Il filo rosso del destino

di Julie05_ShinRan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Buona notte piccola Ran ***
Capitolo 2: *** Il momento giusto per uscire allo scoperto ***
Capitolo 3: *** Un sogno bellissimo ***



Capitolo 1
*** Buona notte piccola Ran ***


Secondo un’antica leggenda cinese, ognuno di noi nasce con un invisibile filo rosso legato al mignolo della mano sinistra, questo filo ci lega in modo indissolubile alla nostra “anima gemella”. Potranno passare mesi, anni e ogni tipo di controversa peripezia, ma il destino alla fine farà rincontrare le due anime: se due persone sono destinate a stare insieme niente e nessuno potrà spezzare questo legame.

 

Questa storia parla di due ragazzi, così vicini seppure così lontani ma uniti da un filo indistruttibile, destinati, quindi, a stare insieme per sempre.

 

Lei si chiamava Ran, era una ragazza piuttosto carina, mora e con gli occhi di un azzurro alquanto particolare che dava sul lilla, era una ragazza sensibile, dolce e gentile, fragile ma forte al tempo stesso, era quella ragazza che ha continuo bisogno di affetto e di premure, ma era anche un’abile karateka. Lui Shinichi, era un detective fanatico di gialli, la sua era una personalità abbastanza complessa, un misto di caratteristiche che lo rendevano unico: era coraggioso, impulsivo e testardo, ma anche serio, onesto e gentile, era il tipo di ragazzo che avrebbe dato la vita per salvare le persone che ama; anche lui era piuttosto carino e, a completare il tutto, i suoi occhi erano di un blu oltremare così intenso che avrebbero fatto sciogliere chiunque li avesse guardati per troppo tempo.

 I due si amavano, è inutile dirlo, ma un brutto scherzo del destino li ha separati, almeno così sembrava, perché Shinichi non ha mai abbandonato la sua Ran.

…Ma credo proprio che questa parte della storia la sappiate già.

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Era una notte come tutte le altre, tutti erano ormai nel mondo dei sogni, ma Conan non riusciva a dormire, troppi pensieri gli passavano per la testa: l’organizzazione, l’APTX e l’antidoto, Ran…

Sì, Ran, Londra e tutto il resto, si era in qualche modo pentito di averle detto quelle cose, lui la amava davvero, ma sentiva di averla illusa ancora una volta, era stufo di doverle mentire, andava avanti sempre alla stessa maniera: “Sto risolvendo un caso complicato, non so quando tornerò, aspettami”.

Aspettami… Lei l’aveva aspettato per tutto questo tempo e avrebbe continuato a farlo, fossero passati anni, ma non gli pareva giusto farsi aspettare, continuava a riflettere sul fatto che forse non avrebbe mai più riavuto il suo corpo, quello che gli spettava di diritto, quello di Shinichi Kudo, cosa le avrebbe detto se questo fosse accaduto?

Continuava a rinfacciarsi il fatto di non averle dato retta quella sera al Tropical Land, non si sarebbe trovato in quest’orribile situazione se non avesse seguito il suo istinto da detective.

Si alzò e si diresse in cucina, pensare troppo gli metteva una gran sete. Versò l’acqua in un bicchiere e la bevve in un sorso, credeva che forse questo gli avrebbe permesso di dimenticare tutto, ma ciò non ebbe alcun effetto. Volse lo sguardo verso la finestra, la luna splendeva rassicurante e questo fu quasi terapeutico per il detective, stette li, con lo sguardo rivolto verso il cielo, per qualche minuto prima di ritornare a letto.

La guardava assorto e per un momento si dimenticò di tutti i problemi: quando la luna brillava così, faceva venir fuori il suo io sognatore. Ad un certo punto sorrise, gli sembrava di essere Giulietta in balcone che parla con la luna. Questo pensiero lo fece tornare con i piedi per terra e gli fece capire che era davvero molto tardi e che il giorno dopo sarebbe dovuto andare a scuola, odiava il fatto aver ricominciato le elementari.

Si avviò verso la stanza di Kogoro, quando fu davanti alla porta, sfiorò la maniglia, ma qualcosa lo bloccò, fece un paio di passi indietro e si voltò verso la stanza di Ran, camminò a passo incerto verso la porta e la aprì delicatamente facendo attenzione a non fare rumore. Entrò e si sedette in un angolo, gli piaceva guardarla dormire, lo faceva tutte le volte che non riusciva a prendere sonno, osservarla glielo conciliava; lei aveva un’espressione serena in volto, gli sembrava una bambina che ha bisogno di protezione, ma che al tempo stesso è forte e trova sempre il coraggio di rialzarsi e andare avanti, spesso si chiedeva dove trovasse tutta questa energia, quella ragazza era una sorpresa continua, lo stupiva ogni giorno, forse era proprio questo che amava di lei. Si sentiva tremendamente in colpa per averla fatta soffrire per tutto questo tempo, lui era la causa dei suoi dispiaceri e questo lo faceva star male, ma ciò che gli dava più fastidio era il fatto che le era stato sempre vicino senza poter dire una parola, l’aveva vista piangere tante volte e tante volte l’aveva consolata o per meglio dire Conan l’aveva consolata, mentre Shinichi continuava a fregarsene e non si degnava di una telefonata. Dava l’impressione di essere un cinico egoista, ma lui sapeva bene di non essere per niente così.

Rimase rannicchiato sul pavimento finché le palpebre non gli si fecero pesanti e capì che forse era meglio tornarsene a dormire, ma, prima di andare, si avvicinò alla ragazza, le scostò una ciocca di capelli dal viso e le diede un leggero bacio sulla fronte, poi le sussurrò dolcemente a un orecchio:

- Abbi pazienza, quando tutto questo sarà finito, potrò finalmente dirti la verità, lo sto solo facendo per il tuo bene. Sappi che ti sono sempre stato vicino e che qualsiasi cosa accada sarò sempre al tuo fianco. Non disperare.

La ragazza accennò un sorriso, chissà cosa stava sognando? Questo lasciò sorpreso Conan che sorrise a sua volta, era felice solo se lei lo era.

- Buona notte piccola Ran - disse mentre chiudeva la porta alle sue spalle.

 

 

 

 

Ciao a tutti sono nuova di qui, ma il mondo delle fanfic mi ha appassionato così tanto che ho voluto cimentarmi anch'io.  :)

Questa è la prima fanfic che scrivo, quindi siate clementi, accetto critiche, consigli o suggerimenti di qualsiasi tipo.

Spero possa davvero pacervi :D

Julie

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Capitolo 2
*** Il momento giusto per uscire allo scoperto ***


Dunque, inizio con lo scusarmi per il tremendo ritardo

Scusate Scusate Scusate Scusate Scusate

Ho già detto a fantasie i motivi per cui ho ritardato e li illustro anche a voi:

tra la scuola e le lezioni di danza sono stata così impegnata che non ho prorio avuto un pochino di tempo per dedicarmi al capitolo e come beffa al danno si è aggiunto il mio computer che dopo dieci anni ha deciso di morire.

Ho voluto farvi un regalo di Natale e quindi eccomi :)

è un po' corto, ma non volevo lasciarvi a bocca asciutta :)

Buona lettura, spero vi piaccia :)  

 

 

Erano le sette e un quarto del mattino, Ran era già pronta e stava preparando la colazione, si era svegliata presto e di buonumore: aveva fatto un sogno bellissimo e non vedeva l’ora di raccontarlo a Sonoko. No, forse non era il caso, sapeva benissimo com’era Sonoko e che, civettuola com’era, avrebbe spiattellato tutto in giro, ma sapeva anche che non le si poteva nascondere niente e che avrebbe voluto sapere tutto a tutti i costi. D'altronde era la sua migliore amica, se le avesse chiesto di essere un po’ più discreta l’avrebbe fatto, doveva assolutamente condividere con qualcuno le sue emozioni, sennò sarebbe esplosa.

A passo silenzioso entrò nella stanza di suo padre e si avvicinò al bambino che stava ancora dormendo e con tono premuroso lo incitò ad alzarsi:

- Conan-kun, sveglia, la colazione è pronta.

-Altri cinque minuti - disse il detective affondando la testa nel cuscino.

-Dai, non vorrai fare tardi a scuola?

Il bambino mugugnò un po’, ma alla fine decise che sarebbe stato meglio alzarsi, oziare non avrebbe prodotto alcun frutto e poi non era nella sua natura, odiava stare con le mani in mano, cercava sempre di tenersi in qualche modo impegnato, che fosse leggere il suo libro preferito per l’ennesima volta o giocare a un videogame con i Detective Boys.

Ancora assonnato e con i capelli in disordine si diresse in soggiorno. Sebbene fosse mezzo addormentato, i suoi occhi blu erano comunque vivaci e svegli, così simili ai suoi. Ran non riusciva a capacitarsi di quanto si somigliassero quei due, una volta si era perfino convinta del fatto che fossero la stessa persona, ma si è dovuta ricredere, il giorno della recita scolastica; sebbene avesse dovuto cambiare opinione, non ne era del tutto convinta, qualcosa non quadrava, non sapeva bene cosa, era più una strana sensazione che provava ogni qualvolta si trovasse con Conan o con Shinichi. Iniziava a trovare sospetto il fatto che Conan scomparisse ogni qual volta che tornasse Shinichi e che comparisse magicamente ogni volta che Shin la lasciava sola preferendo a lei uno di quei suoi complicatissimi casi, ma era comunque un dato di fatto che il piccolo riusciva sempre a ridarle il sorriso, a colmare il vuoto lasciatole dal detective stacanovista.

Il bambino cominciò a mangiare, anche se lentamente, non aveva molto appetito: a forza di arrovellarsi il cervello sui misteri della vita gli si era completamente chiuso lo stomaco. La ragazza, che lo guardava con fare amorevole, se ne rese conto:

-Non hai fame, Conan-Kun?

-Non molta, Ran-neechan- “Ran-neechan”… odiava dover usare quel suffisso, non riusciva proprio a farselo piacere.

-Io vado a svegliare papà, sennò dorme fino all’ora di pranzo. Tu vai a prepararti, così andiamo insieme.

-Va bene, Ran-neechan, vado subito- rispose col tono più infantile che poteva.

 

*     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *

 

-Finito!- così enunciò la piccola scienziata, che aveva appena finito di digitare gli ultimi dati sul suo computer.

Aveva lavorato giorno e notte durante l’ultima settimana, per terminare le ricerche per il nuovo antidoto all’APTX4869. Finalmente aveva finito, non era ancora quello definitivo, ma era comunque riuscita a prolungarne sensibilmente la durata; era vicina ad una conclusione, finalmente le notti passate al computer stavano dando i loro frutti.

Si stiracchiò e fece un sonoro sbadiglio, avrebbe dovuto riposarsi di più, ma non poteva proprio permetterselo, si era ripromessa di finire al più presto, l’aveva promesso a Kudo, ma soprattutto a se stessa, voleva rimediare a tutti gli errori commessi, voleva che tutto tornasse come prima, prima che LEI rovinasse la vita a così tanta gente: riteneva di essere la causa della morte di molte persone e, se non poteva ridar loro la vita, voleva almeno salvare quella di Kudo ed evitare la morte di altre persone innocenti per mano di quell’organizzazione di corvi neri.

Si alzò dalla sedia e stropicciandosi gli occhi si diresse in bagno. Si guardò allo specchio: due linee violacee solcavano il suo pallido viso all’altezza degli occhi, il suo sguardo era spento e avvilito, chiunque avrebbe capito che c’era qualcosa che la teneva sveglia la notte, anche se, non tutti, avrebbero compreso cosa.

Aprì il rubinetto del lavandino e iniziò a sciacquarsi il viso; diede un’altra occhiata allo specchio, aveva un aspetto davvero trascurato, cosa alquanto insolita per una bambina di otto anni, doveva assolutamente darsi una sistemata prima di andare a scuola, non sarebbe stata molto credibile se si fosse presentata conciata in quel modo. E soprattutto non voleva che Kudo sapesse che si stava dando così tanto da fare per farlo ritornare adulto, si sarebbe di certo intromesso e, per di più, le avrebbe fatto fretta, a lei piaceva lavorare con calma, senza seccatori tra i piedi e, in quel momento, Kudo era lo stereotipo del perfetto seccatore. E poi, non poteva affatto permettersi di dirglielo, avrebbe voluto a tutti costi un campione dell’antidoto sperimentale e, finché non fosse stata certa degli effetti collaterali, non avrebbe potuto darglielo: rabbrividiva al solo pensiero che uno dei suoi pastrocchi potesse fargli del male.

 

*     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *

Stavano camminando da circa cinque minuti uno accanto all’altra, meta: la scuola.

Lei, nella sua divisa blu, perfettamente in ordine, teneva la cartella davanti a se con entrambe le mani, aveva un aria serena e spensierata, stava sicuramente pensando a qualcosa, o per meglio dire qualcuno, che la rendeva felice. Di fianco a lei, un bambino procedeva con lo zaino sulle spalle e le mani dietro la testa, guardava davanti a se, aveva un’espressione assorta e pensierosa e ogni tanto volgeva gli occhi al cielo. D’un tratto trasse un respiro profondo, come a voler raccogliere tutte le forze rimastegli in corpo, quella vita lo esasperava, gli mancava tremendamente la sua, le sue abitudini, il suo stile di vita.

Qualcosa, però, lo distrasse dalle sue preoccupazioni: quattro bambini all’angolo della strada lo chiamavano a gran voce agitando le mani in segno di saluto.

-Conan! Conan!

-Buongiorno ragazzi!- sfoggiò il sorriso più sincero che gli riuscì in quel momento.

-Dopo scuola andiamo a casa del professore a provare un nuovo videogioco, vieni con noi?- disse Mitsuhiko con tono incalzante.

-Sì sì, certo- disse Conan evasivo.

-Conan, va tutto bene?-

-Si, Ayumi, tutto a posto-

-A me non pare proprio, Kudo. A cosa stai pensando?

-L’organizzazione, è un po’ che non si fanno vivi.

Ai sospirò e alzò gli occhi al cielo -Stanno solo aspettando il momento giusto per uscire allo scoperto-

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Capitolo 3
*** Un sogno bellissimo ***


Era un tranquillo pomeriggio primaverile, i raggi del sole accarezzavano, lievi, con il loro dolcissimo tepore, una ragazza seduta all’ombra di un ciliegio che guardava, con contemplazione, un libro avvolto da una copertina scarlatta sovrastata da una scritta incisa in oro:

 

“The Sign of Four”

~Arthur Conan Doyle~

 

Il vento le accarezzava il volto e le scompigliava dolcemente i capelli, chiunque si sarebbe piacevolmente assopito lasciandosi cullare dal suo soffio leggero, anche la nostra ragazza, se non fosse stato che la sua testa, in quel momento, era da tutt’altra parte: continuava ad accarezzare il libro come fosse una reliquia pensando al suo proprietario, l’aveva “preso in prestito” dalla grande libreria di casa sua, era il suo libro preferito e ne parlava in continuazione. Avere quel libro tra le mani la tranquillizzava un po’ perché sentiva di avere una parte di lui al suo fianco.

 

-Dovresti smettere di guardare quel libro in questo modo, rischi di sciuparne la copertina- una voce che conosceva bene ruppe il flusso dei suoi pensieri facendola voltare di scatto: appoggiato al tronco dell’albero, con le braccia conserte, c’era un ragazzo moro con gli occhi blu dall’aria saccente che sorrideva a trentadue denti.

 

-Shin-Shinichi?- disse sorpresa lei.

 

-Hey, cos’è quella faccia? Sembra che tu abbia visto un fantasma.

 

-Shinichi!- esclamò mentre,  sorridendo, gli cingeva le braccia al collo.

 

Il ragazzo ricambiò il suo abbraccio, la stringeva forte come a volerle dire “ sta tranquilla, questa volta non ti lascio”.

La ragazza iniziò a piangere e, ad ogni singulto o lacrima versata, aumentava l’intensità con cui stringeva a sé l’amico.

 

-Hey, calma, non piangere, sono qui, adesso- le ripeteva mentre le accarezzava la testa, come fa una mamma con i suoi figli per farli addormentare.

Lentamente i singhiozzi cessarono e si staccarono da quell’abbraccio.

Lei si stropicciò gli occhi cercando di asciugarli dalle lacrime, poi, guardando il ragazzo che le stava davanti, abbozzò un dolce e sincero sorriso.

Lui le accarezzò una guancia e disse:

 

-Lo so che può sembrarti strano, ma non ti ho mai abbandonato, ti sono sempre stato vicino e, qualsiasi cosa accada, sarò sempre al tuo fianco-

 

Poi si avvicinò al suo volto, quel tanto che bastava per farla arrossire, le diede un lievissimo bacio sulla fronte e le sussurrò all’orecchio:

 

- Abbi pazienza: un giorno, quando tutto sarà finito, potrò finalmente dirti la verità, potrò dirti cosa mi ha realmente tenuto “lontano” da te. Per ora, sappi solamente che io...-

 

Si spostò di un paio di centimetri, quel che serviva per sfiorare le labbra della ragazza con le sue.

 

-Sappi che io ti ho sempre...

 

***

 

- Ma dai! E poi? Poi cosa è successo?

- E poi niente, è suonata la sveglia e mi sono alzata.

- Maledetta sveglia, fossi stata io l’avrei buttata fuori dalla finestra!

- Hahaha! Anch’io avevo pensato di farlo.

- Dai, dimmi! Cosa hai deciso di fare? Quale sarà la tua prossima mossa con il tuo “maritino” ? – disse ammiccante la Suzuki.

- Con chi, scusa??

- Con il tuo maritino! Shinichi! Chi altri se no?

- Finiscila! Non ho intenzione di fare niente. E poi non è mio marito!

- Ma come? Vuoi lasciartelo sfuggire così facilmente?

- Sonoko, smettila! E comunque no, aspetto solo che sia lui a fare la prossima mossa. Voglio lasciargli un po’ di tempo, non voglio che si senta in qualche modo costretto o condizionato.

- Va be’, se vuoi così... Io al posto tuo almeno una telefonata gliel’avrei fatta.

 

-Ragazze!- una voce stava attirando la loro attenzione.

-Ciao Sera-chan- disse allegramente Sonoko agitando una mano in segno di saluto.

-Hey! Di che parlate?

-Non parlavamo di niente, Sera-Chan, solo stupidaggini- disse Ran evasiva.

 

********************

 

-Allora bambini, oggi impareremo le divisioni a due cifre- disse allegra la maestra Kobayashi.

-Sì, che bello!- si sollevò un coro di entusiasmo tra i bambini, solo due non erano particolarmente “contenti”.

Ai guardava fuori dalla finestra pensierosa, fissava l’orizzonte rimuginando, mentre Conan sbuffava visibilmente seccato, gli mancavano terribilmente logaritmi ed equazioni e, in un momento come quello, aveva cose ben più importanti a cui pensare. Era già passato qualche mese da quando aveva decifrato il messaggio sullo specchietto e già navigava in alto mare nella risoluzione del caso della morte di quel Kohji Haneda: non aveva avuto più informazioni di alcun genere, né sulla sua morte, né sull’identità di Rum e doveva, quindi, fare affidamento solo sul suo intuito per trovare una risposta ai mille quesiti che gli balenavano nella testa.

*   *   *

-Ok, vediamo se avete capito. Ai? Quanto fa cento diviso venti?

La bambina rispose immediatamente, con voce atona, continuando a guardare fuori dalla finestra.

-cinque-

-Bene, bravissima! Ora te ne chiedo una difficile, mi raccomando fai attenzione. Vediamo, quanto fa duecentoventiquattro diviso trentadue?

-sette-

-Perfetto! Ora un altro, vediamo...

 

-Hey, sei davvero brava con le divisioni!- disse sarcastico Conan, che colse subito l’occasione per stuzzicare un po’ Haibara ed ottenere, di conseguenza, l’effetto desiderato: le sue parole attirarono, difatti, l’attenzione della piccola scienziata che, per risposta, gli rivolse un’occhiataccia.

-Mio caro Holmes, mi deludi, inizi a perdere colpi. Per tua personale informazione, giusto per fartelo sapere, il veleno che ti ha rimpicciolito l’ho creato io, quindi si presuppone che sappia già fare di conto.

 

Le parole della ‘bambina’ lo lasciarono interdetto, come sempre d'altronde. Riusciva tutte le volte, grazie al suo insito sarcasmo, a fermare ogni tentativo del detective di infastidirla.

 

-A proposito, a che punto sei con l’antidoto?

-Come mai stai cambiando discorso?

-Non sto affatto cambiando discorso e, comunque, non si risponde ad una domanda con un'altra domanda.

-Ci sto lavorando, non è così facile come credi- disse evasiva la ramata.

 

-Conan, Ai, si può sapere cosa avete di così importante da dirvi?-

-No, nulla maestra- disse elusivo il bambino.

-Per favore, state attenti-

-Certo, maestra, non lo faremo più- disse Conan in tono puerile.

 

********************

Ran non faceva altro che guardare il banco vuoto accanto al suo, era completamente distratta, tanto che la professoressa cercò più volte di richiamare la sua attenzione, ma senza riuscirci, evidentemente: non era la prima volta che le appariva in sogno, anzi, più volte, le aveva fatto visita durante le sue chimere notturne, ma stavolta c’era qualcosa di strano, c’era qualcosa di diverso e misterioso nelle sue parole, non riusciva a spiegarsi perché, ma uno strano presentimento si stava impossessando della sua mente privandola gradualmente del senno, aveva come la sensazione che di lì a poco sarebbe accaduto qualcosa d’inaspettato e poco piacevole, se non addirittura terribile.

 

********************

Una Porche356A nera lucente viaggiava indisturbata per le strade di Tokyo con a bordo due uomini dall’aspetto poco rassicurante.

 

-Frena, Vodka, fermati qua.

-Subito, Aniki.

 

L’auto si fermò davanti ad un palazzo di due piani che si ergeva al di sopra un bar, la scritta “Caffè Poirot” si stagliava sulla vetrata e, sui vetri al primo piano, spiccava a grandi lettere l’insegna “Agenzia investigativa Kogoro Mouri”.

 

-Come mai ci siamo fermati qui, Aniki?

-Lo scoprirai quando sarà il momento...

 

L’uomo dai lunghi capelli argentati si lasciò andare in una fragorosa risata che lentamente lasciò spazio ad un ghigno malefico, il suo sguardo tagliente, nascosto tra i ciuffi di capelli, si posò sul compagno che sedeva accanto a lui e, ciò che vi si poteva leggere scrutando le gelide iridi, fece rabbrividire perfino Vodka.

 

 

 

Hey, ciao a tutti!

Sono resuscitata!

Mi dispiace molto di avervi fatto aspettare così tanto: è passato quasi un anno! o.O

Fa niente, l'importante è aver pubblicato il nuovo capitolo.

Come al solito fatemi sapere cosa ne pensate, se vi è piaciuto o no, se ci sono errori, o se avete qualche consiglio.

Purtroppo non so se potrò dedicarmi assiduamente alla storia, perchè come al solito c'è di mezzo la scuola con le interrogazioni e i compiti, quindi vi prego di avere pazienza, nel mentre non posso fare altro che ringraziare chi legge, chi recensisce e chi apprezza la mia storia.

Baci <3

 

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