Doppio legame

di Raflesia Harlock
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI e Ultimo ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


 

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Premessa

 

E se Maya e Masumi non fossero mai saliti sull’Astoria? Se non ci fossero stati né l’interpretazione di Akoya né un’alba mozzafiato a facilitare il disvelamento della verità, cosa avrebbero fatto in nostri beniamini una volta abbattuto il muro di menzogne eretto da Shiori ? Come sarebbero riusciti a superare anni di fraintendimenti  e segnali distorti, e a mostrarsi l’un l’altro per quello che sono, mettendo in gioco veramente loro stessi e il loro legame? Può forse Maya illudersi di conoscere Masumi avendone sempre visto due facce, quella nascosta del donatore di rose, protettiva e rassicurante,  e quella irriverente e cinica dello spietato affarista della Daito? E quanto l’ambivalenza di lui può aver contribuito a minare la sua fragile autostima? Può forse Masumi credere di conoscere Maya, o persino se stesso, abituato a portare una maschera dall’età di 10 anni e cresciuto in condizioni di deprivazione affettiva che bloccano i suoi passi e non gli consentono di riconoscere facilmente né i propri sentimenti né quelli degli altri?  In questa fanfiction ho sviluppato una ipotesi, cui il titolo allude, una delle tante possibili. Ne deriverà un percorso insolito che si dipanerà in 11 capitoli e che li metterà  a dura prova, rendendoli infine più consapevoli, che spero vi piacerà.

 

 * * *

 “Doppio legame”  si riferisce al rapporto che Maya ha con le due maschere di Masumi ma è anche un concetto psicologico. Indica “una situazione in cui la comunicazione tra due individui, uniti da una relazione emotivamente rilevante, presenta una incongruenza tra il livello del discorso verbale (quello che viene detto a parole) e un altro livello non verbale (gesti, atteggiamenti, tono di voce ecc.), e la situazione sia tale per cui il ricevente del messaggio non abbia la possibilità di decidere quale dei due livelli sia valido (dal momento che si contraddicono) e nemmeno di far notare l'incongruenza” (Wikipedia).

 

 

 

CAPITOLO I

 

 

Non si rese neanche conto che era entrata e lo stava guardando. Immobile, seduto di fianco alla sua scrivania, teneva in mano il cellulare e sembrava contemplare un punto indeterminato della parete laterale, forse il quadro, una marina. Un sorriso appena accennato sulle sue labbra.

“Signor Masumi… mi scusi, non mi ha ancora detto come desidera procedere nella riunione di domani…”

“Eh?” pronunciò con voce roca, girandosi repentinamente verso la sua segretaria e guardandola come se non avesse capito bene cosa gli avesse detto, o perché si trovasse lì. “Sì certo, stavo facendo altro” tossicchiò “Mi dia cinque minuti. La richiamo io”.

Quanto era rimasto perso nei suoi pensieri? Guardò l’orologio e poi ancora una volta il cellulare. Alla fine non era riuscito a trovare nessuna scusa plausibile, ma in un attimo decise di farlo lo stesso. Selezionò rapidamente il numero e spinse il tasto di invio, prima che la sua mente potesse affastellare un qualsiasi altro argomento razionale per farlo desistere.

 

 

Maya era nel suo camerino, intenta a struccarsi. In questi ultimi giorni si truccava il viso prima delle prove, era un rito che aveva notato le serviva per meglio immedesimarsi nella Dea Scarlatta. Le prove erano sempre più impegnative e a lei sembrava di non aver ancora colto appieno lo spirito della dea. In certi giorni era talmente delusa dalla sua performance da dimenticarsi le battute in scena e bloccarsi, provocando le urla di Kuronuma. Altre volte invece le riusciva così facilmente, quasi che le parole del copione si accordassero all’unisono con le sue emozioni… come quell’oggi per esempio. Persino il regista aveva accennato un applauso alla fine di quella intensa giornata, guardandola con malcelata soddisfazione.

Sì, oggi era stata brava, lo sapeva, lo “sentiva”. Le battute d’amore scambiate con Isshin erano state vibranti, tese, innocenti e sensuali allo stesso tempo. Aveva provato il desiderio di avvicinarglisi, di essere cercata da lui, di toccarlo e Yu aveva risposto prontamente, con grande trasporto. Alla fine della scena aveva guardato le facce degli altri attori, erano tutti rimasti a fissarla a bocca aperta. Anche Yu, abbracciato a lei, la fissava ancora intensamente, poi per fortuna con la sua provvidenziale goffaggine (era caduta, o per meglio dire, non aveva fatto nulla per impedirsi di cadere dal futon, trascinando il suo compagno con sé) aveva rotto l’incantesimo, ed era tornata la solita Maya agli occhi di tutti.

Il suo sguardo si posò sull’oggetto accanto allo specchio. Sospirò. Era un cellulare, uno smartphone, non troppo grande, avvolto in una elegante custodia di pelle di color scarlatto. Glielo aveva regalato lui, il suo ammiratore. Nella lettera la pregava di accettarlo e portarlo sempre con sé, adducendo che una ragazza della sua età, per di più un’attrice ormai nota come lei, doveva essere in grado di poter comunicare in qualsiasi momento, soprattutto per la sua stessa sicurezza. Il numero di Hijiri era già presente nella memoria. Lei vi aveva poi aggiunto quello di tutti i suoi amici e, la sera prima, il signor Hayami vi aveva memorizzato il suo.

Ripercorse ancora per l’ennesima volta nella sua memoria quello che era successo il giorno prima, il loro strano incontro fortuito, il suo invito ad andare a vedere con lui le prove generali di uno spettacolo della Daito in un bellissimo teatro del centro e poi la cena in piedi in uno di quei locali alla moda frequentati dagli attori dopo li spettacoli, dove lui l’aveva presentata a tutti ed era stata al centro dell’attenzione generale. Si era sentita inizialmente fuori luogo, non avvezza a quel genere di locali e vestita troppo semplicemente. Ma poi, grazie all’incoraggiamento e all’aiuto di lui, aveva preso coraggio ed era riuscita a destreggiarsi e conversare quasi disinvoltamente con i tanti - fra cui anche un paio di attori noti al grande pubblico - che le si erano avvicinati.

Sospirando, chiuse gli occhi e si appoggiò alla spalliera. Ogni dettaglio di quella serata riprese a scorrere nella sua mente, come un film, di cui stentava a credere di essere stata la protagonista.

 

 

Mentre entravano nel locale, forse leggendo l’imbarazzo nei suoi occhi, lui aveva chiosato “Non preoccuparti per il look, la tua normalità sembrerà estremamente estrosa in un contesto come questo”. Poi era stato per tutta la sera accanto a lei senza allontanarsene mai, spiegandole chi fossero le persone attorno a loro, tutti i pettegolezzi mondani che li riguardavano, consigliandole l’approccio e addirittura alcune parole da usare con ciascuno di loro, per dar l’impressione che anche lei li conoscesse altrettanto bene. Dopo l’iniziale imbarazzo, quel gioco l’aveva molto divertita. Era riuscita ad essere brillante, un paio di volte a dire il vero le era quasi sfuggita la situazione di mano, e lui era intervenuto abilmente fugando lo sguardo esterrefatto dell’interlocutore di turno. In entrambe le occasioni si erano poi allontanati ridendo e commentando sommessamente quanto accaduto.

“Sei una forza, ragazzina”, aveva detto lui molto divertito a mezza voce.

“E invece si sbaglia, perché non sono più una ragazzina, signor affarista-senza-scrupoli” gli aveva risposto fintamente offesa.

“Mi stai convincendo, sai? Vediamo cos’altro sai fare allora, mia giovane signora-alle-prime-armi” aveva ribattuto lui facendola sussultare.

E si erano scambiati uno sguardo d’intesa, ridendo ancora più forte. Si sentiva euforica, si divertiva in quell’ambiente che aveva sempre rifuggito, averlo accanto come forse mai prima di allora la faceva sentire sicura, e le piaceva come quella sua spavalderia, che neanche lei sapeva da dove venisse, lo rendesse così allegro.

Le aveva concesso un solo cocktail poco alcolico “Non sei ancora abituata” aveva chiosato, ma già questo aveva contribuito a scioglierla un po’. Subito dopo, per qualche momento, avevano persino accennato un ballo insieme sul sottofondo di una musica rock occidentale, molto trascinante. Lui era stato impeccabile anche in quello, disinvolto e ironico, più attraente che mai - come faceva a essere sempre così perfetto??? - mentre lei cercava in qualche modo di seguire i suoi movimenti, almeno quando lui le si accostava. Sull’ultima nota, l’aveva fatta finire fra le sue braccia con una mossa netta e precisa, facendola roteare varie volte. Si erano fissati per un attimo - i volti accostati e il fiato corto.

“Niente male!” aveva commentato ancora lui, schernendola. Sciogliendosi da quell’abbraccio aveva sentito addosso tutti gli sguardi delle donne presenti nella sala. Poco dopo le aveva sussurrato serio “Adesso è ora di andare, Maya”, lei doveva essere arrossita sentendogli pronunciare il suo nome, e allo stesso tempo si era sentita sommersa da un’ondata di malinconia, al che lui aveva aggiunto, in tono lievemente canzonatorio: “E’ molto tardi, giovane signora, se non te ne fossi accorta”. E in effetti era notte fonda.

Uscendo, lei aveva proposto di prendere la metro, casa sua si trovava solo ad un paio di fermate mentre casa Hayami era in direzione opposta. Lui l’aveva guardata in tralice mentre le apriva lo sportello, aggiungendo con tono che non ammetteva repliche “Stai scherzando, vero?”.

Era salita sull’auto, felice in cuor suo di non dover mostrare altre resistenze. Durante il viaggio, avevano commentato ancora un poco la serata appena trascorsa. Poi la macchina si era accostata al marciapiede e il motore si era spento. Lei aveva rigirato nervosamente il cellulare fra le mani, chissà perché.

“Hai un cellulare, vedo. Era ora. Dammelo un attimo” aveva premuto alcuni tasti e quindi glielo aveva restituito sorridendo “Ti ho memorizzato il mio numero. Se ti venisse ancora voglia di prendere la metro da sola alle 2 di notte, prima chiama me” le aveva detto in tono minaccioso.  

“Signor Hayami, io… non so come ringraziarla per questa serata… è stato tutto così…” si era bloccata, incapace di proseguire.  

“Veramente ti sei divertita?” aveva indagato lui con un tono nuovo, che non gli aveva mai sentito.

“Sì, molto, davvero… Io… sono felice che… insomma, dopo tutti gli screzi e i problemi che ci sono stati ultimamente a causa mia, ecco…” aveva balbettato come al solito.

“Se ti riferisci all’assegno o all’anello, ti ho già detto che tu non c’entri, lo so - l’ho sempre saputo in realtà…” si era voltato a guardarla, stringendo il volante con una mano “Come ti dissi tempo fa al molo, sono io che devo scusarmi con te… dimentichiamo, ti prego, questa faccenda. Non dev’essere un problema fra noi”.

Le ritornò in mente quel momento, non volevano farla salire su quella grande nave, allora era sceso lui, lei gli aveva mostrato l’assegno e dopo tante spiegazioni alla fine lui si era scusato.  

“Va bene, signor Hayami, io… non chiedo di meglio” improvvisamente la voce le si era rotta e aveva sentito gli occhi riempirsi di lacrime, non avrebbe neanche lei saputo dire perché. Non volendo che se ne accorgesse, aveva cercato di aprire lo sportello, ma la sicura era inserita e subito dopo si era sentita afferrare per il braccio, mentre la sua mano, posata sulla guancia destra, l’aveva costretta a girarsi verso di lui, proprio mentre una lacrima ribelle le solcava il viso.

L'aveva guardata come ipnotizzato. Poi con la stessa mano le aveva asciugato la guancia, pensieroso, in silenzio. Quindi improvvisamente l'aveva tirata verso di sé fin quasi ad abbracciarla.

Maya sospirò, con gli occhi chiusi, completamente presa dal ricordo come se lo stesse rivivendo di nuovo. La sua voce risuonava profonda ed intensa proprio come allora: “Mi dispiace Maya, non credevo di averti ferita così tanto… sono stato un idiota solo ad avere dei dubbi… potrai perdonarmi?”

Lei aveva annuito ma non era riuscita a impedire alle lacrime di scendere. Aveva cominciato ad asciugarsele con un fazzoletto bianco che lui aveva estratto dal taschino interno della giacca. Improvvisamente lo aveva riconosciuto. Era un suo fazzoletto che credeva di aver perduto. L’aveva con sé la sera in cui erano stati aggrediti, lo ricordava bene, e infatti un angolo era ancora macchiato del sangue che aveva tamponato sulla sua fronte. Se lo era rigirato fra le mani, incredula. Aveva cercato i suoi occhi, rendendosi conto che lui la stava fissando attentamente.

“Questo credo che sia tuo… scusa se non l’ho neanche fatto ripulire” le aveva sussurrato dolcemente. Lei si era sentita avvampare ed era riuscita solo a mormorare un quasi inudibile “Sì… non si preoccupi”. Lui era rimasto in silenzio per un tempo interminabilmente lungo, non lo aveva neanche sentito respirare, ma non aveva idea di cosa gli fosse passato per la testa perché era rimasta a fissare il fazzoletto, mentre il ricordo del momento in cui lei gli aveva sfiorato le labbra, ripetendogli le parole di Akoya la sommergeva di emozione, facendola avvampare ancora di più. Ma… come mai lui lo teneva con sé…? E neanche lo aveva fatto pulire, era strano, cosa significava? Poi un pensiero l’aveva sconvolta completamente: forse lui non era svenuto come credeva, altrimenti come avrebbe potuto sapere che il fazzoletto le apparteneva? In un attimo era stata presa dal panico e la sua mano aveva raggiunto nuovamente la maniglia in un nuovo disperato tentativo di fuga. Aveva sentito la mano di lui afferrarle la spalla, dapprima con forza, poi dolcemente.

“Avevo creduto che tu fossi scappata via, che non ti fossi curata di me” le sue parole, lente e dolci, piene di rammarico. Le si era avvicinato, sfiorandole con la mano la guancia, poi le labbra, in un gesto carico di significato… lei era stata scossa da tremiti, non riusciva a guardarlo, si sentiva paralizzata.

“E invece…” le aveva accarezzato ancora il contorno del viso, poi le era sembrato di sentirlo sospirare. Era seguita una risata amara.

“Anche in quel caso, mi ero sbagliato… vedi, lo spietato affarista della Daito si è sbagliato di nuovo” aveva aggiunto e la tensione che aveva avvertito si era un poco sciolta.

“Le succede spesso, ultimamente, sta invecchiando” aveva detto lei di rimando. Una stupidaggine, ma era stata la prima cosa che le era venuta in mente e doveva, doveva dire qualcosa. Lui aveva riso ancora, una risata breve e nervosa.

“Proprio così, mia giovane signora… alcuni maturano, altri invecchiano, è la vita.”

Aveva tolto la mano dalla sua spalla e lei finalmente aveva sollevato lo sguardo incrociando il suo. I suoi occhi brillavano, illuminati da un sorriso radioso. Lei aveva annuito lentamente, sorridendogli di rimando, con gratitudine.

Adesso si rendeva conto che probabilmente, visto il suo evidente imbarazzo, aveva volutamente sorvolato sull’accaduto, traendola d’impaccio, come sempre.

Un “click” fu il segnale che la sicura era stata sbloccata.

“Sei di nuovo libera di piantarmi in asso quando vuoi, giovane signora, come hai fatto sempre” la sua voce era di nuovo risuonata sicura e divertita, come lo era stata fino a poco prima.

“Grazie per questa serata…” aveva aggiunto fissandola ancora e poi, con le mani strette sul volante e lo sguardo rivolto di fronte a sé “…indimenticabile”. Lei era scesa, aveva salito le scale fino al suo portone, ancora imbambolata e con le gambe tremanti, mentre lui - lo aveva sentito – era rimasto a guardarla dalla macchina in attesa col motore acceso.

 

 

In quell’istante il cellulare squillò, scuotendola prepotentemente da quei ricordi. Vedendo apparire il suo nome sul display il cuore accelerò i battiti.

“Pronto…?” rispose con voce tremante senza sapere cosa aspettarsi.

“Maya, buonasera”

Era davvero la sua voce… non riusciva a spiccicare parola, la lingua risucchiata sul palato.

“Maya? Ti disturbo forse? “

“No… anzi” rispose titubante bloccandosi e creando una pausa di silenzio.

“Maya, pensavo… stavo pensando che, se ti va, potrei passare dai Kids Studio uno di questi giorni”

“Vuole venire a vedere le prove?”

“No…cioè sì, anche, mi piacerebbe molto, certo…” non gli aveva mai sentito una tale esitazione nella voce “Ma io pensavo più di… portarti a vedere un nuovo locale vicino al fiume che hanno aperto recentemente e dove comunque dovrei passare, l’ho promesso al proprietario, sarà pieno di attori e starlette varie in cerca di notorietà e allora mi chiedevo se… - provò a ridere - ecco se ti andasse di divertiti ancora un po’ alle spalle di quei poveretti. Prometto di portarti a casa prima stavolta” le disse mantenendo quel tono incerto che la sconcertò.

“Sì” poco più che un sussurro.

“Sì? Bene… Quando… quando preferiresti?” le chiese lui lasciandola di sasso per la seconda volta.

Finalmente la voce si decise a uscire: “Quando vuole lei… Stasera?” si morse la lingua, erano già quasi le 10.

“Stasera? Certo, perché no, perfetto. Il tempo di… - la voce si allontanò dal microfono, probabilmente stava facendo qualcos’altro contemporaneamente - …di arrivare. Fra venticinque minuti sarò lì. Va bene per te?” propose.

“Sì” mormorò, non riuscendo ad aggiungere altro.

“Aspettami dentro, quando arrivo ti chiamo”.

Maya vide nello specchio una ragazza dal viso impiastricciato di cerone, le guance vermiglie e il sorriso ebete che la fissava incredula col cellulare ancora in mano… cioè lei stessa.

Un appuntamento… no, non poteva essere un appuntamento. Il secondo in due giorni. Eppure. Eppure lo era… Si alzò dalla sedia, fece qualche passo, tornò indietro. Respirò profondamente, cercando di calmarsi e ritrovare un barlume di razionalità. Lui stava venendo a prenderla per uscire con lei. Era innegabile. Altrettanto innegabilmente però, fra circa due mesi - così si vociferava - più o meno in concomitanza con la rappresentazione della Dea Scarlatta, si sarebbe sposato. I giornali di gossip, anche quelli di finanza, non parlavano d’altro che di questo matrimonio, l’“evento dell’anno”.

Sorrise amaramente allo specchio, prese la spazzola e cominciò a pettinarsi i capelli, con forza. Non capiva cosa stesse succedendo, forse lui voleva solo distrarsi… Aveva sentito dire che alcuni uomini avvicinandosi al matrimonio venivano presi dal panico o forse dalla nostalgia per la libertà che avrebbero perso a breve, fino a comportarsi anche in maniera molto disdicevole… Eppure il signor Hayami non le sembrava quel tipo di persona. E cosa sarebbe successo se qualcuno avesse notato la loro frequentazione, se la notizia fosse giunta alla stampa? Possibile che il signor Hayami non si preoccupasse di una eventualità del genere? O forse credeva che, vista la loro differenza di età e di stato sociale, nessuno avrebbe mai potuto prendere sul serio l’eventualità di una loro relazione? Sorrise amaramente. Solo lei poteva crederci, credere che fosse un vero appuntamento, fra due persone che hanno interesse a frequentarsi. Una lacrima prese a scendere lungo le sue guance.

Era una stupida. Il signor Hayami non la avrebbe mai considerata altro che una ragazzina… anche se la sera precedente era stata diversa, molto diversa. Si fermò di nuovo a fissare la spazzola. Si era creato qualcosa, un’intesa, che forse c’era sempre stata, che forse era solo diventata più evidente. Il modo in cui scherzavano, il modo in cui lui a volte la guardava, la sfiorava… Arrossì. Ma lui rimaneva il potente, ricco e temuto Masumi Hayami mentre lei, solamente una qualsiasi Maya Kitajima. E comunque non c’era più tempo. Era tardi.

D’improvviso le tornò alla mente la volta in cui, molto tempo prima, lui l’aveva “costretta” a passare del tempo con lui, dopo un incontro “al buio” in un teatro. Era stata una giornata stranamente piacevole, ma poi era finita in una catastrofe. Le ritornarono in mente la telefonata che avrebbe interrotto bruscamente ogni cosa e poi i suoi occhi pensierosi e malinconici che la fissavano, proprio come… proprio come quelli che aveva incrociato per un attimo la sera prima, mentre scendeva dalla sua macchina. Con angoscia crescente si rese conto che quello non sarebbe stato il loro secondo appuntamento, ma il terzo. Che di tempo ce n’era stato, un bel po’, ed era stato sprecato. Che forse aveva avuto una possibilità, per quanto assurdo potesse sembrare.

Si asciugò le lacrime col dorso delle mani, nervosamente. Non poteva piangere, lui sarebbe arrivato fra venti minuti e l’ultima cosa che voleva era che le trovasse gli occhi gonfi di pianto. Si sciacquò il viso, prese la matita e il mascara e cominciò a truccarsi gli occhi, non per andare in scena stavolta, ma per uscire con lui, per sentirsi un po’ meno insignificante del solito. Era buffo, non si era mai fatta un trucco “normale”, ma poteva riuscirci.

Si guardò intorno. Il camerino era pieno di stoffe e accessori dalle guise più disparate, così ebbe un’idea. Avrebbe trovato qualcosa che la rendesse davvero un po’ più eccentrica quella sera, quantomeno più interessante. Era l’ultima volta che usciva con lui, lo sentiva - ricacciò indietro con rabbia l’ennesima lacrima - voleva viverla appieno, senza fare da tappezzeria, voleva sentirsi di nuovo viva, sì viva e leggera, per una notte o anche solo per poche ore… qualunque cosa questo significasse.

 

 

Incredibile. Era bastato così poco. Le aveva detto la prima cosa che gli era venuta in mente e lei aveva acconsentito. Anzi, sembrava che non aspettasse altro! Mentre lui aveva passato una vita a tergiversare. Pazzesco… Rise di se stesso. Un vero idiota… pensò, spegnendo il computer. La differenza di età, la differenza sociale, tutto quello che si era raccontato per anni, che lei lo odiava, che lei non lo avrebbe mai perdonato… tutto spazzato via da un semplice, ennesimo, “sì”.

Ora non poteva più far finta di non capire. Chiuse di fretta la ventiquattr’ore - si sarebbe portato dei documenti a casa, ci avrebbe lavorato dopo, stanotte. Nonostante ci fossero in ballo cose importanti per la Daito in quei giorni, non era riuscito a combinare nulla.

E’ tardi accidenti, pensò, dovrò spingere un bel po’. Afferrò l’impermeabile e uscì quasi correndo. A fatica notò la sagoma della sua indefessa segretaria ancora china sulla sua scrivania.

“Signor Masumi… e la riunione? Cosa ha deciso…?” provò a cominciare, ma la interruppe subito, quasi gridandole da dentro l’ascensore.

“Non importa Mizuki, ne parliamo domattina, grazie, vada a casa!”

La discesa gli sembrò interminabile. Si sentiva addosso una strana euforia, unita ad una smania che non aveva mai provato. Finalmente arrivò al garage. Possibile che il solo pensiero che sarebbero usciti insieme avesse questo effetto su di lui? E poi, quasi fermandosi: forse ci si sente così quando si sta per uscire con la persona di cui si è innamorati…? Sorrise amaramente. Se non altro potrò dire di averlo provato, almeno una volta. Accelerò il passo, penetrò rapidamente dentro la sua macchina sportiva, di cui stasera avrebbe finalmente apprezzato appieno le prestazioni. Prima di schizzare fuori dal garage sotterraneo si guardò per un attimo allo specchietto retrovisore. Vi vide lo sguardo di un ragazzino eccitato al suo primo vero appuntamento. Incredibile, pensò ancora di se stesso, il potente presidente della Daito, e sono ridotto così, a poco più di un passo dal matrimonio, per di più.

 

 

Il viso piangente di Shiori gli venne in mente all’improvviso, senza alcuna volontarietà. Frenò di colpo, per fortuna il semaforo davanti stava diventando rosso e poi vista la velocità era improbabile che qualcuno riuscisse a tamponarlo. Niente, nonostante avesse tentato di vivere come se la cosa non lo riguardasse, il suo matrimonio imminente era lì, in agguato fra le pieghe dei suoi pensieri, pronto a saltare fuori nei momenti più inopportuni. Ormai non riusciva più a rimuovere quell’ idea surreale eppure ineluttabile, che presto si sarebbe trasformata in una granitica realtà:  Shiori sarebbe stata sua moglie. E adesso che avrebbe rivisto Maya, lei gli avrebbe chiesto qualcosa, lo sentiva. Chissà che idea si era fatta di lui, un uomo molto più grande di lei e prossimo alle nozze che la corteggia come un ragazzino…! Ridicolo, anzi, pateticoO peggio ancora. Prese nervosamente una sigaretta, la rigirò fra le mani un paio di volte, poi la gettò con rabbia fuori dal finestrino. Al diavolo. Al diavolo anche quelle maledette sigarette,  una delle sue tante scelte autolesioniste. Perché non era mai riuscito a prendere in mano la sua vita? A fare qualcosa che veramente lui volesse, profondamente, fare? Sospirò. Tutti lo credevano un duro, ma forse era solo un vigliacco. Ripartì di scatto sgassando e sbandando leggermente. Però, che ripresa, non poté fare a meno di constatare.

 

 

Era pronta. Si guardò allo specchio, visibilmente soddisfatta, per una volta.  Portava una maglia smanicata decorata con alcuni strass dal colore cangiante sopra un paio di jeans molto aderenti, che terminavano dentro degli stivali alti e neri. In testa un cappello dal taglio classico, anch’esso nero e decorato delicatamente con delle sottili piume bianche e nere, le dava un tocco molto chic. Per non parlare della biancheria intima che aveva indossato, seta ricamata stile anni 50, il bustino si intravedeva dalla maglia e la faceva sentire… sì, audace. Si dette della sciocca. Quanto avrebbe riso con Rei se fosse stata lì mentre scartabellava nelle casse dei costumi di scena! Il trucco non era pesante, ma le aveva approfondito lo sguardo e anche le labbra risaltavano di più sul suo incarnato chiaro. Sono pronta, mio ammiratore, mio unico amore… non importa se sei irraggiungibile, se non ti avrò mai… stasera mi hai cercata e io ci sarò… ancora una volta… al resto penserò domani, domani… “Domani è un altro giorno!”, proprio così!

Ormai era ora. Si mise a sedere sforzandosi di calmare i battiti del suo cuore e di non pensare a nulla.

 

 

Di nuovo rosso. C’era traffico e quella fila di semafori lo faceva impazzire. Lui non era mai in ritardo e non voleva cominciare proprio quella sera. Lei lo stava aspettando, lei…! Gli ritornò ancora in mente la sensazione che aveva provato guardando i suoi occhi, vicinissimi, dopo che i loro volti si erano sfiorati, alla fine del ballo che avevano improvvisato sulla pista. O ridendo insieme a lei, dopo le sue improbabili conversazioni mondane con alcune malcapitate aspiranti starlette.  Non si era mai sentito così leggero in vita sua. Non aveva mai avuto una così netta sensazione che la vita potesse essere anche piacevole e divertente, molto divertente. E poi, il momento che lo aveva spiazzato più di tutti, quando lei aveva riconosciuto quel fazzoletto, e il suo genuino imbarazzo, che valeva più di mille parole. Era stata davvero lei a baciarlo, a sussurrarle quelle parole d’amore, non aveva sognato! Per qualche assurdo motivo che ancora non riusciva a comprendere, sembrava proprio che - ancora non era in grado neanche di dare una forma compiuta a quel pensiero nella sua mente - che Maya non lo odiasse più, ma che provasse dei sentimenti per lui, che, forse …fosse innamorata, di lui...Possibile? Non capiva come e quando questo fosse potuto accadere, non aveva fatto nulla per meritare la sua simpatia, figuriamoci il suo cuore, ma questa ipotesi avrebbe spiegato anche il perché dei suoi atteggiamenti così mutevoli e apparentemente incoerenti, e anche quanto gli era accaduto non molto tempo prima nella valle dei susini. Quando quel pensiero incredibile aveva preso forma per la prima volta la sera prima in macchina gli era sembrato che il cuore gli scoppiasse, di non riuscire più neanche a respirare.

Il suo primo impulso era stato quello di prenderla fra le braccia, stringerla, baciarla, ma poi l’aveva vista arrossire e tremare così tanto, persino tentare di scappare via e allora… allora si era controllato, a stento, facendo appello a tutte le sue forze. Maya forse non era pronta, non era ancora pronta per tutto quello che doveva dirle e lui non poteva rischiare di rovinare tutto proprio adesso. Forse lei stessa era spaventata dai sentimenti che aveva cominciato a provare e probabilmente non poteva neanche immaginare che lui potesse ricambiarla.

Doveva aiutarla a liberarsi dalle sue paure, dimostrarle che non era un sogno irrealizzabile, scoprirsi pian piano e lasciarle il tempo di accettare lui pienamente, nella sua doppia veste.

Tempo, tempo, l’unica cosa che non aveva più neanche per se stesso, maledizione. Quanto avrebbe pagato per avere solo un po’ più di tempo. E quanto ne aveva sprecato! Si sentiva così stupido! Ma doveva trovarne per lei, a tutti i costi. Chissà come l’avrebbe presa, quando le avesse confessato di essere il suo ammiratore misterioso. Sarebbe stata contenta o ne sarebbe rimasta delusa? Le aveva sentito dire tempo addietro di essere innamorata del suo ammiratore… Che cosa strana, pensò, non era mai riuscito a capire come fosse possibile. Ma non poteva trattarsi di amore, semmai di riconoscenza. Mentre invece quello che provava verso di lui era diverso, sì, perché lui era reale, sfuggente e di un altro mondo rispetto a quello di lei, ma reale. Quel bacio rubato non poteva avere altre ragioni. E le sue lacrime, no, no accidenti, non poteva averle sognate! Cercò di scacciare gli ultimi dubbi che ancora gli restavano appesi al cuore, premendo ancora di più il piede sull’acceleratore. Era diventato verde, finalmente, e non solo il semaforo.

 

 

Maya saltò dalla sedia come un pupazzo dalla scatola a molla nel sentire lo squillo del telefono. Afferrò il cellulare con mani tremanti e rispose.

“Sono davanti all’ingresso principale” la sua voce pacata e seria le fece immediatamente battere il cuore.

“Arrivo subito!” rispose lei di slancio. Uscì dal camerino tirandosi dietro il cappotto e a passo svelto, per quanto le concedessero i tacchi per lei altissimi, arrivò all’ingresso e spinse il pesante portone. Gli altri attori se ne erano già andati e fuori non c’era nessuno. A parte la sua bellissima coupé nera, lunghissima ed elegante, la stessa della sera precedente. Lui ne uscì e le andò incontro, fermandosi giusto a un passo da lei. Si fissarono, entrambi sorridenti ed emozionati.

”Maya… sono felice di vederti. Sei bellissima stasera” il cuore gli batteva così forte da rimbombargli nelle orecchie, mentre guardava lei che, arrossendo lievemente e abbassando gli occhi, gli rispondeva.

“Grazie, anche lei è… volevo dire, anch’io sono felice di vederla”

“Vieni!” disse lui prendendole la mano, mentre con l’altro braccio le apriva la portiera e la invitava ad entrare in macchina con un sorriso raggiante. Mamma mia, era bellissimo, non lo aveva forse mai visto così: quando sorrideva il suo volto si illuminava completamente e sembrava anche più giovane.

“Allora, mia avvenente signora-alle-prime armi, è pronta per una nuova immersione in quanto di più sfrenatamente mondano questa città possa offrire, quantomeno stasera?” la pungolò Masumi con sguardo impertinente.

“Sì, certo! Poi se lo dice lei è una garanzia, signor so-tutto-io-di-come-gira-il-mondo” ribadì Maya senza peli sulla lingua, facendolo scoppiare a ridere.

“Ah Ah Ah…pure! Questa mi mancava!” risero ancora e ancora, mentre nel frattempo erano arrivati al porto, dove troneggiava una costruzione piena di luce e dall’aspetto molto avanguardista, davanti la quale attendeva una fila di persone vestite all’ultima moda. Inutile dire che loro due non dovettero aspettare neanche un secondo per entrare.

 

[NDR: Care lettrici, se avete seguito fino qui vi consiglio a questo punto di (ri)ascoltare questo bellissimo brano di C. Cremonini che sembra quasi fatto apposta. Attenzione a certe parole “chiave”! :-D]

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


CAPITOLO 2

 

Maya e Masumi uscirono dal locale quasi tre ore dopo insieme a due uomini e una donna, ridendo.

“Hayami, io te lo dico, non ti ho mai visto ridere così, neanche ai tempi del college! Dai dimmi la verità, tu non sei Masumi Hayami… chi sei?” lo interrogò il vecchio amico, scuotendogli scherzosamente la spalla.

“Ah Ah, è veeroooo, no che non lo sei, quello è una tale barba!” fece eco la donna, che doveva aver bevuto ancora di più, e che poi prendendo il braccio di Maya e abbassando di poco la voce aggiunse “Un gran figo, eh… ma roba pesante, non fa per me, per carità! E neanche per te mia cara, no, no…”

Masumi con tono fintamente serioso la minacciò: “Bada a quel che dici, Sanja, ti sento…”

“E adesso dove si va? Conosco un posticino non lontano da qui” ricominciò il primo che aveva parlato.

“No no Satomi, andiamo a casa mia, ho un graande albero di susino nel salotto, Maya, vuoi vederlo? Puoi anche farci la lap-dance se vuoi!” si inseri’ il terzo, scoppiando a ridere scompostamente.

Maya lo guardò imbarazzata, gli altri con finta commiserazione.

“Ah ah buona questa, vero? La lap dance” aggiunse con voce strascicata aggrappandosi alle spalle di Satomi. E poi, rivolgendosi di nuovo a Maya “E in cima ci ho fatto un nido, è lì che dormo io, sul serio, in attesa della tua dea…! E’ un’alcova perfetta per Akoya e Isshin, potrebbe ispirarti, dico davvero!”

“Gli uomini evoluti sono scesi dagli alberi tre milioni di anni fa, Jin, sei un po’ in ritardo - intervenne di nuovo Masumi - Anche perché la signorina è già con me, se non te ne fossi accorto e quindi semmai il suo Isshin questa sera sono io!” concluse facendole l’occhiolino e ridendo mentre già le apriva la portiera della macchina.

“Ma non è giusto, e poi tu sei già fidanzato, sei il solito egoista approfittatore, ora ti riconosco!” si lamentò Jin con una smorfia.

“Torna in cima all’albero, Jin, è quello il tuo posto!” lo castigò Masumi senza alcuna remora.

“Ah ah, ci vediamo, ciao” fu il coro comune quando la combriccola si sciolse.

 

Al primo semaforo si voltarono l’uno verso l’altra sorridendo.

“Come va Maya?” la interrogò, preoccupato che le libertà che si erano presi i suoi ex compagni di college non la avessero fatta sentire fuori luogo.

“Bene” si vedeva che era un po’ imbarazzata ma sembrava divertita.

“Scusa per i miei amici, li conosco da molto tempo ma non ci vediamo quasi mai… e francamente non li ho mai visti così, non so cosa avessero stasera. Hanno un po’ esagerato, forse perché non ci incontravamo da anni. Sicura che vada tutto bene?”

“Sì, davvero, mi sono divertita. È tutto così strano e nuovo a dire il vero… ma passa così tutte le sue serate?”

Stavolta fu lui a ridere di gusto “No, no, in realtà non esco mai così... Cioè, quando lo faccio è sempre per recarmi ad eventi mondani cui devo presenziare in virtù del mio ruolo. E’ più un lavoro che uno svago insomma, non è mai molto divertente - La guardò ancora - Ti pare un mondo strano eh? E’ tutta apparenza. L’apparenza in quei contesti è l’unica cosa che conta”

“Già, me ne sono accorta. Ma lei sembrava sempre sapere cosa dire e fare”

“Per me è facile. Conosco tutti e so tutto di ognuno. E’ parte del mio lavoro. Ma anche tu mi sembravi a tuo agio stasera, o mi sbaglio?”

“Sì, ero a mio agio… perché c’era lei con me” gli disse arrossendo lievemente, per il piacere dei suoi occhi.

Masumi distolse lo sguardo verso la strada, sorridendo. Sembrava davvero tranquilla e divertita. Tutto era così perfetto, incredibile. Forse adesso sarebbe bastato dirle "Maya, sono io il donatore di rose" e ogni residua barriera fra loro sarebbe caduta. D'improvviso realizzò che indipendentemente dalla reazione di Maya, una volta caduta la maschera non sarebbe più riuscito a vivere come aveva fatto finora, ignorando i suoi desideri più profondi.  La sua vita sarebbe probabilmente cambiata per sempre, senza possibilità di ritorno.

Eppure in quel momento avrebbe solo voluto continuare a guidare così, con lei al suo fianco, fino in capo al mondo. Senza pensare al domani, senza bisogno di parole. Prolungare quel momento all’infinito.

 

Invece erano già sotto la casa di Maya. Lui spense il motore, voltandosi lentamente a guardarla. Le guance arrossate, gli occhi splendenti, velati da un certo timore, ma nessun segno di volontà di fuga questa volta.

“Maya…” mentre il cuore gli martellava nel petto e nelle tempie catturò la sua mano e se la portò lentamente alle labbra. Poté avvertire distintamente il suo sussulto quando le sue labbra si posarono sulla pelle di lei, morbida e liscia. Si sentì invadere da un calore improvviso mentre pure lei, con sua sorpresa, cominciò a sfiorargli le guance e il mento con quella stessa mano, sostenendo il suo sguardo. Lui strinse il volante, per trattenersi, ma non durò molto, non poteva più. Racchiuse quella piccola mano nella sua assecondandola mentre continuava a sfiorargli i lineamenti del viso. Quando la sentì avvicinarsi alle sue labbra le strinse il polso, dolcemente, e lo baciò, senza smettere di guardarla.

Aveva gli occhi lucidi e le labbra socchiuse, lo fissava con un’espressione pudica e sensuale allo stesso tempo, che mise a durissima prova il suo autocontrollo e tutti i suoi buoni propositi. Le baciò di nuovo il polso e poi cominciò a percorrere la pelle nuda del suo braccio con le labbra.

Solo uno…solo un altro si ripeteva come un mantra, ma fermarsi era impossibile, così come distogliere lo sguardo dai suoi occhi mutevoli da cui traspariva ogni emozione.

La vide mordersi le labbra e questo sciolse in un istante ogni suo residuo barlume di razionalità, come neve sotto il sole d’agosto.

Si avvicinò al suo collo, lo baciò col cuore in gola mentre avvertiva il calore aumentare insieme a una sensazione sconosciuta di informicolimento alla mani, ma non ebbe tempo di pensarci, la sentì gemere e fu come se una bomba deflagrasse dentro di lui. Alzò gli occhi sul suo viso vicinissimo e si tuffò sulle sue labbra, dentro la sua bocca, sovrastandola con il suo corpo, afferrando e stringendo i suoi polsi e gemendo a sua volta, con una smania irrefrenabile.

Maya si sentì scuotere da un fremito intenso e poi le sembrò di perdere i sensi tanto i suoi baci inaspettati ed esigenti la stordivano. Istintivamente si accostò ancora di più a lui, offrendo la sua bocca ai suoi baci sempre più profondi, perché quel contatto non finisse mai, mai.

Lui la sentì muoversi verso di sé come a cercare un contatto maggiore e questo lo fece impazzire ancora di più se fosse stato possibile. Scese di nuovo sul collo e poi verso la sua scollatura, vedeva il suo seno alzarsi ritmicamente come a cercare anch’esso i suoi baci, non si fece pregare, la tirò ancora più verso di sé, tenendole le braccia dietro la schiena e lei si inarcò all’indietro gemendo ancora mentre i suoi capezzoli uscivano dal bustino finendo nella sua bocca, sulla sua lingua, fra i suoi denti. Maya non mostrava la minima resistenza anzi ad ogni bacio, ad ogni soffio di fiato sulla sua pelle gli si offriva di più e lui non avrebbe mai potuto immaginare di provare una tale eccitazione, nemmeno nei suoi sogni più sfrenati. Sentiva che non poteva fermarsi più, che l’avrebbe resa sua, sua, l’avrebbe posseduta fino in fondo, pienamente, ancora e ancora, l’avrebbe fatta gemere e ansimare fino allo sfinimento, era quello per cui erano nati forse, lei per lui e lui per lei, per fare nient’altro che quello.

Un suono di voci non troppo lontane lo ridestò, si rese conto di essere in mezzo alla strada, non potevano assolutamente restare lì.

“Aspetta” le disse con voce roca. Scivolò via da lei, uscì e rapidamente fu di fronte al suo sportello, la aiutò ad alzarsi e la condusse verso casa, ancora baciandola. Quando furono sulla porta la guardò aspettando la risposta alla sua muta domanda.

“Non-non c’è nessuno a casa…” balbettò Maya senza sapere da dove le venisse il coraggio.

Lui la prese in braccio, varcò la soglia e si diresse nella camera che lei gli indicò. La depose sul letto, poi si alzò a guardarla negli occhi, per leggervi ancora le conferme di cui aveva bisogno come dell’aria che respirava.

Lei cominciò ad accarezzargli il viso, i capelli sparsi sulle spalle nude, gli occhi lucidi allacciati ai suoi, le labbra gonfie e socchiuse, inconsapevolmente invitanti, il seno turgido che si intravedeva dal corpetto ancora allacciato. Nonostante il suo imbarazzo trasparisse chiaramente dallo sguardo e dalle guance arrossate, era l’immagine più sexy che avesse mai potuto vedere o concepire.

 

Maya accarezzava il viso bellissimo chino su di lei, come a convincersi che stesse succedendo davvero, non riuscendo in alcun modo ad organizzare i suoi pensieri confusi. Come erano arrivati fin lì…? Stava forse sognando…? Era mai possibile che lui la desiderasse così, proprio lui…? E adesso erano soli nella sua stanza, incredibile…! Adesso cosa sarebbe successo, lei non sapeva niente di queste cose, come avrebbe fatto… Oddio, ricomincerà a considerarmi una ragazzina! Solo il pensiero le diede la nausea. Facendosi coraggio cominciò a sfilargli piano la cravatta, poi prese a sganciargli uno a uno i bottoni della camicia, guardandolo ogni volta come a chiedergli il permesso, le mani sempre più incerte e tremanti.

 

“Fai quello che vuoi Maya, non trattenerti…” fu solo un tenero sussurro, ma a lei sembrò tradire tutto un carico di aspettative cui lei, ne era certa, non sarebbe riuscita a rispondere - e presto se ne sarebbe accorto.

“Neanche lei, neanche lei deve trattenersi…” gli rispose col cuore in gola, intravedendo istintivamente la possibilità di nascondere ai suoi occhi il disordine emotivo di cui si sentiva preda.

Lui la guardò, sorpreso ed eccitato “Non ti conviene incitarmi, ragazzina, al contrario, dovresti frenarmi… Come ti ho già detto un’altra volta, sono solo un uomo” le rispose sorridendo. Lei continuò, in un sospiro.

“No, non voglio che si trattenga, io… io non ho mai… mi insegni lei, la prego! Voglio che lei faccia tutto ciò che vuole, tutto ciò che un uomo desidera fare con una donna, ogni cosa”

Lui la fissò ancora, serio stavolta. No, lei non capiva fino in fondo ciò che stava dicendo, era solo insicura.

“Maya… sei tutto ciò che un uomo può desiderare” le rispose in un sussurro, baciandola.

“Dico davvero, me lo prometta, la prego, che non si fermerà, in nessun caso…!”

“Maya, non temere, non è mia intenzione…”

“NO, non capisce! - insistette lei interrompendolo e alzandosi a sedere - Dovrà fare come ha sempre fatto con me, quando mi spronava anche contro la mia volontà!”

Lui la guardava interdetto, senza riuscire a capire.

“Sì, lo so che lo ha sempre fatto per me, anche quando mi ha umiliata davanti a tutti, quando mi ha costretta a fare cose che non volevo fare e io la odiavo per questo!” aggiunse convulsamente, stringendogli il braccio.

“Maya, non sarà necessario…” obbiettò incredulo, posandole le mani sulle spalle e cercando di essere rassicurante.

 “Sì, invece, la prego, me lo prometta! Lo farà anche adesso, farà tutto ciò che vuole, anche se dovessi ribellarmi, o implorarla - poi sussurrò - anche se dovesse costringermi...” arrossì violentemente, ma lo guardò dritto negli occhi questa volta. Avrebbe eseguito i suoi ordini, era la sua unica speranza, o almeno così credeva.

Lui spalancò gli occhi. Maya, perché mi costringi a questo? Quella maschera che lei gli stava porgendo, oh la conosceva anche troppo bene! Era quella che indossava più spesso, al punto da essere ormai parte della sua personalità. Ma non voleva metterla adesso, no, e non avrebbe mai creduto che lei glielo chiedesse. E poi perché… Possibile che a lei piacesse davvero il modo ambiguo con cui l’aveva sempre trattata? Ma fu solo il pensiero di un attimo, non aveva troppa scelta: era vero, il loro rapporto era stato così finora e forse lei non voleva che cambiasse, prendere o lasciare, non c’era tempo per qualcosa di diverso.

Sentì un brivido attraversarlo completamente, poi annuì, lentamente, mentre il sangue cominciava a dargli alla testa.

“Come vuoi, Maya”

Lei lo guardò e in un attimo gli vide di nuovo lo sguardo gelido del presidente della Daito, lo stesso tono che non ammette repliche.

“Allora farai tutto quello che ti dirò - continuò avvicinandosi al suo viso, gli occhi fissi nei suoi - Non avrai altri diritti, sarai solo mia. Sei sicura che è questo che vuoi?”

Lei annuì. Le strinse i polsi con forza e la fissò per sincerarsi ancora una volta che fosse davvero così che lo voleva. Dio mio, pensò, mi farà uscire di senno... 

 

Le sganciò i pantaloni, glieli sfilò insieme agli stivali e li gettò lontano, contemplandola in ginocchio davanti a lei. Era sdraiata sul letto con il bustino e un paio di slip neri di seta, le gambe piegate ai bordi del letto.

La baciò con trasporto, poi, intrecciando le dita con le sue, le distese le braccia al di sopra della testa. Prese la cravatta che era rimasta sul letto e le legò i suoi polsi strettamente, senza mai smettere di guardarla negli occhi. Le emozioni contrastanti che vi leggeva avevano l’effetto di farlo eccitare ancora di più. Capì in quel momento che non sarebbe riuscito a dominarsi.

 

Cominciò a sfilarle gli slip, molto lentamente.

La vide mordersi leggermente il labbro inferiore, gli occhi chiusi, le gambe strette e tese. La sua innocente sensualità gli procurava lunghi brividi di eccitazione. Adesso avrebbe realizzato i suoi sogni più inconfessabili, lei non l’avrebbe fermato, così aveva detto.

Prolungò il più possibile il piacere intenso che il contatto con la sua pelle morbida, il suo odore e i suoi piccoli mugolii gli procuravano. Infine, la tirò per la vita verso di sé e si impossessò del centro del suo piacere, facendola dapprima tremare per l’imbarazzo e poi ansimare dal desiderio e dall’impazienza.

La sentì gemere in maniera sempre più incontrollata mentre la portava fino al culmine dell’estasi. Non riusciva più a pensare a niente, il cuore gli batteva all’impazzata e ogni residuo barlume di razionalità lo aveva abbandonato. Adagiandola sul letto le bloccò le gambe fra le braccia e continuò a toccarla, incapace di smettere, ancora e ancora, incurante dei suoi lamenti e dei suoi tentativi di divincolarsi, dando sfogo a desideri a lungo repressi.

Infine, appagato, roteò facendola sedere sopra di sé. Le liberò le braccia appoggiando i palmi di lei sul suo petto seminudo. Lei lo guardò come ipnotizzata e obbedendo ad un ordine silenzioso slacciò gli ultimi bottoni della sua camicia. Lui si alzò sul bordo del letto per sfilarsela poi cominciò a sganciarsi la cintura, ma le sue piccole mani si inserirono fra le sue. Col cuore in gola lasciò che lei continuasse. Così come aveva fatto lui poco prima, Maya a sua volta si chinò in ginocchio davanti a lui e gli sfilò i pantaloni, bloccandosi subito dopo. Lui sorrise, godendo dell’evidente imbarazzo di lei. Fece per sfilarsi gli ultimi indumenti, ma lei lo fermò. Lo fece lei, con mani tremanti, arrossendo vistosamente alla vista della sua virilità vicinissima al suo viso. Poi si sporse ancora di più verso di lui. Voleva dargli tutto il piacere che potesse desiderare.

Masumi trattenne il respiro e lo espirò in un gemito quando sentì il calore avvolgerlo.  Poi fu come una frustata nel cervello - Sto impazzendo, mi farà impazzire… La guardò, ipnotizzato, non era possibile che quella fosse proprio la sua ragazzina - e invece era lei, sì, e continuava a torturarlo con quella esplorazione tanto disinibita quanto inesperta. Non riusciva a smettere di guardarla, in ginocchio davanti a lui, teneva gli occhi chiusi e sembrava completamente concentrata in quello che stava facendo - e più la guardava, più perdeva il controllo. Alla fine dovette farlo, appoggiò le mani sulla sua nuca per guidarla in quel gioco che adesso lui le avrebbe insegnato. Sì, Maya ti insegnerò ogni cosa... Sentì le vene del collo gonfiarsi fin quasi a troncargli il respiro.

D’improvviso, un pensiero lo raggelò. E se dovesse pentirsene? Sto rischiando troppo!

 “Vuoi soddisfare ogni mio desiderio?  È questo che vuoi?” chiese ancora ansimando leggermente.

 Lei annuì e, continuando ad assecondare i movimenti di lui, aprì gli occhi volgendoli in su verso i suoi, erano lievemente spaventati, poi divennero languidi, arrendevoli, e… e cos’altro c’era… compiacimento…? Sì, era compiaciuta, soddisfatta di rispondere alle sue aspettative… E’ solo per me che lo sta facendo, perché io la apprezzi! Maya… La trattenne per le spalle ritraendosi. Lei lo guardò delusa.

Sto sbagliando qualcosa? Mi insegni, la prego…” mormorò. Lui la sollevò accanto a sé.

“No, Maya, non è questo, sei un sogno, credimi… ma - cercò di spiegarle - siamo solo tu e io e non devi dimostrarmi niente”

“Cosa vuole che faccia? Me lo dica” insistette.

“Niente - rispose lui - vorrei che tu non facessi niente”

“Vuol dire che non so fare niente allora…”

“Maya, non c’è niente da saper fare - le sorrise dolcemente, carezzandole il viso - e comunque lascia che sia io, almeno per questa volta, a mostrarti quello che so fare, a preoccuparmi di darti tutto il piacere possibile…” la distese accanto a sé.

“Abbandonati a me, non pensare a nulla” sussurrò fra i suoi capelli, baciandole il collo, e poi le labbra. “Sentimi…” e così dicendo provò a farsi strada dentro di lei, molto lentamente, quasi sopraffatto dall’emozione, sentendola irrigidirsi quasi subito, come si aspettava.

“Accettami…” le sussurrò ancora all’orecchio, spingendo piano. Lei trattenne un grido, si fermò per darle il tempo di rilassarsi di nuovo, poi cominciò a muoversi dentro di lei, sentendo tutto il corpo percorso da brividi intensi.

Come un’onda la trascinava con sé.

“Siamo insieme adesso… Solo noi, nient’altro”

I loro sguardi allacciati, le loro labbra a unirsi di nuovo.

“Guardami, guardami, non smettere…”

 

* * *

 

Quando cominciò a camminare per la casa, i piedi scalzi e gli occhi ancora semichiusi, non doveva essere tanto presto. Il tinello era già invaso dai raggi del sole e, soprattutto, c’era Rei che terminava di sparecchiare la tavola.  Ma quando è rientrata? pensò, non aveva detto che sarebbe rimasta a dormire dalla sorella? O forse mi confondo, non era per oggi, sono la solita sbadata

Le si avvicinò circospetta, sentendosi già avvampare per la vergogna.

“Maya! Sei ancora qui, ma non hai le prove oggi? Pensavo fossi uscita”

“Sì, ora mi preparo infatti… Rei, ascolta, c’è una cosa che devo dirti… Ho bisogno di un favore, non è che, ecco, potresti uscire un attimo, giusto per qualche minuto?”

Rei credette di non aver capito bene.

“Ma che vuol dire? E poi scusa perché dovrei uscire…?”

“Rei non ho tempo di spiegarti, davvero, dai, fammi questo favore”

“Senti, io posso anche uscire, ma voglio sapere il perché… e poi dove dovrei andare? Devo preoccuparmi?”

“No Rei, accidenti non ho tempo di spiegarti - e poi capendo che non sarebbe bastato -  Senti, non sono sola, c’è qualcuno con me, nella mia stanza…”

Rei la fissò ancora più preoccupata “Come ‘c’è qualcuno’? E quando è entrato? Che ci fa nella tua stanza? Vado a vedere…”

“NO! - la trattenne per la maglietta -  Rei, aspetta! Uffa, non capisci… È un uomo, un uomo..” abbassò la voce facendosi di un colore scarlatto vivissimo dalla radice dei capelli alla punta dei piedi.

“CHE COOoosa??? - rispose l’amica sconvolta, poi abbassando la voce e guardandola incredula - Ah… ho capito, ma dici sul serio? Ok, certo, va bene, allora io, cosa faccio, esco? Sì, esco subito!”

Fu in quel momento che la porta si aprì e Masumi Hayami fece il suo ingresso nella stanza, con tanto di cravatta, gemelli, soprabito, sguardo sicuro e tutto il resto. Sorrise a Rei, apparentemente a suo agio, come se si fossero appena incontrati nel foyer di un teatro.

“Buongiorno, signorina Aoki. Mi scusi per questa apparizione, presumo, inaspettata…”

Rei rimase pietrificata, a bocca aperta. Era senz’altro un’allucinazione, non poteva trattarsi di Masumi Hayami, il temibile presidente della Daito Art Production. Tuttavia la figura non accennava a dissolversi, piuttosto continuava a guardarla e sorriderle, e adesso anzi stava guardando in direzione del forno: era squillato il timer, evidentemente il dolce che aveva preparato era ormai pronto.

“Che odore invitante, deve essere una cuoca bravissima, oltre che un’attrice di talento…”

Le sorrise ancora, fissandola.

“Gra-zie” balbettò accennando un inchino “Ehmm, vuole assaggiarlo…? Prego si accomodi…” cominciò a guardarsi attorno nervosamente, oddio che situazione assurda, e poi cosa gli avrebbe dato, non avevano alcun servizio elegante o almeno presentabile per la colazione, erano tutti pezzi scompagnati. Lui rise gentilmente.

“E’ veramente molto cortese da parte sua, grazie, ma non si disturbi, non voglio importunarla oltre con la mia presenza ingombrante… Inoltre, devo proprio andare. Maya, ti accompagno agli studi, se vuoi”

“Grazie signor Hayami, ma non sono ancora pronta, è meglio che lei vada intanto… Ehm, grazie… ehm per la sua disponibilità, grazie di tutto, ecco”

Lui si voltò a guardarla con un sorriso a un tempo disarmante e malizioso.

“Se vogliamo metterla così, allora forse sono io che devo ringraziarti molto di più…”

Restò fermo nel centro della stanza, godendo del suo crescente rossore diffuso, mentre il silenzio era rotto dall’infrangersi sul pavimento di un set di quattro tazzine da caffè (l’ultimo!) caduto dalle mani di Rei.

 Pentendosi un poco della propria audacia si avviò alla porta, si voltò ancora a guardarla teneramente - lei era rimasta immobile.

“A presto” disse semplicemente e uscì.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


CAPITOLO III

 

  Era stata una giornata piuttosto impegnativa. Quella mattina era arrivato in ufficio appena in tempo per presenziare a una riunione importante riguardante una joint-venture di cui avrebbe dovuto conoscere ogni minimo dettaglio, dovendola presentare lui stesso ai partners, con tanto di previsioni finanziarie e analisi del rischio per ogni scenario. L’unica cosa che aveva fatto in tempo a fare era, invece, scorrere una decina di pagine della presentazione sintetica in powerpoint preparata da Mizuki durante la salita dell’ascensore dal garage fino all’ultimo piano della Daito, quello riservato agli incontri del consiglio di amministrazione… ed era un ascensore, oltre che estremamente lussuoso, anche maledettamente veloce.

Arrivato, aveva incrociato lo sguardo lievemente preoccupato di Mizuki, le aveva lanciato un’occhiata significativa e avevano cominciato come se niente fosse. Per fortuna era andata bene, grazie alla sua esperienza e soprattutto all’intesa con la sua preparatissima segretaria che evidentemente aveva studiato il dossier fino a tarda notte anziché tornarsene a casa. Infatti lo aveva praticamente affiancato nella presentazione, intervenendo sapientemente ad illustrare ogni dettaglio al momento più opportuno.

La giornata era proseguita così fino a sera, passando da un pranzo di lavoro a una riunione tecnica fino alla conferenza stampa finale. E lì l’aveva sorpreso la domanda fatta in chiusura da un giornalista: gli aveva chiesto se ritenesse di avere già in tasca i diritti della Dea scarlatta. Per la verità non lo aveva stupito tanto la domanda, pur essendo totalmente fuori contesto, quanto una certa ilarità che era serpeggiata in quello stesso momento fra i giornalisti schierati di fronte a lui; e ancora di più la reazione di Mizuki, che aveva subito intimato con durezza di limitare gli interventi al tema della giornata. Strano davvero… non era sempre stata lei la paladina della libertà di stampa? Comunque aveva intuito che per qualche motivo, che evidentemente lei conosceva e lui ignorava, era meglio non rispondere, così aveva glissato. Poco dopo era uscito per salutare il presidente della nuova società-partner, lo aveva accompagnato fino al garage e finalmente si era infilato in macchina diretto a casa. Tutto era andata secondo le aspettative, ora cominciava a sentirsi davvero stanco e aveva decisamente bisogno di farsi una doccia.

  Gli piaceva guidare da solo la macchina. Finalmente poteva rilassarsi e ripensare alla notte incredibile che aveva passato. Non era stato molto prudente, decisamente no. Si era ripromesso di gestire la cosa con calma e invece aveva fatto tutto il contrario. Gli sembrava di sentire ancora il suo odore, l’aveva sentito addosso per tutto il giorno. Sospirò. Appena a casa l’avrebbe chiamata, voleva sincerarsi che stesse bene, che non avesse avuto ripensamenti. Era stato tutto così inaspettato, non credeva che avrebbe perso il controllo così – non gli era mai successo -  e ancora meno che lei si sarebbe dimostrata così disponibile. In realtà gli sembrava ancora troppo bello per essere vero e temeva di averla delusa in qualche modo, che lei potesse essersi pentita e decidere di allontanarsi, del resto nessuno dei due aveva parlato dei propri sentimenti e per di più lui era fidanzato e questo non poteva certo lasciarla indifferente. Premette inavvertitamente di più il piede sull’acceleratore. Doveva rassicurarla, confessarle i suoi sentimenti, ogni cosa, senza ulteriori indugi. Era stato bellissimo, sì, ma lo sarebbe stato ancora di più quando si fossero scoperti l’un l’altra completamente.

Sospirò. Certo, c’era ancora la questione del suo imminente matrimonio e degli accordi con la famiglia Takamiya. Come avrebbe gestito la cosa con Shiori? C’era di positivo che oggi non lo aveva cercato, che strano, lo chiamava almeno tre volte al giorno negli ultimi tempi. Forse Mizuki aveva filtrato le telefonate. In ogni caso, molto meglio così.

Stava per arrivare quando la segretaria lo chiamò al telefono. La ringraziò subito per l’aiuto durante la giornata, veramente prezioso, ma lei non era in cerca di complimenti.

“Signor Masumi, ho cercato di parlarle per tutto il giorno. Credevo che sarebbe venuto in ufficio dopo la conferenza stampa, ma mi hanno detto che è andato via. E’ per questo che la sto chiamando”

Sembrava agitata.

“La ascolto Mizuki. Mi dica, è qualcosa che ha a che fare con la Dea scarlatta, vero?”

Entrò nel giardino della villa e scese dalla macchina.

“Sì, anche. In realtà si tratta più che altro di una notizia di gossip, pubblicata dal Nightlife Watcher”

“E da quando, Mizuki, ci preoccupiamo di quello che finisce su riviste di infimo ordine come quella?” la rimproverò bonariamente Masumi. A volte Mizuki esagerava con la sua apprensione.

“Di solito non lo facciamo, ma questa volta è un po’ diverso: c’è un articolo che parla di lei, signor Masumi, e anche della signorina Kitajima”

Alzò un sopracciglio perplesso “Un articolo su di me e su Maya, dice?”

“Sì, c’è anche una foto, signor Masumi…”

Nel frattempo era entrato nell’ampio androne della villa, completamente buio, ad eccezione di una lampada accesa sul secretaire vicino alle scale. Altre seccature, pensò, ma non poté impedirsi di innervosirsi più di quanto lui stesso ritenesse necessario. Buttò il soprabito sul divano di broccato accanto al secretaire e cominciò a sfilarsi la cravatta.

“Insomma di che si tratta? Me lo legga per favore”

Fu allora che notò una rivista appoggiata in bella vista sul secretaire: il Nightlife Watcher.  Il cono di luce della lampada illuminava una foto in copertina. Era un primo piano di lui e Maya, un po’ sfocato, ma indubbiamente si trattava di loro. Si guardavano sorridendosi in maniera complice e sembravano abbracciati. Sotto, il titolo a caratteri cubitali recitava: “MA NON ERANO NEMICI????”

“Lasci perdere. Non serve”

Chiuse la comunicazione e cercò l’articolo all’interno.

Una coppia veramente improbabile si sta facendo notare in giro, ma sempre e solo nelle serate più mondane della città: il figlio-di-papà, miliardario e onnipotente presidente della D.A.P., e la giovanissima figlia-di-nessuno Maya Kitajima, per intendersi la concorrente sfigata al concorso per chi vince i diritti teatrali più importanti del Giappone. In pratica, il diavolo e l’acqua santa… eccetera… Finora avevano fatto storia i loro battibecchi nei foyer di mezza Tokyo, roba da intellettuali altoborghesi e segaioli insomma. Adesso invece pare che i due abbiano cambiato stile e, per farsi pubblicità, si esibiscano in danze alquanto hot nei locali più “in” della movida… eccetera… Se non fosse che lui stesse per impalmare la bellissima e altrettanto ricca… eccetera eccetera… Per non parlare del leggendario maestro Ichiren che si rivolterebbe nella tomba se vedesse la sua più improbabile erede flirtare con il figlio del suo aguzzino, eccetera eccetera…” Alla fine concludeva così: “Insomma ragazzi, se vi trovate alla loro stessa festa potete star certi che è la serata giusta! Fatevi un bel selfie con loro, mandatecelo in redazione e divertitevi!”

Fra le altre c’era anche una foto di Maya che, rossa in viso, ballava fra i suoi due ex compagni di college. La descrizione recitava “La Dea Scarlatta per la vergogna”. Sospirò. Spazzatura…

Un cameriere apparve nell’androne “Buonasera signor Masumi. Suo padre desidera parlarle. In biblioteca” Inevitabile, pensò. Fece un cenno brusco al cameriere e s’incamminò lentamente. Non ci voleva, proprio adesso. Entrò, augurandosi che almeno durasse poco, doveva telefonare subito a Maya, più che mai adesso. Il vecchio genitore volse appena la testa al suo ingresso, continuando a guardare fuori dalla vetrata. Non ci furono preamboli.

“Sarò breve Masumi. Non capisco il senso di questa pagliacciata. A meno che, ovviamente, tu adesso non tiri fuori davvero quei diritti dalla tasca della giacca…”

“Via, padre, siamo seri” tagliò corto Masumi.

“Bravo, sei già arrivato al punto. Non so se tu stia cercando di sedurla, o di rovinarle la reputazione, nel primo caso non te lo puoi permettere, almeno non così alla luce del sole, nel secondo caso, sai che ci sono mezzi molto più diretti ed efficaci. Quindi, comunque sia, stai impiegando male il tuo tempo Masumi e mi aspetto che tu cessi immediatamente”

“Lo terrò presente, padre” il vecchio era fuori strada se pensava di impressionarlo stavolta.

“Un’altra cosa. Ha chiamato il vecchio Takamyia. Non ha gradito. Gli ho spiegato che stai cercando di assicurarti quei diritti ma non ha apprezzato lo stesso”

“E Shiori?” chiese Masumi assottigliando lo sguardo.

“Shiori è una signora, ma sai come la pensa su Maya Kitajima… non le è …simpatica - e come darle torto, no?”

“Shiori ha dimostrato di essere poco leale. Ci siamo sbagliati sul suo conto” concluse Masumi. Ancora fremeva al pensiero di come la sua fidanzata avesse cercato di allontanarlo da Maya.

“Poco leale perché non si fida di te e manda all’aria i tuoi giochetti, Masumi? – rise - Quella donna non è stupida, anche se inesperta. Ma sono d’accordo che può essere una seccatura. Dovrai essere cauto con lei”

“Bene. Ho capito. Se non ti dispiace ora vado a dormire, padre, buonanotte”

Era quasi arrivato alla porta quando suo padre lo richiamò.

“Ah, un’ultima cosa, Masumi, a proposito di Maya Kitajima. La rappresentazione si avvicina e non voglio correre rischi. Ho deciso di fare a modo mio, visto che tu non sai fare di meglio che finire in prima pagina su giornaletti di infimo ordine”

Si sentì scuotere come se l’avesse colpito un fulmine. Rispose d’impulso, trattenendo il fiato.

“No, lascia che me ne occupi io, ci sto lavorando. Sarebbe un peccato sprecare il suo talento. Credo che possiamo ancora… ammorbidirla con le buone”

Si rese conto della debolezza della sua risposta, ma non riusciva ad essere completamente lucido. Il pensiero di ciò che suo padre sarebbe stato capace di farle gli faceva tremare i polsi.

“Hhmf. Ammorbidirla… Ne sarei molto stupito Masumi. Quella è testarda come Chigusa e, come lei, non cederà di una virgola”

“Ti dico che ci sono quasi, ne sono sicuro”

“Ah sì? E perché ne sei sicuro? Perché si è fatta offrire qualche cocktail? L’hai sommersa di rose per anni e che cosa hai ottenuto?”

Quindi sapeva, sapeva anche questo… Giocava decisamente in svantaggio ma doveva vincere lui, a tutti i costi! Anche a costo di…

“Padre - cominciò lentamente, con tono deluso - Sinceramente non credevo mi ritenessi così sprovveduto. Sono colpito. E tutto per uno stupido articolo su una rivista insignificante”

Si versò da bere.

“Che ha fatto innervosire molto i Takamyia, però “ insisté suo padre col solito tono accusatorio.

“E allora? Che si innervosiscano pure. Il vecchio sta solo cercando di spuntare condizioni migliori di quelle concordate l’ultima volta. Ricorda che il contratto prematrimoniale non è stato ancora firmato e non sono stato certo io a rimandare finora, concedimelo. Tenteranno fino all’ultimo di strappare qualcosa di più, anche minacciando chissà cosa”

“Sì, lo so anch’io. Quella vecchia canaglia…” ammise suo padre digrignando i denti.

“Ma non arriverà allo strappo, gli interessa troppo sistemare la nipote. Soprattutto adesso che la sua… fragilità è diventata più evidente. Quello che ha fatto a Maya Kitajima -  tutti quegli intrighi, che ho scoperto proprio grazie a Kitajima - ne sono la prova. Shiori non è molto stabile. Il vecchio sa che a questo punto potremmo spuntare un prezzo ancora migliore e sta facendo di tutto per evitarlo, tutto qui. Quanto a ieri sera - bevve un lungo sorso e continuò - sapevo benissimo di poter dar adito a pettegolezzi, non sono nato ieri. Ma la Kitajima è pur sempre una delle attrici più in vista del Giappone e io uno dei principali produttori teatrali, beh, che possono dire? Che io abbia un interesse mi sembra scontato e che io lo manifesti agli occhi del mondo é più che opportuno. Non mi venissero quindi a parlare dell’onore di Shiori… E se poi hanno dei dubbi sulla natura di questo interesse, tanto meglio. Più Shiori darà in escandescenze, più l’accordo sarà a nostro favore. Il vecchio lo sa bene… tanto è vero che oggi lei non mi ha chiamato, deve averglielo impedito lui - fece un mezzo sorriso - In breve, dobbiamo fare capire al vecchio che gli conviene concludere, presto, e alle nostre condizioni”

“Quindi, se ho capito bene, mi stai dicendo che saresti anche disposto ad anticipare questa… ’conclusione’?” Domandò Eisuke, seriamente interessato. Masumi sentì una morsa gelata allo stomaco, ma continuò.

“Prima o dopo per me è indifferente. La questione non è tanto quando ma come… o mi sbaglio? Io non scappo. Sto anzi aspettando che tu mi dica che si può procedere. A mio parere, il momento di tirare il vecchio per gli attributi e stringere è adesso! Tutto gioca a nostro favore - si voltò e lo fissò dritto negli occhi - E francamente non capisco proprio cosa tu stia ancora aspettando” aggiunse con tono di sfida.

Ecco, ora si sarebbe alterato, ma ormai lo aveva portato sul suo terreno.

“Non mi dire quello che devo fare! Le negoziazioni sono affar mio! Sceglierò io il momento e il modo giusto, conosco il vecchio meglio di te!”

“Sono d’accordo. A ognuno il suo ruolo. Occupati tu delle trattative, io già mi occupo di Shiori… - sospirò enfaticamente - O se preferisci posso fare tutto io, posso anche trattare direttamente con il vecchio Takamyia senza alcun problema, ma forse non sarebbe molto elegante”

“No, ma soprattutto non ti ho chiesto di farlo, non è affar tuo” ribadì Eisuke, deciso.

“Sta bene. Quanto a Maya Kitajima però, vale lo stesso principio. Me ne sto già occupando io” aggiunse, gelido.

“E’ troppo che te ne occupi e non vedo risultati. Comincio a pensare che sei preso da lei, per questo sei meno efficace” insinuò maligno l’esperto genitore.

“Ti sbagli padre - si volto e lo fissò ancora, senza alcun timore - I risultati non sono venuti finora perché il momento giusto non era prima e non è neanche adesso. Il momento giusto sarà l’attimo dopo la proclamazione della vincitrice di quei diritti. Sarà allora che me li cederà e, ci scommetto, incondizionatamente. Per ora non li ha, non ha nulla che mi serva. Quindi non devo correre con lei, non ne vale la pena, anzi rischierei che capisca il bluff prima ancora di avere qualcosa da offrirmi. Aspetterò che vinca e, se vince, solo allora calerò il mio asso. Ti assicuro che ho ottime carte in mano”

“Di questo non ne dubito. Non sa ancora nulla della faccenda delle rose quindi, suppongo?”

“Ovviamente, no. E non sarebbe neanche pronta a saperlo, ancora. Ma al momento giusto lo sarà. Lo sarà eccome. Sarà lei a pregarmi di accettare quei diritti”

“Hmm… Però questo implica che non posso anticipare troppo la conclusione col vecchio, altrimenti ti spunto le armi con la Kitajima.”

“Effettivamente mi complicherebbe il gioco. Ma è questione di priorità. Potrei farcela comunque, anche con la fede già al dito”

“No, non rischiamo, andiamo avanti così”

“Sì… credo sia meglio” finì il suo whisky e si avviò alla porta. Aveva vinto, ma a che prezzo...

“Non farti più vedere in giro con lei però, non voglio dover discutere ancora col vecchio, visto che ho le mani legate”

“Non servirà più – si fermò, le mani ancora sulla maniglia - Posso frequentarla anche in posti più riservati, adesso, se voglio” scandì, con calma, senza voltarsi.

Il vecchio Hayami sgranò gli occhi: “Sul serio?? Non mi dirai che te la stai portando a letto…?”

“Vuoi proprio saperlo?” chiese Masumi con noncuranza, voltandosi a guardarlo con aria di sufficienza.

“No… È affar tuo” rise di gusto il vecchio genitore, poi si interruppe improvvisamente e lo fissò per un lungo instante annuendo lentamente, beffardo.

"Siamo intesi, allora. Ma non scoprire il fianco ai Takamyia, o il vecchio ti fa fuori, dall’affare e non solo. Per non dire di quello che potrebbe fare alla ragazzina, se si mette di mezzo. E’ permaloso quanto me, ma un po` più rozzo…”

Masumi accennò un mezzo sorriso: “Buonanotte, padre”

Uscì senza attendere oltre. Salì rapidamente le scale ed entrò in camera sua, poi nel bagno interno, dove la nausea ebbe infine la meglio.

 

  Non riuscì a dormire quella notte, cercando una via di uscita - eppure ne avrebbe avuto bisogno… Ma non ce n’erano. Suo padre aveva ragione. Poteva forse tenere a bada lui, ma come avrebbe fatto col nonno di Shiori? Non le interessava di rischiare in prima persona, ma cosa sarebbe successo se avesse continuato a frequentare Maya, anche di nascosto? Probabilmente il vecchio stava già pensando di mettergli dietro qualcuno dei suoi uomini. Niente di più facile che fosse già pedinato… o che il suo cellulare fosse sotto controllo. No, non poteva metterla in pericolo. Del resto, se avesse tentato di rompere il fidanzamento con Shiori adesso, allora sarebbe saltato l’accordo con suo padre, non si sarebbe più fidato di lui, nemmeno riguardo a Maya, e chissà cosa sarebbe stato capace di farle.

L’unica cosa che poteva fare era guadagnare tempo, proteggendola da suo padre almeno finché non avesse ottenuto quei diritti - era quella la cosa più importante, sebbene questo volesse dire non poterla vedere più almeno fino ad allora, poiché non c’era modo di farlo senza rischio. E dopo… non c’era un dopo… Sospirò avvilito.

La data proposta per il matrimonio era il giorno successivo a quello della proclamazione della vincitrice dei diritti della Dea Scarlatta. Aveva sperato di poter convincere suo padre a posticiparla, ma dopo la discussione di quella sera sarebbe stato impossibile. Suo padre avrebbe sospettato di qualunque sua mossa. Si sentiva in trappola, impotente. Non poteva rischiare di metterla in pericolo, ma non accettava neanche l’idea di dover rinunciare a lei proprio adesso. Il loro rapporto era ancora tutto da costruire ma anche lei provava dei sentimenti per lui, non poteva essere altrimenti, non gli si sarebbe concessa in quella maniera se no. Si sentiva fremere al ricordo di come gli si era affidata, senza alcuna remora, senza alcuna difesa. Chissà se si era pentita di averlo fatto. Sentiva il bisogno impellente di chiamarla, di rassicurarla, di tenerla ancora fra le sue braccia. E poi c’erano tante cose che doveva ancora dirle… Invece non poteva fare nulla, non poteva rischiare.

Nonostante il suo stato di malessere e prostrazione, si sforzò di riflettere su cos'altro fare per mettere Maya in sicurezza.  Appena arrivato in ufficio, per prima cosa avrebbe fatto concordare da Mizuki un appuntamento con la segretaria di Shiori per la sera stessa. Doveva testare il polso della fidanzata ed eventualmente disinnescarla prima che potesse pensare di creare altri problemi a Maya. Quella sera ci sarebbe stata una prima importante al teatro dell’opera. Era una buona occasione per farsi vedere in giro con lei. Oltretutto dell’evento avrebbero parlato sicuramente i giornali il giorno successivo, il che non guastava.

 

* * *

 

  La aspettò davanti al teatro. La sua vettura arrivò in perfetto orario. Le porse la mano per aiutarla a scendere. Indossava un elegante abito da sera di colore verde ed era, come sempre, bellissima.

“Shiori, benvenuta, mi dispiace di non aver avuto il tempo di passare a prenderti. Sono stato molto impegnato oggi” Mai mostrarsi troppo gentili dopo un presunto torto, sarebbe suonata quasi come un’ammissione di colpa.

“Non preoccuparti, caro”

Il suo tono di voce era garbato, come sempre. Se era offesa con lui, lo nascondeva molto bene. Le dette il braccio e si avviarono insieme verso il palco privato della famiglia Hayami, fra due ali di folla che si aprivano ammirate al loro passaggio.

Parlarono brevemente di Puccini e dell’opera cui si accingevano ad assistere. Lei accennò al fatto che le sarebbe piaciuto molto visitare l’Italia, magari durante il viaggio di nozze. Lui glissò, forse più bruscamente del dovuto, ma in quel momento non ce la faceva proprio ad assecondarla in quelle fantasticherie. 

Shiori lo fissò per un attimo, poi abbassò lo sguardo.

“Volevo scusarmi ancora una volta per non aver saputo gestire le mie paure. Per aver agito con tale egoismo e leggerezza, mettendoti in difficoltà con quella giovane attrice, Maya Kitajima”

“Sì, Shiori, è stato un comportamento molto puerile che non ho apprezzato affatto. In futuro, se dovesse risuccederti di essere così inquieta, ti prego di parlarne direttamente con me”

“Lo farò, te lo prometto. Ma non preoccuparti, sono sicura che queste sensazioni passeranno quando saremo marito e moglie  – Fece una pausa, durante la quale quelle due ultime parole: “marito e moglie” si conficcarono nella mente di Masumi come una stilettata - Dovrei scusarmi anche con lei. Ti prego, anzi, se ti capitasse di vederla, porgile le mie scuse, per favore…” lo fissò, con occhi scintillanti, in attesa della sua risposta. Lui ricambiò guardandola serio.

“Non credo Shiori, non credo che mi capiterà” rispose lentamente, con finta noncuranza, sforzandosi di calmare il battito del suo cuore, accelerato da un divorante senso di impotenza.

 

  Non c’era altro da dire. Si voltarono entrambi verso il palcoscenico, dove lo spettacolo stava per cominciare. Dopo poco, lei insinuò la sua mano fra quelle di lui.

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


CAPITOLO IV

 

 

Era ormai notte fonda ma non c’era verso di addormentarsi - e dire che ne avrebbe avuto bisogno ormai. Non riusciva a rilassare né il corpo né la mente, incessantemente all’opera nel tentativo di trovare un senso a quello che stava vivendo. Aveva tanto sperato che lui la chiamasse, almeno quella sera. Aveva tenuto il cellulare accanto a sé tutto il giorno per paura di non sentirlo squillare, addirittura lo aveva tenuto acceso anche durante le prove e meno male che nessun altro aveva chiamato.

Eppure quando era uscito di casa aveva detto “A presto” in un modo tale che lei si sarebbe aspettata di rivederlo dopo poche ore. Quello sguardo dolce e carico di tacite promesse – così le era parso - non riusciva a toglierselo dalla testa.

Lui, certo, era sempre molto occupato, si ripeté per l’ennesima volta, fissando il soffitto.

Possibile che fosse così occupato da dimenticarsi completamente di lei per sei giorni - che a lei erano parsi un’eternità! - che non potesse chiamarla neanche solo per un minuto, giusto per salutarla, per dirle una cosa qualsiasi? Dopo quello che era successo… Di nuovo si sentì sprofondare dalla vergogna. Era stata proprio lei a dirgli quelle frasi, a fare quelle cose… così intime?

Quando si era ritrovata da sola a casa con lui era stata presa dal panico. Sentiva che non avrebbe saputo resistergli se lui avesse continuato a desiderarla così, ma allo stesso tempo sapeva di non essere assolutamente in grado di soddisfare un uomo come lui. Voleva solo che quella condizione di inferiorità finisse, voleva poter appagare le sue aspettative, qualunque esse fossero, come una donna vera, adulta, che fosse desiderabile ai suoi occhi e che lui potesse amare. E voleva disperatamente che lui non si accorgesse di nulla. Ma così facendo - ora si rendeva pienamente conto -  lo aveva provocato, istigato a fare cose che forse non aveva mai ottenuto da altre, o non così facilmente, mentre lei non gli aveva negato nulla.

Chissà cosa pensava di lei. Che fosse una ragazza facile, probabilmente… e forse lo era davvero.

Le lacrime cominciarono a scendere copiose. Non era mai stata con nessuno prima di quella sera, non aveva neanche mai baciato qualcuno così, eppure aveva sentito un desiderio così immediato e intenso di aprirsi e donarsi a lui completamente, toccarlo ed essere toccata e alla fine, quando avevano fatto l’amore, le era sembrato di volare! Ma poi lui non l’aveva più cercata e no, lei non sapeva niente di come questi rapporti funzionassero, ma quel silenzio era troppo lungo e innaturale. Anche se non stavano insieme, anche se lui avrebbe sposato un'altra.

No, quel silenzio non poteva essere casuale.

 

* * *


I giorni passavano -  otto giorni per la precisione - e a Masumi pareva che quel tormento non dovesse finire mai. Si obbligava a non fare quello che avrebbe voluto, quello che il suo cuore gli urlava di fare, ogni istante: cercarla, raggiungerla, rassicurarla. Anche solo sentire la sua voce, sarebbe stata una boccata di ossigeno per un naufrago in procinto di affondare.

A volte prendeva il telefono, solo per guardare il suo numero, ma poi non faceva nulla, lo rimetteva sul tavolo e aspettava. Che cosa? Il momento in cui il suo cuore sarebbe scoppiato dalla frustrazione.

Ma cosa dirle? La verità era impresentabile - e poi come spiegargliela? Lei era troppo pura per capire appieno la portata degli intrighi in cui era rimasto incastrato. Non gli avrebbe neanche creduto, nel migliore dei casi lo avrebbe considerato il solito affarista cinico e senza cuore, che non merita neanche compatimento.

Meglio il silenzio, lei lo avrebbe odiato, in fondo lo aveva odiato per molto tempo, fino a che qualcosa che lui non sapeva - che non avrebbe saputo mai - le aveva fatto cambiare idea.

Forse non sarebbe stato poi così difficile per lei convincersi di essersi sbagliata, convincersi di aver avuto a che fare con un miserabile seduttore che sparisce dopo aver… dopo aver… Nascose la testa fra le mani augurandosi solo che il suo cuore si pietrificasse all’istante, di non sentire più niente e di non significare più niente per nessuno, mai più.

 

* * *

 

Ad ogni pausa delle prove l’angoscia la travolgeva di nuovo come l’onda di un mare sempre più tempestoso in cui la sua mente naufragava senza trovare appiglio. Non dormiva più da giorni e le prove andavano di male in peggio. Non si faceva più illusioni no, quelle erano morte da tempo. Non ci sarebbe stato mai più niente fra loro, ma questa consapevolezza non bastava a placarle il cuore e neanche la mente. Aveva bisogno di capire, di sapere il perché, perché dopo tanti anni di premurose attenzioni e incessante sostegno l’aveva  attratta a se’ in quel modo, per poi gettarla via . Lui era il donatore di rose, l’ammiratore che non l’aveva mai abbandonata. Anche se di lei gli fosse importato solo come attrice, anche se fosse stato tutto solo un cedimento momentaneo, non era possibile che ora gli fosse diventata così tanto indifferente da dimenticarsi completamente di lei, dopo quanto successo fra loro. No, doveva esserci un’altra spiegazione. Con mani tremanti ma determinate cercò il cellulare dentro la sua borsa.

 

Il telefono. Squillò. Il suono gli arrivò dapprima ovattato, come da un'altra dimensione, poi quella lieve vibrazione gli sembrò squassare l’edificio dalle fondamenta.  Seppe che era lei prima ancora di leggere il suo nome sul display. Fissava quel piccolo oggetto illuminarsi ritmicamente senza riuscire a muoversi né a respirare mentre il cuore gli rimbombava nelle orecchie. Non poteva rispondere, non doveva rispondere. Continuava a squillare, a squillare, aumentando il suo tormento a dismisura. Alla fine lo afferrò e col cuore in gola lo ripose dentro il primo cassetto della scrivania, dove continuò a squillare per un tempo interminabile, finché poi si fermò. Si sentì come se avesse soffocato un piccolo essere indifeso sotto un cuscino.

 

Non le aveva risposto, ma avrebbe trovato la chiamata. Forse era in riunione, l’avrebbe vista più tardi e l’avrebbe richiamata lui. Forse era un periodo molto impegnativo, forse…

In quel momento Yu entrò nel camerino, le prove stavano ricominciando e lei non era ancora sul palco. La trovò piangente, con la testa fra le mani.

“Maya, ma che cosa ti succede?” si avvicinò con voce preoccupata.

“Non lo so, Yu, non lo so… Non riesco a capire più nulla di quello che mi succede”

Lasciò che il ragazzo la prendesse fra le braccia mentre i singhiozzi la scuotevano violentemente togliendole il fiato.

“Maya… Maya… Io sono qui, ci sarò sempre…ti proteggerò io, di qualunque cosa si tratti e da chiunque, anche da te stessa se necessario. Lasciami solo entrare nel tuo cuore...!” gli sussurrò il ragazzo tenendola stretta a se’.

Continuava a piangere convulsamente, un dolore fisico conficcato nel petto le impediva di riprendere fiato.

 

* * *

 

Era una mattina tersa come ce ne sono raramente a Tokyo e lo skyline della città si mostrava in tutto il suo seducente splendore, ma all’uomo affacciato alla vetrata di quel palazzo lussuoso non poteva interessare alcunché di quello che si trovava là fuori. Se non una cosa piccola, banale come una giovane donna semisconosciuta e apparentemente insignificante, l’unica che avrebbe potuto dare un senso alla sua vita, l’unica che gli sarebbe rimasta preclusa per sempre.

Il contratto prematrimoniale è stato firmato, ogni singola clausola definita precisamente, la data confermata per il giorno successivo all’attribuzione dei diritti della Dea Scarlatta. Sono stato un illuso a credere per attimo di potermi riappropriare della mia vita. Io non ho mai avuto una vera vita, sono stato cresciuto per essere lo strumento per raggiungere uno scopo. Uno scopo altrui. Sono stato addestrato a fiutare, a mordere, ad azzannare la gola e stringere, come un animale da combattimento. L’amore per lei era l’unica cosa vera, l’unica chance di avere qualcosa di vero da vivere, o almeno da ricordare. Se solo fossi stato libero di viverlo! Mi sarei salvato, l’amore per lei mi avrebbe salvato.

Niente aveva più importanza ormai. Avrebbe lasciato che la sua miserabile vita seguisse la strada ormai segnata. Sarebbe stato un uomo potente, temuto e odiato, ancora di più. In lotta per sopravvivere in quel mondo spietato in cui avrebbe dovuto combattere ogni giorno.

L’avrebbe protetta, questo sì, protetta da ogni minaccia, soprattutto da suo padre finché sarebbe stato vivo. L’avrebbe incoraggiata, o consolata, se necessario, con le sue rose, avrebbe vegliato su di lei, come aveva sempre fatto, finché poi… finché poi un giorno ci sarebbe stato un altro accanto a lei, e lui non sarebbe servito più. Fine della storia. Meglio che cominciasse ad abituarsi all’idea.

 

* * *


Non posso farcela così. Perché non voleva neanche parlarle? Erano anni che si conoscevano, per non parlare di tutte le cose che lui aveva fatto per lei, come suo ammiratore ma anche come Masumi Hayami. Poteva anche capire che non volesse più vederla, ma perché trattarla così? Perché? Prese in mano il telefono e ripeté l’ultima chiamata, pur sapendo che sarebbe stato inutile.

Cominciò a piangere convulsamente prima ancora di rendersi conto che lui aveva risposto.

Non si aspettava che l’avrebbe richiamato. Teneva il cellulare in mano, guardando il suo nome che pulsava sul display. In un attimo la sua mano precedette ogni determinazione razionale e rispose. Non sentiva nulla. No, si sentiva come singhiozzare, poi improvvisamente la sua voce.

“Signor Hayami… Signor Hayami, è lei?”

Rimase completamente spiazzato, dalle sue lacrime, dal tono commosso e sincero della sua voce. Si sarebbe aspettato semmai risentimento o almeno rimprovero, invece nel suo tono non ve ne era traccia. Sembrava disperata e sentire che si affidava a lui, ancora e nonostante tutto, fu la cosa che gli straziò l’anima più di tutto il resto.

“Sì…” fu una specie di sussurro, era provato, incapace di riprendere il controllo di sé.

“Signor Hayami, sono Maya, mi scusi io…” non riusciva a parlare, i singhiozzi le spezzavano la voce, poi riuscì a riprendere “Io volevo… Avevo bisogno di sentirla…”

Masumi si appoggiò alla parete del corridoio semibuio, senza fiato, poi la sua mano trovò la maniglia di una porta, la aprì e si buttò all’interno. Era un grande ufficio buio occupato dai server della Daito.

“Ho bisogno di parlarle, signor Hayami” la sua voce aveva ritrovato un po’ di coraggio. Lui teneva gli occhi chiusi, come in trance, mentre nel cervello la voce di lei si mescolava ai suoni inarticolati dei server in procinto di scaricare i dati della giornata.

“Mi dica cosa succede, la prego… io pensavo che lei… io la capisco se mi dice che non vuole più vedermi…” continuò Maya.

Si ridestò, ora toccava a lui, non doveva permetterle di continuare, di umiliarsi così.

“Maya, ciao… purtroppo in questo periodo sono molto occupato - il tono piatto e frettoloso di una voce che persino lui stentò a riconoscere - siamo vicini alla chiusura trimestrale, anzi ti chiedo scusa ma… devo continuare a lavorare” fissava quei server - non era diverso da loro.

“Quello che è successo… non significa niente, vero? ” la voce di Maya era quasi inudibile come se facesse un grande sforzo a parlare.

Masumi si appoggiò alla parete e tacque per un attimo, cercando dentro di se’ la forza per dire quello che doveva. Non seppe mai come gli  fu possibile arrivare a tanto.

“Ah ragazzina, non mi ascolti mai…! Ho cercato di spiegarti come funziona il mondo di cui tu ed io facciamo parte, ma vedo che non ci sono riuscito. Maya… Io credo molto nel tuo talento, lo sai, e spero sinceramente che un giorno tornerai a lavorare per me perché sei un’attrice nata! Tu sei un’attrice - un’attrice con la a maiuscola, Maya - e io sono un produttore… - sospirò enfaticamente - Lo sai come funziona… devo aggiungere altro?” non sentì più niente dall’altra parte. Tenne lo sguardo ancora fisso sul telefono, lasciandosi scivolare fino a terra, la schiena contro il muro.

Addio Maya…adesso sei libera di odiarmi davvero, definitivamente.

 

* * *


“Maya, se non sei convinta lasciamo stare, non preoccuparti, aspetterò che tu sia pronta” disse Yu scostando le labbra dalle sue. Gli era sembrato il momento giusto, la giusta atmosfera, gli era sembrato soprattutto che lei cominciasse a ricambiare i suoi sentimenti, ma si era sbagliato.

“Scusami, non è colpa tua. C’é… c’è qualcosa che mi blocca” si giustificò malamente Maya, scostandosi con decisione.

Qualcosa, Maya?” Yu rise amaramente, socchiudendo gli occhi a due fessure come se volesse guardarle dentro.

“Cosa vuoi dire?” ribadì lei, distogliendo lo sguardo dalla sua analisi fastidiosa.

“Qualcosa sì, in effetti. Il tuo personale tormento, Maya, quello stesso che non ti fa dormire, che ti toglie l’appetito, che ti fa sembrare sempre assente, persa in chissà quali pensieri, che ti fa piangere all’improvviso… - si avvicinò a lei - Quello stesso che sta distruggendo la tua Akoya, trasfigurandola in una donnicciola sfiduciata e ripiegata su se stessa! Maya…”

Lei lo fissava, gli occhi dilatati e pieni di lacrime.

“Maya… dimmi la verità, è per lui vero? È per lui che ti senti così… Certo, per chi altri potrebbe essere, ti importa solo di lui, del tuo ammiratore…! E lui ti ricambia così, facendoti soffrire in questo modo!” tentò di prenderla per i polsi gentilmente, ma lei si divincolò.

“NO!” fu quasi un urlo “Non è lui!!!”

Uscì di corsa dal camerino e poi fuori dagli studi, fino sul marciapiede inondato da una luce accecante che le ferì gli occhi mentre corpi di sconosciuti la spintonavano qua e là come una bambola.

Lui non è così, lui non è così, non è possibile

 

* * *


 “Complimenti, Ayumi. La tua dea è meravigliosa. Non ne avevo il minimo dubbio, del resto” la elogiò Masumi dopo aver assistito a quella breve dimostrazione.

“Grazie, presidente Hayami!” rispose mite lei, piegando la testa e giungendo le mani in grembo. Fece un lieve inchino e si congedò raggiungendo i suoi camerini, seguita dallo sguardo adorante degli altri attori.

Masumi si allontanò insieme al regista Onodera che sorrideva di sottecchi.

“Stai facendo un ottimo lavoro. E’ tutto molto convincente. Avete ottime chances di vincere questa sfida”

“Ah Ah ma quale sfida? La sfida è finita, Masumi, non hai sentito? L’altro gruppo è allo sbando. La Kitajima è in crisi totale e credo che Kuronuma stia pensando di ritirarsi. Non che abbiano mai avuto alcuna possibilità contro di noi, ma così sarà imbarazzante, speriamo che si ritiri davvero, quel testone”

“Cos’hai sentito?” s’informò Masumi cercando di nascondere la tensione crescente di cui era preda. Ormai riusciva a dissimulare le proprie emozioni con una abilità tale da rimanerne spiazzato lui stesso.

“Mah, non so i dettagli, ma a quanto pare alcuni attori hanno lasciato la compagnia lamentandosi che Kuronuma è un negriero e la Kitajima, non lo so, dicono che sia irriconoscibile, che non ricordi neanche le battute, scoppia a piangere in mezzo al palco e altre stranezze… oddio, strana lo è sempre stata quella ragazza, ma ora pare sia proprio impazzita e che la sua Akoya sia un disastro… almeno così dicono”

“In effetti è strano, ma non sottovalutarla, quella ragazza ha sempre in serbo delle sorprese”

Di nuovo ebbe quella assurda sensazione di sdoppiamento. Si ascoltava parlare senza neanche sapere cosa avrebbe detto, come se a farlo fosse uno spirito estraneo che dall’interno controllava la voce al posto suo.

“Vedremo. In ogni caso hai visto Ayumi, è insuperabile” continuò Onodera.

“Sì, è stata superba. Ora scusami, devo rientrare” si allontanò turbato, poi prese il telefono. Non avrebbe lasciato che Maya perdesse tutto a causa sua, ammesso che davvero fosse lui la causa di quella crisi improvvisa.

“Procedi come d’accordo, ma fallo subito!” ordinò Masumi al suo interlocutore. Fissò il telefono, abbassò gli occhi e inspirò tutta l’aria, continuando lentamente a camminare verso l’uscita.

 


“Maya! Maya, guarda!” l’attrice aveva in mano un bellissimo mazzo di rose scarlatte e glielo stava porgendo. Kuronuma espirò profondamente. Era ora. E speriamo che basti…

Lei guardava le rose sbattendo le palpebre, stralunata. Poi prese il biglietto e lo lesse meccanicamente.

Non si scoraggi mai. Ho grande fiducia in tutto quello che fa e so che le difficoltà presenti renderanno la sua dea ancora più vera ed emozionante. Attendo con trepidazione il momento in cui potrò ammirarla ancora. Con tutto il cuore, come sempre, Il suo ammiratore

Cosa significa… che senso ha… D’improvviso, ebbe un’illuminazione. E` uno, ma è come se fossero due persone differenti! Ed è solo uno quello che io amo! L'altro è solo un'ossessione da cui devo guarire. Lo devo a chi ancora crede in me, e lo devo a me stessa! Non importa cosa questo comporterà. Non potrà comunque andare peggio di così… Devo guarirne a tutti i costi. E c’è un solo modo.

Si aggrappò con tutte le sue forze a quella convinzione e per la prima volta da molti giorni riuscì a sperare che avrebbe potuto alleviare quella pena insostenibile.

 


“Mizuki, le avevo detto che non voglio essere disturbato per nessun motivo” Era tardi e doveva assolutamente riuscire a concentrarsi su quelle carte.

“Mi scusi, ma ho pensato che questo potesse fare eccezione. C’è Maya nella sala d’aspetto, ha chiesto di lei. Cosa devo dirle?”

“La faccia entrare” rispose dopo un attimo di silenzio, incredulo. Si alzò in piedi senza neanche pensare, fissando la porta da dove, poco dopo, udì la maniglia aprirsi e poi il suono ovattato dei sui primi passi sulla moquette, prima ancora di vederla chiaramente. La stanza era semibuia, rischiarata solo dalla lampada accesa sulla sua scrivania. L’immagine di lei, uscita dalla penombra, gli parve irreale come un sogno partorito dalla sua mente per dargli sollievo. Le si avvicinò di alcuni passi, senza sapere cosa avrebbe fatto.

“Maya…”

“Io ho bisogno di lei, ho bisogno del suo aiuto, anche se sono solo un'attrice, una delle tante…” era rimasta al centro della stanza, il tono concitato ma deciso.

“Non sei una delle tante…” riuscì a dire, immobile a pochi passi da lei, la voce troncata dall’emozione.

“Ho la rappresentazione, devo concentrarmi e invece non riesco più a fare nulla! Io non so cosa mi leghi a lei, lo so che lei non va bene per me, ma devo andare fino in fondo… devo capire, ritrovarmi e andare oltre… E posso arrivarci solo attraverso di lei… poi la lascerò in pace, non mi vedrà più” gli disse tutto d’un fiato mantenendosi rigida come una canna di fiume.

“Maya, non voglio farti ancora del male, cosa credi che io sia…?  E non potrei darti di più…” ammise costernato.

“Mi dia quello che può allora…” il tono con cui pronunciò quelle parole lo lasciò di sasso.

“Anche se volessi, mi chiedi l’impossibile, lo sai che mi sposerò a breve” pronunciare quella breve frase gli costò una fatica enorme.

“Non le chiedo niente cui non sia già abituato. Un mero rapporto fra un produttore e un’attrice, è così che lo considera, no? Mi spieghi meglio come funziona, sono un’attrice di talento, come dice lei, e voglio essere pronta ad affrontare questo mondo, voglio sapere come comportarmi con i tipi come lei…” Maya indurì lo sguardo e serrò i pugni. Avrebbe voluto essere ancora più dura, ma appena l’aveva visto, decine di immagini si erano accavallate, rendendole quasi impossibile ragionare.

“Maya… sei arrabbiata, ne hai tutto il diritto. Merito il tuo odio, pienamente…” iniziò Masumi ma si bloccò appena la sua espressione si fece prima fredda e poi adirata.

“E’ troppo facile così! Io la odio sì, ma non basta!! Lei è la mia ossessione, e lei deve aiutarmi a liberarmene!”

Lui la guardò serio, con espressione indecifrabile.

“Non le chiedo impegni, non le chiedo nulla - continuò lei, più calma -  E non le creerò alcun problema, glielo prometto. Potrà decidere tutto lei, io mi adeguerò” quelle parole assolutamente impreviste lo spiazzarono completamente.

“Maya non credo che gioverebbe…” tentò di nuovo, ma lei non glielo permise.

“Va bene, allora farò in un altro modo, sarà qualcun altro a istruirmi sulla natura di questi rapporti, diciamo “professionali” - la voce le tremava - Ho ricevuto vari inviti dal signor Yasomi, il vicepresidente della Takoi, credo vi conosciate. Ho appuntamento con lui domani sera nel suo ufficio. Mi dia solo una piccola consulenza” proseguì, ignorando il suo sguardo esterrefatto “Ecco, cominciamo dal look, mi dica se va bene, vorrei il suo parere”.

Masumi ebbe giusto il tempo di realizzare di chi stava parlando (uno dei suoi principali concorrenti, un vero bastardo peraltro) che lei si slacciò nervosamente la cintura e poi i bottoni del cappotto. Indossava un vestito blu scuro scollato, non troppo corto ma sensuale, che le fasciava il corpo, le calze nere e dei sandali con il tacco a spillo. Lui si appoggiò alla scrivania alle sue spalle, fissandola incredulo mentre Maya gli si avvicinava con atteggiamento apparente determinato.

“Mi dica se ho capito bene, è così che devo fare?” gli chiese avvicinandoglisi e il tono fintamente distaccato non bastò ad occultare il guazzabuglio di emozioni di cui lei era preda. Quando gli fu accanto gli sfiorò i fianchi, poi la sua mano scivolò verso la cintura, che cominciò a slacciare, lasciandolo completamente smarrito.

“Sto solo cercando di imparare, non voglio che anche lui mi consideri una ragazzina” riuscì a guardarlo negli occhi mentre insinuava una mano oltre la cerniera aperta. Era arrossita vistosamente, ma sembrava determinata ad andare avanti. Lui la fermò, stringendola a sé, racimolando un briciolo di autocontrollo.

“Basta, Maya… Va bene, hai vinto… Non voglio che tu veda altre persone così. Se vuoi questo, deve essere con me, solo con me…” la abbracciò cercando le sue labbra, ma lei si sottrasse.

“No, non mi baci, per favore… per il resto invece, non pongo alcun limite” gli disse fissandolo. Non voleva perdere totalmente il controllo, quello che i suoi baci avevano il potere di farle.

Lui la rovesciò sulla scrivania, sollevandole entrambe le gambe e tirandola verso di sé, poi si sporse su di lei, fermandosi a fissarla seriamente, a poca distanza dal suo viso. Entrambi respiravano affannosamente, come nel mezzo di un amplesso, ma quasi senza muoversi, gli occhi negli occhi.

“Sarà come vuoi, ragazzina… ma non qui e non stasera. Ti do altro tempo per rifletterci… Intanto, tieni” restando in quella posizione,  distolse lo sguardo dalla vista del suo petto che respirava affannosamente sotto di lui per tirar fuori da un portadocumenti una scheda della grandezza di una carta di credito. Gliela porse e la fece rialzare a sedere sul bordo della scrivania, il suo corpo fra le gambe di lei. Sentiva distintamente i battiti accelerato del suo cuore attraverso i polsi che stringeva fra le mani mentre ancora espirava il profumo lieve della pelle di lei a pochi centimetri dalla sua bocca.

“E’ la chiave elettronica di una stanza, una suite, il numero è 2086. La tengo a mia disposizione al Royal Golf Hotel & Lofts, vicino al fiume, non è lontano dai Kids studio. Frequento il club sportivo che si trova nella struttura e uso la camera per tenerci gli indumenti. Ci vado ogni lunedì alle sette. Se non cambi idea, possiamo vederci lì fra due giorni.  Puoi salire direttamente con l’ascensore fino al ventesimo piano, nessuno ti chiederà nulla. Vieni direttamente dopo le prove, usa la metro, non farti accompagnare e non farne parola con nessuno, è chiaro? Non c’è bisogno che me lo confermi, anzi è meglio che non mi contatti telefonicamente. Se non verrai, capirò.” Fece una pausa, studiandola. Era apparentemente calma.

“Questo soddisfa le tue aspettative?” la interrogò continuando a tenerla ferma fra sé e la scrivania. Lei lo fissava con sguardo indecifrabile, se in passato aveva creduto che Maya fosse difficile da comprendere, in quell’istante cambiò radicalmente idea: Maya Kitajima era impossibile da comprendere.

“Si’” annuì poi, apparentemente convinta.

“Potrai decidere se venire o meno, ma ogni altra cosa la definirò io… siamo intesi?” insisté Masumi, le sollevò il mento per guardarla negli occhi, per sincerarsi che non avesse in testa altre pazzie.

“Le ho detto di sì, signor Hayami” si divincolò con uno strattone e lui fu costretto a lasciarla andare sentendo immediatamente la mancanza del suo calore.

Maya appoggiò i piedi a terra e si scosse l’abito con noncuranza, come se lui neanche fosse lì davanti a lei. Ho fatto io tutto questo?

La accompagnò alla porta, senza sfiorarla, gliela aprì, si guardarono un’ultima volta, poi lei uscì.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Capitolo V

 

Chissà se sarebbe venuta davvero. E chissà cosa veramente cercava da lui. Non aveva cessato un istante di chiederselo in quei tre giorni. Adesso si trovava alla guida della sua auto, diretto al luogo del loro appuntamento, senza alcuna idea di quello che si sarebbe trovato di fronte. Non gli capitava mai di trovarsi in situazioni di cui non avesse già, o non potesse recuperare rapidamente, il controllo. Invece quella ragazzina lo spiazzava di continuo, costringendolo a mettersi costantemente in discussione. Era totalmente imprevedibile e per di più… irresistibile. Un cocktail micidiale capace di sconvolgergli la vita in qualsiasi momento. Lei non sapeva il potere che aveva su di lui – e per fortuna!

Fino a pochi giorni prima si era illuso che sarebbe riuscito in qualche modo a convivere con quel dolore sordo e costante che la sua lontananza gli procurava. In quel momento invece non sarebbe stato in grado di posticipare il loro incontro neanche di mezz'ora. Aveva bisogno di vederla. Aveva bisogno di quell'incontro / confronto / scontro, o qualunque cosa sarebbe stato. Come lei, stando alle sue parole.

Ritornò con la mente alla sera di tre giorni prima.  Non si aspettava proprio che l’avrebbe cercato di nuovo e mai e poi mai che gli avrebbe fatto una simile proposta. Chissà perché lo aveva fatto, chissà cosa aveva in mente…

Io la odio! Lei è la mia ossessione!!!

Rivedeva la sua espressione adirata mentre quelle parole gli risuonavano nel cervello, continuamente. Sospirò. Non c’era da stupirsi che veramente lo odiasse. Ma perché volerlo rivedere così? Di solito si vogliono evitare le persone che si odiano, non si cerca di frequentarle. Invece era andata da lui, con quel vestito, quel modo di fare… e sembrava sconvolta - e così piena di passione!

E se non lo odiasse affatto? Se fosse innamorata di lui, come aveva sospettato inizialmente? Quante volte aveva riconsiderato questa possibilità. Ma anche questa non reggeva. Maya lo aveva certamente detestato per lungo tempo, poi qualcosa era successo, forse nella valle dei susini. Prima di allora lei era sempre stata un libro aperto, dopo invece era cambiato tutto. Fino ad arrivare all’assurda richiesta di due giorni prima. Non riusciva più a capire cosa le passasse per la testa, ma di certo lo aveva odiato per anni e francamente lui non le aveva mai dato nessun vero motivo per cambiare idea. No, Maya lo odiava davvero, semmai avesse cominciato a provare un sentimento diverso per lui, non poteva essere sopravvissuto a un trattamento tanto meschino.

Si sentì invadere dalla malinconia mentre il ricordo dei pochi momenti di completa intimità passati con lei si insinuava fra le pieghe sfilacciate dei suoi pensieri. Sospirò ancora, ricacciandoli indietro e cercando invece di concentrarsi su quello che avrebbe dovuto fare. Ma la verità era che non ne aveva idea, non sapeva cosa Maya veramente volesse da lui, non sapeva cosa aspettarsi, non sapeva neanche cosa sarebbe stato meglio per lei. Si augurò di capirlo alla svelta, perché una cosa era chiara: avrebbe rischiato di perdere il controllo in ogni istante. Sarebbero stati soli, lontani dal resto del mondo, e se lei avesse osato anche solo in minima parte quello che era stata in procinto di fare nel suo ufficio, per lui resistere sarebbe stata una tortura.

E poi chissà se resistere é la cosa più giusta… Lei era così giovane, per qualche oscuro motivo era stata attratta proprio da lui e forse aveva solo bisogno di conferme, di sentirsi desiderata dall’uomo cui per primo si era donata. Invece doveva averla profondamente ferita col comportamento odioso che aveva tenuto.

Possibile che fosse semplicemente questo il motivo? Forse. Eppure, anche questa spiegazione non lo convinceva appieno.

 

Davanti alla porta esitò per un attimo. Dall’interno non proveniva alcun rumore. Non sei venuta alla fine… non sei venuta… La porta si aprì emettendo il classico ronzio. La spalancò varcando la soglia e imboccando il corto corridoio a passo svelto, col cuore in gola.

Lei era seduta sul letto, vestita in jeans, maglietta e stivaletti. I gomiti appoggiati sulle ginocchia. Alzò uno sguardo severo su di lui, riabbassandolo subito.

 “Sei venuta davvero, allora” la guardò, sinceramente sollevato, accennando un sorriso.

“Anche lei” constatò, l’aria vagamente imbronciata.

“Io non avrei rinunciato per nulla al mondo” aggiunse serio, mantenendo quell’aria spavalda che le dava i nervi.

“Davvero? Cambia idea molto facilmente” commentò lei, dura, evitando ancora di guardarlo.

“Facilmente no. Non direi proprio” rispose a voce bassa, studiandola attentamente. Poi si avvicinò e le si sedette accanto mentre lei lo osservava di sottecchi, nervosa.

“Sono contento che tu sia qui” le sussurrò, mentre la sua mano prese ad accarezzarle la guancia e poi il collo.

La vide spalancare gli occhi e irrigidirsi ancora di più, al che lui le sollevò il viso verso di sé e le rivolse il suo sorriso più disarmante.

“Tranquilla, non sei obbligata a fare niente…” la rassicurò “Ecco cosa faremo: c’è un centro termale molto bello in questo albergo, ti va di andarci?” le propose speranzoso.

“Ma non ho portato nulla, non ho un costume…” obbiettò lei, con uno sguardo smarrito che a lui parve irresistibile.

“Va bene la taglia 40? Ti ho preso una cosa nella boutique dell’albergo, prima di salire, guarda se ti sta… altrimenti puoi sempre cambiarlo” le sorrise porgendole un pacchetto. Per fortuna aveva previsto, fra le varie possibilità, un impasse del genere, e forse aveva indovinato anche come porvi rimedio.

Lei lo aprì arrossendo e trattenendo il fiato. E` solo un costume, solo un costume da bagno… si ripeté.  All’interno, un costume intero dalla linea semplice, impreziosito da una piccola cintura argentata appuntata al fianco; rimase a guardarlo interdetta.

“Suvvia puoi accettarlo, non è un regalo molto impegnativo. A meno che tu non preferisca venire nuda, in tal caso non ho obiezioni” la sfidò.

“Può scordarselo” rispose seria, punta sul vivo. Poi sussurrò “La taglia va bene” rigirandoselo ancora fra le mani, stupita che ci avesse azzeccato e ancora emozionata all’idea che avesse pensato di farle un regalo.

“Gra-grazie” balbettò arrossendo. “Prendo gli asciugamani!” si alzò di scatto, anche solo per uscire dal suo sguardo indagatore.

“Non serve nulla, troveremo tutto giù” le assicurò alzandosi e tendendole una mano. Maya lo fissò un istante, interdetta, poi lo seguì.

La condusse verso un ascensore privato che li avrebbe condotti direttamente in una hall, su cui si aprivano gli spogliatoi.

“Troverai tutto quello che ti serve all’interno dello spogliatoio. Ti aspetto all’uscita sul retro”.

 

Si sentiva strana. Lui era di nuovo gentile, sembrava volesse compiacerla. Perché era così mutevole? Avrebbe tanto voluto poterlo odiare davvero. Chissà se ci sarebbe mai riuscita.

Uscì dalla parte che dava sull’area termale, trovandolo ad aspettarla. Si sentì improvvisamente in imbarazzo con quel costume. Alzò appena gli occhi su di lui e li spalancò: oddio, era bellissimo! Distolse lo sguardo immediatamente. Ecco, ora era sicura di essere arrossita come una stupida, eppure lui l’aveva vista molto più discinta di così, e del resto anche lei. Quel pensiero la fece avvampare ancora di più.

“Vieni, ragazzina” la guardò rapito. Quel costume e le guance imporporate la rendevano irresistibile.

“Non c’è nessuno qui…” commentò Maya guardandosi intorno, più che altro per cercare di distrarsi.

“No, l’ho riservata solo per noi, per un’ora, ma ovviamente se non vuoi restare possiamo andare via in qualsiasi momento” la rassicurò sorridendo per quell’insicurezza che ancora dimostrava.

“No, va bene” rispose con poco più che un sussurro.

Non riusciva a spiccicare parola. Si maledisse mentalmente mentre cercava di dominare il lieve senso di panico che sentiva montare dentro di lei. Lasciò che lui le cingesse lievemente il fianco con il braccio mentre la sospingeva verso l’enorme vasca idromassaggio che occupava il centro di una sala enorme, riccamente decorata con marmi multicolore.

 

Le porse la mano per incoraggiarla a scendere le scale ed immergersi. Maya sembrava ancora sulle sue, ma accettò la sua mano e non poté trattenere un sorriso e un gridolino quando l’acqua calda cominciò a riempirsi di bolle man mano che si spostavano nella grande vasca.

Era così bello vederla di nuovo sorridere, avrebbe dato qualsiasi cosa per rivedere quello stesso sorriso ancora e ancora.

 

Tornarono in camera dopo un bel po’, gli accappatoi stretti addosso e i capelli umidi. Maya sembrava finalmente essersi un po’ più rilassata.

“Hai fame? Ordino qualcosa, hai preferenze?” chiese Masumi gentilmente.

“Non saprei… non ho molta fame a dire il vero” gli confidò titubante. Sentiva lo stomaco sottosopra e l’ultima cosa che voleva era aggiungerci qualcosa dentro.

“Davvero? Mi preoccupi” Masumi sollevò un sopracciglio, incredulo “Comunque qualcosa dovremmo pur mangiare. Dai un’occhiata a questa, magari ti stuzzicherà l’appetito” aggiunse porgendole la brochure in cui erano illustrate le portate del menu per il servizio in camera. Digitò poi un numero sul telefono interno dell’albergo posto sul comodino.

Maya prese a sfogliarla più che altro per curiosità, ma pochi istanti dopo si ricoprì di brividi per il freddo. Raggiunse il bagno, tolse il costume e si sciacquò rapidamente sotto la doccia. Rimise l’accappatoio e cominciò ad asciugarsi i capelli. La porta era parzialmente socchiusa e dalla fessura riflessa sullo specchio poteva intravedere la sagoma di lui seduta sul letto. Spense il phon e si avvicinò allo stipite della porta scostandola per osservarlo. Era ancora al telefono, probabilmente col servizio ristorante. Piccole gocce gli cadevano dai capelli rigandogli il viso. Prese il phon, salì in ginocchio sul letto dalla parte opposta, lo accese al minimo e poi gli si avvicinò prendendogli una ciocca di capelli fra le mani tremanti. Quanto era bello, non poteva fare a meno di pensarlo. E l’aveva sempre aiutata. Come avrebbe fatto a cancellarlo dal suo cuore? Eppure non c’era altro da fare…

“Aspetti, la richiamo io” tagliò corto Masumi. Un brivido gli era sceso lungo la schiena non appena aveva avvertito il tocco inaspettato delle sue dita fra i capelli. Abbassò la cornetta e si voltò a guardarla: aveva gli occhi rossi e sembrava persa in chissà quali pensieri. Gli si strinse il cuore.

“Lascia che faccia io adesso…” le prese il phon dalle mani e la fece voltare di spalle.

Maya si sentì di nuovo scossa da brividi intensi, non per il freddo questa volta, ma per l’emozione suscitata dai suoi tocchi dapprima leggeri, poi sempre più intenzionali e sensuali.

No, devo chiarire la situazione, prima che accada di nuovo! Deve spiegarmi tutto, perché è successo, perché poi non mi ha più cercata… io non sarei in grado di sopportarlo di nuovo…

Sentì una morsa nello stomaco e sospirò amaramente.

Ma cosa c’è da spiegare, me lo ha già detto che non c’è niente fra noi, che non potrà esserci niente, eppure sono qui, con lui, su questo letto…

“Vedo che hai freddo, lascia che te lo tolga…” le sussurrò lui mentre abbassava l’accappatoio lentamente, liberando prima le sue spalle e poi la schiena, accostandosi poi di più a lei.

I brividi aumentarono ancora e riconobbe quelle sensazioni, già provate la volta precedente: il gonfiore improvviso delle labbra, l’indurirsi dei capezzoli, il calore che si espandeva fra le sue gambe mentre il cuore batteva all’impazzata. Fu presa dal panico. Cosa avrebbe fatto adesso? Lui se ne sarebbe accorto, si accorgeva di ogni cosa! Ma se l’avesse allontanato l’avrebbe considerata una stupida… era lei che l’aveva costretto a venire lì!

 Non ebbe più tempo di formulare alcun altro pensiero di senso compiuto.  L’unica cosa che sentiva erano le sue labbra sulle spalle, sul collo, sulla schiena, di nuovo sul collo, mentre le sue mani le stringevano le braccia, le cingevano le spalle e scendevano a sfiorarle il seno. Non riusciva a muoversi, ipnotizzata da quella eccitazione crescente che le ottenebrava la mente.

Quando le sfilò la cintura dell’accappatoio dai fianchi e la ebbe voltata verso di sé, adagiandola sul letto, quando vide i suoi occhi accesi dal desiderio fissarla e sentì il suo nome sussurrato a fior di labbra, allora seppe con certezza che non avrebbe potuto rifiutargli niente, neanche quella volta.

 

Si risvegliò all'improvviso, mentre la sua mano, abituata al tepore di lei, ancora si muoveva a cercarla fra le coperte.

“Maya…?” per un attimo raggelò sentendo lo spazio vuoto, poi la vide: era in piedi, davanti alla porta finestra, una coperta a farle da vestito. Una luce soffusa la illuminava parzialmente, doveva essere quasi l'alba. Lo guardava, seria. Lui si alzò a sedere, poggiando la mano sul letto, indeciso se avvicinarsi o no.

“Dimmelo, coraggio… dimmi cosa stai pensando. Non farti problemi” la incalzò spezzando quel silenzio opprimente.  

Lei si rigirò verso la finestra, sospirando, il tono triste e assorto. Sembrava tutto così incredibilmente perfetto quando facevano l’amore, e invece non significava nulla, ormai lo sapeva, ognuno sarebbe tornato alla sua vita ed era meglio non farsi illusioni. Ma perché non lo accettava? Perché il suo cuore la spingeva a cercarlo ancora… cosa mai la teneva ancora lì? Aprì la bocca come per parlare, ma non ne uscì alcun suono. Di tutte le cose che le passavano per la testa, nessuna era ripetibile di fronte a lui. Deglutì e poi scandì lentamente, con fatica: “E’ tutto qui…?” dando voce con quelle poche parole alla sua più intima paura.

Masumi sentì una morsa immediata nello stomaco. No, non l’avrebbe resa felice, non così, lo sapeva già, eppure quanto avrebbe voluto poterci provare davvero.

E ora cosa le avrebbe detto? Lui non aveva indossato alcuna maschera stavolta. Era stato se stesso: il corpo, lo sguardo, la voce, non era riuscito a controllarli. Si era lasciato travolgere dal sentimento potente che provava, al contrario di lei che invece gli era parsa meno spontanea, e non c’era da stupirsene.

Credeva di essersi scoperto troppo e invece lei non si era accorta di nulla.

Maya, se fossi un po’ più smaliziata avresti già capito. O forse chissà, in qualche modo lo hai percepito, per questo sei così turbata. Ora basta però. Non posso rischiare di ferirti di nuovo.  

Abbozzò una mezza risata, guardandola con aria disarmata.

Tutto qui? Hai appena affossato per sempre la mia vanità maschile” sospirò enfaticamente, alzandosi dal letto.

"Basta, lei proprio non può prendermi sul serio!" reagì Maya risentita, ma con sua sorpresa, la sua rabbia scemò immediatamente come nebbia spazzata dal vento. La risposta irriverente di lui l'aveva strappata da un crescendo di sensazioni negative, ed era un bene, perché non voleva piangere di nuovo, non lì, davanti a lui.

Masumi prese la vestaglia dall'armadio e le si avvicinò.

Hai chiesto il mio aiuto Maya, e ti aiuterò.

“Cos’è che ti turba esattamente, Maya? Vorrei che me lo dicessi” si appoggiò alla scrivania ad un passo da lei.

"Perché siamo qui? Perché` io stessa sono qui? Non lo capisco. Sarebbe più logico starle lontana e invece… non ci riesco… E’ stupido, no?" non sapeva se era un bene parlargli così a cuore aperto, non sapeva quanto esattamente gli avrebbe detto, eppure non riuscì a fermarsi.

“Non lo so, Maya, forse non è logico, come tu dici, ma non è così strano… non siamo macchine totalmente razionali e controllate, e se te lo dico io, che mi alleno ad esserlo da sempre, puoi crederci” le rispose con un sorriso appena accennato.

“Non ha senso…” insisté Maya.

“Beh, potresti almeno accettare l’idea di provare dell’attrazione fisica per me – inequivocabilmente ricambiata”

Che situazione ironica, pensò. Una giovane donna è attratta proprio dal suo peggior nemico e non sa perdonarselo, e un folle è disposto a tutto pur di proteggerla persino da se stessa.

“E questo basta, secondo lei, a giustificare tutto? E’ l’attrazione che ci tiene qui? Nonostante non possa esserci nulla di più? Nonostante lei stia per sposarsi?”

Il tono esasperato di queste domande non gli sfuggì. Masumi trattenne un sospiro e si sforzò di concentrarsi sulla risposta che avrebbe dovuto darle, augurandosi di non sbagliare.

“L’attrazione fisica è una forza molto potente, non l'avevi  mai provata prima? Questo un po’ mi consola” disse provando a sorriderle e spostandole una ciocca di capelli dal viso.

“E’ alla base della vita su questo pianeta – continuò Masumi – Sembrerebbe istintiva e misteriosa, ma la scienza ha scoperto che è scatenata da sostanze chimiche che abbiamo dentro di noi: ferormoni, dopamina, testosterone…  Non é molto romantico però è così che siamo fatti, è grazie a quel meccanismo che esistiamo, noi e gli altri mammiferi” la guardò ancora con lo stesso sorriso disarmante. “E’ così terribile ai tuoi occhi?”

Maya lo fissò con gli occhi dilatati. Possibile che sia la stessa cosa anche per me, solo attrazione fisica… ma allora perché mi sento così… Può essere veramente solo chimica e ormoni? Maledizione non so niente di queste cose!

“No, ma è… è frustrante” rispose infine, sconfitta.

“Frustrante?”

“Sì. Voglio dire, non capire cosa si vuole  davvero. Anche prima, mentre…” arrossì “Insomma, lo volevo, è vero, ma sapevo che sarebbe stata l'ultima volta e allora pensavo che sarei dovuta andarmene subito, però poi non l’ho fatto. E anche ora mi sento… nervosa, eppure… sono ancora qui a parlare con lei… Non riesco neanche a spiegarmi bene…” Si interruppe, mordendosi le labbra: cosa avrà capito? Penserà che sono una sciocca.

Alzò lo sguardo a cercare i suoi occhi che trovò fissi su di lei con un espressione dolce e languida che la confuse.

“Lei crede davvero che sia tutta colpa di quegli ormoni fuori controllo?” aggiunse Maya quasi sussurrando, mentre il cuore cominciava a batterle all’impazzata.

Masumi fece uno sforzo immane per non chinarsi a baciarla subito. Doveva rimanere lucido e fare in modo che lei ritrovasse fiducia in se stessa. Era quella la cosa più importante.

Si sedette sulla sedia antistante e prese le piccole mani di lei fra le sue, cercando al contempo il contatto con i suoi occhi.

“Certo. E’ tutto spiegabile. Il desiderio di ripetere l’incontro è naturale perché l'esperienza positiva vissuta si imprime nel sistema nervoso come un ricordo piacevole da riprovare” il tono dolce era rassicurante “E poi la noradrenalina determina una trepidazione e un'agitazione generale. Fa passare l'appetito – le sorrise ammiccante - e provoca un aumento del battito cardiaco e della pressione sanguigna, da cui ha probabilmente origine il delizioso rossore che ora hai sul volto”.

Maya arrossì ancora di più e abbassò lo sguardo, confusa.

In effetti sei strana, ragazzina, valutò Masumi, sembra che tu non abbia alcuna voglia di smettere...

"Comunque sia ho la soluzione" disse Masumi aprendo la sua agenda elettronica “Allora, vediamo… Quanti giorni mancano a…” stava per dire, al matrimonio "… alla rappresentazione della dea scarlatta?” domandò, come parlando fra sé e sé “Sono sei settimane. Sei lunedì. A proposito, tu hai impegni di giovedì sera?” le chiese con disinvoltura.

“Impegni…? Io ho solo le prove…” replicò Maya senza capire cosa stesse facendo.

“Bene, allora diciamo che in questo periodo avrò bisogno di allenamenti intensi” borbottò fra sé. “Dunque, sei lunedì e sei giovedì. Li ho fermati nella mia agenda” Alzò su di lei lo sguardo sicuro del Presidente della Daito. “A questo punto mi aspetto che, almeno nelle prossime dieci volte che ci incontreremo, se vorrai continuare a farlo, non avrai ragione di pensare che sarà l'ultima volta, giusto? Io rispetto sempre i miei appuntamenti” promise serio come se veramente stesse parlando di lavoro.

Maya si fermò a considerare quello che tutto ciò significava: lui voleva vederla ancora, sei lunedì e sei giovedì, cioè altre dodici volte. Era serio? Ma poi non doveva  sposarsi?

“Ma… veramente vuole dedicare tutto questo tempo a me? E i suoi allenamenti?” domandò senza fiato e senza comprendere realmente i suoi scopi.

Allenamenti? Stai scherzando” sorrise “Brucio più energie con te che in due ore di squash! Per non parlare dell'impegno mentale per starti dietro, ragazzina!” ribatté con energia senza darle tempo di rispondere. Le si avvicinò cingendole le spalle.

“Ma… e la signorina Shiori?” sussurrò Maya abbassando la voce.

Lo sentì irrigidirsi impercettibilmente, quindi aggiungere serio “Il nostro contratto prematrimoniale impone solo un minimo di due incontri a settimana, in questa fase”

“Contratto prematrimoniale?”

“Sì, certo. Nei matrimoni combinati l’elemento fondamentale è il contratto prematrimoniale. E’ tutto definito nei minimi dettagli. I negoziatori di entrambi le famiglie lo hanno affinato per mesi”

“Negoziatori… addirittura? E cosa prevede?” domandò realmente incuriosita da quanto fossero complicate quelle assurde procedure.

“Un po’ di tutto. Alcuni aspetti finanziari legati alla fusione, ma anche gli obblighi della vita matrimoniale e della fase prematrimoniale. Il numero minimo di incontri, le case dove abiteremo, gli impegni sociali, anche una clausola di recesso: qualora una parte dovesse recedere prima della stipula del contratto definitivo – prima del matrimonio, intendo – dovrà pagare all’altra parte venti milioni di dollari, a titolo di compensazione forfettaria per danni di varia natura” spiegò succintamente, come se si trovasse in una delle sale riunioni della Daito e stesse delucidando delle slide su un progetto di acquisizione.

“Ven-ti milioni di dollari…?” Maya sussultò: era una cifra che non riusciva neanche a concepire, figurarsi pensarla come una compensazione per recedere da una promessa di matrimonio.

“Già, è un po’ inusuale, ma lo abbiamo accettato” ammise Masumi come se la cosa non lo riguardasse davvero.

“Ma… perché…?” non voleva apparirgli ingenua, ma le sembrava tutto veramente incredibile.

“In cambio abbiamo ottenuto il via libera per un pacchetto di misure finanziarie, ad esempio un certo rapporto di cambio fra le azioni delle due società. Credo la controparte ci tenesse molto ed é stato ritenuto un prezzo congruo. Ma non so come sia stato definito nel dettaglio, come dicevo non conduco io le trattative, ed è mio padre che ne approva l’esito” aggiunse tradendo il nervosismo con un gesto spazientito con la mano. Ricordò il momento in cui era stato costretto a lasciare a suo padre il controllo completo sulle trattative, e con loro ogni possibilità di uscire da quella trappola, ottenendo in cambio di tenerlo lontano da Maya.

“Capisco… ma si tratta anche della sua vita, no?” azzardò.

“Già” commentò amaramente “Ma è gestita come un affare, un affare sul quale io ho un controllo minimo fra l’altro”

“Ma… come può sopportarlo?” insisté, più sorpresa che scandalizzata.

Lui sorrise amaramente.

“Non è facile da spiegare, Maya… è che ho sempre saputo che il mio matrimonio sarebbe stato gestito alla stregua di un affare. Fin da bambino sono stato educato a raggiungere determinati scopi, senza curarmi né degli altri né tantomeno di me stesso. Poi in realtà i miei veri obiettivi non sono necessariamente quelli che altri credono… è un discorso lungo. Resta il fatto che non mi sono mai molto curato di me stesso o della mia felicità”.

“Dovrebbe cominciare a farlo, non è mica troppo tardi…” valutò lei guardandola con aria preoccupata.

Era sincera e trasparente come sempre. La strinse più forte a sé e lei appoggiò la testa sul suo petto, sciogliendosi nel suo abbraccio protettivo.

“Non lo so, Maya, ma temo di sì, invece” chiuse gli occhi per un attimo, avrebbe voluto fermare il tempo rimanendo così abbracciato a lei e non pensare a niente per sempre. Ma si ridestò, non doveva indulgere troppo, non doveva turbarla.

“A proposito, se non ci sbrighiamo fra poco sarà tardi davvero. Cosa ne dici se ci facciamo portare un’abbondante colazione? Ieri mi hai fatto saltare la cena…” le disse, sogghignando.

“Io? Non è vero!! E’ stato lei a…” reagì prima di rendersi conto che la stava provocando.

“Come ti scaldi subito! Chiamo e la faccio portare qui, va bene?” si sedette sul letto e prese il telefono, ma prima di comporre il numero si girò di nuovo a guardarla, l’aria fintamente preoccupata “Non mi assalire alle spalle come fai di solito...”

“Ma insomma! La smette…” se la prese lei, arrossendo completamente.

Masumi rise di gusto, prima di abbracciarla e baciarla sulla fronte, poi aggiunse fissandola dolcemente.

“Ora fa' la brava e mangia. Non voglio che la mia dea arrivi alle prove senza reggersi in piedi” la guardò con uno splendido sorriso, lasciandola senza parole e senza fiato.

 

NDA: a questo punto della storia consiglierei questo brano, che ci sta a fagiolo (anche perché mi ha in parte ispirato il capitolo). Eh sì quando ho scritto la ff ascoltavo molto un certo LP :-)

 

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


CAPITOLO VI

 

Entrò nella sua vettura, dopo esserci sincerato un'ultima volta che stesse andando nella giusta direzione, verso la metro. Purtroppo non poteva accompagnarla, era troppo rischioso. Si era defilato con una scusa, a malincuore, ma lei sembrava non averci fatto caso, non era un problema per lei muoversi con i mezzi pubblici.

Espirò tutto il fiato. Poi cercò una sigaretta nel taschino. Aveva pensato di smettere ma adesso, decisamente, una sigaretta ci stava tutta.

Come é andata? Si chiese, abituato com'era a fare il punto della situazione dopo ogni riunione importante. E chi lo sa… rise di se stesso. Con lei ormai era impossibile capirci qualcosa. E il mio istinto, cosa dice? Ragionò come se facesse l'appello. Ma l'istinto non rispose, da troppo tempo non l’aveva tirato in ballo e doveva essersi ormai atrofizzato. Al di là di un certo sesto senso per gli affari, che chiamava in causa nelle occasioni importanti, si fidava solo della sua razionalità che in questo caso, lo sapeva, non lo avrebbe aiutato. Gettò la sigaretta e mise in moto la macchina. L’ora di punta era passata, sarebbe stato in ufficio in meno di mezz’ora.

Mizuki, ecco, lei sì, avrebbe sicuramente intuito ogni cosa e chiosato con la solita arguzia.

 

***

 

Le prove erano finite e lei si stava struccando davanti alla specchiera. Era stanca. Due giorni prima le era sembrato di camminare a un palmo da terra dalla felicità. Come se quello che era successo, e com’era successo, avrebbe potuto cambiare le cose. Poi quella sera non era giunta nessuna telefonata, e neanche il giorno dopo, così di colpo lei si era svegliata, aveva capito. Di nuovo.

Una lacrima tornò a solcarle il viso. Ma adesso era tutto chiaro. Masumi Hayami non era il suo ammiratore premuroso e affezionato. Era un ricco scapolo che, prossimo alle nozze, aveva deciso di concedersi qualche piacevole passatempo. E che sì, si era anche divertito per anni a inondarla di rose e regali, chissà perché, forse un hobby come tanti.

Non gli importava di lei. Se non lo avesse provocato in quel modo nel suo ufficio non l’avrebbe più rivisto.

Del resto era stato chiaro. “Tu sei un’attrice ed io un produttore”. Tutto qui.

Eppure una parte di lei continuava a ribellarsi a questa idea. C’era qualcosa nel modo dolce con cui la guardava in certi momenti, nella sua voce che sembrava tremare quando mormorava il suo nome, nel modo tenero e passionale in cui la accarezzava, la stringeva a se’… possibile che fosse così con tutte? Possibile che davvero una semplice attrazione fosse così coinvolgente? Se solo avesse avuto un termine di paragone. Ma no, non era possibile, di certo non per lei, lei non avrebbe potuto sentirsi così con nessun altro, ne era sicura. Ma forse lui sì.

L’indomani sarebbe stato giovedì. Che cosa avrebbe fatto? Con ogni probabilità se lo avesse incontrato di nuovo in quella stanza sarebbe finita nello stesso modo. Sarebbe stato così ogni volta, quasi certamente. Poteva averlo per lei e al contempo non sarebbe mai stato veramente suo. Avrebbe mai potuto abituarsi a quest’idea? No, impossibile.

Se solo fosse riuscita a farsi meno illusioni. Se avesse potuto guardare le cose per quello che erano, senza fronzoli, senza lasciarsi coinvolgere, come faceva lui.

La verità era oramai palese in tutta la sua durezza. L’ammiratore misterioso che per tanti anni aveva sognato di incontrare non esisteva, se non come parte della personalità di quell’uomo così sfuggente e complesso, una parte certamente marginale. Un giorno forse avrebbe imparato ad accettarlo e forse avrebbe persino perso interesse verso di lui. Un giorno…

Che illusa. La verità era che sarebbe dovuta fuggire a mille miglia da lui, subito, e lo sapeva.  Doveva solo arrivare al punto in cui sarebbe riuscita a farlo senza dilaniare il proprio cuore.

 

***

 

La porta si aprì di scatto e Masumi trattenne il respiro. Non tentava più neanche di negarlo, non aveva fatto altro che aspettare di poter tornare lì. Senza sapere neppure stavolta se l’avrebbe trovata.

Non si sentiva alcun rumore e le luci erano spente. Maledizione. Percorse il corridoio quasi correndo e come temeva la camera era vuota. Non c’è, non verrà più… l’ansia che aveva tenuto a freno con fatica in quei giorni lo assalì colpendolo come un pugno sul diaframma e facendolo vacillare.

Si guardò intorno smarrito e d’improvviso notò uno zainetto da donna sulla sedia del piccolo studiolo. Subito dietro, seminascosta dalle tende che svolazzavano all’interno della camera, intravide una sagoma sulla terrazza. Era lei. Respirò sollevato e si diresse verso di lei, fermandosi un attimo sulla soglia ad osservarla.

Maya era affacciata alla balaustra e sembrava rilassata. Si voltò verso di lui per un attimo quando udì i suoi passi e gli sorrise persino.

“Buonasera, signor Hayami” disse semplicemente.

“Buonasera, Maya” le si avvicinò, cercando inutilmente di rallentare il ritmo del suo cuore.

“La città é bellissima vista da qui”. Fissava l’orizzonte e sembrava assorta. La brezza le sollevava alcune ciocche di capelli che finivano sul viso. Lui con una mano li raccolse dietro le sue spalle, accostandosi a lei.

Dio se non la avrebbe baciata subito! Ma lei non avrebbe gradito, lo sapeva, glielo aveva detto chiaramente nel suo ufficio. Si limitò a poggiare le mani sulle sue spalle delicatamente, sperando che non si irrigidisse.

Non lo fece, anzi con sua sorpresa reclinò la testa all’indietro appoggiandola sul suo petto. Chiusero entrambi gli occhi nello stesso momento, trattenendo il respiro. Restando in quella posizione le cinse la vita con un braccio, poggiò l’altra mano sulla balaustra vicinissima a quella di lei e, dopo aver indugiato un attimo sulla punta delle sue dita, la intrecciò alla sua, continuando a guardare il panorama.

Maya lo assecondò ancora una volta, cercando al contempo di calmare i battiti impazziti del suo cuore. È solo un sogno, un sogno effimero che svanirà presto senza lasciare traccia, come i riflessi dorati sparsi sulla città dalla luce di questo tramonto. Poi proseguendo ad alta voce: “Gli ultimi raggi del sole fanno brillare i grattaceli come pietre preziose. Sembrano enormi cristalli di quarzo… Ma sempre quello sono: acciaio e cemento” disse in un sospiro, scostandosi un poco da lui e sfilando la mano dalla sua. Masumi a malincuore lasciò che si allontanasse.

Stasera sei malinconica, ragazzina… cosa ti passa per la testa?

Era quasi il crepuscolo e cominciavano ad apparire le prime stelle, quelle più luminose.

“Guardi! – continuò Maya additando l’astro più luccicante, poi sussurrando, rapita - Si ricorda com'era vederle da quella collina, nella valle dei susini?”

“Come potrei dimenticarlo? Fu un momento davvero speciale” ammise Masumi. Poi aggiunse “Già allora morivo dal desiderio di baciarti, anche se non volevo ammetterlo”

Maya si voltò a guardarlo titubante facendosi paonazza, mentre lui metteva le mani in tasca per evitare di abbracciarla di nuovo.

Ci fu un lungo silenzio imbarazzato, poi lui le chiese a bruciapelo.

“Ti andrebbe di cenare con me su questa terrazza?”

“Qui? È possibile?” chiese lei sinceramente sorpresa.

“Certo. Lo prendo per un sì allora. Per il menù hai preferenze o faccio io?”

“Credo sia meglio che scelga lei” ammise Maya.

“Le ostriche ti piacciono? Oppure il foie gras”

“Veramente… non saprei” in realtà non era neanche sicura di sapere di cosa stesse parlando.

“Aggiudicato allora. Ti porto a Parigi questa sera ragazzina!” aggiunse con un sorriso molto seducente.

 

La cena fu molto piacevole, anche perché entrambi evitarono accuratamente ogni argomento che potesse rovinare l’atmosfera.

La serata aveva mantenuto le promesse, si vedevano moltissime stelle per essere a Tokyo.

 “Vediamo un po’ se ti ricordi le costellazioni che ti avevo insegnato” fece lui alzandosi.

Le tese una mano e la invitò a sedere su un divanetto sull’altro lato della terrazza. L’aria si stava facendo pungente, constatò, quindi afferrò una coperta di lana e gliela appoggiò sulle gambe, sistemandosi accanto a lei. La abbracciò stringendola a sé, mentre con l'altra mano disegnava forme geometriche contro il cielo stellato, interrogandola sulle varie costellazioni.

Maya si accoccolò contro il suo corpo, avvertendone il calore e il lieve profumo di dopobarba e sapone. Lui le sfiorava il braccio con tocchi leggeri delle dita mentre lei teneva la mano appoggiata sul suo petto. Era così bello restare a parlare così senza tensioni. La sua voce dolce e carezzevole la cullava, accentuando l’effetto dei due calici di vino francese che come aveva temuto le stavano facendo girare la testa.

D’improvviso quasi senza averne l’intenzione, liberò due bottoni della camicia di lui dalle asole e lasciò scivolare una mano sulla pelle calda del suo petto. Ne sentiva il battito accelerato, così simile al suo. Non riuscì a trattenersi. Sganciò anche il bottone più in alto e si girò per appoggiare un lieve bacio vicino al suo cuore, sentendosi il viso in fiamme. Si guardarono, lui inspirò, poi appoggiò dolcemente la mano sulla sua guancia e cercò le sue labbra ma lei si ritrasse.  "Scusa", disse lui un po' freddamente, scostandosi. Lei si sentì una stupida.

“Vieni, rientriamo, sarà freddo fra poco” aggiunse Masumi poco dopo con tono impenetrabile.

La condusse dentro sospingendola lievemente per le spalle, poi chiuse la portafinestra dietro di sé e si voltò a guardarla serio. Maya gli si avvicinò, sospinta da qualcosa di più forte di ogni imbarazzo potesse provare, sganciò gli ultimi bottoni dalle asole inferiori col cuore in gola e lentamente aprì entrambi i lembi della camicia di lui, contemplando il suo torso statuario col fiato sospeso. Poggiò le mani tremanti sopra i suoi fianchi e cercò ancora la sua pelle con le labbra, mentre lui la stringeva a sé, trattenendo un gemito.

Continuò a esplorare il suo corpo con smania crescente, lasciando che lui la guidasse, finché il sapore della sua pelle non la stordì completamente.

 

***

 

Masumi aspettò che salisse sul taxi, poi girò la chiave nel cruscotto e si mosse nella direzione opposta.

Di nuovo non era riuscito a trattenersi, gli era impossibile farlo quando si sentiva desiderato da lei. Maya non lo nascondeva, eppure allo stesso tempo era combattuta, questo poteva percepirlo chiaramente. C’era qualcosa di trattenuto nelle sue parole come nei suoi gesti, come se temesse di perdere il controllo, come se non potesse affidarsi di nuovo a lui. Forse per pudore, o più probabilmente perché ancora scottata dal modo in cui si era allontanato dopo la prima volta.

Aspettare era il minimo che potesse fare. Forse col tempo gli avrebbe concesso di avvicinarsi di nuovo.

Tempo...? Quanto tempo mi è rimasto? No, non ancora, non devo pensarci ancora!

Se avesse fatto un bilancio della sua vita in quel momento sarebbe stato disastroso e irreparabile. Il severo presidente della Daito che albergava in lui gli avrebbe imposto di rinunciare a lei subito, o al limite aspettare che fosse Maya a troncare quella loro frequentazione, meglio ancora darle dei motivi per farlo e alla svelta. Ma lui non lo voleva. Lo aveva già fatto in precedenza, ma adesso non ci sarebbe riuscito più.

Era in balia degli eventi in una situazione assurda e disperata e lo sapeva. A dispetto di tutto però una forza primordiale che valicava ogni logica lo spingeva ad andare avanti. Forse la sua vita sarebbe andata completamente a rotoli, forse non gli sarebbe rimasto nulla in mano, ma il suo cuore aveva preso a battere per dio! Il sangue scorreva nelle vene, le sue mani ardevano dal desiderio di stringerla a sé, i suoi occhi cercavano i lineamenti acerbi di quella ragazzina in ogni donna che incontrava e per la prima volta in vita sua era sicuro di essere vivo!

Avrebbe continuato così, fino a mettere  la sua mente razionale con le spalle al muro. L’avrebbe costretta a trovare un’altra soluzione anche se questo adesso voleva dire uscire dalla sua zona di confort e accettare di perdere il controllo. Prima o poi avrebbe trovato una strada e allora l'avrebbe percorsa con tutte le sue forze.

Doveva mantenere i nervi saldi e rimettere la maschera dell’affarista inflessibile tenendola senza interruzioni almeno fino a lunedì sera. Quattro giorni. Un’impresa quasi impossibile. Ma almeno ora era certo che esisteva un volto sotto quella maschera.

 

***

 

Alla fine erano passati anche quei quattro giorni, molto lentamente. Senza poterla sentire, come al solito, per minimizzare ogni rischio. Per di più era dovuto uscire due volte con Shiori. Ma per essere del tutto sincero, e con sua sorpresa, non erano state neanche serate spiacevoli. Si sentiva più brillante e arguto del solito. Shiori e gli altri ospiti non gli avevano staccato gli occhi di dosso, pendendo dalle sue labbra.

Adesso voleva solo ritornare da lei. Stavolta sapeva che l’avrebbe trovata lì, ad attenderlo.

Ricordava quello che le aveva detto martedì mattina in ascensore mentre l’accompagnava a prendere il taxi.

“La prossima volta vorrei cucinare per lei”.

Lui si era voltato a guardarla stupito, lei era arrossita abbassando lo sguardo.

“Sì, vorrei in qualche modo ricambiare la sua ospitalità… Posso provare a cucinare qualcosa qui…”

“Dici sul serio? Come vuoi tu, ma non sentirti in obbligo”

“Non è un obbligo, vorrei farlo, tutto qui”.

 

Quando entrò nella suite in effetti c’era odore di cibo. Nella zona giorno, che disponeva di un angolo cottura, la tavola era apparecchiata e lei si stava cimentando col funzionamento del forno a microonde. A giudicare dalle confezioni appoggiate sul piano cottura, doveva aver preso hamburger, patatine e cose simili in un fast food, e stava tentando di farli rinvenire nel forno a microonde.

Si voltò verso di lui imbarazzata. Era così graziosa con quel vesto corto e le ballerine basse.

“Salve… mi dispiace non c’è granché… mi sono resa conto troppo tardi che non c’erano pentole qui e così all’ultimo momento sono passata in un fast food, ma forse non è stata una grande idea… Però ho portato una torta che ho fatto a casa, forse potremmo assaggiare quella”

“Perché? Mi sembra che sia tutto perfetto. Quegli hamburger hanno un aspetto invitante”. Non era vero, ma avrebbe fatto o detto di tutto per rassicurarla e farle capire quanto apprezzava che lei avesse pensato a preparare una cena per loro due.

Riluttante, si sedette a tavola anche lei e cominciarono a mangiare. Lui sembrava di ottimo umore, sorrideva e i suoi occhi erano più scintillanti del solito

“Ha… Ha passato una bella giornata oggi?” chiese per rompere il silenzio. Ma perché lui sembrava perfettamente a suo agio in ogni situazione?

“Come?” Masumi credette di non aver capito.

“Voglio dire, sembra di ottimo umore… Non che non lo sia normalmente, ma oggi mi sembra… ecco, diverso” ma cosa stava dicendo? E il peggio era che lui continuava a guardarla con quel meraviglioso sorriso così disarmante.

“Sì, in effetti è stata una buona giornata. Abbiamo concluso un affare importante e il valore delle azioni è ulteriormente aumentato. È un periodo positivo per la Daito”.

“Mi fa piacere per lei. Deve avere molta passione per il suo lavoro” disse alzandosi per togliere i piatti, ma anche per sottrarsi al suo sguardo e tentare di riprendere il controllo della conversazione.

“La passione forse è un’altra cosa, ma il mio lavoro mi piace, sia la parte finanziaria che la parte artistica” ammise Masumi. Era veramente incredibile parlare della giornata trascorsa durante la cena e guardarla mentre si destreggiava fra i fornelli, come se fosse la cosa più normale del mondo.

La torta in effetti non era male.

“È deliziosa, non sapevo sapessi cucinare così bene”

La sua voce calda suonava sincera.

“Non esageriamo. A dire il vero ho appena imparato a farla, me lo sono fatto insegnare da Rei. Si ricorda del dolce che cuoceva nel forno la mattina in cui…?” si bloccò di colpo, arrossendo violentemente.

Il suo cuore si riempì di tenerezza per lei.

“Certo che me lo ricordo. Ti ringrazio per esserti data così tanto da fare. Veramente”

Le si avvicinò e le tolse di mano il detersivo “E adesso, secondo una divisione dei compiti moderna, io laverò i piatti!”

“Cosa? Ma che dice…!”

“Perché no? Tu hai cucinato… lasciami fare qualcosa”

“No, no, ci mancherebbe… e poi si potrebbe sporcare la camicia, ne ha portata una di ricambio per domani?” Questa domanda così intima, che non lasciavo spazio a sottintesi, lo spiazzò di nuovo.

“No, ma credo di averne nell’armadio. Altrimenti posso sempre togliermela” le lanciò un’occhiata allusiva “...O forse vuoi farlo tu?” si morse la lingua, ma non riusciva a impedirsi di provocarla di tanto in tanto. Era troppo eccitante vederla arrossire come una scolaretta.

Maya ripensò al loro precedente incontro facendosi paonazza.

“Eh? No, ehm, cioè… Per favore lasci i piatti a me, faccio in un attimo”

“E va bene, se insisti… posso almeno aiutarti ad asciugarli?”

“Come vuole, se ci tiene tanto”

Restarono uno accanto all’altra, lei lavava i pochi piatti e le posate e le passava a lui che, di spalle al lavandino, li asciugava con cura appoggiandoli poi sul tavolo. Si guardavano appena, sorridendo, in silenzio. Quella intimità domestica era incredibilmente emozionante per entrambi. Terminata l’operazione lui le prese la mano e la invitò ad andare a sedersi sul divano che si trovava nel piccolo soggiorno.

“Dimmi delle tue prove adesso, come stanno andando?”

“Ultimamente meglio devo dire… Però non è facile per me capire Akoya, la forza dei suoi sentimenti e di quelli di Isshin”

“Ti va di provare a recitare per me?” le chiese all'improvviso, spiazzandola.

“Qui? Adesso?” Non si aspettava proprio una richiesta del genere.

“Sì, ovviamente se non ti dispiace. Dopo io ti dirò le mie impressioni e sarò molto severo, ragazzina, quindi impegnati” aggiunse con finto tono di sfida, sorridendole.

Il monologo di Akoya… lo stesso che gli recitai quando era svenuto, la sera in cui mi ha salvata… Sì signor Hayami, reciterò per lei.

Si inginocchiò davanti al divano e dopo qualche istante di concentrazione alzò lo sguardo verso di lui. La sua espressione divenne così amorevole mentre pronunciava le prime battute che Masumi arrossì. Le parole erano le stesse rimaste impresse nella sua memoria dalla sera dell’aggressione.

No, non può essere stato solo un sogno: lo stesso timbro, la stessa intonazione... e poi lei mi sfiorò le labbra… sarà successo realmente?

Stava per pronunciare quelle battuteRinuncia al tuo nome, diventa solo mio” quando la voce le rimase strozzata in gola. Tremava vistosamente e gli occhi erano arrossati.

“Mi sembri un po’ tesa. Vieni con me” Masumi le tese una mano per farla alzare e la condusse di fronte al letto. “Prova di nuovo. Ma stavolta sdraiati, chiudi gli occhi e cerca di non pensare a nulla". 

Qui? Dopo un attimo di esitazione lei si sdraiò, chiuse gli occhi e visualizzò interiormente una radura in mezzo agli alberi nella valle dei susini. Dopo poco ricominciò a recitare il monologo dall'inizio.

Lui si sdraiò sul letto accanto a lei, appoggiandosi sul fianco. Le sganciò lentamente i primi bottoni del vestito baciandole lievemente il collo, poi le spalle, il seno, indugiando sui capezzoli turgidi.

Maya sospirò, scossa dai brividi, mentre lui continuava a baciarla, spogliarla e baciarla ancora. Sentiva il suo fiato percorrerle la pelle e sapeva di non avere quasi più nulla addosso ma continuava a recitare quelle parole d’amore, sempre più intensamente, sentendole sue come mai prima di allora, mentre il suo corpo si protendeva verso di lui alla ricerca dei suoi baci. La sua mano forte e virile ora le accarezzava le gambe e si spingeva sotto la gonna a sfiorare e poi sfilare il suo ultimo baluardo; lei lo assecondò sollevando il bacino, proprio mentre le labbra di lui scendevano ancora, fino all’inguine, conquistando poi il centro del suo piacere. Maya emise un gemito profondo e poi riprese a recitare continuando a tenere gli occhi chiusi.

L’intensità e il ritmo della sua interpretazione seguivano all’unisono i movimenti di lui in un crescendo perfetto e sincrono che lui dirigeva sapientemente.

Maya stava per perdere ogni controllo di sé, proprio nel momento in cui di nuovo doveva pronunciare quelle parole fatidiche. Lui rallentò, si fermò quasi, come in attesa. Adorava portarla al limite ma voleva che rimanesse lucida almeno finché non avesse finito quella battuta.

No no no no… Non ci riusciva, la frase le morì di nuovo in gola. Spalancò gli occhi, ritrovandosi sotto di lui che la stava studiando, gli occhi febbricitanti di passione a poca distanza dai suoi.

“A cosa pensi?” le sussurrò con voce profonda, ansimando leggermente.

“Come?” Sentiva ancora Akoya dentro di sé insieme a tutta la frustrazione di quel sentimento che non riusciva ad esprimere, di quel momento di estasi appena intravisto.

“Sei splendida, ma quando arrivi a quel punto, succede qualcosa, te ne rendi conto, vero? Perché?” insistette lui.

“Non lo so. Ma non riesco a credere che lui lascerebbe tutto per lei… Non lo farà mai, non rinuncerà mai né al suo nome né al suo passato!”

“Perché pensi questo?” si sollevò di lato su un gomito di fianco a lei, sinceramente incuriosito.

Già, perché… lei stessa non avrebbe saputo dire il motivo.

“Lei… lei crede che lo farebbe?” le chiese a sua volta voltandosi a fissarlo negli occhi, nella voce una nota di disperazione.

Che strana domanda Maya…

“Suppongo di sì. Se sono anime gemelle, per amore potrebbero rinunciare a tutto, no?” Le risponde in tono quanto possibile neutro, cercando di non pensare alla pelle morbida e vellutata del suo fianco sotto la sua mano.

“È una bugia, non sarà mai così! Non rinuncerà mai!” fu quasi un urlo, dopo di ché si alzò a sedere su letto.

“Maya… a chi stai pensando ?”

Lei arrossì completamente. Aprì la bocca per parlare ma cosa mai avrebbe potuto dirgli ? Rimase in silenzio, vittima di quel senso crescente di impotenza, mentre gli occhi le si riempirono di lacrime.

Siamo al cuore del problema quindi… rifletté Masumi. Stai pensando a qualcuno… é per questo che non riesci a recitare ? In un attimo si sentì sprofondare negli abissi delle sue peggiori paure ma si impose di non pensarci, c'era qualcosa di più importante delle sue angosce in quel momento.

“Non importa, Maya, ascolta. Akoya non sei tu per davvero, Isshin non è qualcuno che hai incontrato, né il tuo ammiratore, né Sakurakogi, né io… - disse sforzandosi di mantenere un tono neutro - Forse non hai ancora mai incontrato Isshin nella tua vita, forse deve ancora arrivare, ma l’importante non è quello, l’importante è che tu riesca a concepire questo sentimento così forte dentro di te. Hai mai amato qualcuno così? O pensi che potresti arrivare a tanto, a rinunciare a quello che sei per la persona che ami, e vivere solo per lui?”

“Si’, lo farei per lui, se lui potesse amarmi, se volesse stare con me…” sussurrò Maya, dopo un attimo di silenzio.

“Vedi quindi, non è così assurdo. Anche la tua anima gemella, se esiste, di chiunque si tratti, la penserebbe allo stesso modo” concluse Masumi tentando disperatamente di nascondere l’angoscia che affliggeva il suo petto.

Maya, chi è che ha preso il tuo cuore…

Lei non aveva smesso un attimo di fissarlo. Aveva ragione, la sua anima gemella, se esistesse, farebbe lo stesso…

"Però non potrei mai chiedergli di fare altrettanto. È egoistico chiedere a qualcuno di rinunciare a tutto, no?” obiettò Maya, dando voce ai suoi ultimi dubbi.

“Apparentemente è così. Ma prova ad ascoltare il tuo cuore. Come credi che si senta lei, chiedendoglielo? Puoi sentirlo? – al suo sguardo smarrito aggiunse – Non pensare troppo, cerca di rilassarti e ascolta il tuo cuore” ripeté.

Maya si distese di nuovo e chiuse gli occhi, mentre lui le si sdraiò ancora accanto,  accostando il viso al suo.

“Le loro anime sono state separate a lungo e ora miracolosamente si sono ritrovate. Che sensazioni possono scaturire dalla loro unione? Riesci a sentirlo questo senso di pienezza, di appagamento profondo, di completamento perfetto di se’… ?" con un braccio la teneva accostata a se’ mentre l’altra mano stringeva con forza quella di lei, che annuì con la testa, tenendo gli occhi serrati.  Il pensiero di entrambi corse all’esperienza incredibile vissuta dalle loro anime nella valle dei susini.

"Quanto possono patire al pensiero di separarsi di nuovo… ? Avverti lo smarrimento, il senso di mutilazione dell’anima che provano solo all’idea di perdersi ancora…” continuò Masumi scoprendo nello stesso momento quanto il terrore cui quelle parole alludevano fosse anche il suo in quel momento.

Maya afferrò d’istinto il suo braccio stringendosi di più a lui.

“E ora dimmi, perché glielo chiede” continuò Masumi col fiato corto “Perché Akoya lo implora di rinunciare al suo nome, di rinunciare a tutto - ripeté – la senti la pena che prova nel farlo? Eppure lo fa… Tu supplicheresti mai l’uomo che ami di arrivare a tanto, di perdere tutto per te, solo per te?” chiese ancora Masumi col cuore in gola, rendendosi conto di quanto sarebbe stato disposto a fare per lei.

Se solo fossi io quell’uomo … Se solo tu me lo chiedessi Maya…

“Sì, se lui fosse la mia anima gemella, glielo chiederei e farei di tutto per convincerlo, perché saprei che soffrirebbe senza scampo, allontanandosi!” Fu come una liberazione. Espirò tutta l’aria spalancando gli occhi: aveva capito Akoya.

“E lui rinuncerebbe a tutto per te Maya, e le vostre anime si fonderebbero per sempre!” sussurrò Masumi quasi sulla sua bocca, mentre i loro sguardi si allacciavano.

“E dopo… come credi che si amerebbero, dopo?” aggiunse ancora Masumi sentendo il cuore scoppiargli nel petto.

“Così...” La voce le tremava così come tutto il corpo. Si sollevò, colmando l’esiguo spazio fra loro, e lo baciò.

Lui si impossessò della sua bocca, avido di quel contatto tanto desiderato. Si baciarono a lungo, con totale trasporto, donandosi pienamente l’uno all’altra. Poi lui scese lungo il suo corpo facendola trasalire ad ogni contatto delle labbra sulla pelle, fino a tornare nel punto in cui il desiderio di lei toccava il culmine.  Lei respirò profondamente, la mente era libera da ogni pensiero e si lasciò andare completamente a lui, come non avrebbe mai ritenuto possibile.

 

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***



CAPITOLO VII

 

Non si era mai sentito così, con nessuna. Con nessuna si era mai lasciato andare a tal punto e in maniera tanto naturale. Con lei semplicemente dimenticava se stesso. Lo faceva impazzire il suo pudore, la sua inesperienza, che contrastavano con la sua appassionata, naturale sensualità. Sospirò. Se avesse mai avuto dubbi, adesso era certo di amarla, nel senso più pieno del termine, sicuro che non avrebbe mai potuto amare nessun'altra. E forse anche lei… come poteva essere così appassionata altrimenti? No, non poteva trattarsi di mera attrazione fisica, nemmeno per lei. Chissà se anche Maya se ne rendeva conto, forse no, era troppo giovane e inesperta. L’aveva vista preda di un simile trasporto solamente sul palcoscenico. Ma quella passione non poteva essere una recita, no, e poi per lei nemmeno recitare era finzione, semmai trasfigurazione, quindi figuriamoci… E fingere non avrebbe avuto alcun senso. No, impossibile. E’ sincera, forse inconsapevole, ma sincera.

Certo, l’origine di questa sua improvvisa predilezione verso di lui rimaneva un mistero. Cosa mai poteva averle fatto cambiare idea in modo così drammatico era francamente inspiegabile. Per anni aveva tormentato la sua insegnante portando alla rovina la sua compagnia, aveva determinato persino, certo senza alcuna volontà, la morte di sua madre… Deglutì per ricacciare indietro la morsa dolorosa che gli attanagliava lo stomaco ogni volta che ripensava a quanto era successo, a quanto mille volte avrebbe potuto evitarlo se solo fosse stato meno spregiudicato… E anche dopo quel tragico evento, consapevole che niente e nessuno avrebbe potuto riabilitarlo agli occhi di lei, non era mai stato gentile, aveva sempre e solo cercato di spronarla su quella che riteneva la strada giusta, facendo ricorso a quelle che la signora Tsukikage avrebbe definito “maniere forti”, le uniche con cui riusciva ad ottenere gli effetti sperati. Almeno fino a quella strana notte passata nel tempio, quando si era addormentata fra le sue braccia e il giorno dopo gli aveva regalato un ramo di susino in fiore dicendogli che rappresentava “i suoi sentimenti”… sì, aveva detto proprio così, “sentimenti”. Cosa poteva essere cambiato quella notte, e perché? Eppure proprio da allora molti suoi atteggiamenti erano diventati incomprensibili. La sera del fidanzamento, perché era lì e perché era corsa via? E poi tutta quella storia incredibile con Shiori… fino alla vicenda che li aveva coinvolti nelle ultime due settimane. Cos’era, un capriccio da teenager? Era entrata in competizione con Shiori o voleva deliberatamente farlo impazzire alla soglia delle nozze per vendicarsi di lui? Ma no, ma no, era impossibile, lui la conosceva troppo bene. Era troppo sincera, troppo pura di cuore e diretta, non avrebbe mai potuto architettare alcunché.

D’altra parte però Maya era anche molto giovane. Poteva trattarsi di una infatuazione nata chissà come, di un fuoco di paglia destinato a consumarsi in fretta. Sì, era plausibile. Ma una cosa era sicura, non avrebbe mai potuto fingere una passione che non provava.

La sua mente fu di nuovo rapita dai flashback della sera di due giorni prima: al suo arrivo lei era balzata in piedi e i suoi occhi lo avevano fissato con un’espressione che non le aveva mai visto. Avevano solo mormorato i rispettivi nomi e poi si erano avvicinati l’un l’altra lentamente, senza distogliere lo sguardo, incapaci di proferire altre parole. Aveva cercato le sue labbra e lei gli aveva risposto subito, con trasporto. Poi la pelle candida del suo collo sotto le sue dita, il suo profumo lieve, il sapore della sua pelle… e le sue piccole mani litigare con le asole della sua camicia, il ritmo affannato del suo respiro, il tremito delle gambe sotto le sue, quei languidi gemiti che avevano il potere di togliergli all’istante il lume della ragione e poi… un crescendo… fino a ritrovarsi addormentati sul fare del giorno l’uno fra le braccia dell’altra, sfiniti.

“… Presidente… ?” la voce titubante del suo collaboratore lo destò da quel sogno ad occhi aperti. Tutti gli occhi dei partecipanti al meeting erano fissi su di lui.

“Eh? Sì, va bene. Andiamo pure avanti” poi dopo un’occhiata all’orologio si alzò di scatto “Anzi, scusate, devo andare, ho un impegno importante. Procedete pure senza di me”

Si allontanò dalla sala riunioni, seguito dallo sguardo interrogativo di Mizuki.

Percorse rapidamente il corridoio fino all’androne principale.

Era strano. Tutto scorreva come al solito, eppure tutto era diverso. Continuava a lavorare come sempre, continuava ad uscire con Shiori quanto necessario, come si trattasse di un appuntamento di lavoro, o come se quel fidanzamento, quel matrimonio imminente, stessero capitando a qualcun altro e non lo riguardassero veramente. Si sentiva pieno di energie, più lucido del solito, più presente, più brillante.

Era consapevole di cosa ci fosse all’origine di questo cambiamento. Quante volte si erano incontrati ormai? Quattro, no, cinque volte. Due settimane e mezzo che gli avevano stravolto la vita. Era incredibile come quella specie di surrogato di un vera relazione d’amore lo facesse sentire completo, lo rendesse quasi felice… Bastava l’idea che l’avrebbe rivista nel giro di pochi giorni per fargli sopportare ogni cosa. Semplicemente, non vedeva l’ora di essere di nuovo lì, con lei, in quella camera d’albergo, a vivere quella vita parallela, totalmente separata dalla realtà ed accuratamente nascosta al resto del mondo, ma che sentiva essere l’unica cosa vera, pulita e onesta della sua vita. Assurdo, ma era proprio così, considerò rigirandosi il  mazzo di chiavi fra le mani. Era come se la vita vera fosse solo quella che si svolgeva due volte alla settimana dentro quella stanza, e tutto il resto – il lavoro, le occasioni mondane, le uscite con Shiori – fosse solo finzione, una finzione che riusciva a gestire con una certa disinvoltura oramai.

Sapeva fin troppo bene che così non poteva durare, che sarebbe finita presto se non avesse trovato una via di uscita. Il suo cervello finora si era rifiutato di concentrarsi su quel pensiero, troppo impegnato ad assaporare quella felicità sconosciuta. Perché quella meravigliosa sensazione, per quanto effimera, era comunque più di quanto si sarebbe mai aspettato di provare nella vita.

E tuttavia ormai non poteva più aspettare.

Si oscurò improvvisamente a quel pensiero, rallentando il passo per un attimo. Lui forse avrebbe potuto vivere anche solo del ricordo di quei pochi istanti… ma lei? Non sapeva cosa lei provasse veramente, ma se ci fosse stato anche solo l’1 per cento di probabilità che Maya fosse innamorata di lui, non poteva arrendersi. Il rischio era alto ma doveva a tutti i costi capire quali fossero i reali sentimenti di Maya e tenersi pronto per ogni evenienza.

“Signor Presidente, le ho fissato un appuntamento col presidente della JP Morgan come richiesto” gli disse una delle sue segretarie che incrociò di fronte agli ascensori.

“Va bene grazie. Convochi anche il mio avvocato per domani pomeriggio alle tre, per favore” rispose con il solito tono neutro mentre premeva il pulsante corrispondente parcheggio sotterraneo.


***

 

“Anche se non siamo una coppia, potremmo sempre uscire insieme stasera per il white day (nda: una specie di San Valentino, ma non riguarda solo gli innamorati e si svolge in due fasi a un mese di distanza l’una dall’altra). Possiamo festeggiare in quanto amici. Tu mi hai regalato dei cioccolatini lo scorso mese, lasciami ricambiare invitandoti a cena. Mica facciamo torto a nessuno, no?“ Le disse gentilmente Yu, con tono che voleva essere leggero.

“Yu, sei gentile, grazie, ma preferisco di no. Magari un’altra volta” gli rispose decisa Maya, continuando a pettinarsi i capelli.

“Perché? Sei già impegnata forse?” cercò di pronunciare anche quelle parole nel modo più lieve possibile, sebbene lo stomaco gli si fosse attorcigliato su se stesso.

“Impegnata? N-no… è solo che… non sono in vena, ecco” le seccava mentire, ma non aveva scelta.

“Maya, anche se ti stai vedendo con qualcuno, puoi dirmelo, sai? Ho notato che… insomma che non sempre torni a casa certe sere dopo le prove. Lo so perché l’altra sera ero passato un attimo da te e tu non c’eri, era tardi e… e mi sono anche un po’ preoccupato” disse passandosi la mano fra i capelli corvini.

Quanto vorrei sapere cosa fai, Maya…

“Non ne hai motivo, Yu. Sto bene. Anche le prove stanno andando bene, no ? Ti prego, non roviniamo tutto. Va bene così. Stasera non ho voglia di uscire, tutto qui. E ora scusami, devo andare”. E così dicendo si infilò il soprabito e si indirizzò a passo svelto verso l’uscita del camerino. Yu era gentile e non voleva trattarlo male, ma stava diventando sospettoso e non le piaceva l’idea che potesse seguirla. Non era neanche sicura fosse questo a renderla così nervosa, ma lo era.

Uscendo quasi travolse il regista che si trovava sulla soglia.

“Mi scusi…” farfugliò, arrossendo.

“Kitajima, sei una valanga! Ero venuto a dirvi che qua devono chiudere.”

“Sì, sono pronta, vado subito. Ci vediamo domani!”

Corse via, letteralmente.

Kitajima, ecco che di nuovo te ne vai chissà dove, te lo leggo in faccia che non stai andando a casa e certo nemmeno da Sakurakoji. La mattina poi a volte dormi in piedi. Ma che cosa stai combinando? Le prove vanno bene, non posso lamentarmi, la tua Akoya ha guadagnato in profondità e adesso è decisamente convincente, ma mi tremano i polsi al pensiero di cosa potrebbe succedere se qualcosa andasse storto con il tipo con cui ti vedi. Perché non é un rapporto tanto stabile, non è vero, ragazzina? E forse neanche tanto edificante. Sei troppo riservata e guardinga, non è da te. Speriamo bene…

 

***

 

Stava cominciando a pensare che non sarebbe venuto. Di solito era sempre in orario. La volta precedente – arrossì solo al pensiero – non avevano quasi neanche parlato. Era stata tale l’attesa e l’emozione di vederlo che non era riuscita a spiccicare parola quando era entrato, poi in pochi istanti era stata presa da un tale turbine di sensazioni incredibili da non riuscire neanche pensare. In un attimo si era sentita come se tutto il suo essere fosse stato unicamente proteso alla ricerca di una fusione completa con lui, senza alcuna remora. Non era mai arrivata neanche a concepire un tale livello di passione. Chissà se era questo che Akoya provava per Isshin…

Fu allora che sentì il ronzio ormai familiare provenire dall’ingresso, poi un rumore di passi e infine vide lui apparire sulla soglia. Si alzò in piedi di scatto, tanta era anche quella volta l’emozione di rivederlo.

“E’ tanto che sei arrivata? Perdonami” Lui le si avvicinò e subito le prese entrambe le mani fra le sue, il tono lievemente preoccupato e l’espressione contrariata ma al tempo stesso rassicurante. “Purtroppo c’è stato un imprevisto. Sono venuto solo a dirti che… che non posso venire". La voce di lui era diventata all’improvviso bassa e ruvida e lei lo guardò negli occhi con aria interrogativa.

"Come…?" non riuscì a capire cosa intendesse dire.

Per tutta risposta Masumi la strinse a sé e la baciò appassionatamente, incapace di attendere oltre. Lei si sciolse nel suo abbraccio, serrandogli la vita fra le braccia sottili.

Pensava di essere arrivato fin lì per dirle quello, vista la possibilità che il suo telefono fosse intercettato, e invece in quel momento seppe di averla raggiunta per quel bacio.

“Maya…” mormorò teneramente il suo nome a fior di labbra. Il letto era pericolosamente vicino e se non si fosse staccato subito non sarebbe più riuscito a fermarsi, di nuovo. E invece doveva. Sospirò, abbracciandola stretta. Poi si abbassò a cercare il suo sguardo, tenendogli delicatamente il viso fra le mani.

“Non posso rimanere, devo tornare via subito, purtroppo.” Si sentiva estremamente frustrato, defraudato di quella serata che aveva tanto atteso e che avrebbe voluto passare ben diversamente, ma cercò di nascondere il suo nervosismo. Alzò gli occhi su di lei, speranzoso.

“Posso sperare di vederti domani…?” domandò col cuore in gola.

“Domani? Finirò le prove alle 8 però” rispose lei dubbiosa.

“Possiamo fare alle 9 allora, o è troppo tardi?” Le chiese dolcemente, abbracciandola stretta.

“No, va bene” annuì Maya. Perché era così impossibile negargli qualcosa?

Le appoggiò un lieve bacio sulle labbra, sospirando di sollievo.

“Brava, mangeremo insieme qui allora, ti va?  Vieni ora, ti accompagno giù” Era veramente tardi, quella deviazione gli sarebbe costata quasi un’ora di tempo, ma ne era valsa la pena. Ora era pronto per sopportare la serata che lo attendeva.

“Aspetti!” Esitò ancora un attimo. “C’è una cosa che volevo darle… Ecco”. Gli mise in mano un piccolo pacchetto, arrossendo per l’imbarazzo.

“Che cos’è?” chiese lui sorpreso.

“E’ solo una piccola cosa… Lo apra però” disse torcendosi le mani. Chissà se faceva bene a darglielo… non aveva smesso di chiederselo nei giorni precedenti.

Maya, mi hai veramente fatto un regalo? Tu...? Incredibile… Ma perché poi? si sedette sul letto, felice e incredulo insieme. Mentre apriva la piccola scatola blu gli venne in mente la risposta: il white day… Dentro c’era un piccolo fermacravatta in argento. Arrossì prendendolo fra le mani.

“So che non regge certo il confronto con ciò che indossa di solito, ma…” si interruppe, incapace di proseguire. Non ce la faceva a dirgli che voleva tanto che portasse accanto al cuore qualcosa di suo.

Il white day. Certo, ecco perché. Che idiota: perché non aveva pensato a farle un regalo? Maledetto white day. Era stato proprio per quella seccatura che aveva dovuto cambiare i programmi della serata, annullare una riunione, mandare Mizuki  a cercare qualcosa per Shiori in tutta fretta, e adesso questa gaffe… Non aveva proprio previsto che Maya avrebbe potuto fargli un regalo in quel giorno, ma cosa significava quindi esattamente? Mizuki gli aveva accennato alle varie tipologie di regalo, ognuna con un diverso significato: quelle per i colleghi, per gli amici, e per… per gli innamorati, ma lui non le aveva prestato attenzione. Stupido.

Un fermacravatte… Possibile che Maya si stesse dichiarando in quel modo… No, calma, stava correndo troppo di fantasia, doveva essere cauto.

“E’… molto grazioso…” se lo rigirava fra le mani e sembrava soprappensiero, forse turbato. Solo in quel momento Maya si accorse del vestito che portava sotto il trench scuro. Era uno smoking. Evidentemente aveva un impegno mondano. Un pensiero la folgorò. Come aveva fatto a non pensarci prima…?

“Sta uscendo con la signorina Shiori, vero? Per il white day…” gli chiese con voce bassa e tremante.

Masumi si sentì gelare il sangue.

“Sì” fu costretto ad ammettere “E' per questo che ho dovuto cambiare programma. Non l’avevo tenuto in conto, ma non ho potuto rifiutare” sibilò con un tono più duro di quello che avrebbe voluto. Era così avvilito che si scordò del tutto di ciò che ancora stringeva fra le dita.

Non ha potuto rifiutare… rifletté Maya. Come può dire così? E’ quella la cosa giusta: uscire per il white day e scambiarsi doni fra fidanzati. Quanto sono stupida. Per questo è rimasto turbato… Cosa mi è venuto in mente di fargli un regalo? Cosa volevo dimostrare…? E’ lei la sua fidanzata, la donna che sposerà. Loro hanno una vita, fuori da qui. Fanno cose vere come uscire insieme, farsi regali, parlare del futuro.

“Cosa le ha regalato?” gli chiese di punto in bianco con un filo di voce, come se realmente le interessasse.

“Cosa?” Masumi credette di non aver capito.

“Le ha fatto un regalo, non è vero? Cosa le ha regalato, se può dirmelo…” insistette lei, come se parlasse di una notizia di gossip, come se non la riguardasse. Aveva bisogno di sentirselo dire, di sapere i dettagli per riuscire a immaginarsi la realtà, fuori da quella stanza.

“Degli orecchini” rispose a voce bassa, profondamente a disagio. La conversazione stava prendendo una piega che non voleva affatto, ma non poteva sottrarvisi.

“Smeraldi, come l’anello di fidanzamento?” insistette Maya.

“Sì, smeraldi, mi pare” ammise a voce bassa, cercando di rimanere lucido, mentre sentiva la frustrazione montargli dentro, insieme a una rabbia irragionevole.

Seguì un lungo attimo di imbarazzante silenzio. Si voltò verso di lei angustiato dalla sua impotenza, ma come la vide fissare il pavimento con sguardo inespressivo non poté più trattenersi.

“Non significa nulla! Non li ho neanche scelti io…!” si giustificò, alzando la voce. Sentì la frustrazione e la rabbia crescere fino a toccare un livello che non riusciva a gestire. Lei non si era mossa, sembrava una statua di cera, al che aggiunse d’impeto, con tono irritato: “Insomma sono tutte sciocchezze, cosa vuoi che mi importi di regali e di ridicole festicciole da ragazzini!!”

Si alzò bruscamente, passandosi poi un una mano fra i capelli. Non sarebbe dovuto venire, maledizione!

In un attimo si ricordò del fermacravatte che ancora stringeva nel palmo della mano,  lo guardò e si sentì morire ripensando a ciò che aveva appena detto.

 “Scusami io… non volevo dire questo” aggiunse, realmente costernato.  Si avvicinò cercando la sua mano, ma lei indietreggio di un passo.

“Non si avvicini!” rispose d’istinto.

Masumi si bloccò immediatamente, fissando impotente i suoi occhi lucidi, cercando mentalmente qualcosa da dire senza riuscirci, se non uno scarno:

“Ti chiedo scusa, Maya… Mi dispiace… Mi dispiace…” non sapeva veramente cosa dire. Incredibilmente, non era affatto preparato a un momento così.

In un attimo la fragile bolla di vetro dentro cui vivevano la loro storia si era infranta contro  la realtà esterna, così diversa da quanto succedeva in quella stanza. Come due astronauti che, risucchiati fuori dallo shuttle si ritrovano d’improvviso al buio e al freddo nell’aria irrespirabile dell’universo circostante, nello stesso modo essi si fissavano, increduli e senza fiato, rimpiangendo il tepore che li aveva avvolti fino a poco prima, perduto forse per sempre.

Masumi fu il primo a ridestarsi. Era in un ritardo tale da rasentare l’ingiustificabile. Se Shiori si fosse allarmata di nuovo, l’accordo con suo padre sarebbe saltato, inclusa la sua promessa di non nuocere a Maya. Per non parlare del fatto che ogni pur minima chance di uscire da quella situazione richiedeva che Shiori restasse tranquilla ancora per un po'.

“Purtroppo ora devo proprio andare” disse rassegnato. “Vieni, ti accompagno ai taxi”

“No, grazie. Non è tardi, prenderò la metro” rispose lei risoluta.

“Sarei più tranquillo se prendessi un taxi” insistette, pur sapendo già che non l’avrebbe spuntata.

“Non si preoccupi, so badare a me stessa e lei non è mio padre. È meglio che vada, non vorrà fare tardi” rispose dura.

Si voltò fingendo di mettere in ordine le cose che si era portata. Pur non provando del vero risentimento verso di lui, mantenere quel tono calmo le costava una fatica terribile. Desiderò davvero che se ne andasse, il prima possibile. E allo stesso tempo era terrorizzata all’idea che una volta fuori da quella stanza tutto sarebbe scomparso nel nulla.

“Maya… Riparliamo di tutto questo domani, ti va?” era rimasto fermo al centro della stanza,  senza riuscire a decidere di muoversi, pietrificato dalla stessa paura di lei.

Lei non rispose. Continuò a voltargli le spalle; stringeva con le mani la spalliera della sedia di fronte e un nodo le strozzava la gola.

“Io… ti ringrazio per aver pensato a me” aggiunse ancora Masumi. Perché glielo stava dicendo solo adesso?

“Arrivederci” trovò solo il coraggio di dire lei con un filo di voce e sparì dentro il bagno per nascondere le lacrime che non riusciva più a trattenere.

Sospirò. La rabbia iniziale lo aveva completamente abbandonato, lasciando spazio a un sordo rimpianto e a un senso di impotenza simile a quello che tante volta aveva provato di fronte a lei in passato, ma molto più intenso. Inspirò a fatica. Perché era tutto così maledettamente complicato? Fissò ancora quel piccolo oggetto tanto sorprendente quanto inaspettato, poi se lo mise in tasca, si avviò verso la porta ed uscì.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


CAPITOLO VIII

 

La serata era durata abbastanza e stava proprio per alzarsi dalla sedia quando, incredibilmente, l’aveva vista entrare nella sala. Per un attimo il cuore aveva perso un colpo, ma era riuscito comunque a mantenere un tono lieve e a sorridere in direzione della fidanzata, riaccomodandosi lentamente nella seduta.

“Hai ragione, Shiori, non è poi così tardi, rimaniamo ancora un po’ ”.

Con finta noncuranza si voltò ancora a cercare la sagoma che aveva intravisto in fondo alla sala. Nonostante la scarsa illuminazione non poteva sbagliarsi, era lei, scortata da Sakurakoji in smoking. La corsa del suo cuore non accennava a placarsi mentre la mente era invasa da mille pensieri contraddittori. Quanto gli appariva desiderabile… Sorrideva radiosa e non sembrava proprio la stessa ragazza che aveva lasciato imbronciata poco più di due ore prima. E quel vestito rosso non era fra quelli che le aveva regalato e non glielo aveva mai visto prima d’ora, doveva essere stato acquistato per una occasione speciale, ma quale? Non certo per il white day, non certo per Sakurakoji!  

Maya… non avrei mai immaginato di rincontrarti stasera e invece eccoti qui, e nel pieno di un appuntamento galante, perdipiù, basta vedere come ti sei vestita, come si è vestito lui, e il modo in cui ti cinge la vita! Deve avere intenzioni serie – considerò, assottigliando lo sguardo. E questo non è un locale dove si trovi posto all’ultimo momento in una data così, se non sei “qualcuno”. No, non sembra affatto una cosa improvvisata… e però non ha senso,  non puoi averlo pianificato!

Doveva averlo chiamato subito dopo che se n’era andato lui e Sakurakoji forse ci sperava e si era già organizzato, non poteva esserci altra spiegazione. 

Nel frattempo Yu la stava facendo accomodare ad un tavolo dalla parte opposta della sala, con un gesto elegante. Lei era arrossita – aveva visto bene?- ricambiando il suo sguardo.

Maya? Cosa hai in mente… Fece uno sforzo per evitare di alzarsi a raggiungerla. Doveva riprendere il controllo subito. Non le aveva tolto un attimo gli occhi di dosso da quando era entrata e a Shiori non poteva essere sfuggito, doveva stare molto attento. Voltò lentamente lo sguardo verso la fidanzata trovandola a  fissarlo con aria interrogativa. Si sentì scoperto. Abbozzò un sorriso imbarazzato. Shiori sorrise a sua volta, quasi con comprensione.

“Vuoi andare via, Masumi?”

“No, perché? Restiamo pure, se vuoi.”

Nel frattempo Sakurakoji aveva invitato Maya ad alzarsi e si erano diretti verso il centro della sala, dove poi avevano cominciato a ballare. Lo sguardo di Masumi li aveva seguiti ancora una volta automaticamente, senza volontarietà. Lei non lo aveva ancora visto, sembrava non avere occhi che per il suo accompagnatore, che in quel momento le cingeva il fianco con un gesto possessivo.  

Maya… sei arrabbiata con me? Sei delusa, per questo lo hai chiamato? E adesso cosa farai?

Si guardavano sorridenti e sembravano proprio una coppia consolidata, valutò Masumi. Quanto invidiava Sakurakoji, lui poteva telefonarle, invitarla a uscire, corteggiarla, ballare con lei, semplici cose a lui precluse. E poi forse un giorno l’avrebbe conquistata, l’avrebbe resa felice e lei l’avrebbe amato. Allora ogni cosa successa fra loro due sarebbe svanita per sempre, archiviata come un rapporto giovanile “sbagliato” con un uomo troppo adulto, troppo diverso e sfuggente. Un rapporto di quelli che, nel migliore dei casi, “fanno crescere”.

La sto solo preparando per qualcun altro, per colui che effettivamente la avrà e che sarà il suo compagno per tutta la vita, pensò amaramente. Sakurakoji o chissà chi altro. Io sono solo di passaggio. Strinse talmente tanto la sottile gamba del tavolo Luigi XVI cui si teneva afferrato che questa scricchiolò.

In quel momento Sakurakoji la strinse di più a sé, mormorandole qualcosa all’orecchio. Masumi sentì una stretta allo stomaco e contemporaneamente fu preso dal panico. Non era sicuro di essere lucido, ma qualunque cosa stesse succedendo o gli sembrasse di vedere, da quel momento in poi non avrebbe dovuto mostrare nessuna emozione. E se Sakurakoji avesse provato a baciarla? Sarebbe riuscito a rimanere impassibile? Era molto più prudente andare via. Del resto, forse per la luce soffusa del locale o per la distanza, lei sembrava non essersi resa conto della sua presenza quindi, considerò, era meglio defilarsi prima che la sua vista potesse indurla ad assecondare il ragazzo più di quanto già avesse eventualmente intenzione di fare.

“Pensavo che potremmo andare a concludere la serata a Giza al Royal Plaza. C’è una vista magnifica dal locale all’ultimo piano” propose Masumi alla fidanzata, cercando di controllare il tono della voce

“Come vuoi, caro” Shiori annuì benevolmente. Lui espirò, sollevato, e si alzò avvicinandosi a lei.

Fu in quel momento che Maya lo vide. Lo smocking fasciava alla perfezione il suo corpo statuario e metteva in risalto il colore dorato dei suoi capelli. Era dal lato opposto della sala e stava porgendo la mano alla signorina Shiori, invitandola ad alzarsi. Anche lei era davvero bellissima in quel vestito da sera blu. Si alzò cingendogli il braccio e proprio in quel momento, favoriti dal movimento di una ciocca di capelli sfuggiti all’acconciatura, poté distinguere ai lati del viso della donna i bagliori di due orecchini di smeraldo.

Erano una coppia perfetta, inarrivabile. Cos’aveva mai potuto trovare in lei, così insignificante e minuta…?

Si fermò perdendo il tempo del ballo. Non riusciva neanche a respirare. Perché doverselo ritrovare lì, con tutto lo sforzo che aveva fatto per distrarre i suoi pensieri da lui…?

I due attraversarono rapidamente la sala, senza volgere lo sguardo su di loro. Solo pochi istanti prima di scomparire oltre l’ingresso le sembrò che il signor Hayami si fosse voltato nella sua direzione.

 

***

 

Appena Masumi le fu davanti buttò il soprabito sulla sedia, la tirò a se’ e la baciò appassionatamente, con l’ansia di  trovare subito le conferme che sole avrebbero placato il suo cuore: che non era cambiato niente, che era sua, che desiderava solo lui e non c’era nessun’altro. Sentendola sciogliersi nel suo abbraccio, l’aveva tirata sopra di sé sul letto, baciandola ancora, mentre le mani scivolavano sotto i suoi indumenti, ogni fibra del corpo concentrata nella ricerca di un contatto più intimo e profondo che tacitasse ogni dubbio e gli desse finalmente il coraggio di aprirle il suo cuore. Invece la sentì chiaramente irrigidirsi sempre più, al punto che  smise di accarezzarla, ma continuò a baciarla piano, trattenendo il respiro, mentre il cuore sembrava diventato di pietra.

Maya non riusciva ad abbandonarsi al desiderio di  lui, che pure provava, e ad ogni bacio si sentiva più tesa. Le era impossibile togliersi dalla testa la visione di lui  che si allontanava senza guardarla con la bellissima fidanzata al fianco. Da quel momento non aveva smesso un attimo di chiedersi per quale motivo la stesse frequentando, cosa mai cercasse ancora da lei o magari anche da altre, perché non si illudeva di essere la sola a godere delle sue attenzioni.

Si staccò infine dalle sue labbra, guardandolo imbarazzata, ma ferma.

“Lei è sempre così… così… voglio dire, anche con le altre…" si interruppe non riuscendo più a proseguire.

Lui si tirò su a sedere, si passò una mano fra i capelli cercando di schiarirsi le idee e recuperare il controllo.

“Perché dici questo?” le chiese infine piano.

Si fece coraggio e continuò “Certamente non sono l’unica persona che lei frequenta in questa maniera, giusto?” disse alzandosi anche lei a sedere. Tremava all’idea di quello che avrebbe potuto sentire, ma doveva sapere, costringerlo a spiegarsi.

“Veramente non ho altre frequentazioni di questo tipo. Ne ho avute ben poche anche in passato per dirla tutta. Ho sempre lavorato molto e forse sono stato troppo a lungo attorniato da belle donne per provare un’attrazione speciale per qualcuna di loro”

“E la sua fidanzata? Anche lei è bellissima… Non mi dica che non si sente attratto da lei!” non riusciva a togliersi dalla mente quanto aveva visto la sera precedente.

“Shiori è senz’altro una bella donna, colta, garbata. Ma il mio rapporto con lei è molto più formale… meno intimo, ecco”

“Ah. Vuole dire che… Capisco… Volete preservarvi per le nozze”

Masumi colse subito una nota di tristezza e forse sarcasmo nella sua voce e gli si strinse il cuore.

 “Ma non mi fraintenda, non volevo certo paragonarmi a lei – continuò Maya - Lei e io siamo diverse in tutto, e soprattutto la signorina Shiori sarà sua moglie mentre io… - deglutì -  sono solo un’attrice”

“Maya… cosa…?” pronunciò cercando mentalmente le parole giuste, ma non ne ebbe il tempo.

“È così, no? Me lo ha detto proprio lei, molto chiaramente. Il nostro è il rapporto di un produttore con un’attrice" aggiunse Maya ribadendo il concetto.

Era vero, le aveva detto veramente questo tempo addietro e lei era ancora convinta che fosse così. Si sentì morire.

“No, Maya. Quando te lo dissi volevo spingerti ad odiarmi, per questo ti parlai così, credevo fosse la cosa migliore per te” non voleva più mentirle e sarebbe andato ancora avanti, se lei non lo avesse di nuovo interrotto.

“Comunque mi sento lo stesso in colpa verso la signorina Shiori - proseguì Maya come se non lo avesse neanche sentito "In passato mi ha trattata male e mi chiedo ancora per quale motivo l'abbia fatto, ma in questo momento mi meriterei anche di peggio.”

“Maya, non sei tu ad avere preso degli impegni con lei, ma io. Lascia i sensi di colpa a me” Masumi cercò di rassicurarla.

“Non posso, non riesco a non pensarci! Non sono solo i sensi di colpa, ma tutto questo… Non ne capisco il senso, non so come faccia lei…! Lei sta per sposarsi!! Perché non è con la sua fidanzata? Che cosa ci faccio io qui?” la voce dapprima adirata, le morì in gola. Si sentiva squassata dai brividi e faceva fatica a trattenere le lacrime. Masumi la osservò con preoccupazione, poi sospirò profondamente e la guardò con grandi occhi tristi.

“Non te la senti più, è questo che vuoi dirmi?” pronunciò lentamente, la voce bassa ma ferma.

Di fronte al suo silenzio si sentì rabbrividire. Dunque di punto in bianco non voleva più incontrarlo? I suoi peggiori sospetti erano dunque reali? Provò a continuare, cercando di rimanere lucido.

“Per quanto riguarda Shiori, i miei rapporti con lei sono definiti da un contratto, te l’ho detto, e quello non impone esplicitamente una esclusività di rapporto nella fase prematrimoniale”

“Parla sempre del contratto. Sembra che non le importi nulla della signorina Shiori” insistette Maya, sedendosi sulle ginocchia davanti a lui, decisa a sapere la verità.

“Maya, non é una questione sentimentale, è un matrimonio combinato dalle nostre famiglie, cui abbiamo accettato di aderire”

“Però la signorina Shiori la ama, signor Hayami. Questo non le importa?”

Masumi sospirò. “Sì, mi importa… ed è colpa mia. Ho lasciato che succedesse, non ci trovavo niente di male, pensavo che se nonostante tutto lei avesse provato qualcosa per me, sarebbe stato meglio per lei”

“Lei crede sempre di sapere cosa sia meglio per gli altri, vero?” Lo fissò negli occhi senza timore.

Masumi la guardava costernato e al tempo stesso sorpreso da tanta perspicacia. Ancora una volta quella ragazza riusciva a metterlo in crisi, a mettere il dito sui suoi punti deboli.

Touchè. E più di quanto immagini. Ho fatto molti errori, Maya… Li sto pagando e continuerò a pagarli. Ma tu non c’entri, non hai nessuna colpa” deglutì e aggiunse guardandola serio “E se in qualsiasi momento non dovessi più sentirtela di venire qui, non preoccuparti, lo capirò; non serve che tu mi spieghi nulla”

Maya distolse lo sguardo e non ribatté più, ma sembrava ancora soprappensiero, come se avesse bisogno di parlare ancora.

Masumi pensò che era un bene che chiarissero la situazione, era giunto il momento di farlo, anche se ora sentiva che non ne sarebbe uscito niente di buono per lui.

“E tu invece?” le disse alzandosi e cominciando ad allacciarsi  i polsini della camicia “Ti ho vista ieri con Sakurakoji… Sei innamorata di lui?” le chiese a bruciapelo. Doveva sapere la verità.

“No, Yu è solo un caro amico” fece Maya, alzandosi dal lato opposto del letto.

“Non mi dirai allora che sei davvero innamorata del tuo ammiratore, come si dice in giro? ” ribatté con un tono lievemente ironico.

“Sì, è così” disse lei, rimanendo immobile.

Masumi girò intorno al letto e le fu davanti, la cravatta ancora slacciata pendeva dal colletto.

“Come può essere, visto che non lo conosci…? Come puoi amarlo?” le chiese con genuina sorpresa, fissandola. Era così dunque? Gli sembrava veramente incredibile.

“Lo amo. Non potrò mai amare nessun altro. Lui è l’unica persona che mi è sempre stato vicino... L’unico che non mi abbia mai deluso”

Masumi serrò la mascella con forza. Lui invece lo aveva fatto continuamente. Se avesse mai avuto un minimo credito presso di lei, lo aveva perso troppe volte. Ma era assurdo che pensasse davvero di amare un’ombra, non poteva essere. La guardò serio.

“Forse quello che chiami amore è un forte sentimento di riconoscenza”.

“No, sono sicura di quello che provo” gli rispose decisa, fissandolo.

“Lui però non ha mai voluto rivelarsi, no? Potrebbe essere una persona completamente diversa da quella che tu immagini. Non ti fa paura?”

“Sì, è vero, ho paura. La sua doppiezza mi atterrisce… E lo so, non è la persona che da ragazzina sognavo che fosse. Ma lo amo comunque, amo quella parte di lui, mi basta quello. Io lo so che lui non si rivelerà mai, che non mi considera altro che un’attrice, che non rinuncerà mai, come Isshin, al suo nome e al suo passato. Non mi faccio illusioni, non più. Ma non importa. Io lo amerò sempre”. La voce si smorzò del tutto. Deglutì. Era tutto quello che voleva dirgli, tutto quello che aveva nel cuore.

Masumi la fissò profondamente e a lungo, avrebbe voluto chiederle direttamente che cosa provava per lui, come aveva potuto fare l’amore con lui in quel modo se in realtà era sicura di amare un altro. Ma non voleva metterla in crisi, né allontanarla né tantomeno farla sentire in colpa. Lui non era riuscito a conquistare il suo cuore, neanche in quel modo, e solo adesso si rendeva conto di quanto, senza neppure saperlo, ci avesse provato e ci avesse sperato. Ma, nonostante lo lasciasse entrare così intimamente dentro di lei, Maya non riusciva evidentemente ad accettarlo davvero, o più probabilmente non voleva, e come darle torto.

Se solo avesse potuto contare sul suo amore, sentiva che sarebbe stato pronto a tutto per lei, a tutto… 

Chissà come avrebbe reagito se adesso le avesse detto chi era veramente, chissà se avrebbe saputo amarlo a quel punto!

D'improvviso come in un raptus le prese entrambe le braccia, stringendogliele e tirandola a sé. La fissava con gli occhi spalancati, tremando, preso da una smania assurda di rivelarle ogni cosa, mettere lei e insieme se stesso con le spalle al muro, qualunque cosa succedesse dopo. Era insensato  e non avrebbe migliorato le cose, ma aveva bisogno di dirglielo o sentiva che sarebbe impazzito. Eppure restava immobile, incapace di pronunciare parola o di muovere un muscolo. Sentiva distintamente dentro di lui due parti di se stesso – le sue due maschere - duellare senza esclusione di colpi, uno scontro cui lui assisteva impotente. Riprese a fatica il controllo di sé usando l'unico argomento che sapeva le avrebbe convinte entrambe {Nda. ebbene sì, siamo alla schizofrenia}. Dirglielo non sarebbe servito a nulla, e certamente non a lei. Di colpo si acquietò, il respiro tornò regolare e il suo raziocinio poté avere finalmente la meglio. No, erano troppi anni che si conoscevano, lo aveva odiato per troppo tempo e ancora non riusciva a provare nulla per lui, nonostante la loro intimità. Seppure per assurdo le cose fossero cambiate dopo una sua rivelazione, avrebbe avuto la certezza che si trattava solo di riconoscenza. E questo nel migliore dei casi. Nel peggiore, l’avrebbe delusa ancora di più, avrebbe distrutto quel suo sentimento puro, quel motivo di assoluto conforto, l’avrebbe destabilizzata, proprio in prossimità del traguardo professionale più importante della sua vita. No, era un rischio inaccettabile, concluse. Lei in fondo amava, senza saperlo, la parte migliore di se stesso, doveva farsi bastare questo e lasciarle il suo sogno.

Si rese conto che lei lo stava guardando, l'espressione vagamente spaventata. Si sforzò di sorriderle – in realtà fu un ghigno che la inquietò ancora di più.

E` così pallido e nervoso… cosa starà pensando?

"Scusami" tagliò corto lui rendendosi conto di non riuscire a dominarsi pienamente. Si staccò da lei bruscamente appoggiandosi alla scrivania retrostante, la fronte imperlata di sudore.

"Forse è meglio se andiamo, è tardi e stamattina ho un impegno importante. Devo dormire almeno qualche ora stavolta. E anche tu, ragazzina - riuscì a sorriderle stavolta - Ti faccio chiamare un taxi, va bene?”

“Signor Hayami…”

“Sì?” rispose con tono lievemente distaccato.

“No, niente…” rispose Maya mordendosi le labbra. Si affrettò a raccogliere le sue cose e lo seguì fuori dall’appartamento.

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


Capitolo IX

 

Alla fine non le aveva detto nulla. Aveva avuto ottimi motivi per non farlo, eppure…  perché continuava ad avere la netta sensazione di aver sbagliato? Eppure razionalmente era sicuro che non ci fosse altro da fare. Si accinse ad analizzare la situazione per l’ennesima volta, tracciando sul foglio che aveva di fronte una linea verticale destinata a separare pro e contro come se si fosse trattato di una qualsiasi comparazione costi-benefici. Ma rinunciò subito ad annotarvi alcunché, sorridendo mestamente. Si appoggiò invece sullo schienale della poltrona, reclinò la testa all’indietro e chiuse gli occhi.

Non c’era più alcun dubbio, lei non lo amava, o meglio amava il suo alter ego, non lui. Sospirò. Certo non le era indifferente,  questo pure era innegabile, e chissà forse avrebbe potuto anche avere delle chances di conquistare il suo cuore, se avesse avuto  più tempo, se non ci fosse stata Shiori di mezzo, né il contratto con i Takamiya né gli accordi con suo padre.

Chissà come avrebbe reagito se si fosse rivelato. Aprì gli occhi e si morse le labbra nervosamente. Probabilmente ne sarebbe rimasta delusa, ma anche se avesse finito per accettare quell’idea, non era sicuro che sarebbe stato meglio. Maya avrebbe potuto credere di amare chiunque si fosse presentato come il suo caro ammiratore, quindi probabilmente anche lui, ma quanto sarebbe durata? Avrebbe mai potuto amarlo per quello che era? Chissà, forse, un giorno… Comunque sarebbe stato necessario del tempo per capirlo, che lui non aveva più.

Del resto come poteva aspettarsi che Maya lo amasse per quello che era se nemmeno lui era sicuro di sapere fino in fondo chi veramente fosse? Perché se era vero che quella dell’affarista senza scrupoli, freddo e spregiudicato, era una maschera, anche quella dell’ammiratore lo era. Ed era quella che odiava di più, perché ora sapeva che ne era stato sconfitto. L’ammiratore aveva vinto, aveva ottenuto quello che voleva: si sarebbe tenuto l’amore di Maya rimanendo nell’ombra per tutta la vita. Il perdente era lui.

Se solo avesse tolto di mezzo il suo alter ego molto tempo prima, se si fosse rivelato tempo addietro o se lo avesse anche semplicemente fatto uscire di scena, adesso non sarebbe stato costretto a deporre le armi davanti a lui. Adesso non c’era più niente da fare, purtroppo, non avrebbe più saputo la verità.

Anche nella migliore delle ipotesi, rinunciando al matrimonio e legandola a sé in qualche modo, avrebbe creato uno scandalo senza precedenti che avrebbe influito sulla carriera di lei… e se tutto si fosse poi rivelato come una bolla di sapone? Non avrebbe certo potuto fargliene una colpa se si fosse resa conto di essere stata preda di una infatuazione. Per non parlare del fatto che rinunciando al matrimonio avrebbe dovuto combattere i Takamiya e suo padre contemporaneamente, e con un debito di 20 milioni di dollari da ripianare. Non era affatto certo che ne sarebbe uscito in piedi. 

No, non poteva puntare tutta la sua vita su una scommessa tanto incerta. E soprattutto non quella di Maya.

Eppure nonostante tutti i suoi ragionamenti razionali, non riusciva a rinunciare all’idea di dirle ogni cosa.

Devo parlarle o impazzirò. Non posso rivelarmi come il donatore di rose, è troppo rischioso. Ma posso tentare di essere sincero per il resto. Posso dirle quanto basta per liberarmi di questa maschera, almeno per una volta, senza rischiare di scardinare tutto il suo mondo. Devo dirle la verità, che io l’amo. Maya, io, Masumi Hayami, ti amo. Lei non mi vorrà, ma saperlo non le farà alcun male e forse gioverà alla sua autostima. Ed io finalmente per una volta nella vita sarò stato sincero, o quasi sincero, quasi me stesso per intero. Devo togliermi questa maschera, devo farlo adesso o non ci riuscirò mai più, sarà per sempre incollata sul mio viso. Voglio sentire il contatto dell’aria sulla mia pelle e pazienza se ne rimarrò scottato. Voglio sentirmi vero, almeno per un attimo! Non dover nascondere quello che sento. Forse non sarò completamente sincero, ma almeno una volta nella vita, sarò vero.

Non ci sarà un’altra possibilità.

 

***

 

Basta. Non c’é più niente da capire. Potremmo continuare a vederci per chissà quanto. Io non potrei mai dirgli di no. Ma nulla di quello che succede è reale. E non riesco ad accendermi e spegnermi come fa lui, entrando ed uscendo da quella stanza. Lui è abituato ad avere una doppia faccia, a portare due maschere, io non ci riesco, non riesco ad uscire da lì e dimenticare tutto fino alla volta successiva. Potrei impazzire continuando così. E poi io non voglio essere l’amante di un uomo prossimo alle nozze. Non me lo merito. Non posso farlo nemmeno per te, mio ammiratore. Tu hai una vita splendente davanti con una bellissima donna al tuo fianco, che certamente ti ama e che spero ti farà felice. Ti dimenticherai presto di me, della ragazzina che hai protetto e che è diventata donna fra le tue braccia. Probabilmente mi hai dato tutto quello che potevi. Può bastarmi… può bastarmi così.

Tu capirai, vero?


***

 

Maya vieni, ti prego. Solo un’altra volta ancora, solo oggi. Vieni ad ascoltare quello che devo dirti e poi liberati di me, insultami se vuoi, ma vieni, ti prego.

Seduto sul letto, rigirò il cellulare nervosamente fra le mani.

Vorrebbe tanto chiamarla, ma è consapevole di non poterlo fare. Sa anche che neanche lei lo chiamerà, è stato proprio lui a vietarglielo qualche tempo prima.

Si alzò e uscì sul terrazzo, in preda ad un’angoscia crescente. Appoggiato alla balaustra respirò affannosamente.

Maya se tu te ne vai adesso, io non so più neanche chi sono…

Guardò le stelle già alte nel cielo, cercando conforto nella loro fissità, la gola stretta in una morsa.

Non verrai più ragazzina, non è vero? Non sai più che fartene di uno come me…

Sorrise amaramente.

Spicca il tuo volo, ragazzina…

 

***

 

“Non ho chiesto la sua opinione, Mizuchi. Si limiti a fare quanto le ho detto!”

Non lo aveva mai visto così. Ripiegato su se stesso, intrattabile, smagrito, la voce non sembrava quasi neanche la sua. Del resto parlava pochissimo, solo poche parole quando strettamente necessario. Che cosa stava succedendo al suo capo? Aveva provato a chiedergli qualcosa, ma non si era lasciato sfuggire nulla. Solo qualche giorno prima l’aveva guardata a lungo e poi aveva sussurrato “Ha sempre avuto ragione lei, Mizuchi, lo sa?”

Ma su cosa avesse avuto ragione, ovviamente questo non glielo aveva detto. Ma benedetto ragazzo, anzi uomo ormai, possibile che non impari mai? Se ho sempre avuto ragione forse ce la potrei avere anche stavolta, perché sei così abbottonato allora?

Comunque, qualcosa lo aveva capito. Ovviamente aveva pensato subito alle rose scarlatte e adesso i suoi sospetti cominciavano a trovare conferma. Il giorno precedente per esempio era stata prevista una visita a entrambi gli studi in cui si svolgevano le ultime prove delle due compagnie poco prima del trasferimento presso lo Shuttle X per la prova generale, ma mentre si stavano recando in visita ai Kids studio il signor Masumi si era sfilato accampando impegni inesistenti.

E fin lì, non si era stupita più di tanto. Era invece rimasta sconvolta una volta arrivata agli studio. Erano completamente invasi di rose scarlatte, erano dappertutto, nei corridoi, nel ridotto, persino nelle toilette delle signore. Aveva sentito dire che ne arrivavano di nuove quasi ogni giorno. Maya le era sembrata più o meno come sempre, un po’ meno solare a dire il vero… Ma quando si era rallegrata con lei della costanza del suo ammiratore, Maya aveva solo sorriso debolmente, abbassando lo sguardo a terra senza pronunciare parola. E proprio in quel momento aveva realizzato che il camerino di Maya era totalmente sguarnito. Le rose erano dappertutto, ma non lì. Decisamente strano. Qualcosa era successo fra Maya e il suo ammiratore, qualcosa che l’aveva allontanata da lui.

Ma quello che non quadrava era l’atteggiamento del signor Masumi. Perché insistere in quel modo? Doveva forse farsi perdonare di qualcosa? Possibile che si fosse rivelato e che lei ne fosse rimasta delusa? Ma allora, visto che lei ne conosceva l’identità, perché evitare di incontrarla per poi sommergerla di rose? No, non si era rivelato, evidentemente, ma qualcosa era successo e il suo capo ne era tormentato.

Quella mattina poi le era capitato fra le mani il testo dell’accordo prematrimoniale. Non poteva credere che il signor Masumi avesse accettato di includere quella penale per il caso di recesso, non aveva mai visto niente del genere. Perché aveva accettato? Sentiva odore di ricatto. C’erano forse di mezzo i diritti di produzione della "Dea Scarlatta"? Ormai la rappresentazione era prossima e guarda caso la data del matrimonio era fissata per il giorno dopo la proclamazione dell’erede di quei diritti. Se la vincitrice fosse stata Maya, sarebbe stato un bel problema per tante persone. Certo non per il signor Masumi, ma per suo padre sì. Cosa aveva ottenuto il signor Masumi in cambio di quella clausola e forse anche di tutta l’operazione che ci stava dietro? Conoscendolo, c’era una sola cosa che al signor Masumi interessava persino più della "Dea Scarlatta", ed era Maya. E si ritornava daccapo a Maya, guarda caso.

Tempo prima pareva che avessero persino cominciato a frequentarsi, con tanto di foto finite su un giornaletto scandalistico. Il Nightlife watcher, già. Doveva averne ancora una copia nel cassetto della scrivania.

Lo prese e lo sfogliò con attenzione.

Quell’articolo irriverente poteva aver forse allarmato i Takamiya.

E dopo cos’era successo? Cercò di ricordare e le venne in mente un particolare. Qualche giorno dopo quell’articolo, Maya si era presentata negli uffici della Daito a tarda sera, inusitatamente elegante e ben truccata, per parlare con il signor Masumi. Erano rimasti nel suo ufficio una mezz’ora, in cui non li aveva sentiti litigare come al solito, anzi lei ne era sguisciata via silenziosa come una gatta e poco dopo anche lui, senza dire una parola.

No, non le era sembrato un incontro professionale. E poi, per qualche tempo, fino a un paio di settimane prima, lui le era parso sempre di ottimo umore, eccezionalmente lucido e brillante, il contrario di adesso insomma.

Un pensiero apparentemente incoerente la folgorò. Che avessero avuto una relazione? No, stava prendendo un abbaglio. Eppure… era mai possibile … ?

Automaticamente sollevò lo sguardo verso il suo capo seduto in macchina accanto a lei, gli occhi pesantemente cerchiati da numerose notti insonni. Che cosa è successo, signor Masumi?

Il matrimonio si sarebbe celebrato la settimana successiva. Si augurò con tutto il cuore che di qualunque cosa si trattasse, il signor Masumi ne venisse a capo prima di quel giorno.

 

***

 

Il momento tanto atteso era arrivato. Finalmente avevano abbandonato i Kids studio ed ora si trovavano allo Shuttle X. C’era grande fermento e aspettativa in tutto lo staff. I tecnici stavano terminando di montare le luci e nel pomeriggio sarebbe cominciata la prova generale, l’ultima prima dello spettacolo dell’indomani.

Maya si aggirava assorta in quello che sarebbe dovuto fungere da proscenio, un mucchio di ferraglie e rovine, un’accozzaglia di varie cose aride e inanimate che somigliavano così tanto al suo cuore in quel momento. Sì, si sentiva decisamente in sintonia con quell’ambientazione.

Le decine di rose che lui le mandava in continuazione, lontane dal consolarla, la rendevano sempre più apatica.

Erano bastati pochi giorni per capire quello di cui non era mai stata pienamente consapevole. Il signor Hayami aveva ragione, non era del donatore di rose che era innamorata. Aveva cominciato a pensare a Masumi Hayami prima ancora di sapere che fosse il suo ammiratore misterioso. Se non avesse sovrapposto le due figure, non avrebbe mai sentito di amare l’ammiratore.

È Masumi Hayami che io amo, che ho sempre amato, come ho fatto a non rendermene conto? Ho sentito di amarlo subito, appena ho saputo chi veramente fosse, perché in realtà mi stavo già innamorando di lui. Fin dal momento in cui l’ho visto arrivare alla prima di Lande dimenticate, o forse da quel giorno in cui mi ha invitata a vedere Anna Karenina…

Non sapeva dire neanche lei quando avesse cominciato a pensare a lui in modo diverso, ma era certa che qnche se non avesse mai scoperto la sua vera identità, se ne sarebbe innamorata comunque.

Per l’ammiratore provava però una sconfinata gratitudine. Al punto da sopportare questa invasione con rassegnazione, pur essendone rattristata e angustiata e, soprattutto, pur non capendone il senso.

Come al solito lui non l’aveva cercata, dimostrando ancora una volta che poteva benissimo fare a meno di lei. Non che se lo fosse aspettato, o forse sì, forse una parte del suo cuore aveva sperato che lui l’avrebbe richiamata almeno per chiedere spiegazioni, e invece di fronte al suo ritrarsi non aveva battuto ciglio. Dall’altra parte invece il suo alter ego la riempiva di attenzioni, non solo rose, ma regali di ogni sorta. Le aveva mandato un bellissimo vestito “per la cerimonia di premiazione” e poi scarpe, borse, persino gioielli preziosi.  Sospirò.

Non avrebbe mai capito perché non le avesse confessato la sua vera identità, nonostante la loro intimità. Forse avrebbe dovuto dirglielo lei, che aveva capito. Chissà come si sarebbe comportato. Chissà cosa le avrebbe detto se lei gli avesse confessato i suoi sentimenti per lui…

Ma cosa stava dicendo? Il signor Hayami si sarebbe sposato dopo tre giorni! Appena quel pensiero la sfiorò sentì la consueta ondata di disperazione montarle dentro. No, non doveva cederle, non doveva… L’aveva sempre saputo in fondo, che sarebbe finita così.

 Sentendo dei passi dietro di lei, si frettò via le lacrime dagli occhi arrossati con i pugni chiusi.

“Maya, è arrivato questo” Sakurakoji le si avvicinò tenendo in mano un immenso mazzo di rose scarlatte “Un altro…” aggiunse. Ormai non se ne poteva più di queste rose, ma almeno,  stranamente, anche Maya sembrava non esserne più così entusiasta.

Maya lo guardò con preoccupazione, prese il mazzo e si allontanò.

Perché non la lasciava in pace? Perché non le lasciava la possibilità di rassegnarsi? Era il primo mazzo che riceveva nella nuova location. Si sedette in un angolo appartato, in mezzo a tubi arrugginiti e pilastri di cemento armato divelti. Cercò di calmare i battiti del suo cuore, inspirò e aprì il biglietto con mani tremanti.

Il momento che ho atteso per tanti anni è arrivato. Non la Dea Scarlatta, ma la Sua consacrazione come attrice e come donna. Nessuno gioirà più di me vedendola brillare sul palco di quel teatro così come nella vita. La sua trasfigurazione sarà la mia estasi, il suo successo la mia vanità, la sua felicità la mia consolazione. Sopra il palcoscenico o fuori da esso, io sarò sempre invisibilmente al suo fianco, così come il mio cuore sarà per sempre nelle sue mani. Con tutta la mia anima. Il suo ammiratore.” 

Continuava a rileggere quelle poche righe, le guance rigate dalle lacrime che sembravano non finire mai.

“Perché…? Perché…?” mormorava, scossa dai singhiozzi “No… Non è vero… E non è giusto!” lasciò che la disperazione la sommergesse per qualche attimo ancora, poi respirò profondamente, si asciugò le lacrime e si fece coraggio. Posso farcela… Rilesse di nuovo il biglietto.

Non si sarebbe mai rivelato, lo sapeva già, ma vederlo scritto così nero su bianco le spezzò il cuore. E come poteva scriverle quelle parole così appassionate, contando sul suo anonimato, pur conoscendo i sentimenti di lei? Come poteva illuderla così, e allo stesso tempo sposarsi e lasciarla da sola per sempre ? Proprio ora che era riuscita ad allontanarsi…

D’improvviso fu scossa da un moto di rabbia profondo. Era un vigliacco! E lei non ce la faceva più, era troppo, non poteva più sopportarlo! Ma adesso ci avrebbe pensato lei a rompere quel gioco crudele!

Estrasse una rosa dal mazzo e si diresse decisa verso l’uscita dello Shuttle X e poi verso la metropolitana, stringendo il gambo del fiore fra le mani. Sentiva il cuore pesante come una  pietra. Eppure era determinata.

Doveva riprendere il controllo della sua vita, non aveva alternative.

Sarebbe stato straziante, ma poi sarebbe finita.

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


CAPITOLO X

 

 

Mentre la metro schizzava veloce in mezzo alla città, la mente di Maya era ancora preda dei pensieri più contradditori.

Adesso lo avrebbe rivisto e solo l’idea le faceva esplodere il cuore nel petto. Quanto gli erano mancati i momenti passati con lui, la sua voce, i suoi occhi, le sue labbra…!

No! Non doveva pensarci!

E se a suo modo fosse sincero? Se una parte del suo cuore battesse per lei? Se si fosse sdoppiato fino a quel punto… Si morse nervosamente il labbro inferiore.

No, non aveva importanza, anche fosse, lei sapeva bene come stavano le cose, non sarebbe cambiato nulla. Lui non intendeva assumersi la responsabilità dei suoi sentimenti e lei non si sarebbe lasciata trascinare in quel delirio. Non aveva alternative. Lui poteva offrirle solo un’illusione o nel migliore dei casi una realtà parallela come quella in cui si era lasciata irretire nelle ultime settimane, ma da cui ora si sarebbe liberata a qualsiasi costo.

Non gli avrebbe dato più scuse, più posti dove nascondersi. Avrebbe reciso quel legame illusorio, per quanto penoso sarebbe stato.

 

Quando Mizuki la vide arrivare stringendo fra le mani una rosa scarlatta ebbe un sussulto. Si alzò in piedi e stava per andarle incontro quando vide quello sguardo, lo stesso che era dipinto da giorni sul volto del suo capo.

Com’è possibile? Cosa sta succedendo?

 “Maya, tutto bene?” azzardò titubante.

Maya non trovò neanche la forza di rispondere, ne aveva talmente poca che si sarebbe accasciata sul pavimento. Si aggrappò alla sua scrivania e la fissò negli occhi, scuotendo la testa. Un groppo alla gola le impediva di parlare.

Mizuki la guardò preoccupata, valutando rapidamente cosa sarebbe stato meglio fare.

 “Maya, perché non vieni con me a bere un caffè, stavo per  prendermi una pausa” esordì infine.

Lei scosse ancora la testa. Poi si fece  coraggio, temendo che se non lo avesse fatto subito non ci sarebbe più riuscita.

 “No, mi scusi… - deglutì e la guardò negli occhi - Devo parlare con il signor Hayami”

 “Il signor Hayami purtroppo è impegnato in una riunione…” scandì Mizuki lentamente, esitando sul da farsi. Non era una riunione normale, ma un Consiglio di Amministrazione e per di più importantissimo, poiché si si sarebbe deciso sul progetto di allestimento della Dea Scarlatta da proporre all’Associazione Nazionale e sulla strategia volta all’ottenimento dei diritti.  “Vuoi aspettarlo?” aggiunse poco convinta, chissà quando sarebbe finita quella riunione.

 “Non posso; fra meno di due ore ho la prova generale” replicò Maya indurendo lo sguardo.

Maya, cosa ci fai qui nel giorno della prova generale? Mizuki la guardò contorcersi le mani, doveva trattarsi di una cosa veramente importante.

Maya racimolò un briciolo di determinazione e continuò.

 “Non importa. Non serve… In fondo non ho niente da dirgli” le labbra le tremavano “Devo solo restituirgli questa” mormorò con la voce spezzata dall’emozione profonda che provava. Guardò la rosa per un attimo, poi con due dita la poggiò delicatamente sulla scrivania di Mizuki, proprio al centro.

Mizuki seguì tutto il movimento pensando vorticosamente ai significati reconditi di quel gesto. Lei sapeva… si era dunque rivelato… o forse lo aveva capito da sola, ma quando e come…? In ogni caso quel gesto era inequivocabile. Lo stava rifiutando.

Al diavolo!  Si alzò. “Vado a chiamarlo!”

Maya la trattenne per la manica della giacca.

 “No, signorina Mizuki! È meglio così… Non ha mai avuto intenzione di rivelarsi, di assumersi la responsabilità di queste rose. Allora io glielo risparmio…”

 “Maya, credo davvero sia meglio che vi parliate”  provò a insistere.

Maya continuò senza ascoltarla.

 “Non ha mai voluto... E anche se lo facesse adesso… - deglutì e alzò lo sguardo verso di lei - … Ormai è troppo tardi” aggiunse a fil di voce. Ed era così davvero, solo in quel momento se ne rese conto “Vorrei solamente che gli dicesse che…” strinse il braccio di Mizuki che ancora teneva fra le mani, parlava a fatica “…che io lo ringrazio per tutto quello che ha fatto. Reciterò solo per lui... Ma ora deve smettere di mandarmi queste rose e tutto il resto o mi spezzerà il cuore” espirò tutta l’aria e rimase immobile con lo sguardo fisso a terra

Mizuki tacque, ammirata da tanta forza.  Quella giovane ragazza stava indubbiamente soffrendo e nonostante questo riusciva a andare fino in fondo. E aveva ragione, lui non si era mai assunto la responsabilità che gli spettava. Era però sicura che anche i sentimenti del suo capo fossero sinceri e profondi. Lanciò un'occhiata impaziente verso la porta della sala riunioni, pregando che per qualche miracolo ne uscisse il signor Masumi, ma così non fu.

Cominciò allora seria, a voce bassa: “Forse le cose potrebbero cambiare Maya, parlagli, non vi siete mai parlati con sincerità”

 “Non posso più, signorina Mizuki, e poi mi creda, io gli ho parlato, non gli ho nascosto nulla. Lui conosce i miei sentimenti” le confessò la giovane spassionatamente.

Mizuki fu sorpresa da quella risposta e realizzò che probabilmente i suoi sospetti riguardo un possibile ricatto erano alquanto verosimili.

 “Maya, non è facile la situazione in cui lui si trova… Credo che non sia libero di scegliere, credo sia ricattato” provò ad obiettare, senza molta lucidità, più che altro per prendere tempo.

Maya la guardò senza capire. Il signor Hayami ricattato? Non riusciva a immaginarsi niente del genere e comunque a lei non aveva mai dato nulla a vedere. L’idea la innervosì ancora di più.

Anche fosse, non ha mai pensato di dirmelo. Certo, non confiderebbe mai certe cose ad una ragazzina!

Mizuki la vide irrigidirsi impercettibilmente. Maya si asciugò con la manica gli occhi umidi e inspirò.

 “Adesso devo andare. Non posso aspettarlo più, è tardi. Grazie, signorina Mizuki” la guardò per un attimo e poi corse verso gli ascensori.

 

Addio mio ammiratore, addio dolce illusione della mia adolescenza. Ti lascio vivere nel mondo irreale che hai costruito per noi, se vorrai, ma da solo, senza di me. Io reciterò per te ogni volta, ma non mi avrai che per il tempo di uno spettacolo teatrale… Mio Orfeo, quando l’incantesimo finirà, quando vorrai afferrarmi, io come Euridice, sarò svanita. Quando il sipario calerà io sarò vera e sarò altrove, dove tu non potrai più raggiungermi.

 

***

 

Masumi uscì dalla riunione come una furia ed entrò direttamente nel suo ufficio, ignorando la segretaria che si era alzata in piedi vedendolo sopraggiungere. Era irritato da tutte quelle discussioni. Aveva preso la sua decisione e non sarebbe tornato indietro, l’avrebbe difesa a dispetto di tutto e di tutti, anche di fronte a suo padre che certamente sapendola avrebbe dato in escandescenze. Ormai non gli importava più. Fra tre giorni i diritti sarebbero stati attribuiti una volta per tutte, lui si sarebbe sposato e quello stato di intollerabile soggezione sarebbe finito… insieme a quel che restava delle sue illusioni.

Fece per aprire la vetrina dei superalcolici quando il suo sguardo fu catturato da qualcosa che non avrebbe dovuto essere lì. Si irrigidì rimanendo immobile mentre il suo cuore perse un battito.

Sulla sua scrivania campeggiava una rosa scarlatta.

Maya…

Realizzò come stavano le cose nel giro di un istate e si sentì mancare la terra sotto i piedi. Lentamente girò intorno alla scrivania e si mise a sedere, trattenendo il respiro, senza distogliere gli occhi dal fiore. Per quanto potesse sembrare assurdo, quella rosa se la ricordava. Quella mattina aveva composto il mazzo personalmente, scegliendo le rose una a una. Sì, era una di quelle, l’aveva scelta per prima, perché era bellissima, perfetta. E adesso l’aveva scelta lei per dirgli addio…

Sentì ogni energia defluire dal corpo. Chissà da quanto tempo lei sapeva. Chissà quanto doveva aver sofferto per arrivare a quella decisione. In quel momento entrò Mizuki chiudendosi la porta alle spalle lentamente. Il suo sguardo costernato era la migliore delle conferme.

 “Non ha voluto che la chiamassi” sussurrò.

Lui annuì lentamente. Non aveva dubbi che la sua segretaria avesse fatto tutto il possibile. Del resto lei non aveva alcuna responsabilità in questa debacle.

 “Ci pensa lei ad annullare l’incontro con il Presidente dell’Associazione per lo spettacolo?” domandò assorto, continuando a fissare quel fiore.

La segretaria annuì lentamente,  gli occhi seri carichi di aspettativa.

Masumi si alzò, prese il cappotto e con calma si avviò agli ascensori, senza dire altro. Lei distese le labbra in un sorriso che voleva essere di incoraggiamento.

 

Quanto era stato cieco. Quante chances gli aveva dato che lui non aveva saputo cogliere. L'eco delle sue parole risuonava senza sosta nella sua mente.

 "Non é chi sognavo che fosse" "Mi considera solo un'attrice. Ma io lo amo, amo quella parte di lui". Come aveva fatto a non capire?

 "La sua doppiezza mi atterrisce". "Non rinuncerà mai al suo nome, né al passato. Non si rivelerà mai". E lui aveva ampiamente confermato tutti i suoi peggiori timori.  

Adesso cosa poteva dirle?

Non c’erano più giochi da fare, adesso si sarebbe mostrato nudo, di fronte a lei, con tutte le sue debolezze. Era il minimo che potesse fare. Non si illudeva che potesse bastare a rimediare a tutti gli errori che aveva fatto, ma doveva dirle la verità, tutta quanta.

 

Aveva appena varcato l’ingresso dello Shuttle X quando incontrò Kuronuma.

 “Signor Hayami, è venuto a vedere la prova generale? Mi fa piacere. A proposito, Complimenti. Ho saputo che l’Associazione Nazionale ha scelto un teatro  Daito per la prima messa in scena. È un po’ come aver messo un’ipoteca su quei diritti, no? – e così dicendo gli strizzò l’occhio - E ovviamente, complimenti anche per il suo ormai imminente matrimonio. Sembrerebbe che lei abbia centrato tutti i suoi obiettivi, ex-giovane Presidente, o forse mi sbaglio?” lo punzecchiò Kuronuma.

Vedendolo avanzare in mezzo ai bouquet di rose scarlatte accatastati lungo il corridoio senza degnarli di uno sguardo, il viso dimagrito e l’aria stravolta, aveva avuto un’intuizione che lo aveva fatto sorridere e preoccupare insieme.

 “In effetti, non sono venuto per vedere la prova generale – ammise Masumi - Vorrei solo parlare con la sua prima attrice per un attimo, se possibile”. Non aveva tempo per intrattenersi a chiacchierare con il regista questa volta.

Lui però gli si parò davanti, rigirandosi il sigaro fra le mani con finta noncuranza.

 “Non posso certo impedirglielo, Presidente, ma vorrei che riflettesse bene… Sa che ciò che lei sta per fare potrebbe influire pesantemente sulla sua interpretazione? E chi può dire se sarebbe in meglio – guardò l’uomo immobile davanti a se’ sorridendo per la sua espressione esterrefatta; poi sospirò - Cosa ci sia in ballo, e quanto Maya rischi, non sono io a doverglielo ricordare, lo sa meglio di me.”

Masumi non riusciva a crederci. Possibile che anche Kuronuma sapesse… e che ora volesse impedirgli di vedere Maya??

I due uomini si scambiarono uno sguardo severo poi il regista continuò.

 “Il teatro è finzione, chi non lo sa, eppure la finzione che va in scena oggi è il punto più alto della vita di quella ragazza, e forse la sua apoteosi. È buffo, no? Ma del resto ognuno vive nelle sue finzioni, in fondo. E c’è chi finge per tutta la vita…” aggiunse guardandolo di sbieco.

 “Cosa intende dire, signor Kuronuma?” chiese Masumi assottigliando lo sguardo.

Kuronuma sorrise, sentendo di aver colto nel segno. Poi dopo un sospiro enfatico, proseguì.

 “Quello che ho detto, che ognuno vive nelle sue finzioni. Anche lei, signor Hayami. Perché la vita è come il teatro e ogni giorno ci sono fior di spettacoli” continuò “Ma lei è proprio sicuro di avere un ruolo nello spettacolo di quest'oggi? E quale sarebbe?”

 “Mi perdoni, ma continuo a non capire”

Kuronuma lo fissò mantenendo quel tono serio e irriverente allo stesso tempo.

 “Allora mi spiegherò meglio. Lei è venuto qui e pretende di parlare con la mia prima attrice, pochi istanti prima dalla prova generale. Chi, letteralmente, crede di essere, lei, oggi, signor Masumi?  L'affarista in cerca di un contratto di esclusiva? O il figlio obbediente di un uomo senza scrupoli?? L'erede di una famiglia ricca e potente? O piuttosto l'epigono di una saga in cui due capibranco si danno battaglia da decenni?? Lo sposo della signora più bella e ricca che siederà qui domani? O forse piuttosto… un ammiratore misterioso? - scandì lentamente - o magari persino… un amante focoso ??  Quale di queste maschere lei si sente di portare con coerenza e una volta per sempre? Oppure è venuto per togliersele tutte? Ehh, signor Masumi Hayami, per portare bene una maschera, e anche per farne a meno, occorre un volto, sa? Si assicuri di averlo, prima, nel caso avesse deciso di togliersi quelle maschere. In fondo una maschera è pur sempre meglio di niente… Se bene indossata, fa sempre la sua porca figura!”

La sua espressione a un tempo esterrefatta e affranta colpì il regista. Masumi Hayami sembrava completamente indifeso.

 “Ma se crede di poterne fare a meno, allora prego, vada pure – concesse, scostandosi e facendo un ampio gesto con la mano - Dello spettacolo sarà quel che sarà, ma forse ne varrà la pena. È una decisione che spetta a lei. Ci pensi. Non è a me che deve rispondere, ma a se stesso. Ma le consiglio di farlo in fretta o gli eventi finiranno per decidere per lei. Eh sì, anche nella vita il tempismo è tutto, come nel teatro. La battuta giusta al momento sbagliato non funziona. Allo stesso modo, le scelte giuste al momento sbagliato non valgono più. Beh, il camerino è quello, buona fortuna.”

Detto questo si allontanò, non prima di avergli rifilato una pacca sulla spalla che avrebbe steso anche Rocky Balboa.

Masumi fissò per un attimo la porta a un paio di metri da lui, impietrito. Poi deglutì, fece due passi e allungò il braccio verso la maniglia. Proprio in quello stesso istante la porta si aprì, come richiamata dalla sua volontà.

Maya apparve sulla soglia col suo costume da dea. Lo squadrò, l’espressione stanca e lievemente altera, il tono piatto e distante.

 “Signor Hayami. Perché è venuto? Non avrebbe dovuto” così dicendo gli voltò le spalle avviandosi verso le quinte.

 “Maya… io ti chiedo scusa” La voce perfettamente udibile anche se bassa, rivelava costernazione e tristezza.

Maya si fermò, senza voltarsi.

 “Scusa per cosa?”

 “Ci sono tante cose di cui debbo scusarmi” ammise Masumi.

 “Non deve scusarsi di nulla, invece… Non è colpa sua se lei è com’è” così dicendo riprese il suo cammino.

Masumi espirò profondamente. Sapeva che non sarebbe servito, ma doveva parlarle, bere l’amaro calice fino in fondo.

 “Io non sono come tu speravi che fossi, lo so; per questo non volevo dirti nulla”.

Maya a quel punto si voltò e gli parlò senza astio, ma con fermezza, mantenendo quel tono un po’ distante.

 “Lei voleva tenermi all'oscuro di ogni cosa,  del suo ruolo come di tutto il resto. Ha sempre scelto lei quello che doveva essere meglio per me, quello che dovevo sapere, quello dovevo ignorare, quello che dovevo pensare. Lei ha sempre deciso tutto, per sé e per me, senza dirmi mai nulla. Ero solo una ragazzina da prendere in giro, blandire o provocare, a seconda dei casi. Da manipolare. Per il mio bene, certo. Questo ha sempre fatto con me e anche con tutti gli altri, quando ne ha avuto la possibilità”.

 “Maya, so che ho troppe cose da farmi perdonare. E non cercherò di indurti a farlo, non ripeterò ancora lo stesso errore. Una cosa però devo dirtela: i sentimenti dell’ammiratore sono veri, lo sono sempre stati, e sono i miei, quelli che ho provato per te fin dal primo momento. E io sono pronto a essere solo il tuo ammiratore se tu vuoi, posso rinunciare a tutto il resto, credimi.”

 “No, l’ammiratore non esiste più signor Hayami e lei non deve rinunciare a essere ciò che le rimane. Del resto mi illudevo, credevo di amarlo, ma mi sbagliavo. Aveva ragione lei, anche in questo: non l’ho mai veramente amato. Ci ho messo tanto, ma alla fine l’ho capito. In quanto mio ammiratore, io le sono molto grata di quello che ha fatto per me, non lo dimenticherò mai, ma non si può amare una maschera. Per il resto invece, non so più niente. Lei oggi è qui solo perché si è sentito scoperto, altrimenti mi avrebbe lasciata all’oscuro per tutta la vita, mi avrebbe lasciata rinchiusa a sospirare in un mondo parallelo insieme ad un fantasma. Salvo poi placare i sensi di tanto in tanto su un letto d’albergo, se glielo avessi permesso. Io non potevo continuare così. Anche se adesso non ho più niente, sento solo un grande vuoto, un vuoto enorme”. 

Lo guardò ancora negli occhi un’ultima volta. Non sapeva da dove le venisse il coraggio di parlargli così, ma era esattamente quello che provava. Avrebbe vissuto per il teatro d’ora in poi, solo per il teatro.

 “La saluto. Devo andare” si congedò con un inchino.

 “Posso aspettarti, Maya…? Parliamone ancora dopo la prova, per favore… Posso cambiare, posso ancora cambiare tutto”

 “No, è meglio che lei vada adesso. Sono giorni importanti per entrambi. Io sono attesa sul palco e anche lei non dovrebbe essere qui, con tutti i giornalisti che ci sono assiepati dietro quella porta. Del resto io non saprei cosa dirle di più. Vorrei poterle dire che ci saranno altre possibilità, ma temo proprio che non sia cosi. C’è stato un tempo per noi,  ma è finito, purtroppo. Ora mi scusi…” si voltò e si affrettò verso le quinte.

 

Hai ragione Maya. E’ comprensibile che tu ora non mi voglia più. Non sono mai stato vero, neanche con te.  “Io ti amo Maya” potrei ancora gridarti. Ma “io” chi? Mi hai smascherato e ora non ho più niente da indossare. Maya ci sarai solo tu di vero nella mia vita. Ora dimenticami e vivi. Ne hai tutto il diritto. Tornerò nel mondo delle ombre, dei mezzi uomini, da cui non sono riuscito a uscire.

 

Era l’imbrunire quando rientrò alla Daito.

Mizuki lo attendeva al suo solito posto. I loro sguardi si incrociarono solo un istante e non ci fu bisogno di chiedere come fosse andata.

Deglutì e disse quello che doveva: “Ho preparato il testo per la press release di domani. Vuole rivederlo?”

Masumi lo prese e lo lesse con attenzione.

 “È perfetto, proceda pure a inviarlo”

 “Adesso? Non vuole aspettare la validazione di…”

 “No, lo faccia uscire subito, voglio essere sicuro che sia divulgato prima dello spettacolo dimostrativo. Non si preoccupi, mi assumo ogni responsabilità. E per cortesia, convochi di nuovo il notaio per domani mattina. E anche il broker finanziario della Morgan”

La sua segretaria lo fissò esterrefatta. Doveva aver intuito ogni cosa, come al solito.

 “Proceda Mizuki, non tema” la rassicurò mentre si avviava verso la porta del suo ufficio. Poi aggiunse con tono indulgente, prima di chiudersi la porta dietro le spalle “La ringrazio per la dedizione che mi ha sempre dimostrato”.

 

La decisione era presa e adesso si sentiva come se non avesse mai potuto scegliere diversamente.

Maya visto che non posso più essere il tuo ammiratore, non posso essere neanche tutto il resto. Non mi interessa di mio padre né della Daito e neanche della Dea Scarlatta.

 

Si accese una sigaretta e si sedette alla sua scrivania, osservando le volute di fumo volteggiare sopra la sua testa. Ripensò a molte cose. Ripensò soprattutto al primo giorno in cui aveva accompagnato suo padre dentro quegli uffici e a sua madre che lo aveva abbracciato forte trattenendo le lacrime.

Non dovette attendere molto.

Mizuki non aveva neanche finito di annunciarlo all’interfono che Eisuke Hayami irruppe nel suo ufficio, con tutta la carrozzina, schiumando di rabbia.

  “Vuoi spiegarmi?” ringhiò.

  “Benarrivato padre. Dobbiamo parlare”.

 

NDR: Prima di odiarmi, ricordatevi che c'è ancora un altro capitolo! Consiglio anzi di rilassarsi e godersi un intermezzo musicale, che ben si accompagna alla prima scena ;-)

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Capitolo 11
*** Capitolo XI e Ultimo ***


Capitolo XI  e  Ultimo

 

  Finalmente il gran giorno era arrivato, il giorno della cerimonia che avrebbe consacrato la nuova Dea Scarlatta nonché attribuito la proprietà dei diritti di rappresentazione dell’opera. Entrambi gli spettacoli avevano riscosso un enorme successo e l’esito pareva molto incerto.

   L’Associazione per lo Spettacolo aveva organizzato un grande ricevimento per festeggiare l’ evento in un lussuoso resort fuori Tokyo.

   Il gruppo di Kuronuma e quello di Onodera  attendevano il verdetto nell’immenso salone riccamente decorato dove a breve sarebbe cominciata la cerimonia di premiazione. Insieme a loro decine di giornalisti del settore e molte personalità del mondo dello spettacolo accorsi a presenziare a quello che sarebbe stato l’evento dell’anno.

 Maya sorseggiava nervosamente il cocktail offertole da Sakurakogi, cercando mentalmente le parole giuste per dire al signor Kuronuma quello che ormai in cuor suo aveva già deciso da tempo, e cioè che se anche fosse stata lei la vincitrice, avrebbe rinunciato. Non voleva dover allestire lo spettacolo con la Daito e non voleva combattere con Masumi Hayami per quei diritti.

 Bevve un ultimo sorso e si mosse incerta sui tacchi alti in direzione del regista. Sentì il piacevole fruscio provocato dallo sfioramento dell’orlo della lunghissima gonna di seta sul pavimento di marmo. Alla fine, cedendo alle insistenze di Rei, aveva indossato il meraviglioso abito da sera blu notte regalatole dal suo ammiratore proprio per  quell'occasione. In fondo - considerò - era anche per merito suo se adesso si trovava lì; ma sarebbe stata la sua ultima concessione a quell’uomo indecifrabile.

 Nell’ascoltare la sua decisione, Kuronuma scoppiò a ridere. Poi con finto tono di rimprovero aggiunse:

 “Ma come, non lo sai? La Daito ha rinunciato all’allestimento della "Dea Scarlatta". La notizia è uscita l’altro ieri, poco prima che andassimo in scena. È ripresa ancora da tutti i giornali”. Così dicendo sfilò un quotidiano dalle mani di un esterrefatto giornalista - “Scusi un attimo eh…” - e le mostrò i titoli principali, in mezzo ai quali campeggiava un “Nuova sospensione per il titolo Daito”. 

 Maya leggeva meccanicamente senza riuscire a capacitarsi del senso di quanto era riportato.

 "Nuovo crollo della Daito in borsa. Contrattazioni sospese anche oggi per eccesso di ribasso dopo l’inspiegabile passo indietro rispetto all'allestimento della Dea Scarlatta, che a detta degli esperti avrebbe costituito una ipoteca sulla futura attribuzione dei diritti di rappresentazione. A questo fanno eco indiscrezioni riguardo a posizioni inconciliabili al vertice dell’azienda e al possibile annullamento dell’imminente matrimonio del suo Presidente Masumi Hayami con l’erede dell’impero Takamiya.”

 Maya impallidì e proprio in quel momento vide Masumi avvicinarsi. Era anch'egli fasciato in uno smoking blu notte, radioso come non mai.

 “Benvenuta nel luogo e nel momento più importante della tua vita”. Uno splendido sorriso gli illuminava il volto.

 “Signor Hayami…” iniziò Maya.

 “Brindo alla tua incantevole Akoya, la migliore possibile, al di là di ogni verdetto odierno, su cui comunque non ho dubbi”. Sollevò il calice e la costrinse a fare altrettanto. Appena il cristallo mandò il suo tipico ticchettio le si avvicinò.

 “Ieri mi hai mandato in estasi, ragazzina”, le sussurrò fissandola negli occhi con la sfrontatezza dei suoi giorni migliori.

 Lei non poté fare a meno di arrossire ma sostenne il suo sguardo.

 “Signor Hayami, è vero che ha rinunciato all’allestimento della Dea Scarlatta?” gli chiese ignorando i suoi apprezzamenti, diretta come sempre, tenendo una mano stretta a pugno vicino al petto.

 “È esatto. La vincitrice potrà scegliere di fare come crede, senza il condizionamento di decisioni pregresse”. Le sorrise ancora, un sorriso aperto.

 “Ecco ci siamo”. Richiamò la sua attenzione verso il palco dove la signora Tsukikage stava per iniziare a parlare, quindi si allontanò.

 

 

***

 

 Era veramente una magnifica serata. Appoggiato alla balaustra della terrazza, l’uomo in smoking rimirava le prime luci del crepuscolo. Un vento tiepido spandeva nell’area l’odore dei ciliegi in fiore che circondavano l’elegante resort.

 Sorrise.  Sì, era una serata perfetta per chiudere in bellezza la vita di Masumi Hayami. Presidente della Daito per 8 anni, quelli durante i quali l'azienda aveva registrato la sua crescita più impressionante. Non aveva sbagliato un affare, no, e avrebbe anche messo le mani sul gruppo più importante del Giappone, se lui stesso non avesse deciso di fermarlo. Chissà dove sarebbe stato capace di arrivare. Sorrise fissando il contenuto del suo calice di champagne.

 Inoltre, e soprattutto, aveva raggiunto i due principali obiettivi che si era prefissato: i diritti di rappresentazione della Dea Scarlatta erano al riparo dalle mani di Eisuke Hayami e lo straordinario talento che aveva contribuito a far crescere si era dimostrata la più grande attrice del Giappone.

 Niente male davvero.

 Tuttavia non aveva rimpianti. No, non avrebbe sentito la sua mancanza, come probabilmente nessun altro.

 Bevve ancora un sorso dal bicchiere che aveva in mano. Guardò l’orologio, poi l’impermeabile appoggiato alla balaustra vicino a se’, corrugò la fronte e valutò che era arrivato il momento. C’era però qualcos’altro che voleva fare, “prima”. No, non sarebbe sparito senza prima accomiatarsi da lei. Appoggiò il bicchiere, prese l’impermeabile e fece per tornare sui suoi passi, ma non ce ne fu bisogno.

 

 Le sembrava ancora impossibile che fosse tutto vero. Uscì sulla terrazza sfuggendo miracolosamente all’ennesimo assedio dei giornalisti. Era stordita, felice e allo stesso tempo in preda alle vertigini come se si trovasse in piedi da sola sulla punta di una montagna. Probabilmente era anche un po’ brilla, con quante persone aveva brindato?? Forse un po’ d’aria fresca le avrebbe schiarito le idee.

 Fu sorpresa di trovarlo lì. Non lo aveva più visto da nessuna parte e aveva creduto che se ne fosse andato.

 “Signor Hayami… Credevo fosse andato via…”

 “Invece ero qui a godermi in pace questo momento. A proposito, le mie congratulazioni alla nuova stella del firmamento giapponese”.

 Sollevò ancora il calice nella sua direzione. “Del resto lo sei sempre stata per me. Ho sempre creduto in te, fin dal primo momento”, le confidò con lo stesso tono intimo e schietto che aveva usato poco prima della cerimonia di premiazione.

 Maya si appoggiò alla balaustra a poca distanza da lui. Sperò di riuscire a calmare i battiti del suo cuore ma era impossibile. Alla fine prese coraggio e gli rivolse la domanda che aveva più a cuore.

 “Signor Hayami, si dice che il suo matrimonio sia stato annullato”.

Masumi sospirò.

 “Già”. Il suo sorriso tradì un certo nervosismo, questa volta.

 Non era stato affatto facile dire a Shiori quello che doveva, che sarebbe stata la moglie perfetta per Masumi Hayami, ma che purtroppo il suo fidanzato non esisteva più. Che lui non aveva scelta, doveva ritrovare se stesso e cercare la sua strada, e che un matrimonio deciso da altri non lo avrebbe aiutato a capire quale fosse. Ricordava la sua espressione sperduta quando aveva aggiunto “Anche tu, Shiori, puoi dire di sapere chi sei? Sei cresciuta sapendo che un giorno saresti stata la moglie di un uomo di successo e quando mi hai conosciuto ti è sembrato che la tua vita all’improvviso avesse un senso, guarda caso proprio il senso che qualcun altro gli ha dato fin da quando sei nata”. Non sapeva se l’avesse aiutata dicendole così, ma di certo non avrebbe potuto fare nient’altro per lei, non in quel momento. Eppure Shiori lo aveva spiazzato completamente rispondendogli “Lascia che percorra quella strada con te, Masumi, qualunque essa sia. Qui non c’è niente per me, ora che tu te ne vai me ne rendo conto. Era destino che fossi tu a farmelo capire... Inoltre non voglio che mio nonno ti faccia del male e se ti resterò vicino questo non succederà. Annulliamo il matrimonio, ci sposeremo in futuro, se vorremo, e sarà una nostra decisione”. Lui per un attimo era rimasto senza parole. Veramente Shiori avrebbe rinunciato a tutto per lui, mettendosi contro la sua famiglia, senza pensarci un attimo?? Non se lo sarebbe mai aspettato. E se non fosse stato sicuro che il suo cuore battesse per un'altra donna, forse avrebbe anche preso in considerazione l’offerta di lei. Ma sapeva di non meritare tanto, e sapeva anche che non avrebbe funzionato.

 “Signor Hayami, cosa sta succedendo?” lo incalzò Maya notando il suo strano silenzio e quell’aria pensosa.

 Masumi fu ridestato dal suo tono preoccupato, osservò per un attimo quei meravigliosi occhi scuri che lo fissavano, poi abbassò lo sguardo verso il parapetto.

 “Non volevo turbarti proprio nel giorno in cui devi solo goderti il tuo trionfo…” iniziò incerto.

 Si morse le labbra e ricacciò indietro le ultime esitazioni, lei doveva sapere, non avrebbe fatto lo stesso errore di nuovo. Sollevò lo sguardo di nuovo verso di lei e la fissò.

 “Sto partendo Maya. Me ne andrò questa sera stessa. A Kyoto per il momento… e poi forse in Europa. Ti ricordi che ti avevo parlato di una penale di 20 milioni di dollari nel caso in cui avessi annullato il matrimonio? Non dispongo di quella cifra. Sto cercando di ottenerla in prestito, ma mio padre si darà da fare per farmi tagliare ogni linea di credito e mi darà battaglia finché non mi avrà distrutto. Specie dopo che domani avrà trovato sulla scrivania l’atto formale con cui rinuncio al suo cognome e la mia lettera di dimissioni da Presidente della Daito”.

 Le sorrise di nuovo conservando quell’espressione un po' tesa.

 “Si è dimesso… e  rinuncia al cognome degli Hayami…” ripeté Maya “Ma perché?”

 “Perché non voglio più essere il suo burattino, Maya. L’avevo avvertito che sarei stato pronto a tutto pur di affrancarmi, ma non mi aveva creduto. E comunque è meglio cosi. Da domani non farò più parte di quella famiglia e lui non avrà più alcun potere su di me . Ho deciso di riprendere il cognome di mia madre: Fujimura. Quanto alla mia carica, Eisuke Hayami mi avrebbe certamente estromesso così ho giocato d’anticipo. Ma adesso devo muovermi se voglio evitare di essere schiacciato. Devo andarmene e cercare alleati per scalare la Daito. Il valore delle azioni è in picchiata da tre giorni e crollerà ulteriormente quando domani si saprà che ho lasciato la società. Ho venduto tutte le mie azioni tre giorni fa e se tutto va bene domani potrò ricomprarne il triplo per la stessa cifra. E sto pensando di utilizzare le linee di credito già ottenute per fare la stessa cosa, anziché ripianare il debito. È rischioso, ma ne vale la pena. Se arriverò a controllare un numero sufficiente di azioni potrei riuscire persino a strappargli la Daito”. Si fermò fissandola negli occhi e cogliendo la sua espressione turbata.

 “E' la battaglia finale, Maya. Non voglio finire come Ichiren. Eisuke Hayami è molto più forte di me, ma ti assicuro che sarò un osso duro” concluse serio.

 “Maya, ecco dov’eri finita, ti stanno aspettando per le foto!“ gridò Sakurakoji da dietro la portafinestra.

 “Vai Maya, va’ a goderti la festa. È il tuo momento” la incoraggiò Masumi.

 “Arrivo fra un attimo!” gridò lei di rimando all’indirizzo del giovane attore.

 “Signor Hayami… cioè mi scusi, signor…”

 “Hayami va ancora bene, almeno fino a mezzanotte” le sorrise.

 “Io ora dispongo dei diritti della Dea Scarlatta – continuò Maya - e lei mi ha sempre detto che avevano un valore incommensurabile. Li prenda e li impegni nell’operazione di cui mi ha parlato”.

 Masumi la scrutò, profondamente sorpreso “Dici sul serio? Veramente li cederesti a me…?”

 “Sì, io non potrei darli a nessun altro, adesso”. Lei ricambiò il suo sguardo, i suoi occhi luminosi lo fissarono sorridenti.

 Masumi esitò per un attimo, non riuscendo a distogliere lo sguardo da lei. Non credeva che avrebbe rivisto un sorriso come quello, per lui. Il cuore cominciò a battergli follemente, ma riuscì a recuperare un po’ di lucidità.

 “È meglio di no, Maya, è troppo rischioso. Potrei perdere tutto e i diritti finirebbero direttamente nelle mani di Eisuke”

 “È un rischio che dovremmo correre, prima o poi. Facciamolo adesso, se in questo modo potrà avere più possibilità di successo ed evitare lasciare Tokyo”.

 Era passata al “noi” con naturalezza, cosa che non sfuggì a Masumi, che si sentì invadere da una ondata di calore in pieno petto. Alzò la mano per sfiorare una ciocca di capelli sul lato del viso di lei.

 “No, Maya, tu devi restarne fuori, soprattutto in questo momento. Se li cedessi a me proprio adesso, col matrimonio annullato e tutto il resto, si creerebbe uno scandalo e se io dovessi fallire, tu ne saresti travolta e perderesti ogni cosa”. Le prese una mano e gliela strinse teneramente, mentre con l’altra asciugò una lacrima che stava solcando la guancia di lei, ipnotizzato.

 “Maya …”

 “Non sopporto che si allontani ancora, proprio adesso…” gli confessò Maya fra le lacrime.

 D’improvviso la tirò verso di sé, spostandosi al contempo dietro un grosso pilastro e poi racchiudendola fra le sue braccia. Lei sospirò e posò le mani sul suo petto allacciando lo sguardo con quello di lui. Quando fu certo che lei lo volesse, Masumi la strinse dolcemente a sé e appoggiò le labbra sulle sue in un bacio casto e tenero, che troncò loro respiro. Il tempo e ogni altra forma intorno sembrarono dissolversi mentre la consapevolezza del sentimento che li univa fece vibrare all’unisono il cuore di entrambi per la prima volta.

 Mentre la teneva stretta a se’, la nebbia nella mente di Masumi si diradava finché tutto divenne improvvisamente chiaro dentro di lui. Sospirò. Era una strada dura e piena di insidie ma rappresentava l’unica salvezza per entrambi.

 Poi prese a parlare sottovoce, accarezzandole il viso.

 “Maya,  non so se riuscirò ad ottenere la Daito o a mantenere il mio status. È possibile che mio padre abbia infine la meglio. Forse eviterò di finire in galera per debiti, ma quasi certamente dovrò cedere tutto quello che ho, cercarmi un altro lavoro, forse fuori dal mondo dello spettacolo. Dovrò cambiare vita, fare a meno degli agi e del lusso…”. Sospirò, guardandola serio. “É importante per te?”, chiese con tono titubante, accarezzandole le mani.

 “No, affatto…!” rispose Maya di slancio.

 “Allora aspettami, ti prego. Anche se forse non sarò la persona più adatta per la nuova stella del teatro giapponese, anche se non sarò alla tua altezza, Maya… Ma farò tutto il possibile per riabilitarmi, te lo giuro, troverò la mia strada e ritornerò da te! ... Tu mi aspetterai?” chiese con una nota di disperazione nella voce che non le sfuggì.

 “Certo, senz’altro…” (ndr: :-D) riuscì solo a dire Maya. Una misto di felicità e insieme di preoccupazione per i tempi difficili che li attendevano le serrava la gola.

 “Adesso vai, è la tua serata” insistette di nuovo Masumi.

 Si staccarono a malincuore. Lei camminò lentamente verso la porta finestra, le mani strette al petto, il cuore pieno di aspettativa. Quando, arrivata sulla soglia, si voltò indietro, vide la sagoma di lui che si allontanava a piedi in fondo al vialetto, l’immancabile impermeabile appoggiato sulla spalla.

 In quel momento anche lui si voltò e alzò un braccio in segno di saluto. Sorrideva e aveva l’espressione di un ragazzino.

 Poi sparì oltre il cancello.


 E quella fu l’ultima volta in cui si vide in giro Masumi Hayami.


 

 FINE (?)


 

Nda:

Care lettrici, spero che questa specie di inversione dei ruoli in extremis di sapore un po' neofemminista non vi sia dispiaciuta! :-)

Grazie a tutte per aver saputo aspettare la fine di questa sofferta fanfiction con pazienza e fiducia. Grazie in particolare a chi mi ha trasmesso le sue impressioni durante questo percorso, ma grazie anche alle molte visitatrici anonime che hanno alimentato le statistiche degli accessi, così come a coloro che lo faranno in futuro. Essendo la mia prima ff, tutto ciò mi ha molto confortato e incoraggiato. Non avendo più scritto da molto tempo, é stato per me un grande impegno e sono contenta di averlo concluso. A questo proposito, ringrazio ancora calorosamente Fiamma Blu che ha corretto la prima versione delle mie bozze e mi ha svelato i "segreti" dell'impaginazione e i tecnicismi della pubblicazione sul sito.

Che dire ancora? Passate uno splendido Natale! Quanto a me non so se scriverò ancora ma rimarrò comunque "in ascolto". A proposito, e adesso a chi tocca??? :-D

A presto,

Raflesia


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