Victoria Noob

di Shiren
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** First Day: Nightmare ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Il suo nome era Victoria Noob.
Era un’artista, o meglio, era ciò che voleva essere, ma l’importante è che era un’artista nel modo di essere, di comportarsi, nel fare le cose; ma, al contrario di molti artisti, era anche un’ottima studentessa, nonostante lo fosse diventata solo dall’ultimo anno di liceo per vincere una borsa di studio che desiderava con tutta se stessa. La borsa di studio era stata proposta in seguito ad una collaborazione con un college d’arte della California e sarebbe andata al miglior studente che, inoltre, avrebbe dovuto presentare la tesi più originale e interessante.
Victoria aveva vinto la borsa di studio dopo essere passata con ottimi voti e presentando una tesi su Alessandro Magno e le Sette Meraviglie del Mondo. Oltretutto, essendo di origini inglesi da parte di suo padre, era avvantaggiata per quanto riguardava la lingua.
Il primo di settembre si trovava all’aeroporto con due trolley troppo grandi per lei tra le mani e l’aria completamente spaesata di chi non è abituato a trovarsi in un posto simile, con tanto caos e, soprattutto, da sola.
“Vuoi una mappa?” le chiese qualcuno alle sue spalle. Un qualcuno che vide mentre si stava voltando e a cui stava per rispondere “No, no grazie”, interrompendosi alla vista di un volto troppo familiare.
“David” ringhiò. “Che ci fai qui?”
“Che ostilità…sei in quel periodo del mese?” ghignò lui, incurante del fatto che Victoria fosse palesemente infastidita della sua presenza.
Lei lo ignorò proseguì il suo percorso senza degnarlo di un altro sguardo.

Dopo circa un’ora e mezza era seduta sull’aereo, vicino al finestrino e con il posto affianco a sé vuoto, il quale rimase tale per un buon quarto d’ora, finché qualcuno non le si sedette affianco.
“Dio, ancora tu?” esclamò rivolgendosi a David.
“Ho prenotato e mi hanno dato questo posto, se ti do fastidio spostati”
“Non posso, idiota, dato che anche io ho prenotato”.
Odiava David. Un tipo totalmente menefreghista di tutto e di tutti, con origini inglesi come lei (“Povera Inghilterra!” diceva sempre Victoria) e che da quasi cinque anni ormai non smetteva di tormentarla. E, ora, averlo di fianco, per lei era un tormento.
Non appena ebbero decollato e una delle hostess acconsentì, accese l’I-Pod, contenta di poter ascoltare un po’ di musica senza rischiare di sentire la voce di David che la infastidiva ulteriormente. Lui, dal canto suo, fece altrettanto, senza considerarla.
‘Bah, magari l’aereo lo fa stare male…Speriamo’ pensò perfida.
Dopo aver indossato le cuffie scelse la cartella di Pink e fece partire Sober, canzone dell’album omonimo, che a Victoria piaceva moltissimo. Muovendo solo le labbra senza produrre alcun suono cominciò a cantare la canzone:
“I don’t wanna be the girl who laugh the loudest
Or the girl who never wants to be alone
I don’t wanna be that call of 4 o’clock in the morning…”
Tuttavia, nonostante la canzone fosse tra le sue preferite non la rispecchiava minimamente. Non era una party-girl, né una che si faceva problemi a stare da sola perché altrimenti sarebbe crollata per la troppa solitudine. Anzi, stava bene da sola e questo le fu d’aiuto qualche tempo dopo, dove al College Americano non avrebbe avuto la vita semplice che si aspettava.

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Capitolo 2
*** First Day: Nightmare ***


Quando entrai nell’atrio del college avevo le gambe che mi tremavano e stringevo morbosamente la tracolla con una mano, mentre l’altra la tenevo nella tasca dei jeans, come per tenerla al sicuro.
Non c’era nessuno per i corridoi, né studenti, né insegnanti e fui fortunata a trovarmi davanti al naso una mappa con la quale riuscii a orientarmi verso l’ufficio del Rettore, il quale scoprii essere una donna.
Chiesi permesso e la signora, piuttosto alta, con capelli corti bianchi, occhiali di Dolce & Gabbana e un tailleur blu scuro piuttosto elegante, mi fece accomodare. La vidi aprire un cassetto ed estrarre una cartellina.
“Dunque” iniziò con un fastidioso accento americano. Avrei fatto decisamente fatica ad abituarmi al loro modo di parlare.
“Victoria Noob, origini inglesi e italiana di cittadinanza, vincitrice della borsa di studio American Year, è tutto corretto?”
“Si” risposi, pensando che la Rettrice somigliasse tremendamente a Meryl Streep ne Il Diavolo veste Prada. “Allora, la tua stanza è la 210 e questi sono i tuoi orari di lezione” disse porgendomi un foglio.
“Ci sono i nomi degli insegnanti corrispondenti alle materie, le aule e tutto ciò che devi sapere. Per questa mattina puoi ambientarti, comincerai le tue lezioni oggi pomeriggio e se non vado errata dovresti avere due ore di…”
“Fotografia” la interruppi sorridendo, con il tentativo di fare bella figura, ma dal suo sguardo capii che interromperla era stata una mossa alquanto sbagliata.
Si alzò e così feci anche io.
“Puoi andare” disse gelida.
“La ringrazio, arrivederci”
“Non te lo auguro” sibilò prima di voltarsi per tornare alla sua scrivania.
Leggermente traumatizzata dopo l’inquietante e per nulla rassicurante incontro, mi diressi di nuovo verso l’atrio per cercare sulla mappa dove poter trovare la mia stanza.
Attraversai una decina di corridoi nell’ala sinistra del campus e la trovai con un cartello che diceva “Vietato l’accesso”.
Estrassi dalla tasca le mie chiavi ed aprii la porta in legno ritrovandomi in una strana stanza. Il pavimento era attraversato da una linea bianca che partiva dalla porta e arrivava alla parte opposta dividendola quasi geometricamente a metà.
Nella metà di destra vi era un letto con le coperte blu e sopra la testiera un foglio con scritto in nero: “parte della ragazza nuova”, un armadio, un comodino e una scrivania. Dall’altra parte le pareti erano interamente dipinte con disegni coloratissimi, il letto con le coperte apparentemente decorati con immagini di fumetti e come dalla mia parte, un armadio e una scrivania, solo, il tutto molto più in disordine.
Verso l’una stavo ancora sistemando i miei bagagli quando la porta si aprì ed entrò la mia compagna di stanza. Aveva i capelli rossi, naturali, ed era vestita da maschiaccio. Teneva un computer portatile sotto il braccio e con l’altra mano si aggiustava gli occhiali dalla montatura nera che le erano scivolati sul naso.
“Ciao” la salutai, mentre tenevo ancora le braccia a mezz’aria nell’atto di impilare nell’armadio un paio di magliette.
“Devi essere la ragazza nuova…Ciao sono Crash” rispose e si mise con i piedi perfettamente allineati alla linea bianca, tendendomi la mano.
Io mi avvicinai e gliela strinsi, non molto sicura di aver capito il suo nome.
“Io sono Victoria, scusami credo di non aver capito bene il tuo…”
“Crash” rispose interrompendomi e io seppi di aver capito giusto “E’ un soprannome a dire la verità, il mio nome è Kristen, ma preferisco che mi chiamino Crash”.
“Lo terrò a mente” risposi sorridendo.
Poi, mentre si voltava per posare il computer e la borsa mi venne in mente una cosa.
“Ehm, scusami Crah, ma quella linea divisoria è proprio necessaria?”
Lei sorrise.
“Si, fino a quando non avrò capito che tipo sei”
Più tardi, per le 3 pm, cominciò la lezione di fotografia e, fortunatamente, non ebbi bisogno della mappa, dato che Crash si offrì di accompagnarmi.
Entrammo nell’aula e lei si diresse velocemente nei primi banchi, io, d’altro canto, occupai l’unico posto libero, ossia nell’ultimo banco vicino ad un ragazzo, oscurato a causa della poca luce.
Nel momento in cui poggiai il sedere sulla sedia entrò l’insegnante, un uomo di bell’aspetto, nonostante la barba non fatta e i vestiti stravaganti.
“Si chiama George Connel, ama le foto di nudo, artistico ovviamente, e odia che lo interrompe mentre parla” la voce con il particolare suono sarcastico proveniva dal ragazzo che mi era seduto affianco e io, automaticamente mi voltai nella sua direzione.
“Sono Logan”
“Victoria” bisbigliai.
“Hai un accento strano” constatò.
“Sarà perché non sono americana”
“Sei la ragazza nuova? La vincitrice della borsa di studio?” chiese sorpreso.
“Vedo che circolano in fretta le voci” ironizzai.
Non parlammo più fino alla fine della lezione, dalla quale uscii con un fascicolo sulla corretta posizione da tenera con la macchina fotografica in base al soggetto e alla luce.
Logan mi si affiancò e quando uscimmo da quell’aula buia lo guardai e deglutii. Avevo fatto conoscenza con, ne ero sicura, il ragazzo più carino di tutto il college.
“Allora, in che stanza sei?”
“210”
“Ah, sei nella stanza di Crash”
Annuii e poi, guardando avanti vidi a pochi metri da noi David. Assunsi il mio solito sguardo omicida, o almeno questo è quello che mi dicevano tutti ogni volta che lo guardavo.
“Che diavolo ci fai qui?”
“Sai, grazie alla mia famiglia mi trasferisco per un po’ qua, spero non ti dia troppo fastidio”
“Mi infastidisce la sola tua presenza”
“Abituati. Ciao Logan come stai?”
O mio Dio, pensai. Erano amici. Si conoscevano. Guardai allibita prima l’uno e poi l’altro e infine, senza proferire parola proseguii diretta verso il campus.
Trovai la mia stanza senza bisogno di mappe o della guida di Crash e quando entrai la vidi seduta alla sua scrivania con il portatile acceso.
“Nervosa?” mi chiese senza guardarmi.
Mi lasciai andare sul letto.
“Si vede?”
“Lo vedrebbe anche un cieco.”
Mentre mi rispondeva osservai che metà della linea bianca era stata cancellata e le chiesi il perché.
“Quando sono tornata in stanza avevo deciso che sembravi un tipo simpatico non la solita gallina senza cervello di cui questa scuola è piena, ma poi…”
“Poi?”
“Ho visto che parlavi con Logan Egan”
“E?”
“E’ il classico tipo con cui escono le galline senza cervello”.

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