#TeamBlondies2.0

di _Branwen_
(/viewuser.php?uid=138326)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alistair ***
Capitolo 2: *** Anders ***
Capitolo 3: *** Cole ***
Capitolo 4: *** Cullen ***
Capitolo 5: *** Varric ***
Capitolo 6: *** Zevran ***



Capitolo 1
*** Alistair ***


Alistair 2
Team Blondies 2.0


Alistair


“Some are preachers, some are gay,
Some are addicts, drunks and strays,
But not a one is turned away, when it’s family.
Some are lucky, others ain’t,
Some are fighters, others faint
Winners, losers, sinners, saints, it’s all family.”
Family, Dolly Parton.


“Duncan è tornato.”

Non appena venne informato del ritorno del suo maestro – più simile a un padre che a un compagno d’armi – Alistair pensò di andare a salutarlo, ma si interruppe vedendolo in compagnia di una giovane dai capelli scuri – la nuova recluta, si disse – e di re Cailan.

Il sovrano era in tutta la sua regale dignità e bellezza – sempre che si potesse chiamare tale, Alistair non ne era del tutto convinto – e si limitò a osservarlo in silenzio, soffermandosi sui capelli biondi del re e sul sorriso gioviale che adesso stava riservando al comandante dei custodi grigi e alla ragazza, sulla cui spalla era poggiato un bastone magico.

Stando ai racconti di chi aveva conosciuto re Maric, Cailan e suo padre si somigliavano molto e – come invece sosteneva Teryn Loghain con un certo disappunto – tendevano a dare sempre una possibilità a ogni persona, vedendo nel prossimo del buono che forse non c’era. Tutti però convenivano sul fatto che re Maric fosse stato un padre gentile e amorevole.

“Chissà come sarebbe stato un suo abbraccio...”

Guardando le fiamme del fuoco in accampamento, Alistair si ridestò da quell’onda di ricordi sopraggiunti repentini.
Avvertì un tocco gentile sulla sua spalla, e prima di rendersi conto di chi potesse essere quella mano, poté capirlo vedendo degli indomabili ricci che gli sfiorarono il viso.
«Alistair, stai bene?» chiese Sheridan, osservandolo attentamente, la crocchia di capelli sciolta e il viso stanco.

Il guerriero notò apprensione negli occhi verdi della maga, e si accorse che gli sorrideva, incoraggiandolo a parlare; per quanto non fosse lui il destinatario – gli bruciava ancora, quella ferita, ma lei aveva fatto la sua scelta, e lui l’avrebbe accettata, perché era l’unica cosa sensata da fare – dei sorrisi più belli di Sheridan, Alistair sapeva bene che, al di là delle urla e delle litigate, la giovane era capace di mostrare una gentilezza senza pari.

«Secondo te Cailan sapeva di avere un fratellastro?» domandò a bruciapelo alla custode, in un sussurro che lei poté a malapena udire.
«Non saprei; vi è mai capitato di parlare in privato, da soli? Ha mai fatto qualche allusione?» chiese lei, pragmatica come sempre, andando al nocciolo della questione, la stessa questione per la quale Alistair non aveva risposta alcuna.
«No, purtroppo; avrei potuto farmi avanti, ma non...» non riuscì a terminare la frase, e si strinse nelle spalle, sconsolato.
«Mi dispiace tanto» disse Sheridan, sedendosi accanto a lui e ravvivando il fuoco, intristendosi a sua volta, cosa che fu notata dal giovane.
«Adesso sono io a rammaricarmene, non avrei dovuto parlarne» e Alistair si alzò per andare a montare il primo turno di guardia, ma fu strattonato da Sheridan che, prendendogli il polso, lo invitò ad accomodarsi nuovamente.
«Tranquillo, ma considera questo: abbiamo una nonna, uno zio brontolone, una sorella allegra e una più scontrosa, un bambino giocherellone, un pagliaccio...» fece, Sheridan indicando i loro compagni – Zevran compreso, il pagliaccio – «e ci sono anche io. Non sono la persona migliore del mondo, ma tengo a te. Vedimi come una sorella, o come un’amica, se può farti piacere. Non c’è famiglia più bella di quella composta dalle persone che scegliamo nella nostra vita come amici. E tu sei parte della mia famiglia.»
«Forse hai ragione» concordò Alistair, il cuore in quel momento più leggero e sereno.
«Io ho ragione, almeno in questo caso» lo canzonò Sheridan che gli scompigliò i capelli.
«Ehi, abbi un po’ di rispetto per i miei capelli!» era fintamente seccato, lieto che, anche in quei momenti così seri, si potessero ritagliare dei momenti più scanzonati.
«Prima lezione per il fratello minore: le brave sorelle maggiori devono sempre dare fastidio ai fratellini» Sheridan rise, e riuscì a contagiare anche Alistair.

“Famiglia, eh?”
[500 parole]



Note autrice: che dire? L'ho rifatto! Ci sono cascata di nuovo. Parlare dei biondini è un mio problema, mi sa. Salve, sono Barbara, e ho un debole in generale per i biondini (Bull è figo lo stesso anche se non è biondo, e infatti credo sia una delle mie pochissime eccezioni di uomini/personaggi che non sia biondo per cui ho un debole).
Tempo fa vi proposi in trecento parole cinque ritratti di cinque biondini (ovvero in questa piccola raccolta) e adesso sono tornata con cinquecento parole (proprio per provare a restare nel range di una flashfic, la mia sfida di essere stringata) e stavolta i biondini saranno sei. Ci sarà anche Cole che, sebbene abbia parlato di lui qui e qui, merita a pieno diritto uno spazietto nel #TeamBlondies (prima non lo avevo inserito perché con lui sono prolissa, sempre).
Ho ammesso di non avere molta simpatia per Alistair, ma in contesti malinconici riesco a farmelo piacere, anche perché io sono una persona che ama la malinconia e del sano angst. Il concetto della famiglia scelta e non quella che abbiamo come "imposta" è uno dei miei leit-motif, ma credo davvero in quello che ha detto Sheridan.
Conto di aggiornare settimanalmente o di sabato o di domenica, quindi avremo un piccolo appuntamento fino a quando non avrò parlato dell'ultimo biondino. Chi mi conosce lo sa, sono una fanatica dell'ordine alfabetico, quindi capirete facilmente di chi si parlerà volta per volta.
Alla prossima settimana! :D

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Anders ***


Anders 2.0
Team Blondies 2.0

A Caterina, Monica e Viviana: un gattaro tutto per voi.


Anders

“Libero perché ognuno è libero di andare,
Libero da una storia che è finita male.
E da uomo libero ricominciare
Perché la libertà è sacra come il pane.”

Libero, Fabrizio Moro.


Non era mai stato un tipo abitudinario, la routine gli è sempre stata stretta, assieme alle imposizioni provenienti dall’esterno. Nessuno avrebbe limitato la sua libertà, conquistata a caro prezzo, almeno così si ripeteva, ma questa sua convinzione andava sempre più rarefacendosi.
Spesso, in cuor suo, si chiedeva se potesse definirsi davvero libero, chiuso in quella topaia che chiamava “clinica”: le pareti dello stabile cadevano a pezzi, e similmente accadeva alla sua volontà lottando contro Giustizia, sempre più simile a un guerriero templare che annichiliva il suo spirito.

Fuggiva, Anders, e nel suo errare si rendeva conto che, oltre a voler resistere ai feroci ruggiti del suo ospite, stava scappando persino da se stesso.

“Vuoi davvero vivere nell’ombra senza mai poter vedere la luce, nascondendoti come un verme?”

Alle volte gli sovvenivano le parole di Solona e, sebbene fossero passati anni, erano ancora capaci di bruciarlo, scuotendo un orgoglio sicuramente ferito, ma in un certo senso presente e vivo.
Intanto la risposta che cercava non sopraggiungeva, amareggiandolo ancora di più.

Decise di non pensarci, non per quella sera, e si diresse all’Impiccato, certo di incontrare Varric; non gli sarebbe dispiaciuto fare due chiacchiere con lui, per quanto gli capitasse maggiormente di ascoltare le affascinanti storie narrate dal nano, facendosi ammaliare a sua volta.

Mai si sarebbe aspettato di trovare tutti – compagni? Amici? Non era davvero certo di poter dire così – lì, seduti a uno di quei tavolacci che forse conservavano lo sporco della Prima Era, tra risate sguaiate e aromi di bevande mescolate tra loro, conferendo agli ambienti un odore pungente, caratteristico.

«Bene, Biondino, finalmente sei arrivato, pensavo non mi avessi ascoltato quando ti avevo invitato! Avanti, la nostra Rossa si sposa, mancavi solo tu per il primo brindisi di questo evento epocale!»
«Epocale, Varric? Cosa c’è di strano?» chiese Aveline a denti stretti, più seccata che arrabbiata.
«Avevo scommesso con Hawke che non saresti riuscita nell’impresa di avere a che fare con Donnic e…»
«Ha perso, Aveline, logicamente. E se non ricordo male mi devi ancora quella vincita» completò la frase Hawke, mimando il gesto di voler esser pagata.

Murine scoppiò a ridere, una mano che scivolava sul fianco di Isabela, contagiata dalla risata della sua ragazza; la bella piratessa portò la testa all’indietro, lasciando che gli avventori si soffermassero sulla sua conturbante figura, mentre si concesse di pizzicare una natica di Hawke, ammiccando ad Aveline.
Le due voci – una più scanzonata, l’altra più suadente – si unirono rafforzando una risata che coinvolse quasi tutti, compreso il futuro sposo del capitano delle guardie. L’imbarazzo di Aveline era palese, e toccò ad Anders fissarla con un sorriso carico di allusioni.
Fenris sorrise – cosa più unica che rara – e a Varric la cosa non sfuggì, proponendo così un brindisi all’elfo brontolone che aveva piegato le labbra in quello che Anders avrebbe definito più come ghigno che come sorriso, ma non avrebbe polemizzato, non quella volta.
Accomodandosi, il mago diede una pacca affettuosa al nano sulla spalla e si sedette accanto a lui, mentre gli veniva offerto da bere. Sentiva in lui uno strano tepore, che lo avvolgeva piacevolmente: assieme a quella combriccola stava bene, non poteva negarlo.

«Aveline, hai la compagnia, hai l’amore, hai da bere... cosa vuoi di più, che sia già la prima notte di nozze?»

“Ho davvero fatto una battuta? Da quando non capitava?”

L’effetto di quella frase non si fece attendere e non poté fare a meno di ridere quando Aveline gli gettò addosso il bicchiere di liquore che avrebbe dovuto bere. Sicuramente – pensò Anders – Donnic avrebbe avuto il suo gran bel daffare, con lei.

«Il Biondino, non ha perso il suo smalto, bravo» commentò la perspicace volpe col codino che si ritrovò a fissarlo «che ne direste di darci un appuntamento settimanale? Tutti abbiamo bisogno di stare coi nostri amici, non è vero, Biondino

Forse avrebbe potuto fare un’eccezione per quella specie di abitudine, e il suo “sì” non si fece attendere, mentre un timido sorriso si dipingeva sulle sue labbra.
La serenità – passeggera, ma intensa 
da tempo obliata, era ritornata come una vecchia amica che bussava nel cuore della notte, certa di essere accolta.

[700 parole]



Angolino autrice: Salve! Alla fine ci sono riuscita, a postare! Certo, dopo due sabati di ritardo, ma ho avuto parecchio da fare per il lavoro redazionale che non ho avuto il tempo materiale per mettermi a revisionare la storia, quindi il tutto è slittato.
Se siete su questi lidi per la prima volta, questo è il secondo esperimento per parlare dei biondini di Dragon Age, mia spudorata passione. La prima, Team Blondies, è una raccolta di triple drabble, mentre qui cercherò di non sforare nel range delle mille parole, dato che quello di cinquecento è ormai bello che superato.
Ho citato Solona Amell e se siete incappati in Unbowed, unbent, unbroken sapete perché la cito e perché le faccio dire quelle cose. C'è da dire che non sono andata più avanti nell'aggiornare quella storia perché il file si è danneggiato e quindi sto riscrivendo i tre capitoli mancanti da zero, cosa parecchio frustrante, oltre che triste. Spero che avrete la pazienza di aspettarmi.
La prossima settimana avremo Cole, e state certi che l'aggiornamento sarà puntuale.
Grazie di tutto e alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Cole ***


Cole
Team Blondies 2.0


A Mirko, il mio Dorian in questa vita.


Cole
“I’m learning all about my life
By looking through her eyes”.

Dream Theater, Through her eyes
.

Al Riposo dell’Araldo le risate dei clienti che riprendevano malamente le canzoni riecheggiavano nel locale, rallegrando Cole che era più felice che mai: sentiva che, in compagnia dei suoi amici, era benaccetto, per nulla fuori posto, e tutti gli volevano bene.

D’improvviso Maryden indirizzò il suo sguardo verso il giovane, mentre lui – senza leggere nel cuore di lei – si voltava in direzione della ragazza, l’istinto che parlava per Cole e che il ragazzo aveva deciso di ascoltare.
Sorrise timidamente alla barda e non poté fare a meno di arrossire, cercando di nascondere il viso sotto la tesa del cappello.
«Ragazzo, oggi è il compleanno della tua bella: hai pensato a un regalo per lei?» chiese Varric, guardandolo con l’aria di qualcuno che la sapeva lunga, come suo solito.
«S-Sì» disse Cole incerto, sperando vivamente che il dono potesse piacerle.

Non aveva dimenticato le parole che Delia gli aveva detto tempo addietro, insegnandogli a prendersi cura delle piante in fiore, e mai avrebbe creduto che un giorno sarebbe stato in grado di comprenderle appieno; in quel momento sentì le viscere stringersi al sol pensare al viso e alla dolcezza di Maryden, un po’ preoccupato per una reazione negativa della giovane.

Quando la sentì stanca per il troppo cantare, prese una bella dose di coraggio e la invitò a fare una passeggiata con lui, nei giardini di Skyhold. Le portò le mani sugli occhi, coprendoglieli, mentre lui inspirava a pieni polmoni il profumo speziato che proveniva dalla pelle di lei, fino a quando non portò la ragazza di fronte un vaso di rose rampicanti.

«Adesso puoi aprire gli occhi
» la barda fece quanto le era stato detto «per te» disse poi Cole, indicandole la pianta.

Il sorriso di Maryden gli illuminò il volto, e Cole pensò che i pallidi raggi di luna che creavano un gioco di luci e ombre sul viso della ragazza la rendevano ancora più bella.
Lei, stupita e felice, impiegò del tempo per ringraziarlo.

«Sono bellissime, grazie!» esclamò, prendendolo per mano.
«Pianta in vaso. Radici. Tengo a te. Sentimento che ha radici, e che fiorisce.»
«Cole, sei un tesoro.»
«Si dice... auguri, vero?»
«Non avresti potuto dirlo meglio.»

“Ricordare. È bello ricordare, ci sono cose che non devono essere dimenticate”.

E Cole avrebbe ricordato per sempre la morbidezza delle labbra di lei sulle sue, in quel bacio impacciato, ma spontaneo, come lo sbocciare di quel sentimento così inaspettato e al contempo presente e vivo, come il loro sfiorarsi.
La mano libera di Cole andò a posarsi sui capelli della ragazza, goffamente, con tutta la dolcezza che però già gli apparteneva: stava imparando ad accarezzare Maryden, che gli aveva portato una mano al petto, bella come le rose che le aveva donato, una rosa a cui non avrebbe mai fatto cadere un petalo, promettendo a se stesso di custodirla come il suo tesoro più prezioso.

Dalla torre dei maghi Delia li osservava, sorridendo complice a Caderyn, entrambi felici per quel giovane che ormai era diventato parte della loro vita.
«Nostro figlio è un romanticone, a quanto pare» disse il ragazzo, posando un braccio sulle spalle della sorella, in un gesto pieno d
’affetto, di quelli che le riservava sempre.
«Proprio come noi, mio caro» replicò Delia, felice «ora però lasciamoli soli, non facciamo le comari impiccione. Ce ne sono fin troppe qui a Skyhokd... e sono sicura che tu non vedi l’ora di appartarti con comare Dorian, vero?» chiese, per far arrossire il fratello.

Caderyn avvampò, ma non disse nulla e, dando un
ultima occhiata a Cole e Maryden, poté dire finalmente che tutta la sua famiglia sapeva cosa volesse dire la parola amore.

[605 parole]




Angolino autrice: beh... stavolta sono di un giorno in anticipo. Oggi è il mio compleanno e ho pensato potesse essere una cosa carina postare in questa data la storia del mio bambino.
Davvero, per me Cole è diventato proprio come un figlio, da crescere e da proteggere. Mi ha colpito sin da quando ho avuto modo di conoscerlo leggendo Asunder e in Inquisition questo amore da mamma chioccia per lui è esploso e non si estingue.
Va da sé che io abbia scelto di rendere Cole umano, lo capite proprio dal fatto che sta con Maryden.
Credo di non avere altro da dire, se non altro che ci vediamo alla prossima settimana con Cullen.
Ciao!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Cullen ***


Cullen
Team Blondies 2.0
Per la mia patatina, a cui voglio un bene dell’anima.

Cullen


“E poi ho sentito un’emozione accendersi veloce
E farsi strada nel mio petto senza spegnere la voce.”

Francesca Michielin, Nessun grado di separazione
.

“Il Creatore ha uno strano senso dell’umorismo.”

Aveva udito quelle parole per la prima volta quando aveva battuto sua sorella Mia – che voleva fare l’adulta anche imitando il modo di parlare dei “grandi” – a scacchi; crescendo non erano mancate le occasioni in cui lo aveva sostenuto lui stesso, ma non aveva mai immaginato che il Creatore potesse divertirsi nel vederlo umiliato a quella maniera, mentre era nudo come un verme, in taverna, davanti ai suoi amici.

Aveva parlato del suo vecchio collega ritrovatosi senza vestiti al Circolo per una scommessa proprio alcune ore prima, e adesso era toccata la stessa sorte a lui: forse il Creatore aveva pensato potesse essere una cosa buffa. Per gli altri. O un monito per lui di non ridere delle sorti altrui.

In quel momento sapeva che le sue gote erano letteralmente in fiamme, senza che Cole glielo dicesse – cosa che lo imbarazzò ancora di più – e le risate sguaiate di Varric non lo aiutavano di certo nella difficile impresa di togliersi dall’impaccio.

«Non dire una parola, nano» disse, più che mai a disagio, mentre Varric non accennava a smettere di ridere.
In quel momento avrebbe solo voluto sotterrarsi, proprio come facevano le tartarughe durante il letargo, per poi ricomparire solo quando le persone avessero dimenticato l’accaduto.
Nel suo cuore, però, sentiva che non sarebbe mai successo; Josephine aveva uno sguardo trionfante e gli sorrideva soddisfatta.
«Mai scommettere contro un’antivana, comandante.»

Quelle parole ebbero l’effetto di mortificarlo ancora, e nascose il viso tra le mani. L’Inquisitrice gli rivolse un sorriso timido, ma incoraggiante, per cercare di farlo riprendere; inutile dire che non le riuscì. Non ebbe il coraggio di vedere in viso Cassandra che intanto sogghignava, mentre vide il giovane Caderyn prendere il suo mantello, per consegnarlo a lui.

Il fato volle che Cullen non riuscì mai a toccare la stoffa cremisi di quel drappo: Varric aveva deciso per lui di darlo a una delle cameriere per portarlo lontano da lì, cosicché il comandante non potesse indossarlo.

Fu grato alla cercatrice che affermò di voler andare via prima che lui si alzasse dalla sedia, ma quel senso di riconoscenza durò un attimo, e soprattutto non fu rivolto a Dorian, che voleva vederlo compiere quella che lui chiamava tra sé “la camminata della vergogna”.

Fece un respiro profondo e facendosi coraggio si alzò, uscendo alla chetichella dalla locanda; poté sentire il freddo di quella notte invernale di Skyhold entrargli nelle ossa, per quanto stesse correndo quanto più velocemente possibile. Conosceva la strada e teneva gli occhi chiusi: non voleva vedere né sapere se qualcuno lo stesse guardando, pensando tra sé che sarebbe stato bello che la gente a sua volta non lo vedesse.

D’un tratto, dopo aver salito la scalinata per arrivare ai suoi alloggi, qualcosa gli bloccò la strada. Al sentire un “ahi!” aprì gli occhi e sbiancò.

“Per il Creatore... è Dalish!”

L’elfa era davanti a lui, gli occhi spalancati, che lo fissavano intensamente. Dalish sorrise, squadrandolo in modo discreto e ringraziò che il comandante non se ne fosse accorto.

Cullen intanto, per quanto avesse perduto gli indumenti, non aveva perso l’educazione, e cercò di scusarsi per l’inconveniente, ma le parole gli morirono in gola, perché aveva solo un pensiero in testa, e non era dei migliori. Guardare il bell’incarnato della giovane, poi, non faceva altro che turbarlo di più.

“Mi ha visto. Nudo. Con che coraggio potrò farmi vedere ancora da lei?”

«M-mi d-dispiace, signorina» balbettò confuso «mi perdoni!» e arrivò finalmente nella sua camera, il cuore che gli martellava nel petto, a metà tra il disagio provato e la confusione che gli aveva causato il sol vedere Dalish, emozionandolo.
Sospirando pesantemente si ripromise l’indomani di chiedere daccapo scusa alla ragazza, sia per il comportamento inappropriato sia per il modo pessimo con cui si era porto, simile a quello di un ragazzino vergognoso.
E fu proprio la prima cosa che fece il giorno dopo.

La vide assieme ai suoi compagni, le Furie, mentre aspettavano il loro comandante; parlottava con Krem – aveva fatto caso all’amicizia tra i due – ma appena lo notò gli si avvicinò, risparmiandogli l’ennesima figuraccia di chiedere di parlare con lei incespicando nelle sue stesse parole.

«Comandante, sta bene? Ieri ha preso freddo...»

“Come? Che cara ragazza...”

Le parole di Dalish lo scaldarono più di quanto avrebbe potuto fare la pelliccia che aveva attorno al collo.

«Sì, grazie per il pensiero. Volevo chiedere scusa per essere stato indecoroso e maleducato, andare in giro con le pudenda in mostra non è per nulla onorevole» disse, acquistando man mano sicurezza.

“Sono riuscito a dire tutto per bene? Possibile?”

Dalish gli sorrise gentile, e ai suoi occhi risultò ancora più bella, mentre il vento le scompigliava i capelli: sarebbe stato a guardarla per ore.
«Non fa niente, davvero» quella volta toccò a Dalish arrossire «purtroppo alle volte succede di venir stracciati a grazia malevola...»

“Lo ha saputo? Che figuraccia!”

«Ne è a conoscenza, vedo» Cullen era a dir poco sconsolato.
«Sì, ma...» nemmeno la ragazza sapeva bene cosa dire per tirargli su il morale, ma alla fine ebbe l’illuminazione «ho saputo dal capo che Varric vuole fare un’altra partita e ha invitato anche noi. Io so giocare, potremmo allenarci assieme» propose, prendendo il coraggio a due mani.
Cullen arrossì, ma non era il solo con del colore sulle guance, e la colpa non era affatto del vento.
«Vi ringrazio...»
Fu interrotto bruscamente da Dalish: «Per favore, diamoci del tu. Io sono Dalish, e basta.»
«Va bene, Dalish» ripeté Cullen, che si schiarì la voce per camuffare un ulteriore imbarazzo «quando vuoi io sono pronto a imparare.»

“L’ho detto davvero?”

«Che ne dici di vederci stasera alla locanda?»
«È... perfetto

Bastarono quelle poche parole per farli sentire più vicini all’altro, una piccola promessa di passare del tempo assieme, per conoscersi. Il comandante salutò l’elfa drizzando la schiena e battendo i tacchi, com’era solito fare con l’Inquisitrice, in modo ossequioso, e Dalish rispose al saluto mimando con le labbra un “a stasera” che gli fece balzare il cuore in petto.

Appena si allontanò un poco, sentì Krem sghignazzare rivolto alla giovane: «Ce l’hai fatta a dirgli due parole in croce! Ora devi dirgli che ti piace.»

Cullen non volle sentire altro e, più sereno nello spirito e con un sorriso ebete sul volto, rivolse uno sguardo al cielo pregando il Creatore di non fargli figuracce quella sera, col pensiero a Dalish, che lo accompagnò per tutta la mattinata, facendogli persino dimenticare la pessima serata appena trascorsa.
[900 parole]



Angolino autrice: sono persino in anticipo! Che dire? Cullen e le figuracce... chi sono io per non fargliele fare?
Visto che lo shippo abbestia con Dalish il tutto è risultato spontaneo.
Spero che la storia vi sia piaciuta, critiche e suggerimenti sono sempre ben accetti.
Grazie di cuore a chi legge, a chi eventualmente recensirà, e a chi ha messo tra le preferite/ricordate/seguite questa storia.
Ci rivediamo la prossima settimana con Varric. Ciao!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Varric ***


Varric
Team Blondies 2.0


Varric

“Per quanto so di vincere puoi lamentarti,
per quanto so mi tratti come fossimo amanti.”
Kryptonite, Mecna.
“Oh, merda!”

Per la terza volta nell’arco di quella giornata, il suo tentativo di fuga dai propri doveri era stato sventato, e Varric borbottava tra sé, più spazientito che arrabbiato.
Quell’ultima volta, per lo meno, era riuscito ad arrivare alla locanda e persino a ordinare da bere, ma quell’attimo di pace durò poco.
Non che avesse sperato di farla franca, ma per un attimo ci aveva creduto, ripromettendosi di non farlo più, per quanto sapeva che si sarebeb comportato esattamente come aveva già fatto in precedenza.
Doveva ammetterlo: il siniscalco Bran era un osso duro, bravo a ritrovarlo ovunque egli si nascondesse, e assieme ad Aveline formava un duo di perfetti segugi, almeno così gli sembrava.

“Potrei scrivere una storia per ragazzi con loro due nelle sembianze di due mabari. Oppure la storia del capitano delle guardie e del segugio Bran che sventano i crimini di Kirkwall. Il titolo l’ho già: ‘Il Commissario Bran’.”

«Non capisco il perché vuole sempre scappare via, visconte; c’è tanto così da fare!» lo riprese l’uomo, che ancora non voleva saperne di abbandonare quelle fastidiose formalità; Varric era ancora immerso nella fantasticheria della nuova trama da scrivere quanto più presto possibile – l’ispirazione compariva sempre nei momenti meno opportuni, come in quel caso – e scoccò un’occhiataccia al siniscalco che l’aveva distolto dai suoi pensieri.

L’uomo lo guardò con un’occhiata interrogativa e il nano sospirò, certo che non sarebbe stato capito; non proferì parola fino a quando non arrivarono al palazzo del visconte, mentre cercava in tutti i modi di prolungare quella passeggiata
– più simile a una camminata verso il patibolo quanto più possibile. Aveline lo aspettava sull’uscio dello stabile e Varric non poté fare a meno di pensare che sulle labbra del capitano ci fosse l’ombra di un sorriso derisorio, tutto rivolto a lui.

Rossa non disse nulla, ma con molta – almeno per gli standard di Aveline – discrezione gli diede un bigliettino.
Un altro bigliettino.

Ne aveva trovato uno sulla scrivania appena messo piede nel suo ufficio, ed era diventato il suo pensiero fisso. Che anche questo fosse della stessa persona?

Aveva imparato il contenuto di quel messaggio, a cui stava tuttora pensando, mentre seguiva col dito le poche parole scritte in quello che gli aveva appena dato Aveline. La calligrafia era obliqua e decisa, per lui inconfondibile.

“Ti aspetto. Solito posto.”

Bianca.

Sospirando, stette per un istante sull’uscio della porta; una parte di lui sentiva che tutti i suoi propositi di non volerla incontrare sarebbero stati lì con lui fino all’ultimo momento, attimo in cui avrebbe mandato al diavolo ogni cosa e sarebbe andato da lei.
Era sempre così, il canovaccio si ripeteva ogni volta alla stessa maniera, nessuna variazione. Era accaduto lo stesso otto mesi prima – l’ultima volta in cui si erano visti – e sapeva sarebbe successo ancora, in un circolo infinito di avvenimenti.

Gli vennero alla mente le parole di Caderyn Trevelyan quando gli disse che sebbene reputasse Spade e Scudi la sua serie più scadente in quanto non portato per le storie sentimentali, lui, Varric Tethras, era l’uomo più romantico che avesse mai conosciuto; al contrario, Varric si vedeva come il più stupido tra gli uomini perché incapace di lasciarla andare.
Sapeva che il non si poteva rivivere il passato, eppure era ancora legato a esso, forse molto più di prima; sapeva bene che Bianca non avrebbe mai lasciato suo marito, ma si accontentava di quegli incontri clandestini, illudendosi di essere felice.
Era dall’alba che cercava di girovagare per Kirkwall, sperando di poter alleggerire quella sensazione di tristezza nel suo cuore, lontano dal luogo in cui aveva trovato il bigliettino, il suo bigliettino, ma non ci era affatto riuscito.

«Che razza di idiota che sono» si disse, aprendo la porta del suo studio.

«Sì, sei un idiota, mi fa piacere che tu lo sappia!»

Prima che potesse anche solo pensare qualcosa, il sorriso era già salito sul viso di Varric che, senza pensarci due volte, richiuse immediatamente la porta, mentre la donna che aveva parlato corse ad abbracciarlo.

Hawke.

Una stretta forte, vigorosa da parte di entrambi, seguita da un’occhiata intensa, un altro sorriso – carico di dolcezza rispetto al primo più istintivo – e tante parole non dette, ma celate tra quei gesti.

«Me l’hai fatta, Muirne» fece Varric, ricollegando solo ora il fatto che Aveline gli avesse passato il messaggio: lei non conosceva Bianca, perché avrebbe dovuto farle da corriere? Che stupido era stato!
«Sono diventata brava, vero?» chiese, non dubitando nemmeno per un istante del fatto che Varric non aveva affatto capito che si trattasse di lei.
«La prossima volta impara a imitare le firme di chi mi deve del denaro, così si vedranno costretti a rendermelo.»
«Posso provarci, ma non assicuro nulla.»

Risero, stringendosi ancora, più forte di prima, le mani di Hawke che andarono tra i suoi capelli, un gesto che gli procurò una sensazione di vertigine.
Rapidi e prepotenti montarono nel cuore di Varric i sentimenti che aveva sempre lasciato sopire per Muirne, quell’affetto che sapeva essere una delle certezze più grandi che aveva, assieme alla consapevolezza che ci sarebbe sempre stato per lei.
Forse era davvero arrivato il momento di lasciarsi tutto alle spalle, il futuro che sembrava più chiaro all’orizzonte, che si tingeva del colore degli occhi di Hawke.
Forse... Varric scosse la testa: non voleva più saperne di ipotesi e incertezze, non più.

«Dimmi, Hawke, perché?» fu tutto ciò che chiese, certa che lei avesse capito.
«Volevo farti una sorpresa, passando per la persona più improbabile di tutte» rispose, restando sul vago.
A Varric quella risposta bastò. Avrebbero avuto tutto il tempo per poter essere più espliciti tra loro, come se ce ne fosse il bisogno.
«Tu sei la sorpresa più inaspettata, Muirne.»
Fu il turno di Hawke che capì leggendo tra le righe.

Non ci fu bisogno di altre parole.

[900 parole]



Angolino autrice: ben ritrovati!
E alla fine sono riuscita nell'impresa di aggiornare questa storia e a breve metterò finalmente la spunta "completa" perché ho già pronta la parte di Zevran. :3
Come sapete, adoro l'idea di Hawke e Varric come coppia e non nascondo che sono una delle mie OTP. Se vi va di leggere qualche preludio a qualcosa che vorrei proporre dopo (da qui anche alcune cose "misteriose" e trattate leggermente senza approfondimenti in questa fic) ecco a voi Team Blondies (con la prima flash con Varric) e Di bozze, fantasie e racconti divenuti realtà, o quasi.
Quest'anno, sebbene abbia scritto abbastanza (per alcuni può essere anche parecchio), è stato un anno un bel poco meh da questo punto di vista e ho deciso alcune cose che possono esser visti come i miei buoni propositi per l'anno nuovo, e mi auguro di portarli avanti.
Sicuramente ci vedremo su questi lidi ancora, almeno per il prossimo anno.
Vorrei solo ringraziare tutte le persone che hanno letto questa piccolina, le altre mie storie sul fandom, e qualsiasi eventuale cosa da me partorita.
Tu che leggi e che sei arrivato fin qui, grazie.
Colgo l'occasione di fare gli auguri per un buon anno nuovo.
Alla prossima,
vostra Barbara

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Zevran ***


Zevran
Team Blondies 2.0
Zevran
“You looked through me
You really knew me
Like no one’s ever looked before.”
Shine, Mr. Big.


“Saluti da Nevarra, mia adorata.

Mi auguro che ti sia sistemata bene, cara arlessa; immagino che debba chiamarti così, d’ora in poi. Se preferisci, posso chiamarti così anche in privato, che ne dici? Personalmente ritengo che detto dalle mie labbra il tuo titolo possa assumere connotati ancora più “piacevoli”, se mi permetti quest’affermazione; confermarla o smentirla sta sempre a te, mia cara, e non vedo l’ora che tu me lo dica a quattr’occhi.
E così il mio amico nano è diventato un Custode? Sono sicuro che se dovesse solo azzardarsi a fare il cascamorto con te avrà solo di che scegliere grazie a quale incantesimo voler morire. Sicuramente io resto la tua vittima preferita, dato che hai il mio cuore; forse mi hai stregato, bellissima maga, e non immagini nemmeno quanto ne sia contento.
A breve andrò ad Antiva, di modo che questa faccenda coi Corvi finalmente finisca, e nulla poi potrà impedirci di stare assieme.
Fino a quel momento sei sempre nei miei pensieri, e anche nei miei sogni – conosci un modo per rendere reali quelli più perversi seppur lontani?

Sempre tuo,
Z.”


Lesse a voce alta la lettera, con calma, convinto che l’amico in stanza con lui avesse capito ogni parola, mentre l’inchiostro si asciugava; in una mano teneva ancora la piuma – una delle belle piume che lei adora, pensò – che mise nel calamaio, per poi alzarsi dalla sedia.
Si diresse verso il suo amico, che in quel momento non era molto affettuoso: il suo ringhio stava a indicare che qualcosa non andava. Era indubbiamente intelligente, l’elfo non lo negava, ma la sua gelosia – se così la si poteva chiamare – lo divertiva.

«Sì, amico mio?» chiese Zevran fintamente dubbioso «Non ti piace la mia lettera per la mia Custode?» fece una pausa, ponendo di proposito l’accento su quel “mia” rivolto a Sheridan «Troppo breve?»

In tutta risposta Shadow, il mabari dell’eroina del Ferelden, ringhiò ancora, e Zevran scoppiò a ridere. Sì, avrebbe proprio potuto dire che Shadow fosse geloso, e che fosse anche bravo a non renderlo palese davanti alla Custode, mentre quando era solo con Zevran non faceva altro che ribadirlo a modo suo.

“Magari Leliana gli ha insegnato qualche trucco da bardo” si disse Zevran, divertito.

«Cosa c’è? Ti dà fastidio che dica alla mia bella che sono suo? Si dà il caso che sia la pura verità, che ti piaccia oppure no» l’assassino ci stava prendendo gusto a canzonare il segugio.
Se Sheridan fosse stata lì con loro avrebbe assistito all’intera scena non dicendo nemmeno una parola, almeno fino a quando l’assurda scaramuccia non fosse finita, mentre cercava di trattenere il più possibile quella risata spontanea e piena di vita che Zevran aveva adorato sin da subito.

Si ritrovò a sorridere osservando il crepitio del caminetto, le cui lingue di fuoco gli ricordavano gli indomabili ricci di Sheridan: era passato del tempo da quando aveva pensato che dividere la tenda con la Custode – che avrebbe dovuto uccidere – sarebbe stato un piacevole diversivo fugace quanto un fuoco di paglia; a lui non sarebbe affatto dispiaciuto far compagnia a una bella vedova, era già capitato in passato che succedesse, ma mai avrebbe pensato che qualcosa sarebbe cambiato e si sarebbe scoperto innamorato.

“Chi lo avrebbe mai detto?” pensò, mentre si figurava il volto di lei, e soprattutto quegli occhi color ambra che sembravano sempre leggere dentro il suo animo senza alcun apparente fatica.

Shadow ringhiò ancora, distogliendolo dalle sue fantasie; ciò che il mabari non si aspettò fu un’altra risata di Zevran, che lo indispettì. La situazione era a dir poco esilarante, almeno per l’elfo. Zevran era rimasto colpito dalla decisione di Sheridan di lasciare Shadow in sua compagnia; non appena la giovane disse che il mabari non sarebbe andato con lei a Fortezza della Veglia, egli non poté fare a meno di chiederle perché, e sentirle dire che lo sapeva più al sicuro col suo segugio gli scaldò il cuore.

“Si è sempre preoccupata per me. Se il Creatore esiste, sono davvero un uomo fortunato.”

«Va bene, va bene» Zevran si sedette sul letto e fece cenno a Shadow di andare accanto a lui, ma non si mosse «è la nostra bella Custode, contento adesso? L
’ho detto.»
Quella volta il mabari non poté fare a meno di abbaiare contento e solo allora si tuffò su Zevran leccandogli il viso.

“Resta pur sempre una creatura semplice... e affezionata.”

Inaspettatamente, Shadow scese dal letto e andò a prendere la lettera di Zevran sullo scrittoio.
«Ma cosa fai? Shadow!»

Per quanto l’elfo fosse stato veloce ormai il danno era fatto: il foglio presentava dei buchi e l’inchiostro, laddove era arrivata la bava di Shadow, era ormai illeggibile.
«Braska!» imprecò Zevran, strappando la lettera – o quello che ne restava – con rabbia dalle grinfie di Shadow «Adesso è da riscrivere! Dimmi, volevi che le porgessi i tuoi saluti, eh?»
L’abbaiare festoso del mabari confermò la supposizione dell’ ex-Corvo, e vederlo scodinzolare allegro gli fece passare – per il momento – l’arrabbiatura, che avrebbe rinfacciato alla prossima marachella; Zevran era sicuro che ce ne sarebbero state altre.

Si rimise allo scrittoio e, di buona lena, intinse di nuovo la piuma d’inchiostro, per scrivere una nuova lettera a Sheridan, Shadow che trotterellava allegro accanto a lui.

“Ay, mi amor, se vedessi la scena coi tuoi occhi non tratteresti le risate. Prometto di non ridere più di te quando parli con Shadow.”

Alla fine il nuovo messaggio per il Comandante dei Custodi Carus recava i saluti di Shadow e una firma del tutto particolare: la sua zampa sporca d’inchiostro e impressa sulla lettera. Idea di Zevran, logicamente.

«Spero che tu sia contento ora, no?» Shadow replicò contento abbaiando felice «Lo prendo per un sì.»

[949 parole; prompt "lettera" e i versi della canzone usati come incipit]




Angolino autrice: e rieccoci qui! Come promesso, alle soglie (?) del nuovo anno sono tornata e... siamo arrivati all'ultimo biondino, con la conseguenza che questa raccolta è ufficialmente conclusa. Che dire? Lo avevo detto che la sua scenetta era già pronta, avevo solo bisogno di sistemare l'HTML per il capitolo.
Questa piccolina partecipa all'iniziativa indetta dalla pagina Facebook Dragon Age - Italia e se tutto dovesse andare nel migliore dei modi forse (e dico forse) ci scappa un'altra storia sempre per l'iniziativa. Se non faccio in tempo... citerò comunque i prompt utilizzati perché è giusto così.
Spero che questa storia vi sia piaciuta, ci tenevo a dare spazio anche a uno dei miei personaggi preferiti di Origins ossia il mabari e per una volta volevo provare a scrivere qualcosa di più leggero nel senso di allegro: sguazzare nell'angst è la mia passione, il p0rn è un piacere per cui non mi sento colpevole, ma di tanto in tanto ci stanno anche cose più simpatiche e che spero strappino un sorriso. Il cognome della mia custode, Carus, deriva dall'origine alternativa che ho dato a una delle mie custodi canon: una è Solona Amell, l'altra, Sheridan Carus, è originaria del Ferelden ma trapiantata nel Tevinter e che per una serie di cose torna nel Ferelden reclutata da Duncan. Visto che quest'anno mi sono ripromessa di finire se non tutti almeno il maggior numero possibile di progetti fandomici iniziati, chissà che questa benedetta long su di lei non ve la presenti. Se non altro ci provo. ^^
Di lei ho avuto modo di parlare in questa piccola storia, e spero di parlare ancora di lei.
Penso sia superfluo dire che ci troviamo durante "Awakening", ma lo dico lo stesso, e l'idea mi è venuta proprio pensando alla lettera che abbiamo nel codice del DLC se sei in romance con Zevran; in questo caso Zev non è ancora arrivato ad Antiva.
Grazie a tutti e alla prossima,
vostra Barbara

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3518127