Oltre il muro e le apparenze - 30 days OTP challenge RusAme

di Marauder Juggernaut
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01 Tenendosi per mano - Sotto la superficie ***
Capitolo 2: *** 02 Coccolandosi da qualche parte - Punti sensibili ***
Capitolo 3: *** 03 Guardando la TV - Lieto fine ***
Capitolo 4: *** 04 A un appuntamento - Come un bambino ***
Capitolo 5: *** 05 Bacio - Nella terra di ghiacci eterni ***
Capitolo 6: *** 06 Indossando i vestiti l'uno dell'altro - Mattina, profumo e risate ***
Capitolo 7: *** 07 Cosplay - Mancanza di fede ***
Capitolo 8: *** 08 Shopping - Territorio ***
Capitolo 9: *** 09 Passando il tempo con amici - Proprio lui ***
Capitolo 10: *** 10 Con orecchie da animale - Di eroi e principesse ***
Capitolo 11: *** 11 In kigurumi - Al sapor di menta ***
Capitolo 12: *** 12 Pomiciando - Alla luce del sole ***
Capitolo 13: *** 13 Mangiando il gelato - Un piccolo favore ***
Capitolo 14: *** 14 Genderswap - C'è poco da fare ***
Capitolo 15: *** 15 Indossando abiti di uno stile diverso - Tintinnio di speroni ***
Capitolo 16: *** 16 Durante i loro rituali mattutini - Nuove abitudini ***
Capitolo 17: *** 17 Dormendo a cucchiaio - Al caldo ***
Capitolo 18: *** 18 Facendo qualcosa insieme - Sentirsi a casa ***
Capitolo 19: *** 19 In tenuta formale - Un cappio al collo ***
Capitolo 20: *** 20 Ballando - Ritmo Swing ***
Capitolo 21: *** 21 Cucinando - Questione di coltelli ***
Capitolo 22: *** 22 In battaglia fianco a fianco - Divisione ***
Capitolo 23: *** 23 Litigando - Oltre il muro e le apparenze ***
Capitolo 24: *** 24 Facendo pace - Solo questo ***
Capitolo 25: *** 25 Guardandosi negli occhi - Sentirsi vivi ***
Capitolo 26: *** 26 Sposandosi - Amore e delirio a Las Vegas ***
Capitolo 27: *** 27 A uno dei loro compleanni - Nessun bluff ***
Capitolo 28: *** 28 Facendo qualcosa di ridicolo - Richieste di restituzione ***
Capitolo 29: *** 29 Facendo qualcosa di dolce - Bacio della buona notte ***
Capitolo 30: *** 30 Facendo qualcosa di hot - Si domandano perché io ti ami ***



Capitolo 1
*** 01 Tenendosi per mano - Sotto la superficie ***


01 Tenendosi per mano - Oltre la superficie


Le urla, le contestazioni, la disapprovazione di uno delle idee dell’altro erano la quotidianità per loro. Non solo per loro: per il mondo intero, in realtà. Tutti riconoscevano il fatto che tra Russia e Stati Uniti c'era sempre un dibattito aperto. Uno insinuava, l’altro si difendeva. Uno urlava, l’altro pacatamente rispondeva, facendo persino notare la sua infantilità con cui alzava la voce. Per tutto il pianeta, l’unica cosa che legava le due superpotenze era l’astio, il desiderio di assoluta supremazia in un continuo conflitto.
America non poteva dire di non amare la competizione, teneva vivo l’interesse, e l’altro si era sempre dimostrato un degno avversiario, su tutti i fronti.
Questa stessa voglia di dimostrare la superiorità sul contendente lo aveva avvicinato al russo. Una vicinanza fatale, che si era trasformata in un circolo vizioso di incontri fin troppo intimi che non dovevano esistere.
Col tempo, la presenza del corpo e del calore dell’altro erano diventati una costante, che si trasformò in pura dipendenza, almeno per Alfred. Era insopportabile la distanza che America doveva mantenere per non destare troppi sospetti, il linguaggio carico di odio che doveva usare per non far capire la verità a tutti gli altri, quando l’unica cosa che voleva era toccarlo. Per questo, quando capitava di sedersi accanto al russo, tendeva la mano verso la sua, sperando ogni volta di sentire la stretta ricambiata, come quasi sempre avveniva. Il suo palmo avvolgeva quello di America, le dita accarezzavano la sensibile pelle del dorso con dolcezza. Stringeva la presa, non voleva abbandonare quello che ormai riteneva proprio e di nessun altro.
Tutto al di sotto del bordo del tavolo, mentre oltre la superficie volavano ancora insulti e illazioni a breve distanza.
Era così difficile mantenere le apparenze.





SPAZIO AUTRICE:
Eccomi approdata! Prima fanfic! Dopo mesi di lettura silenziosa sono arrivata con questa challenge che mi pare molto carina. Per chi non la conosce: sono trenta promt, da sviluppare in una flashfic, uno al giorno per un mese se si vuole fare bene la challenge. E questa la dedico alla mia otp suprema di questo manga, insieme alla FRUK. Dato che è uno al giorno per un mese, direi che ci vediamo già domani con il nuovo promt: 02 Coccolandosi da qualche parte...vedrò di farmi venire in mente qualcosa.
Ricordo che se la storia vi piace, recensire non è cancerogeno. Qualsiasi commento va bene, anche le critiche, purché costruttive. Ho sempre il dubbio se sto riuscendo a tenere IC i personaggi, se così non fosse ditemelo che proverò a rimediare.
A domani col nuovo capitolo.
Marauder Juggernaut

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Capitolo 2
*** 02 Coccolandosi da qualche parte - Punti sensibili ***


02 Coccolandosi da qualche parte - Punti sensibili


Nessuno dei due era un tipo da dolci effusioni. I loro incontri non le prevedevano. Erano troppo impegnati a cercare la più sfrenata passione e violenza, la più volgare carnalità, per potersi godere ogni lento istante di piacere. Almeno Ivan. Alfred sembrava a volte ricercare un attimo di respiro per riportare le cose a una quieta tranquillità. Russia non riusciva ad accontentarsi di quell’estenuante lentezza, non trovava la soddisfazione necessaria a compiacere tutte le proprie voglie. Ma capiva dove le tacite richieste della nazione più giovane volevano portare. Per questo il russo aveva preso l’abitudine di abbassare le proprie difese e di rintanare l’orgoglio. Alla fine di ogni loro incontro, quando l’eccitazione era finita, ma non era scomparsa la voglia di toccarsi, ritagliava dei minuti di tempo per perdersi in frivole carezze e piccoli baci.
In silenzio, non permettendo che nessuna parola gravasse su quella posatezza che si era formata nella stanza che poco prima era piena di gemiti. Al buio si prendeva il lusso di studiare il corpo di Alfred, saggiando la morbida consistenza dei muscoli del suo petto e delle sue gambe e si compiaceva quando riusciva a strappargli un lieve ansimo di piacere. Sfiorava con delicatezza ogni forma di quel corpo che riteneva bellissimo, sapendo bene quali punti toccare per ottenere le reazioni desiderate senza arrivare all’eccitazione sessuale, quali punti baciare per regalare soffice piacere.
Sembrava davvero un bambino quando si agitava un poco in quelle carezze, chiedendone implicitamente di più.




N.d.A
Ed eccomi col secondo capitolo.
Questo è stato già più complicato, non avevo la minima idea di cosa scrivere e sinceramente non mi soddisfa del tutto, ma va beh.
Direi che un grazie speciale va ad _Akimi che ha recensito lo scorso capitolo e ha messo la storia nelle seguite e anche ad Artemisia246 e Juuchan, che anche loro hanno messo la storia tra le seguite. ~
Ci si sente domani con il terzo giorno: 03 Giocando a un videogioco/guardando la TV
Marauder Juggernaut

 

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Capitolo 3
*** 03 Guardando la TV - Lieto fine ***


03 Guardando la Tv - Lieto fine



I film che Alfred guardava erano, a detta di Ivan, proprio come lui: agitati, rumorosi ed esasperanti. E il suddetto americano pareva non riuscire a godersi un film senza restare tranquillo al proprio posto. Si muoveva, gridava al televisore anche se sapeva (almeno Ivan così sperava) che non potevano sentirlo e anche se conosceva già la fine del film.
E Ivan era costretto a fargli compagnia, poiché il più delle volte l’americano si imponeva e non era per nulla facile smuoverlo dalle proprie idee.
Tutti quei film avevano la trama sempre uguale e Ivan non capiva perché lo entusiasmassero tanto poiché era scontato ogni volta che i protagonisti avrebbero salvato la situazione pochi minuti prima che essa diventasse senza rimedio.
Aveva cercato di dirottare l’interesse dell’americano su qualche altro tipo di film, possibilmente più impegnativo, ma le uniche reazioni che aveva ottenuto erano rimbrotti infastiditi e sbuffi annoiati dopo mezz’ora di film. Ivan di solito stringeva le dita nel pugno, fin troppo tentato di mettere fine a certi comportamenti da bambino in un modo che lui conosceva bene, ma si tratteneva ogni volta, dissipando la rabbia con un sospiro.
A cancellare del tutto quegli scatti di ira erano però quelle volte in cui, preso dalla noia, Alfred appoggiava la testa contro la sua spalla, chiudendo gli occhi. Ivan lo fissava sorpreso per un attimo, per poi sciogliersi in un sorriso che nessuno poteva vedere, mentre prendeva gli occhiali di America prima che gli cadessero dal naso e li appoggiava sul tavolino di fronte a loro.
Doveva portare pazienza quando l’americano decideva che bisognasse guardare un film, ma se alla fine gli si addormentava addosso non poteva che essere in qualche modo felice, in fondo.





N.d.A.
Ed eccoci al terzo capitolo che è stato ancora più complicato degli altri da scrivere, ma ce l'ho fatta e tutto sommato nemmeno mi dispiace ~
Ed eccoci alla parte dei ringraziamenti: intanto direi un bel grazie a QueenGiulietta che ha messo la storia tra le ricordate e a White Hurricane che l'ha messa tra le preferite. Un grazie più grosso a Elisir86 che, oltre ad aver messo la storia tra le preferite e le seguite ha anche recensito l'ultimo capitolo! Grazie mille.
Un grazie anche semplicemente a chi legge in silenzio ~
Domani ci ritroviamo con: 04 Ad un appuntamento

Marauder Juggernaut

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Capitolo 4
*** 04 A un appuntamento - Come un bambino ***


04 A un appuntamento - Come un bambino



Non era tipo da appuntamenti, il russo. Era abituato a essere cordiale ed educato con tutti, ma non era solito ritrovarsi ad offrire cene, comprare fiori, spostare la sedia per far accomodare il partner.
Per fortuna questa idea di appuntamento non rientrava troppo nemmeno nello stile dell’americano. Anzi, più Ivan passava del tempo in sua compagnia, più viveva nella convinzione che Alfred avesse ancora dodici anni. Non aveva detto nulla a riguardo ad America, perché aveva l’impressione che se ne sarebbe uscito con una battuta tipo “Quindi significa che ti faccio venire appetito, commie?” o qualcosa di molto simile.
Non avrebbe dovuto lasciar decidere ad Alfred la meta, quella volta; non aveva particolarmente gradito di essere portato in un parco di divertimenti, dove di rumorosi bambini ce n’erano a frotte. Gliene bastava uno solo di cui occuparsi, mentre correva esaltato da un’attrazione all’altra, facendo da solo più rumore di tutte le famiglie che c’erano quel giorno a Connie Island.
Lo aveva obbligato a salire sulle montagne russe (“Anche nella vostra landa desolata si chiamano ‘montagne russe’, commie?”“No, da noi si chiamano ‘montagne americane’, Amerika”), costretto a comprare quella cosa innaturalmente rosa e chimica che si chiamava “zucchero filato” e a condividere insieme una vaschetta di patatine fritte.
Ma neppure per un istante si era domandato chi glielo avesse fatto fare; non ci riusciva, non quando poteva osservare per un intero, tranquillo giorno il sorriso grato, soddisfatto e contento di Alfred, che lo guardava ogni volta come se non volesse altro che essere lì con lui, stringendogli ogni tanto la mano in un gesto tanto innocente da essere quasi fuori luogo per due nazioni con un passato così pregno di sangue. Gli aveva tenuto stretto le dita per tutta la strada dal parco di divertimenti fino alla porta del suo appartamento nell’Upper East Side.
Sollevò in modo quasi ironico l’angolo destro della bocca, quando Alfred, in un moto di pura spontaneità, gli baciò dolcemente la guancia. Come un bambino.
Un sussurro arrivò malizioso al suo orecchio.
« Ti va di entrare? ».
Sgranò gli occhi per un istante, per poi sorridere soddisfatto.
Non se lo fece ripetere. Forse America non era poi così bambino.




N.d.A
Ed eccoci al quarto giorno con un bell'appuntamento come lo vede Alfred.
E dai, anche Ivan, in fondo in fondo, si diverte e nemmeno si aspetteva del tutto la conclusione da commedia romantica americana ~
Grazie mille ancora ad _Akimi e a Elisir86 che hanno commentato gli altri capitoli. 
Ci vediamo domani con: 05 Bacio... e già mi frulla in testa un'idea e non vedo l'ora di mettermi a scrivere <3 

A domani,
Marauder Juggernaut.

 

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Capitolo 5
*** 05 Bacio - Nella terra di ghiacci eterni ***


05 Bacio - Nella terra di ghiacci eterni



In America, da quanto ne sapeva Alfred (e Alfred ne sapeva parecchio dell’America), non c’erano luoghi simili. Scintillante, affascinante. Ogni passo sembrava essere fatto su una sottile superficie di ghiaccio da quanto quel marmo era limpido e lucente. Bellissimo. Il palazzo d’inverno splendeva delle centinaia di luci accese ad illuminare quella sala da ballo che doveva essere da sola come tutta la Casa Bianca, l’americano ne era certo.
Se ne stava impettito, cercando di darsi un contegno e un aspetto più marziale possibile mentre, con la tipica curiosità giovanile di chi viveva qualcosa di nuovo, si osservava intorno cercando di marcare in testa ogni singolo dettaglio di quella situazione che pareva uscita da un libro di fiabe: nobildonne russe intrattenvano discorsi e balli con i soldati americani, lo zarevic fissava con gli occhi spalancati le medaglie e i fregi del generale americano che parlava con uno stratega russo.
« Un mondo affascinante la Russia, non pensi? » sussurrò Ivan, appena giunto accanto a lui. Alfred sobbalzò per lo spavento, ma fu solo per un istante, perché la bocca gli si spalancò per lo stupore: aveva già avuto modo di incontrarlo prima, ma mai lo aveva visto con la giubba militare. Il carminio spiccava sulla sua pelle eburnea, le frange ricadevano morbide sulle spalle e i riconoscimenti militari davano bella mostra di sé sul petto dell’Impero. Il russo stava sfiorando con le dita l’elsa di una lunga sciabola che stava appesa al suo fianco, ne saggiava la consistenza del metallo come se avesse dovuto estrarla da un momento all’altro.
« Insolito » si limitò a scrollare le spalle Alfred. E meraviglioso. E sognante. E incantato.
Ivan non si fece ingannare: l’esperienza gli aveva fatto ben intendere tutte le parole non dette, celate dietro le iridi celesti.
Con il capo gli fece cenno di seguirlo, lontano dalla melodia della musica e lontano dal chiacchiericcio indiscreto di dame civettuole, dagli occhi indagatori di soldati in divisa.
Lo portò in una stanza vicina, splendida come quella dove si teneva il ricevimento, dove il lusso e lo sfarzo non venivano risparmiati nei grandi specchi e nei mobili pregiati. Un luogo accanto alla realtà, ma in un tempo fuori dal tempo, dove le azioni di rappresentati nazionali non influivano sulla vita di tutti i giorni. In quel luogo erano solo uomini, entrambi con un’insolita, vaga ammirazione l’uno nei confronti dell’altro. Proprio questa attrazione li portò ad avvicinarsi, a esplorare una possibilità che non avevano nemmeno immaginato, troppo impegnati a pensarsi sia come potenti alleati che come grandi rivali.
Alfred non si ritrasse quando sentì le labbra del russo: era stato informato che in Russia si era soliti salutare con un bacio sulle labbra, anche tra uomini, ma se Ivan non lo aveva fatto in privato, stava a significare che in realtà vedeva in quel contatto qualcosa di più intimo di una mera conoscenza.
Approfondì quel tocco, staccandosi dopo pochi secondi per scrutare divertito il siberiano, che lo fissava allo stesso modo.
« Benvenuto nella terra dei ghiacci eterni, Amerika ».
Alfred cercò ancora le sue labbra: ne voleva scoprire ogni anfratto.




N. d. A.
Ed eccoci al quinto giorno che, in tutta onestà, mi sono divertita molto a scrivere ~ Non so quanto possa essere probabile, ma l'idea mi piaceva ed ecco qui. Comunque, se qualcuno nel capitolo di ieri se lo sia chiesto, sul serio in Russia le montagne russe si chiamano "montagne americane" (più spesso "Ottovolante", ma ci tenevo che Ivan sottolineasse l'ironia).
Grazie a chi ha messo la storia nei preferiti e a Two Specials Unicorns che ha recensito gli scorsi capitoli.
Ci vediamo domani col sesto promt: Indossando i vestiti l'uno dell'altro 

Marauder Juggernaut

 

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Capitolo 6
*** 06 Indossando i vestiti l'uno dell'altro - Mattina, profumo e risate ***


06 Indossando i vestiti l'uno dell'altro - Mattina, profumo e risate

(Only Alfred)



Alfred si alzò con movimenti meccanici dal letto sfatto, massaggiando lentamente il collo irrigidito. Si stiracchiò piano, ancora stanco e con un’immensa voglia di tornare tra le lenzuola.
Emise uno sbuffo esausto, convincendo se stesso a lasciare le coperte e a dirigersi in bagno per darsi una meritata lavata dopo il bagno di sudore che aveva fatto quella notte.
Nuovo giorno di lavoro, i suoi impegni di nazione non finivano con l’avanzare della stagione calda, anche se da un momento all’altro avrebbe sicuramente chiesto un periodo di ferie.
Per quanto gli stesse bene, l’outfit formale lo faceva sentire costretto in una personalità troppo seria e sobria che non era la sua. Ci metteva impegno, sicuramente, nel proprio lavoro di nazione, ma non poteva negare che molte volte lo trovasse stancante. C’erano casi in cui non aveva nemmeno voglia di uscire di casa piuttosto di non andare al lavoro. Quelle volte, come quella mattina, aveva bisogno di qualcosa di più.
Con un sorriso mesto, tirò fuori dall’armadio una semplice camicia bianca, un po’ più grande della sua misura. La sentì frusciare addosso, accarezzandogli fredda la pelle come facevano a volte le dita del vero proprietario di quel capo. Alfred l’aveva presa per sbaglio dal pavimento della camera del loro ultimo incontro intimo, scambiandola per propria. Gliela avrebbe ridata un giorno, forse. Intanto si godeva ancora quella morbida stoffa che l’abbracciava, ancora impregnata del vago profumo del russo nonostante i lavaggi.
Quasi gli venivano in mente i suoi abbracci.
Portò il naso al il colletto della camicia, volendo ricordarne l’odore giusto per poi fermarsi nel rendersi conto di cosa stava facendo. Quasi scoppiò in una risata e scosse la testa, mentre continuava a vestirsi.
Chissà se il russo gli aveva allargato la sua, di camicia...




N. d. A.
Ed eccoci col sesto giorno, spero che piaccia!
Non so se sia un comportamento molto da Alfred (quanto più quella di una protagonista di uno shojo), ma è nel privato, secondo me certe azioni da uno che è cotto, stracotto e biscotto le può anche fare, anche se ovviamente in pubblico nega.
Grazie ancora a Elisir86 e TwoSpecialUnicorns per aver commentato lo scorso capitolo!
Ci vediamo domani con il promt n. 7: Cosplay... Sono quasi certa che Ivan cosplay non lo faccia, ma vedrò di andare di inventiva!
A presto
Marauder Juggernaut


 

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Capitolo 7
*** 07 Cosplay - Mancanza di fede ***


07 Cosplay - Mancanza di fede 




Alfred fece roteare la spada laser, facendola scattare appena in tempo per poter deviare l’attacco dell’altro. La plastica illuminata di un verde brillante vibrò quando entrò in contatto con quella del Darth Vader con cui aveva ingaggiato una battaglia improvvisata nel mezzo della Convention. Una cosa completamente grottesca, ma divertente nella propria assurdità.
L’americano ghignò soddisfatto, snudando il canino affilato per allontanare con una forte spinta l’avversario, che fece alcuni passi indietro. Entrambi spensero la spada laser che tenevano in mano, mentre una folla di curiosi che aveva assistito a quell’improvvisato scontro applaudiva alla loro bravura.
Con un sorriso che si tendeva da un orecchio all’altro, Alfred rise forte per poi inchinarsi egocentricamente, parlando a vanvera e ringraziando il pubblico per come fosse “troppo buono”.
Tutti sorridevano tranne l’uomo che se ne stava a braccia incrociate e lo guardava scettico, con un sopracciglio sollevato e implicitamente domandava: “Hai finito?”.
America sbuffò infastidito mentre si sistemava in vita l’arma e si avvicinava al russo.
Alfred era quasi certo di aver compiuto in miracolo nel convincere Ivan ad accompagnarlo a quel raduno per fan di Star Wars, ma era chiaro che il russo non fosse tanto entusiasta di trovarsi.
L’americano mise un evidente broncio, gonfiando infantilmente le guance mentre osservava i suoi abiti: aveva cercato di convincerlo a fare cosplay con lui, ma il russo era stato categorico.
« Ma nemmeno Darth Vader?! » tentò di riaprire in tono lamentoso il discorso abbandonato quella mattina prima di partire da casa.
Ivan scosse la testa, perentorio.
« Obi-Wan! Oppure Palpatine! Han Solo! La principessa Leia Organa? … Ah ci sono! Jabba! » America sorrise sornione e divertito nel vedere lo sguardo scettico e infastidito di Ivan. Quello scambio di sguardi in cui era condensato il loro continuo sfidarsi durò appena qualche secondo, finché Alfred non chiuse gli occhi e si grattò la nuca oltre il cappuccio del costume: « Non riuscirò mai a convincerti a fare cosplay di Star Wars con me, vero? ».
Ivan sbatté per un secondo le palpebre, fissandolo in silenzio prima di deliberare: « Forse. ».
Alfred sgranò gli occhi e spalancò la bocca: « Eh?! Really?! Wait… » tutta l’eccitazione che per un istante aveva pervaso l’americano si affievolì non appena si ricordò di un particolare « Che promessa posso aspettarmi da uno che nemmeno ha visto i film? ».
Ivan sorrise malizioso: « Trovo insopportabile la tua mancanza di fede ».
Alfred si sorprese ancora: non credeva potesse fare una simile citazione.





N. d. A.
Ecco il nuovo capitolo. Giustamente, Ivan cosplay non lo fa (eh, non ce lo vedo), ma Alfred fa pure per due. 
Ero seriamente indecisa se fargli fare Luke Skywalker di Star Wars o Captain America, ma alla fine ha vinto il primo perché certe citazioni di Guerre Stellari (come quella che Ivan fa appunto alla fine, che è di Dart Fener) sono passate alla storia del cinema, perciò via di convention, che sono cose fantastiche ~
Grazie a TwoSpecialsUnicorns che ha recensito l'ultimo capitolo e anche a chi ha messo la storia nei preferiti! 
Ci vediamo domani col promt numero 8: Shopping.

Marauder Juggernaut

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Capitolo 8
*** 08 Shopping - Territorio ***


08 Shopping - Territorio




Ivan si domandò perché si trovasse in quella situazione. Non capiva perché l’americano avesse bisogno di aiuto nel scegliere i capi di vestiario. Non gli interessava particolarmente sapere cosa Alfred volesse mettersi. Fin da quando erano arrivati nella caotica Los Angeles, non aveva fatto altro che trascinarlo per tutti i negozi di Rodeo Drive, perché lui necessitava di vestiti nuovi. Ivan aveva provato ad opporsi, ma America non aveva voluto sentire ragioni e ora lì, nello store di una nota firma di moda italiana, il russo stava aspettando che l’altro avesse provato tutta la montagna di vestiti che si era portato in camerino. Era seriamente tentato di abbandonarlo e di trovare la strada per tornare all’hotel da solo, ma proprio quando stava per incamminarsi e abbandonare tutto quel teatrino di stupidaggini, vide la tenda del camerino tirarsi.
Si bloccò.
« Li prendo tutti! ».
Il fisico sufficientemente allenato dell’americano era quasi completamente messo a nudo, coperto solamente dai propri boxer. Senza il minimo senso del pudore, Alfred era uscito per posare tra le braccia del russo la caterva di vestiti che aveva provato indossando solo un pezzo di stoffa a coprirgli l’inguine. Due pensieri corsero nella mente di Russia: il primo riguardava il senso civile, che probabilmente in Alfred era già scomparso da tempo. Come poteva non farsi problemi a comparire mezzo nudo in una folla di estranei? Tutta quell’esagerazione e mania di protagonismo…
Il secondo pensiero fu più personale.
Aveva notato fin troppo bene le occhiate feline e predatrici di molte ragazze che si trovavano nel negozio, commesse incluse, che sembravano ansiose di avvicinarsi per vedere se avesse bisogno di altro aiuto.
Una sensazione di fastidio pervase Ivan, che rimase immobile con la mascella serrata a fissare Alfred che dal canto suo non stava facendo nulla per sistemare quella situazione.
Sospirò, cercando di sforzarsi a sorridere.
Alfred lo guardò incerto: « Allora? Sto bene con quei vestiti, no? »
L’americano era sempre al centro dell’attenzione.
Ma Ivan aveva imparato ad adeguarsi. E a rimarcare il proprio territorio.
Lo prese per la vita, dandogli un bacio, sotto gli occhi di tutti: « Stai meglio senza… ».





N. d. A.
Ed eccoci con l'ottavo giorno, altro capitolo che mi sono molto divertita a scrivere! Ivan si sta facendo trascinare dovunque un po' troppo facilmente, non pensate? 
L'ultima parte mi sa quasi di surreale, ma va beh, migliorerò nei prossimi...
E no, secondo me Alfred non si vergogna a farsi vedere in boxer davanti a tutti, anche perché a sono a Los Angeles e non credo che a Malibu ci vadano in K way. 
Grazie ancora a Elisir86 e TwoSpecialsUnicorns per i commenti allo scorso capitolo!
Ci vediamo domani con 09: passando il tempo con amici ... ahia, la vedo dura...

Marauder Juggernaut

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Capitolo 9
*** 09 Passando il tempo con amici - Proprio lui ***


09 Passando il tempo con amici - Proprio lui 




Gli occhi di Ivan saettarono da lontano, sondando ogni movimento di chi attorniava l’americano. Strinse i pugni nelle tasche del cappotto, sentì il cuoio stridere con un rumore irritante che andava ad aumentare la sensazione di fastidio.
Serrò la mascella, i denti si scontrarono con uno sbattere che gli ricordò vagamente il cozzare della ceramica.
A differenza del russo, il giapponese era sottile e delicato, educato e mai scortese.
Al contrario dello slavo, Francis era spensierato e scherzoso, molto raffinato e malizioso quanto bastava.
In confronto a Russia, Canada era dolce e morbido, silenzioso e gentile come si poteva immaginare.
Arthur, per quanto a volte scontroso e scorbutico, era in grado di provare un affetto sconfinato e, per quanto ferito, voleva ancora un’infinità di bene a quella colonia che si era resa indipendente con la forza e aveva raggiunto il massimo potere al mondo con la volontà.
Alfred, dal canto suo, con la solarità e il suo cuore d’oro, era difficile che non stesse simpatico. Forse l’egocentrismo avrebbe scoraggiato i permalosi, ma l’entusiasmo avrebbe trascinato chiunque in qualunque folle idea abitasse i meandri di quella mente persa alla ricerca di qualcosa di insolito e grandioso.
Alfred era potente, luminoso e caldo, come il sole e tutti, come pianeti, gravitavano attorno alla sua orbita, attratti dalla sua essenza.
Alfred aveva amici che lo sopportavano, che lo invitavano a prendere un caffè in quella meritata pausa che si teneva a metà del meeting; Ivan, al contrario di America, era solo. Tutti erano troppo spaventati sia dallo sconfinato potere sia dall’indole non sempre calma del russo. Russia non aveva nessuno da attendere per andare a prendere qualcosa di caldo, nessuno con cui fermarsi a parlare di qualcosa che non fosse lavoro. Era costretto ad osservare da lontano chi era più fortunato, mentre lui si era giocato tutte le possibilità e doveva vivere in solitudine.
Ma non poté che essere felice quando, congedati i presenti, l’americano si diresse da lui, che era ancora rigido e livido per un’invidia che non avrebbe mai apertamente ammesso; cercò la sua mano, ammorbidì la presa sul cuoio per poter intrecciare le dita alle sue, mentre un sorriso contento si stendeva sulle labbra.
Ivan aveva smesso di domandarsi perché … perché fra i tanti che Alfred aveva colpito, si fosse gettato addosso proprio a lui.





N. d. A.
Signore e ipotetici signori, questo è stato una sfida da scrivere per il semplice fatto che io ho sempre visto sia America e sia (soprattutto) Russia completamente soli. Spero che possa andare comunque!
Grazie ancora a Elisir86 e a TwoSpecialsUnicorns per i commenti allo scorso capitolo e mi sa che queste due donzelle, per tutta la pazienza, meritano un premio (?)
Grazie anche a chi mette nei preferiti e nei seguiti la storia.
Domani abbiamo 10: con orecchie da animale... con orecchie da animale... secondo me tutte/i -TUTTE/I- le/i fan di hetalia stanno pensando la stessa cosa. NON MENTITE! Ho già un' idea...
Domani reating arancione per tutti.

Marauder Juggernaut

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Capitolo 10
*** 10 Con orecchie da animale - Di eroi e principesse ***


Ogni capitolo è dedicato ovviamente a ogni lettore che ha la pazienza di seguirmi,
ma questo in particolare ad _Akimi, poiché mi ricordo che nel primo capitolo
aveva scritto che preferiva USA x Russia, perciò...


10 Con orecchie da animale - Di eroi e principesse

 
 
Nascondersi nelle fognature gli era parsa l’idea migliore. Non ci teneva per nulla a farsi vedere conciato in quel modo e, non appena quel giorno e quella fastidiosa pagliacciata fossero finiti, sarebbe tutto tornato alla normalità. Quando si era azzardato a dare un’occhiata fuori, era stato immediatamente scoperto, ma per fortuna si era trattato unicamente di Cina, la cui riservatezza era nota fin troppo bene, in ogni campo; anche se una risata se l’era fatta scappare pure lui: non era certo da tutti i giorni vedere il russo in simili vestitini, con tanto di orecchie da cagnolino.
Quando il sole andava calando, si decise ad andarsene, sempre mantenendo un basso profilo per passare inosservato agli occhi divertiti di tutti presenti, vestiti ridicolmente quanto lui, forse peggio.
Per sua sfortuna, non riuscì a sfuggire allo sguardo attento di un’aquila con gli occhiali.
Se di aquila si poteva parlare … ma riusciva comunque a risultare convincete e sicuro di sé anche se indossava delle orecchie da orsetto e un misero grembiule appeso all’inguine.
La cosa aveva attirato non poco l’interesse del russo, ma non abbastanza da portarlo a palesarsi in quelle condizioni e a scoprirsi in modo così evidente davanti all’americano. A quanto pare non era servito cercare di nascondersi, Alfred l’aveva notato comunque.
E ora, si ritrovava a sostenere con orgoglio il suo sguardo affamato; quegli occhi celesti e voraci che bramavano, desideravano ogni singolo brandello di carne scoperto, mentre le dita calde e capricciose accarezzavano sinuosamente la pelle delle cosce, sollevando la sottile stoffa del vestito, che frusciò in mille brividi lungo la spina dorsale di Ivan. Russia ingoiava bocconi amari di orgoglio addolciti dalla libido che gli faceva bollire il sangue, mentre i tocchi di Alfred avanzavano ben oltre il bordo del vestito: poteva concederglielo, poteva concedersi, ogni tanto, giusto per poter gustare una volta di più l’estasi di vedere il suo viso ammaliato dal piacere e il suo sorriso ampio come dopo i postumi di una crisi di riso; per poter osservare il ragazzino farsi uomo, perso tra le sue gambe e tra le maglie di un piacere sempre più bruciante e avvolgente.
La lingua dell’americano guizzò maliziosa sulle labbra già rosse e bagnate, pregustando in anticipo quel piacere di cui si sarebbe beato, salvo poi fermarsi quando vide la bocca semichiusa ansimare qualcosa, tra i gemiti: « Potrei prenderti sul serio finché indossi queste? » e con una mano andò a sfiorare il finto pelo delle orecchie da orso di Alfred.
« Ehi! Non sono io qui quello vestito da principessa! Ma non preoccuparti: l’eroe allevierà tutte le tue pene ~ ».
Rise, quasi divertito; e glielo concesse. Si concesse, con un gemito.
A lui e lui soltanto.






N.d.A.
Ecco, ecco!
Io non credo di aver mai scritto, nemmeno su fic che tengo sul computer, di Ivan passivo, ma si scoprono sempre nuovi orizzonti!
Spero vi piaccia, dato che ho cercato di dare la prima svolta pseudo hot, ma pur sempre contenuta visto il reating.
Grazie ad _Akimi e a TwoSpecialUnicorns per le recensioni, mi fa sempre piacere ~
Domani ci sarà...11: in Kigurumi...
...*google*
...
E ora questo come lo faccio? Oh beh sempre una sfida!
A domani

Marauder Juggernaut

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Capitolo 11
*** 11 In kigurumi - Al sapor di menta ***


11 In kigurumi - Al sapor di menta




Il sopracciglio del russo scattò verso l’alto, sinceramente perplesso nel vedere l’americano indossare quella … cosa, che rasentava l’insensato dopo aver superato ampiamente il ridicolo, perlomeno secondo il suo punto di vista. Osservò la schiena coperta dalla stoffa bianca con macchie nere, distogliendo l’attenzione dalla ben più interessante lettura dei racconti della maturità di Čhecov.
Alfred lo stava fissando nel riflesso dello specchio: evidentemente, aveva avvertito su di sé lo sguardo incerto di Ivan, ma lo aveva prontamente ignorato, continuando a spazzolarsi i denti e a riempirsi la bocca con la nivea schiuma del dentifricio.
« Schmettiha di fissharmi coshì! » la voce di Alfred arrivò improvvisa e distorta fino al letto dove era steso Ivan, che alzò gli occhi al cielo esasperato per questa pessima abitudine dell’americano di parlare con la bocca piena in più occasioni.
Capendo l’antifona, America si premurò di sputare e sciacquarsi la bocca prima di voltarsi verso il russo, uscendo dal bagno e tirando su il cappuccio di quel suo insolito pigiama a forma di mucca con una dignità degna di chi aveva ottenuto una medaglia d’argento, ma con la consapevolezza di aver dato il meglio. Una serietà quasi inadeguata, visto come era vestito. Si imbronciò, permaloso, incrociando le braccia al petto: « Ho detto: smettila di fissarmi così! ».
Ivan sbuffò una risata: « Lo trovo difficile, considerando cosa ti sei messo… » e, giustamente, tra le altre cose, si domandava se un ingombro simile fosse comodo o meno.
« Che c’è? Mi piace! »  e con quest’ultima sentenza, si lasciò cadere sul letto di quella camera d’albergo che come d’abitudine dividevano a ogni meeting, all’insaputa di tutti gli altri.
Ivan corrugò la fronte per un istante in un’espressione fin troppo eloquente, tornando al proprio libro.
Il broncio tornò sulla bocca di America, infastidito per aver perso di nuovo l’attenzione del russo. Con un sorrisetto malizioso, si puntellò sul letto con i gomiti: « Se vuoi posso togliermelo ~ ».
Riuscì a ottenere una reazione più concreta, con quello sguardo carico di interesse che si puntò su di lui, prima di sfumare in un debole “Non stasera…”
Alfred inclinò la testa di lato, per poi alzare le spalle serrate nella stoffa, arrendendosi.
« Come vuoi … goodnight, commie! »
« Spakòjnaj nòci, Cowboy » e di certo non si aspettò di sentire delle morbide e calde labbra sfiorare le proprie nella pretesa silenziosa di un bacio della buonanotte, profumato di menta.
Come si sorprese al medesimo modo di ritrovarsi a ricambiarlo con genuinità e dolcezza.
Da quando, per farlo felice, bastava solo la presenza di America e non il suo corpo?






N.d.A.
Eccomi insieme all'undicesimo capitolo che non è stato per nulla facile da scrivere, cominciando dal fatto che ho trovato due definizioni per quella parola, ma alla fine ho optato per il pigiama, perché per nessuno dei due vedevo bene una mascotte pubblicitaria (anche se più più volte mi sono immaginata Alfred vestito da Ronald McDonald o da Julius Pringles). E Ivan quando gli dà la buonanotte intende proprio "ragazzo mucca", visto il kigurumi da mucca, non mandriano, ma ho giocato un po' sulla cosa.
Un grazie a _Akimi, Elisir86, Saroyan e TwoSpecialUnicorns per aver recensito lo scorso capitolo! Dopo risponderò a tutti!
Domani prompt 12, che nella traduzione italiana mi scrivono "pomiciando", ma io ho sott'occhio anche quella inglese che ha scritto "Making out" che, oltre a dei bei baci a labbra aperte con la lingua, sta pure a significare "petting", perciò preliminari.
Volevo aggiungere un po' di amarezza e incomprensione nella coppia in questo capitolo, ma mi sa che lo farò dal prossimo ~

Marauder Juggernaut 
 

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Capitolo 12
*** 12 Pomiciando - Alla luce del sole ***


12 Pomiciando - Alla luce del sole




Gli morse piano il labbro inferiore, per poi leccare sensualmente quella pelle liscia e bagnata, come a scusarsi silenziosamente di quella dolce offesa arrecata.
La mano di Ivan scivolò con apparente noncuranza dalla schiena fino al bacino, mentre si riappropriava ancora con lentezza della sua bocca, esigendo un altro bacio profondo.
La lingua accarezzò con sensualità quella di Alfred, umida e tiepida, rapida e indecisa nei movimenti, come se l’americano non sapesse esattamente come comportarsi.
Quell’insicurezza divertiva il russo e in parte lo eccitava persino. Forse era l’intera situazione ad accendere entrambi, a farli bruciare fino a consumarsi in quei rapporti privati e clandestini.
Nessuno avrebbe speso una parola sulla loro relazione, se fossero state persone normali. Così non era e il destino diventava veramente ironico certe volte, come in quel caso: avversari come nazioni, attratti fisicamente come uomini. Con la possibilità di stare vicini, ma in silenzio, lontano dagli occhi della pubblica piazza, per non trasgredire alla prima delle due dolorose realtà, quella che di solito aveva il soppravvento e la precedenza.
Ma in quel momento nessun orecchio indiscreto era in ascolto dei gemiti di Alfred, cominciati non appena aveva iniziato a strusciare sensualmente il bacino contro quello di Russia. Sentiva l’eccitazione crescere di secondo in secondo, mentre ancora gettava le braccia al collo di Ivan, reclamando con forza ancora le sue labbra, soffocando ogni ansimare con gli occhi sempre più socchiusi e liquidi, domandando un contatto più profondo, la soddisfazione piena di quel piacere che lo stava uccidendo.
Ivan lo accontentò, spostando la mano dal suo fianco, alla natica, stringendo possessivo per poi spostarsi sul membro ancora coperto dai pantaloni, massaggiandolo lentamente in una delicata e mirata tortura.
America si morse le labbra per evitare di emettere altri suoni che avrebbe quasi giudicato imbarazzanti: anche con la luce spenta, poteva intuire il sorriso compiaciuto e sornione di Ivan, più che soddisfatto di suscitare tali reazioni.
Sentiva il piacere premere sempre più forte contro il basso ventre, il respiro affannoso che andava a cercare ossigeno in quel calore piacevole e asfissiante, che dava alla testa a ogni istante trascorso. Il fiato caldo del russo stuzzicava il suo lobo col solo scopo di vederlo affondare in quel mare di passione dolceamara.
E affondò, senza neanche accorgersene.
« I … I lov- ».
Parole sussurrate, forse nemmeno realmente volute, ma che ebbero il potere di fermare la mano del russo e d’infrangere quella cupola di cristallo personale dove si erano temporaneamente e volutamente rinchiusi.
Un incantesimo spezzato che si risolse nello scoppio di una risata tirata e nervosa di Ivan.
Si allontanò dall’americano ancora ansimante e ora perplesso e imbarazzato per essersi lasciato scappare una simile dichiarazione, vergogna che però non sovrastò il temperamento energico e pretendente.
« Perché ti sei fermato?! »
Altra risata trattenuta tra le labbra: « Ne riparleremo alla luce del sole, Jones… ».
Ivan se ne andò, lasciandolo solo in quella stanza buia, illuminata unicamente dalle luci artificiali di quella New York ancora sveglia nella notte, a domandarsi se quel sole sarebbe mai sorto.






N. d. A.
Wow ed eccoci al dodicesimo capitolo! Non pensavo nemmeno di arrivarci e invece ~
Ho voluto provare a mettere un po' di amaro in questa loro relazione e non so bene dire come sia venuto, spero piaccia!
Grazie ancora a Elisir86 e a TwoSpecialUnicorns per aver recensito anche lo scorso capitolo e domani avremo 13: Mangiando del gelato. Ivan farà meglio a scusarsi dopo quello che ha fatto oggi e credo che il prompt di domani possa essere un buon inizio.
A domani.

Marauder Juggernaut.

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Capitolo 13
*** 13 Mangiando il gelato - Un piccolo favore ***


13 Mangiando il gelato - Un piccolo favore




Fissò la vaschetta di gelato con nervosismo.
No, non si sarebbe abbassato a sfogare il dolore di una delusione in quel modo, era troppo deleterio anche per la terra del più sfrenato consumismo.
La sottile condensa sulla plastica del contenitore si trasformò in una goccia gelata che colò sul tavolo.
Si decise, mentre afferrava il cucchiaio, scoperchiava la vaschetta e affondava il metallo in quella crema bianca costellata da una galassia di scaglie di cioccolato.
Quando lo mise in bocca per affogare la tristezza, non si aspettò per nulla di sentire il gusto amaro della delusione al posto della deliziosa dolcezza del fior di latte.
Un rifiuto per nulla ben accolto, ma Alfred era certo di essere dalla parte della ragione: in fondo lo era sempre stato, almeno a proprio dire. Ma quella volta vantava l’assoluta sicurezza e validità della sua tesi. Era il russo ad aver sbagliato, rifiutandolo così.
Eppure era lui che se ne stava con il vaso di gelato alla stracciatella in mano ad affogare il dolore al suo interno. Se il russo avesse avuto avesse avuto sensi di colpa, probabilmente li avrebbe annegati nella vodka.
Probabilmente non ne avrebbe avuti: gli era sembrato così tranquillo mentre gli dava le spalle per andarsene, rifiutandolo per una parola di troppo scappata dalle sue labbra, ora piene di cremoso gelato.
A chiunque poteva sfuggire una simile dichiarazione, ma non a loro, a loro che sarebbe sempre bastata una parola di troppo per scatenare un conflitto.
« Amerika » un sussurro che avrebbe potuto anche essere un grido, Alfred non avrebbe nemmeno saputo dirlo, troppo impegnato a badare ai propri pensieri per poterci includere anche una presenza che si era fatta improvvisamente scomoda dalla notte prima.
Lo avrebbe lasciato volentieri fuori dalla porta, dove era giusto che stesse.
Si avvicinò all’uscio: « Cosa vuoi? »
« Parlare. »
« Chiedermi scusa? »
« »
« Lo immaginavo … vattene ».
Fissò il gelato che aveva abbandonato sul tavolo e che rischiava di sciogliersi.
« … posso fare qualcosa per te? »
Ad America venne quasi da ridere: « La Russia che vuole fare un favore ad America? Hai bevuto per caso? » e, quando aprì piano la porta, sentendo la presenza e il fiato caldo di Ivan improvvisamente vicini, poté confermare la propria idea. Non era ubriaco, ma di certo quel liquido trasparente che aveva versato nei bicchieri non doveva essere stata acqua.
« No. Non Russia a Stati Uniti. Ivan ad Alfred ».
Era strano ricordare a volte che oltre all’impegno politico, si era anche esseri umani. Questa realtà era spesso appannata dagli innumerevoli anni di storia che erano trascorsi e li avevano visti come protagonisti. E a volte avrebbe davvero desiderato che tutto quello non esistesse.
Strinse i pugni, fissando Ivan, per poi fare un sorrisetto quasi divertito: « In effetti c’è qualcosa che potresti fare… ».







N.d.A. 
Ed eccoci col nuovo capitolo e anche qui il prompt non è stato il centro del capitolo, cosa che è stato invece il desiderio di Ivan di scusarsi con Alfred per come si è comportato. Spero di essere rimasta IC coi caratteri, ma qui mi pare di essere andata più fuori rispetto agli altri capitoli. 
Cosa avrà pensato Alfred? Credo che lo si scoprirà nel prompt 15, perché domani avremo: 14 Genderswap, un bel capitolo unicamente per Anna e Amelia, troppo poco considerate in questo fandom a mio parere!
Grazie ancora a Elisir86 e TwoSpecialUnicorns per le recensioni.
A domani.

Marauder Juggernaut.

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Capitolo 14
*** 14 Genderswap - C'è poco da fare ***


Un piccolo avviso: dato che alcuni nomi non sono stati canonizzati dall'autore,
ma solo ideati dal fandom, se alcuni di questi non li trovo adatti semplicemente li modifico,
secondo tradizione del luogo e mio gusto personale: come cambio i nomi di Danimarca e Norvegia, 
lo faccio con alcune fem. In questo caso, Fem Russia non è Anna, ma Anastasiya.
 

 

14 Genderswap - C'è poco da fare 



Anastasiya ha lunghi capelli dorati, che spazzola con cura con un pettine di legno e madreperla, regalo per lei da parte di una zarina, ha detto, ma non ha specificato quale.
Amelia ama intrufolarci le dita quando la bacia, districandone i leggeri fili setosi, sentendoli sulla pelle come una carezza affettuosa.
Anastasiya è alta e robusta, con il portamento orgoglioso di una dea guerriera; per questo, si dice, è stata scolpita in tutta la sua fierezza in ottantacinque metri di calcestruzzo.
Amelia ama ammirare quella statua quando è a Volgograd (anche se non lo dice mai) e si riempie gli occhi di tanto candore, forza e bellezza.
Anastasiya è severa e dolce, come può esserlo una madre che ha a cuore i propri figli e dicono che è proprio per questo che sia stato coniato il termine “Madre Russia”.
Amelia ama quando, nonostante finga di essere irritata di farle un favore, la russa le prepara un tè bollente e profumato e la riempie di blini dolci.
Anastasiya è intelligente e acculturata, continua a leggere romanzi di qualsiasi tipo e ad ascoltare i vinili di concerti di pianoforte e orchestre, tenendosi anche costantemente informata su ciò che accade nel mondo.
Amelia ama quando sono sole e, all’ombra di un tiglio, appoggia la testa sulle sue gambe e ascolta le storie che legge ad alta voce solo per lei, anche se non sente il finale del racconto perché si addormenta prima.
Anastasiya ha un’ottima retorica e una voce graziosa, che sembra che stia decantando una poesia anche quando parla di futilità.
Amelia ama quando l’altra discorre su cose inutili perché le basta ascoltare quel timbro melodioso da cantante per sentirsi tranquilla e a casa.
Anastasiya è Russia, acerrima nemica di America su ogni fronte.
Ma Amelia non è solo America, è anche donna.
E Amelia ama Anastasiya. C’è poco da fare.







N. d. A.
Questo è un po' particolare e diverso dagli altri perché, se gli altri avevano un minimo di filo cronologico, il prompt qui necessitava di un completo stacco.
Perciò ho fondamentalmente evitato un capitolo che descrivesse una situazione per optare per uno che descrivesse un rapporto. Avevo poche idee così mi sono ispirata a una poesia che ho scritto per la mia fidanzata (che è russa sul serio ed è la mia personale Anastasiya) e postato sul mio blog di tumblr che ho aperto di recente. Ringrazio _Akimi, Saroyan e TwoSpecialUnicorns per le recensioni allo scorso capitolo! Vi posto in seguito la poesia (non è nulla di che, vi assicuro) e ci vediamo domani con prompt 15: Indossando vestiti in uno stile diverso e con l'idea che si è fatto venire America per perdonare Ivan.
Vi lascio e vi auguro un piacevole ferragosto!
Marauder Juggernaut.
Amo quando spazzoli i tuoi capelli d'oro
col pettine di legno e madreperla.
Amo quando posi dritta e fiera,
austera come una statua.
Amo quando ti comporti da madre
e mi dai tè profumato e blini caldi
Amo quando ascolti Rachmaninov e leggi Checov,
inumidendo il dito per voltar pagina.
Amo quando parli di cose futili
e intanto batti le dita a imitare Liszt.

Amo quando spazzoli i tuoi capelli d'oro
perché ci intreccio le dita.
Amo quando posi dritta e fiera
perché osservo bellezza.
Amo quando ti comporti da madre
perché respiro dolcezza
Amo quando ascolti Rachmaninov e leggi Checov
perché leggi per me
Amo quando parli di cose futili
perché parli con me

Amo te.
C'è poco da fare.

- C'è poco da fare, imperator-hiems -

 

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Capitolo 15
*** 15 Indossando abiti di uno stile diverso - Tintinnio di speroni ***


Indossando vestiti in uno stile diverso - Tintinnio di speroni




Ivan non credeva che l’avesse fatto sul serio, ma in fondo, questo lo doveva all’americano.
La musica era quasi assordante mentre il ritmo sgangherato richiamava tutti nella foga di quel ballo ordinato nel suo essere caotico. Il russo osserva dal bancone il pavimento di assi in legno in parte ricoperto da fili di paglia, le cui balle erano state sistemate a delimitare il raggio d’azione di un toro meccanico che si agitava senza sosta con l’unico obbiettivo di buttare a terra l’impavido che si era messo sulla sua schiena.
Sbuffò tornando a concentrarsi sul proprio whisky dove, come iceberg alla deriva, galleggiavano i cubetti di ghiaccio.
Si sentiva costretto, in quegli abiti. Non era abituato a indossare dei jeans, che sentiva particolarmente stretti attorno alle cosce e al cavallo. Nemmeno la camicia a quadri era molto nel suo stile e, se lo avessero visto, avrebbe negato fino alla caduta della federazione che era lui a indossare un cappello da cowboy.
Lanciò un altro sguardo a chi si era avventurato sul toro meccanico e in quel momento stava aggrappato tra urla estasiate: un ragazzone di vent’anni che agitava in aria la mano per dimostrare la propria bravura, con gli occhiali che penzolavano pericolosamente dal naso.
Sospirò una risata, il russo, quando, dopo che Alfred cadde, si rialzò con un sorriso che parve illuminare tutto quel saloon dell’Alabama. Jeans, cappello e Camperos stavano decisamente meglio a lui.
Si sistemò sullo sgabello accanto, dando la schiena al bancone e posandovi sopra i gomiti.
« Immaginavo non ti saresti divertito… »
« Non mi sto annoiando… »
« Il Country non fa per te, vero? »
« Preferisco il balletto… ».
Con un fischio, America attirò l’attenzione del barman per farsi portare un whisky on the rock double come lo aveva preso il russo (“Almeno qualcosa che ti piace lo hai trovato!”).
Guardò con aria colpevole il proprio bicchiere quando gli fu messo davanti: « Pensavo che sarei riuscito a farti amare qualche lato dell’America, ma credo che stasera abbia scelto quello sbagliato… ».
Ivan lo fissò sorpreso: una simile dichiarazione da parte di America (ogni volta così orgoglioso e convinto delle proprie idee) doveva essere stata amara come l’alcolico ancora nel suo bicchiere.
« La Russia non potrà mai amare nulla dell’America… »
« Lo immaginavo… ».
Ivan finì il bicchiere, lasciando alcuni dollari sul tavolo e alzandosi per uscire: « Ma non è detto che Ivan Braginskij non possa amare Alfred Jones… ».
L’americano lo rincorse quando lo vide uscire dal locale, gettandosi su di lui, sentendosi ricambiato da quell’abbraccio, col lieve tintinnio degli speroni nelle orecchie. Poteva immaginare, Alfred, quanto Ivan avesse rimuginato al riguardo, quanto ci avesse riflettuto in silenzio, in compagnia della vodka; quanto si fosse sentito combattuto nel non riuscire a separare  le due realtà. Poteva immaginare perché aveva dovuto passarci anche lui.
« … è possibile? »
« Да… ».







N.d.A.
OOC a catinelle! *Apre l'ombrello*
Allora, non so nemmeno da dove cominciare a commentare questo capitolo. Innanzitutto affermo che è stato un parto, avevo l'idea in testa, ma non riuscivo a metterla per esteso e questo non è nemmeno il finale che mi ero immaginata all'inizio, ma mi sono resa conto che non potevo lasciare la questione dei capitoli 12 e 13 aperta, quindi l'ho chiusa così, ma in fondo è stato anche quello che volevo: capitolo 15, metà del mese, svolta fondamentale fra i due. Ora in avanti non tenderanno più a trattarsi come nazioni, ma come uomini con una reciproca attrazione.
Che dire? Spero vi sia piaciuto comunque! Ringrazio TwoSpecialUnicorns per aver recensito lo scorso capitolo! Domani avremo 16: durante i loro rituali mattutini.
A domani.

Marauder Juggernaut.

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Capitolo 16
*** 16 Durante i loro rituali mattutini - Nuove abitudini ***


16 Durante i loro rituali mattutini - Nuove abitudini

( Only Ivan )





Ivan viveva nella monotonia. La quotidianità era una certezza nella sua vita, una costante che si ripeteva ogni volta. Ogni mattina la sveglia suonava alle 6.45 e con tutta la flemma possibile, si portava in bagno e si faceva una calda doccia per risvegliare al meglio la circolazione.
Ogni due o tre giorni si radeva la barba, abitudine che aveva preso ancora quando Pietro I zar di Russia era tornato da un viaggio in Francia lasciando ben intendere che nel loro vasto impero ci sarebbero stati effettivi cambiamenti.
Ancora in accappatoio, solitamente metteva sul fuoco il bollitore per prepararsi un meritato thé che gli avrebbe fatto affrontare al meglio la giornata, per poi tornare in camera e rivestirsi nella solita tenuta formale per il lavoro. Dava sempre un’occhiata a tutti i documenti sorseggiando il liquido bollente, mentre le crepes già sfrigolavano sul fuoco in attesa di essere tolte dal fornello e gustate con tutta la calma necessaria. Non spendeva mai troppo tempo per cucinare qualcosa di complicato, non voleva perdere più minuti di quanti fossero effettivamente necessari.
Infine tornava in bagno per darsi un’ultima sistemata sia ai candidi capelli sia al viso, lavandosi i denti e osservando se mancava ancora qualcosa nella cura del proprio corpo.
Spegneva poi tutte le luci di casa, pronto ad uscire per una nuova giornata di lavoro.
Aveva preso però un’altra abitudine negli ultimi tempi, quando la situazione tra lui e l’americano era cambiata, da qualche tempo. Anche quella mattina si fermò sull’uscio di casa, tirando fuori il cellulare rigorosamente messo sotto carica la sera prima, approfittando del wifi del suo grande appartamento.
Sette e trenta del mattino, puntuale come al solito.
Digitò un rapido messaggio whatsapp: buonanotte.
Non dovette nemmeno attendere più di qualche secondo che subito arrivò la risposta: buon lavoro <3
Ivan ignorò prontamente l’emoticon a forma di cuore di un americano ansioso di prendere sonno, che si sarebbe addormentato solo il dopo tanto atteso messaggio della buona notte da parte del compagno.
Ivan chiuse la porta di casa alle proprie spalle: anche se non lo avrebbe mai detto ad alta voce, non sopportava dover alzarsi ogni mattina senza avere America al proprio fianco.







N. d. A.
Ed eccoci al capitolo 16! Giro di boa superato, ora c'è la parte finale!
Spero vi sia piaciuto e che apprezziate l'effettivo cambio di relazione dei nostri. Mi è venuto naturale scrivere così i loro rituali mattutini, almeno, di uno di loro, perché mi è piaciuto giocare sul fattore jet lag che, se da Ivan a mosca sono le 7.30, nell'East coast americana sono circa le 23.30 e mi pare un orario normale per mandare a letto Alfred. Ed entra anche in gioco l'ostacolo (come si è visto nel capitolo 6) della relazione a distanza: anche se sono immortali, 7500 km circa non devono essere facili..
Ringrazio TwoSpecialUnicorns (preziosa ~) che commenta ogni capitolo. Grazie anche a voi che leggete e ci vediamo domani con 17 Spooning che in italiano mi traducono "amoreggiando" ma letteralmente è "stare a cucchiaio"/ "dormire a cucchiaio".
A domani.

Marauder Juggernaut

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Capitolo 17
*** 17 Dormendo a cucchiaio - Al caldo ***


17 Dormendo a cucchiaio - Al caldo




America fremette un po’, quel tanto che bastava a scuotere per un secondo il materasso. Socchiuse gli occhi, avvertendo il sonno irrimediabilmente compromesso. Aveva freddo, gli serviva una coperta, sentiva un filo di aria gelida infilarsi dispettoso e non gradito tra le lenzuola.
Serrò i denti sul labbro inferiore per trattenere al meglio un nuovo fremito, capendo poi l’inutile sforzo.
Con un sospiro, si mise a sedere, prendendo gli occhiali dal comodino: la triste visione di un letto vuoto e una finestra aperta frantumò per un istante ogni certezza che Alfred si era costruito nei giorni precedenti, durante quel meeting in Russia.
Si alzò piano, avvicinandosi alla finestra, rimanendo incantato ad osservare i fiocchi che cadevano e imbiancavano i grattacieli del centro della capitale, ricamando un mondo onirico tra il Cremlino, San Basilio e la Piazza Rossa ora candida e piatta. Un paesaggio simile lo sognava a Washington, tanto bella, ma ancora giovane rispetto alla secolarità che pareva trasudare quella metropoli che osservò salda nelle proprie fondamenta lo scorrere del tempo.
Un rumore che giungeva dal bagno lo distrasse: il russo era tornato in camera, nudo come lo aveva lasciato e almeno quanto l’americano stesso.
Alfred sbuffò seccato: « Dove eri andato? »
Il sopracciglio di Ivan scattò verso l’alto, perplesso per quella domanda apparentemente ovvia: « In bagno a prendere un po’ d’acqua ».
Alfred trattenne dal fare qualsiasi tipo di commento che potesse suonare simile a “Bevi anche liquidi analcolici?”, prima di sospirare e chiudere la finestra.
Un sorriso più ironico si fece largo sul volto di Russia, che guardò fuori dalla finestra a contemplare la nevicata che danzava nel vento che si alzava per brevi istanti.
Ancora senza guardarlo, domandò: « Hai freddo, Jones? »
Tornando a coricarsi tra le coperte, sorpreso internamente come il corpo di Ivan temprato dal ghiaccio non sembrasse accusare la morsa gelida che si era creata nella stanza, Alfred borbottò con la voce ancora impastata dal sonno: « Ci saranno -15 gradi fuori, mi sembra il minimo! E poi perché c’è la finestra aperta? ».
Chiuse gli occhi, stringendo a sé le coperte mentre la voce sempre più vicina di Ivan lo cullava, col suo accento marcato e il tono baritonale: « Si sarà aperta col vento… ».
Il materasso di Alfred si abbassò sotto il peso del ginocchio del russo, che scoprì delicatamente delle coperte il corpo di Alfred, che si lamentò prontamente del nuovo spiffero prima di sentire la calda carne del petto di Ivan contro la propria schiena.
Le gambe dello slavo si intrecciarono con disarmante facilità tra quelle dell’americano, in un gesto tanto naturale da non essere dettato dal semplice fatto che fino a poche ore prima Ivan si trovasse fra di esse.
La bocca di Russia soffiò un bacio sul collo dell’altro, che aveva prontamente smesso di domandarsi cosa stesse facendo non appena aveva sentito le sue dita cercare la sua mano per stringerla.
« Hai freddo ora, Jones? »
« Non più… ».






N. d. A.
Ed eccoci col nuovo capitolo e anche questo è stato abbastanza complicato non c'è che dire. Spero che possa piacere e grazie ancora a tutti per le recensioni, mi fate sempre spuntare un sorriso. Quindi un abbraccio ad _Akimi, Elisir86, LizzieLu e TwoSpecialUnicorns (che oggi, se trovo il tempo, rispondo a tutte!)
Ci vediamo domani con
18 Facendo qualcosa insieme...più specifici?
Va beh dai, l'ispirazione arriverà!
A presto

Marauder Juggernaut.

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Capitolo 18
*** 18 Facendo qualcosa insieme - Sentirsi a casa ***


18 Facendo qualcosa insieme - Sentirsi a casa



Le luci si accesero ad intermittenza, illuminando tutto il palaghiaccio altrimenti buio.
Ivan si fissò attorno sospettoso: aveva già chiesto a riguardo all’americano, ma ancora non si fidava del tutto delle sue parole (“Come hai fatto a ottenere il permesso?” “Il custode notturno è un mio amico e mi deve un favore”).
Eppure la superficie ghiacciata della pista aveva un potere attrattivo per lo sguardo indaco di Ivan. Poteva notare il ghiaccio creparsi appena e riformarsi nei secondi successivi senza frantumarsi mai del tutto.
Cercò lo sguardo di Alfred, ma non lo trovò: l’americano era scomparso. Ma prima ancora di potersi domandare dove fosse finito, il richiamo della linea rossa lo attrasse come il canto ingannevole delle villi.
Con il sorriso di un bambino si sedette sulla prima fila degli spalti per infilare i pattini bianchi ed entrare nella pista.
Con la facilità di una camminata, percorse in pochi secondi il perimetro dell’intera pista.
Casa. Quel freddo limitato emanato dal ghiaccio sottile lo faceva quasi sentire a casa.
Prese velocità, saettando sulla pista, lasciando sottili (quasi invisibili) solchi. Le gambe si flessero, imprimendo potenza nei muscoli di combattente per cercare la grazia dei ballerini di prima.
Stacco. Sospensione. Giro, atterraggio.
Il piede destro tocca terra, il ginocchio si piega, perfettamente in equilibrio. La gamba sinistra attende prima di toccare il suolo, lo fa in seguito, con eleganza, prima di fermarsi del tutto: un sorriso soddisfatto e un axel perfetto. Sul ghiaccio, nella neve, lui è sempre a casa. Peccato che non ci fosse stato un americano a osservare tutto quello.
« Hai finito di piroettare? »
Forse c’era.
Tornò alla porta di entrata con un sorriso supponente: « Geloso di tanta maestria? »
America sbuffò seccato, allacciandosi i pattini e borbottando una risposta simile a “So farlo anche io”.
« Dove eri andato? ».
Alfred sorrise furbo prima di lanciare una racchetta a Ivan. Fibra di carbonio, a giudicare dalla leggerezza.
Anche il russo sorrise: « Vuoi piangere, Jones? » domandò ironico, spostandosi dalla porta per farlo passare e dirigendosi insieme a lui al centro del campo, indossando il casco che il più giovane gli porgeva. Aveva la visiera: facevano sul serio.
« Sarai tu a piangere, Braginskij! »
« Perché mi hai portato qui? »
« What? Per batterti te l’ho app- ».
Ivan lo aveva chiesto sul serio. Voleva una risposta sincera a quella domanda, risposta che provocò un rosso congestionato sugli zigomi di Alfred e che lo costrinse a distogliere lo sguardo, ma non a chinare la testa, per non ferire ulteriormente il proprio orgoglio.
« Perché è da un po’ che non torni in Russia e pensavo ne sentissi nostalgia. Ho creduto che qui ti sentissi a casa ».
Ivan sorrise morbido, chinando la testa per far cozzare i due caschi in plastica: avrebbe potuto insultare America in molti modi, spesso lo avrebbe fatto volentieri, ma non poteva negare che in certe situazioni Alfred avesse un cuore d’oro.
« Cпасибо… » gli sussurrò allontanandosi, fino alla propria metà del cerchio.
Alfred sorrise mentre il puck cadeva sul punto di ingaggio.






N. d. A.
Ed ecco il capitolo 18! Per questo capitolo l'ispirazione è arrivata subito, è bastao che voltassi la testa a sinistra per vedere la sciarpa della mia squadra del cuore e ricordando il palese fatto che sia Russia che Stati Uniti hanno una squadra di hockey tra le migliori al mondo. Perciò ecco un modo competitivo e non violento per accendere la rivalità.
Ringrazio TwoSpecialUnicorns per i commenti e tutti coloro che hanno messo la storia tra le seguite e le preferite, grazie sul serio! 
Ci vediamo domani con 19: in tenuta formale. Non dovrebbe essere difficile!
A domani

Marauder Juggernaut.

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Capitolo 19
*** 19 In tenuta formale - Un cappio al collo ***


19 In tenuta formale - Un cappio al collo




Alfred odiava in qualsiasi modo possibile ogni capo di abbigliamento formale.
Odiava la giacca che impediva i movimenti, detestava la camicia che stringeva troppo sull’addome (le sue perlomeno; quella presa a Ivan era perfetta), non sopportava i pantaloni che gli fasciavano le gambe e quelle scarpe di vernice estremamente scomode che gli facevano rimpiangere le Nike tenute in camera. Dopo qualche ora di meeting diventavano impossibili da portare.
Ivan, a differenza sua, portava alla perfezione qualsiasi capo di abbigliamento da dress code.
L’americano ogni tanto lo spiava, quando si trovavano nella stessa camera d’albergo.
Lo trovava estremamente invitante quando faceva sparire ogni volta una porzione di petto a ogni bottone infilato nella rispettiva asola, sempre più tentato di avvicinarsi e vanificare tutto il suo lavoro, chiudendogli la bocca con un bacio se avesse provato a protestare.
Oppure anche quando, delicatamente e continuando a guardarsi allo specchio, alzava il colletto della camicia per far passare quella sottile striscia di stoffa scura—
Alfred aveva sempre avuto un problema con l’indossare le cravatte. Le sentiva sempre strette attorno alla gola e non riusciva quasi mai a misurare giustamente la lunghezza. Senza contare che ingarbugliava costantemente il nodo, finendo per aggrovigliarlo e lasciarlo come veniva, cercando di dare una parvenza dignitosa.
In quei casi, c’era bisogno spesso di un intervento.  Un tempo sarebbe giunto Arthur che con uno sbuffo seccato avrebbe annodato la cravatta della ex colonia e se ne sarebbe andato.
Ora c’era il russo. Il russo che con un sorriso supponente si avvicinava più di quanto fosse necessario.
Posava le grandi mani sul petto di Alfred, facendole scorrere fino alla striscia di stoffa, sussurrando piano e con una vena di scherno su come fosse possibile che in trecento anni non avesse ancora imparato. Le dita si muovevano veloci a creare il formale nodo Windsor, per poi arrivare a stringere il cappio vicino al collo, con un fruscio di cotone.
Alfred in quei casi non ci vedeva più: « Perché indossi la cravatta se sopra metti la sciarpa? ».
Ivan rise, baritonale e malizioso: « La cravatta è per dopo il meeting ~ »
« C-Cosa vuoi fare dopo il meeting? » un rivolo di sudore freddo colò lungo la tempia di Alfred.
« Lo scoprirai … ne sarai diretto protagonista ~ » un’altra risatina a labbra chiuse da parte dello slavo, quasi un mormorio ovattato, mentre se ne usciva dalla stanza che condividevano clandestinamente « Spero solo che la testata del letto regga… ».
Alfred sentì il bisogno di allentare il nodo alla cravatta.






N. d. A.
Eccoci qui col capitolo 19. In tutta onestà, trovo improbabile sia che Alfred in trecento anni di esistenza non sappia annodare le cravatte sia che Ivan faccia promesse di bondage dopo il lavoro... no, in realtà in parte sì, ce li vedo.
Grazie ancora a chi segue e in special modo a Elisir86 e TwoSpecialUnicorns!
Domani abbiamo 20 - Ballando. Domani probabilmente aggiornerò molto presto, dato che sarò poi impegnata a festeggiare il mio invecchiamento.
A domani!

Marauder Juggernaut

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Capitolo 20
*** 20 Ballando - Ritmo Swing ***


20 Ballando - Ritmo Swing



Se ne stava seduto al bancone del locale con un long island ice tea a portata di mano, osservando corrucciato la scena, in silenzio. In religioso silenzio, per non dover ammettere il proprio errore di valutazione. Non doveva accusare l’americano di non saper apprezzare alcun tipo di danza, quando l’aveva visto così annoiato e lamentoso come un bambino  all’esibizione de “Lo Schiaccianoci” di Tchaikovsky. Non doveva accusarlo affatto, perché proprio in quel momento Ivan guardava l’americano mentre smontava la sua tesi. Quei movimenti concitati, quel ritmico scuotersi dei corpi, quei volteggi e quelle giravolte stavano ammaliando il russo, che dal canto suo tratteneva quell’ammirazione dietro una maschera di finta indifferenza.
Non avrebbe mai ammesso apertamente che lo affascinava come l’allenato fisico di Alfred si dimenava nella foga della musica del sassofono, come le sue gambe si agitavono prese dal ballo.
Non avrebbe mai detto ad alta voce, all’americano in questione soprattutto, quanto lo trovasse bello con i pantaloni neri, la camicia e le bretelle scure che si tendevano sui suoi pettorali.
Ancor meno avrebbe affermato di sentire, all’altezza dello stomaco, una sensazione di fastidio non appena posava lo sguardo sulle mani intrecciate di Alfred e della sua occasionale partner, che sembrava non volersi scostare da lui per nulla al mondo. Non avrebbe mai fatto sapere ad anima viva che quella che corrodeva lo stomaco come acido caustico era gelosia.
Lo vide tornare di corsa da lui, non prima di aver baciato con dolce reverenza il dorso della mano della compagna di ballo, che gli sorrise civettuola.
Alfred si slanciò sullo sgabello accanto a Ivan, con un gran sorriso soddisfatto e il volto visibilmente accaldato.
« Questo si chiama Swing… ».
L’americano li aveva notati gli occhi ametista che avevano perforato lui e soprattutto la partner con sguardi di fiamma.
Alfred non avrebbe mai detto ad alta voce che gli piaceva quando il russo fremeva di gelosia.
Si avvicinò a lui, rubandogli il long island, sorseggiandolo lentamente prima della sua proposta.
« Shall we dance? ».







N. d. A.
E anche il 20 è andato! Mancano dieci giorni alla fine del mese, spero di farcela!
Mi auguro che il capitolo vi piaccia e mi sento una brutta persona a non rispondere alle recensioni, ma lo farò. Intanto ringrazio TwoSpecialUnicorns che continua a lasciarmene e affermo che il premio per te è in cantiere, solo che mi soddisfa sempre poco, quindi ci vorrà ancora un po' di tempo!
A domani con 21, Cucinando.

Marauder Juggernaut

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Capitolo 21
*** 21 Cucinando - Questione di coltelli ***


21 Cucinando - Questione di coltelli



Ivan doveva ancora abituarsi a molti aspetti di quella sua nuova relazione con l’americano. Doveva ancora abituarsi a vederlo uscire dal suo bagno, appendere la giacca accanto alla sua sull’appendiabiti e vederlo ogni tanto preparare la tavola per due.
Doveva ancora abituarsi soprattutto a vederlo piombare in casa sua ogni tanto senza avvisare e all’improvviso.
(“Devi cambiare posto dove tenere le chiavi, commie, sotto il vaso è troppo facile”).
Irrompeva con la foga di un uragano, incurante di chiedere il permesso per presentarsi in quel modo in casa sua, cogliendolo in situazioni più o meno quotidiane, più o meno intime. Non che gli dispiacesse se entrava in doccia con lui, tutt’altro, ma se come in quel momento capitava in cucina quando reggeva tra le mani un coltello sporco di sangue di vitello, potevano esserci fastidiose e indesiderate conseguenze.
La presa della mano del russo attorno al manico si allentò per qualche istante, colto dalla sorpresa di sentire due braccia che si serravano attorno alla sua vita.
« Sai che sono armato, vero Jon- ».
Non ebbe il tempo materiale per concludere la frase che già le labbra dell’americano avevano prepotentemente occupato la sua bocca.
La mano di Alfred andò ad accarezzare dolcemente la mandibola, obbligando Ivan a chinarsi un poco verso di lui, posando la lama.
Da alcuni primi istanti di delicatezza, la tensione esplose. Alfred cercò la sua lingua con la propria, coinvolgendolo in un bacio violento e sensuale da rasentare l’osceno. Alfred era giovane, a volte tendeva a dimenticarlo. Ormoni in visibilio e un temperamento audace che lo portavano a cercare la libido con il compagno dopo mesi di astinenza per restare fedeli a quella promessa che si erano fatti come uomini.
Lo prese per le cosce, portandolo a sedersi su uno dei ripiani della cucina, soffocando tra le bocche un mugugno di soddisfazione del più giovane.
Era tentato, Ivan, di prenderlo contro lo stesso muro della cucina, ma non era il caso, non in quel momento.
Infatti si staccò dall’americano, rifiutandolo unicamente perché aveva un pranzo da portare a termine, pranzo diventato per due ormai.
Alfred lo fissò imbronciato prima di osservare dalla propria posizione il tagliere dove ancora giaceva il pezzo di carne da fare a pezzi.
Saltò giù dal ripiano, avvicinandosi alla postazione di lavoro.
« Cosa stavi cucinando? » domandò, prendendo tra le mani il coltello e osservando la lama ancora macchiata di sangue.
Il russo si fermò dietro di lui, prendendo per il polso la mano che reggeva il coltello: « Vitello alla Stroganoff, meno complicato da fare di quanto si immagini. » e detto questo, guidò gentilmente la sua mano a tranciare di netto la carne.
Alfred annuì, sentendo i muscoli del petto dello slavo contro la propria schiena e le sue braccia quasi avvolgerlo in un abbraccio.
« Ho capito … commie? »
« Da? »
« Hai un coltello anche in tasca o sei solo contento di vedermi? ».





N.d.A.
Ed ecco il 21esimo capitolo. Scusate il ritardo, ma ho avuto alcuni impegni ^^'
Non sono molto sicura di questo capitolo, ma spero piaccia anche se è scritto in fretta  e furia!
Grazie ancora ad _Akimi, Elisir86 e TwoSpecialUnicorns per tutte le recensioni che mi lasciano!
A domani con 22 In battaglia fianco a fianco...per due nazioni guerrafondaie come loro non deve essere difficile, soprattutto visto le vicende della metà dello scorso secolo che li hanno visti come protagonisti.

Marauder Juggernaut

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Capitolo 22
*** 22 In battaglia fianco a fianco - Divisione ***


22 In battaglia fianco a fianco - Divisione

 

18 Maggio 1945

Berlino era fango e cenere, era calcestruzzo crollato sull’asfalto divelto dai cingoli dei carri armati di perdenti e vincitori. Berlino era una città infernale, era una nuova Gomorra sulla quale non si era abbattuto il giudizio divino, quanto più quello degli uomini che tenevano in mano il destino del mondo.
Gli aerei degli Alleati avevano rombato per giorni, vomitando tonnellate di esplosivo che si era abbattuto imparziale su militari e civili ignari.
Notti intere passate con la paura che comprimeva il petto, per poi liberarsi in puro terrore negli sguardi persi dei cittadini che vedevano la capitale invasa dalle forze sovietiche che la reclamavano come propria.
Ivan aveva ancora nelle orecchie le parole di Stalin e di Konev.
Dunque chi prende Berlino? Noi o gli Alleati?
Saremo noi a prendere Berlino e la prenderemo prima degli Alleati!
Lo slavo aveva quasi riso della rassegnazione negli occhi celesti di Germania e il disgusto in quelli carminio di una nazione destinata a scomparire da lì a breve. Rideva e sentiva bruciare di sangue amaro le ferite che i fratelli teutonici e i loro compagni gli avevano inflitto. Tre fori di proiettile all’altezza del cuore lo avevano quasi condotto per mano verso la morte, ma lui si era rifiutato di seguire quella direzione, testardo come l’inverno che gli scorreva nelle vene. Coi geloni alle dita, il sangue rappreso in bocca e lo sguardo carico d’odio, aveva dimostrato che nessuno al mondo poteva comandare nella sua terra. In tanti avevano provato, chiunque aveva fallito.
Se ne stava seduto su un cumulo di macerie mentre ascoltava il rumore ovattato delle sue bandiere rosse che dominavano il cielo di Berlino ormai cobalto e striato dalle tracce di gasolio degli aerei americani.
Eccolo che si avvicinava, fiero nel proprio portamento, col bomber di pelle graffiato dai proiettili evitati al millimetro.
Lo osservava dal basso, per poi scalare lui stesso quella montagna di detriti, tastandosi le tasche alla ricerca di uno spiegazzato pacchetto di sigarette. Ce n’era una sola dentro.
Col viso ancora annerito dal fumo, ma con gli occhi sempre brillanti e puri come quelli di un bambino, gliela porse dopo averla accesa con il metallico scatto dell’accendino: « Ce la dividiamo? ».
Dalla posizione seduta, il sovietico alzò la testa per osservare meglio i lineamenti dell’americano, deturpati appena da graffi e piccole bruciature: occhi di un bambino sognatore, il viso di un uomo che ha consumato l’ultima dose di speranza, vedendola realizzata.
« Chi fuma tabacco vale meno di un gatto… ».
Alfred si sedette accanto a lui, espirando il fumo inghiottito, passandogli poi la stecca di tabacco: « Infatti io e te siamo due poveri cani… ».
Ivan la accetto, portandola alle labbra: due vincitori, ma esausti di un mondo bieco che li metteva sempre a capo di squadroni di morte.
Espirò il fumo che per un istante gli offuscò la visione su i resti di una Germania stremata e in ginocchio. Una Germania ai loro piedi.
Il sovietico si passò la lingua sulle labbra impregnate di tabacco, non sorprendendosi nemmeno di sentire le delicate dita di Alfred tentare di sfilare la sigaretta dalle sue mani.
Gliela cedette, invitando col lo sguardo l’americano a osservarsi attorno: « Ce la dividiamo? »
America annuì: « Prendo il territorio a Sud-Est ».






N. d. A.
Ed eccoci col 22esimo capitolo. Da qui fino al 25esimo ci saranno digressioni storiche fino ai nostri giorni, che verranno trattati appunto nel capitolo numero 25.
Piccole precisazioni stroriche: nella battaglia di Berlino non parteciparono gli americani in maniera fortemente attiva. Si parla solo di sparsi raid aerei, ma nemmeno così tanti. Le forze in campo furono Naziste da una parte e Sovietiche dall'altra, in una battaglia che si dilungò dal 16 aprile del '45 fino all'8 maggio dello stesso anno, quando ci fu la resa definitiva del Terzo Reich e la conclusione della guerra in Europa.
Ho cercato su internet, ma in un giorno non sono riuscita a trovare una data effettiva in cui le truppe americane sono entrate a Berlino, perciò la data in alto è inventata e il primo incontro tra Alleati e Sovietici avvenne il 9 aprile del '45 a Torgau... ma io ho trovato più significativo farli incontrare a Berlino pochi giorni dopo la fine della guerra in Europa, in quanto la fine ufficiale della WWII è datata 2 Settembre del 1945 con la resa dell'Impero Giapponese.
Quando verso la fine parlano della divisione, non si stanno riferendo alla città, ma all'intera Germania.

Detto questo ringrazio _Akimi, Dani-dianime e TwoSpecialUnicorns per aver recensito gli scorsi capitoli e ci vediamo domani con 23 Litigando.

Marauder Juggernaut.

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Capitolo 23
*** 23 Litigando - Oltre il muro e le apparenze ***


 

23 Litigando - Oltre il muro e le apparenze


13 Agosto 1961

America appoggiò la mano al muro, furibondo.
I denti tormentarono per l’ennesima volta il filtro della sigaretta e le dita si strinsero a pugno facendo stridere la pelle dei guanti.
Nonostante avesse lucidato da poco le lenti degli occhiali, non ci vedeva più, ma per la rabbia del gesto del sovietico dall’altra parte.
« Ti sembra una cosa matura da fare?! ».
La voce di Ivan arrivò calma e placida, come se non gli importasse nulla della situazione.
« L’unica cosa sensata… »
« Per fare cosa?! »
« Tenerti lontano ».
La freddezza di quelle parole trafisse il petto dell’americano come una stilettata di ghiaccio. La sua voce così distaccata gli seccò la gola e per alcuni istanti non riuscì ad articolare suoni sensati.
Solo quando sentì la saliva inumidire ancora la gola e le corde vocali, riuscì a parlare ancora: « Chi è che sta parlando? L’Unione Sovietica o Ivan Braginskij? Chi dei due mi vuole morto?! ».
I secondi passarono con la lentezza delle ore, gocciolando nell’aria come un lavandino rotto, con la medesima, snervante cadenza.
« Allora?! »
« Sia l’Unione Sovietica che Ivan Braginskij vogliono vedere in ginocchio l’America… ».
La verità fu amara. Si incagliò nel cemento tra i due, rimanendo lì impressa perché la ricordassero entrambi.
Alfred avrebbe negato che gli stessero quasi salendo le lacrime. Non doveva accadere una cosa simile, doveva essere forte, molto più forte di lui.
Il sovietico alzò lo sguardo al cielo, affascinato dalle prime stelle che si accendevano nella sfumatura cobalto del cielo.
« Sono splendide, non pensi? Noi le abbiamo viste da vicino… ».
Non ci fu bisogno di spiegare a cosa si riferisse: anche se non potevano vedersi, era certo che l’americano avesse cominciato a guardare il cielo a sua volta.
Un ringhio frustrato da parte dell’altro lo fece quasi ridere.
« La vedi quella? » Ivan non avrebbe potuto notare il braccio alzato dell’altro; lo immaginò, però, che puntava il globo argenteo che riluceva più degli altri: « Io andrò là sopra! ».
Ivan rise sul serio, appoggiando la mano al muro: « Non accadrà mai… »
« Credici! E quando accadrà piangerai davvero! … commie? »
« Дa? ».
Alfred deglutì: « Ivan Braginskij vuole vedere morto anche Alfred Jones? ».
Ivan si allontanò dal muro in silenzio, oltrepassando anche la seconda barricata, mentre un “Nyet” sussurrato veniva portato dal vento fino a Berlino Ovest. Non seppe mai dire se quella dichiarazione raggiunse il destinatario.
Ivan chiuse la porta.




N.d.A.
Ed eccoci al capitolo 23! Penso che questo possa essere identificato come il più grande "litigio" tra Unione Sovietica e America e la data in alto è quella dell'innalzamento del muro di Berlino (infatti il muro che si intende è proprio quello). Io ho scritto come se Ivan e Alfred fossero da una parte e dall'altra del muro, quindi ho immaginato che entrambi fossero dalla parte americana ( Il muro di berlino era composto da una doppia cinta muraria nella quale intercorreva una zona sorvegliata di circa trenta metri con filo spinato e mine).
Ovviamente i riferimenti alla luna e le stelle riguardano la corsa allo spazio che le due superpotenze intrapresero in quegli anni.
La "porta" che "chiude" Ivan è la porta di Brandeburgo a Berlino, che rimase chiusa appunto dal '61 all' '89.
Ci vediamo domani con il 24esimo capitolo Facendo pace, per la gioia di TwoSpecialUnicorns che si domandava perché non ci fosse questo prompt: eccolo pronto per domani mia cara e ti ringrazio per aver recensito come ringrazio anche Elisir86.
A domani

Marauder Juggernaut.

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Capitolo 24
*** 24 Facendo pace - Solo questo ***


24 Facendo pace - Solo questo 

 
9 Novembre 1989

Le urla di gioia si alzavano come le luci dei fari nella notte di Berlino. Nella notte che cambiava le carte in tavola e che rivoltava le credenze del mondo intero.
Alfred aveva avuto la meglio in quel litigio che era durato quasi cinquant’anni.
Il cemento era crollato e dopo ventotto anni famiglie si ritrovavano, si abbracciavano e piangevano, lacrimavano per una ritrovata libertà e unione.
Ad America interessava la cosa, ma solo relativamente. Anche lui era alla ricerca, forse vana, di qualcuno.
Probabilmente sarà stato a Leningrado, questo qualcuno, a compiangere se stesso su un mondo in rovina.
« Cerchi qualcuno, Amerika? ».
O forse questo qualcuno lo stava a osservare sopra uno dei frammenti di muro rimasti integri, tra due voragini aperte per cercare più facilmente e velocemente una via di fuga.
« Come sei arrivato lassù? »
« Vuoi salire? » Ivan eclissò abilmente la domanda, spostandosi di lato su quella maceria per fare posto all’altro, che con un salto riuscì ad appigliarsi il bordo del muro e issarsi con l’aiuto del russo.
Si osservò attorno: la cinta era un colabrodo a quell’ora della sera; picconi e caterpillar stavano facendo a pezzi i rimanenti blocchi di cemento.
« Perché qui? » domandò l’americano, togliendo gli occhiali per ripulirli e infilarli di nuovo.
La festa a Berlino sarebbe durata per tutta la notte probabilmente, tra le grida di gioia e le lacrime di dolore per tristi verità rinvenute.
Alfred aveva visto sulla cima del muro, prima, due ragazzi abbracciarsi, stringersi come se non volessero mai più lasciarsi andare: sul viso di Ludwig erano scomparsi i segni di ventotto anni di preoccupazione, su quello di Gilbert c’erano la felicità e la disperazione di un destino per lui ormai ineluttabile.
« Perché da qui si vede meglio dove mi hanno portato gli errori che ho commesso… ».
La sorpresa si dipinse sul viso di Alfred: lo sguardo gli era caduto sul fianco destro di Ivan dove un fiore di sangue scarlatto sbocciava al di sopra della stoffa dei vestiti. Non diede a vedere alcun turbamento, ma probabilmente Ivan capì dove erano finiti i suoi occhi: « Me l’hanno fatta Prussia e Germania … non li biasimo troppo. »
« Tirerai le cuoia da qui a qualche anno? Mi faresti un favore! »
« Per tua sfortuna, Jones, non credo che accadrà … di certo non starò bene, ma non scomparirò quello toccherà a Prussia. »
« Sei un mostro… »
« Lo siamo entrambi… ».
Alfred, esausto, appoggiò la testa sulla spalla di Ivan, che sbuffò una risata: « Ti sono mancato in questi anni, Jones? ».
« Ivan Braginskij è arrabbiato con Alfred Jones in questo momento? »
« L’Unione Sovietica lo è … Ivan è solo esausto. »
« Ma non è arrabbiato con me, vero? »
« Sì, lo è… »
« Gli passerà? »
« Probabilmente sì… »
« Mi basta sapere solo questo… ».






N.d.A.
Ed eccoci al capitolo 24 e inizia il countdown per l'ultima settimana della fic! La data in alto è ovviamente quella della caduta del muro, che simboleggia a grandi linee la fine della Guerra Fredda e l'inizio della caduta dell'Unione Sovietica e quindi anche l'inizio della distensione dei rapporti tra le due superpotenze...
Detto questo, ringrazio ancora le due donzelle Elisir86 e TwoSpecialUnicorns per i loro pareri <3 e noi ci vediamo domani con 25: guardandosi negli occhi!
A domani

Marauder Juggernaut

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Capitolo 25
*** 25 Guardandosi negli occhi - Sentirsi vivi ***


25 Guardandosi negli occhi - Sentirsi vivi



2016, Texas

Quando si trovavano nel ranch di Alfred, di notte, erano circondati dal silenzio e dalla solitudine per chilometri e chilometri. Quando, insieme, volevano allontanarsi dal mondo, andavano lì, in mezzo alla sabbia e le stelle, splendide viste dal tetto.
Quando volevano abbandonarsi l’uno tra le braccia dell’altro, andavano lì, dove non c’erano occhi indiscreti se non quello della luna che avrebbe fatto da silenziosa testimone.
Affamati l’uno dell’altro, potevano non lasciare il letto per giorni.
Ivan si assopiva nel torpore che seguiva il coito e Alfred se ne stava irrigidito e quieto al suo fianco, provando a limitare i movimenti per almeno i primi minuti.
Si voltava poi su un lato ad osservare il suo fisico scultoreo, sondando con gli occhi ogni muscolo che si distendeva nella quiete del dormiveglia, fissava il suo petto alzarsi e abbassarsi al ritmo del respiro via via sempre più regolare.
Non frenava la curiosità allora, Alfred, e percorreva i tratti delle cicatrici con la mano sicura di chi non sarebbe stato fermato: ormai Ivan era abituato anche al più intimo e invadente dei suoi tocchi, anche se era sempre un po’ restio a farsi accarezzare le ferite, tranne che da Alfred.
Le dita sfioravano l’intricato disegno di collari sottili attorno al collo, così chiari e fragili come gusci d’uovo, come se dovessero aprirsi ad ogni soffio di vento troppo forte. Alfred aveva sempre paura di mordergli il collo in un istante troppo focoso dei loro amplessi.
Ivan subito apriva gli occhi, ma non diceva nulla, si limitava a guardarlo.
Scendeva poi col dito a rimarcare la linea dei pettorali e i tre fori di proiettile vicino al cuore, tre crateri di pelle nivea e liscia che lo avevano quasi portato alla morte: Leningrado, Mosca e Stalingrado. Prussia e Germania avevano avuto la mano pesante. La falange si spostava poi a stuzzicare dispettosa il aureola di carne ancora turgida per le stimolazioni di pochi minuti prima. Scendeva poi la linea dello sterno fino a impuntarsi sulla cicatrice più recente, sul fianco, ancora molle e cedevole se ben tastata, il segno di un mondo intero crollato poco più di vent’anni prima.
Il russo allora alzava a sua volta la mano, socchiudeva gli occhi e cominciava il proprio percorso, sentendo sotto i polpastrelli le urla di migliaia di vittime innocenti non appena sfiorava due punti sotto la clavicola dell’americano, per poi avvertire gli spari di Fort Alamo sulla spalla e le deflagrazioni di Pearl Harbor sotto la scapola.
Avrebbero potuto essere cancellati già da tempo, loro due, bastava solo che uno di quegli attacchi di cui portavano il segno fosse andato più a fondo.
Ma in quel momento Ivan apriva sempre gli occhi, rivelando quelle iridi pure e bestiali, indaco come i cieli di San Pietroburgo al crepuscolo. Cercava il mare in tempesta che si dimenava negli occhi di Alfred, l’esplosione di vulcani attivi che si legava alle onde dei maremoti del Pacifico che lambivano le coste di entrambe le nazioni. Nelle loro pupille che si incatenavano con uno sguardo assoluto, si potevano leggere tutti i secoli di storia che avevano visto trascorrere.
Alfred allora baciava Ivan, per poi staccarsi infastidito per quella fastidiosa presenza tra le gambe del russo che aveva cominciato a dare bella mostra di sé nonostante, come si ostinasse a ricordargli, i suoi tocchi non volevano avere valenza erotica, solo una ricerca silenziosa nel suo passato così fragile, che tendeva a svanire, e così solido, che non cambiava mai.
Ivan lo riprendeva pacato dicendogli che non poteva di certo restare impassibile se lui lo toccava a quel modo, non importava con che intenzioni lo facesse. Ma lo prendeva poi per i fianchi, sistemandolo sul suo bacino, guidandolo sul suo volere senza ricevere nemmeno un’ombra di rifiuto.
Posava la mano destra sul cuore dell’americano, sentendolo battere a ritmo forsennato, agitato per la situazione e il fruscio delle lenzuola che cadevano e li svelavano nudi alla luna. Il fiero palpitare imitava i tamburi sul suo palmo. Lo guardava ancora in quegli occhi splendidi e così giovani rispetto ai suoi che avevano visto passare le epoche: occhi che avevano già visto in faccia la morte, che avevano guadato fiumi di sangue di connazionali scorsi sulle loro mani. Gli occhi di chi si trovava sull’orlo di un baratro, col rischio sempre più palpabile di cadervi all’interno. Occhi così simili ai suoi. Occhi di chi rischiava di morire ogni giorno aiutato dalle proprie mani e da un passo falso.
Ma Ivan sussurrava sempre la stessa frase, spezzata tra i denti, le stesse parole che diventavano polvere e vetro che sarebbe durato nei millenni, mentre sentiva il cuore fiero di Alfred pulsare nella sua mano, mentre faceva l’amore con lui per l’ennesima volta in quella notte in cui erano circondati da solitudine, silenzio, stelle e sabbia.
« Non pensarci adesso, Alfred. Ora devi solo sentirti vivo ».







N.d.A.
Eccoci col nuovo capitolo, il 25, che, detto tra noi, è il mio preferito in assoluto, anche perché ho voluto toccare il tema delle cicatrici di entrambi, tema che mi è sempre piaciuto moltissimo e ho deciso di farlo nel capitolo "guardarsi negli occhi" inteso anche come scorgere il passato e capire/sapere tutto di una persona.
Questa flash è collocata ai giorni nostri ed è il seguito delle due precedenti.
Le cicatrici di cui ho parlato sono headcanon che io ho per quei due personaggi.
Ringrazio TwoSpecialUnicorns che continua a recensire e so che questo capitolo non è una flashfic, ma mi sono fatta prendere la mano.
A domani con 26, sposandosi.

Marauder Juggernaut.

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Capitolo 26
*** 26 Sposandosi - Amore e delirio a Las Vegas ***


26 Sposandosi - Amore e Delirio a Las Vegas




Potevano stare allo scherzo, almeno per una volta; non prendersi troppo sul serio.
Alfred stava per scoppiare a ridere quando gliel’aveva proposto, con la mente probabilmente annebbiata dai fiumi dell’alcol e dalle luci intermittenti di quella città senza sonno e senza tempo.
Ivan mal sopportava il gioco d’azzardo, odiava Las Vegas perché così completamente fuori controllo, la città del peccato dove i soldi e il controllo del denaro erano qualcosa di relativo.
Las Vegas era il lato imprevedibile e sfrenato di Alfred, che senza remora si sedeva al tavolo di velcro verde e cambiava migliaia di dollari con fiches brillanti, pronte per essere puntate senza ritegno.
“Questa è al città dei miracoli! Qui tutto è possibile!”
Quella era la sua sin city, dove tutto era lasciato al caso, all’alcol e al rumore di macchine costose che viaggiavano sulla Streep, trenta piani sotto di loro che si erano nascosti sul tetto di uno di quegli hotel di lusso a bere e a scambiarsi parole più o meno divertite, più o meno gravi.
« Ehi, commie! Sai che qui la gente si sposa per sbaglio? »
« Siete americani, non ne sono molto sorpreso… »
« Però di solito quando lo fanno entrambe le parti sono ubriache fradice »
« Come te adesso? » domandò con un sorrisetto Ivan, prima di mandare giù una grossa sorsata di vodka, che gli scaldò la gola e gli riempì lo stomaco.
Alfred sbuffò infastidito, bevendo il proprio bourbon stando attento a non sporcare lo smoking che aveva indossato per l’occasione.
Il russo tornò a guardare gli ipnotici fanali di tutte le vetture che sfrecciavano sotto di loro, tenendo serrato tra le dita il collo della bottiglia di vetro, ma si voltò quando un insolito silenzi calò su loro due, sempre consì ansiosi di punzecchiarsi un poco per godersi le reazioni dell’altro.
Di certo non si aspettava di vederselo in ginocchio, con le gote lievemente arrossate a causa del whisky, con gli occhi che rilucevano sotto i mille riflettori di quella città fuori dal mondo.
« Cosa stai facendo, Jones? » la domanda fu più che ovvia.
« L’hai detto tu, no? Sono ubriaco fradicio! » rispose convinto l’americano sull'orlo delle risate, cercando la mano sotto lo sguardo scettico dell’altro, che però lo lasciò fare, curioso di conoscere il seguito di quella scenata.
« E quindi? »
« Che c’è? Nella vostra landa desolata non ci si inginocchia quando si chiede a qualcuno di sposarlo? ».
« Di solito lo sposo si inginocchia di fronte alla sposa, non il contrario… »
« Appunto! La sposa sei tu! » rispose pronto Alfred, non riuscendo più a trattenere le risate e scoppiando a ridere, scoprendo i denti candidi e regolari.
« Non penso proprio… » rispose calmo, ma sentendosi comunque punto sul vivo.
Alfred sbuffò ancora, ormai stanco di restare in quella posizione: « Commie, cominciano a farmi male le gambe, accetti sì o no?  Tanto quello che succede a Las Vegas resta a Las Vegas! ».
Per tutta risposta Ivan si allontanò verso la porta, ma non sfuggì ad Alfred quel sinuoso assenso sussurrato che sparì nel vento secco della città del peccato. America sorrise soddisfatto e compiaciuto.
« Dove vai ora? »
« Non vuoi festeggiare la prima notte di nozze, Jones? ».






N.d.A.
Ed eccoci col capitolo 26. Forse molti si aspettavano un matrimonio vero dato che solo pochi mesi fa è passata la legge sulle unioni civili in tutti i 50 stati americani, ma ho voluto fare qualcosa di meno serio in quanto uno dei personaggi è pur sempre Russia perché, in tutta onestà non ce lo vedo a sposare seriamente Alfred. Quindi ho usato la città del peccato del Nevada dove tutto è possibile e come ci hanno insegnato molti film americani (?) se si è ubriachi a LAs Vegas ci si sposa in automatico (?). Ovviamente il titolo è una storpiatura del film "Paura e Delirio a Las Vegas" che se non avete visto consiglio caldamente di guardare!
Ringrazio ancora TwoSpecialUnicorns per le recensioni e ti confermo che la fanfic è quasi finita ~
Ci vediamo domani col prompt 27 (oddio di già, quasi non ci credo), a uno dei loro compleanni!
A domani

Marauder Juggernaut

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Capitolo 27
*** 27 A uno dei loro compleanni - Nessun bluff ***


Dopo la lettura, leggete anche la spiegazione in fondo prima di darmi per matta...-?-


27 A uno dei loro compleanni - Nessun bluff


30 Dicembre

« Sei diventato ancora più vecchio, commie! ».
La perentoria sentenza dell’americano non gravò minimamente sulle spalle di un disinteressato russo che osservava quell’enorme pacco che Alfred aveva portato a casa sua. Il sole stava calando, un ultimo spicchio di raggi illuminava i tetti di Mosca, ma rischiava ogni secondo di essere coperto dalle nubi che rischiavano di far cadere il loro gelido carico da un momento all’altro.
Loro però erano al caldo nella confortevole casa del russo che osservava ancora stranito il regalo che gli aveva fatto America. Vi posò la mano sopra la mano, saggiandone la consistenza, ignorando lo sbotto infastidito dell’altro che lo invitava ad aprirlo e a non restare lì a fissarlo ancora chiuso.
« Non è una bomba … più o meno ~ ».
Ivan lo fissò scettico, prima di guardare ancora il regalo, ma con una vena di sospetto più marcata rispetto a prima.
Tolse con delicatezza la carta colorata e brillante, sentendola scrosciare sotto i guanti, rivelandone il contenuto.
Dire che fosse sorpreso era dire poco. Fissò per alcuni secondi l’oggetto, prima di rivolgere una sguardo interrogativo ad Alfred.
« È di legno… »
« Be’, volevi forse che te la portassi vera? ».
Ivan passò la mano sul legno levigato placcato di vernice grigia. Vi sfregò sopra il pollice, prima di guardare ancora Alfred.
« Spero che tu non ti aspetti un ringraziamento… »
« Perché? Non è un regalo gradito? ».
Ivan picchiettò nuovamente sul legno: « È un regalo insensato… ».
Alfred incrociò le braccia al petto, sentendosi un poco offeso e voltando di lato la testa, come se fosse convinto di aver fatto la scelta migliore: « Pensavo che ti avrebbe fatto piacere ricordare i tempi andati … e dato che è una riproduzione fedele, pensavo volessi vedere come ne era fatta una… ».
Il russo sospirò esausto, stanco di ripetere ancora una volta la medesima cosa.
Posò nuovamente la mano sulla riproduzione dell’arma di distruzione di massa: « Amerika, durante la Guerra Fredda non stavo bluffando: ce l’avevo sul serio la bomba atomica… ».





N.d.A.
Ed eccoci col nuovo capitolo!
Credo di dover dare una spiegazione al riguardo -> Questa storia mi è in reltà una rolefic, prendendo spunto da una role che io e la mia partner avevamo fatto per il compleanno del mio Russia, sul fandom di Facebook di roleplaying di Hetalia. Alfred aveva fatto un regalo a Ivan e dato che nemmeno la mia partner aveva deciso cosa fosse, è diventato un modello di bomba atomica. Da qui continuò un disagio che mi fece soffocare dal ridere, ma questa è un'altra storia...
Ringrazio ancora le mie tre pulzelle _Akimi, Elisir86 e TwoSpecialUnicorns che mi lasciano sempre recensioni e mi fanno sempre sorridere. Grazie sul serio!
Ci vediamo domani con il terzultimo capitolo: 28 facendo qualcosa di ridicolo.
A domani
Marauder Juggernaut
 

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Capitolo 28
*** 28 Facendo qualcosa di ridicolo - Richieste di restituzione ***


28 Facendo qualcosa di ridicolo - Richieste di restituzione




Alfred era dell’opinione che non ci fosse nulla di meglio di un giorno weekend soleggiato. Trovava splendido alzarsi a un’ora considerata universalmente indecente come l’una e mezza del pomeriggio dopo aver passato un’elettrizzante nottata a girare per le strade della città fino alle quattro del mattino.
Non riusciva a togliersi dalla bocca il sorriso, Alfred.
Gli slanci di esaltazione potevano toccare picchi di felicità incredibili e la solitudine della casa vuota gli permetteva di fare ciò che desiderava.
Anche le cose più ridicole.
Indossò i calzini bianchi di spugna sia per non sentire il contatto con il pavimento freddo sia per avere un’aderenza minore alle assi del parquet; li tirò fino quasi al ginocchio.
L’unica camicia abbastanza lunga che lo coprisse fino alle cosce non era nemmeno sua: perfetta per l’occasione. Ringraziò mentalmente il russo che non l’aveva ancora richiesta indietro.
Con un sorriso compiaciuto, scese al piano di sotto vestito unicamente di calzini, boxer e camicia.
Con passo sicuro si avvicinò all’impianto hifi del soggiorno, impostando il disco dei Ram Jam, alzando il volume e correndo fuori dalla stanza prima che la canzone iniziasse.
Scivolò sulle calze nella sala non appena sentì il primo accordo di Black Betty.
Al secondo accordo, imitò i movimenti delle dita sulla tastiera della chitarra, chiudendo gli occhi, ispirato da quel lapsus concertistico di air guitar.
Saltò sul tavolino non appena il cantante cominciò il testo, seguendo in playback le parole della canzone, sentendosi come sul palco del Madison Square Garden.
All’assolo centrale della canzone si inginocchiò sul tavolo muovendo forsennato le dita nell’aria sentendo nelle orecchie il boato di approvazione di 20000 spettatori…
…e un sarcastico applauso alle sue spalle.
L’americano gelò all’istante, voltando meccanicamente la testa con ancora con la musica che continuava in sottofondo.
Una chiave gli colpì la coscia scoperta.
Lo sguardo sorpreso e terribilmente divertito di Ivan lo fece arrossire d’imbarazzo su tutto il viso.
« Devi cambiare posto dove mettere le chiavi, Jones, sotto lo zerbino è troppo facile… ».
America boccheggiò alcuni istanti, non riuscendo ad articolare una parola sensata che lo aiutasse a uscire dalla vergogna.
Ivan si avvicinò lentamente, incrociando le braccia al petto senza smettere di sorridere supponente: « Allora, Amerika, mi ridai la mia camicia? ».






N.d.A.
Ecco il 28 e terzultimo capitolo della raccolta, spero vi abbia divertito! Personalmente, io ce l'ho come headcanon che America ogni tanto sia abbastanza esaltato da fare air guitar. E sicuramente diventa bordeaux se Russia lo scopre.
Per chi non ha una buona memoria, le parole di Ivan fanno il verso a quelle di Alfred nel capitolo 21.
Grazie ancora a TwoSpecialUnicorns per la recensione e a domani con il ventinovesimo e penultimo capitolo. 29 facendo qualcosa di dolce.
A domani

Marauder Juggernaut.

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Capitolo 29
*** 29 Facendo qualcosa di dolce - Bacio della buona notte ***


29 Facendo qualcosa di dolce - Bacio della buona notte



Ivan incrociò le braccia al petto, perentorio: « Nyet ».
« Cos-? Perché no? »
« Perché è una cosa ridicola… »
« Ma commie! Io ho voglia! »
« Fattela passare, io non lo farò. »
« Perché non lo vuoi fare con me in videochiamata … in effetti detto ad alta voce sembra grottesco… ».
Il russo scosse la testa, domandandosi come fosse possibile che l’americano, conoscendolo, credesse che avrebbe accettato.
Osservò ancora lo schermo del proprio computer: Alfred era nella stanza buia, illuminato unicamente dalla luce lattea del computer.
Lo slavo era a casa quel giorno, Alfred lo sapeva e non aveva esitato a chiamarlo poiché si sentiva al limite della sopportazione. Magari non lo diceva a parole, ma America lo faceva ben intendere con le sue azioni: avvertiva troppo spesso la mancanza del russo e la lontananza si faceva più pesante ogni giorno. Era come trattenere il fiato per lunghissimo tempo e poter dare una boccata d’aria solo quei pochi giorni in cui si vedevano, prendendo un respiro che avesse il profumo dell’altro, mentre si tenevano tra le braccia.
Ivan doveva inoltre tenere in conto un altro fatto: Alfred, la potente nazione americana, diventata troppo forte troppo in fretta, si ritrovava costretto nel corpo di un ragazzo poco più che adolescente, con tutti i suoi bisogni e le sue pulsioni. In effetti si stupiva della tenacia con cui l’altro riusciva a essergli fedele, nonostante i mesi interi passati senza vedersi.
Poi se ne usciva con idee idiote come voler provare ad aver un amplesso in videochiamata, pensiero che poteva nascere unicamente dalla mente contorta e vogliosa di Alfred.
Lo osservò ancora, per poi puntare gli occhi sull’orologio del computer e fare un rapido calcolo. A Washington dovevano essere le quattro e un quarto del mattino. Le occhiaie erano evidenti sotto i suoi occhi.
« Va’ a dormire, Jones, sei esausto… »
« Ma… ».
Lo sguardo serio e determinato di Ivan lo fece desistere da ogni tentativo di ribellione.
« Almeno me lo dai un bacio il bacio della buona notte? »
« Nyet. »
« Ma perché?! »
« Perché è ridicolo allo stesso modo… »
Alfred si imbronciò come un bambino: « Allora io non vado a dormire! »
« E io chiudo la videochiamata… »
« Non ne avresti il coraggio… »
« Scommettiamo? »
« E dai, commie, che ti costa?! ».
Ivan sospirò esasperato, arrendendosi: « Va bene… ».
Alfred sorrise vittorioso, avvicinandosi con le labbra alla telecamera del computer, quasi oscurandola.
Arrossendo per la vergogna, Ivan fece la stessa cosa, facendo schioccare piano le labbra.
L’espressione soddisfatta e contenta di Alfred lo fece desistere da qualsiasi altro commento che non fosse un semplice “Non farò mai più questa cosa…”.
« Goodnight, commie! » esclamò Alfred, chiudendo la videochiamata e andando a dormire con un sorriso.
Non farò mai più questa cosa.” … Ivan lo aveva detto anche tutte le volte prima.





N.d.A.
Ed eccoci col capitolo 29, nonché penultimo capitolo di questa storia e domani avremo l'appuntamento e, con mia somma tristezza, vi ricordo che domani è finito anche agosto. Ho la mezza idea che questo capitolo più che dolce fosse ridicolo, ma mi è venuto in mente e volevo provare a svilupparlo nonché a sottolineare ancora il loro problema della distanza.
Grazie ancora a TwoSpecialUnicorns per il commento e ci vediamo domani con l'ultimo appuntamento 30 - Facendo qualcosa di porno
A domani

Marauder Juggernaut

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Capitolo 30
*** 30 Facendo qualcosa di hot - Si domandano perché io ti ami ***


Oltre 13.000 parole
Oltre 70 recensioni
Oltre un migliaio di visualizzazioni complessive.
Ore intere passate a scrivere.
Guardate fuori dalla finestra: domani è settembre...


30 Facendo qualcosa di hot - Si domandano perché io ti ami



« Ivan… ».
Il russo era entrato poco prima. Si era attardato col proprio capo di stato a sistemare le ultime cose per il meeting del giorno dopo. Era tardi, saranno state le due di notte e l’americano era andato a dormire già da qualche ora, ma non dubitava che il letto lo avrebbe usato per altri scopi da quel momento in avanti. Erano mesi interi che non si vedevano e il desiderio era oltre il limite della sopportazione.
« Dimmi, Alfred » lo invitò a parlare lo slavo, mentre si spogliava dei pantaloni e dell’intimo, avvicinandosi al letto dove un già nudo Alfred lo accolse con un bacio profondo e gli allacciò le gambe alla vita.
Da qualche mese, non era raro che si chiamassero col loro reale nome nei momenti di intimità.
L’americano appoggiò la schiena al materasso, trascinando con sé l’altro, entrambi già eccitati al pensiero della notte movimentata che stavano per passare insieme.
Alfred sentì sulle natiche le dita di Ivan, gelide, che lo fecero tremare di piacere e aspettativa. Lo baciò ancora, perdendosi tra le coccole di quella bocca e di quella lingua che rischiavano di farlo impazzire ogni volta.
Tra i primi ansimi causati dalle labbra di Ivan che giocavano col suo petto, America pose ancora quella domanda che gli ballava nei pensieri da troppo tempo, anche se già conosceva bene la risposta: « La Russia non potrà mai amare l’America, vero? E nemmeno il contrario… ».
Russia si prese del tempo per rispondere, mentre ancora vezzeggiava il corpo del compagno con la lingua, scendendo sul suo addome e sulla sensibile pelle delle cosce.
« Mai… »
Alfred emise un gemito più forte quando sentì la bocca del russo avvolgergli il membro.
America si godette quella dolce ed estenuante tortura che gli fece perdere la ragione ogni secondo di più.
Lo allontanò dalle sue cosce, facendolo distendere, rispondendo a quel sorriso malizioso allo stesso modo, prima di farsi ancora serio.
« Ma Ivan può amare Alfred, giusto? »
« Дa ».
Il russo lo prese per i fianchi, posizionandolo sul suo bacino; Alfred ondeggiò sul suo volere, prima di accoglierlo dentro di sé: era grande, duro e bollente, Ivan.
America cercò la mano dello slavo, intrecciandovi le dita, sentendo il viso bruciare di calore.
« YA lyublyu tebya, Ivan ».
Il russo lo fissò sorpreso, prima di sbuffare compiaciuto, non resistendo al piacere e affondando in lui con la prima spinta, causando un alto gemito nell’altro
« Che pessima pronuncia » baciò delicatamente la sua mano « I love you too, Alfred. ».

 
Fine


N.d.A.
E con questo scrivo la parola "fine" a questa storia lunga un mese. Scritta in uno dei mesi più caldi dell'anno e fatta terminare in modo bollente, o almeno spero ~
Grazie di tutto e grazie di cuore, a voi che avete recensito, a voi che avete messo la storia nelle preferite/ricordate/seguite, grazie anche a voi che non avete detto nulla, ma avete letto.
Ho nuove storie che mi frullano in testa, non so dire quando arriveranno, ma aspettatele perché già alcune sono impostate!
Ringrazio ancora Elisir86 e TwoSpecialUnicorns per le recensioni allo scorso capitolo e tra poco risponderò a tutte le recensioni a cui non ho risposto negli ultimi giorni.
Vorrei poter dire che ci vediamo domani con un nuovo prompt, ma non lo posso più fare.

Solo, a presto.
Marauder Juggernaut

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