Strange curses di Cinzia N Spurce (/viewuser.php?uid=127674)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 1 *** 1. ***
Note: Dunque,
buonasera. Questa storia è un break a tutto il resto delle
cose che sto facendo, tipo studiare quella maledetta materia che
è diritto romano (cioè diritto privato versone
impero romano), il blog che fatica a riprendersi, la long che
è più angst di me la notte prima degli esami e
varie ed eventuali one-shot malinconiche e pesanti. Perché
io sono una persone pesante, che affronta temi pesanti, che scrive cose
tristi e via dicendo. Perciò ho scritto questa robetta, che
è nata dall'ispirazione di un prompt nella pagina Sterek
Prompt, che mi ha fatto partire dei dialoghi nella testa in
cui Derek e Stiles battibeccavano continuamente, che mi ha fatto
ridere.
Dunque avete una Sterek che è una commedia, che
sarà una finestra a quell'ammasso di roba angosciante che
scrivo di solito, sarà una mini-long, credo in 5/6 capitoli
al massimo, con capitoli corti, con tanti dialoghi perché
amo i botta e risposta, con Allison, Scott e Stiles come magnifico
trio, perché per quanto ami Lydia (e la amo veramente tanto)
loro tre sono il primo trio e quindi voglio rendere giustizia a loro,
con un'Allison che dà man forte a Stiles e uno Scott meno
tonto del solito. Stiles è una macchietta carina carina e
Derek uno scorbutico che, mamma mia, calmati, gioia. Siccome ho deciso
che sarà una roba allegra non è morto nessuno
degli Hale, gli Argent non sono cacciatori, Kate non appicca incendi a
caso e Claudia è ancora viva perché nelle ultime
fanfiction l'ho fatto stare male in modi indicibili quel cupcake di
Stiles.
E niente, non vi anticipo nulla del prompt che almeno se siete in
vena di scemenze lo scoprite in queste prime pagine.
Strange
Curses
1.
«Corri!»
gridò la ragazza spaventata a Scott McCall, nel pieno della
foresta di Beacon
Hills, di notte, con gli agenti della contea dispiegati in ogni angolo
e il
coprifuoco già superato da un bel pezzo. Se lo ripeteva ogni
dannata volta. Ogni. Dannata. Volta. Mai
fidarsi di
Stiles, mai buttarsi a capofitto nelle proposte insensate e decisamente
opinabili di Stiles Stilinski e soprattutto mai farlo quando la sua
ragazza
decideva che quelle idee erano geniali anche per lei.
«Cosa
vuoi che
sia amico, saranno talmente impegnati che non ci scopriranno,
sarà
entusiasmante.»
Aveva
detto quello scellerato del suo migliore amico.
«Andiamo,
Scott,
sarà divertente!»
Aveva
confermato quella debosciata della sua ragazza.
Morale
della favola: non era né entusiasmante, né
divertente e lui li avrebbe uccisi
torturandoli in maniera spietata. Aveva deciso.
Gli
agenti della contea avevano intensificato la sorveglianza in seguito
agli
attacchi animali delle ultime settimane e quei tre dovevano
assolutamente
sparire, tele-trasportarsi, implodere se necessario, per evitare
l’ira funesta
che li avrebbe colpiti se i loro genitori avessero scoperto che loro
erano in
giro per la foresta a notte fonda.
Avrebbe
davvero voluto arrivare a casa, mettersi a letto e dimenticare quella
terribile
nottata, ma il destino, infido bastardo, fece inciampare Scott in
qualcosa di molto duro e molto grosso.
«Scott»
sussurrò concitato Stiles.
«Scott»
gracchio Allison subito accanto a lui.
«Amico
devi alzarti!»
«Amico
un corno» sbottò il ragazzo «non riesco
ad appoggiare la caviglia.»
«No,
no, no, no, no! Non fare scherzi, bello» cercò di
tirarlo su Stiles.
«Dobbiamo
andarcene a casa. Subito!»
sibilò
Allison.
«Scusate
se mi sono probabilmente fratturato una caviglia a causa delle vostre
pessime
idee, eh!»
«Si
può sapere come diavolo hai fatto a cadere
così?» domandò Allison con le
sopracciglia corrucciate e un’espressione tesa in viso.
«Non
lo so, c’è qualcosa che mi ha fatto
inciampare...» Stiles si girò a vedere
verso il punto indicato da Scott.
«Oh
cazzo!»
«Qual
è il problema?» domandò Allison
seguendo lo sguardo di Stiles e bloccandosi
anche lei sul posto, sbalordita. «Oh
santissimo cazzo!» esclamò con gli occhi
sgranati.
«Cosa
c’è?» provò a domandare Scott
girandosi, ma il buio e l’infortunio alla
caviglia gli impedirono sia di girarsi che di vedere per bene cosa
stesse
sconvolgendo così Stiles e Allison.
«Dio... è
morto?» chiese Allison in
sussurro.
«Chi
è morto? Cosa è morto?» si
agitò Scott «oh cielo, sono inciampato su un
cadavere? Può essere considerata profanazione?»
iniziò a iperventilare «Dio, ho
profanato un cadavere!» piagnucolò isterico.
«Scottie,
taci!» gli disse Stiles muovendosi verso il corpo del ragazzo
disteso a terra.
Lo
conosceva bene il ragazzo morto ai suoi piedi. Era Derek Hale, il
ragazzo che
aveva stalkerato per tutta l’estate, cercando di comprendere
qualcosa della sua
natura, per un attimo gli si inumidirono gli occhi, non lo conosceva
– non di
persona, almeno – ma da quando aveva letto le leggende che la
cara zia di
Allison gli aveva consigliato si era convinto dell’esistenza
di qualcosa che
andasse oltre l’umana comprensione. La natura schiva e
taciturna del giovane lo
avevano convinto, senza ombra di dubbio, che fosse un licantropo fatto
e
finito, con tanto di zanne, artigli e allergia all’argento;
ma un lupo mannaro
non si uccideva così facilmente e il ragazzo era senza vita,
con gli occhi
spalancati e i polmoni vuoti, non c’erano tracce di ferite,
niente di niente.
Stiles
si abbassò su di lui, lo fissò scrutando tutti i
dettagli del viso di quel
ragazzo che aveva ammirato da lontano. Era bellissimo, pensava.
Qualunque fosse
la causa della sua morte di certo non si meritava di andarsene
così, da solo, al
freddo in una foresta.
«Stiles...»
sussurrò Allison appoggiandogli una mano sulla spalla.
«Era
Derek Hale» mormorò.
«Il
ragazzo che credevi fosse un lupo mannaro?»
domandò Scott.
«Proprio
lui...»
«Bene,
adesso ti sei convinto che creature del genere non esistano o dobbiamo
stare
qui a rischiare di farci scoprire ancora per molto?»
«Scott!?»
lo riprese Allison indignata, abbassandosi a lasciargli uno
scappellotto.
«Che
c’è?» rispose nervoso «se lui
non credesse in queste sciocchezze non saremmo
qui, io non mi sarei fratturato la caviglia e non avremmo un trauma da
ritrovamento di cadavere da affrontare!»
«Dio,
Scott, se non stai zitto te la fratturo io la caviglia e siamo tutti e
tre
abbastanza insensibili da non rimanere scioccati dalla vista di un
cadavere!»
Scott
sbuffò afferrandosi la caviglia e borbottando qualche
imprecazione, mentre
Allison fissava Stiles preoccupata e quest’ultimo non
distoglieva lo sguardo
dal ragazzo.
Stiles
allungò una mano, quasi a sfiorargli la maglia di poco
sollevata a lasciargli
scoperto un lembo di pelle, probabilmente si era sollevata
durante la
caduta. Trattenne il fiato sfiorò la maglia grigia e
aumentò di poco i
centimetri di pelle scoperta, sospirando appena.
«Stiles?»
Stiles
non le rispose, abbassò la maglia e sentì vibrare
il cellulare in tasca, mentre
le voci dei colleghi di suo padre si facevano sempre più
vicine.
«Abbassatevi»
sibilò cercando di appiattirsi per terra, mentre Allison
tirava giù Scott. Le
torce degli agenti li sfiorarono quasi, ma per smaccata fortuna non si
fecero
scoprire.
Appena
Stiles fu sicuro di non finire nei guai si sollevò da terra
prendendo il
cellulare e controllando il messaggio appena arrivato.
Toglimi
immediatamente le mani di dosso prima che decida di aprirti la gola con
i
denti.
Diceva
il messaggio che Stiles fissò perplesso.
«Scott,
piantala con questi giochetti!»
Il
ragazzo si voltò inarcando le sopracciglia. «Come,
prego?»
«Smettila
di mandare messaggi idioti, abbiamo davanti un morto»
continuò borbottando
insulti verso l’amico.
«Di
che diavolo stai parlando, non ho nemmeno il cellulare con
me!»
Stiles
spostò lo sguardo su Allison che lo fulminò con
lo sguardo.
«Dobbiamo
andare via» gli disse a bassa voce.
«Non
possiamo lasciarlo qui» Stiles fissava il corpo di Derek con
espressione
dispiaciuta.
«Non
possiamo mica caricarcelo in spalla, Stiles.»
Stiles
sospirò appena, decise che aveva ragione Allison e che
avrebbe dovuto lasciare
lì il corpo del ragazzo.
«Andiamo,
so che avevi una cotta per lui, ma ormai è morto, noi non
possiamo fare nulla.
Tuo padre e gli altri agenti lo troveranno, vedrai!»
Stiles
annuì secco, si abbassò a poggiare una mano sugli
occhi aperti di Derek e gli
abbassò le palpebre per chiuderglieli. Vedere gli occhi di
qualcuno senza vita,
aperti, era uno spettacolo di una bellezza e di un orrore unici, a suo
parere.
Era quanto di più triste si potesse vedere, per questo volle
chiuderglieli.
Dopo
si alzò, afferrò Scott da un braccio, assieme ad
Allison, e lo tirarono su per
poterlo strascinare fin alla Jeep.
Appena
saliti in auto, affannati, sporchi e, non l’avrebbero mai
ammesso, anche un po’
spaventati, il cellullare di Stiles iniziò a vibrare
ininterrottamente, come se
in arrivo ci fosse una telefonata. Stiles si voltò rapido a
controllare gli
amici, ma né Scott né Allison avevano tra le mani
i propri telefoni. Sullo
schermo del cellulare il numero non appariva, sostituito da un
fastidioso “Numero Privato”.
«Chi
diavolo ti chiama a quest’ora?» domandò
Scott cercando di sporgersi in avanti.
«E
io che cosa ne so...» rispose Stiles irritato.
«Pronto?»
«Non osare
più mettermi le mani addosso!»
ringhiò una voce che Stiles non riconobbe e lo
atterrì per un attimo.
«Chi
diavolo è che parla?» domandò nervoso.
«Quello che hai pensato di palpare
da morto,
deficiente!»
Stiles
restò a bocca aperta, deglutì rumorosamente e si
affrettò a mettere il vivavoce
per far sentire agli amici l’assurdità di quella
conversazione.
«Stiles,
che co-»
«Shh,
zitto Scottie, ascolta!»
Sul
volto di Stiles si era dipinto un sorriso vittorioso, mentre la voce di
Derek
Hale, il defunto Derek Hale, ci teneva a sottolinearlo, si espandeva
nell’abitacolo della sua auto e i due ragazzi restavano a
bocca aperta dallo
stupore.
«Non
può essere, Stiles. Tu lo capisci che è
impossibile, vero?»
«Scott,
se non fosse lui come farebbe a sapere che ho palpato i suoi addominali
nella
foresta?»
«Tu
hai fatto cosa?»
«Cerca
di concentrarti sui dettagli importanti, Scott. Il defunto Derek Hale
mi parla
dal mio telefono...» disse con un’espressione
distorta in viso «ho un telefono
magico, o santo. O magari sono io un santo, un profeta. Ecco, sono un
profeta
che-»
«Cristo, nessuno riesce a fare stare
zitto
questo cretino?» proruppe dal cellulare Derek
trasudando irritazione e
insofferenza.
«Non sei un santo, una strega mi ha
fatto un
incantesimo capace di scindere il mio corpo dalla mia anima!»
spiegò
brevemente la voce del ragazzo che comunque per Stiles continuava a
restare
morto.
«E
adesso da dove ci parli?» chiese Allison sinceramente
interessata.
«Ma
dal paradiso dei lupi mannari, ovvio!»
«Da questo aggeggio infernale!»
Risposero
in coro Stiles e Derek.
«Non sono morto,
deficiente!» lo riprese
la voce di Derek «quando la strega
ha
lanciato l’incantesimo io non sono morto, quindi la mia anima
si è legata al
primo oggetto utile» concluse la voce stanca.
«Che
era il cellulare di Stiles, giusto?» domandò Scott
che si stava riprendendo da
quella stranezza senza precedenti.
Fissò
Stiles negli occhi per un attimo, ammettere che in un certo senso il
suo amico
avesse ragione su tutto quel fattore di roba sovrannaturale era un
colpo non
facile da digerire. Stiles ricambiò lo sguardo e,
conoscendosi ormai da più di
dieci anni, Stiles sapeva che cosa l’amico stava pensando.
Allargò il sorriso
più che poteva, stringendo tra le dita il cellulare dal
quale usciva la voce di
Derek.
«Te
l’avevo detto, io» ghignò «ho
il cuore del vero credente!»
«E
un’indigestione di Once Upon a Time a quanto pare»
sbuffò Scott.
«Okay,
abbiamo capito» rispose Allison prendendo in mano il
cellulare e ignorando i
due ragazzi. «Cosa possiamo fare per farti tornare nel tuo
corpo?» gli domandò.
Scott
e Stiles si fissarono un attimo negli occhi sbiancando letteralmente.
«Oh
merda!»
«Oh
santissima merda!» gli rispose Scott con una mano sulla
fronte.
«Che
diavolo avete voi due adesso?»
Scott
strappò il cellulare dalle mani di Allison.
«Quanto pensi che possa resistere
il tuo corpo dentro una cella frigorifera prima di morire per
ipotermia?»
«Non più di due giorni»
rispose Derek,
realizzando che con il suo corpo disteso nel bel mezzo della foresta,
apparentemente morto, sarebbe stato preso in custodia dalla polizia e
messo in
condizione di non decomporsi.
«Dovete trovare quella strega e
ucciderla!»
«Ehi,
fermo un attimo, hai detto uccidere? Sei impazzito?»
Derek
imprecò e iniziò a parlare ringhiando o a
ringhiare parlando, non gli era ben
chiara la differenza al momento, mentre lo spirito di Derek Hale
portava avanti
una filippica su quanto fosse pericolosa una strega in giro, su cosa
potesse
fare se avesse trovato il Neme-qualcosa, e che, dettaglio
più importante, per
annullare un incantesimo aveva bisogno di un contro-incantesimo o della
morte
della strega che lo aveva pronunciato. Dunque via il dente, via il
dolore,
pensava quella voce che continuava ad abbaiare ordini dal suo cellulare
mentre
quei tre boccheggiavano increduli.
«Potremmo
avere utilizzato delle droghe e avere delle allucinazioni,
no?» cercava di
razionalizzare Scott.
«Scott,
l’unica droga che hai mai utilizzato è stata
l’erba alla festa di Lydia due
anni fa, non dire stupidaggini!» gli rispose Allison
esasperata.
Prese
in mano la situazione e si rivolse a Derek con il tono più
serio che potesse
vantare.
«Ricomincia
da capo, Hale. E cerca di essere convincente prima che mi rivolga allo
sceriffo
per scherzi di cattivo gusto, okay?» disse autoritaria.
«Inizia dicendoci chi
sei...»
Derek
Hale, o perlomeno la sua voce metallica e seccata, iniziò a
raccontare seguendo
le direttive di Allison. Raccontò a quei tre ragazzini di
essere un lupo mannaro
e di esserlo per discendenza, la sua famiglia era composta da lupi
mannari
grazie ai geni ereditati da sua madre. Spiegò come la sua
famiglia fosse da
sempre stata legata a Beacon Hills, in quanto custodi e protettori del
Nemeton,
l’albero mistico in grado di contenere ed elargire energia a
chi sacrificasse
qualcosa, ma incapace di distinguere il bene dal male. Lui era
lì per
difenderlo, una strega era lì per utilizzarlo ed ecco
spiegati gli omicidi e
l’incantesimo contro Derek.
«Perché
non ti ha ucciso?» domandò Stiles.
«Perché
è una sadica stronza» fu la risposta di Derek.
«Dobbiamo ucciderla, non
accetterà mai di invertire l’incantesimo e io ho
necessità di tornare nel mio
corpo.»
«Come
diavolo facciamo a trovare una strega? E come impediamo a mio padre di
dichiararti morto e di non metterti in una cella frigorifera?»
«Stiles,
calmati» intervenne Scott «non possiamo fare nulla
adesso e io ho una caviglia
gonfia. Dobbiamo andare a casa e studiare per bene come agire prima
di...»
«Di?»
«Di
fare qualsiasi cosa possa peggiorare la situazione!»
completò nervoso.
«Scott
ha ragione, Stilinski» Allison restituì il
cellulare al proprietario, «Hale,
hai qualche idea su come possiamo agire?» domandò
infine.
«Trovate quella maledetta strega!»
«Senti,
oltre ad abbaiare ordini misti a minacce sai anche dirci come trovare
quella
strega?» si indispose Stiles, mettendo in moto
l’auto e iniziando a dirigersi
verso il centro di Beacon Hills.
«Dovrebbe lasciare delle tracce...»
mugugnò il telefono.
«Dio... che genere di
tracce, Hale?»
«Polveri strane, semi
di qualcosa e
probabilmente dei gatti morti!»
Stiles
fece un’espressione schifata. «Come adempiere al
più becero cliché» mormorò.
Davanti
casa di Scott aiutò Allison a scaricare l’amico,
ringraziando il cielo che la
madre avesse il turno di notte in ospedale, decisero ch l'indomani
Scott avrebbe finto una rovinosa caduta per le scale e che avrebbe
avuto bisogno di una visita al pronto soccorso, cui prontamente Stiles
lo avrebbe accompagnato. Poi portò Allison a casa sua,
facendo attenzione a vederla entrare a casa dalla finestra.
Giunto
a casa sua Stiles sentì nuovamente vibrare il proprio
telefono, controllò lo
schermo e sospirò di nuovo alla vista di quel Numero Privato.
Derek
non gli diede il tempo di parlare. «Che
hai intenzione di fare, adesso?»
«Intendi
adesso? Proprio ora, alle tre di notte?»
«Sì, ragazzino. Adesso!»
«Vado
a dormire, cos’altro dovrei fare?»
«Cosa? Pensi a dormire mentre io
sono uno
spirito dentro il tuo telefono? Scordatelo!»
sbottò furibondo.
«E
cos’hai intenzione di fare per fermarmi?»
ghignò vagamente compiaciuto «l’unico
che ha un corpo da controllare sono io qui.»
«Steve...»
Stiles grugnì qualcosa di poco
chiaro.
«È
Stiles, non Steve» gli rispose gettando il telefono poco
garbatamente sul letto
e iniziando a spogliarsi.
«Okay, Stiles. Ho bisogno del mio
corpo»
disse Derek in tono più accondiscendente.
«E
io ho bisogno di avere le mie facoltà mentali intatte,
ragion per cui ora vado
a dormire!»
Ignorò
il telefono dal quale usciva la voce di Derek andando in bagno e
tornando un
quarto d’ora dopo umido per la doccia appena fatta e in
boxer. La voce di Derek Hale continuava a uscire
molesta da quell’aggeggio e il tono calmo e colloquiale era
sparito per tornare
alle minacce che dall’inizio di quella scoperta gli aveva
rivolto.
«Santo
cielo, stai un po’ zitto Sourwolf!»
sbottò esasperato Stiles, infilandosi un
paio di pantaloni di un vecchio pigiama sbiadito e guardandosi di
sfuggita allo
specchio.
«Come mi hai chiamato?»
«Tu
non riesci a vedermi adesso, vero?» lo ignorò
Stiles guardandosi allo specchio e
fissando i suoi ridicoli pantaloni con le nuvole.
«Di che diavolo parli?»
ringhiò Derek.
«Cosa
vedi adesso? La mia stanza? La foresta?»
«Il tuo soffitto, idiota!»
rispose Derek
«vedo quello che vede il tuo
cellulare!»
Stiles
emise un sospiro di sollievo, perlomeno la sua dignità
sarebbe stata intatta,
si gettò sul letto facendo bene attenzione a coprire con il
palmo della mano lo
schermo del cellulare, corse a metterselo all’orecchio,
così da coprirgli
qualsiasi visuale.
«Bene,
appurato che adesso non posso fare nulla per te, dormiamo»
gli disse Stiles
noncurante, sistemandosi sotto le coperte e prendendo tra le mani
l’ultimo
volume di Capitan America.
«Io non dormo»
gli rispose Derek
alterato.
«Ripeto:
io sì! Ergo buonanotte, Derek» Stiles chiuse la
telefonata senza prestare
attenzione alle proteste del licantropo intrappolato nel suo cellulare,
tolse la
suoneria, disattivò la vibrazione e per essere
più sicuro di riuscire a
riposare almeno qualche ora mise il cellulare offline, poi lo
posò sul comodino
facendo attenzione che lo schermo fosse poggiato al mobile e si
concentrò sulla
lettura del suo supereroe preferito, cercando di non pensare in maniera
troppo
ossessiva a quella situazione grottescamente assurda.
Note 2.0: Duuuunque, eccoci qui. Ho riso in maniera
compulsiva a pensarli in queste condizioni. Sul serio.
Non ci saranno troppe spiegazioni, o dettagli, o introspezione
infinita, prendetela per quel che è: una commediola
divertete in cui il burbero e il ragazzino si pizzicano fino a
innamorarsi, sarò fluff per quanto io sappia esserlo. Spero!
Non so quando aggiornerò, ho Shades da scrivere, di cui mi
attende il quarto capitolo che per un'idea o un'altra è
passato in sordina. Prima la one-shot infinita, poi quest'idea malsana
ma comunque carella che mi hanno spronato a scrivere, adesso mi
dedicherò a quello e comunque il periodo non è
dei migliori per concentrarmi sulla scrittura, Settembre è
una brutta bestia. Comunque, non dovrebbe essere diffcoltosa, vista la
brevità e la leggerezza dell'idea.
Metto rating giallo perché non so che piega di colore
prenderà, mi riservo la possibilità di aumentarlo
se e quando Derek e Stiles smetteranno di dirsi idiozie per impiegare
il tempo in maniera più interessante xD
A presto, Cinzia N.
|
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Capitolo 2 *** 2. ***
Note: Buongirno,
torno con un altro aggiornamento, dopo quello di Shades, spero vi
piaccia, io mi diverto un sacco a farli interagire. Mi scuso per il
ritardo, è stato dovuto alla sessione d'esami che mi ha
succhiato via la vita, ma adesso eccomi qui, pronta a farvi sapere come
procedono le storie.
Strange
Curses
2.
Il
giorno dopo Stiles si svegliò intontito e incapace di
focalizzare gli eventi di
qualche ora prima, fissò la sveglia in cagnesco e si
maledì per aver fatto
tardi ancora una volta.
Perché
aveva
fatto così tardi?
Oh,
gli omicidi nel bosco, già.
Di
colpo la situazione gli fu chiara e afferrò di scatto il
telefono togliendo la
vibrazione e rimettendo il sonoro.
«Brutto
ragazzino del cazzo» fu
il ringhio acuto di Derek Hale, che possedeva il suo telefonino. Alle
tre di
notte e con l’adrenalina addosso suonava meno folle, doveva
ammetterlo.
«Oh
mio Dio... sei davvero intrappolato dentro il mio cellulare.»
«Oh
mio Dio...
sei davvero stupido.»
Stiles
aggrottò gli occhi e fissò lo schermo infastidito.
«Non
fare quella
faccia con me ragazzino, sei davvero stupido.»
«Tu
sai che potrei gettare accidentalmente il cellulare nel cesso e andare
a
comprarne uno che non potrai possedere, vero?»
Dal
cellulare uscì uno sbuffo indispettito. «Stavo
scherzando.»
«Non
sembri molto convincente» rispose lasciando il cellulare tra
le coperte e
andando in bagno a lavarsi per quella giornata infernale che
l’attendeva.
«Ehi,
ragazzino?»
ignorò i richiami provenienti da quell’aggeggio
infernale. Quando finì di
sistemarsi tornò in camera già vestito, si rese
conto che per comunicare con
Allison e Scott avrebbe dovuto prendere il cellulare e utilizzarlo.
«Vedi
di stare zitto adesso» mugugnò allo spirito nel
suo telefono, iniziando a
digitare sullo schermo alla ricerca del numero di Scott.
«Che
cos-»
«Zitto
ti ho detto» replicò offeso per poi avviare la
chiamata, dopo appena qualche
squillo Scott rispose.
«Ehi
amico, come va la caviglia?» gli domandò
preoccupato.
«Fa
male, credo di avere davvero bisogno di andare al pronto
soccorso...» Stiles
sospirò e annuì.
«Dobbiamo
chiamare Allison, voi andrete in ospedale e io torno nel bosco,
dobbiamo
scoprire se il corpo di Derek è già stato portato
in obitorio.»
«In
entrambi i casi cosa avresti intenzione di fare? Rubare il corpo e
nasconderlo
in camera tua?»
Stiles
mormorò qualcosa di indistinto.
«Stiles,
ti prego...»
«Allison
potrebbe procurarsi le chiavi della casa al lago di Lydia, potremmo
nasconderlo
lì, si tratterebbe solo di qualche giorno.»
«Perché
tu sai come affrontare una strega?»
Stiles
storse il naso. «No, ma posso scoprirlo, ci vediamo tra dieci
minuti, Scottie.»
Stiles
quasi non fece più caso al cellulare, lo gettò
dentro lo zaino e corse fuori,
lasciando un post-it a suo padre. Lanciò lo zaino sul sedile
posteriore e corse
verso la casa di Scott, lo trovò sul portico, seduto sui
gradini in attesa di
Stiles.
«Come
hai fatto a scendere le scale?»
«Strisciando.
Come un verme. A causa tua, fondamentalmente.»
«Mi
porterai rancore a vita?»
«Nah,
solo finché non mi sentirò realizzato.»
Scott
telefonò a Allison, che si fece trovare già per
strada. La ragazza salì in
macchina e li fissò in silenzio.
«Allora?» sbottò dopo un po’
«dov’è Derek?»
Stiles
la guardò stranito.
«Il
cellulare, Stiles.»
«Porca
troia» accostò di fretta, facendo sballottolare
Allison sui sedili posteriori,
per poi sporgersi a recuperare il proprio zaino e prendere in mano il
cellulare
che iniziò a sbraitare.
«Dico,
sei
idiota? Mi hai lanciato nel tuo zaino!»
«Scusa,
scusa, scusa! È stata la forza
dell’abitudine» supplicò Stiles.
Reinserì
la prima e si diresse verso l’ospedale, mentre Derek
borbottava, Allison
ghignava e Scott soffriva per la caviglia infortunata.
«Dunque?»
gli domandò Allison mentre entravano al pronto soccorso e
Scott veniva
prelevato dai colleghi di sua madre per i controlli di routine.
«Dobbiamo
evitare che Derek venga messo in una cella frigorifera»
rispose Stiles tra i
denti.
«E
se lo hanno già fatto?»
«Dobbiamo
trovare il modo di farlo uscire, perciò trova il modo di
scendere in obitorio e
controllare!»
«Non
farò irruzione in obitorio per controllare se il corpo di
Derek è stato portato
qui!» rispose Allison indignata.
«Oh
sì, che lo farai e domanderai a Lydia di poter usufruire
della sua casa al lago
per un weekend romantico con Scott, così abbiamo dove
nascondere il corpo.»
Allison
sbuffò. «Non so nemmeno come entrare.»
Stiles
le consegnò una chiave guardandola come un serial killer.
«È un passe-partout
della città, perdila e siamo nei guai.»
Allison
lo guardò stranita. «Che ci fai con passe-partout
della città?»
«L’ho
rubato a mio padre, smettila di fare domande e vai!»
«Perché
non ci vai tu?»
«Perché
hanno una mia foto segnaletica a causa tutte le volte in cui mio padre
mi ha
trovato invischiato nei suoi casi, adesso vai. Veloce!»
la cacciò via.
Restò
nella sala d’attesa del pronto soccorso, tamburellando veloce
con un piede e
giocherellando con il cellulare tra le mani, com’era solito
fare.
«Potresti
smetterla di farmi girare come una trottola? Mi sta venendo da vomitare
e non
sono sicuro che nelle mie condizioni sia normale avere malesseri
simili...»
Stiles
mormorò in assenso appoggiando il cellulare sulla sedia
accanto a lui, ogni maledetta
parola di quel ragazzo usciva fuori come un ringhio, e sì
che era stato lui impossessarsi
del suo cellulare, non glielo aveva mica chiesto Stiles. Di una simile
seccatura ne avrebbe fatto volentieri a meno, ecco.
Di
tanto in tanto il cellulare – Derek
–
sbuffava sonoramente, costringendo Stiles a tossicchiare in maniera
spastica
per non far insospettire nessuno. Quando Derek iniziò a
parlottare a suo modo:
ringhi, minacce e sbuffi, Stiles fu obbligato a fingere una telefonata.
«Dopo
questa
piacevolissima sosta qui cosa intendi fare per risolvere questo
disastro?»
Stiles
storse il naso irritato, iniziava a detestarlo, per essere carino era
carino,
anzi era sexy da morire, ma diavolo se era irritante e borioso e
rompiscatole.
«Vedi di lasciare il sarcasmo agli esperti, eh...»
Derek
gli fece il verso e Stiles si domandò quanto in effetti
fosse più maturo di
lui, perché, davvero, gli sembrava di avere a che fare con
un ragazzino di
dodici anni.
«Cercheremo
di recuperare il tuo corpo, giusto per evitarti una morte per
ipotermia, poi ci
occupiamo delle strega e di farti riavere il tuo corpo, okay?»
Il
mormorio di assenso che provenne dall’apparecchio gli diede
l’illusione di un
attimo di pace, ma era stato un idiota a crederci davvero.
«Sono
rovinato,
la mia vita in mano a tre adolescenti!»
Stiles
non riuscì più a trattenersi. «Senti,
nessuno di noi tre ti ha chiesto di
possedere il mio cellulare, men che meno ti abbiamo chiesto di iniziare
ad
abbaiare ordini su come farti tornare alla normalità. Hai
fatto tutto da solo,
quindi smettila di romperci le scatole, stiamo facendo il meglio che
possiamo.»
La
sfuriata ammutolì Derek, che si morse virtualmente la
lingua. Stiles gettò il
cellulare sulla sedia con poca grazia e Derek, in un impeto di empatia,
ebbe la
buona creanza di non ribattere sui modi del ragazzino.
Quando
Scott tornò nella sala d’attesa di Allison non
c’era ancora alcuna traccia.
«Come
va la caviglia?»
«Bene,
è una brutta distorsione, ma niente di rotto. Qualche giorno
di riposo, un po’
di ghiaccio e sarò come nuovo.»
Stiles
annuì sentendosi un po’ in colpa e sbuffando
pesantemente.
«Allison?»
«In
obitorio» mormorò Stiles. Scott, prese in mano il
cellulare di Stiles,
iniziando a giocherellarci.
«Come
troviamo una strega?» domandò Scott, inclinando il
cellulare senza farci caso,
ponendo la fotocamera proprio in direzione di Stiles.
Stiles
sbuffò esasperato, strofinandosi gli occhi per
l‘assurdità di quella
situazione. «Non lo so, Scottie. Non lo so
davvero...»
Stiles
non lo sapeva davvero, Derek era stato estremamente laconico con le
informazioni, tra un ringhio e l’altro, e lui voleva davvero
salvarlo, perché
fondamentalmente era una brava persona che non avrebbe mai lasciato
morire
qualcuno senza fare nulla. Derek lo vide concentrato e vagamente
abbattuto, con
gli occhi bassi e leggermente tristi, e con estremo orrore
notò che si era
imbambolato a fissare la sfumatura ambra degli occhi di quel ragazzino
molesto.
Tutto
venne bloccato da Allison che a denti stretti e come una furia
arrivò ripetendo
che avrebbero dovuto andare via da lì.
«Ho
toccato dei cadaveri, Stilinski. Morti.
Che schifo» iniziò a sibilare strofinandosi le
mani e salendo di corsa sul
sedile posteriore della Jeep.
«Questa
me la paghi, maledetto idiota!»
Stiles
mise in moto e dopo aver aiutato Scott a montare su restò
fissò a guardare
Allison, «Allora?» le domandò irrequieto.
«Nessun
Derek Hale, sarà ancora nel bosco...»
«Ottimo»
mormorò uscendo dal parcheggio dell’ospedale.
«Allie,
qui entri in gioco tu, abbiamo bisogno della casa al lago di
Lydia.»
«Non
possiamo coinvolgere Lydia!»
«Dobbiamo
coinvolgere solo la sua casa al lago, dille che vuoi passare un weekend
romantico con Scott, che lo vuoi consolare per la caviglia, che vuoi
scopare
con le tende aperte. Non so, inventa qualcosa e prendi quelle dannate
chiavi!»
Stiles,
di certo, si sentiva un po’ esaurito, non aveva ancora dato
di matto per tutta
quella faccenda del sovrannaturale, sì che era una persona
con la mente aperta
e con la fantasia spiccata, ma comunque tra streghe, lupi mannari,
possessioni
di cellulari e probabili omicidi rituali si sarebbe aspettato almeno un
crollo
psicologico, pensandoci razionalmente.
Sentiva
Allison borbottare al cellulare con Lydia, cercando di convincerla, e
Scott
intento a fissare il cellulare di Stiles con faccia perplessa.
«Ragazzino,
smettila di fissarmi!» gli ringhiò contro
Derek, facendolo sussultare.
«Rieccolo
con i ringhi. Hale, non spaventarmi l’amico per favore,
abbiamo bisogno di
neuroni lucidi.»
Se
solo Derek non si fosse già preso una sfuriata gli avrebbe
risposto che in tre
non riuscivano a fare un neurone intero, ma si impose di restare zitto,
sbruffando
solo un po’.
«Andata,
abbiamo il benestare di Lydia. Devi lasciarmi a scuola per prendere le
chiavi. Ci
vediamo alla casa la lago!»
Stiles
annuì e imboccò la strada per il liceo, ci volle
poco per arrivare, Stiles fece
scendere Allison dall’auto e andò dritto al bosco.
«Come
pensi di recuperare il corpo?» gli domandò Scott
guardandolo di sottecchi. Stiles
si rese conto che l’amico non avrebbe potuto aiutarlo con la
caviglia in quelle
condizioni e che quindi avrebbe dovuto trovare una soluzione
alternativa.
«Dovrei
avere ancora la tenda da campeggio, potrei usarla per
trascinarlo» mormorò
riflettendo sul da farsi.
Posteggiò
l’auto sul ciglio della strada, nella zona più
nascosta che trovò e afferrando
il cellulare per poter restare in contatto con Scott.
«Ricordi
dove potrebbe essere disperso il tuo corpo?» gli
domandò recalcitrante.
«No» rispose Derek
vagamente scontroso «sono caduto a
terra
vittima di un sortilegio.»
«E
noi siamo inciampati sul tuo corpo in piena notte. Dovrò
perlustrare ogni
angolo del bosco, Ottimo.»
Iniziò
a incamminarsi per il bosco facendo attenzione a ogni centimetro in cui
si
imbatteva, ogni tanto sentiva Derek borbottare qualcosa
sull’assurdità di
quella situazione e non poteva far altro che concordare con lui. Dopo
quarantacinque
minuti di giri a vuoto e di sbuffi nervosi Stiles trovò il
corpo, si abbassò
stendendo quella che a breva sarebbe stata una tenda da campeggio da
buttare e
iniziò a trascinare il corpo sulla tenda.
Riuscire
a ritornare all’auto fu più arduo del previsto e
Stiles ringraziò il fatto che
Derek avesse deciso di zittirsi e di non ammorbarlo con i suoi ringhi
lupeschi
e le poco velate minacce alla sua gola.
«Come
ci sono finito in questo casino?» biascicò tra
sé e sé trascinando il telo e
cercando di fare attenzione al corpo del licantropo.
«Disobbedendo
a
tuo padre e andando in giro nel bosco mentre una strega compie omicidi
rituali?» gli
rispose Derek con tono sarcastico, dal taschino della sua camicia a
quadri.
«Non
sei simpatico, Hale. Per niente. Se non ci fossimo stati noi qui
stanotte
probabilmente sarebbe stata la tua fine.»
Derek
avrebbe davvero voluto rispondere in maniera cattiva, ma a malincuore
dovette
accettare che il ragazzino aveva ragione e che nonostante tutto avrebbe
dovuto
essergli grato.
Stiles
arrivò all’auto parecchio sudato e ringraziando il
cielo che il cellulare fosse
rimasto zitto in quel
momento parecchio difficile.
«Scottie,
adesso avrò bisogno del tuo aiuto» gli disse
appoggiandosi con le mani alle
ginocchia e cercando di riprendere il fiato. Aiutò Scott a
spostarsi dal lato
de guidatore, abbassò il seggiolino del passeggero e
iniziò ad afferrare il
corpo di Derek da sotto le ascelle.
«Hale?»
Il
cellulare borbottò interrogativo.
«Scusami,
okay?» senza concludere per bene la fase iniziò a
sollevare il corpo e
infilarlo senza un minimo di grazia all’interno della Jeep.
«Scott,
devi tirarlo verso di te, okay?»
Scott
annuì tirando Derek verso di sé e cercando di
sistemarlo alla meno peggio sui
sedili posteriori, mentre Stiles cercava di farlo entrare dentro la
Jeep
cercando di non fargli male.
Derek
sentiva l’impulso di urlargli contro qualcosa ma per il
quieto vivere decise di
soprassedere e di tranquillizzare il ragazzino.
«Non
preoccuparti ragazzino, noi licantropi guariamo in fretta. Non fa
niente anche
se mi lasci qualche livido...» borbottò controvoglia,
Stiles mormorò in
assenso, come se non l’avesse quasi sentito.
Dopo
almeno una decina di minuti riuscirono a sistemarlo sui sedili
posteriori, Scott
si spostò nuovamente sul sedile del passeggero e Stiles
salì a bordo per andare
alla casa al lago di Lydia.
Arrivarono
lì che Allison era già seduta sui gradini
all’entrata.
«Com’è
andata?» domandò loro andando verso Scott per
aiutarlo a scendere.
«Bene,
lo abbiamo trovato senza problemi» rispose il ragazzo
sorridendole.
«Bene
un corno, io l’ho trovato e l’ho trascinato fino
alla Jeep, mi sento distrutto!»
Allison
annuì distrattamente, accompagnando Scott sugli scalini per
sedersi, per poi
tornare indietro ad aiutare Stiles a trasportare dentro casa il corpo
di Derek.
Lavorarono
in silenzio, faticando per farsi carico del corpo di Derek che, come
aveva sospettato
Stiles durante la sua estate da stalker, era massiccio e duro.
Aveva i muscoli ben definiti, o almeno così gli sembrava
quando toccava le spalle o i pettorali per trasportarlo. Quando per
sbaglio sfiorò
i glutei deglutì rumorosamente perché nella sua
mente si era fatta largo un’immagine
allettante e poco casta, decisamente a luci rosse, di Derek senza
pantaloni e, porca merda,
doveva evitare di avere un’erezione in quella situazione.
Quando
furono dentro sistemarono il corpo di Derek sul divano sul divano, per
poi
sedersi a terra e prendere in mano il cellulare e fissarlo intensamente.
«Ragazzino,
sono
dentro il tuo cellulare non dentro la tua testa. Parla!» sbottò Derek,
nonostante si fosse fermato a fissargli il viso. Aveva i tratti
arrotondati,
con le labbra piene e ci avrebbe giurato che erano morbide, gli occhi
di una
sfumatura ambrata e i nei che gli decoravano il viso.
Aveva
ancora dei lineamenti infantili ma dal modo di reagire, nonostante
l’irrequietezza,
la frenesia e il malcelato entusiasmo, sembrava anche vagamente
intelligente, non
che gliel’avrebbe detto, mai, ne andava della sua reputazione.
«Dio,
Hale, ti pagano per sbraitare?» gli disse facendo una smorfia
che fece ringhiare
Derek anche se per un attimo pensò che fosse adorabile.
Odiava quel ragazzino.
«Comunque,»
proseguì Stiles «dobbiamo parlare di come
rintracciare e catturare quella
strega, e tu, Hale, sei l’unico che può darci le
dritte giuste, quindi smettila
di abbaiare ordini senza dare la minima spiegazione e spiegaci come
possiamo
aiutarti!» concluse serio.
Derek
sospirò internamente, perché comunque, nonostante
la stramberia della
situazione, quei ragazzi volevano davvero aiutarlo, anche con i suoi
ringhi.
«Magari
qualcosa che non preveda la nostra morte, eh!»
rimarcò Scott.
«Sì,
magari anche quello...» borbottò Stiles, come se a
quell’eventualità non ci
avesse ancora pensato.
Derek
alzò virtualmente gli occhi al cielo, lo avrebbe fatto
davvero se avesse potuto,
e iniziò a parlare, fissandosi sugli occhi di Stiles e
distraendosi, ma di
questo i ragazzini non si erano accorti, con le labbra che quel
ragazzino si
ostinava a mordicchiare.
Note
2.0: Voglio solo avvertire che la frase
"Scopate con le tende aperte" è presa dal telefilm
shameless, prima stagione. Mi ha fatto talmente ridere che ho voluto
riproporla. Fine delle comunicazioni di servizio.
A presto, Cinzia N. ^^
P.
S. sono presente un po' in ogni dove: Facebook,
Twitter,
Tumblr
(che uso a cazzo, passatemi il termine), Instagram: cinzia_ns, Blogger
(che sto riprendendo adesso). Contattatemi se vi fa piacere :)
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