Strange curses

di Cinzia N Spurce
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Note: Dunque, buonasera. Questa storia è un break a tutto il resto delle cose che sto facendo, tipo studiare quella maledetta materia che è diritto romano (cioè diritto privato versone impero romano), il blog che fatica a riprendersi, la long che è più angst di me la notte prima degli esami e varie ed eventuali one-shot malinconiche e pesanti. Perché io sono una persone pesante, che affronta temi pesanti, che scrive cose tristi e via dicendo. Perciò ho scritto questa robetta, che è nata dall'ispirazione di un prompt nella pagina Sterek Prompt, che mi ha fatto partire dei dialoghi nella testa in cui Derek e Stiles battibeccavano continuamente, che mi ha fatto ridere.
Dunque avete una Sterek che è una commedia, che sarà una finestra a quell'ammasso di roba angosciante che scrivo di solito, sarà una mini-long, credo in 5/6 capitoli al massimo, con capitoli corti, con tanti dialoghi perché amo i botta e risposta, con Allison, Scott e Stiles come magnifico trio, perché per quanto ami Lydia (e la amo veramente tanto) loro tre sono il primo trio e quindi voglio rendere giustizia a loro, con un'Allison che dà man forte a Stiles e uno Scott meno tonto del solito. Stiles è una macchietta carina carina e Derek uno scorbutico che, mamma mia, calmati, gioia. Siccome ho deciso che sarà una roba allegra non è morto nessuno degli Hale, gli Argent non sono cacciatori, Kate non appicca incendi a caso e Claudia è ancora viva perché nelle ultime fanfiction l'ho fatto stare male in modi indicibili quel cupcake di Stiles.
E niente, non vi anticipo nulla del prompt che almeno se siete in vena di scemenze lo scoprite  in queste prime pagine.


Strange Curses

 


1.

«Corri!» gridò la ragazza spaventata a Scott McCall, nel pieno della foresta di Beacon Hills, di notte, con gli agenti della contea dispiegati in ogni angolo e il coprifuoco già superato da un bel pezzo. Se lo ripeteva ogni dannata volta. Ogni. Dannata. Volta. Mai fidarsi di Stiles, mai buttarsi a capofitto nelle proposte insensate e decisamente opinabili di Stiles Stilinski e soprattutto mai farlo quando la sua ragazza decideva che quelle idee erano geniali anche per lei.
«Cosa vuoi che sia amico, saranno talmente impegnati che non ci scopriranno, sarà entusiasmante.»
Aveva detto quello scellerato del suo migliore amico.
«Andiamo, Scott, sarà divertente!»
Aveva confermato quella debosciata della sua ragazza.
Morale della favola: non era né entusiasmante, né divertente e lui li avrebbe uccisi torturandoli in maniera spietata. Aveva deciso.
Gli agenti della contea avevano intensificato la sorveglianza in seguito agli attacchi animali delle ultime settimane e quei tre dovevano assolutamente sparire, tele-trasportarsi, implodere se necessario, per evitare l’ira funesta che li avrebbe colpiti se i loro genitori avessero scoperto che loro erano in giro per la foresta a notte fonda.
Avrebbe davvero voluto arrivare a casa, mettersi a letto e dimenticare quella terribile nottata, ma il destino, infido bastardo, fece inciampare Scott in qualcosa di molto duro e molto grosso.
«Scott» sussurrò concitato Stiles.
«Scott» gracchio Allison subito accanto a lui.
«Amico devi alzarti!»
«Amico un corno» sbottò il ragazzo «non riesco ad appoggiare la caviglia.»
«No, no, no, no, no! Non fare scherzi, bello» cercò di tirarlo su Stiles.
«Dobbiamo andarcene a casa. Subito!» sibilò Allison.
«Scusate se mi sono probabilmente fratturato una caviglia a causa delle vostre pessime idee, eh!»
«Si può sapere come diavolo hai fatto a cadere così?» domandò Allison con le sopracciglia corrucciate e un’espressione tesa in viso.
«Non lo so, c’è qualcosa che mi ha fatto inciampare...» Stiles si girò a vedere verso il punto indicato da Scott.
«Oh cazzo!»
«Qual è il problema?» domandò Allison seguendo lo sguardo di Stiles e bloccandosi anche lei sul posto, sbalordita. «Oh santissimo cazzo!» esclamò con gli occhi sgranati.
«Cosa c’è?» provò a domandare Scott girandosi, ma il buio e l’infortunio alla caviglia gli impedirono sia di girarsi che di vedere per bene cosa stesse sconvolgendo così Stiles e Allison.
«Dio... è morto?» chiese Allison in sussurro.
«Chi è morto? Cosa è morto?» si agitò Scott «oh cielo, sono inciampato su un cadavere? Può essere considerata profanazione?» iniziò a iperventilare «Dio, ho profanato un cadavere!» piagnucolò isterico.
«Scottie, taci!» gli disse Stiles muovendosi verso il corpo del ragazzo disteso a terra.
Lo conosceva bene il ragazzo morto ai suoi piedi. Era Derek Hale, il ragazzo che aveva stalkerato per tutta l’estate, cercando di comprendere qualcosa della sua natura, per un attimo gli si inumidirono gli occhi, non lo conosceva – non di persona, almeno – ma da quando aveva letto le leggende che la cara zia di Allison gli aveva consigliato si era convinto dell’esistenza di qualcosa che andasse oltre l’umana comprensione. La natura schiva e taciturna del giovane lo avevano convinto, senza ombra di dubbio, che fosse un licantropo fatto e finito, con tanto di zanne, artigli e allergia all’argento; ma un lupo mannaro non si uccideva così facilmente e il ragazzo era senza vita, con gli occhi spalancati e i polmoni vuoti, non c’erano tracce di ferite, niente di niente.
Stiles si abbassò su di lui, lo fissò scrutando tutti i dettagli del viso di quel ragazzo che aveva ammirato da lontano. Era bellissimo, pensava. Qualunque fosse la causa della sua morte di certo non si meritava di andarsene così, da solo, al freddo in una foresta.
«Stiles...» sussurrò Allison appoggiandogli una mano sulla spalla.
«Era Derek Hale» mormorò.
«Il ragazzo che credevi fosse un lupo mannaro?» domandò Scott.
«Proprio lui...»
«Bene, adesso ti sei convinto che creature del genere non esistano o dobbiamo stare qui a rischiare di farci scoprire ancora per molto?»
«Scott!?» lo riprese Allison indignata, abbassandosi a lasciargli uno scappellotto.
«Che c’è?» rispose nervoso «se lui non credesse in queste sciocchezze non saremmo qui, io non mi sarei fratturato la caviglia e non avremmo un trauma da ritrovamento di cadavere da affrontare!»
«Dio, Scott, se non stai zitto te la fratturo io la caviglia e siamo tutti e tre abbastanza insensibili da non rimanere scioccati dalla vista di un cadavere!»
Scott sbuffò afferrandosi la caviglia e borbottando qualche imprecazione, mentre Allison fissava Stiles preoccupata e quest’ultimo non distoglieva lo sguardo dal ragazzo.
Stiles allungò una mano, quasi a sfiorargli la maglia di poco sollevata a lasciargli scoperto un lembo di pelle, probabilmente si era sollevata durante la caduta. Trattenne il fiato sfiorò la maglia grigia e aumentò di poco i centimetri di pelle scoperta, sospirando appena.
«Stiles?»
Stiles non le rispose, abbassò la maglia e sentì vibrare il cellulare in tasca, mentre le voci dei colleghi di suo padre si facevano sempre più vicine.
«Abbassatevi» sibilò cercando di appiattirsi per terra, mentre Allison tirava giù Scott. Le torce degli agenti li sfiorarono quasi, ma per smaccata fortuna non si fecero scoprire.
Appena Stiles fu sicuro di non finire nei guai si sollevò da terra prendendo il cellulare e controllando il messaggio appena arrivato.
 

Toglimi immediatamente le mani di dosso prima che decida di aprirti la gola con i denti.
 

Diceva il messaggio che Stiles fissò perplesso.
«Scott, piantala con questi giochetti!»
Il ragazzo si voltò inarcando le sopracciglia. «Come, prego?»
«Smettila di mandare messaggi idioti, abbiamo davanti un morto» continuò borbottando insulti verso l’amico.
«Di che diavolo stai parlando, non ho nemmeno il cellulare con me!»
Stiles spostò lo sguardo su Allison che lo fulminò con lo sguardo.
«Dobbiamo andare via» gli disse a bassa voce.

«Non possiamo lasciarlo qui» Stiles fissava il corpo di Derek con espressione dispiaciuta.
«Non possiamo mica caricarcelo in spalla, Stiles.»
Stiles sospirò appena, decise che aveva ragione Allison e che avrebbe dovuto lasciare lì il corpo del ragazzo.
«Andiamo, so che avevi una cotta per lui, ma ormai è morto, noi non possiamo fare nulla. Tuo padre e gli altri agenti lo troveranno, vedrai!»
Stiles annuì secco, si abbassò a poggiare una mano sugli occhi aperti di Derek e gli abbassò le palpebre per chiuderglieli. Vedere gli occhi di qualcuno senza vita, aperti, era uno spettacolo di una bellezza e di un orrore unici, a suo parere. Era quanto di più triste si potesse vedere, per questo volle chiuderglieli.
Dopo si alzò, afferrò Scott da un braccio, assieme ad Allison, e lo tirarono su per poterlo strascinare fin alla Jeep.
Appena saliti in auto, affannati, sporchi e, non l’avrebbero mai ammesso, anche un po’ spaventati, il cellullare di Stiles iniziò a vibrare ininterrottamente, come se in arrivo ci fosse una telefonata. Stiles si voltò rapido a controllare gli amici, ma né Scott né Allison avevano tra le mani i propri telefoni. Sullo schermo del cellulare il numero non appariva, sostituito da un fastidioso “Numero Privato”.
«Chi diavolo ti chiama a quest’ora?» domandò Scott cercando di sporgersi in avanti.
«E io che cosa ne so...» rispose Stiles irritato. «Pronto?»

«Non osare più mettermi le mani addosso!» ringhiò una voce che Stiles non riconobbe e lo atterrì per un attimo.
«Chi diavolo è che parla?» domandò nervoso.
«Quello che hai pensato di palpare da morto, deficiente
Stiles restò a bocca aperta, deglutì rumorosamente e si affrettò a mettere il vivavoce per far sentire agli amici l’assurdità di quella conversazione.
«Stiles, che co-»
«Shh, zitto Scottie, ascolta!»
Sul volto di Stiles si era dipinto un sorriso vittorioso, mentre la voce di Derek Hale, il defunto Derek Hale, ci teneva a sottolinearlo, si espandeva nell’abitacolo della sua auto e i due ragazzi restavano a bocca aperta dallo stupore.
«Non può essere, Stiles. Tu lo capisci che è impossibile, vero?»
«Scott, se non fosse lui come farebbe a sapere che ho palpato i suoi addominali nella foresta?»
«Tu hai fatto cosa?»
«Cerca di concentrarti sui dettagli importanti, Scott. Il defunto Derek Hale mi parla dal mio telefono...» disse con un’espressione distorta in viso «ho un telefono magico, o santo. O magari sono io un santo, un profeta. Ecco, sono un profeta che-»
«Cristo, nessuno riesce a fare stare zitto questo cretino?» proruppe dal cellulare Derek trasudando irritazione e insofferenza.
«Non sei un santo, una strega mi ha fatto un incantesimo capace di scindere il mio corpo dalla mia anima!» spiegò brevemente la voce del ragazzo che comunque per Stiles continuava a restare morto.

«E adesso da dove ci parli?» chiese Allison sinceramente interessata.
«Ma dal paradiso dei lupi mannari, ovvio!»
«Da questo aggeggio infernale!»
Risposero in coro Stiles e Derek.
«Non sono morto, deficiente!» lo riprese la voce di Derek «quando la strega ha lanciato l’incantesimo io non sono morto, quindi la mia anima si è legata al primo oggetto utile» concluse la voce stanca.
«Che era il cellulare di Stiles, giusto?» domandò Scott che si stava riprendendo da quella stranezza senza precedenti.
Fissò Stiles negli occhi per un attimo, ammettere che in un certo senso il suo amico avesse ragione su tutto quel fattore di roba sovrannaturale era un colpo non facile da digerire. Stiles ricambiò lo sguardo e, conoscendosi ormai da più di dieci anni, Stiles sapeva che cosa l’amico stava pensando. Allargò il sorriso più che poteva, stringendo tra le dita il cellulare dal quale usciva la voce di Derek.
«Te l’avevo detto, io» ghignò «ho il cuore del vero credente!»
«E un’indigestione di Once Upon a Time a quanto pare» sbuffò Scott.
«Okay, abbiamo capito» rispose Allison prendendo in mano il cellulare e ignorando i due ragazzi. «Cosa possiamo fare per farti tornare nel tuo corpo?» gli domandò.
Scott e Stiles si fissarono un attimo negli occhi sbiancando letteralmente.
«Oh merda!»
«Oh santissima merda!» gli rispose Scott con una mano sulla fronte.
«Che diavolo avete voi due adesso?»

Scott strappò il cellulare dalle mani di Allison. «Quanto pensi che possa resistere il tuo corpo dentro una cella frigorifera prima di morire per ipotermia?»
«Non più di due giorni» rispose Derek, realizzando che con il suo corpo disteso nel bel mezzo della foresta, apparentemente morto, sarebbe stato preso in custodia dalla polizia e messo in condizione di non decomporsi.
«Dovete trovare quella strega e ucciderla!»
«Ehi, fermo un attimo, hai detto uccidere? Sei impazzito?»
Derek imprecò e iniziò a parlare ringhiando o a ringhiare parlando, non gli era ben chiara la differenza al momento, mentre lo spirito di Derek Hale portava avanti una filippica su quanto fosse pericolosa una strega in giro, su cosa potesse fare se avesse trovato il Neme-qualcosa, e che, dettaglio più importante, per annullare un incantesimo aveva bisogno di un contro-incantesimo o della morte della strega che lo aveva pronunciato. Dunque via il dente, via il dolore, pensava quella voce che continuava ad abbaiare ordini dal suo cellulare mentre quei tre boccheggiavano increduli.
«Potremmo avere utilizzato delle droghe e avere delle allucinazioni, no?» cercava di razionalizzare Scott.
«Scott, l’unica droga che hai mai utilizzato è stata l’erba alla festa di Lydia due anni fa, non dire stupidaggini!» gli rispose Allison esasperata.
Prese in mano la situazione e si rivolse a Derek con il tono più serio che potesse vantare.
«Ricomincia da capo, Hale. E cerca di essere convincente prima che mi rivolga allo sceriffo per scherzi di cattivo gusto, okay?» disse autoritaria. «Inizia dicendoci chi sei...»

Derek Hale, o perlomeno la sua voce metallica e seccata, iniziò a raccontare seguendo le direttive di Allison. Raccontò a quei tre ragazzini di essere un lupo mannaro e di esserlo per discendenza, la sua famiglia era composta da lupi mannari grazie ai geni ereditati da sua madre. Spiegò come la sua famiglia fosse da sempre stata legata a Beacon Hills, in quanto custodi e protettori del Nemeton, l’albero mistico in grado di contenere ed elargire energia a chi sacrificasse qualcosa, ma incapace di distinguere il bene dal male. Lui era lì per difenderlo, una strega era lì per utilizzarlo ed ecco spiegati gli omicidi e l’incantesimo contro Derek.
«Perché non ti ha ucciso?» domandò Stiles.
«Perché è una sadica stronza» fu la risposta di Derek. «Dobbiamo ucciderla, non accetterà mai di invertire l’incantesimo e io ho necessità di tornare nel mio corpo.»
«Come diavolo facciamo a trovare una strega? E come impediamo a mio padre di dichiararti morto e di non metterti in una cella frigorifera?»
«Stiles, calmati» intervenne Scott «non possiamo fare nulla adesso e io ho una caviglia gonfia. Dobbiamo andare a casa e studiare per bene come agire prima di...»
«Di?»
«Di fare qualsiasi cosa possa peggiorare la situazione!» completò nervoso.
«Scott ha ragione, Stilinski» Allison restituì il cellulare al proprietario, «Hale, hai qualche idea su come possiamo agire?» domandò infine.
«Trovate quella maledetta strega!»
«Senti, oltre ad abbaiare ordini misti a minacce sai anche dirci come trovare quella strega?» si indispose Stiles, mettendo in moto l’auto e iniziando a dirigersi verso il centro di Beacon Hills.
«Dovrebbe lasciare delle tracce...» mugugnò il telefono.
«Dio... che genere di tracce, Hale?»

«Polveri strane, semi di qualcosa e probabilmente dei gatti morti!»
Stiles fece un’espressione schifata. «Come adempiere al più becero cliché» mormorò.
Davanti casa di Scott aiutò Allison a scaricare l’amico, ringraziando il cielo che la madre avesse il turno di notte in ospedale, decisero ch l'indomani Scott avrebbe finto una rovinosa caduta per le scale e che avrebbe avuto bisogno di una visita al pronto soccorso, cui prontamente Stiles lo avrebbe accompagnato. Poi portò Allison a casa sua, facendo attenzione a vederla entrare a casa dalla finestra.
Giunto a casa sua Stiles sentì nuovamente vibrare il proprio telefono, controllò lo schermo e sospirò di nuovo alla vista di quel Numero Privato.
Derek non gli diede il tempo di parlare. «Che hai intenzione di fare, adesso?»
«Intendi adesso? Proprio ora, alle tre di notte?»
«Sì, ragazzino. Adesso!»
«Vado a dormire, cos’altro dovrei fare?»
«Cosa? Pensi a dormire mentre io sono uno spirito dentro il tuo telefono? Scordatelo!» sbottò furibondo.
«E cos’hai intenzione di fare per fermarmi?» ghignò vagamente compiaciuto «l’unico che ha un corpo da controllare sono io qui.»
«Steve...» Stiles grugnì qualcosa di poco chiaro.
«È Stiles, non Steve» gli rispose gettando il telefono poco garbatamente sul letto e iniziando a spogliarsi.
«Okay, Stiles. Ho bisogno del mio corpo» disse Derek in tono più accondiscendente.
«E io ho bisogno di avere le mie facoltà mentali intatte, ragion per cui ora vado a dormire!»
Ignorò il telefono dal quale usciva la voce di Derek andando in bagno e tornando un quarto d’ora dopo umido per la doccia appena fatta e in boxer. La voce di Derek Hale continuava a uscire molesta da quell’aggeggio e il tono calmo e colloquiale era sparito per tornare alle minacce che dall’inizio di quella scoperta gli aveva rivolto.
«Santo cielo, stai un po’ zitto Sourwolf!» sbottò esasperato Stiles, infilandosi un paio di pantaloni di un vecchio pigiama sbiadito e guardandosi di sfuggita allo specchio.
«Come mi hai chiamato?»
«Tu non riesci a vedermi adesso, vero?» lo ignorò Stiles guardandosi allo specchio e fissando i suoi ridicoli pantaloni con le nuvole.
«Di che diavolo parli?» ringhiò Derek.
«Cosa vedi adesso? La mia stanza? La foresta?»
«Il tuo soffitto, idiota!» rispose Derek «vedo quello che vede il tuo cellulare!»
Stiles emise un sospiro di sollievo, perlomeno la sua dignità sarebbe stata intatta, si gettò sul letto facendo bene attenzione a coprire con il palmo della mano lo schermo del cellulare, corse a metterselo all’orecchio, così da coprirgli qualsiasi visuale.
«Bene, appurato che adesso non posso fare nulla per te, dormiamo» gli disse Stiles noncurante, sistemandosi sotto le coperte e prendendo tra le mani l’ultimo volume di Capitan America.
«Io non dormo» gli rispose Derek alterato.
«Ripeto: io sì! Ergo buonanotte, Derek» Stiles chiuse la telefonata senza prestare attenzione alle proteste del licantropo intrappolato nel suo cellulare, tolse la suoneria, disattivò la vibrazione e per essere più sicuro di riuscire a riposare almeno qualche ora mise il cellulare offline, poi lo posò sul comodino facendo attenzione che lo schermo fosse poggiato al mobile e si concentrò sulla lettura del suo supereroe preferito, cercando di non pensare in maniera troppo ossessiva a quella situazione grottescamente assurda.





Note 2.0
: Duuuunque, eccoci qui. Ho riso in maniera compulsiva a pensarli in queste condizioni. Sul serio.
Non ci saranno troppe spiegazioni, o dettagli, o introspezione infinita, prendetela per quel che è: una commediola divertete in cui il burbero e il ragazzino si pizzicano fino a innamorarsi, sarò fluff per quanto io sappia esserlo. Spero!
Non so quando aggiornerò, ho Shades da scrivere, di cui mi attende il quarto capitolo che per un'idea o un'altra è passato in sordina. Prima la one-shot infinita, poi quest'idea malsana ma comunque carella che mi hanno spronato a scrivere, adesso mi dedicherò a quello e comunque il periodo non è dei migliori per concentrarmi sulla scrittura, Settembre è una brutta bestia. Comunque, non dovrebbe essere diffcoltosa, vista la brevità e la leggerezza dell'idea.
Metto rating giallo perché non so che piega di colore prenderà, mi riservo la possibilità di aumentarlo se e quando Derek e Stiles smetteranno di dirsi idiozie per impiegare il tempo in maniera più interessante xD
A presto, Cinzia N.

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Capitolo 2
*** 2. ***


Note: Buongirno, torno con un altro aggiornamento, dopo quello di Shades, spero vi piaccia, io mi diverto un sacco a farli interagire. Mi scuso per il ritardo, è stato dovuto alla sessione d'esami che mi ha succhiato via la vita, ma adesso eccomi qui, pronta a farvi sapere come procedono le storie.


Strange Curses


2.

 

Il giorno dopo Stiles si svegliò intontito e incapace di focalizzare gli eventi di qualche ora prima, fissò la sveglia in cagnesco e si maledì per aver fatto tardi ancora una volta.
Perché aveva fatto così tardi?
Oh, gli omicidi nel bosco, già.
Di colpo la situazione gli fu chiara e afferrò di scatto il telefono togliendo la vibrazione e rimettendo il sonoro.

«Brutto ragazzino del cazzo» fu il ringhio acuto di Derek Hale, che possedeva il suo telefonino. Alle tre di notte e con l’adrenalina addosso suonava meno folle, doveva ammetterlo.
«Oh mio Dio... sei davvero intrappolato dentro il mio cellulare.»

«Oh mio Dio... sei davvero stupido.»
Stiles aggrottò gli occhi e fissò lo schermo infastidito.
«Non fare quella faccia con me ragazzino, sei davvero stupido.»
«Tu sai che potrei gettare accidentalmente il cellulare nel cesso e andare a comprarne uno che non potrai possedere, vero?»
Dal cellulare uscì uno sbuffo indispettito. «Stavo scherzando.»
«Non sembri molto convincente» rispose lasciando il cellulare tra le coperte e andando in bagno a lavarsi per quella giornata infernale che l’attendeva.

«Ehi, ragazzino?» ignorò i richiami provenienti da quell’aggeggio infernale. Quando finì di sistemarsi tornò in camera già vestito, si rese conto che per comunicare con Allison e Scott avrebbe dovuto prendere il cellulare e utilizzarlo.
«Vedi di stare zitto adesso» mugugnò allo spirito nel suo telefono, iniziando a digitare sullo schermo alla ricerca del numero di Scott.

«Che cos-»
«Zitto ti ho detto» replicò offeso per poi avviare la chiamata, dopo appena qualche squillo Scott rispose.
«Ehi amico, come va la caviglia?» gli domandò preoccupato.
«Fa male, credo di avere davvero bisogno di andare al pronto soccorso...» Stiles sospirò e annuì.
«Dobbiamo chiamare Allison, voi andrete in ospedale e io torno nel bosco, dobbiamo scoprire se il corpo di Derek è già stato portato in obitorio.»
«In entrambi i casi cosa avresti intenzione di fare? Rubare il corpo e nasconderlo in camera tua?»
Stiles mormorò qualcosa di indistinto.
«Stiles, ti prego...»
«Allison potrebbe procurarsi le chiavi della casa al lago di Lydia, potremmo nasconderlo lì, si tratterebbe solo di qualche giorno.»
«Perché tu sai come affrontare una strega?»
Stiles storse il naso. «No, ma posso scoprirlo, ci vediamo tra dieci minuti, Scottie.»
Stiles quasi non fece più caso al cellulare, lo gettò dentro lo zaino e corse fuori, lasciando un post-it a suo padre. Lanciò lo zaino sul sedile posteriore e corse verso la casa di Scott, lo trovò sul portico, seduto sui gradini in attesa di Stiles.
«Come hai fatto a scendere le scale?»
«Strisciando. Come un verme. A causa tua, fondamentalmente.»
«Mi porterai rancore a vita?»
«Nah, solo finché non mi sentirò realizzato.»
Scott telefonò a Allison, che si fece trovare già per strada. La ragazza salì in macchina e li fissò in silenzio. «Allora?» sbottò dopo un po’ «dov’è Derek?»
Stiles la guardò stranito.
«Il cellulare, Stiles.»
«Porca troia» accostò di fretta, facendo sballottolare Allison sui sedili posteriori, per poi sporgersi a recuperare il proprio zaino e prendere in mano il cellulare che iniziò a sbraitare.

«Dico, sei idiota? Mi hai lanciato nel tuo zaino!»
«Scusa, scusa, scusa! È stata la forza dell’abitudine» supplicò Stiles.
Reinserì la prima e si diresse verso l’ospedale, mentre Derek borbottava, Allison ghignava e Scott soffriva per la caviglia infortunata.
«Dunque?» gli domandò Allison mentre entravano al pronto soccorso e Scott veniva prelevato dai colleghi di sua madre per i controlli di routine.
«Dobbiamo evitare che Derek venga messo in una cella frigorifera» rispose Stiles tra i denti.
«E se lo hanno già fatto?»
«Dobbiamo trovare il modo di farlo uscire, perciò trova il modo di scendere in obitorio e controllare!»
«Non farò irruzione in obitorio per controllare se il corpo di Derek è stato portato qui!» rispose Allison indignata.
«Oh sì, che lo farai e domanderai a Lydia di poter usufruire della sua casa al lago per un weekend romantico con Scott, così abbiamo dove nascondere il corpo.»
Allison sbuffò. «Non so nemmeno come entrare.»
Stiles le consegnò una chiave guardandola come un serial killer. «È un passe-partout della città, perdila e siamo nei guai.»
Allison lo guardò stranita. «Che ci fai con passe-partout della città?»
«L’ho rubato a mio padre, smettila di fare domande e vai!»
«Perché non ci vai tu?»
«Perché hanno una mia foto segnaletica a causa tutte le volte in cui mio padre mi ha trovato invischiato nei suoi casi, adesso vai. Veloce!» la cacciò via.
Restò nella sala d’attesa del pronto soccorso, tamburellando veloce con un piede e giocherellando con il cellulare tra le mani, com’era solito fare.

«Potresti smetterla di farmi girare come una trottola? Mi sta venendo da vomitare e non sono sicuro che nelle mie condizioni sia normale avere malesseri simili...»
Stiles mormorò in assenso appoggiando il cellulare sulla sedia accanto a lui, ogni maledetta parola di quel ragazzo usciva fuori come un ringhio, e sì che era stato lui impossessarsi del suo cellulare, non glielo aveva mica chiesto Stiles. Di una simile seccatura ne avrebbe fatto volentieri a meno, ecco.
Di tanto in tanto il cellulare – Derek – sbuffava sonoramente, costringendo Stiles a tossicchiare in maniera spastica per non far insospettire nessuno. Quando Derek iniziò a parlottare a suo modo: ringhi, minacce e sbuffi, Stiles fu obbligato a fingere una telefonata.

«Dopo questa piacevolissima sosta qui cosa intendi fare per risolvere questo disastro?»
Stiles storse il naso irritato, iniziava a detestarlo, per essere carino era carino, anzi era sexy da morire, ma diavolo se era irritante e borioso e rompiscatole. «Vedi di lasciare il sarcasmo agli esperti, eh...»
Derek gli fece il verso e Stiles si domandò quanto in effetti fosse più maturo di lui, perché, davvero, gli sembrava di avere a che fare con un ragazzino di dodici anni.
«Cercheremo di recuperare il tuo corpo, giusto per evitarti una morte per ipotermia, poi ci occupiamo delle strega e di farti riavere il tuo corpo, okay?»
Il mormorio di assenso che provenne dall’apparecchio gli diede l’illusione di un attimo di pace, ma era stato un idiota a crederci davvero.

«Sono rovinato, la mia vita in mano a tre adolescenti!»
Stiles non riuscì più a trattenersi. «Senti, nessuno di noi tre ti ha chiesto di possedere il mio cellulare, men che meno ti abbiamo chiesto di iniziare ad abbaiare ordini su come farti tornare alla normalità. Hai fatto tutto da solo, quindi smettila di romperci le scatole, stiamo facendo il meglio che possiamo.»
La sfuriata ammutolì Derek, che si morse virtualmente la lingua. Stiles gettò il cellulare sulla sedia con poca grazia e Derek, in un impeto di empatia, ebbe la buona creanza di non ribattere sui modi del ragazzino.
Quando Scott tornò nella sala d’attesa di Allison non c’era ancora alcuna traccia.
«Come va la caviglia?»
«Bene, è una brutta distorsione, ma niente di rotto. Qualche giorno di riposo, un po’ di ghiaccio e sarò come nuovo.»
Stiles annuì sentendosi un po’ in colpa e sbuffando pesantemente.
«Allison?»
«In obitorio» mormorò Stiles. Scott, prese in mano il cellulare di Stiles, iniziando a giocherellarci.
«Come troviamo una strega?» domandò Scott, inclinando il cellulare senza farci caso, ponendo la fotocamera proprio in direzione di Stiles.
Stiles sbuffò esasperato, strofinandosi gli occhi per l‘assurdità di quella situazione. «Non lo so, Scottie. Non lo so davvero...»
Stiles non lo sapeva davvero, Derek era stato estremamente laconico con le informazioni, tra un ringhio e l’altro, e lui voleva davvero salvarlo, perché fondamentalmente era una brava persona che non avrebbe mai lasciato morire qualcuno senza fare nulla. Derek lo vide concentrato e vagamente abbattuto, con gli occhi bassi e leggermente tristi, e con estremo orrore notò che si era imbambolato a fissare la sfumatura ambra degli occhi di quel ragazzino molesto.
Tutto venne bloccato da Allison che a denti stretti e come una furia arrivò ripetendo che avrebbero dovuto andare via da lì.
«Ho toccato dei cadaveri, Stilinski. Morti. Che schifo» iniziò a sibilare strofinandosi le mani e salendo di corsa sul sedile posteriore della Jeep.
«Questa me la paghi, maledetto idiota!»
Stiles mise in moto e dopo aver aiutato Scott a montare su restò fissò a guardare Allison, «Allora?» le domandò irrequieto.
«Nessun Derek Hale, sarà ancora nel bosco...»
«Ottimo» mormorò uscendo dal parcheggio dell’ospedale.
«Allie, qui entri in gioco tu, abbiamo bisogno della casa al lago di Lydia.»
«Non possiamo coinvolgere Lydia!»
«Dobbiamo coinvolgere solo la sua casa al lago, dille che vuoi passare un weekend romantico con Scott, che lo vuoi consolare per la caviglia, che vuoi scopare con le tende aperte. Non so, inventa qualcosa e prendi quelle dannate chiavi!»
Stiles, di certo, si sentiva un po’ esaurito, non aveva ancora dato di matto per tutta quella faccenda del sovrannaturale, sì che era una persona con la mente aperta e con la fantasia spiccata, ma comunque tra streghe, lupi mannari, possessioni di cellulari e probabili omicidi rituali si sarebbe aspettato almeno un crollo psicologico, pensandoci razionalmente.
Sentiva Allison borbottare al cellulare con Lydia, cercando di convincerla, e Scott intento a fissare il cellulare di Stiles con faccia perplessa.

«Ragazzino, smettila di fissarmi!» gli ringhiò contro Derek, facendolo sussultare.
«Rieccolo con i ringhi. Hale, non spaventarmi l’amico per favore, abbiamo bisogno di neuroni lucidi.»
Se solo Derek non si fosse già preso una sfuriata gli avrebbe risposto che in tre non riuscivano a fare un neurone intero, ma si impose di restare zitto, sbruffando solo un po’.
«Andata, abbiamo il benestare di Lydia. Devi lasciarmi a scuola per prendere le chiavi. Ci vediamo alla casa la lago!»
Stiles annuì e imboccò la strada per il liceo, ci volle poco per arrivare, Stiles fece scendere Allison dall’auto e andò dritto al bosco.
«Come pensi di recuperare il corpo?» gli domandò Scott guardandolo di sottecchi. Stiles si rese conto che l’amico non avrebbe potuto aiutarlo con la caviglia in quelle condizioni e che quindi avrebbe dovuto trovare una soluzione alternativa.
«Dovrei avere ancora la tenda da campeggio, potrei usarla per trascinarlo» mormorò riflettendo sul da farsi.
Posteggiò l’auto sul ciglio della strada, nella zona più nascosta che trovò e afferrando il cellulare per poter restare in contatto con Scott.
«Ricordi dove potrebbe essere disperso il tuo corpo?» gli domandò recalcitrante.

«No» rispose Derek vagamente scontroso «sono caduto a terra vittima di un sortilegio.»
«E noi siamo inciampati sul tuo corpo in piena notte. Dovrò perlustrare ogni angolo del bosco, Ottimo
Iniziò a incamminarsi per il bosco facendo attenzione a ogni centimetro in cui si imbatteva, ogni tanto sentiva Derek borbottare qualcosa sull’assurdità di quella situazione e non poteva far altro che concordare con lui. Dopo quarantacinque minuti di giri a vuoto e di sbuffi nervosi Stiles trovò il corpo, si abbassò stendendo quella che a breva sarebbe stata una tenda da campeggio da buttare e iniziò a trascinare il corpo sulla tenda.
Riuscire a ritornare all’auto fu più arduo del previsto e Stiles ringraziò il fatto che Derek avesse deciso di zittirsi e di non ammorbarlo con i suoi ringhi lupeschi e le poco velate minacce alla sua gola.
«Come ci sono finito in questo casino?» biascicò tra sé e sé trascinando il telo e cercando di fare attenzione al corpo del licantropo.

«Disobbedendo a tuo padre e andando in giro nel bosco mentre una strega compie omicidi rituali?» gli rispose Derek con tono sarcastico, dal taschino della sua camicia a quadri.
«Non sei simpatico, Hale. Per niente. Se non ci fossimo stati noi qui stanotte probabilmente sarebbe stata la tua fine.»
Derek avrebbe davvero voluto rispondere in maniera cattiva, ma a malincuore dovette accettare che il ragazzino aveva ragione e che nonostante tutto avrebbe dovuto essergli grato.
Stiles arrivò all’auto parecchio sudato e ringraziando il cielo che il cellulare fosse rimasto zitto in quel momento parecchio difficile.
«Scottie, adesso avrò bisogno del tuo aiuto» gli disse appoggiandosi con le mani alle ginocchia e cercando di riprendere il fiato. Aiutò Scott a spostarsi dal lato de guidatore, abbassò il seggiolino del passeggero e iniziò ad afferrare il corpo di Derek da sotto le ascelle.
«Hale?»
Il cellulare borbottò interrogativo.
«Scusami, okay?» senza concludere per bene la fase iniziò a sollevare il corpo e infilarlo senza un minimo di grazia all’interno della Jeep.
«Scott, devi tirarlo verso di te, okay?»
Scott annuì tirando Derek verso di sé e cercando di sistemarlo alla meno peggio sui sedili posteriori, mentre Stiles cercava di farlo entrare dentro la Jeep cercando di non fargli male.
Derek sentiva l’impulso di urlargli contro qualcosa ma per il quieto vivere decise di soprassedere e di tranquillizzare il ragazzino.

«Non preoccuparti ragazzino, noi licantropi guariamo in fretta. Non fa niente anche se mi lasci qualche livido...» borbottò controvoglia, Stiles mormorò in assenso, come se non l’avesse quasi sentito.
Dopo almeno una decina di minuti riuscirono a sistemarlo sui sedili posteriori, Scott si spostò nuovamente sul sedile del passeggero e Stiles salì a bordo per andare alla casa al lago di Lydia.
Arrivarono lì che Allison era già seduta sui gradini all’entrata.
«Com’è andata?» domandò loro andando verso Scott per aiutarlo a scendere.
«Bene, lo abbiamo trovato senza problemi» rispose il ragazzo sorridendole.
«Bene un corno, io l’ho trovato e l’ho trascinato fino alla Jeep, mi sento distrutto!»
Allison annuì distrattamente, accompagnando Scott sugli scalini per sedersi, per poi tornare indietro ad aiutare Stiles a trasportare dentro casa il corpo di Derek.
Lavorarono in silenzio, faticando per farsi carico del corpo di Derek che, come aveva sospettato Stiles durante la sua estate da stalker, era massiccio e duro. Aveva i muscoli ben definiti, o almeno così gli sembrava quando toccava le spalle o i pettorali per trasportarlo. Quando per sbaglio sfiorò i glutei deglutì rumorosamente perché nella sua mente si era fatta largo un’immagine allettante e poco casta, decisamente a luci rosse, di Derek senza pantaloni e, porca merda, doveva evitare di avere un’erezione in quella situazione.
Quando furono dentro sistemarono il corpo di Derek sul divano sul divano, per poi sedersi a terra e prendere in mano il cellulare e fissarlo intensamente.

«Ragazzino, sono dentro il tuo cellulare non dentro la tua testa. Parla!» sbottò Derek, nonostante si fosse fermato a fissargli il viso. Aveva i tratti arrotondati, con le labbra piene e ci avrebbe giurato che erano morbide, gli occhi di una sfumatura ambrata e i nei che gli decoravano il viso.
Aveva ancora dei lineamenti infantili ma dal modo di reagire, nonostante l’irrequietezza, la frenesia e il malcelato entusiasmo, sembrava anche vagamente intelligente, non che gliel’avrebbe detto, mai, ne andava della sua reputazione.
«Dio, Hale, ti pagano per sbraitare?» gli disse facendo una smorfia che fece ringhiare Derek anche se per un attimo pensò che fosse adorabile. Odiava quel ragazzino.
«Comunque,» proseguì Stiles «dobbiamo parlare di come rintracciare e catturare quella strega, e tu, Hale, sei l’unico che può darci le dritte giuste, quindi smettila di abbaiare ordini senza dare la minima spiegazione e spiegaci come possiamo aiutarti!» concluse serio.
Derek sospirò internamente, perché comunque, nonostante la stramberia della situazione, quei ragazzi volevano davvero aiutarlo, anche con i suoi ringhi.
«Magari qualcosa che non preveda la nostra morte, eh!» rimarcò Scott.
«Sì, magari anche quello...» borbottò Stiles, come se a quell’eventualità non ci avesse ancora pensato.
Derek alzò virtualmente gli occhi al cielo, lo avrebbe fatto davvero se avesse potuto, e iniziò a parlare, fissandosi sugli occhi di Stiles e distraendosi, ma di questo i ragazzini non si erano accorti, con le labbra che quel ragazzino si ostinava a mordicchiare.




Note 2.0:  Voglio solo avvertire che la frase "Scopate con le tende aperte" è presa dal telefilm shameless, prima stagione. Mi ha fatto talmente ridere che ho voluto riproporla. Fine delle comunicazioni di servizio.
A presto, Cinzia N. ^^

P. S. sono presente un po' in ogni dove: Facebook, Twitter, Tumblr (che uso a cazzo, passatemi il termine), Instagram: cinzia_ns, Blogger (che sto riprendendo adesso).  Contattatemi se vi fa piacere :)

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