Revolution of life di mischiri (/viewuser.php?uid=34301)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I battiti del cuore ***
Capitolo 2: *** "Alla Bastiglia!!!" ***
Capitolo 3: *** Risveglio ***
Capitolo 4: *** Pensieri e piani ***
Capitolo 5: *** Incontri ***
Capitolo 6: *** "Partenze..." ***
Capitolo 1 *** I battiti del cuore ***
Revolution of life Capitolo I
Capitolo I
“I battiti del
cuore”
13 luglio 1789
Bang
Bang
Due spari si susseguirono veloci nel tramonto di Parigi.
Oscar rilassò la schiena e sospirò sollevata. “Un altro nemico è
caduto sotto i colpi della rivoluzione” pensò contrita. Sporse la
testa dal vicolo,trattenendo i suoi uomini con la mano sinistra
sollevata. La via era deserta e la Senna scorreva placida di fronte a
loro. Dovevano nascondersi nel canale sottostante alla loro posizione
per avere una minima speranza di raggiungere Bernard e i rinforzi
dall'altra parte dell'isolato.
Il vento soffiò impetuoso,portando sulla sua scia urla
disperate di feriti e prigionieri.
Oscar abbassò il braccio e si allontanò dalla
parete,precedendo la sua misera truppa.
Nessuno interruppe la loro avanzata. “Che strano...
come mai è tutto deserto? Pensavo volessero presidiare tutte le zone
di collegamento tra gli isolati di Parigi...”
I suoi pensieri vennero interrotti da una stretta
familiare al braccio. Andrè la osservò ammirato con l'occhio verde
sbiadito: stava facendo uno sforzo immane per la sua vista,ma
nonostante questo le era sempre accanto,pronto a fare di tutto per
lei.
Oscar rispose alla leggera effusione stringendogli la
mano con la propria. Era cambiato tutto tra loro. Il loro amore era
esploso in tutta la sua forza e né la Rivoluzione né la morte
avrebbero potuto separarli. Peccato che Oscar se ne fosse resa conto
troppo tardi: se fosse stata consapevole del sentimento che li univa
sarebbe scappata insieme a lui da parecchio tempo, lontana dalla
Francia e da suo padre.
Un rumore sospetto la riportò alla realtà.
Erano scesi nel canale indisturbati,percorrendolo fino
alla fine.
Solo quattro gradini e un altro vicolo li separavano dal
loro obiettivo.
Tlack
Oscar udì distintamente il suono di un fucile che
veniva ricaricato. Qualcuno si stava preparando al fuoco. Alzò lo
sguardo e il cuore si bloccò impietrito. Di fronte a lei una guardia
imperiale si preparava a sparare. Con uno scatto fulmineo Oscar
estrasse la pistola
Bang
Bang
Il nemico cadde in acqua di fronte ai suoi occhi. Oscar
si guardò confusa il petto,aspettandosi di vedere una macchia rossa
allargarsi sulla giacca,ma non c'era nulla.
La guardia aveva mancato il bersaglio.
“Oh no!!! Comandante!! Comandante!! Andrè è ferito!!
E' ferito!!” l'urlo di Alain riecheggiò nel silenzio generale.
Oscar si voltò incapace di formulare alcun pensiero e
vide Andrè con una mano sul petto sanguinante e le gambe tremanti
muoversi barcollando verso di lei,protendendo un braccio “O..scar”
sussurrò flebile prima di cadere a terra svenuto.
Il biondo comandante sentì il cuore che si lacerava nel
petto “Andrè!!! Andrè!!” urlò,avvicinandosi al corpo
agonizzante del suo uomo.
Gli spostò la mano insanguinata per esaminare la
ferita, per poi voltarlo ed osservare la schiena.
“Non c'è foro d'uscita...” sussurrò Alain
disperato,concretizzando tutte le sue paure.
“Dobbiamo muoverci... dobbiamo andare da Bernard!! Lì
lo salveranno!! Presto andiamo!!!” esclamò Oscar
concitata,sollevando di peso Andrè dal selciato.
Alain cercò di trattenerla per un braccio “Ma
comandante...”
Oscar gli lanciò uno sguardo omicida e con la mano
libera gli strinse il bavero della camicia consunta e sporca “Ho
detto di andare soldato!!!”
L'altro la osservò con affetto e
compassione,contrastando senza difficoltà la sua debole stretta e
mettendo un braccio intorno alla vita di Andrè.
“Almeno lasciate che lo porti io. Non ce la fareste a
trascinarlo fin laggiù.”
Gli occhi azzurri di Oscar si riempiono di lacrime
silenziose,mentre a malincuore si staccava dal corpo ferito del
compagno. “Si... hai ragione.”
Velocemente salì gli scalini e guidò i suoi uomini
lungo gli oscuri vicoli della città.
Vide altre due guardie pattugliare la zona e riuscì a
liberarsi di loro senza difficoltà.
L'ira e la disperazione le sorreggevano il braccio
tremante,impedendole di sbagliare un colpo.
In pochi minuti arrivarono in una piccola piazza
presidiata dai ribelli. Su un cumulo di sedie e mobili rotti Bernard
Chatelet attendeva il loro arrivo,abbracciando un fucile.
“Oscar!! Oscar!!” esclamò felice non appena li vide
sbucare dalla stradina laterale.
I seguaci di Bernard uscirono dai loro nascondigli e si
avvicinarono festanti,pronti ad accogliere le truppe ribelli. Ma la
supplica di Oscar raggelò il sangue di tutti i presenti. “Bernard!
Bernard! Andrè è ferito!! Abbiamo bisogno di un medico!!! E' molto
grave!”
Il giovane giornalista lanciò uno sguardo spaventato al
corpo esanime di Andrè ed esclamò “Avete sentito ragazzi?? Chi di
voi è un medico? Abbiamo bisogno di aiuto per un figlio della
Rivoluzione!!! Forza!!!”
Immediatamente alcuni dei presenti avanzarono tra la
folla
“Io sono un medico!”
“Anche io!!”
“Vi aiuterò io!!”
Alain adagiò il corpo di Andrè su una
lettiga,permettendo ai volontari di circondarlo e di esaminare la
ferita da vicino.
Oscar,in disparte,osservava la scena svuotata di ogni
pensiero e sentimento.
Una leggera carezza sul braccio la destò dall'oblio. I
suoi tristi occhi azzurri incontrarono quelli di Rosalie,che
silenziosa al suo fianco la osservava preoccupata.
“Comandante Oscar... come state? Siete ferito anche
voi?”
Oscar scosse la testa,sospirando “Il mio corpo sta
bene Rosalie,ma il cuore sanguina copiosamente. E' spezzato...”
La giovane le strinse la vita in un tenero
abbraccio,mentre lacrime silenziose le rigavano le guance rosate
“Povero Andrè... ma non preoccupatevi comandante. Si salverà,
deve salvarsi... per voi...”
Quelle parole accorate ruppero il velo di freddezza di
Oscar,che disperata e bisognosa di affetto si abbandonò disperata
alla stretta della ragazza.
“Ti prego Rosalie non te ne andare. Non credo di
poter resistere a tutto questo da sola. Ho bisogno di qualcuno vicino
a me.” Rosalie annuì e circondò con le esili braccia le larghe
spalle dell'altra. “Non preoccupatevi comandante. Non voglio
andarmene. Rimarrò sempre con voi...” sussurrò gentilmente nel
tentativo di rassicurarla.
“Comandante... comandante” la voce di un uomo
interruppe il loro contatto.
Oscar a malincuore si staccò dal caldo e sicuro
abbraccio di Rosalie e si voltò,riconoscendo di fronte a lei uno dei
medici volontari. Aveva le mani sporche di sangue,le maniche
arrotolate fino al gomito,la fronte sudata e lo sguardo spento. Prima
di parlare sospirò pesantemente,chiudendo leggermente le palpebre.
“Mi dispiace,ma gli rimane molto poco da vivere. Abbiamo tentato di
medicare la ferita,ma ha perso molto sangue e il suo fisico era già
debilitato. Non possiamo fare altro per lui. Venga con me”
Rosalie le strinse di nuovo i fianchi con un braccio e
insieme seguirono l'uomo fino all'improvvisata lettiga che giaceva
poco lontano.
Andrè aveva l'occhio verde sano socchiuso e respirava
affannosamente.
Oscar silenziosa si inginocchiò vicino a lui e gli
prese una mano tra le sue.
Il giovane la guardò pieno d'amore “Oscar... ma
dov'eri? Non sono riuscito a vederti”
La donna deglutì e si sforzò di sorridere “Oh lo
sai... Alain è un testone. Ho dovuto dare ordini per domani. Sai che
vuole fare sempre di testa sua... Abbiamo avuto una piccola
discussione...” Ma le lacrime che cominciarono a rigarle
copiosamente il volto tradirono le sue parole. Il giovane la guardò
per un attimo confuso,prima che una terribile consapevolezza gli
invadesse il cuore
“Oscar... perchè piangi?? Sto forse per morire? No..
non è possibile... non ora... non sarebbe giusto. Solo ora abbiamo
scoperto il nostro amore... non posso accettare un destino così
crudele...”
“Andrè... ascoltami. Tu non morirai. Non puoi morire.
Appena starai meglio ce ne andremo da Parigi. Andremo ad Arras e lì
ci sposeremo in una piccola chiesa. Lontano dalla Rivoluzione,lontano
dalla guerra e dalla morte. Che ne dici?”
Andrè cercò di sorridere,cullandosi nell'immagine che
si era formata vivida nella sua mente. “Oh... sarebbe
meraviglioso... Non sai quanto ho desiderato che accadesse...”
Oscar gli accarezzò piano i capelli, incapace di
fermare il tremito della sua mano “Perdonami Andrè... perdonami se
ti ho fatto soffrire tanto. Non meritavi tutto ciò che ti ho
causato. Se solo avessi capito le cose prima.... tutto questo non
sarebbe mai successo... Mi dispiace...”
Andrè sollevò piano il braccio e le accarezzò una
guancia “Oscar non è colpa tua. Non preoccuparti. Io ti avrei
aspettato ancora a lungo,lo sai... Perchè.. io... ti..”
Non potè continuare. Il braccio ricadde piano e la mano
stretta tra quella di Oscar si rilassò. La donna osservò muta il
corpo del suo compagno ormai privo di vita. L'occhio verde ormai
spento,la labbra pallide,il petto freddo. Strinse con forza i pugni e
urlò. Urlò la sua disperazione,la sua ira,il suo amore spezzato
troppo in fretta,urlò la sua solitudine. Urlò il suo nome prima di
accasciarsi esausta al suolo.
Alain e Rosalie le si avvicinarono piano e presala
delicatamente in braccio la portano lontano dalla folla. Il giovane
soldato aveva il viso spento e le labbra arrossate dopo averle morse
più volte per trattenere le lacrime che prepotenti volevano
sgorgargli dagli occhi. “Rosalie ti occuperai tu di lei? Io devo
andare dai miei compagni... Andrè era un vero amico per tutti noi.
Hanno bisogno di me...”
Rosalie annuì singhiozzando rumorosamente. “Vai
Alain. Rimango qui con lei. Per una volta è Oscar che ha bisogno di
me,non il contrario.”
Il giovane si allontanò, mentre Rosalie si preoccupò
di avvolgere il corpo del biondo comandante in una calda coperta.
“Non ti abbandonerò Oscar. Sai che non posso farlo...
Il mio sentimento per te è forte come il primo giorno... Anche se tu
stai soffrendo enormemente per Andrè,io non posso fare a meno di
amare te... Voglio molto bene a Bernard,ma quando ti guardo e quando
sei vicina a me... Tutto sparisce... come la prima volta che ti ho
visto...”
Il
silenzio di Parigi venne spezzato da un grido accorato.
“Fermate
la carrozza vi prego!! Fermatevi!!”
Oscar
e Andrè si guardarono incuriositi e confusi.
“Cocchiere
ferma” ordinò il comandante,aprendo leggermente lo sportellino
della vettura. Una fanciulla dai grandi occhi azzurri le rivolse uno
sguardo implorante
“Vi
prego...vi prego signore... compratemi per una notte!!” esclamò
tutto d'un fiato,nascondendo il volto tra le mani per la vergogna.
Una
fragorosa risata la costrinse a risollevare il volto,facendole
incontrare il luminoso sguardo di un giovane che rideva
fragorosamente,battendosi una mano sulla coscia.
“Mi
dispiace deluderti,ma non potremmo combinare molto. Guardami bene...
io sono una donna...”
Rosalie
si coprì la bocca con le mani in un impeto di stupore: una donna
vestita da soldato!!!
“E'
così bella...” pensò sognante,osservando la perfezione dei
lineamenti e la lucentezza dell'uniforme.
“Andrè
hai con te del denaro? Io non ne ho...” chiese Oscar rivolgendosi
al ragazzo nascosto alle sue spalle,che teneva lo sguardo fisso sul
tetto della vettura per cercare di contenere le risate in ogni modo.
“Si...
dovrei avere qualche moneta...” mormorò il giovane,frugando nelle
tasche. Dopo qualche minuto ne estrasse finalmente una “Ho solo
questa...” mormorò a mò di scusa.
Oscar
annuì e la porse a Rosalie, che era rimasta a terra immobile, persa
nella contemplazione dell'altra.
“Come
ti chiami?” le domandò gentile
“Ehm....
io sono... Rosalie” rispose la fanciulla balbettando,mentre il viso
le si colorava di un bel rosso cremisi
Oscar
sorrise,sporgendosi dalla vettura e stringendole un poco la mano
“Che
nome carino... Rosalie.... Mi raccomando non fare più una cosa del
genere.... Buonanotte” Poi rivolgendosi al cocchiere ordinò di
ripartire.
La
carrozza si allontanò silenziosa lungo la Senna,perdendosi nelle
flebili luci della città. Rosalie prese a correre e seguì per
qualche metro la vettura “Aspettate!! Chi siete??”
Ma
non ottiene risposta. Si fermò ansante e osservò da vicino la
moneta:era una libbra d'oro
“Una
libbra??? Una libbra d'oro!!! Non ne avevo mai vista una!!” mormorò
entusiasta,lasciandosi cullare dal ricordo del biondo militare appena
incontrato.
“E'
la donna più bella che io abbia mai visto... Non la dimenticherò
mai... E un giorno le ricambierò il favore...”
Le voci concitate intorno a lei dissolsero il ricordo.
Rosalie scosse leggermente la testa e si asciugò le
lacrime con il palmo di una mano.
Quei ricordi erano sempre stati belli da rivivere.
Belli,ma al tempo stesso molto dolorosi. Oscar riposava ancora,persa
nell'oblio del suo dolore.
Rosalie la osservò,saggiando la morbidezza dei suoi
capelli biondi con una dolce carezza. Quante volte quella donna
l'aveva protetta,quante volte l'aveva aiutata e quante volte aveva
raccolto le sue lacrime. “Per me sei come una sorellina...” le
aveva sempre ripetuto.
“Già una sorellina.... solo e soltanto una
sorellina... non sono nulla di più per te...” mormorò rassegnata.
Oscar si girò nel sonno e socchiuse piano gli occhi
“Rosalie.. sei tu?”
La giovane,rossa in volto, si affrettò a ritirare la
mano dal viso dell'altra
“Si comandante.. sono io...”
Gli occhi di Oscar si riempirono nuovamente di lacrime
“Non era un incubo vero??? E' successo davvero... E' morto
davvero...”
Rosalie trattenne a stento un singhiozzo “Si... è
vero” riuscì a dire tra un singulto e l'altro.
Oscar si sollevò piano da terra e le porse la coperta
“Grazie per avermi tenuto compagnia...” e si allontanò.
Rosalie confusa la seguì “Ma comandante dove andate
ora? Dovreste ripo...”
“Vado da lui” la interruppe l'altra, camminando
velocemente verso il centro della piazza. Si fermò vicino ad un
gruppo di ragazzi e uno di loro si offrì di accompagnarla dove il
corpo di Andrè era stato adagiato.
Era in una piccola chiesa non molto lontano. Il giovane
soldato era circondato da mazzolini di fiori, gli unici che Alain era
riuscito a trovare in così breve tempo.
Arrivati lì,il suo accompagnatore si
congedò,lasciandola finalmente da sola con i suoi pensieri. Oscar
sospirando attraversò il portone di legno e si inginocchiò vicino
alla misera panca che ospitava il cadavere.
Fuori il sole rosso tramontava e il fumo ingombrava il
cielo di Parigi.
Rosalie si sedette su uno dei gradini antistante alla
chiesetta,attendendo pazientemente che Oscar uscisse.
Dopo pochi minuti la raggiunse Bernard, stravolto per la
fatica e sconvolto per il dolore “Rosalie!! Ti ho cercato
dappertutto!! Ma che ci fai qui???” le domandò preoccupato.
La fanciulla appoggiò il viso al palmo della
mano,impedendo alle lacrime di scendere lungo il collo “Louis si
era offerto di accompagnare Oscar da Andrè e io li ho seguiti.
Bernard... come è potuto accadere?? Perchè proprio Andrè???”
Il giovane sollevò le spalle sconsolato,sedendosi
accanto a lei
“Io... non lo so... Non voglio ancora crederci... Ma
di una cosa sono sicuro... Andrè è morto da vero figlio di Francia!
E' e sarà sempre uno di noi... Lui ed Oscar sono gli amici più cari
e fedeli che abbiamo... Non dimenticarlo mai Rosalie...” mormorò
abbracciandole la vita. Rimasero per qualche minuto in silenzio.
“Io devo andare... sicuramente i ragazzi si staranno
chiedendo che fine ho fatto. Tu rimani ancora qui?”
Rosalie annuì e si volse verso il portone della chiesa.
Spiò all'interno e vide Oscar ancora ferma e immobile vicino al
corpo.
“Non posso abbandonarla. Rimarrò qui con lei fino
alla fine.”
Bernard imbracciò il fucile e scese i bianchi gradini
per poi voltarsi di nuovo indietro “Mi raccomando state attente. Vi
aspettiamo al solito posto...”
Rosalie guardò il suo fidanzato allontanarsi nel buio
del vicolo. "Oh Bernard... se solo sapessi quello che nascondo
nel cuore... è così difficile a volte stare al tuo fianco.. sentire
le tue carezze sulla mia pelle e desiderare che le tue mani siano
quelle di un'altra persona..."
Un rumore di passi alle sue spalle la destò dall'oblio
dei suoi pensieri.
Oscar camminava lentamente, il viso pallido come quello
di un fantasma, le labbra grigie e le spalle curve. Era come se un
enorme peso invisibile la schiacciasse,affaticandola e rendendola
sempre più debole.
"Rosalie.. cosa ci fai qui? Pensavo fossi rimasta
in piazza..."
sussurrò la donna, sedendosi al suo fianco su un
gradino.
"No monsieur Oscar.. vi ho seguito fin qui. Non
potevo certo lasciarvi solo.. questa chiesa è così triste oggi per
tutti noi, ma soprattutto per voi.."
"Già... soprattutto per me... per me! Che non sono
riuscita a rendermi conto del suo sentimento! Per me che sono stata
cieca, egoista e non so che altro! Per me! Per me che non faccio che
pensare a me stessa, trascinando gli altri dietro di me! Per me..."
Rosalie si morse il labbro inferiore per trattenere le
lacrime, ma non osò fiatare di fronte a quello sfogo. Percepiva
l'immenso dolore della donna seduta al suo fianco e sapeva che
parlare in quel modo l'avrebbe tranquillizzata almeno un pò.
Oscar rimase con il fiato mozzo, i suoi occhi guizzavano
da una parte all'altra nervosamente. Non si era mai sentita così
vuota in tutta la sua vita. Si passò le mani sul viso nel tentativo
di allentare il bruciore dei suoi occhi stanchi ed arrossati per le
troppe lacrime non versate.
Una leggera carezza sul braccio le fece risollevare lo
sguardo e voltare il viso alla sua sinistra. Rosalie le sorrideva
gentile e i suoi grandi occhi azzurri erano velati di lacrime. Oscar
le sorrise e la abbracciò, sorprendendola per quella spontaneità.
"Scusami Rosalie, non volevo urlare in quel modo...
Ma tutto quello che ho detto è vero... e la morte di Andrè non ha
fatto che dimostrarlo...sono solo una e.."
"NO!" esclamò Rosalie con forza
interrompendola e staccandosi dall'abbraccio per poterla guardare
negli occhi.
"Voi non siete un'egoista.. non lo siete mai stata
e non lo sarete mai! Non vi permetterò di ripeterlo nè di pensarlo!
Voi siete la persona più buona, gentile e altruista che io abbia mai
incontrato nella mia vita. Chi altri avrebbe fatto per me tutto
quello che avete fatto voi? Mi avete accolto in casa vostra, mi avete
educato, mi avete dato una casa, un letto caldo e comodo, mi avete
donato la felicità.. nonostante io avessi tentato di uccidere vostra
madre!! Mi avete dato un libbra d'oro la sera che ci siamo incontrate
per la prima volta! Non lo rammentate?"
Lo sguardo di Oscar si addolcì "Certo che me ne
rammento. Tu avevi fermato la mia carrozza e mi avevi pregato di
comprarti per una notte... Eri così giovane, così ingenua..
sembravi un pulcino appena uscito dal suo ovetto. Come potevo
abbandonarti su quel lurido marciapiede? Se avessi saputo come
sarebbero andate le cose, avrei aiutato anche tua madre e forse lei
non sarebbe scomparsa così presto..."
"E questi vi sembrano forse i desideri di una
persona egoista? Io non credo.. voi siete speciale monsieur Oscar,
per tutti.."
Rosalie deglutì e si morse il labbro prima di
continuare "e... e.. soprattutto per me.."
Oscar sorrise,accarezzandole piano la testa "Sei
sempre stata molto gentile Rosalie. La gentilezza è una virtù che
ti ha sempre contraddistinto. A differenza di tutte le altre persone
che ho conosciuto,forse tu sei l'unica che non ha mai perso la
purezza dello spirito. Come ci riesci? Sembra che nessun sentimento
cattivo possa attecchire nel tuo cuore... è una cosa che mi ha
sempre sorpreso di te.. piccola, eppure così forte."
Rosalie abbassò gli occhi e appoggiò le braccia al
ventre, nel tentativo di calmare i battiti assordanti del suo cuore.
Lo sguardo intenso di Oscar era insostenibile per lei. Ogni volta che
le era così vicina il suo cervello si annebbiava e tutto il suo
corpo sembrava impazzire. Nulla aveva più importanza e Bernard non
era che un ricordo sbiadito nei meandri della sua ragione.
Il movimento improvviso di Oscar la fece sobbalzare. La
donna si era alzata in piedi di scatto e aveva portato la mano al
fianco, immobile come una statua ascoltava.
"Cosa c'è monsieur Oscar?" domandò Rosalie
confusa,notando l'improvviso cambiamento dell'altra.
Oscar scosse la testa e appoggiò un indice affusolato
alle labbra. Poi le tese la mano e la invitò ad alzarsi.La giovane
obbedì e si ritrovò stretta tra le sue braccia.
"Ma monsieur Oscar cosa?"
"Shhh Rosalie.." le sussurrò la donna,
spiando la piazza antistante la chiesa da sopra la sua spalla "Sento
che sta arrivando qualcuno.. dobbiamo andarcene!"
Velocemente scesero i gradini e imboccarono una stradina
laterale. Il lezzo dei cadaveri e della sporcizia giunse
prepotentemente alle loro narici, costringendole a coprirsi il viso
con un braccio. Avanzarono ancora senza che nessuno le incrociasse:
sembrava che i combattimenti fossero finiti.. Non si udiva più
nemmeno il rombo dei cannoni. Il sole era sparito all'orizzonte e la
luna nascente si faceva strada tra le nuvole. Non erano molto lontano
dalla loro destinazione: di sera i ribelli compagni di Bernard si
riunivano in una cantina non distante dalla Senna. Per delle persone
inesperte era il luogo ideale nel quale nascondersi, discutere e
difendersi da eventuali attacchi. Oscar invece l'aveva sempre
reputato pericoloso.
"Non dovreste stare qui Bernard" gli aveva
detto quando aveva visto lo scantinato per la prima volta "se vi
attaccano in massa siete spacciati. Non ci sono vie di fuga... è..
un buco! E' una trappola per topi!"
Ma del resto non potevano ottenere niente di meglio,
considerando la miseria che regnava sovrana a Parigi. E fino a quel
momento nessuno li aveva mai trovati..
Si fermarono un attimo per riprendere fiato e per
assicurarsi che nessuno le stesse seguendo. Rosalie soprattutto aveva
il fiato corto dopo aver sostenuto le lunghe falcate del comandante.
Oscar si guardò intorno e notò una targa quasi del tutto annerita
dal fumo e dalla sporcizia alla sua destra. Con qualche difficoltà
riuscì a leggere il nome della strada nella quale si trovavano "Rue
des boucheries (nota 1)" mormorò a bassa voce.
Massaggiandosi la radice del naso riflettè sul percorso
più rapido che avrebbero dovuto percorrere per arrivare sane e salve
alla meta.
"Rosalie.. il rifugio è a Rue Victor se non mi
sbaglio.. giusto?"
La giovane annuì "Si.. non è molto distante da
qui monsieur Oscar.. dobbiamo attraversare solo un altro paio di
strade e saremmo arrivate."
"Mmm arrivate a Rue de l'harpe non ci resta che
tagliare per Rue des Noyers e.." ma un rumore non molto distante
la interruppe.
Due uomini avanzavano barcollando verso di loro
visibilmente ubriachi, imbracciavano due fucili malandati e
tracannavano vino da una bottiglia che uno di loro portava in una
sacca. Rosalie le si affiancò tremante, incapace di formulare un
solo pensiero. Il biondo comandante osservò la strada alle sue
spalle: tornare indietro era assolutamente inutile e folle; per
evitare due ubriachi avrebbero potuto incontrare un intero plotone di
guardie reali. Tuttavia avanzando verso i due avrebbero corso
egualmente dei rischi: non potevano sapere come avrebbero reagito
vedendo Oscar in divisa. Ubriachi com'erano avrebbero sparato a
qualunque cosa fatta di tessuto e adornata con spalline e medaglie.
"Signor Oscar.. cosa facciamo?" le sussurrò Rosalie
spaventata, mentre i due uomini si avvicinavano sempre di più.
"Vieni con me! Non fiatare e fa tutto quello che ti
dirò va bene?"
Stringendo una mano intorno al suo polso,la trascinò
lontano dalla strada e le appoggiò le spalle alla parete di un
palazzo malandato alla loro sinistra.
"Ora abbracciami e fa silenzio... se tutto va bene
ci supereranno senza accorgersi di nulla.."
La giovane obbedì e sollevandosi sulle punte strinse le
esili braccia intorno alle spalle dell'altra. Le sue guance si
infiammarono quando Oscar le posò le mani sui fianchi e appoggiò la
fronte alla sua, quasi annullando la distanza tra i loro visi e
facendo aumentare a dimisura i battiti del suo piccolo cuore
innamorato. Ormai gli ubriachi erano dietro di loro. Fu il più alto
e presumibilmente il più sveglio dei due,a giudicare dalla sua
espressione furbesca,a notarle. Diede un colpetto all'amico al suo
fianco e entrambi iniziarono a ridacchiare. Lasciarono la strada e si
fermarono a pochi passi da loro sul marciapiede.
Il più basso diede una pacca sul braccio di Oscar e
sorridendo disse "Ehi amico hic.. perchè non.. hic.. vai a
casa??? Eh?? Hic.. non vogliamo certo vedere le tue... hic.. cose
private...qui in strada.."
Oscar sospirò e rispose con voce inespressiva senza
voltarsi verso di loro "Hai proprio ragione amico.. ora me ne
vado e porto la mia fidanzata con me."
"Ehi hic.. ma perchè non ci guardi in faccia? Ci
consideri brutti forse?" domandò il più alto irritato e
afferrata la spalla di Oscar la spinse, costringendola a voltarsi.
"Carina hic.. la tua fidanzata..." esclamò il
più basso "Hai visto Antoine? Sembra proprio un angioletto!"
Ma il più alto non rispose. La divisa di Oscar aveva
catturato la sua attenzione "Ma tu!! Ma tu sei un soldato!!
Pierre!! E' un soldato!"
Solo in quel momento il più basso si rese conto della
situazione e squadrò Oscar con occhi di fuoco "Hai ragione
Antoine!! E' un soldato!!! Cospira contro di noi! Uccidiamolo!"
"Ma no... cosa dite??? Oscar è un soldato della
Rivoluzione!! E' dalla nostra parte!!" tentò di spiegare
Rosalie frapponendosi tra Oscar e i due.
"Non esistono soldati della Rivoluzione,
angioletto! Chiunque abbia spalline e medaglie è un cane della
puttana austriaca (nota 2)! E tutti i cani dell'austriaca sono nostri
nemici!"
Oscar serrò i pugni nel tentativo di placare la rabbia:
nonostante tutto nutriva un profondo affetto per la Regina e quegli
epiteti scurrili la irritavano terribilmente.
"Sentite.. io non sto dalla parte della Regina!
Conosco Bernard.. Bernard Chatelet!" esclamò nervosamente.
Antoine sputò per terra "Ah! Pensi di essere
furbo? Tutti a Parigi conoscono Bernard e Robespierre!"
"Già! E' vero!" gli fece eco Pierre, puntando
il fucile nella sua direzione.
"Pierre sparagli!" ordinò Antoine.
"Rosalie!!! SPOSTATI!!!" ruggì Oscar.
Bang
"Maledetto!!! Mi ha colpito!!! Antoine!!! Mi ha
ferito!!! La mia mano!! La mia mano sanguina!!!"
Rosalie si voltò di scatto e prima che potesse
formulare un pensiero si sentì trascinare lontano dal marciapiede.
Oscar correva a perdifiato,mentre lei cercava di tenere il passo,
evitando di incespicare nelle buche e nei fossi che i bombardamenti
avevano provocato sul selciato.
Si fermarono solo quando giunsero a Rue des Noyers.
Rosalie si nascose sotto un porticato e si accasciò al
suolo, il cuore le batteva per la paura e per lo sforzo appena
compiuto. Oscar rimase in piedi,ansante e spiava la strada dal buio
del loro nascondiglio.
"E' stato.. piuttosto.. faticoso... non è vero
monsieur Oscar?" domandò la giovane, asciugandosi il sudore
dalla fronte con il dorso della mano.
"Decisamente si... e ora.... dobbiamo.. muoverci..
di nuovo.. non possiamo rimanere a lungo nello stesso posto."
"Monsieur Oscar.. cosa avete? Vi sentite male?"
chiese Rosalie preoccupata.
Oscar tremava dalla testa ai piedi, la mano destra
stringeva convulsamente la pistola, e il viso sembrava ancora più
pallido di prima.
Rosalie le sfiorò l'altra mano che stava inerte lungo
il fianco:era gelata.
"Ma monsieur Oscar.. voi state male! Siete gelato e
state tremando!!!"
Oscar non rispose, limitandosi ad appoggiare le spalle
alla parete. Continuava a boccheggiare come se le mancasse l'aria per
respirare.
"Tranquilla Rosalie... ora mi passa.."
Si voltò e appoggiò la fronte alla fredda parete di
marmo per ricevere un pò di sollievo. Sollevò il braccio destro e
appoggiò il palmo della mano alle labbra.
Rosalie si sollevò di scatto. "Monsieur Oscar...
cosa" ma la sua domanda rimase incompiuta.
Una tosse cavernosa ruppe il silenzio intorno a
loro,scuotendo l'esile fisico della donna di fronte a lei. Oscar
tossiva sempre di più e cercava di ridurre il tremito che le
scuoteva le membra piantando i piedi al suolo e facendo forza sulla
fronte e sul braccio appoggiati alla parete.
"OSCAR!" gridò Rosalie sempre più spaventata
quando intravide la mano dell'altra macchiata di sangue.
Non sapendo che fare la abbracciò da dietro e prese ad
accarezzarle il petto, sperando di alleviare con un pò di calore i
suoi tremiti.
Dopo qualche minuto la crisi passò e Rosalie sentì il
corpo di Oscar farsi più pesante tra le sue braccia.
Il biondo comandante si accasciò al suolo privo di
sensi, le labbra livide e la fronte bollente.
"Oscar!! Oscar!!" chiamò Rosalie,scuotendola
piano per le spalle.
Oscar aprì piano gli occhi e si guardò confusamente
intorno.
"Monsieur Oscar!! Siete vivo!!"
"Rosalie.. Sta tranquilla.. è solo questione di
minuti... è una crisi passeggera..."
La ragazza non ebbe il coraggio di replicare nulla e si
limitò ad annuire,stringendole le braccia intorno alle spalle "Non
vi preoccupate monsieur Oscar.. resterò qui con voi.. appena vi
sentirete meglio andremo via. Siamo arrivate ormai...".
Nessuna delle due parlò per qualche minuto. La quiete
della notte era intervallata solo dai loro respiri e da qualche
gemito lontano.
Fu Oscar a interrompere il silenzio "Nemmeno Andrè
lo sapeva Rosalie.. Nessuno lo sa.. l'ho scoperto da poco. Non ho
voluto dirlo nè a lui nè a te per non farvi preoccupare.. ho visto
il dottore la settimana scorsa e devo dire che non mi ha dato una
buona notizia. Se continuo così credo che non vedrò la fine
dell'autunno..."
Rosalie non rispose, calde lacrime le scendevano lungo
le guance, raccogliendosi sul mento e scivolando sul collo candido.
"Su sbrighiamoci e andiamo. Non possiamo restare
qui ancora oltre!" esclamò Oscar sciogliendosi dall'abbraccio e
rialzandosi.
Rosalie si asciugò velocemente le lacrime e abbassò il
volto,mentre l'altra estraeva la spada lucente pronta a difendersi da
eventuali attacchi.
Raggiunsero senza intoppi Rue Victor, imboccarono un
altro vicolo e scesero una rampa di scale seminascosta. I gradini
conducevano ad una piccola porta di legno scuro.
Rosalie bussò quattro volte a intervalli regolari.
"Di che colore è il tuo fazzoletto?" domandò
imperiosa una voce dall'interno
"Blu, bianco e rosso!" rispose Rosalie sicura.
La porta si aprì di poco,permettendo ad un uomo di
sbirciare fuori.
"Ah sei tu Rosalie! E anche voi comandante Oscar!"
esclamò Alain sollevato,spalancando l'uscio.
"Eravamo preoccupati! Tra poco avremmo organizzato
una squadra per venire a cercarvi!"
"Abbiamo avuto un contrattempo..." rispose
Oscar inespressiva, allontanandosi dalla porta e dirigendosi verso il
camino acceso.
Allungò le braccia verso le fiamme e rabbrividì di
piacere per il tepore che le scaldò le falangi.
Alain e Rosalie rimasero fermi ad osservarla.
"Come sta?" domandò il soldato
"E' disperata..." sussurrò Rosalie "non
lo dà a vedere, ma sta soffrendo terribilmente. Io lo percepisco..."
Alain annuì gravemente "Anche per noi è stato un
colpo durissimo. Sono riuscito a confortare un pò i ragazzi, ma come
posso farlo se io stesso piango per lui? Oggi ho perso un fratello.."
"E io un caro amico..."
L'arrivo di Bernard interruppe la loro conversazione
"Rosalie!!! Sei tornata!! E Oscar?? Dov'è?"
Alain indicò con un cenno del capo la donna appoggiata
al camino.
"Rosalie perchè ci avete messo tanto? Dove eravate
finite?"
"Abbiamo avuto un contrattempo Bernard.. due
ubriachi armati hanno scambiato il signor Oscar per un soldato
reale..."
"Per un soldato reale?" domandarono Alain e
Bernard all'unisono
"Ma erano ciechi? Lo sanno tutti che la Guardia
Nazionale è passata dalle parte dei ribelli!!" esclamò Alain
infuriato
"Non tutti Alain.. solo il mio gruppo vi conosce e
si fida di voi, ma molti altri che combattono da soli no... Appena
vedono un'uniforme non guardano in faccia nessuno. Sparano senza
pensare a nulla.. Per questo devono essere controllati... la fiamma
della Rivoluzione ha trasformato la maggior parte di noi in belve
feroci e questo non fa bene alla nostra causa. Li conoscevi Rosalie?"
La ragazza scosse la testa "No.. ma si chiamavano
Pierre e Antoine. Il primo era basso e robusto e il secondo era più
alto."
"Non preoccuparti Bernard li riconosceresti
subito.. Uno porterà una vistosa benda al braccio sinistro per un
bel pò... gli ho sparato per evitare che mi uccidesse o che colpisse
Rosalie.." Oscar si era avvicinata e aveva udito uno stralcio
della loro conversazione.
"Non erano dei tuoi.. questo è poco ma sicuro"
Bernard annuì pensieroso "Tuttavia questo non mi
fa sentire più sicuro... dovremmo collaborare tutti per ottenere la
libertà! Se restiamo divisi,non riusciremo a resistere a lungo. I
soldati reali sono sempre più numerosi e ogni giorno
aumentano...saranno più di ventimila oramai! La maggior parte di
loro sono stranieri, inviati dalle altre famiglie regnanti
preoccupate per quello che potrà accadere all'Europa se i figli
della Rivoluzione ottenessero ciò che tutti noi speriamo."
"Perchè non organizziamo un incontro con gli altri
rivoluzionari?? Come è successo il 20 giugno! Non vi ricordate?
Erano tutti nella Sala della Pallacorda (nota 3)! Tutti hanno giurato
di combattere finchè la Costituzione non fosse stata stabilita,
rispettando il diritto di tutti i cittadini alla libertà e
all'uguaglianza!!"
Oscar sorrise alla determinazione di Alain "Purtroppo
non è così semplice. Dopo il giuramento si sono formati vari gruppi
e ognuno di loro ha un piccolo leader. Ogni giorno ci sono degli
attacchi, ma quasi nessuno di essi è pianificato."
"E' vero. Oggi per esempio gli artigiani hanno
cominciato a distruggere gli uffici daziari e molti hanno
saccheggiato i depositi, credendo di trovare viveri e vettovaglie.
Sono rimasti delusi e molti di loro sono morti invano." aggiunse
Bernard, allontanandosi un poco e camminando avanti e indietro
pensieroso.
"L'unico modo è parlare con Robespierre. E' lui
leader indiscusso della Rivoluzione. Io conto poco e niente... ma
lui.. lui è un mito, un idolo per tutti. Dobbiamo decidere cosa
fare, discuterne con lui e agire una volta per tutte."
Oscar annuì e avanzò di qualche passo,accostandosi a
Bernard "Tu ti fidi di Robespierre?" sussurrò
Bernard la guardò sorpreso "Ma cosa dici Oscar?
Certo che mi fido di Robespierre! E' lui l'anima della Rivoluzione!"
Oscar si massaggiò la tempia pensierosa e scosse la
testa "Se lo dici tu, allora mi fido anche io. Beh ora vado a
riposarmi un pò, il ritorno al rifugio è stato molto più
movimentato del previsto. Ci vediamo domani mattina..." e si
allontanò, sistemandosi seduta in un angolino vicino al caminetto.
Alain e Rosalie la raggiunsero dopo qualche minuto.
"Avete ordini per noi comandante?" domandò il
ragazzo
"No Alain.. siete stremati. Oggi è stato un giorno
terribile per tutti noi. Andate tutti a riposarvi. Ci vediamo domani
mattina."
Alain annuì e fece per andarsene "Comandante...
lui sarebbe molto fiero di voi. Non dimenticatelo mai.."
aggiunse senza voltarsi.
Oscar distolse lo sguardo, puntandolo sulle fiamme
danzanti del camino. Si limitò ad alzare le spalle e a piegare una
gamba verso il petto con un mugugno.
Rosalie rimase ad osservarla in silenzio per qualche
secondo "Avete fame monsieur Oscar? Non possiamo offrirvi molto,
ma posso vedere se riesco a trovare qualcosa in magazzino."
"Non ho fame Rosalie. Sono solo stanca... molto
stanca.. stanca di tutto.."
"Ma monsieur Oscar.. nelle vostre condizioni.."
Lo sguardo infuriato e raggelante di Oscar la fece
tacere.
La giovane abbassò la testa "Mi dispiace.. non
volevo offendervi. Non dirò niente a nessuno se è questo quello che
volete. Vi lascio solo, se avete bisogno di qualcosa io sono
nell'altra stanza."
Oscar la osservò allontanarsi, ma non disse nulla per
fermarla. Si sentiva in colpa per la sua reazione eccessiva, in fin
dei conti Rosalie si stava solo preoccupando per lei. "Sei stata
un'idiota a dirglielo..." pensò affranta. Ma del resto che
altro avrebbe potuto fare? Come avrebbe potuto spiegare quella crisi
di tosse improvvisa e così violenta? Rosalie non era una stupida,
aveva visto il sangue fuoriuscire dalle sue labbra e macchiarle il
palmo della mano. Mentire sarebbe stato del tutto inutile.
Lei stessa non sapeva perchè aveva tenuto quella
sconvolgente notizia per sè.
Subito le balenò alla mente l'immagine di Andrè: se il
ragazzo avesse saputo cosa le stava accadendo l'avrebbe portata via
di peso da Parigi. Quel pensiero le spezzò il cuore: se solo avesse
parlato prima! Avrebbero potuto abbandonare Parigi quando le cose
erano ancora relativamente tranquille, lei sarebbe stata meglio e lui
non sarebbe morto... E invece non aveva detto nulla, non aveva
parlato. Aveva tenuto tutto dentro di sè. Per quale motivo?
La sua mente sapeva la risposta "Per il tuo
orgoglio. Per il desiderio di combattere fino alla morte per ciò che
ritieni giusto. Perchè nonostante tutti i tuoi sforzi, tu sei un
soldato Oscar. Tuo padre aveva ragione, tu hai una spada e non un
fiore nel cuore. Sei destinata a lottare, a sacrificare tutte le tue
energie."
Portò anche l'altra gamba al petto e si piegò
abbracciandosi le ginocchia. La sua coscienza non era mai stata una
interlocutrice confortante...
Il ticchettio di un vecchio orologio impolverato
appoggiato sulla mensola del camino battè undici volte le ore.
"E' già così tardi? Il tempo vola... anche troppo
per i miei gusti...".
Distese le gambe e si appoggiò alla parete fredda
rabbrividendo. Avrebbe tanto desiderato un cuscino per poter
appoggiare il collo, ma era inutile domandare a Rosalie se ne avesse
uno, era già tanto che avessero un tetto sulla testa.
Inconsapevolmente pensò alla sua enorme villa, alle stanze ben
arredate, al lusso che vi regnava e al fatto che per lei tutto quello
che possedeva non aveva mai avuto importanza.
Pensò a suo padre, lo immaginò in piedi, immobile come
una sentinella vicino alle grandi vetrate del suo studio, intento a
esaminare tutto il paesaggio circostante.
Il suo sguardo freddo e grigio, che non si era mai
addolcito nè ammorbidito, avrebbe osservato le foglie, gli alberi,
le fontane del giardino...forse avrebbe pensato a lei, alla figlia
che l'aveva tradito e umiliato, a colei che aveva rifiutato il suo
titolo, aveva abbandonato i sovrani che aveva giurato di proteggere e
aveva dichiarato amore ad un plebeo, nipote di una vecchia
governante.
Forse si sarebbe pentito anche lui delle sue scelte e
delle sue decisioni... In quel momento Oscar si sentì più simile a
lui di quanto avesse mai immaginato.
Aveva sempre pensato di essere diversa, di essere
migliore di lui e delle sue paranoie. Si sbagliava, in realtà erano
uguali. Pronti a combattere per l'onore e per quello in cui
ritenevano giusto,sacrificando coloro che li circondavano.
Suo padre, François Augustin Reynier, aveva sacrificato
lei, la sua ultima figlia per l'onore della famiglia Jarjeyes.
Lei, Oscar François, aveva sacrificato colui che
l'aveva amata per ottenere la libertà.
Scosse nuovamente la testa per scacciare quei dolorosi
pensieri. Socchiuse gli occhi, sperando che la stanchezza l'avrebbe
cullata tra le sue braccia, concedendole un pò di riposo. Ma
continuamente le immagini del giorno appena trascorso si susseguivano
veloci l'una dopo l'altra, turbandola sempre di più.
Rassegnata, riaprì gli occhi e si guardò intorno. Il
grande stanzone nel quale si trovava era quasi del tutto ingombro di
pagliericci e letti di fortuna. Molti degli amici di Bernard
dormivano, altri sussurravano piano parole incomprensibili,dettate
dal vino e dalla stanchezza. Alain e i ragazzi si erano sistemati
nell'angolo più lontano e russavano come campane. Bernard e Rosalie
erano nell'altra stanza. L'orologio battè nuovamente l'ora: erano le
undici e un quarto.
Silenziosamente Oscar si alzò e si allontanò dal suo
giaciglio. Nessuno le prestò attenzione nè cercò di fermarla.
Si avvicinò alla porta e la aprì: il ribelle che
doveva sorvegliare l'entrata era profondamente
addormentato,abbracciato ad una bottiglia di rum scadente.
In un attimo fu fuori e si allontanò a grandi passi nel
silenzio della notte.
In quel momento
nell'altra stanza
Rosalie mordicchiava silenziosamente il tozzo di pane
duro che aveva trovato nel magazzino. Bernard parlava
infervorato,mentre lei si limitava ad annuire distrattamente. Non
aveva capito nulla di quello che il suo fidanzato le stava dicendo.
Finalmente il ragazzo si fermò per riprendere fiato e
prese ad osservarla. Notando la sua espressione persa e triste, le
accarezzò piano una guancia.
Rosalie si scosse con un fremito e gli rivolse uno
sguardo gentile "Scusa Bernard.. ero sovrappensiero. Dicevi?"
Bernard le diede un leggero bacio sulla fronte "Niente
di importante non preoccuparti. Sei strana stasera, c'è qualcosa che
ti turba? E' da quando sei tornata con Oscar che non dici nulla..."
Rosalie non rispose. Si alzò dalla sedia,avvolse quello
che rimaneva del pane in un fazzoletto e lo ripose con cura nella
credenza polverosa di fronte a lei.
Bernard la imitò e le si avvicinò abbracciandola da
dietro "Ti sei spaventata per quei due ubriachi? Oppure stai
pensando ad Andrè?"
"Entrambe le cose" mentì la ragazza,
sciogliendosi dall'abbraccio e ritornando a sedersi al tavolo. Aprì
il cassetto, prese ago e filo e cominciò a cucire.
Doveva rammendare i calzini per tutti. Bernard sembrò
accontentarsi della risposta e riprese il discorso lasciato a metà.
Ma ancora una volta Rosalie non lo ascoltava: persa tra
le trame della stoffa, la sua mente vagava lontano da quella stanza.
Il suo cuore non aveva pensieri che per quello era successo poco
tempo prima. Oscar che la abbracciava, Oscar che la osservava
intensamente, Oscar che tossiva e le rivelava il suo segreto...
"Ahia!" esclamò dolorosamente, interrompendo
ancora una volta la raffica di parole del fidanzato.
"Che c'è?" domandò Bernard,sollevando lo
sguardo dalle carte che ingombravano il tavolo: stava terminando un
discorso che avrebbe dovuto recitare il giorno successivo se non
fosse riuscito a trovare Robespierre.
"Nulla.. nulla.. mi sono punta con l'ago tutto
qui.." mormorò Rosalie, succhiandosi appena il dito medio della
mano sinistra (nota 4).
Bernard aggrottò la fronte sorpreso "Tu che ti
pungi mentre cuci? E' come dire che gli asini volano... Impossibile!
Sarà la stanchezza...Perchè non vai a riposare? Io ne ho ancora per
un pò.. vai su.. è stata una giornata difficile per tutti noi."
Rosalie sospirò e si alzò in piedi "Effettivamente
sono stanca.. va bene allora buonanotte Bernard."
Fece il giro del tavolo e si piegò verso di
lui,dandogli un leggero bacio sulla fronte "Non fare tardi mi
raccomando"
"Sta tranquilla. Appena avrò finito, verrò di là.
Buonanotte."
Rosalie annuì e dopo aver posato il lavoro di cucito
sul tavolo si allontanò, chiudendosi la porta alle spalle.
Rimase qualche minuto in silenzio, nel buio del
corridoio, appoggiata con la schiena alla parete.
Sentiva il ronzio della monotona voce di Bernard
attraverso la porta di legno. Non sapeva cosa fare. Avrebbe dovuto
dirgli di Oscar e della sua cattiva condizione di salute? Bernard si
fidava di lei, voleva che lei fosse il comandante dell'esercito
rivoluzionario... ma come avrebbe potuto resistere in quelle
condizioni?
"Io devo dirglielo... è meglio per lei..."
non aveva fatto che ripetersi quella sera, ma il ricordo dello
sguardo furente dell'altra le aveva impedito di farlo.
Sospirando,si staccò dal muro e prese a camminare
lentamente per il corridoio, dirigendosi verso la grande stanza
illuminata dal camino.
Il russare continuo di Alain e dei soldati fu il primo
rumore che le sue orecchie percepirono.
Non potè fare a meno di sorridere,osservando il
gruppetto di ragazzi addormentati in uniforme intorno ad
Alain,sdraiato in mezzo a loro:era come vedere un padre circondato da
tutti i suoi figli. Volse lo sguardo verso il caminetto e si stupì
quando si accorse che l'angolo in cui Oscar si era sistemata era
vuoto. Incuriosita, cominciò a camminare per la stanza in punta di
piedi,attenta a non calpestare nessuno.
"Ma dov'è andata??" pensò affranta quando
ebbe esaminato anche l'ultimo letto senza riuscire a trovarla. Lanciò
un rapido sguardo alla porta e notò che la luce della luna penetrava
nella stanza. “La porta è socchiusa!! Perchè mai Oscar è uscita
a quest'ora della notte??? E se le fosse successo qualcosa?”
Il rintocco dell'orologio la fece sobbalzare: erano le
undici e mezza.
Si voltò indietro e guardò indecisa il corridoio buio
che conduceva alla cucina
"Bernard ha detto che sarebbe stato impegnato
ancora un pò... Devo andare a cercarla..." pensò risoluta e si
avvicinò piano alla porta. Attenta a non svegliare il guardiano,
aprì silenziosamente l'uscio,socchiudendolo poi alle sue spalle
senza farlo cigolare. Risalì la scalinata di pietra, mentre il
fresco vento notturno la investiva, provocandole un leggero brivido
lungo la schiena.
Giunta all'inizio di Rue Victor si fermò indecisa,
volgendo il capo a destra e a sinistra. "Dove potrà mai essere?
Non può essere tornata in chiesa.. è troppo lontano.. e allora?"
Decise di svoltare a sinistra e di recarsi verso la
Senna: che si fosse fermata a guardare il fiume?
“Mi
piace molto guardare l'acqua sin da quando sono bambina. Ogni volta
che sono nervosa, arrabbiata, delusa, vado a vedere l'acqua. E'
l'unico modo che ho per trovare un pò di serenità... Chissa
perchè..”
“Forse
perchè l'acqua sembra sempre così tranquilla... anche se c'è una
tempesta, sotto le onde regnano il sereno e il silenzio. Non è vero
monsieur Oscar?”
"Si
Rosalie hai ragione.. Ma anche l'acqua ha i suoi segreti. Se lanci un
sasso nel fiume, l'acqua si increspa, poi le onde si fermano e tutto
sembra essere tornato come prima,ma non è così. Quel sasso è
rimasto sul fondo anche se nascosto negli abissi..
(nota 5)
Il ricordo le investì vivido la mente. Era il suo primo
pomeriggio trascorso ad Arras e lei ed Oscar si erano fermate sulla
spiaggia a guardare le onde infrangersi sulla costa,chiaccherando
spensierate,inconsapevoli di tutto quello che sarebbe accaduto dopo
qualche tempo.
Finalmente l'odore del fiume le colpì le narici.
Rapidamente si avvicinò alla balaustra di pietra e piegò la testa
verso il basso: la Senna scorreva placidamente, silenziosa e maestosa
come sempre. La rivoluzione non l'aveva intaccata, solo i detriti che
ogni tanto erano visibili tra i flutti testimoniavano quanto era
capitato in quei giorni tremendi. Bottiglie vuote, qualche fucile
spezzato e un paio di cesti rotti.... ecco cosa aveva ereditato il
fiume dalla Rivoluzione.
Un rumore non molto lontano attrasse la sua attenzione.
Oltrepassò l'angolo e il cuore le balzò in petto.
Oscar sedeva sul muricciolo del ponte, le spalle
appoggiate alla colonna e le gambe distese. Il viso rivolto verso il
basso e lo sguardo perso nei ricordi.
"Monsieur Oscar!" esclamò Rosalie felice
correndo verso di lei.
La donna si voltò e la osservò sorpresa, sollevando il
sopracciglio sinistro "E tu che ci fai qui?" domandò
perplessa
Rosalie deglutì e prese a tormentarsi il labbro
inferiore con i denti "Ecco... io... io stavo andando a dormire,
volevo vedere come stavate, ma non vi ho trovato. Mi sono preoccupata
e sono uscita."
Oscar sorrise e le accarezzò piano la testa "Uscire
da sola a quest'ora è pericoloso Rosalie. Non avresti dovuto
farlo... io sono venuta qui perchè.."
"Perchè guardare l'acqua è l'unico modo che avete
per trovare un pò di serenità, lo so." la precedette l'altra.
"Me lo ricordo... il nostro primo pomeriggio ad Arras.."
Oscar la guardò con affetto "Come eravamo
spensierate all'epoca.. se solo avessimo saputo tutto quello che
stava per succedere... avremmo potuto cambiare molte cose brutte..."
"Non possiamo prevedere tutto monsieur Oscar..
forse solo il buon Dio può farlo.. Ma noi? Noi certamente no."
Oscar la osservò per qualche secondo in silenzio
"Vieni qui.." disse tendendole la mano "in
questo punto c'è una vista magnifica.. sembra che il fiume avanzando
ti abbracci con le sue onde.."
Rosalie deglutì nervosa, spostando rapidamente lo
sguardo dalla mano tesa di fronte a lei al sottile davanzale di
pietra sul quale avrebbe dovuto appoggiarsi.
"Stai tranquilla, ti tengo io. Non puoi cadere."
la rassicurò Oscar, intuendo il motivo della sua preoccupazione.
La ragazza annuì e stretta la mano dell'altra si
arrampicò, posizionandosi al centro della balaustra con le gambe
penzoloni,mentre Oscar piegava le sue per farle spazio. Gli occhi di
Rosalie brillarono di meraviglia: la Senna si era trasformata in un
gigantesco mare, mentre loro assomigliavano a due naufraghi seduti su
una piccola isola di pietra avvolta dalle onde.
"Avevate ragione monsieur Oscar.. Sembra che la
Senna stia per avvolgerci un attimo prima di attraversare il ponte...
Non l'avevo mai vista da qui.."
Oscar annuì e piegò la testa di lato , rimanendo ad
osservare il profilo dell'altra illuminato dalla luna. Rosalie era
cresciuta da quando l'aveva accolta in casa e con il passare del
tempo era diventata ancora più bella: nemmeno la Rivoluzione era
riuscita a macchiare la sua anima angelica.
"Hai ancora paura Rosalie?" chiese
gentilmente, avvertendo un tremito attraversare la piccola mano
stretta intorno alla sua.
"No... ho un pò di freddo" ammise la giovane
arrossendo, senza rivolgerle lo sguardo.
"Vieni allora.." disse Oscar e presala per il
polso la girò. Appoggiò la schiena alla colonna, distese le gambe e
cinse il ventre di Rosalie con le braccia, facendole appoggiare la
testa e le spalle al suo petto.
"Stai meglio così?" le sussurrò
all'orecchio.
"Si.. grazie" rispose la ragazza, socchiudendo
gli occhi e facendosi cullare dal respiro dell'altra. Con un sospiro
raccolse tutto il suo coraggio e intrecciò le dita di una mano con
quella dell'altra mollemente appoggiata alla sua veste.
Oscar non si mosse, assecondando il suo gesto.
"Ora mi sento protetta.." sussurrò Rosalie e
si addormentò.
Oscar sorrise, ascoltando il respiro della ragazza farsi
più pesante: in quel momento anche lei si sentiva insolitamente
tranquilla. La disperazione e la paura che aveva provato quel giorno
sembravano essersi dissolti nel nulla e per un attimo pensò di
essere tra le braccia di Andrè lontano da tutto e da tutti, come se
nulla fosse accaduto.
Chiuse gli occhi e la stanchezza della giornata la
investì,trascinandola finalmente in un sonno profondo.
Ed ora spazio alle note!!!
Nota
1: Rue de Boucheries. Poichè la storia è ambientata nel
1789 non potevo certo inserire le strade della Parigi moderna! Difatti
Rue de Boucheries, come tutte le strade che nomino nel capitolo,
è il nome originale dell'epoca! Cercando su internet, ho avuto
la fortuna di trovare una mappa della Parigi rivoluzionaria! Per cui
semmai doveste andare a Parigi, non chiedete di Rue de Boucheries e
affini, perchè non sono sicura che esistano ancora!!!
Nota
2: Puttana austriaca. Era l'epiteto con cui usualmente i ribelli
apostrofavano Maria Antonietta. Sin da quando era giunta in Francia nel
1770, ben pochi sopportavano hce fosse straniera e la sua relazione con
Fersen,ormai nota a tutti, non era che motivo di sdegno e di derisione
da parte dei cittadini.
Nota
3: Sala della Pallacorda. Il 20 giugno 1789 il Re ordinò la
chiusura della sala dove si riuniva abitualmente l'Assemblea Nazionale
con il pretesto di cominciare dei lavori di manutenzione. I deputati
allora, su proposta di Joseph-Ignace Guillotin, decisero di spostarsi
nella vicina Sala della Pallacorda (sport molto in voga all'epoca) e
lì giurarono di non separarsi in nessun caso e di riunirsi
ovunque le circostanze lo avrebbero richiesto, finchè la
Costituzione francese non fosse stata stabilita e affermata su solide
fondamenta!
Nota
4: Dito medio della mano sinistra. Poichè sono amante dei
dettagli, ma non so nemmeno rammendare un calzino, ho chiesto aiuto a
mamma. Ora lei quando mi ha risposto era un pò distratta, ma
spero che mi abbia dato la risposta esatta!
Nota
5: Scena del sasso. Ecco questo si che si chiama Cross-over! haha in
effetti la scena è tratta dalla prima serie di Xena principessa
guerriera da un dialogo tra Xena e Gabrielle!
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Capitolo 2 *** "Alla Bastiglia!!!" ***
Eccomi qui!! Sì, sì, lo so... Chiunque sano di mente mi guarderebbe in cagnesco e mi direbbe: "Ti sembra il caso di aggiornare a distanza di QUATTRO ANNI?" Avete ragione, non ho scuse, a parte il fatto che l'ispirazione era perduta e sono sempre costantemente persa dietro i libri universitari... Comunque.... Il vento della rivoluzione ha ripreso a soffiare e sono in un periodo di ispirazione incredibile, per cui.. Rieccomi.. Spero che la mia storia possa continuare a piacervi! Premetto che non sempre nel corso dei capitoli rispetterò la scansione cronologica della Rivoluzione Francese o l'andamento degli eventi: pertanto ci saranno fatti che avranno esiti, cause o protagonisti completamente o leggermente diversi da quanto si legge sui libri di storia!! Detto questo, buona lettura e recensite, mi raccomando!!
Il mattino seguente
Il sole spuntava lentamente dall'orizzonte, illuminando con i suoi raggi ancora obliqui la città addormentata. I flutti della Senna risplendevano e parevano oro fuso che silenziosamente si dirigeva verso il mare.
Rosalie si riscosse piano dal sonno profondo in cui era caduta. Sbattè più volte le palpebre e si riparò gli occhi con il palmo di una mano,sebbene la luce fosse ancora piuttosto debole e fioca. Si mise a sedere e si stiracchiò silenziosamente, godendosi la piacevole sensazione delle vertebre che schioccavano rilassate lungo la schiena.
Si voltò e la visione che si presentò ai suoi occhi quasi la fece svenire dall'emozione.
Parzialmente illuminato dai raggi dell'astro splendente, il volto di Oscar era ancora perso nel sonno, l'espressione finalmente rilassata e serena; la bocca socchiusa a mo di sorriso faceva intravedere i denti dritti e bianchissimi.
Rosalie si riscosse con un tremito da quel lungo momento di contemplazione e tentò di scendere dalla balaustra che l'aveva ospitata fino a quel momento.
Una leggera presa intorno alla gonna attirò la sua attenzione: la mano di Oscar era saldamente ancorata alla stoffa del suo semplice vestito azzurro,quasi a impedirle di allontanarsi. La ragazza sorrise e scuotendo leggermente la testa, strattonò piano le pieghe dell'abito nel tentativo di divincolarsi dalla stretta.
Il tentativo non sortì l'effetto sperato: le dita di Oscar si serrarono ancora di più intorno alla gonna, solleticando involontariamente la pelle della coscia avvolta dal tessuto. Rosalie arrossì nervosa e si guardò intorno: non c'era nessuno nei paraggi.
“Devo tornare al rifugio. Se Bernard non è ancora venuto a cercarmi significa che non si è accorto di nulla... devo riuscire ad essere lì prima che lui scopra della mia fuga. Tra poco si sveglieranno anche Alain e gli altri.. Ah.. se solo potessi rimanere in questa posizione per sempre...”
Si voltò nuovamente e sentì le guance avvampare ancor di più.
Aprì la bocca, ma dalle sue labbra non uscì alcun suono. Sospirò, maledicendo la sua timidezza e prese un profondo respiro. Riaprì le labbra, ma di nuovo non ebbe il coraggio di dire nulla. Un lampo malizioso attraversò per un momento i suoi occhi azzurri ancora persi nella contemplazione dell'altra, che era così beatamente addormentata da non potersi accorgere di nulla.
Rosalie sorrise e delicatamente riappoggiò la schiena al petto di Oscar come aveva fatto la notte precedente. Dalla sua posizione poteva vedere il mento e il collo candidi a poca distanza dal suo naso. Il cuore le martellava in petto, mentre il respiro le era diventato più pesante. Fremente per l'emozione e il timore di essere scoperta, allungò il viso e depositò un bacio leggero alla base del mento.
Oscar non si svegliò né si mosse. Rosalie sospirò di nuovo e allungò il volto, sfiorando prima la mandibola e poi la guancia sinistra,solleticandola appena.
Come il suo corpo volesse inconsciamente rispondere alla dolce effusione, Oscar si mosse, voltando leggermente la testa verso di lei e appoggiando la guancia alla colonna di pietra, le labbra a poca distanza da quelle della ragazza.
Rosalie per poco non svenne per l'imbarazzo “E ora come faccio?” pensò nervosa, arrovellandosi la mente nel tentativo di trovare una via di fuga da quella situazione.
Ma mentre il suo cervello cercava disperatamente una soluzione, il suo cuore la spingeva ancora verso quel volto angelico.
“Non se ne accorgerebbe nemmeno... e se invece si svegliasse? Cosa mai potrei dirle? Oscar perdonami ma ti ho baciato perchè sono innamorata di te...”
Scosse la testa e si diede della stupida: non avrebbe mai potuto ammettere i suoi sentimenti.
Distese un braccio e con la mano accarezzò piano la guancia dell'altra,che sembrava aver ripreso un po' di colore rispetto alla sera precedente. Il ricordo della tosse cavernosa le attraversò rapido la mente, facendola rabbrividire. Passò delicatamente la mano intorno all'orecchio di Oscar, saggiando la morbidezza delle sue ciocche bionde. Non avrebbe mai potuto sopportare la sua morte e se le fosse capitato qualcosa, Rosalie era certa di quello che sarebbe accaduto: si sarebbe lasciata morire anche lei.
“Rosalie...” sussurrò Oscar con la voce impastata dal sonno
La ragazza ritrasse velocemente la mano dalla sua guancia e la posò sulla fredda pietra del ponte “Si, monsieur Oscar sono io.. dovremmo andare. Il sole ormai è sorto e se non torniamo al rifugio, Bernard si spaventerà. Solitamente è molto mattiniero, non escludo che sia già in piedi pronto a venirci a cercare...”
Oscar non rispose. Aprì piano le palpebre, strofinandosele con il palmo della mano sinistra. L'azzurro profondo dei suoi occhi sembrava un abisso oscuro e senza fondo: nessuna luce li animava. Il risveglio le aveva sbattuto in faccia la realtà, senza che lei potesse opporre la minima resistenza.
“Che giorno è oggi?” domandò inespressiva.
Rosalie aggrottò la fronte pensierosa “Il 14 luglio monsieur Oscar. Perchè?”
Oscar sollevò le spalle “Un giorno come tanti... o forse no?”
Rosalie non seppe cosa rispondere e si mise a sedere.
Oscar in quel momento notò la sua mano stretta intorno alla gonna della più piccola
“Scusami Rosalie.. credo di non aver fatto dei bei sogni stanotte” mormorò, facendo scorrere le dita lungo la stoffa morbida in una leggera carezza.
Rosalie tremò appena “S..spero che la mia gonna vi sia stata d'aiuto..” disse,cercando di regolare il tremore della propria voce, mentre scendeva dal parapetto.
Oscar sorrise, portando le gambe al petto e stiracchiandosi, facendo scricchiolare le vertebre e il collo. “Chi può dirlo? E' possibile” esclamò, scendendo a sua volta dal ponte con una smorfia. Le gambe erano intorpidite e le formicolavano per il peso che avevano sostenuto per tutta la notte.
“E tu? Hai dormito bene?” domandò gentilmente, incamminandosi verso il rifugio.
Rosalie si affrettò a seguirla “Si, anche se...”
“Anche se?” domandò Oscar incuriosita
“Ecco... credo di aver sognato Andrè monsieur Oscar.”
La donna si irrigidì sensibilmente “Capisco...” mormorò, tenendo lo sguardo fisso di fronte a sé.
Rimasero in silenzio per il breve tratto di strada che le separava dalla porta
sotterranea. Il fatto che fosse ancora socchiusa tranquillizzò non poco Rosalie, che piano spinse il battente ed aprì l'uscio, cercando di fare il minimo rumore.
Una presa ferrea intorno al suo polso la inchiodò sul posto, impedendole di avanzare.
“Aspetta Rosalie, non entrare” sussurrò Oscar con voce flebile e tremante.
Rosalie si voltò e non si stupì vedendo le lacrime che sgorgavano copiose dagli occhi della donna di fronte a lei. Oscar si sedette sul gradino,nascondendosi il volto tra le mani. “Non credo di potercela fare... Alain, i ragazzi, questo posto... non fanno altro che ricordarmi lui... lo vedo in tutto quello che mi circonda. Come posso essere una guida, se non posso nemmeno orizzontare me stessa?”
Rosalie si sentì stringere il cuore per la tristezza. Si sedette al suo fianco e le prese una mano tra le sue. “Monsieur Oscar.. so che in questo momento vi sentite perso, vi sentite come se la vita non fosse più degna di essere vissuta. Ma dovete trovare la forza di reagire... lui non vorrebbe vedervi in questo stato. Vorrebbe vedervi fiero e coraggioso come sempre, pronto a combattere per quello in cui credete! So che è difficile, so che la disperazione vi sta attanagliando il cuore, ma dovete reagire! Reagite per voi stessa, reagite per lui! Combattete insieme a noi per la nostra Francia!”
Oscar la guardò impressionata e per la seconda volta percepì la grande forza d'animo che quella ragazza nascondeva dietro la sua profonda timidezza.
Le accarezzò la fronte e annuì: aveva ragione, doveva cercare di mettere da parte il dolore e la disperazione che le straziavano il cuore. Da lei dipendevano le vite di molte persone e non poteva permettere che la sua tristezza e le sue paure le attanagliassero la mente.
“Hai ragione Rosalie... Il mio destino è combattere al vostro fianco fino alla morte!”
Rosalie la guardò orgogliosa e stringendole la mano, si alzò in piedi.
“Allora andiamo?” propose,aspettando pazientemente la sua risposta.
Oscar le lanciò uno sguardo scintillante “Certo... andiamo!”
Rifugio, qualche minuto prima
Un brivido di freddo gli percorse rapido la schiena,destandolo dal sonno profondo in cui era caduto. Confusamente si guardò intorno, riconoscendo sotto la moltitudine di incartamenti il tavolo della cucina che aveva usato come letto per tutta la notte.
La candela smozzicata e oramai spenta. Sbadigliò sonoramente e si mise a sedere, distendendo le braccia dietro il collo. Si grattò piano il mento e si alzò, strofinandosi gli occhi cisposi per il sonno. Immaginò che fosse mattina e aprì la porta, dirigendosi nell'altra stanza. Il piccolo orologio di legno sul camino battè le ore: erano le sei e mezzo. Ancora barcollante Bernard si guardò intorno, osservando i visi dei suoi compagni addormentati. In punta di piedi attraversò la stanza e si diresse verso il suo giaciglio, desideroso di svegliare Rosalie. Scostò le tende che separavano la minuscola stanza dal resto della cantina e a stento trattenne un gridolino. Il letto era vuoto e perfettamente sistemato, come se nessuno ci avesse dormito. Nervoso, ritornò sui suoi passi e guardò l'angolo vicino al camino: come sospettava era vuoto.
Il cuore gli sprofondò nel petto e un sentimento che non aveva mai provato fino a quel momento lo colse con tutta la sua forza: la gelosia.
Guardò e riguardò più volte intorno a lui, ma non c'era traccia di nessuna delle due. Mancava Oscar e insieme a lei anche Rosalie.
“Siamo alle solite... possibile che debbano sempre sparire? Mi chiedo dove si vadano a cacciare ogni volta! Come possono essere tanto avventate? E Rosalie poi! Non era mai uscita dal rifugio senza di me!!!” pensò nervoso,dirigendosi verso la porta.
Era socchiusa e il guardiano ancora profondamente addormentato.
“Michel!!! Michel!!” chiamò Bernard spazientito. Il ragazzo non rispose, limitandosi a russare ancora più forte.
“Rum...” sussurrò arrabbiato, notando la bottiglia scura nelle braccia dell'altro.
Scosse la testa e aprì la porta, salendo velocemente le scale. Si voltò a destra e a sinistra, ma non vide nessuno nei paraggi.
“E ora dove saranno??” si chiese arrabbiato, mentre si incamminava sul retro del palazzo e saliva la scala di pietra che conduceva al tetto. Da lì avrebbe sicuramente avuto una visuale migliore.
Appoggiatosi al parapetto, si godette il tepore del caldo sole estivo. I suoi occhi scuri vagavano qua e là tra le strade e i vicoli deserti. Era stupendo osservare Parigi a quell'ora: non sembrava l'arena dei combattimenti e delle stragi che la animavano da qualche tempo, ma la città che era sempre stata, silenziosa la mattina, vivace il giorno e scalmanata la notte.
Sospirò sonoramente, stringendo le esili dita intorno alla sottile stoffa dei pantaloni lisi e malandati. Percepiva che qualcosa di immensamente importante gli sfuggiva, si sentiva, senza sapere né come né perché, come uno spettatore, fermo e immobile in attesa del finale a sorpresa dello spettacolo che si stava svolgendo di fronte a lui.. Uno spettacolo che aveva come protagoniste assolute Oscar e la sua rosalie.. Sua.. Incredibile come in quel momento quell'aggettivo stonasse nella sua mente se collegato all'esile fanciulla bionda. Bernard la amava, l'aveva amata dal primo momento in cui l'aveva vista, ma lei..? Lei lo amava quanto lui amava lei..? Scosse la testa, imbarazzato e arrabbiato per quegli strani pensieri che per la prima volta gli riempivano la mente. Sembrava tutto così strano e così ovvio in quel momento, esattamente come era strana e ovvia la pace che regnava in quella città spaccata dal dolore e dalla fame. Sollevò lo sguardo e suo malgrado sospirò di sollievo quando vide Oscar e rosalie avvicinarsi. Camminavano svelte, la più alta davanti alla più piccola e nulla di importante sembrava essere accaduto. Eppure.. Eppure c'era ancora qualcosa che stonava in quel quadretto così innocente..
In lontananza una porta si aprì e si richiuse, annunciandogli il rientro delle due donne. Bernard prese un profondo respiro e si voltò, scendendo in fretta i gradini di pietra. Gli bastò una sola occhiata per individuare Oscar e Rosalie in piedi, lontano dai compagni addormentati. La sua fidanzata stava salutando Oscar, a giudicare dai suoi gesti e l'altra, solitamente impettita e austera, sorrideva come mai aveva sorriso. Bernard si morse il labbro inferiore, impedendosi di gridare e silenziosamente si avvicinò ad entrambe, facendo un cenno per attirare l'attenzione di Oscar. La donna sollevò sorpresa entrambe le sopracciglia, prima di annuire e far voltare rosalie verso di lui. La fanciulla aveva un'espressione colpevole sul volto, accentuata dal rossore delle guance e dalla lucentezza dei grandi occhi azzurri. Non disse nulla, limitandosi ad incamminarsi con attenzione tra i corpi addormentati e a precedere Bernard lungo il corridoio e fino alla cucina. Il ragazzo seguì i suoi passi e con lui, in un silenzio di tomba, Oscar stessa. Fu proprio lei, una volta entrata nella stanza spoglia, a prendere la parola per prima "Bernard.. Prima che tu possa sgridare rosalie per essere uscita senza dirti niente, voglio chiarire che non è colpa sua, ma mia..."
Il moro scosse la testa, sollevando il braccio per interromperla, lo sguardo fisso su rosalie "quante volte ti ho detto di non uscire da sola?"
"Tante volte.." Rispose la giovane con voce tremante
"E quante volte hai trasgredito a questa regola..?" Domandò ancora Bernard, richiudendosi in fretta la porta alle spalle, per evitare che la sua voce, insolitamente alta, svegliasse gli altri.
"Mai fino a ieri.." Ammise rosalie, le mani che si tormentavano il vestito all'altezza del grembo.
"Esatto.. Mai.. Vorrei proprio capire cosa ti è passato per la mente ieri notte.. Hai idea di cosa poteva capitarti..? Sei stata una stupida!"
"Adesso basta, Bernard, mi sembra di aver già chiarito che la colpa è solo mia.." Intervenne Oscar, irritata dalla piega che aveva preso la conversazione. Bernard sorrise sornione e sollevò di nuovo il braccio, puntando l'indice contro il soldato.
"È soprattutto con te che sono arrabbiato infatti.. So quanto sia difficile per te questo momento, credimi, lo so.. Ieri tutti noi abbiamo perso un amico, un fratello e un compagno d'arme eccezionale, ma non possiamo permettere al dolore di schiacciarci. Tu sei un soldato, Oscar, anzi, sei un comandante e come tale dovresti comportarti. Eppure sembra che la morte di Andre ti abbia reso incapace di distinguere le cose.. Pensi che lui sarebbe felice di vederti in questo stato..? Il dolore ti ha ottenebrato la mente, non te ne rendi conto?"
"Smettila Bernard!" La voce sottile di rosalie si erse imperiosa, mentre le fanciulla si spostava, posizionandosi di fronte ad Oscar "come puoi parlarle così..? Non hai un cuore?"
"E' proprio perché ho un cuore che le sto parlando in questo modo!" Ribattè Bernard tagliente, senza distogliere lo sguardo da quello freddo e altero di Oscar "io ho puntato tutto su di te.. Ho scommesso sulla tua saggezza e sulle tue capacità, nonostante molti inizialmente vedessero di cattivo auspicio l'aiuto di un ex comandate delle guardie reali, per di più donna. Ho messo in discussione la mia posizione, la mia credibilità per te, perché credevo di poterti affidare i miei compagni in battaglia, perché pensavo che ti saresti ersa tra la polvere e le fiamme e ci avresti condotto verso la vittoria! Ma da come ti stai comportando, da come, senza battere ciglio, hai messo in pericolo te stessa e la mia fidanzata, nonostante quanto sia accaduto ieri ad Andrè e a voi stesse, ebbene.. Ebbene forse dovrei dubitare delle mie sensazioni e scegliere qualcun altro al tuo posto.."
Un silenzio di ghiaccio scese tra di loro, interrotto solo dal soffiare del vento mattutino che sbatteva un'imposta lontana.
Oscar era immobile, gli occhi socchiusi e lo sguardo indecifrabile
"Se le cose stanno così.." Si limitò a dire, dando loro le spalle e lasciando la stanza senza degnarli di uno sguardo.
Bernard sbuffò, portandosi una mano tra i capelli e sedendosi al polveroso tavolo ricoperto di pergamene.
Rosalie lo guardava con una strana espressione di rimprovero, un'espressione che mai il ragazzo aveva visto dipinta sul suo viso angelico.
"Ti rendi conto di quello che hai fatto? Sei stato un mostro!" Commentò la giovane, mentre lacrime di rabbia le scorrevano lungo le guance. Come aveva potuto Bernard, il ragazzo che si era sempre contraddistinto tra i rivoluzionari per il suo carattere dolce e gentile, essere così cattivo?
"Io.. Io non volevo essere così duro, ma l'ho fatto per lei.. E anche per te!"
"Per me..?" ripetè confusa Rosalie, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano
"Devi smetterla di seguire Oscar in tutto quello che fa e che dice.. L'hai sempre fatto e questo non ti fa bene.. Dovresti essere tu a guidarla in questo momento difficile e a mostrarle il giusto cammino, non il contrario. Da quando è tornata sembri aver dimenticato per cosa stiamo combattendo.. Oscar non è l'unica ad aver subito lutti a causa della rivoluzione.. Non serve che ti rammenti tutta la sofferenza di cui siamo stati testimoni.."
"La rammento perfettamente infatti, ma io.." Cominciò rosalie, senza tuttavia sapere come continuare. Cosa avrebbe potuto dire del resto..? Che da quando Oscar aveva deciso di combattere al loro fianco, per lei tutto era tornato come un tempo..? Che avrebbe potuto sopportare la caduta della Francia e la loro disfatta, ma mai e poi mai la sofferenza o la morte del suo unico amore..? Che la amava in maniera tale che sarebbe fuggita con lei, abbandonando tutto e tutti, qualora lei glielo avesse chiesto..? A lungo aveva creduto di poter seppellire quel sentimento che nutriva per il comandante e per un periodo di tempo sotto certi aspetti ci era riuscita , illudendosi di aver trovato in Bernard quello che Oscar mai avrebbe potuto darle.. Che amara illusione la sua! Era bastato uno sguardo per cambiare tutto ed annullare quanto accaduto fino a quel momento.
“Rosalie! Rosalie! Dove sei?” la voce squillante di Bernard fece sollevare di scatto lo sguardo alla fanciulla, intenta a fasciare il braccio di Auguste, il più piccolo membro del loro gruppo ribelle, ferito il giorno prima da una scheggia di legno.
“Sono qui Bernard, ho appena finito di sistemare la benda ad Auguste!” rispose Rosalie, asciugandosi le esili dita sporche di sangue sull'ormai lercio grembiule che portava. Il giovane le si avvicinò, una pergamena arrotolata in mano e una pistola nell'altra “Molto bene, mi serve che porti questa lettera a Victor, è in Rue de la libertè, dunque non molto distante da qui..” La fanciulla sorrise e annuì, prendendo la lettera e incamminandosi in fretta attraverso i mobili rotti che costituivano la loro trincea. Avevano deciso di erigerla lì, in Rue Jacques, una via abbastanza larga e lunga, vicina a quella in cui si trovava il loro rifugio, proprio con l'intento di bloccare qualunque avanzata nemica verso il loro quartier generale e poter controllare meglio la zona circostante. Rimasta sola, Rosalie affrettò il passo, stringendo nervosamente la lettera al petto. Qualunque rumore, seppur insignificante, era capace di farla sobbalzare quanto un colpo di cannone.
La ragazza emise un sospiro, socchiudendo gli occhi e imponendosi di essere coraggiosa. Del resto aveva già compiuto commissioni simili a quella, cosa mai poteva andare storto in quell'occasione..? Ma non ebbe nemmeno il tempo di terminare quel pensiero che un rumore di zoccoli attirò la sua attenzione. Dovevano essere diversi cavalieri, a giudicare dall'intensità del suono e lei non conosceva altri cavalieri che non fossero soldati e non conosceva altri soldati che non fossero nemici. Si guardò disperatamente intorno, certa che avrebbe attirato la loro attenzione se fosse rimasta ferma in mezzo alla strada con una lettera tra le mani, ma non c'era alcun rifugio disponibile. Avrebbe dovuto tornare indietro..?
No, non poteva, altrimenti avrebbe condotto i nemici nella trincea!
E allora..? Cosa fare..? “Buon Dio aiutami!” pensò disperatamente Rosalie, mentre la luce del sole illuminava il gruppo in avvicinamento,costituito da soldati smagriti, che indossavano una divisa blu notte ed erano guidati da un'esile figura bionda.
Fu in quel momento che il cuore della fanciulla si sciolse e lacrime di felicità le rigarono le guance: avrebbe riconosciuto quella donna, impettita e altera ovunque... Era Oscar, la sua Oscar!!
“Comandante!! Comandante Oscar!!” gridò, incurante del fatto che avrebbe potuto essere sentita da chiunque, lanciandosi verso il cavallo candido come la neve.
Oscar, dal canto suo, sollevò il sopracciglio sinistro sentendosi chiamare, sorridendo felice non appena riconobbe la fanciulla che correva e agitava il braccio sopra la bionda nuca. “Rosalie!” esclamò, scendendo in tutta fretta da cavallo e accogliendo l'altra tra le braccia. La giovane si strinse a lei, nascondendo il viso nel suo petto e mormorando parole confuse e spezzate.
“Cosa ci fai qui, Rosalie..? Stai bene, non è vero?” le domandò gentilmente Oscar, facendole sollevare il viso umido a causa delle lacrime.
“Oh monsieur Oscar, come sono felice di vedervi! Sì, sto bene.. Sono con Bernard, abbiamo eretto una trincea a Rue de Jacques e ho una lettera importante da consegnare a Rue de la libertè al nostro amico Victor!”
“Ma sentitela.. Si è trasformata in una vera ribelle!” una dolce voce maschile attirò l'attenzione di Rosalie, facendole voltare il viso verso destra
“Andrè! Ci sei anche tu!” commentò la giovane e il ragazzo ridacchiò, annuendo “Sai bene che dove c'è la mia Oscar ci sono anche io..”
“La mia Oscar..?” ripetè Rosalie, confusa per il tono intimo usato dall'amico e spostò lo sguardo su Oscar, che, in silenzio, teneva gli occhi bassi, le gote insolitamente rosse e un sorriso felice ad incresparle le labbra.
“Lui.. Lui si è dichiarato e lei ha accettato dunque..?” pensò Rosalie, stringendo convulsamente la lettera che ancora teneva in mano. Possibile che fosse accaduto davvero..? Deglutì, incapace di fare altro se non annuire: era così bella Oscar in quel momento, così felice, così.. innamorata..? Il cuore di Rosalie ebbe un tremito e qualcosa si spezzò dentro di lei. Se da una parte era contenta di sapere Oscar finalmente in pace con se stessa, dall'altra il suo amore, mai sopito, si ribellava a quella triste realtà. Perchè Oscar si era innamorata di Andrè e non di lei..? Perchè aveva scelto lui come suo compagno di vita..? Perchè...
Ma la voce di Oscar, tornata altera e pratica come sempre, le impedì di porsi altre domande“Una trincea.. Dunque state combattendo.. Dammi la lettera Rosalie, Alain la porterà a Victor a nome di Bernard.. Accompagnaci da lui, abbiamo deciso di combattere dalla parte dei ribelli e di portare la libertà nella nostra amata Francia!”
“Rosalie! Rosalie! Mi stai ascoltando??”
Rosalie ritornò bruscamente alla realtà, sbattendo con forza le palpebre e rivolgendo uno sguardo istupidito a Bernard, che, rialzatosi in piedi, si era avvicinato a lei e la osservava stupito e perplesso.
“Io.. Io devo andare.. Scusami..” si limitò a dire la ragazza, fuggendo nella stanza adiacente e chiudendosi la porta alle spalle.
Aveva disperatamente bisogno di parlare con Oscar, di rassicurarla, di dirle che tutto sarebbe andato bene e che Bernard aveva parlato senza pensare a causa del nervosismo e del dispiacere. Si incamminò dunque lungo il corridoio e quando vide Oscar parlare con Alain, sveglio e in piedi vicino alla porta, sospirò di sollievo, stringendo le mani lungo i fianchi per darsi coraggio.
“Monsieur Oscar, monsieur Oscar!” mormorò per evitare di svegliare gli uomini ancora addormentati, facendo voltare la donna verso di lei.
Alain annuì e con un cenno del capo salutò Rosalie, prima di inforcare la porta d'ingresso insieme agli altri soldati, che ancora traballavano a causa del sonno.
“Cosa succede Rosalie..?” domandò Oscar con voce più fredda di quanto in realtà volesse. La fanciulla si morse il labbro, spaesata a causa del tono così distaccato dell'altra, ma decise ugualmente di parlarle, troppo spaventata dalla discussione appena avvenuta. “Ecco, monsieur Oscar io volevo.. Volevo parlare con voi di quanto appena successo con Bernard.. Lui.. Lui non voleva dire quelle cose, lo sapete, non è vero..? Lui ha solo..”
“Lui ha solo ragione, Rosalie..” la interruppe Oscar, un sorriso triste a curvarle le labbra “Bernard ha ragione, non c'è altro che io possa dire. Ieri notte mi sono comportata da egoista, sono uscita dal rifugio in piena notte senza pensare a quello che poteva succedermi e, soprattutto, senza pensare che con il mio comportamento avrei potuto mettere in pericolo altre persone e te prima degli altri..”
“Ma io..” tentò Rosalie, prima che l'altra la interrompesse nuovamente
“Lo so, Rosalie, so che mi avresti seguito in ogni caso, ma questa non può essere una giustificazione. Non lo è per me, come non può esserlo per Bernard.. Adesso perdonami, ma devo andare..” concluse Oscar, allungando le braccia verso uno dei giacigli e indossando un mantello di panno scuro che Alain le aveva rimediato.
“Dove.. Dove volete andare..?” le domandò Rosalie spaventata, afferrandola per un polso “Non.. non potete andare via.. Noi.. Noi abbiamo bisogno di voi.. Io.. Io ho bisogno di voi! Vi ho appena ritrovato!”
Le lacrime scendevano ormai implacabili lungo il viso della giovane, la quale, incapace di fare altro, abbassò lo sguardo, rafforzando la presa intorno alla stoffa dorata della manica della divisa. Oscar sorrise intenerita e le poggiò l'indice sotto il mento, costringendola a risollevare lo sguardo “Non piangere Rosalie.. Io.. Io devo trovare la mia strada.. Devo scegliere quello che è meglio per me, ma non posso farlo a discapito della vostra vita. Alain e gli altri ragazzi resteranno con voi, siete la loro famiglia e loro non hanno un altro posto dove andare. In quanto a me.. Andrò in chiesa stamattina e insieme a loro darò l'ultimo saluto ad Andrè, prima di decidere cosa fare.. Tornerò sicuramente più tardi, se non per rimanere, almeno.. almeno per salutarti un'ultima volta..”
“Un'ultima volta..?” ripetè Rosalie trasognata, mentre il cuore minacciava di esploderle nel petto.
Oscar non rispose, limitandosi ad annuire e a divincolarsi dalla sua presa.
“Saluta Bernard da parte mia e ringrazialo per le sue parole sincere, sono state capaci di aprirmi gli occhi” furono le sue ultime parole, prima di aprire la porta e svanire nella luce del splendente sole estivo.
Più tardi, chiesa di San Germain de Pres
Oscar sedeva in silenzio in una delle ultime panche disposte lungo la navata centrale.
Tutto, oramai, era finito. Il funerale, intimo e semplice come Andrè avrebbe voluto, era giunto al termine, lasciando null'altro che un enorme vuoto dentro di lei.
La vita ancora una volta si dimostrava ironica fino alla fine: lei, malata di tisi, era viva, Andrè, invece, era morto per un colpo destinato alla donna amata.
Oscar sospirò, massaggiandosi la radice del naso e coprendosi gli occhi con il palmo della mano. Perchè non era morta anche lei..? Perchè era destinata a sopportare tutta quella sofferenza..? Non sarebbe stato più semplice morire al suo posto e dimenticarsi di tutto..? Si morse il labbro, nell'estremo tentativo di impedire ad altre lacrime di scenderle lungo le guance. “Mi hai lasciata da sola, Andrè, dopo avermi promesso che saresti rimasto al mio fianco per sempre. Ora.. Ora sei partito per Arras e mi hai lasciata qui, piena di ricordi...”
La pioggia picchiettava imperterrita contro la finestra da tutta la notte.. Oscar sollevò lo sguardo dal volume, puntandolo contro il cielo scuro, ricco di pesanti nuvoloni neri.
“Non accenna a smettere, non è vero, Oscar..?”
“Evidentemente no, Andrè..” Andrè sospirò, avvicinandosi alla finestra, lo sguardo guercio fisso davanti a sé“Il cielo assomiglia a Parigi, non ti pare..? Così scuro e nuvoloso, riversa tutta la sua rabbia sulla terra, usando l'acqua come arma..”
Oscar non disse nulla, chiudendo il volume e appoggiandolo al tavolino al suo fianco. “Preferirei non parlare di queste cose, almeno nelle poche volte in cui sono a casa..”
“Eppure sai qual è la verità, purché, come tutti, cerchi di ignorarla..”
“Io non ignoro nulla.. Sono semplicemente stanca, mi chiedo perché tu non riesca a capirlo..”
Andrè scrollò le spalle, voltando appena il viso per poterla guardare con l'unico occhio sano
“Hai ragione Oscar, ti chiedo di perdonarmi..” continuò con lo stesso tono dolce, mettendosi le mani in tasca
“Ti dirò solo un'altra cosa e poi non ti disturberò più..”
“Sarebbe..?” ribattè Oscar, irritata per l'impudenza dell'amico
“Se sarò io a morire per primo, voglio essere sepolto ad Arras, sulla collina più alta dalla quale guardavamo il mare..”
“Tu hai sempre voglia di scherzare, Andrè.. Mi è sembrato di averti detto che non mi piace parlare di queste cose. Sei forse sordo..?”
Andrè non disse nulla, voltandosi completamente verso di lei e passandosi una mano tra i corti capelli scuri.
"Come vedi, sei tu a non voler capire purtroppo.."
I ricordi si dissolsero, interrotti dal suono del martello e dei chiodi sul legno. Oscar risollevo' lo sguardo e si alzò in piedi, avvicinandosi a rapidi passi alla semplice bara che ingombrava la parte più larga del transetto.
"Comandante, è tutto pronto.." mormorò Alain con una voce triste e spenta che mai gli era appartenuta.
“Ti ringrazio, Alain.. Sei riuscito a trovare qualcuno per il viaggio..?”
Il soldato annuì e con un cenno del capo indicò il portone principale della chiesa, accanto al quale stava un uomo, magrissimo e sbilenco.
“E' un brav'uomo, un vero francese.. Si chiama Reneé, ha una gamba di legno ed è senza un occhio, ma ha un cuore d'oro. Non può combattere a causa della sua invalidità, però si è offerto volontario non appena ha saputo di Andrè..”
Oscar sospirò, appoggiandosi una mano al petto adornato di medaglie
“Dagli questa allora..” sussurrò, strappandosi una croce dorata e porgendola ad uno stupefatto Alain
“Digli di mostrarla alle guardie che eventualmente incontrerà per la strada e di dire a chiunque gli domanderà dove è diretto che sta conducendo a casa il nipote del generale de Jarjeyes.. La medaglia e il nome di mio padre saranno un lasciapassare sufficiente..”
“Ma comandante..”
“Fa come ti ho detto Alain, niente discussioni”
Il ragazzo battè i tacchi e si allontanò, sistemandosi accanto agli altri soldati della guardia nazionale. All'unisono i giovani tirarono la bara sulle proprie spalle e si diressero all'esterno, lasciando Oscar da sola nel freddo della navata di pietra. La donna tirò indietro il capo, sospirando pesantemente e come un fantasma seguì il passo dei propri commilitoni, fermandosi sulla soglia nel momento esatto in cui il feretro, deposto su un carretto sgangherato, partì, pronto a lasciarsi alle spalle Parigi e le sue sofferenze.
Lente, le lacrime cominciarono a scendere lungo le guance di Oscar, raccogliendosi alla base del mento affusolato. Non c'era altro da fare per lei, nulla se non la disperazione dell'ultimo, tremendo saluto. Non aveva avuto nemmeno la forza di dargli un'ultima carezza, né di parlare alla bara come erano solite fare le vedove. Sì, perché in quel momento lei, la donna soldato, come tale si sentiva, una vedova, persa nel dolore della morte del proprio compagno.
Un'improvvisa raffica di vento sferzò la piazza, mentre il carretto, ormai divenuto un piccolo puntino scuro, svaniva definitivamente tra le vie stranamente silenziose.
Poco distante da lei Alain si asciugava il viso nel fazzoletto rosso che portava sempre al collo e gli altri commilitoni, solitamente così giovali e chiassosi, stavano in rigoroso silenzio, istupiditi da quanto appena accaduto
Cosa avrebbero fatto senza Andrè..?
Era quella la silenziosa domanda che serpeggiava nelle menti disperate di tutti, un quesito al quale, in quel momento, nessuno pareva trovare risposta.
Oscar rabbrividì, stringendosi nel mantello e, scese le scale, si avvicinò allo sparuto gruppetto, strettosi intorno alla figura svettante di Alain.
“Cosa facciamo, comandante..? Ritorniamo al rifugio?”
Oscar non rispose, mordendosi nervosamente il labbro.
Adesso che il funerale era terminato e che la salma di Andrè aveva cominciato il suo lungo viaggio, era giunto per lei il momento di decidere.
Aveva promesso a Rosalie che sarebbe comunque ritornata da lei, ma poi..?
Cosa avrebbe fatto..? Sarebbe rimasta a combattere o sarebbe andata incontro ad un diverso destino..?
“Alain io..” cominciò la donna, ma un grido improvviso li fece sobbalzare
“Bernard e Robespierre si sono incontrati! Bernard e Robespierre si sono incontrati!” urlava un giovane, correndo a perdifiato attraverso la piazza
“Progettano di attaccare la Bastiglia!! Dobbiamo andare tutti alla Bastiglia!!”
Oscar e Alain si lanciarono uno sguardo teso.
Attaccare la Bastiglia voleva dire una sola cosa: dichiarare definitivamente guerra ai sovrani.. (nota 1)
“Comandante...”
“Non dire altro Alain.. Sbrigatevi, dobbiamo andare da Bernard..”
Nello stesso momento, rue Montmatre, rifugio ribelle
Era da diverso tempo ormai che Bernard parlava, gettando ogni tanto lo sguardo sugli incartamenti poggiati davanti a lui sul tavolo di legno scuro.
In religioso silenzio, Robespierre e tutti i leader dei gruppi rivoluzionari ascoltavano il suo discorso, portato avanti con voce ferma e sicura.
L'idea che il giovane giornalista esponeva con tanta foga era semplice quanto efficace: come i sovrani disponevano di un esercito, così i ribelli avrebbero dovuto unire le forze e formare un'armata, la quale, seppur meno numerosa e peggio equipaggiata, sarebbe stato in grado di usare un fucile e adempiere agli ordini.
“Solo agendo in questo modo potremmo evitare altre morti inutili! A che pro combattere disuniti..? Non riusciremmo mai a vincere e non faremmo altro che perdere uomini e mezzi! L'assalto fallito agli uffici daziari è solo uno dei numerosi esempi..”
Rosalie, seduta in un angolo della sala, sospirò pesantemente, rigirando tra le mani la penna d'oca. Pur essendo consapevole di stare assistendo ad una delle riunioni più importanti dopo quella della Sala della Pallacorda, non faceva altro che distrarsi, lanciando di sottecchi sguardi alla finestra alla sua sinistra. La sua presenza, in realtà, era più necessaria di quanto sembrasse: su espressa richiesta di Bernard, infatti, la giovane era stata autorizzata a partecipare a tutti gli incontri, persino i più intimi e segreti, con l'incarico di verbalizzare quanto discusso e deciso.
Era una delle poche ribelli a saper leggere e scrivere fluentemente, senza contare il fatto che, essendo la fidanzata di Bernard, era considerata da tutti i rivoluzionari una persona dell'assoluta onestà morale e intellettuale.
Rosalie aveva sempre preso molto sul serio quel ruolo, si era sempre sentita lusingata e onorata dell'importanza che, attraverso Bernard, le era stata riconosciuta, eppure in quell'occasione tutto quello che riusciva a fare era pensare ad Oscar e alle ultime parole che si erano scambiate.
Non osava immaginare quale sarebbe stata la sua reazione qualora il comandante, ferito nell'orgoglio dalle franche parole di Bernard, avesse deciso di lasciarli, ritirandosi ad Arras o in un qualunque altro luogo lontano da Parigi.
“E' impossibile che decida di andar via.. Lei.. Lei non lo farebbe mai, soprattutto non in un momento così disperato. Lei.. non mi abbandonerebbe.. Eppure.. Eppure quelle sue parole.. quel suo sguardo.. Oh Oscar, se solo potessi aiutarti.. Se solo potessi alleviare le tue sofferenze in qualche modo.. Se solo.. Se solo potessi amarti come vorrei, io..”
“Insomma Bernard taglia corto!” l'esclamazione di uno dei leader quasi la fece cadere dalla sedia. “Si può sapere come pensi di organizzare un esercito se non hai nessuno a cui affidarlo?”
“Calmati, Arnò, non c'è bisogno di scaldarsi..” intervenne Robespierre pacatamente, i polpastrelli congiunti davanti al viso “In effetti, mio caro Bernard, devi ammettere che il nostro focoso Arnò ha centrato il punto debole della tua proposta. Per formare un esercito, servono soldati e un comandante. Ora, i soldati li abbiamo, ma in quanto ai comandanti...”
“Potremmo chiedere a Saint Just!” esclamò uno dei presenti, battendo il palmo della mano sul tavolo
“Assolutamente no.. L'abilità nel travestimento di Saint Just ci è indispensabile altrove, non possiamo sacrificarlo in battaglia!” ribattè Robespierre con tono aspro, suscitando delle risatine beffarde da parte degli astanti, consapevoli del particolare legame che univa il leader indiscusso della rivoluzione al famosissimo angelo della morte (nota 1).
“C'è anche chi parla di un certo Napoleone Bonaparte.. Era nella batteria dei cannoni in Ausonia!”
“Nemmeno lui è disponibile.. Ha approfittato di una licenza del re per andare in Corsica.. E' nato lì e si occuperà del movimento rivoluzionario dell'isola! (nota 3)”
Robespierre sospirò, sollevando il braccio destro per prendere la parola
“Come vedi, Bernard, non c'è nessuno che possa occupare il posto che desideri.. Pertanto non abbiamo altra scelta che rigettare la tua..”
“Ci sarebbe il comandante Oscar!” la voce squillante di Rosalie non ebbe difficoltà ad imporsi su quella melliflua di Robespierre.
“Il comandante Oscar..? Quella donna..? Oscar François de Jarjeyes..?” ripetè Arnò, storcendo le labbra carnose e sollevando le sopracciglia “Non mi farei comandare da una donna nemmeno se fosse l'ultimo soldato rimasto in Francia!”
“Ma voi non capite, Oscar ha tradito la sua famiglia, ha tradito i sovrani per passare dalla nostra parte! Ha combattuto a lungo e ha dimostrato in ogni occasione la sua arguzia e le sue capacità!” insistette la ragazza, sollevandosi in piedi ed avvicinandosi al tavolo scuro “Bernard stesso...”
“Oh.. Bernard condivide il tuo pensiero, quindi..?” interloquì Robespierre, interrompendola e puntando il suo sguardo freddo sul giornalista.
Il ragazzo deglutì e per la prima volta parve perdere quella sicurezza che l'aveva contraddistinto durante tutto il discorso. In un altro momento, sarebbe stato lui stesso a proporre il nome di Oscar, ma dopo la discussione che avevano avuto quella mattina, non era certo di quale sarebbe stata la decisione del comandante: che figura avrebbe fatto se avesse raccomandato lei e poi lei avesse comunicato che voleva andarsene..?
“Io...” balbettò Bernard, ma le urla degli altri coprirono la sua voce tremante.
“Pensate forse che una donna potrebbe guidare un esercito nell'assalto alla Bastiglia? E' una follia!” esclamò Arnò, sollevandosi in piedi.
“E cosa dovremmo fare, secondo te..? Meglio una donna esperta che un contadino sdentato!”
“Che razza di idee! Quale uomo e quale donna si getterebbe volontariamente in un impresa del genere..? Nessuno vorrà farlo, è questo il problema della nostra Rivoluzione, mancano le iniziative!!!” commentò un altro, un certo Gilbert, sbattendo il bastone da passeggio contro il fondo del tavolo
“Ma cosa dici? Dovresti essere cacciato da questa stanza solo per quello che hai detto! Andiamo da quella donna e vediamo cosa risponde!! Io sono sicuro che fuggirà a gambe levate, esattamente come tutti i suoi simili!” gli fece eco Arnò, mentre Robespierre rimaneva ad osservarli sorridendo sornione.
“Io non fuggirò da nessuna parte, anzi, sono pronta a guidare il vostro esercito per liberare la Francia, chiunque sarà il nostro nemico!”
La porta d'ingresso si spalancò, rivelando sulla soglia Oscar in tutto lo splendore della sua divisa.
Rosalie spalancò le labbra e così tutti i presenti, raggelati dal tono imperioso con cui la donna aveva pronunciato quelle parole.
“Ordunque.. Siete voi la famosa donna soldato.. Molto interessante..” Robespierre fu il primo a prendere la parola, alzandosi in piedi e avviandosi verso il centro della stanza.
“Sono io. E voi dovete essere Robespierre.. (nota 4)” commentò di rimando Oscar, rispondendo allo sguardo dell'uomo con un altro altrettanto altero.
“Bernard ci stava parlando della sua proposta di creare un esercito rivoluzionario che sarà chiamato a compiere un impresa storica, la conquista della Bastiglia... Voi, comandante, cosa rispondete..? Pensate di essere all'altezza della situazione?”
Il comandante piegò le labbra in un sorriso sghembo, allungando il braccio verso Robespierre e osservandolo con occhi scintillanti “Sono sempre stata all'altezza della situazione e lo sarò ancora, se voi mi darete la fiducia che merito.”
Seguirono degli istanti di silenzio teso, nei quali nessuno osò fiatare. Gli sguardi di tutti, da quello focoso di Arnò a quello terrorizzato di Rosalie, erano puntati sulle due figure immobili come statue al centro della sala.
“E sia... Sarete voi, dunque, comandante Oscar a guidare i nostri uomini nell'impresa del secolo.. Del resto sapete il fatto vostro e oggettivamente non avrei nessuno più qualificato di voi come alternativa.”
La mano di Robespierre si strinse intorno a quella sottile di Oscar e i presenti, loro malgrado, si lasciarono andare ad un applauso.
Per quanto fosse una donna, era certo che Oscar fosse il soldato più coraggioso che tutti loro avessero mai visto.
Plaze de la bastille, tramonto
La guida di Oscar diede immediatamente i suoi frutti.
La mattina stessa dell'incontro con Robespierre, infatti, il biondo comandante era stato protagonista della prima vera vittoria rivoluzionaria, guidando i suoi nuovi uomini all'hotel del invalides e compiendo una vera e propria razzia: più di ventottomila fucili furono trafugati, insieme a cannoni, munizioni (nota 5) e viveri in gran quantità. Galvanizzati dall'inaspettato successo, i francesi cominciavano a credere in loro stessi e nella possibilità di riuscire in un'impresa alla quale chiunque, dal più piccolo al più anziano, pensava trepidante.
Sarebbero morti? Non lo sapevano, né volevano pensarci, perché qualunque cosa fosse accaduta, essi sarebbero stati ricordati in eterno come degli eroi.
Oscar sospirò e si massaggiò la radice del naso, le spalle appoggiate al muro di pietra, mentre Alain e gli altri trasportavano nello squallido vicolo in cui si erano appostati l'ultimo cannone disponibile.
"Abbiamo finito comandante, attendiamo soltanto il vostro segnale"
Oscar annuì, sollevando il viso e puntando lo sguardo verso i torroni che svettavano al di sopra dei tetti delle case. La bastiglia si ergeva a poca distanza da loro, silenziosa e ignara di quello che di lì a poco sarebbe successo..
“Molto bene Alain.. Vado a controllare le ultime cose e poi.. Poi potremo andare incontro al nostro destino..”
Il soldato le lanciò uno sguardo enigmatico, calcandosi il berretto sulla nuca e allungando il collo verso il castello di fronte a loro
“Siamo francesi, capitano, siamo dei veri francesi e combattiamo per una giusta causa.. Non saremo noi a morire, non oggi..”
Oscar non rispose, limitandosi a stringergli per un attimo la spalla muscolosa, prima di tornare sui propri passi e svoltare l'angolo.
Non molto distante dalla loro postazione, Rosalie e Bernard avevano organizzato un altro rifugio di fortuna, attrezzandolo con bende e lettighe in vista dell'imminente battaglia. Rosalie in particolare si era occupata di curare ogni minimo dettaglio, nonostante la sua mente e il suo cuore fossero in tumulto: se da una parte, infatti, era orgogliosa di Oscar, del suo coraggio, della sua vittoria e della stima che molti avevano già cominciato a nutrire per lei, al tempo stesso era angosciata e tremendamente preoccupata per quello che di lì a poco sarebbe accaduto.
Tutti sapevano che l'assalto alla Bastiglia avrebbe sancito il destino dei rivoluzionari, spingendoli verso il baratro della disfatta oppure indirizzandoli verso un nuovo futuro e ben pochi, tralasciando i giovani combattenti infervorati, credevano davvero in una vittoria. Molti parlavano di suicidio di massa, altri sussurravano di follia e i più colti non disdegnavano di equiparare l'attacco alla Bastiglia alla battaglia delle Termopili (nota 6), durante la quale Leonida e i suoi intrepidi spartani avevano trovato la morte.
Rosalie aveva rabbrividito nell'udire quei discorsi: ricordava perfettamente le illustrazioni dei libri di storia greca, che con tanta passione aveva studiato a villa Jarjayes e il solo pensiero che Oscar avrebbe potuto vestire i panni di Leonida la faceva tremare. Per di più, qualora le fosse successo qualcosa, sarebbe stata solo colpa sua: chi altri, se non lei, aveva suggerito il nome di Oscar come comandante del neonato esercito rivoluzionario?
Quella terribile consapevolezza, accompagnata da un pesantissimo senso di colpa, aveva ottenebrato il cuore della ragazza per tutto il giorno e non faceva che peggiorare con il passare delle ore. Se solo avesse potuto parlarle, dirle...
“Cosa potrei dirle in fin dei conti..? Che ho detto il suo nome presa dall'entusiasmo di difendere il suo onore, senza pensare alle conseguenze del mio gesto..? Penserebbe che sono una stupida e avrebbe ragione, tremendamente ragione.. Cosa accadrà al tramonto..? Avrà paura..? Mi odierà per averla costretta a combattere..?”
“Rosalie, abbiamo bisogno di altre bende, puoi andare fuori a prenderle..?” le chiese Bernard dall'altro lato della stanza, costringendola a ritornare nel mondo reale.
“Arrivano subito!” disse la ragazza meccanicamente, scendendo le scale di legno e fermandosi sulla soglia a contemplare il sole morente.
Era giunta l'ora, dunque..?
“Eccoti, Rosalie.. Ti stavo cercando..”
La giovane si voltò di scatto, riconoscendo in quella voce gentile la sua Oscar
“Comandante Oscar, voi...”
“Possiamo parlare un momento..?”
Rosalie annuì, recuperando in fretta il cesto con le bende e affidandolo alle cure di una delle donne di passaggio con l'incarico di portarlo a Bernard.
“Venite con me, qui.. qui potremo parlare tranquillamente..” balbettò, scortando Oscar in un altro vicoletto scuro e solitario.
Il soldato la seguì, posizionandosi di fronte a lei non appena si furono fermate
“Sono venuta a salutarti..” cominciò Oscar, regalandole un sorriso che voleva essere rassicurante
“Salutarmi..?” ripetè stupidamente la giovane, tormentandosi le mani all'altezza del ventre.
Oscar sospirò, prendendole inaspettatamente la mano e stringendola con forza
“Sai che non ti ho mai mentito, Rosalie e soprattutto adesso non voglio farlo.. Io..” si interruppe per un istante, lo sguardo più scuro e intenso che mai “Io non so davvero quale sarà l'esito di questa battaglia. La Bastiglia non è protetta come un tempo, questo è certo, ma rimane pur sempre una fortezza e noi.. noi rimaniamo sempre un esercito esiguo, con più speranze che risorse..”
“Ma comandante voi..”
“No, Rosalie, ti prego, lasciami finire.. La mia guida ha giovato a questi uomini e a queste donne, non c'è dubbio, però.. Però questo per la prima volta potrebbe non bastare.. Voglio solo che tu sappia che ho vissuto la mia vita come ho voluto, che non rinnego nulla di ciò che ho detto e fatto in passato.. Voglio.. Voglio che tu possa ricordarmi come una donna determinata, forte e felice e non come il fantasma che dalla morte di Andrè ha agito e pensato al mio posto.. Tu sei stata l'unica in grado di confortarmi e di farmi ritornare come ero un tempo e per questo ti ringrazio dal profondo del cuore..”
Fece un'altra pausa, durante la quale i loro sguardi si incatenarono l'uno all'altro, due azzurri così diversi, eppure così simili tra di loro.
Oscar sorrise, un sorriso triste, ma al tempo stesso sereno, come quei sorrisi che sempre l'avevano caratterizzata, le dita ancora intrecciate a quelle della giovane.
“Ho paura, Oscar..” disse Rosalie, cercando disperatamente di trattenere le lacrime e il soldato scosse appena la testa, tirandola a sé e stringendola forte tra le braccia esili
“Anche io, Rosalie..” mormorò, le labbra appoggiate al suo orecchio “Ma combatterò ugualmente, perché questo è il mio destino. Sono nata comandante e morirò comandante, lottando finché avrò fiato in corpo. Sei stata una delle persone più importanti della mia vita e l'unica che mi dispiacerebbe lasciare, qualora..”
“No, vi prego, non ditelo..” la stretta della ragazza si fece più intensa, mentre la sua fronte carezzava piano il morbido tessuto blu della divisa.
Oscar annuì, baciandole prima la guancia e poi la fronte, rese bollenti dall'emozione del momento.
“Allora.. arrivederci piccolina..” mormorò, dandole le spalle e cominciando ad avviarsi
“No, vi prego, aspettate!” la richiamò Rosalie, correndo verso di lei e afferrandole il polso con forza.
Oscar la squadrò perplessa, ma l'altra le sorrise, portando le mani al collo e slacciandosi una sottile catenina d'oro, ornata da un crocifisso altrettanto minuto
“Questa collana è l'unica cosa che mi rimane di mia madre.. Nonostante fossimo tanto povere, non l'abbiamo mai impegnata, né venduta.. Lei.. Lei diceva sempre che era il suo portafortuna ed è stato così anche per me... Vi prego, monsieur Oscar..” la sua voce tremava dall'emozione esattamente come le sue mani, mentre chiudevano la collanina nel palmo dell'altra “Tenetela sempre con voi, vi proteggerà!”
Oscar richiuse il pugno, annuendo, uno sguardo indecifrabile sul volto magro
“Ti ringrazio Rosalie,..” mormorò, allungando il viso e depositando un altro bacio sulla guancia della giovane, prima di allontanarsi definitivamente lungo il corridoio illuminato dai raggi del sole color del sangue.
Rosalie si strinse nelle spalle, rimanendo ad osservarla finché fu visibile, un puntino lontano destinato ad affrontare le fiamme della battaglia
“Signore mio, ti supplico... Falla tornare da me sana e salva..”
Nota 1: La Bastiglia
La Bastiglia fu una fortezza eretta a Parigi per volontà di Carlo V di Francia tra il 1367 e il 1382 per rafforzare le mura orientali della città, e a difesa della Porte St-Antoine. Assaltata il 14 luglio 1789 per rubarne le armi e liberare i prigionieri, fu poi lentamente demolita per recuperarne materiali edili. Era alta 24 metri (come un palazzo di 7 piani ai nostri giorni), aveva pianta rettangolare, otto torri, due cortili interni detti Cortile grande e Cortile del pozzo, ed era circondata da un fossato alimentato dalla Senna vicina, sicché vi si accedeva solo tramite ponte levatoio.
Nel XVII secolo, con Richelieu, divenne prigione di stato dove custodire le vittime delle lettres de cachet, e vi furono rinchiusi celebri personaggi: tra gli altri, "Maschera di ferro" (presunto fratello gemello di Luigi XIV), Voltaire nel 1717, il Marchese de Sade, Cagliostro, Fouquet, Mirabeau. Va detto che la prigionia degli aristocratici era condotta in ambienti e con stili di vita (servitù, alimentazione, spazi) molto meno inospitali di quelli destinati ai detenuti comuni.
Fu assaltata il 14 luglio 1789 per rubarne le armi e liberare i prigionieri.
Nota 2
Non mi dilungo sulla biografia di Robespierre e Saint Just, perchè conto di descriverli nel dettaglio nei prossimi capitoli.
Dico solo che c'è una leggenda metropolitana circa una loro presunta storia d'amore e io ho pensato di trarre spunto da questo per creare una coppia nella mia storia.. Una coppia che darà parecchio filo da torcere ai nostri eroi!!!
Nota 3 Napoleone va in corsica
Allo scoppio della rivoluzione nel 1789, Napoleone, ventenne e ormai ufficiale del re Luigi XVI, riuscì a ottenere una lunga licenza grazie alla quale poté ritornare al sicuro in Corsica. Una volta stabilitosi qui si unì al movimento rivoluzionario dell'isola assumendo il grado di tenente colonnello della Guardia Nazionale.
Nota 4 Oscar non conosce Robespierre
Sì, lo so, Oscar conosce Robespierre! Chi se lo dimentica quel ragazzetto che beveva alla taverna di Arras nell'episodio 13..? Oppure quel giovane che leggeva il discorso all'incoronazione dei sovrani? Ebbene, ho pensato che ai fini dei miei piani diabolici che, ovviamente, NON svelerò, sarebbe stato più intrigante se non si fossero conosciuti.. Quindi aspettate e vedrete!
Nota 5 Assalto all'hotel de invalides
L'Hôtel national des Invalides è un grande complesso di edifici del classicismo barocco francese costruito nel XVII secolo a Parigi allo scopo di ospitare soldati invalidi. La cupola, tutta dorata, è stata costruita per la cappella privata di Luigi XIV, e ospita oggi al suo interno la tomba di Napoleone.
Fu assalito la mattina del 14 luglio dai rivoluzionari, che rubarono più di ventottomila fucili e qualche cannone. Nella realtà non trovarono polvere da sparo, ma nella mia storia gli ho voluto facilitare le cose :3
Nota 6 Battaglia delle Termopili
La battaglia delle Termopili fu combattuta dalle città-Stato greche, unite in un'alleanza e guidate dal re di Sparta Leonida I e dall'impero persiano governato da Serse I. Si svolse in tre giorni, durante la seconda invasione persiana della Grecia, nell'agosto o nel settembre del 480 a.C. presso lo stretto passaggio delle Termopili ("Le porte calde") contemporaneamente alla battaglia navale di Capo Artemisio.
L'ho citata in questa occasione per rimarcare la difficile impresa in cui si imbarcarono i francesi: come i trecento spartani si ersero contro le migliaia di persiani, perendo dal primo all'ultimo, così i francesi si armarono con quel poco che avevano e combatterono impavidi per conquistare la fortezza.
Ovviamente, per rendere le cose più tragiche, ho pensato bene di accomunare Oscar a Leonida, il re spartano che guidò il proprio esercito nell'impresa e perì lui stesso, rimanendo impresso nella storia per il suo coraggio.
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Capitolo 3 *** Risveglio ***
Capitolo III Risveglio
Ciao
a tutti ragazzi!! Spero abbiate trascorso un buon Natale :3 Rieccomi
qui con il terzo capitolo :3 Il quarto è già completato, ma
aspetterò di aver scritto una parte del quinto prima di inserirlo :3
No, non sono crudele, lo faccio per gestire al meglio i tempi u.u Non
vi dico nulla su questo capitolo, anche perchè credo che il titolo
sia piuttosto esplicativo :3 Mi limito a rinnovare l'avviso che ho
inserito nel capitolo precedente: non rispetterò sempre le cause, i
protagonisti e gli esiti degli eventi storici o di quello che succede
nel manga/anime; a seconda delle occasioni, dunque, potrete trovare
situazioni che ho adattato alle mie idee :3 Ringrazio tutti coloro
che hanno letto e hanno recensito il secondo capitolo, spero farete
ugualmente con questo! Buona lettura a tutti e un Felice Anno Nuovo!!
La mattina del 14 luglio 1789,
come ogni giornata, la Bastiglia aveva salutato Parigi, ricoprendo la
parte orientale della città con la propria ombra, inconsapevole di
quello che sarebbe accaduto di lì a poche ore.
La fortezza, eretta nel
lontano 1367 su richiesta del re Carlo V per rappresentare la
sempiterna potenza della monarchia, si stagliava maestosa sulla
capitale francese come un vulcano in attesa di esplodere; chiunque la
osservasse non poteva fare a meno di provare una sorta di timore
reverenziale di fronte alle sue otto torri, rese inaccessibili dal
profondo fossato e presidiate, un tempo, da numerosissime guardie.
Con il trascorrere degli anni,
tuttavia, la struttura aveva perso progressivamente la sua importanza
pratica e in quel periodo era arrivata ad ospitare solo sette
prigionieri e trentadue guardie svizzere addestrate per l'occasione.
Oscar aveva appreso quella
notizia con sollievo, sebbene la posizione e le caratteristiche della
prigione la preoccupassero non poco.
Chiunque avesse anche una
minima esperienza militare, avrebbe capito che espugnare la Bastiglia
non sarebbe stata assolutamente un'impresa facile né dall'esito
scontato. Per questo il biondo comandante aveva trascorso gran parte
della giornata a studiare mappe su mappe e a discutere con chiunque
potesse consigliarla al meglio circa la strategia da attuare. Alla
fine tutti sembrarono trovarsi d'accordo su una cosa: il punto di
forza della Bastiglia, il ponte levatoio, rappresentava anche il suo
tallone d'achille.
"È
l'unico modo per entrare ed è l'unico modo per uscire.." la
voce tranquilla di Oscar si erse senza difficoltà nel silenzio del
vicolo nel quale, lei, Alain e gli altri ragazzi, seduti sui cannoni
appena trafugati, si godevano qualche minuto di riposo a seguito del
fortunato assalto all'hotel de l'invalides.
"Non
abbiamo altra possibilità che bombardarli con i cannoni, finché non
li costringeremo a capitolare.. Ci disporremo in modo tale da non
renderci troppo visibili e colpiremo al tramonto, così da usare
l'imbrunire a nostro vantaggio.. Se riusciremo nel nostro intento e
non sprecheremo colpi, per non morire come topi in trappola non
avranno altra scelta che abbassare il ponte e..."
"E
quando lo faranno, li distruggeremo!" esclamò alain sollevando
il braccio e suscitando applausi e ovazioni.
Oscar emise un sospiro, il
pugno destro stretto intorno alla collanina di rosalie e lo sguardo
fiero. Davanti a lei i suoi giovani commilitoni sfilavano in
silenzio, nonostante il pesante carico dei cannoni, seguiti da uomini
e donne di tutte le età, armati di fucili e pistole. L'esercito
rivoluzionario avanzava coraggiosamente verso il proprio destino
sanguinoso, la testa alta e i visi alteri.
Il comandante provò un moto
di orgoglio per quei cittadini, pronti a sacrificare la propria vita
per quello in cui credevano e per la prima volta sentì sulle spalle
il peso di una responsabilità più grande di lei: non era come
comandare le guardie reali, non era come proteggere i sovrani, era
qualcosa di più, qualcosa di viscerale, che la colpiva nel profondo
del cuore. Sapeva che quegli uomini e quelle donne non si sarebbero
mai arresi, sapeva che avrebbero lottato finché avrebbero avuto
fiato in corpo, sapeva che, seppur diversi gli uni dagli altri per
carattere e cultura, erano uguali ed erano come lei: erano francesi e
quel giorno non c'era altro che contasse..
Attese che anche l'ultimo uomo
fosse passato, prima di slacciarsi il mantello e depositarlo su una
cassa rotta al suo fianco, indossando poi la collanina di rosalie: la
sensazione del metallo freddo contro la propria pelle calda la fece
rabbrividire per un istante e sorridere inconsciamente al ricordo
della fanciulla che aveva appena salutato e che l'aspettava, in
trepidante attesa, nel rifugio poco lontano.
“Farò di tutto per tornare,
Rosalie, te lo prometto..” sussurrò Oscar, voltandosi per un
attimo dietro di lei, per poi puntare lo sguardo verso gli uomini che
la attendevano nella piazza. Il comandante si diresse in fretta nella
loro direzione e, posizionatosi di fronte a loro, aprì le braccia,
guardandoli negli occhi.
“Quest'oggi noi combattiamo
per la libertà.. Non abbiamo paura della morte, della sofferenza o
della prigionia... Quest'oggi combattiamo per poter tornare a vivere,
a sorridere, a mangiare e ad amare.. Quest'oggi combattiamo perché
siamo uomini e donne liberi, perché abbiamo il diritto di vivere
come crediamo giusto.. Quest'oggi combattiamo perché siamo francesi
e nessuno, nessuno mai ci piegherà contro il nostro volere!”
Un coro di grida e di applausi
seguì le sue parole e, sulla scia del vento serale, si sollevò,
disperdendosi tra i vicoli della città.
Oscar si voltò, estraendo la
spada e puntandola contro il torrione principale della fortezza. Un
colpo di fucile fu sparato in lontananza e tutti compresero che la
Bastiglia, chiamata alle armi, accettava la sfida, pronta a scacciare
i nemici invasori.
“Attaccate i torrioni,
colpite le feritoie, senza paura né rimorso!” gridò Oscar,
abbassando il braccio libero e piantando i piedi a terra.
I cannoni rivoluzionari
risposero al suo grido con un altro attento potente, riversando i
propri colpi contro le secolari pietre, che cadevano, come fuscelli
al vento, facendo crollare stanze e celle.
Oscar si spostava
continuamente, osservando con occhio esperto la traiettoria dei
cannoni, incitando chiunque tremasse e nascondendosi non appena il
suono dei fucili annunciava la risposta nemica. I primi rivoluzionari
caddero e con la loro morte crebbe la rabbia della ribellione. Quegli
uomini erano caduti per far vivere gli altri, erano degli eroi e in
quanto tali la loro morte non avrebbe dovuto essere vana.
“Alain! Punta alla torre
est! Punta alla torre est!!” esclamò Oscar, correndo verso il
giovane e puntando la spada verso l'obiettivo “Dobbiamo abbatterla
ad ogni costo!”
Il soldato annuì, facendo
forza con le braccia muscolose e spostando la bocca del cannone nella
direzione indicatagli. Sparò e la torre, colpita al cuore, si
contorse su se stessa, crollando e trascinando con sé buona parte
delle mura orientali.
I rivoluzionari gridarono,
altri agitarono le braccia di fronte alla prova della loro forza,
ripetendo le loro esclamazioni ad ogni torre caduta.
La strategia di Oscar sembrava
funzionare senza intoppi e i colpi di fucile e di cannone delle
guardie carcerarie, disorientate dal fumo, dall'imbrunire e dalle
posizioni irregolari che il comandate ribelle aveva predisposto,
erano poco efficaci.
Le forze francesi sembravano
inarrestabili e la Bastiglia, incredula, osservava la sua disfatta
avvicinarsi.
“Ne manca solo una!! Ne
manca solo una!!” esclamarono i ribelli, quando anche la settima
torre crollò su se stessa, vomitando fiamme e urla di corpi morenti.
Oscar si concesse un attimo di
riposo, mentre il suo cervello lavorava febbrilmente: mancava così
poco alla vittoria che quasi stentava a crederci.
“Puntate tutti i cannoni
sull'ultima torre!!” gridò, posizionandosi in fretta di fronte
alla linea più avanzata dei cannoni, la spada che, luminosa
nonostante l'oscurità impellente, si ergeva sulla bionda nuca.
Ci fu un attimo di
inspiegabile immobilità, durante il quale Oscar, quasi attratta
dalla luna appena visibile, spostò lo sguardo, puntandolo contro
l'astro nascente.
Quell'attimo fu fatale.
Con le ultime forze
disponibili, i soldati della Bastiglia, consapevoli della loro
imminente disfatta, spararono in direzione del capitano ribelle.
Oscar si piegò su se stessa,
un dolore fitto e tremendo al petto e alla spalla e cadde
all'indietro, depositandosi a terra come una farfalla su di un fiore.
Poco
prima, rifugio
Rosalie camminava avanti e
indietro da diverso tempo ormai, incurante del fatto che presto o
tardi avrebbe potuto creare un solco nel pavimento ligneo.
Da quando Oscar se n'era
andata, non era stata in grado di concentrarsi su nient'altro che non
fosse la sua sorte.
Reazione comprensibilissima la
sua, considerando che era in gioco la vita di numerosissimi ribelli,
se, ovviamente, a scaturirla non fosse tanto il terrore della
disfatta, quanto la paura della morte del suo amore.
Fortunatamente Bernard non
c'era; nonostante il programmato assalto al quale avrebbe voluto
partecipare, infatti, era stato chiamato da Robespierre per decidere
cosa sarebbe accaduto qualora l'attacco, come molti purtroppo
prevedevano, non sarebbe andato a buon fine.
Rosalie l'aveva salutato in
fretta con un fugace bacio sulla guancia e con la promessa di non
muoversi dal rifugio per nessuna ragione al mondo.
La ragazza, suo malgrado,
stava facendo tutto il possibile per tenere fede alla parola data, ma
i minuti trascorrevano e lei diventava sempre più inquieta.
Non si erano ancora uditi i
colpi dei cannoni, né gli spari dei fucili: perchè l'assalto non
era ancora cominciato? Forse i ribelli avevano cambiato idea..? Forse
Oscar si era resa conto dell'impossibilità del loro progetto?
Per
quanto Rosalie volesse con tutta se stessa credere a quella
possibilità, in cuor suo sapeva che Oscar non si sarebbe mai tirata
indietro, per quanto difficile e impossibile fosse la vittoria.
Non era questo, del resto, uno
dei motivi per cui tutti la stimavano e la amavano?
Era un'amazzone, un leone
fiero e indomito, che niente e nessuno poteva piegare.
Il piccolo orologio polveroso
battè le ore e nel silenzio della casa, che pure era ingombra di
persone, Rosalie tremò. Troppo era trascorso dalla sua separazione
con Oscar, o almeno così le sembrava, e nulla ancora era accaduto.
“Ma perché non attaccano..?
Cosa succede..?” mormorò una donna poco distante, concretizzando i
dubbi della giovane.
Rosalie le lanciò uno sguardo
confuso e si morse il labbro. Non poteva restare in quella casa
ancora lungo, no, doveva andare da lei, doveva andare da Oscar...
Sorda ai richiami dei
presenti, quindi, inforcò la porta e corse lungo il selciato
rovinato in direzione del vicolo nel quale i ribelli avevano
depositato i cannoni. Giunta lì, però, con sua enorme sorpresa
scoprì che non c'era più nessuno e che i cannoni, a giudicare dalle
orme che avevano lasciato nel terreno fangoso, erano stati spostati
nella piazza. Si portò le mani alle labbra e a perdifiato corse
ancora, incurante del pericolo e per poco non rischiò di inciampare
nella scatola sulla quale, abbandonato, giaceva il mantello di Oscar.
La giovane spalancò gli occhi alla vista del tessuto scuro e lo
afferrò tra le dita, stringendolo al petto per poter sentire il
profumo dell'altra. In quell'esatto momento i cannoni rivoluzionari
spararono e Rosalie, posizionatasi alla fine del vicolo, sollevò lo
sguardo.
Vide Oscar correre a
perdifiato, vide le torri cadere, i ribelli morire e gridare: ad ogni
colpo i suoi occhi guizzavano da una parte all'altra, il cuore le si
stringeva in una morsa d'acciaio e i polmoni si bloccavano,
riprendendo a funzionare non appena l'esile figura del biondo
comandante ricompariva attraverso il fumo e la polvere.
Stavano combattendo da tanto
ormai e nonostante la strenua resistenza della fortezza i francesi
continuavano a lottare, instancabili, urlando della loro libertà e
del loro coraggio.
“Oscar.. sei
straordinaria..” pensava Rosalie, osservando con occhi famelici
ogni gesto della donna soldato “E' solo grazie a te se oggi
vinceremo.. Tu.. Tu ci hai dato la forza di combattere, tu.. Tu ci
stai conducendo alla vittoria.. Tu..”
Ma i suoi pensieri furono
bruscamente interrotti da un innaturale silenzio, quello stesso
silenzio che aveva stupito anche Oscar e l'aveva portata ad osservare
la luna. Rosalie, come tutti, rimase immobile, lo sguardo fisso
davanti a sé, finché
Bang
Bang
Due colpi di fucile sferzarono
l'aria.
Rosalie allungò il collo, gli
occhi socchiusi per lo sforzo di distinguere le figure nonostante la
foschia e si sentì morire non appena vide Oscar piegarsi su se
stessa e cadere all'indietro.
“OSCAR!!!!” gridò
disperata, le mani premute contro le labbra spalancate dal terrore.
I soldati francesi ulularono
di rabbia e la folla sembrò contorcersi su se stessa, mentre i
commilitoni di Oscar si stringevano intorno al corpo del loro
comandante, agitando le braccia e gridando parole incomprensibili.
Era tutto finito, dunque..?
Rosalie scosse la testa,
nascondendo il viso nei palmi, incapace di provare altro sentimento
che non fossero angoscia e dolore.
“Oscar.. Oscar..” si
ripeteva imperterrita, quasi come se il nome dell'altra fosse una
roccia a cui aggrapparsi e lei un naufrago disperso tra le onde.
“Rosalie!! Rosalie!!
Rosalie!!” sollevò di scatto la nuca non appena si sentì
chiamare.
“Oscar?” disse
stupidamente, aspettandosi di vedere l'altra sorriderle e correre
verso di lei attraverso il fumo.
“Rosalie!! Rosalie!! E'
ferita, aiutami!” la voce di Alain, insolitamente acuta, la riportò
bruscamente alla realtà.
“Non è morta.. Non è
morta!” pensò la ragazza sollevata e per un lungo momento il
dolore acuto che provava nel cuore si attenuò, sostituito da una
flebile speranza:
speranza che, però, svanì
come un fuoco fatuo non appena il giovane le si affiancò.
Il corpo di Oscar sembrava
quasi sparire tra le braccia muscolose di Alain. La donna
boccheggiava, nell'estremo tentativo di recuperare quanta più aria
possibile, mentre il sangue sgorgava a fiotti dalla spalla e dal
petto, sporcandole la divisa e i pantaloni.
“Oscar..” ripetè Rosalie
trasognata, mentre le gambe minacciavano di cederle.
Fu Alain a prendere il
controllo della situazione, scuotendole la spalla con la mano libera
e costringendola a guardarlo
“Dobbiamo portarla al
rifugio, non abbiamo un istante da perdere!”
Rosalie non se lo fece
ripetere due volte e come un fulmine ripercorse il vicolo e la strada
silenziosa.
“Alain.. Alain mettimi giù,
sono stanca, sono tanto stanca..”
Rosalie dovette fare ricorso
al tutto il suo autocontrollo per non voltarsi indietro: quella voce
flebile, roca e fragile non poteva essere la voce della sua Oscar!
“State tranquilla,
comandante.. Siamo quasi arrivati, non arrendetevi..”
mormorò il soldato,
affrettando il passo ed aprendo la porta dell'edificio malandato con
un calcio.
“Un medico, per carità, un
medico! Il comandante Oscar è ferito!!” gridò Rosalie
richiudendosi la porta alle spalle.
Uno scalpiccio di piedi
annunciò l'arrivo di due uomini, uno più robusto e uno magrissimo,
il volto pallido e teso
“Il comandante Oscar?
Presto, venite di qua!” esclamarono all'unisono, indicando il
tavolo di legno posto al centro della stanza adiacente.
“Respira ancora...”
“Sta perdendo molto sangue,
ci servono gli strumenti chirurgici!”
“Cosa fai lì, Rosalie...?
Vieni qui subito, abbiamo bisogno del tuo aiuto!”
La ragazza, che si era
appoggiata al muro per evitare che le gambe le cedessero , trasalì,
mentre le lacrime le pungevano le palpebre.
“Io.. Io..” balbettò
spaventata, gli occhi fissi sul profilo incosciente di Oscar.
“Devi reagire, Rosalie! Non
farti piegare dalla paura!”
Alain si era posizionato di
fronte a lei e aveva cominciato a scuoterle con forza le spalle
“Oscar ha bisogno di te, non lo capisci?”
“Lei.. ha bisogno di me...?”
“Ha bisogno di te ora più
che mai, la affido a te..”
“Affidarla a me..? E tu..?
Tu cosa farai..?”
Alain strinse gli occhi,
mordendo con forza la pagliuzza che teneva sempre stretta tra le
labbra
“Io gliela farò pagare a
quei bastardi.. Manca solo una torre ormai e poi la Bastiglia sarà
nostra.. Mi hanno portato via Andrè, non faranno lo stesso con
Oscar!”
“Rosalie!! Presto!!” la
voce dei dottori si era fatta più insistente e acuta
“Va ora.. Ci vediamo più
tardi..” disse Alain, abbracciandola fugacemente, prima di
inforcare la porta e correre via, diretto verso la battaglia.
Strade
di Parigi, circa un mese dopo
Una
figura incappucciata camminava spedita tra le strade silenziose, un
sacchetto in una mano e un pugnale nell'altra,
lo sguardo circospetto e le orecchie tese ad ogni rumore. Dopo la
presa della Bastiglia Parigi era diventata ancora più pericolosa per
i suoi cittadini, che temevano ritorsioni inaspettate da parte dei
militari stanziati in ogni angolo della città e tutti, volenti o
nolenti, si erano adeguati a quella situazione: le donne, gli
anziani, perfino i bambini avevano imparato a difendersi, a diffidare
dagli estranei. I francesi, un tempo giovali e allegri, si erano
trasformati in
un popolo chiuso e diffidente, che arrancava giorno dopo giorno,
inseguendo la speranza, mai abbandonata, di un futuro migliore per
tutti.
L'ombra attraversò altri due
vicoli prima di fermarsi di fronte ad una porta di legno scuro, alla
quale bussò in modo da comporre una strana melodia, sospirando
sollevata quando una voce gentile la invitò ad entrare.
“Rosalie! Eccoti finalmente!
Stavo cominciando a preoccuparmi!” esclamò Alain, mentre il viso
angelico della fanciulla compariva da sotto il cappuccio.
“Lo so, Alain, ma sono stata
trattenuta.. E' diventato impossibile trovare da mangiare..” spiegò
la ragazza, sorridendo per la frenesia con cui il giovane aveva preso
il sacchetto che ella teneva in mano.
Un fischio di approvazione
riempì il silenzio della stanza silenziosa e illuminata da poche
candele.
“Pane e formaggio?? Ma così
mi vizi!!” commentò Alain, ignorando volutamente lo strato di
muffa che ricopriva il formaggio e la durezza del pane.
Rosalie scosse la testa
divertita, sistemando con cura il mantello intorno al braccio
“Bernard..?”
“Non è ancora tornato..
Evidentemente la riunione è durata più del previsto..” rispose
Alain con la bocca piena, la barba ormai cresciuta e incolta ricca di
briciole.
“Capisco.. E lei, invece..?
Come sta?”
Lo sguardo di Alain si addolcì
“Lei sta come sempre.. Sono andata a controllarla giusto pochi
minuti fa..”
Rosalie annuì con un sospiro,
incamminandosi verso le scale alla sua destra con passo pesante.
Quanto tempo era trascorso e quanto poco era cambiato..?
Giunta alla porta in fondo
alla corridoio, si morse il labbro e la aprì senza fare rumore,
rivelando un ambiente spoglio,illuminato da un mozzicone di candela.
“Ciao Oscar..” sussurrò,
rivolta alla donna che, incosciente, era sdraiata sul letto posto al
centro della stanza.
La
giovane si sedette accanto a lei, stringendole forte una mano tra le
sue, le lacrime che lente,
scorrevano lungo le guance.
“Oggi sono stata più
fortunata del previsto, lo sai..? Ho trovato da mangiare per tutti e
ho portato ad Alain la sua cena preferita..”
La sua voce dolce riempiva la
camera, accompagnata dai lievi respiri del comandante addormentato.
Rosalie allungò il braccio
libero, sistemandole una ciocca bionda dietro l'orecchio e
accarezzandole piano una guancia.
“Perchè
non ti svegli, Oscar..? Cosa ti impedisce di tornare da noi..?”
sussurrò, appoggiando la fronte alla spalla dell'altra e
socchiudendo gli occhi umidi.
“Abbiamo fatto tutto
quanto in nostro potere, non ci rimane altro che pregare..”
sentenziò il dottore, asciugandosi la fronte madida di sudore.
“Vivrà, dottore, non è
vero..?”
“Rosalie, ti prego..”
l'uomo scosse la testa, ripulendo gli strumenti e risistemandoli in
una borsa di cuoio nera.
La fanciulla annuì, le
labbra strette per impedire ad altre lacrime di scenderle lungo le
guance.
Era l'alba e la Bastiglia
era caduta.
I
francesi, uniti come mai, erano riusciti nell'intento, penetrando
nella fortezza e saccheggiandola delle
armi, delle
munizioni e dei
viveri che essa conteneva.
L'umore di tutti era alle
stelle: uomini e donne si riversavano in strada, ubriachi o sobri,
cantando e gridando, come se la guerra fosse già vinta e la
Rivoluzione terminata.
Lei, invece, non si sentiva
francese in quel momento, o meglio, guardava tutto e tutti con un
innaturale distacco.
A che pro ridere,
festeggiare, cantare e ballare..?
Lei, quella notte,
rischiava di perdere tutto ciò per cui valeva la pena vivere.
“Quando si risveglierà?”
la sua voce risuonò forte quanto un tuono nella stanza silenziosa,
nella quale, oltre a lei, erano rimasti solo il medico e il fedele
Alain.
“Non possiamo saperlo..
Può essere domani, come tra un anno..”
Alain sospirò, stringendo
le dita intorno al consunto berretto
“Ce la farà Rosalie,
vedrai.. Oscar si salverà..”
Era passato un mese da allora.
Un mese durante il quale
Rosalie si era presa cura del comandante Oscar come mai aveva fatto
in vita sua.
Ogni sera, quando tornava al
rifugio, dopo aver sbrigato tutti i compiti che le erano stati
assegnati, la fanciulla si sedeva accanto alla donna e le parlava per
ore e ore, come se l'altra potesse essere in grado di sentirla e
risponderle.
Chiunque conoscesse Rosalie
non poteva fare a meno di sospirare nel vedere con quanta devozione
la ragazza pettinasse, lavasse e curasse quel corpo immobile e
rigido, reso ancor più esile e pallido dalla lunga degenza.
Ogni giorno poteva essere
l'ultimo, eppure nulla sembrava scoraggiare Rosalie.
“Oscar si risveglierà, ne
sono certa..” diceva a tutti coloro che le chiedevano notizie del
comandante..
E se qualcuno si mostrava
scettico o perplesso, la fanciulla scuoteva la testa, stringeva le
labbra e aggiungeva con tono duro “Non conosci Oscar come la
conosco io. Lei non si arrenderà mai..”
Se però la sua caparbietà e
la sua fedeltà erano fonte di compassione per gli amici, tali
sentimenti non facevano che suscitare la malcelata rabbia di Bernard.
Il ragazzo, che si era
mostrato comprensivo e gentile quando Rosalie gli aveva comunicato la
sua intenzione di tenere Oscar vicina e di curarla quotidianamente,
aveva cominciato a mostrarsi sempre più nervoso nell'ultimo periodo.
Quasi fosse divenuto consapevole che mai, nemmeno se fosse stato
ferito a morte lui stesso, avrebbe ricevuto dalla sua fidanzata
quelle attenzioni e quelle premure che la giovane riservava solo al
colonnello, era molto cambiato e pochi vedevano in lui il giornalista
allegro e comprensivo dei primi giorni della rivoluzione.
Bernard era diventato scortese
e scostante e, a partire dalla vittoria del 14 luglio, si era
avvicinato sempre di più a Robespierre e a Saint Just, condividendo
con loro idee e progetti che, un tempo, lui stesso avrebbe giudicato
riprovevoli.
C'era chi diceva che i tre si
riunivano ogni notte per discutere circa l'instaurazione di un nuovo
regime politico, che li avrebbe posti a capo di tutto, mentre altri
giuravano di aver visto Bernard e Saint Just trucidare senza pietà
nobili disarmati e guardie ferite.
Così,
il fatto che quella stessa
sera,
il giovane fosse ritornato poco prima dell'alba, senza
che nessuno sapesse di preciso dove fosse stato,
non fu causa di stupore.
“Si
può sapere dove sei stato..?” biascicò un traballante Alain,
svegliato di soprassalto
dall'arrivo di Bernard.
“In giro.. Piuttosto,
Rosalie è rincasata?”
“Certo che è rincasata,
credo sia al piano di sopra, deve essersi di nuovo addormentata
accanto ad Oscar, perché qui non è venuta a dormire..”
“Come volevasi dimostrare..”
mormorò Bernard tra i denti, togliendosi nervosamente il cappotto
logoro e salendo di malavoglia le scale.
Ogni mattina, o quasi, era
costretto a sopportare la vista della propria ragazza stretta al
corpo incosciente del comandante.
Quando capitava, si fermava in
un angolo della stanza, i pugni stretti lungo i fianchi, incapace di
fare altro che non fosse osservare le due donne.
Era dunque vero quello che
aveva pensato sin dall'arrivo di Oscar?
Aveva cercato in tutti i modi
di allontanare dalla propria mente quei sospetti, quei dubbi,
eppure.. eppure essi si ripresentavano ogni momento, più forti di
prima.
Cosa avrebbe dovuto fare..?
Avrebbe dovuto parlare con Rosalie..? Tante volte, mosso dalla
rabbia, parole cattive gli avevano lambito le labbra, ma aveva sempre
trovato il modo di ricacciarle indietro, in virtù del sentimento,
che nonostante tutto lo univa alla ragazza.
Quella mattina, però, si
sentiva particolarmente stanco e ben poco incline ad accettare le
solite scuse che gli venivano profilate da Rosalie ogni volta che
veniva colta con le mani nel sacco.
“Rosalie, è mattina..
Alzati di lì” la sua voce scortese e insolitamente rude, ebbe il
potere di far svegliare la giovane di soprassalto.
“Bernard! Ma quando sei
tornato..? Io..”
“Tu non ti sei accorta di
niente, come al solito.. Stai sempre chiusa qui dentro, di cosa mai
potresti accorgerti?” ribattè il giovane, immobile sulla soglia.
La fanciulla sospirò e a
fatica si allontanò da Oscar, i cui lineamenti, illuminati dal sole
nascente, le parevano addirittura più belli del solito.
“Perdonami, Bernard.. Io..
io sono tornata con la cena per Alain e.. Ero così stanca che..”
“Ti
prego, non rifilarmi sempre le solite scuse..” la interruppe
bruscamente Bernard, avvicinandosi a rapidi passi “Sono stufo di
questa situazione.. Tutto
questo deve finire, che ti piaccia o no!”
“Finire..? Cosa vuol dire
finire..?” ripetè Rosalie, spaventata dallo sguardo furioso del
fidanzato.
“Che io e te ce ne andremo
di qua. Alain si occuperà di Oscar e quando non potrà farlo lui ci
penserà qualcun altro..”
Quella sentenza fu come una
pugnalata al cuore per Rosalie: andare via...? E dove..? E
soprattutto.. Quanto lontano..?
“Io non voglio andare via..”
mormorò la ragazza, distogliendo lo sguardo da quello del fidanzato.
“Tu andrai dove ti dico io..
E non farmi essere cattivo, lo sai che non lo sono.. Sei tu che mi
hai portato a questo.. Tu e i tuoi comportamenti privi di logica! Non
senti quello che mormorano tutti? Pensi davvero che io possa
sopportare questa situazione ancora a lungo? Sono lo zimbello dei
rivoluzionari che dovrei guidare verso la vittoria!”
Bernard sollevò le braccia,
scuotendo la testa, il fiato corto e gli occhi infervorati
“Tu non hai idea di cosa sto
passando io in questo momento.. Passi le tue giornate qui a vegliare
una donna che forse non si sveglierà mai.. Hai mai pensato a quello
che provo io..? Hai mai pensato che il tuo comportamento mi faceva
soffrire..? Sei la mia fidanzata, eppure preferisci un corpo
addormentato a me..”
“Bernard..” tentò
Rosalie, allungando una mano per toccare la sua
“Cerca di capire.. Io..”
“ Tu cosa?” ripetè il
giovane, scostandosi da lei come se si fosse scottato
Rosalie sospirò, mordendosi
il labbro inferiore, indecisa su come continuare
“Lo vedi..? Non sai cosa
dirmi, perché tu stessa sai che ho ragione.. Perchè allora non
parli con franchezza una buona volta e mi dici quello che ti passa
per la testa?”
“Non ho niente da dirti se
non che non ti seguirò. Oscar non mi hai mai abbandonato e io non
abbandonerò lei, dovesse essere l'ultima cosa che faccio”
Bernard ridacchiò, una risata
che non aveva nulla di ilare
“Tu sei pazza, capito?
Pazza!” esclamò, avvicinandosi di scatto e stringendo con forza i
polsi della fidanzata
“Cosa fai, Bernard, sei
impazzito? Mi fai male!!” si agitò Rosalie spaventata
Il ragazzo ghignò, una luce
folle ad animare gli occhi azzurri solitamente così tranquilli.
“Io..? Farti male..? E tu
invece..? Pensi di farmi del bene? Io ti amo, Rosalie, perché l'hai
dimenticato? Cosa ti fa agire in questo modo?? Io non capisco!!”
“Ti ho detto di lasciarmi!!
Vattene via!!” urlò Rosalie, tentando di divincolarsi dalla presa
ferrea dell'uomo.
“Ma che succede? Ehi amico,
sei impazzito? Lasciala subito!” la voce tonante di Alain, giunto
in fretta e furia a causa del trambusto, si impose su quelle degli
altri.
Bernard abbassò lo sguardo,
lasciando la presa sui polsi della giovane, mentre un profondo senso
di colpa lo investiva.
Non si era mai comportato in
quel modo in vita sua..
“Io.. Mi dispiace..”
sussurrò, voltandosi verso la porta e inforcandola di corsa.
“Rosalie, stai bene?”
domandò Alain, avvicinandosi alla fanciulla.
Rosalie annuì, massaggiandosi
i polsi con le dita esili “Sta tranquillo Alain, lui..” cominciò,
ma un rumore proveniente dalle sue spalle la costrinse a bloccarsi.
Oscar emise un debole lamento
e per la prima volta le sue gambe si mossero impercettibilmente sotto
il lenzuolo.
“Oscar...” sussurrò
Rosalie, precipitandosi al suo fianco, mentre il cuore minacciava di
esploderle nel petto.
Lentamente, quasi fossero
pesanti come macigni, le palpebre del comandante si aprirono,
rivelando il loro azzurro profondo
“Ro.. Rosalie.. Rosalie, sei
tu..?” mormorò il colonnello e la fanciulla annuì, fiondandosi
sulle spalle della donna per potersi abbandonare ad un pianto
liberatore.
“Comandante.. E' un
miracolo!” esclamò Alain, altrettanto commosso e Oscar sorrise,
rivolgendo al soldato uno sguardo affettuoso
“Che barba lunga che hai
Alain, sembri quasi.. un montanaro..”
Il ragazzo ridacchiò,
asciugandosi le lacrime con il dorso della mano callosa
“Siamo stati così in pena
per voi, comandante.. La nostra Rosalie è rimasta a vegliare su di
voi ogni sera..”
Oscar sorrise intenerita,
spostando lo sguardo su Rosalie.
Avrebbe voluto sollevare il
braccio, accarezzare la guancia dell'altra e asciugarle le lacrime,
ma si rese conto di non essere nemmeno in grado di muovere le dita
della mano destra. I suoi occhi si spalancarono per la sorpresa e per
il terrore. Cosa era successo al suo arto..? Perchè non rispondeva
ai suoi comandi..?
“Il mio braccio..”
sussurrò con voce flebile, mordendosi il labbro a causa del
formicolio che aveva cominciato a pizzicarle la pelle della mano
rigida.
Alle sue parole, Rosalie
sollevò il volto, asciugandosi le lacrime, mentre un sorriso dolce
le curvava finalmente le labbra
“Non preoccupatevi, monsieur
Oscar.. Siete riuscita a sconfiggere la morte, presto riuscirete a
muovere di nuovo il braccio, ne sono sicura..”
Oscar annuì, facendosi forza
sulla mano sana per mettersi seduta, lo sguardo chiaro rivolto verso
la finestra.
“La Bastiglia...”
“E' caduta, comandante..
L'abbiamo espugnata durante la notte e l'abbiamo saccheggiata..”
rispose prontamente Alain, incurvando le labbra in un sorriso
orgoglioso
Oscar sospirò, indecisa se
essere sollevata o dispiaciuta: da una parte la vittoria avrebbe
sicuramente fatto bene all'umore dei ribelli, ma dall'altra avrebbe
rappresentato una vera e propria dichiarazione di guerra nei
confronti dei sovrani.
“Parigi è molto cambiata,
non è vero..?”
Alain e Rosalie non risposero,
limitandosi a scambiarsi un'occhiata
“Voi non dovete pensare a
nulla, monsieur Oscar, solo a guarire..” le dita della giovane si
strinsero intorno a quelle della donna “Mi prenderò cura di voi,
giorno dopo giorno e quando starete di nuovo bene, potrete condurci
una volta per tutte alla vittoria, esattamente come avete fatto un
mese fa”
Oscar rivolse alla giovane uno
sguardo affettuoso: era addirittura trascorso un mese da quando era
stata ferita..? Un mese durante il quale Rosalie si era presa cura di
lei con fedeltà e devozione? In quel momento sentì un profondo moto
di gratitudine e d'affetto nei confronti di quella piccola,
coraggiosa ragazza.
“Se fossi stato un uomo,
ti avrei sposato subito, Rosalie.. Se fossi stato un uomo, quante
sofferenze avrei evitato..”
Quel ricordo le attraversò la
mente con la velocità di un fulmine.
Possibile che.. Possibile che
quella ragazza nutrisse per lei quel sentimento, così simile
all'amore, che più volte le aveva dimostrato..?
“Sarà meglio avvisare
Bernard del fatto che state meglio, comandante..” disse Alain,
catalizzando su di lui l'attenzione della donna.
Oscar annuì in silenzio, lo
sguardo reso perplesso da quei pensieri improvvisi, che si univano a
formare trame inaspettate.
“Adesso sdraiatevi, monsieur
Oscar e riposate.. Io andrò a prendervi da mangiare in cucina..”
continuò Rosalie, facendo una lieve pressione sulla spalla di Oscar
affinché si sdraiasse. La donna ubbidì, sistemandosi come meglio
poteva nel letto insolitamente morbido. “Tornerò appena possibile,
ve lo prometto..” la salutò Rosalie con un sorriso gentile,
chiudendo la porta della stanza.
Rimasta sola, Oscar sospirò,
gli occhi socchiusi per cercare di calmare il turbinio di pensieri
che le invadevano la mente, susseguendosi senza freni o inibizioni.
Fu proprio in quel momento,
mentre ancora si domandava cosa la piccola Rosalie nutrisse nei suoi
riguardi che si rese conto di una terribile e tremenda verità: da
quando si era svegliata, non aveva pensato nemmeno una volta al suo
povero Andrè...
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Capitolo 4 *** Pensieri e piani ***
Revolution of life Capitolo IV
Ciao
a tutti! Scusate se pubblico solo ora, ma devo ammettere di aver avuto
un rapporto conflittuale con questo capitolo! Alcune parti le ho
scritte, cancellate e riscritte finchè non mi sono piaciute e io
stessa l'ho riletto parecchie volte per lo stesso motivo xd In
più volevo andare avanti con il quinto per non lasciarvi troppo
tempo a bocca asciutta.. Spero comunque che vi piaccia come vi
sono piaciuti i capitoli precedenti! Buona lettura e, mi raccomando,
recensite!
Ps. Le scritte in grassetto blu rappresentano la coscienza di Oscar..
E' un esperimento che ho voluto fare e che mi è sembrato adatto
alla circostanza.. Fatemi sapere che ne pensate :3 Di nuovo buona
lettura e a presto!!!
Capitolo
IV
“Pensieri
e piani..”
Nei
pressi di Rue de temple, alba
Maximilien robespierre si
svegliò la mattina del 7 ottobre 1789 con un solo obiettivo: dare
alla rivoluzione quella marcia in più che ancora era mancata. Era
diverso tempo che pensava e ripensava a cosa avrebbe potuto fare per
attuare il suo progetto, noto solo ai suoi più fidati amici, ed era
giunto ad un'unica conclusione: doveva eliminare una volta per tutte
i ribelli suoi rivali e, cosa ancora più importante, doveva togliere
di mezzo i sovrani.
"Max.. È presto.."
La voce impastata del giovane sdraiato al suo fianco lo fece
sorridere..
"Non lo sai che il
mattino ha l'oro in bocca?" Ribattè maximilien, alzandosi in
piedi e stiracchiandosi.
Saint just mugugnò,
coprendosi i lunghi capelli biondi con il cuscino "io so solo
che ho sonno e voglio dormire ancora un po'" si lamentò, la
voce soffocata a causa della stoffa.
Il moro non rispose,
limitandosi a scuotere la testa e ad aprire le imposte polverose.
Parigi era tranquilla e le strade, solitamente già animate, erano
sgombre e silenziose.
"È così strano vedere
Parigi tranquilla a quest'ora" mormorò, ricevendo per tutta
risposta un mugugno infastidito dall'altro, ormai rassegnatosi a non
poter prendere sonno.
"Lo sai perché è
silenziosa.. Le donne si sono prese una giornata di riposo dopo la
marcia di ieri.. Sono riuscite a fare una cosa che dubitavo sarebbe
riuscita a fare persino un esercito.."
Robespierre si voltò,
incontrando lo sguardo chiaro di Saint just con il proprio "cacciare
i sovrani da Versailles.." Disse semplicemente e l'altro annuì
"e trascinarli in quella topaia del palazzo delle tuleries..
Sarà venuto un infarto alla nostra cara regina!! Avrei tanto voluto
godermi lo spettacolo di quella schizzinosa circondata da ragnatele e
muffa!"
Robespierre scrollò le
spalle, facendo scrocchiare il collo "la giornata di ieri è
stata importante quasi quanto il 14 luglio, ma non è ancora
abbastanza.."
"Senti max, io credo
che.."
"Per piacere, non voglio
riprendere la discussione che abbiamo fatto ieri, sai bene come la
penso e sai anche che non c'è altra via.. Faremo come dico io"
Saint just sollevò entrambe
le mani, scuotendo leggermente la testa "e come pensi di
cavartela..? Il popolo non desidera la morte dei sovrani, quanto è
successo ieri lo dimostra pienamente e per quanto riguarda quel
gruppo di ribelli.. Sono troppo rispettati e osannati per quello che
sono riusciti a fare il 14 luglio.. Da quando Oscar si è
risvegliata.."
Robespierre sbuffò, battendo
nervosamente il piede a terra "quella donna.. Non si fa altro
che parlare di lei e della sua abilità.. Persino con un braccio
fuori uso e con il fisico debilitato riesce a guidare i suoi uomini
senza sbagliare un colpo.. Mi chiedo davvero come possa essere così
fortunata.."
"Senza contare che lo
sanno tutti che non ti può soffrire..." Le labbra di Saint just
si piegarono in un ghigno divertito "per cui, come vedi, il tuo
progetto è press'appoco inattuabile, dovresti fartene una ragione e
puntare il tuo sguardo altrove.."
"Io non mi arrenderò..
La Francia.. La Francia necessita di libertà, ma la Repubblica la
getterebbe nel caos, ha bisogno di una guida solida, ma la monarchia
ha dimostrato di non essere all'altezza della situazione.."
"È necessario voltare
finalmente pagina ed adottare un regime nuovo.." Ripetè
meccanicamente Saint just interrompendolo "lo hai ripetuto
miliardi di volte, ma io continuo a non vedere una via d'uscita.. Non
possiamo di certo andare dai francesi e dire loro che il grande
robespierre, il paladino degli oppressi, sta sfruttando la
rivoluzione per poter salire al potere, non trovi?"
Robespierre lo fulminò con lo
sguardo prima di dargli le spalle "è per questo che devo
togliere di mezzo quella donna e i sovrani.. Senza di loro, avrò la
possibilità di ottenere il potere che desidero e senza di lei i
ribelli sarebbero finalmente uniti sotto la mia guida.."
Saint just annuì,
giocherellando con il pugnale che teneva sempre sotto il cuscino
"se i sovrani fuggissero,
sarebbe tutto più facile.." Mormorò e a quelle parole
robespierre si illuminò "che cosa hai detto?"
"Che sarebbe tutto più
facile se i sovrani fuggissero.. Ma.." Ripetè Saint just
perplesso, mentre robespierre tirava indietro la testa e scoppiava a
ridere "ma certo! Perché non ci ho pensato prima? Sono stato un
idiota! È un'idea geniale!"
"Potresti, di grazia,
spiegarmi di che stai parlando?"
"I sovrani fuggiranno.. E
saremo noi a dargli la possibilità di farlo.."
Saint just spalancò le
labbra, fissando con evidente confusione l'uomo di fronte a sè "far
fuggire i sovrani..? E come pensi di riuscirci..? È pura follia! E
poi, qualora ci riuscissi, che cosa mai potresti ottenere..?"
"Più di quanto
immagini.. L'hai detto tu stesso che il popolo non desidera la morte
dei sovrani, ma questo solo perché è mancata l'occasione per
renderli pericolosi agli occhi di tutti.. Saremo noi a renderli
tali.. Pensa la sfiducia e la rabbia del popolo quando scoprirà che
il proprio sovrano è fuggito dalla propria terra per rifugiarsi in
austria e chiedere al cognato di invadere la Francia per sedare con
la forza la ribellione.. Non ci farebbero davvero una bella figura.."
"Credo di cominciare a
capire.." Mormorò Saint just lentamente "vuoi convincerli
a fuggire per screditarli agli occhi della popolazione.."
Robespierre annuì
soddisfatto, gli occhi luminosi e brillanti "esattamente.."
"Ma.. Come riuscirai a
convincerli..? Insomma.. Non sono fuggiti fino ad ora.. Cosa ti fa
credere che lo faranno quando vuoi tu?"
Robespierre rimase qualche
secondo in silenzio, prima di schioccare le dita e battere
soddisfatto il pugno sul palmo "perché non saremo noi a
convincerli, ma qualcun altro molto, molto più adatto..."
Rifugio
ribelle, tarda sera
“Ancora una volta monsieur
Oscar, provate di nuovo con calma” la voce dolce di Rosalie riempì
la stanza silenziosa.
Oscar sospirò, puntando lo
sguardo azzurro sul proprio braccio destro, appoggiato sul rude
tavolo di legno. Si morse il labbro inferiore e si concentrò al
massimo sulle esili dita, nell'estremo tentativo di sollevare la mano
irrigidita, ma non ottenne altro che un impercettibile movimento del
pollice e dell'indice.
“E' inutile! Non funziona!”
“Monsieur Oscar vi prego, ne
abbiamo già parlato..” tentò Rosalie, appoggiando le dita della
mano libera su quella rigida del comandante.
Oscar sbuffò, distogliendo lo
sguardo da lei e puntandolo contro il caminetto acceso.
“Perchè non guardiamo in
faccia la realtà, Rosalie? Sappiamo entrambe che il mio braccio non
tornerà più quello di una volta.. E io.. Io mi sono stancata di
stare qui sera dopo sera in attesa di un risultato che mai arriverà!”
La fanciulla sospirò,
rafforzando la presa sulla mano di Oscar “Dovete pazientare, il
dottore ha detto..”
“Sono stufa dei dottori!”
proruppe Oscar, alzandosi in piedi di scatto e trascinando con sé il
braccio offeso.
Rosalie rimase in silenzio,
puntando lo sguardo, deluso e ferito, sulle proprie cosce coperte dal
sottile tessuto azzurro.
Oscar la guardò mortificata e
sospirò a sua volta, massaggiandosi la nuca con il palmo della mano
sana “Ti prego di perdonarmi, Rosalie.. In questi giorni..”
“So come vi sentite,
comandante.. Siete nervosa a causa del comportamento dei ribelli
amici di Robespierre e temete per le sorti della nostra rivoluzione
perché non vi fidate né di lui, né di Saint Just...”
Oscar rivolse alla ragazza uno
sguardo ammirato e annuì, sedendosi nuovamente accanto a lei “E'
vero, è così.. Da quando ho ripreso conoscenza, non ho potuto fare
a meno di sospettare di Robespierre.. Le sue idee di uguaglianza e di
fraternità mi pare corrispondano poco alle sue azioni.. Non l'ho mai
visto fare davvero qualcosa per migliorare le sorti del popolo.
Paradossalmente la situazione non è molto cambiata nonostante la
rivoluzione e quanto successo ieri non fa altro che confermare le mie
teorie. Le donne sono andate sino a Versailles perché non hanno
ancora il pane per sfamare i loro figli.. Dov'è, dunque, il
cambiamento di cui Robespierre aveva tanto parlato? Dov'è la
libertà, se i francesi sono ancora costretti a morire di fame?”
“Avete ragione, comandante..
La situazione che si è venuta a creare continua ad essere difficile
per tutti, ma io so quanto vi impegnate.. Pur non potendo combattere,
guidate i vostri ragazzi verso la vittoria, organizzate missioni per
trovare viveri, vesti e tutto ciò che serve alle persone più
povere.. Siete voi il leader del nostro gruppo e noi seguiremo le
vostre idee, non quelle di Robespierre.. E' solo e soltanto di voi
che ci fidiamo.. Io per prima vi seguirei anche in capo al mondo..”
Lo sguardo di Oscar si
raddolcì e un sorriso abbozzato comparve sulle sue labbra, mentre
sollevava la mano sana e sfiorava la guancia dell'altra in una
leggera carezza “E' così confortante parlare con te.. Sei l'unica
in grado di calmarmi..”
Rosalie arrossì e scosse la
testa, alzandosi in piedi in tutta fretta “Sarà.. Sarà meglio
andare a controllare che la vostra stanza si sia riscaldata.. E'
sempre così fredda..” disse brevemente, dirigendosi verso le scale
a passo svelto.
Rimasta sola, Oscar sospirò,
massaggiandosi lievemente la radice del naso.
Da quando le cose tra lei e
Rosalie erano diventate così complicate?
Da quando doveva soppesare
ogni parola ed ogni gesto..?
Cosa avrebbe dovuto fare o
dire..?
E soprattutto, cosa pensava
Rosalie di quella situazione assurda e che cosa provava?
“Lei
ti ama, Oscar, non è davvero difficile capirlo.. Ma tu..? Tu che
cosa provi..? Sei solo grata delle sue attenzioni e della sua
dedizione oppure.. Oppure provi per lei qualcosa che non avevi
considerato..? Pensaci.. Hai mai provato per Andrè quel sentimento
di profonda tenerezza che provi ogni volta che Rosalie ti sorride?
Hai mai sentito
il cuore palpitare così spesso..? Hai mai guardato
Andrè come hai guardato lei quella notte?”
“Sparate! Sparate!”
Oscar si svegliò di
soprassalto, gli occhi sbarrati e il respiro affannoso, mentre le
immagini della battaglia del 14 luglio le percorrevano la mente,
vivide e chiare.
Era trascorsa già una
settimana da quando si era risvegliata, eppure ogni notte
quell'incubo la tormentava, impedendole di riposare serenamente.
Sospirò, socchiudendo le
palpebre e coprendole con il palmo della mano, nell'estremo tentativo
di dare un po' di sollievo ai suoi polmoni stanchi.
“Non preoccuparti,
Rosalie, sto bene.. E' stato solo il solito incubo..” mormorò,
voltando il viso di lato per rassicurare la giovane, che ormai era
solita dormire accanto a lei.
Rosalie però non c'era e
solo il silenzio pesante della stanza fece eco alle sue parole.
“Rosalie?” domandò la
donna confusa da quell'insolita assenza.
Perchè Rosalie non era a
dormire accanto a lei come ogni notte?
Possibile che fosse
accaduto qualcosa?
Preoccupata, Oscar si alzò
e in punta di piedi uscì dalla stanza.
“Rosalie..?” tentò di
nuovo, ma la sua voce fu completamente sovrastata dal russare di
Alain, proveniente dal piano di sotto.
Oscar sorrise divertita per
un istante e lentamente riprese a camminare, il braccio che scorreva
lungo la parete per non inciampare nell'oscurità.
Fu una luce appena
accennata a focalizzare la sua attenzione su una delle ultime stanze
del corridoio.
“Rosalie..?” sussurrò
la donna per l'ennesima volta non appena fu sulla soglia, appoggiando
il palmo alla porta socchiusa e sbirciando all'interno.
Rosalie le dava le spalle
e, lentamente, si stava spogliando del suo logoro abito azzurro. La
sua pelle candida quasi brillava alla luce della luna e i suoi
capelli biondi, insolitamente sciolti e raccolti su una spalla,
parevano fatti di oro puro: era talmente bella da sembrare un angelo.
Oscar spalancò le labbra a
quella visione e, incapace di fare altro, rimase a guardare l'altra
sistemarsi in un catino pieno d'acqua, strofinarsi lentamente prima
le braccia, poi la schiena e infine il petto, rivelando il profilo
appena accennato del seno...
Oscar chiuse gli occhi, mentre
quelle immagini, che si erano impresse a fuoco nella sua mente e nel
suo cuore, sembravano schiacciarle il cervello in una morsa
d'acciaio. Sì, era tutto vero. Da quella notte non era più riuscita
a guardare Rosalie come prima, non era più riuscita a considerarla
come una sorellina o come un cucciolo sperduto desideroso di affetto.
Quella notte per la prima volta aveva visto in lei una donna,
una donna bellissima, che si
era dimostrata indomita, saggia, coraggiosa e capace di starle
accanto, di lottare contro ogni avversità, di consigliarla e di
guidarla nonostante le difficoltà apparentemente insormontabili.
“Da quella notte sono così
confusa..”
“Tu
non sei confusa,
fai solo finta di esserlo per non
affrontare la realtà.. Perchè
per una volta non ascolti quello che ti suggerisce il cuore..? Hai
sempre fatto ciò che era giusto
fare, Oscar, ma mai quello che desideravi fare..
” la voce della sua coscienza fu, come sempre,
implacabile e tagliente
“No.. Non sono sicura..
Io..”
“Tu
sei sicura Oscar, perché continui a
mentire a te stessa..? Cerchi
di comportarti come sempre, ma i tuoi
sguardi ti tradiscono, così come i tuoi atteggiamenti.. Lei stessa
si è resa conto della differenza.. Perchè non la
smetti? Non ti rendi conto che non fai altro che farla soffrire?”
“Io non voglio farla
soffrire... Io voglio..” ma i suoi pensieri furono bruscamente
interrotti da un insistente bussare.
Oscar puntò in fretta lo
sguardo verso la porta, irrigidendosi di colpo, la mano sana pronta a
serrarsi intorno all'elsa della spada, sempre appesa al suo fianco.
Chi poteva essere a quell'ora
della sera?
Il bussare si ripetè,
diventando più frenetico “Comandante Oscar, aprite, ho necessario
bisogno di parlarvi!” esclamò un uomo, la voce forte e impostata.
Oscar spalancò gli occhi
perplessa e in silenzio si diresse verso la porta, aprendone solo uno
spiraglio.
“Finalmente siete arrivata!
Forza, spostatevi, ho delle notizie importanti da riferirvi!”
Pochi
minuti prima nell'altra stanza
Rosalie non rallentò il passo
finché non fu al sicuro al piano superiore, la porta della stanza
ben chiusa alle sue spalle.
“Perchè..?” era l'unica
cosa a cui riusciva a pensare, cercando disperatamente di trattenere
le lacrime che premevano per scenderle lungo le guance.
Si avvicinò lentamente al
letto e stando attenta a non disfarlo, vi si sdraiò, nascondendo la
testa nel cuscino per poter inspirare al meglio il profumo della
donna che, in quel momento come sempre, la stava facendo impazzire.
Per quanto si sforzasse, per
quanto cercasse di non pensare a lei, per quanto evitasse con tutta
se stessa di fissarla, di sfiorarla, si struggeva, giorno dopo
giorno, a causa di quel sentimento che sembrava consumarla
dall'interno senza alcuna pietà.
Ed Oscar..? Cosa faceva
Oscar..? Forse il comportamento dell'altra non l'aveva mai messa così
tanto in confusione: a volte le pareva vicina come non mai, altre
volte era fredda e distaccata, quasi come se non si conoscessero per
niente.
Eppure.. Eppure Rosalie la
conosceva, la conosceva più di quanto la conoscessero gli altri, la
conosceva più di quanto la conosceva Andrè. Già.. Andrè.. Oscar
non parlava molto di lui da quando si era risvegliata ormai e se
inizialmente Rosalie aveva attribuito quell'atteggiamento ad un
desiderio di rivalsa, ad una voglia di voltare pagina una volta per
tutte, non sapeva davvero che pensare quando l'altra, talvolta,
la paragonava lui, mostrando
persino di preferirla al ricordo del suo compagno.
“Lei.. lo dice per
gentilezza.. Solo per gentilezza..” si ripeteva Rosalie, cercando
di inculcarsi quel concetto nel cervello e nel cuore, ma invano.
Ogni volta che Oscar le
rivolgeva un complimento, ogni volta che le stringeva la mano,
Rosalie sperava ardentemente di sentirle dire “Ho capito di provare
qualcosa per te..” oppure “Le cose sono cambiate per me,
Rosalie..”
Ma sarebbe davvero arrivato un
momento come quello?
Che le cose si fossero
evolute, tra di loro, in realtà era chiaro e lampante agli occhi
della giovane. Lei ed il comandante trascorrevano ogni momento
possibile della giornata insieme, scherzavano, chiacchieravano, si
confidavano pensieri e paure e proprio in quelle occasioni, da
qualche tempo, la donna sembrava sempre essere sul punto di dire
qualcosa, un qualcosa che però le moriva in gola, rimanendo
racchiusa dentro di lei, quasi fosse troppo terribile da confessare.
A rendere la situazione ancor
più imbarazzante, poi, pensava l'assenza di Bernard e Alain, partiti
per la zona rurale di Parigi con l'intento di trovare viveri e
compagni d'arme.
“Dove andate di bello?”
Rosalie sorrise a Bernard e Alain, indaffarati a preparare delle
sacche di fortuna
“Oscar ci ha dato un
compito importante.. Andiamo nelle campagne, io e alcuni ragazzi
fidati ci occuperemo di trovare il cibo e Bernard parlerà ai
contadini per convincerli a combattere al nostro fianco per il bene
di tutti!”
“Alain, controllati!
Sembri un bambino davanti ad un negozio di dolci!” esclamò
Bernard, mentre un sorriso divertito gli incurvava le labbra.
Il soldato rise e con un
cenno di saluto rivolto a Rosalie uscì.
“Bernard, sta attento,
per favore..”
Il ragazzo sospirò,
indossando la sacca e stringendo a sé la ragazza
“Tu sta attenta.. Non
fare niente che non faresti di solito.. E..”
“E...?”
Bernard la guardò per un
lungo attimo, gli occhi tristi e lo sguardo cupo
“Niente, lascia stare..”
Il ricordo dello sguardo di
Bernard non faceva che tormentare Rosalie.
Da quando Oscar si era
risvegliata, non avevano più avuto né il tempo, né il modo di
chiarire le cose tra di loro e, se da una parte Rosalie non aveva di
certo il coraggio di affrontare l'argomento, dall'altra Bernard non
sembrava mai pensare due volte la stessa cosa. La amava ancora? E se
l'amava, aveva deciso di non dare peso ai suoi dubbi e ai suoi
sospetti?
Perchè doveva essere tutto
così difficile..?
Perchè quella situazione si
era ingarbugliata sino a quel punto?
Lei amava Oscar, Bernard amava
lei e Oscar..?
Oscar chi amava?
“E
se... E se Oscar si comportasse in modo così strano perché ha
capito di provare qualcosa per me..? Se si fosse resa conto, in
qualche modo, di ricambiare il mio amore..? Lei sa che io la amo,
l'ha sempre saputo.. Quindi.. Potrebbe essere confusa su quello che
prova? Potrebbe essere per questo motivo che non parla più di
Andrè..? Potrebbe essere per questo che, a volte, mi guarda come mai
mi ha guardato, come se volesse scavarmi l'anima e il cuore..?”
Rosalie
scosse la testa, imponendosi di non fantasticare eccessivamente e
strinse la stoffa del cuscino tra le dita
“Oscar..
Oscar.. Oscar.. Perchè non mi dici cosa si nasconde dentro il tuo
cuore..?”
"Devi
sapere che Oscar è in tutto e per tutto come un ragazzo.. Poverina,
è stata allevata come tale del resto e, a parte che nel lavoro, non
ha nulla dell'acume di noi donne, soprattutto quando si tratta di
affetto!! Non bisogna mai aspettare che sia lei a fare la prima
mossa, anzi.. al contrario!!
Si
deve sempre fare in modo di portarla sulla giusta strada, perché
lei, pur comprendendo quale sia il proprio sentimento, non sa mai né
come, né quando esprimerlo! E' fatta così, rapida con la spada, ma
lenta con le parole!”
In quel
momento il ricordo di quello che, in una fredda sera d'inverno, la
nonna di Andrè le aveva confidato davanti al camino di villa
Jarjeyes, la colpì con la potenza di un tuono. “Se davvero la
nonna di Andrè avesse avuto ragione..? Se davvero Oscar non fosse in
grado di esprimere i suoi sentimenti..? Questo.. questo significa
forse che devo essere io ad espormi per prima..? Che devo essere io
ad andare da lei e dirle tutto, senza alcuna paura..?”
Era
un'idea folle,terribile, ma al tempo stesso capace di farla
sorridere: c'era davvero una possibilità per lei, c'era davvero una
speranza?
“Io..
io devo dirglielo.. Devo dirglielo costi quel che costi, anche se...”
Ma i
suoi pensieri furono bruscamente interrotti da un impetuoso bussare,
che la costrinse a mettersi seduta sul letto. Chi mai poteva essere a
quell'ora..? Di certo non bernard o alain, che sarebbero rimasti
fuori città ancora per qualche giorno, stando agli accordi, e
allora..? Desiderosa di capire cosa stava capitando, Rosalie uscì
dalla stanza e in punta di piedi, quasi temesse di essere vista o
scoperta, camminò lungo il corridoio, fermandosi sul bordo del primo
gradino, le dita strette sul corrimano e le orecchie tese.
Nello
stesso momento
“Robespierre,
voi qui!” proruppe Oscar, incapace di contenersi.
L'uomo
piegò le labbra in un sorriso accennato, appoggiando l'indice sulla
bocca ed entrando in fretta nella stanza spoglia.
“Non
c'è un momento da perdere, capitano.. Siamo solo noi due..?”
“Sì..
Solo noi due..”
“Molto
bene.. Ascoltatemi allora.. Mi sono giunte delle voci molto
preoccupanti riguardanti i sovrani..”
“Voci
di che genere..?” domandò Oscar circospetta
“Voci
di omicidio.. C'è qualcuno che progetta la loro morte e non dubito
che presto riuscirà nell'intento..”
Oscar
scosse la testa, la mano sinistra stretta sull'elsa della spada
“E'
impossibile.. Nonostante la rivoluzione il popolo non ha mai mostrato
l'intenzione di voler far del male al re e alla regina, lo sapete
bene..”
“Volete
dire che lo sapevo bene.. Purtroppo non tutti seguono i nostri
ideali, comandante. Io e voi ci stiamo battendo per la libertà,
sappiamo come raggiungere i nostri obiettivi senza spargere del
sangue inutilmente, ma.. ma non tutti sono del nostro stesso parere..
Per molti, il re e la regina, seppur decaduti, rappresentano il
simbolo della loro miseria, la causa della loro triste vita..”
“Cosa
pensate di fare, dunque..?? Consentirete a queste persone di
agire..?”
Robespierre
ridacchiò, sedendosi sulla sedia alla sua destra
“Mi
credete davvero così meschino? Mi sembra di aver appena detto che
non approvo certi metodi..”
“E
allora perché siete qui..? Non riesco a capire..” ribattè Oscar
sospettosa
“Sono
qui perché ho intenzione di farvi un'offerta..” rispose
Robespierre con voce suadente, mentre un sorrisetto sornione
compariva sulle sue labbra
“Vi
ascolto..”
“Dovete
andare al palazzo delle Tuleries e dire alla regina di fuggire da
Parigi. Non c'è altro modo, per loro, di salvarsi..”
Oscar
spalancò gli occhi e sollevò il braccio sano “Scappare da Parigi?
Siete forse impazzito? Se il re e la regina fuggissero, il popolo
inneggerebbe al tradimento e allora davvero la loro vita sarà in
pericolo!”
“Voi
non capite, comandante.. Se i sovrani non scappano, sono morti.. E se
i sovrani muoiono, anche la Francia è morta.. Cosa pensate che
farebbe il fratello della Regina e con lui tutte le potenze europee
che adesso guardano con terrore alla nostra azione? La morte dei
sovrani sarebbe per loro l'occasione perfetta per invadere la Francia
e ucciderci tutti.. Siamo ribelli, dunque colpevoli..”
Oscar si
morse il labbro, sedendosi a sua volta e fissando il proprio sguardo
su quello più chiaro di Robespierre.
“E
dove potrebbero mai andare..? Chiunque li riconoscerebbe.. Nessun
luogo è sicuro per loro..”
“Questo,
comandante, non è esatto.. Conosco un paesino, non molto lontano da
Parigi, che fa al caso nostro e un amico fidato che si è offerto di
accompagnare i sovrani.. Tuttavia..”
“Tuttavia..?”
ripetè Oscar socchiudendo le palpebre
“Tuttavia
il re e la regina avranno bisogno di qualcuno che li guidi fino al
punto di incontro, qualcuno di cui si fidano, nonostante tutto quello
che è successo, qualcuno che sappia difenderli.. Qualcuno come voi,
comandante.. La regina non si farebbe accompagnare da altri in un
viaggio così periglioso, lo sapete anche voi..”
“Io...?
Ma.. Il mio braccio..”
“Non
dovete temere nulla.. Se tutto va come penso, non avrete nemmeno
bisogno di sfoderare la spada..” sussurrò Robespierre con voce
suadente, lanciando un rapido sguardo alla mano di Oscar rimasta
inerme lungo il fianco.
Il
biondo comandante annuì lentamente, distogliendo lo sguardo
dall'uomo e puntandolo per un lungo momento sulle fiamme danzanti del
camino.
Per
quanto odiasse ammetterlo, Robespierre aveva ragione da vendere e lei
non aveva altra scelta che accettare: per quanto appartenessero a due
fazioni diverse, nutriva ancora un profondo affetto per la regina e,
se avesse potuto, avrebbe ancora combattuto per difendere la sua vita
e la sua famiglia.
“Accetto..”
la sua voce pacata rimbombò nella stanza con la forza di un cannone.
Robespierre
battè le mani soddisfatto e si alzò in piedi “Sapevo che potevo
contare su di voi.. L'incontro con la regina deve avvenire domani..
Non abbiamo un minuto da perdere.. Entro domani sera avrete tutti i
documenti necessari per passare attraverso i posti di blocchi e i
travestimenti adatti a voi e alla famiglia reale..”
“Vedo
che vi siete organizzato bene.. Da quanto sapete del pericolo che
minaccia i sovrani?” lo sguardo di Oscar si fece più attento,
pronto a cogliere ogni possibile sfumatura negli occhi dell'altro
“Da
abbastanza.. Ma sono venuto da voi solo nel momento in cui ho avuto
la certezza che quanto udito corrispondeva a verità.. In ogni caso,
adesso vi saluto comandante.. Ho ancora molte cose da fare e il
vostro incontro con il mio amico
è
fissato per dopodomani..” Robespierre
si alzò in piedi, abbassò appena il capo e le diede le spalle,
volgendosi verso la porta
“Un'ultima
cosa, Robespierre..” lo richiamò Oscar, costringendolo a voltarsi
“Mmm...?”
“Non
ho ancora capito voi cosa ci guadagnate.. E non ditemi che fate tutto
questo solo per onestà morale, perché non ci credo..”
Robespierre
sogghignò “Diciamo pure che lo faccio per guadagnarmi la vostra
fiducia” mormorò e con un altro cenno del capo, andò via,
richiudendosi la porta alle spalle.
Oscar
sospirò, sollevandosi in piedi ed avvicinandosi a rapidi passi al
camino.
“Far
fuggire i sovrani.. Davvero potrebbe essere una soluzione..? Davvero
Robespierre dice il vero..? Certamente potrebbe essere tutta una sua
macchinazione, tuttavia.. Tuttavia non sono nella posizione di poter
rischiare.. Il destino dell'intera Francia potrebbe dipendere dalla
mia decisione.. Non mi sono tirata indietro il 14 luglio e non mi
tirerò indietro adesso..”
Un
rumore di passi affrettati interruppe quel flusso continuo di
pensieri.
Oscar
sollevò lo sguardo, incontrando gli azzurri occhi lucidi di Rosalie
“E'
vero..? Ditelo, monsieur Oscar, è vero?” domandò la fanciulla, la
voce tremante
“Cosa
è vero, Rosalie? Non capisco di cosa stai parlando...” rispose la
donna, cercando di assumere un tono distaccato.
“E'
vero che domani andrete a parlare con la Regina e che la aiuterete a
fuggire?”
Oscar
distolse lo sguardo, puntandolo sulle fiamme danzanti del camino
“Vedo
che hai origliato la nostra conversazione..”
“Sì,
lo confesso, ho origliato e sono qui per impedirvi di fare ciò che
avete intenzione di fare..”
“Non puoi impedirmelo, così
come non hai potuto impedirmi di combattere il 14 luglio.. Si tratta
della Francia e la Regina.. la Regina, nonostante tutto, è mia
amica.. Non ho altra scelta che intervenire e nulla di quello che
dirai potrà convincermi del contrario..”
Rosalie si morse il labbro
inferiore e allungò il braccio, toccando la spalla della donna con
la punta delle esili dita “E non pensate.. a cosa vi potrebbe
accadere..? Avete il braccio ancora fuori uso e siete da sola.. Non
avete con voi Alain e di certo non coinvolgerete nessuno dei ragazzi
della guardia nazionale perché temete per la loro vita e la loro
reputazione.. Siete la prima a diffidare di Robespierre, perché
adesso eseguite i suoi ordini? Potrebbe essere una trappola!”
“So perfettamente che
potrebbe essere una trappola, ma non ho scelta!” ribattè Oscar
punta sul vivo “Pensi che potrei sopportare in futuro di aver
condannato il mio paese e la mia regina alla disfatta perché mi sono
tirata indietro..?”
“La mia regina..” ripetè
Rosalie, gli occhi socchiusi nell'estremo tentativo di trattenere le
lacrime di delusione “lei non è più la vostra regina, come non è
la regina di nessuno.. Voi non le dovete nulla!! Lei.. Lei..”
“Lei rimarrà sempre la mia
regina e rimarrà sempre mia amica nonostante tutto!” gridò Oscar,
mentre un attacco di tosse la coglieva a causa dello sforzo.
“Monsieur Oscar!” esclamò
Rosalie, riavvicinandosi a lei, ma la donna la scacciò con un gesto
della mano, recuperando il logoro fazzoletto e premendolo sulle
labbra.
“Monsieur Oscar..” disse
la fanciulla con un filo di voce, prima di fuggire su per le scale,
le lacrime che le scorrevano senza freni lungo le guance.
“E' stata tutta
un'illusione.. Solo una splendida illusione!! Lei.. Lei non mi ama,
non mi ha mai amato e io non sono altro che una stupida sognatrice!!
Lei ha sempre pensato solo e soltanto alla Regina e le cose non sono
cambiate!”
“Johann Sebastian Bach
nacque a Eisenach, in Turingia, allora parte del Sacro Romano Impero,
nel 1685, dalla famiglia di musicisti tedeschi più nota ai suoi
tempi, al punto che il cognome "Bach" nelle città della
Turingia era diventato sinonimo di "musicista"” la voce
dolce e profonda di Oscar rimbombava nel silenzio della sua stanza.
Era ormai scesa la notte e lei e Rosalie erano impegnate a studiare i
personaggi più influenti della musica barocca.
“Ha una faccia buffa per
essere un compositore così importante..” commentò Rosalie con un
sorriso, indicando il viso paffuto ritratto sulla pagina.
“E' quello che ho sempre
pensato anche io!” confermò Oscar ridacchiando e voltando pagina.
“Comandante Oscar!
Comandante Oscar!” il richiamo insistente del suo maggiordomo,
unito ad un forte bussare alla porta, interruppe quel momento di
ilarità.
“Entrate, cosa succede?”
L'uomo non se lo fece
ripetere due volte, precipitandosi nella stanza, il respiro affannoso
e la fronte sudata “La Regina.. La Regina vi chiama con urgenza a
palazzo, deve essere successo qualcosa di grave!”
“La regina, dite?
Preparate subito la mia carrozza!!” esclamò Oscar, tirandosi in
piedi e indossando la giacca rossa adagiata sul manichino alle sue
spalle.
Rosalie osservò i suoi
movimenti con espressione ferita, le mani strette intorno alla stoffa
del vestito rosa “Non andate..”
“Come dici, Rosalie?”
la voce distratta di Oscar, intenta a sistemarsi la spada sul fianco,
fu tutto quello che riuscì ad ottenere
“Non andate, comandante..
Avevate promesso che avremmo studiato insieme stasera..”
Oscar sollevò il viso e le
lanciò uno sguardo enigmatico “Hai ragione, Rosalie, ma come vedi
c'è stato un imprevisto.. Studieremo insieme domani sera.. Devo
andare dalla mia Regina quando mi chiama..”
“La mia regina..”
ripetè Rosalie, scuotendo la testa “Ebbene, la vostra Regina non
ha il diritto di costringervi a infrangere le promesse! Dite sempre
che ogni promessa è un debito, perché per la Regina non vale questa
regola?”
“Adesso basta, Rosalie,
stai dicendo delle cose assurde e prive di senso.. Smettila di
comportarti come una bambina capricciosa e riprendi a studiare Bach..
Domani mi dirai tutto quello che hai imparato..”
Il ricordo di quella sera così
lontana non fece altro che far aumentare la sua disperazione. La
regina era sempre venuta prima di lei e nemmeno la rivoluzione del
popolo francese era riuscita a cambiare quella triste realtà. Lei
era seconda, lei sarebbe sempre stata seconda rispetto a quella donna
bellissima, che si era dimostrata coraggiosa come una leonessa di
fronte al suo triste destino.
“Ho trovato la risposta che
cercavo.. Se Oscar ha mai amato una donna, quella donna non sono e
non sarò mai io..”
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Capitolo 5 *** Incontri ***
Revolution of life Capitolo V
Ciao
a tutti! Lo so, lo so, come al solito sono in enorme ritardo, ma
purtroppo mi conoscete e sapete quanto l'università mi tolga
tempo -_- senza contare che, dopo una sessione estiva super
impegnativa, è giunta l'estate e con lei "millemila"
impegni! Pertanto eccomi solo adesso con questo quinto capitolo,
corposo e spero di vostro gradimento, come i precedenti. Ho solo alcuni
avvisi da fare, tanto per non perdere le care, vecchie abitudini: per
prima cosa rinnovo l'avviso circa il fatto che, per esigenze narrative,
non potrò sempre rispettare le date e le circostanze storiche
realmente avvenute, come spiegherò meglio nella nota 2 di questo
capitolo; secondariamente annuncio che, per eguali esigenze narrative e
anche per motivi di antipatia personale (che non sto qui a raccontare)
il personaggio del conte di Fersen non sarà assolutamente
presente nella mia storia. Considerando che in questo capitolo arriva
Maria Antonietta, ho pensato fosse giusto specificarlo, poichè
ho immaginato che qualcuno, non vedendo un minimo accenno alla loro
storia, sarebbe giustamente rimasto perplesso! Spero che non sia causa
di fastidio per nessuno, considerando che la storia non subirà
alcun nocumento! Detto questo, buona lettura a tutti e, mi raccomando,
recensite!
Ps.
Un saluto particolare ad abnormalsoul17, nella speranza che il suo
"refresh" possa riguardare anche questo nuovo capitolo e tutti quelli
che verranno!
Capitolo
V
“Incontri”
Maria Antonietta d'Asburgo
Lorena camminava inquieta per la stanza, le spalle coperte da una
stoffa leggera e le mani strette all'altezza del grembo.
Come era potuto accadere tutto
quello che fino a quel momento era successo?
Come poteva la famiglia reale
più importante d'Europa essere divenuta ostaggio del suo stesso
popolo?
Sebbene da quando la
rivoluzione era incominciata avesse più volte ripercorso mentalmente
i lunghi anni trascorsi alla reggia di Versailles, non era mai
riuscita a capire come la sua vita ricca di lussi regali e sfrenati
si fosse improvvisamente trasformata in un inferno denso di dubbi e
preoccupazioni.
Dapprima gli Stati Generali,
poi la presa della Bastiglia, infine.. infine la loro cacciata dalla
reggia soltanto due giorni prima, il 6 ottobre di quel maledetto
1789.
“Maestà!! Maestà è
terribile!!” l'urlo della sua cameriera l'aveva fatta svegliare di
soprassalto alle luci dell'alba.
“Cosa sta succedendo?
Parlate!”
“Le donne.. le donne
stanno cercando di entrare a palazzo.. Sembrano migliaia e spingono
contro i cancelli principali reclamando cibo per i figli affamati!”
“E le guardie..”
“Le guardie non riescono
a respingerle, presto dovete..”
Un urlo agghiacciante
riecheggiò tra i corridoi lussureggianti, facendole sobbalzare.
“Andate a prendere i
bambini, dobbiamo metterli in salvo!” ordinò imperiosa, indossando
il primo vestito disponibile e legandosi i capelli alla bell'e
meglio.
La cameriera annuì,
fuggendo lungo il corridoio, seguita pochi minuti dopo dalla regina
stessa, lo sguardo azzurro che guizzava da una parte all'altra.
Cosa le sarebbe accaduto?
Cosa sarebbe successo a suo marito e ai suoi figli?
Quei timori le facevano
tremare il cuore, impedendole di pensare lucidamente.
Dove doveva andare e cosa
doveva fare? Non ne aveva idea, ma di certo avrebbe dovuto trovare
suo marito.
Percorse innumerevoli
corridoi, ricchi di nobili dai capelli arruffati e totalmente
sguarniti di guardie, probabilmente impegnate a rendere sicuro il
palazzo.
Se solo ci fosse stata
Oscar...
La regina sospirò, mentre
il pensiero del biondo comandante le sfiorava la mente.
Non importava quanto le
cose andassero male, quando pensava a lei pareva sempre che le cose
migliorassero.. Oscar avrebbe di certo saputo cosa fare e li avrebbe
protetti a costo della propria vita.
Eppure Oscar non c'era e
lei si sentiva sola e sperduta come non mai.
“Maestà! Maestà!” si
sentiva chiamare da mille voci, ma non rispondeva a nessuno, troppo
occupata a correre senza avere una meta precisa.
Finalmente, dopo quelli che
le erano parsi secoli, vide la porta di legno chiaro dello studio del
marito e la inforcò, precipitandosi nella stanza.
Luigi XVI sedeva in un
angolo, le mani a coprire gli occhi, circondato dai suoi consiglieri
pallidi come cenci.
“Si può sapere cosa
state facendo voi tutti, chiusi qui dentro?” esclamò la regina con
voce sprezzante “Non vi rendete conto di cosa sta succedendo?
Dobbiamo trovare una soluzione, le donne...”
“Le donne sono riuscite a
sfondare i cancelli.. Gran parte delle nostre forze è dislocata a
Parigi a causa della ribellione e gli uomini rimasti sono
insufficienti per placare la loro furia.. Hanno fucili e forconi e
occhi indemoniati a causa della miseria e della fame.. Siamo stati
sconfitti ormai..”
La regina strabuzzò gli
occhi, incapace di credere alle parole sommesse del marito
“Volete forse dirmi che
il più grande palazzo d'Europa è caduto senza nemmeno cercare di
difendersi?”
“Maestà, noi non abbiamo
più la forza di combattere, come ha detto il sovrano..”
“Tacete! Tacete tutti!”
Maria Antonietta scosse la testa, lo sguardo fiero e risoluto
“E' colpa vostra, è solo
colpa vostra e della vostra inettitudine nel dar consigli! Avreste
dovuto guidarci e aiutarci, invece non avete fatto altro che
arricchirvi alle nostre spalle! Voi..” si morse il labbro inferiore
con forza, nell'estremo tentativo di ricacciare indietro le lacrime.
“Antonietta, ascoltami..”
la voce pacata del marito attirò la sua attenzione: mai si era
rivolto a lei con tanta dolcezza e familiarità.
“Siamo stati sconfitti
dal nostro popolo, ma non per questo abbiamo perduto il nostro onore
e la nostra dignità. La storia è costellata di monarchi che
coraggiosamente hanno affrontato la disfatta ed essi sono ricordati
forse con maggior onore rispetto ai sovrani vittoriosi. Non ci
piegheremo di fronte al destino avverso, ma lo affronteremo come
abbiamo affrontato tutto ciò che questo triste periodo ci ha
riservato..”
Maria Antonietta annuì
mestamente, rapita da quelle parole così sagge.
Se solo suo marito si fosse
dimostrato più coraggioso e avveduto prima di quel giorno, se solo
lei stessa non fosse stata così ingenua!
Un vociare denso ed
improvviso, unito ad urla e a spari, penetrò nella stanza attraverso
la finestra aperta.
“Vogliamo la regina!! La
regina al balcone!!” gridavano le donne sprezzanti sotto una
cortina di pioggia incessante.
“Sono qui.. Sono qui!”
“Oh buon Dio, moriremo
tutti!!”
La stanza fu letteralmente
presa d'assalto da uomini e donne di ogni rango, i quali, del tutto
dimentichi dell'etichetta, si pigiarono gli uni sugli altri,
circondando i sovrani e i ministri attoniti: tra di loro, impassibile
nonostante il panico generale, stava il marchese La Fayette (nota 1),
l'eroe francese della rivoluzione americana.
“Maestà, mi permetto di
consigliarvi di fare ciò che le donne vi chiedono..” mormorò
mestamente, attirando lo sguardo adirato di tutti i presenti.
“Siete impazzito? Non
appena la vedranno, spareranno e la uccideranno.. Maestà non
andate!”
“Se uscite, vi faranno
del male, rimanete con noi!”
Maria Antonietta sospirò,
lo sguardo fisso di fronte a sé.
Non disse nulla,
limitandosi ad avviarsi passo dopo passo verso il balcone.
“Eccola!! E' lei!!”
“E' la regina!!”
Alla sua vista subito il
popolo si infiammò e le urla ripresero più forti di prima.
“Maledetta, è tutta
colpa tua!!”
“Stiamo morendo di fame a
differenza tua e dei tuoi nobili!”
“I tuoi figli non sono
malnutriti e malati come i nostri, sarai punita per questo!”
“Sparatele senza pietà!”
“Torturatela!”
Maria Antonietta sollevò
per un istante il viso, mentre le gocce di pioggia le bagnavano le
vesti riccamente decorate, prima di piegare le ginocchia di fronte a
quella folla indemoniata.
Nitida nella sua mente si
formò l'immagine di sua madre, fiera e altera
“Anche nei momenti più
bui, Antonietta, ricorda sempre che sei figlia di re.
Sei un'Asburgo e nessuno è
più testardo e fiero di noi.. Non dimenticare mai le tue origini,
comportati sempre come una regina e vedrai che chiunque, austriaco o
meno, riconoscerà il tuo ardore e ti rispetterà..”
Le urla si acquietarono,
gli spari cessarono e di fronte all'umiltà di quel gesto le donne
rimasero in silenzio, gli sguardi attoniti e le labbra dischiuse.
Dove si era mai vista una
regina tanto coraggiosa da inginocchiarsi davanti ai suoi sudditi?
Chi aveva mai veduto un
sovrano francese riconoscere la superiorità del proprio popolo?
Maria Antonietta rabbrividì,
come se le gocce di pioggia stessero ancora scivolando lungo il suo
collo candido.
Erano passati solo due giorni
da allora, eppure si sentiva vecchia, debole e spaurita.
A nulla era servito il suo
gesto audace, se non a mutare l'originario proposito dei francesi: i
sovrani non sarebbero stati uccisi, ma tratti come ostaggio insieme
ai loro figli a Parigi, nel fatiscente palazzo delle Tuleires.
Quando erano arrivati lì,
scortati come i peggiori criminali, lei stessa non aveva potuto fare
a meno di rabbrividire: ragnatele ad ogni angolo, topi che
rosicchiavano il mobilio, stanze umide ed oscure, questa sarebbe
stata la loro casa sin quando i ribelli non avrebbero deciso
altrimenti.
Possibile che non ci fosse una
via d'uscita?
Possibile che il loro destino
fosse già segnato?
Possibile che quella
situazione di disagio non fosse altro che una preparazione a qualcosa
di ancora peggiore..?
Antonietta scosse la testa,
imponendosi di non lavorare troppo di fantasia e di concentrarsi sul
momento attuale, già di per sé assurdo e difficile.
Lentamente, passo dopo passo,
si spostò verso l'unico specchio integro che si trovava nella
piccola stanza che fungeva da camera matrimoniale.
Si specchiò per minuti
interminabili, osservando ogni più piccola ruga o deformazione della
pelle. Negli ultimi mesi si era smagrita, i suoi invidiatissimi occhi
azzurri erano diventati scialbi e spenti e i suoi capelli.. I suoi
capelli si erano schiariti al punto tale da diventare bianchi come
quelli di una attempata.
Si portò una mano alla
tempia, tastando le ciocche deboli e sottili, mentre lacrime di
frustrazione le pungevano le palpebre.
Cosa avrebbe detto sua madre
se l'avesse vista in quello stato?
Un soffuso bussare alla porta
la distrasse, costringendola a voltare il viso verso destra
“Avanti..” sussurrò
incuriosita, lanciando uno sguardo severo all'esile cameriera che era
comparsa sulla soglia
“Mi perdoni, vostra Maestà,
ma.. ma c'è una visita per voi..”
“Una visita..? Per me..?”
la regina non potè nascondere la sua perplessità
“Chi può mai essere a
quest'ora del mattino..?”
La cameriera sorrise, cercando
di soffocare un risolino divertito dietro il palmo della mano “Non
crederete ai vostri occhi quando la vedrete.. Lei.. Lei vi aspetta
nel salone principale.. Dovete venire immediatamente, mi ha fatto
capire che ha molta fretta..”
“Lei..?” ripetè la regina
sempre più confusa, mentre lanciava uno sguardo al marito
profondamente addormentato.
“Vengo subito, solo un
momento..” mormorò, raddrizzando le spalle e sistemando per quanto
possibile le pieghe dell'unico vestito che ormai possedeva, come se
si trovasse ancora a Versailles in procinto di partecipare ad un
ballo.
“Andiamo, sono pronta...”
Nello
stesso momento, salone principale
Oscar sbuffò e strinse le
spalle nel mantello sbiadito nell'estremo tentativo di placare il
freddo, i capelli biondi che rilucevano a causa della pallida luce
che filtrava dalla finestra alla sua sinistra.
Era sgattaiolata come un ladro
fuori dal rifugio prima dell'alba e aveva raggiunto a piedi il
malandato palazzo delle Tulieries senza farsi vedere da nessuno, in
particolar modo da Rosalie.
Il suo cuore si strinse al
pensiero della ragazza: non l'aveva più vista da quando avevano
discusso e lei stessa non era andata a dormire al piano di sopra per
evitare di litigare ulteriormente. Sapeva che non sarebbe riuscita a
convincerla dei suoi buoni propositi e a dimostrarle che la sua
scelta era dettata, oltre che dall'amicizia, dalla responsabilità
che portava sulle proprie esili spalle. I ribelli contavano su di
lei, quantomeno gli amici di Alain e di Bernard e in quanto loro
guida aveva il dovere di fare quanto tutto il possibile per dare una
mano, esattamente come in occasione della battaglia del 14 luglio.
Perchè mai Rosalie non capiva
quanto fosse necessario salvare la regina?
Perchè si rifiutava di
guardare in faccia la realtà?
Era forse gelosa del suo
affetto nei confronti della regina?
“Non ho mai amato la regina
Maria Antonietta e ho sempre guardato a lei come un'amica.. Ma come
faccio a spiegarlo a Rosalie..? Se cominciassi a fare certi discorsi,
la metterei solo in imbarazzo, perché le dimostrerei che ho capito
quali sono i suoi sentimenti.. E se lei sapesse che io so, ebbene..
Ebbene probabilmente capirebbe che io stessa ho capito di nutrire
qualcosa per lei..”
Sospirò sconfortata,
passeggiando per la stanza polverosa, il rumore dei tacchi degli
stivali che echeggiava in ogni angolo.
Se solo avesse avuto più
tempo, se solo fosse stata più esperta..
Se solo avesse avuto il
coraggio di guardarla negli occhi e di dirle tutto quello che celava
nel suo cuore.. Aveva tentato tante volte nell'ultima settimana, ma
invano..
Se non ci era riuscita sino a
quel momento, forse non ci sarebbe riuscita per tutta la vita. Del
resto, che futuro avrebbero potuto avere loro due insieme..? Unioni
come quelle non erano di certo accettate dalla società del loro
tempo e, soprattutto, a complicare le cose c'era Bernard: forse
Rosalie amava anche lui..? Oppure aveva creduto di amarlo,
esattamente come lei aveva creduto di amare Andrè..?
Incredibile come ai suoi occhi
quella situazione fosse complicata quasi quanto la ribellione
stessa..
Oscar scosse la testa e si
morse il labbro inferiore, imponendosi di scacciare quei pensieri e
di concentrarsi sull'incontro imminente.
Non poteva negare di essere
emozionata e, sotto certi aspetti, intimorita dalla reazione che la
regina avrebbe avuto nel vederla.
Si erano separate con dolore,
mentre le lacrime bagnavano le guance di entrambe e i loro cuori
sanguinavano per il dispiacere, eppure.. eppure chi le dava la
certezza che la regina non l'avrebbe scacciata..?
Di certo era stata informata
del fatto che lei, la sua più fidata amica, aveva guidato la prima
vera battaglia della Rivoluzione Francese.
Forse pensava che era morta o
forse aveva sperato che morisse..?
E anche se non l'avesse
scacciata, cosa avrebbe fatto se la regina avesse rifiutato la sua
proposta..?
Robespierre non sembrava aver
messo in conto una simile problematica, ma lei conosceva sin troppo
la regina e il suo carattere impetuoso: sarebbe rimasta a Parigi
anche a costo della vita se avesse ritenuto infamante o oltraggioso
fuggire.
“Forse mi sto preoccupando
troppo.. La situazione è diventata insostenibile e la regina non
metterebbe mai in pericolo i suoi figli.. Devo cercare di essere
convincente il più possibile e non me ne andrò di qui finché...”
Un rumore di passi interruppe
i suoi pensieri, costringendola a voltarsi verso il corridoio alle
sue spalle.
Oscar raddrizzò il busto e
strinse i pugni lungo i fianchi, il cuore che le batteva
all'impazzata nel petto. Maria Antonietta avanzava verso di lei,
bellissima e altera come un tempo.
“I miei omaggi, maestà..”
disse solennemente, piegando il capo e congiungendo i tacchi degli
stivali.
“Oscar..? Oscar siete
davvero voi..?” la voce tremante della regina le fece sollevare lo
sguardo.
“Sì, maestà.. sono io..”
Maria Antonietta si portò le
mani alle labbra, mentre lacrime di felicità le inumidivano le
guance e corse verso di lei, stringendola a sé e nascondendo il viso
nel suo petto.
Oscar non disse nulla,
limitandosi a ricambiare l'abbraccio, la mano sana che accarezzava
appena la schiena dell'altra.
“Mi avevano detto che vi
avevano ucciso il 14 luglio.. Come.. come fate ad essere qui?”
“Mi hanno ferita, maestà e
sono rimasta priva di sensi per lungo tempo..”
“Sono così felice.. Voi..
Voi mi siete mancata tanto Oscar..”
“Lo so, maestà.. Anche
voi.. Nonostante le nostre strade si siano divise, non vi ho mai
dimenticato e mai potrò farlo..”
Maria Antonietta risollevò lo
sguardo, puntandolo in quello altrettanto emozionato di Oscar.
Il biondo comandante sembrava
più serio e invecchiato ai suoi occhi, quasi come se un peso gravoso
le curvasse le spalle.
“Perchè siete qui..? E'
molto pericoloso per voi... Se i ribelli vi trovano, vi
considereranno una traditrice e vi uccideranno.”
Oscar scosse la testa,
sciogliendo l'abbraccio e facendo un passo indietro
“Non preoccupatevi per me
maestà, in realtà sono qui perché devo farvi una proposta
importante, dalla quale dipende il destino della Francia intera..”
Maria Antonietta piegò il
capo di lato, gli occhi socchiusi in un'espressione perplessa “Vi
ascolto..”
“Dovete fuggire dal palazzo,
maestà.. Ho ragione di credere che la vostra vita e quella della
vostra famiglia sia in pericolo..”
“In pericolo...? Ma i
ribelli..”
“I ribelli non sono tutti
uguali maestà.. Molti vedono ancora in voi la causa delle loro
miserie e la vostra caduta non è sufficiente per colmare il loro
rancore. La rivoluzione per queste persone significa una sola cosa:
Repubblica e morte degli antichi sovrani..”
Maria Antonietta si portò una
mano alla tempia e si sedette sull'unica poltrona presente nella
stanza “Io.. Io temevo che prima o poi una cosa del genere sarebbe
accaduta.. Però.. Speravo che il mio gesto... Due giorni fa mi sono
inginocchiata davanti a loro!! Ho piegato il capo di fronte alle
donne affamate... Non è forse una dimostrazione di umiltà..? Mi
hanno acclamato in quell'occasione.. Mi hanno applaudito.. E ora..
ora vogliono uccidermi? Io non capisco.. Non sono più niente.. Mi
hanno tolto tutto.. Perchè vogliono strapparmi via l'unica cosa che
mi è rimasta? Cosa dirò ai miei figli..? Sono così piccoli, loro
non hanno colpe..”
“E' per questo motivo che
dovete venire via con me.. Vi porterò in un posto sicuro e vi
proteggerò, come sempre ho fatto... Fidatevi di me, maestà..”
“Certe cose.. Certe cose non
cambiano mai, non è vero, Oscar..? Sapevo che il nostro non era un
addio... Sapevo che nonostante tutto voi sareste venuta da me a
salvarmi..”
Oscar sorrise e si avvicinò a
lei, stringendole una spalla con la mano “Voi sarete sempre la mia
regina, non importa quello che accade.. Sono stata vostra amica in
passato e lo sarò anche adesso, sebbene abbia deciso di
intraprendere un diverso cammino..”
“Un cammino forse ancora più
difficile del mio..” mormorò la regina, puntando poi lo sguardo su
quello più scuro dell'altra “Ditemi, Oscar, provate mai nostalgia
del passato..? Pensate mai a quando eravamo ragazze e passeggiavamo
nel parco della reggia, inconsapevoli di tutto quello che sarebbe
successo..? Io sì.. Penso a quando ero ancora bella, a quando ero
davvero giovane..”
“Voi siete ancora bella,
maestà e siete ancora giovane..”
“No.. Non lo sono più,
Oscar.. Avete veduto il mio viso..? Avete veduto le mie mani..? Avete
veduto...” Maria Antonietta si portò una mano ai capelli
schiariti, prima di scoppiare in lacrime, gli occhi nascosti dietro
le esili dita.
Oscar non disse nulla,
limitandosi a stringere le braccia intorno a lei.
Sì, aveva visto il suo viso
stanco e tirato, aveva visto le sue mani poco curate e i suoi capelli
talmente chiari da sembrare bianchi, ma la trovava ancora bella come
quando l'aveva vista per la prima volta sulle sponde del fiume Reno.
Lei stessa, forse, non era
diventata più vecchia..?
Lei stessa, forse, non era
riuscita a tornare da una morte certa..?
“Il tempo non è trascorso
solo per voi, maestà.. E' trascorso per tutti e tutti abbiamo
sofferto per un motivo o per un altro.. Ma voi avete sempre avuto
coraggio e forza d'animo per affrontare ogni difficoltà, ce la
farete anche adesso..”
“Oh Oscar.. Prego affinché
abbiate ragione.. Oggi stesso parlerò con mio marito, potete star
certa che non si opporrà..”
“Molto bene.. Deve essere
stanotte.. Verrò a piedi e insieme raggiungeremo la carrozza che
avrò preparato per voi..”
“A piedi..? Ma le guardie..”
“Le guardie non saranno un
problema, non temete.. Voi pensate solo a stare pronti e a partire al
momento opportuno..”
La regina annuì e si alzò in
piedi, lo sguardo nuovamente fiero e altero
“E sia.. Faremo come dite,
Oscar e vi seguiremo, fiduciosi, come abbiamo sempre fatto..”
“Vi ringrazio Maestà.. Ora
debbo lasciarvi, ma tornerò stanotte, non temete..”
rispose Oscar con un sorriso,
piegando il capo in un cenno di saluto e dirigendosi verso il
portone.
“Oscar..?”
“Sì, maestà...?”
“Vi aspetterò con ansia e
vi seguirò fino in capo al mondo...” (nota 2)
Rifugio
dei ribelli, poco tempo prima
“Oscar io.. io ti amo
Oscar. Ti ho sempre amata e sempre ti amerò!” la sua voce tremava
per l'emozione e il suo cuore, il suo cuore batteva tanto forte da
sembrare sul punto di esplodere.
Oscar non disse nulla,
limitandosi a scuotere la testa e a darle le spalle
“Oscar! Oscar! Perchè
non rispondi? Tu.. Tu non mi ami?”
Rosalie serrò una mano
intorno al suo polso e la costrinse a girarsi
“Amarti..?” Oscar
scoppiò a ridere, scrollando la mano in modo da liberarsi dalla sua
stretta “Io amo solo la mia regina e tu sei soltanto un intralcio
alla mia felicità!”
“NO!” il grido soffocato
di Rosalie riecheggiò con forza nella stanza silenziosa.
Era a letto e a giudicare
dalla pallida luce che penetrava dalle finestre doveva appena essere
sorto il sole.
La ragazza sospirò,
portandosi le mani alle guance per asciugare le lacrime che, copiose,
le inumidivano la pelle.
Era stato soltanto un sogno,
eppure, eppure le era parso terribilmente reale.
“E' dunque questa la
realtà..? Davvero Oscar mi risponderebbe in quel modo se le
confessassi il mio amore..?”
Scosse la testa, cercando di
scacciare dalla mente quei brutti pensieri e di concentrarsi sulla
lunga e intensa giornata che la attendeva.
Voltò lentamente il viso e di
nuovo le lacrime minacciarono di bagnarle le guance alla vista delle
coperte perfettamente lisce.
Oscar non era salita a
dormire, dunque.
Era talmente arrabbiata con
lei da essere rimasta da sola tutta la notte al piano di sotto?
Era ancora convinta dei suoi
propositi? Sarebbe andata dalla Regina, oppure era rinsavita e aveva
deciso di cambiare strategia..?
“Lei.. Lei deve aver
compreso quanto quel piano sia assurdo e folle..
Lei deve aver fiutato il
pericolo.. Lei..”
Un terrore improvviso e
pungente le scosse le viscere, costringendola ad alzarsi e a correre
a piedi nudi al piano di sotto nonostante il freddo.
“Monsiuer Oscar!! Monsieur
Oscar!!” chiamò, gli occhi che andavano da una parte all'altra
della misera casa. “Oscar!!” tentò ancora, ma solo un silenzio
assordante le rispose.
Rosalie sospirò mestamente e
passo dopo passo si avvicinò al tavolo di legno, appoggiandosi ai
gomiti e nascondendo la testa tra le braccia.
“Perchè Oscar..? Perchè ti
comporti così..?”
La delusione e il dolore le
facevano bruciare il petto, mentre calde lacrime le scendevano lungo
le guance già arrossate.
“Sei fuggita nel cuore della
notte pur di andare da lei.. Sei andata via senza dirmi una parola,
nonostante la nostra discussione. Tu.. Tu non hai pensato ad altri
che a lei..
Di nuovo, tra me e lei, hai
scelto lei, come hai sempre fatto in passato.. Ma se è sempre stato
così, se l'ho sempre saputo, perché fa ancora così male..? Perchè
questo dolore mi scuote il cuore..? Sei scappata come un prigioniero
fugge dalla sua cella.. E' così che ti senti, tra queste mura..? Ti
senti soffocare..? Sono io che ti soffoco con il mio amore..? Sei
sempre stata così gentile con me, così premurosa eppure.. Eppure
per lei mi hai lasciato qui.. Mi hai abbandonato senza che io potessi
fare nulla per impedirtelo.. Tornerai, Oscar..? Oppure rimarrai con
lei e ti dimenticherai di me..?
Chissà cosa ti ha detto
quando ti ha visto.. Ti ha stretto a sé..? Ha affondato il viso nel
tuo petto..? E tu..? Tu l'hai abbracciata..? Le hai detto che l'hai
sempre amata e che nonostante la rivoluzione sei pronta a morire per
lei..? State ridendo di me adesso? State progettando il vostro futuro
felice..?”
Si morse il labbro inferiore
con forza e strinse i pugni.
Una gelosia mai provata le
faceva tremare le braccia.
Perchè tutte le persone che
amava di più la abbandonavano miseramente?
Prima sua sorella, poi sua
madre e adesso.. adesso Oscar..
Era così stupida, così priva
di importanza...? Era colpa sua..?
“Sono solo una ragazzina
timida e insignificante, questa è la verità.
Non sono mai stata bella, né
coraggiosa. Non sono mai stata come mia sorella, non sono mai stata
come la regina.. Io... Io non sono nessuno!”
Si alzò in piedi con così
tanta foga da far cadere la sedia sul pavimento polveroso.
Rosalie piegò la testa
all'indietro, prima di sospirare e piegarsi sulle ginocchia.
Quella sedia era la preferita
di Oscar, sebbene fosse la più scomoda tra tutte.
Carezzò lentamente il legno
schiarito dal trascorrere del tempo, quasi fosse porcellana finissima
e sorrise appena, risollevando l'oggetto per rimetterlo al suo posto.
Per quanto potesse essere
arrabbiata, per quanto Oscar potesse essere testarda e cieca, lei la
amava disperatamente e avrebbe continuato ad amarla finché avesse
avuto vita in corpo.
Non c'era altro scopo per lei.
Era nata per amarla e sarebbe morta amandola.
Un improvviso rumore sulla
soglia la fece sobbalzare.
Erano passi, leggeri, ma
sempre e comunque passi.
Era Oscar..?
Rosalie si strinse nello
scialle lacero che le cingeva la vita e silenziosamente arretrò fino
alla parete alle sue spalle, resa buia dal sole ancora nascente.
La porta si aprì lentamente,
facendo intravedere il profilo smagrito e slanciato di Oscar, avvolta
nel suo consunto mantello scuro.
La donna si strinse nelle
spalle e senza nemmeno spogliarsi si sistemò sulla sua sedia,
allungando le gambe come faceva ogni volta.
Rosalie avanzò di un passo,
il cuore che le batteva furiosamente nel petto.
Cosa avrebbe dovuto dirle?
Cosa avrebbe dovuto fare?
Era arrabbiata con lei, ma
così sollevata di vederla da sentirsi confusa e stordita.
Non se n'era andata dunque.. E
forse.. Forse non era nemmeno andata a trovare la Regina. Forse era
andata solo a fare una passeggiata e la sua fantasia le aveva fatto
immaginare cose terribili che mai erano accadute.
“Monsieur Oscar..” la sua
voce era sottile quanto quella di un pulcino.
“Sei tu, Rosalie..?”
domandò Oscar senza spostarsi, limitandosi a farle un cenno con la
mano sana.
La giovane fece un profondo
respiro e le si avvicinò, ricacciando indietro le lacrime che le
pungevano le palpebre.
Oscar era terribilmente
pallida e teneva gli occhi fissi davanti a sé, persa tra i suoi
pensieri.
“Avete fatto una passeggiata
con questo freddo? Sapete bene che non dovete uscire tanto presto.
Non fa bene ai vostri polmoni..” Rosalie le sistemò meglio la poca
stoffa libera del mantello sul petto e le portò una mano alla
fronte.
“Potevate prendervi un
malanno e nelle vostre condizioni..”
“Non sono andata a fare una
passeggiata, Rosalie. Sono andata al palazzo delle Tuileries e ho
parlato con la Regina del piano di Robespierre. Partiremo stanotte.”
Rosalie ritrasse in fretta la
mano dalla pelle liscia dell'altra e se la strinse al petto, quasi
volesse con quel gesto frenare la delusione cocente che di nuovo le
scuoteva le viscere.
“Voi.. Voi siete andata da
lei.. Quando?” le domandò, pur conoscendo perfettamente la
risposta.
“Sono uscita prima
dell'alba, approfittando del fatto che stessi dormendo.
Mi dispiace aver agito in
questo modo, Rosalie, ma sapevo che se te lo avessi detto non avremmo
fatto altro che litigare come ieri sera.”
“Potevate almeno fare un
tentativo, non credete? Mi trattate sempre come una bambina, ma io..
Io non sono una bambina..”
“Rosalie, ma cosa stai
dicendo..? Io non ho mai..”
“Voi.. Voi non fate altro
che prendermi in giro.. Siete sempre gentile, premurosa, ma non fate
altro che fingere! Fingete di ascoltarmi, fingete di volermi bene!”
Oscar la guardò sconvolta e
serrò le labbra in un'espressione di rabbia repressa
“Di cosa stai parlando? Sei
forse impazzita?”
Rosalie scosse la testa,
socchiudendo gli occhi per sbarrare il passo alle lacrime imminenti
“Io mi prodigo per voi. Io
mi prendo cura di voi, della vostra malattia, del vostro braccio e
voi.. voi alla prima occasione correte incontro al pericolo!”
“Ti ho già spiegato il
motivo della mia scelta, se solo...”
“Se solo voi mi ascoltaste!
Ma voi non mi ascoltate, non ascoltate nessun altro! Voi.. Voi volete
solo proteggere la regina, l'avete sempre voluto e continuerete a
volerlo, non importa quanto vi costerebbe, non importa quanto ancora
io discuta.
Avete deciso di gettare la
vostra vita dopo che un miracolo ve l'ha restituita! Siete scampata a
morte certa, per andare incontro ad una nuova morte, nonostante tutto
quello che ho fatto per voi! Siete un'egoista, siete..”
Ma le lacrime le impedirono di
continuare. Si portò il viso tra le mani e sarebbe fuggita al piano
di sopra come la notte precedente se Oscar non le avesse stretto le
esili dita intorno al polso.
“Smettila.. Smettila,
Rosalie..” la sua voce era pacata come al solito e la dolcezza
aveva preso il posto della rabbia.
Si alzò in piedi lentamente e
piegò il braccio, facendo accostare la ragazza al suo petto.
“Perdonami se con il mio
comportamento ti ho fatto soffrire, non era mia intenzione farti del
male..” sussurrò, lasciandole il polso e portando il palmo della
mano sulla sua schiena “Qui non si tratta né di me, né di te, né
della regina, Rosalie. Si tratta della Francia intera, della nostra
patria.. E io non posso tirarmi indietro. Sono stata educata da mio
padre come un soldato e gli ho giurato che mi sarei sempre comportata
con onore. Non posso comportarmi diversamente, mi conosci..”
Le sue lunghe dita si mossero
in una lieve carezza e Rosalie rabbrividì, appoggiando la fronte al
petto forte dell'altra.
“Voi siete sempre stata così
coraggiosa, mentre io ho sempre tanta paura. Non potete capire quanto
io tema per voi. Se voi moriste, io..”
Rosalie si morse il labbro
inferiore, senza avere l'ardire di continuare o di sollevare lo
sguardo.
“Sei tu la più coraggiosa
tra noi due, Rosalie, su questo non c'è alcun dubbio. Non avrei mai
potuto fare molte delle cose che tu hai fatto e continui a fare. E'
grazie a te se ho ancora la forza di lottare.. A volte mi sento così
stanca, Rosalie, ma poi ti guardo, vedo la tua gioia di vivere, la
speranza con la quale guardi al futuro e sento di poter rivivere
ancora una volta anche io. Non c'è altro, nella mia vita, che mi dia
tanta forza quanto te..”
Rosalie sollevò lentamente lo
sguardo, trovando quello gentile e luminoso di Oscar.
“Voi dite cose che nessuno
mi ha mai detto..” mormorò Rosalie, il rosso delle guance che si
mescolava alle lacrime argentee.
“Forse perché nessuno ti
conosce come ti conosco io..” sussurrò Oscar con lo stesso tono,
raccogliendo l'ennesima lacrima con il pollice.
Rosalie non rispose,
limitandosi a guardare quegli occhi azzurri, così simili eppure allo
stesso tempo incredibilmente diversi dai suoi.
“Non andare Oscar. Ti
prego.. Resta qui, con me..” le sue labbra si mossero senza che la
mente potesse controllarle.
Oscar le accarezzò piano la
guancia e le rivolse un sorriso indecifrabile
“Lo sai che devo, Rosalie.
Così.. Sarà tutto più difficile.. Se solo tu sapessi..”
“Cosa..? Cosa devi dirmi
Oscar..?” continuò la fanciulla, incapace di contenersi, dimentica
di qualunque prudenza.
“Nulla.. Solo..” Oscar si
interruppe per un lungo momento, apparentemente indecisa su cosa
dire. “Chiudi bene la porta, stanotte devo partire e tu rimarrai da
sola. Non voglio che ti accada niente. Lascerò dei ragazzi a guardia
della casa..” disse infine, distogliendo lo sguardo, pronta ad
allontanarsi.
Ma la stretta di Rosalie
intorno al suo polso, inaspettatamente ferrea, le impedì di muoversi
“Non fuggi mai da nulla Oscar, eppure adesso stai fuggendo da me.
Perchè..? Io non riesco a capire..”
Oscar scosse la testa,
limitandosi a sorriderle “Sei la persona più importante per me,
Rosalie, non c'è altro che tu debba sapere.. Ora scusami, ma devo
andare. Robespierre deve essere informato della decisione della
regina e abbiamo molto da organizzare. Tornerò presto, non temere.”
Rosalie allentò la presa e in
silenzio vide l'altra inforcare la porta e svanire nella nebbia
mattutina,lasciandola, per l'ennesima volta, sola con i suoi
pensieri.
Ed eccoci giunti all'angolo delle note!!
Nota
1: Il marchese
Marie-Joseph
Paul Yves Roch Gilbert du Motier
de
La Fayette
è passato alla storia come uno dei più importanti militari e
politici francesi del suo tempo.
Dapprima protagonista della
rivoluzione americana, durante la quale si distinse per le sue
eccezionali abilità militari e per il coraggio incrollabile, ricoprì
un ruolo fondamentale soprattutto nella prima fase della rivoluzione
francese: fu difatti eletto comandante della guardia nazionale per
acclamazione popolare e cercò in tutti i modi di orientare la
rivoluzione in senso moderato e monarchico-costituzionale, al fine di
salvare la monarchia. Fu lui a suggerire alla regina di uscire sul
balcone per farsi vedere dalle donne e fu sempre lui a ordinare ai
propri uomini di sparare sulla folla, radunatasi
nel campo di Marte per richiedere l'abolizione della monarchia.
L'episodio, in occasione del quale morirono 50 persone e che segnò
la frattura definitiva dei rapporti tra rivoluzionari moderati e
giacobini, è ricordata ancora oggi come "Massacro del campo di
Marte."
Dopo essersi trasferito in Belgio e aver trascorso
numerosi anni prigioniero tra l'Austria e la Prussia, si dedicò
nuovamente alla politica francese come deputato durante il periodo
della Restaurazione, diventando nuovamente comandante della guardia
nazionale nel 1830. Morì nel 1834 e fu considerato il primo "eroe
dei due mondi" della storia.
Nota
2: Fuga di Varennes. Nella
storia reale, la fuga di Varennes avvenne tra il 20 e il 21 giugno
del 1791. Fu lo stesso Luigi XVI ad organizzare l'operazione, alla
quale stava pensando da diverso tempo e che ancora non aveva attuato
per paura di una guerra civile, a causa di due fattori fondamentali:
la morte di Mirabeau, "l'oratore del popolo", che aveva
sempre cercato di mediare tra i rivoluzionari e i sovrani e le Pasque
incostituzionali, espressione con cui si ricorda quanto avvenuto il
17 e il 18 aprile del 1791, quando il popolo francese, venuto a
conoscenza che il sovrano, il 17 aprile, in occasione della domenica
delle palme si era rifiutato di prendere la comunione, bloccò la
partenza della famiglia reale, diretta a Saint-Cloud per trascorrere
la settimana sante e la costrinse a tornare a piedi al palazzo delle
Tuileries. Organizzatori dell'operazione insieme al sovrano furono,
tra i tanti, lo stesso Hans Axel di Fersen e il conte de Mercy, (che
conoscete sicuramente se avete visto l'anime). Il piano consisteva
sostanzialmente nel fingere che Maria Antonietta fosse la baronessa
Korf, vedova di un colonnello russo che si stava recando con i suoi
due figli e il suo seguito a Francoforte e raggiungere così la
piazzaforte monarchica di Montmeady, dalla quale il re sperava di
guidare una controrivulzione.
Fu però lo stesso Marchese de La
Fayette, scoperto l'accaduto (si dice perchè l'itinerario scelto era
quello seguito da tutti i nobili per lasciare la Francia e per la
scelta della regina Maria Antonietta di Fersen e di altri
conosciutisissimi monarchici come seguito) ad arrestare i sovrani a
Varennes e a riportarli a Parigi.
Fu proprio questo episodio,
probabilmente più di altri, a determinare nei francesi il desiderio
di instaurare una volta per tutta la Repubblica.
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Capitolo 6 *** "Partenze..." ***
Revolution of life Capitolo VI
Ciao
a tutti! :3 Rieccomi con un nuovo capitolo corposo! Mi scuso in
anticipo se troverete alcune frasi in caratteri più piccoli, ma
non ho capito cosa è preso all'html e per quanto lo correggo
ritorna uguale a prima <.< Comunque.. Ringrazio tutti coloro che
hanno inserito la storia tra le seguite e le preferite e soprattutto
invito abnormal a leggere attentamente per capire in che cosa sono
stata da lei ispirata! Buona lettura a tutti e, mi raccomando,
recensite!!!
Capitolo
VI
"Partenze..."
Palazzo
delle Tuileries
Maria
Antonietta avanzava in fretta lungo il corridoio tetro e freddo,
mentre il cuore le batteva forte nel petto e la mente cavalcava
selvaggia.
Finalmente
la buona sorte sembrava essersi ricordata di loro, finalmente uno
spiraglio di luce, seppur fioco, era comparso davanti a lei,
riscaldandola con i suoi raggi.
Era
tutto reale, o forse si trattava di un magnifico sogno da cui si
sarebbe risvegliata improvvisamente?
Inforcò
senza la minima esitazione la porta della stanza da letto e,
incurante del marito addormentato, spalancò le tende consunte,
dirigendosi a rapidi passi davanti allo specchio sporco.
Un
sorriso felice le adornava le labbra, formando quella fossetta che
tanto le piaceva e che un tempo era invidiata da ogni dama di corte.
“Siamo
salvi, lo so.. Deve essere così.. Lei.. Lei ci salverà, come sempre
ha fatto.. Oh sono così felice.. Così felice..”
Lacrime
trasparenti cominciarono a scenderle lungo le guance, ben presto
coperte dalle dita pallide.
Da
quanto non si sentiva così?
Le
pareva di essere tornata di nuovo giovane, di nuovo bambina.
Si
sentiva come quando rincorreva le farfalle nei giardini di
Schonbrunn, come quando nel lontano 1770, giunta
finalmente in Francia, aveva visto una figura longilinea cavalcare
accanto alla sua
carrozza
ed era rimasta incantata a guardarla...
Clop,
Clop, Clop
Il
passo regolare del cavallo era come una ninna nanna selvaggia che le
accarezzava le orecchie. Era giunta da poco in quella terra
straniera, ma già si era innamorata di quel paesaggio, a tratti
brullo, a tratti verdeggiante, che circondava la sontuosa carrozza
che la trasportava.
Non
era tuttavia il paesaggio ad attirarla maggiormente, quanto un
soldato, un meraviglioso soldato dai lunghi capelli dorati e dallo
sguardo azzurro come il cielo primaverile.
Era
rimasta tutto il tempo ad osservarlo, godendo della grazia e
dell'eleganza dei suoi movimenti, della serietà della sua
espressione, dei giochi di luce che i raggi del sole creavano
illuminando le sue medaglie.
Ne
aveva così tante, eppure pareva così giovane!
“Vostra
Altezza, siete piuttosto silenziosa, non è da voi..”
La
voce gentile della sua accompagnatrice le giunse alle orecchie come
se provenisse da un altro mondo.
“Io..
Oh.. Mi dispiace.. Devo essermi distratta..”
“Stavate
osservando il capitano Oscar, non è vero? E' così tremendamente
affascinante..”
La
donna si lasciò andare ad un sospiro estatico, al quale Maria
Antonietta non potè fare a meno di unirsi
“Avete
ragione.. Non ho mai visto un ragazzo così bello e delicato al tempo
stesso..”
“Un
ragazzo.. vostra Altezza?” la dama scosse appena la testa, prima di
abbandonarsi ad una risata, a stento contenuta dall'elegante quanto
laborioso ventaglio. “Allora non sapete.. Il comandante Oscar è
una donna! E' stata allevata da suo padre, il generale De Jarjayes,
come un ragazzo ed ora è il comandante delle guardie reali. Si
occuperà personalmente della vostra sicurezza, come siete fortunata!
Non sapete cosa darei per poterla avere intorno tutto il tempo!”
Maria
Antonietta spalancò le labbra a quelle parole e si portò una mano
alla guancia color pesca “Una donna, dite..? Che delusione..”
Il
russare rumoroso del marito la riportò bruscamente alla realtà.
Ricordava
ancora quell'emozione, quella sensazione che le aveva fatto contrarre
lo stomaco, quel giorno, e che la prendeva ogni volta che vedeva
Oscar.
Nulla
era cambiato nonostante gli anni trascorsi, anzi... l'affetto
che nutriva nei confronti del capitano era aumentato a dismisura,
alimentato dalla sua gentilezza, dalla sua devozione e dalla sua
lealtà.
Quanto
aveva sofferto quando si erano separate, quanto aveva sofferto quando
le avevano confidato la notizia della sua morte.
E
quanto era felice in quel momento, nonostante la difficile situazione
in cui si trovava!
“Oscar..
Quante altre volte mi salverai la vita? Quanto ancora dovrò
ringraziarti? Quanto forte ancora batterà il mio cuore alla tua
vista? Stamane mi hai sorriso, come mi sorridevi una volta, incurante
dei miei capelli, delle mie mani.. Mi hai stretto con forza e io mi
sono aggrappata a te come il naufrago alla sua zattera.. Oh Oscar..
Non sai quanto significa averti rivisto.. E' stato come una ventata
di giovinezza, un'immersione nei nostri ricordi.. E' stato come
tornare a Versailles, nella sala da ballo, e danzare sulle note del
Minuetto di Boccherini. Ricordi quanto ci piaceva?
Era
la nostra musica preferita...”
Un
altro russare la fece sobbalzare, quasi fosse stata una ladra colta
sul punto di rubare un gioiello.
Maria
Antonietta si portò una mano al petto e con un respiro profondo
cercò di calmare gli emozionati battiti del proprio cuore,
imponendosi di concentrarsi su quanto era necessario fare in quel
momento: svegliare suo marito e informarlo di tutto.
“Luigi..
Luigi! Svegliati, Luigi!” esclamò con voce perentoria,
avvicinandosi in fretta al letto.
“Il
lucchetto è troppo spesso, mastro fabbro, non vedete..?” bofonchiò
il marito per tutta risposta.
“Luigi!
Insomma!!” esclamò ancora Maria Antonietta, cercando di sovrastare il rumore
assordante e cominciando a scuotere
il marito
per le spalle senza la minima grazia.
A
quel gesto, il pover'uomo scattò a sedere, gli occhi ancora
semichiusi e i capelli arruffati
“Antonietta!
Cosa succede?”
“Ho
una splendida notizia da darti.. Una notizia magnifica..”
“Hai
ricevuto una lettera da tuo fratello?” tentò lui speranzoso,
piegando poi le labbra in una smorfia di disappunto quando lei scosse
la testa
“No,
ma una notizia altrettanto importante.. Oscar.. Oscar è venuta qui!”
“Oscar...?
Il comandante.. Oscar..?” ripetè il marito sconvolto, mentre le
labbra si piegavano per la seconda volta, assumendo un'espressione
perplessa.
“Lei
è viva! E ha organizzato la nostra fuga! Partiremo stanotte con i
bambini e ci salveremo da questo inferno!!”
“Fuga..?
Stanotte? Ma di cosa stai parlando? Sei impazzita? Non possiamo
fuggire.. Il popolo..”
“Il
popolo vuole la nostra morte, Luigi.. La nostra sconfitta non ha
placato l'anima dei rivoltosi più agguerriti... Oscar...”
“E
non hai pensato nemmeno un istante che potrebbe essere una trappola?”
la interruppe lui con voce tagliente, mozzandole il respiro.
“Una
trappola? Ma cosa stai dicendo, Luigi?”
“Mi
sembra di ricordare che il comandante Oscar ci ha tradito ed è
passata dalla parte dei ribelli. Non ricordi forse che la Bastiglia è
caduta grazie alla sua azione? E ora mi chiedi di seguire il suo
consiglio e di fuggire dalla mia città come un codardo? Tu forse hai
dimenticato il suo gesto disonorevole, ebbene, io no! Noi non ci
muoveremo da qui, nemmeno se il fantasma del mio caro nonno
comparisse davanti a noi!”
Maria
Antonietta scosse la testa, le mani prese da un fremito
incontrollabile
“No..
No Luigi, tu non capisci.. Lei.. Lei è sempre stata mia amica. Lei è
mia amica.. Non mi farebbe mai del male..”
“Lei
ti ha già fatto del male, Antonietta.. Ci ha abbandonato nel momento
del maggior bisogno e ora ritorna con chissà quali oscuri propositi!
Potrebbe essere agli ordini di Robespierre, non ci hai pensato? Forse
vuole consegnarci direttamente ai ribelli..”
“Tu
vaneggi.. Lei non farebbe mai..”
“SEI
TU CHE VANEGGI!” urlò Luigi, facendo rimbombare la voce nella
piccola stanza.
Maria
Antonietta rabbrividì e indietreggiò di un passo. Non aveva mai
visto il marito così risoluto, né l'aveva mai udito alzare la voce
contro di lei o contro chiunque.
“Antonietta,
ti prego, non capisci che è una follia..? Se pure Oscar ha davvero
intenzione di salvarci, come pensi che riuscirà nel suo intento?
Parigi è controllata, i confini sono controllati..”
“Io
mi fido di lei come di nessun altro.. Lei salverà le nostre vite e
con esse quelle dei nostri figli.. Non pensi a loro? Sono spaventati,
terrorizzati e io non resterò con le mani in mano, aspettando che
quelle bestie me li strappino via! Io devo proteggerli e se questo
significa abbandonare quel briciolo di dignità che mi è rimasta,
ebbene.. Lo farò senza rimorsi, né rimpianti, perché mia madre
l'avrebbe fatto per me..”
Luigi
XVI sospirò, alzandosi dal letto e raggiungendo la moglie che
intanto si era voltata di spalle
“Per
i nostri figli..?” domandò con voce sottile
“Per
i nostri figli, Luigi.. Te lo chiedo in nome dell'amore accecante che
nutro per loro.. Non voglio rivivere quello che ho vissuto con Louis
Joseph..”
L'uomo
si irrigidì al ricordo del figlioletto morto e sentì dissolvere
dentro di sé anche il più piccolo impeto battagliero.
“E
sia.. Ci fideremo di lei ancora una volta, ma sia chiaro.. E' solo
per la vita di Maria Teresa e di Louis Charles, non per altri
motivi..”
Maria
Antonietta si voltò parzialmente, gli occhi resi lucidi dalle
lacrime imminenti “Grazie.. Non te ne pentirai, te lo prometto.
Lei.. lei ci salverà ancora una volta come ha fatto in passato..”
Luigi
XVI sospirò, scuotendo
leggermente la testa “Prego che accada, altrimenti non ci sarà più
nulla a salvarci dalla morte..”
Base
ribelle
Robespierre
guardava i fatiscenti palazzi di Parigi in perfetto silenzio, le mani
conserte dietro la schiena e lo sguardo rilassato.
Era
in trepidante attesa, certo che prima o poi Oscar si sarebbe fatta
viva per annunciargli la riuscita della prima parte del suo
piano.
Curioso
quanto fosse stato facile portarla
dalla sua parte.
Era
bastato parlare della Francia e della morte presunta dei sovrani per
convincerla.. Non era affatto la persona che i ribelli avevano
idealizzato e inneggiato.
Era
debole e i deboli non avevano posto nella società florida
e forte che sarebbe nata sotto la sua guida.
Aveva
bisogno di uomini e donne senza scrupoli, pronti a sacrificare tutto
e tutti pur di andare avanti. Aveva bisogno di gente come lui, capaci
di scavalcare persino il proprio sangue o i propri amici pur di
emergere.
Nessuno
avrebbe scommesso su di lui un tempo, eppure eccolo lì, il leader
della rivoluzione, il padrone assoluto di Parigi.
"Robespierre!
Robespierre!" Una voce concitata lo distrasse dai suoi
pensieri.
"Cosa
succede, Michel?"
"Il
comandate Oscar è qui e chiede di vederti.."
Robespierre
mascherò
abilmente il suo ghigno dietro un'espressione falsamente incuriosita
e fece cenno all'uomo di farla entrare.
Oscar
inforcò
la soglia senza cerimonie,
squadrandolo con sguardo freddo prima di chiudersi la porta alle
spalle.
"Ebbene
comandante?"
"La
regina ha accettato. Stanotte saranno pronti a partire."
Robespierre
le rivolse un sorriso soddisfatto e battè
appena le mani "Eccellente,
davvero eccellente comandante. Sapevo di poter contare su di voi.
Ordunque è tutto sistemato, non vi resta che aspettare la notte e
recarvi lì. Riceverete mie istruzioni.."
"Un
momento, prego, robespierre" Oscar lo interruppe con voce
risoluta "ho accettato di portare a termine questa missione, è
vero, ma questo non mi rende uno dei vostri galoppini. Voi mi direte
tutto adesso. Non sono abituata ad agire senza avere prima un piano
ben congegnato."
Robespierre
sorrise "molto bene allora, comandante. Se è questo che
desiderate.." Si spostò di lato, appoggiando i polpastrelli al
tavolo alla sua destra e dispiegò
una mappa
"Questa
è Parigi, come vedete.. E qui.. Abbiamo
Meux (nota 1).
Qui vi aspetterà Jacques,
il mio contatto, che prenderà i sovrani e li porterà a Varennes,
dove rimarranno nascosti finché non si calmeranno le acque."
Oscar
rimase qualche momento in silenzio
"E
per quanto riguarda le guardie delle
Tuileries...?"
"Non
saranno un problema. Li conosco personalmente, non vi fermeranno.
Ubbidiscono ai miei ordini. Questi sono i vostri documenti di
viaggio" aprì
un cassetto ed estrasse alcune pergamene.
"Vi
fingerete il cocchiere della famiglia Korf.
Non
temete, la vera baronessa Korf si è trasferita oramai da diverso
tempo in Russia per motivi economici e nessuno si ricorda più né di
lei, né della sua famiglia, Avete
degli abiti da adattare per l'occasione?"
Oscar
annuì distrattamente, le dita che si muovevano lungo la mappa fino a
fermarsi su una piccola macchia d'inchiostro
"Questa
è una foresta, non è vero?"
Robespierre
allungò il collo e annuì
"non molto estesa, né intricata da quanto ricordo, conosco
quelle zone personalmente.."
"Non
mi piace.. Le foreste sono dei luoghi insidiosi, soprattutto in certe
occasioni. Non c'è un percorso alternativo..?" Socchiuse gli
occhi e una piccola strada attirò la sua attenzione "ecco..
Passeremo di qui, è molto più pianeggiante ed adatto ad un viaggio
in carrozza."
Robespierre
le rivolse un sorriso "come preferite, comandante. Siete voi lo
stratega tra di noi.."
Oscar
lo guardò per un lungo istante, per poi afferrare le pergamene e
dirigersi verso l'uscita
"Voi..
Avete pensato a cosa fare qualora venissimo scoperti?" Domandò
appena prima di aprire la porta
"Andrà
tutto bene, comandante, glielo assicuro. E qualora accadesse
qualcosa, parlerò io al popolo e gli spiegherò cosa è accaduto.
Non avete da temere nulla né per voi, né per la regina.. So che le
siete molto affezionata e che fareste di tutto per aiutarla, non è
vero?"
Oscar
si voltò e lo fulminò con lo sguardo "sono una persona leale,
robespierre, lo sono sempre stata e sempre lo sarò.."
"Abbiamo
un'altra cosa in comune allora, capitano. Prima o poi vi fiderete di
me, ve lo assicuro. Vi sto rendendo un enorme servigio.."
"Lo
spero, robespierre, altrimenti sarò pronta ad agire di conseguenza e
non sarebbe piacevole."
Robespierre
sogghignò
e le fece un cenno di saluto con il capo, guardandola finché non
svanì dietro la porta di legno scuro.
"Hai
sentito tutto?" Mormorò poi, voltando il viso verso la libreria
alla sua destra.
Si
sentì un leggero schiocco e il mobile si spostò, svelando la figura
minuta di
Saint-just.
"Naturalmente..
Dobbiamo modificare il piano?"
"Non
molto.. La foresta era il punto perfetto per il nostro assalto e lì
i ragazzi avrebbero
potuto cavarsela
anche da soli. Ma
adesso.. devi partire anche tu e occuparti della
questione..".
Saint-just
portò
indietro la testa e scoppiò
a ridere "finalmente un po' di azione!" esclamò,
estraendo un pugnale dalla cintura e cominciando a
giocherellarci
"Devi
ucciderla, hai capito? È un'occasione perfetta e non deve essere
sprecata. Lei è sola, senza Bernard né alain e ha il braccio fuori
uso. Non puoi fallire.."
Saint-just
sorrise e gli si avvicinò, accarezzandogli piano una guancia "max..
Io sono il tuo angelo della morte.. Sono nato per uccidere chiunque
tu voglia.."
Robespierre
socchiuse appena gli occhi e coprì la mano pallida dell'altro con la
propria, più grande e forte "ho la massima fiducia in te,
infatti. Presto, insieme saremo i re indiscussi di questa città e
della Francia intera.."
Saint-just
annuì e poggiò
le proprie labbra su quelle dell'altro in un rapido
bacio.
Robespierre
assecondò
quell'effusione per un lungo momento, prima di allontanarsi
leggermente "devi andare, hai molte cose da fare prima di
partire.."
Saint-just
mugolò appena, dirigendosi nuovamente verso il nascondiglio nella
libreria.
Aveva
già messo un piede all'interno, quando si voltò verso robespierre
"max.."
"Mmm..?"
"Sta
attento.."
Robespierre
annuì rassicurante e quando la libreria si richiuse, sussurrò
"sta
tu attento piuttosto, angelo mio... Va e torna vincitore.."
Rifugio
dei ribelli
Non
c'era altro rumore nella stanza fiocamente illuminata se non quello
della corsa dell'ago attraverso la stoffa.
Rosalie
sedeva su una delle polverose sedie di legno accanto al tavolo,
intenta a rammendare uno dei calzini di Bernard
“Come
sei brava a cucire mamma!"
La voce entusiasta della bambina fece piegare le labbra sottili di
Nicole in un luminoso sorriso.
"Appena
sarai più grande, lo insegnerò anche a te, piccolina mia.."
"Ma
io sono grande mamma, guarda!" La bambina si sistemò in piedi
sulla sedia e allungò
le braccia verso l'alto "non vedi come sono alta?"
Il
sorriso di Nicole si trasformò in una risata alla vista della figlia
e della sua espressione risoluta "sei davvero un gigante! Ma
vedi, rosalie, per certe cose serve esperienza, pazienza e tanta
buona volontà.."
"Ma
tu dici sempre che io sono la bambina più votenterosa del
quartiere!"
"Volenterosa,
Rosalie.." La corresse con un sorriso Nicole, guadagnandosi uno
sguardo imbronciato.
"Votenterosa
sì, come ho detto io!" Insistè rosalie, sistemando le manine
sul tavolo scheggiato "se mi insegni, mamma, ti aiuterò e non
dovrai sempre fare tardi la sera! Lo so che rimani sveglia per poter
cucire sempre e comprare tante cose buone per me e
Jeanne.
Non voglio che ti stanchi tanto!"
Nicole
rivolse un sorriso affettuoso alla bambina e le accarezzò piano una
guancia "come farei senza la tua bontà, piccola rosalie? Vieni
qui allora, ti faccio vedere.."
Spostò
leggermente la stoffa e riprese a cucire più lentamente, in modo che
la bambina potesse osservare i suoi movimenti "prima su, poi
giù.. Prima su e poi giù. Prima su e poi giù e il buchetto non c'è
più!" Canticchiò,
facendo battere le mani alla piccola rosalie, che subito ripetè
felice
"Prima
su e poi giù, prima su e poi giù, prima su e poi giù e il buchetto
non c'è più!"
Rosalie
si riscosse da quei felici ricordi a malincuore.
Quanto
tempo era trascorso da quei giorni difficili, ma
che a lei parevano
così spensierati?
Quanto
tempo era trascorso dall'ultima volta che aveva abbracciato sua
madre?
La
figura dell'esile e al tempo stesso battagliera donna comparve vivida
davanti ai suoi occhi, rendendoli immediatamente lucidi.
"Mi
manchi così tanto, mamma. Soprattutto in momenti come questi. Tu
sapresti consigliarmi e dirmi ciò che è meglio per me. Mi
abbracceresti e io mi nasconderei nel tuo petto per dimenticare ogni
tristezza.. Oh mamma, se solo potessi confidare a qualcuno i tormenti
del mio cuore.. Ho così tanta paura.. Per Oscar, per me, per il
nostro futuro, per questo domani così incerto e terribile!! Sono
così confusa, così preoccupata.. Chissà cosa penseresti di me..
Avevi così tanti progetti.. Sognavi che sarei diventata una persona
importante, che avrei sposato un uomo buono e gentile quando mi fossi
innamorata.. Oh mamma.. Adesso sono innamorata come mai pensavo di
esserlo, ma di lei.. Di
lei che quando mi guarda mi fa impazzire..
Di
lei che riempie ogni mio singolo pensiero, ogni mia emozione.. Di lei
così sfuggente e così misteriosa. Di lei che è fuggita via senza
avere il coraggio di sostenere il mio sguardo. Non
era mai accaduto prima... Cosa voleva dirmi e cosa ha tenuto celato
nel suo cuore? I suoi occhi, seppur per un breve momento, mi hanno
parlato. Ho visto la luce, la fiamma che li animavano.. Se solo
potessi essere certa, se solo potessi essere sicura che ciò che ho
visto è ciò che è e non ciò che il mio cuore spera che sia.. Mi
ero ripromessa di espormi, di dirle tutto ciò che provo per lei, ma
è
inutile.. Ho troppa paura, troppa paura di sbagliare, troppa paura di
stare vivendo un'illusione, troppa paura di perderla... Se solo fossi
più coraggiosa, se solo fossi più simile a te, mamma.. Tu eri così
forte, mentre io così debole.. Non so fare altro che piangere.. Non
sono stata nemmeno capace di convincerla a non partire stanotte..
Già, stanotte.. Se solo ci penso tremo di terrore.. Come
potrà affrontare un così grande pericolo..? È sola, è ferita..
Cosa accadrebbe se la attaccassero? No, non posso
pensarci, non posso accettarlo.. Io..
Io devo fare qualcosa.. Io.. Io.. Io devo
andare con lei! Sì,
non c'è altro modo.. Partirò anch'io.. Non
mi importa cosa mi dirà, non
mi importa se
si arrabbierà.. Io devo farlo..
Devo aiutarla.. In un modo o nell'altro.."
Il
grattare della porta la fece sobbalzare e per poco l'ago non le punse
il dito.
Oscar
entrò stancamente in casa, quasi trascinando i piedi, il viso più
pallido che mai.
"Ciao
rosalie.." mormorò, rivolgendole un sorriso.
"Monsieur
Oscar! Per fortuna siete già tornata a casa! Temevo che Robespierre
vi trattenesse troppo a lungo! Avete bisogno di riposo, nelle vostre
condizioni.."
"Mi
sento bene, rosalie, non temere.. Devo solo.. Riposare un po'.."
ebbe
solo il tempo di rispondere Oscar prima di barcollare sul
posto.
"Monsieur
Oscar!” esclamò
Rosalie preoccupata, affrettandosi ad affiancarla e ad accompagnarla
verso la sua sedia.
Tremava
di freddo e, con enorme probabilità, aveva anche la febbre.
“Non
dovete assolutamente muovervi.. Siete già così debole e ora
tremate.. Non potete partire, non stanotte, bisogna avvisare gli
altri, il piano..”
“Il
piano non verrà modificato e io partirò stanotte..” la voce di
Oscar era gelida quasi quanto le dita che si erano strette intorno al
polso di Rosalie in una morsa glaciale.
“Non
avremo un'altra possibilità e non sarà un po' di freddo a
fermarmi..”
Rosalie
scosse lentamente la testa, agitando la mano per liberarsi dalla
stretta dell'altra.
“Consentitemi
perlomeno di prepararvi qualcosa di caldo o gelerete su quella sedia”
mormorò, dandole le spalle e dirigendosi dall'altro lato della
stanza.
Oscar
sospirò, massaggiandosi lentamente la radice del naso, mentre un
rauco colpo di tosse le piegava le spalle.
Si
sentiva malissimo, era vero, ma non poteva tirarsi indietro, non dopo
essere riuscita a convincere la regina, non dopo aver organizzato
ogni cosa.
Allungò
le gambe per dare un po' di sollievo alla sua schiena dolorante e
socchiuse gli occhi, cullata dai rumori soffusi che Rosalie stava
producendo.
Faceva
freddo, tanto freddo e la neve, nonostante avesse già coperto il
paesaggio circostante, continuava a cadere.
Oscar
strinse le spalle nel sottile mantello e si guardò intorno.
Non
c'era nulla, tranne lei e la neve.
Cos'era
quel posto? E, soprattutto, perché si trovava lì?
Non
ricordava nemmeno come vi fosse arrivata.
Era
sul punto di iniziare a camminare, quanto meno per scaldarsi i piedi
intirizziti, quando un urlo soffocato, proveniente dalle sue spalle,
attirò la sua attenzione.
Oscar
si voltò in fretta, appena in tempo per vedere due figure poco
distanti, una più alta dell'altra, che sembravano discutere
animatamente.
Chi
erano..? Perchè erano in quel posto dimenticato?
“Monsieur
Oscar!!” il grido terrorizzato della più piccola ebbe il potere di
paralizzarle il cuore.
Rosalie..
Solo Rosalie la chiamava in quel modo..
“Rosalie!
Rosalie!”
Oscar
scattò in una folle corsa, totalmente dimentica del freddo
pungente,il cuore che le batteva furiosamente nel petto.
“Oscar!”
gridò nuovamente Rosalie, mentre l'altra figura la afferrava per i
polsi e li teneva sollevati davanti a sé.
“Non
toccarla! Lasciala stare!” ringhiò Oscar furiosa, accelerando
l'andatura.
Erano
così vicini, eppure sembravano tanto distanti..
“Chi
sei? Abbi il coraggio di mostrarti!”
La
figura sconosciuta scosse lentamente la testa e altrettanto
lentamente sollevò il capo.
Portava
una maschera, una maschera inquietante: aveva il fondo grigio e su di
esso era dipinta un'espressione talmente innaturale da far tremare
Oscar di paura.
“Chi..
Chi sei tu..?”
“Monsieur
Oscar! Monsieur Oscar!” la voce dolce di Rosalie le parve potente
quanto un tuono.
“Rosalie!”
esclamò trasognata, rabbrividendo sulla sedia e agitandosi appena.
“Perdonatemi
se vi ho svegliata, ma è un peccato farlo raffreddare..”
Oscar
allungò il collo curiosa e alla vista del liquido ambrato non potè
fare a meno di spalancare gli occhi.
“Non
posso crederci.. E' quello che penso io..?”
Rosalie
sorrise e annuì contenta “E' thè.. Ero sicura di farvi felice..”
Oscar
lo afferrò immediatamente, portando la tazza vicino al viso per
godere di quell'odore forte che da troppo tempo non percepiva.
“Come
hai fatto a trovarlo? E' rarissimo di questi tempi..”
“E'
stato il destino a volerlo.. Una signora me l'ha regalato per
ringraziarmi di averla aiutata a curare il suo bimbo malato. Penso
che fosse la cosa più preziosa che possedesse..”
Oscar
le sorrise, prima di assaporare la bevanda e socchiudere gli occhi
“Non
ricordo nemmeno l'ultima volta che l'ho bevuto.. Non sai quanto mi
hai reso felice..”
“Ne
ero certa.. So quanto vi piace. Vi sentite meglio?”
“Mi
sento rinata, è diverso.. Ne vuoi un po' anche tu?”
Rosalie
annuì e, allungate le mani, si beò della leggera carezza che le
regalarono le dita di Oscar nel passarle la tazza.
Rimasero
qualche minuto in silenzio, Oscar con gli occhi socchiusi e un
sorriso accennato e Rosalie che beveva, godendosi la vista dell'altra
finalmente tranquilla.
Fu
proprio lei a rompere la calma della stanza.
“Ho
preso una decisione, monsieur Oscar..”
“Una
decisione..? Riguardo a cosa..?”
“Stanotte
verrò con voi e vi accompagnerò per tutto il viaggio..”
A
quelle parole il sorriso di Oscar svanì, sostituito da
un'espressione di pura disapprovazione
“E'
fuori discussione. Tu rimarrai qui al rifugio e alcuni ragazzi
guarderanno la casa. Mi sembrava di essere stata chiara.”
“Lo
siete stata, infatti, ma io non sono affatto d'accordo.”
“Non
sei d'accordo? E pensi che io sia d'accordo a farti venire con me?”
“Non
importa, perché verrò ugualmente, anche a costo di attaccarmi alle
vostre caviglie..”
Oscar
scosse la testa e si sollevò in piedi “Tu non verrai, è troppo
pericoloso e io non permetterò che tu..”
“Io
verrò, perché non posso sopportare il pensiero di perdervi ancora!”
l'urlo
di Rosalie riempì la stanza intera, facendola poi ripiombare in un
silenzio assordante.
“Rosalie...”
"No!
Non dite altro! Nulla di quello che direte mi potrà convincere del
contrario!"
"Ma
non pensi ai rischi? Non posso permettere che ti accada qualcosa, non
lo capisci?"
Rosalie
a quella frase sollevò il capo, gli occhi lucidi di lacrime e di
determinazione "se non mi portate con voi, morirò di paura al
pensiero che possa capitarvi qualcosa. Siete già morta una volta,
non posso sopportare che accada ancora.."
Oscar
non disse nulla, ma voltò il viso, incapace di sostenere lo sguardo
risoluto dell'altra.
Perché?
Perché le stava chiedendo una cosa così difficile?
E
perché lei non riusciva ad imporsi davanti a quegli occhi?
Il
cuore le batteva talmente forte da farle male e le mani le tremavano
per l'emozione. Non doveva voltarsi, non doveva guardarla,
altrimenti, sapeva, lei avrebbe letto nei suoi occhi tutto l'amore
che a stento il suo cuore stava cercando di trattenere.
"Monsieur
Oscar.." La leggera carezza che rosalie le deposito' sul polso
non fece altro che aumentare i suoi brividi.
"Vi
prego.."
"E
sia.. Ma sappi che se lo faccio è solo perché non posso sopportare
di farti soffrire." mormorò Oscar senza voltarsi, agitando
appena la mano per liberarsi dalla presa dell'altra.
Rosalie
non rispose, mentre un sorriso felice le incurvava le labbra.
"Monsieur
oscar, io.." cominciò, ma la voce secca e quasi aspra di Oscar
la
interruppe bruscamente "Sbrighiamoci, c'è molto da preparare e
ben poco
tempo
da gestire.."
Place
de le Revolution, quella notte
Il
palazzo delle Tuileries si stagliava imponente e silenzioso di fronte
a lei.
Non
c'era nulla, in quella calma apparente, che lasciava presagire quello
che di lì a poco sarebbe avvenuto.
Mancava
poco, ormai, all'ora stabilita e Oscar si stupiva di essere riuscita
a preparare tutto in tempo.
Mentre
Rosalie si era occupata di trovare degli abiti consoni al loro
travestimento, infatti, lei aveva trascorso gran parte del pomeriggio
nei pressi del palazzo delle Tuilereis, per studiare con minuzia i
movimenti delle guardie all'interno dei giardini.
Con
suo enorme sollievo aveva scoperto che si muovevano in gruppi di due
o di tre, compiendo costantemente lo stesso giro intorno al perimetro
della struttura, per poi aprirsi ad arco in prossimità della fontana
principale e tornare sui loro passi.
Con
la giusta tempistica e una buona dose di fortuna sarebbe riuscita ad
entrare nel palazzo senza farsi vedere da nessuno.
Sebbene
Robespierre le avesse assicurato che le guardie non avrebbero osato
contravvenire ai suoi ordini, infatti, Oscar si fidava ben poco delle
sue parole.
“Sarò
io ad entrare nel palazzo di nascosto, mentre tu mi aspetterai con la
carrozza nel luogo stabilito, uno degli uomini di Robespierre ti
accompagnerà a destinazione..”
“Entrare
nel palazzo di nascosto? Ma, Monsieur Oscar, non capisco.. Che
bisogno c'è di entrare di nascosto quando le guardie non faranno
alcuna opposizione..? L'ha detto lui stesso che...”
“Non
mi fido di quello che dice quell'uomo. Avrò accettato la missione,
ma non sono stupida al punto tale da prendere per oro colato ogni sua
parola, Rosalie..
Svelta,
preparati e recati in Rue de l'Universitè. In base agli accordi ti
staranno già aspettando..”
L'espressione
coraggiosa che Rosalie le aveva rivolto si mostrava ancora vivida di
fronte ai suoi occhi stanchi.
“Rosalie..
Così piccola e fragile, eppure così risoluta e determinata.. A
volte credo di conoscerti, altre volte mi rendo conto di non
conoscerti affatto.. Se penso a com'eri quando sei giunta al mio
palazzo e a come sei diventata quasi non ci credo.. Sei cresciuta
così tanto che quasi mi spaventi.. Non avrei mai, mai voluto
portarti con me.. Tremo solo al pensiero di quello che potrebbe
capitarti, ma al tempo stesso so che avrei sofferto enormemente
sapendoti lontana da me.. Mai come stanotte credo di aver bisogno
della tua forza..”
In
lontananza un campanile battè le ore.
“Mezzanotte
meno un quarto, è il momento..”
Oscar
raddrizzò le spalle e, dopo essersi sistemata meglio il cappuccio
sul capo, silenziosa come un'ombra uscì dal cantuccio nel quale era
rimasta nascosta, dirigendosi in fretta verso la propria
destinazione.
Palazzo
delle Tuileries, camera da letto
Maria
Antonietta sedeva davanti al solito specchio, all'apparenza calma e
tranquilla più delle altre sere.
Il
suo cuore, tuttavia, fremeva di eccitazione al pensiero che di lì a
poco Oscar sarebbe arrivata per condurli verso la libertà e la
salvezza.
“Oh
Oscar.. Non sai quanto desidero vederti adesso.. Sono così felice,
ma allo stesso tempo così preoccupata. Andrà tutto bene, non è
vero..? Oh.. ma certo che andrà tutto bene se ci sei tu accanto a
noi.. Oscar, oh Oscar.. Quando arriverai..? Non attendo altri che te,
seduta in questa fredda stanza..”
Inconsapevolmente,
le esili dita della mano destra corsero verso la manica sinistra
dell'abito ormai consunto e ne estrassero una piuma, una singola
piuma bianca che ancora riluceva, perfetta nella sua semplicità,
alla luce della candela ormai morente.
Maria
Antonietta sorrise, avvicinando la piuma al volto e socchiudendo gli
occhi, mentre il ricordo del giorno felice in cui aveva preso quel
piccolo oggetto, le pervadeva l'anima.
“Buon
compleanno, maestà!"
"Tanti
cari auguri, vostra altezza!"
Quelle
esclamazioni avevano riempito i lunghi corridoi della reggia sin
dalla mattina presto, riempiendo
di gioia il cuore di Maria Antonietta.
Era
il 2
novembre ed era il suo compleanno.
Lo
aspettava da più di una settimana ormai e giorno dopo giorno aveva
vessato suo marito per scoprire in anticipo quali regali avrebbe
ricevuto e quali sorprese sarebbero state organizzate
in suo onore. Era riuscita a scoprire quasi tutto ciò che
desiderava, visto che il pover'uomo, suo malgrado, aveva dovuto
gettare la spugna e raccontarle quello che sapeva del ballo, dei
fuochi d'artificio e dei musici che sarebbero giunti direttamente
dall'Italia solo per lei, tuttavia..
Tuttavia
c'era qualcosa di quel giorno che ancora non conosceva e moriva dalla
voglia di scoprire.
Sebbene
fosse ormai giunta la sera, infatti, ancora non sapeva quale sarebbe
stato il regalo di Oscar.. Il biondo comandante l'aveva ormai
abituata al fatto di ricevere un piccolo pensiero da parte sua in
occasione del suo compleanno. Non
erano regali costosi, né fastosi, ovviamente, ma preziosi e
riservati come lei: dei
dolcetti fatti in casa dalla nonna di andré, dei ricami creati
da madame de jarjayes e una volta un
libro di poesie talmente bello da aver catturato persino lei che mai
aveva amato la lettura.
"Avete
visto il comandante Oscar quest 'oggi?" la sua voce ruppe il
silenzio della stanza, facendo trasalire la cameriera che la stava
aiutando negli ultimi preparativi per il ballo imminente.
"No,
altezza, ma ho sentito dire che è stata molto occupata per la parata
che si terrà domani in onore delle vostre maestà.."
"Capisco..
Molto bene, qui abbiamo finito. Puoi andare.."
"Sì
maestà.." Mormorò la giovane, congedandosi con un
inchino
Maria
Antonietta sospiro' e lentamente si alzò in piedi, dirigendosi con
calma attraverso il corridoio che portava al salone degli specchi, un
solo pensiero a riempirle la mente
"Oscar non ha trovato nemmeno il tempo di farmi gli auguri..
Non
era mai capitato prima.."
Incredibile
come quella semplice constatazione le avesse tolto l'entusiasmo che
solitamente l'accompagnava prima di ogni ballo.
"Sua
altezza reale, la regina Maria Antonietta!"
La
voce del ciambellano la fece sobbalzare, mentre
la calda luce dei lampadari di cristallo la costringeva a socchiudere
gli occhi
"Altezza
reale.."
"Vostra
grazia.."
"I
nostri migliori auguri.."
Maria
Antonietta si premurò di regalare un sorriso ad ognuno di quei visi
adoranti prima
di lasciarsi
andare ad un sospiro: sempre le stesse frasi, sempre le stesse facce,
sempre la stessa routine.
"Forse
non è stata poi una buona idea farmi raccontare ogni cosa da Luigi..
Per colpa della mia curiosità non avrò alcuna sorpresa stasera.."
pensò delusa, avvicinandosi all'enorme buffet di fronte a lei.
Fu
un improvviso brusio alle sue spalle però ad attirare la sua
attenzione.
Incuriosita,
si voltò immediatamente e quello che vide le fece battere
il cuore
per
l'emozione.
Non
molto distante da lei, bellissima ed altera, se ne stava Oscar in
alta uniforme:
il
tessuto bianco le aderiva perfettamente al corpo esile e longilineo,
facendo risaltare le spalle larghe, mentre i capelli biondi parevano
fatti di oro puro
paragonati
all'argento delle medaglie.
Maria
Antonietta spalancò le labbra e le mani le tremarono tanto da far
oscillare pericolosamente il bicchiere di finissimo cristallo colmo
di vino.
Oscar
la stava osservando, il solito sorriso tranquillo ad incorniciarle le
labbra.
Da
quando i suoi occhi erano diventati così magnetici..?
Da
quando il suo viso era divenuto così perfetto da sembrare irreale..?
Stava
forse sognando o era tutto vero?
“I
miei omaggi, vostra Maestà. Vi porgo i miei più sinceri e
affettuosi auguri di un felice compleanno.” la voce seria ed
impostata di Oscar, inginocchiata
di fronte a lei,
la riportò bruscamente alla realtà.
Maria
Antonietta le sorrise, iniziando a sventolare il ventaglio per
calmare l'inspiegabile quanto irrefrenabile tremore alle mani
“Comandante
Oscar, finalmente vi vedo e per giunta in alta uniforme! Temevo vi
foste dimenticato di me, non siete venuto a salutarmi stamane come
vostra abitudine. Attendevo con ansia i vostri auguri..”
“E
il mio regalo, presumo..” aggiunse Oscar scherzosamente, facendo
ridacchiare l'altra.
“Precisamente,
comandante. Devo dedurre che la sorpresa che ho provato vedendovi qui
per danzare possa essere considerato un regalo sufficiente?”
“Non
esattamente, vostra Altezza. Vedete, se sono qui stasera è solo ed
esclusivamente per una ragione..”
“Non
mi dite.. Avete già scelto la fortunata dama che vi accompagnerà
nelle danze?”
“Naturalmente,
maestà... Quella
dama.. siete voi..”
Per
un attimo tutto intorno a lei svanì.
Voleva..
Voleva danzare con lei..? Era questo, dunque, il suo regalo?
“Mi
concedereste l'onore di danzare con me..?”
Maria
Antonietta non rispose, limitandosi ad osservare la mano guantata
dell'altra allungarsi verso di lei, le guance rosse come due
ciliegie.
“Io..
Io ne sarei enormemente felice..”
I
ricordi svanirono così come erano giunti.
Era
stata una serata magica, talmente indimenticabile da rimanere
indelebile nella sua mente. Aveva danzato con Oscar per tutto il
tempo, si era stretta a lei come mai era successo, l'aveva guardata
negli occhi così a lungo da aver imparato a memoria ogni sfumatura
di quel meraviglioso blu e alla fine della festa, senza nemmeno
sapere cosa stava facendo, le aveva rubato quella piuma dal cappello,
quella stessa medesima piuma che in quel momento stava stringendo al
petto come il tesoro più prezioso che possedeva.
“Antonietta..
Antonietta!” la voce ovattata di suo marito, proveniente dall'altra
stanza, la fece rabbrividire, costringendola a riporre in fretta il
piccolo oggetto
“Cosa
succede, Luigi?”
“Antonietta,
sbrigati, Oscar è qui, è ora!”
Nota
1: Meux. Come ho già spiegato nel capitolo precedente, non ho
rispettato i reali eventi storici legati alla fuga di Varennes.
Difatti la città di Meux era effettivamente presente nel tragitto
originale, ma non so se mai si sono fermati lì xD Senza contare poi
che nella mia storia Varennes è la meta finale, mentre nella storia
la loro destinazione era Montmeady
e
l'episodio è noto come fuga di Varennes semplicemente perché i
sovrani furono catturati a Varennes!
Per
ulteriori delucidazioni, vi invito a leggere la nota 2 del capitolo
5!
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