UN NUOVO CAPITOLO

di Lissi_77
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** RICOSTRUIAMO LA SQUADRA ***
Capitolo 2: *** L'ARCIERE MISTERIOSO ***
Capitolo 3: *** UNA NUOVA AMICA PER OLIVER ***
Capitolo 4: *** UNA SCONCERTANTE RIVELAZIONE ***
Capitolo 5: *** UNA CHIACCHIERATA TRA RAGAZZE ***
Capitolo 6: *** UN PASSATO DIFFICILE ***



Capitolo 1
*** RICOSTRUIAMO LA SQUADRA ***


 

RICOSTRUIAMO LA SQUADRA

 

Dopo mesi che la squadra si era divisa, solo Oliver era rimasto fedele al suo compito di vigilante. Era passato quasi un anno da quando Diggle e Thea se ne erano andati e poco meno da quando anche Felicity aveva deciso di finirla con le missioni segrete. Oliver aveva deciso di lasciare operativo il covo che aveva costruito. Era diventato troppo grande per una persona sola, quindi aveva spostato tutte le sue cose in un altro nascondiglio, di cui solo lui conosceva l’esistenza o quasi…

Di giorno svolgeva le sue mansioni di sindaco. Grazie all’aiuto di Walter era riuscito a recuperare parte del patrimonio di famiglia e si era potuto permettere una casa accogliente e altri piccoli sfizi. Di notte invece diventava qualcun altro…diventava Green Arrow, per proteggere le strade della città e la sua gente.

Dopo l’addio definitivo dell’intera squadra, Oliver si sentiva tradito, poiché per loro c’era sempre stato, mentre nel momento in cui era lui ad avere bisogno della sua squadra…non c’era mai nessuno. Era successo così. Durante un giro di pattugliamento, si era imbattuto in un nemico temibile, era finito tra due fuochi. I nomi dei due fuochi erano Bratva e Triade. Aveva cercato di contattare più volte i suoi compagni sperando che arrivassero in suo soccorso, ma sfortunatamente si era preso tre proiettili ed era quasi morto dissanguato nella cima di un tetto.

Sarebbe morto, aveva già visto l’ultima pallottola colpirlo in testa. Qualcuno però era venuto in suo soccorso. Non riusciva a vedere bene, la vista era annebbiata. Quello che vide era un individuo incappucciato, con arco e frecce come lui, che stava combattendo contro i suoi nemici. “Stai bene bro?” si accovacciò per controllare le sue ferite, camuffando la sua voce. “Chi sei?” ansimò, per il dolore e la stanchezza. Neanche il tempo di vederlo negli occhi che il mondo diventò nero.

 

 

TRE MESI DOPO:

“Signor Queen?” una ragazza molto giovane entrò nel suo ufficio con in mano un tablet. “Si?” le sorrise cordiale. “Ci sono delle persone che vorrebbero parlare con lei” lo informò “La signorina Smoak, un certo signor Diggle e…sua sorella Thea…li faccio salire?” gli chiese da perfetta segretaria. Oliver era al quanto titubante nel rivederli tutti, ma decise che non era il momento di fare l’offeso. “Si…falli salire e che nessuno ci disturbi finché non saranno andati via” le rispose, raddrizzandosi sulla sedia e riordinando alcune carte sulle quali stava lavorando.

Qualche minuto dopo, la porta del suo ufficio venne aperta dalla bionda con gli occhiali, facendo entrare il resto della comitiva all’interno della stanza. Erano tutti molto titubanti su come iniziare il discorso. “Vedo che state bene…e che i vostri cellulari funzionano…però” indicò gli oggetti tra le loro mani. “Oliver…ci dispiace…” John tentò di abbozzare delle scuse, ma venne subito fermato dal primo cittadino. “Non voglio le vostre scuse, tranquilli…è acqua passata ormai” sorrise amaramente “ma ditemi…cosa vi porta qui? Sicuramente non la mia salute” indicò le poltroncine davanti alla sua scrivania.

“Non fare lo stronzo…” lo rimbeccò sua sorella. “Ok…allora, cosa vi porta qui?” il suo sguardo era serio. “Vogliamo rimettere insieme la squadra…siamo stati al covo e sappiamo bene che la squadra non può esistere senza Green Arrow…” iniziò Felicity. “Mmmm…” Oliver si alzò dalla sedia per andare a guardare fuori dalla finestra, sentiva la collera salire dentro di se e non poteva permettersi di esplodere. “Mmmm…cosa?” Thea e gli altri cercavano di capire cosa stesse pensando. “Adesso correggimi se sbaglio Diggle…sei un soldato…dovresti capirlo” si spostò per guardarli negli occhi “Per essere una squadra…non serve forse la fiducia? Me lo hai sempre ripetuto eppure quando ho riposto la mia fiducia in voi…sono stato deluso” i loro volti si rabbuiarono “per essere una squadra serve la lealtà e l’onestà…voi avete preso in considerazione questa cosa quando mi avete lasciato morire in quel tetto? E non dite che non eravate in città…ho le prove che tutti e tre eravate qui” le sue parole erano più dolorose delle sue frecce. “Inoltre…” continuò “mi sembra che avevate fatto una scelta…cosa vi ha portato a cambiarla?” la sua voce non era alta, anzi era piatta e ferma, il che rendeva il suo discorso ancora più duro. “La città ha bisogno del nostro aiuto Oliver e questo forse va oltre tutto questo non trovi?” Felicity non sapeva da dove le fosse uscita quella domanda. “Allora aiutatela…mi sembra di non aver mai smesso di farlo…o sbaglio…ora per cortesia, andatevene, ho del lavoro da sbrigare per aiutare la mia città” si posizionò nuovamente alla sua postazione. “Signor Queen?” rispose al telefono la segretaria. “Emma sarebbe così gentile da riaccompagnare i nostri ospiti all’uscita?” la sua voce era più dolce ora, come se solo con loro provasse emozioni negative.

 

 

“Come è andata ragazzi?” Lyla aveva aperto la porta ai suoi amici “Non bene a giudicare dalle vostre facce” li studiò. “Oliver non ci ha accolti come speravamo…anche con Felicity, ero convinta che con lei avrebbe moderato il tono ed essere più comprensivo…e invece…” Thea si lasciò cadere sul divano, vicino alla piccola Sarah. “Non dici niente?” John squadrò sua moglie. “Dovrei? Vi avevo avvertito che sarebbe stato complicato…è quasi morto su quel tetto…perché?” la domanda li lasciò spiazzati. “Da che parte stai scusa?” rimase spiazzato dal ragionamento. “Dalla tua…come sempre, ma posso mettermi nei panni di Oliver e posso dirvi con certezza che per riottenere la sua fiducia dovrete lavorare sodo…non credo che Oliver Queen conceda la sua fiducia con leggerezza, pensavo lo conosceste” commentò, facendoli cadere tutti e tre sul divano.

 

Oliver, nei panni di Green Arrow, si destreggiava, muovendosi da un tetto all’altro osservando ogni singolo movimento. Concludendo il giro sulla cima dell’edificio della polizia. Il suo sguardo, sempre attivo, lo teneva in allerta. Qualche minuto dopo un altro arciere era atterrato sullo stesso tetto. “Tutto tranquillo?” gli chiese Oliver. “Si…sembra che questa sera non ci siano problemi” rispose l’altro, affiancandolo.

“Ho sentito che qualcuno vuole rimettere insieme la tua squadra” si guardarono “Lo farai?” chiese curioso. “Non lo so…ho ancora troppa rabbia per poter lasciare tutto alle spalle e fare finta che non sia successo niente” spiegò. “Ti capisco…” si ammutolì. “Sento che c’è un ma…” Oliver rise al comportamento del suo nuovo partner. “Ma…” sorrise anche l’altro “qualcun altro dalla nostra parte non sarebbe male…potrebbero essere utili…siamo in guerra, no?” gli fece notare l’altro.

“Dici che dovrei dimenticare tutto?” in certe situazioni Oliver non sapeva come comportarsi. “Non ti sto dicendo di dimenticare…ti sto dicendo di dar loro una possibilità…di testare le loro capacità…” sospirò “non puoi restare lontano da loro…e lo sai, Thea è tua sorella, John è come un fratello e Felicity…lo sai meglio di me che cos’è per te…hanno commesso un errore è vero, ma ne commettiamo a migliaia anche noi…cerca di recuperare il rapporto che hai con loro…” gli ricordò.

“Devo dirgli di te?” Oliver guardò il suo nuovo partner. “No…io non mi fido ancora di loro…ma tu si, lo vedo, per questo ti è difficile…io sarò la tua guardia del corpo…ti proteggerò le spalle in qualsiasi momento…e se necessario aiuterò la tua squadra…ma le operazioni le controllerò dal nostro nascondiglio” spiegò. “Come vuoi…un giorno però dovremmo dirglielo…ma hai ragione, non c’è fretta…” gli dette una pacca sulla spalla, per poi lanciarsi giù dal tetto.

 

“Avete catturato qualche criminale?” Felicity era alla sua vecchia postazione, guardando i suoi due partner. “No…sembra essere tutto tranquillo...” le rispose John. “Dite che non tornerà?” i tre si voltarono verso la teca che una volta conteneva il travestimento di Oliver. “Dal tono che ha usato questa mattina non ne sono così sicura” annuì Thea. Felicity abbassò lo sguardo, togliendosi gli occhiali.

Dopo qualche minuto erano pronti per uscire e chiudere tutto, ma proprio quando le luci si stavano spengendo, qualcuno di molto inaspettato fece capolino dall’ascensore. “Oliver"

Salve a tutti
​sono Lissi e sono innamorata di questa meravigliosa serie televisiva. Nella mia storia ci sarà un po' di tutto, azione...emozioni e tanto altro ancora...spero di leggere qualche commento, per il momento posso ringraziarvi di aver letto il primo capitolo della mia storia.
Grazie. Al prossimo capitolo.

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Capitolo 2
*** L'ARCIERE MISTERIOSO ***


L’ARCIERE MISTERIOSO

 

“Oliver…” stesi a terra doloranti c’erano Thea e Diggle, mentre Oliver li guardava serio e incredulo. “Ho capito” alzò le mani fingendo di essere colpevole, quando sapeva che aveva perfettamente ragione. “Non siete allenati…come pretendevate di aiutarmi? Ho bisogno di contare nelle vostre capacità…avete bisogno di allenarvi tutti i giorni per tornare come prima” li rimproverò, mentre beveva dalla sua borraccia.

“Perché sei così duro con loro? Con tutti noi per dirla tutta…andiamo…è passata una settimana, pensavo avresti capito che ci dispiace!” lo guardò Felicity. “Scusami?” Oliver aveva lo sguardo ancora più severo “Qui non c’entra niente quello che stai dicendo…se loro non sono all’altezza…finiranno con il farsi ammazzare e se devono coprirmi le spalle o coprirsi le spalle a vicenda?” prese con ferocia la sua felpa ed entrò in ascensore, lasciandoli soli.

“Non credo abbia tutti i torti” Thea si avvicinò al tavolo dove Felicity controllava i suoi computer “Non siamo allenati come prima e visto con chi abbiamo a che fare, dovremmo seguire i suoi consigli, anche se potrebbe darli più delicatamente” alzò le spalle.

“Dai Thea, torniamo ad allenarci…abbiamo poco tempo per poter raggiungere il livello che vuole Oliver…non perdiamo tempo” la invitò John. Felicity mentre li guardava tornare ad allenarsi, si avviò per raggiungere Oliver, sapeva bene dove si intratteneva quando era arrabbiato.

 

“Come sta andando?” l’arciere che tre mesi prima lo aveva salvato era seduto al suo fianco. Mentre Oliver allenava la squadra, lui pattugliava le strade della città. “Non bene, non sono all’altezza…hanno perso l’allenamento e non so se posso contare su di loro” spiegò, sedendosi e passandosi le mani tra i capelli. “Non credi che forse sei un po’ duro? Lo sai meglio di me che senza fiducia non si va da nessuna parte” lo affiancò sul cornicione.

“Lo sai che dovrei essere io quello più saggio vero?!” scherzò Oliver, guardandolo ridere come lui. “Hey bro…qualcuno dovrà aiutarti no?” gli lasciò una pacca sulla spalla “E per quel che vale…sai che ci sono sempre a proteggerti le spalle…” gli disse, prima di lanciarsi e agganciarsi ad una corda scoccata dalla sua freccia.

“Chi era quello?” la voce di Felicity lo fece sobbalzare, preoccupato che possa aver visto in faccia il suo amico. “Un amico…” rispose semplicemente, tornando a guardare le luci della città. “E da quando? Non sapevo ci fossero altri arcieri in città” era confusa, ma voleva sapere. “Non preoccuparti…è dalla nostra parte, ma forse è meglio tornare disotto…è freddo” le disse, senza dilungarsi.

“Ieri ti ho visto con la tua segretaria al Billy Burger” Felicity non sapeva da dove le era uscito quell’argomento. “Oh…Emma…e con questo?” la guardò serio. “Sembra una persona perbene” commentò lei. “Si…è una bella persona” le disse “e…Edward?” le rimandò la domanda. Felicity si sentì morire. “Sta bene…grazie” rispose con un filo di voce. “Sarà meglio scendere” concluse la conversazione, avviandosi alle scale.

 

 

Il mattino seguente Oliver come sempre si dedicava alla corsa. La sua nuova casa era un loft nel centro della città. Molto accogliente. Corse per più di un’ora, per poi tornare per farsi una doccia e fare colazione.

“Ho preparato la colazione!!” una voce lo chiamò dalla zona cucina. “Arrivo…devo solo finire di fare questo stupido nodo” disse, avviandosi fuori dalla camera. “Lascia…faccio io” una ragazza dai lunghi capelli biondi si avvicinò e in pochi minuti gli sistemò la cravatta e il colletto.

“Sei molto più brava di me in queste cose” le sorrise, lasciandole un bacio sulla fronte, per poi sedersi insieme al bancone.

“Tieni…il tuo caffè” gli passò una tazza, mentre ne versò un’altra per se stessa. “Grazie…adoro i waffel, ma se continui così dovrò aumentare le ore di corsa” scherzò. “Certo…come no…così invece che le sei ti sveglierai alle cinque della mattina e quando dormi?” lo punzecchiò lei. “Faccio le ore piccole…” le fece l’occhiolino.

Emma gli lanciò un canovaccio in faccia. “Sai forse dovresti rallentare…inizi ad avere una certa età” disse, già pronta a dileguarsi dalla stanza. “Piccola lingua lunga!!” le andò dietro fino al garage, dove insieme presero la macchina per andare in municipio.

 

 

“Felicity…come sta andando la giornata?” John ormai capo della sorveglianza della Palmer Technologies, aveva portato da buon amico un caffè alla ragazza. “Lunga e lenta…tutte queste carte mi hanno fuso il cervello” rispose, ringraziandolo del caffè “Ancora non ci credo…questa azienda è ancora mia e quei babbei…se solo mi capita per le mani uno di quelli io…” Felicity strinse i pugni.

“Ti capisco, ma credimi…non ne vale la pena” si sedette su una delle sedie davanti all’amica. “Come va con Oliver?” chiese alla fine. “Potrei farti la stessa domanda” lo guardò lei. “Non va eh?” i loro sguardi erano affranti.

“Ci vorrà parecchio tempo…ne sono sicura…” annuì Thea entrata in quel momento. “Hey…qualche novità?” le chiesero. “Nessuna…tranquilli, io e Oliver siamo ancora nella fase in cui è meglio stare lontani” spiegò, sedendosi anche lei.

“Lo sapete…ieri ho visto un altro arciere sul tetto del covo” li informò l’informatica, facendoli sorprendere e raddrizzare sulla poltrona. “E chi è?” chiese curiosa Thea. “Non lo so…non ho fatto in tempo a vederlo e Oliver si è rifiutato di dirmelo” spiegò, facendo sbalordire ancora di più i due.

“Non sapevo ci fossero altri arcieri in città…forse potremmo capire per conto nostro di chi si tratta…in qualche modo si metteranno in contatto quei due” commentò Diggle. “Lo sai che hai ragione…forse dovremmo controllare il telefono di Oliver” annuì la bionda.

 

 

“Che ci fai qui?” Oliver guardò il suo nuovo partner finire di indossare il costume. “Tu che cosa pensi? Vado a pattugliare le strade…sbaglio o non hai ancora finito l’allenamento con i tuoi amici?” lo guardò, prima di infilare la machera e poi il cappuccio.

“Potrebbe essere pericoloso…non sappiamo quando colpiranno e cosa vogliono” Oliver si preoccupò della sua incolumità. “Non preoccuparti…se ho bisogno ti chiamo…” gli spiegò, mentre inseriva nella sua faretra diverse frecce e ponendone altre all’interno di un borsone.

“Ok…” si arrese. “Un’altra cosa…tieni” li lanciò un orologio. “Cosa devo farci?” gli chiese Oliver. “E’ un trasmettitore…c’è un pulsante, spingilo…è per un segnale SOS che manda anche la posizione GPS…in caso uno dei due sia nei guai” alzò le spalle. “Forte…e per quanto riguarda le telefonate?” gli chiese. “Quelle evita di farle con il tuo telefono…la mia intuizione era corretta…i tuoi amici si sono messi all’opera per sapere chi sono…” sospirò “Prendi…è un telefono sicuro e irrintracciabile…potrai usare questo” gli rispose.

 

 

“Oliver…pensavamo ti fossi dimenticato di noi” Thea e John avevano già iniziato ad allenarsi per conto loro. “Ho avuto un contrattempo” rispose semplicemente, togliendosi la felpa, pronto per l’allenamento.

“Felicity ci ha detto del tuo nuovo amico” Thea voleva sapere e forse tutti lo volevano. “Ma davvero e cosa di preciso? Che indossa un costume blu scuro?” sorrise divertito.

“E argento” precisò la bionda. “Il punto è…perché non ce ne vuoi parlare? Perché non ci dici chi è?” gli chiese la sorella. “Ah…è questo il punto? Beh…per ora vi basta sapere che il giorno in cui avevo bisogno di aiuto…solo lui si è presentato in mio soccorso…gli devo la vita…e questo è quanto” rispose, irritato dal loro comportamento.

“Non puoi dirci almeno come si chiama?” insisté Diggle. “Temo di no…non spetta a me dirvelo, è una questione di fiducia…ho promesso che non avrei rivelato a nessuno” concluse, prendendo i suoi bastoni.

Thea cercò di insistere, ma John la fermò con lo sguardo. Sapevano che non dovevano insistere, visto in che condizioni era il loro rapporto.

Si allenarono per diverso tempo, finché il telefono di Oliver iniziò a suonare incessantemente. Lui guardò il numero e subito divenne serio. “Hey…che succede?” chiese, rimanendo in ascolto “Ho capito…aspettami, arrivo subito…” chiuse la telefonata e il suo sguardo cadde sui sulla squadra.

“La Bratva ha assaltato l’archivio della polizia…vestitevi…vediamo se siete pronti come credete” li fece muovere. Cinque minuti e Oliver era diventato Green Arrow, in sella alla sua moto seguito dal furgone con Thea e John.

Per le strade buie della città, il loro movimento venne notato da molti passanti, che istintivamente si voltarono per guardarli, anche per un breve istante. Qualche isolato e alla moto di Oliver si affiancò una seconda moto.

“Che diavolo?” John guardò meglio, dalla descrizione sembrava essere l’arciere di cui parlava Felicity. “Quindi è lui il misterioso arciere” Thea rimase a guardare i due in motocicletta, sentendo un pizzico di gelosia nel notare quella sincronia apparente.

 

Il furgone si fermò e venne utilizzato come scudo per i ragazzi. Green Arrow e il suo amico, imbracciarono l’arco ed iniziarono a rispondere al fuoco della banda. Neanche una delle loro frecce mancò un bersaglio. Solo Thea e John avevano notato che la loro mira doveva essere affinata. Il sangue inebriò l’aria del suo sapore pungente, le urla di dolore divennero la colonna sonora di quel momento.

Al fuoco si unì anche il capitano Lance e la sua squadra, favorendo la cattura e la vittoria ella giustizia.

In lontananza Oliver stava parlando con il suo misterioso amico, mentre gli altri due parlavano tranquillamente con il Capitano.

“Non sapevo ci fossero altri arcieri in città” commentò Quentin, guardando i due incappucciati. “Forse la sorprenderà, ma non lo sapevamo neanche noi” i loro sguardi si incrociarono “il signore in verde si rifiuta di dircelo” alzarono le spalle. “Capisco, ma adesso c’è anche l’arciere blu…perché non glielo chiedete direttamente?” propose lui.

 

“Ci vediamo in giro…” l’arciere salì a bordo della sua moto. “Si…fa attenzione” si raccomandò Oliver. “Si…anche tu” si sorrisero. “Aspetta…chi sei?” Thea cercò di fermare la moto, ma era ancora troppo lontano.

“Chi sono?” sorrise tra se “Il mio nome è Blue Phoenix” doveva averlo inventato in quel momento “che dici ci sta?” chiese divertito ad Oliver. “È azzeccatissimo…” annuì, conoscendo la sua storia.

“Il tuo nome originale?” chiese Thea ancora. “Cara…” la voce sicuramente modificata “Tu hai chiesto il nome alla persona con il cappuccio…non a quella senza…per saperlo dovrai chiederlo a lei, sempre che tu lo scopra” rise, andando via con il proprio mezzo.

Oliver se la rideva, ma rimase comunque in attesa di qualche commento, che non arrivò mai. Erano rimasti troppo sconvolti dalle parole del suo amico e partner.

 

Oliver rientrò in casa esausto, la giacca appesa all’appendiabiti. La cravatta allentata. Si lasciò cadere sul divano comodo e confortevole, per poi chiudere gli occhi e godersi il silenzio. “Ciao” la voce familiare della ragazza lo risvegliò. “Ciao” le sorrise. “Nottata difficile eh?” gli passò una tazza di cioccolata fumante.

“Ti ho preparato un bagno caldo…sono sicura che il tuo corpo ne sarà grato” gli disse, avvolgendolo da un abbraccio dall’alto. “Sei un angelo…grazie, ne avevo proprio bisogno” le sorrise, prendendo la sua mano e avviandosi verso il piano superiore, grato della sua presenza. I suoi occhi blu lo tranquillizzavano e lo facevano rilassare.

“Buona notte” si salutarono con un bacio sulla guancia, Oliver entrò in bagno ed Emma nella sua camera.

 

 

ECCOMI SONO TORNATA. IL CAPITOLO PUBBLICATO IERI ERA SOLO PER INTRODURRE IL NUOVO ARCIERE E ABBOZZARE UN’IDEA DI COSA HA PORTATO ALLA ROTTURA NELLA SQUADRA. VI RINGRAZIO MOLTO PER LE RECENSIONI E SPERO DI AVERVI INCURIOSITO ANCHE CON QUESTO CAPITOLO. IL PROSSIMO LO PUBBLICHERO’ SABATO O DOMENICA, DPENDE DA COME SONO MESSA. PER IL RESTO GRAZIE PER AVER SEGUITO ANCHE QUESTO CAPITOLO…CI VEDIAMO ALLA PROSSIMA PUBBLICAZIONE. LISSI.

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Capitolo 3
*** UNA NUOVA AMICA PER OLIVER ***


UNA NUOVA “AMICA” PER OLIVER

 

“Felicity!” John entrò nell’ufficio della ragazza “Oh…ciao…Edward” John guardò il ragazzo al suo fianco. “Signor Diggle!” gli strinse la mano cortese. “Che volevi John?” gli sorrise la ragazza. “Volevo chiederti se ti andava di andare a pranzo insieme, c’è anche Thea” le propose “Se vuoi può venire anche lui, non ci sono problemi” guardò l’altro.

“Iniziavo giusto ad avere fame” gli sorrise, prendendo la sua borsa e il suo cappotto…facendo un cenno al suo fidanzato. “Perché no…” anche Edward ne fu entusiasta.

 

Nel locale che avevano scelto c’era un’ottima armonia. Si erano seduti tutti insieme e chiacchieravano tranquilli del più e del meno. “Allora che ne dici…Fel, andiamo a correre insieme la mattina?” Thea sorseggiava la sa cola.

“Perché no, non mi farà male un po’ di sano movimento…ho acquistato qualche chiletto” sorrise, toccandosi la pancia. “Ma che dici…sei sempre perfetta” le disse John. “Ha ragione tesoro…sei perfetta” affermò anche il suo fidanzato.

In quel momento il campanello del locale fece alzare involontariamente lo sguardo di Thea. “Tu guarda, neanche a farci apposta” sorrise sarcastica Thea. Non era molto contenta di vedere suo fratello sbucare all’improvviso. Ultimamente era più una persona irritante e lei rivoleva suo fratello indietro.

“Che succede?” anche gli altri guardarono nella stessa direzione, assistendo ad una risata genuina del loro amico. “Cos’era quella?” bisbigliò Felicity, pensando di essere l’unica a farlo ridere in quel modo. Insieme all’affascinante primo cittadino, una bionda bellissima entrò nel locale.

 

 

“Maledizione, neanche a farci apposta” sussurrò Oliver alla sua accompagnatrice. “Potresti prenderla come un’occasione per una conversazione pacifica” gli propose Emma. “Perché devi fare così? Ti odio quando fai la seria…” ricevette un sorrisetto in cambio.

“Dai…lo so che vuoi avvicinarti…cerca solo di non…di non tirare fuori la rabbia e andrà tutto bene” gli strinse il braccio a cui era appoggiata “Al massimo ti do un calcio quando vedi che inizi ad esagerare” lo avvisò. “Se è con quelli cercherò di resistere…” risero “ma forse hai ragione, almeno devo avvicinarmi per salutare” annuì alla sapienza della ragazza.

“Ciao ragazzi…anche voi qui?” chiese con tono tranquillo, sorprendendo i tre che non lo sentivano parlare così da quando se ne erano andati. “A quanto pare” annuì John. “Tu devi essere Edward il fidanzato di Felicity” gli porse la mano per salutarlo “Piacere…Oliver Queen” si presentò. “Oh…molto lieto signor Queen” Edward si alzò per ricambiare il gesto “Edward Hopkins” si presentò anche lui.

“Ragazzi, lei Emma Morris…un’amica” si scostò per presentare la sua accompagnatrice “Emma loro sono Thea, John Diggle e Felicity Smoak…ah e Edward ovviamente” sfoggiò un sorriso luminoso e pieno di orgoglio per la ragazza che stava presentando.

“Molto lieta ragazzi” Emma strinse le mani di tutti. Oliver pensando di aver finito quel test, cercò con gli occhi un tavolo libero. “Perché non vi sedete con noi?” fu Edward a chiederlo, facendo impuntare l’acqua alla sua fidanzata.

“Non vogliamo dare fastidio…” rispose Oliver, fermato da una stretta più forte della sua accompagnatrice. “Se non vi diamo fastidio…mi farebbe piacere conoscere gli amici di Oliver…ho sentito molto parlare di vo e vorrei conoscervi di persona…se non vi dispiace naturalmente!” il suo sguardo si posò soprattutto su Thea.

“Nessun problema e qui ci sono altri due posti” Edward liberò quello accanto a se e Felicity fece lo stesso. Oliver prese posto vicino al ragazzo mentre Emma vicino all’informatica. “Allora Oliver…hai qualche novità per questa città? Giuro di non dirlo a nessuno” scherzò Edward. “In realtà si…ho in mente un fine settimana sportivo per i più piccoli…pensavo di organizzare dei laboratori e delle gare per i bambini, adesso che è uscita la bella giornata bisogna sfruttarla no?” rispose tranquillamente. “Mi sembra una bellissima idea…hai fatto rifiorire dalle ceneri questa città…non mi sorprende che tu sia diventato sindaco” annuì l’altro.

Edward non era un ragazzo muscoloso, anzi…era magrolino. I capelli neri e corti, con un leggero strato di barba. Gli occhi erano marroni e indossava un abbigliamento molto sportivo. Emma invece aveva lunghi capelli biondo scuro raccolti in una coda composta. In viso un paio di occhiali neri e come abito aveva un semplice tunino azzurro.

“Tu di che ti occupi, invece, Edward?” si interessò Oliver. “Sono un insegnante di yoga” rispose semplicemente, Oliver era già pronto per una battutina, ma una piccola botta da sotto il tavolo aveva frenato la sua lingua. “Deve essere interessante…e da quello che vedo sei anche vegetariano” osservò Emma.

“Che occhio” si sorrisero. “La forza dell’abitudine, notare i dettagli è la mia specialità” spiegò, facendolo ridere. Felicity guardava con attenzione le reazioni di Oliver e come gli altri aveva notato perfettamente lo sforzo che stava facendo per non oltrepassare il limite.

“Ci siamo già viste da qualche parte?” Thea la stava osservando da quando era arrivata. Emma rimase un momento preoccupata, ma riuscì a rispondere. “Certo…il giorno che siete venuti in municipio” rispose tranquillamente.

“Non so…mi sembra di averti già visto in giro” ci rimuginò sopra la ragazza. “Posso assicurarti che sono in città da poco…” la informò “forse ti stai confondendo con qualcun’altra” alzò le spalle. “Forse hai ragione” annuì anche Thea.

Il pranzo proseguì tranquillo. Sempre con Oliver concentrato per non diventare inappropriato e attento ad analizzare il nuovo fidanzato di Felicity.

 

 

“Non è male” Oliver finì di sistemare la faretra sopra al costume, mentre parlava con Felicity dalla sua postazione. “Cosa non è male?” lo guardò sorpresa. “Edward…il maestro di Yoga” scherzò. “Oh…” non se l’aspettava “anche Emma non è male” ricambiò, lo pensava veramente.

Dopo essere ritornati in azienda, John e Thea avevano detto che secondo loro è tutto merito della nuova “amica” di Oliver se sono riusciti ad avere un contatto tranquillo. Forse non avevano tutti i torti.

“Forza ragazzi…è stato segnalato un incendio a The Glades” Oliver invitò i suoi partner a seguirlo. “Il tuo amico…come si chiama…Blue Phoenix ci sarà?” si informò Thea. “Non lo so…” rispose senza pesare troppo il tono con cui lo aveva chiesto.

“Felicity trova le carte dell’edificio…se ci sono persone da soccorrere voglio conoscere ogni singola uscita di emergenza del posto” le disse, per poi salire in sella alla sua moto e, seguito dal furgone nero, raggiungere il luogo del disastro.

“Guarda sono arrivati i rinforzi” Lance era insieme ad uno dei vigili del fuoco ad organizzare le operazioni. “Capitano?” Oliver voleva essere informato. “Questa volta è stata la Triade. Si pensa che qui viva uno dei più importanti uomini della Bratva e che l’incendio sia stato scatenato per uccidere lui e la sua famiglia.

“Ovviamente senza contare le altre numerose vittime” John era disgustato da quelle persone. “Il fuoco si sta espandendo rapidamente, se dovete fare qualcosa fatela alla svelta…secondo i pompieri c’è rischio di esplosioni” li avvisò. “Ok…grazie Capitano”

“Ci sono troppe persone all’interno e troppo poco tempo” Thea aveva già guardato la lista delle persone che abitavano nell’edificio e che potevano essere in casa al momento dell’incendio.

“Abbiamo bisogno di aiuto” Oliver cercò il tasto dell’orologio, ma non ce ne fu bisogno. “Non serve…sono già qui” il secondo arciere affiancò Oliver, parlando dal solito modificatore vocale. “Come sapevi che avevamo bisogno?” Arrow si concentrò su di lui. “Il fumo sta diventando nero…” tagliò corto l’altro “dobbiamo sbrigarci…ho già fatto un giro completo dell’edificio…i vigili del fuoco porteranno furi le persone del primo, secondo e terzo piano…” spiegò “noi dovremmo occuparci degli ultimi tre”.

Come fulmini entrarono tutti all’interno dell’edificio in fiamme. Insieme perlustrarono e salvarono moltissime persone. Le ambulanze e i vigili del fuoco davano ai quattro eroi tutto il supporto possibile e necessario.

“Questo era l’ultimo” Oliver tornò con l’ultimo uomo rimasto. Gli altri erano già scesi in strada con altre persone, l’unico a non farsi vivo fu Phoenix. Oliver si guardò attorno preoccupato e il fumo sul tetto iniziò a diventare nero.

“Blu mi senti?” chiese al secondo microfono che aveva. “Blu…” chiamò ancora. Ad un certo punto da una delle finestre del quarto piano uscì fuori proprio il secondo arciere, che subito si riprese con una delle sue frecce con la corda, per raggiungere il sesto piano ed entrare nuovamente nell’edificio.

“NOOO!!” gli urlò Oliver, gettando l’arco a terra, tentando di aiutare il suo amico. “Non puoi andare adesso” John lo bloccò subito, sapendo che era altamente rischioso rientrare nell’edificio. “Lasciatemi!” si divincolò dalla presa, ma si fermò quando vide la sagoma di qualcuno camminare all’interno dell’edificio.

Non riuscì a vedere bene per il fumo, ma neanche il tempo gli bastò. Una violenta esplosione fece schizzare migliaia di frammenti di vetro e pezzi di lamiera verso l’esterno. Il volto di Oliver si riempì di terrore e con tutta la sua forza scagliò a terra Diggle e Thea, per raggiungere l’edificio.

 

“Ci sono…ci sono…” una voce che tossiva risuonò nel suo orecchio, mentre la sagoma dell’arciere blu usciva dall’edificio. Il suo costume un po’ malconcio, ma lo sguardo di tutti si concentrò su quello che teneva tra le braccia. Avvolto in una coperta ignifuga dei pompieri, c’era un neonato piangente, sano e salvo.

Il piccolo consegnato alle cure della madre e dei paramedici.

“Un bello spavento vero?” cercò di sdrammatizzare l’altro. “Non scherzarci neanche, potevi morire lì dentro”!” si arrabbiò Oliver. “Mi dispiace…” gli occhi blu di Oliver incrociarono quelli dello stesso colore dell’altro e quello che vide era dolore. Arrow osservò l’intero corpo dell’altro, notando la tuta rotta e sangue…c’era del sangue…

“No…no, no” Oliver lo raccolse prima che cadesse a terra svenuto. Con la forza delle braccia l’arciere ferito e senza dire niente a nessuno si fiondò sul furgone per portare il suo alleato al sicuro da fotografi e giornalisti, ma anche da occhi indiscreti.

“Andiamo…resisti! Non mi morire!” supplicò, guidando come un matto per le strade della città.

 

Qualche ora dopo Oliver era in casa sua, seduto su una poltrona e la testa china. Le mani che si torturavano. “Oliver” la voce roca della persona stesa sul letto richiamò la sua attenzione. “No…ferma non alzarti…” le mani di Oliver fecero distendere la ragazza sul letto.

“Ti ho fatto preoccupare non è vero?” gli chiese, con la bocca secca. “No” rispose duramente, passandole un bicchiere d’acqua con una cannuccia “Si…ma che ti salta in testa? Non voglio che ci lasci le penne” l’avvertì. “Tu avresti fatto la stessa cosa” commentò, mentre tornava stesa.

“Per qualche giorno resterai in casa, almeno per far rimarginare le ferite, ci inventeremo che sei dovuta andare furi per problemi familiari…” l’avvertì serio. “Quindi non sarò più neanche la tua guardia del corpo” mise un finto broncio. “Ovviamente no…hai una leggera commozione cerebrale e un taglio profondo al braccio e all’addome. Hai perso molto sangue, ma dovresti rimetterti subito” le spiegò.

“Se ci trovassimo in una situazione differente non mi sarebbe dispiaciuto giocare al dottore con un ragazzo” scherzò, facendo ridere anche Oliver.

“Ora sarà meglio che ti riposi…è tardi” le disse, spengendo la luce sul comodino e uscendo dalla stanza.

A passi leggeri raggiunse il divano in soggiorno e la sua attenzione cadde sull’indumento che vi era appoggiato sopra. Sistemò e piegò il costume, lasciando visibile il cappuccio blu. Sistemò con cura l’indumento, insieme ad arco e frecce all’interno di un borsone nero e il tutto venne nascosto in un cassetto con doppiofondo della sua camera.

 

 

ECCOMI TORNATA CON IL NUOVO CAPITOLO. SPERO VI SIA PIACIUTO.

VI RINGRAZIO MOLTO PER LE RECENZIONI, SPERO DI RICEVERNE ALTRE ANCHE SU QUESTO. IL PROSSIMO CAPITOLO, LO PUBBLICHERO’ LUNEDI’. VI RINGRAZIO ANCORA. LISSI.

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Capitolo 4
*** UNA SCONCERTANTE RIVELAZIONE ***


UNA SCONCERTANTE RIVELAZIONE

 

Oliver Queen era seduto nel suo ufficio in municipio, cercando di pensare alle carte che aveva sotto gli occhi, ma senza successo. Da quando c’era stato l’incendio ed Emma era stata ferita, riusciva solo a pensare che si potrebbe imbattere in situazioni più pericolose. Era un tarlo nella sua testa da giorni. Fortunatamente era riuscito a tenerla lontana da quel mondo per qualche giorno. Era testarda quanto lui e non c’era stato verso di convincerla che qualche giorno non sarebbe bastato.

“Qualcuno è sovrappensiero” la voce familiare di Felicity lo riportò con i piedi per terra e in automatico un sorriso si aprì sul suo volto. “Accidenti…” si compiacque la ragazza. “Cosa?” le chiese Oliver. “Mi hai sorriso, non lo facevi da…beh da una vita…è bello vedere che non ce l’hai più con me” Felicity entrò e si accomodò su una poltroncina. “Ti serviva qualcosa?” deviò subito l’argomento.

“Si…sapere se il tuo amico in blu sta bene, anche gli altri si stanno preoccupando ed è un po’ che non si vede in giro” quella rivelazione sorprese Oliver, loro neanche conoscevano la persona sotto al cappuccio. “Si sta riprendendo, gli avevo detto di prendersi qualche settimana, me tempo lo rivedremo molto prima” l’espressione sul suo volto fece capire a Felicity che ci teneva veramente a quella persona.

“Testardo come il suo mentore?” chiese inconsciamente. Oliver la guardò confuso “Che intendi dire? Io non sono così testardo” scosse la testa. “Certo e io non straparlo” disse sarcastica, facendo ridere entrambi.

“Quando ce lo presenterai questo nuovo arciere e membro effettivo della squadra?” chiese curiosa. “Non lo so…temo non spetti a me decidere” rispose, vedendola comprensiva. “Anche su questo siete uguali…come la prima volta che sono entrata al vecchio covo…come ha detto Dig? Ti ha scelto…si erano queste le sue parole esatte” sorrise, grata di quel tempo in tranquillità.

“Proverò a convincere questa persona a presentarsi…ma non vi garantisco che accetti, mi ha detto che ancora non vi ha squadrati bene e anche per un altro motivo” annuì lui.

“Ora vado…ero solo venuta a vedere come stavi...in questi giorni sei molto strano” si alzò, per lasciarlo lavorare. “Mi passerà vedrai…tranquilla” sorrise “ci vediamo questa sera” le disse, prima di vederla scomparire per il corridoio.

 

“Non posso…e tu lo sai” Emma gesticolava. “Andiamo, se lo meritano…lo so che io sono stato duro con loro, ma non sei stata tu a dirmi di dare loro una possibilità? Ora lo sto chiedendo a te” Oliver insisté.

“Qui non si tratta di questo…loro non lo sanno chi sono, tu invece…lascia stare” sospirò “e se non fossi pronta ad incontrare e passare del tempo con lei?” i loro sguardi si incontrarono. “Con gli occhiali camuffo il mio aspetto, ma togliendoli? Credi che non se ne accorgerà nessuno?” quelle domande così difficili lasciarono Oliver pensieroso.

“Ok…scusami, forse hai ragione, non dobbiamo forzare le cose ed è passato molto tempo, probabilmente non si ricorderà neanche” annuì lui. “Allora siamo d’accordo” Emma si sedette sul divano, guardando negli occhi Oliver che capì subito quanto fosse divisa nel prendere quella decisione.

 

 

“Pronti?” Arrow si avvicinò a Thea e Diggle sul tetto. “Non capisco perché dobbiamo addestrarci quassù con i costumi soprattutto” si lamentò Thea. “Ci alleniamo quassù perché è in città che combattiamo e se non sbaglio mentre lo facciamo usiamo tutti i nostri travestimenti” rispose semplicemente. “Ci sono anche io” la voce camuffata, ormai familiare li sorprese tutti quanti.

“Che ci fai qui?” Oliver fu il primo ad avvicinarsi. “Secondo te? Voi che state facendo?” lo guardò duramente. “Avevi detto che saresti rimasto a riposo ancora un giorno” gli ricordò. “Si…l’avevo detto, ma sono stanco di restare a non fare niente su un divano” replicò.

“Noi invece pensavamo fossi morto…dopo quell’incendio non ti abbiamo visto da nessuna parte…neanche un’ombra” Thea era contenta di vederlo. “No erano solo dei graffi, ma ora sono qui, quindi…diamo il via alle danze?” gesticolò. “Lo sai che ho notato solo ora che oltre a quella sugli occhi hai anche quella sulla bocca di maschera” notò John.

“Ho paura di prendere freddo” scherzò l’arciere. “Oh…anche il senso dell’umorismo” rise Thea “ma quand’è che ti presenterai realmente? Senza maschere e senza voce finta?” gli chiese. “Non ancora…ma tranquilla, sarai la prima a saperlo” le fece l’occhiolino, per poi raggiungere Oliver.

“Allora capo…che esercitazione facciamo?” chiese curioso.

“Oliver?” la voce di Felicity lo fece fermare qualche istante. “Che succede?” le chiese preoccupato. “Abbiamo rintracciato la base operativa, almeno quella informatica della Triade, che ne dici…possiamo infiltrarci per conoscere le loro informazioni più segrete?” domandò, già entusiasta.

“E va bene…siamo già di ritorno” sospirò, doveva annullare l’allenamento per l’ennesima volta. “Non serve che veniate tutti…dalle informazioni che abbiamo raccolto, il posto a quest’ora non è sorvegliato da guardie, quindi mi basta solo uno di voi…” lo informò.

“E chi ti mando? E soprattutto, noi?” era sorpreso. “Io e Curtis, forse Thea sarebbe meglio un altro paio di mani che conoscono la tecnologia non guasterebbero” rispose. Oliver alzò lo sguardo su Thea. “Fel…sono commossa che tu abbia pensato a me, ma il massimo che so fare è compilare una tabella con Excel” la faccia della ragazza era del tipo…scusa ma non so di che parli.

Oliver involontariamente incrociò lo sguardo con Emma, l’arciere ancora sconosciuto agli altri. “Lo sai che sono all’altezza di certe cose…sto bene, te l’ho dimostrato più di una volta” affermò Blue Phoenix. “Non sei pronto” gli disse Oliver. “Si che lo sono e anche dal punto di vista informatico…se non sbaglio tre mesi fa ho hackerato il fondo pensioni della Palmer Tech” gli ricordò.

“Oliver…se lo vogliamo fare abbiamo bisogno di aiuto” Felicity lo risvegliò da pensieri bui. “Ti chiamo se abbiamo bisogno di aiuto…parola di scout” disse toccandosi il petto. “E va bene…ma fa attenzione” si arrese a quella testa dura. “Evviva” esultò, per poi lanciarsi nel vuoto con il suo arco.

“Allora va bene Fel…vi raggiungerà in moto…voi intanto avviatevi con il furgone” li avvisò, tornando a concentrarsi sui suoi due allievi.

 

 

 

“Chi è questo nuovo arciere?” Curtis era curioso di sapere chi era il nuovo eroe della squadra. “Se ti dico che non lo so ci credi?” lo guardò, mentre guidava tranquilla il furgone. “Direi che menti, come facciamo a fidarci di una persona che non conosciamo?” le disse ragionevolmente.

“Se si fida Oliver possiamo farlo anche noi” lo rimbeccò lei. “Ok…ok, ma non doveva raggiungerci per strada?” la sua parlantina superava di gran lunga quella di Felicity ed iniziava ad essere leggermente irritante.

Il rombo di una moto gli fece capire immediatamente che era arrivato il supporto richiesto. Una moto blu li sorpassò ad alta velocità e si mise davanti a loro. “E ha anche manie di onnipotenza” aggiunse.

“Curtis…” la ragazza attirò la sua attenzione “Può sentirti…altrimenti che te lo sei messo a fare il microfono addosso?” gli fece notare, facendolo diventare tutto rosso. “Oh…” riuscì a dire, non aveva altre parole per definire il suo imbarazzo.

“Tranquillo ragazzo, sono sicuro che ci sono offese peggiori di queste, ma continua pure…sono curioso di sapere” scherzò l’arciere, con una mezza risata. “Temo che dovrete rimandare a dopo questa conversazione, siamo arrivati” li informò Felicity.

“L’arciere notò l’edificio che indicava il suo smartwatch al polso. Da davanti fece cenno di svoltare su di una stradina sterrata che affiancava un recinto di pietra. “Ma che fai?” gli chiese Curtis. “Non siete gli unici geni e dalle carte che mi avete procurato ho notato che questa è la parte meno sorvegliata” gli rispose con tono serio e deciso.

“Non ha tutti i torti” annuì Felicity, capendo il motivo di quella scelta.

Si fermarono nel punto più nascosto e anche il più vicino ad una delle porte d’ingresso. Nascosero i loro mezzi e si incontrarono vicino al furgone nero, aprendo tutte le mappe.

“Finalmente ci incontriamo di persona” Felicity allungò la mano. “A quanto pare Overwatch e signor Curtis” li salutò, senza abbassare la guardia. “Oliver ha detto che non vuoi ancora rivelarci la tua identità, posso sapere il perché?” gli chiese.

“Perché non mi fido ancora abbastanza” rispose, già con lo sguardo chino sulle carte. “Ah…e noi che dovremmo dire?” Curtis aveva storto il naso a quell’affermazione. “Che è tempo di concentrarsi” rispose, indicando le carte e l’edificio.

“Hai ragione, ma la nostra conversazione non finisce qui” gli disse, prendendo il suo zaino con gli oggetti elettronici necessari per l’operazione. “A proposito, perché hai hackerato il fondo pensionistico della mia compagnia?” Felicity si ricordò della conversazione tra lui e Oliver.

“Ho avuto un diverbio con uno dei tuoi associati…credo si chiami Philps” la vide annuire “Ho preso parte dei suoi guadagni e li ho distribuiti tra i dipendenti in pensione…un piccolo bonus” le rispose, avvicinandosi al muro di pietra.

“Non intenderai scavalcarlo?” Felicty non si era preparata per quello. “Andiamo…sarà facile” li spronò l’arciere. “Prima gli uomini” Emma fece segno a Curtis di salire sulle sue spalle e in questo modo lo spinse in alto finché si ritrovò dall’altra parte. “Ora è il tuo turno ragazza, quello lascialo qui…lo porto io, per evitare che si rompa, te lo ridò subito” le disse, indicando il suo zaino. Felicity fece come richiesto e come Curtis si ritrovò all’interno di quel posto. Blu Phoenix li raggiunse subito dopo ed entrarono nell’edificio, dopo aver sbloccato il codice di una porta automatica.

“Perfetto siamo dentro…dove dobbiamo andare?” aspettarono che Felicity guardasse il suo tablet. “Sempre dritto, sempre dritto, è la terza porta sulla sinistra” rispose, mettendosi dietro all’unico di loro armato.

“Ci sarà pure una guardia…” pensò l’arciere, con tutti i sensi in ascolto. “Non c’erano dalla visuale termica…dava che era libero” la informò Fel. “Appunto…per essere una struttura della Bratva non è troppo tranquilla? So per certo che ci sono delle trappole o qualcosa che gli garantisce sicurezza.

“Forse hai visto troppi film” Curtis era ancora scettico nel fidarsi di questa persona sconosciuta. “Non rispose, era troppo concentrato su altro per mettersi a discutere” si concesse un momento per sganciare l’orologio dal polso e lo lancio a Curtis “Se si mette male pigia il pulsantino…” gli disse, estraendo il suo arco e tendendolo con una delle sue frecce.

“Eccola la stanza, entro prima io…” li avvertì, perlustrando ogni centimetro della stanza. Sembra normale, apparentemente. A parte che la porta aveva qualcosa di stranamente familiare, ma non ricordava dove lo aveva visto.

Curtis stufatosi di tanta accortezza decise di prendere in mano la situazione con Flicity. Si avviò rapido verso i computer e digitò qualcosa sulla tastiera. Questo qualcosa, non era piaciuto al computer, con un sistema di sicurezza all’avanguardia.

Un allarme iniziò a suonare all’interno della stanza e in quel momento si ricordò. “Correte!! Fuori…fuori!!” urlò, spingendoli da dietro, invitandoli a lasciare qualsiasi cosa pur di uscire di li. Solo uno di loro riuscì ad uscire, sarebbe stato l’arciere se non fosse stato per Felicity che era tornata indietro per le sue preziose apparecchiature.

“Maledizione…” imprecò “Curtis…l’orologio…usalo! Vai al furgone e aspetta gli altri!!” gli ordinò. “Ma io…” cercò di temporeggiare. “Ma niente, vi avevo detto di aspettare o sbaglio?!” gli urlò “Vai…vai!!” gli gesticolò.

 

“Mi dispiace…abbiamo agito d’impulso…” Felicity iniziava a capire la gravità della situazione. “Non sono arrabbiato…sono preoccupata per quella…andiamo vediamo se capisci come funziona” le disse, indicando il punto da cui veniva risucchiata l’aria e un altro dal quale usciva anidride carbonica.

“Moriremo soffocati” capì veramente quello che stava succedendo e avrebbe preferito non saperlo. “Ok allontanati, vediamo se riusciamo a far saltare la porta” disse, portando entrambi dietro ai computer e lanciando diverse frecce esplosive contro la porta, troppo resistente.

“Ok…” l’arciere cercò di pensare. “Oliver dice che se un Hacker eccezionale, dimostramelo” le disse, indicando i computer ormai accesi. “Cosa dovrei fare?” gli chiese. “C’è un programma” chiuse gli occhi per pensare…credo si chiami Domovoj” le disse.

“Ok…ora cerco” le sue dita più veloci di uno scrittore aggredirono quella povera tastiera. Iniziava a sentire la mancanza di ossigeno, ma notò stranamente che il suo accompagnatore invece resisteva. “L’ho trovato…che devo fare” gli chiese. “Devi disattivarlo…credi di farcela?” la vide diventare rossa in volto e sapeva che non avrebbe retto a lungo senza ossigeno. “ Va bene” le disse. Felicity sentiva le mani tremare e l’istinto le fece portare alla gola. I suoi occhi fissi sull’arciere che gettò l’arco a terra e si tolse il cappuccio, liberando un’enorme massa bionda. Si slacciò la maschera che usava per la bocca e la legò sul volto di Felicity che tornò a respirare. “Porca miseria…tu sei…” quel volto indimenticabile per lei, una sorpresa indescrivibile. “Felicity…non ora…concentrati…abbiamo poca aria” le indicò il monitor, mentre si rimetteva il cappuccio.

Cinque minuti ci vollero per disattivare quel maledetto programma di protezione. Emma, era stesa a terra con l’aria che non entrava nei polmoni. “No…mi dispiace…ci ho messo troppo” Felicity si abbassò per aiutare la ragazza.

“Sto bene…sto bene…lasciami solo due minuti per riprendermi!!” le disse senza fiato. “A quelle parole Felicity si sedette al suo fianco e le restituì la maschera.

“Che diavolo è?” le chiese, vedendola rindossare l’oggetto e tornare ad interpretare le vesti di Blu Phoenix. “Sintetizzatore d’aria…trasforma Co2 in O2, è il motivo per il quale non avevo fumo nei polmoni durante l’incendio e anche quello per il quale tu ed io non siamo svenute” rispose, nuovamente con il modificatore vocale.

“Dobbiamo andarcene di qui…sono sicura che la Bratva ha già mandato i suoi uomini a controllare” le disse, alzandosi entrambe e ripercorrendo molto rapidamente il percorso fino al muro.

“Felicity?” Oliver era appena arrivato con la squadra. “Sto bene…sto bene, il nostro amico ha dei bei giocattolini” rispose lei, mantenendo l’anonimato. L’arciere guardò Emma salire sulla sua moto e non dire niente…l’unico sguardo fu rivolto a Felicity che annuì semplicemente.

“Cos’è successo?” le chiese Thea. A quel punto salirono tutti sul furgone e Felicity raccontò della loro avventura indimenticabile, tralasciando la parte in cui aveva scoperto l’identità segreta dell’arciere blu.

 

 

Erano le tre di notte passate a Star City. Oliver ed Emma erano seduti sul divano a bere una birra. “Felicity lo sa” disse alla fine, alzandosi per raggiungere un comodino, dal quale estrasse una foto molto vecchia.

“Lo so…” annuì, Felicity glielo aveva detto. “Credi che dovrei dirlo anche agli altri? Tralasciando una parte naturalmente” gli chiese, accarezzando con le dita la fotografia. “Non credo sia pronta per saperlo.

“Lo so…non lo ero neanche io…” annuì, ricordando lo shock nel vederla la prima volta. “Bene…allora speriamo non lo scopra da sola” annuì, lasciando la foto sul tavolino.


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ECCOMI TORNATA, SCUSATE PER L’ATTESA. ALLORA COME VI SEMBRA? VI STA PIACENDO LA MIA STORIA? VI RINGRAZIO TUTTI PER LE BELLE RECENSIOI, SCUSATE SE QUESTA VOLTA NON SONO RIUSCITA A RISPONDERVI, MA VI GARANTISCO CHE PER LE PROSSIME LO FARO’. QUINDI…FELICITY SA CHE EMMA E’ L’ARCIERE MISTERIOSO. COSA SUCCEDERA’? VI ASPETTO AL PROSSIMO CAPITOLO CHE PUBBLICHERO’ GIOVEDI’. GRAZIE ANCORA. LISSI

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Capitolo 5
*** UNA CHIACCHIERATA TRA RAGAZZE ***


UNA CHIACCHIERATA TRA RAGAZZE

 

“Conoscendo la parlantina di Felicity, hai poco tempo per presentarti alla squadra” Oliver stava finendo di riordinare i piatti della colazione. “Ti ho detto che mi presenterò…non mettermi fretta” rispose un po’ malamente.

“Scusami Oliver…solo, non avevo voglia di fare le cose in questo modo” gli strinse una spalla. “Lo so…e ti capisco, ma tanto non puoi aspettare a lungo prima di dire che sei l’arciere blu…e poi arriverà il momento in cui dovrai rivelare ad una persona chi sei veramente…era piccola quando è successo, ma forse ha visto abbastanza foto da riconoscerti” le disse.

“Lo so…ma come faccio?” le mani di lei si insinuarono tra i lunghi capelli biondi. “E poi c’è una somiglianza…a dir poco evidente…per non parlare che se arriverà Malcom potrebbe rivelare lui chi sei…sono sicuro che si ricorderà di una bambina che giocava sul suo cortile” le fece notare.

“Ok…Oliver, una cosa alla volta…questa sera dopo il giro verrò da voi per rivelare a tutti che Blue Phoenix sono io…ma per quanto riguarda l’altra cosa temo che aspetterà ancora un po’…non sono pronta a resuscitare” gli disse.

“E va bene...ma comunque sono contento di sapere chi sei veramente e…è bello riunire la famiglia ogni tanto” annuì, stringendola in un abbraccio.

 

 

“Rapina in corso alla banca centrale…” Felicity li informò dall’auricolare. “Ok…ci rechiamo la” rispose Oliver, in sella alla sua moto. “E’ bello adesso essere tutti alla pari…non avevo mai capito perché solo tu dovevi andare in moto” scherzò Thea.

“Ma io non ho mai detto che dovevate per forza prendere il furgone” gli disse Arrow, mettendosi in testa. “Vediamo chi di noi arriva prima!” John accelerò e lo stesso fecero gli altri due, tutti con un sorriso divertito in volto.

“Questa l’ha vinta Green Arrow forse…ma la prossima ci rifaremo” erano quasi arrivati e Oliver era davanti a loro con un netto vantaggio. “Se fossi in voi non ne sarei così certa…una moto si sta avvicinando a voi ad alta velocità…e sembra essere il nostro nuovo amico” li avvertì Felicity, ma non ce ne era bisogno. L’arciere era già arrivato ad affiancare John e poi Thea, per poi accelerare e superare Oliver.

“Vi mancavo?”  chiese divertito, fermandosi su un vicolo parallelo all’edificio assaltato. “Scherzi?” Oliver le lanciò un’occhiata che la diceva tutta. “Spartan e Speedy entreranno dalla porta principale…noi dalle finestre sul retro” spiegò Oliver.

“Perfetto…andiamo” John chiuse la visiera del suo elmetto ed estrasse la sua pistola. Thea lo seguì, tendendo l’arco e pronta ad entrare in azione. I due arcieri si lasciarono cadere addosso alla vetrata, per poi atterrare perfettamente in piedi sul pavimento della banca.

“Signiori…interrompiamo qualcosa?” Emma distrasse due dei rapinatori, che subito estrassero le rispettive pistole ed iniziarono a sparare nella sua direzione. Proiettili che vagavano per la stanza e frecce scoccate tagliavano di netto l’aria con la loro forza, sibilando fino alla loro meta.

Oliver usò le sue frecce per legare due rapinatori ad una colonna, osservando i movimenti degli altri con la coda dell’occhio e sempre pronto ad intervenire.

Thea e John erano entrati nella zona del cavo per neutralizzare gli ultimi criminali e raggiungere gli altri due della squadra. “Ottimo…è stato facile…lasciamo che ora se ne occupi la polizia” Arrow e gli altri raggiunsero le rispettive moto per tornare alla base.

Arrow guardava la persona che lo aveva affiancato, era Emma. Voleva sapere se era pronta a rivelare la sua verità agli altri. Purtroppo, dopo uno scambio di sguardi sfuggevoli, Oliver aveva capito che quella sera non sarebbe accaduto nulla. Infatti, il secondo arciere deviò per un’altra strada, lasciando la squadra per andare al suo nascondiglio.

“Suppongo che non ci rivelerà la sua identità neanche questa sera” annuì Thea, dando gas e affiancando suo fratello. “Come ho detto…è una sua decisione…” disse con semplicità, anche se dentro di se, sapeva che non c’era molto tempo.

 

Il resto della serata lo passarono chiacchierando e allenandosi al covo. Felicity se ne era andata prima, tanto il suo compito era finito per quella sera e poi era stata invitata da Edward a bere qualcosa al nuovo locale in centro.

“Allora come sta andando il tuo lavoro?” il ragazzo seduto davanti a lei era particolare e uno che faceva poche domande. Questo Felicity lo apprezzava molto. “Molto bene direi, ho licenziato diverse sanguisughe e ho stretto accordi con diverse strutture ospedaliere per l’impianto spinale” rispose “tu invece’ In palestra va tutto bene?” gli chiese.

“Si tutto bene anche da noi, in realtà mi chiedevo quando saresti venuta per una delle nostre sessioni settimanali, è da un po’ che non le facciamo” quell’affermazione era sicuro avesse una domanda sotto intesa. “Perché non facciamo lunedì prossimo, vedrò di liberarmi dal lavoro” quelle parole accesero lo sguardo del ragazzo.

“Guarda chi c’è l’amica di Oliver…che coincidenza!” sorrise Edward, indicando la bionda che si sedeva al bancone. “Quanto è piccolo il mondo” dentro di se sentiva un pizzico di gelosia, ma non poteva azzardarsi a dire nulla. Oltre ad essere la fidanzata di Oliver era anche il misterioso arciere che accompagnava la squadra nelle missioni. In quel momento si sorprese di se stessa. Era riuscita a tenere la bocca chiusa con gli altri e non era una cosa da poco per lei, con la sua parlantina.

“Io purtroppo devo andare” Edward controllò l’orologio, devo dare le medicine a mia madre prima che vada a dormire” le disse. “Ok…ci vediamo domani” si scambiarono un semplice bacio sulle labbra. Felicity lo guardò uscire. Lasciò il tavolo libro ad un’altra coppia, sedendosi al bancone e ordinando una birra.

“Ciao Emma” decise di avvicinarsi alla ragazza. “Hey…ciao…non ti avevo vista” con rapidità mise una foto nella tasca della giacca di pelle. “E io che credevo ti vestissi elegante tutti i giorni” scherzò. “Io? Prima di diventare la segretaria del sindaco io vestivo sempre questi panni e devo dire che mi è costato un certo sforzo imparare a camminare con i tacchi” le sorrise, sorseggiando il suo cocktail.

“Hai i gusti di Oliver” notò, indicando il bicchiere. “Veramente?” si sorprese lei. “Per quella cosa…” si riferiva alla sua seconda identità. “Non preoccuparti…non l’ho detto a nessuno, Oliver mi ha detto di mantenere il segreto” le disse.

“Sarà meglio andare…è stato bello Emma” Felicity aveva sorpreso se stessa, non pensava di poter mettere da parte tanta gelosia e di averne così tanta nei suoi confronti.

“Si…anche per me…buona notte” le sorrise, tornando a concentrarsi sul suo bicchiere.

 

 

“Certo che è strana” disse ad alta voce, uscita dal locale. Si sporse dal ciglio della strada per fermare un taxi, ma sembrava non ce ne fosse uno quella sera. La macchina era rimasta dal meccanico per un guasto e da qualche giorno andava in giro grazie a passaggi da amici.

“Signorina…questa sera non ci sono taxi…è giorno di sciopero” l’avvertì un cameriere prima di rientrare. “Oh…perfetto” la sua faccia emise un grugnito, mentre si avviò a piedi verso casa. Non era certo il massimo con quei tacchi e non aveva voglia di disturbare gli altri.

“Hey…guardate chi c’è qui?!” aveva tagliato per una strada alternativa, ma non era stata poi una buona idea. Continuò a camminare rapida come se niente fosse. “Ragazza…fermati…vogliamo solo fare conoscenza” risero tre persone, sicuramente ubriache. “Scusate, ma ho fretta” disse, allungando ancora di più il passo.

“Dove credi di andare…vieni qui” un braccio possente l’afferro, facendola cadere. “Lasciatemi…chiamo la polizia!” li avvertì, suscitando ulteriori risate. “Oh…ma davvero e con cosa?” le gettarono la borsa troppo lontano da lei.

“Lasciatela andare!!” la voce di una ragazza li fece voltare tutti. Felicity aveva il polso che sanguinava, per aver lottato nel tenere la sua borsa. “Emma che fai qui vattene!” le disse lei. “Oh…è arrivata l’amichetta!” sghignazzarono, spostandosi di qualche passo per raggiungere l’altra bionda. “Che dite questa sera ci divertiamo?” si guardarono negli occhi.

“Se fossi in voi non mi azzarderei” li avvertì Emma, con le mani dentro al giacchetto di pelle. “Altrimenti cosa ci fai ragazzina?” le chiese, allungando una mano verso di lei. Neanche il tempo di tirarsi indietro che un bastone da difesa gli colpì violentemente la mano. “Che stronza, vieni qui…ti insegniamo le buone maniere!” urlò di dolore, con la mano che veniva massaggiata. “Ti avevo detto di non avvicinarti” sorrise compiaciuta. “Adesso te lo facciamo vedere noi…uno potrai ferirlo ma tre? Ne dubito” disse avventandosi in gruppo contro di lei.

Emma saltò, aggrappandosi ad una delle inferriate della scala antincendio sopra di loro, lasciandosi cadere alle spalle di uno di quei uomini, colpendolo alla schiena con il bastone e roteando tra gli altri due, li mise KO tutti quanti.

Felicity si rialzò, recuperando la sua borsetta. “Tieni…forse questo è più utile a te” Emma accorciò il bastone e lo passò alla ragazza. “Grazie, ma come sapevi che…” indicò gli uomini svenuti a terra. “Ti ho vista incamminarti a piedi in questa strada e per esperienza sapevo che non era sicura per una donna a quest’ora e ho voluto controllare” rispose semplicemente. “Tu però sei ferita” Emma indicò il suo polso e il suo labbro.

“Oh…non è niente” scrollò il capo. “Devi disinfettarli…io abito nel palazzo qui vicino, puoi salire e poi ti presto la mia auto per tornare a casa o ti do un passaggio, come vuoi” le indicò la strada. “Ma tu non abiti con Oliver?” si accertò. “Si…ma sta tranquilla, lui non c’è è dal signor Diggle, tornerà tardi ed è anche meglio che lui non lo sappia” annuì.

“Oh…allora va bene” accettò, sempre molto restia a fare amicizia con lei.

 

 

“Eccomi…fammi vedere il polso” Emma tornò in soggiorno con il kit del pronto soccorso. “Le tamponò la ferita con delle garze impregniate di disinfettante e asciugò il sangue. “Tieni premuto, è un taglietto superficiale, ma continua a sanguinare, aspettiamo che smetta prima di metterci un cerotto o una benda” le disse, concentrandosi poi sulla ferita sul labbro.

“Qui invece non c’è niente, era solo della terra…il sangue era del polso, forse ti sei strusciata” la informò.

Emma guardò la ragazza con attenzione e quello che aveva notato era strano. “Perché tieni gli occhiali?” le chiese curiosa. “In che senso? Tu perché li hai?” rise alla domanda. “Perché ci vedi benissimo sia da lontano che da vicino, prima non ci avevo dato peso anche quando ti travesti, potresti benissimo usare le lenti, ma non lo so…” era una sensazione.

“Chi sei Emma? Perché conosci Oliver? E non dirmi che è un caso perché so bene che c’è un motivo per cui lo hai salvato quattro mesi fa e c’è un motivo per cui eviti di presentarti agli altri, che dici di essere la guardia del corpo di Oliver…allora?” non sapeva come le era venuto in mente di addentrarsi in quell’argomento.

“Conosco Oliver perché siamo legati…dico di essere la sua guardia del corpo perché tanti anni fa giocavamo a fare i grandi e io ero la guardia del corpo dell’CEO della Queen Consolidated” iniziò, sedendosi difronte a lei.

“Vuoi sapere chi sono Felicity?” l’altra annuì “Bene, ma dovrai promettermi che non verrà detto niente a nessuno” la guardò, in attesa che parlasse. “Mi costa molto…ma farò uno sforzo, quando capirò perché tutti questi misteri” le promise.

“Bene…allora…” la bionda si chinò in avanti, iniziandosi a sfilare gli occhiali “”Il mio nome è Emma Morris…il cognome che portavo fino a sette anni fa era Ivanov…ora penserai che sono russa, ma questo non era il mio vero cognome…alla nascita mi chiamavo Emma Elisabeth Queen” gli occhi di Felicity si spalancarono di colpo, non solo per le sue parole, ma anche per la netta somiglianza che aveva con Oliver “Sono la sorella di Oliver, Felicity” quelle parole rimbombavano dentro la testa dell’informatica, che diavolo significava?

 

SALVE A TUTTI, VOGLIATE SCUSARMI PER IL RTARDO, MA IERI NON HO AVUTO MODO DI PUBBLICARE. QUINDI SPERO DI POTERMI FAR PERDONARE CON QUESTO CAPITOLO. RINGRAZIO DI CUORE TUTTI I LETTORI E RECENSORI. SPERO DI AVER CHIARITO I DUBBI SULL’IDENTITA’ DELLA BELLA EMMA. QUINDI…NON E’ LA FIDANZATA DI OLIVER…SPERO DI AVERVI RISOLLEVTO IN QUESTO. VI ASPETTO SABATO CON IL NUOVO CAPITOLO. LISSI

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Capitolo 6
*** UN PASSATO DIFFICILE ***


UN PASSATO DIFFICILE

 

“Non dici niente” Emma si stava preoccupando, guardando l’informatica ancora sorpresa dalla notizia, anzi schioccata. “Che devo dire?” scosse il capo “Wow…non me l’aspettavo...” disse ancora con voce tremante.

“Emma sono tornata…che ne dici ci alleniamo insieme?” la voce di Oliver risuonò nel loft. Lui ancora ignaro di chi era dentro casa. “Siamo qui” lo avvertì la ragazza. “Siamo? Chi c’è con te?” il sorriso di Oliver si spense nel momento stesso in cui vide Felicity. Lo sguardo preoccupato nel vedere la sorella senza quel semplice accessorio che la camuffava anche se per poco.

“Ciao Oliver…” Felicity adesso li guardava l’uno vicino all’altra e la somiglianza era veramente tanta. “Suppongo tu sappia tutta la verità” annuì Oliver, ma nessuna delle due aveva capito se era sollevato o altro. “Che siete fratelli?” disse Felicity “Sono ancora schioccata se te lo stai chiedendo” la sua affermazione suscitò un sorriso sui due.

“Meglio…una persona in meno alla quale dirlo” Oliver si sedette sul divano difronte a quello in cui era Felicity. “Però non capisco…nessuno aveva mai parlato di un terzo fratello nella famiglia Queen…e poi anche Thea se ne sarebbe ricordata, non trovi?” adesso la mente della povera IT girl era intasata dalle innumerevoli domande.

“Credo tu voglia sapere perché non si è più parlato di me all’interno della famiglia” Emma prese posto vicino ad Oliver, per iniziare a parlare della sua storia e di come si era rincontrata con Oliver.

 

“E’ stato tanto tempo fa…” Emma passò la foto che qualche ora prima aveva nascosto gelosamente “All’epoca Oliver aveva dieci anni e Thea ne aveva a malapena uno…io sono la sorella di mezzo…e avevo cinque anni all’ora” iniziò. Felicity guardò la foto e c’erano Oliver da bambino che sorrideva, insieme ad una piccola Emma che reggeva la sorellina appena nata.

“Mio padre e mia madre avevano fatto un patto con il diavolo…la compagnia stava fallendo e sono stati costretti a chiedere aiuto. Come saprai, dalle prime azioni di giustiziere di Oliver, che la mia famiglia non era così onesta come faceva sembrare. I soldi ti rendono avido e quando iniziano a scarseggiare qualcuno fa di tutto per evitare che avvenga” continuò. “E ovviamente i nostri genitori sono tra quelle persone” aggiunse Oliver per lei.

“Un’anno prima che Thea nascesse, Moira e Robert fecero un accordo con l’associazione russa…nota come Bratva…il contratto che firmarono era in russo e nessuno si rese conto di cosa si stava firmando” spiegò “il contratto stabiliva questo…dal momento in cui la compagnia di famiglia fosse ritornata a dare i suoi frutti, la famiglia Queen era costretta a pagare un debito con la Bratva” Felicity arrivò a capire cosa fosse successo.

“Sai no…la Bratva è un’organizzazione che agisce su iù fronti e quindi ha diversi…componenti, diciamo così…tra cui Sebastian Ivanov…uno dei generali…uno dei capi, un pezzo grosso per intenderci” quella parte della storia era difficile da raccontare.

“Sta di fatto che Sebastian e Ilona Ivanov non potevano avere figli e per la società loro non avere eredi era una cosa brutta…un ponto dolente…in pratica la Bratva venne a sapere che nostra madre era incinta…di Thea…esattamente” Oliver le strinse la mano.

“Nel contratto pretendevano un bambino o una bambina…biondo co occhi azzurri, visto che queste erano le caratteristiche di entrambi i genitori. Loro volevano Thea…ma come sappiamo non rientrava nelle caratteristiche desiderate e sono sicura sia stato un bene” spiegò.

“La nostra famiglia pensò di essere al sicuro…che il patto era sfumato, ma la Bratva…non da niente gratis e se voleva un bambino…avrebbe preso un bambino…così…decisero se prendere me o Oliver…gli unici due che corrispondevano alla descrizione…il punto era che lui era troppo grande…e io avevo cinque anni, tra i due…io avevo più probabilità di dimenticare il passato” concluse.

“Quindi ti hanno portata via?” Felicity era ulteriormente schioccata. “Si…quella sera…il sei agosto del millenovecento novantacinque venni caricata a forza su una macchina scura e portata in Russia” Oliver porse ad entrambe un bicchiere di vino. Non si poteva ascoltare certe storie.

“Hanno cercato di farmi dimenticare chi ero…dovevo dimenticare Emma Queen e diventare Emma Alexandra Ivanov” continuò “per le prime due settimane tentai con tutte le mie forze di resistere alle loro lamentele e alle loro percosse, ma Sebastian se voleva sapeva darli gli schiaffi” si toccò la guancia al ricordo.

“Ricordo che ho resistito più del dovuto e nonostante fossi ancora piccola decisi di fingere…visto che era l’unica soluzione possibile. Ho preso tutte le cose che ero riuscita a portare via, compresa questa foto e altre, le ho riposte in una scatola chiusa a chiave e l’ho sotterrata vicino alla tomba di un antenato della famiglia. Da quel giorno iniziai ad adattarmi alla cultura Russa, a parlare la loro lingua, ad apprezzare il loro stile di vita. Per quello che può significare essere la figlia di uno dei generali della Bratva” annuì.

“L’unica persona alla quale mi sono affezionata era Ilona, la mia presunta madre, la consideravo di famiglia. Lei era l’unica che aveva capito la mia situazione, ma non avrebbe mai potuto dire niente o rischiava di essere uccisa dal marito. Ilona mi ha insegnato le tecniche di autodifesa sin da piccola, già dopo un anno ero capace di difendermi, la tecnica del bastone” indicò Felicity “l’ho appresa da lei. Lo stesso vale per il tiro con l’arco…ho avuto dieci anni per perfezionarmi e diventare quello che sono ora e non manco un bersaglio, credo che Green Arrow possa confermarlo” sospirò.

“Quando Sebastian capì che ero portata per la lotta, per le armi e soprattutto capace di combattere, ha deciso di presentarmi al grande capo. Da quel momento hanno cercato di addestrarmi a diventare un killer…allora avevo diciassette anni, ma li ti considerano adulto quando sei in grado di premere un grilletto” il racconto era sempre più drammatico.

“Non hai mai pensato di tornare?” chiese Felicity, ignara delle leggi della mafia russa. “Tornare significava uccidere direttamente tutta la mia famiglia e le persone a me care…l’unica cosa che potevo fare era resistere ed aspettare il momento giusto per chiedere un favore” quell’affermazione creò una domanda silenziosa da parte di Felicity, che Oliver capì perfettamente, all’inizio non aveva compreso neanche lui di cosa si trattasse.

“E’ stato sette anni fa…che la possibilità si è presentata…come oggi, la Bratva era in continua lotta con la Triade, la mafia cinese…e il mio compito era recuperare o rubare, non so di preciso a chi appartenesse, un sottomarino della prima guerra mondiale. All’interno erano custoditi diverse opere di valore inestimabile…solo che si trovava in luogo neutro e per recuperarlo dovevamo avanzare prima della Triade e allo stesso tempo frenarla, assaltando i suoi uomini e distruggendo tutto quello che gli apparteneva” la storia iniziava a farsi più interessante.

“Il capitano…date le mie esperienze passate ha accettato, mi ha dato l’ok per partecipare all’operazione, visto che io ero dei pochi che completava al cento per cento una missione. Naturalmente non potevo affrontare tutto per conto mio…così aspettai qualche settimana, il Capitano era indeciso, faceva test su test e altro ancora per capire quali uomini dovessero seguirmi. Finché una persona di mia conoscenza non ha bussato alla nostra porta” il suo sguardo cadde su Oliver.

“Vi siete già incontrati? E tu perché non hai detto niente?” Felicity era sorpresa, ma se quella storia rientrava nei cinque anni maledetti, sapeva che Oliver sarebbe stato muto come una tomba.

“E’ complicato Felicity…questa storia è un groviglio di fatti…ma se continuo, capirai anche le sue decisioni” Emma rispose semplicemente, già la fatica con cui le raccontava quei fatti era indicibile.

“Era vestito di verde…al momento non lo avevo neanche riconosciuto…e fortunatamente nessuno si era reso conto della nostra somiglianza. Non mi ricordavo neanche come era fatto. Ero sicura di averlo già visto e poi mi sono ricordata della scatola dei ricordi…è stato come riavvolgere il nastro, ma soprattutto quando ha detto di voler essere la mia guardia del corpo, è stato come respirare ossigeno per la prima volta da anni” erano emozioni indescrivibili a parole.

“In pratica non ricordo, è venuto per parlare con una persona di qualcuno che era morto era venuto per mantenere una promessa, ma nessuno arriva nella sede centrale della Bratva e poi va via come se niente fosse” continuò “Così testando le sue doti atletiche e di guerriero, decisero che sarebbe stato lui il mio accompagnatore in questo viaggio…ora continua tu, che mi si è seccata la lingua” Emma lasciò la parola a suo fratello, mentre si alzava per prendere dell’acqua.

“Quando l’ho vista era come se mi fosse caduto un fulmine in testa, all’inizio non volevo crederci…li per li non avevo ricollegato i fatti ed era passato tanto di quel tempo che pensavo si fosse dimenticato di me” sorrise, ricordando il loro incontro.

“Sicuramente sono stato cauto, ma nel momento in cui eravamo soli nell’aereo, non sono più riuscito a resistere e gliel’ho chiesto…se si ricordava di me, chi ero” concluse.

“Io mi ricordavo perfettamente, nonostante la barba e qualche muscolo in più” spiegò “Solo non potevamo far scoprire agli altri che eravamo fratello e sorella, primo perché la mia possibilità di libertà sarebbe andata in fumo e in più avrebbe incatenato entrambi a quel giogo troppo pesante” cercava di essere il più chiara possibile e quando vide che Felicity aveva capito riprese il discorso “Abbiamo raggiunto il sottomarino…era situato in un edificio isolato nel centro della Cina. Con l’aiuto di alcuni uomini della Bratva, trasferimmo il contenuto del sottomarino in un container, prima trasportato con un camion fino al centro della Russia, dove è situata la sede dell’organizzazione” concluse.

“L’unico problema era togliersi la Triade dalle spalle, come ti muovevi era sicuro che c’era qualcuno che ti seguiva e per noi che abbiamo partecipato alla missione non era più sicuro restare li, ma c’era anche il problema della fratellanza, le in quanto membro della Bratva, non poteva abbandonare niente e doveva morire per l’organizzazione, sono queste le regole…non poteva tornare a casa con me” Oliver fece capire a Felicity quanto quella situazione fosse complicata.

“Quindi fummo costretti a combattere una guerra, che non è ancora finita, venne disperso tanto di quel sangue che le strade ne saranno ancora impregnate…gli uomini della Bratva erano stati uccisi tutti, tranne noi e qualche altro, lo stesso valse per la Triade…ma l’unico problema è che non potevamo andarcene, altrimenti oltre alla Triade, saremmo stati perseguitati anche dalla Bratva” Oliver raccontava quelle vicende con freddezza, era meglio rimanere distaccati da certi argomenti.

“Quello fu l’ultimo giorno che vedemmo…gli uomini rimasti della Triade usarono la loro ultima carta…lanciarono diverse bombe a mano nella nostra direzione, facendo saltare qualsiasi cosa. Noi fummo separati da muri crollati e dalle fiamme, finché non svenni…ero stata colpita ed ero piuttosto malconcia” si alzò per mostrarle la cicatrice sulla sua schiena.

“Io invece venni portato in ospedale con ustioni lievi e poi venni portato qui…allo Starling General Hospital” aggiunse Oliver “E mi hanno detto, poco dopo, che Emma era morta nell’assalto…notizia ricevuta dal Capitano in persona” concluse la sua parte di storia.

“Io ovviamente non ero morta…avevo sentito parlare vicino alla mia camera, dicevano che la mia fedeltà era rara e che mi avrebbero alzato di grado, significava non avere più la possibilità di uscirne” spiegò “Una persona mi doveva un favore e questa stessa persona aveva agganci all’interno dell’ospedale, così misi in atto la mia morte…un paio di gocce di tetradotossina favorirono la realizzazione di questa messa in scena. Da quel momento non ero più Emma Ivanov…ma ero diventata Emma Morris, procurandomi dei documenti americani autentici da un’altra persona che mi doveva un favore e mi stabilii a San Francisco. Dovevo rimettermi…avevo delle brutte ferite ancora” il suo racconto stava per finire, ma era comunque una storia molto drammatica la sua.

“Prima di andarmene tornai nella casa in Russia, volevo salutare Ilona…l’unica che sa che sono ancora viva, ma mi ha dato la sua benedizione e mi ha lasciato libera. Presi le mie cose, oggetti d’infanzia e il mio cappuccio blu…mi sono rimessa in sesto dopo diversi mesi. Da allora ho ricominciato ad allenarmi, ormai l’aspetto di arciere era parte della mia vita che io lo volessi o no…” quell’affermazione non valeva solo per se.

“Dai giornali ho saputo di Arrow e della sua squadra…mi sono informata su di voi…ho cercato di aiutarvi come potevo, ma avevo paura a mostrarmi. Purtroppo la Bratva capì che non ero morta, qualcuno mi ha vista” spiegò “E venni portata nuovamente al cospetto del Capitano e costretta a lavorare per loro ancora per tre anni” sembrava un gioco che non finiva più.

“Entrai nelle grazie del Capitano, colui che viene considerato duro e severo, ha dimostrato che in fondo aveva un’anima. Il giorno in cui tornai dall’ennesima missione riuscita, mi convocò nel suo ufficio…senza nessuno che potesse disturbare, il che mi insospettì anzi mi intimorì solitamente le uccidono le persone” la sua paura le fece riprovare quelle sensazioni “Mi ha lasciato via libera…mi disse che ero una persona che stava pagando per i vizi e le colpe di chi avrebbe dovuto proteggermi” si riferiva alla sua famigli.

“Mi disse che ero libera e di rinascere…di diventare quello che volevo” il suo sguardo era più rilassato “Solo che non mi fidavo…mi chiedevo dove fosse l’inganno, per questo non sono tornata subito…sono stata un anno a girare per il mondo a godere della vita che avrei voluto avere…e poi sono venuta a Star City…appena in tempo credo” rise “il resto lo conosci” concluse.

“Accidenti…la vostra è una famiglia particolare!” commentò Felicity, cercando di distendere la mente. “Lo so…non scegliamo noi la nostra storia, o almeno l’inizio…possiamo solo cambiare il finale e renderlo come vogliamo” annuì Emma.

“Una domanda però mi sorge spontanea, perché state aspettando così tanto per dirlo a Thea, credo sarà felice no?” Felicity era perplessa. “Io avrei voluto dirglielo subito, ma Oliver mi ha detto che dopo che ero stata portata via, i nostri genitori hanno cancellato ogni traccia di me…la mia camera che poi è diventata quella degli ospiti, credo, è stata cambiata, le foto in cui ero ritratta erano state tolte e quelle in cui eravamo noi tre insieme, beh…mancavo io, quindi ho pensato che forse bisogna prepararla al fatto che ha una sorella che non sapeva di avere” alzò le spalle.

“Oh…allora credo che tu abbia ragione, ma non so se ti conviene aspettare così tanto…Thea deve averti vista da qualche parte…non ha detto che forse ti aveva visto da qualche parte?” Felicity girava involontariamente il coltello nella piaga.

“Lo so…è una situazione complicata temo, ma sono sicura che arriverà il momento giusto per dirglielo e poi dirlo al resto della squadra” commentò.

 

“Adesso che abbiamo finito di raccontare questa storia, mi spieghi perché hai il polso fasciato?” Oliver non si era lasciato sfuggire quel dettaglio. “Io…beh…” Felicity non sapeva come rispondere. “E’ colpa mia…ci stavamo allenando e tempo di averla forzata troppo” rispose Emma, sapendo quanto poteva essere iperprotettivo suo fratello.

“Oh…e come mai?” Oliver era confuso. “Le insegnavo la tecnica con il bastone…e non è riuscita a schivare il colpo” cercò di tagliare corto. “Non sapevo voi due vi frequentaste” sorrise.

“Beh…sicuramente non è affar tuo giusto?” le due si guardavano. Sapevano che stavano alleggerendo la tensione. “Sarà meglio andare, dopo tutte queste rivelazioni e cose varie, mi è venuto il mal di testa” Felicity si alzò e si mise il cappotto.

“Ti accompagnò” si propose Oliver. “Si…grazie” anche se sperava la riportasse Emma a casa.

 

“Quindi un’altra sorella da proteggere…” ruppe il silenzio Felicity. Oliver le sorrise “Non credo che Emma voglia la mia protezione e poi, senza sminuire Thea, è molto più forte di lei e riesce a cavarsela da sola anche con un dito credimi” la informò.

“Oh…non c’era bisogno di dirmelo, questa sera me ne ha dato una degna dimostrazione e ha detto che un giorno mi avrebbe insegnato ad usare questo” gli mostrò il bastone estraibile che le aveva regalato.

“Quindi è per questo che eri a casa nostra” la guardò qualche istante “ha a che fare con la ferita che hai al polso” sapeva leggerla dentro meglio di chiunque altro. “Potrebbe anche essere” rispose.

“Però” Felicity tornò seria “Secondo me non dovreste aspettare troppo per dirlo agli altri…perché non iniziate dicendo che Emma è il nuovo arciere? Dopo, con il tempo…direte a Thea chi è veramente” propose.

“Ci ho provato in tutti i modi a convincere Emma, ma è più testarda di un mulo, vuole fare tutto di testa sua…come tornare sul campo dopo una commozione cerebrale e delle ustioni…non so proprio che fare!” scrollò la testa.

“Beh…su questo sono sollevata” lo sorprese “Così ti rendi conto di cosa passo io ogni volta che ti feriscono e poi tutto fiero torni a saltare per i tetti…almeno su questo il sangue non mente” rise alla somiglianza tra i due fratelli.

“Lo terrò a mente” le sorrise, fermando l’auto davanti al vialetto della casa di Felicity. “All’inizio pensavo che fosse la tua nuova fiamma” gli occhi di lei si spalancarono alla realizzazione di ciò che aveva detto.

“Io e Emma?” Oliver la guardò divertito “lo sai che da quando mi hai restituito l’anello non ho frequentato più nessuna…ho capito che forse, per chi sono, non è possibile avere una relazione con qualcuno…meglio restare solo, è quello che ho sempre fatto e sembra non ferire nessuno questo” le rispose.

Felicity lo guardò semplicemente, avrebbe voluto dire qualcosa, ma sapeva che doveva frenare i suoi istinti. “E’ meglio che vada…tutte queste notizie mi hanno fatto venire il mal di testa…è meglio che io ci dorma sopra” Felicity uscì dalla vettura, salutandolo e poi avviandosi verso la porta di casa.

Oliver che rimase a fissarla tutto il tempo, vegliando su di lei, come faceva ogni sera da quando aveva deciso di uscire dalla squadra come gli altri. “E’ permesso?” Emma entrò nella postazione di Felicity “E tu che ci fai qui?” le chiese.

“Lo sai che corro veloce...vi ho seguiti, speravo in un finale migliore…ma penso vada bene come inizio” gli sorrise.

“Che vorresti dire scusa?” lo sguardo di lui era stranito da quell’affermazione. “Oh andiamo Oliver, non dirmi che hai veramente accantonato ogni cosa perché non ci crederebbe nessuno e di certo non io…devi avere pazienza, riconquistare la sua fiducia in primis…devi farle capire che per te è importante” gli dette una pacca sulla spalla. “Devi smetterla di fare la donna saggia con me capito ragazza?” le pizzicò una gamba, scoppiando entrambi a ridere.

“Dai…metti in moto, c’è sempre domani per recuperare” quella frase lo fece sorridere anche se debolmente. “Agli ordini capo”.

 

 

SALVE A TUTTI. ECCOMI CON QUESTO CAPITOLO. SPERO DI AVERVI RESO PARTECIPI E AVER RISPOSTO ALLE DOMANDE SU CHI È EMMA E COSA LE È SUCCESSOVI RINGRAZIO PER AVER LETTO E RECENSITO LA MIA STORIA, SPERO DI CONTINUARE A STUPIRVI.

PER I FAN OLLYCITY: VI GARANTISCO CHE EMMA TIFA PER LORO E CHE A BREVE, NON SUBITO, VEDREMO DEI MOMENTI IN CUI I DUE INIZIERANNO A CHIARIRSI PER LASCIARSI ALLE SPALLE GLI SBAGLI COMMESSI.

PER QUANTO RIGUARDA IL PASSATO DI EMMA, CI SONO ANCORA ALCUNE COSE CHE NON SONO STATE DETTE E CHE SVELERO’ PIU’ AVANTI…IN FONDO EMMA E OLIVER SONO FRATELLI ED ENTRAMBI HANNO UN TRATTO DEL CARATTERE SIMILE, SONO SICURA CHE LO AVETE CAPITO.

GRAZIE ANCORA. LISSI.

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