La nuova generazione di Ranger

di DolceZeref
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 3: *** Nuove conoscenze ***
Capitolo 4: *** Primi giorni ***
Capitolo 5: *** Si comincia ***
Capitolo 6: *** Ranger ***
Capitolo 7: *** Misteri ***
Capitolo 8: *** Storie intrecciate ***
Capitolo 9: *** Amicizie ***
Capitolo 10: *** Qualche tempo dopo ***
Capitolo 11: *** Scelte ***
Capitolo 12: *** Ritorno a casa ***
Capitolo 13: *** Il tempo di ciascuno ***
Capitolo 14: *** Natale ***
Capitolo 15: *** Ritorno a scuola ***
Capitolo 16: *** Svolte, fini e inizi ***
Capitolo 17: *** Situazioni pericolose ***
Capitolo 18: *** Spiacevoli sorprese ***
Capitolo 19: *** Varchi e attese ***
Capitolo 20: *** Compagni ***
Capitolo 21: *** Incontri, arrivederci e...addii ***
Capitolo 22: *** Castello di Almia ***
Capitolo 23: *** Foresta di Vien ***
Capitolo 24: *** Altopiano Cromano - Quando la luna scompare... ***
Capitolo 25: *** ...il sole smette di brillare ***
Capitolo 26: *** Rivelazioni ***
Capitolo 27: *** Ciò che accadde quel giorno ***
Capitolo 28: *** Piano di contrattacco ***
Capitolo 29: *** Luce nel buio ***
Capitolo 30: *** Di nuovo insieme ***
Capitolo 31: *** La quiete prima della tempesta ***
Capitolo 32: *** Situazioni ribaltate ***
Capitolo 33: *** Sole nero ***
Capitolo 34: *** Eclissi totale ***
Capitolo 35: *** Le radici del male (Prima parte) - Bianco e nero ***
Capitolo 36: *** Le radici del male (Seconda parte) - Arcobaleno ***
Capitolo 37: *** Sotto questo cielo ***
Capitolo 38: *** Epilogo - Circa un anno dopo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



Prologo

Al Villaggio Cicole era una tranquilla giornata di sole. Il cielo era di un azzurro intenso e gli uccelli volavano liberamente. Nella piccola cittadina si poteva sentire una piacevole quiete nell'aria, ignorata soltanto da due ragazzi trasferiti lì da poco.

-Luna!-

Appunto.

-Luuu!-
Nessuna risposta.
-Fammi indovinare, stai dormendo?-
La giovane aprì di scatto le palpebre, ritrovandosi suo fratello davanti ed assottigliando pericolosamente gli occhi.
-Mi stavo rilassando, è diverso-
-Come fai a rilassarti sapendo che domani metteremo piede all'Accademia dei Ranger?!- Era evidentemente sconcertato, considerando il suo sguardo incredulo.
-Cerco di rilassarmi, dato che se non lo facessi mi metterei a saltellare di qua e di là come un canguro in preda ad un eccesso di caffè la mattina-
-Ma...c'è Turtwig!- Era magistrale il modo in cui riusciva sempre a cambiare discorso.
Il ragazzo si sporse felice oltre la spalla della sorella, tutte le ansie sparite.
-Che?-
Si girò pure lei notando il pokémon dirigersi verso di loro e sorrise: stava trotterellando dai gemelli seduti uno davanti all'altra in riva al mare, lasciando delle piccole orme sulla sabbia ad ogni suo passo. Quello era il migliore amico di Leo e lo seguiva ovunque. Appena li raggiunse iniziarono a giocare insieme, dimentichi dei problemi. Le loro iridi verde speranza brillavano di spensieratezza.

Passarono il pomeriggio così, quando si fece e dovettero tornare a casa. Prima di avviarsi per la strada, però, Luna volse lo sguardo all'orizzonte, punto d'incontro fra cielo e mare, dove il sole stava tramontando. Si portò una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio e fece un sospiro, perdendosi nei suoi pensieri, finché il fratello non la ridestò facendole riprendere il cammino.

L'indomani sarebbe stato un nuovo giorno: il primo all'Accademia tanto sognata e di una grandiosa avventura, più di quanto pensassero.


Spazio dell'autrice (e di un ospite speciale)
Ed ecco il prologo della mia prima storia ad OC in assoluto!
Coscienza (no non è lei l'ospite speciale, è soltanto la parte ancora sana del mio cervello che ogni tanto si intromette nelle mie faccende): Non stai dimenticando qualcosa?
???: O qualcuno?
Ma di che...giusto, l'ho pure scritto!
Coscienza: Questo è il colmo...
Date un caloroso applauso a...mio fratello Leo!
*si sentono degli applausi registrati in sottofondo*
Leo: Troppo gentili...
Cerca di capirmi, non posso permettermi tutto.
Leo: Finisci questo spazio.
Dicevo, questa è la prima fiction di questo tipo che mi impegno a scrivere, quindi spero di potermela cavare bene. I miei...
Leo: Nostri
...personaggi sono due gemelli perché in questa storia partecipa e mi aiuta pure il sopracitato. Speriamo che vi stiano simpatici. Li conoscerete meglio più avanti, quando entrerete in scena. La vicenda si svolge nell'ambientazione del gioco Pokémon Ranger - Shadows of Almia, perché l'idea mi è venuta ripensandoci, lo adoro!
Leo: Mi aggrego.
Ed ora
Leo: Senza ulteriori indugi
Ecco la scheda OC, se non capite o sapete qualcosa non esitate a chiedere, io sono qui per questo. Mi raccomando, siate un minimo originali.

Nome:
Cognome:
Età (13-14 anni facendo finta che la scuola ne duri due):
Carattere:
Aspetto fisico:
Storia (magari con qualche accenno alla famiglia):
Tipo di pokémon preferito (ad esempio acqua o volante):
Pokémon preferito (ad esempio Turtwig):
Ranger, assistente o meccanico (in cosa vi volete specializzare):
Motivo per cui avete deciso di andare all'Accademia:
Dove vivete (se la vostra casa si trova più o meno vicina alla scuola):
Interessi particolari:
Altro:

Credo si non dover aggiungere altro. Soltanto avrei intenzione di accettarne minimo cinque e massimo sette. Essendo, appunto, la mia prima fiction del genere non vorrei esagerare, quindi i primi che recensiranno saranno quelli che sceglierò. Se, per caso, ci fossero degli OC in più tranquilli, li prenderò lo stesso, ma appariranno poche volte, scusate non vorrei combinare pasticci.
Coscienza: Teoricamente hai aggiunto altro.
Teoricamente, scusate per il poema. Uh, a proposito, mi farebbe davvero molto piacere se mi lasciaste anche un piccolo commento per dirmi come vi sembra!
Leo: Bene, allora alla prossima, vi aspettiamo!
Ci si sente, grazie ancora per aver letto!

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Capitolo 2
*** Un nuovo inizio ***



Un nuovo inizio

Era l'alba: soffiava una brezza piacevole ed il villaggio ancora addormentato era immerso in una quiete profonda.

-Ehi!-
-Dormiglioni!-
-Sveglia!!-

I genitori dei gemelli si alzarono ansanti si scatto, rendendosi poi conto dei figli perfettamente vestiti impazienti sulla porta della camera. Dopo aver calmato il respiro ed i battiti cardiaci assunsero un'espressione fra l'innervosito e l'incredulo.
-Ragazzi, immagino che siate emozionati e vi posso capire, ma...è a malapena mattina, cosa ci fate qui?!- chiese isterica la madre, con il marito che la sosteneva.
-Come sarebbe a dire, oggi è il nostro primo giorno all'Accademia!- ribatté entusiasta Luna. Gli adulti, seppur sconvolti, non poterono che arrendersi davanti all'ostinazione dei due.
-E va bene, ci prepariamo e scendiamo- acconsentì il padre.
-Sì!- esclamò Leo, uscendo soddisfatto dalla stanza seguito a ruota dall'altra.

Si ritrovarono tutti e quattro pochi minuti più tardi sull'uscio di casa, scambiandosi gli ultimi saluti e raccomandazioni, insieme alla promessa di tornare per le feste. I ragazzi quindi partirono eccitati alla volta della scuola, mentre i genitori probabilmente corsero, di nuovo, a dormire.

Andò tutto bene, almeno fino a quando non arrivarono alla Strada dell'Accademia, non guardatemi in modo strano, si chiama proprio così.
-...è fantastico, neh Luna?- disse Leo ad un certo punto, non ricevendo alcuna risposta -Luna?-
Quest'ultimo si girò, vedendo la sopracitata accarezzare i pokémon sul percorso, completamente estranea ai discorsi dell'altro, e roteando gli occhi dall'esasperazione. Questa era già la terza o quarta volta che si fermava ad osservarli. La cosa divertente era che se continuavano di questo passo rischiavano di arrivare in ritardo, anche se si erano preparati ore prima. Insomma, nel frattempo pure Turtwig era riuscito a raggiungerli! Fatto sta che, insieme all'amico, iniziò a tirarla per un braccio portandola via, ignorando altamente i suoi lamenti.

Finalmente arrivarono alla meta tanto bramata, dopo molti trascinamenti e sofferenze: stavano per varcare la soglia di un nuovo inizio.

Intanto, in entrambe le classi c'era fermento.  Gli insegnanti non erano ancora entrati in aula ed erano passati una decina di minuti. Tutto questo, almeno, finché le porte non si aprirono.

***

-Buongiorno, scusate il ritardo- salutò la professoressa Anna facendo il suo ingresso, con il coro di risposta in sottofondo -Oggi ho il piacere di presentarvi una nuova studentessa: ha dato l'esame a distanza e si è trasferita dalla regione di Oblivia per frequentare questa scuola. Vieni pure- aggiunse poi facendo cenno di entrare ad una ragazza che sostava fuori. Quest'ultima non era tanto alta, ma in compenso snella e slanciata. Aveva delle labbra sottili e dei curiosi occhi dalle iridi verde smeraldo, i quali sembravano scrutare con attenzione ogni singolo dettaglio. I suoi capelli erano spumosi e non troppo lunghi, di un castano molto scuro, tanto che parevano neri. -Ehilà, piacere di conoscervi. Mi chiamo Luna Inverse, ho tredici anni e voglio impegnarmi al massimo per realizzare il mio sogno- disse con un sorriso timido, suscitando qualche curiosa occhiata di sfuggita. -Bene, per oggi le lezioni sono sospese, confidiamo che ti piaccia la vita qui all'Accademia- annunciò la professoressa, rivolgendosi poi alla nuova arrivata.

***

-Salve, ragazzi. Vi sono mancato?- salutò l'insegnante facendo il suo ingresso, con qualche «'Giorno», «Sì, come no, ciao» e «Io preferivo dormire» in sottofondo -Oggi ho il piacere di presentarvi un nuovo studente: ha dato l'esame a distanza e si è trasferito dalla regione di Oblivia per frequentare questa scuola. Vieni pure- aggiunse poi facendo cenno di entrare ad un ragazzo che sostava fuori. Quest'ultimo non era tanto alto, ma in compenso asciutto e slanciato. I suoi occhi erano di un brillante verde smeraldo e sembravano parecchio determinati. Aveva dei capelli castani, corti e spettinati. -Ciao a tutti, io sono Leo Inverse ed ho tredici anni. Volevo venire qui da un sacco di tempo- concluse, chiedendosi come se la passava sua sorella nell'altra classe. -Direi allora che per oggi le lezioni sono sospese, lascio che il vostro nuovo compagno si abitui alla vita qui all'Accademia- annunciò il professore.

***
 
Quando la professoressa uscì dalla classe Luna ebbe l'occasione di osservare meglio le sue nuove compagne. Sì, perché erano tutte ragazze, evidentemente i maschi li avevano raggruppati in un'unica sezione. Comunque, inclusa lei, erano in cinque ed essendo troppo impegnata a scrutarne ogni particolare non si accorse di una giovane che si stava avvicinando. -Ciao, il mio nome è Rita- si presentò porgendole la mano, che strinse -Se per te va bene posso accompagnarti a fare il giro della scuola- La ragazza aveva degli occhi color nocciola ed i capelli di media lunghezza erano castani. -Presumo che non ci sia alcun problema, grazie- rispose allora sorridendo.
-Ehi, quindi vieni da Oblivia, com'è?- Colei che aveva appena parlato era l'unica rimasta in aula oltre alle due. Non era molto alta, ma in compenso mostrava degli stupendi occhi grigi ed i suoi capelli corti, le arrivavano alle orecchie, erano di un'incantevole color ambra. Pareva facesse di tutto per mascherare la sua curiosità. -Non conosco ancora molto bene Almia...comunque Oblivia è...diversa, non saprei come altrimenti definirla- rispose l'interpellata dopo un breve attimo di riflessione ed una scrollata di spalle. L'altra annuì fredda e si diresse verso la porta, prima di bloccarsi.
-A proposito, mi chiamo Amber-  disse senza voltarsi per poi uscire definitivamente dalla classe.
-Dai, vieni, ti faccio vedere l'Accademia- propose Rita spezzando il silenzio creatosi.
-D'accordo-

***

Appena l'insegnante uscì dall'aula l'ordine ed il silenzio andarono a farsi allegramente benedire, fra spostamenti di sedie e mormorii vari.
-Mitico, abbiamo la giornata libera!- esclamò un ragazzo alto, col fisico atletico, i capelli biondi alla Edward Elrick e gli occhi azzurri, mentre un altro rivolse un cenno di saluto a Leo, che ricambiò, e successivamente si avviò chissà dove. -Certo, così magari potrai tornare a dormire- replicò una ragazza dalla carnagione chiara, i capelli castani un po' ondulati lunghi fino alle spalle e degli occhi marroni. I due continuarono a bisticciare anche dopo essere scomparsi alla vista.
Leo non sapeva come comportarsi in quella situazione e di conseguenza restò impalato per qualche secondo davanti alla scena, finché una studentessa non lo scosse facendolo girare.
-Ehi, vuoi stare qui fino a sera?- chiese scherzosa. Era una giovane non molto alta dalla carnagione scura ed i capelli corti e castani. Gli occhi erano color nocciola. -Comunque io sono Lidia, piacere. Ti mostro la scuola, almeno ti potrai orientare meglio-
-Mi fai un favore-

***

Arrivata ormai sera,quasi notte, Rita e Lidia avevano fatto vedere ai gemelli ogni luogo dell'Accademia. Entro poco ci sarebbe stato il coprifuoco e gli studenti dovevano andare ai rispettivi dormitori, fu proprio lì che i due fratelli si rincontrarono quando per tutto il giorno non si erano visti.
Leo e Luna passarono un po' di tempo insieme, scambiandosi varie opinioni sugli avvenimenti appena accaduti, e successivamente si salutarono: erano davvero stanchi e l'indomani si sarebbero tenute le loro prime lezioni in assoluto.


Spazio dell'autrice e del tizio a caso che pare suo fratello
Leo: Tizio a caso?
Non fare troppo il difficile, qui l'autrice sono io.
Leo: Allora la folla inferocita sta cercando te.
Santo Arceus, non ricordarglielo!
Leo: Divertiti.
*guarda i lettori che maneggiano pericolosamente dei forconi con delle facce poco tranquillizzanti*
Lo so, sono in enorme ritardo con la pubblicazione del capitolo, chiedo scusa, venia, perdono, mi dispiace davvero tanto di non averlo fatto prima, sono imperdonabileee...
*scoppia a piangere*
Purtroppo fra la scuola, i compiti, la mia organizzazione inesistente, diversi impegni, vari problemi con la storia essendo la mia prima di questo tipo ed il poco tempo per scrivere l'ho potuto fare soltanto adesso, ma vi assicuro che ci tengo un mondo e sono la prima a volerla continuare quindi spero che vogliate restare con me.
Comunque questa volta vengono presentati definitivamente i nostri due personaggi, i gemelli. Non so Leo, ma a me piacerebbe tanto sapere cosa ne pensate e magari come vorreste che fosse il loro rapporto con gli OC. Per adesso ne ho fatti entrare in scena solo alcuni mentre di altri ho dato solo qualche accenno.  Si vedranno meglio nei prossimi episodi.
A questo proposito, le ISCRIZIONI sono CHIUSE, grazie un miliardo per le vostre schede e recensioni, sono emozionata per la continuazione.
Ringrazio tutte le persone che hanno messo questa fiction nelle seguite/preferite/ricordate e che hanno semplicemente letto, senza dimenticare chi recensisce!
D'ora in avanti aggiornerò più regolarmente e spero più spesso, ma...
Leo: Lo sapevo che c'era un 'ma'.
Dovete assolutamente dirmi se volete degli aggiornamenti frequenti, tipo ogni settimana o due, ma con capitoli più brevi o degli aggiornamenti mensili con capitoli più lunghi.
Mi serve saperlo per sapere come organizzarmi meglio e non deludere le vostre aspettative.
Detto questo finisco l'angolo autrice lungo più del sito e vi saluto dandovi appuntamento alla prossima volta, non potete assolutamente mancare!

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Capitolo 3
*** Nuove conoscenze ***




Nuove conoscenze

Era ormai mattina nella regione di Almia e all'Accademia gli studenti dovevano iniziare a prepararsi per le loro lezioni, considerando che queste erano alle 8.00.

***

Luna stava dormendo beatamente con una faccia da angelo dipinta sul viso e l'espressione rilassata di chi sta sognando qualcosa di particolarmente bello, quando un fastidioso raggio di luce la fece svegliare. Aprì lentamente gli occhi emettendo un lieve mugolio e si guardò intorno: le avevano dato il letto in basso all'estrema destra della camerata femminile, ma il giorno prima era talmente stanca da non essersi interessata più di tanto a ciò che la attorniava. Lei non ne aveva ancora avuto il tempo, tuttavia ciascuna ragazza aveva colonizzato a modo suo il rispettivo letto: chi attaccando alla parete foto della famiglia, disegni o poster sui pokémon, chi invece sparpagliandoci riviste, lettori Mp3 e cose varie. Fece vagare lo sguardo sulle sue compagne ancora addormentate, riconoscendo Rita, Amber e la giovane che aveva accompagnato suo fratello a fare il giro della scuola, che se non sbagliava si chiamava Lidia. Sorrise istintivamente al pensiero del giorno prima: cercava di non darlo a vedere, ma era nervosissima ed era stata molto felice di trovare un'amica. Certo, le piacevano le novità e le avventure, tuttavia le dispiaceva molto di aver lasciato Oblivia, il luogo simbolo della sua infanzia e temeva che non si sarebbe sentita a casa nella regione di Almia. Era anche vero che diventare Ranger e di conseguenza aiutare i pokémon insieme a Leo era il suo sogno sin da quando era bambina e, dato che da dove veniva non c'erano Accademie dei Ranger, non aveva esitato un secondo a dare il suo consenso per il trasferimento. Comunque quello non era il momento di essere nostalgici: il suo stomaco cominciava a brontolare e doveva assolutamente raccontare tutto al fratello, dato che la sera precedente era talmente esausta da non riuscire a pensare a qualcosa che non fosse dormire. Loro due erano molto legati, da quando erano piccoli erano inseparabili e giocavano sempre insieme, finalmente avrebbero potuto fare ciò che avevano desiderato da una vita.

Con un incredibile sforzo di volontà riuscì ad alzarsi ed uscì da sotto le coperte, salutando a malincuore quel piccolo angolo di paradiso. Stava giusto cercando il bagno, quando si accorse che uno dei letti era vuoto. Sopra c'era un'ocarina, ma non ebbe il tempo di incuriosirsi più di tanto, dato che lo stomaco le brontolò di nuovo, ricordandole il motivo per cui era in piedi.

Dopo una decina di minuti era vestita di tutto punto: aveva indosso la divisa dell'Accademia ed i suoi capelli erano tirati indietro da una fascia in tinta. Uscì dalla camerata ed andò a sedersi al tavolo della colazione, o almeno...a quell'ora era apparecchiato per la colazione, aspettando che Leo la raggiungesse. La cosa strana era che di solito era lei quella ritardataria, non il contrario, ma non si soffermò a lungo sull'argomento dato che si perse nei suoi pensieri.

***

Leo si svegliò puntuale come un orologio svizzero all'ora da lui stabilita e dovette lottare un bel po' contro il suo istinto di girarsi dall'altro lato e continuare a dormire. Ad un certo punto si tirò a sedere di malavoglia, riuscendo miracolosamente a non dare una testata da qualche parte, ma ogni tanto lanciava un'occhiata nostalgica al suo morbido cuscino. Il suo letto era posto in alto all'estrema sinistra del dormitorio maschile, vicino alla porta. In realtà, dato che i ragazzi erano pochi, aveva potuto scegliere da solo quale sarebbe stato. Comunque si era trovato molto bene fino a quel momento insieme ai suoi nuovi compagni, ancora addormentati, considerando che lui era sempre stato timoroso di andare da qualche parte dove non conosceva nessuno. Per un lungo periodo di tempo il suo unico riferimento era stato sua sorella, si erano sostenuti a vicenda in ciascuna occasione che ricordasse, anche se nel momento in cui gli chiesero cosa ne pensava del trasferimento accettò subito senza pensarci un secondo di più. Decise di non abbandonarsi ai ricordi e di, invece, cominciare a prepararsi per andare a colazione: bastava guardare il suo aspetto da zombie per capire che ne aveva un serio bisogno, per poco non sapeva nemmeno dove si trovava. Scese mooolto lentamente la scaletta che collegava il letto al pavimento e sentì subito il freddo quando toccò terra. Si diresse verso il bagno con l'andatura di un morto vivente e gli occhi aperti quanto serviva perché ci potesse vedere e fu pronto nel giro di qualche minuto: si era messo la divisa dell'Accademia e spazzolato un po' i capelli, con scarsi risultati dato che parevano più spettinati di prima. La cosa buona era che adesso aveva un'aria decisamente riposata e gli era venuto pure un certo languorino, cosa rara per lui considerando che di solito di mattina mangiava poco. Gettò un'ultima occhiata agli altri ragazzi presenti nella stanza, sperando di vivere con loro una bella esperienza, ed uscì.

Notò all'istante la sorella seduta al tavolo della colazione, con il suo tipico sguardo perso nel vuoto da sognatrice. Non si stupì troppo di vederla già lì, dopotutto quando qualcosa la interessava era capace di sorprenderlo...inoltre lui di mattina non era esattamente arzillo, anzi stava ancora rimpiangendo  le sue amate coperte. Si avvicinò a lei e le sventolò una mano davanti alla faccia, facendola immediatamente sobbalzare e diventare attenta a ciò che la circondava. Poi  guardò male l'altro, che si sedette davanti a lei.

***

-E poi sarei io quella perennemente in ritardo- sbuffò Luna.
-Mi pare ovvio, dato che nove volte su dieci è così- replicò Leo, cominciando ad elencargliele aiutandosi con le dita delle mani.
-D'accordo, ho afferrato il concetto...passando alle cose importanti, ho una fame!-  A quell'affermazione sembrò rianimarsi e le brillarono le iridi verdi quando si mise nel piatto un muffin con le gocce di cioccolato. Il fratello, invece, roteò gli occhi e prese semplicemente una brioche dal centro della tavola.
-Sento che questa giornata sarà fantastica!- esclamò la prima, che si stava già versando nella tazza il latte col caffè ed era alla ricerca dello zucchero.
-Siamo all'Accademia, questo è fantastico!-
-In effetti...non ci riesco ancora a credere-
-Però...secondo te Turtwig dov'è? Dovrebbe poter entrare dato che ci sono molti pokémon che scorrazzano liberi nei dintorni...- Lui teneva molto al suo amico, si erano conosciuti quando erano ancora piccoli ed avevano un solito legame.
-Sai che non lo so? Magari lo vedremo più tardi-
-Probabile, inoltre sono curioso di sapere...-
Non fece in tempo a finire la frase che una delle porte dei dormitori si aprì facendoli voltare entrambi di scatto verso quella direzione e mostrando il ragazzo biondo che Leo aveva visto il giorno prima parlare con l'altra giovane nella sua classe.
Pure lo studente si fermò un attimo ad osservarli: erano impressionanti i due paia di occhi verde smeraldo che lo fissavano, nonché la loro incredibile somiglianza. Però dopo pochi secondi gli si avvicinò sorridente agitando la mano. -Ehilà, ieri non mi sono presentato: io mi chiamo Zero, piacere di conoscervi-
-Luna, credo che tu conosca già mio fratello-
Il nuovo arrivato annuì con un sorrisetto e si sedette alla destra del secondo, prendendo dei biscotti di vario tipo con una tazza di latte e caffè. -Com'è che vi siete svegliati così presto?-
-Non farti strane idee, è lei che mi ha obbligato- rispose Leo indicando la sorella e finendo la colazione.
-Uff, ero emozionata, che vuoi farci...tu, invece?- La sopracitata si rivolse di nuovo a Zero.
-Mah...non riuscivo a dormire, comunque puoi essere sicura che fra poco avremo compagnia-
Per un attimo il suo sguardo parve farsi cupo, ma solo per un attimo perché quello dopo aveva già cambiato argomento.

Manco a pensarci che un secondo dopo la porta della camerata maschile si aprì per la seconda volta, attirando l'attenzione dei tre. Ne uscì un ragazzo alto e magro, con i capelli spettinati di un colore biondo-castano, dei ciuffi ribelli ricadenti sulla fronte, e gli occhi scuri: era lo stesso a cui Leo aveva rivolto un veloce cenno di saluto il giorno prima, con lui si concludeva la triade di maschi presenti nelle due classi. L'appena arrivato riconobbe Zero, ma dato che non si era ancora presentato ai gemelli non perse tempo e lo fece subito.

-Piacere, io sono Koito-
Strinse la mano a Leo e successivamente a Luna, sedendosi vicino a quest'ultima, che lo guardava curiosa: quelle due pozze verdi erano impressionanti. Afferrò velocemente una fetta di torta e l'unica cosa che lo distolse dal flusso dei suoi pensieri fu la voce di Zero che faceva l'ennesimo commento.
-Eeeh, ve l'avevo detto io che sarebbe arrivato qualcun altro-
Koito roteò gli occhi, versandosi poi una tazza di...della prima bevanda che aveva davanti.
-Tanto entro poco arriveranno tutti, fra non molto dovremo andare in classe-
-Scusate, ma qui come funzionano esattamente i corsi?-
Con la sua domanda la ragazza interruppe lo scambio di battute dei due, attirando tre paia di occhi su di sé. Fu Koito a risponderle per primo, anticipando l'amico.
-Allora, intanto ogni alunno passa qui all'Accademia due anni, ognuno diviso in due metà. Penso che adesso non vi interessi troppo sapere qual è il programma, ma ogni mattina gli studenti del secondo escono dall'aula per seguire le loro lezioni restando soltanto per pochi minuti-
-Capito...grazie, sono davvero troppo curiosa-
-Figurati-

I quattro finirono la colazione ed una manciata di minuti dopo arrivarono anche i compagni...le compagne, uscite dal dormitorio femminile a poca distanza di tempo, che si sedettero ai vari tavoli presenti.

-Lu, io comincio ad andare in classe, ci vediamo dopo?- chiese Leo.
-Sì, ti aspetto fuori-
-Ok-

***

Salutò il fratello, che sparì giù per le scale insieme ai suoi due nuovi amici, e si guardò un po' intorno. In realtà venne investita da una furia castana ben conosciuta.
-Ehi, ciao!-
-Rita!-
Era sinceramente felice di vederla, era la prima persona con cui aveva fatto amicizia nella sua nuova avventura.
-Dimmi la verità...com'è possibile che tu sia già pronta?!-
Aveva una faccia buffissima, a metà fra il confuso e l'incredulo.
-In realtà credo di essere soltanto emozionata per oggi-
Rita pareva sul punto di replicare,  quando il suo stomaco la interruppe bruscamente ricordandole suo malgrado che era in ritardo per mangiare.
-Ehm...ti va se ci sediamo un attimo? Prendo qualcosa al volo tanto per resistere fino all'ora di pranzo- chiese la sopracitata con leggero imbarazzo, al quale l'altra sorrise serena.
-Non c'è problema-

Dopo cinque minuti le due stavano scendendo le scale per avviarsi nella loro aula e poco dopo che furono andate ai propri posti arrivarono pure le compagne.
O meglio...una era lì da un pezzo ormai. Era alta e magra, aveva dei capelli di un color blu notte con sfumature ciane legati in due lunghe code ed i suoi occhi...oh, i suoi occhi erano più unici che rari, essendo eterocromi: uno era rosso, mentre l'altro giallo. Guardava fuori dalla finestra con aria assorta, chissà a cosa stava pensando...
Non c'era un motivo particolare, ma Luna aveva una gran voglia di conoscerla.

Si guardò ancora un po' intorno e notò un'ultima ragazza: non era molto alta, ma in compenso era piuttosto carina, snella, con la carnagione molto chiara ed un viso dai tratti morbidi e le guance piene. Aveva dei capelli, lunghi e leggermente mossi, biondo rame appena più scuri sulle punte, ora stretti in una coda perfetta, e gli occhi dalle iridi violacee che alla luce del sole sembravano lilla.
Purtroppo Luna non fece in tempo a...beh, fare qualsiasi cosa perché fece il suo ingresso la professoressa Anna, la quale donò un sorriso a tutte prima di controllare le presenze.

Come preannunciato dal compagno a colazione, quando ebbero finito circa la metà delle studentesse uscirono e rimasero soltanto Luna, Rita ed Amber.

Luna cercò con lo sguardo Rita, che alzò il pollice in su.

Ecco, adesso era davvero curiosa riguardo a cosa sarebbe successo.

***

Leo intanto era sceso con i suoi due nuovi amici ed aveva parlato con loro di...un po' tutto. Scoprì che Koito veniva dalla regione di Unima e, come lui, si era trasferito ad Almia.

Inoltre dopo non molto che entrarono in classe arrivarono anche Lidia, che agitò la mano in direzione del trio, e l'altra giovane che il giorno prima stava parlando con Zero, la quale si sedette subito al suo posto.

Dato che non la conosceva, Leo raccolse la sua buona volontà e si avvicinò a quest'ultima facendole un timido cenno di saluto attirando la sua attenzione.
-Ehm...ciao-
La compagna si sorprese della sua insicurezza ed inclinò la testa di lato come per squadrarlo meglio.
-Ciao. Io mi chiamo Nara-
Leo non ebbe il tempo di instaurare una conversazione perché entrò l'insegnante, quindi annuì con un sorrisino e si diresse svelto al suo banco lasciando lievemente perplessa la ragazza.

Successivamente Koito, Zero e Nara uscirono lasciando i restanti studenti in aula.

Chissà cosa avrebbero fatto ora...


Spazio dell'autrice e del puffo
Leo: Ormai mi sono abituato a questi nomi.
Bene.
Leo: ...
Ed ecco il terzo capitolo miracolosamente non in ritardo di mesi, scusate ancora per l'altra volta. Mi sono sentita davvero in colpa ed ho cercato di rimediare aggiornando prima. Ditemi se sono riuscita a scriverlo meglio, mi sta salendo l'ansia.
Leo: Io invece mi sto ansiando perché non pubblichi, come la mettiamo?
Il mio tesoro coffcoffSakurinacoffcoff mi ha già minacciata. Dai, scherzo, spero sul serio di aver fatto qualcosa di quantomeno accettabile.
Comunque finalmente vengono presentati tutti i personaggi, ditemi cosa ne pensate e se sono rimasta IC!
Scusate se per adesso  sembra che le lezioni si svolgano completamente a caso o una cosa del genere, ma state tranquilli che andando avanti si capirà il sistema.
Leo: Hai finito?
Credo proprio di sì, ci tengo soltanto a ringraziare le persone che hanno recensito ed inserito la storia fra le seguite/preferite/ricordate, mi date un grande sostegno!
Leo: Bene, allora alla prossima, vi aspettiamo!
Spero di sentirvi presto!

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Capitolo 4
*** Primi giorni ***





Primi giorni

-D'accordo, ragazze, innanzitutto buongiorno- salutò la professoressa Anna attirando di nuovo l'attenzione -Ho il piacere di annunciarvi che oggi inizieremo le prime, vere e proprie lezioni dell'anno scolastico!-

Una frase.

Bastò quella frase per far acuire tutti i sensi di Luna, la quale cominciò a fissare piena di aspettative la sua insegnante sporgendosi in avanti per sentire meglio, mentre l'amica faceva un sorriso divertito dall'improvvisa eccitazione dell'altra. I suoi occhi verdi sembravano brillare come quelli di un bambino davanti ad un negozio di caramelle, ma non erano i soli a farlo: qualcosa era scattato anche nella loro compagna, che era visibilmente interessata e curiosa rispetto all'argomento.

-Allora, probabilmente lo troverete strano, ma quando ero piccola non esistevano ancora né i Ranger né l'Accademia. C'erano soltanto tre bambini con tre grandi sogni, che si potevano racchiudere in uno: proteggere la natura ed i pokémon. Li conoscerete di sicuro, almeno di nome, dato che sono stati loro a fondare l'Accademia e la Federazione Ranger oltre allo Styler di Cattura-

A quell'affermazione si accese una lampadina nella mente di Luna, la quale si ricordò che, quando era ancora ad Oblivia, aveva cercato molte informazioni su tutto ciò che riguardava i Ranger e le era capitato di leggere qualcosa a riguardo della loro creazione.

-Questi tre personaggi sono, infatti, il preside Delmonte, la signora Edvige ed il professor Frenesio-

***

-Salve a tutti, spero che ieri abbiate passato una buona giornata- esordì l'insegnante rivolgendosi alla classe -Indovinate un po' cosa facciamo oggi, dai!-

Veloce come un fulmine la mano di Leo scattò in aria e quest'ultimo non perse tempo, rispondendo emozionato.
-Ci spiega come diventare Ranger?!-

-Haha, con calma, non esiste soltanto questo, devi sapere che ci sono molti organi che garantiscono la protezione della natura!-

-Che intende dire?- Ora il giovane aveva inclinato la testa da un lato, leggermente spiazzato dalla risposta appena ricevuta.

-Beh, in questa lezione cominceremo a parlarne-

In quel momento le orecchie dei due ragazzi si rizzarono, pronte a captare ogni informazione, ed il silenzio si diffuse nell'aula.

-Ad Almia l'Accademia dei Ranger è un istituto per l'istruzione e l'addestramento dei Pokémon Ranger, ma esistono anche corsi per Assistenti e Meccanici, operatori che danno appoggio ai Ranger. La Federazione Ranger, invece, è la base operativa principale: fornisce aiuto all'intera regione ed alle aree circostanti-

Il professore fece proiettare sulla lavagna delle immagini rappresentanti i due edifici di cui aveva appena parlato, che vennero poi succedute da altre due.

-Questi sono chiamati Centri e Stazioni Ranger. I Centri Ranger sono basi che forniscono sostegno ai Ranger: situati lontano dalla Federazione, ospitano molti Ranger pronti ad entrare in azione. Le loro attività vengono coordinate dal leader, per esempio ce n'è uno nella città di Vien. Le Stazioni Ranger sono collocate in aree lontane da qualunque centro: permettono ai Ranger di riposarsi e riprendere le forze-

I pensieri di Leo vennero riportati a quando con la sorella era passato dalla città menzionata, ma era troppo di fretta per prestare attenzione a qualcosa che non fosse il percorso più veloce per arrivare all'Accademia. Se lo avesse saputo probabilmente sarebbe andato a conoscere ogni singolo Ranger presente, dopotutto ad Oblivia ce n'era soltanto uno, considerando che lì non esistevano né i Centri né le stazioni Ranger né niente, si chiamava Raimondo. Però quell'uomo era il suo idolo e lo aveva scelto come esempio da seguire, gli dovevano molto sia lui che la gemella.

***

Finite le lezioni gli studenti salutarono e uscirono dalle rispettive classi. Luna aveva ripreso a parlare con Rita, mentre Leo era subito corso fuori dalla scuola ritrovandosi finalmente all'aria aperta con il vento che gli scompigliava i capelli già spettinati abbastanza.

***

Il ragazzo prese un respiro profondo, chiudendo un attimo le palpebre e rilassandosi al cinguettio dei Taillow che volavano lì intorno.  Si era dato appuntamento lì con la sorella, ma se la conosceva bene sarebbe rimasta a chiaccherare ancora per un po' come minimo, quindi decise di dare un'occhiata da quelle parti. In realtà il suo fine ultimo era quello di scovare Turtwig, considerato che c'erano molti pokémon a gironzolare per l'Accademia ma di lui nemmeno l'ombra.

Ce n'erano di tutti i tipi e di tutte le specie, soffermandosi sulla possibilità di farci amicizia il suo sogno di diventare un Ranger si rafforzava  sempre più: aveva l'intenzione di proteggere sia quelle fantastiche creature che l'ambiente in cui vivevano. Non aveva dimenticato quell'incontro, quando era cominciata ogni cosa...

Quel pensiero gli faceva sempre venire nostalgia di quel periodo, in cui non sapeva ancora che avrebbe vissuto un'avventura dopo l'altra.

Si sedette sui gradini delle scale alla sua sinistra per aspettare la gemella, anche se il suo sguardo era velato e perso nel vuoto della sua memoria.

***

Luna aveva seguito con gli occhi il fratello correre fuori ed aveva una voglia matta di seguirlo. Inoltre doveva vedersi con lui. Già. Peccato che aveva molte cose per la testa.

-Rita...tu sai come si chiamano le due ragazze che sono uscite all'inizio?-

La sua amica si portò l'indice ed il pollice della mano destra sul mento per identificare le persone di cui si stava parlando, finché non le venne un'illuminazione.

-Massì, non ho memorizzato i nomi di ognuno, ma mi pare che siano...uhm...ecco, Candice e Tsukiko, credo-
-Grazie-
-Di niente...a proposito, ma tu non dovevi fare qualcosa?-
-Eh...hai ragione! Scusa Rita, devo scappare!-
-Haha, tranquilla, a dopo!-

Le due si salutarono e Luna si precipitò fuori per raggiungere l'altro, ritardataria come al solito. Per un secondo rimase spaesata, ma le bastò girarsi per trovarlo. Era in una posizione tipo quella de Il Pensatore e lei non faticava ad immaginarsi a cosa fosse dovuta.

Per questo lasciò perdere tutti i suoi propositi di fargli uno scherzo e gli si sedette accanto, in silenzio.

***

Rimasero così per minuti interi, con la loro sola presenza, senza spiccicare una parola. Poi ad un certo punto Luna decise che era arrivato il momento di intavolare una conversazione, almeno per spostare l'attenzione del gemello su qualcosa che non fossero ricordi passati. E sapeva esattamente come fare.

-Ehi, fratellino, ti verranno le rughe a furia di riflettere-
-Mh? Guarda che sono io il maggiore, sorellina-
-Siamo gemelli-
-Io sono nato prima di te-
-Non puoi dimostrarlo-
-Sì, invece, sono più grande di dodici ore-
-Dettagli-
-Intanto ho ragione io-

Si lanciarono un'occhiata e gli angoli della bocca si incurvarono all'insù, fino a trasformarsi in un sorriso ed infine in una risata liberatoria. Tutti e due sapevano perfettamente chi aveva ragione e quel discorso pareva un copione imparato a memoria tanto per divertimento: la storia della loro nascita era leggenda, dato che il primo era nato a mezzogiorno mentre la seconda a mezzanotte.

Comunque adesso si sentivano decisamente meglio entrambi e potevano godersi quel pomeriggio in tranquillità.

-Ehi, fratellino, oggi la nostra professoressa...-
-Anna?-
-Sì, ci ha raccontato che prima della fondazione di...tutto questo i tre creatori tenevano un diario, sai? Non sarebbe bello...-
-Trovarlo?- Completarsi le frasi a vicenda era la loro specialità.
-Eheh, sì-
-Se è per questo ce ne sono di cose interessanti qui, come il seminterrato...stamattina te lo stavo appunto dicendo-
-Mh...-
-Un giorno dovremmo andarci-
-Mah...ehi, Leo...Turtwig!-
-Cosacome?!-

Luna saltò in piedi con un'espressione di pura felicità dipinta sul viso, indicando all'altro, che girava la testa a destra e a manca, un punto vicino al cancello dell'istituto.

Turtwig gli stava correndo incontro, si fa per dire, e sembrava particolarmente contento. Lui era uno dei motivi per cui i due volevano diventare Ranger ad ogni costo, non era soltanto un pokémon ma un amico speciale.

Leo si inginocchiò per terra e tese le braccia in avanti, un invito che la creaturina accolse molto volentieri perché gli saltò letteralmente addosso mentre la sorella se la rideva sotto i baffi. Qualsiasi cosa sarebbe successa il loro rapporto non sarebbe cambiato.

-Ehi Lu, secondo te può entrare a scuola?-
-Beh, ci sono pokémon ovunque...-
-Perfetto allora!-
-Eheh-
-In questo caso...Lu, è tardissimo e non abbiamo nemmeno mangiato!-
-Ohcavoli, hai ragione!-
-Che ne dici di una merenda/cena?-
-Dico che si potrebbe fare-
-Inizio ad andare-
-Io resto qui ancora un po'-
-D'accordo Lu, a dopo!-
-Sì-

Il ragazzo fece un veloce segno di saluto alla sorella e scappò verso l'Accademia, mentre quest'ultima salì le scale e si appoggiò alla staccionata che dava sul mare osservando l'orizzonte.

Il suono ritmico delle onde che s'infrangevano sugli scogli la facevano rilassare ed in quel momento le sembrava tutto perfetto. Non si accorse che pure la sua compagna, Amber, era uscita a prendere una boccata d'aria.

***

La giovane dai capelli ambrati si appoggiò con la schiena al tronco di un albero nei paraggi e chiuse le palpebre. Le era piaciuta tantissimo la prima lezione e non vedeva l'ora di continuare, era curiosissima. Si continuava a chiedere cosa avrebbe fatto il giorno dopo, fantasticandoci sopra.

Senza contare che la ragazza nuova, Luna, la incuriosiva ancora di più, ma non era per nulla sicura riguardo a come comportarsi con lei...si sentiva tranquilla a pieno soltanto con i pokémon. I pokémon, con i quali aveva convissuto sin da piccola e condiviso emozioni di ogni tipo. Nel suo cuore, però, ce n'era uno in particolare che le mancava molto...

Per distrarsi tirò fuori un blocco da disegno ed una matita dalla sua borsa a tracolla, che portava sempre appresso, ed iniziò a ritrarre le piccole creature presenti lì intorno.

Quella era la sua passione, infatti appendeva i suoi schizzi ovunque, per esempio al muro attaccato al suo letto nel dormitorio.

Continuò fino a sera e rimase qualche minuto intanto che il sole tramontava, nel punto in cui cielo e terra s'incontrano, ed apparivano le prime stelle. In quei momenti c'era una luce stupenda, amava dipingere quei colori sulle sue tele.

Rientrò poco dopo che la luna diede il cambio al suo compagno, dando la buonanotte agli abitanti dei boschi circostanti.

***

In realtà era ormai l'ora del coprifuoco e gli studenti sarebbero dovuti essere nei rispettivi dormitori, ma nessuno vide la giovane che uscì veloce come un'ombra dall'Accademia ed i cui occhi eterocromi brillavano nell'oscurità della notte, dove le stelle erano l'unica indicazione visibile.

Quella era Tsukiko.


Spazio dell'autrice
Sì, perché quell'altro è scomparso, cooomunque...ben ritrovati a tutti, ecco il nuovo capitolo di questa storia!
Spero di non essere arrivata troppo in ritardo, questa volta mi è venuto pure più lungo del precedente.
In ogni caso oggi vengono, finalmente, nominati tutti i personaggi principali e dal prossimo inizieranno tutti ad entrare in scena, ditemi cosa ne pensate!
Purtroppo non ho molto da dire e devo far veloce, ma ringraziate la mia editrice che mi sprona a pubblicare presto! Sì, mia cara Sakurina, sto parlando di te.
Grazie a tutti coloro che mi hanno mandato le schede OC e che hanno messo questa storia nelle preferite/ricordate/seguite!
Ne approfitto per farvi gli auguri di buon Natale e già che ci sono di buone feste per poi dileguarmi!
Spero di sentirvi il prima possibile!

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Capitolo 5
*** Si comincia ***





Si comincia

Tsukiko si diresse furtiva verso lo spiazzo del cancello dell'Accademia, fermandosi soltanto quando fu arrivata in fondo alle scale. Si prese qualche minuto per respirare ed alzò gli occhi al cielo, sorridendo mentre ammirava lo spettacolo delle costellazioni.
Lei amava la notte, la natura e l'aria aperta, adorava uscire e farsi spazzare i capelli dal vento.
Le piaceva rilassarsi all'ombra degli alberi, stando in pace con se stessa.

Tirò fuori da una tasca della divisa la sua ocarina ed iniziò a suonare una dolce melodia: lievi note aleggiarono nell'aria, attirando i Pokémon delle vicinanze che si misero attorno a lei per ascoltare.

Ad un certo punto la ragazza cominciò a danzare alla luce della luna, facendo dei piccoli passi a ritmo della canzone.

Sembrava che in quel momento non esistesse nient'altro a parte lei e la sua personale musica incantatrice, era tutto perfetto e nulla avrebbe potuto spezzare l'armonia creatasi.

***

Amber era ormai rientrata all'Accademia ed a parte lei al piano terra non c'era più nessuno, probabilmente gli altri erano andati a dormire o al massimo erano nei dormitori. Salì le scale per le camerate, aspettandosi di trovare la sala per i pasti ma venendo smentita subito.

Seduti ad uno dei tavoli c'erano i gemelli arrivati il giorno prima insieme ad un piccolo Turtwig e sembrava non si fossero accorti della sua comparsa, dato che il ragazzo stava accarezzando la testolina del Pokémon con una faccia sorridente e Luna li guardava tranquilla.

Amber pensò che quasi quasi avrebbe potuto prendere il suo blocco da disegno e fare un ritratto, perché quella era un'immagine di pura pace, tuttavia venne notata prima che potesse anche solo prendere la matita per uno schizzo.

Luna aveva spostato un attimo il suo sguardo sulle scale ed aveva sgranato gli occhi sorpresa alla vista della ragazza. Inclinò la testa nella sua direzione, non credeva che ci fosse qualcun'altro oltre a loro tre.

-Ehi...ehm, ciao. Amber, giusto?- Alla domanda della sorella pure Leo spostò la sua attenzione sulla nuova venuta, che adesso aveva due paia di pozze verdi e curiose puntate su di lei.
-Sì, è corretto- Mantenne la freddezza, anche se dentro di sé le sue emozioni si stavano scatenando.
-Sono tuoi i disegni appesi in camera, vero? Sono davvero molto belli- Luna sorrise, ripensando a quelli appesi ad una delle pareti, ed Amber arrossì visibilmente.
-Ah, s-sì, grazie-
-Figurati-
-Mh, adesso dovrei andare a prepararmi, domani continueremo con le lezioni ed è tardi- La ragazza dai capelli ambrati fece cenno alla porta del dormitorio, ancora imbarazzata, per concludere lì la conversazione ed i gemelli annuirono, seguendola con lo sguardo finché non fu entrata.

***

-Mi sa che dovremmo andare a dormire anche noi, eh fratellino?-
-Forse. Però ora sono di nuovo pieno di energie, non sono per niente stanco-
-Come no...comunque c'è Turtwig che si sta addormentando, sarebbe meglio se gli procurassi un letto- Luna si alzò dalla sedia e diede una carezza sulla testolina del Pokémon.
-D'accordo, vado, ma lo faccio per lui, mica ho sonno-
-Certo-
-Mpf- Leo si alzò a sua volta e prese in braccio l'amico.
-Beh, buonanotte-
-Sì, a domani, cerca di essere puntuale-
-Vorrei ricordarti che fino a prova contraria stamattina eri tu quello in ritardo-
-Dopo le lezioni sono stato io ad aspettare-
-Tsk...-
-A proposito, Lu! Ricordati di quella cosa che dobbiamo fare, eh-
-Come dimenticarlo-
-Mh-

I due si salutarono definitivamente ed entrarono ognuno nella propria camerata, l'indomani sarebbe stata una giornata lunga e loro lo sapevano bene.

***

Luna si diresse verso il suo letto e ci si buttò sopra, prima le sembrava quasi un'utopia. Nessuna fece troppo caso a lei, o se lo fece non lo diede a vedere, perché c'era molto movimento in stanza rispetto alla mattina. Notò Amber rimettere il blocco da disegno nella sua cartella, mentre gli altri suoi schizzi erano appesi in bella mostra alla parete del suo letto, come aveva indovinato in precedenza. Lanciò un'occhiata al muro vicino a lei, pensando che avrebbe presto dovuto personalizzarlo per renderlo più colorato e ripromettendosi di farlo il prima possibile. Soltanto un letto era rimasto vuoto, lo stesso della ragazza con l'ocarina, quella stessa ocarina che non c'era...

Luna guardò distrattamente fuori dalla finestra, che dava sul mare: di notte era uno spettacolo bellissimo, c'erano tutte le stelle ad illuminarlo, anche se il mare era sempre molto bello.

Fu nel bel mezzo dei suoi pensieri che la colse Rita spuntandole davanti, sorridente.
-Ehi!- Dopo un primo sobbalzo sorrise anche la ragazza dagli occhi verdi.
-Ciao, Rita-
-Com'è andato il pomeriggio?-
-Bene, scusa se sono scappata-
-Stai tranquilla. Ti va di ascoltare un po' di musica?- Tirò fuori da una delle tasche della divisa un Mp3 con delle cuffiette.
-Certo, con piacere!- Luna le fece spazio sul letto, così che ci si potesse stare in due.
-Mai sentito parlare del Quartetto Rock? Sono la mia band preferita-
-Sì! Penso che una volta siano venuti a suonare anche nella regione di Oblivia-
-Immagino, fanno dei tour in tutte le regioni-

Le due si sedettero sul letto prendendo un'auricolare ciascuna e misero una canzone, mentre le compagne si dedicavano ad altro.

Per esempio, Candice, la ragazza dagli occhi violacei, era tranquillamente sdraiata sopra le coperte e stava leggendo un libro, intanto che teneva una matita in mano. In realtà era perlopiù una raccolta di poesie ed ogni tanto la si poteva notare scrivere qualcosa a lato delle pagine, infatti la maggior parte di spazi bianchi erano pieni di citazioni o commenti vari. Le piaceva moltissimo passare i suoi minuti liberi così, la rilassava: ogni parola e frase aveva un significato ben preciso ed apprezzato.

Lidia, invece, era impegnata a sfogliare una rivista di pasticceria con interesse, una delle sue più grandi passioni era preparare i dolci per la sua famiglia. Torte, pasticcini, macarons...amava cucinare ed era piuttosto brava, anche i poffin per i Pokémon le venivano molto bene, anche con gli ingredienti più disparati. Per questo motivo era abbonata ad una rivista mensile, Dolcepepato, dove imparava nuovi metodi ed abbinamenti per fare delle ricette sempre migliori da far assaggiare ai suoi amici.

Dopo un po' di tempo tutte le studentesse iniziarono a prepararsi per la notte. Ognuna di loro aspettava con impazienza il giorno successivo, nessuna esclusa, perché in entrambi i percorsi scolastici era possibile trovare la strada per il proprio sogno.
 
***

Leo intanto era appena entrato nella stanza maschile con Turtwig, trovandoci ,come si era aspettato, Koito e Zero che parlavano dai rispettivi letti, tanto erano solo in tre in camera.

Koito si era tolto la divisa dell'Accademia preferendo mettersi una T-shirt nera, dei jeans di colore blu scuro e delle scarpe da ginnastica anch'esse nere, in quel momento stava giocherellando distrattamente con una freccetta che aveva in mano.

-Ehi-

Alla comparsa del compagno i due si girarono simultaneamente nella sua direzione, salutandolo poi con il sorriso. Soltanto un attimo più tardi notarono pure la creaturina che il giovane teneva in braccio.
-Ehi, Leo!-
-Da dove spunta fuori quel Pokémon?-
-Ragazzi, questo è il mio amico Turtwig, pensavo di poterlo portare qui-
-Non credo sia un problema, all'Accademia ci sono Pokémon ovunque e nel dormitorio non c'è nessun altro oltre a noi, quindi per me va bene-
-Sono d'accordo con Zero, se vuoi possiamo dargli un letto-
-Grazie mille. In ogni caso volevo dormire insieme a lui-

I due annuirono e Leo salì contento la scaletta per il suo giaciglio dove fece scendere l'amico ormai sul punto di addormentarsi, dandogli una piccola carezza.

-Comunque com'è andata la giornata? È da stamattina che non ti becchiamo- Questa volta era stato Koito a parlare, intanto che l'altro appendeva al muro il bersaglio delle freccette.
-Oh, ho passato il pomeriggio con mia sorella-
-Luna, giusto?-
-Sì. Voi invece siete già al secondo anno, siete Ranger?!-
-Beh, non ancora ma vogliamo diventarlo-
-Capito. È il mio sogno-

Entrambi i ragazzi ripensarono al motivo per cui avevano preso quella decisione, incupendosi, ma non lo diedero a vedere e sorrisero lievemente in risposta.
I tre passarono il resto del tempo a parlare, scherzare fra di loro ed a giocare a freccette, finché non venne il momento di concludere quella serata andando a dormire.

***

Quando ormai era notte e tutta l'Accademia era caduta in un sonno profondo, la giovane dagli occhi eterocromi entrò di soppiatto nella camerata femminile. Senza fare il minimo rumore si avvicinò sicura al proprio letto, posando la sua ocarina, e si decise anche lei ad andare a riposarsi.
Non rientrava molto spesso così tardi, ma c'erano delle volte in cui la luna nel cielo era talmente bella e luminosa che lei non poteva assolutamente perdersela. Quella era una di quelle volte e non ne era affatto pentita perché era stato uno spettacolo meraviglioso.

***

Nessuno, nella regione, sapeva ancora che in alcuni dei luoghi più disparati di Almia, nelle foreste, nei mari, nei deserti, nelle grotte, i Pokémon si svegliavano impauriti e si verificavano delle lievi scosse di terremoto.
Stava per abbattersi una catastrofe e nessuno lo sapeva.


Spazio dell'autrice
Sì, perché quell'altro continua a non esserci...o forse no, purtroppo non ho molto tempo a disposizione e sono stanca.
Scusate per il ritardo, con l'anno nuovo vi comunico che ho deciso di pubblicare ogni due settimane.
Da questo capitolo, anche se breve...l'avrete capito dal finale, no? Spero che vi stia piacendo e che, come sempre, i personaggi non siano OOC, non temete che piano piano si vedranno tutti in azione.
Grazie un miliardo a chi recensisce, a chi ha messo la storia fra le preferite/seguite/ricordate ed alla rivista Dolcesalato che detiene i diritti del nome di cui io ho cambiato la seconda parte!
Ci sentiamo presto!

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Capitolo 6
*** Ranger ***





Ranger

All'Accademia regnava incontrastato il silenzio della notte, gli unici suoni che si sentivano erano gli scrosci delle onde del mare sugli scogli ed i versi dei Pokémon notturni.

Tutto questo finché il cielo non cominciò a schiarirsi ed arrivò l'alba: quello era il momento in cui, seppur per pochi minuti, la luce ed il buio diventavano un'unica entità e coesistevano insieme.
Mentre studenti e professori si svegliavano, iniziava un nuovo giorno.

***

In entrambi i dormitori la situazione era la stessa, mentre i ragazzi si alzavano per prepararsi ad un'altra mattinata di lezioni.

***

Luna non si era ancora abituata né a quei nuovi ritmi né tanto meno di essere all'Accademia e faticava ancora a crederci, ma le cose non potevano andare meglio: era pronta ed emozionata all'idea di andare avanti nella sua avventura. Si decise a tirarsi su dal letto, anche se non si immaginava che le sue compagne fossero già in piedi considerando che il giorno prima era stata la prima ad aprire gli occhi. Comunque cercò di sbrigarsi per recuperare il tempo perso e si vestì velocemente, riuscendo ad arrivare in orario per la colazione.

Mentre il dormitorio femminile si svuotava, l'ultima rimasta in stanza era Nara. Si trovava davanti allo specchio del bagno a pettinarsi con meticolosa cura la chioma castana e non si sarebbe mossa finché non fosse stato tutto perfetto. Dopo pochi minuti i suoi capelli erano vaporosi come la spuma del mare e decise di passare all'abbigliamento.
Era stata una vera e propria emozione, per lei, tornare lì per il secondo anno e non ne era stata affatto delusa. Il giorno prima lei e gli altri studenti, di entrambe le sezioni, avevano fatto la loro prima lezione da allievi Ranger con il professor Catturio e la professoressa Mina, anche se avevano già fatto conoscenza con loro nel periodo in cui dovevano scegliere in cosa si volevano specializzare, era stato molto interessante. Con tutta probabilità presto avrebbero utilizzato pure lo Styler di Cattura, sperava soltanto di non incontrare un certo Pokémon...
Indossò la giacca verde della divisa e si sistemò la cravatta gialla, né troppo larga né troppo stretta, poi fu pronta ad uscire. Si avviò verso la porta e se la richiuse alle spalle una volta aperta, cercando un posto vuoto dove sedersi.

***

Nella camerata maschile regnava il silenzio più assoluto mentre i ragazzi dormivano beati e alla grande. Leo era addormentato, con tutti i capelli scompigliati, su un fianco ed aveva una mano appoggiata sul guscio di Turtwig, che però aveva aperto gli occhi con i primi raggi del sole ed in quel momento lo guardava curioso. Evidentemente aveva anche passato troppo tempo con i gemelli perché ad un certo punto decise che era arrivata l'ora di alzarsi ed non perse tempo a svegliare il giovane, che lo fece con molti brontolii.
-Mmmh...ancora cinque minuti...- Si girò dall'altra parte, ma il Pokémon non volle sentire ragioni e lo costrinse a mettersi seduto.
-D'accordo, hai vinto, mi preparo...- Scostò le coperte e scese lentamente le scale, intanto che l'amico faceva versi contenti.

Gli altri due nel frattempo lo seguirono a ruota dopo pochi minuti, sempre sbuffando e lamentandosi. L'unica cosa buona, almeno per Leo, era che non era il solo ad avere, la mattina, l'imitazione di un cespuglio in testa.
Comunque furono pronti in fretta e non persero tempo ad uscire dalla stanza per andare a mangiare, seguiti ovviamente dall'ormai inseparabile Pokémon.

I tavoli erano ancora tutti liberi ed i tre, in realtà quattro, presero posto a quello più vicino. Leo si annotò mentalmente questo fatto in vista del giorno in cui lui e la sorella avrebbero fatto il conto dei ritardi in un prossimo futuro.
Però non dovettero aspettare molto che la porta della camera accanto si aprì facendo uscire le ragazze. Luna li vide subito e corse da loro sedendosi con una faccia sorridente e sprizzante di gioia.
-Ehilà!- Salutò tutti ed abbracciò Turtwig, che le era saltato addosso.
-Ciao, sorellina. Com'è che sei così allegra?- Lui aveva ancora un'espressione insonnolita mentre agguantava qualcosa per colazione.
-Non lo so-
-Ah, bene-
Dopo questo brillante scambio di battute l'appena arrivata imitò il fratello e si versò una tazza di latte con caffè per poi prendere un muffin, tornando in seguito a parlare tranquillamente.

Nel mentre, avevano preso posto anche le restanti ragazze. In particolare, Rita e Lidia erano una davanti all'altra che chiaccheravano: avevano, in realtà, fatto amicizia il primo giorno di scuola e da allora in avanti sono pian piano diventate sempre più legate.
Lidia avrebbe voluto, prima o poi, entrare nella cucina dell'Accademia per preparare dei dolci, ma per adesso era felice ascoltando le canzoni dell'amica mentre facevano colazione insieme e non avrebbe cambiato niente.

Nara, invece, arrivò all'incirca cinque minuti dopo, quando tutti gli studenti avevano ormai finito e cominciavano ad alzarsi per andare a lezione. Acchiappò qualcosa al volo e cercò di sbrigarsi per non essere in ritardo, per poi aggiungersi ai compagni che stavano scendendo le scale.

***

Giunti davanti alle aule i ragazzi si salutarono ed si diressero nelle loro rispettive sezioni, i gemelli si scambiarono un'occhiata d'intesa prima di dividersi e ricongiungersi ai propri amici. In verità, l'attenzione di Luna fu subito calamitata dalle due di cui aveva chiesto i nomi a Rita, ma la campanella suonò, un'ulteriore volta, prima che potesse fare conoscenza.

Gli insegnanti entrarono in classe e fecero l'appello, per poi lasciar uscire come di consueto gli allievi del secondo anno, che si avviarono fuori verso il piccolo edificio a destra del collegio dove li stavano aspettando.

***

-Buongiorno Team Accademia!- Il professor Catturio gli diede il benvenuto andandogli incontro sorridente, sorriso che ricambiarono più o meno naturalmente.
-Salve a tutti, ieri ci siamo un po' presentati e da oggi si andrà sempre avanti nella vostra preparazione, siete pronti?- Alla domanda della professoressa Mina, invece, annuirono molto convinti.

I cinque si sedettero sul pavimento formando un semicerchio di fronte ai due adulti, che tirarono fuori da una scatola alcuni strumenti accademici ben conosciuti.
-Ma...ma quelli sono Styler!- Nara si era sporta nella loro direzione con occhi sgranati.
-Hahaha, no!- Il professore era scoppiato a ridere per la scena.
-Eh?!-
-Questi...sono i distintivi del vostro Team, mi pare ovvio!- Ne consegnò uno ad ogni allievo, facendo sembrare il tutto come un rito di passaggio, per poi accendere la lavagna su cui fece proiettare delle immagini. -Per prima cosa dovremo verificare le vostre capacità, no?-
-Mi scusi, ma che intende?-  A parlare era stata Tsukiko, che osservava sorpresa il regalo ricevuto, e gli altri non poterono che trovarsi d'accordo.
-Beh, per diventare Ranger avete fatto un esame, giusto?-
Cenni di assenso.
-Bene, adesso voglio vedere i vostri progressi nella cattura-
-E nell'eliminazione dell'ostacolo- aggiunse la professoressa.
-Chi viene per primo?-
-Potrei farlo io, se vuole- Dopo aver atteso qualche secondo Candice si offrì volontaria per provare e si alzò in piedi.
-Perfetto, brava! Però spostiamoci in uno spazio aperto, magari nello spiazzo qua fuori-

Usciti dalla classe, il professore chiamò uno dei Pokémon che gironzolavano nelle vicinanze, per l'esattezza un Pikachu, e fece segno alla ragazza di provare ad utilizzare lo Styler accademico per trasmettere i propri sentimenti alla creatura elettrica.

Candice fece un passo in avanti e si preparò mentalmente, per poi accendere l'oggetto.
La cattura fu eseguita in maniera ottima, anche se con qualche danno, ed andò tutto per il meglio: la giovane si era impegnata tantissimo, perché se c'era una cosa che lei amava questa cosa erano i Pokémon. Subito dopo Pikachu le ricaricò lo strumento, emettendo delle leggere scariche, e tornò contento dai suoi simili.
-Bene, vedo con piacere che non te la cavi affatto male!-
-Mh...grazie- Sotto sotto, molto in profondità, pure lei era abbastanza soddisfatta della sua prestazione, ma odiava esternare i propri sentimenti in pubblico.
-Ed ora l'eliminazione dell'ostacolo, basterà una quiz veloce- ricordò la professoressa.
La studentessa non ebbe alcun problema a rispondere correttamente alle domande di teoria e superò in modo brillante la prova, guadagnandosi i complimenti, cosa che lei considerava normale.

Dopo Candice si fecero avanti anche i restanti quattro allievi ed uno ad uno catturarono un Pokémon dei dintorni per poi passare al secondo test: tutti, nessuno escluso, eccelsero, forse perché avevano dei buoni motivi per diventare Ranger, ed il tempo passò molto velocemente.

-Molto bene, davvero molto bene. Ci vediamo domani!- Il professore li salutò sorridente come al solito, affiancato dalla professoressa mentre i ragazzi si avviavano di nuovo verso la scuola.

***

-Ehi, Nara!-
Quest'ultima era appena stata raggiunta da Zero, Koito era qualche metro più indietro che sospirava immaginandosi la scena.
-Ah, sei tu. Cosa c'è?-
-Come sarebbe a dire? Haha, oggi per poco non arrivavi in ritardo, ti sei fermata troppo davanti allo specchio?-
-Non serve che parli tanto per dare aria alla bocca, stupido-
-Sei sempre così amabile-
-E tu idiota-
-Non è vero, però la prossima volta potresti cercare di sbrigarti, magari provando a non badare al tuo bisogno di essere perfetta, per fare colazione insieme a noi plebei-
-Come no, nei tuoi sogni-
-Non tenti nemmeno?-
-Continuerai ad insistere?-
-Sì-
-...seh, ci vediamo-

Ormai erano presso il grande edificio e Nara distanziò velocemente il ragazzo, che si fermò per aspettare Koito.
-Niente, eh?-
-Naaah, lo prendo per un forse-

Intanto che entravano all'Accademia, nello stesso istante uscivano gli studenti del primo anno dalle rispettive aule: avevano appena finito le lezioni e per loro si prospettava un bel pomeriggio.

I gemelli si puntarono subito, anche in mezzo agli altri giovani, e si andarono incontro emozionati, dato che nessuno dei due questa volta si era dimenticato di avere una cosa molto importante da fare.
-Leo!-
-Luna!-
Parlarono nello stesso momento e, per fortuna, prima di correre fuori come dei fulmini ebbero la geniale pensata di pranzare per non restare a stomaco vuoto come il giorno precedente.
Salirono in fretta le scale che portavano alle camere e presero qualcosa di rapido da mangiare, in questo caso un paio di panini al volo, per poi scendere di nuovo alla velocità della luce.
Stando attenti a non investire dei poveri malcapitati per i corridoi, uscirono fuori all'aria aperta e volsero lo sguardo ad un punto preciso: nulla avrebbe potuto evitare ciò che avevano premeditato insieme.

***

Si scambiarono un'occhiata d'intesa e si diressero a sinistra verso Piazza dell'ascesa.
Il paesaggio era davvero molto bello, con la staccionata che dava sul mare, e la Stele del patto svettava sull'ampio terreno.
Erano arrivati.


Spazio dell'autrice
Ebbene, avevo detto che avrei pubblicato e quindi eccomi qui.
Scusate davvero per l'ora, so che c'è qualcuno che vorrebbe mandarmi a dormire con la forza, ma mi viene difficile aggiornare prima. Spero almeno che il capitolo vi sia piaciuto, ditemi cosa ne pensate (Non sono brava con i titoli)!
Questa volta ho finalmente spostato l'attenzione su tutti i personaggi e confido di continuare così, ho sempre paura di andare OOC. Ho anche sistemato il programma della storia e, anche se per adesso le cose sembrano andare un po' a rilento, presto ci saranno altre sorprese!
Tanto per chiedere (?), avete presente che ognuno ha il proprio letto nelle camerate come i gemelli, no? Quale sarebbe quello dei vostri OC?
Comunque sia ringrazio come al solito chi recensisce e chi ha messo la fiction nelle preferite/seguite/ricordate, non saprei cosa dire se non grazie!
Ci sentiamo fra due settimane!

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Capitolo 7
*** Misteri ***





Misteri

Era pomeriggio.
Quando arrivarono i gemelli, tutti i Pokémon si girarono verso di loro ad osservarli curiosi. Forse il tempo si era fermato, forse la tensione nell'aria era palpabile forse avevano capito l'importanza della situazione, forse, semplicemente, si sentiva.

***

-Fratellino, guarda! La Stele del patto!-
-Sì, la vedo-
-Non trovi che sia perfetta?-
-In effetti...-
-Abbiamo scelto bene-
-Lo so-
-Beh, andiamo-
-È il momento-

I due si diressero verso la lastra marmorea, fermandocisi di fronte, ed assunsero un'incredibile sguardo serio, sguardo che mostravano soltanto per una cosa in particolare, mentre un piacevole vento gli scompigliava i capelli.
Ripensarono al motivo per cui erano all'Accademia, per cui volevano diventare Ranger e fecero un respiro profondo: erano lì per fare un giuramento. Non fecero nemmeno caso ai molteplici occhi, normalmente inquietanti, fissi su di loro.

-Sorellina, sei pronta?-
-Sono pronta da sempre-
-Facciamolo-
-Sì-

Chiusero gli occhi per un secondo, per poi riaprirli facendo brillare le iridi di determinazione e si presero per mano, accucciandosi per terra. A turno la allungarono e scrissero sulla pietra delle parole che sarebbero restate impresse in eterno, mentre Turtwig li guardava in disparte. Non sarebbe potuta sembrare una cosa molto importante, per la quale mantenere serietà, ma era legata ad un fatto vecchio di circa una decina d'anni che era ancora un ricordo bruciante, una cicatrice nella memoria.
Dopodiché si rialzarono e fecero un sorriso al piccolo amico, che gli corse incontro per prendere le coccole. Lui era così piccolo, eppure...

Leo, prima che il compagno gli saltasse sulla testa, lanciò un'occhiata all'altra, che fissava il blocco di roccia senza vederlo realmente. Venne distratta dal verso della creaturina e fece un sorriso, ma lui sapeva bene a cosa stava pensando a causa di ciò che avevano passato insieme e dei problemi che avevano affrontato. Sperava soltanto che un giorno avrebbe smesso di incolparsi, che l'avrebbe totalmente superato.

-Lu, cosa facciamo intanto che aspettiamo stanotte?-
-Non lo so...-
-Hai visto?- Indicò un punto preciso dove erano in rilievo delle lettere, attirando l'attenzione della sorella, che almeno perse quell'aria scombussolata.
-Cosa?-
-Non siamo gli unici ad aver sigillato un patto qui-
-...hai ragione!-
-Guarda: ci sono pure i nomi del preside, del professore e della presidentessa!-
-Lo sapevo!-
-Come no. Piuttosto ti ricordi di quando mi hai detto che tenevano un diario?-
-Certo-
-E che volevi trovarlo?-
-Sì-
-Magari è qui da qualche parte all'Accademia, no?-
-Lo scoveremo sicuramente-
-Però fra poco potremmo rientrare, inizio ad avere fame-
-Sei incorreggibile-

I due si sorrisero e, dopo essere rimasti ancora un po' nella piazza, si avviarono di nuovo verso la scuola.

Nel loro passaggio avevano lasciato un segno indelebile della promessa fattasi, che si sarebbe avverata molto presto.

'Noi, insieme, diventeremo Ranger e proteggeremo la natura in memoria di quel giorno'
Leo e Luna Inverse

***

Dopo aver mangiato, Candice si recò in biblioteca. Quello era il suo luogo preferito all'interno della scuola: non c'era mai tanta gente, era piuttosto tranquillo, molto illuminato e poteva leggere tranquillamente nelle ore pomeridiane. Prese un libro dallo scaffale e si sedette ad un tavolo vicino alla grande finestra della stanza, ma, anche se la sua intenzione iniziale era quella di ripassare le lezioni teoriche dell'anno precedente, non passarono nemmeno cinque minuti che richiuse il tomo con un sospiro.
Le piaceva imparare, era molto propensa allo studio e non faticava ad apprendere le nozioni più complicate, tuttavia non sopportava di starsene con le mani in mano. Lei puntava sempre in alto. La si sarebbe potuta definire ambiziosa, ma, se da un lato non si faceva problemi ad entrare in competizione con le persone, il suo punto di forza era proprio la ferrea determinazione.

***

Finite le varie lezioni, tutti gli studenti pranzarono ai tavoli affollati per poi dividersi per passare il pomeriggio in base a ciò che volevano fare.
In realtà, pur essendo un istituto riconosciuto in tutto il mondo per la capacità di istruire eccellenti Ranger, l'Accademia non offriva molte possibilità di passare il tempo libero, ma, dopotutto, lì non scarseggiava certo di fantasia: c'era chi si svagava fuori dal collegio, chi si divertiva con gli amici, chi chiedeva informazioni ai professori, chi andava in cerca di avventure, chi leggeva, chi si esercitava in un particolare sport e chi si dedicava ad altro.

***

Zero e Koito rientrarono nel dormitorio maschile, dove potevano fare praticamente ciò che gli pareva considerando che avevano la stanza a disposizione.
Il bersaglio delle freccette era stato abbandonato su uno dei letti liberi, ma ovviamente non riuscivano a scovarlo e ci mancò poco che partì un'impresa con tanto di profezia.
Zero si buttò sul suo, perennemente disordinato, e sbuffò. Attaccato al muro c'era un poster di Primo, famoso Ranger di Almia, con su scritto 'E tu vuoi diventare come lui', mentre sulla faccia erano stati disegnati dei vistosi baffi con un pennarello. Oltre al poster c'era anche una foto della famiglia, alla quale il giovane gettò un'occhiata triste prima di venire distratto dall'amico, che lo richiamò alla realtà dal suo letto posto in basso.

-Ehi-
-...eh? Non stavo dormendo-
-Sì, lo so. Ho trovato il bersaglio-
-Dov'era?!-
A quella domanda Koito indicò il posto in cui l'avevano lasciato la sera precedente.
-Sicuro, lo sapevo, volevo soltanto vedere se eri attento-
-...seh-
-Comunque se vuoi ti concedo la rivincita-
-Veramente tu avevi perso-
-Io dico che abbiamo fatto parità-
-D'accordo, ho capito, significa che dovremo fare un'altra partita-
-Esatto-

Appesero di nuovo l'oggetto, presero lo stesso numero di freccette a testa e giocarono per il resto del pomeriggio. Il risultato fu quasi scontato, ma l'importante non era quello.

***

In un batter d'occhio volarono le ore ed arrivò il buio. In realtà, i ragazzi erano tutti andati molto tardi a dormire, dato che l'indomani sarebbe stato sabato ed avrebbero potuto alzarsi serenamente. Proprio per questo motivo non sembrò troppo strano quando i gemelli uscirono dalle rispettive camerate per vedersi all'imbocco delle scale che portavano di sotto.

***

I due, per una volta, erano entrambi puntualissimi e non tardarono di un minuto. Le loro iridi verdi s'incontrarono nello stesso identico momento. Avevano programmato ogni minimo particolare del piano che volevano attuare, quindi era impossibile che fallisse. In effetti, non avevano trascorso nemmeno una settimana intera lì che già partivano alla ricerca di avventure, ma avevano un'indole troppo curiosa per impedirlo.
Non avevano bisogno di parlare, qualsiasi frase o parola sarebbe stata futile ed impropria: ormai conoscevano perfettamente i pensieri l'uno dell'altro.
Scesero i gradini con passo felpato, senza farsi sentire né notare, e si arrestarono di fronte alla porta del seminterrato. Appeso ad un chiodo penzolava un vecchio cartello pendente da una parte, su cui c'era scritto un avvertimento ormai sbiadito. Voci di corridoio affermavano che quello fosse un laboratorio abbandonato, dove chi ci si addentrava scompariva nel nulla, ed attorno ad esso giravano molteplici leggende, per questo era come un magnete per le persone. Di solito ci si stava lontani o, ancor meglio, lo si ignorava, ma manteneva quell'aura di mistero.
I gemelli entrarono lasciandosi l'ingresso alle spalle e proseguirono nella penombra del corridoio, che andava dritto e svoltava a destra. Per terra c'erano numerosi scatoloni, libri e fogli sparsi, mentre in fondo c'era pure una piccola libreria con gli scaffali inclinati dal peso dei tomi polverosi. Tutto, lì, dava un'impressione trascurata e tetra. Inoltre, i versi echeggianti dei Pokémon presenti non contribuivano a far credere diversamente. Forse sarebbe stato meno pauroso con uno Styler, accademico o no, ma non lo si poteva avere per magia. Nonostante l'ansia crescente i due andarono avanti con perseveranza, intanto che le loro pupille si dilatavano e si abituavano alla semioscurità.
Fortunatamente non incapparono in pericoli e si ritrovarono di fronte ad un'altra porta. Quest'ultima sembrava portare ad un'ulteriore stanza da cui proveniva una flebile luce, ma era chiusa a chiave e non si riusciva ad aprire in alcun modo. Fecero molti tentativi, ricorrendo alla vasta scelta di trucchi di cui disponevano, e ad un certo punto furono costretti ad arrendersi con molti sbuffi. Luna fece cenno al fratello di andare dietro ad alcune pile di scatoloni, per poter almeno respirare in pseudo-tranquillità, e lui capì al volo.
Rimanendo in rigoroso silenzio ed andando a tentoni, si nascosero bene alla vista e tirarono un seppur contenuto sospiro di sollievo. Si erano diretti nel seminterrato per esplorare e dare soddisfazione alla loro sete di avventura, ma stavano cambiando idea per la desolazione dell'insieme. Facendo il meno rumore possibile, presero a sussurrare fittamente.

-Leo, secondo me potremmo tornare di sopra...-
-Lo so, sorellina, qui non possiamo restare-
-Però...-
-Non c'è bisogno di preoccuparsi, basta fare il percorso al contrario-
-Dovremmo stare molto attenti-
-Come sempre-
-Se lo dici tu-
-Bene, tre secondi ed usciamo-

Non un attimo di più, non un attimo di meno e fecero come stabilito, ripercorrendo la strada fatta in precedenza. Raggiunta la porta d'entrata la aprirono il tanto che bastava a dare un'occhiata al piano terra e, constatando che ci fosse via libera, si avviarono furtivamente verso le camerate. Ormai il buio non era un problema e non fecero fatica ad orientarsi. Salite le scale si salutarono e raggiunsero le rispettive mete. Per fortuna i compagni stavano già dormendo e non ci furono domande.
Quella notte era andato tutto bene e non avevano avuto brutte sorprese, ma non sapevano ancora a cosa erano stati terribilmente vicini.

***

Molto lontano dall'Accademia e dai luoghi conosciuti nelle mappe, delle figure stavano parlando animatamente. Non si poteva capire né a chi appartenessero le voci né l'argomento di cui stavano discutendo, ma pareva che fosse qualcosa di importante. Poco si comprendeva, tuttavia bastava per preoccuparsi.

-...funzionerà...?-
-...deve...!-
-Ci metterà tanto...la pena!-
-Presto...mondo...!-
-Ottimo...-
-...haha!-


Spazio dell'autrice
Ed ecco il nuovo capitolo! Spero che vi sia piaciuto, a quest'ora non riesco a connettere bene i neuroni. Questa volta forse è venuto abbastanza lungo, ma non ne sono sicura quindi ditemi che ne pensate (Come sempre ho una paura immane di andare OOC)!
Come al solito tengo a ringraziare le persone che recensiscono e che hanno messo la storia nelle preferite/seguite/ricordate, non saprò mai cosa dire!
Ci sentiamo fra due settimane!

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Capitolo 8
*** Storie intrecciate ***





Storie intrecciate

Sole. Un sole caldo splendeva nel cielo azzurro ed i suoi raggi brillavano fra le poche nuvole che c'erano, mentre soffiava una lieve brezza fresca. In tutta la regione il tempo era sereno, con la gioia dei bambini che potevano divertirsi all'aria aperta con i loro amici.

Proprio due bambini, infatti, si trovavano fuori a giocare. Però, data la curiosità e la sete di avventura che li contraddistingueva, si erano addentrati in una parte di isola che non conoscevano, lontano dal centro abitato, prendendo una strada che portava direttamente su una scogliera a strapiombo sul mare. Era sì presente una piccola staccionata, ma purtroppo non riusciva a delimitarne tutto il perimetro. C'era pure una casa, tuttavia nessuno si vedeva nei paraggi.
Mentre si rincorrevano schiamazzando fra i vari cespugli ed i fiori multicolore, i due arrivarono vicino alla rupe, non rendendosi conto del pericolo. Quando se ne accorsero, fu troppo tardi. Il più grande fu il primo a farlo, si fermò appena in tempo e provò ad avvertire il minore, ma stava già andando tutto a rotoli. Quest'ultimo cadde, riuscendo miracolosamente a tenersi ad una sporgenza, ma non sarebbe resistito a lungo. Sotto, le onde sbattevano violente sugli scogli e ciò non faceva che peggiorare la situazione: il terrore e la tensione erano palpabili nell'aria. Queste emozioni sostituirono la gioia e si dipinsero quasi istantaneamente sui volti dei bambini. Il primo gridò il nome dell'altro e si precipitò da lui senza pensarci un secondo. Afferrò la sua mano, anche se sapeva che sarebbe stato trascinato giù. Nelle loro iridi si leggeva la disperazione e delle calde lacrime iniziarono a solcarne i volti. Quando cominciarono a precipitare chiusero gli occhi e strinsero la presa per non lasciarsi. Poi accadde. Un istante prima che tutto fosse perduto delle specie di liane provenienti dall'alto li afferrarono e gli si avvolsero intorno, impedendo il fatale impatto. I due vennero sollevati ed, in seguito, adagiati sull'erba. Dopo la sorpresa dovuta allo spavento scoppiarono in un pianto liberatorio e si abbracciarono forte: erano salvi. Accanto a loro c'era un Pokémon molto somigliante ad una tartaruga insieme ad un uomo muscoloso ed abbastanza alto, con i capelli e gli occhi blu che indossava una strana divisa. Erano entrambi molto felici sapendo che stavano bene. Comunque fosse, gli avevano salvato la vita. L'adulto si avvicinò a loro, accucciandosi, e gli rivolse un sorriso rassicurante, tentando di calmarli. In realtà, il Pokémon sarebbe potuto andare, ma decise di non farlo. Non l'avrebbe mai fatto.
Da quel giorno tutto cambiò, ma niente venne dimenticato.


Il sogno si interruppe improvvisamente e Luna si svegliò di soprassalto. Era ansante, ma non troppo stordita da capire che quella che aveva visto era soltanto una semplice rappresentazione onirica, per quanto dettagliata che fosse. Respirò profondamente e si tranquillizzò, tuttavia non prese in considerazione l'idea di tornare a dormire, non voleva rischiare di fare altri sogni simili. Doveva tornare al suo stato controllato, altrimenti non sarebbe mai riuscita a tenere a freno le sue emozioni. Si sistemò in una posizione comoda sul fianco e guardò fuori dalla finestra: nonostante fosse sabato, il cielo era nuvoloso e minacciava pioggia, il che era un inaccettabile nei fine settimana. Restò abbastanza vigile per un po', ma dopo una decina di minuti circa venne vinta suo malgrado dal sonno, questa volta privo di spiacevoli imprevisti. Il suo respiro si fece regolare e nella stanza calò un silenzio profondo.
Avevano fatto bene a visitare i sotterranei quella notte, sennò se fossero dovuti andare a lezione si sarebbero addormentati in classe.

***

Intorno alle nove del mattino gli studenti si alzarono ed un grande sbadiglio parve levarsi dall'Accademia. Era giorno di festa, ma il tempo non era di buon auspicio e questo tirava un po' giù il morale, considerando che molti avevano intenzione di uscire e dedicarsi ad attività ricreative. Comunque, per alcuni ci sarebbero state delle...sorprese inaspettate, perfino dall'ora di colazione.

***

Nei dormitori la situazione, bene o male, era sempre la stessa, con le persone che facevano le stesse cose di ogni giorno, anche se con maggiore calma del solito.
Ovviamente andarono a mangiare e, per la prima volta dall'inizio dell'anno scolastico, lo fecero insieme: era una bella scena da vedere, fra chi era più rilassato e chi scherzava con gli amici. Inoltre, quello fu un grande momento, perché la signora Della, considerata da molti come una zia se non una madre, si presentò sorridente con un sacco di lettere indirizzate ai giovani e, salutandoli uno ad uno, le consegnò ai destinatari.
-Buongiorno cari, c'è posta per voi!-
Insieme a lei, che la seguiva fedelmente, c'era pure un Bidoof. Quelli del secondo anno conoscevano entrambi ed erano felicissimi. In ogni caso, ringraziarono tutti per la consegna ed aprirono le missive, mentre la custode scendeva al piano terra. Una era per i gemelli, seduti vicini. I compagni stavano chiaccherando allegramente ad un tavolo differente.

-Per noi?-
-Leggi chi l'ha mandata, è di mamma e papà-
-Sì, ero solo stupita. E poi...non è l'unica, nella busta ce ne sono due-
-Ma chi potrebbe scriverci a parte...oh!-
-Dovevamo immaginarlo-
-Sei sicura di stare bene, Lu?-
-Certo-
-Che aspetti, apri la prima, dai-
I due la misero in mezzo, le parole erano queste:

'Villaggio Cicole
Ciao piccoli,
come va? Sappiamo che è da poco che non ci sentiamo, ma abbiamo il dovere di fare i genitori, no?
Siamo assai curiosi: cosa combinate a scuola, vi piace? Speriamo di sì. Ricordate che vi aspettiamo a Natale per farci raccontare tutti i particolari!
In allegato c'è una busta con gli auguri di una persona speciale.
Vi vogliamo bene,
Mamma e papà'

Avevano qualcosa da ridire riguardo a quel piccoli, ma sorrisero contenti: andava a meraviglia. Avrebbero mandato la risposta nel primo momento libero a disposizione.
Poi aprirono la seconda:

'Regiobaleno
Salve ragazzi,
tutto a posto? Forse non vi aspettavate questa lettera o forse sì, ma sono orgoglioso di voi per l'ammissione all'Accademia e spero davvero che vi troviate bene. In realtà, secondo me quello è il posto adatto per farvi esprimere al meglio e spero di averci visto giusto. Non dimenticate che ci sono andato anch'io.
Comunque, ormai state diventando grandi! Vi piace Almia? Non è esattamente come qui, ma ha i suoi pregi. Aspetto i vostri racconti.
In bocca al lupo,
R.
P.s. Tanti saluti da mia moglie e mia figlia.'

No, non se l'aspettavano, ma erano sempre molto felici di quelle lettere. L'ultima volta che ne avevano ricevuta una era stata al momento del trasloco nella nuova regione, avrebbero risposto il prima possibile.

Purtroppo a Luna venne in mente il sogno di quella notte e si perse per un attimo nei suoi pensieri. Il fratello notò all'istante il suo cambio d'espressione e le propose subito di fare qualcosa tanto per distrarla, attirando la sua attenzione e ricevendo una conferma. Lei non gli aveva riferito niente, ma lui la conosceva fin troppo bene per non immaginare cosa le stesse passando per la testa.
Finirono la colazione in un lampo, dato che erano stati impegnati a leggere i biglietti ed erano affamati, per poi scendere le scale. Inoltre, volevano scovare Turtwig, che era presumibilmente fuori.

***

Zero e Koito avevano preso posto ad un tavolo davanti alla camerata maschile, mentre Leo si era diretto dalla sorella. Quando erano andati a dormire non era ancora tornato e chissà cosa aveva combinato, per i due quel ragazzino era un mistero con un sacco di punti di domanda così come la sorella.
Si versarono due tazze di latte con caffè e presero qualcosa da mangiare, ma si vedeva che Zero lo faceva distrattamente: continuava a fissare con insistenza la porta della camerata femminile, intanto che l'altro non sapeva se ridere o sospirare.
Ad un certo punto Nara uscì e notò lo sguardo puntato su di lei: decise di avvicinarsi abbastanza scocciata.
-Su, cosa c'è?-
-Niente, mi chiedevo se sua altezza avrebbe accettato di sedersi al nostro tavolo-
Koito a quella frase aveva optato per il sospirare.
-Idiota-
-È un sì?-
-Bah-
-È un sì-
La ragazza alzò gli occhi al cielo, o al soffitto, e si sedette davanti ai due. Era soltanto per quella volta e magari l'avrebbe lasciata in pace se l'avesse accontentato. E, forse, sarebbe stato divertente. Forse. Il futuro è incerto, ma delle cose si possono intuire.

***

Lidia prese un muffin con le gocce di cioccolato, prima di terminare il pasto. Non sapeva esattamente cosa fare in giornata, quindi avrebbe potuto tentare un'uscita o restare a leggere il nuovo numero della sua rivista preferita. Non aveva nemmeno una vaga idea su cosa fosse meglio quando si accorse della presenza di una sua compagna.
-Ehi, ciao...-
-Amber-
-Ecco. Ciao Amber, posso aiutarti?-
-Ehm...non lo so-
-Quindi...-
-A te piace cucinare?-
-Scherzi? Adoro cucinare, in special modo i dolci!-
-Davvero?-
-Ovvio! Perché?-
-Beh, a me piacciono tutti quelli col cioccolato, ma...- Lì arrossì come un peperone dall'imbarazzo.
-Prepariamoli insieme!-
-Eh?-
-Potremmo farli insieme, secondo me sei brava!- A quel punto Amber raggiunse diverse tonalità di rosso.
-Dici?-
-Ovvio doppio!-
-Ah, g-grazie-
-Figurati, inoltre abbiamo un sacco di tempo libero questo fine settimana-
-Ma come, ci organizziamo così su due piedi?-
-Massì, sarà divertente!-
-Oh-
-Senza contare che sono felice di cucinare insieme a qualcuno-
-Io non sono...-
-Non ti preoccupare. Che ne pensi di fare, uhm, dopo pranzo?-
-Potrebbe andare-
-Perfetto, allora ci vediamo, ciao!-
-Ciao...-
Il suo saluto non arrivò in tempo a Rita, che si era alzata di slancio e l'aveva salutata sorridente mentre scompariva scendendo la rampa di scale e lasciandola stupefatta.

La ragazza dai capelli ambrati dovette dire ciao pure alla sua freddezza tanto sofferta, che era stata spazzata via dalla disinvoltura dell'altra giovane. Lei non sapeva mai come comportarsi di fronte alle persone e per via della sua insicurezza risultava scontrosa, eppure non era stata capace di ribattere, si era lasciata travolgere dalla solarità della sopracitata quasi senza rendersene conto. La cosa strana era che ne era rimasta abbastanza divertita, quindi sarebbe stata una buona occasione per provare a rapportarsi con qualcuno. Non sapeva come sarebbe andata, ma presumeva positivamente.
In ogni caso, sospirò e fece un piccolo sorriso, rilassando le spalle: si sentiva incredibilmente tranquilla.

***

Tsukiko uscì dall'Accademia ed inspirò profondamente. Non importava se fosse nuvoloso o tirasse vento, lei non avrebbe mai rinunciato all'aria aperta. E poi, le piacevano le vacanze perché aveva la possibilità di passarci più tempo, anche se non le dispiaceva andare a lezione con i professori Mina e Catturio.
Aveva una mezza idea di suonare la sua ocarina, alla quale lanciò una veloce occhiata, ma questa crollò quando vide alcuni Pokémon giocare in lontananza. Evidentemente avevano previsto pioggia e si stavano godendo quei momenti, un po' come lei. Quest'ultima si avvicinò a loro e gli sorrise intanto che si accucciava per terra. Quelli la riconobbero ricordandosi della notte precedente e le andarono incontro schiamazzando allegri: pareva quasi che la felicità stesse prendendo il posto del malumore portato dal maltempo.
Purtroppo dopo una decina di minuti si levò un forte vento e le piccole creature preferirono ripararsi nelle proprie tane. Restò soltanto un Cyndaquil.
Le sue fiamme erano normali e sembrava voler fare conoscenza, il che era curioso considerando il fatto che di solito i Cyndaquil sono molto timidi. Tsukiko iniziò ad accarezzargli la testolina e si ricordò del sacchetto appeso alla cintura. Dentro ci teneva dei macarons, quindi lo sfilò, lo aprì tirandone fuori uno di colore giallo e lo offrì al Pokémon, che l'accolse di buon grado e lo mangiò in qualche morso. La ragazza era al settimo cielo dalla gioia.
I due passarono un tempo indeterminato in quel modo, finché non si sentirono dei passi in lontananza: la giovane si girò e riconobbe Luna, domandandosi cosa o chi stesse cercando.

Luna, intanto, si era momentaneamente separata dal gemello per trovare Turtwig, dato che non era da nesuna parte. Lei era uscita fuori credendo di riuscire nell'impresa e poter rientrare, tuttavia notò l'altra e si arrestò: era dal suo primo giorno all'Accademia che aveva intenzione di parlarci ed era lì. Fortuna? Destino? So solo che si diresse verso di lei.
-Ehilà...-
-Sì?-
-Scusa, hai per caso visto passare un Turtwig?-
-Un Turtwig?-
-Esatto-
-Perché?-
-Ah, mio fratello ed io ci siamo molto amici, non è tornato e ci siamo preoccupati-
-Capisco, ma non ne ho visto nessuno-
-Va bene, grazie lo stesso-
-Aspetta-
-Cosa?-
-Se vuoi...ti potrei aiutare a scovarlo-
-Lo faresti?-
-Sì, per te pare molto importante-
-È vero, grazie-
-Mh, andiamo-


Spazio dell'autrice
Miracolo, sono riuscita ad aggiornare prima di mezzanotte! Mi sento un genio, poi mi comprerò dei biscotti.
Comunque bentrovati, spero che il capitolo vi sia piaciuto! Questa volta succedono molte cose sul fronte personaggi, quindi ditemi cosa ne pensate! Restando su questo tema, avrei anche delle domande da farvi.
Primo: cosa vorreste che accadesse nella prossima puntata? Parlo in generale, perché io ho un paio di cose in mente, ma volevo sapere se c'era qualcosa che avreste voluto approfondire.
Secondo: vorreste che arrivassero delle lettere ai vostri OC?
Fine delle domande a caso.
Parlando d'altro, so che le supposizioni e le congetture sono già partite, ma si accettano scommesse riguardo ai vari misteri presenti.
Comunque sia non ho più niente da dire, cosa strana.
Ci sentiamo fra due settimane!

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Capitolo 9
*** Amicizie ***





Amicizie

Tsukiko e Luna stavano cercando Turtwig insieme da tempo indeterminato, quanto non era possibile dirlo con precisione dato che i secondi ed i minuti si confondevano fra loro. Le due ne avevano ormai perso la cognizione. Nemmeno la posizione del sole poteva aiutare, considerando la coltre di nubi grigie che ricopriva il cielo e minacciava pioggia.
Comunque fosse, da quando avevano iniziato, non si erano mai fermate.

Luna era molto concentrata nella ricerca del suo amico, così come probabilmente era il gemello, ed era quasi completamente isolata dall'ambiente circostante. Nonostante sapesse bene che il Pokémon era capace di badare a se stesso, lei era preoccupatissima. Certo, era felice sapendo che di essere in compagnia dell'altra ragazza, ma la sua inquietudine in quel momento era l'emozione dominante.

Tsukiko, intanto, la stava osservando da molto. Sin da quando era stata presentata alla classe quella ragazza l'aveva incuriosita particolarmente e, anche se di solito era un po' sospettosa verso le persone, non poteva fare a meno di volerla conoscere meglio. Dopotutto, pareva che fosse molto legata a Turtwig, come con il fratello, ed era rimasta molto colpita da questo suo comportamento, di qui la sua decisione di fare il più possibile per trovarlo.
Cyndaquil, inoltre, non si era affatto accontentato dei brevi attimi passati insieme alla nuova amica, che gli aveva offerto il macaron, e la seguiva da quando si era alzata per fare chissà che cosa, sperando magari di ricevere ulteriori dolcetti. Di sicuro non avrebbe mollato per un futile motivo.

Camminarono per un altro po', controllando ovunque e chiamando a gran voce, finché Luna non si lasciò cadere a terra appoggiandosi al tronco di un albero. Di conseguenza, anche Tsukiko si arrestò, scrutandola come se stesse tentando di capire che intenzioni aveva.
-Niente, non so più che pesci pigliare-
-Tu lo conosci meglio di me, non è ha dei posti preferiti? O delle abitudini?-
-Non mi viene in mente nulla...-
-Capisco-
-...grazie-
-Per cosa?-
-Per avermi aiutata, no? Grazie-
-Ah, beh...di niente, credo-
Luna esitò come per voler aggiungere qualcosa, ma si bloccò con un'espressione in viso difficile da identificare mentre guardava oltre le spalle dell'altra. Di conseguenza, quest'ultima si girò nella stessa direzione e vide un giovane sorprendentemente simile alla compagna, affiancato da un Turtwig, correre verso di loro. Non ci volle molto per capire la situazione.
-Lu, eccoti!-
-Come sarebbe a dire, eccoti?-
-Alla fine è andato tutto bene- Eludendo allegramente la domanda, indicò il Pokémon al suo fianco, che le saltò addosso con gioia.
-Sì, ma hai passato una mattinata a cercare me che cercavo lui-
-In effetti-
Tsukiko li stava osservando incuriosita in quello scambio di battute e si ritrovò ad essere quasi divertita. Forse addirittura contenta.
-Comunque dovresti ringraziare lei, mi ha aiutata-
-Hai ragione. Grazie-
La sopracitata si limitò ad irrigidirsi leggermente e annuire, senza però smorzare la felicità dei due.
-A proposito, io sono Leo, piacere!- si presentò, porgendole la mano. Lei lo soppesò un momento, per poi stringere la sua.
-Tsukiko-

Purtroppo delle gocce cominciarono a cadere inesorabilmente dal cielo, preannunciando pioggia se non peggio. Nemmeno le fronde dell'albero sarebbero riuscite a proteggere dall'acqua.
Luna tese il braccio in avanti, con la mano rivolta verso l'alto, per poi ritirarlo subito ed alzarsi da terra.
-È meglio se rientriamo, altrimenti rischiamo di prenderci un raffreddore-
Gli altri concordarono ed insieme decisero di tornare all'Accademia.
Prima che andassero, Cyndaquil attirò l'attenzione della ragazza dagli occhi eterocromi per salutarla e lei gli regalò un macaron, questa volta azzurro, promettendogli che gliene avrebbe dati ancora. Era vero.

***

Dopo aver finito di mangiare, in mancanza di qualcosa da fare Koito optò per prendere ispirazione dalla sua camera, mentre Zero rimase fuori per provare a convincere Nara a restare. Poteva sentire le battute che si scambiavano anche da dietro la porta: quei due non sarebbero cambiati mai.
Si buttò sul letto e tirò fuori da una delle tasche l'ormai stropicciata lettera che gli era stata consegnata a colazione: era di suo fratello Eiji, più piccolo di due anni. Aveva intenzione di cestinarla, quindi non capiva perché ce l'avesse in mano e tanto meno perché si sentisse così scombussolato. La guardò con aria stanca, rigirandosela fra le dita e non osando aprirla nemmeno per sbaglio. In effetti non sapeva che farci. Per un attimo fu indeciso fra la prospettiva di leggerla o quella di strapparla, ma gli bastò sentire le voci dal corridoio per fare una scelta: si tirò su, la accartocciò e la cestinò un secondo in anticipo all'entrata del suo compagno di stanza. Non aveva intenzione di rischiare delle domande in proposito e di certo l'ultima cosa che voleva era pentirsi per una lite.

-Fammi indovinare: non l'hai convinta-
-Hai indovinato-
-Strano-
-Ed io che pensavo che questa giornata non avrebbe potuto che migliorare-
-Invece è molto probabile che ci sarà una pioggia forte-
-Non dirlo-
-Non sono io a dirlo, lo vedo dalle gocce sulla finestra-
-Caspita, addio al nostro bel fine settimana-

Zero imitò l'amico e si buttò sul suo letto, sprofondando la faccia nel cuscino.
Non sapendo che fare, dato che né una gita in biblioteca né un'ulteriore partita a freccette parevano delle proposte allettanti, finirono col passare il tempo ridendo, scherzando e facendo un paio di battute squallide.

***

Quando arrivò l'ora di pranzo molti studenti si sedettero vicini per passare insieme almeno il pasto e per sorridere in quel sabato triste.
Dopo che ebbero finito, alcuni si dispersero, al contrario di altri che rimasero.
Amber, in particolare, si posizionò davanti alla porta del dormitorio femminile ed aspettò Lidia, con la quale si era data appuntamento per preparare dei dolci e magari imparare bene a farli. Era ancora un po' insicura, ma sperava bene.
Per fortuna Lidia si presentò sorridente in perfetto orario e fece dimenticare tutte le preoccupazioni.
Insieme, entrarono e Lidia tirò fuori il suo Portapoffin e delle bacche. Avrebbero iniziato da cose semplici come quei biscotti, che si potevano fare facilmente. La sopracitata confidò ad Amber che la signora Della le aveva permesso di utilizzare la cucina della scuola e così di avviarono lì. In seguito fece la sua comparsa anche Rita, che era stata informata dell'attività ed aveva portato una piccola cassa per ascoltare la musica.
Fu in quel modo che le tre passarono il pomeriggio: mescolando, cantando e divertendosi senza pensieri.
Lascio a voi le supposizioni su quello che sarebbe accaduto poi.

***

Il pomeriggio piovve e la domenica diluviò, obbligando gli studenti a stare al riparo. A meno che non si amasse particolarmente l'acqua o che non si volesse prendere un malanno, era la cosa migliore.
In ogni caso, si susseguirono molti giorni, uno dietro l'altro, finché non si arrivò quasi a confonderli fra loro, in cui successe di tutto e di più: si consolidarono delle amicizie, si continuò con le lezioni di entrambi i corsi e tante cose che adesso non starò ad elencarvi.
Fatto sta che passarono anche delle settimane intere e presto ci sarebbero state delle grandi novità.
Novità per tutti.


Spazio dell'autrice
Ciao a tutti con questo nuovo capitolo. Come avrete visto, è molto breve rispetto ai precedenti e non avrebbe nemmeno il diritto di chiamarsi capitolo, ma potremmo definirlo uno di passaggio. Mi dispiace davvero tanto, ma le mie idee ed il mio tempo si sono ridotti bruscamente e non sono riuscita a fare che questo.
Comunque, teoricamente per una volta avrei potuto pubblicare addirittura un'ora prima di mezzanotte, ma praticamente da me hanno spostato tutti gli orologi avanti di un'ora e ho aggiornato in ritardo come al solito. Secondo me per questa mancanza verranno a ritirarmi il pacco di biscotti che mi sono comprata.
In compenso...niente, davvero, non so cosa dire. Ho sempre il terrore di andare OOC e cose del genere, quindi ditemi cosa ne pensate!
Grazie un miliardo alle persone che recensiscono e che hanno messo la storia nelle preferite/seguite/ricordate, vi voglio bene!
Ci sentiamo fra due settimane!

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Capitolo 10
*** Qualche tempo dopo ***





Qualche tempo dopo

In men che non si dica, passarono dei giorni, delle settimane e perfino dei mesi, durante i quali all'Accademia continuarono le attività quotidiane.

Gli allievi del secondo anno si impegnarono con dedizione sia nella teoria che nella pratica relative alla loro specializzazione in Ranger, studiando in modo approfondito tutto ciò che riguarda i Pokémon e l'ambiente in cui queste creature vivono ed esercitandosi sotto la guida dei professori Mina e Catturio. Migliorarono in maniera esponenziale rispetto alla loro prima cattura, cosa che dimostrava ancora una volta le eccellenti abilità di insegnamento ed apprendimento della scuola.

Gli studenti del primo anno, invece, dato che non era ancora arrivato il momento della scelta, furono dotati di una conoscenza teorica che copriva più o meno tutti i campi, così che avessero una buona preparazione in vista delle situazioni future. Gli venne inoltre fornito un glossario, elenco completo di ciò che può servire in caso di bisogno.

Ormai era arrivato dicembre e le giornate si erano fatte più fredde, anche se l'Accademia poteva vantare un clima mite, essendo stata costruita sul mare, e per questo motivo non rischiava delle nevicate in piena regola come nella Valle di Crio. Certo, erano i primi di dicembre e non era pieno inverno, ma iniziava già a sentirsi un lieve abbassamento di temperatura. Con la fortuna che avevano sarebbe soltanto piovuto.

Comunque, la cosa migliore di quei mesi erano sicuramente le vacanze di Natale e Capodanno: sarebbero cominciate di lì a poco, questione di giorni, e la maggior parte degli alunni ne era felicissima. Per le feste si poteva tornare a casa, dalla propria famiglia, oppure restare e godersi un periodo di tranquillità.

Certo, le lezioni perduravano ma si potevano definire speciali, infatti la pausa invernale non era il solo evento motivo di gioia ed eccitazione. Quello che si aspettava dall'inizio dell'anno scolastico arrivava in quel momento.

***

-Mie care ragazze, oggi ho una notizia che spero vi farà piacere, abbiamo finito il programma di teoria ed ora viene la parte migliore! Innanzitutto, una domanda: in cosa vi piacerebbe specializzarvi?-

La professoressa Anna, nella sua classe, parlò alle giovani sorridendo raggiante, con i suoi soliti modi che trasmettevano rilassatezza. E queste ultime sapevano bene cosa rispondere.
Nel mentre, le altre assenti erano come al solito dai professori del secondo anno.

-Ranger! Diventeremo presto Ranger?-

Luna si sporse in avanti, con un'espressione entusiasta ed impaziente in viso. Finalmente, era per lei arrivato il momento che sognava da una vita intera e che da mesi si domandava quando sarebbe stato. Era il suo obiettivo e la sua fissazione da ormai molto, troppo tempo.

-Beh, dipende da cosa intendi per presto. Non nell'immediato futuro, ma se lo vorrete potrete farlo. Immagino che pure voi vogliate essere Ranger, no?-

Amber e Rita annuirono con convinzione. La seconda lo fece con un sorriso, la prima non si espresse più ti tanto, ma erano entrambe ferme nei loro ideali.

-Ne sono felice. In questo caso, le cose che faremo in questi giorni vi faranno molto piacere-

***

-Salve a tutti. Abbiamo finito il programma di teoria e fra poco avremo le vacanze invernali. In questi giorni faremo delle lezioni un po' speciali, infatti l'ultimo giorno di scuola verrà il momento di scegliere in cosa vi vorrete specializzare nel corso del prossimo anno-

L'insegnante entrò in aula e preannunciò ai giovani qualcosa che gli fece acutizzare all'istante tutti i sensi.

-Ci segni pure nella lista dei Ranger!- esclamò Lidia con un candido sorriso sulle labbra.
-Ci? Vabbè, comunque sì- Pure Leo era molto sicuro, non avrebbe potuto essere diversamente, aveva la testa fra le nuvole e venne bruscamente riportato sulla Terra.
-Ecco!-
-Come funzionerà?-

-Noi docenti cercheremo di darvi delle idee su tutto, poi starà a voi dirci cosa volete fare. Nel vostro caso, mi dovreste dare la risposta definitiva la mattina prefissata-

I due annuirono con mille pensieri in testa e la lezione continuò tranquillamente. L'insegnante illustrò meglio le cose, ascoltando le domande che gli venivano poste. Le ore passarono così veloci che quasi non si accorsero del suono della campanella.

***

Gli studenti uscirono e si riversarono in corridoio, mentre pure quelli del secondo anno rientravano all'Accademia, per riunirsi con i propri amici, mangiare e magari fare qualche attività nel pomeriggio. Nonostante fosse dicembre, quella mattina splendeva un bel sole e, coprendosi un po', si poteva anche uscire.

Rita salutò Luna e corse da Amber, che si stava già allontanando, per poi affiancarla. Dopo essersi conosciute meglio, quel sabato in cui avevano preparato dei poffin, si erano viste molte altre volte insieme a Lidia ed erano diventate amiche. Amber era sempre un po' fredda, ma andava bene così. Non passò nemmeno un minuto che arrivò Lidia con un sorriso e le salutò. La ragazza dal capelli ambrati non poté che farsi contagiare dalla sua solarità e piegare lievemente gli angoli della bocca all'insù.

All'entrata, invece, Zero e Koito chiaccheravano su qualcosa successo a lezione, mentre Nara tirava dritto verso le scale. In quel periodo la sua opinione sul primo era cambiata da 'sei uno scemo e non ti sopporto' a 'sei sempre uno scemo ma ti sopporto con meno sforzo'. Insomma, facevano progressi, erano sulla buona strada per diventare amici.

Candice, intanto, camminava spedita verso la mensa con i pensieri rivolti a ciò che si avrebbe fatto in quel periodo. Nella seconda metà dell'anno scolastico avrebbe finalmente potuto mettere in pratica ciò che aveva imparato, cosa che aspettava da tempo.

Tsukiko passò davanti alla classe di Luna e la salutò con un cenno della mano, aggiungendo un lievissimo sorriso che per un attimo la giovane credette di essersi immaginata, per poi scomparire velocemente oltre la prima rampa di gradini. Per lei, che era sospettosa nei confronti delle persone e tendeva a tenerle a distanza, quello era un grande segno di amicizia. Infatti, da quando avevano superato, spezzando il ghiaccio, il muro di gelido imbarazzo che c'era fra di loro avevano iniziato a parlarsi e ad instaurare le basi per una conoscenza reciproca. Non solo: da quel mattino di quel fine settimana piovoso, quel Cyndaquil coraggioso l'aveva seguita e lei ci si era affezionata molto.

***

Luna guardò euforica in direzione dell'aula del gemello e lo puntò per correre verso di lui, che si accorse in ritardo di doversi scansare se non voleva essere investito. Lei lo prese per le spalle e cominciò a scrollarlo come se non ci fosse un domani.

-Leo! Hai saputo?!-
-Sì, Lu, calmati un attimo- replicò fra gli sballottamenti vari.
La sorella si fermò e lui le spostò delicatamente i polsi dal punto in cui l'avevano acchiappato.
-Scusa, mi sono fatta prendere un po' la mano-
-Non stento a crederci-
Nessuno dei due poteva nascondere la propria emozione al riguardo e decisero di comune accordo di andare a parlarne fuori. Avrebbero pranzato dopo, in quel momento avevano entrambi troppe cose da dirsi per avere fame.
Uscirono, si sedettero sull'erba e quasi in contemporanea volsero lo sguardo alla Stele del Patto in Piazza dell'Ascesa: avevano capito che celava qualcosa ed avevano, di conseguenza, provato a scoprire cosa effettivamente, ma non ci erano mai riusciti.

-Forse quando diventeremo dei Ranger ce la faremo-
-Io ne sono sicuro-
-La prof Anna ha detto che già dai prossimi mesi cominceremo a vedere i Ranger in azione-
-Sì, direttamente nei loro Centri-
-Più mi avvicino al nostro scopo meno mi sembra reale-
-Eppure dovrai convincerti, perché ci stiamo avvicinando velocemente-

Sorrisero. Sorrisero e tutto parse più vero che mai.
Fecero in tempo a sentire dei versi che Turtwig saltò sulla testa di Leo e lo fece cadere all'indietro.

-Uaaah...!-
-Ciao!-

Il Pokémon passò da lui a Luna, che prese a carezzarlo sulla capoccia. Averlo intorno faceva dimenticare i problemi, con la sua vitalità era facile vedere il lato positivo delle cose: questi erano i suoi grandi pregi.

Stettero ancora una decina di minuti circa a rilassarsi, anche se era difficile farlo per via delle ultime notizie, e poi tornarono dentro, considerando che un languore si faceva sentire, continuando a fantasticare su quello che avrebbero fatto.

***

Dopo che ebbero preso qualcosa al volo, non nel senso letterale del termine, passarono qualche ora insieme e si divisero ognuno nella sua camerata.

Leo aprì la porta del suo dormitorio ed entrò richiudendosela alle spalle. Trovò i suoi amici in stanza che scherzavano.
-Ehi!-
-Come va?-
-Ciao ragazzi, ero con mia sorella-
-Strano, non l'avremmo mai detto-
-Già-
Il diretto interessato alzò gli occhi al cielo, sbuffando, e salì la scaletta che portava al suo letto, seguito da Turtwig. Col tempo era diventato davvero suo, tanto che l'aveva personalizzato appendendo al muro foto della famiglia, immagini di Oblivia e pure alcuni manifesti di eventi passati da ricordare. Era sì felice di essere all'Accademia e cose del genere, anzi, ma la nostalgia verso la sua vecchia casa non era mai scomparsa. Casa, perché non riusciva a darle un nome diverso. In quel momento, comunque, era lì, aveva fatto molti sforzi per essere ammesso alla scuola ed era determinato a coronare il suo obiettivo. L'aveva promesso e deciso molto tempo fa a se stesso.
-Ragazzi-
-Sì?- risposero in coro.
-Perché avete scelto di diventare Ranger?-
-Eh?-
-Voi siete al secondo anno. Avrete pur avuto una ragione valida, no?-
I due si scambiarono un'occhiata, per la prima volta, interdetta, ma non lo diedero a vedere.
-Io voglio conoscere persone e cose nuove grazie agli incarichi ed alle missioni di un Ranger- Koito si buttò e si fece avanti per primo. Omise una parte della sua motivazione, ma non voleva parlarne. Non sapeva nemmeno se l'avrebbe mai fatto.
-Io voglio aiutare le persone che ne hanno bisogno, recandomi ovunque con i miei Pokémon- si aggiunse Zero.
-Sono belle cose-
Non penso sia corretto dire che fossero imbarazzati, ma una cosa molto simile.
-E tu?-
-Perché ha scelto di diventare Ranger?-
-Eh?!-
Quella inaspettata e particolare domanda lo prese in contropiede, facendolo titubare un attimo, ma per fortuna si riprese quasi immediatamente.
-Beh...per proteggere i Pokémon...sì, per proteggere tutti-
Lo disse sovrappensiero e quindi per poco non si lasciò sfuggire dell'altro.
-In ogni caso- disse, ansioso di cambiare discorso -Voi sapete cosa faremo nei prossimi giorni?-
Agli interpellati scappò da ridere e fecero dei sorrisetti che non promettevano nulla di buono.
-Sto cominciando a domandarmi seriamente se devo preoccuparmi-
-Ma al contrario! Sarà divertente, credimi-
-Sì, credigli-
-Aaah, ci rinuncio-

I tre abbandonarono in modo definitivo l'argomento fin troppo serio sulle scelte di ciascuno e presero a chiaccherare come loro solito, senza farsi ulteriori problemi. Dopo un tempo indeterminato andarono a dormire. E sì, sarebbe stato divertente.


Spazio dell'autrice
Ed ecco il decimo capitolo! Pubblicato alle dieci! Non a mezzanotte! Io, boh, mi sento un genio, non ho nemmeno capito come sia stato possibile. La buona notizia, oltre a quella del capitolo, è che la prossima settimana ho le vacanze pasquali e potrò portarmi avanti. A proposito del capitolo, c'è stato un bel salto temporale e sono entrati in scena tutti i personaggi.
Ora passiamo a cose importanti. Ho l'ansia di essere andata terribilmente OOC, sto panicando. Spero che sia andata bene, ditemi cosa ne pensate!
Grazie un miliardo a tutte le persone che recensiscono e che hanno messo la storia fra le preferite/seguite/ricordate!
Ci sentiamo fra due settimane!
Intanto, tanti auguri di buona Pasqua e buone feste!

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Capitolo 11
*** Scelte ***





Scelte

Quella mattina di dicembre, all'alba, un tiepido sole faceva capolino da dietro il profilo dell'orizzonte, dando il suo personale buongiorno alla regione ancora addormentata, a parte per qualche persona mattiniera che guardando il sorgere dell'astro diurno ricambiava il saluto e si metteva al lavoro.

In particolare, davanti al cancello che segnava l'entrata all'Accademia sostavano due ragazzi, dalla divisa dei Ranger, intenti a chiaccherare fra di loro attorniati da dei Pokémon. Erano entrambi molto giovani, probabilmente sulla ventina o poco più. Uno era alto e snello, con i capelli afro castano chiaro e gli occhi color nocciola, mentre l'altro slanciato ed atletico, con una bionda zazzera ribelle alla Naruto ed occhi marroni. Li affiancavano rispettivamente un Roselia, che approfittava della luce solare, ed uno Skorupi, il quale, abituato al clima desertico, non disdegnava i suoi raggi caldi, intanto che un gruppo di Pokémon amici, quali Swellow, Bellossom, Cherubi e Combee, scorrazzavano nelle vicinanze.
Il primo, quello con la capigliatura afro, stava leggendo un giornale, il Corriere di Vien, ed ogni tanto commentava qualcosa, molto spesso una barzelletta scritta da lui, esponendo i suoi pensieri al secondo, che faceva delle battute in risposta alle sue.
Rimasero lì per una decina di minuti circa, per poi controllare l'ora sugli Styler, spingere il cancello ed entrare.

***

Ticchettii di tasti, rumori di passi, pagine sfruscianti, parole sussurrate. Nel silenzio dell'Accademia, in aula insegnanti, questi ultimi lavoravano senza disturbare il sonno degli altri.
Il preside Delmonte sedeva alla sua scrivania, impegnato a scrivere qualcosa al computer, riguardante con molta probabilità la scuola e gli studenti. Lui era una persona ed una certezza, nonché la colonna portante dell'istituto: qualunque cosa facesse, la faceva con un sorriso e ciò era un grande pregio.
I due professori parlavano fra di loro a bassa voce riguardo alla lezione all'aperto che si sarebbe tenuta quel giorno con un membro del Centro Ranger di Vien, la città vicina. Come ogni anno avrebbe dovuto rispondere alle domande degli allievi per schiarirgli le idee sulla futura specializzazione: era ormai un evento fisso, ma un po' di sani preparativi non nuocevano mai.
La professoressa Anna disse un'ultima cosa al collega, annuì e gli fece un cenno di saluto, per poi dirigersi verso la porta ed uscire, sia dalla stanza che dall'edificio.

***

I due Ranger avvistarono e riconobbero la donna, conosciuta bene da entrambi, avvicinandosi a lei sventolando le mani in aria.
-Salve prof!-
-Ciao, ragazzi, non mi aspettavo di vedervi-
-Brando è di nuovo dovuto andare a fare l'eroe, quindi eccoci qui- replicò quello con la capigliatura afro.
-Beh, è un piacere-
-Ma se quando era un alunno questo qui veniva sempre ripreso, almeno tre volte al giorno- si intromise allegramente il secondo giovane, facendosi scoccare un'occhiataccia dall'interessato.
-Questo qui si chiama Ilario- ribatté stizzito.
-Ehm. È comunque bello vedervi. Ad ogni modo, fra non molto inizierà la lezione all'aperto, quindi potreste aspettare in Piazza dell'Ascesa intanto che io torno- disse la professoressa Anna.
I due annuirono e si avviarono verso le scale che portavano nel luogo indicato, mentre la donna rientrava.

***

Nei dormitori, invece, regnava la quiete totale: erano ancora tutti immersi in una dimensione onirica e nel silenzio si sentivano soltanto dei respiri profondi.
Però, il sole avvisava con splendore sempre crescente l'inizio di un nuovo giorno ed il bisogno di alzarsi.

***

Nella semioscurità della camera, Leo aprì gli occhi, sbattendo le palpebre un paio di volte per poi socchiuderle e cercare di mettere a fuoco le cose intorno a lui. Non c'era né troppa luce né buio totale, pareva quasi di essere in una specie di limbo fra la coscienza e l'incoscienza, fra il sogno e la realtà. Mano a mano che si svegliava completamente riusciva a percepire meglio ciò che lo circondava, incluso Turtwig addormentato accanto a lui. I suoi compagni dormivano ancora.
Senza creare disturbo, si mise seduto sul materasso a gambe incrociate ed il suo sguardo finì per la seconda volta in pochissimo tempo sulla parete del letto, ad osservare i ricordi appesi. Sì, perché per lui quelli erano veri e propri ricordi. Probabilmente pure Luna l'aveva personalizzata in modo simile, ma non sapeva se per i suoi stessi motivi. In una foto c'erano loro due, uguali come due gocce d'acqua ma diversi. Però non c'era foto in cui fossero separati: avevano un bisogno reciproco l'uno dell'altra, era importante, si completavano a vicenda. Distolse la sua attenzione dalle immagini quando sentì dei mormorii indistinti soffocati dalle coperte e dei piccoli movimenti.
Si girò, notando che il suo amico Pokémon stava aprendo gli occhietti facendoli guizzare a destra e a sinistra e che gli altri due lo stavano imitando, seppur inconsapevolmente.

***

Svegliarsi ed alzarsi di conseguenza sono e resteranno per l'eternità due azioni molto difficili da portare a termine, non importa se sia vacanza o meno oppure se a scuola si abbiano delle lezioni diverse dal solito. Lo stesso era per i nostri eroi, che, come ogni adolescente degno di questo nome, la mattina non riuscivano ad abbandonare il confortevole giaciglio se non con un notevole sforzo. Comunque, bene o male si prepararono adeguatamente per la giornata a venire, resistendo in vista delle feste, ed uscirono dalle proprie camerate.
Fecero colazione, come al solito, e si diressero verso le rispettive sezioni, magari chiaccherando con i compagni.

***

Per gli studenti del primo anno ci fu una sorpresa. In effetti, gli avevano preannunciato qualcosa di speciale, ma non qualcosa che si potessero immaginare. Quelli del secondo l'avevano già sperimentata in passato e per questo sorridevano da dietro i baffi sapendo cosa li attendeva, anche se non era niente di traumatico, anzi, semmai il contrario.

In ogni caso quel giorno, invece di fare una lezione normale, i professori comunicarono agli alunni che sarebbero usciti ed avrebbero incontrato una terza persona per una lezione all'aperto, cosa che all'inizio li prese un po' alla sprovvista.

Le due classi, o meglio i ragazzi delle due classi si unirono e si avviarono insieme verso Piazza dell'Ascesa, seguendo gli insegnanti.

***

Quando arrivarono nel piazzale, ad aspettarli vicino alla Stele del Patto, dove le scritte incise sopra erano visibili alla luce, come da programma, c'erano i Ranger di poco prima: si stavano sbracciando per salutare, ma cercarono di dimostrare un'aria più matura appena videro la professoressa Anna, senza per questo perdere il loro sorriso.
Mentre i giovani allievi si posizionavano davanti ai due, gli adulti andarono a parlare in disparte, lasciandoli completamente ai nuovi maestri e permettendo alla lezione all'aperto di cominciare.

-Salve a tutti, mi chiamo Ilario...-
-Ed io Darren-
-...e siamo venuti per introdurvi alla nobile arte di essere Ranger-
-Nonché per rispondere alle vostre domande in proposito-
-Sì. Immagino che ognuno di voi saprà chi sono i Ranger, no?-
-Noi-
-Grazie Darren, intendevo la definizione-
-Volevo vedere se eri attento-
Quei due lavoravano insieme nelle missioni da circa due anni e si notava chiaramente che erano molto amici, altrimenti non avrebbero scherzato così, si conoscevano da tempo. Nemmeno le occhiatacce che Ilario lanciava all'altro si potevano definire severe.
-Ehm. Loro sono i vostri Pokémon compagni?-
Alla suddetta domanda sei paia di iridi si spostarono su Amber, la quale arrossì e volse lo sguardo alle creaturine accanto ai due.
-Sì- rispose Darren -Ci aiutano stando sempre al nostro fianco negli incarichi e nelle missioni-
La ragazza dai capelli ambrati si accucciò e tese la mano a Roselia, che le si avvicinò contenta.
-È difficile? Essere un Ranger, intendo- chiese Rita all'improvviso, con grande sollievo dell'amica non più sotto gli occhi di tutti.
-Beh, difficile...non so se si possa definire difficile- Questa volta fu Ilario a parlare. -Capita che ci vengano affidate delle missioni pericolose come spegnere gli incendi o cose del genere, ma in realtà si tratta di aiutare le persone ed i Pokémon in difficoltà, quindi credo che sia una cosa giusta per cui rischiare ogni tanto-
Leo alzò la mano per attirare l'attenzione: -Però nei Centri Ranger cosa si fa per l'esattezza?-
-Giusto! I Centri Ranger sono, appunto, le basi delle nostre attività. Lì si monitorano tutte le nostre missioni-
-Gli Assistenti si occupano di ricaricare e potenziare gli Styler dei Ranger, di segnalare i vari incarichi, di dare informazioni e di tenere aggiornati i membri del Centro quando sono fuori, mentre i Meccanici si occupano di analizzare, smontare e riparare gli impianti elettronici. Un giorno non troppo lontano li conoscerete-
I due parlarono a turno, alternandosi e guardando uno per uno tutti i ragazzi.

Questi ultimi continuarono a fare domande, alle quali i Ranger erano più che felici di rispondere, e quasi non si accorsero delle ore che passavano: cominciarono a ricordarsi che la lezione all'aperto stava finendo quando brontolarono un paio di stomaci.

-Bene, ragazzi- disse ad un certo punto Ilario, interrompendo il brusio -È stato un vero piacere conoscervi, ma...-
-Il nostro tempo qui è finito- intervenne Darren.

Nonostante la voglia di prolungare quella mattinata e con la promessa di rivedersi presto, si salutarono e gli allievi tornarono all'Accademia, con troppi pensieri per la testa per poter anche soltanto pensare di radunarli.

I professori ringraziarono i due Ranger, per poi dividersi da loro e lasciarli tornare a Vien.

***

Nel pomeriggio, dopo aver pranzato e passato una ventina di minuti con i suoi compagni, Koito si defilò velocemente dall'Accademia, uscì fuori, nell' ampio cortile, e si sedette sui gradini di una delle scalinate a sinistra dell'edificio, guardando il profilo degli alberi e del mare che si stagliava all'orizzonte.

Entro pochi giorni ci sarebbero state le vacanze di Natale eccetera eccetera, però a lui pareva soltanto una soffocante data di scadenza. Non sarebbe tornato a casa per i festeggiamenti, ma sarebbe rimasto a scuola. Triste? Incomprensibile? Probabile, tuttavia non avrebbe cambiato idea. Non voleva vedere la sua famiglia, niente di più.
Ormai i suoi contatti son i parenti si limitavano a qualche sporadica visita nelle sere d'estate, per il resto cercava di essere sempre da qualche altra parte.
Gli era successo qualcosa di troppo, che lo aveva scosso nel profondo, e da quel momento il suo legame con loro si era spezzato. Certo, il fratello ogni tanto gli mandava delle lettere, ma non aveva nemmeno intenzione di ricordare.
Voleva soltanto finire l'anno il prima possibile, per diventare Ranger e prendere in mano le redini della sua vita in modo definitivo.

Fu nell'attimo culminante dei suoi pensieri che una figura gli si avvicinò da dietro e gli mise le mani sulle spalle, facendolo sussultare e girare di scatto.

-Zero! Idiota che non sei altro-

Il chiamato in causa esibì uno dei suoi sorrisi innocenti e lo salutò tranquillamente.
-Qualcuno è nervoso, eh-
-Già, chissà perché-
Alzata di spalle.
-Tu che ci fai qui?-
-Niente, passeggiavo e ti ho visto-
-Ovvio-
-Non vedo l'ora di mangiare il dolce del pranzo di Natale della scuola-
-Resti?-
-Ovvio, non mi perderei mai il dolce-

Non gli aveva confessato le vere ragioni per cui rimaneva pure lui, ma Koito era sollevato di avere l'amico nei paraggi e fu piuttosto grato a quello scemo che si comportava sempre come se tutto fosse uno scherzo.
Erano gli unici due a non andare via sia quell'anno che l'anno precedente e per questo, avendo passato tanto tempo insieme, erano diventati così amici. Semplicemente, si capivano. Anche se non conoscevano che una minima sfaccettatura l'uno dell'altro.

Erano amici e nessuno avrebbe potuto dire il contrario.


Spazio dell'autrice
Buongiorno - ehm - e bentrovati! Innanzitutto spero che abbiate passato delle belle vacanze, aperto e mangiato tante uova di Pasqua! Io avevo intenzione di portarmi avanti coni capitoli, ma alla fine ho fallito miseramente riducendomi di nuovo all'ultimo - come si può dedurre dall'ora - .
Comunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate! I personaggi non si sono esposti molto, ma ovviamente il mio stato d'animo nel momento della pubblicazione è lo stesso del solito.
Ci tengo a precisare che Darren non è un mio OC e ringrazio molto la persona che mi ha fornito la scheda. Sarà un personaggio secondario, ma spunterà fuori in futuro.
Per il resto, grazie mille a tutti quelli che recensiscono e che hanno messo la storia fra le preferite/seguite/ricordate!
Ci sentiamo fra due settimane!

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Capitolo 12
*** Ritorno a casa ***





Ritorno a casa

Quando i due Ranger tornarono a Vien, soddisfatti della loro lezione all'aperto tenuta la mattina, si ritrovarono davanti un'atmosfera ben diversa da quella immaginata e in un attimo persero il sorriso che molti gli attribuivano quasi perenne.

Sembrava tutto normale, ma nel Centro Ranger, nell'aria, si sentiva una tensione talmente palpabile da poterla tagliare col coltello da burro: l'assistente stava al contempo parlando allo Styler e digitando in modo frenetico qualcosa sulla tastiera del computer, Elena smontava e rimontava con notevole ansia un piccolo oggetto elettronico, Luana accarezzava il suo Buneary per farlo smettere di preoccupare, tuttavia si notava che era più per tranquillizzare se stessa. Inoltre, Brando non era ancora tornato.

Quando i due oltrepassarono l'uscio della struttura, l'operatrice non diede segni di averli sentiti e continuò imperterrita, attirarono l'attenzione soltanto delle Ranger, le quali si voltarono verso di loro e gli fecero capire con uno sguardo che la situazione non era affatto semplice.
Cosa stava succedendo?

Nel momento in cui Ilario stava per chiedere spiegazioni, entrò il leader del Centro: aveva un cipiglio corrucciato in viso, la divisa stropicciata piena di foglie, rametti e ramoscelli, ma per il resto era a posto.
-Obiettivo completato-

-Brando!-
-Com'è andata mentre non c'ero?-
-Abbiamo dei problemi- L'assistente alzò lo sguardo dallo schermo e lasciò perdere per un attimo ciò che stava facendo, evidentemente per dare delle spiegazioni agli ultimi arrivati, che si avvicinarono alla sua postazione -Ha chiamato la Federazione, adesso siamo scollegati. Si stanno verificando strani fenomeni sparsi in tutta la regione di Almia, ma non si è ancora riusciti a trovare una causa e siamo in stato di allerta. Abbiamo contattato le varie Stazioni Ranger delle città, nel caso in cui ci fossero degli sviluppi al riguardo verrebbero informate subito-
Espose la faccenda nella maniera più chiara possibile e puntò gli occhi sul capo del Centro, in attesa di una reazione.
-Ora capisco perché i Pokémon erano così agitati: il mio doveva essere un incarico semplice e veloce, invece si è rivelato meno facile del previsto-
-Però nei pressi dell'Accademia non c'era niente di diverso dal solito- obiettò Darren.
-Nonostante l'allarme non riguardi ancora la regione per intero non sappiamo dove verrà richiesto il nostro aiuto, potrebbe essercene bisogno ovunque-
-Quindi cosa si dovrebbe fare?- domandò Elena con impazienza.
-Per il momento niente se non tornare ai nostri compiti e monitorare la nostra zona di azione. Nel caso si presentassero nuove difficoltà di questo tipo, si verrebbe avvisati-
-Sì, speriamo in bene. Non vorrei che corressero pericoli persone innocenti-

Finita la riunione improvvisata, ognuno si ritirò nella propria cabina, rimuginando sugli ultimi eventi. Non commentarono nemmeno la lezione all'aperto tenuta in mattinata e fu un peccato, perché ben presto, prima di quanto chiunque avrebbe mai immaginato, la questione gli sarebbe interessata da vicino.

***

La professoressa Mina chiuse la chiamata da parte della Federazione e rivolse un'occhiata al marito, che camminava pensieroso avanti e indietro per la stanza con le braccia incrociate sul petto. Erano stati avvertiti della situazione come tutti i colleghi e nel caso avrebbero dovuto proteggere i loro studenti, anche se entro pochi mesi sarebbero diventati Ranger.
Il problema era che potevano tutelarli soltanto nei dintorni della scuola e presto avrebbero fatto qualcosa al di fuori come da programma: speravano quindi che fossero pronti a qualsiasi eventualità.
Purtroppo non avevano la possibilità di muoversi più di tanto: in quel periodo non avrebbero dovuto far altro che aspettare, poi magari ne avrebbero discusso con il preside e gli altri insegnanti.
Comunque fosse, andarono a dormire, la giornata successiva sarebbe stata stancante.

***

Passata la notte, le azioni si svolsero normali e meccaniche come di routine, niente che non fosse normale.
Comunque, chi perché curioso ed entusiasta chi perché sapeva cosa li attendeva, tutti gli alunni quel giorno avevano una specie di marcia in più. Inoltre, nel pomeriggio sarebbero potuti tornare a casa per festeggiare.

***

Gli studenti del secondo anno entrarono nel piccolo edificio che fungeva da classe e salutarono: i due professori erano lì ad aspettarli come loro solito e non mancarono di ricambiare sorridenti il saluto. Era impossibile sapere di cosa avessero parlato il pomeriggio precedente, sembrava che non fosse successo niente.
Gli allievi si sedettero per terra a gambe incrociate, ormai era diventata quasi una prassi prima delle lezioni, e ne attesero l'inizio.

-Buongiorno a tutti, ragazzi!-
-Come ben sapete, abbiamo finito il programma di teoria ed oggi faremo una lezione molto diversa-

I due parlarono a turno e dissero ciò che gli alunni volevano sentire da tempo. In quell'attimo, furono investiti da un entusiasmo fortissimo: nel corso del primo anno all'Accademia avevano visto sperimentare la cosa dai ragazzi più grandi e quell'anno sarebbe finalmente toccato a loro!

Giusto in quel momento, poi, arrivano i compagni delle sezioni degli altri insegnanti, compagni ancora un po' spaesati a causa degli eventi degli ultimi giorni: era uno stato d'animo difficile da collocare, l'unico fatto sicuro al cento per cento era che la sorpresa non mancava. Fra chi si guardava intorno soppesando lo spazio circostante, chi lanciava occhiate furtive ovunque facendo saettare lo sguardo da una parte all'altra dell'aula e chi sussurrava qualcosa al vicino, erano molto emozionati.

In ogni caso, il sottile imbarazzo o comunque il silenzio interrotto soltanto dai bisbiglii di sottofondo venne rotto da Zero, che si alzò dal pavimento spolverandosi la divisa, allacciando le mani dietro la testa e guardandosi intorno come per esortare i restanti a prenderlo come esempio.
-Forza, cosa si fa adesso?-
Fu la professoressa Anna a rispondere, facendo l'occhiolino ai giovani: -Vi lasciamo alla vostra lezione, divertitevi!- Dopodiché si diresse tranquillamente verso la porta ed uscì, seguita a ruota dal suo collega, che salutò con un cenno del capo.
-Sentito la prof?-
-Zero, fossi in te starei zitto-
-Sì, idiota, ha ragione il tuo amico-
Questi ultimi erano Koito e Nara, che molto spesso si ritrovavano d'accordo riguardo allo zittire il terzo.
-Ragazzi, su, non dimenticatevi che dobbiamo dare ai nuovi arrivati il benvenuto nel Team Accademia!-

Da un angolo della classe, il professor Catturio attirò con una sola frase l'attenzione di dieci persone insieme e sorrise.
-Quest'oggi vi faremo vedere cosa si prova a far parte del nostro team!-
-E cosa significa esattamente?- chiese Lidia con curiosità crescente e con il suo solito tono scherzoso.
-Beh, intanto vi andrebbe di usare uno Styler di cattura?-

***

-Questi sono gli Styler accademici e per questa mattina ve ne verrà affidato uno. Trattateli con cura, in un prossimo futuro potreste averne bisogno-
Ci furono cenni d'assenso e la professoressa Mina distribuì gli strumenti ad ogni ragazzo del primo anno. Si erano spostati all'aperto, nello spiazzo fuori ed erano posizionati davanti ai due insegnanti, che stavano spiegando le cose principali da sapere in vista di un'esercitazione.
-Saranno indispensabili per identificarvi come membri del nostro team!-
-Per cominciare, dovreste fare squadra con un compagno, così da facilitare la cattura ed evitare troppi danni-
I giovani Allievi, dopo una veloce occhiata, si divisero in gruppi di due, che furono formati da studenti di corsi diversi abbastanza a caso, e si prepararono a dovere.
-Perfetto, ci sono volontari?-
Dopo qualche attimo di attesa, si fecero avanti Lidia e Zero, che evidentemente avevano deciso di comune accordo di andare se non si fosse presentato nessuno. Erano entrambi scherzosi e simpatici, non era nemmeno troppo strano che avessero intuito l'uno la giocosità dell'altro.
Come di norma, il professor Catturio chiamò un Charmander che gironzolava nelle vicinanze e diede il via libera per iniziare. I due accesero i rispettivi Styler ed i dischi di cattura sfrecciarono fuori: Zero agì per primo e prese a muoverlo per creare degli anelli concentrici attorno al Pokémon, cosa che fece Lidia subito dopo attaccando la sua linea a quella del cerchio presente. Ovviamente la focosa creaturina non rimase a guardare: attaccò con le sue fiammate e procurò qualche danno, ma alla fine riuscirono a trasmettergli i loro sentimenti di amicizia e la prova si concluse nel migliore dei modi. Si scambiarono un cinque di esultanza e salutarono il nuovo amico, che sarebbe tornato dai suoi simili.
-Ottimo lavoro, ve la siete cavata egregiamente!- si congratulò la professoressa Mina. I sopracitati le rivolsero un sorriso felice e si avviarono dai compagni senza smettere un attimo di commentare il tutto. -Chi viene adesso?-

Dopo andarono senza esitazione Candice e Leo, poi una ad una le ulteriori coppie: Koito e Rita, Nara e Luna, Amber e Tsukiko.
La prima squadra era molto determinata: era composta da due persone che in comune avevano proprio questa caratteristica e che cercavano di dare il massimo in ogni occasione.
La seconda, invece, si manteneva più calma e tranquilla: affrontò la cattura con una tattica che non procurò quasi nessun danno.
La terza funzionò bene, anche se forse non si sarebbe detto, e successe probabilmente perché entrambe si impegnavano parecchio spinte dai loro sinceri sentimenti di amicizia.
La quarta ed ultima, ma non certo per importanza, aspettò che tutte le altre terminassero la prova per poi chiudere in bellezza.
Comunque, fra danni causati da spruzzi d'acqua, scariche elettriche, frustate d'erba ed attacchi rocciosi, ciascuna cattura andò a buon fine ed i giovani Allievi ne furono decisamente soddisfatti.

-Complimenti, ragazzi, complimenti. Sono sicuro che un giorno diverrete dei grandi Ranger. Per oggi siete liberi, ma spero di potervi insegnare in futuro. Ricordate che apparterrete sempre al team Accademia!- disse il professor Catturio. Dopodiché, vennero consegnati indietro gli Styler accademici prestati per l'esercitazione e volarono tutti a fare il pieno di energie.

***

Luna afferrò lo zaino che aveva lasciato vicino al letto e prese ad infilarci le sue cose. Era ormai pomeriggio ed entro poco tempo avrebbe dovuto farsi trovare pronta nell'atrio della scuola per tornare a casa, per questo aveva radunato tutto e lo stava sistemando in borsa. Indossava gli abiti normali, infatti la sua divisa accademica era piegata sul materasso e la fissava pensierosa: era così abituata a metterla che quasi non credeva a ciò che stava accadendo. Spostò lo sguardo sulle foto appese sulla parete e nel guardarle le spuntò un sorriso: le avrebbe lasciate appese, sapendo che al suo rientro le avrebbe ritrovate e si sarebbe sentita lo stesso a casa. Per questo finì presto di prepararsi, chiuse la cerniera dello zaino, se lo portò sulla spalla ed uscì dalla camerata.

Amber non aveva molte cose da prendere, il suo blocco da disegno, stracolmo di fogli che spuntavano da ogni parte, era la cosa più importante: lo ripose con cura nella sua borsa a tracolla e raccolse lo zainetto già pronto.

Nara tirò fuori da sotto il letto il grande trolley con le ruote che si era portata dietro, lo poggiò sul materasso e lo aprì, per poi mettersi abbastanza scocciata le mani sui fianchi e guardare perplessa tutte le pile di vestiti che doveva sistemarci senza, possibilmente, farlo scoppiare. Si era portata come al solito i vari cambi, ma ogni volta si domandava come avrebbero fatto a starci. Sospirò profondamente ed alla fine riuscì a mettere tutto in ordine. Dopo si avviò verso l'atrio trascinando il bagaglio per la maniglia.

Candice prese con una mano la valigia, nella quale c'erano i suoi averi di prima necessità, e con l'altra i suoi libri di poesie, dato che abitava vicino all'Accademia e non avrebbe dovuto fare molta strada per arrivare a casa.

Rita e Lidia, invece, erano entrambe dal letto della seconda quasi pronte a partire. I loro zaini erano sul materasso e ci stavano infilando le ultime cose: Rita una piccola cassa per la musica, il suo fidato Mp3 e le cuffie, Lidia le sue riviste, il portapoffin e vari altri oggetti del genere. Gli si avvicinò pure Amber, la cui presenza si notò all'istante, e poi si diressero verso l'uscita.

Tsukiko, da prendere, aveva davvero poco, era ben organizzata. Le uniche cose che insieme erano ingombranti erano i suoi molteplici strumenti musicali: il flauto, la sua amata ocarina e la chitarra. Chiuse la cerniera della custodia e se la caricò sulle spalle, mentre metteva a tracolla la borsa con dentro gli strumenti a fiato e le cose rimanenti, avviandosi poi.

***

Leo stava aspettando le ragazze nell'atrio da circa una decina di minuti, appoggiato al muro con le braccia incrociate sul petto. Le ragazze, sì, perché lui era effettivamente l'unico ragazzo, anche se in totale erano tre, fra le persone che volevano tornare a casa per le feste. Avevano più o meno deciso di fare la strada insieme almeno fino a Vien, o una cosa del genere, e quindi eccolo lì. Turtwig gli era vicino e gli stava camminando e saltellando intorno: purtroppo, il giovane aveva lo sguardo fisso nel vuoto. Poco prima, quando si trovava ancora nel dormitorio nell'intento di cacciare nel piccolo zainetto i suoi averi, aveva chiesto a Zero e Koito se rimanessero a scuola. Era una domanda piuttosto stupida e fatta sovrappensiero, se ne rendeva conto, ma non gli risposero, anzi, lo fecero senza farlo davvero. E non credeva alla storia del leggendario dolce di Natale dell'Accademia, anche se ormai aveva capito che eludevano completamente alcune cose. Purtroppo non aveva nemmeno il diritto di commentare, perché li capiva bene: lui faceva lo stesso.
In ogni caso, il filo delle sue riflessioni venne interrotto dal rumore dei passi di alcune persone che scendevano dalle scale, Luna prima fra tutte lo adocchiò e lui si riscosse.

***

Quando si ritrovarono tutti nell'atrio uscirono dall'istituto e percorsero la strada fino al cancello, che quel pomeriggio si aprì soltanto per loro. Attraversarono il ponte e fecero la Strada dell'Accademia, per poi arrivare nella città di Vien, dove alcuni salutarono e si divisero dal gruppo per raggiungere diverse località.

Nel mentre, dalla finestra della camerata maschile dell'Accademia due giovani erano affacciati per ammirare il tramonto.


Spazio dell'autrice
Dopo questo capitolo ho finalmente capito che sarà sempre abbastanza impossibile per me aggiornare ad un'ora decente. Comunque, spero che vi sia piaciuto, mi raccomando, ditemi cosa ne pensate - l'OOC è costantemente in agguato - !
In questo capitolo succedono un po' di cose, ma per una volta - forse - ho trovato il titolo adatto. Come avrete notato o magari no, ho aggiunto le coppie alla storia, dato che ormai ne continuano a sbocciare di nuove, ma ovviamente si sbloccherà la faccenda molto, molto e molto più avanti.
Grazie un miliardo a tutte le persone che recensiscono e che hanno messo la storia nelle preferite/seguite/ricordate, grazie!
Detto questo, volevo avvisarvi del fatto che fra due settimane non potrò aggiornare di sabato come al solito perché sarò impegnata tutta la settimana. Ho intenzione di pubblicare e di continuare con questo ritmo di pubblicazione, ma vedrò qual è la soluzione migliore da adottare riguardo al prossimo capitolo.
Ci sentiamo!

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Capitolo 13
*** Il tempo di ciascuno ***




 
Il tempo di ciascuno

Amber, Nara, Rita e Candice si fermarono a Vien: il posto ideale per un po' di relax, come si leggeva dal cartello affisso ai confini della città. In effetti, chi lo aveva costruito doveva aver avuto un buon intuito, perché gli studenti si trovavano lì esattamente per rilassarsi in vacanza. Negli anni, da piccolo borgo rurale, era diventato più grande e delle persone vi si erano trasferite da altre regioni, in confortevoli casette: alcune di quelle persone erano proprio le famiglie degli alunni all'Accademia.
In ogni caso, le ragazze del primo anno, dato che si erano conosciute soltanto a settembre, non sapevano dove fossero situate le abitazioni dei compagni ed, in particolar modo, Amber e Rita furono felici di essere nel medesimo paesino, anche se la giovane dai capelli ambrati non si lasciava troppo andare agli eccessi di gioia davanti alla gente.

Comunque fosse, però, era venuto il momento dei saluti e si separarono, per tornare dai parenti.

***

Leo, Luna, Tsukiko e Lidia si divisero dal gruppo ed imboccarono il percorso di collegamento a sud di Vien, per arrivare al Villaggio Cicole. Lidia si fermò un attimo di più per salutare le sue amiche, ma si riunì velocemente al gruppo per fare la strada insieme agli altri.

Il sentiero omonimo al villaggio si apriva su una specie di spiazzo, circondato dalla foresta, con un grande albero e fu verso in quel luogo che Tsukiko andò sicura, bagagli in spalla.
-Ciao, ci vediamo- si congedò, facendo un piccolo e quasi invisibile cenno col capo.
I tre arrestarono il passo, si girarono nella sua direzione, ma Luna scattò per raggiungerla e i restanti due, con Turtwig, non poterono che accordarsi per aspettarla.

-Ehi!- L'esclamazione colse anche la ragazza dalle iridi eterocromi di sorpresa, considerando che non si immaginava una simile reazione, tuttavia si limitò a voltarsi ed a fissarla in attesa, con un sopracciglio inarcato. -Non...non sapevo abitassi da queste parti-
-Non te l'ho mai detto-
-Sì, ehm, quindi ci vediamo...ci vediamo presto-
-Sì, penso di sì- Non aggiunse nulla e tornò a camminare, ma sul suo viso si formò un sorriso, anche se non lo fece vedere a nessuno.

Luna rimase sconcertata come ogni volta che parlava con la giovane, però era felice di essere riuscita a bloccarla il tempo sufficiente per rivolgerle un'ultima frase, seppur scombinata che fosse.
Comunque, tornò dagli altri due, i quali intanto stavano chiacchierando tranquillamente e che appena la notarono si interruppero, guardandola come se avessero mille cose da chiederle, cose che poi si tennero evidentemente per sé.

Il trio riprese a percorrere la strada di casa come se niente li avesse fermati senza fare commenti e, nel momento in cui arrivò, i suoi novelli membri si salutarono per andare ognuno dove doveva.

***

Amber tirò fuori dalla tasca dello zainetto un mazzo di chiavi, ne prese una fra le tante, la infilò nella toppa della serratura ed aprì la porta.

Casa sua non era grandissima, ma in compenso era molto confortevole ed illuminata. Non avendo né fratelli né sorelle, possedeva una camera tutta per sé, con una grande portafinestra che dava sul giardino, dove aveva la possibilità di disegnare con tranquillità. Forse, dato che sua madre era una pittrice, aveva ereditato questa passione da lei.
Manco a dirlo, quest'ultima spuntò da una stanza a lato, avendo sentito l'entrata di qualcuno, e sembrava avesse interrotto da poco il suo lavoro: indossava un grembiule un tempo bianco ma in quel momento sporco di pennellate multicolore ed aveva i lunghi capelli ambrati, come quelli della figlia, raccolti in una coda morbida, dalla quale scappavano delle ciocche ribelli. La donna non era molto alta, tuttavia non si poteva dire che non fosse bella. Guardava la ragazza con un misto di apparente energia e velata rassegnazione.
Fosse stato per Amber sarebbe andata subito in camera sua, il suo rifugio, ed avrebbe salutato la madre da lì, ma ormai non aveva scampo: doveva essere sottoposta a quello sguardo che la mandava tanto in confusione e non poteva farci molto. Non che non le volesse bene, ma si sentiva costantemente giudicata da lei, venendo etichettata come una buona a nulla se non a giocare con i Pokémon, e non ne capiva il motivo: stava molto meglio con i Pokémon che con le persone e, secondo lei, non c'era niente di male. Purtroppo, i suoi genitori non erano d'accordo e voleva ardentemente dimostrargli che si sbagliavano.
Lasciò lo zainetto a terra, senza togliersi la borsa a tracolla, e chiuse l'uscio di casa, mentre la pittrice si appoggiò allo stipite della porta, addolcendo un pochino lo sguardo puntato sulla figlia.

-Come sono andati i tuoi primi mesi di scuola?-
-Bene, sono andati bene-
-Certo che potresti dirmi un po' di più, non mandi mai lettere né niente...-
-Tanto tornavo oggi, no?-
-Eh sì. E per fortuna che ti ho raccomandato di farlo prima che partissi-
-Mh, vado di là-

Finito il veloce scambio di battute, Amber interruppe il contatto visivo, raccolse lo zainetto ed andò nella sua stanza, la quale le piaceva molto: vicina alla portafinestra si trovava la sua scrivania e su un lato c'era il suo letto, mentre i suoi schizzi erano sparpagliati ovunque. Il piccolo bagaglio fu candidamente abbandonato al suo destino, per la seconda volta, in un angolo, mentre la borsa a tracolla venne poggiata sul tavolo. Dopodiché si buttò sul letto e tirò un sospiro profondo.
Dall'ingresso, si sentì il padre che tornava dal suo lavoro, faceva il meccanico ed era evidentemente andato ad aggiustare qualcosa, che salutava la moglie, ma la giovane l'avrebbe salutato a cena: in quel momento voleva soltanto rilassarsi.

***

Nara spalancò la porta di casa ed entrò facendosi notare non poco, con il trolley che si trascinava dietro.

-Mamma, papà, sono arrivata!- urlò, cosa che probabilmente sentì tutto il vicinato.
-Non gridare così, ti sentiamo, eh-
-Sì, sì, ma...aspetta, cosa?!- Si girò velocemente in direzione della voce, che non era né di sua madre né di suo padre, facendo poi un grande sorriso, al massimo della felicità -Mike, Ryota, Miyu...ragazzi!- Lasciando la valigia in mezzo all'ingresso, corse da loro e li abbracciò di slancio, incredula che i suoi amici fossero effettivamente lì. La sua reazione era diversa da quella che adottava con la gente in generale, ma li aveva conosciuti quando era arrivata ad Almia dalla regione di Fiore e per lei erano molto importanti, erano unici -Non sapevo che...cioè, quando pensavate di dirmi che sareste venuti, eh?- disse, sciogliendo la stretta.
-Ma che domande, era una sorpresa!- rispose la ragazza che aveva parlato in precedenza, Miyu. Era molto carina e simpatica, sognava di diventare una idol.
-Eravate in un'altra città, non potevo immaginarlo-
-Ovvio che non potessi immaginarlo. Comunque, sorpresa!-
-...aha, grazie-
-Dovresti essere più felice. I tuoi hanno lasciato la casa tutta per noi-
-Fantastico!-

Nara riprese il trolley e lo portò in camera sua, seguita dai tre, posizionandolo poi davanti all'armadio, il mobile più grande presente, per mettere a posto i vestiti, cosa che avrebbe fatto più tardi a causa della sua scarsa voglia di litigare ancora con il poco spazio.
Passò il resto della giornata insieme ai suoi amici e di sera arrivarono i suoi genitori. Non aveva mai avuto un rapporto vero e proprio con loro a causa delle sue uscite, ma perlomeno gli voleva bene.

***

Rita arrivò davanti alla sua abitazione e bussò all'uscio. Una figura fece capolino da dietro la porta, ma lei fece appena in tempo ad accorgersene che venne investita da un abbraccio stritolatore.
-Non...respiro...-
Al che, la furia identificata come sua sorella maggiore allentò la stretta facendole un grande sorriso, che venne ricambiato con felicità. La ragazza somigliava molto a Rita come aspetto fisico, anche se era più matura ed alta qualche centimetro in più: gli occhi erano color nocciola ed i capelli lunghi, lasciati sciolti, erano castani.
-Bentornata! Mamma e papà sono di là-
La minore non perse secondi preziosi e si fiondò dentro, perché nonostante il contatto costante che avevano tenuto grazie alle lettere non aspettava altro che rivederli di persona. I due coniugi sbucarono in quel momento da una delle camere ed attesero a braccia aperte la figlia, che accolse l'invito con piacere saltandogli addosso e facendoli quasi cadere da tanto entusiasmo.
Marito e moglie avevano a loro volta gli occhi marroni ed i capelli scuri: di lavoro curavano i Pokémon malati, avevano una piccola clinica veterinaria a disposizione, e tutto in loro trasmetteva calore ed affetto.
Erano una bella famiglia.

Dopo i saluti, Rita decise che era arrivato il momento di riposarsi, quindi recuperò il suo zaino ed andò nella camera che divideva con la sorella, essendo la dimora non molto grande. Poi si buttò felicemente sul letto, godendosi quel beato ritorno a casa.

***

Candice posò un attimo a terra la valigia, per prendere le chiavi che aveva infilato in tasca con la mano libera ed aprire la porta con uno scatto del polso. Entrando in casa, che era di medie dimensioni, sospirò profondamente ed abbandonò il bagaglio dentro, appoggiando i suoi libri sullo scaffale di una libreria. A parte lei, non c'era nessuno, infatti viveva da sola. In giro, sui ripiani dei mobili e delle mensole, c'erano le foto della sua famiglia: in alcune era presente lei con i genitori, in altre soltanto lei da piccola. Il suo sguardo si posò su di loro, ma non lo fece né con tristezza né con nostalgia. Aveva passato un'infanzia tutto sommato agiata, spensierata e felice: nonostante il divorzio dei suoi, avvenuto quando aveva appena dieci anni, era sempre stata bene, pure col patrigno. Inoltre, ogni tanto andava a trovare il padre. Da lui aveva ereditato i suoi occhi dal colore violaceo. Però, era la madre colei che la ragazza rispettava immensamente, che prendeva come principale punto di riferimento: le aveva insegnato a non farsi mettere i piedi in testa da nessuno ed a non perdere mai la propria sicurezza.
Su questi pensieri, si diresse in camera e prese a mettere in ordine le cose che si era portata dietro. Dopodiché, poté finalmente dedicarsi a se stessa.
In quegli ultimi tempi, fra esercitazioni all'aria aperta e tutto il resto, non aveva avuto molto tempo a disposizione per curare il suo aspetto, a cui teneva molto, e per questo era leggermente nervosa.

Era da tempo che voleva rilassarsi un po' e, dopo aver terminato i suoi rituali di bellezza, si sedette sul divano e si mise a leggere. Si sarebbe goduta le sue vacanze.

***

Tsukiko si aprì un passaggio fra i cespugli, rivelando uno stretto sentiero che conoscevano soltanto i membri della sua famiglia. Percorrendolo, stando ben attenta a muoversi per non impigliarsi con la borsa e la custodia della chitarra, arrivò a casa, una piccola costruzione nel mezzo del verde della foresta, circondata dalla natura che amava. Arrivata davanti all'uscio, bussò e dopo pochi secondi le venne aperto dalla madre, Kiyoko. Pareva si stesse trattenendo dal fare qualcosa, infatti le due si guardarono per qualche attimo dritte negli occhi, ma poi si lasciò andare e sorrise dolcemente alla figlia, ammorbidendo i tratti del viso. La giovane, invece, mantenne la sua freddezza, a causa dell'imbarazzo ed al disagio dovuti al non saper cosa fare. La donna ne era consapevole e non vacillò nella sua tranquillità.

-Tesoro...bentornata- disse con voce morbida.
-Sì, grazie-
-Forza, entra, non vorrai stare qui fuori tutta la sera-
-Mh-

In realtà, non fece in tempo a fare un passo che da dietro la porta spuntò la piccola figura di un bambino, di circa dieci anni. Le due spostarono, entrambe, l'attenzione su di lui, ma quest'ultimo puntò gli occhi sulla sorella e le andò vicino, abbracciandola. Indossava dei vestiti pesanti, aveva i capelli spettinati di colore bianco, al contrario delle ciocche nere che gli ricoprivano la nuca, e gli occhi di un azzurro oltremare. Dietro di lui comparve una Glaceon, che andò a strofinargli il musetto sulle gambe con fare affettuoso e lui si staccò dalla ragazza.
La madre, intanto, si era appoggiata allo stipite della porta e li guardava dolcemente.

-Ciao, Koori-
-Ciao, sorellona- disse con tono molto flebile, dovuto ad un problema alle corde vocali, accennando un lieve sorriso, comportamento che mostrava soltanto in presenza della giovane, che a sua volta non poté trattenere un sorriso e gli scompigliò i capelli con la mano che non teneva il bagaglio. Tenevano moltissimo l'uno all'altra.

-Forse è meglio se venite dentro, che ne dite?- li interruppe Kiyoko, con gentilezza. Tsukiko annuì, sistemandosi la custodia in spalla, mentre il fratello si mise in punta di piedi e le sussurrò qualcosa all'orecchio.
-Koori dice di sì- riferì lei, ottenendo un sorriso affettuoso.

I quattro, inclusa Glaceon, tornarono in casa e la ragazza dagli occhi eterocromi si tolse la borsa da tracolla, per poi appoggiare la custodia della chitarra lì vicino. Aprì la cerniera del bagaglio e tirò fuori la sua ocarina.

-Mamma...se mi cerchi sono in camera- In quel momento voleva solo rilassarsi .
-D'accordo, tesoro, dopo ti chiamo per la cena-

La giovane entrò nella stanza designata, seguita silenziosamente da Koori. Lei si sedette sul letto e chiuse le palpebre, suonando le note di una melodia che sentiva da piccola e che le piaceva particolarmente. In quel momento le venne in mente il Cyndaquil che aveva incontrato all'Accademia e che non l'aveva più lasciata: non aveva potuto salutarlo e sperò che l'avrebbe aspettata.

Fu su questi pensieri che passò il tempo. In effetti, alla scuola c'era un Cyndaquil che pensava a lei.

***

Nel Villaggio Cicole si respirava un'aria di tranquillità. Era un insediamento piuttosto recente e, proprio per questo motivo, le persone che ci abitavano provenivano da un'altra parte della regione o, addirittura, da regioni diverse, come nel caso della famiglia di Lidia e di quella dei gemelli. Lì, essendo in pochi, si conoscevano tutti ed erano molto disponibili fra di loro. Ogni giorno c'erano delle novità.

***

Lidia tirò fuori da una tasca le sue chiavi di casa e fece scattare la serratura. Entrò in casa, vedendo la madre seduta davanti al computer, e decise di farsi notare.

-Ciao, mamma!- esclamò, facendo prendere un colpo alla donna, che si girò verso di lei, sistemandosi gli occhiali.
-Non ti ho sentita entrare, mi sono spaventata-
-Ops, l'ho rifatto- rispose con sguardo divertito. Sua madre era una ricercatrice di Pokémon e non era raro trovarla impegnata col suo lavoro, a trascrivere delle osservazioni sul suo PC. La figlia, molto spesso, non riusciva a resistere nel farle gli scherzi, faceva parte del suo carattere, ma le voleva molto bene -Dov'è...-

Non fece in tempo a terminare la frase che una ragazza entrò nell'abitazione, tenendo dei pacchi con le braccia. Pareva un po' più grande di Lidia e sospirò sollevata per non aver dovuto tirar fuori le chiavi e rischiare di far cadere tutto.

-Ehilà! Sono arrivata, mamma. Lidia, che fortuna averti qui, aiutami a portare 'sta roba in cucina!- Era molto somigliante a Lidia ed il fatto che fosse la sorella era evidente: sprigionavano la stessa identica vitalità, quando erano presenti si veniva investiti dal loro travolgente entusiasmo.
-Ma certo, è un piacere vederti- rispose ironica l'interessata, mollando comunque lo zaino per terra ed andando a prenderle qualcosa.
Dopo che ebbero riposto tutto sopra il ripiano, la maggiore fece un sorriso soddisfatto, come se non avesse semplicemente fatto la spesa, mentre l'altra sbuffò e chiuse la porta rimasta aperta.
-Mi aiuteresti anche a cucinare?-
-Perché?-
-Sei tu quella brava, mica io- replicò semplicemente, facendo spallucce.
-Oooh...e va bene, ma voglio la fetta grande del dolce-
-Mh, ok-
-Affare fatto-

La madre, seguendo lo scambio di battute delle figlie, sorrise e si ritrovò a pensare che il marito sarebbe dovuto essere presente, ma non era così: lui non era mai presente nei momenti giusti. Ogni tanto tornava a casa, ma poco dopo se ne andava senza una ragione. Gli voleva bene, tuttavia non riusciva più a pensare a lui come una figura paterna di riferimento. Chissà se un giorno sarebbe cambiato qualcosa. In quegli attimi, però, non aveva importanza.

***

I gemelli, prima di tornare a casa, fecero un salto in spiaggia, ma non in una spiaggetta qualsiasi, proprio nella spiaggia di quel pomeriggio di vacanza, il giorno precedente all'ingresso in Accademia.
Appena arrivarono, provarono molte emozioni diverse concentrate insieme: quel posto gli portava alla mente tanti ricordi, alcuni che venivano associati alla loro infanzia. Sembrava passata una vita da quando erano stati l'ultima volta a passare il tempo in riva al mare. Turtwig zampettò felice in avanti lasciando delle piccole orme sulla sabbia ed i due ebbero una sensazione di déjà-vu.
Comunque, non poterono passare lì l'intera sera e si decisero ad andare nel luogo verso cui dovevano fare ritorno.

Quando furono a pochi passi da casa, i tre notarono due paia di occhi che li fissavano dalla porta aperta. Non era difficile immaginare chi fossero, infatti i due giovani si fecero subito spuntare dei sorrisi innocenti sul viso, a cui i genitori replicarono con delle espressioni contrariate.
In realtà, questi ultimi non ebbero molto da ridire sul ritardo, perché i figli li abbracciarono contenti di rivederli: parevano anni da quando erano partiti ed avevano una marea di cose da raccontare.


Spazio dell'autrice
Buonsalve a tutti! Non sapete quanto io sia felice di essere riuscita a pubblicare oggi, come al solito, invece di un altro giorno.
Parlando del capitolo, credo che sia più lungo del solito, quindi spero che vi piaccia. Ovviamente, grazie alla mia fantastica memoria, mi sono dimenticata di chiedere nella scheda OC che aspetto avessero i parenti dei personaggi e sono dovuta andare ad intuito. Ditemi cosa ne pensate e se sono andata OOC, questa volta potrei aver sforato un po'!
Grazie un miliardo alle persone che recensiscono e che hanno messo la storia fra le preferite/seguite/ricordate!
Ci sentiamo fra due settimane!

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Capitolo 14
*** Natale ***





Natale

Passarono un po' di giorni da quello in cui i giovani allievi tornarono a casa, forse una settimana ed arrivò, finalmente, la festività più attesa dell'inverno, o, meglio, la vigilia. A proposito di inverno, le temperature si erano abbassate ulteriormente ed ogni tanto si vedeva qualche timido fiocco di neve danzare nell'aria fredda, andando poi a posarsi lievemente sul terreno vicino agli altri. I bambini erano di sicuro quelli che più approfittavano di tutto questo, divertendosi come non mai giocando all'aperto con gli amici. Inoltre, non vedevano l'ora di aprire i regali di Natale e trascorrere una giornata insieme alla famiglia. Però, non erano i soli a sentirsi in questo modo, pure all'Accademia era tempo di festa.

***

In aula insegnanti c'era un silenzio totale, quasi pesante, e gli unici rumori che si sentivano erano gli impercettibili sospiri delle persone presenti. Nella sala era stata aggiunta una sedia ed in quel momento tutti i sei membri del personale scolastico, il preside, i quattro insegnanti e la custode, erano seduti al grande tavolo per parlare della situazione che gli era stata riferita dagli operatori della Federazione poco tempo prima della partenza degli studenti. Era vero che all'Accademia non si erano ancora verificati gli strani fenomeni descritti, ma non si poteva certo far finta che non ci fossero problemi nel resto della regione.

All'improvviso un leggero colpo di tosse ruppe il silenzio ed attirò l'attenzione generale. Fu a quel punto che Delmonte si sporse leggermente in avanti poggiando i gomiti sulla scrivania e, facendo scorrere lo sguardo serio su ciascuno dei presenti, diede voce a quei pensieri che ormai erano nella testa di tutti.

-Come sapete ho indetto questa riunione per discutere di una questione molto importante, riguardante degli eventi che hanno messo in allerta ogni singolo Ranger di Almia. Non è stato raccontato niente né ai nostri allievi né alle loro famiglie né tanto meno al resto degli abitanti, ma il compito nostro e della Federazione è proteggere i cittadini che non centrano niente con questa storia. Detto questo, purtroppo l'allarme regionale capita proprio al momento sbagliato, ne sono conscio, considerando che il prossimo sarà un periodo movimentato, con la metà degli alunni fuori dall'Accademia e, di conseguenza, fuori dal nostro controllo a causa dei periodi di prova per diventare Ranger. Per fortuna, con loro ci saranno i Ranger di Vien, quindi noi dobbiamo soltanto finire di prepararli al meglio in prevenzione di qualsiasi imprevisto-

Quando venne inteso che non c'era niente da aggiungere, i presenti annuirono, convinti dalle sue parole ed un po' più tranquilli, e si alzarono dalle rispettive postazioni. Una cosa era risolta, ma ce n'erano mille ancora da fare, come, per esempio, appendere le luci colorate, gli striscioni e fare l'albero natalizio.

Mina e Catturio salutarono i colleghi, augurando buone feste ad ognuno, presero i bagagli preparati in precedenza ed uscirono. Per Natale sarebbero tornati a Portena dai figli ed avrebbero festeggiato insieme, dato che durante l'anno scolastico avevano occasione di vederli soltanto nelle vacanze natalizie. Nel frattempo, avrebbero potuto anche sorvegliare la città, in qualità di Ranger: non aspettavano altro.

***

I due coniugi percorsero velocemente i sentieri che conducevano a Portena, grazie all'aiuto di una coppia di Doduo, e riuscirono ad arrivare lì prima di sera. Dopo essere scesi dai veloci Pokémon, li ringraziarono e si diressero verso casa. Una volta davanti alla porta la aprirono e salutarono i due figli, che non mancarono di correre ad abbracciarli appena li videro. In quel momento erano davvero a casa.

***

Passato il giorno della vigilia, si poteva effettivamente dire che fosse arrivato quello di Natale, atteso da tutti.
Le città, gli edifici, tutto era addobbato a festa, Accademia inclusa. Le luci appese agli alberi somigliavano a stelle che risplendevano sulla terra illuminando la notte, gli striscioni di auguri si trovavano ovunque e le varie decorazioni conferivano un'emozione nuova.
Nelle cucine delle abitazioni si sentiva un profumo da leccarsi i baffi ed avere l'acquolina in bocca.
Nelle case, in famiglia, ci si scambiavano i regali e si stava insieme. In strada e per le vie cittadine, invece, si respirava un'aria di felicità.

***

Zero, la mattina di Natale, si alzò presto. Quando aprì gli occhi, dovette sbattere un paio di volte le palpebre a causa della semioscurità della camera e dei residui di sonno. Nel momento in cui si rese effettivamente conto di che giorno era quello, sparì ogni traccia di stanchezza, che venne sostituita da un euforico sorriso, e lui si tirò su in un lampo. Subito il suo sguardo venne rivolto verso l'amico, ma si sgranò incredulo nel vedere che stava ancora dormendo. Insomma. Stava ancora dormendo. In un giorno come quello. Inammissibile. A quel punto valutò diverse possibilità di azione, fra cui: tirargli un cuscino, scostare all'improvviso le tende ed aprire le finestre, o magari tutte e tre le cose combinate. C'erano sì delle opzioni che non includevano un risveglio traumatico provocato da shock, ma le escluse a priori, come soltanto un buon amico avrebbe saputo fare. Comunque, alla fine scelse quella più semplice.

Senza nemmeno scomodarsi e con una mira da cecchino professionista, lanciò il cuscino che colpì in piena faccia Koito, che non gradì la sorpresa e spalancò gli occhi a causa di essa. Se fosse stato vigile e attento, con molta probabilità avrebbe evitato il proiettile piumoso e l'avrebbe rimandato al mittente, però si dava il caso che fosse nella fase zombie addormentato, quindi si limitò a scostarsi il cuscino dal viso e guardare malissimo l'altro.

-Idiota...!- In effetti non gli venne in mente una minaccia di morte decente.
-Buongiorno principessa! Non guardarmi in quel modo, ti ricordi che giorno è oggi?- replicò il chiamato in causa con espressione allegra ed innocente.
-Quello in cui avrei dovuto dormire-
-Il giorno di Natale!-
-Sei uno scemo patentato...-
-Potrai ringraziarmi dopo-

Era impossibile sostenere una conversazione seria con Zero, o almeno, per quanto ci si provasse il discorso veniva sempre deviato. Koito sbuffò pesantemente e si mise una mano fra i capelli spettinati, scuotendo la testa contrariato. L'amico, intanto, saltò giù dal suo letto e cominciò a prepararsi.

Quando uscirono, trovarono uno spettacolo per il palato: sulla tavola imbandita c'era tutto ciò che un adolescente affamato potesse desiderare ed era solo mattina, figuriamoci cosa ci sarebbe stato a pranzo. La cosa migliore, poi, era che non dovevano condividere quelle prelibatezze con nessuno. Certo, in quei giorni si erano un po' annoiati, però in quel momento  lati negativi non esistevano.

-Che ti avevo detto? È valsa la pena di restare per mangiare la colazione leggendaria della scuola- disse Zero, che si stava già pregustando le varie ghiottonerie.
-Non mi avevi parlato di un dolce leggendario?-
-Beh, quello è il pezzo forte, lo dovresti sapere-
-...vero-

In seguito le parole furono superflue, perché non ci pensarono due volte ed approfittarono in pieno di quel pasto.

***

La sera, quando ormai si avevano aperto i regali, consumato pranzi e cene di Natale insieme a famiglia ed amici, c'era una profonda quiete ed un cielo stellato. Con l'avvento del buio i negozi e le case delle città avevano acceso le rispettive luci appese fuori dalle costruzioni, così che paresse davvero ci fossero le stelle sia in terra sia nel firmamento. Fu con questo sfondo quasi magico che, a Vien, due giovani passarono una magnifica fine della giornata.

***

Darren uscì dal Centro, insieme al suo Skorupi che lo seguì fedelmente, e si appoggiò alla parete, stanco ma felice, alzando gli occhi al cielo per ammirare quel panorama che lo faceva sentire in pace. Non si rese nemmeno conto che una persona gli si era avvicinata e lo aveva affiancato, complice il fatto che fosse molto silenziosa e che lui avesse i pensieri da un'altra parte.

-Non c'è nemmeno una nuvola- commentò la voce femminile appartenente alla figura che gli si era appena accostata, sorprendendolo e facendolo voltare nella sua direzione.
-Oh! Luana, ciao, non ti avevo sentita arrivare- ammise, con una lieve punta di imbarazzo.
-Sembra quasi impossibile rendersi conto che una settimana fa sia scoppiato un allarme regionale, c'è una tale calma...- Aveva spostato pure lei lo sguardo sulla volta celeste, mentre il suo Buneary, rimastogli nascosto dietro fino ad un attimo prima, si era messo in groppa alle sue spalle.
-È capitato tutto troppo velocemente-
-Hai ragione, non ho nemmeno avuto il tempo di chiederti com'è andata la tua lezione all'aperto- disse, girandosi di nuovo verso il ragazzo.
-Ah, è andata bene. In effetti, è stato fantastico-
-Immagino. Io ho sempre avuto paura di non esserne all'altezza-
-Secondo me andresti alla grande- Fece un sorriso e la Ranger arrossì visibilmente, lusingata.
-Come te, insomma- Questo fu il turno del biondo di arrossire.
-G-grazie-
-Di niente-

Restarono lì per minuti e minuti, senza il bisogno di parole riempitive perché il silenzio non era soffocante, ad osservare le costellazioni. La presenza l'uno dell'altra era il miglior regalo che potessero ricevere.

***

Il lieve vento gli scompigliava le ciocche dei capelli, così come gli faceva svolazzare il mantello. Lui era seduto sul ramo di un albero, la sua figura celata dall'ombra della notte, con la schiena appoggiata al suo tronco, le palpebre chiuse ed una gamba che penzolava pigramente giù. Si trovava in una posizione rilassata, ma ciononostante i suoi sensi erano ricettivi al massimo. Per questo motivo sentì subito i passi della persona che si stava avvicinando.

-Signore-
-Presente-
-Mi hanno mandato a chiamarla-
-E ti pareva, che seccatura...-
-Se posso permettermi, perché ha voluto che oggi non...lo sa-
-Elementare, no? Si chiama la quiete prima della tempesta, mio caro. Non credi anche tu che sarebbe divertente osservare come reagisce la gente ad un evento improvviso? Per curiosità-
-Sì, signore- rispose, monocorde, celando l'entusiasmo.
-E allora diventiamo quella tempesta!- A quel punto spalancò gli occhi chiari, illuminati da una luce sinistra, storcendo la bocca in un sorriso subdolo e saltando giù dall'albero.

La gente, i cittadini, ma soprattutto i Ranger di Almia si avrebbero dovuto godere in pieno di quei giorni di calma, perché presto sarebbe arrivato qualcosa di molto peggio di una semplice tempesta.


Spazio dell'autrice
Lo so, è tardi ed il capitolo è corto. In questi ultimi giorni non riuscivo a scrivere e non ho fatto altro che procrastinare, quindi ho deciso di scrivere un capitolo di passaggio. Nel prossimo torneranno tutti i personaggi insieme. Spero che comunque sia piaciuto, ditemi cosa ne pensate, io ho un sacco di dubbi.
Grazie mille alle persone che recensiscono!
Ci sentiamo fra due settimane!

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Capitolo 15
*** Ritorno a scuola ***





Ritorno a scuola

Scoppiettii.
Botti.
Colori.
Luci.

Si era entrati nell'anno nuovo.

***

I fuochi artificiali della notte precedente erano fra gli ultimi ricordi di quelle vacanze quasi giunte al termine, con sommo dispiacere della popolazione regionale, anche se tutti avevano passato una bella serata a festeggiare, fra cene, risate, giochi di società, film e cori di conti alla rovescia.

Quelli, invece, erano gli ultimi giorni a disposizione per rilassarsi con calma, perché, per esempio, gli studenti dell'Accademia avrebbero dovuto riprendere i corsi scolastici.

***

-Darren, al volo!-

Il povero malcapitato non fece in tempo a voltarsi che gli vennero lanciati addosso una decina di giornali, facendolo capitombolare a terra, con suo profondo disappunto. Quando emerse da sotto la catasta, si premurò di guardare molto male il colpevole, che se la stava ridendo alla grande. Chi? Ilario, ovviamente, che non aveva proprio saputo resistere a fare uno scherzo dei suoi. Aveva pure lui una pila di settimanali e guardava l'altro Ranger, il quale nel mentre si era alzato, con un sorriso furbo. Il ragazzo dai capelli biondi si spolverò l'uniforme e raccolse le copie sparpagliate sul pavimento, per poi inarcare un sopracciglio in cerca di spiegazioni.

-Andiamo a consegnare il Corriere di Vien!-
-Perché proprio io...?-
-Perché sì, forza!-
-...si torna al lavoro...-

***

Nel pomeriggio del giorno fatidico, gli allievi dell'Accademia radunarono i rispettivi bagagli e si prepararono a fare la strada di scuola. Avevano passato delle belle vacanze e, nonostante quanto si possa immaginare, erano particolarmente elettrizzati per il rientro, perché, se quelli del primo anno si sarebbero specializzati nella loro scelta, quelli del secondo avrebbero conseguito il diploma e sarebbero diventati dei Ranger a tutti gli effetti.
Non arrivarono al collegio in un unico gruppo, dato che non si erano dati appuntamento in un posto ad un'ora precisa ed ognuno si era organizzato in modo diverso, ma, comunque, le lezioni sarebbero ricominciate la mattina dopo.

***

Candice controllò che ogni cosa fosse in ordine e si apprestò ad uscire. A dispetto di quanto si possa pensare, passò un felice Natale: i suoi genitori ed il patrigno le avevano mandato per posta dei regali e lei non si era affatto sentita sola, anzi. Aveva fatto delle passeggiate per i sentieri che circondavano la città, si era esercitata un po' con il tennis, sport che le piaceva molto, e si era rilassata come non mai.
Dopo aver chiuso la porta a chiave, prese la valigia ed iniziò a dirigersi verso la Strada dell'Accademia. Era in perfetto orario sulla sua tabella di marcia e, secondo i suoi calcoli, avrebbe potuto disfare i bagagli con tutta tranquillità.

***

Il sole non aveva ancora raggiunto l'orizzonte, però ci era vicino ed il cielo iniziava a tingersi di colori tenui, che si riflettevano sulla piatta superficie del mare, intanto che le onde si infrangevano pigre sul bagnasciuga, col loro moto continuo. L'aria era meno fredda di quanto si potesse immaginare, considerando che quella era una zona dal clima caldo.
Inoltre, anche se ormai era tardo pomeriggio, c'erano ancora delle persone in spiaggia.

***

Quel giorno, i gemelli si erano preparati all'alba, se non la sera precedente, da tanto erano impazienti ed emozionati. Per imposizione dei genitori, erano stati trattenuti e costretti ad uscire dopo pranzo, ma, avendo voluto fare una piccola deviazione, stavano facendo decisamente troppo tardi.

I passi del Pokémon lasciavano delle piccole orme sulla sabbia, che venivano seguite dalle impronte del ragazzo. Luna, invece, li seguiva a pochi metri di distanza. Ad un certo punto si fermò, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio sinistro, e volse il suo sguardo all'orizzonte, sgranando gli occhi nel realizzare che si stava facendo sera e dandosi mentalmente della stupida per non essersene accorta prima.
-Leo! Ehi, Leo!-
Il chiamato in causa arrestò il cammino e si girò nella direzione della sorella, che gli stava facendo cenno di avvicinarsi. La raggiunse con espressione interrogativa, seguito da Turtwig, ma gli ci vollero una manciata di secondi per avere l'illuminazione.
-Oh, caspita...-
Non ebbero bisogno di ulteriori parole inutili: si scambiarono una veloce occhiata e decisero di comune accordo di non perdere altro tempo prezioso in chiacchiere. Afferrarono gli zaini che avevano abbandonato sulla rena e presero a correre verso la strada da percorrere, sperando ardentemente di non essere in eccessivo ritardo. Non fecero nemmeno molto caso a ciò che li circondava, troppo concentrati nel mantenere il ritmo dell'andatura, cosa non da loro. Per non restare indietro, Turtwig si aggrappò a Leo, il quale stette ben attento a non farlo cadere.

Quando scorsero il collegio in lontananza, aumentarono la velocità e si arrestarono soltanto nel momento in cui furono di fronte al cancello. Il cuore gli martellava forte nel petto, come se volesse uscire dalla cassa toracica, mentre i polmoni erano bisognosi d'aria ed i loro respiri, di conseguenza, erano irregolari, ma erano riusciti ad arrivare poco prima che il sole tramontasse. Oltrepassarono il confine, avanzando verso quella che era diventata una specie di casa, sentivano di appartenere a quel posto. I compagni dovevano essere già arrivati, difficile che ci fosse qualcuno in ulteriore ritardo, ed i due si scoprirono ansiosi di rivederli.

***

Giunti all'Accademia, gli studenti avevano disfatto i bagagli e nel frattempo avevano ritrovato le cose lasciate prima delle vacanze. Stavano giusto iniziando a cenare, ai tavoli adibiti allo scopo, chiacchierando con gli amici, quando sbucarono i gemelli dalla rampa delle scale ed attirarono l'attenzione di tutti presenti, che, avendo notato la loro assenza, si chiedevano dove fossero. In quel momento, con quegli sguardi addosso, i due si maledirono mentalmente miliardi di volte per non essersi sbrigati, ma cercarono di superare il problema nel modo migliore che conoscessero.

-Ehilà, bentrovati!- salutò uno.
-Torniamo subito!- disse l'altra.

Così, in quasi totale tranquillità, sorrisero allegri e, dirigendosi ognuno verso la propria camerata, si diedero ad una rapida fuga tattica senza rilasciare ulteriori informazioni, lasciandosi il disorientamento dietro.

-Credo di essermi perso una parte...- borbottò Zero, riportando la concentrazione sul suo piatto.

***

Luna chiuse la porta del dormitorio femminile e prese un respiro profondo: in quel momento sentiva di essere davvero serena. Lanciò lo zaino che teneva in spalla sul suo letto e, anche se avrebbe voluto soltanto buttarcisi sopra e dormire, cominciò ad alleggerire il bagaglio, tirando fuori e mettendo in ordine alcune cose. In seguito, uscì dalla stanza con un sorriso sul viso.

***

Leo, al contrario, non dedicò troppe attenzioni al suo zaino: lo buttò sopra il materasso con un lancio preciso, mentre Turtwig balzò sulle coperte, ed andò dai suoi amici. Si sedette accanto a Koito con nonchalance, come se niente fosse, e prese un panino dalla tavola, incurante del resto. Quando vide la gemella, si fece notare e la invitò a prendere posto lì vicino, cosa che lei accettò volentieri.

***

I due non riuscirono ad ignorare a lungo le intense occhiate che i compagni, seduti accanto a loro come da abitudine, gli rivolgevano e furono costretti ad affrontare una temuta conversazione, che per fortuna fu veloce e indolore.

-Sì?- domandò finalmente Leo.
-Cosa?- replicò Zero di rimando, fingendo una faccia sorpresa alla quale il primo rispose inarcando un sopracciglio -Ok, non ci potete biasimare se ci chiedevamo dove foste-
-In effetti no-
-È bello rivedervi- mormorò, spezzando definitivamente la tensione.
-Pure per noi- Luna sorrise.
-Che avete fatto durante le vacanze?- s'intromise Koito, cambiando argomento.
-Niente di che- dissero in coro, per poi scambiarsi un'occhiata divertita. Gli capitava spesso -E voi?-
Il ragazzo dai capelli biondi scrollò le spalle.
-Le solite cose- tradusse l'altro.
Dopodiché, finirono di cenare e parve che fossero sempre stati insieme. Inoltre, i due furono grati ai gemelli per non aver indagato sul perché fossero rimasti a scuola, forse avevano intuito che non ne volessero parlare.

Quando si alzarono dai tavoli, ognuno andò nel proprio dormitorio, a prepararsi e riposarsi in vista del giorno successivo.

***

Luna venne raggiunta da Rita, che la salutò allegra, e ricambiò di buon grado. Parlarono del più e del meno, finché non venne l'ora di andare a dormire. La giovane dalle iridi verdi fece un salto anche dalle altre sue compagne e, ripensandoci, fu piacevolmente stupita delle molteplici amicizie che aveva stretto durante quei pochi mesi. All'inizio non se lo sarebbe mai immaginato ed era un po' titubante, invece...invece era andato tutto alla perfezione, stentava ancora a crederci. Quando le ultime luci si spensero, fu sull'onda di questi pensieri e nel silenzio della notte che si addormentò.

***

Leo, entrato in camera, lanciò un'occhiata svogliata al suo giaciglio, dove aveva brutalmente abbandonato lo zainetto a cui il suo amico stava di sicuro facendo la guardia, e pensò che fosse ora di disfare il bagaglio. Salì la scaletta che collegava il pavimento al letto e, come previsto, trovò Turtwig addormentato sulle coperte, non esattamente vigile. Per un attimo pensò che avrebbe potuto mettere in ordine la sera successiva, ma la sua coscienza gli intimò di farlo in quel momento e lui, resosi conto che aveva ragione, cercò di darsi una mossa per finire prima. In sintesi, tirò fuori solo il minimo necessario e buttò lo zaino in fondo al letto, senza disturbare il Pokémon accanto. Poi, si stese sul materasso occupando lo spazio disponibile e si perse ad osservare il soffitto, diventato improvvisamente interessante. Passato un po' di tempo, durante il quale nessuno dei presenti aveva avuto la geniale idea di imitare Turtwig e riposarsi, si rivolse ai suoi amici, i quali stavano discutendo fra loro.

-Allora...alla fine chi ha vinto la partita?-
Stavano discutendo, sì, stavano discutendo di freccette. Cose molto serie.
-Io-
-No, Koito, ho vinto io-
-Veramente no-
-Voglio la rivincita-
-L'hai detto pure la volta scorsa-
-E ho vinto!-
-No, ho vinto sempre io e siamo andati avanti fino a mezzanotte a furia di rivincite-
-Forse fino alle due...comunque non hai tenuto bene i punti-
-Eri tu che tenevi i punti-
-Ero stanco-
-Ci rinuncio-
-Quindi...mi dai la rivincita?-
Leo aveva provato ad intervenire, ma, non essendo riuscito nemmeno ad emettere un fiato, si era arreso a seguire lo scambio di battute. Dato che, comunque, si stava parlando di una partita a freccette e non di una questione di troppo rilievo, decise di intervenire per cambiare discorso. Inoltre, pareva che per Koito la prospettiva di prendere il muro a testate fosse parecchio allettante e non era una cosa molto buona.
-Non potreste chiudere in parità?-
A sentire quella proposta, i due si girarono nella sua direzione ed annuirono piuttosto imbarazzati, scoppiando a ridere.
-Potremmo anche non fare le due di notte- aggiunse Leo.
-Buona idea- concordò Koito.
Con una rapida azione combinata, i sopracitati spensero tutte le luci e filarono sotto le coperte, cosicché Zero non ebbe nemmeno il tempo di replicare.

***

Usciti dalla sala insegnanti, dopo l'ennesima riunione svolta lì, i professori Mina e Catturio si fermarono un attimo a parlare con i loro due colleghi, che li avevano raggiunti subito.

-E così le esercitazioni con i Ranger si faranno lo stesso- concluse la professoressa Anna, con un sospiro.
-Dopotutto i nostri studenti hanno bisogno di terminare gli studi- aggiunse Mina.
-Mi raccomando solo di prepararli al meglio- disse l'altro insegnante, preoccupato.
-Sarà fatto- assicurò Catturio. E, in effetti, poi mantenne la promessa.


Spazio dell'autrice
Salve a tutti in pseudo-orario! Come avrete potuto notare, il titolo è stupido e c'è un bel salto temporale! Inoltre, ho delle comunicazioni di servizio. Nel prossimo capitolo ci sarà un altro bel salto temporale, perché stanno arrivando le fasi conclusive della prima parte della storia. Riguardo al capitolo, poi, devo informarvi che arriverà fra tre settimane causa la mia assenza per le prossime due.
Per favore, ditemi cosa ne pensate!
Ringrazio molto chi recensisce.
Ci sentiamo fra tre settimane!

P.s. Secondo voi, come potrebbe chiamarsi l'insegnante, quello che sostituisce Vanesio?

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Capitolo 16
*** Svolte, fini e inizi ***




 
Svolte, fini e inizi

-Buongiorno, ragazzi! O meglio, team Accademia!- Il professor Catturio entrò nella piccola aula, salutando in maniera scherzosa gli studenti che parlavano elettrizzati, chi più chi meno, fra loro ed attirandone all'istante l'attenzione -La professoressa Mina ci aspetta fuori, seguitemi pure-

Il tempo di uscire tutti, di posizionarsi a semicerchio davanti ai due insegnanti e furono pronti per cominciare.

-Allora, come ben sapete siamo alle fasi conclusive di quest'anno scolastico e fra poco potrete ricevere i vostri diplomi, ma...-
-Finalmente diventiamo Ranger, era ora!-
-...ma prima dovrete andare a fare pratica al Centro della città vicina, ossia Vien-
-Ah, giusto- Zero fece una risata imbarazzata quando la professoressa lo corresse pazientemente ed abbassò il braccio che aveva fatto scattare in aria tipo Superman in volo, nascondendolo con fare innocente dietro la schiena. Per un attimo si era dimenticato del fatto che mancava ancora una parte del programma.
-Mi scusi, in che senso dovremo fare pratica?- chiese Candice, cercando di celare la sua curiosità ed eccitazione crescente dietro un tono in apparenza distaccato. Nonostante la sua propensione per lo studio e la teoria, non aspettava altro.
-Per due settimane dovrete stare, vivere al Centro di Vien insieme ai Ranger del posto per aiutarli come supporto nei lavori giornalieri, negli incarichi e nelle eventuali missioni; dovrete utilizzare tutte le conoscenze che avete acquisito in questi ultimi anni, comportandovi non come Allievi ma come veri e propri Ranger. Ormai siete preparati per far fronte a qualsiasi evenienza. Questa sarà la vostra prova decisiva per terminare i vostri studi, partirete questo pomeriggio e noi vi aspetteremo nell'atrio per accompagnarvi. I vostri compagni del primo anno saranno con voi soltanto all'andata, perché torneranno dopo aver conosciuto i Ranger di zona. E mi raccomando, ricordate di radunare le vostre cose e di preparare i bagagli necessari-

Dopo che ebbe concluso il suo discorso, calò un silenzio quasi totale, interrotto soltanto dal vento e dai versi dei Pokémon nelle vicinanze. La donna guardò a turno ciascuno dei suoi alunni, che la fissavano con occhi sgranati, aspettandosi una reazione qualsiasi.

-Cavoli...è...è fantastico, no? Fantastico!- esclamò Zero con foga, riassumendo in poche parole quello che tutti stavano pensando e rischiando di schiaffare le mani in faccia a quelli che gli stavano attorno da tanta era l'emozione.
-Sembri un ebete- gli fece notare Nara senza tante cerimonie, ma non con cattiveria.
-Potrei dirti la stessa cosa- replicò lui, abbassando le braccia che aveva alzato in segno di esultanza ed incrociandole sul petto. In effetti, avevano entrambi un sorriso stampato in faccia e non erano i soli a condividere quello stato d'animo.
-Bene, per oggi la lezione è finita. L'appuntamento per il pomeriggio è alle cinque nell'atrio, mi raccomando la vostra puntualità- disse Catturio, tentando di essere professionale, ma nascondendo un misto di felicità ed orgoglio. Stentava a credere che entro poco non sarebbe più stato l'insegnante di quei ragazzi.

Gli studenti annuirono e sorpassarono i due, avviandosi verso il grande edificio. Pure loro, d'altra parte, dovevano approfittare al massimo di quella mezza giornata disponibile. Non che fosse l'ultima volta che avrebbero visto l'Accademia, ma forse sarebbe stata l'ultima in qualità di Allievi.

***

-Prima di concludere, vorrei darvi alcune informazioni di servizio. Oggi pomeriggio vi recherete nella città di Vien per conoscere i Ranger del posto, l'appuntamento è alle cinque nell'atrio, mentre da domani e per le prossime due settimane farete lezione insieme ai professori Mina e Catturio, dato che tutti voi, nessuno escluso, avete deciso di diventare Ranger-

In seguito alla comunicazione dei due professori, gli alunni del primo anno di entrambe le classi, che fino ad un momento prima avevano la testa sulle nuvole, tornarono con i piedi per terra e si risvegliarono dai loro sogni ad occhi aperti. Non che la scuola non gli piacesse, al contrario, era una delle migliori, ma in quegli ultimi giorni, quando ormai le vacanze estive erano alle porte, si respirava una calma tale che la voglia di stare seduti a dei banchi volava via.
In realtà, gli insegnanti si erano accorti del loro calo di attenzione e, date le circostanze, lo capivano, quindi avevano semplicemente facendo dei riassunti degli argomenti trattati nei mesi precedenti, considerando che comunque avevano sempre lavorato al massimo in ogni occasione. Proprio per questo motivo, avevano dato la notizia solo una decina di minuti prima che finisse la lezione.

Nel momento in cui suonò la campanella, i giovani si levarono dalle sedie, sgranchendosi le gambe, e poterono andare al piano di sopra a pranzare, consci che le lezioni dei prossimi giorni li avrebbero fatti ulteriormente migliorare.

***

Maggio. Erano passati mesi da quando erano ripresi i corsi: le temperature si erano alzate con l'avvento della primavera, sugli alberi erano spuntate nuove foglie verdi e tanti fiori colorati erano sbocciati. Certo, la regione di Almia era conosciuta per il suo clima generalmente freddo, ma nelle stagioni calde si stava molto bene, tralasciando i luoghi in cui le condizioni atmosferiche erano agli estremi.

Quella mattina un bel sole splendeva nel cielo azzurro e libero dalle nuvole, in cui volavano molteplici tipi di Pokémon volanti. L'incipit perfetto per dare inizio ad una nuova esperienza, infatti il pomeriggio stesso si avrebbe dato il via ad una svolta decisiva nella vita dei nostri piccoli eroi.
Come l'anno precedente, gli studenti sarebbero andati a Vien per incontrare i vari membri del Centro, poi quelli più grandi sarebbero rimasti per svolgere delle esercitazioni in vista del diploma, mentre gli altri sarebbero tornati all'Accademia per partecipare a delle determinate lezioni relative alla specializzazione scelta: Ranger, assistente o meccanico. Insomma, l'unica cosa da fare era sperare andasse tutto per il verso giusto.

***

I tavoli adibiti ai pasti erano pieni zeppi di cibo, stoviglie, posate, bicchieri e tovaglioli. Quando gli studenti del primo anno sbucarono dalla rampa di scale, quelli del secondo avevano appena finito di mangiare e stavano andando nelle camerate a prepararsi per le due settimane seguenti. Di conseguenza, dato che erano in pochi, i nuovi arrivati decisero di comune accordo di sedersi ad un unico tavolo per restare insieme e, magari, conoscersi più a fondo.

***

I cinque presero a turno una porzione della pietanza presente, potendo cominciare a pranzare con tranquillità. Non dovevano nemmeno sbrigarsi, impensierirsi o sbattersi per il pomeriggio, tanto il loro era un viaggio di andata e ritorno immediato.

Ad un certo punto Leo si sentì tirare l'orlo del pantalone e lasciò perdere per un attimo il suo piatto, notando Turtwig che cercava di attirare la sua attenzione. La sorella, seduta alla sua sinistra, si girò verso il Pokémon e sorrise, mentre l'amico trotterellava soddisfatto in direzione della sedia vicina.
Si accorsero solo all'ultimo di Lidia che, davanti a loro, li fissava con il capo inclinato da un lato e il viso corrucciato, come se stesse cercando di risolvere chissà quale enigma. I due si immobilizzarono di colpo, mille domande che gli frullavano in testa, incapaci di reagire. Poi un angolo della bocca della ragazza si incurvò all'insù e lei ristabilì l'espressione giocosa che la contraddistingueva, intanto che Rita scuoteva la testa divertita. Inutile dire che i gemelli erano più confusi di prima.
-Ok, avete vinto, non riesco a sostenere quegli sguardi- disse alzando le mani in segno di resa -Però c'è da ammettere che siete proprio buffi. E un po' strani, oserei aggiungere-
-Lidia!-
La chiamata in causa si voltò verso la sua amica, che tentava con cocciutaggine di mantenere un'aria da rimprovero. Le sarebbe riuscito pure bene, se non si fosse arresa quasi subito. Decise comunque di non farla arrabbiare, dato che le poche volte che succedeva le conseguenze non erano mai buone: -Sì, sì, ho capito-
Amber osservò l'intera scena con le sopracciglia inarcate, pensando che se avessero continuato così i Bidoof che bazzicavano nell'Accademia avrebbero fatto in tempo a spazzolare i loro piatti senza essere notati. Forse avrebbe potuto addirittura farci uno schizzo, le piaceva molto l'idea.
-A proposito- disse Leo, prendendo la parola -Già da domani faremo lezione insieme, vero? Magari ci consegneranno uno Styler-
-Sarebbe fantastico!- esclamò entusiasta Luna con gli occhi che le brillavano, ormai dimentica dell'imbarazzo iniziale.
-Volete ad ogni costo divenire Ranger, eh?- Amber si pentì di aver aperto bocca subito dopo che ebbe l'attenzione di quattro persone su di sé e finse indifferenza, concentrandosi soltanto sui due.
Il ragazzo si limitò a guardarla e a mostrarle un sorrisetto furbo, invece la gemella la scrutò per qualche secondo, tormentandosi una ciocca di capelli, prima di risponderle: -Beh, sì. Decisamente sì- "Dovessimo anche superare le più ardue fatiche, ci riusciremo" avrebbe voluto aggiungere.
-Comunque sia, sono felice del fatto che abbiamo scelto la stessa cosa. Significa che diventeremo Ranger insieme!- disse Rita, rivolgendosi ai compagni, agli amici, seduti al tavolo, che ricambiarono con dei sorrisi sinceri.
In seguito continuarono il pranzo conversando su vari argomenti, molti dei quali riguardanti i Ranger e cose simili.

Quando ebbero finito, presero diverse direzioni: Lidia e Rita si diressero nel dormitorio, mentre i rimanenti tre si avviarono giù dalle scale. Amber, poi, andò fuori a disegnare, al contrario dei gemelli che svoltarono a destra ed entrarono in biblioteca.

***

Era inusuale che i due, soprattutto nel pomeriggio, decidessero di restare all'interno dell'edificio, invece che uscire per visitare qualcosa o per stare semplicemente a parlare sui gradini. Però, quel giorno era il posto perfetto per rintracciare ciò che cercavano. Inoltre, in giro non c'era nessuno.

Luna volò verso lo scaffale di libri con tema "Storia dell'Accademia", mettendosi in punta di piedi per leggere i titoli dei tomi che stavano nei ripiani in alto: aveva intenzione di trovare qualche informazione sulla costruzione della Stele del Patto, se aveva ragione per carpirne qualsiasi segreto sarebbe bastato spostarla dalla sua postazione. Suo fratello si fermò appena ebbe messo piede nella stanza e si grattò la testa con fare arrendevole, lanciandosi un'occhiata dietro quando sentì la porta scricchiolare, preannuncio dell'arrivo di Turtwig che non aveva mancato di seguirli.

Come avevano saputo a lezione, a partire dalla mattina successiva avrebbero cambiato professori per un po'. Questo significava che avrebbero cominciato a migliorare le loro conoscenze sull'utilizzo dello Styler, sulla cattura e sull'eliminazione dell'ostacolo. Guarda caso, con ogni probabilità serviva l'aiuto di un Pokémon e presto avrebbero ricomposto il puzzle che tentavano di mettere insieme da tempo.

Ad un certo punto sul viso di Luna si formò un'espressione di vittoria e tirò fuori il libro che era la causa di tanto giubilo.
-Vieni, Leo!- lo chiamò, poggiando il volume su un tavolo.
Il sopracitato si avvicinò svelto, accostandosi alla sorella, e realizzò quello che lei aveva già capito: -Ottimo-

***

Alle cinque spaccate del pomeriggio gli studenti si fecero trovare pronti nell'atrio, dove i professori Mina e Catturio li aspettavano per accompagnarli a Vien. Leo inarcò un sopracciglio alla vista dello zaino di Zero, dal quale spuntavano varie cose da tutte le cerniere aperte, ed il proprietario replicò con una scrollata di spalle, come per spiegare che aveva fatto il più possibile ma alla fine si era arreso.
Dopo aver controllato che i membri del gruppo fossero presenti e non mancasse nessuno all'appello, gli insegnanti fecero cenno di andare e partirono. Tsukiko, poco prima di oltrepassare il cancello che segnava il limite della scuola, riuscì a salutare Cyndaquil, con il quale aveva intrecciato una bella amicizia nei mesi precedenti.
Pur con calma, comunque, arrivarono in città abbastanza presto e senza perdere pezzi, con grande sollievo dei due adulti.

***

-Salve a tutti!- esordì Catturio nel momento in cui fece la sua entrata nel Centro, con gli alunni al seguito, attirando l'attenzione dei Ranger.
-Chi si rivede!- rispose Brando dal centro della stanza -Hai portato nuovi giovani Allievi, eh? Piacere di conoscervi, io sono Brando!- aggiunse rivolgendosi direttamente agli interessati, o almeno a quelli che non aveva ancora incontrato.
-È il capo di questo posto- spiegò la professoressa Mina.
Dopodiché, vennero presentati anche gli altri componenti della squadra: Luana, la meccanica Elena, l'operatrice, Ilario e Darren. Elena, fra l'altro, non smise nemmeno per un secondo di smontare e rimontare un piccolo oggetto elettronico nelle sue mani.
-Va bene, credo sia tempo di tornare. Vi affido i ragazzi, mi raccomando!- concluse Catturio alla fine.
-Intesi- rispose Brando, facendo un segno di saluto.
Come da accordo, gli studenti del secondo anno rimasero al Centro, mentre quelli del primo tornarono al collegio insieme agli insegnanti. Purtroppo, non sapevano cosa sarebbe accaduto dopo.


Spazio dell'autrice
Bentornati e bentrovati! Mi dispiace di avervi fatto aspettare per un capitolo del genere, ma non posso farci niente. In ogni caso, vi prego di dirmi cosa ne pensate.
Grazie mille a tutte le persone che recensiscono!
Ci sentiamo fra due settimane!

P.s. Alla fine il nome dell'insegnante è diventato ufficialmente prof. Aermo

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Capitolo 17
*** Situazioni pericolose ***





Situazioni pericolose

Koito camminava per i sentieri acciottolati ed erbosi della Foresta di Vien, continuando a tenere sotto controllo l'area nelle vicinanze.

Era passata circa una settimana da quando lui e gli altri del secondo anno erano arrivati al Centro: dopo aver salutato quelli del primo i Ranger gli avevano dato il benvenuto, mostrato quelle che sarebbero state le loro camere durante la permanenza e consegnato una divisa ciascuno, con allegato uno Styler. La cosa bella, riguardo al dispositivo, era che non era di quelli accademici, ma vero e proprio: era la prima volta che ne maneggiava uno, quando l'aveva preso in mano aveva provato un'emozione fortissima. Se pensava che entro poco, davvero poco, sarebbe diventato un Ranger...quasi non riusciva a crederci. Quasi. Era da anni che aspettava quel momento e finalmente sarebbe arrivato.
In ogni caso, la mattina successiva avevano ricevuto, per abituarsi, gli incarichi della giornata, cose semplici per iniziare come consegnare il Corriere di Vien di casa in casa insieme ad Ilario oppure svolgere delle piccole mansioni per i cittadini. Era stato molto appagante ricevere i ringraziamenti delle persone e vedere i loro volti sorridenti, aveva dato un senso a ciò che si aveva fatto.
Invece, uno dei giorni dopo, erano stati delegati a portare due importantissimi pacchi fragili presso la Collina Ventosa, dato che ormai conoscevano abbastanza bene i luoghi intorno alla città ed avevano una buona padronanza dello Styler. Si erano chiesti per tutto il tragitto cosa caspita contenessero, resistendo eroicamente a scuotere il contenuto o sbirciare dentro per svelare il mistero, ma alla fine, quando erano arrivati in cima, avevano scoperto che si trattava del pranzo per i membri del Centro. Mangiare insieme sull'altura, con vista mare, era stato non solo divertente ma addirittura entusiasmante. Inoltre, nella Spiaggia Zefira bazzicavano molti Pokémon. Certo, per esempio si doveva stare attenti alle pericolose pozze lasciate dagli Shellos, però a parte quello non c'erano molti problemi.
Insomma, ogni giorno lì era una nuova e fantastica esperienza, non sarebbe stato un male se si fosse continuato in quel modo.

Quella mattina, al contrario delle volte precedenti, il leader del Centro aveva annunciato che si sarebbero divisi in squadre da due, scelte da lui, per fare una specie di pattugliamento delle varie zone: Nara, son suo grande disappunto, sarebbe andata con Zero nella Strada dell'Accademia, Candice con Tsukiko nella Spiaggia Zefira e Koito con Brando nella Foresta di Vien. Ilario, Darren e Luana sarebbero rimasti a Vien insieme ad Elena e l'operatrice, per essere pronti ad aiutare in caso di imprevisti. Evidentemente il capo li aveva ritenuti all'altezza della situazione, o forse gli stava affidando incarichi via via più impegnativi per testare le loro capacità. Comunque fosse, dato che il bosco a nord era piuttosto grande, appena avevano raggiunto uno spiazzo Brando si era separato da Koito, prendendo un percorso differente dal suo e dicendogli di restare in contatto attraverso il dispositivo di comunicazione. Ecco spiegato il motivo del perché il ragazzo era da solo.

Il giovane teneva la mano destra sullo Styler, per far scattare il disco di cattura in qualsiasi momento, lo sguardo vigile e serio. Era decisamente teso ed aveva pure ragione. Fino a quel momento i Pokémon selvatici erano stati tranquilli e bastava non attirare troppo la loro attenzione per non dover ingaggiare un inseguimento o un combattimento, tuttavia aveva un brutto presentimento: era come se dovesse accadere qualcosa da un secondo all'altro e non si sentiva affatto sicuro.
Purtroppo, non fu felice di sapere che non si sbagliava.

Koito si trovava in prossimità di uno dei due ponti quando, per cause sconosciute, si verificò all'improvviso la prima scossa tellurica: la terra vibrò leggermente e, per un beato attimo, pensò che si fosse frutto della sua immaginazione, però venne smentito quasi subito perché ci fu una seconda breve scossa di intensità maggiore. Alcune foglie si staccarono dai rami degli alberi e caddero al suolo, i ciottoli saltellarono sul posto e tremarono, le travi legnose del ponte traballarono. Le persone sane di mente scapparono. I Pokémon, poi, parvero impazzire. Non erano più solo impauriti, no, erano terrorizzati. Nonostante il fatto che la terra avesse smesso di assestarsi, non si tranquillizzarono.
All'inizio Koito rimase paralizzato dallo spettacolo, tanto che non riusciva a muovere un muscolo, ma capì presto che non poteva permettersi di fare la bella statuina tanto a lungo e si riscosse, andando verso un angolo all'apparenza protetto dal caos che lo circondava. La sua mano scattò sullo Styler, che indossò sulla sinistra, ed attivò una delle funzioni di cui era dotato per mettersi in collegamento con il leader. Appena il capo rispose alla chiamata, non gli diede il tempo di proferire parola ed andò dritto al sodo, non avendo a disposizione nemmeno un minuto per perdersi in chiacchiere inutili.
-Brando, i Pokémon sono come impazziti! C'è stata una scossa...cosa devo...-
-Corri e raggiungimi, ragazzo, senza voltarti indietro o avviare una cattura. Io intanto contatto il Centro- Chiuse la comunicazione, non lasciando spazio alle obiezioni, e Koito scelse l'unica opzione disponibile per uscire da quella situazione, ovvero seguire l'ordine datogli.
Uscì dal riparo di fortuna e si precipitò verso il punto di incontro, che aveva localizzato grazie alla mappa dello Styler. La tentazione di fermarsi era forte, anzi, fortissima, però non aveva il lusso di farlo. Per sua sfortuna, ci pensò uno stormo di Taillow, formato da tre o quattro esemplari, ad inchiodarlo: lo circondarono e presero a sfrecciargli intorno, sferzandolo con le ali ed impedendogli qualsiasi possibilità di ritirata. In precedenza erano appollaiati sui rami di un albero ed erano caduti per colpa della scrollata subita; non erano arrabbiati, bensì spaventati, e continuarono a scappare da una parte all'altra in preda al panico. A quello stadio, non gli rimase, suo malgrado, che attivare il Disco di cattura e tentare il tutto per tutto. Cominciò a creare degli anelli concentrici attorno alle creature volanti, provando a completare qualche cerchio, e, nel momento in cui ci riuscì, si diede alla fuga il prima possibile: il suo obiettivo non era calmare i Pokémon, ma raggiungere il leader. Inoltre, non era abituato a catture di quel tipo e aveva subito parecchi danni in seguito ai numerosi attacchi. Non si sarebbe mai detto, però i Taillow risultavano piuttosto aggressivi quando volevano, senza dimenticare che possedevano una fantastica velocità ed un'ottima abilità aerea.
Dopo una manciata di minuti giunse nel posto designato, un grande spiazzo simile a quello dove si trovava lui, e vide il capo intento a catturare i Pokémon che lo avevano assalito. Ci volle poco per far sì che ci riuscisse, il problema era che ce n'erano ancora troppi. Appena Brando lo notò, gli andò incontro e gli diede una possente pacca sulla spalla che non lo atterrò per un soffio, mantenendo lo sguardo serio.
-Fra non molto dovrebbero arrivare i rinforzi. Sei stato bravo, ragazzo- disse schietto, facendo trasparire il suo sollievo. Koito non poté che sentirsi rassicurato ed annuì -Nel frattempo cerchiamo di migliorare la situazione- Si voltò ed il Disco dello Styler schizzò fuori. Il giovane prese un respiro profondo e lo imitò. Non sarebbero di sicuro stati fermi ad aspettare.

***

Nara e Zero, pattugliando il percorso, stavano percorrendo la Strada dell'Accademia per la milionesima volta. Ormai ne avevano per il conto. In realtà, l'avevano fatto mica per niente, ma perché la via era molto stretta e continuando a muoversi risultava più facile evitare i Pokémon selvatici. Stava, però, diventando noioso. Inoltre, come si poteva intuire dal nome, quella era la strada che funzionava da collegamento con la scuola e loro due non dovevano spingersi oltre al ponte di legno, quindi il viaggio era davvero breve. Quante ore erano passate?
Nara controllò l'orologio dello Styler: era circa mezzogiorno, una buona notizia, entro poco sarebbero potuti tornare al Centro per mangiare. Era così persa nei suoi pensieri che non si accorse del compagno, che stava tentando di attirare la sua attenzione in ogni maniera possibile, fino all'ultimo.
-Ehi! Mh...i tuoi capelli sono spettinati-
-Cosa?!- Si girò verso di lui, con lo sguardo ridotto a due fessure.
-Ti sei degnata di ascoltarmi, eh- Per tutta risposta, incurvò un angolo della bocca all'insù ed sollevò le sopracciglia, con l'effetto di farle alzare gli occhi al cielo.
-Si chiama tecnica di sopravvivenza: tu blateri cose a caso ed io ti ignoro- replicò lei.
La situazione precipitò di colpo: il viso di Zero si rabbuiò, cambiando completamente espressione nel giro di qualche secondo, ed il suo divenne un amaro sorriso, anche se sembrava il residuo di una maschera che non aveva intenzione di togliere per non far cadere il suo travestimento. -Hai mai pensato a...- Non fece in tempo a finire la frase che si verificarono gli stessi eventi della Foresta di Vien: in sintesi, piccoli sismi e parecchio caos. L'attenzione dei due, superato l'iniziale shock, venne subito calamitata dalle creature terrorizzate che si agitavano in lungo e in largo a causa del terremoto.
Nara agì senza pensare: puntò il gruppo di Pokémon più vicino a lei e fece per andargli incontro con aria decisa, venendo però fermata dall'altro, che l'acchiappò per un braccio e la costrinse a voltarsi.
-Dimmi, vuoi gettarti a capofitto in un mare di guai apposta oppure è una dote naturale?-
-La tua stupidità è una dote naturale- ribatté acida, liberandosi l'arto dalla presa. L'avventatezza era uno dei suoi difetti più grandi, ma era testarda allo stesso modo. Sapeva che quello che chiamava scemo aveva ragione, ma non lo voleva ammettere.
-Non rifletti mai prima di passare all'azione, eh? Se io sono stupido tu sei troppo impulsiva- proferì quelle parole di rimprovero, sbattendole in faccia la pura verità, con una tale serietà e fermezza che per un attimo Nara dubitò che fosse lui il ragazzo che conosceva. In ogni caso, restò imbambolata a fissarlo e cominciò a rendersi conto di ciò che aveva fatto, assumendo uno sguardo tristemente consapevole. Dopotutto, pure lei portava una maschera: sotto l'atteggiamento sarcastico ed indifferente, infatti, si nascondeva una persona molto sensibile. Zero sembrava averlo appena compreso -Senti...- Se avesse potuto continuare, magari avrebbe proposto una maniera per superare la situazione, ma non poté. Gli occhi azzurri del ragazzo si sgranarono alla vista di qualcosa oltre le spalle dell'altra e, con una mossa fulminea, si parò di fronte a lei, accendendo lo Styler e facendo attivare il Disco di cattura. Nara si voltò ed ebbe la medesima reazione, però il braccio del giovane le sbarrò la strada per non farla proseguire: un gruppo di sei o sette Croagunk si stava avvicinando e non pareva avere buone intenzioni.
-Ehi!-
-Tu contatta il Centro, io ti copro- disse Zero, pronto a combattere.
-Tsk, contatto il Centro e poi ti aiuto-
-Ma...-
-Io non sono la principessa da proteggere e tu non sei il mio principe, non rimarrò a guardarti dagli spalti- Dichiarato ciò, arretrò di qualche passo e si mise in collegamento con l'operatrice.
-Metti in viva voce!-
-È già in viva voce, sto aspettando che risponda-
-Perfetto!- Il ragazzo tornò a concentrarsi sui Croagunk ormai vicinissimi, che avevano gonfiato le sacche contenenti veleno delle guance e stavano emettendo dei versi simili a gargarismi per intimorirlo. L'unica cosa a cui stava pensando, però, era: "Come caspita fanno queste sottospecie di rane ad essere delle apprezzate mascotte?". Tracciò degli anelli intorno ai Pokémon e completò qualche cerchio, cercando di resistere e di non scaricare lo Styler finché Nara non fosse arrivata.
La sopracitata, intanto, era riuscita nel suo intento e non aveva atteso un minuto di troppo: -Parlo dalla Strada dell'Accademia, i Pokémon sono impazziti in seguito a delle scosse, cosa dobbiamo fare?-
-Cercate di calmare più Pokémon possibili, vi inviamo rinforzi-
-Ricevuto- Chiuse la chiamata e si rivolse al compagno -Sentito? Diamoci dentro- Lo raggiunse e gli si accostò, attivando il Disco.
-Ottimo- Lui aveva preso circa la metà dei Croagunk, i quali per qualche strano motivo se n'erano andati e non erano diventati amici, ma aveva subito non pochi danni. Non era stato capace, infatti, di evitare a lungo i loro sferzanti attacchi velenosi, che avevano spezzato numerose volte la Linea di cattura ed in quel momento l'energia del suo dispositivo era diminuita per metà. Da solo non ce la poteva fare, però in due...in due sì. Unirono le rispettive Linee in un unico cerchio e ben presto fu tutto sistemato. Peccato che il lavoro non fosse ancora finito: dovevano pensare pure alle altre creature presenti.
Nara si posizionò di fronte al compagno. -Allora?-
-Il mio Styler è danneggiato- ammise con tono scocciato, soppesando il dispositivo come per capire se poteva ancora funzionare o stava per esplodere.
-Mh, il mio è in condizioni solo leggermente migliori...-
-Siamo una bella squadra, comunque-
-Bellissima- Non pareva stesse scherzando. Durante e dopo la loro litigata, avevano scoperto diversi lati di loro stessi e si erano riappacificati.
-Forza, dimostriamo cosa sono capaci di fare due membri del Team Accademia!-
-Con piacere!-
Corsero nella direzione in cui gli sembrava ci fosse più confusione e fu circa a metà strada che la ragazza arrestò il passo, facendo inchiodare Zero all'improvviso.
-Ehi, tutto a posto? Perché ti sei...-
-Tu va' avanti, poi ti spiego- mormorò, fissando un punto ignoto fra la vegetazione, turbata.
-Come vuoi- rispose, scrollando le spalle e continuando il cammino.
-E non affrontare troppi Pokémon insieme- si raccomandò lei.
-Ovvio- replicò, la voce ormai lontana.

Nara si avviò un po' titubante verso dei cespugli, spostandoli con le mani, e fu tentata di scappare. Il fatto era che aveva visto le piante muoversi e, considerando che di norma non si muovevano di volontà propria, era andata a controllare per prevenire ogni evenienza. Non si immaginava, però, che avrebbe trovato un Buneary rannicchiato su se stesso con gli orecchi entrambi arrotolati, che drizzò nel momento in cui si accorse della giovane. Quest'ultima sapeva per esperienza che quando un Buneary si comportava in quel modo era perché aveva avvertito un pericolo ed i suoi riflessi si attivarono facendola balzare all'indietro, giusto un secondo prima che il Pokémon estendesse le sue orecchie e colpisse con forza, imprimendo un solco, il posto in cui si trovava. A quel punto, per quanto le costasse, diresse il suo Styler nella direzione della creatura e la catturò in qualche mossa, evitando i potenti attacchi fisici che utilizzava per difendersi. Aveva trasmesso al Buneary, che si era tranquillizzato, i suoi sentimenti di amicizia e, stando a quanto era avvenuto con i Croagunk di poco prima, se ne sarebbe dovuto andare, ma, al contrario, si era messo a fissarla dritta negli occhi. Ciò non fece che rievocare una marea di ricordi sopiti nella mente di Nara, la quale sussurrò un tremulo saluto e fece velocemente dietrofront.
Raggiunse Zero, intento a controllare i danni e l'energia del suo dispositivo di comunicazione con espressione corrucciata, che appena si accorse della presenza dell'altra alzò lo sguardo e sorrise.
-Tutto risolto?-
-Più o meno, magari ne parleremo quando avremo finito qui- rispose, ancora scossa.
-Mh, spero che i rinforzi arrivino presto, è un miracolo che il mio Styler non si sia autodistrutto-
-Non ci resta che aspettare-
-Eh già-
Rivolsero la loro attenzione alla via e presero un respiro profondo: mancava poco.

***

Candice e Tsukiko avevano appena completato di pattugliare la Spiaggia Zefira e le zone circostanti, salvo la Grotta Marina non accessibile a causa dell'alta marea. Le onde sbattevano pigre sul bagnasciuga ed i Pokémon bazzicavano nei dintorni come al solito, non c'era niente di strano. Dato che l'area da controllare era abbastanza grande e non avevano intenzione di dividersi, le due si posizionarono in un punto strategico all'ombra degli alberi, ovvero a metà strada fra la spiaggia e la Collina Ventosa. Facendo in quella maniera avrebbero potuto sorvegliare sia la costa, dall'alto, che  il promontorio. Candice si tolse gli occhiali da sole che indossava per proteggere gli occhi chiari e sensibili, che al sole diventavano quasi lilla.
Nel tempo necessario a percorrere ed ispezionare ogni tratto del luogo, avevano superato, o meglio si erano trovate costrette a superare, l'imbarazzo che c'era fra di loro ed avevano cominciato a conversare, arrivando addirittura a scoprire interessi in comune. In realtà, da quando erano entrate all'Accademia, si erano parlate, ma non erano mai andate oltre a qualche semplice scambio di battute. Ciò che si diceva riguardo alla Spiaggia Zefira, evidentemente, era fondato.
Ad un certo punto, Candice vide le onde del mare altrimenti piatto incresparsi ed ebbe un brutto presentimento. Poco dopo, si verificarono delle scosse sismiche. Le creature vicine alla riva ed alle pareti rocciose dovettero allontanarsi per non essere investite dall'acqua o dai massi. Le onde di quello che si sarebbe potuto definire un maremoto, in circostanze diverse, per fortuna non erano molto alte e di conseguenza non intense a livelli mortali; non provocarono grandi danni ed i suoi effetti non furono pericolosi, tuttavia suscitarono panico e paura.
Le due giovani furono svelte ad allontanarsi dai gradini di pietra e ad attendere, lontane dal pericolo, che la terra finisse di vibrare, per poi constatare con spavento la condizione in cui versavano i Pokémon. Un urlo, proveniente dall'altura, le fece rinvenire, ricordandogli che dovevano fare qualcosa, e Candice prese in mano la situazione.
-Tsukiko, occupati della zona. Io provvedo a mettere al sicuro le persone- disse seria, mantenendo il sangue freddo. Aveva semplicemente distribuito dei compiti, però nel farlo era sembrata un vero leader e questo aveva spiazzato per un secondo la ragazza dagli occhi eterocromi, che fu capace soltanto di annuire.
Le due si separarono, andando una verso la spiaggia e una verso la collina.

La prima, scesa la scala in pietra, si imbatté subito in due Shellos e dovette saltare con un balzo le pozze d'acqua lasciate da loro per non danneggiare il suo dispositivo di comunicazione. Una volta sulla rena, con più spazio per muoversi, accese lo Styler ed avviò la cattura. Disegnò molteplici anelli attorno ai bersagli, cercando di evitare le bolle d'acqua che le venivano lanciate contro, e completò la cattura senza subire troppi danni. Però non poté gioire a lungo, perché arrivarono subito altri Pokémon. Si preparò mentalmente e puntò il congegno elettronico.

La seconda, nel mentre, aveva corso come non aveva mai fatto fino al promontorio, dove si trovava una giovane coppia di innamorati intenta ad abbracciarsi dopo aver subito un grande spavento. I due erano a pochi metri dallo strapiombo che dava sul mare e probabilmente uno era inciampato a causa dell'instabilità del terreno, rischiando di cadere nel vuoto. Per fortuna, non era accaduto nulla di grave. L'appena arrivata si mosse nella loro direzione e, facendosi notare, non tardò a spiegare cosa ci faceva lì: -Sono venuta per portarvi in un posto sicuro. I Ranger si occuperanno della zona- lo affermò con un tono talmente convinto che la coppia non fece storie a seguirla. Con lei in testa, scesero le rampe di scale che portavano alla spiaggia ed iniziarono a costeggiare la parete per evitare l'avvistamento da parte dei Pokémon selvatici. Candice vide la compagna che si preparava per un ulteriore cattura e continuò a camminare, confidando che le avrebbe guardato le spalle. Nel piccolo spiazzo in cima ai gradini venne puntata da un Bidoof, che però catturò con pochi e veloci anelli. Giunta nei pressi de varco che avrebbe fatto sbucare a Vien, salutò la giovane coppia, a lei grata per ovvi motivi, e fece per raggiungere l'altra, ma venne fermata da una chiamata da parte del Centro. La aprì e subito l'assistente prese la parola.
-Parlo con Candice alla Spiaggia Zefira giusto? Il tuo dovrebbe essere l'unico Styler al momento disponibile per un collegamento- Alla risposta affermativa della ragazza, riprese -Qual è la situazione?-
-In seguito alle precedenti scosse la mia compagna ed io ci siamo adoperate per evacuare la zona e calmare i Pokémon-
-Ottimo lavoro. Avete bisogno di rinforzi?-
-No, possiamo risolvere in fretta-
-Ricevuto, tornate il prima possibile-
-Sì-
Il collegamento si interruppe e Candice poté aggiungersi all'altra, che comunque non se la stava cavando affatto male, anche se aveva subito qualche danno e l'energia dello Styler non era al massimo. Quando arrivò ad aiutarla, lei aveva già catturato la maggior parte delle creature nelle vicinanze ed insieme completarono l'obiettivo. Nel momento in cui tutti i Pokémon selvatici si tranquillizzarono e tornarono alle loro abitudini, non ci fu nessuna esultanza superflua. Le due, prima di dirigersi verso il Centro, fecero un ultimo giro dell'area, tanto per assicurarsi che la situazione fosse di nuovo normale e poi poterono avviarsi per la strada che portava alla città.
Quella sarebbe stata senza dubbio una giornata che non avrebbero mai dimenticato, da quanto era stata strana e destabilizzante. Di certo non era un'avventura che i Ranger avevano previsto per il loro pattugliamento. Cosa ancora più certa era che non era roba per Allievi dell'Accademia.

***

Al Centro di Vien si svolgevano le solite attività, anche se c'era troppa calma ed era una cosa innaturale. Elena continuava a smontare e rimontare oggetti meccanici, come passatempo, mentre l'assistente controllava sullo schermo del computer che non ci fosse nulla di anomalo. Luana accarezzava Buneary, in groppa sulle sue spalle; Ilario e Darren, che ogni tanto lanciava delle occhiate alla Ranger, chiacchieravano scherzosamente fra loro; Roselia, i cui fiori profumati diffondevano una piacevole fragranza nell'aria, e Skorupi si rincorrevano in giro per la stanza.
Al contrario di ciò che stava succedendo nelle zone circostanti al borgo, lì non si accorsero né delle scosse né dello stato dei Pokémon, non si verificò niente del genere. Se anche avessero sentito qualcosa, erano impegnati e credettero che si trattasse del frutto dell'immaginazione. Però non ci volle molto per essere al corrente dell'accaduto, perché arrivarono le chiamate dai Ranger in pattugliamento richiedenti aiuto e rinforzi. L'operatrice fece del suo meglio per spiegare tutto ai confusi ed allarmati presenti, i quali non avevano compreso molto a causa del caos. Ilario, capita la gravità della situazione, assunse il ruolo di capo della situazione ed affidò un incarico ad ognuno dei membri del Centro, cosicché lui e Darren potessero andare alla Foresta, Luana alla Strada dell'Accademia e le restanti due potessero prestare aiuto a chi fosse giunto lì. Dopo che i tre Ranger furono usciti, l'assistente si mise in collegamento con Candice, perché il gruppo formato da lei e Tsukiko era l'unico a non aver contattato il Centro e voleva assicurarsi che stessero bene. Una volta appurato che non ci fossero problemi, spostò la sua attenzione sul display, dove venivano monitorati gli stati dei Ranger in missione. I loro Styler mandavano un segnale costante che permetteva ai Centri o alle Stazioni Ranger di poterli rintracciare in ogni momento.
Ilario e Darren, seguiti come al solito dai fedeli compagni, si erano separati da Luana, diretta ad est, ed avevano raggiunto la Foresta: constatata la condizione dei Pokémon, si erano adoperati a catturarli e calmarli. In quattro, inclusi Brando e Koito, avevano ripristinato la situazione anche in una selva vasta come quella.
Luana, intanto, aveva imboccato la Strada dell'Accademia ed, evitando per il momento le creature che incontrava sul cammino, aveva trovato i due Ranger intenti a combattere schiena contro schiena. Tutti e tre insieme non avevano avuto problemi a riportare la tranquillità. I loro Styler salirono di parecchi livelli.
Quando tornarono al Centro, le altre erano già lì.

***

Candice e Tsukiko arrivarono a Vien, ma quando entrarono alla base c'erano soltanto Elena e l'operatrice, che le accolsero sollevate di vederle. Candice aveva gli occhiali da sole in mano ed i suoi capelli, prima pettinati con cura e raccolti in una coda alta, erano in disordine; questo l'aveva resa leggermente nervosa.
Ormai mezzogiorno era passato da un bel pezzo. Non molto tempo dopo, comunque, pure i componenti delle rimanenti squadre imitarono le due e fecero il loro ingresso nel posto. Chi più chi meno, parevano spossati. Ilario e Darren si erano appoggiati alla parete; Zero aveva acchiappato Koito ed aveva cominciato a straparlare, nella migliore delle ipotesi per spostare la sua attenzione su qualcosa di leggero; Nara, vicina a Luana, guardava il suo partner Buneary, che le faceva riaffiorare dolorosi ricordi, con pentimento misto a voglia di allontanarsi ed era talmente concentrata su di lui che non diede nemmeno troppa considerazione al fatto che si era sporcata nell'arco della mattina, cosa non da lei. In ogni caso, le sorprese non erano finite. Brando, con suo sommo dispiacere, si rivolse agli altri, in particolar modo ai giovani Ranger: doveva dare delle spiegazioni riguardanti la pericolosa situazione della regione di Almia, consapevole che non ne sarebbero potuti restare all'oscuro ancora a lungo.

***

All'Accademia tutti gli studenti del primo anno, quella mattina come le precedenti, si erano diretti nell'aula dei professori Mina e Catturio per svolgere i corsi con loro, come facevano da circa una settimana. All'inizio gli era sembrato davvero stranissimo svegliarsi, prepararsi, mangiare, andare a lezione e passare il tempo senza la presenza dei compagni più grandi, che erano diventati degli amici Poi si erano abituati. Però soprattutto per Leo, solo, se si escludeva Turtwig, in un intero dormitorio, era stato abbastanza difficile, perché i due ragazzi con i quali condivideva la camera erano come due pilastri su cui sapeva di potersi appoggiare nei momenti di bisogno: le loro battute e la loro simpatia lo avevano accompagnato per tutta la durata del suo anno scolastico, non averle era stato l'equivalente di sentirsi mancare la terra da sotto i piedi. Proprio per questo motivo trascorreva molto più tempo insieme a sua sorella e alle altre, che aveva imparato a conoscere.
Quel giorno si sarebbero dovuti esercitare a catturare nell'ampio terreno che circondava la scuola i Pokémon con i loro Styler Accademici, che essendo uno strumento didattico e disponendo di capacità limitate non permettevano l'utilizzo di molteplici funzioni differenti, con l'obiettivo di non farne esaurire completamente l'energia. All'apparenza era una cosa fattibile, molto fattibile, tuttavia si rivelò più complicata del previsto per ragioni immaginabili. Infatti, l'Accademia non venne risparmiata dal caos che aveva scosso le zone vicine.

***

I giovani Allievi stavano giusto iniziando a fare amicizia con i piccoli abitanti del cortile quando queste vennero spaventate a morte dalle vibrazioni della terra e li costrinsero ad una rapida quanto disperata fuga. Pure le persone dentro l'edificio si chiusero dentro le stanze per ripararsi dagli attacchi dei Pokémon in giro per i corridoi. Rita e Lidia, per esempio, si trovavano nel bel mezzo di una cattura doppia e dovettero interromperla prima di rischiare la distruzione dei rispettivi dispositivi di comunicazione. I due insegnanti non persero nemmeno un prezioso secondo ad attendere e si precipitarono a proteggere i loro studenti, ma ben presto realizzarono che loro due da soli non sarebbero stati capaci di calmare le creature di uno spazio talmente grande.

-Team Accademia, a raccolta!- esclamò il professor Catturio, mettendo da parte l'umorismo e radunando il gruppo in un angolo, nel frattempo che la professoressa Mina gli guardava le spalle -Questa non è un'esercitazione, è un incarico. Se volete conquistare il mondo con i vostri sentimenti puri, questo è il momento adatto per dimostrare che ne siete in grado. Fate il possibile per calmare i Pokémon e se siete in difficoltà ritiratevi-
Quella era l'occasione perfetta per i ragazzi di rendersi utili. -Sì!- risposero in coro, spinti da una nuova e rinnovata determinazione. Dopodiché si sparpagliarono in diverse direzioni, ognuno con in mente lo stesso pensiero. Catturarono uno o due Pokémon per turno e misero in piedi strategie intelligenti che non gli fecero subire tanti danni, anche se ci impiegarono un po' di più perché si mantennero sulla difensiva. Grazie all'aiuto degli insegnanti ed alla superiorità numerica, considerato che si preoccupavano di un'area per volta tutti e sette insieme, riportarono la situazione alla normalità in un tempo relativamente breve, nonostante fossero degli studenti del primo anno.
Prima di poter tirare un sospiro di sollievo e rientrare, però, Leo si rese conto del fatto che c'era ancora qualcosa che non andava, da qualche parte all'Accademia. Per un attimo considerò l'idea di andare a controllare di persona ed il suo sguardo si fece pensieroso, ma quando i rimanenti membri del gruppo lo chiamarono si riprese e li raggiunse, lasciando perdere. Di sicuro non poteva muoversi in libertà proprio in quel momento. Magari in un altro, non in quello. Turtwig gli saltò in testa, rischiando per poco di fargli perdere l'equilibrio: lo faceva in modo affettuoso, tuttavia in certe occasioni non se l'aspettava. Per un attimo si chiese perché il suo amico non fosse impazzito dal panico come i suoi simili, ma accantonò la domanda.
I due professori, una volta dentro, li mandarono nelle rispettive camerate, dicendogli che si sarebbero visti il giorno successivo a lezione, anche se avrebbero avuto molte cose da spiegare.


Spazio dell'autrice
Ormai non so più se pubblico effettivamente di sabato o di domenica, da quanto faccio tardi. Fra l'altro mi dispiace tantissimo, quindi spero che questo capitolo un po' più lungo e movimentato dei precedenti vi piaccia. Ditemi cosa ne pensate, perché non ho davvero idea di cosa pensare, ho sempre la paura di andare OOC!
Grazie mille a chi recensisce!
Ci sentiamo fra due settimane!

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Capitolo 18
*** Spiacevoli sorprese ***





Spiacevoli sorprese

Brando, al centro della stanza, aveva incrociato le braccia muscolose sul petto e stava squadrando con le sopracciglia aggrottate uno ad uno i cinque giovani Allievi di fronte a lui, che ormai non potevano più essere definiti come tali. Il fedele Makuhita gli stava accanto, come a volergli fare da guardia del corpo per proteggerlo. Stava riflettendo su molte cose in contemporanea, tuttavia dalla sua espressione sembrava che volesse rimproverare qualcuno e nell'aria si respirava un silenzio colmo di martellante attesa; soltanto le persone che erano presenti alla riunione di molto tempo prima erano a conoscenza di ciò che il leader aveva intenzione di rivelare e per questo motivo condividevano i suoi pensieri. Ad un certo punto, comunque, si decise a parlare.

-Ragazzi, quello che vi sto per dire non vi farà piacere, ma, dopo gli ultimi eventi, è necessario e giusto che voi ne siate al corrente. Qualche mese fa, la Federazione ha avvisato tutti i Ranger di Almia della situazione del territorio, nei cui luoghi si sono verificati strani fenomeni, fenomeni che avete potuto osservare con i vostri occhi proprio oggi. Quando ci hanno informati della cosa, l'allarme non riguardava ancora la regione per intero ed il nostro compito era il semplice monitoraggio della nostra zona di azione. Purtroppo, adesso le circostanze sono cambiate e mi vedo costretto a coinvolgere pure voi giovani. Ebbene, le scosse di stamattina non erano naturali: sono state provocate da qualcosa o da qualcuno, anche se non sappiamo da cosa o chi di preciso. Per questo motivo servono più Ranger possibili, inclusi voi. Preparate i bagagli, tornerete all'Accademia domani. So che è in anticipo rispetto al programma, però si può dire che sia saltato in seguito ai recenti avvenimenti. Non abbiamo una seconda scelta-

Se all'inizio del discorso i ragazzi erano confusi, quando questo finì lo erano ancora di più. Alla confusione, poi, si aggiunse pure la paura; la paura generata dalla minaccia invisibile che aleggiava su di loro, che in quel momento era terribilmente reale. Dopo che le parole del capo del Centro si sedimentarono appieno nelle loro menti, vennero mandati nelle rispettive cabine e nessuno ebbe niente da replicare. D'altronde, avevano sì compreso la gravità della situazione, ma con molte probabilità gli sarebbe servito del tempo per accettare il tutto. In ogni caso, avevano avuto abbastanza sorprese per quella giornata e di sicuro non ne volevano di ulteriori.

Una volta che i giovani ebbero superato e chiuso la porta che divideva i due ambienti, un pesante sospiro si levò dai membri del Centro, come se avessero finalmente scaricato l'ansia che glielo bloccava. Qualche secondo più tardi, però, i loro sguardi si fecero di nuovo seri: avevano risolto solo uno dei problemi che c'erano e mancava una cosa da fare. Si girarono quasi all'unisono verso l'assistente, che aveva già acceso il suo dispositivo di comunicazione, e attesero una risposta. Non ci volle molto perché la Federazione si mise in collegamento con loro.
-Qui la Federazione Ranger-
-Qui il Centro Ranger della città di Vien-
-Serve aiuto?-
-No, dobbiamo fare rapporto-
 
***

I professori Mina e Catturio, dopo che gli studenti salirono le scale e scomparirono alla vista, si rilassarono un po', per poi ricordare che avevano semplicemente posticipato le spiegazioni che gli dovevano. Uscirono dall'edificio, ritrovandosi in quello che giusto pochi minuti prima era stato teatro di repentini cambiamenti, ed entrarono nella piccola aula che da sempre era adibita alle loro lezioni.
Quando si guardarono, seppero di aver gli stessi identici pensieri per la testa, anche se non era raro che accadesse nelle situazioni importanti come quella.
Sapevano entrambi che sarebbe arrivato il giorno in cui pure gli alunni della scuola sarebbero dovuti scendere in campo, tuttavia gli pareva troppo presto e con molte probabilità lo era effettivamente. Certo, li avevano preparati al meglio come promesso, ma non volevano che corressero dei pericoli.
Comunque, accesero i propri Styler e contattarono la Federazione. Quello di cui vennero a conoscenza, però, non gli piacque affatto: le zone circostanti al borgo erano state soggetto di piccoli terremoti brevi e gli Allievi Ranger erano stati coinvolti. In sintesi, ciò che temevano si era avverato.
Non c'era più tempo.

***

Leo corrucciò il viso ed aprì gli occhi. Dovette strizzarli una decina di volte per scacciare i residui del sonno e capire che era notte. Il problema era che non rammentava di essersi addormentato.
Riprese la sensibilità del corpo, si accorse di essere in una posizione scomodissima e si tirò a sedere, mettendosi a gambe incrociate sul materasso. Aveva ancora la divisa scolastica indosso, eccezion fatta per le scarpe, e Turtwig dormiva beato accanto a lui. Quando il suo sguardo cadde su uno dei letti in basso davanti al suo e si rese conto che c'era un'altra persona nella camerata, saltò giù, o meglio capitombolò per terra, facendo il meno trambusto possibile mentre si alzava e sussurrava maledizioni. Nel momento in cui si sentì uno stupido per non aver riconosciuto all'istante la sorella, si ricordò che quella notte era venuta da lui, considerando che nessuno avrebbe avuto da obbiettare, ed avevano chiacchierato finché non erano crollati addormentati. Se possibile, era in una posizione addirittura più scomoda di quella in cui si era ritrovato lui e quest'ultimo, guardandola, fece un'impercettibile sorriso. Da bravo fratello quale era, prese una coperta a caso e la stese sopra la gemella, muovendosi in silenzio per il timore di svegliarla.
Si allontanò di qualche passo e si appoggiò con la schiena alla scaletta che portava al suo letto, riflettendo sul da farsi. All'inizio, il suo piano era di uscire dopo il coprifuoco dall'edificio, per poter controllare in tranquillità ciò che non andava all'esterno dell'Accademia, e di tornare senza essere visto da nessuno. Non aveva, però, calcolato che i piani non funzionano mai e non aveva calcolato l'imprevedibilità di Luna. Se fosse restato in camera non avrebbe rischiato di farla preoccupare, ma al contempo aveva la sensazione che, se l'avesse fatto, non avrebbe avuto un'ulteriore occasione per agire in libertà. Di conseguenza, prese un respiro profondo, si infilò le scarpe, si assicurò lo Styler accademico al braccio sinistro e, camminando in punta di piedi, aprì la porta, per poi richiuderla al suo passaggio.
Scese la rampa di scale che portava al piano terra, lanciando un'occhiata furtiva ai gradini che conducevano nel seminterrato, e percorse il corridoio che conosceva a memoria, evitando i Pokémon che bazzicavano in giro, fino alla soglia dell'ingresso.
Venne investito dalla pungente aria fredda della notte appena varcò l'uscio e gli ci volle qualche secondo prima di abituarcisi. Attraversò di corsa l'ampio terreno che circondava il collegio e si arrestò soltanto nel momento in cui sentì dei rumori ad intervalli regolari provenienti dalla grotta che c'era fuori dal cancello dell'Accademia, come se qualcuno stesse colpendo ripetutamente la roccia per farla crollare.
Si avvicinò lentamente alla fonte del rumore e, quando vi fu davanti, capì che il suo intuito ci aveva azzeccato: la parete era franata in seguito alle scosse e dei massi erano caduti, bloccando l'abitante della piccola caverna che cercava, con i suoi attacchi, di distruggere la barriera di pietra.
Fece per andare a catturare un Pokémon che fosse in grado di rimuovere l'ostacolo, ma non ce ne fu bisogno.
Grazie ai suoi riflessi balzò di lato, rotolando per terra, giusto in tempo per schivare l'assalto della creatura che viveva nella grotta, che riconobbe essere un Tangrowth. Quest'ultimo aveva dato il colpo finale alla parete di roccia e si era aperto un varco, tuttavia non sembrava essersi calmato, proprio per niente, anzi; era uscito e guardava Leo più arrabbiato che mai, come se il resto non gli importasse. Il ragazzo si alzò tremante in piedi e, di fronte al Pokémon provò troppe emozioni contrastanti in pochi attimi: se, da una parte, il suo unico pensiero era di scappare a gambe levate e chiedere rinforzi, dall'altra non riusciva né a muoversi né a parlare, come se fosse pietrificato. Nessuno l'avrebbe aiutato e da solo non sarebbe stato capace di niente. Questa consapevolezza gli arrivò dolorosa come una stilettata al cuore, ma aveva comunque la ferma intenzione di non arrendersi, quindi fece qualche passo indietro per scansare il tentato attacco di Tangrowth ed accese lo Styler, mettendosi in posizione per la cattura.
Il Disco schizzò fuori dal dispositivo ed il giovane cercò di tracciare degli anelli attorno al Pokémon, fallendo miseramente. La Linea venne interrotta e spezzata molteplici volte, con conseguenti danni e perdite di vigore. Tentando e ritentando, riuscì a completare qualche cerchio, anche se dovette sacrificare circa un quarto di energia. Era arrivato quasi a metà cattura quando un arto composto da liane di Tangrowth colpì con forza la trottola, che cadde su un lato e determinò il totale esaurimento del dispositivo accademico. Leo, che aveva il cuore martellante a mille, sbarrò gli occhi e le gambe non lo ressero più, facendolo cadere sulle ginocchia.
Era finita, no?
Sapeva bene, benissimo, che non ce l'avrebbe fatta. Era vero che, la mattina, insieme alle compagne aveva catturato molti Pokémon selvatici, ma erano meno grandi e forti. Senza dimenticare che aveva fatto un lavoro di gruppo. In quel momento, invece, si trovava a combattere contro un avversario da solo.
Tangrowth si avvicinò per poterlo avvinghiare ed intrappolare con le liane, intanto che lo studente si preparava psicologicamente. Si appoggiò su un ginocchio e si alzò, anche se con fatica. Non sarebbe rimasto ad aspettare, avrebbe combattuto fino alla fine, tanto ormai non riusciva a muoversi e non aveva niente da perdere. Strinse i pugni e strizzò le palpebre, per poi schiuderle e constatare con sorpresa che la creatura selvatica aveva arretrato a causa di un attacco erboso. Leo si voltò a sinistra e ciò che vide lo stupì ulteriormente: Turtwig era di fianco a lui e fissava l'avversario con sguardo di sfida, come se lo stesse provocando ad avvicinarsi di nuovo solo per fargli vedere che lo poteva sempre respingere; più lontana, invece, c'era Luna con il suo Styler puntato sul Pokémon, il viso sul quale i raggi lunari facevano strani giochi di luci e ombre. Sentendo gli occhi del fratello su di lei, si girò nella sua direzione e ricambiò con quella che poteva essere un'occhiataccia, ma che nascondeva il sollievo di vederlo al sicuro.
La ragazza non perse secondi preziosi ed avviò la cattura. Tracciò una moltitudine di cerchi concentrici attorno a Tangrowth, approfittando del fatto che i suoi movimenti fossero rallentati in seguito all'attacco dell'amico, e lo catturò in un tempo relativamente breve per il livello a cui si trovava. Con molte probabilità, fu possibile perché la maggior parte del lavoro era stata fatta. Quando la creatura della grotta accettò di calmarsi, tornò a passi pesanti alla sua abitazione e poterono rilassarsi per lo scampato pericolo.
Turtwig e Luna raggiunsero Leo, che aveva raccolto con mani tremanti il Disco di cattura e stava guardando affranto le due parti del dispositivo. Glielo avevano affidato e lui che aveva combinato?
-Ehi, non è distrutto, si può ricaricare-
-Eh?-
-Non eri tu quello che per un certo periodo di tempo si è interessato di meccanica e cose varie? Si può ricaricare, ti dico- Il gemello incrociò il suo sguardo e notò che era serio, quindi annuì come per darsi forza.
I tre varcarono il cancello e salirono i gradini della scalinata in pietra, per ritrovarsi nei pressi dell'edificio principale.
Luna osservò il terreno intorno a loro e, quando vide quello che cercava, corse nella direzione di un Pikachu che bazzicava nei dintorni, catturandolo immediatamente, per poi fare cenno al fratello di avvicinarsi. Chiese con gentilezza al Pokémon elettrico di utilizzare la sua mossa, per ridare energia al dispositivo di comunicazione esaurito, e lo ringraziò per l'aiuto mentre lo salutava.
-Visto? Ora è come nuovo-
-Gra...- Non fece in tempo a concludere la frase, o meglio la parola, che la sorella lo prese per il colletto della divisa scolastica e lo schiaffeggiò, lasciandolo esterrefatto a massaggiarsi la guancia rossa e dolorante. Dopo l'attimo di sorpresa, la sua espressione cambiò da incredula ad irata -...ma perché?!-
-Perché non devi mai più sparire e farmi preoccupare in questa maniera- Un ordine. Una muta richiesta. Il tono della sua voce era fermo, ma si sentiva che non l'avrebbe mantenuto a lungo ed infatti strinse l'altro in quello che era un vero e proprio bisogno di constatare che fosse vivo, nemmeno un semplice abbraccio.
-Hai ragione, scusami, io...ho sbagliato- disse in un flebile sussurro, ricambiando la stretta. Sì, era decisamente stupido. Voleva proteggere la gemella, però alla fine era sempre lei a proteggere lui. Non doveva dimenticare la promessa che si erano fatti quel giorno, tantissimi anni prima.
Ad un certo punto sciolsero l'abbraccio e si guardarono negli occhi. Turtwig gli zampettò vicino.
-Ti scuso. Per fortuna ti abbiamo trovato subito-
-Sì...a questo proposito, com'è che ti sei svegliata?-
-Me lo stai davvero chiedendo?-
-In effetti, no- Era da quando erano piccoli che, sebbene ci mettesse impegno, ogni volta che si alzava di notte, svegliava la sorella. Che avesse una specie di antenna per captare i suoi movimenti?
-Forza, proviamo a dormire almeno qualche oretta- propose, facendo un cenno con la testa verso l'edificio.
-Qualche oretta sarebbe fantastico- ammise, sospirando stanco.

Si incamminarono in direzione dell'istituto, intanto che alcuni raggi di sole spuntavano timidi da dietro la linea dell'orizzonte, decretando l'alba. Possibile? D'altronde, i gemelli avevano chiacchierato fino alle due di notte ed avevano avuto il tempo di appisolarsi solo un paio d'ore, forse tre, per poi rimettersi in piedi e tornare a dormire. Se già normalmente fare orari simili era sconsigliato, figuriamoci prima di una giornata che si prospettava stancante sin dalla mattina precedente...

I corridoi della scuola, comunque, erano ancora deserti, a parte per i vari Pokémon, ed i tre non incapparono in insegnanti o compagne mattinieri, giungendo illesi fino al dormitorio maschile.
Luna si lasciò cadere sul materasso più vicino e si mise in una posizione comoda, su un fianco, abbracciando il cuscino. Si riaddormentò una manciata di minuti dopo aver chiuso le palpebre, anche se dalla finestra entrava una tenue luce. Leo la imitò, senza nemmeno fare lo sforzo di salire la scaletta a pioli che portava al suo giaciglio, tanta era la stanchezza. Dopotutto, se c'erano otto letti in entrambe le camerate, ne avevano sei liberi. Se fossero andati a fare colazione una decina di minuti in anticipo del solito, avrebbero rassettato la stanza e nessuno avrebbe notato niente di niente.

***

Fino all'ora delle lezioni, non ci furono ulteriori problemi da gestire. Gli studenti si recarono nell'aula dei professori Mina e Catturio, come da richiesta, dove questi ultimi gli spiegarono ogni cosa, ricevendo le conseguenti reazioni.

Di pomeriggio, arrivarono gli allievi del secondo anno.

Di sera...una sorpresa.


Spazio dell'autrice
Per chi sabato avesse controllato questa storia per l'aggiornamento, non sono morta né mi sono dimenticata della pubblicazione: ero in montagna e la mia connessione non funzionava manco a minacciarla. Morale della storia? Avrei dovuto sfornare il capitolo venerdì invece di illudermi di poterlo fare sabato, mi dispiace. A questo proposito, mi sono resa conto che non riesco e non riuscirò ad aggiornare ogni due settimane, quindi il prossimo non so quando arriverà. Detto questo, ditemi cosa ne pensate, per favore! Capisco che non ne si abbia la voglia, però mi farebbe piacere sentire i vostri pareri.
Rinnovo i miei ringraziamenti alle persone che recensiscono!
Ci sentiamo!

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Capitolo 19
*** Varchi e attese ***


 
 
 
Varchi e attese
 
Era pomeriggio quando i cinque giovani erano sbucati dalla rampa di scale ed erano stati accolti a braccia aperte, per così dire, dai compagni, che li aspettavano e che stavano preparando da un po’  un coro di bentornati. Questi ultimi non si erano propriamente messi d’accordo per essere tutti lì in quel preciso istante, ma non importava. Non era e non poteva essere una coincidenza, in quei casi non c’erano coincidenze.
Avevano chiacchierato, raccontandosi a vicenda le varie avventure, fino a sera, quando erano stati avvicinati dalla custode, la signora Della, ed erano stati messi al corrente di ciò che ci sarebbe stato il giorno successivo al posto delle normali attività.
 
Corridoio principale.
Cerimonia del diploma.
Mentre il preside Delmonte, circondato ai lati dai quattro professori, recitava il solito discorso monotono, gli studenti, in piedi di fronte a lui, si domandavano cosa fosse successo per far sì che gli eventi precipitassero così velocemente.
 
La sera precedente, all’ora di cena, dopo che ormai gli allievi del secondo anno erano rientrati, erano stati informati della notizia che avrebbe cambiato ogni loro prospettiva per l’immediato futuro: la mattina successiva, infatti, avrebbero tutti conseguito il diploma in anticipo, nessuno escluso, cosa di cui non erano ancora stati avvisati. Il motivo? In seguito agli ultimi avvenimenti, c’era bisogno di più Ranger possibili e loro avevano tutte le carte in regola per esserlo. O almeno, era questa la spiegazione che gli avevano dato. Se fosse quella la vera ragione o meno, non lo sapevano.
 
-Ora- disse il preside a fine discorso, battendo le mani e risvegliando l’attenzione degli alunni -Vi chiamerò uno ad uno, nel momento in cui sentirete il vostro nome, fate un passo avanti-
 
Cenni di assenso.
 
-Blackvoid, Zero-
 
Il ragazzo fece un passo avanti, serio. Era quasi comico vedere proprio lui con quell’espressione. Non aveva mai deciso se essere il primo della lista fosse un vantaggio oppure uno svantaggio; optò per il vantaggio.
Da una scatola che tenevano Mina e Catturio il direttore prese una divisa ed uno Styler, per poi porgerglieli come segno distintivo del conseguimento del diploma.
Zero osservò la scena come in un sogno, con l’unica differenza che stava accadendo nella realtà, e quando ebbe fra le mani l’uniforme, rimase imbambolato per qualche secondo.
Non era più un Allievo.
 
-Cilona, Lidia-
 
Come il compagno, fece un passo avanti e le azioni si ripeterono. Sul suo viso era dipinta un’espressione di gioiosa impazienza.
 
-Crystal, Rita-
 
-Fuyuma, Koito-
 
-Hoshino, Tsukiko-
 
Nel momento in cui giunse il turno dei gemelli, dato che ormai si era arrivati alla lettera dell’alfabeto del loro cognome, questi ultimi non riuscirono a stare calmi e si irrigidirono irrimediabilmente.
Posto che era da quando erano piccoli che volevano a qualsiasi costo diventare Ranger, non pensavano che sarebbe avvenuto così presto, addirittura fin troppo presto, ed erano stati colti in contropiede.
 
-Inverse, Leo-
 
Il sopracitato prese un respiro profondo e, mantenendo uno sguardo fermo, fece un passo avanti. Stentava a credere che quella non fosse la sua immaginazione. Provò a darsi un pizzicotto sul braccio, ma ottenne solo una dolorosa dimostrazione, sotto forma di livido, del fatto che non stava dormendo.
 
-Inverse, Luna-
 
Il fratello, di fianco a lei, le lanciò un’occhiata e fu colpito dalla determinazione che si leggeva nelle sue iridi verdi. Sebbene la sua agitazione fosse palese, non si sarebbe tirata indietro. A volte lo spaventava non sapere fino a che punto fosse pronta a spingersi pur di mantenere una promessa. In ogni caso, dopo che le vennero consegnati divisa e Styler, la lettura passò avanti.
 
-Jantar, Amber-
 
-Shelley, Candice-
 
-Tsukamoto, Nara-
 
Nara non ne poteva più di aspettare il suo turno, a lei di certo non piaceva essere l’ultima della lista.
Uno ad uno, comunque, i ragazzi vennero chiamati e dotati del nuovo equipaggiamento. Nessun Pokémon spaventato o irato sbucò fuori dai sotterranei e la cerimonia terminò nel migliore dei modi.
 
Delmonte pronunciò qualche parola di commiato, commosso, ed i giovani diventarono Ranger a tutti gli effetti. Era un po’ triste realizzare che quelli erano i loro ultimi momenti all’Accademia.
 
***
 
Zero staccò dal muro, con la delicatezza di cui era capace, il poster di Primo, lo arrotolò su se stesso e lo legò con un laccetto, poggiandolo poi sul letto dove era aperto uno zaino; fece la medesima cosa con la foto della sua famiglia, ma senza arrotorarla, e se la infilò in un taschino della sua nuovissima uniforme da Ranger. Quella foto non gli causava altro che tristezza, però voleva averla sempre con sé: era stata scattata quando lui era molto piccolo, forse addirittura troppo per ricordarsi bene di quel periodo, ed era una delle poche immagini che lo ritraevano insieme ai genitori. Aveva un significato molto speciale e gli stava particolarmente a cuore.
Dopo aver preso poster e foto, non gli restava altro da fare che controllare di non aver dimenticato niente, dato che aveva solo lo zaino come bagaglio.
Dalla parte opposta della stanza, Leo continuava ad assestarsi maniacalmente la divisa, che gli stava leggermente grande, e lo Styler, come se si sentisse inadatto o fuori posto, mentre Turtwig lo osservava con un’espressione curiosa; Koito, pronto da almeno venti minuti, era apoggiato ad una delle scalette a pioli e stava aspettando entrambi con la borsa a tracolla in spalla, ma non gli dispiaceva attendere un po’ se questo significava non dover abbandonare per forza quella che era stata per due anni la sua casa.
 
***
 
Luna si sistemò la fascia e guardò la propria immagine riflessa nello specchio del bagno, avendo già fatto i bagagli: era la prima volta in assoluto che indossava la tenuta da Ranger e si sentiva spaesata. Nell’occasione della cerimonia del diploma si era sforzata di comparire determinata, decisa o quanto meno non troppo agitata, tuttavia in quel momento era l’esatto il contrario.
All’improvviso, una figura le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla, facendola innavvertitamente sobbalzare di sopresa.
 
-Uhm...Luna?- Era Rita.
-Sì?- rispose, girandosi verso di lei.
-Ci sei?- Pareva preoccupata.
-Eh? Cioè, sì, ovvio che ci sono. Perché...non avrei dovuto?- Abbozzò un sorriso incerto: prima, in effetti, non si era nemmeno accorta della sua presenza.
-Stavi fissando in modo così intenso lo specchio che credevo stessi tentando di distruggerlo con la forza del pensiero-
-Ah. Comunque no, ci sono. Stavo solo...pensando, appunto-
-Ok, se lo dici tu- Le rughe del suo viso si spianarono e spostò la mano dalla spalla dell’amica. Lasciò passare qualche secondo di silenzio, poi continuò -Sai, anch’io sono stata colta in contropiede. Dalla notizia, intendo. Però è una grande opportunità per diventare dei Ranger! Non ho forse ragione?- Sorrise e Luna capì che era davvero come diceva lei, ricambiando il sorriso.
-Sì, hai ragione-
 
Le due uscirono dal bagno e fecero vagare lo sguardo nella stanza, per poi prendere i rispettivi zaini: le loro compagne erano quasi pronte, con i bagagli accanto, e stavano giusto controllando le ultime cose. Candice sfoggiava con aria soddisfatta l’uniforme da Ranger, professione a cui ambiva da anni, ed era impegnata a riporre con cura i suoi libri nella valigia, con i capelli biondo rame che le ricadevano sulle spalle. Tsukiko guardava pensosa il paesaggio fuori dalla finestra, riflettendo sul fatto che, da quel momento in poi, avrebbe potuto preservare l’habitat dei Pokémon e proteggerli da persone come i bracconieri. Amber, invece, si sentiva particolarmente insicura ma considerava ciò che era successo come un’occasione per rendersi utile e dimostrare di non essere una buona a nulla, come la definivano sempre i genitori.
 
***
 
Quelli che fino a poche ore prima erano studenti dell’Accademia si ritrovarono nell’atrio, divenuto non si sa quando ufficiale luogo d’incontro, pronti a partire. Luna, come al solito, individuò Leo e Turtwig e gli andò vicino, cominciando intanto a cercare le parole giuste per fare al fratello una domanda che le premeva da un po’.
In seguito agli ultimi saluti, i ragazzi attraversarono il terreno che circondava la scuola e solcarono il cancello. Tsukiko si trattenne quel tanto che bastava per dare l’arrivederci e un macaron a Cyndaquil, che in quei mesi era diventato uno dei suoi più grandi amici, e poi si unì di nuovo al gruppo, diretto alla Federazione.
 
***
 
Appoggiato al tronco legnoso di un albero e protetto dall’ombra delle sue fronde, aspettava con le braccia incrociate sul petto e gli occhi chiusi di entrare finalmente in scena, come aveva progettato da mesi e mesi. All’improvviso, venne colto da un attacco di ridarella e socchiuse le palpebre, rivelando le iridi chiare: aveva appena realizzato che, mentre quegli sprovveduti della Federazione brancolavano nel buio più totale e non sapevano come muoversi, lui non faceva altro che manovrare da dietro le quinte i fili di quello spettacolo di cui aveva scritto il copione. Si staccò dal fusto della pianta e lisciò il mantello che aveva sempre indosso, per poi stiracchiarsi. L’attesa era davvero snervante.
In ogni caso, il secondo atto stava per avere inizio.
 
Mancava poco tempo alla fine dell’intervallo e all’apertura del sipario.
Le luci si stavano spegnendo, seppur con lentezza.
Lui non vedeva l’ora di salire sul palco e recitare la sua parte.
 
 
Spazio dell’autrice
Salve a tutti. Saltando cose inutili, sono mesi interi che non aggiorno, benché mi fossi ripromessa di farlo il prima possibile, e un po’ mi vergogno a ripresentarmi in questo modo: mi dispiace e ne sono pienamente consapevole, ma, soprattutto in questo periodo, ho avuto molti problemi, fra scuola, sport, corsi vari, famiglia, voglia e ispirazione.
Passando al capitolo, era quasi pronto da tempo, però mi sembrava sempre troppo corto e non riuscivo a finirlo. Ce l’ho fatta solo in questi giorni e non ne sono ancora pienamente soddisfatta. Voi cosa ne pensate? Vi è piaciuto, vi ha fatto schifo, c’è qualcosa di poco chiaro o da correggere? I nostri eroi si diplomano e, zaino in spalla, partono in vista di nuove avventure, mentre...avete capito chi è l’ultimo personaggio? Se ci fate attenzione, è già apparso in precedenza.
Detto questo, mi auguro di leggere presto i vostri commenti, di cui in questo momento ho bisogno più che mai.
A presto! E, se non sarà così presto, non pensate che abbandonerò questa storia perché sono la prima a volerla continuare e non la abbandonerò per nessun motivo.
Spero che abbiate passato un buon Natale e delle buone feste!

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Capitolo 20
*** Compagni ***


 
 
 
Compagni
 
Il gruppo composto dai neo-diplomati, diretto alla Federazione, stava attraversando la Strada dell’Accademia e Nara continuava a guardarsi intorno, nervosa: si stavano avvicinando pericolosamente al punto in cui lei si era imbattuta nel Buneary selvatico, il giorno delle scosse sismiche. Il solo pensare al Pokémon faceva rievocare nella sua mente dei ricordi che avrebbe voluto cancellare, riguardanti la sua infanzia e in particolare il periodo in cui viveva ancora nella regione di Fiore, di cui non aveva mai parlato a nessuno. Quando le parve di aver intravisto un movimento fra i cespugli con la coda dell’occhio, le sue riflessioni furono interrotte in modo brusco ed il suo sguardo volò sulla vegetazione circostante, attento ad ogni minimo spostamento, ma non c’era niente. Che avesse le fantomatiche visioni?
 
Zero, ad un certo punto, tentò di circordarle le spalle con un braccio e lei, avendolo sentito avvicinarsi di soppiatto, gli tirò una gomitata, seppur non troppo forte, ottenendo l’effetto desiderato.
-Ahia!-
-Così la prossima volta ci pensi due volte-
Koito, dietro di loro, scoppiò a ridere e l’amico gli lanciò un’occhiataccia, per poi tornare a concentrarsi sulla compagna, che aveva la testa da un’altra parte.
-È che volevo distrarti, sembravi turbata-
-No, non è niente-
Corrucciò le sopracciglia e gli ingranaggi del suo cervello presero a lavorare. -Questa non è la prima volta che ti vedo con quella faccia: hai fatto la stessa identica espressione nel giorno delle scosse, quando...-
A quella allusione, i sensi di Nara si drizzarono. -Non adesso, Zero- Pronunciò quella frase, che doveva essere un ordine, con una certa ansia nella voce e lui recepì il messaggio che gli era stato inviato.
-Ok, come non detto!- Alzò le spalle e i palmi delle mani -Uhm...quella nuvola ha la forma di uno Shieldon, non trovi?-
Lei, che fino a quel momento aveva trattenuto il respiro senza accorgersene, tirò un breve sospiro di sollievo e, sorridendo, rispose: -Sì, ha proprio quella forma-
 
Arrivati nella città, gli ex-studenti dell’Accademia passarono dal Centro per salutare tutti e raccontargli degli eventi degli ultimi giorni, ma ripartirono quasi subito, dato che non potevano permettersi di arrivare in ritardo. D’altronde, se avessero avuto l’intenzione di fermarsi, avrebbero fatto un salto dai genitori e non li avrebbero avvertiti via lettera.
 
Da lontano, però, una piccola creatura seguiva i loro passi.
 
***
 
Era la prima volta che Amber tornava alla Foresta di Vien dopo le vacanze natalizie e come sempre ebbe un tuffo al cuore. Lì, infatti, aveva trascorso molto tempo da bambina, quando aveva circa sette o otto anni, a giocare con i Pokémon del bosco e a divertirsi con loro. In particolare, si ricordava di una Luxray, che l’aveva aiutata contro un gruppo di Beedrill, e dei suoi cuccioli a cui era molto legata e si domandava se abitassero ancora nell’area oppure si fossero trasferiti in un’altra zona: le sarebbe piaciuto moltissimo rivederli a distanza di anni, anche se non era sicura che questo fosse possibile.
Luna la affiancò e la osservò incuriosita, con un sorriso che le increspava le labbra. -Stai cercando un soggetto da ritrarre?-
Lei si voltò verso la compagna e aprì e chiuse un paio di volte la bocca. Come avrebbe dovuto rispondere? Non sapeva mai come comportarsi con le altre persone, a causa della paura di dire o fare qualcosa di sbagliato, e di conseguenza preferiva di gran lunga i Pokémon, con cui si trovava a suo agio. Prese un respiro profondo. -No, di solito disegno ciò che ho davanti, senza rifletterci troppo- replicò, forse con una leggera freddezza dovuta al disagio. Se l’altra ci fece caso, non lo diede a vedere.
-Dovevo immaginarlo- annuì, spostando lo sguardo.
Rimasero in silenzio per un po’, finché l’attenzione di Amber non fu catturata dallo scintillio di una coda, fra gli alberi, e si precipitò nella sua direzione. Luna la seguì con gli occhi, pensando con ottimismo e una punta di tristezza che almeno lei aveva trovato quello che cercava, e si riunì al gruppo.
 
La ragazza dai capelli ambrati, intanto, aveva raggiunto la creatura, che aveva arrestato il suo passo, e l’aveva riconosciuta con meraviglia. Quel Pokémon non poteva che essere uno dei cuccioli della Luxray: nonostante fossero passati almeno quattro anni e fosse cresciuto, era proprio uno dei piccoli Shinx con cui giocava da bambina e non uno qualsiasi. Non sapeva dove fossero i fratellini, ma era contentissima di vederlo Si scrutarono per qualche secondo, poi lei tese le braccia con trepidazione e Shinx le saltò in grembo, felice. Restarono abbracciati per un tempo indeterminato; dopo, il Pokémon saltò giù e la fissò, come se stesse aspettando qualcosa. Amber gli si rivolse, con una lieve incertezza nella voce.
-Shinx, vuoi...ecco, ti andrebbe di venire con me?-
Gli occhi della creatura si illuminarono e la tensione svanì.
 
***
 
I gemelli camminavano uno affianco all’altra per la Strada Federale, con Turtwig che gli trotterellava dietro. Era un po’ che quasi non spiccicavano parola e che comunicavano solo attraverso monosillabi e la cosa stava lentamente diventando pesante. Leo continuava ad aprire e chiudere la bocca ad intermittenza, con l’intenzione di rompere in qualche modo quel silenzio che gli stava perforando i timpani poco a poco, ma si sentiva la gola secca e gli sembrava che qualsiasi frase pronunciata da lui non sarebbe andata bene. La sorella, invece, rifletteva sulla domanda che le premeva da prima, scrutando con ostinazione i fili d’erba del prato nel tentativo di avere la risposta che cercava. Pareva che ci fossero soltanto loro due e che gli altri non esistessero.
Ad un certo punto, comunque, Luna sospirò e, con un’immensa forza di volontà, parlò, facendo sobbalzare il gemello.
-Leo...-
-Sì?-
-Sembra incredibile, vero?-
-Cosa?-
Alzò gli occhi al cielo. -Tutto. Tutto questo-
Lui comprese al volo e annuì. -Verissimo- Era contento di non dover più stare zitto e sopportare quel silenzio.
-Amber, fra l’altro, è felicissima. Non l’ho mai vista sorridere così tanto-
-Hai ragione, lei e Shinx sono proprio ottimi compagni-
-Ora che mi ci fai pensare...- Incrociò le braccia al petto e inclinò la testa da un lato -Leo, adesso anche noi siamo Ranger, no? Prima non potevamo avere un Pokémon partner, però adesso sì-
Lo sguardo ed i pensieri del fratello andarono subito all’amico che zampettava dietro di lui e la gemella ebbe la conferma che ciò che stava per dire sarebbe stata la cosa giusta, benché magari fosse difficile da accettare.
-Leo- riprese -Tu e Turtwig dovete diventare ufficialmente compagni-
A quella frase, il sopracitato spalancò gli occhi ed il Pokémon emise un verso interessato, avendo sentito pronunciare il suo nome.
-C-cosa...e tu?!- esclamò sconovolto, tentando invano di scorgere i sentimenti della sorella. Poteva sembrare una questione di poca importanza, ma non per loro. Perché Turtwig sarebbe dovuto essere il parter di uno dei due, se insieme formavano un trio perfetto sin da quando erano piccoli? Leo non lo trovava per niente giusto.
-Io...- Strinse i pugni, in difficoltà. Non poteva aggirare ulteriormente il problema, quello era il momento giusto per affrontarlo -Fratellino, tu e Turtwig siete sempre in coppia, sempre vicini, ci hai mai fatto caso? Io vi voglio bene e sarei felice se mi ascoltassi, mi renderesti le cose molto più semplici-
Il ragazzo stava per replicare, cocciuto, ma venne interrotto da un urlo proveniente dall’interno del bosco. La bolla immaginaria che circondava i gemelli venne scoppiata e questi ultimi, imitati dal resto della comitiva, si girarono allarmati verso la fonte del grido, pronti ad accendere gli Styler che portavano al braccio se necessario.
Si sentirono un forte tonfo, delle imprecazioni soffocate e suoni di rami che si spezzavano. Alcuni Spearow, Yanma e Swellow, potendo volare, si librarono in aria spaventati dal rumore, mentre gli altri fuggirono via terra. In seguito, dalla vegetazione sbucò fuori, ruzzolando malamente, un giovane, ovvero il proprietario di quelle corde vocali tanto potenti da tirare un urlo così forte da far scappare le creature delle vicinanze.
La prima cosa che i neo-diplomati notarono fu l’inconfondibile uniforme da Ranger che indossava quello strano personaggio, da cui dedussero la sua professione. La seconda fu la sua capigliatura multicolore: pareva che qualcuno gli avesse versato della vernice arcobaleno sopra i capelli sparati ovunque, tra cui si intravedevano ogni tanto dei ciuffi bianchi. In sintesi, uno fuggito dal circo.
Il tipo si mise a sedere con un lieve lamento di dolore e si tolse dei rametti e delle foglie dalla chioma variopinta. Quando, evidentemente, si rese conto di assere osservato e alzò il capo, i suoi occhi, azzurri con sprazzi dorati, si agganciarono a quelli di Luna, che gli stava davanti. Fissando quelle iridi verdi che lo scrutavano indagatori, ebbe un brivido di freddo lungo la schienza, nonostante nel cielo splendesse il sole, e interruppe il contatto visivo. La giovane gli tese una mano per aiutarlo ad alzarsi e lui la afferrò.
-Ehi, tutto a posto? Niente di rotto?- chiese Amber, che non si era potuta trattenere dal verificare le sue condizioni, imbarazzandosi subito per il fatto di aver attirato l’attenzione su di sé.
-Sì, grazie, sto bene. Ho giusto qualche graffio- rispose lui, sfiorando con un dito le ferite superficiali che aveva ovunque.
-Piuttosto, cosa diavolo stavi facendo?- domandò Nara, in tono di rimprovero.
-Cosa...in che senso?-
La ragazza sbuffò e indicò la direzione da cui era arrivato. -Eri sulle Alture Vertigine, a cui di solito è vietato l’accesso. Quindi, cosa ci facevi?- In effetti, essendo a metà percorso della Strada Federale, si trovavano vicini alle pericolose scogliere di roccia.
-Ah! Beh, il fatto è che ho visto un Pokémon rimasto bloccato sui picchi e ho provato ad aiutarlo. Per sfortuna...-
-Sei inciampato- concluse Lidia al suo posto, ridacchiando.
Il tipo sbatté un paio di volte le palpebre e poi scrollò le spalle, sconsolato. -Sì, esatto-
-In questo caso, penso dovremmo salvare quel Pokémon. Siamo Ranger, no?- disse Tsukiko, il cui amore per quelle piccole creature sorpassava il timore di arrivare in ritardo alla Federazione.
Candice fece un cenno affermativo con la testa. -È il nostro dovere. Però non possiamo andarci tutti insieme, saremmo troppi-
Gli altri annuirono. Nel bene o nel male, la giovane dagli occhi violacei sapeva sempre cosa fare.
-Io mi offro volontario, devo portare a termine ciò che ho iniziato- si inserì lo scappato dal circo -Chi ha voglia di divertirsi a scalare una scogliera pericolosa con me?-
Zero si fece avanti. -Se vuoi, vengo io-
-Perfetto, su, partiamo!-
-Ehi, aspetta un secondo- s’intromise Koito, che squadrava il tipo da un po’ -Con tutta questa confusione, non ci hai ancora detto come ti chiami-
-Ah, che sbadato, scusate!- esclamò, dandosi una manata sulla fronte -Io sono Mikio. Mikio Kuro-
 
***
 
-Forza e coraggio, Zero, non dirmi che sei stanco!-
 
-Figuriamoci...-
 
No, non era stanco: era stanchissimo. Salire le Alture era più faticoso del previsto e, secondo i suoi calcoli accurati, non sarebbe resistito ancora a lungo: le mani e gli arti gli bruciavano, la fronte era imperlata di sudore e aveva il respiro ansante. Meno male che aveva un fisico atletico! Non aveva idea di come quell’altro, che aveva soprannominato Mister Arcobaleno, avesse l’energia di chiacchierare, doveva essere una specie di mostro instancabile. Beati i suoi compagni, che erano rimasti a terra ad aspettarli. Mica scemi.
 
Dopo un po’, comunque, Mikio pronunciò le parole magiche: -Siamo arrivati!-
Zero esultò interiormente, ma cercò di mostrarsi serio e professionale, benché l’idea facesse ridere lui per primo. -Dov’è il Pokémon?- chiese, scrutando le cime dei picchi con gli occhi ridotti a due fessure.
-Là- rispose il giovane, indicando una piccola creatura dal viso composto da uno scudo metallico di forma ovale: uno Shieldon -Invece...ah, ecco Cacturne-
-Eh?-
La creatura somigliante ad uno spaventapasseri spuntò da dietro una roccia e si avvicinò a Mister Arcobaleno, che presentò il nuovo arrivato: -Cacturne è il mio partner-
-Oh, beh, allora è un piacere- O almeno così immaginava. Gli sembrava incredibile che li avesse aspettati lì per tutto il tempo: aveva un’aria stanca, affaticata, e gli occhi spenti.
Mikio annuì, fiducioso e per niente preoccupato. -Comunque, come facciamo con Shieldon?-
-Se me lo permetti, posso andare a prenderlo e tornare qui- propose Zero, determinato ad aiutarlo.
-Sei sicuro di farcela da solo?-
-Sicurissimo-
-In questo caso d’accordo, io ti guardo le spalle-
 
Zero si mosse con cautela, sorvegliato con attenzione da Mikio, fino ad arrivare vicino ad uno spaventatissimo Shieldon, che sobbalzò appena si accorse di lui. Era fin troppo agitato per essere solo rimasto bloccato e veniva da domandarsi cosa gli fosse successo di tanto traumatizzante. Comunque, il ragazzo capì che sarebbe stato inutile aspettare che si calmassse e accese lo Styler, facendo schizzare fuori il Disco. La cattura del Pokémon fu più complicata del previsto, dato che quest’ultimo non accennava a tranquillizzarsi e continuava a correre da una parte all’altra dell’area, ma per fortuna riuscì senza troppi danni. I sentimenti di amicizia erano stati trasmessi con successo e Shieldon, accettandoli, era diventato un amico; Zero credette necessario doverlo liberare e farlo tornare nel suo habitat: era andato lì per quello, per aiutarlo soltanto, e così fece. Il Pokémon, però, non era della stessa idea e non pensò minimanete ad andarsene. I due si guardarono negli occhi. Possibile che...?
 
-Hahaha...beh, a quanto pare Shieldon ti ha scelto!- esclamò Mikio, avvicinatosi senza che nessuno se ne rendesse conto.
-Eh?-
-Shieldon ti ha scelto come compagno, no?- Inclinò la testa da un lato.
-Sul serio?!- Zero spostò lo sguardo sul Pokémon, che rispose in modo affermativo con un allegro cenno del capo. Il giovane non riusciva a crederci. Com’era possibile che si fosse affezionato a lui dopo così poco tempo? Ma non importava: era felicissimo.
-Eh già, è tutto vero. Forza, ora torniamo dagli altri-
-Sì, giusto!-
 
***
 
Quando i due si riunirono al resto del gruppo, vittoriosi, con l’aggiunta di due facce nuove, prima vennero sommersi di domande e poi vennero aggiornati riguardo ai vari sviluppi della situazione. Intanto che i coraggiosi avventurieri si godevano la loro passeggiata sulle Alture, infatti, i giovani rimasti a terra non erano restati con le mani in mano e si erano messi in contatto con la Federazione per spiegare il ritardo di arrivo.
Dopodiché, si rimisero in marcia.
Ormai era pomeriggio inoltrato e li stavano attendendo con impazienza.
 
 
Spazio dell’autrice
Ehilà, salve di nuovo! Dopo aver ripreso il controllo del computer ho finito di scrivere il capitolo e sono tornata di corsa a pubblicare (Per fortuna non in ritardo come la scorsa volta), sono all’ottavo cielo dalla felicità! E non soltanto per questo: non so se l’avete notato, ma questa storia è arrivata addirittura a cento recensioni e tutto grazie a voi, grazie davvero per il continuo supporto, anche dopo mesi di assenza!
Passando al capitolo, comunque, devo ammettere che per l’euforia l’ho scritto un po’ di getto, quindi non so esattamente come sia venuto, ma non importa: sono successe varie cose e, soprattutto, è comparso uno dei personaggi a cui tengo di più. Quindi, ecco la fatidica domanda: cosa ne pensate? Aspetto le vostre risposte!
A presto e grazie ancora!

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Capitolo 21
*** Incontri, arrivederci e...addii ***


 
 
 
Incontri, arrivederci e...addii
 
Amber camminava tranquilla lungo la Strada Federale, mentre si guardava intorno e fantasticava su ciò che sarebbe successo in seguito, con il suo Pokémon compagno che le zampettava allegro accanto. Ad un certo punto, venne raggiunta da Rita, che l’affiancò senza risultare invadente, come al solito.
 
-Tu e Shinx...vi conoscete da tanto, vero?- chiese.
-Sì, beh...da quando ero una bambina- Con Rita, stranamente, si sentiva a suo agio, con molte probabilità perché si erano avvicinate tempo prima.
Annuì. -Si vede-
-Dici sul serio?-
-Sì-
Ci fu qualche secondo di silenzio, che Amber passò a scrutare il partner con affetto. Poi, riprese a parlare.
-A te piacciono molto i Pokémon, no?-
-Ovvio- rispose l’amica, che non si aspettava quella domanda.
-Sono sicura che un giorno troverai anche tu chi cerchi-
-Eh?-
-L’ho notato, sai? Tu continui a chiederti quando troverai il tuo compagno ed io sono sicura che un giorno incontrerai qualcuno di davero speciale, che ti seguirà nelle tue avventure- Arrossì, temendo di aver detto qualcosa di fin troppo personale, però venne sorpresa dalla risata dell’altra, che le si rivolse in seguito con un sorriso.
-Quel giorno te lo farò conoscere!-
 
Amber stava per replicare, ma venne interrotta sul nascere dall’esclamazione entusiasta di Mikio: -Siamo arrivati!-
Inutile aggiungere che tutti si girarono verso di lui, ognuno con un’espressione diversa, da quella innervosita alla calma. Davanti a loro, in ogni caso, si ergeva la Federazione, la base operativa principale, che dominava l’area dall’alto come il castello del più potente e importante dei sovrani. Salirono le scale, vecchie nemiche, e per poco non vennero investiti da un giovanissimo Ranger dai lunghi capelli bianchi legati con un codino, che correva verso di loro seguito a ruota da uno Sceptile.
 
-Ah, scusate!- proruppe, sentendosi molto in colpa per averli quasi fatti volare giù dai gradini di pietra.
-Di niente, d’altronde noi ti abbiamo sbarrato la strada. A proposito, dove stavi correndo?- chiese Nara, che per una volta non fece un commento sarcastico.
-Eh? Oh, uhm, in verità stavo...aspettate un attimo, siete voi i Ranger che hanno avuto un contrattempo vicino alle Alture?-
Cenni generali di assenso.
-Allora sì, stavo giusto venendo ad accogliervi. Sono Christopher White, ma se preferite potete chiamarmi Chris, piacere e benvenuti alla Federazione!- disse con un sorriso gentile -Dentro ci sono delle persone che vi stanno aspettando, vi accompagno- Fece un segno con la mano al gruppo e si voltò, avviandosi in direzione dell’entrata.
 
***
 
-Salve, ragazzi! Sono felice del fatto che siate arrivati. Io sono il professor Frenesio- li accolse intanto che varcavano la porta della stanza, per guadagnare tempo e non perdersi in chiacchere, presentandosi.
Ci fu un coro imbarazzato di buongiorno e piacere di conoscerla, imbarazzo determinato dal fatto che si trovavano davanti ad una figura molto importante della Federazione e non sapevano bene come comportarsi.
-Tu invece...- riprese -Saresti il Ranger di cui mi hanno parlato, giusto? Mikio...-
-...Kuro. Sì, sono proprio io- replicò l’interessato.
-Bene. È un piacere averti con noi- Pronunciò la frase senza utilizzare un tono particolare, tuttavia nel sguardo c’era qualcosa di strano, qualcosa che nessuno colse eccetto tre persone, che nelle loro menti sentirono squillare un campanello d’allarme. -Comunque- continuò -Vi ho fatti venire qui il prima possibile per motivi che potete immaginare con facilità, riguardanti le recenti scosse telluriche che si sono verificate in alcune parti della regione-
-Ci sono novità relative alla causa, per caso?- domandò Mister Arcobaleno, improvvisamente attento e recettivo.
Il professore annuì. -È appunto di questo che vi volevo parlare- Accese un riflettore lì vicino, che proiettò su una lavagna multimediale un’immagine rappresentante la mappa di Almia. -A quanto pare, queste vibrazioni hanno avuto il loro ipocentro in tre punti differenti, tre zone ben precise della regione: la Foresta di Vien, l’Altopiano Cromano e il Castello di Almia- Sulla cartina, le aree appena menzionate si colorarono di rosso. -Voi siete stati diretti spettatori dei piccoli sismi riguardanti i luoghi circostanti al bosco, tuttavia molti altri Ranger si sono occupati dei restanti e hanno avuto il loro bel daffare- Lasciò che l’informazione si depositasse nelle menti dei giovani. -Ebbene, discutendone insieme ai membri del dipartimento di tecnologia, mi sono accorto che queste zone potrebbero essere collegate ad un’antica leggenda, conosciuta solo da una cerchia ristretta persone, però prima di fare qualunque cosa vorrei sapere se la mia ipotesi è fondata e mi serve che qualcuno vada a controllare-
-Ed è qui che entriamo in scena noi- tirò a indovinare Mikio, con una punta di divertimento nella voce.
-Esatto: vorrei che voi vi divideste in tre gruppi e vi recaste nei luoghi nominati in precedenza, allo scopo di capire se si è verificato qualcosa di anomalo- Attese una manciata di secondi, osservando le loro reazioni. -Ve la sentite di farlo? È vero, avete ottenuto da poco il titolo di Ranger, ma avete pure dimostrato di esserne degni-
I ragazzi si guardarono ed annuirono più o meno all’unisono: avrebbero fatto di tutto pur di rendersi utili.
Il professore rilassò i muscoli in modo impercettibile. -Vi ringrazio. In questo caso, dovreste partire il prima possibile-
-Noi siamo pronti- assicurò Candice, che si fece portavoce di ciò che in quel momento pensava ognuno di loro.
-Allora vi aspetto domani pomeriggio, subito dopo pranzo, nella sala al piano terra della Federazione, così avrete un minimo di tempo per riposarvi. Decidete voi come dividervi nei vari gruppi: per coloro che andranno al Castello di Almia, sappiate che vi verrà affiancato un Ranger esperto del luogo. Mi raccomando, siate puntuali!- disse, congedando in maniera definitiva i presenti.
A quel punto Christopher, che all’inizio si era distaccato un po’, si scostò dal muro a cui si era appoggiato e uscì per primo, indicando a coloro che non erano pratici del posto quali erano le camere, che vennero presto raggiunte da degli esausti neo-diplomati, i quali erano in piedi dal mattino.
 
***
 
-Preoccupata di arrivare in ritardo come tuo solito, sorellina?-
 
Luna sobbalzò e fulminò il fratello, avvicinatosi di soppiatto. -Sono preoccupata del fatto che tu arrivi in ritardo, semmai-
Lui mise il broncio. -Io sono sempre puntuale-
-E invece no-
-Invece sì-
-No-
-Sì-
Si fissarono per qualche secondo negli occhi, serissimi, e poi scoppiarono a ridere, come accadeva ogni volta.
-Ehi Leo, ti ricordi quando ti ho detto che tutto questo mi sembrava incredibile?-
Si appoggiò alla parete, accanto a lei. -Ovvio-
-Ecco, a questo punto credo che mi ci dovrò abituare presto, perché stanno succedendo una marea di cose e rischio di non riuscire a starci dietro-
-Hai ragione...- Stava per aggiungere altro, ma si interruppe come se avesse avuto un pensiero spiacevole.
-Ti è venuto in mente Mikio?-
-Come hai fatto ad indovinare?-
Lei scrollò le spalle. -Fortuna, intuito, il conoscerti da una vita...oppure il fatto che nemmeno io mi fido troppo di lui-
-Già...ho un brutto presentimento-
-Inoltre, hai visto lo sguardo del professore, prima?-
-Sì, non era per niente rassicurante-
-Mi fa piacere sapere di non essere l’unico ad averlo notato, stavo iniziando a credere di essermi sbagliato!- s’intromise una terza voce.
-Koito!- esclamarono in coro. Erano talmente immersi nella conversazione che non si erano accorti di lui.
-Proprio io-
-Da quanto sei qui...-
-...esattamente?-
Avevano la capacità di essere inquietanti, quando si finivano le frasi a vicenda, quindi molto spesso: il ragazzo dagli occhi scuri ne era convinto sin da quando li aveva visti per la prima volta in assoluto.
-In realtà da poco, diciamo che ho avuto la vostra stessa idea e, trovandomi qui, ho sentito il discorso su Mister Arcobaleno-
-Mister...-
-...Arcobaleno?-
-È stato Zero a dargli questo soprannome-
Leo finse di rifletterci un attimo e disse, annuendo in modo vigoroso: -Approvo. Mi domando quanto tempo ci metta a farsi la tinta, quel tipo-
-Troppo- rispose la sorella.
-Comunque...- riprese Koito -Sapete già in che gruppo andare domani?-
I due scossero la testa.
-In questo caso, vi faccio una proposta: dato che non ci fidiamo di Mikio, potremmo andare ognuno in un gruppo diverso, cosicché ovunque lui decida di recarsi ci sarà almeno uno di noi a sorvegliarlo-
I gemelli si scambiarono uno sguardo.
-È una buona idea-
-Proposta accettata-
-Perfetto allora! Se volete, mi offro volontario per andare al Castello di Almia-
-Sei sicuro? Lì si gela!- esclamò Leo.
-Lo so, ma dopotutto...- Scrollò le spalle. -Quel posto mi incuriosisce-
-Se lo dici tu...io invece potrei andare all’Altopiano Cromano- propose Luna -A quanto pare le Rovine sono molto interessanti-
-Quindi, a me resta la Foresta di Vien, ho capito. Non vedo l’ora!-
 
***
 
Il professor Frenesio camminava avanti e indietro lungo il laboratorio. Quel nome...Mikio Kuro...gli suonava familiare, ma non sapeva il perché o, comunque, non se lo riusciva a ricordare in nessun modo. Che all’Accademia fosse uno studente particolarmente brillante? L’unica cosa di cui era sicuro al cento per cento era che quel Ranger...
Quel Ranger non aveva mai messo piede alla Federazione.
 
***
 
Una ragazza giovanissima aspettava fuori, all’aria aperta, e pareva assorta nei suoi pensieri: era snella, aveva un’altezza nella media e la carnagione olivastra, i suoi capelli corti e sbarazzini erano castano chiaro e gli occhi color nocciola; indossava un’uniforme simile a quella di Furio, con le maniche della giacca e con i pantaloni più lunghi. Intanto, uno Snover esplorava curioso l’ambiente circostante, senza fermarsi un attimo.
Quando il gruppo di Ranger uscì, per incontrarsi con il professore come stabilito il giorno precedente, lei si girò e li accolse con un sorriso, mentre il Pokémon gli zampettò vicino e iniziò a fare amicizia con gli altri.
-Salve a tutti!- salutò la ragazza -È un vero piacere conoscervi, mi chiamo Midori Shizen! Lui, invece, è Snover, il mio partner. Vi stavamo aspettando-
-Ci stavate...aspettando?- domandò Lidia, dubbiosa. In quegli ultimi giorni continuavano ad imbattersi in gente sconosciuta che li attendeva per chissà quale motivo, senza che loro sapessero niente.
 
-Oh, bene, vedo che avete conosciuto la nostra Midori!- esclamò l’inconfondibile voce di Frenesio, attirando subito l’attenzione.
-Ci stavamo giusto presentando- disse la sopracitata.
-Sì, sì- Fece un cenno affrettato con la mano. -Comunque, lei è la persona di cui vi ho accennato ieri: accompagnerà coloro che si recheranno al Castello di Almia-
-Già. Consiglio vivamente degli abiti pesanti-
-In ogni caso, ovunque andrete, dovrete innanzitutto chiedere agli eventuali abitanti della zona se qualche mese fa si è verificato qualcosa di anomalo e, in seguito, controllare se i Pokémon di quell’area sono agitati, spaventati o hanno un comportamento strano. Tutto chiaro? Ci sono domande?-
Koito si fece avanti. -Quanto tempo abbiamo a disposizione?-
-Beh, direi...fino a dopodomani sera-
-In sintesi, è meglio se cominciamo ad incamminarci a passo svelto, perché si sta facendo tardi. Quali sono i gruppi, li avete decisi?- intervenì Midori.
Ci furono dei segni d’assenso qua e là, qualcuno particolarmente convinto, qualcun’altro un po’ meno. Fatto sta che si divisero in tre insiemi: Rita, Zero e Koito per il Castello di Almia; Amber, Nara, Lidia e Leo per la Foresta di Vien; Luna, Candice e Tsukiko per l’Altopiano Cromano. Mikio si aggiunse a quest’ultimo.
-Ottimo! Fra qualche minuto, allora, partiamo. Voi che venite con me...approfittatene per prendervi almeno un giubbotto- disse la giovane Ranger, squadrando con occhio critico quelle divise fin troppo leggere per i suoi gusti.
 
***
 
Koito e i gemelli si erano separati dalla scalinata che conduceva alla Federazione con uno sguardo d’intesa.
Arrivati in prossimità dei Giardini Altru, Leo aveva affiancato la sorella con Turtwig al seguito, dato che a Portena si sarebbero dovuti salutare.
 
-Ehi, Lu...-
-Lo so-
-Eh?-
-So cosa vuoi dirmi-
-Cosa, io?!- Fece un gesto scomposto con le mani, come se si sentisse colpevole. -Io non volevo dire proprio un bel niente-
-Mi vuoi dire di stare attenta e di non fare niente di stupido, giusto?- replicò lei, calmissima, come se avesse dovuto ascoltare quel discorso un miliardo di volte.
Lui ripristinò la faccia seria. -Quello sempre-
-Non ti preoccupare, starò all’erta-
-Io ho il diritto di preoccuparmi, sono tuo fratello maggiore!-
-Di dodici ore- aggiunse, con un lieve colpo di tosse.
-Sono comunque il più grande-
-Certo- Luna roteò gli occhi, mentre il gemello esibì una magnifica espressione corrucciata. La buffa scena ebbe l’effetto di far ridere entrambi.
-Però, a parte gli scherzi...- riprese -Mi raccomando, fai attenzione- Avrebbe preferito di gran lunga esserci lui, al suo posto, tuttavia non si poteva tornare indietro. Non che non si fidasse di lei, figuriamoci, ma loro due non erano mai stati divisi e saperla da sola, non raggiungibile, lo impensieriva da impazzire.
-Sì, anche tu-
-E...-
-Sì, sì e sì. Ora andate, siamo arrivati a Portena. Ci ritroviamo alla Federazione, come da programmato-
-D’accordo...- acconsentì, sconfitto. Poi, però, un’idea gli balenò in mente -Lu! Turtwig può venire con te!-
Era una debole speranza, che, come si poteva immaginare, venne sgonfiata dalla sorella con un’unica sillaba. -No- rispose, ferma nella sua decisione -Turtwig- Si rivolse direttamente al fedele amico. -Per favore, stai accanto a Leo, ok?- Quella frase nascondeva mille significati diversi. L’intelligente Pokémon la fissò e annuì, cogliendoli dal primo all’ultimo. Il fratello non ebbe nemmeno il tempo di ribattere. O almeno, forse ce l’avrebbe avuto, ma i compagni, impazienti, li stavano chiamando: era arrivato il temuto momento.
Turtwig saltò sulla testa del ragazzo, pronto a iniziare una nuova avventura con lui, come suo ufficiale partner.
I gemelli, ancora un po’ titubanti, si scrutarono e si scambiarono un abbraccio, separandosi poi. Leo, a metà strada, si arrestò di colpo e si voltò.
-Luna!- gridò, attirando la sua attenzione e facendola girare a sua volta -Promettimelo! Promettimi che andrà tutto bene!- Non gli importava se altri lo sentivano. “Promettimi che tornerai da me!” avrebbe voluto urlare.
Lei sorrise, sorpresa. -Te lo prometto!-
 
Detto questo, i due interruppero definitivamente il contatto visivo e corsero dai rispettivi gruppi, che li stavano aspettando.
Nessuno dei due sapeva che quel giuramento non sarebbe stato mantenuto, che sarebbe stato infranto.
 
 
Spazio dell’autrice
E con questa felice anticipazione si conclude il capitolo! Allora, che ne pensate? Cosa immaginate succederà? Fra coloro che non si fidano di Mikio, ci sono pure tre dei nostri eroi! Fidarsi o non fidarsi? Questo è il dilemma!
Comunque, ci tenevo a precisare che Christopher non è un mio OC e ringrazio molto la persona che mi ha fornito la sua scheda: sarà un personaggio secondario, ma in futuro spunterà di nuovo fuori. Midori, al contrario, è un personaggio di mia proprietà.
Insomma, attendo le vostre impressioni!
A presto e grazie!

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Capitolo 22
*** Castello di Almia ***


 
 
 
Castello di Almia
 
Il gruppo formato da Midori, Rita, Zero e Koito, tutti con delle uniformi più pesanti per ovvie ragioni, avevano salutato gli altri e raggiunto la sponda del fiume Onir, che bisognava attraversare per accedere alla Grotta Stalagmite.
 
-Allora, ragazzi, il piano è questo: oltrepassiamo il fiume, arriviamo nella grotta, poi alla Valle di Crio e infine al Campo Sottozero, dove ci fermeremo per la notte...se non congeliamo prima, quindi ci conviene muoverci. Ci sono domande? La strada, comunque, dovreste conoscerla- disse Midori, come se fosse normale amministrazione. Forse aveva passato troppo tempo col professor Frenesio, perché gli somigliava in modo inquietante.
In quel momento, comunque, l’unico quesito che i giovani si ponevano era: come caspita facciamo a non morire assiderati? Temevano, però, che lei gli avrebbe risposto con un’alzata di spalle, come a dire: non lo so, ci pensavate prima.
-Niente domande? Va bene. Per attraversare il fiume dobbiamo catturare dei Floatzel, perciò...- indicò il corso d’acqua con la mano destra -...prego-
I tre si scambiarono uno sguardo e Rita, appena avvistò un esemplare del Pokémon in questione, scattò, facendo schizzare fuori il Disco, subito imitata dai compagni. In men che non si dica, catturarono tre creature marine, benché queste attaccassero con mosse molto potenti ed avessero grandi abilità.
-Perfetto- disse Midori, con un tono che esprimeva un particolare apprezzamento, anche se cercava di non farlo trasparire troppo per chissà quale motivo -E ora tutti in groppa!- Quando lo esclamò, prese lo slancio e atterrò sul dorso del Floatzel, che evidentemente aveva preso mentre gli altri erano impegnati.
 
Risalire la corrente del fiumi in stile salmone fu un po’ come fare un giro sulle montagne russe, di quelli che ti fanno arrivare l’adrenalina ed il terrore puro al massimo ma che poi vorresti ripetere all’infinito da quanto sono divertenti, la stessa identica cosa. Fra corrente avversa, salti e spruzzi, arrivarono nei pressi della Grotta Stalagmite e, in seguito, salutarono i Pokémon che li avevano accompagnati.
 
-Ok, bene- Midori stava guardando l’entrata della caverna. -Chiudete le vostre giacche e preparatevi a catturare un Pokémon di tipo fuoco, se lo vedete. Potremmo avere bisogno del suo aiuto, nel caso qualcuno abbia di nuovo avuto la simpatica idea di ostruire l’uscita con un blocco di ghiaccio...- Date queste indicazioni entrò e al resto del gruppo non restò altra scelta che seguirla nella grotta umida.
 
***
 
Rita si avvicinò un po’ a quella ragazza tanto riservata e si azzardò a farle una domanda: -Midori, tu fai spesso questo tragitto?-
L’interessata si girò verso di lei con uno sguardo interrogativo. -Sì, fa parte del mio lavoro. Perché?-
-Ero curiosa. Senza contare che il professore ti aveva descritta come una Ranger molto esperta del luogo-
-Beh, ci credo, fare continuamente avanti e indietro tra la Federazione ed il Campo Sottozero aiuta a conoscere la strada-
-Ma quindi tu lavori lì?- s’intromise Zero, che aveva ascoltato la conversazione e si era interessato a sua volta.
-Più o meno...non sono una ricercatrice, tuttavia ho passato molto tempo con uno studioso della Federazione che mi ha insegnato un paio di cose e adesso svolgo parecchi incarichi per gli scienziati del campo, riportando poi i risultati delle ricerche al professor Frenesio. È per questo che sono sempre in giro- spiegò.
-E hai conosciuto Snover grazie ad uno di questi incarichi?- chiese Koito, osservando il Pokémon citato che faceva amicizia con Shieldon.
-Esatto- rispose la giovane, sorridendo al pensiero -Il ricercatore di cui vi ho accennato si chiama Erberto. Al momento non so nemmeno io dove sia, però quando si trovava al Campo Sottozero io ero lì con lui e, dato che studia i tipi erba sotto richiesta di Frenesio, ho incontrato Snover. Il resto, come si suol dire, è storia-
Rita notò che, parlando del partner, si era aperta un po’ con loro e non poté che esserne felice. Stava per aggiungere qualcosa, ma venne interrotta.
 
-Ehi, quella non è l’uscita della grotta?- esclamò Zero all’improvviso, indicando un varco oltre il quale si scorgeva una distesa bianca.
-Sì, per fortuna non è bloccata, perché il Pokémon di tipo fuoco non l’abbiamo visto nemmeno per sbaglio- disse Midori -Siete pronti ad ammirare lo spettacolo mozzafiato che offre una valle innevata?-
 
***
 
Risposta: sì, in foto. O, al massimo, da dietro la finestra di una baita, con una coperta sulle spalle ed una tazza di cioccolata calda in mano. Era questo che pensava Zero, mentre attraversava il passaggio che conduceva all’esterno, con il vento polare che gli sferzava la faccia, i fiocchi di neve che non gli facevano vedere da un palmo dal naso ed i piedi che sprofondavano un po’ ad ogni suo passo. Aveva iniziato ad avere i brividi di freddo da quando era nella caverna e si sentiva l’aria gelida provenire da fuori, nonostante si fosse provvisto di uniforme pesante. Non aveva ancora capito perché caspita aveva deciso di andare proprio lì e non, per esempio, nella Foresta di Vien. Sul serio, chi gliel’aveva fatto fare? La colpa era solo sua e della sua stramaledetta voglia di avventura. Al contrario di lui, i suoi compagni sembravano non soffrire troppo le basse temperature, beati loro.
 
Continuò ad avanzare lento e imperterrito finché Koito non lo affiancò e gli disse, divertito: -Zero, non è fissando la neve che la farai sciogliere-
In effetti, se gli sguardi infuocati avessero potuto far squagliare il ghiaccio, quella distesa bianca sarebbe diventata un prato verde. -Detto in questo modo pare il proverbio di un saggio, ma dubito che sia il caso-
Piccola nota: quando Zero diventava serio, quindi in rare occasioni, era capace di smontare qualsivoglia battuta.
-Amico, posso farti una domanda?-
-No, non puoi- Non si capiva se stesse scherzando o meno.
-Perché sei venuto proprio qui e non da un’altra parte?-
-Non ricordarmelo, per favore- Se l’era già chiesto da solo. Più volte.
Koito ridacchiò da sotto i baffi. Zero avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma venne interrotto dalla voce squillante di Midori.
-Ehi, siamo arrivati!- Lei non sembrava per niente turbata dal fatto che ci fosse un freddo mortale, anzi, ci mancava poco che si arrotolasse le maniche per il caldo: ormai doveva aver sviluppato un’incredibile resistenza. Comunque, appena svoltarono a destra i giovani si trovarono davanti il Campo Sottozero, che gli si presentò come un villaggio spoglio e deserto, dove le abitazioni somigliavano a dei piccoli igloo. La ragazza si diresse con sicurezza verso quello che era una Stazione Ranger coperta di neve e non rimase altro da fare che seguirla.
 
-Buongiorno!- salutò Midori, entrando dalla porta.
Dentro il piccolo edificio, dove si stava decisamente meglio grazie all’aria condizionata, c’era solo un’Operatrice, che, impegnata al computer, all’inizio non si era accorta del gruppo che aveva fatto il suo ingresso. -Oh, buongiorno a voi!- esclamò, alzando gli occhi dallo schermo e notando gli appena arrivati -Già di ritorno? Avete fatto piuttosto in fretta: Pawil sarà qui fra poco, perciò intanto accomodatevi-
I quattro annuirono e si allontanarono dall’uscio, da cui giungevano spifferi d’aria gelida. Zero fu felicissimo di aver raggiunto un luogo accogliente in mezzo a quella landa gelata: dal suo punto di vista era paragonabile ad un’oasi in un deserto.
Quando il padre di Willy giunse alla Stazione, fu felicemente sorpreso di trovare Midori e il resto del gruppo ad attenderlo. -Ragazzi, ciao! Scusate il ritardo, siete qui da molto?- disse, iniziando a memorizzare le facce nuove.
-No, giusto da qualche minuto- rispose Midori.
-Meno male- Si fermò un attimo, per ricordare cosa aveva intenzione di dire, poi venne colpito da un pensiero. -Ah, ma io non mi sono ancora presentato!- Si rivolse ai neo-diplomati. -Io mi chiamo Pawil e guido il team di ricerca del Campo. Frenesio mi aveva informato del fatto che sareste venuti-
-Piacere di conoscerla- dissero loro in coro, presentandosi in seguito.
-A questo proposito, domani dovremmo recarci al Castello di Almia e tornare alla Federazione...ci sono novità riguardo alle ricerche?- chiese Midori.
-Per adesso no, se ci saranno verrai contattata subito-
-Perfetto-
-Comunque, sarete stanchi. Sapevamo che sareste arrivati e che sareste rimasti per la notte, quindi potete alloggiare qui alla Stazione-
-Sì, graz...-
 
-Signor Pawil!- Gli ex-studenti non fecero in tempo a terminare la frase che un ricercatore agitato spalancò la porta dell’edificio e corse dentro. -Signor Pawil, scusi, c’è un problema con dei Pokémon, là fuori-
-Eh? Che genere di problema?- domandò, un po’ interdetto -Riprendi fiato e cerca innanzitutto di raccontarmelo con calma-
-Ah, ecco...- Aveva ancora il respiro affannato. -A quanto pare, un Piplup ha istigato un Houndoom, che è diventato aggressivo ha iniziato ad inseguirlo per i campi innevati della valle. Non volevo che la situazione peggiorasse e quindi sono venuto qui, pensando che qualcuno di voi avrebbe potuto salvare quel Piplup-
-Hai pensato bene- s’intromise Midori, proponendosi per l’incarico -Se non avete nulla in contrario, posso andare io ad aiutarlo-
-Da sola?- Il padre di Willy era dubbioso: sapeva che era una Ranger in gamba nonostante la giovane età, preparata a fronteggiare mille pericoli al giorno, ma si preoccupava sempre per lei e aveva paura che quel compito non fosse così facile.
-Beh, uhm, non necessariamente. Uno di voi vuole venire con me?- Si era rivolta ai membri del suo gruppo, che si scambiarono uno sguardo.
-Se posso, io- Rita aveva alzato insicura la mano.
-Fantastico, certo. Ora siamo in due, Pawil-
-In questo caso...andate-
Le due non se lo fecero ripetere due volte e corsero fuori.
 
***
 
Rita non sapeva con esattezza perché si era offerta volontaria per l’incarico. Semplicemente, a quella domanda la sua mano era scattata in aria da sola, senza che lei potesse fermarla in alcun modo. Inoltre, l’altra ragazza le stava simpatica e, dopo la loro precedente conversazione, voleva conoscerla meglio. All’improvviso, però, le venne spontaneo porsi una questione importante: -Scusa...noi dove ci stiamo dirigendo, di preciso?-
-Eh?- Midori, in testa, si girò verso di lei, continuando a correre. -Come sarebbe a dire? Verso la Valle di Crio, no?-
Rita la affiancò, per facilitarle le cose. -Sì, ma in che punto?-
-Aaah...se devo essere sincera non lo so nemmeno io, perché i Pokémon, durante il tempo in cui abbiamo parlato, si sono spostati, tuttavia il bacino non è esteso come si crede: se lo si conosce, è addirittura piccolo-
-Sei sicura?- C’era una nota di incredulità nella sua voce.
-Ovvio. Comunque siamo arrivate e...guarda là, ci sono delle orme- indicò delle tracce fresche sulla neve e sorrise trionfante -Sembrano familiari, no?-
-Seguiamole-
 
Dopo pochi minuti, si cominciarono a udire versi e urla e le due, sicure di essere nel posto giusto, affrettarono il passo in direzione di quei suoni. Quando raggiunsero il luogo, le creature, che per fortuna non erano aumentate di numero, si stavano inseguendo attorno ad un albero, o meglio: Piplup stava scappando e Houndoom lo stava tallonando. Erano entrambi talmente concentrati che non si accorsero delle ragazze.
 
-Ok, allora, questo è il piano- disse Midori, prendendo in mano la situazione senza mai togliere gli occhi dalla scena -Tu chiami Piplup per nome e lo fai venire da te, da questa parte, mentre io catturo Houndoom. Se Piplup sarà ancora spaventato, cosa molto probabile, dovrai trasmettergli i tuoi sentimenti di amicizia. Chiaro?-
-Chiarissimo, però puoi fronteggiare Houndoom da sola?- Quella domanda le era uscita in automatico e soltanto dopo averla posta si rese conto, imbarazzandosi, del suo imperdonabile errore. -C-cioè, ovvio che lo puoi fare, quello che intendevo era...-
-Ehi, tranquilla, ti ringrazio per la preoccupazione, ma io non sono affatto sola: con me c’è sempre Snover- Il Pokémon menzionato strizzò le palpebre come per fare un sorriso. -Inoltre, adesso ci sei anche tu-
-Cosa?-
-Hai capito bene. Ora, chiama Piplup-
Rita la fissò per una manciata di secondi, con troppi pensieri in testa, poi si scosse e annuì con una nuova luce di determinazione negli occhi.
Inspirò profondamente per riempirsi i polmoni di aria, e, con tutto il fiato che aveva in corpo, gridò il nome della creatura acquatica, sovrastando gli altri rumori. L’interpellato volse lo sguardo impaurito verso la fonte del richiamo e, manco si fossero messi d’accordo, si precipitò verso di lei, che a sua volta si scansò dalla traiettoria per non essere centrata in pieno. Houndoom dovette frenare in brusca maniera con le zampe anteriori per non sbattere la faccia sull’albero, ma prima che potesse riprendere l’inseguimento si ritrovò Midori davanti a sbarrargli la strada, lo Styler puntato su di lui.
 
Rita, intanto, non aveva perso tempo prezioso e aveva approfittato dell’attimo di stordimento di Piplup, che era inciampato e caduto sulla neve, per far schizzare fuori il Disco, essendo necessario calmare il Pokémon. La creatura acquatica, ripresasi dalla botta, si rialzò come se nulla fosse e, avvistato il dischetto, lo attaccò con delle rapide beccate, che la ragazza fu capace di evitare solo in parte. Dopodiché, la giovane cominciò a tracciare degli anelli sempre più veloci attorno al bersaglio, riprendendo con testardaggine ogni volta che la Linea veniva spezzata dai raggi di bolle del Pokémon, che intaccavano poco a poco l’energia dello Styler. Alla fine, la neo-diplomata riuscì nell’impresa senza subire danni eccessivi e, trasmettendo i suoi sentimenti d’amicizia a Piplup, lo catturò, tranquillizzandolo di conseguenza. Riprese a respirare, dato che aveva trattenuto il fiato fino a quel momento, e in seguito il suo sguardo e le sue preoccupazioni andarono alla compagna di avventure, ancora impegnata nella sua personale lotta, che doveva spostarsi in continuazione per schivare le fiamme tossiche di Houndoom.
Rita, a quel punto, si ricordò della frase della Ranger: “Adesso ci sei anche tu” le aveva detto. All’inizio era rimasta disorientata e non aveva sicura di aver capito così bene le sue parole, ma in quel momento le pareva che ogni tassello del puzzle fosse andato al suo posto: c’era anche lei, il che significava che poteva dare una mano e, magari, fare la differenza. Realizzato ciò, scattò verso il punto in cui l’altra stava combattendo e fece di nuovo schizzare fuori il Disco, seguita a ruota da quello che era divenuto un suo amico.
 
-Rita!- gridò Midori prima che si avvicinasse ancora, facendola arrestare sul posto -Mi raccomando, qualunque cosa succeda, non farti sfiorare dalle fiamme che sputa dalla bocca ed evitale ad ogni costo!-
-Sì!-
Detto questo, unirono le loro Linee e, dopo minuti che sembrarono infiniti, furono capaci di catturare quel Pokémon talmente astuto e intelligente, al prezzo di molti danni ai rispettivi Styler, alla cui energia mancava davvero un soffio per esaurirsi. Le due esultarono e si batterono un cinque: avevano completato l’incarico.
 
-Ti ringrazio- disse all’improvviso la ragazza dalla pelle olivastra, con un sorriso sincero ad illuminarle il viso.
-E per cosa?- chiese l’altra, un po’ in imbarazzo.
-Per l’aiuto. Grazie-
-Aaah, beh, non c’è di che...insomma, non che abbia fatto poi molto, te la saresti cavata lo stesso benissimo-
-Chi lo sa- Si strinse nelle spalle. -Questo non posso affermarlo con certezza. In ogni caso, adesso abbiamo un ultimo compito ad attenderci-
-Uhm...tornare alla Stazione e dormire?-
A Midori venne da ridere ed il suo perenne controllo andò a farsi benedire. -Pure quello, ma dopo. Adesso...-
Al posto di terminare la frase con le parole, decise di terminarla con i fatti. Si girò verso il Pokémon, poi lo liberò con la raccomandazione di non comportarsi più in modo così violento, o almeno di fare uno sforzo, alla quale la creatura replicò con un latrato scocciato di assenso, andandosene in seguito.
Rita pensò di dover fare la stessa cosa e si voltò in direzione di Piplup, che appena si accorse di essere scrutato la guardò a sua volta, attendendo una sua mossa. Purtroppo lei era titubante: non voleva lasciare un amico conosciuto da poco e ci impiegò del tempo per convincersi a sollevare lo Styler per liberarlo. Quando l’ebbe fatto, però, il Pokémon non reagì come il suo simile, anzi: si accigliò e fissò malissimo la ragazza, con lo stupore di quest’ultima, quasi come se si sentisse tradito. Si avvicinò a lei col suo passo goffo e la fissò.
-Credo...- iniziò Midori, che aveva assistito all’intera scena -Ecco, credo proprio che tu gli piaccia, ma che non voglia dirtelo-
-Davvero?- domandò una Rita stupefatta all’interessato, che ribatté gonfiando il petto e distogliendo gli occhi.
-È troppo orgoglioso per ammetterlo-
-Piplup...questo significa forse...?-
Per tutta risposta, il Pokémon fece cenno di andare con la testa.
-Dai, facciamo come suggerisce lui...dobbiamo tornare alla Stazione per festeggiare il completamento dell’incarico e il tuo nuovo compagno- Detto questo, cominciò ad incamminarsi con Snover al seguito.
Rita e Piplup si scambiarono uno sguardo e lei sorrise, un po’ commossa. Poi alzò il pugno al cielo ed esclamò: -Andiamo!-
 
***
 
Pawil, il ricercatore e i due ragazzi avevano aspettato le giovani Ranger alla Stazione durante tutto il tempo in cui erano state via e, nel momento in cui erano rientrate, gli avevano fatto subito almeno un milione di domande riguardanti l’incarico. Zero e Koito, appena avevano scoperto del nuovo legame di amicizia che si era formato fra Piplup e Rita, si erano congratulati con lei e avevano accolto il Pokémon nel gruppo numeroso. Dopodiché, i quattro, sette se si contano anche i partner, avevano salutato gli adulti e si erano recati nelle stanze che erano state riservate per loro, dove si erano goduti il meritato riposo.
 
***
 
Il giorno successivo, i ragazzi si erano fatti trovare pronti alla Stazione di prima mattina, perché sapevano alla perfezione che dovevano rientrare alla Federazione in serata e ogni minuto, di conseguenza, era prezioso, perché con tutti i viaggi che avrebbero dovuto fare non avrebbero quasi avuto il tempo di fermarsi un attimo a respirare.
 
-Bene- cominciò Midori -A partire da adesso le cose dovrebbero essere piuttosto facili, salvo imprevisti, dato che dobbiamo solo andare al Castello a controllare la situazione, ma fra andare e tornare ci metteremo un po’-
-Quel dovrebbero non mi piace, alla fine succede sempre qualcosa di inaspettato che rende tutto più difficile-
-Zero, è meglio non dirlo, che poi porta male e noi abbiamo già poca fortuna- intervenne Koito, scuotendo sconsolato la testa.
-Molto poca- convenne Rita.
-Ho capito, ho capito, potete pure smetterla di ripeterlo, lo so- si arrese il primo.
Midori si lasciò sfuggire un sorriso davanti a quella scena, ma non doveva dimenticare l’obiettivo e per questo si impose di tornare seria. -Forza, ora dobbiamo proprio andare, altrimenti si farà troppo tardi-
I tre annuirono e la seguirono fuori dalla Stazione.
 
Procedettero a passo piuttosto spedito verso il Lago Ghiacciato attraverso la Valle di Crio, percorso che collegava le due aree, e, raggiunta la sponda del grande specchio d’acqua, si fermarono per catturare degli Empoleon, gli unici Pokémon capaci di aiutarli ad attraversare il lago, pieno di iceberg, correnti e mulinelli.
 
-Wow...- commentò Rita con un sospiro che generò una nuvoletta di vapore, le guance leggermente arrossate per il freddo.
-E non hai ancora visto niente- le assicurò Midori, che chissà quante volte si era recata in quei luoghi per i suoi incarichi -Tutti in groppa!-
 
Per la seconda volta in due giorni, che non sarebbe stata di certo l’ultima, i ragazzi si ritrovarono sul dorso di una creatura acquatica e ripeterono l’emozionante esperienza del pomeriggio precedente, sfruttando le correnti e prendendo lo slancio per distruggere i vari iceberg sulla strada. Insomma, meglio di un parco divertimenti. Arrivati sulla sponda opposta, ringraziarono gli Empoleon per l’aiuto e li salutarono, per poi volgere lo sguardo all’antico castello coperto di ghiaccio che dominava l’area.
 
-Avevi ragione, Midori, è...è...indescrivibile-
-Sì, immagino sia questo il termine adatto. Vi va di vedere l’interno?-
 
***
 
Il Castello di Almia si poteva definire solo con una parola: maestoso. Tutte le altre erano pressoché superflue. Il colore azzurro regnava sovrano. Ogni cosa, lì dentro, emanava un potere antico, cristallizzato, che trascendeva il tempo e lo spazio, anche se il mobilio presente trasmetteva un triste senso di abbandono.
 
Dopo un po’ che camminavano e che nei corridoi si udiva solo il rumore dei loro passi che rimbombavano nel silenzio, Koito si decise a fare la domanda a cui pensava da quando erano entrati: -Dove stiamo andando di preciso?-
-Verso la zona più interna del castello, che secondo le leggende nasconde un prezioso tesoro- rispose Midori.
-Ah, ho capito, così almeno evitiamo di battere a tappeto tutta la struttura e andiamo dritti al punto più importante-
-Esatto-
-Tu sei venuta spesso qui?- chiese Rita, curiosa.
-Beh, sì, varie volte per degli incarichi o missioni, essendo dell’area- Non pareva abituata a parlare di sé. -Comunque, a proposito di quello di cui stavamo parlando prima, siamo arrivati: questo è l’ingresso-
Davanti a loro si trovava una porta imponente ricoperta di ghiaccio, formatosi con molte probabilità durante gli anni di abbandono.
-Ok...- Zero corrugò la fronte. -Come facciamo ad entrare?-
La risposta era sempre la stessa.
-Con l’aiuto di un Pokémon- Midori si stava già guardando intorno per scovarne uno. -Come per esempio quel Ninetales- disse indicandolo.
-Perfetto-
Zero stava per far scattare il Disco, ma la Ranger lo frenò prima che potesse farlo. -Aspetta un attimo- Poi si rivolse anche agli altri. -Non toccategli le code, chiaro? Risulta molto vendicativo quando succede-
Detto questo, ebbe inizio la cattura, nella quale si impegnarono tutti al massimo. Il Pokémon possedeva un’intelligenza e una potenza fuori dal comune, ma alla fine i giovani ebbero la meglio, seppur con qualche danno.
A quel punto, chiesero gentilmente alla creatura di fuoco di sciogliere il ghiaccio con le sue fiamme intense e riuscirono, in quattro, ad aprire la porta. Benché l’avessero ringraziato per l’aiuto, però, il Pokémon era rimasto fermo immobile e fissava la soglia, non azzardandosi a fare un passo avanti per oltrepassarla.
-Ninetales...?-
L’interessato spostò lo sguardo magnetico su di loro e cercò di comunicargli qualcosa attraverso di esso.
-Ninetales, cosa stai tentando di dirci? Questa stanza...è accaduto qualcosa, ho indovinato?- domandò Midori. In effetti, nella sala non si vedeva anima né viva né morta, quasi ci fosse una specie di impedimento.
Il Pokémon, in grado di comprendere il linguaggio umano, annuì in modo quasi impercettibile e creò l’illusione di un ragazzo vestito in abiti regali per potergli parlare.
 
-Qualcuno di importante...è scomparso. Loro sono stati riuniti e lui, un tempo sigillato, è stato risvegliato tramite le tre chiavi. Questo non avrebbe dovuto verificarsi. Adesso...ci sono solo agitazione e paura...-
 
La figura, dopo aver proferito quelle parole in un sussurro, tremolò e si dissolse. I ragazzi avevano gli occhi sgranati e la gola secca. Erano increduli e confusi, senza contare che ci capivano meno di quando erano arrivati. Ninetales, fatto quel che doveva, mosse qualche passo per tornare indietro, ma non prima di rivolgere ai giovani un ultimo sguardo, carico di...speranza. Sperava che loro potessero fare qualcosa.
 
***
 
Koito era uscito dalla Stazione per prendere una boccata d’aria. Aveva bisogno proprio di quella gelida, affinché lo aiutasse a riordinare tutti i pensieri che gli turbinavano in testa a causa di ciò che aveva visto e sentito al Catello di Almia, dal quale erano appena tornati. Chi c’era in quella sala? Chi era stato risvegliato? Quel ragazzo era qualcuno esistito davvero? Se sì, chi era? Loro cosa avrebbero dovuto fare per aiutare? Forse trovare quel “qualcuno di importante”? Il freddo, però, non faceva che sferzargli e perforargli la pelle come tanti piccoli aghi sottili e stando fermo non si sentiva quasi più gli arti.
Stava considerando l’idea di tornare dentro, dato che entro pochi minuti si sarebbero dovuti rimettere in cammino per la Federazione, quando ricevette una chiamata inattesa sullo Styler. Corrugò la fronte, domandandosi chi fosse il mittente.
 
-Pronto?- Quando riconobbe la persona in questione, si rilassò. -È un piacere sentirti, posso fare qualcosa per te?-
-...-
 
 
Spazio dell’autrice
Bene! Nuovo capitolo, molte domande e nessuna risposta! Questa volta ci ho impiegato un po’ a finirlo, dato che non ho avuto il computer per molto tempo, ma spero davvero che l’attesa sia stata ripagata. Allora, vi è piaciuto? Che ne pensate? Vi va di provare a rispondere alle domande che si pone il caro Koito?
Detto questo, ringrazio tutti quelli che mi fanno sapere il loro parere e che continuano a seguire questa storia!
Alla prossima!

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Capitolo 23
*** Foresta di Vien ***


 
 
 
Foresta di Vien
 
Leo, seguito da Turtwig, aveva appena salutato Luna e raggiunto con uno scatto le compagne che lo aspettavano per andare insieme a Vien, dove si sarebbero dovuti fermare per la notte in attesa del giorno successivo in cui si sarebbero recati alla Foresta di Vien. In quel momento, però, lui si augurava soltanto di finire presto per poter tornare da sua sorella. Non che gli incarichi, le avventure e tutto il resto non gli piacessero, ma quella era la prima volta che si separavano e aveva paura che più tempo ci avesse impiegato, peggio sarebbe stato. Dopo quel giorno, d’altro canto, un pensiero del genere era più che legittimo...
 
-Ehi, cos’è quell’aria assorta?- gli chiese Lidia in modo scherzoso, sventolandogli una mano davanti alla faccia per risvegliarlo dalla trance in cui era caduto, cosa che in effetti ebbe un successo immediato.
-Eh? Che...ah, no, niente. Stavo solo...- Si mise le dita fra i capelli, incerto su come continuare. -Non importa- disse in un sospiro.
-Sicuro?- Il suo sguardo era dubbioso.
-Non era niente di che, davvero-
-Se lo dici tu...-
-A proposito, secondo te cosa dovremmo cercare di preciso nella foresta? Qui è tutto così tranquillo...-
-Ad essere sincera, non lo so-
-Forse dobbiamo andare in una zona più interna, più nascosta...- s’intromise Amber, esprimendo quello che con molte probabilità era un pensiero ad alta voce.
Leo si girò verso di lei. -È probabile- convenne.
-A proposito, siamo arrivati- disse a quel punto Nara, sovrappensiero, cambiando argomento e indicando la città che iniziava ad intravedersi.
 
La prima tappa del loro incarico era stata raggiunta. Forse, però, non sarebbe stato così facile con le rimanenti, dato che non avevano nemmeno bene in mente cosa fare dopo.
 
***
 
-Buongiorno- salutarono una volta entrati nel Centro, dove li stavano aspettando i membri della squadra.
-Ciao, ragazzi, bentornati!- li accolse Brando. Sembrava passato pochissimo tempo da quando l’avevano visto l’ultima volta -Frenesio si è fermato a darvi qualche informazione riguardo l’incarico oppure è stato troppo frettoloso come al solito?-
Anche solo guardando le loro facce la risposta era palese. -Beh, ci ha detto che avremmo dovuto recarci nella Foresta di Vien a controllare la situazione e...- iniziò Leo, fermandosi a metà della frase.
-...e basta- finì Lidia per lui, scrollando le spalle.
-Già, infatti non sappiamo se dobbiamo setacciare tutte le aree del bosco da cima a fondo oppure se dobbiamo cercare qualcosa in particolare- disse Nara.
-Ho capito, frettoloso come al solito- sintetizzò il leader del Centro -Allora, dovete sapere che, dopo i piccoli sismi di poco tempo fa, abbiamo cercato di capirci qualcosa di più e abbiamo scoperto che le scosse provenivano da un unico punto, che abbiamo identificato con una zona della foresta- Spostò un attimo l’attenzione sul suo Styler e gli inviò una mappa del luogo appena menzionato, evidenziato con un puntino rosso. -Pensiamo che potreste venire a conoscenza di qualcosa di molto interessante-
I ragazzi annuirono, ringraziandolo.
-Ora- continuò -Considerando che il programma prevede che voi svolgiate domani il vostro incarico, siete liberi per il resto del pomeriggio-
Ai giovani non pareva vero.
-Se vi fa piacere, però, potete rimanere con me a scrivere barzellette per il Corriere di Vien- provò a proporre Ilario senza successo, dato che i neo-diplomati, entusiasti a causa della bella notizia, erano già usciti.
-Mi dispiace, amico, resterei io ma ho una cosa urgente da fare- si scusò Darren, salutandolo con una pacca con la spalla e lasciando il povero Ranger da solo con il suo Roselia, che provava a tirarlo su di morale.
 
***
 
Lidia fu la prima ad uscire dal Centro, seguita a ruota dagli altri, anche perché aveva bene in mente come utilizzare il suo tempo libero.
 
-Bene, a questo punto io credo proprio che farò un salto al Villaggio Cicole, voi cosa avete intenzione di fare?- domandò ai compagni.
-Al Villaggio Cicole? Perché?- replicò Leo, curioso.
-Beh, ci abita la mia famiglia, volevo salutare e cose così - Scrollò le spalle. -Per caso vuoi venire? Se non sbaglio lì vivono pure i tuoi genitori, giusto?- propose.
Lui fece per chiedere alla sorella che ne pensava, ma si ricordò che lei non c’era e si fermò in tempo. -...uhm, va bene- accettò alla fine, di getto.
-Perfetto. Voi invece?- Lidia si rivolse alle due che non avevano ancora parlato e che avevano solo ascoltato la conversazione.
-Ad essere sincera non lo so, ci stavo riflettendo- disse Nara -Magari vado a farmi una passeggiata dalle parti della foresta, ecco-
-È una buona idea- convenne in quel momento Amber. Nonostante fosse parecchio insicura, si fece coraggio e terminò la frase -Se ti fa piacere, posso accompagnarti- In cuor suo sperava ardentemente in una risposta positiva, ma cercò di apparire tranquilla e senza preoccupazione alcuna.
-Certo- annuì la compagna, non cosciente del fatto che la ragazza dai capelli ambrati stava gioendo.
-Allora è deciso- riprese Lidia con un sorriso -Ci rivediamo questa sera al Centro-
-Sì, teniamoci in contatto per ogni eventualità- aggiunse Leo, che in seguito agli ultimi avvenimenti era diventato più prudente.
Dopodiché si diedero l’orario di ritrovo e si salutarono, prendendo poi ciascuna coppia direzioni opposte.
 
***
 
Leo e Lidia stavano camminando in direzione del Villaggio Cicole; il primo era di nuovo taciturno e perso nei suoi pensieri, mentre la seconda era dubbiosa e lo scrutava senza sapere se fosse meglio parlargli oppure no. Dopo essersi scambiata uno sguardo con Turtwig, evidentemente preoccupato perché conosceva la causa dei problemi dell’amico, quest’ultima si decise a spezzare quel fastidioso quanto assordante silenzio: -Senti, non è che per caso la stai prendendo troppo sul serio?-
-Eh?- Sempre reazioni molto intelligenti. Ogni volta che cadeva dalle nuvole, ci impiegava qualche secondo per ricordarsi cose basilari come chi era e dove si trovava. -Cosa starei prendendo troppo sul serio?-
-Aspetta, lascia che ci rifletta un attimo- Finse di ragionarci un po’ e poi di avere un’idea brillante. -Oh, sì, forse tutta questa la faccenda? O il fatto di essere da solo e non poter contare su tua sorella? È da quando vi siete salutati che hai quell’espressione, l’ho notato, sai? È abbastanza palese-
Lui arrossì, imbarazzato, e spostò lo sguardo da un’altra parte. -N-non c’è niente di strano- balbettò, non sapendo cosa dire.
-Invece credo proprio di sì...insomma, dai, secondo me la fai davvero troppo lunga. Stai tranquillo, su-
-È che...ecco, noi siamo sempre rimasti insieme-
-Sempre? Nel senso che non vi siete mai separati?- Questa proprio non se l’aspettava, era incredula.
-Già...ma non importa, hai ragione tu, devo stare tranquillo e pensare ad altro- Si sforzò di sorridere nella maniera più convincente possibile. In realtà, nel profondo, era ancora un po’ in ansia, però non aveva la minima intenzione di approfondire la questione. Non voleva essere obbligato a tirare fuori delle cose di cui non parlava nemmeno con Luna -Siamo arrivati- aggiunse, per cambiare definitivamente argomento. In effetti, comunque, avevano raggiunto la località verdeggiante.
-Ottimo. Quella lì vicino è casa mia- Gliela indicò -Passiamo prima da me e poi da te, ti va?- propose.
-Ah, ok- Lui scrollò le spalle. -Per me è uguale-
-In questo caso è perfetto, andiamo-
Cenno di assenso.
 
Lidia si diresse a passo sicuro verso l’abitazione, mentre Leo restava in disparte, e bussò alla porta, che venne aperta dalla sorella, la quale aveva un’aria un po’ stanca.
 
-Lidia?! Non eri impegnata in una qualche missione della massima importanza o cose del genere?- disse, sgranando gli occhi.
-Sorpresa!- esclamò la minore aprendo le braccia.
La maggiore sbatté un paio di volte le palpebre e fece un respiro profondo, alzando lo sguardo al cielo. -Bah, non so te ma qui abbiamo avuto già fin troppe sorprese...- Si mise una mano fra i capelli.
-In che senso...?-
Non fece in tempo ad aggiungere altro che due creature le saltarono addosso, facendola cadere a terra per la perdita di equilibrio, e iniziarono a saltellarle intorno per giocare. Per fortuna erano molto amichevoli.
-Nel senso che pochi giorni fa sono arrivate a casa queste due pesti senza preavviso e noi due ce ne siamo dovute occupare da sole. Come se non bastasse, la mamma è uscita per delle compere...- rispose la più grande. Le pesti, identificate come due Eevee, si misero a rincorrersi nell’erba e questo permise a Lidia di alzarsi.
-Da sole?- Inarcò un sopracciglio.
-Non che potessimo fare altrimenti, papà non c’è mai...- Lo disse con un’alzata di spalle, ma non riuscì a nascondere una velata tristezza.
-Non importa. Piuttosto...-
-Dimmi, non è che per caso vuoi portare con te questi adorabili Pokémon finché non trovi il luogo adatto per liberarli?- la interruppe, cercando di convincerla con uno sguardo pieno di speranza ad accettare.
Lidia sbuffò, alzando gli occhi al cielo. -Sono quasi tentata di risponderti di no, giusto perché mi hai preceduta- In parole povere, aveva detto di sì.
-Aaah, grazie! Ho sempre sostenuto che tu fossi la sorella minore migliore del mondo!- La più grande la stritolò in un abbraccio dall’euforia del momento, lasciandola parecchio stordita, e le diede qualche pacca affettuosa sulla testa.
-Aha, sempre sostenuto...-
-Infatti! Allora te li affido, eh? Mi raccomando, quando gli troverai una buona sistemazione chiamami, ciao!- la salutò, chiudendo la porta.
Leo, che aveva assistito a tutta la scena da lontano, scoppiò a ridere all’improvviso, vedendo l’espressione della compagna, ed ebbe l’impressione che un piccolo peso si fosse sollevato dal suo petto.
-Ehi, cosa c’è da ridere?!- Troppo buffa.
-Niente, niente...- Sì, si sentiva bene.
Lidia si mise una mano nei capelli, guardando le due creature di cui aveva la responsabilità giocare felici mentre si rotolavano per terra. Poi accese lo Styler e con pochi anelli gli trasmise i propri sentimenti di amicizia. -Perfetto- Parve accorgersi solo dopo di una cosa importante. -Ah, scusa, che sbadata! Ti sto facendo perdere tempo, passiamo da casa tua?-
-Stai tranquilla, tanto ci si impiega poco. Comunque sì, andiamo- Avrebbe fatto un saluto ai suoi genitori anche da parte di Luna.
 
***
 
Amber e Nara avevano quasi finito la passeggiata nella Foresta di Vien, ma non avevano parlato molto. Se in alcuni casi il silenzio è molto piacevole quello non era il caso, perché quel silenzio era particolarmente strano.
 
-Scusa...- La ragazza dai capelli ambrati prese la parola.
-Sì?-
-Posso farti una domanda?-
-Spara-
-È da prima che sembri sovrappensiero, per caso è qualcosa che riguarda la missione?- chiese, in modo indifferente. D’altronde, sarebbe stata una cosa logica.
-La missione? No, figurati, non è niente di importante-
-Ma per te lo è- Corrugò la fronte.
-No, dico sul serio, è solo...-
Fu in quel momento che sentì la sua voce.
La voce di Buneary.
Nara si immobilizzò paralizzata e si girò, sgranando poi gli occhi: era lo stesso di quella volta nella Strada dell’Accademia, non se ne capacitava. Insomma, com’era possibile? L’aveva seguita...perché? Che i sentimenti di amicizia nei suoi confronti fossero così forti? In effetti, quel giorno quando l’aveva catturato non se n’era andato come i suoi simili, era rimasto; sul momento non ci aveva pensato come invece avrebbe dovuto.
Il Pokémon, che continuava a fissarla, emise un flebile verso ed Amber, che si sentiva un po’ un’intrusa, guardando la reazione della compagna si fece coraggio. -È a lui che stavi pensando...vero?-
-È una lunga storia...- sussurrò con tristezza.
-Ti va di...sì, insomma, raccontarmela?-
-In realtà non c’è molto da dire...- Non aveva ancora spostato lo sguardo dalla creatura che aveva di fronte. -Sai, io sono nata nella regione di Fiore. Quando, da piccola, mi sono trasferita qui con i miei genitori, ho lasciato una Buneary che per me era molto importante, troppo, e me ne sono sempre pentita. Forse all’inizio credevo fosse la soluzione migliore, ma non avrei mai dovuto abbandonarla senza darle una spiegazione che fosse una o un saluto. Come faccio, adesso, a diventare amica di un suo simile, avendo tradito la sua fiducia?-
Amber non aveva idea di come rispondere o se dovesse farlo; solo in quel momento si era resa conto che, sotto la maschera, Nara era una persona dolce e sensibile. In ogni caso, decise di aiutarla o, almeno, di provarci. -Io...io sono certa che quella Buneary ha capito che non avevi intenzione di separarti da lei, non devi farti una colpa di quel che è successo, ok? Non puoi continuare a vivere nel rimorso, adesso devi pensare al presente-
-Però...-
-Questo Pokémon...- indicò quello che avevano davanti e che fissava interessato il loro scambio di battute -...secondo me vuole restare al tuo fianco-
Nara sgranò gli occhi e guardò a turno la compagna e la creatura dalle orecchie a batuffolo. -Davvero?-
-Sì. È l’occasione per ricominciare da zero-
-...hai ragione- disse, decisasi a dimenticare le sue incertezze e paure -Buneary, ti va di diventare il mio partner?- A quel punto gli tese la mano e lui per tutta risposta le saltò felice in braccio, dandosi la spinta con gli orecchi.
Amber sorrise e, per quella che forse era la prima volta nella sua vita, fu fiera della sua determinazione. -Su, ora torniamo dagli altri, che domani ci aspetta una giornata molto pesante...- Il solo fatto di pensarci era stancante.
-Giusto- convenne, anche se in quel momento le sue attenzioni erano rivolte interamente al suo nuovo compagno di avventure.
 
***
 
Arrivata la sera, i ragazzi più i Pokémon si ritrovarono al Centro come da programma, mentre Darren e Luana rientrarono poco dopo di loro. Vennero a sapere che Ilario aveva tentato invano di convincere ogni membro della squadra a scrivere barzellette per il Corriere di Vien e alla fine aveva passato il pomeriggio a leggerle alla povera operatrice, che per lavoro non poteva fuggire a gambe levate, chiedendole continui pareri riguardo a quali delle tante sarebbero state adatte alla pubblicazione. Questo spiegava perché l’assistente fosse stravolta ma avesse comunque il sorriso sulle labbra.
In ogni caso, i giovani cenarono insieme al gruppo del Centro e andarono a dormire presto, per essere pronti a quella che l’indomani sarebbe stata una lunga e stancante esplorazione del bosco a nord del borgo.
 
***
 
-Ok ragazzi, il piano è questo- iniziò Lidia, dando una manata su una lavagnetta immaginaria, di quelle che si vedono nei telefilm polizieschi, imitata dai due Eevee -Raggiungiamo la Foresta di Vien, la setacciamo palmo a palmo da cima a fondo, torniamo qui a cibarci e poi facciamo rotta verso la Federazione per fare rapporto. Facile, no?-
I quattro avevano salutato i membri del Centro ed erano appena usciti da lì. Gli abitanti del luogo li osservavano incuriositi.
-Detto così è semplice, il difficile è metterlo in atto...lo conosci il proverbio: fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare- rispose Leo smontando un po’ l’entusiasmo della compagna, che gli lanciò un’occhiataccia.
-Già. Risulta ancora più difficile se ce ne stiamo qui fermi a parlare- ricordò Nara, spazientita di prima mattina a causa del fatto che, per ottimizzare i tempi, non aveva potuto prepararsi come si deve.
-Quindi...ci incamminiamo?- suggerì Amber.
Assenso generale.
-Da che zona cominciamo? Cioè, cominciamo da una in particolare oppure no?- chiese il giovane dagli occhi verdi.
-Bella domanda, non ne ho la minima idea. L’area, d’altronde, è vastissima- replicò Lidia con un’alzata di spalle -Scusate, ieri voi siete andate a fare una passeggiata lì, per caso avete notato qualcosa di strano?-
-No, niente di niente. Però noi non siamo state nella parte più interna- disse la ragazza dai capelli ambrati, guardando la piccola mappa sullo Styler.
-È vero, potremmo recarci subito lì - propose Nara -Dopotutto, se non c’è nulla di anomalo non ha senso ripercorrere gli stessi tratti-
-Va bene-
 
I quattro, raggiunto ormai il bosco, si diressero a passo sicuro e spedito verso il centro della Foresta di Vien. Quando vi furono, tuttavia, trovarono ad attenderli una scena che non si aspettavano: la desolazione. Si erano immaginati molta confusione, dei Pokémon agitati e spaventati, invece questi parevano scomparsi. Era quello che dovevano controllare?
 
-Siete sorpresi? Dalle vostre facce sembrerebbe proprio di sì- Da dietro il tronco di un albero sbucò fuori un giovane dai corti capelli blu sparati ovunque e dagli occhi color marrone scuro, vestito di viola. Era appoggiato alla corteccia, le braccia incrociate sul petto, e c’era una nota di divertimento nel suo tono.
-Eh? E tu chi saresti?- chiese Nara, corrugando la fronte e dando voce ai pensieri del gruppo -Sai qualcosa riguardo a questa storia?-
-Oh? Vorresti forse darmi ad intendere di non essermi presentato?- Sbatté un paio di volte le palpebre, con aria stupita, e si staccò dal tronco, lisciandosi gli abiti. -Mi scuso per la mia grave mancanza. Ah, che scortesia, davvero! Ebbene, rimedio subito: io sono un orgoglioso membro dei Cavalieri della Notte, piacere, e mi sono recato qui perché una persona che ammiro molto me lo ha educatamente domandato. Adesso che ci penso, però, mi ha pure chiesto di non farvi proseguire oltre...vogliate scusarmi, ma mi trovo costretto a mettervi fuori gioco. Non sarebbe molto carino se andaste a riferire tutto ciò a quel fastidioso professore, non vi pare? Anche perché è un po’ colpa mia se le creature della zona hanno paura di venire qui...- Recitata quella che sembrava la parte di un copione, portò la mano destra al braccio sinistro e accese lo Styler che aveva nascosto durante la conversazione, sorprendendo ancora di più i quattro.
-Uno...uno Styler?!- esclamò Lidia con occhi sgranati.
-Intendi questo? Beh, sì, perché ti meravigli tanto? È la gentile offerta del mio capo, che me l’ha affidato. Con questa eccezionale opera di tecnologia, posso sconfiggervi senza sforzo alcuno- Puntò lo strumento contro i Pokémon partner, che indietreggiarono e si rifugiarono dietro i Ranger. Le iridi gli brillavano.
-Fermo!- gridò Leo, utilizzando i pochi attimi di cui disponeva per elaborare una disperata strategia. Nei libri alle volte funzionava, magari poteva funzionare anche in quel momento -Prima...vorrei sapere una cosa da te-
-Mh? Mi sfugge il motivo per cui dovrei risponderti- disse divertito, abbassando momentaneamente lo Styler.
Il ragazzo dagli occhi verdi si sforzò di mantenere il contatto visivo e di apparire più sicuro di quel che era. -Perché...ecco, non esaudire questo piccolo desiderio sarebbe un’imperdonabile forma di scortesia-
-Scortesia...?- Era riuscito a confonderlo. Bene.
-Gravissima, per di più- rincarò Lidia, mentre le altre due compagne si scambiarono un’occhiata e un cenno di assenso.
-Ah...d’accordo, non mi piace essere sgarbato- si arrese il tipo, preso in contropiede -Che volevi sapere?-
-Hai menzionato i Cavalieri della Notte, ma io non li ho mai sentiti nominare. Chi siete? Qual è il vostro obiettivo?-
-Questa è buona! Non ci conosci, sul serio? Siamo il più grande team che si sia mai visto nella storia!-
-Quindi...siete in tanti?-
-Tantissimi, sparsi per la regione. Purtroppo non posso dirti altro, il nostro capo vuole fare le cose in gran segreto, mi dispiace. Ora...- Non fece in tempo ad accendere lo Styler che venne sbalzato all’indietro dall’attacco congiunto di Shinx e Buneary e cadde a terra di schiena con un doloroso tonfo, che gli mozzò il respiro in gola e lo fece tossire violentemente per qualche secondo. Provò a muoversi, con scarsi risultati: i pugni elettrici non erano consigliati per la salute. Fu a malapena capace di spostarsi su un fianco.
Intanto i giovani, dopo l’iniziale stupore causato dalla riuscita del piano, cominciarono ad esultare e a complimentarsi l’un l’altro: Leo e Lidia si sorrisero a vicenda, mentre Amber e Nara si batterono il cinque e si congratularono con i compagni. Sull’onda dell’euforia, si erano quasi dimenticati del tipo in viola.
-N-non credete...non credete che io me ne stia qui...buono e tranquillo...ad attendere la mia sorte- mormorò quest’ultimo, attirando all’istante l’attenzione. Pareva che gli ci volesse un’enorme sforzo per parlare, ma era determinato a non arrendersi -Avevo previsto...quest’eventualità- Detto ciò, sfiorò il suo Styler con le ultime forze che gli rimanevano e un Doduo accorse, rispondendo al suo comando. Gli afferrò un braccio con il becco e se lo lanciò in groppa, per poi fuggire deciso. -Phibrizio, ti prego di perdonarmi...- disse il giovane in un soffio esprimendo un pensiero a voce, anche se non troppo alta da farsi udire.
 
-Caspita...forse, ecco, la prossima volta dovremmo impedirgli di scappare- disse Lidia un po’ perplessa dalla velocità degli eventi.
-Appunto, la prossima volta, per questa abbiamo già fatto abbastanza- replicò Nara con uno sbuffo -Senza contare che, oltre ad averlo messo fuori gioco, abbiamo addirittura ottenuto delle informazioni utili-
-Vero- ammise la prima.
-Adesso che facciamo? Restiamo qui ancora un po’, per vedere se c’è altro, oppure torniamo a Vien?- chiese Amber.
-Io direi la seconda, d’altronde è stato proprio quel tipo a lasciarsi sfuggire che i Pokémon non vogliono avvicinarsi a questo luogo- rispose il ragazzo dagli occhi verdi, che stava ripensando all’incontro con quello strano personaggio spuntato dal nulla. Chi era, poi? Quello gliel’aveva spiegato solo a metà, ma lui aveva l’impressione che le loro strade si sarebbero incrociate di nuovo e che l’avrebbe presto scoperto.
-Hai ragione-
 
I quattro si incamminarono verso la città, sempre guardandosi attorno con attenzione per evitare di tralasciare qualche dettaglio importante. Usciti dal bosco, stavano per entrare nel Centro quando Leo ricevette una chiamata sullo Styler e si arrestò sul posto, facendo fermare anche le compagne che erano insieme a lui.
 
Curiosità e timore si agitavano nell’aria.
 
-Pronto?-
 
 
Spazio dell’autrice
E così finisce un altro capitolo! Cosa ne pensate? Sono successe un bel po’ di cose, fra cui l’arrivo di un nuovo e misterioso personaggio, spero non sia stato noioso! Chi sarà stavolta il mittente della chiamata? La stessa persona della volta scorsa, forse? Lo scopriremo solo nelle prossime puntate, intanto stupitemi con congetture e risposte!
Come al solito, ringrazio moltissimo tutte le persone che continuano a seguire assiduamente questa storia!
A presto!

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Capitolo 24
*** Altopiano Cromano - Quando la luna scompare... ***



 
 
Altopiano Cromano
-
Quando la luna scompare...
 
Luna aveva appena salutato Leo e raggiunto i compagni che l’aspettavano per andare insieme alla Stazione di Portena, dove si sarebbero dovuti fermare per la notte in attesa del giorno successivo in cui si sarebbero recati all’Altopiano Cromano. Era la prima volta in assoluto che si separava da suo fratello e non sapeva davvero come sentirsi, l’unica cosa di cui era certa era che lui doveva essere preoccupatissimo. Lo conosceva bene e capiva il motivo per cui fosse ansioso, infatti le era dispiaciuto moltissimo piantarlo in asso così, forse sembrando addirittura insensibile, ma aveva la ferma intenzione di dimostrargli che era capace di cavarsela da sola, per non farlo più impensierire. Voleva diventare forte per poter essere lei a proteggerlo e per far sì che lui non corresse ulteriori pericoli.
 
-...e questo è il piano. È chiaro per tutti? Ci sono domande?- Candice, attirata l’attenzione degli altri, non aveva perso tempo e aveva preso in mano le redini della situazione, illustrando il programma che avrebbero dovuto seguire fino all’indomani. In sintesi, la solita solfa: avrebbero raggiunto la Stazione di turno e passato il pomeriggio in qualche modo, poi avrebbero trascorso lì la notte e la mattina dopo si sarebbero recati all’Altopiano Cromano, per svolgere l’incarico affidatogli dal professor Frenesio, ovvero un semplice controllo della situazione. Ormai lo sapevano pure i muri. -...Luna?-
-Eh?-
-Mi parevi pensierosa, c’è qualcosa che non ti convince?-
-No, no, è un ottimo piano. Stavo giusto riflettendo su cosa potremmo fare questo pomeriggio, dato che all’Altopiano ci andiamo domani- In realtà era una scusa inventata sul momento, perché non si era nemmeno accorta di essere distratta.
-È vero!- s’intromise Mikio, all’improvviso entusiasta -Per esempio si potrebbe fare un giro di Portena! Ci sono stato solo una volta -
-Sul serio? Eppure è la città più grande di Almia!- commentò Luna, incredula: era quasi impossibile viaggiare per la regione e non passare per il suo cuore.
-Serissimo, infatti ho trascorso gli ultimi anni in un luogo lontano-
-Perché sei tornato qui?- chiese Tsukiko incuriosita, che fino a quel momento era rimasta silenziosa e si era limitata ad ascoltare. Il suo tono era un po’ freddo, ma l’interpellato, che sembrava pensare ad altro, non ci fece caso.
-Nostalgia, credo- rispose lui, scollando le spalle.
-Quindi?- Candice riportò i compagni al punto. -Siete tutti d’accordo per il giro in città nel pomeriggio?-
Coro di assenso.
-Bene, in questo caso direi di entrare nella Stazione e di non farci attendere oltre, dato che siamo in ritardo-
 
Così fecero: si incamminarono e arrivarono nel luogo stabilito in pochi minuti. Appena varcarono la soglia d’ingresso furono accolti dalla voce gentile dell’Operatrice, che in effetti li stava aspettando mentre lavorava davanti allo schermo del computer, essendo stata informata dal professore con largo anticipo.
 
-Buongiorno - salutarono.
-Accomodatevi, ragazzi, sono contenta di avervi qui. Avete avuto problemi durante il tragitto?- chiese la donna.
-Per fortuna no, grazie- rispose Luna con un sorriso.
-Meno male. In questi giorni alla Stazione ci sono soltanto io, visto che i Ranger della zona sono fuori per delle missioni importanti, perciò non esitate a venire da me se avete bisogno di qualunque cosa-
-Ah, a questo proposito, per caso possiamo fare un giro a Portena nel pomeriggio?- domandò Candice.
-Ma certo, basta che torniate prima di sera-
-Perfetto, grazie mille. Allora noi...-
-Andate pure, a dopo!- L’assistente gli fece un cenno con la mano, per poi tornare a dedicarsi ai propri compiti.
 
***
 
-Da che parte cominciamo? La città è grandissima...- disse Tsukiko, ponendo un quesito piuttosto difficile.
-Come sarebbe? Abbiamo un sacco di tempo a disposizione, possiamo tranquillamente avviarci in una direzione a caso e poi girovagare un po’ ovunque!- propose Mikio, che in teoria sarebbe dovuto essere il più maturo e responsabile del gruppo ma che in pratica si comportava come un bambino al parco giochi.
-A caso?- La prima era poco convinta.
-A caso!- Il secondo, invece, era convintissimo.
-Ho un’idea migliore- s’intromise Candice -Potremmo dirigerci al porto che dà il nome alla città, giusto per iniziare: è molo famoso e si dice che ci sia una vista spettacolare. Dopo, al massimo, possiamo separarci per vedere cose diverse-
-Hai ragione, è proprio una bella trovata- Luna era d’accordo, dato che aveva sempre vissuto in prossimità del mare e le infondeva molta calma osservare il movimento ritmico delle onde, anche se, quando non c’era una recinzione, preferiva non avvicinarsi troppo alle scogliere. -Voi cosa ne pensate?-
-Per me va bene- rispose Tsukiko.
Tutti puntarono gli occhi su Mister Arcobaleno, che, con un’alzata di spalle, dichiarò: -Sì, anche a me, un posto vale l’altro-
 
Deciso ciò si incamminarono, con Candice in testa, e arrivarono al luogo di ormeggio delle barche, scoprendo che le voci che circolavano erano veritiere: da lì si aveva proprio un bel panorama, con le varie navi e imbarcazioni che, attraccate al porto, venivano fatte dondolare placidamente dalle onde che poi si infrangevano sugli scogli. Da quel posto ci si poteva imbarcare su traghetti che permettevano di raggiungere mete lontane come la Caldonia o il Deserto Haruba, oppure destinazioni come il Mar di Portena e il Mare di Wailord.
Luna respirò a fondo l’aria salmastra e approfittò di quei momenti di quiete, avendo come l’impressione che non ce ne sarebbero stati più per parecchio tempo. La loro, infatti, non era una gita di piacere e si stavano godendo il pomeriggio libero in attesa del giorno successivo, in cui sarebbe potuto succedere di tutto.
 
Mikio, un po’ in disparte, si stiracchiò e si scompigliò la chioma multicolore. -Mie care, a questo punto cosa facciamo?-
-Non lo so...tu per caso cosa hai già in mente qualcosa?- domandò la ragazza dagli occhi eterocromi.
-In realtà no, haha!-
 Era sempre molto perplessa quando parlava con quel tipo. -...io vado ai Giardini Altru. Vieni con me, Luna?-
-Io?- Non si aspettava una cosa del genere, era stupita.
-Sì, tu. Vedi per caso altre persone che si chiamano così?-
-Ehm, in effetti no- Si sentiva talmente imbarazzata... -Comunque vengo volentieri. Tu Candice che farai?-
La giovane era persa nei suoi pensieri e udendo il suo nome si riscosse. -Beh, io...- All’improvviso, si accorse che mancava una persona. -Ehi, un attimo, dove diavolo è quel...dov’è Mikio?- Aveva in mente molti aggettivi coloriti come i suoi capelli, ma si sforzò di non far trapelare il suo nervoso e di mantenere la calma.
Le compagne non seppero rispondere, dato che erano rimaste senza parole, credendo che fosse lì con loro. Tsukiko borbottò qualcosa che suonava come “Era troppo bello per essere vero...”, riferendosi al fatto che non era possibile che fosse restato zitto e buono per tutto quel tempo, e Luna concordò con lei.
-Non importa...con molte probabilità adesso starà correndo da una parte all’altra della città. Io passeggerò nei dintorni e mi farò un giro, se non si verificheranno complicazioni rivedremo quella sottospecie di arcobaleno vagante questa sera-
Le due si impegnarono per non ridere.
-Ok allora-
-A dopo!-
Si salutarono e presero direzioni diverse.
 
Da qualche parte indefinita del centro, intanto, l’oggetto principale di tanta preoccupazione stava camminando tranquillamente per le strade.
-Cacturne, amico mio...ci sarà da divertirsi, me lo sento. Non sei emozionato?- Il Pokémon non reagì, al contrario mantenne il suo imperturbabile sguardo fisso nel vuoto, come se niente gli importasse. L’entusiasmo dell’altro, comunque, non venne scalfito per nulla. Forse ci era abituato. -Io sì...tantissimo!-
 
***
 
La coppia formata dalle due ragazze aveva appena fatto ingresso ai Giardini Altru quando Tsukiko si fermò senza un apparente motivo e si guardò intorno, come in cerca di qualcosa. Non lasciò che la compagna commentasse e la trascinò da un lato senza fornire spiegazioni, appostandosi poi dietro un cespuglio.
Luna, parecchio interdetta, non resistette oltre. -Ok, questa trovata me la devi proprio spiegare. Cosa...-
-Parla a bassa voce-
L’altra alzò le sopracciglia in maniera plateale, segno inequivocabile del messaggio che voleva inviarle.
-Va bene, te lo devo- si arrese, guardandola -Il fatto è che sono quasi sicura che ci sia qualcuno che ci sta seguendo, anche se fino a poco fa non ne ero certa-
-Davvero?-
-Già, più o meno da quando abbiamo lasciato l’Accademia-
-Che ricordi...-
-Hai ragione. In ogni caso...-
Non fece in tempo a terminare la frase che un Cyndaquil selvatico mise piede nei giardini, guardandosi intorno a sua volta e facendo sgranare gli occhi a Tsukiko, che non si immaginava affatto che fosse lui a seguirli.
-Ehi, ma quello non è...-
-Sì, lo è-
Luna non l’aveva mai vista così agitata. -Secondo me dovresti andare da lui- azzardò -È venuto per te- Non seppe come, ma in qualche modo la convinse.
La giovane dagli occhi eterocromi si avvicinò silenziosa al Pokémon e si fece notare da lui, che fu felicissimo di vederla e che espresse questa gioia con dei versi contenti. -Sei piccolo ma intraprendente, eh? Mi hai seguita fin qui da solo!-
La creatura del fuoco sembrava piuttosto soddisfatta di ciò e fece un piccolo saltello per sottolinearlo.
-Beh, non dici nulla? Eppure dovresti essere al settimo cielo!- Luna si materializzò lì accanto e pose la mano sulla spalla dell’altra, che in quel momento stava sperimentando cosa significasse essere insicuri.
-Infatti lo sono, però...-
-Però niente! Lui ci ha seguiti fin qui da solo dall’Accademia...e l’ha fatto per te, unicamente per te. Non credo che abbia tanta voglia di andarsene, al contrario, è venuto per restare. Al tuo fianco, ovvio-
Tsukiko rimase colpita da quelle parole e sorrise. La giovane dagli occhi verdi ricambiò, pensando che fosse molto più carina quando non aveva la solita espressione corrucciata. -Grazie- disse la prima, sincera. Poi si rivolse al Pokémon -Cyndaquil, ti andrebbe di diventare il mio partner?- Inutile aggiungere che la risposta, data con molto entusiasmo, fu assolutamente positiva. Insieme sarebbero stati una coppia sfavillante, Luna ne era certa.
 
***
 
-Bentornati, ragazzi!- li salutò l’Operatrice quando questi rientrarono verso pomeriggio inoltrato, quasi sera -Com’è andato il vostro giro? Vi piace Portena?-
-Il giro è andato benissimo, la città è molto bella!- rispose Luna con un sorriso, ripensando alle ore rilassanti passate ai Giardini Altru.
-È vero, ci sono una marea di cose da vedere!- aggiunse Mikio, che aveva trascorso quelle stesse ore a correre da una parte all’altra per non perdersi niente, trascinandosi dietro l’impassibile Cacturne.
Candice, invece, non aveva molto per cui emozionarsi. Non è che non si fosse divertita, ma si stava preparando il discorso che avrebbe fatto al simpatico membro maschile del gruppo per rimproverarlo per essere scomparso senza avvertire ed era molto concentrata. Si sforzò, in ogni caso, di non far trapelare il suo nervosismo: -Già, devo ammetterlo, qui è proprio impossibile annoiarsi-
-Bene, sono contenta per voi-
 
Detto questo, il gruppo formato dai giovani si avviò verso le camere, affinché questi ultimi potessero riposare ed essere in forma per il giorno successivo, in cui avrebbero dovuto scarpinare un po’ prima di arrivare a destinazione.
 
***
 
I ragazzi, svegliati dopo l’armonioso trillo della sveglia, si ritrovarono all’entrata della Stazione, pronti o quasi per ciò che li aspettava. Uscirono e iniziarono ad avviarsi in direzione Altopiano: raggiunsero i Giardini Altru ed imboccarono la Strada Cromana, percorso di collegamento con l’area montuosa. Quando arrivarono all’Altopiano, dopo un bel po’ di tempo passato a camminare senza sosta, fu il momento giusto per chiedersi cosa diamine avrebbero dovuto fare di preciso, perché nessuno l’aveva capito.
 
-Bene, siamo qui, qual è la prossima mossa?- Bella domanda, Luna, proprio una bella domanda. Prima di rispondere, i  restanti tre si guardarono un po’ attorno.
-Setacciare la zona, immagino, e verificare che non ci siano problemi. Insomma, fare un controllo generale per essere sicuri che non ci sia niente di anomalo- rispose Candice, che sapeva sempre cosa fare nei momenti di necessità.
-Ok, ma la zona è molto vasta. Forse dovremmo dividerci in due squadre, per impiegarci di meno- propose Mister Arcobaleno.
-È una buona idea- disse la seconda ad aver parlato.
A Luna, però, era suonato un campanello d’allarme: non era molto convinta che avesse fatto quella proposta per favorire una maggiore ottimizzazione dei tempi. -In questo caso allora...non so, io e Mikio andiamo da quella parte mentre tu e Tsukiko dall’altra? Ci possiamo ritrovare qui appena finiamo- Dato che non si fidava di lui, starci insieme durante l’ispezione era il miglior modo per sorvegliarlo.
La giovane dagli occhi eterocromi sembrava contrariata, ma non disse niente a proposito. Forse era solo pensierosa. -Per me va bene- Dopotutto, lei e la compagna erano già state in coppia, quel giorno alla Spiaggia Zefira, e lavoravano bene insieme.
-D’accordo, quindi. Teniamoci però sempre in contatto con i nostri Styler, almeno possiamo scambiarci le informazioni- ricordò Candice.
I restanti tre annuirono e in seguito si separarono, avviandosi in due direzioni diverse. Si sarebbero riuniti in seguito, o almeno avrebbero dovuto farlo.
 
***
 
Mikio e Luna camminavano sulla terra dura e devastata dell’Altopiano, sul suo terreno brullo e desolato, in silenzio. Le suole delle loro scarpe scricchiolavano ad ogni passo che facevano, o forse era solo l’immaginazione della ragazza. Aveva come un brutto presentimento e non riusciva a scacciarlo in alcun modo. Inoltre, non sapeva se questo riguardasse la persona che aveva al fianco proprio in quel momento oppure una minaccia nascosta, che avrebbe potuto saltare fuori da un momento all’altro. Decise di non pensarci. Certo, sarebbe stato tutto più semplice senza quel silenzio opprimente...
 
-Sei mai stata qui?- Incredibilmente, era stato Mikio ad iniziare la conversazione, curioso. Lei venne colta un po’ di sorpresa, ma approfittò subito dell’occasione per tentare di raccogliere informazioni.
-No, questa è la prima volta. Tu?-
-Idem-
-Sul serio?-
-Eh già...- Il suo sguardo continuava a posarsi su ciò che lo circondava, come se volesse imprimere a fuoco nella sua mente ogni dettaglio del luogo.
-Beh, però avrai visitato moltissimi posti diversi, no?-
-In effetti hai ragione- Sorrise nostalgico, forse ripensando ai ricordi del passato. -Devi sapere che, appena diplomato all’Accademia, sono andato nella regione di Fiore, come previsto dall’addestramento: lì ci sono dei paesaggi spettacolari-
-Caspita...vorrei andarci anch’io, un giorno-
-Immagino...con questa storia dei terremoti non avete potuto completare la vostra preparazione, è un peccato-
-Pazienza, potrò sempre rimediare quando tutto sarà finito-
-Sì, certo. Comunque, a proposito del nostro incarico, a me non sembra che ci sia qualcosa di strano o insolito...mi pare che i Pokémon siano tranquilli-
-È vero...che facciamo, contattiamo lo stesso le al...-
 
-Mikio, spostati!-
 
Avvenne tutto in un attimo, tutto troppo rapidamente, e nessuno dei due riuscì a metabolizzare fino in fondo l’accaduto.
 
Mentre stava ascoltando il compagno, Luna si era accorta all’ultimo istante di un masso, spuntato da chissà dove, che stava rotolando a grande velocità verso Mikio e si era lanciata su di lui per spingerlo in una zona sicura, mossa dall’istinto di salvarlo. Aveva fatto appena in tempo a scansarsi per evitare il macigno che questo aveva infranto la parete di roccia colpita, creando un buco profondo nella pietra. La giovane, purtroppo, aveva perso l’equilibrio e ci era caduta dentro, ma era riuscita miracolosamente ad aggrapparsi ad una sporgenza. Tutto ciò era successo sotto lo sguardo paralizzato di Mister Arcobaleno.
 
-Ehi, aiutami!- gridò Luna, i piedi penzolanti nel vuoto.
Lui si riscosse e si avviò in sua direzione, a passi lenti. Si accucciò vicino al bordo della voragine. -Ti ringrazio...-
-Sì, prego, ora però tirami su!-
-Non si interrompe l’attore principale durante un momento drammatico. Come stavo dicendo...ti ringrazio, ma non posso- Si alzò.
-Mikio...!- Si stava iniziando a spaventare. - Come sarebbe a dire che non puoi?! Mikio, smettila di scherzare, non è affatto divertente!-
Inaspettatamente, quest’ultimo storse la bocca in un sorriso subdolo e sogghignò. I suoi occhi chiarissimi brillarono di una luce sinistra. -Io invece mi sto divertendo un sacco! Ero molto curioso di vedere come voi Ranger sprovveduti avreste reagito a questi eventi improvvisi e non mi avete affatto deluso-
-Mikio...- Luna in quel momento non era spaventata: era terrorizzata, nonché disperata. Le forze le stavano venendo meno, le sue mani erano ormai troppo irrigidite e stava perdendo la presa. Non voleva cadere nel vuoto...!
-Smettila di chiamarmi così, mi dà fastidio. “Mikio” è morto molti anni fa...io sono Phibrizio, io sono la tempesta che distruggerà ogni cosa-
-...perché...?- chiese lei, la voce ridotta ad un sussurro. Era vero che non si fidava di lui, tuttavia mai si sarebbe immaginata che quel tipo un po’ pazzo scappato dal circo sarebbe stato capace di tanto. Si sentiva una stupida.
-Perché? Devo avere per forza un motivo per fare tutto questo? Forse ce l’ho, forse no, chi lo sa, ma non te lo confiderò. Certo, tu starai pensando che i cattivi spiegano sempre i loro piani malvagi e cose del genere, ma io amo essere speciale. Sappi che non ce l’ho con te in particolare, mia cara...eri solo nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Sei stata sfortunata, non volermene troppo. Ed ora...addio-
 
Phibrizio sorrise per l’ultima volta.
Come per un crudele gioco voluto dal destino, Luna perse proprio in quell’attimo la presa sulla sporgenza e cadde nel vuoto.
Una lacrima solitaria sgorgò dai suoi occhi.
“Mi dispiace, Leo...non ho mantenuto la promessa”
Poi, la sua figura venne inghiottita dal buio.
 
 
Spazio dell’autrice
Ok, ehm, due parole veloci veloci e poi scompaio, dato che non posso stare molto dopo quello che ho fatto. Vi è piaciuto il capitolo? Cosa ne pensate? Alla fine della fiera, una parte di mistero è stata risolta, ma ad un prezzo molto alto.
Grazie a tutti quelli che continuano a seguire questa storia, anche se a volte impiego eoni per pubblicare, grazie davvero!
Alla prossima!

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Capitolo 25
*** ...il sole smette di brillare ***




 
…il sole smette di brillare
 
Phibrizio si sporse un pochino dal bordo della voragine e scrutò con attenzione il buio, come se ci potesse vedere attraverso, tendendo le orecchie per percepire anche il minimo suono. Dopo qualche secondo trascorso in silenzio, scoppiò in un risolino isterico e fece un respiro profondo. Non aveva udito niente di niente e visto ancor meno, quindi dedusse che il buco era collegato alle Rovine Cromane. Non si sentiva così felice da una vita.
 
-Aaah, Cacturne, te l’avevo detto che ci sarebbe stato da divertirsi! Ed io non mento mai...o quasi, almeno, tralasciando gli ultimi anni-
Rise da solo a quella battuta, perché il Pokémon non si unì a lui né reagì, lo sguardo spento e vuoto. D’altronde, come avrebbe potuto? Era sotto il suo più totale controllo, che esercitava in continuazione attraverso lo Styler modificato di sua invenzione. Phibrizio, però, era abituato a parlare da solo.
-Certo, ho rischiato molto puntando sul fatto che lei mi avrebbe salvato, ma che divertimento c’è se non si rischia almeno un po’? A proposito, ricordami di premiare i miei subordinati per l’ottimo lavoro fatto col piazzamento della trappola e...oh, Cacturne!- Si schiaffò una mano sulla fronte in maniera plateale. -Dammi un parere sul da farsi: è meglio continuare a interpretare la parte di “Mikio”, facendo finta che la scomparsa della piccola Ranger sia stata causata da un semplice incidente e togliendo di mezzo le altre due con l’inganno, oppure no? Ammetto che la prima idea mi attizza non poco, tuttavia...-
 
-Tu non farai proprio un bel niente!-
 
***
 
Candice e Tsukiko avevano appena finito di setacciare la loro parte di Altopiano e, dato che gli sembrava tutto tranquillo, avevano deciso di comune accordo di chiamare gli altri per incrociare i risultati, ma avevano avuto una brutta sorpresa.
 
La ragazza dagli occhi eterocromi aveva corrugato la fronte confusa, un brutto presentimento che si stava insinuando dentro di lei. -Il segnale...- aveva sussurrato.
-Cosa?-
-Il segnale dello Styler di Luna...- Aveva alzato lo sguardo, puntandolo in quello della compagna. -...non c’è più-
Candice, forse per la prima volta nella sua vita, aveva perso il suo sangue freddo e sgranato gli occhi: intelligente com’era, aveva capito all’istante ciò che poteva essere successo, ma non era quello il momento giusto per perdere la propria sicurezza. -Andiamo- Non dovevano stare un secondo di più con le mani in mano.
L’altra aveva annuito, decisa, e insieme erano partire di corsa in direzione Mikio, seguendo il segnale del suo Styler. Erano arrivate appena in tempo per ascoltare l’ultima parte del suo monologo.
 
-Tu non farai proprio un bel niente!- urlò Tsukiko, fuori di sé dalla rabbia, sbucando fuori dal rifugio da cui aveva sentito tutto. A nulla servirono i tentativi di Candice di farla rimanere nascosta. Cyndaquil la affiancò, condividendo appieno i suoi sentimenti.
Phibrizio non ebbe bisogno di voltarsi, per riconoscere a chi apparteneva la voce. -Buongiorno a te, mia cara, anch’io sono felice di vederti- Non sembrava minimamente sorpreso, cosa che in effetti era vera per metà: si aspettava che, per qualche motivo, le due Ranger l’avrebbero raggiunto e scoperto.
La ragazza avrebbe voluto dire moltissime cose, ma l’unica che le uscì dalla bocca fu: -Cosa hai fatto a Luna?!- Era sempre stata sospettosa nei confronti di quel tipo, per questa ragione non aveva visto di buon occhio il fatto che colei che era diventata sua amica fosse con lui. Avrebbe dovuto capire subito che di lui non ci si poteva fidare.
Quello che un tempo lontano era stato Mikio si girò di tre quarti, mostrando le iridi che traboccavano di follia e cattiveria pura. -Cosa le ho fatto io? Oh, io non ho fatto niente, ha combinato tutto da sola. Non l’ho di certo obbligata io a cadere nella voragine. Di conseguenza, io sono innocente-
-Tu! È proprio perché non hai mosso un dito che lei...che lei è...- Non era capace di pronunciare quella parola.
-Morta?- Si godette l’espressione distrutta della giovane. -Non ti devi preoccupare di questo, tu e quell’altra la raggiungerete molto presto-
-Io non credo...ti impedirò di fare ancora del male!-
-Ma davvero? Tu che ti opponi a me?-
All’improvviso si calmò e nelle sue iridi divampò una rabbia gelida. Cyndaquil, che per qualche strano motivo parve sentire le sue emozioni, si arrabbiò e sprigionò dal suo dorso delle fiamme caldissime. Quella era la loro risposta.
-Oh, che spavento!- Phibrizio si portò una mano alla fronte, melodrammatico. Poi rise. -O almeno, questo direi se fossi davvero impaurito, ma per vostra sfortuna non lo sono. Cacturne, sai cosa fare- Sorrise in modo malvagio. -Ora è il vostro turno di avere paura-
Il Pokémon, che fino a quel momento era rimasto immobile come uno spaventapasseri, udendo l’ordine si riscosse e fece spuntare dal terreno desolato dei grossi rampicanti, i quali colpirono le pareti di roccia, provocando una piccola frana che investì in pieno un incredulo duo Ranger-partner, senza possibilità di scampo.
-Perfetto, amico mio, tu sai sempre cosa ho in mente- riprese il capo dei Cavalieri con soddisfazione -Dopo questo, fuori due, tre con quell’essere infuocato. So cosa stai pensando: dovrei accertarmi che pure l’altra sia morta e non darlo per scontato, però...ammetto di non averne molta voglia. Con molte probabilità era nascosta nelle vicinanze e se abbiamo avuto fortuna è stata coinvolta dal crollo. Adesso, l’unica cosa che mi va di fare è tornare a...- In un attimo di debolezza, stava per dire casa. Che stupido. -...alla Kurocaverna, ecco, e togliermi questi colorati vestiti da Ranger. Sono stato separato dal mio adorato mantello troppo a lungo-
Fece per avviarsi in una direzione quando si ricordò di un dettaglio molto importante: -L’apertura! Ah, Cacturne, prima che me ne dimentichi, potresti per favore chiudere quel fastidioso buco? Non vorrei mai che quella fosse sopravvissuta per miracolo e decidesse di uscire proprio da lì. Non che tu abbia possibilità di scelta...-
Il Pokémon, che in effetti non poteva decidere né opporsi, si mosse verso un pesante macigno e lo sollevò con uno sforzo immenso, per poi utilizzarlo come una specie di tappo sul buco collegato alle Rovine.
La luce, ormai, era stata completamente inghiottita dall’oscurità.
 
***
 
-Tsukiko! Tsukiko, apri gli occhi, di’ qualcosa, fammi un cenno! Tsukiko!- disse Candice, tentando di farle riprendere i sensi.
Si era attivata appena Cacturne aveva fatto spuntare quei rampicanti, scattando come un fulmine verso la sua compagna e il suo partner, agguantandoli entrambi per la vita al fine di allontanarli il più possibile, ma non aveva potuto evitare un doloroso impatto sul terreno, che aveva provocato una botta in testa all’altra, la quale tardava a svegliarsi.
Avendo timore di scuoterla, stava facendo lavorare gli ingranaggi del suo cervello per trovare una via d’uscita a quella situazione disperata: non voleva perdere un ulteriore membro del gruppo. Ad un certo punto, però, constatando che gli urli non servivano a niente, si alzò, determinata a fare qualcosa. Odiava le persone che non si impegnano e lei, in quel momento, non si stava impegnando abbastanza, né stava facendo del suo meglio, perciò decise di non starsene oltre con le mani in mano. Le era venuta un’idea. Folle, sì, ma pur sempre un’idea.
-Cyndaquil, torno subito, mi fido di te-
Il Pokémon, che aveva seguito con attenzione ogni suo movimento, annuì con un verso deciso, riponendo la sua speranza e fiducia nella ragazza. Dopodiché, quest’ultima andò a catturare un Pikachu, che secondo i suoi calcoli era nei dintorni. Appena l’ebbe fatto, corse di nuovo dal duo e mise in pratica la sua pensata: chiese con gentilezza al Pokémon di rilasciare delle scariche elettriche di lieve intensità sul corpo della compagna, manipolandole affinché non le facessero del male, con l’obiettivo di farla riprendere. Ringraziò Pikachu dell’aiuto e puntò lo sguardo fisso sull’altra, attendendo con ansia un movimento, un cenno...qualsiasi cosa. Doveva funzionare, doveva. Cosa avrebbe fatto, altrimenti? Prese un respiro profondo: non era il momento adatto per perdere la calma.
All’improvviso, Tsukiko si scosse e tossì, aprendo di uno spiraglio le palpebre, e Candice si fiondò al suo fianco. Cyndaquil fece un verso di gioia.
-Cand...- Un ulteriore colpo di tosse. -Candice, che...?- Tentò di tirarsi su e venne aiutata dalla compagna, che la sorresse con un braccio.
-Ricordi qualcosa?-
-Più o meno...l’ultima cosa che ricordo è di aver preso una sonora botta in testa, poi credo di essere svenuta- Si poggiò una mano sulla fronte.
-Sì, io...- Lei...cosa? Avrebbe voluto lasciarsi andare, dopo quei tremendi istanti di massima tensione, ma era convinta che manifestare le proprie emozioni in pubblico fosse un segno di debolezza e non poteva permettersi di mostrarsi debole, non in quel momento. In realtà, non era nemmeno pronta a far crollare la propria convinzione.
-Ti ringrazio per avermi aiutata, non oso immaginare cosa sarebbe successo se non fossi stata con me...tu come ti senti?-
-Io? Non ti devi preoccupare, sto bene. Piuttosto, dovrei essere io a chiederlo a te- Non se ne capacitava: aveva appena corso un rischio altissimo e non si curava della sua salute? Era incredibile.
-Invece no...- Tsukiko si scostò, riuscendo a stare in piedi da sola dopo aver ritrovato l’equilibrio. -Tu cerchi sempre di essere forte, anche per gli altri, e molto spesso non pensi a te, come ora. Quindi, come ti senti?-
-Io...- Candice rimase immobile qualche attimo, incapace di articolare le frasi, per poi abbracciare inaspettatamente la compagna. Inaspettatamente per entrambe: quella era la prima volta in assoluto in tutta la sua vita che si lasciava andare, mostrando le sue emozioni in pubblico e fregandosene del fatto che potesse essere poco decoroso. Ne aveva bisogno più di quanto lei stessa volesse ammettere. -...ero così in ansia per te, non sapevo cosa fare, temevo...temevo il peggio, ma sono sollevata sapendo che stai bene. Adesso mi sento molto, molto meglio-
Tsukiko la circondò con le braccia, senza dire una parola, e la confortò in silenzio: non immaginava nemmeno quanto dovesse essere stato difficile. Dopo una manciata di minuti si staccarono e lei parlò. -Riguardo a prima...cos’è accaduto? Cosa ne è stato di Phibrizio?- Aveva esitato un breve istante nel pronunciare quel nome, quasi come se proferirlo significasse farlo materializzare lì vicino.
Candice annuì. -L’ho sentito andarsene, dopo aver provocato la frana. Credeva di averci fatto fuori e non ha controllato-
-Però si sbagliava...-
-Sì...e noi possiamo ancora fermarlo-
Entrambe assunsero uno sguardo molto serio, brillante di determinazione: quella volta erano state colte alla sprovvista, ma ora sapevano chi era il nemico e, dato che avevano la possibilità di contrastarlo, non se la sarebbero lasciata sfuggire. -Innanzitutto dobbiamo informare gli altri di quello che abbiamo scoperto e...- Parve ricordarsi all’improvviso di una cosa che non avrebbe dovuto dimenticare per nessuna ragione al mondo e il suo respiro si mozzò, mentre il suo sguardo divenne disperato. -...oh, cavolo-
-Cosa?- Non coglieva.
-Leo-
Bastò quel semplice nome sussurrato per far sussultare la compagna e farle assumere lo stesso atteggiamento. -Cavolo...come...come...-
Come gliel’avrebbero detto?! Neppure loro erano ancora riuscite ad accettarlo e non l’avrebbero mai fatto del tutto...come l’avrebbero detto a lui?!
 
***
 
I cuori delle due martellavano con ritmo e ansia crescente nei rispettivi petti, in attesa di una risposta da parte di Koito. Avevano deciso di comune accordo di chiamare lui perché era molto amico del fratello di Luna ed era la persona più indicata a dargli la notizia...anche se non sapevano come l’avrebbe presa lui. Ad un certo punto sentirono la sua voce e guardarono in contemporanea lo Styler di Candice, dal quale avevano chiamato.
 
-Pronto?- All’inizio aveva un’espressione corrucciata, ma in seguito si rilassò. -È un piacere sentirti, posso fare qualcosa per te?-
La ragazza provò la sgradevole e dolente sensazione di avere un pesante macigno sul petto per quello che stava per chiedergli e lui parve notarlo. -Sì, in effetti sì, però non ti piacerà. Non ti piacerà affatto...-
Il giovane iniziò a preoccuparsi: cosa poteva essere successo di tanto grave per far stare in quelle condizioni una tipa forte come lei? Poi si accorse di due cose: la prima, che insieme alla compagna c’era Tsukiko; la seconda, che erano da sole. Percepì un brivido di freddo percorrergli la schiena, non dovuto all’aria gelida. -Candice...- Con la preoccupazione, un’ulteriore e strana emozione serpeggiò e crebbe dentro di lui, un sentimento a cui non sapeva dare un nome. Che fosse...terrore? Aveva paura, sì, paura di porre quella questione, ma non aveva altra scelta se voleva scoprire la verità. -...dove sono Luna e Mikio?-
La verità, però, a volte può fare male. Quanto si è disposti a dare per la conoscenza? Quanto si è disposti a soffrire?
Il suo viso si rabbuiò, facendosi duro e tagliente. -Non chiamarlo così. “Mikio” non è la persona che credevamo noi e magari non è manco mai esistito uno con quel nome. Abbiamo tante cose di cui metterti al corrente-
Koito era molto confuso e c’erano miliardi di domande che gli vorticavano per la testa, sovrapponendosi, tuttavia solo una gli premeva. -E...Luna?-
-Luna...- Le espressioni delle due divennero amare; mentre Tsukiko distolse lo sguardo, però, Candice fece un grande sforzo e lo mantenne fisso in quello di lui, i cui occhi erano diventati un palco di emozioni. Meritava di sapere. -Lei è...-
 
Koito spalancò le palpebre ed ebbe l’impressione che il respiro gli si mozzasse in gola. Per un attimo, la terra gli mancò da sotto i piedi. Come se questo non bastasse, gli avevano chiesto di dirlo a Leo, ma...
Come avrebbe potuto?!
 
***
 
Leo ricevette una chiamata sullo Styler e si arrestò sul posto, facendo fermare anche le compagne che erano insieme a lui.
 
Curiosità e timore si agitavano nell’aria.
 
-Pronto?-
-Ehi, ciao-
-Koito- Una parte di ansia scemò. -Cosa posso fare per te?-
-Tentare in tutti i modi di mantenere la calma-
-Mantenere...la calma?- Non capiva.
-Sì, esatto. Senti una cosa, io...devo darti una notizia-
-Ok, ti ascolto- Doveva solo informarlo di qualcosa, no? Con molte probabilità uno sviluppo dell’incarico, niente di preoccupante...giusto?
-Però...devo anticiparti che non è una di quelle buone- Si stava avvicinando con lentezza al punto scottante, attorno a cui continuava a girare, preparando il terreno.
A quella frase, le orecchie di Nara, Amber e Lidia si rizzarono.
-Va bene, dimmi quello che devi- Perché tutta quell’attesa?
-Si tratta...si tratta di Luna-
-Di Luna?- All’improvviso, un bruttissimo presentimento lo colpì: il suo amico doveva dargli una notizia non proprio buona e centrava Luna? E se...no, non poteva permettersi di pensare a quello: se le fosse accaduta la cosa peggiore, lui l’avrebbe saputo. L’avrebbe sentito. -In che senso si tratta di Luna?-
Koito non rispose o, per meglio dire, non fu capace di farlo, nonostante si fosse preparato in anticipo il discorso e l’avesse ripetuto almeno un miliardo di volte nella sua testa, nonché a voce. Le parole e il coraggio per proferirle gli erano morti in gola.
-Per favore, rispondimi: cos’è successo a Luna?-
Nulla. Gli occhi dell’amico si muovevano a destra e a sinistra, come per cercare un’ispirazione o un aiuto.
-Koito, ti prego...- Quella situazione non era per niente utile.
Ancora nessuna reazione.
-Koito...!- Sentì le palpebre inumidirsi, una patina acquosa che gli offuscava la vista, e smise di provare a mantenere la calma come gli era stato chiesto. -Koito, cos’è successo a Luna? Cos’è successo a mia sorella?! Rispondimi!-
Fu in quel momento che l’altro lo guardò. -...è scomparsa-
Le sue gambe non ressero più il peso e lui cadde a terra come un bambolotto di plastica che non riesce a stare in piedi da solo. -Come...?- balbettò, confuso. -È uno scherzo, vero? Ti scongiuro, dimmi che è così, dimmi che mi stai prendendo in giro...ti supplico...- Una piccolissima parte di lui, il suo cuore, sperava ancora nell’impossibile. L’altra, però, la ragione, sapeva che quella flebile speranza era solo una mera illusione, un’utopia.
-Il segnale del suo Styler è sparito e lei pure-
Leo tentava di parlare, di dire qualsiasi cosa, ma invano. Aveva la gola secca e i suoni non gli uscivano dalla bocca. Calde lacrime sgorgarono dai suoi occhi, precipitando sui fili d’erba, mentre questa veniva stretta convulsamente dal ragazzo distrutto e scosso dai singhiozzi. Dopo un secondo di sorpresa, le tre giovani, che erano rimaste in disparte fino a quel momento, entrarono in azione e si fiondarono sul compagno disperato, anche se non sapevano con esattezza cosa avrebbero potuto fare per consolarlo. Turtwig gli era già accanto.
-Mi dispiace, è colpa mia, sono stato io a farvi la proposta di dividerci, non avrei mai dovuto, è stato un errore imperdonabile...mi dispiace!- disse Koito a macchinetta, senza quasi fermarsi per respirare, tutto il suo discorso preparato accuratamente andato in fumo. Pensava che, dicendo così, il suo amico se la sarebbe presa con lui, anche se non nascondeva che si sentiva davvero in colpa...cosa sarebbe accaduto se non fosse stata Luna ad andare con Mikio? Anzi, con Phibrizio. Non dovevano più rivolgersi a lui con un nome fittizio.
Leo, però, non si arrabbiò con lui. Non ebbe nessuna delle reazioni che gli altri si sarebbero aspettati da lui. Semplicemente, molto semplicemente, si lasciò sfuggire una breve e amara risata dalle labbra tremanti e scosse la testa, per poi asciugarsi gli ultimi residui di lacrime con un braccio. Stettero tutti zitti. -No, la colpa non è tua, affatto...è tutta mia. È sempre stata colpa mia, pure per quella volta, quel giorno di tanti anni fa- A quella frase, i compagni fecero delle espressioni confuse. -Tu hai fatto una proposta sensata e logica, che io stesso ho accolto e accettato con entusiasmo. No, tu non centri niente, al contrario di me. Io...i-io avevo promesso di proteggerla, avevo giurato sia a lei che a me stesso che quegli eventi non si sarebbero ripetuti mai più, che...che...io avevo promesso, ma ho fallito miseramente. Adesso, senza di lei, nulla ha senso- disse con un tono disarmato. Aveva smesso di stringere i fili d’erba e i suoi singhiozzi erano cessati, tuttavia i suoi occhi erano spenti e non scintillavano come in passato, mentre le sue iridi verde smeraldo, che prima sembravano pietre preziose, in quel momento somigliavano a dei cocci di vetro rotto.
Turtwig, lo sguardo colmo d’apprensione, si avvicinò e strofinò il muso contro il braccio dell’amico.
-Leo...- Lidia, memore di ciò che il ragazzo le aveva confidato quando stavano camminando verso il Villaggio Cicole, non resistette oltre e, dopo essersi inginocchiata accanto a lui, lo cinse con le braccia. Quest’ultimo chiuse le palpebre e una salata goccia fuggiasca gli scese sulla guancia. -Non è colpa tua, non è colpa tua, Leo...!- gli sussurrò all’orecchio con voce spezzata -Non è colpa tua...- Lo continuava a ripetere come un mantra, come se fosse l’unica cosa di cui era certa a cui aggrapparsi, l’unico punto fermo in quel mondo che non smetteva di girare. Nara, mettendo da parte tutto il resto, si unì alla stretta.
Amber, invece, che essendo molto insicura non sapeva mai come comportarsi, solo in quel momento comprese cos’era il vero coraggio e decise di essere forte per davvero, prendendo in mano quella situazione critica. -Koito- disse, rivolgendosi al giovane dall’altro capo della chiamata, non ancora interrotta.
Quest’ultimo, chiamato in causa, si riscosse. -Sono qui-
-Koito, cosa credi dovremmo fare?-
Lui ci rifletté qualche secondo. -Dovremmo...dovremmo tornare alla Federazione e dire tutto al Professore, incluse alcune cose di cui non vi ho ancora informato. Poi...dovremmo preparare un piano d’attacco. Il colpevole di questa tragedia...- Assunse un’espressione irata ma allo stesso tempo pericolosamente controllata. -...dovrà vedersela con noi-
-Sono d’accordo. Ci troviamo alla Federazione-
-Sì. Ci troviamo lì, avviso io gli altri. Passo e chiudo-
La chiamata si interruppe e Amber sospirò, spostando poi lo sguardo sui tre compagni, ancora abbracciati, che sciolsero la stretta dopo qualche istante.
Nara fu la prima a rimettersi in piedi, mentre i restanti due la imitarono con più lentezza. -Abbiamo ascoltato ogni singola parola- disse -Andiamo?-
-Aspettate un attimo- si frappose Lidia -Siamo vicini al Centro Ranger, non potremmo...- Fare cosa, salutarli? Fare rapporto? Spiegargli perché erano di fretta e dovevano scappare subito? No, ci avrebbero impiegato troppo tempo. -Niente. Gli invieremo un messaggio più tardi, adesso non abbiamo un minuto da perdere. Leo...?-
Quest’ultimo alzò lo sguardo, che aveva tenuto basso fino a quel momento, e annuì. -Andiamo- I suoi occhi di vetro spezzato, prima spenti, erano ora illuminati da una quanto mai pericolosa scintilla promettente vendetta, causata da un immenso dolore.
Amber si sentì scossa nel profondo da quell’espressione, diversissima da quella che aveva il ragazzo di solito, ma decise che ci avrebbe pensato in un altro momento. Come aveva detto giustamente Lidia, non avevano un minuto da perdere. -Se siamo tutti d’accordo, allora potremmo incamminarci-
 
Così fecero. In silenzio, si avviarono verso la Federazione e non ci impiegarono molto per raggiungere la meta, col loro passo rapido. Dopodiché, si misero ad attendere i compagni, che dovevano partire da molto più lontano. Ogni membro del gruppo era perso nei propri pensieri, che turbinavano come impazziti. Come biasimarli, d’altronde? Nell’ultimo periodo si erano susseguiti degli avvenimenti inaspettati, alcuni forse troppo, a cui non erano stati preparati. Ormai, però, non erano più i ragazzini di prima ed erano pronti a tutto.
 
 
Spazio dell’autrice
Salve! Allora, piaciuto il capitolo? Sì, no, forse? Non esitate a dirmi cosa ne pensate e a darmi il vostro parere! Lo ammetto: nonostante l’abbia dovuto tagliare perché stava venendo fin troppo lungo...mi sembra che sia breve. Magari perché l’ho stravolto malissimo e all’inizio, nella mia mente, era molto diverso. Comunque, come promesso (?) in questo capitolo vengono date le risposte ad alcune domande poste in precedenza, anche se come al solito quando si fornisce una risposta mille altre domande spuntano fuori.
Ringrazio sempre tantissimo tutte quelle belle personcine che seguono e commentano questa storia! Grazie!
A presto!

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Capitolo 26
*** Rivelazioni ***


 
 
 
Rivelazioni
 
-Diventeremo Ranger!-
-Giusto, in questo modo potremo ricambiare il favore-
-E saremo noi a proteggere i Pokémon-
-Sì!-
-Ah, Leo, però...-
-Dimmi-
-...resteremo insieme, vero?-
-Certo, Lu! Non ci lasceremo mai, te lo prometto!-
 
-Te lo prometto...-
 
-Cosa, Leo?-
La voce di Lidia lo riscosse. -Ah, no, niente, scusa...stavo solo pensando ad alta voce- Non se n’era nemmeno accorto. Tentò di sorridere come suo solito, ma fallì, come se non ne fosse più capace. Forse, in effetti, era così.
-No, scusami tu...- Stava pensando alla gemella, ovviamente; non ci voleva un genio per capirlo, era palese. D’altronde, come biasimarlo? Luna era al centro dei pensieri di tutti loro e non potevano nemmeno immaginare cosa significasse perdere una sorella. Se fosse capitato a lei...cosa avrebbe fatto?
-Oh, sono arrivati gli altri- esclamò Nara all’improvviso, strappandoli a quelle riflessioni e puntando lo sguardo su due gruppi provenienti da direzioni diverse che stavano camminando a passo svelto verso di loro. Uno, però, era tristemente privo di due membri.
Leo si sentì mancare un battito quando Candice e Tsukiko sbucarono da dietro una curva, da sole, e la dura realtà polverizzò quel briciolo di speranza che gli era rimasto aggrappato con testardaggine al cuore, a dispetto di tutto. Aveva sperato, infatti, che un miracolo si sarebbe realizzato, ma era solo un povero illuso, uno stupido. La speranza, poi...in quel momento gli sembrava inutile: serviva soltanto a nutrire false aspettative e deludere nel peggiore dei modi. Forse, inoltre, quella tanto sbandierata connessione fra gemelli non era mai esistita, perché lui credeva che nel caso fosse successo qualcosa alla sorella sarebbe stato il primo a saperlo, senza il bisogno che glielo dicesse qualcuno, invece...invece non se n’era manco accorto, non l’aveva sentito.
Tutti, comunque, nessuno escluso, guardarono per prima cosa il gruppo dell’Altopiano, in automatico, ed ebbero molte reazioni diverse. Le due ragazze, le uniche superstiti, parevano distrutte, fisicamente ma soprattutto psicologicamente, e in effetti lo erano. Avevano ovunque graffi e ferite superficiali, le loro uniformi non erano più perfette, con strappi e stropicciature in molti punti, e le loro espressioni tradivano una certa ansia, però si sforzarono di non cedere proprio in quel momento. Candice si avvicinò a Leo. Prima di compiere ogni altra azione, aveva la ferma intenzione di parlargli: si sentiva la principale responsabile della tragedia che aveva colpito sua sorella, perché se avesse agito in maniera differente forse l’avrebbe potuta salvare.
-Leo, io...- iniziò, venendo interrotta subito.
Dopo un breve attimo in cui il ragazzo era rimasto a fissare il vuoto, i suoi occhi si erano spostati su quelli della compagna, anche se a lei sembravano molto diversi da come li ricordava, più spenti. Quanto poteva essere cambiato? Phibrizio non sapeva ancora che tremendo nemico si era creato. -Non è nemmeno colpa tua. Come ho già detto a Koito, è tutta mia. Però ti ringrazio, Candice-
-Mi...ringrazi?- Sgranò gli occhi, incredula: pensava che avrebbe avuto una reazione molto differente.
-Sì, ti ringrazio. Ho la netta sensazione che le cose sarebbero andate molto peggio se non ci fossi stata tu, anzi, se non ci foste state voi- Si rivolse anche a Tsukiko. -Grazie. Adesso mi sa che dovremmo andare-
Detto questo, indicò la Federazione e cominciò a salire le scale, imitato dagli altri. Era giunta l’ora che il professore venisse al corrente dei risultati dei controlli.
 
***
 
Frenesio aveva iniziato a fare ricerche su quel giovane, Mikio, subito dopo aver salutato i ragazzi. Da qualche parte aveva già sentito quel nome, ne era sicuro, anche se non ricordava dove. Dato che indossava un’uniforme da Ranger completa di Styler, doveva aver per forza frequentato l’Accademia e proprio nei suoi registri aveva cercato le prime informazioni, trovandole solo dopo un po’ a causa di un particolare imprevisto. Aveva scoperto delle cose molto interessanti su di lui...
 
I giovani entrarono in massa nel laboratorio, mentre il professore era impegnato in riflessioni riguardanti molti ambiti diversi. Quest’ultimo, comunque, le interruppe per dargli il bentornato, però notò all’istante che qualcosa non andava, o per meglio dire che qualcuno mancava.
-Salve ragazzi, sono lieto di vedervi di nuovo qui, anche se devo ammettere che non mi aspettavo l’avrei fatto così presto-
Questi ultimi si scambiarono delle occhiate ansiose. Alla fine, Candice si fece coraggio e parlò. -Buongiorno, professore. C’è un motivo preciso se siamo tornati oggi e non credo le piacerà. Abbiamo molte cose da riferirle-
L’uomo cominciò a preoccuparsi. -Questo motivo...centra per caso con il fatto che quella giovane Ranger e Mikio non sono qui con noi?- chiese, scuro in volto. All’inizio aveva pensato che fossero in ritardo per qualche ragione, ma...
-Non lo chiami più in quel modo, per favore. Quello non è il suo vero nome, ci ha mentito. Inoltre...è lui la causa della scomparsa di Luna- s’intromise Tsukiko, stringendo i pugni per la rabbia che provava verso Phibrizio e verso se stessa, per non essere stata capace di fare niente. In realtà, aveva anticipato i compagni, dato che i sentimenti erano gli stessi.
Frenesio, a quella frase, sgranò impercettibilmente gli occhi e aggrottò le sopracciglia, creando una ruga sulla fronte. -In effetti ci ha mentito, almeno per metà, tuttavia ne riparleremo in seguito. Piuttosto, raccontatemi con calma cos’è accaduto e cosa avete scoperto-
Con calma, eh? Più semplice a dirsi che a farsi. In ogni caso, uno a uno i ragazzi presero la parola, a partire dalle uniche superstiti del gruppo dell’Altopiano, e il tempo passo senza che nessuno se ne accorgesse. Candice e Tsukiko raccontarono a turno di come si erano separate da Luna e “Mikio” e avevano notato che il segnale dello Styler di lei era sparito, comprendendo poi chi era il giovane “Ranger” e quello che aveva fatto; coloro che erano andati al Castello di Almia, invece, dissero cosa li aveva portati a incontrare il Ninetales che, attraverso l’illusione di quello che assomigliava a un principe, gli aveva fatto scoprire cose incredibili e li aveva informati del fatto che qualcuno un tempo sigillato era stato risvegliato da tre chiavi, dopo che qualcun altro  era scomparso; quelli che non avevano ancora parlato, infine, ricordarono come avevano conosciuto uno strano tipo che si era proclamato membro dei Cavalieri della Notte, che a quanto pareva era il più grande team di Almia, e che aveva intenzione di metterli fuori gioco con uno Styler modificato per ordine del suo capo.
Al termine del lungo racconto, Frenesio, che fino a quel momento era rimasto in silenzio ad ascoltare concentrato la storia, annuì e aprì bocca per la prima volta, sorprendendo tutti con quello che disse. -Mh, me l’aspettavo-
-In che senso, professore? Cos’è che si aspettava? Vuole forse darci a intendere che ci ha fatto fare inutilmente questo viaggio?- chiese Midori, la quale si poteva permettere di parlargli in quella maniera avendoci più confidenza.
-No, affatto. Al contrario, il vostro viaggio mi è stato molto utile per confermare molte ipotesi che avevo fatto.  Mai mi sarei immaginato che quel ragazzo fosse in realtà un criminale, ma con le vostre preziose informazioni possiamo capire il suo piano e preparare il contrattacco per fermare questa pazzia una volta per tutte. Intanto invierò una squadra di Ranger nei pressi dell’Altopiano e delle Rovine Cromane. Non tutto è perduto- disse, rivolgendo uno sguardo a Leo in particolare nel pronunciare l’ultima frase. Che una debole fiaccola di speranza ardesse ancora?
-Quindi, professore?- riprese Midori, decisa a tirargli fuori quel che sapeva -Di cosa ha avuto la conferma?-
Lui annuì. -Come vi ho comunicato qualche giorno fa, le vibrazioni che ben ricordate hanno avuto il loro ipocentro nelle tre zone che avete visitato e che, guarda caso, avrebbero potuto essere collegate a un’antica leggenda. Ebbene, la mia ipotesi era corretta: queste aree sono connesse alla Leggenda dei Regi, conosciuta solo di una cerchia ristretta di persone-
-La leggenda dei...un attimo, con Regi intende mica i golem leggendari?- domandò Candice, che avendo letto molti libri sapeva molte cose sui Pokémon.
-Sì, esatto, vedo che sei piuttosto informata. Con Regi si intendono Regirock, Regice e Registeel, insieme al loro capo Regigigas. La leggenda narra che in tempi remoti un Pokémon antico spostò i continenti nelle loro posizioni attuali trascinandoli con delle corde. Quando finì, creò tre Pokémon a lui somiglianti: Regirock, dall’argilla, Regice, dal ghiaccio, e Registeel, dal magma. I popoli contemporanei li veneravano, ma, vedendo l’enorme potenza di Regigigas, lo imprigionarono nei sotterranei di un tempio, mentre i tre golem vennero separati da lui e sigillati in luoghi diversi. Furono lasciati dei messaggi in braille per chiunque avesse scoperto la Sala Incisa, nella regione di Hoenn, con la speranza che un giorno qualcuno li avrebbe catturati e controllati e avrebbe così potuto controllare con il loro aiuto pure Regigigas. Purtroppo per noi, quel qualcuno è stato Phibrizio, che, poco ma sicuro, non ha nobili intenzioni-
Erano rimasti tutti abbastanza sorpresi da quelle rivelazioni e stavano aspettando che il professore finisse di parlare, ma Koito lo interruppe, non resistendo dal commentare. -Sì, perché ai popoli antichi non era nemmeno passato per l’anticamera del cervello che questo potere avrebbe potuto cadere nelle mani sbagliate- Era strano vedere un tipo come lui così arrabbiato.
-Però...come ha fatto Phibrizio a venire a conoscenza di questa leggenda? Lei ha detto che è nota ad una cerchia ristretta di persone. Inoltre, Hoenn non è vicinissima- Rita spostò di nuovo il discorso sulla leggenda, non volendo che l’umore generale diventasse ancora più nero.
Frenesio riprese. -Non so come ne sia venuto a conoscenza, tuttavia quel ragazzo è intelligente e abbastanza informato sui Pokémon. Sarebbe divenuto un buon Ranger, se soltanto avesse voluto. Forse aveva dei contatti a Hoenn, oppure ha avuto una discreta dose di fortuna. In ogni caso, in qualche maniera ha catturato i tre golem e ora controlla il loro capo. Con molte probabilità, i terremoti degli ultimi mesi sono stati causati proprio da lui, che con la sua forza colossale è capace di spostare interi continenti- concluse.
Amber aggrottò le sopracciglia, confusa. -Scusi, se Phibrizio controlla un Pokémon del genere, allora perché non usa il suo potere per raggiungere i suoi scopi?-
L’uomo fu felice di rispondere a quella domanda: era in attesa di qualcuno che gliela ponesse. -Perché non può, o meglio, non può ancora. Dovete sapere che l’abilità esclusiva di Regigigas è Lentoinizio, che fa sì che i suoi attacchi e la sua velocità siano rallentati per un lungo periodo successivo al suo risveglio. Questo è un grosso vantaggio per noi, per ragioni che potete ben immaginare-
Una buona notizia, finalmente. I visi dei ragazzi si illuminarono: avrebbero avuto il tempo per preparare un contrattacco coi fiocchi, al quale quel criminale non avrebbe avuto scampo.
-Professore, come ha fatto a capire tutto questo, partendo dalle nostre informazioni?- chiese Lidia, sentendosi una giornalista che fa domande al brillante investigatore di turno che ha risolto il complicatissimo caso di turno.
-Per cominciare, in ognuna delle zone che avete visitato c’era la stessa situazione, per quanto riguarda i Pokémon, visto che erano molto spaventati. Inoltre, quel giovane vestito in abiti regali a cui avete accennato era davvero un principe, per l’esattezza il principe Blu della leggenda Il Re di Almia e i Tre Principi, che ha abitato nel castello, mentre quel “qualcuno di importante” scomparso era Regice e le tre chiavi sono i golem leggendari, che sono stati riuniti per risvegliare Regigigas, un tempo sigillato. Per finire, il ragazzo di cui mi avete parlato, membro dei Cavalieri della Notte, ha ammesso di essere colpevole della parte più interna della Foresta di Vien e di conseguenza, dato che obbedisce agli ordini di Phibrizio è colpa di quest’ultimo, capo del team-
-Comunque, per preparare un buon piano di contrattacco, ci serve sapere dov’è quel pazzo- s’intromise Zero, serio come non lo era mai stato.
L’uomo annuì e accese la lavagna multimediale, proiettando una mappa della regione. -Certo. Prima, però, dovete sapere che la leggenda, scritta con l’alfabeto braille, recita così...- Aprì un’ultima finestra sulla lavagna con il testo:
 
Questa grotta fu la nostra casa
Ai Pokémon dobbiamo tutto
Ma dovemmo rinchiuderli in un luogo segreto
Ne avevamo paura
Se avrai coraggio e speranza
Dietro ad una porta troverai un Pokémon eterno
 
In seguito riprese. -Questo posto si trova nel tempio in cui è stato rinchiuso il Pokémon eterno, Regigigas. Tempio per niente difficile da individuare, perché è l’unico ad Almia...-
Il Tempio Hippowdon. Il luogo si colorò di rosso.
-...e Phibrizio deve essere per forza lì- concluse Nara, con la sensazione di aver appena trovato la soluzione.
-Esatto. Per oggi, però, è abbastanza. Ho bisogno di fare altre ricerche, perciò ne riparleremo domani- Manco a dirlo, si levò un sonoro coro di protesta che venne ignorato. Frenesio stava per spegnere la lavagna, ma Midori lo fermò.
-Professore, a proposito di cose di cui voleva parlarci, vorrei porle un’ultima domanda-
Cenno di assenso.
-Perché ci ha detto che Phibrizio ci ha mentito per metà, riguardo al suo nome?-
Lui fece un’espressione stupita. -Brava, Midori, me n’ero dimenticato. Ho detto così per questo motivo...- Aprì una nuova scheda sul computer, quella dei registri dell’Accademia. Poi, cliccò su un nome in particolare: Mikio Shirota.
I ragazzi trattennero il fiato, increduli davanti a quello che stavano vedendo.
Vicino al nome, in allegato, c’era la foto di un giovane con i capelli neri e gli occhi azzurri, chiarissimi, con sprazzi dorati. Gli stessi occhi di Phibrizio.
-Il suo nome mi sembrava familiare, ma non riuscivo in alcun modo a ricordare dove l’avessi sentito. Questo perché ci ha mentito sul suo cognome. Mikio Shirota si è diplomato all’Accademia ed è diventato un Ranger, recandosi poi nella regione di Fiore per completare il suo addestramento. Durante la sua permanenza lì, però, un giorno è stato coinvolto in un incidente ed è scomparso, portando con sé tre dei suoi compagni, che si erano diplomati nel suo stesso anno. Non è più tornato...fino a oggi-
 
 
Spazio dell’autrice
E con quest’ultimissima rivelazione si conclude questo capitolo pieno zeppo di sorprese! Per una volta credo di aver azzeccato il titolo. Mi dispiace per la brevità, credevo che venisse più lungo. Comunque, cosa ne pensate? Per caso avevate indovinato la causa dei terremoti e la leggenda a cui si era accennato nei capitoli precedenti? Sono curiosissima! Parlando di capitoli, ho una buona notizia: in queste settimane ho avuto la possibilità di scrivere tanto, quindi il prossimo arriverà esattamente fra due sabati!
Come al solito, ringrazio tutti coloro che continuano a seguire questa storia e che mi danno i loro pareri!
Alla prossima!

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Capitolo 27
*** Ciò che accadde quel giorno ***


 
 
 
Ciò che accadde quel giorno
 
Leo si accasciò a terra, la schiena appoggiata al tronco di un albero, in posizione fetale. Appena il professore li aveva congedati dandogli appuntamento per la mattina successiva nonostante le proteste, lui si era diretto a passo spedito verso l’esterno, per poi entrare nel bosco e potersi lasciare andare. I suoi compagni, preoccupati, avevano provato a fermarlo, ma lui aveva un disperato bisogno di solitudine e aveva apprezzato il fatto che non l’avessero seguito. Lontano da tutto e da tutti, non si sforzò più di mantenere la calma e fu libero di sfogare la sua rabbia e il suo dolore, emozioni che aveva soppresso fin troppo a lungo e che non poteva più trattenere. La sua mente continuava ad andare a ricordi e pensieri spiacevoli. Se solo fosse andato lui, al posto della sorella, all’Altopiano, se solo l’avesse convinta a restare insieme, se solo...no, “se solo” non gli avrebbe riportato Luna. Inoltre, anche se per ipotesi fosse caduto lui vittima di quella trappola mortale, lei ne sarebbe stata distrutta. Doveva rialzarsi, fare qualcosa. Però...cosa? Era scomparsa. Per sempre. Benché il professore avesse affermato che non tutto era perduto, lui non riusciva più a crederci. Niente e nessuno gliel’avrebbe riportata, nemmeno un miracolo. I miracoli non si verificavano, non esistevano. Una volta che la speranza svanisce, rimane soltanto la disperazione. L’unica cosa che gli restava da fare era fermare i folli piani di conquista del mondo di Phibrizio. Dopo...non lo sapeva. Non era capace di immaginarsi un futuro. Non per lui. Senza la gemella, la sua vita non aveva più un senso.
Ad un certo punto sbatté con forza il pugno a terra. Non percepì alcun dolore. Quello che aveva dentro bastava e avanzava.
Restò così, in quella posizione scomoda, per ore e ore, talmente tante da perderne il conto. Al ragazzo dagli occhi di vetro era passato per la mente che i compagni si sarebbero potuti preoccupare per la sua assenza, ma, appunto, era ormai passato. Aveva ancora un’estrema necessità di stare da solo.
 
All’improvviso, sentì Turtwig che strusciava il muso sulla mano stretta a pugno poggiata a terra, per attirare la sua attenzione. Leo non si era manco accorto della sua venuta, chiuso com’era al mondo esterno. Alzò il capo e si voltò per guardarlo, per notare che sembrava parecchio in ansia per lui. Si sentì un mostro, per quello che doveva avergli fatto passare.
-Turtwig...- mormorò con un flebile sussurro spezzato, stupendosi di non riconoscere la sua stessa voce.
Il Pokémon, per tutta risposta, gli saltò in braccio ed emise un verso preoccupato. Leo pensò di essere proprio in uno stato terribile.
-Amico mio, dimmi la verità: tu credi davvero che Luna sia...sia...- Riprese fiato per qualche attimo. -Tu credi davvero che Luna sia scomparsa? Perché io non lo so più...- Di chi doveva fidarsi? Dei fatti o del suo cuore?
Turtwig scosse la testa.
Leo sgranò in modo impercettibile gli occhi. -Sul serio? Allora cosa dovrei fare?- Aveva bisogno di una risposta a quella domanda che lo assillava da ore.
Il Pokémon, a quel punto, saltò per terra e fece un cenno all’amico in direzione della Federazione, provando intanto a trascinarlo per un braccio. L’ultima volta che l’aveva vista, Luna gli aveva raccomandato di stare accanto al fratello. Una frase che, come aveva capito, nascondeva miliardi di significati diversi, incluso quello di stargli accanto nel caso le fosse accaduto qualcosa, e lui l’avrebbe fatto.
-Per favore, non tirarmi, non me la sento di venire...- replicò debolmente. Voleva restare lì, ancora per un po’. Forse, sarebbe addirittura rimasto fino alla mattina successiva, in cui si sarebbe, come sperava, discusso del piano da adottare per il contrattacco. In quel momento, il suo unico obiettivo nella vita era la vendetta, per quanto suonasse male pure alle sue stesse orecchie. Non avrebbe mai voluto diventare una persona del genere e sapeva che la gemella non l’avrebbe mai e poi mai approvato, ma...
-Dovresti, invece- ribatté una voce ben conosciuta, che lo colse di sorpresa anche per l’assenza di quella nota di divertimento che la caratterizzava.
-Zero?!- Che ci faceva lì? Quando era arrivato?
Lui sbuffò. -Sì. Piantala di fissarmi in quella maniera e rialzati, veloce. Cos’è, senza tua sorella non sei capace di far niente, a parte disperarti?-
Inutile dire che quella frase suscitò all’istante l’effetto desiderato. Leo si innervosì e fece per replicare, venendo interrotto prima che potesse parlare.
-Se sei capace di fare qualcosa, allora alzati e reagisci!- Quelle parole colpirono il giovane dagli occhi di vetro più di molte altre. -So che hai la forza per farlo- concluse l’amico, avvicinandosi e tendendogli la mano. Lui la afferrò senza esitazione e le iridi presero a brillargli di una determinazione nuova.
-Era ora che ti dessi una svegliata, non sopportavamo più il fatto di vederti in quella situazione- s’intromise Nara, sbucata da chissà dove.
Uno a uno, fecero la loro comparsa tutti i suoi compagni con i rispettivi partner e gli occhi di Leo si sgranarono come mai avevano fatto: quel giorno gli arrivavano tutti vicino di soppiatto e non se ne accorgeva, ormai era diventata un’abitudine. Magari avrebbe dovuto fare una visita per l’udito, era preoccupante.
-Ma come...quando...-
-Eri talmente tanto assorto nei tuoi pensieri che  non ti sei manco reso conto della nostra venuta in massa- scherzò Lidia ripensando a loro che sobbalzavano ad ogni rametto spezzato per timore di fare troppo rumore.
-In effetti...- Leo si scompigliò i capelli, imbarazzato. Da quanto erano lì? Tentò addirittura di sorridere, però riuscì giusto a sollevare un angolo della bocca.
-Ehi- disse Rita all’improvviso, dopo una manciata di secondi di imbarazzante silenzio -Domani, succeda quel che succeda, prepareremo un piano e fermeremo quel criminale- Aveva parlato con un tono molto calmo, ma al contempo talmente deciso e fermo che era assai difficile non crederle. Quella, tuttavia, aveva tanto l’aria di una promessa e il ragazzo dagli occhi di vetro non era più capace di aver fede in un giuramento. Avrebbe reagito, questo sì, ma non si sarebbe illuso una seconda volta.
Comunque, non ci fu nessuno in disaccordo con quell’affermazione: il parere era unanime.
Ci fu qualche attimo di quiete, in cui gli unici suoni che si udirono furono i fruscii delle fronde degli alberi e i cinguettii degli Starly.
Ad un certo punto, Amber parlò. Era ancora un po’ timida, ma, stando con coloro che erano divenuti suoi amici, era diventata molto più sicura di sé. Non aveva più paura di comportarsi in modo sbagliato, perché sapeva che i suoi compagni non l’avrebbero giudicata. -Leo, scusa...posso farti una domanda?- Per quanto ci provasse, non riusciva a togliersela dalla testa. Era più forte di lei.
Lui parve confuso, tuttavia annuì.
-Perché ti continui a ripetere che la colpa di quel che è successo è tua?- Aveva posto una questione forse troppo diretta, ma a volte non era proprio capace di frenare la sua curiosità. -Questa mattina hai accennato a qualcosa accaduto molti anni fa-
Il giovane, come prima reazione, sgranò gli occhi sorpreso: si era lasciato sfuggire sul serio una frase simile? In seguito, si incupì e si strinse le braccia al petto.
-Ehi, sappi che se non ti va di parlarne non sei obbligato. Mi dispiace, a volte sono proprio un’impicciona...-
-È una storia un po’ lunga da raccontare...- la interruppe stupendo tutti, lo sguardo velato smarrito nel baratro dei ricordi. Quelle erano cose che non tirava mai fuori, nemmeno con la sorella, ma i suoi compagni meritavano una spiegazione. Però...da dove cominciare? -Avete voglia di ascoltarla dall’inizio?-
Cenni di assenso.
Il tempo pareva essersi fermato.
Leo prese un respiro profondo prima di continuare. -Io e Luna siamo gemelli, anche se con dodici ore di differenza. Siamo sempre stati insieme, sin dalla nascita, e non ci siamo mai divisi. Mai. Non ne avevamo la minima intenzione: stavamo bene così e non avevamo bisogno di nessun altro. Condividevamo tutto, pure la più piccola cosa. Eravamo davvero inseparabili. Un giorno uscimmo per giocare e ci addentrammo in una parte di isola che non conoscevamo, lontano dal centro abitato e vicino ad una scogliera. Mentre ci divertivamo a rincorrerci, arrivammo nei pressi della rupe senza renderci conto del pericolo; quando lo facemmo fu troppo tardi. Luna cadde, riuscendo miracolosamente a tenersi ad una sporgenza. Io tentai di tirarla su, disperato, ma l’unica cosa che ottenni fu di essere trascinato giù insieme a lei. Poi...un Ranger ci salvò la vita, con l’aiuto di Turtwig-
Il Pokémon emise un verso, come a dire che era proprio lui quello di cui il suo partner stava parlando e il ragazzo si lasciò sfuggire un sorriso.
-Quel giorno...- riprese -...rischiammo di morire ed è per questo che siamo diventati Ranger, per essere come il nostro eroe e per proteggere i Pokémon, perché se non fossero esistiti io non sarei qui a raccontarvi questa storia. In effetti, è la prima volta che lo faccio. I nostri genitori non sono mai venuti a saperlo: noi gli dicemmo solo che avevamo conosciuto per caso Raimondo, il Ranger, quando ci aveva dato una mano nel momento del bisogno e che volevamo diventare come lui...- Fece una pausa: quella bugia, quel segreto che non aveva mai rivelato a nessuno, gli pesava tuttora. -Comunque, né io né mia sorella ci siamo mai dimenticati quell’esperienza. D’altronde, come avremmo potuto? Luna fa...- Cacciò indietro una lacrima e si corresse. -...faceva ancora incubi al riguardo. Non me lo diceva mai e tentava di nascondermelo, però io lo sapevo e capivo benissimo quando li aveva. Lei ha sempre creduto di essere la responsabile di quell’incidente. Ne era convinta, ma si sbagliava...la colpa era mia, totalmente mia- Strinse le mani a pugno per la frustrazione. -Questo perché se mi fossi accorto prima del pericolo e avessi avvertito Luna in tempo, lei non sarebbe precipitata. Dopo quel giorno, ho sempre avuto paura di perderla, una paura tremenda. Le ho promesso che non ci saremmo mai lasciati, ho giurato a me stesso di proteggerla, però ho fallito e lei non è qui con me. Fine della storia-
Dopo che ebbe finito di parlare, ci fu un silenzio pesante e denso, che nessuno sapeva come rompere. Poi, il tempo si sbloccò.
-La ritroveremo, Leo- disse Koito -La ritroveremo- Un'ulteriore promessa.
 
***
 
Phibrizio giunse nella stanza nascosta dove si trovava Regigigas, il lungo mantello viola che svolazzava ad ogni suo movimento. Cacturne lo seguiva pochi passi più indietro. Appena era arrivato alla sua base nel tempio, si era cambiato quella fastidiosa uniforme da Ranger, che un tempo lontano era stata quella di Mikio, e aveva indossato il suo completo preferito: maglietta nera aderente a maniche lunghe, giubbotto viola aperto e morbido senza maniche, guanti senza dita dello stesso colore, cintura abbinata con appeso un rampino, lunghi pantaloni neri elastici e scarponcini comodi, di quelli che si usavano per le scalate. Al braccio portava ancora il suo Styler opportunamente modificato, riverniciato di viola e di nero. Il tutto, unito alla chioma variopinta, stonava un po’, ma lui aveva una distorta concezione dell’eleganza e non faceva molto caso all’abbinamento dei colori.
Nella sala, comunque, non era solo: molti membri del team si trovavano attorno ai piedistalli presenti, mentre i suoi tre generali giravano fra loro per tenere tutte le attività sotto controllo. Benché questi ultimi avessero notato il suo arrivo e lo stessero aspettando con evidente impazienza, lui si concesse qualche attimo per ammirare i Pokémon leggendari catturati. Dentro di sé rise e le iridi gli scintillarono: era la prima persona in assoluto ad aver compiuto quell’impresa, era un genio. Se non avesse tradito i Ranger nella maniera peggiore, forse, chissà, la Federazione gli avrebbe dato pure un premio. O meglio, l’avrebbe dato al bravo e leale Mikio, di certo non a lui, Phibrizio. Dopo qualche istante di contemplazione decise che era arrivato il momento di parlare con i suoi generali e si diresse a passo risoluto verso di loro. I membri del trio, di riflesso, si avvicinarono a lui. Uno in particolare.
-Phibrizio- esordì questo, non sapendo cos’altro aggiungere. Aveva dei corti capelli blu e degli occhi color marrone scuro; la divisa, ancora sporca di terra, era identica a quella del capo dei Cavalieri, tranne per il fatto che il suo mantello era più corto e gli arrivava giusto a metà schiena, come i restanti due generali. I semplici subordinati, invece, non avevano alcun mantello e nessuno Styler.
-Sora. Com’è andata nella Foresta di Vien?- gli chiese, colmo di aspettativa.
Aspettativa che Sora avrebbe irrimediabilmente deluso. Avrebbe preferito mille volte essere inghiottito dalle sabbie mobili del Deserto Haruba, piuttosto che rispondere a quella domanda. Si sentiva un autentico incapace: il capo dei Cavalieri gli aveva dato un solo semplice ordine e lui non era stato in grado di eseguirlo. Come se questo non bastasse, era stato battuto da dei ragazzini. Dei ragazzini! Va bene che anche lui era giovane, ma era vero che aveva molti anni di esperienza in più rispetto a loro. La sua dignità si era scavata una fossa profonda e vi si era gettata dentro senza ripensamenti.
-E lo chiedi pure, Phibrizio?- s’intromise un altro generale dai corti capelli neri e dagli occhi blu, alzando un sopracciglio -Il fatto che sia andata male è palese. Utilizza un po’ di quell’intelligenza di cui tanto ti vanti e capiscilo da solo-
Erano in pochi coloro che potevano rivolgersi in quella maniera al capo dei Cavalieri e quei pochi erano proprio quei tre, i compagni prima di Mikio e poi di Phibrizio. Quest’ultimo alzò le mani davanti alla faccia, un segno di innocenza che non gli si addiceva per niente. -Sì, Drake, ho capito- Si rivolse a Sora. -Non ti preoccupare, per fortuna non era troppo importante, avrai l’occasione di rifarti- Dopotutto, la ragione principale per cui l’aveva inviato nel bosco era di far conoscere ai Ranger l’esistenza del team: metterne fuori gioco qualcuno era una cosa in più, anche se sarebbe stata ottima.
-E a te com’è andata? Si vede lontano un miglio che muori dalla voglia di parlarne: sembri al settimo cielo dalla gioia- disse l’ultimo generale, o meglio la generalessa: era una ragazza dagli occhi color marrone chiaro e dagli ondulati capelli biondo scuro tendente al castano sulle punte, che le arrivavano giusto sopra le spalle. Tyra Knight, un Cavaliere di nome e di fatto. Nonostante all’apparenza fosse molto delicata, era la più pericolosa dei tre e non bisognava sottovalutarla per nessun motivo.
-Hai ragione, Tyra: niente potrebbe intaccare la mia felicità- Dopo tanto tempo si sentiva di nuovo vivo. -È andato tutto come avevo previsto, anche se manovrare quegli stupidi come marionette è fin troppo facile- disse, con un sorriso entusiasta stampato in faccia -Presto i Ranger si dirigeranno in massa in questa direzione brandendo i loro inutili Styler come potenti spade, credendo di aver capito i miei piani e di potermi cogliere di sorpresa, senza il benché minimo sospetto di essere attesi a braccia aperte. Quando se ne renderanno conto sarà ormai troppo tardi, perché Regigigas si sarà completamente risvegliato e, ad un mio ordine, li distruggerà tutti, dal primo all’ultimo. A quel punto potremo prenderci la nostra vendetta e, con la minaccia di utilizzare la forza del capo dei golem contro le varie regioni, potremo assoggettare qualunque popolazione al nostro volere, conquistando infine il mondo intero- concluse, facendo un ampio e teatrale movimento delle braccia che venne accompagnato dal mantello.
Sora Harikeen, Drake Darkwing e Tyra Knight, i suoi tre generali nonché amici di lunga data, annuirono entusiasti: sui loro visi si era dipinta la stessa espressione di Phibrizio. Si sarebbero pentiti tutti di non averli ascoltati, anni prima.
 
 
Spazio dell’autrice
Salve a tutti! Allora, piaciuto il capitolo, anche se corto praticamente come quello precedente? Spero di sì! Il prossimo sarà decisamente più lungo e con molta più interazione da parte dei personaggi. Comunque, in questo episodio viene svelato uno dei tanti misteri di questa storia, ovvero il passato dei gemelli, e fanno la loro entrata in scena tre nuovi personaggi (O quasi: uno, infatti, l’abbiamo conosciuto nel capitolo 23)! Cosa ne pensate? Sono curiosissima di sentire le vostre opinioni!
Come al solito, ringrazio tutte le persone che continuano a seguire questa storia e che mi lasciano il loro parere, grazie davvero!
Alla prossima!

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Capitolo 28
*** Piano di contrattacco ***


 
 
 
Piano di contrattacco
 
Solito paesaggio, solita scena.
 
Il sole stava tramontando. Amber era seduta sull’erba, la schiena appoggiata al tronco di un albero, e si rilassava all’ombra delle sue fronde. O almeno cercava di farlo, per quanto gli eventi degli ultimi giorni glielo permettessero. Questa volta, però, non era da sola. Appoggiata di fianco a lei c’era Rita.
 
-Qualche giorno fa...- iniziò quest’ultima con lo sguardo fisso sull’orizzonte, attirando subito l’attenzione dell’altra -...ti ho detto che ti avrei fatto conoscere il mio compagno, quando l’avrei trovato-
Amber annuì. -Me lo ricordo- Non se n’era mai scordata, ovviamente, anche se parlare di pochi giorni prima sembrava come parlare di molti anni addietro, con tutto quello che era successo. Era strano. Era strano pensare che nemmeno una settimana prima erano studenti all’Accademia che sognavano di diventare Ranger.
-Ebbene, l’ho incontrato- Rita la strappò ai suoi ragionamenti, girandosi sorridente a guardarla. -Lui è Piplup ed è molto contento di conoscerti- concluse presentandole il Pokémon, che sbucò da dietro l’albero e la salutò allegro.
La ragazza dai capelli ambrati, alla sua vista, sorrise di rimando. Era davvero felice per l’amica. -Ciao anche a te, Piplup! E così adesso è il tuo partner ufficiale!- Lui e Shinx fecero conoscenza e si misero a giocare insieme.
-Sì!-
-Posso...ecco, potrei...-
-Cosa?-
-Mi piacerebbe farvi un ritratto-
-Un ritratto? Sarebbe bellissimo, sei bravissima!-
Amber arrossì fino alla punta delle orecchie. Si imbarazzava sempre tantissimo quando le facevano dei complimenti, forse perché non era abituata a riceverne. -Grazie, ne sono felice, anche se non sono poi così brava, è solo una...-
-Sì, sì, come vuoi- Rita frenò quel fiume di parole con un sorriso divertito in faccia. -A me, però, i tuoi disegni piacciono tantissimo-
-Grazie-
-Prego, è la verità. Comunque...- Si alzò da terra. -Adesso mi sa che dovremmo rientrare. Fra poco farà buio-
-Hai ragione- La imitò. -Ti farò il ritratto un’altra volta, quando avrò il mio blocco da disegno e non ci sarà un supercattivo folle che vuole conquistare il mondo da sconfiggere. Spero solo che domani riusciremo a trovare un modo per fermarlo...-
L’amica le mise una mano sulla spalla. -Ce la faremo, me lo sento- disse con sicurezza, cercando di rassicurare l’amica e un po’ anche se stessa.
La giovane dai capelli ambrati annuì. Si guardarono per qualche istante negli occhi e poi l’altra ritrasse la mano, sorridendo. Dopodiché, fecero cenno ai partner di andare e si incamminarono verso la Federazione con i Pokémon al seguito.
Il sole, alle loro spalle, scomparve all’orizzonte.
 
***
 
Solito paesaggio, solita scena.
 
Candice stava scrutando il panorama senza vederlo davvero, lo sguardo e la mente persi altrove. Non riusciva a smettere di pensare alle parole di Leo.
-Non è colpa tua- aveva detto.
Lei, però, non ci credeva. Non ci aveva creduto prima e non ci credeva adesso. Come poteva farlo? Era lei l'unica responsabile, anche se Leo aveva affermato l'esatto contrario. Lei era nel gruppo con Luna, lei aveva accettato la proposta di dividersi e sempre lei non aveva mosso un dito per fermare Mikio, Phibrizio o come caspita si faceva chiamare quando aveva potuto. Era rimasta a guardare la scena anziché fare qualcosa, qualsiasi cosa, e per colpa sua pure Tsukiko aveva rischiato di morire. Aveva perso una compagna e rischiato di perderne un'altra, tutto perché non aveva saputo valutare bene la situazione.
-Non è colpa tua- continuava a ripetere nella sua testa la voce della persona che più stava soffrendo e che, al posto di addossare la responsabilità sugli altri come sarebbe stato normale, li perdonava con un sorriso.
-Sì, invece- replicava mentalmente lei.
 
All'improvviso, una coppia di Pokémon, che non aveva nemmeno sentito arrivare da tanto era assorta, le saltò addosso e la fece finire dritta distesa per terra. I suoi pensieri, nonché il suo dibattito mentale, vennero interrotti in modo molto brusco. Quando si rialzò, notò che le due pesti che l'avevano fatta cadere erano due Eevee, che in quel momento stavano giocando a rincorrersi poco lontano da lei.
-Candice, è tutto a posto?!- esclamò una voce conosciuta con un tono preoccupato. Lidia la raggiunse di corsa. La prima non ebbe nemmeno il tempo di girarsi e rispondere che questa si rivolse ai Pokémon, non molto distanti -Peste Uno e Peste Due, a rapporto!- Udendo la chiamata, la coppia di Eevee si precipitò dalla ragazza. -Saltare addosso alla gente a quanto pare è il vostro gioco preferito, eh? Avanti, scusatevi con la mia amica- disse accennando a Candice, le mani appoggiate sui fianchi e l'espressione che doveva essere di rimprovero ma che alla fine risultava scherzosa come suo solito.
-Non ce n'è bisogno, va tutto bene- s'intromise l'altra.
Lidia si voltò verso di lei, lo sguardo interrogativo. -Sei sicura?-
-Sicurissima. Non l'hanno fatto con cattiveria- Forse in una situazione diversa si sarebbe innervosita, ma non in quella, non dopo tutto ciò che era successo: gli eventi dell'ultimo periodo le avevano fatto capire che cose come l'aspetto esteriore e l'apparenza non erano priorità come pensava.
-Però...- Prima si accigliò, poi sospirò e scrollò le spalle con un sorriso. -Va bene, se lo dici tu ci credo. Avete sentito, piccole pesti? Per questa volta siete perdonati, ma non fatelo più. Avete capito?-
Le pesti in questione, per tutta risposta, fecero dei cenni di assenso e mentre uno riprese a giocare in giro, l'altro si avvicinò a Candice e iniziò a strusciare il muso sulle sue gambe per essere coccolato. La giovane, un po' titubante, lo prese in braccio e, quando questo emise un verso contento, si concesse un sorriso. Amava stare con i Pokémon.
Lidia si passò una mano fra i capelli. -Questi due mi faranno impazzire...- borbottò fra sé e sé, per poi rivolgersi alla compagna -Me li ha affidati mia sorella ed io dovrei portarli con me finché non trovo il luogo adatto per liberarli, ma...- Sbuffò, scuotendo il capo. I due Eevee, sentendosi chiamati in causa, la guardarono con espressioni innocenti. -Sì, sto parlando di voi. Non fate finta di non saperne niente-
Candice si lasciò sfuggire un risolino e Lidia la guardò, sorpresa in maniera positiva: in un anno che la conosceva non l'aveva mai vista ridere o fare qualcosa di simile, sempre fredda e distaccata come sembrava. Fece una smorfia divertita.
-Scusa, in effetti non c'è niente da ridere- disse la prima.
L'altra scosse la testa. -Invece sì. Bisogna ridere su queste cose, per allontanare l'alone di sentimenti negativi che ci avvolge... C'è tempo per essere seri-
Candice fu colpita da quelle parole, più di quanto non voleva ammettere. Tutto ciò in cui credeva fermamente si stava sgretolando poco a poco davanti ai suoi occhi, rimpiazzato subito da qualcosa a cui non avrebbe mai pensato.
La compagna non parve accorgersi di questo suo scombussolamento interno, avendo spostato lo sguardo, e riprese a parlare, cambiando discorso. -Comunque sia, il sole sta tramontando, forse è meglio se cominciamo ad incamminarci-
-Sì, è vero, andiamo-
Lidia fece cenno all'Eevee che stava ancora giocando di seguirla e questo la raggiunse all'istante. L'altro non lo imitò, restando fra le braccia della compagna, e a quella vista la giovane Ranger sorrise. -Candice...Eevee sembra essere molto felice con te, lo sai? Secondo me vorrebbe diventare tuo partner-
-Il mio...partner?- Lanciò un'occhiata al Pokémon che stava accarezzando. -Ma...ne sei proprio sicura? Non dovevi trovare un luogo in cui liberarli?-
-Ne sono convinta- Le sorrise. -Il luogo in cui lasciare lui è accanto a te. Sono sicura che sarete una squadra fantastica- disse.
Candice osservò per qualche secondo l'esemplare di Pokémon evoluzione e solo in seguito si decise a parlare. -Eevee, ti andrebbe di diventare mio partner?-
No, ovvio. Non avrebbe dovuto domandarglielo. Si erano incontrati solo pochi minuti prima al massimo, non era possibile che... L'interpellato drizzò le orecchie e, con un verso entusiasta, annuì. Sì. Aveva detto di sì. La ragazza non riusciva a crederci. Sgranò gli occhi e subito dopo lo abbracciò.
Lidia sorrise ancora, davanti a quella scena, e poi si avviò in direzione della Federazione, seguita a ruota dall'altro Eevee e da un duo appena formato.
 
-Non è colpa tua-
-Nemmeno tua, Leo. Ora, dobbiamo reagire insieme-
 
***
 
Solito paesaggio, solita scena.
 
Koito stava riflettendo su ciò che era accaduto. Non nell'ultimo periodo, ma solo nell'ultima giornata.
Avevano perso Luna; avevano perso una compagna.
Leo aveva perso la gemella. Non riusciva nemmeno ad immaginare quale dolore si provasse a perdere una sorella.
Ad un certo punto, un pensiero lo colpì, forte e improvviso.
Eiji, suo fratello minore.
Cosa avrebbe fatto se l'avesse perso?
Come avrebbe reagito?
Scosse il capo, fra sé e sé. La verità è che non lo sapeva. Erano sempre stati invidiosi l'uno dell'altro e, proprio a causa di questa gelosia, un giorno Koito aveva ferito gravemente il fratello. Non si sentivano da un anno, come minimo. Però...però Eiji non aveva mai smesso di tentare di riallacciare i rapporti fra loro. Tirò fuori da una delle tasche dell'uniforme una lettera stropicciata, l'ultima che gli era arrivata e l'unica che non era stato capace di cestinare. Non sapeva che farci e non aveva osato leggerla né tanto meno aprirla, ma non aveva avuto il coraggio di strapparla. Perché? Perché ogni volta che la guardava si sentiva scombussolato? Non ne capiva il motivo. E soprattutto, perché se l'era portata in giro in lungo e in largo?
Se la rigirò fra le dita e poi, ripensando di nuovo al caso dei gemelli, invece che accartocciarla la ripose con cura nella tasca. Aveva deciso che, dopo che avrebbero messo la parola fine alla storia di Phibrizio, avrebbe letto quella missiva e avrebbe risposto ad Eiji. Prese pure in considerazione l'idea di fargli una visita a casa, presto o tardi.
Era fortunato ad avere ancora un fratello.
 
***
 
Frenesio, solo nel suo laboratorio, doveva fare una chiamata, ma stava indugiando da un po' davanti al telefono. Indugiare davanti a qualcosa non era da lui, che di solito aveva molta fretta. Di solito. Non quella volta. La chiamata che doveva fare era ad uno degli insegnanti dell'Accademia, che con molte probabilità aveva conosciuto Mikio Shirota quando era appena un ragazzino. Sapere è potere e lui doveva raccogliere quante più informazioni possibili su Phibrizio prima di preparare qualsivoglia piano. Però...continuava ad indugiare. Ad un certo punto, le sue mani si mossero da sole e composero il numero di quella persona. Ora non poteva ripensarci e tornare indietro. Il telefono iniziò a squillare. Attese, impaziente.
Dopo non molto, una voce femminile rispose.
 
-Pronto?-
-Buonasera, Anna. Scusami se ti ho chiamata così all'improvviso, ma è per una questione importante. Posso rubarti qualche minuto per delle domande?-
-Salve, Frenesio. Chiedimi pure-
-Ti ringrazio, sarò veloce. La questione riguarda Mikio Shirota- A quel nome, udì la professoressa sussultare. -Per caso lo conoscevi?-
Lei rimase in silenzio per qualche secondo. -Sì, lo conoscevo- disse piano -Cinque anni fa, era uno dei miei allievi. Però...credevo che fosse dato per disperso. Scomparso in missione. Cosa gli è successo?-
-Ad ogni cosa il suo tempo. Adesso mi serve sapere che tipo di persona era, come si comportava...tutto quello che sai. Per favore-
-...va bene. Non che ci sia molto da dire, in verità. Era un ragazzo gentile e disponibile, dai modi garbati; sorrideva sempre con tutti, anche se a volte sembrava un po' triste. Durante i primi tempi se ne stava per i fatti propri, in disparte, tuttavia in seguito aveva fatto amicizia con tre giovani della sua stessa età. Era uno studente modello: puntuale, preciso, attento, studioso. In classe non faceva quasi mai domande e partecipava alle lezioni solo quando gli veniva richiesto, ma, benché a volte paresse non seguire ed essere perso nei suoi pensieri, non si perdeva una parola di quel che si diceva. Aveva scelto di diventare un Ranger e aveva molto talento, però mi dava sempre l'impressione di essere stato obbligato a prendere quella decisione da qualcun altro e che quello non fosse davvero il suo sogno, perché non ci metteva quella passione e quell'energia che avevano i suoi compagni. Mi ricordo che si era diplomato col massimo dei voti-
-Grazie, Anna- Non sapeva come avrebbe utilizzato quelle informazioni, ma più ne aveva meglio era e alcune erano molto interessanti. Niente poteva essere considerato inutile. Bisognava conoscere bene il nemico per avere una possibilità di sconfiggerlo.
-Prego, Frenesio, spero di esserti stata d'aiuto. Appena ne avrò l'occasione, chiederò anche ai miei colleghi. Ora, però, devi rispondere alla mia domanda. Cosa gli è successo? Perché hai voluto sapere queste cose su di lui?-
-Mikio è tornato...-
-Sul serio?! Da quanto?- lo interruppe, improvvisamente in agitazione. Era comunque stato uno dei suoi alunni, ci era affezionata.
-Lasciami finire. Ѐ tornato, ma molto cambiato...e non parlo solo dell'aspetto fisico, intendo cambiato sotto ogni punto di vista-
-In che senso?-
-Nel senso che...-
 
***
 
La mattina successiva, i giovani Ranger si alzarono presto, senza nemmeno il bisogno della sveglia, per andare a parlare col professore. Si ritrovarono tutti davanti alla porta del suo laboratorio, puntuali, e ottenuto il permesso entrarono.
 
-Buongiorno, professore-
-Salve, ragazzi. Vi aspettavo-
-Ha scoperto per caso qualcosa di nuovo?- chiese Midori.
-Sì. Ho condotto ulteriori ricerche e raccolto altre informazioni e sulla base di queste posso affermare con relativa sicurezza che si può preparare un buon piano-
-Mi scusi, però...- disse Candice.
-Però?-
-Ho pensato: non è strano che Phibrizio si sia deliberatamente lasciato sfuggire così tanti indizi su di lui e su quello che ha intenzione di fare? Voglio dire, non è stupido, nostro malgrado è intelligente, questo dobbiamo concederglielo. Avrebbe potuto non fare niente e aspettare che Regigigas si risvegliasse, per poi coglierci tutti di sorpresa, invece ci ha servito le informazioni che ci servivano su un piatto d'argento, smascherandosi da solo e inviando un membro del suo team nella Foresta di Vien per farsi conoscere. Ѐ strano e per questo motivo secondo me ha calcolato ogni minima cosa-
-In effetti non posso che darti ragione, è un ragionamento che non fa una piega, tuttavia saremo pronti per qualsiasi cosa-
-Quindi cosa facciamo?- domandò Rita.
-Questo lo chiedo io a voi. Cosa fareste, in questa situazione?-
-Dato che potrebbe aver previsto la nostra venuta, di certo non dovremmo sferrare un attacco frontale con tutti i Ranger di cui dispone la Federazione- rispose Koito, l'espressione concentrata. Gli si potevano quasi vedere lavorare gli ingranaggi del cervello.
-Ottimo- approvò Frenesio -Come hai detto giustamente, non possiamo permetterci di rischiare un attacco frontale, perciò dobbiamo tentare qualcosa di diverso-
-Come...un attacco su più fronti?- propose Amber.
-Potrebbe essere un'idea, però non è fattibile. Dopotutto, l'ingresso del tempio è uno solo...- disse Nara.
-Sì e no- la corresse Frenesio -L'entrata principale è una sola, questo è vero, ma ce n'è una secondaria-
Lidia si batté un pugno sul palmo della mano. -Dall'alto!- esclamò entusiasta -Possiamo fare irruzione dall'alto!-
Il professore annuì. -Esatto-
-Però- obiettò Tsukiko -Si è detto che nostro malgrado Phibrizio è intelligente. Se lo è almeno la metà di quanto pensiamo, allora metterà qualcuno a sorvegliare ogni ingresso possibile e immaginabile-
-Giusto...- disse Zero -Per entrare dovremmo attirare fuori dal tempio quelli a cui è stato affidato questo compito-
-Ottimo, ragazzi, davvero ottimo- si complimentò Frenesio, accendendo il computer e proiettando immagini del tempio -Questo è il nostro obiettivo. Mettendo insieme ciò che avete detto, cosa farete?-
-Possiamo attaccare sia dal basso che dall'alto, con due squadre diverse, e attirare così facendo i nemici allo scoperto- rispose Nara.
-E mentre loro sono impegnati, una terza squadra può intrufolarsi dentro senza essere vista- completò Zero. I due si scambiarono uno sguardo d'intesa.
-Una volta arrivati nel luogo in cui si trova Regigigas, si potrebbe tentare di farlo ragionare, in qualche modo...- disse Tsukiko, pensosa -Dopotutto, non credo sia contento di essere sotto controllo-
I compagni annuirono convinti. Non sarebbe stato facile, proprio per niente, ma insieme ce l'avrebbero fatta. Di sicuro.
-Va bene, ragazzi. Si è fatto tardi- Frenesio calamitò l'attenzione generale. -Per questo pomeriggio farò riunire tutti i nostri Ranger migliori qui alla Federazione e gli illustrerò il piano, per formare in seguito le varie squadre-
-Professore- disse Midori -Noi saremo la terza squadra, no?-
L'uomo la guardò fisso negli occhi e lei sostenne il suo sguardo, seria e calma come suo solito. Lui era accigliato. Per tutto il tempo aveva sperato di scampare quella domanda, ma era ovvio che non ci sarebbe riuscito: quella giovane era impossibile da distrarre. Alla fine non rispose. O meglio, il silenzio era la sua risposta.
La Ranger sospirò e rilassò impercettibilmente i muscoli. -So che ci vorrebbe proteggere e tenere lontano il più possibile dal pericolo che Phibrizio rappresenta, soprattutto dopo quello che è successo. Lo capisco. Però, nonostante questo, ci deve permettere di andare a fronteggiarlo. Loro hanno un conto in sospeso con lui e non può impedirgli di regolarlo. Senza contare che, se lo facesse, ci andrebbero lo stesso ed io non li fermerei. Perciò, glielo chiedo per favore, ci permetta di essere la terza squadra. Mi assumo ogni responsabilità-
Durante l'intero discorso, i due non avevano smesso un attimo di guardarsi negli occhi. Fu proprio Frenesio ad interrompere il contatto visivo, chiudendo le palpebre. -Va bene- acconsentì con uno sbuffo dopo secondi di riflessione che sembrarono pressoché infiniti -Sarete la terza squadra- I ragazzi non fecero in tempo ad esultare che riprese a parlare. -Ad una condizione- Dieci paia di occhi lo fissarono in attesa, ansiosi. -Dovete promettermi che tornerete sani e salvi. Tutti. Dovete giurarmelo-
-Lo promettiamo, professore-
“Un’altra promessa...” pensò Leo mentre pronunciava quelle parole.
L'uomo sospirò, ormai arreso. -In questo caso è deciso. Direi che potete andare. Appuntamento a dopo in sala riunioni. Midori sa qual è- li congedò.
I ragazzi annuirono e fecero per uscire, quando la porta si aprì da sola. O almeno, parve aprirsi da sola. In realtà l'aveva aperta Christopher da fuori. -Professore, so che ci aveva detto di non interromperla per nessun motivo, quindi scusi per l'interruzione, ma deve venire subito- disse parlando velocemente.
-Per fortuna avevamo appena concluso. Ora, fai un respiro profondo e dimmi con calma cosa è accaduto- disse Frenesio.
Il giovane obbedì e poi riprese a parlare. -Ѐ arrivato un messaggio piuttosto urgente dai Ranger che si trovano nella parte nord-orientale dell'Altopiano Cromano, nei pressi della vecchia sede della Altru SpA-
L'uomo sgranò impercettibilmente gli occhi e si mosse verso la porta a passo svelto. -Ho capito, andiamo-
Christopher si scostò per farlo passare e poi lo seguì.
I ragazzi si guardarono l'un l'altro e poi decisero di comune accordo, senza nemmeno il bisogno di parlare, di imitare il giovane, incuriositi. Incuriositi e speranzosi, perché se quel messaggio era stato capace di suscitare una tale reazione nel professore, forse poteva essere quel miracolo che aspettavano.
Leo, prima di andare insieme a loro, si avvicinò rapido a Midori, che era in fondo alla fila, e attirò la sua attenzione.
-Midori...- mormorò.
Lei si girò verso di lui. -Sì?-
-Grazie- disse soltanto, le iridi colme di gratitudine, per poi accodarsi ai compagni, lasciando la Ranger interdetta e sorridente.
 
 
Spazio dell'autrice
Salve a tutti! Questo capitolo, come promesso, è più lungo dei precedenti due e succedono un po’ di cose (Per una volta nella vita credo che il titolo sia adatto). Spero vi sia piaciuto: non vedo l’ora di sapere cosa ne pensate! Parlando di capitoli, il prossimo è già pronto e arriverà esattamente fra due sabati, con una bella sorpresa: non perdetevelo!
Grazie mille a tutte le persone che continuano a seguire questa storia e che mi danno i loro preziosi pareri!
Alla prossima!

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Capitolo 29
*** Luce nel buio ***



Luce nel buio

Buio.
Oscurità totale.
Tenebre più assolute.
Lì intorno,‭ ‬non c’era neanche la minima traccia di una luce.
Nemmeno una.
Nemmeno piccola.
Magari,‭ ‬però,‭ ‬non era il posto ad essere buio...
...forse erano i suoi occhi a non vedere‭?
Sbatté un paio di volte le palpebre.
Poi chiuse gli occhi per una manciata di secondi.
Dopodiché li aprì.
Niente.
Un secondo tentativo.
Li richiuse.
Li riaprì.
Occhi chiusi.
Occhi aperti.
Chiusi.
Aperti.
Chiusi,‭ ‬aperti,‭ ‬chiusi,‭ ‬aperti,‭ ‬aperti,‭ ‬chiusi,‭ ‬chiusi,‭ ‬aperti.
Nulla.
Di nuovo.
Chiusi,‭ ‬aperti,‭ ‬chiusi,‭ ‬aperti,‭ ‬aperti,‭ ‬chiusi,‭ ‬chiusi,‭ ‬aperti,‭ ‬in una sequenza apparentemente infinita...
Ancora niente.
Il buio più completo.
Ci riprovò un’ultima volta.
Sempre niente.
Alla fine si arrese.
Se non riusciva a capire dove si trovava con la vista,‭ ‬avrebbe provato con i quattro sensi che rimanevano.
O meglio,‭ ‬tre.
Il gusto non serviva a molto.
Udito:‭ ‬non si udiva il minimo rumore.
O almeno,‭ ‬così sembrava in un primo momento.
Regolò il respiro e si sforzò di più.
Sassolini che rotolavano,‭ ‬sassolini che venivano fatti rimbalzare da dei passi,‭ ‬alcuni pesanti e altri meno.
Quindi c’era vita,‭ ‬ovunque si trovava.
Vita.
Assaporò questa parola,‭ ‬come se fosse un cibo prelibato.
V-i-t-a.

Vita.
Che bel suono,‭ ‬che bel significato.
Altri esseri viventi.
Con buone o cattive intenzioni,‭ ‬ma c’erano.
Passò al senso successivo.
Olfatto:‭ ‬si sentiva odore di chiuso,‭ ‬di terra,‭ ‬di polvere.
Non c’era nemmeno un alito di vento.
L’aria era pesante.
Per ultima arrivò la sensazione rivelatrice.
Tatto:‭ ‬il suo corpo era disteso su una superficie rocciosa.
Una grotta‭?
‬Non vedeva altra soluzione.
Non vedeva proprio.
Ahah,‭ ‬una battuta,‭ ‬divertente.
Perciò,‭ ‬a quanto pareva,‭ ‬si trovava in una grotta.
Prossimo quesito:‭ ‬come ci era finito il suo corpo in una grotta‭?
‬Risposta:‭ ‬...
Risposta‭?
‬Non lo sapeva.
Non se lo ricordava.
Questo fu uno shock.
Perché non se lo ricordava‭?
‬Perché‭?
Un’ulteriore domanda senza risposta.
Cercò di sforzarsi,‭ ‬ma i suoi ricordi erano tutt’altro che nitidi.
Erano solo un’accozzaglia di immagini scollegate.
Un viso sorridente,‭ ‬dai contorni sfocati.
Una luce.
Una botta.
Il buio.
Ancora il buio.
Sempre il buio.
Un compagno fedele,‭ ‬si direbbe.
Di nuovo un sorriso.
Quel sorriso.
A chi apparteneva‭?
‬C’era una qualche correlazione con ciò che era successo‭?
‬Un viso.
Quel viso.
Una luce.
Una botta.
Il buio.
E poi...dei...
...colori‭?
‬Colori...nel buio‭?
Azzurro.
Giallo.
Rosa.
Bianco.
Rosso.
Verde.
Nero.
Colori.
Tanti,‭ ‬tanti,‭ ‬tantissimi colori.
Colori.
Azzurro cielo.
Giallo sole.
Rosa carne.
Bianco latte.
Rosso fuoco.
Verde foglia.
Nero pece.
Colori.
Tanti,‭ ‬tanti,‭ ‬tantissimi colori.
Colori su quel viso.
Colori tutto intorno.
Colori...dell’arcobaleno‭?
‬Arcobaleno.
Perché alle sue orecchie quella parola suonava familiare‭?
‬C’era qualcuno che si chiamava così‭?
Quella...persona...
...si chiamava così‭?
‬Quel viso...quel viso sorridente...apparteneva alla persona che veniva chiamata in quel modo scherzoso.
Una certezza.
Una chiave.
Come se fossero stati sbloccati da quella certezza chiave,‭ ‬i suoi ricordi esplosero nella sua mente in maniera disperata.
E si ritrovò a desiderare di dimenticare ogni cosa.
Ora sapeva cos’era accaduto.
Non fino in fondo,‭ ‬c’era ancora un che di oscuro,‭ ‬ma‭ ‬sapeva.
Sapeva perché era lì.
Le sue domande senza risposta l’avevano ricevuta.
Era quello che desiderava.
No‭?
‬Sì,‭ ‬fino all’attimo prima.
Adesso desiderava il contrario.
Cosa avrebbe fatto‭?
‬Voleva restare lì,‭ ‬aspettare.
Aspettare cosa non lo sapeva.
Ecco,‭ ‬non aveva voglia di muoversi o agire.
D’altronde,‭ ‬perché avrebbe dovuto‭?
‬Non doveva,‭ ‬quella era la verità.
Non c’era nessuno ad imporglielo.
Lì ci stava benissimo.
Pensò questo e in seguito...
Un altro pensiero,‭ ‬repentino,‭ ‬improvviso.
...pensò a‭
‬lui.
Non poteva lasciarlo.
Non da solo.
Gli aveva fatto una promessa.
Doveva mantenerla.
Così,‭ ‬lentamente...
...con una grande forza di volontà...
...con tutti i muscoli che dolevano...
...con un’incredibile sforzo...
...si alzò.
Luna era di nuovo in piedi,‭ ‬pronta a combattere.

***

Non ci vedeva ancora ed era una gran bella scocciatura.‭ ‬Sapeva che era in una grotta e fin qui andava bene‭; ‬quello che non sapeva e di cui avrebbe voluto essere al corrente era,‭ ‬tanto per dirne una,‭ ‬quanto era grande la caverna oppure se c’erano degli ostacoli,‭ ‬come per esempio delle rocce nel bel mezzo dell’antro o delle fosse.‭ ‬O tutt’e due le cose.‭ ‬Ecco,‭ ‬non le avrebbe fatto proprio schifo essere a conoscenza di questi piccoli particolari.‭ “‬Almeno‭” ‬si disse‭ “‬mi sembra che non ci sia nessuno qui oltre a me...nessuno vivo‭”‬.‭ ‬Sperò ardentemente di non imbattersi in alcun cadavere:‭ ‬avrebbe intaccato il suo già molto esiguo ottimismo.
Si accucciò per terra e si mosse con lentezza in avanti,‭ ‬tastando il terreno con le mani,‭ ‬come quando da piccola si alzava di notte per andare a bere un bicchier d’acqua e non voleva svegliare Leo:‭ ‬in quel modo non avrebbe rischiato di inciampare in qualcosa e cadere molto male.‭ ‬Così fu.‭ ‬Ad un certo punto,‭ ‬dopo quelli che erano stati minuti interminabili,‭ ‬arrivò ad una parete e vi si appoggiò,‭ ‬non prima di aver verificato come meglio poteva che il perimetro fosse sicuro.‭ ‬Era giunto il momento del controllo danni.‭ ‬Solo in quel momento un’incredibile stanchezza di cui non si era accorta in precedenza le piombò addosso.‭ ‬All’improvviso,‭ ‬si sentiva esausta.‭ ‬Tutto le doleva.‭ ‬Non riusciva a muovere un muscolo.‭ ‬Dove l’uniforme non era lacerata aveva graffi,‭ ‬ferite e lesioni varie.‭ ‬Come se questo non bastasse,‭ ‬lo Styler era rotto.‭ “‬Rotto‭” ‬non nel senso di‭ “‬senza energia,‭ ‬danneggiato‭”; “‬rotto‭” ‬nel senso di‭ “‬ammaccato,‭ ‬deformato,‭ ‬schiacciato‭”‬.‭ ‬I danni erano peggiori di quanto si era immaginata.‭ ‬Anche se fosse stata capace di ricaricarlo,‭ ‬non sarebbe riuscita in modo alcuno a contattare gli altri...e viceversa.‭ ‬Cosa avrebbero pensato constatando che il suo segnale era scomparso‭? ‬Non aveva alcuna intenzione di rifletterci,‭ ‬ma una voce nella sua testa rispose lo stesso.‭ “‬Penseranno che tu sia morta‭” ‬disse la voce.‭ ‬Ottimo,‭ ‬ora conversava amabilmente con se stessa.‭ ‬Di bene in meglio,‭ ‬proprio.‭ ‬Però era vero e la cosa peggiore era che non avrebbe dovuto essere viva.‭ ‬Come aveva fatto a sopravvivere‭? ‬Fece una breve ricapitolazione mentale dei suoi ricordi.

1.‭ ‬Quel doppiogiochista di Mikio le aveva teso una trappola‭;
2.‭ ‬Lei ci era cascata,‭ ‬letteralmente,‭ ‬come una stupida‭;
3.‭ ‬Discorso del cattivo‭;
4. Lei aveva perso la presa ed era caduta nel vuoto‭;
5.‭ ‬Mentre cadeva era rimbalzata contro qualcosa e aveva perso i sensi‭;
6.‭ ‬Si era svegliata nella grotta.

Conclusione:‭ ‬i suoi ricordi facevano pena.‭ ‬Ricordi da dimenticare...divertente.‭ ‬Nonostante tutto,‭ ‬era decisa a capire cosa era successo intanto che andava a velocità folle verso la morte.‭ ‬Qualcosa le aveva salvato la vita,‭ ‬ma cosa‭? ‬Lì ogni cosa era coperta di roccia,‭ ‬che era rinomata per non essere molto morbida.‭ ‬Purtroppo,‭ ‬per quanto si sforzasse non riusciva a rammentare.‭ ‬Quella particolare memoria era avvolta nel buio,‭ ‬come lei.‭ ‬Avevamo già parlato della sua innata tendenza ad essere sempre ottimista‭? ‬Sì‭?
Ad un certo punto,‭ ‬un ulteriore ricordo la colpì.‭ ‬Forte.‭ ‬Molto forte.‭ ‬Quel ricordo le provocava dolore,‭ ‬un tipo di dolore diverso dagli altri.‭ ‬Il volto di suo fratello,‭ ‬che le diceva di giurargli che sarebbe andato tutto bene.

-Luna‭! ‬Promettimelo‭!‬-

Cosa gli aveva risposto,‭ ‬lei‭?
Cosa aveva fatto,‭ ‬poi‭?

-Te lo prometto‭!‬-

Lei aveva giurato con un sorriso,‭ ‬sicura di dimostrargli che se la sarebbe cavata da sola,‭ ‬e poi...non aveva mantenuto la promessa,‭ ‬aveva infranto il giuramento.‭ ‬Non era affatto andato‭ “‬tutto bene‭”‬,‭ ‬al contrario,‭ ‬e adesso con molte probabilità lui credeva che fosse morta.‭ ‬Come sorella faceva pena.‭ ‬Come aveva potuto pensare di essere abbastanza forte per proteggerlo‭? ‬Non lo sarebbe mai stata.‭ ‬Era proprio a causa di questa sua debolezza che lui aveva sempre dovuto correre dei pericoli.‭ ‬Era colpa sua se avevano rischiato di morire,‭ ‬anche se il gemello era convinto del contrario.‭ ‬Sua,‭ ‬sua,‭ ‬soltanto‭ ‬sua.‭ ‬Se fosse stata più attenta e non fosse caduta,‭ ‬infatti,‭ ‬lui non avrebbe tentato di tirarla su e non sarebbe stato trascinato giù insieme a lei.‭ ‬Era un peso,‭ ‬lo era sempre stata.‭ ‬Tornare era davvero la scelta giusta‭?

-Promettimelo! Promettimi che andrà tutto bene!-

La voce del fratello la investì.‭ ‬La investì con la stessa forza di prima,‭ ‬però questa volta senza provocarle alcun dolore,‭ ‬e lei si lasciò sfuggire una lacrima ribelle,‭ ‬che venne seguita da molte altre.‭ ‬Ben presto si ritrovò a singhiozzare con la testa sulle ginocchia avvolta dalle braccia,‭ ‬il viso rigato di gocce salate.

-Te lo prometto...‭!‬-‭ ‬disse con voce spezzata a se stessa.

Era ancora in tempo per aggiustare le cose,‭ ‬per mantenere la parola data.‭ ‬Ogni cosa sarebbe andata per il verso giusto.‭ ‬Dopotutto,‭ ‬era viva.‭ ‬Era sopravvissuta ed era un gran bene.‭ ‬Adesso aveva un nuovo obiettivo:‭ ‬tornare dal gemello.‭ “‬Turtwig,‭ ‬mi raccomando,‭ ‬impedisci a Leo di fare pazzie‭” ‬pensò‭ “‬Io sto arrivando‭”‬.

***

Luna si rialzò,‭ ‬non senza qualche fitta di dolore,‭ ‬e si appoggiò alla parete rocciosa con una mano,‭ ‬giusto per sapere un minimo qual era la sua posizione.‭ ‬Non vedeva ancora bene,‭ ‬ma perlomeno i suoi occhi si stavano abituando al buio.‭ ‬Faceva progressi a vista d’occhio.‭ ‬Ahah,‭ ‬divertente.‭ ‬Quel giorno faceva battute squallide una dietro l’altra.‭ ‬Era davvero in forma smagliante:‭ ‬ecco cosa accadeva quando si sfiorava la morte.
Fece un paio di passi in avanti,‭ ‬sempre con la dovuta lentezza,‭ ‬seguendo la parete e dirigendosi verso quella che pareva una fonte di luce.‭ “‬Vai verso la luce,‭ ‬eh‭?” ‬Sperò solo che quella non fosse la sua immaginazione.‭ ‬Oltre ad esausta,‭ ‬era pure spaventata.‭ ‬Esausta e spaventata:‭ ‬un’accoppiata vincente.‭ ‬Non aveva la minima idea o quasi di dove si trovava,‭ ‬non aveva la più pallida idea di dove stava andando,‭ ‬non sapeva nemmeno lontanamente se la direzione che aveva preso era quella giusta,‭ ‬non sapeva in cosa si sarebbe imbattuta andando avanti e,‭ ‬ciliegina sulla torta,‭ ‬non sapeva se sarebbe uscita viva da lì o se sarebbe morta dentro quella grotta.‭ ‬C’erano un po‭’ ‬troppe incognite in quell’equazione,‭ ‬incognite che erano delle valide,‭ ‬se non addirittura validissime ragioni per essere spaventati.
Continuò a procedere cauta e,‭ ‬quando qualcosa le tirò i capelli all’improvviso,‭ ‬per poco non fece uno scatto in avanti degno di una centometrista.‭ ‬Si immobilizzò,‭ ‬come paralizzata,‭ ‬i muscoli rigidi e gli occhi sbarrati.‭ ‬Mai come in quel momento aveva desiderato vedere al buio.‭ ‬Non si udiva il minimo rumore.‭ ‬Che se lo fosse immaginato‭? ‬Forse aveva i nervi troppo tesi,‭ ‬magari le era sembrato che i suoi capelli si fossero impigliati da qualche parte...‭?
Gemiti,‭ ‬pianti,‭ ‬singhiozzi,‭ ‬lamenti.
Singhiozzi,‭ ‬lamenti,‭ ‬gemiti,‭ ‬pianti.
Li sentì rimbombare nell’antro,‭ ‬tutt’intorno a lei.
Quella non poteva essere la sua immaginazione,‭ ‬proprio no,‭ ‬però il luogo era vuoto.‭ ‬Non c’era nessuno oltre a lei,‭ ‬ne era sicura.‭ ‬Nessuno.‭ ‬Quei versi parevano essere emessi dal nulla.‭ ‬Oppure...da qualcosa che non poteva vedere.‭ ‬Era così semplice.‭ ‬La sua schiena venne attraversata da un brivido e la sua mente da un pensiero.‭ ‬Giunsero in contemporanea.‭ “‬Nessuno vivo‭”‬.‭ ‬Quel qualcuno poteva essere morto,‭ ‬come ad esempio un fantasma,‭ ‬ed ecco spiegato il motivo per cui non riusciva a percepire la sua presenza.‭ ‬Capito‭? ‬Adesso percepiva le presenze.‭ ‬Fra un po‭’ ‬avrebbe percepito addirittura le aure.‭ ‬Sperò con tutta se stessa che quello non fosse il fantasma di una persona morta in quella caverna perché non era stata capace di uscire in tempo.‭ ‬Il suo quasi nullo ottimismo sarebbe crollato come un castello di carte al vento.
Di nuovo all’improvviso,‭ ‬qualcuno,‭ ‬perché a quel punto doveva essere un‭ “‬qualcuno‭”‬,‭ ‬le apparve accanto ed emise un urlo stridulo e‭  ‬raccapricciante.
Luna,‭ ‬dal canto suo,‭ ‬ebbe come unica reazione quella di tapparsi le orecchie per evitare che i suoi timpani si rompessero e chiudere gli occhi,‭ ‬al contrario di fare un balzo fino al soffitto e gridare a pieni polmoni terrorizzata come ci si sarebbe aspettato.
Quel qualcuno ne rimase piuttosto deluso,‭ ‬nonché sorpreso.‭ ‬Come biasimarlo‭? ‬Terrorizzare era la sua ragione d’essere:‭ ‬si era sempre allenato per essere il più pauroso possibile e poi,‭ ‬giunto il momento,‭ ‬la vittima designata per il suo scherzo non aveva un infarto per lo spavento.‭ ‬Aveva tutti i motivi del mondo per essere deluso.
Quando l’urlo terminò,‭ ‬Luna socchiuse cauta una palpebra,‭ ‬dopodiché la aprì e aprì pure l’altra.‭ ‬Le sbatté un paio di volte e tentò di mettere a fuoco la figura che aveva davanti.‭ ‬Non che servisse a molto:‭ ‬non si era ancora abituata completamente al buio e vedeva ogni cosa sfocata,‭ ‬ma perlomeno era riuscita a capire che quello che aveva provato a farla morire per lo spavento era un Pokémon.‭ ‬Se poi era un Pokémon in carne e ossa oppure un fantasma non avrebbe saputo dirlo con certezza,‭ ‬perché questo fluttuava a più di un metro da terra.‭ ‬Con le dovute cautele,‭ ‬si allontanò le mani dalle orecchie e lo guardò fisso negli occhi.‭ ‬O meglio,‭ ‬in quelli che parevano occhi.‭ ‬Sperò che lo fossero,‭ ‬rendendosi conto che le sue possibilità di sopravvivenza si aggrappavano a delle mere speranze.‭ ‬Era proprio in una botte di ferro.
Il Pokémon sostenne lo sguardo e assottigliò le palpebre.‭ ‬Seguitò qualche secondo di silenzio,‭ ‬durante il quale i due si studiarono a vicenda,‭ ‬che venne interrotto da un verso emesso dalla creatura.‭ ‬C’era una strana sfumatura nel suo tono...rabbia‭?

-Sei...sei arrabbiato per...-
Il Pokémon la guardò malissimo.
-Sei...uh,‭ ‬arrabbiata‭? ‬Perché non mi sono spaventata‭?‬-‭ ‬sussurrò,‭ ‬correggendosi in fretta.‭ ‬A quanto pare era una lei.
La creatura,‭ ‬annuì soddisfatta.
-Oh,‭ ‬beh...uhm,‭ ‬vuoi per caso rifare la scena daccapo‭?‬-‭ ‬chiese con cortesia.‭ ‬Quella era la conversazione più surreale che avesse mai avuto e,‭ ‬considerando chi aveva come fratello,‭ ‬era dire tanto.
Il Pokémon sbuffò e scosse la testa,‭ ‬affranta.
Luna inclinò il capo da un lato,‭ ‬non sapendo cosa aggiungere.‭ ‬Ci fu di nuovo silenzio e l’attenzione di Luna fu attirata da delle grida,‭ ‬dei gemiti.‭ ‬Subito guardò la creatura,‭ ‬ma quella non aveva aperto bocca.‭ ‬Posto che era certa di non essersi immaginata niente,‭ ‬chi era a lamentarsi in quella maniera‭? ‬Ad un certo punto notò le sfere rosse che il Pokémon aveva intorno al collo e ogni pezzo del puzzle andò al suo posto.‭ ‬Quella creatura era una Misdreavus.‭ ‬Come aveva fatto a non averlo capito prima‭? ‬La risposta gliela diede la sua vista,‭ ‬schiaritasi da poco.‭ ‬Il prossimo passo era uscire da lì.‭ ‬Viva.‭ ‬Sapeva che quello era chiedere tanto,‭ ‬ma non ci poteva fare niente.‭ ‬Voleva uscire viva e forse aveva addirittura un’idea a proposito di come fare.
-Misdreavus-‭ ‬la chiamò‭ ‬-Tu vivi qui‭?‬-
Un cenno di assenso.
-Quindi devo supporre che conosci piuttosto bene quest’area.‭ ‬Per caso c’è...-‭ ‬Doveva farsi coraggio per porre quella domanda.‭ ‬-...c’è un’uscita‭?‬-
Un secondo cenno di assenso.‭ ‬Luna quasi non si commosse per la felicità.‭ ‬Un’uscita significava una possibilità di salvarsi.
-Potresti...ecco,‭ ‬potresti accompagnarmici‭? ‬Per favore-
Misdreavus non aveva le sopracciglia,‭ ‬ma se le avesse avute ne avrebbe sollevato uno.‭ ‬La sua espressione stava a dire:‭ “‬Cosa mi dai in cambio‭?”‬.
Era giunto il momento di giocare la sua ultima carta,‭ ‬che guarda caso era quella vincente.‭ ‬-Se mi accompagnerai fino all’uscita,‭ ‬io ti farò conoscere alcuni amici a cui potrai fare tutti gli scherzi e le burle che vorrai-‭ ‬assicurò.‭ “‬Scusatemi,‭ ‬ragazzi,‭ ‬non ho avuto scelta.‭ ‬Spero mi perdonerete‭” ‬pensò.
La creatura la osservò con attenzione,‭ ‬alla ricerca di un’espressione o un movimento che tradisse le sue parole,‭ ‬ma non ne trovò e alla fine acconsentì con un sospiro.
Luna sorrise.
Il loro patto era stato suggellato.

***

Misdreavus sbuffò e alzò gli occhi al cielo,‭ ‬o al soffitto che dir si voglia,‭ ‬quando si dovette fermare‭ ‬di nuovo per attendere la ragazza che la seguiva a passi lenti.‭ ‬Sbuffò molto rumorosamente,‭ ‬in modo che la giovane potesse sentire tutta la sua impazienza,‭ ‬e le fece segno di muoversi.‭ ‬C’era un limite anche per la cautela.

-La fai facile, tu- disse questa, sempre appoggiandosi con una mano alla parete rocciosa -Non so se l’hai notato prima e nel caso te lo faccio notare adesso, ma al contrario di me, tu puoi fluttuare in aria- Lei invece doveva avanzare con estrema lentezza per non rischiare di inciampare su una roccia o cadere in una fossa. La sua caduta nel vuoto l’aveva già fatta e non aveva alcuna intenzione di ripetere l’esperienza.
La creatura le fece il verso.
Conversazioni mature, mi dicono.
Comunque, nonostante questo si concentrò per qualche istante e un attimo dopo attorno a Luna apparvero dal nulla delle fiammelle di colore viola, che avevano la doppia funzione di luce e scudo. Si era accorta che lo Styler della Ranger era rotto e sapeva per esperienza che un Ranger senza Styler, per quanto in gamba potesse essere, era indifeso.
-Grazie- disse leggermente stupita. Non si aspettava un gesto simile. Ora riusciva a vedere decisamente meglio la strada.
Misdreavus, dal canto suo, all’apparenza non se ne fece nulla dei suoi ringraziamenti e riprese il cammino, con Luna che la seguiva a ruota, questa volta più rapida e sicura, il cerchio di fiamme che accompagnava i suoi passi.

Dopo un po’ che procedevano nelle gallerie sotterranee senza aver ancora incontrato anima viva o morta, Luna cominciò a porsi delle serie domande. Com’era possibile che non ci fosse nessuno, oltre a loro due? Che lì abitasse solo Misdreavus? Eppure in precedenza aveva udito dei passi. Quelli non poteva esserseli immaginati. Era sicura di averli sentiti come era sicura che suo fratello si chiamasse Leo. Le tornò alla mente quello che aveva imparato sul Pokémon che le fluttuava davanti: era una creatura che si nutriva della paura che assorbiva con le sue sfere rosse. Di certo non poteva vivere senza cibarsi delle preoccupazioni di altri esseri. Che avesse spaventato gli abitanti della grotta a tal punto da farli fuggire per il terrore quando la scorgevano? L’unica soluzione era chiedere direttamente a lei.

-Misdreavus, dove sono gli altri Pokémon? Cosa gli è successo?-
La creatura si fermò e si girò verso di lei, lo sguardo indecifrabile.
Luna arrestò il passo e la fissò di rimando, tentando di capire le sue emozioni con scarsi risultati. Provò con un ulteriore quesito. -Sono...spaventati?-
Misdreavus rispose con un cenno affermativo.
-Da chi?- indagò -Da te, forse?-
Questa volta, invece, scosse la testa.
-Se non sono spaventati da te, allora...-
La ragazza a quel punto non sapeva più cosa pensare e si perse nelle sue riflessioni. Fu in quel momento che la creatura dell’oscurità le si avvicinò e la tirò per i capelli, con l’obiettivo di farla tornare alla realtà. Dopo che lo ebbe raggiunto e con successo, si allontanò e fluttuò rapida nel buio.
-Ehi, aspetta un attimo, dove...dove stai andando?-
Alla giovane non rimase altra scelta a parte seguirla, se non voleva perdersi in quel dedalo di gallerie.

Quando Misdreavus arrestò il passo, si fa per dire, all’improvviso, Luna fece appena in tempo ad imitarla per non darle una sonora capocciata. Era piuttosto sicura che non le avrebbe fatto molto piacere. Stava per dire qualcosa, come per esempio una battuta arguta, ma si fermò nel momento in cui notò che la sua guida stava osservando qualcosa con insistenza. Quando volse lo sguardo nella stessa direzione, comprese perché. Davanti ai loro occhi c’erano quello che una volta doveva essere un ostacolo ridotto in pezzi da lame taglienti e un incredibile vuoto. Di solito è difficile dire se il vuoto è qualcosa oppure no, però quel vuoto lo era:‭ ‬era qualcosa di tangibile e non ci sarebbe dovuto essere,‭ ‬lo si capiva.

-Sono spaventati...da questo‭?‬-‭ ‬Ci fu silenzio,‭ ‬che di per sé era una risposta chiara e precisa,‭ ‬nonché un invito ad andare avanti.‭ ‬-Oppure...no,‭ ‬da...dalla persona che ha fatto questo‭? ‬Da quello che farà in seguito‭?‬-‭ ‬Sentiva di essere vicina alla verità.
A quel punto e solo a quel punto,‭ ‬le due si scambiarono uno sguardo.‭ ‬Verde nel rosso,‭ ‬rosso nel verde.‭ ‬Luna udì di nuovo le grida e i gemiti provenienti dalle sfere rosse che Misdreavus aveva attorno al collo,‭ ‬i lamenti dei Pokémon spaventati di cui la creatura dell’oscurità si era cibata,‭ ‬e ricevette una rivelazione.‭ ‬Non una rivelazione qualsiasi,‭ ‬la rivelazione.‭ ‬La ragazza non si era dimenticata dell’incarico che il professore aveva affidato a lei e ai suoi compagni:‭ ‬anche se era sperduta in una grotta e non sapeva ancora se sarebbe stata capace di uscire,‭ ‬era pur sempre una Ranger.‭ ‬Come si suol dire,‭ ‬Ranger fino in fondo.‭ ‬Il professore aveva mandato il suo gruppo all’Altopiano Cromano,‭ ‬però lì loro non avevano trovato niente.‭ ‬Forse perché non dovevano cercare in quell’area...ma sotto‭? ‬Nelle Rovine Cromane,‭ ‬dove si trovava lei.‭ ‬Il buco in cui era caduta era collegato proprio a quelle.‭ ‬Doveva,‭ ‬doveva,‭ ‬doveva uscire.‭ ‬Doveva uscire e ce l’avrebbe fatta,‭ ‬ad ogni costo‭!

-Misdreavus,‭ ‬per piacere,‭ ‬guidami verso l’uscita-
La richiesta di Luna venne ascoltata.

Le due si rimisero in marcia,‭ ‬il Pokémon in testa e la giovane pochi passi più indietro.‭ ‬Quest’ultima iniziava ad accusare seri cedimenti di stanchezza:‭ ‬i suoi muscoli erano indolenziti e le lesioni varie che aveva non aiutavano affatto a migliorare la situazione‭; ‬ogni respiro era un affanno e faticava a tenere gli occhi aperti.‭ ‬Come se questo non bastasse,‭ ‬il suo stomaco cominciava a ululare.‭ ‬Quanto tempo era passato da quando era caduta lì dentro‭? ‬Non ne aveva la più pallida idea e per quanto ne sapeva i suoi compagni potevano anche averle già organizzato il funerale.‭ ‬Ancora una volta si ritrovò a sperare:‭ ‬sperò di non vedere la sua tomba.‭ ‬Visto che c’era,‭ ‬sperò pure di non finire in una bara in un futuro molto prossimo.‭ ‬Aveva tante cose da fare,‭ ‬come per esempio farla pagare a Mikio e fare una maratona di film horror con Leo.‭ ‬Non necessariamente in quest’ordine.‭ ‬Comunque,‭ ‬decise che non sarebbe finita in una bara nemmeno per impersonare un vampiro.‭ ‬Si sarebbe mascherata da strega.‭ ‬Sì.‭ ‬Da strega.
Un ulteriore ululato del suo stomaco la strappò a quelle riflessioni di vitale importanza,‭ ‬ricordandole che era da troppo tempo che non mangiava e che se non fosse uscita in fretta sarebbe morta di fame.‭ “‬Grazie,‭ ‬stomaco,‭ ‬per non avermelo fatto dimenticare‭” ‬pensò lei di rimando‭ “‬Stavo giusto tentando di non rifletterci più del dovuto‭”‬.‭ ‬Però,‭ ‬nonostante l’ironia,‭ ‬la situazione non cambiava:‭ ‬non sapeva minimamente da quanto tempo stava camminando,‭ ‬né per quanto era rimasta priva di sensi.‭ ‬Ore‭? ‬Giorni‭? ‬Un pomeriggio‭? ‬Erano domande che avrebbero trovato una risposta solo nel momento in cui sarebbe uscita da lì.‭ ‬Sempre se ci sarebbe riuscita.‭ ‬No,‭ ‬anzi,‭ ‬niente‭ “‬se‭”‬:‭ ‬hanno la brutta abitudine di intaccare l’ottimismo.

Ad un certo punto,‭ ‬Misdreavus si fermò e fece scomparire le fiammelle viola che circondavano Luna.‭ ‬Lei fece per dire qualcosa,‭ ‬ma si zittì da sola quando si rese conto che non c’era più bisogno della loro luce,‭ ‬perché questa arrivava da un buco nel soffitto.

-Questa è l’uscita‭?‬-‭ ‬chiese,‭ ‬non riuscendo a nascondere una nota di scetticismo.‭ ‬Certo,‭ ‬dal punto di vista del Pokèmon poteva sempre esserlo,‭ ‬dato che poteva fluttuare e arrivare al piano superiore.‭ ‬Però gli esseri umani non volano,‭ ‬anche se lei l’avrebbe tanto voluto.‭ ‬Volare risparmia un sacco di fatiche.
La creatura scosse la testa.
-Non ci sono delle scale,‭ ‬vero‭?‬-
Illusa.‭ ‬Manco a domandarlo:‭ ‬con le scale sarebbe stato fin troppo facile.‭ ‬Che divertimento c’è se scarseggiano le difficoltà‭? ‬Nessuno.
-Va bene-‭ ‬Fece un respiro profondo.‭ ‬Non stava per avere una crisi di nervi,‭ ‬no,‭ ‬figuriamoci.‭ ‬Lei una crisi di nervi‭? ‬Suvvia‭! ‬-Se non ci sono delle scale,‭ ‬come pensi che sarò capace di arrivare di sopra‭? ‬Non posso farmi spuntare delle ali per magia-
Misdreavus non fece in tempo a ribattere, a suo modo, o a fare qualsiasi altra cosa che una sagoma nera emerse dall’ombra dietro di lei, preparandosi a colpire con quello che doveva essere uno dei suoi arti. Luna si accorse del nuovo arrivato qualche secondo prima che attaccasse e il suo corpo si mosse di riflesso in avanti per avvolgere la sua guida con le braccia e stringerla al petto, facendole da scudo nel momento in cui arrivò quella che sembrava una manata molto forte. La coppia venne fatta sbalzare contro il muro come una pallina da tennis. La figura entrò per metà dentro il cono di luce, che ne illuminò il profilo: era un Drifblim. Sarebbe stato un bene, se non fosse stato terrorizzato. Un Pokémon forte terrorizzato che credeva che quelli che aveva davanti fossero nemici non era mai una buona cosa. Luna aveva urtato molto violentemente un braccio contro la parete rocciosa, procurandosi ferite nuove di zecca di cui non voleva stimare la gravità, e si era accasciata a terra, ma aveva continuato a stringere al petto Misdreavus, che uscì illesa dall’impatto. Quando aprì gli occhi e vide le condizioni della ragazza, cacciò un urlo raccapricciante, che fece arretrare Drifblim dalla paura. Per la prima volta nella sua esistenza, addirittura il Pokémon Strido era spaventato. Quell’emozione, però, si trasformò presto in rabbia. Rabbia verso la creatura che aveva ridotto la giovane in quello stato pietoso. Si girò in direzione della mongolfiera vivente, le iridi rosse come gocce di sangue. Stava per attaccare, quando udì la sua voce chiamarla.

-Mis...Midreavus...‭!‬-

Quest’ultima si voltò un attimo a guardarla e i loro occhi si incrociarono.‭ ‬Purtroppo quel momento durò solo,‭ ‬appunto,‭ ‬un momento:‭ ‬il Pokémon Strido dovette girarsi di nuovo,‭ ‬perché l’esemplare di Pokémon Dirigibile aveva ritrovato il coraggio.‭ ‬Le due creature si studiarono per interminabili secondi e alla fine Drifblim perse la pazienza,‭ ‬avanzando in direzione dell’altra.‭ ‬Prima che si potessero scontrare,‭ ‬una figura si frappose tra loro.

-Fermo‭!‬-‭ ‬gridò Luna,‭ ‬con un sottile tremolio nella voce,‭ ‬tenendosi il braccio ferito e tentando di non svenire.‭ ‬In qualche maniera,‭ ‬era riuscita ad alzarsi‭ ‬-Fermo-
Drifblim fece finta di non averla sentita.‭ ‬Grave errore.
-Fermo,‭ ‬ho detto-‭ ‬ripeté,‭ ‬questa volta con un tono pericoloso,‭ ‬il tremolio svanito.‭ ‬Le lesioni sul suo corpo non erano scomparse,‭ ‬affatto,‭ ‬ma c’era qualcosa di diverso in lei.‭ ‬I suoi occhi,‭ ‬sì.‭ ‬Verdi come una maledizione mortale‭ ‬-Stai.‭ ‬Fermo‭!‬-
Il Pokémon,‭ ‬a quelle parole,‭ ‬provò paura,‭ ‬un tipo di paura differente dagli altri,‭ ‬e indietreggiò una seconda volta.‭ ‬L’effetto del lato oscuro della luna.
I suoi occhi e la sua espressione tornarono normali,‭ ‬forse perché si era resa conto di ciò che aveva fatto.‭ ‬Tentò di rimediare.‭ ‬-So che sei agitato,‭ ‬però ti posso assicurare che noi non siamo dei nemici.‭ ‬Io non sono come quella persona.‭ ‬Mi dispiace di averti spaventato,‭ ‬l’ho fatto per proteggere la mia amica-‭ ‬Indicò Misdreavus,‭ ‬che per tutto quel tempo era rimasta ad osservare la scena con stupore.‭ ‬-Inoltre,‭ ‬mi dispiace di averti dato una botta e di essere rimbalzata su di te mentre stavo cadendo.‭ ‬Tu mi hai salvato la vita ed io ho ricambiato il favore facendoti male-‭ ‬Alla fine,‭ ‬osservando la creatura,‭ ‬aveva tirato fuori dal buio quella memoria e si era ricordata tutto.‭ ‬-Mi dispiace.‭ ‬Puoi perdonarmi‭?‬-‭ ‬Tese con uno sforzo il braccio in avanti,‭ ‬il palmo aperto.
Drifblim si avvicinò e lo sfiorò con un arto,‭ ‬come per fare una carezza.
-Ti ringrazio-‭ ‬disse sorridendo,‭ ‬per poi abbracciarlo.‭ ‬Certo,‭ ‬non fu capace di cingerlo con le braccia,‭ ‬ma il senso del gesto era quello.‭ ‬Il Pokémon ricambiò dopo qualche istante di esitazione.‭ ‬L’aveva decisamente perdonata.‭ ‬Misdreavus era rimasta un po‭’ ‬tagliata fuori,‭ ‬per questo quando Luna la invitò ad unirsi alla stretta accettò con piacere.
Pace fatta.
-Ora-‭ ‬disse la giovane,‭ ‬staccandosi‭ ‬-So che sto chiedendo molto,‭ ‬Drifblim,‭ ‬però ho ancora bisogno del tuo aiuto.‭ ‬La situazione è questa:‭ ‬la mia amica ed io dovremmo arrivare di sopra e questa è l’unica maniera,‭ ‬solo che lei può volare ed io no.‭ ‬Sarebbe possibile,‭ ‬per te,‭ ‬darmi un passaggio fino al piano superiore‭?‬-‭ ‬domandò.
Per tutta risposta,‭ ‬il Pokémon la sollevò con delicatezza da terra,‭ ‬facendo attenzione alle sue lesioni,‭ ‬e la trasportò dove voleva,‭ ‬seguendo il vento ascensionale.‭ ‬La creatura dell’oscurità li accompagnò fluttuandogli vicino.
-Grazie mille,‭ ‬Drifblim,‭ ‬grazie per quello che hai fatto per me-
La mongolfiera vivente,‭ ‬guardandola,‭ ‬sembrò diventare triste.
-Stai pensando a ciò che è successo prima,‭ ‬vero‭?‬-‭ ‬Si sfiorò il braccio ferito con un movimento inconscio.‭ ‬Non riusciva a trovare qualcosa che non le facesse male,‭ ‬ma doveva fingere di stare bene,‭ ‬o perlomeno di stare meglio.‭ ‬-Eri spaventato e hai creduto che fossimo dei nemici,‭ ‬come la persona che è venuta qui un po‭’ ‬di tempo fa e che ha provocato quell’incredibile vuoto,‭ ‬giusto‭? ‬Non è stata colpa tua.‭ ‬Ormai abbiamo fatto pace,‭ ‬no‭? ‬È tutto a posto.‭ ‬Se mai incontrerò quella persona,‭ ‬ti prometto che gliela farò pagare-
Drifblim emise un verso di ringraziamento.
Luna sorrise e,‭ ‬dopo essersi abbracciati un’ultima volta,‭ ‬si salutarono.‭ ‬Le loro strade dovevano dividersi,‭ ‬ma chissà se non si sarebbero rivisti.‭ ‬La ragazza guardò il Pokémon dileguarsi e scomparire,‭ ‬inghiottito dall’ombra.‭ ‬Quando fu sicura che si fosse allontanato abbastanza,‭ ‬tirò il fiato che non si era accorta di tenere e si addossò contro la parete.‭ ‬Ogni cosa le doleva.‭ ‬In quel momento,‭ ‬avrebbe semplicemente voluto abbassare le palpebre e godersi il meritato riposo,‭ ‬ma aveva paura che se lo avesse fatto quel risposo sarebbe stato eterno e non si sarebbe mai più svegliata.
Misdreavus la tirò per una ciocca di capelli,‭ ‬non con forza,‭ ‬e fece un cenno verso un rettangolo di luce scavato nella roccia non molto avanti.
La giovane si sforzò di mettere a fuoco ciò che le stava indicando.‭ ‬-Quella...q-quella è...l’uscita‭?‬-‭ ‬Sperò di sì:‭ ‬non sarebbe sopravvissuta a un’ulteriore avventura.
Per fortuna,‭ ‬un sì fu la risposta.
La ragazza annuì e strinse i denti,‭ ‬per poi iniziare a camminare in quella direzione sempre appoggiandosi al muro con una mano.‭ ‬Misdreavus le stette accanto preoccupata,‭ ‬accompagnando i suoi passi instabili,‭ ‬e questa volta non si lamentò della sua lentezza.
Dopo minuti infiniti che parvero ore,‭ ‬le due giunsero finalmente alla meta.‭ ‬Luna non era molto sicura del fatto che non fossero passate ore intere,‭ ‬ma la sua concezione del tempo l’aveva salutata ormai da un bel po‭’‬.‭ ‬Anzi,‭ ‬aveva proprio fatto le valigie ed era partita per un viaggio molto lungo.‭ ‬In ogni caso,‭ ‬non importava più:‭ ‬avrebbe scoperto ogni cosa una volta uscita.‭ ‬Perché...beh,‭ ‬perché ci era riuscita,‭ ‬ce l’aveva fatta‭! ‬La salvezza era a pochi metri da lei,‭ ‬doveva soltanto muovere qualche passo e varcare quella soglia.‭ ‬Era il momento di un’ultima speranza:‭ ‬sperò che quella non fosse la soglia dell’aldilà.‭ ‬Dopodiché,‭ ‬attraversò la luce.

***

I cugini Hato facevano parte della squadra inviata da Frenesio nei pressi dell’Altopiano e delle Rovine Cromane.‭ ‬Per essere più precisi,‭ ‬loro erano tutta la squadra,‭ ‬infatti erano gli unici due membri.‭ ‬Gli unici Ranger con il titolo di‭ “‬Medico‭” ‬che al momento non erano impegnati in una missione di vitale importanza in qualche luogo sperduto della regione di Almia.‭ ‬Un Ranger non aveva mai un minuto libero.
Erano andati in esplorazione di ogni metro quadrato dell’area montuosa e al momento si trovavano nelle vicinanze della vecchia sede della Altru SpA,‭ ‬nella parte nord-orientale dell’Altopiano,‭ ‬dove avevano piantato le tende.‭ ‬Letteralmente,‭ ‬perché si erano sistemati in una tenda smontabile che veniva benissimo per quegli incarichi.‭ ‬L’edificio abbandonato era l’ultimo luogo da perlustrare:‭ ‬la coppia sarebbe rimasta lì per qualche tempo,‭ ‬nell’eventualità in cui qualcuno avesse deciso di fermarsi nella sede vuota.‭ ‬In caso contrario...avrebbero fallito,‭ ‬perché non si poteva più accedere alle Rovine Cromane a causa di un crollo sopra l’entrata.‭ ‬Non avevano mai fallito una missione in vita loro e non volevano ricordare quella come l’unica non riuscita:‭ ‬avrebbero trovato quella giovane ad ogni costo.‭ ‬Comunque,‭ ‬in quel momento era quasi l’alba.‭ ‬I due si erano dati i turni per fare la guardia e per questo motivo,‭ ‬mentre Yuuri Hato dormiva beato nella sua brandina da campeggio,‭ ‬il cugino Shouri stava finendo il suo giro di ronda.‭ ‬Fu proprio nel momento in cui l’aveva terminato ed era tornato all’accampamento che scorse il corpo di una persona che all’inizio non c’era.‭ ‬Sperò solo che quella persona fosse viva.‭ ‬Comunque,‭ ‬appena la individuò non perse un secondo ed entrò nella tenda per svegliare l’altro.

-Yu,‭ ‬alzati subito‭! ‬Yuuri‭!‬-‭ ‬Lo scrollò con forza per una spalla:‭ ‬non aveva il tempo di aspettare che il bell’addormentato si svegliasse con i ritmi di una principessa.
Quest’ultimo aprì gli occhi e sbatté molteplici volte le palpebre,‭ ‬scattando poi in piedi.‭ ‬-Ok,‭ ‬va bene,‭ ‬ho capito.‭ ‬Cos’è successo‭?‬-
-Seguimi- Shouri uscì dalla tenda e al cugino, vedendo la sua espressione, non rimase altra scelta che seguirlo senza fiatare.
I due  raggiunsero in fretta la persona che il maggiore della coppia aveva scorto e per poco i loro cuori non si fermarono, al contrario dei loro respiri. Sgranarono gli occhi, davanti ai quali c’era una giovane che non si muoveva, in uno stato pietoso, e un Misdreavus agitato che emetteva versi disperati. Li guardò in cerca di aiuto e loro non persero ulteriori secondi preziosi: la sollevarono di peso e la trasportarono a velocità massima all’interno della tenda, adagiandola poi con delicatezza sulla brandina. Il Pokémon li seguì preoccupato e si piazzò accanto al lettino pieghevole, come un angelo custode che tutelava il suo protetto. Intanto che Yuuri controllava le condizioni della ragazza e la gravità delle sue ferite, Shouri si preoccupò di comunicare un messaggio alla Federazione. Il messaggio.

‭“‬Qui Shouri Hato,‭ ‬scrivo dalla vecchia sede della Altru SpA.‭ ‬Abbiamo trovato una giovane Ranger priva di sensi,‭ ‬ferita,‭ ‬con una grave lesione ad un braccio.‭ ‬Le stiamo fornendo le prime cure mediche,‭ ‬ma siamo inabili a muoverci di qui.‭ ‬Venite il prima possibile‭”

‬Invio.


Spazio dell’autrice
Ed ecco la sorpresa che vi avevo anticipato! O almeno, mi auguro che lo sia. Ve l'aspettavate? Vi eravate immaginati qualcosa di simile? Domanda ancora più importante: anche se ve l'aspettavate, vi è piaciuto il capitolo? Io spero davvero di sì, perché questo è uno di quelli più lunghi, se non il più lungo in assoluto, e importanti dell'intero racconto, che io non vedevo l'ora di pubblicare. Insomma, ditemi cosa ne pensate!
Come al solito, tengo a ringraziare tutte le persone che leggono, continuano a seguire questa storia e recensiscono, dandomi i loro pareri. Grazie!
Dato che il prossimo capitolo è già terminato, ci risentiamo esattamente fra due sabati (Mi dispiace di aver pubblicato questo così tardi, ma l'alternativa era domani sera e non ho potuto fare altrimenti)!
Alla prossima‭!

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Capitolo 30
*** Di nuovo insieme ***


 
 
 
Di nuovo insieme
 
Frenesio, Christopher e i dieci Ranger che li seguivano giunsero nella sala computerizzata dove lavoravano gli Operatori e si avvicinarono alle postazioni di questi ultimi. Su uno degli schermi c’era il messaggio, ancora chiuso, a cui Christopher aveva accennato, accompagnato da una lampeggiante icona di colore rosso. Urgente.
 
-Buongiorno, professore, la stavamo aspettando- disse uno degli Assistenti seduti davanti ai monitor.
-Vi ringrazio per avermi fatto chiamare. Ora...-
-Sì- Aprì il messaggio.
 
“Qui Shouri Hato, scrivo dalla vecchia sede della Altru SpA. Abbiamo trovato una giovane Ranger priva di sensi, ferita, con una grave lesione ad un braccio. Le stiamo fornendo le prime cure mediche, ma siamo inabili a muoverci di qui. Venite il prima possibile”
 
Ai giovani mancò il fiato. Che fosse...?
-Capisco...-
-Professore-
-Dimmi, Midori-
-Questo Ranger fa parte della squadra che ha inviato all’Altopiano, vero? È per questo motivo che poco fa si è affrettato tanto per vedere il messaggio: quella ragazza potrebbe essere lei- Dovevano andare.
-Hai ragione, tuttavia io non posso recarmi lì e nemmeno voi- Prima che qualcuno potesse aprire la bocca per protestare, continuò. -Dopo abbiamo un appuntamento in sala riunioni e non possiamo rimandarlo, per ragioni che potete ben immaginare-
-Mi conceda di andare, professore. Per favore- s’intromise Leo, l’espressione supplichevole -So che quell’incontro è importante, però...- Abbassò lo sguardo, stringendo i pugni e lasciando la frase in sospeso.
-Anch’io vorrei andare- intervenne Candice.
-Io pure- Rita si fece avanti.
-Per me è la stessa cosa- Tsukiko.
Uno ad uno, si unirono tutti gli altri.
-La accompagnerò io alla riunione, professore: conosco il piano a memoria. Gli permetta di andare- disse Midori.
Ancora una volta, Leo le fu grato, come fu grato ai compagni.
Frenesio si accigliò e poi sospirò arrendevole. In quei giorni lo faceva spesso. -Va bene. Andate voi nove e date una mano come potete a trasferirsi. La squadra che ho inviato è composta da due Ranger, che riconoscerete con facilità-
Midori annuì. -Quando arrivano in un luogo piantano sempre un accampamento. Ah, inoltre sono cugini, si assomigliano molto-
-Esatto. Adesso andate, hanno bisogno di voi. E mi raccomando: tenetemi aggiornato a proposito di quel che succede-
-Sì!- risposero in coro.
-Speriamo che vada tutto bene...- mormorò l’uomo fra sé e sé.
 
***
 
I ragazzi uscirono dalla Federazione e si incamminarono a passo svelto in direzione Altopiano, con l’obiettivo di arrivarci il prima possibile. Quando incrociarono la loro strada con un gruppo numeroso di Doduo, ne catturarono degli esemplari per spostarsi molto più rapidamente e, una volta giunti a destinazione, li ringraziarono per l’aiuto. Ci impiegarono molto meno tempo del previsto. Per raggiungere la vecchia sede della Altru SpA, dato che non si poteva passare dalle Rovine, presero una strada secondaria. In lontananza si iniziarono ad intravedere un edificio abbandonato e una tenda piantata davanti. Un giovane era in piedi accanto ad essa e sembrava attenderli. Un Ranger. Si avvicinarono di corsa.
 
Il tipo gli sorrise, un sorriso un po’ stanco, e li salutò. -Ciao. Avete ricevuto il messaggio? Vi ringrazio per essere venuti-
-Tu sei Shouri Hato?- chiese Tsukiko.
-No, io mi chiamo Yuuri, piacere. Shouri è mio cugino. Ora ve lo chiamo, pazientate solo un attimo- Non aspettò una risposta ed entrò nella tenda. Ne uscì poco dopo insieme ad un altro ragazzo che gli somigliava tantissimo, proprio come aveva detto Midori: i loro lineamenti erano molto simili, inoltre avevano entrambi gli occhi di un colore verdemare e i capelli violetti, anche se Shouri era un po’ più alto del cugino. Di sicuro non avrebbero potuto fare gli agenti segreti, perché sarebbero stati riconosciuti ovunque.
-Salve, è un piacere conoscervi- salutò il maggiore, senza sorridere. In quello era molto diverso dal cugino -Comunque, non credo abbiate intenzione di conversare amabilmente davanti ad una tazza di tè, quindi vi dirò senza tanti giri di parole quello che con molte probabilità volete sapere: la giovane che abbiamo trovato non si è ancora svegliata e le sue condizioni non sono ancora buone, nonostante le cure che le abbiamo fornito-
-Cosa dobbiamo fare per aiutarvi?- domandò Candice.
-Voi dovreste darci una mano a trasportarla nella Stazione Ranger più vicina, ovvero quella di Portena-
-Ma prima...- s’intromise Yuuri -...immagino che desideriate vederla, mi sbaglio? D’altronde, potrebbe essere colei che state cercando- Non si sbagliava. -Ah, però non potete entrare tutti insieme...-
-Vai tu, Leo- disse Lidia, voltandosi verso di lui.
-Io?-
-Sì, tu. Per caso vedi altri che si chiamano così? Io no. E voi, ragazzi?- replicò Zero con un tono di presa in giro.
-Nemmeno io- rispose Koito, stando al gioco.
-Il parere è unanime: solo tu ti chiami così- rincarò Nara -Perciò, forza, ora smettila di lamentarti ed entra in quella tenda-
-Veloce, altrimenti cambiamo idea- aggiunse Amber.
Leo li guardò uno a uno con occhi sgranati e colmi di gratitudine. Era talmente commosso che pareva sul punto di piangere. -Grazie, ragazzi- “Grazie, amici miei” pensò. Era fortunato ad averne trovato di così buoni.
-Allora, avete deciso?- s’intromise Yuuri.
-Sì, vengo io-
Il minore dei cugini, prima di continuare a parlare, lo osservò per una manciata di secondi, riuscendo perfino ad essere inquietante, e poi sorrise con l’aria di chi ha capito ogni cosa. -Perfetto! In questo caso, prego- Gli fece segno di entrare.
Leo annuì e mosse qualche passo esitante verso l’ingresso.
-Tu e lei...siete molto simili- commentò Yuuri a bassa voce.
La soglia poi venne varcata.
 
***
 
Buio.
Ancora buio.
Sempre buio.
Che fosse destinata a rimanerci per l’eternità?
Sì?
L’eternità era un periodo lungo.
Sì...o forse no.
No, infatti, perché ci sarebbe dovuta restare così tanto?
Glielo ordinava qualcuno?
Il destino, magari?

No.
Non voleva.
Non ne aveva alcuna intenzione.
Però, allora, cosa desiderava?
Cosa?
Lei...
Lei...bramava...la vita.
Sì, la vita.
Lei bramava la vita!
Voleva vivere, vivere!
Vivere!

Non sarebbe morta.
Aveva delle cose da fare, già.
Persone da vedere.
Voleva vivere, anche se questo significava soffrire ogni tanto.
Perché quel dolore si sarebbe intervallato con la gioia.
Sì, lei voleva vivere.
Solo in quel momento si accorse che delle gocce le stavano cadendo sul corpo.
Però...delle gocce?
Gocce di pioggia?
Possibile?
Continuavano a cadere, ad infrangersi sulla superficie della sua pelle.

Decise che voleva vedere.
Desiderava vedere e...
Luce.
All’improvviso, la luce la investì.
Ne rimase accecata, ma solo per poco.
Dopo appena qualche secondo, ci si abituò.
Desiderava vedere e...così fu.
Vide.
Vide e comprese che quelle che stavano cadendo non erano gocce di pioggia.
Erano lacrime.
Erano lacrime e stavano cadendo dal viso di suo fratello.
Suo fratello gemello, Leo.
Non sapeva come facesse ad essere lì, con lei, ma non le importava.
Era lì.
Senza nemmeno rendersene conto, cominciò a piangere anche lei.
A piangere di gioia.
Di gioia, perché era viva.
Era viva.
Era viva e questo era fantastico, perché poteva restare insieme a lui.
 
***
 
Appena entrò nella tenda, a Leo mancò qualche battito e un’espressione di pura incredulità gli si dipinse in faccia, mentre le sue gambe divennero molle: davanti a lui, distesa su una brandina, c’era Luna. Luna, sua sorella. La gemella che credeva morta e che era lì, viva. Alla fine, Phibrizio non l’aveva uccisa, anche se credeva di averlo fatto, il che poteva tornare utile più tardi. Benché fosse ferita in modo grave, era viva. A passi lenti, come in trance, si avvicinò, accorgendosi di un paio d’occhi puntati su di lui che studiavano le sue mosse. Si girò e vide che appartenevano a un Misdreavus, pronto ad attaccare al suo primo passo falso.
 
-Ciao. Io mi chiamo Leo, piacere, sono suo fratello- salutò in seguito a qualche minuto di silenzio che avevano passato a fissarsi -Tu, invece sei...il suo partner?-
Il Pokémon roteò gli occhi e sbuffò, lamentandosi con fare teatrale.
-Uh, ehm, la sua partner?-
La creatura annuì soddisfatta.
-Ne sono felice. Adesso che abbiamo fatto le presentazioni, posso avvicinarmi senza dover temere un attacco da parte tua?-
Misdreavus assottigliò le palpebre e finse di rifletterci un po’ su, soppesando la domanda, per poi fargli cenno di andare.
-Ti ringrazio-
Leo affiancò la sorella e si costrinse a esaminare le sue condizioni: il braccio ferito, posato sopra le coperte che la coprivano fino al petto, era fasciato dalla spalla alla mano con delle bende, mentre i restanti graffi erano stati incerottati; come se questo non bastasse, aveva lividi ovunque e pareva esausta. Senza nemmeno rendersene conto, abbassò la testa e cominciò a piangere, stringendo la coperta nei pugni. Misdreavus lo guardò dispiaciuta.
-Luna...Luna, svegliati...ti prego...! Luna...ti supplico...senza di te...senza di te, io non posso vivere...!-
Dopo che gli avevano detto che la gemella era scomparsa, aveva perso completamente la speranza, arrivando al punto di rinnegare quella e perfino la loro connessione. Non avrebbe dovuto farlo. Mai. Al contrario, si sarebbe dovuto fidare delle sue sensazioni: non aveva sentito niente, perché lei non era morta.
Continuò a piangere, finché non percepì uno spostamento, seppur piccolo, delle coperte. Quelle, però, non potevano muoversi da sole e il Pokémon Strido non aveva toccato niente. Alzò lo sguardo e incontrò quello di sua sorella, la quale stava piangendo come lui. Sgranò gli occhi e i bordi taglienti dei cocci di vetro che erano le sue iridi si smussarono. Dopo tanto tempo, si sentiva di nuovo in grado di sorridere.
-Luna! Luna, mi dispiace, è colpa mia, mia, tutta colpa mia! Non sono stato capace di proteggerti, nonostante te l’avessi promesso, mi dispiace. Sono...s-sono...sono una persona orribile! Potrai mai perdonarmi? Scusami, Luna, scusami...- Singhiozzò, distogliendo lo sguardo e stringendo convulsamente le coperte. Non riusciva a guardarla, colpevole.
-Leo...- Quest’ultimo si immobilizzò. -Leo, io non ti perdonerò...niente...- Fece una pausa per riprendere fiato. -...perché tu non hai niente da farti perdonare-
A quel punto lui la guardò, gli occhi sgranati e lucidi. Lei aveva le palpebre abbassate e stava sorridendo. Gli sfiorò le dita con la mano, utilizzando il braccio buono, anche se le costò un grande sforzo.
-Non è colpa tua...fratello mio. Sappiamo bene chi è il vero responsabile...-
Lui annuì e si chinò per abbracciarla con delicatezza, attentissimo a non schiacciarla con il suo peso.
-Sono felice di rivederti- mormorò -Non immagini nemmeno quanto-
-Anch’io...sono felice...!- Il pensiero di rivederlo l’aveva salvata dalla morte: era quella la verità, solo quello l’aveva tenuta in vita. Alla fine ce l’aveva fatta, era riuscita a tornare da lui. -Sono così felice...-
Leo sciolse l’abbraccio e si sollevò.
-Ora...c’è qualcun’altra che è contenta di vederti sveglia- Fece un cenno verso Misdreavus, che, appena Luna girò la testa nella sua direzione, si avvicinò per strofinare il muso contro il suo viso, in un segno d’affetto. -Era già qui quando sono entrato e credo non abbia smesso nemmeno istante di starti accanto. Hai trovato davvero una buona partner, sono molto felice per te-
-Una...partner...?- Il Pokémon annuì e lei sorrise. -Sì, hai ragione: ne ho trovata una davvero buona, anzi, ho trovato la migliore che potessi desiderare-
-Come ti senti, Luna?- chiese Leo ad un certo punto.
-Ancora un po’ frastornata, però decisamente meglio...perché?-
-Perché io non sono solo- Indicò l’uscita della tenda.
-Cosa significa che...- Corrugò le sopracciglia, confusa, e poi spalancò gli occhi, che si riempirono presto di lacrime di gioia. Aveva moltissime domande, ma erano secondarie a quella che stava per porre. -Sono venuti tutti...?-
-Esatto. Se ti fa piacere li chiamo-
Lei annuì soltanto, incapace di parlare per la sorpresa, e lui fece come aveva proposto, dirigendosi verso la soglia della tenda.
Sorrideva.
 
***
 
Intanto che Leo era nella tenda, i suoi compagni, per passare il tempo, avevano iniziato a chiacchierare con i due cugini.
 
-Quindi, se ho capito bene, voi siete delle specie di infermieri in uniforme da Ranger, giusto?- chiese Lidia.
Yuuri scoppiò a ridere. -Esatto!- Dovette fare uno sforzo per tornare serio. -Hai riassunto perfettamente il nostro lavoro-
-Però...- disse Koito, pensieroso -All’Accademia non ci sono dei corsi per diventare dei medici. Come avete fatto?-
-Beh, dopo che ci siamo diplomati ci siamo addestrati proprio per questo con dei professionisti e abbiamo completato sia la formazione di Ranger che di Medico-
-Ora ho una domanda io per voi- disse Shouri, serio -A noi è stato detto solo di cercare e, se possibile, trovare la vostra amica, ma non ci hanno spiegato niente di niente a proposito della situazione. Perciò, cos’è successo?- Aveva ragione.
I ragazzi si guardarono l’un l’altro, non sapendo che rispondere, o meglio come farlo: c’erano fin troppe cose da dire. Da quale cominciare? Dato che non sapevano decidersi, parlarono a turno, aggiungendo particolari e dettagli man mano che andavano avanti.
Quando nominarono Mikio Shirota, Yuuri spalancò gli occhi, scombussolato, e alla fine del racconto mormorò: -Mikio...era un mio compagno, anni fa, all’Accademia- I giovani fecero delle espressioni sorprese. -Non eravamo in classe insieme, perché io avevo...ho un anno più di lui, ma ci conoscevamo. Io credevo...credevo che...-
Shouri gli mise una mano su una spalla, dispiaciuto, per tirarlo su. Quando il cugino aveva ricevuto la comunicazione della scomparsa di Mikio in missione c’era anche lui: nonostante Yuuri avesse tentato di nasconderlo, quella notizia l’aveva sconvolto e il maggiore non voleva immaginare cosa significasse sapere che il compagno che si credeva sparito o peggio fosse tornato e fosse divenuto una persona del genere.
Non ebbero il tempo di aggiungere altro, che dalla tenda uscì Leo con un sorriso come non lo si vedeva da tanto sul viso e gli occhi lucidi.
-È...è sveglia e...ed è lei-
I compagni, però, non ebbero bisogno che glielo dicesse, perché l’avevano già capito dalla sua espressione, e lui rischiò di venire investito da loro.
Yuuri e, per la prima volta, Shouri sorrisero. Il minore fra i due, mentre il ragazzo dalle iridi verdi stava rientrando, gli disse: -Sono contento che tu abbia ritrovato tua sorella- Leo sarebbe rimasto con il dubbio di come avesse fatto a capire che erano fratelli.
 
-Luna...!-
-Luna!-
-Siamo così felici di rivederti!-
-Come ti senti?-
 
Appena i giovani erano entrati e l’avevano riconosciuta, non avevano perso nemmeno un secondo e l’avevano circondata, sommergendola di abbracci e domande. Avevano tutti creduto che fosse scomparsa, ma non avevano mai perso la speranza e alla fine erano stati ricompensati: lei adesso era lì davanti a loro, viva.
 
Erano di nuovo tutti insieme e non avrebbero più permesso che qualcuno li dividesse come era accaduto.
Mai più.
 
***
 
-Luna...- mormorò in un soffio Candice, guardandola. Nonostante tutti i suoi sforzi, non era stata capace di nascondere un tremito nella sua voce. Che stesse perdendo il controllo delle sue emozioni? Però...
La ragazza dagli occhi verdi spostò lo sguardo su di lei. -Ciao, Candice. Perché fai quella faccia? Va tutto bene?- chiese, preoccupandosi.
La giovane sgranò gli occhi ed ebbe un déjà-vu: perché erano sempre le persone che stavano più male a porle quelle domande? Per la seconda volta in quei pochi giorni, decise di mettere da parte le sue convinzioni e di lasciarsi andare. Forse stava davvero perdendo il controllo delle sue emozioni, però...però non le importava più. Non più così tanto. -Scusa. Ora va meglio, anzi, va benissimo, ma...- Una lacrima ribelle le scese sulla guancia: la prima in tutta la sua vita, che si affrettò ad asciugare. Tsukiko le mise una mano sulla spalla, in segno di conforto, e Candice le fu grata. Magari aveva perso la sua freddezza, però aveva guadagnato un’amica e ne era felice. Continuò a parlare. -Non ero lì quando Phibrizio...sono arrivata troppo tardi e non sono riuscita a fare niente di niente. Perdonami per non averlo fermato. Ho avuto paura di averti persa per sempre. Sono contenta che tu sia qui-
-Anch’io- disse Tsukiko, ancora accanto a lei.
Il parere era unanime.
Luna sorrise alle due, lo sguardo dolce. -Beh, pure io sono contenta di essere qui, con voi. E, Candice...-
-Candy-
-Eh?-
-Candy. Chiamatemi Candy- disse ai suoi compagni.
-Va bene- riprese Luna -Candy, non hai niente di cui farti perdonare- Un altro déjà-vu. -Fermeremo Mikio...mh, Phibrizio tutti insieme-
Gli altri annuirono, determinati.
-Però...prima avrei bisogno di un favore-
-Quello che vuoi, Luna- disse Koito.
-Potreste spiegarmi, per favore, cos’è successo dopo che io, ecco...cos’è successo in questi ultimi giorni? O magari non giorni...non lo so, ho perso la cognizione del tempo. Devo recuperare un bel po’ di cose-
-Certo- rispose Tsukiko.
Luna notò che aveva qualcosa di diverso: i suoi capelli non erano più raccolti in due codini, ma erano legati in una treccia a lisca di pesce, anche se le ciocche ciane le sfuggivano dall’acconciatura. Stava benissimo.
-Se volete inizio io- propose la ragazza dagli occhi eterocromi. I compagni un cenno di assenso e lei cominciò a raccontare, per poi darsi il cambio con gli altri. Parlarono a turno, aggiungendo cose mano a mano che andavano avanti.
Luna ascoltò con attenzione tutto e alla fine annuì lentamente, processando le informazioni appena ottenute. Era rimasta davvero tanto indietro con le novità. Comunque, aveva avuto la conferma del fatto che quel vuoto che aveva trovato nelle rovine doveva essere stato causato dalla scomparsa, conseguente alla cattura da parte di Phibrizio, di uno dei golem leggendari. Quel tipo aveva agito nell’ombra, dietro le quinte, per tutto quel tempo, aspettando solo il momento giusto per entrare in scena, e loro non se n’erano manco accorti. Ma non avrebbe vinto; lo avrebbero fermato. -Grazie, ragazzi-
Questi ultimi non ebbero nemmeno il tempo di aprire bocca per dire qualcos’altro che i cugini Hato entrarono nella tenda.
-Ehilà! Come ti senti?- domandò Yuuri a Luna, sorridendo.
Lei lo guardò confusa. -Ehm, ciao. Scusa se te lo chiedo, ma...-
-Ah, no, hai ragione, scusami tu per non essermi presentato. Io mi chiamo Yuuri, piacere di conoscerti e vederti sveglia!- Agitò la mano per salutarla. -Questo Ranger serioso qui accanto a me, invece, è mio cugino, Shouri-
Quest’ultimo gli scoccò un’occhiataccia, che venne ignorata magistralmente, e poi fece un cenno del capo in direzione della giovane. -Anche per me è un piacere vederti sveglia- disse sincero, anche se non sorrise.
Luna incurvò un angolo della bocca all’insù. -Io sono Luna-
-Bene, Luna- riprese Yuuri -Ci dispiace avervi interrotto, ma dovremmo farti un’ulteriore visita. Veloce, eh! Per fortuna sembri stare molto meglio di quando ti abbiamo trovata- Chissà perché, quel ragazzo a Luna ricordava tantissimo Mikio, quando non era ancora passato al lato oscuro. Forse pure Mikio era così, una volta?
-Perciò vi dobbiamo chiedere di uscire- aggiunse il maggiore.
I giovani annuirono comprensivi e fecero come gli era stato detto.
Prima che Tsukiko si allontanasse, Luna la chiamò, facendola voltare.
-Sì?-
-Hai cambiato pettinatura, vero? Stai benissimo-
Lei arrossì e spostò lo sguardo, a disagio, per poi mormorare un grazie a bassa voce e dirigersi verso l’uscita, mentre l’altra la guardava sorridente. Non avrebbe mai ammesso quanto quel complimento le aveva fatto piacere.
 
***
 
-Sei sicura di riuscire a camminare?-
-Sì, sono sicura, mi pare d’avertelo già detto-
-Davvero sicura?-
-Sicurissima-
-Sicura di essere sicura?-
-Leo, piantala!-
-Ok, ho capito, ho capito...-
-Grazie-
-...però io ti sto vicino lo stesso-
-Va bene-
 
Leo sorrise soddisfatto di quel compromesso e pose la mano alla sorella per aiutarla ad alzarsi e mettersi in piedi, aiuto che lei accettò con gratitudine. Gli altri li stavano aspettando fuori e li raggiunsero.
 
-Siete pronti ad andare?- chiese Shouri appena li vide.
-Sì- risposero in coro. I compagni sorrisero.
-Perfetto. Yu, la tenda-
-Subito!- disse quest’ultimo.
I due cugini smontarono l’accampamento in pochi minuti, abituati com’erano a farlo più volte al giorno, e si misero in spalla i bagagli. Come avevano deciso in precedenza, si sarebbero diretti verso la Federazione, facendo una piccola sosta alla Stazione Ranger di Portena per far riposare un po’ la giovane dagli occhi verdi.
Si misero in marcia e arrivarono nella città portuale prima del previsto, considerando che dovevano procedere piuttosto lentamente. Raggiunsero la Stazione e, mentre facevano la pausa, inviarono un messaggio a Midori.
 
“Stiamo tornando alla Federazione. Con Luna”
 
 
Spazio dell’autrice
Buongiorno a tutti! Questa volta ho aggiornato in orario e non a mezzanotte, questa cosa mi sconvolge. Comunque, piaciuto il capitolo? Cosa ne pensate? Brutto, bello, così così? Come dice il titolo, i nostri eroi ora sono di nuovo insieme! Sono curiosissima di sentire - o leggere che dir si voglia - i vostri pareri!
Come al solito, ringrazio tutte le persone che continuano a seguire e a recensire questa storia.
Dato che il capitolo successivo è già pronto, l'appuntamento è esattamente fra due sabati!
Alla prossima!

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Capitolo 31
*** La quiete prima della tempesta ***


 
 
 
La quiete prima della tempesta
 
Midori non aveva mai avuto molti amici.
In realtà...sarebbe più corretto dire che non ne aveva proprio avuti, eccezion fatta per Snover, né da bambina né da adolescente. Aveva tanti conoscenti, con cui aveva dei buoni rapporti, ma non legami così forti e profondi da potersi definire amicizie: con molte probabilità, anzi, quasi sicuramente, questo dipendeva dal suo carattere e dal fatto che non faceva niente per approfondire le relazioni, che rimanevano superficiali. Erberto, tanto tempo prima, le aveva detto che era troppo rigida. Aveva ragione e lei ne era consapevole. Anche se da fuori appariva piuttosto socievole, dentro di sé era rigida, distaccata, fredda. Fredda come l’aria del Campo Sottozero. Fredda come una creatura della neve. Forse era per quello che, fra tutti, un Pokémon di tipo ghiaccio era diventato il suo partner.
Non aveva mai avuto nessun vero amico, ma non pativa la solitudine. Al contrario, da sola stava benissimo. Aveva trasformato quelli che sembravano essere difetti in pregi da apprezzare, diventando una persona seria su cui fare cieco affidamento e facendo del suo lavoro da Ranger la sua unica ragione di vita.
Eppure, nonostante questo, adesso stava facendo di tutto per essere d’aiuto a quei ragazzi che aveva conosciuto soltanto pochi giorni prima.
Perché? Esatto, perché?
Cos’avevano loro di diverso dagli altri? Cosa?
Perché in così poco tempo erano divenuti così importanti?
 
-Midori...-
-Sì?-
-Grazie-
 
Ripensandoci, uno strano calore le si insinuò nel petto, riscaldandolo. Era piacevole. Era in quella maniera che ci si sentiva ad avere degli amici? Non sapeva rispondere, né a quella né tanto meno a quelle precedenti, ma decise che avrebbe potuto anche non farlo. Non importava più il motivo, bensì il fatto che era determinata a fare qualcosa: era determinata a combattere per quella bella sensazione di calore, a lottare per loro.
 
***
 
-Questo è il piano- concluse Frenesio a spiegazione terminata, guardando uno a uno i Ranger presenti, che lo avevano ascoltato fino a quel momento.
Una di loro, dagli occhi e dai capelli verdi, si fece avanti e parlò, un sopracciglio inarcato. -Quindi, se ho capito bene, lei ci sta chiedendo di acconsentire a far fronteggiare un pazzo criminale che controlla un potentissimo Pokémon leggendario a un gruppo di giovani appena usciti dall’Accademia che non hanno nemmeno completato l’addestramento?- Gli altri si trovarono d’accordo.
-Hai capito perfettamente-
-Ma, professore...-
Frenesio non cambiò espressione.
-Quello che Viola sta cercando di dire, professore, è che quello che dovremo affrontare è un nemico pericoloso e far ragionare un Pokémon così forte non sarà per niente facile, anzi, perciò forse sarebbe meglio che la terza squadra fosse composta da Ranger con più esperienza alle spalle- disse, affiancando la collega, un secondo Ranger dai capelli neri, con indosso un cappello che gli nascondeva gli occhi.
Midori decise che era giunto il momento di intromettersi nella conversazione. -Forse hai ragione, Settimo...- Non aveva nemmeno lasciato aprire bocca al professore e ora lui la guardava con occhi sgranati.
-C’è un però, vero?-
-...però quei ragazzi non si sono diplomati in anticipo a caso: il loro addestramento l’hanno completato il giorno delle scosse, dimostrando di avere tutte le carte in regola per diventare Ranger. Inoltre, non dobbiamo dimenticarci che hanno un conto da regolare e che nessuno di noi può impedirgli di farlo. So che siete preoccupati, ma ci sarò io a proteggerli: come ho già detto, mi assumo ogni responsabilità-
Alla fine del suo breve discorso, ci fu silenzio, che fu interrotto dopo pochi secondi dalla Ranger volante. -E chi proteggerà te?-
Midori si lasciò sfuggire un sorrisetto, cosa che non faceva quasi mai. -Stai tranquilla, so proteggermi da sola. In ogni caso, con me c’è Snover, no?-
Il partner emise un verso di assenso.
I due Top Ranger si scambiarono uno sguardo e poi l’uomo delle 10000 catture parlò. -Ok, va bene. Se lo dici tu, Midori, mi fido-
-E se si fida lui, mi dovrò fidare anch’io- disse l’altra.
I Ranger annuirono, in consenso. Midori era conosciuta nella Federazione per essere una persona molto seria, in cui potevi riporre fiducia: se ti assicurava una cosa, allora le potevi credere ciecamente.
-Grazie-
-Ottimo- Frenesio attirò l’attenzione dei presenti. -Adesso che siamo d’accordo su questo punto, dobbiamo decidere da chi saranno formate le altre due squadre-
-Giusto-
-Io potrei guidare quella che farà irruzione dall’alto- propose Viola -Dopotutto, non ho ottenuto il mio titolo a caso-
-Io invece quella che attaccherà dal basso- suggerì Settimo.
Frenesio annuì. -Perfetto. Se non ci sono obiezioni, direi che potreste scegliere da soli le persone da portare con voi. Faremo irruzione domani, perciò siate pronti-
-Va bene, professore- risposero i due Top Ranger, per poi andare a parlare con gli altri. Coloro che non avrebbero fatto parte di nessuna delle due squadre, si sarebbero dovuti spargere per la regione, nel caso ci fossero stati attacchi del team nemico.
Midori stava per dire qualcosa al professore, quando le arrivò un messaggio sullo Styler. Non perse tempo e lo aprì subito.
 
“Stiamo tornando alla Federazione. Con Luna”
 
Leggendo quelle parole si sentì sollevata e percepì di nuovo quel calore che aveva avvertito in precedenza. Era come se per tutto quel tempo avesse trattenuto il fiato e avesse ripreso a respirare solo dopo aver visto quel messaggio. Fra sé e sé, decise che avrebbe aspettato i suoi...ah, poteva definirli amici? Loro l’avrebbero definita un’amica? Non era sicura di volerlo sapere e, in ogni caso, non le importava. Decise che avrebbe atteso il loro arrivo.
 
-Professore-
-Dimmi, Midori-
-Loro stanno tornando con Luna, vado ad aspettarli fuori-
L’uomo annuì, tentando invano di nascondere la sua felicità.
-A più tardi-
-Sì, a dopo-
 
***
 
Midori uscì dalla Federazione e puntò lo sguardo oltre le scale e gli alberi, per scorgere il gruppo che stava arrivando: sarebbe stato facile, dato che era bello numeroso. Dopo interi minuti di cui perse il conto, riuscì ad avvistare i ragazzi e li raggiunse, scendendo in fretta i gradini. In mezzo a loro c’era proprio Luna, sorretta dal fratello. Midori era talmente sollevata, ma nascose la sua gioia dietro l’atteggiamento che le era solito.
 
-Salve, ragazzi, bentornati. E bentornata a te, Luna-
-Grazie- rispose lei con un sorriso, condiviso dal gemello.
Gli altri ricambiarono il saluto.
-E noi?- chiese Yuuri, sbucando da dietro con il cugino -Com’è che non ci dai il bentornato e cose del genere?-
Midori inclinò il capo di lato e tirò su un angolo della bocca. -Guarda che dicevo anche a voi, eh. Ti sei sentito ignorato?-
Il minore dei due arrossì. -Figuriamoci...-
-Lascia perdere mio cugino, è stupido- disse Shouri.
-Vero-
-Ma...Midori!- Yuuri esibì un’espressione tradita.
-Stavo scherzando-
-Ah- Il giovane si scompigliò i capelli. -Non si nota quando scherzi-
-Comunque, penso che dovremmo recarci dal professore- continuò il maggiore, che non perdeva mai di vista le cose importanti, attirando l’attenzione di tutti e trovando il loro consenso -Il tempo a nostra disposizione è limitato-
-Hai ragione, andiamo- annuì Midori, iniziando a salire le scale.
-A proposito...- disse Leo.
-Sì?-
-Com’è andata la riunione?-
-Non sarebbe potuta andare meglio-
-Questo significa che hanno acconsentito tutti a farci essere la terza squadra?- domandò Amber, un po’ ansiosa.
-Ovvio-
-Hanno accettato tutti? Sul serio? Non ci credo- disse Nara, scettica.
-In effetti all’inizio non volevano farlo, ma li ho convinti-
-È piuttosto brava a convincere le persone- commentò Yuuri.
-A quanto pare...- Pronunciò le ultime sillabe in un sussurro e si rabbuiò, ma durò poco. In più, non lo notò nessuno perché era in testa al gruppo.
In ogni caso, i ragazzi giunsero al laboratorio del professore dopo non molto. Bussarono alla porta per chiedere il permesso ed entrarono.
Frenesio era girato di spalle e, una volta voltato, un’espressione commossa e sollevata, che non tentò nemmeno di nascondere, si dipinse sul suo viso. Finse un colpo di tosse e cercò di darsi un contegno: aveva comunque una certa immagine da mantenere. -Sono contento di averti di nuovo qui fra noi, Luna-
-Grazie-
-Comunque...- Adocchiò il suo strumento di cattura rotto e si accigliò. -Dovresti lasciarmi il tuo Styler, così che io possa ripararlo. Te lo restituirò domani-
La giovane annuì e se lo sfilò dal braccio, per poi porgerlo al professore. Anche quando l’uomo l’ebbe in mano, lei non smise di fissare il dispositivo distrutto. -Si può davvero...riparare?- Non ci credeva.
-Certamente. Dopotutto è un oggetto e gli oggetti si possono sempre riparare- Già...al contrario delle persone.
Luna sembrò un po’ più convinta.
-Ora- Frenesio riprese, rivolgendosi ai cugini Hato -Ben lavoro, ragazzi miei, missione compiuta- si congratulò.
-Grazie, professore- risposero in coro i due. Shouri rimase serio come suo solito, ma i suoi occhi si accesero: pure quella volta non avevano fallito.
L’uomo annuì e tornò a concentrarsi sul gruppo di giovani. -Con molte probabilità Midori vi ha già riferito tutto quel che doveva a proposito della riunione, ma nel caso ve lo ripeto. Domani, di mattina, ci recheremo al Tempio Hippowdon e voi avrete il compito di far ragionare Regigigas, intrufolandovi dentro mentre i nemici sono impegnati-
-Sì-
-Luna, tu cosa dici?- chiese poi.
-Eh?-
-Immagino che i tuoi compagni ti abbiano illustrato il piano. Tu come ti senti? Yuuri, Shouri, voi siete i medici: qual è il vostro parere?-
I due lanciarono un’occhiata alla ragazza e poi sembrarono avere una conversazione muta, prima di rispondere: -Alla Stazione Ranger di Portena le abbiamo fatto un’ulteriore visita e...beh, diciamo che per noi potrebbe pure unirsi agli altri, anche se sarebbe consigliabile non sforzare troppo quel braccio, però la scelta dipende da lei-
Tutti trattennero il fiato in attesa della sua decisione.
-Io voglio andare con i miei compagni- replicò quasi immediatamente, serissima e determinata come non mai; il suo sguardo somigliava terribilmente a quello di suo fratello quando aveva giurato vendetta. In realtà, quella era l’unica opzione possibile, perché non avrebbe mai accettato di osservare da lontano: l’avrebbe fatta pagare molto cara a Mikio, poco ma sicuro. La sua rabbia bruciante si sarebbe estinta solo in quel momento.
-Va bene-
-Noi invece?- chiese Shouri.
-Voi avete terminato la vostra missione al meglio, no?- Frenesio alzò un sopracciglio: la cosa gli pareva ovvia. -Potete tornare al vostro lavoro-
-A questo proposito, professore...- s’intromise Yuuri, con un’insicurezza che non gli era solita -Ecco, io vorrei essere assegnato ad una delle squadre, se possibile-
-E perché mai?-
Il minore degli Hato fece un’espressione sofferta e strinse i pugni. -Professore. Ho completato il mio addestramento di Ranger un anno prima di quell’incidente. Io devo andare, devo farlo. Per favore-
Frenesio sgranò gli occhi e osservò il giovane, supplicante, per poi sospirare. -E va bene, permesso accordato-
Yuuri fu quasi commosso e sul suo viso si dipinse la gioia mista ad incredulità. -Sul serio, professore?!-
-Sì. Unisciti ad una delle due squadre di attacco- “E non farmene pentire” -Dopotutto, un medico sul capo è sempre d’aiuto-
-In questo caso vado anch’io- disse Shouri. Non era una richiesta, bensì una semplice e pura affermazione. Uno così, non lo si poteva contraddire.
-Sì, sì, andate entrambi- Ormai si era arreso.
-Grazie, professore- Il minore degli Hato sorrise riconoscente.
-Prego. A domani, ragazzi miei. Tenetevi pronti-
Ci fu un coro di risposte affermative, ma nessuno lo sarebbe mai stato abbastanza.
 
***
 
Phibrizio era nella stanza del tempio dove si trovava Regigigas, da solo, ed era immerso nelle sue riflessioni, lo sguardo oscurato e perso nel vuoto del suo passato, nel profondo baratro dei suoi ricordi. Un baratro da cui si rischiava di non riemergere mai più. Come al solito, stava ripensando a quel giorno, lontano nel tempo, in cui paura, urla, dolore e disperazione erano stati i protagonisti assoluti. Il giorno in cui aveva giurato vendetta. Ci ripensava ogni singola volta che chiudeva gli occhi, ogni singola volta che la sua mente iniziava a vagare; gli eventi di quel dì lo perseguitavano come incubi. Per quando ci provasse, tentando di non rievocare quelle scene, non riusciva a dimenticare: i suoi ricordi erano perfettamente nitidi. In realtà, non voleva farlo, non poteva: dimenticare avrebbe significato far finta che quell’incidente non si fosse mai verificato e lui non poteva permetterselo. La Federazione aveva dimenticato, i Ranger avevano dimenticato, ma lui non l’avrebbe fatto. No, lui si sarebbe vendicato e avrebbe gridato al mondo il suo pensiero! L’aveva promesso e lui manteneva sempre le sue promesse.
 
All’improvviso, una scossa alla spalla lo strappò alle sue riflessioni, riportandolo brutalmente alla dura e triste realtà, anche se, fra presente, passato e futuro, Phibrizio non sapeva davvero quale fosse il peggiore: facevano tutti schifo. Comunque, il responsabile della scossa era Sora e sembrava preoccupato; stringeva la sua spalla come se volesse fermargli la circolazione. Il capo dei Cavalieri si voltò.
-Sora! Amico mio, ti dispiacerebbe spostare la mano?-
Il generale parve cadere dalle nuvole, come se se ne fosse accorto solo in quel momento, e fece all’istante quello che gli era stato richiesto. -Scusami- mormorò.
Phibrizio sorrise divertito, ripulendosi il mantello da inesistenti granelli di sabbia: il suo prezioso mantello era sempre immacolato, anche se tutto il resto dell’uniforme era ricoperto di polvere. -Non è niente. Piuttosto, perché quella faccia? I Ranger hanno circondato il tempio? Gli alieni hanno invaso la Terra? Il pranzo è bruciato? Quest’ultimo in particolare potrebbe essere un problema di vitale importanza-
Sora fece un’espressione confusa, come se non sapesse bene cosa dire o cosa pensare. -Phibrizio, cosa...?-
Lui fece spallucce. -Ho tirato a indovinare. Ci ho azzeccato?-
-No. Nessuna di quelle che hai detto. È che ti ho chiamato molteplici volte, ma non rispondevi- “Mi sono preoccupato” avrebbe voluto dire. Però non lo fece.
Il capo dei Cavalieri scoppiò a ridere, con lo sconcerto del suo generale, mantenendo un sorrisetto in faccia pure quando ebbe smesso e si fu asciugato le lacrime. -Scusa, eh, credevo che fosse per un motivo più serio. Stavo solo meditando su tutto quello che potremo fare una volta conquistato il mondo-
Bugiardo. Sora sapeva benissimo che stava mentendo in modo spudorato: lo conosceva meglio di chiunque altro, perfino più di Drake e Tyra. Come al solito, stava pensando all’incidente di anni prima; a volte aveva l’impressione che, se non avesse avuto un’ancora a collegarlo alla realtà e a trascinarlo fuori da quella voragine, sarebbe annegato nell’abisso dei suoi ricordi. Avrebbe voluto dirgli che non poteva ingannarlo o mascherare le sue emozioni. Però non lo fece. Al contrario, ghignò e replicò: -Avremo l’imbarazzo della scelta-
-Esatto!- Era entusiasta. -A proposito, quindi anche oggi...?-
Sora capì a cosa si riferiva ancora prima che terminasse la frase. -Sì, anche oggi i Ranger non si sono fatti vivi-
Phibrizio divenne serio, pensieroso, e si prese il mento fra il pollice e l’indice. -In questo caso, perciò, possiamo presupporre che attaccheranno domani. Di solito ci impiegano al massimo tre giorni per organizzare le missioni come questa- Schioccò le dita e sorrise, con gli occhi che scintillavano. -Perfetto! Non vedo l’ora, sono talmente impaziente!-
La sua gioia era quasi contagiosa e Sora quasi incurvò le labbra all’insù. Quasi. -Senti, posso farti una domanda?-
-Solo una? Pure due!- Phibrizio sorrise divertito. -Ti ascolto, amico mio-
-Stai bene? Rispondi sinceramente-
Sinceramente? Il generale l’aveva incastrato: rispondere senza mentire sarebbe potuto essere complicato, ma il capo dei Cavalieri mantenne la maschera dritta al suo posto. -Sto bene. Anzi, non potrei stare meglio: abbiamo aspettato tanto questo momento e alla fine è arrivato, no? Sono felice- Una mezza verità. Dopotutto, le bugie non erano altro che verità manipolate e lui era bravo proprio in questo.
Sora lo squadrò con occhio critico, accigliato. Ovviamente, sapeva che gli aveva mentito, nonostante la sua richiesta di non farlo, ma si ritrovò a sospirare arreso: se non voleva confidargli niente era inutile insistere, perché avrebbe solo ottenuto il risultato di farlo chiudere a riccio. -Va bene, ti credo-
Phibrizio sorrise e gli mise una mano su una spalla. -Grazie, amico mio. Lo apprezzo, davvero. Ora, potresti per favore riferire agli altri di predisporre tutto per domani? Voglio che niente sia fuori posto-
In quel momento, Sora avrebbe voluto fare o dire qualcosa, una qualsiasi. Avrebbe dovuto. Però...non lo fece, perché stavano ancora interpretando i loro rispettivi ruoli; non erano due semplici compagni, bensì il capo e il suo generale: il giovane dai capelli blu non avrebbe potuto abbracciarlo per confortarlo o cose del genere, doveva attenersi al copione. Lui era un cavaliere e sarebbe stato al fianco dell’altro fino all’ultimo. Qualsiasi cosa fosse successa, sarebbe stato dalla sua parte, incondizionatamente. Il suo appoggio era e sarebbe stato totale, assoluto. Fu per quella ragione che non si protese in avanti per abbracciarlo. Al contrario, annuì. -Sì. Subito- Poi, si girò e andò a fare quello che gli era stato domandato.
 
Purtroppo, quello di cui non era a conoscenza e che invece avrebbe dovuto sapere era che, in seguito, si sarebbe pentito di non aver fatto quello che avrebbe voluto.
 
“Cogli la rosa quando è il momento...altrimenti appassisce”
 
***
 
La mattina successiva, non alle prime luci dell’alba ma comunque molto presto, le tre squadre di Ranger si ritrovarono fuori dalla Federazione come da programma, pronte ad andare in missione. I nostri eroi furono sorpresi di vedere che, per una volta, non erano i primi: davanti all’ingresso c’erano i membri delle altre due squadre, guidate rispettivamente da Viola e da Settimo, e fra loro i cugini Hato. Yuuri li salutò entusiasta come suo solito sventolando la mano in aria, mentre Shouri gli fece soltanto un cenno. Comunque, i ragazzi si misero ad attendere. Ormai mancava poco, davvero poco.
Il gran giorno era arrivato.
 
 
Spazio dell’autrice
Salve a tutti! Vi sono mancata? Come promesso, ecco qui pubblicato il nuovo capitolo. In questo episodio, tutti si preparano all’imminente scontro. Vi è piaciuto? Non vi è piaciuto? Cosa ne pensate? Non aspetto altro che sentire i vostri commenti!
Come al solito, ringrazio tutti quelli che continuano a seguire questa storia e mi danno i loro pareri. Grazie!
Purtroppo, in questo periodo non ho molto tempo libero e non so quando ci sarà il prossimo aggiornamento.
A presto!

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Capitolo 32
*** Situazioni ribaltate ***


 
 
 
Situazioni ribaltate
 
I tre gruppi di Ranger stavano aspettando con impazienza fuori dalla Federazione, in attesa di andare, quando la Preside Edvige e il Professor Frenesio varcarono l’uscita e catturarono l’attenzione generale.
 
-Buongiorno a tutti- salutarono i due.
Ci fu un coro di risposta.
-Saltando i convenevoli, dato che abbiamo poco tempo, passiamo subito al motivo per cui siete qui- iniziò Frenesio -Allora, come abbiamo detto ieri, la Squadra Uno e la Squadra Due partiranno per prime e attaccheranno rispettivamente dal basso e dall’alto. Il loro compito sarà quello di attirare i nemici che sorvegliano gli ingressi allo scoperto per permettere alla Squadra Tre di intrufolarsi dentro al tempio e far ragionare Regigigas. Una volta che lui non sarà più sotto il controllo del capo dei Cavalieri, questi non costituiranno più un pericolo. La Squadra Tre partirà e di conseguenza arriverà dopo, così i nemici saranno convinti che ce ne siano soltanto due. Ci sono domande? Se le avete questo è il momento giusto per porle-
I Ranger rimasero in silenzio.
-Bene- continuò l’uomo dopo qualche secondo -Visto che è tutto chiaro, io direi che potete andare. Edvige, vuoi aggiungere qualcosa?-
L’anziana signora annuì con un sorriso, per poi rivolgersi alle tre squadre. -Ragazzi miei. I nostri nemici sono pericolosi, perciò, anche se lo sapete, vi chiedo di stare attenti e di tornare sani e salvi. Detto questo, pure per me potete andare. Ricordate che non sarete mai soli: noi e gli Operatori vi assisteremo sempre e vi seguiremo da qui-
-In questo caso, la missione può cominciare. Buona fortuna, ragazzi-
I Ranger annuirono determinati; nei loro sguardi non c’era la minima esitazione. In seguito, le prime due squadre si girarono e, guidate da Viola e Settimo, si avviarono sulla strada per il tempio, mentre la terza restò dov’era. L’ultima cosa che scomparve all’orizzonte fu la chioma violetta di Yuuri.
Il professore, a quel punto, si avvicinò ai giovani e, da una tasca del camice, tirò fuori uno Styler che porse a Luna. -Ti avevo detto che te l’avrei restituito riparato oggi, no?-
Lei lo prese con esitazione fra le mani tremanti, come un vaso prezioso di cristallo che si sarebbe potuto rompere e distruggere in mille pezzi da un momento all’altro solo sfiorandolo con un dito, non smettendo un attimo di fissarlo con occhi sgranati e increduli. Il giorno prima era ammaccato, deformato, schiacciato, invece adesso era come nuovo. Le veniva da piangere...ma non lo avrebbe fatto. Fece un respiro profondo e chiuse gli occhi; quando li riaprì, erano accesi da una determinazione nuova. Annuì. -Grazie, professore- Strinse la presa sullo Styler e se lo infilò al braccio buono.
Frenesio annuì di rimando. -Fra poco, appena mi arriverà un messaggio dalle Squadre Uno e Due partirete anche voi, quindi tenetevi pronti-
Fecero tutti dei cenni decisi di assenso. In realtà, non ne avevano alcuna necessità: erano pronti da tempo, ormai. L’unica cosa di cui avevano bisogno era che i minuti passassero in fretta, perché fremevano dall’impazienza.
I gemelli si cercarono con lo sguardo e, non appena i loro occhi si incrociarono, presero una muta decisione, di comune accordo: quando fosse giunto il momento, avrebbero messo in atto il piano per cui erano stati svegli tutta la notte.
 
***
 
Le Squadre Uno e Due raggiunsero il Villaggio Haruba, dopo essersi imbarcate su uno dei molteplici traghetti del porto del cuore di Almia, e inviarono un messaggio al professor Frenesio, come gli era stato chiesto, per poi avviarsi senza perdere nemmeno un secondo in direzione del Deserto Haruba mentre la gente, formata da abitanti del piccolo insediamento e turisti, si girava curiosa a guardarli, domandandosi come mai così tanti Ranger si trovassero lì tutti insieme. Era forse successo qualcosa da quelle parti? Che domanda stupida, era ovvio che fosse accaduto qualcosa, ma cosa? Nessuno si era accorto di niente, ma tutti avrebbero presto ottenuto la loro risposta.
 
Le due squadre continuarono a camminare e superarono i confini del villaggio, finché non si iniziò ad intravedere, in lontananza, il Tempio Hippowdon. Quando lo poterono osservare bene anche ad una certa distanza, arrestarono il passo. Fermarsi a parlare tranquillamente del più e del meno davanti alle porte del tempio non sarebbe stata un’idea proprio brillante: dato che loro potevano vedere i nemici, o almeno la loro base, i nemici potevano vedere loro, anche se l’area sembrava deserta in tutti i sensi e in linea teorica i membri del team non erano a conoscenza di quel piano di attacco. In linea teorica.
-Ok, pare non esserci nessuno- constatò Settimo.
-Grazie, Capitan Ovvio. Meno male che me l’hai detto tu, altrimenti da sola non ci sarei mai arrivata- replicò Viola con uno sbuffo, roteando gli occhi.
Il Top Ranger finse di non averla sentita. -Che facciamo?-
-Come sarebbe a dire? Procediamo col piano, no? La Squadra Due attaccherà dall’alto, mentre la Uno dal basso. Se ci saranno dei nemici a sorvegliare gli ingressi li attireremo allo scoperto, mentre se non ci saranno...beh, in questo caso meglio per noi: potremo aiutare la Squadra Tre con Regigigas-
-Sì, hai ragione. Procediamo col piano. Dopotutto, intanto che noi siamo qui a non fare niente, gli altri stanno arrivando-
-Esatto-
Le due squadre cominciarono ad avvicinarsi lentamente, guardandosi in continuazione intorno, temendo un attacco da un momento all’altro. Attacco che, però, non arrivò, con grande sorpresa di tutti. Giunsero al tempio senza nemmeno un graffio fatto per sbaglio e si diressero verso le due entrate.
 
In quel preciso istante, successero due cose in contemporanea. Solo in un secondo momento i Ranger avrebbero compreso davvero cos’era accaduto.
 
Dall’ingresso superiore uscirono due figure vestite di scuro dalla testa ai piedi, giusto un attimo prima che Viola scendesse dal suo Staraptor e poggiasse il piede sul muso dell’Hippowdon di pietra. La Ranger volante perse l’equilibrio e fu solo grazie al suo partner che non si sfracellò al suolo. Dall’entrata inferiore, invece, uscì un solo individuo, anche lui abbigliato come gli altri due. Inutile dire che, appena apparvero, tutti gli Styler e gli sguardi dei Ranger furono puntati su di loro. Un paio di occhi più increduli di altri.
 
-No...no, non è possibile...Sora?! Sei...sei davvero tu?! E voi, invece...Drake? Tyra?- Yuuri era sconvolto, semplicemente sconvolto. Fino al giorno prima, credeva che fossero scomparsi dopo essere stati coinvolti in un incidente, durante una missione. Credeva che fossero morti, dannazione! Ora, invece, veniva a sapere che i suoi vecchi compagni d’Accademia non solo erano vivi e vegeti, ma erano diventati membri di un team malvagio insieme a Mikio. Avere un faccia a faccia con il passato non sarebbe stato facile per nessuno e averlo in un momento del genere era ancora più difficile.
Il tipo dai capelli blu, che all’udire pronunciato il suo nome era rimasto senza parole per un attimo, si riprese e sorrise, mentre gli altri due mantennero delle espressioni serie. -Ah...ahah...ahahahahah! Yuuri Hato! Nel tuo caso non c’è dubbio che sia tu, dopo tanti anni non sei cambiato affatto. Ah, Yuuri, non me l’aspettavo, ma che fortuita coincidenza averti qui! Dev’essere stato il destino, a volere che ci incontrassimo!-
Shouri si fece avanti, mettendo una mano sulla spalla del cugino ancora scombussolato. Il suo viso, al contrario, non tradiva emozione alcuna. -Yu, chi sono queste persone?-
-Sono...i miei vecchi compagni di Accademia-
-Capisco...- Adesso si spiegava la sua reazione.
-Perché?!- esclamò Yuuri, rivolgendosi ai tre. La domanda era ben chiara: “Perché avete fatto tutto questo?”.
Gli rispose il generale dagli occhi blu in piedi sul muso dell’Hippowdon di pietra, Drake. -Perché? Ce lo stai davvero chiedendo?-
-Per vendicarci, è ovvio- continuò la generalessa, accanto a lui -Per vendicarci di tutti quelli che non ci hanno ascoltato-
-Ma voi...voi eravate miei amici!-
Sora sospirò e intrecciò le mani dietro la testa. -Come si suol dire, mio caro Yuuri...le persone cambiano. Non potrebbe essere più vero. Forse un tempo eravamo effettivamente amici, ma adesso...beh, come puoi ben vedere anche tu stiamo da due parti opposte. Vuoi per caso diventare un membro del team? Forse ci è avanzata qualche uniforme...-
-Cos...mai!-
-E allora, questo significa che siamo nemici-
Il viso di Yuuri si oscurò e Settimo ne approfittò per prendere la parola. -Esatto, nemici. Arrendetevi, siete circondati-
Sora fece dapprima un’espressione sorpresa, per poi scoppiare a ridere. Si dovette asciugare una lacrima dall’occhio. -Sì, certo. E magari contate pure di impedirci di fare qualsivoglia cosa puntandoci contro quei giocattoli. Divertente, vero?-
-Decisamente troppo divertente- commentò Drake.
-Abbassate le armi, bambini, potreste farvi male- rincarò Tyra -Sul serio, ve lo sto dicendo per il vostro bene-
-Cosa?!- I Ranger non gradirono molto il consiglio. Dagli torto.
-Ah, un’altra cosa- disse Sora, schioccando le dita. Come se fosse comparsa dal nulla, una moltitudine di individui in viola arrivò alle spalle dei Ranger -Quelli circondati...beh, non immaginate quanto mi dolga darvi questa notizia, ma siete voi-
 
***
 
Alla Federazione, era arrivato un messaggio al professor Frenesio. Lui l’aveva letto, per poi rivolgersi ai ragazzi.
 
-È ora per voi di andare-
-Sì!-
 
***
 
-Allora, vi arrendete?-
 
Sora sorrideva tranquillo, dopo aver posto quella che in apparenza era una semplice domanda con due possibilità di scelta, ma che in realtà aveva solo un’opzione. In un attimo, avendo predisposto tutto come gli aveva domandato Phibrizio il giorno prima, aveva ribaltato la situazione, passando da una di svantaggio a un’altra di vantaggio. I Ranger erano decisamente troppo prevedibili e la Federazione non era che un piccolo ostacolo sulla strada che portava alla conquista, un ostacolo rimovibile con estrema facilità. I Cavalieri avevano la vittoria in pugno.
 
-Mai!-
Il generale si intristì. -Peccato-
-Ci hai provato, pazienza- disse Tyra.
-Dopotutto sai come sono fatti i Ranger, no? Non si rassegnano mai, sarebbe stato troppo bello per essere vero. E poi, così è più divertente- aggiunse Drake.
-Avete ragione- Il giovane dai capelli blu annuì e, risollevato, fece un gesto con la mano, rivolgendosi ai membri del team. -All’attacco!-
 
Al suo comando, i subordinati mandarono alla carica i Pokémon che erano stati catturati in precedenza.
Fearow, Rhydon, Jolteon, Cacnea, Skorupi, Flygon, Doduo, Hippowdon...
In tempo zero, i Ranger si ritrovarono a dover fronteggiare tutti i Pokémon o quasi del Deserto Haruba. Dovevano catturarli, per avere una minima possibilità di calmarli.
 
I tre generali, invece, dopo che Sora ebbe pronunciato quelle parole accesero i loro Styler modificati e li puntarono contro i Pokémon partner dei Ranger. Per questi ultimi, accadde qualcosa di mai visto prima: i loro compagni, che stavano combattendo accanto a loro, gli si rivoltarono contro, gli occhi vuoti e spenti.
Viola, che stava volando in groppa al suo Staraptor, dovette saltare giù dal suo dorso, dopo aver tentato invano di farlo ragionare, per non essere sbalzata via, mentre Settimo dovette allontanarsi dal suo Luxray per non essere arrostito.
 
-Ehi, voi! Cosa diavolo gli avete fatto?!- gridò la Ranger volante ai tre generali, fuori di sé dalla rabbia e dalla preoccupazione.
-Rispondete!- urlò l’uomo dalle 10000 catture.
-Cosa vuoi che gli abbiamo fatto?- ribatté Tyra, inarcando un sopracciglio.
-Li abbiamo catturati. Ora sono in nostro potere- disse Drake, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
-Lasciateli andare!-
-Subito!-
-E perché dovremmo? Sentiamo- s’intromise Sora -Se li stiamo controllando con tanta facilità, forse dovreste farvi due domande su quanto è forte il vostro legame di amicizia. Se mi è concesso esprimere un’opinione, secondo me non lo è poi molto-
A quelle parole, i due Top Ranger spalancarono gli occhi, increduli, come se per tutto quel tempo la verità fosse stata offuscata. Però...non era possibile, giusto? Giusto?!
-Non dovete ascoltarlo!-
La voce di Yuuri li riscosse.
-Quegli Styler sono diversi dai nostri: quando li si usa non trasmettono dei sentimenti d’amicizia, ma emozioni negative! Forse li staranno anche controllando, però il loro potere su di loro è debole, al contrario del vostro legame! Non arrendetevi, possono cancellare in alcun modo l’affetto che i vostri partner provano per voi!-
Detto questo, schiena contro schiena con il cugino, Yuuri catturò dei Pokémon, che vennero rilasciati e fuggirono non appena furono liberati dal controllo dei Cavalieri. I due Top Ranger riacquistarono la fiducia e annuirono decisi, per poi rivolgere la loro attenzione ai compagni. Accesero gli strumenti di cattura. In precedenza, quei generali da strapazzo avevano detto che i Ranger non si rassegnavano mai. Non avevano la minima idea di quanto questo fosse vero: qualunque cosa fosse successa, non avrebbero demorso. Mai.
Puntarono i loro Styler in direzione dei rispettivi partner e i dischi di cattura schizzarono fuori; attorno ai Pokémon si iniziarono a creare degli anelli concentrici con i quali venivano trasmessi i loro sentimenti di amicizia. Alla fine, questi si rivelarono davvero più forti di ogni altra cosa. Quando completarono la cattura, i loro compagni tornarono normali e si guardarono intorno frastornati, non capendo cosa gli fosse successo. Viola non perse tempo e corse in direzione del suo Staraptor per abbracciarlo, mentre Settimo fece la stessa cosa con il suo Luxray. Shouri, a quella vista, incurvò un angolo della bocca in su, in quello che per lui con molte probabilità era un sorriso a trentadue denti; Yuuri, invece, lanciò un’occhiata ai tre generali, che sembravano per una volta sinceramente stupiti. Benché fossero stati Ranger anche loro, forse dopo tanti anni avevano dimenticato la forza inesauribile che derivava da un sentimento di amicizia, di affetto. Il minore degli Hato trovò l’idea molto triste.
Gli altri Ranger, comunque, prendendo ad esempio la coppia, catturarono i Pokémon sotto controllo e li liberarono, facendo sì che i Cavalieri non avessero più dei modi per attaccare e così difendersi, diventando vulnerabili.
I generali non riuscivano a capacitarsi di quello che era appena accaduto: in un attimo, come avevano fatto loro in precedenza, quei Ranger avevano ribaltato la situazione. Quella era un’eventualità che non avevano previsto, anzi, che non gli era passato nemmeno per l’anticamera del cervello potesse verificarsi. Avevano commesso un grave, gravissimo errore a sottovalutarli, ma non potevano concedersi il lusso di piangere sul latte versato. A quel punto, non c’era altro da fare se non tentare di guadagnare più tempo possibile per Phibrizio. Anche loro non si sarebbero rassegnati tanto facilmente: in questo erano uguali ai Ranger.
 
L’uomo dalle 10000 catture prese una seconda volta la parola. La scena si ripeteva. -Ve lo diciamo di nuovo, arrendetevi-
-Adesso siete circondati sul serio, non potete fare altro- aggiunse Viola, che era rimontata in groppa al suo Pokémon e volava sopra di loro.
-Ma davvero? E cosa ve lo garantisce? Sono proprio curioso di saperlo- ribatté Sora -Nemmeno noi ci arrenderemo!- Tempo. Aveva bisogno di tempo. Però...cosa poteva fare per guadagnarlo? Cosa? Ormai, era arrivato al limite.
 
Con la coda dell’occhio, la Ranger volante vide la Squadra Tre che si stava avvicinando. Fece il segno di un tre con la mano a Settimo e lui annuì: dovevano fare qualcosa per far allontanare i nemici dagli ingressi e sviare la loro attenzione, altrimenti i ragazzi non sarebbero riusciti ad introfularsi all’interno del tempio e tutto il loro bel piano sarebbe fallito miseramente. La Top Ranger decise di fare qualcosa. Con l’aiuto di Staraptor, fece alzare delle fortissime folate di vento, le quali formarono un vortice che andò in direzione della coppia in piedi sul muso dell’Hippowdon di pietra. I due, vedendolo arrivare, non persero tempo e tentarono di schivarlo, solo che uno perse l’equilibrio e, non riuscendo ad aggrapparsi alla roccia, cadde di sotto.
 
-Drake!-
 
***
 
I giovani Ranger, dopo che ebbero superato i confini del villaggio, iniziarono ad intravedere il Tempio Hippowdon. Quando lo poterono osservare bene arrestarono il passo. Sul muso del Pokémon di pietra si trovavano due tipi vestiti di viola e quello che era stato il gruppo della Foresta di Vien riconobbe l’uniforme che indossava il membro dei Cavalieri della Notte, quindi, dato che di certo non avevano alcuna intenzione di farsi scoprire proprio a quel punto dell’operazione, fecero in modo di nascondersi ai loro occhi. L’unica a vederli arrivare fu Viola, che non perse tempo e mise subito in atto una distrazione coi fiocchi.
Quella era la loro occasione: ora o mai più.
 
***
 
-Drake, no!-
 
Appena il loro compagno era caduto, non avevano perso nemmeno un secondo prezioso. Tyra, già in piedi, era scattata come una molla nella sua direzione e si era tuffata per afferrarlo, per proteggerlo. Invece Sora, che aveva seguito preoccupato ogni azione, aveva aspettato il momento giusto, dopodiché era saltato in avanti con tutta la forza che aveva nelle gambe per prenderli al volo ed evitargli di sfracellarsi al suolo come frittata. Rotolarono per un paio di metri sulla rena del deserto e poi si fermarono; erano stretti insieme e pieni di granelli sabbia perfino fra i capelli, ma almeno erano vivi.
La Squadra Tre approfittò proprio di quel momento per intrufolarsi all’interno del tempio. Midori, prima di entrare, si scambiò un cenno d’intesa con i due Top Ranger, che tirarono un respiro di sollievo. La loro parte di piano l’avevano completata, ora dovevano soltanto attendere e sperare che non ci fossero altre sorprese dietro l’angolo, anche se, sapendo con chi avevano a che fare, era molto probabile.
 
Dopo una manciata di secondi, i tre generali si mossero e disincrociarono gli arti, mettendosi poi in piedi seppur con qualche lamento. Tyra e Drake, spalla contro spalla, si sostenevano a vicenda, mentre Sora, le braccia al petto, guardava i Ranger intorno a lui con un’espressione di nervoso misto a rassegnazione; pareva che i lineamenti del suo viso non sapessero esattamente come posizionarsi in casi come quello. Il tempo era scaduto, aveva fatto quello che aveva potuto. Ora doveva solo sperare che il piano di Phibrizio fosse in fase di conclusione; anche se non fosse stato così, adesso era tutto nelle sue mani. Il ragazzo dai capelli blu sospirò, spostando lo sguardo sul tempio.
 
-Allora, Ranger- Alle sue parole, pronunciate all’improvviso, questi si voltarono verso di lui. -Siete contenti?-
-Eh?-
-Beh, sì, dovreste esserlo. Insomma, alla fine ci avete fatto arrendere con la forza. Avete mandato qualcuno dentro?-
Una domanda retorica; era ovvio che l’avessero fatto. I Ranger non si presero nemmeno la briga di rispondere.
-È finita- disse Yuuri -Avete perso-
 
A quel punto Sora, similmente a come aveva fatto in precedenza, proruppe in una risata divertita e il minore degli Hato lo guardò con un’espressione che era a metà fra il preoccupato e lo stranito. Quei tre erano capaci di apparire pericolosi anche quando parevano reduci da una tempesta di sabbia in piena regola.
-Yuuri, mio caro Yuuri, sei mai stato in montagna?- chiese nel momento in cui il suo riso si affievolì, diventando un sospiro.
-In...montagna?- Propendeva allo stranito, decisamente.
L’altro annuì, continuando come se niente fosse. -Sì, esatto. Molto spesso c’è il sole, il cielo azzurro, e uno, pensando che resterà bel tempo, esce per farsi una passeggiata. Però...- Dove voleva andare a parare? -...però poi all’improvviso arriva la pioggia e quel qualcuno deve correre a casa se non vuole essere colpito in pieno da un fulmine- Sorrise e nei suoi occhi si accese una luce. -Capisci cosa intendo?-
Purtroppo sì, comprendeva anche fin troppo.
-E ora dimmi, sei certo che la tempesta distruttrice non giungerà pure qui?-
In un attimo, svanì tutta la sua sicumera.
 
***
 
Granelli di sabbia iniziarono a rotolare giù dalle pareti rocciose del tempio che era stato costruito in onore del Pokémon del deserto.
Sempre di più, sempre di più, sempre più velocemente, finché...
 
 
Spazio dell’autrice
Eee...salve a tutti, dopo tempo che non ci leggevamo, e buon Natale, buon anno nuovo un po' in ritardo! Mi dispiace davvero tantissimo per questo silenzio durato mesi e mesi, ma nell’ultimo periodo, oltre a vari impegni scolastici e non, ho avuto un blocco assurdo dello scrittore, del tipo che, nonostante avessi la voglia e le idee per continuare, non riuscivo nemmeno ad aprire la pagina di Word; non potete immaginare quanto io sia felice di essere riuscita a finire questo capitolo. Parlando di questo, cosa ne pensate? Vi è piaciuto? Spero di sì, più che altro perché ero forse un po’ arrugginita e, nonostante le ripetute rassicurazioni, ho ancora una paura matta di aver tralasciato cose importanti.
Come sempre, ci tengo a ringraziare le sante persone che continuano a seguire questa storia nonostante tutto quello che combino. Una sola parola: grazie!
A presto (Che non so con esattezza quando sarà - mi auguro mooolto presto - ma ci sarà sicuramente)!

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Capitolo 33
*** Sole nero ***


 
 
 
Sole nero
 
Dopo che era arrivato un messaggio al professore da parte delle prime due squadre, la terza era partita con meta il Tempio Hippowdon, Frenesio e la Preside Edvige che l’avevano seguita con lo sguardo apprensivo di un genitore finché non era scomparsa dietro agli alberi. Non sarebbero stati tranquilli finché non sarebbero tornati tutti sani e salvi.
 
I membri della Squadra Tre arrivarono in poco tempo al cuore di Almia e si diressero senza alcuna esitazione al suo porto, situato a est della città, con l’intenzione di imbarcarsi su un traghetto e raggiungere così il Villaggio Haruba. Giunti al luogo di ormeggio delle barche, Luna si fermò, gli occhi fissi sull’orizzonte e persi nel vuoto. Guardando il mare, le era venuto in mente il pomeriggio in cui si era recata in quello stesso luogo con Candice, Tsukiko...e Mikio, per fare un giro della città prima di andare all’Altopiano Cromano. Sembravano passati dei mesi, con tutto ciò che era successo, invece era trascorso sì e no qualche giorno. A proposito di Mikio, continuava a pensarci, ma non riusciva proprio a decidersi su di lui: se da una parte, senza ombra di dubbio, lo odiava e aveva la ferma intenzione di fargliela pagare per il male che aveva causato, dall’altra non si capacitava del fatto che avesse finto per tutto il tempo mentre era con lei e i suoi compagni, perché, quando aveva parlato di sé, le era parso incredibilmente sincero. Phibrizio le aveva detto che “Mikio” era morto, però secondo lei era quella la vera bugia. In ogni caso, aveva deciso che avrebbe fatto il suo lavoro da Ranger qualunque cosa fosse successa. E che una bella vendetta non gliel’avrebbe tolta nessuno.
All’improvviso, qualcuno le mise una mano su una spalla, facendola sussultare e tornare al mondo reale. Quel qualcuno era Tsukiko, che con quel gesto aveva voluto in qualche modo confortarla. Accanto a lei c’era Candice: loro erano le uniche due in grado di immaginare a cosa stesse pensando.
 
-Ehi, va tutto bene?- chiese la ragazza dagli occhi eterocromi, la preoccupazione nascosta dal tono calmo.
La destinataria di quella domanda si voltò e sorrise rassicurante. -Sì, certo. Perché non dovrebbe andare bene?-
L’altra sollevò un sopracciglio, come a dire: “Me lo stai davvero chiedendo?”. Stava per risponderle qualcosa, quando Zero, attirando l’attenzione generale, esclamò: -Ehi, sta arrivando il traghetto!- Indicò l’orizzonte: una nave si stava avvicinando al molo.
-È il nostro passaggio- disse Koito.
Attesero qualche minuto e poi si imbarcarono appena il battello attraccò. La loro meta era sempre più vicina.
 
***
 
Il traghetto solcava le onde, il sole che splendeva nel cielo azzurro. Un tempo bellissimo per una giornata piena di ansia.
 
Koito era appoggiato al parapetto della barca, i capelli biondo-castani scompigliati dal vento. Guardava il mare, riflettendo come suo solito, la lettera di suo fratello che aveva riposta nella tasca dell’uniforme e che sembrava fatta di piombo anziché di carta. Forse avrebbe anche continuato a meditare su chissà quali argomenti, se qualcuno non gli fosse apparso dietro all’improvviso e non lo avesse spaventato quasi a morte emettendo un verso acutissimo. Sobbalzò e fece un mezzo grido, per poi mordersi la lingua e sentirsi parecchio in imbarazzo per aver avuto quella reazione in pubblico.
 
-Misdreavus, maledizione!- esclamò voltandosi di scatto, pallido in viso per il poco ossigeno e rosso sulle guance per il tremendo disagio.
Quest’ultima, dal canto suo, fece una piccola capriola all’indietro e si mise a sghignazzare, divertita come non mai. Si sarebbe anche tenuta la pancia dalle risate, se solo avesse avuto una pancia o delle mani.
-Non c’è niente da ridere!- disse, incrociando le braccia al petto e lanciando un’occhiataccia al Pokémon, nonché a tutti quelli che stavano ridendo.
-Invece sì, amico, non sai quanto!- replicò Zero, che aveva seguito tutta la scena. Si sarebbe battuto volentieri un cinque con Misdreavus, se fosse stato possibile.
Koito stava per ribattere qualcosa di particolarmente arguto o cattivo, o finemente perfido, ma venne interrotto. E per fortuna, perché quando si trovava a disagio o era arrabbiato diventava impulsivo e finiva sempre per pentirsene.
Comunque, Luna scoppiò a ridere e attirò l’attenzione generale. Si girarono tutti a guardarla, sorpresi da una risata tanto liberatoria, che avevano paura di non udire mai più, e anche rallegrati a loro volta. Lei, da parte sua, si sentiva più leggera, come se un peso che non si era accorta di avere sul petto e a cui ormai si era abituata si fosse tolto all’improvviso. Quando la risata si fu affievolita, si rivolse al suo compagno, l’espressione colpevole. -Scusa, Koito, mi sa che sono un po’ responsabile: ho detto a Misdreavus che avrebbe potuto farvi gli scherzi che voleva, però questa burlona per “scherzi” intende “infarti al cuore”- Sì, ok, forse avrebbe potuto prometterle qualcosa di diverso, ma non ne aveva avuto scelta.
E il ragazzo, davanti a lei, non poté che rilassarsi. Disincrociò le braccia dal petto e sorrise. -Non ti preoccupare, la prossima volta farò in modo di stare più all’erta- Chissà che non gli sarebbe servito come allenamento.
Luna annuì e poi si rivolse alla sua partner, le mani sui fianchi e un angolo della bocca incurvato all’insù. -E tu vieni qui, piccola peste- le disse. Il Pokémon smise di sghignazzare, cosa che aveva fatto fino a quel momento, e si fiondò fra le sue braccia con un sorriso innocente. La giovane dagli occhi verdi era l’unica che poteva chiederle di fare qualcosa ed essere effettivamente ascoltata: il loro era un legame speciale, nato dal dolore.
-Certo- s’intromise Leo, perplesso -Per quanto io stia all’erta, quella mi fa sempre prendere dei colpi assurdi-
Ci fu una risata generale. Dovevano godersi quegli ultimi momenti di tranquillità che gli rimanevano.
Dopo qualche minuto, Misdreavus si divincolò dall’abbraccio di Luna e puntò lo sguardo in direzione della poppa del traghetto, come se avesse fiutato qualcosa. In effetti, quasi come se quel “qualcosa” avesse sentito di essere fissato in modo così intenso, delle casse si mossero e il muso di un Gible fece capolino. Girò la testa verso il gruppo di Ranger e, dopo un attimo di stallo in cui non successe nulla, scoppiò il caos. Gible saltò fuori dal suo nascondiglio e iniziò a correre da una parte all’altra del battello, attaccando chiunque gli si parasse davanti con l’enorme bocca. Era piuttosto forte, ma anche maldestro e molto spesso inciampava e si faceva male da solo. Comunque, non se ne preoccupava particolarmente e ogni volta che cadeva si rialzava e riprendeva a correre, addentando tutte le cose che si muovevano.
-Ehi!-
-Bisogna fermarlo!-
Più facile a dirsi che farsi. Certo, se non riuscivano a far ragionare un Gible, come pensavano di catturare Regigigas? Bella domanda.
-Sì, ma come?- Ecco.
-Beh, è solo spaventato, giusto?- chiese Koito.
Luna rispose con un cenno affermativo. -È la sua paura che prima Misdreavus ha percepito- La partner annuì.
-In questo caso, basterà calmarlo! Ehi, Gible!- Il ragazzo lo chiamò con determinazione e questo gli rivolse  la sua attenzione, nel senso che cambiò bruscamente direzione di corsa e scattò verso di lui a mascelle spalancate, i denti bianchi che scintillavano come piccoli coltelli. Il giovane accese il suo Styler e lo puntò contro il Pokémon: il disco di cattura schizzò fuori e Gible lo seguì con gli occhi, tentando poi di addentarlo. Koito per fortuna fu più veloce e lo spostò prima che potesse farlo, per poi iniziare a creare degli anelli concentrici attorno al piccolo squalo, con questo che non smetteva un attimo di attaccare. Lo Styler subì un po’ di danni, ma alla fine il Ranger riuscì a catturare il Pokémon e a farlo calmare. Quando questo successe, Koito prese un respiro profondo e rilassò i muscoli.
I suoi compagni, che fino a quel momento avevano seguito la scena con sguardo ansioso e fiato sospeso, lo imitarono.
-Complimenti, amico!- si congratulò Lidia, tirando un pugno in aria.
-Concordo- si unì Nara annuendo, per una volta non sarcastica.
Anche gli altri gli fecero dei segni di approvazione.
-Grazie- disse Koito con un sorriso.
Nel frattempo, il Pokémon si era avvicinato a lui a piccoli passi. Attirò la sua attenzione con un verso.
-Ehi, Gible- Il ragazzo spostò lo sguardo da lui al profilo del paesaggio che si stava delineando all’orizzonte e poi di nuovo a lui. -Fra poco ci dovremo salutare-
Il piccolo squalo lo guardò negli occhi, l’espressione indecifrabile.
 
Dopo pochi minuti, il traghetto cominciò a rallentare, finché non si arrestò definitivamente: il Villaggio Haruba era infine stato raggiunto.
La Squadra Tre sbarcò. Erano sempre più vicini alla meta. La gente, ancora una volta, si ritrovò a domandarsi come mai così tanti Ranger fossero lì tutti insieme. Doveva essere davvero successo qualcosa di grosso.
Koito si girò verso Gible, che era sceso con tutti loro, e lo liberò.
-Ecco qua. Ora...beh, sì, insomma, fai un po’ quello che vuoi. Solo, magari non azzannare il primo che ti si para davanti, ok?-
Il Pokémon lo fissò negli occhi e lui la prese come una risposta affermativa. Lo salutò e raggiunse i suoi compagni, che avevano iniziato ad incamminarsi. Dopo appena qualche secondo, però, si accorse di essere seguito. Arrestò il passo e si voltò.
-Gible?-
Quest’ultimo non si fermò in tempo e sbatté la testa contro Koito, per poi guardarlo ed emettere un verso contento. Il ragazzo lo fissò senza sapere con esattezza cosa fare.
-Ahahah! Koito! Lui...ha scelto te!- esclamò Zero tutto esaltato, puntandogli un dito contro -Era da tantissimo che volevo dirlo-
L’amico spostò lo sguardo da lui al Pokémon, incredulo.
-Sul serio?-
Gible annuì felice e Lidia commentò: -Vi dichiaro Ranger e Pokémon! Ora...- Rita intervenne tappandole la bocca, per impedirle di continuare la frase, e ci fu un coro di risate.
Koito guardò il piccolo squalo con occhi sgranati e commossi.
Adesso, anche lui aveva un partner.
 
***
 
Si rimisero in cammino e, dopo che ebbero superato i confini del villaggio, iniziarono ad intravedere il Tempio Hippowdon. Quando lo poterono osservare bene arrestarono il passo. Sul muso del Pokémon di pietra si trovavano due tipi vestiti di viola e quello che era stato il gruppo della Foresta di Vien riconobbe l’uniforme che indossava il membro dei Cavalieri della Notte, quindi, dato che di certo non avevano alcuna intenzione di farsi scoprire proprio a quel punto dell’operazione, fecero in modo di nascondersi ai loro occhi. L’unica a vederli arrivare fu Viola, che non perse tempo e mise subito in atto una distrazione coi fiocchi.
Quella era la loro occasione: ora o mai più.
Approfittarono del momento in cui i tre generali erano fuori combattimento per intrufolarsi all’interno del tempio. Midori, prima di entrare, si scambiò un cenno d’intesa con i due Top Ranger. Questi ultimi le avevano creduto e avevano completato la loro parte del piano. Ora, aveva il dovere di dimostrargli che non avevano commesso un errore nel riporre in lei la loro fiducia. Doveva e l’avrebbe fatto: avrebbe protetto quei ragazzi ad ogni costo. Se gli fosse accaduto qualcosa, lei ne sarebbe stata la sola e unica responsabile.
 
***
 
La Squadra Tre si incamminò per i corridoi del tempio con calcolata cautela, dato che quell’area nascondeva molte trappole, come, tanto per fare qualche esempio, Bronzor mimetizzati nelle pareti, pavimenti a scomparsa, pannelli mobili e, ciliegina sulla torta, cannoni che sparavano palle di sabbia che bisognava schivare se non si voleva rimanere gravemente danneggiati. Insomma, divertenti sorprese dietro ogni angolo.
Comunque, dopo essere sopravvissuti a tutte le insidie possibili e immaginabili, i giovani Ranger arrivarono in una sala del tempio dove era presente, al centro, una spirale di sabbia. Non c’erano altre porte o vie, quindi presero un respiro profondo per farsi coraggio e ci entrarono. Prima di questo, però, due di loro si scambiarono uno sguardo d’intesa e comunicarono ai compagni ciò per cui erano stati svegli tutta la notte.
Il piano aveva inizio.
 
In seguito al loro ingresso in quel vortice, vennero trascinati in una stanza nascosta del tempio, immersa completamente nel buio. Tuttavia, non era quello di per sé a fare paura: ciò che davvero spaventava era quello che si nascondeva nel buio. Luna ne sapeva qualcosa, in proposito, anche se ormai non aveva più timore dell’oscurità, anzi: le tenebre facevano parte di lei; l’oscurità era diventata la sua migliore amica e in quel momento era preziosa più che mai. Senza di lei, infatti, non sarebbe mai riuscita ad attuare il suo piano.
Dopo poco tempo trascorso al buio, però, la sala venne rischiarata da molteplici luci che si accesero all’improvviso, accecando per qualche secondo i giovani Ranger, i quali dovettero sbattere molte volte le palpebre per abituarsi a quel repentino cambio di luminosità. Quando i loro occhi furono in grado almeno di distinguere i contorni delle cose in modo più o meno sfocato, videro che davanti a loro si trovava un Pokémon colossale e, in piedi su una delle sue spalle, una conosciuta figura in viola. Regigigas e Phibrizio, com’era ovvio. Cacturne era ai piedi del capo dei Golem leggendari, mentre questi ultimi si trovavano su tre piedistalli.
 
-Signore e signori, benvenuti a questo nuovo spettacolo! Vi aspettavo!- esclamò, allargando la braccia.
 
Nell’udire la sua voce, i membri della Squadra Tre si ripresero completamente dall’abbagliamento. Incontrandolo di nuovo e allo stesso tempo avendo di fronte una persona molto diversa da quella che avevano conosciuto, provarono delle emozioni contrastanti fra di loro, perché da un lato vedevano un criminale, ma dall’altro non potevano fare a meno di vedere “Mikio”: dopotutto, solo in tre avevano già conosciuto Phibrizio. Però, c’è sempre la famosa eccezione che conferma la regola.
 
-TU!- gridò Leo, i pugni chiusi lungo i fianchi e gli occhi scintillanti di rabbia.
Phibrizio concentrò la sua attenzione su di lui e sorrise. -Esatto, proprio io!- Fece un inchino da consumato attore. -Tu, invece...Leo, giusto? Mi sembri un po’...nervoso, sei sicuro che vada tutto bene?-
Il destinatario di quella domanda strinse i pugni fino a conficcarsi le unghie nella pelle. -Tu osi chiedere a me se va tutto bene?! Tu hai ucciso mia sorella, Candice e Tsukiko!-
Quello di colui che un tempo era Mikio si trasformò in un sorriso distorto, crudele. -Ah! Adesso capisco...sei innervosito per quello. In effetti, loro non ci sono- Le tre ragazze non si vedevano da nessuna parte. -Però, sai, le persone muoiono tutti i giorni. È la vita e io non ci posso fare proprio niente-
-Tu...tu...!-
-Non credere di potertela cavare così!- gridò Rita, furiosa. Lei, di solito così tranquilla, ora faceva paura. Lidia aveva ragione nel dire che quando si arrabbiava era una furia.
-Ti fermeremo, siamo qui per farlo!- esclamò Amber, il cui fortissimo spirito di giustizia non si poteva in alcun modo soffocare.
Leo guardò i suoi compagni. Fino a quel momento erano rimasti in silenzio senza intervenire, divisi fra emozioni contrastanti, ma quando è troppo è troppo.
Phibrizio ghignò. -E come pensate di fare, esattamente? Sentiamo, sono curioso- Ormai, era chiaro come il sole a tutti che “Mikio” era davvero morto, anzi, forse non era nemmeno mai esistito. Anche se...
 
-Così!-
 
Luna apparve apparentemente dal nulla, poco lontano, e puntò contro di lui il suo Styler, in una posizione di combattimento. Di fianco a lei, Candice, Tsukiko e la sua immancabile partner, Misdreavus, che le aveva nascoste nell’ombra fino a quel momento in modo che non si potessero vedere.
Quella fu la primissima volta in cui Phibrizio perse il suo onnipresente sorriso. La sua fu una reazione di sorpresa pura: sgranò gli occhi e si immobilizzò, mentre la sua bocca formò una perfetta “O”. Quella, fra tutte le cose che sarebbero potute accadere, non l’aveva proprio prevista; non gli era nemmeno passata per l’anticamera del cervello l’idea che sarebbe potuto incorrere in un errore di giudizio. Lui! Un errore! Lui, che non sbagliava mai niente! Già, almeno di solito. Era sempre successo così, tranne quella volta. Aveva creduto di aver eliminato quelle tre fastidiose Ranger, ma aveva commesso un grave errore di valutazione e ora ne stava subendo le conseguenze. Spostò lo sguardo in modo alterno da un gemello all’altro, ancora stupito.
 
-Ciao, Mikio- lo salutò Luna, il tono di voce tagliente -Cos’è, sei sorpreso che io sia qui, viva?- Certo, non poteva biasimarlo: anche lei faticava a crederci.
-Tu...voi...-
-Sai, Phibrizio, avendo trascorso del tempo con te ho imparato a mentire- Questa volta fu Leo a parlare, con calma glaciale. Il suo sguardo era duro, gli occhi due lame affilate. -Ti pentirai amaramente di aver tentato di uccidere mia sorella e due mie compagne- Non era una minaccia, bensì una tremenda promessa. Quanto può cambiare una persona per il dolore? Quanto può diventare vendicativa?
-Adesso, ragazzi!- esclamò Candice. Si scambiò un’occhiata con gli altri, che annuirono e puntarono i rispettivi Styler in direzione di Regigigas per catturarlo. Era quello il piano che gli avevano comunicato i gemelli prima di entrare nel vortice di sabbia: fingere che Phibrizio fosse effettivamente riuscito nell’intento di eliminare coloro facenti parte del suo gruppo all’Altopiano Cromano, per poi coglierlo di sorpresa e far ragionare il capo dei Regi. Avrebbe funzionato di sicuro. Doveva.
 
In un secondo, undici dischi di cattura schizzarono fuori e cominciarono a crearsi degli anelli concentrici attorno al Pokémon colossale. Quelst’ultimo, però, non sembrava molto d’accordo con l’idea di essere catturato e iniziò ad agitarsi: scrollò le spalle, con la conseguenza che Phibrizio non riuscì a rimanerci in piedi e perse l’equilibrio, cadendo di sotto e scomparendo alla vista. Una cosa per cui i giovani Ranger non si strapparono i capelli dalla disperazione. Al contrario, continuarono il tentativo di cattura con rinnovata energia. Il capo dei Regi sferrava attacchi potenti, ma ancora un po’ lenti, forse per via della sua abilità che ne riduceva la velocità, e non era troppo difficile schivarli.
 
Ce l’avevano quasi fatta, quando una voce che avrebbero preferito non sentire ancora per molto tempo esclamò: -È il momento! Ora, Regigigas!-
 
Quest’ultimo parve recuperare all’improvviso tutta la sua forza e rapidità. Le sette macchie a occhio che aveva sul corpo si accesero di rosso e lui con una manata colpì e lanciò lontano gli Styler dei Ranger, infliggendogli talmente tanti danni che fu un miracolo che non si ruppero in mille pezzi. Da dietro la sua spalla comparve Phibrizio, che non era caduto a terra, ma si era aggrappato al Pokémon leggendario e si era arrampicato su di lui per tornare in cima. Si issò sulla sua spalla e si rimise in piedi, i capelli con ciocche multicolore che gli nascondevano gli occhi. Le sue labbra si piegarono in un ghigno e iniziò a ridere, tremante, poi reclinò la testa all’indietro e la sua si trasformò in una perfetta risata da cattivo dei film. In precedenza aveva perso il suo solito sorrisetto, sembrando quasi un’altra persona, ma aveva recuperato subito. Non si sarebbe più lasciato sorprendere. Quando le risa si affievolirono, il capo dei Cavalieri riportò lo sguardo sull’incredulo gruppetto di Ranger, gli occhi animati da una crudele gioia.
-Perdonatemi, siete fin troppo divertenti: tutti sicuri e determinati solo perché avete in mano dei giocattoli e dalla vostra parte il potere dell’amicizia. Ah! Ma per piacere! Chi volete prendere in giro? Lo sapete che queste cose succedono solo nei cartoni animati e non nella realtà, vero? E questa, mi dispiace dirvelo, è la dura realtà: il “potere dell’amicizia” non servirà a creare una supertecnica combinata e micidiale, né a sconfiggere il mostro di turno. Forse vi aiuterà a morire tutti insieme appassionatamente come degli ottimi compagni, però solo a quello. E poi, per favore, non fatemi ridere! Credete davvero di poter catturare un Pokémon leggendario solo perché avete quegli Styler? Voi Ranger mi fate quasi pena: vi spaccate la schiena ogni giorno e usate tutte le vostre energie per tutelare la natura e proteggere persone e Pokémon, quando questi ultimi sono creature con poteri eccezionali, creature che se solo volessero sarebbero in grado di distruggerci tutti. I Pokémon...non sono altro che strumenti, strumenti nelle nostre mani che possiamo e dobbiamo controllare. Ora ve lo dimostrerò- Stese un braccio in avanti e aprì la bocca, pronto ad impartire un ordine, ma con suo sommo fastidio venne interrotto.
-Anche tu eri un Ranger, Mikio!- gridò Luna, una punta di disperazione nella voce. Non aveva dimenticato ciò che lui le aveva detto quel giorno a Portena.
-Giusto! Come puoi affermare una cosa del genere?! Tu dovresti capire cosa significa essere un Ranger!- si unì Amber, impulsiva. Per lei che aveva fatto del proteggere i Pokémon una ragione di vita, quelle parole erano semplicemente sconvolgenti. Shinx, di fianco a lei, parve comprendere i suoi sentimenti e soffiò, facendo brillare il pelo.
A quella frase, il fastidio di Phibrizio diventò un nervoso. -Avete detto bene: Mikio era un Ranger, ma io non lo sono-
-Perché fai tutto questo?!- urlò Rita. Non riusciva proprio a capirlo.
Il capo dei Cavalieri si stava arrabbiando. -Perché? Perché, mi chiedi? Il solo fatto che tu mi stia ponendo questa domanda è un motivo in più per portare avanti il mio piano! Voi non sapete nulla, la Federazione non ha mai detto niente di niente a nessuno...e voi diventate Ranger senza avere la più pallida idea di quello a cui andate davvero incontro!-
-Smettila con questi discorsi, Mikio!- esclamò Luna, intromettendosi in quello che si prospettava l’inizio di un ulteriore monologo.
Phibrizio, però, non ce la fece più ed esplose dall’ira. -E tu smettila di chiamarmi in quel modo! “Mikio” è morto, lo vuoi capire una buona volta?! Io sono Phibrizio!- Per la prima volta dopo anni e anni, la maschera che portava sempre cadde e lui mostrò il suo vero volto, ossia uno sfigurato dal dolore e dalla disperazione. Comunque, se ne rese conto dopo pochi secondi e, raccolta la maschera, la rimise al suo posto, riguadagnando ghigno e sicurezza. -Bene. Ora che l’avete accertato, signori, vi prego di spegnere gli Styler e fare silenzio: lo spettacolo sta per cominciare!- Stese di nuovo il braccio in avanti. -Regigigas, attacca!-
Le sette macchie a occhio si accesero di viola e il capo dei Regi lanciò un potentissimo raggio che distrusse buona parte delle pareti di quella sala, il primo di una lunga serie. Phibrizio restò in perfetto equilibrio sulla sua spalla, un sorriso malvagio stampato in faccia. I suoi tre generali e perfino quegli stupidi Ranger, a loro insaputa con le loro chiacchiere, gli avevano regalato del tempo prezioso e adesso il Pokémon leggendario si era completamente risvegliato. Proprio come aveva previsto. Certo, la recita di quei ragazzi, anche se gli costava ammetterlo, l’aveva stupito, ma dopotutto era contento che quelle tre non fossero morte, così avrebbe potuto eliminarle insieme ai loro amici.
I membri della Squadra Tre, per evitare di venir schiacciati sotto le pietre del tempio, dovettero ricorrere a tutte le loro capacità, anche se era difficile, perché continuavano a chiedersi come fosse stato possibile che il loro piano non avesse funzionato. Insomma, era perfetto, pensato in ogni dettaglio! Cosa avevano sbagliato? Senza contare che il professor Frenesio gli aveva detto che gli attacchi e la velocità di Regigigas sarebbero stati rallentati per un buon periodo successivo al suo risveglio, quindi perché era così forte? Phibrizio aveva sul serio calcolato ogni minima cosa? Ma la domanda più importante era: cosa avrebbero detto ai Ranger delle altre due squadre che si erano fidati di loro?
 
-Oggi è un buon giorno per la vendetta- mormorò il capo dei Cavalieri, rivolgendo lo sguardo al soffitto della sala che, crepandosi, lasciava filtrare dei raggi di luce.
 
***
 
Granelli di sabbia iniziarono a rotolare giù dalle pareti rocciose del tempio che era stato costruito in onore del Pokémon del deserto.
Sempre di più, sempre di più, sempre più velocemente, finché i granelli non diventarono pietre, le pietre rocce e cominciarono a staccarsi vere e proprie parti di statua, che cadendo a terra provocarono agitazione e paura.
 
Il santuario crollò e il sole venne oscurato.
 
 
Spazio dell’autrice
Ahah, la mia preghiera ha funzionato! Avevo sperato che questo capitolo sarebbe arrivato presto e...eccolo qui! Scherzi a parte, sono davvero contenta di averlo finito di scrivere in breve tempo. Com'è, vi è piaciuto? Cosa ne pensate? Devo ammettere che sono un po' in ansia (Come al solito, d'altronde).
Un grande grazie a tutti coloro che continuano a seguire questa storia e mi danno i loro pareri!
A presto!

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Capitolo 34
*** Eclissi totale ***


 
 
 
Eclissi totale
 
Quando i granelli di sabbia iniziarono a rotolare giù dalle pareti rocciose del tempo, i tre generali si scambiarono uno sguardo e un cenno affermativo del capo. Nel momento in cui parti di statua cominciarono a staccarsi, cadendo a terra, sapevano già cosa fare.
 
-Si continua con il piano!- urlò Sora per sovrastare gli assordanti rumori del crollo, facendosi sentire da tutti i membri del team -Fase finale!-
“Ce l’hai fatta, Phibrizio” pensò “Ce l’hai fatta ancora una volta” Alla fine, era riuscito a guadagnare abbastanza tempo per lui.
I Cavalieri si liberarono dall’accerchiamento dei Ranger, approfittando della loro paura, mentre i tre generali si allontanarono il più velocemente possibile dal tempio, per evitare di venir schiacciati sotto le sue macerie.
 
I sopracitati Ranger, invece, non sapevano cosa stesse succedendo e persero il controllo della situazione che avevano acquisito con tanta difficoltà, permettendo ai nemici di correre via, ma a causa dell’agitazione, i loro muscoli sembravano paralizzati e non ebbero nemmeno la prontezza di spirito di imitarli quando si dileguarono. Solo quando una roccia grande quanto lui gli cadde a pochi centimetri di distanza, Settimo si riscosse e parlò ai membri delle due squadre.
-Allontaniamoci! Presto, presto!-
Però era già troppo tardi.
Il tempio stava crollando e coloro che non si sbrigarono vennero colpiti dalle pietre e feriti anche piuttosto gravemente, cosa che avrebbe dato molto lavoro da fare ai cugini Hato, come se non avessero già abbastanza pensieri per la testa. Alla fine, il professor Frenesio aveva fatto bene a dargli il permesso di unirsi alle squadre: un medico sul campo è sempre davvero utile, due sono ancora meglio. Per fortuna non ci furono lesioni fatali, ma i buoni tre quarti dei Ranger presenti non sarebbero più stati in grado di combattere e dovettero essere aiutati dagli altri per raggiungere un punto abbastanza lontano dal santuario e trovarsi a distanza di sicurezza.
Viola, che in groppa al suo Staraptor aveva assistito a tutta la scena dall’alto, spostò lo sguardo preoccupato sul tempio.
-Cosa sta succedendo...?!-
Avrebbe avuto la risposta entro pochissimo, ma non le sarebbe piaciuta.
 
I tre generali, lontani, guardarono nella stessa direzione della Ranger volante, con la differenza che loro sapevano alla perfezione cosa sarebbe accaduto di lì a poco e non si sorpresero minimamente quando il santuario crollò del tutto.
 
Perfino il sole venne oscurato e dall’ombra creatasi emerse una figura in viola.
 
***
 
Il soffitto della sala, ormai pieno di crepe, franò, però le pietre non colpirono Phibrizio, perché Regigigas gli fece da scudo con le braccia. Socchiudendo le palpebre per la troppa luce e proteggendosi gli occhi con una mano, guardò il cielo azzurro.
Bellissimo.
Perfetto per quel giorno.
 
***
 
Phibrizio, in piedi in perfetto equilibrio sulla spalla di Regigigas, emerse dalle macerie del tempio. Il suo mantello viola si muoveva al vento e, per quanti granelli di sabbia potessero esserci sul resto della sua uniforme, come al solito era perfetto: sarebbe anche potuta esplodere una bomba, ma quello sarebbe sempre rimasto immacolato. Comunque, la prima cosa che fece il capo dei Cavalieri fu rivolgere l’attenzione ai suoi tre generali, facendogli un cenno affermativo con la testa, che loro sapevano cosa significava. Poi, spostò lo sguardo sul suo pubblico, che con occhi sgranati aspettava trepidante una sua mossa. E dato che lui, l’attore principale, si presentava sul palco solo nell’ultimo atto, per farsi perdonare gli avrebbe regalato un finale spettacolare degno di lui.
-Signore e signori!- esclamò spalancando le braccia, con un sorriso entusiasta e gli occhi che gli brillavano -Vi prego di spegnere i vostri Styler e fare silenzio...-
Non riuscì a finire quella semplice battuta di apertura del copione che, ovviamente, qualcuno lo interruppe. Un’espressione di fastidio balenò sul suo viso. Possibile che ogni volta, ogni singola volta, ci fosse qualcuno pronto a interromperlo?! Forse avrebbe dovuto togliere la parte del “fare silenzio” e sostituirla con qualcosa di diverso, perché a quanto pare la gente trovava un gusto tutto particolare nel fare l’esatto contrario di quello che diceva.
-Mikio...?!-
E chi mai avrebbe potuto pronunciare quel nome?
-Yuuri- constatò semplicemente, un sorrisetto in faccia. Chi altri poteva essere se non lui? La scena si ripeteva -Le vie del destino sono imprevedibili, non trovi? È buffo come, in un modo o nell’altro, le strade delle persone finiscano sempre per incrociarsi- Prima o poi avrebbero dovuto rivedersi, Phibrizio lo sapeva. -Comunque...-
-Dannazione, credevo che fossi morto, Mikio! Morto! Come puoi sorridere così?!- gli urlò il minore degli Hato.
Il sorriso del capo dei Cavalieri, se possibile, si allargò ancora di più udendo quelle parole. -Oh, ma infatti credevi giusto: Mikio è morto da anni, ormai. Io sono Phibrizio- Fece un veloce inchino. -E, non per vantarmi, sono molto migliore di Mikio. Ora ti mostrerò quanto-
-Cosa...?!-
Il ragazzo dai capelli multicolore fece un gesto con la mano e dalle macerie del tempio emersero tre Pokémon colossali. -Saluta i Regi, mio caro Yuuri-
I Ranger sgranarono gli occhi dalla sorpresa e soprattutto dal timore, anche se non l’avrebbero ammesso nemmeno a loro stessi. Però era comprensibile: va bene che non erano pochi di numero, ma già era difficile catturare anche uno solo dei golem leggendari...con quattro come avrebbero fatto?! Senza contare che un pensiero particolarmente insistente continuava a martellargli nella testa.
-Dove sono i membri della Squadra Tre?- chiese Shouri, fallendo nel nascondere una nota di preoccupazione nella sua voce.
Phibrizio parve ricordarsi di loro solo in quel momento e si diede una manata in fronte. -Oh, giusto! Me ne stavo quasi per dimenticare, ti ringrazio per avermelo rammentato! Quei ragazzini, credo proprio che siano stati schiacciati sotto le pietre del tempio, sapete? Cose che capitano- Il suo sorriso si trasformò in un ghigno crudele. -Comunque, voi Ranger non imparate mai, eh? Sempre a mandare dei bambini a completare le missioni più pericolose. Non che mi aspettassi qualcosa di diverso: sono qui proprio per farvene pentire una volta per tutte-
-Tu...sei stato tu a far crollare il tempio! Sei stato tu a...a...- Yuuri non riusciva a trovare le parole per dirlo. O meglio, le aveva già trovate, ma non aveva il coraggio di pronunciarle.
Phibrizio però aveva capito lo stesso dove voleva andare a parare. Roteò gli occhi esasperato. -Com’è che ogni volta vengo accusato, vorrei aggiungere ingiustamente, di qualcosa che non ho commesso? Non è mica colpa mia se quei ragazzini si sono intrufolati nel tempio e sono venuti da me, non li ho mica obbligati. Sono innocente, io, ma va bene: mi assumerò la responsabilità della loro morte, siete contenti? Quindi sì, Yuuri, sono stato io ad ucciderli-
Quest’ultimo strinse i pugni e il suo sguardo, da perso che era, si oscurò. -Hai ragione...Mikio è morto quel giorno di tanti anni fa. Tu non sei lui, non puoi esserlo, perché lui non avrebbe mai e poi mai fatto una cosa del genere. Il Mikio che conoscevo, il mio amico, non sarebbe mai diventato come te!-
Quelle parole lo colpirono, ma non come una pugnalata al petto, al contrario. Sul viso di Phibrizio si dipinse un sorriso, come se fosse davvero felice per ciò che gli era stato detto. -Finalmente qualcuno che se ne rende conto. Meglio tardi che mai! E ora che si è capito, posso riprendere da dove ero stato interrotto. Andiamo, Regigigas-
Ad un movimento piuttosto teatrale della sua mano, il Pokémon colossale lanciò un potente raggio che gli spianò la strada ed iniziò a camminare a passi lenti in direzione del mare.
-Fermo! Phibrizio!- gridò Yuuri, tendendo una mano verso di lui come se effettivamente potesse servire a qualcosa. L’avrebbe anche seguito, se un’altra creatura non gliel’avesse impedito mettendosi in mezzo. Regirock. I restanti due Regi lo affiancarono. In quel momento i tre generali, prima lontani, si avvicinarono di corsa e si fecero trasportare sulle spalle dei golem leggendari da questi ultimi. Si voltarono verso Phibrizio e si scambiarono uno sguardo d’intesa: il capo dei Cavalieri aveva riposto la sua fiducia in loro e loro non l’avrebbero tradita.
Poi Sora, seduto sulla roccia in cima al braccio di Regirock, spostò la sua attenzione sui Ranger e sorrise divertito. -Dovrete sconfiggere prima noi, se volete proseguire-
-La domanda, a questo proposito, è: ne sarete in grado?- chiese Tyra, in equilibrio sulla spalla di Registeel.
-Io non credo- rispose Drake, appoggiato a Regice.
 
La tempesta era giunta.
 
***
 
Nella città di Vien, in cui di solito c’era un’atmosfera tranquilla e rilassante, quel giorno si respirava aria di bufera. I membri del Centro Ranger, ad eccezione di Elena e dell’operatrice che erano rimaste alla base, si trovavano fuori per fare delle specie di pattugliamenti nelle varie zone che circondavano il borgo. All’improvviso, la terra tremò e ci furono delle scosse telluriche di grande intensità, che fecero impazzire i Pokémon dalla paura. Forse si sarebbero anche tranquillizzati, se la terra avesse smesso di assestarsi abbastanza a lungo, ma le scosse si susseguivano a pochi minuti l’una dall’altra. La storia sembrava ripetersi.
Quando successe, Luana e Darren, che erano insieme, si scambiarono un’occhiata apprensiva. C’era un’unica cosa da fare.
 
Luana accese il suo Styler e fece partire la chiamata.
 
-Qui Brando- Rispose dopo appena pochi secondi e il suo tono sembrava normale, ma c’era una certa urgenza nella sua voce.
-Qui Luana e Darren. Capo, si sono verificati...-
Il leader del Centro Ranger la interruppe prima che potesse terminare la frase. -Terremoto e scosse varie. Lo so. Anche Ilario me l’ha detto, quando mi ha chiamato giusto qualche minuto fa, e pure qui da me stanno iniziando a verificarsi le stesse cose. Al momento sono in collegamento con la Federazione, ma sembra che eventi simili stiano accadendo in tutta la regione, quindi non possiamo fare altro che mantenere la calma e cercare di tranquillizzare i Pokémon, per quanto questo sia possibile-
-Ricevuto- disse Luana, che, benché tentasse di non darlo troppo a vedere, era un po’ preoccupata. Ma d’altronde, chi non lo sarebbe stato, in una situazione del genere?
-Vi ricontatterò io non appena ci saranno ulteriori sviluppi-
-Va bene, capo-
Chiusa la comunicazione, Luana e Darren si scambiarono un cenno d’intesa e, schiena contro schiena, fecero schizzare fuori i dischi di cattura. Non sapevano cosa sarebbe successo, ma almeno erano insieme e non l’avrebbero dovuto affrontare da soli.
 
Alla Federazione, invece, gli Assistenti erano impegnati a rispondere alle chiamate che stavano ricevendo in continuazione dai Ranger di ogni parte di Almia, per non dire che stavano quasi impazzendo nel farlo. Scosse e terremoti si stavano verificando letteralmente ovunque, non c’era area che facesse eccezione, ed era difficilissimo tenere la situazione sotto almeno un minimo di controllo.
Il professor Frenesio camminava avanti e indietro, il bastone che produceva un rumore sul pavimento ad ogni suo passo e lo sguardo perso nei suoi pensieri. Inutile dirlo, era preoccupato per i Ranger che erano andati al Tempio Hippowdon e in particolare per i ragazzi della Squadra Tre. Stava cominciando a credere che fosse stata una cattiva, pessima idea permettergli di fronteggiare un tale pericolo: non avrebbe dovuto farlo, avrebbe dovuto impedirglielo in qualsiasi modo. Invece, aveva acconsentito. Perché? La risposta gli arrivò sottoforma di ricordo, come un’illuminazione. Perché gliel’avevano promesso. Avevano giurato che sarebbero tornati tutti, sani e salvi. E lui doveva aggrapparsi a quelle parole, anche se per uno studioso come lui erano meglio solide e inconfutabili certezze scientifiche. Ci doveva credere e l’avrebbe fatto, perché se c’era qualcosa di cui era davvero sicuro era che si fidava di quei giovani.
 
***
 
Leo aprì le palpebre di scatto, gli occhi sbarrati, respirando affannosamente come se avesse appena avuto un incubo tremendo, cosa peraltro non poi così lontana dalla verità. Il suo cuore pompava ad una velocità tale che sembrava avesse finito di correre una maratona e ci impiegò un po’ prima di far tornare i battiti ad un ritmo abbastanza normale, che almeno non gli facesse rischiare di avere un infarto cardiaco da un momento all’altro. Il suo respiro si stava di nuovo regolarizzando, quando un pensiero improvviso gli balenò nella mente con la forza di un fulmine. “Luna!” Nel momento in cui si mise a cercarla, gli occhi che saettavano ansiosi da una parte all’altra, realizzò di essere sdraiato per terra e di trovarsi in quella che pareva una sottospecie di...grotta? Possibile? In ogni caso, ad un certo punto vide la sorella, relativamente vicina a lui, e la raggiunse trascinandosi per terra. Era svenuta. Si puntellò su un gomito e la scosse leggermente per una spalla.
-Luna...- bisbigliò, una nota di inquietudine nella sua voce. La gemella respirava, ma lui era comunque preoccupato -Luna...!-
Per fortuna, dopo pochi secondi lei strizzò gli occhi e socchiuse le palpebre, guardandolo confusa. -Leo...?-
Lui fece un piccolo sorriso di sollievo e i suoi muscoli si rilassarono impercettibilmente. Stava per dire qualcosa, quando una creatura di grandi dimensioni lo investì e lo fece finire disteso per terra, schiacciandolo sotto il suo peso. Il ragazzo la guardò. “Turtwig!” fu il suo pensiero istintivo, ma non era lui e sgranò gli occhi.
-Turtwig...ti sei evoluto- disse Luna, con un misto di sorpresa e felicità nella voce, a cui Grotle rispose con un verso contento di approvazione.
-Ma cosa...- iniziò Leo, interrompendosi però a metà frase. Non troppo lontani da lui, i suoi amici di cui fino a quel momento non aveva notato la presenza, troppo preoccupato per sua sorella, si svegliarono a loro volta, tirandosi a sedere e cercando di capire cos’era successo, uno sguardo confuso sui loro visi. Soprattutto, come diavolo erano riusciti a non essere schiacciati sotto le pietre del tempio? Non era mica una cosa da poco. Solo in quel momento, inoltre, Leo realizzò una cosa che avrebbe dovuto essere immediata: ci vedeva e ci vedeva pure piuttosto bene, nonostante si trovassero all’interno di quella che sembrava una grotta e il soffitto lasciasse filtrare solo qualche raggio di sole, decisamente non abbastanza per rischiarare tutto così bene. No, l’illuminazione proveniva da un’altra fonte di luce. Più precisamente, dalle fiamme presenti sul corpo di un Pokémon, che Tsukiko stava fissando con occhi sgranati. Un Quilava.
La giovane dagli occhi eterocromi rimase a guardare il suo partner a bocca aperta per qualche istante ancora e poi lo prese fra le sue braccia, felice.
-A quanto pare questa è la giornata delle evoluzioni- disse Candice, incurvando appena gli angoli della bocca all’insù, con un Espeon che stava accanto a lei con atteggiamento protettivo.
E in quel momento, il ricordo di ciò che era accaduto tornò prepotentemente alla memoria dei membri della Squadra Tre. Quando Regigigas aveva distrutto la sala dove si trovavano con una lunga serie di potentissimi raggi, loro avevano evitato di venir schiacciati e sepolti sotto le macerie del tempio solo e soltanto grazie all’aiuto dei loro partner, che avevano utilizzato tutte le loro capacità per salvarli: Turtwig, Cyndaquil e l’Eevee di Candice erano addirittura arrivati ad evolversi.
Un’ombra, però, passò sul viso di Nara, che si oscurò.
Zero lo notò e inclinò la testa in sua direzione. -Nara?-
-Tutto questo non sarebbe dovuto succedere... Cosa abbiamo sbagliato?- Non l’avrebbe ammesso nemmeno a se stessa, ma c’era un tremolio nella sua voce.
Inutile dirlo, il malumore si diffuse fra tutti. Zero si accigliò. -In effetti, Regigigas non avrebbe dovuto essere così forte- Però lo era.
Koito incrociò le braccia al petto. -...abbiamo sottovalutato il nostro nemico- disse dopo qualche secondo -Non ha semplicemente previsto che saremmo venuti qui, ha fatto di meglio. Attaccando dopo il completo risveglio di Regigigas ci avrebbe colti di sorpresa, certo, ma solo per poco e non sarebbe riuscito a sconfiggerci perché ci saremmo organizzati di conseguenza. Invece no, Phibrizio ha seminato indizi per noi ovunque e ha fatto sì che fossimo noi ad andare da lui di nostra spontanea volontà, facendoci credere che fosse tutta una nostra idea. Ha anticipato ogni nostra mossa. In questo modo, era sicuro di potersi liberare di una grande parte di Ranger in una volta sola e di conseguenza vincere-
-Ha calcolato tutto...- mormorò Amber, lo sguardo basso.
Per un tempo che parve infinito, lo sconforto si impossessò dei loro pensieri, prendendo con prepotenza il posto della fiducia che li aveva accompagnati fino a quel momento. Si poteva quasi vedere l’aura nera e opprimente che aleggiava nell’aria.
-Abbiamo sbagliato, sì. Però...- disse Rita ad un certo punto, attirando l’attenzione su di sé -Però possiamo ancora rimediare al nostro errore, anzi, è un nostro dovere farlo. Non è troppo tardi! Possiamo fermare Phibrizio-
-Giusto!- esclamò Lidia, battendosi un pugno sul palmo della mano -Mentre noi ce ne stiamo qui a conversare amabilmente, lui è la fuori a usare i poteri di Regigigas sotto il suo controllo. Di questo passo distruggerà tutto e allora sì che non potremo più rimediare!-
Una subitanea consapevolezza passò sui volti dei compagni. C’era ancora una possibilità.
-Avete ragione- disse Midori, che era rimasta silenziosa tutto quel tempo -I membri delle altre due squadre si sono fidati di noi, così come il professore, a cui abbiamo giurato di tornare tutti sani e salvi. Ce la dobbiamo fare-
Leo annuì. -Sì. E poi...- Sorrise in direzione della gemella. -...non mi piace non mantenere le promesse-
-Concordo- Luna ricambiò il sorriso, per poi diventare mortalmente seria. -Forza, andiamo a sconfiggere quel cattivo da strapazzo-
Gli altri annuirono e si alzarono, con nuova energia e determinazione.
Raggi di luce filtravano da delle crepe. Per prima cosa dovevano uscire da lì. Si scambiarono un’occhiata con i rispettivi partner, che capirono subito cosa gli stavano chiedendo e li aiutarono con le loro mosse speciali. In poco tempo furono fuori.
Non avevano ancora perso.
 
***
 
I Ranger e i Cavalieri avevano ingaggiato un combattimento fra loro, anche se era più uno scontro a senso unico, perché i primi tentavano in tutti i modi di catturare i Pokémon sotto il controllo dei nemici, ma questi ultimi erano fin troppo potenti. Ad un certo punto, sotto gli occhi sgranati di tutti, dalle macerie del tempio emersero una decina di figure accompagnate dai rispettivi partner. I membri della terza squadra.
-Non è possibile...!- mormorò Sora.
I ragazzi approfittarono proprio di quel momento di distrazione per scattare in direzione del mare, dove si vedevano Phibrizio e Regigigas, seguendo la strada che era stata spianata poco prima dal raggio lanciato dal Pokémon colossale.
-Viola! Settimo!- esclamò Midori mentre correva -Il piano non cambia! Ci pensiamo noi!-
I due Top Ranger non fecero in tempo ad aprire bocca per rispondere che Sora si riscosse e concentrò tutta la sua attenzione sui ragazzi appena comparsi. -Non ve lo permetterò! Regirock!- Fece un gesto con la mano e il golem leggendario li attaccò con un potente colpo roccioso, utilizzando le pietre che erano lì vicine. Non sarebbero mai riusciti ad evitarlo in tempo, erano spacciati.
-No!-
Prima che accadesse l’irreparabile, Midori arrestò la sua corsa e si girò, fronteggiando il pericolo direttamente; Snover parve leggerle nel pensiero e fece crescere dal terreno delle piante ricoperte da uno spesso strato di ghiaccio, che si intrecciarono per formare una specie di rete. Non sarebbe servito a nullificare l’attacco, anche se un po’ la giovane ci sperava, ma magari l’avrebbe almeno deviato. Così fu. Quando la rete verde venne squarciata, il colpo venne dirottato da un’altra parte nelle vicinanze e i ragazzi riuscirono ad allontanarsi quanto bastava per essere fuori dalla portata di tiro. Midori, però, non fu così fortunata. Lei, infatti, era rimasta accanto a Snover ed era stata investita in pieno dall’onda d’urto prodotta dalla collisione fra i due attacchi, finendo dritta distesa per terra.
-Midori!-
I giovani stavano per fare marcia indietro e tornare da lei, preoccupati, ma quest’ultima si rialzò con loro grande sorpresa, seppur dolorante. Era ricoperta di ghiaccio e terra dalla testa ai piedi, però sembrava stare piuttosto bene per quello che le era successo. -Non fermatevi e andate avanti! Ci penso io a guardarvi le spalle!-
-Ma Midori...-
-Non c’è tempo per le discussioni. Andate, ho detto!- Senza aspettare una risposta da parte loro, la giovane si girò verso i nemici e accese lo Styler. Poté udire i passi dei ragazzi allontanarsi e fece un respiro profondo.
 
Li avrebbe protetti ad ogni costo.
 
***
 
I dieci ragazzi, più i rispettivi partner, raggiunsero il punto in cui si trovavano Phibrizio e Regigigas, vicino al mare. Quando successe, il capo dei Cavalieri, girato di spalle, ghignò e si voltò verso di loro.
 
-Non avete intenzione di perdervi nemmeno un minuto del mio spettacolo, eh? Non posso biasimarvi: trama avvincente, magnifica sceneggiatura, recitazione eccellente...anch’io se fossi in voi non vorrei perdermi niente di tutto questo. Certo...- In quel momento, il suo sorriso scomparve insieme a ogni traccia di divertimento. -C’è da dire che come pubblico lasciate abbastanza a desiderare, continuate ad agitarvi e fare rumore. Così disturbate gli attori, quindi vi chiedo di fare silenzio o sarò costretto a buttarvi fuori dal teatro-
Un modo carino per dire che non ci avrebbe pensato due volte ad eliminarli definitivamente.
A malincuore, Nara continuò quel discorso assurdo. -Non mi ricordo di aver comprato i biglietti per questo spettacolo. Orribile, fra l’altro-
-Sì, nessuno di noi rammenta di averlo mai fatto- aggiunse Zero.
-Appunto. Ve l’ho perfino offerto gratis-
Koito accese il suo Styler, venendo imitato dai compagni. Li avevano ricaricati con l’aiuto di un gruppo di Magneton che avevano trovato sulla strada e ora potevano di nuovo combattere. -Nessuno dovrebbe essere costretto a fare cose che vanno contro la propria volontà-
Phibrizio fece una smorfia. -Che pubblico difficile. Difficile e ingrato- Interrompendo quella che si stava pericolosamente avviando a diventare una commedia, esclamò: -Regigigas, attacca!- La storia si ripeteva. Si ripete sempre.
Tuttavia, a volte finisce in maniera diversa.
Le sette macchie a occhio si accesero di blu e il Pokémon colossale lanciò un potente raggio in direzione del gruppo di ragazzi, che però questa volta erano preparati a quell’attacco e lo evitarono in tempo buttandosi ai lati. I loro dischi di cattura schizzarono fuori. Non erano riusciti a catturare la creatura leggendaria alla prima, ma ci avrebbero continuato a provare finché non ce l’avrebbero fatta. Dopotutto, erano lì per quello. Degli anelli concentrici cominciarono a crearsi attorno al capo dei Regi. Quest’ultimo tentò di distruggere i dischi di cattura colpendoli con delle manate, schiacciandoli sotto i piedi ricoperti di muschio e lanciando potenti raggi, ma i dieci Ranger, anche se molto giovani, in qualche modo furono sempre in grado di schivare gli attacchi all’ultimo e continuare con quello che stavano facendo. Inoltre, non bisogna dimenticare che Regigigas era uno solo e, per quanto fosse forte, tenere sott’occhio dieci dischetti che non smettevano di girargli intorno a tutta velocità non era per niente facile. Andando avanti così forse sarebbero effettivamente riusciti a catturarlo, se non fosse stato per Phibrizio, che non aveva la minima intenzione di permetterglielo.
Ad un certo punto, il capo dei Cavalieri decise che era giunto il momento anche per lui di fare qualcosa. Saltò giù dalla spalla del Pokémon colossale e atterrò con grazia al suolo, senza quasi sollevare la sabbia da terra. In quel momento tutto parve fermarsi e perfino i giovani Ranger si immobilizzarono, come paralizzati. Quello che fece era l’ultima cosa che si sarebbero mai aspettati: accese a sua volta lo Styler modificato che portava al braccio e il disco di cattura schizzò fuori. Le parole del professor Frenesio gli riecheggiarono nella mente: “Sarebbe divenuto un buon Ranger, se soltanto avesse voluto”. Magari non era un Ranger, ma di certo lo era stato. Forse addirittura il migliore. L’espressione concentrata, in appena qualche secondo catturò tutti i Pokémon selvatici che si trovavano per loro sfortuna nei dintorni e che poi lo affiancarono. I dieci ragazzi non poterono impedirsi di restare a bocca aperta davanti a tanta bravura. Solo in quell’istante realizzarono che non l’avevano mai davvero visto all’opera fino ad ora e che, non meno importante, non avevano mai combattuto contro un Ranger, o meglio qualcuno che lo era stato, che aveva le loro stesse abilità, se non perfino superiori. Da solo stava tenendo testa a tutti loro: per quanto ancora avrebbero potuto resistere?
Phibrizio ghignò divertito. -Vediamo come ve la cavate adesso-
Ad un movimento della sua mano, tutti i Pokémon che erano sotto il suo controllo attaccarono i giovani Ranger, che non poterono fare altro che lasciar perdere Regigigas e concentrarsi sulle creature selvatiche.
-Aaah, ragazzi, cosa facciamo? Sono troppi!- disse Lidia, circondata da un gruppetto di Cacnea che tentavano di pungerla con le spine affilate che avevano sulle braccia facendole oscillare.
-Manteniamo la calma e concentriamoci sulla cattura!-
-Candy ha ragione!- esclamò Tsukiko, che schiena contro schiena con l’amica stava facendo tornare come prima i Pokémon catturati da Phibrizio -Possiamo farcela!-
Lidia fece un respiro profondo e cercò di trasmettere i propri sentimenti di amicizia a quelle creature. Dopo poco arrivò anche Rita a darle una mano e insieme riuscirono nell’intento.
In qualche minuto, i giovani Ranger fecero tornare normali tutti i Pokémon, che non persero tempo prezioso e fuggirono lontano dalla vista, terrorizzati all’idea di venir controllati di nuovo da qualcuno contro la loro volontà.
Luna si voltò in direzione di Phibrizio, l’espressione mortalmente seria. -Ora tocca a te-
A quelle parole, il capo dei Cavalieri scoppiò in una risata, che si trasformò in un ghigno quando si fu affievolita. Inclinò la testa da un lato, divertito. -Oh, io non credo proprio. Lo ammetto, siete stati bravi a catturare quelle creature così velocemente, ma mi aspettavo che sarebbe successo. Niente di sorprendente: dopotutto siete Ranger, è il vostro lavoro. Se non ne foste stati in grado, avreste dovuto appendere la divisa al chiodo. Comunque, non riuscirete mai a sconfiggermi-
-Vogliamo scommettere?- disse Leo.
-Per voi non ci sono possibilità di vittoria, perché io...- Sorrise. -...io ho degli alleati che voi non potete battere in modo alcuno-
-Cosa?-
Con un movimento fulmineo, accese per la seconda volta il suo Styler e il disco di cattura schizzò fuori, approfittando della momentanea distrazione dei ragazzi e dirigendosi a tutta velocità verso uno degli unici Pokémon che erano ancora presenti. Quando i giovani Ranger realizzarono cosa stava succedendo, era ormai troppo tardi.
-Grotle...Grotle, no!-
Leo corse dal suo amico, ma quest’ultimo lo spedì a terra con un colpo della sua coda, togliendogli il fiato dai polmoni. Si girò, rivelando i suoi occhi spenti: era sotto il controllo di Phibrizio, i cui lineamenti del viso erano distorti in un’espressione di cattiveria pura.
-Leo!-
Luna si precipitò dal fratello, il quale per fortuna si stava già tirando su nonostante i forti colpi di tosse, e lo aiutò ad alzarsi, facendosi passare il braccio del gemello dietro le spalle e sostenendolo. I due guardarono il capo dei Cavalieri: nei loro occhi c’era così tanto odio che il verde delle loro iridi sembrava veleno mortale. Se gli sguardi avessero potuto uccidere, Phibrizio a quell’ora sarebbe stato solo un brutto ricordo.
-Che paura...guardate, ho i brividi- commentò quest’ultimo, portandosi melodrammaticamente il dorso della mano alla fronte.
-Come...come hai potuto fare una cosa del genere!- urlò Amber al colmo della rabbia, affiancando i gemelli -Come hai potuto!-
Il capo dei Cavalieri sorrise da sotto la mano e i suoi occhi scintillarono di malvagità. -Oh, per caso non hai visto bene? Guarda, ho fatto così!-
Lo Styler ancora acceso, il disco di cattura si diresse questa volta verso Shinx, che arretrò terrorizzato. Tentò di eseguire un attacco elettrico, ma non riuscì nemmeno a sfiorare il bersaglio, che si spostava fin troppo rapidamente. Amber si parò davanti a lui per proteggerlo in qualche modo, però fu tutto inutile: anche Shinx finì sotto il controllo di Phibrizio e la ragazza dovette allontanarsi dal partner per non essere attaccata da lui.
-Shinx...!- Si sentiva le lacrime agli occhi, aveva voglia di piangere.
Nara stava per esplodere dalla collera. -Basta, liberali subito!-
Il capo dei Cavalieri annuì concorde. -Potrei farlo, sì...ma non ne ho voglia- Sorrise e diede inizio alla cattura degli otto partner rimanenti. I ragazzi tentarono di impedire che questo accadesse, fallendo. D’altronde, come avrebbero potuto fermare qualcuno che era stato un Ranger, qualcuno come loro? Dopo poco, tutti i Pokémon compagni finirono sotto il controllo di Phibrizio. -Come vi dicevo, ho dei fortissimi alleati: mi chiedo, come farete a sconfiggere i vostri amici? Che poi tanto amici non devono essere, se li ho catturati con tanta facilità-
Sui volti dei ragazzi c’era la desolazione, come se non avessero più la forza di combattere oppure non potessero più farlo. Dopotutto, la risposta a quella domanda era ovvia: non avrebbero mai e poi mai potuto sconfiggerli, perché tenevano troppo a loro per fargli del male o anche solo rischiare di fare una cosa simile. Avevano...perso?
-No!-
Quando sembravano ormai sul punto di arrendersi a quella che pareva un’inevitabile sconfitta, una voce si levò fra le altre.
Luna fece un passo in avanti, i pugni chiusi. -Mi rifiuto di pensare che i nostri legami di amicizia siano deboli! Sono più forti di ogni altra cosa, anche del tuo controllo, e ora te lo dimostrerò!- Accese il suo Styler riparato da poco e il disco di cattura schizzò fuori, dirigendosi verso Misdreavus. Anelli concentrici cominciarono a crearsi attorno alla sua preziosa partner affinché potesse trasmetterle i suoi sentimenti di amicizia, che erano fortissimi nonostante il relativo poco tempo da cui si conoscevano. Il braccio che era rimasto ferito non era ancora guarito del tutto e le faceva male, ma era disposta a stringere i denti e sopportare il dolore se significava riavere indietro la sua compagna. Quest’ultima provò a colpire il Disco con i suoi attacchi più volte, però Luna li evitò tutti e il suo Styler non subì danni. Alla fine, i suoi sforzi vennero ampiamente ripagati: Misdreavus venne liberata dal controllo del capo dei Cavalieri e, dopo essersi guardata un po’ intorno per capire cos’era successo, volò fra le braccia della partner che la stava aspettando. La ragazza dagli occhi verdi sorrise alla sua compagna, sollevata e felice di averla di nuovo al suo fianco, per poi lanciare un’occhiata gelida a un incredulo Phibrizio. Era raro vederlo con un’espressione del genere sul volto.
-Non è possibile...- mormorò.
-Su, non fare quella faccia sorpresa, è possibilissimo- Fu il turno di Luna di ghignare, mentre Misdreavus, sempre fra le sue braccia, gli fece una pernacchia e ridacchiò. Dopodiché sciolsero la stretta e la ragazza dagli occhi verdi si rivolse agli amici, determinata a liberare tutti i Pokémon partner. -Ragazzi! Adesso dobbiamo a pensare agli altri!-
Leo fu il primo a riscuotersi. -Giusto!-
Fianco a fianco, i due gemelli diedero inizio alla cattura insieme e dopo poco riuscirono a togliere anche Grotle al controllo di Phibrizio. Styler alla mano, i compagni li imitarono e in tempo zero tutti i loro partner furono di nuovo al loro fianco.
Il giovane dai capelli multicolore sembrava sinceramente sconvolto.
-Non è possibile...!- ripeté -Non è possibile che siate stati in grado di catturare quelle creature quando l’avevo già fatto io!- Si portò una mano sul viso. -Come...-
Inaspettatamente fu Zero a parlare. -Luna ha detto bene: il nostro legame di amicizia e affetto con i nostri Pokémon è indissolubile e tu non puoi soffocarlo- disse intanto che, accucciato per terra, accarezzava la testolina di Shieldon, per poi alzarsi.
Lo sguardo di Phibrizio si oscurò. -I legami con i Pokémon semplicemente non esistono, non possono instaurarsi- I suoi occhi rimasero a fissare il vuoto per qualche istante, ma poi si riscosse e tornò il se stesso di sempre. Un sorriso si dipinse sul suo viso. -Oh, beh, pazienza. Non riuscirete lo stesso a sconfiggermi- Saltò sulla mano che Regigigas aveva abbassato per lui e la usò come ascensore per tornare in equilibrio sulla sua spalla. -Lo spettacolo continua!- declamò, compiendo un ampio movimento con il braccio che fece sventolare il mantello.
I giovani Ranger si prepararono a quello che si prospettava essere un ulteriore combattimento e non vennero delusi. La creatura leggendaria attaccò di nuovo, con colpi perfino più forti e veloci di prima, e i ragazzi ebbero improvvisamente delle difficoltà a evitarli. Ogni volta che riuscivano a creare degli anelli attorno al Pokémon colossale, quest’ultimo colpiva il disco di cattura e li interrompeva, procurando di conseguenza danni ai loro Styler. Il capo dei Regi era molto più potente, ma loro non si sarebbero mai arresi. Dopo un po’ si abituarono ai suoi attacchi e iniziarono a schivarli, subendo sempre meno danni; anelli concentrici ripresero a crearsi attorno al Pokémon, trasmettendo sentimenti d’amicizia. Sarebbero riusciti a farlo ragionare. Di sicuro.
 
-Ok, il tempo dei giochi è finito. Ora si passa alle cose serie-
 
Ovviamente, però, Phibrizio doveva rovinare tutto. Come al solito.
Ad un movimento della sua mano, Regigigas colpì il suolo con un piede, creando delle crepe sul terreno e lanciò dei potentissimi raggi da entrambe le mani direttamente contro i giovani Ranger, creando una nube di polvere, così che non potessero più dare fastidio. L’avevano già ostacolato abbastanza, interferendo molteplici volte con il suo piano perfetto.
Il ragazzo dai capelli multicolore sorrise soddisfatto: non c’era modo che fossero sopravvissuti a un attacco del genere. Stava per girarsi verso il mare e riprendere quello che stava facendo prima di essere così scortesemente interrotto, quando udì un rumore proveniente dal punto in cui i raggi del Pokémon colossale avevano colpito. Gli occhi sgranati, si voltò e vide qualcosa a cui non avrebbe mai voluto credere.
La nube si diradò e lasciò intravedere le figure dei giovani Ranger che si stagliavano davanti a lui. Avanzarono fuori dalla nuvola di polvere e il capo dei Cavalieri poté percepire chiaramente la sua maschera incrinarsi. Cos’era, un incubo? Erano ricoperti da sabbia e terra dalla testa ai piedi, ma nonostante tutto avevano ancora quegli sguardi schifosamente determinati stampati in faccia, come se volessero dire che non importava quante volte cadevano, si sarebbero sempre rialzati. Un incubo, sì. Doveva esserlo per forza. Ora si sarebbe svegliato e avrebbe scoperto con sollievo di essere nel suo letto, nel suo palazzo da conquistatore del mondo.
-Com’è possibile...?! Siete sempre in mezzo alle scatole! Sempre! Si può sapere cosa deve fare un povero cattivo come me per portare a termine il suo piano malvagio?! Decidetevi a morire una buona volta! Fate finta, almeno!-
-È tutto merito dei Pokémon se siamo riusciti a sopravvivere all’attacco di Regigigas. I nostri compagni ci hanno salvato di nuovo- disse Tsukiko guardando con affetto Quilava, per poi spostare lo sguardo eterocromo su Phibrizio, sguardo che era più minaccioso che mai -Ma tu non potresti mai capire una cosa simile. Del resto, i legami con i Pokémon per te non esistono, giusto?- aggiunse gelida.
Nella sua rabbia, il capo dei Cavalieri si ritrovò a sorridere. -Esatto. Quelle creature sono solo strumenti che dobbiamo controllare, nient’altro-
-Ed è una convinzione del genere che ti porterà alla rovina- commentò lei seria.
-Non credo proprio-
Regigigas attaccò di nuovo, ancora e ancora, in un circolo che sembrava senza fine, ma i giovani Ranger furono svelti a schivare tutti i suoi colpi. Cominciarono a creare degli anelli concentrici attorno al Pokémon colossale con i dischi di cattura per trasmettergli i loro sentimenti di amicizia e poi successe una cosa che nessuno si sarebbe mai aspettato: la creatura leggendaria iniziò a ribellarsi al controllo di Phibrizio, agitandosi e non facendo ciò che gli veniva detto. Erano rimasti tutti stupiti, però sui volti dei giovani Ranger la sorpresa venne presto sostituita dalla speranza: quella era la migliore possibilità di vittoria avuta fino a quel momento e forse anche l’ultima. Non dovevano lasciarsela sfuggire per nessuna ragione.
-Ora, ragazzi!- esclamò Nara.
-Sì!-
Concentrati al massimo, utilizzarono il loro asso nella manica: avvicinarono i dieci Dischi e unirono le loro linee di cattura in una sola, fondendo così anche i loro sentimenti. A quel punto, niente e nessuno avrebbe più potuto fermarli, perché insieme erano troppo forti. Anelli concentrici si crearono attorno a Regigigas, in modo talmente rapido da non poter essere seguito con gli occhi, e alla fine riuscirono nel loro intento. Il Pokémon colossale smise di attaccare e sembrò calmarsi. I giovani Ranger stavano per rilassarsi e tirare un sospiro di sollievo, quando le sette macchie a occhio sul suo corpo arsero di un rosso acceso e sollevò una mano. I ragazzi erano nel panico: avevano abbassato la guardia e non erano pronti per alcun tipo di attacco. Mille domande gli affollavano la mente. Cosa avrebbero dovuto fare?! All’improvviso, il movimento di Regigigas li strappò violentemente ai loro pensieri, ma la manata della creatura leggendaria non arrivò mai da loro, perché colpì Phibrizio, che ebbe giusto il tempo di sgranare gli occhi e proteggersi con le braccia prima di essere scagliato contro un albero e rotolare a terra. Dopodiché, il Pokémon colossale guardò degli increduli Ranger e le macchie a occhio cambiarono colore, diventando di una gradazione più tenue.
-Grazie- disse una voce gentile.
-L’avete sentito anche voi?- chiese Amber, sfiorandosi l’orecchio.
-Sì, deve essere...Regigigas?- suppose Candice.
-Esatto- rispose il Pokémon leggendario, che era capace di comunicare telepaticamente -Avete la mia eterna gratitudine, Ranger-
Lidia sorrise. -Non c’è di che-
-Addio- La creatura colossale fece quello che sembrava un segno di saluto e si incamminò lentamente verso il tempio. I ragazzi, da lontano, videro che anche i tre golem rimanenti abbandonarono la battaglia per seguire il loro capo. Dove si sarebbero diretti in seguito? I giovani Ranger non lo sapevano.
-È finita- mormorò Rita in un soffio, con un’improvvisa consapevolezza, guardando sorridente il cielo azzurro libero dalle nuvole.
-È finita... È finita davvero!- ripeté Lidia entusiasta, scrollando con forza la spalla di un’altrettanto felice Amber.
-Sì! Sì!-
-Ce l’abbiamo fatta!- esclamò Zero tirando un pugno in aria -Eh Nara, ce l’abbiamo fatta!-
Lei roteò gli occhi, ma fallì miseramente nel nascondere il sorriso felice che le era spuntato sulla faccia.
Leo e Koito si batterono il cinque, mentre Tsukiko al colmo della gioia abbracciò Luna prendendola in contropiede, per poi sciogliere la stretta con un tossicchio imbarazzato e far scoppiare a ridere Candice.
Ci erano riusciti sul serio, insieme avevano vinto.
Purtroppo, la loro felicità venne guastata da Phibrizio, che si era già incredibilmente ripreso ed era inginocchiato a terra, le braccia abbandonate in grembo. Anche se ciocche di capelli multicolore gli erano andate davanti alla faccia, era ovvio che fosse sconvolto, sconvolto in una maniera in cui nessuno mai l’aveva visto; i suoi occhi chiari erano spenti, come se all’improvviso avessero perso tutta la loro luce: erano fissi davanti a lui, però in realtà non stavano più vedendo niente. Il futuro gli era appena stato strappato via da davanti, benché ci fosse così vicino, talmente vicino da poterlo sfiorare con la punta delle dita. Ancora un passo e l’avrebbe potuto toccare, solo un altro e l’avrebbe potuto afferrare. Così vicino, ma ormai irrimediabilmente lontano. Talmente lontano da essere inesistente.
-Ho...perso? Sono stato sconfitto? Io? Non è possibile...come è potuto succedere? Ho calcolato tutto, tutto! Ogni minima cosa! Anche la più piccola, anche la più insignificante in apparenza! Tutto! Io ho...ho... Perché...?- disse senza rivolgersi davvero a qualcuno, parlando fra sé e sé. Si prese la testa con una mano, come per sforzarsi di pensare e trovare delle risposte.
In quel momento, una rabbia repressa montò dentro al petto di Leo, che si avvicinò a grandi falcate al giovane dai capelli multicolore e lo prese letteralmente per il bavero con una mano, obbligandolo a tirarsi in piedi. Gli amici non avevano avuto il tempo materiale per fermarlo, però non erano poi così sicuri che se lo avessero avuto avrebbero fatto qualcosa.
Il ragazzo dagli occhi verdi, che in quel momento sembravano un distillato di veleno, guardò con odio puro Phibrizio. -Smettila di piangere su te stesso! Smettila! Dopo tutta la sofferenza e tutto il dolore che hai causato, dopo tutte le vite che hai messo in pericolo...tu non ne hai il diritto, perciò piantala subito!- Fece dei respiri profondi per recuperare il fiato che aveva perso, per poi continuare su un tono calmo quanto estremamente pericoloso. -Devi pagare per tutti i crimini che hai commesso e te lo giuro, non puoi nemmeno immaginare quanto vorrei farti provare tutto ciò che ho provato io, qui e ora...-
Koito fece un passo in avanti per fare qualcosa, anche se non sapeva cosa di preciso, ma Luna, seria, gli mise un braccio davanti per impedirglielo e scosse la testa. “C’è un però” mimò lei con le labbra, leggendo nella mente del gemello.
-Però...- Leo allentò la presa sulla sua maglia. -Però io non sono come te- A quel punto, lo lasciò del tutto. -Non voglio esserlo e non lo sarò mai-
Il ragazzo dagli occhi verdi arretrò e si girò, per tornare al fianco della sorella. In quel momento, gli altri tirarono un sospiro di sollievo, riprendendo a respirare dopo che avevano trattenuto il fiato senza rendersene conto.
-Hai perso, Phibrizio- disse Amber -È finita anche per te-
-Non vedo l’ora che ti mettano due bei braccialetti d’argento ai polsi- commentò Nara mettendosi le mani sui fianchi. Tsukiko annuì concorde.
-No...non mi lascerò catturare- replicò il giovane dai capelli multicolore. In qualche modo era riuscito a mettere insieme un sorriso, raccogliendo pezzettini della sua maschera, e ora glielo stava mostrando -Non sono mica un Pokémon. Ho perso, è una realtà immutabile. È stata solo colpa mia: ho fatto degli imperdonabili errori di calcolo. Tuttavia, non mi catturerete mai-
-Follia- fu il giudizio di Koito.
-E comunque quella battuta sui Pokémon era orribile- aggiunse Lidia.
-Adoro le cose folli- ribatté Phibrizio calmo, come se avesse appena preso una decisione importante.
Davanti a quell’atteggiamento restarono tutti interdetti: non pareva nemmeno più lui. Non si accorsero nemmeno del fatto che, dal tempio, stavano arrivando coloro che fino a poco tempo prima stavano combattendo vicino al santuario.
Il ragazzo dagli occhi azzurri si voltò all’improvviso, ma invece di provare a scappare come magari si sarebbero aspettati si diresse verso la scogliera che dava sul mare. Nessuno tentò di fermarlo: d’altronde, da lì non poteva andare da nessuna parte...giusto?
-A quanto pare, è venuto il momento pure per l’attore principale di uscire di scena. Tutti presto o tardi lo devono fare, volenti o nolenti, anche se desidererebbero recitare sul palco solo per un altro po’- disse. Dopodiché, fece una cosa che nessuno si sarebbe mai aspettato: si slacciò il suo adorato mantello, che cadde a terra e per la prima volta si impolverò, per poi girarsi verso i giovani eroi -Che si chiuda il sipario, lo spettacolo è terminato- Fece un inchino da consumato attore e sorrise al suo pubblico.
-Addio, Ranger-
 
Fu in quel momento che accadde l’irreparabile e nessuno poté fare niente per evitarlo, perché era ormai troppo tardi.
Phibrizio fece un passo indietro e si lasciò cadere nel vuoto.
E avete presente quando si dice che la vita vi scorre davanti agli occhi? Ecco, fu esattamente ciò che successe a lui in quei pochi secondi.
L’ultima cosa che vide fu il cielo. Quel giorno, come tutti i giorni, era bellissimo. Gli dispiaceva non poterlo ammirare mai più.
Poi, venne inghiottito dai flutti.
 
 
Spazio dell’autrice
E vissero più o meno tutti felici e contenti. Fine. No, scherzo. Questa storia si dovrebbe concludere - quasi non ci credo! - fra quattro capitoli, epilogo incluso. Mi dispiace davvero tanto aver aggiornato dopo così tanto tempo - non voglio nemmeno scoprire da quanti secoli è che non lo facevo - , ma mi farò perdonare! I prossimi due capitoli, infatti, sono già pronti e li pubblicherò uno sabato prossimo e l’altro il sabato dopo! Parlando di questo, invece, cosa ne pensate? Vi è piaciuto? È lunghetto - più di quanto avrebbe dovuto essere, in realtà - e succedono un po’ di cose: ammetto che volevo pubblicarlo da un sacco. Non vedo l’ora di leggere i vostri pareri, sono davvero troppo curiosa!
Grazie mille a tutte le persone che continuano a seguire questa storia, grazie davvero!
A sabato prossimo, con quella che spero sarà una sorpresa!

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Capitolo 35
*** Le radici del male (Prima parte) - Bianco e nero ***


 
 
 
Le radici del male
(Prima parte)
-
Bianco e nero
 
A Mikio i Pokémon non erano mai piaciuti. Non è che li detestasse, ne avesse paura o cose del genere; semplicemente, non li capiva: erano creature dotate di poteri eccezionali, in grado di fare tutto, quindi che bisogno avevano di essere protetti? Nessuno, si diceva. D’altronde potevano benissimo proteggersi da soli, no? Avevano la forza e l’abilità per farlo, giusto? No, evidentemente si sbagliava. C’erano degli individui, che venivano chiamati Ranger, i quali usavano tutte le loro energie per proteggere le persone e i Pokémon e si battevano per tutelare la natura: individui che avevano fatto del loro lavoro una ragione di vita. La sua mamma e il suo papà gli raccontavano sempre che con l’aiuto dei Pokémon riuscivano a risolvere ogni situazione, perfino quella più disperata. Come storie della buonanotte, gli narravano le loro gesta. Erano degli eroi, dei modelli da prendere a esempio, e i suoi genitori avrebbero tanto voluto che lui, un giorno, diventasse uno di loro. A dire la verità, Mikio non capiva nemmeno i Ranger, persone che dedicavano la vita a proteggere creature tanto potenti, però se l’avesse detto alla mamma e al papà sarebbero stati tristi e lui non voleva deluderli in alcun modo. Voleva che la mamma e il papà continuassero a sorridergli.
 
-Mikio, tesoro- lo chiamò una voce.
-Sì, mamma?- Il bambino si girò verso di lei.
La donna si accucciò per essere alla sua altezza. -Perché non vai fuori a giocare con i Pokémon? Oggi è una bella giornata-
Già, che motivi c’erano per non farlo?
-Va bene, mamma- Annuì, incurvando gli angoli della bocca all’insù.
-Bravissimo, tesoro- La donna gli scompigliò i capelli neri, per poi dargli una carezza leggera sulla guancia paffuta.
Il bimbo sorrise, felice di aver ricevuto un complimento, e corse fuori. Come al solito, avrebbe trascorso ore intere a fissare quelle creature tentando di comprenderle invano, ma andava bene così. Le cose sarebbero sempre andate bene così, perché non voleva deludere la sua mamma e il suo papà. Perché non voleva che fossero tristi, bensì che gli sorridessero.
Perché quei grandi occhi azzurri e dorati erano accecati dalla speranza e non vedevano la disperazione.
 
***
 
-Tesoro- Sempre la stessa voce.
-Sì?- Il ragazzino voltò lo sguardo in direzione della madre.
Quest’ultima gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla. -Hai già finito di studiare? Sai bene tutto?-
“No, mamma, a dire il vero oggi non ho nemmeno aperto quel maledetto libro. E non ho la minima intenzione di aprirlo” avrebbe voluto ribattere.
-No, non ancora. Stavo...ecco, pensavo di fare una pausa- rispose invece.
-Oh, tesoro, capisco. Non ti preoccupare, fai bene a staccare ogni tanto. Basta solo che ti ricordi che per poter passare l’esame di ammissione per l’Accademia dei Ranger devi sapere molto bene le cose-
-A questo proposito...- Il giovane Mikio spostò lo sguardo, insicuro.
-Dimmi-
-A questo proposito, ecco, devo...- Prese un respiro profondo e, facendosi coraggio, guardò la madre negli occhi. -...devo per forza fare quell’esame? Cioè, ci sarebbero tante cose che mi piacerebbe fare, a parte diventare un Ranger...- Ok, ce l’aveva fatta. L’aveva chiesto, finalmente. Qualcuno poteva dire al suo cuore che poteva anche smettere di agitarsi tanto?
La donna aumentò leggermente la presa sulla sua spalla, irrigidendosi. -Ma tesoro, non era il tuo sogno?-
“No, era il vostro sogno, non il mio! Era il vostro, tuo e di papà, che da giovani non siete stati capaci di entrare in quella maledetta accademia!” avrebbe voluto replicare.
-Sì, però...se non riuscissi a superarlo...- iniziò a rispondere, venendo subito interrotto.
-Lo so, saresti molto triste. Anche io e tuo padre saremmo molto dispiaciuti, nel caso ciò accadesse. È per questo che devi studiare e impegnarti tanto ogni giorno: così facendo lo passerai sicuramente-
Come al solito, sua madre era molto brava a volgere il discorso dalla sua parte. E, come al solito, vinse la battaglia. Ormai, però, aveva vinto anche quella guerra fatta di parole, frasi e sguardi. Guerra silenziosa, di significati nascosti e cose non dette.
Mikio aveva perso di nuovo, una volta per tutte. In qualche modo riuscì a fare un sorriso tirato. -Hai ragione, mamma. Torno...torno in camera mia-
-Bravo, tesoro- La donna incurvò gli angoli della bocca all’insù, soddisfatta, e allentò la presa sulla spalla del figlio, rilassandosi. Sollevò la mano, con il proposito di dargli una carezza sulla guancia, ma non fece in tempo a compiere il suo intento perché il ragazzino si girò e andò nella sua stanza, chiudendo la porta. Aprì la bocca per chiamarlo, per poi cambiare idea; la sua mano indugiò in aria per qualche istante e cadde lungo il fianco.
Un meccanico gesto d’affetto che non sarebbe mai più arrivato al destinatario, ormai troppo lontano per riceverlo.
 
Mikio entrò nella sua camera chiudendosi la porta alle spalle, come se in quella maniera potesse lasciarsi dietro il resto del mondo; come se, entrando in quella stanza, facesse il suo ingresso in un’altra dimensione. In effetti, era un po’ così: quella era la sua bolla dorata, in cui poteva stare da solo, al riparo da tutto e da tutti.
Appoggiò la schiena alla porta e scivolò piano per terra, portandosi le ginocchia al petto. Una lacrima solcò la sua guancia, ben presto imitata da molte altre. Il ragazzino non tentò nemmeno di fermarle. Strinse le dita in un pugno e fece per colpire la porta, ma si arrestò poco prima di toccarla. Avrebbe voluto sfogare la sua rabbia su qualcosa, qualsiasi cosa, però sapeva che sarebbe stato perfettamente inutile e non gli avrebbe apportato vantaggio alcuno. E lui non sprecava preziose energie per cose inutili e per di più svantaggiose. L’unica cosa che poteva sfogare era il suo dolore, sotto forma di pianto silenzioso e incontrollato. Quella era l’ultima volta in cui provava a chiedere a sua madre di non fare quel maledetto esame di ammissione, di non andare a quell’accademia per Ranger. Non voleva diventare uno di loro, non l’aveva mai desiderato, ma non importava: non importava a nessuno, tantomeno ai suoi genitori, che vedevano in lui, il loro unico figlio, una nuova occasione di realizzare un sogno un tempo infranto. E lui chi era per togliergli quella possibilità? Nessuno. Solo un burattino nelle loro mani, che doveva fare quello che gli dicevano. Una marionetta legata a fili trasparenti ma pesanti come catene, ecco chi era. E una semplice bambola senza volontà non può decidere della sua vita, giusto? Giusto. Mikio si alzò da terra e si asciugò le lacrime che ancora sgorgavano dagli occhi, occhi che ormai si erano ripresi dall’abbagliamento della luce e ora riuscivano a vedere l’ombra. Quella era l’ultima volta in cui aveva cercato di prendere in mano le redini della sua vita. Non ne era stato in grado e doveva pagarne il prezzo: avrebbe studiato ogni giorno, tutto il giorno, e sarebbe diventato il figlio perfetto, quello che i suoi genitori avevano sempre voluto, il Ranger migliore. Non avrebbe più deluso i suoi genitori.
Mai più.
 
***
 
Nel piccolo villaggio, quel giorno, splendeva il sole e il cielo era azzurro. Una piacevole quiete si poteva sentire nell’aria, al contrario che nel cuore di Mikio, sferzato da una tempesta di emozioni in piena regola. Il ragazzo, però, non lasciava trasparire niente di tutto ciò all’esterno, mostrandosi calmo e sorridente come al solito.
 
-Tesoro, non sei felice? Oggi entrerai per la prima volta all’Accademia!- gli ricordò sua madre, come se Mikio non lo sapesse già perfettamente. Come se avesse mai potuto dimenticarlo. Ma giusto, doveva essere contento.
-Quella che hai sempre sognato- aggiunse il padre.
-Ovvio- disse lui con un sorriso. Falso, come al solito. Come ogni cosa che lo riguardava. Non rammentava l’ultima volta in cui aveva espresso un’emozione sincera.
-Io e tuo padre siamo molto orgogliosi di te- “Orgogliosi”, la parola magica. Il marito, di fianco a lei, annuì.
-...grazie-
-Mi raccomando...-
-Sì, lo so, non ti preoccupare: vi terrò al corrente di tutto-
-E...-
-Tranquilla, mamma, mi continuerò ad impegnare per diventare un ottimo Ranger- Gli aveva ripetuto quelle cose miliardi di volte, da quando aveva superato l’esame di ammissione per l’Accademia.
La donna parve imbarazzarsi. -Sì, insomma...a presto, tesoro. Ti vogliamo bene-
-A-anch’io...mamma, papà- rispose il giovane con sorpresa, preso un po’ in contropiede da quelle parole intrise d’affetto inaspettate. Arrugginite.
I genitori abbracciarono il figlio e lui ricambiò con esitazione, come se quei gesti non gli appartenessero. Non più.
Dopo qualche secondo, sciolsero la stretta.
-A presto, tesoro-
-Ciao, Mikio-
-Ciao, mamma. Ciao, papà. Se non avrò troppo da fare, tornerò per le feste- Certo, come no. Nel momento stesso in cui ebbe pronunciato le prime parole, seppe che stava mentendo: sarebbe tornato a casa solo se non avesse avuto ulteriori opzioni.
-Sì, ma soltanto in quel caso, eh. Studiare è importante- Ovviamente. Per loro era meglio che si diplomasse a pieni voti e diventasse un Ranger, piuttosto che tornasse a casa per trascorrere del tempo con la famiglia.
-Lo so. Ora comunque vado, altrimenti arrivo in ritardo-
I genitori annuirono e lo osservarono girarsi ed incamminarsi in direzione dell’Accademia. -Ciao, tesoro!-
-Ciao, mamma! Ciao, papà!- Si voltò per ricambiare il saluto.
I due coniugi continuarono ad agitare in aria la mano e a fare raccomandazioni finché anche l’ultimo ciuffo della chioma nera non fu scomparso, per poi rientrare in casa, senza avere la minima idea di quello che sarebbe successo. Senza sapere a cosa avevano davvero destinato il figlio di cui credevano di conoscere il futuro.
 
Mikio dopo un po’ raggiunse la meta, che poi tanto bramata non era. Affatto. Volse lo sguardo al cancello che delimitava i confini dell’Accademia e sospirò per farsi coraggio. Il suo cuore batteva forte, ma non, come si potrebbe erroneamente pensare, per l’emozione, anzi, tutt’altro: lui in quella scuola non ci sarebbe mai voluto andare, però doveva e quindi l’avrebbe fatto. Fece un passo avanti e varcò la soglia di quel nuovo inizio. Inizio di un’avventura mai desiderata.
 
***
 
-Buongiorno, ragazzi- salutò la professoressa facendo il suo ingresso in classe, il coro di risposta in sottofondo -Vi do il benvenuto all’Accademia dei Ranger! Io sono Anna e per questo primo anno sarò la vostra insegnante. Oggi, però, non faremo lezione: queste ore le useremo per conoscerci un po’ meglio. C’è per caso qualcuno che ha voglia di presentarsi per primo?-
A quel punto, Mikio si girò di tre quarti sulla sedia, un braccio appoggiato sul suo schienale, e guardò a turno quelli che per gli anni successivi sarebbero stati i suoi compagni. Erano cinque, divisi fra ragazze e ragazzi, e lui si prese il tempo di osservarli uno per uno, ascoltando nel mentre le loro brevi presentazioni. Dopo non molto arrivò il suo turno di parlare.
-E tu?- chiese l’insegnante, rivolgendosi a lui.
Mikio si voltò nella sua direzione, ritornando seduto composto. -Io mi chiamo Mikio Shirota e ho tredici anni. Mi impegnerò al massimo per diventare un Ranger-
-Oh! Mi fa piacere che tu sia così determinato. È da tanto che volevi venire all’Accademia?- si interessò Anna.
La temuta domanda, a cui sapeva avrebbe dovuto rispondere con una bugia. Come al solito, d’altronde: ogni cosa di lui era una menzogna. Sorrise, ma il suo era un sorriso di velata tristezza. -Sì, da quando ero piccolo-
-Beh, sono felice che tu ci sia riuscito. E sono sicura che sarai capace di diventare un ottimo Ranger-
Non che avesse la possibilità di scegliere. Doveva divenire un Ranger perfetto, il migliore, altrimenti i suoi genitori sarebbero stati delusi da lui. Senza contare, poi, che, se avesse fallito, chi avrebbe detto a sua madre e suo padre che il loro sogno era stato infranto una seconda vota? -Grazie, professoressa-
Quest’ultima annuì con un sorriso e dopodiché cominciò a spiegare qualcos’altro, che Mikio ascoltò solo distrattamente. Il suo sguardo si perse fuori dalla finestra chiusa, a cui il suo banco, in prima fila, era vicino. Si sentiva proprio come un uccellino imprigionato nella sua gabbia dorata di un futuro già deciso. Il problema vero, però, non erano né le sbarre né il lucchetto, perché, anche se quella gabbia fosse stata aperta, lui non sarebbe uscito da lì: il vero problema era che aveva dimenticato come si volava.
 
***
 
Mikio aprì la porta del dormitorio maschile ed entrò, non prima di aver preso un respiro profondo. Non appena era finita quella prima lezione e la professoressa era uscita dalla classe, lui si era alzato ed era andato fuori. Aveva trascorso l’intero pomeriggio nel terreno esterno all’Accademia, nel punto più lontano possibile da umani e Pokémon, per poter stare in pace, tranquillità e silenzio. Non si sentiva pronto ad avere contatti con i suoi compagni, ma sapeva che non avrebbe potuto evitarli e non parlarci per due anni.
Dentro la stanza si trovavano cinque ragazzi: tre erano suoi compagni di classe, mentre i restanti due non li riconobbe, quindi dovevano essere studenti del secondo anno. Uno dei due, che aveva i capelli violetti e gli occhi verdemare, si accorse di lui e si voltò nella sua direzione.
-Ehi, ciao! Non ti ho mai visto, devi essere del primo anno-
-Sì, è in classe con noi- disse uno dei suoi compagni, dai capelli blu e gli occhi color marrone scuro -Mikio, giusto? Io sono...-
-Sora- lo interruppe, ricordandosi il nome.
Quest’ultimo, dopo un attimo di sorpresa, sorrise e annuì.
Il viso del primo che aveva parlato si illuminò. Sembrava davvero felice di conoscere qualcuno di nuovo. -Io sono Yuuri, piacere! Ma tu chiamami Yu- Gli tese la mano e Mikio la strinse con un sorriso. -Questo seriosone vicino a me, invece, è Jiro- riprese, indicandolo con un cenno -Fa tanto l’intellettuale, ma...-
Il sopracitato Jiro, un ragazzo mingherlino dai sottili capelli nerissimi, lunghi fino alle orecchie, e dagli occhi azzurri, gli scoccò un’occhiataccia e gli diede un pizzicotto. Appariva molto delicato, ma non lo era mica tanto.
-Ahia!- esclamò Yuuri, portandosi una mano al braccio ferito e guardando il compagno come se l’avesse tradito. -Si può sapere perché l’hai fatto?-
Jiro si sistemò con nonchalance gli occhiali tondi dalla montatura sottile ed elegante che portava sul naso. -Per zittirti, mi pare ovvio-
-Ma...Jiro!-
Quest’ultimo roteò gli occhi. -Sì, Yu, sì- Poi, rivolse la sua attenzione a Mikio, che sembrava un po’ confuso. -Non ti preoccupare, tu non ascoltarlo e andrà tutto bene. Comunque, è un piacere conoscerti-
Mikio sorrise. -Anche per me-
A quel punto, uno dei suoi compagni di classe che non aveva ancora parlato s’intromise nella conversazione. Aveva la carnagione abbronzata, come se fosse appena tornato da una vacanza al mare, i capelli castani molto spettinati e gli occhi nocciola dalle sfumature rosso metallico; al collo portava un cordoncino a cui era legata una zanna di animale. -Comunque, oggi alla fine della lezione sei scomparso, non ti abbiamo più visto. Dove sei stato?-
E Mikio non poteva certo dirgli il motivo per cui si era defilato il più velocemente possibile. Per fortuna aveva immaginato che gli avrebbero posto una domanda simile e aveva una risposta già pronta. Alzò le spalle. -Qui fuori, ho fatto un giro nei dintorni: volevo un po’ vedere l’Accademia. E poi, mi piace stare all’aria aperta-
Il ragazzo annuì, concorde. -Sì, ti capisco: è molto meglio rispetto a quando si sta chiusi in una stanza- Piuttosto di stare fermo seduto su una sedia a studiare avrebbe fatto pressoché qualunque altra cosa. -Non vedo l’ora di arrivare al secondo anno, quando faremo le lezioni all’esterno con i Pokémon-
A quelle parole, Mikio non poté impedirsi di fare un sorriso triste. -Già...-
Yuuri scoppiò a ridere. -Ahahah, sì, mi ricordo che pure io non aspettavo altro, quando avevo la vostra età- Anche se lui per ragioni diverse: infatti, voleva diventare come il cugino Shouri, che era più grande di un anno.
-Lo dici come se fossi un vecchietto che rivanga i bei tempi andati- commentò Jiro, suscitando una risata.
Il minore degli Hato sbuffò in maniera teatrale. -Sempre a prendermi in giro, eh-
-Ovvio, sono qui per questo-
Il ragazzo che indossava il cordoncino con la zanna tornò a rivolgersi a Mikio. -A proposito, io mi chiamo Lewis-
-E a questo punto, io sono l’unico che non si è ancora presentato- La voce dell’ultimo compagno di classe sembrava fosse arrivata dall’oltretomba. Si girarono tutti verso di lui, che era seduto su un letto e aveva un libro aperto in mano. I suoi capelli erano neri e molto corti, mentre gli occhi erano blu. Chiuse il libro e si alzò, stando attento a non dare una craniata alla sponda del letto. -Io sono Drake-
Mikio annuì, sorridente. -È un piacere conoscervi, ragazzi-
 
E così, si era concluso quel primissimo giorno di scuola. Scuola che Mikio detestava con tutto se stesso, ma che veniva frequentata da gente abbastanza simpatica. Dovette ammettere che non se l’era aspettato per niente e, per una volta, era contento di essersi sbagliato. Forse, sarebbe riuscito a sopravvivere. Forse...
 
***
 
Anche per quel giorno, le lezioni erano finite. Come al solito, non appena la professoressa uscì dalla classe Mikio provò a dileguarsi il più rapidamente possibile, ma quella volta non ci riuscì: prima che potesse fare qualsivoglia cosa, infatti, venne letteralmente accerchiato da tre dei suoi compagni, che si posizionarono attorno a lui apposta per non farlo fuggire. I tipi in questione erano Sora, Drake e Tyra, una ragazza dagli occhi marrone chiaro e dagli ondulati capelli biondo scuro.
Mikio inarcò un sopracciglio, sorridendo nervosamente: non aveva la minima idea di cosa fare. -Ragazzi, ehm...non è che potreste spostarvi, per favore?-
-No- gli rispose Drake, serio.
Il giovane non demorse. -Ma io avrei delle cose da fare-
A quelle parole, Sora sbuffò, roteando gli occhi. -Tipo? Scomparire per l’intero pomeriggio e rifarti vivo solo a tarda sera come nelle ultime settimane?-
-Tipo quello. Qual è il problema?-
-E ce lo chiedi pure?- ribatté Tyra, alzando le sopracciglia -Abbiamo deciso che oggi non ci scapperai da sotto il naso-
-Ma...ma non avete di meglio da fare?-
-Cosa c’è di meglio che fare un po’ di compagnia a te?- replicò Sora, incurvando un angolo della bocca all’insù -Su, vieni!- Prese uno stupito Mikio per una mano e lo trascinò fuori dall’aula, seguito a ruota dagli altri due.
 
Un attimo dopo, i quattro erano nella Piazza dell’ascesa, appoggiati alla staccionata che dava sul mare.
-Di’ un po’, Mikio, com’è che scompari ad ogni fine delle lezioni?- chiese Drake diretto, spostando lo sguardo serio dalle onde del mare che si infrangevano sugli scogli al compagno.
Lui alzò le spalle. -Mi piacciono la tranquillità e l’aria aperta-
-Bugia- disse Sora.
-Eh?- Mikio lo guardò stupito.
-Beh, sì, almeno per metà- rispose, vagamente imbarazzato.
-Non è vero-
-Altra bugia-
-Pensala un po’ come vuoi-
-In pratica mi stai dando ragione-
A Mikio sfuggì un risolino. -Diciamo che non è poi così importante-
-Ed è qui che ti sbagli, mio caro- intervenne Tyra -Più ce lo nascondi più lo diventa e più noi siamo determinati a scoprirlo-
-Non c’è niente da scoprire-
-Oh, sì, invece- ribatté lei.
Il ragazzo sbuffò e spostò lo sguardo. -E allora tentate, detective. Tanto, immagino che fosse questo il vostro obiettivo sin dall’inizio, no?-
-Già. Il tuo scomparire sempre ha qualcosa a che fare col tuo voler venire all’Accademia da quando eri piccolo?- domandò Drake, fissandolo negli occhi e comportandosi proprio come un’investigatore dei libri di cui era appassionato.
Mikio si irrigidì in maniera impercettibile. -Forse-
-Forse? Cosa significa forse? Drake ci ha azzeccato o no?-
-Calmati, Sora- rispose il detective improvvisato.
-Però ha ragione, Drake. Un “forse” non basta- disse Tyra.
-E va bene, ho capito- si arrese Mikio con uno sbuffo -Volevo venire qui da molto tempo per diventare Ranger, ma non un semplice Ranger, bensì il migliore ed è per questo motivo che “scompaio” ogni pomeriggio. Vengo qui fuori a studiare, ok? Ora non ridete- Aveva mentito ancora, ovviamente, ma era piuttosto sicuro che gli avrebbero creduto. Anche se non poteva negare che una parte di lui si sentiva in colpa.
Com’era prevedibile, comunque, i tre scoppiarono a ridere.
-Tutto qui, sul serio? Tanti segreti e poi...è tutto qui- disse Drake, che sembrava un po’ deluso. Forse si aspettava una confessione più sorprendente e profonda.
-Infatti- concordò Tyra.
-Però...- intervenne Sora -Però ha il nostro stesso obiettivo, no? Anche noi vorremmo diventare ottimi Ranger-
Gli altri due annuirono. -Vero-
-Perciò...facciamolo insieme! Promettiamoci di impegnarci al massimo per diventare Ranger insieme!- Era entusiasta.
-Sì!-
-Ci stai, Mikio?-
Quest’ultimo all’inizio si stupì, ma poi sorrise. Un bel sorriso. -Certo!-
Si misero in cerchio, le mani al centro una sopra l’altra.
Il loro patto era stato suggellato.
 
***
 
In men che non si dica, erano trascorsi mesi interi ed era finalmente arrivato ciò che tutti aspettavano dall’inizio dell’anno scolastico, a parte le vacanze invernali. O almeno, che quasi tutti attendevano.
 
-Buongiorno, ragazzi- salutò la professoressa -Oggi porto buone notizie: abbiamo finito il programma e in questi giorni faremo delle lezioni un po’ speciali-
-Speciali?!- la interruppe Lewis, sporgendosi in avanti. Non vedeva l’ora di uscire -Speciali in che senso?!-
L’insegnante sorrise. -Nel senso che serviranno ad aiutarvi a scegliere in cosa specializzarvi nel corso del prossimo anno, se in Ranger, Assistente o Meccanico. Dovrete darmi la risposta definitiva l’ultimo giorno di scuola-
 
Ci fu un coro di esclamazioni entusiaste da parte degli studenti. O meglio, di tutti gli studenti tranne uno, che si limitò a fare un sorriso non troppo convincente, dato che la sua mente era persa in altri pensieri. E indovinate un po’ chi era quell’uno? Mikio proprio quella mattina aveva ricevuto una lettera dei suoi genitori, che ovviamente non potevano non essere a conoscenza del fatto che era giunto il momento della scelta e che gli avevano ricordato per l’ennesima volta qual era la decisione giusta da prendere. Come se non lo sapesse già alla perfezione. Il ragazzo avrebbe voluto stracciare quella missiva in mille pezzi, ma non l’avrebbe fatto: al contrario, si sarebbe comportato come il figlio perfetto che volevano. Perché lui lo era. Questo, però, non poteva cambiare il fatto che per mesi aveva sperato che quel momento non arrivasse mai e, almeno a se stesso, non poteva nascondere come si sentiva.
 
***
 
-Sapevo che ti avrei trovato qui-
 
Mikio alzò la testa di scatto dal libro che stava leggendo, colto di sorpresa. Si trovava in biblioteca, seduto al suo solito posto, quello più lontano dalla porta ma vicino alla finestra.
 
-Sora...?-
Il suo amico sorrise. -Proprio io-
-Mi...mi stavi cercando?-
-Sì, beh...- Si grattò la testa, spostando lo sguardo da un’altra parte, per poi fare un respiro profondo. -Il fatto è che appena è finita la lezione di oggi sei scomparso...di nuovo. Era un bel po’ di tempo che non lo facevi e sì, insomma...-
-...mi dispiace per averti fatto preoccupare, non era mia intenzione-
I due si fissarono negli occhi finché Sora non interruppe quel contatto, che pareva fosse durato anni anziché solo pochi istanti, e guardò fuori dalla finestra. -Ti va di uscire? Oggi è una bella giornata-
-Io in realtà dovrei finire...-
-Cosa, quel libro di cui non hai letto mezza parola?- chiese alzando un sopracciglio.
-No...- ammise lui chiudendo il tomo. Era da quando aveva iniziato che i suoi occhi guardavano la stessa pagina senza vederla davvero, perché la sua mente pensava a tutt’altro.
Sora sorrise vittorioso. -In questo caso, vieni!-
E, nel momento in cui una mano gli venne tesa, Mikio la prese. -Va bene-
 
-Posso farti una domanda?-
-Certo-
I due si trovavano dalle scale e stavano scendendo i gradini.
-Perché te ne sei andato di nuovo, senza dire niente né a me, né a Tyra, né a Drake? È...è successo per caso qualcosa?-
Cosa doveva rispondere Mikio? La verità o... -No, in realtà non molto. È solo che continuo a pensare alla decisione che dovremo prendere prima delle vacanze- ...una bugia, come al solito. Non poteva proprio dirgli la verità.
-E perché mai?- Sora era rimasto sorpreso. -Non è forse da quando eri piccolo che vuoi diventare un Ranger? La tua scelta non è forse ovvia?-
Certo, “ovvia” secondo la menzogna che aveva intessuto per mesi e che aveva fatto credere a tutti essere la realtà. -Hai ragione, però...dà lo stesso da riflettere, no?- Tanto valeva spostare il discorso su un argomento differente.
-Anche tu non hai del tutto torto- gli concesse -In effetti, adesso la prospettiva di realizzare il nostro sogno non è più così lontana!- Gli occhi gli brillarono.
-Già, anzi, è vicina...- Fin troppo vicina.
L’amico non si perse la punta velata di tristezza nel suo tono di voce e si accigliò, guardando nella sua direzione. -Senti, posso farti un’altra domanda?-
-Ovviamente-
-Però dovresti...ecco, dovresti rispondere sinceramente-
Sinceramente? Quello sarebbe essere potuto essere un problema, sempre se lui non fosse divenuto talmente tanto bravo a mentire da arrivare perfino a convincersi da solo delle sue menzogne. -D’accordo-
-Stai bene?- Arrestò il passo, rimanendo fermo su un gradino e puntando i suoi occhi color marrone scuro in quelli azzurri dell’altro, appena questo si voltò.
E Mikio, sotto quello sguardo preoccupato e indagatore, come faceva a mentire? -Sto...sto bene- Sorrise, riprendendo a scendere le scale, ma non notanto che l’amico non l’aveva imitato. -Dopotutto, è arrivato il momento che tanto abbiamo aspettato, no? Sono...-
A quel punto, però, Sora scoppiò. -Smettila di mentirmi, Mikio!- sbottò irato, le mani chiuse a pugno lungo i fianchi.
Il ragazzo dai capelli neri si girò, gli occhi sgranati. La rete di bugie che aveva intessuto finemente, tanto da creare un bel disegno, squarciata. -C-cosa? Io non...-
-Sì che mi stai mentendo, non negarlo!- lo interruppe, prima ancora che potesse finire la frase -È da quando ci siamo conosciuti che menti, credi forse che io non lo abbia capito da tempo? Va bene tutto, però...non dirmi bugie quando ti chiedo di non farlo, dannazione!-
Mikio non sapeva proprio cosa replicare. Sfido a trovare qualcuno che l’avrebbe saputo. Aprì un paio di volte la bocca, ma le parole non gli uscirono.
-Mikio- riprese Sora, tornando più calmo -Per favore, non nascondere più la tua tristezza dietro ad un sorriso. Non nascondere più ciò che provi. Almeno con me, non farlo! Quando sei felice, ridi! Quando sei triste, piangi! Ok? Ma non nascondermi più niente. E ora, per piacere, rispondi una seconda volta a questa domanda: stai bene?-
Gli occhi di Mikio, a quelle parole, divennero lucidi e il ragazzo non poté impedirlo. -Io...io...- Scosse la testa. -...no...-
Sora, invece, a quel punto fece una cosa che l’amico non si sarebbe mai aspettato: dopo aver sceso i gradini che li separavano, si sporse in avanti e lo circondò con le braccia. -Ci sono io, non ti preoccupare, ci sono io-
Il giovane dai capelli neri ricambiò la stretta con un po’ di esitazione e in seguito poggiò la testa sulla spalla dell’altro, singhiozzante. Una lacrima gli solcò il viso.
-Ci sarò sempre. Qualunque cosa succeda, sarò al tuo fianco. Te lo prometto...-
 
Quello era il loro personale giuramento.
 
***
 
-Vi lasciamo alla vostra lezione, divertitevi!- disse la professoressa Anna, per poi dirigersi verso la porta e uscire, seguita a ruota dal suo collega, Aermo, che salutò con un cenno. Quel giorno, infatti, avrebbero fatto una lezione molto diversa dal solito: i ragazzi del primo anno erano entrati nella piccola classe di Mina e Catturio, per fare una lezione insieme a loro e a quelli del secondo anno.
 
-Quest’oggi vi faremo vedere cosa si prova a far parte del nostro team! Chi ha voglia di usare uno Styler di cattura?- chiese il professor Catturio, attirando con una sola frase l’attenzione di dodici persone insieme.
 
Si spostarono all’aperto, nello spiazzo fuori, e si posizionarono davanti ai due insegnanti, che gli affidarono uno Styler accademico ciascuno e gli spiegarono le cose principali da sapere in vista dell’esercitazione. In seguito, i giovani Allievi si divisero in gruppi di due abbastanza a caso, per facilitare la cattura ed evitare di subire troppi danni, preparandosi a dovere. Alla richiesta di volontari, si fece subito avanti una squadra, che catturò il Pokémon chiamato da Catturio abbastanza velocemente e con pochi danni, ricevendo un complimento da Mina. Dopo la prima coppia, andarono senza esitazione una dopo l’altra quelle restanti. Arrivati all’ultima, però, si presentò un problema.
 
-Prof, scusi...-
-Jiro! Dimmi-
Il ragazzo si teneva la testa sul palmo di una mano, l’espressione sofferente. -Non mi sento tanto bene...-
-Recati dalla signora Della e per oggi cerca di riposarti e riprenderti- gli disse Mina, entrando subito in azione.
-Va bene, prof, grazie...- rispose lui, per poi rivolgersi al suo compagno, con cui avrebbe dovuto completare la cattura -Mi dispiace, Mikio, ma proprio non ce la faccio...- Aveva tentato di resistere almeno fino alla fine del loro turno, senza tuttavia riuscirci.
Il ragazzo sorrise rassicurante. -Non ti preoccupare, Jiro. Tu devi pensare solo a rimetterti in forze, capito?-
-Sì. Ti ringrazio, Mikio- annuì con un sorriso grato.
-Prof, scusi, posso accompagnarlo?- chiese una giovane abbastanza alta e snella, che aveva qualche lentiggine sulle guance, dagli occhi color nocciola e dai lunghi e ondulati capelli castani, con ciocche tendenti al rosso, che le arrivavano fino alle scapole. Lei e Jiro erano amici di lunga data.
-Certo che puoi, Rosalie. Anzi, stavo giusto per chiedere a qualcuno di farlo-
-D’accordo, allora-
I due si incamminarono in direzione dell’Accademia, allontanandosi, e Mina si rivolse a Mikio. -Mi dispiace, ragazzo, ma in questo caso dovresti affrontare la prova da solo. Te la senti lo stesso oppure...?-
Il giovane avrebbe tanto, tanto, tanto voluto rispondere negativamente, dire che no, non era così importante, però non l’avrebbe fatto, perché il Ranger che doveva almeno fingere di essere non si sarebbe comportato in quel modo. Se avesse dato un no come risposta, sarebbe andato fuori dal personaggio e lui doveva fare un’interpretazione perfetta. -Non si preoccupi, prof- disse scuotendo la testa -Ci provo lo stesso. Mal che vada, sarà tutto esercizio in più-
-Come vuoi tu- annuì l’insegnante, chiamando un Pikachu che stava gironzolando nel cortile della scuola.
A quel punto, Mikio guardò il Pokémon negli occhi con quel suo sorriso velato di tristezza, per poi accendere lo Styler. Il disco di cattura schizzò fuori e iniziarono a crearsi degli anelli concentrici attorno alla creatura elettrica. Successe una cosa mai accaduta prima: il Pikachu non si mosse né attaccò; restò semplicemente fermo lì dov’era e si lasciò catturare, quasi come se avesse compreso i sentimenti di quel tipo tanto strano. Al termine dell’esercitazione, Mikio liberò il Pokémon, salutandolo e ringraziandolo mentalmente.
Catturio batté un paio di volte le mani. -Fantastico, ragazzo! La cattura più rapida che io abbia mai visto qui all’Accademia! Ti voglio nel mio Team, l’anno prossimo, capito?-
Mina gli lanciò un’occhiataccia. -Ma insomma, Catturio! Non puoi obbligare gli studenti a unirsi al tuo Team-
-Però, prof, il nostro Mikio ne farà parte di sicuro!- esclamò Lewis mettendo un braccio sulla spalla del suo compagno di classe -È da quando era piccolo che vuole diventare un Ranger, questo qui!-
I due insegnanti si voltarono verso di lui. -Davvero?-
Mikio sorrise un po’ imbarazzato. -Sì...-
-Ottimo! In questo caso, ti aspettiamo!- disse Catturio entusiasta.
-Certo- Il giovane annuì, continuando a sorridere.
 
Purtroppo però, per quanto si sforzasse proprio non riusciva condividere quell’entusiasmo. Non ci sarebbe mai riuscito.
 
***
 
-Mikio, aspetta un attimo, per favore-
Il ragazzo si girò. -Sì, prof?-
Anna gli fece cenno di avvicinarsi alla cattedra. -Ho bisogno di parlarti a proposito della tua scelta-
-La mia...scelta? Perché?- Aggrottò le sopracciglia, confuso. Non si aspettava proprio una cosa del genere.
L’insegnante aspettò che gli altri studenti fossero usciti dalla classe, prima di continuare. -So bene che è da quando eri piccolo che vuoi diventare un Ranger, l’hai detto e ripetuto. Tuttavia...sei davvero sicuro della tua decisione? Sappi che, se vuoi fare una cosa diversa, sei ancora in tempo per cambiare idea- Già...lei aveva capito che c’era qualcosa che non andava. L’aveva capito e stava cercando di aiutarlo.
Peccato che ormai fosse già troppo tardi.
Mikio scosse la testa e sorrise. -Sono sicuro, prof- E quanto gli costò pronunciare quelle poche parole.
Anna, a quel punto, sospirò, arrendendosi. -Va bene, come preferisci. Vai pure...-
-Grazie. Arrivederci, prof-
 
Il giovane fece un cenno di saluto con la testa e poi si girò, incamminandosi fuori dalla classe. Voltando le spalle alla luce per dirigersi dritto verso un luogo fatto solo e soltanto di tenebre, anche se lui ancora non poteva nemmeno immaginarselo.
 
***
 
-Mikio, tu cosa fai per le vacanze invernali?- chiese Tyra.
Il chiamato in causa alzò gli occhi dalla lettera che stava leggendo. -In realtà non lo so ancora. Voi, ragazzi?-
 
I quattro, ormai inseparabili, erano seduti insieme a quello che era diventato il loro tavolo, due da una parte e due dall’altra. A quella domanda, Sora, Drake e Tyra si scambiarono uno sguardo divertito. Fu di nuovo Tyra a parlare, il sorriso sulle labbra.
-Noi rimaniamo qui. Secondo te perché te l’abbiamo chiesto?-
Mikio fece un’espressione sorpresa, cadendo letteralmente dalle nuvole, e poi sorrise di rimando. E per una volta il suo non fu un sorriso velato dalla tristezza, bensì uno sincero, spontaneo. Bellissimo. -E allora...- Lanciò una rapida occhiata alla lettera che teneva in mano e annuì. -...sì, resto anch’io con voi-
-Sul serio?!- esclamò Sora, seduto accanto a lui.
-Non volevi passare le feste con i tuoi genitori?- chiese Drake.
-Non ti preoccupare, mi hanno detto che per loro va bene pure se rimango qui- rispose, agitando la missiva in aria.
-In questo caso...- Drake incurvò gli angoli delle labbra all’insù. Un caso più unico che raro.
-...è fantastico!- finì la frase Sora.
Mikio sorrise e annuì.
 
Ciao tesoro,
come va? Stai studiando tanto? Ti piace quello che stai facendo? Speriamo di sì!
Ti aspettiamo a Natale per i particolari, ma se hai troppo da studiare resta a scuola! Non dimenticare che lo studio è la cosa più importante!
Ti vogliamo bene,
Mamma e papà
 
Mise la lettera in una delle tasche della divisa. Avrebbe risposto più tardi, dicendo ai genitori che non sarebbe tornato per le vacanze invernali.
Almeno per quel breve periodo di tempo, sarebbe stato libero.
 
***
 
-Prima di concludere, vorrei darvi alcune informazioni di servizio. Oggi pomeriggio vi recherete nella città per conoscere i Ranger del posto, l’appuntamento è alle cinque nell’atrio, mentre da domani e per le prossime due settimane parteciperete a delle determinate lezioni relative alla specializzazione che avete scelto, di Ranger, Assistente o Meccanico-
 
Anna guardò i suoi studenti, che, in seguito a quella comunicazione, erano all’improvviso diventati entusiasti: la realizzazione del proprio sogno si avvicinava sempre di più. Erano trascorsi dei mesi da quando erano ripresi i corsi e in quello stesso giorno sarebbe stato dato il via ad una svolta decisiva nella loro vita.
 
Alle cinque spaccate del pomeriggio gli Allievi di entrambi gli anni si fecero trovare pronti nell’atrio, dove Mina e Catturio li aspettavano per accompagnarli a Vien. Dopo aver controllato che i membri del gruppo fossero tutti presenti e non mancasse nessuno all'appello, gli insegnanti fecero cenno di andare e partirono. Pur con calma, arrivarono in città abbastanza presto e senza perdere pezzi, con loro grande sollievo.
 
-Salve a tutti!- esordì Catturio nel momento in cui fece la sua entrata nel Centro, con gli alunni al seguito, attirando l'attenzione dei Ranger lì presenti.
-Chi si rivede!- rispose Brando dal centro della stanza -Hai portato nuovi giovani Allievi, eh? Piacere di conoscervi, io sono Brando!- aggiunse rivolgendosi direttamente agli interessati, o almeno a quelli che non aveva ancora incontrato.
-È il capo di questo posto- spiegò la professoressa Mina.
Dopodiché, vennero presentati anche gli altri componenti della squadra: Luana, la meccanica Elena, l'operatrice, Ilario e Darren, un giovanissimo Ranger da poco uscito dall’Accademia. Elena non smise nemmeno per un secondo di smontare e rimontare un piccolo oggetto elettronico nelle sue mani.
-Va bene, credo sia tempo di tornare. Vi affido i ragazzi, mi raccomando!- concluse Catturio alla fine.
-Intesi- rispose Brando, facendo un segno di saluto.

 
Come da accordo, gli studenti del secondo anno rimasero al Centro, mentre quelli del primo tornarono al collegio insieme agli insegnanti.
 
Passo dopo passo, si avvicinavano sempre più al loro obiettivo.
 
***
 
Trascorse due settimane, gli studenti del secondo anno fecero ritorno all’Accademia e vennero accolti da quelli del primo con un coro di bentornato: Lewis e Orelee, una ragazza dai corti e mossi capelli color biondo scuro e dagli occhi dalle iridi a metà fra il giallo oro e il rame, erano riusciti nell’assai ardua impresa di convincere perfino un tipo reticente come Mikio. Quest’ultimo se ne sarebbe vergognato a vita.
 
La cerimonia del diploma arrivò in pochissimo tempo e al suo termine i giovani Allievi divennero Ranger a tutti gli effetti. Dopo poche ore, questi ultimi si ritrovarono nell’atrio, pronti a partire, e i loro compagni li raggiunsero per salutarli prima che lo facessero.
 
-Ehi!- esclamò Sora, agitando in aria la mano.
Yuuri e Jiro gli si avvicinarono.
-Ehi, Sora- disse il minore degli Hato -E così dobbiamo salutarci, eh...-
Il ragazzo dai capelli blu fece un’espressione triste. -Già...-
Lewis gli comparve da dietro e gli diede una pacca sulla spalla. -Su con la vita, ragazzi! Non è che non vi rivedrete mai più!-
-Ha ragione!- lo supportò Orelee, ottimista come al solito.
-Come si dice, “chi non muore si rivede”- aggiunse Drake.
-Drake, smettila di dire cose inquietanti!-
Il giovane rispose con un’alzata di spalle e scoppiò una risata generale.
-Comunque, è vero- commentò Mikio, sorridente come sempre -Il tuo sogno, Yu, è quello di completare sia la formazione di Ranger che di Medico, giusto? Il nostro è quello di diventare Ranger. Ora ci dobbiamo salutare, ma quando avremo realizzato i nostri obiettivi ci rivedremo. Di sicuro-
Il minore degli Hato annuì. -Sì. E quel giorno vi farò vedere quanto sarò migliorato!-
-Ci conto, sappilo-
-Certo!-
Anche Jiro sorrise. -Quindi ci vediamo, ragazzi-
-È un arrivederci, non un addio- disse Sora.
 
I giovani si salutarono, con la solenne promessa di rivedersi molto presto.
Ancora non sapevano cosa sarebbe accaduto e in che maniera il loro giuramento si sarebbe avverato.
 
***
 
Esattamente un anno dopo, era giunto il loro turno di diplomarsi.
 
Il preside Delmonte, alla fine del discorso, batté le mani. -Bene! Ora, ragazzi, vi chiamerò uno a uno. Nel momento in cui sentirete il vostro nome, fate un passo avanti-
 
Quelli che sarebbero stati studenti ancora per molto poco annuirono.
 
-Darkwing, Drake-
 
Il giovane fece un passo avanti e il direttore gli porse una divisa da Ranger e uno Styler, dopo averli presi da una scatola che tenevano Mina e Catturio, come segno distintivo del conseguimento del diploma. In apparenza era serio come al solito, ma chissà quante emozioni diverse si agitavano in realtà nel suo cuore.
 
-Harikeen, Sora-
 
Fece un passo avanti come il compagno e le azioni si ripeterono.
 
-Knight, Tyra-
 
-Lindworm, Lewis-
 
-Painter, Orelee-
 
-Shirota, Mikio-
 
Quel nome, che fino all’ultimo aveva sperato non venisse mai pronunciato, suonò come una condanna a morte alle sue orecchie, ma fece comunque un passo avanti, avvicinandosi a quello che ai suoi occhi era un patibolo, pronto a ricevere la sua pena. Almeno, pensò, alla fine ce l’aveva fatta: in qualche modo, era stato in grado di diventare un Ranger. I suoi genitori si sarebbero accontentati per un po’, no? Per quel poco di tempo, avrebbe avuto una minima possibilità di essere libero, giusto? Aveva bisogno di crederlo per sopravvivere.
 
Delmonte, comunque, disse qualche parola di commiato, commosso, e si concluse la cerimonia del diploma.
 
Poche ore più tardi, furono quelli che solo quella mattina erano ancora studenti a ritrovarsi nell’atrio, pronti chi più chi meno a partire. Quando uscirono dalla porta dell’Accademia, che per alcuni era stata una vera e propria casa, consapevoli che non ci sarebbero tornati tanto presto, gli salì un irrefrenabile sentimento di tristezza.
Perfino Mikio dopo qualche metro cedette e si voltò per guardare indietro, anche se non per gli stessi motivi dei suoi compagni, una strana espressione in viso, come se non sapesse con certezza quale emozione provare. In ogni caso, questo momento di debolezza durò poco, perché udì qualcuno chiamarlo.
 
-Ehi, Mikio!-
 
Quest’ultimo si girò di nuovo, questa volta in direzione dei suoi tre più grandi amici che lo stavano aspettando poco più avanti.
 
-Andiamo?-
 
Il ragazzo da capelli neri sorrise e annuì, dimentico dei pensieri di prima, dirigendosi verso di loro, verso la luce che rappresentavano per lui. Non aveva mai voluto andare all’Accademia, diventare Ranger e tutto il resto, ma, adesso che ci rifletteva, forse se non l’avesse mai fatto non li avrebbe mai incontrati e non sarebbero mai divenuti amici. Fra tutte le cose negative, quell’amicizia era una delle poche positive e non ci avrebbe mai rinunciato. Era troppo importante.
 
-Eccomi!-
 
Quando li raggiunse, loro quattro si incamminarono in direzione del cancello dell’Accademia, voltando definitivamente le spalle a questa. Si preparavano ad affrontare un nuovo inizio. Insieme, come avrebbero sempre fatto.
 
***
 
Quella era una bella giornata nella Selva Serenella, un bosco nella regione di Fiore vicino a Borgovera, dove i quattro Ranger, che stavano per completare il loro addestramento, erano stati inviati per una missione. Era un bel posto, quella foresta: lussureggiante, brulicante di vita, era l’ideale anche per i Ranger meno esperti, benché ci fosse un vario numero di Pokémon selvatici a cui piaceva fare scherzi. In effetti, pure quell’incarico sarebbe dovuto essere facile. O almeno, era questo era ciò che credevano tutti: nessuno si poteva nemmeno lontanamente immaginare cosa sarebbe successo.
 
-Ok, quindi dobbiamo andare...di là, giusto?- chiese Sora, gli occhi che andavano dalla mappa del suo Styler al paesaggio circostante, che somigliava sempre di più a un labirinto. Forse si erano inoltrati troppo a fondo.
-No, da quella parte- rispose Drake, indicando nella direzione opposta.
-Non era da quell’altra?- domandò Tyra, confusa.
Mikio sospirò. -Insomma, ci siamo persi-
-Non ci siamo persi!- esclamarono i tre in coro, lanciandogli un’occhiataccia.
-No, figuriamoci, è che al paesaggio piace cambiare-
-Mikio!-
-Ok, ok...- Il ragazzo mise le mani avanti, con fare arrendevole.
-Quindi! Dato che non ci siamo persi...- riprese Tyra, solo per essere subito interrotta.
-Aspetta un attimo- disse Drake, le palpebre assottigliate per riuscire a guardare più lontano -Quello è fumo?-
Tyra seguì la direzione del suo sguardo e sgranò gli occhi. -Cavolo, hai ragione...-
-Dev’essere successo qualcosa, dobbiamo andare a vedere!- esclamò Sora.
Gli altri tre annuirono e si affrettarono verso il punto da cui proveniva il fumo, solo per fermarsi e arretrare in modo brusco quando cominciarono a tossire violentemente.
All’improvviso, una colonna di fuoco divampò davanti a loro, incendiando ciò che aveva intorno e chiudendogli una possibile via di fuga. I quattro si coprirono i canali respiratori con le braccia, in quello che era un tentativo di inalare meno fumo, e i loro occhi, che lacrimavano per il caldo, saettarono da una parte all’altra in cerca di qualcosa che li potesse aiutare, ma non la trovarono. Intorno a loro c’era solo e soltanto il fuoco.
-Ragazzi!- urlò Mikio, la voce roca, con tutto il fiato che aveva in gola -Dobbiamo...-
Non riuscì a finire la frase, perché un Typhlosion emerse dalle fiamme e lo colpì con una zampata che lo mandò a sbattere contro la corteccia di un albero. Emise un grido strozzato, per poi rotolare inerme a terra.
 
-MIKIO!- urlò Sora. Il suo amico, però, non si muoveva più. Tentò di raggiungerlo, ma una parete di fuoco si frappose fra di loro e lui fu costretto a ripararsi e ad arretrare.
 
Dopodiché, fu il caos.


Spazio dell'autrice
Sorpresa!
...o almeno spero. Ve l'aspettavate? Ammetto che all'inizio ero un po' indecisa se pubblicare o meno questo flashback - che è tutto tranne un flashback ma vabbè - , però alla fine mi sono decisa, anche perché così molte domande trovano una risposta. E poi beh...ci ho lasciato il cuore su questa cosa, penso di averci messo tutto ciò che avevo. Comunque, ditemi cosa ne pensate!
Grazie a tutte le persone che continuano a seguire questa storia!
A sabato prossimo con la seconda parte!

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Capitolo 36
*** Le radici del male (Seconda parte) - Arcobaleno ***


 
 
 
Le radici del male
(Seconda parte)
-
Arcobaleno
 
-MIKIO!-
 
All’improvviso, decine di Pokémon di tutti i tipi e dimensioni si riversarono per le strade, correndo disperati da una parte all’altra alla ricerca di un posto non ancora raggiunto dalle fiamme, animati dal terrore più puro. Solo quelli di tipo fuoco facevano eccezione, dato che perseveravano nel loro incendiare ogni cosa gli capitasse sotto tiro, per ragioni che ai giovani Ranger erano ignote. In quel momento, però, questi ultimi non avevano molto tempo per comprendere i motivi che stavano dietro le loro azioni, considerando che erano un po’ impegnati a fare cose come, prendendo un esempio a caso, cercare in tutti i modi di non essere investiti e schiacciati dalle creature in preda alla paura.
Sora, tuttavia, aveva altri pensieri per la testa: mentre evitava i Pokémon che gli venivano addosso, continuava a lanciare occhiate nella direzione in cui si trovava il suo amico, la preoccupazione alle stelle.
 
-Sora, levati da lì in mezzo!- gli gridò Tyra, i lineamenti del viso tesi.
-Non posso! Mikio è...-
-Dannazione, Sora, spostati!-
-Ma...-
-Sora, attento!-
Il ragazzo girò la testa e vide un Pokémon che stava correndo a tutta velocità  verso di lui, però sapeva che non avrebbe fatto in tempo a schivarlo. Fu proprio in quel momento, tuttavia, che Tyra, lo sguardo concentrato su un solo e unico obiettivo, scattò come una molla in direzione dell’amico e, con un’agilità che superava l’umana comprensione, lo agguantò per la divisa, trascinandolo lontano dal pericolo. Dopodiché, lo mollò per terra e si dedicò a riprendere fiato, per quanto le fu possibile con il fumo.
-Grazie, Tyra, sei la migliore- disse Sora rimettendosi in piedi.
-Aaah, ne sono consapevole- rispose lei con un mezzo sorriso.
-Ragazzi!-
I due si girarono all’unisono. -Drake!-
Il ragazzo gli si avvicinò. -Per fortuna state bene- E dal suo volto perennemente serio trasparì un sollievo enorme.
-Però Mikio...- Sora, al colmo della preoccupazione, cercò il posto in cui era finito l’ultimo membro del gruppo e lo trovò. Il fuoco si era abbassato.
-Ok allora- disse Drake, l’espressione determinata -Vado e torno-
-Cosa...?-
Il giovane dagli occhi blu prese le bottigliette d’acqua che avevano portato con loro e se le versò addosso, per poi correre verso il fuoco e saltare dall’altra parte. Quando ce n’era bisogno sapeva essere piuttosto intraprendente.
-Drake!- Gli occhi degli altri due si colmarono di paura, che crebbe finché il loro amico non ricomparve attraversando le fiamme, questa volta con una persona in più. -Mikio!- Tyra e Sora si affrettarono verso di loro. Tyra tirò un pugno a Drake, per poi abbracciarlo, mentre Sora si fece passare il braccio di un molto stordito Mikio dietro le spalle e lo sostenne.
-Ehi, Mikio...- lo scrollò leggermente -Come ti senti?- Aveva la preoccupazione nella voce.
L’altro agitò una mano come per dire “così così”. Fisicamente sembrava andare piuttosto bene per uno che aveva preso una botta simile, aveva giusto l’uniforme un po’ bruciacchiata, però psicologicamente...beh, quella era un’altra storia: sotto quel punto di vista stava malissimo. Sotto quel punto di vista era sconvolto.
-Ragazzi, non ce la possiamo fare, non da soli- disse ad un certo punto Tyra. Era dura ammetterlo, ma era vero -Dobbiamo chiamare rinforzi-
Gli altri annuirono concordi e lei accese lo Styler per contattare il Centro Ranger di Borgovera, tuttavia...
-Cosa c’è, Tyra?- chiese Drake, che già temeva.
La ragazza abbandonò il braccio lungo il fianco e il suo sguardo si fece cupo, la linea delle labbra tesa. -Non rispondono-
-Che?-
-Quello che ho appena detto. Non c’è linea, non rispondono-
A quel punto, la speranza parve abbandonare il gruppo. Ma non del tutto.
-In questo caso dobbiamo cavarcela da soli- disse inaspettatamente Mikio, calamitando l’attenzione.
-Ma non ce la faremo...- obiettò Sora.
E, in quel momento, successe una cosa: negli occhi di Mikio si accese una luce strana, che non avevano mai visto. Una scintilla pericolosa che non avrebbero mai voluto vedere. -Sora, nessuno verrà ad aiutarci: ci hanno lasciati qui, siamo completamente soli. O ce la facciamo o ce la facciamo, non abbiamo molta scelta. Quindi, dobbiamo combattere- Si staccò da Sora , barcollando un po’ senza il suo appoggio, ma riuscì a rimanere in piedi e accese lo Styler che indossava al braccio. Le sue intenzioni erano chiare.
-Mikio...?!-
Quest’ultimo si accigliò, tuttavia non cambiò atteggiamento. I suoi amici si scambiarono un’occhiata preoccupata, però poi deglutirono e fecero un cenno d’assenso, imitandolo. -D’accordo- Avrebbero combattuto. Ce l’avrebbero fatta.
Il ragazzo dagli occhi azzurri annuì, nello sguardo un unico obiettivo. -Andiamo-
I quattro si mossero all’unisono: si posizionarono ognuno davanti a un gruppo di Pokémon e fecero schizzare fuori i dischi di cattura, iniziando a creare degli anelli concentrici attorno a loro. Certo, terrorizzati com’erano questi non rimasero fermi e tranquilli ad aspettare di essere catturati, bensì attaccarono molteplici volte, tentando di colpire quei dischetti che non smettevano di girargli intorno: alcune ci riuscirono, ma per fortuna gli Styler dei Ranger non subirono tanti danni e i quattro catturarono la maggior parte dei Pokémon; li liberarono tutti, tranne quelli di tipo acqua, che avrebbero potuto spruzzare dei potenti getti sul fuoco e spegnerlo. Si scambiarono uno sguardo e annuirono: non avevano bisogno di parole, sapevano cosa dovevano fare. Chiesero alle creature acquatiche di usare le loro mosse sulle fiamme e, grazie all’aiuto combinato di alcuni Mudkip, Wartortle, Marshtomp, Politoed e Swampert, riuscirono nell’impresa di spegnere l’incendio. Purtroppo, però, era ormai troppo tardi: la Selva Serenella, che come diceva il nome stesso era un posto quieto e lussureggiante, era ora un cimitero di tronchi e rami bruciati. Il sole splendeva e con i suoi raggi illuminava gli scheletri di quegli alberi che fino a poco prima erano pieni di foglie verdi. I quattro si guardarono intorno, i loro occhi che vedevano solo desolazione; non si erano nemmeno resi conto di essere usciti da quella specie di labirinto e di aver raggiunto l’Albero mediano, che era un notevole punto di riferimento perché esattamente a metà strada fra Borgovera ed Autunnia e che era diventato anche lui solo il cadavere di quello che era. Il simbolo della foresta, bruciato. Mikio si avvicinò al suo tronco e vi poggiò la mano, per poi stringerne la corteccia nelle dita. Si lasciò cadere a terra, come se le gambe non avessero più la forza per reggerlo, e cominciò a ridere sommessamente, lo sguardo scuro. Quello che era successo era stato semplicemente troppo per lui, troppo: tutti quei Pokémon disperati e in preda alla paura, gli altri di tipo fuoco che avevano incendiato ogni cosa per chissà quale ragione e i Ranger del Centro di Borgovera, che avrebbero dovuto aiutarli e che invece non avevano risposto alla loro chiamata, abbandonandoli al loro destino; la loro sarebbe dovuta essere una missione facile, ma se l’erano dovuta cavare da soli. Era troppo perfino per lui, che aveva passato quattordici anni della sua vita accettando ogni cosa. “Sorridi, sorridi anche quando sei triste, e prima o poi ti convincerai di essere felice” si ripeteva sempre, nascondendo i suoi sentimenti dietro una maschera, soffocando le sue emozioni “Sorridi” Ma non aveva funzionato. E adesso era fin troppo, adesso stava scoppiando. Adesso basta. Basta! La sua si trasformò in una risata amara, che somigliava ad un pianto. Un qualcosa che non gli apparteneva. I suoi amici lo guardarono sconvolti, senza capire cosa stava accadendo dentro la sua testa.
-...Mikio?-
Le risa si affievolirono, riducendosi a un sospiro. -Mikio...- ripeté quest’ultimo -Mikio è morto, è stato ucciso da me. Io non sono lui. Non più-
-Cosa...?!-
-Cosa stai dicendo?!- esclamò Sora, dando voce ai pensieri di tutti.
-Che ho ucciso Mikio-
-Tu non hai ucciso nessuno!-
-Sì invece...!-
-Sei tu Mikio!-
-No!-
-E allora chi sei?!- Sora sbottò, arrabbiato come mai prima d’ora.
-Non lo so!- Il ragazzo si voltò e delle lacrime sgorgarono dai suoi occhi. Nel suo sguardo c’era solo disperazione. -Non lo so. Non lo so chi sono...-
L’amico fece un passo indietro, sconvolto, mentre Tyra e Drake sgranarono gli occhi, increduli. Mai, mai l’avevano visto in quello stato. Qualcosa, dentro di lui, si era rotto.
“Tu sei tu e nessun altro” avrebbero dovuto, voluto dire. Ma non ebbero la forza di farlo e quello fu probabilmente il loro più grande errore.
-...torniamo al Centro, su- disse alla fine Tyra, anche se un po’ insicura. D’altronde, perché mai sarebbero dovuti tornare da delle persone che non avevano risposto alla loro chiamata d’aiuto nel momento di massimo bisogno? “Torniamo a casa” era quello che avrebbe voluto dire davvero, ma non l’aveva fatto.
Il ragazzo dagli occhi azzurri scosse la testa e si alzò, aggrappandosi all’albero. La luce nelle sue iridi si era spenta. -No. Io non tornerò lì. Non tornerò dai Ranger, coloro che ci hanno abbandonato. Questo, però, non significa che non dobbiate farlo voi. Voi non dovete seguirmi- I fili trasparenti che lo legavano si erano bruciati, le pesanti catene ormai arrugginite si erano sgretolate, e la marionetta era ora libera di fare quello che desiderava. Poteva decidere e prendere in mano le redini della propria vita, perché una volontà ce l’aveva. Perché non era una bambola vuota! Da quel momento in avanti, avrebbe camminato con le proprie gambe; avrebbe spiegato le ali e provato a volare.
-Cosa?!-
-E allora dove andrai?- chiese Drake, che quel giorno stava sperimentando una marea di espressioni facciali diverse dalla sua solita seria. Una data da segnare sul calendario, se non fosse stato per tutto il resto.
-In tutte le regioni, ovunque non ci saranno Ranger. Tornerò solo e soltanto quando avrò trovato il modo per farli pentire di averci ignorati. Per favore, non tentate di fermarmi- Non avrebbe mai voluto ritrovarseli come nemici e doverli combattere: erano i suoi compagni, i suoi migliori amici, ma non solo. Loro erano le persone più importanti della sua vita, gli voleva troppo bene. -...addio- Si girò e iniziò ad incamminarsi nella direzione opposta a Borgovera.
I tre lo fissarono imbambolati e increduli per qualche secondo. Poi, Tyra lo raggiunse con qualche falcata e lo fece voltare con la forza, afferrandolo per una spalla. Era arrabbiatissima e non era saggio farle perdere il controllo, se si teneva alla propria salute. -Sei uno scemo! Come osi salutarci e andartene via così?! Come ti permetti di dirci queste cose?!- Lo lasciò e lo guardò furente. -Noi non ti fermeremo, né ti seguiremo...-
-Già...non lo faremo, perché verremo con te- disse Drake, affiancandola -Hai ragione tu. Nemmeno noi torneremo dai Ranger. Loro ci hanno abbandonati-
-Ragazzi...- Il giovane dagli occhi azzurri era scioccato.
I due guardarono il membro del gruppo che non aveva ancora parlato.
Sora addolcì lo sguardo e sorrise. -Te l’ho promesso, no? Ti ho promesso che sarei rimasto sempre al tuo fianco, qualunque cosa fosse successa- Si avvicinò a loro. -Ci sarò anche questa volta-
-...grazie- disse il destinatario di quella promessa, commosso, ricambiando sinceramente il sorriso. Una cosa che in futuro non avrebbe fatto più tanto spesso. Sentiva un piacevole e confortevole tepore riscaldargli il petto. -Grazie-
I tre annuirono, la loro presenza una certezza.
Tyra tese il braccio in avanti, la mano aperta. -Insieme, anche questa volta-
-Insieme- Drake posò la sua mano su quella dell’amica.
-Insieme- Sora lo imitò.
Poi, guardarono la quarta persona.
Il giovane dagli occhi azzurri annuì e fece la stessa cosa. -Insieme-
 
Anche quella era una promessa. Anche verso un luogo fatto solo e soltanto di tenebre, vi si sarebbero diretti insieme.
 
***
 
Nel Centro Ranger della piccola città a ovest della regione di Fiore, Borgovera, il clima normalmente sereno che si respirava venne stravolto dalla notizia portata da un vento gelido.
 
-Cosa significa che sono scomparsi?!- esclamò Furio, colui che gestiva il Centro.
-Quello che ho detto, capo...i segnali dei loro Styler sono scomparsi-
E loro non potevano sapere che i quattro li avevano spenti apposta.
-Rechiamoci sul posto, alla Selva Serenella-
 
Purtroppo, quando arrivarono, trovarono solo cenere e alberi bruciati. Li cercarono ovunque, ma dei giovani Ranger non c’era traccia.
 
-Che...che qualcuno contatti la Federazione- disse alla fine Furio.
 
Li cercarono in tutte le regioni, però non vennero mai trovati.
 
***
 
Yuuri Hato aveva completato da un anno sia la formazione di Ranger che di Medico, dopo essersi diplomato e addestrato con dei professionisti, ed era entrato a far parte della squadra di suo cugino Shouri, più grande di lui. Era al settimo cielo, perché aveva coronato finalmente il suo sogno, realizzando l’obiettivo che si era posto. Ora non aspettava altro che rivedere i suoi vecchi amici dell’Accademia per mostrargli quanto era migliorato; dopotutto, se l’erano promesso a vicenda.
 
Quel giorno, avevano appena portato a termine con successo un incarico, quando gli arrivò una chiamata. Lui rispose subito.
-Pronto?-
-Ehi, Yu-
Quando udì la voce della persona dall’altra parte della cornetta-Styler, sorrise. -Jiro, ciao! Come va?- Era da un po’ che non lo sentiva, ma sapeva che era diventato un Assistente e che lavorava alla Federazione.
Il suo vecchio compagno non parlò per qualche secondo e il minore degli Hato pensò che ci fosse qualche problema di linea.
-Jiro?-
-...Yu, ti devo dire una cosa-
-Cosa?- Stava iniziando a preoccuparsi; non replicò nemmeno con una battuta.
-Mikio, Sora, Tyra e Drake...sono scomparsi in missione- Decise di dirglielo senza tanti giri di parole, perché tanto non sarebbe servito a niente se non a peggiorare le cose. -Furio, il capo del Centro Ranger di Borgovera, dove si erano recati per l’addestramento, ci ha contattati poco fa e ce l’ha comunicato...ho pensato che fosse inutile non fartelo sapere subito-
-...dimmi la verità, Jiro: per “scomparsi” intendi mo...-
L’amico lo interruppe prima che potesse pronunciare l’ultima parola. -Intendo che di loro non c’è traccia, però...se non verranno trovati, bisognerà supporre che lo siano...-
-...capisco-
-Mi dispiace, Yu- E quest’ultimo sapeva che non era una frase di circostanza, formata da parole vuote.
-Non è colpa tua, Jiro. Non è colpa di nessuno. Ti ringrazio per avermelo detto-
-Non avrei voluto farlo-
-Grazie lo stesso-
-Prego, per quello che può servire-
-Ora chiudo-
-D’accordo. Ci sentiamo presto, Yu-
-Sì-
-Ciao, allora...a presto...-
-Ciao...-
La telefonata terminò e il minore degli Hato abbandonò il braccio con lo Styler lungo il fianco, lo sguardo cupo.
-Yu?- lo chiamò il cugino -Yuuri?- Dato che non ricevette risposta, gli si avvicinò fino ad affiancarlo. -L’incarico è terminato, possiamo...Yu, cosa è successo?-
Il più piccolo lo guardò, gli occhi lucidi per un pianto imminente, che a stento trattenevano le lacrime. -Alcuni dei miei vecchi compagni di Accademia sono scomparsi in missione- Stava tentando di nascondere le sue emozioni, però si vedeva lontano un miglio che era sconvolto, era palese. Ma d’altronde, come avrebbe dovuto reagire? Chi poteva biasimarlo?
-Yu...-
Il maggiore lo abbracciò, provando a confortarlo.
Era l’unica cosa che poteva fare.
 
***
 
Il ragazzo dagli occhi azzurri era inginocchiato per terra in riva al mare e guardava il proprio viso riflesso sulla superficie piatta dell’acqua. I suoi capelli, da neri che erano, erano diventati completamente bianchi, un colore che non gli piaceva; avevano iniziato a schiarirsi il giorno dell’incendio e non avevano più smesso: adesso pareva un’altra persona, non si riconosceva quasi. Ma d’altronde, in chi avrebbe dovuto riconoscersi? Chi era lui? Era mai stato qualcuno?
No.
Tutto sommato, era un bene che non sembrasse Mikio, perché non era più lui. Pareva un’altra persona, perché lo era. Il suo personaggio era come una tela bianca, una tabula rasa, su cui doveva mettere i colori. Lui era il pittore e doveva dipingere.
Diede una manata sulla superficie dell’acqua, formando delle piccole onde e distorcendo il suo riflesso, e sorrise.
-Ehi...tutto bene?- chiese Sora, arrivato in quel momento.
-...ho bisogno di colori...-
-Eh?-
Il giovani dai capelli bianchi si alzò in piedi e gli sorrise. -È tutto a posto, amico mio. Però, non credi anche tu che tutto questo bianco sia triste? Ho bisogno...di colori!- Il suo personaggio era appena nato.
-Colori? Cos...-
-Sì, per tingermi i capelli!- esclamò tutto entusiasta.
Sora lo fissò stralunato, per poi aggrottare le sopracciglia. -Tu sei pazzo-
-Ahah, esatto!-
L’amico era sempre più sconcertato ogni secondo che passava.
-Sora- disse il ragazzo dai capelli bianchi, lo sguardo ora serio e pericoloso -Io sono la tempesta che distruggerà ogni cosa- Chiuse gli occhi, facendo una pausa, e poi li riaprì. Ecco chi era.
 
-Io sono Phibrizio-
 
***
 
-Ragazzi, guardate qui!-
-Cosa, Phibrizio?-
Il ragazzo, che da qualche tempo a quella parte aveva preso a tingersi i capelli con i colori dell’arcobaleno, li raggiunse di corsa, con in mano uno strumento simile a uno Styler di cattura dei Ranger.
-E quello?- chiese Tyra, curiosa.
-Questo...-
-È il suo Styler, mi sembra ovvio- rispose Drake, interrompendo l’altro, che replicò subito.
-Sì e no: ho modificato il mio Styler e ora può catturare i Pokémon senza necessariamente provare sentimenti d’amicizia- Lo faceva, infatti, tramite sentimenti negativi. -È uno Styler, ma svincolato dai limiti che hanno i dispositivi di cattura dei Ranger-
I suoi amici lo guardarono con tanto d’occhi.
-Wow...come hai fatto?- domandò Sora.
Phibrizio alzò le spalle, come se fosse una cosa da nulla. -Studiare così tanto sarà pur servito a qualcosa, no?- Per un attimo guardò da un’altra parte, lontano, e parve impensierirsi, ma durò solo un istante: il momento dopo, il suo viso si illuminò. -Ah, ragazzi, a proposito, me ne stavo per dimenticare!- Da una tasca tirò fuori un foglio ripiegato accuratamente molte volte e lo fece vedere ai suoi tre compagni. -Ho disegnato le nostre uniformi!-
Tyra prese il foglietto dalle sue mani e lo spiegò, guardandolo con un sopracciglio inarcato, piuttosto perplessa. -Davvero, Phibrizio? Davvero? Tutto colorato? È un pugno nell’occhio perfino peggiore dei tuoi capelli-
-Fai vedere, Tyra!-
-Sì, in effetti ci vuole del coraggio o bisogna essere ciechi per indossare una cosa con questi colori. Oppure bisogna essere te-
Phibrizio incrociò le braccia al petto e gli lanciò un’occhiataccia. -Ahah, siete proprio divertenti, ragazzi, guardate come sto ridendo-
-Beh, però in effetti è divertente- disse Sora, alzando un angolo della bocca.
-Nessuno apprezza la mia arte!- esclamò il ragazzo dalla chioma multicolore, portandosi melodrammaticamente una mano sulla fronte.
-Non è che non apprezziamo la tua arte, è che sembra che ci si siano rovesciati sopra fin troppi barattoli di vernice, sai com’è- ribatté Tyra.
-Ok, ora sono ufficialmente offeso-
Drake stava per fare una battuta squallida, ma Sora gli tappò la bocca.
-Ce ne faremo una ragione-
-Oh, Tyra, sei perfida...-
-Comunque, non è male quest’uniforme, se vista in bianco e nero-
-Beh, in questo caso, suppongo che i colori si possano cambiare...basta che non ci sia il bianco-
-Allora è deciso!- esclamò Sora.
-Ora ci manca solo il nome per il nostro team- disse Drake -Perché tanto ormai lo siamo, giusto?-
-Giusto!- Phibrizio si illuminò per la seconda volta. -Ci serve un nome!-
-Ci sono proposte?-
 
-Che ne pensate di...“Cavalieri della Notte”?-
 
***
 
-Ragazzi-
-Ehi, Phibrizio, cos’è quella faccia?- chiese Sora.
Il ragazzo aveva un’espressione strana, come se nemmeno lui sapesse bene che emozioni provare. -Ho sentito parlare alcuni abitanti del villaggio a proposito di una leggenda, secondo la quale, nascosti in profondi meandri, si celano tre Pokémon che rappresentano le forze di Ghiaccio, Roccia e Acciaio. Hanno parlato anche dell’esistenza di una certa sala dove potrebbero trovarsi. È abbastanza ovvio di quali Pokémon si tratta: riuscite ad immaginarvi cosa potremmo fare se li catturassimo?-
-Aspetta un attimo, stai parlando...dei golem leggendari?- domandò Drake, che come Phibrizio aveva letto tantissimi libri ed era piuttosto informato.
-Proprio di loro!-
-Caspita...in effetti, se li catturassimo saremmo potentissimi-
-Togli quel “se”, Sora- disse Tyra -Lo faremo. Allora, Phibrizio, come facciamo a raggiungere questa fantomatica sala?-
 
-Beh, ragazzi, vi va di cavalcare le onde della corrente oceanica?-
 
***
 
Catturarono dei Pokémon con i loro Styler modificati nuovi di zecca e lo fecero molto più velocemente rispetto a quando utilizzavano quelli da Ranger, perché non avevano limitazione alcuna. Comunque, dopo averli catturati, grazie al loro aiuto furono in grado di raggiungere una grotta sottomarina, da cui accedettero al corridoio subacqueo, dove c’era una roccia con sopra incisa una scritta in braille che recitava “Risali da qui”: fecero come indicato e riemersero, arrivando nella prima stanza della grotta.
 
-Ancora scritte, eh?- disse Sora.
Nella sala erano presenti altre dieci rocce con incisioni in braille.
-È...l’alfabeto, direi- commentò Drake, avvicinandosi ad una delle pietre.
-Ok, scriviamocelo da qualche parte- Tyra accese il suo Styler e aprì le note, iniziando a trascrivere l’alfabeto.
-Buona idea-
In poco tempo ognuno di loro l’ebbe sul proprio dispositivo e si avviarono in direzione della stanza successiva, dove c’erano sei rocce a formare un esagono e una settima in fondo. I quattro si sparpagliarono nella sala, dai vertici di pietra del poligono.
-“Ne avevamo paura”- lesse uno.
-“Questa grotta fu la nostra casa”-
-“Se avrai coraggio e speranza”-
-...ok, ragazzi, così non ha senso- disse il ragazzo dai capelli arcobaleno -Deve esserci un ordine- Come in tutte le cose.
-Quale? Tipo dall’alto verso il basso?- chiese Sora.
-Tentare tutte le combinazioni sarebbe perfettamente inutile- E Phibrizio non sprecava preziose energie per cose inutili. -Scriviamoci le scritte e mettiamole in ordine avendole tutte davanti agli occhi-
-D’accordo-
Fecero come aveva detto e poi si formarono un cerchio al centro della stanza, avvicinando gli Styler.
-Ok, cosa abbiamo?-
-Allora...“Questa grotta fu la nostra casa”-
-“Ai Pokémon dobbiamo tutto”-
“Le persone che hanno scritto queste cose non capivano proprio niente” pensò Phibrizio.
-“Ma dovemmo rinchiuderli in un luogo segreto”-
-Sì! Così inizia ad avere un senso- disse Tyra.
-Quindi...“Ne avevamo paura”-
-“Se avrai coraggio e speranza”-
-...“Dietro ad una porta troverai un Pokémon eterno”-
Sora guardò gli altri. -Un Pokémon eterno?-
Phibrizio fissò il vuoto per un po’, finché il suo volto si illuminò e si colpì il palmo aperto con una mano chiusa a pugno. -Deve essere Regigigas!-
-Regigigas?- Chi più chi meno, era perplesso.
-Ma per forza, ragazzi, è l’unica possibilità. Se ci pensate bene, è palesemente ovvio-
-Certo, palesemente-
-...ha ragione- disse Drake, serio.
-Lo so! Grazie, amico-
-Beh- disse Tyra, dopo aver roteato gli occhi e fatto un respiro profondo -Adesso non ci resta altro da fare se non leggere l’ultima scritta-
Quattro paia di occhi guardarono la roccia in fondo.
-Andiamo-
Purtroppo, quando si ritrovarono davanti all’incisione constatarono che quest’ultima era danneggiata e non si riuscivano a leggere le cose che c’erano scritte.
Tyra ci passò delicatamente sopra le dita, con una certa tristezza. Avevano davvero fatto tutta quella strada per niente? Il loro sogno si era appena infranto? Poi, però, aggrottò le sopracciglia. -Ragazzi...-
-Cosa, Tyra?-
-La pietra...si sta riscaldando-
-Sul serio?- Sora provò a poggiare il palmo della mano sulle incisioni. -Oh cavolo, è vero!-
Gli ultimi due li imitarono e successe una cosa che decisamente non si aspettavano sarebbe accaduta: ciò che restava delle scritte in braille si illuminò di una luce dorata e questo provocò un terremoto che scosse la grotta fino alle sue fondamenta.
-Dobbiamo uscire di qui! Presto, presto!-
Corsero come se non ci fosse un domani, cosa che in effetti non avrebbero visto se non si fossero sbrigati, facendo la strada al contrario. Avevano quasi raggiunto lo specchio d’acqua nella prima stanza della grotta, che la collegava al corridoio subacqueo, quando una scossa più forte delle altre fece tremare il terreno e Sora perse l’equilibrio, rovinando a terra.
Gli altri tre si voltarono subito, preoccupati. -Sora!-
-Andate avanti!- gridò lui. Tentò di rimettersi in piedi, ma non ci riuscì.
Phibrizio prese subito in mano la situazione. -Voi due andate a catturare dei Pokémon, qui ci penso io!-
Tyra e Drake annuirono e fecero come aveva detto, mentre lui si precipitò da Sora e lo aiutò ad alzarsi, facendosi passare il suo braccio dietro le spalle e sostenendolo.
-Ok, Sora, un passo alla volta...-
-Anche tu devi andare avanti, Phibrizio! Vai, io ce la faccio!-
-No che non ce la fai!-
-Non è...-
-Fammi il favore di stare zitto e fatti aiutare tu da me, per una volta!- Era arrabbiato, ma quell’emozione gli serviva solo da scudo per nascondere tutte le altre.
Sora sgranò gli occhi: non se l’aspettava.
-Non ti lascerò indietro. Mai- Era una delle persone più importanti della sua vita, aveva bisogno di averlo al suo fianco.
Prima che il ragazzo dai capelli blu potesse dire qualsivoglia cosa, Tyra esclamò: -Fatto, Phibrizio! Siamo pronti ad andare!-
-Eccoci!-
Drake affiancò i due e prese l’altro braccio di Sora, così che arrivassero prima allo specchio d’acqua. Dopo che lo ebbero aiutato a salire in groppa a uno dei Pokémon catturati, si immersero a tutta velocità, lasciandosi dietro la grotta e il terremoto. Quando finalmente tornarono in superficie, quasi non gli pareva vero di poter vedere di nuovo il cielo e il sole, per cui si misero una mano davanti agli occhi.
-Ci siamo tutti?- chiese Phibrizio, il cui sguardo vagò preoccupato finché non constatò che non mancava nessuno -Sì...meno male. Come va, Sora?-
-Bene...decisamente meglio, dopo che siamo usciti-
-Ottimo-
-A questo proposito, abbiamo rischiato di ammazzarci tutti insieme appassionatamente per nulla? Oppure è servito a qualcosa?-
-Scherzi, Tyra?- disse il ragazzo dai capelli multicolore -Il fatto stesso che siamo sopravvissuti è la prova che abbiamo già vinto-
-Però...-
-Il terremoto è stata la chiave che ha aperto le porte della nostra vendetta e in senso più letterale quelle dei meandri in cui sono stati nascosti i golem leggendari. Dato che siamo ancora vivi, possiamo catturarli-
-Ne sei sicuro?- gli chiese Drake.
-Tu ti fidi di me?-
E lui rispose subito, senza esitazione. -Sì, certo- Se non l’avesse fatto, non sarebbe di certo stato lì in quel momento.
Phibrizio sorrise. -E allora...andiamo, che ne dite?-
I tre annuirono. -Andiamo-
 
Avrebbero trovato i luoghi in cui erano celati i Regi e, nel momento in cui li avrebbero catturati, avrebbero avuto sotto controllo un potere enorme: nessuno, nessuno, avrebbe potuto arrestare i loro piani.
 
***
 
Da quel giorno erano trascorsi due anni, in cui avevano trovato e catturato i golem leggendari, potendo così fare la stessa cosa con il loro capo, ora sotto il loro più totale controllo; avevano costruito il loro team, reclutando nuovi membri, e il Tempio Hippowdon era diventato la loro base operativa. Ci era voluto del tempo, ma adesso una grande parte del loro piano era stata completata. Chiunque altro, a questo punto, avrebbe attaccato i nemici di turno, ma questo l’avrebbe solo portato alla sconfitta sicura, perché sarebbe stato troppo avventato. Era scritto. Però loro no, loro avrebbero aspettato che Regigigas si risvegliasse del tutto e poi avrebbero fatto in modo che i Ranger stessi li raggiungessero al tempio di loro spontanea volontà, credendo di anticipare le loro mosse, solo per essere distrutti. La vittoria sarebbe stata dei Cavalieri.
 
***
 
Phibrizio si trovava in una delle stanze del tempio che avevano trasformato in camere, immerso com’era spesso nelle sue riflessioni. Stava tentando in tutti i modi possibili e immaginabili di non pensare a quel giorno lontano nel passato, come accadeva fin troppo frequentemente, ogni volta che chiudeva gli occhi e che la sua mente iniziava a vagare, ma era inevitabile, considerando cosa aveva davanti. Comunque, era felice: era trascorso circa un anno da quando avevano catturato Regigigas e quest’ultimo si era quasi completamente risvegliato e l’ultima parte del suo piano, semplice e geniale allo stesso tempo, poteva avere inizio: i Ranger sarebbero arrivati numerosi al tempio, illudendosi di aver capito i suoi piani e di poterlo cogliere di sorpresa, senza sapere di essere attesi con impazienza, e lui li avrebbe distrutti dal primo all’ultimo. Aveva previsto ogni cosa nei minimi dettagli e niente sarebbe potuto andare storto. Da semplice marionetta era diventato a sua volta marionettista e aveva manovrato alla perfezione i suoi burattini, creando un bellissimo spettacolo.
 
Ad un certo punto, delle persone entrarono nella stanza. E chi mai saranno potute essere?
-Ragazzi- li accolse Phibrizio, senza nemmeno il bisogno di voltarsi per capire chi era appena arrivato; lo sapeva già -Suonerà banale, ma vi stavo aspettando-
-Banale, però è una battuta che fa sempre il suo effetto- disse Drake, annuendo da intenditore.
Il capo dei Cavalieri si girò e sorrise. -Lo credo anch’io-
-Comunque sia...ecco, ne sei proprio sicuro?- chiese Sora cambiando argomento, facendo cenno a ciò che il ragazzo dai capelli multicolore aveva vicino.
Quest’ultimo guardò con un’espressione indecifrabile la cosa, la quale non era altro che l’uniforme da Ranger di Mikio. -Certo. È una parte importante del nostro piano- Il suo vecchio e caro amico Mikio gli sarebbe stato utile un’ultima volta, prestandogli oltre alla divisa anche il suo nome. -Una parte essenziale-
L’amico si arrese. -Se lo dici tu...va bene. Mi raccomando, stai attento-
Phibrizio ghignò. Non c’era bisogno di preoccuparsi. -Come sempre-
-Noi ti aspetteremo per il gran finale- assicurò Tyra.
-Sì. Non vedo l’ora-
Avrebbe interpretato Mikio e grazie a lui avrebbe completato il suo piano: alla fine, sarebbe tornato utile.
 
-Mi servirà...un Pokémon partner-
 
***
 
Phibrizio stava dritto in piedi, le braccia incrociate sul petto e i capelli scompigliati dal forte vento che tirava sulle Alture Vertigine. Quelle erano scogliere estremamente pericolose, motivo per cui era vietato accedervi, ma lui non era una persona qualsiasi ed era abituato al pericolo. Comunque, tutto era stato predisposto per il suo piano, incluso lo Shieldon che, secondo la storia che avrebbe poi raccontato ai piccoli Ranger, era “rimasto bloccato” sui picchi e che “aveva provato ad aiutare”.
 
L’intervallo era finito e le luci in sala si erano spente.
Il sipario si era aperto.
Era venuto il momento per l’attore principale di salire sul palco e recitare la sua parte.
 
“Vi prego di fare silenzio, signori: lo spettacolo sta per cominciare”
 
***
 
-Ehi, aspetta un secondo. Con tutta questa confusione, non ci hai ancora detto come ti chiami-
Giusta osservazione, ragazzo.
-Ah, che sbadato, scusate! Io sono Mikio. Mikio Kuro-
 
Il secondo atto aveva inizio.


Spazio dell'autrice
Ed ecco a voi la seconda e ultima parte di questo flashback/prequel/quellocheè! Cosa ne pensate? Vi è piaciuta? Sono molto curiosa di conoscere i vostri pareri, anche perché questa è stata una parte molto delicata da scrivere e...niente, sono emozionata e in ansia come al solito. Spero di aver dato una risposta a molte domande che non l'avevano!
Parlando del prossimo capitolo, lo sto scrivendo, ma si sta rivelando più difficile del previsto perché in quest'ultimo periodo ho avuto qualche problema in famiglia e un assurdo calo d'ispirazione, quindi non so quando lo terminerò. Mi auguro davvero presto.
Comunque, grazie mille a tutti quelli che continuano a seguire questa storia!
Alla prossima!

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Capitolo 37
*** Sotto questo cielo ***


 
 
 
Sotto questo cielo
 
-NO!-
 
Sora vide la scena a rallentatore, come in un film. Solo che quella era la realtà e non poteva prendere il telecomando per stoppare, anche se avrebbe voluto. L’unica cosa che poteva fare al momento era correre più veloce. Però...perché le sue gambe sembravano così pesanti? Di quel passo, non l’avrebbe raggiunto in tempo...!
Vide Phibrizio voltarsi e dirigersi verso la scogliera che dava sul mare, tranquillo. Perché nessuno tentava di fermarlo?!
Lo vide slacciarsi l’adorato mantello e girarsi in direzione dei Ranger, per poi fare un inchino e sorridere.
No...no, no, no. No!
-Addio, Ranger- Lo sentì dire.
No, Phibrizio...Phibrizio...!
 
-MIKIO!-
 
Sora urlò e, nel momento in cui il ragazzo dai capelli multicolore si lasciò cadere nel vuoto, scattò in avanti alla velocità di una freccia appena scoccata, un unico e disperato pensiero in mente, ma era arrivato troppo tardi. La sua mano non riuscì ad afferrare quella del suo migliore amico. Non l’avrebbe mai più potuto fare, non l’avrebbe mai più potuta stringere nella sua. Mai più. Era un periodo fin troppo lungo.
Gridò dal dolore e si inginocchiò dal bordo della scogliera, stringendo convulsamente il mantello impolverato, mentre calde lacrime sgorgavano dai suoi occhi e gli rigavano il volto.
Tyra e Drake, che erano arrivati appena pochi secondi dopo, non poterono fare altro che accucciarsi accanto a lui e avvolgerlo in un abbraccio.
 
Anche i Ranger, da parte loro, erano semplicemente sconvolti. Si sarebbero aspettati che provasse a scappare, che facesse...qualsiasi altra cosa, tutto tranne quello; tutto tranne quel gesto estremo. Era davvero pronto a tanto pur di non farsi catturare? Non sembrava nemmeno più lui, anche se, in realtà, se ci pensavano bene “lui” non sapevano neppure chi fosse: credevano di conoscerlo, ma si sbagliavano. Fino all’ultimo, non erano riusciti a capirlo.
In particolare, i gemelli erano i più sconvolti di tutti: i loro grandi occhi verdi erano sbarrati e si sentivano paralizzati, un miliardo di emozioni che gli si agitavano dentro. Nonostante Phibrizio fosse il loro nemico, nonostante avessero desiderato di vendicarsi, nonostante tutto questo, non volevano che morisse. E lui si era buttato di sua spontanea volontà, con un sorriso tranquillo in viso. Ma, più di ogni altra cosa, quella scena gli ricordava pericolosamente il giorno in cui loro stessi avevano rischiato di precipitare in mare.
 
All’improvviso, però, in cielo si creò un arcobaleno. Fu un attimo, ma quello da solo bastò ai tre generali perché la speranza si riaccendesse nei loro cuori: una piccola, debole fiammella di speranza. Era talmente piccola che sarebbe bastato un respiro un po’ più forte degli altri a spegnerla, però c’era e avrebbe fatto di tutto per non estinguersi. Il fenomeno, infatti, si era verificato senza che avesse piovuto e questo per il trio poteva significare solo una cosa. Doveva significare ciò che credevano, altrimenti...
 
Sora si alzò in piedi, imitato dagli altri due, sempre stringendo in una mano il mantello e voltandosi verso i Ranger. I suoi occhi erano rossi dal pianto, però aveva uno strano sguardo in volto. Arrabbiato, forse?
 
-Su, non fate quelle facce. Avete vinto, no? Dovreste essere contenti- La voce di Tyra era tremula, anche se lei aveva tentato di non farlo notare.
-Come puoi dire una cosa del genere!- esclamò il minore degli Hato, venendo avanti. Aveva cercato di trattenere le lacrime, fallendo -Lui è...lui è...-
-Mi rifiuto di credere che sia morto, Yuuri- replicò Sora -Mi rifiuto-
-Cosa?-
-Esattamente quello che ho detto-
-È caduto da una scogliera. Da una scogliera. Non può essere sopravvissuto- affermò Leo, le sopracciglia inarcate.
Sora spostò il suo sguardo determinato su di lui. -Finché ci sarà la minima possibilità che lo sia, lo cercherò-
Davanti a quella decisione, il ragazzo dagli occhi verdi non poté che rivedere dolorosamente se stesso nell’altro giovane.
A quel punto, però, intervenne Settimo. -Voi non andate da nessuna parte. Siete in arresto-
La temperatura parve abbassarsi di molti gradi, come se il sole non fosse più capace di scaldare con i suoi raggi, ma i generali non fecero una piega: se l’aspettavano, ovviamente, era solo questione di minuti.
Sora ghignò stancamente. -Giusto. Che nessuno si muova e tutto il resto: mi stavo giusto chiedendo quando ce l’avreste detto. Verremmo con voi, davvero, però sfortunatamente questo ci porterebbe via troppo tempo e noi non ne abbiamo. Comunque non dovete preoccuparvi: i Cavalieri della Notte non vi daranno più fastidio- A quelle parole, sbatacchiò un po’ il mantello che teneva in mano per togliere la polvere e con un fluido movimento lo indossò, per poi guardare serio i Ranger. -Dichiaro sciolto il team!- esclamò, facendosi sentire anche dagli individui più lontani.
-Cosa...?-
Confusione e sconcerto danzavano sui volti dei presenti.
-Mai sentito parlare di “secondo in comando”?- domandò Sora, un sopracciglio alzato -Il team è sciolto-
-È stato un piacere, ma ora dobbiamo proprio salutarvi. Addio- disse Tyra, che aveva recuperato la calma.
-Non cercateci con troppo impegno, tanto non ci troverete- aggiunse Drake. D’altronde, se per anni nessuno aveva scovato il loro nascondiglio doveva pur esserci un motivo.
-A mai più rivederci, Ranger-
Questi ultimi non fecero in tempo ad aprire bocca o a fare qualsivoglia altra cosa che i tre lanciarono a terra delle bombe fumogene, le quali crearono oltre ad una cortina di fumo viola anche l’occasione perfetta per loro di scappare. Quando i Ranger furono in grado di vedere di nuovo, gli ex-generali erano scomparsi nel nulla, come se non fossero mai stati lì.
 
Come gli avevano detto, non li avrebbero più trovati.
 
***
 
Quando i membri delle squadre che si erano recate al Tempio Hippowdon tornarono alla Federazione, trovarono ad attenderli la Preside Edvige e il Professor Frenesio, come se non si fossero mai mossi da lì. Quando all’improvviso la terra aveva smesso di tremare e i Ranger della regione avevano comunicato agli Assistenti della Federazione che i Pokémon avevano cominciato a tranquillizzarsi, i due vecchi amici avevano avuto la stessa idea ed erano usciti fuori.
 
-Ragazzi miei, sono così felice che siate tornati tutti sani e salvi- li accolse Edvige con un sorriso sul volto.
Frenesio annuì, concorde. -Complimenti. Complimenti davvero: ce l’avete fatta- All’esterno si mostrava calmo, però bastava spostare lo sguardo sulle sue nocche bianche per capire con quanta forza aveva stretto il suo bastone per la preoccupazione: quando aveva visto in lontananza il numeroso gruppo avvicinarsi, un peso enorme gli era stato tolto dal petto; se qualcuno non avesse fatto ritorno, se ne sarebbe dato la colpa a vita.
I Ranger annuirono in segno di gratitudine, ma c’era anche una certa tristezza nei loro occhi.
-Tuttavia, non siamo riusciti a catturare i membri del team nemico...- disse Settimo, stringendo i pugni.
A quelle parole, l’espressione di Edvige si addolcì. -A questo penseremo più tardi. La cosa importante è che abbiate portato a termine il piano e che siate di nuovo tutti qui-
-Ora seguiteci- continuò Frenesio.
I due rientrarono e i membri delle varie squadre fecero come detto, non senza un po’ di esitazione, dopo essersi scambiati delle occhiate confuse fra di loro.
Non appena varcarono la soglia, furono accolti da un coro di esclamazioni da parte dei presenti, coloro che erano rimasti alla Federazione e che erano arrivati prima di loro.
-Siete tornati! Avete vinto!- disse Christopher, un sorriso dipinto sul volto e gli occhi che brillavano per la contentezza.
Intorno a lui, tantissimi altri ripeterono le sue parole, esultando, e i membri del gruppo che era appena giunto lì reagirono con un po’ di spaesamento: non si aspettavano quell’accoglienza.
-Vi rinnoviamo i nostri complimenti per la riuscita- si congratulò di nuovo Frenesio.
-Però la maggior parte del merito va alla Squadra Tre- Questa volta fu Viola a replicare, portandosi le mani sui fianchi.
-E in particolare a questi dieci ragazzi- aggiunse Midori, facendo un passo avanti e indicando con un gesto i giovani in questione -Senza di loro non saremmo mai riusciti a sconfiggere i nostri nemici-
-Concordo- disse Settimo.
Espressioni di pura sorpresa si dipinsero sui volti dei dieci che erano ora indiscutibilmente al centro dell’attenzione generale e che guardarono con occhi sgranati i tre Ranger.
Candice prese la parola, parlando a nome di tutti. -Viola, Midori, Settimo...grazie-
Questi ultimi annuirono con un sorriso e la Preside Edvige batté una volta le mani per richiamare l’attenzione.
-Il piano è stato terminato con successo e la missione è riuscita. Come esclamerebbe un amico, “obiettivo completato”!-
-Per tutto questo...- continuò Frenesio -Zero Blackvoid, Lidia Cilona, Rita Crystal, Koito Fuyuma, Tsukiko Hoshino, Leo e Luna Inverse, Amber Jantar, Candice Shelley e Nara Tsukamoto, sono felice di annunciarvi che siete promossi di grado!-
 
Un applauso esplose nella sala e per un attimo i problemi vennero dimenticati, offuscati dalla felicità del momento.
Avevano vinto. Si meritavano di festeggiare.
 
***
 
Yuuri si trovava all’ultimo piano della Federazione ed era appoggiato alla ringhiera del tetto, dando le spalle alle scale mobili che portavano lì.
Ad un certo punto sentì qualcuno avvicinarsi, ma era abbastanza sicuro di sapere chi fosse e non si allarmò. Quel qualcuno lo affiancò, imitando la sua posa, per poi pronunciare poche semplici parole.
-L’ho saputo- Il minore degli Hato annuì in silenzio, che l’altro prese come una risposta sufficiente per andare avanti. -Tu come stai, Yu?- chiese, voltandosi in direzione del vecchio compagno di scuola. Anche dopo tutti quegli anni, continuava a portare gli stessi occhiali tondi dalla montatura sottile.
L’amico ricambiò il suo sguardo. -Come vuoi che stia, Jiro? Credevo che fossero morti quel giorno, invece erano diventati membri di un team malvagio. Poi, lui è morto sul serio e...e...- Interruppe il contatto visivo, guardando in basso. All’ultima frase, la voce gli si era spezzata.
-Nonostante tutto, erano nostri amici- disse un terzo individuo. Al collo portava un cordoncino a cui era legata una zanna di animale, che si vedeva bene sull’uniforme da Ranger.
Yuuri e Jiro si girarono verso di lui, le espressioni stupite perché non l’avevano sentito arrivare. -Lewis?- dissero in coro. Non se l’aspettavano.
-Non era proprio così che volevo fare una rimpatriata, ma comunque... Beh, ciao ragazzi- Benché stesse cercando di comportarsi come suo solito, era palese che non avesse l’energia di sempre.
-Come sapevi che ci avresti trovati qui?- domandò Jiro.
Lewis diede un’alzata di spalle. -Facile, vi ho seguiti. O almeno, ho seguito te che hai seguito lui. Ma questa non è la cosa più importante al momento, sbaglio?-
-No...- rispose l’altro.
Entrambi lanciarono un’occhiata alla terza persona che era lì, che ovviamente era tornata con la mente al discorso principale, che pesava su di loro e rendeva l’aria oppressiva.
-Avevi ragione tu, Lewis. Nonostante siano diventati nostri nemici, nonostante io ci abbia combattuto contro, nonostante tutto, io...io...- Yuuri si prese la testa con una mano e lacrime silenziose gli scesero sulle guance. -Nonostante tutto, non riesco a non essere triste. È una cosa così sbagliata?-
-Yu...-
-Non riesco a non pensare che forse avrei potuto fare qualcosa...-
-Forse- gli concesse Jiro -O forse no. Però...purtroppo non si può portare indietro il tempo. Il passato è passato...-
-I nostri vecchi amici non torneranno da noi. L’unica cosa che possiamo fare, è andare avanti...e continuare a vivere- disse Lewis, alzando lo sguardo al cielo.
 
Quell’azzurro e bellissimo cielo.
 
***
 
Tre individui sostavano in prossimità di una villetta unifamiliare, non troppo vicino ma neanche troppo lontano, e sembravano indecisi se avvicinarsi o meno, come se quello per loro fosse un luogo tabù.
 
-Allora, signor nuovo capo, cosa abbiamo intenzione di fare? Restiamo qui a fissare in modo molto sospetto l’abitazione di qualcun altro?- chiese uno ad un certo punto.
Il destinatario di quella domanda sbuffò, sistemandosi il berretto che portava sulla testa per non far vedere le ciocche blu. -Non sono più il capo- disse, come se stesse ripetendo il copione di una scenetta che sapeva a memoria. Il che in effetti era vero, dato che lo continuavano a prendere in giro in questa maniera da quando aveva preso il comando per la prima e ultima volta.
-Certo, capo-
-Io non...ah, ci rinuncio-
-Quindi, cosa facciamo?- chiese l’unica ragazza del trio, riportando il discorso sull’argomento importante. Aveva tagliato i capelli fino alle orecchie e ora riusciva a nasconderli benissimo sotto il cappello -Già siamo criminali ricercati, se poi oltre a questo ci comportiamo in modo sospetto è finita-
Un punto a suo favore.
-Ha ragione lei- il primo ad aver parlato puntò i suoi occhi blu, adombrati dalla visiera del suo berretto, sull’altro, guardandolo serio -O ce ne andiamo o ci avviciniamo, ma non possiamo restare qui ancora a lungo-
Trascorse qualche minuto di silenzio.
-Allora, Sora?-
Quest’ultimo chiuse le palpebre e prese un respiro profondo, per poi riaprirle. -Va bene. Devono saperlo e noi siamo gli unici che possono dirglielo-
-Ottima decisione- disse Drake, facendo un piccolo cenno di approvazione con la testa.
-Non che si possano contestare le scelte del capo-
-Tyra, non ti ci mettere pure tu, per favore!- Sora alzò gli occhi al cielo, non volendo ammettere nemmeno a se stesso di stare sorridendo.
Quel momento di distrazione, però, fu breve. I tre tornarono seri in un attimo.
-Forza, andiamo-
Si mossero in direzione della villetta, avvicinandosi.
Accanto alla cassetta delle lettere, il cognome della famiglia che ci abitava era inciso a caratteri eleganti.
 
“Shirota”
 
***
 
Le Assistenti al piano terra della Federazione stavano facendo il loro lavoro, quando entrò una coppia di persone, formata da un uomo e una donna: lei aveva una mano appoggiata sul braccio piegato di lui e la loro vicinanza faceva presumere che fossero sposati, il che era vero. Si avvicinarono ad una delle operatrici, che li accolse con un sorriso cordiale.
 
-Buongiorno e benvenuti alla Federazione Ranger! Per caso posso fare qualcosa per voi?-
Fu la moglie a rispondere. Era una bella donna sulla quarantina, dal portamento elegante, ma le rughe di stanchezza attorno agli occhi azzurri la facevano sembrare dieci anni più vecchia. -Salve a lei. Volevo chiederle se fosse possibile parlare con la Preside Edvige, oppure con il Professor Frenesio-
L’Assistente fece un’espressione desolata. -Mi dispiace, signora, al momento sono impegnati. Tuttavia, se lo desiderate, posso organizzarvi un appuntamento con loro più tardi-
-No, non si preoccupi- rispose dopo aver considerato l’opzione, portandosi una ciocca di capelli neri dietro l’orecchio -Posso lasciare un messaggio?-
-Certamente, signora. Mi dica pure-
-Volevamo ringraziare loro e i Ranger per tutto ciò che hanno fatto al Tempio Hippowdon-
L’operatrice non si pose troppe domande sul perché sapessero cosa era successo, pensando che fossero parenti di qualcuno che lavorava per la Federazione. -Solo questo?-
-Sì-
-A nome di chi?-
La donna impiegò qualche istante a rispondere, ma l’altra sembrò non notare la sua esitazione. -...Kazue e Naoki Shirota-
-Perfetto, signora, grazie-
-Grazie a lei. Arrivederci-
 
La donna fece un cenno di saluto in direzione dell’Assistente, imitata dal marito, e poi i due coniugi si incamminarono verso l’uscita, senza aspettare una risposta. Non avrebbero saputo trattenere oltre le lacrime dovute alla scomparsa definitiva del loro unico figlio.
 
***
 
-Ehi, ecco dov’eravate-
 
I gemelli, seduti sui gradini che portavano alla Federazione, a quella frase si voltarono di scatto e si alzarono in piedi. Avevano riconosciuto la voce, ma questo non cambiava il fatto che erano talmente tanto immersi nei loro pensieri che non avevano nemmeno sentito i passi di chi si stava avvicinando. Ed era pure un bel gruppetto.
 
-Ragazzi- disse Leo, riprendendo il fiato che non si era accorto di aver trattenuto. Tutti i loro amici erano lì.
-Non dovreste apparirci così all’improvviso da dietro- commentò Luna.
-Cos’è, vi siete spaventati?- chiese Nara con un tono divertito.
-Non dovreste mai abbassare la guardia in servizio, Ranger- li ammonì scherzosamente Lidia, un sorriso dipinto sul volto.
Il ragazzo dagli occhi verdi simulò dei lievi colpi di tosse, mentre la sorella fu veloce a cambiare argomento. -Come avete fatto a trovarci?-
Zero scoppiò a ridere. -Dai, non potete chiedercelo sul serio. Lo sapete che non ci sono poi così tanti posti in cui andare, vero?-
-Senza contare che...beh, anche noi avevamo bisogno di prendere una boccata d’aria- aggiunse Koito.
-Questa situazione...dà da riflettere, non trovate?- disse Rita, lo sguardo perso nei suoi pensieri -Lo scontro è finito e l’abbiamo vinto, però...cosa faremo da oggi in avanti?-
-Beh, di fronte a noi ci sono infinite possibilità fra cui scegliere- replicò Candice, portandosi le mani sui fianchi.
-Candy ha ragione- concordò Tsukiko.
-Potremmo continuare l’addestramento come Ranger. Anche se, adesso che ci penso, dovremmo proprio cominciarlo, dato che con tutto quello che è successo non abbiamo mai avuto l’occasione di iniziarlo davvero- disse Amber.
-Non che siamo stati esattamente a girarci i pollici e a rilassarci, eh- commentò Nara con uno sbuffo, cosa che scatenò una risata generale. Da quant’era che non ridevano in maniera così liberatoria?
-In effetti, non siamo andati fino al Villaggio Haruba per prendere il sole- disse Tsukiko.
-Decisamente no- concordò Candice.
-Comunque, io per l’addestramento saprei anche già dove andare-
-Sul serio, Koito?- chiese Zero all’amico, stupito.
-Sì-
-Anch’io, in effetti, avevo in mente qualcosa...- ammise Amber.
-Però...- Rita sembrava improvvisamente triste. -Questo significa...che ci divideremo?-
Il sorriso svanì dal volto di Lidia. -Immagino di sì...-
L’amarezza calò sul gruppo di giovani come un velo invisibile. Invisibile, ma comunque ben percepibile.
-Ehi, gente, cosa sono quelle facce?- disse ad un certo punto Leo, attirando l’attenzione.
-Come sarebbe a...-
Luna troncò la protesta a metà, incrociando le braccia al petto. -Ci separeremo, sì. E allora? Significa forse che il nostro legame verrà spezzato?-
-No, perché la nostra amicizia è più forte della lontananza- rispose il fratello.
-Esatto- continuò la sorella con un sorriso sicuro -Ci rivedremo e saremo di nuovo insieme!-
-Suona come una promessa- disse Koito.
I gemelli, a quella frase, si scambiarono uno sguardo e sorrisero.
-Non c’è bisogno di promettere una cosa del genere-
-È la semplice verità-
-Giusto!- esclamò Lidia, che era tornata a sorridere in un attimo.
-Ci addestreremo, miglioreremo e poi ci rivedremo- disse Amber, convinta.
-Sì!-
Leo tese il braccio con la mano aperta in avanti e Luna ci posò subito il palmo sopra. Uno a uno i loro compagni e amici li imitarono, formando ben presto un cerchio.
Le loro strade si sarebbero divise.
Ognuno avrebbe preso un cammino diverso.
Però, alla fine, si sarebbero sempre incrociati.
 
Perché il legame di amicizia che li univa era più forte di ogni altra cosa.
 
 
Spazio dell’autrice
Ed ecco a voi l’ultimo capitolo di questa storia! Sì, ultimo, avete letto bene. Il prossimo, infatti, sarà l’epilogo. Mi dispiace per aver aggiornato così tardi - più di un mese dopo l’ultima pubblicazione, ugh - , però perlomeno non l’ho fatto in un giorno qualsiasi! Perché? Beh, perché...esattamente tre anni - tre anni. Dei, non ci credo nemmeno io - e un giorno fa ho pubblicato il prologo di questa storia (Avrei voluto pubblicare questo capitolo ieri per fare tre anni precisi ma non sono brava a finire le cose prima di mezzanotte)! Si apre e si chiude un cerchio.
Passando al capitolo, cosa ne pensate? Io non riesco a farmelo piacere del tutto. A voi invece è piaciuto? Spero comunque di sì!
In ogni caso, grazie un miliardo a tutte le persone che seguono questa storia! Grazie, grazie e ancora grazie! Non smetterò mai di ripeterlo!
Alla prossima, per un’ultima volta!

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Capitolo 38
*** Epilogo - Circa un anno dopo ***


 
 
 
Epilogo
-
Circa un anno dopo
 
Era l’alba. Il sole era appena sorto all’orizzonte e illuminava con i suoi raggi il cielo libero dalle nuvole, rendendolo di un colore azzurro pastello; erano i primi di dicembre, ma il clima lì era mite e per fortuna non faceva ancora troppo freddo. Nonostante fosse ancora molto presto, comunque, all’Accademia addormentata c’era già qualcuno di sveglio che, appoggiato alla staccionata che dava sul mare, guardava il lento scrosciare delle onde sugli scogli, senza disturbare con la sua presenza il silenzio e la pace di quella mattina.
 
Passi leggeri si avvicinarono e la figura, udendoli, si voltò. Sul suo viso si dipinse un sorriso radioso. -Ragazze! Siete arrivate!- Percorse i pochi metri che le separavano e le abbracciò, felice di rivederle dopo tanto.
Le due giovani ricambiarono il sorriso e la stretta. Quando si staccarono, una disse con fare divertito: -Figurati, noi credevamo innocentemente di essere le prime, ma non possiamo vincere contro di te-
-Sei più mattiniera di noi, Amber-
Quest’ultima ridacchiò. -È che non potevo aspettare, ero troppo emozionata all’idea di rivedere tutti-
Lidia e Rita non fecero in tempo ad aprire bocca che qualcun altro parlò.
-Beh, questo è un sentimento condiviso-
Tre paia di occhi si posarono sulla proprietaria di quella voce.
-Nara!-
Lei sorrise e corse a salutare le amiche.
-Ecco, loro si salutano e noi veniamo snobbati- borbottò un ragazzo, giunto lì nello stesso momento di Nara.
-Ma no, non veniamo snobbati, è un modo nuovo e alternativo di coinvolgerci- rispose un altro, accanto a lui.
Nara roteò gli occhi e fece un respiro profondo, come per raccogliere tutta la pazienza che aveva, non riuscendo però a nascondere il sorriso agli angoli della bocca. Si girò verso i due baldi giovani. -Cos’è, per caso vi sentite ignorati?-
-Chi? Noi? Figuriamoci-
-Forse qualcun altro, ma noi proprio no-
Lei fece una smorfia divertita. -No, no, ne sono convinta. Comunque, non mi aspettavo che avresti fatto comunella con Zero, Koito. Tu non eri quello maturo?-
Il chiamato in causa alzò le spalle. -Le persone cambiano-
L’amico sorrise e gonfiò il petto, fiero del suo operato. -Ormai l’ho portato al lato oscuro, Nara, non potrai più fermarci-
-Sì, come no-
Lidia ridacchiò davanti a quella scena, mentre Amber disse: -Ragazzi, guardate un po’ chi è appena arrivato-
Candice e Tsukiko, che era accompagnata da un Typhlosion, salutarono gli amici con un sorriso, avvicinandosi a loro.
-Ehilà!-
-Siete già qui, eh?-
-Beh, ovvio- rispose Rita -Abbiamo cercato di arrivare il prima possibile non appena abbiamo saputo che siamo stati tutti chiamati per fare insieme la lezione all’aperto ai nuovi studenti del primo anno dell’Accademia-
-Ancora stento a crederci- disse Zero elettrizzato, un sorriso a trentadue denti stampato in faccia -È da sempre che volevo farlo-
-Ho un po’ paura a vederti come insegnante- commentò Nara.
-In effetti...- concordò Koito.
-Ehi, tu dovresti essere dalla mia parte!- esclamò l’amico, sentendosi tradito. L’altro, semplicemente, ridacchiò.
-Però non ci siamo ancora tutti- disse Tsukiko.
-Già, mancano solo quei due- constatò Candice -Chi avrebbe immaginato che proprio loro sarebbero arrivati in ritardo?-
-Come si suol dire, “parli del diavolo e spuntano le corna”. Guardate là-
Lidia indicò il ponte di legno che attraversava trasversalmente lo specchio d’acqua che rendeva l’Accademia una piccola isola da una parte all’altra. Due individui lo stavano percorrendo di corsa, manco fossero dei maratoneti durante l’ultimo scatto per raggiungere il tanto agognato traguardo. E chi potevano essere se non i gemelli, seguiti a ruota da Mismagius e Torterra? Arrivarono davanti al cancello dell’istituto e ne spinsero i battenti, entrando. In poco tempo furono dal resto del gruppo, in tutto il loro folgorante splendore, ansanti e piegati sulle ginocchia.
-Ehi, ragazzi, vi vedo riposati e pieni di energie-
-Non...prendere in giro...Zero...!- replicò Leo, a corto di fiato.
L’amico, però, si stava divertendo troppo. -Chi, io? Io sto solo facendo delle mere constatazioni-
-Ecco cosa succede a non prepararsi in tempo, Leo- disse la sorella, quando ebbe recuperato abbastanza ossigeno.
-Eh?! Io non mi sarei preparato in tempo?- Lui aveva sgranato gli occhi, guardandola incredulo. -Sei tu quella che non era pronta in orario!-
-Non è vero, non ero in ritardo-
-Secondo quale orologio, esattamente?-
Gli altri avevano seguito lo scambio di battute come spettatori ad una partita di tennis tavolo. Prima che i due potessero continuare, Koito si azzardò a chiedere: -Ma ragazzi, cos’è successo?-
I gemelli spostarono in sincrono lo sguardo su di lui, risultando inquietanti come al solito. Certe cose non cambiavano proprio mai.
-Beh, ad Oblivia c’è solo una città con una nave tramite cui è possibile raggiungere Almia e, dato che queste regioni sono molto lontane fra loro, ci sono pochi traghetti al giorno- iniziò uno.
-È successo che stavamo per perderlo e che abbiamo rischiato di dover prendere quello successivo, che però sarebbe giunto qui troppo tardi- continuò l’altra -La nave ci ha aspettati, ma è partita in ritardo e di conseguenza non siamo arrivati in orario-
Gli altri non volevano ridere, davvero, tuttavia non furono capaci di resistere. I gemelli li guardarono imbronciati. Lidia, fra le risa, fece una smorfia divertita. -Scusate, ragazzi, eh, ma non sono riuscita a trattenermi-
-Bah!-
Il loro broncio, però, durò poco: ben presto, infatti, fu sostituito da un sorriso.
-Comunque, ragazzi...-
-Siamo contenti di rivedervi-
Tsukiko incurvò le labbra all’insù, in un riflesso delle espressioni dei gemelli. -Anche noi. Ci siete mancati-
-Fra l’altro, voi due siete stati gli unici ad andare ad Oblivia- aggiunse Candice -Non ci siamo potuti vedere molto spesso-
-Purtroppo no- ammise Luna.
-Però è quasi incredibile- disse il fratello -Ci pensate? Poco più di un anno fa abbiamo ripreso il nostro addestramento come Ranger e ora siamo all’Accademia per fare una lezione ai nuovi studenti. Due anni fa c’eravamo noi, seduti a quei banchi-
-Cos’è, Leo, ti perdiamo di vista un attimo e ci diventi sentimentale e nostalgico?- lo prese in giro Zero.
Il ragazzo dagli occhi verdi sbuffò, gonfiando le guance. -Oh, non venirmi a dire che il pensiero non ti è passato per la testa nemmeno una volta-
-Touché-
-Comunque, eravamo tutti talmente tanto emozionati e impazienti che siamo arrivati qui ore in anticipo- disse Amber -Cosa facciamo nel tempo che ci rimane prima dell’inizio delle lezioni?-
I gemelli fecero un sorriso malandrino, uno di quelli che non promettono nulla di buono.
 
-Noi avremmo un’idea-
 
***
 
Alla fine, in realtà, la loro non era un’idea poi così malvagia.
 
Qualche minuto dopo, si ritrovarono in Piazza dell’ascesa, davanti alla Stele del patto. I gemelli la guardarono con un sorriso, una marea di ricordi che fluivano nella loro mente come l’acqua di un fiume in piena. Ricordi felici, liberi dalla tristezza di cui erano imbevuti in passato.
-Sapete, mi è sempre piaciuta la leggenda secondo cui, scrivendo un patto su questa statua, questo poi si avveri- disse Luna.
-Beh, il nostro si è avverato- commentò il fratello.
Lei incurvò le labbra all’insù e, accucciandosi a terra, passò delicatamente le dita sopra la pietra marmorea, in particolare dove questa era stata incisa da delle parole che suggellavano una promessa vecchia di anni, ma che perdurava.
-Ehi, aspetta un attimo- Amber affiancò Luna. -Questa è...-
-Sì-
Sulla lastra, il messaggio recitava: “Noi, insieme, diventeremo Ranger e proteggeremo la natura in memoria di quel giorno”. Firmato Leo e Luna Inverse.
-Caspita, questo sì che è un reperto storico- disse Nara, portandosi le mani sui fianchi.
-Comunque, direi che avete mantenuto la promessa- fu il commento di Koito -Alla grande, oserei aggiungere-
-Beh, però non abbiamo fatto tutto da soli-
-Siamo stati aiutati-
Luna fece un cenno con la mano verso il blocco di roccia, invitando gli amici a scriverci sopra. -Prego-
-Quello spazio è ancora troppo vuoto- disse il fratello, alzando le braccia e incrociando le dita dietro la testa.
Gli altri non sapevano come reagire. L’unica cosa che sapevano era che il loro petto era stato riscaldato da un bel calore, una piacevole sensazione a cui non avrebbero rinunciato per nulla al mondo.
Tsukiko affiancò Luna e fu la prima a scrivere sulla pietra. Amber, accanto a lei, lesse ciò che aveva scritto oltre al suo nome e sorrise, per poi firmare a sua volta.
-E va bene-
Uno a uno, si avvicinarono tutti per scrivere sulla roccia e poco dopo sul marmo erano state impresse delle parole eterne, segni indelebili nel tempo. Un patto? Una promessa? Un giuramento? O forse, semplicemente, una constatazione.
 
“Insieme”
 
Perché non avevano bisogno d’altro.
 
FINE
 
 
Spazio dell'autrice
Seeeh! È finitaaa!
*si esibisce nell'antica danza della vittoria*
Ok, scusate, è che...beh, sono felice di aver messo la parola fine a questa storia, è inutile negarlo: dopo tre anni e qualche mese, sono felice di aver completato questa cosa, è davvero un traguardo importante. Anche se, come al solito, ho pubblicato in ritardo; vedetelo come il mio personale regalo di Natale per voi!
Ora, io non sono brava a fare i discorsi, quindi semplicemente non ne farò. Tuttavia, una cosa volevo comunque dirla: grazie.
Grazie a chi ha voluto affidarmi i propri personaggi, che ho avuto la possibilità di veder crescere e maturare.
Grazie a chi ha recensito questa storia e in particolare a chi mi ha dato i propri pareri volta per volta.
Grazie a chi ha inserito questa storia nelle seguite, preferite, ricordate oppure anche tutte e tre.
Grazie a chi ha iniziato a leggere e non se ne è mai andato.
Grazie ai miei amici, che mi hanno dato consigli, supportato e sopportato anche nei momenti in cui non mi piaceva niente di quello che scrivevo.
Grazie a te, lettore silenzioso, e grazie a te, lettore che magari leggerà questa storia fra qualche mese o, chissà, forse anche fra qualche anno.
Grazie, grazie di cuore a tutti, tutti voi.
Grazie per avermi permesso di arrivare fin qua.
Detto questo, la storia è finalmente terminata. Con la speranza di sentirvi di nuovo da qualche parte, per adesso vi saluto.
Ciao a tutti, Ranger! E che Arceus sia con voi!

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