Warrior of Sea

di Arwen297
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Follia ***
Capitolo 3: *** Panico ***
Capitolo 4: *** Presagi ***
Capitolo 5: *** Principessa degli oceani ***
Capitolo 6: *** Risveglio, ansia ***
Capitolo 7: *** Missione ***
Capitolo 8: *** Mirror ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Note dell'autrice: Buona sera a tutti, in questi giorni mi è venuta l'ispirazione per questa fic dedicata totalmente al passato di Michiru. Il manga non da particolari indizi su questo personaggio, ne su come abbia conquistato i suoi poteri e il mio intento è proprio quello di colmare questi vuoti. Ciascun capitolo sarà incentrato su una parte del suo percorso. E i capitoli non saranno assolutamente connessi tra loro, anche se vanno a concludersi in una trama comune, per questo non sono i capitoli della lunghezza a cui siete abituati ma molto più corti . Diciamo che sono più ricordi di Michiru che si concluderanno alla fine della quinta serie, non so ancora il numero di capitoli ma non credo ne pubblicherò molti essendo dei piccoli flash sul suo passato. Haruka sarà presente, nel momento in cui si arriverà al loro incontro e da li in poi ci sarà sempre.
Spero che l'idea vi piaccia, do la precendenza con gli aggiornamenti a "Il vento della libertà" quindi questa sarà aggiornata con cadenze molto irregolari, ma visto che comunque la trama non è complessa ne nulla non credo ci siano problemi. Beh. come sempre fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando.




 

Warrior of Sea

Idea di Arwen297 – Personaggi di Naoko Takeuchi

 

 

 

Prologo

 

 

 

Erano in viaggio da diverse ore per raggiungere la casa al mare dove la loro famiglia trascorreva il tempo libero. I coniugi Kaioh avevano preso una settimana di ferie, staccando dagli impegni musicali in vista del compleanno della figlia di li a pochi giorni. La piccola sedeva nel sedile posteriore dell'automobile, le mani appoggiate al vetro del finestrino mentre osservava il paesaggio che sfrecciava davanti alla macchina, avevano da poco iniziato a percorrere la scogliera a picco sul mare segno che la loro metà era ormai vicina.

Michiru fin da piccola aveva sempre apprezzato le loro gite al mare, e non vedeva l'ora di passare del tempo in quella casa. Così per i suoi genitori era stato semplice capire quale regalo di compleanno farle, oltre ad un nuovo violino, visto che, quello che aveva utilizzato fino a quel momento, era diventato troppo piccolo per una bambina di dieci anni.

Quel tratto di strada, sebbene offrisse un paesaggio senza paragoni per quanto era bello, era anche insidioso per via delle curve. Alcune di esse erano più brutte di altre perché non offrivano visuale sull'uscita della curva e la strada si restringeva notevolmente proprio durante la curva.

« Sirenetta ancora un po' di pazienza e siamo arrivati». La voce di sua madre che si era voltata a guardarla si insinuò tra i suoi pensieri, lei sorrise in tutta risposta.

Non stava più nella pelle, si erano svegliati molto presto quella mattina per arrivare di buon ora e passare un pò di tempo in spiaggia nonostante le temperature primaverili.

Appena arrivo vado subito in spiaggia.

Pensò la bambina con gli occhi blu luccicanti. Quei giorni in più liberi dalla scuola li doveva sfruttare a pieno, i suoi genitori erano sempre molto impegnati con i concerti o se non lo erano seguivano i suoi; perché nonostante la giovane età tutti sostenevano che lei, con la musica, era una bimba prodigio.

Non è che aveva tanto chiaro cosa significava, sapeva solo che quelle poche volte che suonava in pubblico, tutti impazzivano e applaudivano per minuti interi. La musica doveva piacere davvero a tantissime persone, concluse. Prima di tornare ad ammirare il paesaggio.

Fu una questione di pochissimi istanti, alle sue orecchie arrivò il rumore di una brusca frenata, di gomme incollate sull'asfalto, di altre che perdevano aderenza, di un clacson che suona.

Ma sopratutto le arrivò la percezione che la loro macchina non fosse più sulla strada, ma in una posizione innaturale mentre precipitava verso il mare.

« Mamma, ho paura». Urlò prima che un fragoroso tuffo le interrompesse la voce.

Si trovo immersa nell'acqua gelida, il terrore prese il sopravvento. Doveva uscire di li a tutti i costi, lo sportello dell'automobile malamente piegato si era riuscito ad aprire nell'impatto dandole una via di fuga. Doveva per forza aiutare i suoi genitori, non poteva lasciarli li.

Non poteva permettere che loro morissero per colpa sua. Si slacciò la cintura con fatica a causa della pressione dell'acqua, le membra le dolevano un pò per le botte a causa del colpo, un pò per il freddo gelido e il buio che la circondava nonostante la presenza di un sole splendente.

Doveva aiutarli, nonostante la stanchezza del freddo. Nonostante il fatto che probabilmente avrebbe rischiato lei stessa di annegare per la mancanza di ossigeno..

Cercò di nuotare verso il basso, per raggiungere la macchina che lentamente stava sprofondando, ma non ci riuscì. Forse a causa di una corrente ebbe la sensazione che il mare l'avesse afferrata e stretta nel suo mortale abbraccio. Un abbraccio freddo ma che allo stesso tempo sembra cullarla verso un omblio senza fine.

Sentì pian piano le forze venirle meno, doveva lottare contro la sua presa e nuotare verso la superficie...

Doveva fare un sacco di cose..ma sapeva che l'ossigeno ormai era quasi totalmente inesistente dentro di lei.. avrebbe dovuto salvarsi. Ma le sembrava che il mare non avesse nessuna intenzione di lasciarla andare, avvolta com'era nel suo freddo e oscuro abbraccio.

E ebbe paura, ebbe paura come mai prima d'ora. Probabilmente quelli erano i suoi ultimi attimi, ed era sola. Senza i suoi genitori, che avevano continuato a scendere.

Si agitò nell'acqua nel tentativo di lottare per nuotare verso l'alto e sfuggire alla sua forte presa. Probabilmente era il panico, ma le sembrava che l'elemento non volesse lasciarla andare, ma non poteva arrendersi.

« Ben tornata a casa, figlia mia».

Una voce profonda risuonò tutto intorno a lei, si mosse lievemente mentre le forze le venivano definitivamente meno, l'acqua nei polmoni bruciava pugnalandola a ogni tentativo di disperato respiro.

Era la fine.

Freddo.

Abbraccio.

Paura.

Buio.

 

 

 

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Capitolo 2
*** Follia ***


Note dell'autrice: Ringrazio chi ha recensito il primo capitolo, e chi ha inserito la storia tra le preferite/ricordate preferite. Vi auguro buona lettura.

 

Follia

 

Il mare non è mai stato amico dell'uomo.

Tutt'al più è stato complice della sua irrequietezza.

- Joseph Conrad

 

Sentiva freddo intorno a lei, era immersa nel buio in un ambiente sconosciuto di cui non riusciva a percepire rumori particolari, se non quello dell'acqua che la cullava.

Il bruciore ai polmoni era sempre più forte, così come era forte la sua brama di ossigeno, le sue cellule bruciavano tentando di sfuggire a un destino che non sarebbe cambiato, ormai era segnato.

Segnato come quello dei suoi genitori, ormai persi chissà dove nelle profondità dell'oceano.

«Bentornata a casa, figlia mia». Di nuovo quella voce profonda, quella voce di cui ancora non era riuscita a decifrare la fonte, ma che sembrava avvolgerla così come l'acqua.

Non sono tua figlia, avrebbe voluto urlare. Ma non appena aprì bocca un senso di soffocamento la invase, rendendole impossibile respirare.

Rendendole impossibile fare qualsiasi tipo di movimento per risalire, per salvarsi, nonostante tutto.

La sensazione di morire in un modo così atroce era vivida dentro di lei, tentò di nuotare ancora senza risultati, come presa dall'acqua che improvvisamente le sembrava dura come il ghiaccio, eppure lei era allenata nel nuoto.

«Si che lo sei, non rinnegare il tuo passato, accetta il tuo futuro».

Di nuovo quella voce.

Cosa vuoi da me?Piuttosto uccidimi subito, non farmi morire lentamente. Pensò in preda alla disperazione, tanto sapeva che quella voce l'avrebbe sentita comunque, sempre che non se la stesse immaginando.

La pressione dell'acqua si fece più forte.

«Non rinnegare il tuo passato, faremo grandi cose insieme».

 

Aprì gli occhi di colpo, la fronte leggermente sudata per il caldo estivo e l'agitazione causata dall'incubo, il fatto che la sua stanza fosse immersa tutto il giorno nel caldo asfissiante dei raggi solari certamente non l'aiutava a passare una notte tranquilla.

Di nuovo quell'incubo. Erano passati due anni dall'incidente che le aveva strappato i suoi genitori, per miracolo lei si era salvata ed era stata ritrovata nella spiaggia vicina al luogo del disastro con un pallore quasi mortale a causa della bassa temperatura dell'acqua. I soccorritori erano rimasti meravigliati nel ritrovarla ancora viva e non assiderata a causa del freddo. Qualsiasi bambina della sua età sarebbe morta.

Per i suoi nonni era stata nel primo periodo una motivazione per riuscire ad andare avanti: nonni materni esclusi, infatti, non le era rimasto più nessuno. I nonni paterni erano morti entrambi quando era più piccola. La sua famiglia invece non era più stata ritrovata, il giorno del funerale aveva pianto su involucri di legno totalmente vuoti.

Per lei che era riuscita a salvarsi tutto ciò era al pari di una maledizione, senza i suoi genitori le sembrava di sopravvivere, la vita vera e propria era sepolta ormai da un pezzo. Probabilmente se non fosse stato per lei sarebbero stati ancora tutti insieme, e loro sarebbero stati vivi; se non fosse stata lei a chiedere di andare in quella maledetta villa al mare non si sarebbe trovata a lottare ogni giorno verso il rimorso e il dolore lancinante che le opprimeva il petto e che non accennava a diminuire nonostante fosse passato così tanto tempo.

Senza di loro si sentiva soffocare, ancor peggio di quei lunghi minuti che aveva passato sott'acqua e che puntualmente si sognava quasi tutte le notti; non era ancora riuscita a mandare via quei ricordi e in cuor suo temeva che non ci sarebbe mai riuscita.

A distanza di due anni era riuscita a capire chi era a parlarle nel suo sogno, poteva sembrare assurdo ma era convinta che a parlarle era proprio il mare. Inizialmente pensava fosse stato una sensazione causata dalla mancanza di ossigeno, ma in seguito aveva capito che non era una sua fantasia.

A causa dell'incidente aveva fatto un percorso di supporto psicologico per uscirne, aveva confessato al suo psico-terapeuta di questa particolare sensazione, di quello che era successo quando stava annegando. Aveva ottenuto come risposta che sicuramente il credere di aver sentito delle voci era causato dal trauma.

A distanza di due anni quelle voci le sentiva ancora.

E no, non aveva più parlato a nessuno di ciò.

Era già abbastanza sola di suo, senza aggiungere particolari così inspiegabili.

Nemmeno i suoi nonni che la stavano crescendo con tanto amore ne erano a conoscenza. A volte avrebbe voluto parlarne con qualcuno, ma la paura di essere presa per pazza era troppo forte.

Perché lei per prima si sentiva pazza.

Era da folli credere che il mare ti parla.

Da quel giorno cercava di stare lontana dalla massa d'acqua il più possibile; da amante del mare e della spiaggia, ora era giunta a non voler quasi più metterci piede anche se spesso il bisogno e la voglia era tanta.

Ma sentire di nuovo quella voce, la spaventava.

Ed era certa: si sarebbe sicuramente fatta viva nuovamente. La sentiva presente.

Sentiva che il mare era quasi animato da volontà propria.

Ma non capiva perché la voleva, sentiva che la bramava ardentemente.

Forse perché per qualche oscura causa era scampata alla morte e lui voleva pareggiare i conti?

Non lo sapeva, quello che era certo e che il suo richiamo spesso le faceva avere delle crisi di nervi.

Il fatto che i nonni abitassero vicino al mare certamente non la aiutava.

Basta, per favore, basta lasciami in pace non so cosa vuoi da me.

Lo sentiva, lo sentiva forte e chiaro anche in quel momento. Si strinse le tempie nel tentativo di mettere a tacere quella voce.

«Non rinnegarmi, è il tuo destino». Controbatté la voce dai toni quasi femminili, meno forte di quanto la sentisse in realtà nel sogno, forse perché il mare era decisamente più lontano dalla stanza in cui era.

«Esci fuori dalla mia testa». Pensò, consapevole che lui - o lei - l'avrebbe sentita. «Esci fuoriiii!!». Urlò nel silenzio della sua stanza come a rimarcare il concetto. La testa le pulsava terribilmente, il respiro ancora non si era calmato da quando si era svegliata, e per che mai avrebbe dovuto? L'agitazione che sentiva dentro era incontrollabile.

«Non rinnegare la tua essenza, hai un destino a cui non puoi sfuggire». Le rispose l'oceano. La presenza della massa d'acqua divenne tutto a un tratto più presente e pressante ai lati della sua coscienza.

«Ti ho detto di andartene!!». Urlò nuovamente, incurante del fatto che fosse notte fonda e che, probabilmente, avrebbe svegliato i suoi amati nonni. «Se non vuoi dirmi di che destino si tratta, lasciami in pace!».

Era pazza, la stanza era vuota e lei parlava con il nulla. Anzi per essere più precisi aveva urlato al nulla, e chissà quante altre cose aveva detto durante l'incubo.

Strinse ancor di più le mani alla fronte. Il dolore che sentiva era insopportabile, ed era sicura che la causa fosse la voce.

Non sapeva ancora cosa volesse da lei, cercava solamente di attrarla verso il mare, le chiedeva ascolto. La chiamava figlia e le decideva che non poteva ignorare il suo destino. Ma quale destino? Il destino che la voleva morta? Lei per prima avrebbe voluto morire piuttosto che ritrovarsi in una situazione così.

Si stese di nuovo appoggiando la nuca al cuscino e cercò di rilassarsi pian piano. Cercando di ignorare la nitida presenza che sentiva dentro di se.

A volte si sentiva come se non fosse la sola ad abitare quel corpo, ma poi scacciava via l'ipotesi. Era troppo assurdo.

Era troppo da malati di testa, e lei era solamente una bambina. Di dieci anni; ma pur sempre una bambina.

Forse più matura del necessario a causa di ciò che le era successo, ma la voglia di giocare non le era ancora passata. La voglia di divertirsi, nonostante la barriera che aveva eretto in quegli anni davanti a se, non aveva ancora lasciato spazio agli impegni più gravosi degli adulti.

Così come non le era passata la voglia di suonare, grazie al violino che i suoi genitori le avevano regalato per il suo compleanno, l'ultimo che avevano passato insieme. Un prezioso Stradivari proveniente dall'Italia. Era affezionata a quell'oggetto.

Era l'unico che forse la capiva e le dava modo di esprimere tutti i sentimenti che aveva dentro di se.

Compresa l'ansia e la paura provocata dalla voce che la tormentava.

Comprese le onde del mare.

Per altri la sua era pura arte, per lei era l'unico modo di appagare il suo tormento senza essere giudicata o isolata, aveva imparato a mantenere una facciata cristallina e tranquilla; ma in realtà sotto la superficie le correnti e le increspature erano tumultuose ogni giorno.

Non era a conoscenza di quando sarebbe finito tutto ciò.

Poteva solo sperare che la fine arrivasse presto.

«Non sei ancora pronta per sapere la verità, troppa resistenza ancora poni alla mia presenza».

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Capitolo 3
*** Panico ***


Panico

 

Quella notte aveva dormito poco come ormai era abituata da anni e spesso si chiedeva come poteva il suo corpo andare avanti senza le dovute ore di riposo, la sua attenzione nello studio e in classe tuttavia non era venuta a mancare nel corso del tempo. Era arrivata dunque alla conclusione che era sufficienti.

Certamente lo erano dal punto di vista dei rapporti interpersonali, non che ne avesse stretti tantissimi in quei tre anni. In molti la definivano strana, alcuni inquietante o troppo snob, se nei cinque anni precedenti quei titoli l'avevano fatta soffrire notevolmente, ora ci rideva quasi su. Dopo tutto snob lo era, la sua famiglia non era di certo sconosciuta nel panorama cittadino, i suoi nonni erano benvoluti da tutti e spesso si preoccupavano delle voci al limite del malevolo che le orbitavano intorno.

Quel pomeriggio, tuttavia, una delle sue compagne di classe l'aveva invitata a fare un giro insieme ad altre sue amiche che abitavano fuori città. Avevano deciso di fare un giro in centro per comprare qualcosa nei negozi, o almeno il suo intento era quello.

« Ragazze che ne dite? Andiamo in spiaggia? Fa talmente caldo». Propose una delle due a lei sconosciuta, di cui non ricordava nemmeno il nome sebbene qualche ora prima la sua compagna di classe avesse fatto le dovute presentazioni.

Si bloccò all'istante. Come se qualcuno avesse fermato il tempo e lo spazio: non potevano andare al mare, o sarebbe sicuramente impazzita. Era da quando era era uscita quasi illesa dall'incidente che non metteva più piede sulla spiaggia.

E no. Non le sembrava il caso di metterlo per la prima volta in compagnia di perfetti sconosciuti.

La voce era parte integrante delle sue giornate. Il richiamo del mare non si era ancora rassegnato, ma ormai era chiaro che a chiamarla fosse una voce femminile e non maschile come inizialmente aveva pensato.

E chiunque fosse, la sentiva legata profondamente a lei.

Più volte aveva avuto il sospetto di essere bipolare. Specie nell'ultimo anno che aveva iniziato a navigare in internet, sempre in rete aveva letto le cose più strambe riguardo alle possessioni demoniache e si era fatta l'idea che probabilmente lei era uno di quei casi. La voce che sentiva in testa era donata di mentalità propria, molto diversa dalla sua. Percepiva la sua determinazione nell'ottenere ciò che voleva: lei.

« Michiru per te va bene?». Era Shizua, la sua compagna di classe, a chiederle se accettava.

« Ragazze per me non è il caso davvero, se volete andare andate pure io torno a casa senza alcun problema, io ormai non vado più in spiaggia da quando... beh, da un po' di anni!». Rispose lei, cercando di essere il più convincente possibile.

Aveva paura di come avrebbe reagito l'altra lei, alla vicinanza così grande con l'Oceano. Paura di non saper controllare la sua presenza, o di non saper controllare i cambiamenti della massa d'acqua.

Sentì salire una strana inquietudine mista ad ansia e agitazione.

Aveva paura. E molta anche.

« Stai tranquilla, non ti succederà niente, sarà solo un modo per avvicinarti a me, figlia mia».

Il sentirla nuovamente le gelò il sangue.

« Michi, sei sicura di stare bene? Sei diventata pallida all'improvviso». Le chiese l'altra, senza celare un velo di preoccupazione. Aveva più volte ascoltato le dicerie che si sentivano in zona sul conto dell'altra, ma aveva sempre creduto che era meglio viverle di persona. Quel cambiamento repentino la preoccupava e non poco.

« Sssi..tutto a posto, credo ». Mentii lei, cercando di tornare il più serena possibile.

« Bene allora dai, puoi venire al mare con noi». Esclamò la ragazzina felice, prendendola per mano.

Avrebbe voluto scomparire improvvisamente, senza lasciare traccia. Sapeva che avvicinarsi al mare sarebbe stata una pessima idea. Ma non poteva dire alle altre che sentiva delle voci nella sua testa, anzi non poteva dire che sentiva lei.

Essendo in centro impiegarono pochi minuti per raggiungere la passeggiata e scendere la scalette che portavano in spiaggia.

Man mano che procedevano verso il fronte mare la sensazione di pericolo cresceva in lei, avrebbe voluto scappare via. Lontano, scappare via e non rimettere più i suoi piedi in spiaggia. I suoi occhi blu si posarono sulla distesa d'acqua che aveva quasi il loro stesso identico colore.

« Non avere paura, il mare è la tua casa». Di nuovo lei, sentì il battito accelerare senza che lei riuscisse a controllarsi. « Avvicinati a lui, non ti farà del male, vuole solo ciò che gli appartiene fin dall'alba dei tempi».

No, non poteva continuare. Non poteva avanzare insieme alle altre.

Doveva andare a casa.

Doveva allontanarsi da quella immensa distesa d'acqua.

Sentiva il mare bramarla più di un'altra cosa.

« Non scappare, fidati di me».

Il mal di testa le aumentò improvvisamente, costringendola ad abbandonare la mano dell'amica per massaggiarsi le tempie.

Si sentiva a corto d'aria, come se qualcosa spingesse sulla sua cassa toracica. E più si avvicinava alla battigia più il malessere aumentava.

« Sicura che vada tutto bene?». Una delle altre tre la guardava preoccupata.

« Si.. tutto bene... è solo..credo solo sia un attacco d'ansia...niente..niente di più ». Mormorò lei.

« Vieni da me, non avere paura, lasciati andare, segui il tuo destino.. fidati di me.. ».

Basta!! Esci dalla mia testa ti scongiuro. Mi stai facendo impazzire, lasciami in pace non otterrai mai quello che vuoi. Non entrerò in acqua.

A quella sua battaglia silenziosa, alla sua reazione combattiva improvvisamente il mare da calmo divenne agitato.

Come se fosse stato mosso da una scossa di terremoto.

Era consapevole che lui la sentiva.

Ma era più forte di lei, nonostante fosse attratta probabilmente a causa della sindrome della sopravvissuta, l'acqua la spaventava.

La sua volontà la spaventava.

« Lasciami in pace, vattene via!! Non è casa tua la mia mente!!». Urlò al mare, cercando di ignorare l'affanno e l'emicrania.

Non era mai stata così male in vita sua.

Le sembrava di rivere gli attimi in cui stava annegando nell'acqua gelida.

A ogni respiro la sensazione di mancanza d'aria era sempre più forte.

Le tre ragazze la guardarono impaurite, quasi come se avessero visto un fantasma. Ai loro occhi la cosa giusta era scappare, il fatto che il mare si fosse agitato dopo il suo urlo le aveva spaventate e non poco.

Sarebbe stata anche per loro una strega.

Anche per loro sarebbe diventata la pazza da evitare.

E sarebbe piombata nuovamente nella solitudine.

Avrebbe nuovamente vissuto in compagnia delle sue voci interiori.

Dei demoni che si erano impossessati di lei chissà quando.

Magari proprio mentre stava annegando.

In cambio della vita.

Non si sarebbe più fidata e aperta con nessuno da quel momento in poi.

Una che sente voci non può avere amici.

Può solo cercare di non farsi trasportare nella follia più nera.

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Capitolo 4
*** Presagi ***


Presagi

 

Buio.

Cielo rosso, agitazione, panico, ansia. Distruzione.

Ciò che le si pareva davanti le comunicava solamente quello, nient'altro. Sentiva il terrore provocato da quelle immagini terrificanti salire come ogni notte, come ogni volta che quell'incubo si ripresentava. Ogni volta più nitido di prima, ogni notte con qualche particolare in più rispetto a quella successiva. Tanto che ormai era perfettamente consapevole di stare sognando. Proprio come in quel momento in cui i suoi occhi avevano appena osservato il crollo di spettrali e neri palazzi.

Intorno a lei solamente morte, il rosso vermiglio del sangue la faceva da padrone.

Poi alla fine quella voce, sempre la stessa che le teneva compagnia da anni.

«Non mi rifiutare, è nel tuo destino il momento ormai è giunto vicino»

 

Aprì gli occhi di colpo immersa nel sudore, ormai erano anni che conviveva con gli incubi, alcuni più spaventosi, altri meno. Quello che però la tormentava in quel periodo sembrava più vivido di altri, sentiva chiaro il pericolo che da esso scaturiva.

Qualcosa, o forse qualcuno, ne percepiva il reale significato nei punti più reconditi del suo essere.

Aveva ormai quindici anni, e durante quelli precedenti aveva preso piena coscienza del fatto che molto probabilmente non era sola, molto probabilmente nel suo coporto c'erano due persone, aveva letto su alcuni libri del paranormale che poteva succedere. E se all'inizio era terrorizzata al pensiero che qualcuno potesse prendere controllo del suo corpo, con il passare del tempo quella presenza sconosciuta aveva iniziato a rassernarla. Anche se i suoi messaggi, la sua voce erano sempre molto criptici e indecifrabili.

Non aveva idea infatti di che cosa le riservasse il futuro. La voce non le aveva ancora rivelato che cosa era parte del suo destino anche se sentiva spesso nominarglielo. Diceva che ancora non l'aveva accettata pienamente, e in effetti era vero: lei al mare ancora non riusciva ad avvicinarsi. Dopo l'uscita qualche hanno prima, finita in modo disastroso in compagnia delle sue amiche aveva completamente rinunciato ad andare in spiaggia.

Perdendo forse la sua battaglia, o semplicemente rimandando un incontro che prima o poi sarebbe accaduto, che lei fosse contraria o meno non avrebbe avuto importanza. E una parte di lei sembrava esserne pienamente consapevole.

Ripensò all'incubo appena fatto, alle tre luci che poco prima che lei aprisse gli occhi le erano comparse davanti. Un particolare nuovo che non riusciva a spiegare, anche se l'altra parte di se sembrava quasi attratta da quel luccichio che poteva definire quasi familiare.

Forse siamo semplicemente io e i miei genitori, non deve essere per forza qualcosa di brutto.

Provò a rincuorarsi, anche se quelle tre luci non le comunicavano una sensazione di pericolo come in generale aveva fatto lo strano incubo in quell'ultimo periodo.

«Il tempo ormai è vicino, presto saremo una cosa sola, devi fidarti di me. Devi sconfiggere le tue paure, e abbandonarti al padre. Non porre inutili resistenze, il tuo destino ormai è segnato.»

 

 

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Capitolo 5
*** Principessa degli oceani ***


 

Principessa dell'oceano

 

 

Intorno a lei si ergevano delle mura in marmo bianco finemente decorate da intarsi e volute lucide e opalescenti, una luce fredda e argentea permeava gli spazi riempiendoli di tranquillità. Quell'atmosfera assomigliava tantissimo a quella che fin da piccola aveva sempre immaginato ci potesse essere sulla Luna.

I sui occhi si posarono sui vestiti che indossava, vestiti a lei sconosciuti di uno scuro verde acqua, i suoi capelli più lunghi di quanto in realtà li avesse, coprivano quasi metà schiena.

Gli occhi le caddero sul cielo e l'enorme sfera della Terra che ne riempiva buona parte, realizzò solamente in quel momento di essere veramente sulla Luna, la presenza di quegli edifici creò in lei incredulità e stupore.

In qualche modo quel paesaggio le sembrava familiare, sebbene era improbabile che lei fosse mai stata sulla Luna, eppure quel sogno le sembrava così reale. Così autentico. Così precedentemente vissuto in passato.

Si voltò di scatto verso alcuni passi che le sembrò di conoscere all'orecchio. Il suo cuore iniziò a battere leggermente più forte.

«Mamma?». La sua voce risuonò diversa nel grande ambiente, più dolce e più matura di quella che la caratterizzava tutti i giorni. Più saggia e consapevole. Più donna. In fondo al corridoio apparve una figura longilinea e altissima. A lei sconosciuta all'apparenza, ma in quel sogno sentiva che in realtà si conoscevano anche bene. Indossava un vestito molto simile al suo, solamente di un blu lucido. I capelli cortissimi e biondo chiarissimo, quasi bianco.

«Principessa degli Oceani, sono onorata di incontrarti di nuovo, non è poi passato così tanto tempo dall'ultima volta in cui ci siamo incontrate». La voce della sconosciuta era il suono più bello del mondo. Il pensiero di quanto le fosse mancata la sua presenza la colpì inspiegabilmente, chi era?Non conosceva nessuno in realtà che poteva anche solo lontanamente assomigliarle.

«Bentornata a palazzo guerriera dei venti e del cielo».

 

Si ritrovò a fissare l'oscurità della sua camera ripensando al sogno appena fatto. Principessa degli oceani. La sconosciuta l'aveva chiamata così, ma lei non era una Principessa, tanto meno era la principessa degli oceani. Si la sua famiglia era molto benestante e conosciuta, ma nulla a che vedere con titoli nobiliari.

Cosa significava quel sogno? Chi era quella giovane donna che una parte profonda di lei sapeva di conoscere nonostante non l'avesse mai vista?

Solitamente i suoi sogni erano molto agitati, erano veri e propri incubi, questa volta invece era stato un sogno tranquillo. Se non lo credesse quasi impossibile, avrebbe chiamato sicuramente quella visione “ricordo”. L'istinto glielo suggeriva, ma non ne capiva il significato profondo.

Improvvisamente fu pervasa dall'ennesima sensazione di terrore: nell'ultimo periodo, incubi a parte, quando le capitava di svegliarsi in piena notte a causa di questi, capitava di provare terrore. Un terrore cieco che si trasformava in un freddo quasi incontrollato e nella sensazione di essere osservata con insistenza anche se intorno a lei vi era il vuoto.

E poi quella voce che l'accompagnava da anni, sempre la stessa, che la invitava a fidarsi di lei ad accettarla come parte di se. Sembrava essere quasi una parte nascosta della sua coscienza, ma non capiva se poteva fidarsi.

Il mare le aveva distrutto la famiglia, non poteva essere niente di positivo. Poi da quando aveva iniziato a sentire quel richiamo anni prima non erano mai successe cose normali, anzi. Parecchi fatti atipici, per non parlare della continua ansia e del continuo rifiuto di andare in spiaggia.

«Non aver paura, fidati di me..il momento ormai è vicino, accetta il tuo destino, non puoi rinnegarlo».

Come tutte le notti, ecco ricomparire nella sua testa quel richiamo, pian piano quella voce profonda si era trasformata in una voce dolce e femminile. Non era più il mare a chiamarla, sembrava la stessa persona presente nel suo sogno. Il tono della voce era molto simile sebbene non indentico.

Ogni volta che quella voce si palesava, quasi a volerla proteggere la sensazione di gelido terrore scompariva veloce come era arrivata.

Non sembrava dunque essere una presenza malvagia. No, anzi! Quando poteva intuirne la presenza si sentiva stranamente in pace con se stessa, quasi come se fosse tornata a casa.

«Dimmi chi sei, sono anni ormai che mi tormenti». Pensò, per l'ennesima volta, sperando che quella presenza potesse darle una risposta diversa dalle volte precedenti.

«Scoprirai presto chi sono, io sono destinata a te e tu a me, ci apparteniamo è sempre stato così». Le arrivò la stessa risposta di tutte le notti, una risposta che la portava a sapere tutto e nulla, si appartenevano... ma a chi apparteneva lei?

Unico pensiero che le si formò nella mente era il mare, da quando aveva avuto l'incidente in cui aveva perso la sua famiglia l'aveva sempre cercata e tormentata.

In fondo, la misteriosa ragazza bionda l'aveva chiamata “principessa degli oceani”. Tutto portava in quella direzione, dunque.

Misteriosa ragazza bionda, chissà chi sei. Se esisti veramente. Vorrei tanto capire perché sembrava di conoscerti nel sogno.

Pensò cercando di tirare un sospiro profondo per calmarsi un poco e cercare di tornare a dormire, altrimenti non avrebbe resistito al dormire durante le lezioni del giorno dopo e i professori non avrebbero sicuramente apprezzato.

Nonostante spesso avessero un occhio di riguardo nei suoi confronti, erano comunque molto severi.

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Capitolo 6
*** Risveglio, ansia ***


Risveglio, ansia
 
 
Quella mattina si era svegliata con un forte senso di ansia che l’aveva accompagnata per tutta la giornata di lezione, si sentiva in costante pericolo.
La notte precedente aveva dormito male come ormai accadeva da mesi e la stanchezza aveva iniziato a farsi sentire e con lei il prepotente desiderio di recarsi nella piscina del complesso scolastico non appena si fosse liberata.
Il pensiero mentre finiva di prepararsi per entrare in acqua volò all’incubo che l’aveva tormentata quella notte, sembrava in tutto e per tutto simile alla distruzione del mondo.
I mostri e le masse informi che erano comparse intorno a lei le avevano fatto sentire una paura tale da svegliarla improvvisamente, poi per l’ennesima volta quella voce che la tormentava da anni era emersa nuovamente nella sua mente.
Sistemò con cura la sua divisa scolastica sulla panchina negli spogliatoi, la borsa in cuoio con i libri appoggiata a fianco e in terra le scarpe con i calzini.
La piscina stranamente, data l’ora, sembrava totalmente vuota.
Il momento è vicino, tieniti pronta, è giunto il momento del tuo risveglio.
La voce femminile e familiare irruppe prepotente nei suoi pensieri, risveglio? Quale risveglio? Cosa intendeva.
Cosa intendi? Smettila di fare la misteriosa, non so manco chi sei! E non rispondi quando te lo chiedo!
Cercò di rispondere a sua volta, sapeva che quella presenza la sentiva. Così come era forte e chiara la voglia che aveva di averla. Sebbene non aveva ben chiaro dopo tutti quel tempo chi ella fosse.
Mi conoscerai presto, sono colei che sei destinata ad essere. Quando sarà il momento non esitare il tuo destino sta per compiersi.
Michiru sbuffò appena scuotendo lievemente il capo nel tentativo di cacciare quelle parole: non aveva nessuna voglia di lasciarsi ulteriormente influenzare, risveglio di cosa? Lei non doveva risvegliare proprio nessuno, lei voleva solamente fare una nuotata per distendere i nervi, nient’altro. Scopo che ultimamente le era difficile da raggiungere anche con la musica. La piscina le sembrava l’ultima spiaggia da utilizzare per alleviare il tormento interiore.
Lasciò la stanza degli spogliatoi, per dirigersi verso la piscina vera e propria.
Una parte di se stessa le stava suggerendo chiaramente di tornare indietro e non avanzare, di tornarsene a casa. Ma decise di non darle ascolto: erano sicuramente sensazioni fuorvianti, influenze di quella voce sconosciuta che ogni tanto le mandava messaggi criptici e quasi senza un reale senso.
Il corridoio che stava percorrendo diventò all’improvviso gelido, la luce si abbassò di colpo, una sorta di innaturale terrore la pervase immediatamente.
Avrebbe voluto scappare ma qualcosa di sconosciuto la teneva bloccata esattamente dove era.
Fu un attimo, si ritrovò piantata al muro, arpionata da un qualcosa di invisibile ma che percepiva come pericoloso.
Il respiro le aumentò di conseguenza a causa della sensazione di panico che la stava totalmente controllando.
I suoi occhi blu sbarrati, fissavano un punto indefinito davanti a lei, consapevoli della presenza di qualcosa che non riusciva a vedere.
Chiuse gli occhi impaurita.
Accetta il tuo destino giovane guerriera.
E’ il momento.
Tuo padre, l’oceano ti richiama a se.
Accetta chi sei.
Di nuovo la voce sentita poco prima, sentì gli occhi bruciarle per via delle lacrime che stavano per affiorare copiose. Non sapeva come uscire da quella situazione, sentiva solo male nei punti in cui era consapevole che, quel qualcuno di invisibile, la stava arpionando contro il muro.
Sentì prepotente il mare dentro di se.
Lo sentì chiaro intorno a se, avvolgerla.
Una strana luce verde acqua si sprigionò improvvisamente dal suo corpo.
Il richiamo del mare sempre più forte.
E nonostante fino a mezz’ora prima non ne voleva sapere, in quel preciso istante le sembrò impossibile opporsi.
Gli oceani erano parte di lei, lo erano sempre stati.
Questa era la verità.
La presa della creatura invisibile scomparve improvvisamente, un tiepido bruciore sulla fronte.
Aprì gli occhi.
Davanti a lei uno strano oggetto era sospeso nell’aria.
Una luna con un anello intorno, una stella sulla cima con un tridente in quel momento luminoso.
Il desiderio di toccare quell’oggetto sconosciuto era incontrollabile.
Era suo, doveva prenderlo.
Il mare glielo chiedeva.
Lo ordinava, lo imponeva.
Lasciò l’appoggio del muro per compiere un passo in avanti.
Allungo il poco che bastava la mano per stringere il manico azzurro.
Nel momento esatto in cui lo strinse fu avvolta da un’energia più potente di quella che aveva sentito chiara intorno a se, senza vederla.
Ne fu totalmente avvolta, ne fu completamente riempita.
Si ritrovò a vestire panni non suoi,
Panni che non aveva mai visto eppure erano così famigliare in quel momento.
Vide chiaro il suo aggressore, un mostro di colore nero dagli occhi di brace.
Bastò l’energia sprigionata nella trasformazione per farlo dissolvere.
Si sentiva improvvisamente rilassata, calma.
Improvvisamente potente.
Sentì un’energia enorme.
Eccola l’altra parte di se stessa, ecco chi l’aveva tormentata per anni.
Ecco il futuro a cui era destinata.
Improvvisamente le parole che l’avevano inseguita per anni avevano un senso.
Era dunque essere una guerriera il suo destino?

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Capitolo 7
*** Missione ***


Missione.


Da quel giorno in piscina ormai di qualche mese prima la sua vita era radicalmente cambiata senza darle possibilità di opporsi.

Si era sentita improvvisamente forte e potente.

Aveva iniziato improvvisamente a sentire la presenza dell’oceano intero e aveva preso consapevolezza di ciò che era.

Il tutto era successo lentamente, battaglia dopo battaglia.

Svariate volte si era trovata a contare ossa e muscoli che mai avrebbe pensato di avere a seguito di uno scontro con quelle che, scoprì dopo diverso tempo, erano regressioni ataviche.

Sapeva che in qualche modo lei era rinata su quel Pianeta per scongiurare l’arrivo della distruzione.

Un incubo la tormentava da mesi e in questo sogno sapeva bene che era giunta la fine, senza più via di scampo.

Nitidi erano emersi i ricordi portati dal mare di una vita di diversi secoli prima, quando era rilegata sul suo Pianeta, Nettuno, a proteggere la Principessa da lontano.

Difficile era stato accettare il fatto che l’entità maligna che avrebbe dovuto combattere prima che entrasse nel sistema solare esterno, era arrivata in realtà già sulla Terra annidandosi sotto mentite spoglie in un luogo ancora a lei sconosciuto.

Lei era rinata per proteggere Serenity e quel Pianeta.

Doveva scongiurare l’arrivo della distruzione, il suo istinto parlava chiaro.

Parlavano chiaro anche i suoi sogni.

Doveva ritrovare lei.

Doveva ritrovare quel volto che le sembrava di conoscere da sempre e a cui si sentiva inspiegabilmente legata nel profondo.

Quella voce… la sua voce, supponeva, la sentiva spesso in sogno.

Ma sopratutto prima di ogni altra cosa, avrebbe dovuto ritrovare lui.

Ciò che era la sua arma.

La sua guida.

Parte del suo potere.

Ciò che era la chiave per evitare la distruzione.

Compagno di miliardi di lotte, migliaia di divinazioni.

Dono fattole millenni prima da Queen Selene.

Fonte di un potere immenso.

Unica arma, tra le altre, capace di opporsi all’invasione che presto avrebbe travolto la Terra.

Il Mirror.

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Capitolo 8
*** Mirror ***


Mirror

 

 

Stava correndo da svariati minuti.

Dietro di lei il respiro del demone che era stata costretta a combattere quel giorno.

Un demone dalle fattezze fin troppo umane, rispetto a ciò che era abituata a combattere.

Il rantolo del respiro di lui era sempre più vicino.

Doveva provare ad attaccare, non poteva sempre scappare.

Anche se era più che convinta che i suoi attacchi quel giorno sarebbero serviti a poco e nulla.

Aveva bisogno del suo talismano.

Da quando si era ricordata della sua esistenza erano passati mesi, ma ancora non era riuscita a capire come avrebbe potuto trovarlo.

Con lui sapeva bene che i suoi poteri sarebbero aumentati, sarebbero stati quelli che tanto avevano segnato i racconti millenari delle vite precendenti.

Sarebbero stati quelli per cui lei, come Outer Senshi, era conosciuta in tutto il sistema solare e anche oltre.

Le falcate del demone mezzo uomo e mezza bestia erano sempre più vicine.

Ok Michiru, basta scappare o la va o la spacca.

Si spostò a lato della strada, entrando in un vicolo che solo dopo si accorse essere cieco.

Il demone dietro di lei. Si voltò di colpo, braccia alzate.

«Deep Subma-». Le parole le morirono letteralmente in gola insieme al suo respiro quando si ritrovo in pochi secondi sbattuta a terra con il suo avversario sopra.

Le zampe quasi umane a bloccare le sue braccia.

Quelle posteriori a bloccare il resto del corpo con gli artigli.

Il muso putrido a pochi centimetri dal suo viso.

Poteva sentirne l'alito caldo e fetido: ormai era abituata a certe cose, ma ogni volta il suo stomaco si ribellava prontamente.

Se non trovava una soluzione sarebbe presto finito tutto, ancor prima di iniziare.

No! Non poteva assolutamente permetterlo.

Doveva trovare un modo.

Un ringhio assordante le distrusse quasi i timpani per quanto si rivelò acuto. Vide la testa del mostro scattare nella sua direzione e, di istinto chiuse gli occhi vittima della paura più pura.

 

Mirror.

 

Sentì chiaro il suo stesso pensiero, così come fu chiara l'enorme energia che sentì materializzarsi, la presa del mostro sempre più debole al crescere della stessa.

Sentì un lamento simile a quello di un cane, nel momento in cui aprì gli occhi.

Il suo talismano era comparso.

Tra lei e il mostro vi era una parete di energia che non aveva idea di come era stata creata, ma era più che sicura che la stava proteggendo.

Alzò il braccio destro a stringere l'oggetto davanti a se.

Questa volta l'energia da lei utilizzata fu maggiore degli altri giorni, sentì chiaro l'oceano risponderle.

Molto più di quanto fosse in realtà abituata.

Molto più di quanto sarebbe mai riuscita a pensare.

 

«Submarine reflection!»

 

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