Forever Enemies 2

di Dangerina15
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO


<< Dunque, tutto qui? Mi aspettavo qualcosa di meglio da un galeone britannico della vostra portata.>>
L'uomo era legato all'albero maestro insieme ai membri della sua ciurma. Una piccola ferita sulla guancia destra, ancora fresca, faceva sgorgare piccole gocce di sangue.
<< Non la passerete liscia! La marina britannica vi darà la caccia, vi cattureranno e...>>
<< Ci uccideranno? Spiacente, capitano. Storia vecchia che conosciamo già.>>.
Riposi la spada che avevo in mano nella custodia, ridendo: pensavano ancora di poterci fermare. Non avevano imparato la lezione, ma andava bene così , altrimenti il nostro divertimento sarebbe stato ridotto a :
Tortuga,
Vedere i membri della nostra nave ubriachi azzuffarsi tra loro.
Godere di qualche buona bottiglia di rhum.
D'un tratto una voce mi chiamò: la voce della mia donna, la mia delinquente, il capitano della Gold Treasure.
<< Quartiermastro Jonas! I nostri uomini hanno ripulito da cima a fondo questo relitto. E' ora di riprendere il viaggio, abbiamo tanti altri abbordaggi da fare, non possiamo restare legati con queste femminucce da quattro soldi.>> esordì.
Alyssa Cortès: era ancora più temibile di come si presentava. La sua lunga chioma nera traspariva ondeggiante tra le vesti che indossava e questo la trasformava in una donna assai seducente, ma aveva in mano una revolver fumante e questo la rendeva invece quella spietata delinquente di cui mi ero innamorato.
<< Agli ordini Capitano! Ma che ne facciamo di questi individui?>> domandai voltandomi verso la ciurma del galeone attaccato. Alyssa mi guardò, sorrise e immediatamente capii: voleva giocare un po'. Così tirai fuori nuovamente la mia spada e tagliai le corde dei prigionieri. Immediatamente corsi da lei, la presi per mano e insieme cominciammo a correre alla punta opposta della nave per tornare velocemente alla Gold Treasure, cannoneggiare un po' con i nostri rivali e fuggire più veloci di un fulmine.
Come era cambiata la mia vita in quegli anni.
Ormai stavo con Alyssa da più di 4 anni e, insieme, avevamo girato il mondo. Avevo imparato cosa significava la vita del pirata, sempre in mezzo al rischio, sempre con la morte in agguato ma era la vita che desideravo. Da quando mi ero spogliato del grado di Commodoro, avevo cominciato a vedere il mondo con gli occhi di Alyssa: mi aveva fatto capire che gli ideali in cui credevo erano giusti, ma non erano quelli che credevo di servire a Los Locos. Avevo provato la libertà di essere me stesso, avevo deciso che non avrei servito più nessuno se non la reale causa per cui valeva la pena lottare. E Alyssa era sempre stata al mio fianco: il nostro amore era andato accrescendosi e ogni giorno ringraziavo il cielo per avermi concesso la fortuna di averla al mio fianco. Anche lei era ormai una donna, che sapeva cosa voleva e come ottenerla. Conosceva il rischio che correvamo giorno dopo giorno ma in realtà non era altro che una grande eterna avventura. D'altronde che divertimento è la vita senza un po' di “ Adrenalina”?
Quel giorno, l'assalto al galeone britannico, fu solo uno dei tanti abbordaggi che compimmo. Era piuttosto divertente fuggire ed evitare le cannonate che, tutte le volte, tentavano di sfondare la fiancata della nostra nave. Le lotte contro i soldati britannici, spagnoli, ci facevano divertire. A volte capitava che nella fuga, scappavamo con dell'oro in mano, rubato spudoratamente agli occhi degli uomini della nave avversaria perchè conservato nella stiva e allora ci sfidavamo a chi riusciva a salvarne di più e a caricarlo sulla Gold Treasure.
<< Ce la siamo cavata bene, eh?>> mi disse ad un certo punto Alyssa, quando fummo fuori dalla portata dei cannoni britannici. Si avvicinò a me e, con sguardo felino, la ritrovai a pochi centimetri dal mio viso.
<< Si, Capitano. Hai visto lo sguardo di quei poveretti? Ogni volta che ti guardavano, tremavano dal terrore.>> sussurrai sorridendo.
<< Andiamo, tesoro. Non sono così terribile.>>
Ancora più vicina, sfiorandomi le labbra, sorridendo maliziosamente.
<< Questo lo pensi tu, piccola. Ma fidati, per me sei la piratessa più temibile del mondo. Ed è per questo che ti amo.>> dissi e la tirai a me, baciandola con passione. Lei mi gettò le braccia al collo e io la cinsi per i fianchi. Ci abbandonammo a quel bacio mentre la nostra ciurma continuava a giostrare la nave per la navigazione.
La nostra vita stava proseguendo nel mondo più normale.
Ma, come ben sapevamo, la vita di semplici pirati da li a poco sarebbe finita.
Quel giorno fu l'inizio della nostra più grande avvventura, l'avventura che ci condusse ai limiti...del tutto.
Note: Ciao a tutti, cari lettori :) ebbene si, ero in astinenza da questi due rromantici delinquenti quindi perché non scrivere un seguito? Magari indagando a fondo nelle vite misteriose che attanagliano i due innamorati! Quindi, se vi ho intrigato almeno un pizzico, vi auguro una buona lettura ;) Ps: Le recensioni sono sempre ben gradite, di qualsiasi natura! Al prossimo chapter! Dangerina

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1: RIMORSI



POV ALYSSA


Una notte come tante: stellata, con la luna piena che le faceva da regina, bianca in tutto il suo splendore. Il mare era piatto e silenzioso, c'era poco vento per cui la nave tendeva ad oscillare lentamente, come una culla, così da conciliare il sonno a tutto l'equipaggio.
Ma non a me.
Erano già diverse notti che dormivo poco, o non dormivo affatto e la causa era lo stesso ricorrente sogno. Non appena poggiavo la testa sul cuscino del letto e Morfeo giungeva per condurmi nel suo mondo, mi ritrovavo in un attimo nella grande sala da ballo della mia casa di Ronda, Spagna: avevo 16 anni e, come accadeva alle signorine di quella età, era giunto anche per me il momento di “ entrare in società”. Era stata organizzata una festa in mio onore a cui erano stati invitati tutti i più nobili e ricchi uomini della città: duchi, conti, marchesi, ambasciatori e perfino principi di città adiacenti alla nostra: tutti conoscenti del Conte Alejandro Martin Cortès,ovvero mio padre. C'era tanta musica creata dagli strumenti più belli: violini, pianoforte, flauti; tavole imbandite di cibo; liquore e tanta allegria. Molti cavalieri erano impegnati nelle danze, altri alla ricerca della dama giusta da corteggiare per un eventuale fidanzamento, essendo le donne tutte in età da marito. Ma tutto quel lusso, quel perbenismo mi angosciava: non ero pronta per sposarmi con un uomo che avevo visto a stento una volta, né volevo perdere la cosa a cui tenevo di più: la mia libertà. Il rapporto con mio padre non era dei migliori proprio per questa “ tua smania da maschiaccio”,così la definiva papà. Quella fu la sera in cui presi la decisione di seguire le orme di mio nonno Cortès e abbandonare i miei genitori alle loro frivolezze da nobili. Purtroppo però questa decisione provenne da un episodio precedente, alquanto burrascoso: durante la festa, mio padre mi presentò il duca di Siviglia, Juan de la Vega; era evidente che cercava un pretendente che mi chiedesse in sposa quella sera, così lui e mia madre Florencia, avrebbero potuto vantarsi davanti a tutti i loro amici di come la loro unica figlia avesse immediatamente trovato un marito abbiente e nobile non appena entrata nel mondo degli adulti.
Non ero d'accordo, non lo ero mai stata con le decisione assurde e maschiliste di mio padre. Qualche giorno prima avevamo avuto un battibecco perchè mi ero rifiutata di partecipare ai festeggiamenti e lui, con i suoi toni burberi e severi, mi costrinse dicendomi che avrebbe venduto la mia cavalla, la mia unica e sola amica, e mi avrebbe rinchiusa nelle mie stanze. Cedetti di malagrazia ma il nostro conto era ancora in sospeso e quello era il giusto momento per ripagarlo con la stessa moneta. Non appena il Conte mi chiese un ballo, mi voltai verso mio padre in modo severo e poi, rivolgendomi di nuovo al mio spasimante, risposi:
<< Preferirei un secchio di acqua gelata sulla testa, piuttosto che accettare di ballare con voi, signore.>>.
Il Conte di Siviglia sgranò gli occhi dalla sorpresa e mio padre, in preda ad un attacco d'ira, mi voltò verso di lui.
<< Come osi rivolgerti in questo modo al Conte?>> mi sgridò a piena voce, interrompendo le danze e facendo voltare tutti gli invitati verso di noi. Nei suoi occhi leggevo l'imbarazzo di quel momento ma a me non importava: doveva sapere chi ero davvero e, di certo, non ero la sua marionetta.
<< Se tu puoi imporre le tue regole, non vedo perchè io non posso imporre le mie.>>
<< Io sono tuo padre, Alyssa Cortès, tu devi obbedirmi.>>
<< Io non voglio sposare un uomo che non amo, non voglio abbandonare la mia libertà e non voglio essere il capro espiatorio di quello che tu credi sia una macchia per la famiglia.>>
<< Tuo nonno era la vergogna per noi perchè era un pirata!>> gridò mio padre.
<< Io voglio essere come lui, papà, e tu non potrai impedirmelo!>>.
A quel punto sentii un fortissimo dolore alla guancia: mio padre mi aveva appena dato uno schiaffo di fronte a tutta la nobiltà di Ronda e provincia.
Ci fu un attimo di silenzio; mio padre continuò a guardarmi con gli occhi iniettati di sangue ma con lo sguardo perso nel vuoto. Era la prima volta che arrivavamo a quei livelli e lui si pentì subito del gesto. Io continuai a tenermi la guancia dolente e con gli occhi carichi di lacrime, lo guardai senza rivolgergli una parola.
<< Alyssa...>>
<< Sta zitto, papà, non voglio ascoltarti.>> risposi fredda a un qualsiasi tentativo di mio padre di intavolare una discussione.
<< Per l'amor del cielo, stai facendo la figura della bambina davanti a tutti.>>
<< Sto? Qui il bambino sei tu, sei tu che non sei mai cresciuto! Sei tu che vuoi che diventi come la mamma, ma sai una cosa? Hai ragione, mio nonno era una macchia per la tua famiglia e vuoi sapere perchè? Perchè tu non sei all'altezza di un uomo come lui.>> risposi di un fiato, trattenendo le lacrime. L'avevo fatta grossa, così mi voltai e cominciai ad avviarmi all'uscita di casa mia.
<< Alyssa, torna qui immediatamente! Io sono tuo padre!>>
<< No! Da oggi tu non sei mio padre e io non sono tua figlia!>> gli urlai piangendo e fuggì, chiudendo forte le porte della sala.
Fu in quel momento che mi svegliai di soprassalto, madida di sudore, con gli occhi sgranati e il respiro affannato. Ero di nuovo nella cabina del Capitano, nella Gold Treasure, in quella notte tranquilla che aveva sopportato lo stesso identico incubo delle notti precedenti. Mi alzai dal letto dove, al mio fianco, dormiva Joe, l'unico uomo che mi avesse veramente amata così per com'ero, senza chiedermi nulla in cambio. Presi una bottiglia di rhum e un bicchiere e ne versai un po', uscii dalla stanza e mi sedetti sulle scale a fissare il mare, l'unica cosa che mi dava sollievo in quella notte di ricordi e malinconie.


POV JOE


Mi svegliai a causa di un rumore, probabilmente era Alyssa che si era alzata. Non appena aprii gli occhi, trovai la porta della cabina aperta; doveva essere uscita a prendere una boccata d'aria. Così mi alzai lentamente e, uscendo, la trovai immersa nei suoi pensieri con un bicchiere di rhum in mano.
<< Posso avere l'onore di brindare con lei, Capitano?>> esordii sorridendo. Lei mi guardò e sorrise di contraccambio, aspettando che mi sedessi con lei per darmi il suo bicchiere e finire quel poco di rhum che rimaneva.
<< Cosa fai qui a quest'ora della notte?>> cominciai. Lei inizialmente rimase in silenzio, osservando le poche onde del mare che si infrangevano sulla fiancata della nave, poi si voltò a guardarmi e mi prese una mano, intrecciandola alla sua.
<< Non riesco a dormire.>>
<< E sai perchè?>>
<< No.>> rispose lei quasi assente.
Stava mentendo. La guardai fissa e lei capì che era meglio sfogarsi piuttosto che tenere tutto dentro.
<< Ogni notte faccio sempre lo stesso sogno, un sogno che mi tormenta il cuore.>> disse. << Credo che sia giunto il momento di parlarti di qualcosa di importante, Joe, qualcosa che devi sapere su di me, sul mio passato>>.
Ricordavo le poche parole che Cotton, qualche anno prima, mi aveva raccontato su di lei, ma aspettavo che fosse lei a raccontarmi chi era veramente, a rivelarmi gli oscuri fantasmi che la opprimevano.


POV ALYSSA


Mi sfogai con Joe. Gli raccontai tutto, sperando che questo non avesse ripercussioni nel nostro presente. Lui ascoltò con interesse e non fece alcuna smorfia quando raccontai dell'abbandono della mia casa.
<< Quindi è questo quello che ti angoscia?>>
<< Si, Joe. In effetti, non ho mai avuto più notizie della mia famiglia, non so se stanno bene, se vivono ancora lì. Ho degli strani sensi di colpa per aver rinnegato mio padre.>> dissi malinconica e poggiai la testa alla sua spalla. Lui mi abbracciò e mi diede un bacio in fronte.
<< So come ti senti, piccola. Ho avuto rimorsi per tutta la vita per la scelta di mio fratello Nicholas. Non mi sono mai dato pace per quello che gli avevo detto, per come lo avevo ferito. Se potessi tornare indietro cambierei le cose, forse Nicholas sarebbe ancora vivo. Ma il passato non può tornare, dobbiamo vivere nel presente e imparare dai nostri errori, solo così potremo essere delle persone migliori.>> mi rispose dolcemente.
<< Hai ragione. Non ho mai perdonato mio padre per quello che mi ha fatto ma mi sento in colpa lo stesso. Potessi tornare indietro, qualcosa forse la cambierei. Ma il destino ha voluto darmi una possibilità di ricominciare: con te.>>
A quelle parole, Joe mi guardò sorridente e, sfiorandomi il mento con le dita, mi alzò il viso fino a sfiorargli le labbra.
<< Lo stesso è per me. Siamo due anime dannate in cerca di perdono che trovano la forza l'una nell'altra.>> rispose e mi baciò con passione, lasciando cadere il bicchiere sul ponte.




POV JOE


Riuscivo a capirla come nessun altro. Avevo vissuto la stessa situazione e sapevo cosa significava vivere col rimorso di non poter più chiedere scusa.
Ma il destino ci riservava tante soprese.
D'improvviso, un'ondata di fumo ci investì, facendoci tossire. Appena mi fu possibile riaprire gli occhi, andai al bordo della nave e vidi un galeone in preda alle fiamme. Alyssa mi raggiunse e sgranò gli occhi.
<< Che cosa sarà successo?>> disse guardandosi attorno: nessun segno di lotta, né di agguato né di esplosivo.
<< Alyssa, guarda!>> risposi indicando in mare.
Un uomo. Su una tavola di legno. Forse l'unico sopravvissuto a quel disastro.
<< Dobbiamo salvarlo.>> mi disse Alyssa. << Prendi la cima, dobbiamo tirarlo su.>>.
Feci come mi ordinò e, insieme, riuscimmo a tirarlo sulla nave. Nel frattempo tutta la ciurma si era svegliata per via del fumo e, con la stessa sorpresa, osservarono l'uomo che si trovava svenuto sulla nostra nave.
<< Chi sarà?>> chiese Scuttle, il timoniere.
<< Non lo so.>> rispose Alyssa perplessa. << Ma presto lo scopriremo. Gary.>> e il medico di bordo si mise sull'attenti. << Portalo di sotto, dagli tutte le cure necessarie, dobbiamo sapere che cosa è accaduto e chi sia.>>
Gary eseguì gli ordini e portò l'uomo sottocoperta. Scambiai uno sguardo complice con Alyssa: volevamo sapere la stessa cosa:
Chi era quell'uomo?

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2: DEJA-VU


 
POV JOE


Era giunta da poco l'alba e i primi raggi del sole avevano illuminato l'acqua rendendola uno specchio trasparente. La nave che aveva subito un devastante incendio e che aveva lasciato quella povera anima che avevamo salvato come unico sopravvissuto aveva smesso di essere divorata dalle fiamme e dal fumo; tutto ciò che ne rimaneva erano travi di legno carbonizzate, casse con delle cianfrusaglie che galleggiavano sull'acqua e della frutta ormai divenuta poltiglia; non c'erano corpi in acqua, probabilmente l'uomo doveva essere da solo a governare l'imbarcazione, impresa ardua per un uomo che a prima vista non aveva l'aria di essere un marinaio. Alyssa, non appena Gary ebbe trasportato il moribondo sottocoperta, diede ordine alla ciurma di virare a babordo, quando il fuoco si fosse spento, per potersi avvicinare alla nave e constatare da vicino le cause di quel disastro. Quella situazione mi rendeva inquieto; chi era quell'uomo? Cosa era successo a quella nave? Attacco di altri pirati? Magari ancora più spietati di noi? Troppe domande e nessuna risposta certa.
Quando ci affiancammo al relitto, osservammo quel paesaggio di distruzione e desolazione. Alyssa si avvicinò a me, poggiandosi al parapetto della nave e sporgendosi per guardare più da vicino ciò che ci circondava.
<< Nessun segno di esplosivo, né di un attacco.>> cominciò spostando lo sguardo da una parte all'altra. << Chi diavolo ha ridotto così una nave di questa portata?>> si domandò perplessa.
D'un tratto mi accorsi di qualcosa che brillava su una trave; qualcosa di piccolo ma che attirò la mia attenzione per la forte luce che emetteva, essendo colpito da un raggio di sole. Feci segno ad Alyssa di guardare in quella direzione.
<< Che cosa sarà?>> mi chiese lei.
<< C'è solo un modo per scoprirlo.>> risposi e mi preparai per afferrare la trave con annesso l'oggetto ma Alyssa mi fermò da un braccio.
<< E se fosse una trappola?>>
<< Piccola, non preoccuparti. Se fosse stata una trappola, ci avrebbero assaltati già da un pezzo, non credi?>> risposi sorridendole dolcemente e le accarezzai una guancia. Lei ricambiò e, in men che non si dica, agganciammo la trave da entrambe le estremità per evitare che cadesse, con sopra l'oggetto luminoso e, lentamente per evitare di farla scivolare, la portammo fin sul ponte.




POV ALYSSA


Afferrai l'oggetto dalla trave prima che potesse cadere; era una specie di ciondolo, a forma di cerchio, con due decorazioni circolari poste una verso destra e l'altra verso sinistra. Lasciai che pendesse dalla mia mano per poter ammirare meglio quello strano gioiello. Joe lo guardò con curiosità, prendendolo a sua volta nelle mani, rigirandolo da una parte all'altra.
<< Che strana collana...>> disse tra sé << Non ne ho mai visto uno simile in tutta la mia vita, e tra l'altro è tutta decorata d'oro.>> continuò ancora, sorpreso nel vedere un oggetto di così tanto valore provenire da una nave così spoglia di oro e metalli preziosi.
<< Se era da solo, sulla nave, come faceva ad avere un gioiello così prezioso?>> continuai ancora più perplessa. Tutti questi enigmi avrebbero avuto risposta solo quando l'uomo di fosse svegliato e ci avrebbe raccontato chi era e da dove veniva.
Joe mi riconsegnò il ciondolo, mi diede un leggero bacio in fronte e si allontanò per dirigere la ciurma nelle manovre di allontanamento dal relitto. Nel frattempo, rimasi poggiata al parapetto della nave, giocherellando con la mia nuova piccola conquista; provavo una strana sensazione, come se in realtà avessi già visto quel gioiello da qualche parte, una sorta di piccolo “ dèja-vu”. A fronte degli incubi delle ultime notti che avevo trascorso e che mi avevano abbandonata all'insonnia, lasciai perdere quei pensieri, ripresi il ciondolo e lo portai al sicuro nella mia cabina, chiuso dentro un cassetto della scrivania; lì almeno sarebbe rimasto lontano da occhi indiscreti.
Gary ci aggiornò delle condizioni di salute del nostro ospite: aveva inalato molto fumo e aveva diverse bruciature, alcune profonde, soprattutto sulle mani e sulle braccia. Questo lo aveva reso molto debole, per cui aveva bisogno di riposo assoluto.
<< E quando sarà possibile parlargli?>> gli domandai fremente.
<< Tra un paio di giorni, Capitano. E' così debole che adesso non riuscirebbe a formulare nemmeno una frase.>> rispose Gary.
<< Va bene. Ottimo lavoro, signor Collins.>> dissi al mio medico di bordo, dandogli una pacca sulla spalla.
<< Sempre ai vostri ordini, Capitano Cortès.>> ribattè mettendosi sull'attenti e lasciandomi ai miei pensieri sul da farsi.
La sera arrivò in fretta sulla Gold Treasure e per tutto il giorno ero rimasta come isolata dal mondo; avevo detto si e no qualche parola, tra l'altro rispondevo a monosillabi. Joe, che riusciva a leggere ciò che mi passava per la testa con un solo sguardo, si avvicinò a me, chiedendomi se desiderassi un bicchiere di rhum. Accettai di buon grado e, insieme, andammo nella mia cabina, chiudendo la porta affinchè nessuno ci disturbasse. Diedi ordini precisi ai miei marinai: avrebbero dovuto aggiornarmi sul grado di navigazione della Gold Treasure, fare rotta a Tortuga, prima di riprendere il nostro viaggio e andare a riposare per la notte.


POV JOE


Rimasti soli, con i bicchieri pieni della bevanda preferita dai fuorilegge come noi, mi sedetti di fronte al capitano con uno sguardo serio e indagatore; lei era assente, immersa nel mare dei suoi pensieri. Non l'avevo mai vista così; aveva bisogno di qualcuno che la riportasse alla sua natura battagliera, che le desse un po' di adrenalina, qualche avventura e un po' di conforto.
<< Capitano...>> sussurrai dolcemente.
Non mi rispose.
<< Capitano Cortès...>> riprovai un po' più forte.
Ancora nulla.
<< Alyssa, accidenti, mi ascolti?>> dissi ad alta voce una terza volta, così che Alyssa finalmente alzò lo sguardo verso di me. << Cosa ti succede? E' tutto il giorno che sei strana, taciturna e pensierosa.>> continuai arrabbiato, posando il bicchiere di ruhm sul tavolo.
<< Ti è mai capitato di avere un “ dèja-vu”?>> mi chiese lei d'un tratto, guardandomi dritto negli occhi.
Rimasi stupito dalla domanda.
<< Un dèja-vu?>> chiesi perplesso.
<< Si Joe, rispondimi.>>
<< N-no, almeno non credo, perchè me lo chiedi?>>
<< Perchè è il motivo per il quale sono “ strana, taciturna e pensierosa”.>> rispose lei accaldata, alzandosi di scatto in piedi e voltandomi le spalle. << E' da quando ho visto quel maledetto ciondolo che non faccio altro che arrovellarmi il cervello per capire dove o quando abbia potuto vederlo. Non penso ad altro se non al mio passato, alla mia vita prima di...tutto questo.>> continuò indicando tutta la nave che era diventata la sua casa. << Sono sicura che ha a che vedere col mio passato, ma non ne sono così certa. Forse...sto diventando matta, creo dei castelli e dei mondi che non esistono.>> concluse malinconica, tornando a sedersi. << Secondo te cosa mi prende?>> mi chiese dopo un breve silenzio. Le afferrai le mani e le intrecciai alle mie.
<< Io credo che la tua vita sia stata difficile, piena di delusioni e dure lotte. Ti sei fatta da sola, sei cresciuta da sola, sapendo che la tua famiglia era lontana. Questo, dopo tanti anni, torna a farti riflettere sulle scelte fatte in passato, ti viene in mente la classica domanda “ Ho fatto la cosa giusta?”, ma credimi, c'è una cosa che posso dirti: niente è lasciato al caso.>> conclusi sorridendo e, avvicinandomi lentamente, la baciai con tutta la dolcezza che avevo, per farle capire che le ero vicino, che la capivo e che per lei avrei superato anche i confini del mondo.


POV ALYSSA
Quel bacio fu per me uno scrollarsi di dosso un macigno; aveva ragione, dovevo lasciarmi il passato alle spalle e vivere il presente, d'altronde avevo un ruolo e un nome da far rispettare, che continuasse a far tremare la gente al solo passaggio della mia nave. Lasciai che mi prendesse in braccio e mi adagiasse dolcemente sul letto ma proprio in quel momento, una cannonata sulla fiancata della nave la fece rollare di brutto, facendoci cadere bruscamente contro i mobili della cabina. Mi alzai dolorante e aiutai Joe a rimettersi in piedi.
<< Cosa è stato?>> disse lui. Corsi fuori e mi accorsi che il galeone britannico che avevamo saccheggiato il giorno prima era venuto a riscuotere il debito.
<< Sveglia la ciurma, Joe. Abbiamo visite e, stavolta, non sono piacevoli.>> risposi e così fece. Ero tornata alla carica e questa volta non avrei permesso a nessuno di infrangere il nome del Capitano Alyssa Cortès.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***



CAPITOLO 3: " Non darmi mai più dell'assassina."




POV ALYSSA


Si prospettava una serata movimentata; la Gold Treasure era stata solo sfregiata da quella cannonata che ci aveva avvisati dell'arrivo di nemici pronti a combattere. Mi armai nel brevissimo tempo che ci rimaneva: spada al fianco, due revolver cariche e una di riserva nella cintura. Dopo aver richiamato la ciurma, Joe mi raggiunse, si tolse la giacca perchè “ odiava combattere con qualsiasi cosa potesse risultargli un impedimento”, prese anch'egli una revolver e la sua spada alla mano. Mentre aspettavamo che la nostra ciurma si preparasse alla battaglia, caricando cannoni e artiglieria varia, osservammo il galeone britannico avvicinarsi pericolosamente: aveva tutti i cannoni pronti a fare fuoco e una numerosa schiera di soldati con un viso carico di odio di chi era pronto a farci fuori per potersi riprendere ciò che noi avevamo sottratto loro solo pochi giorni prima.
<< Teniamo gli occhi aperti, Joe. Questi non hanno l'aria di scherzare stavolta.>> dissi tenendo lo sguardo puntato sul capitano della nave avversaria; lo stesso uomo che Joe aveva legato all'albero maestro e che aveva osato minacciarci di morte se la marina britannica ci avesse catturati. Era evidente che non aveva ancora conosciuto il nostro lato piratesco “ oscuro”. Avevamo una battaglia molto dura da affrontare, composta da almeno 12 cannoni nemici per fiancata e una schiera di soldati britannici armati fino al collo.
<< Bene, avranno quello che cercano.>> mi rispose Joe freddo come il ghiaccio.
<< Uomini, prepararsi a combattere! Caricate i cannoni, pronti a fare fuoco.>> urlai alla mia ciurma che, immediatamente, eseguì i miei ordini. << Scuttle.>>
<< Si, Capitano.>>
<< Mi servi al timone.>>
<< Sissignore.>>
<< Gary.>>
<< Capitano.>>
<< Il nostro ospite. Che nessuno lo tocchi se non vogliono assaggiare la polvere da sparo.>>
<< Agli ordini.>>
<< Virare di prua, mozzi! Facciamo fuori questi damerini.>>
Ci avvicinammo ai contendenti, in modo da poterci guardare e studiare molto da vicino. La tensione era alle stelle; tutti guardavano tutti. Joe, che si trovava sulla rete del parapetto di babordo, teneva la spada in mano e studiava il modo per poter tentare un abbordaggio sulla nave nemica. Io studiavo un modo invece per danneggiare la loro nave.
<< Avete osato oltraggiarci una prima volta, Cortès. Adesso è giunto il momento di pagare il debito, ladra assassina.>>.
Assassina: era già la seconda volta che qualcuno aveva avuto il coraggio di chiamarmi in quel modo.
<< Potete chiamarmi come volete, ma darmi dell'assassina mai, luridi soldatini da quattro soldi.>> gridai tirando fuori la spada, segno che era giunto il momento di dare inizio ai combattimenti.
<< FUOCO!>>
Una palla di ferro partì come un razzo in direzione della fiancata nemica, sfondando l'apertura di un cannone. Da quel momento, un susseguirsi di urla, grida di battaglia e lame che si infrangevano tra loro si alternarono rapidamente nei campi di battaglia galleggianti.
La ciurma si batteva con forza in parti diverse della Gold Treasure: chi sulla prua, chi vicino all'albero maestro, chi vicino al timone. Tutti ,con delle abili manovre di rotazione dell'avversario usando la spada come perno, una tecnica che ci aveva insegnato Joe durante il suo “ soggiorno” da Commodoro a bordo della mia nave, erano riusciti ad atterrarne diversi. Joe si era arrampicato sulla rete e, utilizzando una cima, era riuscito a lanciarsi sulla nave nemica, dove a suon di spada, continuava a difendersi dagli attacchi veloci e potenti dei soldati. Io ero impegnata a constrastare il Capitano, il solo di cui avessi realmente interesse; ero riuscita, come Joe, ad arrivare sulla sua nave e da quando avevo messo piede lì, tra noi era cominciata una battaglia all'ultimo sangue, senza un minimo di tregua per riprendere fiato. Le nostre spade erano incrociate verso l'alto e la forza che impiegavamo nel sopravvalerci avrebbe decretato il più forte.
<< Finirai sulla forca, Cortès.>> disse l'uomo premendo sulla mia spada. Joe, che si trovava lì vicino, atterrò con un calcio l'uomo che stava affontando e si voltò verso di noi, correndomi incontro per darmi una mano.
<< Ehi, quella è la stessa frase che ho detto io quando ci siamo conosciuti, tesoro.>> disse ironicamente.
<< Ancora con questa storia? Ma voi britannici avete delle frasi già pronte da utilizzare nelle occasioni migliori, come quella in cui si cattura una piratessa?!>> risposi seccata, contrabbattendo il Capitano nemico e respingendolo indietro.
<< Ehi, guarda che io sono qui.>> ribattè Joe inserendosi nel duello di spade.
<< Scusami, amore, ma dovevo dirlo!>> risposi sorridendo.
Lanciai indietro il mio avversario, sferrando una sciabolata sulla sinistra, che lui riuscì a parare; cominciò a spingermi indietro sul bordo della nave.
<< Joe, vai.>> urlai al mio ex Commodoro, facendogli capire qual'era il mi piano così, quando lui fu pronto, feci la stessa manovra della ciurma, finendo alle spalle del Capitano, mi volsi verso Joe, dicendogli di fammi saltare, così in una sorta di attacco aereo, atterrai quella specie di uomo che si faceva chiamare John Maiers.
<< Bel colpo, Capitano.>> disse Joe avvicinandosi a me e puntando la spada alla gola del nemico steso a terra. Proprio in quel momento, una cannonata fece rollare la nave avversaria che, nel frattempo stava imbarcando acqua.
<< Non abbiamo tempo da perdere con lui, dobbiamo andare. Qui sta affondando tutto.>> continuò Joe, trascinandomi con se, ma io lo fermai.
<< Prima devo fare una cosa.>> risposi. Tornai correndo dal Capitano che, ancora dolorante, si trovava steso a terra, lo alzai per un colletto e lo portai vicinissimo al mio viso.
<< Questo perchè ricordiate per sempre la lezione.>> dissi e con un pugno dritto sul naso, lo atterrai definitivamente.
<< Non sfidate mai un pirata e, soprattutto: non datemi mai più dell'assassina!>> dissi fredda.
<< Alyssa, dobbiamo andare, presto!>> mi richiamò Joe a sé.
Corsi verso di lui che, nel frattempo, aveva usato una cima per tornare a bordo della Gold Treasure. Aspettai che la cima tornasse sulla nave britannica, l'afferrai al volo e mi gettai per tornare sulla mia nave. In quel preciso momento accadde l'inaspettato.
Uno sparo.
Sentii improvvisamente perdere le forze.
Buio.




POV JOE


Gridai con tutta la forza che mi era rimasta.
Alyssa era stata colpita, le avevano sparato alla schiena.
Proprio mentre si trovava sospesa tra le due navi.
Aveva immediatamente perso i sensi, lasciato la presa della cima ed era caduta a strapiombo in mare, con l'acqua che man mano diventava color sangue. Era stato lui; il Capitano John Maiers aveva osato sparare alla mia donna; era claudicante e con una mano, fermava il sangue che fuoriusciva dal naso, dovuto al forte pugno che Alyssa gli aveva sferrato.
<< Questa è la vera lezione, Capitano Cortès: i pirati devono essere eliminati.>>
<< Capitano!>>
Tutta la ciurma aveva osservato la scena ed era rimasta inorridita; colpire il nemico alle spalle era da vigliacchi. Non appena Alyssa cadde in acqua, tolsi la camicia e le armi che avevo a fianco e mi gettai dalla Gold Treasure per andare a recuperarla.
<< Alyssa, resisti!>> urlai nuovamente prima di immergermi.
Scuttle, nel frattempo, aveva preso la mia pistola e aveva tolto la sicura. Quando vide che John Maiers stava tentando di uccidere anche me, preparando nuovamente il colpo della sua revolver, egli non esitò a sparare, ferendolo a morte davanti agli occhi di tutto l'esercito britannico che, non potendo più contrastarci e con la nave che lentamente si inabissava, cominciarono a prendere le scialuppe e ad allontanarsi a remi dalla nave. Anche la Gold Treasure si era appena allontanata dal luogo dello scontro per evitare di essere risucchiata nel vortice di inabissamento della britannica.
Nel frattempo, avevo trovato Alyssa; ero riuscito a prenderla e ad aggarciarla a me. Riemersi dall'acqua, respirando affannosamente e, con tutte le forze che avevo, cominciai con un braccio a nuotare verso la Gold Treasure, cercando di allontanarmi il più velocemente possibile dalla nave che affondava.
<< Resisti, piccola, siamo quasi in salvo.>>
Scuttle e gli altri mi tirarono una cima, che afferrai al volo, riuscendo a tornare a bordo della nave. Non appena dentro, caddi sfinito di schiena, trascinando con me Alyssa, priva di sensi e un braccio completamente ricoperto di sangue. Tossii tutta l'acqua che avevo bevuto e, aiutato da Gary, riuscii a rimettermi in piedi.
<< Lurido vigliacco! Sparargli alle spalle.>> dissi tra me furioso, avvicinandomi velocemente ad Alyssa e ingiocchiandomi su di lei; lo sparo le aveva colpito la schiena, più precisamente la spalla sinistra.
<< Piccola, apri gli occhi! Sono io, Joe, riesci a sentirmi? Forza, Alyssa, svegliati. Non dargliela vinta a quel verme.>> continuavo a ripetere, cercando di rianimarla ma inutilmente. << Gary, ti prego, fa qualcosa.>> dissi con le lacrime agli occhi. << Dobbiamo salvarla.>>. Gary si avvicinò e la prese in braccio, portandola nella sua cabina. Lo rivedemmo solo 4 ore dopo.
<< Allora?>> dissi impaziente, non appena il medico uscii dalla cabina.
<< E' un vero miracolo che sia ancora viva. La pallottola aveva quasi raggiunto il cuore.>> rispose Gary buio in volto.
Ebbi come un mancamento; avevo quasi visto morire la donna che amavo sotto i miei occhi. Mi ricordai che quella stessa scena l'aveva vissuta anche lei il giorno in cui la salvai dalla sua impiccagione.
<< Posso vederla?>>
<< E' meglio di no, Joe. Ha la febbre molto alta, non deve essere disturbata.>>
<< C-ciurma...c-cosa fate l-li impalati?>>
Ad un tratto una voce di donna.
Alyssa.
Con la spalla, il braccio e l'addome fasciati.
Con la febbre che la rendeva debolissima, a stento si reggeva in piedi.
Non ebbe nemmeno il tempo di completare la frase che si afflosciò sul bordo della porta, scivolando a terra, ansimante. Corsi da lei, prendendola in braccio.
<< Ma sei impazzita! Che cosa ti passa per la testa?>> dissi arrabbiato e la riportai dentro, chiudendo la porta della cabina con un calcio e adagiandola sul letto. Lei non rispose, continuava ad ansimare per la forte febbre e il dolore alla spalla. Presi una pezza, la immersi in una ciotola acqua che Gary le aveva messo accanto al letto, e cominciai a poggiargliela sul viso per poi stenderla sulla fronte. Notai che si era calmata; doveva aver preso sonno. Le accarezzai dolcemente la guancia che scottava e la lasciai riposare, uscendo dalla cabina. Non appena chiusa la porta, Gary si avvicinò a me.
<< Come sta?>>
<< Meglio, adesso. Ma cosa le passa per la testa?>>
<< Conosci Alyssa com'è fatta. Deve aver ripreso conoscenza e ha voluto vedere se la sua nave era ancora intatta dopo la battaglia.>> rispose Gary mettendomi una mano sulla spalla; sospirai. Mi diressi dal resto della ciurma, per constatare non solo i danni che la Gold Treasure aveva riportato, ma anche se vi erano stati dei feriti, fortunatamente nessuno, oltre Alyssa.
Dopo pochi minuti, mi ragginse nuovamente Gary, portandomi in disparte.
<< Si è svegliato.>> mi sussurrò. Sgranai gli occhi: l'uomo finalmente avrebbe avuto un nome e una provenienza. Purtroppo, dato ciò che era accaduto, non ero dell'umore adatto per interrogarlo a fondo.
<< Sono contento che si stia riprendendo, ora però non credo di essere abbastanza lucido per potergli chiedere qualcosa.>> risposi amareggiato.
<< Vuole parlare con te. Mi ha chiesto espressamente chi fosse il comandante della nave e non appena ho fatto il nome di Alyssa, ha fatto una faccia strana, quasi era impallidito. Mi ha chiesto di lei ma gli ho raccontato l'accaduto e quindi mi ha chiesto se c'era qualcuno con cui poteva parlare, qualcuno che fosse vicino al Capitano e qual uomo meglio di te.>> concluse Gary.
Ascoltai il racconto del medico, diventando sempre più sopreso: perchè era impallidito appena Gary aveva nominato Alyssa? Che cosa nascondeva quell'uomo? Dovevo scoprirlo, per il bene del Capitano, così mi convinsi.
<< Devo vederlo, portami da lui.>> e così, insieme, ci avviammo per scoprire la verità sull'ospite della Gold Treasure.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4: RAMON



POV JOE


Mille domande affollarono la mia testa nel momento in cui mi trovai davanti alla porta della cabina in cui era alloggiato il nostro misterioso ospite. Esitai qualche momento prima di bussare; per quale motivo aveva voluto parlare con me? Perchè era impallidito quando Gary aveva pronunciato il nome di Alyssa? Come mai quel ciondolo tanto caro ad Alyssa si trovava sulla sua nave?
Non appena dall'altra parte del muro sentii un fievole “ Avanti”, feci un respiro profondo, ruotai il pomello della cabina ed entrai per incontrare, faccia a faccia, l'uomo dal passato sconosciuto.
<< Buonasera, Quartiermastro.>> cominciò una voce rauca, leggera. Seduto sul letto c'era lui, con le spalle curve, debole. In mano aveva una ciotola di minestra calda che Gary gli aveva portato per cena.
<< Buonasera a voi, signore...>> risposi con altrettanta leggerezza. << Ho saputo che volevate parlarmi, data la condizione del Capitano.>>
<< Si, è così. Vi prego, entrate e, se non vi dispiace, potreste chiudere a chiave la porta, desiderei che questa rimanesse una conversazione privata.>> concluse l'uomo, indicando la porta. Feci quello che mi chiese, rimanendo alquanto sorpreso dalla richiesta. Che cosa aveva da dirmi?
Quando nella stanza regnò il silenzio più assoluto, feci per prendere una sedia a lato del letto e sedermi di fianco a l'uomo che, nel frattempo, aveva posato il piatto sul tavolo accanto e si era sistemato meglio a sedere, in maniera che potesse guardare meglio il suo interlocutore.
<< Vedo che vi sentite meglio, signore.>> esordii accennando un sorriso.
<< Si, grazie, devo dire di essermela vista davvero brutta stavolta.>> rispose lui ridendo a fatica. << Ma non siamo qui per parlare di me adesso. Ho bisogno che mi ascoltiate con molta attenzione.>>
<< Perdonatemi, signore>> lo interruppi. << Ma prima di ciò, ho bisogno di sapere se posso fidarmi di voi. Non so nemmeno chi siete, da dove venite e cosa ci faceva la vostra nave in fiamme in mezzo al mare.>> ribattei.
<< Oh, che sciocco! Non mi sono nemmeno presentato, che maleducato: mi chiamo Ramon Alvarez, sono un alchimista.>>
<< Che cosa?>> ribattei stupefatto. << Siete un mago, uno stregone?>> continuai quasi spaventato.
Ramon cominciò a ridere di gusto, anche se ad un tratto fu costretto a fermarsi per via di una insistente tosse.
<< Non esattamente. Vedete, quartiermastro...>>
<< Chiamatemi Joe, signore.>>
<< Va bene, Joe, e voi chiamatemi Ramon.>>
<< D'accordo...Ramon.>> risposi a fatica.
<< Ad ogni modo, ormai la credenza che noi alchimisti in realtà siamo capaci di usare le arti magiche, da dove vengo io ormai è superata da tanto tempo. Vedo che da queste parti la parola “ chimica” non è ancora stata elaborata.>>
<< Mi dispiace, Ramon, ma noi siamo dei semplici pirati, ci occupiamo di altro e non di quella che voi definite “ chimica”.>> risposi perplesso.
Era un individuo davvero strano.
<< Oh no, caro Joe, in questa nave c'è qualcuno che è molto di più.>> ricominciò Ramon, enigmatico. Per un attimo piombò nuovamente il silenzio, un silenzio che nascondeva una grande storia o forse il più grande dei segreti.
<< C'è un motivo se ho chiesto al dottore di poter parlare con voi, Joe. Ma prima rispondete alla mia domanda: quanto conoscete Alyssa Cortès?>>
Quella domanda mi spiazzò all'istante: era chiaro che conoscessi bene Alyssa, ormai erano ben 4 anni che viaggiavamo sulla stessa nave, imbattendoci nelle avventure più disparate, condividendo qualsiasi cosa in qualunque momento.
<< Che razza di domand...>> ma non ebbi il tempo di finire la frase che Ramon incalzò.
<< Rispondetemi con un semplice si o no.>>
Non ebbi altra scelta.
<< Si, certo.>>
<< Quindi sapete anche del suo passato, non è così?>>
<< Ma certo, Alyssa mi ha raccontato tutto.>> risposi quasi risentito; Ramon mi stava interrogando continuamente, forse perchè voleva essere sicuro che ciò che stava per rivelare sarebbe rimasto al sicuro tra noi.
<< Sapevo che mi potevo fidare di voi: Alyssa non ha mai sbagliato un solo colpo nella sua vita.>> disse sorridendo amaramente Ramon.
Ero confuso: come faceva Ramon a conoscere così bene Alyssa? Che cosa mi stava nascondendo e perchè stava ancora girovagando attorno all'argomento portandomi completamente fuori strada?
Alla fine, quasi esasperato da tutto questo mistero, alzai leggermente il tono della voce per cercare di riportare Ramon al motivo che lo aveva spinto a farci incontrare.
<< Insomma, perchè mi avete fatto venire qua? Sapete che Alyssa non sta bene e di certo non ero dell'umore giusto per sentire le vostre chiacchere, per cui o mi dite ciò per cui mi avete fatto venire oppure ritenete per oggi la conversazione terminata. Non ho tempo da perdere, ho una ciurma da governare e una nave da riparare velocemente.>>
<< D'accordo Joe, però calmati. Capirai tutto al momento giusto, lascia solo che oggi ti racconti questa storia, il resto verrà da sé.
In realtà, prima di essere un chimico o un alchimista, come dite ancora qui, lavoravo a Ronda, in Spagna e più precisamente ero maggiordomo personale della contessina della città, una dolcissima fanciulla dai lunghi capelli neri, sguardo penetrante e dagli occhi azzurri come il mare. Era una gioia per me servirla, solo per poter godere della sua intelligenza ogni volta che la sentivo parlare e della sua dolcezza nei confronti di tutti coloro che lavoravano al servizio del signor Conte, suo padre. E fu proprio grazie alla contessina che cominciai ad interessarmi all'alchimia, all'unione di composti per la creazione di qualcosa di nuovo, inaspettato, a volte anche strabiliante. Avevo accesso alla biblioteca di famiglia durante la notte, quando il signor Conte e la signora Contessa riposavano, di nascosto alla servitù; di questo sono sempre stato molto grato alla contessina. Fu così che, un giorno, mentre la contessina e il signor Conte si trovavano a passeggio per il parco, misi a punto quella che, tra varie sperimentazioni, risultò la mia più grande prova d'alchimista. Ero da sempre stato affascinato dal passato, da ciò che poteva esserci prima di me, di noi, coloro che ci avevano preceduti e sognavo da sempre un modo per tornare indietro nel tempo, affinchè avessi la possibilità di conoscere le civiltà più antiche, poterne studiare usi e costumi e scoprire ciò che al mondo appariva sconosciuto. Per questo realizzai quel ciondolo, intriso di uno strano marchingegno derivante da uno studio alchemico approfondito.>>
Rimasi sbalordito ad ogni parola che Ramon proferiva: tutto mi sembrava sempre più una follia della sua mente. Un ciondolo che permetteva agli uomini di tornare indietro nel tempo, assurdo!
<< E' ridicolo tutto ciò.>> dissi altezzoso, alzandomi dalla sedia e mi voltai per andarmene.
<< Non è ridicolo, Joe. Ti sto dicendo la verità e sai anche perchè.>> riprese Ramon severo; sentivo come una strana sensazione, la mia mente continuava a ripetere che tutto quello che stavo ascoltando aveva del fantastico, dell'abnorme, dell'impossibile. Ma c'era una parte di me che, per qualche strana ragione, aveva ancora desiderio di ascoltare la storia di Ramon, di capire di più sul racconto di questo ciondolo, quando mi resi d'improvviso conto che non avevo ancora capito che il racconto si stava riferendo ad un oggetto conosciuto e ad una persona ben chiara.
<< Dimmi una cosa: è Alyssa la contessina che servivi a Ronda, non è vero? E il ciondolo che abbiamo ritrovato per caso in una trave di legno in mare, vicino alla nave...>>
<< Si, è quello.>>
<< Mio dio...>> dissi passandomi una mano tra i capelli, dandomi del folle a pensare che tutta questa storia potesse avere un senso. << Quindi è per questo che Alyssa dice di aver già visto quel ciondolo?>> ripresi tornando a sedermi, ancora più confuso.
<< Lo ha visto solo una volta ma, per mia fortuna, non è mai riuscita ad utilizzarlo veramente. Lo ha solo provato.>> rispose Ramon, riprendendo il racconto della sua incredibile storia.
<< All'inizio tenni questa scoperta per me, non volevo che altri ne venissero a conoscenza per farne un utilizzo sbagliato, ma una notte mi trovavo nella cantina della casa dove tenevo i miei esperimenti quando, senza che me ne accorgessi, la contessina Alyssa entrò di soppiatto e mi domandò cosa fosse quel bellissimo ciondolo che tenevo accanto a me. Tentai di distrarla da quell'oggetto raccontandole una storia falsa ma sai com'è Alyssa, più astuta di una volpe, non vi credette mai. Così decisi di raccontarle tutto, come avevo fatto a crearlo e a cosa serviva. Ma quando lei insistette per provarlo, fu lì che ebbi la prova che quell'oggetto che avevo creato non era solo fantasia ma realtà. Improvvisamente mi ritrovai di nuovo solo nella cantina ed esattamente due minuti dopo accadde nuovamente la scena appena avvenuta. Fu allora che pensai di farlo sparire, prima che la contessina si mettesse nei guai, visti già i difficili rapporti con il signor Conte suo padre a causa della sua “ età da marito” e quindi dell'imminente matrimonio con un ricco dignitario. Non volevo cambiare il corso della storia, non adesso che avevo la possibilità di utilizzare quell'oggetto solo per scopi di studio. Ma le cose non andarono come previsto.>>
<< Alyssa ha rotto i suoi rapporti con il padre poco dopo, non è così?>> ripresi.
<< Purtroppo si e da quel giorno le cose non furono più le stesse in casa. Il signor Conte cominciò a diventare sempre più burbero, isolato e scontroso. Non voleva vedere nessuno, cominciò a trascurare i suoi doveri fino a quando la moglie non si ammalò gravemente e nel giro di pochi mesi morì di polmonite.>>
Rimasi senza parole; Alyssa aveva perso sua madre tempo fa ma lei non lo sapeva. Pensai a cosa avrebbe potuto provare se avesse saputo tutto quello che Ramon stava raccontando a me.
<< Santo cielo, e suo padre?>> incalzai sperando in una risposta più positiva.
<< E' il motivo per il quale ero in viaggio.>> rispose Ramon. << Il Conte è partito mesi orsono ormai e nessuno ha più saputo nulla di lui. Temo che gli sia successo qualcosa di brutto e non voglio che Alyssa, pur così lontana, perda anche l'ultima persona cara della sua famiglia. Suo padre non ha mai accettato il fatto che Alyssa avesse abbandonato casa ma ha sempre avuto un affetto per lei al di sopra degli altri. Non ha mai perso la speranza di ritrovarla e chiederle perdono, di potersi riappacificare. Per questo mi sono sentito in dovere di trovare, ancor prima che lui, sua figlia. Per poterle consegnare ciò che lei aveva già scoperto e di usarlo per ciò che è giusto: se lei impedisse a se stessa quella scenata al ballo, forse la sua vita e la vita di suo padre sarebbe andata in maniera molto diversa. >> concluse Ramon, bevendo dell'acqua, affaticato da tutto quel parlare.
Rimasi in silenzio a pensare; come avrei fatto a raccontare tutto questo ad Alyssa? Dirle che sua madre era morta e suo padre era partito alla ricerca della figlia e che le sue tracce si erano perse da tempo, e che l'unico modo per salvare la sua famiglia era quello di affrontare un assurdo viaggio nel tempo per tornare al tempo della sua giovinezza, impedire il litigio con suo padre e, forse, rinunciare alla sua vita da delinquente.
<< Lo sai che Alyssa potrebbe prendersela con te, non è vero? Perchè in tutto questo tempo non hai cercato dei contatti con lei? >> dissi sussurrando all'uomo che, nel frattempo, si era alzato le coperte del letto.
<< Avevo paura.>> rispose Ramon. << Paura che non volesse sapere la verità e che non volesse sapere nulla della sorte della sua famiglia. Ma da quanto vedo, credo di aver fatto un grosso errore.>>
<< Finchè non si sarà ripresa, tutta questa storia resterà tra noi. Nessuno dovrà sapere chi sei realmente e che legame c'è tra te e Alyssa. Qui nessuno conosce il suo passato, eccetto me.>>
<< Per questo eri l'unico a cui potevo raccontare tutta la verità senza essere preso per folle.>>
<< Beh, diciamo che non è facile credere a ciò che racconti.>> risposi perplesso. << Ad ogni modo, è meglio che vada a vedere come sta Alyssa.>> dissi e mi alzai dalla sedia.
<< Grazie, Joe.>>
<< Per cosa?>>
<< Per avermi capito.>>
Accennai un movimento con la testa.
Aprii la porta per uscire ma una sorpresa mi aspettava davanti alla porta.
Alyssa, poggiata allo stipite della porta esattamente come qualche ora prima, questa volta però con le lacrime agli occhi, si teneva il braccio dolorante e ansimava per la forte febbre. Ostinata e cocciuta come sempre, a stento si reggeva in piedi. Fece un passo ma si accasciò su di me mentre l'afferravo al volo. Alzò il viso e una lacrima le scivolò sul viso, una lacrima amara.
<< Ramon...>>
<< Contessina...>>
<< Dopo tutto questo tempo...>>
<< Non è mai tardi per rimediare ai proprio errori...>>

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***



 
CAPITOLO 5

Oggi è un dono, per questo si chiama " Presente"




POV JOE


<< Contessina...>>
Ramon allungò lentamente la mano, cercando il contatto con la sua piccola Alyssa, ormai divenuta donna. Non appena le dita dell'uomo le sfiorarono il braccio, ella con un gesto si ritrasse, perdendo quel poco equilibrio che possedeva, scivolandomi dalle braccia e cadendo a terra, stremata a causa della ferita che la rendeva molto debole. Aveva lo sguardo di chi si era stato ferito e abbandonato al suo destino:
<< N-non toccarmi.>> disse Alyssa dolorante, continuando a tenere fisso lo sguardo su Ramon che,nel frattempo, si era lentamente alzato dal letto in cui si trovava, nel vano tentativo di soccorrere Alyssa; lei indietreggiò quasi strisciando a terra, si appoggiò allo stipite della porta e con fatica si tirò su.
<< Contessina, vi prego. Abbiamo bisogno di voi, ora più che mai.>>
<< Non sono più contessa, Ramon. Io sono il capitano di questa nave, sono un pirata, chiaro?>> rispose lei quasi piangendo.
Le faceva male rivedere i fantasmi del suo passato ma le faceva altrettanto male contrastare il presente.
<< Perchè sei tornato adesso, Ramon? Se ci tenevi così tanto a me, avresti potuto cercarmi quando sono fuggita di casa, avresti potuto aiutarmi a far ragionare mio padre tanti anni fa. Ma non l'hai fatto. Non voglio più saperne di te, della mia famiglia, di mio padre. Voi avete spento tutti i sogni di una ragazza che non chiedeva altro che la sua libertà! E tu, Joe, mi meraviglio di te...>>
A quell'affermazione restai spiazzato. Non ebbi nemmeno il tempo di controbattere che Alyssa si voltò e, tenendosi al muro, si avviò verso la sua cabina. Fui costretto ad abbandonare Ramon che rimase a fissare la porta, chiaramente scosso dalle parole che aveva appena udito.
<< Alyssa, aspetta. Alyssa, Alyssa!!>> tentai più volte di fermarla ma senza successo. Attraversammo velocemente tutta la nave, sotto gli occhi stupiti dell'equipaggio, che tentava di capire cosa stesse succedendo. Non appena giunse nella sua cabina, Alyssa scivolò a terra nuovamente per il dolore e ansimando, tentò di ritirarsi su da sola, utilizzando uno sgabello. Appena varcata la soglia, cercai di aiutarla ma lei, ancora una volta, mi spinse via.
<< Lasciami Joe! Non ho bisogno del tuo aiuto.>>
<< Alyssa, devi ascoltarmi.>>
<< No, adesso sei tu che ascolti me.>> rispose lei, riuscendo a rimettersi faticosamente in piedi e continuando a sostenersi per non cadere nuovamente, poggiò entrambe le mani sul tavolo e respirando affannosamente, mi guerdò dritto negli occhi.
<< Per tutta la vita ho vissuto nel senso di colpa, la mia anima è stata lacerata dalle ombre del mio passato che ogni notte di ogni momento della mia esistenza hanno avvolto il mio cuore! Poi sei arrivato tu: la mia ancora di salvezza, l'unico porto sicuro in cui approdare senza paura di essere giudicata, di essere comandata; mi hai detto tante volte che il passato non poteva essere cambiato, che avrei dovuto guardare al presente, vivere a pieno quei momenti di felicità che per tanto tempo mi erano stati negati. Ho creduto ad ogni tua parola perchè mi fidavo di te e perchè sapevo che finchè sarei stata al tuo fianco la mia strada avrebbe seguito la giusta rotta. Adesso? Non solo rinneghi le tue stesse parole, in più ascolti i racconti di un vecchio pazzo che ha cercato di scoperchiare tutto quello contro cui lotto da sempre!>>
<< Ramon non è un vecchio pazzo, Alyssa, lo sai meglio di me! E poi nessuno di noi ha mai pensato di doverti mettere di fronte a ciò che ti fa più male.>>
<< Joe, mio padre è disperso in mare, mia madre è morta! Pensi che questo non mi faccia male?>>
<< Fa più male cercare di negare l'importanza che hanno per te. Alyssa, non devi nasconderti dietro un muro, so che tuo padre ti ha ferita, che Ramon ti ha abbandonata, che hai sofferto molto ma adesso forse è arrivato il momento di rimediare a tutto il dolore che ti lacera.>>
<< E' molto più complicato di così, Joe, e sinceramente, non ho voglia di parlarne adesso.>>
<< Invece si, Alyssa. Se non mi dici qual'è realmente il problema, non saprò mai come aiutarti.>>
<< Perfavore, Joe, non adesso. Ti prego, ho bisogno di stare da sola.>>
<< Alyssa...>>
<< Ti ho detto di andartene via!>> urlò lei battendo violentemente le mani sul tavolo, che la costrinsero a sedersi sullo sgabello.
Rimasi interdetto. Era una donna cocciuta e testarda, che quando si metteva in testa una cosa, era difficile schiodarla dalla sua decisione.
<< Va bene, Alyssa, fa come vuoi!>> risposi alterato. << Hai deciso che il tuo dolore marcirà dentro il tuo cuore? Bene, non sarò io ad impedirtelo. Fa come meglio credi, ma ricorda: stai commettendo due volte lo stesso errore, poi non dire che non ti avevo offerto una via di fuga dall'inferno in cui sei voluta rimanere.>>
Detto questo, mi girai di spalle e a passo svelto, mi richiusi la porta della cabina alle spalle, lasciando Alyssa ai suoi pensieri.






POV ALYSSA


Non appena la porta della cabina si richiuse, scoppiai in un fragoroso pianto liberatorio. Perchè non riusciva a capire? Un misto di rabbia e dolore riempivano le lacrime che scorrevano sul mio viso. Mi alzai dallo sgabello, incurante della mia ferita, e in preda alle emozioni più disparate, feci cadere tutto ciò che si trovava sul tavolo: bicchieri, carte nautiche e bussole. Ogni cosa che incontravo al mio passaggio veniva scaraventato violentemente in una parte della stanza. Mi gettai sul letto e continuai a piangere per diverso tempo fin quando, stremata, mi addormentai senza forze, lasciandomi dietro tutti gli avvenimenti accaduti.
Mi risvegliai quella stessa notte, nel silenzio più assoluto: la ciurma era andata a riposare dopo una giornata di lavoro; ero sola, con tutti i pensieri che affollavano la mia testa. Mi alzai lentamente dal letto e mi misi a sedere, strofinandomi gli occhi per mettere meglio a fuoco ciò che mi circondava: avevo praticamente distrutto tutto; a terra cocci di ceramica e pezzi di vetro di bottiglia, libri per metà aperti e rovesciati in basso, altri sospesi sulla sedia in bilico sul tavolo, bussole con il puntatore piegato e distorto.
Ma che diavolo ti è saltato in mente!” pensai tra me e me guardando quello scenario infernale; tutta quella situazione mi faceva reagire in modo sconsiderato e impulsivo. Era il mio modo di comunicare la devastazione della mia anima: dal nulla, da un giorno all'altro, nella mia vita era riapparso il passato oscuro, quello da cui ero sempre fuggita e che in quel momento tornava a perseguitarmi senza tregua; poi Joe, che non capiva l'effettivo problema che cercavo di dirgli con altre parole, nella speranza che tanti anni trascorsi insieme gli avessero insegnato a leggere quella mappa complessa che era il mio cuore.
Immersa tra un pensiero e l'altro, un piccolo bagliore attirò la mia attenzione: era nascosto sotto uno dei libri caduti e rovesciati. Mi alzai e lentamente mi avvicinai all'oggetto, scostai il libro e notai che a brillare era il famoso ciondolo che aveva dato inizio a tutta quella storia. Lo presi tra le mani e mi sedetti in ginocchio ad osservarlo: era come se splendesse di luce propria, come se irradiasse realmente qualche strano potere. Lo strinsi forte tra le mani e, rimandendo in quella posizione, portando al cuore il ciondolo, cominciai a piangere nuovamente: l'immagine di mio padre e di mia madre facevano capolinea nella mia testa e più continuavo a pensare a loro, più stringevo forte quel ciondolo che sembrava essere l'ultimo legame che mi era rimasto con la Contessina Alyssa. In quel momento capii che forse le parole di Joe potevano essere quella verità che mi ero negata per tanto tempo. Avrei dovuto parlare con lui e avrebbe dovuto ascoltarmi.




POV JOE


Quella notte non riuscì a prendere sonno. Non facevo altro che voltarmi continuamente da una parte all'altra del letto; una quantità smisurata di pensieri invadevano la mia mente. Mi stressava così tanto rimanere sdraiato che alla fine decisi di alzarmi e dirigermi in coperta. Appena arrivai sul ponte della nave, una ventata di aria fresca mischiata all'odore del mare mi rasserenarono. Mi sedetti sui gradini che conducevano al timone e guardai l'orizzonte scuro della notte; la mia testa vagava per altri mari, molto più burrascosi della tavola blu in cui navigavamo. Non potevo fare a meno di pensare ad Alyssa; l'avevo lasciata alle sue emozioni tutto il giorno, non avevo avuto più nessun contatto, nessun modo di vedere se stava meglio o se era riuscita a smaltire tutta la rabbia e il dolore che l'affligevano. Non avevo mai litigato con lei così duramente ma in quel caso sentii di aver fatto la cosa giusta: doveva rendersi conto da sola dell'errore che stava commettendo. Mentre riflettevo su tutto questo, intravidi nel buio un'ombra che a passo lento si avvicinava verso di me: era quasi zoppicante, faceva fatica a muoversi e da questo capii chi era il soggetto che stava venendo verso di me. Quando mi si fermò davanti, nessuno dei due proferì parola; continuavamo a guardarci negli occhi, senza mai distogliere lo sguardo l'uno dall'altro.


POV ALYSSA


Era giunto il momento di chiarire la faccenda. Mi armai di tutto il coraggio che possedevo in corpo per cominciare a proferire le prime incerte parole.
<< Come stai?>> dissi per rompere quel ghiaccio che c'era tra noi. Era una domanda stupida e senza senso, ma fu l'unica cosa che mi venne in mente per iniziare una conversazione. Joe sospirò profondamente.
<< Potrei rivolgerti la stessa domanda.>> mi rispose lui freddo. Deglutii e presi un bel respiro.
<< Non sto bene, se è questo che vuoi sentirti dire.>>
<< Lo so, ma non sarò io a costringerti a parlarne, te l'ho già detto.>> disse Joe. Lui fece per alzarsi ma d'istinto lo afferrai per un braccio, trattenendolo.
<< Mi dispiace per ciò che è successo oggi...>> ripresi, attirando la sua attenzione. << Mi dispiace per aver reagito così male, per averti offeso e per tutta una serie di mie reazioni impulsive. Io mi trovo in questo momento in una situazione limite, difficile da affrontare. Mi sento come se il mondo cominciasse a precipitarmi sulle spalle, che il terreno solido su cui poggiavo i piedi, adesso non ci fosse più. Io sono confusa, Joe.>> dissi e pian piano i miei occhi si riempirono di lacrime. << Hai ragione, hai ragione su tutto quello che hai detto. Si, mi mancano i miei genitori, al solo pensiero che non rivedrò mai più mia madre mi sento impazzire! Vorrei poter abbracciare mio padre e dirgli quanto, dopo tutti questi anni e dopo tutto ciò che è accaduto, ancora gli voglia bene.>>
<< E allora di cosa hai paura? Che cosa ti trattiene ancora in questo limbo di dolore?>> disse Joe infervorato, piantandosi di fronte a me e tenendomi il viso.
<< Tu, amore mio.>> risposi secca e una lacrima mi scivolò sulla guancia, bagnandogli la mano.
<< Cosa stai dicendo?>> commentò Joe interdetto da quelle parole.
<< Si, Joe. Affrontare il mio passato significa cambiare inevitabilmente il mio presente; questo vorrebbe dire abbandonare la mia vita e rischiare di perderti per sempre. Potrei non averti mai incontrato, potrei non aver mai intrapreso la vita da pirata, vorrebbe dire tornare ai fasti e alle corti nobiliari. Io non posso e non voglio che questo accada.>> dissi con la voce rotta dal pianto, guardando Joe dritto negli occhi. Lui rimase immobile per qualche secondo, ma d'un tratto mi tirò a sé e mi strinse forte tra le sue braccia. Rimanemmo così per diverso tempo, senza proferire alcuna parola; lui cominciò a baciarmi la fronte dolcemente, mi accarezzò i capelli e lasciò che mi sfogassi per liberare tutte le tensioni e le emozioni che mi avevano dominato.
<< Perchè non me ne hai parlato subito?>> ricominciò lui con voce calda.
<< Sono troppo orgogliosa per sfoderare subito ciò che provo.>> risposi sorridendo amaramente.
<< Alyssa, piccola mia: tu non devi negare ciò che sei perchè è questo che ti rende la donna che amo e che amerò per sempre, ma non puoi lasciare che l'unica possibilità che ti è stata data per rimediare agli errori del passato sfugga così, come un lampo nel cielo. Dobbiamo provarci, dobbiamo rischiare altrimenti vivrai per sempre con il rimorso di non averci neanche tentato. Alyssa, se decidessi di farlo, lo faremo insieme, come abbiamo sempre affrontato tutto. Non devi lasciare che io sia il tuo ostacolo perchè sarò sempre e comunque al tuo fianco. Combatterò, lotterò per te ogni giorno e in ogni momento. Il nostro presente sarà anche il nostro futuro, questa è una promessa.>>
<< Joe, promettimelo.>>
<< Dovessero uccidermi e gettarmi in pasto agli squali se non dovessi mantenerla.>>
Detto questo, Joe mi baciò con passione, stringendomi a sé, più forte che mai. Gettai le braccia al suo collo e lasciai che mi trascinasse il quel vortice smisurato d'amore, accompagnato dal soave scrosciare delle onde che rendeva tutto ancora più magico. Mi prese in braccio e, continuando a baciarmi, mi portò nella mia cabina ancora devastata da ciò che avevo fatto; chiuse a chiave la porta e mi portò dritta sul letto. Nel giro di poco tempo, ci ritrovammo immersi nella meravigliosa danza della passione che teneva stretti i nostri corpi, rendendoli un solo unico essere. Avevamo sofferto entrambi ed era giunto il momento di abbandonarci al sentimento più grande che ci rapiva. In cuor mio sapevo che in fondo stavo per fare la scelta giusta; stavamo per intraprendere un viaggio che ci avrebbe riportati a dove tutto ebbe inizio e a rivedere quei fantasmi che ben presto sarebbero scomparsi per sempre dalla mia vita.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6

PROMESSE







 
POV JOE


Un piccolo raggio di sole penetrò nella cabina alle prime luci dell'alba, che delicatamente mi sfiorò il viso, destandomi dalle braccia di Morfeo che mi aveva catturato. Un'atmosfera silente e tranquilla nello scenario di distruzione che Alyssa aveva provocato, in preda alla rabbia e al dolore. Aprii lentamente gli occhi e, quando fui in grado di mettere a fuoco l'ambiente in cui mi trovavo, girai la testa e vidi Alyssa che dormiva profondamente, lasciandosi stringere tra le mie braccia, con la testa e la mano poggiate al mio petto; era l'immagine più dolce che avessi visto negli ultimi tempi. Era bella come una dea: una donna dalla bellezza disarmante, i suoi lunghi capelli neri le coprivano parte del braccio e le correvano giù per la schiena nuda, rivelando la sua meravigliosa femminilità che di solito cercava di nascondere tra le vesti di capitano. Il suo corpo era perfetto, delicato come le ali di una farfalla. La vedevo finalmente cedere ad un piccolo momento di serenità; quella notte ci eravamo abbandonati l'uno all'altro nella speranza di poter alleviare tutti i pesanti fardelli che ci portavamo dietro. Accennai un piccolo sorriso; più la guardavo e più mi rendevo conto di quanto fossi fortunato ad avere accanto a me una donna come lei che, nascosta dietro la maschera della spavalda delinquente, celava la fragilità di un cuore che aveva solo bisogno di essere amato incondizionatamente e di essere protetto dalle ombre oscure che lo predavano. Le diedi un leggero bacio sulla fronte che la fece appena muovere. Sorrisi nuovamente senza staccarle gli occhi di dosso. Lei fece un piccolo sospiro, segno che il risveglio era ormai prossimo. Aprì debolmente gli occhi e dolcemente alzò lo sguardo verso di me, dove i miei occhi incrociarono i suoi.
<< Non volevo svegliarti.>> le dissi sussurando. Lei sorrise delicatamente senza proferire parola; si limitò ad accoccolarsi meglio a me, poggiando la testa nell'incavo della mia spalla, lasciando che potessi stringerla ancora di più. Portò la sua mano sulla mia guancia e l'accarezzo delicatamente così mi voltai a guardarla e la baciai con dolcezza. Restammo in silenzio per un lungo, indeterminato tempo. Ad un tratto, lei cercò la mia mano, la incrociò alla sua e la strinse forte.
<< E' così bello svegliarsi sapendo che ci sei tu ad aspettarmi.>> mi rispose lei con un filo di voce. A quelle parole, la strinsi forte a me, dandole un bacio sulla testa e le cominciai ad accarezzare i capelli.
<< Passerei tutta la vita a guardarti dormire, amore mio. Più passano i giorni e più mi rendo conto di come tu mi abbia letteralmente stregato. Ti amo, delinquente.>>
<< Ti amo anche io, più della mia stessa vita.>>
Ancora un bacio, e poi un altro. Poi, allontanandosi dalle mie labbra, lei voltò lo sguardo verso l'oblò della cabina e sospirò.
<< Come vorrei che questo momento non finisse mai.>> disse, diventando cupa. Si staccò lentamente da me ma prima che potesse alzarsi, la fermai per un braccio.
<< Andrà tutto bene. Abbiamo affrontato centinaia di pericoli e niente ci ha ostacolato. Non ci fermerà neppure questo.>> le risposi e le accarezzai la guancia. Lei sorrise, mi baciò la mano e andò a vestirsi pronta per affrontare ciò che ormai era deciso: tornare a Ronda e cambiare il suo destino.


POV ALYSSA


Non riuscivo a nascondere la paura e l'inquietudine che albergava nel mio cuore; e questo Joe lo aveva capito molto bene. Uscii dalla cabina, investita dalla meravigliosa brezza marina che soffiava sul ponte della Gold Treasure, e presi in mano il fatidico ciondolo che ci avrebbe condotti indietro a Ronda, alla corte del Conte Alejandro Cortès. Joe mi raggiunse di li a poco.
<< Sei pronta?>> mi chiese.
<< Non sarò mai pronta per questo ma diciamo che devo farlo ad ogni costo.>> risposi quasi ironicamente. << Dobbiamo essere preparati a tutto, Joe.>>
<< Sta tranquilla, tesoro. Conosco le buone maniere, sarò un perfetto pretendente alla tua mano.>> rispose lui per smorzare la tensione.
<< Senti un po', prode cavaliere d'Inghilterra, vedi che sono un osso duro da conquistare.>>
<< Ah davvero? Contessa Alyssa...>> cominciò lui e, baciandomi la mano, fece una riverenza molto ben eseguita. << La vostra beltà è pari solo allo splendore della luna in una notte stellata. Concedetemi l'onore di portarvi sotto braccio. Sarà un vero piacere.>>
Sorrisi di nascosto; dovevo ammettere che non se la cavava per niente male.
<< Siete davvero galante, Joe, sono tentata di accettare il vostro invito.>>
<< Hai visto che ti ho conquistata?>> rispose Joe ridendo e vantandosi di avermi sedotta in poco tempo. Io gli diedi uno schiaffo sul braccio, quasi offesa. << Ahi, ma cosa ho fatto?>>
<< Sei il solito rubacuori.>>
Scoppiammo in una risata fragorosa che ci riportò alla realtà.
<< E' arrivato il momento di far visita a Ramon.>> riprese ancora Joe che, prendendomi per mano, mi portò dall'uomo che ci avrebbe aiutato in questo viaggio.
Arrivammo davanti alla porta della sua cabina; avevo lasciato Ramon con lo sguardo di chi si era sentito ferito e allo stesso tempo dominato dai sensi di colpa per gli errori del suo passato. Sospirai.
<< Ci siamo...>>
Bussai.
Nessuna risposta.
Provai ancora, un po' più forte della prima volta.
Ancora silenzio.
<< Ramon. Ramon siamo noi, Joe e Alyssa, apri la porta, dobbiamo parlarti.>> disse Joe cercando di richiamare l'attenzione dell'uomo al di là della porta. Nulla.
<< Forse dorme.>> risposi; ero inquieta, troppa calma dentro quella cabina.
Provai a girare il pomello della porta e improvvisamente si aprì, segno che non era mai stata chiusa a chiave. Non appena essa si spalancò, trovammo Ramon straiato a terra, in stato di totale incoscienza; accanto a lui un fazzoletto, macchiato di sangue.
<< Ramon!>> urlai, gettandomi sul corpo dell'uomo. Tentai di rianimarlo; lo strattonavo, lo schiaffeggiavo mentre piangevo in preda al panico. << Apri gli occhi, Ramon, ti prego! Sono io, la tua piccola Alyssa, guardami ti supplico.>>
<< Vado a chiamare Gary.>> disse Joe e in un lampo sparì. Continuai ancora i miei tentativi di rianimare quel corpo inerte sulle tavole di legno della nave; non doveva morire, non poteva andarsene anche lui. D'un tratto, un flebile gemito fece capo nelle mie orecchie. Sollevai Ramon fino a portarlo a sedere, poggiato su di me; respirava a fatica.
<< Contessina...>> disse con un filo di voce ma io lo interruppi, mettendogli una mano sulla bocca.
<< Non affaticarti. Adesso Gary ti curerà e starai bene.>> risposi fingendo un mezzo sorriso impastato di lacrime di dolore. Lui alzò la mano tremante fino a sfiorarmi la guancia, per asciugare le lacrime che scendevano copiose.
<< Sono malato, contessina, mi resta ben poco da vivere. L'unica cosa di cui mi pento della mia vita è quella di non avervi cercata prima; vi avrei vista crescere e diventare la meravigliosa donna che siete oggi. Perdonatemi, Alyssa, vi chiedo umilmente perdono.>>
<< No, Ramon, non hai nulla di cui scusarti. Mi dispiace tanto di essere stata così dura con te; ti ho ferito nel momento più bello, quando invece di odiarti avrei dovuto abbracciarti e ringraziarti per non esserti dimenticato di me.>>
<< Come potevo farlo, contessina? Non me lo sarei mai perdonato.>> rispose e tossì ripetutamente, macchiandosi di sangue. Nel frattempo giunsero Joe e Gary che presero Ramon e lo portarono sul letto; Gary lo visitò rapidamente.
<< E' malato di tubercolosi.>> furono le sue uniche parole.
Rimasi impietrita. Ebbi un improvviso cedimento di gambe, che mi costrinsero a tenermi alla parete della cabina per non perdere l'equilibrio
<< Quanto gli resta?>> chiese Joe gelato.
<< Poco..>> rispose Gary sospirando.
Non avrei potuto accettare di vederlo andare via senza combattere per poterlo salvare. Mi avvicinai nuovamente a Ramon e gli strinsi la mano.
<< Tu non morirai, dovesse essere l'ultima cosa che faccio. Io e Joe vogliamo intraprendere quel famoso viaggio, voglio cambiare il mio destino e cambierò anche il tuo. Te lo prometto.>> dissi tutto d'un fiato. Ramon strinse la mia mano e sorrise debolmente.
<< Non preoccupatevi per me, contessina. Prendete il ciondolo.>> rispose. Eseguii subito i suoi ordini. << Per poter tornare a Ronda, voi e Joe dovete premere insieme questi due simboli.>> e indicò con il dito la decorazione del ciondolo. << dovete poi farlo oscillare da destra a sinistra e pensare il nome del luogo e il tempo in cui volete andare e lui vi porterà lì in un momento.>> concluse Ramon sospirando per la fatica. Non gli diedi nemmeno il tempo di finire di parlare che afferrai Joe per una mano e, capendo immediatamente le mie intenzioni, eseguimmo le istruzioni dateci da Ramon.
<< Un' ultima cosa: non interferite troppo negli avvenimenti del passato. Potrebbero influenzare in maniera negativa il vostro presente.>>
<< Sta tranquillo, faremo attenzione.>> rispose Joe sorridendo amaramente.
<< Ti salveremo, Ramon, è una promessa.>> continuai ferma nella mia decisione.
Un bagliore accecante ci avvolse in un attimo; tutta la cabina in cui ci trovavamo sembrò sparire nel nulla, insieme con Gary e Ramon. Sentii come una fortissima folata di vento che ci avvolse in un turbine e improvvisamente venimmo risucchiati verso il basso, come se le tavole di legno in cui poggiavamo si fossero volatilizzate nel nulla.


POV JOE


Era una sensazione stranissima; non capivo più cosa stesse succedendo e dove mi trovassi. D'un tratto mi sentii mancare la terra sotto i piedi ed ebbi la sensazione di cadere nel vuoto. In quegli attimi che sembravano eterni pensai al nome del luogo in cui eravamo diretti: “ Ronda, portaci a Ronda” continuavo a ripetermi in testa per distrarmi da tutto quel trambusto che stava accadendo. Improvvisamente tutto si fermò e caddi di netto al suolo. Alyssa cadde alla stessa velocità sopra di me, provocandomi un dolore atroce alla schiena.
<< Che dolore...>> dissi strizzando gli occhi. << Devo dire che come mezzo di trasporto, non ci siamo proprio. Tesoro, mi stai schiacciando..>> continuai verso Alyssa che, nel frattempo, aveva lentamente alzato lo sguardo verso di me.
<< Scusami, davvero!>> rispose lei imbarazzata, alzandosi in un attimo. Mi aiutò a rimettermi in piedi e cominciammo a guardarci attorno; eravamo atterrati in un boschetto desolato, l'unica cosa che si percepiva era il cinguettio degli usignoli e lo scorrere dell'acqua, segno che dovevamo trovarci vicino ad un piccolo torrente o un fiume. Alyssa si guardava attorno; i suoi occhi erano persi nella maestosità della natura.
<< Riconosci questi luoghi?>> le domandai avvicinandomi. Lei tenne lo sguardo fisso su ciò che stava guardando.
<< Non li ho mai dimenticati...>> riprese lei e un sorriso amaro le comparve in viso << Che strano effetto mi fa essere di nuovo qui.>>
<< Bentornata a casa, contessina.>> le risposi prendendole la mano; le feci una riverenza e un baciamano.
<< Andiamo, Joe. Sono sempre il capitano della Gold Treasure, non una madamigella frivola da quattro soldi.>> mi rimproverò lei ridendo.
Improvvisamente lo strepitio degli zoccoli di un cavallo; qualcuno si stava avvicinando. Alyssa mi prese la mano e mi trascinò dietro un fitto cespuglio.
<< Nessuno deve vederci. Almeno non per ora.>> riprese lei mantenendo l'assoluto silenzio. La seguii a ruota e restammo in ascolto. Due voci fecero capolinea alle nostre orecchie: una donna e un uomo. La donna aveva una voce sottile, quasi fanciullesca, segno che doveva essere ancora in giovane età. L'uomo invece aveva un tono più scuro, graffiato, ma allo stesso tempo caldo. I due soggetti si avvicinarono verso di noi al galoppo, tra le risa di chi stava passando un pomeriggio di spensieratezza.
<< Forza, padre. Altrimenti vincerò io, di nuovo.>> disse la ragazza. Alyssa d'un tratto si irrigì.


POV ALYSSA


Riconoscevo quella voce.
Mi irrigii di botto. Cominciai a respirare affannosamente. Temevo di sentire la voce dell'uomo che accompagnava la ragazza.
<< Sono vecchio, bambina mia. Anche il mio cavallo si rifiuta di andare più veloce.>> rise lui.
<< Non inventatevi queste scuse, che quando volete sapete gareggiare seriamente.>>
<< Allora vuoi la vera competizione? Bene, signorinella, al galoppo!>>
I due soggetti si allontarono velocemente a cavallo. Joe si voltò a guardarmi ma ciò che trovò fu solo uno sguardo perso nel vuoto e delle mani tremanti.
<< Alyssa, che succede?>>
Non risposi.
<< Che ti prende? Hai conosciuto qualcuno?>>
Non risposi ancora.
<< Alyssa! Chi erano quelle persone?>> urlò lui per riportarmi alla realtà ma l'unica cosa che ottenne fu che mi voltai con le lacrime agli occhi pronunciando una sola, fatidica frase.
<< Io e mio padre.>>

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