Le vite perfette non esistono

di Shadriene
(/viewuser.php?uid=3049)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


“Disclaimer: I personaggi, i luoghi ecc. appartengono a J.K.Rowling. Non ho niente a che vedere con chi detiene il copyright sui personaggi, con il creatore di una determinata serie, con il produttore o con chi si occupa del merchandise. Non si vuole violare il Copyright in alcun modo.”


Ringrazio di cuore Serintage che mi ha fatto da beta per tutta la storia.
Ringrazio successivamente Graffias, che dopo quattro anni dalla sua conclusione, mi ha dato una mano a togliere gli ultimi errori rimasti, ribetandomi pazientemente da capo.


*


CAPITOLO 1


Ron.
Era Ron.
Il suo Ron
... e quella accanto a lui, non era lei.
Quella che in quel momento lo stava baciando e che rideva sommessamente con lui, non era lei.
Lei era lì, a un centinaio di metri da loro, che li guardava con il cuore spezzato cercando d'illudersi che quello non fosse il suo Ron.

*


Quando quella sera lui rientrò, trovò sua moglie ad aspettarlo in soggiorno. Era accucciata sul divano intenta a leggere un libro. Non alzò neppure lo sguardo quando lo sentì entrare.
Voleva che fosse lui a fare la prima mossa.
Voleva vedere se si sarebbe comportato come un verme o se le avrebbe raccontato tutto.
Dopo venticinque anni di matrimonio, due figli e un'infinità di bei momenti passati assieme, non riusciva a credere che lui le avesse fatto quello, che l'avesse tradita per quella stupida sgualdrina castana.
Si diede della sciocca a giudicare così una persona. Quella donna non ne aveva colpa, forse lui non le aveva nemmeno detto di essere sposato.
Le sue labbra si erano posate su quelle di lei: la stava baciando. Non si era nemmeno accorta che lui si era avvicinato. Con quale faccia tosta la stava baciando dopo essere stato tutto il pomeriggio con un'altra?
« Herm, c'è qualcosa che non va? Cos'ha combinato Thomas questa volta? »
« Oh, niente » disse Hermione chiudendo di scatto il libro. « Com'è andata al lavoro? Sono passata a pranzo per salutarti, ma non ti ho trovato ».
« Avevo un turno di pattuglia ».
« Capisco ».
« I ragazzi dove sono? » domandò Ron spostandosi in cucina alla ricerca di qualcosa da mangiare.
« Thomas è a giocare a Quidditch con James e gli altri, Evelyn invece sta studiando in camera sua».
Ron sbucò dalla cucina con due burrobirre in mano e guardò la moglie con uno strano sorriso. Lei alzò un sopracciglio irritata e lo fulminò con lo sguardo.
« Ronald Weasley non fare commenti, perché ho imparato tante nuove maledizioni da quando sono un Auror e lo sai che se mi arrabbio le uso ».
« D'accordo, d'accordo » disse Ron alzando le mani in segno di resa, « ma lo sai che secondo me Evelyn studia troppo ».
« Se vuole diventare un bravo Medimago è giusto che s'impegni, e poi non sono io a costringerla con la forza a stare a casa ».
Ron non replicò e iniziò a sorseggiare la sua burrobirra. Hermione lo imitò e guardandolo di sottecchi cercò d'intuire cosa potesse pensare, quando un flash back di quel pomeriggio maledetto le tornò alla mente. Scosse in fretta la testa per scacciare quelle immagini e inavvertitamente si rovesciò addosso ciò che stava bevendo. Maledizione! Ora avrebbe fatto pure la figura della pazza psicopatica: se già Ron aveva qualche dubbio sul perché stavano insieme, ora di certo ne aveva la conferma. Lo sentiva, stava per scoppiare a ridere, stava per scoppiare a ridere di lei e della sua goffaggine.
Maledetto Ron... tu e la tua amante! Ma perché non me ne sono rimasta in ufficio a compilare quelle carte, come mi diceva il cervello?
« Dio Hermione, sei troppo buffa ».
Ora l'avrebbe distrutto! Gliele avrebbe urlate di tutti i colori e avrebbe visto chi era quella buffa. Se c'era un solo motivo per cui lei non dovesse troncare quel matrimonio in quel momento, che il cielo l'illuminasse.
« MAMMA, IO ESCO! » urlò una voce dall'ingresso.
« Tua figlia avrà finalmente capito che non esiste solo lo studio nella vita, buon per lei » disse Ron con un sorrisino malizioso. « Ora che abbiamo tutta la casa libera, che ne dici... »
« Sono stanca e poi Thomas tornerà presto, le partite di Quidditch non durano in eterno ».
« Ma se non prendono il boccino, è possibile ».
« Dieci galeoni che James ha già preso il boccino ».
« Ci sto! » disse Ron alzandosi in piedi.
Hermione rimase a fissare per un attimo il marito in tutta la sua altezza. Nonostante avesse quasi cinquant'anni, Ron rimaneva ancora un bell’uomo, e ancora adesso si chiedeva cosa avesse trovato lui, più di venticinque anni prima, in quella ragazzina timida e secchiona, quando avrebbe potuto scegliere ragazze infinitamente più belle di lei.
Ma evidentemente quel qualcosa che l'aveva fatto innamorare di lei, ora era passato. Chissà, forse un giorno si era svegliato e quando, voltandosi, l’aveva vista accanto a sé, si era chiesto per quale scherzo del destino si era sposato con una persona simile.
Eppure, nonostante lui l'avesse tradita, non riusciva ad odiarlo o a disprezzarlo come sarebbe stato giusto fare. Giusto per chi? Per lei? Per sanare quel vuoto incredibile che era venuto a crearsi quando l'aveva visto fra le braccia di un'altra?
« Hermione, c'è qualcosa che non va? Ti vedo strana » disse Ron prendendola per le spalle.
Lei si voltò e i suoi occhi nocciola incrociarono i grandi occhi azzurri di lui. Stava per mettersi a piangere: come poteva averle fatto questo? Come poteva averla tradita - lui, l'uomo più dolce e onesto che conoscesse - COME?
« SIAMO NOI! SIAMO NOI! I CAMPIONI INDISCUSSI SIAMO NOI! »
Delle urla festose provenienti dal giardino distrassero Ron, e Hermione si divincolò dalla sua stretta asciugando le lacrime che avevano fatto capolino.
Ben presto non ebbero più dubbi su chi fossero i proprietari di quelle voci, perché sette ragazzi entrarono in casa con delle scope in mano, molto sudati, ma felici!
« Papà, li abbiamo stracciati! » esclamò Thomas entrando in cucina e tirando fuori dal frigo sette burrobirre.
« Signor Weasley, avrebbe dovuto vedere James: una picchiata di cento, ma che dico, duecento metri e poi ha afferrato quel maledetto boccino » disse un ragazzo biondo cenere facendo ampi gesti con le mani per far capire al suo interlocutore le gesta dell'amico.
« Degno figlio di suo padre » commentò Ron con un sorrisino.
« Ron, mi devi dieci galeoni. Beh ragazzi, non fate troppo tardi. Buona notte » disse Hermione allontanandosi dalla cucina.
« Hermione, suvvia, non mi dirai che vuoi già andare a dormire? » domandò Ron ironico.
Come fai a non capire? Ron, sei solo uno stupido. Mi pare di essere tornata ai tempi in cui eravamo a Hogwarts e non capivi nulla di ciò che provavo, neanche a dirtelo in faccia. Per una volta, cerca di capire quanto mi stai facendo soffrire, comportati da Grifondoro e dimmi che hai una storia con un'altra.
« Hermione? » sussurrò Ron, preoccupato.
« Sono stanca, solo stanca. Buona notte ».
Hermione salì lentamente le scale, come se ogni scalino fatto l'allontanasse sempre di più da Ron. E lui lì, immobile, l’osservò finché non scomparve dalla sua vista. Ma lei lo vide mentre, perplesso, si portò una mano fra i capelli tornando in cucina a festeggiare con i ragazzi: probabilmente aveva intuito che c’era qualcosa che non andava, ma non riusciva a capire cosa e ciò lo faceva preoccupare per lei. Forse le voleva ancora un po' di bene. Magari quella storia andava avanti da anni e lei come una sciocca se n'era accorta solo ora. Forse poteva aggrapparsi a quel briciolo di affetto che Ron provava ancora per lei, continuando a illudersi che la loro vita fosse perfetta.
Lentamente, Hermione si alzò e si avviò in camera. Sì, Ron le voleva ancora bene; anzi, forse l'amava ancora e la storia con quella donna non era niente di serio.
Solo un'avventura di sesso.
Solo quello.
Hermione guardò la sua figura riflessa nello specchio e sorrise cercando di darsi forza, ma le lacrime, che a fatica stava cercando di trattenere, uscirono prepotenti e le rigarono il volto.
« Non piangere Hermione » disse accarezzando la figura sullo specchio, « non ne vale la pena. Lui ti ama e se non ti ama, hai sempre Thomas ed Evelyn. Se non altro sai che i tuoi figli ti vorranno bene per sempre ».




Continua...

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


I personaggi, i luoghi ecc. appartengono a J.K.Rowling. Non ho niente a che vedere con chi detiene il copyright sui personaggi, con il creatore di una determinata serie, con il produttore o con chi si occupa del merchandise. Non si vuole violare il Copyright in alcun modo.”




CAPITOLO 2

Un dolore lancinante al petto la fece svegliare nel cuore della notte. Si voltò di scatto cercando di capire se Ron si fosse accorto di qualcosa. Niente, ronfava come un bambino.
Hermione sospirò e si voltò dall’altra parte cercando di riaddormentarsi, ma il dolore tornò a farsi sentire di nuovo. Si portò una mano al petto sperando di poter alleviare le sue sofferenze, ma non servì a nulla. Il dolore si fece sempre più acuto ed Hermione non seppe più cosa fare. Cercò di raggiungere la sua bacchetta, ma il dolore prevalse.
« Ron » bisbigliò, prima di cadere dal letto e perdere i sensi.


*


Non ricordava bene cosa fosse successo, ma si sentiva meglio. Sapeva solo di essersi svegliata nel cuore della notte con la sensazione che il petto le stesse per scoppiare, e tutto era diventato nero. E poi la voce di Ron che la esortava a non mollare.
Hermione aprì gli occhi di scatto e rimase accecata dalla, seppure tenue, luce della stanza.
Accanto a lei Ginny ed Harry la stavano guardando contenti.
« Per Merlino! Hermione, ci hai fatto prendere un colpo » disse Ginny saltandole addosso e abbracciandola forte.
« Non sanno bene cosa tu abbia. Ron è andato a sbraitare con i Medimaghi che è inammissibile ».
« Sempre il solito » mormorò Hermione sorridendo.
« Incompetenti » borbottò Ron entrando nella stanza imbronciato, ma quando la vide sveglia, le fu subito accanto e la baciò con dolcezza. « Per un attimo ho creduto di averti persa. Eri lì per terra, così pallida e indifesa. Non farlo mai più, non puoi lasciarmi ».
Ron stava piangendo. Poche volte in vita sua l’aveva visto piangere, e quelle poche volte l’aveva fatto perché era veramente rimasto scosso. Hermione si sentì commossa dall’affetto che Ron le stava dimostrando, ma non riusciva a togliersi dalla testa quella maledetta scena di due mesi prima. Lui e quell’altra abbracciati come due innamorati. Una fitta le attraversò il petto, ma l’attribuì al dolore che inconsciamente Ron le stava provocando.
« Non ti preoccupare » disse Hermione, regalandogli un sorriso forzato. « Dove sono i ragazzi? »
« Li ho mandati a casa. Erano stanchi ed Evelyn non aveva una bella cera » rispose Ron, ma leggendo la preoccupazione negli occhi della moglie si affrettò ad aggiungere « Sta bene, ha detto che lo stress da studio e poi questo, l’hanno mandata nel pallone ».
« Capisco ».
« Passeranno a trovarti più tardi » disse Harry capendo la delusione dell’amica, « saranno contenti di vedere che stai bene ».
Hermione non rispose, ma rimase a fissare il muro bianco davanti a sé. Si sentiva come se il mondo le stesse crollando addosso, come se la sua vita le stesse sfuggendo di mano e lei non potesse far nulla per afferrarla. Detestava quella situazione. Gli sguardi di compassione dei suoi amici e di Ron… oh, come detestava la preoccupazione che leggeva nei suoi occhi, quando in realtà sarebbe stato molto più felice se lei fosse morta. Si sentì una sciocca per aver anche solo pensato una cosa simile: lui le voleva bene, non avrebbe mai voluto che le succedesse qualcosa, glielo aveva detto prima. Ma allora perché sentiva quel grande peso sul cuore? Perché non riusciva più a guardare Ron negli occhi, senza rivivere quella maledetta scena di due mesi prima? PERCH…!
« Bene, bene » disse una voce a lei sconosciuta « la nostra paziente si è svegliata. Non la vedo molto in forma ».
« Ma certo, come vuole che stia dopo essere svenuta ed aver dormito per un giorno intero? » domandò Ron sarcastico, fissando con astio il Medimago.
« Fresca e riposata » disse quello, facendole l’occhiolino; poi tornò serio. « Tutto a posto? Ha qualche dolore? »
Hermione scosse la testa, sperando che lui dicesse agli altri di lasciarla riposare: si sentiva spossata da tutta quella situazione e non voleva più pensare a nulla. Soprattutto a lui… Come se il Medimago le avesse letto nella mente, fece un cenno ai tre in direzione della porta. Ron lo guardò sbuffando, senza muoversi di un centimetro, mentre Ginny abbracciò l’amica.
« Rimettiti presto. A chi racconterò altrimenti i miei pettegolezzi? »
« Esatto Hermione, rimettiti presto o questa qui mi farà una testa con i suoi pettegolezzi » sbuffò Harry strizzando l’occhio.
« Cretino! » lo rimproverò Ginny dandogli una pacca sulla spalla, prima che lui la cingesse per la vita e la baciasse. « Però così non vale » si lamentò Ginny, sorridendo.
Harry sorrise e, trascinandosi sua moglie dietro, salutò l’amica che li guardava malinconica.
Perché loro avevano una vita così perfetta? Perché loro due, nonostante fosse passato tanto tempo, si amavano ancora tanto, come se fosse il primo giorno? Perché si sentiva così gelosa? Come poteva essere invidiosa della felicità dei suoi amici? Era da egoisti, ma lei non era affatto pentita di essere egoista, non in quel momento e non ora che la felicità dei suoi amici le faceva capire quanto in realtà fosse sola.
« Senta, me ne starò qui buono buono. La prego, mi faccia restare! »
La voce impaziente di Ron la fece destare dai suoi pensieri. Stava cercando di convincere il Medimago a farlo restare, ma lei sinceramente non lo voleva vicino. Sarebbe scoppiata: si sentiva troppo debole per mantenere i nervi saldi e controllare le sue emozioni; in quel momento voleva continuare a illudersi che tutto fosse perfetto e averlo accanto non l’avrebbe aiutata a crederlo possibile.
« Mi dispiace, ma non può, l’orario delle visite è finito da un bel po’. Sua moglie deve riposare ».
« Che male vuole che le faccia, se me ne sto in un angolo senza fiatare? »
« Ron, non fare il bambino, e poi i ragazzi avranno bisogno di te » gli disse Hermione, sperando di essere abbastanza convincente.
Ron sospirò e le baciò la nuca. Hermione ispirò il profumo del suo dopobarba cercando di imprimerlo nella memoria. Quanto lo amava, ma perché per lui non era così?
Chissà se lui l’aveva mai amata in tutti quegli anni.
Smettila Hermione, queste non sono cose da pensare!
« A domani… ti amo ».
Hermione rimase immobile, come paralizzata, sentendo quelle due parole, due parole che in sé racchiudono l’infinito. Eppure poteva essere solo una frase di circostanza, il contentino da dare alla moglie prima di gettarsi fra le braccia della sua amante.
Il Medimago notò che qualcosa non andava e accompagnò Ron alla porta, chiudendola dietro di lui, nonostante quello non accennasse a volersene andare.
« Signora Weasley… posso chiamarti Hermione? » domandò il Medimago, e non ricevendo risposta lo prese per un sì. « Fra un paio d’ore avrò i risultati delle analisi. Se ti fa sentire più tranquilla, quando li avrò non chiamerò tuo marito come lui mi ha pregato di fare ».
Hermione alzò gli occhi e incrociò lo sguardo gentile del Medimago. Da quando era entrato in quella stanza, non l’aveva guardato per un solo istante, ma lui doveva averla osservata come un buon medico fa con il suo paziente ed aveva intuito cose che Ron e i suoi amici, in due mesi, non erano riusciti a vedere.
« Grazie » sospirò, accennando un sorriso
« Ora pensa solo a riposare ».
Lei gli sorrise riconoscente e chiuse gli occhi cercando di scacciare ogni sorta di pensiero dalla sua testa. Lo sentì uscire dalla stanza e chiudere la porta dietro di sé.
Ma in quelle tre ore non dormì affatto: sentiva di aver già dormito abbastanza per quella giornata, e poi non se la sentiva di dormire. Ogni sera, ogni stramaledettissima sera, quando si metteva a letto e chiudeva gli occhi aveva paura di rivivere come un incubo continuo quel bacio di due mesi prima.
Paranoica, stava diventando paranoica.
Però era anche una grande codarda: più di una volta aveva tentato di parlarne con Ron, ma lui con quel sorriso disarmante riusciva a zittirla, illudendola che forse le cose fra loro non andavano poi tanto male.
Il Medimago la trovò con quei pensieri in testa, quando tornò con le analisi. Hermione aprì di scatto gli occhi, quando sentì qualcuno entrare nella sua stanza, e per un attimo si sentì sollevata nel vedere che era solo il Medimago, ma fu per un solo istante. La sua faccia non prometteva niente di buono e le parole che seguirono le confermavano che era la verità.
« Signora Weasley… »
« È tornato a darmi del lei » disse Hermione, come se quello potesse fare una qualche differenza sul responso dell’uomo.
« Mi dispiace, non sarei qui se io e gli altri Medimaghi non avessimo vagliato a fondo ogni possibilità magica e babbana per curarla ».
« Sono messa così male da spingervi a cercare una soluzione perfino nella medicina babbana? » domandò Hermione ironica, cercando di frenare l’impulso di mettersi a urlare.
Cosa c’era che non andava? Cosa cavolo stava succedendo? Perché la sua vita pareva non avere che brutte notizie da darle? Sembrava quasi che gli astri ce l’avessero con lei. Sorrise al pensiero fatto: lei aveva sempre trovato la Divinazione un’idiozia, ma in quel momento dava la colpa proprio alle stelle per quello che le stava succedendo.
« Hermione, sarò franco con te. So che sei un ottimo Auror e dovresti sapere che qualsiasi incantesimo che viene scagliato contro di te, per quanto possa sembrarti poco nocivo sul momento, potrebbe riservare danni ben peggiori in futuro ».
Hermione lo guardò confusa, non riusciva a capire dove volesse andare a parare. Poi, come un fulmine a ciel sereno, le tornò in mente quel piccolo scontro avvenuto la settimana prima, durante il suo turno a Notturn Alley.

« Harry, separiamoci, lo bloccheremo più facilmente ».
« D’accordo Hermione ».
Harry imboccò una strada laterale, mentre lei continuò a inseguire l’uomo davanti a sé, che ogni tanto si voltava affannato per vedere se i due Auror gli erano ancora alle costole. Ad un tratto però, si bloccò in mezzo alla strada e puntò la bacchetta contro Hermione, lanciandole un incantesimo, che lei, colta di sorpresa, non riuscì ad evitare. Ma il colpo non parve avere nessun effetto e Hermione non perse tempo e puntò la bacchetta verso il suo avversario.
« Dovrai fare di meglio » disse Hermione, fissando l’uomo che sogghignava, « non serve a niente un incantesimo tutte scintille e nessun effetto ».
« Questo lo credi tu. Cru… »
« Petrificus totalus » proferì una voce, prima che l’uomo riuscisse a concludere la formula.
Hermione fissò l’uomo con la bacchetta puntata verso di lei, che se ne stava immobile in mezzo alla strada mentre Harry gli sventolava una mano davanti agli occhi.
« Pare che sia arrivato al momento giusto » commentò Harry avvicinandosi all’amica. « Tutto bene? Non ti sei ferita?»
« No, solo uno stupido incantesimo riuscito male… per mia fortuna ».


Come aveva potuto essere così stupida? Come aveva fatto a sottovalutare in quel modo il suo avversario, fino a credere che avesse lanciato un incantesimo inutile? Si era forse addormentata quando durante l’addestramento le avevano detto di fare attenzione e controllare i danni effettivi che un incantesimo lanciatole poteva provocarle?
Hermione scoppiò a piangere. Era un’idiota e se lo meritava: qualsiasi cosa l’aspettasse, era la giusta punizione per essere stata così incosciente.
« Io… » disse il Medimago consapevole che non era facile da accettare ciò che le avrebbe detto. « Vuole che le chiami suo marito? »
« No! » esclamò Hermione asciugandosi le lacrime. « Lo dica solo a me ».
« Ma prima o poi dovrà dirlo anche ai suoi familiari ».
« La prego, lasci decidere me cosa è giusto che sappiano » ribatté Hermione, seccata dall’insistenza del Medimago. « Venga subito al sodo. Mi sono stancata di questi giri di parole ».
« Le restano poco più di sei mesi di vita. Mi dispiace ».
Hermione fissò l’uomo davanti a lei, senza realmente vederlo. Non riusciva a parlare, a dire una sola parola. Quello doveva essere un incubo. Prima Ron, poi… non riusciva nemmeno a formulare un pensiero che descrivesse bene la situazione in cui si trovava: lei sarebbe morta.
Fra sei mesi sarebbe morta, e di quella vita non le sarebbe rimasta nemmeno la consapevolezza che Ron l’avesse amata davvero.


Continua...

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


“Disclaimer: I personaggi, i luoghi ecc. appartengono a J.K.Rowling. Non ho niente a che vedere con chi detiene il copyright sui personaggi, con il creatore di una determinata serie, con il produttore o con chi si occupa del merchandise. Non si vuole violare il Copyright in alcun modo.”



CAPITOLO 3

Era lì, immobile, a fissare la sua figura riflessa nello specchio.
Da piccola aveva spesso fantasticato sull'età adulta. Aveva sognato il principe azzurro, una bella casa, dei bambini. Aveva sognato di essere felice, aveva sognato una vita perfetta. Ma ora lo specchio si era rotto e il sogno era finito.
Hermione, bisogna ricominciare a vivere e a tornare con i piedi per terra.
Le vite perfette non esistono.


*



Hermione si sedette esausta sul divano. Non riusciva a credere che la sua vita avesse preso quella piega. Ma che importava... che senso aveva la sua vita?
Sentì la serratura scattare e un paio di passi che frettolosamente salivano le scale. Evelyn era strana negli ultimi tempi e non credeva che lo studio fosse l'unica causa. Le sembrava distante, come se la stesse evitando.
« Ev’ tesoro, puoi venire un attimo qui? »
« Devo studiare mamma » urlò sua figlia, senza nemmeno scendere.
Hermione stava per dire qualcosa, ma non lo fece; sospirò e chiuse gli occhi stancamente.
Che senso aveva dirle di non studiare, quando lei al terzo anno si era fatta dare perfino una Giratempo, pur di star dietro a tutte le materie che aveva?
Tirò fuori dalla tasca una pastiglia e la ingoiò. Non servivano a niente, per lei non c'era più niente da fare, ma almeno le alleviavano le sofferenze... non quelle del cuore però.
Detestava la situazione in cui si trovava: Ron la tradiva e lei stava per morire, senza contare che prima o poi avrebbe dovuto dirglielo.
Stupida Hermione, perché riesci sempre a complicarti la vita?!
Come se fosse colpa mia...
È colpa tua! Chi è stato così incosciente da farsi colpire da quel delinquente?
Io.
E chi non riesce a tenersi stretto nemmeno il marito?
Sempre io.
Hermione sospirò e si alzò di scatto per andare in cucina, perché almeno cucinando non avrebbe pensato ai suoi problemi. Sorrise a quel pensiero: venticinque anni prima un’idea del genere non l'avrebbe sfiorata minimamente. Quando si era sposata non era capace nemmeno di preparare un uovo e invece adesso poteva fare un ottimo pasto senza mandare nessuno al San Mungo per intossicazione. Ridacchiò ripensando alla volta che aveva messo nel frappé il sale al posto dello zucchero: la faccia di Ron non era mai stata così disgustata, se si escludeva il secondo anno, quando per un giorno intero aveva vomitato lumache. Continuò a ridere da sola per un po', ripensando alle sue peripezie culinarie, quando due braccia forti le cinsero i fianchi e due morbide labbra la baciarono dolcemente sul collo.
« Non ti vedevo così allegra da mesi. Uno zellino per i tuoi pensieri? »
« Pensavo a te » gli rispose, cercando di soffocare una risata.
« Sto invecchiando » replicò Ron portandosi teatralmente una mano alla fronte, « mia moglie pensando a me, invece di eccitarsi si mette a ridere... questo è l'inizio della fine ».
« Cretino ».
« Ben detto ma' » puntualizzò Thomas entrando in cucina. « Che fai di buono? »
« Sorpresa » gli rispose allegramente. « Oggi voglio stupirvi ».
« Thomas, chiama il San Mungo e prenota quattro posti, che stasera saremo lì » ironizzò Ron, facendo l'occhiolino al figlio.
« Non ti preoccupare, se non ti va di cenare, puoi benissimo andare fuori » replicò Hermione assumendo un cipiglio arrabbiato, ma subito dopo scoppiò a ridere, seguita a ruota dal marito e dal figlio.
Per un po' continuarono a ridere e scherzare, aiutando Hermione a preparare la cena, quando la testa di Evelyn sbucò dalla porta della cucina, osservandoli perplessa. Hermione la notò, le fece un sorriso radioso e poi cenno di entrare. Lei scosse la testa e un dolore atroce avvolse Hermione. Che sua figlia la stesse realmente evitando?
« Stasera non ceno ».
La voce di Evelyn risuonò secca nell'aria e per Hermione fu come una pugnalata al cuore.
Possibile che fosse vero? Possibile che sua figlia la stesse evitando? Cosa le aveva fatto per meritare una simile punizione?
« Dieta? Ti ho vista un po' ingrassata in questi tempi » osservò Ron, punzecchiando la figlia.
Hermione parve ridestarsi dai suoi pensieri sentendo le parole del marito. Sua figlia non la stava evitando, stava solo cercando di perdere peso. Tirò un sospiro di sollievo e decise di prendere in mano le redini della situazione.
« Signorina, mangiare è importante, soprattutto per te che utilizzi molte energie per studiare ».
« Mamma, va tutto bene, non sto facendo nessuna dieta, sono contenta dei chili che ho e magari mangerò più tardi ».
« Me lo prometti? » le chiese Hermione, apprensiva.
« Promesso ».
Evelyn le sorrise e la sua testa sparì oltre la porta.
C'era qualcosa che non andava: conosceva abbastanza bene sua figlia da capire che le stava nascondendo qualcosa, ma in quel momento le sfuggiva cosa. Hermione scosse la testa e sorrise a Ron che la stava guardando allegro. Forse, se si fosse impegnata, sarebbe riuscita a mantenere una vita perfetta per i cinque mesi di vita che le restavano.
Quella sera, per esempio, tutto fu perfetto e per un po' Hermione dimenticò i suoi problemi.
Presto, però, la realtà tornò prepotentemente a farsi sentire.
« Questa notte sono di turno » disse Ron fra un boccone e l'altro.
« Come? » domandò Hermione con la forchetta a mezz'aria.
Aveva compilato personalmente le schede dei turni per quella settimana e Ron non ne aveva per quella notte. Doveva aspettarselo: la sua amante voleva vederlo un po' più spesso di quanto facesse prima, infischiandosene che forse anche la moglie voleva averlo accanto a sé.
Ma che diavolo stava pensando? Ron non era un giocattolo per il quale bisognava mettersi d'accordo su quanto lo doveva tenere ognuna di loro! Ron era suo marito e lei aveva la priorità su tutto.
« Strano, non mi pareva ci fosse il tuo nome per il turno notturno » gli disse con noncuranza, cercando di coglierlo in fallo.
« Infatti. Ben mi ha chiesto di spostare il suo turno con il mio: sua madre sta poco bene e lui vorrebbe starle accanto ».
Fottuto bastardo! Da quando era diventato così bravo e soprattutto da quando era così sfacciato nel mentirle?
Furibonda, mollò le posate e si alzò di scatto; uscì fuori dalla cucina senza degnare il marito di uno sguardo che, perplesso da quella reazione, la guardò allontanarsi da lui.
Mai avrebbe immaginato un simile comportamento da Ron, non lo credeva capace di tanto.
Come aveva potuto essere così sciocca da illudersi che tutto andava bene?
Suo marito la stava tradendo e lei faceva finta di niente.
Che fine aveva fatto la grintosa Hermione che tutti ammiravano e apprezzavano quando era giovane?
Morta, e presto anche il suo corpo avrebbe fatto la stessa fine.
Hermione sbatté con forza la porta del bagno e si accasciò a terra in lacrime. Tirò fuori dalla tasca una pastiglia e la ingoiò. Forse ne stava prendendo troppe: il Medimago le aveva detto di non esagerare, ma che male le poteva fare una pastiglia? Cosa poteva farle una pastiglia, quando ormai era certo che di lì a pochi mesi sarebbe morta?
Niente.
« NIENTE! » urlò Hermione, lanciando arrabbiata la scatola di pastiglie.
« Hermione » disse la voce di Ron oltre la porta, « mi dispiace. Se non vuoi che vada, mi farò sostituire ».
« NON ME NE FREGA NIENTE! » gridò Hermione aprendo la porta di scatto, vedendo un Ron visibilmente preoccupato. « FAI QUEL CAZZO CHE VUOI, NON ME NE FREGA ASSOLUTAMENTE NIENTE ».
« Ma che ti prende? » domandò, irritato dal comportamento della moglie, ma lei non gli rispose.

Cosa le era preso? Perché diavolo aveva alzato la voce in quel modo?
Era arrabbiata, ma questo non le dava il diritto di perdere le staffe in quel modo.
Hermione si passò una mano sulla fronte e andò nella sua stanza per distendersi sul letto.
La situazione le stava sfuggendo di mano, le cose non dovevano andare in quel modo.
Lei doveva fare la brava mogliettina, fare finta che tutto fosse a posto e magari anche decidersi a dire sia a Ron che ai bambini che stava per morire.
No, le cose non stavano per nulla andando come avrebbero dovuto.
Chiuse gli occhi e cercò di prendere sonno. Sentì Ron entrare in camera e avvicinarsi a lei, ma poi parve cambiare idea e lo sentì uscire dalla stanza. Era meglio così, perché in quel momento non era abbastanza lucida per affrontare una qualsiasi conversazione con lui, senza insultarlo.
Passò un po' di tempo così, immobile in mezzo al letto, finché, certa che Ron non sarebbe tornato, riaprì gli occhi. Prese un libro dalla libreria e sedendosi sul letto cominciò a leggere.
Erano passate un paio di ore dal momento in cui aveva cominciato a leggere, quando sentì dei passi fuori dalla porta e dei sussurri che si fecero man mano più tenui.
Hermione si alzò lentamente e senza farsi sentire uscì fuori dalla stanza, seguendo quelle voci.
Sorrise sentendo Evelyn e Thomas ridacchiare complici, mentre assaltavano la dispensa. Stava per entrare anche lei in cucina, quando la voce di suo figlio la bloccò.
« Allora, glielo dici alla mamma? »
« Ti sei bevuto il cervello? »
« Certo che no, ma quella saggia e intelligente che fa sempre la cosa giusta sei tu, non io » obiettò Thomas sarcastico.
« Intelligente sì, ma non suicida ».
« Forse... »
« Forse un corno, lo sai meglio di me com'è fatta la mamma » replicò Evelyn agguantando con foga un pezzo di pane, « finché continuerò a studiare e a comportarmi come vuole lei, non verrà a rompermi le scatole ».
« Perché studiare ti allarga gli orizzonti » fece Thomas, in una strampalata imitazione di sua madre. « Hai ragione, è così fissata con lo studio che non si accorge di nient'altro ».
« È quasi folle! »
« Leva pure il quasi sorella, nostra madre è folle! »
Hermione si allontanò agitata dalla porta: non riusciva a credere a ciò che aveva appena sentito. I suoi figli... i suoi figli la ritenevano pazza, una folle invasata fissata con lo studio.
Come si era arrivati a quel punto?
Cosa aveva fatto per meritarsi il disprezzo dei suoi figli e il tradimento di suo marito?
Calde lacrime le rigarono il volto e, senza trovare una risposta alle sue domande, tornò in camera sua, accompagnata dalle risate allegre di Thomas ed Evelyn che risuonavano ormai in lontananza.


Continua...

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


“Disclaimer: I personaggi, i luoghi ecc. appartengono a J.K.Rowling. Non ho niente a che vedere con chi detiene il copyright sui personaggi, con il creatore di una determinata serie, con il produttore o con chi si occupa del merchandise. Non si vuole violare il Copyright in alcun modo.”



CAPITOLO 4

Le vite perfette non esistono, eppure lei era stata così sciocca da illudersi che esistessero.
Una vita intera passata a vivere come in una favola… ma ora doveva fare i conti con la realtà e, soprattutto, doveva affrontarla da sola.
Ora era sola... soltanto lei e il suo dolore.


*



Era da tutto il pomeriggio che si allenava e il suo fisico malato le stava mandando chiari segnali: era ora di fermarsi!
Hermione frugò nelle tasche alla ricerca di una pastiglia, senza smettere di correre.
Nonostante il Medimago le avesse detto chiaramente di non sforzarsi più del dovuto, lei non voleva ammettere nemmeno a se stessa di essere totalmente inutile. Se proprio per i suoi familiari non contava più nulla, poteva sempre fare qualcosa per la società.
Era o non era un Auror, un ottimo Auror per altro?
No, non lo era più. Erano finiti i tempi d’oro del Maggiore Granger, ora l’unica cosa utile che poteva fare era compilare moduli e scartoffie varie.
Si detestava per la sua inutilità. Come era potuta arrivare a tanto?
« Ciao Hermione ».
Hermione si voltò e si fermò di scatto, osservando la figura appena entrata in palestra. Alzò un sopracciglio scettica, incapace di credere che fosse venuta a cercare proprio lei. Di certo era venuta a salutare il suo caro maritino - il suo caro maritino fedele - oppure il suo onesto fratellone. Dunque, perché venirla a cercare? Che diavolo ci faceva lei qui?
« Ginny, qual buon vento? » domandò Hermione piatta.
« Ero a pranzo con Harry e ho pensato di venire a salutarti. Non fai altro che lavorare negli ultimi tempi, ti si vede così poco in giro».
Ginny si avvicinò sorridente verso di lei. Hermione si dette della stronza per aver dubitato in quel modo della sua migliore amica. Come poteva esserle anche solo passato per l’anticamera del cervello che anche lei l’avesse abbandonata? Ginny era Ginny: una persona straordinaria, e se anche il mondo le voltava le spalle, lei non l’avrebbe mai lasciata sola.
Hermione le sorrise calorosamente.
« Lavorare mi distrae ».
« Ah, che non siamo più così giovani si nota dal fatto che per distrarci lavoriamo: qualche anno fa avevamo altre distrazioni motorie» ironizzò Ginny ammiccando.
« Scema » ridacchiò Hermione.
Povera Ginny, ancora convinta che le vite fossero perfette.
Come poteva anche solo immaginare quale disastro fosse la vita della sua migliore amica? Come poteva sapere che suo marito la tradiva e i suoi figli la disprezzavano?
No, non poteva saperlo: lei aveva una vita perfetta e la vita di Hermione sarebbe apparsa incomprensibile ai suoi occhi.
« Piuttosto, non pensi che invece tua figlia meriti un po’ di svago? Tutti i libri che sono nel tuo ufficio, sono per lei o sbaglio? »
Hermione la guardò di sbieco e il sorriso le sparì dal volto.
Doveva capirlo prima… era tutto troppo perfetto. La cara amica che va a trovare la povera Hermione distrutta dal dolore, col solo interesse di chiacchierare amabilmente con lei. Era logico che ci fosse sotto qualcosa!
Chissà, forse era stato proprio Ron a chiedere a Ginny di parlarle di Evelyn e di convincerla a farla studiare di meno. Come se fosse colpa sua…
Hermione, non l’avrai dimenticato… è sempre colpa tua!
« Sì, i libri sono per lei. Se vuole studiare non sarò certo io a dissuaderla ».
« E se non volesse? »
« Senti, non farmi la predica, per quello mi basta già Ron. Sono l’unica che capisce come si sente Evelyn, voi in sette anni non vi siete mai chiesti perché studiassi tanto » parlò amaramente, irritata da quella conversazione.
« Perché lo facevi? »
« Che domande, perché mi piaceva sapere tutto ed essere informata ».
« Hermione, negli ultimi tempi sei strana » affermò Ginny preoccupata.
« Ginny, se sei qui per farmi una predica, sparisci » ribatté Hermione al limite della sopportazione.
« Forse tu non te ne accorgi, ma con tutto questo lavoro stai trascurando la tua famiglia ».
« Davvero? » fece Hermione sarcastica. « Che cavolo ne vuoi sapere tu con la tua vita perfetta? »
« La mia non è una vita perfetta e mi stupisco… non è da te dare dei giudizi affrettati ».
« Fottiti! »
Ginny allargò gli occhi per lo stupore e osservò incredula l’amica.
Nemmeno Hermione riusciva a crederci: aveva mandato a ‘fanculo la sua migliore amica. Le cose stavano prendendo una brutta piega. Quella, Ginny, non gliel’avrebbe perdonata facilmente.
Hermione si voltò cercando di evitare lo sguardo dell’altra, ma Ginny la prese per un braccio e, voltandola, la guardò severa negli occhi.
« Non ti permetto di parlarmi così ».
« Ah no, la santarellina dalla vita perfetta non vuole sentire le parolacce? Cos’è, intaccano il tuo mondo perfetto? »
Che cavolo le stava prendendo?
Perché si stava comportando in quel modo orribile?
Ginny non le aveva fatto nulla di male, tutt’altro, eppure lei non riusciva a fare a meno di sentirsi arrabbiata con lei e con la sua invadente faccia tosta.
« Va a ‘fanculo Hermione, tu e la tua crisi di mezza età ».
« Dunque è tutta colpa mia! » esclamò Hermione sconvolta dalla reazione dell’amica. « Ma certo, come ho fatto a non capirlo? »
« Ma che cazzo ti prende? » sbottò Ginny, irritata dal comportamento dell’amica.
« Mi prende che fra tre mesi sarò sottoterra a far compagnia ai vermi. Sì Ginny, è inutile che fai quella faccia sorpresa. Sto per morire ».
Ginny la guardò stupita e le mollò il braccio che teneva ancora stretto.
Hermione si maledì per averglielo detto: non doveva dirglielo, doveva rimanere un suo segreto. Ora tutti si sarebbero sentiti in dovere di compatirla.
« Come? »
Quella sola parola, che fu quasi un sussurrò, fece alzare la testa di Hermione che incrociò gli occhi lucidi dell’amica trovando in essi tutto fuorché compassione.
C’era rabbia, tristezza, ma non pietà.
« Stai... Scherzi, non è vero? » domandò Ginny flebilmente.
Lo sapeva fin troppo bene che non stava scherzando.
Ginny sapeva che non avrebbe mai scherzato su una cosa simile, dunque perché… perché ripetere ciò che sapevano benissimo entrambe ormai. Lei stava per morire, non c’era niente di più chiaro in quel momento nella sua vita se non quello.
« Come Hermione, come? »
« Vuoi veramente sapere come, o semplicemente vuoi sapere come stanno le cose in modo da recitare meglio la tua parte da amica dispiaciuta? »
« Hermione, com’è successo? » le chiese ancora una volta Ginny, come se non l’avesse sentita. « Da quanto lo sai? Perché non ce l’hai detto prima? »
« Tu non capisci ».
« Cosa non capisco? Ma forse hai ragione, non so cosa significa essere certi che la propria vita presto finirà, ma sei circondata da persone che ti vogliono bene. Ti stai comportando come un’ipocrita ».
Come si permetteva di darle dell’ipocrita?!
Cosa ne poteva sapere lei dell’inferno che aveva passato in quei mesi? Lei non sapeva nulla, stava semplicemente dando fiato inutilmente alla sua bocca perfetta, quella stessa bocca che il suo maritino perfetto baciava ogni sera tornando a casa da lavoro. Era un’idiota!
« Che ne vuoi sapere tu? » urlò Hermione. « Tanto sono io quella che sta per morire, io quella che ha il marito che la tradisce, la figlia che la evita come la peste e il figlio che la crede una pazza invasata ».
Era stanca di tenersi tutto dentro.
« Hermione, ma ti rendi conto di quello che stai dicendo? »
« Certo, vuoi che te lo ripeta? » strillò Hermione furente, portandosi una mano sul petto.
No, di nuovo… non ora.
Hermione si morse il labbro inferiore, cercando di trattenere il dolore. Ginny le si avvicinò per aiutarla, ma lei la spinse via bruscamente.
« NON. MI. TOCCARE ».
« Herm… »
« Senti Ginny lascia perdere, tanto è tutto inutile ».
« Vuoi dire che… »
« Sì, non c’è niente da fare. Sono senza speranze ».
Ginny scoppiò a piangere e l’abbracciò cercando di darle il conforto che per lungo tempo si era rifiutata, e lei non ebbe più la forza di far finta che tutto ciò non la facesse soffrire.
Per la prima volta dopo tanto tempo non si sentiva più sola.
« Dovresti dirglielo, a Ron e ai ragazzi » disse Ginny, cercando di farla ragionare.
« Perché? Per vedere le loro finte facce di compassione. Mi ero ripromessa di vivere questi ultimi mesi come se la mia vita fosse perfetta, ma non è così facile. Non ci riesco ».
« Sai, le vite perfette non esistono. Io ed Harry rompiamo minimo un servizio di piatti all’anno ».
« Come? » domandò Hermione perplessa, sciogliendo l’abbraccio.
« Non sai quanto litighiamo noi due, magari non ci parliamo per giorni interi » le confessò Ginny, sorridendole dolcemente, « ma poi alla fine finisce sempre che riprendiamo a parlarci perché non ricordiamo per quale sciocchezza abbiamo litigato ».
« Chissà, forse è questo che manca nel nostro rapporto » osservò Hermione asciugandosi le lacrime, « forse, se avessi rotto un paio di piatti, Ron non sarebbe finito fra le braccia di un’altra ».
« Hermione, Ron sarà pieno di difetti, ma sei certa che ti tradisca? »
« L’ho visto con i miei occhi ».
Come poteva dimenticare l’angoscia che aveva provato quel pomeriggio vedendolo baciare un’altra?
Come poteva credere che quel dolore fosse solo frutto della sua immaginazione?
Non poteva.
Hermione abbassò il capo tristemente e sentì Ginny abbracciarla con dolcezza.
« D’accordo Hermione, ti concedo il tradimento di Ron, ma per quanto riguarda i tuoi figli… tu sei paranoica! Evelyn e Thomas ti adorano e per tua figlia sei un modello da seguire ».
« Certo, un modello di pazza invasata fissata con lo studio » borbottò Hermione ironicamente.
« Ti do una settimana! O lo dici tu a tutti, o lo farò io ».
« Non puoi… »
« Certo che posso, sono o non sono la tua migliore amica? »
« Ora ti stai comportando più come una belva sadica » commentò Hermione tristemente.
« Hermione, è giusto che loro sappiano e vedrai che dopo ti sentirai meglio, ne sono certa. Per una volta sii tu ad appoggiarti a loro ».
« Loro… »
« … ti amano Hermione. E se non vuoi farlo per loro, fallo per te stessa ».
Probabilmente aveva ragione.
Aveva sicuramente ragione. Ma c’era un unico piccolo dettaglio da risolvere: dire a Ron e ai ragazzi che stava per morire. E di certo, non sarebbe stato facile.


Continua...

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


“Disclaimer: I personaggi, i luoghi ecc. appartengono a J.K.Rowling. Non ho niente a che vedere con chi detiene il copyright sui personaggi, con il creatore di una determinata serie, con il produttore o con chi si occupa del merchandise. Non si vuole violare il Copyright in alcun modo.”



CAPITOLO 5

La realtà non è mai come la immaginiamo.
È tutta una questione di punti di vista.


*


Erano passati un paio di giorni dall’animata chiacchierata avvenuta fra lei e Ginny, ma fino a quel momento non aveva ancora trovato il coraggio di dire a Ron della situazione in cui si trovava.
Hermione sospirò pesantemente lanciando un’occhiata distratta fuori dalla finestra: stava piovendo. Sconsolata, tornò a concentrarsi sulla maionese: poche volte l’aveva preparata e sempre, puntualmente, capitava qualche imprevisto che la distraeva dal lavoro, facendola impazzire.
Quel giorno, però, non ci sarebbero stati intoppi. Evelyn, come suo solito, era sparita chissà dove, Thomas era a giocare a Quidditch, e Ron… beh, lui le aveva detto che andava a trovare Harry, ma dubitava potesse essere quella la verità. Aveva come l’impressione che, invece del suo migliore amico, fosse andato da una giovane ragazza castana, con la quale di certo non avrebbe avuto una semplice conversazione.
Senza rendersene conto, Hermione iniziò a mescolare con più violenza la maionese.
Quella maledetta sgualdrina.
La porta di casa sbatté con violenza e Hermione sussultò spaventata.
Che diavolo stava succedendo?
Senza pensarci due volte, poggiò la terrina sul tavolo ed estrasse velocemente la bacchetta. Silenziosamente, entrò in soggiorno guardandosi attorno: la figura alta e slanciata di uomo le fece corrugare la fronte, perplessa.
Ma che diavolo stava combinando? Perché era già tornato?
« Sei tu » disse Hermione, riponendo la bacchetta, « potevi anche entrare senza fare tutta quella baraonda. Mi hai fatto impazzire la maionese ».
Hermione si voltò per tornare in cucina a salvare il salvabile, ma due braccia forti la fermarono e la bloccarono. Sentì il suo fiato sul collo e una strana eccitazione la pervase.
Erano mesi che loro due non stavano così vicini: per tutto quel tempo lei aveva evitato ogni contatto con lui, per cercare di non soffrire inutilmente o cedere all’angoscia che regnava sovrana nel suo cuore. Ron la voltò di scatto e i suoi occhi azzurri la fissarono severi, scrutando nel suo sguardo in cerca di una spiegazione.
« Perché non me l’hai detto? »
« Scusa, non credevo che ti interessasse sapere che stavo facendo la maionese » disse Hermione, perplessa per il suo comportamento.
« Non parlo di questo ».
« Senti Ron, non so a cosa tu ti stia riferendo. Non sono una brava Legilimens e lo sai! » esclamò Hermione, cercando di scacciare l’ansia.
Che lui sapesse?
Insomma, come poteva aver scoperto che lei stava per morire, soltanto lei e il Medimago lo sapevano.
Ginny!
Allora era andato davvero da Harry. Ginny gli aveva detto che sua moglie stava per morire e lui si era subito fiondato a casa per avere una conferma da lei. Ma non era ancora passata una settimana e Ginny aveva detto che le avrebbe dato sette giorni di tempo.
Perché l’aveva tradita in quel modo? Perché non aveva aspettato che fosse lei a parlarne?
« Parlo del bacio che mi ha dato Kathryn ».
Hermione scosse la testa dubbiosa.
Dunque non gli aveva detto che stava per morire.
No, altro che della sua morte, avevano parlato del tradimento di Ron.
« Allora si chiama così quella sgualdrina » sibilò Hermione, senza pensarci.
Le braccia di Ron, che fino a quel momento l’avevano tenuta stretta per le spalle, la mollarono e lui abbassò il capo sconsolato. Hermione lo fissò duramente, cercando di reprimere la sua voglia di prenderlo a schiaffi. Ora voleva sentire ciò che aveva da dirle, era l’ora della verità.
« Dovevi dirmelo. Insomma, dovevi dirmelo che ci avevi visti, ti avrei spiegato ».
« Perché, c’era qualcosa da spiegare? Un motivo valido che ti discolpa da ciò che hai fatto? »
« No, però… »
« PERO' COSA?! » urlò Hermione arrabbiata.
Non riusciva a credere che avesse una tale faccia tosta da presentarsi da lei come se quel bacio non fosse mai esistito, quando lei sapeva benissimo cosa aveva visto: il dolore che l’aveva avvolta distruggendola da dentro, come un morbo interiore che ti divora lentamente, non poteva essere soltanto frutto della sua immaginazione.
Ron non poteva presentarsi lì e cercare di farle credere che lui non aveva fatto niente, perché quello che per lui era un niente per lei erano stati mesi di dolore e angoscia.
« Fra me e Kathryn non c’è assolutamente nulla » le confessò Ron, alzando lo sguardo.
Hermione fissò per un attimo gli occhi azzurri del marito, ma subito dopo si voltò per non doverlo guardare. Perché vedeva che era pentito, ma non voleva cedere a quegli occhi: non voleva permettergli di manipolarla con il suo sguardo da cucciolo pentito, facendole credere che tutto sarebbe stato come prima, perché non si poteva più tornare indietro. Non ora che lui aveva baciato un’altra, non ora che lei l’aveva visto, non ora che lei stava per morire.
No, le cose non poteva più tornare come prima.
« Non guardarmi con quegli occhi ».
« Hermione ».
« NO, RONALD! Non puoi calpestare i miei sentimenti e aspettarti che io ti accolga a braccia aperte ».
« Ti prego, ascoltami. Se avessi pensato che fosse importante te l’avrei detto subito, ma si trattava di una sciocchezza, non significava niente ».
« Per te forse non significa niente, ma io mi sono sentita morire quando vi ho visti».
« Dovevi dirmelo » disse Ron con fermezza.
« Ah sì? Beh, adesso vado a farmi un giro e a baciare i miei colleghi. Se ci vedi dimmelo, d’accordo? » replicò Hermione acidamente.
« Hermione, non sono stato io a baciarla: mi ha baciato lei, all’improvviso! »
« Oh, il piccolo Ronny immobilizzato e baciato senza il suo consenso da una donna che è la metà di lui. Non sono nata ieri, mi credi veramente così scema? »
« No, ma ora inizio a crederlo che tu lo sia » ribatté Ron, spazientito da quella discussione.
Non litigavano da anni in quel modo. Hermione non riusciva nemmeno a ricordare quand’era stata l’ultima volta. Forse a Hogwarts? Probabile, ma a quei tempi si litigava perché erano troppo stupidi per accorgersi ognuno dei sentimenti dell’altro. Ora la faccenda era ben diversa: Ron non l’amava più e l’aveva addirittura tradita.
« Beh, visto che hai una moglie scema, che ne dici del divorzio così voli dalla tua dolce e giovane pulzella? »
« Hermione, ma ti stai sentendo? »
« SÌ, RON, VOGLIO IL DIVORZIO! Sono stufa di vivere una vita a metà, con un uomo che non mi ama più e che passa il suo tempo sotto le coperte di un’altra ».
« Sai, forse hai ragione. Non ha senso continuare a stare assieme se la fiducia che riponi in me è pressoché inesistente » replicò Ron, voltandosi per uscire.
« Ronald Weasley, non ti permetto di scaricare addosso a me le colpe di un matrimonio che non funziona. Non sono stata io a baciare un altro o a farmi baciare da un altro » l’accusò Hermione, sarcastica.
« Cosa avrei dovuto fare secondo te? »
« Dirmelo ».
« Ti saresti arrabbiata ».
« Come se ora non lo fossi ».
« Tu non hai fiducia in me » disse Ron, arrabbiato.
« Come se tu ne avessi in me! Forse, se mi avessi raccontato tutto dal principio, non mi sarei fatta un sacco di seghe mentali su una tua probabile storia con quella donna ».
« Vuol dire che mi credi? » domandò Ron, speranzoso.
« Può darsi, ma non ti perdono ».
« Vuoi ancora il divorzio? »
« Sarebbe inutile ».
Ron la osservò confuso, cercando di capire cosa intendesse con quelle parole.
Nemmeno lei sapeva bene cosa volesse dirgli, o forse inconsciamente aveva capito che era arrivato il momento di raccontargli la verità. Non poteva continuare a tenersi tutto dentro, e a quel punto era giusto che anche lui sapesse come stavano andando realmente le cose.
« Ron… sto per morire ».
Un tonfò risuonò nella stanza, facendo voltare Ron e Hermione.
Evelyn e Thomas erano sull’uscio della porta e li stavano guardando sconvolti.
« Ti prego mamma, dimmi che non è vero! »


Continua...

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


“Disclaimer: I personaggi, i luoghi ecc. appartengono a J.K.Rowling. Non ho niente a che vedere con chi detiene il copyright sui personaggi, con il creatore di una determinata serie, con il produttore o con chi si occupa del merchandise. Non si vuole violare il Copyright in alcun modo.”




CAPITOLO 6

Se alle volte ci fermassimo a riflettere e ad ascoltare chi ci sta attorno, molte incomprensioni non avrebbero motivo di esistere.


*


Hermione si voltò a fissare stupita i suoi figli che la guardavano sconvolti, aspettando una risposta positiva alla loro domanda che li rassicurasse sul suo stato di salute.
Ricordava ancora quando erano nati.
Ricordava ancora la gioia che aveva provato, quando li aveva stretti fra le braccia per la prima volta.
Erano così piccoli e sembravano così indifesi, ma lei li avrebbe protetti, perché per la prima volta nella sua vita aveva sentito di avere qualcosa di realmente suo da difendere.
Eppure, ora i suoi figli la detestavano, ritenendola una folle fissata con lo studio.
Quando… quando si era arrivati a tal punto?
Hermione osservò i suoi figli: erano cresciuti.
Non erano più i due bambini che non facevano altro che azzuffarsi fra loro, incolpandosi a vicenda quando lei li fissava severa.
Non erano più i bambini che arrivavano di soppiatto da lei e Ron nel pieno della notte perché avevano fatto un incubo e volevano stare con la loro mamma.
Non erano più i bambini che, gioiosi, correvano da lei per mostrarle la lettera di ammissione a Hogwarts.
Loro erano cresciuti, ma per lei sarebbero sempre rimasti i suoi bambini.
« Mi dispiace ».
Non sapeva nemmeno perché si stesse dispiacendo.
Le dispiaceva di essere stata una tale incosciente da farsi colpire, o le dispiaceva di non avere più un rapporto con i suoi figli?
« Ma… non c’è niente da fare? » domandò Evelyn, distogliendola dai suoi pensieri. « Insomma, ci sarà pur qualcosa… Qualsiasi cosa! »
« Per quanto la mia vita faccia schifo, pensi che mi lascerei morire se potessi evitarlo? » domandò Hermione duramente.
« Mamma, che stai dicendo » disse Thomas, sorpreso dalle parole della madre. « Hai noi, hai papà… Come fai a dire che la tua vita fa schifo? »
Hermione sospirò e, senza rispondere ai suoi figli, lanciò un’occhiata significativa a Ron che la osservò dispiaciuto, avvicinandosi a lei.
« I ragazzi non c’entrano niente con quello che è successo fra noi. Non puoi essere così dura con loro ».
« Oh caro, di certo non c’entrano con il fatto che tu vada in giro a farti baciare dalla prima che incontri, ma resta il fatto che mi considerino una folle fissata con lo studio ».
« Beh, come dargli torto » ammise Ron, prima di rendersi conto di ciò che aveva detto.
Hermione lo fulminò con lo sguardo, ma non poté fare a meno di sorridere impercettibilmente. Quello era il suo Ron: il Ron che aveva conosciuto ai tempi di Hogwarts e che non faceva che prenderla in giro per la sua mania di studiare e sapere sempre tutto. Eppure non lo aveva mai detto con cattiveria, ma con amore: glielo aveva detto lui stesso che si divertiva a punzecchiarla, perché gli piaceva vederla arrabbiarsi. Le aveva detto che era molto sexy quando si arrabbiava per quelle sciocchezze. Arrossì ripensando a quelle parole.
Quello, però, non cambiava di certo le cose. Evelyn e Thomas avevano detto chiaramente che lei era una folle fissata con lo studio.
« Allora Evelyn, Thomas, io sarei una folle fissata con lo studio? » domandò loro, severa.
« Io non capisco. Certo che non lo sei » rispose Thomas sincero.
« Davvero? Allora devo aver sentito male alcuni mesi fa, quando ho ascoltato una vostra chiacchierata notturna in cucina ».
Thomas ed Evelyn si fissarono perplessi, finché la ragazza non si portò le mani alla bocca, ricordando a cosa si riferiva la madre. Hermione li osservò soddisfatta, sapendo che ora non potevano più negare di non averlo detto. Tuttavia, c’era qualcosa che non andava: Evelyn era diversa.
Hermione osservò sua figlia che, troppo presa dalle parole della madre, non si accorse dell’occhiata stupefatta che le rivolse.
Non poteva crederci, non poteva essere vero.
Se le cose stavano veramente così, come aveva fatto a non accorgersene prima?
Che l’avesse evitata per tutto quel tempo, per non farglielo scoprire?
Ma perché… perché non dirglielo?
« Mamma, noi… insomma… lo diciamo sempre fra di noi che sei un po’ folle! »
« Sì, lo diciamo scherzando. L’abbiamo fatto da sempre tra di noi, è il nostro modo tacito per dire quanto siamo orgogliosi di te. Noi ti vogliamo tanto bene ».
« Così tanto da evitarmi e non dirmi le cose come stanno » disse Hermione, osservando severa la figlia. « Immagino che tu abbia preso da tuo padre questa mania di nascondere le cose importanti. Ti è forse sfuggito di mente di dirmi che sei incinta? »
Evelyn sbiancò di colpo e gli occhi di Thomas andarono a cercare quelli della sorella, come per domandarle cosa avrebbe dovuto fare.
Dunque anche suo figlio sapeva che lei era incinta. Chissà, forse lei era l’unica a non saperlo.
Perché nessuno le aveva detto niente?!
« Hermione, stai scherzando? » domandò Ron, guardando la moglie, supplichevole. « La mia bambina è solo ingrassata, vero? »
« Ron, ma sei cieco? » urlò Hermione, spazientita.
« Per questo ti evitavo mamma. Papà non si sarebbe mai accorto che qualcosa non andava, ma tu… tu mi conosci troppo bene. Ti saresti accorta subito che ero incinta e io non volevo deluderti ».
Hermione spalancò gli occhi, meravigliata.
Non voleva deluderla, ma stava scherzando?
« Come ti è venuta in mente una cosa simile? »
« In questo modo non potrò finire gli studi per diventare Medimago… almeno, non subito, e so quanto ci tenevi » disse Evelyn, evitando il suo sguardo.
« Evelyn, tu non mi potrai mai deludere! Tu sei mia figlia! Ti voglio bene e sono orgogliosa di essere tua madre » affermò Hermione, avvicinandosi alla figlia e abbracciandola.
Tutti i dubbi e le angosce di quei mesi erano spariti come neve al sole.
I suoi figli le volevano bene e lei sarebbe stata addirittura nonna. Tuttavia, restavano ancora un paio di cose da sistemare. Ron, per esempio, e il fatto che presto sarebbe morta. Eppure, ancora una volta il destino sembrava volerla distogliere dall’affrontare l’argomento.
« TU SEI INCINTA?! » sbraitò Ron facendo voltare le due verso l’uomo. « Lo sapevo io… lo sapevo che non dovevo fidarmi di quel Jonathan ».
« Ron, calmati » gli disse, avvicinandosi a lui.
« È vero papà. Il problema adesso non è Evelyn, ma la mamma ».
Hermione si voltò a fissare il figlio, alle cui parole Ron aveva scosso il capo, per poi voltarsi verso di lei. I suoi occhi… i suoi splendidi occhi azzurri, ora la fissavano con amore. Dopo tanto tempo Hermione lo guardò andando oltre a ciò che era successo in quei mesi, osservandolo soltanto con il suo cuore.
Lo sapeva… stava piangendo.
Sentì due braccia forti stringerla calorosamente e una mano le carezzò dolcemente i capelli. Hermione si lasciò andare in un abbracciò che da mesi si era negata, ma che desiderava più di ogni altra cosa al mondo.
Era stata una sciocca a dubitare di Ron e del suo amore.
È vero, si era fatto baciare da quella donna, ma lui rimaneva sempre l’uomo che amava e la persona che la faceva sentire speciale.
Non importava più nulla se lui era stato baciato da un’altra. Quello stesso giorno era tornato da lei, per stare per sempre con lei… finché morte non ci separi.
« Scusami Ron, scusa se sono stata così brusca » singhiozzò Hermione, « scusatemi se ho dubitato di voi ».
« Mamma, noi ti vogliamo bene ».
« Hermione spiegaci tutto. Che significa che stai per morire? »
« Io… » disse Hermione senza riuscire a parlare.
Ron continuò ad accarezzarle il capo, cercando di calmarla.
Si sentiva protetta. Era da tanto tempo che non si sentiva così in pace con se stessa.
« Mamma… come, quando e perché? » chiese Thomas, impaziente.
« Thomas, vedi di calmarti e lascia parlare tua madre. Immagino che stessi scherzando prima, era la rabbia a farti parlare… dimmi che è così Hermione» disse Ron, speranzoso.
Hermione guardò suo marito negli occhi e lesse in essi tanto dolore.
Lui sapeva che non stava scherzando.
Lui sapeva che l’avrebbe persa, ma voleva credere che non fosse così.
Perché aveva dubitato di lui? Tutto sarebbe stato più facile avendolo accanto.
Seppur a malincuore, Hermione si divincolò dall’abbraccio del marito per poter guardare tutta la sua famiglia mentre parlava.
Era il momento di dire la verità.
« Quattro mesi fa ero in pattuglia a Notturn Alley e sono stata colpita. Non ci ho fatto caso perché non mi sono fatta niente. Lo so, avrei dovuto fare tutti i dovuti accertamenti, ma… »
« È per questo che stavi male? » domandò Evelyn, riflettendo sugli ultimi mesi.
« Ma prendi della pastiglie, no? » incalzò Ron, speranzoso, mentre Thomas annuiva convinto.
Hermione scosse la testa mordendosi il labbro. Vide Ron portarsi le mani nei capelli, come a strapparseli uno ad uno. Thomas strinse forte i pugni ed Evelyn la osservò fra le lacrime.
« La medicina babbana? »
« No ».
« Qualcosa, ci sarà qualcosa! » disse Evelyn, disperata « Quali sono i tuoi sintomi, cosa ha detto il Medimago? Maledizione, che incantesimo era?! »
« Evelyn, calmati » disse Hermione prendendo per le spalle la figlia, che gettò le braccia intorno al collo della madre scoppiando a piangere. « Dovrai imparare che non sempre la medicina può risolvere tutti i problemi ».
« Non è giusto! »
« Tesoro, non pensare a me… pensa al bambino ».
« Darei la vita del mio bambino in cambio della tua » disse Evelyn fra le lacrime.
« Non dire così, prima o poi sarebbe capitato. Avrei voluto solo vivere di più, per passare più tempo con voi e con i miei nipoti » disse Hermione accarezzando la pancia di Evelyn, « ma va bene così. Spero di vederlo nascere ».
« Lo vedrai » disse Ron avvicinandosi ad Hermione « dovessi rivoltare tutta la biblioteca magica nazionale, per trovare una formula che ti dia il tempo necessario, tu vedrai il bambino ».
« Ron, la vuoi smettere di fare il padre possessivo? » domandò Hermione con un sorriso.
« Ma è la mia bambina » disse Ron mettendo il broncio. « E tu perché non l’hai impedito? »
Thomas che fino a quel momento aveva osservato la scena in disparte, fissò il padre sentendosi chiamato in causa, ma invece di sorridere, come Hermione si sarebbe aspettata da lui, osservò tutti con astio, quasi fosse arrabbiato.
« Come fate ad essere così allegri, comportarvi come se tutto andasse per il verso giusto. La mamma sta per morire e voi discutete sul perché Evelyn sia rimasta incinta » disse Thomas aspramente. « Non vi capisco ».
« Thomas… »
« No, mamma, tu stai per morire. Dovresti riposare, dovresti curarti, non lavorare e starti a preoccupare di sciocchezze simili ».
Hermione stava per ribattere, ma Thomas non le diede il tempo: si voltò di scatto e uscì di corsa fuori di casa. Ron borbottò arrabbiato, deciso ad inseguirlo, ma Hermione lo afferrò per un braccio, scuotendo la testa.
« Vado io. Thomas ed io dobbiamo parlare, da soli ».




Continua…

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7

Non piangere, il dolore passa quando hai accanto le persone che ti vogliono bene.


*


Hermione uscì alla svelta fuori di casa, cercando con lo sguardo suo figlio, ma Thomas sembrava essersi volatilizzato o più semplicemente Smaterializzato chissà dove.
Non le era chiaro perché avesse reagito in quel modo così assurdo.
Non era da suo figlio scappare dalle situazioni. Poteva non ascoltare ciò che avevi da dirgli, litigare mantenendo la sua idea testardamente, ma rimaneva davanti a te e affrontava la situazione.
Quel giorno, però, era scappato e lei non riusciva a biasimarlo.
Lui non aveva fatto niente di diverso da ciò che aveva fatto lei per tutti quei mesi: aveva cercato di fuggire dalla realtà, senza rendersi conto che era impossibile.
Sconsolata, Hermione fece un giro attorno alla casa, sperando di trovare suo figlio sul retro. Sapeva benissimo che lui non ci sarebbe stato, tuttavia aveva sperato di voltare l’angolo di casa e trovarlo ancora lì, come da bambino, seduto in mezzo al prato con la scopa in mano, che sorridente le mostrava quanto era bravo a volare.
Ma lui era cresciuto: non era più il bambino a cui Ron insegnava a volare.
Volare… Come aveva fatto a non pensarci prima!
Con due ampie falcate, Hermione raggiunse il ripostiglio dove tenevano le scope e aprì rapidamente la porta, iniziando a rovistare alla ricerca di qualcosa, ma le bastò un attimo per rendersi conto che ciò che cercava non era lì.
Hermione chiuse il ripostiglio con un colpo di bacchetta e, senza pensarci due volte, si Smaterializzò all’ingresso del campo da Quidditch; fece un respiro profondo e poi alzò gli occhi al cielo.
Una figura solitaria stava volando provando ad acchiappare le Pluffe che incantate svolazzavano attorno ad essa cercando di entrare nei cerchi. Hermione sorrise e lentamente si avvicinò alle tribune, sedendosi ad osservare silenziosamente il figlio volare nel cielo.
Ere tale e quale a suo padre.
Quando quei due dovevano sbollire la rabbia, andavano sempre a volare. Era matematico e lei avrebbe dovuto capirlo subito.
Era incredibile come Thomas le ricordasse costantemente Ron.
Nei movimenti, nel carattere, nell’aspetto… certe volte si domandava cosa avesse preso da lei.
La testardaggine? Forse, ma anche Ron lo era parecchio.
Ridacchiò, ripensando a quand’erano giovani e litigavano per ogni piccolezza, per poi non parlarsi per giorni, solo perché troppo testardi per ammettere di essere dispiaciuti.
Hermione era così assorta nei suoi pensieri, che non si accorse nemmeno che Thomas, planando lentamente verso di lei, la stava fissando parecchio preoccupato.
« Mamma, che ci fai qui? Non dovresti essere a casa a riposare? » le domandò, avvicinandosi con la scopa in mano.
« Che ne dici di sederti e di parlare un po’ con me? »
« Possiamo farlo anche a casa, così puoi distenderti sul letto » propose Thomas senza sedersi, tendendole la mano per aiutarla ad alzarsi.
Hermione non si mosse, rimase a fissare il figlio che stava aspettando che lei afferrasse la sua mano. Sospirò profondamente e scosse la testa.
« Noi due parliamo qui e adesso ».
« Mamma, tu… »
« Ti prego Thomas, sei veramente convinto che io possa passare gli ultimi mesi della mia vita distesa in un letto? »
Thomas abbassò lievemente il capo senza risponderle. Hermione prese la sua mano e dolcemente lo strattonò, invitandolo a sedersi accanto a lei. Lui non si oppose e, come un piccolo bambino bisognoso d’affetto, abbracciò sua madre, che gli carezzò dolcemente i capelli.
« Io non voglio… non voglio lasciarti ».
Hermione sorrise intenerita: quello era il suo piccolo bambino.
« Nemmeno io lo voglio, ma non desidero nemmeno smettere di vivere prima del dovuto. Se passerò gli ultimi mesi che mi rimangono a letto sarà come se avessi già firmato la mia condanna a morte. Lo capisci? »
Lui non rispose, ma l’abbracciò più forte mozzandole il fiato. Suo figlio le voleva bene, gliene aveva sempre voluto, e lei aveva dubitato del suo affetto.
Era stata una stupida! Avrebbe potuto passare tanto tempo con i suoi figli, invece di domandarsi inutilmente perché la detestassero.
Se solo si fosse fatta le pare meno paranoie e avesse detto subito a Ron del bacio.
Se solo non si fosse fatta colpire a Notturn Alley.
Se solo non avesse sentito la conversazione fra Evelyn e Thomas o se semplicemente fosse rimasta ad ascoltare tutta la loro conversazione.
Se solo non avesse dubitato dell’amore che i suoi familiari provano per lei.
Se solo…
« Ma non c’è niente da fare? »
Le parole di Thomas la riportarono alla realtà, una realtà che ora voleva vivere pienamente in ogni suo istante. Era giunto il momento di smettere di fingere di vivere, ma di farlo davvero.
« Ti voglio bene tesoro, e te ne vorrò sempre » disse Hermione con dolcezza.
« Avrei dovuto passare più tempo con te! Se solo non fossi stato così preso da Evelyn e dal bambino… Sono uno stupido ».
« No che non lo sei. Sono contenta che tu abbia fatto tutto questo per tua sorella. Sono orgogliosa di voi due e di ciò che siete diventati ».
« Se io fossi stato un buon figlio, avrei capito subito che stavi male. Avrei passato più tempo con te invece di sprecarlo così » asserì Thomas, lanciando un’occhiata al campo da Quidditch.
« Thomas, guardami » disse Hermione cercando gli occhi del figlio, che teneva ancora il capo chino. « Non dirlo mai più. Tu ti stai allenando duramente per avere il posto in squadra, sono contenta che tu stia passando il tuo tempo così. Thomas, ho visto madri disperate perché i figli erano diventati dei delinquenti che contrabbandavano le cose più inimmaginabili a Notturn Alley. Io sono fiera di te e potrò morire soddisfatta, sapendo di aver fatto un buon lavoro con te e con Evelyn ».
« Tu sei la migliore mamma del mondo » esclamò Thomas abbracciandola.
« Lo so Thomas, dove la trovi un’altra folle fissata con lo studio come me? » gli disse , ridendo fra le lacrime.
Thomas iniziò a ridere a sua volta e afferrò sua madre per mano, trascinandola giù dagli spalti.
Lei, perplessa, si lasciò guidare dal figlio che ridacchiava furbescamente.
Quell’espressione non presagiva nulla di buono, era la stessa che aveva Ron quando aveva in testa qualcosa di poco raccomandabile.
« Papà ha detto che non hai mai volato ».
« Beh, non proprio mai… Una volta mi ha trascinato su quell’aggeggio infernale. È stato bello, però mai più ».
Ricordava ancora la volta in cui Ron l’aveva trascinata sulla sua scopa. Quella volta fu davvero sul punto di passare dalle parole ai fatti e ammazzarlo sul serio.
« Mai dire mai mamma » la rimbeccò Thomas con un sorriso furbesco sul volto, che le ricordò troppo quello del padre per non preoccuparsi. « Prima di tornare a casa, ce lo facciamo un giretto assieme? »
« No! » esclamò Hermione arretrando lentamente. « Te lo puoi anche scordare. Non vorrai far salire lì sopra la tua povera mamma vecchia e morente? »
« Risparmiatela per quando Evelyn vorrà raccontarti tutta la sua entusiasmante vita da donna incinta. Credimi, le voglio bene, ma ha fatto impazzire me e Jonathan in questi mesi ».
Hermione ridacchiò pensando a ciò che doveva aver fatto passare sua figlia a quei due. Se voleva, diventava veramente tremenda e, soprattutto, testarda.
Prima che se ne rendesse conto, Thomas la piazzò sulla sua scopa e, salendo dopo di lei, diede una spinta da terra.
In un attimo si trovarono nel cielo.
Hermione fece un piccolo urletto, più per la sorpresa che per la paura. Suo figlio volava veramente bene e soprattutto non in modo scapestrato come suo padre, che quando l’aveva fatta salire trent’anni prima sulla sua scopa, molto probabilmente aveva fatto di tutto per farla morire sul colpo.
Non aveva neanche finito di formulare quel pensiero, che Thomas fece ruotare la scopa. Hermione strinse forte il manico e chiuse gli occhi.
« Mamma, non avrai paura? » domandò ironicamente suo figlio.
Era ufficiale: suo figlio non aveva preso nulla da lei, era Ron Weasley dalla testa ai piedi.
« Chi io? È solo che mi hai preso di sorpresa ».
« Allora posso riprovare ».
Non fece in tempo ad aprire bocca per fermarlo, che Thomas fece ruotare nuovamente la scopa. Ma questa volta semplicemente sentì il cuore batterle forte per l’emozione e inaspettatamente scoppiò a ridere.
Era così che voleva sentirsi… Viva.
« Grazie Thomas. Ora possiamo tornare a casa ».
Suo figlio non se lo fece ripetere due volte: puntò la scopa verso il basso e planò in picchiata, virando il manico poco prima di raggiungere il suolo.
Una volta scesa a terra, Hermione scoppiò nuovamente a ridere.
Era stato così magnifico!
« Ti è piaciuto? »
« Non dirlo a tuo padre ».
Thomas sorrise furbescamente.
« Mmm… ho qualcosa con cui ricattarti ».
« Ma guarda che razza di figlio degenere ho cresciuto! » esclamò Hermione, fingendosi offesa. « Piuttosto, devo ricordarmi d’imparare a volare, nella prossima vita ».
« Potresti provarci anche in questa ».
« No, in questa voglio passare del tempo con le persone che mi amano e che amo ».
Hermione sorrise e Thomas abbracciò la madre con forza.
« Mamma, ti voglio bene ».
« Te ne voglio anch’io. Ed ora a casa, sono un po’ preoccupata per quei due ».
Thomas rise e i due si Smaterializzarono davanti a casa. Si avviarono verso l’ingresso, ma delle urla arrabbiate li fecero indietreggiare.
Era il caso di entrare oppure no?
Hermione guardò il volto del figlio, aveva uno sguardo piuttosto allarmato, e sorrise pensando che la sua famiglia era sempre stata lì accanto a lei, anche quando credeva che non le volessero bene.
Entrarono in casa e le urla si fecero più chiare.
« DANNAZIONE PAPÀ, NON SONO PIÙ UNA BAMBINA! »
« QUESTO LO DECIDO IO! QUEL JONATHAN… APPENA GLI METTO LE MANI ADDOSSO… »
Ron s’interruppe di colpo non appena vide Hermione sull’uscio della porta del soggiorno. Evelyn guardò perplessa il padre e si voltò per vedere cosa stesse fissando.
Prima che se ne rendesse conto, Hermione si trovò stretta in un abbraccio affettuoso della figlia. Ron si avvicinò e le diede un bacio a fior di labbra, poi guardò il figlio con uno strano sguardo.
« Con te facciamo i conti dopo per la faccenda ‘bambino’ ».
« E io che c’entro? Mica sono rimasto io incinto! »
« Tu non mi hai detto niente, figlio degenere! »
Ron diede uno scappellotto sul capo a Thomas e quello si nascose dietro a Hermione come un bambino.
E lei sorrise, perché guardare la sua famiglia - sua figlia che era diventata una donna e presto sarebbe stata madre, suo figlio che aveva messo la testa a posto e non era più il monello scalmanato degno figlio di un Weasley, suo marito che l’aveva amata da una vita e continuava a farlo – la faceva sentire viva. Forse le vite perfette non esistevano, ma erano proprio le imperfezioni a renderle fantastiche e degne di essere vissute.
Quella era l’ultima lezione che Hermione Jane Granger doveva imparare. Ed ora era pronta, anche alla morte. Perché lei era riuscita a sentire la Vita.

 


**
FINE
**

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=35257