Articoli di giornale

di Sakkaku
(/viewuser.php?uid=198100)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I° Articolo ***
Capitolo 2: *** II° Articolo ***
Capitolo 3: *** III° Articolo ***
Capitolo 4: *** IV° Articolo ***
Capitolo 5: *** V° Articolo ***



Capitolo 1
*** I° Articolo ***


Articoli di giornale

 

I° Articolo

 

Buongiorno a tutti gentili lettori.
Sicuramente non vi aspettavate un articolo del genere da parte del nostro giornale.
Vi annuncio di essere stato incaricato di documentare l'ultima giornata di Paul Dicme. Come redazione abbiamo avuto questo "privilegio". Ritengo superfluo darvi informazioni in merito a chi sia Dicme. Negli ultimi mesi tutti avrete sentito la notizia al telegiornale o letto la notizia su qualche quotidiano di quest'uomo che ha sterminato un quartiere intero nel giro di una notte. Nessuno è a conoscenza di come ci sia riuscito, sebbene non sia una domanda che dovremmo porci. Come anteprima, vi proponiamo il suo ultimo sogno, così come lui l'ha descritto e le sue successive dichiarazioni al suo risveglio.
Una piccola precisazione, poi prometto di lasciarvi alla lettura dell'articolo vero e proprio. Lo stesso Paul Dicme ha espressamente richiesto di raccontare il sogno scritto al presente, così facendo ritiene di consentire a chi legge di immedesimarsi. Nei prossimi giorni pubblicheremo la documentazione dell'intera giornata, a seconda dello spazio a disposizione, eventualmente lo stesso verrà suddiviso in più parti.

Tutto questo è sbagliato.
Dicme cerca di respirare lentamente. Chiude gli occhi, cercando di rilassarsi.
Quando li riapre, intorno a lui vede una strage.
Corpi ridotti a brandelli.
Sangue dappertutto.
I suoi ricordi sono confusi, non riesce a ricordare come ci sia arrivato in quel posto.
In quella casa. Di certo non conosce i proprietari. Si guarda intorno, cercando di capire.
Il suo sguardo si sposta sulle mani e sulla camicia.
Sangue.
Dopo una seconda occhiata Paul si accorge che non si tratta del suo. Questo lo confonde ancora di più. Cerca di sforzarsi, di ricordare. Ma è tutto vano.
Niente. Nella sua mente c'è un vuoto totale.
Dicme sposta lo sguardo sui cadaveri, o almeno quello che ne restava. Non riesce a comprendere se li conosce oppure no.
Inizia a mancargli l'aria. Fatica a respirare. Ora sta iperventilando.
Il luogo intorno a lui inizia a girare vorticosamente, come una trottola. Paul sente i sensi abbandonarlo. Sviene su quel tappeto sporco di sangue, in mezzo a quei corpi sfracellati.

Dicme si sveglia di soprassalto, gridando, con il cuore che batte talmente forte che gli pare di sentire la sua forma sotto la pelle del petto, come se volesse scappare dal suo corpo. Appena i suoi occhi, riabituati all'oscurità, vedono le sbarre, si calma.
Di nuovo quell'incubo.
- Hei, Paul hai finito di urlare? - lo riprende una guardia avvicinandosi alla sua cella - Se hai problemi ti facciamo visitare dallo psicologo.
- Sto bene. Era solo un brutto sogno.
- Mi chiedo cosa hai sognato di così brutto. Forse i fantasmi degli innocenti che hai smembrato ti stanno tormentando, è la loro vendetta. Consolati, domani sarai libero, verrai giustiziato e ovunque andrai dopo, rimpiangerai i brutti sogni. O forse hai paura?
- Senti guardia, non sono spaventato, intesi?
- Certo Paul. Continua a ripeterlo fino a convincertene, solo allora forse prima o poi qualcuno ti crederà.
Dicme si sdraia nuovamente sulla sua brandina, tenendo gli occhi aperti.

Paul Dicme ha sterminato un quartiere intero nel giro di una notte. L'assassino sostiene di essere innocente, nonostante le numerose prove trovate dalla scientifica. La colpa è della sua ira accumulata in questi anni, alla fine è esplosa e si è manifestata nel peggior modo possibile. L'avvocato di Dicme fino all'ultimo accusava dell'accaduto le persone del quartiere, compresi i bambini, i quali assillavano ininterrottamente il suo cliente chiedendogli favori per dei lavoretti in casa o per aggiustare i giocattoli rotti. La giuria ha giudicato Dicme colpevole e in questo momento si trova in carcere, in attesa dell'iniezione letale. Alla fine di questa giornata sarà giustiziato. Mi ha confidato che solo in quel momento dirà la verità. Un attimo prima che il contenuto della siringa gli entrerà in vena, prima che quel veleno lo uccida, esprimerà il suo disgusto verso i vicini del suo quartiere. Paul Dicme è certo che questo gesto lo renderà famoso. Molto più del suo pluriomicidio di massa.
Mi auguro soltanto una cosa, e spero vivamente che nessuno dei miei colleghi giornalisti o scrittori famosi scriva mai una biografia dopo la sua morte, così come nessun produttore cinematografico crei un film basato sulla vita di questo criminale.
Una persona del genere non deve ricevere pubblicità, si rischia soltanto di creare simulatori.
Sono consapevole di sembrare ipocrita, d'altra parte sono stato scelto per documentare questo giorno, però è una cosa imposta non una mia decisione. I futuri articoli dovranno essere presi come tali, l'ultima giornata di un carcerato condannato a morte, niente pubblicità per i suoi crimini, soltanto la conseguenza delle sue gesta
Mi astengo dal ripetere le sue ultime parole, perché se le citassi questi articoli diventerebbero qualcosa di poco gradito da leggere. E questo non è per davvero la mia intenzione, però mi pare di averlo già accennato in precedenza.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** II° Articolo ***


II° Articolo

 

Gentili lettori,
nell'ultima settimana avete riempito la redazione con lettere ed e-mail manifestando un'unica richiesta: conoscere le ultime parole di Paul Dicme. Se ho preferito non scriverle, non è di certo per un mio capriccio. Bensì è stato un ordine dall'alto. E con questo non intendo dire i capi della redazione.
Il direttore del carcere ha espressamente richiesto di non divulgare tali informazioni, per il bene della Nazione. Vi chiedo gentilmente di interrompere l'invio di richieste simili, perché per quanto siate curiosi, la vostra curiosità non sarà accontentata. A tutti coloro che sostengono, insinuano e mi accusano di nascondere informazioni, ci tengo a dire una cosa. Paul Dicme ha parlato pochi minuti prima di essere giustiziato e le sue parole non vi farebbero più dormire la notte. Altro non posso dire. Se potessi, tornerei indietro nel tempo e farei volentieri cambio con qualsiasi mio collega, così da poter dimenticare quelle parole e il volto di Dicme. Per quanto cerchi in tutti i modi di distrarre la mia mente, ciò mi risulta impossibile.
Forse sto già scrivendo troppo, probabilmente il mio redattore taglierà qualche frase se lo riterrà necessario, sebbene neppure lui sia a conoscenza di nulla. Tutte le persone presenti al momento del decesso di Dicme preferirebbero non esserci state. La curiosità è un peccato umano... non lasciate che vi condizioni... mi sento male a scrivere queste parole, faccio fatica anche a sceglierle, perché so che nonostante questa nota continuerete a chiedere. Fidatevi di questo povero giornalista. Prima mi capitavano articoli che raramente venivano letti, ma preferirei un centinaio di volte riprendere a scrivere le mie solite notizie perlopiù ignorate, piuttosto che fare pubblicità a Dicme. La fama da giornalista non voglio guadagnarmela in questo modo squallido. Mi rende davvero triste sapere del vostro interesse nei confronti di Dicme, che oramai è passato a miglior vita, piuttosto che pensare a come si sentono i famigliari delle vittime e di cosa abbiano sopportato le famiglie trucidate da questo criminale.
Pensateci.
Se tutti voi foste al loro posto, cosa vi interesserebbe veramente? Tormentereste di richieste un giornalista per sapere cosa ha detto quel pluriomicida prima della morte?
Pensateci.
Vi prendereste la briga di pensare anche solo per un attimo se quello che ha detto fosse davvero importante? Oppure l'unica cosa di cui vi importerebbe veramente è sapere che quel Dicme ha avuto la fine che meritava?
Pensateci.
Infine rispondo a chi interessa sapere se esiste un diario di Dicme. La risposta è sì, ma è tenuto sotto custodia e non ho avuto occasione di leggerlo, quindi evitate di pormi domande in merito perché non ho la più pallida idea di cosa contenga.
A tutti gli altri i quali domandano se ho delle dichiarazioni in merito al giorno del giudizio di Paul Dicme, come ho scritto la scorsa volta, ho documentato l'intera giornata. Attualmente è in fase di elaborazione, poiché lo scritto contiene dettagli sul carcere e della vita dei carcerati e dei sorveglianti, quindi stiamo valutando con il direttore del carcere cosa tenere e su cosa invece è meglio sorvolare perché sono fuorvianti.
Forse non mi crederete, però ci ho messo davvero molto a scrivere questo articolo così come il precedente e i successivi che leggerete.
Sento una forte stretta al cuore e lo sento sprofondare nello stomaco. Dopotutto sono un giornalista, devo svolgere il lavoro che mi viene assegnato. Ed io, non vedo l'ora che tutto questo finisca e potrò tornare al mio angolo dei consigli.
Concludo questo articolo con queste parole: pensate a quanto ho scritto nelle righe precedenti.
Pensateci sul serio e poi fatemi sapere.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** III° Articolo ***


III° Articolo

 

Bentornati gentili lettori.
Questa volta scrivo con l'intento di rispondere ad un lettore che ha lanciato accuse verso il sottoscritto. Per prima cosa voglio dire che i famigliari delle vittime erano presenti il momento in cui Dicme è stato condannato, quindi sono a conoscenza di tutto, l'ho accennato nel mio articolo precedente. La verità ha molte sfaccettature.
Chi può dire quale verità sia giusta da dire e quale sia quella sbagliata? Ritengo che una verità scomoda sia un coniuge che tradisce e non rivela a colui o colei, a seconda del caso, che è unito in matrimonio con un'altra persona, nascondendo a chi ha giurato fedeltà che la tradisce. Se saltasse fuori, la persona in questione dovrebbe affrontare una scomoda verità, nonché situazione.
Io eseguo gli ordini come tutti i dipendenti di qualsiasi azienda. Il giornalista deve documentare i fatti, però ci sono dei limiti. Per questioni di sicurezza, le autorità vogliono mantenere il segreto, almeno fino alla fine delle indagini. Quindi non sono io, misero giornalista che sabota le informazioni. Potrei perdere persino il posto per quanto sto scrivendo.
Confido nelle forze dell'ordine. Solo allora potrò scrivere liberamente. E sarò contento di condividere con voi tutto quanto.
Con questo ho concluso la premessa e passo alla documentazione dell'ultimo giorno di Paul Dicme. O almeno solo la prima parte. Nella prossima uscita del quotidiano troverete il seguito.
Buona lettura. [sempre se si possa definire tale ndr]

Per questioni di riservatezza i nomi delle guardie carcerarie sono stati modificati con nomi inventati.

Attenzione: il seguente articolo contiene un linguaggio scurrile.

 

Mattino: Ore 5.00

Suona la sirena. E' l'avviso che è giunto il momento di svegliarsi. I detenuti si alzano svogliati dalle loro brandine. Le guardie fanno scorrere il manganello sulle sbarre per comunicare a chi non si è alzato di muoversi. Una volta che tutti i detenuti sono in fila davanti alle sbarre, suona il "biiiing".
Di scatto e con un rumore assordante all'unisono si aprono le celle e in fila indiana i detenuti iniziano ad avviarsi verso le docce.
- Hei Paul, ti metti in tiro come un damerino oggi?
- Mica è il mio compleanno.
- E' comunque un giorno importante.
- Su questo sono d'accordo - Dicme sogghigna.
- Come mai ora te la ridi Paul? Stanotte hai urlato come un bamboccio!
- Taci Grill!
- Adesso basta! - ordina una guardia e i detenuti si zittiscono.
Una volta finita la doccia, si dirigono verso la mensa per fare colazione. Lì regna un gran caos.
Dicme si siede a un tavolo e subito inizia una discussione molto accesa.
- Peccato che non ti mandino sulla sedia elettrica. Ti uscirebbe il sangue anche dagli occhi.
- Grill hai davvero voglia di rompermi i coglioni anche il mio ultimo giorno?
- Ti seguirei anche nel altro mondo per romperti, bastardo - lancia addosso a Paul il caffè.
- Dico vuoi davvero prendere un pugno, brutto stronzo?
- Dicme, smettila di attaccar briga - una guardia gli si avvicina e lo colpisce con il manganello sulla nuca.
- Brutto figlio di....
- Se fossi in te non continuerei la frase Paul - lo avverte la guarda carceraria.
- Prendersela così con qualcuno d'innocente è una vergogna.
- Sei un pessimo attore Paul - urla qualche detenuto seduto qualche tavolo più in là.

 

Mattino: Ore 7.00

Inizia il lavoro. Ogni detenuto ha dei compiti e ognuno si dirige verso il proprio posto. Dicme è assegnato alla lavanderia.
- Riempi quel misurino di detersivo altrimenti le macchie rimangono - gli consiglia il detenuto alla sua destra.
- Evitate le chiacchiere e lavorate - la guardia carceraria si volta sbuffando e quella sua minima distrazione fa scattare una rissa. Nel mezzo della scazzottata un detenuto tira fuori un cucchiaino appuntito, lo usa per ferire il braccio della guardia che cerca di chiedere rinforzi, ma qualcuno gli ruba la radio.
Paul si allontana dalla lavanderia per dirigersi verso la stireria, un posto decisamente più calmo della lavanderia.
- Dicme torna al tuo posto - gli ordina la guardia.
- Sono venuto ad avvisarti che di là stanno pestando il tuo compagno – fa un sorriso beffardo - Stavolta non è colpa mia. Gollish ha tirato fuori un cucchiaino appuntito. Probabilmente l'ultima volta non avete perquisito bene la sua cella.
- Perché non hai detto subito che è stato quello psicopatico di Gollish? - l'agente si mette a parlare alla radio trasmittente - Richard è stato attaccato da Gollish nella lavanderia, mandate rinforzi. Ora mi dirigo a vedere la situazione.
Dicme commenta - Peccato che l'arma appuntita era nelle mani di Gollish. Al suo posto avrei puntato alla carotide.
- Tornatene di là, Paul, non ti vogliamo nel nostro gruppo! Porti solo guai - si lamentano un paio di detenuti.
- Tanto dovrete sopportarmi ancora per poco – commenta Dicme incamminandosi per tornare nel locale lavanderia.
Le discussioni finiscono lì. Ognuno ritorna alla sua mansione. La mattinata prosegue tranquillamente.

 

Mattino: Ore 12.00

I detenuti si mettono in fila indiana per raggiungere la sala mensa. Si lamentano del cattivo odore e del gusto pessimo del cibo che gli viene proposto.
- Allora, hai intenzione di confessarti? Sai che dobbiamo avvisare il prete tra poco se vuoi che venga qui .
- Non ne ho bisogno. Quel che ho fatto ho fatto. Io mi sento innocente e mi definisco tale.
- Sei il solito bastardo verme schifoso.
- Gollish chiudi quella boccaccia se non vuoi che ti infilzo la forchetta nell'occhio.
- Provaci. Tanto ho la scorta per quello che ho fatto stamattina e dopo non mi beccherai più, perché mi manderanno in isolamento per una settimana.
- Così diventerai ancora più pazzo.
- Come se ora fossi normale ahahah
- Avete finito di parlare voi due? I vostri discorsi mi rovinano il pasto! - si lamenta un detenuto seduto qualche sedia più in là.
- Suvvia io e Paul mica stiamo parlando di come ci siamo divertiti a massacrare quei rifiuti umani.
- Gollish, chiudi quella boccaccia! Ti ricordo che stanno documentando tutta la mia giornata. Inoltre sono innocente per molte persone là fuori. Se parli così non faranno più proteste e cartelloni in mio favore.
- Sei subdolo in maniera pazzescaaaaaaaaarggggghhh.
Dicme infila la forchetta nel collo del detenuto, lo rigira varie volte, nel viso ha un espressione felice.
- Considerati fortunato. Ho evitato di proposito l'arteria. Questo posto noioso ha bisogno di gente malata e pazza come te. Purtroppo non potrò più farti compagnia nei nostri piccoli esperimenti. Ma almeno avrai un ricordo di me.
- Dicme....sei il...migliore... - il detenuto Gollish sviene e viene portato in infermeria da un paio di guardie.
Un detenuto grande come un armadio commenta - Sempre a metterti in mostra, per una volta che pensavo di poter pranzare in tutta calma e tranquillità.
- Covrev, solo perché tutti si comportano bene perché ci sono i giornalisti, non vuol dire che io farò altrettanto. I poveri illusi pensano che con la loro buona condotta di questa giornata gli venga perdonato tutto? Suvvia non scherziamo.
- Dicme, muoviti il direttore ti vuole vedere. Ora - la guardia lo tira per un braccio.
- Va bene, va bene, che modi. Ti ricordo che questo verrà scritto.
- Guarda che non ti sto maltrattando, ti sto solo dicendo di muoverti - commenta la guardia scuotendo la testa.
Il direttore del carcere inizia la sua ramanzina - E' il tuo ultimo giorno e invece di renderlo producente causi confusione come al solito?
- Voglio divertirmi fino all'ultimo, signor direttore.
- Paul - la voce è esausta e stanca - Almeno questo pomeriggio vuoi stare tranquillo? Ti libero dai tuoi incarichi, basta che non crei altro disordine.
Un largo sorriso dipinge il volto di Dicme - Lo sapevo. Sei prevedibile direttore. Ti ringrazio della libera uscita.
Il direttore dietro la scrivania diventa paonazzo - Ho detto che non dovrai lavorare non che potrai uscire a zonzo.
- Peccato, ci ho provato - il detenuto fa spallucce, poi si rivolge alle guardie dietro di lui – Allora Gary, mi farai da scorta o posso andare in libreria da solo?
- Perché fai domande, quando sai già la risposta? Sai perfettamente che puoi andarci anche da solo .
- Perfetto. Allora ci vediamo stasera, signor direttore - esce dalla stanza fischiettando.


 

E con questo abbiamo finito la prima parte del documentario. Nella prossima pubblicazione, troverete il seguito.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** IV° Articolo ***


IV° Articolo

 

Carissimi lettori, bentornati.
Come annunciato nella scorsa edizione, in questo articolo troverete il seguito dell'ultima giornata di Paul Dicme. Immagino che molti di voi saranno entusiasti di sapere che abbiamo ricevuto l'autorizzazione di trascrivere le ultime parole di Dicme. Sono contento di essere giunto al termine di questo documentario, sempre se sia corretto definito tale. I molti sostenitori, o forse dovrei chiamarli futuri emulatori di Dicme, avranno molto materiale su cui discutere e riflettere e sicuramente non saranno d'accordo se definirei il tutto disgustoso, ma il mio pensiero è condiviso dai famigliari delle vittime.
La mia intenzione non è quella di fare il moralista, l'ho già fatto una volta e detesto ripetermi. Vi consiglio di prendete le parole alla lettera, così come sono scritte.
Le ultime folli parole di un criminale sul punto di morte.
Niente di più. Niente di meno.
Come nell'articolo precedente, per motivi di riservatezza i nomi delle guardie carcerarie sono stati modificati con nomi inventati.

 

Pomeriggio: Ore 13.30

Chiamarla libreria è un esagerazione. Ci sono giusto due scaffali alti due metri con una sessantina di libri al massimo. La stanza è grande quanto due celle unite.
Dicme si diverte a sfogliare dei libri a casaccio. Vuole più che altro mettere in disordine l'ordine alfabetico che leggere sul serio
- Bellezza - si rivolge alla guardia donna che sta dietro il bancone della libreria - Che ne dici di venire con me a bere un caffé?
- Paul, evita di farmi le avance, sai già la risposta.
-Ho capito. Preferisci socializzare in altre maniere.
- L'unica maniera con cui mi piacerebbe socializzare con te è calmarti con il taser.
- Un linguaggio del genere non è adeguato a una signora - scuote la testa contrariato - Se potessi ti taglierei la lingua e la userei come collana... prima però la leccherei davanti ai tuoi occhi prima di passarmela nelle parti basse e fare un certo tipo di lavoretto.
La guardia carceraria disgustata afferra la radio posizionata sulla spalla e inizia a parlare - Qui agente Risosky, chiedo la sostituzione in libreria. Dicme ha ripreso con le sue solite provocazioni schifose - dalla radio si sente il brusio di una risposta affermativa alla richiesta.
- Mi vuoi abbandonare bellezza? Quanta crudeltà pure il mio ultimo giorno.
- Giusto perché tu lo sappia, non meriti venia solo perché stasera verrai giustiziato.
Dicme si avvicina all'agente sussurrandole - Ti verrò a trovare tutte le notti, bellezza.
- Se non vuoi ricevere una botta in testa con il manganello ti consiglio di smetterla di dar fastidio alla mia collega Risosky – afferma la guardia carceraria entrata in quel momento per a dare il cambio alla collega.
- Ti ringrazio Barker. Allora... - la donna s'interrompe perché Dicme le lancia addosso un libro, colpendola sul braccio. Con una spinta amichevole, l'agente Barker spinge fuori dalla libreria la collega.
- Pfff, sei arrivato tu e mi rovini la festa! Razza di armadio ambulante - la guardia carceraria non dice una parola, rimane immobile, sull'attenti a controllare ogni sua mossa.
Paul continua a borbottare parole incomprensibili.

Pomeriggio: Ore 15.00

E' tempo dell'ora d'aria concessa ai detenuti. C'è un grande piazzale di cemento, con un canestro e delle panchine. Niente verde. Tutto sotto la stecca del sole.
Molti ne approfittano per fumare una sigaretta, altri per una partita a basket. La maggior parte sta appoggiato alla ramina per complottare contro le altre bande di detenuti. Dicme è vicino a un gruppo di fumatori, sebbene gli altri si tengano leggermente in disparte, sembra che non vogliano essere scambiati per dei suoi amici, come se macchierebbe la loro reputazione.
- Sapete, mi dispiace che non mi fate una vera e propria intervista. Potrei dire e raccontare molte più cose e invece non posso. E' triste che non posso lasciare un messaggio ai miei sostenitori. Purtroppo non mi è concesso rispondere alle loro lettere - Paul sospira - O meglio, le mie risposte non sono mai state considerate adeguate. Chi controlla la posta in uscita è troppo severo.
- Ti lamenti sempre! - borbotta un detenuto.
- Anche tu non sei da meno, Karl.
- Certo, perché a differenza tua, io sono davvero innocente.
- Se sei qui è perché nessuno ti crede!
- Il mio avvocato crede nella mia innocenza, a differenza del tuo che ha abbandonato la causa dopo neanche un giorno!
Dicme sbuffa - Era un essere inutile senza spina dorsale.
- Certo, per dimostrare di essere un uomo doveva far parte della tua combriccola?
- Sai che se la chiami così mi irrita Karl.
- Hai ragione dovrei chiamarla setta di assassini!!
- Taci! - Dicme urla rabbioso - Solo perché tu sai già la verità, non vuol dire che puoi raccontarla. E' una cosa che farò io stesso. In modo plateale!
- Chissà se quando scopriranno la verità, i tuoi sostenitori lasceranno perdere la causa.
- I più fedeli rimarranno e porteranno avanti il nostro credo.
- Ne parli come se fosse una religione - commenta il direttore avvicinandosi.
- Siamo meglio di qualsiasi religione - ribatte Paul euforico.
- E' meglio se ti ritiri nella tua cella, prima di scatenare un ulteriore lite.
- Stavolta sono d'accordo con lei, direttore. Devo preparare il discorso per stasera, non ho tempo da perdere con questo branco di stolti - fischiettando si allontana dal gruppo per rientrare all'interno dell'istituto.

Pomeriggio: Ore 17.00

Dicme è rimasto per tutto il tempo in silenzio. Concentrato a scrivere quello che dovrebbe essere il suo discorso. La matita scorre sulla carta, poco dopo strappa il foglio e lo appallottola, per poi lasciarlo cadere a terra.
- Sai cosa penso? La preparazione è inutile! Meglio se improvviso, probabilmente avrà più effetto - commenta Paul - E' un vero peccato che non potrò vedere in faccia i famigliari delle vittime. Mi farei un sacco di risate prima di morire, vedendo le loro espressioni. Si renderanno conto di far giustiziare un innocente, ma sarà troppo tardi - inizia a ridere.
A quel punto Dicme si alza dalla sedia, si sdraia sulla brandina e sospira - Ora mi voglio fare una dormita, almeno fino all'ora di cena - detto questo chiude gli occhi e si appisola.
Il suo sonno è turbato, si lamenta e borbotta parole incomprensibili.

Sera: Ore 21.00

L'ora di cena. L'ultimo pasto di Paul Dicme.
L'aria sembra più pesante. Tutti i detenuti sanno che uno di loro presto se ne andrà. La consapevolezza che un altro di loro a poche ore di distanza sarà giustiziato mette un po' tristezza o forse preoccupazione. Sono consapevoli che per alcuni di loro, presto o tardi, arriverà la stessa fine.
- Posso fare un ultimo discorso?
Alcuni grugniscono con la bocca piena.
- Bene. Con molti di voi ho avuto qualche problema. Insomma, si hanno nella vita fuori da qui, figuriamoci in un posto ristretto come il carcere, dove siamo obbligati a convivere. A coloro che usciranno tra venti o trent'anni voglio dire una cosa. Ricordatevi, se fuori non ci sarà nessuno ad aspettarvi, cercateci, noi vi accoglieremo a braccia aperte. Mentre a coloro che andranno incontro alla mia stessa sorte, dico di non avere paura. L'iniezione fa effetto subito, molto meglio della sedia elettrica. Se volete in biblioteca c'è un libro, sulla mensola in alto a sinistra. Lì ci sono le descrizioni dei vari metodi utilizzati negli anni per la pena di morte. Nonostante le avversità, in questi due mesi siete stati una buona famiglia. Con questo ho finito. Buona cena a tutti.
Alcuni detenuti iniziano ad applaudire, altri a fischiare. Sembrano davvero uniti. Sembra quasi come se, un senso di fratellanza aleggiasse nell'aria dopo il discorso di Dicme.
Una volta conclusa la cena, i detenuti iniziano ad affiancare i vari tavoli, in modo da poter giocare a carte tutti insieme. Mettendo da parte, per poco tempo, tutti i disguidi. La serata procede tranquilla, accompagnata da barzellette volgari e insulti a chi tenta di barare.

Sera: Ore 24.00

E' giunto il momento.
La stanza è riempita da alcuni parenti delle vittime, essendo uno spazio ristretto non ci sono tutti, però sono presenti almeno due componenti di ogni familiare delle persone uccise brutalmente da Dicme. Gli altri assistono alla pena di morte da una saletta, via video.
Paul Dicme viene fatto accomodare, sulla sedia, simile a quella che si trova negli studi dei dentisti. Gli legano polsi e caviglie con dei lacci in pelle, simili a delle cinture. La preparazione continua, Dicme viene collegato ad un elettrocardiografo. Sul volto del condannato non c'è traccia di preoccupazione, anzi, è dipinto un sorriso soddisfatto.
- E' un peccato che voi potete vedere me, ma io non posso vedere voi - commenta Paul, fissando il vetro davanti a lui. - Mi piacerebbe molto assaporare i vostri sguardi furiosi, addolorati, pieni di odio o disperazione - dopo quelle parole rimane in silenzio, osservando il medico che gli infila l'ago in vena.
Ora è tutto pronto. Il direttore annuisce per dare il via alla condanna a morte. La prima delle tre siringhe inizia lentamente ad abbassarsi. Il liquido passa attraverso il tubo che condurrà alla vena di Dicme.
In quel momento inizia a parlare. Queste saranno le sue ultime parole.
- State giustiziando la persona sbagliata. Come ho sempre detto sono innocente. Il vero colpevole, anzi dovrei dire i colpevoli, sono i bambini che state allevando. Ero presente solo perché avevo il compito di guidarli, di consigliare il metodo migliore per assassinare, tagliuzzare ed esportare gli organi. Noi siamo ovunque. Siamo nei membri delle vostre famiglie, sotto forma di qualsiasi età, classe sociale, sesso, studenti, lavoratori o disoccupati. Noi vi troveremo. Raggiungerete tutti il posto dove queste famiglie sono finite. Tutti coloro che rifiuteranno di unirsi a noi faranno la loro stessa fine. Nessuno di voi può ritenersi al sicuro. Noi siamo tutti e ovunque. Potete cercare e cercare ma non ci troverete. Perché non siamo una stupida setta che si incontra o fa riti di massa. No. Noi agiamo insieme, ma separatamente. Siamo in gruppo e siamo da soli. Temete degli emulatori? Vi preoccupate inutilmente. Loro fanno già parte di noi. Chiunque appoggia la nostra causa è già parte di noi. Nessuno può trovarci. Il sangue macchierà le vostre anime corrotte e il vostro sangue purificherà le nostre - pronuncia queste parole urlando e sorridendo soddisfatto.
I presenti si sono dimenticati di seguire il lento percorso del liquido, troppo occupati a fissare con orrore gli occhi spalancati e iniettati di sangue di Dicme. A quel punto il fluido è già in circolo nel suo corpo. Come se tutto fosse stato calcolato nel dettaglio, Paul emana un respiro strozzato, subito dopo il cuore smette di battere. L'intera stanza è riempita dal "biiiiip" emesso dal elettrocardiografo.
Il medico si avvicina e dichiara ufficialmente la morte di Paul Dicme.


 

Il documentario su Paul Dicme è concluso.
Mi auguro che la lettura vi abbia soddisfatto e che abbia dato una risposta a tutte le vostre domande. Da parte mia sono felice di aver terminato, mi sono tolto un enorme macigno dallo stomaco. Sono consapevole che avrei dovuto scrivere in maniera diversa e mi scuso se a volte ho esagerato a esprimere la mia opinione, ma se l'ho fatto è soltanto perché ci tenevo a mantenere la mia integrità, nonostante il compito assegnatomi.
Il mio prossimo articolo non sarà così interessante, ma spero che almeno una parte di voi, spenderà quei pochi minuti per leggerlo.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** V° Articolo ***


Ciao a tutti ^^
Ed eccoci arrivati al capitolo conclusivo, volevo ringraziare tutti coloro che hanno dedicato del tempo per leggere questa storia, grazie davvero di cuore ♥
Spero che questo finale sia di vostro gradimento. Buona lettura =)

 
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
 

V° Articolo

 

Ritrovato cadavere in una zona residenziale
Il corpo dell'uomo rinvenuto senza vita è di un giornalista

 

All'alba di questa mattina una donna mentre portava a passeggio il proprio cane, si è accorta di una sagoma accasciata vicino a una macchina, nel vialetto di una villa. Si è avvicinata e ha subito chiamato la polizia per denunciare il ritrovamento di un cadavere. L'uomo corrisponde all'identità di Dan Whittler, giornalista di questo quotidiano, di recente si era occupato del documentario su Paul Dicme.
In una dichiarazione le forze dell'ordine hanno escluso che i due fatti siano correlati. Infatti in questa edizione, avrebbe dovuto rassicurare i nostri lettori in merito alle ultime dichiarazioni di Dicme. Gli investigatori hanno controllato tutti i collegamenti e conoscenti esistenti e non ci sono tracce dell'esistenza della setta di cui parlava Paul Dicme. Il suo discorso aveva soltanto lo scopo di disseminare terrore e distruggere ulteriormente i parenti delle vittime, già fragili emotivamente.
La causa dell'omicidio di Whittler pare sia una rapina finita male. Il ladro ha ripetutamente schiacciato la testa del giornalista con la portiera della macchina, la polizia presume che la vittima abbia cercato in tutti i modi di difendere ciò che gli era più caro, il portatile di lavoro, perché teneva stretta la borsa dove era contenuto il computer.

 

Jules Shadder


 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3540509