Weapon's Prophecy

di MikaMika
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** CHAPTER I – The hunt begin ***
Capitolo 3: *** CHAPTER II – Do you like the mystery, Louis? ***
Capitolo 4: *** CHAPTER III- Green Eyes ***
Capitolo 5: *** CHAPTER IV- Don’t call me “Wolf” ***
Capitolo 6: *** CHAPTER V - Matryoshka Plans ***
Capitolo 7: *** CHAPTER VI - In chains ***
Capitolo 8: *** Chapter 7 -Don't Go! ***
Capitolo 9: *** CHAPTER VIII- See you soon ***
Capitolo 10: *** CHAPTER IX- Welcome back ***
Capitolo 11: *** CHAPTER X- Don't trust ***
Capitolo 12: *** CHAPTER 11 – When I was a child .. ***
Capitolo 13: *** Chapter XII – What he is ***
Capitolo 14: *** Chapter XIII- Hope ***
Capitolo 15: *** Chapter XIV - Fragility ***
Capitolo 16: *** Chapter XV- Just a prisoner ***
Capitolo 17: *** Chapter XVI - If... ***
Capitolo 18: *** Chapter XVII – The surrender ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


Prologue:

Era stato il caldo a svegliarlo.

Il caldo ed il sonno agitato. Aveva nuovamente fatto lo stesso incubo, quello in cui si sentiva debole, sconfitto e un paio di profondi occhi verdi lo osservavano.

Non c’era una parte del corpo che non gli facesse male, che non fosse dolorante a causa delle percosse e dell’acido lattico. Inoltre, il dolore pulsante alla testa era la prova di come, per l’ennesima volta si fosse addormentato piangendo.

Lanciò una rapida occhiata alla sveglia, sul comodino. Aveva dormito appena due ore. Non molto meno del solito, considerate le interminabili sessioni di studio a cui Dan lo costringeva e gli allenamenti che lui stesso si costringeva a fare.

L’oscurità nella stanza era asfissiante.

Il pesante silenzio che vi regnava era rotto soltanto da un mormorio troppo sottile per poterlo riconoscere.

Louis gettò i piedi fuori dal letto di malavoglia, in maniera pesante, ma calcolata. Aveva imparato a non fare alcun rumore, spostandosi. Sebbene gli fosse stato imposto di dedicare più tempo alla lettura che agli allenamenti, erano chiaramente questi ultimi a produrre i risultati migliori. Si vedeva  dai calli sulle mani, dalla forma tonica e guizzante dei muscoli. Come se non fosse bastato l’entusiasmo brillante nei suoi occhi ogni volta che teneva un’arma in mano.

 Louis  sapeva tutto del mondo sovrannaturale.
Ok, forse non era corretto vederla in questo modo. Perché se avesse saputo tutto, nulla di quello che accadde in seguito sarebbe successo. Diciamo che ne sapeva abbastanza o che comunque faceva del suo meglio.

Era nato e cresciuto in una famiglia di uomini di lettere, una delle più importanti a dire la verità. Quella del suo padre biologico e poi quella del suo primo patrigno si occupavano di leggi dell’occulto da sempre. Per questo tutti si aspettavano che il ragazzino seguisse quella strada.  La sua sfortuna, era stata quella di avere l’animo da cacciatore. Odiava le ore che lo obbligavano sui libri, chino e fermo. Preferiva di gran lunga sgattaiolare nelle palestre o ai poligoni di tiro.

Si sentiva forte, lì dentro.
Si sentiva Dio.

Mosse passi silenziosi lungo il parquet della sua stanza, fino a raggiungere la porta che era rimasta socchiusa. Non appena raggiunse le scale, che portavano al piano inferiore della sua casa a Knowcity, cittadina dimenticata da Dio, vide una flebile luce in basso, segno che qualcuno fosse sveglio a quell’orario improbabile.

L’adrenalina prese a scorrergli in corpo. Sperava, sebbene fosse folle, che qualche mostro si fosse introdotto in casa. Desiderava dimostrare al suo patrigno quello che aveva imparato, quello di cui era capace. Louis era sicuro che l’unica cosa che gli servisse fosse un’occasione. Una volta visto all’opera, Dan avrebbe desistito dal voler preparare la sua mente invece che il corpo. Avrebbe accettato che la sua strada fosse quella della caccia e forse, ma non era sicuro di poter sperare tanto, forse sarebbe stato fiero di lui.

Era giovane, aveva appena sedici anni. Eppure era pronto. Si sentiva terribilmente pronto ad affrontare quella vita di cui aveva solo letto, più di quanto fosse mai stato.

Scese le scale. Si concedeva a mala pena di respirare nel timore di essere scoperto. Si nascose dietro la parete che affacciava sull’ampia cucina rustica che Johanna aveva tanto desiderato. Diede una sbirciata e, con sua enorme delusione, le uniche figure che riconobbe all’interno erano sua madre ed il suo patrigno. Parlavano fitto, talmente piano che non riusciva a capire cosa stessero dicendo, ma tra un brusio e l’altro era quasi certo di aver sentito Dan pronunciare il suo nome. Parlavano di lui.

Cercò di avvicinarsi senza farsi vedere per ascoltare meglio, ma all’improvviso, vide sua madre irrigidirsi e gettare la testa all’indietro. Dalla sua bocca cominciarono a fluire parole, in tono roco, innaturale, quasi demoniaco. Avrebbe voluto irrompere nella cucina e strattonarla, e portarla indietro dal luogo nel quale era scivolata. Ma l’espressione di Dan lo dissuadeva. Era interessato a quelle parole, ma non preoccupato. Nonostante fossero cupe ed oscure.

Quando la terra brulicherà di male, la guerra del cuore avrà inizio. Sarà anima contro corpo, sangue contro forza. Se vincerà l’ambizione il nulla e la schiavitù dell’uomo. Se vincerà l’onore, l’arma sarà potente e affilata squarcerà ogni suo nemico. Se vincerà l’ambizione l’arma sarà strumento delle tenebre. Se vincerà l’onore giungerà l’amore e sarà vita ma l’arma si spegnerà nella morte

Quando terminò la profezia, Johanna prese fiato con prepotenza. Louis era sconvolto da quanto appena visto. Possibile che sua madre fosse una strega? Possibile che facesse parte di quell’insieme di creature che lui avrebbe voluto distruggere? Perché non gliene aveva mai parlato. Le streghe, tra le creature magiche erano pur sempre quelle con cui cacciatori e uomini di lettere talvolta riuscivano a convivere. Perché glielo aveva tenuto nascosto?

Probabilmente si sarebbe perso nel turbamento di quei pensieri, se la voce del patrigno, in quel momento, non l’avesse tirato fuori, sostituendo la confusione con il panico.

“Dobbiamo mandarlo via Jay. Non può stare qui con le ragazze”  e Louis sapeva che era di lui che stavano parlando, ma non capiva il perché  “Domani lo porterò all’Accademia, sarà controllato e costretto a studiare” rabbrividì mentre vedeva sua madre abbandonarsi alle lacrime ma chinare la testa.

Non sarebbe successo, non avrebbe lasciato che accadesse, non se poteva evitarlo. Vivere in accademia avrebbe significato essere costantemente sotto l’occhio di un tutore. Non avrebbe più potuto allenarsi, né sarebbe potuto uscire per vedere le sue sorelle. Li aveva visti gli studenti dell’accademia. Trascorrevano giornate intere chiusi nelle biblioteche in religioso silenzio. Non parlavano neanche tra di loro. Vivevano praticamente come monaci fino al diploma, per rafforzare la mente e assottigliare l’intelletto. Così dicevano almeno. Ma quella non era la vita che voleva.

In completo silenzio raggiunse la sua camera. Aveva un borsone pronto sotto il letto, per ogni evenienza, aveva letto da qualche parte che era una cosa che i cacciatori facevano sempre. Lo afferrò spingendoci dentro un altro paio di indumenti alla rinfusa e lo gettò fuori dalla finestra, sul pergolato.
Si lanciò in giardino, era un salto di appena un paio di metri, poi  si concesse un solo secondo per guardare indietro, quello che stava lasciando. Le sue sorelle, la sua famiglia, sua madre, la sua vita. Non era molto e, forse, non era neanche mai stato completamente felice lì, ma era pur sempre casa sua.
Per questo dovette sforzarsi dannatamente per comportarsi da uomo e non mettersi a piangere.

Rabbrividì e si guardò intorno quando un fruscio, dietro la grande quercia attirò la sua attenzione. Si sentiva osservato. Si sentiva bruciare. Appena qualche secondo dopo, però, la sensazione svanì.

Scosse la testa . Era sicuramente suggestione la sua, non c’era nessuno lì fuori, erano tutti dentro. Lanciò un ultimo sguardo triste a quella casa, alle tende tirate nella stanza di Lottie accanto alla sua e ci mise tutta la volontà del mondo per voltarle le spalle e lasciarla lì. Ma d’altro canto, lo aveva letto nei milioni di saggi che aveva studiato sull’argomento.

A caccia si va da soli.



ANGOLO DI MIKA:
Non so se ve ne accorgerete ma, intanto che aggiorno, sto revisionando la storia.
La realtà è che rileggendo mi sono resa conto di una serie di imbarazzanti orrori (dovuti alla maledettissima abitudine di non controllare prima di pubblicare) e anche di una serie di passaggi mal spiegati.
Ovviamente non dovete rileggerla, ma per chi magari ci capita la prima volta sarebbe bello trovare qualcosa di decente.
All the love.

Mika

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Capitolo 2
*** CHAPTER I – The hunt begin ***


CHAPTER I – The hunt begin

Svegliarsi in un letto comodo era una delle poche cose che apprezzava delle “pause”.

Il covo era la cosa più vicina ad una casa che conoscesse da anni ormai. Era un posto sicuro, sconosciuto ai più ed impenetrabile per quanto era ben protetto.  Per quanto la missione della sua vita fosse quella di cercare il male ed estirparlo, ogni tanto era piacevole trascorrere del tempo senza la sgradevole sensazione di poterci lasciare le penne da un momento all’altro. Infondo anche lui ogni tanto aveva bisogno di sentirsi al sicuro.

Gli piaceva dormire fino a tardi e girovagare tra le stanze. Lì, riscopriva il gusto di allenarsi perché gli piacesse e non perché vi fosse costretto. Neanche più l’odore degli enormi volumi della biblioteca lo disturbava, nonostante gli ricordasse la sua casa d’infanzia che, decisamente, non poteva vantare un gran numero di ricordi felici. Ad ogni modo, era piuttosto raro che Louis perdesse tempo a leggere le pagine ingiallite con il tempo. Quella non era una cosa da lui. Lui non era un uomo di lettere. Non lo sarebbe mai stato, lo aveva sempre saputo.

Apprezzava però la tranquillità ed il silenzio.

Silenzio brutalmente interrotto dalle urla che, in quel momento, si propagarono dal piano sottostante.

“NIALL HORAN SMETTILA DI INGURGITARE PANCAKE!”

Louis si portò una mano alla fronte massaggiandosi le tempie ed arrendendosi al fatto di dover abbandonare il materasso morbido.

“Ma io ho fame..”  la voce acuta e lamentosa di Niall gli stava perforando i timpani. Scese le scale con passo pesante, trascinandosi fino alla cucina.
“Non mi importa, questi sono per tutti e tre, ne hai mangiati già quattro!”
“Ma io ho fame…” ripeté il biondo.
“Piantala!- gli intimò la ragazza, mentre teneva il vassoio con la colazione lontano dalla portata del ragazzo che se ne stava seduto al tavolo con un’ espressione esageratamente imbronciata. Poi lei sollevò gli occhi e lo vide.

“Buongiorno Lou!” lo salutò allegra  “Vieni la colazione è pronta”

Louis prese posto al tavolo accennando appena un saluto, mentre Mary gli poggiava davanti il vassoio dall’aspetto decisamente invitante.
“Che avete da urlare?” chiese mentre addentava un pancake.
“Mia cugina vuole affamarmi”- si lamentò Niall con una voce talmente disperata che sembrava veramente lo avessero privato di cibo per settimane. In realtà le briciole che giacevano indisturbate sulla sua faccia, raccontavano tutta un’altra storia. Louis lo guardò alzando un sopracciglio e Mary lo ignorò prendendo posto a tavola ed iniziando a mangiare, dopo aver preparato il caffè.

Quei due erano cugini. Erano entrati a far parte della vita di Louis diversi anni prima, quando ancora lui seguiva i Winchester come un piccolo cucciolo di cacciatore. Erano uomini di lettere entrambi. Cioè Niall era un uomo, Mary era ovviamente una donna. Louis non era sicuro di poter utilizzare comunque il termine “uomo di lettere” con lei.

Ad ogni modo, quando i fratelli si erano ritirati lasciandogli il covo in eredità, Louis si era ritrovato in quel posto senza sapere cosa farci, se non rifugiarvisi dentro mentre cercava un nuovo caso da affrontare. All’inizio non voleva condividerlo. Non era una questione di egoismo, più che altro non voleva affezionarsi a nessuno. Poi Niall lo aveva aiutato a far fuori un Parlangua e Mary aveva rischiato di essere posseduta da un demone per salvargli il culo. Così, durante una fuga, si erano ritrovati nel covo insieme. E loro erano quasi impazziti davanti a tutto il materiale stipato negli archivi. E Louis gli aveva concesso di restare a dare un’occhiata per un po’. Da quel “per un po’” erano trascorsi due anni.

Spesso Louis fingeva di essere infastidito dalla presenza dei due. In realtà, con la vita che conduceva, era la cosa più simile ad una famiglia che potesse sperare. E gli voleva bene. Lo esprimeva a modo suo, ogni volta che si lasciava scappare frasi come “Beh non siete completamente inutili!”.

“Quanto tempo resterai ancora Louis?”  chiese Mary dopo aver concesso esasperata a Niall di prendere un altro pancake.
“Credo che ripartirò non appena troverò qualcosa di interessante”  era già una settimana che era tornato dall’ultima caccia. E cominciava ad avvertire l’abituale senso di oppressione, disagio ed inutilità che lo attanagliava ogni volta che attendeva troppo prima di ripartire.

“Forse dovresti prima aspettare che quella guarisca del tutto”  Mary indicò la fasciatura che svettava sul suo avambraccio con fare materno. Quella ragazza aveva più o meno la sua età, eppure, spesso, trattava lui e Niall come se fossero due ragazzini. Ovviamente questo fino a che non la facevano arrabbiare. In quel caso era spaventosa, e Louis di cose spaventose ne aveva viste nella vita, ma Mary che strillava come un’ impossessata, marcando l’accento del sud, decisamente incuteva un certo timore.

“Nah”  fece noncurante  “è rimasto praticamente solo un graffio”  si portò automaticamente la mano dove era stato ferito. Effettivamente non faceva più male.
Era stato sempre insolitamente veloce nelle guarigioni, per fortuna. Con il lavoro che faceva, decisamente gli sembrava un gran bel vantaggio.
Sempre se di lavoro si potesse parlare considerato che non veniva pagato e si sostentava con le “generose” offerte delle persone alle quali parava il culo.
In compenso Mary e Niall riuscivano a fornire supporti informatici per corrispondenza. Erano entrambi hacker piuttosto bravi, oltre ad avere una sconfinata conoscenza del sovrannaturale.

“A proposito .. avete trovato qualcosa per me?”  chiese mentre sfogliava distrattamente il giornale abbandonato sul tavolo.

Il silenzio innaturale che seguì la sua domanda lo costrinse ad alzare lo sguardo e puntarlo sui suoi interlocutori.

Entrambi guardavano verso il basso.  Mary si torturava le dita e Niall continuava a portare alla bocca le briciole che erano rimaste della colazione.
Louis alzò gli occhi al cielo e sbatté le mani sul tavolo per richiamarli, facendoli sobbalzare.

“Cosa?”
“BEH, ecco.. in realtà .. ci sarebbe qualcosa ..”  farfugliò il biondo.
“E quando avevi intenzione di dirmelo, Niall?”
“Insomma .. ancora dovevamo fare colazione ..”  Louis non lo lasciò terminare.
“Nel caso ti fosse sfuggito, idiota di un irlandese, il mio lavoro consiste nel salvare la vita delle persone. Non pensi che in una scala di valori sia un tantino più importante della tua colazione??”  gli occhi erano assottigliati in maniera inquietante. Poi sbuffò  “Di cosa si tratta?”  chiese cercando di mantenere la calma.
“Ecco… sì .. insomma .. un sacco di attività .. ecco .. concentrata ..”
“Che ti prende Niall? Cosa cazzo vai farfugliando?”  il tono nuovamente esasperato.
“Ohhh”  piagnucolò il biondo  “Mary diglielo tu! Lo sai che mi spaventa quando fa quella faccia!”  Louis gli lanciò un altro sguardo infastidito, prima di voltarsi verso la ragazza. Lei si ravvivò i capelli castani, portando all’indietro i ciuffi che le ricadevano sulla fronte. In un gesto nervoso, tentò di sistemarsi la montatura rossa degli occhiali sul naso, prese un respiro profondo ed iniziò a parlare, consapevole della poca pazienza di Louis.

“Ok”  prese il portatile al suo fianco e lo aprì mettendolo davanti al cacciatore “Abbiamo registrato un numero inusuale di attività sovrannaturali riconducibili a specie di creature diverse. E’ concentrato in una zona ben precisa ..” Louis diede una rapida occhiata ai dati che lei gli aveva messo davanti.  Aveva smesso di studiare quelle cose molti anni prima,  ma ne sapeva abbastanza da interpretare le serie numerica che gli stavano mostrando e, in effetti, il grafico mostrava una concentrazione di fenomeni sovrannaturali fuori dal comune.

“Dove?”  chiese interessato mentre portava la tazza di caffè alla bocca, con gli occhi ancora attaccati allo schermo.
“Uhm”  iniziò Mary indecisa su come affrontare la questione.

Una sensazione di disagio e allarme cominciò ad espandersi nelle viscere di Louis. Spostò gli occhi chiari sul volto della ragazza al suo fianco, trovandolo teso.

“Dove Mary?”  ripeté nello sforzo di mantenere la voce ferma e calma.
 I muscoli irrigiditi e le nocche rese bianche dai pugni che non si era neanche reso conto di aver iniziato a stringere, però, tradivano una certa agitazione.
Mary sfuggì il suo sguardo. E Louis in realtà sapeva. Sapeva ancora prima che parlasse. Semplicemente non voleva crederci , non voleva nemmeno pensarci o prendere in considerazione l’idea.
“Nei pressi di Knowcity”  ammise infine.

Louis Tomlinson non fece una piega. Storse appena il labbro in una smorfia incondizionata e socchiuse gli occhi.

“Non c’è un altro caso?”  chiese immediatamente dopo, come se la conversazione non fosse mai avvenuta.
“Lou …”  provò  Mary già consapevole dell’inutilità del suo tentativo.
“Non se ne parla! Non tornerò lì!”
“Ma è una cosa grossa ..” intervenne Niall, facendosi improvvisamente coraggio.

Entrambi sapevano poco del passato del cacciatore. Lui non amava parlare della sua infanzia o della sua famiglia. Sapevano che era scappato di casa molto giovane, che non aveva più rivisto la sua famiglia, a parte Lottie, la sorella che aveva incrociato nel corso di qualche caccia. Anche lei donna di lettere.

“Non sono l’unico cacciatore al mondo, Niall!”  sbottò  “Se è una cosa così grossa, qualcuno si starà già muovendo”  osservò ostentando un’indifferenza in palese contrasto con i movimenti nervosi del piede che sbatteva sul pavimento.

“Dunque, non c’è altro?”

I due cugini sospirarono rassegnati. Dopo di che Mary digitò qualcosa al pc e caricò una nuova pagina, mettendola sotto gli occhi di Louis.
“Attacchi e cadaveri dissanguati”  gli fece notare  “Un covo di vampiri forse, o più probabilmente uno solitario e giovane a giudicare dalle dinamiche”
“Dove?”  chiese nuovamente Louis mentre si alzava abbandonando il suo posto al tavolo.
“Louisiana”  rispose lei indicando la cartina.
“Perfetto”  disse secco voltando loro le spalle e dirigendosi in camera per preparare le sue cose.

“Possiamo venire con te?”  gli urlò dietro Niall speranzoso.

Louis si fermò sulla porta voltandosi un attimo per rispondere.

“No, restate qui e monitorate la situazione”  entrambi sapevano che non si stava più riferendo ai vampiri. Louis non era tipo da rifiutare una caccia come quella che si stava prospettando a Knowcity, non era tipo da lasciare spazio agli altri. E quella, che lo ammettesse o meno, era casa sua. Era ovvio che volesse sapere. Per questo i due cugini non ribatterono e si limitarono ad annuire.

“Ok, ma la prossima volta veniamo. Devo trovare una donna, prima che cominci a trovare attraente mia cugina”  disse il biondo indicando la ragazza in piedi dietro di lui “AHIA!”  si lamentò quando quella lo colpì con forza dietro al collo.

Louis non rispose e riprese a salire le scale.

“Salutami Liam se lo incontri”  cinguettò Mary. Ed inevitabilmente, Louis sorrise.


 
 ***
 


La villa coloniale era silenziosa ed immersa nelle tenebre. Da fuori, giungevano i rumori della notte. Le civette e i fruscii del bosco alle spalle della villa. Ad un occhio umano, sarebbe stata solo oscurità

La figura che però era immobile, davanti alla vetrata, coperta a metà dalla pesante tenda di velluto, non era umana. E dunque vedeva.

Vedeva ogni singolo fotogramma di realtà, ogni singola sfumatura di oscurità. Percepiva la vitalità della notte, in tutte le sue forme. E sentiva i lamenti soffocati che provenivano dalle segrete della villa.

Portò alla bocca il calice colmo di liquido vermiglio, sorridendo sul vetro, mentre le labbra piene gli si tingevano di rosso e le vene intorno agli occhi si scurivano.

I suoi figli stavano banchettando.

Non condivideva molto la mancanza di discrezione che questi sembravano avere, ma d’altronde, concedergli qualcosa era l’unico modo che aveva per tenerli buoni, mentre decideva come agire.
Inoltre, era abbastanza certo che con tutto il rumore che stavano facendo a Knowcity, nessuno si sarebbe interessato ad un paio di cadaveri di troppo in Louisiana.

“Non ti unisci al banchetto?”  parlò continuando a dare le spalle alla figura femminile che aveva appena fatto il suo ingresso nella stanza. Aveva i capelli lunghi, platino, le punte colorate di rosa cipria. Addosso portava una gonna che scendeva morbida fino ad accarezzare le caviglie sottili, in lino bianco, e una blusa verde morbida.

“Sono degli zotici, rumorosi e gretti”  osservò lei facendosi avanti.
“Dovresti considerarli una famiglia”  rimbeccò lui.
“Oh, smettila con questo buonismo, fratello! Noi siamo una famiglia, loro sono … un fardello che siamo costretti a sopportare”

Il ragazzo liberò una risata roca prima di voltarsi verso la sorella.
“Oh Gemma”  la rimproverò bonario, più per divertirsi che altro  “imparerai mai ad essere meno presuntuosa?”
“La mia non è presunzione, Harold!”  rispose raggiungendolo. Anche lei teneva un calice come quello del fratello tra le mani  “Sono semplicemente realista, vedo le cose per quello che sono”  entrambi bevvero.

“Dovrai prendere una decisione prima o poi ..”  la ragazza posò il flut  vuoto sul tavolo, abbandonando il tono divertito di poco prima in favore di uno più greve.
“Non è semplice”
“E’ una grande opportunità..”
“E un grande pericolo”  non smettevano di combattere. Con le parole e con gli occhi. Andavano avanti così da settimane oramai. Da quando il Conclave, la massima autorità tra i vampiri, gli aveva chiesto di esprimersi sul partecipare o meno alla grande battaglia che le creature del sommerso stavano progettando.

“E’ solo una stupida profezia, Harry …”
“Non dovresti sottovalutare il peso delle parole”
“E tu non dovresti prenderle così sul serio”  ribatté lei  “Non è detto che un’arma esista davvero, né che sia ancora viva, né che si attivi, né che decida di schierarsi contro la causa .. la probabilità è minima
“Ma esiste ..”

Gemma sbuffò  “Non potrai comunque impedirlo! Il conclave è praticamente tutto d’accordo. Manchiamo solo noi e la loro pazienza ha un limite..”
Harry lasciò che le palpebre pesanti si chiudessero, poi con delicatezza scansò i capelli biondi dal volto della sorella. La profezia e l’arma non erano che uno dei motivi per i quali era contrario a quella guerra. Anche se l’arma fosse morta le ragioni per dubitare di quel “nuovo ordine” restavano comunque  numerose e preoccupanti.

“Ci penseremo domani” promise.  Poggiò le labbra sulla sua fronte e senza aggiungere altro tornò a scrutare la notte, riflettendo sulla sua scelta, ammesso che davvero ne esistesse una da compiere.



ANGOLO DI MIKA:

Salve persone ^ w ^  Eccoci con il primo capitolo! Come avrete notato ho nominato i Fratelli Winchester, questo perché la storia nasce proprio dopo una lunga maratona di recupero di Supernatural al quale mi sono liberamente ispirata. Tra l’altro una delle location della storia, “il covo”, è proprio presa da quel fantastico universo.
(Se non avete mai visto la serie consiglio vivamente di recuperarla perché è un gioiello)
Al contrario, i vampiri sono più versione TVD che Supernatural, ma voi ben capite che scrivere di un H brutto va contro la mia religione e sono certa che mi perdonerete.
I Larry ancora non si sono incontrati. Il primo capitolo mi serviva più che altro a mostrarvi qualcosa dei protagonisti e a farvi conoscere anche gli altri personaggi che ci accompagneranno nel corso di questa avventura.
Spero che vi piaccia come ho reso Niall e che impariate ad amare Mary come faccio io. Ma sono certa che lo farete.
Louis marcia verso la Louisiana.
Il che è un po' cacofonico, in effetti, ma comunque è l’ovvio preludio all’incontro che stiamo aspettando, no?
Per informazione: il conclave sarebbe una sorta di assemblea di vampiri antichi e potenti. Harry ne fa parte.
Anyway, che ne pensate?
Fatemi sapere.
All the love.
Mika.

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Capitolo 3
*** CHAPTER II – Do you like the mystery, Louis? ***


CHAPTER II – Do you like the mystery, Louis?



Louis  guidava rilassato la sua Charger del 1970. Nera  opaca. Sì, un classico, soprattutto nel giro dei cacciatori.

Auto d’epoca, junk food sigarette e birra.

Adorava quella macchina, l’aveva cercata in lungo e in largo ed alla fine l’aveva trovata. Era in fin di vita. Lui l’aveva salvata e si erano giurati amore eterno.  L’aveva chiamata Freddie, perché era ovvio che per conquistare il suo cuore dovesse essere un maschio.  E forse era possibile che c’entrasse anche la sua maniacale ossessione per i Queen.

Ad ogni modo erano ore che guidava. Guidava lontano dal covo, lontano dalla notizia che aveva ricevuto, lontano dal senso del dovere e dal senso di colpa e dalla confusione, eppure quelli sembravano esserglisi incollati addosso. Si era fermato giusto lo stretto indispensabile, per mangiare e riposare quel tanto che bastava per evitare di sfracellarsi da qualche parte, non tanto per lui quanto per Freddie. In quel momento, stava fumando una sigaretta, l’ennesima,  mentre sul sedile del passeggero riposava la busta del suo pranzo, tutt’ altro che salutare, tre pacchetti di Marlboro e il cellulare, che proprio in quel momento iniziò a squillare.

“Pronto?”
Sei arrivato?”
“Ancora no, Mary!” rispose quello esasperato mentre la voce di Niall di sottofondo continuava a chiedere “Che dice? Che dice? Dove sta?”.
“Come fai ancora a non essere arrivato?” sbottò lei.
“Mi sono fermato a pisciare, Cristo!”
Stai calmo. Siamo solo preoccupati. Chiamaci quando arrivi” Louis riagganciò senza nemmeno rispondere. Sapeva benissimo come sarebbe finita. Lui non avrebbe chiamato, loro avrebbero telefonato ancora, Mary avrebbe strillato. Solito copione. Sapeva benissimo che era tutta una questione di affetto e preoccupazione. Ma lui non poteva pensarci. Da sempre, da tutta la vita, non si era mai sentito amato. Tutte le figure paterne che si erano succedute, si erano prodigate per insegnargli qualcosa. E Louis aveva imparato il sacrificio, la privazione, aveva imparato la noia, e non pensava nemmeno che fosse una cosa che si potesse imparare. Aveva imparato l’obbedienza e la disobbedienza. Ma, con il tempo, aveva disimparato cosa si provasse ad essere amati incondizionatamente, ad avere qualcuno che si prenda cura di te. Questo gli dava un gran vantaggio durante la caccia. L’idea che non ci fosse un posto dove tornare, qualcuno ad aspettare. E fare troppe telefonate avrebbe sicuramente compromesso questo pilastro.
Dunque si ripeteva che fossero amici, che passassero tempo insieme. Ma infondo loro erano cugini, erano una famiglia, lui era l’estraneo. Louis aveva imparato anche a mentire a se stesso.

Passò un’altra mezz’ora prima che raggiungesse   Charles Lake.

La cittadina era ordinata e pulita, una di quelle che si trovano negli States quasi per caso, che quando ti ci ritrovi non puoi impedirti di chiederti chi l’abbia messa lì.

Era ancora abbastanza presto.

Louis parcheggiò Freddie, davanti ad un Motel non esattamente centrale. Non sapeva quanto tempo sarebbe rimasto, dunque aveva bisogno di un appoggio. Tirò fuori il borsone. Qualche vestito ed un vero e proprio arsenale, ed entrò nel locale facendo tintinnare la campanella alla porta d’ingresso.
In un attimo, una ragazza giovane, con il viso rotondo sorridente e gli occhi dolci truccati di colori strani sbucò dal nulla.

“Buongiorno!”

Louis fece appena un cenno. Recuperò dalla tasca il documento con cui aveva scelto di presentarsi e lo porse alla ragazza che, ignorando la sua palese scarsa cordialità, lo prese ed iniziò a trafficare sul pc.

“E’ da solo?”

Louis annuì e la ragazza sorrise.

“Quanto si ferma?”

“Non lo so”  lei si voltò e gli porse una chiave. Aveva un pendaglio a forma di ancora che gli fece storcere il naso, ma comunque non commentò.

“Primo piano, terza porta a destra. Benvenuto al Rainbow e buona permanenza a Charles Lake!”  parlò tutto d’un fiato, indicandogli le scale per rituffarsi immediatamente dopo nello schermo del pc. E no, Louis non stava esagerando, sembrava davvero che quella ragazza volesse entrarci dentro.

Ad ogni modo, Louis si incamminò per le scale. Doveva decidere come muoversi e voleva cominciare a fare qualche domanda discreta e a dare un’occhiata in giro. La città era contornata da Ville Coloniali. Dalle informazioni che Niall e Mary gli avevano inviato, era sempre stata teatro di strane sparizioni, di tanto in tanto, liquidate come attacchi di animali. Questo poteva significare che dei vampiri vivessero lì da diverso tempo. Magari il covo si era allargato ultimamente. Oppure, semplicemente, considerata la fauna locale era un luogo ideale per la caccia dei vampiri a cui veniva particolarmente semplice far passare i loro banchetti per attacchi di animali.

Mentre era perso nei suoi pensieri, svoltò l’angolo del primo piano, finendo irrimediabilmente con lo scontrarsi con qualcuno.
“Louis”  il ragazzo alzò gli occhi, richiamato dalla voce amichevole e un po’ stupita che aveva pronunciato il suo nome.
“Liam” salutò a sua volta.
“Che ci fai qui?”
“Quello che ci fai tu, suppongo”  disse ovvio sollevando il borsone.  Liam non aveva bisogno di aprirlo per sapere che contenesse armi.

Liam Payne era un cacciatore. Differentemente da Louis, aveva scoperto il mondo sovrannaturale in modo molto più doloroso. Era iscritto al primo anno della facoltà di medicina quando sua sorella era stata posseduta da un demone che dopo averla tramutata in un mostro senza anima aveva abbandonato il corpo ormai privo di vita.
Da allora, Liam aveva giurato che avrebbe votato la sua intera esistenza all’uccisione di quell’essere e di qualsiasi altra creatura portasse il male nel mondo.
Esattamente come Louis, era un’anima solitaria. Generalmente cacciava da solo, ma i due si erano incrociati nel corso delle cacce diverse volte. Insieme, lavoravano piuttosto bene. Entrambi sapevano concedere all’altro il giusto spazio, con il tempo, poi, avevano anche imparato a condividere qualche momento di mesta felicità. Niente di eccessivo, una birra e qualche battuta. Ma considerato lo standard dei loro rapporti sociali, se Mary e Niall erano la sua “famiglia”, Liam poteva essere tranquillamente considerato il suo “migliore amico”. E questo la diceva lunga.

Louis gli fece segno di seguirlo, raggiunse la sua camera e vi entrò gettando il borsone ai piedi del letto.

“Non mi aspettavo di trovarti qui ..”  osservò Liam, mentre l’altro frugava nella borsa.
“E perché mai?  Ci sono cadaveri e mostri succhiasangue ..”
“Sì certo”  concesse  “Solo che, insomma, lo saprai. Sta succedendo qualcosa di strano in Kansas. Qualcosa di grosso. Io mi sono fermato qui a dare un’occhiata, solo perché mi era di strada. Pensavo ti avrei incontrato lì..”  Louis storse il naso e gli diede le spalle.
“Non andrò in Kansas”  disse semplicemente.
“Stai scherzando vero?”  il tono di Liam era sconvolto.
“No”
“Perché?”
“Perché no”

L’altro stava per ribattere, ma proprio in quel momento il telefono di Louis prese a squillare. Il ragazzo sbuffò e pigiò il tasto verde.

Ti avevo detto di chiamare”  gracchiò la voce, ad un volume decisamente sgradevole che costrinse il cacciatore ad allontanare l’apparecchio dall’orecchio.
“Se me ne dessi il tempo”  rispose sarcastico.
Cosa fai?”
“Sono in albergo, disfaccio le valigie, tra poco comincio a farmi un giro”  il suo tono era piatto finché non incrociò lo sguardo del cacciatore davanti a lui. Allora si concesse un sorriso maligno.
“Ah, sono qui con Liam!”
La ragazza dall’altra parte squittì  “Come dici? Vuoi che te lo saluti e gli dica che non vedi l’ora di rivederlo?”
LOUIS TI AMMAZZO” urlò Mary dall’altra parte, mentre Liam abbassava lo sguardo imbarazzato.
“Oh che carino.. è arrossito”
“Stronzo!”  dissero entrambi in coro.

Louis rise.
 
 
***



Dentro quel vestito ci stava decisamente scomodo.

L’aveva tirato fuori dal portabagagli di Freddie, perché aveva imparato che di tanto in tanto tornasse utile infilare un completo, non per questo lo odiava di meno. Era blu quasi elettrico e gli calzava alla perfezione, fasciandolo a dovere nei punti giusti. Cosa che, ovviamente,  gli sarebbe tornata più utile nel caso in cui il suo obiettivo fosse stato scopare, ma da quel che la gente sosteneva, o meglio, da quel che Liam sosteneva, presentarsi vestiti in un certo modo invogliava le persone alla conversazione.

Louis e Liam si stavano dirigendo verso una sorta di festa di beneficienza  alla quale avrebbero partecipato i membri più illustri della comunità. A Louis sembrava ridicolo, soprattutto considerato l’esiguo numero di abitanti, che fosse possibile dividerli in illustri e non illustri. Ma Liam aveva insistito sull’importanza di conquistare la fiducia delle persone.
Inoltre, era arrivato a Charles Lake la sera prima, ed aveva avuto abbastanza tempo per constatare che ci fosse qualcosa di strano. Da come andavano le cose, secondo il cacciatore, si trattava di un insediamento costante ed il covo di vampiri nella città doveva avere qualche protettore potente e dunque non sembrava esserci luogo migliore per indagare.

La villa nella quale si teneva la festa era quella enorme e bianca del sindaco. Da quel poco che Louis aveva capito, praticamente era una carica quasi ereditaria, visto che la famiglia Stanford vantava circa quindici generazioni di sindaci. Varcarono la soglia e dall’ingresso raggiunsero l’ampio salone nel quale si stava svolgendo il banchetto. I soffitti erano alti ed i colori predominanti erano assolutamente il bianco ed il rosso intenso. Le pareti erano bianche, le tende di lino che svolazzavano leggere per i finestroni aperti, erano bianche, così come le tovaglie e i piatti. Ma ovunque, c’erano bande e ricami rossi, e rose. Era come se il bianco facesse da sfondo. Come se tutto ciò che dovesse essere candido, immediatamente venisse macchiato irrimediabilmente, insozzato, compromesso. Pensò, inevitabilmente, a se stesso da bambino. Forse, però, la sua era solo suggestione.

Louis si muoveva tra le persone, cercando di riportare alla mente il volto del sindaco che aveva visto in foto quella mattina. Il piano era quello di fare domande nella maniera più discreta possibile.

“Ci rivediamo tra un’ora all’ingresso?”  chiese Liam al suo fianco mentre prendeva un flut di champagne. Louis annuì e passò oltre.

In lontananza scorse la figura del sindaco. Una donna di mezza età, che sembrava aver copiato stile ed acconciatura ad Hillary Clinton. Louis non si sarebbe mai finito di domandare perché le donne prendessero a modello una che aveva perdonato il marito dopo essere stata tradita davanti al mondo.
Comunque, ingoiò il disappunto e si diresse nella sua direzione.

“Salve”  salutò cortesemente una volta che l’ebbe raggiunta.

La donna lo guardò leggermente interdetta. Era ovvio. Louis era abituato alla diffidenza tipica dei piccoli paesini, dove le persone si conoscevano tutte. Potevano darsi quanto volevano arie di gran donne, ma restavano provinciali in una maniera fastidiosa ed irritante.

“Sono Louis Tomlinson. Scrivo per una rivista che si occupa di turismo. Mi hanno incaricato di scrivere un pezzo su Charles Lake, incantevole e misteriosa cittadina. Mi chiedevo se le andasse di rispondere a qualche domanda, Signor Sindaco”  accompagnò le parole con un baciamano da manuale ed un sorriso che sapeva essere irresistibile. La donna restò leggermente abbacinata. La diffidenza di poco prima completamente dimenticata. Quando rispose, la sua voce era miele.

“Oh, sapevo che prima o poi sarebbe venuto qualcuno ad interessarsi dei nostri splendidi costumi. Le piace la festa, ragazzo?”

Louis sorrise benevolo, lanciando intorno a se un’occhiata esasperatamente ammirata.

“Un gusto impeccabile” decretò alla fine. Infondo non era neanche una menzogna. A dispetto della strana sensazione che provava, non poteva negare che ci fosse un certo gusto nel modo in cui la stanza era stata arredata.
“Tutto merito della signorina Styles. Si occupa lei degli allestimenti”
Louis annuì fingendosi interessato. Sorseggiò lo champagne dal calice che teneva in mano.

“Mi piacerebbe che mi raccontasse gli aspetti particolari della sua amabile cittadina..”  iniziò accarezzando con noncuranza l’avambraccio della donna.
“Oh c’è così tanto da dire ..”  mentre la donna stava per iniziare a vuotare il sacco, Louis sentì un lungo brivido attraversargli la schiena, accompagnato dalla cocente sensazione di essere osservato. Si mosse appena irrequieto, cercando di prestare attenzione alle parole della donna, ma una voce roca e profonda alle sue spalle interruppe lo sproloquiare del sindaco prima che potesse dire qualsiasi cosa di vagamente utile.

“Sindaco Stanford”  due parole, dette a mo’ di saluto, neanche rivolte a lui e Louis faticò a tenersi sulle gambe.

Harry”  Hillary Clinton dei poveri squittì deliziata allungando il braccio e tirando a se il proprietario di quella voce calda e roca e bassa e sublime e, Louis doveva decisamente mettere un freno alla sua ricerca ossessivo compulsiva di aggettivi.

“Lo sceriffo chiedeva di lei”  l’uomo davanti a lui continuò a parlare senza degnarlo della minima attenzione, cosa che avrebbe indispettito decisamente Louis, se non fosse stato sollevato del fatto di avere tempo per riprendere il controllo di se stesso. Era alto, elegante. Portava un completo scuro, con una camicia nera sbottonata ad arte, al punto da lasciare intravedere abbondanti porzioni di pelle lattea macchiata di inchiostro. Abbondanti ed invitanti. Louis scosse la testa a quel pensiero e soprattutto allontanò gli occhi dal torace dell’uomo/ragazzo che aveva di fronte, portandoli al suo volto.

Aveva i capelli ricci, castani, che gli incorniciavano il viso. Le labbra rosse e piene, sorridevano in direzione del Sindaco, mostrando il tratto tipicamente infantile delle fossette.

Louis si sentì vagamente un maniaco. Aveva una vaga percezione del modo in cui stava guardando quella creatura meravigliosa davanti a lui. Sentì una forte ondata di desiderio, accompagnata dall’istinto di toccare e possedere quel corpo perfetto. Tutto ciò lo portò a domandarsi da quanto tempo non andasse con un uomo. Troppo, chiaramente.

“Harry, questo è Louis Tomlinson”  fece la donna indicandolo, ed il ragazzo si voltò verso di lui.

Verde.

Quel Verde.

Louis tremò.

“E’ un giornalista, sta scrivendo un pezzo sulle bellezze della nostra città. Posso affidarlo a te?”  gli parlò all’orecchio ma a voce abbastanza altra affinché Louis potesse ascoltare.
“Ma certo”  la risposta arrivò con voce dolce, mentre Harry non dava segno di voler distogliere gli occhi dai suoi.

Quando la donna sparì, i due rimasero da soli, e il cacciatore cercò di mascherare al meglio la sensazione di disagio e l’attrazione che provava nei confronti dello sconosciuto. Aveva bisogno di risposte, era nel bel mezzo di una caccia e non poteva permettersi quel tipo di distrazioni. La sua teoria era quella di evitare uomini mortalmente attraenti mentre lavorava. Sfogare gli istinti andava bene, ma con qualcuno che non avesse la possibilità di distrarlo dal suo obiettivo. E aveva tutta la sensazione che se si fosse permesso di fottere quel tipo, lui gli avrebbe, in cambio, metaforicamente fottuto il cervello.
Harry gli porse la mano gentile. Era enorme e con un numero esagerato di anelli.

“Piacere di conoscerti Louis Tomlinson” disse piano, quasi divertito.

Il cacciatore si sforzò di riprendere il controllo, afferrò la mano gigante e leggermente fredda dell’uomo e deglutì impercettibilmente prima di rispondere.
“Piacere mio”

L’uomo indugiò appena qualche secondo di troppo prima di lasciare la sua mano, poi si esibì in un sorriso sghembo, accompagnato da uno sguardo malizioso.

“Sono lieto di mettermi a tua disposizione ..”

Okay, Louis doveva sicuramente cercare di darsi un contegno. Aveva l’impressione che quella frase celasse un doppio senso, ma più probabilmente quello era solo nella sua testa, o nei suoi pantaloni. Si ripeté di nuovo che stava lavorando e per quanto la creatura davanti a lui fosse esteticamente ineccepibile, non doveva lasciarsi distrarre.

Concentrazione era la parola chiave.

“Volevo farle qualche domanda, Mr …”
“Styles”  lo soccorse l’altro “Harry Styles. Ma tu puoi chiamarmi semplicemente Harry”  Louis annuì, domandandosi se fosse proprio necessaria la voce da linea hot.
“Volevo farti qualche domanda, Harry” continuò.

Lui allargò le braccia come a suggerirgli di continuare “Sono aperto ad ogni tua richiesta ..”

E quello doveva essere per forza un doppio senso. Louis si sforzò di ignorarlo. Era lusingato ed infastidito al tempo stesso. Qualcosa nell’uomo davanti a lui, lo metteva profondamente in soggezione. E a Louis non piaceva sentirsi così. D’altra parte, flirtare con un soggetto altamente scopabile, non era un gran sacrificio in cambio delle informazioni che gli servivano. Purché la situazione non gli sfuggisse di mano.

“Mi interessava approfondire gli aspetti misteriosi di questa splendida città”  fece un passo in avanti, sorridendo complice.
“Sei attratto dal mistero? Ti eccita, Louis ..?”  e davvero, non era giusto che il suo nome suonasse in quel modo detto da lui. E soprattutto non era corretto che quello usasse parole quali “attratto” o “eccita”.

“Il mistero smuove le masse”

Harry si lasciò andare ad una risata, gettando appena la testa indietro.
“Non c’è molto di misterioso qui…” sembrava quasi dispiaciuto mentre lo informava. E Louis finse un sorriso prima di assottigliare lo sguardo e parlare di nuovo.
“Sicuro? Ho sentito di sparizioni e cadaveri strani ..”

Harry scrollò le spalle “Dovresti lasciar perdere mistero e pericolo e concentrarti su altre cose”  gli suggerì prendendo un calice dal tavolo al loro fianco prima di continuare  “Il panorama, il cibo, il vino”  bevve un sorso  “il piacere…”  terminò in grande stile passandosi la lingua sulle labbra.

Louis si costrinse a non afferrare il pugnale che teneva nascosto per tagliargliela via.

“Mistero, Harry”  gli ricordò evitando di cadere nella sua rete.
“Ogni città ha i suoi mostri”  Louis irrigidì le spalle, cercando di convincersi che fosse un modo di dire. L’espressione sul volto di Harry Styles era leggermente beffarda e divertita. Come se si stesse prendendo gioco di lui. A Louis cominciavano a prudere le mani.
Prima che potesse ribattere il ragazzo continuò a parlare “Se sei in cerca di mistero, forse dovresti spostarti più a Nord. Ho saputo che stanno accadendo cose peculiari in Kansas”  sgranò gli occhi ed Harry sorrise inclinando la testa di lato.
“Cosa ne sai tu del Kansas?”
“Che è uno degli States, Louis” sollevò le spalle, innocente, come se stesse parlando ad un bambino.
“Sai di cosa parlo..”
“Non lo so”  fece pensieroso “Lo so?” rise del suo stesso gioco di parole.
“Ridi della morte” Louis si morsicò la lingua. Non voleva dire troppo, quel tipo poteva tranquillamente non sapere nulla. Magari aveva solo letto qualche notizia qua e là ed era uno di quei tipi inquietanti che andavano fuori di testa per la cronaca nera. Doveva essere cauto.

“Rido della morte” annuì quello alzando un sopracciglio.

I due rimasero a guardarsi. Louis non sapeva che pensare. Gli occhi verdi dell’altro lo guardavano in profondità, come se potessero leggergli dentro. Le sue parole, gli rimbombavano nella testa. Si sentiva deriso, in qualche modo, raggirato da quello splendido uomo. L’attrazione che aveva provato subito, era ancora lì, sotto forma di fastidioso vuoto di stomaco, ma altro si era aggiunto. Ora era infastidito, e piuttosto certo del fatto che, aldilà dell’aspetto fisico, quella persona non gli piacesse per niente.

“Non sei stato molto d’aiuto, Mr Styles ..”  gli disse avvicinandosi. Aveva un profumo invitante,  dolce e  pulito. Louis deglutì ancora.
“Perché chiedi le cose sbagliate, Louis”  e decisamente, era parecchio più bravo di lui in quel gioco.

Avrebbe voluto rispondere, ma in quel momento, una ragazza bionda arrivò ad interromperli.

“Harry, dobbiamo andare”

Lui la guardò sollevando il sopracciglio incuriosito.

“Abbiamo ospiti … inaspettati”  la ragazza si incamminò verso l’uscita ed Harry si voltò verso di lui.

“Pare proprio che io debba andare, raggio di sole”  Louis si irrigidì al nomignolo, mettendo su un’espressione decisamente scontenta. Raggio di sole lui? Ma come osava! Quello con i capelli da principessa, sul serio? Tentò di ingoiare il disappunto ed allungò la mano per congedarsi. Harry l’afferrò e se lo tirò vicino, facendolo sbattere al suo petto solido.

“Spero che ci rivedremo presto”  aggiunse, al suo orecchio, respirando il suo odore.
“Non penso accadrà” si allontanò di scatto, piuttosto confuso. Harry sorrise, mordendosi il labbro inferiore.
“Oh, io credo proprio di sì!”


ANGOLO DI MIKA
Salve persone :D
Sono abbastanza sconvolta. Revisionando questo capitolo mi sono resa conto di una cosa. Quando lo scrissi la prima volta era moooooooolto tempo fa. E confesso che fino a questo momento non avevo assolutamente notato di aver chiamato la macchina di Louis “Freddie”. Voi capite che è una coincidenza piuttosto inquietante?
Anyway, lasciamo un attimo da parte la mia ovvia connessione con Louis Tomlinson e torniamo alla storia.
Primo incontro tra H & L . Mi sembra evidente che Louis non ne esca proprio vincitore! Inoltre Liam ha fatto la sua apparizione unendosi al grande circo.
Spero abbiate apprezzato comunque.
All the fucking love.
Mika
 

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Capitolo 4
*** CHAPTER III- Green Eyes ***


CHAPTER III- Green Eyes



PoV Harry

Quella visita avrebbe dovuto aspettarsela.
Tutte le personalità più in vista del mondo sovrannaturale avevano cercato di mettersi in contatto con lui in quel periodo, sebbene nessuno avesse osato presentarsi direttamente alla sua porta. Era risaputo quanto lo indisponesse l’invadenza.
Ma ovviamente, questo non valeva per lui.
-T i trovo particolarmente a tuo agio nella tua nuova forma, Nickolas- esordì quando l’uomo fece il suo ingresso in salotto, cercando di ignorare la fitta di nostalgia che lo colpì all’istante.
-Felice che ti piaccia, Harold!- fece quello compiaciuto, gettando un’occhiata distratta allo specchio –Ho cercato di ispirarmi al tuo gusto-
-Vedo- il tono del vampiro era gelido. Era abbastanza certo che quello di Nickolas fosse, contemporaneamente, un tentativo di sedurlo e di indispettirlo. Si costrinse a guardarlo, mentre indossava le sembianze di Brandon, l’amore della sua vita.
Harry e Brandon avevano trascorso secoli insieme. Era stato uno dei primi vampiri creati, era stato un fratello, un amico e con il tempo era diventato un amante.
Il rapporto tra i due era sempre stato strano. Non erano esclusivi, non erano possessivi. Si ripetevano che dipendesse dal fatto di sentirsi completamente appartenenti l’uno all’altro, e che quello fosse il loro modo di amare.
Non si precludevano esperienze con altri, con altre creature. Fu così che Harry finì tra le braccia di Nick, il più antico dei mutaforma. Solo che, se per il vampiro quella era stata un’avventura come le altre, l’altro non la pensava allo stesso modo. Aveva comunque dovuto arrendersi al fatto che avrebbe sempre scelto Brandon, sarebbe sempre tornato da lui. Fino a quando non fu quello ad andarsene.
Era stato un cacciatore, ovviamente, a strappargli la vita.
Harry strinse i pugni e scacciò i ricordi.
-Cosa ti porta qui, Nickolas?-
-Credo davvero che tu non abbia bisogno di sentirmelo dire, Harry!-  si avvicinò, stretto nel suo completo gessato. Il ciuffo portato all’indietro, come Brandon non aveva mai fatto.
-Come ho detto a tutti, non ho ancora preso una decisione al riguardo-
-Dovresti farlo, allora-  incitò quello appoggiando i gomiti alle cosce e sporgendosi in avanti –Vieni a Knowcity. Dai il tuo consenso, tanto il Conclave ti scavalcherà, deciderà comunque per il sì, ed i vampiri si uniranno alla causa senza di te..-
Il conclave era il vertice del potere dei vampiri. Era composto dai vampiri più antichi, appartenenti ai Clan più potenti. Harold ne faceva parte. Generalmente il conclave decideva all’unanimità ma, in passato, era capitato che il parere dissenziente di un membro venisse ignorato in situazioni di massima importanza. E quella lo era senza dubbio. La costruzione di un “nuovo ordine mondiale”, cosa poteva esserci di più rilevante?
-Ho delle forti resistenze in merito a quello che sta succedendo a Knowcity, Nick-  si versò un bicchiere di assenzio, prima di sedersi sulla poltrona davanti al mutaforma –Come ho detto ai miei fratelli del Conclave e agli altri leader delle specie sovrannaturali che mi hanno contattato- portò il bicchiere alla bocca, sorseggiando la fatina verde.
-Sì lo so! La profezia!-
-La profezia, appunto-  convenne – E’ stato predetto che un giorno le creature avrebbero provato a sovvertire l’ordine e che un’arma avrebbe potuto fermarle-
-Avrebbe potuto, Harry! E’ questo il punto!- accavallò le gambe portandosi un dito alle labbra –Quante volte ci siamo sentiti costipati all’ombra del mondo? Quante volte ci siamo fatti la guerra gli uni con gli altri? Uomini di lettere e Cacciatori hanno ucciso i nostri fratelli, hanno ucciso il tuo Brandon, mentre dovrebbero essere le nostre pecore, i nostri servi e giullari!- Harry continuò a guardarlo senza dire niente, e quello sembrò interpretarlo come un invito a continuare.
-E’ giunto il momento di smetterla di farci la guerra tra noi! Uniamo le forze! I cacciatori e gli uomini di lettere non sono mai stati così deboli. Il loro nucleo centrale è sguarnito. I loro simboli possono essere presi. Sono alla nostra portata, Harold-  si fece avanti e gli poggiò una mano sul ginocchio –Lo sai che la maggior parte delle famiglie sono lì. La maggior parte dei loro ragazzini. Unisciti a noi- Harry si portò una mano alla tempia. Era indiscutibilmente tentato.
-Io l’ho sentita con le mie orecchie, Nickolas- provò a replicare.
-Solo parole, io ti sto dando fatti-
In realtà, non è che al vampiro importasse molto di costruire un nuovo ordine mondiale. Era piuttosto soddisfatto della sua vita, ma per governare, bisogna godere del favore del popolo.  Un mondo nel quale non si sarebbe dovuto nascondere. Un mondo nel quale sarebbe stato il cibo ad andare da lui e non il contrario. Un mondo dove non sarebbero esistiti cacciatori. Ma soprattutto un mondo che era inevitabilmente voluto da tutti.
-Ci penserò- concesse infine e Nick sembrava abbastanza soddisfatto, si alzò dalla poltrona portandosi davanti ad Harry che lo guardava dal basso.
-E ora potremmo festeggiare il tuo ritrovato buonsenso .. – Harry distolse lo sguardo e scosse la testa, ricordando con fatica a se stesso che non era Brandon davanti a lui.
-Magari un’altra volta Nickolas- e si alzò lasciando la stanza, senza dargli tempo di ribattere.

PoV Louis

Era un ragazzino spaventato ed infreddolito, di nuovo.
Era una delle tipiche gelide notti invernali del Kansas.  Una di quelle in cui il freddo sembrava non aver intenzione di ammorbidire la sua stretta. Non importava quanti maglioni, quanti calzini Louis indossasse. Il freddo lo avrebbe accompagnato come un indesiderato e  fedele compagno.
Andarsene in giro di notte con quel clima non era l’ideale. Louis avrebbe di gran lunga preferito restare nel suo letto, ma Mark gli aveva seccamente ordinato di coprirsi e seguirlo. Non una parola gentile, non un per favore, non uno sguardo dispiaciuto. Aveva dodici anni, ma il patrigno continuava a trattarlo come un piccolo adulto subalterno e lui si ritrovava a godersi a pieno le ingiustizie della giovinezza e le responsabilità dell’età adulta. In altre parole, doveva fare quello che gli veniva ordinato, senza possibilità di scegliere niente della sua vita, ma nessuno usava con lui la tenerezza che si riserva ai bambini.
Il cielo era terso, ma le previsioni avevano annunciato un tornado per quella settimana. Di media ce ne era uno ogni cinquanta giorni, eppure lui ancora tremava come una foglia tutte le volte, senza che nessuno lo consolasse. Mai.
Seguiva il patrigno, concentrandosi sulla sciarpa che portava al collo, lana pesante che ondeggiava al vento. Troppo grezza per non irritargli la pelle morbida del collo. Quando raggiunsero l’edificio, una vecchia chiesa sconsacrata, Mark si fermò lì davanti attendendo che il ragazzo lo raggiungesse. Aveva le gambe più corte di Mark, non riusciva a sostenere il suo ritmo e aveva freddo. Ma quello, come sempre, non se ne era preoccupato.
-Questa notte ti mostrerò qualcosa, ragazzo. Qualcosa che, forse, ti spingerà a prendere più sul serio la tua istruzione- Louis avvertì la solita fitta di frustrazione all’ennesimo malcelato rimprovero che gli veniva indirizzato. Annuì senza dire niente e seguì l’uomo oltre il pesante portone di legno e ferro. Aveva un che di simbolico.
Attraversarono la navata fino a raggiungere l’altare grezzo. Louis si guardò intorno. Conosceva ogni angolo di quel posto, sebbene non vi avesse mai messo piede. Non gli piacevano le chiese, era come se qualcosa, dentro di lui, si ribellasse alla sensazione di divino. Le nicchie vuote lo inquietavano. Le immagini sbiadite dei santi lo scrutavano. Odiava la frustrante sensazione di già vissuto.
Mark fece forza spingendo via l’altare, al di sotto, un passaggio si apriva inquietante. Scale nel buio. Tante, ripide. Il ragazzino ingoiò il lamento. Seguì la scia di luce proiettata dalla torcia che il patrigno stringeva in mano. Scalino dopo scalino.
Le pareti erano in pietra, le ragnatele le ornavano in modo quasi elegante e Louis poteva solo stupirsi del fatto che qualche forma di vita potesse esistere in quel cunicolo.
Raggiunsero la cripta che si trovava al termine della scala. E Mark gli fece segno di seguirlo senza neanche voltarsi a guardarlo. Incurante del suo turbamento. Arrivarono in un’ampia sala. Quando Mark accese la luce, per un attimo Louis pensò si fosse fatto giorno, stupido. Non era misticismo, solo elettricità. Era tutto bianco. Era tutto sproporzionato. La sensazione era che non fosse un posto costruito a misura d’uomo. E gli venne in mente l’avversione degli uomini di lettere per la filosofia copernicana.
-Questo posto è simbolo di tutto quello che siamo Louis- Mark ripeté quelle parole, mai sentite, di cui però il ricordo era vivido. Louis spostò lo sguardo al centro, verso la scultura protagonista del tutto.
-Quello- continuò il patrigno seguendo il suo sguardo –Rappresenta la strada che dobbiamo percorrere per sopravvivere-
La scultura era in ferro e legno, ancora una volta. Ed era strana. Un’ancora con una corda intorno.
-L’ancora rappresenta gli uomini di lettere, gli uomini come noi- il ragazzo rabbrividì. Lui non lo era, non lo sarebbe mai diventato –è fatta di ferro, il materiale dei cacciatori. Per quel che riguarda la fune, il discorso è capovolto!- Louis guardò la fune con desiderio.
-Siamo entrambi necessari per combattere il male. E’ essenziale che lavoriamo insieme per prevalere-
Continuò a non parlare. Infondo, Mark non si aspettava che lo facesse. Non era importante cosa pensasse o perché. Ciò che contava era ascoltare. Ascoltare ed apprendere.
-In questo sotterraneo c’è tutto- Louis lo guardò –Gli accordi firmati tra uomini di lettere e cacciatori, oltre quel corridoio c’è la nostra accademia, dove un giorno andrai anche tu-
Avrebbe voluto urlare di no, che lui non ci sarebbe andato, che lui non voleva essere un uomo di lettere. Ma ancora una volta si zittì. Era un grande censuratore di se stesso, dopotutto.
-Cacciatori e Uomini di lettere si incontrano in questo luogo durante le crisi. E’ il nostro più grande arsenale e la nostra più grande biblioteca. E’ il nostro tutto Louis e tu sei nato per farne parte-
La consapevolezza si fece largo in lui in modo morbido, suadente e pigro. Come un risveglio. Stava sognando. Stava sognando un ricordo. Ora sarebbero usciti, sarebbero tornati a casa. Lui sarebbe inciampato e Mark lo avrebbe schiaffeggiato. Tutto come sempre.
-Forse riflettere una notte da solo qui dentro ti gioverà-
-COSA?- per la prima volta il ragazzo parlò. No, quello decisamente non era nel copione.
-Riflettici- la voce rimbombava sempre più lontana, mentre la figura di Mark scivolava distante senza neanche camminare.
-NO! Mark, no! Studierò, lo prometto. Non lasciarmi qui- il panico si era impadronito di lui mentre mentiva sapendo di mentire.
-Io non appartengo a questo posto- le luci si affievolivano ogni secondo, lasciando il passo al buio, ai mostri che non era pronto ad affrontare. All’errore. Al destino. Al sangue.
-MARK- strillò ancora quando le tenebre lo divorarono completamente. Non c’era niente. Il nulla fuori e il caos dentro.
Girò su se stesso, ancora ed ancora, fino ad abbandonarsi sulle proprie ginocchia, senza più trattenere le lacrime. Fino a che sentì un sibilo accennato.
Alzò gli occhi, e li vide in lontananza.
Occhi verdi.
 
....................................................
 
Louis saltò a sedere sul materasso all’improvviso. Era madido si sudore. La canotta appiccicata alla pelle, i capelli bagnati e gli occhi insolitamente spalancati, considerato il fatto che si fosse appena svegliato.
Si guardò intorno, riconoscendo la carta da parati sbiadita della stanza e tentando di regolarizzare il respiro si portò una mano al volto.
-Solo un sogno-
Non sapeva cosa lo turbasse di più. Il fatto di aver sognato Mark e Knowcity, ovvero l’aver rivisto quegli occhi. Forse gli occhi. Nel momento in cui li aveva incrociati, aveva sentito qualcosa di forte travolgerlo e, nella sua testa, il volto dell’uomo affascinante ed indisponente con cui aveva parlato alla festa di beneficienza aveva preso forma. Molto male. Significava distrarsi, focalizzare l’attenzione su qualcosa che non fosse il suo reale obiettivo. Desiderare il corpo di quell’uomo non era una cosa che potesse permettersi in quel momento. Perché era troppo affascinante per credere realmente di riuscire a limitarsi a possederlo una sola volta. Perché il modo in cui gli aveva parlato, le parole che gli aveva detto, lo avevano messo in allarme.
Hai bisogno di scopare, Tomlinson” si disse. Per questo velocemente si vestì e lasciò la sua stanza.
……......................................................................

Il bar era in periferia. Quando aveva visto le luci, Louis aveva parcheggiato Freddie ed era entrato senza indugiare oltre. Sperava solo di trovare quello che stava cercando: un ragazzo disponibile che non facesse domande.
Era al bancone quando iniziò a sentirsi osservato.
Il ragazzo era alto più o meno come lui, non poteva dirlo con certezza perché era seduto su uno sgabello. Era più massiccio ed indossava una camicia bianca di dubbio gusto. Aveva i capelli castani, sparati in aria e le labbra carnose. Gli occhi erano marroni e piccoli, quasi sparirono quando quello gli sorrise.
Lui si aprì in una smorfia maliziosa.
Sembrava perfetto. Non male, ma neanche dolorosamente bello. Neanche lontanamente paragonabile all’idea di perfezione che lo avrebbe distratto. Quello era un tipo da “vieni, assapora e passa oltre”. Era un sapore di quelli piacevoli e banali, che se ti fermi a pensarci ti ricordi, ma che non ti mancano. Tipo l’insalata. A Louis piaceva l’insalata, ma non si era mai ritrovato a vagare come un pazzo per cercarla, a smaniare per averla. Infondo l’insalata si trova ovunque.  Harry Styles, invece, era una grossa fetta di torta alla crema, come quella che Louis aveva mangiato una volta sola, in una sperduta cittadina dello Utah, mentre dava la caccia ad un demone. Gliela aveva preparata una vecchietta adorabile. Non aveva mai mangiato niente di così buono in vita sua. Gli venne l’acquolina in bocca.
Il fatto che il tipo fosse interessato era praticamente ovvio. Quello incoraggiato lasciò il suo sgabello per raggiungerlo.
-Sono Stan- gli porse la mano sorridendo.
-Louis-
Il tipo fece un cenno al barista che immediatamente dopo portò due birre.
-Offro io-  ammiccò Stan.
Louis sorrise.
-Stai cercando di rimorchiarmi?-
-Sarebbe un problema?- scosse la testa in segno di diniego e si leccò le labbra prima di portare il boccale alla bocca e bere una generosa sorsata.
Con la coda dell’occhio, vide il ragazzo seguire ogni suo movimento e deglutire.
-E allora..- provò in difficoltà –Cosa ti porta qui, Louis ?-
-La caccia- lo divertiva mescolare verità e menzogna. Gli piaceva nascondere le cose in bella vista. Essere se stesso senza che gli altri potessero capire.
-E cosa cacci?- Stan sembrava seriamente interessato –Cervi? Volpi?-
Louis gli sorrise malizioso –Generalmente bei ragazzi disponibili..- si fece più vicino parlandogli sulle labbra
-mi piace trafiggerli in fretta e poi lasciarli liberi- Stan deglutì di nuovo.
-Ed io? Potrei essere una preda?-
-Dipende ..- fece finta di pensarci su –Vorresti esserlo?-
Il ragazzo annuì con talmente tanta energia che Louis si ritrovò a ridacchiare.
-Allora suppongo che mi seguirai in quel bagno- mandò giù il resto della birra e si alzò dallo sgabello, lasciandosi il tipo alle spalle.
Dovette aspettare davvero poco affinché Stan lo raggiungesse.
Appena qualche minuto, probabilmente il tempo di pagare le birre.
Non appena lo vide entrare, non gli lasciò tempo per niente, lo afferrò per un braccio e lo trascinò nel cunicolo sporco del bagno. Quello cercò di raggiungere la sua bocca, ma Louis si scansò delicatamente.
-Non siamo qui per baciarci come ragazzine- gli intimò accompagnando le parole con una carezza. Detto ciò lo fece voltare e appoggiare le mani al muro.
Lo penetrò con forza. Cercando di perdersi dentro di lui. Ad ogni stoccata il ragazzo gemeva forte, senza vergogna, e Louis si sentiva incitato a spingere ancora ed ancora. Doveva prendersi il suo piacere.
Il problema era che non poteva comunque fermare le immagini che si formavano nella sua testa.
Occhi verdi.
……............................................................................

Louis non si vergognava di essersi ritirato su i pantaloni in silenzio ed essersene andato senza dire una parola.
Il ragazzo, Steve, Stefan, Stan o comunque si chiamasse, era troppo sconvolto per cercare di fermarlo. Era stato piacevole, all’inizio, prima che quei maledetti occhi gli tornassero in mente.
Scosse il capo infastidito rientrando nel motel. Restava un’oretta prima dell’alba. Avrebbe potuto stendersi e riposarsi un attimo. Teneva la giacca in una mano, mentre pigramente cercava la chiave della sua stanza nella tasca. Quando però svoltò l’angolo per raggiungere la camera, trovò Liam che bussava alla sua porta.
-Louis accidenti a te, svegliati!- gridava, ma lo faceva sottovoce. Louis sollevò un sopracciglio interdetto.
-Non mi sveglierò mai se bussi così piano!- gli disse una volta arrivato alle sue spalle facendolo saltare su se stesso.
-Mi hai fatto prendere un colpo-
Il cacciatore ridacchiò mentre l’altro si portava una mano al petto ed aprì la porta gettandosi, immediatamente dopo, a peso morto sul materasso, tra le lenzuola ancora sfatte.
-Che succede?- Liam era rimasto sulla soglia a guardarlo.
-Dove sei stato?-
Nessuna risposta e il castano seppe di dover lasciar perdere, non avrebbe ottenuto altre informazioni. Inoltre i capelli spettinati, i vestiti sgualciti e l’espressione parzialmente appagata la raccontavano lunga. Alzò gli occhi al cielo e decise di andare direttamente al punto.
-Ho intercettato una conversazione della polizia locale, è stato trovato un cadavere dissanguato nel bosco!- lo informò catturando, finalmente, l’attenzione dell’altro.
-Ho tempo per farmi una doccia?-  si tirò a sedere.
-Ti aspetto sotto, fa che sia veloce!-


ANGOLO DI MIKA

Salve gente! Eccomi qui con il nuovo capitolo. Lo so che non ci sono i Larry, ma credo comunque sia importante perché fornisce parecchie informazioni sulla trama orizzontale :D
Probabilmente, comunque, oggi ne pubblicherò anche un altro, visto che la prossima settimana non ci sarò.
Spero mi facciate sapere cosa ne pensate.
Per il momento vi saluto,
A presto, Mika!

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Capitolo 5
*** CHAPTER IV- Don’t call me “Wolf” ***


CHAPTER IV- Don’t call me “Wolf”


La luce dell’alba era inquietante, Louis lo aveva sempre pensato.
Le persone si ostinavano a ritenere che fosse romantica, così rosa, così tenue. Invece no. Era inquietante e falsa. Perché arrivava piano, e ti sorprendeva a fare cose che sarebbero dovute restare nel buio.
Sebbene gli alberi regalassero ancora la penombra, Louis trovava che quella luce rosastra fosse comunque fuori luogo, mentre una manciata di poliziotti studiava il corpo di donna riverso a terra, spezzato, scomposto e svuotato. I poliziotti avevano lasciato che lui e Liam si avvicinassero al cadavere, in cambio di una  menzione nelle prime pagine del loro fantomatico giornale. Non ci avevano messo molto a riconoscere i fori tipici dei morsi di vampiro, sparsi sul corpo della donna.
-Cosa ne pensi?-
-Che non vedo l’ora di chiudere la testa di questo mostro in un sacco- rispose Liam stringendo le nocche, negli occhi la tipica espressione ferina che lo coglieva ogni volta che si trovasse davanti una morte sovrannaturale. Gli stessi fantasmi che Louis riconosceva da quando, una sera, Liam gli aveva raccontato la sua storia, davanti ad una birra in un sudicio pub in Indiana. Avevano appena ucciso una sirena.
-La parte più difficile sarà trovarlo- osservò, mentre con gli occhi azzurri scrutava il corpo –E’ chiaramente un novellino. I Vampiri adulti fanno le cose in modo molto meno rozzo- l’altro annuì alle sue osservazioni. Sarebbe stato un lavoro semplice una volta trovato il nido. Quella era chiaramente opera di un solo vampiro, affamato e incapace di contenersi. Entrambi avevano affrontato di peggio.
-Dobbiamo attirarlo di nuovo qui ..- Louis annuì, erano entrambi sulla stessa lunghezza d’onda.
-Stanotte-
-Farò io da esca!- si propose Liam –Mi ferirò, lo attirerò con l’odore del sangue, tu sbucherai dagli alberi e … ehi chi è quello?-  si voltò verso i margini della radura, dove era puntato lo sguardo di Liam, e riconobbe la figura elegante, che se ne stava appoggiata ad un albero, con un’espressione impassibile sul volto, ad osservare la polizia che spostava il corpo.
-Harry Styles- rispose, senza guardare in faccia l’amico.
Harry, come se si fosse sentito chiamare, spostò gli occhi su di lui. Non sembrava sorpreso. D’altronde chissà da quanto tempo era lì, probabile che lo avesse già visto. Gli sorrise, in segno di saluto.
-Ti sta sorridendo ..-
-Lo vedo, Liam-
-Ti sta facendo “ciao” con la mano ..-
Louis distolse lo sguardo dalla figura di Harry, e guardò l’amico.
-Lo conosci?-
-Non direi. Ci ho parlato alla festa- tornò a guardarlo un attimo, giusto per constatare che quello lo stesse ancora osservando –Vado a vedere cosa vuole ..-
Camminare con quegli occhi verdi appiccicaci addosso non era così semplice o automatico.
-Che ci fai qui?-
-Ciao anche a te, Louis! E’ un piacere rivederti- lo salutò cordiale, con un sorriso mozzafiato stampato sul volto.
-Cosa ci fai qui?- ripeté.
-Potrei farti la stessa domanda … - Louis tentennò appena un attimo.
-Sono un giornalista, fa parte del mio lavoro-
-E anche il tuo amico è un giornalista?- chiese indicando Liam che nel frattempo fingeva miseramente di studiare il muschio sul tronco di un albero lanciando ai due occhiate interdette nella vana speranza di non essere visto.
-Esatto, lo è..-
-Quale giornale manda ben due giornalisti per un pezzo sul turismo?-
-Stai davvero discutendo delle scelte editoriali del mio capo?-
Harry sollevò le spalle indifferente e Louis sospirò prima di parlare ancora.
-Non hai risposto alla mia domanda, comunque..-
-Mi piace passeggiare nel bosco di prima mattina- disse indifferente –Sono capitato qui per caso e mi sono fermato a dare un’occhiata. Non so cosa tu abbia pensato, Louis, ma sono un semplice e banale curioso .. – si morse il labbro guardandolo fisso. Louis si sentiva a disagio, ma qualcosa non lo convinceva. Quel ragazzo, chiaramente, nascondeva qualcosa e, nonostante le sue parole, non sembrava darsi troppo la pena di non insospettire la gente. Il modo che aveva di dire le cose, suonava continuamente allusivo. Era come se fosse colmo di non detti.
-Cosa ne pensi?-
-Mi piacerebbe parlarne con te, ma ora devo davvero andare- si passò una mano tra i capelli ricci –Se vuoi, però, puoi passare a casa mia questo pomeriggio. Potremmo approfondire questo ed altri argomenti. Sono certo che i tuoi siano più che validi e degni di attenzione, raggio di sole-
Il cacciatore lo guardò con odio –Non chiamarmi così, Mr Styles-
-E’ adorabile il modo in cui fingi che ti dispiaccia- rise quello prima di dargli le spalle e tornare sul sentiero.
Aveva deciso. Lo odiava profondamente. Poco importava che fosse bello o attraente o dotato di quella voce. Cercò di trovarlo meno appetibile convincendosi che, essendo così alto, per la legge della pistola dovesse essere poco dotato. Sicuramente era poco dotato. Il suo cazzo sarebbe stato indirettamente proporzionale alla sua spocchia. Quindi minuscolo.
Tornò da Liam irritato fino all’inverosimile, l’amico lo guardava interdetto.
-Scoperto qualcosa di interessante?-
-No. Mi ha chiesto di andare a parlarne a casa sua-
-Ah, e ci andrai?-
-Credo di sì- il nervosismo nella voce era evidente, sebbene fingesse indifferenza.
-Louis..- tentò Liam –Lo sai che io non ho niente in contrario alle tue scappatelle, ma forse dovremmo conc…-
-Cosa farnetichi, Payne???- Louis aveva lo sguardo assottigliato, e Liam fece automaticamente un passo indietro –Vado perché potrebbe aver visto o sentito qualcosa! E poi perché è un tipo sospetto, e non mi piace per niente. Anzi, mi sta proprio sul cazzo per essere precisi!-
-Onestamente Louis .. eravate più da “ti strapperei tutti i vestiti di dosso” che da “non ti sopporto”-
-Ti ho forse chiesto un’opinione Liam?- quello abbassò lo sguardo colpevole –Non ti impicciare!-
-Che coraggio, Tomlinson! Tu ti impicci sempre con Mary!- protestò.
Louis sorrise sollevando le sopracciglia divertito –Stai dicendo di voler strappare i vestiti di Mary?- l’altro assunse un amabile colorito bordò –No.. io.. che c’entra .. – Louis rise più forte –Oh vaffanculo Tommo, sei impossibile!- .

…………………………………………………………………


Louis Tomlinson non era un codardo. Non lo era mai stato. Dunque, non c’era alcun motivo per cui dovesse procrastinare il momento in cui avrebbe bussato all’enorme portone di Villa Styles. Fece un profondo respiro. Odiava essere lì. Odiava la sensazione di inadeguatezza ed imbarazzo che lo coglievano davanti ad Harold Styles, come recitava il citofono che stava guardando da circa dieci minuti.
Alla fine, era sul punto di farsi coraggio e suonare quando il portone si aprì mostrandogli il luminoso sorriso del padrone di casa.
-Che piacere vederti, Louis..-
-Posso entrare?- Harry non sembrava turbato dai suoi modi bruschi. Gli fece segno di seguirlo, e lui indugiò appena sull’uscio per poi guardarsi intorno stupito. Tutto ciò che era all’interno era regale. I tappeti sui quali stava camminando, i soffitti alti, gli arazzi, gli affreschi, le statue, per finire con il proprietario di tutto ciò che vedeva. Si accorse che era comunque elegante, nonostante fosse in casa sua. Portava un vestito a righe, che messo su chiunque altro sarebbe risultato probabilmente ridicolo.
Raggiunsero il salone ed Harry si sedette, facendogli segno di accomodarsi.
Louis si torturò le mani, prima di parlare di nuovo.
-A quanto pare sono finito nella tana del lupo- il ragazzo rise, eccessivamente divertito secondo quanto pensava il cacciatore.
-Non essere offensivo Louis- lo invitò portandosi una mano alle labbra –Non direi proprio lupo- lasciò correre la bizzarria dell’affermazione.
-Vivi da solo?-
-Con mia sorella, ma non ci disturberà- lo informò –siamo soli ..-
E forse, era leggermente allusivo, ma Louis decise di ignorarlo ancora. Harry non gli toglieva gli occhi di dosso. Bruciavano, ma riusciva a leggerci dentro diverse cose: curiosità, malizia, sfida, malizia, diffidenza, e ancora malizia. Ok, era possibile che la malizia fosse la nota predominante.
-Hai notato qualcosa di .. insolito .. nel bosco, stamattina?- voleva andare subito al sodo. Non conosceva Harry, ma dalle poche volte che ci aveva parlato, aveva capito che, qualora volesse estorcere un’informazione di una qualunque utilità, non avrebbe dovuto permettergli di portare la conversazione su altri piani.
-Intendi, cadavere a parte?-
-Non è la prima volta che capita da queste parti ..-
-Non ho notato niente- scosse la testa –in che rapporti siete tu ed il tuo collega?-
-Come, scusa?- Louis strabuzzò gli occhi sconcertato. Quella davvero non se l’aspettava.
-Una risposta ciascuno, raggio di sole!-
Il cacciatore sbuffò frustrato, decidendo di stare al gioco –In buoni rapporti- buttò lì, consapevole dell’ambiguità della sua affermazione. Gli venne quasi da ridere immaginando la reazione che avrebbe avuto Liam.
-Come pensi sia stata uccisa quella donna?-
-Dicono sia stato un animale-
-Non ti ho chiesto cosa dicono- sorrise-Ti ho chiesto cosa pensi tu..-
Harry sembrava più divertito che infastidito dal fatto che Louis avesse scoperto il suo bluff.
-Suppongo sia stato qualche tipo di animale, in un certo senso- si picchiettò il mento –Fate sesso?-
-No- rispose Louis calmo –Non è strano che tu ti trovassi sul luogo del delitto, al momento del delitto e non abbia visto nulla?- incalzò.
-Sono arrivato dopo, Louis. Esattamente come te- sospirò –Perché un giornalista che scrive di turismo verrebbe in casa mia con l’atteggiamento di qualcuno che mi sta accusando di un omicidio?-
-Potrei essere un poliziotto sotto copertura ..- suggerì prontamente. Quella era la sua seconda scusa, infondo. Harry sorrise obliquo, come se lui avesse detto esattamente quello che voleva sentire. Si sporse in avanti, avvicinandosi al suo volto.
-Non hai bisogno di scuse per ammanettarmi, Louis …- lo informò accarezzando la sua coscia.
Louis si irrigidì. “Ce l’ha piccolo” si disse imponendosi di non abbassare lo sguardo per controllare.
-Non ti sto accusando di niente!- sbottò allontanando la gamba –Ma tu dai l’impressione di sapere molto più di quello che dici. Solitamente chi sa e non parla è coinvolto. E tutto questo è pericoloso-
-Sei preoccupato per me?-
-Sono serio, Harry!-
-Anche io, Louis!- rispose a tono. Nemmeno più l’ombra del sorriso di poco prima sul volto –Hai ragione, è pericoloso. E ti suggerirei di tirartene fuori. Qui sappiamo affrontare da soli i nostri mostri- a Louis non sfuggì l’uso della parola, né il tono con il quale era stata pronunciata –Dunque, forse, dovresti andartene e lasciar perdere-
Chi diavolo era quel ragazzo? Cosa ne sapeva del suo mondo? Era uno stregone? Un cacciatore? No, non aveva l’aria di essere nessuno dei due. Louis non riusciva a venirne a capo. Forse era un uomo di lettere, ma era improbabile che non lo conoscesse, allora.  Non riusciva neanche a capire se dovesse considerarlo un nemico o una sorta di alleato. Era certo solo del fatto che le sue parole non fossero scelte a caso. Harry sapeva di cosa stavano parlando, gli stava intimando di lasciare la caccia. Ma se pensava di aver anche solo una possibilità di convincerlo, allora non era intelligente come credeva di essere.
-Non me ne andrò di qua finché quell’animale non sarà morto-
-Allora suppongo che ci rivedremo ..-  concesse tornando a sorridere –dovremmo cercare di cogliere gli aspetti positivi della cosa ..-
-Abbiamo una visione molto diversa rispetto a cosa sia positivo o meno, Styles ..-
-Continua a ripetertelo, dolcezza!- Louis scattò in piedi e prese la via della porta senza salutare, più che altro per evitarsi di dargli un cazzotto in faccia, finendo con il deturpare quel faccino. Quando si ritrovò nell’ingresso, un ringhio basso catturò la sua attenzione. Proveniva da una porta in metallo nero, che prima era inspiegabilmente passata inosservata. Sembrava conducesse in una sorta di dispensa o cantina. Stava per seguire il rumore quando la voce di Harry Styles lo costrinse a voltarsi per trovarlo appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate.
-Curioso di vedere la mia stanza dei giochi, LouLou? Vuoi giocare a cinquanta sfumature di grigio? Devo chiamarti Anastasia?-
-A differenza tua io non leggo letteratura erotica di quarta mano per ragazzine arrapate- abbaiò.
-Ma sai perfettamente di cosa parlo ..-  Louis si lasciò andare ad un verso che esprimeva tutta la sua irritazione, dopo di che, dimentico del rumore di poco prima, uscì da quella casa sbattendosi la porta alle spalle, con ancora il fastidioso suono della risata di Harry nelle orecchie.
Aveva talmente tanta fretta di mettere distanza tra lui e quel tipo insopportabile, che si andrò a scontrare direttamente contro un corpo caldo.
-Hey hey, dove vai bellezza?-
Louis alzò la testa di scatto. Aveva le fiamme negli occhi. Il prossimo che si fosse rivolto a lui con un qualsiasi aggettivo che terminasse con la –a sarebbe morto. Dolorosamente.
Diede una spallata al ragazzo con la faccia cavallina che aveva urtato poco prima e se lo lasciò alle spalle. Non si sarebbe fatto più la barba in vita sua.

…………………………………………………………………………..
 

PoV Harry  
Non appena Louis chiuse la porta, Harry tirò un respiro di sollievo. I suoi “figli” si erano quasi fatti scoprire. Poteva scommettere fosse stato Kayle a ringhiare. Era quello che reagiva peggio alla presenza degli umani.
Ritornò in salotto, stanco. Quel ragazzo lo sfiancava e confondeva. Harry conosceva benissimo la sua storia, sapeva benissimo chi fosse. Cosa fosse. La prima volta che lo aveva incontrato a Charles Lake, a casa del sindaco, aveva maledetto il fato in tutti i modi possibili. Poi si era convinto che potesse essere un bene tenerlo sotto controllo. Doveva capire quanto sapesse di Knowcity e quante possibilità ci fossero che si dirigesse in Kansas. In realtà il fatto che non fosse già sul posto, lo aveva quasi rincuorato.
Il problema, adesso, era decidere se fosse opportuno farlo fuori.
Sarebbe un vero peccato”.
-Da  quando lasciamo che dei cacciatori gironzolino indisturbati per casa nostra?- Harry sospirò.
-Quello non è un cacciatore normale, Gemma- la avvertì lasciandosi cadere pesantemente sul divano e portando alle labbra il calice vermiglio che si era appena versato –E’ speciale..-
La vampira sospirò alzando gli occhi al cielo e raggiungendo il fratello.
-Lo so io che ha di speciale!- lo canzonò –Qualcosa che ondeggiava stretto in maniera indecente in quel paio di jeans..- Harry rise guardandola in faccia.
-Ha un culo davvero notevole, in effetti-
Gemma sbuffò –Ascolta Haz, non mi importa se giochi con il cibo prima di mangiarlo, ok? Ma cerchiamo di non cacciarci nei guai per soddisfare i nostri appetiti-
-Per quanto la cosa mi riempirebbe di piacere, non sono stati i miei appetiti ad attirare Louis Tomlinson qui! Ma i cadaveri disseminati da vampiri troppo giovani per riuscire tenere a freno le zanne-
-Dovremmo farlo fuori-
-Sono in due, Gemma-
-Oh perdonami- fece lei fingendosi dispiaciuta per poi parlare ancora –Dovremmo farli fuori entrambi- terminò.
-Sai meglio di me che i Cacciatori sono come l’Idra. Ne fai fuori uno e ne sbucano tre!- osservò ovvio, leggermente annoiato dal fatto di dover spiegare una cosa così sciocca alla sorella.
-Qual è il tuo piano, quindi?-
-A volte, per ottenere un risultato soddisfacente, è necessario compiere dei sacrifici .. –
Gemma serrò le labbra e voltò la testa. Aveva abbastanza esperienza da sapere quanto Harry avesse ragione, ma l’idea non le piaceva affatto.
Neanche Harry era entusiasta. Ma sapeva che era l’unica strada. In primo luogo perché non era ancora certo di voler eliminare Louis e poi perché la morte di un cacciatore avrebbe attirato altri cacciatori. E quella era casa loro, lo era stata per molto tempo. L’ultima cosa che voleva era essere costretto ad abbandonarla.
Doveva scegliere uno dei vampiri giovani e gettarlo in pasto a Louis e il suo amico. Loro lo avrebbero trovato. Lo avrebbero ucciso e, sicuri di aver risolto il problema, se ne sarebbero andati. I cacciatori prima sparavano e poi facevano domande, dunque, il rischio che scoprissero qualcosa era infinitesimale. Niente sarebbe andato storto, e lui avrebbe avuto tutto il tempo per decidere cosa farne del ragazzo senza che la sicurezza di casa sua venisse compromessa.
-Hai già pensato a chi…-
Harry annuì non facendole terminare la frase.
-Kayle- pronunciò pianissimo –la colpa è sua, è lui che ci ha messi in questa situazione-
-Non mi piace comunque, Harry- Gemma era agitata –Non mi piace mai, ogni volta che la nostra specie deve rinunciare a qualcosa per colpa degli umani-
-Non piace a nessuno, Gems- convenne –Ma è un equilibrio che funziona da sempre- insistette.
-Sono secoli che viviamo in questo modo-
-Ma ora potrebbe cambiare ..-
-Il cambiamento non sempre è negativo-
-Non è nemmeno sempre positivo-
-Ma Nick ha detto ..-
-Da quando ti fidi più dell’opinione di Nickolas che della mia?- sbraitò lui. Strinse talmente tanto il bicchiere, nella foga della conversazione, che quello si frantumò in mille pezzi. Il sangue gli colava sulle mani, finendo in gran parte ad imbrattare il tappeto prezioso a terra.
-Io .. scusami ..-
-Scusami tu .. – rispose stancamente, portandosi la mano pulita alla tempia –Non avrei dovuto urlarti addosso. Noi dobbiamo rimanere uniti- le disse –Ci sto pensando, Gemma. Te lo prometto. Farò quello che ritengo più giusto per noi-
-Lo so ..-
Rimasero in silenzio, uno davanti all’altra. La mano di lei poggiata sul suo avambraccio. Gli occhi che raccontavano secoli di condivisione, di discussioni, di giochi, di affetto.
Il sole che fuori tramontava, illuminando la figura del capo dei Mutaforma che, senza essere visto, aveva ascoltato tutto.

……………………………………………………
 

PoV Louis
 

Quando rientrò nella sua stanza, non si stupì di trovare Liam seduto sul suo letto, con il portatile in grembo che parlava su Skype con Niall e Mary.
-Come è andata?- gli chiese.
Louis gettò la giacca sulla scrivania, prima di sedersi vicino all’amico.
-Un buco nell’acqua. Più o meno .. quel tipo non mi convince-
-Oh guarda Mary, non lo hai notato?- Louis guardò di sottecchi il biondo nello schermo.
-Oh sì Niall! E’ così tenero- Liam sghignazzò.
-Di cosa state parlando?- sbottò Louis.
-Del luccichio nei tuoi occhi, Lou!-
-Idioti! Liam sei un uomo morto!- sbottò –Ad ogni modo questo tizio …-
-Chi quello bello che ami?-
-Il tuo nuovo fidanzato?-
-L’uomo che sposerai?-
-Con il quale adotterai dei bambini?-
-Che porterete insieme all’asilo?-
Decisamente, si stavano vendicando di anni ed anni di soprusi. Forse, se Louis fosse stato una persona diversa, incline a comprendere il concetto di uguaglianza e democrazia si sarebbe fatto una risata. Ma non lo era.
-FINITELA- tuonò –Questo tizio, Harry Styles ..-
-Li chiameremo Larry – sussurrò il biondo alla cugina che si lasciò andare ad una risata lievemente malvagia.
-Niall, sei consapevole del fatto che io abbia libero accesso alla tua tinta per capelli, vero?- chiese Louis con un sorriso dolce e tutta la calma del mondo. Finalmente il ragazzo tacque.
-Dunque, Harold Styles. Non mi piace. E’ strano e da l’impressione di sapere troppe cose. Vedete se riuscite a trovare qualcosa su di lui-
I due annuirono.
-Bene, adesso io e Niall ce ne andiamo e vi lasciamo soli a fare maialate via cam- aggiunse alzandosi dal letto.
-LOUIS- sia Mary che Liam sembravano sul punto di sotterrarsi dall’imbarazzo.
-Oh, non preoccupatevi. Faremo finta di non avervi sentiti gemere dopo!-
Lasciò la stanza appena in tempo per evitare il cuscino che Liam gli lanciò contro.

ANGOLO DI MIKA
Come promesso qui abbiamo il secondo capitolo della giornata!
La storia piano piano prende forma!
Il prossimo capitolo, si chiamerà Matryoshka Plans!
A presto, Mika

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Capitolo 6
*** CHAPTER V - Matryoshka Plans ***



-Sei sicuro di voler andare tu? Se preferisci vado io!- era la milionesima volta che Louis ripeteva quella domanda.
Non gli piaceva aspettare, non era mai stato un tipo paziente. L’idea di Liam esposto e sanguinante nel bosco, mentre lui se ne stava al sicuro dietro un albero lo inquietava, nonostante fosse consapevole che si sarebbe trattato di appena pochi attimi. Non appena il vampiro si fosse mostrato, sarebbe sbucato fuori e l’avrebbero affrontato insieme contando sull’effetto sorpresa. Sarebbe stato un lavoro semplice. Due contro un solo giovane vampiro distratto dall'odore del sangue. Era quasi noioso.
Ad ogni modo, l'idea di lasciare l'amico solo continuava a non piacergli.
Inoltre il messaggio di Mary “Se gli succede qualcosa ti ammazzo” gli aveva messo un po’ di ansia addosso.
-La tua fidanzata è preoccupata per te!- lo informò, riponendo il cellulare nella tasca.
Liam arrossì –Non è la mia fidanzata .. – farfugliò in evidente imbarazzo –Siamo amici .. -.
-Oh, questo mi solleva molto, visto che lei sta uscendo con quel tipo …-
-QUALE TIPO?- Louis scoppiò a ridere –Oh Lee, sei uno spasso!-
Prima che se ne rendessero conto, dopo una birra ciascuno, una manciata di sigarette per Louis, e diverse allusioni alla “relazione mi domando perché ancora platonica” tra Mary e Liam, il sole calò decretando l’inizio del piano.
-Puoi farlo tu? Il mio istinto di sopravvivenza me lo impedisce ..- Louis guardò l’amico sollevando il sopracciglio. Era incredibile. Aveva visto Liam condividere il suo disprezzo per qualsiasi forma di mostro. Lo aveva visto tagliare gole, gettarsi in combattimenti, affrontare nemici temibili con una freddezza ai limiti dell’umano. Non avrebbe mai potuto scordare il modo in cui il suo sguardo cambiava durante la caccia. Da dolce, appena timido, diventava freddo e inespressivo. Era come se riuscisse a chiudere tutto fuori. Sentimenti, affetti, ricordi, timori.
Diventava glaciale. Una macchina.
Eppure, aveva paura a farsi un taglietto da solo.
Afferrò il coltello che gli stava porgendo, e mentre l’altro guardava dall’altra parte gli provocò un taglio sul braccio sinistro, abbastanza profondo da perdere la quantità necessaria di sangue per attirare il vampiro. Dopo di che si guardarono per appena qualche secondo.
-Ti copro le spalle-
E Liam guadagnò il centro della radura.
 




Harry aveva fatto in modo che Kyle riuscisse a lasciare la villa, quella notte. Il vampiro, era troppo su di giri, troppo concentrato sull’idea del sangue, per fermarsi a riflettere su quanto fosse improbabile che Harold gli permettesse la fuga due volte consecutivamente.
Ad una velocità impossibile corse nel bosco. Il riccio gli stava dietro senza problemi, ad una certa distanza. Voleva controllare che tutto andasse nel modo giusto. La storia era semplice. Kyle avrebbe attaccato Louis ed il suo amico, loro lo avrebbero ucciso e convinti di aver risolto il problema se ne sarebbero andati. Stop. Fine.
Niente drammi; niente battaglie; niente cadaveri da rimuovere; niente cacciatori ficcanaso.
C’erano diverse note stonate in quel piano, tanto per cominciare non avrebbe potuto scoprire che intenzioni Louis avesse rispetto al Kansas; in secondo luogo aveva cominciato a solleticarlo l’idea di approfondire in qualche modo la conoscenza con il cacciatore. Per come si erano messe le cose, però, non c’era altra soluzione. Non poteva mettere a rischio casa sua.
Nonostante fosse convinto del suo piano, non riusciva ad impedirsi di provare un forte senso di pietà nei confronti del figlio che stava mandando a morire. Tutti i vampiri che in quei giorni lo avevano raggiunto, appartenevano alla sua discendenza di sangue. Secondo il loro codice, lui, avrebbe dovuto occuparsi di loro come un padre. Purtroppo, però, non sempre era semplice. A volte, dovevano essere prese decisioni difficili, come quella di sacrificarne uno per salvarne molti. L’eterna dicotomia tra padre e leader. Ed Harry doveva decidere quale dei due essere.
Ad ogni modo, il minimo che potesse fare era restare a guardarlo morire. Forse, era il suo modo di punirsi e fare ammenda.
Era molto strano quello che provava in proposito. Non aveva grande stima di quei novellini, ma il fatto di doverli proteggere era una sorta di legge naturale alla quale, persino lui, faticava a sottrarsi.
I suoi sensi si acuirono e iniziò a correre più veloce quando il vento gli portò sotto il naso una potente zaffata di sangue. Sentì l’acquolina in bocca e riuscì ad immaginare quale dovesse essere la confusione e l’eccitazione del giovane vampiro.
Prima di raggiungere la radura, si arrampicò sugli alberi per poter studiare la situazione dall’alto. Trovò la posizione perfetta, appollaiato su un ramo, impossibile da scorgere a causa dell’oscurità. Vedeva tutto. Vedeva il cacciatore al centro della radura, tenersi il braccio sanguinante. Vedeva Louis, quasi sotto di lui, dietro un albero in attesa. Vedeva Kyle, al margine, ancora nascosto tra gli alberi, annusare l’aria famelico. Harry sapeva che sarebbe stata questione di secondi, prima che Kyle si rivelasse.
Pochi istanti dopo, infatti, quello uscì dall’ombra fitta della vegetazione, portandosi davanti al ragazzo.
-Ciao-  lo salutò fingendo educazione –Cosa ci fa la mia cena a spasso per il bosco, già apparecchiata?- ridacchiò mostrando le zanne.
Il cacciatore non fece una piega. Lasciò andare il braccio ferito e afferrò un pugnale che evidentemente teneva alla cintola. Non diceva una parola, non mostrava un’emozione.
All’improvviso, senza che Harry potesse neanche registrarne i movimenti, Louis fu al suo fianco. Una pistola saldamente stretta in mano.
-Ti stavamo giusto aspettando, mostro!- lo appellò sorridendo sfrontato. Le spalle erano rigide, ma non sembrava spaventato. Era piuttosto follemente eccitato, e affamato di morte. Era come se riconoscesse nei tratti deformati del volto di Louis la stessa espressione che aveva lui stesso prima di succhiare via la vita dalle vene di qualcuno. O forse no. Louis sembrava molto più animale.
Kyle in un primo momento sembrò interdetto davanti alla seconda apparizione, ma alla fine ridacchiò.
-Più cibo per me- disse, immerso nello stolto senso di onnipotenza che caratterizzava i giovani. Si mosse velocemente, ma Louis sparò andando a segno. Dritto allo stomaco.
Era ovvio che fosse ferro benedetto. Era ovvio che Kyle sarebbe caduto.
In meno di un secondo i cacciatori gli furono addosso. Fu veloce e spietato. Quando si alzarono, Liam stringeva i capelli di Kyle nella sua mano, la testa penzoloni era staccata dal corpo. Harry chiuse gli occhi.
Doveva placare la furia, ricordarsi del piano e sopprimere il naturale desiderio di vendetta che gli stava attanagliando lo stomaco.
Cercava di ricordare a se stesso che era stato lui ad architettare tutto. Che avrebbe dovuto essere soddisfatto, perché il piano era andato esattamente come doveva andare. Aveva risolto il problema e poteva dedicarsi completamente a quanto il conclave gli stesse chiedendo.
Louis ed il suo compare avrebbero bruciato il corpo di Kyle e se ne sarebbero andati. Casa sua sarebbe stata salva.
Aprii gli occhi giusto in tempo per vedere Louis dar vita alle fiamme.
Le lingue di fuoco lambivano il corpo di Kyle, danzando come ombre sul volto inespressivo del cacciatore, rendendo l’azzurro intenso di quegli occhi incandescente. Aveva un’espressione di vuota determinazione e di profondo disprezzo.
Non gli piaceva. La odiava.
Girò la testa dall’altra parte.
Kyle era stato una persona. Aveva avuto una famiglia. Aveva una vita prima che qualcuno lo trasformasse in un mostro. Sentiva su di se il peso dell’ingiustizia che incombeva. Doveva andarsene, stava per decidere di andarsene quando fu travolto da suoni ed odori che non avrebbe mai voluto sentire.
Li riconobbe tutti, ad uno ad uno prima di vederli. I suoi figli.
 Si voltò di scatto giusto in tempo per vedere i cacciatori sotto di lui fare lo stesso.
La radura, improvvisamente, brulicava di vampiri. Erano una ventina. I suoi figli. Quasi tutti. Ne riconosceva i volti, le venature nere intorno agli occhi, i canini esposti. Li guardò mentre osservavano il corpo ardente del proprio fratello, per poi spostare lo sguardo furente sui due cacciatori.
-Non sapevo ci fosse una veglia funebre in programma!- Liam girava su se stesso, spalla a spalla con Louis.
Entrambi erano stati colti di sorpresa.
Doveva essere un solo vampiro. Un lavoretto facile.

Ma ovviamente, mai una volta che le cose andassero come sarebbero dovute andare.

Per la prima volta, dopo tanti anni, Harry si trovò spiazzato. Restò immobile, a guardare i vampiri girare intorno ai cacciatori. Guardò Louis, con le spalle tese, mentre stringeva la pistola in un pugno ed il coltello nell’altro.
Eppure era certo di aver chiuso ogni via d’uscita ai suoi figli.
E poi c’era Gemma. Se ne sarebbe accorta, li avrebbe fermati. A meno che non li avesse liberati lei stessa.
Scosse la testa.  Non voleva neanche prendere in considerazione quell’ipotesi. Gemma era l’unica persona di cui realmente si fidava nella sua vita. Non avrebbe mai disobbedito in quel modo. Non avrebbe mai cospirato alle sue spalle.
Sotto di lui, la battaglia impazzava. Vide molti dei suoi figli cadere. Ed ogni volta era come se qualcosa dentro di lui si spezzasse. Qualcuno, era riuscito a mettere a segno qualche punto. Mordendo Liam  o Louis, ma sempre superficialmente e puntualmente venivano abbattuti.
Le probabilità erano decisamente favorevoli ai vampiri, comunque. Erano numerosi, giovani e forti. I cacciatori erano due e piuttosto malconci.
-LIAM- l’urlo di Louis non arrivò abbastanza in fretta. Una giovane vampira, Tess, aveva raggiunto il fianco scoperto dell’altro cacciatore mordendolo con forza. Prima che, però, potesse dissanguarlo o farlo fuori, la pistola di Louis esplose un colpo che con precisione chirurgica piazzò un proiettile nella testa di Tess.
Harry praticamente guaì.
Doveva pensare in fretta. Doveva intervenire.
Sapeva quale fosse la migliore soluzione. Scendere in campo. Gli sarebbero bastati un paio di secondi per staccare la testa di Louis. Certo, avrebbe dovuto poi affrontare l’arrivo di altri cacciatori, ma per quando quelli fossero arrivati lui e Gemma sarebbero già stati a Knowcity. Una volta morto il ragazzo, non ci sarebbe stata ragione di ostacolare il piano dei sovrannaturali.
Era stato stupido da parte sua cercare una soluzione alternativa. Era stato cieco a non vedere che la soluzione più semplice era sempre stata quella di far fuori il ragazzo. Avrebbe dovuto staccargli la testa anni prima, mentre lo guardava abbandonare la sua casa.
Ma qualcosa in quello sguardo determinato lo aveva fatto desistere. Ora ed allora.
Erano rimasti sette dei suoi figli.
Solo sette.
Louis sembrava un leone. Combatteva con una tenacia incredibile, davanti al corpo del compagno a terra. Lo difendeva con una determinazione furiosa. Uccidendo ogni creatura provasse ad avvicinarsi.
Ma gli occhi di Harry notavano i dettagli.
Tutti.
Notava i movimenti più lenti, il sudore sulla fronte, i riflessi stanchi. Notava la lenta e strisciante sentenza di morte farsi sempre più vicina al cacciatore.
Uno dei vampiri riuscì a raggiungerlo e lo morse con forza al braccio.
Louis gridò ed Harry annaspò.
Sarebbe morto. Lo sapeva. Deglutì cercando di impedirsi di sperare il contrario. Avrebbe voluto strapparsi dall’anima l’innegabile speranza che sopravvivesse. Non ne aveva motivo. Nessuno. Nessun valido motivo.
La bestia, però, si staccò da Louis quasi subito. Harry trasecolò davanti all’espressione beatamente inebetita che aveva addosso.
Poi lo percepì. L’odore.
Dolce. Eccitante. Dissetante. Abbacinante.
Non aveva mai sentito niente del genere. Era un odore incredibile, che racchiudeva sapori antichi e proibiti, mescolati alla perfezione. Era umano, ma non del tutto. Dava alla testa. Fotteva la testa.
Inspirò forte, talmente concentrato da non accorgersi nemmeno dello sparo che atterrò l’ennesimo vampiro.
Però si accorse di Louis in ginocchio subito dopo. Fermo, con la pistola ancora in pugno.
Si accorse dei suoi sei figli che si avvicinavano.
I suoi occhi si scurirono. L’iride divorato dalla pupilla.
La mente in confusione.
Danzavano indisturbate la voglia di salvare Louis, la voglia di bere Louis, la voglia di tenerlo in vita per assaggiarlo ancora ed ancora. Avvertiva il bisogno fisico di reclamarlo come sua preda.
Saltò giù dall’albero senza pensare oltre, frapponendosi tra il cacciatore e la morte.
Vibrò quando avvertì gli occhi del ragazzo poggiarsi sulla sua schiena.
Non appena apparve, i vampiri si bloccarono sul posto, negli occhi, il chiaro proposito di fuggine. Due, furono raggiunti dai proiettili di Louis appena prima che perdesse i sensi. Agli altri quattro ci pensò un Nick fuorioso, che aveva assistito alla scena.
 


 
Al covo
 
-Non mi spiegherò mai come tu faccia a tollerare mostri pure in televisione- Niall avrebbe voluto guardare un canale di sport. Golf o calcio preferibilmente. Si sarebbe anche accontentato del curling. Ma, insomma, proprio non riusciva a spiegarsi come facesse la cugina a guardare una serie tv dove i mostri venivano dipinti come eroi.
Insomma, loro sapevano bene quanto fosse lontano dalla realtà tutto quello.
Tra l’altro, avevano trascorso le ultime 24 ore ad informarsi su ogni genere di creatura mostruosa mai esistita per capire se il fantomatico “Harry Styles” avesse qualcosa in comune con qualcuna di quelle.
Ma ovviamente niente.
C’era l’opzione mutaforma, ma  non sembrava quello avesse i caratteri comportamentali tipici.
-Smettila di lagnarti, Nì! Tanto lo so che piace pure a te-
Il biondo sospirò scontento.
-E poi non trovi siano sexy?-
-Scusami Mary, ma fatico a trovare sexy chi non ha un bel paio di ..- e si portò le mani davanti al petto mimando un davanzale prosperoso.
Mary gli lanciò contro un cuscino.
-Ok, ok!- si scusò lui –immagino che Klaus sia caruccio-
-Come al solito non capisci niente, Niall! E’ molto meglio, Elija!-
-Ma è pallos…- prima che potesse finire la frase, Mary già lo stava zittendo e fulminando con lo sguardo.
-E poi non trovi che assomigli a Liam?- squittì mentre pronunciava quel nome, aprendosi in un sorriso radioso condito da occhi sbrilluccicanti. Niall ne aveva paura, ma non abbastanza da mentire.
-No Mary-
-Come no? Hanno anche lo stesso identico piccolo neo sulla spalla sinistra- sospirò lei.
-Tu sei malata-
Lei lo guardò di nuovo male. Suo cugino non capiva nulla. Perché era un superficiale che non faceva mai attenzione ai dettagli. Lei adorava quel neo. Era malata per questo? C'era forse una qualche legge di cui non era a conoscenza che vietasse di venerare i nei? Non le sembrava proprio.
-Ad ogni modo è una fortuna che non esistano vampiri di questo tipo, eh!-
Lei sospirò –Intendi sexy, forti, capaci di camminare al sole e con una spiccata attitudine al flirt..- nel mezzo della frase Mary si bloccò e sgranò gli occhi –OH MERDA- strillò facendo saltare il cugino.
–Che c’è?-
-Harry Styles-
 


 
L’unica luce nel salotto era quella delle fiamme nel camino. Per il resto regnava la penombra.
Harry aveva trasportato i cacciatori nella sua casa. Li aveva sistemati sui divani dopo essersi assicurato che stessero bene. Abbastanza bene, almeno.
Si era sentito morire, quando, aveva sentito dei lamenti giungere dal piano di sotto. La paura, aveva però lasciato posto ad una buona dose di divertimento, quando aveva trovato sua sorella legata come un salame. Era sollevato, almeno, a giudicare dalla sua rabbia non era stata lei a tradirlo.
Purtroppo, però, non aveva idea di chi l’avesse assalita. Si era sentita colpire da dietro e quando aveva ripreso i sensi era legata ed imbavagliata.
Harry l’aveva mandata a riposare.
Aveva molte cose di cui preoccuparsi. Era sicuro che nell’arco di quella giornata avrebbe risolto tutti i suoi problemi. Ora, invece, se li ritrovava davanti moltiplicati. Si fermò a guardare Louis, sdraiato e privo di sendi e si lasciò andare ad un sospiro.
Era indiscutibilmente bello. E forte.
-Cosa dovrei farci con te?- chiese massaggiandosi le tempie.
Adorava, tra l’altro, il guizzo di frustrazione che gli aveva visto passare nello sguardo nel corso delle poche conversazioni che avevano avuto. Lo divertiva terribilmente. E lo eccitava quando si muoveva, sicuro di sé o a disagio.
Quel ragazzo era decisamente una spina nel fianco. Eppure non sembrava.
Non in quel momento, mentre gli occhi si muovevano sotto le palpebre, segno che stesse sognando. Non ora che era immobile, tranne per il petto che si abbassava ed alzava, ad ogni respiro. Ora che era lì, senza difesa alcuna. E sarebbe stato così facile farne qualsiasi cosa.
Harry si permise di avvicinarsi ancora, si mise in ginocchio sul tappeto, al suo fianco. Annusò circospetto, la ferita era incredibilmente già rimarginata, e l’odore del sangue di Louis sempre allettante, ma più sopportabile.
Un altro mistero del quale sarebbe dovuto venire a capo: il suo sangue.
Aveva le labbra sottili, piegate in un accenno di broncio, il profilo delicato, la pelle appena bronzata. La maglietta, lacerata in più punti, mostrava il fisico tonico e l’addome definito. Harry si morse le labbra e prese in considerazione l’idea di schiaffeggiarsi fino a togliersi dalla pelle il desiderio di spogliarlo nudo e farne qualsiasi cosa.
Eppure sarebbe stato sublime vederlo abbandonato. Sarebbe stato estatico godere del suo temperamento a letto, annusarlo, morderlo e via dicendo.
Se l’ordine fosse stato ribaltato, se le creature sovrannaturali avessero preso il sopravvento, forse avrebbe potuto farlo.
Avrebbe potuto tenerlo con sé fino a renderlo mansueto. E suo. Nessuno avrebbe privato Harry di un premio una volta sovvertito l'ordine.
Sarebbe stato la sua Briseide. E non potè trattenersi dal sorridere immaginando la rezione che avrebbe avuto il cacciatore sentendo quell'affermazione.
Ma non era così. Era un desiderio nel quale non doveva indugiare. Perché se fosse iniziata la rivoluzione, lui più di tutti sapeva che ruolo avrebbe avuto Louis in tutto ciò.
Il piano rischiava di fallire per il semplice fatto che Louis respirasse ancora.
Avrebbe dovuto ucciderlo. Doveva farlo. Per i figli che aveva già perso, per quelli che vivevano ancora. Per Gemma. Per la memoria di Brandon.
Si avvicinò ancora.
Il cacciatore aveva il collo esposto. Poteva sentire scorrere il sangue. Sarebbe bastato morderlo e dissanguarlo. Inspirò a fondo e gli venne l’acquolina in bocca.
Respirò ancora, più vicino. Si sentì un po’ patetico quando strusciò le labbra delicatamente su quella pelle calda. Louis era un piatto di prima qualità. Sarebbe stato un peccato mortale sprecarlo, non assaporarne ogni sfumatura.
Si ritrasse indietro, per guardarlo un ultima volta prima di togliergli la vita. Ma in quel momento, semplicemente, un paio di scintillanti occhi azzurri lo stavano fissando.
-Sei inquietante- la voce sottile, graffiata per il repentino risveglio.
Harry si tirò in piedi, cercando di riprendere il controllo di se stesso.
-Sei decisamente più carino quando dormi, principessa!-
Louis grugnì, ma era ancora troppo frastornato per attaccare davvero briga. Si tirò su a sedere guardandosi intorno. Ci mise un po’ a realizzare dove si trovasse, e un po’ di più a ricordare cosa fosse successo.
Non appena realizzò, gli occhi saettarono verso il suo ospite, che dritto in piedi lo guardava sorridendo.
-Cosa sei tu?- gli puntò il dito contro.
-Un nobiluomo della Louisiana-
-I Vampiri hanno tentennato quando sei apparso dal nulla! E poi da dove sei sbucato? Da quanto tempo eri lì?- non era certo sua abitudine discutere liberamente di vampiri o altre creature con qualcuno che non conoscesse. Ma stando a quanto era successo, l’idea che Styles non facesse parte del mondo sovrannaturale, in un modo o nell’altro, gli sembrava ridicola.
Harold sbuffò, andandosi a sedere al suo fianco.
-Tutti tentennano davanti a me, perché sono incredibilmente bello .. –
-Non sei bello neanche la metà di quello che credi!- Louis si morse la lingua. Si sentiva un completo idiota, lì a discutere di quanto fosse bello o meno. Non era quello il punto. E poi, nel retrocervello, si rendeva anche conto di quanto fosse poco credibile negare la bellezza dell'uomo davanti a lui. Perché era sfacciatamente bello. Incredibilmente attraente. Ma, ricordò a se stesso, sicuramente dotato di micro-pene.
Il sorriso dell’altro si piegò deliziosamente. Si inclinò ancora verso di lui, arrivando ad una distanza vergognosa dalle sue labbra.
Louis provò ad auto minacciarsi di cavarsi gli occhi se non avesse smesso di fissare quella bocca. Purtroppo, non era un tipo che soccombeva alle minacce.
-Stai dicendo che non mi trovi bello, Louis?- disse a voce bassa, per poi mordersi il labbro inferiore, lasciando che Louis lo fissasse per alcuni secondi, incastrato tra i denti bianchissimi. E ovviamente rosso. Louis lo odiava.
-Ne .. neanche un po’- si violentò per sollevare lo sguardo verso gli occhi del suo interlocutore. Grave errore. Perché quello stava fissando le sue labbra come se volesse divorarlo.
Louis sentì lo stomaco contorcersi al pensiero.
-Sei un pessimo bugiardo..- ancora più vicino. Lo avrebbe baciato. Ne era certo. Addio dignità, addio orgoglio, addio missione, addio concentrazione. Addio anche Louis, visto che in quel momento cominciava a dubitare del fatto che sarebbe sopravvissuto ad una cosa del genere.
Perché davvero sentiva un caldo pazzesco e quel tipo lo stava facendo andare fuori di testa. E lui sentiva lo sconcertante desiderio di sbattere i piedi per terra e mettersi a strillare "lo voglio! lo voglio! lo voglio".

-Interrompo qualcosa?- Louis sgranò gli occhi e si allontanò, mentre Liam cercava, tra una smorfia di dolore e l'altra, di mettersi a sedere sul divano opposto al suo.
Prima che potesse mandarlo al diavolo ed iniziare a sbraitare, Harry rispose per lui.
-Solo il momento più bello della vita di Louis- sospirò ravvivandosi i capelli all’indietro –Non ti preoccupare, dolcezza, avremo altre occasioni- aggiunse avvicinando la mano alla guancia del liscio.
-Provaci e te la stacco-
-Come siamo arrivati qui?-
Liam era palesemente teso. In un altro momento, un siparietto del genere lo avrebbe portato a ridere fino alle lacrime, ma non allora.Non finché non avesse scoperto come avessero fatto a sopravvivere in quell'assurda situazione.
-E’ quello che stavo cercando di capire- l’altro sollevò il sopracciglio -Sì, ho visto- .
Louis lo ignorò.
-Eravamo nella merda, Liam. Poi Harold è apparso dal nulla e puff i vampiri sono scappati-
Il cacciatore spostò lo sguardo sul riccio –Grazie?-
-GRAZIE?!? Ma ti sei rincretinito, Payne?-
-Hai appena detto che ci ha salvato il culo-
-Sì ma la domanda è “come”!- spiegò sconvolto –Come, Harold?!- ripetè tornando a prestare attenzione al vampiro.
-Non ne ho la minima idea! Avranno pensato che fossi un altro cacciatore..-
-Cosa sei?- Louis ignorò il tentativo dell’altro. Quello si maledisse per non aver inventato prima qualcosa di credibile. Il problema era che non esisteva una scusa credibile. Qualsiasi spiegazione, avrebbe fatto acqua da tutte le parti. Doveva inventare qualcosa su due piedi e prendere tempo.
Tempo per decidere cosa fare. O meglio. Tempo per decidersi a fare quello che andava fatto.
-Sono solo un curioso, Louis. Ero lì per caso, ti ho visto a terra indifeso e il mio animo da cavaliere mi ha condotto a salvare la damigella in pericolo-
Louis si costrinse a non cedere alle provocazioni. Non avrebbe portato da nessuna parte. Passò in rassegna tutte le creature possibili.
-Sei un angelo?-
L’altro sorrise sfacciatamente –Tu mi lusinghi tesoro-
Prima che Louis potesse andare avanti con il suo interrogatorio, però, Harry lo interruppe.
-Non per essere scortese, ma adesso che vi siete ripresi avrei molte cose da fare. E per quanto vorrei davvero godere della tua presenza Louis, credo proprio di dover rimandare ad un’altra occasione-
I cacciatori si alzarono contro voglia. Entrambi avrebbero voluto approfondire, ma entrambi sapevano di non essere nelle condizioni di fare nulla in quel momento. Erano anche disarmati. Louis si chiese se Harry avesse sottratto loro le armi o se fossero semplicemente rimaste nel bosco.
Insieme fecero un cenno di saluto.
Non appena oltrepassarono la porta, il cellulare di Louis prese a vibrare.
Era un messaggio.
Da Mary.
Louis spalancò la bocca, mostrando lo schermo all’amico.
*E’ un vampiro del conclave*


ANGOLO DI MIKA
Salve a tutti!
Eh.. oggi mi sento parecchio ispirata. Il che è un male.
Non so quando aggiornerò di nuovo, perché confesso di avere in corso anche un'altra ff. Mancano due capitoli e devo necessariamente portarla a termine!
Dunque..
Punti focali: non so se vi siete resi conto che Louis è un po' "particolare". Ferite che si rimarginano in fretta; sangue dall'odore incredibile. Preciso, per tutti, non solo per Haz.
Ad ogni modo, ora Louis conosce l'identità di Harry.
Il prossimo capitolo si chiamerà "In chains".

A presto! Mika!

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Capitolo 7
*** CHAPTER VI - In chains ***


CHAPTER VI- In chains


-Ancora non parla?- Liam scosse la testa sconsolato verso lo schermo del pc, verso l’immagine di Mary che appoggiata alla mano picchiettava nervosamente sul tavolo. Al suo fianco, Niall, trangugiava patatine.
-Smettila di ingozzarti!-
-Louis in stato catatonico mi mette ansia. Quando sono in ansia mi viene fame!-
-Louis .. – tentò ancora Liam. Ma il ragazzo non rispose.
Da quando aveva letto il messaggio, Louis era praticamente entrato in uno stato di shock.
Rientrato in camera si era seduto sul letto ed in silenzio, aveva preso a fissare il vuoto con sguardo vacuo.
-Poverino … - piagnucolò Mary –ma è così bello questo, Styles?-
Liam si voltò verso di lei –Non ne capisco molto di bellezza maschile! Ma considerando l’espressione da cinghiale in calore che fa venire sulla faccia di Louis, oserei dire che gli piace..-
-NON DIRE ASSURDITA’!- finalmente Louis riprese coscienza. Si alzò in piedi talmente bruscamente che Liam cadde a terra facendo emettere un versetto preoccupato a Mary.
-Louis…?- tentò Niall.
-E’ un mostro. Non mi piace. Neanche un po’. Ha un micropene ed è un mostro- farneticò prendendosi la testa tra le mani. Poi si costrinse a calmarsi.
Doveva calmarsi.
Doveva emettere un respiro profondo, e far riaccendere il suo cervello immediatamente.
Un vampiro del conclave.
Un antico.
Solito logico schema.
Trovalo e stecchiscilo. Punto.
-Dobbiamo prenderlo-
-Ascolta, Lou- iniziò Mary –lo so che non sarebbe proprio il massimo, ma non siete attrezzati per farcela contro un antico. Non sappiamo nemmeno come ucciderlo..-
-Cosa mi stai suggerendo, Mary? Di andarmene ed essere complice di tutti gli omicidi che compirà quella cosa?- sentì il cuore stringersi e ribellarsi. Chiamare Harry cosa era terribile. Diede la colpa al fatto di averlo creduto umano. Ormai il suo cervello pensava a lui come ad una persona. Irritante, ma pur sempre una persona. Quello era l'unico motivo per il quale faticava ad immaginarselo morto.
Era per quello.
Doveva essere per quello.
-Io .. insomma Louis, non servirà a niente farsi ammazzare..-
-LUI NON … - ingoiò quello che stava per dire con forza –Lui non merita di vivere- si corresse. Ma non era credibile. Il "lui non mi ucciderebbe" aleggiava nell'aria pesante.

Per qualche minuto, tutti restarono in silenzio.

-Allora che facciamo?- chiese alla fine Liam.  Louis chiuse gli occhi e si prese un’altra manciata di secondi per riordinare le idee.
-Niall, cercami un posto qui intorno dove potremmo tenerlo prigioniero senza essere disturbati. Mary, TROVA il modo di ucciderlo. Il prima possibile. Lo attireremo con l’inganno, lo cattureremo e non appena sapremo come farlo fuori, lo faremo! Nel frattempo, mi divertirò a provarci!-
-Come lo attiriamo, scusa?- chiese Liam scettico.
Louis si voltò con espressione impassibile. Lentamente porto la sua stessa mano dietro la schiena dandosi uno schiaffetto sul sedere stretto nei jeans.
-Con questo-


 
 
 

 
Harry e Gemma discutevano poco.
Di solito convivevano in pace e condividevano la stessa visione del mondo.
Non quella volta, però.
-Sono convinto che sia stato Nick-
-Non dire cazzate, Harold!- sbottò lei –Nick è a capo dei mutaforma. Non avrebbe cospirato contro di te. Non ora che, finalmente, tutte le creature sovrannaturali sembrano avere lo stesso obiettivo-
-Proprio per questo è convinto che la colpa non ricadrà su di lui..-
Gemma sbuffò, ancora scettica –E sentiamo, perché lo avrebbe fatto?-
-Perché se i cacciatori fossero morti, la nostra casa sarebbe stata invasa da altri cacciatori e noi saremmo stati costretti ad andarcene e probabilmente avremmo raggiunto il conclave a Knowcity, unendoci alla causa..-

La vampira girò su se stessa per la frustrazione.

-Perché sei così ostinato sul non partecipare a questa cosa, Haz?-
-Lo sai il perché!- rispose esasperato –se l’arma uscisse fuori ..-
-Potrebbe essere morto, Harry!-
-NON LO E’!- sbottò. I due fratelli si guardarono un attimo negli occhi, poi Harry li abbassò colpevole.
-Come fai ad esserne sicuro ?- Harry si voltò di lato e fece per allontanarsi ma Gemma velocemente gli si parò davanti –Come lo sai, Harry..?-
-Louis..-
La vampira si immobilizzò davanti a lui. Non poteva crederci.

-Louis è l’arma..-

Gemma prese a tremare. Le piccole mani strette a pugno.
-Quel Louis? Quello che ieri era inerme nel nostro salotto? Quello che è ancora vivo nonostante tu abbia avuto milleuno occasioni per ucciderlo?-
Harry annuì. Gemma tentò di calmarsi.
-Ok, ok!- camminava avanti ed indietro furiosamente. Si versò un bicchiere di sangue e lo portò alla bocca per tenere le mani occupate –Adesso tu mi spieghi perché, l’unico ostacolo alla realizzazione del piano che ci permetterebbe di regnare indisturbati sul mondo gira per casa nostra con un cartello al neon in fronte che grida “uccidimi” e tu lo lasci in vita! E,l te lo giuro Harry, se mi sembrerà anche solo lontanamente che il motivo c’entri qualcosa con gli occhi azzurri ed il culo marmoreo, IO TE LO STACCO QUEL PENE!-

Harry la guardò contrariato.

-Ovviamente non è per quello, Gemma!- abbaiò –Prima di tutto, la profezia dice che l’arma potrebbe essere usata sia da noi che contro di noi-
-E’ irrilevante..- il vampiro la zittì.
-In secondo luogo, se non lo avessi notato, Nicolas ha già cercato di fotterci. Cosa ti fa pensare che quando verremo allo scoperto la situazione non peggiorerà? Credi davvero che tutte le creature sovrannaturali andranno d’amore e d’accordo? Licantropi e Vampiri? Sirene e Mutaforma? Demoni e Geni? O, forse, senza aver più l’esigenza di nasconderci ci faremo la guerra apertamente dando vita al caos?-
Gemma si lasciò cadere sul divano. Il volto eternamente giovane mostrava i segni di una stanchezza antica. Negli occhi secoli di vissuto, secoli di storie ed esperienze che imbrigliavano la speranza di un futuro diverso da quello che il fratello le stava prospettando.

Dopo minuti di silenzio alzò gli occhi incontrando quelli di Harold.

-Non abbiamo comunque scelta Harry- disse stanca –Il Conclave deciderà di iniziare questa guerra, con o senza di noi. Saremo costretti a farne parte, e se ti fidi così tanto della Profezia, come hai sempre fatto, sai bene quali rischi comporti per la nostra salvezza quel cacciatore-
E gli si palesò davanti, ad Harry. Il tassello mancante. Quello che non voleva vedere. Quello che aveva nascosto a se stesso, dalla prima volta che, con le parole roboanti della profezia ancora nelle orecchie, aveva spiato un ragazzino dai luminosi occhi azzurri lasciarsi alle spalle la sua casa.

Non aveva scelta.

Erano gli scherzi del destino.

C’era una sola via e doveva percorrerla.

-Lo ucciderò io stesso- annuì portandosi una mano alla fronte –Domani-
 
 





 
-E’ pericoloso!- era circa la ventesima volta che Liam lo ripeteva. Louis, nel frattempo, si sistemava il ciuffo davanti lo specchio. Aveva indossato un paio di jeans neri troppo stretti ed una canotta nera troppo scollata e sconvenientemente trasparente.
-Finiscila Payne! Almeno tu … -
-Dico solo che ci sono troppe cose che potrebbero andare storte-
Louis si voltò verso l’amico innervosito scoccandogli uno sguardo di fuoco.
-E cosa dovremmo fare, Liam???- abbaiò –C’è un mostro a piede libero. Un mostro terribile. Cosa facciamo? Ci voltiamo da un’altra parte? Proprio tu mi suggerisci questo?-
-Lo sai che non intendo questo!- era risentito ed offeso. Giustamente. Liam Payne non si era mai sottratto ad una caccia solo perché pericolosa. Era sempre stato determinato. La ragione della sua vita era estirpare il male in qualsiasi forma. Louis lo aveva visto fare cose terribili. Cose davanti alle quali persino lui, che davvero non aveva il cuore tenero, aveva storto il naso.
-Scusami, ok?-  dissi infine guardandolo –E’ solo che sono agitato!- ammise trascinando nervosamente le mani sul tessuto dei jeans –Non ho idea di come costringerlo a seguirmi, non sappiamo come ucciderlo. Ma semplicemente non posso lasciare che faccia i suoi comodi e restare a guardare! Non posso, Liam … -
-Lo so- prima che potesse continuare, però, il telefono di Louis prese a squillare.

Sul display torreggiava un numero sconosciuto.

-Pronto-
-Buongiorno, raggio di sole .. – faticò a trattenere un brivido quando quella voce roca lo raggiunse dall’altra parte della cornetta. Provava l’irrazionale sensazione che quelle parole gli fossero state soffiate direttamente nell’orecchio. Ci mise qualche secondo a riprendersi e a mettere il viva voce.
-Come hai avuto il mio numero, Styles?-
-Ho affrontato innumerevoli pericoli per questo, principessa!-
-Cioè ti sei fatto uno squillo dal mio telefono mentre ero svenuto? E’ patetico persino per te .. – si morse la lingua, teoricamente avrebbe dovuto flirtare e costringerlo a raggiungerlo nel bosco, in prossimità delle cripte che Niall aveva scoperto. Harry Styles gli stava fornendo la sua occasione su un piatto d’argento.  Fortunatamente il vampiro non sembrava turbato dal suo atteggiamento ostile. Rise. Una fottuta risata roca. Chiuse gli occhi massaggiandosi le palpebre e forzò la sua voce in modo che suonasse meno disgustata, ma non troppo. Non voleva insospettirlo.
-Mi hai chiamato per sentire la mia voce?-
-Ti ho chiamato perché ho voglia di vederti ..

Louis lanciò uno sguardo preoccupato a Liam. Non era normale. Era consapevole che Harry avesse tentato di flirtare con lui dal primo momento, ma quello gli sembrava decisamente troppo. Tentò di calmarsi ricordando a se stesso che aveva un vantaggio. Harry Styles non aveva idea che lui conoscesse la sua natura.
-Incontriamoci alla quercia sul sentiero di Nan-
-Luogo insolito per un appuntamento .. -
-Ci sono cose che mi piace fare all’aperto, Harold .. – non poteva vederlo, ma sapeva con certezza che l’altro stesse sorridendo in quel momento.
-Tra un’ora, Louis- attaccò senza aggiungere altro.

-Sei sicuro che vada tutto bene?-  Liam si alzò raggiungendo Louis e mettendogli una mano sulla spalla.
-Prendiamolo!-
 



 
Era nervoso mentre aspettava Harry sotto il grande albero. Si era assicurato che l’odore di Liam fosse completamente coperto. Il piano che avevano architettato era stracolmo di incognite, ma era l’unico che avessero.
Infondo, conclave o meno, sempre di un vampiro si trattava. Si lisciò nervosamente la maglietta.
-Stai cercando di fare colpo?- sgranò gli occhi mentre la creatura gli veniva contro. Si era ripromesso di non pensare al suo nome neanche per un momento. Non doveva permettersi di pensare a quella cosa come una persona.
-Dipende … ci sto riuscendo?-
-Egregiamente-
Avvertì lo sguardo famelico della creatura scivolargli addosso. Sorrise. Almeno non doveva impegnarsi troppo per distrarlo.
-Mi ha stupito la tua telefonata- iniziò mentre il vampiro si avvicinava –Ieri mi hai praticamente cacciato da casa tua .. -
-Era intollerabile stare lì con te e non poterti prendere, Louis..- sussurrò come se fosse un segreto incoffessabile –Sono solo un uomo, dopotutto .. -
Louis sorrise alla menzogna. Non era un uomo, anche se sembrava tale. Non era un uomo anche se trasudava umana sensualità da ogni poro. Ogni singola parola che lasciasse quelle labbra peccaminose era una menzogna. Non aveva nessun sentimento umano, nessuna umana ridicola debolezza. Ma Louis sì. E doveva metterle a tacere. Doveva chiuderle fuori. Tutte. Doveva piegare il desiderio alla volontà.
-Hai mai pensato che potrei essere io a prendere te?-  sentiva distintamente l’irrilevante peso del pugnale in ferro benedetto nella fondina. Sentiva sulla lingua il gusto dolce della vittoria, quando all’improvviso il Vampiro davanti a lui si irrigidì. Come a rallentatore vide la confusione e la consapevolezza attraversare lo sguardo verde. Capì immediatamente che aveva avvertito, in qualche modo, la presenza di Liam.

-Pensavo volessi che fossimo soli, Louis .. -
-Pensavo volessi scoparmi, non mangiarmi, Harold .. – prima che potesse tirare fuori il coltello, prima che Liam potesse anche solo realizzare di dover uscire allo scoperto, si sentì afferrare in una morsa impossibile. Le mani forti del vampiro lo costrinsero a scorpire il collo e Louis realizzò che stava per morire. Era finita.

Il Vampiro più potente che avesse mai conosciuto stava per ucciderlo. E si odiò, perché aveva sempre desiderato di morire nel mezzo di una battaglia epica in uno scontro trenta contro uno, portandone con sé all'inferno più della metà.

Avvertì, con una punta di dolore immediatamente seguita da piacere, i denti appuntiti perforargli la pelle sottile del collo ed il sangue defluire.
Dal canto suo Harry aveva capito. In qualche modo, Louis sapeva di lui. L’esigenza di farlo fuori era diventata imperativa. Non doveva pensare. Doveva concentrarsi sull’odore che tanto lo aveva tentato. Sulla caccia. Sulla fame. Sul cibo.

Avido si era avventato sulla giugulare non appena aveva avvertito la presenza dell’altro cacciatore. Avrebbe ucciso Louis e poi sarebbe passato a Liam. Pochi minuti e sarebbe finito tutto.
Era dolce il sangue di Louis. Di una dolcezza infinita, ma non solo. Era pieno di tutti i sapori del mondo. Punte di amaro, salato, acre. Era qualcosa di indescrivibile che lo dissetava e gli svuotava la mente. Lo confondeva. Non esisteva altro. Doveva abbandonarsi, lasciarsi andare. Senza nemmeno rendersene conto mollò la presa sul corpo dell’altro.
All’improvviso si sentì sazio. Ne voleva ancora, ma doveva fare una pausa. Doveva allontanarsi, assaporare e poi berne ancora. Ed assolutamente non poteva ucciderlo.
No.
Se Louis fosse morto, lui non avrebbe più potuto bere quel sangue.
Il mondo non avrebbe avuto senso.
Doveva portarlo con sé e tenerlo in vita per l’eternità.
Lasciò il collo di Louis facendo un passo indietro.
Vedeva sfocato. Il tempo era dilatato. Il suo corpo molle. Pensava lentamente e confusamente.
Prima che potesse del tutto riprendersi, un dolore lancinante gli colpì il fianco.  Abbassò lo sguardo per vedere il pugnale conficcato nella sua pelle. Sconcertato tirò su la testa.
Louis era lì che lo fissava. L’espressione dolorante ma gli occhi gelidi. Il sangue, rosso, ancora scorreva sul collo.
Non capì molto. Solo dolore. Altro dolore mentre qualcosa gli serrava i polsi e le caviglie.
Semplicemente perse i sensi.




 
Le cripte erano umide, fredde e buie.
Ai lati dell’antro petroso ed interrato delle fiaccole illuminavano l’ambiente, creando un gioco di luci danzante sulla figura ammanettata alle pareti.
Le catene erano spesse. In ferro benedetto. Louis cercava di toccarle il meno possibile, gli avevano sempre irritato la pelle. Sollevò il secchio di acqua gelida quasi senza fatica, lanciandolo completamente addosso al suo prigioniero.

Harry tossì scuotendo la testa e contenendo un sibilo. Acqua santa.

Si guardò intorno, lanciando occhiate alle catene che stringevano polsi e caviglie costringendolo in piedi. Poi puntò lo sguardo sul suo carceriere, che sorrideva dritto davanti a lui.

-Ogni volta che ho sognato questa scena, la immaginavo a parti invertite..- la voce ancora terribilmente roca.
-Buongiorno mostro..-
-Oh, Louis!- finse un tono contrito –Mi ferisci..-
L’altro non rispose. Si limitò a dargli le spalle per raggiungere un carrello riposto all’angolo. Harry riconobbe immediatamente gli innumerevoli strumenti che vi giacevano. Molti li aveva usati lui stesso, in prima persona, per torturare i suoi nemici. Rabbrividì al pensiero del dolore che avrebbe provato. Si preparò a sopportare fisicamente tutto quello che gli sarebbe stato inflitto. Infondo, la sua tempra era maggiore rispetto a quella degli altri vampiri con cui Louis aveva avuto a che fare.

Louis indossò un paio di guanti in lattice, prima di afferrare il ferro benedetto.
-Hai paura di sporcarti le mani, principessa?-
Lui ignorò la domanda –Puoi decidere, vampiro!- sorrise avvicinandosi, con il bisturi in mano –Puoi dirmi come fare a farti fuori ed io sarò clemente e ti concederò una fine rapida, oppure puoi tacere ed io mi divertirò a giocare all’allegro chirurgo … -
-E’ un peccato che tu non pronunci più il mio nome, Louis. Mi piaceva come suonava detto da te .. -
-Come preferisci- il cacciatore avvicinò la lama al collo dell’altro, strisciando con eleganza. Harry trattenne un gemito, il sangue cominciò a scendere fluido sulla pelle bianca.
Il vampiro non si dimenava. Non diceva una parola. Si limitava a fissare il volto di Louis che, irrimediabilmente sfuggiva il suo sguardo. Aveva pensato ad Harry come ad un essere umano. Non voleva incontrare quegli occhi. Li sentiva bruciare addosso a lui.
Meccanicamente, strappò la camicia della sua vittima per avere più pelle a disposizione. Si concentrò al punto da creare una piccola ruga sulla fronte. Le sue mani non dovevano tremare. Era qualcosa che aveva fatto e rifatto. Doveva essere uguale a tutte le altre volte.
Cercò in ogni modo possibile di non toccare nemmeno un millimetro di quella pelle.
Bianca, compatta, macchiata da inchiostro dalle forme improbabili. L’addome teso, i muscoli sotto sforzo a causa della posizione nella quale era costretto.

-Asciugati la bava, Louis .. – riemerse dall’innaturale stato di contemplazione nel quale era precipitato e prese un coltello più grande.
-Sai, è curioso- iniziò parlando a vanvera mentre si rigirava tra le mani un coltello più grande –Il ferro benedetto mi ha sempre irritato la pelle. Posso solo immaginare, però, il dolore che possa infliggere ad un mostro .. non deve essere piacevole- sorrise tra sé mentre affondava la lama nel costato dell’altro.

-Non ti facevo così sadico, Louis-
-Se estirpare il male dal mondo fa di me un sadico, allora lo sono!-
-Non fingere di non trovare eccitante il fatto di giocare con il mio corpo..-
Louis finalmente alzò gli occhi verso di lui.
-Mi dispiace deluderti, Styles! Per me non sei diverso da tutta l’altra feccia che sono solito far fuori-
-Tu menti, piccolo principe- rise beffardo –Io sono più bello, più forte ed incredibilmente più attraente. Io ho visto cose che tu neanche immagini, conosco informazioni che vorresti possedere. Per esempio, cosa sta accadendo ora nella tua casa d’infanzia-
Louis tentennò –Stai bluffando- non voleva dargli corda. Cosa diavolo sapeva di lui? Cercò di calmarsi. Fino a che Mary non avesse scoperto come farlo fuori, aveva tutto il tempo del mondo per porgli domande e costringerlo a parlare. Sarebbe stato talmente crudele, che il vampiro avrebbe finito con il cantare come un passerotto.

-Sono un membro del Conclave, Louis. Pensavo lo avessi capito!-
-Non è molto intelligente da parte tua farmelo notare quando posso torturarti finché non parli ..-
-Non sembri molto diverso dai mostri che dici tanto di odiare in questo momento-
Il cacciatore tremò di rabbia.
-Io non ferisco le persone innocenti, mostro!-  per un momento notò un ombra attraversare gli occhi del riccio, un dolore antico. Come se dietro quella pelle perfetta e solida, dietro i canini appuntiti e le vene intorno agli occhi, dietro la velocità impossibile, si celassero demoni e fantasmi che Louis non voleva vedere. Era una delle regole d’oro dei cacciatori. Non soffermarsi a rimuginare su chi realmente fosse il mostro, sul fatto che possedesse o meno un’anima.

Scosse la testa come se così facendo potesse scacciare via i pensieri.

-Tu uccidi le persone!- lo stava ricordando a se stesso, ma finse di dirlo al vampiro. Poteva nascondere molte cose, di solito era bravo a farlo, ma ad Harry non sfuggì la leggera crinatura nella voce. Sebbene impercettibile.

 –Oh come sei tenero Louis!- ghignò – Speri di scoprire che io non sia un mostro? Che si nasconda il tuo principe azzurro dietro la mia sete di sangue? Beh non è così, amore .. – Louis tremò di rabbia, ma quello lo ignorò continuando a parlare –A differenza tua, non sono un sadico. Uccidere le persone, per me, non è una regola, ma se accade non ne faccio un dramma. Non ne soffro. Non c’è nessun Edward Cullen qui, mia Bella! Se mi chiedi di fotterti accetto volentieri e, prima che tu ci resti troppo male, al sole non sbrillucico!-
-La tua conoscenza della letteratura per teen ager è ridicola- cercare di mantenere il controllo di sé non era facile. Forse avrebbe dovuto ascoltare Liam, e lasciare che fosse lui a torturare il vampiro. Invece aveva insistito. Aveva voluto essere lui, per soddisfare quel senso di vendetta. Per dimostrare a se stesso che l’attrazione che aveva innegabilmente provato non fosse stata capace di incrinare la sua morale, lo scopo della sua vita. Perché se avesse ammesso a se stesso di non voler uccidere la creatura, il suo mondo sarebbe andato a puttane.

-Stavi per uccidermi lì fuori, Harry!-
-Già- ammise, tutt a un tratto pensieroso –Ma il tuo sangue … -
-Il mio sangue, cosa?-
-Mi domando cosa sei, Louis?- chiese riflettendo. Il cacciatore si immobilizzò –Il sapore del tuo sangue; la rapida guarigione delle ferite, il non poter toccare il ferro benedetto a mani nude .. – era confuso. Louis sapeva di guarire in fretta e di mal tollerare il ferro. Ma era sempre stato così, fin da bambino. Aveva sempre spiegato la cosa come una costituzione sana e forte ed una comune allergia. Ma quella cosa del sangue, era nuova. Effettivamente, era rimasto piuttosto stupito quando il vampiro aveva mollato la presa sul suo collo. Solo che l'istinto di sopravvivenza, in quel momento, lo aveva costretto ad agire e non a pensare. Tipico di un cacciatore.

-Sei un mistero interessante, Louis! Comunque sì. Ti avrei ucciso. Tu, al contrario, siamo qui da mezz'ora ed ancora non ci hai nemmeno provato..-

Louis stava per rispondere a tono, quando la voce indistinta di Liam fuori dalla cripta lo distrasse.

Incrociò lo sguardo con Harry. Anche lui aveva sentito. Era guardingo, e chiaramente preoccupato.
-Liberami Louis..-
-Cosa?-
-Liberami..-
-Non esiste!-
-Ci sono dei cacciatori lì fuori, avrei bisogno del mio aiuto-
-Io sono un cacciatore .. – si domandò se fosse uscito di testa. Eppure non aveva ancora nemmeno iniziato a torturarlo seriamente.
-LOUIS- ignorò il vampiro che urlava il suo nome e uscì allo scoperto.

Davanti a lui, Liam era teso. C’erano cinque uomini. Quattro erano cacciatori, li conosceva di vista, nella comunità si erano incontrati un po’ tutti durante qualche caccia. L’altro uomo era elegantemente vestito, con la faccia leggermente cavallina.
-Fatti da parte Payne, lasciaci fare quello che va fatto, non vogliamo te!-
-Liam?- non appena lo chiamò tutti gli sguardi furono rivolti a lui, il tizio elegante ridacchiava.
-Scappa Louis!- sibilò Liam. Il ragazzo restò impalato, decisamente confuso.
-Che succede?-
Uno dei cacciatori, Scott se non ricordava male, si fece avanti. Aveva capelli biondi e lunghi e la barba incolta.
-Niente di personale, Tomlinson!- disse imbracciando il fucile –Ordini da Knowcity. Ti prometto che faremo un bel funerale-
Liam gli si parò davanti –Ordini di chi?-
-Dan- rispose semplicemente l’altro.

Prima che Louis potesse realmente assimilare quelle parole, uno sparo decretò l’inizio della lotta.
Non si accorse neanche del tipo elegante che era sparito nelle cripte.






ANGOLO DI MIKA
Salve persone!
Allora, comincio con il dire che il prossimo capitolo si intitola: Don't go!
Comunque. A quanto pare, Louis è l'arma. Harry lo sapeva.
Nel caso ve lo domandaste, vogliono davvero uccidersi a vicenda. E probabilmente entrambi lo avrebbero fatto in questo capitolo se ne avessero avuto la possibilità!
Capitemi, il contrario non sarebbe credibile. Ad ogni modo, entrambi vivono la cosa con un certo disagio!
A presto, Mika!

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Capitolo 8
*** Chapter 7 -Don't Go! ***


CHAPTER VII-  Don’t go!


-Bastardo testardo!- la voce di Harry era sofferente mentre cercava invano di liberarsi dalle catene pesanti che lo tenevano prigioniero. Di buono c’era che si sentiva più forte, nonostante il ferro. Evidentemente le ferite che Louis gli aveva inferto, avevano fatto sparire quasi del tutto l’effetto che il sangue del cacciatore aveva avuto su di lui.

Ma non era sufficiente.

Doveva liberarsi.

Non era necessario possedere i suoi sensi per rendersi conto che appena fuori dalla cripta nella quale era stato fatto prigioniero stesse impazzando la battaglia. E quel maledetto cocciuto non aveva voluto ascoltarlo. Non lo aveva liberato.
Ciò significava che sarebbe morto, perché era in inferiorità numerica, e quelli poi sarebbero scesi lo avrebbero trovato ed avrebbero fatto fuori anche lui.
Tutto perché quell’idiota non gli aveva dato ascolto. Semmai fosse riuscito ad uscirne vivo avrebbe fottuto quel culo fino a farlo sanguinare. Si diede dell’idiota. Lo avrebbe ucciso, ovviamente. Dopo averlo fottuto.

-Bene bene- al suono di quella voce si immobilizzò –Cosa abbiamo qui? Il principe delle tenebre legato come un salame? Seriamente Harry? Ti sei fatto fottere da un ragazzino?-
-Che ci fai qui, Nick?-

Il mutaforma ridacchiò facendosi avanti per raggiungere Harry.

-Sono giunto in tuo soccorso, ovviamente-  si passò una mano sulla bocca, studiando il corpo del vampiro con sguardo famelico –Sei addirittura meglio di quanto ricordassi-
-Come sapevi che ero qui?-
-Diciamo che in questi giorni ti ho seguito..- iniziò.
-Mi hai spiato, vorrai dire .. -
-O non fare così, Harry!- il tono era eccessivamente affettuoso, considerato lo sguardo dell’altro –Ho anche io i miei trucchetti!- passò un dito sul torace dell’altro.
-Ad ogni modo, nascondermi l’identità dell’arma … davvero Harry? E’ stato un colpo basso. Ero molto arrabbiato all’inizio. Fortunatamente ho capito che ancora non era successo nulla di irrimediabile. Ho indagato in giro e, indovina un po’? Sorpresa i suoi lo vogliono morto quanto noi!- portò i pugni in alto scuotendoli, esasperando la soddisfazione che stava provando.
Harry sibilò in risposta.
-Non sono affari tuoi, Nicolas!-
-Oh sì che lo sono! Perché fatta fuori l’arma non avrai più scuse per non unirti a noi e … chi lo sa .. una volta distrutta quella feccia di umani, potremmo festeggiare come ai vecchi tempi. Non hai voglia di stringere ancora Brandon?- Nick ridacchiò davanti la mascella serrata dell’antico. Poi prese a studiare le catene.

-Liberami .. –

-Oh, potrei farlo- il vampiro scoccò un’occhiataccia ringhiando impaziente –Lo farò, stai calmo! Ma prima devi promettermi che farai il bravo pipistrello e verrai con me a Knowcity..-

Nicolas lo stava ricattando e lui non voleva cedere. Anche nel mondo del sovrannaturale esistevano delle gerarchie. Delle razze considerate superiori ad altre, perché più potenti. E se un vampiro non poteva opporsi ad un demone, un mutaforma, per quanto fosse forte, non poteva sperare di sottomettere un vampiro. Avrebbe resistito. Si sarebbe rifiutato, anche a costo di morire. Infondo, dentro di sé, sperava che Nick lo desiderasse troppo per lasciarlo a morire in quella cripta. Ci sarebbe voluto tempo, ma alla fine lo avrebbe liberato prima che i cacciatori lo trovassero. Doveva solo aspettare.

Un gemito attutito giunse alle orecchie di Harry. Proveniva da fuori. Era sofferente. Era Louis. Seppe di aver perso e si odiò ancor prima di parlare.

-Lo farò-
-Ho la tua parola?-
-Hai la mia parola!-

Nick non fece in tempo a liberarlo che quello era già uscito all’esterno.
 
 
 




Lo sparo non aveva colpito i cacciatori per un soffio. Giusto perché Louis aveva avuto la prontezza di spingere Liam all’ultimo secondo, togliendolo dalla traiettoria.
Liam aveva avuto la prontezza di sparare e colpire l’arma facendola volare dalle mani dell’uomo davanti a loro.
Erano due contro quattro. E quei cacciatori sembravano molto più adulti di loro, dunque più esperti.
Non che Liam e Louis avessero qualcosa da invidiargli. Erano abili, giovani, agili e pronti.
Non lavoravano spesso insieme, ma lo facevano in maniera simile. Avevano gli stessi schemi, la stessa tecnica. Per questo non era un gran problema funzionare bene quando si incontravano durante una caccia.

Ben presto lo scontro passò ad essere fisico. I cacciatori si affrontavano l’un l’altro. Louis e Liam si ritrovarono spalla a spalla, circondati. Erano tutti feriti. Louis sentiva il sangue colargli dal braccio per un brutto taglio. Non poteva voltarsi a guardare Liam ma, dal lamento che emise capì che anche lui doveva essere stato colpito.
-Tutto bene amico?- sussurrò.
-Appena un graffio, tu?-
-Anche! Ma sono sicuro che il tuo sia peggio!- gli soffiò. Era certo che stesse sorridendo.

I quattro uomini intorno a loro erano malconci ma di tempra abbastanza forte per essere ancora in piedi.
-Te lo ripeto Payne- parlò ancora Scott –Fatti da parte! Facci portare a termine il lavoro-
-Niente di personale Scott, ma sono solito non voltare le spalle agli amici-
-Sono ordini, bello!- fece un altro più anziano.
-E da quando i cacciatori prendono ordini dagli uomini di lettere?- si intromise Louis.
-Dove vivi, Tomlinson? Non sai cosa sta succedendo in Kansas? C’è una guerra alle porte, non è più tempo di questa stupida faida con gli uomini di lettere. Siamo tutti sulla stessa barca. Umani contro Mostri-
-Ed esattamente perché io dovrei morire?-
-Così dice Dan e lui è il capo ora!-

Louis rabbrividì. Stavano parlando per prendere tempo. Per riprendere fiato. Ne erano tutti perfettamente consapevoli. Ma comunque quelle parole gli facevano provare una sensazione che non  avrebbe mai voluto provare di nuovo. Quella che provava da bambino, quando si ritrovava a desiderare di avere un padre al fianco, piuttosto che un maestro.

-Non se ne parla Sullivan!- sbraitò Liam.
-Suppongo di doverti considerare un effetto collaterale allora! Mi dispiace Payne, mi piacevi-
-Spiacente di non poter dire lo stesso-

E allora ricominciarono. Era estenuante. E la cosa peggiore era che se i quattro combattevano per uccidere, a dispetto di quanto spavaldi si mostrassero loro no.
Ne lui ne Liam si erano mai considerati degli assassini. Uccidevano mostri. Creature prive di anima e morale. Non uccidevano esseri umani. Volevano fermare i loro assalitori, non farli fuori.

Per quanto si rendessero conto, dunque, che si trattasse di sopravvivenza era evidente che schivassero i colpi più di quanto colpissero.
Louis non riusciva a mettere a segno colpi decisi, fendenti mortali. E anche Liam al suo fianco. Sebbene non potesse tenerlo costantemente d’occhio, gli era bastato uno sguardo per capire che non fosse la solita macchina di distruzione e morte con la quale aveva sempre avuto a che fare.
Sentì l’amico lamentarsi e di riflesso si voltò un secondo.  Voleva solo controllare. Solo assicurarsi che quell’enorme coglione non si facesse ammazzare proprio mentre gli stava parando il culo. Non glielo avrebbe mai perdonato.

Ne stava tenendo a bada due, abbastanza bene.

Louis si era voltato solo un secondo. Ma era bastato.
Scott gli fu addosso in un attimo schiantandogli un pugno sullo zigomo che lo fece gemere.
Nella colluttazione Louis cadde a terra, trascinandosi il suo assalitore sopra.
-A quanto pare hai perso, Tommo- sorrise quello beffardo. Louis sapeva di non essergli mai piaciuto. Da quando aveva ucciso una sirena al posto suo in Colorado. Ma non pensava fino a quel punto. Riconobbe la soddisfazione di vederlo a terra nei suoi occhi e si pentì di non aver combattuto per uccidere. Ma era troppo tardi.

-Louis- era certo che Liam si sarebbe fatto ammazzare per cercare di raggiungerlo e frenò la lingua perché davvero non gli sembrava quello il momento migliore per insultarlo.
-Allora cosa aspetti?- sputò fuori non allontanando lo sguardo.
L’altro fece dondolare la lama sul suo collo provocandogli appena un graffio, con un sorriso bastardo –Mi godo l’attimo-  Louis gli sputò in faccia facendolo infuriare.
-Ci vediamo all’inferno, Bastardo!- lo vide quasi a rallentatore sollevare la mano e poi calare il coltellaccio verso di lui. Odiò la sua debolezza quando chiuse gli occhi per un riflesso incondizionato, aspettando il dolore, l’oblio, la morte.

Il peso dell’uomo su di lui sparì all’improvviso. Un tonfo più lontano, come di un corpo morto.
Si domandò come fosse possibile che Liam ce l’avesse fatta a raggiungerlo. Spalancò gli occhi cercando di tirarsi su, Liam non era dove aveva creduto. Se ne stava immobile, con gli occhi sgranati, mentre Harold Styles faceva fuori altri due cacciatori in una manciata di secondi.
Non aveva la camicia addosso, ed era di schiena. Pantaloni perfetti, muscoli contratti e capelli ricci che capricciosi gli toccavano il collo.

Quando lo vide sollevare il quarto cacciatore decise di intervenire.

-FERMO!- strillò. Harry si voltò a guardarlo in faccia. Il volto deformato dall’ira.
-Abbiamo vinto, non c’è bisogno di uccidere anche lui-
-Ma certo- ringhiò sarcastico –Mandiamoli in giro a raccontare cosa è successo in modo tale da dargli un altro motivo per volerti morto- terminò la frase e sfoderò i canini affondandoli nel collo del cacciatore, senza dar tempo a Louis di replicare.
Lo gettò a terra e poi si passò la mano sulla bocca per pulire il sangue che lo aveva sporcato ritraendo i canini.

Harry Styles era un mostro.
Ed era bellissimo.
E gli aveva appena salvato la vita.
 
 
 




 
 
-Sei sicuro di stare bene?-
-Per la millesima volta, Mary. Te lo ha detto sta bene!-
-Sei stato molto coraggioso a prendere le parti di Louis!- Niall stava ringraziando Liam da circa mezz’ora.
-Ma era ovvio che lo facesse, Niall! Per chi lo hai preso?- rispose offesa Mary, senza lasciare al cacciatore il tempo di rispondere –Non che tu non sia stato coraggioso! Ovviamente sei stato coraggioso, Liam!-
-Grazie Mary- le rispose sorridendo. Mary sbatté le palpebre senza aggiungere altro.
La situazione cominciava a diventare imbarazzante mentre quei due si guardavano in silenzio sorridendo. Mary ridacchiava mordendosi il labbro inferiore.
Niall passava lo sguardo dalla cugina di fianco a lui  a Liam sullo schermo del pc sgranocchiando pop corn come se stesse guardando un film.
Louis sbuffò.
-Quando avete finito di sembrare due ritardati fatemelo sapere!- incrociò le braccia al petto mentre i due si ricomponevano guardando ovunque tranne che l’uno verso l’altra, ostentando vaghezza.
-Allora adesso che facciamo?- chiese la ragazza assumendo un tono forzosamente professionale.
-Io e Liam veniamo al covo- spiegò Louis. Sbuffò quando sulla faccia di Mary sbucò la scritta al neon “non metterti ad urlare”.
-E l’Antico?- chiese Niall.
-Non abbiamo tempo per quello!- spiegò –La situazione è complicata..-
-Sì ma.. – stava per obiettare ma Liam intervenne.
-I cacciatori hanno cercato di far fuori Louis. Dobbiamo scoprire cosa c’è dietro. Probabilmente incontreremo l’Antico a Knowcity, quando andremo lì. Ce ne occuperemo con calma- Louis gli scoccò un’occhiata grata. Non aveva raccontato proprio tutta la storia. Diciamo che aveva omesso la parte in cui stava per lasciarci le penne e Harry lo aveva aiutato. Aveva ancora bisogno di tempo per razionalizzare e capire cosa fosse successo. Era certo che non fossero diventati ne alleati ne niente di simile. Ma non poteva comunque ignorare quell'episodio. Tentare di uccidere per  la seconda volta qualcuno che gli aveva salvato la vita, per la seconda volta, gli sembrava troppo.
-Andremo a Knowcity?- chiesero in coro i due eccitati –Hai deciso, Louis?-
-Non credo di avere altra scelta a questo punto- annuì.

Improvvisamente, uno bussare alla porta della stanza li distrasse.

Liam andò ad aprire. Restò impalato guardando all’elegante figura del vampiro che gli si presentò davanti.Storse la bocca. Non era felice di vederlo. Non gli piaceva affatto.
-Louis?- chiese quello. Dalla posizione nella quale si trovava non poteva vederlo e neanche il cacciatore poteva vedere lui. Per questo saltò in piedi sconvolto quando la voce roca dell’altro gli giunse alle orecchie.
Liam non rispose, si limitò a guardare l’amico e fargli un cenno con la testa verso la porta, poi riprese il suo posto sul letto, davanti lo schermo del pc, mentre Louis usciva dalla stanza.

-Chi è?- Niall.
-E’ lui?- Mary –Ha una voce da linea hot!- Liam gli scoccò un’occhiata interdetta.
-Voglio vederlo!- ancora Niall.
-Hai visto che faccia ha fatto Louis?- la ragazza si voltò verso il cugino.
-Si amano! Ho deciso li shippo!- Niall.
-Anche io-
-Sembra Twilight- le loro voci erano stridule ed eccitate. Liam capiva una parola su quattro, e li guardava a bocca aperta con la fronte corrucciata.
-Non dire cazzate! Lui è più Damon che Edward!-
-Sì hai ragione!-
-LIAM!- chiamarono entrambi quando il cacciatore era ormai certo del fatto che si fossero dimenticati della sua presenza –descrivici l’espressione delle loro facce!-

Probabilmente erano pazzi.
 
 
 



 

Louis era piuttosto interdetto.
Quando aveva raggiunto Harold sulla porta non si era aspettato di vedere la sua faccia quasi arrabbiata. Il vampiro gli aveva fatto cenno di seguirlo segna dire una parola. Gli occhi dardeggiavano. Così Louis si era trovato suo malgrado a seguirlo fuori dal motel.
Harry aveva le gambe lunghe. E Louis si sentiva ridicolo, con il passo accelerato, che cercava di trotterellargli dietro. Inoltre, provava un certo disagio all’idea di dovergli la vita.
-Ti vuoi fermare?!- sbottò ad un certo punto riuscendo ad afferrare il braccio del vampiro per tirarlo indietro. Harry si voltò. Sembrava ancora infastidito, Louis non riusciva a capire da cosa. Infondo non aveva fatto niente. Non aveva praticamente parlato con lui, dopo che aveva ucciso l’ultimo cacciatore.

-Mi hai salvato la vita .. – osservò ovvio, mentre guardava il suo piede spostare delle foglie a terra.

Era a disagio con l’idea di ringraziare il Vampiro. In realtà non era neanche sicuro di volerlo ringraziare. Aveva ancora negli occhi l’immagine di lui che gettava a terra il cadavere del cacciatore. E provava repulsione per quell’omicidio, nonostante l’uomo stesse di fatto cercando di farlo fuori.
E poi aveva impressa a fuoco nella memoria l’immagine di Harry a petto nudo, con i capelli spettinati ed il sangue che colava agli angoli della sua bocca.
Lo vedeva e rivedeva pulirla con il palmo della mano, mentre non staccava gli occhi contornati da vene scure dai suoi.
E lo repelleva quell’immagine. Più o meno. Insomma gli faceva venire mal di stomaco e Louis non era sicuro di voler indagare sulla natura della sensazione che stava provando.

Ad ogni modo, Harry annuì alla sua affermazione ovvia. Lo sguardo meno infastidito di poco prima.
-Considerato che sei stato il primo a cercare di uccidermi. Cosa è cambiato?- Harry rise del suo tono polemico.
-Diciamo che ho la tendenza a voler risolvere i misteri .. – alzò gli occhi al cielo, come se stesse riflettendo
-E tu, Louis Tomlinson, sei davvero un mistero attraente … - si sforzò di non tremare per il modo in cui la lingua di Harry si fosse mossa tra le sue labbra mentre pronunciava quella parola.

Improvvisamente l’espressione del vampiro tornò tesa, come se si fosse appena ricordato di qualcosa di importante e fastidioso. I suoi sbalzi d’umore gli facevano girare la testa.
-Credi davvero di andare a Knowcity?-
A quella domanda Louis sgranò gli occhi, si avvicinò di un passo con un’espressione decisamente offesa.
-Mi stavi spiando?- lo accusò.
-Non è questo il punto!- obiettò l’altro –Rispondi alla mia domanda!-
-Non sono affari tuoi, Harold!- sbraitò –E poi è esattamente questo il punto!-
-Andrai a Knowcity, Louis?- ripeté spazientito la domanda afferrandogli il braccio. Louis diede uno strattone per liberarsi.
-Mi uccideresti se andassi lì?- lo provocò.
-Suppongo che dovrei farlo. Sì!-
-Beh provaci!- allargò le braccia per indicarsi.
-Oh, immagino che dovrò mettermi in fila, visto che sei riuscito nell’incredibile impresa di mettere d’accordo i miei simili ed i tuoi simili sul fatto di farti fuori!- era sarcastico ed esasperato.
-Nel caso ti fosse sfuggito, Styles, sono un uomo adulto e non ho bisogno di una babysitter!- Harry voleva dissentire. Seriamente, Louis non poteva definire se stesso un uomo adulto quando lo sguardo azzurro e capriccioso sbucava sotto le ciglia nere indecentemente lunghe e curve e la bocca sottile era curvata in un broncio adorabile.
Sembrava un cucciolo arruffato, con i capelli lisci e spettinati.

 Si portò una mano alla fronte. Era furioso con se stesso per aver seguito il suo istinto ed averlo salvato. Inoltre sarebbe dovuto sparire. Doveva tornare a casa, fare le valige, prendere Gemma ed andarsene. Invece se ne stava lì, davanti al motel del cacciatore che qualche ora prima lo aveva torturato, cercando di tenere al sicuro quel ragazzino che sembrava, per qualche assurdo motivo, covare uno spasmodico desiderio di morte. Senza contare il non propriamente subalterno dettaglio che la sua morte era esattamente quello che avrebbe dovuto augurarsi.

Ma poi c’erano quegli occhi vivi ed  appassionati. C’era il sapore il ricordo del sapore del suo sangue.

-Mi sembra proprio che invece ti serva un babysitter, piccolo Lou, visto che ho appena dovuto salvare quel tuo adorabile culetto uccidendo quei cattivoni- lo provocò.
-Non era necessario ucciderli- Louis digrignò i denti. Non aveva ancora deciso come si sentisse veramente a proposito della morte dei suoi assalitori. Era semplicemente una cosa che non riusciva a farsi scivolare addosso. Allo stesso modo, non riusciva ad odiare veramente il vampiro per quello. Non c'era però bisogno che Harry lo sapesse.

-Non essere ridicolo-
-Non era necessario- ripeté.
-Oh ma per favore! Smettila di fare l’ipocrita ed ammetti che ti ho fatto un favore! Ti ho liberato del problema senza che tu, principessa, fossi costretto a sporcarti le mani!-
-Non li avrei mai uccisi!-
-Ed infatti saresti morto! Ed è proprio per questo che ti serve un babysitter!-

Si urlavano addosso l’uno con l’altro.

-Dovresti mostrare rispetto per loro! Erano comunque cacciatori!-
-Se ci tieni così tanto forse non dovresti rendere inutile la loro morte servendo la tua testa su un piatto d’argentoin Kansas!-
-Sei un fottuto mostro- sputò Louis.

Non lo vide nemmeno avvicinarsi, non registrò la furia passargli negli occhi mentre lo afferrava spingendolo sul tronco dell’albero dietro di loro. Louis se ne accorse quando sbatté sul tronco e si accorse di quanto fossero vicini solo quando  l’odore dolciastro del vampiro gli invase il cervello. Cercò di resistere, ma i suoi occhi vagarono inevitabilmente fino a raggiungere le labbra piene e vergognosamente rosse del vampiro. Si sentì avvampare. Erano vicini. Troppo vicini.

Harry seguì il suo sguardo e sorrise maliziosamente. Il leccò il labbro inferiore appena prima di incastrarlo tra i denti bianchissimi. Si beava dell’evidente difficoltà del cacciatore a mantenere la concentrazione e la lucidità.
Louis si sforzò di staccare gli occhi da quelle labbra ed incrociò lo sguardo con quello malizioso del vampiro, che immediatamente sollevò un sopracciglio.
Era arrabbiato ed eccitato insieme e questo non faceva che renderlo più frustrato.
-Mi disgusti .. – quelle parole lasciarono la sua bocca in un sussurro. Troppo sospirate, troppo cariche di frustrazione perché potessero suonare credibili.
Il riccio le ignorò e portò una mano dietro il collo del cacciatore attirandolo a se e facendo scontrare le loro labbra. Per qualche istante, Louis rimase rigido ed immobile mentre la bocca del vampiro si muoveva sulla sua. Poi qualcosa dentro di lui si mosse. Voleva scacciarlo, davvero, voleva. Ma quando le sue mani raggiunsero il suo petto per spingerlo via si ritrovò ad aggrapparsi alla camicia dell’altro. Rispose al bacio con foga, schiudendo le labbra per permettergli di approfondirlo non appena quello fece scivolare la lingua sul labbro inferiose. Gli girava la testa. Era stordito dal desiderio, dal sentirsi appagato, dalla forza con la quale la morsa di Harry non lo abbandonava. Fu un bacio caotico. Quando Harry gli morse delicatamente il labbro inferiore per poi succhiarlo, Louis sentì le gambe cedere. Sarebbe caduto se Harry non l’avesse tenuto in piedi trattenendolo per la vita. Non gli interessava, comunque.
Dopo un tempo quasi interminabile, Harry si stacco lasciando Louis ancora leggermente imbambolato. Gli lasciò un ulteriore bacio a all’angolo della bocca, sorridendo sulle sue labbra.
-Non andare a Knowcity-  era dolce, roco, sensuale ed imperativo. Troppo imperativo.
Louis sgranò gli occhi ritornando in sé.  Portò le mani al petto dell’altro, questa volta spingendolo via. Si vergognò profondamente del suo atteggiamento da ragazzina. Si vergognò di essersi lasciato baciare. E soprattutto non riusciva a riconoscere se stesso e questo lo mandava in bestia.

Guardò Harry duramente, portandosi una mano alla bocca come la voler cancellare il sapore  di quelle labbra.
-Io non prendo ordini da te- sbraitò e se ne andò cercando di fare un’uscita decorosa.

Harry sbuffò esasperato.





ANGOLO DI MIKA:

E' piuttosto evidente quanto mi ispiri questa storia in questi giorni.
Insomma le cose non sono state troppo tragiche in questo capitolo, no? Sono stata brava? :D
Ad ogni modo.. il prossimo capitolo si chiama "See you soon" ...
 E non vedo davvero l'ora di scriverlo. Perché ... oddio sono così emozionata!!!!!
Va bene! Vi saluto!
A presto, Mika!

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Capitolo 9
*** CHAPTER VIII- See you soon ***


CHAPTER VIII – See you soon

                                                

A te che sorriderai molto durante questa lettura...
A te che te lo auguro, che nella vita non si sa mai...
                                                                                                                      





Buio.

Il corridoio era buio, in pietra, e lui sentiva freddo.  Rabbrividì.
Le fiaccole erano alternate lungo le pareti. La struttura chiaramente medievale e completamente spoglia.
Louis non sapeva dove si trovasse, come ci fosse finito e dove dovesse andare.
Il suo essere cacciatore gli rendeva impossibile restare tranquillo e non avere i sensi all’erta. Si spostò in avanti, percorrendo il tunnel con circospezione. Si sentiva a disagio per il fatto che non conoscesse il posto. Non aveva armi con lui e non era certo di dove le avesse lasciate. Inoltre, una strana ansia gli montava da dentro.
Passo dopo passo, cercando di non fare alcun rumore, percorse tutto il corridoio, fino ad arrivare davanti ad una porta.
Era accostata, ma non riusciva a scorgere cosa ci fosse all’interno.  Si bloccò.
Nessun rumore. Louis tratteneva praticamente il respiro.
Qualcosa, non sapeva cosa, lo spingeva ad entrare. A spalancare quella porta. Ma qualcosa di altrettanto forte lo tratteneva sul posto.
Guardò con circospezione le intarsiature del pesante portone mentre pigramente si spostava la frangetta dagli occhi.
Non sapeva cosa lasciasse alle sue spalle. Aveva la fastidiosa sensazione di aver percorso una strada senza sapere realmente il motivo per cui l’avesse fatto. Senza sapere quale fosse. Aveva camminato come un cieco, probabilmente non sarebbe riuscito a ripetere il percorso ancora, a ricordarne le tappe.
Aveva l’inquietante sospetto che tutto quello che avesse vissuto nella sua vita fosse stato solo al fine di condurlo davanti a quella porta.

Poteva tornare indietro.
Voltargli le spalle.
Ma allora niente avrebbe avuto più senso.

Quello era il momento. Quel momento, quei pochi secondi, quella scelta che avrebbe determinato il senso della sua vita. E Louis poteva scegliere. Se dargli un significato o meno. Sentiva crescere orgoglioso il bisogno di attribuirgli un valore superiore a quello di chiunque altro.

Senza pensare oltre posò la mano sul legno e spalancò la porta entrando con ampie falcate.
Era pronto a tutto. Ad andare incontro al suo destino. Al suo nemico. Alla morte.
Non era altrettanto pronto a quello che realmente vi trovò all’interno.

Era un ampia camera da letto. Aveva una finestra enorme, da cui entrava la luce della luna. Le tende di velluto porpora erano pesantemente aperte. Ai quattro angoli della stanza giacevano delle luci flebili. Sembravano essere messe lì per permettere a Louis di vedere tutto. Dal soffitto scendeva un enorme lampadario d’oro e cristalli. Non illuminava nulla, limitandosi a creare giochi di luce quando le fiammelle si specchiavano nel vetro. Al centro, un enorme letto a baldacchino.

Ma Louis doveva davvero piantarla di focalizzarsi sui dettagli.

Perché tutto quello che aveva notato fino a quel momento non era niente. Era piccolo. Stupido. Misero. Inutile.

L’unica cosa realmente importante nella stanza era il corpo nudo nel letto. Muscoloso. Possente. Forte.
Louis si morse forte il labbro inferiore.
Si avvicinò al baldacchino e sentiva come se ad ogni passo lasciasse indietro una parte di sé. Qualcosa di poco importante, rispetto all’essenziale bisogno di avvicinarsi. Ad ogni passo, si toglieva un indumento in maniera frenetica, ma in realtà si stava spogliando del rancore, della confusione, dei ricordi d’infanzia, della corazza che si era costruito addosso nel corso degli anni.
Arrivò al materasso che era nudo. Il corpo tonico, macchiato d’inchiostro. Le cosce sode.
Sul volto, appena un filo di barba.

-Eccoti..- quella voce lo costrinse a stringere la mascella e deglutire.
-Eccomi- annuì.
Harry sorrise, scostandosi i ricci dal volto. Lo guardava venerando ogni singola porzione di pelle. E Louis si sentiva .. non lo sapeva come si sentiva. Probabilmente la verità era che per la prima volta nella sua vita si sentiva libero e menefreghista ed irresponsabile.
Non c’erano doveri. Eccetto uno. Quello di prendere quel corpo e portare quell’uomo dove non era mai stato. Venerare quel tempio di piacere e trascorrere tutto il tempo del mondo ascoltando quella voce contorcersi in gemiti.

Poggiò il ginocchio sul materasso dopo aver percorso con lo sguardo tutto il corpo del vampiro.
Immediatamente quello lo afferrò buttandolo sul letto. Rotolarono l’uno sopra all’altro, fino a che il corpo del vampiro non finì sopra il suo inchiodandolo. Incontrò quegli occhi verdi ed entrambi sorrisero.

-Hi-
-Osp-

Raggiunse quelle labbra baciandolo con passione.
Harry si staccò dalle sue labbra ed iniziò a scendere con la bocca sulla mascella, il collo, le clavicole, il petto.
Alternava morsi, a baci, a sfioramenti con la lingua.
Louis si sentiva estremamente eccitato.
-Mordimi .. – Harry alzò gli occhi divertito e il suo volto prese a mutare. Louis gemette di soddisfazione mordendosi le labbra. Era spaventoso, pericoloso ed eccitante. Sentì i canini dell’altro perforargli la pelle del collo ed il sangue deglutire.
-Harry- gemette ancora.
Quello si staccò dal suo collo leccando la ferita. Alzò il volto, la bocca era gonfia ed oscenamente sporca di sangue. Louis si tirò avanti e sfacciatamente leccò il suo stesso sangue dalle labbra dell’altro.
Voleva scoparlo subito. O farsi scopare. O prima scoparlo e poi farsi scopare. Non lo sapeva. Sapeva solo che niente e nessuno al mondo lo avrebbe costretto ad abbandonare quel letto per il resto della sua vita.

-LOUIS!-

Sgranò gli occhi all’improvviso trovandosi la faccia di Niall a cinque centimetri dalla sua.
Lo odiò. Poi si vergognò di se stesso al ricordo di cosa stava sognando. Poi lo odiò comunque.
 
 




 
 

-Ancora con quella storia di intrufolarsi nei sogni delle persone?- Gemma se ne stava appoggiata allo stipite della porta. I capelli raccolti ed un sorriso rassegnato sulle labbra.
Harry annuì bevendo dal calice che aveva in mano.
-Almeno in sogno ci hai scopato?- la guardò piuttosto sconcertato dal suo linguaggio ma non riuscì a lungo a trattenere una risata.
-Non proprio .. – ammiccò –Ancora non ho capito se preferisce prenderlo o … -
-Ok, ok basta così!- si portò le mani alle orecchie scuotendo la testa –Ho sentito anche abbastanza-
-Se non vuoi sapere non chiedere- ridacchiò.
-Era proprio necessario comprare una casa?- Harry sorrise. Sapeva benissimo che prima o poi avrebbero discusso.  Era quasi curioso di sapere quanto ci avrebbe messo la sorella ad arrivare al punto.
-Non credevo volessi stare in quella specie di ricettacolo di schifo..-
Molte delle creature si erano rintanate in un vecchio monastero sconsacrato appena fuori dalla città. Harry non aveva la minima intenzione di condividere l’abitazione con quegli individui. Era già costretto a trascorrere la maggior parte delle giornate lì, non ci pensava proprio a trascorrerci anche la notte.
-Potevamo affittare..-
-Il mattone è sempre un investimento sicuro-
-Non nel centro esatto dell’apocalisse- l’obiezione era più che ragionevole, in effetti, ma loro erano ricchi e ad Harry era sempre piaciuto possedere le cose.
-Quindi hai votato..-
-Era una messa in scena, Gemma. Sarebbe finita comunque così- Non gli piaceva l'aver votato a favore dell'attacco. Alcune comunità erano ancora indecise, ma lui sapeva leggere il Conclave ed era cosciente del fatto che i vampiri avrebbero partecipato con o senza il suo consenso. Non poteva permettere  che lo estromettessero.

Lei rimase pensierosa per qualche minuto.
-Lui verrà qui..- non aveva davvero bisogno di chiedere a chi si riferisse. Da quando Nicolas le aveva raccontato del salvataggio, l'argomento Louis Tomlinson sembrava essere diventato il favorito di Gemma.
-E’ una sua scelta. Gli ho chiesto di starne fuori ma .. sì, probabilmente verrà-
-Lo uccideranno, lo sai..-
-Non è affar mio- abbaiò infastidito dalla compassione che la sorella sembrava mostrare. Compassione per lui, non per il cacciatore.
-Voglio solo che tu sia preparato. Non ti avevo mai visto così interessato a qualcuno dopo Brandon..-
Harry gettò il bicchiere a terra spaventandola. Si voltò verso di lei furioso.
-Louis non è Brandon!- era gelido.
Non esisteva. Nessuno, nessuno al mondo avrebbe mai preso il posto di Brandon nel suo cuore. Lo avevano ucciso dei cacciatori. Cacciatori come Louis. E lo aveva perso. Era un fratello, un amico e un amante. Gli voleva bene. Si dicevano tutto. Facevano l’amore. Si fidavano l’uno dell’altro e avevano lo stesso modo di amarsi e lasciarsi i loro spazi. Era vero, si erano più volti concessi scappatelle, ma poi tornavano l'uno dall'altro. Infondo l'eternità era troppo lunga per non desiderare un altro corpo, oltre quello della persona amata. Ed erano entrambi troppo consapevoli dei loro sentimenti, troppo intelligenti per farsi governare dalla gelosia.
Louis non aveva nulla a che fare con tutto ciò. Era irritante, erano destinati a volersi uccidere, era testardo, arrogante, capriccioso ed infantile. E sì, magari era bello, anche più di Brandon. Aveva gli occhi brillanti ed il sorriso luminoso. Aveva il più bel culo che avesse mai visto. Lo desiderava. Sì. Riconosceva l’elettricità e l’attrazione. Forse,  qualche volta gli faceva tenerezza, ma non sarebbe mai stato Brandon.

Lui non lo avrebbe mai tradito in quel modo. Né dimenticato.

-Come vuoi, calmati Harry- il ragazzo rilassò le spalle immediatamente. Aveva esagerato, lo sapeva.
-Scusami..-
-Non preoccuparti, abbiamo problemi più importanti da affrontare!-
-Tipo?-
-Tipo che tra un mese ci sarà l’apocalisse;l’arma è sul punto di venire qui e Zayn Malik è appena arrivato e sta tenendo un comizio..-
-Quel cane- l’espressione di Harry era schifata –Cosa vuole?-
-Cito testuali parole ..- iniziò Gemma – “sarebbe un peccato sprecare il potenziale del piccolo Lou!”- Harry alzò lo sguardo sconvolto –Sì poi ha aggiunto qualcosa come che non dovremmo ucciderlo ma catturarlo e convincerlo a combattere per noi .. – prima che potesse aggiungere qualsiasi cosa, Harry stava già lasciando la stanza.
 
 
 
 
 




-Quindi, ricapitolando, i mostri ti vogliono ammazzare ma anche i nostri ti vogliono ammazzare perché il tuo patrigno ha deciso che ti vuole ammazzare. Perché allora stiamo andando in un posto dove tutti ti vogliono ammazzare?-  la faccia di Niall era distorta in un’espressione enormemente concentrata.
-Punto uno:  sta succedendo qualcosa di veramente grosso. C’è una grossa di attività di caccia e moltissime creature sembrano considerare il Kansas il centro del mondo. Sono coinvolti i vertici. C’è il conclave! E sembra che tutti i cacciatori del mondo stiano andando lì- Liam annuì alla spiegazione di Louis –Punto secondo: io e Liam andiamo a Knowcity. Voi restate qui!- l’altro cacciatore annuì di nuovo.
Mary intervenne –Punto primo: capisco che tu debba andare Louis e non potrei mai chiederti di non farlo anche se probabilmente vivrò nel panico,ma perché il tuo patrigno ti vuole morto? Punto secondo: noi veniamo!- Liam scosse la testa contrariato.
-Che ne so Mary? L’ultima volta che ho visto il mio patrigno ero un adolescente che scappava di casa. Ho visto mia sorella tre volte negli ultimi tre anni e mia madre non mi ha mai cercato- disse come se stesse parlando del tempo –E no! Voi non venite!-
-Magari potresti provare a metterti in contatto con qualcuno della tua famiglia, qualcuno di cui ti fidi.. – propose Liam –E sono d’accordo con Louis voi state a casa!-
-Non posso chiamare Lottie ed è l’unica a cui chiederei. Potrebbe essere con loro, non voglio metterla in pericolo!-
-Magari possiamo provare a contattarla quando saremo lì..-
-Non sono certo di volerla coinvolgere-
-Ma avremo bisogno di un qualche alleato- intervenne Niall –noi veniamo- aggiunse rapido mentre ingurgitava noccioline. Come se dicendolo più velocemente potesse ottenere qualche risultato migliore.
-Ci sarebbe .. -
-Non dirlo nemmeno per scherzo, Liam .. – lo bloccò Louis.
-Cosa??- chiesero in coro Niall e Mary. Il primo veramente confuso, la seconda con la faccia di una che la sapeva lunga.
-Niente, Liam è impazzito- tagliò corto.
-Oh andiamo! Ti ha salvato la vita-
-Liam, per favore..-
-Ti ha chiesto di non andare a Knowcity, vuol dire che ti vuole al sicuro!-
-Liam non andrò a nascondermi dietro la gonna di un vampiro. Smettila!- si maledisse per aver raccontato a Liam della conversazione con Harry. Si era maledetto molte volte, a partire da quando l'amico, appena arrivato, aveva raccontato tutto a Niall e Mary. Ovviamente non è che gli avesse detto tutto.  Aveva omesso qualche dettaglio. Solo uno in realtà. Piccolo ed insignificante. E .. forse leggermente eccitante, e un po’ magnifico, e abbastanza travolgente e..
-Terra chiama Louis … - Mary gli stava sventolando una mano davanti alla faccia. Stampata sul volto l’ormai abituale espressione da “so bene a cosa stai pensando, Lou”. Strinse la bocca per trattenere gli insulti.
-Andremo lì  e vedremo cosa fare- decretò alla fine.
-E noi veniamo!-  dissero in coro i due cugini. Louis alzò gli occhi al cielo. Non era un genitore, non poteva decidere per loro. Erano adulti e vaccinati.
Alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
-Fate come volete!- concesse alla fine.
-Evvai!- si diedero il cinque esultando.
-Non sei serio, vero Louis?- le grida di Liam lo seguivano –Louis?!?-
Cosa volevano tutti da lui?
 
 
 
 

 

 
 
 
Mary era contenta. Louis era tornato al covo sano e salvo e aveva portato Liam con sé. Era parecchio tempo che non lo vedeva. Diversi mesi a dirla tutta. Quasi un anno. Era stata tentata, diverse volte di lasciar perdere quella cotta. Aveva conosciuto anche altri ragazzi carini, tipo un tale Josh. Ma poi finiva con lo scrivere la lista degli enormi pregi di Liam e mandava tutto all’aria. Ma in quel momento lui era lì. Bello, con quelle braccia e quegli occhioni da cucciolo. E quelle canotte. E lei aveva davvero bisogno di sforzarsi per non urlare ogni volta che lui le appariva davanti.
-Mary…-
-AAAAAAAAHHHH-
La ragazza saltò su se stessa lanciando in aria il telefono con cui stava giocando sul letto.
Liam si era affacciato all’improvviso in camera sua spaventandola.
-Mi hai fatto prendere un colpo – si portò una mano al petto, lui la guardò dispiaciuto. Il suo cervello ci mise qualche secondo a realizzare la situazione.
Liam si era affacciato all’improvviso in camera sua, le stava venendo un infarto.

Sarebbe morta lo sapeva! Sarebbe morta se lui non avesse smesso di guardarla in quel modo, di stare affacciato in quel modo, di muoversi in quel modo, di respirare in quel modo.
Ok, doveva calmarsi.
-Posso parlarti?-
Si aprì in un sorriso e lo invitò ad entrare.  Lui si fece avanti, poi si sedette sul suo letto.

Sarebbe morta.

-Dimmi- squittì. Se lo sentiva, le avrebbe chiesto di sposarla, e di fare tanti bambini e di prendere un cane. Mary non amava i cani ma, diavolo, per Liam avrebbe fatto uno strappo alla regola, si sarebbe fatta leccare tutta la faccia per quindici minuti ogni giorno, anche venti ..

-Non dovresti venire a Knowcity- la ragazza si sgonfiò come un palloncino.
-A no?- chiese con un filo di voce.
-No. Dovresti restare qui, al sicuro!-
-A sì?- si stava agitando. Liam era Liam, poteva molte cose. Ma neanche lui poteva dirle cosa fare e cosa non fare. Si mise più comoda, lisciando il piumone per cercare di trattenere il nervosismo.
-Certo, Mary! E’ pericoloso!-  lei lo guardò male.
-Non guardarmi così! Sei una donna di lettere, non sai combattere. Lì c’è una guerra!-
-Liam, tu e Louis state andando lì da soli, ad affrontare non si sa cosa e siete ignoranti come capre e non potrete rivolgervi a nessuno. Avrete bisogno di un cervello funzionante!- parlava come se spiegasse le cose ad un bambino.
Ad un ortaggio, un broccolo per la precisione!” le suggerì una vocina interiore, dispettosa. La mise a tacere.
-Verrà Niall!- il cacciatore la stava guardando come se avesse risolto tutti i problemi del mondo. Mary stava cominciando a pensare di ucciderlo.
-LIAM PAYNE- sbottò –Come osi anche solo pensare che mio cugino sia più adatto di me solo perché non ho un pene!?-
-Non è questo..-
-O sì che è questo razza di uomo delle caverne! So’ cavarmela tanto quanto Niall e sono CHIARAMENTE più intelligente, quindi smettila immediatamente di dire, anzi, di pensare queste cose!-
-Mary io non penso che tu sia incapace..- cercò di calmarla. Non l’aveva mai vista così arrabbiata. Con lui era sempre stata dolce.  In quel momento, invece gli stava urlando contro.
-A no? E allora cosa pensi?- si fece indietro ma lui le afferrò le braccia per tenerla più vicina, la guardò negli occhi, addolcendo lo sguardo.
-Penso che sarei costantemente preoccupato- ammise –saperti così vicina a tutto quello mi manda fuori di testa. L’idea che potrebbe accaderti qualcosa…- istintivamente l’abbraccio, e Mary si lasciò abbracciare. Aveva le farfalle nello stomaco.
Non avrebbe ceduto. Sarebbe andata comunque, ma non poteva impedirsi di sorridere. Perché lui era preoccupato per lei e la stava stringendo tra le braccia, sul suo letto e lei non era morta.
-Anche io sono preoccupata di saperti lì, Liam- parlò, la testa appoggiata sulla sua spalla.
-Preferirei saperti al sicuro, ed ogni giorno temo. Ma questa è la tua vita..- alzò appena la testa per guardarlo, lui annuì –è la nostra vita, ce la siamo ritrovata e dobbiamo farci i conti. Non potremo tenerci al sicuro per sempre. Ma questa cosa è grossa e riguarda tutti noi. Non puoi chiedermi di restare qui..-
Liam annuì sconfitto. Sapeva dal principio che non l'avrebbe spuntata ma doveva concedersi un tentativo. Aveva perso tanto nella sua vita, per questo non si concedeva molto. Si guardarono negli occhi a lungo. Non erano mai stati così intimi, così vicini.
Lui era abituato a tenere le persone a distanza. Ma era sull’orlo di una guerra, non sapeva se sarebbe sopravvissuto e si era trattenuto per così tanto tempo. Lei non era più arrabbiata. Ma non era ancora del tutto certa che non fosse un sogno.
Liam liberò un braccio dalla stretta e portò le dita ad accarezzare la bocca di lei.
-Posso..?- chiese.
-No! Aspettiamo altri cinque o sei anni, Liam!- ridacchiò lei facendolo sorridere –Sto rovinando il momento romantico, vero?-
-Neanche tu riusciresti, ragazza onnipotente … -  l’ultima parola si spense sulle labbra di Mary.

Era sicura che sarebbe morta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Stava riempiendo il borsone.
Dopo tanti anni, sarebbe tornato nella sua città. Avrebbe respirato lo stesso odore che invadeva le strade da bambino. Chissà se era cambiata. Chissà se l’avrebbe trovata diversa.
Si ritrovò a ricordare la sua casa, la sua stanza, la sua famiglia. Non era certo che li avrebbe visti. Per la prima volta, non sapeva bene cosa avrebbe fatto. Non aveva un piano. Aveva poche idee confuse su cosa stava accadendo. Si strofinò gli occhi frustrato. Stava trascinando quel gruppo di cretini in una missione suicida.
Per un momento, si domandò se non sarebbe stato davvero meglio non andare.
Poi la voce di Harry Styles gli tornò in mente. Nessuno poteva dirgli cosa fare o non fare. Nessuno poteva mettere in dubbio l’idea che lui potesse farcela in una qualsiasi situazione. Nessuno e soprattutto non un vampiro. Non un mostro.
Era orgoglioso, lo sapeva.
Ma non poteva restarne fuori.
Aveva votato la sua vita alla caccia, non si sarebbe tirato fuor dalla cosa più grande mai successa.
Giocò con il telefono che aveva tra le mani. Sbloccò lo schermo pigramente, vagando distrattamente nella rubrica. Quasi non si accorse di ciò che davvero stava accadendo. Ne prese coscienza solo quando ormai il danno era fatto.
Sul cellulare svettava un messaggio. La vergognosa prova che anche solo per un momento aveva pensato a lui.
Ci vediamo presto
Destinatario: Harold Styles.









ANGOLO DI MIKA


Eccomi dunque.. sono stata piuttosto veloce, non credo che sarà così nei prossimi giorni, vi avverto!
Ad ogni modo.. Ci tengo molto a questo capitolo......
 Non c'è molto da dire.. che ne pensate?

Apresto, Mika.

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Capitolo 10
*** CHAPTER IX- Welcome back ***


CHAPTER IX – Welcome back

 
In America era radicata la strana ma solida fantasia che i cottage fossero il grembo dal quale si generasse la serenità.
Voglio andare a vivere in un cottage” era la frase più pronunciata dagli indaffarati uomini d’affari newyorkesi.
Voglio andare a vivere in un cottage in Kansas in mezzo al nulla” e promesse di serenità, calma e pace. La famiglia del mulino bianco, Antonio Banderas con gallina annessa e connessa.

Nulla a che fare con la tensione che in quel momento si respirava in quella deliziosa casa. Ogni regola ha un’eccezione, ed un luogo comune non sarebbe tale senza la palese contraddizione da parte dell’esperienza.

-Come hai potuto?- Jay sentiva dentro di se scorrere il potere che per tutta la vita aveva imbrigliato. Aveva imparato presto a sopprimere la sua natura ed i suoi poteri. Nulla di impossibile, poteva farcela.
Rispetto alle altre creature sovrannaturali, le streghe erano umane. Erano esseri umani contaminati, ma che mantenevano una morale ed un raziocinio. Le altre creature avevano tratti molto più animaleschi, si muovevano in branco, rispondevano a logiche quali la dominazione o l’individuazione dell’alfa. Le streghe, invece, erano individualiste rendendo più facile distinguere chi agisse per il male e chi, invece, fosse innocente. Per questo i cacciatori e gli uomini di lettere erano riusciti a conviverci nel corso degli anni occupandosi di loro solo quando cedevano alla brama di potere o andavano fuori controllo.
Insomma per le streghe era possibile il distinguo "buono / cattivo" che i cacciatori non concepivano per le altre creature.
E Johannah stava facendo davvero fatica a mantenere il controllo in quel momento. Non era mai stato così difficile, in tutta la sua vita.
Era sola ed appena adolescente quando aveva conosciuto Troy. Lui era più grande. Un uomo di lettere adulto e piuttosto intraprendente. Quella ragazzina dai capelli castani e gli occhi azzurri se ne era invaghita subito. Era rimasta affascinata dall’assoluta mancanza di pregiudizi del giovane.
Lui le aveva spiegato cosa fosse. Le aveva parlato del suo potere, descrivendolo come un dono invece che come un’oscenità.
L’aveva introdotta nel mondo dei letterati pretendendo per lei lo stesso rispetto che era dovuto a lui e alla sua famiglia dal nome importante. E, dopo una vita passata a sentirsi emarginata, Jay gli era stata subito grata. Talmente grata da non notare quando la curiosità e il genio del compagno lo stavano conducendo alla follia. Si era affidata talmente tanto a lui da lasciargli fare cose che non aveva confessato a nessuno. L’amore la rese cieca. Fino a quando un bel giorno, lui, semplicemente se ne andò. Poco dopo la nascita del loro primo figlio. Le si era spezzato il cuore.

Con il tempo, le ferite si erano rimarginate. Jay era stata accettata dalla sua comunità che ormai la considerava più una risorsa che un pericolo. Aveva conosciuto Mark e, dopo la sua morte, Dan.
Aveva usato il suo potere, a volte, per aiutare o fare del bene.
In quel momento, però, davanti a Dan, sentiva il suo corpo tremare convulsamente. Il desiderio di prevaricazione cresceva.
-Mamma..- si concentrò sulla voce di Lottie, al suo fianco, cercando di calmarsi, ma si rivolse nuovamente al compagno.
-Come hai osato dare l’ordine di uccidere mio figlio?-
Lui la guardava annoiato. Come se stesse facendo i capricci per qualcosa di irrilevante. D’altronde, non aveva mai provato particolare affetto per quel ragazzino disobbediente ed ingrato.

Al fianco di Dan, Fizzie ripeteva pedissequamente tutte le sue espressioni.
-Sai bene che non mi reca alcun piacere averlo fatto, Jay..-
-Risparmiaci Dan! Sappiamo tutti che non lo hai mai amato..- sbottò Lottie, tenendo ancora una mano sulla spalla della madre nel tentativo di fermarla.
-Non ho mai apprezzato la sua deprecabile incapacità. Questo non significa che io goda nell’immaginarlo morto..-
-Non dare dell’incapace a mio fratello!-
- E’ commuovente il modo in cui lo difendi, Charlotte, considerato il fatto che ci abbia mollate qui fregandosene di noi!- rimbeccò Fizzie.
-E’ colpa sua se se ne è andato- rispose quella indicando il patrigno.
-TU NON PUOI CONDANNARE MIO FIGLIO A MORTE- l’urlo di Jay interruppe l’alterco tra le due.
-Tuo figlio potrebbe portare alla distruzione di noi tutti- il tono di Dan era duro e freddo –Siamo sull’orlo della più grossa crisi mai vissuta. Sono qui, tutti quei mostri, ne sento la puzza. E se lui si dovesse unire a loro, allora non ti basteranno le lacrime per piangere tutti i tuoi figli! Cosa ne sarebbe di Lottie e Fizzie? E delle gemelle? E dei bambini?-
-Non lo farà!-
-Oh certo. Ne sei sicura?- la canzonò ma quella annuì impassibile.
-Come eri sicura che non sarebbe scappato? O che sarebbe tornato?- erano domande retoriche –Ho mandato i cacciatori da lui e non sono più tornati indietro!-
-Perché li hai mandati ad ucciderlo!-
-BASTA JOHANNA!- tuonò l'uomo –non ho intenzione di discutere ancora. Tu devi fare la tua parte per la causa. Devi trovare qualche incantesimo per impedire a questa feccia di attaccarci. Nel frattempo noi cercheremo Louis. Sono certo che verrà qui. Quando lo troveremo, a seconda di come si comporterà, decideremo cosa farne- si avvicinò alla moglie, sotto lo sguardo disgustato di Lottie. Addolcì il tono di voce e le accarezzò i capelli
–Ti prometto che non sarà avventato, tesoro. Se dovessi accorgermi che Louis è dalla nostra parte sarò più che felice di lasciarlo in vita e riportarlo da te..-  voltò le spalle alla donna lasciando la cucina con Fizzie, lasciando le due donne da sole.

-Mente- sibilò la giovane, la madre annuì –Lo troverò prima io mamma! Te lo prometto..-
 
 
 
 


 


Si stava dirigendo verso la stanza che un tempo era stata il refettorio.
Era la più grande del convento ed era stata adibita a sala di incontro di tutti i più importanti membri della comunità sovrannaturale. Il piano non era ancora stato completamente messo a punto e c’erano ancora i dettagli da decidere, se così si poteva dire.
Quando fece il suo ingresso la riunione era già iniziata.
-Alcune streghe sono dalla nostra parte. Non sarà difficile annientare le loro resistenze con l’arrivo dell’eclissi..-
-Hanno gli Angeli dalla loro parte, e altre streghe, e sono in molti! Inoltre, una volta dentro, i corridoi stretti renderanno ininfluente la superiorità numerica!-
-Comunque non ci capiterà mai un’occasione migliore di questa!-
Discutevano, fingendo una calma che non gli apparteneva. Harry aveva vissuto abbastanza per riconoscere le diffidenza ed il doppio fine nei loro sguardi. Non disse niente, comunque. Non era più tempo di discutere sui se, era tempo di pianificare i come. E lui non poteva tirarsi indietro. Non aveva rimorsi. Lui e Gemma già avevano pianificato come affrontare quello che sarebbe venuto dopo, inevitabilmente. Tornare a casa loro e creare abbastanza vampiri da scoraggiare chiunque avrebbe voluto attaccarli.
Ricambiò, senza entusiasmo, alcuni cenni di saluto. Riconobbe volti di creature che non vedeva da secoli, l'ultima volta che li aveva veduti, Brandon era al suo fianco. Tutti potenti. Tutti malvagi. Come lui.  Neanche rispose alle insistenti occhiatine di Nick.
-Prima di tutto, però, dovremmo assicurarci di uccidere l’arma. Prima che venga attivata- la profonda voce del demone attirò l’attenzione di Harry.
Era arrivato, l'argomento.
Voleva intervenire, dire qualcosa. Ma allo stesso tempo non voleva esporsi. Non poteva permettere che quelli finissero col credere che Louis fosse una sua debolezza. Non lo era. Gli aveva salvato la pelle già troppo spesso, lo aveva avvisato di andarsene, ma no. Lui doveva fare di testa sua. Addirittura, doveva sfidandolo mandandogli un messaggio. E sarebbe morto. Ed Harry non avrebbe più mosso un dito per lui. Se lo era giurato.
-Come ho già detto, non sono d’accordo..-
Zayn Malik, il mannaro alfa, si stava portando al centro del refettorio. Aveva la solita aria misteriosa, lo stile da motociclista che era già desueto negli anni ottanta, e l’espressione da duro.
Ad Harry faceva venire il volta stomaco.
-Malik, il tuo piano è rischioso!- a rispondere era stata Sophia. Il capo delle sirene.
-Non è rischioso! E’ vincente! E la fortuna aiuta gli audaci, come è noto!-
-Non possiamo attivare l’arma  affidando la nostra riuscita alla probabilità che lui scelga di schierarsi dalla nostra parte. E’ sempre stato un cacciatore..-
-Sì ma ha il male dentro-
Harry lo guardò stralunato.
-Ho fatto ricerche … molte ricerche su Louis Tomlinson. Ho scoperto informazioni interessanti che tuttavia non è ancora il caso di divulgare- nella sala iniziò a sollevarsi un diffuso brusio.
-Ovviamente, non vi chiedo di fidarvi di me al punto tale da affidare al mio giudizio la riuscita del piano. Vi chiedo solo di catturarlo, e lasciare che io studi meglio la situazione, che cerchi di convincerlo a schierarsi dalla nostra parte. Se dovessi fallire, lascerò che ne facciate quello che volete. Avete la mia parola-
-La parola di un cane- sbuffò a mezza bocca Harry. Nessuno parve sentirlo.
-Anche qualora volessimo acconsentire, Malik, come facciamo a prenderlo?- un ghigno vittorioso si aprì sulla faccia del lupo. Sapeva che lo avrebbero lasciato tentare. Sapeva che avrebbero cercato di convincerlo a divulgare le informazioni in suo possesso. Probabilmente, sarebbero stati più che felici di far fuori il ragazzo, ma lui avrebbe avuto la sua occasione. L’occasione di trasformare l’arma nella sua arma. E questo lo avrebbe portato non solo a sconfiggere cacciatori e uomini di lettere ma anche ad avere un bel vantaggio sulle altre creature.
Sapeva che la parte più difficile sarebbe stata asservire completamente Louis. Perché non era destinato a questo. Ma anche per questo c’era un modo.
-Mr Styles.. che piacere vedere che ci hai onorati della tua presenza-
La folla intorno a lui si diradò formando un passaggio in modo che i sue potessero guardarsi e raggiungersi. Harry non era stupito del fatto che lo avesse tirato in mezzo. Era stato lui per primo ad ammettere di essere entrato in contatto con l'arma e una volta che la sua identità era stata sveltata da Nick, non avrebbe avuto senso mentire.
-Malik!- salutò gelido il vampiro camminando verso il centro della sala.
Tra i due, ovviamente, non scorreva buon sangue. Era una questione “genetica”. Per secoli si erano fatti la guerra e, alla fine, avevano deciso di negoziare una sorta di armistizio. In realtà, Harry aveva concesso ai lupi la dignità di chiamarlo tale, in cambio di molti, innumerevoli vantaggi, che si erano tradotti nel sostanziale dominio su più fronti e territori.
Ovviamente, negli anni, se ne era pentito. Non che Malik avesse osato sfidarlo ancora sul campo, ma il suo atteggiamento strafottente lo spingeva a desiderare di averlo umiliato più profondamnte nel momento in cui ne aveva avuto l’occasione.
-Dicono che tu abbia una nuova fidanzata, Styles…-
Harry si arrestò a pochi passi da lui, il volto una maschera di cera. Non cedette alla sua provocazione in alcun modo, sebben decisamente non si aspettasse che la conversazione si spostasse su quel piano.
-Non so di cosa tu stia parlando…-
-E gira voce..- continuò il mannaro, ignorando la sua risposta –che sia in città..-
-Ancora una volta non so a cosa tu ti stia riferendo-
-Non fare il modesto, Harold! La storia di come tu abbia salvato Louis Tomlinson sterminando parte della tua prole è sulla bocca di tutti-
-Non l’ho fatto di certo per salvargli la vita Malik-
-Ma eravate intimi..- suggerì quello. Harry scrollò le spalle.
-In alcun modo-  il tono era piatto e la postura eretta –Mi è capitato tra i piedi e non volevo attirare altri cacciatori in città- il lupo rise, lasciando che un "certo come no" scivolasse fuori dalle sue labbra. Chiaramente non gli credeva.
La cosa infastidiva particolarmente Harry. Louis non era niente per lui. Non sapeva più come ripeterlo. Ma, mostrarsi esasperato davanti a Malik era una pessima mossa. Per questo lo guardò negli occhi, fece un ulteriore passo verso di lui e poi si voltò verso la folla
–Se volete l’arma io vi aiuterò a cercarla. Se lo troveremo, lo prenderò e lo porterò qui vivo, perché Malik lo vuole vivo .. – si voltò verso il lupo –e poi decideremo cosa farne..-
-Bene- Zayn Malik fece eco al brusio di approvazione che si era levato tra le creature –allora unisciti a noi. Stiamo andando adesso .. –
Ancora una volta restò indifferente.
 
 
 
 
 
 
 


-Sei certo che sia un posto sicuro?- Louis si voltò scocciato verso il biondo.
-No che non sono certo, Niall! Non c’è un posto sicuro per noi qui- sbottò.
Avevano scelto, alla fine, di andare in albergo. Avevano optato per una sorta di vecchia locanda fuori città, poco frequentata dai cacciatori che avrebbero preferito di certo una sistemazione più centrale, però troppo poco isolato per divenire il covo di creature sovrannaturali. Alla reception c’era una vecchia, quasi completamente orba, che difficilmente li avrebbe riconosciuti. Il che andava decisamente a loro vantaggio. Meno persone li vedevano in faccia, meglio era.
La parte pericolosa era arrivare nella stanza, alla quale appena entrati avrebbero fornito tutte le protezioni del caso. Inoltre, Louis sapeva di non volere una stanza qualsiasi. Voleva la numero dodici.
Aveva studiato a fondo la planimetria e sapeva che quella fosse esattamente sopra la rete di catacombe che conduceva al centro del bosco. Una perfetta via di fuga, nel caso fossero stati sotto attacco. Inevitabilmente, i cacciatori in antichità avevano costruito un passaggio per scendervi.

Non era un piano perfetto, Louis ne era consapevole. Ma non avevano altro posto dove andare, ed in macchina non potevano restare.

Quando entrarono, la vecchia signora era al suo posto. Louis fu sorpreso dal trovarla esattamente identica a come la ricordava da ragazzino. Lui e Niall, presa la chiave, si dileguarono. Avevano deciso che Louis dovesse rimanere esposto  meno tempo possibile, nel caso in cui qualche cacciatore fosse stato nei dintorni, non potevano rischiare che venisse riconosciuto.
Liam e Mary finirono di fare il ceck-in, ringraziarono la signora, e raggiunsero gli altri.

Tra i due, dal bacio, era calato uno strano imbarazzo. Niente di diverso dal solito in realtà. Farfugliavano di più, arrossivano di più ed erano leggermente più imbranati.
Mary era piuttosto frustrata da questo. Non che si fosse aspettata che fossero improvvisamente diventati una coppia, assolutamente, era consapevole dei motivi che portavano Liam a trattenersi. Forse aveva guardato un paio di abiti da sposa, e magari aveva adocchiato una chiesetta particolarmente carina. Ma comunque non si aspettava che fossero una coppia. Non si aspettava, neanche, però, che parlare sarebbe diventato così difficile.

-E insomma..- esordì in imbarazzo quando stavano per raggiungere la stanza.
Liam quasi saltò su se stesso voltandosi a guardarla.
-Il primo giorno è quasi giunto al termine e sono ancora viva..- buttò lì per rompere il ghiaccio.
-Ti prego non scherzare su questo, sono ancora terribilmente in ansia e..-
-Liam- lo interruppe. I loro sguardi si incrociarono, entrambi incapaci di distogliere gli occhi da quelli dell'altro –Riguardo l’altra sera…-
-Ci ho pensato molto, Mary..-
-Già, anche io- arrossì.
Lo sguardo del cacciatore si addolcì per poi immediatamente ravvisarsi quando cadde sulla sua bocca.
-Forse dovremmo aspettare che tutto ciò finisca per riparlarne..- si forzò a dire quelle parole, sussurrarle vicino, per essere certo che ne Niall ne Louis li sentissero aldilà della porta.
E Mary si sarebbe infuriata. Si sarebbe ribellata ed avrebbe urlato se lui non fosse stato ad una distanza così vergognosamente irrilevante da lei. Se non avesse percepito il suo respiro infrangersi sulle sue labbra già dischiuse.
-Sì..- e non sapeva neanche a cosa stesse rispondendo. Se alle domande nella sua testa, o all’affermazione di Liam. Cosa aveva detto poi? Non lo ricordava nemmeno. Si sbilanciò in avanti e le loro labbra si incontrarono a metà strada. Come a suggellare un patto, su cosa, in realtà non lo sapeva nessuno dei due.
Mary sapeva solo che avrebbe voluto continuare a baciarlo per sempre, mentre portava la mano alla sua nuca per stringerselo più addosso. Di più. Più vicino.
-Cof Cof- un tossicchiare divertito li costrinse a scostarsi l’una dall’altro.
La tensione e l’imbarazzo tornarono più potenti di prima mentre un Louis piuttosto compiaciuto li guardava a braccia conserte, appoggiato allo stipite della porta.
-Vi direi di prendere una stanza, ma sapete, la situazione non è delle migliori … - scoppiò a ridere senza ritegno. Le lacrime agli occhi ed il dito indice impietosamente puntato verso di loro.
-Zitto Louis- le parole lasciarono le loro bocche contemporaneamente, spingendoli a guardarsi di nuovo, ad imbarazzarsi e abbassare gli occhi.
Louis rise più forte –Dovreste guardarvi! Siete tutti rossi!-
-Taci- sibilò Mary prima di entrare assestandogli una poderosa spallata.
Decisamente, era meglio andare a dormire!









Louis dormiva poco e niente. Di quei sonno agitati, che ti lasciano appesa sospeso, nei quali la tremenda sensazione di precipitare ti trascina imperiosamente fuori dall’oblio in continuazione. Era in ansia e si sentiva responsabile. Per tutto e tutti. Per la sua famiglia, che si era lasciato alle spalle e che lo aveva ripudiato. Si domandava se anche sua madre lo volesse morto, e le sue sorelle. Si sentiva responsabile per quello che stava accadendo. Per il semplice fatto di essere un uomo solo, di non essere in grado di fermare la guerra che stava arrivando. E si sentiva responsabile verso Mary, Liam e Niall.
Giocava a fingersi anaffettivo. Raccontava a se stesso la bugia che non fossero diventati tutti indispensabili. Che non fossero dei piccoli punti deboli nella sua corazza. Ma lo erano.
Quando Louis Tomlinson si era gettato nella caccia, aveva promesso a se stesso che nessuno avrebbe più raggiunto il suo cuore. Si promise di non permettere a nessuna persona di farsi strada dentro di lui, sotto la sua pelle. Poi erano arrivate le risate rumorose di Niall e le sue frasi sconclusionate; le premure quasi materne di Mary; e i silenzi carichi di parole di Liam. E tutto era andato a puttane. Ed erano crepe che crescevano sulla sua pelle e si irradiavano fingendosi forza e diventando di fatto debolezza. Una debolezza che non avrebbe dovuto permettersi.
Gli avevano fatto riscoprire il gusto dolce di parole come casa e famiglia e amico. Parole che portavano responsabilità. Perché la responsabilità più grande, nella vita, sorge dalla consapevolezza di essere amati. E non lo aveva dovuto neanche chiedere. Perché al mondo esistevano persone nate apposta per quello. Persone che lo avrebbero amato comunque, perché era destino, chimica, vita. E queste persone gli affidavano il cuore. Non perché avessero bisogno che venisse protetto, ma la fine di proteggere Lui da se stesso e dalla solitudine nella quale si era relegato.

Era un peso che gli toglieva il sonno.

Poi un rumore sordo lo strappò alle elucubrazioni mentali.
Saltò immediatamente a sedere sul letto, registrando lo stesso identico movimento nella branda al suo fianco.
-Hai sentito?-
Passi. Molti passi. Troppi tonfi sordi perché fossero innocui.
-Andiamo via-
Fu estremamente facile svegliare Mary, al contrario, ci misero un tempo infinito a buttare Niall giù dal letto. Non avevano disfatto i pochi zaini che avevano con loro, per fortuna. Non avrebbero avuto il tempo di recuperare nulla.
I rumori da fuori continuavano. Ci misero un attimo a trovare il passaggio per le catacombe. Un attimo che poteva essere letale. Lo sapevano. Erano troppo, troppo lenti.
Si calarono sotto di fretta.
-Dividiamoci. Ci sono due strade verso l’uscita- c'erano, solo che lui non era certo di ricordarle entrambe. Questo non lo disse.
-Dico sei pazzo?- rispose Niall scuotendo Louis –Hai mai visto un cazzo di horror?-
-Vogliono me, seguiranno me- Liam lo guardò contrariato –Non saprebbero difendersi, portali fuori da qui- il cacciatore annuì afferrando i due e trascinandoli via, Louis sparì nella direzione opposta.
Doveva arrivare fuori. Sentiva i passi nelle catacombe, dietro di se, ma non avrebbe saputo dire in che direzione andassero. Pregava con tutto se stesso che gli altri riuscissero a scamparla. Se erano lì era per colpa sua, per lui. Correva a perdi fiato, prendendo cunicoli a caso e riuscendo a stento ad orientarsi.
Svoltato l’ennesimo angolo raggiunse uno spazio più aperto. Non si chiese che tipo di utilità potesse avere in passato. Era una sorta di atrio circolare, dal quale partivano a raggio diversi tunnel, uno più stretto dell’altro, uno più buio dell’altro. 
Sentiva movimenti, alle sue spalle, e davanti, e dalle gallerie, sempre più vicini. Non era sicuro di poter scegliere un passaggio dal quale non arrivasse nessuno, mostro o cacciatore che fosse.
Girò su se stesso  e all’improvviso si avvide di una rientranza nel muro. Una vecchia tomba forse, o altro. Era piccola e stretta e, per la prima volta nella sua vita, Louis si ritrovò a benedire la sua statura minuta, infilandosi dentro.

Cercava di non fare alcun rumore e di trattenere il respiro. Poi gli venne in mente.

Era un idiota.

Un mostro non ci avrebbe messo niente a seguire la scia del suo odore.
Prima che potesse decidere di cambiare piano o strategia, però, sentì dei passi avanzare nel buio.
Dall’altezza alla quale si trovava lui, rasoterra praticamente, gli era impossibile scorgere la totalità della figura. Era probabilmente sovrannaturale, a giudicare dalla disinvoltura e la velocità con la quale si muoveva nell'oscurità.
Tentò di recuperare il coltello incastrato nella cintola. Sapeva che sarebbe morto, non si faceva illusioni in merito. Era stupidamente impreparato, al buio e contro un mostro. Ma aveva la caparbia intenzione di non rendergliela facile.
Il cuor gli batteva all’impazzata. Adrenalina e paura, mentre guardava gli stivali farsi sempre più vicini.

Poi successe.

Non lo vide. Lo sentì. Non con le orecchie. Non con i sensi in generale. Qualcosa di profondo. Qualcosa che avrebbe osato dire risiedesse nell’anima.
Una vibrazione impalpabile che cambiò tutto.
L’adrenalina restò, ma i fremiti di paura cedettero il passo a tutt’altra sensazione.
L’eccitazione, l’attrazione, la tentazione.
Un legame che non conosceva ed un bisogno che lo attanagliava. La volontà fredda di restare nascosto, attendere e combattere che si scontrava già sconfitta con il desiderio più sciocco di mostrarsi ed uscire allo scoperto.
Era precipitato in quello stato emotivo che vorticava e si imponeva con la chiara natura di ossimoro.
Era il concetto del piacere profondo che solo il dolore può procurare; la sicurezza che emerge dal brancolare nel buio senza meta; l’indossare una maschera che ha la stessa forma del proprio volto senza che tu riesca nemmeno a  ricordartene. La superba e folle certezza del non potersi sentire mai più vivi come nell’esatto attimo in cui la morte giunge.

Non fece in tempo, però, Louis a trasformare la potenza dei suoi pensieri in atto.

Prima che potesse liberarsi dal torpore che lo aveva colto, due mani grandi e forti e ricoperte di anelli lo trascinarono fuori dal proprio nascondiglio.
E fu silenzio e luce. Una luce verde-azzurra. Come se le traiettorie dei loro sguardi proiettassero l’intensità con la quale si perdevano l’uno nelle iridi dell’altro. E se i volti sembravano statue di pietra e marmo, le emozioni venivano tradite dagli occhi. Ansia, paura, dovere, dubbio, privazione, incertezza, urgenza, sollievo, passione. Ed era impossibile capire quali emozioni fossero dell’uno o dell’altro o di entrambi.

E c’era tutto.
E niente.
Non una parola.

Solo il volto perfetto di Harry Styles e altri passi e rumori che si facevano sempre più vicini.
Louis si sentì uno sciocco per la milionesima volta quella sera.
Perché davvero, non esisteva nulla di più inappropriato dell’insulso sollievo che aveva provato nel percepire la sua presenza.
Harry si guardò intorno, attento, in ascolto, come a voler valutare quanto tempo ancora avessero prima di essere raggiunti.
Poco.
All’improvviso prese a strattonare il maglione di Louis, per toglierglielo. E Louis stupidamente pensò che quello davvero non fosse il momento per … per quello.
Lo lasciò fare,  e quando l’altro strinse l’indumento tra le sue mani e poi si mosse rapidamente a strusciarlo sulla parte di un cunicolo a caso, Louis sentì freddo. Si sentì nudo. E si vergogno per il dubbio che le sensazioni fossero provocate dalla sua lontananza.
Era stato solo un bacio. Cosa cazzo gli stava prendendo?
In men che non si dica, Harry gli fu nuovamente davanti. Ancora muto gli indicò con la testa uno dei passaggi. Non c’era tempo per nulla. Louis lo sapeva. Gli voltò le spalle, intenzionato a correre nella direzione da lui indicata, poi si sentì afferrare il polso e strattonare all’indietro.
Sbatté contro un solido muro fatto di muscoli e seta.
Le labbra, direttamente su quelle piene del vampiro.
Fu veloce. Quasi disperato. Prima che potesse realizzare qualsiasi cosa, prima che potesse decidere di abbandonarsi a quelle sensazioni e morire così, ucciso dai mostri mentre ne baciava uno, Harry si era già allontanato.

Il cacciatore si voltò e tornò a correre nella galleria.

Corse senza fiato, per minuti e minuti ancora.
Fino a che, senza nemmeno accorgersene raggiunse l’esterno. E corse ancora nel bosco per almeno un chilometro o due.
Si fermò solo quando le gambe, oramai, lo stavano tradendo ed il fiato era spezzato. Avrebbe dovuto smettere di fumare, glielo diceva sempre Mary.
-Louis!-
Fu proprio la voce della ragazza a richiamarlo. Gli corse incontro, seguita da Niall e Liam.
-Li abbiamo seminati?- il biondo era evidentemente quello più spaventato. Louis non se ne stupì. Era di indole pacifica. Uno studioso duro e puro. Di quelli attaccati ai libri e alle pergamene. Forse non avrebbe dovuto permettergli di andare con loro. A giudicare dalla sua faccia era probabile che morisse di infarto prima ancora che i mostri o i cacciatori li catturassero.
-Per ora credo di sì, ma non so quanto tempo ci resti!-
-Dobbiamo trovare un posto, non possiamo restare qui!- il liscio annuì all’altro cacciatore.
-In realtà ho letto di un posto qui nella foresta..- tentò Mary. L’attenzione, immediatamente focalizzata su di lei.
-E’ un antico ritrovo di streghe. Potrebbe essere pericoloso-
-Se restiamo qui moriremo comunque, tanto vale…-
-Come si chiama questo posto Mary?-
-Le figlie di Satana-
 
 
 
 
 
 



Harold Styles si sentiva un completo imbecille.
Sì, perché si era sentito fiero, quando era schizzato prima di tutti nella direzione giusta, riconoscendo con inquietante prontezza il suo odore.
Si era sentito determinato nella caccia mentre quello via via si faceva più forte e vicino.
Poi ne aveva percepito la presenza, lo aveva afferrato con un impeto di urgenza che non aveva mai provato. E doveva solo consegnarlo per cancellare quell’espressione compiaciuta dalla faccia di Zayn Malik. Voleva consegnarlo.

E poi una serie di cose che non voleva erano accadute.

Era successo che lui non voleva creare una falsa pista con il suo odore; non voleva intimargli di mettersi in salvo indicandogli la strada giusta; non voleva baciarlo ancora un’altra volta saggiando l’irragionevole dolcezza di quella bocca; non voleva lasciarlo andare.

Proprio perché non voleva era esattamente quanto aveva fatto.
E proprio per questo era il più vecchio coglione che avesse mai calpestato il suolo terrestre.
Gemma lo avrebbe ucciso. O avrebbe ricominciato con quell’assurda e per niente plausibile ridicola storia dei sentimenti.
Quando gli altri membri della squadra di ricerca lo raggiunsero, gli indicò il sentiero nel quale aveva sparso l’odore di Louis. Loro si fiondarono. Tutti. Tranne uno.
-Perché ho la netta sensazione che tu stia mentendo?- Zayn Malik lo guardò assolutamente troppo divertito per uno che si sentisse preso per il culo. Era evidente che, dentro di lui, la soddisfazione di mostrare chiare e limpide le debolezze del vampiro superasse la voglia di raggiungere il suo premio.
Come aveva fatto al refettorio, Harry ostentò sicurezza ed indifferenza iniziando la sua filippica.
-Il fatto che tu abbia una cotta non signif…-
-Finiscila Styles- lo rimbeccò quello facendosi vicino annusando l’aria –Ti sento il suo odore addosso-
Harold si irrigidì.
-Già, non te lo aspettavi eh? Conosco il suo odore, molto bene in effetti. Per questo lo troverò- rise –Qualsiasi cosa tu faccia per difenderlo, è completamente inutile!-
Il vampiro non rispose, ed il lupo lo interpretò come un invito a continuare.
-Incontrai Louis un paio di anni fa. Lui non sapeva che io fossi un lupo. Stava cacciando un genio, nei pressi di Boston, e la luna piena era appena passata. Io ero in splendida forma,  lui.. beh lo hai visto, no?-
Ridacchio all’evidente tensione che colpì il vampiro – Giovane, bello, forte, testardo. Occhi azzurri, zigomi affilati, labbra sottili. Pensai subito che mi sarei potuto divertire. E poi era un cacciatore, diamine! Il gusto del proibito- sospirò teatralmente –Lui aveva questa assurda regola del non andare con i ragazzi troppo avvenenti, ma per me fece un’eccezione. Ci frequentammo per un po’. Con l’avvicinarsi della luna piena, però fui costretto ad abbandonarlo. Sai non volevo morire. Mi è dispiaciuto, comunque.. – si passò la lingua sulle labbra –Se solo ripenso a come ci sapeva fare a letto. Delle notti magnifiche. Rude, forte- mosse il bacino come a mimare il movimento. Harry sentì la gola secca. La furia impadronirsi di lui. Voleva assolutamente impedire alla sua mente di confezionare immagini di Louis con Zayn. Era certo che lo avrebbero torturato.
-Beh, di certo non devo raccontarlo a te!- aggiunse quasi distratto –Lo saprai meglio di me..-
E la maschera si incrinò impercettibilmente, ma abbastanza da far nascere un sorriso estremamente compiaciuto sul volto del mannaro. Era bastata una leggera pressione dei pugni ed un minimo tremolio delle labbra.
-Oh.. non lo sai .. ?- il compiacimento quasi spinse Harry ad ucciderlo sul posto.
-Non hai idea dell’espressione sul suo volto mentre viene … del modo assolutamente sfacciato con il quale geme - ormai Zayn parlava più a se stesso che al nemico / alleato.
-Sarà ancora più facile per me convincerlo a seguirmi. L’ho studiato per un po’, quando me ne sono andato, era triste per il mio abbandono. Gli mancavo.. –
Aveva il ruggito fermo in gola. Pronto ad esplodere. Lo inghiottì facendosi violenza. Per se stesso. E perché non poteva esporsi. Non poteva fare il suo gioco. O nessun altro avrebbe potuto ... deglutì mentre quell'esigenza gli si manifestava davanti a chiare lettere. Se lui si fosse tradito, nessun altro avrebbe potuto salvare Louis.
-Non mi riguarda quello che fai, Malik- sputò voltandogli le spalle per andarsene -Fanne ciò che vuoi-.
-Magari è ancora innamorato..-

Dovette uscire di lì il più velocemente possibile, aveva bisogno di aria e sete di sangue.









ANGOLO DI MIKA:
Eccomi gente!
Nuovo capitolo. Nuovo incontro.
Questo è un capitolo molto più "pensato" degli altri. Ci sono meno dialoghi e più pensieri. Molti anche piuttosto confusi perché, nel caso non fosse chiaro, Crik e Crok non ce stanno a capì na mazza!
Perdonate il francese!
Ad ogni modo. Qualcuno già starà ridendo per il nome del luogo dove si stanno dirigendo i nostri eroi. E sì, ci sarà da ridere, spero!
Vorrei riuscire ad inserire qualche nota di leggerezza nell'ansia generale del tutti vogliono far fuori tutti!
Detto ciò, l'orario è improbabile ed io vado a nanna!
Ve se ana!

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Capitolo 11
*** CHAPTER X- Don't trust ***


CHAPTER 10- Don’t Trust

 
Non era stato affatto facile raggiungere il posto segnato sulla cartina. Tra il buio e l’ansia di sfuggire da ciò che li rincorreva. Inoltre la vecchia mappa di Mary era, in alcuni punti, usurata e illegibile.
Fortunatamente Niall aveva deciso di rendersi utile, e aveva messo a disposizione della compagnia il suo senso dell’orientamento, o il suo fiuto, come preferiva chiamarlo l’irlandese. Era un talento che aveva sempre avuto, quello di orientarsi facilmente in ogni luogo.
Nessuno di loro era rilassato rispetto al piano. Niall e Mary, faticavano a realizzare cosa stesse davvero accadendo. Non erano abituati ad agire sul campo. Era capitato, qualche volta, ma mai in una situazione così disperata.
I cacciatori, d’altronde, non erano a loro agio con l’idea di rifugiarsi in un luogo potenzialmente pericoloso.
Infondo, non sapevano cosa li avrebbe attesi, una volta raggiunta la loro meta. Stavano fuggendo da un gruppo di mostri per nascondersi in un luogo di cui non sapevano nulla.
Potevano finire dalla padella nella brace ed in un’altra occasione, entrambi avrebbero optato per lo scontro frontale con gli inseguitori.
Ma c’erano Niall e Mary.
Si sarebbero distratti per proteggerli con l’unico risultato di farsi ammazzare tutti.
Dunque, non avevano molta scelta, se non quella di proseguire, velocemente ed in silenzio, pregando la loro buona stella.
Quando la vegetazione boschiva iniziò a diradarsi, quello che si trovarono davanti fece tremare le gambe di Niall che rimase impalato ai margini della recinzione.
L’edificio, oltre la staccionata in legno marcio, era un rudere. Forse una vecchia villa, che aveva visto tempi migliori. Non era difficile, considerata l’architettura, immaginarla ben tenuta ed illuminata e brulicante di persone. Ma gli anni erano stati impietosi e la villa serbava ormai solo un alore sbiadito della vecchia gloria.
Qualora anche vi fosse stato un tempo di fulgida bellezza, davanti a loro si ergeva un ammasso di legno vetusto e sgangherato.
Niall non dava segno di voler proseguire.
-Niall, maledizione sbrigati!- gli intimò Louis spingendolo da dietro, ma il biondo puntò i piedi a terra scuotendo la testa –Non ci entro lì dentro!-
-Non fare l’idiota! Non possiamo rimanere qui!- gracchiò Mary alle sue spalle. La voce, molto meno sicura di quanto avrebbe voluto.
-Come fate a non vedere i cartelli al neon “pericolo di morte”?!?- chiese sarcastico indicando la casa. Non staccava gli occhi da lì, come se temesse che un attimo di distrazione potesse essergli fatale.
Sapevano che Niall non aveva tutti i torti. Ma più passava il tempo, più l’ansia cresceva. Le creature avrebbero potuto trovarli da un momento all’altro, nonostante le false piste che avevano lasciato lungo il tragitto. Se li avessero raggiunti, si sarebbero ritrovati completamente schiacciati, in minoranza e probabilmente spacciati del tutto.
Louis sbottò –Fai come ti pare, Niall! Noi entriamo, tu resta qui se preferisci!-
Lentamente, Liam Louis e Mary sfilarono davanti al biondo dirigendosi verso l’ingresso. Ci volle appena una manciata di secondi prima che quello gli andasse dietro lasciandosi sfuggire uno squittio di frustrazione, decidendo di non voler restare da solo.
Gli scalini in legno ed il pavimento del portico scricchiolarono terribilmente sotto il loro peso.  Decisero di non bussare. Bastò una spinta lieve perché la porta di spalancasse stridendo in maniera sinistra.
Louis avvertiva distintamente la presenza di Liam alle sue spalle. Cercò di concentrarsi sul respiro regolare dell’amico per calmarsi. Sapeva che entrambi fossero dotati di ottimi riflessi e sarebbero stati in grado di reagire prontamente ad un attacco. D’altronde, nel tentativo di proteggere i letterati, inevitabilmente avrebbero faticato a mantenere lucidità e concentrazione. Erano appesi ad un filo. Ed ancora una volta, Louis si maledisse per aver consentito a quei due di unirsi alla spedizione.
-Non siamo soli! C’è qualcuno qui..-  Louis annuì all’affermazione di Liam, appena raggiunsero l’ampio salone principale. C’era qualcuno. E non lo aveva capito dal camino accesso e scoppiettante. Semplicemente, ancora prima di archiviare quell’informazione, si era sentito osservato. Aveva avvertito la presenza di qualcun altro. Ed era inquietante.
Tutto in quel salone lo era, infondo. L’arredamento, il silenzio, la penombra, il crepitio del fuoco, le tende pesanti, i lampadari lussuosi, quanto i candelabri sulle mensole.
All’improvviso, due figure incappucciate sgusciarono fuori dal nulla. Sembravano quasi scivolare sul pavimento, come se non vi poggiassero davvero i piedi. Erano speculari l’una all’altra. Stessa corporatura, stessa postura. Erano avvolte in due pesanti mantelli che le rendevano diverse. Uno blu notte, l’altro giallo, quasi dorato, appena illuminate dalla flebile luce del fuoco.
Louis e Liam immediatamente portarono le mani a stringere i coltelli che avevano alla cintola, spostandosi in modo tale da avere i letterati alle loro spalle, nel fiacco tentativo di tenerli al sicuro.
La figura a sinistra mosse appena la mano e le armi gli volarono via dalla presa salda.
-Chi siete?- ringhò Louis, ma la risposta era lampante. Streghe. Ovviamente.
-Avete un bel coraggio a chiederlo. Considerato che siete piombati in casa nostra- la voce della sagoma a destra uscì come un sibilo inquietante, era ferma e dura –Dovete andarvene- aggiunse.
-Non possiamo passare la notte fuori, ci stanno inseguendo- Louis fece cenno a Mary di tacere. La ragazza sporgeva oltre la spalla di Liam che aveva visibilmente irrigidito le spalle, non appena il suo desiderio che la ragazza diventasse invisibile si era sgretolato.
-Non ci interessa!- a parlare era stata la stessa figura, quella avvolta nel mantello blu –Noi non vogliamo entrare in questa faida tra cacciatori e mostri! Non ci riguarda, siamo neutrali. Andatevene subito!- ordinò con un timbrò chiaramente femminile.
-Non potete sbatterci fuori!-
-Oh possiamo eccome! E’ casa nostra!- la donna sconosciuta alzò il braccio e i cacciatori si aspettavano da un momento all’altro di essere catapultati all’indietro da qualche forza invisibile, ma prima che quella potesse completare il movimento, l’altra che fino a quel momento aveva taciuto, intervenne.
-Oh no Iola!!!!- il tono era polemico, e decisamente meno inquietante di quanto la compagnia si era aspettato. La figura si sporse davanti al caminetto, mosse le mani illuminando immediatamente la stanza e si tolse il cappuccio giallo dalla testa scoprendo i capelli castani –Cioè lo hai visto? Non cacceremo questo tipo da casa nostra!- gracchiò indicando Louis con fare ovvio.
-Dai Milly! Perché devi rovinare sempre tutto?- l’altra ragazza, più giovane di quanto avessero creduto rimosse il cappuccio mostrando capelli più lunghi e un’espressione accigliata –Ero davvero spaventosa!-
La compagnia le guardava interdetta. Erano due donne, giovani. Si somigliavano molto e, in quel momento, si stavano fronteggiando ignorandoli completamente.
-Avevamo deciso che saremmo rimaste neutrali!-
-Lo avevamo deciso prima di vedere quel tizio!- Louis cominciava seriamente a sentirsi in imbarazzo.
-Non metterò la nostra vita a repentaglio solo perché i tuoi ormoni sono impazziti, sorella!-
-Dov’è finita la proverbiale ospitalità del sud?- chiese Milly con fare ovvio –Restano!-
-Ti ho detto che se ne vanno!-
-E io ho detto che restano, cretina!-
-No!-
-Io sono la sorella maggiore ed io decido!- rimbeccò quella chiudendo la discussione appena prima di voltarsi verso i quattro che, nonostante le espressioni sconvolte, sembravano essersi visibilmente rilassati. Si rivolse a Louis sorridendo.
-Scegli una stanza, caro! La mia è quella in fondo al corridoio sulla destra, nel caso ti interessi..- il cacciatore strabuzzò gli occhi mentre la strega gli strizzava l’occhio maliziosa.
Iola emise un versetto frustrato sbattendo nervosamente il piede a terra.
-E sia! Benvenuti!- borbottò prima di aggiungere un -ridicola- sussurrato alla sorella.

Ci misero davvero poco a sistemarsi. L’edificio, era un vecchio albergo che le sorelle avevano ereditato. Mentre aiutavano i ragazzi a sistemarsi nelle loro stanze, gli raccontarono la loro storia.
Vivevano sole da molto tempo. Entrambe non amavano mischiarsi con le altre persone e non avevano mai sentito il desiderio di fare veramente parte della comunità magica delle streghe.
Quando le voci sull’imminente battaglia le avevano raggiunte, avevano incantato la casa in modo che fosse introvabile per i più, a meno che non si possedesse una delle antiche mappe che la segnavano. Iola studiò con interesse quella che Mary le mostrò.
Quando terminarono di sistemarsi, tornarono nel salone. Le streghe, offrirono una tazza di the ciascuno e tutti si accomodarono davanti al camino. Niall aveva smesso di tremare come una foglia e, piano piano, stava riprendendo le sue solite vecchie abitudini.
-Sicure di essere streghe e non angeli?- ammiccò verso le ragazze. Quelle non fecero una piega, guardandolo inespressive mentre lui sollevava le sopracciglia. Ignorandolo completamente, Milly portò l’attenzione sugli altri tre.
-Avete detto di essere inseguiti! Come avete fatto a scappare?-
Per un momento calò il silenzio, poi Mary si voltò verso Louis. Nella fretta di allontanarsi, non aveva approfondito l’argomento.
-Già Louis.. come hai fatto a seminarli nei sotterranei? Li avevi tutti alle calcagna.. -
Il cacciatore tentennò un secondo, mordendosi il labbro inferiore nervosamente prima di parlare.
-Ho .. ho lasciato una falsa pista..-
-Cavolo amico!- intervenne Liam ammirato –In così poco tempo? E da solo? Come hai fatto?-
Louis abbassò lo sguardo, torturandosi le mani –Io..- cominciò. Non sapeva come proseguire, non voleva dire la verità ma non aveva minimamente pensato a costruirsi una scusa. Per sua sfortuna, però, Mary era una donna dotata di uno spiccato acume. Lanciò un gridolino estasiato battendo le mani tra loro.
-Ohhhh! Non me lo dire…- squittì.
-COSA?- chiesero tutti gli altri in coro. Louis si limitò a nascondere il volto tra le mani, stizzito.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-COSA HAI FATTO?- a Gemma ormai sembrava di rivivere la stessa scena ad intervalli regolari. Aveva quasi imparato a riconoscere la situazione dall’espressione sul volto del fratello. La chiamava faccia da “ho salvato di nuovo Louis”. Non poteva crederci.
-Te l’ho detto Gems! Non mi fido di Malik-
-Avevamo detto che lo avremmo catturato, Harry! Non possiamo mandare tutto all’aria. La nostra posizione ci impone un certo comportamento!-
-Hai idea di quanto sia potente l’arma?- rimbeccò lui –Non voglio lasciarla nelle mani di quel cane!-
La vampira lo guardò con espressione oltraggiata. Era stanca di tutte le storielle che il fratello andava propinando. Se non fosse stata certa che mentisse prima di tutto a se stesso, probabilmente gli sarebbe già saltata al collo.
-Quante altre scuse vuoi trovare, Haz?- chiese polemica girando su se stessa.
-Di cosa stai parlando?-
-Oh piantala, per favore!-
Harry ignorò le parole della sorella e la raggiunse davanti la finestra. Lei era immobile e guardava fuori, torturando una ciocca di capelli.
-Ti ho riportato la profezia, Gemma- spiegò lui. Cercava di mostrarsi calmo, ma il nervosismo emergeva evidente, dalle spalle contratte e l’espressione tirata.
-Quel cane lo ha toccato, capisci? Ci è andato a letto!-
La sorella si voltò verso di lui interdetta –Di cosa parli?-
-Louis lo ama- i pugni del vampiro erano stretti al punto da imbiancare le nocche –La profezia è chiara in proposito. Se si innamora morirà, non prima di aver portato tutti noi alla distruzione!- non la guardava, mentre parlava. Fissava la notte, oltre la finestra, oltre di lei. Fissava qualcosa che non poteva essere visto. Gli occhi appannati, come se stesse scrutando una sensazione. Amara e morbida. Sibilante e forte.
-Harry..- tentò di richiamarlo.
-E quel cane continuava a raccontare di come lo avesse scopato..-  la voce trasudava rabbia e Gemma, a dispetto della tragicità della situazione, non riusciva a trattenere il sorriso.
-C’è un nome per quello che stai provando Harold! Si chiama gelosia..-
-Non dire assurdità. Non c’entra niente. Non mi interessa niente di chi si fotte- sbraitò. E lo credeva, forse. Non era mai stato geloso. Mai. Neanche di Brandon. Perché avrebbe dovuto esserlo di Louis? Lo stesso Louis che non amava, né voleva al suo fianco. Lo stesso Louis testardo ed irragionevole, ed orgoglioso e caldo tra le sue braccia mentre si abbandonava e si lasciava baciare.
Ma, a quanto pare, a dispetto del suo essere cacciatore, aveva l'abitudine di fare la troia con i mostri che tanto diceva di disprezzare. Non lo riguardava, comunque. Perché, come aveva detto, non era geloso.
Non ne aveva motivo. E nel corso degli anni, Harold Styles aveva costruito la solida certezza che ogni sentimento dovesse avere un perché.
Sentiva l’esigenza di dare ordine alle cose. Di controllarle. Analizzare. Scrutarne ogni sfaccettatura. Era affascinato da ogni meccanismo, ogni reazione. C’era sempre un perché. Dietro l’amore, dietro il piacere, dietro ogni emozione. Solo alcuni non erano abbastanza attenti per coglierlo.
Harold Styles aveva l’incrollabile certezza che la mancanza di un perché dissolvesse l’emozione, la privasse di valore, trasformandola in un capriccio.
E niente di ciò che aveva a che fare con Louis aveva un perché, a meno che non si volesse prendere per buona la risposta “perché sì”.
Era necessario, automatico, logico. Ma secondo una logica diversa, su frequenze diverse. Sotto e sopra la pelle. E Harry odiava tutto questo.
-Come vuoi tu, Harold!- Gemma interruppe il suo confuso flusso di pensieri –Ma basta cazzate, adesso. Dobbiamo trovarlo e prenderlo. Di Malik ce ne occuperemo dopo. Non voglio inimicarmi tutta la comunità sovrannaturale, ok?-
Il vampiro annuì e si allontanò sotto lo sguardo preoccupato della sorella. Gemma lo sapeva. Riconosceva in Harry lo sguardo acceso che aveva perduto da tempo. Lo vedeva vacillare in se stesso, quasi avvertiva l’anima dell’altro vibrare all’interno della gabbia di razionalità e regole che aveva costruito da sempre. Gli sembrava di ritrovare l’Harry bambino che sfuggiva dalle sue stanze per giocare nei vicoli più sporchi e nascosti dei borghi medievali, nonostante gli fosse proibito. E Gemma lo sentiva.  I loro problemi erano appena iniziati.
 
 
 
 
 
 
 
 

Lottie e Jay non avevano smesso un secondo. Erano rinchiuse nella soffitta, da quando Dan si era allontanato. Cercavano di localizzare Louis, di scoprire dove fosse prima che lo facesse lui, prima che chiunque altro lo trovasse. Ma sembrava impossibile.
Avevano usato gli oggetti personali che Jay gelosamente conservava. Ma il legame tra Louis e quei ricordi doveva essere troppo fievole e diventava impossibile collegarsi a lui.
Quando Lottie aveva proposto di usare il suo sangue, Jay si era illuminata, sperando che potesse funzionare.
Erano fratello e sorella, e lei era l'unica ad averlo visto di nuovo.
In quel momento, erano immobili, fissavano la striscia rossa sulla cartina, pregando che si muovesse, sperando che qualcosa accadesse.
-Accidenti!- sbottò Jay, all’improvviso, facendo cadere tutto a terra. Si inginocchiò, rannicchiandosi su se stessa. Stanchezza, ansia e paura la stavano divorando.
-Mamma..- la ragazzina le fu subito accanto, confortandola come poteva.
-Lo troveremo..-
-No, Charlotte!- singhiozzò la donna –Non lo troveremo, ed io non posso sopportarlo! Per tutta la vita, mai una volta, sono riuscita a proteggerlo, a farlo sentire al sicuro..-
-Non è colpa tua..- la ragazza si morse il labbro inferiore. Era la compassione a parlare, non il cuore né la testa. Era impossibile per lei non riconoscere le responsabilità della madre. Era stata debole, ma era giovane ed incline ad affidarsi agli altri. Questo aveva reso Lottie e Louis praticamente incapaci di fare altrettanto. La bionda, come il fratello, tendeva a restare fredda, a non stringere rapporti con nessuno, a non preoccuparsi per nessuno. Tranne che per sua madre. Tranne che per quella strega potente, con gli occhi da bambina, che stava rannicchiata su se stessa, ancora bisognosa di attenzioni, protezione e rassicurazioni.
L’aveva colpevolizzata a lungo. Perché aveva un potere enorme, che non aveva mai voluto usare. Jay aveva frenato se stessa. Non aveva voluto essere la meravigliosa e potente donna capace di mettere il mondo ai suoi piedi. Si era nascosta. Dietro omuncoli ambiziosi. Ogni volta.
Charlotte si alzò in piedi e prese in mano la cartina, guardandola frustrata.
-E’ il mio sangue, è mio fratello. Non può non funzionare!- camminava avanti ed indietro passandosi nervosamente la mano tra i capelli lisci –E’ come se fosse sparito- borbottava –E’ come se fosse invisibile..-
A quelle parole, Jay sollevò la testa di scatto. Le lacrime ferme sulle guance, una luce flebile di speranza negli occhi.
-So dove potrebbe essere ..-
 

 
 
 
 
 
 

Era quell’ora ambigua della notte, in cui era troppo tardi per dormire o troppo presto per alzarsi.
Mary aveva girato un po’ per l’enorme casa, quando le sorelle li avevano congedati. Era uscita in giardino ed aveva raggiunto una panchina sul retro, poco illuminata ma solitaria. Aveva bisogno di pensare e rilassarsi, ma era troppo stanca per dormire. Troppa adrenalina, troppo pericolo, troppe cose che non era certa di saper gestire.  La tensione si era allentata quando avevano torturato Louis per almeno mezz’ora. Per un po', si era quasi dimenticata della drammatica situazione nella quale si era cacciata. Ma anche lì, anche in quella frivola distrazione, si avvertiva un retrogusto di amaro pericolo.
Era un po’ preoccupata, a dirla tutta.
Era preoccupata perché quella storia aveva tutte le carte in regola per finire in tragedia. Ma qualcosa di buono c’era.
Conosceva Louis da troppo tempo per non accorgersi della tensione che si allentava, dell’imbarazzo che cresceva, ogni volta che il suo pensiero indugiasse su quell'individuo. Vedeva cose di cui neanche lui si accorgeva. E Mary aveva imparato che concentrarsi sull’oggi e dimenticare il domani era l’unico modo possibile per tenersi stretto l’ultimo brandello di vita normale.
E Louis ne aveva bisogno.
Lo sapeva. Aveva bisogno di vivere come un ragazzo normale. Anche fosse solo un'illusione di pochi minuti.
-Non dormi?- la voce calda di Liam, la distolse dai suoi pensieri. Lo guardò un attimo sorridendo, per poi tornare a guardare il cielo. Lui indossava una camicia rossa a scacchi, e portava una coperta in mano. Gliela poggiò sulle spalle, facendola sorridere appena.
-Grazie..-
Lui rispose scrollando le spalle, sedendole accanto.
-Eccoci qua- strofinò le mani sui jeans –Non abbiamo un piano, non abbiamo la minima idea di cosa fare, e quelle due, onestamente, mi sembrano un po’ pazze..-
-Non parlare così delle nostre ospiti!- rimbeccò lei.
-In senso buono, intendo!-
La ragazza scollò la testa e rise. Aveva gli occhi stanchi. Rimasero in silenzio per diversi minuti, guardandosi intorno, senza pensare a niente. Era la prima volta che stare vicino al cacciatore le veniva così naturale. Addirittura le mani le sudavano meno del solito, ed era abbastanza certa che sarebbe sopravvissuta e non avrebbe finito con lo svenire.
Si girò a guardarlo, e rimase piuttosto sorpresa di trovarlo con gli occhi fissi su di lei.
E c’era qualcosa, che fino a quel momento aveva sottovalutato. Quel marrone caldo, intenso non era mai stato più vicino, più reale. Liam era improvvisamente qualcosa che avrebbe potuto toccare. Non più un idea, non più bicipiti e jeans strappati. Era una persona. Una persona al suo fianco, con la quale stava condividendo un pezzo di strada. E non era solo il ricordo vivido e bollente di quelle labbra sulle sue, o la strisciante memoria delle sue mani forti alla base della schiena.
Era poter essere insieme parte di qualcosa. Era trasformarsi l’uno in un tassello della vita dell’altro. Restando fedeli a se stessi.
E Mary non voleva perdere tutto questo. Non voleva restarne fuori. Non voleva vivere quei momenti nell’ombra, dietro di lui, per quanto il senso di protezione la permeasse e la facesse sentire sul punto di esplodere.
Lei voleva camminare al suo fianco.
-Devi insegnarmi a combattere- le parole scivolarono fuori dalla sua bocca senza che neanche le avesse davvero metabolizzate. Nel momento stesso, però, in cui si sentì pronunciarle, capì quanto fossero vere. Quanto quello fosse al momento il più sentito dei desideri.
Liam strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche.
-Sapevo che sarebbe arrivato questo momento- era chiaramente rassegnato.
-E?-
-E ci ho pensato..-
-E?-
-E, Mary, la sola idea di te davanti ad una di quelle cose mi fa accapponare la pelle..-
Mary scosse la testa, sgonfiandosi come un palloncino. Lo sapeva, lo sapeva che lui non l’avrebbe assecondata. Distolse lo sguardo stizzita e fece per alzarsi.
-Dove vai?!- le afferrò la mano, prima che potesse scappare.
-A chiedere a Louis!-
Liam la ritirò a sedere –Fammi finire..-
-Oh-
-Nonostante ciò.. non posso ignorare i pericoli che potresti correre. E credo sia meglio per te imparare qualcosa. Con molta calma-
-E’ un sì?!- squittì lei.
-Sì..-
-Davvero?!-
-Sì..-
-Oh grazie!- lo strillò mentre gli gettava con entusiasmo le braccia al collo. Un po’ troppo entusiasmo. Perché Liam non se lo aspettava ed inevitabilmente cadde all’indietro, trascinando la ragazza con sé. Ce l’aveva addosso, stretta tra le braccia, nel tentativo di difenderla da qualsiasi colpo potesse prendere.
-Scusa..- sibilò mentre lui rideva.
-Non devi scusarti, sto piuttosto comodo in effetti..-

Mary arrossì fino alla punta dei capelli, mentre incrociava i loro sguardi.

Il cacciatore sorrideva, e a Mary sembrava così giusto. Lì, al centro dell’apocalisse, stanca, a terra, stretta tra le sue braccia. E lui doveva stare lì, perché non esisteva, in tutto l’immenso cielo che gli faceva da coperta, un altro posto dove nessuno dei due avrebbe potuto o dovuto essere.
Allora fu semplice. Giusto. Quasi scontato.
Si sollevò appena sui gomiti per baciarlo, quel sorriso.
E poi non era più stanca.
 
 
 
 
 
 
 
 

Louis fissava il soffitto.
Era irritato per non essere riuscito a nascondere l’incontro con il vampiro; era frustrato dal fatto di dovergli ancora la vita. Era tutto sbagliato. A partire dall’indulgenza con la quale lo guardava Mary, per finire con la facilità con la quale si era nuovamente attaccato a quella bocca vergognosamente rossa.
Si portò una mano alle labbra, quasi senza pensare.
Doveva assolutamente smetterla. Lui non poteva desiderarlo, volerlo. Non poteva neanche pensarlo e, anzi, non lo stava assolutamente facendo.
L’idea che il vampiro scoprisse l’effetto che gli faceva, era inaccettabile. Immagino il sorriso strafottente e lo sguardo compiaciuto, e si odiò per il brivido di desiderio che gli percorse la schiena.
Sentì il telefono tremare al suo fianco e lo prese mentre si strofinava stancamente gli occhi, nel vano tentativo di scacciare l'immagine di Harry.
Quando vide il nome che troneggiava impertinente nella casella dei messaggi, non fu abbastanza pronto da impedire alle sue dita di tremare sullo schermo. Avrebbe dovuto cancellare i messaggi senza leggerli. Avrebbe davvero dovuto parlo.
 
Da Harold Styles:
Non devi fidarti.
Da: Louis
Infatti non mi fido di te
Da Harold Styles:
Non dire bugie, raggio di sole.
Ovviamente non è di me che sto parlando!

Da: Louis
Di cosa parli allora?
Da Harold Styles:
Per una volta, fai come ti viene ordinato, Louis. Stai rintanato dove sei e non fidarti di nessuno.
Da Louis:
Non prendo ordini da te!
Da Harold Styles:
Non potrò pararti il culo per sempre.
E tu me lo rendi molto difficile..

Da Louis:
Nessuno te lo ha chiesto.
Non sono una ragazzina che ha bisogno di essere salvata, Harold.

Da Harold Styles:
Sembri una ragazzina quando fremi tra le mie braccia.
Da Louis:
Vaffanculo.

Louis lanciò il telefono lontano.
Aveva bisogno di dormire.




ANGOLO DI MIKA
Salve gente.. il capitolo è breve e chiaramente di passaggio.
Il prossimo sarà piuttosto triste. Vi avverto.
All the love




 

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Capitolo 12
*** CHAPTER 11 – When I was a child .. ***


CHAPTER 10 – When I was a child ..


-Ouch!- Mary caracollò con il sedere a terra. Davanti a lei, Milly stava in piedi, con il braccio ancora teso dopo averla atterrata. Sul volto, un’espressione tra il compassionevole ed il compiaciuto. Ma Mary non poteva davvero lamentarsene.
-Scusa. Lo faccio per te, ricordatelo!- ribadì tendendole le mano per aiutarla ad alzarsi.
-Lo so! Tranquilla-
-Con … considerando come ha trattato Li.. Liam … non .. non dovresti stare tranquilla .. Oh Iola, po.. potresti alzarti?- Niall faticava a parlare. Iola l’aveva atterrato per la venticinquesima volta  e stava comodamente seduta sul suo stomaco, lisciandosi le unghie.
I letterati avevano cominciato i loro esercizi, e alla fine erano state le streghe a prenderli sotto la loro ala protettrice. Non che Liam non avesse provato a mantenere la parola data, al contrario. Ma lui e Mary avevano dimostrato di non essere molto compatibili. All’inizio lei si era arrabbiata tantissimo perché lui tendeva ad andarci piano. Aveva paura di ferirla accidentalmente, ma la ragazza non sembrava apprezzare particolarmente quelle attenzioni.  Allora il cacciatore aveva deciso di accontentarla, e piuttosto riluttante aveva provato ad atterrarla con un calcio. Ma lei si era fatta male. Era andata in confusione. Era arrossita.  E poi  gli aveva urlato contro, di nuovo, per lasciarlo lì e tornare in casa.
Dunque le ragazze si erano offerte di aiutarla, mentre Liam e Louis, avevano deciso di addentrarsi un po’ nel bosco, alla ricerca di qualcosa da uccidere.
Se non faccio fuori un mostro, finirò con l’uccidere Niall nel sonno!” si era lamentato Louis.
Quindi la mattinata era piuttosto movimentata. Il cielo era coperto e la temperatura non molto piacevole. Niall e Mary cominciavano ad essere stanchi. Niall in particolare, era sporchissimo, passava più tempo disteso a terra che sulle proprie gambe. E aveva la netta sensazione che Iola stesse regolando i conti con il genere maschile cercando di rompergli quante più ossa possibile.
“Come avete imparato a combattere?” chiese Mary mentre cercava di scrollarsi la terra dai jeans che si erano inevitabilmente strappati sul ginocchio.
“Infatti! Voi siete streghe! Avete i poteri, a che vi serve?” rimbeccò Niall.
“Ma sai … abbiamo preso qualche lezione .. tanto per mantenerci in forma..”
“Iola aveva una cotta per il maestro di kung fu! Mi ha costretta a mangiare pesce crudo per mesi, prima di scoprire che fosse cinese e non giapponese. Poi abbiamo cominciato con gli involtini primavera!” spiegò Milly con noncuranza, facendo scappare un ringhio frustrato alla sorella.
“Vogliamo parlare di quella volta che hai cercato di farti assumere da Burger king perché ti piaceva l’inserviente??”
“Era per fare un’esperienza diversa!” Milly la guardò con sufficienza, scuotendo la testa “ Adesso sta per piovere, vado dentro altrimenti mi ammalo! Niall, vieni con me?”
Il biondino iniziò ad incamminarsi, tutto quell’esercizio fisico gli aveva fatto venire fame, e non vedeva l’ora di darsi una ripulita. Stava seriamente considerando l’idea di portarsi un panino sotto la doccia.
“Dove vai, Nialler? Non abbiamo finito!” tuonò Iola.
Sarebbe stata una lunga giornata.
 
 
 
 
 




“Non c’è molto qui intorno, Louis!” si lamentò Liam mettendosi seduto su una roccia, mentre l’altro cacciatore continuava ad esaminare le tracce sul terriccio. Erano lì da qualche ora, ed ancora non si era visto niente. Nessun mostro. Niente di niente. Calma piatta.
“Deve esserci qualcosa! Insomma, questa città pullula di mostri! E’ impossibile che non riusciamo a trovarne uno. Devo uccidere qualcosa!” si lamentò l’altro.
“Prova con un coniglio! Magari stasera ce lo cucinano!”
“Il tuo senso dell’umorismo fa cagare. Lo sai vero?” disse acido.
Liam scosse la testa senza neanche rispondere. Capiva benissimo lo stato d’animo dell’amico. Non avevano un piano, non sapevano cosa fare e si limitavano a nascondersi. Anche lui si sentiva piuttosto inutile e non era piacevole.  Ma sapeva che per Louis era diverso. Quella era la sua casa, la sua famiglia viveva in quel posto. Louis non gli aveva mai raccontato la sua storia. Non sapeva bene cosa lo avesse allontanato, ma era evidente che quella poteva essere l’occasione per fare qualcosa per quel posto. Per meritarlo.
Per quanto ne sapesse poco, non era normale che il patrigno di Louis avesse dato l’ordine di ucciderlo.
E non era in contatto con la sua famiglia, lo sapeva bene. Non ci voleva un grande intuito per capire quanto fosse importante quella missione per Louis. Quanto fosse imperativo il bisogno di agire. Di fare qualcosa.
All’improvviso, il rumore di foglie e legna spezzata, rivelò la presenza di qualcuno e Liam trasalì, nella speranza che una creatura sbucasse dal nulla. Gli sarebbe andato bene anche un mutaforma. Tutto, purché potesse fargli un buco in testa.
“Chi c’è?” scattò Louis sfoderando la pistola.
In meno di un attimo, Liam fu al suo fianco. I nervi tesi e l’adrenalina in circolo. Un’ombra, lentamente, sgusciò fuori dagli alberi. Ma non era quello che si erano aspettati di vedere.
“Boo!”
Venne fuori una ragazza bionda, con i capelli raccolti in una coda di cavallo, il volto rotondo e di bassa statura. Aveva le mani alzate, in segno di resa, e un sorriso dolce, quasi sollevato sul volto.
Louis abbassò la pistola al volo, cominciando ad andarle incontro “Lots” sussurrò appena.
Si incontrarono a metà strada, come legati da qualcosa di invisibile. Si strinsero in un abbraccio dolce. Intimo. E Liam era quasi stupito di vedere Louis così. Con le lacrime agli occhi, leggermente fragile, come non era mai stato. Un lato di quel ragazzo che non aveva mai visto. E l’intimità del momento era enorme. Con le lacrime che rigavano le guance truccate della ragazza.
“Vi lascio soli..” mormorò, ma nessuno dei due sembrava starlo a sentire.
 
 
 
 





“Ero così preoccupata, Lou!” piagnucolò Lottie asciugandosi gli occhi.
“Avrei voluto avvertirti. Ma non potevo rischiare, capisci?”
“No, tu .. non hai colpa! Hai fatto bene. Anzi, non saresti dovuto tornare, Louis!”
Il ragazzo strinse i pugni, voltando la testa.
“Non lo dico perché non ti voglio qui! Sai quanto sono felice di vederti, ma è pericoloso!”
“La mia vita è pericolosa, Lottie. Da anni ..”
La ragazza annuì, torturandosi le mani. L’aria era fresca e sferzava le guance umide. Timidamente, cercò la mano del fratello, stringendola nella sua.
“Come mi hai trovato?” rapidamente stava tornando lucido. Aveva incontrato qualche volta sua sorella, negli anni. Era l’unica con cui aveva mantenuto un minimo di rapporto, ma doveva concentrarsi in quella situazione. E se una ragazza di lettere lo aveva trovato, non poteva sperare di nascondersi da l’esercito di mostri e cacciatori che lo stavano cercando. E lui aveva bisogno di un posto sicuro. Un posto dove Mary e Niall non sarebbero stati facili prede di tutto quel caos.
“Non sono stata io..” Louis trasalì. Non c’era bisogno di aggiungere altro. Perché attraverso il tono della sorella, quella presenza si era liberata ed aveva preso ad aleggiare intorno a loro. Ed era strano che sembrasse tutto quello che non era mai stata. Sollievo, accoglienza, amore, amore ed ancora amore. Era qualcosa che lo faceva sentire piccolo e bisognoso, e fragile. Era qualcosa che lo trascinava via da quel mondo crudele, per riportarlo indietro, nel calore di qualcosa che aveva voluto così tanto, e che gli era stato negato. Una parola. Una sola.
 Mamma.
Ed era strano. Strano come qualcosa dentro di lui volesse scioglierlo, e farlo diventare dolce, come il latte e miele che lo confortava da bambino.  Ma c’era altro. C’era rancore. Rabbia. Risentimento. C’erano le lacrime per le urla di un uomo che non era suo padre. C’erano le lacrime disperate di un bambino, che chiamava “mamma” ancora ed ancora. Inutilmente.
“Cosa vuole?” la voce neutra. Una maschera ormai adattata alla perfezione al suo volto. Nemmeno l’ombra del suo sentirsi esposto o confuso. Lo aveva imparato con gli anni. Nascondere le emozioni. Nascondere la confusione. Nascondere se stessi.
E mentre cercava di restare indifferente al mondo, una sensazione estranea lo colpì. La consapevolezza di essere osservato. Un brivido. Appena. Poi tornò a concentrarsi su sua sorella.
“Vuole parlarti, Louis!”
“Poteva pensarci prima …”
“Sa di aver sbagliato! Ma deve parlarti, davvero! Non negarglielo, Lou!”
Non voleva guardarla. Perché accidenti il mondo sembrava sempre pretendere di più da lui? Possibile che non fosse abbastanza quello che faceva? Stava dedicando la sua vita a salvare l’umanità. Un’umanità che non gli aveva dato niente. Mai. Voleva solo essere un giustiziere, al quale era negato il futuro e che aveva dimenticato il suo passato. Invece no. Non era abbastanza. Come se la sua famiglia avesse il diritto di pretendere qualcosa. Non aveva debiti con loro. Non aveva riconoscenza da mostrare. Solo tristezza e frustrazione.
“Dice che ha delle cose da dirti ..” aggiunse Lottie, con il tono leggermente più duro, molto più somigliante a quello del fratello, ora. “Se non vuoi farlo per lei, fallo per questo..”
“Non cercare di farmi venire i sensi di colpa, Lottie. Non è lei la vittima, qui..”
“E’ passato così tanto tempo, Louis..” tentò.
“Parli facile, tu. Eri la figlia perfetta. La bambina coccolata, amata, vezzeggiata, ed io..”
“Non c’è tempo per questo! Siamo nel mezzo di una guerra!”
“Ed io la sto combattendo!”
Lottie abbassò lo sguardo. Stanca. “Fai come vuoi Louis. Al ruscello, alle nove .. mamma sarà lì”
“Non lo so, Lottie..”
La ragazza si irrigidì improvvisamente, lanciò uno sguardo dietro le spalle di Louis, poi si avvicinò per abbracciarlo. Finse di protrarre il saluto, prima di parlare.
“Lo sai che ci stanno spiando?” sussurrò appena, le labbra appoggiate al suo orecchio.
Louis annuì, infastidito, poi rispose con voce ed acuta, in modo tale da essere certo che il messaggio arrivasse al destinatario.  “Alcune persone faticano ad accettare il fatto che la loro presenza non sia gradita!”.
Charlotte lo guardò confusa. Poi scosse la testa e decise di lasciar perdere. Riassunse un tono distaccato e formale, Louis pensò che glielo avessero insegnato all’Accademia. “Spero che farai la cosa giusta ed andrai stasera..” il ragazzo neanche rispose. Si limitò a guardarla dargli le spalle ed andare via. Era piccola, minuta. Era come se la vedesse tornare bambina. Quando spaventata dai temporali, si intrufolava nella sua stanza, alla ricerca di qualcuno che la stringesse. Gli fece male il cuore. La bambina non esisteva più.
“Ci andrai?” quella voce, lo strappò dai ricordi della sua infanzia, per catapultarlo indietro. Mentre la pioggia iniziava a scendere, dispettosa. E il bosco sprigionava odori e rumori ovattati.
“Che ci fai qui?” non aveva intenzione di rispondere a quella domanda, ma si voltò. Aveva avvertito la sua presenza, ovviamente.  Riusciva ad avvertirla sempre, ormai lo aveva capito. Ma restava comunque una cosa inquietante, e folle.
“Ti ho chiesto se hai intenzione di andare..”
“Non sono affari tuoi quello che faccio!” il vampiro si mosse ad una velocità impossibile, per arrivargli davanti.
“Ti ho già detto che dovresti restartene buono e nascosto! La tua gita nel bosco è già stata una cosa abbastanza stupida!”
“Notizia dell’ultima ora, Styles! Non ti riguarda!”
Il vampiro lo afferrò per la giacca, spingendolo contro il tronco di un grosso albero. Era nervoso, chiaramente.
“Hai idea di quello che rischio ogni volta che salvo quel bel culetto?”
“Aspetta, aiutami, perché non riesco proprio a ricordare quando ti avrei chiesto di farlo!”  abbaiò il più basso, liberandosi dalla sua presa “Non so quando tu abbia deciso di voler essere l’eroe della favola ma ti informo che non ho bisogno di essere salvato e che questa non è una favola!”
Il vampiro ghignò appena, guardandolo con una sorta di divertimento.
“Non fare il duro, Louis..” il cacciatore alzò gli occhi al cielo, appena prima di voltare la testa di lato, per rifiutarsi di guardare il riccio. Quello si allontanò di appena qualche centimetro.
“Devi promettermi che non ti fiderai di nessuno..” proseguì.
“Io non mi fido di nessuno! Meno che mai di un succhiasangue che ha fatto carriera..” per un momento, regnò il silenzio. Harry non era davvero colpito. Aveva imparato a conoscere la sua lingua tagliente e, anzi, lo divertiva parecchio. Ma in quella situazione, sarebbe stato molto più semplice se Louis, per una volta, si fosse limitato a dargli ascolto ed obbedire. Era in bilico, tra la voglia di prenderlo a pugni, quella di succhiare il suo sangue, e quella di stringerlo a sé e tenerlo al sicuro.
Louis, invece, era semplicemente seccato. Dal riccio e da se stesso. Perché non capiva cosa autorizzasse Harry anche solo a sperare di poter avere voce in capitolo sulle sue scelte. Lui non era nessuno. Era solo un nemico che per qualche assurda ragione ancora non aveva ucciso, o non lo aveva ucciso. La qual cosa da sola già lo metteva a disagio.
Dopo diversi istanti di silenzio. Harry parlò di nuovo, avvicinandosi lentamente.
“La smetterai mai di fare il capriccioso arrogante ogni volta che smetto di toccarti per costringermi a spalmarmi addosso a te?” i capelli ricci erano completamente fradici. E le gocce di pioggia gli colavano sul volto, tra le ciglia, sulle labbra, lungo la linea del collo.
Louis annaspò.
“Fatti un altro film..”
Ma Harry sembrò non averlo sentito. Continuò a parlare, il corpo a contatto con il suo, le braccia a bloccarlo.
“E poi, quando lo faccio .. quando mi avvicino, finalmente diventi così dolce ..” soffiò sorridendo del silenzio impietrito dell’alto “e remissivo … e obbediente …”  gli fiatò sulle labbra, prima di allontanarle, per raggiungere l’orecchio “Potrei baciarti adesso, raggio di sole, di nuovo…”
Si allontanò e tracciò con un dito le labbra del cacciatore, che automaticamente, come se vivessero di vita propria, si dischiusero. Louis continuò a tacere.
“Vuoi che lo faccia? Vuoi che io ti baci?”
“No..”  brutto idiota. Si insultò da solo per quanto quel rifiuto fosse debole e la voce sottile e bisognosa. Si vergognava di se stesso. Era la versione più patetica di una studentessa con le mutandine bagnate. Che brutta fine!
“Oh.. davvero Louis? Davvero non vuoi?”
“No!” più forte. Più convincente.
Ma non abbastanza da cancellare il sorriso compiaciuto dalle labbra dell’altro.
“Non fare il bambino cattivo. Non si dicono le bugie …”
Harry fece scorrere le dita lungo la linea della mascella tesa di Louis. Il ragazzo più basso, teneva gli occhi fissi in quelli del vampiro, rifiutandosi di abbassarli per orgoglio, o incapace di farlo per qualche altro assurdo motivo. Improvvisamente, la malizia sparì dallo sguardo verde di Harry.
“Sono serio, Louis..  attento a non fidarti delle persone sbagliate”
E il riccio avrebbe potuto dirglielo più apertamente, forse. Ma qualcosa lo bloccava. Era già pericoloso il fatto che continuasse a tenerlo d’occhio. Se Louis avesse confessato a quel cane che lo aveva messo in guardia, sarebbe stata una tragedia. Ed infondo, le possibilità che lo facesse erano piuttosto alte.
Avrebbe dovuto scegliere se credere alle parole di un vampiro che aveva più volte detto di voler uccidere, oppure a quelle di un ragazzo con il quale aveva avuto una storia.
I numeri non erano dalla sua parte.  E non poteva rischiare che Malik andasse a dire al Consiglio quello che stava cercando di fare : tenere l’arma al sicuro e fuori dalla loro portata.
Louis non gli rispose. Rimase zitto a guardarlo. C’era qualcosa nei suoi occhi. Qualcosa di oscuro, pericoloso e allo stesse tempo vero. Era assurdo. Era come se potesse capirlo, comprenderlo, conoscerlo. Era come se quelli potessero raccontagli silenziosamente ogni cosa di lui. Ogni segreto, ogni paura.  Gli occhi di Harry erano un pozzo profondo di attimi e sentimenti e parole. E lui si sentiva come il bambino che si sporgeva, per guardare appena il buio spaventoso, senza il coraggio di fare un passo avanti e caderci dentro.
E non era neanche certo che quella di non rispondergli fosse una scelta. Non è che non volesse parlare. Solo era paralizzato e non sapeva cosa dire.
Il vampiro si staccò da lui e sparì nel bosco senza aggiungere niente. E Louis si incamminò verso la casa che lo ospitava. Sopraffatto.
 
 
 






Era più di mezz’ora che aspettava lungo il fiumiciattolo, nell’esatto punto che Lottie gli aveva indicato.
Di sua madre neanche una traccia.
Nervosamente, prese a calci un mucchietto di ciottoli che si erano annidati sulla sponda, facendoli cadere in acqua. Di cosa si stupiva, infondo? L’ennesimo rifiuto. L’ennesimo abbandono. Probabilmente Jay, alla fine, aveva avuto di nuovo troppa paura per raggiungerlo, per schierarsi dalla sua parte.
Nulla di nuovo, insomma.
Era sempre stata così. Una donna spaventata. Una donna incapace di imporsi, di farsi valere. Né per se stessa, né per i propri figli.
Eppure Louis l’aveva amata così tanto.
Per molti anni, era stata una figura eterea, che sgusciava nella sua stanza, dopo cena, come un angelo che gli leniva le ferite inferte dal maestro di turno.
E lui aspettava quel momento per tutta la giornata,  l’amava per quelle piccole attenzioni che sentiva di non meritare.
Troppo pigro. Troppo stupido. Troppo infantile.
Poi gli anni erano passati, e lui aveva cominciato a vedere le cose in modo diverso. Aveva iniziato a notare le negligenze, più che i piccoli doni. E una mela che rotolava nella stanza, non era abbastanza per mettere a tacere la fame per l’ennesima cena negata.
Così l’immagine di quella madre santa aveva finito con il disintegrarsi. Schiaffo dopo schiaffo. Scenata dopo scenata. Punizione dopo punizione. Fino a quella sera. Quando aveva intuito la sua arrendevolezza nel permettere a Dan di portarlo via. Ed era rimasta solo la sua vera immagine.
E forse è così che si smette di essere bambini. Non tutte le stronzate sulla morte. E’ la solitudine che ti fa crescere. La consapevolezza di essere solo ed indifeso. Perché l’eroe che fino a quel momento avevi davanti, ti dimostra brutalmente di essere solo un essere umano.
Ma quella volta no. Louis non lo avrebbe permesso. Se sua madre aveva qualcosa di utile da dirgli o da consegnargli, avrebbe dovuto farlo. E non per lui. Ma per Mary e Niall, per Liam, e considerata l’apocalisse, avrebbe aggiunto volentieri per il mondo. Non avrebbe lasciato che si tirasse indietro, che si nascondesse.
Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto.
 
 
 
 
 




Jay si sistemò i capelli guardandosi allo specchio. Accennò un sorriso al suo volto, appena più luminoso del solito, ma non ebbe il coraggio di guardarsi negli occhi. Finalmente stava facendo qualcosa di utile. Ma non era abbastanza. Nulla sarebbe stato abbastanza per rimediare a quello che non era stata per Louis.
 
Louis stava nascosto nella casetta dello scivolo. La lezione non era andata bene. Si era annoiato e si era addormentato. Sapeva bene cosa lo avrebbe aspettato a casa. Per questo si era nascosto. Voleva trovare una soluzione, ma forse aveva ragione Mark quando gli diceva che era stupido, perché non riusciva a trovarne una. Non sapeva cosa fare, se non restare rannicchiato lì dentro. Ed aveva anche cominciato a piovere.
 
Si lisciò il vestito, controllando l’orologio. Era ora. Doveva andare, non voleva fare tardi e sarebbe già dovuta partire. Louis aveva aspettato già abbastanza per avere una madre. Tirò la catena sottile che aveva al collo e la lasciò scivolare oltre la camicia blu notte. Una piccola chiave, venne fuori. Non se ne era mai separata. Mai. Per tutti quegli anni.
 
“Lou” la voce lo prese alla sprovvista facendolo saltare. Tremava appena, un po’ perché, ormai era completamente bagnato, un po’ per lo spavento. Eppure il tono era dolce. Caldo.
“Mamma” lei gli sorrise.
“Che ci fai qui, Louis? Dovresti già essere a casa. Eravamo preoccupati e ti prenderai un raffreddore”

 
Velocemente raggiunse il salotto. Cercando di fare meno rumore possibile. I più piccoli dormivano, Lottie era di turno all’Accademia e Fizzie era chiusa nella sua stanza. Era quella che la preoccupava di più. Si avvicinò alla mensola del camino. Ed era ancora lì. Il carillon. Nonostante le lamentele di tutti, perché era vecchio, troppo pesante, troppo grosso. Era lì. Si avvicinò stringendo in mano la chiave. Dopo tutti quegli anni. Era il momento.
 
“Non ci voglio tornare a casa mamma..”
“Perché piccolo?” Jay si sedette vicino al figlio. I capelli bagnati, e la posizione scomoda in quello spazio così piccolo. Gli si accucciò accanto, aspettando che lui si riparasse tra le sue braccia.
“Mark mi punirà. Mi sono addormentato a scuola..”
“Louis!”
“Non l’ho fatto apposta!” si lagnò e lei sorrise dolcemente, spostandogli con una carezza le ciocche caramello dalla fronte.

 
Le mani le tremavano mentre faceva scattare la serratura del doppiofondo. La nenia, leggera e appena udibile riempì la stanza. Jay tirò via il cassettino in fretta. Accarezzò il cuoio del libricino che c’era all’interno. Due lettere spiccavano, intagliate sulla pelle ormai usurata. T. A . Tirò fuori il diario, rimettendo tutto apposto e lo nascose sotto la camicia.
 
“Lo sai che Mark infondo ti vuole bene. Tutto quello che fa è per il tuo bene, per il tuo futuro!”
“Non è vero. Lui è cattivo”
“Non dire così, Louis. Sei ingiusto”
“Non voglio essere punito, mamma” gli occhi del bambino erano gonfi e pieni di lacrime quando incontrarono i loro gemelli sul volto della madre “Per favore..”
Lei annuì, poggiando le labbra sulla fronte di Louis. “Ci sono io Louis…” e lo strinse tra le braccia mentre canticchiava il motivetto del carillon. E Louis lo amava. Gli piaceva che la ballerina continuasse a girare. Sempre. Nonostante tutto.

 
Aumentò il passo per lasciarsi la casa alle spalle, cercando di fare meno rumore possibile. Non gli piaceva restare lì con quell’oggetto addosso. Era come se avvertisse una sorta di pericolo, e non sapeva se fosse il suo istinto di strega, o semplicemente la sua mente che gli giocava qualche brutto scherzo, cercando di paralizzarla nel solito terrore. Si lasciò la casa alle spalle, i suoi figli, ed iniziò a correre sul prato umido. Pioveva. Come quel giorno.
 
Ma quando arrivarono a casa, Jay non c’era stata. Mark era furioso, le aveva strappato Louis dalle braccia e lo aveva schiaffeggiato. Il bambino squittì, portandosi una mano alla guancia, come a voler lenire il dolore. Ma non funzionava. Cercò Jay con gli occhi. “Mark”
“Taci, tu! E vattene o sarà peggio sia per te che per questo piccolo incapace!” e Louis abbassò gli occhi perché non voleva guardarla. Non mentre gli lanciava un’occhiata di scuse, non mentre, con passo pesante, raggiungeva le scale per sparire al piano superiore. Sussurrando sempre le stesse due parole.

 
Guardava il bosco farsi sempre più vicino. Il sentiero più vicino, mentre con la mano, accarezzava il rigonfiamento che il quaderno creava sotto la sua camicia. Sarebbe andata da lui, quella volta. Lo avrebbe raggiunto, gli avrebbe raccontato tutte le verità che gli aveva sempre nascosto. Lo avrebbe aiutato ed avrebbe fatto la madre. Per una volta. Il dolore arrivò all’improvviso. Acuto. Lancinante. Cadde sulle ginocchia, i palmi delle mani ad afferrare l’erba. Poi si sentì quasi anestetizzata, mentre la pioggia di mischiava alle lacrime di rimpianto e rimorso. Con un ultimo sforzo, cercò di tirarsi in piedi. Ma era troppo tardi. Troppo tardi per tutto. E cadde sulla schiena. Sulle labbra due parole che nessuno avrebbe mai ascoltato. Non quella volta.
 
Perdonami Louis.
Perdonami Louis.
 
 
 
 
 




Era fradicio. E sentiva freddo.
Camminava velocemente, cercando di tenere a bada i suoi pensieri, e le paure, e le fantasie. Andava dritto verso la sua vecchia casa, quella dove viveva sua madre con  l’uomo che aveva dato l’ordine di ucciderlo. Non sapeva neanche cosa sperasse di ottenere.
Arrivò ai margini del boschetto e si fermò prendendo un respiro profondo. Non avrebbe dovuto andare lì, era una cosa stupida. Lo sapeva. Ma non era riuscito ad impedirselo. Non riusciva a soffocare il bisogno di impedire che quell’ultima ingiustizia venisse perpetrata.
Ci mise un po’ a notarlo.
Un corpo.
A terra.
Sotto la pioggia.
Il cuore si fermò.
“No” si lasciò scappare, mentre iniziava ad avanzare scoperto dagli alberi “No” ripeté più ad alta voce, man mano che riconosceva la sagoma, i capelli, il corpo. Corse a perdifiato fino a che non se lo trovò davanti. Inerme. Spezzato. Svuotato.
Il corpo di sua madre.
Cadde in ginocchio, liberando un grido “Nooooooooooooo” mentre con le mani, cercava di scuoterla di richiamarla. “Mamma” come aveva fatto mille volte, pur sapendo che non sarebbe arrivata, nonostante lui ne avesse bisogno, nonostante la stesse pregando.  “No” . Le lacrime. Non poteva fermarle le lacrime ed avrebbe voluto. Avrebbe dovuto. Ma niente era mai stato come avrebbe dovuto essere.
Due mani grandi lo afferrarono forte cercando di tirarlo su. E non si chiese neanche a chi appartenessero, se fossero amiche o meno. Non fece in tempo. Perché la risposta arrivò prima. Immediata ed ovvia. Una voce cupa, e addolorata. “Lou..”
“L’ha uccisa!” gridò rifiutandosi di mollare la presa sulla stoffa dei suoi vestiti.
“Dobbiamo andarcene!” ordinò. Ma era inutile. Non poteva andarsene. Non voleva andarsene. Non voleva fare niente.
“Dobbiamo andarcene da qui, okay?” il tono ancora dolce, intriso di compassione.
“No! No!” si divincolò, o almeno tentò di farlo. Ma ancora una volta non era abbastanza forte per raggiungerla. Non lo sarebbe mai stato.
“Lou! Louis! Guardami!” lentamente, assecondò il movimento delle mani poste a coppa sul suo volto. I singhiozzi non volevano saperne di fermarsi. Gli occhi erano appannati e le lacrime si mischiavano alla pioggia e alla terra, senza senso. Nonostante il volto fosse sfocato, gli occhi di un verde ombroso e cupo erano fissi nei suoi.
“L’ha uccisa..” ripeté più piano. Per convincere se stesso, per spiegare.
“Dobbiamo  andare via subito!”  sentiva i pollici di Harry accarezzare i suoi zigomi per consolarlo. Non era abbastanza. Niente sarebbe stato abbastanza.
“Non posso lasciarla qui ..” pianse ancora. Come a volerlo convincere che dovessero restare.
“E’ pericoloso” il vampiro si alzò in piedi, tirandolo su con lui mentre Louis riprendeva piano il controllo di se stesso “Tra poco pullulerà di cacciatori qui. Lei non vorrebbe questo” si strofinò il viso e gli occhi, prima di annuire.
Non aveva la forza di dire niente, di fare niente.
Doveva allontanarsi. Voleva farlo. Voltò le spalle al corpo inerme, prima di decidere di mandare tutto all’aria, ed iniziò ad incamminarsi verso la vegetazione fitta del bosco. Solo dopo una manciata di passi si accorse che Harry non era al suo fianco.
Quando azzardò uno sguardo oltre la sua spalla, lo intravide mentre si tirava su dal corpo di Jay. E in un’altra situazione avrebbe urlato. Ci avrebbe visto dietro chissà cosa. Ma quello era uno di quei momenti nei quali non si ha neanche la forza di essere sospettosi. Voleva solo andare via da lì.
“Non vieni?”
Il vampiro non rispose e lo raggiunse in un lampo.
“Dobbiamo essere veloci” buttò lì la giustificazione prima di tirarsi Louis sulle spalle ed iniziare a correre.
 
 







Harry lo aveva lasciato ai margini della proprietà. Si era congedato senza dirgli niente, e Louis gli era grato per questo. Non aveva nulla da dire. Niente di cui parlare. E non voleva vedere nessuno, prima di essere certo che sarebbe stato in grado di mascherare il dolore.
Ci sarebbe stato tempo per la vendetta, per l’odio, per tutto. Ma non quella notte. Non prima di aver ripreso il controllo di se stesso.
Si sedette sulla staccionata di legno. Gli occhi gonfi, fissi nel nulla. Di tanto in tanto si massaggiava le tempie, sebbene non stesse pensando a niente. Aveva la testa stranamente vuota.
La disperazione di poco prima, aveva lasciato velocemente il posto ad una freddezza apatica. 
Sua madre era morta.
Era stata uccisa.
Non c’era spazio per altro. Poi, all’improvviso, sentì un rumore provenire dalla sua sinistra.
Non si voltò nemmeno a controllare “Pensavo te ne fossi andato” borbottò.
“In effetti l’ho fatto, e me ne scuso. Ma non è mai troppo tardi per tornare indietro, vero Louis?”
Louis scattò in piedi e sbarrò gli occhi costernato.
“Zayn?!”


ANGOLO DI MIKA:
Salve gente! Spero che il capitolo sia di vostro gradimento. C'è una parte di cui confesso sono abbastanza fiera. Anche se ho tipo un po' pianto!
Comunque .. che dire? 
Cosa c'è in quel diario?
Chi ha ucciso Jay?
Cosa succederà tra Zayn e Louis?
Tante domande e poche risposte... ad ogni modo il prossimo capitolo arriverà il prima possibile. 
Vi saluto, a presto, Mika!

 

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Capitolo 13
*** Chapter XII – What he is ***


Chapter XII – What he is

Erano circa le tre quando Louis fece il suo ingresso nella cucina. Si era preso gran parte della mattinata per ricomporsi. La aveva trascorsa nella sua camera a pensare.
La stanza era arredata alla vecchia maniera con calderoni in  rame e peltro e la maggior parte dei mobili erano di legno di castagno. I colori caldi dominavano indiscutibilmente. Quando Louis varcò la soglia erano  tutti presenti, seduti intorno al tavolo, ed immediatamente smisero di parlottare per guardarlo.
Niall aveva provato a chiedergli se qualcosa non andasse, la mattina a colazione, ma Louis non aveva risposto. Si era limitato a scuotere la testa, a mangiare, giusto perché era necessario, e poi era tornato nella sua stanza. Tutti avevano capito che qualcosa doveva essere accaduto, ma con il tempo avevano imparato a conoscere il cacciatore. E se non aveva voglia di parlare, facendogli domande si rischiava solamente di finire con il litigare e farlo chiudere in se stesso ancora di più. Le due streghe si erano limitate a spostare lo sguardo incuriosite dal ragazzo ai suoi amici che sembravano solo guardarlo con apprensione. La cosa più inquietante era che sembrava aver inserito il pilota automatico. Mangiava, respirava e si muoveva solo perché doveva farlo. Le emozioni, i reali bisogni erano chiusi fuori. E, forse, per un estraneo poteva non essere chiaro il suo comportamento, ma Niall, Liam e Mary, a loro bastò un’occhiata per capire che la persona che avevano davanti non era lo stesso ragazzo del giorno prima.
Per questo quando lui spostò la sedia per prendere posto al tavolo, un’atmosfera di attesa e tensione riempì la stanza.
“Mia madre è morta ieri notte” disse atono. Come se stesse riportando un fatto che non lo riguardasse. La risposta fu un mormorio immobile. Solo Mary si alzò dalla sedia indecisa sul da farsi. Non disse niente, limitandosi a sostarsi alle dietro di lui e posare una mano incerta sulla spalla di Louis. Il ragazzo non la guardò, ma neanche la scansò. Louis temeva che qualsiasi brusco movimento avrebbe incrinato tutta la maschera che a fatica aveva costruito, e non poteva permetterselo. Doveva attendere che fosse il momento giusto per lasciarsi andare, per crollare ancora. E non era quello. Prima doveva uscire da quella situazione, doveva trarre in salvo le persone che gli erano rimaste. Era consapevole che, prima o poi, avrebbe dovuto affrontare il dolore. Rimandare non faceva altro che fortificarlo, che permettergli di annodarsi alle sue viscere, di diventare un tutt’uno con la sua persona. Fino a che i confini sfumavano. E  Louis sarebbe diventato il suo stesso dolore, la sua stessa anima dilaniata e lacerata da una nuova perdita, dalla sfiancante certezza di non poter mai smettere davvero di essere solo.
“Come?” Liam fu il primo a parlare. E Louis incontrò il suo sguardo. Un fiume di parole, con lo stesso tono indifferente, iniziò a sgorgare dalla sua bocca. Fatti. Solo fatti. Niente emozioni, sentimenti. Niente dolore. Era facile ormai per lui distaccarsi da se stesso. Alienarsi e concentrarsi sull’obiettivo. Perché lo sapeva. Coinvolgimento e vendetta non andavano a braccetto. E se le streghe erano sconvolte e Niall e Mary preoccupati, Liam lo capiva. Lo sapeva. Conosceva quel filo invisibile sul quale si doveva restare in equilibrio. Capiva la necessità di tradire se stessi, di zittire il proprio cuore per un obiettivo. Sapeva anche che era solo uno spostare in avanti il momento in cui si sarebbe inevitabilmente dovuto fare i conti con la parte umana di se stessi. Louis avrebbe lottato, avrebbe combattuto e avrebbe vinto, poteva giurarci, ma poi quella diga si sarebbe sbriciolata come creta. Quello che sembrava indistruttibile sarebbe diventato fragile; quello che sembrava un uomo sarebbe diventato un bambino addolorato, distrutto e spaventato. E allora lui sarebbe stato un amico, ma per il momento, altro non poteva essere che un alleato sulla sua stessa lunghezza d’onda. Perché di questo Louis aveva bisogno.
Non era ancora tempo.
Il racconto non fu particolarmente lungo. C’era poco da dire, poco a cui venire a capo.
“E le tue sorelle?” Mary strinse la mano sulla spalla del cacciatore, non voleva caricarlo di altri pesi, ma non aveva potuto trattenersi. La famiglia di Louis era numerosa, piena di ragazzini innocenti. E non potevano essere lasciati a loro stessi “Non puoi lasciarli lì..” aggiunse.
“C’è Lottie” sbuffò Louis “E comunque Dan non gli farebbe del male. Il suo odio riguarda solo me”
“Credi che sia stato lui?” Iola sembrava sconvolta. E Louis la guardò incuriosito.
“Viviamo qui da un po’, Louis” spiegò Milly “Conosciamo le dinamiche della tua famiglia, e Dan è uno stronzo, ma non è uno stupido! Uccidere una strega così potente, con una guerra alle porte, non è una buona mossa.. soprattutto considerando che la nostra comunità non si è del tutto schierata. Le streghe non agiscono in branco, ma sapere che una di noi sia stata assassinata da un cacciatore non incoraggerebbe la collaborazione”
“Mia madre voleva dirmi qualcosa” spiegò “Forse ha scelto solo il male minore…”
La strega annuì non del tutto convinta. L’opinione che la comunità delle streghe aveva di Jay era controversa. Ma restava una loro sorella. Potente, seppure asservita alla causa degli uomini di lettere.
“C’è un discreto numero di persone che potrebbe aver voluto la sua morte, Louis” intervenne Mary ancora in piedi alle sue spalle “Non dobbiamo giungere a conclusioni affrettate. Se davvero tua madre voleva parlarti, probabilmente era qualcosa che ti avrebbe aiutato a vincere la guerra. Tutte le creature che si sono radunate qui hanno interesse che questo non accada ..”
“Lo so Mary” rispose secco.
“Voglio solo dire che la cieca vendetta senza la certezza che sia stato lui non è la strada migliore  e…” prima che lei potesse continuare, Louis si voltò a guardarla, interrompendola di nuovo.
“Non sto cercando vendetta, Mary. Non ancora.” La rassicurò. Ed era vero. Ovviamente voleva vendicarsi, ma ancora una volta, non avrebbe permesso ai suoi sentimenti di condizionare le sue azioni ed interferire con la sua vittoria. Lei annuì, e subito dopo, Louis allontanò la sedia dal tavolo e si alzò in piedi dandosi una rapida occhiata intorno.
-Adesso devo andare. Ieri sera ho incontrato un vecchio amico, sembra che abbia qualcosa da dirmi. Devo vederlo tra mezz’ora ed è meglio che mi sbrighi prima che facciano fuori anche lui” il tono del cacciatore era duro. Nessuno rise, ovviamente. Non era una battuta, stava solo osservando l’ovvio con il cinismo ed il sarcasmo che gli servivano in quel momento.
“Un vecchio amico?” Liam era preoccupato. Come Louis aveva discreti problemi di fiducia. E la parola amico, decisamente, non veniva usata con leggerezza nel loro ambiente.
“Zayn .. “
“ZAYN?” fece eco Mary.
“Hey, Zayn non era quello che ti ha piantato in asso all’improvviso?”
“Diciamo che mi ha spiegato il suo punto di vista e non posso biasimarlo. Non so a che ora tornerò” si lisciò i pantaloni, noncurante.
“Non mi è mai piaciuto quel tipo, Louis..” lo avvertì Liam.
“Peccato, sareste stati una bella coppia” blaterò il castano prima di congedarsi e lasciare la casa.



 
 
 
 
 
  
Quando Harry riuscì finalmente a raggiungere la sua stanza da letto era veramente stanco, nonostante fosse ancora pomeriggio. Il crepitio del caminetto creava un’atmosfera rilassante, Harry ignorò il letto a baldacchino, prendendo posto sull’enorme poltrona di velluto cremisi dinanzi al fuoco. Quei dettagli lo avevano convinto a comprare quella casa. Adorava il clima intimo che creavano nella sua stanza. Era l’ambiente perfetto per godersi la solitudine che tanto amava e bramava durante quelle giornate intense.
Si lasciò cadere, massaggiandosi le tempie con le dita, prima di tirare fuori dalla tasca interna della giacca l’oggetto che vi aveva riposto.
Lo aveva tenuto lì tutto il giorno. E ne aveva avvertito la presenza ingombrante e pesante ogni secondo. Aveva combattuto incessantemente con la necessità di scoprire cosa contenesse. Ma si era sforzato per sembrare normale, portando pazienza. Ora era solo, ed il momento era arrivato.
Lasciò che le dita scivolassero contro il rivestimento in pelle nera. Era una specie di diario. T. A. ed Harry non sapeva neanche perché ma aveva capito subito che doveva essere qualcosa di estremamente importante. Per questo lo aveva raccolto, rubandolo al corpo morto di Johanna. E non aveva detto nulla a Louis. Non aveva idea di quali verità si nascondessero tra quelle pagine, ma sentiva che gli avrebbero dato un vantaggio. Un enorme vantaggio su chiunque. Perché non poteva fare a meno di chiedersi chi avesse ucciso quella donna e perché. Ma se lei si era nascosta addosso quel libricino, un motivo doveva esserci.
Harry era convinto che volesse darlo a Louis. Aveva il vago sospetto che fosse stata uccisa proprio per quella ragione. E lui non poteva permettere che l’arma venisse a conoscenza di informazioni vitali ed ulteriori. Non poteva permettirgli di diventare più forte. Era questione di vita o di morte.
“Forza T.A. Vediamo un po’ cosa hai da dirmi..” sussurrò, aprendo il diario ad una pagina a caso.
 
21/Ottobre/1991
La gestazione di Jay va a meraviglia. La somministrazione delle sostanze anche.
Le sue condizioni di salute, da quando ho iniziato a darle l’estratto di lilium sono migliorate. Sembra non assorbire minimamente quello che è diretto al feto.

 
Harry spalancò gli occhi. Velocemente, sfogliò le pagine precedenti.
 
17/Maggio/1991
L’esperimento è iniziato ieri. Il sangue di vampiro non dovrebbe avere effetti collaterali su Jay.
Il feto, invece, dovrebbe subire le mutazioni volute. Se questa cosa funziona, questa creatura sarà una macchina da guerra. Avrò creato una nuova specie. Più forte. Più potente. Indistruttibile.

 
 
14/Agosto /1991
Il sangue di Damone non fa bene a Jay. Devo trovare un modo per impedire che le sostanze le possano nuocere, deve sopravvivere per partorire la creatura. Il feto sembra sempre più forte.
 
4/Giugno/1991
Il feto dovrebbe nascere forte. Sarò il primo uomo di lettere a dare alla luce un alfa naturale. Questa cosa sarà un’arma nelle nostre mani, capace di controllare ogni creatura, e la sua mente plasmata al nostro volere. Il mio nome resterà inciso nella storia come colui che ha messo la parola fine al dominio del male.
 
25/Dicembre/1991
E’ nato ieri. E’ normale. Le analisi evidenziano qualcosa di strano nel suo sangue ma è normale. Una totale delusione. Un totale fallimento.
Harry non riusciva a crederci.
Sfogliò le pagine avanti ed indietro, appunti su appunti. Note su note.  Parlava di esperimenti. Di sostanze iniettate e somministrate ad una donna incinta. Giorno dopo giorno. Misurazioni, resoconti. E mai una volta veniva utilizzata la parola “bambino” o “figlio”. Erano i deliri di onnipotenza di un folle.
Gli occhi del riccio si spalancavano ogni volta che si imbatteva in nuove informazioni, in formule di stile quali “alfa naturale” o “bene superiore” o “nature simultanee” .
Harry aveva voglia di vomitare. Provava una pena immensa. Perché non aveva bisogno di ricordare il sapore del sangue di Louis o l’effetto che gli facesse per capire. Non aveva bisogno di riportare alla mente il fatto che il ferro benedetto gli irritasse la pelle o quanto in fretta il ragazzo guarisse. Era stato chiaro dalla prima parola ed anche prima. Da prima ancora che aprisse quel diario, sapeva che si trattasse di lui. Qualcosa, dentro di sé glielo suggeriva.
Era Louis quella creatura.
Usata, macchiata, sacrificata dal suo stesso padre prima ancora che nascesse. “Per un bene superiore” . La dicitura appariva spesso tra le righe. Quasi come se inconsciamente quel mostro stesse cercando una scusa, mentre trasformava il suo stesso sangue in un animale da laboratorio. Una cavia. Un qualcosa da utilizzare. La cui mente andava irretita, la morale plagiata in modo tale che rispondesse ad una volontà che sentiva propria, ma che di fatto non lo era.
Eppure non aveva mai visto nulla di più umano di Louis nella sua vita. Nulla che più di lui provasse quanto la natura potesse essere potente e giusta e meravigliosa.  Non riusciva a pensare a quel ragazzo come ad una cosa. Non riusciva a far crescere dentro di lui la consapevolezza del fatto che fosse ancora più pericoloso. Che la sua morte fosse ancora una volta la scelta migliore.
“Ecco cosa sei” le parole scivolarono fuori dalla sua bocca, si toccò le labbra per tacere, mentre il suo cervello formulava l’inesorabile conclusione “ecco chi sei per me”. Ma Harry non poteva ascoltare.
 
 
 
 
 
 



Era impaziente di rivedere Zayn. In un primo momento, quasi non aveva creduto ai suoi occhi nel trovarselo di fronte la notte prima. Era bello come ricordava, forse anche di più. Stessi tratti appuntiti, stessi occhi scuri, stesso sorriso tagliente. Era talmente stupito che si era dimenticato di urlargli contro per averlo mollato dal giorno alla notte. Gli piaceva Zayn. Quando stavano insieme, per un po’, aveva creduto che potesse esserci spazio per qualcosa di normale nella sua vita. Si conoscevano poco, era vero, ma lui era bellissimo ed affettuoso e sempre entusiasta. E sembrava capirlo, nonostante non sapesse niente della sua vita. Non si lamentava mai quando Louis spariva o era in ritardo, non faceva domande quando piombava a casa sua in piena notte con graffi e ferite in ricordo di una caccia appena terminata. Poi una mattina, semplicemente, si era svegliato con ancora l’odore di sesso che impregnava la stanza, e non lo aveva più trovato.
Era stata dura ingoiare la delusione. Fingere che tutto andasse bene.
Aveva chiuso il ricordo di quelle settimane in un angolo della sua mente. Era certo che Liam se ne fosse accorto, ma finse di credere alla sua indifferente freddezza, fino a che, ad un certo punto, anche Louis se ne era convinto. Capitolo chiuso. Sogno finito.
Ma poi, la notte prima, come niente fosse era riapparso. E prima ancora che il rancore venisse a galla, prima che Louis potesse decidere di puntare il dito e mettersi ad urlare, quello lo stava abbracciando, e automaticamente il cacciatore aveva finito con il cingergli la vita sottile.
“Perché?”  era riuscito a pronunciare solo quella parola. E Zayn aveva mollato un po’ la presa, si era allontanato, fissandolo con quegli occhi brillanti e la solita espressione ferina e seducente, mischiata con l’emozione del momento. Era sempre stato un tipo emotivo.
“Ho trovato le tue armi. Erano tante, troppe. E tu eri sempre così chiuso in te stesso, così sfuggente. Io ho avuto paura, Lou. Scusami” e poi aveva raggiunto le sue labbra.
Louis lo aveva assecondato, in un primo momento. Ma aveva dovuto fare i conti con la propria mancanza di entusiasmo. Labbra troppo sottili. Sapore troppo deciso. C’era qualcosa di sbagliato. Tutto era sbagliato e lo sapeva fin troppo bene il perché.  Aveva cercato di imbrigliare il disappunto.
Zayn si era allontanato, allora, e lo aveva guardato con affetto malcelato.
“Solo dopo mesi ho scoperto la verità” aveva confessato accarezzandogli la guancia “Odiavo me stesso perché non riuscivo a togliermi dalla testa i tuoi occhi, per quanto ci provassi. Ed avevo ripreso a cercarti. Ero sulle tue tracce quando mi sono imbattuto in un Vampiro” Louis taceva. Pendeva dalle labbra del moro, assorbendo ogni cosa gli dicesse. Perché quello che fino a quel momento sembrava essere stato l’ennesimo rifiuto della sua vita, ora stava assumendo tutto un altro sapore. “Allora ho scoperto tutto! Tutto mi è stato più chiaro. Ho capito che non eri un mostro, ma l’eroe dalla scintillante armatura” sorrise di tenerezza alle guance rigate di lacrime di Zayn “Sono diventato un cacciatore, come te. Volevo essere alla tua altezza, e ho giurato a me stesso che ti avrei ritrovato. Sapevo che saresti venuto qui. Ne ero certo” Louis sentì lo stomaco contorcersi. Lasciò che Zayn posasse di nuovo la bocca sulla sua. Più volte, delicatamente. Sussurrando le sue richieste di perdono.
“Non hai niente di cui scusarti, Z” lo rassicurò “Non avrei dovuto mentirti” .
E Zayn aveva ridacchiato contro il suo collo. “Lo so che non posso pretendere che tra noi torni tutto come prima, Lou. Non subito, almeno. Ma lasciami combattere questa battaglia al tuo fianco. Lascia che io mi prenda cura di te” e Louis annuì. Perché di questo aveva bisogno. Voleva che il corpo caldo e dolce di Zayn  cancellasse il dolore che lo stava martoriando. Perché quella era l’unica strada possibile e giusta. Un cacciatore al suo fianco. Qualcuno che sapesse bastare a se stesso. Che fosse abbastanza forte da condividere il peso della sua vita. Che fosse come lui. Che avesse la sua stessa natura, le sue stesse speranze. Che combattesse dalla sua stessa parte e non contro di lui. Questo doveva volere.
Non un mostro.
Continuava a ripeterselo mentre raggiungeva il luogo dove si erano dati appuntamento. Il ragazzo gli aveva detto di avere delle informazioni da condividere, delle cose da mostrargli, ma Louis era piuttosto certo che avrebbero finito con lo scopare. Ed era giusto. E lo voleva dannatamente.
Raggiunse la vecchia rimessa dove avrebbero dovuto incontrarsi. Non entrò, si sedette sugli scalini del piccolo patio, aspettando che il ragazzo si facesse vedere. Era pomeriggio inoltrato, oramai, e il sole cominciava a sparire rendendo l’aria più fresca. Louis si strinse nel giacchetto di jeans, rimproverandosi per non aver messo qualcosa di più pesante. Fece mente locale, cercando di convincere il suo cuore a battere più forte e il suo stomaco a riempirsi di farfalle.
Zayn poteva cancellare il dolore per la perdita di sua madre?
Sì poteva.
Zayn poteva cancellare il futuro di solitudine e privazione al quale Louis credeva di essere destinato?
Sì poteva.
Zayn poteva cancellare Harry?
No non poteva.
La risposta arrivò automatica, come uno schiaffo in pieno volto, lasciandolo boccheggiare, in bilico tra l’essere o meno consapevole dell’enormità delle conseguenze di quanto avesse appena pensato. Non si accorse neanche del ragazzo corpulento dietro di lui. Sentì solo il forte dolore alla testa. Poi più niente.
 
 
 
 





“Harold!” Harry alzò gli occhi dalle pagine del diario, infastidito. Il fuoco si era quasi consumato, ma lui non se ne era neanche accorto, troppo preso a studiare ogni parola, ogni dettaglio sulla vera natura di Louis. Ci mise qualche secondo a registrare la voce di Gemma che lo chiamava. Nascose il diario sotto il cuscino imbottito della poltrona e guadagnò la porta, aprendola appena. L’espressione tesa sul volto di Gemma non prometteva niente di buono.
“Scendi c’è qualcuno che vuole parlarti!” disse secca, facendolo sbuffare “Dì a Nick che ci vediamo domani. Non sono in vena di ricevere visite” stava per chiudersi di nuovo dentro, quando la vampira lo bloccò.
“Non è Nick” solo allora si concentrò sull’odore sgradevole che proveniva dal piano di sotto.
“Che ci fa quel cane in casa mia?”
“Ha detto che non se ne andrà se non gli parli. Porta il tuo culo di sotto. Non ho intenzione di tollerare ancora la sua presenza qui!”
Quando raggiunse il salone, Zayn Malik era comodamente seduto sul suo divano. Harry sentì le mani prudere, mentre quello  si alzava andandogli incontro con un insopportabile sorriso di trionfo stampato in faccia. Non gli piaceva. Non era mai un buon segno quando quella feccia di bestie sorridevano.
“Buonasera  Styles!”  la soddisfazione sulla faccia da schiaffi divenne ancora più evidente, mentre il tono era entusiasta come se attendesse quella conversazione da sempre. Ad Harry non piaceva.
“Che ci fai in casa mia?”
“Sempre sostenuto che l’eleganza dei vampiri fosse solo una superstizione” si lagnò tra sé fingendosi contrito, prima di sorridere ancora più ampiamente e rivolgersi di nuovo al suo ospite.
“Sono venuto qui immediatamente, perché volevo essere certo di essere io a darti la lieta notizia” fece una pausa mentre qualcosa di pesante andava formandosi nello stomaco di Harry “L’ho preso, Harold!”
“Cosa? Non è vero! Tu menti!” il vampiro si irrigidì. Si odiava per il panico che evidentemente era trapelato dall’urgenza del suo tono, ma non era riuscito ad impedirselo. Immagini di Louis prigioniero avevano iniziato a formarsi nella sua testa, facendolo diventare pazzo.
“In questo momento è nelle mie stanze. Legato e sorvegliato ..ed ovviamente bellissimo come sempre” aggiunse ostentando un’espressione sognante “Pensa, era talmente felice di rivedermi che ha creduto subito alla storiella che gli ho rifilato. Nonostante te”  fece un passo in avanti, mentre Harry cercava di tornare in se stesso, violentandosi per rilassare i muscoli “L’ho preso. Nonostante te” ribadì quando gli fu molto vicino.
“Sai perché non ti ho denunciato al Consiglio dopo i tuoi patetici tentativi di salvarlo? Perché ho capito quanto contasse quel bocconcino per te. E volevo averlo io. Volevo vederti distrutto e ferito, come ti vedo ora ..”
Harry scrollò le spalle. Doveva stare calmo. Non era importante che Zayn credesse o meno a quanto aveva intenzione di dirgli, ma non poteva permettersi di dargli ragione o avrebbe solo peggiorato la situazione. Per se stesso e soprattutto per Louis.  Sollevò il sopracciglio, esibendosi in un mezzo sorriso.
“Beh complimenti, allora” applaudì con scarso entusiasmo “ma ti sbagli Zayn. Volevo solamente che non ottenessi quello che sembravi desiderare così tanto. Ma a quanto pare, hai vinto questa battaglia. A proposito di tutto il resto, per me quel ragazzino non conta niente ..”
Il lupo non sembrò scalfito dalle sue parole. Harry non sapeva se la ragione fosse il fatto che desiderasse profondamente ferirlo ovvero che la sua menzogna non fosse stata abbastanza credibile.
“Allora non ti dispiacerà quando lo prenderò e lo farò mio in tutti i modi possibili” soffiò, facendo quasi le fusa “e poi lascerò che sia lui a prendere me. E’ bravo in entrambe le cose se ben ricordo ..”
“Adesso basta Malik!” la bocca carnosa del vampiro piegata in una smorfia di disgusto “Hai detto quello che dovevi dirmi, non mi interessano le tue prodezze sessuali, vai fuori da casa mia” sembrava addirittura più alto, mentre con voce calma ma ferma ordinava al lupo di andarsene. Quello, di nuovo, sembrò indifferente. Rise ed alzò gli occhi al cielo.
“Sei patetico Styles!” si incamminò verso la porta, girandosi solo un attimo prima di andarsene “Sai, mi sono informato su di lui, ho scoperto un sacco di cose, ho parlato con sua madre, a proposito, un vero peccato che sia morta, non credi? Ad ogni modo, tu non hai idea di quanto sia speciale..” quando si chiuse la porta alle spalle, Harry si lasciò cadere stremato sul divano con gli occhi spalancati, lasciando che, finalmente, la tensione che aveva accumulato esplodesse. Doveva fare qualcosa. Doveva agire.
Zayn aveva Louis.
Zayn sapeva.
 
 
 
 
 
 



Mary era appiccicata al pc da ore. Non voleva apparire come la mamma chioccia apprensiva, ma non aveva potuto fare a meno di cercare qualsiasi notizia possibile riguardo quello Zayn. Cercava di ripetersi che non aveva ragione di preoccuparsi, che anzi avrebbe dovuto essere sollevata dalla sua entrata in scena. L’alternativa, era fin troppo ovvio che fosse un vampiro centenario, forse millenario. Insomma, non avrebbe dovuto desiderare quello per un suo amico, no?  Ma aveva una strana sensazione alla bocca dello stomaco che non la mollava. E sebbene non fosse una tipa impulsiva, le risultava difficile ignorarla del tutto.
Accanto a lei, Niall cercava di battere Iola a scacchi, Milly leggeva un libro e Liam puliva le pistole per la tredicesima volta. Lo faceva sempre quando era nervoso. Mary sorrise, lanciandogli un’occhiata oltre lo schermo.
Fuori, il tempo era tremendo, ancora una volta. Cominciava ad essere preoccupata per l’assenza di Louis, stava quasi per parlarne con gli altri quando qualcuno prese a bussare alla porta.
“Vai ad aprire, Nì! Sarà Louis!”
“Vacci tu!”
“Non si risponde così a una signora” lo rimproverò Milly, guadagnandosi un’occhiata grata di Mary. Niall sbuffò e raggiunse la porta.  Doveva decisamente fare qualcosa, perché chiaramente quelle tre arpie avevano deciso di schiavizzarlo.
“Lottie?!”  la figura bionda si lanciò su Niall immediatamente. Piangeva. Ed era fradicia. Si erano visti una volta sola, qualche anno prima, in uno dei pochi incontri che lei aveva avuto con il fratello. Ma nel corso degli anni, ogni tanto si erano sentiti facendo entrambi parte della comunità degli uomini di lettere. In realtà non erano molto in confidenza. Ma Niall era un tipo piuttosto espansivo e Lottie, ovviamente, era disperata.
“Mi dispiace tanto” le sussurrò lui mentre quella singhiozzava, lasciando scorrere la mano sulla sua schiena.
Immediatamente, anche gli altri gli furono intorno.

“Vieni Lottie, vieni vicino al camino!” Mary la aiutò a camminare, mentre tremava. Sembrava così piccola, così giovane, e lei non sapeva cosa dirle. Non aveva mai saputo quale fossero le cose giuste da dire in quella situazione. Conosceva abbastanza Louis per sapere che doveva tacere, ma Lottie era tutta un’altra storia. Sembrava molto più emotiva. Molto meno chiusa del fratello. E questo rendeva decisamente il tutto più difficile.
 “Do … dov’è Louis?”  chiese la bionda tremando.  Mary la fece accomodare sulla poltrona proprio davanti al camino, spedendo Liam a prendere una coperta e Niall a preparare del tea caldo.
“Non è qui. Aveva delle cose da fare, dovrebbe tornare a momenti..”
“Nostra madre è morta e lui aveva delle cose da fare” sputò fuori lei tagliente.
“Non parlare così” la voce di Liam era dolce, mentre le avvolgeva la coperta intorno alle spalle, nel tentativo di farla smettere di tremare “Lo conosci, lui tende a tenersi tutto dentro..”
“No! Non lo conosco!” pianse lei in uno strillo acuto “Perché mi ha mollata in quell’inferno di casa quando ero una ragazzina senza degnarsi neanche di salutarmi”
“Aveva le sue ragioni, Charlotte!”
“Ed io? Prima Louis, poi mia madre. E lui non è neanche qui. Neanche si è degnato di cercarmi..” Mary nascose il volto tra le mani, nel tentativo di ricomporsi. Erano parole ingiuste, perché tutti loro sapevano quanto in realtà Louis stesse soffrendo. Quanto si stesse colpevolizzando. Ma come poteva biasimare quella ragazza.  Fece un respiro profondo, prima di parlare di nuovo.
“Devi calmarti, okay?” le prese le mani facendo scorrere i pollici sul dorso, cercando ancora di infondergli calore  e coraggio “E devi riposare”
“Non voglio tornare in quella casa..” Mary si morse le labbra e lanciò uno sguardo alle streghe.
“Abbiamo aperto un albergo e non me ne sono accorta?” Milly roteò gli occhi all’indietro esasperata.
“Taci!” Iola le diede una gomitata prima di annuire.
“Puoi restare qui, okay?”
Lottie aveva lo sguardo vuoto. Come se in quel preciso momento stesse pensando a qualcosa. Come se non avesse neanche realizzato veramente la risposta che le era stata data.
“Non voglio tornare in quella casa” ripeté tremando “Credo sia stata lei”
“Cosa intendi, Lottie?” chiese Liam abbassandosi in modo tale da raggiungere la sua altezza, al fianco di Mary “Che vuoi dire?”
“Credo che Felicitè abbia ucciso nostra madre ..”
 
 
 
 
 




Era legato come un salame. Di nuovo. E sentiva la testa pulsare dove era stato colpito.
Tentò di liberarsi, ma ovviamente le catene erano strette e resistenti, e lo costringevano in una posizione decisamente scomoda. Non si accorse della presenza nella stanza fino a che non sentì la risata.
“Chi cazzo sei te? Che vuoi da me?” ringhiò. Davanti a lui c’era un tipo basso e grasso, con la pelle scura e i tratti marcati, le sopracciglia spesse e l’espressione decisamente poco sveglia.
“Hey calma coso! Il capo ha detto che devi stare buono!”
“Chi cazzo è il capo, ciccione di merda?” il tipo si fece avanti.
“Come mi hai chiamato?”
“Che c’è? Il grasso ti ha otturato le orecchie?” ringhiò di nuovo. Il tipo raggiunse Louis in modo sorprendentemente veloce, considerata la stazza, e lo afferrò per i capelli tirandogli la testa indietro. Dopotutto, forse provocarlo non era stata una grande idea. Ma Louis non era mai stato bravo a mordersi la lingua.
“Brutta testa di ..”
“Adesso basta!” la porta si spalancò prima che quello potesse continuare, lasciando che Zayn Malik facesse il suo ingresso. Aveva i capelli tirati all’indietro, ed indossava un vestito improbabile, esageratamente elegante.
TU!” sputò fuori Louis dopo appena qualche secondo di sconcerto. Non poteva crederci. Non era possibile.
Quello sorrise ed annuì. Fece cenno al suo scagnozzo di andarsene e lasciarli soli, e quello obbediente uscì chiudendosi la porta alle spalle.
“Come hai potuto farmi questo? Mi fidavo di te!” fece una pausa, mentre il suo cervello lavorava alla velocità della luce, cercando di formulare una spiegazione, di rimettere insieme i pezzi “Lavori per Dan, non è così? Sei diventato uno dei suoi cacciatori?” lo accusò.
Zayn storse la faccia in un finto dispiacere “Già a proposito di questo. Potrei, come dire, aver leggermente alterato la realtà delle cose, Lou!”
“Non chiamarmi così!” abbaiò.
“Come vuoi, Louis!” concesse prima di versarsi da bere “Cominciamo con il dire che non sono un cacciatore, sono un licantropo. Ero già un licantropo quando ti ho conosciuto e sono sparito perché si avvicinava la luna piena e tu eri un cacciatore così determinato, capisci no?” Louis spalancò gli occhi.
“Sei un mostro”
“Preferisco creatura evoluta, ma non mi formalizzerò per questo!”
“CHE CAZZO VUOI DA ME?” Louis urlò ancora una volta, strattonando le catene inutilmente.
“Non voglio farti del male, Louis! In effetti, ti sto salvando. Eri in una posizione piuttosto disperata, ammettiamolo!”
“Non mi serve il tuo fottuto aiuto”
“I cacciatori vogliono farti fuori, i mostri vogliono farti fuori. Ma io ho trovato la soluzione ed ho un piano!”
“Lasciami andare. Subito”
“Sai perché tutti vogliono ucciderti, Louis?” improvvisamente, ogni traccia di gioco era sparita dalla voce del lupo mentre proseguiva il suo discorso senza prestare la minima attenzione a quanto l’altro stesse urlando contro di lui. Louis deglutì combattuto. Voleva sapere. Gli serviva sapere. Ma si limitò a non rispondere.
“Hai mai sentito parlare di una profezia..” il cacciatore annuì. Sentì una stretta al cuore mentre il ricordo della voce di sua madre gli invadeva la testa.
“Sai che parla di un’arma che può decidere le sorti di questa guerra?” annuì di nuovo.
“Beh sei tu quell’arma, tesoro!” proseguì Zayn, mentre l’altro deglutiva. Lo aveva sempre saputo, in qualche modo, che la profezia fosse riferita a lui. Semplicemente aveva deciso di non preoccuparsene, di vivere la sua vita come voleva  “E mentre tutti hanno troppa paura delle tue capacità, io ho deciso di scommettere su di te! Per questo voglio mantenerti vivo e in salute e voglio che io e te ci prendiamo cura l’uno dell’altro. Ero sincero quando l’ho detto, Louis! Io ti amo”
Il cacciatore rise sprezzante all’affermazione. Non ci credeva. Non credeva in nessun modo alla sincerità  dei  sentimenti di Zayn, e anche qualora fosse stato vero, non aveva alcuna importanza.
“Non combatterò mai per un mostro..”
Zayn ridacchiò. Si mosse piano,fino ad arrivargli vicinissimo. Nei suoi occhi brillava qualcosa di inquietante e il cacciatore non riuscì ad impedire che un brivido gli attraversasse la schiena.
“Oh, lo farai.. se anche tu sarai in mostro..” non fece in tempo a realizzare. Sentì un forte dolore sulla spalla, subito dopo Zayn era di nuovo lontano, l’impronta chiara del suo morso spiccava vermiglia sulla pelle abbronzata del cacciatore. Louis si sentì morire. Infettato. Infettato per sempre.
NO!” gridò agitandosi ancora di più. Voleva ucciderlo. Doveva trovare il modo per parlare con Niall, lui e Mary avrebbero trovato una cura, un rimedio. In caso contrario. In caso contrario Liam avrebbe fatto il suo lavoro. Gli voleva troppo bene per non farlo. Lo sapeva.
“Easy Boy!” Zayn cercò di calmarlo “Non lasciare che la rabbia prenda il sopravvento. Manca quasi un mese alla prossima luna piena, hai tutto il tempo per abituarti e non cambierà nulla in te, fino alla prima trasformazione!”
“Tu mi fai schifo” aveva voglia di urlare, di distruggere tutto, addirittura di piangere. Tutta la sua vita, tutto era stato appena spazzato via, appena messo in discussione. Sentiva la disperazione invaderlo, lenta ma inesorabile, mentre il suo cervello faticava a trovare una scappatoia. Non esisteva una scappatoia a quello che Zayn gli aveva appena fatto.
“Questo non aiuta il mio piano Lou! Vedi i lupi si dividono in due specie: alfa e omega. Adesso se tu fossi un alfa le cose si complicherebbero un po’, perché sai ogni branco ha un solo capo e si da il caso che io sia abbastanza affezionato al mio posto! Ma possiamo evitarlo!” Zayn batté le mani eccitato “Se tu ti legassi a me prima della tua prima trasformazione la tua natura muterebbe automaticamente. Devi solo prestare il consenso, Lou!”
“Non esiste!”
“Non fare il difficile. Saremo potenti, Louis. E felici, come non hai neanche mai sognato di essere!”
“Non accadrà mai, Zayn!” ribadì il cacciatore “Non ti darò mai il mio consenso e tu .. tu farai una brutta fine, io te lo giuro!”
Il lupo rise alla minaccia “Oh, e per mano di chi? Tua?”  chiese strafottente indicando le catene “Di Liam? O dei tuoi patetici amici bibliotecari?” si fermò un attimo, per poi fingere un’espressione sorpresa nel suo solito modo teatrale “Oh no!” rise ancora “Tu intendi il Principe Azzurro!”
“Non ho bisogno di un principe!” Louis deglutì, cercando di cancellarsi dagli occhi la colpevolezza.
“Immaginatelo mentre varca quella soglia, con i ricci al vento, le zanne scoperte e mi uccide per portarti al suo castello” Louis sentiva le proprie unghie ferirgli la carne a causa della stretta dei pungi “Beh mi dispiace deluderti, ma non accadrà!” lo consolò accarezzandogli la guancia “Ci ho parlato sai. Non mi fa paura e non verrà a salvarti”
“Non so di cosa tu stia parlando!”
“Sai cosa mi ha detto quando sono andato a dirgli che ti avevo preso? Che per lui non conti niente! Io invece, ti amo così tanto …”
TU MENTI” e non sapeva neanche a cosa si riferisse. Se alla dichiarazione d’amore, o al fatto che Harry non lo avrebbe salvato. Perché sarebbe venuto. Perché Zayn gli aveva detto di averlo preso, aveva fatto un passo falso. Doveva attaccarsi a quella speranza. Nessuno sapeva dove fosse finito, nessuno avrebbe saputo dove cercarlo o come, nessuno. Tranne Harry.  
“Credo che tu, amore, abbia bisogno di un po’ di tempo per riflettere sulla mia proposta. Ne riparliamo domani” non si era neanche accorto che il lupo avesse raggiunto la porta e spento la luce. Quando la chiuse alle sue spalle, la stanza piombò nel buio totale.
 
 
 
 
 




Lottie si era addormentata tra i singhiozzi. Liam, Niall e Mary l’avevano vegliata fino a che non era crollata dalla stanchezza. Mary le aveva rimboccato le coperta e aveva spento la luce prima di lasciare la stanza e tornare a raggiungere gli altri al piano di sotto.
Liam era seduto sulle scale, giocava con un coltellino quando lei si sedette al suo fianco. Gli altri tre erano ancora nel salotto.
“Poveri ragazzi” sospirò Mary strofinandosi la fronte. Non sapeva per chi fosse più dispiaciuta. Per Louis, per Lottie, per tutti quei bambini innocenti.
“Questa vita è così Mary” il tono del cacciatore era piatto. Quel piatto che la ragazza aveva imparato a riconoscere, era lo stesso tono indifferente di Louis. Era come una continua lotta, un continuo contenersi e nascondersi.  Bastava che trasparisse una sola emozione per esplodere in mille pezzi. Un minuscolo barlume di umanità, avrebbe disintegrato anni ed anni di corazze. Nessuno era abbastanza  forte da rischiare la vita permettendosi di provare qualcosa. Per un momento, Mary si sentì quasi egoista per quello che voleva da Liam.
“Dovrei arrendermi, vero?” Liam si voltò a guardarla confuso “Dovrei arrendermi al fatto che tu non sarai mai felice con me… Che non ti lascerai mai completamente andare..” non era una domanda. Ma Liam ugualmente annuì.
“Ed io dovrei smetterla di girarti attorno con la scusa di dirti che devi starmi lontana” alzò le sopracciglia mentre si lasciava scappare un sorriso laterale. Anche Mary sorrideva, stremata.
“Non voglio farlo, Liam” gli si avvicinò ma fu lui ad annullare la distanza poggiando le labbra sulle sue.
“Nemmeno io..” un’altra volta.
“Non so cosa accadrà, o quanto durerà. Voglio solo godermi il momento finché posso. Non ti sto chiedendo altro” il cacciatore si incantò nel suo sguardo, acceso anche se stanco. Brillante. Mise su una specie di broncio che Mary conosceva. Era una sorta di piccolo tic, lo faceva tutte le volte quando pensava a qualcosa di importante. Sporgeva appena il labbro inferiore, stringendo la bocca. Ed era tenero, ed incredibilmente sensuale al tempo stesso.
La ragazza si avvicinò di nuovo. Lo baciò. Ma questa volta, le mani di Liam raggiunsero la sua schiena, tirandosela vicina, fino ad alzarsi facendole avvolgere le gambe intorno alla sua vita. Quel bacio era decisamente diverso dai precedenti. Più carico. Più consapevole. Più disperato. Perché Mary aveva visto come veramente tutto potesse finire da un momento all’altro. E Liam lo aveva ricordato. Il ragazzo si staccò dalle sue labbra. La teneva in braccio, sulle scale, la schiena di lei appoggiata al muro. E si guardavano come se tutte le parole del mondo, tutti i concetti confusi e difficili potessero essere semplicemente racchiusi in quello sguardo.
“Fai l’amore con me, Mary..”  lo stomaco della ragazza si contorse. Mary era piuttosto certa che quelle non fossero farfalle, forse bufali inferociti. Per un momento, temette di perdere i sensi. Si aprì in un sorriso enorme, luminoso. Cercò di rispondere un sì, ma la voce uscì appena udibile.
Liam, però capì lo stesso, perché il suo sorriso era lo specchio di quello di lei. La trascinò per le scale, mentre lei si teneva sentendo i muscoli tesi della sua schiena.  E ci voleva. Per scacciare tutta quell’aria di morte, per combattere tutta la tristezza e la tensione e la paura.
Ci voleva l’amore. Dentro una stanza. E tutti i mostri fuori.
 
 
 






Iola e Milly guardarono le scale con un sorriso, fino a che non sentirono la porta della camera da letto sbattere.
“Che dite? Andiamo anche noi?” Niall fece loro l’occhiolino, mentre si appoggiava allo schienale del divano.
“Non tentarmi, Niall..” rispose sarcastica Iola.
“Davvero, taci!”
“Ma siete due sorelle!” si lamentò il biondo incrociando le gambe “E’ tipo una cosa da top ten dei sogni erotici!”
“Ma che hai una specie di lista delle esperienze sessuali?”
“Sì!” rispose entusiasta, come se fosse ovvio, e le ragazze avessero qualche deficit per cui non riuscivano a capirlo.
Iola si alzò in piedi guardandolo schifata “Fatti curare, Niall!” poi borbottò una formula, quasi in un sussurrò.
AHIA!” Niall iniziò ad agitarsi. Le sue mutante avevano cominciato a stringersi progressivamente, creando una sensazione decisamente poco piacevole. Iola sorrise.
“Non vedevo l’ora di provarlo!”
“Hai fatto bene, ad impararlo! Avevi ragione!” annuì Milly, mentre la prendeva sotto braccio per raggiungere la loro stanza, ignorando le lamentele del biondino.
“Sapevo che mi sarebbe tornato utile!”



ANGOLO DI MIKA:

Finalmente il mio pc è tornato!!! Ed ecco il nuovo capitolo!
Allora... che dire..
Insomma, perdonatemi se non sono andata nello specifico riguardo Mary e Liam ma la cosa mi creava un po' di disagio.. tra l'altro sto realizzando che ormai fatico parecchio con le coppie het! XD
Qualcuno mi odierà, probabilmente, per Zayn! Ma comunque. Sono davvero curiosa di sapere cosa ne pensiate.. chiaramente la storia degli esperimenti è ispirata a shadowhunters :D
Vi saluto! Apresto, Mika! 

 

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Capitolo 14
*** Chapter XIII- Hope ***


Chapter XIII-  Hope



L’atmosfera nella stanza era completamente ovattata.
Louis sentiva i polsi e le gambe dolere a causa della posizione scomoda. Non sapeva quante ore fossero passate, forse più di un giorno. Non lo avevano nutrito, ma era troppo stanco per avere davvero fame. Inoltre, lo scagnozzo di Zayn non si era trattenuto mentre cercava di convincerlo a collaborare. Lo stesso Zayn si era lasciato andare parecchio nel torturarlo. E Louis credeva di essere più forte. Ma era stanco. E nei momenti come quello, quelli in cui era da solo, non riusciva neanche a capire se fosse cosciente o meno.
Galleggiava.
Galleggiava in un limbo dove la speranza si affievoliva passo passo, mentre le uniche parole che riecheggiavano nella sua testa erano “per lui non conti niente”.  Non lo avrebbero mai cercato. E anche quelli che lo avrebbero fatto, non sarebbero mai riusciti a trovarlo. O peggio, si sarebbero fatti uccidere nel tentativo di capire dove lo avessero nascosto. Louis si sentì male. Era impossibile non preoccuparsi per gli altri, persino in quel momento. Ma che nessuno osasse dire che la sua fosse generosità o un’altra qualche forma di affetto. No. Era egoismo il suo. Quell’eccentrica forma di egoismo di cui in pochi erano capaci. Quella  che urlava non lo faccio per te. Lo faccio per me. Perché vederci felice mi rende felice. Perché se tu stai male, io sto male. Lo faccio per me. E questa era senza dubbio una forma di egoismo che solo un egocentrico era in grado di vedere.
Di tanto in tanto, tentava di tirare le catene, pur non covando veramente la speranza di liberarsi. Lo faceva più che altro per dettare ritmo al tempo, o per capire se fosse davvero sveglio. Dopo uno devi vari tentativi, un rumore lieve sembrò rimbombare nel silenzio spento della stanza.
Louis alzò gli occhi, con la solita sensazione di torpore addosso. Non riusciva ad impedire al suo corpo di reagire spaventato all’idea che i suoi carcerieri tornassero a fargli visita. Odiava che loro fossero in grado di sentire il battito del suo cuore accelerare. Era stanco. Psicologicamente era anche pronto a morire, ma l’umano istinto di sopravvivenza lo costringeva a reagire come una preda.
Non distingueva neanche più l’incubo dalla realtà. Non sapeva neanche quale fosse più spaventoso.
Quando alzò gli occhi, ci mise un po’ a mettere a fuoco la sagoma che gli si parava davanti.
Questa era una novità. Ne incubo, ne realtà. Un sogno.
Restò in silenzio, e si morse il labbro inferiore mentre l’altro non incrociava il suo sguardo. Guardava i segni sul suo torace, ancora non completamente guariti. Scrutava le condizioni del suo corpo. Aveva la mascella serrata nel farlo, e un’espressione dura sul volto bellissimo.
“Ti ha toccato?” non un saluto. Tipico.
Louis occhieggiò le ferite che decoravano il torace “No! Me li sono fatti da solo questi..” almeno non aveva perso il suo sarcasmo abituale. L’altro non riuscì a trattenere un sorriso mentre finalmente incrociò i loro sguardi.
Non è reale.  Non doveva permettersi di credere che fosse reale. Non poteva consentire alla sua mente di giocargli quello scherzo.
 Dopo appena un istante, il sorriso scomparve, ed Harry strinse i pugni di nuovo teso, non appena intravide dei lividi dall’aspetto decisamente inequivocabile sul petto del cacciatore.
“Sai cosa intendo, Louis!” lo rimproverò “Ti ha messo quelle sudice mani addosso? Ti ha baciato?” Louis stentava a crederci. Davvero, il vampiro non aveva alcun diritto di fare quel genere di domande.
“Ti sembra il momento per fare una scenata?” subito dopo si morse la lingua. Non che ci fosse un momento in cui il Vampiro avesse diritto di fargli una scenata, comunque.
“Rispondi!” ribatté secco, mentre le dita sfioravano piano le ecchimosi.
Louis deglutì “Sì”.
E di versi spaventosi il cacciatore ne aveva sentiti tanti, ma il ringhio che uscì dalla gola di Harold Styles in quel momento, davvero, era anni luce dall’essere anche solo minimamente umano. Il vampiro prese a calci il carrello con gli strumenti di tortura che era vicino a Louis, facendolo rovinare a terra. E Louis era sconcertato che quel fracasso e tintinnio di acciaio non avesse spinto Naughty ad entrare, doveva essere oltre la porta dopotutto.
Poi si ricordò.
Non era reale.
Ma lo sembrava maledettamente.
“Liberami Haz” Non era reale, ma era troppo debole per non cedere alla tentazione che gli si presentava davanti. Lo sapeva che poi sarebbe stato peggio. Lo sapeva che la speranza era la più subdola delle minacce. Che nessun coltello, nessuna frusta sarebbe mai riuscita a provocargli un dolore altrettanto grande di quello che avrebbe dovuto sopportare una volta che fosse tornato alla realtà. Ma ne aveva bisogno comunque. Come un assetato che finisce col bere l’acqua del mare. Come un drogato. Perché seppur finto, il suono roco di quella voce cancellava le parole di Zayn. Quelle in cui non poteva credere. Non voleva credere. Restò in bilico per un attimo, prima di decidere definitivamente di essere stupido.
“Non posso farlo, Cristo!” Harry era frustato, e aveva le mani nei capelli. Per quanto cercasse di non farlo, gli occhi finivano sempre con il tornare sulle ferite del cacciatore.
“Vuole legarmi.. lui..” Louis fece una pausa cercando di non far spezzare la sua voce “Lui mi ha morso”
A quelle parole, la testa di Harry scattò. Digrignò i denti furioso.  In un attimo gli fu davanti e gli prese il volto tra le mani guardandolo negli occhi. Il verde era praticamente divorato dal nero della pupilla, il tono quello di un generale che impartiva un ordine essenziale.
“Tu non lo farai, okay? Non ti legherai ..”
“Mi sta minacciando .. io …”
Il vampiro sbuffò frustrato “Louis, non devi farlo..”
“Pensi che io voglia farlo?” strillò cercando di muovere le mani, con l’unico risultato di ferirsi di più i polsi “Pensi che mi piaccia quando fa quelle cose?”
Harry chiuse gli occhi e si massaggiò le palpebre prima di parlare nuovamente. Louis aveva il sospetto che non lo stesse ascoltando.
“So che può essere attraente e che tu potresti essere tentato, ma ti sta usando..”
“Io non sono tentato!” era sconvolto “Cosa cazzo dici? Non provo niente! Non è come..” di nuovo si morse la lingua.
“Come cosa … ?” ed eccolo lo scintillio malizioso che fino a quel momento non aveva brillato nei suoi occhi. Louis lo odiava. Davvero. Lo odiava. E avrebbe voluto cavarglieli quegli smeraldi, ma non c’era tempo da perdere nei loro giochetti.
“Dio! Lo sai cosa, Harry. Ti sembra il momento?”
Harry gli accarezzò la guancia, dove la barba aveva cominciato a crescere. Gli sorrise, avvicinandosi al suo orecchio. E Louis sapeva che stava per fare una delle sue tipiche battute. Ma poi si irrigidì.
“Posso sentirti la sua puzza addosso”
“Seriamente, Harry, mi ripeto! Se non puoi liberarmi che cazzo sei venuto a fare?  Una scenata di gelosia? Sei serio?”
Avrebbe voluto picchiarlo, davvero. Stava ardentemente desiderando di essere libero per poterlo picchiare, ma forte. Quando il Vampiro si allontanò.
“Il nostro tempo è finito, raggio di sole! Devi svegliarti ..”
E Louis lo sapeva. Lo sapeva ma si sentì morire lo stesso. Lo sapeva ma aveva deciso, come un idiota, di sperare. E come tutti gli illusi, si maledisse per aver ceduto. Come da bambino, quando si concedeva di sperare che la madre lo avrebbe difeso. Che Mark si sarebbe comportato da padre, una volta tanto. Ed esattamente come da bambino, sfiancato dalla prigionia, non riuscì a mascherare la delusione, negli occhi, nella piega delle labbra, nella voce, nelle dita che si arricciavano come a voler inconsciamente trattenere la sensazione dolce della speranza che invece scivolava via.
“Non sei reale. Sei solo nella mia testa”
E vide il Vampiro sorridere, mentre la sua sagoma si faceva sempre più sfumata, e la voce sempre più lontana.
“Certo che sta succedendo dentro la tua testa, Louis. Ma perché diavolo dovrebbe voler dire che non è vero?”
“Non ci credo. Harry Potter.” E lo disse ad alta voce, aprendo le palpebre pesanti, fissando una stanza vuota.









 
 
 


Harry aprì gli occhi, ancora seduto sul divano. Gemma era davanti a lui, appoggiata al tavolo, che dondolava una gamba avanti ed indietro in attesa che tornasse con lei. Non si stupì di trovarla lì. Ma non voleva darle spiegazioni, non doveva farlo. Quindi tacque, limitandosi a recuperare il bicchiere che aveva lasciato sul pavimento al suo fianco.
“Come sta?”
“Non bene” non aveva bisogno di chiederle di cosa stesse parlando, e non aveva senso negare che la sua “gita” fosse stata ancora una volta nei sogni di Louis. Sapeva che la sorella lo conosceva troppo bene per lasciarsi ingannare, e voleva essere onesto almeno tanto quanto lo fosse con se stesso.
“Sai che non dovresti impicciarti, vero?” la tensione era palpabile nel salotto finemente arredato.
“Tu non hai idea di quello che sta accadendo Gemma!” sbottò il Vampiro lanciando il bicchiere a terra in uno scatto d’ira.
“Lo so fin troppo bene, invece! Quel ragazzo è pericoloso, Haz! Sua madre è stata uccisa perché stava per passargli delle informazioni che il Consiglio non voleva dargli”
“Che ne sai tu!?” le cose cominciavano a non tornargli. Non tanto per il fatto che Gemma sapesse. Era piuttosto ovvio. La notizia della morte di Jay doveva essersi diffusa rapidamente, e Gemma occupava comunque una posizione di vertice nella loro comunità, sebbene di solito tendesse a lasciare che lui prendesse le decisioni in quel settore, preferendo occuparsi di altro. La cosa che lo inquietava, però, era il modo in cui la vampira avesse pronunciato quelle parole. Il tono fin troppo consapevole. E l’ombra di indecisione che continuava ad aleggiare su di lei.
“Me lo ha detto Nick..” Gemma distolse lo sguardo.
“Da quanto lo sai?”
“Io.. Tu non sei lucido in questa situazione Haz.. te ne rendi conto?”
Gemma si sentiva divisa a metà. In quei giorni, aveva passato molto tempo a riflettere. Quando l’anno prima la notizia del programma per la costituzione del nuovo ordine l’aveva raggiunta, era stata entusiasta. Ma poi, anche grazie ai dubbi del fratello, aveva visto le ombre di quel piano. Non che questo fosse comunque sufficiente a farle prendere una decisione definitiva. Gemma era sempre stata un’indecisa cronica, da che ne aveva memoria. Con l’arrivo dell’arma, poi, tutto si era complicato. Perché quel ragazzo era estremamente pericoloso, e lei lo sapeva che avrebbe dovuto risolvere il problema in via definitiva, ma d’altro canto, Harry non era mai stato così coinvolto in qualcosa o da qualcuno dopo la morte di Brandon. Lo aveva beccato qualche volta a sorridere, immerso nei suoi pensieri. E non poteva trattenersi dal pensare che il fratello meritasse di “sentire” di nuovo qualcosa. Per questo continuava ad agire per limitare i danni da una parte, e a tergiversare per non compiere nulla di irreparabile dall’altra.
“Da quanto lo sapevi?” ripeté il ragazzo facendo un passo in avanti.
“Da prima che accadesse”  ammise alla fine “La tenevamo d’occhio da un po’”
“L’hai uccisa tu?”
“No” la risposta fu secca e piatta. E Gemma era brava a mentire. E, per la prima volta, Harry non sapeva se crederle o meno. Questo lo spiazzava. Si fidava del fatto che Gemma avrebbe sempre agito per il suo bene. In quelle ultime settimane, soprattutto, si era reso conto del fatto che fosse particolarmente attenta a lui. Il problema era che non era certo che avessero la stessa visione di ciò che fosse bene e ciò che fosse male. Il pensiero che sua sorella potesse essere coinvolta nella morte della madre di Louis cominciò a grattare le pareti del suo cervello fastidiosamente. Era un problema che avrebbe dovuto affrontare. Non dovevano esserci segreti tra loro. Ma Harry sapeva bene che aggredirla sarebbe stato inutile ed anzi, l’avrebbe ancora di più messa sulla difensiva.
“Dobbiamo sottrarre l’arma a Malik!” sentenziò cercando di rimanere il più neutro possibile.
“Perché, Harry?”
Il vampiro ignorò la certezza che, ancora una volta, Gemma volesse sottintendere che il suo giudizio fosse offuscato dai suoi sentimenti. Non era così. La sua non era gelosia, né affezione. Era strategia militare. Punto. E, ovviamente, l’eventualità che Zayn riuscisse a scoparsi Louis sarebbe stato inaccettabile. Strategicamente parlando. Era ovvio. Ed evidente. Sotto gli occhi di tutti, proprio.
“Sai perché Louis è un’arma, Gemma?”
La ragazza scosse la testa. A lungo si era domandata perché quel ragazzo fosse così importante e pericoloso. A lei era sembrato un cacciatore come tutti gli altri. Magari bravo, coraggioso, determinato, ma nulla che un buon numero di soldati non avrebbe potuto risolvere.
“L’ho scoperto recentemente” iniziò Harry mentre prendeva posto sulla poltrona “Louis è un esperimento, Gemma. Un esperimento ad opera del suo stesso padre. Troy Austin.”
La ragazza si sedette sul divano, sporgendosi verso di lui, interessata, senza aggiungere una parola.
“Ha fatto delle cose, quell’uomo! Delle cose orribili, prima ancora che Louis nascesse. Il risultato è che Louis ha una capacità incredibile. Mai vista nel nostro mondo. La multiessenza. Di fatto, può diventare un ibrido. Ha sangue di demone, di vampiro, di mannaro, di mutaforma. E chissà quali altre cose. Tutte queste nature, devono solo essere attivate, affinché diventi una vera e propria macchina da guerra. E Malik, ha già cominciato questo processo. Lo ha morso”
Gemma trasalì. Non aveva immaginato nulla del genere. Nella sua vita, non aveva mai sentito nulla del genere. Ci mise qualche secondo a riprendersi.
“Per quanto sia potente, non può fronteggiare da solo un esercito di creature sovrannaturali, Harry! E’ impossibile!”
Harry sorrise scuotendo la testa. Aveva avuto lo stesso pensiero all’inizio. Aveva capito perfettamente perché Louis fosse un’arma, ma non capiva come potesse bastare solo lui a vincere l’apocalisse. Poi sfogliando il diario di Troy Austin, si era imbattuto in un incantesimo di attivazione. E aveva capito.
“Non è solo questo. Il vero potere di Louis non sta solo nel fatto che possa usare tutti i nostri talenti. Sta in un incantesimo scritto da Jay, che risveglia il suo essere un alfa naturale. L’unico alfa. Capisci?”
“Non può essere!”
“Può essere, invece!”
“Ma Johanna è morta! Questo risolve il problema,no?” la vampira gli afferrò le mani in ansia, e sul volto di Harry si aprì un sorriso finto e stanco.
“In realtà no, finché è nelle mani dei lupi!” la guardò negli occhi “Zayn Malik sa tutte queste cose, Gems. Non so come, ma le sa! E mentre noi siamo qui a parlare  e discutere, lui sta cercando di legare Louis. Sai cosa accadrebbe?”
“Diventerebbe il suo omega” Harry annuì “Sarebbe un’arma nelle mani dei mannari!” continuò Gemma. Aveva gli occhi sbarrati, consapevole ogni secondo di più di cosa significasse questo.
“Una volta finita l’apocalisse, Malik avrebbe un’arma che risponde ai suoi comandi, che gli permetterebbe di prendere il sopravvento sulle altre creature. Su di noi. Per questo dobbiamo portarglielo via”
Gemma annuì.
“Lo farò io”
Harry la guardò dubbioso.
“Ti sei già esposto abbastanza, Harry. Nessuno ti accusa di niente, ovviamente” lo rassicurò interrompendolo ancora prima che iniziasse a parlare “ma le persone chiacchierano. E’ meglio che lo faccia io, comunque!”
Il riccio si arrese all’evidenza e Gemma si alzò, dirigendosi verso l’ingresso. Quando stava per solcare la porta si fermò. Le parole le scivolarono dalle labbra, pianissimo, senza neanche voltarsi.
“Non sono più convinta che ci convenga vincere questa guerra …”
Harry puntò gli occhi sulla sua schiena e annuì senza rispondere. Sapeva cosa avrebbe dovuto fare. Ma prima, Malik doveva essere privato del suo giocattolo.
Prima doveva essere certo che Louis fosse al sicuro.
 
 
 




 
 
 
“Comincia ad annoiarmi tutta questa resistenza, Lou!” Zayn  pulì il sangue dalla lama su un panno sudicio, alzando gli occhi al cielo. Louis non rispose alla provocazione, nonostante il tono che il lupo usava con lui lo infastidisse terribilmente. Non poteva smettere di mordersi il labbro, altrimenti era certo che avrebbe urlato e non voleva dare al lupo quella soddisfazione.
“Cosa devo fare per convincerti che lo faccio per noi?” chiese a se stesso “Ferirti, fa più male a me che a te” pronunciò quelle parole spingendo un dito nella ferita ancora aperta sul costato del cacciatore che, quella volta, non riuscì del tutto a trattenere un lamento “o forse no.. “ aggiunse ridacchiando.
Louis tacque ancora, mentre il moro si voltava verso il carrello per scegliere che strumento utilizzare per la sua opera di convincimento “Il tuo sciopero del silenzio rende tutto meno divertente..” alzò gli occhi al cielo.
Il trapano gli sembrava un’ottima idea. Doveva cominciare a fare sul serio. Il ragazzo era un osso duro, se lo aspettava, ma niente che un po’ di sano dolore non avrebbe potuto piegare alla fine. Soprattutto se unito alle costanti minacce di portargli i cadaveri dei suoi amici che teneva d’occhio. Se non lo aveva ancora fatto, era solo per paura di dover dare spiegazioni al Consiglio, di destare sospetti. Ma se Louis avesse continuato così, beh a mali estremi, estremi rimedi.
Stava per afferrare il trapano, quando la porta si aprì e Naughty Boy fece irruzione nella stanza.
“Signore…”
“Cosa c’è?” rispose infastidito “Lo sai che odio essere interrotto mentre scambio effusioni con il mio cucciolo..” accarezzò Louis con lo sguardo, che si limitò ad evitare di incrociarlo voltando la testa di lato.
“C’è qualcuno che insiste per vederti..”
Zayn lo guardò interessato.
“La vampira” spiegò lo scagnozzo e le sopracciglia del lupo di inarcarono al massimo. “Tienilo d’occhio” disse prima di oltrepassare la porta. Quella sì che era una visita inaspettata.
 
 
 
 
 
 



Gemma era infastidita da tutto in quel posto. Dall’odore. Dall’arredamento. Dai Lupi. Lanciò uno sguardo alla tenda pesante dietro di sé.  Portava i capelli sciolti, di tanto in tanto vi affondava il naso per respirare in suo odore, sperando che la puzza non le si fosse già attaccata addosso.  Cercò di sopprimere il ricordo del fatto che un tempo non le importasse. Che c’era stato un tempo in cui le era piaciuto.
“Cosa ci fa qui la reginetta delle sanguisughe?”
“So che hai qualcosa di interessante per le mani…” non lasciò che l’entrata di scena del lupo la distraesse o la cogliesse di sorpresa. Sapeva benissimo come funzionavano le cose con Zayn, ogni minima mossa doveva essere perfetta.
“Oh! Tuo fratello ancora piange come una ragazzina adolescente?”
Gemma rispose con un sorriso, senza staccare gli occhi da quelli del lupo.
“Sta cercando di darsi un contegno”
“Bene!” rise Zayn avvicinandosi a lei.
“Posso vederlo?” Zayn si morse le labbra e scosse la testa senza distogliere lo sguardo. Le dita scivolarono sul braccio esposto della vampira, che rabbrividì.
“Non mi fido di te, G”
Lei strinse i pugni mettendo su un broncio.
“Dimmi cosa hai in mente, Zay” l’uso del nomignolo fece ridacchiare il lupo. Erano secoli che non glielo sentiva pronunciare.
“Di nuovo, non mi fido di te, bambolina” sorrise sghembo, ripagandola con la stessa moneta. Gemma addolcì lo sguardo e sorrise, afferrando il bicchiere che lui le stava porgendo e portandoselo alle labbra.
“Fai male!” lo informò leccandosi le labbra “Perché sarei disposta ad aiutarti” si avvicinò a lui, per parlargli all’orecchio “E il mio aiuto ti farebbe comodo, lo sai..”
“E perché lo faresti, uhm?”
Gemma sbuffò, esasperando la frustrazione del non essere creduta, poi prese a parlare gesticolando accorata “Sono stanca del comportamento di H, e non mi piace l’effetto che quel marmocchio ha su di lui, e qualcosa..” prese a girare intorno al ragazzo che continuava a sorridere “qualcosa mi dice che tu abbia le carte in regola per vincere. Per uscire potente da questa guerra. Ed io voglio salire sul carro del vincitore. Sai che mi piace..”
“Pensavo che..” prima che il lupo potesse rispondere, un rumore sordo all’interno della stanza affianco lì interruppe. Immediatamente Zayn si diresse verso la stanza, e Gemma ne approfittò per andargli dietro.
Quando entrarono nella camera, Gemma cercò con tutta se stessa di trattenere l’orrore. Il lupo all’interno stava colpendo un ragazzo legato: Louis. I colpi erano sordi, e quello non si fermò neanche quando aveva sentito la porta aprirsi, limitandosi a biascicare un “mi ha morso” come giustificazione.
Zayn sbuffò annoiato “Non sul viso Naughty.. sai che mi piace che sia carino!”
Louis lo odiava. Odiava tutto di lui. Dalla voce, alla sensazione delle sue mani che toccavano, alla sua faccia. Tutto. Alzò lo sguardo verso Zayn, nonostante il suo scagnozzo continuasse a colpirlo. Voleva dimostrargli che non lo avrebbe mai piegato. Avrebbe dovuto ucciderlo, ma non lo avrebbe mai avuto. E Louis era pronto a morire. Era pronto a morire da quando aveva intrapreso quella vita. Era la prima cosa da fare quando si diventava cacciatori. Accettare che tutto potesse finire in qualsiasi momento.
Quando alzò gli occhi, però, la figura di una ragazza alle spalle di Zayn catturò la sua attenzione. Aveva un’aria familiare. La pelle nivea. Gli occhi grandi. In un momento, la consapevolezza si fece largo dentro di lui. E avrebbe voluto essere più forte mentre l’ennesimo pugno allo stomaco gli spezzava il fiato. Ma non ce la fece. Ancora una volta, era abbastanza forte da vincere tutto, ma non la speranza.
“Tu sei la sorella di Harry” e la voce era talmente roca che un essere umano forse non farebbe riuscito a captare quelle parole. O il tono disperato. Gemma si irrigidì un momento avvertendo la disperazione. Non sapeva cosa rispondere. Non  era certa che sarebbe riuscita a suonare indifferente dopo il modo in cui il nome di suo fratello era stato pronunciato.
“E tu sei patetico, Louis!” fortunatamente l’affermazione annoiata di Zayn la tolse dall’impaccio di rispondere. Doveva ricordarsi quale fosse il suo compito e non farsi distrarre. Non c’era spazio per la compassione.
“Vuoi ucciderlo, Zayn? E’ questo che hai in mente? Mi deludi..” 
Zayn rise, lanciandole un’ulteriore occhiata.
“Oh no, Gems! Non ucciderò questo bocconcino. Piuttosto credo che mi sarà molto utile, quando tutto questo sarà finito. Mi sarà davvero molto utile per mettere quello stronzo di tuo fratello al suo posto, e per far in modo che, nel nuovo ordine, noi licantropi saremo tenuti molto più in considerazione! Dunque ti basti sapere che non ho intenzione di svelare le mie carte con te, tesoro. Ma sì, qualcosa ho in mente!”
Il sorriso sul volto di Gemma si ampliò. Incrociò le braccia al petto e parlò con un tono di voce completamente diverso da poco prima. Più freddo. Più vittorioso.
“Oh, credo proprio che tu abbia detto abbastanza Zaynee!” in quel momento, delle figure incappucciate uscirono dall’ombra. Avevano le tuniche porpora tipiche dei membri del consiglio. Zayn spalancò gli occhi.
“Credo proprio che dovremmo toglierle la custodia di questo ragazzo, Mr Malik!” disse uno, mentre un altro raggiungeva il corpo stremato di Louis per slegarlo.
Il lupo soffocò un ruggito in gola, spostando lo sguardo sprezzante su Gemma.
“Sei una stronza. Come sempre”
“Oh no. Non fare il modesto e prenditi i tuoi meriti!” ribatté lei tra i denti, appena prima che il lupo lasciasse la stanza.
Gemma deglutì costringendosi a non seguirlo con lo sguardo.
“Signorina Styles” il consigliere aveva un espressione solenne. Parlava piano e lentamente. “Sapete bene quanto sia delicato il ruolo di questo cacciatore nella nostra missione. Non possiamo permettere che i sentimenti di vostro fratello interferiscano..”
Per un secondo, spostò lo sguardo verso il ragazzo che, nonostante le ferite continuava a divincolarsi, gridando di lasciarlo andare.
“Signorie, se vi state riferendo a quello che ho detto a Malik prima, volevo solo avallare i vaneggiamenti di quel cane” disse sprezzante “vi assicuro che Harold non cova alcun sentimento per questo umano. Non vedete? Non è nemmeno venuto di persona..”
Louis continuava ad agitarsi.
Era vero. Non era neanche venuto di persona. Ma era stufo di tutto. Era stufo di sentirsi ripetere che al vampiro non importasse niente di lui, non perché la cosa ferisse i suoi sentimenti, ovviamente, ma perché feriva il suo orgoglio. Perché lui lo sapeva. Lo sapeva che non era vero. Ma soprattutto era stufo delle reazioni che aveva quando si trattava di lui, quando si parlava di lui. Ed era furente per il fatto che la sola idea che lo avrebbe rivisto di lì a poco lo mandasse fuori di testa.
Perché ovviamente Louis era contento di non essere più tra le grinfie di Malik, ma non voleva essere prigioniero di qualcun altro. Neanche di Harry. Soprattutto di Harry. Perché dove Zayn non era riuscito a piegarlo, dove Louis era riuscito a mantenere il punto, senza arretrare neanche di un millimetro. Beh non era certo che sarebbe riuscito a fare lo stesso con Harry.
Per questo continuò ad agitarsi, sperando che, almeno, il consiglio rifiutasse di consegnarlo a Gemma. Ma le parole che l’uomo in porpora pronunciò immediatamente dopo, smorzarono immediatamente le sue speranze.
“Cercate solo di renderlo un po’ più mansueto”
“Senza dubbio, signore!”
 
 
 
 
 
 



Aveva mangiato e bevuto. Si era lavato. Era stanco e avrebbe voluto solo dormire, ma era giunto a quel livello di stanchezza che non gli permetteva di abbandonarsi. Nonostante le condizioni della sua prigionia fossero notevolmente migliorate era, comunque prigioniero. Tenuto in ostaggio in una stanza lussuosa. Profumata. Con un enorme letto al centro che sembrava solamente invitarlo a stendersi. Ma non riusciva a farlo. Non poteva farlo. Non ancora. Non dopo aver passato tutto quel tempo incosciente tra le mani di Malik.
Louis non riusciva a scrollarsi addosso l’ansia. Continuava a camminare avanti ed indietro nella stanza nella quale Gemma lo aveva condotto, senza che nessuno dei due dicesse una parola lungo tutto il tragitto.
Solo alla fine, prima di chiudere la porta, la ragazza aveva deciso di parlare.
“Non c’è modo che tu possa scappare, dunque ti consiglio di non sprecare energie a provarci. Lui arriverà presto”
Louis non aveva neanche risposto.
Non le aveva urlato che sarebbe morto piuttosto che accettare di essere tenuto in ostaggio, e non le aveva chiesto quando fosse “presto”.
Ora però, se ne stava pentendo.
Il nervosismo gli impediva di riposare. Non che ci avesse provato, ma era certo che l’adrenalina non glielo avrebbe permesso. E poi doveva parlare con Harry. Oh lo avrebbe costretto a parlare, perché ormai era chiaro che praticamente tutto il mondo sapesse più cose su di lui di quante ne sapesse egli stesso ed era certo che il vampiro potesse dargli tutte le risposte di cui aveva bisogno. Avrebbe usato qualsiasi mezzo per farlo parlare. Lo avrebbe picchiato e minacciato, qualsiasi cosa.
Stava curiosando nella libreria, alla disperata ricerca di qualcosa che lo intrattenesse, quando sentì bussare. Immediatamente si voltò. “Non sapevo che si bussasse alle porte delle celle!” si lamentò polemico. La porta si aprì, rivelando Harry, con un sorriso divertito stampato sul volto. Era al solito bellissimo ed elegante, i capelli ricci gli cadevano morbidi sulle spalle, e le dita erano adornate da anelli. Louis lo guardò da capo a piedi, violentandosi per mantenere un’espressione contrariata mentre si domandava se per caso le sue gambe si fossero allungate nell’arco di quei giorni, o fossero solamente quei dannati pantaloni.
“Considerati i soldi che ho speso per arredare questo posto, chiamarlo cella mi sembra un insulto”
“Considerato che sono relegato qui dentro, non mi viene un’altra definizione..”
“Hai anche il bagno in camera.. preferivi stare legato come un salame?”
Louis ignorò la domanda.
“Perché mi tieni prigioniero?” Harry canticchiò un motivetto senza rispondere alla domanda, si avvicinò e prese ad esaminare il volto di Louis, cercando qualche segno delle violenze subite.
“Rispondimi!” Harry alzò gli occhi al cielo.
“Ti dirò tutto, raggio di sole. Ma non ora! Credo che tu debba dormire! Prego, comunque” il più basso inarcò le sopracciglia “è stato un piacere trarre in salvo la damigella in difficoltà!”
“Mi dispiace farti notare che non sei stato tu a salvarmi ma tua sorella. E poi non mi sembra di essere in salvo, visto che sono costretto qui!”
Non è nemmeno venuto di persona.
Le parole di Gemma gli risuonavano nella testa. Per un momento, si sentì debole, al punto da barcollare. Immediatamente, Harry lo afferrò per la vita tenendolo in piedi.
“Stai bene?” Louis annuì, alzò gli occhi per incontrare lo sguardo preoccupato dell’altro.
“Non è niente!”
“Smettila di fare l’eroe e mettiti a letto!”
“Non prendo ordini da te. Voglio delle risposte!” il tono e lo sguardo di Louis non ammettevano repliche. Il riccio sbuffò di frustrazione passandosi una mano tra i capelli. Si sedette sul materasso, facendo segno a Louis di accomodarsi accanto a lui. Il cacciatore lo guardò con sospetto, ma alla fine decise di non replicare e si sedette al suo fianco, cercando quanto più possibile di mantenere una certa distanza mentre il vampiro non si sforzava minimamente di trattenersi dall’ammiccare.
“Okay, ti concedo una risposta. Poi lascerai che io ti rimbocchi le coperte e dormirai da bravo bambino” Louis digrignò i denti. Quello continuava ad irritarlo terribilmente ogni volta che apriva bocca ma, discutere sarebbe stato controproducente. Così ingoiò l’ennesimo rospo.
“Cinque”
“Tre” concesse Harry.  Louis annuì. Si torturò le dita prima di fare quella domanda. Gli sembrava stupida. Suonava stupida, ma ormai non era più sicuro di niente. Prese e parlò.
“Cosa sono io esattamente?”
Harry, si leccò il labbro inferiore e sorrise “Un ragazzo impertinente”  rise per l’occhiata esasperata del cacciatore. “Avrai una risposta a questa domanda, Louis. Ma non ora. Domani”
Louis era stanco. Avrebbe voluto insistere, ma si massaggiò gli occhi decidendo che avrebbe affrontato il discorso il giorno successivo.
“Perché mi avete portato via da lì..”
“I piani di Malik andavano contro i nostri interessi..”
Il cacciatore indurì la mascella.
“Cosa c’è? Preferivi restare lì? O sei deluso perché volevi sentirti dire che non potevo sopportare di saperti in pericolo?”
Louis si lasciò andare ad una risata amara. “Non credo che tu sia in grado di fregartene davvero di qualcuno, Harry, visto che sei un mostro. E non hai bisogno di sottolineare il concetto, comunque. Perché siete tutti così preoccupati di ripetere che non ti importa, eh? Tu, Gemma, il Consiglio.. anche Zayn..” si sentì un po’ stupido, quando nel pronunciare quel nome si accarezzò il labbro inferiore con la lingua. Giusto per il capriccio di infastidire Harry. Anche se, teoricamente, quello se ne fregava, no?  No. A giudicare dalla linea dura della mascella proprio no. Molto bene!
“Me lo ripeteva spesso, mentre cercava di persuadermi.. come se sperasse che in qualche modo quelle parole potessero convincermi a cedere alle sue lusinghe ed accettare quello che mi proponeva..” sussurrò, dritto al suo orecchio. Bene, Harry faceva lo stronzo? I piani di Malik gli rompevano le uova nel paniere? Ottimo! Non ci sarebbe stato niente di male nel prenderlo un po’ in giro, o no? Attese, accennando un sorriso, che la domanda arrivasse, e non dovette aspettare molto.
“E ti hanno convinto?”
“O no, quello non mi ha convinto..” sottolineò la parola quello, lasciando appositamente intendere che qualcos’ altro avrebbe potuto averlo fatto.
“Non hai accettato”
“Ne sei sicuro? Ero solo. Mi ha minacciato. Mi ha torturato. Avrei potuto accettare..” si accarezzò il mento con la mano sorridendo.
Harry rise, più per mascherare la tensione che per il fatto di essere davvero divertito.
“Non è da te.. sei più forte di così. O sbaglio?”
“Oh, sì. Ma tutti hanno le loro debolezze. E tu non puoi sapere quanto io sia sensibile ad un certo tipo di fascino.. e Zayn …” Louis sospirò, ma non riuscì a terminare la frase. Improvvisamente si ritrovò sdraiato sul materasso con il corpo del vampiro sopra di lui a bloccarlo. Lo guardò negli occhi, bruciavano.
Cercando di contenere la soddisfazione tentò di muoversi appena,   finendo con lo strusciarsi accidentalmente contro l’erezione che si andava formando nei pantaloni del vampiro.
Ah. Indifferente un par di palle! Ora però levati! Più o meno, questi erano i pensieri del cacciatore.
 Harry avvertì una scossa di desiderio trapassarlo.  Desiderio e furia. L’idea che Malik avesse ottenuto quello che voleva lo faceva impazzire. Il fatto che Louis subisse il suo fascino. Il fatto che gli stesse esplicitamente dicendo che trovava il lupo più attraente di lui, non era accettabile.  Immagini che non avrebbe mai voluto evocare gli si formarono nella mente, mentre riconosceva, dopo lo smarrimento iniziale, la soddisfazione farsi largo sul volto del ragazzo sotto di lui.
Era questo che voleva Louis?
Voleva giocare? Bene, allora avrebbe giocato! Infondo non aveva mai negato di trovarlo piacevole, di essere fisicamente attratto da lui. E divertirsi un po’ insieme non avrebbe significato niente. Non avrebbe certo dato ragione a Gemma.
“Non è intelligente da parte tua provocarmi così..” gli fece notare.
Louis ridacchiò, mentre sentiva la presa ferrea di Harry stringersi. Voleva innervosirlo e ci stava riuscendo. Doveva solo continuare a provocarlo, ignorando la gola secca, o il cuore che scoppiava, o il sangue che affluiva in basso. Perché magari, ignorando i sintomi, la malattia se ne sarebbe andata.
“Perché? Cosa potresti farmi? Non puoi neanche bere il mio sangue senza collassare..”
“No” concesse Harry stringendo la mano ferrea sul suo fianco e facendo rabbrividire il liscio. Era così vicino. Così vicino dall’assaggiare di nuovo quelle labbra “Ma potrei perdere la ragione e diventare rude..”
E Louis non seppe cosa gli prese. Non si rese neanche conto delle parole che gli scapparono, ed era talmente vicino al riccio che poteva quasi vederle appoggiarsi sulla bocca dell’altro “mi piace rude..”
Se avesse avuto il tempo, probabilmente, si sarebbe sotterrato. Ma non registrò nemmeno i movimenti del vampiro mentre quello catturava le sue labbra. Louis spalancò la bocca quasi subito, permettendogli di approfondire il bacio. Non sentiva più la stanchezza, o il dolore nei punti in cui era stato colpito. Sentiva solo una sensazione magnifica come un grande flusso di aria dopo aver passato una quantità inaudita di tempo in apnea. Eppure, tecnicamente, quel bacio lo stava lasciando senza fiato. Era uno scontrarsi di labbra e lingue. Un disordinato mangiarsi l’un l’altro. Le mani di Harry raggiunsero la sua maglietta strappandogliela di dosso senza la minima fatica. Qualcosa cresceva dentro di lui secondo dopo secondo. Mentre la parte onesta di se stesso veniva fuori prepotente e gli urlava quella verità che Louis proprio non voleva vedere.
Lo vuoi.
Lo vuoi e lo stai per avere. Qui ora.
I fianchi di Louis scattarono in alto alla ricerca di una maggiore frizione mentre le mani raggiungevano i capelli ricci e le dita si infilavano nel mezzo per attirarlo più vicino.
Harry si allontanò sorridendo, mentre Louis boccheggiava alla ricerca d’aria incapace di smettere di muovere i fianchi. Per un momento, posò gli occhi lungo tutto il torso nudo.
“E’ questo il tipo di fascino a cui sei sensibile, Louis?” gli chiese mentre si abbassava di nuovo e poggiava delicatamente le labbra sul collo, fino alle clavicole. Un gemito roco fuoriuscì dal retro della gola del cacciatore.
Il vampiro si tirò su, allontanandosi, e accarezzò il torace dell’altro. Le mani scivolavano leggere. Era più il fantasma di un tocco che un toccarlo vero e proprio. E Louis era frustrato. Sentiva l’erezione dolorante nei pantaloni mentre il vampiro lo guardava con la solita faccia da schiaffi, ma Louis non riusciva ad esserne davvero infastidito in quel momento. L’unica cosa che davvero gli importava era risolvere il problema nei suoi pantaloni.  Era pur sempre un uomo. Un povero essere umano di sesso maschile condannato a non poter usare il cervello quando gli veniva duro. Quindi non era colpa sua.
Come se avesse letto i suoi pensieri, Harry costrinse i pantaloni di Louis a fare la stessa fine della maglietta, lasciandolo completamente nudo. Sorrise malizioso lanciando uno sguardo all’erezione che svettava e passò le dita su tutto il suo corpo, evitando con attenzione le parti più sensibili. Quando terminò con le mani, fu il turno delle labbra. E Louis si sentiva ridicolo. Per il modo in cui tremava o gemeva.
Quando vide Harry spalancargli le gambe ed abbassare la testa quasi pensò che sarebbe morto. Quando poi sentì la lingua dell’altro leccare la pelle sensibile tra le sue natiche mentre le mani le stringevano, già immaginò il necrologio.
Louis Tomlinson. Intrepido cacciatore. Ha vinto innumerevoli battaglie. Ucciso da una seduta di rimming.
Che poi non è che fosse un brutto modo per morire, eh!
Più Harry si avvicinava alla sua parte sensibile, più Louis non riusciva a fermare il bacino, spingendolo verso di lui. Conservava ancora un briciolo di dignità che gli permetteva di non mettersi ad implorare, ma non riusciva a controllare il suo corpo che bramava un contatto più profondo.
Ma quando la bocca di Harry raggiunse la sua entrata, quello vi posò un bacio sopra prima di allontanarsi.
“Voglio sentirtelo dire..”  e il fiato di Harry gli vibrava contro.
“Co..cosa?”
“Quello che vuoi da me..” per un momento tutto tacque. Louis si morse le labbra, nel tentativo di ingoiare la supplica che gli si arrampicava sulla gola. Ma Harry tirò fuori la lingua, leccandolo appena e lui si lasciò scappare un grido.
“Per favore.. per favore”
“Cosa?”  si portò la mano alla fronte sudata prima di arrendersi definitivamente “Leccami” ed Harry sorrise sulla sua apertura prima di iniziare a lavorarla con la lingua, con un intensità e una velocità che chiaramente non erano umane. E Louis non poteva fare altro che affondare le dita tra i ricci e strattonarlo di tanto in tanto, perché gli sarebbe stato impossibile seguire veramente il ritmo al quale Harry si muoveva. Da parte sua, Harry si accendeva ad ogni suono che lasciava le labbra del cacciatore. Più volte gemette egli stesso, quando i lamenti dell’altro erano troppo acuti per essere reali. Quando Louis sentì le dita del vampiro intrufolarsi dentro di lui per allargarlo spalancò gli occhi e lo guardò gemendo.
Harry annaspò sotto quello sguardo lucido. Era bellissimo. Qualcosa quasi impossibile da guardare senza ferirsi gli occhi. Era certo che se avesse aspettato ancora, se avesse dovuto sopprimere ancora la voglia di prenderlo,  probabilmente avrebbe finito con lo strapparsi la pelle di dosso per la frustrazione. Aveva le guance arrossate, le labbra rosse e gonfie per quanto le aveva morse, i capelli spettinati. Il blu lucido degli occhi era come un naufragio bellissimo, una tempesta contornata da ciglia nere e lunghe. Ed era disperato. E voglioso. Di lui.
Si tirò su senza dire una parola, togliendosi i vestiti più veloce che poteva. Mentre sentiva le mani di Louis toccarlo, cercare di afferrarlo senza un senso. Forse per portarlo indietro.
Quando rimase nudo, si fermò un attimo davanti a lui. E quello che successe lo lasciò senza parole. Se avesse potuto, sarebbe arrossito. Perché niente, nulla,  nessuna cosa,lo aveva mai fatto sentire come essere guardati in quel modo da Louis. Si sentiva il sole. Si sentiva un Dio. Ed aveva sempre saputo di essere bello, ma non si era mai sentito così bello. Bruciava.
E Louis. Louis si ricordò di averlo sognato. Ma in alcun modo il sogno poteva avergli reso giustizia. Anche perché non esisteva niente che fosse giusto in Harry Styles. Non era giusta la pelle bianca e perfetta, né il torace largo, né la V che sembrava come una freccia enorme e dispettosa, puntata dritta dritta su quella cosa magnifica. Louis voleva piangere. Voleva morire. Ma dopo.
“Sbrigati” gli intimò impaziente il cacciatore ed Harry sorrise, riconoscendo in lui il solito sgarbo. Prese posto tra le sue gambe e appoggiò la sua punta all’apertura dell’altro, tenendolo il più fermo possibile. Non voleva torturarlo, anche perché aveva tanta voglia quanto lui, forse di più, sicuramente di più. E davvero, l’ultima cosa che voleva era rallentare, ma c’era qualcosa che voleva che lui dicesse. Qualcosa che doveva urlare. E ripetere fino allo sfinimento. E non dimenticare mai più. MAI. Avvicinò le labbra  a quelle di Louis che si lasciò baciare, oramai arreso.
“Lo hai fatto?” soffiò. E Louis lo guardò confuso. Non aveva minimamente idea di cosa stesse parlando.
“Ti sei lasciato legare?” con un colpo di reni, Harry si spinse dentro il cacciatore, che aprì la bocca lasciando che un no strozzato vibrasse nell’aria.
Harry sorrise.
“Preferiresti che fosse quel cane a scoparti stanotte?” un’altra spinta. Più forte ancora.
Louis gemeva.
“Rispondi” la spinta successiva fu ancora più violenta della precedente. Louis annaspò prima di urlare senza senso a pieni polmoni “No! Te! Voglio te!” .
Ed Harry lo ricompensò, mordendo appena il collo, senza trapassare la pelle.
“Dillo ancora..”
“Voglio te. Solo te” e non poteva trattenersi. Perché si sentiva riempito e sull’orlo di un meraviglioso baratro.
“Gemevi così anche con lui, uhm? Ti faceva godere allo stesso modo?”
“No. Mai. No” gridò più forte “Taci e fottimi, Harry”
Come incitato da quelle parole, Harry spinse sempre più forte senza staccare gli occhi dal volto di Louis sul quale campeggiava una smorfia di piacere. Una lunghissima cantilena di Harry presero a scivolare dalla sua bocca quando il vampiro centrò il suo punto. Ed era così giusto. Nessun altro nome doveva uscire da quella bocca. Soprattutto non mentre gemeva. Soprattutto non mentre veniva.
E bastarono un altro paio di spinte per far venire entrambi.
Harry rotolò sulla schiena, sfilandosi dal corpo del l’altro, che sembrava galleggiare in un mondo tutto suo. Non appena aveva terminato di cavalcare l’orgasmo, tutta la tensione si era allentata, e la stanchezza dovuta a tutto quello che aveva vissuto in quei giorni lo colse all’improvviso. Era confuso, appagato, stanco.
“Non cambia niente” biascicò nel mezzo di uno sbadiglio facendo ridere Harry che, senza pensarci, gli accarezzò la testa.
“Litigheremo domani. Adesso dormi” e Louis era già mezzo addormentato quando inconsapevolmente rotolò su un fianco appoggiando la testa al petto del vampiro.
Harry sospirò. C’era qualcosa di profondamente sbagliato in quello che stava accadendo.
 
 
 
 
 
 
 
 

Quando bussò alla porta era notte fonda.
Era rimasto un paio d’ore nel letto con Louis, prima di decidere che fosse tempo di agire.
Quella notte il cielo era insolitamente sereno ed il vento calmo. Quando la porta si aprì, si ritrovò davanti una ragazza con i capelli lunghi che già sbraitava “Chi cazzo è a quest’or…” poi lo guardò e si bloccò “Oh ma prego accomodati!”
Harry fece un passo avanti e proprio in quel momento, un’altra ragazza molto simile alla prima, sbucò dal corridoio “Iola sei impazzita? E’ un estraneo!”
“Dico, lo hai visto?”
“Non è una motivazione valida!”
“Ma porta una camicia a righeee!”
Harry restò per un attimo spiazzato dall’alterco, fino a che non riconobbe la voce di Liam provenire dal salotto.
“Che succede?”
“Succede che mia sorella forse dovrebbe farsi una sana scopata così eviterebbe di lasciare entrare estranei in casa!”
“Mi offro come volontario!” la voce di Niall arrivò direttamente dalla cucina.
Nessuno dormiva. Avevano passato tutto il giorno a cercare Louis. Erano preoccupati, pur sapendo che il ragazzo sapeva cavarsela da solo. Inoltre, non era la prima volta che Louis spariva di punto in bianco per poi risbucare in un paio di giorni. L’unica che veramente era andata fuori di testa, era Mary.
“Chi sei tu? Cosa vuoi?” Milly gli puntò il dito contro, proprio in quel momento, Liam sbucò fuori e si bloccò. Nell’arco di un secondo, tirò fuori dal nulla una pistola e gliela puntò contro.
“Allontanatevi, tutte e due!”  intimò Liam proprio mentre Mary si affacciava per vedere cosa stesse accadendo.
“Oh mio Dio! Liam togli la pistola!”
“No! Lui è..”
“Lo so chi è! Togli la pistola!” strillò come un’isterica per poi voltarsi verso il vampiro “Dov’è Louis?”
Una volta che Liam  ebbe abbassato l’arma, Harry si lasciò andare ad un sorriso.
“Louis sta bene” assicurò “forse domani sarà un po’ dolorante ma sta bene!” si lasciò scappare ridacchiando.
“Ti prego. Non voglio sapere”
“Io sì”
“Zitto Niall!”
“Signori, devo parlarvi” si voltò verso le streghe, prendendo Iola per mano “C’è qualcosa che voi due dovreste fare per me, per favore” sorrise e tirò fuori il taccuino in pelle. 

ANGOLO DI MIKA:

Salve gente! Allora, che dire? Non lo so, sti commenti a fine capitolo non mi vengono molto bene!
Spero che la piega che prendono le cose sia di vostro gradimento!

Di tutto il capitolo, in realtà, c'è tipo una sola frase di cui sono davvero soddisfatta :) Ma va bene!
Aspetto di sapere che ne pensate voi!
All the fucking love!

 

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Capitolo 15
*** Chapter XIV - Fragility ***


Chapter XIV- Fragility

Non dormiva così bene da una vita. Forse non aveva mai dormito così bene. Certamente non durante la sua infanzia, quando l’incubo di non essere all’altezza delle aspettative degli altri non faceva che tormentarlo, diventando protagonista dei sogni più improbabili.  
Si lasciò trascinare dalla propria coscienza fuori da un sonno senza sogni, andando alla deriva e riconquistando, secondo dopo secondo, la consapevolezza di sé, del suo corpo un po’ dolorante ma riposato. Una sensazione di appagante benessere si irradiava dal cuore a tutte le terminazioni nervose.
Louis si stiracchiò, lasciando scivolare il piede oltre le lenzuola, godendo nel riprendere il controllo dei propri muscoli, mentre ancora non riusciva neanche a domandarsi dove fosse. Non era importante.
In quel momento, la consapevolezza dei ricordi della notte prima gli caracollò addosso senza preavviso. Harry sopra di lui. Harry dentro di lui. Harry vicino a lui.
Un vampiro lo aveva fottuto. In ogni senso possibile.
Più velocemente che poté, si voltò verso l’altro lato del letto, indeciso se sperasse di trovarci Harry o meno. I muscoli protestarono per lo scatto, e il cuore divenne un po’ pesante quando vide le lenzuola vuote. Era solo.
Onestamente, il cacciatore non sapeva cosa pensare. Soprattutto, non sapeva come giustificare l’asfissiante fastidio che stava provando. Non era come se volesse che Harry fosse ancora addormentato al suo fianco, anche perché era a conoscenza del fatto che i vampiri non dormissero, ma comunque non riusciva a non sentirsi irritato. Si sentiva un po’ sedotto e abbandonato, e quello davvero non era un ruolo nel quale si fosse mai riconosciuto. Ed era anche piuttosto consapevole della sua vocina interiore che gli suggeriva che era lui stesso a dare importanza alla cosa nel momento in cui se ne preoccupava, ma neanche quella certezza sembrava aiutarlo. Sembrava solamente sbagliato svegliarsi da solo. Ecco. Dopo un sonno come quello, mentre ogni parte del suo corpo urlava rilassatezza.
L’idea che il Vampiro potesse sentirsi compiaciuto di averlo scopato, di essersi tolto uno sfizio per poi andarsene in giro e continuare la sua vita come niente fosse, lo faceva arrabbiare. Anche se era quello che voleva in un certo senso, giusto? Era così che doveva essere, ed era così che era per lui. Solamente una questione di orgoglio. Erano sullo stesso piano. Uno sfizio l’uno per l’altro. Ora tutto sarebbe potuto tornare al giusto posto. Nemici. Giurati.
Abbassò la testa mentre stringeva con i pugni le lenzuola e si guardò un attimo  accorgendosi di essere un vero disastro, non aveva alcuna voglia di affrontare una discussione conciato in quel modo. Aveva bisogno di essere pulito e sistemato, prima di prendere quel succhiasangue per il collo, sbatterlo al muro e strillargli in faccia.
Passò circa mezz’ora nel bagno privato prima di decidere di uscire dalla camera da letto. Indossò solo un paio di boxer miracolosamente trovati in giro, considerato che non aveva con sé altri vestiti.  Benissimo, avrebbe aggiunto questo alla lista dei problemi che gli si prospettavano davanti. E se ne sarebbe lamentato. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per infastidire a morte i suoi “ospiti”, qualsiasi cosa fosse in suo potere.
Non appena scese le scale, stava cominciando a convincersi di fare colazione prima di mettersi a litigare, fino a quel momento non ci aveva fatto caso ma ora cominciava a sentirsi davvero affamato. Si guardò intorno, nel tentativo di trovare qualcosa che anche vagamente ricordasse una cucina ma un rumore che non riusciva a decifrare attirò la sua attenzione.
Oltrepassò il corridoio, fino a raggiungere una stanza luminosissima, in aperto contrasto con il resto dell’arredamento. Era ampia, completamente circondata da vetrate e con il parquet a terra. Ci mise una manciata di secondi a rendersi conto di dove si trovasse. Una palestra.  Era una fottuta palestra. Dentro una casa. Chi diavolo ha una palestra dentro casa? Spostò gli occhi verso la fonte del rumore che lo aveva attirato fin lì e quello che vide gli fece prudere le mani. Istintivamente, si passò la lingua sul labbro inferiore, mentre osservava Harry Styles sollevare un bilanciere enorme.
Ridicolo. Ridicolo. Oltremodo ridicolo. Da quando i vampiri facevano palestra? Perché?  Lo stava facendo apposta, solo per mettersi in mostra. Perché sapeva che Louis lo avrebbe visto. Sapeva che lo avrebbe voluto.
Si avvicinò, in religioso silenzio. Il fastidio per non averlo trovato accanto a sé al risveglio, era sempre lì, ma ogni passo che faceva, più il corpo di Harold era visibile, meno diventava importante. Il vampiro era a petto nudo, ed indossava un paio di pantaloncini che se non li avesse avuti sarebbe stato lo stesso.
“Buongiorno” non era affaticato, ovviamente, nonostante la pelle fosse lucida.
“Buongiorno” la voce di Louis era grave, e roca. Un po’ perché si era appena svegliato, molto di più perché Harry gli stava dando uno spettacolo senza precedenti.
“Come ti-“ prima che potesse terminare la frase, il cacciatore lo aveva raggiunto alle spalle, gli aveva fatto inclinare la testa e aveva raggiunto con la bocca la pelle salata del collo come se volesse divorarlo.
Non si sentì in colpa. Per niente. Soprattutto non quando Harry emise un mugugno porgendogli la gola, mordere la sua pelle dura fredda e liscia gli suonava strano. Immaginò come dovesse sentirsi Harry ad essere per una volta la preda e non la bestia feroce.
Lo fece voltare, maneggiandolo a suo piacere. Ma sapeva benissimo che ogni sua mossa fosse una concessione da parte del vampiro. Era più forte. E, in uno “scontro fisico” come quello, Louis non avrebbe mai potuto prevalere. Non avrebbe mai provato l’ebbrezza del piegarlo alla sua volontà.  Il che era sciocco. Harry era più che compiacente, e Louis sorrise soddisfatto mentre afferrava tra le mani i bicipiti gonfi e la sua arrendevolezza. Ma non era abbastanza. Voleva possederlo. Un qualcosa di animale, inspiegabile si faceva largo in lui. C’era una linea sottile tra il maneggiare Harry perché lui glielo lasciasse fare o perché non potesse opporsi. E Louis voleva oltrepassare quella linea.
Era evidente che psicologicamente il vampiro fosse, completamente succube alle sue carezze, in quel momento. C’era una chiara ammissione nel gemito che si lasciò scappare quando le mani di Louis scivolarono dalle braccia, alla vita, ai fianchi, fino a stringere le natiche muscolose. Ma non era abbastanza. Louis voleva una resa incondizionata. Ma come?
“Mordimi” ordinò con la bocca sul suo collo. Harry strabuzzò gli occhi, tirato indietro dalla marea di piacere alla quale si era abbandonato.
“Co.. cosa?” in un primo momento non si era aspettato l’assalto di Louis. Ma subito dopo era stato più che felice di abbandonarsi a quelle sensazioni. Aveva sentito la soddisfazione per il fatto che il cacciatore avesse abbandonato ogni tentativo di resistere al desiderio che bruciava tra di loro, mischiarsi con l’eccitazione, sempre più calda, sempre più impellente. E si stava godendo ogni singola mossa dell’altro.
“Bevi il mio sangue Harold” spiegò mentre i denti stringevano il lobo dell’orecchio. Avvertiva, in quel sussurro roco e sporco, il sorriso compiaciuto dell’altro.  Ed Harry sospirò indeciso. Era quello il punto. Il controllo.
Non che gli dispiacesse, di tanto in tanto, abbandonare qualsiasi responsabilità e lasciare che qualcuno si occupasse del suo corpo. Ma qui la storia era un’altra. Fino a quel momento, Louis era come un bambino che voleva giocare a fare il capitano della nave, ed Harry glielo stava permettendo. Ma se avesse bevuto il suo sangue, lo sapevano entrambi, sarebbe stato perso, drogato, incapace di opporsi.
Ci voleva una massiccia dose di fiducia per acconsentire a quella richiesta. Fiducia che il riccio non era sicuro di riporre in Louis.
D’altra parte …
Non appena Louis lo aveva invitato a bere il suo sangue gli era venuta l’acquolina in bocca. I sensi si erano acuiti istantaneamente. Vedeva le vene in controluce, attraverso gli occhi offuscati di piacere, sentiva il giovane cuore pulsare, e il calore emanato dal corpo dell’altro. L’odore di Louis gli era entrato nel cervello. Gli stava fottendo il cervello. La capacità di pensare. La capacità di resistere.
Louis allontanò la testa inclinando il collo in una curva che sapeva di invito, il sopracciglio alzato in attesa e il labbro inferiore incastrato tra i denti. Quando mosse i fianchi, strusciandosi sul suo corpo, Harry non aveva ancora deciso cosa fare.
Non aveva deciso e non avrebbe mai deciso. Perché per fare una scelta devono esserci più alternative, e lui davvero non ne aveva. Non c’era altra strada al di fuori di Louis. Non c’era luce che permettesse di vedere meglio il mondo, se non quella generata dai suoi occhi; non c’era altro suono che non i sospiri e i gemiti finanche il suo silenzio che potesse riempire l’aria. Non c’era niente. Solo un assoluto. Un imperativo. Il suo. La sua volontà che non era neanche coerente a se stessa. Perché non si può chiamare volontà ciò che è semplicemente giusto. Ed in quel momento Harry capì dopo secoli di vita, il senso vero del concetto di perfezione.
Perfetto non era un aggettivo.
Perfetto è ciò che è come deve essere e non può essere altrimenti.
Perfetto è Louis.
Si piegò sulla gola dell’altro baciando il punto esatto dove avrebbe affondato le zanne. Cercò di dettarsi il tempo. Uno. Labbra, un sospiro di Louis. Due. Lingua, un gemito. Tre. Denti, un ruggito.
Dolce.
Dolce Louis.
Bevette come un assetato. Bevette con l’entusiasmo di un tossicodipendente che brama l’auto distruzione. Godendosi ogni singolo attimo della sua discesa versa l’incoscienza. Si staccò quando la testa prese a galleggiare. E non capiva. Non razionalizzava. Non pensava. Sentiva e basta.
Sentì le mani del cacciatore toccarlo e sdraiarlo a terra, per poi muoversi indisturbate sul suo corpo, indugiando con le dita sull’addome. Ed Harry era indeciso se volesse di più o di meno. Perché ovunque lo toccasse, qualsiasi cosa facesse Louis, c’era sempre un altro punto che bramava le sue attenzioni. Ma l’idea che il suo tocco svanisse da dove era in quel momento, era inaccettabile, dolorosa.
E Louis avrebbe voluto avere un milione di mani e un miliardo di labbra, mentre con i denti stringeva il capezzolo turgido dell’altro. Era affascinato, sedotto e ubriaco di onnipotenza. E l’arrendevolezza nei gemiti di Harry era così dolce che aveva voglia di piangere. Si incantò mentre le labbra gonfie e morbide dell’altro si aprivano arrossate dal suo sangue, mentre le mani enormi vagavano incoerenti sul suo corpo cercando di afferrarlo. Harry non pretendeva niente ma implorava tutto. Con il corpo e con la voce.
“Ti prego”
E Louis voleva davvero credere che fosse per la sua soddisfazione personale che stava scivolando in basso tra quelle cosce spogliandolo del tutto. Ci avrebbe creduto se l’esigenza di farlo stare bene non avesse urlato così forte dentro di lui, se il desiderio di sentire la sua soddisfazione non fosse stato così asfissiante.
Fece scivolare le dita nella bocca dell’altro che leccò ubbidiente.  Poteva una bocca essere così calda?
Quando ebbe finito Louis si tirò su per baciarlo.
“Ti prego” ripeté l’altro facendo mischiare le parole con i sospiri, lasciandole vibrare nelle loro bocche.
“Girati, Harry” e dovette mordersi il labbro e concentrarsi per non venire solo a causa della fretta con la quale Harry aveva voluto obbedire, nonostante i movimenti rallentati e scoordinati.
Una volta voltato, mani e ginocchia, Louis raggiunse la sua entrata. Fece scivolare due dita insieme, rudemente, nel tentativo di accorciare il tempo che lo divideva dal possederlo. Il grido di maschile soddisfazione che eruppe dalla bocca di Harry lo fece tremare. Sforbiciò, mentre l’altro si spingeva contro la sua mano chiedendo di più, e ci vollero solo pochi minuti affinché Louis infilasse il terzo dito per aprirlo ancora e meglio.
Lasciò che Harry urlasse di nuovo, e lo trattenne per la vita mentre quello stava per cadere, o stava per lasciarsi cadere volendosi strusciare sulle lenzuola. Poi, finalmente, lo penetrò.
E Louis vide le stelle.
Ed Harry vide il sole.
Si godette il rumore delle pelli che sbattevano l’una sull’altra, quasi osceno, ma roboante al punto tale che avrebbe messo a tacere il mondo. Era sublime. Primordiale.
Lo afferrò per i capelli tirandogli la testa all’indietro e gemette quando finalmente le sue dita tornarono al loro posto, tra i ricci spettinati e umidi dell’altro.
“Sto .. sono .. Louis” il cacciatore spinse più forte, lasciò scivolare la mano sulla lunghezza dell’altro, e prese a dare stoccate al ritmo delle proprie spinte. Veloce. Forte.
“Sì. Cazzo. Louis. Lou.”
Lou.
Louis venne così. Svuotandosi dentro di lui. Con un’ultima poderosa spinta.
 
 
 
 *
 
 
Passò  qualche  giorno ancora prima che Louis si obbligasse a tornare con la mente alla realtà. Doveva concentrarsi, capire, scoprire cosa stesse accadendo ed uscire da quella situazione prima che fosse troppo tardi. Prima che la gabbia dorata di quella prigionia legasse indissolubilmente la sua volontà al corpo caldo e sempre pronto del vampiro.
Perché, ovviamente, quello che doveva essere lo sfizio di una volta stava pericolosamente diventando un’abitudine.
Cominciava con Louis che lo cercava per lamentarsi, o Harry che lo raggiungeva per portargli cibo o vestiti. Inevitabilmente, finivano uno addosso all’altro.
Non che ne facessero un dramma ormai. Louis continuava a ripeterselo. Era lì, prigioniero, senza niente di meglio da fare. Il vampiro era affascinante, ormai lo aveva ammesso. Tanto valeva godersi tutto quello che la casa aveva da offrire. Ed Harry, dal canto suo, aveva accettato da tempo che ci fosse una certa chimica tra loro due. Negarlo o privarsi di qualcosa che evidentemente voleva, non avrebbe avuto senso.
Lasciò la stanza nella quale trascorreva la maggior parte del suo tempo e raggiunse Harry nella biblioteca. Lo spaventava il modo in cui già fosse a conoscenza dei luoghi favoriti dal vampiro, nonostante avesse trascorso in quella casa un periodo così breve. Rimase un attimo davanti alla porta, tentando di costringersi ad essere padrone di se stesso prima di trovarselo nuovamente davanti.
Dopo di che, entrò senza neanche bussare.
“Mi devi delle risposte” esordì mentre faceva il suo ingresso. Il Vampiro era seduto su una poltrona di velluto, ed aveva un libro tra le mani. Non alzò neanche lo sguardo su di lui mentre rispondeva.
“Maria Antonietta aveva davvero un deficit mentale, Hitler non era davvero ebreo e no, non ho ucciso io Marilyn!”
Louis storse la faccia in una smorfia “Sei simpatico come un dito nel culo!”
“E detto da te è un gran complimento..” il Vampiro sorrise, alzando finalmente gli occhi per guardarlo.
Okay, questa gliela aveva servita su un piatto d’argento. Mosse le mani per invitarlo a lasciar perdere prima di prendere posto davanti a lui.
“Mi avevi promesso delle risposte”
“Davvero?”
“Smettila Harold!”
“Okay, va bene!” il riccio posò il libro sul bracciolo della poltrona, accavallò le gambe ed incrociò le mani in grembo “Cosa vuoi sapere raggio di sole?”
Louis ignorò il soprannome, chinandosi in avanti.
“Cosa sono?”
“Un ragazzo irritante ma con un talento speciale tra le lenzuola..”
“Harry!” lo rimproverò “So che c’è qualcosa di strano in me, okay? L’ho capito. E so che tu sai qualsiasi cosa ci sia da sapere. Devi dirmelo, devo saperlo, io non posso continuare a stare qui senza fare niente, senza sapere niente..”
“Okay, okay va bene” si arrese, Louis aveva ragione. E in realtà non aveva bisogno di essere convinto. Il vampiro si stava solo divertendo a negargli qualcosa. Louis  doveva sapere. Era giusto che sapesse, che capisse. Soprattutto considerato il modo come stavano cambiando gli eventi e le intenzioni della sua famiglia. Ora che Harry era abbastanza certo di non voler vincere quella guerra, ora che aveva anche Gemma completamente dalla sua parte, aveva bisogno che Louis capisse quale fossero le sue possibilità, e come dovesse comportarsi in modo tale da venire a capo di tutta quella assurda situazione. Sapeva che sarebbe stato difficilissimo. Troppe variabili. Troppe difficoltà.
In primo luogo avrebbe dovuto convincere il ragazzo a fidarsi di lui, e non era certo che ci sarebbe mai riuscito, poi avrebbe dovuto portarlo ad accettare il suo destino e a credere di potercela fare a porre un freno a tutto quello che stava accadendo senza finire con il perdere se stesso.
Socchiuse gli occhi e si alzò dalla poltrone, raggiungendo la libreria in legno scuro. Louis non gli staccava gli occhi di dosso, in un’attesa bruciante. Aveva un’espressione curiosa, leggermente ansiosa. Gli occhi più grandi del solito ed i capelli spettinati. Sembrava più piccolo, più indifeso.
Harry afferrò il taccuino in pelle, lo guardò un attimo, gettando poi un’occhiata al cacciatore, prima di allungare la mano per offrirglielo sotto lo sguardo confuso dell’altro.
“Lo aveva tua madre addosso quando è morta. Suppongo che volesse darlo a te” Louis deglutì, una maschera inespressiva sul volto “Suppongo che chiunque l’abbia uccisa, lo abbia fatto perché tu non venissi a sapere questo. C’è tutto la tua storia lì dentro” disse indicando il quaderno con la testa. Louis lasciò che le sue dita scorressero sulla pelle della copertina. Per un momento si sentì piccolo, non troppo sicuro di voler scoprire cosa ci fosse lì dentro, quali informazioni valessero la vita di sua madre. Si odiò per l’indecisione nel suo sguardo al vampiro. Si sentì debole. Ma quello non disse niente, nessuna battuta di spirito. Si sedette al suo fianco, in attesa che leggesse, lasciando che le loro braccia si sfiorassero in maniera affatto casuale. Un incoraggiamento muto, che non voleva metterlo a disagio, né mettergli fretta. E Louis non poteva impedirsi di averne bisogno. Qualcuno vicino. Sarebbe stato meglio Liam? O Mary? O Niall? Forse no. Forse, sarebbe stato più umiliante esporsi con loro, con persone di cui davvero ti importa. Come una sorta di paradosso per cui mostrarsi deboli con chi abbiamo più a cuore sembra doloroso il doppio. Perché non possiamo nascondere niente.
Aprì il quaderno in silenzio. E trascorsero ore senza che nessuno dei due emettesse un suono. Solo il fruscio delle pagine voltate. Louis leggeva. Harry guardava, sbirciando talvolta le parole sul diario.
Era buio quando il cacciatore posò il diario a terra. Non disse niente. Guardò Harry al suo fianco, con occhi enormi. Troppe informazioni. Non era possibile. Era come se qualcuno avesse preso il suo mondo e lo avesse capovolto. Come se fosse stato appena messo nella vita di qualcun altro. Non sapeva cosa avrebbe dovuto fare, non sapeva di cosa avesse bisogno. Non lo sapeva, fino a che le labbra di Harry non raggiunsero le sue. Poi si lasciò solo andare.
 
*
 
Mary era in pace con il mondo.
Sapeva che non avrebbe dovuto sentirsi così bene considerate le circostanze, ed in effetti, non riusciva ad impedirsi di trascorrere la maggior parte delle giornate a preoccuparsi, fare ricerche sulla missione che il vampiro aveva lasciato alle ragazze, e un milione di altre cose che la tenessero impegnata.
Ma la sera, fino alla mattina, spariva nella camera da letto, con Liam al fianco, e riusciva a dimenticarsi di tutto. C’era solo pelle, labbra e parole sussurrate. Era incredibile. Era come un altro mondo, un’altra vita. Al punto che, durante il giorno, nonostante le ore che avevano condiviso insieme in intimità così poco tempo prima, si scopriva ancora ad arrossire quando incrociava il suo sguardo. Si sentiva ancora impacciata nel sfiorarlo fuori da quelle lenzuola. Ma non era quello il momento di preoccuparsene. Era ancora nel letto, ancora tra le sue braccia. Le dita di lui ancora le accarezzavano la spalla delicate. E lei sorrise ad occhi chiusi, volendo protrarre quel sogno all’infinito. Forse lo avrebbe fatto.
Sicuramente lo avrebbe fatto se all’improvviso Liam non fosse scattato in piedi facendola scontrare bruscamente contro il materasso.
“Basta! Non ne posso più!” la ragazza strabuzzò gli occhi, ancora incapace di parlare. Questa davvero non se la aspettava. Sentì il sangue gelarsi ed il cuore iniziare a battere all’impazzata.
“E’ quasi una settimana e non l’ho ancora visto. Non ci ho parlato nemmeno. Io non ce la faccio” continuò a ripetere mentre si gettava alla rinfusa i vestiti addosso. Mary ci mise qualche secondo di troppo a realizzare che non fosse la loro situazione ad averlo mandato fuori di testa ma la prolungata assenza di Louis. Tirò un sospiro di sollievo ma prima che riuscisse a richiamarlo quello era già uscito dalla stanza.
Quando lo raggiunse in cucina, il cacciatore stava ancora sbraitando, mentre Niall inzuppava i biscotti nel latte con aria assente, Milly si teneva la testa ed Iola lo guardava annuendo. Di Lottie non c’era traccia.
“Quello viene qui e si mette a dare ordini come se fosse il Re. Avrei dovuto ucciderlo quando ne ho avuto l’occasione. E’ un mostro. E noi che facciamo? Quello che ci chiede! Mentre Louis –il nostro Louis- è suo prigioniero! Sapete cosa potrebbe fargli? Magari lo sta torturando! O peggio, potrebbe essere morto! E noi non facciamo niente per liberarlo. Che razza di amici siamo? Eh?”
“Non mi sembrava avesse cattive intenzioni…”
“Oh piantala Iola!” Milly abbaiò voltandosi verso Liam “Credo che tu stia esagerando, sono sicura che Louis stia bene. Nonostante ciò” lo interruppe prima che quello riprendesse ad urlare “forse sarebbe opportuno controllare!”
“Bene! Vado subito”
“Cerca di non combinare disastri Liam!” gli urlò dietro Mary, sconfitta.
“Farò del mio meglio”
 
*
 
Gemma stava scrivendo il suo diario quando dei colpi forsennati alla porta la distrassero. Era tutta intenta ad elaborare le sue teorie sul perché i licantropi dovessero collocarsi sul gradino più basso della piramide del potere, quando il rumore ripetuto e assordante del batacchio sulla porta la costrinse ad abbandonare le sue riflessioni.
In meno di un secondo raggiunse l’ingresso  “Chi diav-“  non appena abbassò la maniglia, fu colta alla sprovvista mentre il cacciatore amico di Louis che aveva intravisto qualche volta spalancava la porta affrontandola impettito, brandendo una mannaia minacciosamente.
“Non osare fermarmi” tuonò Liam “Devo vederlo. Quindi, le cose sono due, o mi lasci entrare o ti taglio la testa!”
Onestamente, Gemma non era molto impressionata. Insomma, prima ancora che il cacciatore avesse finito il suo sproloquio, aveva già individuato tre o quattro modi per farlo fuori, ancora di più per metterlo semplicemente fuori combattimento.  Nonostante ciò, mantenne un’espressione neutra sul volto e lentamente si fece da parte.
“Non ho intenzione di fermarti. Sali le scale, terza porta a destra”
Liam le lanciò una rapida occhiata intrisa di sospetto prima di abbassare l’arma e superarla quasi correndo verso la scalinata. E Gemma non riuscì a impedirsi di ridacchiare.
 
 
Liam fece le scale a due a due. Non riusciva a perdonarsi il fatto di aver aspettato così tanto tempo per andare da Louis. Si era fatto fregare, come un idiota. Si era fidato per qualche assurda ragione di quel maledetto succhiasangue e aveva lasciato la vita di Louis nelle sue mani. Lo aveva abbandonato. Prigioniero. Nelle mani di un mostro. Dio, Louis non lo avrebbe mai perdonato. O, se anche lo avesse fatto, sarebbe stato lui stesso a non perdonarsi. Avrebbe continuato a rimproverarselo tutta la vita. Che razza di amico era? Più si avvicinava alla porta chiusa più gli venivano in mente immagini di Louis. Torturato. Deperito. Maltrattato. Disperato. E solo.
E tutto per colpa sua. Ma adesso sarebbe finita. A costo di morire lo avrebbe tirato fuori da lì. Louis non avrebbe sofferto un momento di più.  Lo giurò a se stesso mentre spalancava la porta.
“LOUIS” urlò.
Ma la scena che si trovò davanti, non era esattamente quella che si aspettava.
“Liam! Che ci fai qui?” Louis saltò sul letto, tirandosi il lenzuolo sotto il mento involontariamente. Accanto a lui, il suo rapitore era piuttosto rilassato, seminudo, il braccio ancora pigramente poggiato sulle spalle di Louis, appoggiato  alla spalliera del letto.
Liam sentiva la testa scoppiargli. Come se qualcosa nel suo cervello si fosse bloccato. Non riusciva a capire mentre spostava lo sguardo dai due sul letto alla stanza in generale. A terra quello che sembrava un paio di jeans.
“Che .. che .. che stai facendo?”
“Niente” 
“A te che sembra?”
“TACI” Louis si rivolse al vampiro che roteò gli occhi al cielo esasperando uno sbuffo.  Ma non si mosse. Nessuno dei due si muoveva. Erano entrambi a letto, Louis leggermente nel panico ma Liam ci mise poco a capire di essere lui quello che lo stava agitando e non il mostro che gli stava vicino. Al contrario. Louis sembrava a suo agio. Completamente rilassato, a una vicinanza praticamente inesistente.
“Oh mio … “
“Guarda ci è arrivato!”
“Ho detto taci!” ripeté Louis “Liam.. io ..”
Liam si voltò. Non riusciva neanche a capire come stava. Era sconvolto.
“Vestiti! Dobbiamo parlare ..”
 
*
 
Liam aspettò  nel giardino laterale al vialetto. Si era rifiutato di trascorrere anche solo un minuto in salotto, sotto lo sguardo divertito della vampira bionda. Era evidente che fosse fin troppo consapevole della scena alla quale aveva appena assistito e che trovasse la cosa esilarante. Non vi erano dubbi sul fatto che avesse orchestrato l’irruzione del cacciatore di proposito. La prova erano i risolini che lo avevano seguito lungo tutta l’anticamera.
Non sapeva bene come si sentisse al riguardo, o cosa avrebbe voluto fare o dire. Era in imbarazzo. Arrabbiato? Deluso? Non sapeva decifrarlo. Era praticamente sconvolto. E come ogni cacciatore sapeva benissimo come non affrontare le situazioni che implicassero raziocinio e sentimenti : fingere che niente fosse successo e mettere il pilota automatico. Per questo quando Louis apparve davanti a lui con lo sguardo basso e torturandosi  le mani non lo lasciò neanche iniziare a parlare.
“Stiamo seguendo il piano del vampiro ..” Louis annuì “Non sappiamo neanche cosa abbia in mente ma le ragazze stanno lavorando sull’incantesimo che ci ha chiesto. Conosci le sue intenzioni?”
Louis scosse la testa “Non mi ha detto molto”
Liam annuì. Evitò di indugiare sul pensiero di come avesse altrimenti impiegato il tempo. “Vorrei parlarci. Deve dirmi qualcosa se vuole che continui a lavorare per lui” di nuovo l’altro scosse la testa, più vigorosamente stavolta. Aveva riassunto la solita postura eretta decidendo evidentemente anche lui di ignorare l’incidente della camera da letto.
“Non puoi, è uscito”
“E ti ha lasciato solo? Senza sorveglianza?”
Louis inarcò le sopracciglia “Gemma” disse a mo’ di spiegazione “E prima che tu me lo chieda, sarebbe inutile parlare con lei. Non ti dirà niente senza prima aver consultato Harry”
“Non stavo pensando a questo..” Louis seguì gli occhi dell’amico che vagavano allusivi verso la sua macchina parcheggiata nel vialetto. In un’altra occasione sarebbe andato su tutte le furie per il fatto che avesse osato guidare la sua bambina. Ma non era quello il momento.
“Non sottovalutarla. Gemma non ci lascerebbe andare. E poi comunque è meglio che io resti. Questa cosa, quello che sta succedendo qui … è davvero grossa, Liam! Grossa tipo fine del mondo. Non possiamo farcela da soli .. “
Liam sbuffò portandosi una mano tra il ciuffo castano e sporgendo il labbro inferiore, in quel tic che ormai Louis conosceva a memoria. Lo faceva sempre quando qualcosa non andava come voleva lui.
“Ti fidi di lui?” il sì gli stava per sfuggire dalle labbra ma si costrinse ad ingoiarlo. Sarebbe stata una risposta stupida. Vera, forse, ma stupida. E spaventosa.  Aveva davvero bisogno di smetterla di ignorare il modo in cui la maniera di pensare al vampiro stesse cambiando, ma non in quel momento. Non con Liam davanti.
“Penso che sia la nostra migliore opzione” concesse.
“Ci manchi amico” il silenzio intorno a loro si fece pensante per un momento. Era carico di qualcosa misto ad ansia e onestà e voglia di lasciarsi andare e paura. Louis sorrise “Anche voi”  fissò per un momento l’espressione preoccupata del cacciatore “Non mi farà del male ..”
E Liam sorrise un po’ di più stavolta. Il sole illuminava il volto giovane di Louis, gli occhi onesti, quasi trasparenti “Sai .. sono corso qui stamattina convinto di doverti salvare il culo” arricciò la bocca e l’altro si irrigidì per un momento “Ma a quanto pare …”
“Taci idiota!” Louis gli diede una gomitata, sentendo la tensione lentamente sciogliersi. Poi scoppiò a ridere.
 
*
 
Passarono ore ed ore a chiacchierare. Louis gli raccontò tutto. La prigionia, Zayn, quello che gli era successo, quello che aveva scoperto. E poi venne il turno di Liam di raccontare come andavano le cose. Come stessero Niall e Mary e a Louis non sfuggì il modo in cui lui sorrise nel nominarla. Avrebbe potuto prenderlo in giro fino alla morte, ma Louis sapeva quando non gli convenisse iniziare una battaglia, e doveva arrendersi all’evidenza che iniziare a sfottere Liam per i suoi sentimenti nei confronti della letterata avrebbe solo dato vita ad una battaglia che non avrebbe potuto terminare in altro modo se non con la sua sconfitta. Colpa di Styles. Ovviamente.
Il cielo iniziava già ad imbrunirsi, Harry non era ancora tornato, Gemma, Louis ne era certo, li controllava di tanto in tanto da dietro le tende della villa. Probabilmente aveva ascoltato tutto quello che si erano detti. A Louis non importava davvero, non voleva pensarci. Infondo, assurdamente, quella era la giornata più normale che trascorresse da tempo. Voleva abbandonarsi all’illusione che fossero solo lui e Liam. Cercò di convincersi che fosse una giornata qualunque, una pausa durante una caccia come le altre.  Spostava il terriccio pigramente con il piede, ridendo delle immagini domestiche che l’altro gli stava regalando.
“Anche Lottie è con noi” disse all’improvviso. Lo aveva quasi dimenticato talmente era preso dalla conversazione,  Louis annuì. Il pensiero della sorella chiamò immediatamente quello di sua madre. E il dolore sordo al petto riprese a farsi sentire al punto che, per un secondo, dovette chiudere gli occhi e concentrarsi su quello che aveva intorno.
“Come sta?” disse secco.
“E’ forte” lo rassicurò “si sta impegnando in tutto e cerca di tenersi in piedi. Credo che abbia bisogno di te, Lou” cercò di mandare giù il groppo che aveva in gola e di scrollarsi quella ormai familiare sensazione. Aveva trascorso la vita a desiderare di stare accanto alla sorella, di essergli utile, ma non aveva mai potuto. Lei, tra tutte, era quella che aveva amato di più. Soprattutto nei momenti più bui si era trovato spesso ad immaginare che un giorno avrebbe potuto starle davvero accanto. Avrebbe potuto condividere con lei quella vita assurda che si era costruito. Vagare per il mondo sentendosi comunque sempre a casa. Essere se stesso perché quello era un amore dovuto. Qualcosa di profondo, indistruttibile. Ma, ancora una volta, sembrava che la vita si prendesse gioco di lui. Mai come allora avrebbe dovuto starle accanto, ma non poteva. Ed infondo, non avrebbe saputo casa dirle, come consolarla, ma sapeva che non sarebbe stato importante. Era quella l’occasione per condividere. Per sentirsi vicini, partecipi di un dolore che nessun altro avrebbe mai potuto comprendere o sentire allo stesso identico modo. Se avesse potuto stringere Lottie sapeva che, finalmente, si sarebbe sentito compreso come mai nella vita. E si sarebbe sentito utile. Per una volta, al posto giusto nel momento giusto.
“Se la caverà. E’ una persona speciale ..” Liam annuì  “Ha detto una cosa quando è venuta da noi ..” il cambio di note nella voce era evidente. Louis si irrigidì, mentre l’altro sembrava imbarazzato, nuovamente teso come all’inizio della loro conversazione, come se non avessero appena trascorso ore serene. “Cosa?” chiese piatto.
“Era sconvolta, Lou..”
“Cosa Liam .. “ lo incitò. Una sensazione spiacevole iniziò a impadronirsi di lui. Sapeva che quali che fossero state le verità di  Liam  non gli sarebbero piaciute, probabilmente le avrebbe odiate.
“Ha detto che potrebbe essere stata Fizzie” non lo guardò neanche negli occhi mentre quelle parole scivolavano fuori dalla sua bocca raggiungendo il cervello di Louis come una doccia gelata. Non ebbe bisogno di chiedere a fare cosa.
Fizzie. Quella sorella che aveva conosciuto così poco. Quella bambina sorridente e sempre dolce che rubava il latte per sfamare tutti i gatti della zona. Sua sorella. Sua sorella aveva ucciso sua madre.
Louis deglutì. Lo sguardo fisso innanzi a sé e la postura immobile, saldamente piantata a terra.
“Louis …”
“Ho bisogno di stare solo, Liam..”
“Louis ..”
“Lasciami solo per favore..”
Rimase immobile a fissarlo mentre si arrendeva e gli voltava le spalle. Aspettò che la macchina sparisse oltre il cancello. Aspettò di non sentire più in lontananza il rombo del motore che aveva sempre cantato per lui una musica dolce durante gli interminabili viaggi che avevano fatto insieme.
Poi iniziò a urlare.
 
*
 
Se ne era andato leggermente innervosito dalla presenza dell’altro cacciatore nella sua casa. Quando Gemma lo aveva chiamato ordinandogli di tornare immediatamente a casa aveva pensato che Louis era fuggito o che almeno ci avesse provato. Si era aspettato di trovare la sorella ferita o Louis legato come un salame, ma non la scena che vide non appena varcò i confini della proprietà.
 Louis stava distruggendo tutto. Il corpo si muoveva senza una logica, ora strappando manciate di verde dai cespugli, ora prendendo a calci la staccionata. Le urla e i singhiozzi scomposti erano insopportabili. Come il lamento di un animale morente. Se il suo corpo glielo avesse permesso, probabilmente, Harry avrebbe vomitato. Rimase a guardarlo per un momento prima di raggiungerlo e bloccarlo per le spalle. Lui si divincolava come impazzito, nello stesso modo di poco prima, come se neanche si fosse accorto della presenza di Harry, del fatto che lo stesse toccando.
“Louis!” lo chiamò inutilmente “Louis calmati!” urlò più forte, mettendoci tutta la forza per tenerlo fermo, più stretto al suo corpo in modo tale da bloccargli qualsiasi movimento.
Dov’eri?” e quella domanda non aveva senso, e non voleva neanche una risposta. Ma ebbe l’effetto sconcertante di stringergli il cuore nella morsa del senso di colpa perché l’unica risposta possibile era che non era dove avrebbe dovuto essere, che non stava facendo quello che avrebbe dovuto fare : evitare che lui si riducesse in quello stato. Evitare che le grida ormai spente lasciassero il posto ai singhiozzi affannati e disperati, in qualche modo ancora più sordi e rumorosi delle urla.
Harry ignorò i suoi stessi pensieri.
“Perché stai distruggendo tutto?”  Louis si agitò di nuovo riuscendo ad approfittare della presa meno solida del vampiro. Si voltò su se stesso iniziando a prendere a pugni il petto ampio.
“Mia sorella! E’ stata mia sorella!” non c’era bisogno di chiedere. Harry capì subito di cosa stesse parlando. Sentì la pena rendere la sua gola arsa. Avrebbe voluto chiedere tante cose, ma le domande non riuscivano a venire fuori.
“Come lo sai?”
“Liam .. Dov’eri? Dov’eri tu?” pianse di nuovo più forte, colpendolo ancora.
Aveva i capelli sparati in ogni direzione. Gli occhi lucidi e le guance rigate. Il naso arrossato e le labbra spaccate come se avesse deciso di morderle a sangue. Era disperato. E piccolo. Ed indifeso. Ed Harry era preparato a tutto ma non all’ondata di tenerezza che lo colse in quel momento. Sentiva il bisogno di farlo stare bene. Doveva farlo.  Qualsiasi cosa. Avrebbe fatto qualsiasi cosa. Avrebbe strappato il cuore dal petto di chiunque se questo fosse servito a qualcosa. Gli fermò i polsi con le mani, riportandoselo vicino. Louis affondò il viso sul suo petto, continuando a singhiozzare mentre lui parlò con le labbra appoggiate ai suoi capelli, come fosse il fantasma di un bacio.
“Sono qui. Sono qui, Louis. Non me ne vado ..”
“Sono costretto qui, la mia famiglia è distrutta, mia madre è morta, Zayn mi ha morso, il mio patrigno vuole uccidermi. Cosa devo fare..”
E Harry avrebbe voluto dargli una risposta. Ma non poteva. Gli sollevò il mento, costringendolo a guardarlo negli occhi, ed era doloroso. Gli mancò terribilmente la parlantina petulante e l’aria da uomo duro e vissuto.  Non aveva idea di come gestire quella versione di Louis. Non era capace ad avere a che fare con qualcuno di così fragile e sapeva perfettamente che non sarebbe mai stato capace di non romperlo. Questo lo terrorizzava al punto tale da rischiare di paralizzarlo, e probabilmente lo avrebbe fatto se solo l’esigenza di calmare Louis non fosse stata così impellente  “Andrà tutto bene” .
 
*
 
Avevano fatto l’amore di nuovo quella notte.
Era stato diverso. Molto più calmo. Molto meno frenetico. Louis si era abbandonato, non aveva lottato come faceva i solito per stabilire chi avrebbe preso l’altro. Non che a nessuno dei due importasse davvero. Era piuttosto un gioco.
Ma quella volta no. Era stato silenzioso. Non aveva detto una parola, limitandosi a sospirare di tanto in tanto, ed Harry non riusciva a capire se fosse piacere, sollievo o stesse ancora piangendo. Non voleva fermarsi però, non poteva perché quel corpo continuava a tremare sotto il suo e gli occhi lo pregavano di continuare.  
Così aveva lasciato che le sue labbra scorressero lungo tutto il corpo abbronzato, dalla mascella al torace, al ventre, lasciando poi che la lingua accarezzasse le cosce sode e i polpacci e le caviglie. Aveva portato le dita ad accarezzare ogni parte di lui, lasciandosi guidare dall’intensità degli spasmi di quel corpo caldo e sconvolto. Poi si era perso nel suo corpo, spingendo ad un ritmo regolare e dolce. Lento e profondo. Mentre le labbra raggiungevano quelle di lui pigre e languide.
Quando Louis aveva raggiunto il piacere, Harry si era immediatamente sfilato da lui, dimentico di ricercare il proprio. Non gli importava. Lo prese tra le braccia e cullandolo se lo strinse al petto, mentre le mani gli accarezzavano i capelli morbidi e spettinati.
“Grazie” era appena un sussurro e, probabilmente, se non fosse stato per il superudito non lo avrebbe sentito. Sorrise stringendolo un po’ di più. Era una cosa che Louis faceva spesso quella di parlare a voce bassissima quando si vergognava di quello che stava per dire. Ed era inutile perché i sensi da vampiro rendevano ad  Harry impossibile non sentirlo comunque,  aveva il sospetto che cercasse di non ascoltarsi lui stesso e sorrise appena a questo pensiero mentre ormai Louis si era addormentato.
Restò a guardarlo per qualche ora prima di decidere di alzarsi. Raggiunse il salotto sentendosi irrimediabilmente stanco, negli occhi aveva ancora l’immagine di Louis sconvolto e addosso la necessità impellente di scacciarla. Si versò da bere deciso a spicciarsi il prima possibile per tornare indietro. Non era certo che Louis sarebbe stato contento di trovarselo tra i piedi una volta sveglio. Anzi era abbastanza certo che si sarebbe odiato a morte per quella debolezza, e sicuro come le pulci dei licantropi, se la sarebbe presa con lui. Poteva già sentire la voce fastidiosa nelle orecchie e vedere lo sguardo di sufficienza che gli avrebbe riservato, ma comunque non se la sentiva di lasciarlo da solo.
“Il tuo fidanzato dorme?” la voce di Gemma lo riportò alla realtà.
“Non è il mio fidanzato, Gems …” sbuffò senza guardarla.
“Ancora in fase di negazione? Non sono stupida fratello. Lo vedo come vi guardate ..”
“Facciamo solo sesso …” il fatto che suonasse poco credibile anche a lui non aiutava affatto.
“Oh ne fate un sacco. Ma quello non è sesso, Haz …”
Il riccio finalmente si voltò verso di lei. Non voleva affrontare quella conversazione, si sentiva esausto. Voleva solo bere e tornarsene in camera a cercare di non pensare a niente “Gems!”
Lei roteò gli occhi esasperata “Finiscila Harold! Per favore! Sorridi come un idiota senza motivo; non riesci a dire una sola frase senza infilarci il suo nome almeno tre volte; ti brillano gli occhi .. tu sei innamorato, Styles. Gli graviti attorno. E non farmi neanche iniziare a parlare di lui! Era come impazzito e gli è bastato che tu lo toccassi per darsi una calmata, ti cerca senza neanche rendersene conto …”
Strinse la presa sul bicchiere talmente forte da mandarlo in frantumi facendola tacere. Tutto ciò era spaventoso. E sbagliato. E pericoloso. Non poteva essere. Non doveva essere. Poco importava se lui si fosse o meno attaccato al ragazzo. Harry sapeva che non era così, era certo che avrebbe saputo gestirlo. Ma Louis …  Louis non doveva innamorarsi o sarebbe stata la fine.
“No” non aggiunse altro e lasciò la stanza.


Angolo di Mika
Chiaramente sono una persona bruttissima :D
Cosa dovrei dire adesso? Niente, solo che è quello che è, arriva quando arriva e sentitevi liberi di ignorarmi bellamente perché me lo merito.
Nel caso non mi abbiate ignorata, sentitevi liberi di insultarmi.
Ad ispirarmi, tre persone meravigliose.
All the love.

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Capitolo 16
*** Chapter XV- Just a prisoner ***


Chapter XV-  Just a prisoner

Louis era bravo in tante cose.  Difficilmente si lasciava prendere dal panico, sapeva mantenere il sangue freddo ed aveva una mira infallibile, senza contare il fatto che fosse stato eletto imperatore del gioco dei mimi diversi anni prima quando in squadra con Niall aveva praticamente asfaltato Liam e Mary (e no, non c’entrava assolutamente il fatto che i due continuassero a ridacchiare come iene in calore invece che concentrarsi sull’imitazione dello stambecco zoppo).  Tra i suoi numerosi talenti però non spiccava quello di essere onesto con se stesso quando si trattava di sentimenti. Per questo quella mattina la tentazione di fingere che la sera prima fosse stata solo un sogno era stata quasi irresistibile. Sarebbe stato facile anestetizzarsi. Concentrarsi sulla guerra che incombeva, sullo scoprire la verità terribile sulla morte della madre, venire a capo di cosa veramente fosse e quale fosse il suo destino. Aveva abbastanza materiale per non indugiare sulla sensazione alla bocca dello stomaco che lo aveva assalito quando si era svegliato nuovamente solo nel suo letto.
Ma restarsene comodamente appollaiato in quel ridicolo negazionismo puzzava di menzogna e di codardia. E Louis poteva accettare di sentirsi imbarazzato perché qualcosa gli stava chiaramente sfuggendo dalle mani, ma non avrebbe mai accettato di sentirsi un codardo. Non quando la verità gli sorrideva beffarda e bastarda davanti agli occhi.

Questo non significava che avrebbe iniziato a scrivere un diario segreto o che avrebbe preteso un pigiama party settimanale con Mary e le streghe svitate per parlare dei suoi sentimenti. Ovviamente no. Significava solo che doveva ammettere con se stesso che lui e quell’idiota di un vampiro avevano chiaramente iniziato a navigare in acque pericolose.

Non c’era modo che potesse negare come si fosse sentito la sera prima. Era stato sconvolto dalle parole di Liam, disperato per il fatto che nella sua stessa famiglia le persone si uccidessero tra di loro, che sua sorella avesse potuto uccidere sua madre. Per la prima volta si era sentito in colpa per essersene andato. Sentito in colpa veramente, come se fosse stato un torto terribile inflitto a qualcuno che davvero avesse bisogno di lui. Si era sentito un egoista ed un menefreghista per non aver stretto i denti. Per non essere rimasto e non aver provato ad aggiustare le cose, invece di andarsene da solo e costruirsi una vita lontano da quella casa. Poco importava il fatto che si fosse sempre ripetuto che lo avesse fatto anche per loro nella speranza che senza di lui vivessero più sereni. La realtà vera era che aveva preferito andarsene in giro a risolvere i problemi degli estranei che quelli della sua stessa famiglia, drogandosi di adrenalina e costruendosi un branco fatto di persone su misura per lui. La sola possibilità che Fizzie avesse fatto una cosa del genere lo aveva annientato, perché in quel caso, il sangue della madre sarebbe stato anche sulle sue mani, ed era inutile pensare che Lottie poteva sbagliarsi, perché lui, di fatto, la Felicité donna non l’aveva mai conosciuta.

Non era riuscito ad impedirsi di avere quella reazione violenta. Voleva distruggere tutto perché non meritava di essere circondato da niente. Aveva allontanato Liam perché non tollerava il pensiero di ricevere consolazione da qualcuno come lui : pulito, fiero, buono. Distruggeva tutto perché il suo maledetto istinto di conservazione gli impediva di fare l’unica cosa che in quel momento gli sembrasse giusta: distruggere se stesso.

Poi era arrivato Harry.

Harry che non era pulito, né buono. Harry le cui mani si erano sporcate, la cui anima era dannata quanto la sua. E non si era accorto di aver avuto bisogno di lui finché non aveva sentito il suo tocco e la sua voce. Il vampiro si affacciava nella sua mente come la luce calda della dannazione. Era la bellezza nel mondo sporco del suo io. E si era sentito compreso e libero di essere se stesso.

Tra le sue braccia non aveva bisogno di fingersi intoccabile e solido. Non aveva bisogno di mostrarsi come un cavaliere epico. No. Tra le sue braccia poteva essere il ragazzo imperfetto che commetteva errori, poteva abbandonarsi a qualsiasi debolezza e sentirsi capito. Ma capito non era il termine esatto, perché non era così che si era sentito. Louis aveva avvertito come se fossero un unicum. Come se condividessero la stessa natura, se parlassero sulla stessa frequenza radio.

Era come se, finalmente, tutta quella storia di Platone del mito dell’androgino acquistasse per lui un senso. Per tutta la vita, Louis aveva vagato alla ricerca di quella metà perduta. Ogni singolo passo, ogni pensiero, ogni parola lo aveva inevitabilmente spinto lì, ad affondare in un quel corpo e a lasciarlo affondare in sé, fisicamente e emotivamente. Perché ogni volta che lasciava che Harold si spingesse dentro di lui, ogni volta che lui entrava nel vampiro, era come se parte delle loro anime restasse incastrata nel corpo dell’altro. Qualcuno avrebbe potuto dire che fosse il destino, ma Louis storceva il naso a quella definizione. Aveva sempre pensato, infatti, che il destino togliesse importanza ai sentimenti incastrandoli in una direzione, rendendole facili. E Harry, sentirsi così vicino ad Harry, era tutto fuorché facile. Era doloroso, degradante e faticoso. Era difficile da accettare o anche solo da prendere in considerazione. Ma se da una parte c’era il bruciante desiderio a spingerlo verso di lui, qualcosa di animale e recondito come un richiamo, dall’altra c’era quella volontà che aveva tenuta nascosta e cercato di soffocare.

Louis era corrotto come Harold. Era sporco come Harold. Per questo poteva così chiaramente vedere quella bellezza che si era ostinato a negare, quel modo assoluto di amare con criterio ciò che davvero gli stava a cuore, differenziandolo dal resto del mondo che lo lasciava indifferente. E non era un amore che Louis si limitava a desiderare la notte nascosto nell’ombra di una stanza come le signorine per bene. Era un amore dal quale voleva essere investito. Perché se ogni cosa esisteva davvero grazie al suo contrario, solo qualcosa di potenzialmente così doloroso, devastante, pericoloso e cupo avrebbe potuto soddisfare la sua sete di amore. Doveva essere amato in quel modo.  Voleva essere amato in quel modo e niente di meno, niente di diverso sarebbe mai riuscito ad appagarlo.

Ci aveva messo ore a venirne a capo. E una volta arrivato a quella conclusione, sorrise passandosi nervosamente una mano sulla fronte nella consapevolezza del fatto che non sapeva cosa farsene. Doveva vedere Harry. Doveva guardarlo negli occhi e riconoscere in quei pozzi verdi le stesse sensazioni, gli stessi sentimenti che aveva avvertito quella notte. Non voleva struggenti dichiarazioni d’amore. Solo un’ammissione muta, qualcosa che mettesse in chiaro che entrambi non erano quel tipo di persona spaventata capace di mentire a se stessa.

Alla fine lasciò la sua stanza in silenzio.

Non era mai stato nella stanza del vampiro e, onestamente, non era neanche certo di avere il permesso di metterci piede. Non che gli importasse. Se fino a quel momento si era astenuto dall’entrarci era solo per mancanza di interesse, non certo perché qualcuno potesse impedirgli qualcosa. Neanche Harry.
Soprattutto non Harry.

Ma ora, mentre lentamente si dirigeva verso la porta in legno pesante, si sentiva curioso cercando di indovinare quale aspetto avrebbe avuto la sua stanza.
Arrivato davanti alla porta si fermò a fissarla con un’intensità  impossibile, come se segretamente covasse la speranza di riuscire a vedervi attraverso. Si avvicinò fino a quasi poggiare l’orecchio al legno freddo. Dentro nessun rumore, segno che probabilmente Harry non fosse lì o magari che stesse dormendo. Ci pensò un attimo prima di fare il suo ingresso, forse avrebbe dovuto annunciarsi comunque, forse avrebbe dovuto rimandare, aspettare un altro momento. Ma dentro di sé sapeva che se avesse atteso non sarebbe stato per educazione ma per codardia. E aveva già stabilito che non intendeva essere un cagasotto un secondo più del necessario.

Puoi farcela Louis!” si disse mentre la mano raggiungeva la maniglia spessa abbassandola.

Quando entrò la stanza di Harry era elegante in modo quasi ridicolo. Gotica in pieno stile film sui vampiri in bianco e nero. Louis alzò gli occhi al cielo per l’eccessiva presenza di tendaggi bordeaux, scuotendo la testa di fronte la grottesca consapevolezza che, lì dentro, il vampiro ci sarebbe stato benissimo con tutte quelle arie da ragazzaccio pericoloso e misterioso che continuava a darsi.

Era vuota. E lui davvero avrebbe dovuto andarsene. Ma, infondo, una sbirciatina non avrebbe ucciso nessuno. Ormai era lì. Insomma la lingua di Harry era stata nel suo culo, il concetto di spazio personale tra loro era stato abbondantemente superato dopotutto.
Si aggirò nella camera perfettamente ordinata. Non si sentì a disagio facendo il confronto con la sua. Era piuttosto certo che anche lui avrebbe avuto il tempo di mettere le cose a posto se non avesse dovuto dormire.

Non si sentì neanche minimamente in colpa quando iniziò a curiosare tra le cose di Harry, aprendo l’armadio per trovare una serie infinita di completi sistemati per colore. Chiaramente era uno psicopatico, con un discutibile gusto nel vestire. Poco importava che tutto gli stesse bene, questo non implicava certo che fosse legittimato ad indossare dei pantaloni a zampa anni 80.

Nostalgico di merda” ridacchiò mentre passava alla libreria, alla scrivania e poi al comodino lanciando occhiate distratte qui e lì finché qualcosa non attirò la sua attenzione.

Una vecchia foto. Di quelle consumate, per cui era evidente che fossero state toccate, guardate e riguardate milioni di volte. C’era Harry in quella foto, con il sorriso malizioso e strafottente nonostante le fossette. Ma non era solo. Il braccio avvolgeva le spalle di un uomo al suo fianco, era leggermente girato di lato e gli occhi erano rivolti al tipo affianco a lui quasi come se quello assorbisse tutta la sua attenzione.

Louis gelò davanti all’evidente calore di quello sguardo.

Era stato un egocentrico una volta di più. Aveva passato ore a riflettere su quello che lui provasse per Harry senza fermarsi un attimo a pensare a cosa il riccio provasse per lui, troppo concentrato su se stesso. Semplicemente, l’idea che non pensassero allo stesso modo non l’aveva neanche sfiorato. Era impensabile, impossibile. Era talmente forte, talmente stringente quello che sentiva da sembrare freddamente logico. In tutta la sua vita fatta di sentimenti calcolati era rimasto l’ultimo dei romantici, convinto che non fossero le parole a svelare ciò che davvero si provasse, ma i gesti e gli occhi e credeva davvero che in quelli di Harry avesse visto se stesso.

Invece, ora, stringeva tra le mani la prova del fatto che fosse un povero illuso.

Riconosceva quell’uomo. Ricordava di averlo visto, elegante e sorridente a Charles Lake, intorno ad Harry a dimostrazione che fosse ancora nella sua vita. E non c’era altro modo di interpretare quella mano poggiata sulla coscia di Harold. E quello sguardo.

Non c’era altro modo di interpretare quell’unica parola scritta in una calligrafia elegante e leggera sul retro della fotografia.

Always.
 

***
 

Quando la sera prima Liam era rientrato in casa aveva lo sguardo cupo e l’espressione assente.

Dopo che Louis lo aveva cacciato, aveva trascorso qualche ora a guidare senza meta, nonostante sapesse che la situazione avrebbe imposto un surplus di prudenza. Quasi sperava che qualcuno lo aggredisse in modo tale da potersi sfogare. Quello che davvero gli serviva era scaricare quel senso di impotenza che lo aveva assalito davanti all’amico.

Aveva raggiunto Mary a letto senza preoccuparsi di dire una parola e in qualche modo lei aveva capito che non fosse quello il momento di chiedere sebbene fosse ansiosa di scoprire come stesse Louis.  Il cacciatore lo sapeva. La conosceva abbastanza da sapere che si stesse torturando pur di trattenersi dal tempestarlo di domande e le fu grato per questo.

“Ne parliamo domani” disse quindi, piano, prima di tirarsela addosso e stringerla tra le braccia perdendosi nel profumo dei suoi capelli. Lei annuì girandosi verso di lui per baciarlo, poi si erano addormentati così.

Quella mattina, quando entrarono in cucina trovarono già tutti lì. Milly e Lottie si preparavano la colazione mentre  Iola e Niall erano talmente presi nel discutere che neanche gli prestarono attenzione.

“Ti ho detto che lo stai mangiando male!” abbaiò lei cercando di strappargli la busta di biscotti dalle mani.
“Sarò libero di mangiare come mi pare, o no?” piagnucolò il biondo aggrappandosi al pacco come se ne andasse della sua vita. “E certo! Ma sì! Facciamo un po’ tutto come ci pare, no?” rispose sarcastica “Che ne dici se da domani cominciamo a usare il balsamo prima dello shampoo? Oppure, che ne so, abbiniamo il reggiseno di pizzo sangallo con le mutante a righe di cotone color carne!”  afferrò la busta tirandosela via.
Niall praticamente latrò riuscendo per miracolo a riprendersi i suoi amati biscotti e abbracciando la busta “Punto primo io non porto reggiseni tanto meno di sanpollo o quello che è! Punto secondo uso doccia schiuma tre in uno e se potessi lo userei anche come dentifricio. Punto terzo nello stomaco si mischia tutto” decretò indicandosi l’addome “Punto quarto…”  piagnucolò con sguardo confuso mentre Iola riusciva nuovamente a sfilargli i biscotti dalle mani “Milly fai qualcosa..” la strega sbuffò esasperata e di malavoglia passò a Niall la fetta biscottata che aveva appena imburrato guadagnandosi uno sguardo carico di gratitudine “Mangia prima i bordi o ti toglierà anche quella” lo informò prima di voltarsi verso Liam e Mary che cercavano inutilmente di non scoppiare a ridere per la scena assurda alla quale avevano appena assistito.

“Come è andata?”

Liam prese posto accanto a Lottie afferrando una tazza di caffè. Bevve un lungo sorso prima di cominciare.
“La situazione è complicata. Praticamente tutte le creature che abbiano mai calpestato questa terra sono in procinto di iniziare una guerra apocalittica per distruggere cacciatori e uomini di lettere e dominare sul pianeta. Le nostre speranze di farcela sono riposto nel piano di un mostro”
“Ma perché il vampiro dovrebbe schierarsi con i cacciatori?”  chiese Lottie.
“Perché a quanto pare pensa che se dovessero prevalere gli equilibri tra loro non reggerebbero” scrollò le spalle Liam “Crede che inizierebbero guerre civili e che di fatto il loro stile di vita ne uscirebbe peggiorato”
“E cosa ha in mente?”  Liam strabuzzò gli occhi. Il tono di Lottie non era solo curioso o interessato. C’era qualcosa di quasi maniacale nel modo in cui lo aveva chiesto sporgendosi verso di lui. Scosse la testa.
“Non lo so. So solo che la battaglia si svolgerà tra due settimane” bevve ancora “Stanno aspettando non so quale quadro astrale, la luna in capricorno, non ho ben capito. Non sono riuscito a parlare col vampiro”.

La domanda successiva aleggiò nell’aria per qualche secondo rendendo l’atmosfera decisamente più pesante di poco prima.

“Come sta Louis?” la mano di Mary raggiunse il suo avambraccio delicata. Liam deglutì a fatica il groppo che aveva in gola,  gli occhi puntati sulle sue stesse dita che tamburellavano sul tavolo.
“Mi ha detto che il tipo gli ha mostrato un diario. A quanto pare il padre biologico di Louis si è divertito a fare esperimenti su di lui prima ancora che nascesse” Lottie abbassò lo sguardo, mentre gli altri continuarono a guardare il cacciatore in attesa che proseguisse. Lui sbuffò.
“Louis non è umano” ci aveva pensato molto a quella cosa. Louis non era umano. Il suo migliore amico, improvvisamente, era qualcosa di oscuro, qualcosa di diverso, qualcosa che in qualsiasi altra circostanza Liam avrebbe ucciso senza battere ciglio. Solo che non poteva.
Per la prima volta da quando aveva giurato a se stesso di passare la vita ad estirpare quegli abomini dal mondo, Liam aveva dei dubbi. Il fatto era che Louis non fosse diventato un mostro. Louis lo era sempre stato.

Eppure …

Eppure non si era mai comportato come tale e per Liam era impossibile vederlo in quelle vesti. La sola idea di doverlo combattere lo faceva stare fisicamente male. Non importa quante volte si fossero giurati a vicenda di uccidersi se qualcosa fosse andato storto. E Liam sapeva che davanti a qualsiasi altro cacciatore non avrebbe esitato. Ma quello era Louis ed era diverso.

“Lo dicevo io” interruppe Milly “Lo dicevo che quel culo non poteva essere umano”
“Sorella!”
“Osservavo solo l’ovvio” si giustificò lei scrollando le spalle mentre leccava la marmellata dal coltello che aveva appena utilizzato.
“Che intendi per non umano?”
Liam li guardò uno ad uno “Sembra che attraverso qualche inquietante esperimento genetico quell’uomo sia riuscito a mettere in Louis pezzi di qualsiasi abominio esistente?” disse incerto “Siete voi i cervelloni, non so come abbia fatto. So solo che nel diario che ha letto Louis sono riportati tutti gli esperimenti fatti su di lui e quello psicopatico del padre continuava a parlare di lui come un alfa naturale o qualcosa del genere”
“Ma questo non ha senso” sbottò Mary “Louis non ha nessuna abilità speciale ..”
“Tranne lo sculettamento magico”  borbottò Milly guadagnandosi un’altra occhiataccia dalla sorella mentre Liam scrollava le spalle.
“Come sta, comunque?”
Il ricordo di quanto fosse sconvolto quando lo aveva lasciato investì Liam in pieno “Non è un momento facile ma se la caverà…”
“E’ deperito?”
“Lo tengono in una gabbia?”
“Ti è sembrato ferito?”
“Ha pianto quando ti ha visto?”
LIAM TI PREGO DIMMI CHE GLI DANNO DA MANGIARE
Il cacciatore spostava lo sguardo dall’uno all’altro. Una pioggia di domande si era abbattuta su di lui. E continuavano. Era tutto uno “sta mangiando?” o “era triste?” “oddio lo so che sarà depresso” e “ma gli manchiamo?” e lui non riusciva a rispondere perché ogni volta che provava ad aprire la bocca un’altra raffica di domande gli veniva scagliata contro.
LASCIATELO RISPONDERE” urlò Mary ad un certo punto. Liam la guardò grato. Poi si rese conto che avrebbe dovuto rispondere alle domande e improvvisamente fu colto da un profondo imbarazzo. Improvvisamente un’immagine ben chiara emerse dai suoi ricordi.
“Beh diciamo che quando gli ho raccontato la teoria di Lottie non l’ha presa bene”  sperò davvero di riuscire a deviare il discorso su altro.
“Sì, ma come lo trattano?” incalzò Niall.
“Mi è sembrato ..” si gratto la barba in ricrescita sul mento con fare decisamente imbarazzato che ovviamente non sfuggì a nessuno. Non era sicuro di voler davvero raccontare come se la passasse Louis, ma d’altra parte non poteva lasciare che i suoi amici si crogiolassero nell’ansia. Erano evidentemente preoccupati e se non avesse risposto, probabilmente, sarebbero andati nel panico immaginandolo in punto di morte, preda della fame, della sete e del freddo. Dunque aveva bisogno di dire qualcosa di abbastanza vago e casuale ma comunque rassicurante. Nessun problema, poteva farlo. Anche un bambino ci sarebbe riuscito!

 “Mi è sembrato … soddisfatto … ” per un secondo nella stanza calò il silenzio.
“Soddisfatto?”
“Sì ?” rispose incapace di trovare un altro termine mentre sentiva la faccia andargli a fuoco. Forse non aveva scelto il termine migliore.
“Che minchia vuol dire soddisfatto Liam?” abbaiò Mary abbandonando l’atteggiamento dolce che aveva solitamente nei suoi confronti “Come diavolo fa uno che è tenuto prigioniero ad esser … OH MIO DIO!” un lampo di consapevolezza le attraverso lo sguardo e si voltò talmente velocemente verso le streghe che quasi le si svitò la testa. Loro avevano un’espressione da pazze esaltate dipinta in faccia. Bocca spalancata ed occhi luccicanti.
RACCONTA” lo aggredirono mentre Niall continuava confuso a ripetere cosa si fosse perso e Lottie restava in silenzio.
Liam sapeva che una volta usciti da quel casino Louis non gliela avrebbe fatta passare liscia, ed era profondamente ingiusto. Perché, chiaramente, essere circondato da quelle squinternate poteva essere considerata una punizione più che sufficiente.
 
 
***

 
Era passata un’ora da quando aveva trovato la foto. Forse un’ora e mezza. Louis si era seduto sul letto a baldacchino in attesa del ritorno di Harry senza davvero aver pensato a cosa dire. Rabbia e vergogna invece che placarsi erano cresciute dentro di lui, alimentandosi ad ogni nuovo particolare che scovava in quell’immagine che non aveva smesso di guardare.

Lo sguardo di Harry. I corpi che si sfioravano. Le espressioni serene sui loro volti.

Tutto. Tutto lo infastidiva.

Quell’immagine raccontava una storia che non aveva mai neanche preso in considerazione e non riusciva a smettere di sentirsi tradito.

Non per le ragioni più ovvie. Non era tanto la gelosia a fare male, quanto il fatto che fosse crollata la convinzione di essere nella loro diversità così simili. Per tutta la vita, nonostante fosse circondato da persone a cui teneva, persone che lo amavano, Louis non aveva mai smesso di sentirsi solo. Isolato. E davvero pensava che per Harry fosse lo stesso.
Si sentiva ferito ed ingannato perché Harry non gliene aveva mai fatto neanche cenno. Invece quell’uomo esisteva ed era ancora parte della sua vita e chiaramente Harry provava ancora dei sentimenti per lui altrimenti non avrebbe tenuto la sua foto sul comodino.
E poi sì, inutile negarlo. La gelosia lo stava divorando.

Quando sentì la porta aprirsi si alzò in piedi di scatto, con la fotografia ancora tra le mani pronto a fronteggiarlo.

Harry dal canto suo non si aspettava di trovarselo in camera. Aveva deciso, dopo la conversazione con Gemma, di mettere una certa distanza tra di loro. Di ignorarlo quanto più possibile, ed era abbastanza certo che l’abituale atteggiamento di Louis gli avrebbe facilitato di molto le cose. Era sicuro che quella mattina lo avrebbe ignorato, logorato da un milione di paranoie per il modo in cui si fosse lasciato amare la notte prima. Solo che l’abituale atteggiamento di Louis, sebbene fosse perfettamente coerente con il guardarlo come stava facendo adesso, certo non comprendeva il fatto di farsi trovare nella sua camera da letto.

Il vampiro sbuffò e si chiuse la porta alle spalle.

“Che ci fai qui?” si aspettava l’inizio di una nuova discussione e una parte di lui era curiosa di scoprire cosa avesse fatto questa volta per mandare su tutte le furie il liscio.  Questo, però, non diminuì in alcun modo l’impatto della domanda che Louis gli rivolse subito dopo.

“E’ l’uomo di Charles Lake?”  poteva riferirsi a mille cose, infondo Charles Lake aveva un discreto numero di abitanti, ma il modo in cui aveva pronunciato quelle parole mise immediatamente Harry in allarme. Finalmente si concentrò a guardarlo notando cosa stringesse tra le mani. Non ebbe bisogno di avvicinarsi per capire cosa fosse. La foto di lui insieme a Brandon. Quando erano felici, anni prima.
Ed Harry si sentì letteralmente diviso a metà. Il primo irragionevole impulso fu quello di giustificarsi urlando qualcosa di veramente originale del tipo “Non è come sembra!”.  Poi venne il senso di colpa. Come se il solo aver pensato di dover dare delle spiegazioni al cacciatore fosse un affronto alla memoria di Brandon, a tutto quello che avevano passato. Per questo indossò una maschera inespressiva e parlò in tono piatto ad un Louis che furioso continuava impaziente a sbattere il piede a terra davanti a lui come se non mettesse minimamente in dubbio il suo diritto di ricevere spiegazioni.
“No. Non lo è”
“Non dirmi cazzate, Harold!” abbaiò Louis “Ho una buona memoria. Non dimentico una faccia quando la vedo e questo tizio era con te a Charles Lake!” il cacciatore cominciava a vedere rosso davanti a lui. La cosa che lo faceva più imbestialire, però, era la vergogna. Non tanto per il fatto che stesse facendo una scenata di gelosia in piena regola, di quello aveva solo un’accennata percezione. Quello che lo faceva davvero vergognare era la piccola punta di sollievo che aveva provato quando Harry aveva mentito.  “Se mente gli interessa” continuava a ripetere una subdola e discretamente patetica vocina nella sua testa.  Louis non era mai stato così tanto disgustato da se stesso come in quel momento.
Harry non dava nessun segno di voler discutere. Mantenne una postura composta che fece infuriare Louis ancora di più. Si passò una mano tra i capelli sistemandoli prima di togliersi la giacca e poggiarla sullo schienale della sedia. “No” ribadì “Quello nella foto è Brandon. Quello che hai visto a Charles Lake è Nickolas, il capo dei mutaforma”
E, onestamente, Louis non sapeva che farsene di quella informazione. Improvvisamente si rese conto che fosse o meno lo stesso uomo questo non cambiava il fatto che Harry gli avesse nascosto l’esistenza di qualcuno abbastanza importante da struggersi nel guardare la sua foto.
“Chi è Brandon? Perché hai questa foto sul comodino?”
Harry lo guardò gelido. Continuò a mantenere la voce bassa mentre si appoggiava alla scrivania. “Non mi va di parlarne”
Il distacco e l’indifferenza con cui pronunciò quelle parole ferirono Louis più di quanto fosse disposto ad ammettere.
“TU .. Tu provi dei sentimenti per lui!” lo accusò “DEI SENTIMENTI. Chi è? E’ il tuo compagno?” Harry ci mise tutta la forza possibile per non raggiungerlo e baciargli quelle labbra che tremavano per rassicurarlo. Quella reazione da parte di Louis era la prova di ciò che assolutamente non voleva. Louis era coinvolto. Troppo coinvolto. E si costrinse a non pensate a quanto il dolore che leggesse nei suoi occhi lo provava raddoppiato dentro di sé, perché se lo avesse fatto sarebbe stato obbligato a prenderlo tra le braccia e giurargli che non avesse nulla di cui preoccuparsi. E quello non doveva accadere. Quella cosa tra loro, qualsiasi cosa fosse, andava fermata subito.
“Quello è l’uomo della mia vita, Louis” disse semplicemente.
Per un momento pensò che se ne sarebbe andato. Louis deglutì e restò in silenzio qualche secondo incapace di comprendere il reale significato di quelle parole.
“E’ così? L’uomo della tua vita?” ripeté lasciando che le parole scivolassero amare sulla sua lingua “Non hai altro da dire? E io? Cosa sono io? Un passatempo?”  era consapevole di star esagerando. Che si sarebbe pentito di quello che stava dicendo, ma pretendere da lui che in quel momento tacesse era davvero troppo. Non dopo che aveva trascorso settimane a cercare di venire a capo di quello che provasse per Harry. Inoltre, ormai la dignità l’aveva già persa, tanto valeva sfogarsi.
“E’ morto”
“Eppure è comunque l’uomo della tua vita”
Ed Harry non si era aspettato che la confessione sulla morte di Brandon cambiasse qualcosa. Sapeva che non avrebbe ammorbidito il tono del cacciatore, non avrebbe aggiunto clemenza al suo atteggiamento. Era troppo abituato alla morte per esserne davvero colpito. Ciò nonostante strinse i pugni e parlò di nuovo.
“Lo sarà per sempre”

Non c’era molto da aggiungere a quel punto. Non per Louis. Non era abituato a desistere in una discussione come in battaglia ma, d’altra parte, quella non era una guerra che aveva mai imparato a combattere. Si trattava di un dolore sordo che non colpiva niente in particolare ma rendeva inutilizzabile tutto il corpo. Un qualcosa che seccava la gola, che chiudeva lo stomaco e rendeva difficile respirare. Un dolore profondo al petto. Lancinante. Cupo. Qualcosa che quasi costringeva il corpo a rannicchiarsi su se stesso, mandando in cortocircuito il cervello. E quello era un dolore che non era addestrato a sopportare.
“Vaffanculo Harry” disse con le ultime forze che gli restavano. E avrebbe voluto andarsene ma il vampiro gli si parò davanti, per la prima volta mostrando un’emozione. Non certo quella che avrebbe voluto lui. Era quella sorta di superiorità condita da una punta di disprezzo.
“Cosa pensavi, eh?” parlò cattivo con l’ombra di un sorriso sulle labbra rosse “Che saremmo diventati una coppia felice? Che avremmo messo su famiglia? Tu sei un cacciatore, Louis ed io un mostro. Non era quello che ripetevi sempre? Sei qui solo perché sei mio prigioniero e nient’ altro. Ci stiamo solo divertendo un po’ ..”
“Sei un bastardo” disse solo quello. Calmo, fermo e presente, prima di voltargli le spalle e lasciare la stanza, con una dignità che il vampiro gli invidiò profondamente.

Non appena se ne andò, Harry chiuse gli occhi come a voler cancellare dalla memoria l’espressione sul suo volto. Ogni parola che aveva pronunciato era come un sorso di cicuta. Durante tutta la litigata, più Louis parlava più lui era consapevole di quanto si fossero spinti in là. Troppo lontani. Mentre il desiderio di difendere Brandon soccombeva alla voglia di stringere il ragazzo davanti a lui, si era reso conto che fare finta di nulla non poteva essere un’opzione.

Era rimasto sconvolto dall’ostinato, quasi inconsapevole candore con il quale Louis avesse lasciato trapelare i suoi sentimenti. Aveva capito, era cosciente del fatto che qualcosa lentamente stesse cambiando tra di loro. Sapeva, guardando dentro di sé che si stava perdendo, ma mai avrebbe pensato che anche il cacciatore fosse già a quel punto. Tutto si sarebbe aspettato tranne il fatto che fosse disposto a mostrarlo in quel modo. Come se lo avesse metabolizzato. Come se avesse deciso che ne valesse la pena.

“Sei un coglione Haz” la voce di Gemma lo raggiunse completamente piatta, Harry sbuffò, si sedette sul letto, appoggiando i gomiti alle ginocchia.
“Lo faccio per lui” la liquidò senza molta voglia di parlare.
“Oh, ma pensa te! Io pensavo avessimo a che fare con un cacciatore adulto e pericoloso, invece è Barbie magica sirena!”  la vampira raggiunse il fratello, sedendosi al suo fianco “Haz devi superare questa cosa della negazione” tutta la tensione che il vampiro aveva accumulato sembrò esplodere in quel momento.
“Non sono in fase di negazione, okay?” sbottò mantenendo un tono concitato ma impossibilmente basso “Ho capito quello che sta succedendo ma non posso permetterlo. Non posso permetterglielo Gemma!” lei restò muta, presa in contropiede.
“Brandon è stato …”
“Piantala con Brandon!”
“Lasciami parlare!” disse secco “Brandon è stato per lungo tempo l’unica forma di amore che io abbia mai conosciuto. Poi è arrivato Louis ed ho provato cose che non sapevo neanche di poter provare. Sono stato geloso, Gems. Ho avuto un desiderio impossibile di toccarlo e lasciare che lui mi toccasse. Non ho più provato attrazione per nessun altro e non è che non volessi andare con altre persone. Non c’erano altre persone. Sparivano. Via. Puff. Tanti saluti a tutti” gesticolava come un folle per accompagnare le sue parole “Credi che mi sia piaciuto dirgli quelle cose? No. Non mi è piaciuto!” chiarì “Ma stiamo combattendo una guerra. Rischiamo di morire e l’unica possibilità che abbiamo è che Louis si trasformi in una macchina da guerra e scelga di non cedere alla sua parte demoniaca per farci fuori tutti o ridurci in schiavitù. Senza contare quel piccolo particolare secondo il quale se si innamora muore” disse fingendo indifferenza “scusami tanto se non voglio che muoia! Lo trovi a pagina 1 del manuale desideri di un uomo innamorato!” in una frazione di secondo sparì.
 
***
 

Iola, Milly e Lotti stavano lavorando alla pozione.  Da quando la ragazza era stata accolta in quella casa aveva iniziato a collaborare con le streghe, lasciando interdetti gli altri membri della compagnia. In effetti nessuno aveva mai saputo che Lottie avesse deciso di portare avanti  con tanta dedizione anche quel suo “talento” oltre che la passione per le lettere. Lei aveva spiegato, una sera davanti al camino, di come Jay le avesse continuato ad insegnare incantesimi e pozioni non appena era saltato fuori che avesse il “dono”.  E di come quello era stato a lungo il loro segreto.

Il modo in cui si applicasse nella magia era brillante. Era evidente a tutti quanto fosse portata per le arti magiche. In particolare le streghe erano colpite e non facevano che ripeterle quanto fosse straordinaria. Lei stessa ammise poi di essere sempre stata piuttosto spregiudicata nella sperimentazione e di come questo le avesse causato qualche problema con la madre. Alla luce della verità su Louis e su quello che il padre biologico aveva fatto, nessuno ne era stupito. Se un uomo senza magia era riuscito a spingersi tanto oltre, non osavano neanche pensare cosa avrebbe potuto fare con ulteriori strumenti a sua disposizione.

Era ovvio che Jay tentasse di metterle un freno.

L’incantesimo che il vampiro gli aveva affidato da compiere non era semplice. Avevano capito che per portarlo a termine avrebbero dovuto attendere la tanto famosa congiunzione astrale, ma anche la preparazione risultava difficoltosa.
Inoltre, Iola e Milly continuavano a non gradire il fatto di non sapere bene cosa stessero facendo e perché, ma in quel momento non avevano altra scelta che assecondare i desideri di Harold. Almeno fin quando Niall e Mary non fossero venuti a capo di tutto quel mistero.

Fortunatamente la ragazza aveva un archivio digitale di tutti i libri possibili ed immaginabili, il che semplificava davvero notevolmente la ricerca.

“Trovato qualcosa?” chiese per la centesima volta Milly mentre girava pigramente la pozione alla quale stava lavorando. Mary aveva un po’ voglia di strozzarla tanto era esasperata.
“No” rispose piatto Niall mentre faceva scorrere il dito sul tablet.
“Essere inutile” bofonchiò lei.
“Hey! Io non sono inutile”
“Sì lo sei”
“No, sei tu che sei nervosa” lei lo raggelò con lo sguardo senza degnarlo di una risposta mentre il biondo si alzava stiracchiando le gambe e avvicinandosi al tavolo dove le streghe stavano lavorando.
“Sai .. “ sollevò ripetutamente le sopracciglia “conosco un modo per rendere me utile e te meno nervosa”  ci fu un secondo di silenzio. Milly ispirò profondamente prima di parlare.
“Niall …”
“Sì ?”
“Ti scortico vivo”
ODDIO” l’urlo improvviso di Mary fece saltare tutti sul posto. E davvero, era una reazione un tantino eccessiva per una minaccia probabilmente vuota. Milly
non aveva davvero intenzione di far del male a Niall. Forse .
“Dicevo per dire” si giustificò.
“No! No! Ho trovato! Come abbiamo potuto essere così stupide”
“Cosa?”
“L’incantesimo! Serve a scatenare l’alfa naturale!” immediatamente avvicinò il dispositivo elettronico al tavolo intorno al quale le altre erano raccolte.
“E’ una cosa grossa”
“No, è una follia!” rispose Iola alla sorella che sbirciava oltre la spalla di Mary.
“Ha senso, è l’unica cosa che possiamo fare per fermare quei mostri”

“Voi forse non avete idea” spiegò la strega ridendo per il nervosismo “Attivare un alfa naturale significa dargli in un secondo un potere immenso. E, sempre ammesso che sopravviva a una cosa del genere, è quasi impossibile che riesca a gestire tutto quel sentirsi Dio o a resistere alla tentazione di conquistare il mondo o distruggerlo. Non si può fare!”
“Ma noi dobbiamo farlo” intervenne Lottie.
“No. E’ fuori discussione!”
“Che alternative abbiamo?”
“Il trapasso. Rapido e indolore” disse secca “Forse nella prossima vita rinascerò Beyoncè”

“Louis può farcela. Tu non lo conosci. Può farcela” Niall fino a quel momento era stato zitto, quando improvvisamente intervenne lo sguardo andava dall’una all’altra e lo fece con un tono di voce completamente diverso dal solito “Non ho mai conosciuto uno come lui. Quando ci siamo incontrati, senza neanche rendersene conto ci ha dato una casa, una famiglia ed uno scopo. E’ sempre stato potente a modo suo. Ha qualcosa che spinge le persone a fidarsi di lui, a seguirlo e fare quello che chiede. E non l’ho mai visto approfittarsene. Mai.” Intorno solo silenzio.

Nessuno era abituato a sentire il biondo fare un discorso serio, non era una cosa da lui. Addirittura Mary era sconvolta dalla cosa. Eppure, in quel momento,
non c’era nessuno in quella stanza che non lo avesse preso sul serio.  Lui abbassò gli occhi, quasi fosse leggermente imbarazzato da tutta quell’attenzione improvvisa. Mormorò qualcosa di molto simile a “ho fame”  mentre si torturava le mani. Fu sollevato quando finalmente Lottie decise di parlare, distogliendo l’attenzione da lui.

“Ha ragione. Dobbiamo fidarci di mio fratello” le altre annuirono, anche Iola più frastornata dal discorso di Niall che realmente convinta “Voglio parlare con lui” .
 
***

 
Louis si era chiuso nella sua stanza.  Si era rannicchiato in un angolo, poggiando la testa sulle ginocchia cercando di respirare profondamente nella speranza che il peso che aveva sul petto se ne andasse. Era stato inutile. Il peso era sempre lì, costante e beffardo, ma in qualche modo Louis riuscì ad abituarsi in fretta alla sensazione.

Dopo appena un’ora aveva deciso di alzarsi, si era guardato allo specchio e aveva giurato a se stesso di non permettere più a niente o a nessuno di distrarlo da quella che era la sua missione. Si sentiva ferito ed umiliato, si sentiva furioso, ma aveva lasciato troppo spazio alle sensazioni e chiaramente non ne aveva ricavato niente.

Non si sarebbe trasformato nel fottuto protagonista di una soap opera di quelle che piacevano a Niall. Avrebbe raccolto i cocci e si sarebbe concentrato sulle cose davvero importanti.
Sarebbe stato comodo potersi cavare il cuore dal petto. Purtroppo, a quanto pare, quella non era un’opzione praticabile. Il fatto che soffrisse però non significava che dovesse renderlo noto a tutti.
Così, dopo aver preso un respiro profondo, aveva afferrato un libro a caso di quelli che gli erano stati portati in stanza e si era sdraiato sul letto fingendo che quello fosse un pomeriggio come tanti. Si era addormentato presto e la mattina seguente si era fatto una doccia per poi riprendere a leggere tranquillo, come se nulla fosse mai accaduto.

Quando sentì bussare non fece una piega.
“Avanti”. Lanciò un’occhiata distratta alla porta mentre Gemma ed Harry entravano  nella stanza. C’era una certa tensione tra loro ma Louis decise di non chiedersi cosa ci fosse di strano. Per quel che importava a lui potevano anche farsi fuori a vicenda.

In realtà dopo la discussione del giorno prima i due fratelli avevano deciso di ignorare completamente l’argomento Louis, comportandosi come niente fosse accaduto. Gemma non era realmente convinta che quella fosse la strada giusta. Aveva aderito al piano del fratello più per questioni politiche che per altro. Non credeva veramente alla profezia. Aveva sempre sostenuto che la chiaroveggenza fosse un patetico tentativo delle streghe di darsi un tono. D’altra parte, il discorso accorato di Harold l’aveva toccata spingendola a considerare l’idea di non impicciarsi degli affari altrui. Non ne aveva il diritto. Lo sapeva.

“La tua colazione”
“Non ce ne era bisogno, sarei potuto scendere” rispose Louis con il tono più calmo ed indifferente  possibile “Ma grazie” si era ripromesso di non fare scenate. Mai più. E forse i fratelli succhiasangue non lo sapevano ma un Louis educato era un Louis pericoloso.

Gemma scosse la testa facendo segno che non importava mentre Harry al suo fianco restava immobile con lo sguardo fisso sul ragazzo.

“Il Consiglio vuole vederti” disse piatto mentre la vampira poggiava il vassoio sulla scrivania.

Louis annuì distrattamente riportando l’attenzione sul libro che aveva tra le mani.

 “Vogliono assicurarsi che tu non abbia intenzione di unirti alle forze del bene. Che è più o meno quello che devi fare ma, decisamente, è meglio che tu non glielo dica. Consiglio spassionato”
“Come vuoi” il lisciò alzò appena lo sguardo mentre rispondeva.
Il riccio era spiazzato. Gli sembrava di avere davanti una macchina fredda ed impassibile e la cosa, sebbene fosse esattamente quello che voleva, faceva male.
“Ti faranno delle domande. Ti consiglio di soffermarti sul rapporto burrascoso con il tuo patrigno”
“Okay” scrollò le spalle indifferente senza neanche alzare lo sguardo quella volta. Il fastidio prudeva sotto pelle quasi insopportabile. Harry si costrinse a mantenere piatto il tono di voce quando parlò di nuovo.
“Non hai niente da dire?”

Louis lasciò cadere il libro aperto sull’addome. Guardò Harry con un’espressione indifferente ed annoiata come fosse una completa nullità, della tempesta di emozioni del giorno prima neanche l’ombra.

“Sono solo un prigioniero, no? E’ importante cosa penso?” gelidamente sarcastico restò a guardarlo, come se lo stesse sfidando a rispondere qualcosa.
Harry non lo fece. Semplicemente si voltò lasciando Gemma dietro di lui.

E okay. La bionda aveva deciso di non impicciarsi, di farsi gli affari suoi. Si era ripromessa di rispettare la volontà del fratello, chiudere la bocca e smetterla di pensare alla sua vita privata.

Però …

Però non aveva mai visto il fratello in quel modo. Ed infondo una parolina non avrebbe ucciso nessuno. Almeno sperava.

 “Lo fa per proteggerti” disse alla fine.

Louis alzò gli occhi e la guardò andare via.



Angolo di Mika

Salve :D
Incredibile eh? Capitolo nuovo! Spero sul serio di essere riuscita a spiegare un po' come stiamo messi, anche perché mancano al massimo 3/4 capitoli e siamo alla fine. Tempo stimato 1 o 2 anni circa dunque XD
Che dire? Non amo particolarmente questo capitolo. Pochi dialoghi e tanta introspezione. Il dramma è che io sono la quintessenza della confusione quindi quando mi perdo nei flussi di coscienza tendo sempre ad essere poco ordinata.
Ma bando alle ciancie.
Lo so cosa volete. E no. Non sono pentita di aver usato quella parola.
(se non avete notato la CIT in quell'always non voglio parlarvi mai più)
Mi sono anche data il cinque da sola per quanto fosse una cosa cattiva, perfida e terribile. Che bello.
E vorrei far notare a nessuno in particolare che Iola e Milly sarebbero d'accordo con me. Così. Tanto per dire.
Nella speranza di aggiornare presto. Un bacio. All the love.
Mika
 

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Capitolo 17
*** Chapter XVI - If... ***


Chapter XVI – If ...

Louis stava litigando con la cravatta e la cosa lo stava facendo incazzare come una bestia. Punto primo perché odiava le cravatte e le considerava inutili. Andiamo, che bisogno c’era di legarsi un una striscia colorata intorno al collo? Punto secondo perché vestirsi a festa per andare ad incontrare un gruppo di mostri schifosi davvero non era in cima alla lista delle sue attività preferite, a meno che l’incontro non implicasse sangue, un machete e una birra seduto su una pila di cadaveri. Ed anche in quel caso, avrebbe  comunque optato per un paio di jeans.
“Maledetta vampiraccia ossigenata” sbuffò mentre tirava inutilmente l’elegante pezzo di stoffa da sotto il colletto della camicia inamidata. Lui voleva indossare una fottuta maglietta. Una qualsiasi. Ma no. Gemma aveva insistito. Aveva detto che era importante mostrare rispetto. Che doveva sembrare completamente votato alla causa, fare la riverenza, mostrare educazione. Lo aveva assillato al punto che alla fine Louis aveva dovuto cedere. Per questo ora si ritrovava davanti allo specchio, in un completo gessato, con i capelli tirati all’indietro, completamente rasato, una camicia bianca che praticamente era una seconda pelle e quella maledetta cravatta che non ne voleva sapere di annodarsi.
“Arrfnssnmckjbnergf”  sbottò sull’orlo dell’isteria. Era decisamente in preda alla frustrazione quando qualcuno bussò alla porta.
“Gemma, ti giuro che se ..” stava già per lasciarsi andare ad una serie di minacce quando una testa riccia decisamente non appartenente alla vampira si affacciò nella stanza.
“Sei pronto?” Louis si irrigidì. Nei giorni che avevano seguito la discussione non si erano mai parlati. A mala pena si erano incrociati un paio di volte nei corridoi e a Louis, onestamente, stava bene così. Non aveva davvero voglia di avere a che fare con lui. Non aveva voglia di leggere nei suoi occhi il ricordo di quanto si fosse reso patetico e non aveva nessuna intenzione di ascoltare un’altra parola sull’accaduto. “Ah” gli lanciò un’occhiata gelida dallo specchio non potendosi impedire di guardarlo visto che quello restava lì immobile impalato. Si innervosì parecchio quando lo trovò intento a lasciar correre lo sguardo affamato sul suo corpo “finisco di mettere questa e arrivo” tagliò corto.
Harry indugiò sulla soglia un attimo di troppo, fissando le mani di Louis che si muovevano sulla cravatta. Il cacciatore, evidentemente dovette leggergli il desiderio di aiutarlo negli occhi “Non pensarci nemmeno”  le parole lo investirono in pieno costringendolo a recuperare l’abituale compostezza .  Si raddrizzò sulla schiena non disturbandosi nemmeno a giustificarsi o a negare le conclusioni tratte dal cacciatore.
“Sbrigati”.
 
Sapeva che sarebbe stata una giornata interminabile e difficile. In quei giorni era stato a casa il meno possibile ed aveva evitato il liscio come la peste, ma il consiglio aveva espressamente chiesto la sua presenza e tenerli buoni era troppo importante per non andare. Quello e la voglia incessante di scoprire come realmente stesse Louis dopo la loro litigata erano bastati a fargli decidere di accompagnarlo.  Così era costretto a passare tutta la mattinata con il liscio e da quel breve incontro già aveva capito quale trattamento gli avrebbe riservato:  silenzio intervallato da commenti al vetriolo. Fantastico. Era quello che voleva dopotutto.
Il problema principale era che non fosse tanto  Louis a preoccuparlo.
 Per secoli era stato abituato a non negarsi nulla, a prendersi qualsiasi cosa volesse in modo da soddisfare ogni capriccio a qualsiasi costo ed ora all’improvviso era costretto a non prendere l’unica cosa che gli sembrava di aver mai veramente desiderato in tutta la sua esistenza. In entrambe le sue esistenze addirittura. Dunque era più che altro preoccupato di se stesso, considerato che gli era bastato dare una sbirciata per farsi venire voglia di annegarsi da solo. 
Davvero, okay la storia di rendersi presentabile ma non c’era proprio bisogno di farsi la barba rendendo quei zigomi infernali ancora più appuntiti! Era davvero necessario tirare indietro i capelli per aprire la fronte e scoprire gli occhi blu? E soprattutto, doveva per forza indossare quel completo che lo faceva sembrare un pacco di Natale in un orfanotrofio? No. Non c’era bisogno. Quella era cattiveria gratuita. Crudeltà. Sadismo.  Tutte qualità che Harry aveva appena scoperto di non apprezzare affatto. E, sul serio,  non credeva di meritarlo per una volta che cercava di compiere una buona azione.
Louis decise di scendere proprio mentre Harry stava iniziando a prendere seriamente in considerazione l’idea di uccidersi. Non appena sentì i passi sulle scale si sforzò di smetterla di fare smorfie, si tolse le mani dai capelli e si raddrizzò nuovamente.
 Louis gli passò affianco senza degnarlo neanche di uno sguardo.  Lo superò e aprì la porta incamminandosi verso il vialetto, il tutto sculettando neanche fosse una modella durante la fashion week.
Harry lo odiava profondamente.
 
***
 
Il viaggio in macchina fu silenzioso.  Louis non provò neanche a discutere su chi dovesse guidare. Si sedette al posto del passeggero puntando lo sguardo fuori dal finestrino. Ad un certo punto aveva iniziato a muovere la testa a tempo di musica ed Harry per tutta risposta aveva cambiato stazione radio sottolineando quanto non sopportasse quella traccia.  Che in realtà fosse solo un perfetto imbecille intenzionato a dimostrare la maturità di un bambino di otto anni che cercava di innervosirlo pur di farsi dire qualcosa non c’era proprio bisogno di dirlo ad alta voce considerato che  era chiaro a tutti, anche all’orsetto di peluche sul cruscotto che, come era evidente dagli infidi bottoncini neri che aveva al posto degli occhi, lo stava giudicando.
Ad ogni modo fu completamente inutile perché Louis continuò a non dire una parola. Non si mosse quasi. Tranne per gli occhi alzati al cielo che Harry aveva intravisto dallo specchietto per i quali decise di assegnarsi un punto. Chiaramente immeritato.
Quando raggiunsero il monastero  l’atmosfera di fece ancora più tesa. Il vampiro poteva sentirsi centinaia di occhi puntati addosso nonostante non riuscisse a scorgere nessuno, e considerando la pelle d’oca che intravedeva sul collo di Louis, anche il cacciatore se ne era accorto. Ovviamente il posto era contornato da sentinelle.
Quando raggiunsero il cancello un uomo dall’aspetto lugubre con una tunica rossa gli aprì. Aveva la testa rasata e niente sopracciglia. Chiaramente era un vampiro schiavo. Quella era la fine che facevano quelli della loro specie che contrariavano il consiglio, ed Harry dovette trattenersi dal passarsi nervosamente una mano tra i capelli al pensiero della fine che avrebbero fatto se il suo piano fosse stato scoperto. Doveva darsi una calmata e concentrarsi.
L’incontro si sarebbe tenuto al di sotto delle prigioni, nella stanza bunker che era stata una vecchia cripta, la più sicura della struttura. Era una precauzione eccessiva, ovviamente. Erano solo lui e Louis, pur volendo non avrebbero potuto mai rappresentare una minaccia reale, ma nonostante ciò aveva senso. Il grande giorno si avvicinava e nulla doveva essere lasciato al caso.
Camminavano fianco a fianco, in religioso silenzio.  Il vampiro riusciva a sentire il calore del corpo di Louis al suo fianco per quanto fossero vicini e anche Louis era perfettamente consapevole della presenza dell’altro accanto a lui. Complice la penombra ad amplificare le sensazioni,  avrebbe potuto indovinare la posizione del riccio anche senza guardarlo.
Quando oltrepassarono le prigioni non ci fu neanche un lamento tanto che Louis avrebbe giurato che fossero vuote se non fosse stato per l’incessante e lugubre sferragliare della catene.  Le sbarre si seguivano l’un l’altra in una ripetitiva ed inquietante sequenza. Si domandò quanti e quali mostri fossero nascosti lì dentro. Si chiese cosa avessero mai potuto fare per meritare quel trattamento. Erano domande inutile, alle quali mai avrebbe potuto dare risposta. Né avrebbe potuto cedere al legittimo desiderio di liberare il mondo da quella feccia facendo una carneficina. Questo, più di ogni altra cosa, lo metteva a disagio.
Avevano quasi oltrepassato la galleria, mancavano poche celle quando una voce tristemente nota ruppe il silenzio facendo sussultare entrambi.
“Oh, guarda un po’ chi c’è? La coppietta felice”  Louis si irrigidì rallentando suo malgrado il passo “Mi hai spezzato il cuore Lou!” si voltò nella direzione della voce. Zayn era abbracciato alle sbarre della sua cella e si stava esibendo in un broncio disperato, dietro il quale era evidente il sorriso carico di sarcasmo. La prigionia, evidentemente, non aveva fiaccato il suo spirito ma di certo, a giudicare dalla cattiveria nel suo sguardo, aveva alimentato il suo odio per entrambi.  Prima che Louis potesse prendere in considerazione l’idea di avvicinarsi e prenderlo a pugni  sentì la mano di Harry premergli sulla schiena appena sopra la curva del sedere. La sensazione di quelle mani su di lui, dopo giorni di zero assoluto, per un momento lo confuse al punto da distogliere completamente la sua attenzione dal licantropo. Proseguì nella direzione che Harry gli stava indicando senza osare urlargli di spostare la mano solo perché era certo che mettersi a litigare lì non sarebbe stata una grande idea.
“Facevi tanto l’eroe! Il cavaliere senza macchia … e poi eccoti qui a fare il cagnolino per uno di quei mostri che dicevi tanto di odiare”  il cacciatore si costrinse a non guardarsi indietro. Senza rifletterci davvero alzò gli occhi verso Harry e lo trovò a guardarlo mentre scuoteva la testa come a suggerirgli di ignorarlo completamente. Louis si morse il labbro inferiore frustrato, fece un profondo respiro e chiuse gli occhi per raccogliere quella poca pazienza di cui la natura lo aveva notato, poi decise di andare avanti.
Harry fu abbastanza soddisfatto di quell’atteggiamento. Era anche abbastanza compiaciuto del fatto che Louis inconsciamente si fidasse di lui al punto tale da cercare nei suoi occhi un suggerimento su come comportarsi.  Zayn evidentemente non la pensava allo stesso modo.
“Tua madre si vergognerebbe di te se non fosse già sotto terra!”  fu un secondo. Louis si voltò di scatto prima che Harry potesse anche solo pensare di reagire. Davanti a se vedeva rosso. Voleva solo ucciderlo. Fargli del male. Sentire il suo sangue scorrergli sulle mani e colare sugli avambracci. Voleva restare a contemplare il suo corpo morto imputridire per giorni. Prima che potesse fare un altro passo, la presa ferrea di Harry lo bloccò sul posto. Lo fermò quasi abbracciandolo, e ovviamente a nulla servì il dimenarsi del cacciatore.
Sentì il respiro fresco del vampiro sul collo, rabbrividendo inconsciamente poiché era troppo concentrato ancora sul desiderio di morte che lo aveva colto più imperante di qualsiasi altra volta. Le labbra erano talmente vicine alla sua pelle che poteva avvertire  il fantasma del loro tocco mentre quello parlava.
“Non dargli quello che vuole, Lou”
La sua voce, profonda e decisa, lo calmò un po’. Non era come se il vampiro gli stesse ordinando di desistere dai suoi propositi. Più che altro sembrava volesse ricordargli quale fosse il suo scopo reale, tenendo a mente che per la vendetta ci sarebbe stato tempo e sarebbe stata dolce, ancora più dolce e definitiva una volta che avessero portato a termine il loro piano. Non si sarebbe limitato a vendicare la memoria di sua madre. Avrebbe vendicato ogni singola ingiustizia subita dal genere umano a causa di quegli abomini. Solo quando smise di muoversi  Harry allentò piano la presa lasciando che le dita scivolassero sui suoi avambracci per rassicurarlo ancora finché quello non si voltò tra le sue braccia e alzò gli occhi annuendo.
Quello non era davvero il momento adatto per farsi venire voglia di baciarlo, quindi Harry ignorò il desiderio pruriginoso che si espandeva sotto la sua pelle  e di nuovo gli posò la mano alla base della schiena per indicargli la strada.  Lui lo lasciò fare.
A nulla valsero i richiami di Zayn.
 
***
 
Liam e Mary avevano appena finito di allenarsi fuori nel giardino. La ragazza era migliorata parecchio da quando avevano iniziato le lezioni, non ancora abbastanza perché Liam le permettesse di schiacciare una zanzara ma comunque ci stavano lavorando.
“Sei piuttosto attraente quando sei sudata”  le disse lui mentre le apriva la porta per farle strada nell’ingresso. Mary ridacchiò allegra. Decisamente anche lui era attraente con quella canotta aderente completamente fradicia e le goccioline di sudore che capricciose scendevano dalla fronte alla gola per sparire sotto la stoffa che, diciamocelo, era completamente inutile, uno spreco di cotone.
Mary si beò di quella visione. Non c’era una ragione precisa ma si sentiva piuttosto fiduciosa rispetto al piano che avevano elaborato, almeno per quel poco che sapevano. Era preoccupata, certo, ma non riusciva ad impedirsi di provare quella sensazione positiva che di solito presagiva la vittoria. Riusciva chiaramente già a vedersi proiettata in un futuro prossimo, quando sarebbero tornati a casa tutti insieme. Avrebbero cenato e bevuto. Forse le sarebbe anche riuscito di convincerli a fare una vacanza. Spiagge tropicali, ecco cosa ci voleva.
“Quando sarà tutto finito potremmo iscriverci ad un corso di yoga” propose all’improvviso cercando di immaginare Liam piegato a 90 con i leggins addosso. Probabilmente lo avrebbe trovato attraente anche in quel modo.
“Come desideri, anche se pensavo a modi decisamente più piacevoli di trascorrere il tempo”  la guardò allusivo avvicinandola a sé. La ragazza si lasciò abbracciare appoggiando i palmi sul petto marmoreo di lui. Quando  chinò la testa si lasciò baciare seguendo il ritmo che lui stava dettando. Lento e tranquillo, come fosse la promessa di quanto li avrebbe attesi una volta che tutta quella follia fosse finita. Mary ci mise tutta la sua forza di volontà per non iniziare a blaterare cose come “come chiameremo il nostro primogenito?”, era piuttosto certa che sarebbe stato un po’ prematuro parlarne.

James comunque.
“Penso che ce la faremo” disse quando si staccarono. Lui sorrise, permettendo alla luce di giungere agli occhi castani dolci in maniera quasi impossibile “Lo penso anche io”. Mary annuì, disegnando con i polpastrelli figure astratte sul petto del cacciatore.
“E poi? Poi che succederà?”
Liam sorrise. “Probabilmente dopo un paio di giorni ci annoieremo a morte”
“Già” stette al gioco lei “prova ad immaginare una vita senza il rischio costante di morire in modo doloroso. Che cosa terribile”
“Inaccettabile”
“Inaudita”
Ci fu un altro bacio. E poi un altro ancora. Dopo Liam la strinse, guardando un punto indefinito oltre le spalle di lei. Nonostante avesse detto di essere fiducioso, Mary sapeva quanto fosse preoccupato. Aveva imparato come il cacciatore odiasse non avere tutto sotto controllo ed in quella situazione era ancora più difficile. Sia per la posta in gioco che per le alleanze che erano costretti a stringere.
“Louis ce la farà” parlò piano sul suo collo, intervallando le parole con qualche bacio “Dobbiamo fidarci di lui”
Liam sospirò allontanandosi per guardarla “Lo so” poi storse il viso in un’espressione infastidita “Non è di lui che non mi fido” guardò l’orologio che aveva al polso che segnava le cinque e mezza. Louis doveva essere già tornato  dall’incontro con i mostri “A tal proposito mi faccio una doccia e vado da lui”
“Vai da Louis?”
“E’ giunto il momento che il succhiasangue cominci a condividere qualcosa di più del suo grande piano” la informò salendo le scale. Mary lo seguì. Ed eccoli finalmente alla parte spinosa del discorso. Non era questione di romanticherie, ma la ragazza era davvero convinta che Liam sul punto fosse irragionevole. Erano in procinto di combattere la battaglia peggiore delle loro vite ed era di vitale importanza ottenere tutto l’aiuto possibile, fare squadra. Ma il cacciatore proprio non riusciva a liberarsi da tutti i suoi pregiudizi, non importava quanto Mary gli facesse notare che Harry, o il succhiasangue come si ostinava a chiamarlo Liam, gli aveva già in passato salvato la vita. Ogni volta che si toccava l’argomento finivano con il discutere con lui che l’accusava di aver guardato Twilight una volta di troppo e lei che gli lanciava qualsiasi cosa avesse per le mani.
“Credo che dovremmo fidarci di lui. Insomma Louis si fida …”
“Louis non si fida Mary” disse quello esasperato “E’ solo incapace di tenersi le mutande addosso. E ti prego, non farmici pensare che devo ancora elaborare il trauma”
“Ma..” prima che potesse gettarsi a capofitto nell’ennesima discussione, però, dei rumori strani provenienti dalla stanza di Niall distrassero entrambi.
I due si guardarono un momento prima di avvicinarsi per cercare di capire cosa stesse accadendo lì dentro. Liam era sul punto di bussare, nonostante la porta in realtà fosse accostata, quando sentirono Iola parlare con voce biascicata.
“Dammelo Niall” le sopracciglia di Mary stavano per sparire per quanto erano sollevate e la situazione peggiorò addirittura quando un’altra voce femminile, questa volta Milly, si unì alla prima in un pigro lamento.
“No … dallo a me”
“Ho detto che lo voglio io”
“Su ragazze non litigate” Niall le richiamò in tono beato “Una per volta. E’ enorme …  basta per entrambe”
Mary e Liam si guardarono con gli occhi che stavano per uscirgli dalle orbite. Sembrava decisamente il tipo di conversazione che non avrebbero dovuto origliare, ma erano decisamente troppo sconvolti per andarsene. Non era la curiosità ma lo shock a tenerli impalati lì.
“Prima io Iola, tu già lo hai avuto” a quell’affermazione seguì uno sbuffo.
“Va bene. Intanto passami la bottiglia Niall” il tono ancora basso e troppo accomodante per una discussione, era  come se galleggiasse nel benessere.
“Su, Niall sbrigati” intimò irrequieta Milly.
“Aspetta, fammi leccare prima”
Liam aveva praticamente la bocca spalancata e Mary, seriamente, non riusciva a credere alle sue orecchie. Per un po’ smisero di parlare. Ancora una volta la coppia faticava a riconoscere i suoni che arrivavano dalla stanza.
“Oh sì ..” esclamò Milly all’improvviso.
Nel tentativo di sbirciare dallo spiraglio, senza neanche sapere bene per quale ragione, Mary si fece avanti e Liam si sporse oltre le sue spalle. Bastò un attimo perché entrambi perdessero l’equilibrio finendo con lo spalancare la porta e caracollare a terra in preda al più totale imbarazzo e rifiutandosi di guardare verso quei tre.
“Se volevate unirvi bastava dirlo …” blaterò Niall confuso.
E veramente quello fu troppo per Mary. Saltò in piedi portandosi le mani davanti agli occhi considerato che l’ultima cosa che voleva vedere nella vita era suo cugino fare certe cose, figuriamoci unirsi a lui “MA VOI SIETE MATTI!”  sbroccò prendendo la porta senza preoccuparsi di Liam che rimase indietro. Gli occhi fissi sul terzetto.
“Tutto sto casino per uno spinello?” Milly scrollò le spalle interdetta sporgendosi verso la sorella per passagli la canna.
 
***
 
Non appena Harry aveva aperto la porta di casa Louis lo aveva sorpassato. Era andato in cucina e aveva preso una birra dal frigorifero, una di quelle che si era fatto comprare da Gemma e poi si era buttato sul divano allentando il nodo alla cravatta che lo stava uccidendo.
“E’ andata piuttosto bene”  aveva provato Harry ma quello si era limitato a fare un cenno della sua direzione, o forse stava solo cercando di spostare il ciuffo che gli andava davanti agli occhi.
Harry aveva sperato e allo stesso tempo temuto che quelle ore trascorse insieme lo avessero in qualche modo ammorbidito, soprattutto il momento che avevano condiviso nel fronteggiare Zayn, ma al cacciatore non sembrava essere cambiato nulle, e lui avrebbe dovuto esserne sollevato solo che proprio non ci riusciva. Non poteva farci niente, comunque. Non sapeva neanche cosa esattamente volesse.  Era cosciente che fosse necessario trovassero un equilibrio dovendo lavorare e combattere insieme. D’altra parte non era ipocrita al punto tale di scaricare questa responsabilità su Louis considerato che lui per primo passava più tempo a rimuginare sui sentimenti che provava per il liscio piuttosto che sul disastro imminente.
Così aveva deciso di non dire né fare niente. Aveva preso un libro e si era seduto sulla poltrona mentre l’altro aveva acceso la tv enorme a schermo piatto e faceva zapping. Rimasero lì per ore. Di tanto in tanto Harry alzava gli occhi verso di lui, qualche volta sentendosi osservato, ma i loro sguardi non si erano mai più incrociati ed Harry finì con il domandarsi se quello era il massimo a cui potesse aspirare. Stare in silenzio a guardarlo vivere la sua vita.
Provò ad immaginarsi un futuro dopo la guerra, quando, sempre che fossero sopravvissuti, Louis sarebbe andato avanti. Lo immaginò circondato dalle persone che amava. Lo immaginò ridere. Si costrinse con chirurgico masochismo ad immaginarlo innamorato, con gli occhi lucidi concedersi a qualcuno e dovette lottare per non portarsi un pugno alla bocca e morderlo a sangue.
Louis si girò e lo trovò completamente concentrato su di lui. Gli regalò uno sguardo gelido. Aveva riflettuto mille volte sulle parole di Gemma e, onestamente, non riusciva a trovarci un senso. Non aveva bisogno di essere protetto, non aveva bisogno di qualcuno che prendesse decisioni per lui. Che fosse vero o meno poi, questo non cambiava nulla e comunque non diceva niente di quello che realmente il vampiro provasse. Era stato così certo del fatto che ci fosse qualcosa tra di loro, ma dopo la discussione quella certezza si era polverizzata facendolo sentire come una dodicenne insicura.  E dopo tutta quella scena Louis pretendeva di essere lasciato in pace. Pretendeva, soprattutto, che lui non lo guardasse in continuazione in quel modo, come se volesse spogliarlo e stringerlo e tenerlo per sempre da qualche parte. Perché non era vero.  Stava giusto pensando a qualcosa di velenoso da dirgli quando la suoneria del telefono di Harry prese a squillare interrompendolo.
“Pronto?”
Harry si alzò dalla poltrona e Louis distolse lo sguardo tornando a concentrarsi sulle immagini che passava lo schermo. 
“Gemma?”
Il tono di voce del vampiro catturò la sua attenzione, leggermente più acuto del solito ma abbastanza perché Louis avvertisse che qualcosa non andava.
“Se parli così velocemente non capisco niente. Respira”
Louis lo guardò incuriosito.
“Cosa?”  Harry sembrava sconvolto.
“COSA?” molto sconvolto. Non riusciva a distinguere le parole di Gemma dall’altra parte della cornetta ma sentiva il tono concitato con cui stava parlando.
“COME?”  il riccio era decisamente fuori di sé, al punto che il cacciatore si alzò dal divano andandogli vicino. Lo aveva colto una sensazione spiacevole di pericolo e l’avversione di poco prima per l’altro si era completamente dissipata davanti a quella che avvertiva come una minaccia imminente.
“Torna appena puoi” tagliò corto lui prima di interrompere la chiamata. Si lasciò andare ad un lamento di rabbia e scagliò il telefono sul divano. Louis continuò a guardarlo senza dire una parola, in attesa che si decidesse a spiegargli cosa stesse accadendo. Ma Harry non sembrava averne attenzione. Scatto verso la grossa finestra e tirò le tende per guardarvi attraverso, ma fuori ormai si era fatto buio e non riusciva a vedere molto. “Harry?” lo chiamò ancora mentre quello si portava una mano alla fronte cercando di venire a capo di qualcosa.  “HARRY!” strillò Louis strattonandogli l’avambraccio. Finalmente il vampiro tornò a guardarlo con negli occhi una luce diversa. “Vieni con me” prese le scale per il piano superiore mentre Louis doveva quasi correre per stargli dietro “Cosa sta succedendo?” cominciava ad innervosirsi sul serio. Se qualcosa stava andando storto voleva immediatamente una spiegazione, voleva sapere quale pericolo avrebbe dovuto fronteggiare, ne aveva il diritto. Invece quello entrò nella sua stanza ancora in silenzio e si chinò sotto il letto tirando fuori un baule enorme come se non pesasse niente.
Non appena lo aprì, Louis strabuzzò gli occhi. Dentro c’era qualsiasi tipo di arma. “Cosa …?”
Harry prese un pugnale piuttosto grosso e lo lanciò a Louis che lo prese al volo.
“Mi stai dando delle armi?” il liscio era sconvolto. Aveva dovuto combattere per ottenere il diritto ad usare posate che non fossero di plastica ed ora Harry aveva appena preso in mano una pistola, l’aveva caricata e gliela stava passando come nulla fosse.
“Zayn è scappato con il suo cane da guardia” spiegò secco. Louis boccheggiò e sgranò gli occhi “Stai scherzando? Lo hanno fatto scappare? Tu stai scherzando!” girò su se stesso con le braccia larghe “Pensi che stia venendo qui?”
“Dov’eri tu questa mattina mentre dimostrava chiaramente la sua ossessione per te?”
E Louis avrebbe davvero voluto contraddirlo, tanto per il gusto di farlo ma era abbastanza certo anche lui che avessero un problema. “Che facciamo?”
“Gemma sta tornando, ma non sarà qui prima di un paio d’ore” uscirono dalla stanza per tornare in salotto. Louis si sistemò il pugnale nella cintola, maledicendosi per essere stato pigro e non essersi cambiato il vestito non appena rientrato in casa. Poi si girò la pistola tra le mani.
“Non hai paura che decida di piantarti una pallottola in testa?”  Harry lo guardò aggrottando le sopracciglia “Potrei farlo. Non ho bisogno di te per sistemare quel sacco di pulci!” sbuffò alzando gli occhi al cielo.
“Non mi ucciderai”
“Lo dici tu”
“Non lo farai…”
“Invece sì”
“Sappiamo entrambi che se proprio dovessi piantare qualcosa dentro di me non sarebbe una pallottola” e veramente, dopo quella risposta Louis era sul punto di puntargli la pistola e fargli un bel buco in mezzo a quei smeraldi maliziosi, ma  in quel momento entrarono in salotto e davanti si trovarono Zayn seduto comodamente sulla poltrona che Harry aveva occupato fino a poco prima con Naughty Boy e un altro paio di lupi intorno a lui.
“Ma salve” li salutò . Roteava il grosso pugnale che aveva in mani e dondolava la gamba con nonchalance oltre il bracciolo ricoperto di velluto.
“Cosa credi di fare, cane?” Harry lo guardò con sufficienza. Senza neanche rendersene conto si era spostato leggermente davanti a Louis in modo protettivo. Lui, d’altro canto, ne fu piuttosto infastidito. Decisamente non aveva bisogno di essere trattato come qualcuno da difendere, aveva imparato a farlo da solo molti anni prima, aveva combattuto contro bestie ben più pericolose dei licantropi in situazioni ben peggiori ed era sempre sopravvissuto, anche senza Harry.  “Questo è il primo posto dove ti verranno a cercare. Non hai scampo” aggiunse il vampiro.
“Grazie per l’interesse Styles ma, sai, mi sono rimasti ancora degli amici e poi sono un tipo creativo, me la caverò. Senza contare che sono abbastanza certo che pensino io mi sia dato alla macchia. In questo momento mi staranno cercando per boschi”  sorrise compiaciuto e i suoi scagnozzi annuirono.
“Che cosa vuoi, Zayn?” intervenne il liscio stanco di starsene in disparte “Sei venuto a giocare a chi ce l’ha più grosso?” si morsicò la lingua. Era un commento che si supponeva dovesse restare nella sua testa. Sentì lo sguardo interdetto di Harold su di lui.
Zayn rise “Vuoi dircelo tu?” lo provocò alzando un sopracciglio. Dopo di che scosse la testa “Cosa voglio? Vendetta” lo sguardo si fece gelido “Avevo il piano perfetto. Ero a tanto così dal vincere una guerra ed assicurarmi una posizione di tutto rispetto nel nuovo ordine. Ma ovviamente, questo succhiasangue ha dovuto rompermi le uova nel paniere. Non è una cosa che sono disposto ad accettare” le labbra scure si curvarono in un sorriso “Tu sei ancora in tempo per cambiare idea pasticcino” chiarì “Ti darò un’altra possibilità. Sottomettiti a me. Legati a me. Facciamo fuori questa feccia di vampiro e prendiamoci il mondo”
“Non mi farò usare da te Zayn”
“Anche lui ti sta usando!” strillò il lupo alzandosi in piedi “Vuole usarti per distruggere la tua stessa famiglia. Vuole che tu sia al suo fianco solo perché sei potente Louis” si avvicinava pericolosamente. Harry avrebbe voluto mettersi in mezzo ma non poteva ignorare il resto del branco. Sarebbe bastato un attimo di distrazione e quelli avrebbero potuto attaccarlo. Certo, forse non sarebbero riusciti ad eliminarlo ma sarebbe stato abbastanza per prendersi Louis di nuovo e non poteva permetterlo.
Zayn lo sapeva. Per questo continuava a sorridere mentre raggiungeva il cacciatore “Sei una creatura speciale Lou, una creatura letale” alzò la mano nel tentativo di accarezzarli una guancia ma Louis fece un passo indietro, Zayn sbuffò divertito  per nulla scalfito dalla sua reticenza “Devi capire che senza una guida rischi di implodere. Rischi di distruggere chiunque ti sia accanto, chiunque tu abbia mai amato. Ed io posso aiutarti. Io voglio aiutarti. Devi solo lasciarmelo fare”.
Louis lo guardò da sotto le ciglia lunghe e nere.  Esitò un attimo prima di rispondere. Non perché fosse tentato, era semplicemente attonito. Davvero Zayn pensava di poterlo convincere? Lo aveva rapito, torturato, morso e sul serio pensava che sarebbe bastato un bel discorsetto e lui avrebbe accettato la sua offerta?
Evidentemente però, sia il lupo che Harry male interpretarono il suo silenzio.
“Non verrà con te Malik!” tuonò Harry con voce cupa. Louis gli lanciò un’occhiata di sbieco, giusto per notare come stesse stringendo i pugni al punto da far diventare le nocche bianche.
Zayn gli lanciò uno sguardo compiaciuto. Chiaramente godeva del nervosismo malcelato.
“Lascialo decidere a lui. L’ho scopato meglio di quanto non abbia fatto tu, Styles. Potrebbe davvero essere tentato”
E okay, questo era davvero troppo.
“Mi permetto di dissentire. Perché tecnicamente sono io ad aver scopato te Zayn. Il che, se non sbaglio, per quelli della tua specie significa che tu sei la mia cagna!” disse tutto d’un fiato Louis “E tu levati quel sorriso compiaciuto dalla faccia” Harry alzò le mani in segno di difesa, mordendosi il labbro inferiore nel tentativo di non scoppiare a ridere perché, davvero, seriamente, non era il momento.
“Se la metti così …” Zayn si mosse ad una velocità impossibile, alzò il coltello avventandosi verso Louis ma prima che potesse prenderlo Harry si fece avanti bloccandogli il braccio.
In un attimo la battaglia impazzò furiosamente. Harry e Louis erano in inferiorità numerica. Louis fronteggiava Naughty  e un lupo mentre Harry se la vedeva con Zayn e l’altro. Riuscivano a resistere, a non farsi colpire ma prevalere era tutta un’altra storia. Magari ci sarebbero anche riusciti se non si fossero distratti costantemente per controllare che l’altro fosse ancora in piedi. Quello era decisamente un aspetto che avrebbero dovuto risolvere, sempre che fossero sopravvissuti.
La stanza si stava rapidamente trasformando in un disastro. Naughty bloccò Louis da dietro e Louis riuscì in qualche modo a liberarsi assestandogli una testata sul mento. Velocemente afferrò la pistola e sparò al lupo che gli veniva incontro che cadde a terra abbattuto ma immediatamente dopo Naughty gli assestò un calcio al braccio facendogli volare l’arma. Louis si voltò per fronteggiarlo con il pugnale ma proprio in quel momento la porta si spalancò e un Liam trafelato fece il suo ingresso.
Fu solo un momento di distrazione.
Naughty si scagliò addosso a Louis  e lo pugnalò all’addome.
All’inizio lo shock gli impedì addirittura di sentire il dolore. Liam lo guardò raggelato mentre Harry ruggì furioso cercando di raggiungerlo, cosa impossibile perché Zayn e l’altro lupo continuavano ad intralciargli la strada tentando di colpirlo.
Louis non riuscì mai a spiegarsi con quale forza aveva alzato il pugnale e lo aveva spinto nel collo di Naughty mentre quello ancora lo guardava soddisfatto.  Il lupo strabuzzò gli occhi mentre il sangue zampillava dalla ferita e un attimo dopo si accasciò su di lui.
“LOUIS”  l’urlo di Harry era disperato. Sconvolto quasi. Continuava a cercare di scrollarsi di dosso gli assalitori ma  quelli non cedevano. Non riuscivano a colpirlo solo perché lui non la smetteva un attimo di dimenarsi.
Finalmente, Liam si riebbe. Con fredda lucidità tirò fuori la pistola e sparò un colpo secco uccidendo il lupo che caracollò direttamente addosso a Zayn.
Harry lo guardò con gli occhi completamente neri. Lo tirò su scaraventandolo a terra talmente forte che il moro sbattè la testa a terra e perse i sensi.
“LOUIS” immediatamente sia lui che Liam si precipitarono verso il ragazzo liberandolo dal peso del corpo morto del lupo. Louis aveva gli occhi chiusi e un’espressione sofferente e Harry si sentiva morire.
“LOUIS! LOU!” Liam continuava a strattonarlo nel panico. Dentro di se una voragine di senso di colpa stava prendendo il sopravvento. Ovviamente non era colpa sua. Ovviamente non poteva sapere che entrando avrebbe causato tutto ciò. Aveva sentito dei rumori inequivocabili non appena giunto davanti la casa e si era affrettato ad entrare senza neanche fermarsi a riflettere. Non c’era nulla su cui riflettere dopotutto.  Era ovvio che dovesse entrare. Era ovvio che dovesse aiutare Louis chiunque fosse il nemico che stava combattendo. Non poteva prevedere quello che sarebbe accaduto.
“Smettetela di urlare” bofonchiò alla fine il cacciatore tentando di tirarsi a sedere, ovviamente non appena si mosse emise un lamento di dolore spingendo il palmo della mano sulla ferita. Liam era più pallido di un lenzuolo “Come stai?” tentò di afferrarlo ma immediatamente fu spinto via.
“Non toccarlo” ruggì Harry. Il ragazzo si voltò verso di lui. Aveva gli occhi spiritati, le iridi verdi quasi completamente divorate dalla pupilla “Harry calmati”.
“Harry calmati un cazzo. Ti ha quasi ucciso!”
“Non .. non è colpa di Liam” ancora una volta si lamentò per il dolore.
“Fammi vedere..” tagliò corto Harry spostandogli la mano dalla ferita. Era abbastanza profonda e decisamente aveva bisogno di essere medicata “Ti porto in camera” lo prese in braccio  incurante delle sue lamentele.  Poteva piagnucolare quanto gli pareva e piaceva era completamente indifferente per lui. La priorità era rimetterlo in sesto.
“Lo porto io!” per un momento sperò che fosse solo uno scherzo della sua immaginazione, perché quell’idiota di un cacciatore non poteva davvero aver pronunciato quella frase.  Lo fulminò con lo sguardo, trattenendosi dal prenderlo per la gola. “C’è troppo sangue per te …”
Il vampiro sospirò profondamente di frustrazione e rabbia. “L’unico motivo perché hai ancora la testa attaccata al collo è che non me lo perdonerebbe mai” chiarì “Se dovesse … se fosse …” un nodo alla gola gli impediva addirittura di formulare quell’ipotesi .  L’immagine del  corpo di Louis senza vita andava formandosi nella sua testa senza che potesse impedirlo. Ed era un errore poiché Harry sapeva che non sarebbe mai riuscito ad impedirsi di uccidere quell’altro tizio se avesse continuato così.
“Sta sanguinando e tu sei un vampiro” insistette Liam facendogli emettere un ringhio cupo. Automaticamente strinse  la presa su Louis che in risposta mugugnò di dolore.
Se solo fosse stato in grado di reggersi in piedi li avrebbe uccisi entrambi. Stava patendo le pene dell’inferno e loro persistevano in quel teatrino senza senso che, senza ombra di dubbio, non gli sarebbe davvero servito a stare meglio.
“Smettetela!” si lamentò  per poi voltare piano la testa verso l’amico, mentre Harry lo teneva in braccio in un modo che lo stava facendo davvero sentire a disagio. Voleva solo riposare. Stendersi e prendere un mix di farmaci che facesse passare il dolore. Sentiva la testa pesante e le forze lo avrebbero abbandonato presto.  Forse per quello non ragionò molto su quello che stava dicendo. Su come lo stava dicendo. “Non mi farà del male, Liam” il tono sicuro come la morte “Tu occupati di legare Zayn” .
Il castano annuì raggiungendo il capo dei licantropi a terra che intanto sembrava stesse riprendendo conoscenza. Harry, finalmente si stava accingendo a salire le scale quando Louis lo fermò facendo un cenno con la testa verso il moro steso sul pavimento che si lamentava  con Liam addosso che storceva le braccia dietro la schiena. Harry sollevò un sopracciglio, ci pensò un po’ poi decise di non litigare e lo avvicinò al lupo.
Ci mise tutta la fatica del mondo Louis a parlare.
E per la cronaca ce l’ha più grosso lui
Dopo di che, perse i sensi.
 
***
 
“Felicité”  Dan accennò un saluto. Era nel suo studio a studiare il piano per la battaglia incombente quando la ragazza fece il suo ingresso. Portava un paio di occhiali grandi e i capelli cenere legati in una coda bassa.
“Le planimetrie che mi avevi chiesto” si fece avanti verso la scrivania e lasciò il pesante faldone lì sopra. Poi rimase in attesa.
“I tuoi fratelli?”
“Sono arrivati da tua sorella questa mattina. Mi hanno appena chiamato, il viaggio è andato bene”  avevano deciso di allontanare i bambini da Knowcity in vista di quanto stesse per accadere. Ora che la madre era morta, Dan aveva la responsabilità di tutta la famiglia su di sé e di certo non aveva tempo per occuparsene né altro modo di tenerli al sicuro se non allontanarli.
“Stai meglio?” l’uomo la guardò preoccupato. Tra tutti i figli di Jay, Fizzie era di certo la sua preferita. Si era gettata nello studio con caparbia passione e, da sempre, aveva sviluppato un attaccamento fuori dal comune per Dan trattandolo come fosse il suo vero padre. La ragazza lo guardò con sguardo triste annuendo. La morte della madre l’aveva scossa, nonostante soprattutto nell’ultimo anno si fossero trovate spesso a discutere.
“Notizie di Charlotte?”  si sedette davanti a lui scuotendo la testa “Credi … “ iniziò “credi sia con lui?” il letterato ci pensò su “Probabilmente”.
Fizzie mandò giù l’ondata di ansia che minacciava di assalirla. Si ritrovava in una situazione più grande di lei mentre la sua famiglia andava in pezzi. Era troppo da gestire. Se non avesse avuto Dan al suo fianco non avrebbe saputo proprio cosa fare. Si sentiva sola e tradita. Si sentiva obbligata a lottare contro il desiderio di fuggire, riunire la sua famiglia e vivere una vita tranquilla.
“Credi … credi che siano stati loro? Credi che abbia ucciso lui la mamma?” temeva quella risposta. Si rifiutava di dire il nome del fratello.  Di lui serbava pochi ricordi di quando era bambina. I primi anni che era mancato sua madre aveva continuato a mostrare a lei e Lottie delle fotografie parlandogli di lui, ribadendo quanto fosse speciale. E lei ci aveva creduto. Aveva costruito nella sua testa l’immagine dorata di quel fratello bellissimo di cui aveva dimenticato persino la voce. Lo immaginava in un’armatura splendente nell’atto di distruggere mostri e sconfiggere draghi. Poi Dan le aveva aperto gli occhi. Piano piano il sacrificio di lui non era diventato altro che un abbandono carico di egoismo. Le sue imprese altro non erano che vanagloriosi capricci.
Aveva litigato più e più volte con Lottie che si ostinava a non voler vedere le cose per quello che realmente erano.
Non era mai arrivata, però, a pensare a lui come ad un assassino.
“Fizzie” Dan parlò calmo riconoscendo lo sguardo smarrito sul volto della figliastra “Tuo fratello è un mostro. E’ la sua natura e si schiererà con quelli della sua stessa specie. Tua madre si rifiutava di vederlo, non perché fosse crudele, ma perché lo amava e quell’amore la rendeva debole. E lo stesso sta accadendo a Lottie” le prese la mano tra le sue “Ma tu sei diversa. Tu sei più forte, più intelligente. Sei sempre stata la migliore” lei sorrise commossa lasciandosi confortate dal tocco paterno di Dan.
“Sapevamo che questa battaglia sarebbe arrivata, ci stiamo preparando da anni. Esiste una profezia secondo cui tuo fratello potrebbe giocare un ruolo determinante per questo la priorità è eliminarlo. La guerra che sta arrivando è un grande rischio, non voglio mentirti. Il più grande che abbiamo mai corso… ma è anche una grande opportunità”  le lasciò le mani e girò il fascicolo che stava studiando verso di lei “Tutti i leader di quella feccia sono qui, tutti combatteranno. Noi abbiamo messo su il più grande esercito di cacciatori e uomini di lettere mai visto. Subiremo delle perdite, avremo i nostri morti ma fatti fuori i capi, sbarazzarci degli altri diventerà un gioco da ragazzi” Felicité lasciò scorrere lo sguardo sulle pagine ingiallite. Aveva studiato quei fascicoli mille volte. Conosceva a memoria nomi e volti di ogni singolo capo presente.
“Quindi o noi o loro ..” osservò puntando di nuovo lo sguardo su di lui che le sorrise con affetto.
“Vinciamo questa guerra, riportiamo qui i tuoi fratelli e viviamo felici. Questa è la mia proposta. Ci stai?” il volto della ragazza si schiarì mostrando un timido sorriso speranzoso “Sì papà”.

Angolo di Mika
Salve salve salve..
Non mi ha fermata neanche la numerosa mole di insulti ricevuti l'ultima volta (meritati, lo so, "always" è stato spregevole). Non so cosa dire di questo capitolo. Non sono propriamente soddisfatta, soprattutto della lotta ma quello che volevo esprimere era il difficile equilibrio tra Harry e Louis. Non so se sono riuscita a renderlo come volevo. Di fatto è come se i due cercassero di over razionalizzare tutto per poi finire immancabilmente con il distrarsi e lasciarsi andare a sguardi languidi e battute ambigue. Insomma un disastro.
Un altro punto su cui volevo porre l'accento è il paragrafo dedicato a Fizzie e Dan. Vorrei che sia chiaro che loro credono davvero nella battaglia che stanno combattendo. Ciò non significa che siano "onesti e puliti" ma agli occhi di Dan, Louis è davvero un mostro né più né meno degli altri.
Vi saluto sperando di aggiornare il prima possibile.
Ve se ANA tanto.
Mika

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Capitolo 18
*** Chapter XVII – The surrender ***


Chapter XVII – The surrender


La prima volta che aveva visto il mare era appena scappato di casa.

Ricordava esattamente la sensazione di libertà che aveva provato. Era stato spaesato e spaventato. Era sceso dall’autobus tremante, con lo zaino in spalla e la pelle sudata. Stremato e solo, aveva preso il primo notturno possibile, senza neanche guardare dove fosse diretto, perché non aveva nessun posto dove andare e nessuno da raggiungere. 

Era finito dritto in una cittadina di mare dimenticata da Dio. La prima cosa che lo aveva colpito, una volta arrivato,  era stato l’odore nell’aria, subito dopo la sensazione della pelle appiccicosa ed umida.

Ricordava nitidamente come non appena aveva raggiunto la spiaggia, qualsiasi sensazione negativa lo aveva abbandonato. Per la prima volta, da quando aveva lasciato casa sua e la sua famiglia, l’ansia ed il panico non lo stavano soffocando e aveva provato una sensazione di benessere assoluta e prevaricante. Continuava a guardare il mare con gli occhi sbarrati nel bambinesco tentativo di scorgerne la fine da qualche parte, mentre si toglieva le scarpe con gesti automatici. E fu quello il momento. Quando avvertì la sensazione della sabbia sotto i piedi si sentì per la prima volta nella sua vita libero e padrone del suo destino.  In quel momento aveva realizzato che stava stringendo la sua vita tra le mani e avrebbe potuto mandarla ovunque volesse. Capì che non sarebbe mai più riuscito a fare a meno di quella sensazione, che non avrebbe permesso mai più a nessuno di dirgli cosa fare.

Per questo amava il mare.

Per questo ogni volta che una caccia lo portava vicino all’oceano, improvvisamente, gli tornava il buon umore, e continuava a promettersi una lunga vacanza.
In quel momento, però, si guardò intorno spaesato.

Nel retro del suo cervello si domandò come ci fosse finito all’improvviso sulla spiaggia di quella prima volta ma, per qualche ragione, non gli sembrava una cosa importante.  Riconosceva ogni angolo come se lo avesse stampato a fuoco nella mente. Le torrette dei guardaspiaggia, i pochi ombrelloni colorati, e la staccionata in mattone che divideva il lido dalla strada. Era tutto identico, come se non fosse passato un solo giorno.

Intorno a lui non c’era nessuno. Il silenzio perfetto era rotto solo dal rimbombo delle onde e il gracchiare dei gabbiani. Gettò la testa all’indietro lasciando che il sole timido del tramonto gli baciasse la pelle già imbrunita.

Non si stupì quando finì con l’appoggiare la nuca su un petto alle sue spalle. Socchiuse gli occhi quando quelle labbra calde gli sfiorarono la tempia e sorrise per il solletico che gli provocavano i riccioli che gli cadevano sul volto.

Era strano. Ma era normale. E una volta tanto, normale suonava come una parola meravigliosa. Dolce come una promessa. Straordinaria come una sorpresa. Rassicurante come il tonfo sordo della porta di casa che si chiude al ritorno da un lungo viaggio. Era una sensazione accogliente.

“Come stai?”

Louis sospirò beato, voltandosi appena per incrociare gli occhi verdi puliti di Harry “bene” . Quello lo ricompensò con un sorriso enorme contornato da fossette.

“Quanto possiamo restare?” riportò gli occhi verso l’orizzonte calmo, dove il blu sfumava nell’arancio del tramonto.

“Quanto vuoi” Louis si beò per un momento di quella bugia. Non che si rendesse davvero conto, ma qualcosa dentro di lui gli impediva di non essere cosciente della precarietà di quel momento. C’era qualcosa che doveva fare, anche se in quel momento non ricordava cosa e non gli sembrava importante.

“Stai mentendo, love”

Il vampiro sollevò il sopracciglio divertito “Love?”

Louis scosse le spalle. Non gli interessare stare ad analizzare ogni singola parola dicesse. Gli era uscita così, e l’aveva detta. La colpa non era neanche la sua, era di Harry che all’improvviso aveva deciso di sembrare incredibilmente più giovane e spensierato, e se ne stava lì a guardarlo con quegli occhioni come se gli importasse davvero. Non aiutava neanche il fatto che, in quel momento, non avrebbe mai messo in dubbio i suoi sentimenti. Era certo che a lui importasse, certo come non era mai stato.  Gli sembrava che in qualche modo, con un linguaggio sconosciuto, Harry fosse entrato nella parte più intima di lui e stesse toccando fisicamente la sua anima.   

Restarono in silenzio a lungo. Uno di quei silenzi senza imbarazzo. Harry gli accarezzava l’avambraccio lasciandogli di tanto in tanto un bacio sui capelli, o sulla guancia. Era completamente diverso dalle solite dinamiche tra di loro. Niente tensione. Non si sentiva in bilico tra la voglia di ucciderlo e quella di strappargli tutti i vestiti. Non che non lo desiderasse, ovviamente lo faceva, voglio dire era bellissimo come sempre e forse di più.

La differenza stava proprio in quella normalità ed in quella quiete. Per la prima volta non aveva bisogno di correre o di affannarsi a prendere ciò che voleva prima di riuscire a convincersi di non volerlo davvero. Per una volta si sentiva già appagato di quello che stava vivendo. Qualsiasi altra cosa avesse voluto avrebbe potuto prenderla, con calma. L’ingordigia lasciava il posto al gusto di assaporare ogni singola nota di quegli attimi.

“Sai cosa renderebbe tutto perfetto ora?” chiese pigro stiracchiando le gambe.

“Cosa?” il riccio lo guardò come se da quell’informazione dipendesse la sua vita.

“Un waffle cioccolato e lamponi” Louis si leccò i baffi ed Harry rise.
 
***

 
Louis aprì gli occhi e la prima cosa che avvertì fu un dolore lancinante all’addome.

Cane di merda” bofonchiò mentre la sensazione di benessere che aveva provato nel sogno svaniva velocemente lasciando il posto ad una piuttosto vasta gamma di sensazioni negative che andavano dall’insofferenza per il fatto di essere costretto a letto, al dolore per la ferita.

Aveva sognato qualcosa di bello ma non riusciva proprio a ricordare cosa, il che lo innervosiva perché avrebbe tanto voluto sprofondare nuovamente tra le coperte morbide e concedersi di sentirsi bene per ore. Magari provare a riprendere il sogno che stava facendo da dove lo aveva interrotto. Era una cosa che gli riusciva qualche volta da bambino.

Cercò di tirarsi un po’ a sedere ormai convinto che niente al mondo avrebbe potuto migliorare quella giornata.  Poi però un odore decisamente invitate lo investì in pieno. Si voltò verso il comodino e quasi pianse di gioia quando scoprì il vassoio della colazione con un enorme waffle  cioccolato e lamponi. Dio solo sa quanto ne avesse voglia, e non aveva neanche dovuto chiedere. In effetti, non si era neanche reso conto di desiderarlo davvero finché non lo aveva visto.

Di tanto in tanto la fortuna sorrideva anche a lui.

 
***

 
Erano circa le cinque quando qualcuno bussò alla porta della sua camera.

Rispetto a quella stessa mattina, Louis si sentiva già molto meglio. Aveva sonnecchiato quasi tutti il giorno e la sua già rapida guarigione era evidentemente velocizzata ulteriormente dal fatto che si stesse avvicinando la luna piena e il morso del lupo stesse facendo effetto risvegliando qualcosa dentro di lui.

“Avanti”  si aspettava di veder entrare Gemma, i due avevano stretto una specie di rapporto amichevole nelle settimane che Louis aveva trascorso lì. In pratica funzionava che parlavano molto, fingendo reciprocamente di mal sopportarsi. Entrambi avevano una reputazione da mantenere, dopotutto.  Invece di Gemma, però,  Harry entrò nella stanza, con un vassoio in mano. Portava i capelli raccolti ed una maglietta bianca completamente anonima che non aveva nessunissima scusante per stargli così bene addosso.  Louis si impose di non fare gli occhi dolci davanti al sorriso preoccupato del vampiro “Sono venuto a vedere come stai”

“Bene” rispose freddo. Se pensava che avrebbe ripreso a parlargli solo perché aveva rischiato di morire allora, decisamente, non ci aveva capito niente.

“Come va la ferita?” entrò nella stanza lasciando la porta socchiusa, Louis gliene fu segretamente grato. L’idea di stare chiuso in una camera da letto insieme ad Harry era decisamente troppo da affrontare per il suo attuale stato di salute.

Il riccio si avvicinò lentamente, quasi a voler testare come l’altro rispondesse alla sua presenza.  Posò il vassoio sul letto cercando di capire dall’aspetto come si sentisse. Era frastornato e spettinato ma le guance stavano riprendendo colore, il che era un buon segno.  

“Quasi del tutto guarita”

“Bene” Harry occhieggiò curioso verso la benda “Abbiamo bisogno di allenarci. Devi rimetterti in piedi”

Louis lo ignorò testardo. Voleva continuare a riservargli il suo ormai celebre trattamento del silenzio, ma lo stomaco cominciava a reclamare cibo e non riuscì a negarsi di sbirciare nel vassoio. C’era una tazza di tea fumante e dei biscotti. Alzò gli occhi verso il vampiro indeciso se formulare o meno la domanda successiva, ma prima che potesse dignitosamente capitolare e dimostrarsi disposto a fare conversazione anche a solo titolo informativo, Harry lo interruppe.

“Latte, niente zucchero …”  e quello era davvero subdolo da parte di Harry, sapere come prendesse il tea. Subdolo e paraculo. Il cacciatore si arrese alla sconfitta,  si lasciò andare ad un sorriso compiaciuto e portò la tazza alle labbra dando una sorsata generosa. Improvvisamente si accorse che non era appetito il suo. Stava letteralmente morendo di fame.

Afferrò un biscotto e lo portò alla bocca con una voracità inaudita e subito dopo un secondo. Il sapore zuccherino lo stava facendo impazzire, proiettandolo in un istantaneo paradiso di benessere.

“Non c’è bisogno che ti strozzi”

Lo fo ma fono troffo fuoni” farfugliò con la bocca ancora piena mentre ne afferrava un altro.

“Felice che ti piacciano.  Non ero sicuro di esserne ancora capace” ammise Harry soddisfatto. Li aveva cucinati lui seguendo una ricetta che gli era stata tramandata dalla sua famiglia umana secoli prima. C’era stato un periodo in cui cucinare cibo umano lo aveva fatto sentire bene. Lo faceva sempre per Gemma. Passavano pomeriggi interi a mangiare, fingendo di trarne la stessa soddisfazione che provavano da bambini. Ma era stato tanto tempo prima, quando ancora quella vita non li aveva portati nei più remoti angoli di orrore che avevano visto e le loro mani non erano così sporche di sangue.

Louis sbarrò gli occhi incredulo. Lasciò andare il biscotto e si portò la mano alla bocca per spazzolare via le briciole con il dorso della mano.

Successivamente si convinse che “prendere un uomo per la gola” fosse il consiglio migliore che si potesse dare, perché davvero non aveva idea da dove fosse uscito lo sguardo ammiccante che lanciò al vampiro. Si passò la lingua sulle labbra sottili, sentendo ancora il sapore di limone e vaniglia del biscotto.

“C’è qualcosa che non sai fare?”


 
***


 
Ci erano voluti un paio di giorni perché Louis tornasse in piedi. Harry dovette reprimersi almeno un centinaio di volte per consentirgli l’intensa attività fisica di allenamento senza dare di matto.

Lo aveva osservato molto mentre si allenava. Era evidente che il morso di Malik cominciasse a fare effetto. Era più forte e più veloce.  Si muoveva in modo incantevole. Non che fosse propriamente elegante nel farlo.  Era più qualcosa nello sguardo deciso, negli spostamenti studiati, rapidi e potenti. Era fiero, concentrato e aveva negli occhi una luce brillante. Il vampiro riusciva a sentire l’odore dell’adrenalina che gli scorreva nel sangue zuccherino, mentre continuava quasi ossessionato dall’ottenere esattamente il movimento che voleva. Vedeva i muscoli tendersi e il sudore impregnargli la maglietta. La fatica sembrava non scalfirlo minimamente, al contrario era come se lo drogasse, come se lo caricasse a spingere di più, a fare meglio. Niente di meno. Harry non riusciva a non sorridere mentre lo guardava perché Louis combatteva allo stesso modo in cui faceva l’amore.

Come se non esistesse altro.

In quel momento Louis stava sparando ad un bersaglio che avevano sistemato nel giardino. Harry si avvicinò, sedendosi lì accanto a guardarlo. La preoccupazione per quello che era accaduto con i lupi, per la ferita e per il rischio che aveva corso, aveva decisamente fiaccato il suo proposito di stargli alla larga. Sapeva di dover mantenere una certa distanza, di dover resistere a un certo tipo di desideri, ma non riusciva ad impedirsi di cercarlo in continuazione con lo sguardo, di osservarlo come se volesse rubare ogni frammento di Louis. Cercava di trovarsi delle scuse ma la verità, lo sapeva anche lui, era che era fottuto.

Confidava più che altro nell’atteggiamento di lui. Gli aveva rivolto qualche battuta ma per lo più aveva continuato a non parlargli, lanciandogli sguardi esasperati quando lo scopriva a fissarlo. E finché le cose stavano così, Harry era al sicuro. Poteva continuare liberamente a comportarsi da maniaco senza rischiare che accadesse niente.

Era tranquillo.
Ma che fine fece “tranquillo” è cosa risaputa da detto popolare.

Louis continuò a sparare fino a che non esaurì i proiettili, solo quando si voltò per ricaricare l’arma si accorse di Harry seduto lì vicino fermo a fissarlo. Alzò gli occhi al cielo perché, seriamente, la situazione stava iniziando ad inquietarlo e a dargli sui nervi. Ma come aveva ormai imparato, chiedergli “gentilmente” di andarsene a fanculo non era una tattica vincente e non gli avrebbe portato alcun vantaggio se non fargli perdere tempo prezioso. Dunque lo ignorò continuando a armeggiare con la pistola.

Harry lo vide muovere le mani piccole veloci e precise. Osservò il modo in cui toccava l’arma, smontandola per riempire di nuovo il caricatore. Lo faceva con venerazione ma non erano gesti studiati. Era automatico, come se fosse qualcosa alla quale non dovesse neanche pensare.  Come se fosse nato per farlo.

Deglutì, gli occhi fissi sulle dita dell’altro.

“Per essere uno che ha vissuto secoli menti una schifezza” la voce annoiata dell’altro lo strappò dalla contemplazione nella quale stava beatamente galleggiando.

“Cosa?”

“Dico sul serio, amico. Pensavo che Edward Cullen fosse il peggior vampiro attore di sempre ma tu lo batti..”

Harry batté le palpebre un paio di volte ancora confuso “Come?” chiese di nuovo facendo sbuffare il liscio.

Da quando era stato ferito Louis non aveva potuto fare a meno di notare il comportamento dell’altro nei suoi confronti. Lo guardava costantemente come se fosse fondamentale per lui sapere sempre dove Louis fosse e cosa stesse facendo e questo, vedi sopra, lo irritava e lo faceva sentire a disagio. In una situazione diversa, probabilmente, si sarebbe lamentato fino a perdere la voce, ma Harry ogni volta lo guardava con un’emozione diversa negli occhi e lui avrebbe davvero voluto ignorarle se solo non fossero state sempre così schifosamente evidenti. La preoccupazione, l’ammirazione, la tenerezza, il desiderio …

Per un po’ si era sforzato di mantenere un atteggiamento algido ed indifferente. Aveva castrato qualsiasi tipo di sentimento minacciasse di sorgere in lui, soprattutto l’infida speranza. Ma era difficile. Era una fottuta tortura continuare a ripetersi che già una volta era stato respinto  quando ogni singola cosa facesse Harry continuava ad urlare il contrario. Gli aveva cucinato dei biscotti. Dei fottuti biscotti! Cos’era nonna papera?

Louis gli si avvicinò mantenendo il tono indifferente e casuale con cui gli stava parlando. Come se fosse una conversazione qualsiasi.

“Se vuoi convincermi che non provi nulla per me devi impegnarti di più”  si sedette al suo fianco “tipo potresti cominciare smettendo di sbavare” il vampiro si incantò a guardare il sorriso compiaciuto dipinto sulle labbra di Louis “o di guardarmi come se volessi baciarmi …” Harry alzò lo sguardo incontrando gli occhi blu del cacciatore. Per quanto la voce fosse ancora ferma le pupille allargate non potevano nascondere quello che davvero stava provando. Harry sentiva il suo cuore martellare nel petto, l’eccitazione che gli scorreva nelle vene. Avvertiva distintamente  in quel momento, proprio mentre lo accusava di dimostrare il suo desiderio in maniera troppo palese, quanto Louis lo volesse. Nessuno lo aveva mai voluto in quel modo. Ne era certo. Sarebbe stato impossibile scrollarsi di dosso la sensazione di essere desiderati in maniera tanto palese. Ed il fatto che venisse da Louis rendeva il tutto ancora peggiore.

Erano attratti l’uno dall’altro come due calamite. Ma di più, erano drogati delle sensazioni che si scatenavano a vicenda. Era disarmante il modo in cui lucidamente si rendessero conto di incatenare la volontà dell’altro. Era inebriante la sensazione di onnipotenza nel poter prendere l’altro tra le mani, solo toccarlo, e vederlo andare in frantumi, diventare cieco ed incapace di pensare a qualsiasi cosa. Incapace di anche solo processare il fatto che esistesse un mondo lì fuori, da qualche parte oltre loro due.

“Guardati ..” continuò Louis, la voce meno ferma stavolta “sembri un adolescente davan..” ma prima che potesse finire la frase le labbra piene di Harry raggiunsero la sua bocca per farlo tacere.

Louis non ci pensò neanche ad opporsi. Forse, una parte remota del suo cervello lo stava facendo, ma in quel momento era praticamente impossibile che le prestasse ascolto.  Si lasciò trascinare a terra da Harry, con la schiena sul prato mentre quello teneva una mano dietro la sua nuca per non farlo sbattere e continuava a baciarlo affamato.

Si allontanò quando cominciò a rendersi conto che Louis avrebbe dovuto prima o poi riprendere a respirare e lo fece stringendo delicatamente il labbro inferiore di lui tra i denti affilati. Gli baciò gli zigomi appuntiti, la mascella e scese sul collo dove lasciò che la punta della lingua scorresse sulla pelle salata e sudata del cacciatore che intanto boccheggiava nel tentativo di riprendere aria. Gli sfilò la maglietta prima di continuare a scendere fino al petto dove prese a stuzzicargli i capezzoli. Louis gettò la testa all’indietro con la bocca semiaperta. Portò la mano a raggiungere i ricci dell’altro, incastrandoci le dita mentre si godeva ogni singolo momento di quella tortura lenta.

“Spogliati” gli ordinò. Voleva sentire la pelle fredda su di lui. Voleva graffiarla. Voleva scoprire se fosse possibile lasciargli dei segni. Harry si staccò di malavoglia dal suo corpo, prima che potesse provare a togliersi qualsiasi cosa, Louis si era già completamente svestito e lo raggiunse muovendo le dita febbricitanti sulla camicia nel tentativo di sbottonarla il più velocemente possibile.

Harry alzò il sopracciglio sorridendo “Chi sembra un adolescente adesso?”

Non sprecò neanche un momento a rispondergli, troppo concentrato su ciò che stava facendo. Si tirò su e prese a far scivolare la camicia di seta sulle sue spalle larghe, mentre lo sguardo scivolava languido sul petto ampio e glabro  “Stai zitto”  sussurrò un secondo prima di sfiorargli le labbra con le sue.
Passò poi a liberarlo dei pantaloni.  Harry lo lasciò fare mentre quello solleticava con la bocca, la lingua e i denti ogni singolo centimetro delle sue gambe.
Quando arrivò pericolosamente vicino alla sua erezione, Harry abbassò gli occhi. Louis lo stava guardando, con la bocca piegata in un sorriso compiaciuto ad una distanza infinitesima da dove lo desiderava di più. Sentiva il suo respiro addosso.

“Louis!”

“Dillo” gli ordinò iniziando poi a scorrere con la lingua sulla lunghezza.

“Co .. Oddio!” gettò la testa all’indietro portando una mano tra i capelli dell’altro che però, immediatamente, smise di fare quello che stava facendo.

“Se vuoi che continui, dillo Harold” aveva ceduto, non poteva negarlo. Ma non avrebbe permesso che quello che stava facendo avesse il sapore di una sconfitta. Non gli avrebbe permesso di nascondersi nuovamente dietro la scusa del sesso sportivo. Era reale. Lo sapeva. Lo sentiva. Ed era gloriosamente consapevole del fatto che lui pensasse lo stesso.

“Cosa?”  la voce del vampiro era rotta mentre Louis parlava, le labbra si muovevano a contatto con la sua pelle, le parole gli accarezzavano l’intimità in un modo che non era giusto “Che vuoi che sia io a fare questo” la lingua scivolò di nuovo sulla sua punta, poi lo avvolse nella sua bocca succhiando qualche secondo prima di allontanarsi di nuovo “Dillo che non è una bocca che vuoi, è la mia bocca” di nuovo lasciò che Harry affondasse fino a sentirlo nel retro della gola. Il vampiro emise un gemito sordo, gutturale. Le dita scivolarono ancora tra i capelli dell’altro, li tirò appena, guardò verso di lui e dovette concentrarsi con tutto se stesso per non venire alla vista degli occhi blu lucidi per lo sforzo  inondati di puro e sconvolgente desiderio.

“Voglio… voglio la tua bocca” gemette perché davvero, come avrebbe potuto negargli quella verità?

Louis succhiò più forte facendolo grugnire di nuovo. Poi lo lasciò andare, si alzò in piedi raggiungendogli la bocca e baciandolo, accarezzandogli il palato con la lingua.

Harry si beò di quel sapore. Quello di Louis, buono, dolce di cui riconosceva ogni nota, mischiato con il suo. E un’ondata di folle possessività glielo fece trovare addirittura migliore. Più giusto. Più suo.

“Dillo che tu non vuoi scopare. Vuoi scopare me” glielo ordinò sulle labbra, mentre ancora Harry era stordito dall’intensità di quel bacio. Esitò un solo attimo poi lo stese a terra.

“Te” sussurrò sulle labbra delicate ma gonfie, prima di tuffarsi tra le sue gambe. 

A cospetto con l’entrata di Louis, Harry si sentì morire. Gli fece leccare le sue dita prima di infilarle dentro di lui iniziando a sforbiciare piano. Louis boccheggiò, e finì con l’urlare il suo nome quando Harry aggiunse la lingua. E, cristo, voleva morire ascoltandolo mentre lo chiamava in quel modo disperato.

“Buono” soffiò e il cacciatore sentì nitidamente le parole rimbalzare sulla sua parte più intima mandandogli una scossa al cervello. Aveva la pelle d’oca.

 Scattò invertendo le loro posizioni e ritrovandosi sopra di lui. Afferrò l’erezione dell’altro guidandola verso di sé mentre si sistemava a cavalcioni. Quando si calò su di lui, Harry emise un ringhio cupo e raggiunse con le mani enormi i suoi glutei stringendoli al punto che Louis era sicuro sarebbero rimasti i segni violacei delle dita. Non che gli importasse. Non in quel momento almeno.

“Parlami” ordinò prepotente mentre continuava a muoversi sopra di lui. Il vampiro lo guardò confuso. “Parlami! Voglio sentire la tua voce” Harry si tirò su facendo scontrare i loro petti. Tirò i capelli lisci per costringerlo a mostrare il collo e parlò sulla sua pelle.
Parole senza senso. Era più un susseguirsi di suoni e sospiri e ansimi. Ma a Louis bastava. Il timbro roco e caldo dettava il ritmo dei suoi fianchi. Le parole, scandivano le sue stesse contrazioni. “Mio” il calore gli esplodeva nello stomaco in una maniera che non avrebbe mai imparato a conoscere, alla quale non si sarebbe mai abituato.

Quando vennero entrambi si lasciarono cadere sul prato, Louis cercando di calmare il respiro affannato. Era così stremato da non avere neanche la forza per dire qualcosa di sagace. Sentiva la sensazione elettrizzante dell’orgasmo di poco prima farsi più densa e lenta e avvolgente, trasformandosi in una bolla di rilassatezza e benessere. Era certo che si sarebbe addormentato di lì a pochissimo.

Se non fosse …

“Harry! Ho sentito dei rumori strani, tutto be … OH CIELO CI SONO DICIOTTO STANZE IN CASA, SERIAMENTE?!”  entrambi si voltarono con gli occhi sbarrati. Louis fece del suo meglio per nascondere qualsiasi parte di sé, il che era praticamente impossibile considerando che non aveva la minima idea di dove fossero i suoi vestiti. La sua nudità, però, non sembrava turbare abbastanza  Gemma che continuava ad inveirgli contro, con le mani stampate sugli occhi. Andò avanti per una manciata di minuti.
“La prossima volta, vi avviso, per me potete morire! Non verrò mai più a salvarvi. MAI PIU’”  la bionda gli diede le spalle e marciò verso la villa ancora irritata.

Ci fu un momento di silenzio quando rimasero soli.

Poi si voltarono, l’uno verso l’altro. Si guardarono per un secondo. Fu Louis il primo a cedere. Scoppiò a ridere. Era una risata piena, onesta, di quelle che ti trascinano e non ti fanno smettere, non importa quanto duramente ci provi. Ed Harry rise con lui. Entrambi, avevano passato tanto tempo a cercare libertà e soddisfazione. Le avevano cercate  in talmente tante azioni ed emozioni da essersi dimenticati quanto potesse essere liberatoria, leggera e meravigliosa una risata.   

Andarono avanti per minuti interi. Louis tenendosi lo stomaco ed asciugandosi le lacrime che sfuggivano dagli occhi. Entrambi piegati su se stessi.

Piano piano le risa si smorzarono. Harry lo guardava sorridendo rapito mentre l’altro ancora faticava a non lasciarci sfuggire un risolino dopo l’altro, ogni volta che l’espressione sul volto della vampira gli tornava in mente. Quando anche lui smise e lo guardò era bellissimo. La risata ancora negli occhi, il sorriso pulito, sincero. Sembrava tanto, tanto più giovane. Se avesse saputo come fare Harry avrebbe pianto davanti a tanta dolorosa perfezione.

 Louis lo sentiva quello sguardo così caldo. Così carico di emozioni. Trasbordante di adorazione. Era quasi troppo da sopportare.  Strinse le labbra per trattenere un ulteriore sorriso, di imbarazzata emozione quella volta.

Cosa fosse preso ad entrambi nessuno aveva voglia di domandarselo. Sembrò semplicemente giusto quando Harry si chinò su di lui e lasciò che le loro labbra si incontrassero.

Per la prima vera volta fu un bacio diverso. Louis avvertiva la calma, la lentezza, la volontà di godersi ogni singolo momento per quello che era senza la necessità di rincorrere ciò che sarebbe venuto dopo. Era anche diverso da quella volta che aveva lasciato che Harry gli amasse via la disperazione, perché non c’era traccia di bisogno o impellenza in quello che stava facendo. Era semplicemente giusto. Improvvisamente si ricordò del sogno e sorrise sulle sue labbra mentre schiudeva la bocca prendendosi tutto il tempo del mondo solo per scoprire quanto quella bocca fosse morbida.

Forse era in quel modo che baciavano gli immortali.

Quando si staccarono cominciava ad imbrunire. Harry lo abbracciò, stringendoselo addosso.

Louis glielo lasciò fare .


 
***


 
 
“Credete che dovremmo preparargli … non so … qualcosa da mangiare?”

“Dillo un’altra volta, Niall e ti sparo”

“Sono serio” insistette  “Il cibo è un ottimo modo per fare squadra!”

“Ti stai offrendo come volontario?” il biondo tacque e si imbronciò stringendo la braccia al petto.

Harry e Louis stavano per arrivare. Finalmente, il vampiro aveva risposto alle chiamate di Liam. Dopo l’incidente capitato a Louis era stato particolarmente intrattabile e decisamente poco disposto a collaborare. Liam era piuttosto irritato dalla cosa, se non aveva piantato grane era solo perché in effetti si sentiva in colpa lui per primo. Ma ora le cose erano cambiate. Mancavano due giorni alla grande battaglia e, alla fine, il vampiro aveva deciso di condividere tutti i dettagli del  piano. Sapevano solo che avrebbero dovuto irrompere in una battaglia sanguinosa e che per avere qualche speranza di non morire, Louis si sarebbe dovuto trasformare in una bomba ad orologeria.

“Stanno insieme ora?” chiese Iola sporgendosi sul tavolo mentre Milly spiava per l’ennesima volta dalla finestra.

“Non credo questa informazione ci sia utile per sopravvivere” il cacciatore era davvero frustrato. Voleva Louis indietro e lo voleva subito. Gli sembrava di essere l’unico a vedere le cose per quello che realmente erano: un casino di dimensioni bibliche. Tutti gli altri si comportavano come fossero comodamente seduti in poltrona a guardare una saop opera argentina. Come se andasse bene fare comunella con un assassino. Era talmente disperato che, sporadicamente, aveva ammesso con se stesso che avrebbe preferito la compagnia di Harold Styles a quella di quel manipolo di folli, almeno lui non giocava a santificarsi. Certo, c’era Lottie. Almeno lei non sembrava tesserata al “Larry fan club” come lo chiamavano loro, ma la ragazza diventava più taciturna ogni giorno che passava. Più volte aveva chiesto di parlare con il fratello, soprattutto dopo che la verità sugli esperimenti ai quali lo aveva sottoposto il padre era venuta fuori,  e quando Liam le aveva detto che era fuori discussione si era chiusa ancora più a riccio.

Passò un altro quarto d’ora prima che il campanello suonasse. Liam  fece cenno agli altri di restare ai loro posti e ringraziò la sua buona stella quando lo ascoltarono. Temeva sul serio che da un momento all’altro avrebbero tirato fuori l’annuario per farselo firmare dal re e dalla reginetta del ballo.

“Ciao Payno!” lo salutò Louis abbracciandolo. Liam fu sollevato di trovarlo così in forma. Louis sorrideva, stava in piedi e sembrava scoppiare di salute. Aveva gli occhi luminosi.

“Mi sei mancato, amico” gli disse prima raggiungere la cucina.

Ovviamente, appena entrarono l’entusiasmo esplose. Mary strinse Louis talmente forte che il ragazzo temette volesse stritolarlo, anche Lottie finalmente sorrise e faticò a trattenere le lacrime quando il fratello la strinse a sé. Ad essere proprio onesti, Louis stesso era parecchio emozionato. Gli erano mancati quegli idioti. Gli erano mancati al punto tale che non prese neanche in giro Niall quando indegnamente scoppiò a piangere.

Dopo i saluti presero posto al tavolo.

“Come stai Lou?” chiese Lottie.

“Bene, la ferita è guarita ed il dolore è andato. Sono come nuovo”

Prese la tazza di tea che Mary gli stava passando, Dio quanto gli era mancato il tea di Mary! Si girò alla ricerca del bricco di latte tiepido, solo lei riusciva sempre a beccare la temperatura perfetta. Harry glielo passò senza neanche bisogno che chiedesse.

“Grazie” il vampiro gli sorrise. In quel momento una bolla di silenzio inquietante li avvolse. Un silenzio talmente assordante da costringerli a sentirsi in imbarazzo.

Si guardarono intorno e tutto quello che trovarono furono quattro paia di occhi fissi su di loro in un’espressione folle. Lottie che si guardava le unghie e Liam che sembrava più che altro arreso al comportamento degli altri quattro.

“Perché ci fissano come pazzi?”

“Non chiedere … e non dar loro confidenza” bofonchiò in risposta il liscio prima di voltarsi verso Liam .

“Allora, pronti per la battaglia?”

Tutti intorno mormorarono. Harry li guardò  uno ad uno. Quelle persone erano la sua migliore speranza per vincere. La sua unica speranza per vincere. Ed altro non erano che una stramba brigata di ragazzini. Si costrinse a cambiare direzione ai suoi pensieri, non era quello il momento per i dubbi e per i ripensamenti. E poi, non che avesse alternative.

“Cosa dobbiamo fare?”

Ed Harry spiegò tutto. Ribadì che i mostri avrebbero attaccato la sede degli uomini di lettere con la luna piena. Diverse streghe avevano profetizzato l’allineamento celeste come il momento più favorevole per vincere, perché gli eventi celesti avevano sempre avuto qualche sorta di influenza sulle capacità delle creature e quello in particolare li avrebbe resi più forti, senza contare il fatto che mai nella storia cacciatori e letterati erano stati più sguarniti. Disse loro che, senza nessun intervento, le creature avrebbero vinto. Non c’erano dubbi. Erano più numerosi, più organizzati, forti e determinati. Gli descrisse nel dettagli il nuovo ordine che volevano imporre, soffermandosi sulla sorte che sarebbe toccata agli umani.

“E noi perché dovremmo credere che tu non stia facendo il doppio gioco?” fu Liam a fare quella domanda, incrociando le braccia al petto, ma era piuttosto evidente che avesse appena dato voce a una domanda comune. Lo capiva da come, improvvisamente, nessuno più incrociasse il suo sguardo.

Harry si limitò a ridacchiare e scrollare le spalle “Ve li immaginate poi ad andare d’accordo?” chiese “Sarebbe solo l’inizio della fine! Non hanno ancora vinto la guerra e già stanno complottando l’uno alle spalle dell’altro. Sarà la guerra civile e i primi a rimetterci sarebbero di nuovo gli umani, in maniera addirittura peggiore considerato che non sarà rimasto un solo cacciatore a difenderli” spiegò.

 “Come li fermiamo?” chiese Liam mentre Mary, senza neanche accorgersene gli strinse la mano più forte.

Harry sorrise, voltando lo sguardo verso l’uomo al suo fianco “Louis”.

Nessuno era stupito della risposta. In quelle settimane Niall e Mary avevano recuperato tutto il materiale possibile. Avevano letto qualsiasi cosa fosse mai stata scritta sugli alfa naturali ed avevano imparato molto. Sapevano che era potente. Più potente di qualsiasi altra cosa, ma ancora guardandolo gli veniva difficile immaginarlo trasformarsi all’improvviso in una macchina da guerra.

“Già” fece Niall sorridendo all’amico. L’orgoglio particolarmente evidente negli occhi “Ce la farà, no?”

 “Esattamente” Harry sorrise guardandolo ancora, mentre l’altro lo fissava immobile. Cercava di mantenere l’espressione neutra e lo sguardo deciso, ma il vampiro lo aveva studiato, lo aveva guardato abbastanza a lungo da riconoscere un velo di insicurezza dietro tutto quel giocare a fare il duro. Strizzò le labbra nel tentativo di arginare l’improvvisa ondata di tenerezza che lo investì. Avrebbe voluto stringerlo in quel momento. Accarezzarlo e sussurrargli che sarebbe andato tutto bene, che avrebbe brillato, sarebbe stato così luminoso da accecare chiunque. Ma sapeva bene che se si fosse azzardato a fare una cosa del genere, Louis lo avrebbe accoltellato. Dunque scosse la testa e si costrinse a guardare Niall che ancora aspettava che continuasse.

“Sapete già che Louis non è esattamente come voi. Dentro di  lui dormono nature di ogni creatura possibile. Gli esperimenti a cui è stato sottoposto lo hanno trasformato in un essere unico e potente. Per questo è sempre guarito così in fretta. Per questo la sua pelle si irritava con l’argento. E per questo con la luna piena non gli spunteranno peli e zanne nonostante il patetico tentativo di quel cane” la voce si fece più dura sulle ultime parole, strinse le nocche forte, tentando di contenere la rabbia. Louis spostò lo sguardo dalla mano chiusa poggiata sul ginocchio al volto teso. Impercettibilmente, spostò il ginocchio sfiorando quello del riccio che come risvegliato sollevò lo sguardo riprendendo a parlare.

“Louis è più potente di qualsiasi altra creatura. E nel nostro mondo” si indicò “il più forte comanda. Quando Louis libererà la sua natura, tutti l’avvertiranno.
Gli basterà fare un po’ di scena ed ordinargli di andarsene, fino a quel momento cercate di tenervi  fuori dalla mischia. Io non posso badare a voi, dovrò fingere di combattere con la mia gente..” Louis aprì la bocca per protestare ma si trattenne all’ultimo minuto. Non avevano parlato di questo, mentre andavano lì.  E, onestamente, capiva che il suo restare vivo fosse fondamentale nel loro grande piano, ma come poteva pretendere che combattesse come un codardo mentre lui invece se ne stava nell’occhio del ciclone a godersi la festa? Senza contare quanta gente avrebbe dovuto veder morire senza poter fare niente. E okay, in quel momento non era proprio un grande fan di quelle persone, ma non era un argomento sufficiente per restare inerte a guardarli morire.

Per mano di Harry. Gli ricordò una voce nella sua testa.

“E cosa dovrebbe impedirci di sterminare i mostri a quel punto” Louis si mosse a disagio sulla sedia. Cosa glielo impediva? Non aveva mai neanche considerato l’idea. Spostò lo sguardo da Liam a Harry. Il vampiro sorrideva , il sopracciglio alzato e lo sguardo fisso sul cacciatore “E come credi che chiamerebbero Louis gli uomini di lettere e i cacciatori? Cosa farete dopo?”  Liam non rispose, torturandosi le mani “Quanto sei disposto a sacrificare per la tua sete di giustizia, Liam Payne?”  lui fece per rispondere, il pugno già a mezz’aria pronto a sbattere sul legno duro del tavolo, ma Mary gli strinse il braccio attirando la sua attenzione. Poi scosse la testa. “L’incantesimo libererà questa cosa?” chiese avvicinandosi di più a Liam al suo fianco. Nessuno aveva intenzione di tirare fuori la vera domanda: cosa sarebbe successo se Louis avesse perso la testa.  Era abbastanza scontato che non avessero una soluzione per quell’evenienza. Dovevano fidarsi di Louis. Era l’unica soluzione. L’unica possibile.

“Esatto, è qui entrate in gioco voi” Harry indicò le streghe.

“Che tipo di gioco?” chiese Iola spalmata sul tavolo rimediando una gomitata dalla sorella.

Harry le sorrise malizioso, per niente infastidito dall’atteggiamento bizzarro della strega. Era più che altro divertito “Come procede?”

“Difficile. Faticoso. Ma ne verremo a capo” Harry annuì “Mi raccomando. E’ fondamentale!” sottolineò “Louis prenderà la pozione prima di andare, e a mezzanotte in punto voi reciterete l’incantesimo e lui si trasformerà in un cavalier splendente!”

“Non preoccuparti! Niall and the bitches witches sono sul pezzo!” il biondo incrociò le braccia al petto stile Xman, e le streghe si misero in posizione al suo fianco annuendo convinte lasciando il resto dei presenti piuttosto interdetti.

Louis sospirò.

“La cosa peggiore è che non sono sicuro di chi abbia reso imbecille chi”
 
 
***


 
Louis era sotto il portico a fumare seduto sulle scale di legno, mentre dentro le streghe mostravano ad Harry i progressi della pozione che avrebbe dovuto bere.  La testa gli stava esplodendo. Conosceva già i dettagli del piano. Harry li aveva condivisi con lui la notte prima, tranne per il piccolo particolare che avrebbe combattuto da solo. Nonostante ciò, sentirglielo ripetere alla luce del sole, fuori dalle lenzuola, senza le dita lunghe di lui tra i capelli, lo faceva sembrare terribilmente più reale e gli dava la possibilità di riflettere sull’enormità di quello che stava per succedere e di quello che avrebbe dovuto fare.

Stava per scatenare un mostro.

Stava per diventare un abominio mille volte peggiore di quelli a cui aveva giurato di dare la caccia.

Aspirò profondamente, strizzando gli occhi per il fastidio del fumo che saliva.

Quando Liam si sedette al suo fianco non si voltò neanche a guardarlo.

“Mi dispiace per l’altro giorno” Louis scosse la testa. Non era colpa sua ed era assurdo che ancora se ne facesse un problema. Era solo entrato nel momento sbagliato e se proprio avessero dovuto trovare un responsabile, allora era Louis stesso che si era distratto nel bel mezzo di uno scontro. Gli passò la sigaretta in segno di pace ma quello scosse la testa “Mary non vuole” lui alzò gli occhi al cielo “Zerbino” tossicchiò rimediando un pugno sulla spalla.

“Insomma ci siamo”

“Già” convenne  e fece passare qualche secondo prima di continuare “Ho paura Liam” l’altro lo guardò. Non era una cosa che Louis faceva di solito mostrare le sue debolezze.

“Ce la faremo, Lou” lo rassicurò “Riuscirai a fermarli”

“Non è quello che mi preoccupa” gettò il mozzicone e lo guardò “Cosa sto per diventare?”

“Louis …”

“Dobbiamo parlarne, Lì” lo interruppe “non credere che non sappia che ve lo siate domandato tutti! Non sappiamo come sarò dopo”

“Harry ha detto …”

“Neanche Harry sa cosa diventerò” gli disse “non sa cosa potrei fare. Potrei diventare un assassino, Liam, e lo sappiamo entrambi, ad Harry non importerebbe. Potrei sterminare un villaggio e lui probabilmente si ecciterebbe all’idea di scopare sui cadaveri”

Liam alzò le mani nel gesto di fermarlo chiudendo gli occhi e storcendo la faccia “Per favore! Non voglio sapere”

“Sai cosa intendo…” insistette.

Il ragazzo lo guardò. Sorrise, poggiando una mano sul suo ginocchio e quando parlò di nuovo la voce era incredibilmente seria nel tentativo di comunicare quanto credesse in quello che stava per dire “Io lo so che puoi farcela Tommo”

Louis distolse lo sguardo, puntandolo davanti a sé. Tutta quella fiducia lo faceva sentire quasi peggio. Tutti si stavano affidando a lui. Stavano riponendo le loro speranze e le loro vite in capacità che il cacciatore non era neanche sicuro di avere “Ma se non dovessi essere più io…”

“Lo sarai!”

“Ascoltami Liam” Liam socchiuse gli occhi. Sapeva cosa stava per arrivare, lo sapeva da quando la prima volta aveva scoperto cosa Louis davvero fosse.

Aveva voluto ignorarlo ma, era solo questione di tempo  e quel momento sarebbe arrivato,  Louis glielo avrebbe chiesto “Se non fossi più io, Liam, devi farlo”
“Io…” era letteralmente spaccato a metà. Conosceva la risposta a quella domanda. Sapeva cosa avrebbe dovuto dire. Cosa avrebbe detto alla fine. Ma pronunciarlo era tutta un’altra storia.

“Ti prego”

Liam incrociò gli occhi con quelli azzurri di lui, deglutì ed annuì. “Se dovesse succedere lo farò … ma non succederà” Louis sorrise di un sorriso talmente triste che gli fece male “Grazie”

“E vedi di non farlo succedere perché l’ultima cosa che voglio è un vampiro incazzato che cerca di farmi fuori”




ANGOLO DI MIKA

Salve a tutti :)
Siamo a ridosso della battaglia.
Cosa dire? E' evidente che la precarietà del momento che stanno vivendo abbia del tutto fiaccato ogni tipo di resistenza. Credo che né Louis né Harry ci stiano capendo molto attualmente!
Per quel che riguarda la promessa di Liam, suppongo fosse abbastanza ovvio che sarebbe arrivata questa richiesta e che la risposta sarebbe stata quella. Con questo non voglio dire che Liam lo farebbe sul serio ma, siamo onesti, non avrebbe potuto rispondere in altro modo e entrambi credono fermamente che quella sia la risposta giusta.
Nessuno ha il coraggio di considerare seriamente l'ipotesi che Louis possa fallire, ma la possibilità c'è, e almeno lui deve farci i conti.
Voglio che sia chiaro che il linguaggio di Louis ed Harry (in particolare di Louis), intendo tutto quello "scopare" etc è esattamente l'ultimo barlume di autopresaperilculo. Ma credo sia chiaro.
A presto, Mika!

 

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