Cronache di un'antica Kalos

di Blue_Sapphire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
Kalos, percorso 17

 

Un passo. Un altro ancora.

Gli stivali affondavano sempre più nella neve, facendo incespicare la ragazzina.

Era minuta, tutta avvolta in un pesante mantello. Sotto di esso, tra le sue braccia, una Fennekin e un’Eevee se ne stavano raggomitolate, tremanti di freddo.

Intorno a lei una folla di persone arrancava nella distesa bianca. Ormai nessuno correva più. Avevano perso ogni forza, ogni speranza.

La ragazzina si tirò più giù il cappuccio, tanto che il suo volto era appena visibile. Solo qualche ciocca di capelli biondo scuro uscivano fuori.

Il vento la spingeva indietro, ma lei continuava a camminare, inciampando di tanto in tanto.

Un uomo la spinse via per far spazio alla sua famiglia, incurante di lei, che si trovò totalmente sommersa nella neve. Sentì il freddo raggiungere la sua pelle, i suoi vestiti bagnarsi.

Eevee e Fennekin gemettero appena e lei le strinse al suo petto, cercando di rassicurarle.

-Va tutto bene- sussurrò -Siamo quasi arrivate... vedrete che i soldati non ci troveranno lì-

Si rialzò tremante, ma un altro spintone la buttò giù.

Sbuffò, stanca e infreddolita, quindi alzò lo sguardo verso il cielo.

-Mamma... papà...- sussurrò.

Due lacrime le rigarono il volto, ma si asciugò gli occhi con un gesto brusco.

Piangere non li avrebbe fatti tornare. Non sarebbe tornata a casa piangendo... anche perché con tutta probabilità non aveva più una casa.

Maledisse i soldati di Unima. E i loro Druddigon e Hydreigon che avevano distrutto Romantopoli.

Si rialzò e cercò di accelerare il passo. Procedeva più lentamente degli altri, e in poco tempo si trovò in fondo alla folla di persone che andava verso Fractalopoli, unico porto sicuro, dove i soldati nemici non si sarebbero mai spinti.

O almeno così tutti loro speravano.



So che questo prologo potrebbe sembrare un po' cortino, ma dovrebbe aiutare ad entrare nell'atmosfera ^^

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Città centrale (attuale Luminopoli)Tre anni dopo

 

-I miei complimenti Thunder. Questa corda è davvero robusta- sorrise Alya soppesando la corda che le aveva dato il ragazzo.

-Sei sicura di volerlo fare? Questo è praticamente la base principale del generale Older. Non è come borseggiare un passante per strada.-

Per tutta risposta, la ragazza si tirò giù la maschera da Espeon sulla faccia dopo aver fatto un ghigno a Thunder:-Andrà tutto bene fratellino. Quei mostri di Unima devono pagare. Starò attenta, te lo prometto- lo rassicurò, arruffandogli i capelli chiarissimi.

Quindi, si chinò affacciandosi sull'apertura del pavimento. Non amava le zone sotterranee, ma l’idea di derubare il generale più importante di Unima la elettrizzava.

Annodò la corda a una trave e calò l’altro capo nell’apertura, mentre le sue Espeon e Braixen la osservavano.

-Alya... -

-Sì?- domandò la ragazza girandosi.

-Mi manca la mamma, Alya. E lei non vorrebbe tutto questo. Ci voleva bene...-

La ragazza sospirò. Anche se Juliette l’aveva solo adottata quando era fuggita da Romantopoli, la considerava una seconda madre.

L’averla vista morire, impotente, come era successo con i suoi veri genitori, l’aveva fatta soffrire tantissimo. E sempre per mano dei soldati di Unima.

-Thunder. Lo so che non avrebbe voluto. Ma non avrebbe neanche voluto morire davanti a noi, eppure è successo. Accetta la realtà, ora siamo soli- fece una pausa, abbassando la sguardo -Neanche la mia, di madre, avrebbe voluto vedermi diventare una ladra-

Detto questo, iniziò a calarsi con la corda fornitela dal fratellastro con Espeon appesa alla sua schiena, mentre Braixen iniziava a scendere subito dopo.

-Buona fortuna, Lady Eon.- le disse Thunder.

Alya sorrise sotto la maschera, mentre sperava di non trovare brutte sorprese una volta arrivata.

Il ragazzo vide sparire dalla sua vista la ladra, e si sedette a gambe incrociate appoggiandosi alla trave. Si guardò intorno con interesse, poiché prima era entrato di corsa seguendo la sorellastra.

Era un vecchio magazzino sotterraneo, situato sotto una casa ormai abbandonata dai vecchi proprietari.

Ora era abitata dai Rattata, che avevano mangiato o distrutto tutto quello che conteneva.

Avevano scoperto per caso che la base dei soldati nemici si trovava proprio sotto il magazzino durante una di quelle che Alya chiamava “gite di lavoro”.

Odiava quel “lavoro”. Non era un ladro, finché aveva vissuto a Fractalopoli era stato solo il figlio di una sarta. Poi, dopo l’invasione, era diventato quello che era adesso.

Odiava ripensare a quando la sua città era stata invasa, ma per lui era inevitabile ogni volta che rimaneva solo. Alya, nonostante il suo carattere chiuso e freddo, riusciva sempre a distrarlo.

Ma in quel momento pensava solo all’enorme Emboar che aveva sfondato la porta della loro casa un anno prima insieme a due soldati. Ricordava le urla di terrore della madre, la lotta fra l’Eevee e la Fennekin di Alya contro il pokémon nemico, e la loro sconfitta schiacciante.

E poi la madre che moriva per mano di un soldato, mentre i due ragazzi erano costretti a fuggire.

Thunder aveva dovuto portare via Alya in braccio, poiché riportava delle brutte scottature.

All’improvviso qualcosa lo distolse dai suoi pensieri.

Snoover e Bergmite, i suoi due pokémon, entrarono in posizione difensiva e lui si alzò di scatto.

L’unica cosa che vide furono dei cerchi gialli luminosi, poi un getto d’acqua violento lo colpì in viso e lo fece sbattere contro la trave.

I suoi pokémon erano titubanti e aspettavano un ordine dal ragazzo, che però non arrivava.

Poi i cerchi gialli si fecero più definiti e comparve un Umbreon ringhiante seguito da un Greninja.

Dopo di loro, dall’oscurità fece capolino un ragazzo alto e corvino. Gli occhi azzurri brillavano nel buio.

Indossava una cotta di maglia e dei pantaloni di cuoio, mentre teneva sottobraccio un copricapo metallico.

Lo sconosciuto squadrò Thunder e i suoi pokémon:-Direi che non sei di Unima. Pelle diafana, occhi e capelli chiarissimi... devi essere un ragazzo di Fractalopoli. Dico bene?-

Thunder non rispose, confuso e anche un po’ dubbioso.

L’altro fece un passo avanti, mostrando meglio il suo volto preoccupato:-Ehi che hai? Ti ho fatto una domanda. Sei di Fractalopoli?-

Thunder annuì incerto.

-Beh, non era difficile, no? Io sono Hiro, un soldato al servizio della tua stessa regina. Quindi puoi stare tranquillo con me- disse, sedendosi di fronte a Thunder. I suoi pokémon si avvicinarono e fecero lo stesso.

-Come ti chiami, ragazzo di Fractalopoli?- domandò gentilmente posando il copricapo.

-...Thunder...-

-Piacere, Thunder. Posso farti ancora qualche domanda?-

Il ragazzo non rispose.

Hiro appoggiò il mento sul palmo della mano:-Bene... non ti fidi di me eh? Temi che io sia di Unima? Sarebbe normale visto cos’è successo alla tua città. Ma puoi fidarti di me. Voglio solo sapere perché sei qui-

Thunder alzò lo sguardo verso il soldato:-Sono qui per proteggere l’unica persona che ho.-

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Kalos, Città Centrale (attuale Luminopoli) Sotto il magazzino

 

Alya si stava calando con la corda nel buio più completo.

Aveva visto i soldati calarsi da lì, ma di sicuro ci doveva essere un’entrata più comoda per il generale.

Mentre scendeva, continuava a girarsi a destra e sinistra nella speranza di vedere qualcosa, ma era al buio più completo. In più, Espeon cominciava a pesare e rimpiangeva un po’ il momento in cui si era evoluta: ora era davvero troppo per le sue spalle.

Ripensò con nostalgia a quando poteva prendere tranquillamente in braccio e nascondere addirittura sotto il mantello Fennekin e Eevee, ora evolute.

Ad un certo punto si accorse che i suoi piedi avevano toccato il suolo.

Espeon saltò giù dalle sue spalle facendo perdere l’equilibrio a Alya, che cadde per terra. O meglio, Lady Eon, il nome che usava come ladra sotto la maschera.

Accarezzò delicatamente la maschera che indossava, fatta per lei da suo padre tre anni prima.

All’improvviso vide un fuoco davanti ai suoi occhi: Braixen era arrivata e aveva acceso la luce del suo bastone.

-Grazie- sussurrò la ragazza, alzandosi in piedi -Ora dobbiamo capire dove andare-

Anche se la luce della fiamma non era molto forte, si riusciva chiaramente a capire che quello era un lungo corridoio di pietra.

Alla loro destra, in lontananza, si scorgeva un puntino illuminato.

-Quello deve essere l’ingresso della base. Mentre dall’altra parte...-

Si girò a sinistra. Il buio totale.

Braixen si mosse in quella direzione tenendo il bastone ben alto davanti ai suoi occhi. Dopo pochi passi, la luce illuminò un vicolo cieco.

Lady Eon la raggiunse e tastò il muro, in cerca di qualche passaggio.

-Non mi fido ad andare subito verso la luce. Potrebbero esserci dei soldati e io voglio passare inosservata- spiegò sottovoce a Espeon e Braixen, che iniziarono quindi a cercare a loro volta.

Le dita della ragazza scorrevano agili sulla superficie fredda e ruvida della pietra, premendo ogni punto, tirando tutte quelle che sembravano fessure.

Stava per rassegnarsi, quando notò che una pietra aveva una forma leggermente diversa dalle altre e sporgeva di più.

Braixen illuminò la pietra.

Era quasi tonda e un lato, il più sporgente, presentava una piccola cavità in cui la ragazza infilò le dita, cercando di tirare.

-Uff... è troppo pesante... Espeon, aiutami per favore...-

Gli occhi del Pokémon Psico si illuminarono di verde e una linea dello stesso colore si delineò tra le pietre rivelando la sagoma della porta. Poi, a fatica, si iniziò ad aprire fino a lasciare aperto uno spiraglio abbastanza grande per loro.

-Grazie, ottimo lavoro!- esclamò la ragazza, chinandosi ad accarezzare Espeon.

Quindi, si infilò nello spiraglio.

Era un altro corridoio, più stretto e illuminato da qualche fiaccola.

Braixen mise via il bastone e si nascose leggermente dietro Lady Eon, intimorita.

-E io che speravo che da qui potessi agire in modo più discreto- sospirò la ragazza con disappunto.

Iniziarono a camminare silenziosamente cercando di aderire il più possibile al muro.

Lady Eon camminava leggera, gli stivali sfioravano appena il pavimento: era una tecnica imparata dalla madre, quando le insegnava la danza delle Kimono Girl.

Salirono dei gradini e si trovarono in un altro corridoio. Quel posto doveva essere uno di quei palazzi sotterranei che gli antichi avevano scavato sotto tutta la città da usare durante le guerre.

La ragazza sbuffò: non era usato esattamente per il suo scopo.

Si affacciò in questo nuovo corridoio e notò l’assenza di guardie. In compenso una delle porte era socchiusa e fuoriuscivano una luce e un gran vociare.

Una riunione” pensò la ladra “Perfetto

Si avvicinò alla porta accanto e notò che non era chiusa a chiave.

Anzi, non aveva neanche una serratura, ma come tutte le altre porte del resto.

La aprì delicatamente e trovò una stanza quadrata e arredata meglio di quanto si potesse aspettare: anche se i mobili erano molto grezzi, c’erano molte più cose rispetto al suo rifugio.

Si intrufolò seguita da Braixen, mentre Espeon aspettava fuori facendo la guardia.

Iniziò ad aprire cassetti cercando oggetti particolari o preziosi.

Trovò un vecchio diario dove erano segnate tutte le conquiste fatte da Unima firmato dal generale Older. Sogghignò mentre infilava l’oggetto nella sacca: era nella stanza giusta.

Prese anche due pugnali con l’elsa decorata, delle pergamene contenenti strategie di battaglia e delle strane sfere rotonde di cui non conosceva l’uso ma che la incuriosivano.

A quel punto la sacca era piena ed era anche abbastanza soddisfatta, quindi fece per uscire.

In quel momento, però, Braixen la chiamò allarmata e per un attimo credette di essere stata scoperta.

Poi il Pokémon Volpe si girò e le mostrò due ventagli dorati.

La ragazza li prese con mani tremanti: erano i ventagli da Kimono Girl delle sue zie, Luna e Antea... le due sorelle della madre.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
Kalos, base del generale Older, sala delle riunioni
 
Del generale tutto si poteva dire, tranne che non avesse una voce potente. Le sue parole rimbombavano in tutta la sala e i soldati ascoltavano in silenzio, quasi intimoriti dalla sua figura.
Era alto e imponente, con lunghi capelli ricci e neri legati in una coda bassa. Indossava una pesante armatura decorata sul petto con le sagome dei Draghi di Unima.
In un angolo, le sue due servitrici ascoltavano in silenzio, squadrando al tempo stesso tutti i soldati per controllare di non essere osservate. Teoricamente non sarebbero dovute neanche essere nella sala, ma il loro bell’aspetto convinceva sempre Older.
Erano indubbiamente due donne bellissime: erano due gemelle, totalmente identiche, con lunghi capelli neri e la pelle bianca come la neve. Gli occhi grigi erano grandi e indagatori. Il loro fisico era sottile, dovuto ai duri allenamenti di danza che avevano fatto per anni, a Romantopoli, quando ancora vivevano lì.
Dopo un po’, le due donne si alzarono, intenzionate a tornare nella loro camera.
Older le squadrò per un attimo, poi con un’occhiata ordinò a una giovane recluta di scortarle.
Le due donne lo seguirono, turbate dal fatto che quel ragazzino fosse già nell’esercito.
Appena furono usciti dalla sala, il giovane soldato si girò verso di loro di scatto, tutto impettito: -Dove vi devo scortare?-
-La nostra stanza signorino- sorrise una delle due.
Lui la guardò, confuso: -Non so dove dormono i servi-
Le due donne si lanciarono uno sguardo d’intesa: che quella fosse la loro occasione per scappare?
-Abbiamo delle brande nella stanza del generale- disse l’altra, sempre sorridendo con finta ingenuità.
-O-ok! Capito! A-allora andate, io vi seguo! N-non provate a scappare, eh?- balbettò il ragazzino.
-Tranquillo ragazzino!- dissero in coro le due, divertite dallo sguardo terrorizzato del soldato. Era evidente che aveva paura di sbagliare qualcosa, era nuovo dell’esercito e come tutte le reclute provava un gran timore nei confronti del generale.
Le due camminarono tranquille fino alla stanza del generale, bloccandosi di colpo quando videro una coda viola sparire dietro la porta.
Si voltarono verso il ragazzino: non aveva notato nulla.
Arrivarono fino alla porta, quindi il piccoletto si congedò, preferendo non entrare nella stanza del generale.
-Recuperiamo i nostri Pokémon e andiamocene- sussurrò una delle due.
-Prima però, vediamo di chi era quella coda- sorrise l’altra.
Aprirono delicatamente la porta sbirciando dentro: una ragazzina seduta a terra era impietrita a osservare la porta, mentre stringeva a sé i suoi pokémon, Braixen e Espeon.
Le due donne entrarono e si chiusero la porta alle spalle, sorridendo alla ragazza mascherata.
Poi si impietrirono anche loro: tra le mani stava stringendo due ventagli.
-...zie...?- sussurrò, togliendosi la maschera e rivelando il suo volto.
Lunghe ciocche color biondo scuro caddero sulla sua faccia, incorniciando un volto sottile e bianco. Gli occhi, grigi e grandi, erano lucidi dalla commozione -Zie?- ripeté ancora, più sicura porgendo i ventagli che teneva in mano.
Luna e Antea si avvicinarono, per poi inginocchiarsi davanti alla nipote: -Alya... sei cresciuta, tesoro...- sussurrò Luna, mentre Antea le carezzava la guancia asciugandole una lacrima.
-Che ci fai qui?- chiese Antea.
Alya scosse la testa, rimettendosi la maschera:-Non c’è tempo per questo, dobbiamo andare-
-A-aspetta... per caso hai visto i nostri Pokemon? Sono rinchiusi dentro delle sfere- chiese Luna alla ragazza.
-Sfere? Tipo queste?- chiese la ragazza, tirando fuori le sfere che aveva trovato in un cassetto.
Le zie annuirono:-Sì, bravissima. Poi ti spiegheremo anche che cosa sono. Ora andiamo via- dissero, prendendo una sfera ciascuna.
Uscirono in fretta dalla stanza e si diressero all’inizio del corridoio, dove c’era la porta murata.
Espeon l’aprì come avevano fatto prima e corsero fuori fino alla corda, ancora penzolante.
Braixen iniziò a salire seguita da Alya, a cui si era di nuovo appesa Espeon.
Antea e Luna la seguirono subito dopo.
-Che... ci facevate... qui?- ansimò la ragazza.
-Siamo state fatte prigioniere da Older durante l’assedio.- spiegò una delle due.
-O-ok... quindi... eravate come delle serve del generale?-
-Esatto-
-Fantastico!- esclamò la ragazza, uscendo fuori -Allora ho fatto proprio un bel bottino!-
Le zie uscirono poco dopo:-Dunque eri tu Lady Eon... Stai facendo dannare il generale lo sai?-
La ragazza sogghignò sotto la maschera: -E ora l’ho anche derubato! La mia carriera di ladra fa faville!-
Poi si girò, cercando Thunder.
-Sorellina!- esclamò il ragazzo, correndole incontro e abbracciandola -Ci hai messo un sacco, ero preoccupato! Dobbiamo andare via, presto!-
Si staccò con un saltello affrettato da lei -Ho trovato una persona che ci darà un alloggio e...- si fermò di colpo, guardando le due donne -Sorellina, chi sono quelle?-
-Calmati Thunder. Ti spiegherò tutto appena saremo arrivati al rifugio, sta tranquillo-
-No, no! Non andiamo al rifugio! Ti ho detto che c’è un posto migliore dove andare!-
Alya sospirò, rassegnata: -Si può sapere chi hai incontrato qui?-
Poi sentì una mano toccarle la spalla e si girò di scatto, colpendo sul naso un ragazzo poco più alto di lei.
-Ehm... ha incontrato me- disse Hiro, massaggiandosi il naso.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
Kalos, rifugio di Alya e Thunder


Quando Hiro riprese i sensi, si trovò in una piccola grotta illuminata da due torce arredata con due pagliericci e una vecchia pentola su un focolare spento. Da un angolo sgorgava dell’acqua che andava a cadere in un minuscolo laghetto chiuso con delle pietre.

Sui pagliericci erano sedute quattro persone: due donne adulte (probabilmente gemelle, visto il loro aspetto identico), Thunder e una ragazza, mentre dei Pokemon stavano riposando accanto a loro.

Anche se non erano in molti, il piccolo rifugio era pieno.

Si tirò su massaggiandosi la testa: tutto quello che ricordava era che, dopo essersi beccato un pugno sul naso da una ladra e aver tentato di presentarsi, si era preso un calcio in testa mentre era ancora piegato ed era svenuto.

All’improvviso si ricordò dei suoi Pokemon e si girò a cercarli, ma vide con sollievo che si trovavano dietro di lui e dormivano tranquilli. Evidentemente non erano in pericolo.

Dopo un po’ si accorse che la ragazza che lo aveva colpito era girata verso di lui. Nonostante avesse ancora indosso la maschera, Hiro immaginava benissimo uno sguardo freddo e severo.

-Sei sveglio- disse semplicemente lei, alzando la testa con fare di superiorità -Un soldato che si fa mettere KO da una ragazzina. Ridicolo-

Hiro provò a ribattere, ma uno sguardo di supplica di Thunder gli fece capire che non era il caso.

Le due donne lo stavano fissando, come se lo stessero analizzando: -Non è un soldato di Unima. Non l’ho mai visto alla base- disse una delle due, e l’altra confermò.

-Quindi è questo il genere di soldati che c’è nel nostro esercito? Ora capisco perché mezza Kalos è stata conquistata- sbuffò la ladra.

Hiro arrossì: che colpa ne aveva lui? Si era appena arruolato dopotutto!

-Sei... Lady Eon giusto?- chiese alla ragazza, che annuì distrattamente, come se non lo stesse quasi considerando. In realtà, Hiro sapeva che la ladra lo stava tenendo d’occhio da sotto la maschera e non lo perdeva di vista un attimo.

Sospirò. Che aveva fatto di male?

Ma poi si accorse dello sguardo intristito che aveva Thunder e capì che non era l’unico con cui la ragazza era arrabbiata.

-E... posso sapere che ci faccio qui?- provò a chiedere poi.

Thunder si schiaffò una mano in faccia, mentre Lady Eon si girava di scatto verso di lui: -Sei un soldato, probabilmente avresti cercato di arrestarmi se ti avessi seguito, hai cercato di attirare mio fratello nella tua base e lo hai pure attaccato! Ti avrei dovuto lasciare lì secondo te? Così magari appena ripreso saresti corso dagli altri per prenderci?- sbraitò.

Thunder rimase in silenzio, guardandosi i piedi come se fossero la cosa più interessante in quel momento, mentre le due donne guardavano con apprensione la ragazzina, che si era ricomposta subito dopo.

Hiro non sapeva cosa ribattere. Era vero, Lady Eon in quanto ladra era ricercata e di sicuro avrebbe cercato di arrestarla. Si voltò verso Thunder ma lo trovò ancora assorto nel guardarsi le scarpe per evitare lo sguardo della sorella. Si passò le mani tra i capelli, senza sapere cosa fare.

-Quindi ora che vorresti fare di me?- chiese alla ragazza, quasi con tono di sfida -Di sicuro non mi vorrai liberare-

Lei sbuffò: -E’ ovvio che non ti voglio liberare. Ma potresti venirmi utile... sempre che tu sia in grado di combinare qualcosa-

-Venirti utile in che senso scusa?- chiese il soldato, confuso.

La ragazza si voltò verso le due donne, che annuirono, mentre Hiro ci capiva sempre meno.

-Voglio liberare Kalos- disse semplicemente -Se sono quel che vedi è colpa della guerra. Sono nata nella guerra, non ho mai neanche saputo perché è scoppiata. Vengo da Romantopoli, e lì le notizie dal resto del regno spesso non arrivano... neanche loro lo hanno mai saputo-

Hiro rimase esterrefatto. Lui veniva da Temperopoli, il più importante porto commerciale di Kalos ed era sempre stato aggiornato sugli sviluppi della guerra, e non solo perché era di famiglia ricca. Tutti quelli della sua città lo sapevano. E ora scopriva che nel resto del regno le informazioni non arrivavano... neanche a Romantopoli, che era comunque stato un centro culturale molto ricco, seppur isolato dal resto del regno.

Era sicuro che ciò accadesse per volere dei potenti di Kalos, ma non ne capiva il motivo. Non capiva questi giochi politici.

Poi si voltò verso Thunder: -E tu? Anche a Fractalopoli è lo stesso?-

Il ragazzino non rispose, ma la sorella rispose al posto suo: -Sì. Anche lì è lo stesso. Come avrai capito, non siamo fratelli “di sangue”...- sospirò per un attimo, alzando lo sguardo verso il soffitto di roccia -Non è una bella storia la nostra. I soldati arrivarono a Romantopoli una sera... era inverno, e faceva molto freddo. Nessuno si aspettava un attacco. Perfino gli adulti, che sapevano solo delle “tensioni politiche” tra Kalos e Unima. Non era mai arrivata notizia della guerra, non eravamo commercianti o viaggiatori. Quella notte la città fu bruciata e distrutta dall’esercito nemico-

Hiro si accorse che la voce della ragazza si stava facendo rotta, ma non voleva fermarsi dal raccontare.

-La mia casa fu una delle prime. Due Druddigon sfondarono il muro di pietra come se fosse fatto di pergamena. Con loro c’erano dei soldati... non posso dimenticare i loro volti illuminati dalle fiamme. Avevano uno sguardo crudele mentre uccidevano i miei genitori, senza accorgersi di me. Ero nascosta, avevo paura. Stringevo a me i miei Pokémon, e per la prima volta nella mia vita conoscevo l’odio, la morte, la sofferenza. Depredarono tutto e se ne andarono. Io stavo soffocando nel fumo, riuscii a scappare per miracolo dalla casa mentre cadeva a pezzi.- fece una pausa, mentre tremava leggermente ricordando quegli orrori.

-Non è necessario che mi racconti tutto, se non ce la fai- provai a dirle, per sembrare gentile.

Ma lei scosse la testa:-No, devi sapere. Te lo leggo negli occhi, tu non sai che cosa vuol dire tutto questo. Non lo hai mai vissuto. Dico bene?-

Hiro abbassò lo sguardo, sussurrando un “sì”.

Lei sospirò, poi riprese a raccontare: -Dopo essere scappata, mi rifugiai tra le macerie di una casa che non stava bruciando. Era terribile. Sentivo urla di terrore e dolore provenire da tutti, Pokémon e uomini, donne e bambini. All’alba la città era distrutta, e i soldati se ne andarono. Non l’avevano conquistata, l’avevano semplicemente eliminata. Pura crudeltà. I sopravvissuti vennero fuori dalle macerie, io compresa. Iniziammo a incamminarci verso Fractalopoli, sicuri che potesse essere un posto tranquillo. Attraversammo passi innevati e piccoli villaggi. Alcuni si fermarono in quei paesini, altri morivano tra la neve. Non so come feci ad arrivare a destinazione. So solo che mi diressi alla casa più vicina e svenni subito dopo aver dato qualche debole colpo. Era la casa di Thunder e sua madre, Juliette. Mi accolsero e mi trattarono come una di famiglia. Thunder divenne il mio fratellino, Juliette mia madre. Soffrivo terribilmente la morte dei miei veri genitori, anche se loro facevano di tutto per farmi stare meglio. Ma la cosa terribile era che nessuno sapeva della guerra che andava avanti da anni. Fummo noi, i superstiti di Romantopoli, a portarne la notizia. Restai lì qualche anno, poi anche Fractalopoli fu attaccata. Un Emboar irruppe in casa nostra con due soldati. Io provai a lottare con i miei Pokémon, ma rimasi ustionata... fu Thunder a raccontarmi il resto, poiché persi i sensi dopo la lotta. Juliette era stata uccisa mentre cercava di difenderci, e Thunder mi aveva portata via di peso. Ci rifugiammo nella foresta, e lì mi medicò con delle piante medicinali. Decidemmo di scappare alla Città Centrale, e ci mettemmo in viaggio. Non fu facile, più volte rischiammo di perdere la vita. Trovammo questo rifugio e decidemmo di vivere qui... e poi prendemmo una decisione importante. Sapevamo che non esisteva lavoro per noi, ma non potevamo morire di fame. Fu allora che presi il nome di Lady Eon, dopo aver indossato questa maschera, unico ricordo di mio padre. Saremmo diventati dei ladri. Non potevamo fare altro-

Thunder stava singhiozzando, e la ragazza lo circondò con un braccio per stringerlo a sé: -Ora capisci, soldato? Questa è la sofferenza della gente come noi. Della gente di cui ai re non importa nulla-

Hiro la guardò negli occhi: -E’ vero. Non conosco questa sofferenza. Probabilmente mi disprezzerai, e ne hai tutto il diritto. Vengo da una famiglia ricca di Temperopoli, dove ero sempre aggiornato sulle svolte della guerra. E se lo vuoi sapere, questa è una guerra di conquista. Non fui io a volermi arruolare, fui costretto. E sono un soldato solo da pochi mesi. Quindi dammi del codardo, del figlio di papà, dimmi ciò che vuoi. Ma ti aiuterò-

La ragazza lo fissò, poi si sfilò la maschera rivelando il volto chiaro e sottile rigato dalle lacrime: -Il mio nome è Alya, e sì, sei tutto ciò che hai elencato: un codardo, un figlio di papà. Ma hai un cuore, soldato. Qual è il tuo nome?-
Il soldato rimase a bocca aperta: quella ragazza era non sembrava quasi la stessa di prima.

Poi la guardò dritta negli occhi: -Il mio nome è Hiro, e sono deciso ad aiutarti nella liberazione del nostro regno-

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