Alohomora

di DianaSpensierata
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Profezie ***
Capitolo 2: *** Amici ***
Capitolo 3: *** Sogni ***
Capitolo 4: *** Hogwarts ***
Capitolo 5: *** Missioni ***
Capitolo 6: *** Occlumanzia ***
Capitolo 7: *** Felix Felicis ***



Capitolo 1
*** Profezie ***


Profezie



Al numero quattro di Privet Drive, quel primo mese d’estate era trascorso piuttosto lentamente. Nessuna visita di elfi domestici o altre creature bizzarre, posta regolare dai suoi amici e dai membri dell’Ordine, articoli del Profeta che ora lo osannavano come un eroe, macchiando la carta riciclata di avvertimenti per tutte le famiglie di maghi e di notizie su come Lord Voldemort avesse già cominciato a stuzzicare con i suoi orrori il confine tra il mondo Babbano e quello magico. Nulla di tutto ciò sembrava turbare Harry; era ancora avvolto dalla coltre di dolore cieco che la morte di Sirius gli aveva lasciato; la quale, lo sentiva, veniva spesso ingigantita dal continuo sorvolare dei Dissennatori sui cieli di tutta Londra. Ora che un nuovo vuoto si era fatto strada nella sua vita e nel suo cuore, dopo quell’anno orribile, Harry avvertiva ancora di più l’effetto dei Dissennatori, e rimpinzarsi di cioccolato ad ogni ora del giorno non lo aiutava granchè. Lupin diceva che era normale, e che perlomeno, in casa dei suoi zii, era al sicuro. Un’altra ben magra consolazione.

A poco meno di un'ora di viaggio a bordo di un auto volante, l’estate fino a quel momento era stata un po’ più movimentata. Come in qualunque altra famiglia di maghi, il ritorno di Lord Voldemort si era fatto strada con prepotenza nelle vita alla Tana; la tensione era palpabile, dal sospiro di sollievo di Arthur Weasley quando apriva il Profeta la mattina e non vi trovata notizie gravi, dal così simile sospiro di Molly Weasley quando il marito rientrava a casa la sera, e dalle lancette di un orologio un po’ fuori dall’ordinario che puntavano insistentemente sulla scritta “pericolo mortale”. Sempre più rare erano le occhiate che ogni membro della famiglia vi lanciava, sempre più piccola la speranza che si spostassero.

Anni luce da un mondo in cui gli orologi davano simili indicazioni, ma non molti chilometri più a ovest, Hermione Granger controllava per la sesta volta di non aver lasciato nulla fuori dal baule. Avrebbe trascorso il resto dell’estate alla Tana con Ron, e presto li avrebbe raggiunti anche Harry, che sperava di trovare un po’ meno abbattuto.
Quell’anno a Hogwarts aveva lasciato il segno su tutti. La tensione sempre crescente a scuola, dall’assunzionie della Umbridge alle sue tirannie fino alla fuga di Silente; Hagrid, che di anno in anno sviluppava quel gigantesco talento a mettersi nei guai; gli esami, gli importantissimi G. U. F. O., i cui risultati continuavano a farsi attender; e ovviamente, quella terribile notte al Ministero.
Hermione non aveva visto Lord Voldemort: al momento del suo arrivo, era a terra, priva di sensi, colpita dalla maledizione silenziosa di Dolohov. Ma ricordava vividissimamente ogni cosa accaduta prima: il viaggio in groppa agli invisibili Thesral, la discesa nell’Ufficio Misteri, finchè non avevano trovato la porta giusta. La stanza delle profezie.
Hermione ricordava anche un’altra cosa, ma era l’unica dei presenti a conservarne l’immagine; l’unica, perché non ne aveva parlato con nessuno. In quel momento, così in bilico tra la vita e la morte, vedere una profezia targata con il suo nome l’aveva appena incuriosita, concentrata sul piano di Harry di distruggere gli scaffali. Non aveva esitato un attimo, pur sapendo che probabilmente la sua sfera si sarebbe rotta insieme a centinaia di altre. Eppure quando aveva capito di essere sopravvissuta anche a quello, il pensiero della profezia l’aveva tormentata. Tenuta sveglia. Dipinto i sogni del soggiorno nell’infemeria ogni notte dello stesso colore: quello del desiderio di conoscere.
E ricordava anche, ogni volta con la tensione che le mordeva il ventre da dentro, il momento in cui aveva deciso di parlarne con Silente.
Una parte di lei, piccola, ancora bambina, aveva sicuramente sperato che Silente non avesse le risposte che cercava. Non era stupida, aveva notato che qualcos’altro oltre alla morte di Sirius tormentava Harry da quel giorno, ed era sicura che c’entrasse con la profezia. Voleva bene a Harry ma non avrebbe retto un minuto a quasi nulla della sua segnata vita; lui era forte, più forte di quanto immaginasse. Lei era semplicemente determinata, e le due cose erano enormemente diverse.
Solo la dignità, continuava a credere, le aveva impedito di urlare alle parole udite nell’ufficio di Silente. Perché mai macchia più grande si era insinuata nella sua vita, nella sua mente e nella sua anima, mai un tale peso l’aveva ossessionata e terrorizzata. E ogni notte, e ogni minuto libero del giorno, continuava a risentire le parole di Silente.
« Hermione,  purtroppo i tuoi occhi non ti hanno tradita, quella notte, in quella stanza. Esiste veramente una profezia anche su di te, ma solo se sarai veramente convinta di volerla ascoltare, te ne parlerò. »
« Come fa a conoscerla, professore?»
« So che due anni fa hai abbandonato il corso di Divinazione » aveva sospirato con un sorriso stanco « per… come dire… sfiducia nelle doti di Veggenza della nostra Sibilla Cooman.» Hermione era arrossita leggermente. « Oh, non preoccuparti mia cara, io stesso ho dubitato di lei molto tempo prima che tu mettessi piede a Hogwarts.»
« E’ la verità?»
« Lo è, e non ho ancora deciso se vergognarmene o no. Per il momento, riferirò semplicemente i fatti. Sibilla porta nelle vene il sangue di una famosa Veggente…»
« Cassandra Cooman » aveva annuito Hermione.
« Esattamente. Vedi, non sempre le persone della tua famiglia ti trasmettono certe… caratteristiche, e capirne il percorso negli alberi genealogici diventa ancora più complicato quando si tratta di doti simli, già rare nel mondo magico. Così non fui sorpreso, quando la incontrai, di non vedere… beh, la Vista in lei » aveva sorriso. « Ma quella notte, Sibilla fece due profezie. »
« Due? ».
« Due » aveva confermato Silente. « E una, come ho capito, forse troppo tardi, forse troppo presto, riguardava te, Hermione.»
La ragazza era ammutolita. Qualcosa nel tono e nello sguardo triste di Silente diceva che non si trattava di nulla di buono, e aveva cercato di rimandare il momento in cui avrebbe saputo, chiedendo: « L’altra era su Harry, vero?»
Silente le aveva rivolto un rapido sorriso. « Perché negare ciò che è già stato compreso? Sì, riguardava Harry, e ho potuto riferirgliela tramite i miei ricordi. Ora, però, starà ad Harry se decidere di parlarvene o no. »
« Naturalmente » aveva annuito Hermione, piuttosto certa che al suo posto, quello in cui più o meno in effetti si sarebbe trovata a breve, non l’avrebbe fatto. « Dunque l’altra profezia…»
Silente si era alzato e aveva raggiunto un bacile di pietra, coperto di simboli nei quali Hermione aveva riconosciuto le Antiche Rune. Aveva già cominciato a decifrare le prime quando qualcosa all’interno del bacile aveva attirato la sua attenzione. « Quello è… »
« Il Pensatoio, sì » aveva confermato Silente.
E pochi secondi dopo, con la voce alterata dalle sue stesse parole, Sibilla aveva pronunciato la profezia che avrebbe cambiato per sempre la vita di Hermione.




Nota dell'autrice
Ciao a tutti! Sono completamente nuova alle ff su Harry Potter. E' una passione nata negli ultimi mesi (sebbene mi dicano che sono troppo vecchia per queste cose, ma non credo sia mai vero), e per quelli di voi che sono in quel mondo da molto più tempo, chiedo... pietà! Ma anche una mano. Se trovate qualche incongruenza o qualcosa che secondo voi si distacca troppo dal personaggio, vi invito a farmelo sapere, ogni critica mi aiuterà enormemente! D'altronde, inserirsi tra le righe di J. K. Rowling in persona non è così semplice... spero recensiate in tanti!
Alla prossima
DS

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Capitolo 2
*** Amici ***


Amici




« Hermione, è ora! »
La voce della madre la riscosse dai ricordi, che Hermione bloccò bruscamente. Non le facevano bene e inoltre era in ritardo. Arrancò giù per scale con il baule stracolmo (non vedo l’ora che sia l’anno prossimo, quando potrò usare la magia per queste cose, pensava intanto) e raggiunse il salotto. La porta che dava sulla strada era aperta e la macchina di suo padre la stava già aspettando. Accolse distratta il bacio della madre sulla guancia sinistra, la salutò con un sorriso e se la lasciò alle spalle, caricando il baule e il suo corpo stranamente pesante sull’auto.

La Tana non cambiava mai. Sebbene la famiglia Weasley non poteva non essere rimasta turbata dagli ultimi avvenimenti del mondo magico, Hermione trovò lì la stessa calda accoglienza di sempre, che si scontrò con quel piccolo gelo dentro di lei. Ma non temeva che qualcuno se ne sarebbe accorto: non passavano così tanto tempo tutti insieme, con la sola eccezione di lei e Ron (la cui perspicacia in fatto di pensieri e sentimenti non la preoccupava  nemmeno per un secondo), e, quando sarebbe arrivato, Harry. Forse lui avrebbe intuito qualcosa… ma una presenza nuova e sufficientemente irritante nella Tana le diede la scusa giusta per lasciare che il suo sguardo ogni tanto perdesse vivacità e sembrasse rimuginare: Fleur, la nuova fidanzata di Bill. La famosa, splendida nipote di una Veela che aveva instupidito Ron per tutto il quarto anno, ora stava con suo fratello. Hermione era abbastanza acuta da apprezzare l’ironia delle cose, e si aggrappò a quella risata che, nonostante facesse arrossire ogni millimetro del viso di Ron, almeno le dava un’illusione di leggerezza.

Quella sera Hermione rivide parte dell’Ordine per la prima volta dopo la notte al Ministero: Lupin e Tonks, infatti, sotto la gentile insistenza della signora Weasley, furono ospiti per la cena.
Nessuno dei due era rimasto indenne agli ultimi avvenimenti: Lupin, che già faticava a reggere l’alternanza delle fasi lunari, sembrava più invecchiato e stanco che mai, solo la morbidezza del suo sguardo a ricordare l’uomo e l’insegnante che era stato. Sembrava aver mollato la presa, su di sé, sulla sua vita. Sirius era stato il secondo amico perso per mano di Voldemort (anche se questa volta indirettamente), il terzo invece si era rivelato nientemeno che un suo vile servitore. Hermione non riusciva a immaginare cosa dovesse aver passato.
Tonks invece aveva perso suo cugino, l’ultimo Black rimasto. Il suo corpo e la sua anima giovani avevano dovuto reggere quello e i segni della battaglia nel Ministero, e ora, come appresero durante la cena, anche i suoi poteri erano stati alterati.
Hermione guardò la coppia di maghi, riflettendo tra una zuppa di pesce e una frittata di zucca, e soffermandosi soprattutto su Lupin. Ottimo insegnante, persona buona, intelligente e comprensiva. Non avrebbe potuto trovare migliore appoggio di lui. Perché allora non tentare?
In quel momento, forse sentendosi osservato, Lupin si voltò verso di lei e le sorrise il suo sorriso più riuscito. « E tu Hermione, come stai? »
Anche lei ricambiò con il suo sorriso più riuscito. « Non c’è male, professore ».
« Come sta la tua famiglia? Sanno qualcosa…? »
« Io… loro non sospettavano niente. Capivano che c’era qualcosa di strano, ovviamente, con tutte quelle notizie, ma non avevano pensato che la causa potesse essere nel nostro mondo. » abbassò la voce in modo da non disturbare le conversazioni degli altri al tavolo. « Ma mi sono sentita in dovere di dirglielo. Non tutto quanto, ovviamente… penso sia meglio per loro non sapere quanto è vicino a noi, a Harry soprattutto… » “e a me” completò mentalmente.
Lupin annuì. « Non credo nemmeno farebbe bene loro sapere che ti sei battuta senza esitare contro i suoi seguaci » le sorrise. « Non ne ho ancora avuto l’occasione, purtroppo sono state settimane un po’ movimentate, ma… voglio congratularmi con te, Hermione. Sei sempre stata una ragazza molto sveglia, ma il coraggio che hai dimostrato quella notte, seguendo Harry all’Ufficio Misteri, è prova di una virtù non così comune, nemmeno tra i maghi più grandi. »
Un brindisi per la notizia della promozione del signor Weasley impedì ad Hermione di rispondere, ma qualcosa, nel tono, nel modo di fare, nello sguardo di Lupin le urlava una parola: fiducia.
Stava per lasciare la Tana con Tonks, un’ora e mezza più tardi, quando lei non potè evitare di richiamarlo indeitro. « Professore! »
Lui abbandonò educatamente la conversazione con la signora Weasley e la raggiunse subito. « Che succede, Hermione? »
La ragazza si tormentò le mani. Fece qualche passo indietro, invitando Lupin ad allontanarsi dagli altri. « Io…da quella notte, ho scoperto una cosa. »
Lupin la guardò, serio. « Di cosa si tratta? » Hermione sospirò, sentendosi quasi male dall’agitazione. Lui se ne accorse. « E’ qualcosa di grave? » annuì, gli occhi che si inumidivano. Lupin la prese delicatamente per un braccio e la guidò nella stanza accanto, facendola sedere sul divano. « Riguarda qualcuno di noi? Qualcuno è in pericolo? »
« Beh… » non sapeva esattamente cosa rispondere. « Voi non siete più in pericolo per questo, però…» si tormentò le mani. « Professore, è talmente orribile che… non riesco nemmeno a dirlo » singhiozzò.
Lui le si fece più vicino, ora estremamente serio. « Riguarda Lord Voldemort? » Hermione annuì. Lupin sospirò. « Hermione, Lord Voldemort è un mago molto potente, non lo negherò mai. Ha delle risorse… inimmaginabili, temo » sospirò di nuovo. « Ma c’è una cosa di cui sono sicuro. Noi siamo pronti. Questo non impedisce a nessuno di noi di avere paura, né, a volte, purtroppo, di perdere qualcuno. » fece una pausa, fissando un punto nel vuoto. « Ma noi resistiamo, giorno e notte, perché sappiamo che lo scopo finale non ha prezzo. Non solo non ha prezzo, sono anche fermamente convinto che sia destinato ad essere. Sono piuttosto bravo in Difesa contro le Arti Oscure…» Hermione sorrise. « … e posso garantirti, proprio per questo, che la Luce è più forte. Non dubitarne mai. Anche nei pensieri, nelle cose che non riesci ancora a dire… sappi questo. Alla fine vinceremo noi.»

L’arrivo di Harry alla Tana portò con sé una ventata di distrazione e novità. Giunse con Silente durante la notte, poco dopo che Hermione, tenuta sveglia dalle parole di Lupin, aveva ceduto al sonno. Una cosa la faceva sentire meglio: ora aveva qualcuno cui appoggiarsi, cui scrivere, o parlare, in caso di emergenza. Si era domandata, appena prima di chiudere gli occhi, se l’arrivo di Harry le avrebbe portato la stessa sensazione.
I tre amici si riunirono il mattino seguente: appena appreso l’uno della presenza dell’altro, Ron, contro i rimproveri di Hermione, era corso a svegliare Harry. Mentre si affannava a evitare di parlare di Sirius, lei studiava il ragazzo con attenzione, curiosa di sapere se sarebbe arrivato il momento in cui avrebbe parlato loro della profezia. E, con un’ombra di tristezza, si chiese cosa sarebbe accaduto se lei ne avesse approfittato per fare lo stesso…
« Quest’anno mi darà lezioni private » fece Harry tra un discorso e l’altro, riferendosi a Silente. Lei trattenne il respiro. Se aveva interpretato bene quell’informazione, allora poteva essere l’occasione per entrambi… pregò che lui riuscisse a raccogliere il coraggio, e forse sarebbe riuscita ad imitarlo, erano amici da così tanto tempo…
« Non so di preciso perché mi dia lezioni private, ma credo che sia per via della profezia. » il tempo per Hermione si fermò. Nessun Gira Tempo avrebbe mai potuto farle lo stesso effetto di quella parola. Rimase lì, congelata, frugando dentro di sé per trovare il coraggio che l’aveva fatta finire nella Casa del Grifondoro. « L’ho ascoltata per intero nell’ufficio di Silente… » lui lo stava dicendo… non poteva essere più facile per lui che per lei, giusto? « …secondo la profezia… » ma Hermione lo sapeva, lo sapeva benissimo che sebbene i destini suo e di Harry fossero intrecciati con lo stesso, terribile mago… « …pare che nessuno dei due possa vivere se l’altro sopravvive. » …lui aveva solo la responsabilità. Una responsabilità enorme, certo. Ma nulla a che vedere con la vergogna che mangiava lo stomaco di Hermione da settimane.
E così rinunciò a quella folle idea di parlare e rientrò nel suo ruolo di amica e compagna nel viaggio di Harry. Gli chiese se aveva paura. Fece varie ipotesi su ciò che avrebbe imparato da Silente. Rimase la Hermione di sempre agli occhi dei suoi migliori amici, e sebbene la franchezza fosse sempre stata un punto fermo nel loro legame così saldo, era sicura che in quella situazione sarebbe stata la loro rovina.




   Note dell'autrice
Ciao di nuovo! Ho aggiornato subito... primo, perché non resistevo a tenermi questo capitolo per me!, secondo, perché ho avuto la geniale idea di cominciare una storia due giorni prima di entrare in quel piccolo inferno che è la quinta liceo. Quindi, per gli aggiornamenti successivi, potrebbe volerci più tempo... mi auguro di no, intanto sappiate che scrivo come una pazza! Fatemi sapere cosa pensate, attendo con ansia. Grazie dell'attenzione!
DS
 

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Capitolo 3
*** Sogni ***


Sogni




Alcune settimane più tardi, trascorse similmente a quelle di ogni anno, non fosse stato per le notizie agghiaccianti che il Profeta continuava a riportare, i tre amici, Ginny, i signori Weasley e Hagrid si aggiravano per le cambiatissime strade di Diagon Alley. Il clima caldo non riusciva in alcun modo a togliere la sensazione di gelo, dovuta forse ai Dissennatori che sorvolavano tutta la città, sicuramente alla vista che si parò loro davanti. Piccoli gruppi di maghi si muovevano frettolosamente, parlando piano e guardandosi continuamente alle spalle; i locali e i negozi, un tempo dalle vetrine decorate e sempre fonti di schiamazzi e risate, si affacciavano silenziosi alla strada, alcuni chiusi, altri semivuoti; i volti dei Mangiamorte contro cui i ragazzi avevano lottato così pochi mesi prima li sfidavano beffardi dalle foto appese in ogni angolo libero del quartiere. Non era stata una scelta molto saggia; la combinazione delle probabilità di avere il coraggio di denunciare un loro avvistamento, e di sopravvivere allo stesso, era molto scarsa; la loro presenza di carta non faceva che aumentare nei passanti il senso di vulnerabilità. Anche Hermione distolse più volte lo sguardo, a disagio.
« Fa venire i brividi, vero?» fece Ron. Lei si aggrappò al suo braccio.
Hagrid accompagnò Harry, Ron e Hermione da Madama McClan a comprare le divise nuove.
« Ehm… è meglio se ci sto fuori, sarà un po’ strettino là dentro, se entriamo tutti » borbottò lui, appoggiandosi al muro e sbattendo la testa contro la parte più bassa del tetto.
I ragazzi lo lasciarono alle prese con le sue imprecazioni che coinvolgevano draghi e barbe di famosi maghi, ed entrarono nel negozio. Immediatamente, come poterono leggere l’uno sul volto dell’altro, riconobbero la voce strascicata ed arrogante che proveniva da dietro una fila di uniformi. Gli occhi di Harry si assottigliarono per l’odio, Ron strinse i pugni, Hermione si riportò violentemente alla realtà, pronta a calmare i suoi amici, quando da alcuni minuti una strana sensazione al ventre l’aveva gettata in uno stato misto tra confusione e panico,.
« … questa puzza… è appena entrata una sporca Mezzosangue » potè tuttavia udire chiaramente, mentre un gesto fulmineo le catturò la vista: Harry e Ron avevano sfoderato la bacchetta con velocità impressionante, quasi prima che Draco parlasse. Si preannunciava uno degli incontri più sgradevoli tra i quattro. Mai erano stati uniti da chissà quale trasporto o affetto, ma le cose si erano leggermente raggelate, da quanto Lucius era finito ad Azkaban a causa loro. Mentre borbottava ammonimenti ai suoi due amici, sempre meno convincenti, sia alle loro che alle proprie orecchie, rivide in Draco il volto del padre, ugualmente affilato e pallido; lo ricordò nella buia paura di quella notte, colorata dai lampi di lotta e odio. Le sembrò quasi di sentire ancora vibrare la bacchetta nella sua mano, guidata dal frutto degli insegnamenti di Harry dell’ES ma allo stesso tempo da ciò in cui credeva, al di sopra di tutto: Bene e giustizia.
E si chiese, un punto interrogativo un po’ sfumato, spento, se il suo nome su quella profezia non fosse solo un errore.
« Credo che questa notte sognerò di staccare la testa a quell’idiota » ringhiò Ron, riponendo la bacchetta, mentre Draco lasciava il negozio con sua madre.
« Magari » mormorò Hermione. Cambiare sogno per una notte non le sarebbe spiaciuto.

« E’ bene che tu sappia, Hermione, una cosa. Non sempre le profezie si rivelano esatte. A volte nascondono un simbolismo a noi incomprensibile, altre volte sono le scelte che facciamo a cambiare il corso degli eventi. Ti conosco e so che fra te e la giovane donna protagonista di quella profezia, sebbene porti il tuo nome, ci sono infinite differenze. Non arrenderti ad essa, non farti intimorire da quelle parole, non sentirti macchiata. Agisci seguendo il tuo cuore, e sono fermamente convinto che non ci saranno pericoli, né per te né per il nostro mondo.»
Qualcosa di spaventosamente diverso si impose sul sogno di Hermione, inghiottendo la calda luce dell'immagine dello studio di Silente e la leggera serenità che le sue parole portavano.
« Ah! » spalancò gli occhi nella notte. Una luce si accese accanto a lei, e dei borbottii si diffusero per il piano della casa.
« Hermione, che succede? » biascicò Ginny, gli occhi appesantiti dal sonno, sedendosi sul letto. Hermione non lo sapeva. Non voleva nemmeno chiederselo, ma non potè evitare di contrarre di nuovo il viso, portarsi una mano al ventre e gemere di nuovo, in preda a una sensazione stranissima. Era come… ma no...
« Cos’è stato? » chiese Ron, comparendo sulla porta, seguito da Harry e un’arruffata signora Weasley.
« Hermione… credo non si senta bene » rispose Ginny per lei, al momento in effetti incapace, e non particolarmente desiderosa, di parlare. Le si avvicinarono tutti mentre un’altra scarica di quella sensazione si diffondeva maggiormente nel suo corpo. Hermione sgranò gli occhi e strinse i denti per non urlare, più per la tensione che per un dolore vero e proprio.
« Cara, che ti succede? Il pasticcio di granchio non ti è andato giù? » domandò la signora Weasley, accovacciandosi accanto a lei. Mormorò un “può darsi”, ma Harry, più indietro rispetto agli altri, la guardava in modo diverso. Aveva la fastidiosa espressione di chi sapeva che il pasticcio di Molly non c’entrava un accidente.
« Cavolo, hai la stessa faccia di Harry quando sognava Tu-S…» ogni singolo occhio presente in quella stanza fulminò Ron, che ebbe il buon senso di arrossire. Mai quanto Hermione però, che cercò riparo tra le coperte, un riparo che nessuno, tuttavia, avrebbe potuto darle.
La signora Weasley le si accostò all’orecchio. « Deve venirti il ciclo, cara?»
« Non lo so, forse » rispose debolmente lei.
« Ho un ottimo rimedio magico. Me lo insegnò mia madre… so che di solito voi Babbani prediligete altri metodi, ma se mi permetti…»
« Non si preoccupi, signora Weasley » sorrise al meglio che le riuscì. « Mi passerà, mi ha solo colto alla sprovvista… »
La donna annuì comprensiva. Le diede un tocco affettuoso sulla guancia e poi si rialzò. « Forza, tutti a letto! Non c’è nulla da vedere. Domani mattina sarà come nuova. » ricacciò indietro i ragazzi severa e salutò Hermione con un sorriso.
« Grazie, scusatemi » disse lei alla porta socchiusa. Rimase Ginny a fissarla, ma Hermione con un sorriso si ridistese a letto, e la ragazza la imitò.
Si rigirò tra le coperte per ancora quasi un’ora. Dopo un numero di anni forse impossibile da contare sulle dita di una mano, Hermione aprì un varco nella sua razionalità e pregò. Pregò che le parole di Silente fossero vere. Pregò di essere forte. Pregò che quella sensazione, come invece aveva accennato per scherzo Ron, e forse in qualche modo intuito Harry, non avesse nulla a che vedere con Lord Voldemort.




Note dell'autrice
Buonasera a tutti!
Terzo capitolo. Non ho molto da dire, soltanto, spero che la storia continui a incuriosirvi e a meritare le meravigliose parole delle vostre recensioni (grazie a tutti, dal profondo del cuore, veramente). Aspetto il vostro parere e mi auguro di sentirvi presto!
DS
 

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Capitolo 4
*** Hogwarts ***


Hogwarts




La prospettiva del ritorno a Hogwarts portò un morbido sollievo a tutti quanti. Nonostante la piccola scorta di Auror che li accompagnava, amaro ricordo dei mesi difficili in cui vivevano, nessuno si sarebbe sentito più al sicuro che sotto lo stesso tetto di Albus Silente.
Una volta superata la solita barriera e raggiunto il binario invisibile ai Babbani, Hermione e Ron si separarono da Harry, come l’anno precedente, per raggiungere la carrozza dei prefetti. Harry non era stato scelto l’anno precedente perché, a quanto sembrava, Silente era convinto che avesse già fin troppe responsabilità. “E io?” si chiese Hermione con un moto di stizza. Forse Silente credeva che lei non l’avrebbe scoperto così presto. E se quella notte non fossero andati nell’Ufficio Misteri, o semplicemente lei non avesse visto quella maledetta sfera, nessuno gliel’avrebbe detto? Avrebbe dovuto aspettare di finire tra le mani di…
« Hermione, mi stai ascoltando? » fece Ron, per quella che Hermione temette non essere la prima volta.
« Scusami, stavo ripassando il primo capitolo del nuovo libro di Pozioni » mentì, tuttavia sicura di sembrare sincera.
« Ti pareva» borbottò lui infatti. « Ti stavo chiedendo di Harry. Come ti è sembrato ultimamente. »
Sedettero in uno scompartimento vuoto, l’uno di fronte all’altra. « Non saprei. Credo che si senta bene, in generale. Forse lo avevamo sottovalutato, ma quando ci ha parlato, sembrava sereno…»
« Oh andiamo, Hermione, ma hai sentito cosa dice quella profezia? » fece incredulo.
« Certo che l’ho sentito » saltò su lei, brusca. « Ma niente di quello che Harry ha affrontato fin’ora sembrava portarlo a qualcosa di diverso, non ti sembra? Non è stato nulla di inaspettato. E Harry è coraggioso. È la persona più coraggiosa che conosca.»
Ron sembrò rabbuiarsi. «  Oh, beh… la fai tanto facile. A me la cosa terrorizza. Vorrei vedere se fossi al suo posto… »
« Ma non ci sono, Ron » sbottò, ancora più velenosa di prima.
« Lo so » replicò lui, accigliato. « Nessuno di noi è il Prescelto » Hermione deglutì, l’ansia che le solleticava la gola. « Dico solo che avrà bisgono di noi. Dovremo stargli vicino.»
Malgrado tutto, alla fine gli sorrise. « Certo che lo faremo. Oh, scusami, Ron, sono solo nervosa. Sei un amico fantastico per Harry. »
Quelle parole parvero rallegrare Ron per il resto del viaggio, durante il quale chiacchierarono piacevolmente, come una volta, nonostante le interruzioni dei compagni che li interrogavano sulla famosa notte al Ministero. Ron sembrava piuttosto fiero di poter rispondere, ma Hermione si affrettò a chiudere il discorso con tutti.
Saccheggiarono il carrello dei dolci, si domandarono come sarebbe stato il nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure (convenendo, ancora una volta, che non sarebbe mai potuto essere peggiore della Umbridge) e, una volta arrivati, infilarono le divise e guidarono gli studenti più giovani verso il castello.
« Dove credi che sia Harry? » chiese Ron, allungando appena il collo al di sopra degli studenti più bassi di lui di almeno una spanna.
« Sarà già sceso » ipotizzò Hermione, continuando a camminare. Di Harry però non c’era traccia nella Sala Grande.
Come ogni anno, lo Smistamento precedette il rituale banchetto. Il Cappello Parlante ricordò ancora con il suo canto di restare uniti, in quei tempi così duri. Ron come al solito non ascoltava, fissando con desiderio i piatti ancora vuoti, ma Hermione sì; e non potè non notare che il Cappello fece accenno a un pericolo nuovo, sconosciuto ma capace di seminare grande discordia. Quasi non si sorprese nel domandarsi se c’entrasse lei. In fin dei conti, il Cappello era sempre nell’ufficio del Preside, e lo era anche sicuramente il giorno che aveva appreso della profezia…
Ad un gesto di Silente i piatti si riempirono, ma lo stomaco di Hermione sembrava essersi ristretto. Guardò con insistenza verso il Preside, troppo concentrato sui suoi gnocchi e su una apparentemente divertente conversazione con la professoressa McGranitt.
« Ma che fine ha fatto Harry? » domandò, improvvisamente conscia del prolungarsi della sua assenza.
Ron alzò le spalle. Hermione guardò di nuovo al tavolo degli insegnanti. Anche Piton mancava, mentre Hagrid era appena arrivato. Stava per farlo notare a Ron, quando l’ingresso alla Sala Grande si spalancò, e lo varcò Harry, seguito dal professore che più odiava. Il primo però era ricoperto di sangue.
Perfino Ron fece cadere le posate. « Dove sei… santo cielo, che ti sei fatto alla faccia? » gli chiese mentre si infilava a sedere tra i due.
« Perché, che cos’ha che non va? »
« Sei coperto di sangue! » esclamò Hermione, angosciata. « Vieni qui… » con un gesto di bacchetta e la parola « Tergeo! », Harry tornò come nuovo.
« Grazie. »
« Harry, che cosa è successo? Eravamo spaventatissimi! »
« Ve lo spiego dopo » tagliò corto lui, un tono e uno sguardo che non ammettevano repliche, e Hermione, dopo un primo tentativo, si arrese.
Una volta finito il banchetto, Silente tenne il consueto discorso, presentando alla scuola il nuovo insegnante, Horace Lumacorno. « E’ un mio ex collega che ha accettato di riprendere il suo vecchio ruolo di insegnante di Pozioni.»
« Pozioni? » fecero Ron e Hermione a una voce sola, voltandosi verso Harry. Erano convintissimi che l’insegnante che era andato a reclutare con Silente avrebbe preso la vacante cattedra di Difesa contro le Arti Oscure, lasciata dalla Umbridge.
« … Il professor Piton, nel frattempo, ricoprirà il ruolo di insegnante di Difesa contro le Arti Oscure. »
Harry manifestò in maniera fin troppo evidente il suo disappunto, ma Hermione tacque. Il suo cervello però cominciava a lavorare febbrilmente. Perché fare una scelta del genere proprio quell’anno? Che cosa aveva in mente Silente? Perché concedere a Piton il posto che per tanti anni gli aveva negato? Quali insegnamenti poteva dare che il Preside non aveva ritenuto necessari fino a quel momento?
Piton è l’unico della scuola che ha lavorato a stretto contatto con Voldemort, si rispose Hermione. Sa meglio di chiunque altro come affrontarlo, e che cosa siano le Arti Oscure. È stata una scelta naturale da parte Silente, sarebbe stato assurdo il contrario, in realtà.
Ma, mentre guidava gli studenti del primo anno nei dormitori, la ragazza non potè fare a meno di domandarsi, se Silente l’avesse fatto per proteggere gli studenti… non solo da Voldemort… ma da lei.





Note dell'autrice
Ciao a tutti!
Non ho tempo di scrivere delle note decenti, chiedo scusa... mi limito a dirvi... continuate a recensire!! Grazie di tutto veramente, alla prossima <3
DS

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Capitolo 5
*** Missioni ***


Missioni
 



Hermione incontrò Harry e Ron il mattino seguente, nella sala comune.
« Allora, si può sapere cosa ti è successo ieri sera? » domandò a Harry senza tante cerimonie.
« Mi ero infilato di nascosto nello scomparto di Malfoy. »
« Tu che cosa? » esclamò. « Ma Harry, la devi smettere di…»
« Ascoltami! » la interruppe lui in tono concitato. « Ho fatto bene invece, perché l’ho sentito parlare ai suoi compagni… Pansy e gli altri… dice che forse lascerà Hogwarts… la lascerà per dedicarsi a cose più importanti. Più grandi. »
Hermione conosceva la teoria di Harry secondo la quale Draco quell’estate era diventato un Mangiamorte come suo padre, e fino a quel momento non ci aveva dato molto peso. Tuttavia in quel momento si fece più attenta. « Ha detto così? »
« Non solo » riprese lui con foga. « Ha detto che quando il Signore Oscuro risorgerà – e sappiamo chi lo chiama in quel modo…¬- non guarderà all’istruzione, ma ai servigi che uno gli ha offerto. Hermione… ha praticamente detto che Voldemort gli ha affidato un compito! »
« Ma è chiaro che si faceva bello davanti alla Parkinson, no? » si intromise Ron, nervoso.
Hermione esitò. Questa volta tendeva più ad essere d’accordo con Harry. « Non so… sarebbe da Malfoy fingersi più importante di quello che è… ma è una bugia bella grossa…»
« Appunto » ribattè Harry. Il discorso fu interotto dagli studenti che a mano a mano uscivano dai dormitori, e tacquero sciamando con loro nella Sala Grande per la colazione.
La mente di Hermione rimase però inavvertitamente incastrata nell’argomento. Se Draco davvero era diventato un Mangiamorte… e se davvero Voldemort lo aveva scelto per una missione… ma perché scegliere lui? Così giovane, ancora rinchiuso a scuola… a meno che non fosse proprio quello il punto cruciale… Hogwarts. Draco aveva una missione a Hogwarts. Voldemort cercava qualcosa a Hogwarts. Che sapesse…? Che riguardasse…?
« Hermione, sei strana » fece Ron, da un mondo lontano in cui lei era una semplice studentessa senza altra preoccupazione al di fuori dei compiti. Ma non era così.
« Ragazzi… vi devo parlare » sussurrò la sua debolezza, così piano che anche il panico per aver pronunciato quella frase tardò ad arrivare.
Fattisi ancora più seri, i ragazzi le si sedettero davanti al tavolo di Grifondoro. « Cosa succede?» chiese Harry.
« Io…» guardò verso il tavolo degli insegnanti, ansiosa. Era troppo… troppo per lei… troppo per loro… aveva bisogno di qualcun altro. « Devo parlare con Silente! » urlò, quasi. « Devo cercare di farmi aggiungere delle materie, o quest’anno concluderò ben poco. Magari ricomincerò a usare il Gira Tempo. Lo so che porta guai, ma c’è in gioco la mia carriera scolastica. Ovviamente ve lo presterei, se foste abbastanza lungimiranti da prendere un po’ più seriamente lo studio. Aspetterò Silente davanti al suo ufficio – andate pure a lezione senza di me, arriverò. Sì, puoi mangiare anche il mio muffin, Ron. » e sparì.
Come ogni volta, travolgere gli amici di parole era servito a nascondere le emozioni, per un attimo anche a se stessa. Ma mentre abbandonava la Sala piena di voci e risa, non potè non sentirsi male per i suoi pensieri, così pesanti, a stento riusciva a credere che potessero stiparsi tutti nella sua testa. Si sentiva sopraffatta, dalla colpa, dalla vergogna. Poteva solo sperare in una boccata di sollievo nel parlare col Preside.
Lo attese per circa un quarto d’ora, nel corridoio, non sapendo la parola d’ordine. Lui le venne incontro, apparentemente per nulla sorpreso di vederla.
« Hermione » le sorrise leggermente. « Pallini Acidi. » la ragazza per un attimo si chiese come accidenti potesse essere quella la prima cosa che Silente aveva pensato di dirle, ma poi, quando comparve la scalinata, si rese conto che si trattava della parola d’ordine. Riuscì a ridere di sé, prima di farsi mangiare di nuovo dall’angoscia, almeno una delle due avrebbe fatto colazione.
« Siediti. » lei obbedì, una statua di sale sulla sedia del maestoso ufficio. « C’è qualcosa che vuoi dirmi? »
Per un attimo Hermione dimenticò le buone maniere. « Che razza di domanda è? Ma certo che… » si fermò appena in tempo, mortificata. Era stata un pasto ben magro per la sua angoscia, che già strisciava fuori, in attesa di fare altri danni, mietere altre vittime.
Dalla parete alle sue spalle, uno dei vecchi Presidi di Hogwarts cominciò a maledire l’irrispettosità degli adolescenti dall’alto del dipinto che lo teneva in vita. « Sei sempre di indispensabile sostegno, Phineas, grazie » fece Silente, mettendolo a tacere.
« Professore, mi dispiace, io… »
« Hermione, siamo umani. Entrambi. Ti prego di continuare. Ho come l’impressione che stia succedendo qualcosa di… inaspettato, giusto? »
Lei lo guardò. « Come lo sa? »
Silente sospirò. « Purtroppo non sono nuovo agli studenti legati a Voldemort. E non posso negare di aver sospettato che anche tu come Harry avresti cominciato a subirne in qualche modo gli effetti, anche se ho pregato di sbagliarmi. Hermione, a quanto pare Voldemort è in grado di influenzare i vostri stati d’animo, in qualunque modo e momento, certo forse involontariamente… »
« Lei crede che sia ancora involontariamente? » chiese piano Hermione.
Il Preside fece una pausa. « Lo credo, sì. Tuttavia credo anche che tu sappia meglio di me ciò che vedi e senti, e solo questo può farci capire di quanto Voldemort sia a conoscenza. »
Hermione cominciò a piangere. « Io… credo di aver capito… ma… è che… professore, io forse lo so però… insomma… a me sembra che lui provi… » sussurrò la parola successiva, mentre le fiamme le bruciavano il volto come mai prima d’ora. Avrebbe voluto scomparire. Silente non disse nulla. Così prese lei quella decisione. « Professore, voglio imparare Occlumanzia. »






Note dell'autrice
Ciao a tutti!! Scusate se il capitolo è un po' più corto del solito ma avevo bisogno di tagliarlo in quel punto, spero concorderete con me!
Eeee dài che le cose cominciano a muoversi, e voi potrete capire sempre di più... forse... sì mi piace tenervi in sospeso!! E' lì il bello di questa storia e finché rimane vivo, mi sento realizzata!! Spero di sentire i miei lettori abituali e anche qualcuno di nuovo!! Un bacio a tutti quanti, grazie di seguirmi.
DS

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Capitolo 6
*** Occlumanzia ***


Occlumanzia




Hermione raggiunse gli amici solo nel pomeriggio. Non si era sentita bene, né fisicamente né psicologicamente, per tutta la mattina e così si era rintanata nel dormitorio delle ragazze, come compagna l’illusione di protezione che le davano le pagine fitte di parole dei suoi libri, così pieni di sicurezza, senza alcuno spazio vuoto in attesa di essere riempito per cui angosciarsi.
Riuscì a trascinarsi nei corridoi appena in tempo per il pranzo, che consumò come al solito al tavolo di Grifondoro. Quando Ron le chiese cosa le fosse successo, spalleggiato dalla preoccupante insistenza di Harry, lei li mise entrambi a tacere pronunciando la parola che, sui ragazzi, aveva lo stesso effetto dell’incantesimo “Silencio”: mestruazioni.
Si recarono insieme a Pozioni, dove nonostante i suoi mille pensieri, Hermione riuscì a far guadagnare trenta punti alla Casa del Grifondoro e ad entusiasmarsi per il nuovo insegnante, l’unica pecca fu Harry, che per la prima volta la superò nella materia. Se adesso comincio anche ad andare male a scuola è finita, si disse.
Mancavano una manciata di minuti alla fine della lezione, quando Colin Canon entrò nell’aula per consegnare a Lumacorno una piccola pergamena arrotolata. Il professore lesse l’intestazione visibile sulla piccola curva della carta e la pose da parte, congedando il ragazzo. Hermione trascurò la cosa fin quando al termine dell’ora non ebbe salutato l’insegnante, il quale però la trattenne.
« Questo è per te, signorina Granger » le porse il rotolo ruvido. « E’ un messaggio da parte del Preside. »
Assicuratasi che non ci fossero studenti lì vicino, l’aprì.

La prima lezione di Occlumanzia si terrà nello studio del professor Piton questa sera alle otto. Spero sia superfluo riportarti le sue parole, che tuttavia lui ha insistito che trascrivessi: “mi aspetto qualcuno più acuto e diligente rispetto all’ultima volta”.
Attendo con ansia un resoconto della lezione.

          Albus Silente

« Che cos’hai lì? » chiese Ron, comparendole d’un tratto a fianco.
« Niente » ribattè all’istante, riarrotolando il foglio con rapidità impressionante, con lo stesso gesto che usava ogni volta per impedirgli di copiare i compiti. « Silente ha detto che probabilmente riuscirà a farmi frequentare lezioni supplementari senza ricorrere al Gira Tempo. Ho la prima questa sera. » nulla, tranne le sopracciglia che sobbalzarono incredule per la sua stessa prontezza, avrebbe reso meno credibile quella storia. Ron storse la bocca, annoiato al solo pensiero.
« Non so se è una buona idea, Hermione » intervenne Harry. « Voglio dire, alla fine del terzo anno eri sfinita… non credo che ti farebbe bene ricominciare così… dovresti riposare… »
« Oh, ma perché? In fin dei conti, tutti hanno delle attività al di fuori delle lezioni; voi avete il Quidditch… c’è chi va al club degli scacchi… io nel frattempo studierò qualcosa in più. Se ce la fate voi con gli allenamenti, che stancano anche fisicamente, non vedo perché non potrei provare anch’io. » Harry non rispose, ma sembrava molto meno convinto di Ron. Hermione si chiese per quanto ancora sarebbe riuscita a ingannare il suo migliore amico, che non solo era una persona sveglissima, ma aveva anche vissuto un’esperienza estremamente simile. Si sentì in colpa per quel muro invisibile che li separava, lo aveva costruito con le sue stesse mani ma ora le sembrava indistruttibile.

Quella sera si recò con qualche minuto di anticipo nei sotterranei e bussò nervosa alla porta dello studio di Piton.
« Sì » rispose la solita voce piatta e supponente dall’interno.
Hermione spinse la porta e un intenso odore indefinibile le pizzicò gli occhi e le narici. Avanzò comunque decisa verso Piton, in piedi davanti a un inconfondibile Pensatoio.
« Buonasera, professore » lo salutò, ben consapevole di quanto fosse attento all’educazione (o forse semplicemente al mettere sotto pressione gli studenti).
« Bene bene, signorina Granger » esibì il suo solito sorriso obliquo, una mezza via tra il sarcastico e il disgustato. « Vedo che anche tu come il tuo amichetto improvvisamente senti il bisogno di approfittare della mia conoscenza ».
Che modo carino di metterla, pensò Hermione. « In effetti sì, signore. Io ho… » ma quanto sapeva Piton del motivo per cui lei era lì? « … ho visto quanto Harry ha perso per non aver saputo chiudere la sua mente e credo… credo di non voler correre lo stesso rischio. » giustificazione forzatissima, vera per una piccola parte, che sembrò non interessare tuttavia Piton.
« Il professor Silente mi ha parlato » fece una pausa, probabilmente per vedere la reazione di lei. « So che hai paura di essere coinvolta nel destino di Potter e che temi che il Signore Oscuro possa spostare l’attenzione su di te come modo per arrivare a lui, e sebbene credo di poterti garantire con assoluta certezza che saresti l’ultimo dei suoi pensieri, a quanto pare il Preside non la ritiene una gigantesca sciocchezza, e perciò io… » di nuovo quella leggera smorfia « …ti insegnerò l’arte dell’Occlumanzia. »
Hermione trattenne a stento un sospiro di gratitudine e sollievo. Fece un cenno per indicare che era pronta, e si preparò a sfoderare penna e pergamena, ma fu fermata dalla voce di Piton.
« Mi rincresce dirti che il tuo apprendimento puramente mnemonico non ti sarà di molto aiuto. Per la prima volta vedremo di cosa sei veramente capace… » la sua espressione potè essere finalmente classificata definitivamente come sorriso, e anche etichettata come beffarda, per giunta. Hermione nascose il rossore tuffando il viso nella borsa per riporvi i suoi strumenti più fidati. Ma non gli unici, si disse, cercando di farsi coraggio. « Molto bene. Gran parte del tuo successo in questa nobile arte dipenderà dalla resistenza che la tua mente sa opporre ai tentativi esterni di essere penetrata. Mi duole informarti che è una qualità che non ho trovato nemmeno in un ragazzo che si diceva fosse riuscito a respingere la maledizione Imperius di un professore, perciò non temere che le mie aspettative su di te siano particolarmente alte. »
Hermione strinse le labbra. Farsi strapazzare da Piton non era un prezzo che aveva considerato di dover pagare, ma ora la prospettiva si aggiunse al suo carico di tensioni.
« Pronta? »
La ragazza strinse la bacchetta lungo il fianco, si concentrò più che potè e annuì.
« Legilimens. » l’incantesimo, che sembrò essere pronunciato senza un particolare sforzo da parte di Piton, ebbe tuttavia su Hermione un effetto prorompente. Rapide immagini cominciarono ad affiorare nella sua mente senza che lei le richiamasse, brevi spezzoni della sua vita che una volta manifestatisi sembravano quasi uscire da lei, ad uno ad uno, il giorno in cui arrivò la lettera da Hogwarts, la notte del terzo anno in cui lei, Harry e Ron salvarono Sirius, le estati alla Tana, la notte al Ministero, e ad un tratto il viso di Voldemort, nitido e terrificante, stava per arrivare con il ricordo alla profezia, lo sentiva… ma non voleva… « Protego! » urlò, con tutta la forza che aveva in corpo.
Piton fu sbalzato leggermente indietro: si ricompose in fretta, cercando di mascherare una lieve sorpresa. « Non si può dire che questa prima prova sia stata poi così mediocre » commentò. « Ovviamente bisogna considerare che eri pronta a subire l’incantesimo, e a mente piuttosto fresca. Ma il Signore Oscuro non agisce così. Il Signore Oscuro ti prende alla sprovvista; e, quando non può, ti sfinisce a tal punto, mentalmente e fisicamente, che non ti resta nemmeno la forza di pronunciare un incantesimo. »
Hermione tremava. Si sentiva già indebolita per l’incantesimo, e il terrore che le provocarono le parole di Piton le fece percepire un gigantesco vuoto, come se avesse mancato un gradino e fosse scivolata giù da una scala. Ma non si arrese; sentiva che poteva trarre dal professore un grande insegnamento e che ogni sacrificio di quelle settimane avrebbe potuto salvarla, forse, in un futuro così confusamente collocato nel tempo, ma che non esitava a soffocarle il presente.
« Voglio ricreare tutto questo » disse senza pensarci. Piton inarcò un sopracciglio, la sorpresa ora più difficile da nascondere. « La prego, mi aiuti, se sa come, a me non importa sentirmi stanca, passare le ore sotto pressione, se alla fine avrò il risultato che voglio. Io… ho bisogno di lei. Che lei sia il mio Signore Oscuro. »
Piton rifletté  a lungo su quelle parole. Sembrava in parte disgustato (come sempre), in parte lusingato, in parte pensieroso, in parte preoccupato. « Posso farlo » riprese lentamente. « Ma non andrai incontro a niente di semplice. Tenterò di penetrare la tua mente in ogni istante, durante le lezioni, durante i pasti, mentre studi, mentre cammini nei corridoi, non terrò conto dell’ora del giorno, del tuo stato mentale, se sei da sola o in compagnia. Agirò spietatamente e senza sosta e tu dovrai dimostrare di essere sempre pronta. Non voglio scuse, non voglio ripensamenti. Io non prendo impegni che non danno frutto. Vuoi essere un mio impegno? Dimostrami che ne vale la pena. » nessuna di quelle parole era stata particolarmente gentile, ma Hermione si sentì vicina al professore come mai prima d’ora. Non le dava false speranze, non le dava aiuti supplementari: era ciò di cui aveva bisogno in quel momento, e sentì anche che, se lui glielo stava offrendo, forse aveva già dato una piccola prova che ne valesse la pena.
« Lo farò, signore. »
Ci furono alcuni attimi di silenzio. Poi, per la seconda volta di quella che sarebbe stata una lunghissima, estenuante serie, Piton la guardò intensamente. « Legilimens! »





Note dell'autrice
Ciao a tutti! Questo capitolo arriva un pochino tardi, ma in compenso è bello lungo per i miei standard, anche se spero non troppo! Qui scrivo di un personaggio che adoro tantissimo, cioè Piton: mi auguro di essere riuscita a rendere almeno un po' il suo carattere... attendo con curiosità i vostri commenti al riguardo, e sul capitolo in generale. Un grande GRAZIE a tutti quelli che mi seguono, il vostro parere e sostegno è importantissimo. Ci sentiamo presto!

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Capitolo 7
*** Felix Felicis ***


Felix Felicis




Hermione era sotto pressione. Lo vedevano i suoi amici; lo vedevano i professori; lo sentiva anche Grattastinchi, che aveva cominciato ad oscillare tra il girarle al largo e l’accoccolarsi nel suo grembo, quasi impietosito dai capelli più arruffati del proprio pelo, dagli occhi stanchi e cerchiati, dal portamento appesantito da carichi invisibili, dal suo sonno tormentato.
Infatti, esattamente come era accaduto per Harry, sottoporsi alle lezioni di Occlumanzia sembrava aver aperto in Hermione nuovi canali comunicativi, che quasi ogni notte venivano percorsi da immagini e sensazioni legate a Voldemort. Non sarebbe stata così turbata se avesse saputo che tutto ciò avveniva a insaputa del mago, ma il punto era proprio questo: non lo sapeva.
Trascorreva ormai con gli amici il tempo sufficiente a non dare adito a sospetti; era troppo stanca però per intrattenersi con loro fino a tardi la sera, sebbene temesse la notte più di ogni altra cosa. Voleva stare da sola ma sapeva cosa avrebbe comportato quella solitudine: eppure non riusciva a trovare alcun conforto dalla compagnia dei suoi amici, Ron sempre più distratto, Harry sempre più insistente. L’unica consolazione, oltre ai compiti onnipresenti e insistenti, era la sua posta. La settimana precedente Hermione aveva deciso di appoggiarsi alla persona più simile a un padre che il mondo magico le aveva offerto: Remus Lupin, il quale, accettando i profondi silenzi tra le righe delle sue lettere sconsolate, le rispondeva ogni singola volta, con parole che, per quanto prive di reale utilità per lo stato in cui ormai erano le cose, riuscivano sempre a darle conforto e coraggio.
Un coraggio che ben presto sarebbe stato il suo più grande alleato; credeva sarebbe stato anche l’unico, nel realizzare il suo piano...
Invece, dal giorno in cui Harry l’aveva vinta in modo fastidiosamente semplice durante Pozioni, la Felix Felicis le urlava la sua presenza e preziosità in ogni istante dal suo nascondiglio nel dormitorio. E Hermione sapeva che era la sua unica speranza. La sua unica speranza per interrogare Malfoy.
Non poteva continuare così: i suoi sogni tormentati, le fatture di Piton (che cominciavano ad essere sempre più tendenti al 24/7), le congetture di Harry sul possibile coinvolgimento di Draco nei piani di Voldemort… lei non era abituata a non conoscere la risposta ad una domanda. Ora che la domanda riguardava la sua vita, in ogni ambito e sfumatura, non poteva più aspettare.
Memore delle vecchie avventure del Secondo Anno, la Pozione Polisucco le era sembrata una buona idea, all’inizio: ma il pensiero di dover derubare lo studio dell’uomo che tentava di leggerle la mente un giorno sì e l’altro pure l’aveva indotta ad abbandonare quel piano. D’altra parte, se rubare a Piton sarebbe stato scorretto e soprattutto sconveniente, rubare al suo migliore amico… la faceva sentire orribilmente. Nulla di nuovo per quelle settimane, ma le sembrò di aver aggiunto una nuova fila di mattoni al muro che la separava da Harry, e qualcosa, al centro del suo petto, sembrava restringersi sempre di più.

Era una mattina limpida e pungente, quando il liquido magico le sfiorò le labbra per poi percorrerle la gola. Non aveva un sapore particolare: l’amaro in bocca che sentiva Hermione poco probabilmente vi aveva qualcosa a che fare. Scese le scale fiduciosa della sua solitudine, quel giorno la partita di Quidditch aveva trascinato anche gli studenti più pigri fuori dai dormitori, e la fortuna la proteggeva. Si fermò davanti al ritratto della Signora Grassa, e prima di attraversarlo e cercare la fortuna anche nel castello, dispiegò il secondo furto della giornata sopra di sé e divenne trasparente.
Come da promessa del liquido che ancor a le inumidiva le labbra, ecco venirle incontro, a loro insaputa, il trio Malfoy, Tiger e Goyle: passavano davanti ad una parete piuttosto familiare ad Hermione. Il primo dei tre sembrava voler allontanare gli amici da lì.
« Smettetela di scocciarmi, idioti » borbottava Draco, evidentemente tesissimo. « Ho detto che vi raggiungo dopo in Sala Comune. Non ho bisgno che mi seguiate ogni minuto di ogni giorno. » e, senza smentire la loro fama di passività, entrambi sparirono senza protestare, gli sguardi vacui e un po' stupiti.
Hermione si avvicinò silenziosamente a Malfoy. Harry non sbagliava su di lui: indisturbata, potè osservare da vicino il suo volto, che era parecchio cambiato dall’anno precedente. Sembrava angosciato, consumato, perfino più pallido, quasi tendente al malato.
Come aveva previsto da quando era apparso in quel corridoio, il ragazzo cominciò a percorrere avanti e indietro nervosamente lo stesso breve tragitto, e a mormorare concentrato tra sé e sé. Senza esitazione, Hermione lo seguì dentro la porta materializzatasi in quell’istante, la porta della Stanza delle Necessità.
Quel giorno le si presentò più piccola rispetto all’ultima volta che vi era entrata. Era piena zeppa di scaffali in cui erano stipati gli oggetti più vari; di alcuni non sapeva nemmeno il nome, altri le ricordavano il disegno abbozzato di qualche libro della biblioteca, di un reparto poco raccomandabile per giunta. Seguì Malfoy lungo la stanza il più silenziosamente possibile: purtroppo il ragazzo scelse proprio quel momento per ricordare di un altro oggetto di cui aveva bisogno, che seguendo le bizzarre leggi della Stanza delle Necessità si materializzò davanti ai suoi piedi facendola inciampare.
« Chi va là? Lumos! » urlò Draco con voce tremante. Ormai coperta solo per metà dal mantello di Harry, Hermione si arrese e uscì completamente dalla sua protezione. « Stupeficium! »
« Impedimenta! » fece lei prontamente, con un colpo deciso di bacchetta. « Voglio solo parlarti, evita di tentare di uccidermi per almeno trenta secondi. »
« Saresti già morta se fosse stata mia intenzione. »
« Non sono venuta per sfidarti. Cosa ci fai qui? »
« Cosa ci fai tu qui! Non so nemmeno perché ti permetto di parlare! Petrif… »
« Protego! Piantala, Malfoy! »
« Attenta, Granger! Non hai imparato in questi anni che la curiosità può essere pericolosa? Non vi insegnano a rispettare i più forti nelle vostre schifose famiglie babbane? »
« Chi sarebbero i più forti, quelli che ora sono chiusi ad Azkaban? »
Gli occhi di Draco si assottigliarono per l’odio. « Vattene da qui. Se non ti bastano i miei avvertimenti, posso chiamare qualcuno che te lo farà capire. »
Per la prima volta, Hermione ebbe veramente paura. Il ragazzo parve accorgersene perché alzò il mento in segno di sfida, smettendo di tremare. « Parli di lui? »
« Può darsi. »
« Voglio sapere se stai lavorando per Voldemort. »
« Come osi pronunciare il suo nome? » gridò, avvicinandosi e puntandole la bacchetta a pochi centimetri dal viso.
« Non ti darà una stellina di merito se reagisci così ogni volta che qualuno dice il nome che lui stesso si è scelto. Senti, nessuno di noi due vuole perdere tempo. Ho bisogno di sapere se il compito che ti ha affidato riguarda qualcuno in questa scuola. »
Draco non abbassò la bacchetta ma impallidì vistosamente. « Tu non sai niente. »
Hermione si arrese. Era troppo spaventato e orgoglioso per la sua missione: non avrebbe mai parlato. Era stata sciocca anche solo a pensarlo, e ora doveva pure rimediare al suo errore. Sospirò e, raccolta la concentrazione necessaria, levò la bacchetta. « Neanche tu. Oblivion. » una volta scagliato l’incantesimo, la confusione di Malfoy le diede il tempo necessario per ritirarsi nell’ombra, sotto il mantello, e uscire in silenzio.
Non aveva concluso niente. Non aveva ottenuto le risposte che cercava. Anche se, quel pallore improvviso… eppure, perché non aveva approfittato della sua presenza? Perché non aveva subito chiamato Voldemort, non l’aveva trattenuta, non aveva sfruttato la loro momentanea solitudine? Troppe cose non quadravano…
Si tolse distratta il mantello e varcò il ritratto per accedere alla Sala Comune, farfugliando meccanicamente la parola d’ordine. Rimise il mantello di Harry tra le sue cose e andò in bagno: per poco non svenne di sollievo, riconoscendo il familiare flusso rosato, tipico dell’inizio del ciclo. Dai suoi ultimi giorni a Hogwarts mesi prima, era passata circa un centinaio di volte dall’odiare il suo essere donna al ringraziare ogni volta che le cose nel suo corpo andavano come dovevano andare. Si spiegò così anche l’aumentare delle tensioni al ventre di quei giorni. Era tutto normale, andava tutto bene. Tutto bene…






Note dell'autrice
Ciao a tutti! Mi duole dirlo, ma i momenti della suspence sono finiti... beh non esattamente!! Ma credo che avrete già intuito qualcosina da quest'ultimo capitolo... che arriva abbastanza tardi, chiedo scusa... spero comunque di risentirvi tutti e non vedo l'ora di leggere le vostre recensioni! Grazie di restare con me in questo viaggio.
Ps: dedico questo capitolo alla mia professoressa di italiano, che si ostina a mettermi 6 nei temi. Sempre nel mio cuore! XD
A presto voi, un abbraccio,
DS

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