Il Canto del Drago Oscuro di Sinnheim (/viewuser.php?uid=132828)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incipit al Requiem ***
Capitolo 2: *** Il Canto di Faragonda ***
Capitolo 3: *** Il Canto di Tecna ***
Capitolo 4: *** Il Canto di Musa ***
Capitolo 5: *** Il Canto di Aisha ***
Capitolo 6: *** Il Canto di Flora ***
Capitolo 7: *** Duetto di Luce e Fuoco ***
Capitolo 8: *** Sonata all'Ombra del Cielo ***
Capitolo 9: *** La Sinfonia del Destino ***
Capitolo 10: *** L'Ultimo Canto del Drago Oscuro ***
Capitolo 1 *** Incipit al Requiem ***
CAPITOLO
1: INCIPIT AL REQUIEM
Non mi
rimane più molto tempo ormai, devo fare in fretta. Per gli
dei, ho così paura.
Mi tremano le mani e non riesco a tenere ferma la penna nella mia
presa. Le mie
parole piangono, così come il mio cuore.
A chi
leggerà questa storia, vi prego di darmi ascolto: non
credete a ciò che i
malvagi vi diranno, abbiate fiducia in chi vi ha sempre protetto e in
questa
follia che vi sto per narrare.
Questa che
vi lascio è la mia eredità, la verità
assoluta, ciò a cui dovete aggrapparvi
per non sprofondare nel terrore. Perché, io... oh,
credetemi, io sto morendo
dal terrore di ciò che dovrò fare per non farlo
subire a tutti voi.
Non
è più
tempo di scrivere per liberare l'anima dal male, ma per farvi
comprendere più
chiaramente cosa sta succedendo e cosa succederà. Mi avete
conosciuta come
un'eroina decadente, colei che ha salvato sia l'Universo, sia la
propria
sorella ad un prezzo forse fin troppo alto.
Questo
diario, però, non è la stessa cosa. Non si tratta
di narrare gesta impossibili,
è la mia missione più grande: salvare il futuro.
Ho
già i
crampi alla mano, devo stilare questo racconto raccapricciante molto
velocemente, ma ciò non significa che sarò avara
di dettagli: questo documento deve
essere letto. Dovete tutti sapere
cosa è successo affinché coloro che amo non
debbano pagare per le scelte prese
da altri in altri tempi, per farvi conoscere il motivo delle mie azioni
e della
mia scelta, solo ed esclusivamente
mia.
Ho dovuto
decidere le sorti dell'Universo nello spazio di giorni, a mio e a
vostro
rischio e pericolo.
Perché
sto
dicendo tutto questo? Perché sono così
catastrofica? Perché, povere anime, non
ho nessuna certezza di ciò che accadrà dopo che
avrò finito di scrivere.
Non lo so.
Potrei salvarvi tutti come potrei condannarvi a morte. Sta di fatto
che, quel
che andrò a fare, è dettato quasi unicamente dal
mio egoismo, puro e semplice.
Spero davvero che sarà proprio questo a risolvere le cose.
Ho piena
fiducia di chi ho intorno, delle persone che amo. Tuttavia, dopo il mio
racconto, non posso biasimarvi se tale fiducia non sarà
percepita anche da voi
che leggete.
Sforzatevi
di credere al mio giudizio, stavolta non credo di sbagliare. Tecna una
volta mi
ha spiegato una teoria secondo la quale le azioni compiute non possono
essere
cambiate, come se il destino fosse già scritto: non importa
quante volte ci
provi, alla fine accadrà sempre la stessa cosa.
Potrebbe
benissimo valere anche in questa situazione, ma io dico questo:
è tutto da
vedere. Se dovrò essere divorata per salvare tutto e tutti,
se dovrò...
rinunciare alla mia felicità, così sia.
Non riesco
a smettere di tremare, non sono pronta, per gli dei, non voglio andare
via. È
anche per questo che ho denominato i vari capitoli con riferimenti alla
musica:
l'intera storia non è altro che un massivo canto del cigno,
un presagio di
morte imminente per me, e… una potenziale dipartita per loro.
Sono
passati tre anni da quando ho pubblicato il diario che narra le vicende
mie e
di mia sorella: ha riscosso molto successo, ma anche ribrezzo. A parte
questo,
le cose non sono cambiate nella solita routine: ricoprivo ancora il
ruolo di
Guardiana degli Orphan e insegnavo ad Alfea, era rimasto tutto
pressoché
uguale.
Tutto,
tranne un dettaglio: era sottile, non tutti potevano averlo colto. Le
persone
intorno a me stavano cambiando drasticamente comportamento, in
negativo. Voi mi
potreste dire che sono solo le paranoie di una squilibrata mentale, e
non
potrei darvi torto. D'altronde, lo sono davvero.
Però,
però, credete alle parole di questa folle: vi sto parlando
di qualcosa di
profondamente sbagliato, lo senti nell'aria, lo senti sulla pelle.
Parlo
proprio del fare del male senza motivo, di cambiare completamente
carattere e
atteggiamento in modo radicale e senza dare nessun tipo di segnale, di
aggredire qualcuno per una semplice parola storta.
È
un
fenomeno sempre più dilagante. Mi accorsi che non solo su
Magix, ma anche sugli
altri pianeti le persone avevano iniziato a dare i numeri, per non
parlare
della crescita esponenziale degli Orphan! Eravamo davvero pochi fino a
qualche
anno fa, pochi in vita, intendo.
Parlando
al presente, invece, la clinica della Griffin è piena, e io
sono sempre in giro
a pescare poveri disgraziati che, di punto in bianco, perdono la testa
e si
corrompono senza nessun motivo.
Esattamente. Niente contagio, niente di niente, solo... solo questo.
Se
ricordate come sono diventata io una Orphan, vi rendete conto che la
cosa è di
una gravità sconcertante, una vera e propria emergenza. Ho
interrogato molti di
questi poveri sfortunati e tutti mi hanno detto la stessa cosa: nessuno
di loro
è venuto a contatto in modo viscerale con fonti di potere
opposte alle loro. Si
sono sentiti strani, come oppressi per un lungo periodo di tempo, e poi
boom.
Corrotti.
Ho
scandagliato l'Universo per diversi giorni alla ricerca di streghe o
fate con
poteri superiori alla norma, così, per sicurezza. Ok, a
dirla tutta cercavo le
Trix o esseri simili a loro. Cercate di capirmi, mi hanno un tantino
traumatizzata in tutti questi anni, mi rifiuto anche solo di immaginare
le loro
ceneri che complottano qualcosa ai miei danni.
So che vi
state chiedendo se io stia raccontando un sacco di favolette per
giustificare
la follia che ho in mente di fare, che sui vostri pianeti non vi siete
mai
accorti di niente e tanti saluti.
Viviamo
tutti in balia dello stesso fiume. Inesorabilmente, navighiamo nella
stessa
direzione, non importa su quale sponda: quella è la vostra
normalità, e tutti
coloro che provano ad andare controcorrente sono considerati anomali.
Tuttavia,
se un giorno il fiume iniziasse a scorrere al contrario, tutti voi lo
seguireste: quella, sarebbe la vostra nuova
realtà, e non ve ne accorgereste perché
ci vivete dentro.
Io posso
guardare entrambe le situazioni e notarne i particolari
perché la mia normalità
non coinciderà mai con nessuna delle vostre, nemmeno nel
peggiore dei casi. Io
sono qualcosa a parte, fuori dallo schema cosmico.
Le mie
allieve sono un esempio: mi raccontavano di comportamenti ed episodi
strani
accaduti sui loro pianeti, ci ridevano su di gusto. Questo,
finché quei
comportamenti strani li assunsero anche loro: ogni giorno era una
continua
guerra di litigi, aggressioni, maldicenze.
A quanto
ne so, questa situazione è presente anche nelle altre
scuole. Ogni tanto
prendevo una dose extra di farmaco per essere sicura di non essere io
impazzita
completamente.
Per quanto
mi addolori dirlo, i guai seri iniziarono qualche mese dopo. Se prima
riguardava solo le giovani fate, adesso riguarda un po' tutti, da
Faragonda
alla Griffin, dalle Winx alla mia stessa sorella.
Devo, ho
dovuto, prendere una durissima decisione: sappiate solo che
sarà terribile da
affrontare. Detto questo, vi prego,
abbiate pietà per me, per loro, per tutti voi. Non
diffondete odio gratuito
dopo aver letto ciò che sto per scrivere, non è
colpa di nessuno.
Io ho
paura. Se potessi evitarlo, lo farei: ormai ho imparato
com'è la vita che mi è
toccata in sorte, ho imparato come essere abbastanza felice nonostante
tutto.
Eppure, ancora una volta, dovrò infliggermi la pena
più grande per il bene di
chi amo. Stavolta, però, sarà l'ultima.
Questa
è
la storia di vite in frantumi: io sto solo cercando di raccoglierne i
pezzi e
rimetterli insieme.
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Capitolo 2 *** Il Canto di Faragonda ***
CAPITOLO 2: IL
CANTO DI FARAGONDA
Faragonda
è il mio punto fermo. È la mia roccia e la mia
guida, ma anche una carissima
amica. È una donna che ho considerato una zia o una sorella
e, in principio,
anche una madre. Lei rappresenta il luogo dove far ritorno dopo un
lungo
viaggio, una delle poche costanti della mia vita. A lei devo
moltissimo, se non,
addirittura, tutto. Mi piange il cuore scrivere di lei, di quello che
ha fatto,
ma è mio dovere raccontare la verità e mostrare
la portata potenziale di ciò
che sta accadendo.
Con il
passare degli anni, per non soccombere alla corruzione che mi dilania
la mente,
ho imparato a distaccarmi dalle emozioni e diventare fredda come
ghiaccio, insensibile
a ciò che mi circonda. In questo frangente, però,
è davvero difficile. Ma il
tempo stringe, e io ho tanto da dire.
Ad Alfea
le cose iniziarono a prendere una brutta piega in modo inesorabile,
come una
valanga che acquisisce potenza man mano che crolla dalla montagna; le
allieve
perdevano la testa per la più piccola stupidaggine, non
facevano che creare
caos e, noi professori, eravamo al limite della sopportazione.
Faragonda
aveva la scrivania sempre piena di carte e documenti con riportati i
vari
'incidenti', di lamentele sia di genitori, sia delle stesse alunne,
aumentando
ancor di più la nostra frustrazione. Io e Daphne, a pranzo o
a cena, parlavamo
spesso di questi episodi, eppure, nonostante l'acuta mente di mia
sorella, non
riuscimmo a venirne a capo. Era tutto troppo anomalo, tutto troppo
strano.
Sembrava di vivere un sogno lucido.
La preside
era esausta e preoccupata, si vedeva lontano un miglio la sua
stanchezza, ma era
perfettamente normale. Se in principio era qualcosa di ben
comprensibile vista
la situazione, in seguito la questione divenne... instabile.
Iniziò
a
chiamare giornalmente le ragazze nel suo ufficio, solitamente quelle
coinvolte
negli episodi sopra citati, e le sottoponeva a interrogatori
estremamente
logoranti dove pretendeva di sapere anche cose inutili e fuori
contesto. Le
faceva uscire da lì completamente esauste e, spesso, anche
impaurite, se non
addirittura terrorizzate.
Faragonda
iniziò a vedere il marcio anche dove non c'era, e questo mi
mise molto a
disagio. Perché? Perché lei era stata quella che
mi ha letteralmente salvata
quando stavo per soccombere alla corruzione. Mi ha spronata, mi ha
ricordato
chi ero, e si è esposta per me.
Devo
tristemente ammettere che, dopo le vicende di otto anni fa, la mia
adorata
preside non è stata più la stessa: rimasta
profondamente turbata da ciò che avevo
fatto a me stessa e agli altri, nonostante all'apparenza sembrasse
tranquilla,
probabilmente dentro covava un'inquietudine pericolosa che la
avvelenava piano
piano, terrorizzata da quello che poteva ancora accadermi o, peggio,
accaderci.
Non si
è
mai perdonata il fatto di aver permesso alle Trix di averci messo in
pericolo
mortale, ancor meno non si perdona il fatto che io mi sia dovuta
mutilare in
modi disumani per poterle fermare. Lei mi vuole così bene, e
io non me la
sentivo proprio di contestarla, in quei momenti.
Se la
faceva stare più tranquilla interrogare le allieve, io non
mi sentivo nessuno
per impedirglielo, anche perché non ne avevo
l'autorità, lei era la preside.
Se solo
avessi saputo, immaginato a cosa andava incontro. Non mi ha mai, e
dico, mai esternato i suoi
sentimenti dopo la
morte di Daphne, forse per proteggermi e per non appiopparmi altri
pensieri. Non
ha mai detto niente, non mi ha permesso di aiutarla.
Iniziò
a
dormire sempre meno e i suoi interrogatori diventavano sempre
più lunghi. Un
giorno, Griselda venne da me con il volto più corrucciato di
sempre: nemmeno
quando stava al mio capezzale mentre ero mezza morta aveva una faccia
del
genere. Mi disse: «Questa non è la Faragonda che
conosco».
Non
servì
dire altro.
Le altre
Winx, beh... avevano paura anche loro. Una paura fottuta, se posso
permettermi
di dire. Facevano fatica ad ammettere che la preside si stava
comportando in
modo anomalo, un po' per egoismo, un po' per fiducia in Faragonda.
Povere
amiche mie, gliela leggevo in faccia la loro stanchezza, non volevano
passarne
un'altra. Non dopo l'ultima volta. Fu difficile per loro perdonarmi,
ancor di
più fu difficile imparare a conoscere la nuova me.
Non
volevano altre gatte da pelare, e come biasimarle. L'unica che aveva la
forza
di farsi avanti era Daphne, così iniziammo a vedercela noi
due sole, insieme a
Griselda, ovviamente. Non avrebbe abbandonato la preside nemmeno se
minacciata
di morte.
Appena
potevamo liberarci dalle lezioni o, nel mio caso, dalla caccia agli
Orphan,
andavamo a farle compagnia nel suo ufficio; chiacchieravamo del
più e del meno,
cercando di persuaderla a parlare con noi di... non lo so, qualunque
cosa: di
come si sentiva, di quello che le passava per la mente, ma niente, non
cedeva.
Non ho mai
visto dei sorrisi più falsi dei suoi: erano così
simili ai miei. Notai piccoli
atteggiamenti che mi turbarono da morire: si stringeva spesso il
braccio
sinistro, oppure si grattava spesso la testa, non ci guardava mai negli
occhi.
Non potete nemmeno immaginare quanto tremai quando me ne resi conto, un
gelo
così terribile nel sangue da farmi male fisico.
Mi misi
l'anima in pace e presi il coraggio a due mani, alla fine glielo chiesi
direttamente: «Faragonda, c'è qualcosa che non va?
A me puoi dirlo, puoi dirmi
tutto. Lo sai questo».
Mi
guardò
con tanta di quella tristezza che le voci nella mia testa ripresero a
parlarmi
come ai vecchi tempi. Sorrise: un sorriso inquietante e perso, ma non
si aprì.
Ancora una volta, rifiutò il mio aiuto.
«No,
Bloom, va tutto bene...»
Girò
i
tacchi e se ne andò, quando notai l'elemento principe di
quello che stavo
iniziando a sospettare: scosse forte la testa e iniziò a
mandare via dalla sua
spalla qualcosa che non c'era. La mia roccia, il mio baluardo di difesa
in
questo mondo freddo e indifferente, era stata corrotta.
Rimasi
paralizzata sul posto come se il corpo fosse andato in black out. I
miei
pensieri correvano così velocemente da rendermi la mente
vuota, sembravo
lobotomizzata. Mi diedi uno schiaffo fortissimo sul braccio: il dolore
produce
adrenalina, essa riuscì a scongelarmi da quello stato
catatonico.
Corsi da
Daphne con quanto fiato avevo nei polmoni, spalancai la porta della sua
camera,
la richiusi con un tonfo, mi appoggiai ad essa e iniziai a piangere
davanti a
lei singhiozzando rumorosamente, senza curarmi minimamente se qualcuno
mi
avesse sentita o no.
«È
diventata
una Orphan! Daphne, non è possibile, non lei,
perché?!»
Mia
sorella diventò bianca in volto e rimase completamente
impietrita, strinse gli
occhi gonfi di lacrime e mi abbracciò saldamente senza
mollare mai la presa. Abbiamo
notato che, quando ho le mie crisi, se mi si tiene stretta nelle
braccia di
qualcuno sto molto meglio rispetto a quando sono sola. Per qualche
minuto,
tutto sembrò sparito.
«Bloom...
dobbiamo dirlo alla Griffin, lo sai anche tu sorellina...»
Annuii senza
staccarmi da lei, sapevamo entrambe cosa andava fatto. Ma
perché proprio
Faragonda? Cos'era che l'aveva corrotta? La mia vicinanza? Il fatto che
mi è
rimasta accanto anche quando ero nel bel mezzo della mia mutazione? Non
ne
avevo proprio idea. Il pensiero di essere diventata come un virus
contagioso mi
faceva letteralmente impazzire.
La
situazione stava inesorabilmente degenerando ma, in quel momento, la
cosa passò
in secondo piano. Volevo aspettare qualche giorno, aspettare il momento
giusto
per prenderla il più delicatamente possibile senza farla
sentire un... mostro.
Rare volte
ho visto la Griffin tanto desolata: la sua migliore amica era diventata
ciò che
lei più temeva. Il terrore di perderla e di non riuscire ad
aiutarla la faceva
soffrire terribilmente. Nonostante tutto, fu d'accordo con me sul fatto
di
aspettare prima di portarla alla sua clinica, mentre da dietro le
quinte cercavo
di trovare un degno sostituto che pensasse ad Alfea mentre Faragonda si
curava.
Vagliai
molti candidati, ma alla fine la mia scelta ricadde su Griselda: chi
meglio di
lei conosceva la scuola e i suoi alunni?
Passarono
due giorni. Ebbi l'approvazione della vicepreside stessa e, tutte
insieme, ci
preparammo psicologicamente per parlare con la preside. Almeno, era
ciò che
volevamo fare, quando accadde il peggio.
Delle
allieve del primo anno corsero da noi terrorizzate, alcune di loro
ferite:
Faragonda stava interrogando delle ragazze ma, non contenta delle loro
risposte,
ha iniziato a… a torturarle, per farsi dire quello che
voleva sentire. Alcune
erano riuscite a scappare, ma delle altre... povere, povere giovani
anime.
Quando
arrivammo davanti al suo ufficio, sfondammo la porta sigillata e le
trovammo
lì, sdraiate in una pozza di sangue, i segni dei colpi
magici sulla pelle.
Arti
rotti, corpi flagellati, ferite di ogni tipo. I loro occhi terrorizzati
e
spenti che fissavano il vuoto. La preside era in mezzo a loro,
ansimante, con i
bulbi oculari fuori dalle orbite, in lacrime. Era la follia incarnata:
rividi
me stessa incatenata alle rune oscure mentre vomitavo corruzione.
Non
avremmo mai potuto salvarle, l'ufficio è piuttosto lontano
dalle aule di
studio.
«Erano
corrotte! Erano corrotte, Bloom, ho dovuto farlo! Ci avrebbero uccisi
tutti!»
Mi sentivo
svuotata di ogni emozione per quanto ero raccapricciata. Volevo
proteggerla, ma
ormai era troppo tardi.
«Faragonda...
erano davvero corrotte, o te l'hanno detto le voci nella tua
testa?»
Sembrava
un animale braccato dai cacciatori, senza via di scampo. Dovevamo
prestare la
massima attenzione ai nostri movimenti.
«L-le
voci? Sì, no! Nessuna
voce!» disse
con tono stridulo e isterico, ormai era irrecuperabile.
«Ah,
no?
Io dico di sì, Faragonda. E sono sicura che, adesso, ti
stanno dicendo di ucciderci».
La preside
iniziò a tremare violentemente e si portò le mani
alla testa, sofferente.
«N-no,
cioè sì, m-ma io posso gestirlo, i-io
posso!»
Griselda
strinse i pugni e sbottò di brutto, mi fece sobbalzare sul
posto.
«No
che
non può! Si guardi! Ha ucciso delle vittime
innocenti!»
Faragonda
si guardò faticosamente intorno e scosse la testa, negando
l’evidenza.
«Loro...
loro se la sono cercata... erano corrotte... e… anche voi...
ve la state
cercando anche voi...»
Iniziai a
perdere la pazienza, anche perché le pareti tinte di sangue
stavano iniziando a
disturbarmi più di quanto potessi pensare.
«Faragonda,
devi venire con me. Andiamo dalla Griffin, lei ti
curerà».
Per un
momento, la preside si sentì come sollevata al sentire il
nome della sua
migliore amica, ma fu davvero un fugace attimo prima di perdere
completamente
il controllo.
«No…
no! Siete
tutte corrotte! Devo proteggere la scuola!»
Con occhi
folli, iniziò a far tremare tutto intorno a sé,
con una potenza incredibile per
una fata anziana come lei; i corpi delle ragazze si mossero
leggermente, il
sangue prese a scorrere e si polverizzò nell'aria,
fondendosi a quella che, una
volta, era magia bianca.
Frecce
vermiglie vorticavano intorno a Faragonda minacciando di colpirci,
tanto che non
feci in tempo nemmeno a trasformarmi che le lanciò
violentemente contro Griselda.
Aiutata dalle mie fiamme scattai di lato, mi parai davanti a lei ed
evocai un
turbine azzurro incandescente che liquefò le armi scarlatte,
innescando un
incendio nello studio.
La preside
gridò furiosa e fece per preparare un secondo attacco, ma
Daphne fu pronta
prima di me. Il sangue proteggeva Faragonda come uno scudo,
così mia sorella
evocò il suo piccolo famiglio draconico e lo usò
per far breccia in quel muro
rosso colpendo, suo malgrado, la Orphan.
Sì,
avete
capito bene: mia sorella, pur non essendo trasformata, ha evocato un
piccolo
drago in tempo zero. Non scherzavo quando dicevo che lei mi
è infinitamente
superiore. Comunque...
Ella
urlò
terribilmente, il fuoco le aveva lambito profondamente le carni.
Approfittando
del momento, usai il Morphix ereditato dal potere di Aisha e la
immobilizzai,
mentre Griselda cercava di estinguere l'incendio ormai divampato
violentemente.
Quella QUellaQfu la fine di
Faragonda. Rinchiusa
nella clinica della Griffin, tenuta in isolamento e sotto strettissima
sorveglianza, come una criminale, come... beh, come un'assassina.
Questa è la
storia in frantumi di colei che era la colonna portante delle nostre
vite.
Le salme
furono riconsegnate alle famiglie, mentre l'opinione pubblica a
riguardo fu
giustamente disgustata, come furono disgustati tutti i genitori delle
alunne.
Alla fine, grazie alla mediazione e alla diplomazia della nuova preside
Griselda, solo poche di loro decisero di andarsene. Io, Daphne, le Winx
rimanemmo
addolorate profondamente, per molto tempo.
Avevamo
perso la nostra leader nel modo più terribile di tutti, un
fato peggiore della
morte. E quello, oh dei aiutatemi, era solo l'inizio.
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Capitolo 3 *** Il Canto di Tecna ***
CAPITOLO 3: IL
CANTO DI TECNA
Come era
prevedibile immaginare, le cose iniziarono a degenerare in fretta, come
se
quello che stavo vivendo fosse un incubo e non la realtà.
Quando viene a
mancare una leader nata come Faragonda, chi si affidava a lei si sente
perduto,
inutile. Nel caso specifico di Tecna, lei si sentiva in dovere di
riempire il
vuoto lasciato dalla figura di comando, ristabilire l'ordine con la
logica.
Continua a
tremarmi la mano... ma che dico, non ha mai smesso di farlo. Sto
scrivendo
delle mie amiche come vittime sacrificali annunciate da qualche
oracolo. Davvero
non c'è via d'uscita dal destino che ti strozza la gola?
Non lo
so... so solo che quel giorno, equilibri essenziali alla vita furono
spezzati,
lasciando le Winx alla deriva nel mare come naufraghe. Dei morti che
camminano,
ecco cosa sono tutte loro, a meno che io non faccia qualcosa. A meno
che io...
non metta mano sull'Universo stesso.
Con la
caduta di Faragonda, ognuno ha dovuto trovare un modo per reagire.
Rimanere
esposti agli eventi come lo eravamo noi poteva significare la nostra
stessa
fine, esattamente come è successo alla preside. Non avevamo
risposte a ciò che
era accaduto, non avevamo certezze, avevamo solo un mucchio di domande
senza
risposta.
Camminavamo
sul filo del rasoio in punta di piedi, col pericolo di cadere da un
momento
all'altro. Tutti lo stavamo facendo. Potrei raccontare mille storie su
altrettante persone e comunque il finale non cambierebbe, per questo
motivo
narrerò i fatti delle persone che amo: voglio che siano
d'esempio per tutti,
voglio che l'umanità intera veda come l'amore può
trascendere nella miseria
così facilmente, affinché la combatta con tutte
le sue forze.
Ho deciso
di iniziare dalla fata della tecnologia perché fu la prima a
mostrare segni di
anomalia, ma tutte le ragazze iniziarono a covare il loro profondo
disagio
interiore più o meno nello stesso periodo, manifestato, poi,
in tempi diversi.
Ciò è dipeso sia dal loro differente carattere,
sia dal loro differente modo di
affrontare le tragedie.
Tecna
è
quel tipo di persona che consolida la tua vita. Su di lei puoi contare
in ogni
momento, quasi sempre sa dare risposte alle tue domande, elargire
consigli; ti
mostra nuovi modi di pensare e nuove prospettive da cui osservare il
problema. Se
hai lei vicino, ti senti in grado di affrontare qualsiasi cosa. Posso
definirla
come coraggio puro. Lei è davvero coraggio puro,
sì.
Una delle
cose più atroci che possa accadere, è quando una
persona del genere perde sé
stessa: ad un certo punto, il coraggio non te lo infonde
più. Non perché non ne
sia più in grado o perché non voglia ma,
semplicemente, perché quell'anima che
donava così tanta forza agli altri diventa la maledizione di
sé stessa, il suo
tormento.
Come in un
circolo vizioso, ciò non faceva altro che generare altro
tormento fino ad
avvelenare in primis lei, e poi chi le era intorno, fino a raggiungere
inesorabilmente
conseguenze fatali. Ciò l’ha portata a toccare con
mano quella stessa follia
che ha sempre terrorizzato i popoli di tutto l'Universo, spingendoli ad
ancorarsi con tutto il loro cuore a mantra del tipo 'non
accadrà mai a me'. Se
lo ripetete anche voi di continuo, vi informo che vi sbagliate di
grosso.
Pensate che
una normalità fatta di pazzia non vi si addica? Pensate
davvero che la vostra
vita, che la vostra realtà, non possa essere toccata? Non
è forse già questa
convinzione una follia? È probabile che il vostro modo di
vivere si sia già
avvicinato al mio e nemmeno lo sapete... è un pensiero che
fa ghiacciare il
sangue.
Comunque
sia, sono qui per questo: è per farvi aprire gli occhi che
mi sto rompendo la
mano a scrivere tutto quello che posso prima che sia troppo tardi. Ho
una sola
possibilità, devo farcela per forza. Non lasciate che la
sofferenza che vi sto
narrando vada sprecata: combattete quello che verrà a
sporcare la vostra anima,
perché credetemi, verrà. In che modo essa vi
coglierà, dipenderà solo da me.
Ora... ora
passiamo a Tecna. Povera, cara Tecna. Con Griselda al comando e
Faragonda
internata, tutto sembrò apparentemente calmarsi: le allieve
non osavano più
nemmeno sorridere fuori dalle loro camere, figuriamoci a creare caos e
discussioni futili. Erano profondamente turbate e sconvolte, come
tutti, del resto.
Si
potrebbe pensare che le cose stessero iniziando a sistemarsi, ma fu
proprio
questo clima di calma forzata che disturbò l'equilibrio
interiore della mia
cara amica: con più tempo e tranquillità da
dedicare ad altro all'infuori
dell'insegnamento, iniziò ad arrovellarsi il cervello sulle
possibili cause che
potrebbero aver trasformato Faragonda in una Orphan.
Rifletteva
senza sosta, ogni momento della sua giornata era dedicata alla ricerca.
Non si
dava pace, Tecna: non riusciva a concepire e nemmeno a sopportare
l'idea di non
venire a capo della questione, di non avere risposte da dare. Di
sentirsi
inutile e non all'altezza.
Da quando
le acque si erano calmate, noi Winx eravamo solite passare
più tempo insieme,
anche per rincuorarci a vicenda dell'accaduto; la presenza di Tecna
divenne
sempre più sporadica, fino a quasi scomparire dalla
circolazione.
All'inizio
cercavamo di non darci troppo peso. Ormai conosciamo la fata della
tecnologia,
sappiamo cosa le frulla in testa il più delle volte,
però qualcosa mi diceva
che stavamo sottovalutando la situazione ancora una volta, come era
successo
con Faragonda. Che sia questo uno dei segnali che nell'aria qualcosa
non va?
Probabile, molto probabile.
Non
riuscivamo più a comprendere la gravità delle
vicende che ci accadevano
intorno, e questo era pericoloso, se non fatale. Durante le sue lezioni
divenne
sempre più severa e rigida: assegnava compiti davvero
pesanti, era sempre molto
nervosa e spiegava le nozioni non più in modo chiaro e
semplificato, ma in modo
contorto e difficile, anche per noi che siamo fate esperte.
Capimmo
tutte che la cosa stava prendendo una brutta piega quando un'alunna,
esasperata
da tutto, le chiese il motivo di tutti quegli esercizi così
assurdi e fuori da
ogni portata.
Lei
sbottò
così: «Vuoi forse fare la fine delle tue
compagne?! Se avessero studiato di
più, se fossero state più preparate, avrebbero
trovato un modo per difendersi e
salvarsi! Avrebbero capito prima che qualcosa non andava! Vuoi morire
anche tu?
Eh?! Allora? Vi sto solo dando i mezzi per prepararvi, per non essere
un peso
per nessuno! Nessuno verrà a salvarvi se accadrà
di nuovo una cosa del genere!»
In quel
momento, ebbi la chiara impressione che quelle parole riflettevano
ciò che
provava dentro la sua anima.
Man mano
che passava il tempo, tenere a bada la mia corruzione, con tutti i
problemi che
mi fluttuavano intorno, stava diventando davvero complicato. Molti
interpretarono la mia freddezza verso la questione come menefreghismo,
ma la
verità era che, fisicamente, non potevo farmi coinvolgere
troppo o sarei caduta
anche io: dovevo andarci pianissimo con le emozioni forti.
Musa aveva
la camera comunicante con quella di Tecna. Ci riferiva ogni giorno cose
preoccupanti: aveva praticamente smesso di dormire e passava la notte a
fare
ricerche sulla corruzione in cerca di risposte che, puntualmente, non
trovava.
Il terrore
viscerale che anche lei fosse stata corrotta era tangibile, ma la sua
situazione era davvero analoga a quella di Faragonda? No, non proprio.
I tic
nervosi tipici non li aveva e, per esperienza personale, so che non
è possibile
essere corrotti e non averli, quindi, almeno per il momento, eravamo
tranquille
su quel fronte.
La storia
andò avanti così finché, un giorno, la
vedemmo arrivare in classe tranquilla e
rilassata, anche se, dal tono della voce, notammo che era comunque
fredda e
distante. Flora azzardò una conversazione amichevole per
tastare il terreno.
«Ti
vedo
bene oggi, Tecna. Ti senti meglio?»
La fata
delle piante sfoderò il sorriso più dolce che
aveva, ma la nostra amica la guardò
come se fosse trasparente: sembrava il fantasma di sé
stessa.
«Ah,
sì...
sto meglio, grazie. Ora scusatemi, ho lezione».
Si
alzò e
girò i tacchi, ignorando il nostro grosso disappunto nei
suoi confronti.
«Forse
ha
bisogno di più tempo» disse Aisha con fare
agitato.
Più
tempo... era stato il tempo a fregarmi con Faragonda, forse era meglio
agire in
modo preventivo.
Decisi che
l'indomani le avrei parlato chiaramente. Mi dedicai, quindi, alle
lezioni e a
pensare a un buon discorso da farle, fin quando non intravidi Tecna sul
calar
della sera in un corridoio vuoto, sentendola parlare da sola. Notai che
si
strofinava le mani sulle braccia, come se avesse freddo: il suo volto
era
scavato, e due grosse occhiaie nere spiccavano prepotentemente sul suo
viso.
Inizialmente,
mi si gelò il sangue nelle vene, dato che il mio primo
pensiero fu la
corruzione, ma mi costrinsi a restare lucida e mi misi a riflettere
bene su ciò
che stavo vedendo. La situazione era diversa da quella di Faragonda,
così come
erano diversi gli atteggiamenti: invece che i segni di una metamorfosi
in
Orphan, sembravano più quelli di una... dipendenza. Mentre
la mia amica
sfrecciava via verso la sua camera, decisi di chiamare Timmy per
scoprire
qualcosa.
«Ehi
Timmy, sono Bloom. Scusa il disturbo, ma è abbastanza
urgente. Ultimamente
Tecna ti ha parlato di qualcosa di... strano? Una scoperta che ha
fatto, oppure
di qualche problema?»
Era
inutile girare intorno al discorso con il ragazzo, Timmy è
fin troppo sveglio.
«Mh...
non
so perché, ma mi aspettavo la tua telefonata, Bloom. Beh, mi
ha parlato delle
sue ricerche sugli Orphan: è frustrata perché non
riesce a capire cosa sia
successo a Faragonda».
Cercai di
non agitarmi troppo alla risposta già nota, ma avevo fretta,
cavolo se avevo
fretta.
«Ok,
ma ti
ha detto qualcos'altro di strano?»
«Uhm...»
Passarono
pochi secondi di silenzio, ma a me parvero ore interminabili.
«Se
possiamo definirlo strano non lo so, per noi che ci occupiamo di
tecnologia è
normale fare le ore piccole. Ha detto che ha inventato un'energizzante
favoloso
per rimanere sveglia e concentrata, molto meglio del caffè o
altri stimolanti.
Le ho chiesto se me ne procurava un po' ma si è arrabbiata,
eppure lo sa che
sto progettando un nuovo modello di-».
Povero
Timmy, gli chiusi praticamente il telefono in faccia, ma dovevo
muovermi: corsi
spedita verso la camera di Tecna e bussai con fare minaccioso, un po'
troppo,
devo ammettere.
«Tecna,
apri! Devo parlarti!»
Una voce
piatta e, allo stesso tempo, nervosa, venne ovattata dalla porta chiusa
a
chiave.
«Vai
via
Bloom, ho da fare!»
Inutile
dire che persi subito la pazienza.
«Tecna,
apri subito. So cosa stai facendo!
Lo so
che prendi qualcosa per restare sveglia la notte! Ti sta
distruggendo!»
Ci fu un
silenzio di tomba per qualche minuto, poi la porta si
spalancò davanti al mio
naso.
«Come
osi
intrometterti nelle mie faccende? Chi sei tu per giudicarmi, eh? Parla
quella
che ha violato la sua natura senza dire niente a nessuno! Io sto solo
cercando
di salvare tutti!»
Era puro risentimento quello
che sentivo, ma
dovevo costringermi a tutti i costi a restare calma: dovevo far appello
alla
sua intelligenza.
«Esatto,
Tecna. È esatto. Anche io stavo cercando di salvare
qualcuno. Stai facendo
quello che ho fatto io, te ne rendi conto, amica mia?»
Il volto
rabbioso e profondamente contratto della fata si allentò per
un momento: i suoi
occhi verdi ebbero come una rivelazione ovvia ma persa per lungo,
troppo tempo.
«Io...
io... è vero... che sto facendo?»
Provai il contatto fisico ed
accennai un
abbraccio, lei non si oppose.
«Tecna,
ascoltami... è normale, ok? È normale andare
oltre i propri limiti per chi si
ama. Proprio come ho fatto io, ti sei fatta del male per qualcuno e non
l'hai
detto a nessuno. Capisci ora, tesoro? È questo che fa
l'amore. Siamo noi che...
beh... esageriamo».
La fata
della tecnologia mi strinse forte, come se io fossi l'ancora che la
teneva a
galla in un mare di follia.
«M-mi
dispiace così tanto per quello che ho detto... non lo
pensavo veramente,
Bloom...»
«Lo
so
Tecna, lo so. Tranquilla... mi vuoi dire cosa stai
prendendo?»
«Un...
un
derivato del tuo farmaco... calma il sistema nervoso, non mi fa
stancare. Mi fa
restare lucida... mi aiuta a non dormire...»
Tecna
scoppiò a piangere e mi strinse ancora più forte,
crollò come un castello di
carte. È normale fare di tutto per salvaguardare le persone
che amiamo, certo,
ma era normale quello? Era davvero
ciò che normalmente farebbe un essere umano per affrontare
una tale situazione?
Forse, non lo nego, per me, invece, no. Assolutamente no.
Mentre
coccolavo Tecna tra le mie braccia, un pensiero fisso mi frullava nel
cervello:
quello che stava vivendo la mia amica non era corruzione, ma non era
nemmeno
una cosa sana. Cosa c'era sotto? Cosa mi sfuggiva? Perché
una ragazza razionale
come lei era annegata in un limbo di ossessione così
profondo in così poco
tempo?
«Va
bene
tesoro, ora ascoltami. Ascolta una che di autodistruzione se ne
intende:
eliminiamo quel farmaco dal tuo organismo e prenditi un po' di tempo
per te
stessa. Torna a casa, dai tuoi genitori. Spiegherò loro la
situazione e ti aiuteranno
a disintossicarti. Ok?»
Annuì
senza staccarsi da me e pianse tutte le lacrime che doveva versare. Che
diavolo
stava succedendo? La corruzione non c'entrava, almeno non con il caso
di Tecna.
E allora... perché?
Lo
avrei
scoperto presto, sulla pelle dei miei affetti più cari.
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Capitolo 4 *** Il Canto di Musa ***
CAPITOLO 4:
IL CANTO DI MUSA
La
debolezza di Tecna non fu presa bene dalle ragazze. Nonostante io fossi
stata
molto chiara sul fatto che la nostra amica non fosse corrotta ma solo
emotivamente instabile, tra le Winx iniziò a serpeggiare la
paura e il
sospetto, come se, da un momento all'altro, le compagne di una vita
potessero
rivoltarsi le une contro le altre e diventare tutte Orphan impazzite.
A mente
fredda, ora che è ormai tutto finito, non posso nemmeno
prendermela troppo con
loro: se una roccia solida come Tecna si era ridotta in quel modo, a
una
ragazza sensibile come Flora cosa sarebbe potuto accadere? Faceva
paura...
faceva tanta paura.
Nei
momenti passati insieme, l'aria era sempre carica di tensione: l'ansia
era ben
percepibile, densa come nebbia, per questo motivo mi stupii molto
quando mi
accorsi che l'unica nota stonata del gruppo era Musa, la migliore amica
di
Tecna e quella che, per via di logica, avrebbe dovuto star male
più di tutti. I
suoi sorrisi non erano affatto tirati né falsi, a noi si
mostrava sinceramente
tranquilla e ottimista.
D'altronde,
lei è sempre stata così: la forza motrice del
gruppo, quella che ti sprona a
vedere il bicchiere mezzo pieno anche nei momenti più bui.
Le ragazze amavano
questo suo lato luminoso, difatti mi inquietò non poco la
loro reazione durante
quei tristi giorni: in qualche modo, ebbi la conferma che non era solo
una mia
paranoia, c'era davvero qualcosa di marcio in quella realtà.
Perché
asserisco
questo con tanta sicurezza? Beh, perché
l’atteggiamento positivo di Musa iniziò
a destare discussioni e conflitti, ipotesi e idee assurde: c'era chi ne
era
contenta, tipo Flora, e invece c'era chi ne era decisamente
infastidita, come
Stella. Se da una parte l'ottimismo faceva bene, dall'altra era
percepita come
una forma di sconsideratezza: dopotutto, come si poteva star tranquilli
dopo
che la nostra cara amica si era distrutta in quel modo?
«Dobbiamo
essere contente che Tecna non sia corrotta! Certo che soffro nel
vederla ridotta
così, ma si può rimediare!» era solita
dire la fata della musica in ogni
occasione, ma ciò non faceva che scatenare un effetto domino
senza fine.
«Non
è che
Musa è così tranquilla perché sta
nascondendo qualcosa?» diceva Aisha; «Non
è
che stai dicendo così perché tu
stai
nascondendo qualcosa?» rispondeva Stella, e così
all'infinito, in un circolo
vizioso di sospetto e di paura.
La mia
voce in tutto quel caos? Inesistente. Erano terrorizzate,
più che insistere nel
dire che Tecna non era corrotta, cos'altro potevo fare? Ad essere
completamente
sincera, poi, la mia condizione non mi permetteva di occuparmi troppo
delle
faccende emotive degli altri: già ero abbastanza compromessa
da sola con i miei
pensieri, non avevo la forza di infilarmi anche nelle loro turbe
mentali.
Musa era
tranquilla alla fin fine, le uniche che si stavano facendo problemi
erano loro.
Così, decisi di lasciar perdere e di sorvegliare il tutto da
debita distanza. Non
avevo certo intenzione di commettere lo stesso errore due volte, avrei
comunque
continuato a tenerle sott'occhio.
Passò
qualche tempo. Cercavo di stare vicina a tutte e di far sentire loro la
mia
presenza, soprattutto a Musa; notai che passava più tempo da
sola del normale,
così andai a trovarla molte volte nel corso delle giornate.
Spartiti
musicali
erano sparpagliati un po' ovunque, il pc era sempre impostato su
programmi di
editing e gestione dei suoni e alcuni strumenti musicali erano fuori
dalla loro
custodia. Mi spiegò che stava scrivendo molti brani per
rilassarsi e, già che
c'era, le inviava a Tecna per farle piacere, visto che alla nostra
amica piaceva
moltissimo ascoltare le opere della fata della musica.
Nessun tic
strano, nessun comportamento ossessivo, era tutto nella norma. Ma
potevo
davvero fidarmi? Constatai che anche le altre non davano segno di
sintomi di
corruzione o di crolli nervosi nonostante la loro giustificata
paranoia, forse
le cose si stavano davvero aggiustando. Tuttavia, se c'era una cosa che
avevo
imparato in tutti quegli anni, era che non dovevo mai abbassare mai la
guardia.
Così feci.
Le
giornate passarono, in sostanza, pigre e tranquille; le allieve
mantenevano i
ranghi, io portavo avanti la mia vigilanza sugli Orphan e le lezioni
continuavano in modo regolare. Fin quando, beh... posso affermare con
certezza
assoluta, che quello fu il punto di rottura definitivo.
Se le cose
erano rimaste in precario equilibrio dopo gli avvenimenti di Faragonda
e Tecna:
se tutto, fino a quel momento, si era mantenuto stabile per quanto
possibile,
dopo ciò che sto per raccontare tutto crollò
irreparabilmente. Un effetto
domino di dimensioni catastrofiche che mi ha portato a fare
ciò che sto per
fare.
Come un
buco nero che porta tutto con sé verso l'oblio,
così tutto ciò che amavo stava
per capitolare davanti ai miei inermi occhi scarlatti. Ironico... ho la
potenza
necessaria per distruggere intere città, ma non ho avuto la
forza di fermare
questo.
Un giorno
come tanti, Musa tornò ad Alfea in tarda serata. Quella
stessa mattina ci disse
che, nel pomeriggio, sarebbe andata ad un appuntamento, ma aveva anche
detto
che sarebbe tornata presto; sorrideva e scherzava più del
consueto, divagando
sul motivo del suo ritardo.
Non demmo
troppo peso alla cosa e lasciammo correre, ignare di cosa la nostra
cara amica
nascondeva sotto il suo giacchetto largo, fin troppo largo per la sua
taglia. La
osservai meglio, senza farmi notare: camminava leggermente piegata in
avanti,
si stringeva il braccio sinistro. Niente di eccessivamente anomalo, non
c'era
nemmeno l'ombra dei tic della corruzione, eppure la cosa mi puzzava
parecchio.
Aveva l'aria di un animale ferito, ecco.
Il giorno
dopo, arrivò un mazzo di fiori enorme per Musa da parte di
un anonimo. In
principio ne fummo contente: ci scherzavamo sopra e punzecchiavamo la
fata
della musica per sapere chi fosse il misterioso spasimante, ma lei
quasi
scoppiò a piangere quando lesse il bigliettino che li
accompagnava, bigliettino
che non ci fece nemmeno toccare, per la cronaca. Tutto molto strano, ma
non
troppo strano, non ancora, almeno.
Un giorno,
Musa non tornò proprio. Allarmate, iniziammo a chiamarla al
telefono ma niente,
non rispondeva. Dopo alcune ore ci chiamò dicendoci che
rimaneva a dormire
fuori e che si era dimenticata di avvertirci. Non era da lei.
La mattina
dopo, si presentò con un braccio fasciato e un occhio
gonfio. Non potendo più
nascondere il fatto, vuotò il sacco: Riven era tornato a
Magix dopo la sua
lunga assenza. Ci disse che, finalmente, aveva capito il senso della
sua vita,
che il viaggio che aveva intrapreso aveva dato i suoi frutti e che ora
era
pronto a stare di nuovo con lei.
Ridendo in
modo teatrale, raccontò che era andata a trovarlo nel suo
alloggio a Fonterossa
ed era caduta dalle scale, facendosi male. Per non farla andare via in
quelle
condizioni, rimase da lui per la notte.
Ci
guardammo stupite e cupe, ma la lasciammo andare senza dir nulla. Dopo
così
tanti anni, Riven era tornato a casa e Musa si comportava in modo
davvero
strano, non era una coincidenza.
«L'ha
picchiata» dissi senza giri di parole. Le ragazze annuirono.
«Questo
torna all'improvviso e la prima cosa che fa è farle del
male?! Io lo ammazzo!»
urlò rabbiosa Aisha mentre Flora cercava di calmarla.
Stella
sbraitò esasperata: «Sapevo che, prima o poi,
sarebbe successo qualcosa! Era
fin troppo allegra. Quando mai le cose si sono sistemate da sole, per
noi?»
«La
questione è delicata, ragazze. Riven è sempre
stato un tipo strano, ma non si
era mai comportato così, fino ad ora. Sospetto che sotto ci
sia di più».
Parlai con
voce ferma e calma per farmi capire bene senza fraintendimenti,
sapevano dove
volevo andare a parare.
«Dici...
che sia corrotto? Ma non è nemmeno un essere magico, come
può essere corrotto?»
sussurrò Flora, come se avesse paura delle sue stesse
parole.
«Non
lo
so, ma... non è da escludere. Sentite, voi mantenete la
calma. Io andrò a
parlare con Musa, decideremo insieme cosa fare. State tranquille».
Detto
questo, girai i tacchi e mi diressi dalla fata della musica. I miei
passi erano
pesanti e lenti, mi sentivo annegare nei miei pensieri. Era davvero
possibile?
Una persona qualunque poteva essere contaminata? Improbabile,
impossibile. Cosa
poteva essere inquinato se non possedevano magia di nessun tipo?
Riflettevo
furiosamente, le idee cavalcavano veloci: se davvero Riven era
diventato un
Orphan, l'intero concetto di corruzione andava rivisto. Era qualcosa
che andava
al di là dell'essere una situazione pericolosa. Era gravissimo.
Arrivai
con più domande che risposte davanti la porta di Musa,
fortunatamente si stava
riposando in camera sua. Bussai e, inaspettatamente, lei mi fece
entrare senza
fare storie, non come invece aveva fatto Tecna.
"Oh
bene... già è qualcosa" pensai speranzosa.
La fata mi
accolse con un sorriso stanco, si sdraiò nuovamente sul
letto e io mi sedetti
accanto a lei. Non perse tempo e vuotò subito il sacco, era
inutile raccontare
menzogne.
«So
benissimo che a te non posso farla in barba» disse
ridacchiando, poi continuò:
«Avevo sognato questo momento da così tanto
tempo... è tornato, capisci? L'uomo
che amo, finalmente con me».
Le strinsi
la mano e la lasciai parlare liberamente.
«C'era
qualcosa che non andava. Era così strano... oppresso. Cadeva
spesso vittima di
crisi d'ira, così, senza motivo. Ieri mi ha pestata come un
saccone da box solo
perché gli ho detto di farsi aiutare da qualcuno. Quando non
è arrabbiato è
sempre così dolce, mi implora perdono... e io lo faccio.
Volevo... volevo che
le cose andassero bene per forza, che tutto fosse come doveva
essere...»
I suoi
occhi si riempirono di lacrime. Io rimasi inespressiva per non cadere
nella
tentazione di dare di matto e fracassare tutto, poi mi
guardò dolorante con
aria sconfitta, dicendomi: «È corrotto,
vero?»
Non ne
avevo la certezza assoluta, era qualcosa di impossibile da concepire,
ma tutto
mi urlava che quello fosse un caso eclatante di corruzione. Che cosa poteva avere di corrotto se un
potere non lo aveva? Mi esplodeva letteralmente la testa.
«È…
assurdo, ma credo di sì. Insomma, per quanto lui sia un tipo
introverso e a
volte un po' strano, non è stato mai violento. Un cambio di
personalità così
repentino mi fa sospettare che sia davvero corrotto, ma come? Lui non
possiede
magia dentro di sé, vero?»
Musa fece
di no con la testa, mi sentivo brancolare nel buio. Mi passai le mani
sul viso
cercando di alleviare la frustrazione, con scarsi risultati.
«Va
bene... dobbiamo portarlo dalla Griffin, lo sai. Ce lo porto io
personalmente»
dissi alzandomi, quando la fata mi strinse la mano e mi
bloccò.
«No,
Bloom, aspetta. Quando sta con me, lui si sforza davvero di rimanere
calmo. Se
lo costringerai, ti attaccherà, e… potrebbe farsi
del male. Lascia che vada io.
Lo convincerò».
La guardai,
cinica, ammiccando verso il braccio fasciato.
«Ah
ha,
vedo che ci sei riuscita l'ultima volta» dissi, ma lei non
mollò la presa.
«Bloom...
lasciami fare. Fidati di me».
Vidi la
determinazione che l'ha sempre contraddistinta nei suoi occhi. QQQualcosa dentro la mia
testa diceva
di lasciarla andare, ma ascoltare le voci che parlavano nella mia mente
non era
mai una saggia idea.
«Veniamo
con te comunque. Vi aspetteremo davanti l’entrata di
Fonterossa».
Passarono
due, strazianti ore di attesa. Io e le ragazze ci guardavamo con aria
preoccupata: ci stava mettendo davvero troppo per convincerlo a uscire.
Alla fine,
non resistemmo più e andammo verso l’alloggio di
Riven. Aveva la spada color
ametista in mano, coperta di sangue, con il volto più
stralunato che io avessi
mai visto. Musa era a terra, in una pozza cremisi.
Il corpo
della nostra cara amica era vicino ai piedi dell'assassino, il quale
fissava
con occhi sgranati la sua opera, folle e consapevole allo stesso tempo.
Non
saprei descrivere cosa provarono le ragazze a quella vista, ognuno
reagisce
sempre in modo diverso a queste cose, ma... beh, posso immaginare.
Come
successe a me in passato, qualcosa in loro si ruppe, qualcosa di vitale
importanza: quella barriera fragile e delicata che ci separa dalla
pazzia divoratrice.
Non si mosse nessuno, a malapena respiravamo.
Mi imposi
di restare glaciale per non cadere preda della corruzione, e un forte
senso di
nausea mi avvolse: ancora una volta avrei dovuto rinunciare alla mia
umanità. Ormai
non ero poi tanto diversa da un mostro…
«Voleva
portarmi dalla Griffin, vi rendete conto? Questo... è colpa
vostra! Che cosa le
avete detto, eh? Pensate che io sia malato?! Guardate cosa mi ha
costretto a
fare, io la amavo!» sbiascicò.
Un sorriso
sadico sul volto fece capolino all'improvviso: non sembrava
più nemmeno umano.
«Doveva
morire! Pensava di farmi curare, non mi amava! Sparite dalla mia
vista!»
Si
alzò di
scatto e caricò a spada levata, pronto a farci a pezzi. Io
non mi mossi di un
millimetro, mentre le ragazze si trasformarono furiosamente e
iniziarono a
combattere con l'assassino.
Rimasi
lì,
a fissare gli occhi spenti della mia cara amica, incurante di cosa
avevo giusto
a un palmo da me: una sfera di Stella mi sfiorò l'orecchio,
intorno a me una
danza di morte si stava consumando, ma io non sentivo niente.
Ero troppo
presa dall'ironia della scena per provare orrore, per provare una
qualsivoglia
emozione. Avrei potuto disintegrarlo con un gesto: era un essere
così
insignificante rispetto a quel che ero io, eppure capace di uccidere un
essere
umano in modo tanto brutale.
Avrei
potuto risolvere qualsiasi problema, qualsiasi conflitto, ma non ho
avuto la
capacità di fermare la mano di un uomo piccolo e debole che
ha spezzato la vita
della sua donna.
Persa in
quel pensiero così malato, non diedi nessun peso alla
battaglia che stava infuriando
in quelle quattro mura. Riven respingeva abilmente gli assalti delle
ragazze,
inutili, visto che attaccavano senza un piano, seguendo solo la furia
cieca del
loro cuore.
Mentre
l'ambiente in cui mi trovavo veniva distrutto, io iniziai a
sogghignare, piano,
senza farmi notare. Lo sentite il delirio divampare tra queste parole?
Da quel
giorno non ci fu spazio per nient'altro nelle nostre anime: niente
più amicizia,
niente più amore, solo follia.
«Si
distruggeranno tutti a vicenda, come cannibali che si mangiano tra
fratelli e
sorelle... e io? Io che non posso più provare niente, cosa
dovrei fare?» sussurrai
a bassa voce volgendo gli occhi al soffitto. «Forse dovrei
bruciarvi tutti».
Mi portai
la mano al volto e scoppiai a ridere, stanca. Ridevo di gusto davanti
alla mia
impotenza e alla mia inettitudine, mentre intorno a me urla infernali
mi
riempivano le orecchie.
Follia.
Solo pura, dolce follia. E io non potevo fare altro che guardare.
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Capitolo 5 *** Il Canto di Aisha ***
CAPITOLO 5: IL
CANTO DI AISHA
Fu un
funerale senza suoni né colori, a parte il rumore della
pioggia che, col suo
ticchettio, sembrava scandire le lancette del tempo; nella desolazione
più
totale, pochi erano presenti alla sepoltura di Musa, tra i quali suo
padre.
Nessuno osava fiatare, nessuno aveva il coraggio di guardarsi in faccia.
Le ragazze
si sentivano straniere in terra straniera, come se a combattere contro
Riven
non fossero state loro ma delle loro copie malvagie. Il ragazzo, seppur
ridotto
malissimo, era comunque sopravvissuto al brutale scontro e, in quel
momento, si
trovava dalla Griffin. Probabilmente non avrebbe visto la fine della
settimana,
se non la fine di quella stessa giornata.
Dopo che
il mio... delirio esistenziale finalmente finì, fui io a
fermarle: quasi
sull'orlo della risata compulsiva, mi ci volle solo un gesto per porre
fine a
quel furioso massacro, quello stesso gesto che avrebbe potuto salvare
Musa.
Per quanto
riguarda Tecna, preferimmo non dirle niente dell’accaduto. Le
ultime notizie
sulle condizioni non erano affatto buone: la fata della tecnologia
stava
attraversando una pesante crisi d'astinenza, non potevamo infliggerle
altro dolore.
Annientate,
fissammo con occhi spenti il feretro della nostra cara amica, vuoti di
pietà e
di speranza. Come erano sempre i miei, d'altronde. Toccammo con mano la
realtà
di un mondo in cui la scintilla divina ci aveva abbandonato,
lasciandoci
brancolare nelle tenebre che portavano solo follia.
Come al
solito, il fiume di dolore che mi scorreva in petto doveva essere
forzatamente
soppresso, come se il mio peccato più grande fosse quello di
essere umana.
L'Universo mi stava letteralmente urlando qualcosa del tipo 'non osare
versare
una lacrima, mostro', o forse era la corruzione a parlare,
chissà.
La
prigione mentale da cui non potevo evadere mi donava quell'aura di
freddezza
che, dopotutto, non poteva che fare bene a tutti. I presenti erano
paralizzati
sul posto, a momenti non li sentivo nemmeno respirare: provare
qualsivoglia
emozione sembrava una bestemmia contro gli dei.
Ingoiai il
senso di colpa che mi stava logorando le viscere: il mio autocontrollo
dipendeva interamente da questo. La preside Griselda non disse una
parola, ma potevo
scorgere la sua anima tremare: osservava la bara della sua allieva ma,
allo
stesso tempo, stava anche pensando intensamente, ponderava decisioni di
enorme
importanza.
Mi piaceva
pensare che era il suo modo di reagire alla tragedia, ma ben presto le
sue
intenzioni furono manifeste: pochi giorni dopo il funerale di Musa,
Griselda
chiuse le porte di Alfea e mandò tutte le allieve a casa.
«Prima
Faragonda, ora questo. La mia priorità siete voi e le
studentesse, non posso
vedervi morire in modi così barbari, senza nemmeno un motivo
chiaro» ci disse in
un raro momento di commozione.
Non
potevamo che darle ragione. Noi professori decidemmo di fare della
scuola una
sorta di quartier generale per iniziare a indagare su questi fenomeni
di
corruzione; la pensata fu buona, lo sviluppo molto meno.
Non
avevamo assolutamente idea di dove iniziare, di cosa pensare, di cosa
fare. Non
eravamo nemmeno sicure di quello che avevamo visto.
Come era
prevedibile immaginare, alla fine ognuno se ne stava per i fatti suoi a
rimuginare su chissà che cosa, mentre noi ragazze vagavamo
senza meta per i
corridoi deserti di Alfea parlando di cose vuote, come degli zombie
intrappolati in un limbo di niente.
Eterni
erranti su terre aride in cerca di una luce che non c'era, menti
così provate
da soffocare ogni idea sul nascere, come se i pensieri venissero
strappati via
ed evaporassero come acqua al sole. Tenere a bada il dolore causato dal
senso
di colpa divenne quasi il mio unico pensiero... mi mancò
terribilmente Tecna,
in quei giorni.
Stella,
Flora e Daphne sguazzavano nella loro assenza catatonica. Flora, in
particolare, si stava chiudendo in sé stessa come un riccio,
mentre Aisha
diventò una vera e propria trottola impazzita; le nostre
giornate passavano
lente e anonime, le sue, invece, erano un'incessante sessione di
allenamento
compulsivo, malato.
La
osservavo spesso dalle finestre, di soppiatto. Non potevo credere di
star
vivendo un simile inferno, sembrava tutto talmente esagerato e onirico
da
sembrarmi un incubo.
Potevo
fidarmi delle mie sensazioni? Alla fata delle piante disse che voleva
diventare
più forte, che allenarsi le impediva di sprofondare nella
disperazione, ma
percepivo che qualcosa non andava. O meglio, più di quanto
doveva essere.
Mi
guardava sempre con un certo sguardo, un misto di odio e
curiosità insieme ma,
ogni volta che si accorgeva di quello che stava facendo, si dava un
colpetto
alla fronte e scuoteva la testa, come per riportare alla mente qualcosa
di
importante e ovvio.
Le ragazze
notarono questo suo comportamento e, giustamente, si preoccuparono:
avevo fatto
il madornale errore di dar retta alle voci della corruzione e di non
seguire il
mio istinto, non avrei commesso lo stesso sbaglio. Non potevo, non lo
tolleravo.
Mi misi ad
osservare attentamente la sua routine: Aisha seguiva un rigido
allenamento
quotidiano, e lo faceva sempre in una certa maniera, come uno schema
fisso.
Notai che, ogni volta che si accorgeva di essere scrutata da me, la sua
foga
aumentava, diventava quasi furiosa nei suoi esercizi, tanto da
assomigliare più
a una bestia che a una fata. Arrivai all’ovvia conclusione
che ce l’aveva con
me. E come darle torto...
Flora
diventava sempre più cupa e triste: per un animo delicato
come il suo,
assistere a tutto quell'orrore fu peggio che morire. Aisha, in quanto
sua
migliore amica, avrebbe dovuto essere quella che, più di
tutte, poteva aiutarla
a superare il lutto, ma quel muro di furia che tirò su tra
lei e tutte noi non
faceva altro che ferire continuamente la fata delle piante, facendola
appassire
come i fiori che tanto amava.
C'erano giorni
in cui la regina di Andros superava davvero ogni limite. Non era raro
vederla
allenarsi con fasciature varie, zoppicante e dolorante, ma mai saltava
un
giorno della sua routine di distruzione. Quella situazione
iniziò a starmi
stretta, così decisi di raccogliere tutta la calma glaciale
che potevo e
affrontarla sulla questione.
Come al
solito, si trovava nel cortile deserto di Alfea, impegnata nei suoi
esercizi;
dopo ore di allenamento fisico, si stava concentrando sullo sviluppo
dei suoi
poteri, in particolare cercava di rendere il suo Morphix ancora
più versatile e
potente di quello che era già.
Il posto
ormai era diventato trascurato e molto rovinato, non era nemmeno
l'ombra di
quella che era Alfea pochi giorni prima. La sua dedizione era massima
mentre
maneggiava quella gran quantità di potere, ma si accorse
comunque della mia
presenza.
«Cosa
vuoi, Bloom?»
Il suo
tono di voce era indubbiamente stizzito nei miei confronti,
probabilmente avevo
ragione su di lei.
«Aisha,
credo proprio che noi dobbiamo parlare».
Come mi
ero promessa, rimasi emotivamente neutra, ma lei non ne volle sapere.
«Come
vedi, ora sono impegnata».
Mi diede
le spalle e ricominciò ad allenarsi, ignorandomi
completamente. Ma io sono
comunque Bloom, no? Glaciale sì, ma fino ad un certo punto.
«Flora
sta
male, Aisha. Nonostante stia soffrendo da matti, è comunque
preoccupata per te,
per quello che stai facendo. Lo siamo tutte».
«Ah...
Flora. Quella ragazza deve imparare a essere più dura nei
confronti della vita».
Quelle
parole mi fecero un male indescrivibile. Cosa stavamo diventando?
«Ma
non
sarebbe più Flora se non fosse così! Ti ascolti
quando parli?» dissi alzando un
poco la voce. La fata si fermò e si girò
lentamente con occhi di fuoco.
«Cosa
c'è,
eh? Adesso ti preoccupi di noi? E Musa, allora? Adesso pensi a noi
perché con
lei hai mostrato quanto poco vali?»
Lo sapevo,
mi riteneva responsabile. Per la prima volta dopo anni, le voci nella
mia testa
iniziarono ad urlare, lo sporco si impossessò di nuovo di
me: abbassai la testa
e chiusi gli occhi, non dovevo cedere per nessun motivo. Per gli dei,
non ce la
facevo più, era troppo… tutta quella follia era
troppa.
«Ho...
ho
sbagliato. Lo so che ho sbagliato... è per questo che non
voglio sbagliare più,
lo capisci?»
«Io
volevo
entrare con lei, Bloom. Tutte noi volevamo accompagnarla da Riven, ma
tu ci hai
detto di fidarci di lei e aspettarla fuori. Non hai semplicemente sbagliato, l’hai ammazzata
anche tu!»
Stavo
letteralmente elemosinando amore, ma non sortì l'effetto
voluto. Anzi. Notai una
certa goduria negli occhi di Aisha: si accorse che la corruzione mi
stava
mangiando viva ma, invece di avere pietà e fermarsi,
continuò a riversare il
suo odio su di me, con cattiveria. Che anche lei fosse ormai arrivata
al
capolinea?
«Lo
vedi?
Il marciume che ti porti dentro ti sta punendo, Bloom. Io ci ho
provato,
davvero, ci ho provato a non vederti come la merda che sei, ma non
posso farci
niente. Continuavo a dirmi 'siete amiche da una vita, Aisha, cerca di
capire la
situazione'. Ma non c'è niente da capire! Hai lasciato
morire Musa! Quando tu,
con un piccolo gesto della mano, avresti potuto risolvere
tutto!»
Aveva
pienamente ragione, ne ero consapevole, ma
l’oscurità iniziò a entrarmi nelle
vene come un cancro velenoso.
«Mi...
mi
dispiace...» rantolai.
Non
riuscivo a dire altro: il dolore che provavo era diventato
insopportabile. Mi
misi le mani sulla testa come per sorreggermela, ero al limite.
«Devo...
devo
prendere il mio farmaco...»
Feci per
andarmene, ma la compagna di tante battaglie mi bloccò la
strada con il Morphix
non lasciandomi passare, aumentando ancor di più il mio
sconfinato disagio.
«Aisha,
ma
sei impazzita? Vuoi che io perda la testa?!»
Mi
accasciai in ginocchio, boccheggiando e lottando per quell'aria che i
miei
polmoni tanto bramavano, ma lei non demorse.
«Sai
cosa,
Bloom? Sono stufa. Stufa di stare sotto la tua ombra, stufa di essere
dipendente da te. Ti senti l'unica abbastanza forte da poter proteggere
tutti?
Ti sbagli! Non voglio più essere protetta da te, hai mandato
Musa a morire!» disse
quasi sbraitando, poi continuò: «Voglio testare le
mie capacità. È tanto tempo
che sto affinando le mie abilità, è ora di
mettermi alla prova. Io ti sfido,
qui e ora!»
Non riuscivo
a credere alle mie orecchie: non tanto per l'assurdità della
cosa, ma per le
mie percezioni. Avevo sentito bene, o era la mia corruzione che voleva
farmi
attaccare Aisha?
«Volevo...
io volevo solo far stare tranquilla Musa! Le avrei fatto del male se
avessi
prelevato Riven con la forza, io... non potevo immaginare...»
Non feci
nemmeno in tempo a terminare la frase che mi arrivò in pieno
volto una sfera di
Morphix rabbiosa. La fata di Andros si era trasformata e, nonostante
lei fosse
in forma Sirenix, il suo attacco era molto più potente del
normale,
probabilmente il frutto dell'intensissimo allenamento a cui si era
sottoposta.
Ruzzolai
via per molti metri, dolorante e disperata a livelli folli. Non provavo
gli
effetti devastanti della corruzione da così tanto tempo...
la temevo. Ne ero e
ne sono terrorizzata, direi una bugia se affermassi il contrario.
«Aisha...
fermati, ti prego» dissi cercando di alzarmi, ma fui colpita
di nuovo, e di
nuovo ancora.
«Combattimi,
Bloom!»
Barcollante
mi rimisi in piedi, ma non avevo la forza di trasformarmi; confusa e
con la
mente annebbiata mi misi in guardia, ma non sapevo bene cosa fare: il
mondo
intorno a me divenne ovattato. Mi lanciò altre sfere: con
notevole sforzo le
evitai entrambe piegando il busto prima a destra e poi a sinistra, ma
persi
l'equilibrio e ricaddi a terra.
«Ho
detto combatti!»
Cadde in
profondissima concentrazione e manipolò una sfera di Morphix
fino a farla
diventare un disco sottilissimo e vorticoso, lanciandomelo addosso.
Non avevo
mai visto quella tecnica prima d’ora. Insicura sugli effetti
di
quell’incantesimo, non me la sentii di alzare una barriera
magica, così mi
gettai di lato sfiorandomi di striscio. Notai inorridita che un sottile
graffio
sul mio braccio stava sanguinando: il piatto aveva tagliato a
metà un albero
nelle vicinanze.
“Ha...
ha
imparato ad affilare il suo Morphix..."
Il fiatone
mi rendeva difficile parlare, ma non potei far a meno di urlare:
«Aisha, vuoi uccidermi?»
Ero
sull'orlo del pianto, ma non si fermò: costruì
due mani giganti, come quelle di
un golem, iniziando a calare pesantissimi colpi sul mio corpo. Ad ogni
impatto,
creava grandi solchi sul suolo e faceva tremare la terra, sentivo le
mie ossa
scricchiolare.
"...ha
anche imparato a renderlo duro come pietra..."
I
professori e le ragazze si affacciarono dalle finestre: mi videro
coperta di
sangue a terra mentre Aisha mi attaccava senza sosta, così
fecero per correre
fuori e soccorrermi, ma le uscite erano tutte bloccate dal Morphix.
«Combattimi
Bloom! Non era forse quello che ti diceva Daphne, otto anni fa, quando
hai
stroncato anche tua sorella? Non sarò buona come lo
è stata lei, ti darò una
bella lezione!»
Sapete,
c'è una cosa che ho categoricamente proibito di fare a
tutti. Sia io che mia
sorella abbiamo espressamente chiesto di non parlare mai più
del momento in cui
ho dovuto ucciderla. Era l'unica cosa che avevamo imposto di non fare,
non solo
per me stessa, ma anche per lei.
Ripensare
a quel momento mi fa… mi fa sgorgare corruzione da tutti i
pori, è un mio serio
e pericoloso tallone di Achille. E infatti, Daphne, che aveva sentito
dalla
finestra tutto quanto, sgranò letteralmente gli occhi e
imprecò in modo colorito,
correndo via come un fulmine verso la mia camera per prendere massicce
dosi di
farmaco. Sapeva perfettamente cosa sarebbe successo, da lì a
poco.
Il pugno
gigante di Morphix che stava per colpirmi si spappolò
letteralmente contro la
barriera di fuoco blu che avevo eretto in una frazione di secondo. I
miei occhi
scarlatti divennero luminosi, e il sangue sparso un po' ovunque si
incendiò. Mi
rimisi lentamente in piedi, leggermente piegata su me stessa, dovevo
avere
molte costole rotte.
«...come…»
Aisha si
fermò di colpo con aria preoccupata, come quando si stuzzica
una bestia feroce
con arroganza per poi scappare quando si sveglia e attacca. Realizzando
di
essere nei guai fino al collo, iniziò a lanciarmi
convulsivamente masse di
Morphix dure come cemento, trasformandole letteralmente in proiettili.
Ricoprii
le mie braccia di fiamme blu e mi incamminai verso di lei, distruggendo
senza
sforzo quelle piccole sfere letali con un solo movimento netto degli
arti.
«...come...»
La mia marcia
non si arrestava: tenevo la testa bassa, troppo appesantita dalle voci
che mi
invogliavano a disintegrare tutto, per poi fermarmi davanti a lei come
un drago
che ha puntato la preda.
«Come osi!» urlai furiosamente.
Mi
trasformai violentemente, tanto che le finestre di tutta la scuola
andarono in
frantumi e un vortice di fuoco azzurro mi ricoprii completamente.
Quando pagai
il debito per riavere l'anima di mia sorella, il Drago
prelevò molto potere dal
mio corpo, ma ne avevo una quantità così
smisurata che sembrò non portare
nessuna conseguenza alla mia abilità di combattimento.
Aisha, con
tutto l'odio che poteva provare, capì che davanti a quella
potenza non poteva
niente. Vidi l'amarezza della sconfitta sul suo volto, l'ombra del
fallimento
che indugiava su di lei. Creai un Morphix mio, del colore del
cristallo, e gli
diedi la forma delle mani di golem che la mia avversaria aveva generato
poco
prima, con l'unica e sostanziale differenza che le loro dimensioni
erano
duplici.
Iniziai a
pestarla con furia e disperazione, come quando due bambini se ne danno
di santa
ragione davanti la scuola per un dispetto. In quei pugni ci misi tutta
la mia
collera e il mio dolore per non aver salvato Musa, il completo nonsense
di
quella situazione, la vuotezza di quei giorni, tutto.
La ridussi
male, ma non tanto da metterla in pericolo di vita: si era protetta col
Morphix
come poteva, se la sarebbe cavata. Le barriere che bloccavano le uscite
andarono in frantumi e Daphne corse da me, mentre ero ancora ricoperta
di
fiamme blu e la furia delle voci mi dilaniava la mente: mi girai verso
di lei,
trattenendomi dal colpirla.
Stesi il
braccio incendiato tremando come una foglia e mi feci fare le
iniezioni. Mia
sorella era l'unica che poteva farlo poiché, avendo il mio
stesso potere, non veniva
bruciata dalle mie lingue di fuoco.
Portammo
Aisha in infermeria e spiegai loro quello che era successo. Flora
diventava
sempre più triste man mano che parlavo mentre teneva la mano
alla sua amica, mentre
le altre scossero la testa disperate e stanche. Andai a trovarla ogni
tanto, ma
la sconfitta le bruciava, bruciava tantissimo. Troppo. Mi odiava... mi
odiava
con tutta sé stessa.
Due
settimane dopo, fece le valige e decise di andare su Pyros per
allenarsi e
diventare più forte, proprio come avevo fatto io per
liberare il mio potere
Enchantix; durante la prima settimana mandava dei messaggi a Flora per
far
sapere che stava bene, poi...
Alla
seconda settimana di permanenza sul pianeta Riven morì, e di
Aisha si persero
le tracce. Non tornò mai più.
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Capitolo 6 *** Il Canto di Flora ***
CAPITOLO 6: IL
CANTO DI FLORA
Cosa avrei
dovuto fare? Cosa diavolo stava succedendo? Non poteva essere reale,
era un
maledetto incubo. Il mondo mi sembrò impazzito, senza alcun
senso, non ne
potevo più.
Se non
facevo nulla ero colpevole di negligenza, se agivo facevo solo casino,
niente
andava mai bene. Stavo giocando con i pezzi di una torre pericolante,
spinta da
un vento di cui non capivo l'origine.
Di tanto
in tanto, mi fermavo a guardare un punto fisso in mezzo al nulla, come
se il
mio cervello andasse in pausa. Avevo la sensazione di galleggiare:
sentivo che,
se solo avessi voluto, avrei potuto afferrare il mondo intorno a me e
squarciarlo a mani nude.
Allora,
che fare? Passavo ore intere a interrogarmi sul prossimo passo da
compiere,
sulla strategia da seguire, ma niente era valido, niente era sensato,
niente
era certo.
Ogni cosa che
toccavo diventava cenere. Forse ero io il problema. Forse... non lo so.
Iniziai
a desiderare di essere morta al posto di Daphne, quel giorno. Lei non
avrebbe
mai fatto lo scempio che feci io.
«Lascia
che le cose fluiscano. Agisci in base a ciò che succede, ma
non devi essere tu
a creare le circostanze. Siamo tristi, Bloom. Siamo tutti sconvolti e
addolorati. Però... ormai quel che è fatto
è fatto, e abbiamo il dovere di
guardare avanti, tesoro mio. Gli eventi capitolano insieme come una
valanga, e
qualunque cosa tu faccia farà comunque iniziare una nuova
serie di cose che non
saranno apprezzate. Fai semplicemente quello che vogliono che tu faccia
e, nel
frattempo, fai quel che è giusto fare» mi disse un
giorno Daphne, mentre
eravamo sdraiate sul mio letto matrimoniale a rilassarci un po'
insieme.
«Potrebbe
funzionare, ma... Flora. L'hai vista anche tu, sembra sul punto di
spegnersi da
un momento all'altro, come una candela. È passato un mese da
quando Aisha è
sparita, e ogni giorno che passa, lei… è come se
la vita si stesse esaurendo
nel suo cuore. Non vuole nemmeno vedere Helia. Di Stella, poi, non ne
parliamo,
visto che nemmeno lei parla. Non dovrei fare niente?»
Lei
sospirò
forte e si alzò su un braccio per guardarmi dritta in
faccia, con l’espressione
accigliata che usa quando qualcuno non capisce qualcosa di ovvio. Mi
accorsi
solo in quel momento quanto i suoi occhi fossero uguali a quelli di
nostra
madre.
«Non
niente, cara sorellina, ma quello
che
vuole lei. Nei limiti del buonsenso, ovviamente, visto che tu ne hai
poco».
La amai da
matti in quel momento, per gli dei.
«Hai
la
lingua tagliente come lame quando vuoi, sai?»
Quegli
attimi sereni in sua compagnia mi schiarivano sempre le idee, come se
mia
sorella avesse il potere di dissipare la nebbia oscura che ammorbava la
mia
mente. Sembrava tutto così semplice, come se io non fossi in
grado di cogliere
quelle ovvietà.
Mi teneva
stretta tra le sue braccia e mi accarezzava i capelli, mettendoci tutta
la
dolcezza che non aveva potuto donarmi in quegli anni separate: mi dava
l’impressione che tutto fosse possibile. Tuttavia, una volta
fuori da quella
casa sicura che era il suo abbraccio, fuori da quelle mura che erano la
mia
stanza, ogni cosa diventava sempre più tragica,
più difficile.
Ero
davvero stanca di cercare risposte e soluzioni che sembravano non
esistere,
così mi affidai alle parole di Daphne. Sapevo perfettamente
dove trovare Flora,
visto che, oramai, passava la maggior parte del suo tempo a letto.
Il mio
timore, più che fondato, era quello che la mia amica fosse
vittima di qualcosa
ben peggiore della corruzione... la depressione. Quella nera, profonda
depressione
che ti toglie ogni alito di vita in corpo.
Camminavo
lenta per i corridoi vuoti di Alfea, persa in alcuni pensieri che non
erano mai
solo miei; tutto ciò che avevo a cuore si stava sgretolando
tra le mie mani
come castelli di sabbia, stavo perdendo inesorabilmente ogni cosa,
pezzo dopo
pezzo.
Tutto
ciò
che avevo costruito dopo tanta fatica stava morendo, e l'epicentro ero
io.
Quella danza di morte a cui stavo assistendo sembrava fluttuare intorno
a me.
Che ne fossi io la causa?
Mi fermai
di colpo pensando a quella eventualità: che la soluzione
fosse stata sotto il
mio naso per tutto quel tempo? Che non ci fosse posto per me in questo
mondo?
Paura e sollievo si mescolarono furiosamente, le emozioni erano
così
discordanti da causarmi fastidio nel petto.
Mi
aggrappai forte a quell'idea, come se un pesante fardello si fosse
tolto dal
cuore ma, allo stesso tempo, generava comunque nuovi dubbi e domande:
la mia
dipartita avrebbe fermato l'avanzata di questa follia? Oppure, avrei
condannato
per sempre l'Universo poiché muore l'unico essere in grado
di fermarla? Valeva
la pena rischiare senza sapere nulla?
"No,
Bloom... ovviamente no" mi risposi da sola.
Presi un
profondo respiro, ricominciando a camminare verso la stanza di Flora.
Come mi
aspettavo, la trovai immobile sul suo letto, con gli occhi spenti e
gonfi di
lacrime, rannicchiata su un fianco; non disse niente, non mosse un
muscolo
quando entrai e nemmeno quando mi sedetti vicino a lei: era un guscio
vuoto.
Aveva visto
le amiche di una vita distruggersi davanti a lei senza poter far
niente, la sua
guida macchiarsi di peccati terribili, aveva ucciso con furia e senza
rimorso, perdendo
tutto.
Aveva
superato quel limite invalicabile che non lascia scampo, quello che,
una volta,
superai anche io. Non sapevo bene cosa dirle, cosa inventarmi per
svegliarla da
quel torpore. Mi lasciai andare all'istinto.
«Non
so
cosa fare per farti star meglio. Ricordo la Flora con la quale dividevo
la
stanza: quella che sorrideva sempre, che ogni tanto mi passava i
compiti in
classe, quella che mi spiegava ciò che non capivo. Amavo
quella Flora, e ti amo
anche adesso. Anche adesso, che... stiamo fallendo miseramente. Ho la
potenza
per spazzare via intere città, ma non ho la
capacità di fermare questa follia.
Non so come si fa, mi dispiace tesoro… ho sbagliato
tutto».
Accennai
un piccolo sorriso, ma la mia amica non dava segni di vita. Mi stava
ascoltando,
però, era attenta a quel che dicevo.
«Non
vi
farei mai del male, eppure l'ho fatto. Ho preso decisioni sbagliate, ho
dato
priorità a cose che non ne avevano, e vi ho ferite. Alla
fine ci ho azzeccato
solo con Tecna, almeno lei... Flora, mi dispiace così
tanto...»
Provai ad
accarezzarle i capelli come faceva mia sorella per farmi stare meglio,
non si
oppose.
«Se
c'è qualcosa
che vuoi che faccia, basta dirlo. Farò il possibile...
tutto, purché tu stia
meglio. Non so più cosa fare per fermare questo male ma
almeno questo, per te,
posso farlo».
Passarono
pochi minuti, poi si mosse leggermente: girò appena la testa
quel tanto che
bastava per farle inquadrare il mio volto, mi guardò con gli
occhi di un
animale supplichevole prossimo alla morte e mi parlò con la
voce rauca di chi
aveva finito le parole, dopo tanti, tantissimi giorni di silenzio.
«Aiutami
a
cercare Aisha su Pyros».
Daphne
disse 'nei limiti del buon senso'. Beh, era una richiesta
più che legittima.
Arrivammo
lì dopo poco più di mezz'ora attraverso un
portale dimensionale. Flora non era
assolutamente nelle condizioni di combattere, così mi
preparai psicologicamente
a far fuori tutto quello che ci potesse minacciare. In ogni angolo del
pianeta
c’erano pericoli mortali di ogni sorta, ogni passo poteva
essere l'ultimo.
La fata
della natura rimase agghiacciata e atterrita da quella distesa di
morte: draghi
feroci solcavano i cieli in cerca di prede, così come gli
animali terrestri
sondavano il suolo pronti a sbranare qualunque fonte di cibo
disponibile. Il
terreno era marcio e venefico, l'aria torrida e malsana, perfino le
piante
erano programmate per uccidere qualunque essere vivente avesse provato
anche
solo a sfiorarle.
«È…
è
tutto così arrabbiato e distruttivo. Non dovrebbe esistere
un posto del
genere... come hai fatto a stare qui, Bloom? Come le è
passato per la testa ad
Aisha di venire ad autodistruggersi in questo posto?»
Mi fece
una pena infinita: una ragazza così dolce in un luogo
così aspro. Si stava
avvelenando, piano piano. La presi per mano e iniziammo a camminare
verso posti
un po' più sicuri per iniziare le ricerche.
«Pyros
ti
spinge ad oltrepassare i tuoi limiti... beh, diciamo che ti obbliga. Se
non lo
fai, ti divora e ti uccide. Aisha voleva ottenere quella trascendenza
che ho
conquistato quando ottenni il potere Enchantix. Suppongo che, per lei,
l'unico
modo fosse questo».
Annuì
terrorizzata all'idea di cosa avremmo potuto trovare e tacque per la
maggior
parte del tempo, fin quando non trovammo una caverna a me molto
familiare dove
ci rifugiammo.
«Ah,
mi
ricordo di questo luogo. Venni qui per nascondermi da un drago che
voleva
mangiarmi. Chi lo sa, magari anche Aisha è stata
qui».
Flora
iniziò a guardarsi intorno inquieta, così io mi
preparai a fare il mio lavoro:
mi sedetti a gambe incrociate e chiusi gli occhi, cadendo in profonda
concentrazione. Espansi la coscienza oltre il mio corpo, oltre la
caverna, in
cerca della scia magica della nostra amica che conoscevo come le mie
tasche.
Quando
finalmente la trovai... era collocata nel peggior posto possibile. Ero
ancora
seduta quando sbottai dall'esasperazione, spaventando la già
terrorizzata
Flora.
«Porca
puttana, Aisha…»
«Cosa
succede? Dov’è?»
Abbassai
lo sguardo, mortificata: non sarebbe finita bene.
«Ascolta,
Flora… la sua traccia magica si ferma in un nido di draghi.
M-ma non arriviamo
a conclusioni affrettate, può essere successo di
tutto».
«I
draghi
sono resistenti alla magia, brutta testona» rispose
infastidita.
QQQQQQQruella 'brutta
testona' non era
molto scherzoso. Potrei dire che era il massimo dell'insulto per la
fata delle
piante. La tirai in piedi e ci avviammo verso il luogo citato.
Immaginate
di andare in un covo di venti e più draghi, resistenti alla
magia e pronti a
tutto per staccarti la testa. Un suicidio.
Passarono
alcune ore. Avevo deciso di fiancheggiare la montagna per essere
protette da
occhi indiscreti, quando Flora si bloccò di colpo e si
precipitò verso un punto
della strada che non riuscii a vedere bene; mi avvicinai, e la trovai
inginocchiata a terra con uno zaino in mano. Quello di Aisha.
La mia
compagna lo strinse tra le braccia come il più prezioso dei
tesori, guardandolo
con occhi velati in preghiera e una flebile speranza di ritrovarla
viva; presa
dalla foga lo aprì quasi rompendo la cerniera, dentro c'era
un fiore davvero
strano, mai visto prima.
«Un
Embrium scarlatto...» sussurrò tremante, come se
pronunciarne il nome fosse un
peccato mortale.
«Lo
conosci, Flora?»
Nel
momento in cui mi avvicinai per vederlo meglio lei trasalì,
come quando si
coglie un ladro con le mani nella marmellata.
«O-oh
sì,
è… è un fiore molto raro. Forse...
voleva farmelo vedere, non so».
C'era una
certa euforia nei suoi occhi, una luce riaccesa e alquanto eccitata,
tanto che
pensai avesse ritrovato un po' di speranza. Si mise lo zaino in spalla
e
continuammo a camminare per un'altra ora quando, finalmente, arrivammo
alla
meta. Il posto sembrava deserto, così iniziammo a guardarci
in giro
velocemente.
«Flora,
parliamo a bassa voce e facciamo molto, molto in fretta, o torneranno
presto».
Il terreno
era pieno di nidi con uova pronte alla schiusa, l'aria era bollente a
causa del
vulcano che fumava minaccioso dietro di noi: più passava il
tempo e più avevo
la sensazione di essermi bruciata i polmoni.
Dopo
alcuni minuti, trovammo una scarpa sotto una covata. La gola mi si
strinse,
quasi soffocavo sul serio. Sul suolo, lì accanto, come una
pittura sbiadita,
chiazze rubino coloravano la terra, sparse un po' ovunque.
Fino a
quando le uova non sono schiuse, i draghi divorano le prende ove le
catturano,
non le riportano al nido. Quindi, beh...
La mia
compagna rimase lì in piedi senza dire niente, persa in
chissà quali pensieri.
Sembrava tranquilla in volto, stranamente rilassata. Il suo
atteggiamento mi
inquietò parecchio, ormai c'erano ben poche
possibilità che Aisha fosse viva.
«Flora...
le sue tracce finiscono qui, e... Flora? Ehi... coraggio, tesoro. Non
c'è bisogno
di continuare a cercare...»
Non feci
nemmeno in tempo a finire la frase che i draghi tornarono ruggenti,
provando
subito ad azzannarci: ne bloccai uno evocando la barriera elettrica di
Tecna e
cercando, nel frattempo, di spronare la mia amica a muoversi.
«È
venuta
qui ad affrontare tutto questo... per causa tua...»
Misi le
mani a terra e feci spuntare dal terreno tanti rampicanti robusti che
imprigionarono
le bestie che ci avevano circondato; non valeva la pena mettersi ad
abbatterli
tutti, così mi trasformai e portai via Flora, rimasta
catatonica a fissare il
sangue di Aisha.
Tornammo
in fretta e furia ad Alfea. Al nostro arrivo trovammo Daphne e Stella
che ci
accolsero ansiose, pronte ad aiutarci a rimetterci in sesto. Raccontai
loro
quello che avevamo scoperto, non ne erano molto sorprese. Flora...
smise di
parlare. Di nuovo.
Passarono
molte ore prima che ci dicesse che voleva tornare sul suo pianeta, che
non ne
poteva più, che non era in grado di portare a termine la
nostra missione. Non
ci sentivamo nessuno per dirle di no.
Qualche
giorno dopo, ricevemmo due lettere da Linphea: nella prima, Flora ci
spiegava
che l'Embrium scarlatto è un fiore molto raro che produce un
veleno letale,
causa morte istantanea appena ingerito. Secondo lei, Aisha lo aveva
nello zaino
per morire senza soffrire nel caso fosse stata sconfitta dai draghi che
voleva
sfidare.
Nella
seconda... Miele, la sorellina di Flora, ci informava che la nostra
cara amica,
con quello stesso fiore, si era tolta la vita, ormai divorata dalla
depressione
che la affliggeva senza pietà.
Accartocciai
la lettera nella mia mano, senza mai staccare gli occhi da quella carta
stampata. Per la prima volta dopo anni, urlai furiosamente lasciandomi
andare
alle emozioni.
Il
dolore
si diffuse come un'onda calda nei nostri petti, ma...
sembrerà mostruosamente
cinico e insensibile da dire, però... non fummo molto
sorprese nemmeno da
quello.
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Capitolo 7 *** Duetto di Luce e Fuoco ***
CAPITOLO 7:
DUETTO DI LUCE E FUOCO
Il dubbio
mi stava logorando le viscere.
Tre delle
mie migliori amiche erano morte, morte! Non c'erano più.
Dopo che avevo letto
la lettera di Flora, per la prima volta dopo anni, mi concessi di
provare
emozioni umane. Mi concessi di piangere, di urlare, di mettere a
soqquadro la
mia camera, sfogai la mia frustrazione con tutto ciò che mi
capitava a tiro, ma
non senza conseguenze. I sintomi della corruzione si acuirono
notevolmente, ma
non mi pentii di nulla.
Eppure...
quella sensazione di estraneità non voleva andarsene. Mi
ritrovai sul mio balcone
con le gambe penzoloni nel vuoto, partorendo ipotesi alla
velocità della luce;
guardai in basso, tentata come poche volte di fare un passo in avanti.
Quella
follia sarebbe finita? Ero davvero io il virus? Ma, soprattutto: sarei
morta
davvero? Era aria quella che respiravo? Il mondo sembrava la brutta
copia di sé
stesso. Dovevo saperne di più e indagare a fondo: c'era solo
una persona che
poteva aiutarmi.
Abbozzando
la scusa di andare dalla Griffin per vedere in che condizioni si
trovava
Faragonda, partii da Alfea e mi diressi verso Torrenuvola, ove si
trovava anche
la clinica. Saggia decisione posizionarla vicino alla scuola, era una
locazione
puramente strategica. Insomma, tipico della Griffin.
L'odore
dei pini e della foresta mi ricordavano terribilmente Flora: era solita
parlare
con la vegetazione per sapere come se la passavano; se c'erano alberi
da
guarire, lei partiva immediatamente e si inoltrava per chilometri nella
macchia
verde, senza pensarci due volte.
E Musa...
Musa registrava il canto degli uccelli per creare delle melodie
eseguite con
vari strumenti musicali. Aisha adorava fare corse campestri al suo
interno,
sfidando il terreno irregolare, le rocce e la scarsa
visibilità.
Tutto mi
parlava di loro. Sentivo la mia anima lacerata, incompleta. La
sensazione di
sbagliato e anomalo crebbe tantissimo mentre mi avvicinavo alla torre.
Era...
era tutto un grosso errore. Mi fermai di colpo, boccheggiando come un
pesce
fuori l'acqua: il cuore martellava come impazzito, il petto mi doleva.
Soffocai
un conato di vomito e andai avanti.
Non entrai
dalla porta principale: un piccolo sentiero costeggiava la struttura
portando
dietro la scuola, dove un'anonima clinica senza nome né
insegne trasudava
malessere. Feci un profondo, profondissimo respiro ed entrai: l'aura di
follia
che mi arrivò addosso fu tremenda, come un pugno nello
stomaco.
I pazienti
venivano fatti alloggiare nei piani superiori a seconda del caso
clinico,
mentre al piano terra c'erano i ricercatori che studiavano e
progettavano nuove
terapie. La Griffin, però, non c'era.
"Sarà
nel suo ufficio".
Salutai i
presenti, ormai mi conoscevano bene tutti, e andai verso il fondo della
sala di
ricerca, dove una piccola stanza ospitava la preside di Torrenuvola
intenta a
firmare scartoffie.
«La
burocrazia non le dà pace, eh?»
La Griffin
sospirò e alzò gli occhi dai fogli, sorridendomi
leggermente.
«Bloom.
È
un po' che non ti si vede. Beh, per fortuna, aggiungerei».
Abbozzai
un piccolo sorriso anche io, poi tornai seria.
«Avrei
delle cose da chiederle, se non disturbo».
La strega
si alzò stanca e mi fece segno di seguirla; era visibilmente
provata, sembrava
invecchiata di trent'anni in un colpo solo.
«Parliamo
mentre porto la terapia a Faragonda. Sai, sono l'unica da cui accetta
qualcosa... sempre che per te non sia un problema».
Non me la
sentivo molto di incontrare la mia amata preside in quelle condizioni,
ma mi
resi conto che non ero ancora andata a trovarla nemmeno una volta.
«No,
va
bene. Come sta?»
«Ha
i suoi
alti e bassi. Sarà contenta di vederti. Evita di dirle di...
beh, lo sai. Farle
sapere che tre sue allieve sono morte non può farle che
male».
Annuii
malinconica ed entrammo nella sua stanza, la più vicina
all'ufficio della
Griffin. Faragonda era l'unica inquilina: il lusso di essere la
migliore amica
del capo, suppongo. Seduta nel suo letto intenta a leggere un libro sui
glifi
magici, nemmeno si accorse della nostra presenza fin quando la strega
non la
salutò affettuosamente.
Quando mi
vide sfoderò un sorriso luminoso, così carico di
felicità che il mio cuore
esplose. Credetti di svenire per quanto mi sentii male nel vederla
lì, con
medicinali sparpagliati ovunque, con quelle... cinghie per tenerla
ferma a
letto, con i miei sorrisi falsi e le mie bugie.
Di
nuovo... era davvero reale quello che stavo vedendo? Non era il mio
cervello
corrotto? Era davvero la merdosa e folle realtà delle cose?
«Preside
Faragonda! La trovo... davvero bene!»
«Bloom!
Ragazza mia! Oh, sono così felice di vederti! Vieni cara,
abbracciami!»
Rimasi
interdetta da quella richiesta: solitamente non ci piace essere toccati
ma, in
condizioni particolarmente emotive, certe cose si fanno e basta.
Al
diavolo, avevo un bisogno viscerale di sentire il suo contatto fisico:
la
strinsi forte, e lei strinse forte me. Quello era giusto. Quello era
dannatamente e profondamente giusto, era quello il mio posto, era
quella la
normalità. Quello era reale.
«Oh...
ragazza mia, quanto mi sei mancata... come va ad Alfea? Griselda fa un
buon
lavoro? E le Winx come stanno?»
Pochi
attimi di autenticità in cambio di una serie infinita di
falsità. La vita, a
volte, fa davvero schifo.
«Sì,
Griselda fa un ottimo lavoro. Sa com'è, ha imparato dalla
migliore».
Faragonda
sorrise come una bambina a cui si fanno i complimenti per il vestitino
nuovo,
poi continuai: «Le allieve rigano dritto e le lezioni
procedono, mentre le
ragazze...» dissi cercando disperatamente di sciogliere il
groppone che mi
bloccava la gola, «...le Winx stanno bene, le mandano i loro
saluti».
«Oh
bene!
Benissimo!»
Voleva
continuare il discorso ma, improvvisamente, si bloccò di
colpo e iniziò a
fissare il muro senza apparente motivo: sicuramente le voci avevano
ricominciato a parlare nella sua testa.
«Ok,
Bloom, credo che per oggi basta così. Le somministro la
terapia e poi parliamo».
Annuii
piano, mentre Faragonda distendeva distrattamente il braccio in modo
mansueto;
la mia cara preside aveva l'aria così vuota da sembrare un
bambolotto
inanimato, così tanta desolazione intorno alla sua figura.
Una volta finito, io
e la Griffin ci avviammo di nuovo verso il suo ufficio e le chiesi
chiarimenti
su ciò che mi frullava in mente da un po' di tempo.
«È
possibile
che io possa corrompere chi ho intorno?»
La strega
ci pensò su qualche minuto, poi scosse la testa.
«No,
impossibile ragazza mia. La corruzione non si può diffondere
come un
raffreddore, ecco. Voi Orphan non emettete 'onde', insomma, mica siete
radioattivi. Potete corrompere qualcuno solo come possono fare gli
altri e anzi,
per voi è anche più difficile. Siete un miscuglio
di luce ed oscurità, quindi,
per esempio, se tu volessi corrompere una fata, ci metteresti molto
più tempo
del normale perché la tua parte oscura di strega
è solo metà. Il tuo potere
dovrebbe essere compromesso quasi del tutto per trasformare in Orphan
qualcuno
correttamente».
Fu come se
un macigno si disintegrasse nel mio stomaco: mi sentii leggera e, in
qualche
modo, pura. Ringraziai profondamente la Griffin e tornai ad Alfea per
annunciare
a Daphne e Stella la grande notizia, ma quando arrivai le trovai in
cortile che
litigavano furiosamente.
«Ma
sei
fuori di testa? Come puoi dire una cosa del genere?!»
Poche
volte avevo sentito urlare mia sorella in quel modo.
«È
difficile
dirlo anche per me, cosa credi! Sono la sua migliore amica!»
«E
io sono
sua sorella! Quella che si è fatta ammazzare due volte,
ricordi? Io ti
proibisco anche solo di accennare una cosa del genere! Appunto
perché sei la
sua migliore amica, come puoi?»
Il sollievo
tanto desiderato tornò a essere la solita ansia opprimente.
Decisi di mettermi
in mezzo e capirci qualcosa.
«Ehi,
vi
si sente da Torrenuvola! Mi spiegate cosa vi prende?»
Provarono
a parlare entrambe nello stesso momento, urlando e sbiascicando parole,
ma non
capii niente e le fermai.
«Ehi,
basta! Prima Daphne, avanti!»
La fata
della luce le mollò uno sguardo fulminante, mia sorella
iniziò a parlare
agitatissima.
«Stella
ha
fatto supposizioni molto poco opportune circa il motivo per il quale la
gente
diventa Orphan senza motivo, così le ho intimato di tacere
perché è chiaro che
dice stronzate!»
«Daphne!
Per il Sacro Drago, contieniti!» dissi indignata. Da che
pulpito vien la
predica, poi. «Stella, ora tocca a te. Cosa hai
pensato?»
«Beh,
io...» sussurrò abbassando gli occhi.
La voce
divenne rauca, come se si vergognasse di quello che stava per dire, poi
prese
coraggio e respirò a fondo.
«Io
penso
che la causa sia tu. Sei l'Orphan più potente di questo
Universo, hai poteri
tali da far impallidire le Tre Antenate. Secondo me sei tu la causa,
anche
senza volerlo».
Sospirai
sollevata, la situazione era facile da risolvere dopo quello che avevo
appreso.
Spiegai loro tutto quello che mi aveva detto la Griffin, ma ottenni
reazioni
discordanti: mentre Daphne era al settimo cielo per la gioia, Stella
sembrò
rabbuiarsi più di prima.
«E
se... e
se si sbagliasse?»
«La
Griffin che sbaglia qualcosa? Prima l'Inferno dovrà
congelarsi!» dissi cercando
di scherzare, ma la fata non si mosse di un millimetro, così
continuai: «Stella,
sei la mia migliore amica, perché ti ostini a dubitare di me
se non ce n'è
motivo?»
Non mi
rispose, girò i tacchi e se ne tornò in camera
sua, con chissà quali pensieri
in testa. Daphne mi baciò sulla fronte e continuò
a sorridere, felicissima.
«È
una
cosa in meno di cui preoccuparsi, tesoro».
Sorrisi di
rimando, ma la mia felicità era incompleta senza Stella. La
persona a cui
dovevo praticamente tutta la mia vita nell'Universo magico mi riteneva
una
malattia contagiosa, la causa della morte di persone innocenti e delle
nostre
amiche. Non riusciva più a vedermi per quel che ero. Stavo
male... malissimo.
Il giorno
dopo pensai che sarebbe andata meglio, invece finì tutto a
puttane. Come
dicevo, da che pulpito vien la predica sul linguaggio. Stella non ci
parlò per
tutta la giornata, fin quando non si presentò a noi con le
valigie in mano,
pronta a partire per Solaria.
«Bloom,
io
ti voglio bene, ma non abbiamo prove che non sia tu la colpevole. Musa,
Aisha,
Flora... loro...»
Sentii Daphne
accanto a me che tremò di rabbia: la principessa ereditaria
di Domino, sempre
pacata e riflessiva, stava per eruttare come un vulcano. Non era
davvero da
lei.
«Te
lo
dico io qual è il problema: tu hai paura!»
La fata
della luce strinse la valigia con forza, sembrava sul punto di svenire.
«Certo
che
ho paura! Le nostre compagne sono morte!»
«E
per la
tua codardia sei disposta a girare le spalle alla tua migliore
amica?»
«S-sì.
Sì,
ok? Ho paura di Bloom! Ho paura di impazzire!»
Stella
iniziò a piangere per il nervosismo, completamente consumata
da quella
situazione. Mi fece uno strano effetto: da una parte mi fece male, male
come
raramente mi è capitato di stare, ma dall'altra la capivo.
Mi stava
tradendo, ci stava tradendo, ma non
riuscii a fargliene una colpa fino in fondo. Mia sorella, invece... per
il
Sacro Drago, come si può far incattivire un animo gentile
come il suo?
«Sei
senza
spina dorsale» replicò a denti stretti Daphne,
accecata ormai da un furore che
non le apparteneva minimamente. Stella fece per andarsene, poi
continuò a
parlare.
«Comunque
sia, ne ho parlato con Sky ieri sera. Sta venendo qui».
Sgranai
completamente gli occhi, non potevo credere alle mie orecchie.
«Tu...
cosa? Adesso mio marito pensa che io sia una portatrice di morte
ambulante?»
Il mio
nervosismo si fece tale da farmi sentire di nuovo le voci: quello non
doveva
farlo, non doveva proprio farlo.
«Era
la
cosa giusta! Lui saprà cosa fare, non possiamo sapere quali
effetti hai sulle
persone!»
Strinsi
gli occhi e abbassai la testa per tenere a bada la rabbia, mia sorella,
invece,
non ci riuscì: caricò una sfera di fuoco con la
velocità di un battito di
ciglia e gliela schiantò addosso, facendola ruzzolare per
qualche metro e
bruciacchiandole il vestito.
Volevo
urlare di non farlo, di calmarsi, ma... la mia parte oscura godeva
tantissimo
nel vedere quella scena. Mi stava voltando le spalle e mi aveva messo
contro
l'amore della mia vita, non potevo passarci sopra come se nulla fosse.
Quel
benessere si fece largo nel mio corpo come sangue marcio: lasciai
correre.
“Se...
se
intervengo potrei non controllarmi” cercai invano di
giustificarmi.
Stella
perse completamente il controllo e si trasformò; il suo
potere Sirenix non era
assolutamente all'altezza della Fiamma del Drago di Daphne, ma tanto
era il
terrore nel suo cuore che la attaccò furiosamente comunque.
Mia
sorella si trasformò a sua volta e iniziarono a combattere.
La fata della luce
iniziò a lanciare sfere di energia senza mirare precisamente
l'avversaria, come
a volerla tenere lontana da lei a qualunque costo, mentre Daphne si
destreggiò
alla perfezione tra di esse per poterla raggiungere, con una certa
strafottenza,
devo ammettere.
Invece di
schiantarsi a terra, le bolle rimasero ferme in aria, gelatinose, come
se
fossero fatte di luce liquida: al minimo tocco delle ali di mia
sorella, quei
globi luminosi esplosero vigorosamente, creando molte deflagrazioni a
catena
che investirono Daphne, facendomi pensare al peggio.
Dopo che
l'alone accecante si fu diradato, intravidi il drago di fuoco che
avvolgeva il
suo corpo e che aveva assorbito l'intero attacco, lasciandola indenne.
Alla vista
dell'avversaria sana e salva, Stella diede fondo alle sue energie e
sfoderò il
suo attacco più potente: manipolò la luce e
creò una decina di spade possenti
che si misero a fluttuare intorno a lei, perfino in entrambe le sue
mani ne
impugnava una.
Non aveva
mai usato quella tecnica, era la prima volta che gliela vedevo fare.
Qualche
anno dopo l'acquisizione del Bloomix, Stella scoprì di
possedere parte
dell'antico retaggio dei Cavalieri Arcani. Questo leggendario gruppo di
guerrieri era natio di Solaria: sfruttavano la magia della luce per
impiegarla
nel combattimento all'arma bianca. I requisiti per farne parte erano
davvero
molto rigidi, difatti l'ordine è estinto da secoli.
Stella
è
una fata pura con un potere magico pienamente sviluppato: non poteva
ereditare
il titolo di Cavaliere, ma si impegnò a fondo per
padroneggiarne le tecniche base.
Ci teneva davvero tanto, così tanto che non si
azzardò mai ad utilizzarle fin
quando non ne avesse un controllo perfetto. Usare quello stile in quel
momento... era davvero disperata.
Senza
lasciare il tempo a Daphne di elaborare un piano, si scagliò
su di lei a lame
spiegate: con una destrezza incredibile, la mia cara amica menava
fendenti con
entrambe le mani, oltre a controllare le spade che le fluttuavano
intorno.
Con mia
immensa sorpresa, tutto diventò improvvisamente un gioco di
luce in movimento,
una danza mortale dove l'oro delle armi di Stella si fondeva con il
cremisi
delle fiamme di Daphne.
Mia
sorella si muoveva convulsamente in ogni direzione, schivando quel che
poteva e
parando i colpi con il corpo del drago che le scivolava addosso come un
serpente; se la conoscevo bene, stava aspettando che la fata della luce
si
stancasse quel tanto che bastava per poter ribaltare la situazione.
D'altronde,
era l'unica cosa che poteva fare visto che, alla minima distrazione, le
spade
potevano farla letteralmente pezzi, ma era anche vero che Stella non
poteva
menare fendenti perfetti per sempre.
Diventò
una battaglia di logoramento in piena regola. Daphne rischiava davvero
di
soccombere: Stella si rilevò essere senza dubbio la Winx
più forte dopo la
sottoscritta. Onestamente, non mi sarei mai aspettata un simile potere.
Come c'era
da aspettarselo, dopo alcuni minuti il ritmo della mia amica
diminuì, ormai
esausta, e mia sorella se ne approfittò. Temporeggiare e
temere la terrificante
potenza d'attacco di Stella non era segno di paura, ma di saggezza:
l'unico
modo per spuntarla era minare le sue capacità di base, come
abbattere un
edificio dalle fondamenta.
Il
famiglio draconico riuscì a bloccare tra le sue fauci la
lama impugnata nella
mano destra della fata, strappandola dalla presa e lanciandola lontano;
con un
possente colpo di coda la allontanò da Daphne, la quale
poté finalmente avere
una visuale tattica della situazione.
Con una
lingua di fuoco veloce come una saetta, colpì l'ala sinistra
dell'avversaria
facendola incendiare: Stella urlò di dolore e perse la
concentrazione, facendo
svanire le spade luminose. Liberata ormai dall'assedio delle armi d'oro
e
costringendo la fata della luce ad abbassarsi di quota,
colpì con una sfera di
fuoco anche l'altra ala, facendola precipitare a terra da molti metri.
Al momento
dell'impatto, la sua trasformazione Sirenix si sciolse. Ansimante e
dolorante, anche
con qualche costola rotta, fece per rialzarsi, ma Daphne
piombò su di lei,
forse per infierire. Tuttavia, non le diedi il tempo: tornata in me la
parte
buona e coerente di me stessa, mi misi tra loro e intimai a mia sorella
di
smetterla subito, dicendole che non era il caso di continuare.
Lei si
fece da parte irritata, furibonda, come non lo era mai stata. Eravamo
stanche e
al limite: ecco come la paura può cambiare la nostra natura.
«Stella...
soffro terribilmente per quello che hai fatto ma, se non riesci proprio
a far
prevalere l'amore per me alla paura e all'incertezza, beh... allora
vattene.
Torna su Solaria e guarda l'Universo sgretolarsi sotto il tuo naso.
Questa è
l'ultima volta che ti chiamerò 'amica'. Vai. Grazie a te,
ora devo aspettare
mio marito che sta venendo qui a controllare se sua moglie è
un pericolo
mortale da abbattere».
Così,
tra
un insulto e l'altro, Stella partì per il suo pianeta, ma
non fu l'unica: infatti,
anche Daphne decise di tornare su Domino. Disse che ad Alfea non c'era
più
niente per noi e che, se volevano combinare qualcosa, l'idea migliore
era
quella di tornare a casa e continuare le ricerche lì. La
salutai dicendole che
l'avrei raggiunta non appena avessi chiarito la situazione con Sky,
così rimasi
sola nella scuola deserta.
Ero
davvero in ansia, ma ero convinta che con mio marito le cose sarebbero
andate
diversamente: lui mi avrebbe capito. Ne ero certa, ne ero assolutamente
sicura.
Dopo
alcune ore arrivò... con l'intera flotta da combattimento di
Eraklyon al
seguito.
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Capitolo 8 *** Sonata all'Ombra del Cielo ***
CAPITOLO
8: SONATA ALL'OMBRA DEL CIELO
Una goccia
di sudore nervoso mi rigò la fronte, cadendo pesantemente
sulla mia spalla.
Fece un rumore così assordante che ebbi l'impressione di
aver svegliato tutta
Magix. Restai congelata nella mia posizione, a testa alta e con gli
occhi al
cielo, mentre la flotta di Eraklyon si avvicinava minacciosa ad una
Alfea ormai
deserta.
Iniziai a
pregare disperatamente gli dei: chiedevo a gran voce che mio marito non
fosse
venuto fin lì per uccidermi, che non si fosse lasciato
suggestionare dalle
parole velenose di Stella.
Il mio
cuore, però, sapeva benissimo cosa stava per accadere. Le
navicelle rimasero ad
alta quota fermandosi a pochi chilometri dalla scuola, mentre la nave
madre
atterrò nel cortile rovinando quel poco di bello che era
rimasto nel giardino.
Il
frastuono ovattato del motore e il vento impetuoso si fermarono: dalla
vettura
scese il re di Eraklyon, mio marito, l'amore della mia vita... armato.
"Ha
portato con sé la Spaccacielo... per gli dei..."
La
sopracitata, è una spada magica forgiata dal Maestro
dell'Acciaio Lucente in
persona: la lama, del colore del cielo notturno, conferisce al suo
possessore
l'immunità agli effetti debilitanti degli attacchi magici e,
in più, donava
velocità e forza superiori alle normali prestazioni umane.
Solitamente,
la maggior parte dei guerrieri usano armi dalle lame olografiche, ma
solo chi
vuole davvero eccellere nel combattimento all'arma bianca passa a
quelle fisiche,
molto più forti delle controparti e potenziabili dalle rune
magiche.
Quella euQuellaQra l'arma
definitiva di un
cacciatore di creature magiche, una delle pochissime cose in grado di
farmi del
male. Ne avevo paura, oh quanto ne avevo paura. E lui... lui mi
spaventava a
morte.
"La
Spaccacielo... Hagen..."
Per un
motivo a me sconosciuto, il nome di Hagen si fissò
prepotentemente nella mia
mente, come se fosse la soluzione ad ogni problema, come un'epifania.
"Hagen..."
Una folta
barba incolta copriva il viso del mio amato, ma non nascose la sua
espressione,
né i suoi occhi angosciati e il suo pallore. Era esausto...
esausto di me.
Chissà quanto stava soffrendo, povero amore mio.
In tutti
questi anni Sky non ha fatto altro che supportarmi, continuando a
sorridermi
anche quando, in preda a ricadute temporanee, lo insultavo e lo
trattavo male,
malissimo. Spesso mi svegliavo la mattina accanto a lui senza ricordare
nulla
della sera prima, quando riversavo la mia maledizione sulle sue spalle.
Ma lui
sorrideva, sorrideva sempre. Si ripeteva in continuazione 'non
è la mia Bloom
che sta parlando', e sorrideva, sorrideva... soffriva in modo
terribile, e la
causa ero io, solo io.
Un giorno,
logorata dai sensi di colpa, gli chiesi di lasciarmi. Gli chiesi
perché stesse
ancora con me.
«Perché
ti
amo. In salute e in malattia, ricordi?»
Oh, certo
che ricordavo, ma non a quei livelli. Non in quel modo. Non sarebbe mai
finita...
Si
avvicinò guardingo e cauto, come se io fossi un animale
feroce che poteva
aggredirlo in ogni momento. Avevo la risposta, avevo la soluzione,
dovevo solo
farmi ascoltare.
«Sky,
amore mio, fermati. Stella era in preda al terrore, ma quel che ha
detto non è
vero! Non sono io che infetto le persone, me lo ha detto la Griffin in
persona».
Mio marito
si fermò, indeciso se fidarsi o meno.
«Bloom...
io ti amo, lo sai. Per tanti anni, io... no. Niente più
bugie. Tu sei qualcosa
di anomalo che non dovrebbe nemmeno esistere, eppure ti ho amata. Mi
hai ferito
senza pietà per molto tempo, eppure ho continuato a starti
vicino. Ho
sopportato continuamente le conseguenze delle decisioni che tu, e solo tu hai preso, in nome di tutti. Ma
ora... ora non puoi chiedermi di ignorare quello che sta succedendo. Ho
parlato
anche io con la Griffin: per quanto lei sia sicura che la causa
scatenante non
sia tu, per quanto sia improbabile, io...»
Agitò
nervosamente la spada color zaffiro e si mise una mano sul volto, ormai
stanco
di tutta quella situazione, stanco di tutto. Sky era un uomo distrutto,
e l'avevo
demolito con le mie mani. Strinsi gli occhi: qualche lacrima ribelle mi
rigò il
viso.
«...non
possiamo esserne certi, amore mio. Tu... tu lo sai che Helia non mangia
più per
la disperazione e si sta lasciando andare? Lo sai che Timmy si
è ammalato per
star vicino a Tecna? E Riven è morto…»
disse iniziando a camminare avanti e
indietro, sempre più vicino all'orlo del baratro oscuro che
stava per
inghiottirlo. «Brandon ha iniziato a dare la caccia alle
streghe, è convinto
che la colpa sia loro! Ha ucciso una ragazzina innocente!»
Alzò
la
testa verso l'alto, singhiozzando rumorosamente. Non lo avevo mai visto
piangere in uno stato così miserabile. In quel momento, il
dolore della
corruzione mi sembrò niente rispetto a quello: non riuscivo
nemmeno a dire una
parola.
«I
miei
amici stanno morendo avvelenati da qualcosa che non sappiamo come
fermare, e io
sono disperato! Musa, Aisha e Flora erano anche mie amiche, e ora non
ci sono
più, e… e ci sei tu, tu che... che... che sei una
Orphan! Sei corruzione allo
stato puro, io non posso lasciarti andare!» urlò
con voce rotta, la mano così
tremante da far cadere la spada a terra.
Non ebbi
il coraggio di guardarlo in faccia, era vero quello che diceva. Sono un
ammasso
di corruzione straordinaria, non avevamo certezze di nessun tipo. Forse
dovevo
arrendermi, farmi prendere in custodia da lui, e… mi avrebbe
rinchiusa?
Torturata? Uccisa?
Francamente,
non mi interessava. L’Universo stava andando in malora, e chi
avevo intorno era
morto o stava sulla buona strada. Se farmi del male come ne ho fatto io
poteva
farlo stare meglio, beh, glielo avrei lasciato fare. Per una volta,
avrei fatto
io qualcosa per lui.
Stavo per
consegnarmi quando, all'improvviso, ebbi la stessa sensazione che
provai mentre
stavo andando alla clinica della Griffin: un senso di... smarrimento,
irrealtà.
Stava succedendo davvero?
Mi guardai
intorno, spaesata: era diventato tutto ovattato e rallentato, mi
sentivo come
nel dormiveglia. Pensai fosse il dolore della corruzione che mi stava
facendo
strani effetti, ma il pensiero di poco prima mi balenò in
mente saldo e
irremovibile come una montagna.
"Devo...
devo raggiungere Hoggar. Perché? Hagen... io...
perché devo andare da lui?"
Lo sentivo
nel sangue e nelle ossa, dovevo
andare dal Maestro dell'Acciaio Lucente. Era come una forza
indissolubile, un
obbligo che non ammetteva repliche, ma Sky non mi avrebbe mai lasciata
andare.
«Sky,
sono
tua moglie... io capisco quello che provi, ma... devi lasciarmi
andare...»
Il mio
smarrimento mentale diventò più forte, era come
se dovessi svenire da un
momento all’altro.
«No…
non
posso. Rischiamo troppo».
Mio marito
alzò la mano e le navi ricominciarono a muoversi, presero la
mira e spararono
quelli che sembravano impulsi elettromagnetici: non erano proiettili,
ma nel
momento del contatto mi sentii come paralizzata, non potevo muovermi.
«Li
ha
creati Timmy prima di ammalarsi. Bloccano il potere magico di fate e
streghe,
rendendovi inermi. Adesso verrai con me».
Provai ad
agitarmi in ogni modo, ma ero ancorata a terra a peso morto.
«S-Sky,
pensa ai miei genitori! Stai dichiarando guerra a Domino!»
Si
avvicinò ciondolante, come uno che a fatica si reggeva in
piedi, la sua voce
era glaciale.
«I
tuoi
hanno acconsentito. Sto facendo tutto questo di comune accordo con i
sovrani di
Domino. L'unica che si è opposta è stata Daphne
ma, essendo la principessa
ereditiera e non la regnante, la sua opposizione è stata
inutile».
Sentii
qualcosa
dentro di me spezzarsi: tradita dai miei genitori, rinnegata da tutti.
Ero
diventata il mostro da abbattere. Volevo scoppiare a piangere, morire
lì e
subito, ma l'indistruttibile pensiero di dover raggiungere Hagen non mi
permise
di arrendermi.
Una volta
giunta lì, sarebbe tutto finito? Non lo sapevo. Non sapevo
un accidente di quello
che stava accadendo, ma se proprio volevano dar la caccia a un mostro,
li avrei
accontentati tutti. Ormai non avevo più niente da perdere.
Aspettai
che Sky fosse più vicino e gli dissi a bassa voce:
«Quando avrò finito quel che
devo fare, se sarà stato tutto inutile, ti
permetterò di uccidermi e liberarti
del peso che ti porti dentro. Ricordati che ti amo».
Mi
guardò
con aria interrogativa, poi mi attivai. Mentre ero a terra, sentivo che
la
paralisi si stava affievolendo sempre di più, troppo
velocemente anche per i
calcoli sicuramente perfetti di Timmy, così sprigionai
un'onda sonora ad alta
frequenza e spinsi via il mio amato, allarmando tutti. In risposta a
ciò, tutta
la flotta passò in assetto da combattimento.
Mi
trasformai di prepotenza e spiccai il volo, ma Sky riuscì ad
afferrarmi con una
mano e mi spinse a terra, con la spada sguainata pronta a trafiggermi.
I
cannoni a impulso ricominciarono a sparare ma, così
trasformata, il loro effetto
era molto meno debilitante; mi misi in guardia e mio marito mi
attaccò con
furia, provando un affondo.
Molto
più
lenta del normale, riuscii comunque a schivarlo, ma lui fece leva sulle
gambe e
provò un fendente laterale che bloccai con il Morphix. Sky
è un guerriero
estremamente abile, mai da sottovalutare in nessun caso, nemmeno se
l'avversario era sua moglie.
Prese un
dispositivo dalla tasca e lo attivò. Lo riconobbi: era uno
scudo anti-magia a
goccia molto potente, ideale per coprirsi quasi interamente dagli
attacchi
magici.
Spostò
la
guardia sulla difensiva: scudo avanti con la mano sinistra e spada
levata in
alto con quella destra, praticamente una fortezza vivente.
Fin quando
le navi avrebbero continuato a emettere quel segnale e a mantenermi
rallentata
non avrebbero attaccato con l'arsenale pesante, rendendomi libera di
sbarazzarmi prima di Sky e poi di fuggire via. Magari, potevo rubare
una delle
navi e andare su Hoggar. Sì, poteva funzionare.
Provai a
lanciare una palla di fuoco ma, come era prevedibile, si infranse sullo
scudo
senza lasciare traccia. L'unico modo per sconfiggerlo era usare lo
stesso campo
di battaglia su di lui: mi misi nella posizione del loto a mezz'aria e
chiusi
gli occhi, cadendo in profonda concentrazione.
Evocai
colonne di fuoco dal terreno che lo costrinsero a muoversi dove volevo
io, non
poteva certo proteggersi se gli attacchi magici provenivano da sotto i
suoi
piedi.
Con le
mani di golem non potevo attaccarlo direttamente, così
distrussi alcune
strutture di Alfea e ne usai i detriti per colpirlo.
Effettivamente,
la strategia stava funzionando: ingaggiato da più fronti,
Sky non poteva far
altro che schivare e difendersi, mentre io infierivo senza sosta.
Chiamai a me
un tipo di pianta molto particolare: la Fenditerra. È un
rampicante che si
estende nel sottosuolo con forza, estremamente robusta: la feci
spuntare dal
terreno e ricoprii il mio corpo con essa, come un vestito.
"Avanti,
abbocca alla trappola..."
Smisi di
attaccarlo facendo finta di essere stata paralizzata nuovamente dai
cannoni:
non avrebbe mai potuto dire con certezza se io stessi bluffando o no.
Sky era
ansimante e stanchissimo, aveva resistito lì dove qualsiasi
essere umano
sarebbe caduto; notando la mia immobilità e preso dalla
frenesia del
combattimento, iniziò a correre verso di me con
così tanta forza che sembrava
volasse, gettò via lo scudo e impugnò la spada a
due mani, pronto a darmi il
fendente mortale.
Tuttavia,
nel momento in cui calò la lama, con sforzo disumano mi
mossi più in fretta di
lui e feci una capriola a mezz'aria in avanti, gli afferrai le mani e
feci
scivolare un rampicante dal mio braccio, legandogliele in una morsa
d'acciaio.
Arrivai
dietro di lui, gli diedi un calcio dietro la schiena e lo feci
schiantare a
terra; gli piombai addosso in un attimo, poi feci scivolare tutti i
fusti che
avevo e glieli passai su tutto il suo corpo, ordinando poi ai vegetali
di
scavare in profondità nella terra ancorando letteralmente
Sky al suolo,
incapace di muoversi in nessun modo.
«No!
Torna
qui, Bloom!»
Non persi
tempo e non ascoltai una parola di quello che disse. Portai il braccio
in alto
e aprii il palmo della mia mano: creai una massa enorme di fuoco
azzurro, poi
lo modellai in modo tale da farlo vorticare.
Lo lanciai
verso il centro della flotta e, mentre era in volo, feci aprire le sue
spire
creando una girandola di fiamme, riuscendo ad abbattere e far esplodere
molte
navi della formazione.
Approfittando
del caos, accumulai energia elettrica e sonora insieme e sbattei le
mani:
un'onda d'urto elettrificata attraversò le vetture rimaste,
mandando fuori uso
le armi e il sistema di navigazione e impedendo di sparare a raffica
quel tanto
che bastava per fuggire via.
Salii
sulla nave madre ed emisi una luce accecante che abbagliò
l'equipaggio: li
buttai fuori letteralmente a calci e, anche se non sono proprio una
gran
pilota, in qualche modo spinsi al massimo i motori e scappai. Quelli a
terra
non provarono nemmeno a inseguirmi tanto ero lontana.
Impostai
la rotta per Hoggar e mi accasciai su un sedile, esausta, al limite
della
sanità fisica e mentale. D'altronde, cosa mi rimaneva
ancora? Non avevo più
niente. La situazione era talmente degenerata che avevo implicitamente
dichiarato guerra a due pianeti, per seguire cosa, poi? Una sensazione?
Un
pensiero? Mi erano rimasti solo quelli a cui affidarmi...
Passarono
due ore e, più mi avvicinavo ad Hoggar, più la
mia sensazione di smarrimento e
percezione alterata della realtà aumentarono, sempre di
più, come se dovessi svenire
da un momento all'altro. Come se tutto fosse... irreale? Un'illusione?
Atterrai
nel modo più schifoso possibile vicino alla scuola per
forgiatori di cui Hagen
è il preside, fregandomene di tutti e tutto. Feci irruzione
nella struttura e
vagai a vuoto per molti minuti, fin quando non trovai la presidenza;
ormai mi
reggevo a malapena in piedi, la testa vorticava, sentivo il mio corpo
farsi
sempre più pesante, sempre più non mio.
Aprii la
porta di schianto e trovai il Maestro dell'Acciaio Lucente in piedi,
davanti la
sua scrivania, come se mi stesse aspettando. Sentii come se il mio
cervello si disattivasse
di colpo, e poi...
Infine,
finalmente, mi svegliai dal mio lungo incubo.
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Capitolo 9 *** La Sinfonia del Destino ***
CAPITOLO 9: LA
SINFONIA DEL DESTINO
Fu come
risvegliarsi da un brutto trauma: la testa bruciava terribilmente,
sentivo la
bocca come incollata e tutto il mio corpo era dolorante e rigido, in
particolare avevo una fitta terribile al petto.
La mia
vista era fioca: non riconoscevo alcuna forma o colore intorno a me.
Iniziai ad
avere paura, un terrore micidiale dell'ignoto. Non sapevo dove mi
trovavo, cosa
era successo, niente di niente. Poi, all'improvviso, sentii una voce a
me molto
familiare e subito tirai un sospiro di sollievo.
«Per
il
Sacro Drago! Ci sei riuscita davvero! Accidenti, Faragonda corri
qui!»
La preside
con Hagen? Che diavolo ci faceva su Hoggar quando era ricoverata dalla
Griffin?
Ero troppo stanca e dolorante per farmi domande, non ci stavo capendo
più
niente.
«Bloom!
Ragazza mia, ce l'hai fatta! Grazie al cielo!» disse con voce
commossa. Sentii
l'anziana donna singhiozzare piano. «Io ero profondamente
contraria a tutto
questo, non ti avrei mai dato il permesso di fare una cosa del
genere!»
«Faragonda!
Lo sai che non ricorda niente, non il travolgere!» disse
severo il Maestro dell'Acciaio
Lucente. Il suo tono era grave e lieto allo stesso tempo.
Di cosa
stavano parlando? Avevo una smania terribile di sapere cosa diavolo
stesse
succedendo, anche perché ciò non faceva altro che
farmi innervosire. Provai ad
alzarmi, ma la fitta al petto si fece incandescente e urlai di dolore.
«Ehi,
ferma, ragazza! Hai subito un forte trauma, sai?»
Le voci di
entrambi erano davvero strane: un misto di gioia, sollievo e tristezza
che non
sapevo davvero come interpretare. Non seppi dire perché, ma
sentii l’ansia
montare prepotentemente.
«A-acqua...»
Mi
portarono subito da bere e cercai di mettere bene a fuoco: ero in una
casa, su
quello non c'erano dubbi. Mi trovavo su un letto ampio e comodo;
intorno a me
c'erano molti mobili in legno che davano al tutto un'aria molto
rustica.
Dovevo
assolutamente svegliarmi dal mio torpore, così iniziai a
muovermi lentamente
tra le coperte per riattivare il mio corpo. Mi portarono da mangiare e
dei
farmaci per il dolore, tanto era il bruciore che avvertivo nei miei
tessuti;
dopo poche ore di riposo mi sentii abbastanza in forze per farmi
spiegare la
situazione assurda in cui mi trovavo.
«Voi...
non dovreste essere qui, sono... sono ricercata, sapete».
Hagen
scoppiò a ridere e Faragonda fece lo stesso, mi sentivo
presa in giro da due
bambini.
«Abbiamo
visto! Gran bella prova, degna di un'Erede del Drago! E poi, dove
dovremmo
andare? Questa è casa mia!»
Chiusi un
attimo gli occhi in preda alle vertigini, poi ricominciai a prestare
attenzione.
«Mi
spiegate che diavolo succede, allora? Faragonda, tu dovresti essere a
Magix
dalla Griffin».
La mia
cara preside mi strinse la mano: quel contatto fisico mi diede un
sollievo e un
benessere che credevo non fosse più possibile.
«Lo
so,
Bloom... è una storia parecchio lunga, se vuoi riposarti
ancora...»
Scossi
forte la testa: volevo sapere, ne avevo bisogno, o sarei impazzita.
Hagar si
ritirò in cucina per preparare una tisana, lasciando a
Faragonda il compito di
iniziare a raccontare quella follia.
«Ragazza
mia, non so davvero da dove cominciare. Dunque, partendo dall'ovvio:
ciò che
hai vissuto fino a oggi non era reale. Era tutto un... 'sogno', per il
momento
chiamiamolo così».
Non potevo
credere alle mie orecchie.
«V-vuol
dire che... le Winx, Musa, Riven... loro... loro non sono morti? Davvero?»
Scoppiai a
piangere senza nemmeno accorgermene: un pianto represso, carico di
dolore e
tensione. Erano vivi. Erano tutti vivi. Faragonda mi sorrise
dolcemente, poi
continuò a parlare.
«Esatto.
Io
non sono una Orphan, le ragazze e i ragazzi stanno tutti
bene».
Respirai
profondamente tormentata dai dolori al petto e chiesi di andare avanti.
«È
cominciato
tutto quando hai iniziato a notare gli strani comportamenti delle
persone e
l'insolito aumento degli Orphan. Hai capito subito che qualcosa non
andava e
sei venuta da me. Anche stavolta, mi duole dirlo, senza interpellare le
Winx o
Daphne. Come al tuo solito, avevi deciso di tenerle fuori dalla
questione
finché non avessimo avuto prove concrete che c'era davvero
qualcosa di cui
preoccuparsi. Abbiamo coinvolto anche la Griffin nelle nostre ricerche,
ma non
abbiamo concluso niente».
«E
così,
siete venute da me» esordì Hagar portando le
tisane per tutti. «Quando si
tratta di stranezze, sono imbattibile!» disse ridendo.
È sempre molto allegro
quando c'è Faragonda nei paraggi.
«A
parte
gli scherzi, c'è un motivo ben concreto se avete pensato di
rivolgervi a me:
Bloom non c'entrava niente, le streghe e le fate tanto meno, se in giro
c'era
qualche super cattivo la ragazza lo avrebbe saputo subito. Pertanto, la
cosa
non aveva nessun senso. Gli esseri magici diventano Orphan senza motivo
e,
coloro che non possiedono poteri magici, perdono la testa. Qual
è il filo
conduttore? Cos'è che hanno in comune tutti
quanti?»
Rimasi
perplessa ma, per quanto mi spremessi le meningi, proprio non ci
arrivavo.
«L'Universo,
ragazza! La struttura stessa della vita che tiene in piedi tutto!
Viviamo tutti
sotto lo stesso cielo, dopotutto!»
«La
Fiamma
del Drago» sussurrai a bassa voce, come se fosse un segreto
terribile da tenere
al sicuro da orecchie indiscrete.
«E
si dia
al caso che io sia uno dei massimi esperti. Per poterla usare nella
forgiatura
delle armi ho dovuto studiarla a fondo, comprenderne i meccanismi e
imparare a
maneggiarla. Quando avete pensato a questa eventualità,
siete venute da me in
cerca di risposte».
«E
le
abbiamo trovate?»
«Sì,
Bloom...
le abbiamo trovate».
Faragonda
si torturava le mani: stavamo arrivando al punto della questione e
ciò la
spaventava terribilmente.
«Sappiamo
come la Fiamma del Drago sia la struttura stessa dell'Universo Magico,
sappiamo
che è il suo pilastro, ciò che lo sostiene. Ma
cosa succede se questa struttura
viene alterata? È questo che volevamo chiedere ad
Hagen» disse Faragonda in
modo appassionato, come se stesse tenendo una lezione. «Come
sai, l'Universo è
costituito da energie positive e negative, che è la sua
neutralità a tenerci
tutti in sano equilibrio: ogni fonte di magia bianca e nera, ogni fata,
ogni
strega, ogni essere magico, coesistono tutti in questa
realtà in armonia, senza
che una parte prevalga sull'altra».
«Cosa
succede se l’equilibrio si rompe?»
«Nel
momento in cui una delle due energie venga meno o diventi
più potente
dell'altra, l'Universo... si corrompe. Letteralmente. Inquinando la
fonte della
sorgente, inquini tutto il fiume...»
Stavo
cominciando a capire, iniziai a provare brividi gelidi.
«Mi
sta
dicendo, quindi...»
Non
riuscivo nemmeno a elaborare una frase sensata per quanto era assurdo
quello
che stavo pensando.
«Sta
dicendo che è l'Universo stesso che sta corrompendo l'anima
delle persone,
ragazza» finì per me Hagar, poi
continuò: «Alterando la struttura
dell'Universo, si sconvolgono e si riscrivono le sue leggi. Noi siamo
costruiti
con le leggi 'vecchie', per così dire. Siamo fatti per
vivere in equilibrio con
le forze cosmiche, e ora questo equilibrio non c'è
più. Inoltre, poiché la
nostra anima è anch'essa struttura dell'Universo, beh...
è un gran macello. Gli
esseri non magici perdono la ragione a poco a poco, mentre gli esseri
magici
vanno incontro a corruzione. Bada bene, giovane Custode. Non viene
corrotto il
loro potere, viene corrotta la fonte del loro potere. Diventano Orphan
perché
cambia la natura stessa della loro anima... è come un veleno
che agisce
lentamente ma inesorabile, a cui non c'è
antidoto».
«M-ma
è
impossibile! Cosa può essere tanto forte da ribaltare le
leggi dell'Universo?»
«Qualcosa
che hai già affrontato, ragazza mia... otto anni fa, per la
precisione. Quando
hai affrontato e ucciso le Trix, in quel momento cambiò
qualcosa di essenziale,
di vitale».
Sgranai
letteralmente
gli occhi. No… no, no, no. Non potevo essere io la causa,
non di nuovo, per gli
dei, non di nuovo.
«Eden
fu
il primo pianeta creato dal Drago, lo sai bene. Fu la sua dimora per
molto
tempo, e fu impregnato del suo potere fin nelle viscere. Non fu
catalogato come
pianeta sacro solo per questo motivo, sai. Eden è
estremamente importante per
il suo ruolo. È una fonte di energia positiva tra le
più grandi che esistano, è
fondamentale per mantenere l'equilibrio. Le streghe albergarono su di
esso per
quattro mesi, e per quattro mesi hanno accumulato energia negativa per
corrompere la Fiamma del Drago di tua sorella. Inoltre, durante il
vostro
combattimento, si sono sprigionate ulteriori energie negative
potentissime,
appartenenti sia alle Trix, sia a… te».
«Accidenti,
Faragonda, è unitile girarci intorno, addolcire la pillola
non serve a niente.
Bloom, te e le Trix avete inquinato Eden con la magia oscura.
Parliamoci
chiaro, in condizioni normali nessun essere magico sarebbe in grado di
corrompere
un intero pianeta, ma voi avevate poteri abnormi. Certo, quasi tutto il
lavoro
è stato delle streghe, ma anche tu hai contribuito. In tutti
questi anni, Eden
ha emesso sempre meno energia positiva e sempre più energia
negativa: più la
sua natura cambia, più gli effetti collaterali sulle persone
aumenteranno.
Quando il pianeta sarà completamente corrotto... ho paura
che gli esseri viventi
cesseranno di esistere».
Rimasi
congelata sul posto: mi stavano dicendo che avevo contribuito a segnare
la morte
di miliardi e miliardi di vite, che l'amore per mia sorella e le mie
azioni
volevano in cambio... la vita. La vita di tutti. Mi misi le mani sul
volto e un
gran senso di nausea di pervase, ma Faragonda cercava comunque di
rassicurarmi.
«Bloom,
ascolta: se fosse andata diversamente, a quest'ora nemmeno ne staremmo
parlando! Le Trix avrebbero sterminato tutti comunque, tu ci hai donato
perlomeno una speranza!»
«È
vero,
giovane Erede. Non corrucciarti, ci hai dato più
tempo!»
«Continuate...
continuate a spiegarmi. Cosa è successo poi?»
«Volevi
vedere con i tuoi occhi gli effetti che avrebbe portato questa nostra
teoria.
Volevi verificarla di persona, ma aspettare era rischioso: se le nostre
ipotesi
erano giuste, ogni momento era prezioso e non poteva essere
sprecato».
Hagar si
alzò e andò nell'altra stanza, tornò
poi con il tomo sugli incantesimi unici
degli Eredi della Fiamma del Drago, e me lo posò sulle
gambe.
«Ho
suggerito di usare un incantesimo che si trova qui dentro. Sai, su
questo libro
ci ho studiato, ricordo la maggior parte del suo contenuto.
C'è un rituale che
permette a un Custode di vedere il futuro più probabile, ed
è quello che hai
fatto tu».
«Quindi...
ho visto il futuro?»
Hagar
annuì.
«Il
futuro
più probabile. Se le cose
non
cambieranno, quello che hai visto è quello che
accadrà con più probabilità, ma
potrebbe anche non accadere. È una
possibilità».
Rimasi a
rimuginare per un po', persa nei miei pensieri. Faragonda
continuò il discorso.
«Inoltre,
c'è un altro fattore di cui tenere conto. Hai senz'altro
notato come gli eventi
siano degenerati così in fretta, vero? Esasperati fino
all'inverosimile. A volte
era come vivere un incubo».
Annuii
stupita, la preside aveva centrato in pieno le mie sensazioni.
«Diciamo
che era davvero una sorta di... incubo. Quello che hai vissuto non era
reale,
dopotutto. La tua psiche potrebbe aver alterato la qualità
della tua visione,
come nei sogni, appunto. Flora si sarebbe comunque tolta la vita,
magari dopo
qualche anno e in altre circostanze, ma lo avrebbe fatto. Capisci,
Bloom? Sono
incerte anche le modalità con cui gli eventi avranno
luogo».
Accidenti,
quanto era complicato... non mi stupisce che io abbia chiesto aiuto a
due
cervelli come i loro. Io, a malapena, stavo capendo cosa stava
succedendo.
«Come
ho
fatto a vedere tutto questo?»
«Tu
possiedi la Fiamma del Drago che sorregge ed è, allo stesso
tempo, la struttura
stessa dell'Universo. Hai la facoltà di ancorare la tua
coscienza ad essa e
usare la Fiamma per manipolare l'Universo a tuo piacimento, come per
esempio
trasferire la tua anima avanti nel tempo e aggrapparti alla futura te
come un
parassita, diciamo. Oppure come un'ospite, per essere più
gentili. È un rituale
molto pericoloso» disse Hagen cupo.
«Immagino
c'entri questo dolore».
«Fu
terribile, davvero. L'unico modo che avevi per staccare la tua anima e
la tua
Fiamma del Drago dal tuo corpo era quella di... di ucciderti. Abbiamo
usato l'Embrium
scarlatto per fermare il tuo cuore, permettendoti di svincolare l'anima
dal
corpo. Poi ti abbiamo rianimata e abbiamo curato il veleno. Mentre eri
in coma,
ho usato le mie capacità divinatorie per vedere quello che
vedevi tu dall'altra
parte» aggiunse Faragonda.
Non sapevo
se essere meravigliata dalla figata cosmica della cosa o esserne
terrorizzata a
morte.
«Ma
io non
ricordo niente!»
«Quella
è
stata opera mia» mugugnò Hagen. «Prima
di partire, ci hai chiesto di
cancellarti la memoria per poter vivere l'esperienza nel modo
più puro
possibile, e per essere assolutamente sicuri che quello che sarebbe
successo...
sarebbe successo. Quando sei arrivata nella te stessa del futuro, ho
manipolato
la tua Fiamma e ho cancellato i tuoi ricordi, inserendo poi una sorta
di 'via
di fuga': nel momento in cui le cose si fossero messe male, la Fiamma
ti
avrebbe inculcato in testa il desiderio irremovibile di venire da me.
Diciamo
che mi sono auto impostato come segnale di stop al rituale. Non eravamo
nemmeno
sicuri che tu riuscissi a staccare la tua anima dal corpo!»
Rimasi a
contemplare
per un po' il libro. Calò un silenzio carico di tensione:
sentivo, in qualche
modo, che la cosa non sarebbe finita lì. Dovevo fare i conti
con le mie azioni,
dopotutto era stata anche colpa mia.
«Beh,
mi
pare ovvio che le nostre idee fossero giuste, alla fine. Un caos del
genere non
sarebbe mai scoppiato se Eden non fosse stato corrotto. Esattamente,
quanto
avanti sono andata nel tempo? E quanto sono stata in coma?»
«Dal
momento in cui sei arrivata a quello in cui è finito tutto,
direi circa... un
anno da oggi. Sei stata in coma una settimana» disse Hagar,
teso come una corda
di violino. Voleva dirmi altro ma si fermò, come immaginavo.
«Un
anno
prima che quel che ho visto accada... d'accordo. Come lo
fermiamo?»
Nessuno
dei due parlò: piantarono gli occhi al pavimento e tacquero
per qualche
secondo, poi il Maestro dell'Acciaio Lucente posò una mano
sulla spalla di
Faragonda per darle forza.
«Ci
abbiamo pensato molto, ragazza mia. Abbiamo vagliato ogni
possibilità, ogni
modo, davvero. Le cose possibili da poter fare sono solo due: la prima,
è
quella di aspettare e vedere se il futuro che ci attende è
davvero quello che
hai visto e, nel frattempo, cercare una soluzione che non sia... la
seconda».
«Qual
è la
seconda possibilità?»
La preside
fece un grosso respiro.
«Ti
ricordi come hai purificato la Fiamma del Drago di Daphne? Allo stesso
modo,
potresti purificare Eden. Farlo, però, ha un costo: il tuo
potere verrebbe
completamente corrotto e tu diventeresti... un demone. Un demone tanto
potente
da poterci sterminare tutti».
Allentai
la presa delle mani che torturavano il lenzuolo e, finalmente, fu
chiara la
scelta che dovevo prendere: dovevo morire o lasciar che gli altri
morissero. Mi
sentii come svuotata di ogni emozione: non c'erano più
nemmeno lacrime da
piangere, ero satura.
«È…
chiaro.
Dovrei purificare Eden, trovare chi è abbastanza potente da
potermi uccidere e
l'energia oscura sparirebbe con me. Risolverei la cosa alla
fonte».
Hagen
camminava avanti e indietro per la stanza come un leone in gabbia.
«Sì,
ma
non è così semplice. Ormai il processo di
corruzione è iniziato. Anche se
ristabiliamo l'equilibrio, il danno ormai è fatto! Quel che
hai visto potrebbe
accadere ugualmente! E se quel futuro accadesse nonostante tutto,
l'unica che
potrebbe far qualcosa sei tu, ma saresti morta. In entrambi i casi
saremmo
spacciati. Per non parlare poi del resto: nessuno nell'Universo
è tanto potente
da poterti uccidere, una volta che sarai un demone perderai
completamente la
ragione e sarà impossibile fermare la tua furia».
Mi
accasciai sul letto e mi lasciai andare al pianto: non era disperato
né
violento, semplicemente le mie lacrime uscivano da sole senza troppi
ostacoli.
Faragonda si sedette vicino a me e cercò di consolarmi in
ogni modo, mentre
Hagen si trasferì nell'altra stanza, perso nei suoi pensieri.
Questo
è
quanto.
Devo
decidere se avere fiducia nelle persone che amo, pregare che mi
uccidano e che
vada tutto bene dopo la mia dipartita, oppure condannarli a forse morte
certa e
cercare altre soluzioni che, molto probabilmente, non esistono.
E qui,
torniamo all'inizio di ciò che ho scritto: ho preso la mia
decisione basandomi
unicamente sul mio egoismo, sulla mia egoista speranza che fili tutto
liscio e
che tutti siano sani e salvi. Ho scritto tutto questo per un solo
motivo:
resistete.
Questo
è
quello che potrebbe succedere, ma voi potete
fare qualcosa: combattete questo veleno giorno dopo giorno, sforzatevi
di amare
e di non odiare più. Quando vi sentirete iracondi per motivi
che non conoscete,
quando vi accorgerete di star diventando degli Orphan, non disperatevi,
non
incolpate nessuno ma sforzatevi di combatterlo, di accettarvi
nonostante tutto,
perché non è colpa vostra né di
nessun'altro.
E se, un
giorno, coloro che amo dovessero fare quel che avete letto, o se
qualcuno che
amate dovesse farlo, non odiatelo, non giudicatelo, ma aiutatelo a
fermarsi.
C'è
un
male che non può essere fermato, dobbiamo fronteggiarlo
tutti insieme... fate
sì che il mio sacrificio non sia stato vano. Io volevo
vivere in pace, volevo
avere una famiglia, e potrei comunque averle tutte queste cose, ma le
incertezze sono troppe. E io... io non posso barattare un futuro troppo
incerto
con le vostre vite.
Si tratta
di avere coraggio, a questo punto. Vi sto lasciando la mia
eredità, una via di
fuga: sappiate usarla.
Mamma,
papà, Daphne, Sky, Winx, Specialisti, tutti... vi amo. Siete
stati tutta la mia
vita, non vi dimenticherò mai. Siate forti ma, soprattutto:
siate folli. Perché
quello che vi sto chiedendo di fare è davvero pura follia.
La mia
mano si è fermata. Non trema più. La paura
è fluita via, come un fiume sporco.
Volgo gli
occhi al cielo e prego con tutta l'umanità di cui ancora
dispongo: Drago della
Vita che mi hai baciato la fronte alla mia nascita, chiunque sia in
grado di
ascoltare e accogliere la mia preghiera, vi prego, vi scongiuro. Fate
sì che
questo diario abbia una fine. Fate che qualcuno ne scriva le pagine
finali.
Non
mi
rimane altro che una supplica sulle labbra.
|
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Capitolo 10 *** L'Ultimo Canto del Drago Oscuro ***
CAPITOLO 10:
L'ULTIMO CANTO DEL DRAGO OSCURO
Le tue
preghiere sono state esaudite, tesoro mio. Questo racconto dell'orrore
avrà una
fine, ed è solo grazie a te, gioia del mio cuore. Provo un
misto di sollievo e immensa
tristezza nello scrivere queste ultime pagine, ma te lo devo. Te lo
dobbiamo
tutti, coraggiosa Custode.
Sono Daphne,
principessa di Domino ed Erede del Drago. Oggi sono qui per adempiere
al mio
dovere, ovvero rimettere tutti i tasselli al loro posto e completare il
puzzle.
Mia sorella, la mia dolce sorellina... ha fatto la sua scelta.
Spesso mi
viene da pensare che la vera maledizione non fu quella del Sirenix che
mi rese
uno spirito errante, ma quella imposta su di noi, sul nostro legame di
sangue.
Io e Bloom non siamo mai riuscite a coesistere nello stesso mondo per
il tempo
che era giusto vivessimo.
Dopo
quello che è successo, l'unico modo che avrò di
rivederla sarà quando la mia
ora arriverà di nuovo, per l'ennesima volta.
Col cuore
infranto e l'anima lacerata devo donarvi la sua eredità: il
nostro futuro è incerto
ma, per il momento, salvo.
Fummo
chiamati tutti da Faragonda ad Alfea: io, le Winx, Sky e gli
Specialisti. Bloom
non era presente e Riven, come previsto, non era ancora tornato a
Magix.
La preside
ci raccontò per filo e per segno tutto quello che era
successo, ci fece leggere
il diario... rimanemmo tutti agghiacciati. Vidi Musa che, per la prima
volta,
ebbe davvero paura di Riven nonostante tutto il trascorso tra loro;
vidi Sky piangere
saturo di disperazione; vidi le ragazze stringersi tra loro; vidi i
ragazzi
affranti.
E io, in
mezzo a loro, che avevo capito tutto. Il re di Eraklyon
iniziò a camminare
avanti e indietro come un leone in gabbia coprendosi il viso con le
mani,
stanco, sull'orlo del precipizio che nessun essere umano dovrebbe mai
avvicinare.
«Perché?
Perché non ha detto niente? Perché quella dannata
testona deve sempre prendere
decisioni da sola? Faragonda, lo sai quanto è grave la
situazione, perché?»
La preside
tenne lo sguardo fisso sul giovane re, dimostrando una fermezza d'animo
che non
le vedevo da un po' di tempo, ormai.
«Per
questo, Sky. Stavolta, voi non c'entrate niente. Stavolta è
Bloom che deve
affrontare le conseguenze delle sue azioni. Purtroppo, anche quelle
delle
streghe che avete combattuto per una vita. So benissimo che voi tutti
barattereste la sua vita con l'incertezza, so che mettereste a
repentaglio la
vostra esistenza per lei. Quello che avete letto potrebbe non accadere,
ma se
accadesse? Bloom rivivrebbe lo stesso inferno e, probabilmente, non
sopravvivrebbe comunque. Nessuno di noi ci riuscirebbe».
Tutti i
presenti divennero grottesche figure digrignanti, odiarono ammettere
che la
preside aveva ragione.
«Sto
dicendo che, se la decisione fosse spettata a voi, l'avreste condannata
a vivere
l'agonia più grande della sua vita, tanto da desiderarla, la
morte. Voi avreste
agito per egoismo, lei ha agito per
egoismo, ma l'ironia della sorte vuole che il suo egoismo sia
più giustificato
del vostro».
Le parole
di Faragonda pesavano come macigni. Desiderai terribilmente che anche
quello
che stavo vivendo io fosse un'illusione.
«Mi...
mi
vergogno così tanto per quello che le ho detto...»
disse con voce rotta Aisha,
tanto che fece per alzarsi e andarsene, ma la preside la
fermò.
«Non
puoi
andare da Bloom, ragazza mia. Lei non è qui».
Ci girammo
tutti verso l'anziana fata, la quale fece un profondo respiro e
cercò di mantenersi
il più rigida possibile; stava soffrendo come non l'avevo
mai vista, ma le
parole che stava per pronunciare avevano bisogno di essere dure e
glaciali, o
non ce l'avrebbe mai fatta.
«Ascoltatemi
attentamente: io mi sono fatta complice di tutto questo
perché so che è la
decisione giusta da prendere. È il rischio più
ponderato che possiamo correre,
per quanto crudele sia. Ripetendo le parole di Bloom: siate forti e
siate
folli, perché ora vi dovrò illustrare la follia
che dovrete compiere per
salvare l'Universo».
Si
girò,
prese una scatola dorata dalla sua scrivania e la aprì:
all'interno c'erano
sette braccialetti e un amuleto con il simbolo di un drago scolpito su
una
delle sue facce. Tutti quegli oggetti avevano un'aria sinistra: al loro
interno
sentivo chiaramente la Fiamma del Drago dirompente di mia sorella ma,
allo
stesso tempo, sentivo oscurità.
«I
braccialetti sono per le Winx e per Daphne, l'amuleto per la
Spaccacielo di
Sky. Prendeteli pure».
Facemmo
come richiesto, poi la preside riprese a parlare: «Questi
oggetti contengono
una parte della Fiamma del Drago di Bloom. Per voi Winx significa
riacquistare
la forma Bloomix, per Daphne e la spada magica di Sky, significa
acquisire un
potere di molte volte maggiore a quello che già
possiedono».
Stella
teneva a distanza il suo braccialetto come se fosse velenoso, tremando
come una
foglia.
«Cosa
dovremmo farci?»
La fata
della luce sapeva benissimo la risposta ma, in cuor suo, non voleva
accettarla.
«Bloom
in
questo momento si trova su Eden. Assorbirà la corruzione dal
pianeta e
diventerà un'Orphan completa: perderà il senno e
avrà un potere spaventoso. Distruggerà
tutto ciò che le capiterà a tiro. Questi oggetti
vi serviranno per rendervi
abbastanza potenti da... ucciderla».
Un boato
di dissenso scoppiò nella stanza: tra lacrime di
disperazione e di rabbia,
ognuno ruggiva il proprio disgusto per una tale proposta indecente; io
continuai a guardare fuori dalla finestra ignorando il casino, persa
tra i miei
pensieri.
Mi
tornò
in mente quando Bloom evadeva di notte dalla sua stanza e veniva nella
mia per
dormire con me: ogni volta era una sorpresa immensa. È cosa
nota che gli Orphan
non gradiscano il contatto fisico, ma a lei non importava, si
appiccicava a me,
e… per gli dei, mi manca l'aria al pensiero che non
avrò più questi momenti con
lei.
Però,
in
quel momento, capii quel che dovevo fare. Dovevo fare esattamente
quello che
stavo facendo: ricordarla con dolcezza. Le sue memorie sarebbero
vissute in
eterno e ci avrebbero scaldato il cuore quando sarebbe stato troppo
gonfio da
esplodere. Sì... era quello che dovevamo fare.
«Smettetela.
Tutti quanti» urlai con voce glaciale.
Dovevano
ascoltarmi. In quel momento avevano bisogno di una guida che fosse in
grado di
convincerli a commettere un peccato terribile. Quella guida non potevo
che
essere io, sangue del suo sangue, la Custode della Fiamma
più potente da tempo
immemore. Sono sicura che Bloom avesse pensato anche a questo.
«Ho
salvato mia sorella due volte, e due volte sono morta per lei. E
sì, adesso
sono quella che vi sta dicendo che dobbiamo fare quel che bisogna fare.
Bloom è
già morta, come lo saremo tutti se non interveniamo.
Vivrà per sempre nei
nostri ricordi e nei nostri cuori, ma ora dobbiamo
fare quello che la mia dolce sorellina ci ha implorato di fare. Io
andrò su
Eden e la ucciderò, che il Sacro Drago mi perdoni per
questo. Bloom lo sa, noi
lo sappiamo, le persone lo sapranno. È necessario. Trovate
il coraggio dentro
di voi o periremo! Il nostro... nemico non avrà nessuna
pietà, non ci
riconoscerà e non fermerà la sua mano. Bloom si
è sacrificata per noi. Prima ve
ne convincerete, meglio è».
Trattenni
con tutte le mie forze le lacrime. Il mio volto duro e austero li
fissò uno ad
uno, senza cedere. Sembravo un comandante che stava preparando le
truppe
all'assalto suicida, tanto che ottenni l'effetto sperato.
«Ad
andare
saranno solo Daphne, le Winx e Sky. Specialisti, voi mi servite
qui».
Timmy
capì
subito, come sempre.
«Se
loro
dovessero fallire, dobbiamo organizzare la resistenza ed evacuare
più persone
che possiamo, trovare un posto sicuro e trovare un modo per fermare
Bloo-, no,
il nemico... chiaro».
Faragonda
annuì.
«Nel
momento in cui partirete, avvertirò Bloom e lei
inizierà a purificare Eden.
Quando arriverete non sarà subito aggressiva: ha detto che
lascerà una piccola
porzione di corruzione da parte, e che vi aspetterà prima di
assorbirla, per dirvi
addio. Si è iniettata una dose spropositata di farmaco,
dovrebbe restare lucida
quel che basta».
Pesanti e
goffi come fantocci indossammo i braccialetti, Sky legò
l'amuleto all'elsa
della spada.
«Ora,
la
parte essenziale. La Fiamma di Bloom non è pura, lo sapete.
Acquisirete enormi
poteri, ma allo stesso tempo verrete a contatto con la corruzione.
Ragazze,
Sky, avete circa dieci minuti di tempo prima di essere trasformati in
Orphan in
modo irreversibile. Al massimo potete azzardare qualche minuto in
più, ma è
estremamente pericoloso. Quando avrete compiuto il vostro dovere,
Daphne userà
il suo braccialetto per assorbire l'energia oscura che avrete
accumulato
durante lo scontro, poi tutti voi distruggerete i vostri oggetti
magici. Non
dobbiamo permettere che il pianeta venga inquinato ancora. Adesso vi
inietterò
una dose di farmaco per non farvi subire gli effetti negativi della
corruzione
e farvi combattere al meglio. Buona fortuna, ragazzi... lo fate anche
per lei,
ricordatevelo».
Il viaggio
sulla navetta sembrò fin troppo breve: una parte di me
voleva non finisse mai.
Le ragazze avevano dato l'addio ai loro compagni di vita, tra lacrime e
singhiozzi, mentre io e Sky ci guardammo con la morte nel cuore e ci
abbracciammo, per darci forza a vicenda.
Eden
sembrò più rigoglioso che mai, come se fosse
rinato; sentivo chiaramente
l'enorme mole di energia positiva diffondersi dalla superficie. Per
pochi
secondi, sembrò che tutto fosse leggero e bello.
Poi
atterrammo, e... oh Sacro Drago, dammi la forza. La sua pelle, i suoi
capelli e
i suoi vestiti erano completamente neri. Le sue ali e il tessuto dei
suoi abiti
erano come marci; le sue iridi erano rosso fuoco e, su tutto il suo
corpo,
piccole venature di fuoco blu spaccavano la sua epidermide, come lava
su un
terreno arido.
Tra le sue
mani deformate, con dita troppo lunghe e affusolate per un essere
umano,
custodiva una piccola sfera nera, probabilmente l'ultima goccia di
corruzione
del pianeta. Ci guardò con occhi gonfi di tristezza mentre,
piegata su sé stessa
come se provasse troppo dolore per stare in posizione eretta, si
allontanò
piano da noi, per poi rivolgerci la parola con voce freddissima,
innaturale.
Ringrazierò
sempre il cielo per quel tono gelido: le parole non avrebbero avuto lo
stesso
impatto se fossero state pronunciate con voce calda. Ci
aiutò in modo quasi
essenziale a non cedere davanti a lei. Udivo il respiro pesante di
tutti mentre
la guardavano: sentivo il loro terrore e la loro disperazione.
Chissà se sentivano
la mia.
«Probabilmente
mi odiate, non lo so. Avete letto quel che accadrà se non mi
uccidete. Non ci
sono parole da spendere, ora: vi amo tutti. Dovete vivere anche per me,
dovete
vigilare, dovete proteggere».
Sky non
aveva più lacrime da versare: attivò l'amuleto e
la spada prese immediatamente
fuoco, lo stesso fuoco azzurro di Bloom. Il ragazzo, tuttavia, fece una
smorfia
terribile: iniziò a respirare velocemente come se provasse
fitte invisibili al
ventre.
Il giovane
re non ha poteri magici, è vero, ma la sua spada incantata
interagisce
direttamente con la sua energia per poter funzionare: se la lama veniva
intaccata, veniva intaccato anche lui.
«Sky!
Cosa
succede?» urlò Musa al suo fianco. Lui, di
risposta, strinse l'elsa della sua
arma come se volesse strangolarla.
«Mi
sento...
furioso!»
Bloom
abbozzò una sottospecie di sorriso, era terrificante.
«Quella
è
stata un'idea della Griffin. Faragonda vi ha iniettato il farmaco che
vi copre
dai sintomi della corruzione, è vero... ma in quelle fiale
abbiamo eliminato la
cura per uno di quelli: la rabbia furiosa, cieca ed immotivata. Usatela
contro
di me: vi aiuterà ad uccidermi. Nel momento in cui vi
trasformerete non
desidererete altro, credetemi».
Era
necessario. Me lo ripetevo all'infinito, come un mantra, ma come potevo
ignorare quello che stavo vedendo? Come? Con quale coraggio?
«Sto
per
assorbire ciò che segnerà la mia
fine...»
Ci
trasformammo tutte in preda al terrore, pronte all'inevitabile. La
furia, come
promesso, ci divorò le viscere. Bloom alzò la
testa, aprì la bocca e ingoiò la
massa oscura. Inizialmente non successe niente, poi si voltò
e ci sorrise
un'ultima volta.
«Addio».
Un'onda
d'urto si sprigionò da lei e iniziò ad urlare
come un drago impazzito. Si portò
le mani alla testa, in preda al dolore più intollerabile: ci
guardò con orbite
vuote e nere... sembrava una bestia.
Sky
cedette e urlò ancora più forte di lei:
spiccò un balzo a dir poco sovraumano,
levò la spada fiammeggiante e cercò di colpirla
con potenza inaudita, ma il
nemico fu più veloce e lo schivò, schiantando la
lama a terra e provocando un
solco gigantesco.
Ritrovato
l'equilibrio, il demone deformò ancor di più le
sue mani trasformandole in artigli,
aumentò la potenza del fuoco sulla sua pelle rotta e
provò ad affondare l'arto
nella carne del giovane re, il quale si protesse con lo scudo
anti-magia giusto
in tempo.
Sky
sfondò
la guardia dell'avversario usando proprio lo scudo, come ariete;
sfruttando il
suo tentennamento, provò un fendente laterale e poi
verticale, ma quella li
respinse tutti. Il ragazzo fece un passo indietro, prese a due mani la
Spaccacielo e accumulò più energia che poteva,
scagliando addosso al demone una
proiezione di pura energia infuocata, ma l'impatto non ebbe nessun
effetto.
Stella si
lanciò all'attacco. Evocò le sue leggendarie
spade di luce, quella volta
gigantesche e ricoperte di fuoco, sei intorno al suo corpo e due nelle
mani:
veloce come non lo era mai stata in vita sua, iniziò la sua
danza di morte,
fendente dopo fendente.
Un attimo
prima dell'ingaggio, il nemico afferrò lo scudo di Sky e,
con un urlo
animalesco, scaraventò il ragazzo a molti metri di distanza,
per poi evocare a
sua volta due spade di luce nera e iniziare il confronto. Nonostante la
differenza di numero, il demone si dimostrò essere
più abile della principessa
di Solaria, alla quale furono distrutte ben due lame fiammeggianti nel
giro di
pochi attimi.
Stella
provò scioccamente un affondo esasperato con le armi che le
rimanevano, ma
l'avversario torse il busto di lato ed evitò tutte le lame,
girò su sé stesso
e, con un doppio fendente, squarciò le carni del ventre
della povera fata della
luce.
Lei si
allontanò con uno scatto, reggendosi con entrambe le braccia
le membra
ustionante dalle quali sgorgava molto sangue. Si piegò
letteralmente in due dal
dolore, offrendosi su di un piatto d'argento per la bestia che avevamo
davanti.
Il mostro
si gettò su quella che, una volta, era la sua migliore
amica, ma Tecna e Flora
furono più veloci: la fata della tecnologia creò
una prigione cibernetica che
intrappolò il corpo del demone, mentre la fata delle piante
usò dei robusti
rampicanti che teneva ancorati alle sue braccia per avvolgere il corpo
del
nemico e bloccarlo come una camicia di forza.
Diedero
abbastanza tempo a Stella per fuggire, ma la loro tattica combinata
durò poco:
la bestia prese letteralmente fuoco, incendiando i rampicanti
così velocemente
da arrivare agli arti di Flora e far divampare il fuoco sul suo corpo.
Scattando
immediatamente, tra le urla assordanti della fata delle piante che
stava
ardendo viva, Aisha creò una bolla di Morphix che avvolse
completamente
l'amica, soffocando le fiamme e liberandola dal tormento. Tremante per
le
ferite gravissime e grondante di sangue, Flora si ritirò a
terra per
riprendersi, anche se l'odore, devo ammetterlo, era nauseante.
Nonostante
la trappola cibernetica causasse ustioni profondissime a chiunque la
toccasse,
il demone parve non sentire dolore di nessun genere: ricoprì
le sue mani
bestiali di fuoco nero, afferrò le sbarre e le
forzò a piegarsi come niente.
Tecna le
si parò davanti e cercò in tutti i modi di tenere
salda la prigione, ma a
niente servì il suo sforzo disumano; il nemico
sfondò la struttura, le afferrò
la testa e la scaraventò a terra, sbattendole il cranio
ripetutamente contro il
suolo. La fata della tecnologia era del tutto inerme.
Musa prese
bene la mira, creò una bolla sonica e la lanciò
vero il demone, il quale non la
sentì nemmeno arrivare; fu investito da onde sonore ad
altissima frequenza,
così potenti da farlo urlare di dolore e stordirlo per
qualche attimo. Salvò
Tecna a cui aveva sfondato il cranio: c'era così tanto
sangue da non poter
distinguere più il suo volto.
La bestia
diventò furiosa, si riprese e si vendicò su Musa.
Veloce e silenziosa come
un'ombra, artigliò la gola della fata della musica e
provò a sgozzarla. Aisha
modellò le mani di golem e andò all'attacco,
sferrando un colpo devastante al
mostro e permettendo a Musa di non morire soffocata.
La
principessa di Andros continuò a colpire con tutte le sue
forze l'avversario,
ma ogni colpo andato a segno sembrò non dare nessun
risultato. Creò i dischi di
Morphix che poi assottigliò fino a farli diventare lame e le
lanciò, sperando
di mutilare la bestia. Non ci riuscì.
Il nemico
creò un muro anch'esso fatto di Morphix, sul quale
rimbalzarono le armi. Aisha
li evitò tutti ma, mentre era distratta, il demone
creò un suo piccolo disco di
Morphix e glielo lanciò, centrandole l'occhio sinistro; la
principessa di
Andros portò la mano al viso sanguinante e urlò,
barcollando a mezz'aria
privata parzialmente della vista.
Io, fino a
quel momento, non attaccai mai: nonostante la furia che mi stava
divorando il
corpo, sentivo di dover mantenere la calma, di studiare la situazione.
C'era
qualcosa che non mi quadrava e volevo capire cosa, anche se il tempo a
nostra disposizione
si stava esaurendo. Gli attacchi delle ragazze e di Sky non avevano
nessun
effetto: che il segreto fosse proprio la Fiamma del Drago?
«Ha
perso
il senno... è un demone furioso che ha perso il senno... la
potenza senza
controllo può essere ribaltata... usare la sua
forza...»
La mia
mente viaggiava a mille. Ero quasi arrivata alla soluzione quando il
demone
decise che era ora di farla finita: diede fondo a tutte le sue energie
e un
vortice di fuoco nero lo ricoprì completamente. Lentamente,
il vortice divenne
un corpo, delle spire fiammeggianti, e poi lo vidi. Aveva evocato un
gigantesco
drago oscuro.
I miei
pensieri furono bloccati sul nascere: se quella cosa ci sfiorava
soltanto,
saremmo tutti morti. Fui tentata di gettare la spugna e morire, di
lasciarmi
tutto alle spalle, quando finalmente ebbi un'illuminazione: potevamo
sconfiggerla.
Mio padre
mi ha sempre insegnato che, l'unica cosa che può distruggere
qualcosa di
indistruttibile, è la cosa stessa: dovevamo usare il suo
stesso potere per
creare una breccia, ma avrei avuto, poi, abbastanza forza per darle il
colpo di
grazia? Lo avrei scoperto presto.
«Qui...
tutti
qui! Ora!»
Le Winx e
Sky si avvicinarono a me più in fretta che poterono, feriti
e rassegnati.
«Abbiamo
ancora qualche momento prima che il drago nero sia pronto ad attaccarci
e io ho
un piano! Sky, quanto è potente il tuo scudo? Potrebbe
respingere un
incantesimo di quella portata?»
Il giovane
re sgranò gli occhi e alzò il braccio sinistro,
esaminando a fondo la sua arma
magica.
«I-io
credo di sì! Queste sono rune magiche che neutralizzano ogni
forma di magia, lo
ha costruito il Maestro dell'Acciaio Lucente in persona! Ma quel drago
è troppo
grande, lo scudo non riuscirà a coprirlo in tutta la sua
lunghezza, in qualche
modo ci colpirà!»
Era vero,
lo scudo era sufficiente appena per coprire il novanta percento del
corpo di
Sky. Lo studiai meglio: non era un’arma fisica, era generato
da un piccolo
congegno che...
«È
cibernetico! Tecna, lo so che puoi, modifica il generatore, aumenta le
dimensioni dello scudo! Ho bisogno che sia grande quanto il
drago!»
La fata
della tecnologia faceva una grandissima fatica a restare lucida a causa
del
terribile trauma alla testa, ma eseguì comunque gli ordini.
L'aria si faceva
sempre più incandescente, il drago prendeva forma e quasi
non si respirava più.
«Non
funzionerà! Cercherà di togliermi lo scudo di
mano!» provò a replicare Sky
mentre Tecna lavorava senza sosta, fermandosi di tanto in tanto per
ricordare
cosa stava facendo.
«No,
invece! È un demone senza senno! Avrebbe potuto ucciderci
tutti più di una
volta, ma non l'ha fatto perché non ragiona! Dobbiamo
sfruttarlo, ragazzi,
dobbiamo rovesciargli quel maledetto drago addosso!»
Annuirono
tutti con ritrovato vigore: avevamo un piano, una speranza a cui
aggrapparci.
«Ho...
finito. Credo» disse Tecna all'improvviso, «Non
aprirlo ora o si incastrerà
nel... come si chiama… nel terreno, sì. Mancano
tre minuti e poi diventeremo tutti
Orphan, dobbiamo sbrigarci!»
Guardai la
fata della tecnologia e le sorrisi di cuore. Sky si mise la Spaccacielo
sulle
spalle e impugnò saldamente il congegno dello scudo nella
mano destra, con la
sinistra afferrò la mia mano e mi alzai in volo, insieme
alle altre.
Il demone
e il suo drago ci guardarono minacciosi, pronti a colpirci; Sky
attivò lo scudo
che diventò talmente grande da coprirci tutti più
e più volte. Allarmato dalla
vista dell'arma, il nemico ruggì furiosamente e ci
lanciò addosso il famiglio
oscuro che si schiantò sulla sua superficie, iniziando a
spingere per trascinarci
via.
Inizialmente,
io e Sky arretrammo ma, con l'aiuto delle ragazze, opponemmo una fiera
resistenza sufficiente, perlomeno, per non indietreggiare
più: Aisha spingeva
lo scudo in avanti grazie alle mani di golem; Flora, a sua volta,
creò delle
robuste braccia di rampicanti e fusti; Musa, a intervalli regolari,
emetteva
onde d'urto che disturbavano il drago e il padrone che lo controllava,
mentre Stella
e Tecna spingevano me e le altre come potevano.
Sky
urlò
di dolore, probabilmente si era slogato la spalla con la quale reggeva
lo
scudo, ma gridai a tutti di non demordere.
«Forza,
forza!»
Feci uno
sforzo enorme e irrorai di fiamme azzurre le mie ali, potenziando la
forza di
spinta in modo stupefacente; iniziammo a muoverci, lentamente, ma
inesorabilmente.
Il demone sbraitava e scalpitava, ma non riusciva a reggere la
pressione. Alla
fine, con un urlo finale liberatorio, spingemmo il drago nero addosso
al
nemico, che venne lentamente disintegrato dal suo stesso potere.
Quando non
sentimmo più opposizione ci fermammo, esausti e doloranti;
cademmo a terra
stremati, ma non era ancora finita. Il demone era vivo, anche se
gravemente
ferito: il suo corpo era... vuoto. Dalle sue viscere sgorgava solo
fuoco e
corruzione, era come un fantoccio consumato.
«Ora
tocca
a me».
Mancavano
due minuti: decisi che era ora di lasciarmi andare alla furia. Mi
ricoprii a
mia volta di fiamme azzurre, evocai il mio drago e iniziai a colpire la
bestia
in ogni modo che conoscevo: creai enormi sfere infuocate che il nemico
non aveva
nemmeno la forza di schivare, ogni colpo andato a segno distruggeva
sempre di
più il suo corpo.
«Come
pensavo, il tuo punto debole è la Fiamma del
Drago!»
Colonne di
fuoco impedivano ogni tentativo di fuga del demone; ogni proiettile,
ogni mina
esplosiva, ogni colpo di coda del mio drago distruggeva il corpo marcio
di mia
sorella.
Le
scatenai addosso un vero e proprio inferno, ma l'essere sembrava non
poter
morire. Mi fermai per qualche istante, ansimante ed esausta: la cosa
non stava
funzionando, e pochi secondi mancavano alla nostra corruzione
irreversibile.
«Non
con
la magia, ma con ciò che uccide la magia. Sky, non posso
farlo io, serve la
Spaccacielo! Uccidila!»
Il giovane
re buttò da parte lo scudo e afferrò la spada con
la mano sinistra, vi riversò
all'interno tutta l'energia che gli rimaneva e partì alla
carica. Per evitare
che il demone potesse reagire in qualche modo, ingaggiai anche io per
spianare
la strada a Sky.
Evitai i
deboli attacchi di fuoco del nemico, preparai una sfera nella mano
destra e la
affondai nel petto vuoto dell'essere: spinsi con quanta forza avevo,
fino ad
ustionarmi la mano, tra le urla di dolore della bestia che stava per
vedere la
sua fine.
Ebbi una
terribile sensazione di dejà vu... Bloom mi uccise nello
stesso modo. Stavo
quasi per mollare la presa, quando fissai le orbite vuote e mi resi
conto che
quella non era lei.
«Non...
non sei lei! Bloom è morta! Sky!»
Il ragazzo
quasi piangeva di dolore, ma prese a due mani la spada magica e
urlò di
spostarmi: ritrassi la mano, mi feci indietro e Sky scattò
furibondo,
affondando l'arma nel petto già mutilato dell'essere,
passandolo da parte a
parte.
La
ritirò,
girò su sé stesso e la decapitò con un
fendente secco. Il corpo iniziò a
disintegrarsi fino a diventare polvere, cenere ancora bollente.
Immediatamente
dopo, Sky afferrò l'amuleto e lo distrusse, gridando di
farlo anche noi; usai
il braccialetto per assorbire l'energia oscura prodotta dal
combattimento e lo
distrussi, così come distruggemmo tutti gli altri,
salvandoci per un soffio
dalla corruzione.
Era... era
finita.
Ci
sdraiammo a terra esausti e sanguinanti, urlando e tremando di terrore,
ma ce
l'avevamo fatta. Curammo le nostre ferite alla meglio e, prima di
ripartire,
contemplammo per qualche minuto il campo di battaglia levando preghiere
per
Bloom.
Piangemmo
tanto, arrivammo perfino a bestemmiare gli dei e a vomitare tutto il
nostro
odio al cielo limpido di Eden... ma era la cosa giusta da fare.
Questa
è
la fine della storia. La mia sorellina è morta lasciandoci
in eredità il
futuro. Da ora in poi, ciò che accadrà, dipende
solo da noi.
Tutto
quello che era possibile fare è stato fatto. Sta a noi e a
voi combattere, ora.
Quando la vita vi butterà giù, volgete una
preghiera a colei che usò il male
che aveva dentro per salvare l'Universo.
Pregate.
Pregate sempre per lei.
Ora che
hai pagato il tuo debito, mia dolce sorella, ovunque tu sia, ti
prometto che
avremo cura della tua eredità.
Il
futuro,
ora, è nostro... grazie. Ti amo, Bloom. Ti amiamo.
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