciano di schiacciarli, la tachicardia ti provoca un dolore lancinante al petto e in quel preciso istante ti sembra di morire. Non hai mai avuto un attacco di panico in vita tua, ma ora sei in grado di riconoscerlo; non appena riacquisti il controllo di te stesso, quel peso allo stomaco risale verso l’esofago e rigetti sul pavimento della cucina, aggrappandoti ad una gamba del tavolo lì accanto.

«Non prenderla come un fatto personale» riprende l’uomo, gettando un’altra occhiata all’orologio. « Si tratta semplicemente di ordini, tutto qui».
Senti che le forze ti stanno abbandonando, ma ora che ti sei liberato dal quel peso, l’arma lì accanto sembra luccicare davanti ai tuoi occhi come unica via d’uscita. Probabilmente è stata caricata con un solo proiettile, quello usato per uccidere tuo fratello, ma c’è un’esigua percentuale che non sia così, perciò il tuo braccio si muove di scatto per agguantarla, senza pensare minimamente a ciò che avresti fatto dopo. L’uomo calvo capisce le tue intenzioni e si fionda anche lui verso l’arma, ma tu sei più veloce ed ora la tieni puntata verso di lui con entrambe le mani.
«Non ti avvicinare» sibili, a denti stretti.
L’altro alza le mani, getta un’occhiata al suo compagno ed indietreggia. La pistola è carica.
Se si fosse trattato di un telefilm avresti sicuramente riso in barba all’incapacità di quelle persone, così poco attente a dettagli importanti che sarebbero potuti costare loro la vita. Sfortunatamente, quella a cui stai assistendo non è finzione, ed incapaci o meno, quegli uomini hanno appena tolto la vita a tuo fratello. Non puoi lasciarli andare.
«D’accordo, ma stai calmo, ragazzo… non vorrai mica peggiorare la tua situazio-»
«Sta zitto! – esclami, e stavolta la voce esce senza barriere – Ora sono io a fare le domande. Voglio sapere chi cazzo siete e perché avete ucciso mio fratello» .
Ti stupisci della fluidità con la quale riesci a pronunciare quelle parole. Ogni traccia di disperazione sembra essersi momentanamente oscurata, per lasciar spazio ad una rabbia accecante che chiede vendetta.
«Non siamo tenuti a rispondere» dice il primo, alterato, ma il secondo, un ragazzo giovane dai capelli a spazzola, non sembra della stessa idea.
«Itachi Uchiha ha intralciato le mire del nostro capo nel momento in cui ha accettato la promozione ad un livello superiore nell’Azienda in cui lavora».
L’altro gli lancia un’occhiata carica d’odio. «Vuoi stare zitto razza di idiota, ma cosa ti viene in mente di dire?»
Il ragazzo lo guarda allarmato. «Ci sta puntando una pistola addosso, che cosa dovrei fare?»
«Se vuole ucciderci lo farà comunque, quindi vedi di tenere chiusa quella fogna, codardo che non sei al-»
Questa volta è un proiettile che gli perfora la testa ad interrompere la parlantina dell’uomo calvo. Il suo compagno sobbalza, inciampando nelle proprie gambe e gattonando all’indietro per cercare di scappare. Gli vai dietro e lo blocchi poco prima che possa toccare la maniglia della porta.
«Non ci provare neanche» gli dici con rabbia, avvicinando l’arma alla tempia del ragazzo. Questo strizza gli occhi e inizia a tremare, mentre tu rinforzi la presa sulla pistola, completamente ignaro di come si debba impugnare in modo corretto. Dovevi certamente ringraziare la goffagine dei due assalitori se ora ti trovavi in posizione di vantaggio.
«Dimmi che è il tuo capo e ti lascerò vivo», menti.
«N- non puoi fare niente contro di lui» balbetta l’altro. «E poi io non l’ho mai visto, so solo che alcuni suoi sottoposti lavorano nella stessa Azienda di Itachi Uchiha e che sono stati surclassati da quest’ultimo per il posto più alto nella gestione dell’attività» continua tutto d’un fiato, neanche lo avesse imparato a memoria.

Scuoti la testa, tutta quella situazione ti sta mandando in frantumi il cervello e non riesci a comprendere nulla di ciò che ti viene detto. C’è solo una cosa che vuoi fare, solo una cosa che in quel momento hai la forza per mandare avanti. Forse non vuoi più sentire spiegazioni, è inutile continuare a fare domande delle quali non puoi – e non vuoi – comprendere le risposte.

«Probabilmente non sei stato tu ad uccidere mio fratello» sussurri, resistendo al mal di testa che ha ricominciato a tormentarti. «Ma non posso fare altrimenti».
Scorgi un unico spiraglio di terrore negli occhi del ragazzo e poi premi il grilletto, prendendoti anche quell’altra vita, seppur consapevole che nemmeno mille anime basteranno per colmare quel vuoto lasciato da Itachi.
Ti trascini di nuovo verso la cucina, le orecchie che fischiano per il rumore assordante degli spari, i muscoli che lentamente ti abbandonano. Lasci che il tuo corpo si adagi accanto a quello di tuo fratello e gli passi una mano sul volto, chiudendogli le palpebre.
«Questo non è quello che tu avresti voluto» sussurri prendendogli una mano. «Mi dispiace».
Getti un’ultima occhiata alla pistola, ponderando di usarla per porre fine alle tue sofferenze, ma un tonfo assordante ti impedisce di agire; decine di poliziotti hanno fatto irruzione nella cucina, ognuno armato di pistola e casco protettivo. Ti senti afferrare da dietro, ti schiacciano la testa a terra e ti tengono le mani ferme per apporre le manette. Non fai resistenza, non c’è n’è bisogno ormai. Non hai più niente da perdere.

Guardi un’ultima volta il viso di tuo fratello, così vicino al tuo, e lasci che tutte le lacrime trattenute fino a quel momento ti bagnino le guance, finalmente libere di uscire.
«Mi dispiace» sussurri un’ultima volta, prima che ti trascinino via da quella casa, dove di te non rimane altro che qualche goccia salata sul pavimento, accanto a quel lago di sangue che segnerà per sempre la tua vita come quella di un assassino.


















Buon pomeriggio chéries!
Ebbene, finalmente riesco a pubblicare 'sto benedetto flashback! XD Anche stavolta non vorrei pronunciarmi molto… se ci sono alcune cose non dette, verranno probabilmente chiarite nel capitolo successivo, dove di nuovo troveremo un confronto diretto Naruto – Sasuke. Vorrei solo dire che questa storia è stata pensata più come un’analisi psicologica che altro, per questo a volte rimango sul vago per quanto riguarda alcuni dettagli (il presunto Boss, l’azienda nella quale lavorava Itachi, e simili), ma questo non vuol dire che non possa approfondirli in seguito, qualora lo ritenga necessario per la trama. L’importante è che tutto abbia una sua coerenza.
Dunque, vi lascio sperando che questo capitolo sia riuscito a trasmettervi qualcosa e che non abbia deluso le vostre aspettative. Non so perché ma scrivere scene particolarmente drammatiche mi coinvolge sempre troppo e l’effetto finale non mi convince mai del tutto… come al solito, a voi l’ardua sentenza! :P

Grazie di cuore! <3




Vavi

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Capitolo 12
*** Colpevole ***


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Colpevole









Hai sempre pensato che il silenzio della cella fosse oltremodo opprimente, ma mai prima di quella sera avevi sentito l’eco del tuo respiro e il battito del tuo cuore rimbalzare su quelle mura e diffondersi nell’aria circostante con tanta veemenza, distruggendo la totale assenza di suoni senza farsi scrupoli. Le pulsazioni rimbombano nelle orecchie dandoti le vertigini; stringi il materasso con la mano sinistra, cerchi un qualcosa che ti impedisca di sprofondare, di seguirlo in quel buco nero dal quale probabilmente non è mai riemerso.

Hai le labbra semichiuse, eppure ti è impossibile anche solo pensare di dar voce alle corde vocali. Sei confuso, spiazzato, forse sorpreso, per la prima volta non riesci ad interpretare con precisione gli stati d’animo che ti arrovellano lo stomaco.

Tra tutte le immagini e le parole che ti bombardano la mente, ci sono degli interrogativi che pian piano iniziano a prender forma, dubbi che diventano certezze, certezze che si tramutano in inspiegabili moti d’angoscia, domande che forse non potranno mai esser soddisfatte.
Ci sono mille cose che vorresti chiedere, altre mille che non vorresti sapere.

Il tuo compagno di cella, dopo interminabili minuti durante i quali ti chiedi se abbia continuato a respirare, si alza lentamente dal futon, dirigendosi verso le sbarre. Le afferra con presa salda, quasi potesse scardinarle da un momento all’altro, poi vi poggia il capo fissando in basso, permanendo nella sua muta sofferenza, sempre così impenetrabile.
Ma stavolta qualcosa è andato in modo diverso, stavolta è riuscito ad aprirsi quel tanto che basta per darti la possibilità di iniziare a comprenderlo un po’ di più.

«Sasuke…»

Tre sillabe a fior di labbra è tutto ciò che sai tirar fuori.

Lui scuote la testa, prima che tu possa continuare. «Sto bene», sussurra, ma il tono vacilla e sa anche lui che non è vero, che se non fosse per la tua presenza probabilmente sarebbe crollato di nuovo, come quel maledetto giorno accanto al corpo di suo fratello.
Sollevi il busto, restando seduto, un gesto che Sasuke non tarda ad interpretare nel modo giusto, vincendoti ancora una volta sul tempo.
«Non serve» mormora, con lo stesso tono di voce spento. «Qualsiasi cosa tu dica… ti garantisco che non serve».

Guardi le ginocchia con i pugni chiusi e un’irrefrenabile voglia di ribattere, ma ancora non trovi la forza per farlo. Infondo ha ragione, quale parola potrebbe mai essergli di conforto, in un momento come quello? Nulla cambierà il passato, e se ti fermi un attimo a riflettere, comprendi che ben poco potrai fare per cambiare il futuro.

«Perché?» chiedi allora,  maledicendoti un secondo dopo per non esser riuscito a tenere la bocca chiusa.

Lui stranamente si volta, e sussulti ad incrociare quello sguardo che trasuda sconfitta, per poi tornare sul suo materasso, sedendosi sul bordo con innaturale lentezza, come se quel gesto gli procurasse dolori muscolari in tutto il corpo. Non lo hai mai sopportato da quando ha messo piede in quella cella e raramente si è prodigato per farti cambiare idea, eppure guardarlo mentre si sgretola in balia dei ricordi ti dà la sensazione di finire in pezzi allo stesso modo.

«Già, perché. Me lo chiedo tutti i fottutissimi giorni».

Sospiri mentre lui si passa le mani nei capelli, aggrappandosi ai ciuffi neri. Raccogli un po’ di coraggio e decidi di indagare la questione con cautela.
«Il tuo avvocato sembrava di buon umore, l’altro giorno. Hai degli indizi, qualcosa che possa ricondurre al colpevole?».
Alza il capo e ti fissa con le sopracciglia aggrottate. Se non fosse per quell’aria stanca, diresti che ha un’espressione incredula dipinta sul volto.
«Ti ho appena detto di aver piantato una pallottola in testa a due uomini nel giro di pochi minuti e tu chiedi se ci sono prove che possano ricondurre al colpevole? Sono io il colpevole, dannazione!».
Ha alzato di poco il tono di voce, ma tu non rinunci a tenergli testa.
«No, non lo sei! – ribatti deciso – Cioè, voglio dire… ».

Uccidere due persone è un reato ignobile, nessuno ha il diritto di decidere per la vita degli altri, ma cosa avresti fatto tu, in una situazione del genere? Come avresti reagito alla vista del cadavere della persona che più hai amato nella tua vita? Non lo sai, è difficile rispondere, ma non puoi fare a meno di pensarci. Lo spavento diventa dolore, il dolore diventa rabbia, la rabbia diventa pazzia e non c’è razionalità che tenga.

Sasuke sospira rumorosamente, quasi leggendoti nei pensieri.
«Non funziona così, Naruto».
Poggia i gomiti sulle ginocchia e ti guarda con gravità. «Ai giudici non interessa il legame che avevo con quella persona, o il mio stato d’animo in quel preciso momento. A loro servono prove. E le prove sono tutte a favore della mia condanna, ovviamente».

Non poteva davvero finire in quel modo.

«Ma il tuo avvocato, lui… »
«Stanno riesaminando il mio caso» ti blocca, ormai al limite della sopportazione. Sai di essere stato invadente, di esserti spinto anche troppo oltre con le tue considerazioni, ma non riesci a credere che sia tutto perduto. Non sarebbe giusto. «Sono state trovate molte incongruenze sulle dinamiche di quella notte, – continua- specialmente per quanto riguarda l’omicidio di mio fratello. L’avvocato crede di riuscire a farmi scagionare almeno da quell’accusa».
Percepisci un leggero sollievo nel suo tono di voce, ma basta un attimo perché si incupisca di nuovo.
«È inutile far affidamento su mere illusioni, Naruto. Il mio caso rimane invischiato con la mafia, perciò la miglior pena alla quale potrei auspicare è senza dubbio l’ergastolo».
«So che in presenza di attenuanti alcuni avvocati riescono a far diminuire gli anni da trascorrere in prigione» butti lì, anche se non sei molto esperto di legislazione e burocrazia.
Sasuke scuote di nuovo la testa. «Ma ti senti?» borbotta, con uno strano ghigno stampato in faccia. «Si può sapere che razza di concezione hai della colpevolezza, Naruto? Sono un assassino, merito di stare qui dentro».

«Sì, ma loro hanno ucciso tuo fratello!»

Gli urli in faccia la cosa più ovvia del mondo e ti senti un emerito idiota, ma forse lo hai fatto per te stesso, per rafforzare le tue convinzioni.

Lui rimane un attimo in silenzio, con le pupille incatenate alle tue, ad osservare quella irruenza che ti solca i lineamenti del volto, così contratti in quella assurda determinazione.
Si stende a pancia sopra, chiudendo gli occhi. «Non sono tutti come te, Naruto. Il mondo gira diversamente».
Volta il fianco dal lato del muro, ponendo fine alla conversazione e, con quell’ultima frase, intende ringraziarti a suo modo, per aver creduto in lui nonostante tutto.


















A volte ritornano, per così dire.
Scusate se ultimamente ho trascurato un pò questa storia, ma la verità è che lo sto facendo con tutte le fan fiction che ho in corso, dato che questo è proprio un periodo nero. Ci tengo solo a ringraziare tutti voi che mi state seguendo dall'inizio o che avete iniziato da poco a leggere: cercherò di completare questa storia nel migliore dei modi, esattamente come mi ero prefissata, anche se questo potrebbe voler dire allungare un pochino i tempi. Spero serete pazienti! XD

Un bacio grande,


Vavi

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Capitolo 13
*** A volte ritornano ***


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A volte ritornano








Osservi distrattamente la bottiglia di birra mezza vuota, mentre sbirci con la coda dell’occhio i movimenti di un gruppo di persone appena entrate nel bar. Sono in tre: un uomo sulla cinquantina, un ragazzo piuttosto alto dall’aria austera ed una ragazza della tua stessa età, tutti con i medesimi capelli corvini dai riflessi bluastri e gli occhi chiarissimi.
«Quando la smetterai di fantasticare su quella tipa?»
Il tuo amico Shikamaru appare da dietro il bancone, mentre asciuga distrattamente una tazza da caffè, sperando che suo padre non lo richiami al dovere nell’arco dei successivi dieci secondi. Alzi lo sguardo dalla bevanda e in risposta sospiri, indugiando un’ultima volta sui lineamenti dolci di quella creatura troppo bella per essere umana.
«Fantasticare non costa nulla» replichi scolando l’ultimo sorso di birra, ancora una volta offerta dalla casa.
Shikamaru ti rivolge un’occhiata rassegnata e un po’ malinconica. Se non fosse per lui, non ti saresti mai potuto permettere una consumazione in quel bar al centro della città.
«Magari se ti togliessi dalla faccia tutti quei piercing… » butta lì, cercando di tirarti su il morale come meglio crede. Nel frattempo finge di svuotare la lavastoviglie, pur di non tornare a sgobbare alla macchina del caffè accanto alla nuova barista bionda che ha assunto suo padre nell’ultima settimana.
Tu ridi amaramente, scuotendo la testa.
«Come potrebbe una come lei interessarsi ad uno come me?»
Mordi istintivamente l’anello che ti cinge parte del labbro inferiore, come a voler dire che, nonostante tutto, non cambieresti mai per diventare qualcuno che non sei.
Non lo hai mai fatto per nessuno, dopotutto.
In quel momento, mentre stai per alzarti dallo sgabello, hai come la sensazione che lei abbia ricambiato quel tuo sguardo timido è un po’ impacciato che le rivolgi di solito, per poi voltare rapidamente la testa in direzione del ragazzo slanciato che l’accompagna. Chiudi gli occhi e ti massaggi le palpebre, ridendo di te stesso: figuriamoci se davvero quella donna così sofisticata possa aver dato attenzione ad un tipo trasandato ed alternativo con nove orecchini a bucargli la pelle.





**






«Lo conosci quello?»
Sasuke afferra le sbarre con una mano e vi guarda attraverso cercando di non dare nell’occhio. Ti avvicini non troppo interessato e segui con lo sguardo l’uomo a cui si riferisce il tuo compagno. Stai per replicare che no, non lo hai mai visto in vita tua, quando due spalle possenti sovrastate da un cespuglio arancio carota assorbono tutta la saliva che hai in bocca, togliendoti la facoltà di emettere qualsiasi suono. È il Titano.
In quelle due settimane che aveva trascorso nel reparto psichiatrico, tirava stranamente un’aria più tranquilla tra i detenuti del braccio Sette; a quanto pare avevi cantato vittoria troppo presto.
«Sembra sia un dottore, o qualcosa del genere» continua Sasuke, alludendo probabilmente al camice bianco che indossa l’uomo.
Ha i capelli di un biondo albino e due occhiaie scure che contrastano fortemente con il verde smeraldo degli occhi. Sembra piuttosto smilzo, sebbene il camice ne nasconda parte del fisico.
«È il nuovo tutore di Juugo» si intromette una guardia che stazionava lì vicino, attirando la vostra attenzione.
Incredibile come dei funzionari pubblici possano talvolta risultare peggiori delle comari di paese, pensi provando un moto di disgusto verso quella gente che finge di lavorare con serietà.
«Tutore?» ripete Sasuke, interdetto quasi quanto te.
L’altro annuisce, incrociando le braccia. «Pare che il ragazzone abbia avuto non pochi problemi nel reparto dove era stato trasferito… così alla fine hanno deciso di reintegrarlo qui, a patto che fosse sotto stretta sorveglianza di un esperto psichiatra».
«Che stronzata» sbotti, adocchiando Juugo confabulare sottovoce con il suo presunto tutore. Sasuke ti guarda senza chiedere nulla, ma sembra comprendere ciò che stai pensando. Se il Titano è tornato, può esserci una sola persona in grado di architettare un simile stratagemma.
Come a confermare i vostri dubbi, una sagoma lunga e snella si staglia proprio dietro i due ragazzi, gli occhi gialli e vispi puntati sulla sua migliore conquista, ora di nuovo alle sue dipendenze. Lo guarda attraverso le sbarre con aria soddisfatta e si schiarisce la gola per scambiare anch’egli due parole col dottore.
Poco dopo si volta e un sorriso sinistro gli incurva le labbra nell’incrociare i vostri sguardi, entrambi tesi e ostili.
«Non c’è modo per toglierselo di dosso» borbotti, con tono leggermente irato.
Sasuke incatena le iridi scure a quelle serpentine di Orochimaru, ricambiando l’espressione inquietante dell’uomo con un ghigno altrettanto spaventoso.
«Beh, un modo ci sarebbe».
Fissi il tuo compagno esterrefatto, sperando di aver inteso male le sue parole. «Stai scherzando? Non vorrai per caso…»
L’altro alza le spalle, raggiungendoti accanto ai futon. «Cosa vuoi che cambi per me? Ormai sono dentro. E quel tipo mi sta facendo incazzare parecchio».
«Lascia stare» replichi sbrigativo, sempre più convinto che quell’idea non avrebbe portato a niente di buono. «Forse hai fatto degli sbagli, ma non devi per forza recitare la parte dell’assassino».
Sasuke ti riserva un’occhiata sfuggevole, ma non replica alla tua considerazione. Sa cosa pensi di lui e in fondo te ne è grato, anche se non corrisponde all’opinione che ha di se stesso.
«E poi è impossibile avvicinarlo senza dare nell’occhio» continui, cercando di dissuaderlo facendo leva su aspetti più pratici.
Sasuke si stende, piegando in due il cuscino e poggiandovi sopra il capo. «Basta entrare nelle sue grazie».
Di nuovo lo guardi a bocca aperta, sollevando i palmi delle mani verso l’alto, per poi lasciarli ricadere sulle ginocchia. «Questa è davvero la cosa più assurda che abbia mai sentito», commenti scuotendo la testa. «Sappi che io non voglio averci niente a che fare, tra poco uscirò da qui e non intendo-»
«Non ho mai detto di volerti coinvolgere» ti interrompe dandoti le spalle, quasi ad erigere di nuovo quel muro che lentamente ti eri illuso di aver scalato, rincorrendo la vana speranza di riuscire a comprendere i pensieri celati di quel ragazzo tanto complicato.


















Un piccolo flashback a inizio capitolo su Naruto e Hinata, quando ancora i loro incontri si limitavano ad occhiate fortuite in un bar del centro.
Juugo è tornato, per somma gioia di Orochimaru; Sasuke è apparentemente mosso da istinti omicidi verso l'uomo-serpente, ma sarà davvero disposto ad entrare nel suo giro e arrivare a tanto? (modalità telenovelas attivata XD).
Auguro a tutti una buona domenica, sperando che la vacanze di Natale mi concedano qualche attimo libero in più per dedicarmi ai lavori che ho in corso.
Un bacio grande a tutti coloro che stanno seguendo questa storia. :*



Vavi

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Capitolo 14
*** Di furti e saponette ***


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Di furti e saponette

 

 

Sono due giorni che il ritaglio con il volto sorridente di Hinata è scomparso.

Lo tieni sempre sotto al cuscino, facendo attenzione a tirarlo fuori solo al riparo da occhi indiscreti, oppure lo infili nella tasca dei pantaloni, quando devi star via per molto tempo e c’è il rischio che la cella venga perquisita in tua assenza. 

Mentre aspetti con impazienza il tuo turno di fare la doccia, cerchi di ricordare gli avvenimenti delle ultime ore, identificando le possibili occasioni in cui potresti averla persa, o peggio, in cui te l’avrebbero potuta rubare. Ormai hai imparato come funzionano le cose lì dentro: una fotografia è di certo un oggetto prezioso da poter utilizzare come merce di scambio.

Cerchi di convincerti che ormai manca poco, che presto potrai di nuovo rispecchiarti nei suoi occhi chiari, sentire il suo profumo solleticarti le narici, eppure quella fotografia ti ha accompagnato per molto tempo, è stato il tuo unico appiglio nei momenti di sconforto, una dolce ninna nanna che ti cullava prima di dormire, proteggendoti da orribili incubi. Per mesi hai creduto di poter percepire ancora il profumo di lavanda sulla carta fotografica, per mesi sei rimasto a guardarla con insistenza, come se potesse materializzarsi davanti a te da un momento all’altro. Specialmente ora che ha un nuovo lavoro, riesci a vederla sempre di meno, perché il suo datore è restio a concederle permessi tutti i mercoledì del mese in modo che possa venire a trovarti. Tu ogni volta la tranquillizzi, le dici che non importa, che ti basta anche solo parlarle per qualche minuto, perché sai che ha cercato quell’impiego con tutte le sue forze, l’ha fatto per te – per voi e il vostro futuro – rinunciando a terminare gli studi universitari.

Vedi Sasuke uscire dal bagno con un asciugamano avvolta attorno alla vita. Prima di andare a recuperare i suoi vestiti, si avvicina alla porta dove attendi con impazienza e ti consegna un oggetto scivoloso con poca grazia.
«L’acqua è gelata» borbotta a bassa voce, e la sua pelle d’oca sembra mostrare ancora le conseguenze del getto freddo.
Non ti stupisci, la chiamano “doccia calda”, ma la verità è che se sei fortunato puoi usare l’acqua tiepida, altrimenti ti arrangi, indipendentemente dalla stagione e dalla temperatura che c’è fuori. Senza contare che ve la lasciano utilizzare solamente una volta a settimana, costringendovi ad attingere al lavandino della cella per i giorni restanti.
Ciò che ti lascia perplesso, invece, è la saponetta che Sasuke ti ha appena consegnato. Possedere un simile agio non è da tutti, lì dentro. Tu non hai nessuno che ti rimpolpi il libretto mensilmente, a parte qualche aiuto da Hinata che puntualmente rifiuti; solo una volta, mesi prima, eri riuscito a comprarne una con i risparmi del lavoro in carcere, ma dopo mezz’ora era già sparita nelle grinfie di qualche detenuto più furbo di te.
«Muoviti, altrimenti perderai il turno».
Sasuke ti risveglia bruscamente dai tuoi pensieri, allontanandosi e lasciandoti con quel piccolo trofeo nelle mani.

 *

 
Quando rientri in cella, d’istinto, stiri entrambe le braccia verso l’alto e ti getti di peso sul futon. La coperta odora ancora di polvere e muffa, ma almeno la pelle sa di pulito, ed è una sensazione che adori. Prima di entrare lì dentro non eri mai stato un patito dell’igiene e della pulizia, ma ora che quei privilegi ti sono stati tolti, senti sempre la mancanza di quel piccolo box doccia che avevi nell’insulso monolocale alla periferia di Tokyo. 
Ora, a confronto con la cella, la tua vecchia abitazione ti sembra una reggia.

«Grazie» mormori ad un Sasuke intento nella lettura, restituendogli il sapone avvolto in un panno di stoffa. Non gli chiedi come l’ha avuto, perché sebbene tu non sappia ancora molto su di lui, sei quasi certo che la sua condizione economica sia di almeno dieci spanne superiore alla tua. Il fatto che suo fratello fosse a capo di un’azienda non fa che confermare la tua ipotesi.
L’altro afferra distrattamente la saponetta, riponendola in una busta di plastica a capo del letto.
«Almeno la smetti di puzzare come una capra».
«Ehi! »
Ti pareva strano che ancora non avesse tirato qualche frecciatina: Sasuke non sapeva nemmeno cosa fosse la bontà gratuita.
«Non è colpa mia se c’è umidità qui dentro e comunque non penso che il tuo sudore profumi di muschio e pino selvatico!».
Sasuke storce il naso e si sfila le scarpe, pronto per una breve dormita prima del turno di lavoro pomeridiano. In quell’esatto momento ti rendi conto che il pugnale non è più all’interno del suo calzino, né accanto al cuscino o in qualsiasi altro luogo dove lo nasconde di solito
Inizi a sudare freddo.

«Che fine hai fatto fare alla lama?» biascichi inginocchiandoti accanto al suo futon.
Lui apre gli occhi di scatto, come si fosse ricordato di una cosa importante. Fruga nella tasca dei pantaloni e, invece di tirar fuori un coltello scintillante, con tua estrema sorpresa, ti rende il ritaglio di foto che avevi perduto. Nel rivederlo per poco non ti viene un infarto.
«Co-come cavolo… - glielo prendi dalle mani, quasi strappandoglielo – dove l’hai trovato? Perché ce l’hai tu?»
Sasuke sospira, riservandoti uno sguardo compassionevole. 
«Dovresti avere più cura delle tue cose, dobe. Lo avevano preso i detenuti della cella in fondo al braccio, ed è meglio che non ti ripeta quali osservazioni stavano facendo sulla tua ragazza, quando mi sono accorto di loro».
«Ma come ho fatto a perderlo? – ti lamenti, rigirandolo tra le mani – Forse nell’ultima rissa in cortile, oppure in cucina… » cerchi di fare mente locale per evitare di compiere due volte lo stesso errore. Improvvisamente, però, ti rendi conto di una cosa: escludendo il fatto che Sasuke possa essersi azzuffato con un gruppo di detenuti due volte più grossi di lui, è chiaro che per ottenere quel ritaglio sia stato costretto a contrattare. E allora tutto torna: il pugnale.
«Hai barattato l’arma con la fotografia?» chiedi con titubanza, sperando di aver capito male.
«Stava cominciando a diventare d’intralcio» replica Sasuke, senza scomporsi. «La caviglia sta peggiorando e darla a te non era una opzione possibile».
«Ma avremmo potuto nasconderla! – berci con i palmi in aria – Che ne sai che quei brutti ceffi non la consegnino alle guardie incolpando te? O che la usino contro di noi, un giorno di questi?»
L’altro sospira, come se parlare con te equivalesse ad avere a che fare con un bambino troppo cresciuto.
«Sei qui dentro da più tempo di me e ancora non hai capito i meccanismi, Naruto? Quando entri in possesso di un oggetto in prigione, quello diventa tuo, non importa come lo hai avuto. Le guardie non credono ai detenuti, non sono così stupide. Non avrebbe senso per loro incolpare me, perché nessuno darebbe loro retta».
Rimani con la bocca aperta, ma non parli.
«Inoltre avrai notato che le perquisizioni sono aumentate nell’ultimo periodo. È meglio non avere oggetti passibili di punizione per le mani, non adesso».
Certo che, messa così, pareva avere un senso logico.
«E poi mi pareva di aver capito che tenevi molto a quella fotografia, no? Un semplice grazie sarebbe bastato». Lo dice con tono irriverente, ma un piccolo ghigno simile a un sorriso gli solleva l’angolo sinistro della bocca.
Guardi di nuovo il volto della tua amata e ogni turbamento d’animo sembra placarsi. Non hai troppa voglia di ringraziarlo apertamente, perché vorrebbe dire aver fatto la figura dello scemo davanti ai suoi ragionamenti, ma dentro di te gli sei profondamente grato. Rispondi a quel mezzo sorriso, convinto che basti per trasmettergli il tuo stato d’animo.
«Ma con Orochimaru come la mettiamo? – cambi bruscamente argomento, abbassando di più la voce – Non avevi detto che…».
«Da quando Kimimaro gira intorno alla sua cella è difficile studiarne i movimenti. Dubito che abbia perso l’interesse, ma in ogni caso è meglio aspettare che sia lui a fare la prima mossa. Poi deciderò il da farsi».
Annuisci non troppo tranquillo, allontanando Orchimaru dalla tua mente; non gli permetterai di rovinarti quei brevi attimi di felicità che ti scaldano il cuore per aver recuperato una cosa a te tanto cara.

 



















Buonsalve carissime/i!
Sono di frettissima perché sommersa da libri e appunti in vista di un esame alle porte! -.-
Solo qualche chiarimento: per quanto riguarda le docce ho immaginato fossero comuni, di numero inferiore ai detenuti (ovviamente) e quindi che bisognasse fare la fila per potersi lavare.
In genere i detenuti hanno un libretto sul quale tengono dei soldi e spesso sono i familiari a fornirglieli: Naruto, non avendo parenti in vita, può beneficiare solo dell’aiuto di Hinata e di quei miseri spiccioli che si guadagna in prigione (si tratta di pochissimi centesimi l’ora, parlando in euro). Con questi soldi i detenuti possono comprare alcuni oggetti, come appunto le saponette, i fazzoletti, le sigarette o le carte da gioco. Ho immaginato che Sasuke stesse bene dal punto di vista economico e che quindi potesse permettersi anche questo tipo di agi (ma senza esagerare, perché secondo me non gradirebbe molto essere additato come uno dei privilegiati).
Per il resto, spero tanto vi sia piaciuto! Scusatemi ancora per la fretta, non vedo l’ora che questa sessione/incubo finisca! Un in bocca al lupo a tutti per la scuola, l’università e i vari impegni!

Un bacio,

 

Vavi

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Capitolo 15
*** Limite umano ***


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Limite umano






Rassegnazione. Sofferenza. Disagio. Tristezza. Una giostra di emozioni che è tutto e niente. Qualche mese fa, forse, l’avresti chiamata indifferenza, ma ora quel volto pallido e smagrito dalla miseria della prigione sembra voler urlare mille sfumature che solo in pochi riescono a cogliere.

Hai appena salutato Hinata e stai aspettando che la guardia finisca di discutere con un altro prigioniero per poi riaccompagnarti alla tua cella. In quel frangente ne approfitti per osservarlo: un uomo giovane, forse poco più che trentenne, quello che Sasuke ha definito il suo avvocato. Eppure oggi sembra diverso dal solito; discute in modo concitato, si sporge verso di lui, cerca di richiamarlo all’attenzione pronunciando il suo nome e poi, alla fine, gli stringe entrambe le spalle, come a volerlo rassicurare. Sasuke a volte annuisce, raramente lo guarda; rimane a testa bassa nascosto dietro i palmi delle mani, qualche monosillabo accompagna diversi sospiri. Gli occhi di quell’uomo sembrano vivi, quasi brillano di una speranza che Sasuke ha perduto da tempo e non sembra intenzionato a voler ritrovare, nemmeno sotto l’influsso di una voce così conciliante e familiare.

Quando rientra in cella sembra ancora più spossato del solito, come se la conversazione avuta poco prima lo avesse prosciugato del tutto. Nonostante ti abbia raccontato di come il suo avvocato stia cercando in tutti i modi di scagionarlo dall’accusa di omicidio del fratello, Sasuke è sempre restio a volerlo incontrare. Una volta, tempo addietro, disse alla guardia di essere malato e tu non osasti intervenire nella discussione, anche se raramente ti capitava di assistere al rifiuto del colloquio del mercoledì da parte di un detenuto.
D’altronde Sasuke era sempre stato un tipo strano, perciò preferisti lasciar correre senza fare domande.

«Se ritrovo un’altra volta i tuoi calzini ai piedi del mio futon giuro che te li faccio ingoiare».
Mormora senza troppa enfasi e ti lancia malamente quei due pezzi di stoffa sudici. Li prendi al volo senza replicare, al momento non hai voglia di iniziare l’ennesimo battibecco inutile.
Sasuke si volta, stupito dalla tua mancata risposta. «Hai capito, dobe?» rincara con una punta di acidità nella voce, giusto per rimarcare la sua indignazione.
«Lo conosci bene quell’uomo, vero? L’avvocato».
Rispondi con un’altra domanda, conscio che quel comportamento provocherà il disappunto di Sasuke. Il ragazzo, infatti, si irrigidisce inarcando le sopracciglia, mentre finge di dedicarsi alla sistemazione del lenzuolo pur di non guardarti negli occhi.
«Sarebbe strano se non lo conoscessi, visto che si occupa del mio caso» replica con stizza, sperando che quella risposta idiota ti faccia capire che non ha nessuna intenzione di affrontare l’argomento.
Sospiri, ignorando spudoratamente la sua tacita richiesta. «Sembra che tu lo conosca da molto tempo… mi ha dato l’idea che fosse un tuo familiare».
A quel punto Sasuke interrompe bruscamente ciò che sta facendo e ti lancia un’occhiata di fuoco. Rispondi con sguardo fermo, non hai nessuna intenzione di demordere. Lo vedi passarsi una mano sulle palpebre e scompigliarsi stancamente i capelli. «Non ho voglia di parlarne» ammette finalmente, pensando che chiarire in quel modo possa bastare. O almeno lo spera.
Ti dispiace deluderlo, ma stavolta vuoi sapere di più: come può una persona sopravvivere lì dentro se si chiude in se stessa? Anche se lo conosci da appena qualche mese e spesso ti ha trattato male, non lascerai che crolli sotto i tuoi occhi. Non finché condividete la stessa cella.
«Invece devi provarci» lo incoraggi. «Puoi anche rispondere sì o no, non c’è bisogno che mi racconti tutta la storia».
Alza le iridi e sospira di nuovo, probabilmente vorrebbe chiederti perché ti interessa così tanto saperlo, ma ormai sembra essersi rassegnato alla tua indole incline a volersi accollare i problemi degli altri.
«Era il migliore amico di mio fratello».
Sembra che quella confessione gli costi sette vite, tanto è basso il tono di voce che usa. «Ma lui… noi, lo consideravamo uno di famiglia».
Te lo aspettavi, sebbene inizialmente fossi convinto che Sasuke non avesse nessuno al di fuori di quelle mura. Con un attimo di ritardo ti accorgi che il tuo compagno sta parlando al passato e vuoi approfondire la questione.
«Ora non è più così?» chiedi.
«Non lo è più da quando ha iniziato a girare il mondo per lavoro ed è sparito dalla circolazione».
«Se è un avvocato importante farà parte della sua carriera, no?»
Sasuke scuote la testa. «Promise di gestire l’Azienda Uchiha assieme a mio fratello, dopo che-» si bloccò all’improvviso, frenando la pericolosa inclinazione che la sua voce stava per prendere.Forse si rende conto che hai intuito il finale della frase, però decide di sorvolare.
«Rimase con noi per un anno, dopodiché mio fratello comprese che non era quello che il suo amico desiderava fare del suo futuro e gli intimò di seguire la sua strada. Così Shisui completò gli studi di giurisprudenza e divenne un avvocato… uno dei migliori».
Si lascia scappare un sorriso amaro. «Chi l’avrebbe mai detto che si sarebbe trovato a dover difendere proprio me» dice con sdegno, come se il solo pensiero potesse dargli il voltastomaco.
«Capisco la tua delusione, ma a me sembra che tuo fratello abbia fatto la scelta migliore. Dopotutto se Shisui non avesse intrapreso la carriera giuridica, a quest’ora non potresti averlo dalla tua parte».
«Invece non capisci».
Si sdraia a pancia sopra, con un ginocchio piegato. «Sarebbe dovuto rimanere assieme a mio fratello. Lui ne aveva bisogno».

Solo lui, Sasuke? È  la domanda che vorresti porgli, ma non è necessario. Da come ne parla comprendi perfettamente quanto la partenza di quella persona possa aver destabilizzato Sasuke, in un momento in cui le cose non dovevano andare troppo bene. Eppure dietro quell’immensa sofferenza si annida ancora un affetto profondo, lo stesso affetto che percepisti nei gesti e negli occhi di quell’uomo durante l’ultimo colloquio. Non hai idea di chi sia Shisui, ma sei quasi convinto che Sasuke lo abbia preso come un torto personale, aggravando la questione più del dovuto.
Eppure non si tratta solo di questo.

«Si impegnerà anima e corpo per ottenere dei risultati, Sasuke, ne sono sicuro. Forse dovresti cercare di pensare al presente, adesso».
«Io non voglio vederlo».
Si volta dal lato opposto e, per la prima volta da quando siete lì dentro, ti sembra di scorgere un debole riflesso che si impiglia tra le ciglia nere di Sasuke.
«Doverlo incontrare ogni settimana è una condanna peggiore dell’ergastolo».
Preme le mani sul volto e sospira. «È l’illusione di afferrare qualcosa di incorporeo… qualcosa che non tornerà più».

Shisui rappresenta tutto ciò che non potrà mai riavere indietro. Un volto amichevole, una famiglia, un posto in cui tornare. Simbolo di un legame incrinato, si ripresenta prepotentemente come unico affetto tangibile ma ormai non più afferrabile.

Pensi ad Hinata. Pensi a quanto potrebbe far male doverla incontrare con la consapevolezza di non poterla mai più vivere davvero, lasciandola libera di costruirsi il suo futuro, un futuro senza di te.

Sasuke è ancora in attesa di condanna, ma non ha mai creduto di sfuggire all’ergastolo: la sua vita è segnata e per questo non vuole stringere alcun tipo di legame. Eppure, lì dentro, voi non siete soltanto compagni di cella. Eppure, quell’uomo continua a volerlo proteggere in tutti i modi e lui, anche se cerca di negarlo, soffre per quel sentimento di amicizia che ancora lo incatena a Shisui, che gli ricorda ogni volta il suo passato, suo fratello.

Dopotutto Sasuke è umano. Lo siete entrambi.








So che è difficile non immaginare Shisui come un Uchiha, ma il grado di parentela mi avrebbe creato delle complicanze dal punto di vista prettamente "giuridico", perciò qui lo troviamo in veste di avvocato e migliore amico.
Questo capitolo non era preventivato in realtà, ma tanto ormai lo sapete che questa raccolta nasce giorno per giorno. Spero tanto vi sia piaciuto!
Un bacio grande, ringrazio tutti coloro che mi stanno ancora seguendo e i nuovi arrivati. Grazie di cuore! <3



Vavi

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Capitolo 16
*** Un inferno per due ***


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Un inferno per due






Alle dodici e mezza in cucina è il finimondo; urli a destra e a sinistra, pentole che sbattono, cibo che finisce in terra, piedi calpestati e aria viziata dal fumo e dal sudore. Quel giorno, però, sei stato fortunato, visto che ti hanno relegato al banco a servire i detenuti: certo, ogni tanto capita di ricevere qualche insulto se sei troppo lento o se il piatto non è riempito fino all’orlo, ma è sempre meglio che starsene lì dietro a morire dal caldo. Sei particolarmente di buon umore quando servi la zuppa ai tuoi compagni, peccato che bastino due iridi fluide di colore giallo per capovolgere la situazione; per poco non ti fai sfuggire il piatto, quando te lo ritrovi davanti con quell’aria spaventosamente tranquilla, fatta di falsi sorrisi e pugnalate alle spalle.
«Da cuoco a cameriere, Uzumaki» commenta bonario, scrutandoti mentre gli servi il pasto del giorno.
«Erano a corto di personale» rispondi gelido, porgendogli la sua porzione.
Orochimaru la afferra lentamente, stando attento a non versare il brodo. Persino il quel gesto così banale ti sembra disgustoso. «Ho visto il tuo amichetto in cortile, poco fa. Sembra si sia intrattenuto con un detenuto del nostro braccio, quello della cella in fondo» butta lì prima di andarsene, con il solito sorrisetto ad increspargli le labbra.
Non hai il tempo di chiedere spiegazioni perché la Serpe si allontana e devi darti subito da fare per servire il prossimo detenuto.

In effetti Sasuke non è ancora tornato dal turno di lavoro mattutino. Sai che alcuni gruppi si intrattengono di più rispetto ad altri, ma lui è sempre il primo a presentarsi a mensa; mangia qualcosa al volo e si ritira subito in cella per concedersi qualche minuto di relax in totale silenzio - guai a te se osi fiatare, sarebbe capace di soffocarti con il cuscino.

Ci vuole poco perché un groppo alla gola ti blocchi la deglutizione; è stato proprio un detenuto del vostro braccio a ricevere la lama da Sasuke e subito hai pensato che fosse stato un gesto rischioso, soprattutto in relazione ad Orochimaru. Di sicuro quel brutto ceffo aveva qualcosa a che fare con lui, il quale, ovviamente, non si è lasciato sfuggire l’occasione per tormentarvi ancora. Lasci improvvisamente il mestolo della zuppa, borbottando che hai mal di pancia e devi scappare in bagno; approfittando della confusione generale, invece di dirigerti alla toilette, ti disfi del ridicolo grembiule bianco fiondandoti all’uscita sul retro.
Come pensavi ad accoglierti c’è una guardia: fortunatamente una delle più stupide.
«Dove credi di andare?» chiede svogliatamente, accompagnando il tutto con uno sbadiglio, come se fino a quel momento avesse dormito in piedi, invece che perlustrare i dintorni.
«Ho scordato di chiudere la porta dello sgabuzzino». È la prima cavolata che ti passa per la testa pensando agli attrezzi che utilizzano gli “addetti” al giardinaggio.
«Ci penserà qualcun altro per te» replica pronto quello, cercando di mandarti via.
«No! – esclami mettendo le mani avanti – sono io l’ultimo del mio gruppo ed è compito mio riporre tutto al posto giusto. La prego, mi-».
«D’accordo, datti una mossa» concede finalmente la guardia, già stufo di starti a sentire.
Ringrazi chinando il capo e ti fiondi in una ricerca disperata del tuo compagno. Alcuni detenuti stanno ancora lavorando, ma è questione di minuti e tutti lasceranno ciò che stanno facendo per andare a mangiare. Solo i più lenti o i più meticolosi sono rimasti: Sasuke solitamente non è tra quelli.
Dopo aver perlustrato metà perimetro, senti dei rumori sommessi provenire dal retro della prigione, dove si trovano le zolle lavorate, ormai deserte e illuminate dal sole. Ti avvicini lentamente e, dietro una colonna, lo vedi. Si sta dimenando, mentre tenta di opporre resistenza ad un braccio possente che spinge la lama dritta verso il sul collo. Ogni vena del corpo di Sasuke sembra pulsare assieme al suo cuore, ogni muscolo si comprime al limite della sopportazione per evitare un colpo che potrebbe costargli la vita.

Non hai idea di cosa stia succedendo, ma una cosa ti è chiara: il tuo compagno è evidentemente in difficoltà. Ti porti le mani nei capelli, scompigliandoli nervosamente, scuoti la testa come per gettar via il nervosismo ed afferri veloce una pietra massiccia da terra: l’unica cosa che puoi fare, in quel momento, è aiutarlo, dopo penserai a farti spiegare tutto. Con uno scatto fulmineo sei già dietro ai due combattenti, ma non dai tempo a Sasuke di aprir bocca, perché in un attimo, senza pensarci, picchi il sasso sul capo dell’uomo e subito dopo lo vedi accasciarsi a terra stordito, mentre il coltello ricade sull’asfalto ed un finissimo rivolo di sangue solca la tempia della tua vittima.
Sasuke è immobile, con le braccia sospese per aria, le pupille dilatate ed incastonate alle tue, in un misto di terrore e stupore. I vostri respiri si fondono in un affanno che abbassa e solleva il diaframma troppo velocemente per poter essere controllato.
«Che ti è saltato in mente?» mormora con un filo di voce, cercando invano di mantenere la calma.
Ti bagni le labbra, rimaste asciutte per la troppa tensione. «Cercavo di evitare che quello ti accoltellasse, teme». Rispondi come se avessi appena fatto il gesto più ovvio del mondo.
Sasuke finalmente si ricompone, massaggiandosi una spalla. Guarda prima te e poi il corpo inerme del detenuto che ha attentato alla sua vita. «Sei un cretino» sentenzia chinandosi sulle ginocchia e premendo due dita sul collo dell’uomo per controllarne il battito. Trattieni per un attimo il respiro, rendendoti finalmente conto del rischio che hai deciso di correre.
«Come diavolo sapevi che ero qui? Volevi forse allungare la tua permanenza in carcere?» domanda Sasuke in maniera retorica, e dal suo tono velatamente più tranquillo comprendi che l’uomo è ancora vivo. Un omicidio sulla fedina penale sarebbe stato la tua rovina.
«Ho agito d’impulso» cerchi di giustificarti, eludendo la prima questione e rimanendo un po’ sulla difensiva; in fondo tutta quella faccenda riguarda anche te e se non fossi stato così distratto da farti rubare la fotografia di Hinata, Sasuke non sarebbe stato costretto ad effettuare lo scambio. O magari lo avrebbe fatto lo stesso, ma questo tu non puoi saperlo.
«D’accordo, genio, ora cosa pensi di fare?» insiste Sasuke, risvegliandoti dalle tue congetture.
A sentire il modo in cui te lo chiede avresti voglia di colpire anche lui con quel sasso. Possibile che non riesca a mostrare un minimo di riconoscenza neanche in situazioni del genere? Sbuffi, passandoti una mano sul volto. Se non fosse che lo hai appena salvato da un epilogo piuttosto doloroso, sbatteresti la testa al muro in preda al panico per il casino in cui hai messo entrambi. Fortunatamente siete in un angolo isolato della prigione, ma dovete pensare in fretta: tra pochi minuti il turno di lavoro mattutino finirà anche per i ritardatari e nei cortili si riverseranno centinaia di detenuti diretti verso la mensa.
Scruti con diffidenza il corpo inerme dell’uomo ai vostri piedi; probabilmente ha urgente bisogno di cure mediche, anche se, fosse per te, lo lasceresti lì a terra privo di coscienza. Il primo pensiero che ti balena in testa è quello di nasconderlo da qualche parte, ma nessuno vi garantisce che prima o poi non si svegli e decida di raccontare tutto alle guardie: in quel caso sareste fottuti.
«Sasuke…»
«Zitto».
Stavi per dirgli di fuggire, anche se avreste rischiato ugualmente, quando il tuo compagno tende l’orecchio in ascolto ed anche tu percepisci un crepitio di passi sul terreno.
«Merda! Qualcuno sta venendo a controllare» imprechi sotto voce, agitandoti. «Che cazzo facciamo?»
Sasuke è apparentemente calmo, ma una goccia di sudore gli solca la guancia, tradendone lo stato d’animo.
«Vattene!» esordisce poi, facendoti segno con la mano. «Allontanati da qui» il suo tono di voce è talmente basso che stenti a percepirlo.
«Cosa?! Perché??»
Ti avvicini di più a lui, cercando di capire cosa gli stia passando per la testa. Pensa forse di risolvere tutto prendendosi la colpa e finendola lì?
«A mala pena mi sono accorto del tuo arrivo, Naruto, il detenuto non ti ha neanche visto in faccia. Dirò di essermi difeso e in qualche modo me la caverò».
Oh no, non di nuovo. Non gli permetterai di coprirti le spalle un’altra volta.
«Non se ne parla, io-»
«Sparisci, cazzo!»
Sasuke ti dà una spinta e il rumore di passi si fa sempre più vicino. Riprendi l’equilibrio, lo guardi a bocca aperta, vuoi urlargli contro qualcosa ma non c’è più tempo. Fai come ti dice e corri via nel giro di un secondo.

*

 

Ti rigiri nervosamente nel futon infilando una mano sotto al cuscino. Le dita sfiorano un ritaglio di carta ed in modo istintivo afferri la fotografia, chiudendo gli occhi alla vista di quel volto così sereno e sorridente.
«Scusa Hinata. Ti avevo promesso che sarei cambiato qui dentro, ma la verità è che sto facendo un casino».

«Parli da solo, Uzumaki?»

La voce di una guardia ti fa scattare seduto, mentre  infili il ritaglio sotto al futon, spiegazzandone gli angoli. Borbotti mentalmente qualche improperio contro l’arrivo improvviso di quell’uomo e cerchi di ricomporti.
«Stavo solo-»
«Ho una bella notizia per te» continua la guardia, ignorandoti. Non riesci a capire se fa sul serio oppure ti sta solo prendendo in giro. Si appende alle sbarre e ti rivolge un sorriso raccapricciante, fatto di carie e denti gialli. «Stasera avrai la cella tutta per te! Il tuo compagno è stato sbattuto in isolamento». Lo esclama gracchiando, mentre ridacchia tra sé e sé come se avesse detto qualcosa di molto divertente. Di sicuro lì dentro quel brutto ceffo è uno dei funzionari meno professionali che tu conosca.
«Come?» Aggrotti le sopracciglia, al solito parlando senza pensare. Avresti dovuto immaginarlo che sarebbe finita a quel modo.
«Pare che abbia malmenato un tipo dopo essere stato minacciato con un coltello. Un assassino che ha paura di un ladro! Questa è bella». Continua con il suo racconto senza degnarti di uno sguardo. «Il tipo in questione è ancora in infermeria, ma quando si sveglierà toccherà anche a lui la stessa sorte. Siete proprio un ammasso di imbecilli». Conclude il discorso con un insulto rivolto a tutti i detenuti, sputa vicino alla tua cella e si allontana raddrizzandosi il copricapo, come se quel gesto potesse dargli prestigio.
«Quanto ci dovrà restare?» domandi a bruciapelo, cercando di non far trasparire troppo interesse.
L’altro sbuffa rumorosamente e si volta di nuovo nella tua direzione «Una settimana. Basterà per rimetterlo in riga».

Sospiri abbracciandoti le ginocchia, per poi tirare un pugno al muro. Non va bene. Non va affatto bene.

Continua tutto a girare nel verso sbagliato, gli eventi sembrano gridarti che è sempre colpa tua, che non sei cambiato di una virgola: ti cavi d’impiccio mettendo nei guai gli altri, finisci per fare del male alle persone a cui tieni. Già, perché è da un po’ che hai cominciato a pensarlo: Sasuke è ciò che, lì dentro, ti ricorda di più la parola amicizia. Forse è solo perché ti senti in colpa e pensi che dovresti esserci tu al suo posto; forse invece quella sensazione di oppressione al petto dipende da altro. Gli hai detto di odiarlo, ed è vero, perché il suo dolore, ormai, è diventato anche il tuo.

L’isolamento distrugge, logora, consuma ogni più residua traccia di speranza: tu da fuori, lui da dentro, l’inferno, stavolta, lo vivrete in due.



















Buonasera carissimi!
Dovrei aggiornare altre mille cose, ma ultimamente ho più ispirazione per questa raccolta, perciò ho approfittato. Perdonate la massiccia dose di angst degli ultimi capitoli... non vi sto lasciando un attimo di tregua! XD E' vero che la storia è "drammatica", ma vedrò di darvi anche un pò di respiro, non temete.
Spero tanto vi sia piaciuto! Vi chiedo, qualora vi andasse, di farmi sapere cosa ne pensate con un commentino. Grazie di cuore! :)


Vavi

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Capitolo 17
*** In bilico ***


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In bilico






I minuti trascorsi con Hinata sembrano volati via; l’hai vista poco fa entrare dalla solita porta blindata assieme agli altri e proseguire sicura verso il tuo tavolino, ed ecco che le guardie gli intimano già che il tempo a sua disposizione è finito. Le stringi forte la mano, le sorridi, ma questa volta non si fa ingannare: sa che lì dentro qualcosa non va, lo vede da quella ruga accennata in mezzo alle sopracciglia chiare e lo sente dall’inclinazione grave della tua voce, di solito sempre così accesa e rilassata. Non provi neanche a nasconderlo, quel tormento interiore che ti lacera l’animo. Desideri solo che lei resti con te, perché non hai mai sentito gravare sulla schiena la tua condanna come in quel momento. Le sbarre della cella e le mura della prigione sono tornate a stringere i polmoni in una morsa letale; proprio quando avevi iniziato a vedere la vita lì dentro in un altro modo,  quando ti sembrava finalmente di aver accettato te stesso e i mesi che rimanevano, tutto minacciava di crollare di nuovo.
Hinata si alza, sussurra qualcosa che assomiglia a un ti amo e si allontana con sguardo preoccupato, non sentendo la tua risposta. Non distogli le pupille da lei, dai suoi occhi, dai suoi capelli: di nuovo hai sentito sopraggiungere quella sensazione di inadeguatezza, la stessa che ti spinge a credere che non meriti il suo amore, la sua pazienza e le sue attenzioni. Cerchi di sorriderle prima di vederla scomparire definitivamente, ma la sua risposta è una lacrima solitaria che le bagna la guancia e si estingue sulle labbra candide.

«Che cazzo sto facendo».

Scuoti vigorosamente le ciocche bionde e fai per tornare nella tua cella, quando una voce potente attira la tua attenzione e fa voltare anche gli altri detenuti.

«Aspettate! Dovete riferirgli un messaggio, riguarda il suo caso!»

Ad urlare è stato l’uomo in giacca e cravatta che vedesti l’ultima volta con Sasuke. Ha indosso sempre gli stessi abiti neri, ma la camicia bianca è leggermente sbottonata sul davanti e i capelli ricci sono più scomposti del solito.
«Il detenuto è in isolamento, non le è permesso parlargli né inviargli messaggi di sorta. Lo vedrà la prossima settimana». La guardia è irremovibile e, con i palmi delle mani avanti, cerca di allontanarlo dalla zona dei ricevimenti, visibilmente scocciato e stufo di continuare a parlare con lui.
«Ditemi almeno come sta!» Prorompe allora il ragazzo, passandosi una mano tra i capelli.
«Spiacente» risponde l’altro, facendogli strada verso la porta. «Adesso è meglio che vada».
«Sta bene».
Sei stato tu a parlare, interrompendo lo spiacevole scambio di battute tra i due uomini. Il ragazzo dai capelli neri si ferma, ti osserva confuso, cerca di capire se stai parlando con lui. La guardia invece sbuffa e tenta di condurlo nuovamente fuori.
«Conosci Sasuke?» continua, liberandosi dalla presa dell’uomo e avvicinandosi a te.
«Siamo compagni di cella» replichi svelto, guardandolo mentre cerca di eludere nuovamente il controllo della guardia, che nel frattempo sembra aver perso la pazienza.
«Se la caverà» continui, nella speranza di convincere sia te che lui.
Il ragazzo non risponde, forse è sorpreso del fatto che un detenuto si interessi a Sasuke ed abbia la premura di farglielo sapere. Però gli basta poco e sembra comprendere la natura del tuo sguardo sincero. Annuisce, ringraziandoti, lancia un’occhiataccia alla guardia ormai esasperata e borbotta un «So camminare da solo», per poi lasciare la stanza con un ultimo sospiro rassegnato.

Sei l’ultimo a lasciare l’atrio dei ricevimenti e sulla strada del ritorno non puoi fare a meno di pensare all’atteggiamento dell’avvocato; ricordi nitidamente le parole di Sasuke, il suo dolore nel dover fronteggiare quel legame un tempo saldo ed essenziale, ora divenuto solo l’ombra di sé stesso, dinanzi ad un futuro in prigione che non scorge via d’uscita. Eppure quell’uomo sembra crederci ancora, nonostante tutto, sembra volerlo proteggere ad ogni costo e non solo dalla sentenza, ma dall’annullamento di sé stesso.


*


Sono passati tre giorni. I vassoi con il cibo giacciono a terra, rovesciati, senza che tu ne abbia assaggiato nemmeno un boccone. L’acqua rimane la tua unica risorsa di vita, in quel buio che ingloba ogni singola cellula del corpo per rinchiuderla in un incubo senza fine. Il raggio di luce che penetra dalla finestrella della porta, beffardo, ti ricorda ogni mattina che sei vivo, in bilico tra la perdita di te stesso e un’esistenza inutile. È assurdo come quelle poche certezze conquistate con fatica possano estinguersi nell’arco di qualche ora, soppiantate dal solito nemico chiamato Destino, che per poco tempo hai creduto di poter fronteggiare. Eppure ora sei di nuovo solo, in balia della sofferenza, e ti stupisci di come le immagini che si disegnano nella tua memoria non siano più solo quelle del corpo martoriato di tuo fratello, del sangue, delle lacrime e del terrore: no, in mezzo alla disperazione c’è dell’altro, un piccolo muro di mattoni che cresce nel tentativo di arginare il vuoto.

«Ti detesto, sei odioso!»

«Sono stufo delle tue stupide regole, i calzini li metto dove mi pare!»

«Sai, dovresti provare a scioglierti, ogni tanto».

«Tu non sei un assassino. Loro hanno ucciso tuo fratello!»

«L’ultima cosa che voglio è giudicarti, Sasuke».

Senti un nodo stringerti le corde vocali. Non sai se stai per piangere o sul punto di scoppiare a ridere; istintivamente ti passi una mano sul volto, lasciandolo nascosto tra i palmi.

Così è a questo che ti stai aggrappando? Ad un detenuto conosciuto da qualche mese?
Lui se ne andrà e tu rimarrai a marcire qui dentro.
Sono tutte belle parole le sue, ma non valgono niente.

Sei uno stupido Sasuke, se speri ancora di uscirne illeso. Guarda in faccia alla realtà!

Perché non provarci, invece? Dopotutto non hai niente da perdere.
Altrimenti perché non l’hai fatta finita subito, eh? Pensaci!
Puoi continuare a negarlo se vuoi, ma lui non ti è indifferente.
Lui è tutto ciò che ti rimane, assieme a Shisui.

Pensaci.



 



















Boinsoir! ^^
Eccomi di nuovo ad aggiornare questa storia. Ho usato anche stavolta il tu onnisciente per Sasuke, ma solo nell’ultima parte. Quello riportato in corsivo è una sorta di dialogo con sé stesso (alla Gollum per capirci XD). Vorrei anticiparvi, però, che ci sarà l’entrata in scena di un nuovo personaggio, dal quale prenderò in prestito quasi esclusivamente l’aspetto fisico – potete salutare già da ora il suo IC. Sarà abbastanza importante per lo svolgimento della trama.
Se avete qualche idea, non esitate ad avanzare le vostre ipotesi! ;)
Un bacio a tutti voi e grazie di aver letto. ^^


Vavi

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Capitolo 18
*** Aiutami ***


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Aiutami







Le crepe grigiastre che attraversano il soffitto della prigione si riflettono nelle tue iridi scure come se vi fossero state tatuate a fuoco. Hai i palmi rivolti a guardare un cielo di cui a stento ricordi le sfumature; le ciocche nere, intrise di sudore e umidità, giacciono sparse sul pavimento gelido che è ormai un tutt’uno col tuo corpo debole e smilzo. La bocca è socchiusa, le labbra screpolate e aride bruciano inspiegabilmente anche se ormai non riesci più a muovere un singolo muscolo. Non sai quale forza misteriosa spinga il diaframma ad alzarsi e abbassarsi ritmicamente per permetterti di respirare; dentro le orecchie riesci a percepire solo il battito debole e incerto del tuo cuore.

Ad un tratto, però, un rumore improvviso e sordo ti rimbomba nella testa, facendo sussultare appena quel muscolo che ancora ti tiene in vita.
«La tua cena!» Esclama in malo modo una voce roca, poi apre una finestrella in basso alla porta blindata e vi lancia una ciotola in legno, facendone rovesciare metà del contenuto.
«Dov’è quella di stamattina?» si lamenta poco dopo, non trovando il contenitore del pranzo che solitamente posizionavi accanto all’apertura, rigorosamente pieno fino all’orlo, così come te lo avevano consegnato.
Non sentendo risposta, la guardia sbuffa sonoramente e si alza, gettando un’occhiata dietro le quattro sbarre poste in cima alla porta. È buio dentro, ma di solito riesce ad identificare la tua sagoma rannicchiata ad un angolo della stanza.
«Dove cazzo sei?» sbotta ad un certo punto, tastandosi le tasche per cercare le chiavi. «Non puoi fare come ti pare qui dentro» borbotta tra sé e sé, mentre armeggia con la serratura.

Chiudi gli occhi, un sospiro impercettibile fa vibrare le ciglia. Non hai più un briciolo di energia nelle membra: l’eco del tuo respiro è tutto ciò che ti rimane.

«Porca puttana!»
La guardia è entrata e si è fiondata verso di te, chinandosi a sentire il polso. «Brutto bastardo, lo sai che non puoi morire adesso, vero?»
Potresti alzare di poco le palpebre, ma non ne vedi più il senso. In fondo l'uomo si è premurato bene di gettare nel secchio la tua porzione di cibo tutti i giorni, in modo che nessuno sospettasse che ti stessi volontariamente rifiutando di mangiare. Ora però che la situazione gli è sfuggita di mano, pretende che tu gli dia una risposta immediata, pena il rischio del posto di lavoro.

«Komamura! Chiama il dottore! Sbrigati!»

Si volta e parla a un suo collega, il tono di voce tremulo e in preda all’agitazione. Probabilmente dovrà inventarsi una scusa plausibile per giustificarsi con i suoi superiori: in ogni caso meglio un detenuto in fin di vita che uno morto.

Tu, dal canto tuo, non sei molto interessato a ciò che ti succederà; d’altronde, al te stesso razionale basterà spiegare che volevi farla finita, dopotutto ci hai pensato tante volte. Ma è davvero così, Sasuke?





 ***

 

 
In cella i pettegolezzi sono all’ordine del giorno, anche se la maggior parte delle volte si tratta solo di cattiverie prive di qualsiasi fondamento. Eppure, come recita il detto, l’eccezione esiste sempre: così, quando a mensa scorgesti veramente un ragazzino al seguito della Serpe, quasi rischiasti di soffocare con l’acqua.

Se lo porta in giro per la prigione come fosse un cagnolino ammaestrato e a guardarlo in faccia non gli daresti più di diciotto anni: ha gli occhi chiarissimi, di un blu acquamarina, incorniciati da due spaventosi aloni violacei; i capelli color rosso acceso, quasi innaturale, contrastano con il colorito pallido della pelle, ravvivato solo da qualche lentiggine sulle guance. Ha l’aria smarrita, sembra spaventato a morte da tutto ciò che lo circonda, quasi lì dentro ci fosse finito per sbaglio. Un’ideogramma nero tatuato sul collo a caratteri spessi cozza violentemente con quei lineamenti da bambino, corrugati a delineare un’espressione di costante preoccupazione. La corporatura è simile alla tua, forse più basso di qualche centimetro, eppure ha l’aria di essere parecchio fragile.

Orochimaru lo tira per un polso e lo presenta ad altri detenuti, come fosse il suo nuovo trofeo. Ora che ci fai caso, il nuovo arrivato ha lasciato le sue cose ai piedi del futon nella cella della Serpe: questo significa che uno dei due scagnozzi è stato trasferito altrove; se hai imparato a conoscere Orochimaru punteresti su Suigetsu, visto che Juugo, con la sua stazza, gli è decisamente di maggior aiuto. Eppure lo strano albino dai denti aguzzi gira ancora assieme a loro, segno che non è stato affatto escluso dal gruppo: chissà con quali sotterfugi è riuscito a crearsi un simile giro di adepti, tanto che ormai anche le guardie finiscono per assecondare ogni più stupida richiesta, se questa non è di troppo fastidio da spiegare ai loro superiori.

 «Che hai da guardare?»
Il ragazzone dai capelli color carota ti è davanti in tutta la sua imponenza. Troppo occupato a studiare i movimenti di Orochimaru, non ti eri minimamente accorto del suo arrivo.
«Perché non lo lasciate in pace? Sarà a mala pena maggiorenne» replichi con sdegno, puntando nuovamente le iridi sul giovane arrivato.
«Se ti riferisci a Gaara, Orochimaru si è offerto di proteggerlo e di insegnargli come funziona qui dentro».
Fai fatica a trattenere una risata amara. «Deve proprio avervi fatto il lavaggio del cervello».
L’espressione solitamente apatica di Juugo si incupisce. «Bada a come parli».
«Come potete anche solo pensare di dar retta ad un pedofilo?» Lo dici a tuo rischio e pericolo, percependo il respiro di Juugo farsi più instabile. Sai che può bastare un nonnulla per scatenare uno dei suo attacchi d’ira, ed anche se solitamente Kimimaro si fionda non appena viene dato l’allarme, nel frattempo potrebbe anche averti rotto il setto nasale. 
Stranamente decide di voltarti le spalle. «Tu non lo conosci. Se aveste accettato le sue richieste a tempo debito, forse a quest’ora il tuo compagno non sarebbe in isolamento».
«Sasuke non avrà problemi» ribatti pronto, senza avere il tempo di pensare al perché, di nuovo, hai avuto bisogno di esternare quel pensiero ad alta voce. Tra l’altro, ti sembra che dirlo non migliori affatto le cose, anzi; stai iniziando ad avere un brutto presentimento che ti suggerisce l’esatto contrario.
Juugo si lascia scappare uno strano verso che sembra compatirti e nel frattempo Suigetsu gli piomba letteralmente addosso, poggiandogli una mano sulla spalla in modo spavaldo, per poi ritirarla mezzo secondo dopo su ordine dell’occhiata inteneritrice che il Titano non esita a lanciargli.
«Che si dice, biondino? Ti manca il tuo amichetto?» Sogghigna mostrando i canini aguzzi e un barlume sembra luccicare in quegli occhi dai riflessi violacei mentre mima con entrambe le mani dei gesti non propriamente casti.
«Vaffanculo» rispondi gentilmente, mal celando un’espressione disgustata. «Tornatevene da Mamma Serpe ».
Il ragazzo albino finge di ridacchiare senza troppa enfasi, poi di scatto ti afferra il mento, stringendolo tra pollice e indice. «Ringrazia Fragolino per aver attirato l’attenzione del capo». Storci il naso nel sentire il soprannome sdolcinato che hanno appioppato al ragazzo e cerchi invano di allentare la sua presa sul tuo volto.
«Ma non pensare che si sia dimenticato di voi due bastardi» continua a denti stretti, poco prima che il soggetto della vostra conversazione faccia la sua comparsa quasi magicamente, avanzando con quell’andamento strisciante che a mala pena ne annuncia la presenza.
«L’aspetto trasandato ti dona, Naruto caro». È il saluto mellifluo con il quale rimarca, nel modo peggiore, le pessime condizioni in cui hai passato gli ultimi cinque giorni.
La tua risposta si tramuta in uno sguardo carico di rancore e rabbia: sai che se lui non ci fosse stato ti saresti risparmiato un sacco di grane e forse avresti anche potuto aspirare alla diminuzione di pena per buona condotta. Nel periodo in cui sei stato solo in cella, purtroppo durato poco, hai avuto un attimo di respiro, ma poi l’arrivo di Sasuke ha risvegliato l’olfatto sinistro di Orochimaru, facendolo tornare all’attacco più carico di prima. Un tempo forse avresti accusato  il tuo compagno di cella, ma molte cose sono cambiate da quel giorno in cui ti diede dell’idiota. Beh, non proprio tutte.
«In ogni caso, come sai trovo scortese saltare le presentazioni». Si volta a cercare la sua prossima vittima che, approfittando della momentanea disattenzione della Serpe, aveva pensato bene di eclissarsi dietro la sagoma imponente di Juugo. Orochimaru lo prende per un braccio e, afferrandogli le spalle con entrambe le mani, lo porta davanti a sé, come fosse orgoglioso di quella conquista.
«Non mi interessa» cerchi di bloccarlo, perché sei fermamente convinto che quel ragazzo preferirebbe sotterrarsi piuttosto che essere mostrato all’intera prigione nella veste di un debole sottomesso. Volti il capo, non vuoi incrociare lo sguardo di Gaara, né tantomeno provare pena per lui: sarebbe comunque inutile e peggiorerebbe solo la situazione.
A fermarti è un sussurro, quasi un lamento, generato da un timbro flebile e grave. «Ti prego» dice la voce, e presto ti accorgi che è stato Gaara a parlare, perché ora ha la mano tesa davanti a sé, in un saluto occidentale insolito, e sembra chiederti di stringerla con tutte le sue forze.
Resti immobile, stupito da quel comportamento. Pensavi che non sarebbe riuscito neanche a parlare e invece è pronto ad assecondare gli inutili convenevoli di Orochimaru. Esiti un poco, poi qualcosa ti dice che stai sbagliando, che forse c’è altro; è quando ricambi la stretta, quando senti delle dita fredde ma sicure avvolgere le tue con tanta foga, allora percepisci la tacita richiesta di quel gesto, il messaggio insito in una supplica disperata.
«Io sono Gaara» dice ad alta voce, ma subito dopo le sue labbra si muovono di nuovo a formare una frase priva di suono, che solo tu puoi percepire. Sobbalzi in modo impercettibile, spalancando le palpebre; Orochimaru ti sta guardando con insistenza, mentre Juugo e Suigetsu ti riservano occhiate sospette. Impieghi un secondo per ricomporti e rispondere alla presentazione. «Naruto».
Lasci la mano del ragazzo come se ti allontanassi da una pietra incandescente ed osservi il gruppo allontanarsi, percependo gli ultimi saluti come suoni ovattati, lontani anni luce.
Adesso, nella tua testa, c’è solo quella parola percepita poco prima dalle sue labbra, che ti rimbomba nelle tempie come il più acuto degli urli.

Io sono Gaara. Aiutami.

 

 



















Ormai neanche mi scuso più, tanto l'avete capito che sono una ritardataria cronica.
Per quanto riguarda la prima scena con Sasuke, è volutamente ambigua; o meglio, più o meno si capisce cosa succede, ma non è molto chiaro il ragionamento che gli passa per la testa. Ciò che si chiede, in sostanza, è il perchè si sta comportando in quel modo. Di nuovo Sasuke Gollum, per intenderci.
Sul resto non dico nulla, lascio commentare a voi. Prima di andare, però, vorrei ringraziare Lemonguess, grazie alla quale ho trovato la voglia di revisionare e pubbliare questo capitolo. Assieme a lei, ringrazio tutti coloro che stanno continuando a seguire la storia, in particolare chi commenta i vari capitoli: grazie di cuore. A questo punto mi permetto anche di fare una piccolissima richiesta: se qualche lettore silenzioso ha voglia di esprimere la sua opinione è certamente il benvenuto. Ricevere qualche parere in più sulla storia può solo aiutarmi a migliorare. <3
Vi mando un bacione e alla prossima! :)




Vavi

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Capitolo 19
*** Accettazione ***


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Accettazione












«Aiutami?»

L’espressione di Sasuke si tramuta in qualcosa di incomprensibile e l’oscurità delle sue iridi diviene un codice estraneo che non riesci a decifrare.

Guardandolo, ti sembra che le sue condizioni fisiche siano decisamente migliorate rispetto a quando, una settimana fa, decidesti di intrufolarti in infermeria per verificare il suo stato di salute.
La guardia carceraria che ti diede la notizia del suo ricovero non mancò di tralasciare neanche il più macabro particolare nel descrivere la situazione critica in cui era stato ritrovato Sasuke; per un attimo avevi considerato anche la peggiore delle ipotesi e data l’impossibilità di parlare direttamente con il dottore perché no, tu non eri di certo Orochimaru, avevi deciso che sgattaiolare via durante l’ora di intervallo in cortile sarebbe stata una buona idea, almeno fin quando l’addetto al controllo dell’infermeria non ti aveva acchiappato per un orecchio, minacciandoti di spedirti in isolamento se ti avesse visto di nuovo nei dintorni senza un buon motivo.
Che poi, a dirla tutta, tu il tuo buon motivo ce l’avevi eccome: verificare che Sasuke fosse ancora vivo. Nonostante le flebo e la pessima cera, lo avevi intravisto dormire un sonno agitato, ma i macchinari sembravano indicare una condizione abbastanza stabile nei parametri di pressione e battito cardiaco, perciò ti lasciasti scappare un breve sospiro di sollievo e decidesti che nei giorni a venire avresti trovato un altro stratagemma per continuare a racimolare notizie. Il tempo, però, sembrava scorrere inesorabilmente senza che potessi domandarti i il vero motivo del tuo agire: per chi è che lo stavi facendo? Per Sasuke, per te stesso, o magari per Shisui?

Il convalescente continua ad osservarti in attesa di una risposta, mentre scansa malamente il tubicino che alimenta l’ago a farfalla infilato nella mano sinistra.
«Non te l’ho detto prima perché non mi sembrava il caso» continui allora, cercando di tornare alla realtà. Il problema di Gaara non ha mai smesso di tormentarti e fin dal primo giorno in cui vi presentaste, sentisti il bisogno di parlarne con Sasuke per ricevere un consiglio. Di lasciare la situazione come stava, non ne volevi neanche sapere.
Sasuke espira lentamente, voltando di poco il capo in modo da non incrociare il tuo sguardo. «In ogni caso non vedo come io possa esserti d’aiuto». Indica il lettino dov’è sdraiato e il ridicolo camice bianco che lo hanno costretto a indossare. «E anche se riuscissi a camminare sulle mie gambe, questo Gaara non è un mio problema» si affretta poi ad aggiungere, per verificare che tu non abbia frainteso la situazione.
Ti senti in colpa per averlo coinvolto, ma non puoi affrontare Orochimaru da solo. Ormai hai quasi accettato il fatto che Naruto Uzumaki, sia da uomo libero che da detenuto, non è in grado di pensare nemmeno lontanamente agli affari propri. Poggi entrambi i gomiti sulle ginocchia e ti lasci sfuggire un lamento soffocato quando intrecci le dita nei ciuffi biondi.

«Quello che sarebbe?»

Sasuke fissa severo i punti di sutura che svettano sulla cima del tuo indice destro, ancora in attesa di ricevere una medicazione per poi essere fasciato.
«La ragione che mi ha permesso di essere qui a parlarti, no? Andare a trovare il proprio compagno di cella a quanto pare non è un buon motivo per entrare in infermeria».
Eviti l’occhiata perplessa e stupita di Sasuke scompigliandoti i capelli con la mano sana, ma quando rialzi lo sguardo il ragazzo ha ancora le iridi puntate su di te.
«Che c’è?» domandi, volgendo i palmi verso l’alto.
«Tu hai qualche neurone fuori posto».
«Già, senti da che pulpito. Si può sapere cosa avevi in mente di fare in quella cella?»
«Niente che ti riguardi».
«Oh certo, come sempre».
«Nessuno ti ha mai chiesto di venire, comunque».
«Certo che no, scusa se ero preoccupato per te!» Esclami l’ultima frase alzandoti dalla sedia con uno scatto, per poi bloccarti sul posto e tendere l’orecchio in ascolto. Dal corridoio principale si sentono dei passi, probabilmente il medico sta tornando per controllare Sasuke; a parte voi, infatti, la stanza dove solitamente tengono in osservazione i detenuti è deserta.
«Eri preoccupato oppure ti serviva una mano?» Scorgi una punta di acidità nel tono di Sasuke.
Non sai bene come interpretare l’atteggiamento del tuo compagno, perciò opti per la verità.
«Beh… entrambe le cose. Sono stato qui altre volte, mentre eri ancora incosciente».
Ti penti un secondo dopo di quella confessione, anche se in qualche modo sembra aver sortito uno strano effetto su Sasuke, che non sembra intenzionato a voler ribattere.
«E per quanto riguarda Gaara – continui, sulla soglia della porta – potrebbe essere l’unica occasione che abbiamo per avvicinarci ad Orochimaru».
Sasuke incrocia le braccia, alzando un sopracciglio. «Non eri tu quello che voleva restarne fuori?»
«Non se qualcuno chiede il mio aiuto in quel modo!»
«Oh, abbiamo il paladino della giustizia carceraria».
«Accidenti ma che ti prende oggi?! Sei insopportabile!».
Sbuffi rumorosamente e fai per andartene, ma Sasuke è più veloce.«Ti ha detto qualcos’altro mentre ero ricoverato? Gaara, intendo».
Quasi non credi alle tue orecchie. «Non ci siamo più parlati – ammetti, dopo un attimo di silenzio in cui metabolizzi la domanda -  ma a giudicare dalla brutta cera che ha, non credo che le cose siano migliorate nel frattempo, anzi».
Il tuo compagno piega le gambe e poggia la schiena contro le sbarre in ferro sul retro del letto.
«Cerca di avvicinarlo allora. Sarà meglio farsi dare qualche informazione in più».
Non ti sembra affatto una cattiva idea, anche se già prevedi che non sarà facile. Annuisci per approvare la proposta di Sasuke, dopodiché gli punti un dito contro. «Resta il fatto che una volta uscito da qui, io e te dovremmo parlare, che ti piaccia o no».
«Parlare?» Sasuke è di nuovo stranito e non te ne stupisci.
«Già, del tuo tentato suicidio ad esempio». Anche di Shisui vorresti aggiungere, ma ti trattieni.
«Non… non volevo suicidarmi».
Apri la bocca per replicare, ma riesci solo ad ingoiare saliva a vuoto, del tutto impreparato a quella rivelazione. Aggrotti le sopracciglia, ti senti anche un po’ stupido in effetti, ma non avresti mai pensato che il gesto di Sasuke avesse potuto avere un altro fine.
«A-allora che-»
Ha di nuovo lo sguardo perso chissà dove, eppure riesci a percepire chiaramente la sincerità delle sue parole.
«Volevo solo… uscire da lì».






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