Crazy monster

di Carillioon
(/viewuser.php?uid=746088)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Prologo 
dopo aver visto il film Suicide Squat volevo sapere di più riguardo la storia tra Joker e Harley Quinn e ho cercato di riempire il buco con questa fanfiction. Spero vi piaccia. 

Le nuvole coprono il cielo di color grigio scuro che si avvicina al blu. Poca luce illumina le strade anche se il sole è già alto nel cielo. Una giovane donna scende dal taxi in quella zona malfamata di Gotham City. Si sta recando a lavoro all'Arkham Asylium, il manicomio della città. Qui sono rinchiusi tutti i peggior malati di mente e pazzi che si siano mai conosciuti. Si da quando era piccola Harleen Quinzel ascoltava i problemi degli altri e gli aiutava a risolverli. Come con la madre, quando il padre le abbandonò cadde in una depressione profonda e la bambina la fece uscire dall'oscurità. Da qual momento capì qual'era la sua strada e dopo grandi sacrifici, divenne psichiatra. Oltre a questa sua dote naturale, incrementò la sua passiona per la materia un'ossessione per i diversi, coloro che pensavano in modo strano, quasi malsano a dire degli altri. Grazie ai brillanti studi trovò lavoro quasi subito e da ormai un paio di anni era fissa in quella struttura. 
Stringendosi il cappotto blu entra nel grande edificio. I lunghi capelli biondi le volavano negli occhi. 
Dopo essersi messa il camice, sale le numerose scale che portano all'ufficio del suo capo, un uomo non molto comprensivo. Da settimane cercava di incontrare un nuovo ospite. Voleva scrivere un libro su di lui. La affascinava. Voleva studiarlo e riuscire a capire in fondo quello che lo ha trasformato nel nostro del Joker. Sapeva che questa era la volta buona, il capo le aveva telefonato la sera prima che avrebbe ricevuto una sorpresa e così fu. 
"Vuole vedermi?" Esclama sbattendo le porte dietro di se. 
"Si. Abbiamo compiuto varie analisi e molti esperti hanno deciso che il paziente Zero è pronto a ricevere visite faccia a faccia. Quindi si puoi incontrarlo quando vuoi"
"Grazie mille, non si pentirà. Uscirà un bellissimo libro. Grazie ancora" nella sua voce traspare quel raro entusiasmo che solo poche volte si lascia fuggire. 
Si sente così eccitata all'idea di poter parlare con quell'uomo, se si può definire tale, che le mani le tremano. Trascorre il resto della mattinata nel suo piccolo ufficio a leggere svogliatamente fascicoli di altri pazienti e compilando moduli per conoscere Mr J. Ogni dieci minuti si appunta nel taccuino delle domande da poter rivolgerli, utili per la sua opera. 
L'ora è arrivata. Si alza da quella poltrona di pelle rosso scuro quasi marrone, per dirigersi nei sotterranei. È lì dove sono i "prigionieri". Le guardie la scortano dentro una stanza blindata con solo un tavolino di metallo e due sedie. Nella parete c'è una piccola finestra che non da da nessuna parte e circondata da sbarre. Si accomoda nel posto più vicino all'uscita. Uno degli uomini le affida una specie di telecomando da premere in caso di pericolo è che loro sarebbero stati fuori dalla porta. Non gli era permesso ascoltare quei colloqui. Harleen inghiottisce la saliva per la paura. In quel momento vorrebbe non aver chiesto di trovarsi in quella situazione, ma ormai è troppo tardi. Altri due soldati entrano dalla porta opposta costruita solo di sbarre di ferro tenendo saldamente il pazzo per le braccia e lasciandolo cadere pesantemente sulla sedia. Indossa una camicia di forza che lo costringe a tenere le mani dietro la schiena. Tiene la testa bassa sul tavolino per poi alzarla con un sorriso gigante e inquietante mostrando i denti argentati. La ragazza è a bocca aperta, si sente indifesa a quella presenza, anche se quello in svantaggio è lui. Non riesce a togliere gli occhi di dosso. Ammira i capelli verdi tirati all'indietro, la pelle consumata dall'acido bianca cadaverica, i tatuaggi e la sete di potere e pazzia nelle pupille. 
"Uhm.. Sono la dottoressa Harleen Qunzel.."
"Ma che bel nome. Scommetto che i suoi amici la chiamano Harley" la interrompe sporgendo la testa verso di lei. 
"Oh.. Non ho molti amici" ammette con molto imbarazzo. 
"Beh Harley.. Ne ha uno" sorride di nuovo. È contagioso perché anche lei accenna un sorriso un po' timido. 
Era vero non ha molti amici. Ha sempre vissuto in solitaria e non era nemmeno una tipa molto socievole, colpa dell'infanzia difficile e della vita crudele. 
"Sono la sua nuova psicanalista e le vorrei fare qualche domanda, se non le dispiace.."
"Non ho niente di meglio da fare e non credo di uscire presto. AH AH AH" scoppia in una fragorosa risata che riesce a penetrarti le ossa e rabbrividire tutto il corpo. Non era causata da divertimento, ma celava quasi odio, sacrificio, tristezza e sicuramente pazzia. 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Il sogno di incontrare il mago del crimine si era realizzato. Finalmente poteva capirne i segreti e i misteri. Joker la guarda saldamente, senza nemmeno sbattere le palpebre, mentre sfoglia  il taccuino con le domande da porgli molto nervosamente. La curiosità del folle è palpabile nell'aria. 
"Mm.. Molti assassini colpevolizzano la loro infanzia difficile della pazzia che gli caratterizza. È così anche per lei?" Legge la dottoressa dalla pagina bianca.  
"Dammi del tu per favore. 
Mio padre... era un uomo estremamente violento, che mi ha sempre picchiato. Ogni volta che sbagliavo qualcosa... PUM!"muove la testa come se ricevesse un pugno "A volte ero tranquillo, non facevo niente di male. PUM! Al paparino piaceva molto il vino, capisci? Non ci crederai, ma l'ho visto veramente felice una volta sola in tutta la sua vita. Mi portò al circo quando avevo 7 anni... oh, ricordo ancora quando uscirono i clown: correvano per la pista con quei loro calzoni enormi. Ahahahah. Il vecchio si sganasciava dalle risate, temetti che si sentisse male. Così la sera dopo, gli corsi incontro con i suoi pantaloni della domenica che mi cadevano da tutte le parti: "Hey, ciao papà, guardami" Pum. Feci un bel capitombolo e gli strappai tutti i suoi bei calzoni. Ahahahahaahahahah. Temo mi ruppe il setto nasale" alza le spalle " ma signorina, parlami della tua famiglia, rendi felice un povero comico omicida AH AH AH" 
"Sono nata in un piccolo paesino al di fuori di Gotham. Vivevo con mia madre  Sharon, mio fratello Barry e mio padre Nick. La mia mamma era una donna adorabile fino a quando mio papà ci ha lasciati per un'altra ragazza più giovane. Da quel giorno colei che ci aveva cresciuto cadde in una tremenda depressione, beveva e si dimenticava di andare a lavoro. Barry era ancora troppo piccolo per badare a se stesso, figuriamoci a un'altra persona, così toccò a me portare avanti la famiglia. La mattina studiavo, tornavo a casa e cucinavo, il pomeriggio lavoravo in una lavanderia e la sera in un bar. Nei weekend spronavo mia madre a combattere contro la sua malattia. Pensavo di riuscirci finché non decise di togliersi la vita davanti a noi."
Non sa perché gli stava raccontando quelle cose. Non le aveva mai dette a nessuno. Ma quegli occhi neri infossati, che molte persone odiavano, le davano sicurezza e conforto. Sapeva che poteva fidarsi e che lui avrebbe capito. 
"Mi dispiace. Non dev'essere stato semplice vivere in quel modo. Ma devi essere fiera di quello che sei diventata ". Risponde con un sorriso sincero. Non si capisce chi è il paziente e chi lo psicologo. "Io e te siamo molto simili. Che cosa ha fatto il mondo per noi? Niente. Ci odia."
Harleen resta incantata dalla saggezza del mostro, che, dopotutto, molto mostro non era.
Un suono acuto interrompe l'atmosfera creata. Il timer che segnala la fine della seduta. 
"Credo che il nostro tempo sia finito, Harley. Ci vediamo presto" 
La dottoressa gli porge la mano come è solita fare con gli altri pazienti. Non potendo muovere le braccia, il Joker le bacia il dorso e se ne va scortato dalle guardie, con il ghigno sul volto. 
Resta in piedi immobile per diversi minuti per riuscire a riprendersi. È incantata da quell'uomo tanto gentiluomo tanto pericoloso. Era riuscita a rivelargli cose che nessun altro sapeva e anche lui non aveva raccontato a nessuno psichiatra dell'ospedale di suo padre. Perché si era confidato con lei? Gli piaceva? Ad Harleen di sicuro. 

Infila le chiavi nella vecchia porta dell'appartamento. Si apre con un piccolo soggiorno arredato con solo un divano color crema e una televisione con il tubo catodico. La cucina è accogliente e al centro un tavolo relativamente nuovo di colori sgargianti rallegrava l'atmosfera. L'aveva comprato ad un negozio fuori città all'ultimo anno di università, quando stava per trasferirsi. In fondo alla casa ci sono le ultime due stanze. Il bagno completo di vasca e la camera con un grande letto blu e rosso, l'armadio bianco opaco decorato con rifiniture in legno con i colori che richiamano il letto e la scrivania ricoperta di fogli e penne. 
Apre il frigo quasi vuoto e prende una lattina di lemon soda e il piatto di pasta che ha cucinato la sera prima. La riscalda nel microonde e si siede per gustarla. Mangia pigramente guardando il telegiornale, ma la sua testa è altrove.
La luce diventa sempre più rada e decide di andare a dormire. 
Indossa una camicia da notte rosa con dei pizzi in fondo alla gonna. Si pettina i capelli biondi mossi con una spazzola a setole larghe e si spalma la crema. Tiene molto al suo aspetto, non in modo vanitoso, le piace truccarsi e curare la sua pelle. Si infila sotto le coperte e chiude gli occhi. Non riesce a non pensare al paziente zero. È agitata sapendo di rivederlo. Vuole conoscerlo meglio, capire i suoi problemi e condividerli. Non può negare di trovarlo molto attraente. Non era, ovviamente, il classico ragazzo alto, biondo occhi azzurri, ma i capelli verdi, gli occhi neri e la pelle candida gli conferivano un fascino da non sottovalutare. Dopo un paio d'ora si addormenta. 

Il Joker entra nel suo appartamento e la prende in braccio. Senza dire niente la bacia appassionatamente e le accarezza i capelli. 
"Signor J cosa ci fa qua?" Le chiede tanto sorpresa quanto contenta. 
"Non riesco a resisterti Harley."
"Allora non farlo"
Si avviano verso la camera da letto e lui la sbatte sopra al mobile. Infila una mano dentro la maglietta e inizia una danza con le dita che la fa impazzire. 
"Signor J.."

Nel volto sognante della ragazza si fa largo un sorriso. 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


La biblioteca della città è molto affollata. È il luogo dove si riuniscono i giovani studiosi e gli amanti della lettura e della tranquillità per scappare dal rumore di Gotham. È molto grande e oltre ai vari libri,giornali e riviste ospita molti computer con una connessione Wi-Fi libera. Harleen passa molto tempo qui, essendo anche lei appartenente della categoria dei topi di biblioteca. Soprattutto negli ultimi mesi ha cercato varie notizie sul suo paziente e studiato i suoi modi di fare, come incanta le persone. Ormai era diventata un'abitudine, così anche oggi si accomoda davanti al monitor. Sa bene che i giornalisti a volte ingrandiscono o modificano la realtà, per questo vuole scrivere un libro accurato sul Joker. Ha letto cose assurde per esempio che Batman gli ha tolto un pezzo di cervello, oppure che è suo fratello scomparso da piccolo (anche se nessuno sapeva di questa storia) e addirittura che è un alieno come Superman. Ora che l'ha incontrato capisce che tutto è falso. Solo lui può raccontargli la verità è sembrava disposto a farlo. 
Cerca su internet delle foto del suo costume, se così si può definire. Oltre i soliti capelli verdi e i tatuaggi, ha un trucco occhi molto pesante, ovviamente nero, e il rossetto rosso. Decide che potrebbe fargli piacere ricevere un make-up completo la prossima volta che lo vedrà. Si alza di scatto e afferra la borsa bianca, modello a bauletto. Ne è molto affezionata, l'ha regalata una sua amica, anzi l'unica, dell'università, morta durante un incendio. La polizia pensava fosse doloso, ma non ha mai investigato a fondo. Sperava in una comparsa di Batman, ma non fu così. 

Cerca una piccola pochette per mettere i trucchi. Prende una matita nera, un ombretto anch'esso nero, un fondotinta che ha comprato ma troppo chiaro per il suo incarnato, un rossetto rosso abbastanza scuro con una nota di ciliegia e un pennellino per essere più precisa. Vuole apparire bella davanti a quel mostro così apre l'armadio per scegliere i vestiti migliori. Deve essere raffinata, elegante, professionale e allo stesso tempo sexy e misteriosa. Prova una camicia di raso azzurra dentro una gonna ampia nera fino al ginocchio. Indossa la sua solita collana a forma di H e un paio di bracciali. Decide di lasciare sciolti i capelli mossi con la linea di lato. 
Esce di casa nervosamente. Si sente come una liceale al primo appuntamento. Durante i suoi studi, i professori hanno raccomandato gli studenti di non entrare troppo in confidenza con i pazienti. Anche se potevano sembrare persone normali, non si può sapere di cosa sono capaci e come riescono a manipolarti. In quei giorni pensó che fosse una sciocchezza, non si sarebbe mai innamorata di un maniaco! 

"Buon pomeriggio, signorina Harley. La posso chiamare signorina? Non ci sarà mica un signor Quinzel? AH AH AH" sempre quella risata che le provoca mille sensazioni. Piacere, angoscia, felicità, paura...
"Oh no no.. Vivo da sola" risponde nascondendosi il volto tra le mani. Davanti al Joker perde la sua sicurezza e la sua lucidità. 
"Che strano. Una ragazza bella come lei" le sorride sinceramente. 
"Grazie" gli occhi risplendono di gioia, le guance diventano rosse, le labbra si incurvano, il cuore impazzisce. 
"Allora" continua quando riprende a respirare normalmente "come mai il suo costume si ispira al jolly, quello delle carte?"
"Il jolly è un pagliaccio e io adoro.. I pagliacci" alza la voce sull'ultima parola tanto che la fa sobbalzare sulla sedia "il mio sogno è sempre stato quello di diventare un comico, sin da bambino. Ma sa com'è il mondo della comicità.. Alcune persone non la capiscono. Come il mio papà! O come BATMAN!" 
"Cosa le ha fatto di male Batman?"
"Che cosa mi ha fatto? CHE COSA MI HA FATTO?"urla per poi scoppiare a ridere "vede la mia faccia? È stato lui a ridurmi così! Sono carino,vero? AH AH AH"
Rabbrividisce e abbassa la testa. 
"Le ho portato questo" mostra la pochette "ho pensato che le facesse piacere riavere il rossetto rosso"
La faccia del signor J si illumina. 
"Certamente. Ti prego mettimelo Harley. Hai portato anche qualcos'altro?"
"Matita e ombretto nero.."
"Perfetto. Truccami"
Si avvicina sul tavolo e stende il coloro sugli occhi rendendoli ancora più infossati. Sente il suo respiro caldo sulla faccia. Passa poi al rossetto. Una volta finito si sposta all'indietro per ammirare l'opera. Non capisce se è più spaventoso o affascinante. 
"Harley non immagini quanto felice sono adesso. Tanto che ballerei!"


NOTA DELL'AUTRICE
mi scuso per la lunghezza, ma è un capitolo di passaggio. Nei prossimi, credo, inizierà il vivo della storia. Ringrazio tutti quelli che leggono e sostengono. Grazie mille😃

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4




"Sono contenta che ti sia piaciuto" afferma Harley con un sorriso. La felicità sincera nel viso di Joker la mette di buonumore.
Un'infermiera entra nella stanza.
"Dottoressa Quinzel, è ora".
sa perfettamente di cosa parla. La terapia dell 'elettroshock viene praticata su ogni paziente della struttura. Stava cercando di dimenticarsi e di rimandare quell'impegno, ma non può scontrarsi con il suo capo, soprattutto se la persona in questione è il più grande criminale di Gotham. Non voleva sottoporlo a quella tortura, la trova inumana, in più ferire in questo modo quell'uomo tanto complicato quanto gentile la faceva rabbrividire.
"Signor J, dobbiamo spostarci nell'altra stanza" dichiara alzandosi dalla sedia con malavoglia.
"Ai suoi ordini" la sua ignoranza la fa sentire anche più in colpa.
Scortati da quattro guardie con pistole tranquillanti arrivano davanti a un lettino con cinghie di pelle marrone.  A destra c'è una lampada da interrogatorio che rende l'atmosfera ancora più inquietante. Altri due infermieri entrano e tolgono la camicia di forza e lo legano. Gli occhi marroni hanno un'aria divertita, quasi di sfida, è curioso di sapere fino a dove la ragazza è capace ad andare.
Una volta steso Harley si mette dietro alla sua testa con i due elettrodi cilindrici.
"Oh dottoressa, ho l'impressione che voglia farmi male. Ah Ah ah"
"Mi dispiace" sussurra appoggiando gli arnesi sulle tempie pallide.
Il paziente zero apre la bocca e fa uscire un suono acuto, strozzato. Non riesce a urlare poiché il dolore è troppo forte. Le dite si arrotolano su se stesse e le palpebre sono spalancate.
Termina il supplizio ansimando.
"Perché mi fai questo? Io volevo solo essere un comico!" Urla con gli occhi assetati di sangue. 
La bionda spaventata ricomincia la tortura.
Le pupille si dilatano e le gambe si muovono velocemente.
"Sei come mio papà! Come Batman! Infrangete tutti i miei sogni!" Si lascia sfuggire tutto in un fiato. Un grido disperato. Lascia cadere i cilindri per terra. Una lacrima riga la guancia dei due. Quella confessione l'ha colpita come un pugnale al petto. Aveva capito che non era uno dei soliti criminali, ma valeva di più. Accarezza con la mano la sua fronte cercando di calmarlo.
"Andrà tutto bene, è finito" gli sussurra all'orecchio. Il pagliaccio non riesce a smettere di ansimare.
Gli infermieri e i soldati li guardano stupiti, tutto questo è contro il regolamento.

Seduta nel suo studio i pensieri continuano a vagare. Conoscendolo meglio e grazie alle sue confessioni comprende che il Joker, descritto spesso come un pazzo furioso, come un pericoloso criminale, è in realtà una persona dall'animo sensibile e tormentato, un bambino afflitto e ferito che sperava di far ridere il mondo alle sue buffonate, ma che veniva sempre ostacolato dal virtuoso e moralista Batman determinato a rendere la vita un inferno al comico. Riesce a capire l'odio profondo che prova verso il pipistrello e un po' lo condivideva. È stato lui a trasformarlo nel più grande omicida di Gotham e adesso deve pagarne le conseguenze.
Abbassa lo sguardo sugli appunti presi durante le sedute. Intorno agli schemi ha disegnato vari cuori con all'interno i loro nomi.  Joker & Harley ormai scriveva solo quello. In fondo al foglio una grande scritta "Batman" è scarabocchiata aggressivamente con molto disprezzo.
La porta dell'ufficio si apre di scatto ed entra il capo di Arkham. Rapidamente chiude il blocco e salta sulla sedia.
"Dottoressa Quinzel, dobbiamo parlare" dice con fare minaccioso e sprofonda sulla poltrona. Appoggia i gomiti sulla scrivani davanti a lei. La ragazza si allontana istintivamente spaventata dal l'autorità dell'uomo.
"Mi hanno riferito dei comportamenti strani durante la seduta con il paziente 0. Ha qualcosa da dire a riguardo?" La guarda con una faccia interrogativa e occhi fissi.
"Quali comportamenti strani, di che genere?" Risponde esterrefatta.
"Lei e il Jocer eravate molto, come si può dire, intimi"
"Signore si sbaglia, sa bene come la penso e in tutti questi anni non ho mai interferito con un mio paziente o lasciatomi coinvolgere più del necessario"
"Signorina lo so, ma questo è diverso, il paziente in sè è diverso. La tolgo dall'incarico, mi dispiace" dice alzandosi dalla sedia.
"No la prego! Sono vicinissima a capirlo! Non può allontanarmi adesso, per favore! Mi dia un'altra possibilità!" Esclama anche lei alzandosi in piedi.
Il direttore si zittisce per qualche minuto "va bene. Lo potrà vedere un'ultima volta. Domani. Arrivederci" lascia lo studio e se ne va.
Esausta ed estremamente disperata si lascia cadere con la testa tra le mani. Solo il pensiero di non rivedere più il Signor J la rattrista. Il suo volto pallido, il suo charme imparagonabile, i capelli verdi e la sua risata erano diventati i motivi per cui si sveglia la mattina. È disposta a fare qualunque cosa pur di prolungare il loro tempo insieme.

Il cammino per tornare a casa lo trascorre con gli occhi fissi a terra. Non le importa della pioggia che le scorre lungo il cappotto. La depressione che l'assale è talmente forte da non riuscire a respirare. Si ferma di scatto davanti alla porta del suo appartamento e a fatica infila la chiave nella serratura. Non mangia quella sera, le viene la nausea. Si sdraia sul letto abbracciando il gattino di pezza che le ha regalato sua madre quando aveva cinque anni. Nei momenti difficili la tranquillizza, la fa sentire sicura. Scoppia in un pianto liberatorio. Sfoga l'ingiustizia di cui è stata vittima. Sfoga il dolore per quella perdita di un uomo che è diventato molto importante nella sua vita.
Nelle lacrime si addormenta sfinita.

La luce del mattino che entra dalla finestra sveglia la dottoressa. Si è dimenticata di programmare la sveglia la sera prima, scossa com'era dall'annuncio del capo. Si trascina verso la cucina e prepara la colazione. Anche se vorrebbe urlare e piangere pretende di essere forte, deve presentarsi al meglio, vuole che la ricordi positivamente. Motivata si trucca e si veste. Prepara la borsa e all'interno mette il peluche che l'ha accompagnata per tutta l'infanzia. Così potrà ricordarsi di lei.

La stanza scura sembra più inquietante del solito. La luce è fredda e a volte lampeggia. Harley si siede controvoglia e aspetta il comico. Ha paura della sua reazione, ha paura che non gli importi anche se in fondo sa che anche lui si è affezionato a lei.
L'uomo entra con il sorriso sulle labbra. È contento di rivederla. Si accomoda e saluta la dottoressa con un cenno del capo.
"Dottoressa Quinzel, lo sa io vivo per questi momenti con lei.
Cosa mi ha portato?"
"È un gattino. Spero che ti piaccia" gli porge il pupazzo appoggiandolo più vicino a lui.
"È adorabile"
Restano in un silenzio pieno di emozione per qualche minuto.
"Joker questa sarà la nostra ultima seduta" si lascia sfuggire tutto in un fiato. Quando finisce la frase si pente di quell'atto ma allo stesso tempo è più leggera.
Il volto dell'uomo si ingrigisce e la bocca si piega all'ingiù.
"Sei stata tu a chiedere di andartene?" Quella domanda la ferisce. Come può pensare una cosa del genere?
"No! Assolutamente no!" Abbassa la voce "hanno denunciato troppa intimità tra di noi quindi mi hanno allontanato. Mi dispiace, mi piaceva trascorrere il tempo con te" sussurra.
"Ed è vero? C'è questa intimità tra noi?" Non l'ha mai visto così serio. Muove la testa vigorosamente scandendo le parole una per una. Aprendo e socchiudendo la bocca.
Non sa cosa rispondere. Gli occhi della ragazza sono spalancati, meravigliati.
"Credo di sì" ammette chiudendosi in se stessa e ammettendo il peggior errore che uno psicologo possa compiere.
"Lo credo anch'io" mostra i denti di argento e torna serio "puoi fare una cosa per me?"
"Qualsiasi cosa... Cioè che cosa?" Si toglie i capelli dal viso e li mette dietro l'orecchio.
"Mi serve una mitragliatrice"
"Una mitragliatrice?" Chiede scioccata.
Il Joker si mette a ridere. Harleen resta seria.  Non sa cosa vuole farci, ma sicuramente niente di buono. Nonostante ciò non riesce a negarglielo. Deve fare qualcosa per lui prima di abbandonarlo per sempre. Durante il conflitto interiore in corso dentro alla dottoressa, il pagliaccio si sporge sempre più verso di lei. Anche la donna fa lo stesso e si ritrovano a pochi centimetri l'uno dall'altra.
"Ci pensi. Vai all'angolo est di Rotterdam street oggi alle quattro, poi portamela qua alla sera tardi. Mi fido di te. Resteremo insieme per sempre" il suo respiro caldo le sfiora il naso e non può fare nient'altro che accettare.

NOTA DELL'AUTRICE
ciao a tutti! ecco qui un altro capitolo mooolto più lungo e spero vi piaccia! Mi scuso per gli errori, ma ho cercato di pubblicarlo il primo possibile giusto per rallegrare questo lunedì inizio scuola.
Grazie a tutti quelli che sostengono e leggono, sto osservando che questa storia ha avuto molto successo e sono felicissima:)
A presto CIAO

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


L'aria è gelida come tutti i pomeriggi d'inverno. Le nuvole grigie coprono il cielo di Gotham come il solito. Si è dimenticata dell'ultima volta che ha visto i raggi del sole colpire i grandi grattacieli. Le dita della dottoressa si muovono continuamente in una danza frenetica e nervosa. Non sa cosa aspettarsi da quell'incontro. Il signor J le aveva solo riferito di trovarsi nel vicolo e di aspettare. Si pente di non aver portato con se qualche arma per la difesa personale, per esempio uno spray al peperoncino, un coltello.. poteva comprare una piccola pistola nel  negozio vicino al suo appartamento, non era poi così difficile procurarsela. Ha paura che qualcuno potesse scoprirla così ha deciso di raggiungere la meta a piedi per non destare sospetti. 
Perché si fida di lui? È l'unica domanda che riecheggia nella sua testa come un suono assordante. Avrebbe potuto lasciar perdere e abbandonarlo al suo destino, quello che si è meritato, marcire in carcere per il resto della sua vita. Invece no, lo sta aiutando ad evadere. Sta andando contro ogni suo principio morale. Solo per uno psicopatico odiato da tutti. 
Gira l'angolo e si ritrova su Rotterdam street. Non era mai stata in quella zona poiché abbastanza malfamata. Il vicolo è vuoto e c'è poca luce. Mancano pochi minuti alle quattro, è in anticipo. Aspetta impaurita rannicchiata su se stessa dentro al cappotto color della notte. Qualcuno le mette una mano sulla spalla. Fa un salto e un grido soffocato le esce dalla bocca. Si gira di colpo e un uomo le sta davanti. È molto alto e grosso, barba e capelli scuri, occhi minacciosi. Sotto all'angolo sinistro delle labbra , una cicatrice non curata adeguatamente deturpa il viso non più così giovane. La giovane apre e chiude la bocca continuamente sembrando un pesce fuor d'acqua, ed è così che si sente. 
"È il signor J che ti manda?" Rompe il silenzio lo strano individuo. 
Balbetta un sì in modo confuso. Non pensava che sarebbe stato così diretto, si aspettava qualcosa tipo agente segreto, con nomi in codici e verifiche di ogni genere. 
"Vieni con me" dalla tasca estrae una chiave e apre il portone alla loro destra. Entrano in un condominio molto scuro e salgono un'infinità di scale fino all'ultimo appartamento, quello più in alto. All'interno una dozzina di uomini giocano a carte, a freccette e affilano dei coltelli. Hanno tutti gli stessi occhi assetati di sangue del suo accompagnatore. Sente i loro sguardi fissi su di lei. Deglutisce cercando di ignorarli. La fa accomodare in una sedia vicino al tavolo in cucina, l'unico posto isolato. Aveva sentito parlare di quelle persone. Sono l'esercito di Joker. Vanno in giro a compiere ciò che il loro capo ritiene poco importanti. È una vera mafia. Con il boss e i suoi sudditi. I telegiornali si erano chiesti come mai i suoi scagnozzi non lo avevano ancora tirato fuori dal manicomio. Stavano aspettando il momento giusto. Le porge un bicchiere con del liquido scuro. Non le fa per niente voglia. 
"Mi ha detto di portargli una mitragliatrice.." afferma quando anche l'altro si è seduto. 
"Si lo so. Ascolta. Tu dovrai solo dargli l'arma, noi provvederemo al resto. Abbiamo bisogno di qualcuno dall'interno per poter entrare, quindi lascia una porta aperta, va bene?" Non sono domande ma obblighi. Risponde con un cenno affermativo del capo. 
"Non farete male a troppa gente, vero?" Sussurra preoccupata per i suoi colleghi. Non gli erano mai stati molto simpatici, ma questo non vuole dire che  gli volesse morti. 
Il criminale scoppia a ridere non tranquillizzandola affatto.
Si gira e prende uno zaino dallo scaffale. Immagina già il contenuto. 
"Alle 11 dai questo a J, fai finta che sia qualcosa utile alla sua riabilitazione o che so io. Dopo circa un quarto d'ora entreremo noi e succederà ciò che deve succedere. Buona fortuna" dicendo ciò conclude e si alza. La ragazza capisce che deve andarsene da sola così afferra l'arma e corre giù dalle scale senza voltarsi indietro. Tiene stretto al petto la mitragliatrice. Ha paura che qualcuno veda ciò che sta trasportando. Si sente paralizzata in quel vicolo cupo. Mille pensieri le ronzavano in testa come un gruppo di Api impazzite. Distinguere il bene e il male le è molto difficile in quel momento. Conosce bene i crimini commessi dal Joker, ma sa che è un uomo sensibile e non si merita quel tipo di castigo. Si merita una seconda chance. 
Col fiato corto cerca di incamminarsi verso l'ospedale, dista quasi un'ora a piedi. Ha chiesto di poter lavorare anche la notte con la scusa di dover finire alcune cose aiutandosi con gli strumenti del suo ufficio. Ovviamente il capo ha accettato subito, non voleva procurarle un altro dispiacere dopo averle tolto il caso del paziente 0. 
I suoi passi sono molto lenti, ha voglia di piangere. Non aveva mai fatto nulla di simile in vita sua. Anche se l'infanzia trascorsa non è stata delle migliori, non ha mai infranto la legge nemmeno una volta, neanche una multa. Quell'uomo la sta proprio cambiando e le piace. Si sente più viva, più energica. Sente il sangue pomparle nelle vene. Dopo gli attimi iniziali di terrore, si è fatta spazio l'adrenalina che solo poche cose riescono a procurare. 

Sono le 10,30 di sera. La pioggia colpisce le poche automobili che percorrono le strade illuminate dai pochi lampioni di Gotham. Harley è seduta nel suo studio trepidante. Il piede sotto la scrivania continua a muoversi su e giù, come a tempo di una musica lontana. Lo zaino è posizionato nell'angolo della stanza. Sono diversi minuti che lo fissa. Non si è ancora abituata a quella presenza. Nelle ore precedenti ha pianificato come portare al Clown quell'arma. Tra poco andrà ad aprire la porta sul retro. Poi, durante il cambio di guardia delle 11, consegnerà la mitragliatrice così nessuno si accorgerà di niente. 
Ancora un quarto d'ora e il caos inizierà. Un folle timore le fa battere il cuore fuori dal petto. Adesso ha paura di morire anche lei nello scontro. Non è la morte in sè a spaventarla, ma il non esistere, vuole passare la sua vita con qualcuno e crede di aver capito con chi.  Chiude gli occhi e inizia a recitare una preghiera. Credeva in Dio, deve esserci un creatore. Il problema è se questo sia buono o cattivo. Ora ha bisogno di tutto l'aiuto e la speranza possibile, non le importava se venisse da un essere misericordioso o dalla malvagità divina. 
Pochi minuti alle 11. Si alza e sulle spalle mette lo zaino. È abbastanza pesante, deve chinarsi un po' in avanti per riuscire a trasportarlo. Cammina lungo il corridoio furtivamente, o almeno così crede. Con il badge da dottoressa apre la porta e la lascia appoggiata. Si avvia verso la stanza dal Joker. Davanti due guardie con divisa blu fissano l'orologio al lato opposto del  vicolo. Scatta l'ora. I due uomini se ne vanno, stanchi della lunga giornata di lavoro. Sono impazienti di abbracciare le moglie e stringere i figli. 
Senza pensarci si ritrova davanti al Signor J. È sdraiato sul letto spoglio con gli occhi puntati sul soffitto. Sentendo il cigolio si gira e le sorride. 
"Harley ero certo saresti venuta. AH AH AH. Cosa mi hai portato?" Le chiede. 
La ragazza gli lancia lo zaino ai suoi piedi. 
"I tuoi uomini arriveranno a breve" 
"Non posso usare quel giocattolo senza le mani" è legato con la solita camicia da forza bianca. Impacciata si siede di fianco a lui e lo libera dalle cinghi. Gli toglie la veste e lui si alza di scatto, muovendo le braccia in aria in movimenti lenti. 
"AHh che benessere!" Afferma tirandosi indietro il ciuffo verde leggermente scompigliato. "Meglio che corri via tesoro. Ci troviamo dopo. AH AH AH" non è la solita risata triste e angosciata, ma solare e felice. È molto eccitato all'idea di uscire. 
 Appena chiude la porta dietro di se, sente un boato provenire dall'altra parte della struttura. Iniziano gli spari. Le urla sono strazianti. Piena di rimorso si accascia a terra con le ginocchia al petto. Il Joker esce dalla stanza con l'arma montata e le sorride. Quel gesto le fa ricordare perché ha fatto tutto ciò e si sente subito meglio. Resta seduta per un po', incapace di alzarsi. Dondola avanti e indietro. Quei rumori le spaccano la testa e si mette le mani nelle orecchie. Alcuni uomini vestiti di nero con una maschera di cartoni animati corrono sparando. Di colpo si mette in piedi e li segue. 
"Portatemi con voi!" Urla a squarciagola. Se qualcuno scoprisse quello che ha fatto, andrebbe di sicuro in prigione per il resto della sua vita. Muove le gambe snelle velocemente, come una gazzella scappa dal leone. Si ritrova in mezzo alle celle dei malati di mente. Sono tutte aperte. Si ferma istintivamente e si guarda attorno. Dove sono finiti tutti? Il respiro diventa più pesante per lo sforzo e appoggia le mani alle ginocchia per riprendere fiato. Non riesce a capire bene cioè che le succede attorno. I suoni e le luci sembrano amplificate. La testa le gira. Una braccio l'avvolge per la vita. Un grido si fa strada nella sua gola così le viene tappata la bocca. Di peso viene trasportata nella stanza per l'elettroshock. Adesso vede diversi uomini stringerle gli arti. La buttano nel lettino e cercano di immobilizzarla. Calcia e urla, cerca di liberarsi da quelle strette, ma hanno la meglio. Riesce a riconoscere i suoi aggressori. Uno è Mike Grigole, disturbo della personalità e schizofrenia, ha tentato di uccidere la moglie durante un eccesso di rabbia. Jason Filtcher, feticismo di travestimento, andava tutto bene finché non ha iniziato a travestire i cadaveri che uccideva. L'ultimo si chiama Mark Vadee, schizofrenia ad alto livello. Sono stati tutti suoi pazienti e vogliono la vendetta. 
Nei suoi occhi si vede il terrore di coloro che gli passa la vita davanti. L'infanzia , l'adolescenza, i sogni, il lavoro... 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


"Mm.. Ma che cosa abbiamo qui"
Il Joker entra nella stanza buia. È senza maglia, così la ragazza legata al lettino riesce a vedere i numerosi tatuaggi. Sul pettorale sinistro varie risate sono incise sulla sua palle, su quello destro un teschio con un cappello da giullare. Nell'addome c'è la scritta "Joker" a caratteri maiuscoli enormi. Indossa un guanto viola, deve aver rotto il cassetto dei medici. 
Il viso della donna si riempie di sudore. Si sente vulnerabile e odiava quella sensazione. Ha sempre avuto la sua vita nelle proprie mani e adesso che è in balia di un pazzo assassino la terrorizzava. 
"Dottoressa Quinzel, che bello vederla con noi stasera!" Esclama avvicinandosi con le braccia alzate. Con un cenno del capo ordina ai maniaci di uscire "Ha un aspetto così... succulento. Non in senso letterale, si intende. Sono rigorosamente vegano. Almeno per oggi" la bocca si piega in un ampio sorriso. 
Sentendo dei rumori, si gira e si accorge che un uomo è immobile sulla soglia. Raccoglie una mazza da baseball sullo scaffale. Con un colpo netto si scaglia sulla testa, rompendola a metà. Il corpo inerme cade a terra qualche metro più in là. 
Appoggia la mano sulla fronte come per scorgere una pallina lanciata lontano. 
"Touch down baby!"
Una volta che la sua fantasia finisce, riprende a concentrarsi sulla sua vittima. Le sta di fronte e la illumina con una lampada da interrogatorio. La fissa come un gatto guarda un uccellino in primavera. 
"Che cosa vuole fare? Uccidermi Mr J?" Chiede disperata Harley quando riesce a riprendere a respirare. 
"Cosa?!!" Si indica l'orecchio per segnalare che non ha capito. Prende gli elettrodi per la terapia dell'elettroshock. Si posiziona dietro di lei, preoccupandola maggiormente. Oscilla gli aggeggi in alto e in basso. 
"Oh no, non ti ucciderò. Voglio solo farti male. Molto molto male"
La scarica elettrica attraversa il corpo della ragazza inerme. Un urlo acuto si fa strada dalla sua gola per tutta la stanza. Il dolore è insopportabile, si muove a spasmi. Il comico ride e ferma la tortura. 
"Su su su Harley, non fare quella faccia. Ti divertivi anche tu quando quello comodo ero io! AH AH AH"
Le membra le tremano. Le lacrime le rigano le guance. Il respiro diventa sempre più pesante e non è in grado di pronunciare una parola. Non capisce perché quell'uomo le facesse tutto ciò. È stata lei a liberarlo! È stato grazie a lei se adesso lui è qui a torturarla. 
Il dolore lancinante ricomincia. Le fitte sono insopportabili, ma sente una sensazione diversa. Arriva da dentro di lei, come un calore che si espande piano piano. Smette di gridare e si concentra su questo cambiamento. Il Joker si ferma di scatto accorgendosi della reazione della ragazza. Non si aspettava questa risposta. 
"Che c'è piccola, sei già stanca?"
"Tranquillo. Posso resistere" afferma sorridendo. La guarda divertito. Ha valutato male quella ragazza, non è un'oca di Gotham. Ha del fegato. Senza farsi pregare due volte, appoggia gli elettrodi sulle tempie. Harley trema di piacere e si lascia sfuggire dei gemiti. 
"Oh si!" Urla "più dolore, più piacere!" 
Il comico scoppia in una risata sincera. La dottoressa è fuori di se. Non ha mai provato a tagliarsi o provocarsi del male, nemmeno nei momenti più difficili. Anzi è sempre andata avanti senza voltarsi indietro. Adesso sta amando quella sensazione da rimpiangere di non averla mai sperimentata prima. 
"Harley Quinzel... Harley Quinn. Come Arlecchino. Mi piace!" Esclama per poi imprimere un'altra scarica. 
Un uomo mascherato da Batman entra nella stanza. Ha un mitragliatore alle spalle. 
"Capo dobbiamo andare" 
"Oh mia cara Harley Quinn il nostro tempo è finito. Rifacciamolo qualche volta" la slaccia dalle cinghie "Chiami tu o chiamo io?" Le da un bacio aggressivo sul collo, mordendola leggermente. La dottoressa sussulta e si gira imbarazzata. 
"Ti conviene squagliartela. Questo posto sarà leggermente affollato! AH AH AH" dopo tutto il tempo insieme riesce a distinguere le sue diverse risate. Questa è una di quelle sinceramente divertita, molto rara. 

Corre lasciandosi il cancello alle spalle. Corre come non ha mai fatto in vita sua. Non sta scappando solo dalla polizia, ma dal suo lavoro, dai suoi colleghi, da tutta la sua esistenza. Non è triste, ma eccitata. Non vede l'ora di rivedere Mr J. Vuole toccarlo di nuovo, provare quel piacere e dolore.
Si rifugia a casa, sotto le morbide coperte del suo letto. Si sente esausta dopo la tortura e lo stress della giornata. Nonostante ciò non riesce a prendere sonno. Resta in un dormiveglia infinito, pensando al Joker, a come rintracciarlo. 

Il suono stridulo del campanello, sveglia la ragazza. Alza velocemente la testa del cuscino e si mette seduta. Solo dopo alcuni istanti si ricorda gli avvenimenti della sera prima. Qualcuno batte ripetutamente la porta. Harleen si fa prendere dal panico, Potrebbe essere la polizia che la cerca. Oppure è Mr J che la vuole. Con speranza indossa la vestaglia e all'ingresso trova due uomini in divisa. Inizia a sudare freddo e gli occhi si spalancano. Cerca di auto convincersi a riprendere il controllo e dopo qualche respiro profondo sembra riuscirci. 
"Come posso aiutarvi?" Chiede con un sorriso finto. 
"Lei è la dottoressa Harleen Quinzel? Dove si trovava ieri notte?" Domanda il più alto e vecchio. 
"Ero a casa, non stavo tanto bene. Ehm.. sono uscita da lavoro e poi mi sono fiondata qui... perché? Ci sono problemi?"
"Il manicomio è stato assalito dai soldati del Joker. Nessun sopravvissuto. Tranne lei"
"O mio Dio! Questo è davvero terribile!" È veramente scioccato, non pensava in tutte quelle vittime. Si appoggia al muro per sostenersi. 
I poliziotti la guardano perplessi. La centrali li ha mandati perché ci sono dei sospetti, ma quella ragazza è davvero provata e ha un aspetto troppo dolce per aver interagito con degli assassini tanto spietati. Sanno com'è alto il tasso di criminalità a Gotham, chiunque avrebbe potuto farlo entrare senza difficoltà e nascondere tutto. Loro non hanno nessuno potere in quella città dimenticata da Dio.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3517619