love cursed

di ester1991
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** l'inizio di tutto ***
Capitolo 2: *** Incontro con il Destino ***
Capitolo 3: *** Mozzarella ***
Capitolo 4: *** Regina ***
Capitolo 5: *** Leonessa o preda? ***
Capitolo 6: *** Il Luna Park ***
Capitolo 7: *** La Zingara ***
Capitolo 8: *** Principe Oscuro ***
Capitolo 9: *** Al ladro! ***
Capitolo 10: *** Messaggio. ***
Capitolo 11: *** Cuore di vetro. ***
Capitolo 12: *** Zeus ***
Capitolo 13: *** Anime d'inchiostro. ***
Capitolo 14: *** Il segreto della famiglia Blais. ***
Capitolo 15: *** Terra & Fuoco. ***
Capitolo 16: *** Margherita ***
Capitolo 17: *** Virus ***
Capitolo 18: *** Prescelta ***
Capitolo 19: *** Crisalide ***
Capitolo 20: *** Crisalide ***
Capitolo 21: *** Riflesso ***
Capitolo 22: *** Speciali. ***
Capitolo 23: *** Eroe ***



Capitolo 1
*** l'inizio di tutto ***


L'INZIO DI TUTTO.

Mi ricordo ancora tutto di quella notte di metà novembre, quella in cui nacqui.

L'aria era fredda e gelida, troppo perché fosse solo una semplice notte di novembre.

Da dentro la pancia di mia madre sentivo il fruscio del vento che muoveva incostantemente gli alberi, facendo sbattere le controfinestre contro i muri delle case accanto alla mia.

Sentivo dentro una strana sensazione, sapevo che stava per accadere un qualcosa d'importante: stavo per venire al mondo.

All'improvviso sentii una forza che mi spingeva, muovendomi verso il basso. Due mani forti mi aiutavano a uscire dalla mia casa, dal mio rifugio, verso l'ignoto. Mi feci coraggio, chiusi gli occhi.

Li riaprii, ancora titubante e spaventata e... vidi tutto!

La prima cosa che apparve davanti ai miei occhi fu il volto sfigurato di una donna, travolto da lacrime di gioia, dolore e sudore, con i capelli spettinati ed incolti, che le ricadevano sulla fronte bagnata.

Tuttavia, era una donna di una bellezza ineguagliabile.
La chioma leonina bionda e riccia incorniciava un paio di occhi verdi scintillanti, accompagnati da folte ciglia lunghe e nere di sotto le quali c'erano due labbra rosse, da cui nasceva un sorriso bianco e smagliante.

"Ciao Emily! Benvenuta a casa" , riuscì a dire mia madre, "sei bellissima... ", mi sussurrò.
Lei fu la prima persona che mi fece sentire bene; la prima che sentii di amare fin da subito, incondizionatamente ed indipendentemente da tutto e da tutti.

Non eravamo da sole, però.
Nella stanza, infatti, vi era una donna di colore con un grembiule e un vestito che sembrava di altri tempi. Insieme a lei un uomo, in divisa bianca, stava mettendo via gli strumenti di lavoro dentro ad una borsa in pelle nera.

" Miss Anna, potrei vedere la piccola Emily? ", chiese la donna in tono dolce, umile e premuroso.

Mia madre, esausta dal lungo e doloroso parto, rispose "Certo, Amelia", porgendomi alla signora.

"Per cortesia lavala. Molto delicatamente! ", disse poi, mentre mi guardava con occhi sognanti.

" Naturalmente, signora ", ribatté la governante, portandomi nel bagno accanto alla camera dov' ero appena nata.

Non appena fui pulita, tornai tra le braccia di mia madre che non smetteva di baciarmi e coccolarmi, dicendomi che ero la cosa più bella del mondo e della sua vita.

Mentre ero in braccio a madre, analizzavo la stanza in ogni minimo dettaglio, in ogni minimo angolo.

La camera era un azzurro spugnato e sprizzava da tutte le mattonelle un profumo di antico e di nobile.
Era ammobiliata con con uno stile ottocentesco che conferiva una realita' di nobiltà antica, ma persistente.

La cosa che catturò totalmente la mia attenzione fu un'opera d'arte. Aveva colori tetri: raffigurava una foresta di notte brulicante di vita, ma l'elemento che m'incuriosì di più fu una strana palla gialla, la fonte di luce del quadro: la luna!

Anche se ero appena nata e non avevo visto nulla di quel mondo, così vasto per una bimba come me, fu la cosa più bella che io avessi visto, anche se non era vera; più bella e splendente di mia madre! Un elemento che mi catturò da subito l'anima e l'attenzione.

All'improvviso, con foga, entrò nella camera un uomo di bell'aspetto, con capelli lunghi e bruni che ricadevano sulle spalle larghe e robuste.

Dalle braccia di mia madre passai a quelle di mio padre, il quale fu sorpreso quando mi vide. La nostra somiglianza era mostruosa, eravamo due gocce d'acqua: stessi occhi verdi, stesso naso e stessa espressione.

Senza perdere troppo tempo, mi girò per vedere un qualcosa sulla mia schiena.

Dopo avermi analizzato accuratamente, parlò con mia madre, " Anna è come temevamo. Nostra figlia ha il marchio della dannazione! ", disse allarmato, con il viso in fiamme, per la rabbia e paura.

A quelle parole, dette con tono duro e preoccupato, mia madre scoppiò in un fiume di lacrime, senza parlare perché troppo sconvolta e impaurita.

Fui subito portata in uno studio, dove vi era odore d'incenso e di sigari alla menta. In un angolo della stanza, appollaiata sopra una poltrona, una vecchia zingara, silenziosamente, cominciò, a studiarci.

La donna aveva lunghi capelli bianchi, pelle ruvida e raggrinzita. Indossava un vestito di colore viola acceso, decorato da numerosi campanelli e simboli antichi, appartenenti di una magia nera, che non si era persa nel tempo, una magia forte e potente, ma allo stesso tempo molto pericolosa, forse troppo.

Mio padre si rivolse alla vecchia con tono implorante, " Ti prego cura mia figlia! La mia Emily ha il segno della dannazione eterna. Farò qualsiasi cosa la possa aiutare; sono pronto a qualsiasi cifra o sfida. Non ci sono problemi, basta che tu la salvi... " le disse, sconvolto.

La donna, a quelle parole, si alzò e mi prese in braccio.

Mi guardò, squadrandomi dagli esili e piccoli piedini alla testolina.
Aveva degli occhi grigi e freddi che congelavano chiunque osasse guardarli.
Mi rivolse un sorriso a cui non potei che rispondere.

La zingara disse: " Vostra figlia è forte e sono sicura che sarà una donna intelligente e potente, come ce ne sono poche. Ahimè, sente già il richiamo della sua specie. E' già legata spiriticamente con la madre della sua razza: la Luna! Mi dispiace, non possiamo fare nulla. Bisogna solo attendere e sperare di sbagliarci. Solo il tempo potrà darci la risposta che cerchiamo, mi scuso nuovamente... " sospirò, in tono solenne.

"Dio mio, non c'è un antidoto? " controbatté mio padre, speranzoso.

La zingara sbottò sprezzante, "Ricordati che è colpa tua e della tua famiglia, se ora il sangue del tuo sangue si trova in questa situazione! Vi dovreste vergognare. Voi avete portato il diavolo da un posto desolato ormai dimenticato in questa casa, in questa città", disse disgustata.

"Basta con queste sciocchezze! " , urlò infuriato un vecchio, entrando nella sala, con un bastone ed uno spiccato accento tedesco. Era il padrone di casa. Padre di mio padre, nonché mio nonno: il barone Friedrich Mann.

Alla sua comparsa, la zingara mi consegnò a mio padre e urlò "TU!" indicando con il dito il barone "Lo sai meglio di tutti. Tu hai stretto il patto! " gli gridò contro la donna.

"Vecchia pazza, come ti permetti di venire in casa mia a urlare stupidaggini su maledizioni e magia nera? Noi non abbiamo a che fare con quella roba, e tu", continuò il barone indicando suo figlio con l'indice, "credi a questa zingara a cui frega solo dei nostri soldi? " disse riducendo il suo sguardo a due fessure.

"Se sono solo bugie, guarda tu stesso la schiena di tua nipote, quella che porterà avanti la nobile e vecchia dinastia Mann! " rispose la donna, mostrando a mio nonno le mie minute spalle, su cui era presente uno strano segno.

Il barone, alla vista della mia pelle nuda, impallidì tutto a un tratto e il suo sangue gelò, poi, con voce sostenuta, disse, "È solo una voglia e ora fuori da casa mia!! E NON FARTI PIU' VEDERE!!"
gridò rabbioso, facendole segno di andarsene.

Prima di ubbidire, la vecchia mi si avvicinò " Cara mia, tu sei solo una neonata ora, ma so che mi capisci già, io lo so. Ti lascio questo medaglione: è di un materiale magico. Al momento giusto ti servirà, piccola mia. Sei così innocente e già con un tale peso sulle spalle... " sussurrò, dispiaciuta di abbandonarmi in quel mondo in cui ero solo una pedina.

Quella fu la notte in cui nacqui in una notte fredda, unica e misteriosa.

Una notte fatta da due domande che rimbombavano nella mia testa. Chi era la mia specie? E cosa c'era sulla mia schiena di così preoccupante?

Domande a cui trovai risposta molto tempo dopo.

***

L'infanzia è stato un periodo della mia vita di cui non ho molti ricordi.

Ero una bimba allegra, vivace che con le sue lunghe treccine e che con la spensieratezza, dei suoi quattro o cinque anni, viveva gustando ogni piccola scoperta giorno per giorno.

Mi mancava però una cosa di cui ogni bimbo ha bisogno, una cosa che tutti noi dobbiamo avere: un amico.

Agli occhi di uno sconosciuto apparivo come una persona che aveva tutto.

In effetti, ero già proprietaria di mezza città. Essere una Mann apriva molte porte.

Mia madre, professoressa importante nella nostra città ( Halifax, in Canada ), insegnava nel campo finanziario e, inoltre, faceva parte di una delle famiglie più facoltose della comunità.

Mio padre, d'altro canto, era un membro importante del consiglio comunale. Spiccava per la sua genialità, nel trovare sempre la strada corretta, e per la sua bontà verso il prossimo.

Tutti pensavano che al momento dell'elezione si candidasse come sindaco. Ricordo di avergli chiesto il perché non lo fece, lui semplicemente mi rispose, " Amore, se io dovessi diventare sindaco non avrei più tempo per giocare con te e poi a zio Alan riesce così bene... " mi disse, sorridendo, mentre mi accarezzava i miei capelli corvini.

Ecco l'unica persona che rendeva migliori le mie giornate, giocando con me: mio padre. Massimiliano II Mann, figlio del tredicesimo barone della lunga casata dei Mann.

Sono grata a mio nonno ed a mia nonna per aver dato alla luce il loro meraviglioso figlio.

Purtroppo, io non li ho conosciuti.

Mio nonno morì quando io ero ancora troppo piccola. Ricordo solo un forte profumo di sigaro aromatizzato alla menta e d'incenso che usciva dal suo studio; un odore che non potrò mai dimenticare e potrei riconoscerei tra mille fragranze .

Mia nonna, invece, la bellissima Izabela, era morta prima che nascessi. Non sapevo molte cose sul suo conto; era una nobile donna rumena, della città di Sighisoara, municipio rumeno situato nella zona della Transilvania.

Vidi solo una volta il suo viso.

Giocando a nascondino con la mia tata, sono capitata in una stanza della nostra casa in cui non ero mai entrata. Era grandissima piena di scatoloni, quadri, armadi e lenzuola.

In particolare, mi colpì una vecchia coperta logora che sembrava nascondere qualcosa. La spostai ed incrociai due occhi verdi e grandi che mi osservavano.

La bellezza di mia nonna era stata catturata alla perfezione in quel ritratto.

Aveva gli stessi occhi di mio padre, labbra carnose e rosse ed i capelli neri corvini le incorniciavano il viso angelico.
Ora capivo da chi mio padre aveva preso la sua bellezza.

Sì, lui aveva un fascino ed un' eleganza ineguagliabili, perfino dai modelli più famosi.

La cosa che catturava di più l'attenzione però erano gli occhi verdi, caldi e freddi allo stesso tempo.

Vi erano delle volte che brillavano dalla contentezza, dalla spensieratezza ed altre volte che erano assenti.

Ricordo che ogni tanto, mentre giocavo con lui, si rattristava e guardava all'orizzonte; quasi come se stesse aspettando qualcuno o qualcosa. Ed anche se ero solo una bimba, avevo intuito che la cosa che lo tormentava aveva a che fare con me. Era come se vi fosse un muro invisibile, invalicabile in cui nessuno poteva entrare. Non ho mai avuto il coraggio di chiedergli perché era così il motivo della sua tristezza, ma avevo la sensazione che la cosa fosse legata in qualche maniera a me.

Penso che il rapporto tra lui e mia madre si fosse un po' guastato per quel motivo che lo rattristava.
Sono convinta al cento per cento che in cuor loro si amassero come la prima volta che si sono guardati.

Il momento della giornata che preferivo era l'ora della buona notte.

Dopo essermi lavata i denti ed essermi messa il pigiama, con fantasie sempre diverse, venivano mamma e papà a rimboccarmi le coperte. Amavo quel momento perché sembravamo una vera famiglia unita, nel bene e nel male.

Una volta al mese chiudevano le tende, nascondendo la mia adorata finestra dalla quale riuscivo a vedere la scuola pubblica. Un'istituzione più colorata e divertente rispetto alla Louise May Alcott dalla quale erano usciti alcuni tra gli uomini e le donne più famosi e brillanti del mondo.
Sicuramente, per mia madre, era un ottimo trampolino di lancio e la perfetta preparazione al mondo degli affari per me.

Una sera decisi di disobbedire e scostai le tende.

Solo allora conobbi quella che sarebbe stata la mia miglior amica e la fonte delle mie disgrazie: la Luna.

Appena la vidi, si accese una fiamma che mi ricordò un'emozione che avevo provato molto tempo prima. Ero legata alla luna senza un perché, quel corpo celeste che brillava e illuminava tutto.

Dal primo secondo che la conobbi, quella palla gialla enorme, divenne parte di me incondizionatamente.
Con lei potevo confidarmi, sfogare le mie rabbie, i miei dolori e le mie gioie.

Le giornate trascorrevano tutte uguali. Tutto era sempre monotono.
Andavo a scuola, studiavo, leggevo e mangiavo.

L'unica cosa che mi faceva sentire bene e che rompeva la solita routine era il tempo trascorso con la mia migliore amica ed alleata affidabile: la mia luna.

Gli anni passarono molto velocemente, in equilibrio e senza nessun grosso cambiamento. La nostra vita era sempre la stessa, le giornate erano tutte uguali. L'unica persona che amavo a cui mi sentivo legata rimaneva mio padre.

Purtroppo, con mia madre non avevo quello che si definisce una relazione tra due persone consanguinee, ma solo di due donne che vivevano sotto lo stesso tetto. Anzi, man mano che crescevo cercava di controllare la mia vita in tutto e per tutto dai i miei abiti ai miei amici, allontanandomi sempre di più.
Però, come tutti sappiamo il destino è dietro all'angolo pronto a scombussolare l'intera nostra vita. Il nostro era pronto a cambiare tutto.

Una notte senza luna, mentre io e mia madre stavamo litigando per l'ennesima insufficienza in matematica, sentimmo suonare il campanello.

Mia madre andò ad aprire ed io accolsi l'occasione per andare in camera mia a rimuginare sulle cose appena discusse, sul fatto che se ci fosse stato mio padre tutto questo non sarebbe successo. Mi buttai nel letto con le cuffie all'orecchio, pensando che alla porta avesse bussato qualcuno per chiedere un prestito o contrattare un ottimo progetto, ma mi sbagliavo.

Ricordo di aver sentito un tonfo, di essermi tolta le cuffie di colpo.

Sentii mia madre urlare " No... E' impossibile, Max! Per favore... ".
Non dimenticherò mai la scena che mi si presentò davanti.

Mia madre a terra piangeva, circondata da un mare di perle cadute dalla collana che ancora tormentava.
Appena incontrai il suo sguardo, capii tutto.

L' abbracciai forte, sentendo un dolore ed un pianto straziante che ci uccise entrambe. Per la prima volta sentii di aver qualcosa in comune con quella donna. Fino a quel momento, a parte l'eredità genetica, non avevo nulla da dividere con Anna Potter.

Ma ora tutto era mutato.

Adesso entrambe eravamo da sole al mondo, entrambe avevamo perso l'uomo della nostra vita, entrambe eravamo state abbandonate.

Dai poliziotti sapemmo cosa era successo quella notte. Mio padre aveva fatto un incidente a causa della scarsa illuminazione.

Non aveva visto un albero e c'era andato a sbattere addosso dritto.

Era stato sbalzato dalla macchina, facendo un volo di dieci metri, circa. Era morto sul colpo, senza rendersene conto e senza soffrire.

La notizia colpì l'intera cittadina che organizzò una veglia attraverso tutto il paese. Partecipammo tutti noi.

Rimanemmo per tre giorni chiuse in casa, senza parlare o mangiare; come due fantasmi girovagavamo per le camere, quelle stanze così piene di ricordi legati a quell'uomo eccezionale che era stato mio padre.

Il funerale si svolse nella cattedrale della città.

Non prestai attenzione né alla folla di gente che si era accolta fuori dalla piazzola del duomo, né alle corone di fiori o alle parole del sacerdote.

L'unica cosa che guardai fu la bara bianca ricoperta da un bouquet di rose rosse, davanti all'altare.

A differenza di molti non versai nemmeno una lacrima; le avevo finite la stessa notte in cui lui morì.

Quel giorno, tornata a casa, presi un ago da cucito e una candela bianca. Aspettai la notte per essere davanti alla colpevole della morte di mio padre: la Luna.

Feci un patto di sangue, promettendomi di non rivolgermi mai più a quell'amica che avevo amato con tutta me stessa ed ora odiavo con tutta l'anima. Perché se ci fosse stata, quella notte, con lei ci sarebbe stata quel po' di luce sufficiente per far vedere a mio padre l'albero ed evitarne la morte. Max sarebbe stato lí con me a rimboccarmi le coperte, come faceva sempre.

Invece, mi ritrovai sola in un mondo diventato freddo e senza amore.
***

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Capitolo 2
*** Incontro con il Destino ***



Driiiiiiiiiiiiiiinnnnnnnnnnnnn...
Erano le 6.30 di un lunedì qualsiasi sotto gli occhi di molti, ma per me non era così. Stavo per iniziare una nuova vita in una nuova scuola.
Feci una doccia lunga e coccolata dal calore dell'acqua calda ripassai a mente di come sarebbe andata la mia giornata.
"Prendo l'autobus con Marina. Non lo perderemo perché non lo permetterò, non cadrò ... niente figure di merda!".

Il vestito a fiori per il quale avevo optato la sera prima, sembrava cosi sciocco e infantile.
"Non posso andare con quell'abito sembrerò una bimbetta. Che cavolo mi metto adesso..mpfff".
Alla fine scelsi, un paio di jeans e un maglioncino bianco in cotone con il collo alto, grazie al quale non si sarebbe vista la mia voglia che avevo sulla schiena proprio sotto la nuca.
La odiavo tantissimo. Negli ultimi anni con mia madre avevo girato mille e uno studio di dermatologi in cerca di capire cosa fosse quell' odiosa macchia rossa. Non mi faceva male, non era nemmeno grande. L'unico difetto era che una volta al mese il colore s'intensificava in maniera quasi mostruosa.

Prima di uscire dalla stanza mi contemplai allo specchio.
Mi venne da sorridere.
Ormai non ero più la piccola della casa Mann. Avevo degli occhi profondi e verdi, i capelli ormai erano abbastanza lunghi da arrivarmi all'altezza del sedere, per non dimenticare il seno ormai sbocciato. Nell'insieme non ero male.

Misi un filo di eye-liner nero e un po' di mascara, ma cosa più importante il pendente di papà. Era stato il suo dono per il mio nono compleanno l'ultimo passato assieme. Il ciondolo non aveva un valore in sé, era di ferro battuto e raffigurava una luna piena e una mezza luna. Me l'aveva regalto dicendomi che ogni volta in cui avrei avuto bisogno di protezione o quando mi sarei sentita sola, mi avrebbe aiutato. So che sembra una sciocchezza, ma io ci credevo.

Presi la cartella e andai in cucina, dove c'era una colazione per un intero reggimento.
Naturalmente, non era stata mia madre a preparare tutto quel ben di Dio ma la mia tata: Amelia. Per me lei era più di una domestica. Giocava con me quando mia madre era occupata, mi ha tirato su il morale quando in quarta elementare Billy Chang mi aveva rotto gli occhiali per sbaglio, mi aiutava a fare i compiti. Era una presenza costante nella mia vita, seguendomi più lei che mia madre stessa. Da Amelia avevo ereditato anche l'amore per la cucina.
Adoravo vederla ai fornelli.

Quella mattina aveva tutti i fuochi occupati. La casa profumava di sugo e verdura, stava preparando il suo cavallo di battaglia: riso con crema di fagioli.

Mi dava le spalle, ma non era un problema perché anche se non mi guardava direttamente riusciva sempre a vedere quello che facevo. Ho sempre sospettato che avesse un occhio nascosto sotto la folta chioma di capelli neri e ricci.

Mi appollaiai su uno sgabello e addentai un bellissimo muffin alla cioccolata fondente ricoperta di granella.

"Amelia ti adoro. Sono ottimi questi muffin.."  farfugliai pulendomi il viso con la mano.
"Ci sono le salviette Emily per pulire la bocca sai cosa direbbe tua madre? Che le brave ragazze di buona famiglia..." cominciò Amelia.
"..seguono il bon ton!" finii "e che gli uomini non si sposano con delle donne che sembrano animali divoratori. Lo so, me lo dice sempre. La mamma ha paura che mi ritrovi a cinquanta anni a ingozzarmi con un intero tacchino per la festa del ringraziamento da sola!
Ecco il suo obbiettivo: farmi studiare per accalappiarmi un giovane facoltoso e magari intelligente uomo di qualche grande città...."

"Tua madre vuole solo il meglio per te " la giustificò la donna "Comunque, fuori c'è l'autista nuovo Louise che ti sta aspettando. Emily bambina mia dove sono gli occhiali?".
Amelia si era voltata e aveva visto la novità del giorno .
"Ho le lenti a contatto giornaliere non sono male. Comunque mi porto via due muffin per oggi. Grazie" presi i dolci li misi in un sacchettino e le diedi un bacio.

"A proposito, non vado a scuola con il nuovo autista, prendo il bus scolastico con Mary, non dirlo a mia madre. Grazie, ti voglio bene"  chiusi la porta secondaria della cucina, lasciandola a bocca aperta e con uno sguardo torvo.

Pace.
Ecco quello che provavo quando uscivo da quella casa. Accoglievo qualsiasi scusa per uscire da lì anche se dovevo buttare via solo la spazzatura.

Amavo il mio quartiere specialmente in autunno. Gli alberi avevano indossato le foglie multicolori. Sembravano dipinti fatti da un artista di strada a cui erano scivolate delle chiazze di pittura per sbaglio.

Alla fermata del bus trovai la mia migliore amica: Mary. L'avevo conosciuta al parco giochi del quartiere lo stesso anno in cui morì papà. Lei conosceva tutto di me. Era l'unica persona con cui mi confidavo, il mio diario segreto ed io ero il suo. Grazie a quest'amicizia avevo superato un brutto periodo della mia vita in cui non riuscivo a parlare con nessuno. Ne abbiamo combinate tante sia in classe e sia a casa. Che bei giorni spensierati!
Eravamo due piccole, prepotenti e ribelli pronte ad affrontare chiunque si mettesse in mezzo alla nostra strada.

D'altronde nemmeno la sua vita le aveva regalato un'esistenza spensierata. Abitava con sua nonna materna. Sua madre era morta partorendola e il padre si suicidò poco dopo, lasciandola da sola al mondo.

"Ciao bambola! Che figa che sei oggi!" disse Mary, abbracciandomi.
In effetti, per un attimo, mi ero sentita molto carina davanti allo specchio, ma ora che ero vicina a lei mi resi conto di non essere poi così bella.

"Grazie amore. Anche tu sei stupenda oggi, come sempre da altronde".
" Ecco sei sempre la solita negativa. Vedrai da oggi faremmo un salto di qualità. Abbiamo cambiato scuola per questo motivo."

"Non è vero! L' abbiamo cambiata perché eravamo stanche di frequentare una scuola per donne che sognano la conquista del mondo!".
" Si ok . Da accordo... ecco il bus . Aspetta ora faccio segno che si fermi" disse tirando fuori il braccio.

Il mezzo si arrestò con una frenata così rumorosa da svegliare tutto il quartiere.
" Ok ci siamo Emy.." dichiarò Mary appena le porte dell'autobus si aprirono.
" Sì.. prendiamo però i posti in fondo?" la pregai.
" Da accordo".

Sentii subito gli occhi addosso di tutti i ragazzi e ragazze, già seduti in quei sedili così vecchi e impolverati.
Ero abituata a tutta quell'attenzione. Io e la mia amica attiravamo abbastanza l'interesse di chi ci stava attorno.

Quando uscivamo insieme molte persone guardavano la modella rossa seduta accanto a me. I maschi fissavano intensamente le sue forme, la bocca, i capelli, gli occhi verdi e le movenze feline.
Le femmine, d'altro canto, la esaminavano come se fosse un'aliena, venuta sul pianeta terra per cibarsi dei loro uomini; praticamente la fulminavano con lo sguardo.

Altre persone, invece, fissavano me. Ricordavo molto mio padre. Tutti i personaggi illustri della città, appena si accorgevano che c'ero, non perdevano occasione a farmi complimenti e chiedermi consigli su quando chiamare mia madre  per proporle nuovi progetti da finanziare.

Ormai, eravamo talmente abituate a tutta quell'attenzione che non ci accorgemmo nemmeno del tipo con gli occhiali che sì alzò e venne a salutarci.

"Ciao io mi chiamo Mike. Siete nuove vero?" chiese il ragazzo occhialuto porgendo la mano.
"Ciao. Io sono Mary, molto piacere" disse la mia amica stringendogliela. "Questa è Emily".
"Ciao Mike, il piacere è tutto mio" lo salutai.
"Comunque sì siamo nuove!" dichiarò la mia amica "Prima andavamo alla Lincoln Superior School, abbiamo deciso però che la Halifax School vada meglio per i nostri standard e .."

"Quindi voi avete rinunciato alla migliore scuola privata della nostra città per venire a quella pubblica? Bhe' comunque in che classe andrete? All'undicesima? Dodicesima?" chiese tutto d'un fiato Mike.
"Veramente abbiamo deciso di partire dalla nona classe. Così partiamo praticamente dall'inizio".

"Ho capito, io sono alla dodicesima e quest'anno diventerò anche rappresentante dei studenti. Insomma, per me è l'ultimo anno e voglio dare il massimo così da poter entrare in un ottimo college" sorrise il ragazzo toccandosi la barba sul mento

"Comunque mi ha fatto piacere conoscervi. Se avete bisogno cercatemi pure. Solitamente sono in biblioteca a studiare. Spero di rivedervi!".
"Magari abbiamo qualche corso assieme" sbottò Mary "Possiamo anche vederci a pausa pranzo. Ci vediamo in mensa? Ti piace l'idea?"
" Certamente!" esclamò Mike "Ora è meglio che mi sieda prima che Kevin, l'autista mi metta giù. Credetemi sarebbe in grado di farlo. A dopo.".

"Che cavolo ti è preso?" sbottai, non appena il ragazzo si sedette davanti al suo posto.
"Bé scusa che male c'è? Poi è dell'ultimo anno conoscerà un mucchio di cose sulla scuola. Tipo cosa mangiare in mensa? Non credo che si mangi bene."
"Dio Mary,  è possibile che tu pensi sempre a mangiare? Ecco siamo arrivate".

Terrorizzata da quello che mi aspettava in quella scuola, dai nuovi compagni di classe ai professori, scesi giù dal mezzo, facendomi urtare da un paio di ragazze.

Ero piuttosto impaurita da tutto quello che cambiava la mia quotidianità. Non amavo le novità, anche se a volte miglioravano la mia vita facendomi sentire veramente viva, ma soprattutto
non avrei mai immaginato di trovare lì il mio destino, in quelle quattro mura.

Davanti ai nostri occhi, una marea di persone sfiumava in tutte le direzioni.

Amici che si ritrovavano dopo le vacanze estive che si abbracciavano e piangevano dalla felicità di vedersi; ragazzi e ragazze che correvano alle aule, per paura di fare tardi alla prima lezione.

Professori che sorridevano all'idea di cominciare un nuovo anno scolastico, guardavano i nuovi studenti con occhi speranzosi.

C'erano anche molti nuovi alunni, come me, non avevano la più pallida idea di dove andare. Erano pesci fuor d'acqua in quella scuola sconosciuta.

L'edificio bianco con delle colonne portanti che circondavano l'entrata in acero massiccio, dominava la collinetta in quell'angolo di Halifax. Il tutto, meravigliosamente circondato da un giardino enorme pieno di alberi, offriva molti spiazzi in cui si poteva leggere un buon libro.
C'erano anche delle bellissime aiuole su un recinto di mattoni innalzato.

Meravigliata, stavo gustando ogni minimo particolare della mia scuola. quando il mio sguardo si posò su una macchina parcheggiata davanti al marciapiede: una jeep rosso scuro.

A mio parere bellissima: ottimi cerchioni, rifiniture cromate e sedili in pelle nera. Adoravo le macchine. Avevo cominciato ad appassionarmi ai motori dopo aver visto Fast and Furios.

Ero talmente assorta dalla macchina che non mi accorsi che dentro c'era un ragazzo che mi fissava.
Immediatamente abbassai lo sguardo, ma poi lo riposai dov'era.

Mi ritrovai incantata ad osservare quello sconosciuto mentre scendeva dall' automobile.
Mary accanto a me continuava a parlare.

Ormai non l'ascoltavo più ero in un altro mondo. Il tipo che era sceso, aveva un portamento elegante e dei lineamenti delicati. Il ciuffo biondo ricadeva di lato del viso, rendendolo più affascinante che mai.

Come avrei voluto togliere gli occhiali da sole per poter vedere il colore dei suoi occhi.

"Bene ora dobbiamo andare in segreteria per chiedere la mappa della scuola e i lucchetti per i nostri armadietti. Ha già parlato mia nonna, non preoccuparti. E' tutto sistemato in teoria.. Hai capito Emy?" domandò Mary, riportandomi al mondo reale.
"Sì, sì.. certo. Lucchetto e armadietti."

"Emy non mi stai ascoltando. Mi sono accorta che stai guardando qualcos'altro! Ecco non mi dai retta!Ma cosa mai avrai trovato di così interessante?Quello sicuramente fa il modello!" osservò con voce stridula la mia amica.
"Dici?"
" Certo! E' troppo bello per essere un semplice compagno di classe. Oh mio Dio!Ci ha puntate! Fai finta di nulla sta venendo da questa parte" esclamò Mary con aria preoccupata.
"Siamo davanti alla porta d'entrata, praticamente stiamo bloccando l'unica via d'accesso della scuola; è ovvio che sta venendo da questa parte se vuole entrare!" osservai con tono secco; mi sembrava alquanto impossibile che un ragazzo di quella bellezza ci stesse "puntando".
" Giusto, giusto! Fai finta di niente, ma tra poco ci passerà accanto".

Al suono di quelle parole, strinsi più forte a me i libri che avevo in mano, mentre la mia compagna con aria innocente, faceva finta di cercare nella sua cartella un qualcosa.

Quando ci passò accanto non potei che alzare lo sguardo.

Me lo ritrovai faccia a faccia. Era davvero molto carino.
Aveva un ombra di pizzetto, pelle chiara e una bocca carnosa. Era più alto di me e aveva delle spalle larghe e possenti.

Appena mi passò accanto sentii un brivido lungo la schiena e mi ritrovai a seguirlo con lo sguardo finché scomparve in mezzo alla folla.

"Terra chiama Emy! Terra chiama Emy!".
" Sì ci sono Mary! Sono qui."
"Bene andiamo in cerca della segreteria e della nostra classe!"  m' incoraggio' la mia partner di avventura.

Dopo esserci perse un paio di volte per la scuola, trovammo l'aula di letteratura inglese. La porta era aperta e seduto sulla cattedra vi era un signore di mezz'età che appena ci vide fece segno di entrare.

"Prego, prego entrate e prendete posto. Dopo ci racconterete tutto di voi. Prima però il signor Simpson ci deve descrivere il libro che ho dato per le vacanze estive "La fattoria degli animali" di George Orwell" disse il professore, facendoci cenno di sedere.
Trovammo posto sulla seconda fila vicino alla porta d'entrata.

Fu allora che vidi un paio di occhi azzurri grigi che mi fissavano.

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Capitolo 3
*** Mozzarella ***


Non potevo crederci. Il bel ragazzo della jeep rossa era nella nostra classe di letteratura inglese e mi stava osservando apertamente.
Cercai lo sguardo di Mary, la quale però ascoltava l'interrogazione del povero studente sprovveduto.
Non avendo trovato un supporto dalla mia amica, rivolsi la mia attenzione al primo banco di destra della prima fila.
Da quella distanza potevo studiarne il viso, d'altronde lui si era girato quindi potevo osservarlo senza aver paura di sembrare sfacciata.
Aveva la mascella un po' larga,  il naso magro alla francese  e una bocca carnosa da mangiare e succhiare.
Dai Emy, non è il primo ragazzo che vedi e non sarebbe nemmeno il primo che baci... però mio Dio è proprio bello, pensai tra me analizzando quel splendido volto.
Portava una pietra rossa sull'orecchio sinistro, intonandosi con i riflessi ramati dei suo capelli. 
Le mani avevano cominciato a sudare e la matita che stavo torturando finì per spezzarsi in due.
"Bene, allora dopo aver capito che il signor Simpson non ha studiato il romanzo, come tutti voi,direi che possiamo partire proprio da qui... a meno che le nostre due amiche nuove non conoscano l'opera" esclamò il professore osservando me e Mary da sotto gli occhiali.
" Bé...La fattoria degli animali...." cominciò Mary  "aveva molte bestie tra cui i maiali. Un giorno capitò.."
" Bene, abbiamo capito che la signorina dalla chioma rossa non è  molto preparata sull'argomento; proviamo con la sua compagna"  disse l'insegnante, facendomi cenno con la mano di rispondere.
" E' un'autentica satira. Orwell paragona il governo degli animali al comunismo sovietico di Stalin.  Le bestie dapprima vogliono essere liberi dal padrone uomo e ci riescono grazie ai maiali. Quest'ultimi saliranno al potere con l'aiuto dei cani in veste militare. La trama finisce che gli alleati banchettano assieme cibandosi degli altri animali. Praticamente si degradano allo stesso livello dell'uomo" risposi aggiudicandomi un sorriso compiaciuto dal docente.
" Si degradano allo stesso livello dell'uomo?" chiese con sarcasmo una voce profonda dalla prima fila.
" Oh bene . Dica pure signore Blais quello che ha detto la sua compagna è tutto corretto anzi mi sorprendo che la signorina...".
" Mann professore"  suggerii prontamente.
" Grazie cara. Comunque come dicevo mi meraviglio che la signorina fosse preparata" concluse l'insegnate,  sorridendo al tipo dal bellissimo orecchino rosso.
" Certo signor Brown, ma non possiamo dire che l'uomo ha un comportamento degradato. Cioè l'uomo non è allo stesso livello delle bestie e .." sbottò il ragazzo.
" Mi scusi professore"  cominciai,  rivolgendomi direttamente al ragazzo "A volte gli uomini, non tutti ovviamente, ma una gran parte si comporta peggio delle bestie . Un animale non costruirebbe mai una pistola per uccidere un altro animale. L'uomo sì!".
" L'uomo ha una ragione e non si basa soltanto su istinti primordiali. Prendiamo ad esempio i lupi. Non rispondono a niente e nessuno, devi ucciderli per fermarli.".
"Premesso che non trovo nessun legame con la fattoria degli animali,  bisogna farsi un esame di coscienza. L'uomo uccide. Assassina alberi, foreste , l'habitat  dei lupi e non solo di questi bellissimi animali! L'uomo è il più grande distruttore della natura fino a farla degradare a sua forma e immagine".
Il ragazzo, ormai paonazzo dalla rabbia, fece per ribadire aprì la bocca, ma la rinchiuse subito.
" Bene signori abbiamo assistito ad un dibattito.  Presumo che non sarà l'unico di quest 'anno. Ora alle nuove signorine se vogliono venire alla cattedra per presentarsi" esclamò il professore.
                    ***
" Hai visto che faccia tosta il tipo?" sbottai a Mary mentre ci recavamo in mensa.
" Sì però è molto carino"  rispose la mia amica, guardando la cartina della scuola.
" Ok questo l'avevamo capito questa mattina. Non è per niente simpatico è un cafone e ignorante. Comunque, sembra più vecchio della nostra età, anzi, al confronto con i nostri compagni, più giovani di noi, sembra un nonnetto."
" Chi sarebbe il nonnetto?"  domandò una voce con tono divertito alle nostre spalle.
" Ciao Mike!" salutò Mary abbracciandolo.
Lei era così.  Si affezionava subito a tutti, trattandoli come fossero di famiglia, anche se li aveva appena conosciuti.
" Ciao Mike!" dissi io.
" Allora come va il primo giorno di scuola? Vi piace qui?"  ci chiese, facendoci cenno di girare a destra, dove trovammo la mensa.
La sala si presentava come una stanza grande bianca, con circa venti tavoli lunghi bianchi di fronte i quali sul lato destro della stanza era disposto un grande bancone con il cibo e le cuoche addette alla divisione dei piatti.
" Non è male i professori sono abbastanza bravi. Per ora abbiamo avuto tre ore di letterature inglese con il signor Brown.  Emy, come il solito, ha risposto correttamente, è sempre stata la sua materia preferita e un pezzo di cretino l'ha fatta incavolare."
" Ho capito . Chi era il ragazzo magari lo conosco?  Prego, fanciulle tenete, uno a te ed uno a te" disse Mike passandoci i vassoi e facendoci strada sul bancone del cibo.
" Mamma mia che fame" sbottò Mary, divorando letteralmente con gli occhi i  piatti in bella.
"Cos'è questa roba?" chiesi indicando una brodaglia rossa con della carne.
" E' gulasch!" rispose una donna di mezz'età  dall'altra parte del bancone . Portava una cuffietta bianca e un grembiule bianco con una targhetta "Magalie".
" E' molto buono. Oggi è la giornata della cucina europea . C'è di tutto! Fiah and chips, paella catalana, pesce al cartoccio con le verdurine,.." -continuò la signora, indicando le varie pietanze.
" Signore, prendetemi pure qualcosa, mi fido di voi. Intanto, vado a cercare un tavolo" disse Mike sparendo dalla nostra vista.
" Mary che dici se ci prendiamo la pasta al pomodoro ? Magalie ci può dare tre porzioni di pasta?" ordinai.
" Ecco a voi ragazze. E buon appetito!"
" Ok dove ci sediamo?" chiese la mia amica.
"  Proprio non saprei"-affermai, cercando con lo sguardo la nostra guida.
" Eccolo là" esclamò Mary indicandolo con la mano.
Era seduto su un tavolo rotondo con quattro sedie. Accanto lui c'era una bellissima ragazza di origine asiatica dai lunghi capelli neri.
" Fanciulle questa è la mia migliore amica Oceane . E' una rompi scatole. Ma io le voglio bene" disse baciandole la guancia.
" Mi sa che tra i due il più rompi scatole sei tu caro il nostro signor  Hebert" scherzò la ragazza mordendo il suo panino "Allora come vi sembra qui? Mike mi diceva che venite dalla scuola privata, vi apparirà come l'inferno questo posto!".
"Non è male.  Tutta un'altra cosa da come eravamo abituate noi. Qui è più tranquillo, più sobrio. Soprattutto non è questo la casa di Lucifero. Dovresti vedere com'è la vita scolastica in mezzo ai figli di dottori, avvocati e giudici. Credimi cambieresti idea subito.
Ora non vedo l'ora di assaggiare questo splendido piatto di pasta.  Come sono i spaghetti?" domandai guardando Mary che la stava divorando 
"Ottimi" biascicò, con un spaghetto che le penzolava dalla bocca .
" Comunque dicevate a proposito del vostro compagno di..."
SPLASH.
Una palla da basket colpì in pieno il vassoio di Mike che si trovò tutto il sugo della pasta sulla sua polo bianca.
" Ma chi cazzo..." imprecò Oceane alzandosi in piedi con fare minaccioso.
Tutta la mensa cominciò a ridere, partirono fischi, applausi e urli.
" Grazie mozzarella per rendere memorabile ogni inizio anno" gridò un ragazzo di colore alto due metri con un cappello da pallacanestro in testa.
"Mathis dovevo immaginare che fossi stato tu" sbottò con voce sprezzante Oceane andandogli contro.
" Ciao Oceane, come sta tua sorella? L'ho visto l'altro giorno. Sai per essere una della nona classe ha davvero un bel cul..." Mathis non riuscì a finire la frase, Mike gli era saltò addosso con una ferocia animalesca.
Non avevo mai assistito ad una rissa e non avrei nemmeno immaginato di vederla dal vivo il primo giorno in quella scuola.
" Botte! Botte! Botte! Botte! Botte! Botte!" incitava il cerchio, creato intorno ai due litigiosi.
"Mary dobbiamo fermarli!" urlai, cercando con lo sguardo un insegnante nella mensa.
"  Mike verrà ucciso!" affermò Mary, guardando la maschera di sangue creatasi sul volto del nostro amico.
" Oceane, Oceane" gridai, guardandomi in giro.
"Sparita! Porca miseria Mike sta pestando quel bestione perché ha detto quello che ha detto su sua sorella e lei sparisce?" .
" Cosa succede qui?" tuonò una voce sprezzante che ammutolì tutta la mensa e bloccò i due ragazzi.
Un uomo sulla cinquantina con una tuta addosso era sulla soglia seguito da Oceane e... il ragazzo dall'orecchino rosso.
" Allora siete tutti sordi?" incitò l'uomo " Mike perché hai preso a pugni Mathis?".
"Perché Prof. ha detto delle cattiverie su Ana, la sorella di Oceane, e non può dire cose brutte su una ragazzina senza colpe" balbettò Mike, sputando sangue ad ogni parola.
" Ma non diciamo cazzate. Non permetterei mai di dire cose del genere su un angioletto!" si difese Mathis con aria innocente.
"Chi mi vuole dire come sono andate le cose?" domandò l'insegnante, passandosi una mano sul viso.
"Noi sappiamo cos'è successo!" sbottò con enfasi Mary.
" Bene signorina dai lunghi capelli rossi raccontami tutto" .
" Ha ragione Mike. Noi eravamo tranquilli a pranzare quando sbang è arrivata una palla da basket e Mathis ha cominciato a deriderlo davanti a tutti e a dire quelle brutte cose sulla sorella di Oceane. Poi hanno cominciato a picchiarsi di brutto e siete arrivati voi" disse tutto d'un fiato Mary.
" Bene ho capito. Jason di pure quello che devi dire al tuo compagno di squadra" disse il docente, guardando il ragazzo della jeep.
" Mathis sei fuori dalla squadra di hockey. Mi dispiace amico".
" Come tu, voi .. Non potete mandarmi fuori dalla squadra siete pazzi. Perderemmo contro le altre scuole. Vi siete fumati il cervello?" urlò il gigante gettando a terra il cappello "Non finisce qui mozzarella!" ringhiò uscendo dalla mensa, seguito da un paio di compagni che guardarono in cagnesco il nostro amico.
" Pfiuufff c'è mancato un pelo" sospirò Mike sedendosi a terra.
" Gente lo spettacolo è finito. Rientrate in classe. Mike vai in infermeria con la nostra signorina Mann e voi due" disse l'insegnante facendo segno a Mary e ad Oceane "seguitemi verrete con noi dal preside."
 
 

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Capitolo 4
*** Regina ***


Tenni la mano a Mike, per tutto il tempo che stemmo in infermeria. Era un tremito ininterrotto e non appena vide il proprio volto gonfio e  tappezzato da lividi viola in uno specchio, perse i sensi abbandonandosi su una sedia.
Solo le premura e l'amore di Suor Virginia, riuscirono a calmarlo.
"Io non capisco perché l'hai fatto!" sbottò la religiosa, disinfettandogli il sopracciglio sinistro.
" Madre le ho già spiegato il motivo. Ora voglio solo andare a casa. Aaargghhh! Come brucia questo maledetto alcool."
Uomini, pensai tra me, basta un po' di febbre o un taglietto da niente e sembrano essere sottotortura, al contrario delle donne che possono avere l'influenza più forte esistente, restando sane come pesci.
" Ecco qua, sei apposto signorino. Ti conviene chiamare i tuoi genitori ed andare a casa".
" La ringrazio madre" ringraziai, aiutando Mike ad alzarsi dalla sedia.
" Grazie anche da parte mia, sorella."
" Prego figlioli. State attenti mi raccomando, Mathis non sarà un bravo ragazzo, ma quello che promette lo fa Mike. Quindi prudenza." .
"Allora aspettiamo tua madre all'entrata della scuola?"  sbottai, una volta usciti dall'infermieria.
" Si, magari vuoi prima passare in aula a chiedere al professore se puoi farmi compagnia?".
"In effetti, sarebbe meglio. Andiamo un attimo dall'insegnante di chimica che lo avviso."
"Chimica, allora la classe è di qua vieni".
Mike mi fece strada fino all'aula, dove chiesi il permesso al docente, che me lo diede senza porre resistenza.
"Allora, mi vuoi dire chi era il ragazzo colpevole di averti rovinato la lezione di letteratura inglese?" sbottò il  mio amico, sedendosi accanto a me in una panchina all'entrata della scuola.
"Ecco a dirla tutta era: Jason. Credo che il nome sia quello. Il ragazzo che è entrato prima insieme con Ocean" risposi, attorcigliandomi un ciuffo di capelli sull'indice.
" Bene. Il sex symbol della nostra scuola. Per quel poco che lo conosco io non è male come tipo, è un ragazzo molto atletico. D'altronde anch'io praticherei molto sport se mio padre fosse professore di educazione fisica nella mia scuola e.."
" Aspetta un attimo"  lo interruppi "suo padre insegna qui in questa scuola?".
" Eh già, era l'uomo che era con lui: il professore Blais. E' apposto come docente ed è molto bravo nella sua materia, solo che secondo me con il figlio esagera."
" In che senso esagera? Lo costringe a fare sport?"  domandai, alzandomi dalla panchina, cominciando a camminare avanti ed indietro.
Parlare di quel tipo mi innervosiva; era molto bello, ma aveva un carattere scorbutico, lunatico e antipatico. Il solo pensare a come mi aveva trattato quella mattina mi mandava in bestia. Allo stesso tempo, però sentivo un calore nascere in me, come se fossimo legati ad un filo invisibile. Una sensazione unica che mi era successa solo con la Luna.
"Insomma, Jason fa qualsiasi disciplina sportiva. Dal basket, atletica, combattimento, scherma, canotaggio e specialmente hockey. Dovresti vedere come sfreccia sul ghiaccio. A volte sembra che vola, ha anche molta forza nelle braccia. Inoltre, ha la ragazza più bella del mondo: Juliette Lavoie, una figa pazzesca. Per ora l'unica tipa che ho visto che le può tenere testa è Mary" esclamò Mike sognante.
"Così bella è questa Jessica?" chiesi acida.
"No Jessica cara Emy, ma Juliette. E' la titolare delle cheerleader" precisò, tirando fuori il telefono.
"Cosa fai con il cellulare?"
"Voglio farti vedere una foto di quei due. Entro su facebook e ti mostro le foto dell'anno scorso, quando sono stati incoronati re e regina del ballo d'inverno. Ecco qua guarda pure".
Presi il telefono in mano, mi sedetti e cominciai a scorrere le immagini velocemente.
Cavolo se era bella.
Tipica cheerleader.
Aveva lunghi capelli biondi ricci, occhi blu cielo e un corpo da urlo. In ogni foto, stava appiccicata  a Jason, non riuscivo a capire il perché lui fosse innamorato di lei.
Probabilmente, guarda solo l'aspetto fisico, pensai tra me, non gli frega niente se ha un cervello da gallina e non abbia idee proprie.
"Si molto carina. Anche se sembra una barbie di plastica e senza personalità" sibilai tra i denti, restituendo l'iphone al mio amico.
"Invece, cara Emy ti sbagli perché vedi .."
"Dov'è il mio piccolo bambino?"  urlò una donna, con un lungo cappotto nero, entrando come una furia nell'atrio della struttura scolastica.
"Sono qui!" esclamò Mike, scattando in piedi.
"Amore la mamma é qui! Ora andiamo a casa e ti diamo una bella sistemata. Prima però fammi dare un'occhiata alla faccia"  disse la signora, prendendo fra le mani il viso del figlio.
"Lasciami stare sto bene. Ti  devo presentare una persona: lei è la mia amica Emily. Emily questa pazza è mia madre" .
"Piacere signora, lieta di conoscerla" esclamai porgendo la mano .
"Mike, non mi aveva detto di avere un'amica e che fosse così carina" esultò la donna, dando una spallata al figlio. "Comunque, piacere Emily io mi chiamo Arielle. Puoi darmi pure del tu".
"Grazie. Io ora rientro in aula ci sentiamo più tardi. Riposati. Ciao." Non aspettai nemmeno il saluto del mio amico.
Ero troppo imbarazzata per quello che aveva capito sua madre.
Mike era un bravissimo ragazzo, da quel poco che avevo visto, ma pensare che tra me e lui ci potesse essere qualcosa era assurdo.
Stavo aspettando l'uomo della mia vita. La mia anima gemella.
L'unica cosa che non sapevo era che l'avevo già trovata.
***
Il resto delle lezioni passò in maniera tranquilla. Mary rientrò in classe con me ed alla fine decidemmo di tornare a casa in pullman.
Era stata una giornata stressante per entrambe, per cui non avevamo le forze per ritornare a casa utilizzando i nostri arti inferiori.
Mi raccontò che il preside Martel si era rivelata una persona molto indulgente e disponibile nei confronti di Mike, subito scagionato, visto la sua fedina pulita.
Invece, per Mathis, aveva stabilito come punizione al suo comportamento: sessanta ore di volontariato a pulire i muri della scuola dai graffiti.
Ci salutammo con un abbraccio, restando in parola, sul sentirsi più tardi prima di andare a letto.
Arrivata a casa, tolsi subito le scarpe e mi avviai in punta di piedi in camera mia al piano superiore, cercando di non fare rumore.
"Emily non andrai subito nella tua stanza?"  chiese mia madre, spuntando dallo studio del piano terra.
"Ciao mamma non volevo andare in camera senza salutarti, è solo che ho molti compiti"  mentì, scendendo i pochi scalini che avevo fatto.
"Com'è la nuova scuola? I professori sono competenti? Sono qualificati? Ci sono teppisti?"  sbottò, facendomi cenno di seguirla in soggiorno e sedermi nel bellissimo divano bianco mentre lei stava in piedi.
"Bé mamma" cominciai, sostenendo il suo sguardo "La scuola è ottima e ben organizzata le aule sono grandi e rifornite di tutto il materiale che può servire e i professori sono eccellenti e ben preparati sulle proprie materie" sospirai " i nostri compagni sono molto differenti dalla scuola in cui andavamo. Sono molto più tranquilli e sinceramente meno cagoni.."
"Non usare quel linguaggio con me signorina!".
Ecco la bomba che stavo aspettando.
" Emily Mann sai cosa vuol dire essere te? Eri già famosa ancora prima di nascere! Ti aspetta un futuro molto importante, pieno di sfide che puoi superare soltanto con delle ottime basi. Ho voluto darti retta per questa  responsabilità. Chissà cosa direbbe tuo padre. Il mio povero Max..".
"Tirare fuori papà è una cosa disgustosa anche per te!".
Esplosi, alzandomi dal divano "Direbbe che devi lasciarmi vivere. Direbbe, Anna cara lasciamola crescere e fare i suoi sbagli, sbagliando s'impara. Ecco cosa direbbe. Quindi, se non è chiedere troppo, dammi un po' di tregua. Ok?" .
Non riuscii più a trattenere le lacrime e corsi in camera, senza dare ascolto alle urla che mi ordinavano di non lasciare quel discorso a metà.
Giunta in camera chiusi la porta a chiave. Accesi la musica a tutto volume.
Scoppiò la voce di Avril e mi lasciai andare al dolore abbracciando Poldo, il mio panda.
Piansi.
Pensavo a quelli che tutti si aspettavano da me quando io volevo essere solo io : Emy. Non volevo avere una targhetta attaccata in fronte con scritto "RAGAZZA RICCA E BENESTANTE CON UN GRANDE FUTURO" . Volevo costruire da me il mio futuro. Con quei pensieri e un forte peso sullo stomaco mi addormentai tra lacrime e dolore.
Correvo non c'era via di fuga era tutto buio. Gli alberi mi sfrecciavano da tutte le parti. I piedi erano diventati così veloci , correvano in maniera autonoma, sapendo già che sentiero percorrere.
Sentivo la terra scivolare sotto di me. Ogni minuscola radice, foglia sembrava indicarmi la via d'uscita da quel labirinto .
Man mano che filavo in mezzo a quella foresta, vedevo una luce alla fine degli alberi che illuminava uno splendido specchio d'acqua.
Giunta al laghetto, mi fermai un attimo per riprendere fiato e volsi uno sguardo allo spettacolo davanti a me.
Al centro del lago, vi era un isolotto con un tempio bianco che rispecchiava la luce candida della luna piena ed un salice bianco con le fronde che ricadevano in acqua creando piccoli anelli, medi e grandi .
Era bellissimo.
Sembrava un'opera d'arte, creata per far provare piacere a chiunque passasse per di là.
Io non potevo stare lì ad osservare quello spettacolo, dovevo scappare il più lontano possibile. Il mio inseguitore era troppo vicino.
Mi rifugiai all'interno del santuario, urlando "Aiuto! C'è qualcuno che mi sente? Vi prego c'è una persona che mi segue. Ho bisogno d' aiuto!".
Rivolsi lo sguardo al soffitto del tempio, dove un lucernaio permetteva ai raggi della luna di entrare. Praticamente, la luce mi stava investendo ed anche se ero in pericolo una sensazione di pace e di protezione interna, mi avvolse.
Ero stata così a lungo arrabbiata con la Luna, da dimenticare quanto mi rendeva completa. Rinascevo, attraverso quel bagno di luce, appartenente a quell'odiosa palla gialla e finalmente dopo tanto tempo mi sentii libera.
Un ululato fece tremare l'edificio, facendomi ritornare in me.
Il mio cuore  cominciò a pulsare in maniera così violenta, sembrava che volesse fuggire dal quel posto. Il respiro si fece più pesante, le mie gambe cominciarono a tremare, vedendo avanzare il mio inseguitore.
Un lupo bianco immenso.
Stava procedendo in maniera loquace con aria feroce, ma allo stesso tempo la sua presenza mi tranquillizzava. Aveva due occhi grandi azzurro ghiaccio e un pelo lungo e lucido.
Rimasi immobile quando lo vidi.
Ci studiammo a vicenda.
Mi avvicinai aspettando un suo consenso. Lui abbassò il capo come cenno di permesso. Mi fermai davanti a lui e cominciai ad accarezzarlo.
"E'una femmina!" esclamò una voce profonda.
Mi girai e vidi un'anziana con una veste rossa. Sembrava una sacerdotessa di un qualche culto nascosto.
"E' bellissima" biascicai, senza distogliere lo sguardo dalla bestia.
" Si è perduta, sta cercando se stessa in questa foresta ma non è in grado di trovarla" continuò la donna, camminando verso di noi "ho l'impressione che presto però troverà la sua metà, per essere una grande regina.."
"Quindi tu saresti una regina?" chiesi all'animale, che a queste parole si tolse dal mio tocco, per affiancare la vecchia.
" Si, sono la sovrana di una forte specie" disse una voce, all'interno della mia testa "Ora devi andare, ma ci rivedremmo molto presto" promise la lupa, guardandomi dritta negli occhi.
Mi svegliai di soprassalto in piena notte a causa del bip-bip del cellulare.
Cavolo che sogno, pensai tra me alzandomi per andare in bagno. Appena ci misi piede, dovetti tornare indietro a guardarmi allo specchio. Avevo la fronte piena di sudori e i capelli pieni di foglie. Feci un giro su me stessa per vedere se c'era qualcos'altro di anormale.
La macchia sulla nuca era sparita.

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Capitolo 5
*** Leonessa o preda? ***


Tornai a casa senza voltarmi indietro mai, non prestando attenzione a nessuno. Corsi più veloce che potei; solo una volta entrata e chiusa la porta mi abbandonai alla collera.
Chi pensava di essere quella mangia uomini!
Ero furiosa per il modo in cui mi aveva snobbato. Naturalmente, era abituata a trattare le persone in quella maniera. Se aveva deciso di giocare con il fuoco, avrei accettato, senza pensare alle conseguenze e per una volta non avrei fatto la persona ragionevole della situazione. Nessuno poteva comportarsi in quella maniera, tanto meno una stronzetta con i capelli biondi ossigenati.
Quanto la odio, rimuginai andando nel bagno padronale. Mentre la vasca si riempiva d'acqua, presi da un cassetto delle candele profumate, le accesi, sparpagliandole per il bagno. Mi feci una maschera di bellezza e mi immersi con l'acqua fino al collo.
Non c'è niente di meglio che una bel bagno rilassante, borbottai, lasciandomi coccolare dalla musica che fuoriusciva dal cellulare.
La voce di Nelly Furtado mi accompagnò nel mondo di Orfeo.
Sono davanti di nuovo a quel specchio d'acqua. E' notte e sono vestita con una tunica bianca senza maniche. Sono sola; mi guardo intorno non c'è ne la vecchia e nemmeno il lupo.
Sopra la mia testa, i rami del salice bianco si muovono, accompagnate dal suono del vento che crea una canzone dolce e soave in grado di tranquillare qualsiasi animo.
Abbasso lo sguardo sul pezzo d'acqua per ammirami.  Ho i capelli raccolti in una morbida crocchia. Sembro una dea dell'olimpo, fuori dal suo tempio in attesa del suo innamorato. Ho un aspetto così curato che mi fa sentire più adulta di quello che sono.
Non posso essere io, borbottai, toccando la superficie dell'acqua.
Nel punto dove il mio dito si bagnò, l'acqua s'increspò e vidi qualcosa luccicare.
Incuriosita, mi sporsi a guardare meglio. Non riuscendo a scorgere nulla, decisi di andare su una radice dell'albero che si allungava fino al centro del lago. Proprio mentre mi sembrava di vedere qualcosa, una mano emerse dalle profondità e con una ferocia animale mi trascinò giù sul fondo di quella che sembrava essere la mia tomba.
Blu vedevo solo blu.
C'erano milioni di persone sotto l'acqua, ognuna con una sua voce tremolante, che mi invitava a rimanere là. Le loro urla mi entrarono in testa. D'istinto cercai di portarmi le mani all'orecchie, non potevo permettere al loro dolore di entrare in me. Non riuscivo a muovermi. Il mio corpo sembrava appartenere ad un'altra persona. Nessuna parte di me  rispondeva ai miei comandi, mentre quelle creature mi circondavano con le loro mani, le loro gambe e con le loro grida. Provai a nuotare, ma non riuscivo a darmi forza con le gambe. Finalmente, capii che quelle presenze mi stavano risucchiando tutta la mia vitalità, attraverso quelle urla in grado di uccidere qualsiasi buon'anima caduta in fondo a quel laghetto.
È la fine, conclusi.
Ti stanchi  di lottare quando è così ovvia la conclusione.
Gli ultimi miei pensieri li rivolsi a mia madre, a Amelia e a Mary.
Mi dispiaceva lasciare così le persone che mi amavano. Non ero riuscita a rendere felice mia madre, diventando la figlia che lei sognava e non eravamo riuscite a trovare un punto d'incontro per migliorare il nostro rapporto mamma-figlia. Abbandonavo la mia migliore amica, non saremmo andate al college assieme, non avremmo prese la prima sbornia assieme, non avrei potuto piangere al suo matrimonio e non avrei mai visto i nostri bambini giocare assieme.
L'ultimo pensiero lo rivolsi a mio padre che presto avrei rivisto. Il mio caro papà mi attendeva al di là. Chiusi gli occhi, vedendo un paio di occhi grigio azzurri che mi riscaldavano il cuore. Ecco l'immagine con cui volevo lasciare questo mondo in pace. Chiusi gli occhi ed attesi l'ultimo battito del mio cuore ormai quasi spento.
Inaspettatamente, riemersi,
tirata su da un braccio possente e muscoloso trovandomi con la faccia sull'erba.
Sputai tutta quello avevo bevuto, cercando di capire cosa era successo. Mi girai con la pancia all'insù, cercando di riportare il mio respiro allo stato normale, per ringraziare il mio salvatore.
Era incappucciato ed indossava una veste lunga e nera, con un marchio raffigurante il segno dell'omega con una croce. Sicuramente, era un uomo guardando le spalle larghe nascoste dall'abito.
Cercai di nascondere meglio che potei le forme del mio corpo nudo, che s'intravedevano attraverso la stoffa.
"Grazie" sussurai, dopo un paio minuti guardando la figura.
"Non ringraziarmi. Dovevi morire!" sbraitò con una voce dura e cruda, senza rivolgermi nessuno sguardo. Lo seguii, allontanarsi verso la foresta nel punto in cui sembrava più cruente e selvaggia.
Aprii gli occhi e la bocca per respirare. Appena lo feci sentii il gusto dell'acqua e del bagnoschiuma con cui avevo deciso di lavarmi.
Senza pensarci un attimo mi tirai subito in piedi sulla vasca.
Stavo affogando veramente!
Mi ero addormentata ed ero finita con la testa sotto l'acqua e se non mi fossi svegliata a quest'ora non ci sarei più.
"Cazzo non era un sogno!" esclamai, uscendo da quella che avrebbe potuto essere la mia tomba.
Mi avvolsi in un asciugamano e mi guardai allo specchio.
Questa volta non c'erano segni che quello che avevo sognato fosse realtà. Non c'era bisogno di foglie però per capirlo. Il mio viso era bianco pallido con i capelli incollati alle guance. Il mio petto si alzava e si abbassava a ritmo frenetico.
Sobbalzai sentendo la suoneria del mio cellulare. Con mani tremanti lo presi in mano. Quando sul display vidi la foto di Mary mi tranquillizzai.
"Ciao Emy? Sei impegnata?" ansimò la mia amica.
"Cciao Mery.. no non sono impegnata. Mi sono appena lavata tu cosa stai facendo che ti sento affannosa?" chiesi, cercando di usare un tono più naturale possibile.
" Affannosa? Sto semplicemente facendo un po' di cyclette. Sono ingrassata un paio di chili. Devo rimettermi in linea. Mike è molto magro!".
"Wow ti piace proprio" constatai ridendo. Immaginarla sulla sua cyclette, con i capelli raccolti in una coda disordinata e con la faccia tutta sudata, mi fece tornare il buonumore. Era strano vederla così; lei che era un po'  fissata con l'aspetto esteriore. Non usciva di casa senza un filo di rossetto o lucidalabbra e un paio di orecchini che servivano per darle più luce a sua detta.
Cominciammo a ridere e a scherzare sul possibile futuro suo e di Mike mentre sistemavo il bagno.
Vidi che la finestra era aperta.
"Che strano!" dissi.
"Cosa è strano? Il fatto che immagino di sposare Mike a Honolulu dopo aver aperto un negozio di abiti con il mio nome?" scherzò la mia amica dall'altro capo del telefono.
"C'è la finestra aperta. Ero sicura di averla chiusa. Bhe' mi sarò sbagliata"- proclamai andando a chiuderla.
"Non può essere!"
"Cosa c'è Emy? Sei spaventata? Non ti ho mai sentito così da quando..."
"Mary credo che ci fosse qualcuno che mi spiasse" sbottai, sedendomi sul bordo della vasca.
"Ti sarai sognata. Sei stressata da tutti questi cambiamenti. Tua madre, Mathis e per non dimenticare quel Jason di letteratura inglese. Ora mi preparo ed andiamo a trovare la zia Luisa nel suo nuovo salone. Ci rilassiamo entrambe, pedicure e manicure gratis incluse. Ci facciamo belle per la festa di questa sera!".
"D'accordo. Ora vado. Bacio a dopo. Ti aspetto tra un'ora" riagganciai senza aspettare il saluto della mia amica.
Nella mia mano un pezzo di stoffa nera trovato incastrato sulla finestra.
*** 
"Ciao ragazze!Marina, Emily  diventate sempre più belle" ci accolse Roy, il parrucchiere più bravo e più bello che si possa trovare nella nostra città.
"Ciao Roy!" esclamò Mary, saltandogli letteralmente in braccio, "Come stai? E il tuo ragazzo è qui anche lui? Emy avrebbe bisogno di un bellissimo messaggi di Charlie. Quell'uomo ha le mani d'oro!".
"Ehi giù gli artigli dal mio uomo!" scherzò Roy, facendoci accomodare su due postazioni di lavoro, "Tra un paio di minuti arriva tua zia, intanto, potete leggere un paio di riviste".
"Grazie amico sei il migliore" esultò  Mary, prendendo in mano Starnews.
Invece, io cominciai a guardarmi in giro.
Un paio di anni fa,!quando la signora Bianchi Luisa decise di venire qui dalla lontano Milano per aiutare la nipotina, aprendo un salone nella vecchia rimessa di autobus, all'incrocio tra Cherry Street e Robie Strett, tutti si misero a ridere. Lo chiamarono il più grande buco sull'acqua di Hallifax degli ultimi vent'anni, dopo la chiusura del negozio di vestiti usati delle star che rimase aperto solo due settimane.
La signora fece rimangiare le dicerie. Il salone aprì e cominciò a lavorare moltissimo, costringendo la donna a comparare un magazzino più grande solo per i prodotti, ampliando la zona dedicata alla cura dei capelli. Il negozio aveva cinque posti di lavoro ognuno con una specchiera, un blocco con forcine, elastici, lacche e tutto il necessario per creare opere d'arte.  Esatte, perché le persone che lavoravano lì erano dei veri scultori di bellezza.
Tutte le signore della città volevano andare lì perché le acconciature nate in quel luogo duravano più di due giorni.
"Mary!" esclamò una donnetta bassa e cicciottella, con un forte accento italiano.
"Ciao zia!" salutò la ragazza, alzandosi dalla poltroncina andandole incontro.
"Guarda che bella che sei oggi. Sei dimagrita? Tu non mangi abbastanza!" sbraitò Luisa, spostandosi un riccio nero che le era finto sugli occhi, "Domani preparo le lasagne e te le porto a casa.".
"Grazie. Sei la migliore, ma e meglio di no! " disse Mary, baciandole la guancia.
"C'è anche la cara dolce Emy!" squittì la donna, venendomi incontro con sguardo devoto.
La signora mi adorava in maniera assoluta per l'affetto che provavo per la sua adorata nipote. Da quando era giunta in Canada almeno una volta alla settimana io e la mia amica eravamo ospite a cena nella sua bellissima villetta e del suo delizioso marito.
"Ciao Luisa" esclamai, alzandomi dalla postazione.
"Cosa vogliono oggi le mie più belle fanciulle della città?"chiese lei.
"Noi volevamo farci tagliare i capelli, magari anche pedicure e manicure, ma vedo che c'è molta gente prima di noi!" notò Mary, guardando la sala d'attesa traboccante di persone.
"Nessun problema. Roy e Rachel si occuperanno di  voi!" sentenziò la donna, andando a chiamare i collaboratori.
"Bene ora possiamo rilassarci!" esordì Mary, abbandonandosi alla postazione.
Dopo un paio di minuti, venne una ragazza bionda accompagnata da Roy che chiese a Mary cosa voleva quel giorno.
"E tu Emy vuoi il solito?" chiese Roy, mettendomi una vestaglietta rossa sopra gli abiti per proteggerli.
"Mmmmm.. Roy mi tagli un po' le punte, mi sistemi il ciuffo e dopo voglio una pettinatura che mi dia un'aria "cazzutta" " dissi, mentre le mie guance si coloravano di rosso.
"Cazzutta? Signorina c'è qualcuno che t'infastidisce? Non usi mai questo voabolario" chiese, abbassandosi per essere a livello ai miei occhi.
"A dirla tutta. Questa mattina mi sono sentita brutta in confronto di una ragazza, di una compagna di classe" confessai, abbassando lo sguardo.
"Brutta te?" cominciò Roy, nascondendosi con un gesto teatrale il viso, "Voglio dire, ma ti sei guardata. Sei mora occhioni verdi. Sei bellissima, te l'assicuro io che sono gay sino al midollo osseo. Cara la mia leonessa è ora di tirare fuori la grinta".
Per due ore non sentimmo altro che le forbici di  Rachel e di Roy che tagliavano e sfoltivano. Mi sentivo morire ad ogni ciuffo di capelli che cadeva per terra.
Mentre loro si occupavano dell'acconciatura, vennero due ragazze a farci manicure e pedicure.
"Questo è il paradiso!" esclamò Mary, sistemandosi due fette di cetriolo sugli occhi.
"Già!" sbottai, pensando all'episodio della vasca che ora sembrava solo un vecchio ricordo.
"Emy hai per caso lisciato i capelli quando erano umidi?" domandò Roy.
"No! Cerco che no! Si bruciano."
"Lo so. Te l'ho chiesto proprio perché sembrano bruciati. Sono secchi e crespi. Non sono i soliti capelli che tratto io da due anni!".
"Forse mia madre ha cambiato lo shampoo!".
"Ora ti faccio un trattamento all'alga marina e quando te ne vai ti do uno shampoo da usare".
Dopo i capelli, mani e piedi rimaneva solo il trucco.
"Vi sistemo ora io!" proclamò Luisa alla nostre spalle.
Non ci permise di vedere nulla. Dovevamo vedere l'opera finita e non solo uno schizzo.
Dopo un'ora tra prove di rossetti, ombretti e fard potemmo finalmente ammirarci.
I miei cappelli sembravano vivi. Avevano una forma più gonfia e più morbida rispetto il solito. Sembravo veramente un felino dalla criniera corvina, pronto ad assalire chi osava rovinarmi la serata. Il trucco era impeccabile. Gli occhi erano stati colorati con toni naturali e s'intonavano perfettamente alle labbra rossa che non risultavano provocanti.
Mi girai a guardare Mary nello stesso momento in cui lei ripeté il mio movimento.
I suo capelli era tutti ricci e le punte erano più chiare. I suoi occhi erano velati da un' ombra di dorato e le guance avevano una tonalità rosata, donandole un'aria più sana del solito.
"Siete bellissime!" annunciarono all'unisono Roy, Rachel e la signora Luisa.
Dopo averli salutati e aver litigato con la proprietaria per il pagamento, sentimmo la voce di Roy che ci chiamava.
"Tieni tesoro" mi disse dandomi una borsetta, "E' lo shampoo per i tuoi capelli. Un'ultima cosa poi potete andare. Voi due siete due grandi donne quindi non permettete a nessuno di svalutarvi. Avanti leonesse tirate fuori i denti!".
 
 

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Capitolo 6
*** Il Luna Park ***


"Wow Oceane! Sei riuscita a colpire tutte le anatre!"- esultò Mary guardando la ragazza ricevere il premio per l'eroica impresa.
"Ora chi sente mia madre?" - si lamentò la vincitrice con in braccio un orso rosa il doppio di lei. Era buffa con quel pupazzo enorme, sembrava un personaggio di un fumetto orientale.
"Sono sicura che qualcuno sarebbe felice di averlo!"- ridetti dando una gomitata alla mia migliore amica.
"Si ti prego Oceane. Regalamelo!"-la implorò bloccandoci letteralmente la strada.
"Non ti preoccupare. Ora il sottoscritto te lo prenderà senza nessuna fatica"- intervenne Mike prendendola sottobraccio.
"Senza offesa, superman"- cominciai-"Non è per essere una guasta festa, ma sei negato in tutto! Hai perso al rodeo, alle freccette, al tiro al piattello, all'hockey da tavolo e ti e persino caduto lo zucchero filato!"
"E' vero però sbagliando s'impara"- notò il ragazzo continuando a camminare con Mary al suo fianco.
"Pesa tantissimo questo peluche."
"Oceane ti prego dammelo a me Ted!"- pregò con un sussurro la ragazza prigioniera della presa di Mike.
"Ted gli hai dato già un nome?" -chiesi sorridendo all'idea dell'innocenza che esprimeva la mia amica.
"Certo. Un pupazzo per me è meglio di una persona!"
"Da accordo! Tieni hai vinto"- sospirò sconfitta Oceane passandole il peluche.
" Evviva! Grazie cara. Ciao Ted io sono la tua nuova proprietaria!" -esultò Mary abbracciandolo.
"Bene ora possiamo andare su qualche giostra?" -proposi guardando la casa degli orrori e la ruota panoramica.
Quell'anno la festa per il saluto dell'autunno era ben riuscita.
Vi era molta gente in mezzo alle bancarelle del mercatino dell'usato dove acquistammo un modello rarissimo di vespa vacanze romane con il quale Mike riuscì a finire la sua collezione di motocicli d'epoca mondiali.
Per non parlare del flusso di persone all'interno del Luna Park. Per lo più erano ragazzi della nostra scuola che ci furono presentati dai nostri nuovi amici. Erano davvero molti che pensai di farmi fare una lista da Oceane per poter ricordarmeli tutti. Scorgemmo di sfuggita anche Mathis mentre si pavoneggiava in una gara di forza con un ragazzo che era la sua metà.  D'istinto appena lo sorpassamo guardai Oceane fissare l'ex fidanzato con uno sguardo pieno di tristezza.
"Io voto per Empty Fly!"- propose con energia Mary  alzando un braccio in aria.
"Si andiamo sulle montagne russe"- appoggiò Oceanne spostando lo sguardo tra me e Mike che ci scambiammo mezzo sorriso.
"Io passo! Mi dispiace, Mary sa benissimo che io ho il terrore di quella giostra"- precisai osservando l'attrazione giusto in tempo per riuscire a vedere il giro della morte. Il solo sentire le grida dei passeggeri dei vagoni e vedere la velocità che prendevano mi faceva rizzare i capelli.
"Si anch'io non ho voglia!"- sbottò con voce sarcastica Mike.
"Peccato, ci tenevo a sedermi  accanto a te"- disse Mary sbattendo le ciglia al povero ragazzo, il quale non ebbe altra scelta se non seguirle.
Dopo averli assicurati che non mi sarei annoiata, ma anzi avrei riso a vederli impauriti, i miei amici si avviarono alla lunga fila che gli separava dalla loro giostra.
Per godermi meglio lo spettacolo, che mi attendeva, scelsi di andare a prendere dei pop-corn.
Che coda, pensai guardando la lunga fila davanti alla bancarella che vendeva snack.
Spero di non perdere la partenza, dissi tra me girandomi a guardare le montagne russe.
Le odiavo moltissimo.
Quel genere di adrenalina non faceva per me. Non capivo il motivo che spingeva a salire sopra a quella cosa se non il stare male. Ovviamente, la scarica di emozione che ti dà ti fa sentire vivo, prima t'impaurisce per poi esplodere in un fiume di risate che nemmeno tu potevi crederci. D'altronde hai sempre paura di cadere veramente nel vuoto o di non riuscire a respirare mai più. Per non parlare delle varie botte provacate dalle curve pericolose e brusche.
Forse ho sbagliato, dovevo andare, rimuginai quando un movimento in ombra mi attirò.
Mi alzai in punta di piede riuscendo a scorgere una folta chioma bionda che precedeva un ragazzo con uno scintillo rosso all'orecchio.
Non dovetti nemmeno pensare al da farsi che le mie gambe scelsero per me di seguire Jason e Juliette.
Sembravano molto seri e tesi. Dovetti fermarmi un paio di volte e nascondermi dietro una carovana rossa vecchia. Per poi procedere di nuovo all'inseguimento con passo veloce e silenzioso fino a fermarmi dietro una pila di casse vuote gettate alla rinfusa dietro le roulette dei giostrai.
"Allora mi vuoi dire che ti succede?" sbottò Juliette con voce  acida.
Mi sporsi un po' dal mio nascondiglio per vedere meglio.
"Nulla non succede nulla"- rispose il ragazzo avvicinandosi alla fidanzata che era seduta su  dei pneumatici per camion.
"Amore non mi puoi mentire! Io sento che mi stai dicendo una balla"-  esclamò Juliette guardando con disprezzo il Jason in piedi davanti a lei.
"Forse questa volta ti sbagli! "
"Io non mi sbaglio mai!" -eruppe la bellissima bionda alzandosi in piedi.
Mi spaventava moltissimo. Lo so è sciocco aver timore di una ragazza della tua età, ma c'era qualcosa sulla voce, sul l'atteggiamento di quella ragazza che mi impaurivano. I capelli biondi sembravano avere una vita loro animando, come piccole fiammelle, il viso della cheerleader.
"Mai dire mai!" -esclamò Jason sfidandola con lo sguardo.
Juliette sentendo quell'insulto schioccò le dita. A quel suono il ragazzo cadde in ginocchio urlando di dolore.
"Non scherzare con me. Io ti amo, ma non so ancora per quanto posso tenere a bada il maestro. Tu lo conosci meglio di me e sai anche perché ha deciso di eleggere me come sua Vice." disse  a mezza voce la ragazza girandosi abbandonando a terra il fidanzato.
Stava venendo verso me. Non avevo capito bene cosa era successo, ma avevo capito che lei era pericolosa e se si era accorta che io ero lì ed avevo ascoltato tutto non avrei saputo che fare.  Misi una mano sopra al naso cercando di camuffare meglio che potei i respiri affannosi andando sempre più accanto alle casse.
Si fermò ad un metro del nascondiglio per girarsi verso al ragazzo con gli occhi e il viso pieni di lascrime.
" Ti prego non costringerlo a darmi un ordine al quale non posso disobbedire, ma che distruggerebbe la mia vita" -disse Juliette singhiozzondi per poi correre via lasciandolo lì a soffrire da solo.
Ero immobilizzata dallo stupore. Non sapevo cosa pensare. Davanti ai miei occhi avevo visto una scena che si vede solo nei film.
"Ora puoi venire fuori Emily!" -disse Jason alzandosi lentamente.
Appena sentì quelle parole gli corsi incontro per darli soccorso.
"Lascia stare! Riesco da solo" -obiettò  scacciando la mia mano per poi ricadere a terra perché troppo debole.
"Non dire assurdità! L a tua fidanzata ti ha appena fatto nero" -dissi aiutandolo ad alzarsi senza dare retta alle sue ridicole pretese.
" Touchè!" -scherzò finalmente in piedi.
"Devi andare a casa sei uno straccio!"
"No basta solo un po' di zucchero per ridarmi energia!" -esclamò appoggiandosi sui scalini della carovana vecchia che avevo visto poco prima.
"Ok vado a vedere cosa trovo. Non ti muovere da qui!".
"Emily non vado da nessuna parte" -mi assicurò.
"A dopo".
"Emy"-urlò appena partii.
"Dimmi"- dissi esasperata, sicura che avesse cambiato idea ancora.
"Grazie"- aggiunse guardandomi con lo sguardo che mi fece arrossire in maniera assurda.
Non risposi, mi limitai  a sorridere per poi recarmi davanti allo stand che vendeva dolci.
Zucchero! Cosa posso prendere che abbia molto zucchero?
Alla fine scelsi di prendere  una maxi coca cola, un waffle con crema al cioccolato, una frittella (chiamata orecchie di elefante) e dello zucchero filato.
Mentre mi recavo al nascondiglio del mio compagno di classe intravidii i miei amici che senza dubbio mi stavano cercando.
Raggiunsi Jason il prima che potei trovandolo addormentato profondamente.
"Jason! Jason!" -lo chiamai toccandogli la spalla.
Con scatto fulmineo si alzò e con una velocità innaturale si pose dietro di me. Dopo qualche secondo sembrò tornare in se.
"Scusa Emy"- sussurrò lui prendendo in mano la borsa con le cibarie e sedendosi davanti.
"Scusa Emy?"esplosi con voce acuta " Ti sembra normale? Cos'era questo?"
"Un corso per autodifesa" -rispose lui addentando il waffle.
"Ahn sì certo" -esclamai sarcastica – "Anche prima vero? Juliette deve essere cintura nera".
Nessuna risposta.
"Ascolta penso di meritarmi una risposta!" -sbottai. Mi sentivo presa in giro e di sicuro non avevo avuto le allucinazioni.
"Niente non parli". Ero furente. "Jason, ascolta mi merito una cazzo di spiegazione, ora!"
"Non posso" -mormorò tracciando dei cerchi con la scarpa nel suolo fangoso.
"Certo non puoi!" -sbottai cominciando a camminare avanti indietro aprendo le braccia al cielo.  "Sei così arrogante e presuntuoso! Comunque io so cosa ho visto!"
"Tu credi di saperlo" -sbottò lui facendo schioccare la lingua al palato per poi volgermi uno sguardo curioso.
"Io ho visto la tua fidanzata psicopatica che schioccava le dita e tu cadevi a terra!"
"Non è così"- cominciò lui-"Mi ha dato un calcio sullo stinco ecco perché sono caduto a terra!".
" Vogliamo parlare della minaccia di morte da parte del vostro maestro?" -lo istigai con  voce fredda guardandomi le unghie –"Del fatto che lei ti abbia detto che devi fare quello che va affatto, e che..."
" Tu non sai di cosa stai parlando"-esplose Jason alzandosi in piedi e venendomi a meno di due centimetri dal mio viso –"Tu non hai sentito nulla!".
"Mi minacci?" -gridai senza distaccare lo sguardo.
"Non ti sto minacciando. Ti sto proteggendo!" -esclamò sconfitto sedendosi di nuovo sui scalini.
"D a cosa? Da Juliette? Posso cavarmela benissimo da sola."
"Non credo bambola. Tu non immagini con chi hai a che fare. Ora devo andare stanno arrivando i tuoi amici. Non parlare a nessuno di questa sera!" -sbottò alzandosi.
Prima di andare via si avvicinò di nuovo a me. Fece una cosa che non mi sarei mai immaginata. Mi annusò. Prese una ciocca dei miei capelli e se la passò sotto il naso.
"Sei così dolce bambola. Amo il tuo profumo! Questa volta non mi sbaglio. Fai attenzione per piacere."- disse con voce primitiva per poi scomparire dalla mia vista lasciandomi lì come una statua di sale.

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Capitolo 7
*** La Zingara ***


"Sei proprio irrecuperabile Emy!"-si lamentò esasperata Mary tirandomi per un braccio verso il parcheggio dove ci aspettava il fratello maggiore di Mike per accompagnarci a casa-"Sono senza parole. Ho capito che ami gli animali, ma inseguire un gatto per accarezzarlo. Ti sei quasi persa in mezzo a quel caos di convogli chiamati casa da questa gente, anzi da questi ladri".
Non risposi nemmeno.
Stavo ancora rielaborando quello che era successo poco prima proprio nel punto in cui avevo detto di aver perso di vista l'animale.
In realtà, non ero in grado di togliermi dalla testa gli occhi di Jason che mi supplicavano di fare attenzione e di non mettermi contro a Juliette.
Quella ragazza mi stava sempre più antipatica anche se doveva avere qualche potere a me sconosciuto; non aveva nemmeno toccato Jason eppure era caduto in ginocchio.
Infine, il gesto che aveva fatto il ragazzo prima di andarsene mi aveva lasciato turbata.
Nessuno aveva mai annusato i miei capelli e sapere che a quella bellezza naturale non passavo inosservata rendeva la situazione ancora più eccitante e intrigante di quello che era.
"Comunque abbiamo visto il tuo amico"-esclamò Oceane.
"Ahn, sì e chi sarebbe?"-chiesi senza pensare alla risposta.
"Jason con la sua fidanzatina erano incollati come due piovre"- disse ridendo la ragazza.
Rimasi un attimo in silenzio, ero veramente perplessa da quello che aveva appena detto la mia amica. Non capivo quella coppia; un momento prima si odiavano e un attimo dopo si mangiavano la faccia.
"Dio li fa e li accoppia!"- ribatté Mary aggiudicandosi un'occhiataccia da parte di Mike.
"Secondo me, siete troppo crudeli con loro"-borbottò quest'ultimo affondando le mani nelle tasche posteriori dei jeans.
"Infondo, non è male!"-borbottai-" Jason è un tipo in gamba senza scordare che ha aiutato Mike. Juliette sembra una vipera con una parrucca bionda!"- dichiarai in difesa del nostro compagno di classe.
"Non ti piacerà, vero Emily?"-domandò la mia migliore amica, l'unica che potesse leggermi l'anima meglio di chiunque altro forse anche più di me stessa.
"Piacermi?? Jason ed io? Scherzi?".
" Ti piace lo sapevo. A dirla tutta lo si capisce che tra di voi c'è qualcosa!"
"Se ci conosciamo solo da una settimana!"
"Certo, ma ogni giorno che c'è letteratura inglese sei tutta in tiro e a mensa allunghi il collo per vederlo!".
"Non è affatto vero!"-esplosi.
"Ascolta Emy se non fosse vero non ti arrabbieresti così.".
Da accordo lo ammetto quel ragazzo mi piaceva molto. Era inutile mentire a se stessi, ma i miei amici non lo avrebbero saputo... almeno per il momento.
"So io cosa ci vuole"-intervenne Oceane con enfasi parandosi di fronte a me.
"Sentiamo dottoressa dell'amore?"-domandò Mike alle sue spalle.
"La maga Artemis ti dirà quello che devi fare!"-proclamò la ragazza sorridendo-"Venite seguitemi!".
Ci avviammo verso le bancherelle dove la folla non si era ancora sfoltita, per poi proseguire al confine con il parcheggio del supermercato del porto.
"Si può sapere dove stiamo andando?"-esplose Mary quando uscimmo dal fiume di gente che stava entrando al Luna Park.
"Lì stiamo andando lì"-rispose Oceane indicando una roulotte scura e sfasciata .
Fuori vi era un cartello "Se il tuo futuro tu conoscer vorrai tu qui entrare dovrai!".
"E' questo che intendevi quando avrebbe saputo dirmi quello che devo fare?"-commentai incredula –"Queste persone sono solo pazze che credono nella cosiddetta lettura dei tarocchi, della mano e di quelle sfere magiche!".
"Siamo qui provaci"-incalzò Mary-"Dopo tutto c'è scritto che con venti dollari ti leggerà la mano e le carte!".
"Lo farò!"-proclamai guardando i miei amici –"Aspettatemi".
Avanzai verso i scalini e mi incantai a guardare delle piante secche affissate sulla porta e alle strane bamboline appoggiate a fianco.
"Quanta scena"-borbottai tra me.
Mi avvicinai alla porta guardai i miei amici che mi stavano incitando a bussare. Decisi che era una pessima idea e ritornai indietro quando una voce squillante irruppe-"Sapevo che non avresti bussato quindi ho deciso di aprirti per facilitarti la cosa!".
A parlare era stata una donna sui trent'anni con un velo viola in testa e una gonna decorata con ciondoli che accompagnavano ogni suo movimento.
"Veramente.."
"Vieni Emily accomodati dentro"- m'invitò la veggente lasciando aperta l'entrata.
L'interno della carovana era ben arredato. Al centro della stanza c'era un tavolo rotondo con una tovaglia viola in velluto. Alle pareti c'erano molti specchi rotti e sfere di cristallo che dovevano aiutare le streghe per mettersi in contatto con mondi confinanti con il nostro.
"Siedi bimba"-disse la signora mostrandomi la sedia davanti a lei.
"Grazie".
"Allora cosa facciamo lettura delle carte? Incantesimi? Filtri d'amore?"-chiese la maga sedendosi dinnanzi a me.
"No a dirla tutta io non so nemmeno il perché sono qui. Ha insistito la mia amica.."
"Sciocchezze tesoro, le tre Parche non ti avrebbero fatto venire da me senza un vero motivo. Dammi le mani"-ordinò la donna porgendomi le sue.
Non appena le nostre mani entrarono in contatto si levò il vento. Era innaturale non c'erano finestre aperte e fuori non era brutto tempo.
Osservavo la maga che muoveva le palpebre degli occhi senza aprirli.
"Niente. Non ci riesco"-sbottò-"Aspetta un attimo, proviamo con le carte".
Si alzò e prese da un cassetto un mazzo di carte nero con disegnato un teschio.
"Mettono a proprio agio questi tarocchi"-borbottai.
"Non temere è il mazzo che amo di più".
Dopo averle mescolate mi disse di soffiarci sopra e di tagliarlo con la mano sinistra.
"Vediamo le mie bambine cosa ci mostrano. La prima carta gli amanti, poi la bilancia ed infine..la morte. Le carte dicono che ti innamorerai di una persona con la quale avrai una grande passione che ti travolgerà e che non ti farà capire più nulla fino a portarti alla morte".
"Ma sta scherzando?"-sobbalzai con un scatto irruente da far venire fuori il ciondolo di papà.
"Dove hai preso quel ciondolo?"-domandò con voce seria Artemis alzandosi dal posto per venirlo a vedere meglio:"Qual è il tuo cognome?".
"Mann".
"Mann come ho fatto a non accorgermene avrei dovuto fiutarlo ad un miglio di distanza. Aspetta un attimo ho una cosa che mi hanno dato da custodire fino a quando non saresti stata pronta se mai ti avrei visto".
Non riuscì nemmeno a ribadire che la donna scomparve dietro la tenda.
"Unde am pus cutia aia ?"-sentii urlare. Sembrava che dietro la tenda ci fosse una vera guerra mondiale, rumori di cassetti che venivano sbattuti e lampade rotte riempirono i gridi di Artemis per poi sentirla trionfante –"Aici".
Uscì dal retro della tenda con in mano un piccolo scrigno di legno pesante. Era tutto decorato con delle foglie di vite al centro era raffigurato un cuore con due lupi ai lati.
"Tieni mia cara questo è per te"-proclamò la donna dandomi l'oggetto-"Emily, è un regalo da parte della gente di cui faceva parte tua nonna. Tienilo con cura che presto ti servirà."
" Il popolo di mia nonna?".
" La grande Miriam: era una nostra sorella. Aveva il potere di leggere il futuro con molta precisione rispetto a tante altre donne che facevano parte della nostra cerchia. Io non l'ho conosciuta, ma con mia madre erano amiche intime e secondo lei era una delle più grandi veggenti nate qui su questo mondo. Pure te, bambina, hai della magia nel sangue ne sento il profumo anche se sembra essere nascosto da un altro aroma selvaggio "-proclamò Artemis guardandomi dritta negli occhi, cercando di scorgere un segno se erano esatte le sue supposizioni.
Rimasi in silenzio senza parlare perché non sapevo cosa dire. Strinsi più forte l'oggetto che avevo in mano e giuro che sembrò sospirare.
"Sarà stata solo la mia immaginazione"-sussurai studiando meglio il piccolo scrigno.
"Ascoltami bene: per qualsiasi cosa puoi chiamare questo numero"-disse  la zingara porgendomi un suo biglietto da visita.
"Da accordo". 
"Un'ultima cosa. Non fidarti del ragazzo dagli occhi azzurri che nascondono un cuore di vetro intriso di bugie ed inganno"-esclamò sistemando le carte con lo sguardo abbassato proprio nel momento in cui stavo uscendo dalla porta.
"Ci proverò."
I miei amici mi tartassarono di domande per tutto il tragitto dalla carovana alla macchina.
"Dobbiamo prenderti il vestito da sposa entro l'anno?"- sherzo' Mary facendo ridere Ocene e Mike.
"Ha-Ha-ha, spiritosa, ha solo detto di fare attenzione e basta".
Non volevo che i miei amici sapessero le cose dette tra me e la gitana soprattutto riguardo a mia nonna e allo scrigno che era infondo alla mia tasca del giubbotto.
"Ecco la' James"- borbottò Mike raggiungendo un ragazzo seduto su un suv nero.
"Salve"-salutò lo sconosciuto.
Non era veramente male. Si mise a fianco del fratello così potei fare un confronto tra i due ragazzi;
non si assomigliavano per nulla.
James era più alto rispetto a Mike con i suo occhi scuri, la bocca carnosa e capelli neri leggermente mossi.
Senza rendermene conto m'incantai a guardare il suo fisico asciutto fino a quando Mary con un colpo di tosse mi fece ritornare al presente.
"Come cavolo ti sei vestito?"- chiese Mike aprendo la portiera dell'auto per far salire le ragazze.
"Ho appena finito la prova generale del musical nel nuovo teatro"-rispose James mettendosi al posto di guida.
" È meglio che Emy si metta davanti, soffre la macchina"-commentò la mia migliore amica.
"Nessun problema. Puoi pure sederti con me"-esclamò il guidatore da dietro il finestrino abbassato.
"Certo".
Le strada erano deserte stranamente anche se non era tardissimo.
"Dove devo andare?".
Attese per un paio di minuti una risposta dal fratello.
"Mike mi hai sentito?".
"Dormono"-commentai dopo essermi girata per vedere i miei tre amici dormire. Mike e Mary dormivano vicini, invece Oceane era appoggiata al finestrino destro con la bocca aperta appanandolo.
"Come si può prendere sonno solo dopo un paio di minuti essersi seduti?"- sbottò James impaziente.
"Bhe di sicuro non è colpa della guida"-commentai tenendomi al sedile mentre percorrevamo una curva.
"Vuoi guidare tu?"-ringhiò Il ragazzo guardandomi mentre chiudevo gli occhi.
"No, no grazie. Comunque che musical state facendo?".
"Non sono affari che ti riguardano ragazzina".
"Ragazzina?"- esplosi-"avrò solo quindici anni, ma sono molto matura. Comunque ho un nome Emy... Anzi chiamami Emily!".
Vidi comparire un sorriso al ragazzo.
"Da accordo Emily dove abitate?".
"Devi andare in Roses Street viviamo entrambe lì. Intendo io e Mary".
Il viaggio continuò in silenzio finché giungemmo nella via.
"Mary siamo a casa!"-sussurai alla mia amica svegliandola delicatamente.
"Di già. Ho dormito così bene anche se per pochi minuti. Ti ringrazio Mike"-disse abbraciandolo per poi baciare sulla guancia Oceane che sonnecchiava beata.
Salutai anch'io il mio amico con un buffetto senza prestare uno sguardo a quel pallone gonfiato di James.
"Ci si vede Emily"-lo sentii urlare mentre ingranava la marcia sulla strada  buia.

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Capitolo 8
*** Principe Oscuro ***


"Hai già deciso cosa fare al tuo compleanno"- mi domandò Mary ritornando al suo panino preparatoci da Amelia la mattina presto.
"Sinceramente no"- risposi mentre mi godevo il sole.
Era una giornata bellissima. Quell'anno il tempo ci sorrideva, l'inverno fu il più caldo degli ultimi cinquant'anni e noi lo accogliemmo a braccia aperte felici di goderne i benefici tra cui mangiare fuori durante il pranzo a scuola.
"Come!? Quando compi gli anni?" - esclamò Oceane facendo colare della salsa barbecue sulla sua maglia.
"Il sedici di novembre"- risposi passandole una salvietta umida, ne avevo sempre una scatola nello zaino per evenienza come quella.
"Wow? Cosa pensi di fare? Chi pensi di invitare?"- continuò la ragazza con tono eccitato pulendosi la macchia.
"Non so"- replicai facendomi baciare dai raggi caldi - "Pensavo di farlo al Pink Life con voi,  Camille, Matt e naturalmente Mike. Una cosa tranquilla tra veri amici".
"A proposito dov'è finito il nostro amicone?"- osservò Mary alzandosi in piedi e guardandosi in giro -"Ecco sta arrivando di corsa".
"Ragazze, dovete vedere cosa sta accadendo nel parcheggio all'entrata della scuola"- ansimò il ragazzo quando ci raggiunse.
"Cosa? Un incidente fra due fuoristrada?"- sbottò Oceane alludendo all'inverno precedente quando il professore di chimica in retromarcia rovinò l'auto del preside facendo nascere una grande antipatia tra i due uomini.
"No, ve lo giuro. E' la cosa più stravolgente  mai successa nella scuola!".
"Mike non vedi che siamo qui rilassate!"- intervenni per dare mano forte alla mia amica.
"Cara la mia Emy, si tratta di Jason!".
"Di Jason?"- esclamai alzandomi di scatto dalla sedia e levandomi gli occhiali da sole per guardare meglio il mio amico.
"Eh già, sta dando spettacolo con Juliette".
"Dai andiamo"- mi incitò Mary prendendomi per mano.
Si era raggruppata una moltitudine di gente che guardava lo spettacolo creando un cerchio come ad un incontro di wrestling.
"TI RENDI CONTO DI QUELLO CHE STAI FACENDO?" - urlò Juliette cercando di liberarsi dai due ragazzi che la tenevano ferma -" E VOI CHE CAZZO FATE? LASCIATEMI ANDARE! LO AMMAZZO".
Mi misi in punta di piedi cercando di vedere qualcosa e scorsi Jason in piedi  con l'occhio destro nero.
"Juliette non è colpa mia se non ti amo più! Calmati"- spiegò con voce calma e piatta il ragazzo avvicinandosi all' ex-fidanzata scossa dai singhiozzi -"Lasciatela andare ragazzi. E' tutto apposto".
A quelle parole la studentessa fu liberata si guardò in giro accorgendosi della gente che si era creata intorno a loro fin quando mi vide lanciandomi un'occhiata di fuoco.
Senza perdere un minuto, si diresse verso la direzione in cui mi trovavo con passo sicuro, facendo dileguare le persone attorno a me .
"Hai vinto"- disse Juliette a due centimetri dal mio viso - "Hai vinto la battaglia ma non la guerra".
Corse dentro la scuola senza lasciarmi nemmeno il tempo di elaborare quello che mi aveva detto.
La fiumana di studenti si dileguò guardandomi paralizzata in mezzo a quella bufera pericolosa ed io come un gabbiano cercavo solo di ritornare a casa.
Jason mi si avvicinò –"Andiamo in classe".
Non risposi nemmeno: ero troppo sconvolta. Ogni volta quando vedevo Jason succedeva sempre qualcosa che mi lasciava attonita. Avevo vinta la battaglia? Non avevo mai voluto prendere parte ad una scontro diretto con quella vipera sapendo cosa è in grado di fare. Inoltre, non potevo avere una possibilità con quell'opera divina al mio fianco.
Ci sedemmo alle nostre postazioni nell'aula di letteratura inglese senza parlare.
Mary prese posto poco dopo di noi e mi lanciò uno sguardo curioso che spensi facendo cenno di no con la mano.
"Buongiorno, ragazzi"- salutò il professore Brown quando tutti gli studenti furono presenti -"Oggi noi creeremo dei gruppi di studio per un progetto che vi costerà più della metà della vostra valutazione finale di questa prima parte dell'anno".
Quella notizia mi fece tornare in me. Io e la mia amica lavoravamo benissimo assieme tanto che nella vecchia scuola avevamo vinto anche il premio della fiera della scienza costruendo un vulcano funzionante che però, quando eruttò, sporcò di rosso il preside e la giuria facendo esplodere una risata generale.
"Naturalmente i gruppi li faccio io"- sbottò l'insegnante pulendosi gli occhiali e spegnendo i sorrisi dai nostri volti.
"Oramai siamo grandi professore"- trillò una ragazza castana con voce acuta – "Possiamo scegliere noi i nostri compagni di lavoro!".
"Certo Miss Leblanc, scommetto che lei sceglierebbe il signor Blais"- sbottò l'uomo guardando il ragazzo che stava guardando il soffitto senza prestare attenzione alla lezione.
"Signor Blais, il nostro  nuovo latin lover..."- esclamò Mister Brown avvicinandosi al studente – "..cosa troveranno in lei le donne non lo capisco. Probabilmente, il fatto che suo padre lavori qui l'aiuta anche in quel campo".
"Sinceramente signor Brown credo che le donne cerchino e trovino in me quello che sua moglie non è riuscita a trovare in lei ma in Adam il nostro bidello. Lei cosa ne pensa?"- rispose Jason abbassando lo sguardo lanciando un'occhiata di presunzione all'uomo rosso-violaceo dalla rabbia.
"Lei si è preso un biglietto da visita per l'ufficio del preside"- ringhiò il docente sedendosi sulla scrivania per compilare un foglio rosa che consegnò a Jason.
"Lei il progetto lo eseguirà con la signorina Mann!"- disse con sufficienza il signor Brown mentre il ragazzo stava uscendo dall'aula con aria menefreghista e strafottente come se quello che era accaduto non gli riguardasse.
A quelle parole la classe si girò a guardarmi. La signorina Leblanc aveva un smorfia di disapprovazione che non cercò di celare agli occhi del professore il quale continuò la lezione senza parlare della scena appena successa.
Non prestai attenzione al discorso su Shakespeare fatto dal Signor Brown avevo il pensiero fisso sul lavoro che avrei dovuto fare con Jason e sul fatto che da esso dipendeva più di metà del giudizio finale su quella materia.
Il professore ci lasciò andare quindici minuti prima della fine dell'ora, presi la palla al balzo e mi fermai a parlare con lui.
"Scusi, Signoor Brown"- dissi avvicinandomi alla cattedra mentre i miei compagni lasciavano l'aula di corsa.
"Signorina Mann, mi aspettavo che si fermasse"- sbottò il docente mettendo via dei documenti sulla propria valigetta-"Mi vorrà chiedere il perché ho deciso di metterla insieme a quel degenerato di Blais?".
"Ecco io..."
"Ho scelto lei per il signor Jason per la sua bravura. E' la mia alunna di classe prima migliore; i suoi temi, i compiti e le interrogazioni sono i migliori tra tutte le mie classi nuove e anche qualche seconda".
"Cosa dovremmo fare esattamente?"- chiesi rassegnata.
"Dovrete leggere e capire Tristano e Isotta e rappresentare la scena madre della storia a fine di questo periodo scolastico".
"Ma..."
"Confido in te Emily!"- concluse il professore accompagnandomi all'uscita dell'aula.
In corridoio trovai Mary appoggiata al muro che mi aspettava per tornare a casa assieme.
"Non puoi certo dire che la tua vita è noiosa"- esclamò la mia amica mentre ci dirigevamo alla fermata del bus scolastico.
"Già, ascolta Mary io non vengo  a casa, ma vado in biblioteca pubblica per cercare qualche indizio su Tristano e Isotta."
"Da accordo"- borbottò tristemente abbracciandomi –" Domani pomeriggio sei mia!"
"Promesso. Ora vado"- la salutai andando a prendere il pulman di linea.
Fortunatamente riuscì a prendere il numero che mi fece scendere davanti alla mia meta.
La biblioteca era un luogo sacro dove mi ero nascosta con Mary leggendo avventura su luoghi che non avremmo mai visto e su persone che non conosceremmo mai. Moby Dick, Capitan Uncino, Biancaneve, Piccole Donne erano dei cari amici che vivevano nella nostra infanzia.
"Salve Miss Apple!"- salutai l'anziana bibliotecaria seduta sul bancone d'accettazione posto all'entrata del palazzo.
"Salve, Emy"-ricambiò la donna alzandosi gli occhiali –"Sola oggi?"
"Si, devo fare una ricerca per la scuola"-risposi aprendo un armadietto per mettere dentro la cartella e tutto quello che non mi serviva tranne una matita e un quaderno verde a spirale,
"Buon lavoro"- disse miss Apple tornando al suo libro, sicuramente un giallo.
"Grazie!".
Mi diressi al mio solito posto; sedevo sempre sul tavolo della sala più lontana dell'edificio. Solitamente, andavo lì perché non c'era nessuno quasi tutti si sedevano sulle postazioni più vicine per non fare molta strada sul tragitto tavolo e libri e viceversa; anche quel giorno non c'era nessuno . Trovai subito sulla sezione cultura anglosassone il libro che mi interessava finchè decisi di fare una ricerca che non centrava nulla con la scuola. Avrei studiato gli zingari.
Cercai sulla sezione europea quando trovai un libro piccolo in pelle nera con la mano di Fatima disegnato sulla copertina.
Cominciai a leggere scoprendo che era un popolo sempre stato odiato, senza patria e legato alla magia. Pagina dopo pagina la mia curiosità cresceva.
"Non posso crederci!"- esclamai guardando un'illustrazione trovata su un altro documento molto più vecchio.
Il tempio bianco ed il salice bianco che avevo sognato erano raffigurati davanti a me.  Lessi la descrizione "Luogo di culto e dello spirito da dove i gitani prendono il loro potere e il loro spirito guida."
"Spirito guida?"- sussurrai analizzando la miniatura.
"Ehi, guarda chi c'è!"- urlò una voce profonda facendomi sobbalzare.
"Non dirmi che sei quel simpaticone di James?"-chiesi sarcasticamente raccogliendo tutti i libri sparsi sul tavolo di studio.
"Non sembri molto felice di vedermi!"- sbottò seguendomi sino al banco accettazione.
"Molto perpiscace!".
"Emily ti devo delle scuse, penso che siamo partiti con il piede sbagliato".
"Dici?"- domandai guardandolo mentre  una ragazza gli stava letteralmente sbavando addosso.
"Già dico. Posso offrirti un caffè?".
"Va bene"-borbottai arrendendomi -"Aspettami all'uscita che ho quasi finito".
Compilai il foglio per prendere in prestito Tristano e Isotta e il libro sui gitani e andai in bagno per darmi una sistemata. James non mi piaceva era odiosa, ma non mi sarei mai dimostrata inferiore a lui e nemmeno alle ragazze che frequentava.
"Cosa riesce fare un po' di rimmel e di gloss"- pensai guardandomi allo specchio.
Lo trovai seduto fuori sul muretto.
"Eccomi qua".
"Wow pensavo di mandare una squadra di soccorso"-scherzò facendomi infastidire.
"Ha ha ha"-ribattei sarcasticamente .
"Dai non ti arrabbiare! Vieni ti offro un ottimo caffè italiano!"
"Allora andiamo da Mat"- esclamai energeticamente.
"Da chi? No andiamo da Cherry e Chuck".
"Cosa? Al centro commerciale? Andiamo con la tua macchina?"-chiesi cercando con lo sguardo il suv nero.
"Non proprio!"-ridacchio avvicinandosi ad una moto nera cromata con sopra un casco rosso lucido.
"Non penserai che io salgo su di quella cosa con te che la guidi?"- affermai guardandolo mentre saliva sul bolide.
"Dai non farti pregare!"- si lamentò sorridendo. Quel sorriso avrebbe potuto sciogliermi e farmi fare quello che voleva.
"Da accordo!"- sbottai sconfitta mentre salivo sulla moto in maniera goffa.
"Tieni mettiti il casco!"- mi ordinò-"Non voglio ricevere causa da tua madre. Non riesci nemmeno a metterlo! Ti aiuto io!".
Senti il viso avvamparmi mentre quel bellissimo ragazzo mi  sistemava il casco stringendomelo e mi spostava una ciocca di capelli ribelli dietro l'orecchio. I nostri sguardi s'incrociarono per poi entrambi spostarli alle rispettive bocche.
"Andiamo Bambina"- disse così vicino da poter sentire il suo alito da tabacco e caffè; un odore forte ma piacevole – "Tieni forte".
A quelle parole mi strinsi più forte che potevo e lo vidi sorridere grazie allo specchietto destro. Sfrecciamo per le strade di  Barrington street, Windsor street . Allungò la strada non che mi dispiacesse, probabilmente lo divertiva il modo in cui chiudevo gli occhi e il modo in cui urlavo quando faceva un sorpasso avventato.
"Siamo arrivati Emy. Non c'è più bisogno che mi stringi se vuoi continuare però..."- disse dopo essersi fermato sul parcheggio del centro commerciale.
"Si scusa."- borbottai scendendo dal bolide.
"Riesci a toglierti il casco?"- domandò sarcasticamente mettendo il lucchetto alla sua moto.
"Ecco qua"-dissi porgendoglielo.
"Grazie Bambina".
"Allora se vuoi che questa cosa del caffè funzioni chiamami Emily al massimo Emy"- puntualizzai avviandomi all'entrata del centro commerciale.
"Va bene... Emy"- disse sorridendo.
Quel pomeriggio c'era davvero molta gente per i negozi a fare shopping, a mangiare hamburger, gelati e chi si concedeva un piccolo break dal lavoro.
"Così va molto meglio"- scherzai sorridendo a James che camminava al mio fianco.
"Hey Jay"- urlò una voce che conoscevo molto bene.
"Ciao Mathis!"- lo salutò abbracciando il gigante-"Come stai?"
"Non molto bene.. Ehi cosa ci fai con questa qui?"- chiese guardandomi con disgusto.
"Lasciala in pace. Lei è con me!"-ringhiò James con tono minaccioso.
"Stai calmo bello solo che non pensavo che potesse essere il tuo tipo; mi sbagliavo"- scherzò il gigante allontanandosi da quella coppia di amici male accoppiata.
"Vieni andiamo a prendere questo maledetto caffè"-sbraitò il mio accompagnatore portandomi dentro alla caffetteria più bella del centro commerciale.
Era un locale molto intimo, piccolo ricordava un bistrot italiano della riviera salentina.
Ci sedemmo su due sgabelli vicino alla parete finestrata che dava sul corridoio dove potevamo vedere le persone che correvano come piccole formiche lavoratrici.
"Allora cosa prendete?"- chiese una cameriera con un trucco pesante sugli occhi ed una pettinatura stravagante color melanzane da renderla riconoscibile ovunque.
"Un espresso nero"-rispondemmo in coro facendola sghignazzare.
"Va bene ragazzi. Sapete cosa vi dico?"- chiese la donna ridendo –"Siete proprio carini insieme!".
"OK..."- dissi senza guardare James che stava ridendo assieme alla cameriera.
"Allora ti piace il caffè italiano?"- mi domandò non appena ritornammo ad essere soli.
"Veramente lo amo"- affermai-"Il nostro caffè sembra acqua. Invece, quello italiano sa veramente da espresso ne sono assuefatta! Anche a te piace!"
"Certo. Dopo aver passato un'estate nella rilassante campagna pugliese adori tutto ciò che fa parte del bel paese..."
"Sei andato in Italia?"- domandai con voce eccitata.
"Sì a migliorare il mio italiano. Lavoro come esterno per una rivista di cucina italiana. Faccio articoli di ricette italiane anche per giornali locali".
"Quanti anni hai?"- ero veramente curiosa di saperlo; senza dubbio si curava. Era solo la seconda volta che lo vedevo ma avevo capito che era un ragazzo molto curato a partire dai vestiti alla pettinatura ribelle che le faceva ricadere il ciuffo di lato.
"Quanti anni ho?"- ripetè-"Ho ventidue anni. Sono un bel po' più grande di te, vero Bambina?"
"Sicuramente, anche se a volte sembri un bambino dell'asilo"- lo rimbeccai proprio nel momento in cui ci fu servito il caffè.
"Vuoi dello zucchero?"- mi chiese passandomi la zuccheriera.
"No grazie lo bevo  amaro".
"Certo, amaro come la tua anima!"
"Io non ho l'anima amara!"- esplosi svuotando la mia tazzina.
"Emy stavo scherzando. Ho visto che leggevi Tristano  e Isotta è per il solito compito del professore Brown?".
"Già vuole rappresentiamo la scena madre con un nostro compagno"- dissi guardando una bambina che piangeva e la madre che le diceva di calmarsi prendendola in braccio di peso.
"Ho capito, la rappresenterai con la tua amica... con Marina giusto?"
"No, con Jason Blais!"
"Con Jason?"- sbraitò James.
"Sì lo conosci?"
"Certo, non mi è molto simpatico."- disse guardando la stessa bambina che stavo guardando  poco prima.
"Non è male. Comunque ho già capito che dovrò fare tutto io. Meglio così almeno so che la ricerca è fatta molto bene."
"T i posso aiutare io"- si offrì facendomi alzare lo sguardo su quegli occhi neri dove avrei potuto perdermi senza voler tornare indietro.
"Davvero sarebbe grandioso!"- esultai scendendo dallo sgabello e baciandolo sulla guancia. Finalmente una buona notizia!
"Scusa non volevo"- dissi ricomponendomi.
"So che faccio questo effetto alle ragazze"- scherzò arrossendo come un pomodoro.
Finalmente avevo capito James. Voleva essere un tipo dalla pelle dura che non aiutava così ma in realtà era molto più buono del fratello stesso.
Bip pip.
"Scusa è il mio cellulare"- sbottai scocciata maledicendo chi mi disturbava in quel momento –" E' mia  madre devo tornare a casa!"-sbottai prendendo la borsa.
"Ti accompagno"- propose il ragazzo alzandosi a sua volta.
"Non ti preoccupare viene l'autista a prendermi tra due minuti sarà qui. Comunque grazie di tutto. Ciao James"- lo salutai dandogli la mano.
"Arrivederci, Miss Emy"- mi saluto' prendendo la mia mano per portarsela alla bocca per baciarla.
 
 
"Hai già deciso cosa fare al tuo compleanno"- mi domandò Mary ritornando al suo panino preparatoci da Amelia la mattina presto.
"Sinceramente no"- risposi mentre mi godevo il sole.
Era una giornata bellissima. Quell'anno il tempo ci sorrideva, l'inverno fu il più caldo degli ultimi cinquant'anni e noi lo accogliemmo a braccia aperte felici di goderne i benefici tra cui mangiare fuori durante il pranzo a scuola.
"Come!? Quando compi gli anni?" - esclamò Oceane facendo colare della salsa barbecue sulla sua maglia.
"Il sedici di novembre"- risposi passandole una salvietta umida, ne avevo sempre una scatola nello zaino per evenienza come quella.
"Wow? Cosa pensi di fare? Chi pensi di invitare?"- continuò la ragazza con tono eccitato pulendosi la macchia.
"Non so"- replicai facendomi baciare dai raggi caldi - "Pensavo di farlo al Pink Life con voi,  Camille, Matt e naturalmente Mike. Una cosa tranquilla tra veri amici".
"A proposito dov'è finito il nostro amicone?"- osservò Mary alzandosi in piedi e guardandosi in giro -"Ecco sta arrivando di corsa".
"Ragazze, dovete vedere cosa sta accadendo nel parcheggio all'entrata della scuola"- ansimò il ragazzo quando ci raggiunse.
"Cosa? Un incidente fra due fuoristrada?"- sbottò Oceane alludendo all'inverno precedente quando il professore di chimica in retromarcia rovinò l'auto del preside facendo nascere una grande antipatia tra i due uomini.
"No, ve lo giuro. E' la cosa più stravolgente  mai successa nella scuola!".
"Mike non vedi che siamo qui rilassate!"- intervenni per dare mano forte alla mia amica.
"Cara la mia Emy, si tratta di Jason!".
"Di Jason?"- esclamai alzandomi di scatto dalla sedia e levandomi gli occhiali da sole per guardare meglio il mio amico.
"Eh già, sta dando spettacolo con Juliette".
"Dai andiamo"- mi incitò Mary prendendomi per mano.
Si era raggruppata una moltitudine di gente che guardava lo spettacolo creando un cerchio come ad un incontro di wrestling.
"TI RENDI CONTO DI QUELLO CHE STAI FACENDO?" - urlò Juliette cercando di liberarsi dai due ragazzi che la tenevano ferma -" E VOI CHE CAZZO FATE? LASCIATEMI ANDARE! LO AMMAZZO".
Mi misi in punta di piedi cercando di vedere qualcosa e scorsi Jason in piedi  con l'occhio destro nero.
"Juliette non è colpa mia se non ti amo più! Calmati"- spiegò con voce calma e piatta il ragazzo avvicinandosi all' ex-fidanzata scossa dai singhiozzi -"Lasciatela andare ragazzi. E' tutto apposto".
A quelle parole la studentessa fu liberata si guardò in giro accorgendosi della gente che si era creata intorno a loro fin quando mi vide lanciandomi un'occhiata di fuoco.
Senza perdere un minuto, si diresse verso la direzione in cui mi trovavo con passo sicuro, facendo dileguare le persone attorno a me .
"Hai vinto"- disse Juliette a due centimetri dal mio viso - "Hai vinto la battaglia ma non la guerra".
Corse dentro la scuola senza lasciarmi nemmeno il tempo di elaborare quello che mi aveva detto.
La fiumana di studenti si dileguò guardandomi paralizzata in mezzo a quella bufera pericolosa ed io come un gabbiano cercavo solo di ritornare a casa.
Jason mi si avvicinò –"Andiamo in classe".
Non risposi nemmeno: ero troppo sconvolta. Ogni volta quando vedevo Jason succedeva sempre qualcosa che mi lasciava attonita. Avevo vinta la battaglia? Non avevo mai voluto prendere parte ad una scontro diretto con quella vipera sapendo cosa è in grado di fare. Inoltre, non potevo avere una possibilità con quell'opera divina al mio fianco.
Ci sedemmo alle nostre postazioni nell'aula di letteratura inglese senza parlare.
Mary prese posto poco dopo di noi e mi lanciò uno sguardo curioso che spensi facendo cenno di no con la mano.
"Buongiorno, ragazzi"- salutò il professore Brown quando tutti gli studenti furono presenti -"Oggi noi creeremo dei gruppi di studio per un progetto che vi costerà più della metà della vostra valutazione finale di questa prima parte dell'anno".
Quella notizia mi fece tornare in me. Io e la mia amica lavoravamo benissimo assieme tanto che nella vecchia scuola avevamo vinto anche il premio della fiera della scienza costruendo un vulcano funzionante che però, quando eruttò, sporcò di rosso il preside e la giuria facendo esplodere una risata generale.
"Naturalmente i gruppi li faccio io"- sbottò l'insegnante pulendosi gli occhiali e spegnendo i sorrisi dai nostri volti.
"Oramai siamo grandi professore"- trillò una ragazza castana con voce acuta – "Possiamo scegliere noi i nostri compagni di lavoro!".
"Certo Miss Leblanc, scommetto che lei sceglierebbe il signor Blais"- sbottò l'uomo guardando il ragazzo che stava guardando il soffitto senza prestare attenzione alla lezione.
"Signor Blais, il nostro  nuovo latin lover..."- esclamò Mister Brown avvicinandosi al studente – "..cosa troveranno in lei le donne non lo capisco. Probabilmente, il fatto che suo padre lavori qui l'aiuta anche in quel campo".
"Sinceramente signor Brown credo che le donne cerchino e trovino in me quello che sua moglie non è riuscita a trovare in lei ma in Adam il nostro bidello. Lei cosa ne pensa?"- rispose Jason abbassando lo sguardo lanciando un'occhiata di presunzione all'uomo rosso-violaceo dalla rabbia.
"Lei si è preso un biglietto da visita per l'ufficio del preside"- ringhiò il docente sedendosi sulla scrivania per compilare un foglio rosa che consegnò a Jason.
"Lei il progetto lo eseguirà con la signorina Mann!"- disse con sufficienza il signor Brown mentre il ragazzo stava uscendo dall'aula con aria menefreghista e strafottente come se quello che era accaduto non gli riguardasse.
A quelle parole la classe si girò a guardarmi. La signorina Leblanc aveva un smorfia di disapprovazione che non cercò di celare agli occhi del professore il quale continuò la lezione senza parlare della scena appena successa.
Non prestai attenzione al discorso su Shakespeare fatto dal Signor Brown avevo il pensiero fisso sul lavoro che avrei dovuto fare con Jason e sul fatto che da esso dipendeva più di metà del giudizio finale su quella materia.
Il professore ci lasciò andare quindici minuti prima della fine dell'ora, presi la palla al balzo e mi fermai a parlare con lui.
"Scusi, Signoor Brown"- dissi avvicinandomi alla cattedra mentre i miei compagni lasciavano l'aula di corsa.
"Signorina Mann, mi aspettavo che si fermasse"- sbottò il docente mettendo via dei documenti sulla propria valigetta-"Mi vorrà chiedere il perché ho deciso di metterla insieme a quel degenerato di Blais?".
"Ecco io..."
"Ho scelto lei per il signor Jason per la sua bravura. E' la mia alunna di classe prima migliore; i suoi temi, i compiti e le interrogazioni sono i migliori tra tutte le mie classi nuove e anche qualche seconda".
"Cosa dovremmo fare esattamente?"- chiesi rassegnata.
"Dovrete leggere e capire Tristano e Isotta e rappresentare la scena madre della storia a fine di questo periodo scolastico".
"Ma..."
"Confido in te Emily!"- concluse il professore accompagnandomi all'uscita dell'aula.
In corridoio trovai Mary appoggiata al muro che mi aspettava per tornare a casa assieme.
"Non puoi certo dire che la tua vita è noiosa"- esclamò la mia amica mentre ci dirigevamo alla fermata del bus scolastico.
"Già, ascolta Mary io non vengo  a casa, ma vado in biblioteca pubblica per cercare qualche indizio su Tristano e Isotta."
"Da accordo"- borbottò tristemente abbracciandomi –" Domani pomeriggio sei mia!"
"Promesso. Ora vado"- la salutai andando a prendere il pulman di linea.
Fortunatamente riuscì a prendere il numero che mi fece scendere davanti alla mia meta.
La biblioteca era un luogo sacro dove mi ero nascosta con Mary leggendo avventura su luoghi che non avremmo mai visto e su persone che non conosceremmo mai. Moby Dick, Capitan Uncino, Biancaneve, Piccole Donne erano dei cari amici che vivevano nella nostra infanzia.
"Salve Miss Apple!"- salutai l'anziana bibliotecaria seduta sul bancone d'accettazione posto all'entrata del palazzo.
"Salve, Emy"-ricambiò la donna alzandosi gli occhiali –"Sola oggi?"
"Si, devo fare una ricerca per la scuola"-risposi aprendo un armadietto per mettere dentro la cartella e tutto quello che non mi serviva tranne una matita e un quaderno verde a spirale,
"Buon lavoro"- disse miss Apple tornando al suo libro, sicuramente un giallo.
"Grazie!".
Mi diressi al mio solito posto; sedevo sempre sul tavolo della sala più lontana dell'edificio. Solitamente, andavo lì perché non c'era nessuno quasi tutti si sedevano sulle postazioni più vicine per non fare molta strada sul tragitto tavolo e libri e viceversa; anche quel giorno non c'era nessuno . Trovai subito sulla sezione cultura anglosassone il libro che mi interessava finchè decisi di fare una ricerca che non centrava nulla con la scuola. Avrei studiato gli zingari.
Cercai sulla sezione europea quando trovai un libro piccolo in pelle nera con la mano di Fatima disegnato sulla copertina.
Cominciai a leggere scoprendo che era un popolo sempre stato odiato, senza patria e legato alla magia. Pagina dopo pagina la mia curiosità cresceva.
"Non posso crederci!"- esclamai guardando un'illustrazione trovata su un altro documento molto più vecchio.
Il tempio bianco ed il salice bianco che avevo sognato erano raffigurati davanti a me.  Lessi la descrizione "Luogo di culto e dello spirito da dove i gitani prendono il loro potere e il loro spirito guida."
"Spirito guida?"- sussurrai analizzando la miniatura.
"Ehi, guarda chi c'è!"- urlò una voce profonda facendomi sobbalzare.
"Non dirmi che sei quel simpaticone di James?"-chiesi sarcasticamente raccogliendo tutti i libri sparsi sul tavolo di studio.
"Non sembri molto felice di vedermi!"- sbottò seguendomi sino al banco accettazione.
"Molto perpiscace!".
"Emily ti devo delle scuse, penso che siamo partiti con il piede sbagliato".
"Dici?"- domandai guardandolo mentre  una ragazza gli stava letteralmente sbavando addosso.
"Già dico. Posso offrirti un caffè?".
"Va bene"-borbottai arrendendomi -"Aspettami all'uscita che ho quasi finito".
Compilai il foglio per prendere in prestito Tristano e Isotta e il libro sui gitani e andai in bagno per darmi una sistemata. James non mi piaceva era odiosa, ma non mi sarei mai dimostrata inferiore a lui e nemmeno alle ragazze che frequentava.
"Cosa riesce fare un po' di rimmel e di gloss"- pensai guardandomi allo specchio.
Lo trovai seduto fuori sul muretto.
"Eccomi qua".
"Wow pensavo di mandare una squadra di soccorso"-scherzò facendomi infastidire.
"Ha ha ha"-ribattei sarcasticamente .
"Dai non ti arrabbiare! Vieni ti offro un ottimo caffè italiano!"
"Allora andiamo da Mat"- esclamai energeticamente.
"Da chi? No andiamo da Cherry e Chuck".
"Cosa? Al centro commerciale? Andiamo con la tua macchina?"-chiesi cercando con lo sguardo il suv nero.
"Non proprio!"-ridacchio avvicinandosi ad una moto nera cromata con sopra un casco rosso lucido.
"Non penserai che io salgo su di quella cosa con te che la guidi?"- affermai guardandolo mentre saliva sul bolide.
"Dai non farti pregare!"- si lamentò sorridendo. Quel sorriso avrebbe potuto sciogliermi e farmi fare quello che voleva.
"Da accordo!"- sbottai sconfitta mentre salivo sulla moto in maniera goffa.
"Tieni mettiti il casco!"- mi ordinò-"Non voglio ricevere causa da tua madre. Non riesci nemmeno a metterlo! Ti aiuto io!".
Senti il viso avvamparmi mentre quel bellissimo ragazzo mi  sistemava il casco stringendomelo e mi spostava una ciocca di capelli ribelli dietro l'orecchio. I nostri sguardi s'incrociarono per poi entrambi spostarli alle rispettive bocche.
"Andiamo Bambina"- disse così vicino da poter sentire il suo alito da tabacco e caffè; un odore forte ma piacevole – "Tieni forte".
A quelle parole mi strinsi più forte che potevo e lo vidi sorridere grazie allo specchietto destro. Sfrecciamo per le strade di  Barrington street, Windsor street . Allungò la strada non che mi dispiacesse, probabilmente lo divertiva il modo in cui chiudevo gli occhi e il modo in cui urlavo quando faceva un sorpasso avventato.
"Siamo arrivati Emy. Non c'è più bisogno che mi stringi se vuoi continuare però..."- disse dopo essersi fermato sul parcheggio del centro commerciale.
"Si scusa."- borbottai scendendo dal bolide.
"Riesci a toglierti il casco?"- domandò sarcasticamente mettendo il lucchetto alla sua moto.
"Ecco qua"-dissi porgendoglielo.
"Grazie Bambina".
"Allora se vuoi che questa cosa del caffè funzioni chiamami Emily al massimo Emy"- puntualizzai avviandomi all'entrata del centro commerciale.
"Va bene... Emy"- disse sorridendo.
Quel pomeriggio c'era davvero molta gente per i negozi a fare shopping, a mangiare hamburger, gelati e chi si concedeva un piccolo break dal lavoro.
"Così va molto meglio"- scherzai sorridendo a James che camminava al mio fianco.
"Hey Jay"- urlò una voce che conoscevo molto bene.
"Ciao Mathis!"- lo salutò abbracciando il gigante-"Come stai?"
"Non molto bene.. Ehi cosa ci fai con questa qui?"- chiese guardandomi con disgusto.
"Lasciala in pace. Lei è con me!"-ringhiò James con tono minaccioso.
"Stai calmo bello solo che non pensavo che potesse essere il tuo tipo; mi sbagliavo"- scherzò il gigante allontanandosi da quella coppia di amici male accoppiata.
"Vieni andiamo a prendere questo maledetto caffè"-sbraitò il mio accompagnatore portandomi dentro alla caffetteria più bella del centro commerciale.
Era un locale molto intimo, piccolo ricordava un bistrot italiano della riviera salentina.
Ci sedemmo su due sgabelli vicino alla parete finestrata che dava sul corridoio dove potevamo vedere le persone che correvano come piccole formiche lavoratrici.
"Allora cosa prendete?"- chiese una cameriera con un trucco pesante sugli occhi ed una pettinatura stravagante color melanzane da renderla riconoscibile ovunque.
"Un espresso nero"-rispondemmo in coro facendola sghignazzare.
"Va bene ragazzi. Sapete cosa vi dico?"- chiese la donna ridendo –"Siete proprio carini insieme!".
"OK..."- dissi senza guardare James che stava ridendo assieme alla cameriera.
"Allora ti piace il caffè italiano?"- mi domandò non appena ritornammo ad essere soli.
"Veramente lo amo"- affermai-"Il nostro caffè sembra acqua. Invece, quello italiano sa veramente da espresso ne sono assuefatta! Anche a te piace!"
"Certo. Dopo aver passato un'estate nella rilassante campagna pugliese adori tutto ciò che fa parte del bel paese..."
"Sei andato in Italia?"- domandai con voce eccitata.
"Sì a migliorare il mio italiano. Lavoro come esterno per una rivista di cucina italiana. Faccio articoli di ricette italiane anche per giornali locali".
"Quanti anni hai?"- ero veramente curiosa di saperlo; senza dubbio si curava. Era solo la seconda volta che lo vedevo ma avevo capito che era un ragazzo molto curato a partire dai vestiti alla pettinatura ribelle che le faceva ricadere il ciuffo di lato.
"Quanti anni ho?"- ripetè-"Ho ventidue anni. Sono un bel po' più grande di te, vero Bambina?"
"Sicuramente, anche se a volte sembri un bambino dell'asilo"- lo rimbeccai proprio nel momento in cui ci fu servito il caffè.
"Vuoi dello zucchero?"- mi chiese passandomi la zuccheriera.
"No grazie lo bevo  amaro".
"Certo, amaro come la tua anima!"
"Io non ho l'anima amara!"- esplosi svuotando la mia tazzina.
"Emy stavo scherzando. Ho visto che leggevi Tristano  e Isotta è per il solito compito del professore Brown?".
"Già vuole rappresentiamo la scena madre con un nostro compagno"- dissi guardando una bambina che piangeva e la madre che le diceva di calmarsi prendendola in braccio di peso.
"Ho capito, la rappresenterai con la tua amica... con Marina giusto?"
"No, con Jason Blais!"
"Con Jason?"- sbraitò James.
"Sì lo conosci?"
"Certo, non mi è molto simpatico."- disse guardando la stessa bambina che stavo guardando  poco prima.
"Non è male. Comunque ho già capito che dovrò fare tutto io. Meglio così almeno so che la ricerca è fatta molto bene."
"T i posso aiutare io"- si offrì facendomi alzare lo sguardo su quegli occhi neri dove avrei potuto perdermi senza voler tornare indietro.
"Davvero sarebbe grandioso!"- esultai scendendo dallo sgabello e baciandolo sulla guancia. Finalmente una buona notizia!
"Scusa non volevo"- dissi ricomponendomi.
"So che faccio questo effetto alle ragazze"- scherzò arrossendo come un pomodoro.
Finalmente avevo capito James. Voleva essere un tipo dalla pelle dura che non aiutava così ma in realtà era molto più buono del fratello stesso.
Bip pip.
"Scusa è il mio cellulare"- sbottai scocciata maledicendo chi mi disturbava in quel momento –" E' mia  madre devo tornare a casa!"-sbottai prendendo la borsa.
"Ti accompagno"- propose il ragazzo alzandosi a sua volta.
"Non ti preoccupare viene l'autista a prendermi tra due minuti sarà qui. Comunque grazie di tutto. Ciao James"- lo salutai dandogli la mano.
"Arrivederci, Miss Emy"- mi saluto' prendendo la mia mano per portarsela alla bocca per baciarla.
 
 

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Capitolo 9
*** Al ladro! ***


Il messaggio pretentorio che mia madre mi aveva inviato diceva: "Emily vieni subito a casa". Le erano bastate solo quelle cinque parole per far accorrere il povero Louise al centro commerciale con la giacca dell'uniforme abbottonata male per la foga e per interrompere un appuntamento mal cominciato ma finito in maniera così sorprendentemente bene.
"Louise conosce il motivo per il quale mia madre mi vuole a casa?"- chiesi salendo sul fuoristrada di famiglia mentre l'autista mi teneva aperta la portiera.
"No signorina"-rispose prendendo il posto di guida-"L'unica cosa che posso dirLe è che la signora è piuttosto nervosa".
"Bene. Come finire un'ottima giornata"-esclamai guardando fuori dal finestrino proprio nel momento in cui una moto nera con un ragazzo dal casco rosso ci superava.
Giunta a casa decisi di affrontare subito la signora Anna Potter trovandola nello studio bianco con in mano un bicchiere di rum cubano.
"Ciao mamma"-sbottai entrando nella stanza senza bussare con addosso ancora la giacca di pelle.
"Ciao Emily"-sibilò alzando lo sguardo e sorridendomi-"come stai? È andata bene oggi?".
"Si... Più o meno"-risposi appoggiando lo zaino ai piedi della porta in legno massiccio.
"Ascolta questa sera ceniamo fuori. Abbiamo degli ospiti alla Piccola Versailles"-proclamo' senza tanti giri di parole bevendo un sorso dal bicchiere  -" Ti ho preso un abito nuovo è sopra il tuo letto e le scarpe accanto alla porta".
"E se io non volessi"-la sfidai.
" Perché devi essermi contro!? ..."-sibilò con rabbia.
"D'accordo, vado a cambiarmi"- dissi esasperata cercando di calmarla non avevo voglia di litigare per l'ennesima volta quel giorno-"A che ora dobbiamo essere pronte?".
"Partiamo alle 20:30 quindi hai due orette per prepararti".
"Devo studiare, domani ho il compito di scienze della terra"-puntualizzai aggiudicandomi un'occhiataccia.
"Scienze delle terra? È la materia di Ada?"-chiese senza aspettare una risposta mentre digitava un numero con il suo telefono ultramoderno- "Pronto Ada? Sono Anna, come stai? Roger è ammalato?!? Mi dispiace molto comunque io ti chiamavo per chiederti un piacere personale. Questa sera ho una cena molto importante con il sindaco, assessori e persone distinte della nostra città e mi occorre anche la presenza di mia figlia Emily, la quale però deve studiare... Grazie, sapevo di poter contare su di te e manda pure Roger da me per quel suo progetto di impiantistica a livello industriale. Buona serata".
Ecco il modo in cui alla bellissima Anna Potter tutto era concesso e non le veniva mai detto di no. La sua rete di amicizie e di conoscenze la rendeva ottima come alleata e spietata come avversaria.
"Risolto il problema. Ora vai a prepararti"-concluse con aria compiaciuta guardandomi uscire sconfitta da quello scontro.
Salita in camera non degnai di uno sguardo l'abito sul letto sicura che fosse l'ennesimo abito bomboniera. Mi tolsi le sneakers massaggiandomi i piedi indolenziti, accesi la radio sulle note di Look around dei Red Hot Chili Peppers. Dopo aver tolto i jeans e la maglia gettandoli a terra rivolsi l'attenzione al vestito nuovo rimanendo piacevolmente sorpresa.
L'abito agiato sopra il letto aveva un corpetto nero a cuore decorato con piccoli brillantini per risaltare la vita magra di chi lo indossava; la gonna una nuvola fatta di tulle bianche con una piccola sottoveste bianca di pizzo che s'intravedeva.
"Niente male mamma"-borbottai girandomi per vedere le decolte' argento accanto alla porta.
Senza perdere tempo andai a farmi una doccia riuscendo a tranquillizarmi.

Decisi di pettinare i capelli in un semplice ma elegante chignon. Scelsi uno smokey eyes per gli occhi e un rosa acceso per le labbra. Dopo aver indossato l'acquisto di mia madre e allacciato le scarpe decisi di guardare il mio capolavoro.
Stavo veramente bene.
Il vestito era della taglia giusta avvolgendo il mio esile corpo con una cascata di pizzo e grazie alle decolte apparivo slanciata e più magra rispetto alla realtà.
Guardai l'ora: 20:25.
Presi una piccola pochette argentata dall'armadio a muro e mi girai davanti allo specchio  per darmi l'ultima occhiata senza trovare un pelo fuori posto; scesi vedendo mia madre all'entrata che indossava il suo cappotto nero lungo.
"Emily sei pronta? Quante volte devo dirti... Sei bellissima!"-esclamò alzando lo sguardo.
"Grazie, anche tu sei molto carina"-ricambiai vedendo la lunga gonna blu che usciva da sotto il cappotto.
"Grazie cara, ti aspetto in macchina"-disse aprendo la porta di casa e diregendosi all'audi nera con a bordo Louise che ci aspettava.
"Allora Louise ha capito la strada?"-ripete' mia madre per la nona volte al povero malcapitato che per l'ennesima volta quella sera non poteva far altro che annuire-"Bene, ora io dovrei parlare da sola con mia figlia!"
"Si, Madame"-rispose il conducente che con un semplice pulsante fece tirare su un finestrino che ci divideva dalla parte anteriore dell'auto.
"Mamma è successo qualcosa?"-le chiesi pensando ai mille scenari possibili che potessero spingerla per restare da sola con me in  quell'auto.
"No, non è successo nulla  volevo solo parlarti. Emy cara tu conosce il grande sentimento che provavo e che provo tutt'ora per il tuo papà: il mio Max. Nonostante tutti questi anni mi manca così tanto che a volte sembra impossibile il continuare a vivere in questa maniera vedendo tutti i santi giorni i suoi occhi verdi senza averlo qui"-si soffiò il naso-"Ti chiedo scusa per non averti dato le giuste attenzioni in tutti questi anni ma è perché tu me lo ricordi così tanto e non solo nell'aspetto fisico. Sei determinata e forte come lo era lui.. Emily mi potrai mai perdonare? Ti prometto che cercherò di non soffocarti come ho fatto sino oggi. Ho solo paura che tu possa commettere un qualche errore del quale in un prossimo futuro ti potresti pentire e soprattutto ho paura di perdere anche te!".
Ero senza parole non avrei mai potuto pensare che mia madre potesse fare un discorso del genere, l'abbracciai forte piangendo di gioia con lei.
"La mia bambina"-biascicò stringendomi più forte-"non piangere Emily altrimenti ti cola il trucco".
"Scusa"-risposi staccandomi e sistemandomi il viso guardandomi sul vetro divisorio scuro-"Grazie mamma!"-aggiunsi baciandole la guancia.
"Di nulla piccola mia!"-disse sorrindendo-"Comunque come ti stavo dicendo io amo moltissimo Max ma negli ultimi tempi sto uscendo con un uomo.."
"Un uomo?"-chiesi eccitata e spaventata non volevo che qualcuno la prendesse in giro-" Sono contenta per te".
"Bene questa sera ceniamo con lui e sua figlia; una ragazza un po' più grande di te. Ti piacera si chiama George Lavoie. È un avvocato lavora in un importante studio della città; l'ho conosciuto durante un lavoro per conto del comune. Ci siamo piaciuti subito ed abbiamo cominciato ad uscire..".
"E la moglie?"
"È deceduta quando sua figlia aveva cinque anni da allora l'ha cresciuta da solo facendole da madre e padre. Non l'ho ancora incontrata ma sono sicura che è una bravissima persona come George!"
"Vi sposerete?"-sussurai guardando le nostre mani intrecciate.
"No certo che no! Io ho già mio marito Max e lui ha già sua moglie; arriveremmo magari ad amarci ma non ci sposeremo".
"Ok"-esclamai ammirando il tramonto che colorava il mondo nelle tonalità del rosa e del rosso.
"Inoltre, pensavo per il tuo sedicesimo compleanno potresti andare in vacanze in Europa?!?"
"In Europa?"- urlai con voce stridula.
"Già in Germania sui margini della foresta nera c'è la residenza estiva di tuo nonno. Ora non c'è nessuno ci vive solo un amico di famiglia che lavora lì come guardiano della proprietà. Ovviamente paghiamo tutto noi: viaggio, soggiorno ai tuoi amici e puoi invitare chi vuoi."
"Grazie mamma! Questo è un bel regalo! Soprattutto mi hai tolto via un pensiero, non avevo nessuna idea su dove festeggiare"-esclamai applaudendo.
"Di nulla tesoro, infondo compi sedicianni è un'età molto importante che ti cambia la vita".
"Non ci sarà nessun cambiamento"-la rassicurai proprio nel momento in cui la macchina si fermava -" Sarò solo più grande di un anno."
"Signora Potter siamo arrivati"-disse Louise aprendoci la portiera per farci scendere nell'atrio del bellissimo ristorante.
Dove fummo accolte da un signore con i capelli tirati a lucido con il gel.
"Benvenute signore alla piccola Versailles"-esclamò facendoci accomodare all'entrata dell'elegantissimo locale.
La stanza era dominata da una miniatura della famosa torre eiffel circondata da acqua ed una fontana con dei giochi di luce facendola risplendere di blu, bianco e rosso.
L'arredamento era in stile ottocentesco ricordando la bellissima reggia.
"Avete preparato il nostro tavolo?"-chiese mia madre proprio nell'istante in cui scorsi una chioma bionda corta andare in una sala interna.
"Certo Miss Mann, nella sala dei grandi pittori. I vostri ospiti sono appena arrivati e si stanno accomodando ora"- dissi il maitre, un uomo sulla cinquantina anni con una pancia enorme da fare invidia al pescecane che divorò Pinocchio.
Schioccò le dita facendo accorrere un ragazzo con i capelli rossicci e le lentiggine -"Pierre porta le signore al loro tavolo nella stanza dei grandi artisti"-ordinò il maitre.
"Certo, prego seguitemi"- disse il ragazzo in smoking nero facendoci strada nel ristorante.
La sala in questione era nel cuore del lussuoso edificio. Introdotta tramite un piccolo salottino, dove trovammo un elegante signore di mezza età, assieme una ragazza giovane che stava ciondolando annoiata, davanti allo specchio che abitava una gran parte della parete sud.
Appena il signore ci vide, accorse incontro a mia madre baciandola sull'angolo destro della bocca e porgendomi la mano-"Ciao Emily ,
molto piacere sono George e quella bella ragazza è mia figlia: Juliette.
Juju, vieni che ti presento la donna che ha migliorato la mia vita"-aggiunse facendo gli occhi dolci a mia madre che rise come una scolaretta.
Speravo che la ragazza lì non fosse la persona che immaginavo ... Sarebbe stato il colmo! Purtroppo, capita sempre l'impossibile.
"Certo papà"-squitti' la bellissima miss perfezione avanzando con passo deciso nel suo tailleur rosa salmone firmato-" Molto piacere io sono Juliette"-disse salutando mia madre per aggiungere guardandomi-"è davvero piccolo il mondo!".
" Già non ne hai idea quanto piccolo possa essere"-esclamai sorridendo a mia volta.
Non solo dovevo conviverci a scuola con quell'arpia ora avrei dovuto giocare alla brava sorellastra pensai.
"Andiamo Emily"- propose offrendomi il braccio George mentre mia madre lo prendeva a sua volta a Juliette.
"Certo Signor Lavoie"-risposi educatamente abbozzando un sorriso.
"Chiamami solo George".
***
"Hahahah. Molto divertente caro!"-ribatte' mia madre asciugandosi le lacrime-"Dovevi vedere Emy quando ha raggiunto l'età spigoli!".
"Ti prego mamma!"-supplicai tagliando il mio filetto di manzo ben cotto-"Non interessa a nessuno!"
"Invece, a me sì"-esordi' Juliette mangiando la sua insalata-"Ci tengo molto a conoscere la mia sorellastra"-continuò lanciandomi un'occhiata mielosa.
" Quando aveva quattro anni era arrivata all'altezza del tavolo ogni passo era un colpo alla testa. Hahaha Emy faceva finta di nulla tranne se qualcuno la vedeva perché si arrabbiava per la presa in giro".
"Molto divertente"-commentò George-" Sei proprio una ragazza divertente!"
"Grazie signor... Volevo dire grazie George"-risposi sorseggiando la mia bibita-"Scusate, devo andare un attimo alla toilette con il vostro permesso".
"Vengo anch'io"-si unì Juliette alzandosi insieme a me dal tavolo.
"Se proprio devi"-borbottai a bassa voce.
Giunte in bagno mi lavai le mani mentre la mia accompagnatrice si appoggiò al muro dietro le mie spalle.
"Mi dispiace per quello che è successo oggi a scuola"-disse guardandomi attraverso lo specchio-" Quando si tratta di Jason esagero ma vedi siamo assieme da una vita, abbiamo vissuto molte esperienze come amici e come coppia."
La interruppi non volevo sapere quei due cosa facevano nella loro vita privata-"Io posso accettare le tue scuse, ma non se ne parla di diventare amiche del cuore. Io continuo a non fidarmi di te e..."- presi fiato e mi girai per affrontare il suo sguardo diretto-".. Ho visto quello che hai fatto la sera del Luna Park al tuo amico Jason. Non so come ci sei riuscita ma l'hai obbligato ad inginocchiarsi davanti a te dolorante senza toccarlo, minacciandolo di spifferare chissà cosa ad un maestro. Hai problemi Juju, problemi grossi di testa".
A quelle parole gli occhi s'incendiarono di rabbia e fui completamente bagnata; erano esplose le spie dell' antincendio allagando tutto il bagno.
Juliette era impassibile -"Tu non sai con chi hai a che fare"-ringhiò lasciandomi lì bagnata fradicia e senza la risposta che desideravo.
***
"Mi dispiace che la serata sia finita in questa maniera"- disse mia madre non appena aprimmo la porta di casa -"Non è male George! Vero tesoro?".
"Hai ragione mamma"-risposi ripensando all'uomo che si era tolto la giacca vedendomi rabbrividire mentre il direttore del ristorante si scusava nuovamente per il malfunzionamento delle spie-"È una bravissima persona."
"Anche la figlia mi piace"-commentò togliendosi il cappotto.
"Già..Ora vado a letto ti voglio bene"-tagliai corto. Non avevo voglia di elogiare Juliette dopo quello che era accaduto.
"Anch'io piccola. Ci vediamo domani"-mi salutò mia madre mentre mi trascinavo per le scale dirigendomi in camera mia.
Non sapendo cosa mi aspettava.
"Mamma! Mamma sbrigati sali"-urlai vedendo il caos che regnava nella mia stanza.
Alla vista del letto ribaltato e dell'armadio svuotato mia madre ordinò-"Controlla l'oro... Controlla gli orologi, gli abiti presto. Io chiamo la polizia!".
Non mancava nulla. Era tutto in ordine. Oro, vestiti firmati, contanti... Niente mancava all'inventario che dammo al poliziotto che passò per controllare l'accaduto e per scrivere il verbale con il racconto mio e di mia madre.
"Ascolti signora Voi siete sicure di non avere nemici? Qualche politico?"-chiese il sergente Magda prendo appunti sul suo bloc-notes rosso.
" No tutti qui a Hallifax ci amano. Non siamo persone che litigano o creano disagi; anzi se possiamo aiutiamo sempre chi ci circonda".
"Nemmeno lei signorina?"-chiese la poliziotta guardandomi sistemare l'armadio.
"No non c'è nessuno che mi odia"-mormorai pensando ad Juliette.
"Sicura?"-rimbeccò la donna accorgendosi del tono insicuro della mia risposta.
"Sicurissima"-esclamai riprendendo a piegare i vari indumenti sparsi a terra.
" D'accordo. Ascolti signora Potter le lascio il mio biglietto da visita e le prometto che nei prossimi giorni una pattuglia passerà a controllare la situazione durante la notte".
"La ringrazio Sergente Magda. L'accompagno alla porta"-disse mia madre mettendo sulla mia scrivania il bogliettino da visita.
"Non si preoccupi Miss. Resti pure qui. Arrivederci e non si preoccupi ci pensiamo noi"-promise la donna per poi congendarsi ed andarsene.
"Vuoi dormire in camera mia?"-mi chiese mia madre quando la porta della casa si chiuse.
"No grazie. Non credo che il ladro tornerà molto presto!"-disse prendendo in braccio Poldo.
"Comunque il ladro che ci è venuto a trovare è proprio sciocco. Non è un grande intenditore di vestiti per lasciare il tuo Prada, Armani e Valentino qui nella tua stanza. Probabilmente, cercava qualcosa in camera tua e non l'ha trovato!".
"Già"-risposi rimuginando su quello che aveva appena detto.
"Buonanotte Emy, se hai bisogno io sono di là"-esclamò sbadigliando mia madre lasciando la mia stanza.
Senza aspettare che spegnesse la luce aprii e tolsi il secondo cassetto della mia scrivania cercando quello che avevo nascosto dietro.
Lo scrigno datomi dalla zingara era scomparso.

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Capitolo 10
*** Messaggio. ***


"Cavolo non riesco a credere che qualcuno sia entrato nella tua stanza!"-sbottò Mary levigandomi l'unghia del pollice.
Era domenica e come al solito la mia amica si esercitava con la sottoscritta a perfezionare quello che le insegnava la signora Luisa durante la lezione della settimana sul benessere e la bellezza della nostra carta di presentazione: le mani.
"Per non pensare a come siano entrati"-continuò accorciandomi l'indice della mano destra-"Comunque non so cosa tu abbia fatto, ma le tue unghie sono cresciute moltissimo nell'ultimo mese e sono anche molte dure!".
"Mary non ho fatto assolutamente nulla"-sospirai pensando allo scrigno di cui ero stato derubata.
Non ero nemmeno riuscita ad aprirlo perché non avevo visto l'apertura; vi era solo un foro minuscolo da cui non passava nemmeno una forcina per capelli.
"Che colore facciamo oggi?"-mi domandò tirando fuori un astuccio colmo di colori gel.
"Direi... Rosso!"-proposi guardando uno splendido rosso aranciato.
"Rosso? È così normale"-brontolò la mia amica accendendo il fornetto. "Potremmo aggiungerci qualche strass!"-proposi facendola ridacchiare.
"Adesso ragioniamo".
"Allora come procedono le cose tra te e Mike?"
"Potrebbero andare meglio se qualche volta fossimo da soli. Per quanto bene possa volere ad Oceane qualche volta vorrei che non ci fosse. Non riesco mai a restare da sola con Mike e lui mi vede solo come un'amica..."
"Non è vero. Gli piaci molto, ha detto che sei l'unica ragazza in grado di tenere testa alla mia amata sorellastra"-ribattei sarcasticamente mettendomi la mano destra sul cuore.
"Hahaha..."-ridette Mary mentre metteva del prodotto per le cuticole -" Gli chiederò di uscire ufficialmente. Invece, tu con i tuoi uomini?".
"I miei uomini? Non ho nessun uomo al momento!"
"E il tuo principe oscuro in sella al suo cavallo nero lucente?"-chiese con l'aria di chi la sa lunga-" E Jason ash tag superfigone ash tag super ciuffo biondo..."
"...Ash tag super stronzo?"-ribattei stringendo i denti in un sorriso sforzato.
"Non mi sembra stronzo. Passami la mano che comincio a darti il colore". "Non farmi l'unghia piena. Fammi dei disegni geometrici"-dissi alla mia amica facendola sbuffare.
"Ti piace così?"- chiese mostrandomi il pollice dove era spuntato un triangolo incorniciato da due righe rosse.
"Perfetto" .
"Non avrei mai pensato che tua madre potesse uscire con il padre di Miss perfezione".
"Già non dirlo a me!"- sospirai mettendo il dito nel fornetto passandole l'altra mano.
"Per non parlare dell' orribile tailleur rosa che indossava"-esclamò Mary. "Già"-risposi ridendo-"ma come fai a sapere di che colore era?".
"Me l'hai detto tu smemorata"- proclamò guardandomi dritta negli occhi.
"Non ti ho detto nulla.. Sono sicura"-insistetti.
"Emy me l''hai descritto tu l'altra sera al telefono"- continuò Mary con voce sicura che fece barcollare i miei dubbi.
"D'accordo se lo dici tu"-conclusi.
"Con il progetto come sei messa?"-chiese la mia amica cercando di riportare il dialogo nella giusta carreggiata.
"Il progetto? Un incubo!".
"Sei la solita drastica. Passami la mano sinistra".
"Forse hai ragione"-brontolai -" La ricerca la faccio io. Scrivo i dialoghi miei e di Jason e siamo apposto!."
"Ecco qua la mia tigre"-esultò Mary proprio nel momento in cui il mio telefono suonò un forte sbuffo di treno facendoci sobbalzare.
"Quando deciderai di cambiare suoneria!"-disse la mia amica alzandosi dalla sedia della cucina per prenderlo dalla credenza.
" Se la cambio non la sento. Puoi guardare tu al momento non riesco"-borbottai guardandomi le mani.
"Certo il codice è sempre 0017?"-chiese Mary aprendo la cover a libro.
"Si"
"È un messaggio su Facebook"-borbottò-"O mio Dio!"
"Chi è Mary?"- domandai incuriosita cercando di vedere il display allungando il collo-"Oceane? Mike?..."
"Non indovineresti mai!... Jason!"-esclamò posando il cellulare con il messaggio aperto.
"Jason?"-ripetei-"Leggimi quello che c'è scritto Mary sono senza lenti e sono cieca senza occhiali!"
"Da accordo"-borbottò sedendosi affianco a me con l'iPhone in mano-" mette anche le virgole che carino!".
"Mary continua"-ringhiai con voce omicida. Volevo assolutamente sapere il perché mi avesse scritto di domenica un'e-mail su Facebook.
"Scusami è che una cosa rara che un ragazzo utilizza la punteggiatura..." "Mary!".
"Da accordo, da accordo continuo. "
"A casa sua?"-ripetei guardando la mia amica che stava leggendo a mente il continuo del messaggio-"c'è dell'altro?"
"Ha scritto l'indirizzo di casa sua Nw Arm Dr Street e il numero di bus da prendere"-mi rispose lei alzando lo sguardo-"hai un appuntamento!"
"Non è un appuntamento! È solo un compito"- ribattei alzando gli occhi al cielo.
"Puoi sbuffare ed alzare gli occhi al cielo quanto vuoi Mann, ma per me è un vero autentico appuntamento!"
"Mmmpfff.. Finiresti con le mie unghie?"
"Certo. Come mai tutta questa fretta? Devi farti bella?"-mi ribeccò con un sorriso che la sapeva lunga.
"No, appena finisci prendo il materiale che ho raccolto in biblioteca!"
"Salve bambine!"-ci salutò Amelia portando dentro con se un po' di vento-"Il tempo sta cambiando tra un po' non vedremmo più il sole!"
"Ciao Amelia!"-ricambiai lanciondele un bacio.
"Che colore usiamo oggi?"-chiese la governante avvicinandosi per guardare meglio il capolavoro di Mary-"Bel colore! Rosso pompeiano.. Mi piace!" "Non è male"-rispose la mia amica-"la prossima volta un bel verde speranza.. O magari un grigio lupo..."
Un rumore di porcellana infranta riecheggiò nella stanza facendo calare un silenzio teatrale.
In automatico ci girammo tutte e tre in direzione da dove era nato quel suono in tempo per vedere l'ombra di mia madre dileguarsi lasciandosi dietro i frantumi di un prezioso vaso cinese a terra.
***
"La ringrazio signora Amelia!"-esclamò Mary pulendosi la bocca con il tovagliolo-" Era davvero molto buono il suo sandwich con la carne di manzo!".
"Per non parlare dell'aggiunta della famosa salsa segreta di fagioli. Vero Mary?"-dissi bevendo un sorso di cola.
"Sono contenta che a voi piccole sia piaciuto quello che vi ho preparato"-esclamò la donna alzandosi da tavola e mettendo i piatti nell'acquaio con del detersivo all'aroma di limone.
"Ora devo andare!"-proclamò la mia amica guardando l'orologio al polso-"Anche perché qui c'è qualcuno che ha un appuntamento!"
"Era ora che uscissi con qualche bel ragazzone!"- s''intromise Amelia. "Veramente è la nostra Emily che deve uscire con un ragazzo questo pomeriggio."
"Ah sì?"-chiese la mia tata fermandosi per un attimo per guardarmi-"chi è il fortunato?"
"Si chiama Jason,...Jason Blais; ripeto non usciamo perché ci piacciamo o altro, ma per quel stupido progetto di letteratura inglese!"-ribattei a denti stretti guardando in cagnesco la mia amica che sghignazzava sotto i baffi. "Capisco"-commentò Amelia continuando a lavare le posate sporche-"ti serve un passaggio?"
"No grazie prenderò il bus"
"Come preferisci tesoro"
"Ora devo proprio andare"-ci interruppe Mary alzandosi dalla sedia.
"Ti accompagno alla porta"-dissi alzandomi a mia volta.
Prima di avviarsi sul vialetto di casa, la mia amica si fermò sull'uscio della porta.
" Emy fai attenzione per piacere"-disse prendendomi in uno dei suoi famosi abbracci.
" Certo come sempre"-la rassicurai stringendola a mia volta.
"Non mi fido di Jason"-sibilò staccandosi.
" Non è un cattivo ragazzo"-esclamai ricevendo un'occhiataccia dalla mia amica-"capito! Capito farò attenzione!".
"Telefonami questa sera"-mi urlò Mary incamminandosi verso il marciapiede.
"Puoi scommetterci! Ciao Miss ficcanaso!"-le urlai ricevendo un dito medio e un sorriso di ritorno.
Rinchiusa la porta mi fiondai nel divano in salotto accanto all'entrata presi in mano il cellulare per rileggere il messaggio che mi aveva inviato il mio compagno di ricerca.
Secondo le sue indicazioni dovevo prendere il bus numero ventidue vicino al centro commerciale per poi giungere a Nw Arm Dr. Non era problematico il raggiungerlo a casa la questione andarci oppure no.
Potevo rispondergli scrivendo un e-mail dove potevo dire che non ci sarei andata perché il compito l'avevo finito.
"Infondo, è una bugia piccola piccola"-dissi guardandomi nel riflesso del display.
Accesi la televisione cercando di distrarmi.
Mi incantai a guardare un programma di cucina dove spiegavano come fare un famoso dolce italiano ed immediatamente il pensiero mi andò a James. Quel ragazzo era intelligente, bello e più grande di me.
"Chissà cosa starà facendo ora"-dissi pensando al modo in cui si toccava il ciuffo nero per metterselo bene o la maniera in cui tirava gli occhi al cielo quando ribattevo qualcosa che lui diceva.
"Emy hai visite"-borbottò Amelia entrando in salotto con in mano uno straccio per asciugarsi le mani.
"Visite io?"-chiesi alzandomi di scatto come una molla.
"Sì un ragazzo ha appena suonato il campanello. Non ha voluto entrare e ti sta aspettando davanti alla porta".
"Vediamo un po' chi è"-commentai sbirciando dalla tenda bianca-" È Jason!".
"Quindi?"-chiese Amelia avvicinandosi a sua volta alla finestra-"È un bel ragazzo ed è sincero. Fidati di me, io capisco quando una persona ha cattive intenzioni!".
"Io ho fiducia in Jason è che quando sono con lui accadde sempre qualcosa di inspiegabile, d'insolito... Impaurendomi e facendomi sentire a disagio... Mi trasformo in una persona insicura che non sono io."
"Sono proprio queste le situazioni e la gente che ci fa capire chi siamo veramente. Quelle che ci fanno mettere in gioco e non quelle che ci aiutano nella nostra quotidianità"-commentò Amelia.
"Hai ragione. Per fortuna che mia nonna ha avuto il buon senso di assumerti altrimenti cosa farei io senza di te?"-le chiesi baciandola sulla guancia.
"E' un onore lavorare per la tua famiglia e vederti crescere"- esclamò quella donna formidabile mentre uscivo dalla stanza per andare incontro a quello che sarebbe stato un pomeriggio indimenticabile.
Mi guardai allo specchio prima di aprire la porta. Mi sistemai i capelli e mi misi in un filo di burro cacao trovato sul tavolino basso posto in entrata. Indossai gli occhiali posti al loro posto accanto alla conchiglia portachiavi e alzai la testa trovando l'immagine di me stessa con aria preoccupata ed allo stesso tempo gasata.
"Emily sii forte"-mi ripetei guardando i miei occhioni verdi-"1, 2, e 3...".
Eccolo li più bello che mai mentre osserva i bellissimi fiori rosa piantati da mia madre nella piccola serra sotto il portico di casa.
Jason era molto carino e sembrava un modello pronto a fare delle foto per una rivista di casa o giardinaggio.
"Cciao"-biascicai schiarendomi la voce-"Cosa ci fai qui?".
"Sono passato di qui perché non mi hai risposto al mio messaggio"-rispose senza distogliere lo sguardo dalle piante-"Non sei in grado di rispondere?  Sei senza rete? Hai il cellulare e il pc fuori uso?".
Bastarono quelle parole per fare uscire la belva che era in me.
"Punto 1: non sono senza internet.
Punto 2: il mio pc e l'iphone non hanno assolutamente nulla che non funzioni.
Punto 3: puoi parlarmi anche guardandomi negli occhi invece di fissare quei stupidi fiori!"
Quelle parole sembrarono fare breccia nella corazza dura e insensibile di Jason il quale staccò gli occhi dai vasi e si avvicinò a me con passo deciso –"Questi fiori non sono stupidi. Anzi, sono molto intelligenti conoscono il tatto di chi li accudisce, conoscono il momento in cui devono schiudersi e quello in cui sbocciare. Non hanno bisogno di orologi o di gabbie ideologiche come noi."
"Questo non cambia il fatto che sei maleducato a parlarmi rivolgendomi le spalle"-sentenziai socchiudendo gli occhi in due minuscole fessure.
"Hai ragione Emy. Devo dartene atto sei molto brava a difenderti a parole"-commentò togliendomi una foglia dai capelli.
Bastò quel tocco per farmi sentire le farfalle nello stomaco. Come James anche Jason aveva il potere di rendermi sua schiava con una parola dolce, con un tocco, bastava la sua presenza accanto a me e non ero più padrona del mio corpo e della mia testa.
"Comunque, perché sei venuto fino qui?"- domandai ritrovando la voce.
"Non è ovvio sono venuto a prenderti per portarti a casa mia"-commentò sedendosi sulla panchina in ciliegio.
"Jason mi sa che hai fatto un viaggio per nulla. Io non vengo da nessuna parte..."-cominciai girandomi verso la porta di casa scorgendo Amelia dietro la tenda che mi faceva cenno di uscire con lui.
Infondo, non avevo nulla da perdere e dopotutto se volevo ritornare indietro avrei chiamato qualcuno o preso il bus.
Per non dimenticare che la ricerca avrei dovuta farla con quel ragazzo per indirizzarlo nella via giusta per diventare uno studente migliore.
"Da accordo Jason hai vinto vengo a casa tua"-proclamai con voce sommossa-"Vado un attimo a cambiarmi in camera mia. Aspettami qui!".
"Grazie Emily... di nuovo"-sussurrò quel bellissimo ragazzo riscaldandomi il cuore.
***

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Capitolo 11
*** Cuore di vetro. ***


"Hai raccolto un bel po' di materiale"-osservò Jason guardando lo zaino nero che avevo sulle spalle.
Stavamo camminando silenziosamente da dieci minuti l'uno accanto all'altro guardando il marciapiede senza alzare lo sguardo per paura di incrociare gli occhi del compagno vicino.
"Sono andata in biblioteca lo stesso giorno in cui il signor Brown ci ha assegnato il libro"-ribattei alzando la testa-" mi piace arrivare preparata ad un compito così importante".
"Sei una secchiona"-ridacchiò il ragazzo accanto a me fermandosi alla fermata della corriera.
"Non sono una secchiona"-rimbeccai posando la cartella sulla panchina rossa sotto la tettoia trasparente-" Amo essere pronta ad ogni difficoltà, ad ogni esame..."
"E tua madre ti farebbe il culo se ti presentassi impreparata"- disse Jason appoggiandosi con la schiena su un lampione davanti al punto dove mi trovavo.
"Certo come ogni madre!"-esplosi -" la tua non ti dice nulla? Ah no scusa, scommetto che avere un padre professore serve..."
Non finii nemmeno la frase; mi ero reso conta di azzardare troppo dicendogli quello che mi era appena uscito dalla bocca.
Jason fece finta di nulla di sedette accanto a me con aria triste ed amareggiata.
"Scusami non volevo"- sussurrai girandomi per guardarlo.
Aveva lo sguardo basso -" Non fa nulla, sono abituato a queste affermazioni. Pensavo solo che tu fossi diversa dall'altre persone che ho conosciuto finora.. Forse mi sono sbagliato.."
Ero senza parole quel bellissimo ragazzo dinnanzi a me sembrava una persona prepotente, testarda e presuntuosa, non avrei mai pensato che potesse essere tanto sensibile ad un'affermazione come quella.
"Quindi sei un'atleta?"-domandai cambiando discorso per risanare la conversazione.
"Sì esatto. Mio padre d'altronde è l'insegnante di educazione fisica"-borbottò acidamente incrociando i miei occhi verdi.
"Scusa Jason, perdonami non volevo offenderti e soprattutto non voglio litigare con te. Pace?"-chiesi porgendo la mano destra.
Per un attimo infinito scrutò il mio volto sfidandomi con lo sguardo.
"Pace"-disse alla fine stringendola in una stretta forte e decisa che faceva intendere suo carattere forte.
"Bene!"-proclamai con tono entusiasta.
"Comunque, sì sono un atleta. Faccio qualsiasi sport che richieda forza, velocità e resistenza. Sono stato cresciuto con il pensiero che per una mente sana ci vuole un corpo in salute. Anche tu sei un tipo atletico; ti ho vista correre quella volta che ci siamo incrociati al Pink Life ed altre un paio di volte".
" Io? Un atleta?"-dissi ridendo chiassosamente-" Assolutamente no! Sono solo una persona che a volte ha bisogno di sfogarsi attraverso una corsetta, un giro in bicicletta e a volte anche dello semplice shopping aiuta."
"Shopping?"ripeté' Jason sorridendo con lo sguardo.
"Già, potrei spendere tutta la mia paghetta settimanale in un'ora da sephora o in un negozio di biancheria intima francese.."- arrossii fino sulla punta dell'orecchie non appena mi resi conto di quello che avevo appena detto.
"Lingerie francese?"ripeté' Jason facendo schioccare la lingua al palato.
"Non c'è nulla di male se una ragazza ama l'ottima biancheria"- borbottai guardando se arrivava quel maledetto pullman.
Non vedevo l'ora di avere una pausa da quella conversazione fuori luogo che mi metteva a disagio.
"Hai assolutamente ragione"-precisò Jason alzandosi in piedi accanto a me.
"Come hai detto scusa?"-ribattei appoggiandomi al palo della tettoia.
"Anche a me piace l'intimo femminile ancora di più se è indossato da una bella ragazza..."- disse con voce profonda seguendo con gli occhi le linee del mio corpo, facendo vibrare la donna che era in me.
Oh mio Dio, pensai sentendo il mio cuore fare due capriole all'indietro e lo stomaco attorcigliarsi per l'imbarazzo della situazione mentre nella mia mente prendeva forma l'immagine di Jason schiavo della mia figura in mutande nero e reggiseno di pizzo.
"Ecco l'autobus"-urlai sollevata agitando la mano per fermarlo.
"Appena in tempo"sussurrai appena salimmo sicura di essere salva da qualche altro inconveniente.
Il tragitto in corriera fu molto tranquillo grazie al fatto che il trasporto pubblico era pieno, dato che era domenica, e quasi   tutti gli abitanti di Halifax passavano il weekend a fare spese al Centro Commerciale della città.
"Appena arriviamo alla scuola Santa Agnese dobbiamo scendere per cambiare autobus"-mi disse Jason avvicinandosi al mio orecchio per non disturbare gli altri viaggiatori.
"Ok"-risposi guardando due bambine che ridacchiavano nel vedere me e il mio compagno vicini, probabilmente pensando che fossimo una coppia di innamorati felice di essere insieme.
Se solo avessero saputo la verità, avrebbero cambiato l'oggetto della loro attenzione.
Quando ci fermammo al Centro Commerciale cercai con lo sguardo la moto nera con il casco rosso agganciato al sedile sulla quale avevo viaggiato qualche giorno prima.
La trovai parcheggiata nello stesso posto in cui la avevo visto l'ultima volta solo che ora c'era una ragazza con capelli blu accesi e un ragazzo seduto sul bolide che le parlava dolcemente all'orecchio per poi baciarla con passione.
Quella scena s'impresse a fuoco sulla mia testa. Ovviamente, non avevo pensato che in quel pomeriggio che avevo passato con James, Cupido avesse scoccato due delle sue famose frecce facendo innamorare me ed il fratello del mio amico. Avevo creduto che oltre alla figura esterna del bellissimo James ci fosse qualcos'altro sotto in grado di far nascere con il tempo una sana amicizia pronta a sbocciare in un sentimento più grande.
Probabilmente, mi sbagliavo.
"Bastardo"-dissi a voce abbastanza alta da far voltare Jason nella stessa direzione da cui avevo tolto lo sguardo.
"Il nostro James ha scelto una nuova preda"- commentò con voce asciutta il mio compagno di viaggio ammirando la scena offertaci dai due amanti avvolti tra baci passionali e gesti che non lasciavano nulla alla fantasia sulle loro intenzioni.
"Lo conosci?"-chiesi con aria innocente.
" Sì, ho avuto l'onore di conoscere il fratellastro di Mike".
"Come sarebbe a dire fratellastro?"- ribattei attaccandomi ad un sostegno per non perdere l'equilibrio.
"Sì, il grande James è stato adottato"- esclamò Jason -" Prego signora"-continuò aiutando un'anziana a salire le scale alte del mezzo.
"Grazie figliolo"-ringraziò la donna aggrappandosi al braccio possente di Jason-"Sei stato molto gentile!"
"Si figuri signora, il minimo che potessi fare, aiutare una granny simpatica come lei"- ribatté' il ragazzo aggiudicandosi un pizzicotto sulla guancia.
"La tua fidanzata è molto fortunata ad avere un ragazzo così bravo e se posso dirlo..."- disse la nonnina rivolgendosi a me con occhi vivaci e furbi-"... è proprio un bel pezzo di manzo!"
"E... Veramente noi"-cominciai sentendo avvampare il viso.
"La scusi signora, ma la mia Emily è abbastanza timida"- irruppe Jason- " Comunque, grazie!".
"Prego, pregò bambini"-ridacchio l'anziana sedendosi su un posto in cui non vi erano scalini.
"Ti ringrazio per avermi salvato, non avrei saputo cosa rispondere"-mormorai a bassa voce mentre stavo rielaborando il fatto che mi avesse etichettato come di sua proprietà. L'idea di appartenere a qualcuno non mi era mai piaciuta perché non sono un oggetto,... ma all'idea di essere di quell' affascinante ragazzo, il mio stomaco si attorcigliò proprio nel momento in cui le farfalle iniziavano a volteggiarvi.
"Di nulla figurati... Fidanzata"- scherzò Jason facendo il sorriso che mi mandava in brodo di giuggiole.
"Ha proprio visto male quella signora".
"Perché? Sono così brutto?"
"Brutto? Come puoi pensare di non piacere alle ragazze? Sei alto, muscoloso, intelligente, sportivo, occhi azzurri,...".
D'istinto sentii nella mia testa il riecheggiare di una frase che avevo udito qualche giorno prima: "Non fidarti del ragazzo dagli occhi azzurri che nascondono un cuore di vetro intriso di bugie ed inganno".
"Tutto bene Emy?"-chiese Jason strappandomi via dai miei pensieri.
"Sì scusa stavo pensando a... Stavo pensando.."-borbottai cercando di trovare una soluzione valida per la mia disattenzione.
"Siamo arrivati alla nostra fermata!"-proclamò Jason facendomi cenno di avvicinarsi all'uscita dell'autobus.
Fortunatamente, la pausa dal dialogo fece dimenticare al mio compagno che dovevo rispondere alla sua domanda.
Nei miei ricordi stavo rivivendo ad occhi aperti il dialogo avuto con la zingara non molto tempo prima, nel quale mi stava mettendo, forse, contro a Jason?
Salutammo con la mano la vecchietta innamorata del dio dell'olimpo, che mi precedeva con un sorriso sulle labbra.
" Svelta Emy!"-esclamò non appena calpestammo il marciapiede indicandomi la corriera che ci seguiva.
Raggiungemmo il mezzo dopo una piccola corsetta che bastò per farmi venire il fiatone.
"Wow, non scherzavi prima sul fatto che non sei un atleta!"- commentò Jason nello stesso momento in cui mi accomandavo su un sedile accanto al finestrino.
"Te l'ho detto! Non sono una fanatica dello sport e la corsa che faccio nei fine settimana è molto calma, tranquilla per rilassarsi"-ribattei accasciandomi sul posto che avevo scelto.
"Riposati pure"-disse Jason sedendosi affianco a me-" Tra poco siamo arrivati, altri dieci minuti e poi vedrai Maison Wood".
" Come scusa la tua casa ha un nome metà in francese e metà in americano? Come può essere?".
"La mia famiglia non è sempre stata qui in Canada, si è trasferita quando il mio antenato Bernard Blais comunemente chiamato Doppia Bi decise che il vecchio mondo era diventato troppo piccolo per la nostra casata  e così si trasferì con tutta la famiglia qui in Canada. Dapprima abitavamo nell' entroterra e poi ci siamo spostati qui ad Halifax diventato dei grandi commercianti. Avevamo molte navi mercantili, ma tutto cambiò quando..."
"Quando?"- chiesi con voce curiosa. Volevo sapere il più possibile su Jason e sulla sua vita, sul suo passato e sulle radici della sua famiglia così da poterlo conoscere e comprendere meglio il suo comportamento e di conseguenza come pormi con lui.
"Quando arrivò la potente famiglia Mann pronta ad acquistare navi potenti, veloci e capienti per fare una competenza spietata alla B&B World costringendola a chiudere i battenti per sempre, licenziando migliaia di operai, cominciando una nuova vita maledetta"-rispose Jason guardando fuori dal finestrino un qualcosa che ai miei occhi non compariva, un elemento che lo riportava probabilmente ai ricordi ed ai pensieri che aveva riguardo alla casata dei Mann.
"Scusami, Jason io non sapevo nulla di tutto ciò"-ribattei osservando il splendido viso di quel ragazzo che appariva fragile come non mai appena si parlava dei Blais.
"Non ti preoccupare Emy"- disse sorridendo alzandosi-"Siamo arrivati. Dobbiamo scendere".
La nostra fermata era vicino al Long Lake, il lago del più grande parco di Halifax.
"Abiti in un bellissimo quartiere"-osservai vedendo le ville che costavano la strada che stavamo percorrendo.
Erano delle case in stile vittoriano, inglese, americano e persino italiano; lo si capiva dalla presenza dei capitelli corinzi che grazie alle foglie d’acanto adornavano le bellissime colonne portanti di quelle dimore uscite da un'era passata.
"Ecco siamo arrivati"-proclamò Jason fermandosi davanti ad un cancello dorato con un blasone raffigurante un lupo con una spada conficcata nel cuore.
 
 
 
 

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Capitolo 12
*** Zeus ***


Il cancello si aprì e ci condusse ad un sentiero delineato da meravigliosi aceri spogli che delimitavano un bellissimo giardino.
Alla fine del sentiero, quando arrivammo davanti alla Maison Wood rimasi letteralmente a bocca aperta.
Era una villa bianca con dei pilastri portanti enormi che arrivivano al secondo piano. Il tetto era di un verde chiaro che s'intonava meravigliosamente con la porta anch'essa verde.
Dinanzi alla dimora lussosa c'era una piazza con una fontana circondata da fiori bianchi, rossi e viola.
"Wow"-esclamai senza distogliere lo sguardo dall'acqua mentre fuoriusciva da un'anfora antica dorata, riuscendo a vedere una trota giapponese fare un tuffo-" Mi lamento di avere io una casa grande, ma Jason tu hai un castello delle favole!".
"Delle favole?"-chiese lui avvicinandosi alla scalinata principale davanti alla porta d'entrata.
"Sì, è una reggia"-ribattei continuando a studiare l'ambiente circostante.
Era tutto curato nei minimi particolari, dalle bellissime tessere che formavano sulla piazza l'emblema visto poco prima sul cancello, dalle siepe di forme geometriche fino alle foglie secche accatastate in un angolo di quel paradiso terrestre per non contaminarnene la bellezza.
"In effetti, Maison Wood è stata costruita per ricordare il nostro castello francese nella valle Louise"-disse entrando in casa.
"Nella valle Louise?"-chiesi seguendolo nell'atrio d'ingresso che introduceva ad un'armonia nel gusto di arredamento e di architettura rendendo lo spazio elegante e sofisticato senza perdere lo stile classico esterno.
Al centro della stanza rettangolare c'era un tavolo nero con la superficie in cristallo dove troneggiava uno splendido vaso bianco colmo di rose rosse. Alle spalle, due grandi scalinate dividevano l'atrio in tre parti uguali segnate da tre linee rosse postate sul pavimento con particolare attenzione.
"Buongiorno Signorino"- esclamò un uomo sulla sessantina, venedoci incontro con passo veloce, attraversando un arco che dava su un'altra stanza.
Indossava uno splendido smoking nero che contrastava con la pelle chiara e la folta chioma bianca.
"Ciao Edward"- disse Jason appoggiando sul tavolo le chiavi di casa -" Prendi pure il cappotto alla Signorina Mann, Ed."
"Mann?"-ripete' l'uomo prendendo in mano il giaccone che mi ero appena tolto.
"Molto piacere"-ribattei a mia volta facendo un sorriso a quel simpatico vacchietto che mi guardava come fossi un'animale raro.
"Mann... Quanto tempo che non ne incontravo uno"- affermò l'uomo per poi mettersi sull'attenti -" Piacere, Signorina. Io sono Edward Smith, maggiordomo della famiglia Blais da trent'anni. Mio padre prima di me ha seguito questa casata importante ed io ho seguito le sue orme con grande orgoglio e le segue tutt'ora".
"Sono molto onorata"-risposi facendo a mia volta un'inchino come quello appena fatto dal signor Smith.
"Bene ora che Ed ti ha descritto il suo albero genealogico e la sua carriera direi che possiamo andare nella biblioteca"- erruppe Jason prendendo il mio braccio e tirandomi verso la rampa di scale che saliva a destra.
"Signorino, vi preparo qualcosa?"
"Mmm... Hai fame, Emy?"-chiese Jason posando il suo sguardo nei miei occhi.
Il mio cervello si scollegò di nuovo, facendo prendere il soppravento all'emozioni che stavano nascendo dal mio cuore. Era più forte di me, non potevo fare altro che affogare nel mare di ghiaccio che riuscivo a scorgere in Jason.
"Sì, no..."-cominciai stringendo al petto la cartella, come uno scudo capace a difendermi da qualsiasi effetto provocavato in me da quello sguardo-" non ho fame. Magari qualcosa da bere?".
"Ed, portaci della limonata fresca ... E dei sandwich al salmone"- proclamò Jason senza interrompere il nostro contatto visivo, con tono caldo e sexy-"ho molta fame".
"Da accordo, vado a preparare tutto, con il vostro permesso"- disse il signor Smith congendadosi per poi sparire da dove era entrato.
"Seguimi Emy"- esordi' Jason vedendo la mia andatura calma e salda.
Da bambina mi avevano insegnato a fare le piccole cose con criterio. Non correvo mai per le scale, le facevo con calma tenendo saldo lo scorrimano. Specialmente, in quella dimora sentivo il dovere di comportarmi in maniera impeccabile usando gli insegnamenti di bon ton appresi durante le caldi estate passate a studiare il modo in cui ,parlare, mangiare e persino sbadigliare in mezzo a un gruppo di persone di un certo ceto.
"Dai muoviti, ...ho capito ti porto io".
Non feci nemmeno in tempo a elaborare le parole appena dette da Jason che mi ritovai sulla sua spalla destra come un sacco di patate.
"Mettimi giù"-pregai con voce acuta mentre cercavo di scendere da quella montagna di muscoli scalciando e dibattendomi-" Jason ho capito, camminerò anzi correrò. Meglio ancora proverò a volare , basta che mi fai scendere!".
A quell'affermazione ci fermammo di colpo e fui posata per terra guardando il ragazzo che mi aveva trasportato per una rampa di scale sino ad un corridoio adornato da sculture classiche.
Jason aveva un'espressione indecifrabile sul viso osservando un'ombra dietro di me. Senza perdere tempo mi fece girare per mostrarmi cosa si celava.
"Salve, professore"-salutai il padre del mio compagno sistemandomi la felpa e i capelli.
"Ciao Emy, chiamami pure Steve"- esclamò l'insegnante-" Immagino che debba chiederti il perché tu sia qui e il perché fossi in braccio, o meglio sulle spalle di mio figlio!?!".
"Posso spiegare.."-balbettai immaginando il colore rossastro assunto dal mio viso.
"Noi dobbiamo fare una ricerca, padre"-disse Jason con voce piatta assumendo un atteggiamento di sottomissione al genitore.
"Una ricerca sulla forza delle spalle di un atleta?"- domandò il docente facendo un sorriso malizioso e spostando lo sguardo da me e Jason.
" Veramente su Tristano e Isotta"-risposi con la voce che usavo solitamente con mia madre o con Amelia quando combinavo qualche pasticcio o prendevo un brutto voto su una materia scientifica.
"Interessante"- commento' Mister Blais-" È per la materia di Brown vero? Chi ha scelto un libro così romantico ed allo stesso tempo sensibile?"
"Il professore stesso"- disse Jason seccato e continuò-" Ora se puoi scusarci!".
"Certo, mi dispiace di avervi interrotto"- borbottò Steve superandoci per poi girarsi su se stesso aggiungendo -"Emy, sei la benvenuta. Fai come se fossi a casa tua".
"Grazie, signor Blaise".
"E Jason?".
"Sì, padre?"
"Fai vedere ad Emy la bellissima Maison Wood quando avrete finito".
"Certo"- ribatte' il ragazzo con le braccia lungo il corpo, e mani strette in due pugni forti.
"Arrivederci ragazzi"- ci salutò il professore per poi scomparire alla nostra vista lasciandomi da sola con il figlio taciturno e con sguardo assente.
" Tutto bene?"- domandai avvicinandomi a Jason che se ne stava in silenzio-" Jason?"
"Ho sentito Emy"- rispose con un filo di voce calma, come la brezza marina capace di far rinvenire qualsiasi essere durante un'estate torrida.
" Quindi?"
"Quindi ora andiamo nella biblioteca!"-ruggi' ferocemente Jason rubandomi lo zaino dalla mano destra e mettendolo sulle spalle-"Riesci a camminare giusto?"- sbottò asciutto avanzando in mezzo alle statue di Zeus, Diana ed Afrodite.
"Sì, certo che ci riesco!"-esclamai seguendolo a mia volta osservando la bellissima riproduzione del capo degli deii.
Non potei fare a meno di paragonare il bellissimo Zeus al meraviglioso ragazzo che mi precedeva.
Jason come il dio sembrava in conflitto aperto con il padre pronto a cibarsi del figlio stesso.
Chissà, se anche lui avrebbe avuto coraggio di uccidere il padre come aveva fatto il potente Zeus.
"Siamo arrivati!"- proclamò fermandosi davanti ad un portone massiccio in legno nero ebano.
 
 

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Capitolo 13
*** Anime d'inchiostro. ***


"È bellissimo qui, Jason!"-balbettai varcando la grande porta nera
che rivelò una parte della casa al di fuori del tempo e dello spazio.
Era una stanza luminosa sovrastata da un soffitto con volte a botte incrociate, decorato da tele colorate che rendevano  il tutto un'opera d'arte preziosa e sublime.
Le pareti erano ricoperte da scaffalature rosse  trasbordanti di libri dalle copertine logore e ingiallite.
L'odore di pagine vecchie e di carta impecorita invece di rovinare l'atmosfera marcava l'aspetto antico e regale della dimora Blais, regnante anche in quell'angolo di castello grazie allo stemma della casata, riprodotto minuziosamente con foglie d'oro sugli incroci tra le varie volte.
"Ti piace?"-chiese timidamente Jason, appoggiando lo zaino su una sedia posta al centro di quella perfezione dove vi era una lunga tavola dello stesso tono delle scaffalature.
"Si tantissimo. Posso?"-domandai indicando la marea di libri posti ordinatamente per titolo e cronologia.
"Si certo".
"Vediamo cosa c'è?"- dissi avvcinandomi ad una sezione collocata su una vetrina.
"... Non posso crederci Lewis Carrol!"-esclamai vedendo un romanzo dalle pagine logore.
"Puoi aprire ...se vuoi vederlo"-disse il padroncino di Maison Wood -"Io vado a prendere il computer in camera mia"-aggiunse sfregandosi le mani con forza.
"Mmm".
Non lo ascoltavo più ero totalmente persa nel mondo delle meraviglie. Andai subito alla mia pagina preferita capitolo sette: Un te di matti.
Adoravo qulla parte in cui compariva uno dei personaggi più importanti: Il Cappellaio Matto.
L'indovinello che questo curioso abitante del sottosuolo fece alla povera Alice non mi fece dormire all'età di dieci anni quando la lettura era diventato un modo per fuggire via dalla realtà.
Il mio coinvolgimento crebbe dopo aver visto il film con interprete il bellissimo Depp, idolo mio e di molte altre mie coetanee.
Quella storia è e rimarrà una storia amata da tutte le persone che si rifuggono in un mondo meraviglioso: il regno della fantasia.
Mi guardai attorno. Non c'era nessuno, tranne il tavolo con sopra un portapenna e le sedie attorno. Non potevo resistere.
Cominciai a leggere ad alta voce il dialogo tra Alice e il mio beniamino facendo le voci che secondo me avrebbero avuto i protagonisti se esisiti davvero.
"Che strano orologio segna i giorni e non dice le ore".
"Perché?"-esclamò il Capellaio Matto.-"Che forse il tuo orologio segna in che anno siamo?"
Il poter leggere in un luogo così immerso in un mondo a se mi aiuto a farmi a trasportare facendo in maniera tale di non accorgermi di essere più sola.
"No,"-si affrettò a rispondere Alice.
Le parole che vennero dette ad alta voce con tono squillante non furono dette da me, ma da una presenza femminile alle mie spalle.
"Continua pure piccola"- disse la persona dietro di me.
" Ma l'orologio segna lo stesso anno per molto tempo".
Mentre continuavo a leggere cominciai a muovermi in cerchio seguendo il perimetro delle vaste librerie, cercando di finire davanti alla figura presente assieme a me.
"Quello che fa il mio"- riprese la voce squillante ripetendo a memoria parola per parola del seguito.
"Non ti comprendo bene!"- continuai abbassando il libro vendendo una vecchietta su di una carrozzina.
La signora aveva capelli grigi raccolti in due trecce avvolte su se stesse ai lati della testa.
"Era molto tempo che non prendevo in mano quel vecchio libro"- commentò l'anziana signora venendomi incontro con occhi azzurri ghiaccio brillanti-"Posso bambina vederlo?".
"Certo..."-dissi porgendo il romanzo impolverato con le pagine lisce dall'usura.
"Questa prima edizione ha visto giorni migliori"-commentò la donna aprendo con delicatezza l'opera di Carrol.
"Prima edizione?"-ripetei.
"Sì, questa fa parte della mia collezione privata"-spiegò l'anziana dirigendosi verso la vetrina-" Vieni, ti faccio vedere il resto."
"Certo signora...."
" Daphnée. Il mio nome è Daphnée"-rispose la signora alla mia domanda muta.
"Io sono Emily".
"Vieni ...vieni... Bambina"-continuò la donna senza fare cenno alla mia presentazione-"puoi aprire la vetrina. Immagino che tu sappia già come si apra dato che ti sei presa un pezzo importante della mia collezione privata".
"Sì, certo. Mi scusi se ho preso Alice"- dissi aprendo l'anta di destra-"non ho potuto resistere..."
"La tua anima è come la mia; amiamo più le opere di inchiostro che le persone che ci circondano"-esclamò la donna-"prendi quel volume rosso".
"Questo?"-domandai prendendo un tomo dalla copertina rovinata con la rilegatura nera-" L'isola del tesoro"-lessi sentendo l'emozione che trapelava dalla mia voce.
" Già"-ribatte' la donna-" Aprilo!"
"Posso?"
"Certo. Fai pure"
Mi sedetti sulla sedia accanto allo zaino.
Scorsi velocemente le pagine, avida di vedere le illustrazioni di quel magnifico libro.
"È meraviglioso"-esclamai guardando una miniatura di colore verde che dava vita ad una palma radiosa.
"È tuo"- commentò Daphnée con un sorriso grande.
"Davvero?"-chiesi sgranando gli occhi-" Non posso accettare. Ha un
valore ineguagliabile."
"Lo so per questo lo regalo a te"- rispose la gentile signora affiancandosi alla mia sedia.
"Grazie... Io no so cosa dire"
"Sono io che devo ringraziare te Emily"-disse l'anziana-"era molto tempo che non entravo qui. La tua voce mi ha invitato ad entrare, facendomi ricordare i bei pomeriggi che passavo a leggere  le storie a mio nipote."
"Suo nipote?"-domandai.
"Il mio Jason"- rispose la donna -" il tuo fidanzato.. Giusto?"
Ossignore, perché tutti pensano che stiamo assieme, pensai tra me ricordando l'episodio successo il giorno stesso sul pullman.
"Io sono solo una compagna di classe"- esclamai arrossendo.
"Per il momento piccola. Vedrai".
Non potei commentare la frase di Daphnée che la porta si aprì con violenza ed entrambe vedemmo un Jason entrare tutto trafelato con sottobraccio un pc nero seguito a coda da un gatto persiano blu notte.
"Eccoti qui, Romeo"-sbottò Daphnée mentre l'animale spiccava un salto,
raggomitolandosi sulle gambe della padrona in un concerto di fusa.
"Nonna cosa fai qui?"-chiese Jason appoggiando il computer sulla tavola.
"Nulla sto gustando il sapore della lettura"- rispose la vecchietta facendomi l'occhiolino.
"Il gusto della lettura?"- rimbeccò il nipote lanciandoci uno sguardo obliquo.
" Ho conosciuto, inoltre, questa bellissima ragazza"- continuò la signora allundendo a me mettendomi al centro dell'attenzione-" Dice di non essere la tua fidanzata, ma a me piace molto"
"Nonna... È una Mann"- sottolineò con voce aspra Jason accendendo il portatile.
" Sei la nipote di Iza?"-domandò
Daphnée guardandomi sul viso-"In effetti, hai gli stessi occhi di tua nonna e di tuo padre. Peccato."
" Mi scusi signora... L'ho delusa non mi sono presentata per bene"- sussurai con voce sommossa.
"Non preoccuparti figliola. Tu provieni da una famiglia importante, forte e combattiva. Peccato che...."
"Nonna non annoiare Emily"-la interruppe Jason avvicinadosi per massaggiarle le spalle.
"Peccato che le nostre famiglie non siano sempre andate da accordo"-concluse la donna con voce asciutta, come se non avesse detto quello che avrebbe voluto dire perché un segreto.
"Immagino che questo devo restituirglielo, Miss Daphnée"- proclamai ammicando al romanzo aperto davanti a me.
"Non mi offendere questo è un regalo da parte mia"- precisò la gentile anziana e continuò-" Chiamami pure nonna la prossima volta che ci vediamo; nessuno conosce il nostro futuro anche se appare limpido senza nuvole. Chissà se nel nostro la storia è destinata a cambiare anche il presente ed il passato".

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Capitolo 14
*** Il segreto della famiglia Blais. ***


"Hai qualche problema?"- domandò Jason guardando lo schema che avevo delineato riassumendo le parti più importanti di Tristano ed Isotta.
" No"- mi giustificai-" Penso solo che avendo un pezzo di carta davanti si lavori meglio. Inoltre, ho trovato in rete anche un film piuttosto recente del 2006, magari ci può aiutare ..."
" Wow, oltre che quello stupido libro, vuoi che guardi anche uno strazio di film?".
Non potevo resitere un altro minuto di fronte a tanta arroganza e menefreghismo.
Eravamo da soli da mezz'ora e sarei già fuggita via a gambe levate.
Senza esitare, tirai fuori un quaderno rosso a spirale e lo sbattei sul tavolo massiccio, dove stavamo studiando io ed il mio amato compagno.
"E questo cos'è? Altri diagrammi?"- domandò ironicamente aprendo la prima pagina -"Hai già scritto qualche battuta per la scena principale... Senza il mio aiuto!"- commentò Jason aspramente.
" Cosa avrei dovuto fare?"- ringhiai con foga -" A te non importa niente di me e di questo stupido progetto. Io lo volevo fare con Mary!".
Non potevo fermarmi, ormai le parole uscivano da sole come un treno senza freni.
Mi alzai , avvicinandomi ad una finestra riuscendo a nascondere le lacrime che mi solcavano il viso.
Era una situazione pressoché anomala.
" Io ho provato a capirti.."-continuai singhiozzando-" ma non ci riesco. Un momento prima mi annusi i capelli e il momento dopo tu... Tu.. Sei con miss perfezione che ti fa accasciare al suolo senza toccarti e mi dice che vincerà lei la guerra!.."
"Emy"- sussurrò nello stesso momento in cui sentii un dolce aroma di dopobarba che mi fece girare -" Perdonami! Non so come comportami con te"- ansimò Jason asciugando le lacrime con il dorso della mano destra-" Io sembro uno stronzo, testardo, permaloso.. In realtà, provo dell'emozioni per te e noi non possiamo..."
" Per una faccenda successa tempo fa tra i nostri avi?"- borbottai abbandonandomi al tocco delicato di quel bellissimo ragazzo che stava parlando con il cuore aperto.
"Ti faccio vedere una cosa!"- esclamò Jason prendendomi per mano, dirigendosi alla libreria sul lato nord, in cui sposto' tre volumi verdi posti in diverse posizioni.
Appena i libri furono messi in obliquo verso destra, l'alta scaffalatura scattò con un sonoro click facendo scorgere dietro di se un varco nel muro.
"Aspetta un attimo"-mormorò Jason togliendosi la felpa restando con la maglia intima nera aderente che sottolineava le linee del suo corpo perfetto.
Dovetti darmi un pizzicotto, per non guardare incantata il bellissimo signorino Blais mentre spingeva la libreria lontana dalla parete, rivelando un'enorme apertura con iscrizione in latino incise sulla pietra bianca.
"Ma cosa.. Dove porta questo passaggio?" - chiesi guardando Jason rivestirsi.
" Ti fidi di me?"- chiese avventurandosi dentro il cunicolo rivelato.
"Oh ... Credo di sì"- affermai rispondendo più a me stessa -" ...Ho bisogno di fidarmi!".
"Bene"-disse Jason facendo un sospiro e rilassandosi non appena mi avvicinai per varcare l'arco di mattoni-"Stammi vicino Emily... Il pavimento è rovinato e ci sono dei scalini bassi, quasi invisibili".
"Da accordo"-esclamai afferrando la sua mano sinistra per poi sentirla  chiudere saldamente la mia.
"Non voglio che ti fai male"- borbottò il mio accompagnatore accendendo il suo iphone come torcia.
" Non ti preoccupare, sono abbastanza agile!".
"Speriamo bene. Ora andiamo, non abbiamo molto tempo"- concluse avanzando nel corridoio buio.
Fummo circondati da un odore forte di muffa e vecchio.
Dapprima non vedetti niente poi quando gli occhi si abituarono al buio riuscii a scorgere delle manette e delle mazze di ferro affissate sulle pareti.
"Scusa, ma dove stiamo andando?"- domandai sommossamente.
Sono stata proprio stupida, rimuginai pensando al fatto che forse non era stata una mossa intelligente andare in una stanza segreta decorata con armi da tortura con Jason quando nessuno sapeva dove ero.
"Ora vedrai. Siamo quasi arrivati".
"Bene, sono stanca di camminare e poi..."
Il mio sedere entro' in contatto violento con il pavimento provocando un rumore forte che riecheggiò all'interno della galleria.
"Ti sei fatta male?"- esclamò il mio compagno di avventure aiutandomi ad alzarmi-"Cazzo, Emy ti avevo detto di stare attenta; speriamo che nessuno abbia sentito il tonfo!".
"Non ho fatto apposto stavo guardando queste pareti piene di armi da guerra"-commentai indicando una mazza di ferro appuntita usata come onarmento-"Non mi vuoi uccidere? Perché sai mi sta venedo qualche piccolo dubbio e... Ahhh un topo!".
Non ci pensai due volte a gettarmi letteralmente in braccio a Jason trovandomi così di fronte al suo splendido viso che mi lasciava senza fiato ogni volta.
"Tu non ti fidi di me"-cominciò il bel Blais lasciandomi affogare nei suoi occhi riuscendo a scorgere il mio riflesso -" Io ho bisogno di sapere che tu creda alle cose che ti dico e quelle che dirò perciò seguimi... Per piacere".
Senza aggiungere un'ulteriore parola riprendendemmo a camminare in fila indiana sino a raggiungere una sala circolare.
Era una stanza tetra con una lampada ad olio come luce che fu accesa da Jason grazie all'accendino che aveva in tasca.
"Fumi?"- chiesi studiando il bellissimo tavolo che occupava gran parte dello spazio.
"No Emy, lo tengo per ogni evenienza".
"Dove siamo?"- domandai leggendo i titoli dei libri che popolavano una vetrina nera.
Titoli come: " La leggenda della Luna", "Varcando la soglia oscura", "Tradizioni e maledizioni gitane", mi fecero innervosire finché mi soffermai a guardare un'illustrazione in cui c'era un'uomo con pelle di lupo che veniva ucciso e squaiato da una figura con una tunica nera e lunga.
Sotto vi era un'iscrizione: "La tua maledizione è la mia medicina! Io vivo per il mio sire".
"Questo ero uno studio, in cui i miei antenati studiavano la medicina alternativa"- esclamò Jason toccando il tavolo azionando un meccanismo rumoroso e molto antico.
"Medicina alternativa?"-ripetei guardando un canale rosso ermergere dal tavolo circondandone il perimetro.
"Sì, tipo erbe"-rispose ammicando a dell'erbe ormai polverizzate all'interno di un barattolo rovinato dal tempo posto sulla vetrina-" Cercavano di vedere il futuro nel the'..."
" E nelle ossa?"- chiesi indicando un sacco marrone buttato accanto alla collezione di libri, da dove si poteva scorgere un teschio umano.
"Esatto; usavano ossa vere di persone, se te lo chiedi. Magari appena morte dato che una vecchia leggenda dice che quando qualcuno muore riesce a scorgere un frammento di un futuro alquanto vicino".
" Quindi erano delle wicca?"- chiesi sedendomi una sedia imbottita con del velluto blu che stranamente non era impolverato e nemmeno il tavolo dinnanzi a me non era sporco; sembravano essere stati appena usati.
"Più o meno..."-ridacchiò lui sedendosi a sua volta di fronte a me, posando la mano destra sul canale rosso-" Questo Emy, è un metodo molto efficace per sapere se la persona con cui stai parlando mente".
"Non ti seguo"- ribattei-" Come posso sapere che non menti..".
" Il liquido che vedi all'interno del Canale Blais recepisce se qualcuno dice la verità restando invariato; in caso contrario si colore di blu intenso".
" Non penserai che creda in una cosa così assurda!"- esclamai ridendo.
"Fammi una domanda, una qualsiasi così ti posso far vedere che non ti sto dicendo bugie"- mi spronò Jason, massaggiandosi il mento con la mano libera.
" Da accordo, siamo arrivati sino a qui, tanto vale"- dissi arrendendomi sulla sedia-" Ti chiami Jason Blais?".
"Sì"- rispose lui senza distogliere lo sguardo dalla mia bocca. Il liquido rimase invariato.
"Sei un ottimo atleta?".
" Sì".
"Sei una donna?"-domandai guardando il liquido colorarsi di blu mentre il ragazzo risplendeva un semplice sì seguito da una marea di parolacce e insulti per quello che gli avevo domandato.
"Scusami, volevo vedere se funzionava"-risposi innocentemente nascondendo un sorriso.
"Ok ora che hai le prova che ho ragione, chiedimi quello cosa vuoi sapere".
"D'accordo".
Proprio quando avevo la possibilità di avere una risposta al milione di domande che mi frullavano in testa non riuscivo trovare cosa chiedere.
" Non sei più assieme a Juliette?"- chiesi guardando la sua mano stringere più forte il canale.
"No, Emy. Davvero vuoi parlare di questa cosa ora? Fammi un'altra domanda"- borbottò seccatamente Jason, lisciandosi i capelli all'indietro.
"Tu mi stai nascondendo qualcosa che va aldilà di un semplice litigio antico... Vero o falso?"- domandi tutto d'un fiato.
"Vero".
Il liquido rimase rosso senza colorarsi di un altto colore.
" Tu fai parte di qualche gruppo satanico?"- dissi facendo segno alla miriade di oggetti mistici nella stanza.
"No, direi che non faccio parte di nessun gruppo devoto al demonio, anzi in questa casa siamo molto, molto e ancora molto devoti al papa"- confermò il ragazzo facendo vedere la collana d'oro con una croce che indossava.
"Tu mi hai salvato quando stavo affogando nella vasca?".
Pronunciai la domanda con temore della risposta in se'.
Jason non avrebbe mai potuto salvarmi da un sogno, anche se il pezzo di stoffa nero e la figura raffigurata nel quadro visto poco prima mi suggerivano il contrario.
"Vedi, Emy, io... Aspetta un attimo sta arrivando qualcuno!"-sussurrò Jason alzandosi in piedi e chiudendo il canale Blais premendo lo stesso pulsante con il quale l'aveva azionato.
"Io non sento nessuno..."-cominciai.
Udimmo una voce maschile chiedere
-" Mamma sei tu?".
Non sapevo cosa fare.
Quella camera era una stanza di cui Jason non avrebbe dovuto parlare con nessuno, ed ora qualcuno stava per scoprire che quel segreto di famiglia era stato esteso ad una persona esterna, un membro della famiglia Mann.
Mi nascosi, su ordine di Jason, sotto un lenzuolo nero accatastato vicino ad un scatolone ormai inesistente.
"Stai lì e non fiatare"-ordino' il padroncino di casa nascondendomi la testa con la coperta.
Trovai un foro all'altezza degli occhi grazie al quale potetti vedere chi stava arrivando.
"Jason che cosa ci fai qui?"-chiese Steve osservando il proprio figlio con sguardo tagliente -" Di solito non vuoi mai usare la magia pura per difenderti preferisci usare gli elementi e i sacri oggetti.. Mi sembra piuttosto strano vederti qui e mi era sembrato di sentire delle voci..".
L'uomo comincio' a vagare per la stanza arricciando il naso come se cercasse una traccia come un qualsiasi segugio da caccia.
" Sono da solo, padre"- rispose Jason-"Non trovari nessun aroma che non sia il mio".
" Sento..."- cominciò l'uomo avvicinarndosi al mio nascondiglio-" Sento l'odore di vaniglia della signorina Mann. Lei dov'è ora?".
"L'ho accompagnata in bagno.Sono venuto qui per prendere della lavanda essicata per protezione. Non basterebbe della comune acqua santa contro una creatura così"- disse il ragazzo svitando il barattolo visto poco prima.
Man mano che il signor Blais si avvicinava il mio cuore e il mio respiro acceleravano di più sempre di più, finché mi misi una mano davanti alla bocca per camuffare il rumore.
" Siamo sicuri che non nascondi nessuno?"-richiese il padre fermandosi davanti al lenzuolo annusandolo intensificamente.
"Certo padre"-cominciò Jason indifferente come se non ci fosse nessun problema-"Fidatevi di me... Vi prego mio sire".
Il signor Smith non sembrò nemmeno udire le parole del figlio; per un attimo pensai che mi avesse visto muovere il ginocchio destro, ormai addormentato.
" Ok.. Voglio fidarmi"- liquidò l'uomo Jason che sembrò sollevato da un grande peso -"Comunque non prendermi in giro figliolo.. Mai più!".
Dicendo ciò ci ritrovammo da soli in una stanza che sembro' rimpicciolire per soffocarci.

 

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Capitolo 15
*** Terra & Fuoco. ***


" Forza Emily, dobbiamo muoverci!"- esordì Jason non appena l'eco dei passi del signor Blais si ammutolì lasciandoci con l'ansia di essere stati scoperti.
In un attimo mi ritrovai in piedi con un braccio stretto in vita che spingeva con forza alla parete dietro il tavolo.
"Ascolta bene ora!"- incitò il mio compagno guardandomi dritta negli occhi-" Aprirò un passaggio segreto che ti condurrà ad un labirinto di cunicoli dove è facile perdersi; devi andare dritta fino al primo bivio dove girerai a destra; prosegui e troverai una porta, aprila. Uscirai dallo specchio nel bagno rosa padronale, sicuramente incrocerai mio padre che controllerà la mia versione sul fatto che non c'eri qui. In questa maniera potrò dire di non aver mentito. Hai Capito?".
"Si sì. Vado dritta sino al primo bivio poi destra e c'è il bagno"-ripetei facendo tacere le mille voci chiacchierone nella mia testa mentre rielaboravano la conversazione tra padre e figlio ascoltata due minuti prima.
Non sapevo se avevo capito bene, ma di sicuro parole come magia suprema o oggetti sacri non facevano parte del vocabolario comune di una famiglia normale del Canada.
Per quanto abitudinario sembrava il signorino della Maison Wood sicuramente aveva un segreto più grande da nascondere oltre agli schemi di gioco della squadra di hockey che capitanava.
Jason si avvicinò ad una lampada vecchia ad olio, ormai inutilizzabile, appesa al muro dinnanzi a noi.
Tirò fuori l'accendino e un sacchettino di velluto rosso chiuso che teneva in tasca.
Mi avvicinai per scorgere cosa si nascondeva all'interno del volucro, rimanendo delusa vedendovi solo della banale terra.
"Stai lontana"- ordinò il ragazzo avvicinandosi alla lanterna, con il fuoco su una mano e sull'altra un pizzico di terra-" Fratello fuoco ti ordino di aprire il varco sacro e con l'aiuto di sorella aria di spazzare via ogni nemico dalla strada della famiglia Blais. Io ti chiedo di aprire il passaggio in nome della Dea Terra".
A quelle parole la polvere cominciò a volare quasi magicamente e il fuoco si librò in aria unendosi alla manciata di terra facendo nascere una spirale tra le fiamme formando un occhio con le palpebre chiuse.
Ero letteralmente a bocca aperta non sapevo cosa aspettarmi ed istintivamente mi avvicinai a Jason prendendogli la mano calda, che mi strinse saldamente.
"Non avere paura Emy. Tu sei una delle poche persone che non mi deve temere"- esclamò il ragazzo guardando l'occhio svegliarsi pigramente.
Non appena si aprì completamente il nuovo elemento si guardò distrattamente attorno per poi posarsi su di noi, ammiccare a Jason
prima di finire appoggiato sulla lanterna vecchia.
Al peso della spirale di fuoco e terra la lampada scattò scoprendo un cunicolo sulla parete nuda, illuminato grazie a torce poste su entrambi i lati.
" Non ti preoccupare, ci sarò io ad aspettarti. Ti prometto che ti spiegherò tutto"-sussurrò Jason affondando il suo viso nella mia chioma nera e mossa.
"Da accordo, Blais mi aspetto una lunga chiacchierata su questo"-sbottai indicando con gesto plateale la lampada e la insenatura appena rivelata, mentre mi avventuravo in quel nuovo labirinto di legno e roccia.
***
"Emily te lo ripeto sei un'idiota"-dissi fra me e me-" Guarda in che guaio ti sei cacciata correre su un tunnel freddo e puzzolente dove sicuramente è morto qualcuno. Oddio un topo!"- urlai vedendo il simpatico abitate di quel intreccio di passaggi di vari misure.
C'erano dei momenti in cui la mia altezza era anche troppo giusta altri in cui dovevo accucciarmi per continuare il percorso.
"Spero solo che Jason abbia una valida spiegazione! Voglio sapere tutto anche perché non ho intenzione di finire come sacrificio per un Dio pagano!"-borbottai girando finalmente a destra affacciandomi in una strada completamente scura.
"Bene qui non c'è nemmeno l'illuminazione"- dissi prendendo una torcia accesa dal muro del cunicolo che avevo appena percorso-" Coraggio Emily, a Natale hai chiesto una nuova vita avventurosa: eccola qui".
Passo dopo passo il nuovo collegamento si abbassava di livello fino a quando dovetti gattonare.
"Spero che manchi poco all'arrivo... Non c'è la faccio più"-sospirai proprio nel momento in cui la melodia della colonna sonora di Pretty Woman, film preferito della mia migliore amica, inondò' il tunnel riecheggiando fra le parerti.
"Mi dispiace Mary, ma non posso rispondere ora"- esclamai mettendo il silenzioso sul cellulare che vibrava insistente nella tasca destra-" Finalmente!"- esultai vedendo una porta piccolissima che aprii con cautela ritrovandomi dietro uno grande specchio in un bagno da sogno.
Alzata mi spazzolai velocemente le ginocchia con le mani e mi sistemai la felpa.
La stanza era completamente piastrellata in rosa confetto con dei fiori bianchi arrampicanti sulle colonne portanti, messe in circolo attorno ad una vasca bianca incastonata nel pavimento.
Nel muro dal quale ero uscita vi era un'enorme parete riflettente con delle luci bianche a forma di rose che la circondavano.
"Ok.. Direi che sono nel posto giusto"-pensai avvicinandomi al bellissimo lavandino bianco avorio.
Mi lavai le mani accuratamente due volte con molto sapone, sfregandole energicamente, dopo dato che ero lì decisi di usufruire della toilette.
Prima di abbandonare la stanza mi sistemai i capelli in una comoda coda con l'elastico nero, che avevo sempre con me al polso a modo di braccialetto.
Non avevo ancora finito di prepararmi che qualcuno entrò senza bussare.
"Scusa, Emy non immaginavo che fossi in bagno"-esclamò Steve entrando in bagno con aria mortificata ed una copia del quotidiano in mano-"esco subito così ...".
"Non si preoccupi signor Blais ho finito"-conclusi avvicinandomi alla porta-" Arrivederci, tra un po' me ne vado.. Ci vediamo a scuola".
"Certo. Ci vediamo a scuola signorina Mann"- mi salutò l'insegnante con aria innocente.
Appena fuori dalla stanza mi scontrai con i pettorali possenti di Jason, teso come una corda di volino.
"Allora come stai?"-chiese il ragazzo prendendomi per mano e conducendomi per il lungo corridoio dal quale eravamo saliti.
"Secondo te?"- domandai alzando gli occhi al cielo.
"Sicuramente starai facendo mille ipotesi per spiegarti quello che hai visto questo pomeriggio"- rispose sorridendo.
"Ascolta bene signorino  Blais, non penserai che me ne vada vero?"- sbottai , appena Jason entrato nella biblioteca cominciò a raccogliere i libri e gli appunti per poi metterli ordinatamente dentro il mio zaino.
" Certo che no signorina Mann; pensavo solo che dopo aver studiato come matti, ci meritassimo una merenda come si deve al di fuori di queste quattro mura"- spiego il padroncino di casa proprio nel momento in cui entrava con un vassoio pieno di leccornie il maggiordomo-" Ed, potresti sistemare in frigo i tramezzini e i panini mangerò tutto questa sera come cena perché ora io e la signorina Mann andiamo a mangiare qualcosa fuori".
" Da accordo signorino"- disse l'uomo guardando amareggiato le buone cose che aveva preparato con tanto amore.
Come poteva Jason trattarlo così, quando si vedeva come c'era rimasto male per il fatto che il suo lavoro era stato letteralmente snobbato.
Stronzo di un Blais, pensai, ora gli insegno io l'educazione verso il prossimo specialmente ad una persona più matura anche se è alle tue dipendenze.
"Jason, ma cosa dici guarda quanto ben di Dio"- eruppi guardando gli snack e facendo sorridere il povero Edward.
" Ma Emy, non volevamo mangiare in un posto tranquillo?"... Per parlare di quello che è successo? Aggiunse silenziosamente il bel ragazzo con uno sguardo interrogativo.
"Non mi dire che in questa bellissima casa non c'è un angolino appartato per noi?".
"Bhe signorino c'è la serra nell'ala sud"- s'intromise il buon anziano che mi guardava con occhi pieni di gratitudine-" È caldo lì dato che ci sono dei fiori europei che hanno bisogno di un clima diverso da quello Canadese...".
" Da accordo avete vinto"- concluse Jason prendendo il vassoio-" Voi due siete una bomba assieme"- aggiunse facendomi strada verso la verità.
 
 

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Capitolo 16
*** Margherita ***


L'ala sud di Maison Wood si rivelò staccata dal corpo strutturale della residenza, collegata dal resto del mondo grazie ad un lungo corridoio di vetro, utilizzato come entrata unica in quella campana che accoglieva in se i colori dei fiori del vecchio mondo.
"Mi sembra di essere un criceto da laboratorio con tutti questi passaggi", borbottai, entrando nell'ennesimo tunnel.
"Dai vieni, scommetto che questo posto ti piacerà di più rispetto alla biblioteca", rispose Jason, avanzando con il vassoio in mano con passo veloce davanti a me.
"Non credo!", sbottai sicura.
"Dici?", domandò, per poi aprire il grande portone alla fine della galleria.
" Oh mio Dio", mormorai, alla vista di un arco viola, blu e bianco sopra le nostre teste.
I fiori che lo componevano erano a grappoli e profumavano di un dolce aroma che ti obbligava ad annusarli.
"Quello è glicine", mi spiegò Jason, appoggiando i tramezzini su un tavolo in ferro battuto bianco.
"E' bellissimo", dissi.
Un'ape pigra, attirò la mia attenzione, mentre, svolazzava di bocciolo in bocciolo, finché non cambiò pianta, per posarsi su un'aiuola piena di margherite bianche e di primule colorate.
"Era molto tempo che non entravo qui", commentò il ragazzo, seguendomi verso i fiori in cui stava oziando l'insetto.
"Non so come tu possa non venire spesso ", sfiorai con una mano una primula rossa.
" Queste piante hanno un forte potere, una leggenda dice che se le mangi riesci a vedere una fata o un elemento del mondo segreto della magia",
disse il padroncino della bella dimora, raccogliendo una margherita, " Questo, invece, è simbolo di purezza e semplicità", aggiunse, sistemandola dietro al mio orecchio destro, "Un fiore bello per una perla semplice in mezzo ad una vita di bugie e segreti".
"Bè, direi che siamo qui per questo motivo", aggiunsi, senza interrompere il contatto con quegli occhi bellissimi.
Eravamo veramente vicini.
Avrei potuto contare le lunghe ciglia nera che accarezzavano dolcemente la sua guancia. Si stava avvicinando al mio viso sempre di più. Il suo alito di menta pervase il mio olfatto, mentre istintivamente la mia mano destra era salita, a stringere i suoi capelli per avvicinarlo.
"Perdonami Emy, ... ", sussurrò, prima di appoggiare le sue labbra sulle mie.
Fuoco ed acqua entrarono in collisione dentro me. Un forte sapore di menta e un gusto dolce amaro fecero cantare le mie papille gustative.
Elettricità e furore s' impadronirono del mio corpo; la mia bocca si muoveva, seguendo il profilo della lingua del ragazzo che stavo baciando.
Fin quando, tutto intorno a me sembrò offuscarsi in un secondo come un battito di ali di farfalla; ritrovandomi con un forte mal di testa, sdraiata sul pavimento freddo con Jason accanto a me che mi massaggiava ripetendo, "Stai bene, sei solo scivolata per colpa di una pozza d'acqua".
"Strano non mi ricordo nulla", esclamai cercando di alzarmi delicatamente, "Prima eravamo nello studio che ti scusavi poi mi ritrovo qui in questo posto... Sono le 19.00! Oh mio Dio, non ricordo nulla, come può essere?", urlai, guardando l'orologio al mio polso.
"Emy, non c'è granché da rimembrare. Abbiamo studiato un po' e poi abbiamo pensato di venire qui nella serra per staccare la spina", commentò il ragazzo, sorreggendomi per poi farmi sedere su una sedia bianca davanti ad un tavolo in cui erano scivolati dei sandwich ed un vassoio in argento.
" Ricordo che ti avvicinavi e mi dovevi far vedere una cosa... e poi buio totale"- ripetei cercando di trovare un appiglio dell'ultimo arco di tempo passato con il mio compagno di classe.
Era successo una cosa pressoché impossibile.
Non poteva essere che per colpa di una caduta comune fossi stata privata di una piccola parte della mia vita, nella quale il mio Jason mi chiedeva scusa, mostrandomi un segreto.
"Oh la mia testa", esclamai massaggiandomi le tempie, "E' meglio che chiamo Amelia e che mi faccia portare a casa...".
"Certo, tieni il mio telefono", disse il mio salvatore, passandomi il suo cellulare all'ultimo grido, "Intanto, vado a prendere un po’ di ghiaccio per il meraviglioso bernoccolo che ti è venuto fuori", continuò, accarezzandomi un rigonfiamento sulla parte destra del mio capo.
"Magnifico, mancava un bellissimo ematoma sulla mia testa per rendermi unica", sussurrai, digitando il numero sulla tastiera.
"Emy, tutto bene?", rispose Amelia, dopo un solo squillo.
"Sì, riesci a venire a prendermi?".
"Certamente, ma stai bene? Hai la voce strana".
"Insomma, diciamo che potrei stare meglio", sbottai.
Jason rientrò in serra con un sacchetto di nailon pieno di ghiaccio tritato.
"Brucia, brucia", boccheggiai, quando il freddo andò a placare il pulsare della mia ferita.
"Cos'è che brucia?", urlò dall'altro capo con voce agitata la mia adorata tata.
"Niente, sono solo caduta ed ho preso un colpo in testa... ".
"Cosa? Stai scherzando?", gridò Amelia, "Ti vengo subito a prendere ed andiamo all'ospedale!".
"Forse sarebbe meglio anche perché non ricordo nulla delle ultime ore che ho trascorso qui", spiegai, guardando negli occhi il mio compagno di classe in piedi di fronte a me.
"Addirittura amnesia? Stai scherzando?".
Oramai, l'urgano Amelia era partita in quarta e nessuno poteva più fermarla.
"Dove hai detto di essere?", chiese bruscamente, dopo aver preso fiato dalla lunga ramanzina.
"Siamo al numero 666 di Nw Armr Street", risposi.
"Dieci minuti e sono lì. Spero che il tuo amico Jason abbia un buon avvocato",
riattaccò senza aggiungere un'ulteriore parola.
 
 

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Capitolo 17
*** Virus ***


" Non posso credere che tu abbia potuto essere così sbadata, Emy"- mi rimproverò per la centesima volta Amelia, entrando nel vialetto dell'ospedale.
Si era presentata a Maison Wood in tempo record dopo la chiamata, probabilmente prendendo un paio di multe per eccesso di velocità.
Aveva annientato il campanello della bellissima dimora e quasi divorato il povero Edward quando le aveva detto di aspettare nell'atrio principale.
Non ero nemmeno riuscita a salutare per bene Jason perché l'uragano Amelia mi aveva letteralmente trascinato in macchina.
"Speriamo ci sia il primario"- borbottò parcheggiando al posto dell'ambulanza.
"Non possiamo lasciare qui la macchina!"- dissi scendendo dal mezzo.
"Certo che possiamo! Oggi il tuo cognome ci sarà utile"- affermò Amelia entrando dentro l'ospedale.
"Signora non potete parcheggiare lì"-esclamò indignato un infermiere con i capelli biondi ricci che ci aveva visto arrivare.
" Dopo sposterò l'auto, promesso, ma noi dobbiamo trovare prima un dottore, un neurologo anzi il primario di questo ospedale!"- urlò la mia tata guardandosi attorno per scorgere un medico dal classico camice bianco.
"Si calmi, la prego"- continuò il povero uomo facendoci accomodare al banco di accoglienza dove c'era una donna dai capelli rossi nascosti da una cuffietta bianca in cotone -" Ora Jenny, si occuperà di voi"-concluse l'infermiere lasciandoci alle cure di Miss Sperling, come diceva il cartellino appeso al cardigan rosa di quest'ultima.
" Bene, mi dica pure signora"- chiese gentilmente Jenny.
"Lei, Emily è caduta, battendo la testa e ha perso la memoria"- spiegò Amelia strillando come una gallina, facendo girare tutte le persone presenti nell'ingresso del pronto soccorso.
"Calmati Amelia.. Ti prego"-sussurai tirandole il braccio destro.
Ero veramente imbarazzata per il comportamento della mia accompagnatrice fuori controllo.
" Emy, non posso tranquillizarmi. Hai bisogno di una visita. Senta Jenny"- sibilò ritornando a guardare l'infermiera-" Vede questa ragazza? Questa qui? Sì? Ok, lei è Emily Mann! Ora mi trova il primario?"-sillabò acidamente Amelia facendo saltare sul posto la povera sprovveduta.
"Mi dispiace, ma in questo momento potrebbe anche essere la first lady in persona. Dovete aspettare"- ringhiò a sua volta Jenny.
Mossa stupida, pensai vedendo la faccia di Amelia colorarsi di rosso, viola e blu.
"Lei è un incompetente! Mi chiami un suo superiore o vi facciamo causa per mancato soccorso!"- proclamò puntando il dito verso la rivale.
Miss Sperling stava per ribadire quando si avvicinò un attraente trentenne dai capelli brizzolati con occhi azzurri ed un stetoscopio al collo.
"Cosa succede qui, signore?"-chiese con tono cortese.
"Ecco questa signorina"-cominciò l'infermiera-" Crede di poter dettare legge perché il suo cognome è MANN!".
"Io non ho nemmeno aperto bocca"- sbottai-" Avete fatto tutto voi.. Oh la testa che male"-mi toccai istintivamente il lato destro massaggiandomi il bernoccolo ormai sgonfio.
"Ti gira la testa?"- domandò l'uomo tirando fuori dal taschino della divisa una lampadina che puntò sui miei occhi.
"Un po', ho preso una bella botta "-spiegai guardando la luce manipolata dal medico.
"Le pupille rispondono correttamente. Però è meglio se facciamo una tac e degli esami. Thompsons"- disse chiamando un ragazzo che sistemava delle cartelle sulla scrivania di accettazione-" Prendi una sedia a rotella e accompagna la signorina Mann alla sala di attesa al secondo piano poi dí a Susan di farle una tac probabile ematoma nel lobo destro...".
"Certo dottore White"-annuí l'aiutante sparendo dietro una porta blu.
"Non si preoccupi signorina ci occuperemo noi di lei"- proclamò l'uomo con tono caldo facendomi venire la pelle d'oca.
"La ringrazio Signor White"- risposi sorridendo a mia volta.
***
"Allora vediamo un po' cosa ci racconta la foto della tua testa"- disse la dottoressa Susan, una donna dai toni gentili, ma decisi che andò subito d'accordo con Amelia, guardando la mia tac-"Emily, se non sapessi cosa ti è successo non ci crederei guardando questi raggi. Sei sana come un pesce.".
"Quindi?"-domandai impaziente porgendomi sulla sua scrivania.
Lo studio della signorina McKallister era illuminato da una vetrata che dava sul giardino curato del Halifax Central Hospital, dove i pazienti potevano camminare quando il clima lo permetteva.
La stanza era verde chiaro ed appese c'erano diplomi di corsi e la laurea dietro alla postazione di lavoro dava un tocco di classe e di semplicità all'ufficio.
"Devo consultarmi con il signor White , il nostro neurologo. Secondo me, si tratta di un episodio di TGA, ma non ne sono sicura; solitamente si presenta in maniera differente"- ci spiegò la donna mettendo via i test delle mie analisi.
"Cos'è la TGA? Sembra la marca di un nuovo cosmetico?"- chiese Amelia corrucciando le fronte perplessa.
Ringraziai mentalmente per quella domanda che mi ero appena posto anch'io.
Ero veramente preoccupata per quella situazione, anche se i dottori non aveva trovato nulla sulla mia testa non voleva dire che io stessi bene.
Non dimentichiamo, inoltre, i medici sono umani perciò anche loro possono sbagliare.
"La GTA è amnesia transitoria globale. Si presenta sotto uno stress forte emotivo nel quale l'individuo non è più in grado di memorizzare delle nuove informazioni e si affianca alla perdita di eventi degli ultimi giorni, mesi, settimane o in questo caso potrebbero essere ore. Una cosa strana c'è però"- sentenziò la donna mostrandoci un grafico con una linea blu in salita ed una retta rossa.
"Cosa sono queste linee?"- domandai seguendo la riga scura con il dito.
"Quella è la presenza di globuli bianchi in una persona normale"- illustrò la donna indicando la linea rossa-"questa invece è quella che abbiamo riscontrata nel tuo sangue. Emily, il tuo corpo ne sta producendo mille volte di più rispetto ad un individuo comune; sembrano che stiano per combattere un virus pronto ad esplodere".
"Un v-virus?"- balbettò Amelia accavallando la gamba destra-" La mia ragazza è sana, l'ha detto pure lei Susan".
"Certo, certo nella signorina Mann tutto funziona correttamente nel suo corpo..solo che mi ha incuriosito questo cambiamento"- puntualizzo' Miss McKallister con tono pacato-"Comunque sia, credo che lei dovrebbe stare qui fino a martedì, quindi fino a dopo domani per essere sicuri che tutto vada bene. Cosa ne dici Emily?".
" Se voi pensate sia utile, io starò qui per ulteriori esami"-dichiarai alzandomi dalla sedia in pelle nera.
"Benissimo sono contenta che tu abbia deciso di restare!"- sentenziò la dottoressa alzandosi a sua volta e facendoci strada verso il corridoio.
Andammo al primo piano dove al bancone d'accoglienza dove mi fu assegnato l'alloggio per i prossimi due giorni.
La camera che fu scelta era la numero centottanta nel reparto di neurologia. Fortunatamente, non la dividevo con nessuno, avevo anche un televisore a tubo catodico grazie al quale avrei potuto passare qualche ora in compagnia.
"Finalmente, Vi ho trovato!"- esclamò mia madre entrando con uno zaino rosa-" Scusami tesoro"- continuò baciandomi la fronte-" Ero dallo zio Alan, ho fatto il prima possibile".
"Non ti preoccupare mamma, sto bene"- dissi alzandomi dal letto-" Per caso hai portato la mia tuta nera?".
"La prendo io"- dissi Amelia trovando qualcosa per essere indaffarata ed avere qualcosa a cui pensare.
"Grazie Amelia, dopo puoi andare"- esclamò mia madre sedendosi sul bordo del mio letto.
"Altri due minuti poi i visitatori se ne devono andare"- proclamò un infermiere calvo dal naso lungo, sporgendosi sull'uscio.
" Mi scusi, ma sono appena arrivata e mia figlia non ha nemmeno sedici anni; vorrei passare la notte accanto a lei"- esclamò mia madre asciutta.
Era entrata nelle vesti della temibile Anna Potter, la quale fra le righe faceva capire benissimo quello che voleva venisse fatto e non conveniva controbatterla o ignorarla.
"Mi dispiace, Miss Mann non può rimanere qui oggi. Il nostro neurologo vuole che sua figlia riesca a riposare ed è meglio che resti sola. Comunque non si preoccupi ci prenderemo cura noi di lei".
"Mamma sto bene. Vai pure"-la rassicurai prendendo il paio di pantaloni neri che usavo come pigiama-" Ci vediamo domani".
"D'accordo bambina mia"- si avvicinò e mi abbraccio forte dandomi un altro bacio sulla guancia-"Buonanotte. Ti voglio bene"-poi si girò a guardare con aria omicida l'infermiere-" Se non viene trattata adeguatamente io volo a New York ingaggio Mike Pitters, chiamato comunemente tra gli avvocati bulldog per la sua famosa diplomazia e vi faccio chiudere baracca e burattini! Sono stata abbastanza chiara?".
"Ccerto.. Miss... Signora.. Mann"- balbettò l'uomo per poi dileguarsi in corridoio.
" Ora vado anch'io Emy"-annunciò Amelia cercando una cosa nella sua borsa-" Ecco qui. Tieni"- disse porgendomi un sacchettino di carta marrone.
"Cos'è? Un regalo?"- chiesi aprendolo.
"Diciamo un prestito".
"È bellissimo"- esclamai quando vidi un piccolo anello in legno agghindato con delle minuscole piume fucsia e dei fiori secchi di lavanda-" È un prendi sogni?".
"Sì, esatto. L'ho preso per mia figlia: Camille. Deve andare fuori da New York per la scuola e questo le permetterà di dormire tranquilla"- mi spiego' la donna sistemandolo sul comodino accanto al telefono bianco-" Ora riposati".
"Grazie Amelia"- dissi coricandomi nel letto.
"Prego bimba mia. Dormi pure che hanno detto niente cena questa sera, ma domani avrai una colazione abbondante. Buonanotte Emy"- mi salutò Amelia lanciandomi un bacio per poi chiudere la porta.
"Buonanotte Amelia"-risposi alla stanza oramai vuota.

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Capitolo 18
*** Prescelta ***


Madre adoratissima noi ti invochiamo,
Benedisce noi che ti amiamo,
Accogli in te questa preghiera,
E lasciaci un presagio,
Ad un tuo passaggio.
La nostra regina abbiamo trovato,
Non molto tardi l'equilibrio sarà ridato.
Indossiamo il rosso color del sangue benedetto,
perché questo non è più
maledetto.

Mi alzo, indosso una tunica porpora e i capelli sciolti animati dal vento si muovono liberi nell'aria.
Mi trovo in mezzo ad un cerchio creato da delle donne vestite con lunghi abiti della stessa tonalità del mio.
Accanto a me vi è una bambolina di pezza con dei capelli neri attorcigliati, troppo familiari, attorno al corpo.
Cercai di alzarmi, ma non appena ci provai la litania cantata dalle sacerdotesse si intensificò facendomi cadere a terra svariate volte, lasciandomi senza forza.
"È il momento"- processo' l' anziana che non molto prima mi era appersa in sogno nel medesimo posto in cui mi trovavo-" La sacra lupa è pronta a entrare in lei".
Il canto delle donne sì ammutoli e tutte alzarono le braccia verso il cielo, ognuna teneva in mano o un frutto, o un mazzo di fiori, o una pietra colorata bianca, o una bambolina di pezza come quella vicino a me.
Non appena le voci si spensero, provai a rialzarmi, questa volta riuscendo a non far cedere le gambe e chiesi-" Dove sono? Cosa sta succedendo?".
Nessuna risposta; sembravano tutte in trans.
Tenevano gli occhi chiusi e le palpebre vibravano come la maga Artemis quando aveva provato a guardare il mio futuro.
"Ho chiesto cosa sta succedendo?"- urlai avvicinandomi ad una figura bassa scuotendone il vestito.
"Lascia stare tua sorella Isabella"-intimo' l'anziana sopra una radice del salice bianco che le permetteva di regnare sopra a quella scena-" È in un posto nel quale non ti può sentire e ne vedere".
"Cosa ci faccio di nuovo qui? E perché sono in mezzo a questa gente?"- chiesi indicando le donne attorno a me.
" Sei qui Emily perché sei pronta a ricevere il più grande dono che la dea Luna possa fare ad una gitana: la sua figlia prediletta sarai tu. L'unica ad essere in grado di commandare tutti i quattro grandi fratelli terreni; grazie a te l'antica faida verrà a meno e la nostra specie potrà vivere in pace".
Ero letteralmente scioccata dalle parole della vecchia anche perché non c'era nessuna logica nelle sue parole.
"Ti sbagli"-sbottai scuotendo la testa-" Io sono Emily Mann e non so chi siano questi "quattro fratelli terreni"-continuai mimando delle virgolette-" Avete sbagliato persona!".
" Tu credi?"- chiese la sacerdotessa sorridendo e girandosi a guardare le acque calme del lago dove si stava rispecchiando solenne la Luna.
Rimasi ipnotizzata un paio di secondi a guardarne il riflesso, restando abbagliata dalla sua bellezza.
Senza rendermi conto delle mie azioni mi spogliai dalla mia veste, entrando in quella pozza d'acqua e nuotai fino al punto nel quale si colorava di bianco pallido.
Le donne aprirono gli occhi mentre un fascio di luce mi investiva.
"Figliola finalmente sei arrivata da me"- disse una voce gentile-" Sono tua madre ,colei che ha sempre avuto per se la tua anima, bambina".
"Non ti vedo"- sussurai, cercandola attorno con lo sguardo.
"Chiudi gli occhi e poi riaprili"- suggerii la voce.
Feci come mi fu richiesto e quando li riaprii vidi una luce forte accecante squarcire il cielo buio ed accanto a me si materializzò una signora dai capelli lunghi biondo chiaro quasi bianchi, con un vestito argento che si alzava per colpa dell'acqua che ci circondava.
"Siete bellissima"- borbottai avvicinandomi alla nuova arrivata.
Non mi importava che fossi nuda, non importava che io non la conoscessi, sapevo solo che dovevo andare da lei. Avevo già udito la sua dolce voce, sapevo che lei era mia amica.
Appena la raggiunsi mi guardò e disse spostandomi un capello dietro l'orecchio-"Sei uguale a tua nonna. Stessi lineamenti e stesso carattere".
"Mi scusi, ma lei chi è?"- domandai osservandola da più vicino.
Aveva la pelle pallida e un tatuaggio le correva sul braccio nascondesi poi sotto le maniche ampie del vestito.
"Io sono la Luna. Dea del cielo notturno e dei Lupi"- affermò facendo cenno ai nobili animali che stavano uscendo dalla foresta.
" Strano non c'è Regina"- commentai non vedendo la bellissima Lupa Bianca ai margini del lago.
"Regina ha trovato quello che cercava, la prescelta dal segno puro è arrivata"- dichiarò la Luna indicandomi.
"Io la prescelta?"- chiesi puntando il dito verso il mio petto.
"Cara, Emily il tempo è giunto sei pronta al tuo destino"- professo' la donna spingendomi verso le acque profonde del lago.

"Aiuto affogo!"- urlai svegliendomi, cercando di liberarmi dalle lenzuola bagnate-" Anche questa volta non era un sogno!".
"Sicura di essere sveglia?"- chiese una figura scura seduta sulla sedia accanto alla finestra.

 

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Capitolo 19
*** Crisalide ***


Senza aspettare un attimo, mi gettai con fatica verso la lampada sul comodino alla destra del letto.
Purtroppo, le coperte mi avvolgevano il corpo stretto come in un bozzo che si trasformava in crisalide per poi rinascere in una magnifica farfalla, rendendo impossibile ogni movimento.
La figura in ombra si alzò avvicinandosi a me.
Ero in panico.
Non potevo muovermi e l' insurreale situazione mi aveva seccato la gola e spento la voce.
Con un gesto deciso del braccio sinistro lo sconosciuto mi libero' dall' aggroviglio di lenzuole, permettendomi di sedermi sul letto con una gamba a penzaloni in direzione della porta, pronta, se fosse stato necessario, alla fuga.
"Non ti preoccupare, non voglio farti del male"-esclamò l'uomo sedendosi al suo posto.
"Chi sei tu?"-chiesi cerando di scorgere un segno sulla persona a me davanti che poteva aiutarmi a capire l'identità di quell'ombra incappucciata.
"Ti basti sapere, per ora che sono tuo amico. È irreale, dovrei esserti nemico, ma tu Emily non sei un pericolo per me e la mia famiglia, anzi potresti risanare un'antica faida".
Un'antica faida, pensai tra me ricordando le parole dette dalla Luna nel sogno.
"Ascolta"- cominciai-"Io non sono nemica di nessuno, forse si di una ragazza super cafona, ma non credo che lei mi odia tanto da poter inscenare tutto questo!".
"Qui non c'entra nulla una stupida antipatia adolescenziale, qui sta cambiando tutto. Guarda tu stessa"- disse il visitatore invitandomi a guardare fuori dalla finestra.
Mi alzai, tutti i cinque sensi all'attenti, pronti ad essermi di aiuto.
Appoggiai un piede a terra e con cautela, lasciando delle impronte bagnate sul pavimento, andai a vedere a cosa si riferiva.
Sbirciai tra le persiani, spostando due setole con il pollice e l'indice.
"Bhe è notte"-ribattei davanti al buio.
"Sì, ma mia cara sono le 10:00 di mattina. Qui in questo pezzo di terra è normale che in inverno la notte ci sia sempre".
"Non ti seguo"-rivolgendogli uno sguardo accigliato.
Pensai a come dovevo appararigli.
Completamente zuppa dalla testa ai piedi con addosso un pigiama verde e i pantaloni della tuta neri, i capelli incollati al mio viso e l'espressione più impaurita che avesse mai visto in una persona.
"Non ti preoccupare non sono qui per giudicare"- commento' rispondendo alla mia riflessione muta.
Cazzo come ha fatto, rimuginai.
Forse ero veramente trasparente come mi aveva fatto notare il mio Jason.
Solo pensare al suo nome mi diede più coraggio e una scarica di adrenalina portandomi a fare la domanda fatidica-" Chi sei tu? E cosa vuoi da me?".
L'uomo non degno' di una minima attenzione alla mia domanda-" La luna sta prendendo il posto del sole troppo presto, la profezia sta per avverarsi. Speriamo solo che tu sei pronta. Emily, ti conviene chiedere alla tua famiglia qualcosa in più sulle origini della tua parte rumena/tedesca".
Rimasi impalata lì mentre la figura si avvicinava al mio viso per sussurarmi all'orecchio-" Ci vediamo prestissimo, dolce Emily".
Scorsi un luccichio rosso sotto il capuccio mentre con una manciata di terra e un soffio l'uomo fece nascere un piccolo tornado.
"Non dimenticare, la verità è nel tuo sangue"- esclamò la figura per poi andare all'interno del mini tornado sparendo dopo una manciata di secondi'; lasciandomi senza parole e circondata da un disordine esterno ed interno.

***
"Qui c'è qualcuno che non vuole alzarsi proprio!"-esclamò una donna aprendo le persiane.
Aspettai di vedere un raggio di sole entrare nella stanza.
Non sentendo il calore sulla parte del corpo scoperta decisi di aprire gli occhi vedendo una signora di mezz'eta' con un vassoio pieno di merendine e bibite.
"Ecco qua principessa"- disse sistemandomi quel ben di Dio sul tavolino ai piedi del letto.
"Grazie, signora"-ribattei alzandomi per mettermi a sedere.
Dovetti battere due volte gli occhi.
La stanza stranemente era in ordine e le coperte asciutte. Non c'era segno dell'episodio della notte che aveva creato caos nella mia mente e nella mia vita.
Ero sicura di essermi sognata tutto anche perché non ricordavo come ero tornata a letto e nemmeno di aver sistemato la stanza dopo il passaggio del mini ciclone e aver asciugato il pavimento e cambiato le lenzuole.
Dedussi che quella notte a causa della fame gli incubi erano sembrati così veri da agitarmi sino a convincermi che fossero reali, ma non era così.
Rilassata presi la colazione e cominciai ad imburrare un pezzo di pane tostato, accesi la televisione e mi misi a guardare un film classico anche se vecchio, conosciuto da tutti i bambini: Lassie.
Stavo assaporando quel momento di tranquillità quando qualcuno bussò alla porta.
"Avanti"- incitai pulendomi la bocca con il dorso della mano.
"Ehi ciao bellezza!"- salutò Mary sedendosi accanto a me con la sua cartella rossa in grembo-" Come andiamo?".
"Come andiamo?"- sbottai-" Sono qui in questo stupido letto dove posso solo dormire, mangiare merendine e dormire. Sarò un bradipo per i prossimi due giorni! Secondo te come va?".
" Innanzitutto, dovresti dire grazie Mary per essermi venuta a trovare"-iniziò la mia amica aprendo lo zaino-"... E grazie per aver portato l'album da disegno che amo con tutti i miei colori"- tubo' tirando fuori un pacco di fogli raccolti da una pinza grande nera.
"Grazie Mary ti amo"-urlai buttandole le braccia al collo.
" Lo so', nessuno può resistermi"- disse alzandosi in piedi per poi fare una mini sfilata e mettersi in posa holliwoodiana con una gamba piegata all'indietro e le labbra in posizione imbronciata.
" Quindi hai chiesto a Mike di uscire insieme?"-chiesi sorridendole.
"Penso che glielo chiederò. Soprattutto, perché la mia pazza migliore amica ha accettato il mio consiglio di uscire con il superfigo della nostra scuola e come minimo devo ascoltarla,... Almeno per una volta"-sottolineò alzando gli occhi al cielo.
"Immagino che Amelia ti abbia spifferato tutto"-commentai massaggiandomi la testa.
Volevo molto bene alla mia tata, ma quando si trattava di un mio segreto o una cosa mia personale si sentiva in dovere di avvisare Marina, la quale doveva sempre essere pronta ad offrirmi una spalla su cui piangere.
"Ebbene sì"-spiegò la mia amica lisciandosi i capelli, già perfettamente dritti, com le mani-"Ho suonato il campanello perché non ti sei presentata alla fermata senza mandare un messaggio e senza telefonare quindi mi sono preoccupata; mi ha aperto Amelia spiegandomi perché non venivi a scuola dandomi i disegni e dei muffin al ciccolato"- aggiunse sospirando.
"Al cioccolato!?!"- esultai guardando dentro alla sua cartella-" Te li sei mangiati tutti?".
"Scusa Emy, ho provato, ma mi hanno costretto a mangiarli erano così morbidi e cioccolatosi, impossibile resistergli!"-spiegò sommossamente Mary.
"Non ti preoccupare, sopravviverò, ma in cambio fin quando non mi dimettono dovrai venire qui minimo due volte al giorno!"- puntualizzai.
"Da accordo!"- ribatte' la mia amica porgendomi il mignolo per stringere una promessa che nemmeno la morte avrebbe potuto infrangere-"Ora però devo scappare"- aggiunse guardando l'ora sul cellulare-" Alla prima ora abbiamo storia e sai come s'incazza la signora Cheese se non arrivi in orario."
"Anche tu con quel ridicolo nomignolo?"- borbottai pensando alla nostra insegnante a cui era stato dato questo nome a causa del suo scarso igiene personale che la faceva puzzare di formaggio scaduto.
"Dai Emy, era una battuta! Comunque se la merita l'altro giorno di e' avvicinata al mio banco e mi ha quasi steso al tappeto con il suo dolce alito da groviera!"- spiegò Mary alzandosi dal letto e sistemandosi l'enorme cappotto blu.
"Il sole ci ha salutato vero?"-chiesi ammicando alla finestra buia.
"Già, ma non capisco. Tutti i meteorologi avevano detto che ci voleva più di una settimana anche perché il sole calava ancora alle 16:00, invece, eccoci qui. Alle 7:30 ed è tutto scuro nemmeno uno spiraglio di luce, un'ombra dell'alba, nulla. Danno la colpa all'inquinamento globale persino allo scioglimento dei ghiacciai e chi dice che siano gli alieni"-ridette la mia amica.
"E.T. magari non riusciva ad andarsene con tutta quella luce, sarebbe stato visto"- scherzai alzandomi in piedi per abbracciarla.
La salutai strappandole un'ultima promessa: venire alla sera con il suo pc per vedere Titanic ed il nostro amato Di Caprio.
Appena rimasi da sola andai a vedere il magnifico panorama che potevo godere dalla mia camera.
Ora il mondo sembrava un altro con colori tetri e con la neve che cadeva fitta senza fare rumore coprendo tutto ciò che ci circondava.
Stavo osservando Mary salire sulla macchina di sua madre, quando sotto i piedi nudi sentii un piccolo oggetto pungermi.
Mi abbassai per vedere un brillantino rosso abbandonato sul pavimento freddo.

***

La mia mano volava sul foglio bianco mentre il gessetto delineava il contorno della masciella larga.
<<" Mr Crubs dice che io sono un ragazzino!"
"Cosa? Dire che tu sei un ragazzino è come dire che io sono un ragazzino!"
"Ecco il suo speciale menù, Signore"
" Ci doveva essere un regalo!.. Grazie">>
Quale migliore compagnia della spugna più simpatica del mondo e del suo amico Patrick Stella per passare una splendida giornata di buio in ospedale.
Sollevai gli occhi in tempo per vedere la scena in cui re Nettuno acceccava i suddetti per via della sua calvizia che ti obbligava a ridere.
Mi ricomposi subito continuando la mia opera.
Due grandi occhi grigi azzurri mi guardavano mentre venivano incorniciati da folti ciglie.
Ero molto soddisfatta del mio capolavoro, avevo catturato la bellezza di Jason in un foglio banale rendendolo unico per me.
Solitamente non dipingevo mai le mie bozze, preferivo lasciarle in bianco e nero giocando con le ombre, ma quella volta avevo fatto l'eccezione donando un pizzico di colore allo sguardo del bellissimo signorino Blais.
Sfogliai il resto dei disegni: un ritratto di mio padre, Amelia mentre cucinava, Oceane e Mike, Mary con i suoi meravigliosi capelli rossi ed infine quello che ultimamente guardavo spesso.
Il perfetto profilo di James andava a congiungersi al profilo altrettanto perfetto di Jason.
Entrambi quei due ragazzi erano entrati per caso nella mia vita, donandole quel sapore in più rendendola unica e irripetibile.
Da una parte un tipo tenebroso con un fare abbastanza arrogante e menefreghista, amante delle moto e delle donne.
Dall'altra parte un ragazzo che voleva apparire il contrario di quello che era in realta'.
Uno ero l'opposto dell'altro ad un primo impatto, ma se osservati meglio da vicino ci si sarebbe accorti di quanto due persone diverse possino essere uguali.
"Sì può?"- chiese un voce maschile bussando lievemente la porta.
"Certo entra pure"- risposi a Jason cercando di nascondere i fogli alla sua vista.
"Cosa sono quelli?"- disse prendendo l'unica sedia nella stanza e sistemandola accanto ai piedi del letto.
"Nulla, solo schizzi".
"Davvero? È perché arrossiresti in quel modo se solo fossero solo dei scarabocchi?"- domandò accarezzandosi la barba rossa.
Rimasi attonita a guardarlo.
L'ho già detto troppe volte, ma lui era veramente bello.
Faceva parte di quella gente che anche con una maglietta vecchia e logora sarebbe apparso perfetto in qualsiasi situazione.
"Emy, hai sentito quello che ti ho appena detto?".
"Sì, no, cioè... Scusami ero assorta nei miei pensieri"- esclamai scostando il solito ciuffo ribelle che mi ricadeva sempre davanti gli occhi.
"Niente paura"-sorrise continuando ad accarezzarsi il mento-" Ti ho chiesto solo scusa".
"Non ti preoccupare sono cose che capitano. Sono cose rare che possono capitare a chiunque, ma per me non sono così nuove"-lo rassicurai ripensando a tutte le cadute che la mia povera testa aveva sopportato durante i miei quindici anni di vita.
"Hahaha ok"- ribatte' ridendo-" Siamo fortunati ... allora che sei unica"-aggiunse tenebroso.
Le parole dette dal bellssimo signorino Blais fecero l'effetto che lui aveva previsto.
Mi sciolsi completamente.
Un calore dolce e delicato si propagando' all'interno del mio corpo partendo dal centro del petto, facendo volare le farfalle addormentate nello stomaco.
Sapevo di piacere al mio compagno di classe l'avevo intuito quando aveva accennato al fatto di vedermi in biancheria intima o quando mi aveva messo in guardia dal perfetto James; senza dimenticare la figura davanti a suo padre. Ci avrei messo un bel po' prima di non arrossire più davanti al mio docente di ginnastica.
Inoltre, avevo la strana sensazione che durante il pomeriggio trascorso a Maison Wood fosse accaduto qualcosa che servì per avvicinarci in maniera invisibile, ma salda.
"Unica?"- chiesi puntandomi l'indice contro-" Ho la testa dura ecco".
Jason si alzò e mi diede un pacchettino rosso con una fiocca blu-"Questo l'hai lasciato a casa e mia nonna è impazzita quando l'ha visto in biblioteca sul tavolo. È il libro che ti ha regalato lei"-spiegò tranquillo.
"Grazie..."- risposi abbracciando L'isola del tesoro.
"Mia madre vorrebbe invitarti a cena"- mormorò abbassando gli occhi sulle scarpe verdi speranza-" Per chiederti scusa per tutto.."
"Accetto!"- proclamai mettendomi con busto retto appoggiando sui ginocchi per essere più o meno alla sua altezza.
"Davvero?"
"Sì davvero"- esclamai allargando il mio sorriso come stava facendo lui.
"Perfetto!"- sbottò facendo schioccare la lingua al palato-" allora ci sentiamo Emy"- disse dandomi un abbraccio impacciato.
Fui in paradiso in quei pochi secondi che entrai in contatto con lui.
La sua pelle era calda e profumava di menta e di dopobarba da uomo.
Era un profumo incredibilmente che sapeva di forza e coraggio. Gli diedi un buffetto sulla guancia.
Rimase un secondo in silenzio e timidamente mi invitò a fargli sapere quando sarei stata disponibile.
"Grazie Jason!"- salutai facendolo girare un'ultima volta permettendomi di vedere un solo riflesso rosso al lobo sinistro.

 

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Capitolo 20
*** Crisalide ***


Senza aspettare un attimo, mi gettai con fatica verso la lampada sul comodino alla destra del letto.
Purtroppo, le coperte mi avvolgevano il corpo stretto come in un bozzo che si trasformava in crisalide per poi rinascere in una magnifica farfalla, rendendo impossibile ogni movimento.
La figura in ombra si alzò avvicinandosi a me.
Ero in panico.
Non potevo muovermi e l' insurreale situazione mi aveva seccato la gola e spento la voce.
Con un gesto deciso del braccio sinistro lo sconosciuto mi libero' dall' aggroviglio di lenzuole, permettendomi di sedermi sul letto con una gamba a penzaloni in direzione della porta, pronta, se fosse stato necessario, alla fuga.
"Non ti preoccupare, non voglio farti del male"-esclamò l'uomo sedendosi al suo posto.
"Chi sei tu?"-chiesi cerando di scorgere un segno sulla persona a me davanti che poteva aiutarmi a capire l'identità di quell'ombra incappucciata.
"Ti basti sapere, per ora che sono tuo amico. È irreale, dovrei esserti nemico, ma tu Emily non sei un pericolo per me e la mia famiglia, anzi potresti risanare un'antica faida".
Un'antica faida, pensai tra me ricordando le parole dette dalla Luna nel sogno.
"Ascolta"- cominciai-"Io non sono nemica di nessuno, forse si di una ragazza super cafona, ma non credo che lei mi odia tanto da poter inscenare tutto questo!".
"Qui non c'entra nulla una stupida antipatia adolescenziale, qui sta cambiando tutto. Guarda tu stessa"- disse il visitatore invitandomi a guardare fuori dalla finestra.
Mi alzai, tutti i cinque sensi all'attenti, pronti ad essermi di aiuto.
Appoggiai un piede a terra e con cautela, lasciando delle impronte bagnate sul pavimento, andai a vedere a cosa si riferiva.
Sbirciai tra le persiani, spostando due setole con il pollice e l'indice.
"Bhe è notte"-ribattei davanti al buio.
"Sì, ma mia cara sono le 10:00 di mattina. Qui in questo pezzo di terra è normale che in inverno la notte ci sia sempre".
"Non ti seguo"-rivolgendogli uno sguardo accigliato.
Pensai a come dovevo appararigli.
Completamente zuppa dalla testa ai piedi con addosso un pigiama verde e i pantaloni della tuta neri, i capelli incollati al mio viso e l'espressione più impaurita che avesse mai visto in una persona.
"Non ti preoccupare non sono qui per giudicare"- commento' rispondendo alla mia riflessione muta.
Cazzo come ha fatto, rimuginai.
Forse ero veramente trasparente come mi aveva fatto notare il mio Jason.
Solo pensare al suo nome mi diede più coraggio e una scarica di adrenalina portandomi a fare la domanda fatidica-" Chi sei tu? E cosa vuoi da me?".
L'uomo non degno' di una minima attenzione alla mia domanda-" La luna sta prendendo il posto del sole troppo presto, la profezia sta per avverarsi. Speriamo solo che tu sei pronta. Emily, ti conviene chiedere alla tua famiglia qualcosa in più sulle origini della tua parte rumena/tedesca".
Rimasi impalata lì mentre la figura si avvicinava al mio viso per sussurarmi all'orecchio-" Ci vediamo prestissimo, dolce Emily".
Scorsi un luccichio rosso sotto il capuccio mentre con una manciata di terra e un soffio l'uomo fece nascere un piccolo tornado.
"Non dimenticare, la verità è nel tuo sangue"- esclamò la figura per poi andare all'interno del mini tornado sparendo dopo una manciata di secondi'; lasciandomi senza parole e circondata da un disordine esterno ed interno.

***
"Qui c'è qualcuno che non vuole alzarsi proprio!"-esclamò una donna aprendo le persiane.
Aspettai di vedere un raggio di sole entrare nella stanza.
Non sentendo il calore sulla parte del corpo scoperta decisi di aprire gli occhi vedendo una signora di mezz'eta' con un vassoio pieno di merendine e bibite.
"Ecco qua principessa"- disse sistemandomi quel ben di Dio sul tavolino ai piedi del letto.
"Grazie, signora"-ribattei alzandomi per mettermi a sedere.
Dovetti battere due volte gli occhi.
La stanza stranemente era in ordine e le coperte asciutte. Non c'era segno dell'episodio della notte che aveva creato caos nella mia mente e nella mia vita.
Ero sicura di essermi sognata tutto anche perché non ricordavo come ero tornata a letto e nemmeno di aver sistemato la stanza dopo il passaggio del mini ciclone e aver asciugato il pavimento e cambiato le lenzuole.
Dedussi che quella notte a causa della fame gli incubi erano sembrati così veri da agitarmi sino a convincermi che fossero reali, ma non era così.
Rilassata presi la colazione e cominciai ad imburrare un pezzo di pane tostato, accesi la televisione e mi misi a guardare un film classico anche se vecchio, conosciuto da tutti i bambini: Lassie.
Stavo assaporando quel momento di tranquillità quando qualcuno bussò alla porta.
"Avanti"- incitai pulendomi la bocca con il dorso della mano.
"Ehi ciao bellezza!"- salutò Mary sedendosi accanto a me con la sua cartella rossa in grembo-" Come andiamo?".
"Come andiamo?"- sbottai-" Sono qui in questo stupido letto dove posso solo dormire, mangiare merendine e dormire. Sarò un bradipo per i prossimi due giorni! Secondo te come va?".
" Innanzitutto, dovresti dire grazie Mary per essermi venuta a trovare"-iniziò la mia amica aprendo lo zaino-"... E grazie per aver portato l'album da disegno che amo con tutti i miei colori"- tubo' tirando fuori un pacco di fogli raccolti da una pinza grande nera.
"Grazie Mary ti amo"-urlai buttandole le braccia al collo.
" Lo so', nessuno può resistermi"- disse alzandosi in piedi per poi fare una mini sfilata e mettersi in posa holliwoodiana con una gamba piegata all'indietro e le labbra in posizione imbronciata.
" Quindi hai chiesto a Mike di uscire insieme?"-chiesi sorridendole.
"Penso che glielo chiederò. Soprattutto, perché la mia pazza migliore amica ha accettato il mio consiglio di uscire con il superfigo della nostra scuola e come minimo devo ascoltarla,... Almeno per una volta"-sottolineò alzando gli occhi al cielo.
"Immagino che Amelia ti abbia spifferato tutto"-commentai massaggiandomi la testa.
Volevo molto bene alla mia tata, ma quando si trattava di un mio segreto o una cosa mia personale si sentiva in dovere di avvisare Marina, la quale doveva sempre essere pronta ad offrirmi una spalla su cui piangere.
"Ebbene sì"-spiegò la mia amica lisciandosi i capelli, già perfettamente dritti, com le mani-"Ho suonato il campanello perché non ti sei presentata alla fermata senza mandare un messaggio e senza telefonare quindi mi sono preoccupata; mi ha aperto Amelia spiegandomi perché non venivi a scuola dandomi i disegni e dei muffin al ciccolato"- aggiunse sospirando.
"Al cioccolato!?!"- esultai guardando dentro alla sua cartella-" Te li sei mangiati tutti?".
"Scusa Emy, ho provato, ma mi hanno costretto a mangiarli erano così morbidi e cioccolatosi, impossibile resistergli!"-spiegò sommossamente Mary.
"Non ti preoccupare, sopravviverò, ma in cambio fin quando non mi dimettono dovrai venire qui minimo due volte al giorno!"- puntualizzai.
"Da accordo!"- ribatte' la mia amica porgendomi il mignolo per stringere una promessa che nemmeno la morte avrebbe potuto infrangere-"Ora però devo scappare"- aggiunse guardando l'ora sul cellulare-" Alla prima ora abbiamo storia e sai come s'incazza la signora Cheese se non arrivi in orario."
"Anche tu con quel ridicolo nomignolo?"- borbottai pensando alla nostra insegnante a cui era stato dato questo nome a causa del suo scarso igiene personale che la faceva puzzare di formaggio scaduto.
"Dai Emy, era una battuta! Comunque se la merita l'altro giorno di e' avvicinata al mio banco e mi ha quasi steso al tappeto con il suo dolce alito da groviera!"- spiegò Mary alzandosi dal letto e sistemandosi l'enorme cappotto blu.
"Il sole ci ha salutato vero?"-chiesi ammicando alla finestra buia.
"Già, ma non capisco. Tutti i meteorologi avevano detto che ci voleva più di una settimana anche perché il sole calava ancora alle 16:00, invece, eccoci qui. Alle 7:30 ed è tutto scuro nemmeno uno spiraglio di luce, un'ombra dell'alba, nulla. Danno la colpa all'inquinamento globale persino allo scioglimento dei ghiacciai e chi dice che siano gli alieni"-ridette la mia amica.
"E.T. magari non riusciva ad andarsene con tutta quella luce, sarebbe stato visto"- scherzai alzandomi in piedi per abbracciarla.
La salutai strappandole un'ultima promessa: venire alla sera con il suo pc per vedere Titanic ed il nostro amato Di Caprio.
Appena rimasi da sola andai a vedere il magnifico panorama che potevo godere dalla mia camera.
Ora il mondo sembrava un altro con colori tetri e con la neve che cadeva fitta senza fare rumore coprendo tutto ciò che ci circondava.
Stavo osservando Mary salire sulla macchina di sua madre, quando sotto i piedi nudi sentii un piccolo oggetto pungermi.
Mi abbassai per vedere un brillantino rosso abbandonato sul pavimento freddo.

***

La mia mano volava sul foglio bianco mentre il gessetto delineava il contorno della masciella larga.
<<" Mr Crubs dice che io sono un ragazzino!"
"Cosa? Dire che tu sei un ragazzino è come dire che io sono un ragazzino!"
"Ecco il suo speciale menù, Signore"
" Ci doveva essere un regalo!.. Grazie">>
Quale migliore compagnia della spugna più simpatica del mondo e del suo amico Patrick Stella per passare una splendida giornata di buio in ospedale.
Sollevai gli occhi in tempo per vedere la scena in cui re Nettuno acceccava i suddetti per via della sua calvizia che ti obbligava a ridere.
Mi ricomposi subito continuando la mia opera.
Due grandi occhi grigi azzurri mi guardavano mentre venivano incorniciati da folti ciglie.
Ero molto soddisfatta del mio capolavoro, avevo catturato la bellezza di Jason in un foglio banale rendendolo unico per me.
Solitamente non dipingevo mai le mie bozze, preferivo lasciarle in bianco e nero giocando con le ombre, ma quella volta avevo fatto l'eccezione donando un pizzico di colore allo sguardo del bellissimo signorino Blais.
Sfogliai il resto dei disegni: un ritratto di mio padre, Amelia mentre cucinava, Oceane e Mike, Mary con i suoi meravigliosi capelli rossi ed infine quello che ultimamente guardavo spesso.
Il perfetto profilo di James andava a congiungersi al profilo altrettanto perfetto di Jason.
Entrambi quei due ragazzi erano entrati per caso nella mia vita, donandole quel sapore in più rendendola unica e irripetibile.
Da una parte un tipo tenebroso con un fare abbastanza arrogante e menefreghista, amante delle moto e delle donne.
Dall'altra parte un ragazzo che voleva apparire il contrario di quello che era in realta'.
Uno ero l'opposto dell'altro ad un primo impatto, ma se osservati meglio da vicino ci si sarebbe accorti di quanto due persone diverse possino essere uguali.
"Sì può?"- chiese un voce maschile bussando lievemente la porta.
"Certo entra pure"- risposi a Jason cercando di nascondere i fogli alla sua vista.
"Cosa sono quelli?"- disse prendendo l'unica sedia nella stanza e sistemandola accanto ai piedi del letto.
"Nulla, solo schizzi".
"Davvero? È perché arrossiresti in quel modo se solo fossero solo dei scarabocchi?"- domandò accarezzandosi la barba rossa.
Rimasi attonita a guardarlo.
L'ho già detto troppe volte, ma lui era veramente bello.
Faceva parte di quella gente che anche con una maglietta vecchia e logora sarebbe apparso perfetto in qualsiasi situazione.
"Emy, hai sentito quello che ti ho appena detto?".
"Sì, no, cioè... Scusami ero assorta nei miei pensieri"- esclamai scostando il solito ciuffo ribelle che mi ricadeva sempre davanti gli occhi.
"Niente paura"-sorrise continuando ad accarezzarsi il mento-" Ti ho chiesto solo scusa".
"Non ti preoccupare sono cose che capitano. Sono cose rare che possono capitare a chiunque, ma per me non sono così nuove"-lo rassicurai ripensando a tutte le cadute che la mia povera testa aveva sopportato durante i miei quindici anni di vita.
"Hahaha ok"- ribatte' ridendo-" Siamo fortunati ... allora che sei unica"-aggiunse tenebroso.
Le parole dette dal bellssimo signorino Blais fecero l'effetto che lui aveva previsto.
Mi sciolsi completamente.
Un calore dolce e delicato si propagando' all'interno del mio corpo partendo dal centro del petto, facendo volare le farfalle addormentate nello stomaco.
Sapevo di piacere al mio compagno di classe l'avevo intuito quando aveva accennato al fatto di vedermi in biancheria intima o quando mi aveva messo in guardia dal perfetto James; senza dimenticare la figura davanti a suo padre. Ci avrei messo un bel po' prima di non arrossire più davanti al mio docente di ginnastica.
Inoltre, avevo la strana sensazione che durante il pomeriggio trascorso a Maison Wood fosse accaduto qualcosa che servì per avvicinarci in maniera invisibile, ma salda.
"Unica?"- chiesi puntandomi l'indice contro-" Ho la testa dura ecco".
Jason si alzò e mi diede un pacchettino rosso con una fiocca blu-"Questo l'hai lasciato a casa e mia nonna è impazzita quando l'ha visto in biblioteca sul tavolo. È il libro che ti ha regalato lei"-spiegò tranquillo.
"Grazie..."- risposi abbracciando L'isola del tesoro.
"Mia madre vorrebbe invitarti a cena"- mormorò abbassando gli occhi sulle scarpe verdi speranza-" Per chiederti scusa per tutto.."
"Accetto!"- proclamai mettendomi con busto retto appoggiando sui ginocchi per essere più o meno alla sua altezza.
"Davvero?"
"Sì davvero"- esclamai allargando il mio sorriso come stava facendo lui.
"Perfetto!"- sbottò facendo schioccare la lingua al palato-" allora ci sentiamo Emy"- disse dandomi un abbraccio impacciato.
Fui in paradiso in quei pochi secondi che entrai in contatto con lui.
La sua pelle era calda e profumava di menta e di dopobarba da uomo.
Era un profumo incredibilmente che sapeva di forza e coraggio. Gli diedi un buffetto sulla guancia.
Rimase un secondo in silenzio e timidamente mi invitò a fargli sapere quando sarei stata disponibile.
"Grazie Jason!"- salutai facendolo girare un'ultima volta permettendomi di vedere un solo riflesso rosso al lobo sinistro.

 

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Capitolo 21
*** Riflesso ***


Una delle cose che fa più male all'anima penso sia avere il dubbio di una persona vicina.
Perlomeno, uno di quei individui capaci di cambiare la nostra giornata con un semplice sorriso o uno sguardo di cui non ti puoi fidare perché sai che mente.
Il volto di Jason era impresso nella mia testa a fuoco mentre guardavo il mio carillon in legno nel quale c'erano i miei tesori.
Era la prima sera che trascorrevo a casa mia. Il mio letto a due piazza era enorme in confronte a quello striminzito dell'ospedale.
Per non parlare dell'ottima cena preparata da mia madre.
Già, non avrei mai pensato di vederla con il grembiule da cucina e davanti ai fornelli.
A dir la verità non era niente male l'arrosto con le mele che aveva preparato e le patate al cartoccio-probabilmente le aveva viste in un programma televisivo-erano degne di un ottimo ristorante.
Festeggiamo trangugiando una vaschetta di gelato alla fragola e un bicchiere di champagne francese.
Aprii il casetto segreto del mio portagioia con la chiave che nascondevo sotto il materasso.
La ballerina classica allo scocco della serratura si alzò permettendomi di contemplare per un attimo i miei ori.
Erano semplici oggetti, potevano passare anche per immondizia per una ragazza della mia età, ma per me non era così.
Accarezzai il pezzo di cravatta rossa con il quale mio padre si sposò.
La odorai sapeva ancora del suo profumo di pino silvestre per poi metterla da parte con cura.
Osservai una foto nella quale cercavo di andare in bici ed i miei genitori si abbracciano.
Scostai il malloppo di bigllietti del cinema che avevo visto con Mary per prendere un sacchettino verde.
Il brillantino rosso scivolò sulla mia mano rompendo la luce che lo avvolgeva in tanti piccoli riflessi rossi.
Inutile dire che la mia mente aveva fatto mille collegamenti per trovare una spiegazione valida per quello pezzo di vetro in mano.
Non poteva essere una semplice e banale coincidenza che Jason avesse un orecchino come il ragazzo incappucciato ed io avessi trovato uno in camera mia e fatalità lui si era presentato con un solo gioiello al lobo destro.
Ignorando le domande che la mia coscienza stava facendo mi alzai ed andai davanti allo specchio sul mio armadio bianco e indossai il piccolo puntino rosso.
Non stavo veramente male e giuro solo per un attimo di aver visto il mio riflesso rivolgermi un sorriso smagliante.
Probabilmente sono stanca, pensai andando a letto senza pensare a cosa mi avrebbe portato quel piccolo pezzo rosso nel quale si poteva vedere i colori del mondo.

***
Erano le 23:30 passate quando un colpo violento mi svegliò dal mio meraviglioso sogno.
Stropicciai gli occhi guardando la finestra proprio nel momento in cui un sasso bianco entrava in contatto con il vetro facendo vibrare la lastra chiassosamente.
Spalancai il balcone vedendo una figura blu intenta a raccogliere qualcosa.
"Forse, occorrerebbe un cannone per svegliare miss Anima Amara!"- borbottò il fratellastro di Mike rialzandosi pronto a scagliare il sasso contro alla mia finestra-" Oh ciao..".
"Ciao James"- ringhiai a bassa voce-" Cosa ci fai qui? È un nuovo sport olimpico? Chi colpisce meglio la finestra di Emy?".
"Hahaha dolce come sempre"- rimbeccò il ragazzo affondando le mani sul capotto blu notte-" No volevo chiederti se volevi venire con me in un posto.. Meglio ad un evento"- aggiunse abbassando lo sguardo.
"E dove mi vorebbe portare di grazia?"- chiesi con tono ironico.
Quale persona sana di mente si sarebbe presentata a quell'ora tarda lanciando massi come un adolescente contro una finestra per invitare ad uscire una ragazza con la quale tra poco non si parlava nemmeno.
" Sarebbe importante se accettassi, Bambina"- esclamò socchiudendo gli occhi sfidandomi con quello stupido nomignolo che odiavo-"Anche perché te ne farò pentire!".
"In che modo scusa? Facendomi lo sgambetto?"- rimbeccai incrociando le braccia.
James sorrise-"Volare.. Oh oh, Cantare Oh oh oh oh, nel blu dipinto di blu, felice di stare..".
"Basta basta scendo!"-esclamai fermando la canzone italiana cantata a gran voce dal ragazzo prima che svegliasse l'intero vicinato.
"Ok, ti aspetto in auto qui davanti"- disse dirigendosi verso la facciata anteriore della casa.
"Cazzo Amelia doveva proprio dimenticarsi questa sera di chiudere il cancelletto del giardino di dietro!"- sbuffai spogliandomi del mio pigiama per indossare un paio di leggins e dei jeans leggermenti strappati sul ginocchio destro con una maglioncino rosso.
Sciolsi i capelli e misi un filo di gloss prima di indossare i miei zamponiani.
Eravamo state io e Mary a ribattezzare i stivali pelosi da uomo delle nevi con quel nome ridicolo.
Feci il meno rumore possibile sul corridoio e sulle scale riuscendo a non svegliare mia madre, ma fu quando chiusi la porta che tirai un sospiro di sollievo scacciando l'ansia e la paura di venire scoperti nel cuore della notte durante una fuga.

 

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Capitolo 22
*** Speciali. ***


Ero impazzita.
Era l'unica spiegazione plausibile che mi ronzava in testa per poter spiegare il perché fossi scappata di casa per uscire insieme ad un ragazzo con il quale avevo scambiato due parole davanti un caffè.
Se qualcuno me lo avesse detto un mese prima mi sarei piegata in due dalle risate.
Invece, eccomi li' su un suv nero con James e con Oh Love dei Green Day a tutto volume.
"Non ti facevo il tipo che ascolta questa  musica"-urlai sovrastando il ritornello della canzone.
"E perché no scusa?"-chiese  il ragazzo abbassando il volume-" Pensavi che ascoltassi opera lirica?"-sghignazzò.
"No"- mormorai arrossendo-" Pensavo che ascoltassi canzoni più rock... Quasi metal..".
"Ahn ho capito. Vediamo se ho qualcosa che può confermare le tue supposizioni"- continuò armeggiando con la mano destra la radio.
"Ok. Però per cortesia fai attenzione. Non vorrei morire così"-sbottai mentre un camion rosso ci tagliava la strada per immettersi nell'autostrada.
"Non ti preoccupare Bambina, nessuno vuole che il tuo bel viso di ceramica si rovini"- disse James dando play alla canzone successiva-" comunque non vuoi sapere dove stiamo andando?"-chiese mentre la voce di Mansoon faceva vibrare le casse dell'auto.
" Certo che voglio saperlo"- risposi pensando al complimento che mi aveva appena fatto grazie al quale la femmina che era dentro me aveva fatto due capriole all'indietro e tre in avanti.
Per quanto scontroso e acido fosse James mi attraeva.
Mi sentivo in tensione, ma allo stesso tempo potevo essere me stessa.
Non c'era bisogno di mentire con lui o essere dubbiosa perché lui non mi aveva mai dato motivo per esserlo nei suoi confronti.
A differenza di Jason naturalmente di cui non potevo fidarmi.
Appena mi attraversò quel pensiero accarezzai il brillantino rosso all'orecchio sinistro.
"Bello il tuo rubino"-esclamò James uscendo dalla strada comunale per immetersi nella strada provinciale.
"Manca ancora molto?"-domandai ignorando quello che aveva appena detto.
"No Emily. Siamo quasi arrivati"-rispose imboccando  una stradina di campagna non asfaltata.
Ci fermammo dopo qualche miglio ad un benzinaio dove James parcheggio' l'auto.
"Ora?"- sbottai imitandolo mentre slacciava la cintura e scendeva dal mezzo.
"Ora vieni con me"- disse prendendomi la mano.
Appena la sua pelle entrò in contatto con la mia una scarica elettrica mi percosse tutto il braccio.
Percorremmo il perimetro della pompa andando sul retro dove un reticolato circondava un grande magazzino a prima vista abbandonato.
"È per questo che siamo venuti sino a qui?"-domandai accenando con il capo ad un grande buco sulla rete grazie al quale avremmo dovuto passare per recarci nel stabilimento in cemento.
"Quindi..."
"Ehi Jay sei riuscito a venire!"-squitti' una ragazza dalla chioma blu prima di avventarsi su James.
Cercai di ricompormi subito sentendomi a disagio per il mio aspetto fisico e per la mia presenza.
La nuova arrivata era la stessa tizia con cui dava spettacolo qualche giorno prima sopra la moto di fronte al centro commerciale.
Aveva più o meno la mia stessa età anche se sembrava più grande, probabilmente le calze rotte e i stivali al ginocchio aiutavano.
Avrei scavato con le mani nude una buca profonda dove nascondere i miei orrendi stivali e i miei insulsi jeans stracciati.
"Ciao Ethel!"-salutò il ragazzo abbracciandola a sua volta-"sei da sola?".
"No, Marcus è dentro.."-rispose la ragazza mettendosi sulle spalle uno zaino nero.
"Aspetta che ti presento una persona"-  disse James facendo cenno di avvicinarmi-" Questa è Emily.. Emily Mann".
"Oh.. Momolto piacere Emily"- balbettò Ethel stringendo la mia mano.
"Piacere mio".
"È la prima volta che vieni qui?"- chiese la ragazza passando attraverso l'apertura sulla rete aiutata dall'amico, trombamico,... Insomma quello che per lei era.
"Sì.."-risposi seguendola a ruota.
Nonostante la zeppa delle sue scarpe, minimo venti centimetri, Ethel camminava totalmente a suo agio.
Nemmeno, il freddo della notte sembrava darle fastidio; era pressoché impossibile che non lo sentisse quando stavo letteralmente ghiacciando nonostante le due maglie e la calzamaglia.
"Vedrai ti piacera da morire"-sostenne la ragazza camminando lungo una stradina piena di erba incolta che le accarezzava le gambe-"Questa sera l' Essepi scoppierà dalla  marea di gente che ci sarà. Vedrai uno sballo assoluto.."- continuò passando sotto un ramo di un albero semicadente.
Dopo pochi passi ci ritrovammo in mezzo ad un fiume di persone.
Erano tutte diverse fra loro; più o meno avevano un'età fra i quindici ed i trent'anni raccolte in gruppi di amici che ridevano e scherzavano mettendosi in coda su tre file per entrare nel magazzino.
"Cos'è l'Essepi?"-bisbigliai a James che nel frattempo mi aveva dato la mano per paura di perdermi nella folla.
"È una festa dove persone speciali, tipi tosti come noi si ritrovano per fare festa"-spiegò mentre ci accodavamo nella seconda fila dietro a Ethel che parlava animatamente con una ragazza dai capelli neri raccolti in un'elegante treccia.
"Chi ti dice che io sono speciale?".
"Bambina fidati io non mi sbaglio tu sei proprio come me".
"Wow... che culo!"- rimbeccai avanzando di qualche passo per trovarmi davanti un uomo alto due metri per un quintale di muscoli.
"Ciao Tom!"-saluto' il mio accompagnatore il dando il cinque con la mano sinistra.
"Ciao James,... Hai compagnia questa sera! Chi è? Non l'ho mai vista prima d'ora. Sai benissimo che non è permesso portare.."-ruggì il gigante abbassandosi alla mia altezza per guardarmi meglio negli occhi.
Quel gorilla grande e grosso metteva soggezzione e paura grazie anche al completo nero alla men in black che portava.
"Calmati è apposto"- confermò il mio accompagnatore per poi fare cenno al buttafuori di avvicinarsi perché dove dirgli qualcosa all'orecchio.
Quando James ebbe finito di parlare il gigante sgranò gli occhi continuò a studiarmi per poi raddrizzarsi ed infine lasciandoci passare dentro la porta verde.
Ci ritrovammo in una stanza con una luce che andava a intermittenza e due figure in ombra su due sgabelli alti dietro un bancone.
Alla fine della camera vi era  una vetrata scura dalla quale proveniva musica rock a tutto volume.
"Bene bene Miss figone è arrivato"-esclamò la prima figura balzando giu' dal suo comodo posto.
La persona si rilevò una nana con un vestito rosso di lattice che le strizzava la pelle come un salume da taglio.
"Ciao Rose? Che vuoi lasciaci passare! Sai benissimo che siamo puliti!"-esclamò il mio amico parandosi davanti a me.
"Tu, si ma forse lei no!"-disse la seconda figura affacciandosi sul bancone.
Era un uomo con gli stessi occhi e lineamenti di Rose, anzi, a dirla tutta se non fosse stato per i lunghissimi capelli biondi della donna sarebbe stato pressoché impossibile identificare chi fosse uno e chi l'altro.
"Ciao Mose"-salutò James il nano parandosi davanti a me-"Lei è apposto!Non occorre che la perquisisci... È una novellina. Non sa nemmeno perché è qui".
I due fratelli si guardarono ridacchiando maleficamente.
"Oh oh! Sembra che qualcuno abbia colpito il cuore di ghiaccio del nostro cucciolo. Giusto Mose?"-canzonò Rose saltellando sul posto.
"Già.. Bhe vediamo cosa ha di speciale questa ragazza. Bloccalo Rose!"-disse l'uomo schioccando le mani.
A quel rumore la donna si accovacciò a terra in posizione d' attacco se fosse stato un lupo.
Mormorò alcune parole in un lingua sconosciuta mentre dal pavimento spuntavano delle radici di un albero nero che avvolsero il corpo di  James bloccandolo.
"Ma come cazzo hai fatto?"- urlai alla nana-" Lascialo andare"- pregai dirigendomi verso il fratello di Mike pronta a liberarlo usando le unghie e i denti.
"No principessa.. Prima dovrai farci vedere chi sei veramente!"- disse il nano facendo un salto per poi sparire.
"Dove sei andato mostro?"-gridai al nulla.
"Emy stai attenta!"- esclamò James mentre un ramo gli avvolgeva la bocca strozzandolo quasi.
"Muoviti Mose"- borbottò Rose con gli occhi bianchi iniettati da un liquido verde-" Non resisterò ancora per molto!".
Vidi una mosca venirmi adosso la colpii
facendola finire per terra.
Dovevo essere pronta a parare un colpo di Mose.
Di nuovo l'insetto venne alla carica colpendomi il braccio destro, riuscendo a farmi barcollare.
"Che tipo di mosca sei tu?"-chiesi studiandola mentre si faceva ancora sotto.
"Hehehe..."- Mose insetto ridette prima di infilarsi furtivamente dentro la mia bocca.
Mi appoggiai al muro di mattoni nudi mentre dei conati di vomito scuotevano il mio povero stomaco, piegandomi in due per i forti crampi.
Dell'acqua verde puzzolente uscì dal mio corpo mentre Mosemosca si dibatteva in quella pozzanghera di liquidi gassosi.
"Bleah che schifo"- gridò il nano riprendendo il suo reale aspetto.
Se mai vedrete una persona cambiare le proprie sembianze capirete quello che ho provato nel vederlo.
Per un attimo Mose fu con il corpo da insetto con i due occhi tipici da mosche verdi che mi guardava guardingo.
"È pulita Rose"- biascisco' Mose alzandosi sulle gambette storte piene di viscidume-" La nostra Principessa è una pura di razza"-spiegò sputando per terra.
"Oh bene, bene"- stridette la sorella avvicinandosi con passo lento ed incerto.
Sì fermo ad un metro di distanza e sussurrò qualcosa mentre lanciava delle foglie secche di acacia nel vento.
Appena toccarono le piastrelle del pavimento la gabbia che rilegava James sparì risucchiata nel pavimento senza lasciare traccia della propria presenza.
"Io non so cosa cazzo siete o cosa volete da noi. Ho soldi, denaro e contanti. Vi prego non fate del male al mio amico ed a me. Non centriamo nulla in queste stupidaggine pagane, sataniche e demoniache!"-urlai guardando negli occhi il mio accompagnatore mentre prendeva fiato.
"Hahaha! Hai sentito Mose lei non lo sa!"- disse Rose -" Forse dovremmo spiegarlo noi!".
I due nani si avvicinarono l'uno all'altro ponendosi al centro della stanza buia.
"Allora proncipessa vuoi conoscere la tua storia?"-chiese l'uomo con voce viscida quanto il modo di fare.
"Io conosco già la mia storia!".
"Sei sicura?"- ribecco' la sorella.
"No vi prego non è pronta per sapere chi è realmente"-imprecò James parandosi nuovamente tra me ed i nanetti.
"No ..voglio ora tutta la verità su di me e sui sogni che sto facendo.. Scometto di che è tutto collegato"- dissi in fil di voce-" Voglio sapere tutto, per favore".

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Capitolo 23
*** Eroe ***


Mose, tornato normale, prese un pizzico di terra, dal taschino della giacca rossa che indossava, per buttarla sul pavimento soffiandoci sopra.
"Le nostre origini hanno inizio in un tempo ed in un luogo in cui regnava la magia nera assieme a quella bianca. Entrambe ci sono sempre state sino dalla prima notte del mondo e una non poteva esistere senza l'altra e viceversa.
La prima la si utilizzava in necessità estreme, quando si doveva salvare il genere umano e non, da una presenza crudele, pronta ad uccidere chiunque si piazzasse davanti alla sua strada.
La seconda, invece, veniva usata nella quotidianità perché legata ai cinque elementi sacri: la terra, il fuoco, l'acqua e l'aria. Il quinto elemento è una presenza primordiale, il più importante della nostra civiltà: l'essenza del nostro mondo, il potere flew, donatoci dalla grande dea Gardenis all'inizio del mondo".
Mentre, l'uomo narrava la leggenda, il terriccio, gettato poco prima si animo' prendendo la forma di una donna vecchia, raggrinzita con il naso lungo e occhi indemoniati.
"Una strega, Grisilde, decise di disobbidire alle leggi assolute appropriandosi della magia nera, causando: morti, pestilenze e povertà.
Nessuno riusciva a fermare il suo esercito di uomini grigi, nati dal fango e dalle lacrime di una vergine.
Dove passava Grisilde non restava nulla; solo cenere dei corpi in fiamme"-continuò Mose creando il volto di un uomo dai lunghi capelli ribelli.
"Solo il più coraggioso combattente dei Carpazi, decise di andare contro la strega e il suo esercito.
Dracula riuscì ad avere come alleati giganti, troll, nani, elfi ed umani. Tutti assieme contro un unico nemico.
La battaglia grigia durò sette giorni e sette notti decimando le milizie dell'impalatore, facendolo uscire perdente.
Il comadante dell'esercito capì che l'unica soluzione era chiedere l'aiuto alla creature, che per anni si era nutrita della sua gente, durante il mese di ottobre per poi scomparire nella notte di Ognissanti.
Il giovane, svuotato dalle proprie forze e speranze, si avventurò nella foresta della Romania, scalando i picchi più montuosi e tortuosi dei Carpazi sino ad arrivare alla Grotta Aguzza"-continuò mostrandole geste dell'antico eroe.
" Nessuno sa' cosa sia successo dentro quella grotta nelle tre notti in cui egli rimase.
Al calare del quarto giorno, Grisilde marciava verso Roma pronta per il dominio del mondo antico, con la vittoria in pugno.
Quando, le sentinelle avvistarono una nuvola nera che si muoveva controvento.
Capirono subito che non era un cambiamento atmosferico naturale, ma qualcuno che usava la magia bianca aizzando dei pippistrelli contro il loro esercito.
L'impatto fu devastante.
I topi volanti uccisero alzando e mordendo le guardie, riducendole in polvere, mentre la terra si spaccò in faide, liberando delle lingue di fuoco che bruciarono i militanti prima che riprendessero vita.
Grisilde era sbalordita.
Nessuna delle razze esistenti riusciva a controllare tutti i cinque elementi a proprio uso e piacimento, senza l'uso delle parole.
La vittoria era vicina; così la strega decise di sparire nel nulla senza lasciare traccia"- continuò il nano creando una culla.
"La pace regnava sovrana.
Dracula era stato eletto signore dell'armonia, e diede alla luce una bellissima bambina di nome Luna, come la bellissima dea che le apparve in sogno raccontandogli la più sacra delle nostre leggende.
<
Metà anima sarà legata ai cinque elementi l'altra sarà legata a me.
Ella sarà marchiata con il simbolo santo del cielo pieno, aiuterà a risanare una rottura tra il popolo della croce e noi>>
Queste sono le parole che riecheggiarono a lungo alle orecchie di Dracula quando fu colpito dalla vendetta di Grisilde che lo portò alla pazzia"-davanti a noi ora vi era una macchia di sangue rosso che si fermò sotto ai miei piedi.
"La fattucchiera aveva maledetto il sant'uomo facendolo entrare in contatto con la magia suprema rendedolo un mostro a tutti gli effetti. Cominciarono a sparire uomini, donne, bambini e neonati.
Il popolo chiese soccorso alla sacerdotessa Seraphine, della famiglia dei zingari del nord.
Quest'ultima spiegò che la magia nera e la fame implacabile di Dracula erano dovute a Grisilde, ma in maniera indiretta.
In quanto, il loro sire aveva incontrata ciò nella Grotta Aguzza.
Non c'era modo di fermarlo, se non di chiuderlo in una bara con delle ossa degli antenati e mettere come guardia un gruppo di persone fidate e volonterose.
Dracula, accettò senza porre resistenza dopo aver assaggiato l'amata figliola Luna, ancora in fasce.
Il bravo popolo di Sighisoara, vide il proprio salvatore partire dentro una cassa di salice bianco su di una nave con vele raffiguranti due lupi".
"E Grisilde? Che fine ha fatto?"- chiesi osservando l'imbarcazione avanzare verso James.
"Non si sa che fine abbia fatto"-spiegò Rose avvicinandosi furtivamente-" Si sono perse le sue tracce durante i secoli bui. Non avrei mai creduto di conoscere la bambina dal marchio maledetto"-continuò studiandomi meglio.
"Bellissima storia"- conclusi cercando di aprire la porta dalla quale eravamo entrati-" Dov'è l'uscita?".
"È al di là di quella vetrata"- rispose il mio accompagnatore, massaggiandosi le tempie.
"Okay... E se non volessi passare per di la?"-urlai esasperata.
Avevo il cervello che elaborava le nuove informazioni assurde e impossibili da far sembrare tutto un lungo sogno, durato troppo.
Probabilmente è una conseguenza dovuta alla botta che ho preso l'altro giorno, rimuginai mentre Rose si schiacciava il naso facendo crescere i lunghi capelli di trenta centimetri, sino al suolo, lasciandomi sbigottita.
"Ascolta Emily"-cominciò James al mio fianco accarezzandomi il braccio sinistro-"Fidati entra con me. Guarda tu stessa i nostri fratelli... Poi decidi tu! Alla fine sei arrivata sino a qui, sei sopravvissuta a due troll, figurati cosa saranno un po' di creature della magia bianca.."-continuò ad implorarmi.
"Che ruolo ho in tutto questo? Non ho nessun potere e segno!... Secondo me avete sbagliato persona..."- esclamai scostandomi il ciuffo di capelli dagli occhi.
"Principessa"- disse Mose, camminando con una gamba trascinando l'altra-" Ho fatto un giro all'interno del tuo corpo e credimi quando ti dico che sei tu quella che noi tutti aspettavamo. Ascolta, il cucciolo entra se dopo vuoi uscire basta che fischi qui dentro"- mi diede un fischietto di legno nero ebano-"E un oggetto magico. Grazie a questo il troll più vicino a te ti aiuterà perché riconoscerà il richiamo di soccorso di uno dei dieci principi reali della foresta blu. Ora mia signora, continua il tuo cammino, solo così si compierà il destino e la salvezza di tutti noi".

 

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