Bestiario

di piccolimarcoakajohn
(/viewuser.php?uid=188376)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il riccio ***
Capitolo 2: *** Il pesce spada ***
Capitolo 3: *** La lucertola ***
Capitolo 4: *** Il gatto ***



Capitolo 1
*** Il riccio ***


Il Riccio

Un animale che dir ossimoro è dir poco. Un animale che si difende solo in apparenza, solo con l'apparenza. Ha le spine. Il cuore tenero. Ecco il riccio.  

Lo vedo in giardino. Di notte, ma anche di giorno. Lo vedo cucciolo. Lo vedo adulto. Vedo la sua pelle disidratata e appiattita nel mezzo della carreggiata.

Quel che il gatto non mangia, ecco che il riccio ripulisce. Riccio che il mio vicino chiama pantegano. Riccio che lo stesso vicino avvelena perché il selvatico è cattivo, i volatili si tollerano a malincuore. Riccio che nella sua timidezza, nella sua pigrizia, nella sua diffidenza, conquista il cuore di chiunque incroci, sempre che non sia prevenuto. Solo un sadico può pensare di tenere un riccio in cattività. Come mia nonna a cui piaceva svegliarsi con il canto dei suoi canarini, rigorosamente ingabbiati, rigorosamente due e separati.

Se ti avvicini con scrupolo, se appoggi il suo dorso sul tuo palmo, puoi capire come non riuscirai mai ad essere ricambiato. Un riccio può solo fare il riccio.
Se lo accarezzi, ecco che si appallottola su se stesso. Se fossi volpe faticherei a mandar giù un boccone così irritante. Se invece fossi elefante, non mi accorgerei nemmeno di mille dei suoi aculei sotto il peso della mia zampa. Essendo umano altro non posso fare che accoglierlo nella mia memoria, ricordando con tristezza la nostra inconciliabile distanza. 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il pesce spada ***


Il pesce spada

  Da bambino, mio padre mi portava sempre con lui a fare la spesa al mercato. Il pescivendolo un giorno mi regalò una spada. Rimasi deluso una volta capito che la spada di cui mi parlava, altro non era che un naso dal forte odore e dalla consistenza non proprio metallica, sottratto a forza dalla carcassa di un grande pesce, le cui carni vengono vendute a tranci e a caro prezzo al mercato.

  Tutto ciò portò all'apice la mia curiosità, tanto che negli anni iniziai ad interessarmi sempre più di questo strano animale. Ogni documentario sul mare mi appassionava. Certo lo squalo ha sempre il fascino del proibito, del pericolo e del selvatico. Ma come non essere interessati alle ben più rare apparizioni del pesce che prende il nome dal suo naso.
Lo squalo martello, il pesce trombetta ed il pesce gatto non sono nulla al confronto di un pesce che è praticamente l'antenato Darwiniano di zorro. 

  Ed ecco che trovo un ulteriore appiglio. Mi dicono che le carni del pesce spada siano buone, anzi le più buone. E me lo dicono su uno di quei programmi della penichella pomeridiana, quelli del sabato, quelli dove posso benissimo stare tutto il pomeriggio davanti alla televisione perché tanto il giorno dopo al massimo devo stare un'oretta a messa, capirai, contro le cinque a scuola gli altri giorni, che fatica. A casa stranamente arrivano solo sogliole e orate, certo nulla da lamentare, ma insomma se la televisione ha fatto almeno una cosa buona è stata quella di mettermi in testa che si può ottenere qualcosa in più se la si conosce e la si chiede. Quindi così feci. Chiesi il pesce spada per pranzo. Non lo ottenni. A quanto sembra esiste solo in televisione. Inutile ricordare che il pescivendolo mi aveva regalato la spada del pesce spada, perché entrava ed usciva dal loro cervello come fosse aria sottile. Quindi mi ingegno di ordinarlo a sorpresa ogni rara volta che mi ritrovavo con - loro - al ristorante.  E - loro - sarebbero i miei genitori, gli unici in grado di esaudire i desideri di un bambino di dieci anni (a parte babbo natale, ma insomma, quella carta è rara e va usata per cose ben più importanti e durature, non per qualcosa che al massimo il giorno dopo viene portata via dallo sciacquone). Comunque il risultato era ritrovarmi a mangiare una bistecca bianca, molliccia ed evidentemente decongelata che non sapeva di niente. E questo mi fece ben presto dimenticare l'interesse coltivato per anni nei confronti di uno specifico animale che per la sua stranezza era esaltato piuttosto che respinto ed isolato. 

  Recentemente, oramai adulto, leggendo come ogni sabato l'unico settimanale che rietra nelle spese fisse di un povero studente lavoratore fuori sede, mi ritrovo un'articolo sopra a questo pesce particolare. Si è arrivati a concludere che il naso allungato non è stato progettato come strumento di offesa o difesa, per distinguersi nella stagione riproduttiva o proteggersi dai pesci più grossi. Ma è proprio quel naso il principale responsabile delle velocità da record raggiunte dal pesce. La caratteristica che lo rende effettivamente al riparo da possibili predatori. A quanto sembra grazie al naso si creano delle micro turbolenze che, assieme all'olio rilasciato da una ghiandola nei pressi di quelle che altrimenti chiamerei narici, riducono l'attrito tra il corpo e il fluido in cui è costantemente immerso.

  Questa nuova consapevolezza mi ha fatto ritrovare l'interesse perduto, anche se continuerò a non ordinare spada al ristorante sotto casa. Visto che ad ogni animale di questo bestiario deve assere affiancato un motto moralizzante, non mi resta che lasciarvi con queste parole. Anche se si è rivelata la più utile, non è detto che sia la teoria più vera. E se per caso i parenti di Heisenberg verranno a chiedermi i diritti, poco male, dato che molto probaiblmente da questo lavoro non caverò un soldo.     
  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** La lucertola ***


La lucertola

Il rettile che non spaventa. Con cui da bambino ti diverti.
Che ti ritrovi con lo stomaco aperto all'uscio di casa,
gentile dono di contraccambio del tuo gatto. 
La lucertola è sempre presente.
Cosa da nulla risalire lisce pareti a piombo.
Immobile come pochi sopra ad un sasso rovente. 
Difficile da avvicinare. Difficile da osservare a lungo.
La lucertola ha paura, forse perché sa di non essere velenosa.
Sa di poter contare solo sulle sue dimensioni e la sua velocità di reazione.
In un mondo dal sangue caldo. 
Eppure continua, per maledizione, a dover cercare zone esposte, ben illuminate.
E in questo mi domando in cosa consista la vera differanza tra noi due.
Io lucertola, tu uomo. Tu lucertola, io uomo. 
Mi sembra di essere dentro ad un albo di spider-man.
Ed in questo ricordo che alla lucertola puoi anche staccare la coda, che tanto ricresce.  
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Il gatto ***


Il gatto

  Di gatti ne sono passati per il mio giardino. E con questo potrei chiudere se fossi un ermetico. Ma appunto il se fossi indica inevitabilmente che non lo sarò. Quindi da dove ricominciare. Ah, sì. Da bambino quando non ero all'asilo mi arrangiavo come potevo ad intrattenermi, da solo. E questo mi rendeva irritabile. Come pure annoiato. Da qui l'unico istinto capace di rendersi manifesto era il desiderio che qualcuno arrivasse e cambiasse la mia situazione. Ribellione contro lo status quo, rabbia, lamento. Lanciare giocattoli sul pavimento. Girare in tondo urlando -voglio un fratello- in salotto con mia madre al secondo piano a passare l'aspirapolvere. Poi il fratello è arrivato me era femmina. Poi la differenza d'età si fece sentire.

  Per trovare qualcosa che ci unisse in modo meno prorompente e doloroso e osteggiato dalla madre dei litigi, iniziammo a chiedere un animale domestico da poter manipolare. Ci aveva provato già mio zio con un cane del comune. In pieno inverno, di pochi mesi, sul portico con un cartone come cuccia. Mia madre non voleva in casa, pisciava dappertutto, non lo poteva nemmeno toccare dal disgusto. Mio padre aveva un cane. Un borzoi. Russo, nobile, usato nella caccia all'orso. Venne soppresso per non fargli partire  i dolori del tumore che lo stavano facendo impazzire. Venne soppresso perché aveva iniziato ad azzannare chi si avvicinava per dargli da mangiare. Mio padre scalava le montagne, andava in canoa, si buttava dall'areoplano, planava col deltaplano, i fiumi con la canoa, le passeggiate al maneggio, i viaggi con la Yamaha anni ottanta di come non ne fanno più su fino in Val Pusteria per cercare una segheria degna di questo nome. Così come morì il cane, i deltaplani oramai diventati due impacchettati arrivarono in soffitta per poi essere spostati in giardino sotto un'ondulina verde di quelle trasparenti, la canoa appesa in modo da non far entrare la pioggia sulla parete in pannelli prefabricati del magazzino barra officina barra cantina costruito sul retro di casa sua, la moto sotto a un telo fin quando riuscì a rivenderla grazie ad un annuncio su un giornalino, di quelli che ora sono stati sostituiti da ebay, per poco prezzo visto che era vecchia e non c'era il tempo nè il denaro utile a rimetterla a nuovo (anche se avrei voluto farlo io, anche se ricordo ancora quando a tre anni mi faceva salire sulla sella e mi sentissi potente e felice seppure la moto restasse ferma entro a quello stetto e grigio garage di condominio a tre piani della mia infanzia). Ecco come sono stato educato, annoiandomi, insistendo per conoscere le avventure di giovinezza di mio padre, cercando l'affetto di una madre impegnata seguire le sue necessità e frustrazioni e paure. Ed in questo mia sorella. E il nostro comune desiderio di tendere ad un animale. 

  Mio padre girava i giardini per tagliarci l'erba. Dopo un poco, sentendoci parlare di animale, iniziarono ad arrivare gattini spaesati. Restavano al più qualche mese. Gli animali non sono uomini devono stare in giardino, questo il rigido comandamento della padrona di casa. Peccato che un cucciolo seppure svezzato, voglia ritrovare i suoi fratelli, la sua mamma, e per un gatto è facile oltrepassare i confini. E non sono un carceriere. Non potevo rinchiuderlo ogni notte sul trasportino, accorrere ad ogni suo pianto, guardarlo a vista durante l'ora d'aria.

  Una donna molto bassa dopo una vita ai magazzini ortofrutticoli decide di trasferirsi dalla sorella per aiutarla nelle faccende e farle compagnia dato che il figlio si è fatto grande e raramente torna a casa, ha perso il marito a causa di un'incidente stradale e l'età non le permette più di usare la protesi con cui ha convissuto per anni a causa del diabete. La donna pirata era mia nonna. Oltre al Borzoi aveva un bastardo bianco e nero simile ad uno spaniel di nome Perla. Mia nonna è morta. Sua sorella oramai era troppo vecchia per cambiare vita e rimase in quella casa per morirci. Ci vollero almeno dieci anni per vuotare quella casa, riempire una stanza di cose e affittare le altre a muratori slavi. Anni in cui morì Perla la cagna per essere sostituita da Perla la gatta. Ennesimo dei trovatelli di mio padre parcheggiata a casa sua temporaneamente visto che noi fratelli con mia madre eravamo al mare. Ma poi come fai a riprenderti un gatto randagio per darlo ai figli togliendo quel poco di compagnia ad una anziana signora poco abituata alla gente che peraltro si è già dimostrata degna di affetto e gratitudine per aver accudito la propria mamma disabile. Lo fai solo aspettando che Perla non abbia più alcun padrone su cui poter contare. E in quel lasso di tempo trovi un sostituto per i tuoi figli. Anche se quell'unico sostituto, bianco maschio e cucciolo non abbia aspettato che pochi mesi per lasciare casa ed essere a sua volta sostituito da una tartaruga, due pulcini di gallina, un cane nero che con i suoi artigli spaventava mia sorella e Nerone, femmina di gatto dal manto completamente nero arrivata quando ancora non sapevamo come stabilirne il sesso, mai un'unghia contro padroni che la trattavano come l'amica venuta a prendere il tea con i biscotti e morta di fronte al cancello di casa, in mezzo alla strada, con solo un piccolo rivolo rosso che rigava il muso, unico caso di gatto che si è suicidato cercando la morte per commozione cerebrale dovuta al contatto con una ruota d'auto nel punto cieco di una curva di una strada trafficata per sfuggire alle continue ancgherie di mia madre (secondo le mie congetture dell'epoca).

  Tornando alla gatta della prozia, una cucciolata ha fatto in tempo ad arrivare, prima dell'intervento di sterilizzazione. Dei sei cuccioli, uno è arrivato a casa nostra. Si tratta di Baffi. Dopo Nerone, il gatto che s'è intrattettenuto con noi più a lungo. A forza di estorcere con avvenenza e comportamento amichevole bocconi dai vicini, avrebbe avuto un futuro da gatto obeso American Style. A causa di questo e di un piccolo qui pro quo con i bocconi avvelenati del vicino. Non ha potuto incontrare la madre ed è riuscita a regalarmi una lirica immagine della morte, avendola trovata distesa sopra un manto innevato di fronte casa, appena sveglio, per poi lasciarla tutta irrigidita nel cassonetto di fronte a casa. Perla è ancora in casa. Si è bene adattata alla strada trafficata, al tepore della stufa, alle urla di mia madre, all'indifferenza di mio padre, si è abituata ad essere
sollevata da terra, ad essere accarezzata, a fare le fusa, a cercare le gambe di qualcuno per potersi fare le unghie, a rimanere ferma e con lo sguardo fisso vicino al tavolo per poter ottenere un poco di prosciutto, meglio cotto o formaggio. Facile capire come sia per me difficile separare e astrarre in modo sistematico l'archetipo del gatto dal contingente accumulo di fatti casuali che nel tempo si sono impressi nella mia memoria. Mi sono accorto che, per lo meno ora, non riessco a fare meglio di questa lunga prosa sconclusionata, prosa che peraltro si è dilungata oltre le mie aspettative, ma che non potevo evitare di inserire il gatto nel mio bestiario, che non poteva più rimanere nella lista dei progetti incompiuti.   
     
     

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3508102