We might be hollow but we're brave.

di Willows
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Inside out ***
Capitolo 3: *** Stay awake ***
Capitolo 4: *** Pale voice and trembling hands. ***
Capitolo 5: *** Thunder. ***
Capitolo 6: *** High hopes. ***
Capitolo 7: *** Breaking point ***
Capitolo 8: *** Guns for hands. ***
Capitolo 9: *** Robbers. ***
Capitolo 10: *** Unapologetic ***
Capitolo 11: *** Tequila kiss ***
Capitolo 12: *** Aut-Aut ***
Capitolo 13: *** Lay it all on me. ***
Capitolo 14: *** Happy birthday. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


We might be hollow but we’re brave.
 
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Il cinque ottobre, giorno in cui le sorelle Lynch arrivano nella piccola cittadina di Wellston Ohio piove, ma non è una sorpresa considerando che da metà ottobre il caldo sole estivo ha lasciato posto all'autunno, l'autunno più piovoso di sempre. La pioggia e cielo scuro contribuiscono a rendere la cittadina ancora più triste e patetica di quanto già non sia, le strade sono deserte e in giro non sembra esserci anima viva.
Mackenzie è seduta nel sedile posteriore della Ford grigia metallizzata del duemilasette del padre, con le cuffie nelle orecchie e lo sguardo rivolto alla strada che scorre fuori dal finestrino. Wellston non è molto diversa da Stockbridge, pensa mentre la voce di Alex Turner le rimbomba nelle orecchie, tutte le piccole città si assomigliano almeno un po'. Le case sono tutte uguali, disposte a schiera su larghe strade perpendicolari o parallele, hanno la staccionata bianca e il giardino frontale curato, con tanto di aiuole di fiori colorati e cespugli ben potati. C’è una scuola elementare, una media e una superiore, il panettiere proprio di fronte alla chiesa e un solo parrucchiere che, con ogni probabilità, è lì dagli anni ottanta e si ostina a fare ai suoi clienti sempre lo stesso taglio rockabilly alla Jhonny Cash. Se ti va bene trovi un locale o un pub, altrimenti neanche quello. E' tutto talmente monotono, noioso e stretto che non c'è da stupirsi se tutti vogliono andarsene dalle piccole città.
Tuttavia Wellston sembra molto più piccola della sua vecchia città, seimila abitanti recita il cartello posto all'inizio del centro abitato, e Mackenzie la odia già. Se proprio vogliamo essere precisi la ragazza non ha nulla contro questa città- che potrebbe essere la fotocopia in miniatura di Stockbridge- né con il fatto di essersi trasferiti, che ha accettato piuttosto bene. Il suo atteggiamento sprezzante, piuttosto, è solo mirato ad infastidirei genitori così emozionati alla prospettiva di trasferirsi in una nuova città e di iniziare tutto da capo.
"Città nuova vita nuova" le ha sussurrato sua mamma quando l'ha svegliata quella mattina con un sorriso entusiasta a illuminarle il volto. Come se scappando dai propri problemi e sbagli si possa risolvere qualcosa, come se fuggire fosse la soluzione che cercano da tanto tempo, come se ci fosse una soluzione.
Peccato che non sia tutto così semplice, che non basti cambiare città per voltare pagina o fingere che qualcosa non sia mai accaduto per dimenticarlo. Non è così che funziona e Kenny lo sa bene, tuttavia non dice nulla e aspetta con malcelata indifferenza che la famiglia cada nuovamente a pezzi, magari questa volta proprio per colpa sua.
«Kenny siamo arrivati» le dice sua sorella Ffion, togliendole una cuffia per farsi sentire.
Lei, riscossa da suoi pensieri, si volta a guardarla ed è come trovarsi davanti ad uno specchio perché Mackenzie e Ffion sono gemelle identiche, nate con un solo quarto d'ora di scarto: hanno lo stesso viso ovale da bambola, stessi occhi grandi e chiari e stessi capelli lunghi e biondi, biondissimi.  
Così uguali eppure così diverse, perché se fisicamente sono due gocce d'acqua, caratterialmente si trovano agli antipodi, "due facce opposte di una stessa medaglia" dicono sempre i loro genitori.
«Così è questa la casa?» domanda Kenz a nessuno in particolare, scendendo dalla macchina e sbuffa quando nota che sta iniziando a piovere. Non ha mai amato la pioggia, la neve o il freddo in generale, preferendo di gran lunga l'estate e la sensazione del sole che le scalda la pelle fino a scottare.
Vista dal fuori la casa sembra carina, la classica abitazione a due piani in stile coloniale, con veranda e tetto a spioventi. Gli infissi bianchi risaltano sui muri esterni che sono di un colore a metà fra il grigio scuro e il blu, non c'è la staccionata bianca- nota con grande delusione Kenny- ma ci sono aiuole di fiori ormai morti e quello che sembra essere un albero di melograno.
E' normale, forse in po' più piccola di quella che avevano prima, ma questa non è una sorpresa, adesso che sono in quattro in famiglia e non più in cinque non hanno bisogno di così tanto spazio. Afferra la sua borsa al volo dal sedile della macchina, promettendo che aiuterà a scaricare non appena avrà fatto un giro di perlustrazione della casa, così entra lasciandosi alle spalle il chiacchiericcio emozionato dei suoi genitori contornato dal silenzio di Ffion.
 
Ffion è seduta sul letto della sua spoglia e nuova camera e non può fare a meno che sentirsi in colpa. Hanno dovuto cambiare scuola, città, vita, solo per colpa sua e una così grande responsabilità lei non riesce a reggerla. Se solo non avesse fatto quello che ha fatto, se avesse resisto, se avesse tenuto duro, non sarebbero arrivati a questo punto. La decisione è stata presa da i suoi genitori un venerdì sera di fine Agosto, mentre tutti mangiavano a tavola in silenzio, ma ormai era palese che non si poteva più vivere a Wellston, che la situazione era diventata insostenibile per tutti. 
Per tutti tranne che per Kenny, ovviamente.
Lei aveva degli amici, degli interessi, aveva una vita a Wellston che non era nemmeno malaccio, quindi Ffion ancora non si spiega come mai, dopo l'annuncio dei genitori di volersi trasferire, la sua unica reazione sia stata quella scuotere la testa sbuffando e mormorare con uno strano sorrisetto sul volto "Come volete".
Forse hanno fatto bene a trasferirsi, allontanarsi da Stockebridge e i suoi abitanti che le conoscono da quando sono nate e sanno tutto della loro famiglia. Sanno quello che è successo - del resto come non potrebbero? - e si sussurrano nelle orecchie non appena vedono uno della famiglia Lynch passare, certi di conoscere tutto, ma proprio tutto su di loro. In questa piccola città dell'Ohio sono degli sconosciuti, nessuno sa niente di loro e nessuno può guardarli con quello sguardo a metà fra curiosità e compassione. Non le interessa come sia questa nuova città, non è interessata ad un nuovo inizio perché tutto è già finito da tempo. Vorrebbe solo un po' di pace, un po' di calma e che le voci nella sua testa la smettessero di urlare così forte.
Nulla di nuovo o emozionante, solo calma.
«Hey riesco a sentire i tuoi pensieri fin da qui- la spaventa sua sorella ferma sull'uscio della porta - cos'hai in testa?»
«Mi dispiace, non volevo, scusa» vorrebbe sussurrare.
«Mi piace la nuova casa, è carina» dice invece la prima cosa che le passa per la testa.
«Si, non è male- concorda Kenny, lasciandosi scivolare lungo il muro fino a sedersi per terra- un po' piccola forse»
Ffion coglie benissimo l'allusione, sa a cosa, o meglio chi, si sta riferendo Kenny con quell'affermazione, ma non dice nulla, limitandosi ad annuire con lo sguardo fuori dalla finestra.
«Dov'è la tua camera?» domanda allora per cambiare argomento, cercando di riempire il silenzio fattosi troppo pesante. Dopo aver scaricato la macchina da tutti gli scatoloni e valigie Ffion si è subito fiondata nella prima camera vuota che ha trovato, reclamandola come propria, senza nemmeno perlustrare il resto della casa.
«Teoricamente proprio di fronte alla tua, ma non credo userò quella» risponde la gemella alzandosi e iniziando a curiosare nella stanza «mi piace la tua vista, direttamente sul giardino dei vicini, magari hanno un figlio carino che taglia l'erba a petto nudo».
«Kenz siamo è Ottobre» le fa notare Ffion, ma Kenny si limita a fare spallucce. E poi non è che a Ffion interessino più di tanto i bei ragazzi a petto nudo.
«Oh ma avevo ragione, i vicini hanno un figlio carino» nota con un certo entusiasmo, dopo essere rimasta a fissare fuori dalla finestra per qualche secondo "dai vieni a vedere».
Kenny la strattona per il braccio, costringendola ad avvicinarsi alla finestra.
«Guarda è quello lì» lo indica picchiettando ripetutamente la finestra con l'indice. 
E effettivamente nel giardino dei vicini c'è un ragazzo che potrebbe essere definito carino, anche se sono un po' lontane per dirlo con sicurezza. Indossa dei pantaloni scuri e un giubbino in jeans, i capelli sono nascosti sotto un beanie grigio e la barba è incolta di qualche giorno. E' alto e sembra aver un fisico robusto con le spalle larghe e le gambe muscolose, ai suoi piedi un cane color crema sta scodinzolando allegramente mentre si rotola per terra. Sembra non essersi accorto di loro, troppo impegnato ad accarezzare il cucciolone che porta al guinzaglio. 
Ad un certo punto però si volta e fissa nella loro direzione per qualche secondo con gli occhi spalancati e prima di correre in casa, trascinandosi dietro il povero cagnolone e a Ffion basta girarsi verso la sorella per capire la causa della reazione del ragazzo. Kenny infatti lo sta salutando con la mano, un sorriso smagliante sul volto e gli occhi che sbattono ripetutamente.
«Kenny!» la riprende Ffion allontanandola dalla finestra per un braccio.
«Che c'è? Lo stavo solo salutando!» sbuffa incredula, come se non avesse fatto nulla di male.
«Questa casa è rimasta inabitata per anni, poi di colpo si trova due ragazze identiche che lo fissano dalla finestra del secondo piano e lo salutano- le fa notare Fi- gli avrai fatto prendere un colpo»
«Quindi dopo anni passati vicino ad una casa abbandonata lui si trova due ragazze molto più che carine come vicine e si spaventa? E' assurdo, non capirò mai come ragioni Fi» risponde sospirando per poi sdraiarsi a pancia in su sul letto, con gli occhi rivolti verso il soffitto.
"Magari è solo timido, non tutti sono come te sai" vorrebbe rispondere Ffion, ma invece sta zitta perché sa che Kenny le risponderebbe a tono e non ha voglia di iniziare a discutere, non crede che riuscirebbe a reggere uno scontro con sua sorella, non ci è mai riuscita del resto.
«Dici che ci troveremo bene qua?» chiede Ffion per cambiare discorso, sdraiandosi di fianco alla sorella nella stessa identica posizione, perdendosi ad osservare le venature del soffitto in legno.
 Lo chiede anche se sa già che non si troverà bene e che non importa in quale città si trovano perché i problemi sono dentro di lei, ma in questo momento ha bisogno del tipo di conforto che solo sua sorella sa darle.
«Io certamente» risponde sicura di sé, come sempre, come potesse vedere nel futuro e sapesse già cosa succederà e come dovrà comportarsi. Ffion la invidia immensamente.
Invidia la sua sicurezza e forza, invida il modo in cui sembra sempre rilassata, come se avesse tutto sotto controllo, mentre lei vive con la costante sensazione che le cose le possano sfuggire da sotto le dita in ogni momento.
«Ed io? - sussurra con la voce che trema, un po’ spaventata dalla possibile risposta- come mi troverò io?»
«Ah guarda dipende solo da te, stellina! Lo sai che io in quello non posso aiutarti» le risponde osservandola con la coda nell’occhio, pronta a captare ogni sua reazione.
«Ragazze- giunge una voce dal piano inferiore- scendete, io e vostro padre vi dobbiamo parlare!»
Kenny sbuffa, roteando gli occhi per poi guardare la sorella con fare complice, la quale però si limita a fare spallucce e a mormorare:
«Papà vorrà farci il suo solito discorso, sulla sicurezza e i ragazzi»
«Come se i discorsi di Max servissero a qualcosa» soffia nuovamente prima di abbandonare la stanza e scendere le scale. E' strano sentire Kenny chiamare loro padre per nome, anche se è ormai un anno che lo fa, Ffion non crede che riuscirà mai ad abituarsi al tono duro e risentito con cui lo pronuncia.
I coniugi Lynch sono i classici tesorini del liceo, si sono fidanzati a diciotto anni, sposati a ventidue e avuto il primo figlio a venticinque. L'amore che per tanto tempo li aveva uniti ha lasciato posto ad un tiepido affetto, insufficiente a risanare tutte le ferite che la vita ha causato al loro rapporto nel corso degli anni. Stanno insieme per abitudine, perché hanno due figlie e adesso un nuovo mutuo da pagare ed è più facile vivere nella sicurezza della propria infelicità piuttosto che rischiare e mettersi nuovamente in gioco.
«Che ne pensate della nuova casa ragazze, vi piace?» domanda Clarice Lynch sorridendo dolcemente e lasciando una carezza sulla testa di Ffion. Clarice Lynch è una donna sfinita dalla vita che un tempo era piena di vita e solare, adorava uscire con le amiche e avere altri interessi oltre ad essere una mamma a tempo pieno, mentre adesso passa la maggior parte delle sue giornate a pulire o lavorare a maglia e mette il naso fuori casa solo per fare la spesa o portare le figlie da qualche parte.
«Rispondete a vostra madre» ordina Max Lynch appena entrato nella stanza. L'uomo dimostra molto di più dei suoi quarantasette anni di età, i capelli sono quasi completamente grigi e le borse sotto gli occhi conferiscono un’espressione perennemente stanca. Un tempo era stato un bell'uomo, gli occhi azzurrssimi e i capelli castani facevano cadere tutte le donne ai suoi piedi, Ffion si ricorda di un tempo lontano quando aveva cinque anni ed era gelosa del suo papà perché tutte le attenzioni delle signore erano sempre rivolte a lui. Ricorda che provava anche un certo orgoglio nel sapere che il suo papà era tanto bello da poter aver qualsiasi donna, ma rimaneva sempre fedele alla sua adorata moglie.
«La casa è carina» sputa fuori Ffion dopo qualche secondo di silenzio, per non fare innervosire il padre.
«E tu Mckenzie che ne pensi, ti piace la nuova casa?» domanda nuovamente l’uomo sedendosi  al piccolo tavolo di legno della cucina, infastidito dal silenzio della figlia maggiore.
« La verità è che a nessuna delle due interessa niente della casa, va bene questa come sarebbe potuto andare bene un appartamento in una grande città o una villetta sulle spiagge della Florida» risponde Kenny sincera e lapidaria come sempre, con uno sguardo di sfida rivolto al padre.
«Ma tesoro, perché dici così? Abbiamo scelto questa città apposta per voi! Sono sicura che vi farete tanti amici e potrete iniziare una nuova vita» le fa notare la signora Lynch con tono apprensivo, come se stesse per scoppiare a piangere ferita dalle parole dure di Kenny.
«A proposito di amici- interviene il padre schiarendosi la gola- vi ricordate le regole vero? Forse è meglio che vi dia una rinfrescata: potete uscire solo il sabato pomeriggio, dalle due alle sette di sera, ma devo sapere sempre dove siete, con chi siete e cosa state facendo, potete invitare i vostri amici solo una volta la settimana, se sono ragazzi o io o la mamma dobbiamo essere sempre in casa, ogni altra uscita o visita è vietata. Tutto chiaro?»
«Cristallino Max» risponde Kenny ridacchiando mentre esce dalla cucina, lasciandosi alle spalle un furente signor Lynch già pronto a mettere in punizione la più impertinente delle sue figlie.

 
 



Ciao!
Ripubblico questa storia dopo anni di assenza su efp. Non so perché io lo sto facendo proprio ora e non so nemmeno se andrò avanti, conoscendomi questo capitolo corre il rischio di essere cancellato entro una settimana. Comunque ecco qui il primo capitolo in cui mi limito a presentare le due protagoniste femminili plus i loro genitori. Un altro ragazzo compare, ma in un ruolo essenzialmente marginale per adesso. Spero vi sia piaciuto, se vi va lasciate un commento :)
Super grazie a
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Alessandra.

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Capitolo 2
*** Inside out ***


Inside out
 
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Oggi è il primo giorno nella scuola nuova e a Mackenzie tutto ciò è piuttosto indifferente. Si è svegliata in ritardo di dieci minuti al suono delle urla del padre che le intimava di alzarsi o sarebbe salito a prenderla per i capelli. Si è subito fiondata in bagno per farsi un doccia veloce ed è tornata in camera sua per vestirsi, saltando più che volentieri la colazione visto che di mattina non ha mai particolarmente fame. Mentre fruga negli scatoloni non ancora completamente svuotati- Kenny è pigra e adora procrastinare fino all’ultimo, inoltre spera di poter cambiare stanza il prima possibile- si rende conto di non essere nemmeno un po’ agitata o emozionata. Non le interessa più di tanto perché sa già che si troverà bene, che si farà degli amici e che si divertirà in un modo o nell’altro, del resto Kenny ha sempre avuto la capacità di adattarsi ad ogni tipo di ambiente, o meglio, di fare in modo che gli altri si adattino a lei. È una ragazza carismatica e sicura di sé, che piace senza bisogno di far niente, solitamente infatti sono le persone che vanno da lei, che la seguono, che vogliono essere suoi amici- sempre che non siano troppo intimoriti dal carattere esuberante della ragazza- e a lei va bene.
Va bene perché lei è così com’ è, non cambia per nessuno se non per sé stessa.
Si veste di fretta, mentre Ffion fuori dalla stanza le urla di muoversi, che non possono fare tardi fin dal primo giorno di scuola. Indossa un paio di skinny ripped jeans neri, una maglietta a maniche corte nera e il suo giubbino di pelle, al collo porta la collana con la piccola busta dorata come ciondolo, quella che non toglie mai. Si trucca poco e di fretta, giusto un po’ di correttore per le occhiaie e una veloce passata di mascara, infine raccoglie i capelli in uno chignon disordinato e esce dalla sua stanza.
«Non porti nulla?- le domanda sua sorella, ferma in cima alle scale- libri o quaderni?»
«Ma se non so nemmeno che materie avremo- mormora stringendosi nelle spalle- comunque ho tutto quello che mi serve in borsa»
«Pensi che avremo gli stessi orari?» è sempre Ffion a parlare, mentre scendono le scale e salutano la madre che è troppo presa dal sistemare la cucina per rispondere. Max è già andato al lavoro, ha trovato un posto come capo-magazziniere in una ditta che si trova un paio di città dopo Wellstone, quindi si è dovuto svegliare presto quella mattina e Kenny ne è davvero felice, perché appena sveglia sopporta a fatica sua sorella, figurarsi suo padre.
«Cazzo sta piovendo, prendi un ombrello Fi non ho voglia di arrivare a scuola fradicia- le ordina ferma sulla soglia di casa- comunque non lo so, magari ci separano proprio perché siamo sorelle. A Stockbridge hanno fatto così.»
Camminano per qualche minuto in silenzio ognuna persa nei propri pensieri e Kenny scopre con sorpresa che il rumore della pioggia ha un effetto rilassante su di lei, infatti non sente quell’irrefrenabile voglia di urlare contro chiunque le stia parlando, camminando o anche solo respirando di fianco come succede ogni mattina.
«È proprio necessaria?- la riprende Ffion quando nota che la sorella si è appena accesa una sigaretta- siamo quasi arrivate e sul pullman devi spegnerla comunque»
«Si Ffion, una cazzo di sigaretta alle sette e mezza di mattina, fidati, è necessaria- replica in malo modo soffiando il fumo proprio in direzione della sorella- ti prego non iniziare a fare come la mamma adesso.»
Ed è ecco che tutta la calma e serenità che era riuscita a guadagnare sparisce in un colpo solo. Kenz di prima mattina odia parlare e odia ancora di più le domande stupide per le quali Ffion, oggi, sembra avere una grande passione, quindi non c’è da stupirsi se le abbia risposto male. Parlare a Kenny di mattina è un po’ come stuzzicare il leone che dorme, una volta può andarti bene, ma stai pur certo che alla seconda è già pronto a morderti. Salgono sul pullman in silenzio e in silenzio trascorrono la maggior parte del viaggio fino a scuola, che dura comunque non più di una decina di minuti.
«Senti nella pausa pranzo ci vediamo vero?» domanda Ffion a bassa voce prima di scendere dal pullman, si mordicchia un’unghia mentre nervosamente aspetta la risposta della sorella e Kenny si sente quasi in colpa per averle risposto male prima. Le sembra così piccola e indifesa mentre la fissa con le sopracciglia corrugate in attesa di una risposta, spaventata che la sorella possa dirle di no e risponderle nuovamente in malo modo.
«Certo Fi, la passiamo insieme- la rassicura sospirando, domandosi rassegnata quando la sorella si deciderà a crescere- se ci perdiamo basta che mi chiami al cellulare e io arrivo, capito?»
«Certo Kenny, grazie mille» risponde sollevata dirigendosi verso l’istituto.
Il primo giorno nella nuova scuola Ffion passa la terza e quarta ora chiusa in bagno. Non che stia bigiando sia chiaro, lei non è il tipo- lei non è Kenny- infatti ha seguito le prime due ore, entrambe di matematica, diligentemente, ascoltando l’insegnante, prendendo appunti e cercando con tutte le sue forze di ignorare gli sguardi curiosi dei compagni. Continuava a ripetersi che era normale, che Wellston è una piccola città dove raramente delle persone nuove si trasferivano, quindi era comprensibile la curiosità dei suoi compagni, tuttavia non poteva fare a meno di trovare tutta quell’attenzione fastidiosa e pesante. All’inizio della terza ora, mentre girava per i corridoi alla ricerca della classe S2 ha appreso da una bidella che la professoressa Dixon si era data malata e che quindi avrebbe avuto due ore buche. Sa che ne avrebbe potuto approfittare per esplorare la scuola, chiedere a qualcuno dei suoi compagni di corso di farle fare un giro o anche solo starsene in biblioteca a leggere, ma proprio non ci è riuscita. Il solo pensiero di dover parlare con le altre persone le ha fatto venire la nausea dall’agitazione, così ha fatto la prima cosa che le è venuta in mente e non appena ha visto il cartello con scritto Toilette vi si è fiondata dentro, chiudendosi in uno degli stretti cubicoli. Adesso, mentre è appoggiata contro il muro freddo del bagno- e cerca di non pensare a quanto possa essere sporco- sente addosso un’ansia che le toglie il respiro, che non l’abbandona nemmeno se prova a scuoterla via, nemmeno se fa dei respiri profondi e si ripete che andrà tutto bene.
Come può andare tutto bene, quando tutto è già andato nel peggiore dei modi possibili? Ffion sente di essere a tanto così da un attacco di panico e non ha la più pallida idea di cosa fare.
Ha passato la notte insonne, continuando a rigirarsi nel letto con troppi pensieri e preoccupazione per potersi addormentare o anche solo stare ferma. Alle sei spaccate si è alzata dal letto, è andata in bagno e tempo delle sette aveva cambiato outfit almeno cinque volte. Non che sia fissata con la moda, non particolarmente almeno, ma aveva sempre l’impressione che qualche indumento non fosse adatto: la camicia troppo elegante, i pantaloni troppo stretti o il maglione troppo sgargiante. Ci ha messo tre quarti d’ora, ma alla fine è riuscita a trovare un abbinamento che la soddisfacesse: skinny jeans chiari, maglietta bianca e blazer nero con le maniche risvoltate, in modo che non risultasse troppo elegante per scuola. Anche il viaggio in pullman è stato uno strazio, ogni minuto che passava sentiva l’ansia crescere dentro di sé. Cosa sarebbe successo se l’avessero separata da Kenny ? Come avrebbe fatto tutta da sola a scuola ad affrontare gli insegnanti e i compagni?
Alla fine, come fa sempre del resto, ha preferito rimandare, nascondersi in bagno e decidere di affrontare la vita in un momento successivo, in cui si sarebbe sentita meno insicura, più pronta.
La Blume è una troia recita la scritta con il pennarello rosso sul muro opposto e poi ancora Malik sei figo!!, 19/3/12, A+H amiche per sempre  Ffion si perde a leggere quelle scritte, si concentra su di esse pensando a quante persone devono essere passate per quel bagno e aver deciso di lasciare un segno. Tempo di venire a conoscenza che Marshall Reece ha degli addominali addominali da paura ma rimane comunque uno stronzo, scopre di essersi calmata notevolmente, le mani non le tremano più, riesce a respirare normalmente e anche la nausea è sparita. Proprio in quel momento si accorge che il cellulare contenuto nella tasca anteriore dei jeans ha iniziato a squillare.
«Pronto?» dice con la voce che trema, senza controllare chi la stia chiamando.
«Ffion dove sei?- urla sua sorella dall’altra parte- ti prego non dirmi che stai piangendo»
«Cosa? Ma va, ti pare che stia piangendo? - Dissimula schiarendosi la voce- perché mi cercavi, hai bisogno?»
«Oh ma ci sei? Sei tu che mi hai chiesto di passare la pausa pranzo insieme e sono dieci minuti che ti cerco, ma di te non c’è nemmeno l’ombra. Ho provato a chiedere in giro, ma la gente mi ha guardata con una faccia strana, credo che non abbiamo chiaro il concetto di gemelli.»
«È già iniziata la pausa pranzo? Davvero? Da quanto? Comunque sono nel bagno del secondo piano.»
Sente che la sorella domanda qualcosa a qualcuno che deve trovarsi vicino a lei e non appena ha ricevuto risposta riprende a parlare.
«Va bene, fatti trovare in corridoio che due minuti e passiamo a prenderti» le comunica prima di attaccare.
«Kenny aspetta, cosa vuol dire stiamo arrivando? Tu e chi altro?»
 
Mackenzie cammina per il corridoio affiancata da un ragazzo muscoloso e con i capelli castani, dall’aria vagamente familiare.
«Hey Ffion lui è Liam! Hai presente il ragazzo che avevamo visto nel giardino dei vicini?»
«Ciao Liam, io sono Ffion» sussurra la sorella, le sue parole sono a mala pena udibile sopra il caos che fanno gli altri ragazzi mentre camminano per il corridoio.
«Hey Ffion» risponde fissandola per qualche istante per poi riportare lo sguardo su Kenny, quasi incredulo.
«Ti prego non fare quella faccia! Non hai mai visto dei gemelli?- gli domanda Kenny facendolo arrossire, per poi scoppiare a ridere con lui- comunque Fi, ti stavo dicendo che io e Liam siamo nello stesso corso di storia e di biologia e ho scoperto che non è il figlio dei vicini, ma il nipote!»
Ffion fa un mezzo sorriso, fingendosi interessata, ma non appena arrivano in sala mensa si è completamente estraniata dalla conversazione, lasciando che Kenny e Liam ne prendessero il sopravvento. La mensa della Wellston High School è piuttosto piccola considerando che gli studenti non sono più di settecento e pranzano ad ore diverse a seconda dell’anno che frequentano. Il pavimento in linoleum grigio è rovinato e anche i muri, dipinti di un orribile azzurro chiaro, presentano i segni del tempo, i tavoli quadrati sono disposti praticamente ovunque nella stanza lasciando ben poco spazio agli studenti per poter camminare liberamente. Sul lato nord c’è il bancone in cui due signore sulla cinquantina con la divisa rosa e retina in testa servono il pranzo mentre, mentre quello est si affaccia sul giardino con delle grandi porte di vetro.
«Hey cos’è tutta quella confusione?» domanda Kenny ad un certo punto, indicando un punto lontano della mensa in cui delle ragazze stanno guardando fuori dalla finestra e ridacchiando.
«Non lo so, ma se dovessi tirare ad indovinare direi Zayn Malik-risponde una ragazza sedendosi proprio di fianco a Liam- comunque piacere io sono Trudy, siete nuove vero?»
«Arrivate giusto la settimana scorsa- conferma Kenny annuendo-  io sono Mackenzie mentre lei è mia sorella Ffion»
«Sorella gemella!» replica Trudy con uno sguardo incredulo. Davvero cosa c’è di sbagliato negli abitanti di questa città e perché non hanno idea di cosa siano i gemelli?
«Stavi dicendo Zayn Malik? Chi è?» domanda Kenny, mentre mangiucchia la sua insalata, scartandone la maggior parte perché non le sembra verde abbastanza.
«Come chi è Zayn Malik?! Non l’hai ancora visto? È tipo il sesso che cammina, ma cento volte meglio.»
«Esagerata- la interrompe Liam- non è niente di che.»
«Non lo ascoltate, è solo geloso perché tutte le ragazze sbavano addosso a Zayn e non a lui- lo stuzzica Trudy- comunque è il pezzo grosso della scuola. Tutti sanno chi è Malik, girano parecchie leggende sul suo conto, sai?»
«Mmh leggende? Del tipo?»
«Si dice che se la faceva con un’insegnate, la Melville credo, e che ad una festa l’abbiano beccato a sniffare cocaina-risponde Liam scettico- per me sono tutte cazzate.»
«Basta parlare degli altri, ditemi, come mai  vi siete trasferite? Wellston non è una meta molto ambita, non credevo che avrei mai visto qualcuno trasferirsi qui di propria iniziativa» chiede Trudy rivolgendo la domanda a Ffion che era rimasta zitta fino a quel momento.
«Emh noi… cioè si noi abbiamo cambiato» balbetta presa in contropiede. Di solito nessuno le rivolge la parola se di fianco a lei c’è anche Kenny, quindi non si aspettava quella domanda.
«Non siete costrette a dirlo- interviene Liam vedendola in difficoltà- Trudy non sa mai farsi i fatti suoi»
«Max ha cambiato lavoro, quindi ci siamo trasferiti tutti» lo interrompe Kenny sorridendo con spontaneità, cercando di coprire la sorella. Queste persone sono poco più che degli sconosciuti e non hanno alcun diritto di sapere per quale motivo si sono trasferite.
«Max sarebbe nostro padre» chiarisce Ffion.
«Forte»
«All’inizio Wellston potrebbe sembrare un po’ un mortorio, ma anche noi sappiamo come divertirci! Sono sicura che vi troverete benissimo» le rassicura Trudy sorridendo prima di alzarsi con il suo vassoio e dirigersi verso l’uscita.
«Fa parte del comitato accoglienza?» chiede Kenny mentre la osserva andare via.
«Qualcosa del genere. Andiamo? La pausa pranzo è quasi finita e la Atkin è una fissata della puntualità»
Mentre i tre ragazzi si alzano per dirigersi ognuno nella propria classe Mackenzie ha un solo pensiero in testa: deve assolutamente conoscere Zayn Malik.
 


Ciao!
Ecco pubblicato il secondo capitolo di questa storia, scusate il ritardo! Iniziamo a capire qualcosa di più sul carattere delle due gemelle e due nuovi personaggi maschili fanno il loro ingresso: Liam e, anche se non fisicamente, Zayn! Spero il capitolo vi sia piaciuto e spero abbiate voglia di lasciarmi un commento, giusto per farmi sapere cosa ne pensate! Qusto è l'ultimo capitolo introduttivo perchè già dal prossimo entreremo nel vivo della storia.
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Buona serata Alessandra
 
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Capitolo 3
*** Stay awake ***


Stay awake

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Ormai sono passate quasi due settimane da quando le gemelle sono arrivate a Wellston, una da quando hanno iniziato la scuola e a Ffion tutto sembra troppo tranquillo. La mattina si svegliano alle sette, poi vanno a scuola dove rimangono fino alle tre. Solitamente Ffion non parla con nessuno a parte Kenny, mentre la gemella si aggira per i corridoi con Liam e di tanto in tanto anche con Trudy, la ragazza è simpatica forse un po’ troppo ficcanaso, ma Kenz sa sempre come risponderle a tono e farla rimanere al suo posto. Dopo scuola tornano a casa- del resto non sono nemmeno permesse deviazioni di altro tipo- dove studiano fino alla sera, poi mangiano e vanno a dormire.
Niente drammi, niente litigate furiose fra Kenny e Max con tanto di porte sbattute, vaffanculo urlati e sua madre che piange in sottofondo, mentre lei, chiusa nella sua stanza, ascolta in silenzio i rumori che arrivano ovattati a causa delle pareti e sogna invano che le cose possano essere diverse.
La famiglia Lynch non è mai stata una famiglia tranquilla, non li avresti mai visti la domenica mattina andare in chiesa tutti insieme o fare picnic nel parco, non è che non si vogliano bene, solo hanno difficoltà ad andare tutti d’accordo. E litigano, si urlano contro e non si parlano per settimane, in questo poi Kenny è bravissima: una volta ha passato un mese senza parlare con Max e sarebbe andata avanti tranquillamente se solo gli eventi non l’avessero reso necessario.
È tutto tranquillo adesso e Ffion è confusa, non sa se esserne felice o preoccupata, anche se nel profondo di sé sa che questa parvenza di tranquillità non durerà, nulla è mai semplice per la famiglia Lynch.
«Cosa vuoi?» domanda Ffion, alzando gli occhi dal libro che ha in mano, non appena Kenny fa irruzione nella sua stanza e apre l'armadio alla ricerca di qualcosa «Cosa stai cercando?» 
Odia quando le persone entrano in camera sua senza bussare, quando invadono la sua privacy o frugano tra i suoi oggetti e al momento Kenny sta facendo tutte e tre le cose.
«La felpa grigia scura» risponde la sorella senza nemmeno alzare la testa «Gesù Ffion, quando ti deciderai a disfare gli scatoloni e magari arredare la tua stanza?» domanda poi a bassa voce, per niente interessata a ricevere una risposta, che sa comunque non arriverà.
«Quella con le borchie? Guarda che la mamma l'ha buttata da almeno tre mesi, e meno male perché davvero non so cosa avevo in testa quando l'ho comprata» replica Fi tornando al suo libro, disinteressata.
«Cosa? No, cerco quella col taschino, uguale a quella rossa che metto sempre... Eccola!» esulta sollevando la felpa in questione e uscendo dalla stanza, senza degnare la sorella di un altro sguardo.
Ffion sospira, molto più tranquilla adesso che sua sorella non sta più frugando fra le sue cose e valuta l'idea di farsi un tè, perché ha freddo e poi è sempre il momento adatto per un tè, quando improvvisamente si rende conto che sono le undici e mezza di martedì sera, quindi a che diavolo serve a Kenny la felpa? 
«Dove stai andando?» domanda spalancando la porta del piccolo bagno al piano terra, in cui Kenny si sta applicando il mascara, la bocca socchiusa e la mano ferma mentre compie il movimento.
«Esco con amici e risparmiami le tue minacce perché entrambe sappiamo che io uscirò lo stesso e tu non lo dirai a papà, non l'hai mai fatto.» 
E Kenny non lo dice con cattiveria o malizia, ma come se fosse un dato di fatto che lei sta semplicemente attestando, un po' come dire "hai gli occhi azzurri" o "fuori piove".
Questa frase tuttavia, basta a zittire la gemella perché è vero.
Non ha mai fatto la spia e probabilmente non la farà nemmeno questa volta. Non è la prima volta che Kenny esce senza il permesso dei genitori, di nascosto, per poi tornare alle tre o quattro di notte, sbronza marcia o fatta come una pigna. E non è la prima volta che Ffion minaccia di dirlo a mamma e papà, per poi non fare nulla se non osservare sua sorella che esce dalla finestra e torna alle tre o quattro di notte, sbronza marcia o fatta come una pigna. Non è sicura del motivo per cui lo fa però, per paura che sua sorella possa finire nei guai con i suoi genitori- non immagina nemmeno quanto suo padre potrebbe incazzarsi se scoprisse che Kenny passa almeno il novanta percento dei sabati sera fuori casa- oppure per paura di finire lei nei guai con sua sorella.
«Ma quali amici se siamo arrivati solo da una settimana?» Fa in tempo a domandare Fi prima di sentire la porta di casa sbattere e una macchina allontanarsi in strada. Nuova città, nuova vita le hanno detto i suoi genitori, ma a lei sembra sempre la stessa merda.
 
 
Kenny saluta Liam con un bacio sulla guancia, sfiorandolo appena e ignorando volutamente il modo in cui le orecchie del ragazzo si fanno di colpo bordeaux.
«Bella macchina, è tua?» chiede appoggiando i piedi sul cruscotto e iniziando a smanettare con la radio alla ricerca di qualcosa di decente da ascoltare.
«Eh? No è di mio nonno, scusa puoi togliere i piedi dal cruscotto?» risponde Liam tendendo gli occhi fissi sulla strada, un po' rigido e anche impacciato. Ecco spiegato perché ci sono slavate solo stazioni che mandano musica degli anni novanta.
«Tranquillo dopo pulisco- mente la ragazza, sapendo già che non lo farà- e ridimmi un po' dove stiamo andando, una festa giusto?»
Mackenzie adora le feste. Adora conoscere gente nuova, divertirsi, esagerare, bere talmente tanto da non ricordarsi più il proprio nome e poi ballare, ballare e ballare. Da sola, schiacciata contro qualcuno, in piedi sopra ad un tavolo o al centro della stanza, ama chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dal ritmo, non se sentire nulla se non il suo corpo che si muove, i muscoli che bruciano per lo sforzo e i piedi che fanno male.
«Esatto, hai presente Martha Bridge? La ragazza con i capelli rossi del nostro corso di storia- Kenny annuisce anche se no, non ha presente chi sia questa Martha Bridge- i suoi sono partiti quindi ha deciso di organizzare una festa a casa sua.»
«Beh spero che non le dia fastidio se mi imbuco anche io» sorride al ragazzo, divertendosi nel vedere come arrossisca di colpo, mangiandosi le parole mentre risponde.
«Non devi preoccuparti, non si accorgerà nemmeno di te» la rassicura lui, distogliendo un attimo lo sguardo dalla strada per guardarla e arrossisce di colpo quando incontra gli occhi della ragazza.
«Allora mi fido» risponde lei appoggiando una mano sul braccio muscoloso di Liam e scoppia quasi a ridere quando, agitato dall'improvviso contatto, lascia andare la frizione facendo spegnere la macchina di colpo.
 


Martha Bridge è una ragazza piuttosto bassa, con i capelli rossi -tinti- e il viso spruzzato di lentiggini che, nel momento in cui Liam e Mackenzie entrano in casa, è troppo impegnata in una partita di birra-pong per accorgersi della bionda. Liam sparisce qualche minuto dopo, con la scusa di dover andare a salutare il suo amico Andy o Sandy -Kenny non ha capito bene- così la ragazza si trova da sola e comincia ad osservarsi attorno. 
La casa è vecchia, ma spaziosa con la moquette per terra, il divano di pelle sfondato -che fa tanto anni novanta- e la carta da parati appesa alle pareti, tutti pezzi di arredamento che dovevano andare di moda decenni fa. Tranne la moquette che, probabilmente, non è mai andata di moda.
Ci saranno una trentina di persone dentro, il divano è riservato ad un paio di coppiette che stanno pomiciando, altri ragazzi sono radunati intorno al tavolo di birra-pong mentre bevono e fanno il tifo, altri ancora si passano uno spinello seduti in circolo. L'atmosfera è rilassata, una festa tranquilla insomma e Kenny sa già che se non trova al più presto qualcuno con cui parlare, si annoierà a morte. Le feste tranquille vanno bene quando sei insieme ai tuoi amici, persone che conosci bene e con cui non hai bisogno di sbronzarti per passare una bella serata, non sono fatte per stare con degli sconosciuti che sembrano parecchio morti in culo.
Si guarda in torno alla ricerca del fortunato prescelto, ma nessuno attira la sua attenzione, qualche ragazzo le sembra familiare - probabilmente l'ha visto a scuola- ma nessuno che valga la pena di conoscere. Sta per rassegnarsi all'idea di dover passare tutta la serata con Liam e Andy- Mandy?-  quando una figura in giardino attira la sua attenzione. E' un ragazzo seduto sul tavolo di legno che si trova al centro del piccolo giardino su cui si affaccio il salotto, sta fumando e Kenny ci mette due secondi a riconoscerlo, anche se di fatto non l'ha mai visto prima. Non di persona almeno.
La persona in questione è infatti Zayn Malik e Kenny non può che rimanere sorpresa alla vista, perché le voci che girano non solo hanno ragione, ma forse non gli rendono nemmeno giustizia tanto è bello il ragazzo. Aveva sentito dire parecchie cose sul suo aspetto - la sua preferita al momento è "Zayn Malik è un angelo oscuro sceso sulla terra per punire noi mortali"- ma credeva stessero esagerando, insomma Wellston ha seimila abitanti, è una cittadina piccola e noiosa e non ci vuole molto per fare scandalo o attirare l’attenzione.
Il viso del ragazzo è regolare, gli zigomi alti e taglienti, le labbra carnose che stringono una sigaretta. I capelli sono neri corvini rasati di lato e lunghi in mezzo tenuti fermi da un codino, e se sulla maggior parte dei ragazzi quel taglio li fa somigliare a Pidgeot a lui dona proprio.
E' bello, uno dei ragazzi più belli che Mackenzie Lynch abbia mai visto e senza nemmeno rendersene conto, la ragazza è uscita dalla porta finestra e gli si sta avvicinando, per niente intimorita dalle voci che girano sul suo conto. Anzi se c'è un motivo per cui vuole conoscerlo, oltre l’aspetto fisico, è proprio l'alone di mistero che lo circonda.
«Non è che mi offriresti una sigaretta vero?» Sono le prime parole che Kenny rivolge a Zayn Malik. 
Sbatte gli occhi un paio di volte, giusto per precauzione ma è sicura che lui non le dirà di no. E' una bella ragazza, con i capelli quasi bianchi tanto sono chiari e gli occhi grandi, che sa di piacere e sa l'effetto che può avere sui ragazzi. Nessuno le ha mai detto di no e Zayn non fa eccezione quando, senza dire una parola tira fuori una sigaretta per la ragazza.
«Sei la mia salvezza tesoro» lo ringrazia Kenny posizionando la sigaretta fra le labbra e prendendo un respiro profondo. Zayn continua a fumare in silenzio, osservandola da capo a piedi come per capire se valga veramente la pena di conoscerla, se sia degna della sua attenzione.
«Allora vuoi dirmi come ti chiami o sei venuta qua solo per scroccarmi una sigaretta, tesoro?» replica lui sfacciato e Kenny sorride perché stava cercando una reazione del genere.
«Il mio nome per una sigaretta? Andata- risponde facendo un altro tiro- sono Mackenzie»
«Solo Mackenzie?»
«Per adesso si»
Zayn la fissa per qualche secondo, come se si aspettasse qualcosa, con uno sguardo di sfida che Kenny non esita a raccogliere.
«Oh ma io lo so già il tuo nome Zayn Malik- ride buttando la testa all'indietro- sei una specie di leggenda, sono arrivata da meno di due settimane e avrò sentito parlare di te in almeno sette occasioni diverse»
Ed è vero, non c'è stata persona con cui abbia parlato per più di dieci minuti che non le abbia nominato almeno una volta Zayn Malik. Pure suo padre le ha parlato di Zayn Malik, intimandole di stargli alla larga, ma sotto sotto consapevole che le sue parole sarebbero rimaste inascoltate perché Kenny, fin da quando era piccola, ha sempre avuto una passione per mettersi nei guai e disobbedire ai suoi genitori. Del resto cosa c'è di divertente nel fare quello che ti dicono?
«E se io volessi lo stesso qualcosa da te?» domanda lui guardandola negli occhi, con quello sguardo tipico delle persone che sanno di piacere e sanno l'effetto che hanno sugli altri, lo stesso sguardo usato da Kenny poco prima. Si morde il labbro inferiore prima di passare una mano fra i capelli lunghi, scompigliandoli appena e Kenz si domande con quante ragazze abbia usato le stesse mosse e quante ci siano cascate, attratte dal fascino indiscutibile del ragazzo.
Le sembra di conoscere i tipi come Zayn, fatti di mosse ben studiate - ma che risultano sempre spontanee- e frasi ammiccanti, di giacche di pelle e tatuaggi sulle braccia con labbra fatte per baciare, ma un cuore che non vuole amare. Ha la classica aura da cattivo ragazzo, il tipo di persona da cui i tuoi genitori ti intimano di stare lontana, il cui solo aspetto grida “guai!”
«Dovresti avere qualcosa da darmi in cambio, ce l'hai qualcosa da darmi Zayn Malik?» gli soffia il fumo in faccia per provocarlo un po', senza che lui faccia una piega.
«A quelle come te sicuramente» replica appoggiando una mano sulla coscia della ragazza, una pesante allusione nelle sue parole.
Kenny tuttavia ride, divertita dall'intraprendenza del ragazzo e anche lievemente offesa da quello che si cela dietro le sue parole.
Quelle come te.
Si concede qualche secondo per pensarci, mentre il suo sguardo passa dalle labbra agli occhi ambrati del ragazzo, ancora più luminosi sotto i raggi di luna. Potrebbe dire di sì, e allora sa fin troppo bene quello che potrebbe succedere, quello che sicuramente succederebbe. Inizierebbero con un bacio proprio lì, in quel giardino, con il vento freddo che le scompiglia i capelli e la luna che li illumina appena, per poi concludere il tutto nella macchina o addirittura- se è fortunata- a casa di lui e poi nulla più. Perché Mackenzie si conosce e conosce anche i tipi come Zayn e sa che non ci sarà nessuna parola dolce e nessun "lasciami il tuo numero, ti chiamo io", nessuna promessa, nessun impegno.
Ma sarebbe tutto troppo facile, troppo prevedibile e noioso per Kenny che è appena arrivata in città e ha voglia solo di divertirsi. Zayn Malik è come il nuovo e luccicante giocattolo trovato sotto l'albero la mattina di Natale, giocattolo che non vuole usare subito, di cui non vuole annoiarsi in fretta e che non vuole sprecare. Lo vuole osservare ancora per un po', lo vuole provocare, ci vuole giocare appunto e goderselo per bene.
«Peccato che quelle come me abbiano solo una cosa da dare a quelli come te» risponde prima di prendere il mozzicone di sigaretta ancora acceso e spingerlo contro il dorso della mano del ragazzo, sempre appoggiata alla sua coscia.
Zayn è veloce a reagire, sposta la mano di scatto e la porta di fronte al viso, per poterla esaminare attentamente.
«Ma che cazz... sei pazza!?» ringhia a bassa voce, fissando incredulo la bruciatura, ma non appena alza lo sguardo pronto a dirgliene quattro, nota che la ragazza è sparita. E se sorride mentre impreca e rovescia l'acqua fredda sulla mano, certo di aver trovato qualcuno più fuori di lui, beh nessuno è lì per dirlo.
 
 
 
Ciao!
Ecco che finalmente c’è un po’ d’azione! In questo capitolo capiamo qualcosa di più sulla famiglia Lynch che, come avrete capito è parecchio disfunzionale, e anche su Ffion. Secondo voi c’è qualche motivo particolare perché lei è così diversa da Kenny o solo carattere? Kenny non si smentisce mai e nemmeno due settimane dopo essere giunta in città, proprio quando Ffion pensava che stesse andando tutto bene, ecco che torna a comportarsi come al solito: va a alla festa con Liam e conosce Zayn! Che ne pensate di questi due personaggi? Saranno entrambi importantissimi nella storia e spero di riuscire a rendere al meglio il loro carattere.
Dai sono curiosa di sapere che ne pensate! Vi lascio i miei contatti nel caso voleste scrivermi o altro, anche perchè quest'anno ho la maturità e quindi fino a quando non avrò finito, non so con quanta regolarità potrò aggiornare:  
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Capitolo 4
*** Pale voice and trembling hands. ***


Pale voice and trembling hands.

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Ffion è seduta da sola nella piccola biblioteca pubblica di Wellston, ad un tavolo isolato di fianco alla sezione dei libri per bambini. Kenny le ha consigliato di andarci, dicendole che la madre era d’accordo e che quello le sembrava proprio il luogo adatto a lei: tranquillo, calmo e silenzioso. Perché Kenny non è stupida e sa bene che, con il casino che Ffion ha in testa, ha bisogno di luoghi taciti e quieti per sentirsi a suo agio.
Vista da fuori nulla, tranne una piccola targhetta sulla porta laccata di verde scuro con la maniglia oro, lascia intendere che sia una biblioteca pubblica. Sembra una piccola villetta risalente agli anni venti con l’edera che cresce rigogliosa sui muri, i mattoni a vista, i fiori sui davanzali delle finestre e gli infissi verde scuro. L’ingresso si affaccia su un piccolo giardino con numerose aiuole di rose e peonie circondato da una staccionata verde scuro (che novità!) e per raggiungere la porta è necessario attraversare un viottolo fatto di ciottoli bianchi.
È carina, urla antico da tutte le parte ed è proprio per questo che a Ffion piace.
Ha scelto con cura dove sedersi, attenta che non vi fosse nessuno troppo vicino, non tanto per potersi concentrare meglio quanto più per rifuggire qualsiasi tipo di contatto umano. Ffion non è asociale, solo che da un po’ di tempo a questa parte –diciamo quasi un anno- sostenere una conversazione con uno sconosciuto le provoca una certa fatica, le lascia addosso un senso di spossatezza e confusione che non ha voglia di provare adesso.
È sempre lo stesso problema che, consapevole o meno, ha anche Kenny: aver un contatto con qualcun altro, impegnarsi in un rapporto, condividere un certo livello di intimità.
Certo, hanno modi diversi per affrontarlo, ma la paura è la stessa.
Ffion ha il naso immerso in un libro quando sente la sedia di fianco alla sua spostarsi ed un ragazzo si siede proprio di fianco a lei, unico posto occupato in un tavolo pieno di sedie vuote.
«Scusa il ritardo, ma non ricordavo avessimo deciso di incontrarci nella sezione bambini- dice il ragazzo appoggiando la tracolla al banco- ci ho messo un po’ a trovarti.»
Fi rimane paralizzata per qualche istante perché, come scusa? Questo ragazzo deve averla scambiata per qualcun altro. Arrossisce violentemente e il cuore inizia a batterle più forte perché sa che a breve dovrà parlargli, almeno per chiarire la situazione.
«Aspetti da molto?» domanda per poi voltarsi di scatto, incuriosito dal silenzio della ragazza.
Eh beh, almeno è carino” pensa istintivamente, senza riuscire a trattenersi, per poi arrivare alla conclusione che deve essere per forza un amico di Kenny, lei conosce sempre i ragazzi più carini.
Ha gli occhi verdi – verdi!- le labbra rosse e piene sono piegate in un sorriso spontaneo e due fossette fanno capolino sulle guance. Adorabili.
Le ciglia sono lunghe, così come i capelli castani che porta legati in un codino alto. Non è solo carino, quel ragazzo è proprio bello. E proprio sconosciuto.
«Guarda che io non ti conosco» sputa fuori con le mani che tremano e la voce pallida, intimorita nell’infrangere quel silenzio che li circonda.
«Ehm, ci siamo visti ieri a casa tua…? Sono Harry Styles, quello di ripetizioni» spiega lentamente, confuso dall’affermazione della ragazza.
Adesso improvvisamente tutto è più chiaro e:
«Kenny!» sbuffa esasperata Ffion, perché ovviamente sua sorella le ha suggerito di andare in biblioteca per ben altri motivi che semplice altruismo nei suoi confronti.
Appena arrivati Max a Wellston si è subito adoperato per cercare a Mackenzie un tutor che le facesse ripetizioni di matematica, ben consapevole delle difficoltà della figlia in quella materia, ma Ffion non sapeva che ne avessero già trovato uno, né tantomeno che avessero fissato delle lezioni.
«Come scusa?» domanda il ragazzo, Harry, ancora più confuso, gli occhi verdi socchiusi che la fissano attentamente.
«Ieri non hai conosciuto me, ma Kenny, mia sorella gemella» spiega a voce bassa, sperando che il ragazzo la smetta di fare domande e se ne vada al più presto.
«Gemelle, nel senso che siete identiche?»
«Due gocce d’acqua.»
È la risposta che tutti vogliono sentirsi dire fin da quando avevano tre anni e andavano in giro vestite uguali, anche se di fatto sono completamente diverse.
«E lei dov’è?» domanda Harry continuando a sorridere cordiale, mentre si guarda attorno come se si aspettasse di vederla comparire da un momento all’altro. Illuso.
«Oh ma lei non verrà- afferma Ffion, come se fosse un’ovvietà- se ha mandato qui me, vuol dire che aveva altro da fare, ora scusami ma devo andare.»
«Come? E le ripetizioni? Non so nemmeno come ti chiami, aspetta!» dice Harry frenetico, mentre Ffion raccoglie le sue cose e si alza dalla sedia.
«È la tua giornata fortunata, hai guadagnato i tuoi soldi senza fare lezione- dice tirando fuori dalla tasca una banconota da venti- ti bastano? Solo non dire nulla a mio padre.»
Ffion non immagina nemmeno la litigata che potrebbe scoppiare fra Kenny e suo padre se quest’ultimo scoprisse che la gemella ha saltato ripetizioni per fare solo il cielo sa cosa.
«Aspetta, non voglio i tuoi soldi- protesta il ragazzo inutilmente, mentre Ffion ha già raggiunto l’ingresso e si è fiondata fuori dalla porta- dimmi almeno come ti chiami.»
 
«Allora cosa ne pensi? Dici che ne verrà fuori qualcosa di buono?»
Ffion e Kenny si trovano in soffitta sedute sul pavimento polveroso, mentre si guardano attorno studiando attentamente la stanza e sorseggiando  un tè alla rosa canina. Kenny ha avuto la magnifica idea di trasformare la soffitta nella suo nuova camera e in questo momento sta esponendo le sue idee alla sorella che è appena tornata dalla biblioteca. Non che la stanza di fronte a Ffion non vada bene, solo che le piace il fatto che una rampa di scale la separi da tutte gli altri locali, le piace il soffitto a spiovente e il lucernario che porta direttamente sul tetto e soprattutto le piace la privacy che potrebbe avere.
Non ha intenzione di fare grandi modifiche, deve solo pulirla, buttare vecchi scatoloni e cianfrusaglie e infine ridipingere le pareti di un bel bianco candido per illuminare la stanza.
«Uhm si, per me ce la puoi fare- afferma Ffion studiando il progetto per la nuova stanza di Kenny- ma per mamma e papà va bene?»
«E perché non dovrebbe? Non chiederò il permesso per dormire in soffitta, non è che me lo possano impedire» afferma Kenny convinta.
«Scusa hai ragione, ho chiesto così per dire» si affretta a correggersi Ffion con lo sguardo basso.
«Non c’è bisogno che ti scusi tutto il tempo Fi» è la risposta scocciata di Mackenzie.
«Lo so» concede la sorella a bassa voce, ma ovviamente no, non lo sa, altrimenti non lo farebbe.
La verità è che ormai si sente sempre e costantemente in colpa, in difetto: in colpa per essersi trasferiti, per aver mandato in frantumi quel poco che rimaneva della loro famiglia, in colpa per aver detto la parola sbagliata al momento sbagliato. Ffion sa che in lei c’è qualcosa che non funziona nel modo giusto, un meccanismo inceppato che non le permette di respirare, parlare, vivere come gli altri. Non sa dove di preciso nel suo corpo, ha solo una vaga idea di quando e come sia successo e non ha per nulla voglia o tempo o forza di metterlo a posto.
Le va bene così, perché ormai si è abituata a quel corpo malandato, ad un cuore che ogni due battiti manca un colpo, a tal punto che sarebbe strano adesso se tutto funzionasse normalmente.
«C’è una cosa di cui ti volevo parlare» prende coraggio Ffion, dopo aver finito di sorseggiare il suo tè. È da quando è tornata dalla biblioteca, circa venti minuti fa, che vuole parlare con la sorella di quello che ha fatto. Vuole chiedere perché non le ha detto niente -un minimo di avvertimento sarebbe stato gradito perché magari le avrebbe evitato di fare una figuraccia davanti ad uno sconosciuto- e per quale motivo non sia andata lei stessa a ripetizioni.
«Sembra una cosa seria- afferma Kenny senza staccare gli occhi dai fogli sparsi di fronte a lei- dimmi tutto.»
«Per la storia della biblioteca, potevi anche dirmi qualcosa ecco- farfuglia improvvisamente a disagio- avvertirmi almeno.»
«Ma non ci saresti mai andata se io ti avessi detto che ci sarebbe stato anche Harry» si limita a rispondere Kenny, senza mostrare il ben che minimo senso di colpa.
Tipico di Kenny.
«Non è vero! Se me lo avessi chiesto lo avrei fatto e poi per quale motivo non sei potuta andare tu?» ribatte offesa dalle affermazioni della sorella, anche se dentro di sé sa che ha ragione. Non ci sarebbe mai andata se avesse saputo che avrebbe dovuto fare lezione con uno sconosciuto.
«Fi non è vero e lo sai anche tu quindi adesso smettila di fare la noiosa e dimmi piuttosto come è andata. È bravo a dare ripetizioni?» chiede prendendola in giro.
«Non lo so»
«Come non lo sai Fi, che vuoi dire?»
«Non sono rimasta, va bene? Me ne sono andata non appena è arrivato lui, non ce l’ho fatta a stare lì» confessa con lo sguardo basso, vergognandosi delle proprie azioni.
«È esattamente quello di cui stavo parlando!- esclama Mackenzie sollevando le braccia in aria, facendo di conseguenza rovesciare la tazza di tè a terra- dannazione! Comunque non ti saresti nemmeno presentata in biblioteca se avessi saputo che c’era anche lui e non provare a dire di no. Adesso vieni a darmi una mano che ho combinato un disastro.»
Ffion annuisce, troppo stanca per ribattere e si alza per aiutare la sorella ad asciugare i fogli bagnati di tè alla rosa canina.
 
 
Il giorno dopo entrambe le gemelle sono in piedi alla dell’autobus, piove e solo un misero ombrellino verde scuro le ripara dalle gocce d’acqua che incessanti continuano a cadere.
Mackenzie sta fumando la prima sigaretta della giornata e impreca quando una goccia cade proprio sulla punta facendogliela spegnere. Odia la pioggia, odia svegliarsi presto e odia aspettare un pullman che è sempre in ritardo.
«Hey volete un passaggio?» dice la voce di Liam, proveniente dalla macchina che ha appema accostato di fianco al marciapiede.
«Dio ti prego si! Grazie mille» sospira Kenny buttando per terra il mozzicone ormai spento per poi schiacciarlo con la suola degli stivaletti. Ffion la segue a testa bassa, mormorando un veloce e inudibile “grazie” prima di salire sul sedile posteriore.
«Come mai da queste parti Liam? Non dirmi che sei passato apposta per darci un passaggio» lo prende in giro Kenny che ha già iniziato a trafficare con la radio, alla vana ricerca di una stazione che trasmetta musica decente.
Le guance così come il collo del ragazzo si tingono di rosso e:
«Nono- si affretta a negare- passo sempre di qua, solo più presto. Oggi sono un po’ in ritardo.»
«Allora sembra che oggi sia il nostro giorno fortunato, dico bene Fi? Il pullman quando piove, ovvero tutti i giorni, arriva ancora più in ritardo del solito.»
La gemella si limita a rispondere con un “mmh mmh” accompagnato da un cenno della testa, per poi tornare a guardare fuori dal finestrino.
Una volta giunti a scuola si separano perché hanno tutti materie diverse, ma Kenny anzi che andare nell’aula s23 per seguire la lezione di matematica, si prende cinque minuti per fumarsi una sigaretta sotto il portico della scuola. Teoricamente sarebbe vietato fumare sul suolo scolastico, ma in questo momento ha proprio bisogno di una dose di nicotina e in giro non ci sono professori che possano richiamarla, quindi non corre pericolo.
Chiude gli Kenny e si lascia cullare dal rumore della pioggia, mentre si chiede se a tutto questo esista un via d’uscita, perché un altro anno a Wellston con la sua famiglia è sicura che non riuscirebbe a sopportarlo.
È al suo terzo tiro quando sente dei passi alle sue spalle e:
«Oh, guarda un po’ chi si rivede» mormora sorridendo sfacciata non appena si volta e nota il ragazzo alle sue spalle.
Zayn  Malik è appena uscito dall’ingresso laterale e la sta raggiungendo sotto al portico, indossa una giacca di pelle, i capelli sono nascosti sotto ad un beanie rosso da cui spuntano solo pochi ciuffi e ha una sigaretta in bocca. È la prima volta che Kenny lo rivede dopo quel famoso martedì sera e francamente non sa cosa aspettarsi.
«Allora è vero che ti sei traferita a Wellston» è la prima cosa che dice Zayn, mentre si accende una sigaretta.
«Pensavi mentissi?»
«Pensavo nessuna persona sana di mente si sarebbe mai trasferita volontariamente qua, ma dopo il nostro piccolo incontro forse dovrei ricredermi sulla prima parte» spiega mentre espira una boccata di fumo al cielo.
«Andiamo, non dirmi che te la sei presa- ride Kenny buttando la testa all’indietro, scoprendo il collo diafano- il mio era solo uno scherzetto innocente. E non sono fuori di testa, sono solo una normale ragazza di diciassette anni che ha voglia di divertirsi, c’è qualcosa di male?»
«Assolutamente niente- replica una volta finita la sigaretta- a proposito di divertimento, hai qualcosa da fare sabato sera?»
E Mackenzie sorride mentre risponde che no, non ha niente da fare, consapevole che la sua preda ha appena abboccato all’amo che lei gli ha lanciato.
 

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Ciao!
Pubblico con un giorno di anticipo il nuovo capitolo in cui finalmente anche Harry fa la sua comparsa! Cosa ne pensate? Per adesso sappiamo davvero poco di lui, ma nella storia avrà un ruolo fondamentale, quindi non preoccupatevi che gradualmente scopriremo più cose sul suo conto e sul suo carattere. Qualche pensiero su Ffion? E su Kenny invece? Per quale motivo pensate che abbia mandato la sorella in biblioteca al posto suo? Infine vediamo che Mackenzie incontra Zayn per la prima volta dopo l’incidente della sigaretta e la invita ad uscire sabato sera. Dove credete che andranno? Non vedo l’ora di riuscire a scrivere il prossimo capitolo perché succederà una cosa importantissima! Un’ultima domanda: qualcuna si è fatta un’idea sul perché si siano dovute trasferire? Sono curiosa di sapere cosa pensate voi, perché qualche indizio qua e là l’ho buttato.
L’ultimo capitolo non ha riscosso un gran successo e spero che questo vi piaccia di più.
Grazie mille per aver letto, Alessandra.

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Capitolo 5
*** Thunder. ***


Thunder.

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«Di cosa hai paura Liam? Dai è solo un locale, vedrai che ci divertiremo» lo incoraggia Mackenzie per l’ennesima volta, alzando gli occhi al cielo esasperata.
Sono le undici e mezza di sabato sera, Mackenzie è riuscita nuovamente a sgattaiolare fuori di casa senza che nessuno- a parte Ffion, ma lei non conta- se ne accorgesse e al momento si trova in macchina nel parcheggio del Thunder, luogo in cui Zayn le ha dato appuntamento, insieme a Liam.
Il ragazzo scuote la testa dubbioso e:
«Non lo so Kenny, dobbiamo proprio entrare qui? Non possiamo andare da un'altra parte, proprio il Thunder?»
«Cos’ha che non va? A me sembra un posto carino» obbietta la bionda sporgendo la testa fuori dal finestrino sotto la pioggia leggera, per osservare meglio l’esterno del locale.
Il Thunder visto da fuori non sembra un posto molto raccomandabile, bisogna ammetterlo. È situato in una piccola cittadina a qualche kilometro da Wellston, in una zona abbastanza isolata da non disturbare nessuno con la musica ad alto volume che viene messa fino a tarda notte.
L’insegna luminosa, affissa proprio sopra l’ingresso del locale, ha una lettera fulminata, per cui ora si legge Th nder, anzi che Thunder, c’è una finestra rotta, le tubature arrugginite a vista e la vernice rossa scura, è quasi completamente scrostata.
Ha ragione Liam, pensa Kenny, il Thunder non è un locale carino, è proprio un postaccio, ma Zayn le ha chiesto di incontrarsi lì e lei non ha intenzione di tirarsi indietro all’ultimo.

Quanto hai intenzione di farmi aspettare ancora? Sono fuori
Z.

Recita il messaggio che riceve Mackenzie in quel momento, mentre Liam continua a lamentarsi perché non vuol entrare e lei fa del proprio meglio per evitare di urlargli contro.
Certe volte Liam è proprio noioso, le ricorda Ffion.
«Dai Liam smettila di fare la femminuccia, ormai siamo qua e adesso entriamo- afferma convinta prima di aprire la portiera e scendere- e poi c’è un mio amico che mi aspetta»
«Amico? Non mi avevi parlato di nessun amico» la segue Liam, dopo aver afferrato l’ombrello per riparare entrambe le loro teste dalla pioggia leggera che continua a cadere da ormai tutto il giorno.
«Ma sì, lo conosci anche tu, è Zayn» dice con indifferenza, come se fosse un dettaglio poco importante, mentre allunga il collo alla ricerca del moro.
Proprio quando è riuscita ad individuarlo e sta per alzare la mano nel tentativo di farsi notare, Liam le afferra il braccio e la strattona.
«Ehi, fai piano!» lo rimprovera liberando il braccia dalla sua presa, infastidita dal gesto del ragazzo. Odia le persone violente e odia essere manipolata.
«Scusa, non volevo essere brusco- si discolpa immediatamente Liam- ma Zayn Malik? Davvero Kenny, davvero?»
«Si Liam, Zayn Malik, davvero- lo scimmiotta spalancando gli occhi in un’ espressione di finta sorpresa- senti è un mio amico, mi ha chiesto di uscire e io gli ho detto di si. Tutto qua.»
«E cosa c’entro io in tutto questo?» domanda Liam fissandola dritta negli occhi. In realtà è contento di essere lì, non si fiderebbe a lasciare Kenny da sola con Zayn Malik, nemmeno se lui fosse legato e imbavagliato. Malik porta guai e Kenny sembra essetre abbastanza incasinata di suo, senza l’aiuto di esterni.
«Perché sei un mio amico e avevo vogli di uscire anche con te» replica la ragazza, ignorando volutamente le guance del ragazzo fattesi improvvisamente scarlatte.
Mackenzie si sistema i capelli dietro l’orecchio, anche se a causa della pioggia sono diventati piatti e umidicci, quindi ogni tentativo di migliorarli è pressoché inutile, mentre continua a guardarsi attorno alla ricerca di Zayn.
Quando i loro sguardi si incrociano, Kenny sorride leggermente, sollevando la mano in un piccolo gesto di saluto. Zayn le fa un occhiolino rapido, indicando con la testa l’ingresso del locale prima di sparire all’interno.
«Dai Liam entriamo» esorta l’amico trascinandolo per il braccio è ignorando tutte le sue lamentele.
Non vede l’ora di parlare con Zayn, bere qualcosa, divertirsi, sentirsi leggera per una sera dopo tanto tempo.
Si avvicinano all’ingresso ignorando le occhiate stranite delle persone radunate lì davanti a fumare, il Thunder solitamente è frequentato da ragazzi che hanno dai venticinque anni in su ed è strano vedere ragazzi così giovani e così per bene.
Una volta giunti davanti alla porta il loro cammino viene fermato da un omone alto almeno un metro e novanta e completamene vestito di nero che con voce minacciosa intima:
«Documento»
In quel momento Liam sbianca e Kenny sorride divertita.
La ragazza estrae dal portafoglio un documento- falso- in cui è scritto che  si chiama  Maya Cage e ha ventitré anni.
Lo porge sicura di sé al buttafuori che lo esamina velocemente prima di farle un cenno di assenso con la testa, in segno che può entrare.
«Liam tira fuori il tuo documento» dice ignorando completamente il fatto che Liam non abbia un documento falso, perché andiamo, tutti i ragazzi sopra i sedici anni ne sono in possesso.
Lui spalanca gli occhi e scuote la testa come per dire che no, non ha mai avuto un documento falso.
Kenny capisce al volo e sbuffa, perché si è scelta un amico così sfigato?
«Senti, il mio amico di è dimenticato il documento non è che potresti farlo entrare lo stesso?» domanda Kenny al buttafuori, sbattendo ripetutamente le ciglia.
«Mi dispiace bambolina, senza documento non può entrare» replica burbero.
«Liam, mi dispiace ma io devo entrare, ti chiamo domani e ti racconto tutto ok?» lo consola Kenny, accarezzandogli il braccio con una mano.
«E come torni a casa? Kenny aspetta!» urla Liam allarmato al solo pensiero che la bionda possa restare da sola in macchina in compagnia di Malik.
«Tranquillo Liam, vai a casa, io troverò un passaggio» urla prima di stampargli una bacio sulla guancia e fiondarsi dentro il locale buio. Liam arrossisce e per tutto il tragitto verso la macchina non può fare a meno che toccarsi la guancia incredulo.
 
Il locale è piccolo e buio, una canzone di Kanye West risuona in sottofondo e Kenny fa fatica a vedere ad un palmo dal suo naso. L’arredamento è spoglio con sgabelli davanti al bancone e divanetti di pelle nera per tutto il resto della stanza, le luci sono poche e soffuse. Le pareti, un tempo bianche, sono macchiate e incrostate di nero e il pavimento è appiccicoso. Doveva essere un posto carino il Thunder un tempo, adesso è solo squallido e desolato.
Sulla destra c’è il bancone dove due ragazzi tatuati stanno servendo da bere ed è proprio lì che Kenny vede Zayn, è seduto su uno sgabello e sta ordinando da bere.
«Me lo offri da bere oppure sono venuta qua per niente?» domanda Kenny sedendosi sullo sgabello di fianco a quello del moro.
Zayn ha un’espressione sorpresa sul volto, come se non si aspettasse di vederla effettivamente dentro al locale, sebbene l’avesse vista dieci minuti prima davanti all’ingresso. Porta i capelli legati in un codino e un brillantino all’orecchio, sotto il giubbino di pelle indossa una camicia a quadretti ed è bello come sempre. Ha il solito sguardo misterioso e il sorriso arrogante di chi è fin troppo sicuro di sé.
«Cosa c’è? Credevi davvero che non avessi un documento falso?»
Mackenzie l’ha capito bene che quella di Zayn era una sfida, una sfida per vedere se la ragazza è effettivamente in grado di stargli dietro.
«Che dire Lynch, sei una continua sorpresa» afferma Zayn passandole uno bicchiere da shot, pieno di un liquore biancastro.
«E tu non sei da meno Malik- risponde Kenny bevendo il liquore alla goccia, è sambuca e da quando si è presa una sbronza colossale quando aveva sedici anni non riesce più a berla- vedo che hai scoperto il mio cognome».
«In città non parlano solo di me sai, anche i nuovi arrivati fanno notizia».
«Hai chiesto di me quindi?» lo punzecchia Kenny, con un sorriso furbo.
Zayn sta per risponderle quando qualcosa, o meglio qualcuno, alla sua destra attira la sua attenzione.
«Aspetta qua, ho una questione da risolvere» le dice, improvvisamente teso e nervoso, prima di alzarsi e dirigersi verso un uomo pelato, alto almeno dieci centimetri più di lui e decisamente ben messo.
Kenny li osserva da lontano mentre sorseggia il drink colorato che il barman le ha offerto con un occhiolino. L’uomo sembra parecchio arrabbiato e aggressivo, afferra Zayn per il braccio prima di sbatterlo contro il muro e urlargli qualcosa in faccia. La ragazza sente solo la parola soldi e già si è fatta un’idea del tipo di problema che può avere Zayn, non è la prima volta che qualcuno dei ragazzi che frequenta viene minacciato per debiti che, solitamente, sono connessi alla droga.
Zayn sembra aver preso un po’ di coraggio e gesticola, mentre con occhi di fuoco dice che pagherà e che è solo questione di tempo, perché davvero quei soldi li ha.
L’omone ad un certo punto china la testa e sussurra qualcosa all’orecchi di Zayn a voce troppo bassa perché Kenny riesca a capire, ma il ragazzo sbianca di colpo e annuisce improvvisamente mansueto.
«Che succede?- domanda Mackenzie non appena Zayn prende pesto sullo sgabello di fianco al suo, accennando con il capo al signore che si è appena allontanato- che voleva quello?».
«Niente» è la risposta del moro scocciato, che con un veloce gesto della mano in direzione del barista ordina un’altra pinta di birra.
«Troppo grosso e incazzato per essere un niente, ti pare?»
«Niente, come per dire che non sono affari tuoi» si corregge Zayn guardando fisso davanti a sé, in attesa della propria birra.
«Hai problemi di soldi? È questo il punto?» insiste mentre finisce il proprio drink con una smorfia per il sapore troppo dolciastro.
«Non ho problemi di soldi… Ho solo qualche uhm debito ecco, con quel tipo- spiega stringendosi nelle spalle e evitando qualsiasi tipo di contatto visivo- non sono affari tuoi comunque».
«E se io ti dicessi che ho la soluzione ai tuoi problemi?» dice Kenny sorridendo, colta da un’illuminazione improvvisa.
«Vuoi farmi un prestito? No grazie, faccio volentieri a meno della tua carità».
«No guarda hai capito male- ridacchia la bionda buttando i capelli all’indietro- sono al verde quanto te, ma conosco un modo per trovare i soldi. Per trovarli subito».
«Qualsiasi cosa tu abbia in mente non mi interessa, so sbrigarmela da solo» risponde, troppo orgoglioso per accettare, guardandola finalmente negli occhi.
«Come vuoi Zayn Malik, ma quando quel tizio tornerà più incazzato di prima saprai dove trovarmi».
L’argomento non viene risollevato per il resto della serata, Zayn le presenta un paio di suoi amici, Danny e Niall che sembrano simpatici e di certo meno presuntuosi del loro amico. È una serata abbastanza tranquilla, ma quando lascia il locale per dirigersi insieme a Zayn verso la sua macchina capisce di essere un po’ brilla, i due drink che improvvisamente fanno effetto. La testa le gira leggermente e si sente leggera, più leggera del solito. Non è ubriaca, sa quello che sta facendo e non è nemmeno lontanamente vicina a perdere il controllo.
«Dove mi porti adesso Zayn Malik?» domanda mentre fissa il suo profilo dal lato del passeggero.
Kenny ha gli occhi socchiusi e la testa poggiata contro il poggiatesta, l’aria che entra dal finestrino le scompiglia leggermente i capelli. È bellissima, ma Zayn è troppo impegnato a guardare la strada per notarlo.
«Sono le tre di notte bionda, direi che è arrivata l’ora di tornare a casa».
«È troppo presto per tornare a casa» replica testarda, mentre rabbrividisce per il vento freddo che esce da finestrino.
«Non hai un coprifuoco da rispettare? I tuoi genitori saranno preoccupati» la prende in giro, sbirciando per la prima volta nella sua direzione e non potendo fare a meno di notare che si, è bellissima in questo momento. Ma Zayn ha avuto un sacco di ragazze bellissime, passioni di una notte dimenticate il giorno dopo e Kenny non fa eccezione.
«I miei genitori non sanno proprio un cazzo» afferma sussurrando con una specie di sollievo nella voce e lo sguardo perso fuori dal finestrino.
Zayn la guarda un po’ sorpreso, un po’ divertito, ma non dice niente e continua a guidare seguendo le indicazioni della ragazza che, per tutto il resto del viaggio, mantiene lo sguardo fisso tra le buie strade di Wellston.
«Fermati pure qua».
È Kenny a rompere il silenzio una volta arrivati alla casa prima della sua, non vuole rischiare che i suoi genitori vedano le luci della macchina ferma davanti a casa loro e si sveglino, beccandola in pieno mentre scende dalla macchina del moro.
«Siamo arrivati?» domanda Zayn spegnendo la macchina e girandosi in direzione di Kenny.
«Siamo arrivati» conferma, spostando lo sguardo dritto negli occhi del ragazzo.
Vede che inizia ad avvicinarsi piano piano, sporgendosi oltre la leva del cambio e lasciando solo una decina di centimetri tra i loro volti.
«Non mi ringrazi per il passaggio?» soffia a bassa voce, fissando prima gli occhi di Kenny e qualche secondo dopo le sue labbra leggermente screpolate.
Lei finge di pensarci su, si tocca i capelli in un gesto involontario e avvicina ulteriormente il viso a quello del ragazzo. Pochi centimetri li dividono, gli fissa gli occhi, poi le labbra e:
«Ti ho offerto la soluzione a tutti i tuoi problemi, cosa vuoi di più?» sussurra con tono seducente, prima di aprire la portiera e fiondarsi fuori dalla macchina.
Lui sbatte la testa contro il volante, consapevole che, per la seconda volta, abbia vinto lei.
«Aspetta Kenny, sentiamo la tua idea» urla abbassando il finestrino.
Lei si ferma, si gira e lo fissa per qualche secondo, più lucida di quanto non sia stata tutta sera.
«Una rapina Zayn, la soluzione a tutti i tuoi problemi è una rapina».
E Zayn non ha mai visto nessuno con uno sguardo così determinato e sicuro di sé negli occhi.
 




Ciao a tutte!
Scusate per il ritardo, ma come avevo già annunciato la maturità mi ha sottratto più tempo del previsto. Lunedì ho finito gli scritti e poi sono partita per un paio di giorni al lago con i miei amici quindi ho potuto aggiornare solo oggi. In questo capitolo vediamo solo Kenny, perché avevo bisogno di narrare questo episodio tutto insieme e aggiungendo anche il pezzo di Ffion sarebbe venuto troppo lungo. Una rapina! Ve l’aspettavate? Ovviamente questo non è il modo più semplice o veloce per trovare soldi, ma vedremo nei prossimi capitoli perché Kenny lo ha proposto e quale sarà la reazione di Zayn. Vi prometto che nel prossimo capitolo ci saranno entrambe le sorelle e con ogni probabilità anche Harry!
Adesso scappo, grazie mille per aver letto e scusate eventuali errori.
Vi lascio i miei contatti, sentitevi liberi di contattarmi per qualsiasi cosa :)

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Capitolo 6
*** High hopes. ***


High Hopes
 
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Ffion non ride mai.
Non ride davanti ai programmi demenziali che Kenny adora, non ride alle pessime battute del padre, né ai racconti della madre. Non ha riso quando Max si è abbronzato con il segno degli occhiali da sole o quando sua madre ha sbagliato la tinta della nonna e, per una settimana, la donna è dovuta andare in giro con i capelli color violetto.
Ffion non ride, Ffion sorride.
Non è la stessa cosa e lo sa bene, ma è il meglio che riesce a fare. Sorride con i denti e con la bocca, non con il cuore, ma nessuno -a parte Kenny – nota la differenza, quindi va tutto bene.
E quando, un mercoledì pomeriggio, la signora Lynch entra nella stanza della figlia per dirle che ha segnato un appuntamento con il dottore, è con un sorriso che risponde la ragazza.
«Non ne ho bisogno mamma, sto bene» la rassicura scoprendo i denti bianchissimi per poi sistemarsi i capelli dietro l’orecchio in un gesto nervoso.
«È venerdì alle sei e mezza, ti va bene vero?» continua la signora, ignorando completamente le parole della figlia.
No, non le va bene. Non va bene venerdì alle sei e mezzo, né martedì alle quattro, né mai. Lei dal dottore non ci vuole andare.
«Mamma, ti ho detto che sto bene» insiste Ffion, perché davvero adesso sta bene. Ha trovato un suo equilibrio dopo tanto tempo e non vuole che uno stupido psicologo glielo rovini.
«Perché dovresti andare dal dottore?- domanda Kenny entrando, proprio in quel momento, nella stanza e buttandosi a pancia in su sul letto della sorella- non stai bene?»
«Oh no Kenny, sto parlando del dottore speciale per Ffion- risponde la madre con tono grave, abbassando di colpo la voce, come se fosse un grande segreto- adesso vi lascio sole, continueremo dopo il discorso»
Mackenzie aspetta che la madre sia uscita dalla stanza e abbia chiuso la porta prima di mormorare:
«Ma cos’ha contro la parola psicologo? Dottore speciale mi fa pensare ai bambini ritardati»
Ffion fa spallucce senza rispondere, nemmeno lei ha mai capito cos’abbia la madre contro gli psicologi. Crede, ma non ne è sicura, che abbia a che fare con la paura che un giorno uno di questi gli dica che Ffion è pazza, che non c’è possibilità di guarigione. Che una delle sue due identiche figlie è nata difettosa e non c’è niente da fare.
«Quasi mi stavo dimenticando, ti saluta il tuo amico» dice Kenny dopo qualche secondo di silenzio rivolgendo alla sorella un sorriso malizioso e un occhiolino.
«Di cosa stai parlando?» farfuglia Ffion a bassa voce  e arrossisce, perché sa di chi sta parlando, ma non vuole dare a Kenny nessun tipo di soddisfazione.
«Ma che bugiarda! Guarda come sei arrossita, sto parlando di Harry e lo sai» risponde Mackenzie punzecchiandole i fianchi con un dito.
«Non ha fatto altro che chiedermi di te per tutta la durata di ripetizioni» aggiunge qualche secondo dopo.
«Non è vero, non ci credo» ribatte Ffion sdraiandosi vicino alla sorella, con lo sguardo fisso verso il soffitto e le guance, ormai, in fiamme. Sa che Mackenzie la sta solo prendendo in giro, che la sorella si diverte a vederla arrossire e farfugliare, ma non riesce a non essere imbarazzata.
« È carino, un bel ragazzo»
«Hai intenzione di provarci?» domanda Ffion senza battere un ciglio, perché Kenny dice che un ragazzo è carino solo se ci vuole provare.
«Dio Ffion, no! È troppo un bravo ragazzo per me, mi ci vedresti mai con uno come lui?» domanda Kenny con un tono di voce quasi disgustato, come se trovasse davvero assurda l’idea di stare con Harry o forse di stare insieme a qualcuno e basta.
«A dir la verità non ti vedrei con nessuno» risponde Ffion senza nemmeno pensarci, continuando a fissare il soffitto e provando una lieve sensazione di sollievo sapendo che Kenny non è interessata ad Harry.
«E con questo cosa vorresti dire?» ribatte con tono lievemente accusatorio la gemella, mettendosi a sedere per poterla guardare meglio.
«Non voglio dire niente, solo che sei sempre stata così indipendente e sarebbe strano vederti innamorata» spiega Ffion, tirandosi su e appoggiando la schiena contra la testiera del letto.
«Grazie Ffion, lo prendo come un complimento- dice stampandole un rumoroso bacio sulla guancia- comunque tranquilla stellina, che l’amore non fa per me»
E con queste ultime parole lascia la stanza, mentre Ffion non può far altro che concordare: l’amore non è adatto alle sorelle Lynch.
 
 
Liam e Mackenzie camminano fianco a fianco per la scuola, lui le sta raccontando di un film che ha visto ieri sera- oppure che vuole andare a vedere al cinema, Kenny non ne è sicura- mentre la ragazza scandaglia i corridoi alla ricerca di Zayn. Dopo esserci uscita insieme sabato notte, Kenny non l’ha più sentito –né un messaggio, né una chiamata, non l’ha nemmeno incrociato per i corridoi della scuola- fino alla sera prima, quando le ha mandato un messaggio in cui le chiedeva di incontrarsi alla quinta ora, nello sgabuzzino del terzo piano.
«Senti Liam io ho una cosa da fare, ci vediamo nel parcheggio della scuola, va bene?» domanda Kenny, interrompendo lo sproloquio del ragazzo senza nemmeno scusarsi.
«Cosa? Ma adesso abbiamo educazione fisica!» le fa notare il ragazzo, aggrottando le sopracciglia in un’espressione confusa.
«Esattamente ed è proprio per questo che ho bisogno che tu mi copra»
«E cosa dovrei dire? Che scusa mi invento?» farfuglia Liam con il panico negli occhi.
«Non lo so, dì al prof che mi è arrivato il ciclo e mi fa ma la pancia o qualcosa del genere» sbuffa esasperata, deve proprio insegnare tutto a questo ragazzo.
Liam si fa di colpo paonazzo- ma da quando la parola ciclo è ancora un tabù per i ragazzi?- e balbetta che va bene, ci penserà lui.
«Liam, sei la mia salvezza» lo ringrazia stampandogli un bacio sulla guancia bollente, prima di sparire fra i corridoi. Ci impiega dieci minuti solo per trovare l’ala est del terzo piando e una volta che è nel corridoio esatto, si aggira con sguardo sperduto, perché tutte le sue  lezioni sono al primo o secondo piano, quindi non ha la più pallida idea di dove si trovi questo fantomatico sgabuzzino.
Ad un certo punto, proprio quando ha perso la speranza e sta cercando il telefono in borsa per poter chiamare Zayn, sente una mano prenderle con forza il braccio e strattonarla dentro ad una stanza.
«Tu sì che sai come trattare una ragazza» mormora Kenny liberandosi dalla presa di Zayn e sistemandosi la camicia sgualcita. Lo sgabuzzino è piccolo e polveroso, le pareti sono completamente ricoperte di scaffali contenenti le cose più assurde: delle cartine geografiche ormai sbiadite, vecchi lavori del laboratorio di arte, prodotti per la pulizia dei pavimenti e scorte di carta igienica per almeno un anno. È piccolo e le numerose mensole rendono l’ambiente ancora più soffocante, ma è il meglio che hanno, quindi Kenny si adatta.
«Allora di cosa dovevi parlarmi?» domanda la ragazza sedendosi per terra e fissando il viso di Zayn.
Il ragazzo indossa una varsity jacket nera con le maniche in pelle e i polsini bordeaux, dei normali jeans e uno snapback messo al contrario. È bello come sempre e Kenny vorrebbe distogliere lo sguardo dal suo volto e occhi color nocciola, ma proprio non ci riesce.
Kenny deve confessare che è rimasta abbastanza sorpresa dalla richiesta del ragazzo, non credeva che Zayn fosse il tipo di persona che ti cerca. Sembra più il tipo che ama essere cercato e ama ancora di più nascondersi e scappare.
«Stiamo aspettando qualcuno, poi ti spiego tutto» risponde il ragazzo a bassa voce, facendo il misterioso come al solito.
Kenny alza gli occhi al cielo e sbuffa, poi tira fuori il telefono ed inizia a giocare ad aa rassegnatasi al fatto che dovrà aspettare ancora un po’.
Passano due minuti, due lunghi e silenziosissimi minuti, prima che la porta si apra e Niall, l’amico di Zayn, quello che ha conosciuto sabato sera, faccia il suo ingresso nel piccolo sgabuzzino.
«Ciao Zayn- saluta l’amico con un pugno sulla spalla prima di notare Kenny seduta per terra- ciao Mackenzie, non sapevo ci fossi anche tu.»
Kenny gli concede un veloce cenno con la testa prima di estrarre una sigaretta dalla borsa e domandare:
«È Niall che stavamo aspettando? Adesso ci siamo tutti?»
Si sta stufando di star seduta in quella stanza polverosa, dove non circola nemmeno un filo d’aria e ha a mala pena lo spazio per stendere le gambe. A questo punto tanto valeva andare ad educazione fisica, almeno si sarebbe divertita un po’ a prendere in giro Liam e vederlo arrossire di fronte ai propri pantaloncini sportivi che lasciano scoperte gran parte delle sue gambe bianche e magre.
«Si, ci siamo tutti» conferma Zayn appoggiandosi con la schiena ad uno scaffale, proprio di fronte alla bionda.
«Suona qualcosa se fumo una di queste?- domanda sollevando la sigaretta, per poi accenderla senza nemmeno aspettare di aver ricevuto risposta- non stare lì impalato, parla.»
Zayn sbuffa, guarda a destra e poi a sinistra, si sistema meglio il cappellino e, infine, dice:
«Ho bisogno del vostro aiuto.»
Un sorriso soddisfatto si forma sul viso di Kenny e la ragazza non può negare di provare una qualche forma di piacere e soddisfazione nel vedere che Zayn Malik, il ribelle e cattivo della scuola, abbia bisogno di lei.
Mackenzie ha vinto ancora e lo sa bene anche lui.
«Di cosa si tratta amico? Lo sai che su di me puoi sempre contare» risponde Niall e Kenny è quasi commossa di fronte a tanta fedeltà.
Zayn apre la bocca una, due, tre volte, senza che però esca nessun suono.
«C’entrano i soldi che devi al tizio di sabato sera?» domanda la ragazza con un sorriso sempre più grande, perché ormai ha capito tutto e non sta più nella pelle.
Zayn non parla, annuisce e basta.
«Warner Santini?- è di nuovo Niall a parlare e la confusione dipinta sul suo volto è palese- Zayn devi ancora dei soldi a Warner Santini? Non avevi saldato tutto mesi fa?»
«Chi è Warner Santini?» domanda Kenny altrettanto confusa.
«Avevo sistemato tutto mesi fa, ma ci sono stati problemi e ho dovuto chiedergli ancora soldi» spiega il moro con lo sguardo basso e la vergogna dipinta ovunque sul suo volto.
«Porca puttana Zayn! Perché cazzo non mi hai detto niente?» urla Niall con il viso rosso per la rabbia.
«Chi cazzo è Warner Santini? Mi spiegate di che diavolo state parlando?» sbraita Mackenzie alzandosi di scatto per poi fissare Zayn dritto negli occhi, in attesa di una risposta.
«Warner Santini è un usuraio- è Niall a parlare con gli occhi chiusi e le mani fra i capelli- presta soldi e poi li richiede indietro con interessi altissimi.»
«E se non paghi?»
«Se non paghi ti spezza le gambe bambolina» risponde Zayn con una risata amara.
«Quanto gli devi?» domanda Kenny, sedendosi nuovamente a terra e accendendosi una seconda sigaretta.
«Millecinquecento» è la risposta sussurrata di Zayn seguita dal «porca puttana Malik» detto a denti stretti da Niall.
Kenny aspira profondamente dalla sigaretta e chiude gli occhi, analizzando per bene la situazione. Non immaginava che i soldi fossero così tanto e che la questione fosse così seria. Aveva pensato a debiti per droga, o qualche scommessa andata male, aveva pensato a due, trecento euro al massimo.
Non credeva che Zayn fosse andato ad incasinarsi con uno che, il criminale, lo fa di professione.
«Si può fare» afferma infine, dopo svariati minuti di silenzio, spegnendo la sigaretta contro la suola della scarpa.
«Ne sei sicura?» domanda Zayn animato da una nuova speranza.
«Sì, sarà più pericoloso perché dovremo farne più di una, ma è fattibile- lo rassicura Kenny sentendo una nuova eccitazione crescere in lei- basta stare attenti.»
«Okay, mi sono perso, di che diavolo state parlando?» sbuffa Niall, sfregandosi il viso con le mani.
«Sto parlando dell’unico modo che abbiamo per aiutare Zayn a trovare quei soldi: fare una rapina» risponde Kenny alzandosi dal pavimento e ripulendosi i jeans sporchi di polvere.
«Cosa? Voi siete pazzi? Per quale motivo una rapina sarebbe l’unico modo per aiutarlo? Potremmo chiamare la polizia, fare un chiosco di limonate o vendere dei cazzo di cupcake! Che cazzo di cervello avete per dire che una rapina è l’unico modo per trovare i soldi?» sbotta Niall, gesticolando come un pazzo.
«Certo adesso mi metto lì con il mio chiosco di limonate e nel giro di tre settimane raccolgo millecinquecento dollari! Niall che cazzo di cervello hai tu!? E ti devo ricordare cos’è successo l’ultima volta che qualcuno ha denunciato Santini?»
Mackenzie sa che, sotto sotto, Niall ha ragione e sa che ci sarebbero molto altri modi più logici, sicuri e legali per trovare quei soldi.
Sa che la sua soluzione è parecchio folle, stupida e illegale, ma è da troppo tempo che Kenny non fa cose del genere e non vede l’ora di riprovarci. Non vede l’ora di sentire il brivido, che accompagna la consapevolezza di star facendo qualcosa di sbagliato e l’adrenalina nelle vene per la paura di essere beccato e finire in prigione. È troppo tempo che Kenny se ne sta buona e tranquilla e adesso che ha l’occasione per cambiare le cose, non se la lascerà, di certo, sfuggire. Perché può anche mentire a Zayn e Niall e dire che lo fa solo per aiutare il moro, ma lei sa la verità.
Mackenzie, come ogni volta che fa qualcosa, non fa questa rapina per Zayn Malik, ma per sé stessa.
«Smettetela e ascoltatemi- li zittisce- una rapina è l’unica soluzione ormai, è il modo più veloce e immediato per aiutare Zayn»
«Fanculo, io me ne tiro fuori» ringhia Niall prima di uscire dallo stanzino, sbattendo la porta.
«Non preoccuparti, ci penso i a fargli cambiare idea- la rassicura Zayn- adesso dimmi tutto quello che ci serve»
«Innanzitutto dobbiamo decidere il posto, sarebbe meglio una di quelle tavole calde che si trovano lungo le autostrade, sono isolate e generalmente meno protette delle stazioni di servizio. Poi dobbiamo studiare bene il posto: ci sono telecamere o no? Che tipo di allarme hanno? Tengono un fucile sotto il bancone? E tutte queste genere di cose.»
Zayn annuisce, ascoltando ogni parola di Kenny, che ha gli occhi che brillano e le mani che tremano per l’eccitazione.
«Abbiamo bisogno di Niall, quindi ti conviene riuscire a convincerlo, perché due devono entrare mentre uno sta fuori a fare da palo» conclude sospirando.
«Non preoccuparti, ci penso io» la rassicura nuovamente Zayn.
«Tu e Niall dovrete occuparvi della scelta de posto e scoprire quante più informazioni possibili, poi riporterete tutto a me e io mi occuperò del piano. Chiaro?» domanda determinata come non mai. Da una parte vorrebbe essere lei a scegliere e osservare il locale, ma sa che non riuscirebbe ad uscire così spesso di casa senza farsi scoprire da Max.
«Va bene, appena ho tutte le informazioni necessarie te lo farò sapere- concorda il moro- ah e Kenzie?»
«Dimmi Zayn» risponde la bionda, gustandosi già il grazie del ragazzo.
E Zayn sembra proprio sul punto di ringraziarla, ma all’ultimo cambia idea e domanda:
«Come fai a essere così sicura su quest’idea della rapina? Come fai a sapere cosa bisogna fare come ci si debba organizzare?»
«Facile, perché non è la prima volta che la faccio» risponde con un sorrisetto arrogante  per poi uscire dallo sgabuzzino.
Sta camminando tra i corridoi quando sente una voce che, autoritaria, dice:
«Bene, bene cosa abbiamo qua? Una studentessa che salta una lezione?»
Mackenzie si gira, vagamente sorpresa per essere stata beccata, e si trova davanti una signora sulla quarantina. Indossa degli scarponcini da trekking, un vestito marroncino che assomiglia molto ad una sacco di juta, un golfino nero e fra i capelli ha un piccolo fiocco violetto. Nel complesso sembra un misto fra un’attivista di Greenpeace e una professoressa di religione.
«Avrei educazione fisica ma non stavo molto bene, sa il ciclo, quindi ho preferito rimanere in bagno e aspettare la fine dell’ora per andare a casa» mente immediatamente Kenny e la signora sembra quasi crederci, ma  Zayn sceglie proprio quel momento per uscire dallo sgabuzzino, accompagnato da un forte odore di fumo.
La bocca della signora si spalanca in un’espressione scioccata, fissa prima Zayn, poi Kenny, poi di nuovo Zayn e infine Kenny.
«Lei signor Malik può andare, mentre i e la signorina…?»
«Lynch»
«Io e la signorina Lynch abbiamo quattro chiacchiere da fare, magari nell’ufficio del preside»
Mackenzie sbuffa e fulmina con lo sguardo Zayn, perché, ovviamente, il ragazzo doveva farla franca, mentre lei, con la testa alta e un‘espressione scocciata, si trova costretta a seguire la paladina dei diritti degli animali nell’ufficio del preside.
 


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Ciao a tutte!
Scusate ancora per il ritardo con cui posto questo capitolo, ma sono stata presa con l’orale, che ho dato mercoledì scorso e non ho proprio avuto tempo per scrivere.
Finalmente siamo entrati nel vivo della storia e non vedo l’ora di andare avanti e scrivere i prossimi capitoli. Inizialmente abbiamo un piccolo momento fra Mackenzie e Ffion, che comunque dura poco, ma serve per farci capire meglio il rapporto che c’è fra le due gemelle.
La maggior parte del capitolo ruota intorno alla fantomatica rapina che Kenny vuole organizzare, secondo voi riusciranno a portarla a termine? O si fermeranno ancora prima di iniziare? In questo capitolo inoltre spiego il motivo per cui Kenny abbia proposto la rapina: non per aiutare Zayn, ma solo e unicamente per sé stessa. La vede come un modo per dare un po’ di eccitazione alla sua vita monotona. Infine scopriamo che Kenny ha già fatto una rapina, secondo voi dove, quando e con chi?
Grazie mille per aver letto, purtroppo temo che anche il prossimo capitolo giungerà in ritardo perché lunedì parto e sto via dieci giorni. Sarò senza computer e internet temo, inoltre essendo la vacanza di maturità scrivere sarà l’ultima cosa a cui penserò. Proverò a pubblicare un altro capitolo prima di partire, ma non assicuro nulla.
Alessandra

 
 
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Capitolo 7
*** Breaking point ***


Breaking Point.

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La pioggia colpisce senza sosta il parabrezza della seconda macchina della famiglia Lynch –una Toyota Corolla del 2006 color grigio topo- che si muove a velocità moderata fra le vie di Wellston. Il maltempo ha dato alla cittadina qualche giorno di tregua per poi riprendere più violento e feroce di prima.
Ffion è seduta nel sedile anteriore che osserva le gocce d'acqua scorrere sul finestrino e per un attimo si sente ancora bambina, quando le sembrava facessero a gara a chi scendesse prima. In sottofondo sua mamma parla, le sta spiegando di come abbia fatto a trovare questa dottoressa, la rassicura dicendo che le cose andranno meglio, che Ffion è forte e ce la farà. 
La bionda l'ascolta a mala pena, scuotendo la testa quando sente il suo nome associato alla parola forte.
Lei non si sente forte, ora meno che mai.  Le sembra sempre di essere sul punto di spezzarsi, tanto che sarebbe sufficiente una folata di vento un po' più forte per farla cadere a pezzi.
«Cara siamo arrivate, ti senti pronta?» domanda sua madre frenando di colpo di fronte ad un edificio di cemento grigio chiaro. 
Cemento e pioggia, esiste panorama più triste?
«Certo, adesso scendo» risponde Ffion riscuotendosi dai suoi pensieri. 
«Vuoi che ti accompagni dentro stellina? Magari posso parlare un attimo con la dottoressa, spiegargli la situazione» si offre sua madre, con una mano già sulla cintura, pronta a slacciarla. Ffion sopprime a fatica una smorfia non appena sente il nomignolo usato dalla donna, è sempre stata abitudine di Clarice Lynch quella di usare vezzeggiativi o frasi fatte nei momenti di difficoltà, in cui non ha la più pallide idea di cosa fare o dire per confortare le figlie.
«No mamma, non ce n'è bisogno» la rassicura, seguendo alla perfezione il piano di Kenny.
«Sei sicura? Guarda che per me non ci sono problemi»
«Si mamma, sono sicura- insiste prima di stamparle un bacio sulla guancia- ci vediamo fra un'ora va bene? Grazie per il passaggio.»
La signora Lynch annuisce con gli occhi lievemente lucidi di commozione e apprensione prima di fare inversione ed uscire dal parcheggio.
Ffion rimane per qualche secondo ferma a pensare, sotto la pioggia, in balia dello sferzante vento freddo di ottobre, coperta solo da un misero giubbetto di pelle. 
Pensa al fatto che si trova davanti ad un bivio, che deve compiere una scelta e nessuno potrà farla al posto suo: può entrare nell'edificio di cemento grigio e andare dritta dallo psicologo, come i suoi genitori si aspettano e vogliono che lei faccia, può essere la bambina ubbidiente per l'ennesima volta e seguire la scelta che qualcuno ha preso al posto suo, lamentandosi solo nella sua testa. 
Oppure. 
Oppure potrebbe seguire il piano di Kenny- la quale ha già chiamato per disdire l'appuntamento con lo psicologo, fingendosi la loro madre- potrebbe non entrare nell'edifico e andarsene, per poi farsi ritrovare lì per l'ora in cui la madre arriverà a prenderla.
È semplice, continua a ripetersi Ffion nella sua testa, devo solo scegliere.
Le persone compiono scelte tutti i giorni, dalle più elementari a quelle più decisive e determinanti, ma perché a lei risulta sempre così difficile? È come se fosse paralizzata, bloccata nel dubbio, fra i se e i ma di tutto quello che potrebbe succedere.
Entrare nell’edificio o scappare, seguire la scelta dei genitori o fare di testa propria, subire passivamente o, per la prima volta nella sua vita, reagire?
Ffion si trova davanti ad un punto di rottura, anche se ancora non lo sa. I punti di rottura sono tutti quei momenti della nostra esistenza in cui, finalmente, prendiamo in mano le redini della nostra vita, dopo i quali, in bene o in male, qualcosa cambia sempre.
Sono quei momenti in cui tu, e solo tu, puoi decidere per te stesso, non puoi delegare questo incarico a qualcun’ altro, non importa quanto intensamente tu lo voglia.
E dovrebbe essere semplice, ma non lo è per niente, perché più ci pensa più Ffion si sente affogare nell’indecisione e nell’incertezza. L’edificio di cemento grigio che sembra un mostro pronto a inghiottirla, masticarla e dilaniarla non appena ci metterà piede dentro, la fissa come se non aspettasse altro che una sua mossa. Mentre sente la pioggia e il vento sulla propria pelle, immagina lo studio della dottoressa, chiuso, grigio, con le sedie in pelle e le tende color pastello. Si immagina come sarebbe passarci due ore della sua vita, tutte le settimane, per i prossimi tre mesi almeno, si immagina le domande e le risposte e la fatica e il dover ricordare e rivivere tutto di nuovo.
E all’improvviso è come se stesso affogando nel mare della sua disperazione, in un futuro non ancora avvenuto, ma certo quanto la pioggia che sente in questo momento sulla propria pelle. Senza nemmeno rendersene conto Ffion ha iniziato a correre, più veloce che mai, incurante del vento che colpisce il suo viso come uno schiaffo in pieno volto, delle strade bagnate e scivolose o del fatto che non abbia la più pallida idea di dove stia andando. Corre fino a quando il respiro non inizia a farsi corto, fino a quando non sente l’acido lattico bruciare nelle ginocchia, le fitte alla milza e i muscoli stremati dall’improvviso sforzo che chiedono pietà.
Allora, e solo allora, si ferma.
Si stende per terra, nel bel mezzo della strada per niente trafficata e, finalmente, riesce a respirare.
Per la prima volta nella sua vita non pensa alle conseguenze del suo gesto o a quello che potrebbe succedere se i suoi genitori lo venissero a sapere, è semplicemente sdraiata per terra, sull’asfalto bagnato che le sporca i vestiti e i capelli, crogiolandosi nella soddisfazione di essere riuscita a compiere una scelta, e di aver scelto sé stessa.
Passano un paio di minuti, prima che riesca a tornare a respirare in modo normale, ma Fì continua a rimanere sdraiata, sempre con gli occhi chiusi, incurante del pericolo in cui si trova.
Troppo tardi si rende che quello che sente non è un tuono, ma il rombo del motore di una macchina che si sta avvicinando, non fa in tempo ad aprire gli occhi che la macchina è già a meno di cinque metri da lei.
Ffion ci prova, ci prova davvero ad alzarsi, ma i muscoli indolenziti protestano ad ogni movimento e la testa ha preso a girarle vorticosamente. Proprio quando mancano meno di tre metri e Ffion crede proprio di essere spacciata -ha già quasi le lacrime agli occhi perché è consapevole del dolore che darà ai suoi genitori, ma lei non voleva che accadesse nulla del genere- sente un forte stridio di gomme e la macchina si arresta a circa venti centimetri da lei.
«Ragazzina, stai bene?» urla una voce preoccupata all’interno dell’abitacolo e neanche due secondi dopo una figura alta e dinoccolata scende dal Range Rover azzurrino, che fino ad un minuto prima, stava rischiando di investire la bionda.
«Mackenzie ma sei tu? Cosa ci facevi in mezzo alla strada, ti senti bene? Vuoi che ti porti in ospedale?»
Ffion è ancora seduta per terra, piuttosto frastornata dall’accaduto e ci mette qualche secondo per capire che la figura che ha davanti a sé non è altro che Harry, il ragazzo che dà ripetizioni a Mackenzie.
«Dai vieni che ti porto in ospedale» ripete per l’ennesima volta il ragazzo, che sebbene sembri preoccupato, è riuscito a mantenere una certa parvenza di calma.
«NO!- urla Ffion alzandosi di colpo e per un momento vede tutto nero a causa del movimento improvviso- sto bene, davvero, niente ospedali.»
«Mackenzie, davvero non hai una bella cera, sarei molto più tranquillo se ti facessi visitare da un medico» insiste Harry, poggiandole una mano sulla spalla, costringendo la ragazza a guardarlo in volto. I lunghi capelli castani sono ormai zuppi e si sono appiccicati contro le guance rosee del ragazzo, mentre gli occhi verdi e limpidi la scrutano attentamente, incapaci di nascondere la propria preoccupazione.
«Non sono Kenny- sputa fuori Ffion con la voce un po’ spezzata- sono Ffion, quella della biblioteca»
Harry indossa un cappotto verdone che gli arriva circa a metà coscia, lo porta aperto sopra ad un maglione di lana grigia pesante. Gli stivaletti di pelle marrone sembrano aver visto tempi migliori e i jeans scuri sono strappati all’altezza delle ginocchia. È vestito in maniera stravagante –perché chi indosserebbe mai un cappotto di lana cotta con questo tempo?- e i colori fanno un po’ a cazzotti, ma sta bene e li porta con naturalezza.
«Oh Ffion, perdonami, non ti avevo riconosciuta- si scusa sincero- cosa ci facevi sdraiata per terra? Sei svenuta? Non ti sentivi bene?»
«No, no stavo bene, è che stavo correndo, ma poi ero stanca…» cerca di spiegare Ffion, ma è difficile perché come puoi spiegare ad un sconosciuto che ti sei sdraiata per terra perché l’emozione che provavi nel petto era talmente forte da farti cedere le gambe?
«Starai gelando qua sotto la pioggia, che ne dici se andiamo in un posto coperto e ti offro qualcosa di caldo da bere?» domanda premuroso, con un sorriso rassicurante sul volto.
E Ffion non sa se anche questo sia un altro punto di rottura, se anche questa scelta influenzerà in qualche modo tutta la sua vita, ma a differenza di prima non ha alcun dubbio mentre annuisce e, un po’ zoppicante, segue il ragazzo sulla Range rover.
 
Un quarto d’ora dopo, Harry e Ffion sono seduti in macchina del ragazzo, con una tazza di caffè caldo in mano ed un silenzio imbarazzante che riempie l’abitacolo.
«Grazie per avermi riaccompagnato qua, mia madre dovrebbe arrivare fra circa dieci minuti» mente Ffion schiarendosi la gola. In realtà sua madre arriverà fra venti minuti, ma non può rischiare che la veda scendere dalla macchina di Harry.
«Di niente, ma sei sicura di sentirti bene? Non hai un bella cera» continua ad indagare Harry.
Ffion annuisce, azzardando anche un sorriso a denti stretti, lieta che Harry non faccia domande sul perché si trovano davanti ad un complesso che ospita solo lo studio di uno psicologo e una serie di uffici.
«È sempre così brutto il tempo qua?- domanda Ffion a bassa voce, fissando la pioggia che non ha ancora smesso di cadere- pioggia e cemento, esiste panorama più triste?»
«In realtà no, questo si prospetta come l’inverno più piovoso di sempre» risponde Harry cortese, per nulla scocciato nel ritrovarsi a parlare del tempo, il più banale fra gli argomenti.
«Mi vuoi spiegare cosa ci facevi in mezzo alla strada» dice Harry finalmente, come se non aspettasse altro che pronunciare quella frase, tuttavia non suona come una domanda, è molto più simile ad un invito, che la ragazza può scegliere se accettare o meno.
Ffion sta in silenzio, perché anche solo stare in compagnia di sconosciuti le risulta difficile e doverci parlare è cento volte peggio, ma crede che Harry si meriti un qualche tipo di spiegazione e quindi si sforza per trovare le parole adatte.
«Io credo- dice una volta trovato il coraggio necessario per parlare, continuando a fissare dritto davanti a sé, verso il parcheggio triste e vuoto dello studio della psicologa- io credo che stessi affrontando la vita.»
«Come scusa?» domanda Harry evidentemente confuso.
«Stavo affrontando la vita sai, ma ad un certo punto mi sono sentita davvero stanca e mi sono dovuta sdraiare, solo credevo non passasse mai nessuno per quella strada» balbetta Ffion rendendosi conto che le sue parole abbiano poco senso, ma certe cose sono difficili da spiegare se non si sono vissute sulla propria pelle.
«A te non capita mai di aver bisogna di un attimo di pausa?- domanda la ragazza subito dopo- Dopo che hai vissuto troppo non ti capita mai di aver bisogno di una sosta? Come quando sei ad una festa e le urla e la musica sono così forti, che devi uscire un attimo in giardino, perché temi che altrimenti diventerai sordo per il resto dei tuoi giorni?»
«Si- ammette Harry, dopo averci pensate per un minuto buono- a volte succede. A te capita spesso di vivere troppo?»
Ffion sente lo sguardo di Harry fisso sul suo volto mentre le porge questa domanda, sente i suoi occhi penetranti che la scrutano e quasi la supplicano di voltarsi.
«No- confessa la bionda sottovoce, come se fosse un segreto, girandosi per poterlo guardare dritto nei suoi occhi cangianti- questa è la prima volta.»
 
 
 
 
Sono le nove di sera e tutta la famiglia Lynch è riunita intorno al tavolo a cenare. Nonostante la televisione sia spenta -perché secondo i coniugi Lynch è fonte di distrazione e sfavorisce la comunicazione-  in sala aleggia il silenzio e l’unico rumore che si sente è quello delle posate che sbattono contro i piatti in ceramica.
«Da settimana prossima ogni martedì e giovedì uscirò di scuola alle cinque e non più alle tre» comunica Mackenzie una volta che ha finito di masticare.
«Come mai? Non dirmi che sei in punizione già dalla seconda settimana di scuola» ringhia Max, stringendo la forchetta nella mano, sino a rendere le nocche bianche.
«No Max, non sono in punizione, ma grazie per la fiducia- replica sarcastica mentendo spudoratamente- sono entrata nel gruppo di teatro, sarò la regista»
«Oh Kenny, ma è fantastico» esulta entusiasta sua madre, perché non era mai successo che la figlia prendesse parte a delle iniziative scolastiche.
«Max continui a non credermi? Guarda che a giugno c’è lo spettacolo, ti riservo un posto in prima fila se vuoi» lo provoca, prima di alzarsi e ringraziare la madre.
Ffion abbandona il tavolo poco dopo seguendo la sorella nella sua camera in soffitta e la trova sdraiata sul materasso poggiato per terra, che fissa il soffitto.
«Certo che sei proprio incredibile- sbuffa Ffion sdraiandosi di fianco a Kenny- prima ti fai mettere in punizione perché salti le lezioni, poi menti a Max e infine lo provochi pure?!»
«Non ho mentito, ho detto solo una mezza verità- replica scrollando le spalle- dovrò davvero fare da regista allo spettacolo teatrale.»  
«Certo, come punizione per aver saltato le lezioni.»
«La pianti di usare quel tono con me? Perché non racconti a mamma della tua seduta con il “dottore speciale”?- domanda imitando il tono di voce della madre- Ah già, non puoi, perché non ci sei andata!»
«È completamente diverso, io non ho mentito, sei stata tu che..»
 «No stellina, non ci provare nemmeno- la interrompe Kenny alzandosi di colpo- è stata una tua decisione, io ti ho solo aiutata a portarla a termine.»
Kenny odia quando sua sorella fa la vittima, quando dice che sono gli altri ad aver scelto al posto suo e che lei avrebbe voluto dire di no, ma non ci è riuscita. Sono tutte puttanate per Mackenzie: o hai la forza di decidere per te stessa o non ti lamenti quando qualcuno decide al posto tuo. Semplice.
«Adesso per favore vattene, perché ho delle cose da fare e meno ne sai e meglio è» dice Kenny liquidando la sorella, per poi sedersi sul letto a scambiare messaggi con qualcuno, decidendo di alzare la testa solo quando ha sentito la porta sbattere ed è sicura che la sorella ha lasciato la stanza.
Solo allora si lascia andare sul materasso, lancia il telefono dall’altra parte della stanza e sbuffa. I preparativi per la rapina stanno procedendo a rilento, Niall è ancora indeciso se partecipare o meno e tutta la storia della punizione non ha fatto altro che complicare ulteriormente il tutto.
Non è poi così tanto sicura che il suo piano sia realizzabile, non perché manchi la voglia da parte sua di portarlo avanti, ma perché, al momento, la situazione non lo permetterebbe.
Va a dormire piuttosto scoraggiata e depressa, perché era convinta di poter fare finalmente qualcosa di eccitante e esaltante, ma a quanto pare la maledizione dei Lynch ha colpito ancora e la cosa più emozionante del suo anno a Wellston sarà lo spettacolo che si terrà a Giugno e di cui sarà regista.
Non vede l’ora
.
 





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Ciao, a tutte!
Oggi sarò molto breve perchè non sono dell'umore per scrivere delle note decenti. Mi dispiace per il ritardo, ma sono stata via dieci giorni in vacanza e non ho potuto scrivere. Mi scuso anche per eventuali errori, perchè ho riletto il capitolo più volte, ma in questi giorni ho la testa da un'altra parte, quindi è possibile che mi sia sfuggito qualcosa. Grazie per aver letto, a presto Alessandra.
 

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Capitolo 8
*** Guns for hands. ***


Guns for hands.

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“Of two sisters one is always the watcher, one the dancer.”



Mackenzie cammina a passo sicuro per i corridoi vuoti della Wellston High School. Sono le tre e sei minuti di martedì pomeriggio e la maggior parte degli studenti ha ormai lasciato la struttura, sono rimasti soltanto coloro che hanno un’ora extra di punizione oppure fanno parte del gruppo di teatro. Kenny nello specifico è riuscita a unire le due cose, infatti non si trova a scuola per sua libera scelta, ma per il semplice fatto che è la punizione più lieve che è riuscita ad ottenere. Infatti dopo essere stata scortata nell’ ufficio della preside e essersi subita una ramanzina di almeno mezz'ora (di cui non ha ascoltato nemmeno una parola) sull'importanza di frequentare le lezioni ed evitare compagnie devianti -quali potrebbe essere Zayn Malik- è riuscita a patteggiare per una pena ben più lieve di quella che, inizialmente, gli era stata affidata.
Kenny è sempre stata deliziosamente brava a mentire ed è bastato sbattere le ciglia un paio di volte e sottolineare con voce rotta quanto i suoi genitori si sarebbero arrabbiati se l'avessero scoperto, che la preside per poco non si metteva a piangere con lei.
Di norma a Kenny non sarebbe fregato niente della punizione, né tanto meno che i suoi genitori ne venissero a conoscenza, anzi l'avrebbe portata sul petto come una medaglia, con un certo orgoglio, come a mostrare che nemmeno un trasloco, le urla di Max e i pianti di Clarice sono in grado di smorzare il suo spirito. 
Tuttavia aveva una rapina da organizzare e non poteva rischiare che Max aggiungesse nuove regole a quelle severissime, che sono già in vigore in casa Lynch.
Prima di entrare nel teatro della scuola, noncurante del ritardo in cui già si trova,  decide di fare una breve sosta nel bagno delle ragazze. 
Velocemente rifà la traccia in cui, quella mattina, aveva acconciato i lunghi capelli biondi e la posiziona sulla spalla sinistra, stende poi una veloce passata di burro cacao e si sistema meglio l'enorme maglione grigio che avvolge il suo corpo minuto. Infine si guarda allo specchio per qualche secondo, soddisfatta del risultato, ma proprio quando ha deciso di andarsene una figura slanciata sbuca alle sue spalle, facendole prendere un colpo. 
La figura in questione indossa una giacca di pelle, un beanie rosso e un sorriso arrogante che potrebbe essere il suo marchio di fabbrica. 
«Addirittura nel bagno delle ragazze? Allora sono vere le voci, sei proprio un ribelle» lo saluta Kenny sprezzante, per poi voltarsi verso di lui.
«Ho trovato il posto- dice Zayn senza battere ciglio, o replicare alla battuta della bionda- in realtà più di uno e sono tutti perfetti.»
Kenny viene travolta da una scarica di adrenalina e deve fare violenza su se stessa per impedirsi di saltargli addosso in quello stesso istante e stampargli un bacio a piene labbra. 
«Sei serio? Dove? Oh mio Dio, raccontami tutto» domanda trattenendo a stento l'eccitazione.
«Vieni con me, conosco un posto tranquillo in cui possiamo parlare» dice il ragazzo prendendole la mano e conducendola fuori dal bagno. 
La mano di Zayn al tatto è esattamente come Kenny se l'immaginava, le dita lunghe e ruvide, sfregano contro la pelle di lei, inghiottendo completamente quelle sottili della ragazza. È probabilmente il contatto più intimo che abbia avuto con Zayn fino ad ora e il pensiero le provoca una piacevole scossa di brividi lungo tutta la schiena. 
«No Zay, adesso non posso- si ferma di colpo Kenny- ho quella storia del teatro, te ne avevo parlato, no?»
Zayn annuisce, anche se dalla faccia confusa che ha, Kenny non è totalmente sicura che sappia di cosa stia parlando.
«Facciamo che ci troviamo stasera per le undici,  va bene?» gli propone allora, perché è consapevole di non essere in grado di aspettare un giorno intero per sapere le novità.
«Ok, ti passo a prendere a casa, mandami il tuo indirizzo» la informa Zayn, continuando a  tenere la mano della ragazza nella sua.
Prima di separarsi si fissano negli occhi per qualche secondo e l’espressione sul loro viso e la stessa e trasmette le stesse emozioni: eccitazione, speranza, euforia, desiderio.
«Ciao Zayn, ci vediamo stasera e porta anche Niall» urla Kenny quando il ragazzo è ormai arrivato a metà corridoio,  dopo essersi riscossa dal leggero stato di trance in cui si trovava e in cui cade sempre, ogni volta che fissa, troppo a lungo, gli occhi ambrati di Zayn. 

Prima di entrare in auditorium Kenny prende un respiro profondo e spera fondamentalmente due cose: che il gruppo di teatro non sia formato da casi umani e che lo spettacolo da rappresentare non sia Grease. 
«Ciao Kenny, sei in ritardo» la saluta sorridente Trudy, attorcigliandosi fra le mani i ricci capelli neri. 
Casi umano e rompi coglioni, si corregge mentalmente, ma sa che non può pretendere troppo. 
«Non avevo la più pallida idea di dove fosse il teatro- mente come al solito- ho dovuto fare due volte il giro della scuola.»
«Strano, perché Liam è anche venuto a cercarti» replica la ragazza, sedendosi sulla piccola scrivania sistemata proprio davanti al palco, prima dei posti a sedere. 
«Aspetta cosa c'entra Liam? E dove sono tutti? Non saremo solo io e te?» domanda allarmata, senza riuscire a celare la propria preoccupazione. Non sopporterebbe di dover passare due ore alla settimana con Trudy, quando già trova difficile salutarla se la incontra per i corridoi della scuola.
«Ma oggi non è una vera e propria lezione, era facoltativo partecipare perché è il giorno in cui il regista decide l'opera da mettere in scena.» spiega con tono saccente.
E ovviamente Trudy deve partecipare anche agli incontri facoltativi, ovviamente.
Ma non ha qualche gattino da salvare o casa di riposo dove fare volontariato?
«Ah quindi è il regista che la decide?  Pensavo fosse stata già scelta.»
Proprio in quel momento la porta alle loro spalle si apre e Liam fa capolino con in mano una mela, una bottiglia d'acqua e vari snack. Anzi che il solito sorriso gentile sul suo volto c’è un’espressione imbarazzata, quasi come se avesse fatto qualcosa di male e se ne vergognasse.
«Payno fai anche tu fai parte del corso di teatro?-domanda Mackenzie stupita e al tempo stesso sollevata dalla presenza di un volto amico- perché non mi hai detto niente?»
«È dal primo anno che mi ha promesso di farne parte- risponde Trudy al posto suo- e finalmente sono riuscita a convincerlo.»
Liam annuisce, tenendo la sguardo basso verso le proprie scarpe, poi si accosta a Kenny e le porge uno snack.
«È uno snickers, il tuo preferito, lo vuoi? - poi si gira verso Trudy e le porge i restanti- non ricordavo cosa preferissi,  spero che qualcosa ti piaccia.»
 «Ah Liam sei il numero uno!» lo ringrazia Kenny con un rumoroso bacio sulla guancia prima di avventarsi sullo snack, incurante dell'espressione infastidita di Trudy, che nel frattempo ha preso a divorare un pacchetto di M&M’s.
«Siamo solo noi tre oggi,  quindi direi che possiamo anche iniziare» suggerisce la bionda dopo aver finito di mangiare ed essersi seduta a gambe incrociate sul palco.
«Io avrei una proposta perfetta: Grease! Già mi ci vedo nel ruolo di Sandy e tu, Liam, saresti un Danny Zucco perfetto» trilla Trudy, gesticolando animatamente. 
«Col cazzo - ribatte Kenny senza riuscire a trattenersi- piuttosto mi sparo.»
 «Ma tutti amano Grease!» protesta Trudy con voce piagnucolante, simile a quella di una bambina quando fa i capricci.
«Non io.»
«Liam?»
«Effettivamente Kenny ha ragione, voglio dire, io adoro Grease, ma è un po' banale come scelta.»
Mackenzie sorride trionfante, perché, sebbene era ovvio che Liam avrebbe dato ragione a lei, vedere l’espressione delusa di Trudy le provoca una certa soddisfazione.
«Allora proponete voi qualcosa, qua sto facendo tutto io» sbuffa, scostandosi con la mano i capelli dalla spalla e alzando gli occhi a cielo.
Dopo qualche secondo di silenzio Kenny dice la prima cosa che le viene in mente, ma non appena pronuncia quel titolo vorrebbe subito rimangiarselo perché è passata dalla padella alla brace.
«Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mister Hyde.»
«Mi piace- approva subito Liam- credo che potrebbe venirne fuori un bello spettacolo.»
«Ma non ci sono parti femminili!» arriva l’immancabile protesta Trudy, con tanto di sbuffo e alzata di occhi.
Kenny chiude gli occhi, sospira e si stende sul palco a pancia in su, ignorando il continuo battibeccare di Liam e Trudy e prendendo atto del fatto che si è appena fregata con le proprie mani.
 
Alle undici e mezza precise, Kenny sgattaiola fuori di casa, uscendo dalla finestra del bagno che dà proprio sul giardino anteriore. Max e Clarice sono andati a dormire circa un’ora fa ed è certa che fino a domani mattina non si sveglieranno, quindi non è preoccupata di essere beccata, in più sa che Ffion farà di tutto per coprirla.
«Hey- Kenny saluta Zayn e Niall, salendo sul sedile posteriore del pick-up blu e grigio del moro- dove andiamo?»
«Conosco il posto perfetto» dice Zayn, usando le stesse parole di quel pomeriggio,  poi alza il volume della radio, impedendo così l’inizio di qualsiasi tipo di conversazione.
Kenny appoggia la guancia contro il finestrino freddo e chiude gli occhi, mentre in sottofondo risuona Super rich kids di Frank Ocean e quasi le scappa da ridere, perché certe volte il destino ha un senso dell’umorismo pessimo.
Ad un certo punto, non sa bene quando, si addormenta e viene svegliata dalla mano delicata di Zayn, che la scuote appena.
«Siamo arrivati, scendi» dice semplicemente e Kenny si limita ad annuire per poi seguirlo fuori dalla macchina.
Si trovano in uno spiazzo desolato, circondato solo di erba e buio.
«Dove siamo?» domanda Kenny guardandosi attorno confusa, ma non riesce a vedere a più di un palmo dal suo naso, a causa del buio tetro che avvolge tutto.
«Dai vieni, seguimi.»
Mackenzie continua a seguirlo inciampando più volte nel terreno dissestato e umido, fino a quando lui non sbuffa e:
«Sei sempre così goffa appena sveglia?» domanda prendendola in giro, ma subito dopo circonda il polso della ragazza con due dita -pollice e medio- conducendola per il sentiero insidioso.
Il tocco di Zayn è delicato come il soffio della brezza, Mackenzie lo sente appena, ma sa che c’è, sfiora il suo polso come se fosse fatto di cristallo e lui avesse paura di romperlo.
Due minuti e tre scivolate di Kenny dopo, giungono ad una piccola abitazione fatta di legno e compensato. Sembra una di quelle casette in cui si tengono gli attrezzi per curare il giardino, oppure tutte le cose vecchie e desuete che non si trova il coraggio di buttare, ma per cui non c’è più spazio in casa. Il legno esterno è completamente rovinato e ha perso tutta la sua lucentezza, ci sono grate di metallo alle finestre mentre la porta sembra la cosa più nuova e solida di tutta la struttura, probabilmente è stata sostituita da poco.
L’unica fonte di luce è all’interno della casa e un lieve bagliore filtra attraverso le finestre sporche.
«Cos’è questo?» domanda nuovamente Kenny, una volta entrata nella struttura, guardando in faccia il moro.
«Casa di Zayn- risponde Niall al posto suo- hey Kenny vuoi qualcosa da bere?»
«Gradirei un tè Niall -poi si rivolge a Zayn con un’espressione decisamente stupita- e tu vivi qua? Cioè questa è casa tua?»
«Serviti pure Niall, come se fossi a casa tua- commenta ironico- e si, io vivo qua. Non tutto il tempo, ma una buona parte.»
La guarda negli occhi mentre risponde, come se la stesse provocando e sfidando a dire qualcosa.
Kenny annuisce e inizia a guardarsi attorno curiosa più che mai. L’abitazione consiste in tre stanze: la cucina ad isola che dà direttamente sul piccolo salotto, il bagno e una stanza da letto. La cucina è ricoperta di piastrelle marroni, il frigo è bianco e arrugginito e sulle antine bianche ci sono strane macchie violacee. I fornelli così come i lavandini, sono vecchi e un sporchi. Il pavimento del salotto e del resto della casa è rivestito di moquette verde scuro, mentre le pareti, un tempo bianche, tendono più al grigio ormai. Ci sono due divani diversi, uno nero di pelle e uno più piccolo di stoffa blu, al centro della stanza c’è un tavolino di legno con su sparsi numerose riviste e cd. 
«È bruttissima- dice Kenny senza peli sulla lingua- ma è casa tua, quindi non potrebbe essere più bella».
Zayn la guarda incerto, non capendo se essere offeso o lusingato dalle parole della ragazza , poi si siede sul divano di pelle mentre attende l’arrivo di Niall con i drink.
Dieci minuti dopo sono tutti e tre seduti in salotto, Niall e Zayn sul divano di pelle che sorseggiano una birra direttamente dalla bottiglia e Kenny che sorseggia il suo tè caldo seduta per terra, ai piedi del divano di stoffa.
«Bando alle ciance, parlami del posto che hai trovato» dice, poggiando la tazza sul tavolo ed estraendo dalla borsa un block-notes e una penna nera.
«Si chiama Penny’s Pie ed è una tavola calda che si trova circa a mezz’ora da qua- spiega Zayn continuando a sorseggiare la propria birra- non è in centro, è in una zona tranquilla della periferia, poco distante dall'uscita dell'autostrada. Ci lavorano, sempre, almeno due persone e in tutto sono sei camerieri che si alternato, due uomini e quattro donne.»
Poi prende parola Niall e spiega come, per forza di cose, due donne devono lavorare insieme da sole e quello sarebbe il momento perfetto per compiere la rapina, quando non ci sono uomini. Dalle cinque alle sette di sera il locale è poco frequentato, si vede solo qualche lavoratore che ha finito il turno presto e ha voglia di un buon caffè o qualche viaggiatore solitario che, non potendo resistere fino a cena, si ferma per un rapido spuntino. 
«E dell'allarme?-domanda Kenny appuntando velocemente tutte le informazioni- cosa sapete dirmi? Hanno una pistola? Un fucile? Telecamere?»
«Non ci sono telecamere, né dentro né fuori, il sistema di allarme pare funzionare solo di notte, quando il locale è chiuso.»
«Pistole, armi, fucili?- domanda nuovamente Kenny- avete scoperto se hanno qualche licenza?»
In risposta riceve un silenzio eloquente. 
«Senti Kenzie le camerieri non avranno più di venticinque anni, anche se avessero un fucile credi che saprebbero come usarlo?» cerca di farla ragionare Zayn, per poi bere l'ultimo sorso di birra. 
«Non sottovalutare mai una persona- replica tagliente la ragazza, con lo sguardo fisso sui suoi appunti- soprattutto basandoti sulle apparenze. Comunque le informazioni sembrano sufficienti, devo fare un sopralluogo per controllare la strada e la via di fuga più veloce, ma credo che nel giro di una settimana sarà tutto pronto» comunica fiduciosa la bionda, rileggendo velocemente gli appunti per essere sicura di non aver saltato nulla.
«Un settimana?»
«È abbastanza per trovare il mezzo con cui faremo la rapina? E non fare quell'espressione stupita, tutte le nostre macchina sono fuori questione, metti che le riconoscono o prendono la targa?»
Zayn sospira chiudendo gli occhi e fregandoseli con le mani: non ci aveva pensato.
«Va bene, me ne occupo io, forse conosco qualcuno che mi può aiutare» risponde dopo qualche secondo di silenzio. 
Mackenzie sorride soddisfatta prima di riprendere la propria tazza e sedersi sul divano alle proprie spalle.
È sfondato e consumato dagli anni, ma è comunque comodo e lei non può che sospiro contento di come tutto stia procedendo secondo i piani.
 
 
Quando torna a casa è mezzanotte passata ed è costretta a chiamare sul telefono- e svegliare- Ffion, perché la finestra del bagno è chiusa e sarebbe troppo rischioso e rumoroso entrare dalla la porta di casa.
«Mackenzie? È successo qualcosa?» domanda la sorella con voce assonnata e preoccupata.
«No stellina, è tutto a posto, ma potresti scendere ad aprirmi la porta del bagno? Sai non ci tengo a dormire in giardino.»
Un minuto dopo Mackenzie vede la finestra aprirsi e un fascio di luce accecante le viene puntato in faccia.
«Ma cosa stai facendo?- sussurra spazientita mentre scavalca- metti giù quella torcia.»
«Scusa, ho pensato che fosse meglio non accendere le luci» spiega a bassa voce la sorella, seguendola per le scale fino in soffitta, dove si trova la camera di Kenny.
Mackenzie è piuttosto stanca e vorrebbe solo andare a dormire, nella sua testa frullano informazioni e ipotetici piani, che non ha voglia ne tempo di analizzare. Vorrebbe solo stendersi sul suo letto e, magari, pensare a Zayn, ai suoi occhi ambrati, ai tatuaggi sugli avambracci e alla sensazione della sua mano grande che stringe la propria.
«Hai bisogno di qualcosa Fi? Sai, sono piuttosto stanca e vorrei andare a dormire» domanda alla sorella, che nel frattempo si è seduta sul suo letto. Fra tutti i momenti in cui possono parlare Ffion sceglie proprio l’una di notte quando Kenny è stanca morta e fa fatica anche a stare in piedi.
«Cosa stai tramando?» è la domanda di Ffion, senza esitazione o tentennamento, non è scema e si è accorta di tutto il tempo che Kenny passa a scambiare messaggi con qualcuno di cui non vuole rivelare il nome e  si è accorta dell’apparante calma della sorella e sa che non può durare, da che c’è sotto qualcosa.
Perché Kenny è fatta così, è quel tipo di persona che non potresti mai trovare sdraiata in mezzo ad una strada, perché ha vissuto troppo e deve fermarsi, per riprendersi un attimo. Mackenzie non si stanca mai della vita, ne vuole sempre di più e la vuole sempre più forte. Vuole prendere la cattiva strada, sbagliare, cadere e farsi male da morire, per poi rialzarsi più forte di prima, vuole infrangere tutti i divieti imposti da i genitori e provare ogni cosa sulla propria pelle. Vuole divertirsi e ridere, vuole sentire il cuore che sembra uscirle dal petto, talmente batte forte. E vuole piangere, urlare, disperarsi. Kenny vuole tutto e non ha problemi a farsi avanti ed allungare la mano per prendere ciò che desidera.
«Facciamo che io te ne parlerò, quando tu mi parlerai del tuo pomeriggio con Styles» replica Kenny, mentre si cambia e si infila il pigiama. Come al solito non si lascia sfuggire occasione per poter stuzzicare la sorella.
«E tu come lo sai? Te l’ha detto lui?» ribatte e sembra infastidita che la sorella lo sappia.
«Calmati stellina, non aveva intenzione di svelare il vostro segreto- la prende in giro nuovamente- era solo preoccupato per te, ha detto che ti ha trovato sdraiata in mezzo alla strada.»
Poi Kenny la guarda e nei suoi occhi non vi è traccia di preoccupazione, sembra più che altro uno sguardo d’avvertimento, al limite della minaccia.
«Non è quello che pensi, ero solo stanca e non mi ero accorta che quella fosse una strada» si difende prontamente Ffion, mentre Kenny si stende di fianco a lei.
«Io non penso proprio niente, non sono né tua madre, né tuo padre, né il tuo psicologo. Le tue scelte sono le tue scelte» dice lapidaria e dura come al solito, fissando il soffitto sopra di sé.
Dopo qualche secondo di silenzio Ffion torna all’attacco:
«Adesso mi dici cosa stai organizzando?»
Mackenzie la guarda per qualche secondo negli occhi, poi ride sommessamente e torna a fissare il soffitto.
«Sai oggi a scuola ho fatto di tutto per evitare che scegliessero Grease come spettacolo da rappresentare, poi quando, finalmente, ci sono riuscita, hanno chiesto a me di proporre qualcosa e sai cos’ho detto?»
Ffion scuote la testa, fissando il profilo della sorella a mala pena visibile alla poca luce emessa dalla abat-jour.
«Loro me l’hanno chiesto e io ho detto Lo strano caso del dottor Jekyll e Mister Hyde».
Silenzio.
Proprio quando Ffion sta per alzarsi, convinta che la sorella non abbia più nulla da dire, quest’ultima sussurra:
«A quanto pare tu non sei l’unica, nella famiglia Flynch, che ama farsi del male.»



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Ciao!
Questa volta sono quasi puntuale e con un capitolo che è decisamente più lungo del solito. Vorrei specificare un paio di cose, che forse avrei dovuto dire prima:
-Wellston esiste davvero, ma tutte le descrizioni sono inventate.
-Thunder e Penny’s Pie sono posti di mia invenzione.
- Ffion si pronuncia con la i accentata e la o chiusa.
- Il titolo del capitolo è preso dalla canzone dei Twenty one pilots Guns for hands, ma con cui c’entra ben poco.
- Il titolo della ff invece è preso dalla canzone 400 Lux di Lorde che racchiude in pieno tutta l’atmosfera di questa storia, in particolare il rapporto tra Mackenzie e Zayn.
Nel prossimo capitolo penso proprio che riusciremo a vedere la tanto attesa rapina e anche Harry farà il suo ritorno. Molte cose che adesso sembrano confuse verranno spiegate, quindi non preoccupatevi. Infine mi farebbe davvero, davvero, davvero piacere leggere le vostre opinioni, su Kenny, Ffion, Harry, la storia in generale, il modo in cui scrivo, insomma qualsiasi cosa va bene. L’ultimo capitolo non ha ricevuto recensioni, quindi se c’è qualcosa che non vi convince o avete qualche critica da farmi, non fatevi problemi, sono tutte ben accette.
Adesso scappo, grazie per aver letto Alessandra

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Capitolo 9
*** Robbers. ***


Robbers.

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È appena suonata la campanella dell'ultima ora, quando Kenny propone a Liam di andare a prendere qualcosa di caldo da bere, che è da un po’ che non passano del tempo da soli. Liam acconsente e, sempre perché si tratta di Mackenzie, non si fa problemi ad accompagnarla al Penny's Pie, che si trova a più di mezz'ora di macchina da Wellston, solo perché la ragazza lo ha supplicato, dicendo che lì fanno buonissimi brownies.
Mackenzie non sa nemmeno se li vendono i brownies in quel posto, ma non avendo la patente, Liam è l'unico modo per raggiungere il locale. 
«Non stai infrangendo le regole?» Domanda Liam, mantenendo lo sguardo fisso sulla strada quasi completamente deserta, fatta eccezione per qualche camion. Per arrivare a New Plymouth bisogna percorrere per diciannove miglia l’autostrada 93, poi girare a destra sulla 56 e proseguire sempre dritto fino a quando non si giunge nella piccola città. Non è un strada difficile da ricordare o da percorrere, ma in caso di inseguimento con la polizia, li lascerebbe molto esposti, senza possibilità di nascondersi o camuffarsi.
«Come?- replica Kenny mentre smanetta con la radio- la prossima volta ti porto un mio CD che queste stazioni fanno tutte schifo.»
«Le regole imposte da tuo padre» aggiunge lui ridendo sommessamente, perché Kenny gli avrà detto almeno venti volte quanto odi le stazioni radio della sua macchina. 
«Ah, te ne avevo parlato?- domanda stupita, di solito Kenny non si confida con nessuno, tanto meno con un ragazzo che ha una patetica cotta per lei- comunque non lo so, se mio padre mi scopre mi inventerò qualcosa, dirò di essere stata a ripetizioni con Harry o una cazzata così» risponde distratta, mentre osserva attentamente la strada, cercando di ricordare il maggior numero di dettagli possibili. L’autostrada è per lo più circondata da campi o boschetti, solo ogni tanto si possono notare dei capannoni mal messi o delle case solitarie.
Saranno abbandonati? Si chiede Kenny nella sua testa, in caso di pericolo potremmo nasconderci lì? C’è il rischio che qualcuno ci veda? La sua mente lavora freneticamente, scandagliano tutte le possibilità e valutando tutte le opzioni a loro disposizione.
«E dici che lui ci crede?» domanda incredulo, parcheggiando di fronte alla piccola tavola calda Penny's pie, che si trova a trecento metri dall’uscita dell’autostrada, nella periferia di New Plymouth.
«Che ansia Liam! Si tranquillo, lui ci crederà, male che vada mi urlerà un po' contro, sai che novità» risponde Kenny scocciata, scrollando le spalle prima di fiondarsi fuori dal veicolo. 
Si guarda attorno attentamente e nota che non c'è praticamente niente vicino al locale: un motel dall’altra parte della strada con un ampio parcheggio, posto perfetto in cui fermarsi con la macchina, un benzinaio una decina di metri più avanti e, solamente in fondo alla via, iniziano ad esserci le prime abitazioni.
«Pronta per i tuoi brownies?» domanda Liam sorridente e Kenny impreca a bassa voce, perché non è possibile che il ragazzo si ricordi sempre tutto, magari là dento nemmeno li vendono i brownies.
Penny’s Pie è una piccola e adorabile tavola calda in cui, per fortuna di Mackenzie, vendono degli ottimi brownies e fanno un pessimo caffè. Di fronte al bancone sono disposti degli sgabelli rivestiti in finta pelle azzurrina, il pavimento è una scacchiera di piastrelle bianche e nere, mentre le pareti sono di un azzurino chiaro, con delle decorazioni in ceramica, sempre sui toni dell’azzurro. Ci sono quattro tavoli con dei divanetti, anch’essi rivestiti di pelle azzurra, la stessa degli sgabelli, disposti proprio davanti alle vetrine che danno sulla strada. È un posto carino e accogliente, molto ben curato per trovarsi alla periferia della città.
Liam e Kenny sono seduti ad uno dei tavoli, uno di fronte all’altro e mentre Kenny sorseggia il proprio amarissimo caffè, osserva i due camerieri – un uomo e una donna- che sono impegnati a pulire il bancone e sistemare.
«Avevi ragione sui brownies, ma il caffè è pessimo» nota Liam, lasciandosi andare ad una smorfia.
«Si, non sono per niente male- concorda la ragazza, decidendo di lasciar perdere il caffè e iniziando a mangiucchiare il brownie che ha davanti- cosa vuoi fare l'anno prossimo? Qualche collage che hai già puntato?»
Liam la guarda stupito per qualche secondo, perché Kenny non gli ha ma fatto  questo genere di domande, non si è mai particolarmente interessata a lui, ma si riprende in fretta e inizia subito a parlare.
«Vorrei studiare ingegneria meccanica credo, mi piacerebbe andare in un posto caldo tipo la Florida o anche California. Mia sorella studia in Florida e si trova bene, quindi sarei più propenso verso quella, ma..»
«Hai una sorella?» domanda Kenny sinceramente sorpresa, credeva che Liam fosse figlio unico. 
«Due a dir la verità, ma non vivono più con noi, sono entrambe al college...»
Liam continua a parlare e mentre Kenny finge d'ascoltarlo, annuendo strategicamente ogni trenta secondi, inizia a guardarsi attorno. 
Due impiegati. Un uomo sui 25 anni, capelli ricci  e neri che gli coprono la fronte e  un orribile divisa con pantaloni bianchi e camicia turchese. Sembra un ballerino anni 60. La ragazza sembra più giovane, sui 20 massimo 22 anni, porta i capelli chiari corti, con un taglio alla maschietto e ha un anellino argento attorno al naso sottile. Ha sorriso a Liam, quando egli è andato ad ordinare, probabilmente non si vedono spesso ragazzi giovani in questo locale, il cliente tipo è un camionista barbuto sulla cinquantina.
 Sembra essere felice di lavorare qua, lo fa con piacere con un sorriso gentile sempre sul viso.
«Hai un buon rapporto con loro?» torna all’attacco, una volta che Liam ha finito di parlare.
«Beh non siamo gemelli, quindi non siamo uniti come te e Ffion, ma si, le sento spesso...»
«Se pensi che io e Ffi siamo unite dovevi vedermi con mio fra…» risponde senza riuscire a trattenersi, fermandosi appena prima di dire il suo nome.
«Come scusa? Hai un fratello?» la interroga Liam, corrugando le sopracciglia per la confusione.
«Lascia stare» risponde categorica, senza lasciar possibilità di ribattere.
Perché ora? Prima la recita e adesso stava quasi per dire il suo nome. Che senso ha? Scuote la testa nel tentativo di liberarsi gli occhi dall’immagine del suo volto, le orecchie dal suono della sua voce e il naso dal suo odore. Ha altre cose di cui occuparsi, cose più importanti, che sono qui e ora, che esistono nella realtà e non solo nella sua testa.
C'è un entrata principale e con ogni probabilità una sul retro, dall'interno del locale non è visibile il parcheggio del motel, quindi potrebbero riuscire a scappare senza che nessuno riconosca la loro macchina. 
«Scusa Liam vado un attimo in bagno» lo interrompe Kenny, non appena vede entrare nel locale una mamma con due bambini al seguito, che attirano subito l’attenzione dei due camerieri.
All'ultimo anzi che entrare in bagno, apre porta con il cartello "riservato allo staff" e si intrufola nella piccola cucina sul retro. 
Lo spazio è angusto, c’è una piastra su cui cucinare la carne, un piccolo forno e un lavandino: è organizzata troppo male perché venga utilizzata spesso. Dietro all’angolo vi la dispensa, in cui sono stipati su scaffali o in scatoloni centinai di prodotti e, proprio in fondo, mezza nascosta dall’oscurità della stanza, c’è la porta.
Kenny sta per ritornare sui suoi passi ed uscire quando improvvisamente sente la porta che dà su locale aprirsi e qualcuno entrare nella cucina.
Non può farsi beccare lì perché, anche se potrebbe dire di star cercando il bagno ed essersi persa, non vuole in alcun modo attirare l’attenzione su di sé o rendersi riconoscibile. Velocemente attraversa la piccola dispensa e si fionda fuori dalla porta, trovandosi nel piccolo e sporco vicolo che si trova nel retro del locale.
Respira profondamente Mackenzie, appoggiata con le spalle al muro umido del locale.
Ha rischiato, e più di quanto le costi ammettere, ma è riuscita a non farsi vedere e al contempo si è fatta un’idea abbastanza approfondita sulla struttura del locale.
Zayn aveva ragione: è il posto perfetto per la loro rapina.
«Liam- dice una volta che entrambi sono saliti in macchina e stanno percorrendo l’autostrada verso Wellston- martedì non posso venire alla lezione di teatro e tu, mio caro amico, mi devi coprire.»
 
 



La sera prima della rapina, Mackenzie decide di passarla insieme a sua sorella Ffion.
Prende due pizze  –una quattro formaggi e una margherita- che mangiano insieme nella sua stanza in soffitta, mette su un po’ di musica e cerca di trovare in sua sorella la forza e la motivazione per fare quello che sta per fare. Sa di averlo voluto lei, ma è normale avere qualche dubbio la sera prima. Parlare con sua sorella e vedere quanto sia spenta e quanto si sia lasciata andare, fa sempre sorgere in lei la necessità di agire e ribellarsi, di impedire che il suo spirito si fossilizzi e che lei stessa diventi solo l’ombra di ciò che era.
La stanza è ancora piuttosto spoglia, ma Kenzie è stata in grado di apportare notevoli miglioramenti. Il letto consiste in un semplice materasso a due piazze poggiato per terra, rivestito con un copripiumone decorato con motivi geometrici grigi. Sul parquet c’è un enorme tappetto circolare, che Kenny ha trovato in un mercato dell’usato qualche settimana prima, è un po’ rovinato e ruvido, ma le piace perché sa di vissuto ed è come se, alle spalle, avesse una storia tutta sua. Sopra il letto e, in generale, per tutta la stanza sono appese delle lucine, simili a quelle che si usano come decorazioni natalizie e un grande specchio rettangolare è appoggiato contro un angolo della stanza. Mancano ancora la scrivania e gli armadi, ma per adesso Mackenzie si accontenta del proprio rifugio personale.
«Come mai tutto questo?» domanda Ffion, mentre mangia una fetta di pizza direttamente dal cartone, sdraiata a pancia in giù sul tappeto
«Perché Max è più pesante del solito ultimamente, un’altra cena con lui e mi sarei sparata- mente tranquillamente la gemella, sorseggiando la propria bibita- ehi secondo te quanti grassi contiene?»
«Quando mai ti è fregato dei grassi che consumi?- replica Ffion confusa- non ti credo, secondo me non c’entra niente con Max.»
«E invece ti sbagli, Max è la causa dell’ottanta percento dei problemi della mia vita, tu invece, sei la causa del restante venti percento» dice Mackenzie con un tono fin troppo serio, se paragonato al sorriso ironico che sfoggia.
«Max non crea così tanti problemi» ribatte la sorella debolmente, tenendo lo sguardo fisso sulla propria pizza.
«Dici così solo perché tu sei la causa dell’ottanta percento dei tuoi problemi e Max impallidisce al confronto.»
Ffion non ci prova nemmeno a negare o controbattere, perché sa che Kenny ha ragione. Per lei i problemi maggiori non sono la severità del padre, le sue stupide regole o il trasferimento a Wellston. I veri problemi sorgono ogni volta che è da sola e tutto quello che vuole fare è rannicchiarsi in sé stessa, desiderare di sparire e piangere e pregare di non essere mai nata. Si sente in colpa perché i suoi genitori ne hanno passate tante, Kenny ne ha passate tante - anche se è bravissima a nasconderlo- e non si meritano una sorella e figlia del genere, che non fa altro che causare problemi su problemi. Il vero problema di Kenny è il blocco che la sua mente innalza tutte le volte in cui prova a vivere e lasciarsi andare, la sensazione di debolezza e impotenza che la pervade e la voce infida che, nella sua testa, sussurra: non ce la farai mai.
«Non vuoi scappare vero?» domanda Ffion a fior di voce, mentre è sdraiata di fianco alla gemella, lo sguardo rivolto verso il soffitto e gli occhi pieni di lacrime.
Hanno finito di mangiare da mezz’ora e hanno deciso di sdraiarsi un po’ prima di andare a dormire, consapevoli che stasera il sonno ci metterà un po’ più del solito, ad arrivare.
«No Ffion- risponde Mackenzie sbuffando, esasperata dall’insicurezza della sorella- come ti viene in mente? Ti pare che me ne vado così, a metà anno scolastico?»
«Mi dispiace, sono una stupida, è che ho pensato che te ne volessi andare- adesso Ffion sta proprio piangendo, con enormi lacrime che gli scorrono sulle guance e singhiozzi che gli scuotono il petto- non puoi lasciarmi, non anche tu!»
Mackenzie si alza ti colpo e si fionda dall’altra parte della stanza.
«Basta Ffion, ti prego basta- urla camminando avanti e indietro, infastidita dal pianto della sorella- lo sai che non sopporto quando fai così.»
«Quando faccio così, come?- replica Ffion alzandosi a sua volta- quando piango? O quando parlo di lui?»
«Non ci provare nemmeno Fi, non ci provare!» alza nuovamente la voce Kenny, gesticolando animatamente.  Non è da lei perdere così la calma, ma è stressata per la rapina di domani e per il fatto che, oggi, ha quasi pronunciato il suo nome davanti a Liam.
«È il suo nome il problema, vero? Non vuoi mai parlare di lui, perché? Ti comporti come se nulla fosse successo, come se lui non fosse nemmeno mai esistito! Era nostro fratell.. »
Non fa in tempo a finire la frase che Kenny l’afferra per un braccio e le tappa la bocca con una mano.
«Sai che ti voglio bene stellina, ma prova a dire il suo nome e giuro, che ti tiro una sberla» le sussurra Mackenzie ansante, nell’orecchio.
Rimangono per qualche secondo così, a guardarsi e sfidarsi con gli occhi, poi Kenny molla la presa e Ffion cade all’indietro, direttamente sul letto.
«Domani non me ne vado, ma sai che prima o poi accadrà, quindi ti conviene iniziare ad abituarti all’idea» sussurra Kenny lapidaria, prima di lasciare la stanza, fingendo di non sentire il pianto disperato della sorella.





C'è tutto.
C'è Niall che, poco prima, ha sussurrato a Zayn che lo sta facendo per lui, che si conoscono da diciotto anni ormai e non c'è niente che non farebbe per aiutarlo, ma «ti prego amico, non mettermi più in una porcata del genere» ha aggiunto subito dopo. 
Niall, con le mani che tremano, ma le spalle dritte e lo sguardo fisso davanti a lui, da uomo.
C'è Zayn con l'espressione impassibile e dura, ma lo sguardo basso perché sa che, se si trovano lì, è solamente colpa sua e gli risulta difficile guardare gli altri due ragazzi negli occhi.
Zayn, con il passamontagna in una tasca e la pistola finta nell'altra, che non fa altro che ripetersi che andrà tutto bene e che Kenzie sa cosa stanno facendo. 
E c'è Kenny che, a dir la verità, non ha la più pallida idea di cosa stiano facendo, ma non ha bisogno di ripetersi che andrà tutto bene per sapere che sarà così. Kenny, che trema dall' eccitazione di entrare in azione e agire, ma è fin troppo consapevole di tutta la cautela e prudenza richiesta, e del fatto che non sono ammesse mosse false.
C'è la pioggia che, a Wellston Ohio, non manca mai, c'è la piccola utilitaria color catrame con la targa contraffatta, che Zayn ha ripescato da chissà dove. 
Ci sono sguardi che si cercano, mani che tremano e dita che si sfiorano, delicate come la rugiada che all'alba bacia l'erba e carezza le foglie degli alberi. C'è la strada vuota e bagnata davanti a loro e i the 1975 in sottofondo. 
C'è il coraggio di Niall, la paura di Zayn e la determinazione di Mackenzie. 
Non c'è ancora,  ma ci sarà presto, una rapina che dovrà essere fatta bene o andrà tutto a puttane e a diciannove anni certi casini non li risolvi nemmeno se piangi. Certe colpe non le lavi via nemmeno se sfreghi.

Niall è al volante, sarà lui infatti, l’autista e palo della rapina. Di fianco a lui, Zayn mantiene lo sguardo fisso davanti a sé, mentre Kenny è seduta dietro, leggermente sporta in avanti, in modo da trovarsi con la testa fra quella di Niall e Zayn.
Sono tutti vestiti allo stesso modo, pantaloni neri, scarponi neri, maglione pesante nero e passamontagna nero in tasta. Kenny ha i capelli legati in uno chignon alto, in modo che non sporgano dal cappello e hanno deciso che sarà Zayn a parlare, perché preferirebbero che non si notasse che Kenny è una ragazza. Per questo motivo indossa dei pantaloni tre taglie più larghi che sono tenuti in vita solo grazie ad una cintura ed è sempre per lo stesso motivo che oltre al maglione nero ne indossa altri due, che appartengono entrambi a Zayn. Il piano è semplice e lo avranno ripetuto almeno un milione di volte: Niall accosta nel parcheggio del motel e indossa subito il passamontagna, cercando di nascondersi il più possibile sotto il cruscotto della macchina, nel caso in cui dovessero passare altre vetture o persone, Mackenzie e Zayn escono dalla macchina con il passamontagna già in testa, entrano nel locale e, mentre Zayn si occupa di tenere buoni eventuali clienti, Kenny al compito di prendere i soldi e metterli nel borsone. Una volta fuori si riparte in macchina, a circa sei miglia di distanza c’è un capannone abbandonato in cui hanno precedentemente parcheggiato il pick-up di Zayn, lasciano lì i soldi e la macchina, e tornano a casa. Aspettano un paio di giorni che le acque si calmino e poi tornano a riprendere i soldi, lasciando lì la macchina.
È semplice e non c’è nulla che possa andare storto.
Il viaggio verso il locale sembra durare un’eternità e non si parlano, è vero, ma hanno altri modi per comunicare.
La mano di Zayn che stringe convulsamente la pistola di plastica, mentre quella di Kenny gli carezza delicatamente il dietro del collo, nel vano tentativo di calmarlo e tranquillizzarlo, perché andrà tutto bene. Gli sguardi d’intesa che ogni tanto Niall lancia a Kenny, come per ringraziarla di tutto quello che sta facendo per il amico e al tempo stesso la prega di far sì che tutto vada nel verso giusto e che loro non vengano beccati.
Arrivano al parcheggio del motel e lo capiscono: non c’è più tempo per parlare, per scambiarsi sguardi o tocchi delicati, è il momento di agire.
«Pronto?» domanda Kenny, subito dopo essersi infilata il passamontagna, fissando Zayn dritto negli occhi.
Lui prende un respiro profondo con le mani che, quasi, tremano.
«Pronto» dice sicuro, senza lasciare spazio a qualsiasi tipo di dubbio.
 
  
Niall è in macchina e aspetta.
Aspetta ed è sicuro che non ha mai avuto così tanta ansia in vita sua. Nemmeno mentre aspettava il suo turno all’esame pratico di patente, quando solo il giorno prima gli si era spenta la macchina quattro volte e aveva preso una rotonda in contromano.
Nemmeno l’anno scorso, quando Melanie Kipling gli ha detto di aver un ritardo nel ciclo e ha dovuto aspettare con lei il risultato del test di gravidanza. (Negativo, per fortuna)
Niall è un fascio di nervi e, anche se non crede in dio, si trova a pregare qualsiasi divinità gli venga in mente, affinché tutto vada per il verso giusto. Ha diciotto anni cazzo, è troppo giovane per finire in prigione, ma è maggiorenne, quindi sarebbe inevitabile, se venisse beccato.
Niall, a differenza di Zayn e Mackenzie non è mai stato alla ricerca di emozioni forti, a lui, quello che ha basta. Gli basta Wellston e la sua casa di novanta metri quadri che divide con suo padre. Gli bastano i festini il sabato sera, qualche canna e una scopata, se è fortunato. Gli basta avere la sufficienza in tutte le materie, gli bastano le sue converse sporche e sformate, gli bastano le partite di calcio alla tele la domenica sera e il golf il giovedì. È un tipo tranquillo, un po’ testa di cazzo, ma buono e se si trova lì è solo per Zayn.
Non lo abbandonerebbe mai.
In quel momento, dopo dieci, forse quindici minuti che aspetta le portiere si aprono e due figure si fiondano dentro la macchina.
«Parti cazzo, parti!» urla Zayn al suo fianco.
Non se lo fa ripetere due volte, che subito mette la prima e parte con una sgommata, raggiungendo i 90 km/h in quindici secondi.
Ripercorrono la stessa strada di prima, ma in direzione opposta e, anche questa volta, sono tutti zitti, troppo scossi e spaventati per poter cantare vittoria.
Impiegano circa quindici minuti per raggiungere il caseggiato abbandonato in cui devono lasciare la macchina. Niall sterza violentemente su una stradina dissestata che li condurrà al luogo scelto e Kenny, seduta nei sedili posteriori, viene sballottata da una parte all’altra. Una volta raggiunto il casolare, Niall frena di colpo, mandando Mackenzie a sbattere contro il sedile davanti
«Ma dove cazzo l’hai presa la patente tu? Alla sala giochi?» mormora Kenny, massaggiandosi la testa ferita.
Niall si gira e la guarda, poi guarda Zayn. Ripete l’operazione un paio di volte e poi scoppia a ridere, seguito a ruota dagli altri due.
«Ce l’abbiamo fatta porca puttana!» urla il biondo scendendo dalla macchina, correndo ad abbracciare l’amico.
«Cazzo, sì» replica Zayn, stringendo forte l’amico, tanto da sollevarlo qualche centimetro da terra.
Mackenzie li guarda e ride, sollevata che tutto sia andato per il verso giusto, ma anche eccitata per l’adrenalina che, ancora, le scorre nelle vene.
Dopo che Zayn e Niall si sono separati, il moro si gira a guardarla, mentre lentamente le si avvicina togliendosi il passamontagna dalla testa.
Lo fa piano, prendendosi il suo tempo, certo di avere tutta l’attenzione su di sé. Prima emergono le labbra carnose, piegate nel solito sorrisetto arrogante, poi gli occhi profondi e pieni di aspettativa, infine i capelli, che vengono tirati all’indietro, prima di rimbalzargli nuovamente sul volto.
In quel momento Kenny non riesce a trattenersi, non vuole trattenersi.
Si sfila il passamontagna, sciogliendo contemporaneamente i capelli, che vanno ovunque, e inizia ad andargli incontro a sua volta. Quando mancano giusto un paio di metri allunga al passo, per poi buttarsi in avanti, afferrare il viso di Zayn e stampargli un bacio a piene labbra. Lui non sembra per niente stupito e risponde subito al bacio, poggiando una mano sul fiano della ragazza e l’altra sul dietro della sua schiena, per aiutarla a rimanere in equilibrio in punta di piedi.
Lei indossa almeno sette strati di vestiti, quindi non riesce a sentire bene il tocco del ragazzo, ma sa che c’è, che è lì, sul fianco, sul viso, sulla schiena.
Zayn è ovunque, lei cede terreno come un’armata in ritirata ed è lui a prendere il comando.
«Ce l’abbiamo fatta» sussurra lei. Ad ogni parola pronunciata le sue labbra sfregano contro quelle del moro, che sono esattamente come se le immaginava: lisce e esperte.
«Ce l’abbiamo fatta» ripete lui annuendo, per poi tornare a baciarla, più forte di prima.
Mackenzie non si sarebbe mai immaginata che, il suo primo bacio con Zayn Malik sarebbe stato in un caseggiato abbandonato, vestita come una barbona e dopo aver compiuto una rapina.
Se lo immaginava ad una festa, mentre ballavano con le luci basse e tutti che li fissavano, lei vestita per bene, con il rossetto rosso e i capelli mossi e lui con i soliti jeans strappati e un beanie in testa.
Però non si lamenta perché, visto come bacia Zayn, le sarebbe andato bene anche se fosse avvenuto nel piccolo e polveroso sgabuzzino della scuola, tutti sudati dopo educazione fisica.
«Io davvero odio dovervi interrompere, ma è meglio se adesso andiamo» dice Niall schiarendosi la gola, mentre, imbarazzato, si gratta il retro del collo.
Kenzie e Zayn scoppiano e ridere, prima di darsi un ultimo bacio e avviarsi verso il pick up del moro.
Una volta raggiunto Wellston, Mackenzie si fa lasciare nella via prima della sua, per non rischiare di essere beccata da Max o Ffion. Sta per scendere dalla macchina, quando Zayn la ferma, afferrandola per il braccio.
«Senti, stasera c’è una festa, ti va di venirci?»
Kenny pensa al fatto che è martedì e chi mai farebbe una festa di martedì? Gli abitanti di Wellston, oltre che con le gemelle, hanno un problema con le feste di venerdì sera. O sabato.
Lei lo guarda un po’ divertita, mentre lui sfoggia il suo miglior sguardo seducente: mano fra i capelli e occhi semichiusi.
«Certo, passa a prendermi per le dieci» dice prima di sporgersi in avanti con la testa, verso l’abitacolo per baciare Zayn, ma all’ultimo si gira e schiocca sulla guancia di Niall un rumoroso bacio.
«Guidi di merda, ma sei stato grande» dice prima di girarsi e avviarsi verso casa sua, sotto lo sguardo soddisfatto di Niall e divertito di Zayn.
Ha vinto lei, di nuovo.
 

 

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Capitolo 10
*** Unapologetic ***


Unapologetic

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Wellston, di notte, ha un certo fascino, nota con sorpresa Mckenzie, mentre aspetta che Zayn la venga a prendere nella stessa strada in cui, poche ore prima, l’ha lasciata. Non sa se sia l’eccitazione per la serata che l’aspetta, il pensiero di rivedere Zayn, l’idea di poterlo baciare di nuovo, che renda tutto così piacevole, eppure si trova a ammirare il paesaggio offerto dalla piccola cittadina finora disprezzata. I lampioni illuminano con una luce arancione le enormi e vuote strade, le stelle brillano qua e là nel cielo e ovunque regna una grande pace.
Per una volta non piove, ma si sente nell’aria l’odore di terra e asfalto bagnato, che sembra quasi la promessa di un futuro temporale. Kenny è in piedi al margine della strada, in bilico sul bordo del marciapiede, con l’enorme parka nero che inghiotte la sua figura e un beanie nero a ripararle la testa dal debole vento. In una mano ha un sacchetto contenente i vestiti usati per la rapina, che è riuscita a togliere appena arrivata a casa senza che nessuno si accorgesse di niente, mentre l’altra è infilata nella tasta del giubbotto.
Kenny si sente la padrona della notte in quel momento e non sa se sia a causa della rapina appena fatta, del bacio scambiato con Zayn o semplicemente di Wellston, ma era esattamente questa la sensazione che stava cercando e adesso vuole solo godersela. Mentre è immersa nei suoi pensieri una macchina sconosciuta si accosta al marciapiede, abbagliandola con i fari, per poi suonare il clacson una, due volte.
Mackenzie ha già il dito medio pronto e un vaffanculo sulla punta della lingua, quando il finestrino si abbassa e compare il viso di Niall Horan che, un po’ pallido e agitato, le dice:
«K è successo un casino, sali in macchina e ti spiego tutto».
Ora, Mackenzie Lynch non è una persona che si fa prendere dal panico facilmente, anzi è nota per la sua abilità nel mantenere la calma anche nelle situazioni più disperate, ma se qualcuno le dice che è successo un casino, cinque ore dopo aver commesso una rapina, beh viene naturale pensare al peggio.
«Niall, che cazzo è successo? Parla!» urla una volta salita in macchina e già si immagina le sirene delle polizia che suonano e le luci che lampeggiano, mentre delle volanti li inseguono per tutta la città.
«Si tratta di Zayn» sputa fuori Niall dopo qualche secondo di esitazione.
E se da una parte Mackenzie è decisamente più tranquilla, dall’altra è come se avesse un nuovo peso sullo stomaco. Non le piace l’idea che possa essere successo qualcosa a Zayn, o che il ragazzo si sia potuto mettere nei guai.
«Cos’ha fatto?» domanda sospirando per poi appoggiare la testa contro il finestrino appannato.
«Sarebbe più corretto chiedere cosa gli hanno fatto» risponde criptico Niall, mantenendo lo sguardo fisso sulla strada, senza fornire ulteriori spiegazioni.
Kenny sbuffa esasperata, ma rimane in silenzio e aspetta pazientemente che Niall la conduca da Zayn.
Dopo cinque minuti la macchina si ferma di fronte alla piccola casetta circondata da un vasto campo d’erba, in cui si sono trovati nemmeno una settimana prima per organizzare la rapina.
Niall non fa nemmeno in tempo a spegnere la macchina che Mackenzie è già balzato fuori e si sta dirigendo con passo spedito verso l’abitazione, la preoccupazione che le attanaglia lo stomaco e la voglia di scoprire e capire che cosa diavolo sia successo.  Una volta aperta la porta, la prima persona che vede non è Zayn, bensì Harry Styles, il ragazzo che le dà ripetizioni e per cui- con ogni probabilità- sua sorella Ffion si è presa una sbandata.
«Styles?!- esclama stupida e confusa dalla presenza del ragazzo- cosa ci fai qui?»
Harry rimane per qualche secondo in silenzio, altrettanto sorpreso dalla presenza di Mackenzie- perché questa volta non ha dubbi che si tratti di lei- ma proprio nel momento in cui si decide a  parlare Niall fa irruzione della piccola abitazione, comparendo alle spalle di Kenny.
«Harry, come sta Zayn? È tutto a posto?» domanda con tono concitato, superando la ragazza e avvicinandosi al riccio.
«Si, Zayn sta bene, non è nulla di serio solo qualche botta e graffio- spiega per poi estrarre qualcosa dalla valigetta di pelle che, Kenny non si era nemmeno accorta avesse- ho portato una pomata da spalmare sugli ematomi e delle pastiglie da prendere nel caso in cui il dolore fosse troppo forte.»                                                                  
«Allora? Si può sapere cos’è successo? Dov’è Zayn?» li interrompe Kenny esasperata dalla situazione e dal fatto che non ha la più pallida idea di cosa sia successo. Da come parlano sembra che Zayn sia stato ferito, ma come è successo? La rapina c’entra in qualche modo?
«È in camera sua- risponde Harry con tono apprensivo- ma avrebbe bisogno di riposo, è ancora…»
La ragazza non ascolta nemmeno la fine della frase che subito si dirige verso la camera da letto del moro, mormorando un coglioni a denti stretti, rivolto ai due ragazzi alle sue spalle.
Al centro della stanza c’è un letto ad un piazza e mezza, è disfatto e le coperte stropicciate sono ammucchiate ai piedi di esso, ci sono due armadi, un comodino pieno di accendini, posaceneri e pastiglie, e una scrivania piuttosto vuota e polverosa. Le tapparelle sono chiuse e l’unica fioca luce presente proviene dalla piccola abat-jour poggiata sul comodino. Camera di Zayn è esattamente come il resto della casa: piccola, disordinata e con la puzza di fumo che ormai sarà penetrata anche nella moquette.
Tuttavia la stanza ha un che di accogliente, forse a causa delle pareti, che sono piene di scritte, poster, disegni e foto. Non c’è nemmeno uno spazio libero, ogni centimetro dei quattro muri è coperto da qualcosa.
«Ciao» dice una voce bassa e profonda alle spalle della ragazza.
Mackenzie sa bene a chi appartiene quella voce, così si gira di scatto, desiderosa di vedere con i propri occhi il ragazzo, ma la visione che le si presenta davanti non è delle migliori.
Zayn, infatti, ha un labbro spaccato e uno zigomo -uno dei suo alti e taglienti zigomi- tumefatto, si stringe l’addome con espressione dolorante e fa fatica a camminare.
«Sdraiati Zayn, ti reggi a mala pena in piedi- ordina immediatamente Kenny, offrendo il suo braccio come appoggio- che cazzo hai combinato?»
Zayn rifiuta sdegnato il braccio della ragazza «Non sono paralitico, so ancora camminare da solo» mormora a denti stretti, ma si dirige immediatamente verso il letto, su cui si stende, emettendo qualche gemito di dolore.
«Allora? Mi vuoi spiegare che cazzo è successo o no?» domanda nuovamente Kenny, trattenendo a stento l’impulso di andare da Zayn e toccare con mano ogni centimetro della sua pelle, per controllare che stia bene e che non ci siano ferite gravi.
«Warner Santini» dice semplicemente Zayn, come se questo nome bastasse come spiegazione. Warner Santini è l’usuraio a cui Zayn doveva i soldi, ma Kenny non riesce a capire per quale motivo possa aver fatto una cosa del genere, visto che adesso i soldi li ha.
«Santini, l’usuraio? Per favore potresti usare le tue parole da bambino grande e spiegare cos’è successo? Niente monosillabi.»
«Prima di passarti a prendere per andare alla festa io e Niall eravamo in un pub e c’era anche Santini, mi ha chiesto i soldi, millecinquecento come d’accordo, e io gli ho detto che li avrebbe avuti nel giro di qualche giorno. Lui ha deciso che qualche giorno non era abbastanza in fretta, così ha alzato il prezzo e quando gli ho risposto me le ha date» conclude, alzando gli occhi verso il soffitto, continuando a stringersi convulsamente l’addome.
«E quando ho cercato di aiutarlo si è preso anche quelle che spettavano a me- aggiunge Niall, che Kenny non si era nemmeno accorta fosse entrato nella stanza- io ora devo andare amico, ti lascio le pastiglie che mi ha dato Harry nel caso in cui i dolore si facesse insopportabile e la pomata da mettere sull’addome. Ti chiamo domani per sapere come stai.»
Niall si avvicina al letto di Zayn e gli dà un veloce abbraccio, prima di fare la stessa cosa con Kenny e lasciare la stanza.
Kenny è assolutamente senza parole. Si sente atterrita, sconfitta e delusa dalla situazione generale. Pensava che un volta fatta la rapina tutto si sarebbe sistemato, Zayn avrebbe risanato i suoi debiti e loro avrebbero potuto continuare a divertirsi, uscire, andare alle feste, senza nessun tipo di preoccupazione. Non aveva previsto che una cosa del genere potesse accadere e rovinare completamente il suo piano.
«Non dici niente?» domanda Zayn, visto che Kenny non ha ancora pronunciato mezza parola.
La bionda si avvicina al letto e si siede proprio di fianco a Zayn, attenta a non fargli male o a toccare qualche parte ferita, poi prende una sigaretta, l’accende e sbuffando mormora:
«Cosa vuoi che ti dica Zayn, siamo nella merda- si prende qualche secondo di pausa, giusto il tempo di fare un tiro- di nuovo.»
Lui sembra piuttosto sorpreso dalle sue parole e prontamente interviene per correggerla:
«Io sono nella merda, voi -tu e Niall- non c’entrate niente.»
«Piantala di far finta di non aver bisogno del mio aiuto, che se non fosse stato per me, adesso saresti morto» dice con durezza, ma consapevole della verità nelle proprie parole. Sta freneticamente pensando ad una soluzione, un modo per trovare altri soldi ed evitare che Zayn venga picchiato un’altra volta e solo una cosa le viene in mente: un’altra rapina. Sa che è pericoloso, che sta giocando con il fuoco e che è già tanto se sono riusciti a farla a franca una volta, ma ormai non ci sono altre vie d’uscita.
«Quanto?» domanda dopo cinque interminabili minuti di silenzio.
«Quanto cosa?» è la risposta assonnata di Zayn, la stanchezza e tutti i medicinali che ha in corpo stanno avendo la meglio su di lui.
«Quanto vuole Santini? Ed entro quando?» domanda nuovamente Kenny prendendo la mano di lui fra le proprie, per poi stringerla nel tentativo di svegliarlo.
«Ne vuole altri tremila entro il mese prossimo» sussurra, guardandola con occhi socchiusi.
«Dovremo fare altre due rapine, ma dovremmo farcela. Sarà difficile, ma non impossibile» decreta sicura di sé perché non può arrendersi e lasciare che succeda qualcosa a Niall e Zayn. Ormai si sente troppo coinvolta per potersene andare e fingere che non sia mai successo niente, dire loro “arrangiatevi, adesso sono fatti vostri” e poi sparire per sempre. Inoltre brama quella sensazione di eccitazione e pericolo che ha provato durante l’ultima rapina, sensazione che per lei è sempre stata intossicante, le fa girare la testa e crea dipendenza, come una droga.
«Che cazzo stai dicendo Kenzie, è una follia, non possiamo fare altre rapine…» la voce di Zayn si fa sempre più bassa e debole e, tempo di finire la frase, si è già addormentato.
«Non preoccuparti, non lascerò che succeda niente a te e Niall» sussurra prima di lasciargli un bacio sulla fronte e uscire in punta di piedi dalla stanza.
Mackenzie ci è dentro con tutte e due le scarpe in questa storia e, forse, non se n’è nemmeno resa conto.
 
 
 
Mackenzie sente per la notizia per la prima volta a scuola, il giorno seguente, mentre cammina insieme a Liam e Ffion per i corridoi.
«Hey Kenny hai presente il posto in cui siamo andati a mangiare i brownies settimana scorsa?» domanda il ragazzo di punto in bianco.
«Quello che faceva un caffè pessimo? Come si chiamava, Polly’s Pie?» ribatte la ragazza con indifferenza, fingendo di ricordarsi appena della piccola tavola calda in cui si sono recati nemmeno una settimana prima.
«Penny’s Pie- la corregge subito Liam- comunque ci hanno fatto una rapina, cose da matti.»
«Se? Che strano, questo genere di cose non succedono mai nelle piccole cittadine» continua a dissimulare Kenny, fingendosi del tutto indifferente alla notizia. Prova una strana sensazione in quel momento, come se Liam stesse parlando di un indovinello di cui lei sa la soluzione, ma che non vuole e non può svelare. Sente il brivido della paura di poter essere scoperta e l’eccitazione per aver compiuto un’azione così esagerata e spregevole.
«Ti immagini se fosse accaduto quando eravamo lì noi? Due uomini con il passamontagna che entrano e ci puntano una pistola alla tempia…»
«Per fortuna non è successo- interviene Ffion, rabbrividendo all’idea che in giro possano esserci individui di questo genere – si è ferito qualcuno? Hanno preso i colpevoli?»
Mackenzie finge di guardare il cellulare, ma in realtà ascolta tutto quello che esce dalla bocca di Liam, preoccupata che la polizia sappia troppo. Il ragazzo dice che la polizia non ha in mano niente, sa solo che si tratta di due uomini, entrambi armati e che sono stati molto abili nel loro lavoro, probabilmente non è la prima volta che lo fanno. Anche Ffion ascolta tutto molto attentamente e alla fine quando chiede a Liam come faccia a sapere tutte queste cose, il ragazzo si limita a stringersi nelle spalle e mormorare:
«Mio papà è il capo della polizia di Welston quindi mi raccomando non dite in giro queste cose, sono informazioni riservate.»
Mackenzie non può fare a meno che esultare internamente al pensiero di quante informazioni può sottrarre a Liam senza alcuna difficoltà e senza destare il benché minimo sospetto.
Quel ragazzo si sta rivelando pieno di sorprese e Mackenzie non può che essere felice di aver stretto con lui un così forte legame, certa che i vantaggi che otterrà saranno molti.
«Dai Liam basta parlare di cose tristi e andiamo a teatro, non vedo l’ora di scoprire che cosa ha in serbo Trudy per me-  afferma Kenny ironica tirandolo lievemente per il braccio, per poi avvicinarsi alla sorella e stamparle un rumoroso bacio sulla guancia- noi stellina ci vediamo dopo a casa e buona fortuna con il tuo appuntamento dallo psicologo.»
Il primo impulso che pervade Mackenzie non appena entra nel piccolo auditorium della scuola è quello di scappare. Trudy le sta venendo incontro con in mano una copia del libro “Lo strano caso del dottor Jekyll e Mister Hyde”, i dvd delle due trasposizioni cinematografiche fatte e Mackenzie non ha pensato a niente d tutto ciò. Non ha nemmeno letto tutto il libro.
«Bene, penso che tutti abbiate ricevuto la mia email e che quindi abbiate preparato qualcosa» dice Kenny improvvisando, ben consapevole di non aver mandato nessuna email.
«Quale email?- ribatte prontamente Trudy- io non ho ricevuto niente.»
«Oh che strano, ero proprio convinta di averle mandate, ne sei sicura?» insiste la bionda.
Dopo che tutti, compreso Liam, confermano di non aver ricevuto niente Kenny decide di far finire la lezione prima, visto che nessuno ha avuto la decenza di prepararsi un pezzo.
«Per la prossima settimana voglio che ognuno di voi si prepari qualche riga del personaggio che vorrebbe recitare, badate che non accetterò più scuse- li ammonisce perentoria- se non avete pronto niente, siete fuori dalla recita.»
Dopo che tutti i ragazzi, che sono circa una ventina, hanno lasciato l’aula, Liam si avvicina a Kenny e:
«Sei incredibile» dice trattenendo a stento le risate.
«Non so a cosa tu ti riferisca» risponde Mackenzie, mentre controlla di aver in borsa il libro ed entrambi i film, che le sono stati gentilmente offerti da Trudy.
«Tu non hai mai mandato nessuna email! Non ti sarà neanche venuto in mente di organizzare un programma, ma nonostante tutto sei riuscita a farli sentire in colpa» continua sbalordito, senza smettere di ridere.
«Sono una ragazza piena di espedienti- ribatte stringendosi fra le spalle- e adesso muoviti, che oltre ai compiti di matematica ho un libro da leggere e due film da guardare.»
Liam scuote la testa sospirando, come se ormai avesse perso ogni speranza con lei.
«Kenny, ma almeno sai di cosa parla?» le domanda una volta che sono entrambi saliti sulla sua macchina.
«Diciamo che so i passaggi fondamentali, c’entra una pozione e gente che muore, lo spettacolo verrà una bomba.»
 

Ffion è seduta in un piccolo bar che dista dieci minuti dallo studio dello psicologo, con una tazza di tè caldo in mano e un biscotto ancora intatto davanti a sé. Anche oggi ha deciso che non sarebbe andata dallo psicologo, perché davvero, non ne ha bisogno. I giorni passano lentamente, ma passano. Non è felice, ma non è nemmeno triste e le va bene così, si accontenta di vivere bloccata in questa sorta di impasse, in cui tutto è annebbiato e ogni emozione che prova sembra sbiadita, ovattata.
Il suono del campanello posto sopra la porta, segno che è appena entrato qualcuno, la scuote dai propri pensieri e quando alza la testa rimane stupita dalle persone che si trova davanti. Uno lo riconosce immediatamente, è Zayn Malik, il nuovo amico di sua sorella, mentre l’altro, un ragazzo biondo e piuttosto magro che indossa sempre snapback, pensa di averlo visto un paio di volte a scuola, ma non sa il nome.
Proprio nel momento in cui sta per abbassare lo sguardo per concentrarsi sul proprio tè il ragazzo biondo si volta e le sorride, agitando la mano destra in segno di saluto.
«Ciao Kenny! Pensavo avessi teatro oggi» dice allegro, mentre le si avvicina.
Ffion è nel panico, è successo quello che temeva sarebbe potuto accadere: l’hanno scambiata per Mackenzie.
La soluzione migliore sarebbe quella di alzarsi e dirigersi a testa bassa verso l’uscita, senza guardarli né degnarli d’attenzione, così da evitare di doverci parlare. Tanto lei non li conosce e non le interessa che opinione possano farsi di lei, sarà compito di Kenny spiegare la situazione e lei è sicura che sarà in grado di inventarsi una scusa decente per giustificarla.
Tuttavia nel momento in cui alza lo sguardo si accorge che è troppo tardi perché i due ragazzi sono in piedi proprio di fronte a lei, bloccandole qualsiasi via di fuga. Zayn che ha un brutto livido sullo zigomo destro e un labbro spaccato sembra confuso di vederla lì, mentre Niall la guarda sorridente, aspettando solo una sua risposta.
Quando il silenzio si è fatto troppo imbarazzante Ffion capisce che è arrivato decisamente il momento di parlare, così scuote la testa e:
«Mackenzie è mia sorella, io sono Ffion» sussurra, spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, visibilmente nervosa e abbandonata.
«Non sapevo che Kenny avesse una gemella, Zayn tu lo sapevi?- esclama stupito Niall- comunque io sono Niall Horan, mentre lui è Zayn Malik»
«Piacere di conoscervi, io sono Ffion» ripete nuovamente la bionda. Spera con tutta sé stessa che i due ragazzi se ne vadano e non cerchino in qualche modo di intavolare una conversazione con lei.
«Dai Niall andiamo, lasciamola stare» dice Zayn, parlando per la prima volta da quando è entrato nel piccolo locale, mentre tira per il braccio l’amico.
«È stato un piacere conoscerti Ffion, saluta tua sorella» esclama Niall entusiasta, mentre si avvicina al bancone insieme a Zayn per ordinare.
Ffion tiene la testa bassa e gli occhi rivolti alla propria tazza di tè per tutto il tempo e, soltanto nel momento in cui sente il campanello suonare e vede che i due ragazzi hanno abbandonato il locale riesce a rilassarsi.
Capisce perché sua sorella sia attratta da Zayn, quel ragazzo oltre essere assurdamente bello emana un’aurea di mistero e pericolo a cui, per i tipi come Kenny, è impossibile resistere. Aspetta altri dieci minuti prima di alzarsi e dirigersi silenziosamente verso lo studio dello psicologo, dove sua mamma verrà a prenderla fra circa quindici minuti. Mentre cammina è troppo immersa nei propri pensieri per rendersi conto che, dall’altro lato della strada, seduto su una panchina Zayn Malik sta studiando ogni sua mossa.

 






Ciao a tutti! Mi scuso per il lungo ritardo, ma ho dovuto studiare per il test di medicina e poi ho avuto un po’ di fatica a continuare a scrivere, comunque ecco il nuovo capitolo.
Altre novità tutte insieme: Kenny ha deciso che dovranno fare altre rapine visto che la situazione con Santini sta lentamente degenerando, ha scoperto che il padre di Liam è il capo della polizia di Wellston (cosa che potrebbe esserle molto utile in futuro) e Ffion ha finalmente conosciuto Zayn e Niall!
Ok, adesso credo sia arrivato il momento di parlare di cose importante: non so e continuerò questa storia.
Premetto che io l’adoro: adoro la trama, l’ambientazione, adoro i personaggi e i luoghi, adoro scriverla e passo intere giornate a chiedermi se una determinata scena potrebbe essere adatta alla storia o meno. Penso che sia normale per una “nuova arrivata” faticare ad affermarsi, visto che molte persone si fermano a leggere gli autori che già conoscono senza sperimentare nulla di nuovo, e lo accetto! Ma penso anche che ogni persona abbia i suoi limiti e, forse, zero recensioni negli ultimi quattro capitoli e una caduta in picchiata delle visualizzazioni è il mio. Non era così che mi immaginavo di scrivere questa storia, essendo praticamente una delle mie prime (perché le altre che ho iniziato non sono mai state finite) avrei bisogno di consigli, pareri, suggerimenti. Qualcuno con cui confrontarmi insomma, che poi sarebbe il motivo principale per cui avevo deciso di pubblicarla su un sito: confrontarmi con l’opinione di altre persone.
Probabilmente andrò avanti a scrivere la storia (adoro troppo la trama e i suoi personaggi per lasciarla così, a metà) ma non credo continuerò a pubblicare. Per adesso vi saluto, magari un giorno ritornerò con questa o un‘ altra storia :)
alessandra

Ps: non prendetela come un ricatto, non è che io stia chiedendo un tot di recensioni per continuare a pubblicare, non è davvero così. Solo che, se la storia evidentemente non piace, che senso ha continuare a pubblicare? Un bacio a tutte quelle che hanno letto e si sono sforzate di lasciare un parere, siete state molto gentili.

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Capitolo 11
*** Tequila kiss ***


Tequila kiss.

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La seconda rapina va bene, esattamente come la prima. Kenny è parecchio agitata-sebbene sia riuscita a nasconderlo agli occhi di Niall e Zayn sotto una spessa corazza di sicurezza- perché hanno organizzato tutto troppo rapidamente.  Non sono sicuri che non ci sia un sistema d'allarme e il sopralluogo è stato fatto da Kenny in modo molto rapido, questa volta accompagnata da sua madre, per evitare che Liam sospettasse qualcosa. 
La fretta è motivata da una certa urgenza ad agire il prima possibile che tutti e tre sentono, come se Santini fosse lì dietro di loro, a respirargli sul collo e ricordargli quanto valga la posta in gioco. La vita di Zayn.
Quanto stessero rischiando. Tutto
Il colpo si conclude nello stesso caseggiato della prima rapina, ma questa volta è  Zayn a prendere fra le mani il volto di Kenny per poi far coincidere le loro labbra con violenza, in un bacio carico di tutta l'ammirazione e gratitudine del mondo.
«Mackenzie Lynch- le dice con il fiato corto quando si sono separati, le loro fronti premute l'una contro l'altra- tu sei qualcos'altro.»
Lei semplicemente annuisce perché lo sa, sa bene di essere qualcosa di diverso rispetto quello a cui, solitamente, la gente è abituata. Gli altri pensano sia speciale, quando in realtà è solo fatta male. Difettosa, mal riuscita. Ffion non è l'unica che ha subito le conseguenze del passato, ma Kenny a differenza sua ne è uscita più forte e determinata e non spezzata e impaurita.
Per festeggiare la buona riuscita della seconda rapina decidono di prendere parte ad una festa che si tiene di sabato sera, tre giorni esatti dopo il colpo.  Mackenzie è in camera sua che si sta preparando per uscire, quando sua sorella emerge dalle scale, portando in mano due tazze di tè.
«Avevo preparato il tè anche per te- dice Ffion, muovendo nervosamente i piedi avvolti in pesanti calze di lana-ma a quanto pare stai uscendo.»
«Grazie mille stellina, ma stasera bisogna festeggiare» esulta Kenny, prendendo comunque la tazza e bevendone un breve sorso. 
«Dove vai? Esci con Zayn? O con Liam?» Domanda Ffion, mentre si siede sul bordo del letto, o per meglio dire, materasso. 
«Con Zayn e anche Niall, hai presente il suo amico biondo?- chiede titubante- non so se l'hai mai visto, andiamo ad una festa a casa di non so chi, speriamo ci sia da bere.»
Ffion annuisce, trattenendosi a stento dal domandare cosa ci sia così importante da festeggiare, ha già fatto troppe domande alla sorella e non vuole infastidirla ulteriormente. 
«Conosco Niall- dice invece -l'ho incontrato un giorno nel Cafe vicino allo studio dello psicologo, credeva fossi tu.»
«Davvero? E come è andata?- domanda Kenny studiando attentamente il volto della sorella riflesso nello specchio- c'era anche Zayn?»
All’apparenza potrebbe sembrare una domanda normale, ma Ffion sa bene che dietro le parole della sorella si cela una preoccupazione ben più grande. “Sei riuscita a parlare con degli sconosciuti? Niente attacchi di panico o crisi isteriche?” Ecco cosa intende davvero Kenny con quella domanda.
«È andata bene, gli ho solo detto di essere tua sorella e se ne sono andati» racconta brevemente, bevendo il proprio tè a piccoli sorsi. 
«È carino Niall vero?- la stuzzica la gemella, mentre si infila un mini dress nero, corto fino a metà coscia, con le maniche lunghe- ah scusa, è vero: adesso hai occhi solo per Harry!»
«Non ho proprio niente per Harry!-ribatte Fi arrossendo di colpo, per poi appoggiare la tazza di tè sul comodino, dove è molto più al sicuro rispetto alle sue mani tremanti- ci avrò parlato si e no due volte.»
«Ma che bugiarda- le salta addosso Kenny, facendola finire sdraiata sul letto -tu hai una cotta per Harry niente balle, si vede lontano un miglio! Non mi sposto fino a quando non lo ammetti.»
«Dai Kenny alzati, mi stai schiacciando» si lamenta Ffion, mentre cerca invano di divincolarsi dal peso della sorella.
«Di che ti piace Harry e mi sposto» la minaccia nuovamente, bloccando le sue braccia in una morsa d'acciaio.
«No e poi è troppo grande per me!»
«Ha solo 23, e noi ne facciamo 18 fra due settimane, quindi molto più grande un cazzo» ribatte lasciandole comunque le mani e avvicinandosi allo specchio per potersi truccare e sistemare i capelli. 
«Sto bene da sola,  non voglio nessuno» afferma flebilmente Ffion massaggiandosi i polsi doloranti, odia quando sua sorella fa la prepotente sia a parole che con i gesti. Deve sempre vincere lei, aver ragione lei, dire lei l'ultima parola. Ffion non lo sopporta, eppure ormai ci è talmente tanto abituata che non saprebbe immaginarsi altrimenti. Non riuscirebbe a concepire una Kenny diversa da quella che c'è ora davanti a lei, anche sforzandosi. 
Non è nemmeno sicura di volerla, una Kenny diversa. 
«Oh stellina, tu al mondo non sai proprio stare, è questo il problema» ribatte la gemella rassegnata, mentre si sistema il ciondolo a forma di busta dentro al vestito ed inizia ad acconciarsi i capelli.
Ffion rivolge alla sorella un’ultima occhiata, prima di dirigersi verso le scale.
«Dov’è la tua?» domanda Kenny a bassa voce, con un tono molto simile a quello che ha usato nell’ultima frase: rassegnato, deluso e anche un po’ infastidito.
«Cosa?» ribatte Ffion non capendo.
«Il tuo ciondolo, quello che ci ha regalato lui, dov’è? Perché non lo metti?» insiste, fissandola dritta negli occhi.
Ffion apre la bocca una, due, tre volte, ma senza emettere nessun suono.
Come può dire a Kenny che quella collana, per lei, è più pesante di un macigno? Che, tutte le volte che ha provato ad indossarla, il suo peso le faceva incurvare le spalle e le bruciava il petto? Che quella piccola busta dorata riesce a contenere tutta la delusione e rabbia che prova per sé stessa? Per lei non è un ricordo, solo il simbolo del suo più grande fallimento.
«E tu invece?- ribatte a bassa voce, sostenendo con coraggio lo sguardo della gemella- perché lo metti sempre?»
«È un ricordo» sentenzia tagliente, voltandosi di scatto per poi tornare ad osservare la propria immagine allo specchio.
«Un ricordo o una condanna?» domanda Ffion, a voce così bassa che dubita la sorella sia riuscita ad udire le sue parole. Aspetta ancora qualche secondo, ma quando Kenny si volta per cercare qualcosa nell’enorme armadio di mogano, lascia la stanza con lo stesso silenzio con cui è entrata.
Non si è accorta del tremore nelle mani di Kenny, né dei suoi occhi fattisi improvvisamente lucidi.
Due fiumi in piena pronti a straripare.

Mackenzie e Zayn arrivano alla festa insieme, mano nella mano. Niall cammina qualche metro davanti a loro e non appena mettono piede nel piccolo soggiorno, in cui sono riuniti almeno una ventina di ragazzi, tutti si voltano a guardarli, chi con invidia, chi con gelosia e chi con desidero. Sono belli da togliere il fiato.
Hanno optato entrambi per il total black: collant venti denari, vestito largo e ankle boots per Kenny e jeans strappati e giaccia di pelle per Zayn.
Sono belli e opposti.
I capelli, gli occhi, la pelle cozzano fra di loro, ma il contrasto non è sgradevole, anzi questo particolare non fa che rendere la coppia ancora più ipnotica.
«Con cosa vuoi iniziare- domanda Kenny trascinando Zayn per mano fino al bancone in marmo su cui sono disposti bicchieri, alcolici e bevande gassate- rum e pera?»
«Rum e pera vanno bene» concorda Zayn, districando la proprio mano dalla stretta della bionda, per poter versare il liquido ambrato in un bicchiere di carta rosso.
Ingoiano tre chupiti uno di fila all’altro e Kenny vorrebbe andare avanti, berne un altro e poi un altro ancora, perché è da troppo tempo che non si prende una sbronza come si deve, ma Zayn la costringe a fermarsi.
«Usciamo a fumare» dice ad alta voce, avvicinandosi all’orecchio della ragazza per farsi sentire sopra la musica assordante. Kenny trattiene il fiato mentre sente la barba di lui solleticarle la guancia e il suo respiro caldo sul collo le provoca brividi alla base della schiena. È inebriante avere Zayn così vicino, molto più dei shots di rum che ha appena ingurgitato.
Camminano silenziosamente sempre mano nella mano, facendo finta di non notare che tutti gli sguardi siano su loro due. Le ragazze si staranno chiedendo chi è quella bionda che è sempre attaccata a Zayn, sarà il suo nuovo passatempo? Il giocattolino del mese? Mentre i ragazzi si chiedono com’è possibile che Mackenzie sia arrivata in città da poco più di un mese e sia già caduta vittima del fascino da cattivo ragazzo di Zayn.
«È incredibile» dice Zayn a bassa voce una volta che sono fuori, nascosti dietro l’ombra di un albero, lontano dagli occhi che non hanno fatto altro che fissarli per tutta sera.
«Che non stia piovendo? Si, è davvero incredibile, pensavo fosse una sorta di legge non scritta di Wellston» ribatte Kenny serissima. Zayn è appoggiato alla corteccia umida del fusto dell’albero, una mano in tasca e l’altra a reggere la sigaretta, Mackenzie è in piedi proprio, davanti a lui. Sono pochissimi i centimetri che li separano, la bionda riesce anche a sentire il calore che il corpo del ragazzo emana, basterebbe solo un piccolo passo per far coincidere i loro corpi, ma lei rimane ferma dov’è . Sa che volendo potrebbe toccarlo, allungare la mano e stringere quella più grande e calda del ragazzo, senza che lui si scosti o infastidisca, ma non lo fa. Le piace, tuttavia, sapere di aver raggiunto questa intimità.
Zayn ride sommessamente a bocca chiusa, fa un paio di tiri e poi riprende a parlare.
«La sensazione che si prova durante e subito dopo una rapina, non ci sono parole per descriverla, è incredibile.»
«Niall le avrebbe, le parole e probabilmente sarebbero: assoluto terrore o ansia infinita» ribatte Kenny, buttandola nuovamente sul ridere.
Zayn le rivolge un mezzo sorriso esasperato, per poi continuare:
«Quella sensazione…»
«Ti fa sentire invincibile- lo interrompe Kenny, buttando la sigaretta da qualche parte nel giardino- come se, fatto quello, potessi fare tutto. Ti senti vivo, ma vivo veramente e ti chiedi come hai fatto ad andare avanti tuta la tua vita, senza aver mai provato una sensazione simile. Ti fa sentire grande e piccolo allo stesso momento, ti destabilizza, ma ti dà una sicurezza mai avuta prima».
Ha gli occhi cristallini rivolti al cielo scuro, le nuvole, sempre presenti a Wellston oscurano tutte le stelle. Ha le guance rosse per il freddo e la mano destra, quella che sta usando per sistemarsi i capelli dietro l’orecchio, trema leggermente. Fa un freddo cane, ma non vuole rientrare, le piace la conversazione che sta avendo con Zayn. Si sente capita.
«Ma tu l’hai già provata questa sensazione, dico bene?» la interroga lui spegnendo la sigaretta contro il tronco umido dell’albero.
«Sì- lo dice piano e a bassa voce- ma è stato diverso, io ero diversa.»
È una parte del suo passato di cui non le va di parlare, non l’ha mai fatto e non ha intenzione di iniziare adesso. Ad un festa, con Zayn.
«Diversa? In che senso?» insiste lui, perché è sempre difficile immaginarsi le persone diverse da quelle che sono. Mackenzie in particolar modo, con la sua sicurezza e spavalderia, sembra essere nata così, sembra essere una di quelle persone che non vengono mai scalfite dalla durezza della vita, che non importa quello che succede, loro sanno sempre come cadere in piedi.
«Diciamo che ero il Niall della situazione- spiega criptica lasciandolo a bocca aperta- torniamo dentro, fa freddo.»
Una volta dentro Mackenzie si scrolla il giaccone di dosso e tira nuovamente Zayn verso il tavolo della tequila. Il salone è molto più buio di prima, sembra che abbiano spento quasi tutte le luci, lasciando i due faretti colorati agli angoli della stanza come unica fonte d’illuminazione. Anche la musica è più alta e le persone si sono ammassate verso il centro per poter ballare liberamente.
Fa caldo, ed è difficile camminare fra quella marea di colpi sudati e in movimento, ma alla fine riescono a raggiungere il bancone.
«Allora, a cosa passiamo?» domanda Kenny, studiando gli alcolici rimasti sul tavolo: c’è una bottiglia di vodka ai frutti di bosco, ma è troppo dolce, assenzio, ma è troppo amaro e, infine, non rimane che la tequila.
«Tequila?» domanda Zayn sollevando la bottiglia, dubbioso.
«Va bene, ma la beviamo a modo mio» risponde Kenny con un sorrisetto malizioso, perché all’improvviso le è venuto in mente il modo perfetto per movimentare un po’ la sua serata.
Subito afferra un limone, che giace ancora intero sulla superficie di marmo fra bicchieri e bottiglie vuote, e lo taglia in spicchi sottili, poi prende la ciotolina di sale e la posiziona lì vicino, accanto alle fette di limone.
Compie lentamente un passo verso Zayn e «Piega la testa» dice a bassa voce, prima di spremere un po’ di succo sul collo liscio e teso del ragazzo. Zayn rimane perfettamente immobile, tremando leggermente quando il liquido freddo si scontra contro il suo collo caldo, ma non protesta e lascia che Kenzie continui con la sua impresa. La bionda prende un pizzico di sale fra il pollice e l’indice e delicatamente lo lascia cadere sul collo del ragazzo, mantenendo gli occhi bassi, fissi sui tatuaggi che spuntano dalla maglietta lievemente scollata. Non osa guardare le labbra del ragazzo, così rosse e carnose, né tantomeno i suoi occhi ambrati che seguono attenti ogni suo movimento.
Vuole vincere e per farlo non deve abbassare la guardia.
«E adesso?» domanda lui cercando inutilmente con gli occhi lo sguardo della ragazza.
«Adesso tu metti in bocca la fetta di limone- spiega, mentre gliene porge una- poi io devo leccare il limone dal tuo collo, bere le shottino e dopo tu mi passi il limone.»
«E come te lo passo, con le mani?» domanda lui, provocandola con uno sguardo malizioso negli occhi.
«No- dice per poi alzare lo sguardo verso il viso del moro, con la sua stessa malizia negli occhi- certo che no, me lo passerai con la lingua, o forse non fa per te? Posso sempre chiedere a Niall se è interessato…»
«Cosa aspetti?- la interrompe lui lievemente scocciato- inizia pure.»
Mackenzie, ride fra sé e sé, prima di compiere un ulteriore piccolo passo in direzione del moro. Fa tutto molto lentamente, studiando ogni singola reazione di Zayn, perché in questo momento è lei al comando.
Appoggia entrambe le mani candide sulle spalle del ragazzo, notando solo in quel momento quanto siano grosse e muscolose poi, sempre molto lentamente, si avvicina con la testa, lasciando che i suoi respiri caldi gli colpiscano il collo, provocandogli brividi alla base della nuca.
Quando la punta della sua lingua entra in contatto con il collo di Zayn, Kenny sente che il respiro gli si smorza in gola e deglutisce rumorosamente, mentre aspetta che la ragazza finisca con la sua dolce tortura.
Una volta fatto, Mackenzie si gira velocemente e afferra lo shot di tequila, lo ingoia in un sorso solo e si rigira piena di aspettativa verso Zayn, che riesce a risultare bellissimo anche con lo sguardo sconvolto e una fetta di limone fra le labbra. Il liquido trasparente le brucia la gola e le ha lasciato un pessimo sapore in bocca tuttavia non può fare a meno che avvicinarsi a Zayn togliergli quella ridicola fetta di limone dalle labbra per poi far coincidere con forza le loro bocche.
Inizia come un semplice scontro di labbra, bocca chiusa e niente lingua.  È solo quando Zayn si riprende dalla confusione iniziale e circonda la vita di Kenzie con il proprio braccio, che il bacio inizia a farsi più appassionato, in uno scontro di lingue, morsi e saliva.
Zayn sa di limone e Kenny di tequila, sono insoliti come sapori, ma insieme si sposano alla perfezione.
 
 
È domenica mattina e Ffion è seduta in cucina che fa svogliatamente i suoi compiti, la sera prima ha passato ore e ore a rigirarsi nel letto per poi cadere in un sonno agitato e turbolento e adesso vorrebbe solo dormire. Ma domani ha una verifica di algebra e una probabile interrogazione in storia, quindi deve studiare, per forza. Inoltre si sta avvicinando il suo diciottesimo compleanno e questo vuol dire che il periodo più brutto dell’anno è alle porte. Dicembre le porta sempre alla memoria ricordi orribili.  
«Buongiorno tesoro! -la saluta sua madre, entrando proprio quel momento in cucina- come mai sveglia così presto?»
L’impermeabile viola melanzana che indossa è bagnato segno che fuori sta piovendo, e Ffion rabbrividisce quando la donna si china per darle un bacio a causa delle sue guance congelate. Molto probabilmente è appena tornata da messa, mentre Max si sarà fermato al bar della città per bere un caffè e scambiare quattro chiacchiere, prima di tornare a casa per pranzo. La madre ha un sorriso stanco e triste, sembra sul punto di scoppiare a piangere, ma del resto, quando non lo sembra?
«Devo studiare, domani ho una verifica- risponde Ffion poggiando la penna sul quaderno, per dedicare la propria attenzione alla madre che ha peso a trotterellare per la cucina- e poi sono le dieci e mezza, non credo che possa considerarsi presto.»
«Beh in confronto a tua sorella di sicuro, quella pigrona dorme sempre fino a mezzogiorno!- dice ridendo sommessamente, mentre afferra delle carote per lavarle- è proprio uguale a Louis in questo!»
Un silenzio tombale avvolge improvvisamente non solo la cucina, ma tutta la casa. Ffion sente improvvisamente freddo, vorrebbe correre in camera sua e nascondersi sotto le coperte, chiudere gli occhi e non svegliarsi più. Improvvisamene il silenzio viene sostituito da un fischio acuto che le rimbomba nella testa e una sequenza di immagini le passano davanti agli occhi: vede un ragazzo bellissimo che gioca a calcio, che recita al centro del palco, che fa surf su un mare azzurro e profondo come i suoi occhi.
Si schiarisce la gola, cerca di fingere un minimo di contegno davanti agli occhi della madre, che ormai sta piangendo liberamente ancora china sulle carote che stava lavando.
«Kenny è uguale a Louis in tutto» dice semplicemente a voce bassa, prima di afferrare il suo quaderno e fuggire in camera sua. Il periodo peggiore dell’anno è ufficialmente appena iniziato.
 

 
 
 

 
 
Ciao!
Sono passati quasi tre mesi dal mio ultimo aggiornamento, ma infondo avevo detto che mi sarei presa una pausa no? Diciamo che le ragioni per cui ho voluto smettere di pubblicare sono ancora lì, non è che ho improvvisamente cambiato idea. Ma in questo lungo periodo di pausa alcune persone mi hanno scritto, mi hanno detto quanto ci tenevano alla storia e mi ha fatto davvero piacere. Di recente ho ritrovato la voglia e il tempo di continuare e mi sembrava giusto, nei loro confronti, pubblicare. Non è detto che questa storia verrà portata a termine su questo sito, come ho detto nella nota precedente il mio entusiasmo nel pubblicare è sceso sotto ai piedi. Comunque passiamo alla storia!
First things first: all’inizio Zayn dice a Kenny “Tu sei qualcos’altro”.
In italiano questa espressione non rende molto, diciamo che dovrebbe essere la traduzione dell’inglese “you are something else”.
La festa si conclude con il bacio fra Kenny e Zayn e nonostante io citi lingua, saliva e morsi, posso assicurarvi che nella mia testa è uno spettacolo pieno di contegno.
Infine Louis fa la sua prima apparizione nella storia!!! Omg!!!
Qualche pensiero, idea, parere, commento?
Grazie per aver letto, buon natale, buon anno e buone feste!
Alessandra.

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Capitolo 12
*** Aut-Aut ***


Aut-Aut

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Ffion è sdraiata sul letto in camera sua e si sta distrattamente mordicchiando l’unghia del pollice destro con lo sguardo fisso sul libro di matematica, quando la sua concentrazione viene interrotta da un familiare squillo. Individua immediatamente il proprio telefono appoggiato al comodino e nota che le è appena arrivato un messaggi di Kenny.
"Ho dimenticato il libro di matematica in macchina di Liam, puoi venire a portarmi il tuo in biblioteca? Per favore stellina! " recita con tanto di cuoricini finali e la promessa che saprà come sdebitarsi. Ffion ne dubita, perché Kenny non chiede mai, si limita a prendere quello che vuole e poi non restituisce niente. 
Tuttavia si sta annoiando a casa, è una settimana, ormai, che studia per questo compito di matematica e si sente pronta, inoltre crede che distrarsi un po' le possa fare bene. Così si alza, afferra un paio di jeans a caso e indossa il maglione più pesante che trova, quello blu che ha ricevuto in regalo dalle infermiere il giorno in cui l'hanno dimessa dall'ospedale. Erano state così carine.
Si ricorda ancora la sorpresa che aveva provato nel vedere il pacco colorato sul proprio letto. 
«Così non avrai più freddo» le aveva detto Ester una delle infermiere più anziane, mentre lei con mani tremanti lo scartava. È l’unico ricordo felice di un periodo orribile. 
«Papà, posso uscire a portare il libro di matematica a Kenny? Ha dimenticato a scuola il suo» domanda una volta raggiunto il salone al padre che, in tuta, è impegnato a guardare una partita alla televisione. Max non ha molti interessi - a parte rendere la vita delle figlie un piccolo inferno in terra- se non è al lavoro è al bar a bere caffè e se non è al bar è seduto davanti alla televisione a guardare partite. Di qualsiasi sport. 
«Ti devo accompagnare?» Domanda senza distogliere gli occhi dallo schermo, troppo preso dalla partita per degnare la figlia di un’occhiata. Probabilmente l'avrà anche già vista, quella partita. 
Se avessi la patente potrei andarci da sola” vorrebbe rispondere Ffion, ma si morde la lingua perché conosce bene il  ha motivo per cui il padre non vuole che nessuna delle sue due figlie prenda la patente. Lo capisce e non può biasimarlo, quindi si limita a fare spallucce, assumendo un’espressione disinteressata: può anche andare a piedi, visto che la biblioteca non è molto lontana.
«Ci penso io caro, tranquillo!» Si offre Clarice, entrando in quel momento nella stanza. Appoggiati sul naso porta degli occhiali dalla montatura semplice, segno che probabilmente stava leggendo o facendo le parole crociate.
«Mamma non c'è bisogno- ribatte Ffion debolmente- posso andare a piedi,  non piove nemmeno forte.»
«Oh non dire sciocchezze, tanto non ho niente da fare» insiste, con il solito sorriso affettuoso tipico di Clarice Lynch. È tanto buona, come donna, mentre la vita nei suoi confronti, lo è stata un po' di meno. 
Una volta in macchina, madre e figlia rimangono in silenzio per circa trenta secondi prima che Clarice attacchi a parlare:
«Tra poco è il vostro compleanno- dice con voce carica d'emozione- non ci credo che le mie bambine stanno per diventare maggiorenni! Volete fare una festicciola a casa? Invitare qualche vostro amico?»
È carina a chiederglielo, anche se sa che Max non darà mai alle figlie il permesso di fare una festa. E comunque Ffion non ha amici da invitare, quindi non ci tiene nemmeno. 
«No, penso di no, però grazie lo stesso» lo dice, perché lo pensa davvero. 
«E per il regalo? Hai già un'idea di quello che vuoi?» torna a domandare, ma ormai sono quasi arrivate. 
«Credo che Kenny voglia un paio di stivali, verrebbero a costare un occhio della testa quelli che vuole lei, ma magari trovi qualcosa di simile» dice a bassa voce. Lei non vuole niente per il compleanno, non le interessano le cose materiali, vorrebbe solo che quel periodo passi il più velocemente possibile. Vorrebbe solo uscirne indenne. Vorrebbe solo non sentire niente. 
La madre sta per correggerla, dirle qualcosa come «sciocchina, voglio sapere cosa vuoi tu, non tua sorella»
Ma ormai sono arrivate davanti alla biblioteca e Clarice non fa in tempo ad aprire bocca che Ffion la precede.
«Penso che mi fermerò qua a studiare con Kenny, torno dopo con lei va bene?»
«Oh certo tesoro- risponde con qualche secondo di ritardo,  piacevolmente sorpresa della richiesta della figlia-  chiamatemi se devo venirvi a prendere, va bene? Ti voglio bene»
«Anche io» ribatte Ffion, salutando sua madre con la mano, mentre osserva la macchina allontanarsi per le vie bagnate di Wellston. 
Una volta dentro Ffion scopre che la  biblioteca è sorprendentemente vuota e non riesce a trovare Kenny da nessun parte. 
«Hey stellina, siamo qui! » urla la voce allegra e squillante di sua sorella, proveniente dal piano di sopra. 
«Ssh Kenny abbassa la voce, siamo pur sempre in una biblioteca» la ammonisce una voce profonda. 
Una voce da uomo. Che sia Liam? Ma no, è una voce troppo profonda per essere la sua.
Ffion si ferma al primo scalino. Kenny non è da sola e lei non è sicura di avere le forze di affrontare uno sconosciuto in quel momento. 
«Dai Harry, siamo praticamente da soli, chi vuoi che disturbo- ribatte Mackenzie con tono saccente- Ffion, ti muovi? Devi solo fare una rampa di scale. »
Ah, quindi non è uno sconosciuto, ma si tratta di Harry. Harry e i suoi lunghi capelli castani, Harry e i suoi profondi occhi verdi, Harry che non vede dal giorno dell’incidente, quando si era sdraiata in mezzo alla strada e stava per essere investita dal suo fuoristrada. 
Da una parte vuole rivederlo perché è la prima persona che le ha dedicato delle attenzioni dopo tanti anni, è stato bello poter parlare con lui, senza Kenny di mezzo a rubare tutta l'attenzione. Non è che sia gelosa della sorella- attenzione- sa che Kenny non lo fa apposta, ha semplicemente un carattere troppo forte, che il più delle volte oscura quello di Ffion. E Ffion sa che a volte dovrebbe ribellarsi, alzare la voce e dire quello che pensa, ma è così difficile per lei.
Mentre dall'altra vorrebbe scappare, lasciare il libro di matematica lì sulle scale e poi correre il più velocemente possibile verso l'uscita, senza degnare Harry nemmeno di uno sguardo.
Mackenzie però non le lascia il tempo di compiere una scelta, perché arriva saltellando giù per le scale e la trascina per un braccio al secondo piano, facendola quasi inciampare negli scalini. Harry è seduto al tavolo, intento a correggere gli esercizi di Kenny. Indossa una camicia a righe che porta arrotolata fino ai gomiti, i capelli sono legati in un adorabile codino, tranne per qualche ciuffetto che spunta a solleticargli la nuca, e le sue dita sono adornate da numerosi anelli. Gli occhi si muovono velocemente sul foglio ogni tanto, sottolinea qualche errore per poi scarabocchiare la spiegazione a lato, sembra stanco e ha il viso sciupato, probabilmente perché insegnare ad una studentessa come Kenny richiede un sacco di energia.
«Oh ma che carina, mi hai portato davvero il libro di matematica!» nota Kenzie, per niente stupita.
«Ciao Harry» mormora Ffion a bassa voce ignorando completamente le parole della sorella. 
«Oh ciao Ffion, come mai anche tu qua?» la saluta, aprendosi in un sorriso tutto denti. Sembra quasi un bambino quando sorride, con le fossette sulle guance e gli occhi pieni di gioia. 
«Oh, sono solo venuta a... » inizia a spiegare, ma viene prontamente interrotta da Kenzie. 
«Ops, veramente è colpa mia -dice la sorella fingendosi dispiaciuta-  adesso io avrei da fare, quindi mi chiedevo se non potevi dare ripetizioni a lei anzi che a me?»
«Ma in realtà.. » protesta Harry, visibilmente a corto di parole.
«Dai Harry ti prego! Tanto Max ti paga per dare ripetizioni, poco importa a quale delle due le dai.»
«Si, ma Kenny sei tu quella che ha bisogno» prova a ribattere, ma è difficile andare contro Kenny. Ha un modo di parlare e atteggiarsi quella ragazza, che ti spinge a concederle tutto quello che vuole. 
«Solo questa volta, ti prego» spalanca gli occhi e sbatte un paio di volte le palpebre, perché sembrare carine aiuta sempre. 
«Ma abbiamo fatto solo un'ora e mezza e fra due giorni hai un compito in classe, come pensi di passarlo?» insiste Harry, determinato a non cedere.
«Copierò da Liam e farò il miglior compito di sempre!-  Harry ride sommessamente e Kenny esulta, interpretando questo gesto come la resa del ragazzo- sei il migliore Harry! Grazie anche a te stellina, ci vediamo a casa!» Stampa un bacio sulla guancia della sorella e poi si precipita giù per le scale, per recarsi solo il cielo sa dove. 
«Voglio almeno una B!» urla Harry, continuando a ridere e ricevendo in risposta un «sara fatto capo!» prima di udire la porta della biblioteca sbattere. 
Ffion ha osservato tutta la scena in piedi e in silenzio, non riesce a credere che sua sorella sia riuscita ad incastrarla di nuovo. 
«Tua sorella è la ragazza più sfacciata che io abbia mai conosciuto- le dice Harry, scuotendo la testa incredulo -ma non restare lì in piedi, vieni siediti.»
Le indica il posto di fianco al suo, dove fino a qualche minuto prima era seduta Kenny. Lei fissa la sedia per qualche secondo, per poi optare per il posto di fronte ad Harry piuttosto che di fianco. 
«Oh va bene- dice preso contro piede,  evidentemente non si aspettava questa sua mossa, non dopo aver passato un'ora in compagnia di Kenny-  così è un po' difficile per me controllati mentre fai gli esercizi.»
Lei rimane in silenzio per qualche secondo, confusa. Ma di che esercizi sta parlando? 
«Ah no, grazie ma non ho bisogno di ripetizioni in matematica, me la cavo da sola» spiega arrossendo lievemente per non esserci arrivata subito, è sicura di star facendo la figura della scema, visto che impiega almeno cinque secondo buoni per rispondere ad ogni domanda del ragazzo. 
«Ti piace la matematica?» domanda Harry sinceramente interessato.
Questa volta è lei ad essere presa contro piede, perché che gli importa? Adesso che sa che non deve più darle ripetizione dovrebbe solo voler andare via. 
«Puoi andare, se vuoi» risponde quindi, tenendo lo sguardo basso, verso le proprie mani che sono in quel momento appoggiate sul banco. 
«Non me ne voglio andare-ribatte lui scuotendo le spalle-allora la matematica è la tua materia preferita?»
«No, per niente, sono solo brava- spiega a bassa voce e poi, non sa nemmeno lei dove, trova il coraggio d'aggiungere-la filosofia è la mia materia preferita»
«Davvero? -Harry spalanca gli occhi sinceramente sorpreso- come mai? Quale autore ti piace?»
«Adoro Platone e Socrate, tutto il loro studio sull'anima  e anche Kierkegaard, è il mio autore preferito per adesso.»
«La grandezza non consiste nell'essere questo o quello, ma nell'essere se stesso, e questo ciascuno lo può se lo vuole.»
«Cosa?» Ffion solleva lo testa verso quella del ragazzo, fissandolo nei suoi occhi limpidi. Due gemme preziose, che riescono a brillare anche illuminate dalle insulse luci al neon di una qualsiasi biblioteca di provincia.
«Oh, è solo..»
«Un pezzo di “Aut-Aut”, lo hai citato a memoria» dice Ffion estasiata, con un tono che trabocca di ammirazione e stupore. 
«Oh si, anche a me è sempre piaciuta la filosofia- si giustifica mentre si sfrega la nuca, distogliendolo sguardo da Kenny a metà fra il compiaciuto e l'imbarazzato- anche se alle superiori preferivo chimica e biologia.» 
Le sorride e Ffion sente che potrebbe sciogliersi lì, in quel esatto momento, seduta su una sedia scricchiolante, mentre lui la guarda con quegli occhi che lei non ha ancora imparato a leggere e parlano di filosofia.
«Che ne dici, andiamo a prenderci un tè?- Propone il ragazzo, dopo qualche secondo di silenzio saturo d'imbarazzo- a meno che non hai cambiato idea sulle ripetizioni di matematica, ovviamente.»
Ffion rimane a bocca aperta, di nuovo, e per un millesimo di secondo pensa che l'abbia invitata ad uscire, ma ovviamente non è così. Si sta solo comportando in modo gentile, probabilmente si sentirebbe in colpa a lasciare Ffion in biblioteca da sola. Harry sembra il tipo di ragazzo che si sentirebbe in colpa per ogni tipo di sciocchezza, dal non dare soldi al mendicante che si piazza sempre davanti alla chiesa, al lasciare una ragazzina dallo sguardo triste da sola in biblioteca. 
«No, non ho bisogno di ripetizioni»  risponde convinta, perché davvero in matematica ha sempre avuto una media ottima, in più ha già passato tutta la mattina a fare esercizi su esercizi.
«Allora perfetto! C'è un bar qui vicino dove fanno dei biscotti alle noci fantastici, ti piacciono le noci Ffion?» 
«Sono allergica alle noci» risponde fissandolo, mentre indossa il cappotto verdone che portava anche l’ultima volta che l’ha visto.
«Oh, che peccato- nel dirlo il suo viso si rabbuia e sembra esserci rimasto male veramente, ma tempo cinque secondi e un sorriso fa di nuovo capolino sul suo volto- sono sicuro che la torta al limone è altrettanto buona! Io non l’ho mai assaggiata, ma mia sorella ne è sempre andata pazza.»
«Hai anche tu una sorella?» domanda Ffion sorpresa, anche se di fatto non ha nessun motivo di esserlo. Conosce a mala pena Harry, per quel che ne sa potrebbe anche essere sposato e avere due figli.
«Gemma, è una ragazza fantastica, molto dolce- dal tono che usa traspare tutto l’affetto che prova per la sorella- ma stavamo parlando di te! Altre allergie di cui dovrei essere a conoscenza per future uscite?»
«Mmh no, nessuna» risponde d’istinto e, solo una volta che entrambi sono fuori e stanno camminando fianco a fianco sui marciapiedi bagnati di Wellston, si rende conto delle parole del ragazzo. Immediatamente arrossisce e fa del suo meglio per nascondersi nell’enorme sciarpa grigia che le avvolge il collo. Questa non è un’uscita e non ce ne saranno di future, sentenzia dopo qualche secondo d’agitazione, riuscendo a riacquistare un po’ di calma interiore. Ovviamente tutti i suoi sforzi sono resi vani nel momento in cui, entrando nel bar, Harry le apre la porta e poggia una mano sulla parte bassa della sua schiena, invitandola ad entrare.
«Prima le signorine» sussurra sorridente, quando Ffion lo guarda allibita e per il resto del pomeriggio non fa altro che ripetere nella sua testa che questa non è un’uscita. Questa non è un’uscita.



Mackenzie cammina a passo sicuro per le strade solitarie di Wellston, ogni tanto passa qualche macchina, ma per lo più si trova a passeggiare da sola, sotto la pioggia fredda. 
Le fa male la testa a causa di tutta la matematica fatta - ben due ore di ripetizioni!!!- e vorrebbe solo dormire, purtroppo però non può farlo perché deve assegnare i ruoli per lo spettacolo della scuola e preferisce togliersi subito il pensiero. Dopo dieci minuti a passo sostenuto, arriva davanti a casa di Liam, ma anzi che suonare come qualsiasi persona normale farebbe, inizia a girare intorno alla casa, cercando di capire quale sia camera del ragazzo. Dopo un veloce giro d'ispezione e qualche sbirciatina alle finestre è abbastanza sicura che camera di Liam si trovi al secondo piano.
Non le resta che arrampicarsi. 
Si sfrega energicamente le mani fredde nel tentativo di recuperare un minimo di sensibilità e poi inizia ad arrampicarsi lungo il traliccio attaccato alla parete esterna della casa, per permettere alle piante rampicanti di crescere. Dopo due cadute evitate all'ultimo e un momentaneo cedimento della mano destra, riesce ad arrivare alla finestra e nota con sollievo che si tratta proprio della finestra di Liam, infatti il ragazzo è nella stanza che gioca a qualche videogame seduto sul letto, con la schiena poggiata contro il muro. Immediatamente Kenny inizia a bussare contro la finestra, fa freddo e teme che la presa della mano destra possa cedere di nuovo da un momento all'altro. Quando la sua nocca è ormai diventata dolorante dal continuo battere ed è certa che finirà con il culo per terra da un momento all'altro- dannato Liam!- il ragazzo si gira verso di lei e, dopo un attimo di smarrimento, si precipita ad aprire la finestra. 
«Aiutami!» ordina Kenny stremata e il ragazzo afferra subito e con un presa decisa entrambe le sue mani, tirandola dentro la stanza, ma forse non aveva previsto che Mackenzie non sarebbe riuscita a reggersi sulle sue gambe e alla fine capitombolano entrambi per terra. Liam sbatte la schiena contro il pavimento ricoperto dalla moquette, mentre Kenny cade su Liam, infilandogli un ginocchio ossuto nella coscia e un gomito nelle costole.
«Gesù Liam, mi hai ucciso» annaspa, dopo essersi alzata e sdraiata sul letto. Liam rimane sdraiato per terra per qualche secondo ancora, anche Kenny lo ha ucciso e in più di un solo modo. È stata la prima volta che ha avuto un contatto così ravvicinato e intimo con la ragazza e la sorpresa ed emozione è stata talmente forte, che pensava che il cuore volesse uscirgli dal petto. “Sei una mammoletta Liam Payne” si insulta da solo, dopo aver formulato quel pensiero.
«Cosa ci facevi alla mia finestra?» domanda dopo essersi alzato e seduto sopra la propria scrivania, cercando di fare del suo meglio per camuffare il fiatone.
«Te l'ho detto che sarei venuta no?- domanda Kenny come se fosse la cosa più normale del mondo presentarsi alla finestra di qualcuno- Eccomi qui.»
«Si ma ti aspettavo alla porta, non alla finestra!» ribatte.
«Metti che mi apriva tuo padre o peggio tua madre?! Non piaccio ai miei di genitori e devo piacere ai tuoi? Poi ho un mal di testa che metà basta, non ero porta ad uno sforzo simile.»
La verità è che non gliene frega niente di quello che i genitori di Liam possano pensare di lei, ma il solo fatto di conoscerli le fa salire l’ansia, già la cotta di Liam è fastidiosa, non osa immaginare quanto sarebbe soffocante conoscere anche la sua famiglia. Meglio mantenere un minimo di distanze.
«Kenny?» la chiama per riscuoterla dai suoi pensieri.
«Che c'è adesso?» risponde sbuffando e sdraiandosi a pancia in giù sul letto, con il viso appoggiato sulle mani.
«I miei sono fuori, solo l'unico in casa.»
«Non me lo dire ti prego, il sacrificio del gelsomino non può essere stato vano» sbiascica, con la testa schiacciata contro il cuscino dei ragazzi.
«Che c’entra ora il gelsomino?»
«Credo di averlo ucciso mentre cercavo di arrampicarmi- si interrompe, ci pensa trenta secondi buoni e poi continua- no, penso solo di averlo ferito gravemente, ma aveva già una brutta cera di suo.»
Liam alza gli occhi al cielo esasperato, dovrà inventarsi una scusa con sua mamma, ma non è un problema. Di solito non le piace mentire ai sui genitori, ma per Kenny potrebbe fare volentieri un’eccezione e poi come ha detto la ragazza, il gelsomino aveva già una brutta cera di suo.
«Ah e comunque carine le lenzuola della carica dei centouno- aggiunge Kenny, sedendosi a gambe incrociate- molto virili.»
Il ragazzo arrossisce violentemente e nel tentativo di cambiare argomento dice:
«Sei tutta bagnata, vuoi un asciugamano?»
«Sono bagnata? Ah si Liam?» ribatte lei con uno sguardo malizioso, alzando e abbassando le sopracciglia, godendosi ogni momento dell’imbarazzo di Liam.
«Emh, i capelli, intendevo i capelli- si corregge, rendendosi conto solo in quel momento del doppio senso nascosto dietro alle proprie parole- vado a prenderti un asciugamano.»
E corre fuori dalla stanza il più velocemente possibile, lasciandosi alle spalle la risata divertita di una Mackenzie soddisfatta.
«Senti Liam- domanda Kenny ad un certo punto, interrompendo il piacevole silenzio che avvolgeva la stanza- tu conosci un certo Harry Styles?»
Hanno finito da circa mezz’ora di assegnare le parti, è stato più semplice del previsto- considerando che Liam si è ritrovato a fare la maggior parte del lavoro- e adesso stanno guardando insieme il film tratto da Dottor Jekyll e mister Hyde. Kenny ne avrebbe fatto anche a me, ma considerando che non ha intenzione di leggere il libro, si è trovata costretta a vedere il film.
«Mmh, il cognome mi è familiare- risponde il ragazzo dopo averci riflettuto per qualche secondo- ma non riesco a ricordarmi se lo conosco o meno, perché ti interessa?»
«Così, volevo solo sapere qualcosa in più su di lui» risponde scuotendo le spalle, non le interessa tanto Harry, quanto sapere perché lui e Zayn si conoscono. Sono amici? Se così fosse, perché non li ha mai visti insieme, se non la notte in cui Zayn è stato ferito? Non ha nemmeno idea di che lavoro faccia Harry, per adesso ha sempre pensato che vivesse di ripetizione, il che è un po’ stupido.
«Come volevi sapere qualcosa di più su Zayn?» replica piccato sottovoce, forse sperando di non essere sentito da Kenny.
«Quanto sei noioso Liam- sbuffa Mackenzie, perché ha sentito benissimo le parole del ragazzo e trova questa sua gelosia infantile oltre che fastidiosa- mia sorella ha una cotta per lui, quindi volevo sapere che tipo fosse, non che siano affari tuoi.»
Detto questo Kenny si alza, si sfila la pesante felpa rossa che Liam le ha prestato, visto che stava congelando dal freddo, e informa il ragazzo che è tardi e deve andare.
Liam annuisce offrendole un passaggio in macchina, mentre mentalmente si dà dello stupido: sa sempre come rovinare tutto con Mackenzie.
 
 
 
 
Per le sette di sera entrambe le sorelle Lynch si trovano davanti alla staccionata bianca di casa loro, sono arrivate insieme, neanche si fossero messe d’accordo.
Mackenzie è arrivata a piedi dopo aver assicurato a Liam che “No, non è un problema camminare fino a casa e si, prenderò il tuo stupido ombrello”, mentre Ffion è stata accompagnata in macchina da Harry che non ha voluto sentire ragioni perché “Ffion fa freddo, è buio e piove, non esiste che torni a casa a piedi, per favore sali in macchina, sarei infinitamente più tranquillo se tu mi lasciassi accompagnarti a casa”.
«Allora stellina bella, come è andato il tuo appuntamento galante?» domanda Mackenzie pizzicando l’orecchio della sorella, giusto per infastidirla un po’, mentre con l’altra mano saluta Harry che si sta allontanando in macchina.
«Smettila, avresti potuto avvisarmi che c’era anche Harry così avrei evitato di fermarmi e sarei tornata a casa subito» si finge arrabbiata, ma è debole il suo tentativo,  perché non può negare di aver passato un piacevole pomeriggio con Harry. Non è che le piaccia lui eh, le piace semplicemente stare con lui.
Harry è carino. Non è il tipo di persona che si vergogna nel dire quello che pensa, ma non è sfacciato come Kenny. Dice quello che pensa perché vuole e crede sia giusto farlo, non lo dice con l'intento di metterla in imbarazzo o in difficoltà. Ha il tipo di sincerità che ti aspetteresti di trovare in un bambino, pura e innocente, senza alcuna traccia di malizia.
«Non fare la noiosa, so che ti è piaciuto il vostro appuntamento» sbuffa Kenny, roteando gli occhi. Mackenzie trova noiose un sacco di cose: la matematica, la fisica, Liam che fa il geloso, Liam che si preoccupa per niente, Ffion che si rifiuta di vivere, sua madre che finge di non sapere che lei fuma, Max che crede ancora che tutte e due le su figlie rispettino le sue stupide regole e la lista è ancora lunga.
«E tu con Zayn? Cosa hai fatto?» cerca di cambiare argomento Ffion, per evitare di rispondere alla provocazione della sorella.
«Eh magari fossi stata con Zayn- replica con tono sognante, mentre si accende una sigaretta- ero da Liam, abbiamo scelto i ruoli per la recita scolastica.»
«Divertente» commenta Ffion, guardandosi gli stivaletti sporchi di fango e erba.
«Un vero spasso.»
Una volta che Kenzie ha finito di fumare e ha lanciato il mozzicone ormai spento in mezzo alla strada si incamminano entrambe verso la porta di casa, pronte ad affrontare le domande dei genitori sul loro pomeriggio in biblioteca insieme.
«Tra due settimane…» inizia Ffion, quando sono giunti di fronte alla porta di casa.
«È il nostro diciottesimo compleanno» Kenny completa la frase al posto suo, lanciandole uno sguardo severo, che dovrebbe servire come avvertimento. La fissa negli occhi per qualche secondo e quando vede che la sorella non ha intenzione di proseguire, afferra la maniglia della porta di casa e si fionda nell’abitazione, lasciandosi avvolgere dal debole tepore.
«Non è questo quello che volevo dire» ribatte Ffion a bassa voce, mentre con spalle basse, segue la sorella in casa. Vorrebbe solo parlarne con qualcuno e avere la possibilità di ricordarlo, ogni tanto.
 
A tavola quella sera regna un gran silenzio, l’unico rumore che si sente sono le posate che ogni tanto sbattono contro i piatti di ceramica. Nessuna domanda da parte dei genitori, nessuna chiacchiera inutile, anche la tele è spenta.
«Quindi che succede?» domanda Mackenzie a metà cena, dopo aver smesso di mangiare e poggiato le posate contro il piatto ancora mezzo pieno.
Max e Clarice si scambiano uno sguardo preoccupato, come se stessero decidendo a chi tocca sganciare la bomba, perché non c’è dubbio che si tratta di una novità non troppo piacevole.
«Torniamo a casa» è Clarice a parlare infine, e Mackenzie si vergogna infinitamente della codardia di Max.
«Cosa?» domandano in sincrono le due gemelle, perché vivono a Wellston solo da un paio di mesi e che motivo hanno per trasferirsi, di nuovo?
«Quello che vostra madre intendeva dire è che fra due settimane tutti e quattro torniamo a Stockbridge, ma solo per un paio di giorni, non è una cosa definitiva» spiega Max, tenendo lo sguardo fisso su Ffion.
«No! Ve lo scordate proprio, io lì non ci torno» replica Kenny, dando sfogo a tutta la sua rabbia.
Non è il luogo il problema- Stockbrgdge le fa schifo tanto quanto Wellston- e sarebbe carino rivedere i suoi vecchi amici, ma la ragione per cui vogliono fare questo viaggio le fa salire il sangue al cervello, le mani le prudono tanta è la rabbia che prova in questo momento. Doveva aspettarsi una mossa del genere da Max, perché sa che è una sua idea.
«Tesoro non dire così, non possiamo non andare a trovare Lo..»
«Non dire il suo nome!» strilla Kenzie alzandosi di colpo sull’orlo dell’isteria, facendo cadere la sedia all’indietro, con il dito puntato verso la madre. “Sono ridicoli, sono tutti quanti ridicoli” pensa, mentre fa del suo meglio per bloccare tutti i ricordi che stanno per assalirla.
«Non urlare contro tua madre Mackenzie- tuona Max alzandosi di colpo- e non fare l’egoista, questo è il minimo che tu possa fare!»
«Il minimo??- sbraita la ragazza alzando ulteriormente la voce, ignora Ffion che si alza da tavola e scappa in camera sua a piangere, e ignora anche sua madre che, con tono cauto, cerca di calmarla. In questo momento tutta la sua attenzione è rivolta a Max- Non è il minimo, è l’unica cosa che posso fare!»
«Tu verrai, dannazione!» sentenzia Max lapidario, sbattendo con forza il pugno contro il tavolo. Ha il viso paonazzo per la rabbia, le narici dilatate e i muscoli delle spalle contratte. Dovrebbe far paura, ma Kenny lo trova solamente ridicolo.
«Io starò a casa- ribatte Mackenzie scandendo bene ogni parola, sfidando con lo sguardo l’uomo in piedi di fronte a lei- se non ti sta bene, fatti tuoi.»
Silenzio. Si sente solo il respiro affannoso di Max e il ticchettio delle lancette dell’orologio.
Mackenzie guarda Max, poi Clarice e poi di nuovo Max. È tutto così patetico. Volta loro le spalle e corre fuori di casa, sotto la pioggia fredda e furiosa , per le strade grandi e solitarie di Wellston. Corre finché non le manca il fiato, il cuore le sembra di scoppiare e i polmoni le bruciano per carenza di ossigeno.
Si ferma solo quando è circondata dal buio, non ha la più pallida idea di dove si trovi e le luci dei lampioni sono ormai lontane. Ha freddo perché è uscita senza cappotto ed è bagnata fradicia, ma alzando gli occhi verso il cielo scuro, l’unica cosa che riesce a vedere è il suo viso e la pioggia che cade, improvvisamente, ha il suono della sua voce.
Mackenzie finalmente è a casa.

 
 
 
Ciao a tutte!
Per la gioia di molte (e anche mia) Harry e Ffion hanno fatto il loro ritorno ed ora in poi saranno sempre più presenti! In questo capitolo sono inseriti molti dettagli importanti, per ora solo accennati, ma che più avanti verranno spiegati meglio e che saranno fondamentali per la storia.
Ffion parla di un certo periodo che ha dovuto passare in ospedale, che potrebbe o meno essere parte del motivo per cui si sono trasferiti (occhiolino, occhiolino). Poi Liam è il solito sfigato di sempre che non ne fa mai una giusta, mentre Harry e Ffion iniziano piano piano a conoscersi.
Kierkegaard è un filosofo tedesco che è stato tipo il fondatore dell’esistenzialismo, scusate ogni imprecisione, ma è quasi un anno che non studio più filosofia (e mi manca da far schifo!!!)
La parte finale è tutta dedicata a Max e Kenny anche se di fatto ruota interamente intorno ad una persona, che è stata nominata per la prima volta nel capitolo precedente: Louis! Avete capito chi è? E qualche idea su cosa gli è successo?
Questo capitolo è stra lungo perché con ogni probabilità il prossimo aggiornamento ci metterà una vita ad arrivare, grazie per aver letto e grazie per aver recensito!
Vi auguro un meraviglioso 2016,
alessandra

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Capitolo 13
*** Lay it all on me. ***


Lay it all on me.


 
Mackenzie torna a casa alle tre di notte, è stanca e zuppa dalla testa ai piedi, ma si sente più viva che mai. Ha visto il suo viso e sentito la sua voce, provando un piacere così amaro da risultare doloroso, a lungo andare. Solitamente non si concede il lusso di pensare a lui -a quando era vivo, giovane e bello- lo tiene rinchiuso in un angolo della sua mente e fa l’impossibile per allontanare il suo ricordo. Ma alle volte succedono cose come queste, una litigata con Max, la radio che passa la sua canzone preferita, il cielo che assume la sfumatura esatta dei suoi occhi e, improvvisamente, ogni sforzo di allontanarlo diventa vano. I ricordi la colpiscono senza sosta come una pioggia di meteoriti, la feriscono e la mandano in fiamme, Mackenzie brucia, mentre i suoi occhi non vedono che il suo viso e l’unico suono che riesce a sentire è la sua voce. È qualcosa di talmente intimo e intenso che, dopo, si sente fisicamente stanca, come se avesse appena corso per venti kilometri sotto il sole cocente, ma allo stesso tempo si sente viva. È spaventoso, emozionante, doloroso, coinvolgente tutto insieme, è esattamente come la faceva sentire Louis.
E non potrebbe essere altrimenti
Ffion l'aspetta seduta con le gambe incrociate sul divano, ha gli occhi iniettati di sangue per tutte le lacrime che ha versato e uno sguardo preoccupato, che è tutto per Kenny. Non appena la vede entrare dal corridoio di ingresso, si alza di scatto e le porge un enorme asciugamano verdone, mentre un sospiro di sollievo lascia le sue labbra. Sua sorella è di nuovo a casa, sana e salva.
«Fatti una doccia calda- le dice sottovoce, abbracciandola stretta stretta, come se avesse paura che Kenny possa scappare di nuovo- io ti preparo un tè.»
Kenny rimane ferma immobile, rigida con le braccia lungo i fianchi senza ricambiare l’abbraccio della sorella. Non ci sono parole per descrivere come si sente, da una parte vorrebbe andare a letto e dormire per due settimane di fila, dormire fino a quando il suo compleanno non sarà passato e tutta la questione non sarà che un ricordo lontano. Dall’altra parte però sa che non deve arrendersi, non se lo può permettere e deve continuare a lottare, come sempre, nell’unico modo che conosce per andare avanti.
«Lo odio» confessa nell’orecchio della sorella, il tono freddo e lapidario e a Ffion viene nuovamente da piangere perché sa bene quanto siano vere quelle parole. La sua famiglia sta cadendo a pezzi e lei teme di venire travolta dalle macerie della sua distruzione, perché di scappare per mettersi in salvo non ne è mai stata capace.
«Vai a lavarti» ripete con tono strozzato, liberando Kenny dal suo abbraccio e dirigendosi in cucina per prepararle il tè che le ha promesso.
Venti minuti dopo sono entrambe sdraiate nel letto di Kenny, spalla contro spalla, strette l'una all'altra, anche se il letto è ad una piazza e mezza e di spazio ce n’è in abbondanza. Non si sente alcun rumore, tranne i loro respiri pesanti, anche la pioggia ha finalmente smesso di cadere, concedendo a Wellston qualche ora di tregua. Kenny ha i capelli umidicci e delle pesanti calze di lana ai piedi, ogni tanto sorseggia il tè preparatole dalla sorella, mentre con disappunto nota di avere già il naso che cola. Un raffreddore è l'ultima cosa di cui ha bisogno in questo momento, ha troppe cose di cui deve occuparsi per permettersi di ammalarsi.
Ffion è la prima a rompere il silenzio. 
«Sei arrabbiata?» domanda con la voce strozzata, mentre tira più su il piumone e guarda la sorella con occhi timorosi. Non era questo quello che voleva chiederle, ma sono le uniche parole che è riuscita a tirare fuori.
«Si, ma non con te» è la replica immediata di  Kenny, dura e lapidaria. Decisamente incazzata, ma con una calma tale da risultare inquietante. Di Kenny non devi preoccuparti quando urla, sbraita e sbatte le porte, ma quando è calma e ti guarda con tanta freddezza, che uno sguardo è sufficiente a farti tacere.
Ffion annuisce, ma la verità è che non riesce a capire Kenny, non ci è mai riuscita, del resto. Lei avrebbe accettato subito di tornare a Stockebridge, stava già annuendo quando Kenny ha iniziato a protestare.
Ogni metro percorso verso di lui sarebbe una sofferenza, come sale che sfrega su ferite che non si rimargineranno mai perché troppo profonde e infette, ma lo avrebbe fatto per lui, perché anche se adesso non c'è più non si merita di passare quel giorno da solo. Ffion vuole andare perché pensa che sia giusto nei confronti di Louis e non si sentirebbe a posto con la propria coscienza se non lo facesse. 
«Sono ridicoli cazzo, ridicoli- borbotta nuovamente Kenny dopo qualche secondo -tutto questo è colpa loro, lo capisci vero Ffion? Hai idea di quante cose sarebbero diverse, adesso, se solo Max non fosse una gigantesca testa di cazzo fissata con il controllo? Se non avesse fatto ciò che ha fatto? È colpa sua, è tutta colpa sua!»
Si addormentano così, con Kenny che borbotta imprecazioni verso il padre, stringendo i pugni e digrignando i denti, mentre Ffion annuisce e fa del suo meglio per non scoppiare a piangere. Di nuovo.
 
Quella mattina Kenny si sveglia all’alba, quando il sole non ha ancora fatto la sua comparsa nel cielo e la pioggia cade nuovamente e senza sosta sopra tutta Wellston. Lentamente e in silenzio abbandona il tepore del proprio letto, attenta a non svegliare Ffion, che dorme di fianco a lei e si dirige in bagno, intenzionata a lasciare la casa prima che Max o sua madre si sveglino. Si veste velocemente e controvoglia, indossa un paio di skinny jeans scuri e un maglione nero a collo alto, lega i capelli in uno chignon disordinato e si limita ad applicare una passata di burro cacao, prima di afferrare borsa e giubbotto e uscire di casa. Cammina sotto la pioggia, senza ombrello, fino a scuola. Fa freddo e la pioggia le colpisce il viso in potenti sferzate, ma lei si stringe addosso il pesante parka nero e continua a camminare a testa alta, mentre la musica dei Mumford and sons le risuona nelle orecchie. Prima di uscire di casa ha sprecato una manciata di minuti per andare in cucina, afferrare il bloc-notes su cui di solito sua madre appunta la lista della spesa e scrivere a caratteri cubitali:
Io non tornerò a Stockebridge, fine della storia.
Il messaggio iniziale era molto più corto e volgare, rivolto unicamente a Max, ma alla fine ha preferito non esagerare, limitandosi a ribadire la propria posizione. Non cambierà idea e non è intenzionata ad arrendersi e quel biglietto è un chiaro messaggio.
Arriva a scuola con mezz’ora di anticipo, così decide di sedersi sul muretto, riparato dalla tettoia, che si trova di fianco all’ingresso e tira fuori la sua copia del “Dottor Jekyll e Mister Hyde”, pronta ad usare quel tempo per portarsi avanti con la lettura, visto che al momento è ancora molto indietro. È difficile leggere quel libro senza pensare a Louis, deve concentrarsi per evitare che le immagini di suo fratello che recita su un palco non facciano capolino nella sua mente. E ci riesce, almeno per i primi venti minuti.
Dopodiché s’arrende, rimette il libro in borsa e tira fuori una sigaretta dal pacchetto mezzo vuoto.
«Mackenzie? Come mai già a scuola?» domanda una voce stupita alle sue spalle. Kenny tira un paio di boccate alla sigaretta, sospira profondamente e:
«Ciao Liam, c’è sempre una prima volta, ti pare?- domanda senza voltarsi verso il ragazzo- in questo caso prima e ultima.»
Liam si siede di fianco a lei e la osserva con espressione corrucciata, come se non fosse convinto della spiegazione della ragazza, ma allo stesso tempo non osasse chiedere altro. Il solito apprensivo, fifone, pesante Liam.
«Sicura che non sia successo niente? Ffion dov’è?» domanda cautamente, mentre si sistema i capelli e osserva Kenny sempre più preoccupato.
«Cristo Liam, sei in vena di domande oggi, dammi un attimo di respiro!» ribatte scocciata, per poi aspirare l’ultima boccata di fumo e lanciare il mozzicone da qualche parte sul vialetto d’ingresso della scuola. È nervosa e arrabbiata per quello che è successo ieri sera, in più Liam continua a farle tutte queste domande che aumentano la sua agitazione. Mackenzie sente che sta per scoppiare e non ha idea di quello che potrebbe fare, se questo dovesse accadere.
«Hey Liam» dice alzandosi e per attirare l’attenzione del ragazzo, tutto preso ad osservare le proprie scarpe. Improvvisamente le è venuta in mente l’idea perfetta.
«Dimmi Kenny.»
«Hai mai saltato scuola?» lo chiede con un sorriso malizioso e un tono strano nella voce, come se lo stesso sfidando e prendendo in giro contemporaneamente.
«Kenny, no» ribatte categorico.
«E dai, c’è sempre una prima volta per tutto no?» insiste, fissandolo dritto negli occhi, mentre sbatte le palpebre con aria civettuola. Lui fa finta di pensarci per qualche secondo, prima di annuire e afferrare la mano che Kenny gli porge come invito, per poi seguire la ragazza sotto la pioggia, in direzione della propria macchina. Mackenzie ottiene sempre quello che vuole, ma con Liam è fin troppo facile.
 
«E se ci beccano?» domanda Liam per l’ennesima volta.
Lui e Kenny sono seduti in macchina, la pioggia che sbatte contro il parabrezza e il tettuccio produce un rumore assordante e Liam non fa altro che preoccuparsi.
«Beccarci a fare cosa? Hai diciotto anni Liam, puoi fare quello che vuoi!» ribatte sbuffando, le sembra di star parlando con Ffion, lei e Liam hanno la stessa abitudine di preoccuparsi per cose inutili.
«Ma..»
«Ma niente! Non chiameranno nemmeno i tuoi genitori, perché sei maggiorenne e puoi firmarti da solo le giustificazioni, adesso basta preoccuparti, altrimenti tu vai pure a scuola, mentre io rimango qua.»
Quella frase è sufficiente a convincere Liam. Non tanto la parte sull’essere maggiorenne, fin lì ci era arrivato da solo, ma quella in qui Kenny gli ha dato un ultimatum: o stai con me e smetti di preoccuparti, oppure salto scuola da sola. Con ogni probabilità Makcenzie si sarebbe rivolta a qualcun altro per tenerle compagnia, qualcuno molto più solito a saltare la scuola. Qualcuno come Zayn Malik, per esempio. O magari quell’Harry Styles di cui gli ha chiesto il giorno prima. E beh, Liam non può permettere che questo accada e non si tratta unicamente di un fattore di gelosia, sebbene la sua cotta per Kenny sia innegabile. Liam vuole tenere Zayn il più lontano possibile da Kenny perché sa che lui porta solo guai e la ragazza e già abbastanza incasinata di suo senza che qualcuno venga ad aggiungere legna al fuoco.
«Dove vuoi andare?» domanda Liam ormai rassegnato, mentre accende la macchina e esce dal parcheggio scolastico.
«Portami in un posto bello, un posto che ti piace» risponde Mackenzie distrattamente, con lo sguardo fisso fuori al finestrino e le mani strette in grembo.
Liam guida in silenzio per le strade vuote e bagnate, mentre Kenny canticchia la canzone che stanno passando alla radio in quel momento e ogni tanto lo guarda con la coda dell’occhio. È un bravo ragazzo Liam e forse non si merita tutti i casini in cui Kenny lo sta trascinando, ma de resto lei non l’hai mai costretto a fare nulla, quindi è facile scrollarsi di dosso il senso di colpa che ogni tanto l’attanaglia. Soltanto in quel momento, mentre Liam guida attraverso le strade grandi e solitarie di Wellston, Kenny si rende conto di quanto sia stanca e stufa di tutto. Probabilmente le poche ore di sonno mischiate agli avvenimenti della sera prima hanno avuto un brutto effetto su i suoi nervi, perché si sente stranamente fragile, come se stesse camminando in punta di piedi sull’orlo di un precipizio, mentre lotta con tutta se stessa per non cadere giù fra le tenebre. Deve tenere duro, continua a ripetersi nella sua testa, presto passerà tutto.
«Dove siamo?» domanda quanto vede che Liam esce dalla strada principale, per imboccare una stradina laterale e dissestata, che si snoda in mezzo al bosco.
«Alma’s lake» risponde con una scrollata di spalle, gli occhi fissi sulla strada e le mani strette intorno al volante.
«Mi porti al lago mentre piove? Bella mossa genio» lo schernisce, ridacchiando sottovoce, svogliatamente.
«Mi hai chiesto di portarti nel mio posto preferito- ribatte, fermandosi con la macchina in una piccola radura- e io ti ci ho portato.»
Mackenzie si guarda attorno ma non vede nessun lago, solo alberi coperti di muschio, erba, pietre e altri alberi.
«Carino Liam, ma il lago dov’è?»
«Il sentiero non è percorribile in macchina- spiega corrucciato- dovremmo proseguire a piedi.»
Mackenzie allora annuisce e si allaccia stretta il parka, pronta ad avventurarsi sotto la pioggia per vedere questo lago. Non è che passeggiare sotto la pioggia sia il suo passatempo preferito, ma non piove più forte come prima ed è curiosa di vedere questo lago.
«Cosa fai? -domanda stupito Liam, quando vede la ragazza aprire la portiera e fiondarsi fuori dall’abitacolo- non vedi che piove ancora? Aspettiamo almeno che smetta.»
«Dai Liam non fare il noiso! Pioviggina a mala pena e poi sono già tutta bagnata per aver camminato fino a scuola sotto la pioggia, che differenza vuoi che faccia?»
A quelle parole Liam arrossisce violentemente e lentamente esce dalla macchina, mentre Kenny sospira e alza gli occhi al cielo: certe volte Liam si comporta proprio da dodicenne.
Insieme camminano l’uno di fianco all’altro, ognuno stretto nel proprio giubbino, con il cappuccio alzato per proteggersi sia dalla pioggia, che dal vento freddo.
«Come mai è il tuo posto preferito?» domanda Kenny, cercando di non scivolare per terra, anche se è abbastanza difficile visto che la pioggia ha bagnato ogni superficie, rendendola scivolosa. Dopo la terza volta che rischia di finire con il muso per terra, Liam allunga un braccio e le afferra il gomito guidandola gentilmente, ma con fermezza, per tutto il resto del percorso. Il ragazzo rimane per così tanto tempo in silenzio, che Kenny inizia a temere che non abbia sentito la sua domanda, ma quando finalmente escono dal bosco e il lago diventa visibile, il ragazzo inizia a parlare.
«Non sono mai stato al mare- spiega a bassa voce, mentre fissa il lago di fronte a sé- ho sempre voluto vedere l’oceano, ma i miei sono sempre stati più i tipi da montagna.»
«Quindi questo è il tuo mare?» domanda Mackenzie, mentre si osserva intorno. 
Non è niente di particolare, il lago è piccolo, proprio come se lo aspettava, nell’altra sponda ci sono solo albero verdi e imponenti, esattamente come quelli alle sue spalle. Sono due i colori che prevalgono su tutto: il verde dell’erba, del muschio e delle foglie e il grigio del cielo, che si riflette sull’acqua calma del lago. Non è niente di speciale, eppure Kenny riesce a capire perché Liam ci sia affezionato, è uno di quei posti che ti fanno sentire a casa. O che sono in grado di farti sentire la mancanza di casa. Uno di quei posti che non riescono a lasciarti indifferenti, ti provocano comunque qualche emozione, positiva o negativa che sia. E Mackenzie vive per provare emozioni. Non è come Ffion che cerca disperatamente di non provare niente, che vive intrappolata in un passato che finirà per schiacciarla, se non se ne libera al più presto.
Kenzie vive nel presente, qui e ora, il passato se lo lascia alle spalle e non si cura del futuro.
«È meraviglioso, Liam» dice con la voce strozzata, mentre la sua mente si perde in ricordi di tempi passati. Deve assolutamente far vedere questo lago a Ffion, è sicura che lei lo adorerà.
«Kenny, sei sicura di star bene? Ti vedo un po’ pallida.»
La voce di Liam le sembra lontana mille miglia, debole e ovattata. Improvvisamente tutto si fa sfocato e non sa se è per colpa delle lacrime che le riempiono gli occhi oppure se è per colpa della stanchezza che tutto d’un tratto l’ha colpita, indebolendole le gambe e facendole girare la testa. Kenny annuisce debolmente, prima di chiudere gli occhi e lasciare che l’oscurità l’avvolga.
 
Si sveglia parecchie ore dopo, confusa e accaldata. Apre gli occhi lentamente e si tira su di scatto, ma la vista le si offusca e una mano la spinge delicatamente a stendersi di nuovo.
«Hey vacci piano, non vorrai svenire un’altra volta» dice una voce profonda e familiare.
«Harry Styles?» domanda confusa, aprendo gli occhi e mettendosi in posizione seduta più lentamente rispetto a prima, per evitare di star male di nuovo. È seduta su quello che sembra essere un divano, con una pesante coperta in patchwork ad avvolgerla e tenerla al caldo.
Il salone in cui si trova è piccolo, ma accogliente. Le pareti sono color panna e ricoperte da innumerevoli fotografie, tutte con cornici di forma e dimensione diverse. C’è una libreria piena zeppa di libri, che divide la zona soggiorno dalla cucina, mentre dalla parte opposta c’è un comodino su cui è posizionato un televisore. Riesce a vedere delle scale nell’angolo più lontano della stanza, ma non sa dove portino. Non sa nemmeno dove si trovi, a dirla tutta.
«Dove mi trovo? Cos’è successo?» domanda finalmente, con voce gracchiante, mentre si concentra sulla figura di Harry, in piedi proprio di fianco a lei.  Indossa dei jeans scuri e una felpa marrone, ma non porta le  scarpe quindi, con ogni probabilità, Kenny si trova a casa del ragazzo.
«Tieni, bevi questo» la incoraggia, porgendole un enorme bicchiere contenente una bevanda arancione, ma all’ultimo sembra ripensarci, probabilmente non fidandosi della presa della ragazza, e lo avvicina alle sue labbra, in modo che possa lei bere direttamente, senza sforzarsi.
Kenny ingoia due lunghe sorsate, ma non si sente per niente meglio. È ancora debole e la testa le pulsa insistentemente. Era al lago con Liam, prima di svenire, dove si trova lui adesso?
«Dov’è Liam? Mi puoi dire cos’è successo?» domanda nuovamente spazientita. Non sta capendo niente e Harry non fa altro che fissarla con un’espressione preoccupata sul volto, quando invece dovrebbe spiegarle cos’è successo e perché lei si trova lì, con lui.
«Ti racconterò cos’è successo solo dopo che avrai mangiato qualcosa, hai ancora l’aria di chi sta per svenire da un momento all’altro» risponde in tono autoritario, non ammettendo repliche.
La ragazza annuisce, mentre si stringe addosso la coperta. È dal giorno prima che non mangia qualcosa e adesso sta letteralmente morendo di fame.
«Siamo a casa tua?» domanda, mentre mastica lentamente il panino al formaggio e prosciutto che Harry le ha appena preparato. Il salone è molto bello, accogliente e arredato con gusto, le piace.
«Si, questa è casa mia» risponde pacato, mentre si siede dalla parte opposta del divano rispetto a Kenny e la osserva mangiare.
«Mi spieghi cos’è successo? Perché mi trovo qua? Dov’è Liam?» domanda nuovamente.
«Liam è il tuo ragazzo? Quello con cui eri prima?»
«Oh Dio no, no! Liam non è il mio ragazzo!» si affretta a chiarire, ridendo sommessamente, perché trova assurda anche solo l’idea di poter stare con Liam.
«Oh, sembrava così preoccupato che ho pensato stesse insieme- spiega, mentre si lega i capelli in uno chignon disordinato- comunque non è successo niente. Mi trovavo per caso ad Alma’s lake quando ho visto il tuo amico, Liam giusto?, che correva per il bosco con te in braccio.»
«E come mai mi hai portato qua?»
«Vedendo l’avversione che ha tua sorella nei confronti degli ospedali ho pensato fosse un tratto di famiglia e poi non volevo far chiamare i tuoi genitori e fargli prendere uno spavento inutile. Ho detto a Liam di tornare a scuola, anche se sembrava parecchio diffidente nei miei confronti, non voleva proprio lasciarti da sola con me.»
Kenny lo fissa confusa per qualche secondo, continuando a non capire per quale motivo si sarebbe offerto di portarla a casa sua. Non che si stia lamentando, lei odia gli ospedali, ma non ha alcun senso che un ragazzo che conosce appena si sia voluto assumere una responsabilità del genere, non sapendo, per altro, che cosa le fosse successo prima.
«Sono un dottore- aggiunge Harry dopo qualche secondo, notando la confusione della ragazza- beh una specie.»
Mackenzie spalanca gli occhi sorpresa, adesso ha tutto più senso: non ha voluto portarla in ospedale perché era in grado, da solo, di stabilire cosa avesse. E adesso capisce anche perché il ragazzo si trovava a casa di Zayn dopo che quest’ultimo aveva subito l’aggressione da parte di Santini.
«Allora cosa mi è successo, dottore?» domanda, schernendolo appena.
«Solo un calo di zuccheri, ma dovevi essere esausta visto che hai dormito per quasi quattro ore.»
Harry si alza e prende il piatto ormai vuoto di Kenny, per poi sparire in cucina e ritornare con un’altra bottiglia d’acqua e una barretta di cioccolato bianco.
«Mmh il cioccolato bianco è il mio preferito- esulta Kenzie afferrando la barretta la volo e iniziando subito a scartarla- Ffion preferisce quello al latte invece.»
Lo dice in tono malizioso, come se stesse alludendo a qualcosa, ma Harry si limita a sospirare ed alzare gli occhi al cielo, perché ormai conosce bene i modi di fare di Kenny.
«Aspetta, hai detto quattro ore? Così tanto? Che ore sono adesso?»
«Sono le due e mezza, quasi le tre- risponde dopo aver consultato l’orologio con il cinturino di pelle marrone che porta al polso- vuoi che ti riporti a casa?»
«Mi faresti una favore enorme, grazie Harry» afferma con sincerità, colpita dalla generosità del ragazzo.
«Nessun problema, solo vedi di fare in modo che questa sia l’ultima volta che devo soccorrere una delle sorelle Lynch, intesi?» replica, facendole l’occhiolino.
Kenzie aspetta che abbia lasciato la stanza, prima di urlare:
«Oppure potrei fare in modo che la prossima volta che una delle sorelle Lynch sia sdraiata sul tuo divano, si tratti di Ffion. Che ne dici?»
 
La cena, quella sera, sembra una replica di quella della sera precedente. Sono tutti seduti in silenzio a mangiare, ogni tanto si sente il rumore delle posate che sbattono contro i piatti e il ticchettio dell’orologio. Mackenzie sta sfoggiando la sua faccia da incazzata, con tanto di sopracciglia corrucciate e bocca serrata, mentre Ffion fa vagare lo sguardo ansiosamente tra il volto della sorella e Max. È terrorizzata che possa ripetersi la scenata del giorno prima, che Kenny scappi di nuovo di casa e forse quella sarà la volta in cui non tornerà più. La volta in cui l’abbandonerà, così come l’ha abbandonata Louis.
«Mackenzie- dice Clarice, interrompendo il silenzio pesante- io e tuo padre ne abbiamo parlato e abbiamo deciso che non è giusto che tu venga a Stockebridge con noi, se non te la senti. So quanto hai sofferto e non mi sembra giusto spingerti a compiere un passo, che non sei ancora pronta a fare. Capisco che per te è un periodo molto delicato, visto che c’è in mezzo il tuo compleanno, ma io e tuo padre dobbiamo andare.»
Mackenzie si blocca con la forchetta a metà strada verso al sua bocca, stupita. Non credeva che i suoi genitori si sarebbero arresi così facilmente, pensava che avrebbe dovuto faticare molto di più per fare in modo che loro la lasciassero stare a casa.
«Quindi cosa fate? Andate solo voi due? O viene anche Ffion con voi? Mi lascereste davvero a casa da sola il giorno del mio compleanno?»
Non che gliene importi qualcosa, vuole solo sapere se siano disposti a fare una cosa del genere.
«Non incolpare noi per una tua decisione- ribatte Max- se vuoi passare il giorno del tuo compleanno con la tua famiglia è sufficiente che tu ci segua a Stockebridge»
«Questo non avverrà mai» replica, emettendo una singola risata nasale.
«Perfetto allora passerai il giorno del tuo compleanno qui, ovviamente non sarai da sola, chiameremo qualcuno che possa venire a sorvegliarti» lo dice come se trovasse assurda anche solo l’idea che Mackenzie possa stare a casa da sola per un paio di giorni.
«Sorvegliarmi? Cosa sono, una carcerata? Max ho diciotto anni, posso stare a casa da sola, so badare a me stessa!»
Mackenzie è sempre più sconcertata di fronte alle parole del padre, quell’uomo ha completamente perso il lume della ragione.
«Mackenzie, se vuoi stare a casa da sola, le condizioni sono queste- interviene sua madre, nel tentativo di evitare l’ennesima discussione - ci dispiace molto perderci il tuo compleanno, ma noi dobbiamo andare.»
Mackenzie sta per scoppiare, è a tanto così dall’alzarsi in piedi e fare una scenata peggiore di quella del giorno prima, è pronta a sbattere i piedi per terra, urlare e scappare di nuovo- perché no?- quando sente una mano fredda poggiarsi sulla sua coscia. D’istinto si gira e vede che Ffion la guarda con occhi terrorizzati e supplichevoli, la sta implorando con lo sguardo di trattenersi e non fare una scenata.  Mackenzie toglie la mano della sorella con un gesto bruto e deciso, poi si alza in piedi e si sfrega il viso con le mani, mentre prende dei respiri profondi per calmarsi.
«Va bene- risponde, mentre lotta contro se stessa per non scoppiare- va bene, starò a casa con chiunque vorrete voi, non m’interessa.»
“Fallo per Ffion, fallo per Ffion” si ripete nella sua testa come un mantra.
«Anche io- dice una voce bassa e spaventata, rompendo il silenzio in cui è avvolta la cucina- anche io starò a casa con Kenny, non voglio venire a Stockbridge.»
Mackenzie spalanca gli occhi stupita, non si aspettava questa mossa di Ffion, anzi era certa che la sua piccola e masochista sorellina non vedesse l’ora di andare a trovarlo, per aggiungere sale alle ferite e soffrire solo un altro po’.
«Perfetto- risponde Max, cercando di fingere indifferenza, ma è evidente che le parole di Ffion l’hanno preso in contropiede- staremo via tre giorni e due notti, partiamo il dodici di mattina presto e torniamo il quattordici sera.»
«Vado subito a chiamare Harry per dargli conferma!» esclama Clarice sorridente, felice di essere giunta ad un compromesso con le sue figlie.
«Harry Styles?» domandano insieme le due sorelle e Kenny non può fare a meno che lanciare un’occhiata maliziosa a Ffion.
«Certamente, sarà lui a occuparsi di voi mentre noi staremo via!» ribatte la madre, lasciando le due figlie a bocca aperta. Mackenzie esulta internamente, perché sa che con Harry qua potrà fare quello che vuole senza problemi, avrà anche più libertà di quanta non ne abbia ora con i suoi genitori.
«Potrebbe dormire in camera tua, visto che hai un letto in più» sussurra Kenzie nell’orecchio di Ffion, notando con soddisfazione il modo in cui le sue guance si tingano di rosso per l’imbarazzo, per poi salire in camera sua e chiudersi dentro.
Estrae il telefono dalla tasca dei propri jeans, ignora i messaggi preoccupati e insistenti di Liam e scorre sulla rubrica, finché non giunge alla lettere zeta e non trova il contatto desiderato, per poi far partire la chiamata.
«Zayn, sono Kenny, stasera dobbiamo vederci, so la data dell’ultima rapina. La faremo il 13 dicembre, il giorno dopo il mio diciottesimo compleanno.»



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Ciao!
Scusate l’assurdo ritardo, ma ho passato tutto gennaio a studiare per la sessione invernale, senza nemmeno un minuti libero per poter scrivere! Finiti gli esami sono successe alcune cose in famiglia, che mi hanno tolto un po’ la voglia di scrivere, motivo per cui pubblico solo ora. È un po’ un capitolo di passaggio, ma serve ad introdurre il prossimo dove, vi avverto, succederà di tutto. Infatti ci saranno tutti i personaggi (anche Zayn finalmente farà il suo ritorno dopo due capitoli in cui viene solo nominato) tranne forse Liam.
Scusate, ma non ho molto da dire. Se avete qualche dubbio/domanda non esitate a contattarmi su
facebook o ask, mi fa sempre piacere parlare con qualcuno di nuovo!
Grazie per aver letto, alessandra.

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Capitolo 14
*** Happy birthday. ***


Happy Birthday

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Ffion si sveglia il giorno del suo diciottesimo compleanno a causa di un debole raggio di sole, che filtra tra le nuvole gonfie d’acqua e le illumina il volto, disturbando il sonno tranquillo in cui era assopita.
È il 12 Dicembre, finalmente Wellston si sveglia con il sole e lei con un sorriso sul volto.
Si stiracchia pigramente nel letto, godendosi il tepore del piumone e, dopo aver controllato l’ora sulla sveglia, decide di alzarsi. La casa è avvolta nel silenzio, mentre lei cammina in punta di piedi -un po’ per il freddo, un po’ perché non vuole rovinare quella quiete- fino alla cucina. I suoi genitori sono partiti verso le quattro di mattina, poco prima di uscire Clarice è entrata nella sua stanza stampandole un bacio fra i capelli e augurandole un meraviglioso compleanno. Piangeva, mentre lo ha detto e Ffion si è limitata ad abbracciarla, dicendole che sarebbe andato tutto bene e che capiva.
Una volta giunta in cucina, decide di mettere l’acqua a bollire per il tè e, proprio quando sta per salire a svegliare Kenny, sente la porta di casa che si apre e sua sorella che la chiama con voce affannata.
«Ffion! Stai ancora dormendo?»
«No K, sono in cucina!» risponde sorpresa dal fatto che sua sorella si sia svegliata così presto. Non è da Kenny alzarsi prima delle dieci di sabato mattina.
«Auguri sorellina!» urla abbracciandola stretta e stampandole un rumoroso bacio sulla guancia, mentre Ffion rabbrividisce al contatto. Mackenzie indossa ancora il parka, ai piedi porta gli stivaletti neri e ha fra le mani un sacchetto della spesa.
«Grazie, anche a te- replica Ffion con un po’ di allegria in meno- sei andata a fare la spesa? Guarda che mamma e papà staranno via solo un paio di giorni e abbiamo il frigorifero pieno.»
Mackenzie alza gli occhi al cielo e si accomoda su una delle sedie della cucina, poggiando i piedi su quella di fronte, con aria spavalda.
«Lo so stellina, ma questa è un spesa speciale- afferma come se fosse la cosa più ovvia del mondo- adesso vai a vestirti che voglio portarti in un posto speciale
Ffion rimane immobile, dubbiosa.
«Cosa stai aspettando?- le domanda nuovamente Kenny- abbiamo una giornata pienissima e io ho un posto che voglio farti vedere! Consideralo il mio regalo di compleanno per te!»
La bionda non sa cosa intenda Kenny per giornata pienissima, ma pensa che sia il caso di ascoltarla per una volta, e si precipita in camera sua per vestirsi e truccarsi. Un quarto d’ora dopo è pronta, indossa un paio di jeans chiari e il maglione rosso che un tempo apparteneva a sua mamma e che si sposa benissimo con la sua carnagione chiara. Sta per uscire di casa e raggiungere Kenny sul vialetto, ma prima afferra la borsa di cartone che i suoi genitori hanno lasciato sul tavolo del salotto, probabilmente contenente i loro regali di compleanno.
«Dove andiamo?» domanda stringendosi un poco nel suo cappotto, nonostante ci sia un pallido sole, soffia un vento freddo che le fa tremare le ossa.
«Ti porto in un posto speciale, me lo ha mostrato Liam e sono sicura che tu lo adorerai» risponde Kenny enigmatica, avvicinandosi  alla macchina di Clarice.
«Cosa stai facendo Kenny?» domanda immobile e allibita Ffion, mentre osserva la sorella aprire la portiera della macchina e sedersi al posto di guida.
«Ffion ti muovi a salire- ribatte lievemente scocciata- non ho tutto il giorno a disposizione.»
«Tu non sai guidare, non hai la patente! Scendi dalla macchina Kenny, ci andremo a piedi, non è un problema camminare.» Cerca di farla ragionare Ffion, terrorizzata dall’idea che sua sorella possa davvero guidare da sola fino a questo misterioso posto.
«Ffion sali- ripete sbuffando- è vero, non ho la patente, ma so guidare, chi vuoi che ci possa fermare di sabato alle nove di mattina? Hai mai visto in giro a Wellston una macchina della polizia?»
Ffion rimane a bocca a aperta per qualche secondo, incerta su come ribattere, Kenny è sempre stata brava con le parole e lei ha a mala pena la forza per ribatterei ai suoi attacchi.
«Non è questo il punto Kenny! Come sai di saper guidare? Chi ti ha insegnato?- ribatte dopo una manciata di secondi, infastidita dall’atteggiamento menefreghista della sorella- di certo non mamma e papà!»
«Liam e Zayn, va bene? Ho guidato un po’ con loro e poi la strada è tutto dritta, non correremo pericoli, te lo assicuro» cerca di persuaderla, fissandola dritta negli occhi, con lo sguardo determinato e sicuro di chi sa di aver già vinto.
Ffion rimane immobile per un minuto buono, pesa i pro e i contro, valuta tutti i rischi e i percoli che correrebbero, ma alla fine, con un sospiro pesante, si arrende.
«Se mamma e papà dovessero venirlo a sapere, dirò che mi hai costretta a venire con la forza, sappilo!» la avverte, mentre si sistema al posto del passeggero e prontamente si allaccia la cintura di sicurezza.
«Tranquilla stellina, ho tutto sotto controllo!» è l’esultanza di Kenny, che si sporge oltre il suo sedile per piantare un rumoroso e umido bacio a stampo sulla guancia della sorella.
Il viaggio fino al lago è turbolento.
Mackenzie non ha ancora capito bene come scalare le marce senza sentire sempre il contraccolpo e ogni rotonda è un terno al lotto, perché nemmeno la storia delle precedenze le è molto chiara, ma nonostante questi piccoli problemi arrivano a destinazione. Sane e salve.
«Potrei vomitare» esclama Ffion catapultandosi fuori dalla macchina, desiderosa di poggiare i piedi sul suolo e avere un minino di stabilità.
«Esagerata! Ho guidato benissimo» protesta Kenny, prendendo la borsa della spesa per poi incamminarsi in direzione del bosco. Non ricorda perfettamente la strada percorsa con Liam, ma è sicura che in un modo o nell’altra riuscirà ad arrivare al lago.
«Kenny un camion stava per prenderci in pieno alla prima rotonda!» esclama Ffion allibita, perché ha come l’impressione che la sorella non capisca la gravità di questo fatto.
«Sì, ma ho frenato in tempo e stiamo bene, no? Adesso basta fare la noiosa e goditi la sorpresa che ho preparato per noi.»
Ffion alza gli occhi al cielo, perché ovviamente Kenny deve sempre avere l’ultima parola.
Ci mettono più del previsto per arrivare al lago, ma una volta lì Ffion rimane senza parole perché è meraviglioso. Kenny aveva ragione: adora questo posto. È triste e malinconico, anche con il sole che illumina debolmente il grande specchio d’acqua. Ffion è così assorta nell’osservare il paesaggio che non si è nemmeno accorta che nel frattempo Kenny ha steso una tovaglia di plastica per terra, su cui ha iniziato a sistemare il contenuto della borsa della spesa che ha portato con sé.
«Colazione al lago?- domanda Ffion con un sorriso gigante sul volto, mentre l’aiuta a sistemare il cibo sulla tovaglia- chi sei tu e cosa hai fatto a mia sorella?»
«Per una volta faccio una cosa carina e questo è il ringraziamento?- ribatte scherzosamente Kenny- comunque non è niente di che, mi sembra il minimo visto che oggi facciamo diciotto anni, è un traguardo importante.»
«Di solito non sono i sedici anni quelli importanti? My super sweet sixteen e tutto il resto?»
Ffion studia attentamente il le leccornie sistemate sulla tovaglia, prima di optare per una brioches alla crema e un succo di frutta alla pesca.
«Si, ma ti ricordi come è andato il nostri sedicesimo compleanno? Dolce non è la parole che userei per descriverlo- replica Kenzie con la bocca piena di biscotti al cocco – ah c’è del tè nel termos se vuoi.»
Ffion annuisce, mentre ripensa al loro sedicesimo compleanno. Avevano organizzato una festa in un piccolo pub di Stockebridge, dove erano solite andare sempre con i loro amici. Niente di esagerato o sopra le righe, una dozzina di persone al massimo, alcool tassativamente vietato e sarebbero dovute tornare a casa per l’una di notte. Verso le sette di sera, un paio d’ore prima della festa, suo padre aveva fatto una scenata, tutto era nato per colpa dell’ennesimo brutto voto di Louis, poi la discussione era degenerata e per le otto di sera tutti e tre i figli erano in punizione: non sarebbero potuti uscire per due settimane. Max aveva sempre avuto questo vizio di prendersela con chiunque si trovasse sulla sua strada, quando era arrabbiato. Non importava se fosse per colpa del traffico, problemi sul lavoro o se semplicemente si fosse alzato con la luna storta, quando Max era incazzato tutti dovevano saperlo e tutti dovevano pagarne le conseguenze.
Si ricorda che Louis aveva provato a farlo ragionare, a dirgli che non era necessario che punisse anche Kennny e Ffion, che era il giorno del loro sedicesimo compleanno e meritavano di festeggiarlo insieme ai loro amici, come si deve. A queste parole Max si era solamente arrabbiato di più e Ffion e Kenny erano scappate a chiudersi nella loro stanza, arrabbiate e deluse dal comportamento irragionevole del padre. Ffion passò tutta la notte a piangere, mentre Kenzie uscì di nascosto con Louis verso mezzanotte. Tornò a casa alle tre del mattino ubriaca marcia, con Louis che la portava in braccio perché lei non riusciva nemmeno a reggersi in piedi. Quella fu la prima sbronza di Kenny.
«Sempre meglio del diciassettesimo» è l’unico commento che riesce a fare Ffion.
«Sempre meglio del diciassettesimo» concorda la gemella, con lo sguardo perso nel vuoto e la testa chissà dove.
«Te lo saresti mai immaginata così?» domanda Ffion dopo pesanti minuti di silenzio, in cui entrambe sono andate avanti a masticare con lo sguardo fisso sul lago davanti a loro.
«Che cosa?» risponde Ffion riscuotendosi dai propri pensieri, per poi voltarsi e guardare la sorella dritta negli occhi.
«Il nostro diciottesimo compleanno o il nostro diciassettesimo compleanno» ribatte a bassa voce, con gli occhi lucidi e il labbro inferiore che trema.
«No, ovviamente no- rimane in silenzio qualche secondo e poi continua- voglio dire, mi sarei anche potuta immaginare certe cose, ma non la sua assenza.»
«Ti manca?» Ffion lo chiede con un filo di voce, mentre le lacrime hanno già fatto capolino sul suo volto e il suo cuore batte all’impazzata.
«Ogni giorno» è la risposta strozzata di Kenny, che nel frattempo ha smesso di guardare negli occhi la sorella, preferendo giocare con il ciondolo che porta al collo, una delle poche cose che le è rimasta di lui.
Ffion sta per sporgersi verso di lei ed abbracciarla, quando Kenny si alza di scatto, negli occhi ha un mare in tempesta e si dirige con passo deciso verso il lago calmo. Va sempre così, ogni volta che si parla di lui Kenny scappa, come un animale ferito e spaventato alla visto di un uomo. È frustrante perché Ffion non vorrebbe far altro che parlare di lui, ricordarlo ad alta voce, nella speranza di sentire un po’ meno la sua mancanza. E invece non può, deve stare zitta, soffocare le proprie lacrime e ingoiare tutte le parole che vorrebbe dire.
Kenny torna indietro dopo dieci minuti, il trucco impeccabile e un sorriso tranquillo sul volto. Ffion al contrario ha il mascara tutto sbavato e trema ancora come una foglia al vento.
«Dai apriamo questi regali, che come ti ho detto prima abbiamo una giornata pienissima e nemmeno un momento da perdere» la incoraggia Kenny passandole un braccio intorno alle spalle e stringendola a sé per qualche secondo. Ffion annuisce e dopo aver fatto un profondo respiro rivolge un piccolo e timido sorriso alla sorella. Va tutto bene, continua a ripetersi Ffion nella proprio testa, mentre scarta il suo regalo e finge di non accorgersi del modo in cui le mano di Kenny tremino mentre stringono il ciondolo che la ragazza porta al collo come se fosse un’ancora di salvezza.
Tornano a casa per le due del pomeriggio, dopo essersi fermate in una tavola calda poco fuori città per pranzare, e trovano Harry Styles ad aspettarle davanti alla porta di casa. Il ranger rover è parcheggiato dove di solito si trova la macchina di Max, mentre il ragazzo appoggiato con la schiena alla porta, le gambe lunghe e snelle sono leggermente piegate e sta distrattamente guardando il cellulare. Indossa il cappotto verdone, i soliti jeand scuri e strappati e gli stivaletti marroni, ormai rovinati e usurati dal tempo.
«Ciao Harry, è tanto che aspetti?» domanda Kenny una volta scesa dalla macchina, mentre Ffion tiene lo sguardo basso e si limita ad un timido saluto con la mano.
«Ciao ragazze, buon compleanno!- le saluta aprendosi in sorriso enorme sul viso- da quando hai la patente Kenny? Comunque no, sono appena arrivato.»
«Ma perché sono tutti ossessionati con la mia patente?!» ribatte Kenny, mentre fruga nelle tasche del parka alla ricerca delle chiavi di casa e Harry la guarda allibito, chiedendosi cos’abbia detto di male.
Una volta dentro, si toglie scarpe e giubbino per poi precipitarsi di sopra urlando:
«Io vado a farmi una doccia che fra poco devo uscire, mi raccomando Ffion, intrattieni il nostro ospite!»
Ffion sbuffa scocciata, perché sapeva che Kenny non si sarebbe lasciata scappare l’occasione per metterla in imbarazzo davanti ad Harry.
«Mackenzie non ha la patente, vero?» domanda il riccio, ignorando le parole urlate da Kenny e guardando fisso negli occhi Ffion.
«No- è la risposta diretta di Ffion, perché non avrebbe senso mentire a questo punto- lo dirai ai nostri genitori?»
«Cosa?- ribatte Harry, preso evidentemente contro piede- No no, non sono qui per fare da spia o che altro, in realtà sono rimasto abbastanza stupito che tua madre mi abbia chiamato, considerando che avete diciotto anni.»
«Si beh, i miei genitori son abbastanza protettivi» per non dire diffidenti , cerca di spiegare Ffion, mentre si dirige in cucina con Harry al seguito, per sistemare  gli avanzi della loro colazione nel frigo.
Rimangono in silenzio per un po’. Harry appoggiato al tavolo di legno, con indosso ancora il cappotto verdone e i capelli mossi sciolti sulle spalle e lei che, a piedi nudi si aggira per la cucina e sistemando ogni cosa.
«Fate diciotto anni, vero?» È Harry a parlare e la sua voce roca, più vicina di quanto non si aspettasse, la fa spaventare. Infatti se prima era appoggiato al tavolo della cucina, adesso è in piedi a pochi centimetri da lei, con gli occhi verdi spalancati che fissano il suo viso e in mano due pacchi identici, uno avvolto in carta da regalo verde, l’altro grigia.
«Questo è per te» dice a bassa voce, porgendole il pacco verde.
«Harry, non dovevi- è la risposta immediata e strozzata di Ffion- grazie mille.»
Ha le lacrime agli occhi e la voce rotta da una sincera emozione, anche se fa del suo meglio per nasconderlo, mentre continua a fissare gli occhi di Harry. Sa che è stupido emozionarsi per queste cose, che è solo un regalo e che Harry l’avrà fatto più per cortesia che per sincero interesse. Eppure sono anni che non riceve un regalo da qualcuno che non siano i suoi genitori o Kenny, sono anni che festeggia il suo compleanno da sola, senza che nessuno le faccia gli auguri o la inviti ad uscire per festeggiare, sono anni che qualcuno non si interessa a lei nel modo in cui si sta interessando Harry. Non pensava che qualcuno lo avrebbe mai fatto e, a volte, è piacevole sbagliarsi.
Mackenzie fa la sua comparsa in cucina proprio in quel momento, ignara del piccolo istante di tensione che si era creato.
«Io adesso esco e penso che farò molto tardi, quindi non aspettatemi svegli» dice aprendo il frigo, da cui prende una bottiglia d’acqua che infila prontamente nello zainetto che ha sulle spalle.
«Dove vai?» domanda Ffion, rompendo il contatto visivo con Harry.
«Esco a festeggiare con Niall e Zayn, penso che andremo ad una festa, niente di che-  risponde Kenny evasiva facendo spallucce, poi si volta verso Harry- mi raccomando Harry, ti affido la mia stellina, vedi di farla divertire un po’.»
Harry ride sotto i baffi, mentre annuisce e porge l’altro regalo alla ragazza. Mackenzie lo ringrazia con un veloce bacio sulla guancia, promettendo che lo aprirà non appena avrà tempo, poi saluta Ffion e scappa fuori di casa.
«Di solito non ha il permesso di uscire, vero?» domanda Harry, rendendosi conto di essere appena stato fregato da una ragazzina di diciotto anni.
«Mmh..no» risponde Ffion, ridendo sotto i baffi, nemmeno un po’ stupita che Mackenzie sia riuscita ad uscire con questa facilità.
«Gesù, penso di essere il babysitter peggiore della storia» scoppia a ridere Harry e Ffion si unisce a lui, mentre pensa che, forse, questo compleanno non sarà così male.
 
 
 
 
Mackenzie è in piedi al centro di una stanza con le luci soffuse e l’aria pesante, Zayn è vicino a lei, con un braccio intorno alle sue spalle, che le sussurra qualcosa nell’orecchio, ma lei non riesce a sentirlo a causa del volume troppo altro della musica. Ragazzi e ragazze si muovono convulsamente intorno ai due amanti, mentre loro stanno fermi, abbracciati, avvolti nella loro bolla personale. Kenzie sa che si trova ad una festa, sa che è il suo compleanno , ma queste sono le uniche cose di cui è sicura. Non sa, per esempio, di chi sia la festa o forse lo sapeva prima, ma adesso non se lo ricorda più ed è decisamente tropo ubriaca, perché gliene freghi qualcosa. Subito dopo essere uscita di casa, Niall è passato a prenderla per portarla a casa di Zayn, dove hanno subito cominciato a bere. Hanno iniziato con un giro di shots di vodka alla menta, giusto per riscaldarsi, poi sono passati al vino, del prosecco bianco che sapeva d’aceto, che hanno bevuto direttamente dalla bottiglia. Zayn l’ha baciata con passione, in piedi contro il muro decorato della sua stanza, con una mano a scompigliarle i sottili capelli biondi e l’altra a stringerle con forza la vita. Durante i brevi attimi di pausa che si concedevano per riprendere fiato il ragazzo le sussurrava all’orecchio quanto si sarebbero divertiti quella sera, che sarebbe stata un compleanno speciale, indimenticabile. Kenny si limitava a ridere sommessamente, nascondendo il volto nel suo collo profumato, già ubriaca di lui. Sono usciti dalla stanza solo dopo che Niall li ha minacciati di andare da solo alla festa perché era stufo di aspettare che loro finissero di fare sesso.
«Non stavamo facendo sesso» ha replicato Kenny facendo una linguaccia, mentre lasciava la mano di Zayn per potersi mettere il giubbino pesante. Il bel tempo dura poco a Wellston e il cielo sereno del pomeriggio era stato invaso da nuvole che minacciavano pioggia.
«Hai ragione, com’è che lo chiamate voi ragazze? “Fare l’amore?”»
«Lo chiamiamo scopare forte- l’ha corretto prontamente, facendo scoppiare a ridere Zayn, che subito le si è avvicinato, passandole un braccio intorno alle spalle- adesso possiamo andare alla festa?»
«Ho un regalo per te» è quello che stava cercando di dire Zayn e Kenny è riuscita a sentirlo soltanto perché si sono spostati nel cortile della casa, dove la musica è decisamente più bassa per fumare una sigaretta.
«Ah si?- è la replica stupita di Kenny, che si aggrappa alla spalla destra del ragazzo per evitare di scivolare sull’erba umidiccia- e dove sarebbe?»
Kenzie non ha idea di cosa possa essere, nemmeno si aspettava che zayn le facesse un regalo, ma di sicuro il suo sorrisetto non promette nulla di buono. Il ragazzo guarda a destra, poi a sinistra e, dopo essersi accertato che non c’è nessuno nei paraggi, estrae dalla tasca dei pantaloni due piccole pastiglie azzurrine.
«Cos’è?» domanda Kenny, mentre fissa con sguardo incantato la mano aperta del ragazzo. Non è la prima volta che assume droghe, le è capitato che, a qualche festa di universitari in cui si era imbucata a Stockebridge, qualcuno le offrisse delle pastiglie e un paio di volte ha anche accettato. La prima volta si è svegliata nel suo letto completamente vestita, con Ffion al suo fianco che le stringeva la mano e piangeva perché la sera l’aveva spaventata quando era tornata a casa con gli occhi iniettati di sangue, il trucco nero sbavato e la mani che tremano per l’eccitazione. La seconda volta è andata meglio, anche se tutto quello che ricorda, dopo aver ingerito il piccolo cartoncino, è abbastanza confuso.
«Shh» le dice Zayn, premendo la fronte contro quella della ragazza, mentre lentamente si infila una delle due pastiglie in bocca e manda giù. Inspira, espira e Kenny sente i suo fiato caldo sulle labbra.
Prende la seconda pastiglia e lentamente l’avvicina alle labbra di Kenny, che prontamente le apre.
«Manda giù» le dice a bassa voce. Kenny lo fa senza pensarci due volte.
Zayn le afferra il viso con le mani calde e lentamente avvicina le proprie labbra a quelle della ragazza, baciandola delicatamente. È, probabilmente, il bacio più intimo che hanno avuto fino ad’ora, con le labbra che si scontrano appena, le lingue che si sfiorano, Zayn che le accarezza lo zigomo destro con il pollice e lei che ha le mani infilate nelle tasche del suo giubbino, nel tentativo di scaldarsi un po’ e stringersi a lui il più possibile. Quando smettono di baciarsi non si separano, ma rimangono abbracciati, con il respiro pesante, i visi a pochi centimetri l’uno dall’altro e le mani che si cercano e stringono sempre di più. Kenny fissa i suoi occhi ambrati che, a causa della mancanza di luce, sembrano scuri come la pece e si morde con forza labbra perché ha paura che, se non lo facesse, potrebbe dire qualcosa di cui si pentirebbe il giorno seguente.
«Buon compleanno Kenzie» sussurra Zayn chiudendo gli occhi.
Lo dice dolcemente.

 
 
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Ciao!
Chi lo avrebbe mai detto, dopo più di sei mesi sono riuscita a pubblicare un nuovo capitolo. Mi scuso davvero per il ritardo e spero che ci sia ancora qualcuno che segue questa storia. Giusto un paio di chiarimenti sul capitolo e poi i lascio:
1) “Io scopo forte” citazione estremamente colta di Cinquanta sfumature di grigio, non ho mai letto il libro/visto il film, la conoscono solo perché ne parlavano tutti.
2) Kenny in questo capitolo assume una droga e lo fa perché vuole farlo (non perché è zayn ad offrirgliela o perché vuole farsi grande davanti a lui) voi non prendete esempio da lei e state lontano dalle droghe (soprattutto quelle sintetiche!!) perché la vita è bella e non vale la pena di buttarla via così.
Nel prossimo capitolo succederà qualcosa di importante per il futuro dei nostri personaggi, ma non dico altro. Mi farebbe molto piacere se mi lasciaste una recensione in cui mi dite quello che pensate/ fate domande se avete dubbi!
Grazie di aver letto, un bacio!
Alessandra.

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