Enchanted Night

di Summerbest
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I Fantasmi Del Mio Passato ***
Capitolo 2: *** Nelle Braccia Di Morfeo ***
Capitolo 3: *** Nulla E' Cambiato ***
Capitolo 4: *** Fuga Dalla Realtà ***



Capitolo 1
*** I Fantasmi Del Mio Passato ***


Salve!!! Ecco il primo capitolo della mia nuova fan fiction fantasy! Voglio avvertire che se vedrò che non piacerà molto la mia fan fic allora non la continuerò, perciò please lasciate qualche commento!
XOSummerbestXO


§ PROLOGO §



Basta! Non è necessario urlare! La sua testa pulsò come mai prima d’ora, sentiva il dolore atroce penetrarla. I suoi occhi eppure rimasero fissi nei suoi, sfidandoli ancora per l’ennesima volta. Credi di potermi cambiare? Ti sbagli, menti solo a te stesso.
“dammi la mano!”
ordinò violento, il polso stretto con forza. Altre lacrime che scendevano dai suoi occhi. Le rigavano l’innocente e dolce viso da ragazza, che tanto lo aveva incantato tempo fa. Ora non più, adesso basta, la mano si alzò veloce, puntava verso la guancia. Qualcosa, però, lo fermò, e lo fece cadere a terra, privo di conoscenza, che cosa ho fatto?


§ CAPITOLO 1 §

I Fantasmi Del Mio Passato



Cara Josephine,
so che quando leggerai questa lettera io non ci sarò più, so anche che molto probabilmente io sarò per te solo un brutto ricordo, non siamo mai andati molto d’accordo. Mi è sempre dispiaciuto litigare con te, dopotutto non siamo molto diversi, dev’essere questo il motivo principale delle nostre liti, volevamo avere ragione entrambi. Non far leggere questa lettera anche a tua madre ed a tuo padre, loro la brucerebbero come gli altri miei cimeli. Perciò, ti prego, tienila come ricordo. Sono solo poche righe, giusto per dirti che ti voglio bene, anche quando sembrava che volessi solo impedirti di vivere la tua vita, lo facevo per il tuo bene. Portami con te, nel tuo cuore, piccola, io starò sempre con te.
Il Tuo Caro Nonno Joseph Kyle Browning


Ripiegai la lettera con cura, prima di metterla al sicuro dentro la tasca dei jeans. Diedi un’occhiata intorno a me, tutti gli oggetti da portare via erano impacchettati, quelli che invece rimanevano qui erano stati coperti con dei teli. Sospirai prima di raccogliere da terra il mio zaino nero e mettermelo in spalla. Ancora un ultimo sguardo e poi chiusi la porta, lasciandomi alle spalle gli ultimi giorni dei mesi in cui credevo di aver finalmente dimenticato quello che si celava nella vecchia casa, la casa di Glasgow, quella in cui stiamo tornando per ricominciare tutto da dove era stato interrotto. Al pian terreno era rimasta ancora mia sorella Vanessa, che inutilmente tentava di trascinare fuori di casa la sua enorme borsa, contenente una profumeria intera. Alzò lo sguardo affaticata, incrociando il mio.
“non stare ferma lì! Aiutami!”
mi disse mollando di scatto il borsone, che toccò rumorosamente il pavimento in marmo. Sbuffando scocciata, la raggiunsi, con uno sforzo enorme riuscii ad alzarlo da terra, e, naturalmente senza l’aiuto di Vanessa, lo trascinai fuori di casa. Mia madre era già comodamente seduta nel sedile accanto al finestrino che ci guardava arrivare. Mio padre finiva di caricare gli ultimi borsoni, lo raggiunsi portando quello di Vanessa.
“sbaglio o è diventato più grande dall’ultima volta che l’avevo scaricato?”
domandò, io sorrisi e gli diedi una mano a farlo entrare nel portabagagli, missione quasi impossibile. Dopo qualche spinta ci riuscimmo, entrando anche noi in macchina. Fui costretta a sedermi accanto a mia sorella per tutto il viaggio, e mentre lei si limava per la dodicesima volta le unghie, io tirai fuori il mio I-Pod, ascoltando musica per tutto il viaggio. La mia storia parte da questo momento, precisamente da quando rimisi piede nella mia vecchia dimora a Glasgow. Era Gennaio, e quando aprii la portiera per scendere venni avvolta dal freddo tipico dell’inverno. La casa era esattamente come l’avevo lasciata, e così sembrava anche la città. Non era una vera e propria villa, però ci andava vicina, nessuna piscina (per il dispiacere di Vanessa), ma un’enorme biblioteca (per il mio piacere). Mio padre, Edwin Browning, era a capo dell’azienda omonima, la Browning Corporation, perciò i soldi non ci mancavano. Mia madre invece, Rosalie Mary Lovejoy, era un’arredatrice d’interni, e mia sorella l’aiutava nel lavoro. Io invece avevo 17 anni, penultimo anno al liceo classico Mayrose, non immaginate quanto lo detestavo. Era una scuola principalmente per ricconi, quindi trovare un amico vero in quel mucchio era come cercare un ago in un pagliaio. Anche se un amico di cui potevo fidarmi c’era, Josh. Lavorava nel supermercato dove di solito andavamo a fare la spesa, e tra uno scaffale e un altro avevamo fatto amicizia. Questo i miei non lo sapevano, a mio padre non interessava la mia vita sociale, ma mia madre, oddio ne avrebbe fatto un caso di stato. Per loro le uniche amiche che avevo erano Marilyn e Maggie, due figlie di papà che non sapevano nemmeno quanto faceva 2 più 2, ma che se si trattasse di conoscere gente saprebbero anche dirti anche a che ora il tuo vicino di casa si lava i denti. Parlavano con me solo per i miei soldi, e nonostante ogni volta dicessi loro espressamente che non le sopportavo, mi ridacchiavano in faccia e continuavano a starmi dietro. Mia sorella Vanessa, naturalmente, faceva parte di quel gruppo di gente senza cervello, solo che lei si interessava di più a gente di sesso maschile, piuttosto che a gente in generale.
“Josephine! Dai una mano a tuo padre!”
come al solito chi doveva scaricare tutto e portarlo in casa eravamo io e papà. Una volta messo piede dentro fu come fare ritorno a quei giorni vuoti del passato. Lasciai l’ultima scatola nell’atrio, e poi percossi le scale, quasi in uno stato di trance, fino a raggiungere la mia camera. Aprii la porta lentamente, uno scricchiolio e misi piede dentro. Incrinai leggermente le labbra in un sorriso alla vista del mio disegno di quando ero piccola ancora posto in bella vista nel comodino. Era coperto di polvere, vi soffiai sopra levandola via, e rimasi a vedere la mia famiglia disegnata con i pastelli. Lo misi nel cassetto, prima di posare lo zaino sul letto, ancora coperto dal telo bianco di quando l’avevo lasciato. Levai gli altri teli dall’armadio, dallo specchio e dal comò. Aprii lo zaino e ne estrassi alcuni miei oggetti, che riposi con cura nei loro appositi cassetti. Poi riscesi giù per prendere la borsa contenente i miei abiti, notai subito che il pian terreno era vuoto. Confusa chiamai prima mia madre, poi mio padre, ed anche mia sorella, nessuna risposta.
“ciao”
mi salutò una voce dietro le spalle, facendomi sobbalzare. Era Josh! Lo abbracciai sorridente.
“Josh! Da quanto tempo!”
mi sciolsi dall’abbraccio, rimanendo a fissarlo negli occhi, quasi come se fosse una visione, una bellissima visione.
“come facevi a sapere che sarei tornata oggi?!”
domandai stupita.
“ho un intuito speciale per queste cose... e poi ho visto la vostra macchina parcheggiata qui fuori”
scossi la testa dandomi della stupida, logico, aveva visto la macchina...
“noto con piacere che la casa non è cambiata”
mi mossi per la stanza, perlustrando curiosa la zona.
“la famiglia che vi ha abitato durante la vostra assenza è rimasta per soli due mesi..”
mi spiegò, seguendo il mio incedere per la casa. A quelle parole però lo guardai confusa.
“ma come.. una casa così bella e chiccosa come questa rimasta occupata per soli due mesi?”
domandai, imitando il tono altezzoso di mia madre. Josh rise raggiungendomi.
“se non hai troppa paura di narrerò il motivo..”
mi sussurrò, con tono di voce spettrale, risi indietreggiando.
“lo sai che non credo nei fantasmi vero?”
“in questo caso non si tratta di fantasmi, beh non proprio..”
continuò con voce bassa.
“allora di cosa si tratta?”
chiesi con lo stesso tono di voce, un po’ prendendolo in giro ed un po’ curiosa. Aveva tutta la mia attenzione in quell’istante.
“beh, tutto è...”
“Josh Peacock, che piacere”
fummo interrotti dalla voce smielata e falsa di mia sorella, che con il cellulare in mano ci fissava con sguardo truce. Josh era l’unico ragazzo che aveva rifiutato le sue avances, e questo a mia sorella non era mai andato giù.
“Vanessa... credo che sia meglio che vada, sai ho una cosa, lì.. ehm da fare, ciao”
mi diede un lieve bacio sulla guancia, prima di sparire di fretta nel freddo clima di Gennaio.
“complimenti, l’hai fatto scappare”
la beffeggiai, superandola e raggiungendo il borsone contenente i miei vestiti. Mi guardò con biasimo, continuando a premere i tasti del cellulare.
“che ci posso fare se è troppo bambino per i miei standard?”
feci per ribattere ma fui interrotta da mio padre che portava dentro le ultime borse. Già pronto ad interrompere la lite sul nascere.
“calma ragazze, vi ricordate cosa vi abbiamo detto prima di tornare qui?”
annuimmo in contemporanea, “niente litigi, niente insulti, fate le brave”, come potevamo dimenticare le regole di casa Browning? Regolarmente infrante quando i genitori non erano presenti. La superai sbuffando infastidita, prima di raggiungere nuovamente camera mia, questa volta con la borsa caricata in spalla. La posai nel letto, aprendola ed iniziando ad esaminare i miei vestiti, ed a riporli con attenzione nell’armadio. Come presi una maglia di colpo cadde a terra una busta, contenente probabilmente una lettera. La presi e l’aprii, all’interno vi era un ciondolo con una pietra color blu cobalto, bellissima, e poi una lettera, attentamente piegata. Davanti vi era scritto “da aprire solo al momento giusto”, confusa fui tentata di aprirla, poi però vidi la firma di chi me l’aveva mandata, nonno Joseph Kyle Browning, puoi anche firmare solo “nonno”, lo avevo rimproverato più volte, “un Browning è sempre fiero del suo cognome!”, mi rispondeva sempre. Se quello era un suo volere allora doveva avere un significato per forza. I miei genitori lo chiamavano sempre “quel pazzo”, ma io sapevo che c’era sempre un fondo di verità nei suoi discorsi. All’apparenza poteva pure sembrare che nonno Joseph non sopportasse avere gente attorno, che adorasse la vita solitaria, ma io sapevo che adorava quando lo venivo a trovare. E non era una coincidenza che il mio nome fosse così simile al suo, “così avevamo la certezza che saresti stata speciale come il nonno”, mi disse mio padre quando gli domandai il motivo. Almeno quella era l’opinione che aveva prima che il nonno decidesse di rompere i ponti con la famiglia e passare mesi e mesi in solitudine. Le cose erano cambiate, ed in peggio...
“Josephine! Vieni il pranzo è pronto!”
la voce di mia madre mi risvegliò dai miei pensieri, avevo passato così tanto tempo persa nella mia mente? Ancora in parte assente, scesi le scale, ripensando alle parole di mio nonno, da aprire solo al momento giusto, d’obbligo erano le domande, quale momento? Perché in quel momento? E soprattutto, perché io?


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Capitolo 2
*** Nelle Braccia Di Morfeo ***


Salve! Ecco il secondo capitolo, ringrazio Lucky_Didi e nikoletta89 per aver recensito sono felice che vi piaccia! Buona lettura!


§ Capitolo 2 §

NELLE BRACCIA DI MORFEO



Sento la tua voce dentro di me,
il tuo dolce e persuasivo richiamo,
sai che così non può funzionare,
devo lasciarmi dietro tutto,
come una stupida illusione,
ciò che è fatto è fatto,
rimarrà nel mio pensiero per sempre,
impresso nella mia mente,
come fuoco che arde nel mio cuore pentito,
non si può cancellare, ma si può andare avanti,
e tu puoi aiutarmi, help me.


Mentre tornavo nella mia stanza per riposare mi tornarono in mente le parole di Josh, non potevo credere alle sue fandonie, ma in quel caso la curiosità aveva la meglio, infatti intendevo farmi narrare la storia il giorno dopo. Adesso dovevo pensare a riposare prima del mio ritorno nella scuola Mayrose, il solo ricordo di tutta quella gente altezzosa che invadeva l’atrio mi fece venire una morsa allo stomaco dall’ansia. Decisi di impormi di non far caso ai loro sguardi, anche se la notizia che “la figlia del famosissimo direttore della Browning Corporation è tornata” di certo sarà il piatto del giorno. Sedendomi sul letto l’occhio mi cadde nuovamente sulla lettera di mio nonno, la presi e la rigirai tra le mani, tastandone il contenuto. Cosa intendeva per momento giusto? Al collo indossavo la collana appena regalatomi da lui, la slegai e la presi tra le mani. Poi la riposi al sicuro in uno dei cassetti del comodino accanto al letto. Mi cambiai velocemente, lasciandomi poi cullare dal caldo tepore delle coperte. Spenta la luce la stanza sembrava dello stesso cupo umore che mi attanagliava in quel momento. Lentamente chiusi gli occhi abbandonandomi alle braccia di Morfeo.

Buio, subito dopo una flebile luce illuminò la vuota stanza. Al centro d’essa una giovane bambina fissava il pavimento con sguardo vacuo. La pelle marmorea ed i riccioli dorati che cadevano dolcemente sulle spalle. Sembrava una bambola in dimensioni realistiche. Mi avvicinai piano a lei, sembrò non accorgersi della mia presenza.
“ehy! Come ti chiami?”
chiesi. Alzò lentamente lo sguardo, ma non incontrò il mio, semmai si volse verso la finestra. Con un piccolo saltello scese dalla sedia in cui era comodamente seduta. La mancina andò a posarsi sul vetro. Io seguivo i movimenti della piccola senza intralciarla,era come se non fossi veramente lì, una mia proiezione che assisteva a questa strana scena, apparentemente estranea a me. La bambina fissava fuori dalla finestra, quando un rumore la costrinse a voltarsi, facendola sobbalzare.
“non è niente”
provai a tranquillizzarla, venendo ancora una volta ignorata. La porta si aprì rivelando un uomo che entrò spedito, andando precisamente verso la giovane. Le prese violentemente il polso, accostandola di più a se.
“non farlo mai più, sai quanto mi costa nascondere tutto?! E tu mi ripaghi così?! Mettendoti in mostra!”
il tono di voce era furioso, la bambina lo fissava con sguardo vitreo. L’uomo le diede uno schiaffo, lei non ne fu per niente colpita, anzi, continuò a sfidarlo con lo sguardo. In quel preciso istante si voltò verso di me, non mi sorrise, ne mi fulminò con lo sguardo, ma fu come se mi avesse appena ferita, o colpita con qualcosa.
“ah!”
sentivo una stretta al cuore, sul viso angelico della piccola comparve un ghigno malefico. L’uomo accanto a lei, la strattonò costringendola a guardarlo.
“lei è qui! lei è qui, vero?”
dal tono di voce sembrava spaventato, lei annuii. Allora egli si voltò, incontrando il mio sguardo, ma potevo capire da come si muoveva nella stanza che non riusciva a vedermi.
“vattene! VATTENE!”
urlò, la piccola si mise l’indice davanti alle labbra, suggerendomi di far silenzio, seguii il suo consiglio, rimanendo immobile e zitta nell’angolo, piano piano iniziai a svanire nella stanza...

Mi svegliai di soprassalto, veloce cercai la lampada, nel tentativo disperato di far tornare la luce nella mia camera. Premetti il tasto, accendendola, sospirai sollevata quando riuscii a vedere chiaramente ogni mobile presente nella stanza. Che cosa mi succedeva? Perché ero così agitata? Era solo un incubo, la fronte era pregna di sudore, ed il cuore mi batteva all’impazzata, eppure era tutto così reale, così dannatamente reale! Mi lasciai cadere nuovamente nel letto, fissando preoccupata il soffitto. Dovevo parlarne con qualcuno, decisi di raccontare tutto l’indomani a Josh, compresa la lettera ed il ciondolo. La lettera!
“dove l’ho messa?!”
cercai freneticamente nei cassetti, fino a ritrovarla, accanto al ciondolo. Presi entrambi, per una strana ragione, sentii l’impulso irrefrenabile di aprire la busta. Qualcosa mi spingeva a leggerla, sentivo che il momento era quello, quindi veloce ruppi la busta estraendo il foglio.

Sapevo che l’avresti aperta subito dopo il primo sogno, come dissi tempo fa, la fiducia va riposta solo nelle persone giuste, e tu sei una di quelle. Non aver fretta di capire tutto in un attimo, dai al tempo il compito di farti comprendere quello che sta accadendo. Questa è solo una delle lettere che una volta lette di aiuteranno a svelare questo mistero, ma prima di iniziare devo avvertirti, in questo viaggio dovrai mettere da parte tutti i legami logici, tutte le cose razionali in cui in questi anni hai riposto la tua vita. Non chiederti come, ma piuttosto chiediti e ora? Vai avanti, non deludermi, piccola, fai quello che è più giusto. Il tuo primo compito è andare lì, si proprio lì, nella casetta che ti costruii per il tuo quarto compleanno, lì ti attende l’altra lettera, ma sbrigati, perché non sei l’unica a compiere questo viaggio. Questo è solo l’inizio...
Il Tuo Caro Nonno Joseph Kyle Browning


lasciai andare la lettera, che raggiunse il pavimento con lentezza. Accanto a me, il ciondolo iniziò a brillare, lo presi e vidi che mostrava la casetta dove mi aveva raccomandato di andare mio nonno. Solo l’inizio...


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Capitolo 3
*** Nulla E' Cambiato ***


Salve! Dopo un enorme pausa (scusate!!) torno con il terzo capitolo, buona lettura e lasciate qualche commento please^^


§ Capitolo 3 §

NULLA E’ CAMBIATO



Mi alzai presto, erano ancora le tre del mattino. Quel giorno che doveva rendermi ansiosa per il ritorno a scuola era andato in secondo piano, adesso la mia mente era intenta a rivivere ogni istante di quel sogno così confuso ed anche così strano. Scesi le scale con i pensieri rivolti ad altro, dovevo andare in quella casetta, dovevo anche parlare di tutto questo con Josh, ed anche... andare nella sua tomba, da nonno Joseph. Troppe cose che avrei dovuto far coincidere con l’inizio della scuola, a cosa mi serviva poi?? Quando la mia vita era già così confusa, non mi servivano proprio altri problemi di natura sociale o scolastica. Per questo però mi ero alzata presto, adesso sarei andata nella casetta, poi se avanzava tempo nella tomba di mio nonno, e poi a parlare con Josh durante il tragitto verso scuola. Con un po’ di fortuna sarei riuscita a far tutto in poco tempo. Mi misi un paio di jeans ed una t-shirt, prima di uscire, presi veloce il giubbotto nero, in modo da potermi riscaldare, faceva freddo! Con attenzione chiusi la porta di casa, in modo da non farla sbattere e da non svegliare nessuno, l’andito era ancora spoglio, ed un colpo sarebbe rimbombato per tutta la casa svegliando tutti quanti. Una volta fuori iniziai a correre, erano solo le tre, ma per ogni possibile imprevisto avrei rischiato di perdere tempo, quindi dovevo muovermi. Non sapevo nemmeno cosa mi attendeva lì, sbrigati, perché non sei l’unica a compiere questo viaggio, mi ricordai parte della lettera, chi altro stava compiendo il mio stesso viaggio? E di quale viaggio si trattava? Ero sempre più confusa, non capivo che cosa stava accadendo. Perché?
Mi fermai di botto, ero arrivata. Gli alberi spogli decoravano il vecchio cancello arrugginito, intorno alcune piante ormai alla fine dei loro giorni erano poste accanto al muretto in mattoni che circondava il luogo. Aprii con cautela il cancello, rivelando parte del mio passato. Adoravo quel posto, ci passavo intere giornate con mio nonno. Ogni cosa adesso era rovinata, ma ai miei occhi era come se non fosse mai cambiata. Se per molti quell’albero laggiù era un semplice tronco privo di foglie, per me era l’albero di Mr.Timmins, sorrisi rendendomi conto di ricordare ancora il suo nome.


FLASHBACK

”nonno! Nonno!”
chiamavo più volte, un volto anziano si girò verso di me, le rughe segnavano il peso dell’età che incombeva su di lui. Con sguardo affettuoso e pieno di premura mi raggiunse, lo stesso sguardo di sempre.
“Josy! Scendi subito dall’albero”
non era preoccupato, né aveva un tono da rimprovero, era più un consiglio che un ordine. Questo era uno dei motivi per cui non era visto molto di buon’occhio da parte dei miei genitori, soprattutto da parte di mia madre. Mio nonno assecondava ogni mia idea, seppur folle, a volte pure aiutandomi.
“no, nonno. Vieni tu su!”
gli dissi, alzandomi sul ramo con le mie piccole gambe, ed aggrappandomi al ramo più su, con le gracili braccia mi diedi una spinta, raggiungendo un livello più alto del precedente, mentre ridacchiavo vedendo mio nonno che non poteva raggiungermi.
“dai, ora scendi, puoi farti male”
questa volta c’era un ombra di preoccupazione nel tono di voce. Interruppi la mia scalata, per fissarlo.
“perché posso farmi male? Quassù ci sono i miei amici uccellini, e poi gli alberi sono buoni”
esclamai, con l’innocenza che solo un bimbo può avere. Nonno Joseph si avvicinò di più a me, abbassando la voce.
“ma Mr.Timmins non è buono”
lo guardai non capendo.
“Mr.Timmins?”
chiesi, raggiungendo il ramo che coincideva con il busto di mio nonno. La curiosità prevalse il mio animo da scalatrice.
“si, Mr.Timmins, non sai chi è?”
scossi la testa come diniego.
“è un castoro, ma non uno buono, detesta le bambine disubbidienti, se ne trova una se la mangia in un boccone!”
finì la frase iniziando a farmi il solletico, mi dimenai ridendo. Con un salto poi raggiunsi il terreno.
“forse è solo un castoro tanto solo che vuole un amico con cui giocare, e non avendolo passa il tempo a spaventare i bambini”
esclamai, fissando il tronco dell’albero con un velo di compassione nei confronti del castoro. Nonno Joseph s’inginocchiò raggiungendo la mia altezza e fissandomi negli occhi.
“solo perché è ancora piccolo, il futuro gli riserverà buoni amici, non preoccuparti”
mi disse, prendendomi la mano per condurmi nuovamente verso casa...


FINE FLASHBACK


con un sorriso che illuminava il mio viso, raggiunsi il centro del vecchio parco pubblico, la casetta. Feci scorrere la mano sul legno consumato della porta. Poi con uno scatto si aprì, riportandomi ancora una volta nel passato. Tutto ciò era strano ed al contempo bellissimo.
“ehy tu!”
una figura uscì veloce dalla casetta, spingendomi di lato in modo da poter uscire dalla porta principale. Indossava un mantello nero, era l’unica cosa che ero riuscita a vedere. Lo fissai scappare quando, nella mano, notai che teneva qualcosa, una lettera! scattai all’inseguimento, oltrepassai persino la scuola, rendendomi conto solo dopo che l’orario doveva essere volato. Quando persi di vista il misterioso individuo, controllai l’orologio, scoprendo di essere in preciso orario per l’inizio delle lezioni. A malavoglia mi diressi verso l’entrata della scuola, la lettera avrebbe dovuto attendere...


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Capitolo 4
*** Fuga Dalla Realtà ***


Salve! Ecco il capitolo numero 4, un ringraziamento a chi legge ed anche a victoriavandort per aver recensito il cappy precedente! Buona lettura e please lasciate un commentuccio^^


§ Capitolo 4 §

FUGA DALLA REALTA’



Ero la notizia del giorno, la ragazza sulla bocca di tutti, la giovane studentessa sparita ed ora ritornata. Potevo immaginare quante storie fossero girate sul mio conto, i pettegolezzi erano pane quotidiano in una scuola così borghese. Tutti quegli sguardi puntati su di me... dire che mi sentivo a disagio era minimizzare. Cercai di concentrarmi su qualcos’altro, di cambiare i pensieri, e per fortuna venne Josh in mio soccorso.
“ehy! Bentornata all’inferno!”
scherzò, cingendomi con un braccio. Mentre insieme ci avviavamo verso la classe di storia, le occhiate non cessavano, anzi, erano sempre più persistenti e sfacciate.
“fatevi gli affari vostri! Non avete mai visto una ragazza?!”
gli urlò contro. Il problema non sparì, ma almeno questa volta gli sguardi erano più discreti.
“grazie”
sussurrai a Josh, mentre facemmo il nostro ingresso nella classe. La situazione non cambiò, solo che uno sguardo più “pericoloso” si aggiunse alla massa. La ragazza si alzò dal suo banco per raggiungermi, lunghi capelli castani, mossi, sguardo pesantemente truccato, lunghissime ciglia, ed un alone di forte chanel che avverte ancor prima di notare la sua presenza.
“Josy, carissima, da quanto tempo!”
mi sorrise, avvicinandosi di più per darmi un bacio nella guancia, rimasi ferma, impacciata. Un tempo tutto quello era un abitudine quotidiana, mi potevo anche considerare un po’ una di quelle viziate, soprattutto quando avevo l’abitudine di passare le giornate con gente come lei. Ma adesso, ora tutto sembrava solo un ricordo, non ero intenzionata a tornare indietro, a ricommettere gli stessi sbagli di prima. Marilyn mi guardò senza capire quando vide la mia reazione impacciata, cercò di sdrammatizzare con un sorriso.
“Josy? Sono io, Lin, ricordi? La tua amica”
amica, che parola esagerata per definire una persona che ti considera solo per i soldi di tuo padre. Marilyn si faceva chiamare da tutti Lin, poiché definiva le abbreviazioni molto “alla moda”, e Mary era già l’abbreviazione di metà scuola che aveva un nome simile. Cercai di assumere un aria felice.
“si, certo! Lin, che piacere!”
mi abbracciò, soffocandomi con l’alone di profumo, ricambiai l’abbraccio nel modo meno impacciato che mi potesse uscire.
“vieni con me, saltiamo la lezione e passiamo un po’ di tempo con le ragazze, saranno felici di rivederti!”
la Josy di un tempo avrebbe accettato senza pensarci, ma ora era diverso.
“non posso saltare la lezione, in un certo senso è come se fosse il primo giorno per me”
le spiegai, ricevendo un occhiata di disappunto.
“mmm.. sei cambiata.. almeno un salutino al gruppo? Dai, il professore non è ancora arrivato!”
sapevo che non si sarebbe arresa tanto facilmente, annuii seguendola per il corridoio, prima facevo questo giro di vecchie amicizie e prima avrei potuto accantonare questo momento spiacevole per pensare ad altro. Le ragazze che mi accolsero erano tutti visi resi anonimi dal lungo arco di tempo che era passato. L’unica che riconobbi con facilità fu Maggie, la stupida di turno, devota servitrice di Merilyn, non vedevo l’ora di andarmene da lì.
“te le ricordi? Jess, Giselle, Maggie, Lucy, ricordi?”
dal tono che usava pareva stesse parlando con una affetta da un’amnesia, più che ad una semplice ragazza di ritorno da un lunghissimo viaggio. Camuffai ad ogni nome, con un “ma certo! Mi ricordo di te!”, riuscendo a superare il test egregiamente. La campanella suonò nuovamente, mi sarei dovuta sbrigare o avrei perso la lezione.
“io.. devo andare!”
esclamai dopo un momento d’imbarazzato silenzio, che cosa avrei dovuto dire a tutte quelle mie ex amiche?! Non vedevo l’ora di rifugiarmi tra le righe del libro di storia, non perché amassi quella materia, più che altro perché era l’unico modo per non pensare ad altro.
“aspetta! Non ci racconti niente su cos’hai fatto in questo periodo d’assenza?”
mi domandò Maggie, ricevendo l’assenso da parte di tutto il gruppo. Accidenti!
“che ne dite se ne parliamo dopo la lezione?”
chiesi loro, si scambiarono uno sguardo, per poi rispondermi con un coro di “no, adesso!!”. Non avevo via di scambio, Lin mi prese per il polso con l’intento di portarmi nuovamente tra loro.
Quel tocco smosse qualcosa in me, la stanza iniziò a girare, i visi diventarono sfuocati, non riuscivo più a capire niente, un immagine s’introdusse nel cerchio delle ragazze, una bambina, la bambina del sogno!! Mi indicava, mi faceva cenno di seguirla, con un lacerante dolore alla testa compietti pochi passi verso di lei.
lui è poco lontano, dell’oscurità è il sovrano..
iniziò a canticchiare quella melodia, io l’ascoltavo confusa, cosa voleva dire? Che il Lui in questione fosse il ladro della lettera?
sentirti lui può, ma farti del male non può...
quindi ero al sicuro? La bambina scosse la testa, poteva sentire ciò che pensavo? Annuì, si poteva..
da solo non è, sempre più vicino a te...
allora cosa devo fare?
raggiungi il buono e domanda “come sopravvivo?”
lui ti risponderà come scampare al cattivo...

avevo ancora un sacco di domande da porle, ma la bambina non mi lasciò il tempo di farne altre, poiché svanì in un attimo. Il mal di testa passò, ed io mi ritrovai a terra, circondata da Marilyn e le altre.
“si sta svegliando!”
squittì una di loro, subito tutti quegli occhi pesantemente truccati furono puntati su di me. Feci per alzarmi, ma Maggie mi respinse a terra.
“stai qui, sta arrivando il dottore della scuola”
cosa?! Io stavo bene, ed avevo pure una cosa da fare, più importante della scuola o di qualsiasi altra cosa. Mi liberai della stretta di Maggie, alzandomi in piedi.
“ma cosa ti succede? Chi sei? Che fine ha fatto la nostra amica Josy?”
mi domandò Marilyn, posizionandosi davanti a me, ostruendomi il passaggio.
“ha capito chi è veramente, lasciandosi alle spalle il passato e tutti i suoi errori”
le spiegai brevemente, superandola e correndo fuori di lì. Probabilmente al ritorno a casa avrei ricevuto una bella ramanzina, ma sul momento non ci pensai, non avevo idea nemmeno del tempo che mi rimaneva per fare tutto quanto! Non sapevo nemmeno cosa fosse esattamente questo “quanto”!
“Joh! Dove corri?”
mi apparve davanti Josh, spaventandomi a morte, dovetti trattenermi dall’urlare.
“ora non te lo posso spiegare, ma cerca una scusa convincente per i professori, okay?”
gli domandai, scrutando i corridoi alla ricerca della più giusta strada da percorrere per andarmene via senza incontrare qualcun altro.
“agli ordini capo!”
mi rispose, tornando dentro la classe. Ero fortunata ad avere un amico come Josh, pensai, prima di riprendere la corsa, ancora poca strada ed avrei scoperto qualcosa di più su ciò che mi stava accadendo, ancora un po’ di strada ed avrei scoperto il mio destino...

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