Dead and Gone

di Alex Light
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A story of life in death ***
Capitolo 2: *** Qualche spiegazione ***



Capitolo 1
*** A story of life in death ***


A story of life in death

Sono tanti i misteri della vita, ma ancora di più quelli della morte.
Molti ignorano l’esistenza di alcune persone nate con il dono, anzi, la maledizione di poter scorgere ombre, udire voci non concesse agli umani, e purtroppo talvolta anche qualcosa di più terrificante.
Questa è la storia di un avvenimento inspiegabile, uno dei tanti che riguardano la vita nella morte e la morte nella vita.
Ricordiamo ad esempio una storia poco conosciuta, ambientata nelle campagne sperdute dell’Inghilterra Vittoriana.
Si racconta di una bambina, una bambina che una domenica mattina giocava con i suoi amichetti rincorrendosi per le stradine del paesino sperduto in cui viveva, mentre gli adulti si soffermavano sui gradini della chiesa. Ad un certo punto però, lei si ferma. C’è qualcosa che la trattiene, la sensazione di una presenza non convenzionale, inaspettata. Mentre gli altri bambini corrono lontani lei indaga sul suo presentimento, riconoscendone la fonte in una casetta all’apparenza normale accanto alla quale si era fermata.
Bussa incuriosita, ma essendo la porta leggermente socchiusa si apre lentamente mostrandole l’interno. Prendendolo come un invito la nostra protagonista entra senza esitare, trovandosi in una grande stanza scura e poveramente arredata, ma piena di persone intente a chiacchierare allegramente. Un gruppetto di bambini le si avvicina e cominciano così a giocare e scherzare insieme, mentre molti degli adulti sorridono al suo passaggio e la salutano in maniera familiare. Una ragazzina qualunque sarebbe rimasta a divertirsi con i nuovi amici, ma questa era particolarmente curiosa ed infatti appena notò una scalinata all’estremità della stanza, che non aveva altre porte oltre a quexlla dell’ingresso ma solo finestre con le tende chiuse, dunque era priva di altre stanze al piano inferiore, decise di esplorare ciò che restava dell’abitazione. Senza che nessuno la trattenesse salì i grandi gradini scuri fino ad arrivare a quella che era la soffitta della casa, bassa e larga, anche questa completamente spoglia di mobilio; gli unici elementi presenti erano una grande finestra e una vecchietta che sedeva lì accanto su una sedia a dondolo rivolta verso le scale. La signora alzò lo sguardo e salutò la bambina con un sorriso così dolce che sembrava averla scambiata per la sua nipotina. Senza timori e rassicurata dalla tenerezza della presenza la piccola si avvicina alla finestra e ne ammira il panorama.
Tre donne di buona famiglia fanno ritorno dalla messa passando per le stradine del paesino e chiacchierando amabilmente, quando vengono bruscamente interrotte da un forte vociare. Una di queste signore, la più giovane e sveglia del gruppetto, si avvicina alla fonte del rumore e nota così una signora che si dispera, circondata da una piccola folla. Appena le si avvicinano anche le altre, questa comincia a pregarle di aiutarla, dicendo di aver perso la sua bambina e che non la si riusciva più a trovare. Impietosita dalla scena la giovane decide di contribuire la ricerca, e presa dallo spirito dell’avventura segue alcuni dei bambini che prima giocavano con la piccola scomparsa, mentre ripercorrevano le stradine per cui avevano corso quella mattina. Tutto procede tranquillamente, finché ad un certo punto una bimba del gruppetto si getta per terra presa da strane convulsioni e comincia a lamentare forti dolori. Le signore tentano di soccorrerla, ma lei si trascina a gattoni davanti ad una casa e comincia a vomitare sangue e denti. La ragazza assiste sconvolta alla scena, ma presa da un’intuizione improvvisa fa irruzione nella casa mentre gli altri erano presi da quel malore terrificante.
Ciò che lei vede però è ancora più sconvolgente. La casa è buia e tetra, ma piena di persone, persone che fissano il vuoto con sguardo assente. Alcuni di loro camminano lentamente avanti e indietro, come se fluttuassero. La giovane tenta di parlare, urla forte, ma non trova il coraggio di scuotere uno di quegli esseri, così, facendo appello al suo coraggio, si precipita verso l’unica strada possibile: le scale. La soffitta è completamente spoglia, se non per una grande finestra e una sedia a dondolo vuota che però continua ad muoversi leggermente. Il terrore le blocca le gambe e la face sudare freddo, finché un pensiero improvviso la scuote “la bambina può essere uscita solo dalla finestra”.
Tremando, si avvicina sempre di più, mentre viene gradualmente illuminata dalla luce fitta di polvericcio. Arriva finalmente ad affacciarsi alla finestra trattenendo il respiro.
Nulla, sotto di lei non c’è nulla se non una stradina deserta. Nessun corpicino, nessuna bambina. E è proprio nel momento in cui la ragazza emette un piccolo sospiro di sollievo che una forza disumana la spinge nel vuoto.

 
 
 
 
 
 
- Non mi piace.
- Non ricordo di avertelo chiesto. – Disse il ragazzo mentre rileggeva accuratamente il testo scritto al pc.
Si aggiustò gli occhiali neri e squadrati sul naso e poi continuò il suo lavoro con attenzione.
- Non vuoi sapere perché?
- No.
Aggrottò le sopracciglia innervosito mentre correggeva un errore di battitura.
- Beh, in ogni caso l’incipit non è un granché. È parecchio confusionario.
Sospirò sempre più irritato, ma si sforzò di ignorare l’ospite, finendo di correggere il suo racconto breve. Caricò sul sito la sua storia e finalmente si lasciò andare sulla sedia.
- Capito, non ti interessa.
- Bravo, Sherlock.
- Mi spieghi almeno perché scrivi sempre di fantasmi? C’è almeno qualcuno che la legge quella roba?
Lorenzo aveva cominciato a scrivere storielle dalle elementari e pubblicava brevi racconti su un forum di fan fiction e storie originali da almeno cinque anni. Da che ricordasse avevano sempre trattato di horror e fenomeni sovrannaturali, in particolare di spettri e spiriti.
Scrollò le spalle – Sono bravo solo in quello, credo. Ai lettori piace.
Effettivamente non era famoso o molto conosciuto, ma aveva un paio di lettori ricorrenti che conosceva solo tramite gli account e anche un buon numero di lettori occasionali, che lasciavano recensioni positive e consigli utili. Aveva cominciato a farlo senza un motivo preciso e aveva continuato sia per inerzia sia perché gli piaceva sentirsi apprezzato.
- Non ti annoia? Parlare dello stesso argomento ancora, e ancora..
- Forse, ma mi piace scrivere.
Giorgio si andò a sedere sul letto, guardandosi svogliatamente intorno. Sapeva che l’amico non fosse esattamente un ottimo interlocutore, ma la sua compagnia non gli dispiaceva.
- La tua stanza fa schifo. – Ed era vero, era piccola e stretta, l’armadio era di un legno dipinto di bianco rovinato e pieno di graffi, la scrivania era stracolma di libri, fotocopie e quaderni, carte varie erano cadute dal cestino stracolmo e la sedia su cui stava Lorenzo era foderata di vestiti sporchi. Per non parlare dei muri logorati e delle macchie di umidità. Se l’avesse visto sua madre, pensò Lorenzo, avrebbe dato di matto.
- Abiti qui da una settimana e sei già riuscito a creare una discarica.
Il ragazzo si voltò verso l’altro, scostandosi irritato una ciocca di capelli corvini dalla fronte. – Se hai finito di criticare ogni cosa che vedi puoi anche andartene.
Giorgio fu colto alla sprovvista. Certo, era abituato dopo tanti anni allo sguardo cattivo e infastidito dell’altro, Lorenzo era sempre stato scorbutico, ma c’era qualcosa di diverso nella sua voce.
- Ho detto qualcosa che non va?
L’amico si voltò di nuovo verso il pc rivolgendogli le spalle. Dopo qualche secondo rispose a bassa voce.
- L’incipit l’ho corretto più volte. Andava bene così.
Il ragazzo sorrise. Sapeva che anche se si comportava in maniera odiosa era solo per autodifesa, nonostante lo trattasse come un ospite indesiderato si era affezionato alla sua presenza. – Non era male infatti, ma so che puoi fare di meglio. – Sorrise lasciandosi andare sul letto. – Stessa cosa per la camera, non è poi così male, per il prezzo a cui l’hai presa.
Qualcuno bussò alla porta. Prima ancora di ricevere una risposta un ragazzo si affacciò all’interno. Era grosso e abbastanza alto, con i capelli lungi racconti e la barba incolta, indossava una maglia di una band e jeans larghi.
- Yo.
- Hey, Renato. Non ti avevo sentito rientrare. – Lorenzo girò la sedia verso il suo interlocutore. – Hai fatto la spesa o devo scendere io?
- No, ci ho pensato io. – Il ragazzo parve esitare un attimo. – Ti ho sentito parlare, c’è qualcuno?
Lorenzo rispose senza alcuna esitazione – Non c’è nessuno. Ero al telefono.
- Bene. Mi dai la tua parte per la spesa?
 Si alzò a fatica e tirò fuori uno zaino che teneva sotto al letto. Giorgio rimase impassibile ad osservare la scena mentre l’amico prendeva in portafogli e pagava il coinquilino.
Dopo averlo ringraziato lo accompagnò alla porta.
Passarono un paio di secondi, abbastanza per sentire Renato che si allontanava.
- Sei davvero maleducato, non ci hai nemmeno presentati.
L’altro accennò un sorrisetto ironico – E cosa avrei dovuto dirgli? “Vedo la gente morta?”

 

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Capitolo 2
*** Qualche spiegazione ***


Lorenzo era un bambino molto sveglio, già a sette mesi e mezzo sua nonna gli aveva insegnato a dire la sua prima parola, “mamma”. Il che era un po’ strano dato che sua nonna era morta due anni prima.
Non aveva paura quando incontrava un fantasma, ci era abituato. La mattina si lavava i denti e sollevando lo sguardo vedeva una donna dal volto tumefatto nello specchio dietro di lui, a scuola incrociava spesso un ragazzino che camminava avanti e indietro per i corridoi, per non parlare di quanti spiriti vedeva in autostrada che litigavano con ancora addosso i segni dei vari incidenti. La nonna poi viveva da sempre con loro ed era la persona a cui era più legato di tutta la famiglia. Le aveva chiesto più volte spiegazioni quando aveva realizzato andandola a trovare al cimitero che c’era qualcosa che non quadrava, ma nemmeno lei sapeva spiegarsi come mai il suo nipotino riuscisse a vedere i fantasmi. Certo, era comodo per lei continuare a stare con la sua famiglia anche dopo la morte, era bastato dire al piccolo cosa dire e lui lo ripeteva sorridendo, un “ma certo che è la nonna, mi ha raccontato di quando ti sei rotta il braccio quando eravate in vacanza in Puglia e lei ti ha comprato il gelato” e la figlia dovette infine arrendersi all’evidenza, dopo svariate crisi di pianto e qualche seduta da uno psicoterapeuta.
Lorenzo invece non aveva un ottimo rapporto con i suoi genitori, erano sempre stati troppo presenti ed oppressivi, e quando era spuntata fuori questa storia degli spiriti erano andati in crisi, come si fa a controllare il sovrannaturale? Probabilmente loro pensavano che il modo migliore per proteggerlo fosse controllarlo in maniera quasi ossessiva, e fu infatti quello che fecero. Da bambino ingenuo e iperprotetto dunque lo scontro con la scuola e i coetanei fu disastrosa, e dalle elementari cominciò la sua trasformazione in ragazzino asociale e cinico.
Gli faceva più piacere la compagnia dei morti che dei vivi, ma a lungo andare le visite dei fantasmi cominciarono a pesargli sempre di più, non gli sembrava molto cortese approfittarsi del suo tempo solo perché era l’unico a poterli ascoltare. E un “aiutami a vendicarmi” di qua, e un “manda un messaggio a mia moglie” di là, la situazione si era fatta pesante e anche un po’ irritante. Certo, non che Lorenzo avesse amici in vita, ma cominciava a sentirsi un po’ sfruttato. Inoltre, essere una specie di sensitivo e parlare con spettri sanguinanti che raccontano continuamente di incidenti atroci e delitti tremendi non aiuta di certo a socializzare. Ecco perché dalle medie al liceo aveva passato tutto il tempo in casa, scrivendo racconti e guardando una quantità imbarazzante di serie tv, film e anime. Era diventato lo stereotipo del nerd magrolino e asociale, con quel pizzico di cinismo e cattiveria in più che la vita ingiusta gli aveva regalato.
Qualche amico vero però l’aveva, come Giorgio, che da undici anni e mezzo ormai ne aveva diciotto ed era morto in un incidente stradale. A Lorenzo piaceva, perché anche se erano completamente diversi la sua allegria ironica e la sua sfacciataggine nonostante la morte cruenta lo affascinava, inoltre non era comune trovare spettri adolescenti nella sua città di provincia.
Era arrivato infine il tempo di frequentare l’Università e nonostante il suo passione per la scrittura Lorenzo scelse un campus del capoluogo di provincia in cui avrebbe studiato elettrotecnica. L’esperienza dell’Università fu diversa da come se la immaginava, le persone non sapevano che lui era lo strambo della sua città ed erano più gentili e disponibili, e per lo meno non lo picchiavano. Dopo aver preso il pullman tutti i giorni per un anno e dopo aver scoperto di soffrire il pullman più di quanto immaginasse, decise assieme ai suoi genitori riluttanti di prendere una stanza in affitto, ovviamente scelse tra gli appartamenti più remoti e isolati del campus, anche se avrebbe dovuto comunque condividere il suo con almeno un coinquilino. Per fortuna la sorte volle assegnargli Renato Mondelez, un ragazzo mezzo ispanico e perennemente fatto, che vendeva erba ed era quasi sempre assente. Non dava fastidio e non pretendeva di fare amicizia. Giorgio decise di seguirlo, non aveva mai vissuto l’esperienza dell’università e voleva approfittarne. Lorenzo non ebbe molta scelta, essendo l’amico estremamente petulante, ma dato che i fantasmi non possono spostarsi di molto dal luogo della morte, aveva dovuto ricorrere ad un piccolo escamotage e dunque portare con sé parte del suo cadavere. Avrebbe preferito prendere al massimo un dito,  Giorgio invece trovava che portare in giro il suo teschio sarebbe stato davvero esilarante. Fortunatamente profanare la sua tomba non fu difficile dato che il guardiano del cimitero era un ubriacone bonaccione che dormiva sempre, il problema fu nascondere successivamente la testa del suo amico nel campus. Decise infine, con grande disapprovazione dell’altro, il quale trovava che starebbe stato una meraviglia nell’ingresso, di tenerlo in un reparto nascosto del bagagliaio della sua auto, una Getz 1.5 usata, finché non avesse avuto modo di riseppellirlo nei paragi.
Aspettarono che Renato si fosse allontanato abbastanza per poter chiacchierare senza esser sentiti, cosa difficile dato lo spessore dei muri. Lorenzo rimase per un po’ appoggiato alla porta.
- Domani cominciano i corsi.
- Io credo che andrò a farmi un giretto nel campus. – rise – Scusa, credo che infesterò il campus.
- Ma che simpaticone – replicò l’altro tornando alla sua postazione alla scrivania, dopo aver spostato svogliatamente un paio di tshirt che aveva appoggiato lì.
- Andiamo! Non passare un’altra giornata al computer, adesso siamo coinquilini. Potremo andare a fare qualche scherzo.
Giorgio aveva scoperto che se si concentrava abbastanza riusciva a spostare, anche se di poco, qualche oggetto. Una volta in cui era particolarmente nervoso dopo un litigio con Lorenzo ad esempio aveva fatto sbattere una porta e, nonostante la sua occupazione preferita fosse passare attraverso muri e oggetti vari, ne era particolarmente orgoglioso.
- Preferisco riposarmi, domani oltre ai corsi la mattina ho un seminario alle quattro e mezza. – Prese a digitare sulla tastiera.
- Che seminario?
- Uno di un paio di giorni sulle cellule. So che studio tutt’altro, ma volevo fare un approfondimento.
- Invece che studiare per gli esami che devi già dare. – Giorgio tentò di far fluttuare una carta sporca, ma l’unica cosa che ottenne fu fare un verso imbarazzante.
Lorenzo non era uno studente eccelso, ma aveva dato quasi tutti gli esami del primo anno, ora si stava preparando per ripetere Fondamenti di chimica elettronica, a cui aveva preso un voto troppo basso. Fortunatamente i professori erano molto capaci e nessuno di loro gli aveva ancora dato dei problemi reali.
- Tanto i crediti me li danno lo stesso. – Replicò con un sorrisetto – E poi non ci andrà quasi nessuno.
- Buuuh sfigato.
- Disse quello che cercava di muovere la cartaccia col pensiero.
 

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