Dragon Ball Vengeance

di Fajander
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un messaggio per Re Cold ***
Capitolo 2: *** La duplice ricerca ***
Capitolo 3: *** Una decisione difficile ***
Capitolo 4: *** Una spiacevole scoperta ***
Capitolo 5: *** Arrivo ***
Capitolo 6: *** Il piano ***
Capitolo 7: *** Ingannato ***
Capitolo 8: *** Un barlume di speranza ***
Capitolo 9: *** Principe contro Re ***
Capitolo 10: *** L'ultimo addio ***
Capitolo 11: *** La fine di tutto ***
Capitolo 12: *** Prigioniero ***
Capitolo 13: *** Diramazione ***
Capitolo 14: *** Rivelazioni ***
Capitolo 15: *** Rivelazioni (Atto II) ***
Capitolo 16: *** La missione ***
Capitolo 17: *** Rinforzi inattesi ***
Capitolo 18: *** Follia inarrestabile? ***
Capitolo 19: *** Soltanto un peso ***
Capitolo 20: *** Fratello contro fratello ***
Capitolo 21: *** La caduta del Demone ***
Capitolo 22: *** Scampati alla morte ***
Capitolo 23: *** Invasori su Skahr ***
Capitolo 24: *** Verso una nuova meta ***
Capitolo 25: *** Spin Off - La storia di Meyra (parte 1) ***
Capitolo 26: *** Spin Off - La storia di Meyra (parte 2) ***
Capitolo 27: *** Uno spiacevole risveglio ***
Capitolo 28: *** Le radici del cambiamento ***
Capitolo 29: *** La fase finale del Massacro ***
Capitolo 30: *** Illusione o realtà? ***
Capitolo 31: *** Fantasmi del passato ***
Capitolo 32: *** Allenamenti estenuanti ***
Capitolo 33: *** Il piano di Raichi ***



Capitolo 1
*** Un messaggio per Re Cold ***


Il pianeta Namek stava per esplodere, mancavano pochi minuti, eppure c'erano ancora due persone che non se ne erano ancora andate: uno era Freezer, l'Imperatore della Galassia, e l'altro era Goku, il Saiyan che non solo aveva osato sfidarlo ma che lo aveva addirittura sconfitto. Il primo era disteso inerme per terra, svenuto, il corpo tranciato a metà dalla sua stessa lama energetica, il secondo stava volando in lungo e in largo per cercare un'astronave che gli permettesse di lasciare il pianeta. Appena pochi istanti dopo l'esplosione del pianeta, Goku era già nello spazio, a bordo di una navicella saiyan e privo di sensi.
Di Freezer non si avevano notizie, ma i Demoni del Freddo sono duri da uccidere, possono sopravvivere anche nello spazio aperto, perfino con solo metà corpo.
Ciò che dobbiamo sapere è che Re Cold, il padre di Freezer,aveva poca fiducia nei suoi figli, e pertanto li monitorava quasi 24h su 24h, da lontano, per essere sicuro che non intaccassero i suoi interessi o quelli dell'Impero. Per questo motivo poco dopo l'esplosione del pianeta, una delle sonde emise un bip di allerta trasmesso all'astronave di Cold, che in quel momento si trovava in viaggio da un pianeta che stava per essere venduto al suo pianeta capitale, Cold 01.
Fu Af, il responsabile del monitoraggio delle sonde spia dedicate a Freezer, ad accorgersi di quel bip. Preoccupato, si alzò dalla sedia, uscì dalla sala di controllo e andò nella stanza riservata all'imperatore, per riferirgli il messaggio. Arrivato sulla soglia della porta, le sue due guardie del corpo ( non che ne avesse bisogno, dato che era l'essere più potente dell'universo) Kog e Ighor, dall'alto dei loro 2 metri e 20 cm, lo guardarono con uno sguardo fisso, aspettando che Af dichiarasse il motivo della visita.«Salve, devo vedere Lord Cold per potergli riferire un importante messaggio» dichiarò Af, aspettando una qualche reazione.
Tuttavia, i due colossi non si mossero, e mantennero lo sguardo fisso verso di lui. Allora Af aggiunse «È un codice di allerta 11, riguarda suo figlio, il Principe Freezer. Non posso dire altro, è confidenziale.» Re Cold era molto severo riguardo la discrezione di questo spionaggio, non voleva che si sapesse in giro che monitorasse i suoi figli: sapeva benissimo che qualche scagnozzo dei livelli inferiori lavorava segretamente per uno dei due, per Cooler o per Freezer, ma avendo milioni di soldati sparsi per tutta la galassia era impossibile scoprire chi o quanti. Finalmente, dopo questa seconda informazione Kog ,che stava alla sinistra della porta, usò il suo pollice per applicare una leggera pressione sul pannello delle impronte digitali, che la aprirono. «Fai in fretta. Hai cinque minuti. Lord Cold è impaziente oggi.» disse con un ghigno Kog. «Non farlo stare troppo sulle spine, o potrebbe essere la tua ultima conversazione» aggiunse con un altro ghigno Ighor. Af deglutì e fece un passo avanti, incerto. «Che diavolo c'è adesso?» disse infastidito il re, mentre guardava fuori dall'enorme vetrata il paesaggio stellare.
«I miei migliori omaggi Lord Cold, sono Af, il responsabile del monitoraggio dei suoi figli.» attese una risposta, che arrivò un minuto dopo, mentre Af sudava freddo, terrorizzato. «Parla dunque!» tuonò Cold. «Po-pochi minuti fa la sonda n. 0321103 ha inviato un messaggio di allerta riguardante suo figlio, Freezer.
Come da lei richiesto in questi casi, non ho visto i dettagli, le ho solo riportato la notizia. È tutto signore.» Finalmente, il Demone del Freddo si voltò per guardare in faccia il suo interlocutore. La sua enorme coda violacea, che veniva parzialmente nascosta dal mantello rosso, si aggitava per il nervosismo.
«Pochi minuti fa?Esattamente quanti?»indagò con tono severo. «4, Lord Cold.» disse impaurito Af. «4?!! E perchè diavolo hai aspettato così tanto?!! Non ti avevo forse chiesto la massima efficienza per questa missione??» l'Imperatore si avvicinava a grandi passi verso il suo ufficiale, che in confronto a lui era minuscolo.
Pochi istanti e sarebbe stato a un centimetro dal piccolo alieno. «Mi pe-pe-perdoni signore, la sala di controllo è molto distante dalla sua stanza, e l'ascensore che porta a questa ala dell'astronave era guasto, ho dovut...» ma non riuscì a finire in tempo la frase che il monarca lo aveva già afferrato per la gola, sollevandolo di mezzo metro dal suolo. Il povero Af scuoteva le gambe con energia, in preda agli spasmi, ma sapeva che non c'era nulla da fare. Era alla sua mercè.
Abbassò lo sguardo, tentando di non incontrare gli occhi glaciali e terribili del suo Re. Ancora pochi secondi e sarebbe morto. Poteva sentire le ultime forze abbandonarlo, l'ultimo respiro svanire, quando Cold blaterò qualcosa come "Stupidi alieni inferiori" e "Inutili schiavi", non riusciva a distinguere più le parole con chiarezza ormai. Il Re piegò il braccio con il quale stringeva Af per poi rilasciarlo con vigore, facendolo schiantare verso la parete della sua stanza. Infine si avvicinò accanto al corpo semi cosciente, accasciato al suolo e con gli occhi fissi nel vuoto, per sussurargli un'ultima cosa : «Se la prossima volta impieghi più di due minuti verrai scaraventato fuori dalla finestra, chiaro?» Af raccolse le sue ultime forze per annuire leggermente, poi perse i sensi, in fin di vita.
Dopodichè, il Demone del Freddo uscì dalla sua stanza e incamminandosi per il corridoio avvertì le sue due guardie «Sto andando verso la sala di monitoraggio, e per l'amor del cielo, ripulite la mia stanza dalla quello schifo.» disse agitando il braccio destro con stanchezza.

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Capitolo 2
*** La duplice ricerca ***


Giunto alla sala controllo, Cold schiacciò il pulsante di riproduzione video che mostrava tutto ciò che aveva filmato la sonda in questi giorni.
Il filmato andò avanti veloce da solo finchè non arrivò al momento in cui i sensori non avevano captato un aumento anomalo della temperatura, causato dall'esplosione del pianeta Namek. Il Re osservava impassibile tutto ciò, con le braccia conserte e le labbra sottili e violacee serrate.
Alla fine del video si notava qualcosa di strano: un'astronave monoposto abbandonare il pianeta, diretto verso una meta sconosciuta. Chi era? Probabilmente colui che aveva sconfitto suo figlio. Perchè Freezer non era di certo il tipo che faceva prigionieri, lui uccideva e basta, quindi se qualcuno aveva lasciato il pianeta mentre lui non lo aveva fatto, allora o era morto o comunque era stato sconfitto. Quando il filmato finì e lo schermo divenne nero, Cold rimase all' oscuro per qualche minuto, indeciso sul da farsi, ticchettando con le dita sulla tastiera del computer. Presa una decisione, si voltò e chiamò un suo soldato, di guardia alla porta. «Ehi tu, chiama tutte le squadre di èlite presenti in questa astronave e dì che Lord Cold ha organizzato un incontro speciale nella sala delle riunioni, ala est, tra dieci minuti.» disse con molta calma, a dispetto di pochi minuti prima, quando aveva quasi ucciso Af. «Sì Lord Cold! Vado immediatamente!» il soldato molto simile a una lucertola si mise sull'attenti e corse lungo il corridoio, felice di aver avuto un ordine così importante direttamente da Cold in persona. Dieci minuti più tardi, quest'ultimo era seduto sul suo trono volante, al centro di una sala circolare, con le gambe accavallate e lo sguardo fisso verso quelli che gli stavano intorno, ovvero le sue 5 squadre di elitè, le 20 persone più forti dell'universo dopo Cold e i suoi figli. Dopo che questi effettuarono il loro migliore inchino, il Re iniziò a parlare :« Vi ho convocati qui per una missione di massima importanza: quello sprovveduto di mio figlio è stato ferito da una creatura di una razza primitiva di cui ha deciso di risparmiare pochi elementi tanti anni fa, un Saiyan. Gli ho sempre detto che avere pietà è un pessimo difetto, ma non credo avrò bisogno di ricordarglielo ulteriormente» e si concesse un leggero ghigno.
La verità è che pensava che suo figlio fosse stato ucciso, o quantomeno ferito gravemente, ma non poteva far trapelare questa informazione, o sarebbe diventato motivo di scherno e la sua razza avrebbe perso autorevolezza, insieme all'idea che la sua famiglia fosse invincibile.
Pertanto si limitò a fare passare l'atto imperdonabile del figlio come un leggero intoppo, un piccolo incidente. «Ad ogni modo, lasciamo perdere il suo avversario. A quello penserà direttamente Freezer una volta curato, immagino voglia vendicarsi direttamente lui di tale affronto. Voglio che concentriate tutte le vostre energie nel recupero di mio figlio nel più breve tempo possibile, setacciate tutto il sistema solare del pianeta Namek se necessario, sono stato chiaro?» e tutti i soldati urlarono un «Sì Lord Cold!!» all'unisono. Questi era soddisfatto, e, concedendosi un secondo sorriso, liquidò i soldati «Molto bene, andate ora. Troverete le coordinate del pianete sui monitor delle vostre rispettive postazioni.» e detto ciò si alzò e tornò nella sua stanza. I suoi soldati d'èlite erano una delle cose di cui andava più fiero e di cui aveva più fiducia, più dei suoi stessi figli. Certo, erano meno forti, ma avevano terrore di lui e pertanto gli erano totalmente fedeli, anzi devoti.
Qualche giorno dopo, Cold fu contattato dalla squadra numero 3, che aveva trovato una corrispondenza al 68% con suo figlio.
Quando si avvicinarono a sufficienza lo spettacolo fu terribile: un corpo tagliato in due di netto, con metà viso squarciato, la bocca spalancata e senza un occhio aleggiava nello spazio, circondato dal suo stesso sangue violaceo sparso ovunque, diviso in tante goccioline fluttuanti.
 Intorno a lui gli ultimi detriti del pianeta orbitavano in quella che un tempo era l'orbita di Namek. Freezer fu prelevato e immesso nella camera di rianimazione, sotto la stretta sorveglianza del padre, che aspettava il risveglio del figlio per sapere chi era stato tanto capace di fare ciò.
Anche le stesse squadre d'èlite erano sorprese: non avevano la minima idea che potesse esistere qualcuno in grado di ferire così un membro della famiglia reale.
Infatti, molti erano convinti che era stato in realtà il fratello Cooler ad averlo ridotto in tale stato, con qualche sotterfugio o cogliendolo di sorpresa, in modo tale da essere l'unico erede al trono. Cold non smentì tali voci poichè era molto più facile che spiegare come il figlio fosse stato malmenato da un guerriero di una razza che dovrebbe essere estinta, per giunta. Mentre osservava la vasca in cui era immerso il figlio, con decine di tubi attaccati in varie parti del corpo, un soldato lo chiamò per comunicargli che suo figlio Cooler aveva chiesto sua udienza. Perciò Cold si allontanò e si incamminò per la sua stanza, dove avrebbe potuto parlare in privato.
La parete di fronte al suo letto matrimoniale disponeva di un enorme schermo di 80 pollici, sul quale comparve il volto di suo figlio.
«Salute a voi padre, le mie fonti mi hanno avvisato che mio fratello è stato ridotto in fin di vita da un Saiyan. Dicono il vero, per caso?» Cold si innervosì.
"Le sue fonti": ora ne era certo, qualcuno dei suoi scagnozzi lavorava per Cooler. Ma fece finta di niente.
«Le tue fonti ti hanno detto bene, figlio. Un patetico Saiyan lo ha ferito gravemente, ma non so come questo possa essere potuto accadere. Sicuramente quello sciocco di Freezer si sarà fatto cogliere di sorpresa o avrà abbassato la guardia, preso com'era da chissà quale strano artefatto magico stava cercando in quell'insulso pianeta. Ebbene?» Cooler era più intelligente, più studioso e più furbo del padre e sapeva benissimo che secondo la leggenda del Super Saiyan un guerriero tanto forte avrebbe potuto sconfiggere il fratello, e date le condizioni di quest'ultimo sicuramente era andata così. No, la sua sconfitta non era stata causata da una futile distrazione o altro. Era dunque reale l'esistenza di un guerriero così forte? «Ammettiamo per un secondo che esista un guerriero in grado di sconfiggere mio fratello. Non sarebbe forse il caso cercarlo, per poi finirlo finchè è ancora stremato dall'ultimo combattimento?» Cold si innervosì ulteriormente «Stai forse insinuando che tale individuo rappresenti una minaccia per me? L'Imperatore dell'universo?» Scoppiò in una fragorosa risata, per poi ricomporsi. «Non esiste nessuno capace di sconfiggermi, te lo sei dimenticato? Forse stai insinuando di avere paura di questo Saiyan, non è così?» «Affatto, padre» lo interruppe Cooler, «Sto solo valutando l'ipotesi che...» «Silenzio! Tu guarda che figli rammolliti! Uno si lascia ridurre in brandelli e l'altro trema dalla paura come una femminuccia! Che vergogna.» e detto questo colpì con un calcio lo schermo, mandando in frantumi il vetro e creando un buco nella parete. Dall'altra parte della galassia, Cooler commentò l'accaduto:«Come pensavo, quell'idiota non mi ha preso sul serio. Mi tocca agire personalmente. Gortan!» Un membro della squadra d'èlite si fece avanti «Sì Lord Cooler?» «Prepara l'astronave, lasciamo il pianeta! Dì inoltre ai nostri esploratori di rintracciare una navicella monoposto partita dal pianeta Namek 12 giorni fa. Al lavoro!» «Ai suoi comandi signore!». Cooler aveva intenzione di eliminare la minaccia? O avrebbe lasciato vivere il Saiyan per farla pagare ai suoi due unici parenti? 

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Capitolo 3
*** Una decisione difficile ***


Erano passate tre settimane da quando Cooler aveva incaricato migliaia di esploratori di trovare Goku, e fino ad'ora nessuno aveva trovato niente.
Localizzare una navicella in continuo movimento non era affatto semplice, specialmente se si conosceva soltanto il punto di partenza della rotta.
Gli esploratori utilizzavano ogni mezzo a loro disposizione pur di non deludere il loro capo: sonde spia, sensori, rilevatori di movimento, rilevatori termici.
Quando individuavano una navicella che somigliava a quella che stavano cercando, interrogavano tutti coloro che si trovavano nelle vicinanze, su una stazione spaziale o su un pianeta se la navicella era atterrata lì. Un giorno, il 29esimo, finalmente un team di esploratori riuscì a risalire alla posizione della navicella del Saiyan qualche giorno prima, così da tracciarne una rotta. Il team fece rapporto a Gortan, che, felice di riportare la buona notizia a Cooler, si apprestò a consegnarli il messaggio. « Possente Cooler, sono lieto di comunicarle che abbiamo scoperto che il Saiyan si trovava nel sistema solare Oris 024k tre giorni fa, e grazie a questo dato abbiamo calcolato la probabile rotta che sta percorrendo.».
Cooler, seduto sul suo trono ascoltava con attenzione, soddisfatto del lavoro svolto. « Ottimo, va' avanti!» «Tracciando questo grafico e osservando l'angolo descritto dal veivolo, possiamo dedurre che tra 15 ore essa si troverà su un pianeta chiamato Yardrat!» « Perfetto. Quanto dista dalla nostra attuale posizione?» « 18 ore, signore!» « Partiamo immediatamente, devo arrivare lì il prima possibile!». Cooler si alzò dal trono e uscì dalla stanza, pensieroso.
In effetti, non aveva ancora deciso cosa fare con lui. Ucciderlo? Lasciarlo in vita? Qual era la mossa più intelligente da fare? Alla fine decise che avrebbe pensato al momento come comportarsi.

 

NdA: di seguito verranno narrate entrambe le scelte che fece Cooler. Ciò che riguarda l'universo di Dragon Ball Vengeance verrà scritto in blu, quello che è accaduto nell'universo originale (così come in molti altri) sarà scritto in verde.

 

18 ore più tardi...

Il Demone violaceo si trovava davanti al pianeta, fuori dalla sua astronave, titubante. Perchè era arrivato fin lì se non era nemmeno sicuro sul da farsi? Il primo istinto era stato quello di eliminare la minaccia, ma ora un'altra idea si stava facendo largo nella sua mente: lasciare che il Saiyan vivesse per far sì che eliminasse Freezer, e magari suo padre. A quel punto l'Impero sarebbe stato totalmente nelle sue mani. Forse, se lui si fosse allenato partendo da oggi stesso avrebbe potuto migliorare ulteriormente la forma potenziata che aveva appena scoperto, che riusciva a mantenere per pochi minuti.
Era davvero fiero di questo nuovo asso nella manica, era il frutto di numerosi allenamenti dovuti alla sconfitta del fratello, in particolare alla paura di qualcuno così vicino al suo livello combattivo. Sì, sarebbe andata così. Alla fine Cooler se ne convinse, e con un atto di leggera superbia pensò che non importava quanto fosse stato forte quel tizio, nella sua nuova forma potenziata era semplicemente formidabile, e nessuno era al suo pari. Pertanto decise di lasciarlo in vita e tornò all'interno dell'astronave, convinto di aver fatto la scelta giusta. Si rivolse ai suoi piloti:« Abbiamo finito qui, possiamo partire.» poi penso fra sè "adesso non mi resta che aspettare, nel frattempo mi allenerò, e poi, quando si saranno fatti fuori a vicenda, l'universo avrà finalmente un valido monarca!". Niente di più sbagliato.


Il Demone violaceo si trovava davanti al pianeta, fuori dalla sua astronave, titubante.
Perchè era arrivato fin lì se non era nemmeno sicuro sul da farsi? Il primo istinto era stato quello di eliminare la minaccia, ma ora un'altra idea si stava facendo largo nella sua mente: lasciare che il Saiyan vivesse per far sì che eliminasse Freezer, e magari suo padre.
Tuttavia, erano soltanto delle supposizioni, che potevano avverarsi come no.
Era proprio il momento di affidarsi a una probabilità, per quanto fosse promettente? La sua nuova forma, ottenuta dai recenti allenamenti, era sì potente, ma potrebbe esserci voluto del tempo per ottimizzarla al meglio. E se non fosse bastata contro il Saiyan? E soprattutto, ora che Cooler ci pensava bene, anche Vegeta disponeva di una forza non indifferente e non a caso era stato il pupillo di suo fratello.
Se anche lui avesse raggiunto lo stadio di Super Saiyan? Uno poteva essere fronteggiato, ma due diventavano un problema assai difficile da gestire.
Cooler immaginò il suo corpo inerme per terra, con un buco nel petto, e i due Saiyan accanto ad esso,le mani sporche del suo sangue, mentre ridevano copiosamente del suo fallimento. « Non posso lasciare che delle scimmie possano rovinare i miei piani, no! Non vanno sottovalutate, possono essere davvero fastidiose. Almeno questo mio fratello lo aveva intuito, ed è per questo che distrusse il loro pianeta. Adesso io completerò l'opera uccidendo questo famigerato Super Saiyan e poi eliminerò anche Vegeta, così il trono sarà alla mia portata. Freezer è già morente, a mio padre penserò dopo: se mi alleno, sono sicuro che col tempo potrò sconfiggerlo. Dopotutto la morte di questo Saiyan non è poi tanto improvabile, dato che sarà sicuramente rimasto gravemente ferito dallo scontro con mio fratello, e io, ufficialmente, mi trovo su Cooler 42, quindi nessuno può intuire i miei piani. Bene, è giunto il momento di agire.».
Alzò il braccio destro con l'indice sollevato, caricò un'enorme sfera di energia arancione, simile a un minuscolo sole, e poi la lanciò con decisione verso Yardrat. «ADDIO SAIYAN, PRESTO ARRIVERANNO ANCHE I TUOI SIMILI!!» L'impatto fu anche più distruttivo di quello che colpì il pianeta Vegeta. Una luce abbagliante investì Cooler, che si parò da essa ponendo la mano sinistra fra i suoi occhi e ciò che rimaneva del pianeta. Qualche secondo dopo non rimaneva più nulla, se non qualche asteroide. Un'intera civiltà fu spazzata via in un attimo,ma dopotutto per raggiungere un bene superiore si dovevano pur fare dei sacrifici. Dopo aver meditato qualche minuto sull'accaduto, convintosi di aver fatto la scelta più saggia, Cooler tornò sull'astronave e disse ai suoi sottoposti di tornare su Cooler 42.

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Capitolo 4
*** Una spiacevole scoperta ***


Erano passati diversi mesi dagli avvenimenti di Namek, e finalmente le Sfere del Drago namecciane erano tornate attive, dopo la morte dell'Anziano Saggio. «Appari, Polunga!» urlò Dende, e poco dopo il cielo si tinse di nero e il grande drago apparì. «Esaudite i vostri tre desideri!» scandì il drago, e a questo punto Bulma si fece avanti e disse :« Come primo desiderio vorremo riportare in vita il nostro amico Crilin, puoi farlo?» il drago restò in silenzio per un attimo. «Costui è morto su un pianeta che è andato distrutto, quindi se tornasse in vita morirebbe in pochissimo tempo, volete che sposti la sua anima su questo pianeta?» Bulma annuì, restando in attesa.
Poco dopo, il drago aveva esaudito il primo desiderio. «Bene drago, adesso riportalo in vita!!» gridò Dende, e per istinto si voltò alle sue spalle, dove era comparsa una luce bianca che li aveva investiti. Quando essa si dissolse, Crilin comparve, raggiante. «Crilin, eccoti!!» disse Gohan andandogli incontro e abbracciandolo. Indossava ancora la battle suit con cui era morto, bucata al centro dalle corna di Freezer. Dopo i vari saluti e festeggiamenti, Gohan chiese finalmente di riportare in vita anche suo padre: «O grande drago, ti prego, riporta in vita mio padre, Son Goku, morto durante l'esplosione del pianeta Namek!». Anche stavolta, Polunga titubò. «Mi dispiace, non posso farlo!» il volto di Gohan mostrò con chiarezza la sua agitazione. «Che cosa? Perchè??».
«Colui che si fa chiamare Goku non vuole essere riportato in vita. Egli afferma che attualmente si trova sul pianeta del Re Kaioh del Nord e si sta allenando duramente per sconfiggere definitivamente l'avversario con cui ha combattuto l'ultima volta.».
Stavolta l'agitazione fu comune a tutti i terrestri. Il più terrorizzato fu Crilin, dato che aveva ancora impressa la sua morte, e il volto sadico del suo spietato assassino, Freezer. «Co...come sarebbe a dire? Freezer non è morto?».
Il drago parve seccato di dover fare da intermediario tra Goku e i suoi amici, per cui tagliò corto: «Dovete sapere che il vostro amico non è morto su Namek: era infatti riuscito a fuggire, ma diversi giorni più tardi il pianeta su cui era atterrato esplose da un momento all'altro, senza un particolare motivo. Per cui, egli è convinto che sia stato il suo nemico noto come Freezer, che lo stava cercando per vendicarsi. Ora ditemi il vostro ultimo desiderio, altrimenti me ne andrò immediatamente.».
Bulma, ancora intontita per lo shock, chiese di far tornare in vita Yamcha. Gohan, preso dalla rabbia, battè i pugni per terra. «Quindi mio padre è morto per niente?! E quel miserabile è ancora vivo? Maledizione!!» Piccolo gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla.
«Calmati Gohan, arrabbiarsi non cambierà la situazione. Piuttosto, tutti noi dovremmo allenarci, nel caso quel mostro decidesse di venire qui per sterminarci tutti.».Le parole di Piccolo gettarono tutti nel più profondo sconforto.
Era davvero la fine? I terrestri erano impotenti davanti a un tale essere. Quel sadico bastardo! Uccidere Goku non gli era bastato, doveva distruggere il suo pianeta e uccidere tutti i suoi amici! Mentre tutti tremavano dalla paura, però, c'era una persona che rideva. Vegeta.
Era rimasto in disparte per tutto il tempo, con le braccia conserte e la schiena appoggiata a un albero, ma adesso si era fatto avanti e aveva raggiunto gli altri.
Osservò con disprezzo Piccolo, col suo classico sorrisetto da essere superiore.
«Ehi muso verde, fammi capire: tu pensi veramente di poter competere con uno come Freezer?» e scoppiò in una risata che risuonò in tutta la zona, sotto gli sguardi attoniti degli altri, che lo guardavano con rabbia. «E cosa ti aspetti che facciamo? Che restiamo a guardare mentre quell'essere ci uccide tutti?» esclamò Yamcha, irritato dal Sayan. «Voi non avete nessuna possibilità a prescindere, che vi alleniate o no, babbei. Io, d'altro canto, mi allenerò per superare Kakaroth e diventerò finalmente il vero Super Saiyan, e dimostrerò a tutti di essere il numero uno!! Io, Vegeta, il Principe dei Saiyan, farò ciò che quell'idiota di Kakaroth non è riuscito a fare: ucciderò Freezer!! Prenderò una di quelle navicelle laggiù, e se al mio ritorno il pianeta non dovesse più esserci, pazienza! Cercherò quel reietto anche in capo al mondo!» e detto questo Vegeta si incamminò verso l'interno dell'abitazione della Capsule Corporation, sparendo dalla vista del resto del gruppo. Gohan, terrorizzato ma allo stesso tempo infuriato, guardò Piccolo e gli chiese di iniziare immediatamente gli allenamenti. Crilin e Yamcha, invece, sarebbero andati al santuario di Dio per allenarsi con Mr Popo. Vegeta sarebbe andato su un altro pianeta, con l'obiettivo di raggiungere il SSJ allenandosi con gravità sempre maggiori. Così, cinque minuti più tardi, i guerrieri si salutarono augurandosi buona fortuna con gli allenamenti l'un l'altro (ad eccezione di Vegeta che partì senza degnarli di uno sguardo) e poi volarono tutti in direzioni diverse.
Gohan, prima di raggiungere Piccolo nel deserto, passò da casa sua e spiegò tutto a sua madre, che scoppiò in lacrime sia per quanto era successo a Goku, sia per il pericolo che correva il suo unico figlio. «Ti prego Gohan, promettimi che starai attento! Quel tipo (riferendosi a Piccolo) non mi piace! E poi, verrai a trovarmi ogni tanto?» «Ma certo mamma! E stai tranquilla, il signor Piccolo mi ha salvato la vita in diverse occasioni , è una brava persona!». Rassicurata la madre, anche Gohan iniziò il suo duro allenamento, pur consapevole che questo probabilmente non li avrebbe salvati. Eppure cosa avrebbe dovuto fare? Restare con le mani in mano? L'unica speranza era che Goku potesse tornare in vita prima che Freezer arrivasse sulla Terra, ma prima che le Sfere del Drago, terrestri o namecciane che fossero, ritornassero attive, sarebbero passati diversi mesi. 

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Capitolo 5
*** Arrivo ***


Il fatidico giorno era arrivato, e i guerrieri Z si sentivano pronti alla resa dei conti finale. La lotta per il destino della Terra sarebbe iniziata da lì a poche ore.
Quella mattina Gohan si trovava a casa sua, a fare tranquillamente colazione. Il suo allenamento con Piccolo aveva dato i suoi frutti, era migliorato di molto da Namek, e ora si era concesso una piccola pausa di due giorni per andare a trovare la madre.
Accese la tv e qualcosa attirò immediatamente la sua attenzione. Il giornalista, che cercava di rimanere impassibile ma che era visibilmente scosso, stava riportando una notizia che annunciava l'arrivo di qualcosa dallo spazio. «Gli astronomi hanno individuato mediante i satelliti un oggetto non identificato, apparentemente una sorta di astronave dalla mole gigantesca, avvicinarsi alla Terra con una velocità impressionante. Attualmente, essa si trova vicino il pianeta più esterno del sistema solare, ma secondo i calcoli dei nostri scienziati sarà qui al massimo tra due ore. Rimanete sintonizzati per ulteriori aggiornamenti. E ora la parola al Presidente per le raccomandazioni...». La notizia fu talmente inaspettata che Gohan sputò il latte che stava bevendo, e sbattè il pugno sul tavolo.
«Dannazione, è qui! Il giorno è arrivato, e non abbiamo ancora resuscitato mio padre!! È finita!!» disse il bambino, digrignando i denti. Proprio mentre si stava facendo assalire dalla disperazione, squillò il telefono, rispose ed era Crilin. Aveva sentito anche lui la notizia e gli aveva riferito che tutti gli altri si sarebbero ritrovati alla casa del maestro Muten tra mezz'ora. Così Gohan si mise la sua vecchia battle suit da Saiyan e, dopo aver salutato la madre, ancora addormentata, si mise in viaggio. Dopo venti minuti arrivò sull'isola, dov'erano presenti Piccolo, Crilin e Yamcha. «Ciao Gohan, quanto tempo! Sei diventato fortissimo, complimenti!» lo salutarono con un sorriso Crilin e Yamcha. «Ehilà ragazzi! Siete migliorati parecchio anche voi!» Piccolo lo guardò con soddisfazione, accennando un leggero sorriso. Sapeva benissimo che soltanto loro quattro non avevano la minima possibilità di sconfiggere Freezer. «Avete notizie di Vegeta?» chiese il bambino, pensando che sarebbe stato un valido aiuto. «Ho chiamato Bulma prima di chiamare te, ma mi ha detto che non è ancora tornato, si trova ancora nello spazio. Ehi, magari l'astronave di cui parlava il telegiornale è proprio la sua e noi ci stiamo preoccupando per niente!» affermò speranzoso Crilin, che fu smentito al volo da Piccolo :«Impossibile, ogni minuto che passa riesco chiaramente a distinguere l'aura malvagia di Freezer, non ho dubbi.» Tutti caddero in un silenzio tombale, delusi.
Loro quattro avrebbero determinato il destino del loro pianeta. Dopo circa un'ora che aspettavano l'arrivo del loro nemico, finalmente Piccolo riuscì a percepire in modo preciso dove sarebbe atterrata l'astronave. Era una pianura deserta a pochi chilometri dalla Città dell'Est, una delle città più grandi del loro Paese.
Si diressero verso quella direzione, tremendamente preoccupati e nervosi. All'interno dell'astronave, Freezer era davvero impaziente di compiere la sua vendetta. «Quanto manca ancora all'atterraggio, padre?» chiese a Re Cold. «Pochi secondi, rilassati. Presto avrai la tua vendetta e la vita di quel Saiyan sarà tua.» «Puoi dirlo forte, padre. Non mi farò sconfiggere una seconda volta!» disse il Demone stringendo con vigore i pugni. Aveva imparato a padroneggiare la sua forma originaria, ma depotenziandola al 50% della sua potenza, il 100% rimaneva ancora piuttosto instabile. I quattro guerrieri, nel frattempo, aspettavano che l'astronave atterrasse del tutto e spegnesse i motori, ponendo fine a quel polverone che stava alzando e che infastidiva gli occhi dei quattro.
Quando finalmente il rumore dei motori cessò, il suo portellone si aprì e da esso uscirono centinaia di soldati che stesero immediatamente un tappeto rosso lungo diverse decine di metri per poi disporsi lungo i due lati di esso facendo un saluto ai due sovrani.
Dopo qualche secondo, Re Cold e suo figlio attraversarono il tappeto, ponendosi alla fine di esso, faccia a faccia con i quattro guerrieri terrestri, che osservarono tutta la scena impietriti. «Dunque, siamo alla resa dei conti.» disse Freezer sogghignando, mentre il padre accanto a lui li scrutava con le braccia conserte. «E sarebbero questi i tuoi avversari? Sono davvero miseri!» «Non loro, padre. Questi mocciosi, fatta eccezione per il giovane con la tuta arancione e i capelli lunghi che non conosco, hanno tentato di mettermi i bastoni fra le ruote più volte sul pianeta Namek. Pagheranno con la vita, presto!». «Provaci, mostro! Venderemo cara la nostra pelle!» esclamò con coraggio Crilin, che era stato eliminato dal Demone su Namek.
Mentre la discussione era in atto, decine di elicotteri e automobili volanti si avvicinavano all'astronave, attirando l'attenzione di tutti. Uno di loro atterrò vicino i guerrieri, dal quale uscì Bulma. «Bulma! Vattene subito! È pericoloso!» urlò preoccupato Yamcha, ancora attratto dalla ragazza sebbene non stessero più insieme. «Non se ne parla nemmeno! E poi volevo vedere questo fantomatico Freezer, dato che su Namek non ne ho avuto l'occasione.» sia l'arrivo della terrestre che dei giornalisti irritò Freezer. «Come hai fatto a trovarci?» chiese Gohan. «L'arrivo di questi tipi è su tutti i canali in tv, ho semplicemente seguito i giornalisti che vedete qui sopra.» disse con fierezza Bulma. Freezer si sentì ancora più irritato, vedendosi chiamare in questo modo. «Evidentemente non sai con chi stai parlando, questo non è il modo di rivolgersi al tuo Imperatore, insetto! Ecco una piccola dimostrazione di ciò che vi accadrà tra poco.» e detto questo si alzò in volo, mettendosi al centro del cerchio descritto dai veicoli volanti. Da uno dei microfoni si sentì «Cari telespettatori, ecco uno degli alieni visitatori appena arrivati. Signore, potrebbe dirci il motivo della vostra visita?». L'alieno si voltò verso di esso, sorridente e con le braccia conserte. «Ma certo. Sapete, a volte ritengo che le parole non siano sufficienti per descrivere qualcosa. Lasciate che ve lo dimostri!». Gohan, intuendo cosa stesse per succedere, fece per alzarsi in volo, ma fu intercettato all'istante da Cold, che con un colpo della sua coda lo scaraventò a terra, mentre gli altri lo soccorrevano. «Il prossimo che si mette in mezzo, morirà.» affermò con fermezza il re, tornando sul tappeto. Freezer distese le braccia lungo i suoi fianchi per poi incrociarle con velocità, facendo esplodere tutti i veicoli intorno a lui. Ai guerrieri non restò che guardare quella scena terribile, senza la possibilità di poter far nulla. Quando il carnefice tornò a terra, Bulma esplose di rabbia: «È questo che fai? Uccidere persone innocue e innocenti?! Se Goku fosse già tornato in vita te l'avrebbe fatta pagare cara!». Quelle ultime parole fecero riflettere Freezer, che domandò:«Dunque il Saiyan è morto? E che diavolo significa "tornato in vita"? Questo vuol dire che... su questo pianeta ci sono altre sfere del drago come quelle di Namek!». Bulma, che stava per scoppiare a piangere, si sentì in colpa per aver fornito quella preziosa informazione all'alieno, e fu consolata da Yamcha, che le mise una mano sulla spalla dicendole che non era colpa sua se aveva perso la pazienza. Freezer si rese conto della reazione della ragazza, e scoppiò in una risata.
«Beh, grazie dell'informazione. E ora, visto che sei tanto dispiaciuta per quelle nullità che sono appena morte, sarai felice di sapere che stai per raggiungerle!». Questo lasciò a bocca aperta tutti i guerrieri Z, che sembrarono pietrificati udendo quelle parole. Ma prima che riuscissero a intervenire, un colpo energetico partito dal dito del Demone del Freddo aveva colpito in pieno il petto di Bulma, che cadde a terra, priva di vita, fra le braccia di Yamcha. Un'esplosione di rabbia invase i cuori dei suoi amici, pronti a iniziare il loro ultimo combattimento.

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Capitolo 6
*** Il piano ***


Yamcha osservava a bocca aperta lo spettacolo macabro di fronte ai suoi occhi: Bulma, con cui fino a poco tempo aveva una relazione, era lì, fra le sue braccia, con la sua tuta blu tinta di un sangue rosso scuro e gli occhi spalancati che fissavano il nulla.
Tutti i sensi del guerriero erano come ovattati, non riusciva a percepire le mani rese umide dal sangue della ragazza, o il suo corpo che ancora emanava calore, o la risata del tiranno che l'aveva ridotta così, in questo stato.
Ma, mentre percepiva a malapena tutto ciò, l'odio e la rabbia prendevano pian piano il posto del dolore nel suo cuore, riempendolo di una nuova forza.
Posò delicatamente il corpo inerme per terra e scattò a tutta velocità contro il suo nemico, urlando imprecazioni contro di lui.
Inutile dirlo, quell'attacco fu totalmente inutile: la loro disparità era troppo evidente. Il pugno del giovane colpì in pieno viso Freezer, che non si mosse nemmeno di un centimetro. «Divertente. Molto divertente.» affermò sorridendo quest'ultimo, che colpì Yamcha col braccio facendolo schiantare diversi chilometri più in là.
Re Cold, nel frattempo, si era fatto da parte ed era tornato in orbita con la sua astronave, pensando giustamente che il figlio non avesse affatto bisogno del suo supporto. A questo punto si fecero avanti altri guerrieri, cioè Crilin e Gohan. Attaccarono insieme come una furia, senza nemmeno riflettere su una strategia, ma Freezer parava tutti i colpi degli avversari senza troppa fatica. Dopo qualche minuto si stancò e calciò via Gohan come fosse un pallone, ma trattenne Crilin, stringendolo con la sua coda. «A te riserverò un trattamento speciale, voglio ucciderti di nuovo! Dimmi, sei tornato in vita con le sfere del drago, non è così?» chiese il Demone, che non ottenne alcuna risposta se non dei rumori agonizzanti.
Fortunatamente arrivò in suo soccorso Piccolo, il più forte del gruppo, che lo liberò con un calcio dritto in faccia che fece cadere il nemico qualche metro più in là. «Ti pentirai di esserti messo in mezzo, namecciano!» disse con rabbia Freezer, mentre si asciugava con il dorso della mano il sangue che gli usciva dal naso.
Piccolo si liberò del mantello e del turbante, per essere più agile, mentre Crilin si allontanava ancora ferito, annuendo allo sguardo fisso del suo compagno.
Poco prima di arrivare sul luogo dello scontro, infatti, i quattro guerrieri avevano ideato una strategia: Piccolo e Yamcha, avrebbero tenuto occupato Freezer, Gohan avrebbe usato a sorpresa il Taiohken e infine Crilin l'avrebbe tranciato a metà con il Kienzan.
Quando iniziò lo scontro Piccolo fu immediatamente in netto svantaggio, e anche quando tornò Yamcha per dargli manforte la situazione non cambiò. Tuttavia, il piano continuò ugualmente: Gohan urlò il nome di Freezer per attirare la sua attenzione mentre gli altri chiusero gli occhi, dopo utilizzò il Taiohken e il Demone si ritrovò accecato, mentre imprecava e si agitava furiosamente. "Non devo assolutamente mancarlo, è la nostra unica possibilità." pensò Crilin, mentre scagliava con forza il suo attacco migliore. Ma le cose non andarono come previsto: Freezer ,conoscendo già quell'attacco, intuì il loro piano e riuscì a scanzarsi all'ultimo, anche se il Kienzan lo aveva comunque colpito, tagliandogli un braccio di netto. Stavolta erano le sue di urla a risuonare in lungo e in largo, mentre i terrestri, pur avendo fallito, pensavano di avere una possibilità, ora che si era indebolito. «Maledetto pelato, maledettoooooo!!» urlò con tutte le sue forze Freezer, mentre si contorceva dal dolore, ancora cieco. «Presto, finiscilo Crilin! Non ha ancora riacquistato la vista!» gli suggerì di tutta fretta Yamcha, che pensava che avesse la situazione in pugno.
Il guerriero annuì, preparò un altro Kienzan e lo lanciò nuovamente. Ma proprio in quel momento il tiranno iniziò a vedere, seppur sfuocata, la figura del terrestre che sferrava il colpo micidiale. Stanco di giocare e del tutto in preda alla rabbia, schivò il colpo con un salto, si teletrasportò davanti al pelato e lo infilzò con la sua mano, strappandogli il cuore dal petto ancora pulsante. Fatto ciò, si diresse verso Yamcha e lo sgozzò con la stessa mossa, lasciando soffocare il terrestre con il suo stesso sangue. Quando i due corpi caddero per terra, Freezer si rivolse verso i soli due guerrieri rimasti, ovvero Gohan e Piccolo:«Preparatevi, questa è la vostra fine. Vi pentirete di avermi fatto un tale danno!» urlò, ansimante, mentre perdeva ancora sangue.
Sapeva che le forze lo stessero velocemente abbandonando e pertanto doveva concludere in fretta il combattimento. Intanto, dall'altra parte del pianeta, la navicella della Capsule Corporation era appena entrata nell'atmosfera terrestre e si dirigeva velocemente verso la superficie.

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Capitolo 7
*** Ingannato ***


Una volta che i motori si erano spenti del tutto, Vegeta scese dalla sua navicella, più forte che mai. «Riesco chiaramente a percepire l'aura di Freezer, ma ci sono soltanto il figlio di Kakaroth e il muso verde, che fine hanno fatto gli altri?» si chiese il Saiyan, anche se poteva immaginare già la risposta.
Non gli importava più di tanto dopo tutto, perciò si mise in viaggio verso il luogo dello scontro. Nel frattempo,Piccolo e Gohan, nonostante fossero furiosi, nella prima parte della battaglia erano stati ampiamente sopraffatti dal mostro, ma che, a causa delle ingenti ferite, perdeva sempre più forza col passare del tempo.
Nella seconda parte del combattimento, infatti, la situazione stava lentamente volgendo a loro favore, che altamente motivati portavano a segno più colpi di quanto ne ricevessero. «Dannati insetti, se avessi ancora entrambe le braccia a questo punto sareste spacciati!» affermò il loro nemico, il cui potere dal 50% declinava tragicamente verso un 30%. Se non fosse stato attento la sua morte sarebbe arrivata a breve, doveva escogitare qualcosa, ma non gli veniva in mente niente.
«Non ti perdonerò mai, Freezer! Hai ucciso mio padre e i miei amici!!» urlò Gohan, lanciandosi con tutte le sue forze contro di lui.
Il suo livello combattivo, da arrabbiato, era poco minore di quello del suo maestro, che lo guardava sbalordito. Quella furia cieca avrebbe potuto avvantaggiarlo di molto, ma lo avrebbe portato certamente a fare scelte incaute. Il giovane Saiyan non diede il tempo al Demone di reagire, che iniziò a subire una serie di calci e pugni su tutto il torace. Improvvisamente, però, Gohan si fermò, chiamato dal suo maestro. «La senti anche tu, Gohan?» chiese Piccolo, speranzoso.
Il bambino stava per chiedere cosa ma non lo fece poichè noto immediatamente una notevole forza in avvicinamento.
«È tornato... È Vegeta!» disse gioioso, pensando che in tre non avrebbero potuto perdere. Purtroppo per lui, Freezer approfittò di quel momento di distrazione per colpirlo dietro la nuca, dato che nel frattempo si era voltato quando Piccolo lo aveva chiamato. Il Saiyan cadde a terra, chiudendo gli occhi e perdendo i sensi. «Ringrazia che non ho la forza per finirti, altrimenti lo avrei fatto sicuramente!!» disse Freezer, ansimante, sputando sul corpo dell'infante.
Questo fece ribollire dalla rabbia il suo maestro, che, maledicendo ad alta voce il mostro, si scagliò contro di lui a tutta velocità. L'atteggiamento del namecciano fece capire al Demone del Freddo quanto fossero legati i due, e così decise di sfruttare la cosa a suo vantaggio, bluffando.
Poggiò la mano a terra, inginocchiandosi. « Fermati immediatamente! Se non vuoi che faccia esplodere la Terra all'istante, fermati adesso!» L'unico guerriero rimasto in piedi si fermò di colpo, preso alla sprovvista. « Stai bluffando! Non ti è rimasta abbastanza energia! Cos'è? Uno dei tuoi sporchi trucchetti?» « Non mi è rimasta abbastanza energia? E chi lo dice? Posso distruggere questo pianeta misero con un colpo solo, ne vuoi una prova?» lo provocò il Demone.
Valeva la pena correre il rischio? Se fosse stato troppo avventato il sacrificio dei suoi compagni sarebbe stato inutile. Piccolo rimase sospeso a mezz'aria per quasi un minuto prima di prendere una decisione, analizzando ogni possibilità. Alla fine gliela diede vinta, poichè fare altrimenti sarebbe stato troppo avventato.
Rilassò i propri muscoli e si mise con le braccia conserte, assecondando l'avversario.
«Parla, è evidente che hai un piano.». Freezer sorrise: il suo nemico ci era cascato. «Voglio che tu mi lasci andare come se niente fosse, in cambio io risparmierò il tuo amico e ogni misero essere che vive su questo pianeta.» ma Piccolo sapeva che ci fosse qualcosa sotto, non era stupido. Tuttavia, doveva prendere una decisione in fretta, altrimenti Vegeta avrebbe certamente voluto uccidere l'alieno e allora tutto sarebbe andato perduto. Sarebbe arrivato sul posto sì e no tra due minuti. Che fare? Se lo avesse attaccato forse avrebbe vinto, o forse la Terra sarebbe esplosa, rendendo vani tutti gli sforzi fatti finora.
La sua mente si soffermò sul pensiero del corpo indifeso del piccolo Gohan mentre si disintegrava insieme al pianeta. No, non poteva permetterlo.
Senza contare che anche lui sarebbe morto nell'esplosione e quindi non sarebbe tornato in vita nessuno.
«D'accordo, ti dò trenta secondi di tempo: se non ti togli immediatamente di torno Vegeta ti farà fuori, e io non lo fermerò.» decise infine il namecciano, seppur con rammarico. Freezer si concesse un sorriso beffardo: forse aveva ancora una chance. Senza perdere nemmeno un istante, si sollevò in aria diretto verso l'astronave di suo padre, alla massima velocità. Quell'idiota era stato tanto stupido e sentimentale da lasciarlo andare per davvero. "Miserabili insetti! Come hanno potuto ridurre in fin di vita me, il grande Freezer? Adesso ve la vedrete con mio padre, che vi terrà occupati mentre io mi riprendo nella vasca di rianimazione, così poi potrò cercare le Sfere del Drago in santa pace. Devo ideare un piano per convincere mio padre a non ucciderli, nè tantomeno distruggere il pianeta, o le Sfere spariranno come quando il vecchio namecciano morì su Namek." pensò fra sè e sè, mentre accedeva all'interno dell'astronave. Ad accoglierlo fu proprio Re Cold, a cui il figlio spiegò tutta la situazione. «Padre, ti supplico, non ucciderli: voglio vendicarmi io stesso! Falli soffrire come non mai, divertiti pure con loro, ma aspetta finchè non sarò tornato in forze! Mi basta mezz'ora nella Vasca Speciale.». Il Re, inizialmente restio a non uccidere i terrestri, infine accettò, mentre pensava a quanto debole fosse suo figlio.
Provava una grande delusione nei suoi confronti, ma alla fine comprese il desiderio di vendetta, che ritenne plausibile, e raggiunse il terreno di battaglia.
Piccolo, nel frattempo, aveva tirato un sospiro di sollievo, lasciandosi cadere per terra in ginocchio e allo stremo delle forze.
Lo scontro lo aveva messo a dura prova, e nonostante ce l'avesse messa tutta e il suo nemico fosse indebolito, senza l'aiuto del suo allievo sarebbe morto sicuramente. Incredibile, quel piccoletto gli aveva salvato la vita, anche se ora erano pari.
Quando Vegeta arrivò sul posto, volle, ovviamente, delle spiegazioni:«Che diavolo è successo qui? Perchè l'aura di Freezer si è allontanata?Non dirmi che lo hai lasciato andare!!» esclamò colmo d'ira il Saiyan. «Avrebbe distrutto il pianeta, quindi in un certo senso ti ho salvato la vita. Dovresti ringraziarmi.» tagliò corto con calma Piccolo.«Giuro che ti faccio a pezzi! Non mi importa niente se questi idioti non torneranno in vita se ti uccido!!» sbottò Vegeta, afferrando per la maglietta l'alieno verdastro. Ma l'espressione di entrambi cambiò radicalmente quando sentirono un'enorme aura in rapido avvicinamento.
Il Saiyan lasciò la presa, iniziando a sudare freddo: aveva sentito varie storie su Cold, e sulla sua forza. Si diceva che possedesse varie trasformazioni come il figlio ma che il suo potere fosse ancora più immenso di quest'ultimo. Ora, il guerriero era molto più forte di prima, pertanto tentò di togliersi dalla testa quei brutti pensieri, cercando di autoconvincersi della sua vittoria. L'imperatore piombò vicino ai due come se fosse un fulmine durante una tempesta, creando una voragine dal diametro di tre metri. «Quell'inutile essere di mio figlio è riuscito a farsi mettere in difficoltà da voi inferiori, sono molto deluso. Dopo essermi liberato di questa ridicola faccenda avrò modo di punirlo, ma questo, dopotutto, non è un vostro problema. Ora ve la vedrete con me!» si presentò Cold, indicando sè stesso con il pollice destro.
Vegeta, pur essendo intimorito, non lo diede a vedere.
Senza smettere di fissare l'imponente avversario, si rivolse al suo alleato: «Ehi, muso verde, vedi di levarti di mezzo! Affronterò Cold senza il tuo inutile sostegno. Ah, e porta anche il moccioso con te, non voglio nessuna interferenza!». Piccolo si sentì incredibilmente stupido. Come aveva fatto a non pensarci? Cold non se n'era andato via ma era rimasto nelle vicinanze, ovviamente, e preso com'era dalla battaglia non ne aveva percepito la presenza.
Il danno ormai era fatto e non poteva rimediare in alcun modo. Si domandò perchè Vegeta fosse così sicuro di sè, forse aveva davvero raggiunto un potere ineguagliabile? Forse anche lui era diventato un Super Saiyan? Tuttavia, senza farselo dire due volte prese Gohan in braccio e si allontanò dal campo di battaglia, pur essendo affaticato. Dov'era diretto? Beh, mentre volava il più velocemente possibile, verso il luogo in cui aveva percepito per la prima volta l'aura del principe, fissando il volto del suo allievo, un'idea si fece sempre più insistente nella sua mente: doveva salvarlo, a tutti i costi. Aveva visto, lui prima di tutti, l'enorme potenziale che il giovane aveva, e se qualcuno aveva una possibilità di sconfiggere quei mostri (oltre Vegeta, ma questa era per lo più una speranza illusoria), quello era lui.
Per tale motivo, dato che con molta probabilità lo scontro sarebbe finito con una vittoria di Cold, e nessuno era alla sua altezza, Piccolo decise di dirigersi verso la navicella di Vegeta per lanciare nello spazio il giovane Saiyan, in modo tale che fosse al sicuro. Mentre il namecciano si preoccupava dell'incolumità di Gohan, lo scontro tra Vegeta e Cold stava per iniziare. Il Saiyan sarebbe durato abbastanza a lungo da consentire a Piccolo di attuare il suo piano?

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Capitolo 8
*** Un barlume di speranza ***


«Bene bene, chi abbiamo qui? Il Principe dei Saiyan, quale onore!» lo schernì Cold, tentando di far perdere la pazienza al suo avversario.
«Ah, mi conosci? Evidentemente sono più importante di te, perchè io non ho la minima idea di chi diavolo tu sia! Sei forse il NONNO di Freezer?» ricambiò il Principe ridendo, e a giudicare dall'espressione di Cold aveva avuto effetto, poichè, subito dopo aver digrignato i denti, quest'ultimo si era messo in posizione di guardia per poi lanciarsi contro il nemico. Vegeta non lo vide nemmeno arrivare, subendo un montante destro sulla mandibola che lo scaraventò a terra.
"Non ridi più,ora?" pensò il monarca, tornando con le braccia conserte.
Quando Vegeta si alzò in piedi era talmente furioso che senza pensarci saltò addosso al suo nemico, sferrando una serie di pugni sul suo petto, che però furono tutti intercettati senza il minimo sforzo. Dopo una decina di secondi il Saiyan aveva il fiatone, così indietreggiò.
La risata di Cold però lo convinse a tornare all'attacco, ma stavolta andò diversamente: il Demone infatti non si limitò a parare i colpi ricevuti ma con la sua coda afferrò la caviglia dell'uomo, scaraventandolo diverse volte per terra per poi infine rialzarlo davanti a sè a testa in giù per tentare di colpirlo con una cornata dritto al cuore. Fortunatamente Vegeta, nonostante fosse altamente frastornato, ebbe la rapidità di lanciare un colpo energetico in faccia all'avversario che si vide costretto a lasciarlo libero. Il Principe approfittò del momento per sollevarsi in aria di qualche decina di metri per scagliargli contro il suo attacco energetico migliore «Cannone Garlick!» gridò, mentre dalle sue mani usciva una sfera viola diretta verso il Demone del Freddo.
Quest'ultimo, dopo essersi ripreso dalla leggera scottatura sul viso riuscì a schivare giusto in tempo il colpo nemico, che causò una grande esplosione e una voragine profonda di svariati metri. «La pagherai per questo, scimmione! Ti umilierò come nessuno ha mai fatto!» e detto questo Re Cold sprigionò la sua aura iniziando a tremare leggermente, trasformando il suo corpo sempre di più: il suo cranio si era allungato di molto e diversi spuntoni uscivano da tutto il torace, mentre Vegeta lo osservava attonito. "La sua aura è cresciuta a dismisura, non ho alcuna possibilità!" pensò l'orgoglioso guerriero, preso dallo sconforto.
Il tiranno dovette accorgersene poichè approfittò di quel momento di disperazione per infierire sul nemico tramite una serie di pugni e calci, per poi concludere con una ginocchiata sull'addome che gli fecero sputare sangue e che lo mandarono KO.
Vegeta si muoveva molto lentamente, e ad ogni centimetro che percorreva strisciando sentiva una fitta dolorosa alla pancia e tutte le sue costole scricchiolare. «Da...n..nazione... Non può... finire...così» borbottò il Saiyan, tentando di mettersi a pancia in su. Alla fine ci riuscì, ma il suo intero corpo protestò poichè sentì un dolore lancinante. Cold, nel frattempo, si stava godendo lo spettacolo, mentre si liberava dell'ingombrante mantello.
«Questo è ciò che vi meritate voi razze inferiori, la morte! Ma non una morte qualsiasi, dev'essere dolorosa, umiliante, mortificante! Mai nessuno, fatta eccezione per una persona, mi aveva costretto a ricorrere a questa forma, e il fatto che io l'abbia usata per contrastare un essere inferiore come te mi provoca vergogna!» l'imponente alieno affondò un piede sul petto dell'inerme rivale, che si ritrovò col fiato mozzato. «Ho deciso: ti farò soffocare! Svuoterò i tuoi polmoni, fracasserò la tua gabbia toracica!» tuonò il Re, dimenticandosi di ciò che gli aveva detto prima il figlio riguardo la sopravvivenza dei terrestri.
Vegeta tentò in tutti i modi di rimuovere quel piede dal suo petto, ma le forze lo abbandonavano sempre di più, finchè non svenne.
Dopo qualche secondo di una visuale totalmente nera, rivide, in mezzo a quell'oscurità, una persona che pensava non avrebbe più incontrato.
L'uomo era voltato e dava le spalle al principe, che avanzava verso di lui. Aveva una chioma dorata, la tuta a brandelli e il corpo pieno di ferite e sangue. «Chi sei?» si chiese il principe, "e soprattutto, dov'è finito Cold? Forse mi ha ucciso e io sono finito all'inferno?".
Mentre avanzava queste ipotesi, anche egli stesso si avvicinava sempre di più all'uomo, che aveva ignorato del tutto la sua domanda.
«Sto parlando con te, voltati o ti faccio fuori!» dichiarò spazientito l'uomo. Infine, quella persona si voltò lentamente, lasciando di stucco Vegeta. «Non può essere, tu sei morto! Allora questo è davvero l'inferno, non è così, Kakaroth?» ma il Saiyan si limitò a sorridergli come era solito fare. Goku, il Super Saiyan che aveva sconfitto Freezer, lo fissava intensamente con i suoi occhi azzurri e severi. «Che diavolo stai facendo, Vegeta? Lì fuori c'è un nemico molto forte, è vero, ma tu devi sconfiggerlo! Quegli esseri hanno distrutto molti mondi tra cui il nostro, ricordi? Io stesso sono morto per mano di uno di loro! Devi vendicarmi!» gridò il Super Saiyan, mutando la propria espressione pacata in una piena di collera. Quelle parole scossero nel profondo Vegeta, ma superato lo shock iniziale si accorse che una nuova energia stava nascendo dentro di lui. Quel Goku, o Kakaroth, che tanto aveva invidiato per aver raggiunto lo stadio del leggendario Super Saiyan, ora lo spronava a dare il meglio, motivandolo e facendo crescere in lui una forza straordinaria. «Io ora ti dono il mio potere, la mia forza. A me non serve più, usala per sconfiggere quel nemico che minaccia la Terra, e vendica me e la nostra stirpe come feci io su Namek! E ora va'!» e conclusa la frase la sua aura dorata si avvolse su Vegeta, mentre i capelli di Goku diventavano lentamente neri, accasciandosi su sè stessi. Il Principe dei Saiyan si sentì quasi rinato, ora aveva un obiettivo: vendicare definitivamente la sua razza.
Aveva abbandonato tale scopo semplicemente perchè dopo Namek era così ossessionato da raggiungere il suo rivale che non pensava ad altro, ignorando tutto il resto. Immediatamente Vegeta riaprì gli occhi e scoprì che Cold era ancora lì, che lo fissava trionfante, ormai convinto della morte del suo avversario. Anche nel mondo reale la stessa aura dorata che lo aveva avvolto in quella allucinazione circondò tutto il suo corpo, i suoi capelli diventarono biondi e i suoi occhi si colorarono di un azzurro intenso, per non parlare dei suoi muscoli che apparvero decisamente più tonici di prima.
Il sorrisetto soddisfatto del Demone sparì del tutto, lasciando il posto a un'espressione mista tra lo stupore e il terrore: era quella la trasformazione che tanto temeva il figlio? Era così temibile come pensava quest'ultimo? Questa nuova forza insieme al discorso incoraggiante di Kakaroth consentirono a Vegeta di liberarsi dalla morsa del nemico, che fu lanciato in aria senza troppa fatica, consentendo finalmente al Saiyan di tornare a respirare. Ciononostante, rialzarsi fu comunque doloroso poichè molte costole erano incrinate, e probabilmente uno dei due polmoni era perforato, poichè l'uomo ebbe seri problemi a respirare. Doveva finire in fretta il suo avversario, o non ce l'avrebbe fatta. Qualche secondo dopo Cold tornò a terra, e stranamente aveva nuovamente il suo sorrisetto compiaciuto. Fissò il nemico con aria di sfida, che si teneva il fianco sinistro con la mano destra, e con l'altra mano si asciugava il volto insanguinato: «Forse hai acquisito una forza nuova, e allora? Questo non cambia la tua sorte Saiyan, per due motivi sostanziali: il primo è che io ti sono ancora superiore, il secondo è che stai morendo lentamente, non resisterai più di qualche minuto. In ogni caso, hai perso.» spiegò il sovrano, sicuro di avere la situazione sotto controllo. Inoltre, se proprio le cose fossero andate male, avrebbe ricorso alla sua ultima trasformazione, tornando alla forma originaria. Vegeta sapeva che la situazione fosse critica, ma non voleva darlo a vedere. Pertanto, si limitò a prendere in giro il mostro :«Dici così perchè hai paura, proprio come tuo figlio quando l'altro Super Saiyan stava per porre fine alla sua vita. Adesso vedrai di cosa è capace un Principe Super Saiyan!» urlò Vegeta, aumentando la propria aura e raggiungendo in pochi istanti il nemico, che, impreparato, non riuscì a parare neanche un colpo. Ce l'aveva fatta: il tanto agognato Super Saiyan era finalmente diventato realtà, e sembrava davvero formidabile. Ma sarebbe bastato? Il tempo era contro di lui, e se Freezer fosse tornato, ovunque fosse adesso, le cose si sarebbero messe veramente male.

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Capitolo 9
*** Principe contro Re ***


Vegeta stava colpendo ripetutamente senza fermarsi il suo nemico, che fino a qualche minuto prima lo stava massacrando e che gli sembrava imbattibile.
Eppure, con la nuova trasformazione aveva acquisito un grande vantaggio, sebbene ad ogni movimento che facesse un dolore atroce lo trafiggeva nel corpo e nella mente. Deciso a concludere in fretta il combattimento, dopo l'ennesimo pugno sul volto il principe finì la combo con una ginocchiata sullo stomaco, e quando il nemico fece per sputare sangue dalla bocca l'agguerrito guerriero agguantò con la mano destra la mascella di Cold per sparargli un bocca una sfera energetica.
«Muori!» urlò Vegeta, convinto di aver finito il suo avversario, che nel frattempo stava arrancando qualche metro indietro, preso dalle convulsioni causategli da quell'attacco.
Tutta la sua gola nonchè parte degli organi interni erano ustionati, e questo faceva soffrire molto il sovrano.
"Maledizione, non ho altra scelta: devo trasformarmi o morirò! In questo modo dovrei rigenerarmi, e dopo gliela farò pagare cara!" pensò il Demone del Freddo, mentre iniziò a illuminare tutto il suo corpo, causando una grande esplosione che investì il Saiyan che si dovette parare con le braccia per non subire danni.
«Si sta trasformando ancora? Pensavo che con quell'attacco l'avessi messo KO! Devo escogitare altro...Queste ferite... mi stanno uccidendo!!» bisbigliò Vegeta, quasi sul punto di essere incapace di continuare lo scontro.
A un tratto la grande esplosione di luce terminò e al suo posto ricomparve Re Cold, completamente rinnovato e privo di ferite.
Adesso appariva molto più dall'aspetto umanoide che da rettile, la sua pelle sembrava quasi più bianca della neve e le placche bluastre sulle spalle, sulla testa e sulle gambe luccicavano sotto la luce del sole. Il nuovo Cold si guardò intorno per notare l'enorme voragine causata dal suo violento cambiamento.
«In questa forma sono leggermente incontrollabile, sarà meglio che stia attento quando mi muovo. Tutta questa potenza è ben al di sopra del mio controllo mentale, è come se fosse il corpo di qualcun altro.» affermò il tiranno, esaminando il suo nuovo corpo con lo sguardo e con il tatto. "La sua aura è cresciuta parecchio, mi è di nuovo superiore." pensò il suo avversario, mentre a un tratto non riuscì più a trattenere il dolore che lo attanagliava ormai da diversi minuti, cadendo in ginocchio e cominciando a tossire. «Ahahaha, che scena pietosa, davvero. Pensi che così facendo ti risparmi la vita? Pagherai per come mi hai ridotto prima! Sai, mi ha fatto un male cane e ho intenzione di restituirti il favore!» e così dicendo Cold avanzò lentamente verso l'ormai stremato guerriero, e ad ogni suo passo il terreno sprofondava sempre di più, come se si ritirasse su sè stesso dinanzi a quella maestosa potenza. "Non ho altra scelta, devo tentare il tutto per tutto! Ancora qualche istante e soffocherò nel mio stesso sangue, non volevo arrivare a tanto ma ormai è troppo tardi. Spero solo che riuscirò a incontrare Kakaroth nell'aldilà, soltanto per dirgli che l'ho superato!" pensò Vegeta, ormai sul punto di svenire.
Purtroppo per lui, quel flusso di pensieri fu interrotto da un attacco di Cold, che semplicemente agitando il braccio destro verso l'esterno aveva causato un'esplosione, provocando varie ustioni su tutto il corpo del Saiyan. Quest'ultimo fece finta di essere morto, mentre in realtà stava raccogliendo le sue ultime energie.

Nel frattempo, sull'astronave imperiale...

Il dottor Abrahm,il più grande scienziato dell'Impero, stava osservando il computer di fronte a lui. Si trovava nella Sala di Rianimazione, dove era situata la sua Vasca Speciale, da lui creata qualche mese fa.
Fu utilizzata per la prima volta su quella nave quando Re Cold trovò il corpo mutilato del figlio, che per lo stesso motivo ora si trovava all'interno dello stesso macchinario. Il dottore ricordava benissimo cosa lo aveva condotto fin lì, ai confini della galassia, in quel Sistema Solare da molti sconosciuto: mesi fa, quando Abrahm era "semplicemente" il ricercatore più famoso del suo pianeta, Cold 246,fece una scoperta che avrebbe cambiato il mondo della medicina.
Aveva infatti trovato un modo di permettere a un qualunque organismo di rigenerarsi completamente da qualunque ferita, anche quelle apparentemente impossibili da curare o estremamente mortali. Tale scoperta fu talmente sensazionale che le voci arrivarono fino a Cold in persona, che appresa tale notizia si diresse immediatamente sul pianeta.

«Mi sono giunte delle voci riguardanti una tua recente scoperta, e sono venuto in questo posto remoto soltanto per poterlo constatare di persona. Ti avverto che se si dovesse trattare di una bufala ideata da te per ottenere un posto nel mio equipaggio personale, sappi che tu e la tua famiglia farete una brutta fine!» tuonò Cold diffidente, dato che non era la prima volta che qualcuno tentasse di attirare la sua attenzione per assicurarsi un posto di rilievo nell'Impero.
Odiava gli impostori e gli adulatori, per questo li faceva fuori senza pensarci due volte.
Il dottor Abrahm, tuttavia, non si fece intimorire da quanto detto dal suo re, sicuro della sua brillante idea:
«Niente affatto mio Lord, ho ideato un progetto di una speciale vasca di rigenerazione che soppianterà completamente i modelli attuali. Il mio nuovo prototipo di vasca, chiamato da me Vasca Speciale, cura il corpo sottoposto al trattamento al 100%, senza lasciare traccia di ferite, anche se esse sono assai gravi, come per esempio l'amputazione di un braccio. I risultati sono assolutamente veritieri e del tutto confermati, ho provato io stesso il macchinario su mio figlio. Vede, è stato malato fin dalla nascita e la medicina moderna non trovava...» «Sì vabbè, non mi interessa. Io voglio vedere con i miei occhi.» tagliò corto il tiranno, guardandosi intorno. «Dunque vediamo, ecco: tu!» indicò con l'indice uno scienziato, anziano e parecchio ingobbito, che si fece avanti. Re Cold, con lo stesso indice, generò un colpo energetico che amputò di netto l'arto superiore sinistro del malcapitato, che cadde a terra, gemendo. «Anche l'amputazione di un braccio, dice lei? Forza dottore, mi provi che non era tutta una grande balla» dichiarò il monarca sorridendo beffardo, mentre gli altri scienziati preparavano il macchinario in preda al panico e alla fretta.
Dopo che l'anziano ricercatore guarì del tutto, Re Cold si convinse appieno di quanto detto prima da Abrahm, che entusiasta e convinto che gli sarebbe tornato utile in futuro lo proclamò Responsabile Primario della Sala di Rigenerazione dell'astronave personale dell'imperatore, facendo però rimanere una sua esclusiva la straordinaria macchina. Abrahm sapeva benissimo che senza il suo intervento Freezer non sarebbe potuto mai tornare come prima, probabilmente gran parte del suo corpo sarebbe stato sostituito da delle parti robotiche, "che tecnologia obsoleta!" pensò il dottore, mentre, tornando nel presente, notò che i parametri vitali del suo paziente stavano tornando ad essere ottimali.

«Bene, Lord Freezer è completamente guarito: aprite la vasca!» ordinò il medico ai suoi collaboratori, che si apprestarono a fare quanto detto dal loro superiore.
Non appena Freezer aprì gli occhi vide diversi esseri che gli pulivano e asciugavano il corpo con degli asciugamani, per rimuovere i resti del liquido verdastro della vasca. Si mise a sedere e notò subito che gli mancava qualcosa: il suo braccio, come pensava, non si era rigenerato.
«Mio lord, sono desolato ma il suo braccio ha bisogno di più tempo per ricrescere, mezz'ora non è sufficiente. Tuttavia, i suoi valori sono stabili e tutte le sue ferite sono guarite» affermò uno dei dottori, notando l'espressione del Demone. «Non è un problema, posso schiacciare quei vermi anche con un solo braccio. Terminerò le cure più tardi.» e detto ciò Freezer si alzò, si fece dare uno scouter e si allontanò dalla sala, facendosi aprire il portellone per lasciare l'astronave.
«Bene bene, vediamo che sta combinando il mio caro padre...Come staranno i miei cari terrestri?» borbottò l'alieno dalla pelle candida pigiando lievemente col dito un tasto del suo scouter. Quando lesse il valore riportato sullo schermo spalancò la bocca, rimanendo basito. «Che cosa? Non può essere... deve trattarsi di un errore!»

Pochi minuti prima che Freezer leggesse lo "strano" valore riportato dal suo scouter...

"Si sta avvicinando, devo agire in fretta: ho una sola possibilità" pensava Vegeta, concentrato al massimo, con le orecchie tese impegnate ad ascoltare ogni minimo rumore. Il passo lento ma deciso del suo avversario si faceva sempre più vicino e insistente, segno che ormai era prossimo all'apparente cadavere del Saiyan.
«Mi spiace che tu sia morto così rapidamente, ma come ho detto prima non riesco a controllarmi in questa forma. Peccato, volevo farti soffrire un altro po', ma credo che mi accontenterò di infierire sul tuo corpo.» il Demone del Freddo aveva finalmente raggiunto il suo nemico, pronto a compiere la sua vendetta.
Sollevò dal terreno la sua coda puntandola come un serpente pronto a colpire la sua preda, ma il Saiyan non gli diede il tempo di commettere l'efferato crimine, poichè notò che proprio in quel momento, convinto della propria vittoria, Cold aveva totalmente abbassato la guardia, pertanto colse la palla al balzo riaprendo gli occhi e in men che non si dica saltando addosso all'incredulo alieno, che tentò invano di liberarsi dalla serrata presa.
«Non posso vincere questa battaglia, ma almeno posso portarti via con me! Ci vediamo all'inferno, idiota!» gridò trionfante Vegeta, con un sorriso vittorioso stampato sulla faccia.
Compiendo quel gesto avrebbe quantomeno ripristinato almeno parzialmente il proprio orgoglio e la sua reputazione di Principe dei Saiyan.
Non solo verrà ricordato come colui che superò Kakaroth in forza ma anche come colui che sconfisse il potente e invincibile Re Cold.
E mentre quest'ultimo urlava disperato cercando in tutti i modi di divincolarsi Vegeta pensò che l'unica cosa di cui si rammaricasse era lasciare in vita quell'insulso essere di Freezer. "Uccidere quel mostro sarà compito dei terrestri, spero che lo mandiate all'inferno!" fu questo l'ultimo pensiero del principe, poichè subito dopo la sua aura così come il suo corpo più volte martoriato scomparirono in una grandissima esplosione di energia dorata, seguita da un boato che rimbombò e fece tremare gran parte del continente.

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Capitolo 10
*** L'ultimo addio ***


Freezer si stava dirigendo a tutta velocità verso il luogo in cui il suo scouter aveva rilevato quel valore insensato.
Come poteva essere? Cosa stava succedendo lì sotto? Il suo corpo abbandonò rapidamente lo strato più esterno dell'atmosfera del pianeta azzurro impattando con l'aria come un meteorite.
"Sicuramente si sarà trattato di un errore, devo controllare di persona per esserne certo" pensava l'essere, sempre più agitato.
Contemporaneamente anche Piccolo si era fermato di botto, a poche centinaia di metri dalla navicella, percependo sia l'esplosione di energia con la sua mente che l'immenso boato generato da essa con il suo strepitoso e alquanto sensibile udito.
«L'aura di Vegeta è scomparsa del tutto. Questo significa che... Maledizione!» urlò con un impeto di disperazione il namecciano, consapevole di essere ormai l'ultimo difensore del pianeta. Ciò non era però motivo di orgoglio ma di terrore, poichè aveva pochissime energie in corpo e anche se fosse stato al massimo del suo potenziale non avrebbe avuto molte speranze.
«Riesco chiaramente a percepire l'aura di Freezer che si avvicina al luogo dell'impatto: da lì ci metterà circa cinque minuti a raggiungermi, devo sbrigarmi!» si disse Piccolo, più determinato che mai a salvare il suo allievo nonchè ultimo saiyan rimasto. Freezer aveva intanto raggiunto la sua destinazione e ciò che trovò non fu affatto un bello spettacolo: un cratere dal diametro di almeno un chilometro caratterizzava quella zona, i cadaveri dei terrestri da lui uccisi un'ora prima erano stati sostituiti da polvere e cenere, mentre, al centro del cratere, c'era un corpo, ricoperto dal fumo.
«Eccolo! Dev'essere mio padre!» bisbigliò speranzoso il tiranno, muovendosi a tutta velocità verso l'immobile figura.
Cold, sdraiato per terra, era privo di coscienza, forse morto.
Fortunatamente, il vecchio monarca sembrava respirare lievemente. «Padre! Come vi siete ridotto?! Pensavo fosse impossibile, i miei occhi non credevano a quel valore che avevano letto sullo scouter! Un valore così basso doveva per forza appartenere a un terrestre, e invece eravate voi, gravemente ferito.» disse Freezer, mentre il volto del padre rimaneva totalmente impassibile, ricoperto di sangue e ferite, così come tutto il suo corpo.
Immediatamente il Demone contattò l'astronave imperiale col suo scouter per ordinare ai suoi soldati di prelevare il loro Re e inserirlo prontamente dentro la vasca di rigenerazione.
«...No, non la Vasca Speciale, la normale vasca di rigenerazione andrà benissimo.» ordinò il sovrano, mentre un sorriso si andava formando sul suo volto. "Così avrò tutto il tempo di trovare le Sfere del Drago senza che mio padre nè altri interferiscano, benissimo! L'unico che poteva rappresentare un pericolo era Vegeta, ma fortunatamente si è tolto di mezzo. E adesso, vediamo di fare una visitina ai terrestri rimanenti..." e mentre pensava ciò il perfido imperatore si dirigeva verso il livello combattivo più alto del pianeta.
Il piccolo Gohan aprì appena gli occhi, e la prima cosa che vide fu il suo maestro.
Contento di constatare che fossero entrambi ancora in vita, il bambino gli sorrise ampiamente, poi gli chiese ancora frastornato che cosa fosse successo e dove si trovassero.
«Dopo che Freezer ti ha colpito, lui ha... è scappato e ha lasciato il pianeta. Suo padre è venuto a prendere il suo posto, allo stesso tempo è arrivato Vegeta e io mi sono allontanato con l'intento di portarti qui, nella sua navicella.» spiegò l'alieno verde, tralasciando la parte in cui lasciò andare il potente nemico per pura paura di perderlo. Sì, perchè era stato quello il motivo: la paura di perdere Gohan. Fin dalla morte di Goku e Radish, Gohan andò diventando per lui sempre più importante, finchè non lo vide più come un inutile moccioso, un debole, ma quasi come un figlio.
Più volte si era sacrificato per lui, per permettergli di vivere e perchè gli voleva bene, perchè quel piccolo umano era stato l'unico essere a donargli un po' di felicità e a non vederlo come un malvagio demone ma come un amico, facendo provare al namecciano un sentimento nuovo: l'affetto. Tuttavia, questa volta la sua salvezza era di vitale importanza poichè quel giovane rappresentava l'unica speranza di salvare la Terra e il genere umano.
«Purtroppo per noi Vegeta non ce l'ha fatta, Cold è ancora vivo anche se molto debole e Freezer si sta avvicinando» continuò Piccolo, mentre il mezzo saiyan mostrava tutto il suo terrore con un'espressione di sgomento.
«Sono davvero imbattibili, non abbiamo alcuna possibilità. Vegeta ha aumentato la sua aura in maniera spropositata, credo sia diventato Super Saiyan come tuo padre, sai? Eppure Cold lo sovrastava di parecchio. Per questo devi andartene subito, niente domande. Partirai immediatamente.» sentenziò il namecciano, ignorando l'istantanea protesta dell'amico.
«Signor Piccolo, lei non viene con me? Non esiste! affronteremo quei mostri insieme! Possiamo farcela...» strillò Gohan, mentre la sua vista si offuscava sempre di più da una cascata burrascosa di lacrime.
Il suo maestro continuò a far finta di niente, anzi, stava già iniziando a preparare la procedura di decollo automatizzata della navicella. Nel frattempo Gohan continuava la sua protesta tirando il suo mantello in preda al panico, cercando di attirare la sua attenzione e pregandolo di fermarsi.
"A questo punto non mi lasci altra scelta, addio Gohan." pensò Piccolo, mentre un'unica lacrima solcava il suo viso.
E così come quella lacrima lasciava lentamente il suo occhio anche Gohan se ne sarebbe andato abbandonando quello sfortunato pianeta che di lì a poco sarebbe stato probabilmente distrutto, intraprendendo un viaggio nel profondo spazio da cui provenivano gli stessi mostri che gli avevano causato così tanto dolore. Con decisione Piccolo diede un leggero colpetto con la sua mano dietro al collo del bambino, facendolo nuovamente finire in un sonno profondo.
Poco dopo, un'aura era appena appersa nelle vicinanze. «È qui.» Proprio mentre l'alieno verdastro adagiava con cura il corpo del giovane sul letto del veivolo, Freezer atterrava qualche metro più distante da esso, attendendo con pazienza che il suo prossimo avversario si mostrasse.
Poco prima di lasciare la navicella Piccolo avviò il conto alla rovescia del lancio, mentre una voce robotica femminile iniziava a contare dal numero dieci.
Finalmente le porte si aprirono e i due si trovavano faccia a faccia. «Tu pensi davvero che io lo lascerò andare?Illuso!» disse con calma il Demone guardando il mezzo che si sollevava di qualche metro. «Non credere che te lo permetterò. Non sarò al tuo livello ma posso tranquillamente impegnarti per qualche minuto!» affermò con sicurezza l'altro, scagliandosi contro di lui.

A qualche chilometro di distanza, alla Capsule e Corporation...

«Guerrieri del popolo namecciano, il Demone del Freddo chiamato Freezer che ha minacciato e distrutto il nostro mondo sta mettendo in pericolo un vostro fratello, dopo aver ucciso molti dei nostri amici terrestri. Il dislivello tra voi e quel tiranno è impressionante, e se in un primo momento vi ho intimato di non interferire per evitare di intralciare i protettori della Terra, adesso vi dico: andate e salvatelo! Salvate lui e salvate la Terra!» incitò Moori, il nuovo Saggio dell'antico popolo di Namek, in un ultimo grido di speranza di salvezza. Il discorso incoraggiò molto i guerrieri, che risposero ad esso con un grido di battaglia.
Mentre osservava i suoi fratelli spiccare il volo al massimo della velocità, le sette Sfere del Drago nammeciane luccicavano intensamente, brillando di luce propria. Le avrebbe usate quando i guerrieri avrebbero raggiunto Freezer, così che fosse distratto, per riportare indietro tutti i guerrieri che egli aveva ucciso in queste ore.
Sapeva di averli mandati a morire, ma sarebbero presto ritornati in vita. Con un po' di fortuna, quello spietato tiranno sarebbe sparito per sempre, insieme alla sua famiglia.

Mentre i namecciani sono in viaggio...

Lo scontro tra Freezer e Piccolo, che ormai era iniziato quasi un minuto fa, poteva essere riassunto così: il primo che tentava, colmo di rabbia e assai infastidito, di raggiungere invano la navicella che man mano si allontanava sempre di più, e il secondo che glielo impediva con tutte le sue forze aggrappandosi al suo corpo e trattenendolo il più possibile.
Nonostante il Demone si fosse liberato più volte con estrema facilità dal suo avversario, quest'ultimo non si dava per vinto ripartendo immediatamente all'attacco.
E mentre Freezer tentava per l'ennesima volta di raggiungere la navicella, ormai divenuta un semplice puntino luminoso, Piccolo lo afferrò con forza dalla coda trascinandolo nuovamente giù.
Una volta constatato che ormai il veicolo con l'ultimo saiyan a bordo era troppo lontano per essere raggiunto e che quel fastidioso insetto non glielo avrebbe mai permesso, pigiò con il suo dito un tasto sullo scouter per mettersi una seconda volta in comunicazione con l'astronave imperiale.

«Qui parla Lord Freezer, ascoltatemi attentamente: un veicolo con a bordo l'ultimo saiyan ha appena lasciato l'orbita terrestre. Inseguitelo e abbattetelo.» disse con tono freddo, mentre un sorriso sadico deformava il suo volto. Ascoltate quelle parole Piccolo si scagliò contro l'insuperabile nemico, che stavolta non si limitò a scacciarlo via come una mosca fastidiosa.
Lo bloccò con la sua coda che supplì l'assenza del suo braccio mancante e lo trafisse con un pugno sullo stomaco, sfondandogli completamente l'addome. Mentre osservava compiaciuto la sua macabra opera d'arte fatta da schizzi di sangue viola e interiora spalmate tutt'intorno al cadavere del namecciano, il suo scouter, tramite un bip, gli notificò l'arrivo di altri guerrieri.
Tale notizia passò tuttavia in secondo piano poichè il sovrano notò qualcosa che lo sconvolse parecchio: il cielo era tutto un tratto diventato nero e una figura minuscola incredibilmente simile al Drago Polunga era comparsa a pochi chilometri di distanza. Lo stesso mostro che era apparso su Namek mentre stava combattendo il Super Saiyan chiamato Goku.
Non poteva essere una coincidenza.
La sua mascella si spalancò lasciandolo a bocca aperta, l'odio gli fece ribollire il sangue mentre un brivido gli percorreva tutta la schiena e i suoi occhi spalancati ignoravano l'unisono attacco energetico dei suoi nuovi avversari.
Immediatamente il suo cuore iniziò a battere sempre più velocemente, si svegliò come da un sogno e, tornando in sè, spazzò via con un'enorme sfera energetica l'attacco e tutti i namecciani, che non ebbero neanche il tempo di reagire o proferir parola. Si alzò in aria e partì in direzione del drago. Un'unica parola pulsava ininterrottamente nella sua mente: immortalità.

Nello spazio, mentre Freezer si dirige da Moori...

«Capo, abbiamo rilevato una navicella terrestre in allontanamento dal pianeta. Sembra che l'astronave imperiale stia preparando i propri cannoni laser, probabilmente per distruggerla. Quali sono i suoi ordini a riguardo?» chiese il capitano in comando dell'astronave a una figura dietro di lui. Quest'ultima non rispose immediatamente, si prese infatti un momento per rispondere. «Mettetevi in contatto con l'astronave imperiale e tentate di ottenere informazioni. Dobbiamo capire chi si trova esattamente all'interno di essa prima di poter prendere una qualunque decisione. Al momento restate in orbita al pianeta Giove in modalità "fantasma" e disattivate tutti i dispositivi di localizzazione, non voglio che ci trovino.» sentenziò, voltando le spalle ai presenti nella sala comandi del veicolo per poi sparire nelle tenebre del lungo corridoio. L'ultima cosa che i presenti videro furono i suoi lunghi capelli argentati muoversi all'unisono col resto del corpo, quasi fossero dotati di vita propria. Quando anch'essi svanirono del tutto dalla vista dei suoi sottoposti, il capitano fece come per riattirare l'attenzione di questi:«Avete sentito cosa ha detto la vostra signora? Al lavoro!».

 

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Capitolo 11
*** La fine di tutto ***


Le Sfere del Drago brillavano sempre più intensamente all'unisono, mentre uno spaventato Dende urlava «Appari, Polunga!» nella sua lingua natia. "Sta arrivando, sta arrivando, sta arrivando" pensava e ripensava il bambino, mentre l'aura di Freezer si faceva sempre più vicina.
I suoi fratelli avevano fallito e ciò voleva dire che anche tutti i suoi amici erano morti, compresi Gohan, quello con cui aveva legato di più.
I suoi occhi stavano per riempirsi di lacrime ma il piccolo, facendosi forza, le ricacciò indietro.
Il drago ormai aveva fatto la sua teatrale comparsa e così chiese con tono solenne quali fossero i desideri di coloro che lo avevano evocato. Dende sorrise.
Ce l'aveva fatta, ora bastava chiedere a Polunga di trasferirsi tutti su un altro pianeta così da formulare il resto dei desideri con tutta tranquillità.
Sì, ma quale pianeta scegliere? E se fossero finiti in un pianeta dell'Impero? Questo sarebbe stato di certo un bel guaio, ma bisognava scegliere in fretta o sarebbe stata la fine. Confuso Dende si voltò verso l'Anziano Saggio. «Saggio Moori, su quale pianeta dobbiamo andare esattamente?». Il Saggio scansionò mentalmente tutti i pianeti che conosceva, anche se la sua conoscenza era limitata visto che il popolo di Namek da molto tempo non era in contatto con altre civiltà.
Il tempo incalzava e doveva prendere una decisione in fretta, ancora qualche secondo e quel mostro sarebbe stato lì.
«Mmm, ma sì! Vada come vada, non abbiamo molto tempo! Dì al drago di portarci in un pianeta che sia abitabile e lontano da questo sistema solare!» decise infine il saggio. Dende annuì, mentre deglutiva pensando a come formulare nell'antica lingua del suo popolo quel desiderio. «O' grande Polunga, potresti portare tutti i presenti namecciani in un alt...» la voce di Dende si interruppe improvvisamente, mentre gli altri lo guardavano con sguardo attonito.
Il bambino notò però che non lo guardavano negli occhi, bensì scrutavano il suo petto.
Facendosi coraggio il giovane chinò lievemente il capo per osservare ciò che era un foro dal diametro di due o tre centimetri sulla parte sinistra del petto. Probabilmente, a causa dell'adrenalina del momento, non aveva percepito nè il dolore, che ora però stava reclamando la sua attenzione sempre più insistentemente nel sistema nervoso del giovane, nè l'aura inconfondibile quanto spaventosa di Freezer, che si celava alle sue spalle. Dende non riuscì a proferir parola nè a girarsi per guardare in faccia colui che l'aveva assassinato una seconda volta poichè quel raggio laser aveva colpito in pieno il suo organo vitale più importante. "Scusate amici, scusa Gohan, scusate fratelli, scusa Anziano Saggio... Ho fallito...".
Con un tonfo secco il bambino cadde prima in ginocchio e poi a terra, mentre il suo sangue zampillava dal suo petto inumidendo il terreno come un fiume in piena che superava i suoi argini.
Gli altri namecciani, ancora sconvolti e totalmente immobili per lo shock, perfettamente consapevoli che per loro era giunta la fine, furono risvegliati dalla voce fredda e tagliente come un coltello del loro carnefice: «Ero certo di aver preso il cuore in pieno, bene! Ho usato un colpo debole e mirato per evitare di danneggiare le Sfere, e per fortuna ha funzionato. Ora, veniamo a noi.» Freezer atterrò proprio accanto al cadavere della sua vittima, mettendo un piede su di essa e facendo così infuriare i suoi simili.
Purtroppo, tutti i guerrieri erano stati eliminati qualche minuto fa, per cui non era rimasto più nessuno capace di contrastare il mostro.
Coscienti del fatto che erano alla sua completa mercè, i pacifici alieni stettero immobili, aspettando la prossima mossa del Demone del Freddo.

«Dunque, innanzitutto ci tengo a precisare che non appena uno qualunque di voi farà un passo avanti verso le sfere o inizierà a parlare in lingua namecciana per disattivarle o qualsivoglia... Morirà all'istante.» il tiranno diede il tempo di assimilare quanto detto, e notando l'assoluta immobilità degli altri proseguì: «Ottimo, nessun eroe. Ora, vi chiederei di pronunciare il desiderio per me ma sono assolutamente certo che direte al drago qualcos'altro, di conseguenza, non sapendo chi di voi è il Saggio, non posso uccidervi finchè non avrò la mia immortalità, quindi evitiamo spiacevoli episodi. Se nessuno di voi interferirà, dopo aver distrutto le Sfere, potrei considerare l'idea di lasciarvi in vita insieme a questo miserabile pianeta.» continuò il sovrano, sorridendo fingendo cortesia a tutti i presenti.
Mentre egli parlava, Moori, con la fronte imperlata di sudore, cercava di escogitare qualcosa per salvare la situazione: "Attaccarlo non servirebbe a niente, anche in gruppo verremmo uccisi all'istante e le Sfere del Drago distrutte. Sicuramente lui o contava sul nostro aiuto o non sa che il desiderio va espresso in namecciano, altrimenti non mi spiego il perchè di tanta spavalderia e sicurezza...". Quasi come se lo avesse letto nel pensiero, Freezer annunciò il suo asso nella manica.

«Ero certo della vostra mancata collaborazione, per cui mi sono dovuto arrangiare: mi sono recato sul pianeta Ariel, la famosissima dimora sacra dei Wiskow, i più grandi saggi e studiosi dell'universo. Il loro pianeta è quasi come una biblioteca gigante, e in essa sono contenuti i più grandi segreti di ogni mondo conosciuto e sconosciuto. Pensate un po', io, il grande Freezer, mi sono dovuto recare in incognito personalmente su un pianeta ai confini della galassia per invocare l'aiuto di quegli insetti! Ho dovuto utilizzare tutte le mie abilità retoriche e persuasive ma alla fine sono riuscito a convincerli a sottopormi a tutte le sfide da loro richieste.
Infatti, come sicuramente non saprete, per usuifrire del sapere dei Wiskow bisognare superare tre prove di ordine intellettuale e culturale, che ho superato facilmente dato che noi della famiglia reale da bambini studiamo parecchio, principalmente per conoscere le debolezze e le strategie delle civiltà che sottomettiamo.
Grazie a loro ho trovato degli antichi libri in cui veniva riportata la vostra lingua, così da farla analizzare al mio team di esperti traduttori, che mi hanno fornito questo!
» e con l'indice della sua mano diede un colpetto al suo scouter. All'apparenza somigliava a tutti gli altri modelli, ma in esso era stato inserito un micro chip capace di tradurre dalla lingua comune a quella namecciana in modo istantaneo.
Tale modifica è stata resa invisibile dal punto di vista estetico per non insospettire nessun suo familiare.
Quel piano era perfetto: il grande Freezer poteva aver fallito una volta, ma, fatto tesoro dei suoi errori, adesso poteva rimediare! Tutte quelle umiliazioni erano state ben ripagate, e una volta divenuto immortale avrebbe certamente fatto ritorno sul pianeta Ariel, stavolta in veste di Imperatore dell'Universo, e avrebbe fatto inginocchiare quei superbi esseri. Il Demone si fermò un attimo per godersi le espressioni inorridite e riluttanti dei suoi avversari, inebriato dalla loro tristezza e dal loro sguardo carico di odio e impotenza verso quello sterminatore di pianeti che aveva demolito le loro vite.
All'improvviso, un giovane namecciano generò una minuscola sfera energetica che spinse verso lo scouter del sovrano, che, aspettandosi quel genere di attacco, la respinse con la coda.
«Pessima scelta» infastidito da quell'azione trafisse con un raggio laser generato dai suoi occhi il cranio del giovane, che cadde inerme al suolo.
«Affinchè voi lo sappiate, questo non è l'unico scouter in grado di tradurre la vostra lingua: ne ho fatti costruire diverse decine proprio per evitare questo genere di cose! Quindi, lasciatemi procedere o la vostra morte sarà più dolorosa!» sentenziò Freezer, ormai certo delle sorti dei pacifici alieni.
Moori, assistendo a quel macabro spettacolo, capì, rassegnatosi, che l'unica occasione di salvare l'universo era suicidarsi per far sì che le Sfere si disattivassero.
«Addio fratelli miei. Serlet, se mai sopravvivrete, sarai il prossimo Saggio» disse Moori osservando i suoi compagni di vita, poi diede un ultimo sguardo di sfida e carico di odio a Freezer, e si puntò le dita al cranio. Ma mentre eseguiva questo movimento il Demone del Freddo comprese immediatamente cosa stesse per accadere e così si lanciò con un balzo felino a un centimetro di Moori, dandogli un pugno sullo stomaco e facendogli perdere i sensi. Poi, una volta capito che era lui l'Anziano Saggio, mozzò le teste dei suoi compagni per evitare che intervenissero ancora.
«Fiu, me la sono vista brutta, non devo più rimandare» sospirò Freezer, osservando Polunga che assisteva con sguardo impassibile e disinteressato.
Il tiranno bisbigliò al suo scouter ciò che voleva dire, quasi nello stesso momento dei segni apparentemente privi di significato comparvero sullo schermo e così egli si schiarì la voce e, quasi emozionato, pronunciò il suo desiderio:
« Drago Polunga, concedimi l'immortalità!» gridò alzando le mani al cielo. «Come desideri.» fulmini e saette circondarono il mostro che si concesse una risata colma di soddisfazione e felicità, dovuta al raggiungimento del tanto agognato desiderio.
Sentì una nuova essenza pervadere il suo corpo, le fiamme dell'immortalità finalmente lo alimentavano, e sarebbero durate per sempre.
Ora era davvero invincibile e nessuna stupida scimmia poteva fermarlo, anche se erano già tutte morte, tranne quel ragazzino mezzosangue che era fuggito.
Quel giorno una singolarità si era appena creata nell'universo, una divergenza che non poteva essere più cancellata e che avrebbe modificato per sempre le sorti del creato.
Neppure gli Dei erano infatti dotati di vita eterna, sebbene vivessero per svariati milioni di anni.
A questo punto il Demone ebbe un'idea perversa, per torturare fin da ora ciò che era certo sarebbe diventato il suo acerrimo nemico... Passata circa mezz'ora, col terzo desiderio Freezer fece tornare in vita i namecciani appena uccisi per prendersi gioco di loro e schernirli del loro fallimento, e, avvenuto il risveglio di Moori, li uccise nuovamente nel modo più violento e doloroso possibile, facendo scomparire con un boato il drago e le sfere, che sfrecciarono in tutte le direzioni divenendo dei sassi.
«E ora, distruggiamo questo stupido pianeta!» così dicendo il Demone del Freddo lasciò l'atmosfera della Terra. Caricò una Supernova dalle dimensioni maggiori di quella utilizzata per il pianeta Vegeta, e la sferrò con tutta la sua energia verso il nucleo.
Il pianeto azzurro si colorò per un secondo di un rosso acceso per poi esplodere in un enorme boato che fece tremare anche la Luna e i pianeti vicini, mentre piccoli frammenti rocciosi schizzavano da tutte le parti.
Alcuni di questi colpirono l'astronave imperiale, che però si protesse attivando gli scudi energetici.
Quello spettacolo di fuoco e luci divertì molto il sovrano, che rientrò nell'astronave per assistere comodamente dal suo trono volante.
«Con la distruzione della Terra inizia una nuova era dell'impero: l'era di Freezer l'Immortale!» trionfò il tiranno, mentre un'altra lontana astronave osservava in disparte l'accaduto.

Fine

Con questo capitolo si conclude la prima saga di Dragon Ball Vengeance, intitolata "Lotta per il destino della Terra". Il titolo non è stato rivelato sin dall'inizio per evitare ogni sorta di spoiler. A seguire ci sarà una pausa di un paio di settimane, dopodichè inizierò a pubblicare la seconda saga, che sto ancora scrivendo ( quindi non so nè quanti capitoli avrà nè come si chiamerà). Ringrazio tutti i lettori, che invito a lasciare una recensione, per aver letto questi undici capitoli, continuate a seguirmi!

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Capitolo 12
*** Prigioniero ***


Luogo:astronave "fantasma", orbita del pianeta Giove

Epoca: mentre Freezer discute con i namecciani sulla Terra

«Astronave imperiale, qui parla il pilota di un'astronave con i motori di spinta in avaria. Attualmente ci troviamo nei pressi del pianeta Urano. Abbiamo rilevato la vostra posizione e ci siamo diretti in questo sistema solare in cerca di aiuto, mi ricevete? Passo.» disse Orhat, scandendo bene le parole avvicinando il proprio becco al microfono della sala comunicazioni. Ovviamente era tutta una farsa per cercare di ottenere quante più informazioni possibili circa la navicella terrestre che aveva da poco lasciato il pianeta.
L'ipotesi che la maggior parte dell'equipaggio pensava fosse più probabile era che al suo interno vi fosse qualcuno che stesse fuggendo da Freezer. Dopo qualche minuto di attesa, finalmente l'addetto alle comunicazioni dell'altro veicolo rispose:«Qui Astronave imperiale, al momento stiamo svolgendo un'importante missione per ordine diretto di Lord Freezer. Atterrate in uno dei pianeti qui vicino e contattate un qualunque mezzo nei pressi del sistema solare. Passo.». Tuttavia, Orhat aveva ricevuto ordini ben precisi dal suo capitano per cui non si arrese: «Abbiamo rilevato un veicolo di dimensioni minori proveniente dal pianeta Terra, ci mettiamo immediatamente in comunicazione con il suo pilota, forse lui potrà aiutarci. Passo e chiudo.» concluse, sapendo benissimo che così facendo sarebbe stato sicuramente ricontattato, e con un po' di fortuna quel tizio gli avrebbe indirettamente detto ciò che voleva sapere.
Il fato fu dalla sua e l'addetto rispose frettolosamente per impedire complicazioni alla missione. «Non contattate assolutamente la navicella terrestre! Ripeto: non interferite con la nostra missione o verrete intercettati e distrutti. All'interno del veicolo vi è un fuggitivo nonchè nemico di Lord Freezer. Non interferite. Passo e chiudo» e detto questo il soldato di Freezer chiuse il canale di comunicazione definitivamente, sperando che quanto detto fosse bastato ad allontanare quegli scocciatori.
Nel frattempo Orhat sorrise, o meglio piegò ai lati il becco in quel che assomigliava vagamente a un sorriso. Pochi minuti più tardi il capitano fu informato della situazione e così chiese il permesso al suo superiore, la donna dai capelli argentati, di allontanarsi da quel luogo per tornare alla base. «Assolutamente negativo, capitano.» rispose seccamente la donna. «Se in quella navicella vi è un nemico di Freezer dobbiamo recuperarlo, potrebbe essere un potente alleato, o dirci quantomeno cosa diavolo ci faccia su un pianeta così lontano dal suo impero.». Detto questo, il capitano annuì e si allontanò lentamente, crucciato, con le mani dietro la schiena.
La sua carriera era stata abbastanza lunga, aveva lavorato per circa 60 anni e ora si avvicinava l'ora di andare in pensione.
Tuttavia, se c'era una cosa di cui era andato sempre fiero era che era stato sempre lui ad avere l'ultima parola all'interno della sua nave, non per questo era capitano. Era come se qualcuno si fosse stabilito a casa sua e pretendesse di dargli degli ordini, incredibile! La presenza di quella donna tanto superiore a lui nell'ultima missione della sua vita lo faceva sentire un semplice soldatino alle prime armi, come se la sua autorità non contasse più come un tempo. Ma l'intervento di quella ambigua figura era stato voluto dal loro superiore, e quindi doveva limitarsi ad accettare quella situazione, sperando che la missione finisse presto.
Quando quest'ultimo lasciò la stanza privata della donna, questa si passò la mano destra sui suoi capelli, che vorticavano su sè stessi, di un argento puro, mentre con l'altra mano iniziava a togliersi le vesti con delicatezza, rimanendo completamente nuda. "Devo assolutamente cercare di sfruttare questa mia carta come meglio posso. Non devo fallire. Potrebbe essere la svolta a mio favore che tanto aspettavo. Ma come fare? Ora come ora, ci sono troppi interrogativi per risolvere il problema.
Sarà meglio che mi rilassi, si vedrà quando vedrò questo fantomatico fuggitivo terrestre. Sicuramente deve essere forte per essere sfuggito a Freezer, ma non a sufficienza da sconfiggerlo, altrimenti non sarebbe scappato..." pensava la donna, che con gli occhi socchiusi alzò prima un piede e poi l'altro per liberarsi dai vestiti caduti per terra. Fece qualche passo e si mise davanti a uno specchio, pensierosa, come se la sua copia riflessa potesse darle un qualche tipo di risposta.
Aveva gli occhi di un castano tendente al dorato, che spiccavano insieme ai capelli in quell'ambiente scuro e cupo. Il viso aveva dei lineamenti molto delicati, le labbra sottili, violacee e le orecchie a punta, adornate con degli orecchini d'oro ciondolanti che richiamavano il colore dei suoi occhi. Il corpo era perfettamente in forma, tonico e snello, bello come quello di una modella, con le curve al punto giusto, ma prestante come quello di un'atleta olimpionica, la combinazione perfetta per un leader carismatico e forte.
Fissato per qualche secondo il suo riflesso, Meyra si diresse verso la vasca per farsi un bagno caldo, che forse le avrebbe schiarito le idee. Contemporaneamente il capitano aveva autorizzato il passaggio dalla modalità "fantasma" alla modalità "tartaruga", che consisteva nel contrapporsi tra l'astronave imperiale e quella terrestre per proteggere quest'ultima dagli attacchi dell'altra per poi recuperarla subito dopo. Una parte dell'astronave di Meyra si staccò, per diventare una navicella secondaria più piccola e quindi più veloce, in modo tale da raggiungere tempestivamente la propria meta.
Essa era costituita da una lega metallica formata dai metalli più resistenti e leggeri della galassia. Quando i cannoni laser dell'astronave imperiale spararono per la prima volta il bersaglio non venne colpito, poichè il laser colpì un asteroide che si era frapposto fra i due. Al secondo tentativo, ricaricate le energie, la situazione fu identica, solo che stavolta era stata la navicella "tartaruga" a fare da scudo.
Essa non venne distrutta poichè i suoi scudi energetici attutirono il distruttivo raggio. «Ma che... sarà quel tizio che ci ha contattati prima? Quello con i motori in avaria? Chi diavolo è?!» esclamò un soldato dell'Impero, sbalordito. Si affrettò a ricaricare il gigantesco cannone ed eseguì così l'ennesimo attacco, che fu retto benissimo dalla lora nemica. «Signore, i danni della tartaruga ammontano al 9%, possiamo resistere per circa dieci minuti. Se l'astronave principale non si affretta a raggiungerci, dovremmo abbandonare l'operazione.» informò il soldato, rivolgendosi al capitano.
Quest'ultimo rimase impassibile e con lo sguardo fisso per terra: se aveva imparato una cosa nella sua lunga esperienza era che mantenere la calma e la mente lucida costituiva già un enorme vantaggio sul nemico.
«Sono certo che Meyra darà l'ordine molto presto, tenente. In più, essendo agganciati al veicolo terrestre, ci stiamo lentamente allontanando, mentre il nostro nemico non può muoversi poichè probabilmente Freezer si trova ancora sul pianeta.» rispose con fierezza infine.
Dopo pochi minuti, come stabilito, l'astronave madre prelevò la navicella di Gohan, così che la tartaruga potesse allontanarsi continuando però a fare da scudo.
Lasciato il sistema solare, l'equipaggio èlite, composto da cinque persone, si avventurò all'interno del veicolo appena recuperato.
Essi avevano dei livelli combattivi decisamente alti rispetto alla media, e per tale motivo venivano rispettati da tutti gli altri soldati all'interno dell'astronave.
Nel frattempo, Gohan finalmente si risvegliò, tornando nel mondo reale.
Confuso e ancora frastornato dal "recente" colpo sulla nuca di Piccolo si mise a sedere, guardandosi intorno.
Era la navicella di Vegeta, il namecciano gliene aveva parlato un attimo prima.
O forse erano passate ore? Il giovane si toccò la testa, laddove era stato colpito, massaggiandosela e facendo una smorfia di dolore.
"Dove cavolo sono? Non riesco più a sentire l'aura di nessuno, di Piccolo, di Freezer. Nessuno. Forse i miei sensi sono ancora offuscati per via dello svenimento... Devo provare a concentrarmi!" pensò speranzoso Gohan, mentre chiuse gli occhi tentando di percepire la presenza di qualcuno. Niente.
Ma dov'erano finiti tutti? Il terrestre tentò di ricordare cosa era successo un attimo prima, la discussione col suo maestro e poi quel colpo alla nuca, ma perchè lo aveva fatto? Improvvisamente, come un fulmine a ciel sereno, si ricordò di tutto: Piccolo voleva che lasciasse il pianeta per salvarsi ma lui si era opposto con tutte le sue forze, lo aveva implorato,supplicato, poi buio totale.
Un brivido che lo fece quasi tremare attraversò la schiena del giovane, mentre realizzava che non riusciva a percepire nessuno poichè probabilmente non si trovava più sulla Terra.
Era da qualche parte nello spazio più profondo, da solo e senza la minima idea di come tornare indietro.
Già, doveva tornare sulla Terra ed aiutare il suo maestro a sconfiggere quel mostro... a meno che non fosse già troppo tardi.
Gohan scosse con foga il capo cercando di scacciare via quei pensieri tremendi, mentre si metteva in piedi e si avvicinava con timore verso gli enormi pulsanti del centro comandi, una struttura computerizzata al centro della navicella.
«Dunque, vediamo... Questo tasto dovrebbe servire a...?» disse fra sè, quando fu interrotto da un sonoro "crack" che lo fece voltare di scatto.
Lo sportello della sua navicella era stata sfondata e cinque alieni dall'aspetto in parte umanoide in parte rettiliano fecero capolino davanti a lui, scrutandolo dall'alto in basso.
Dopo qualche secondo di stupore misto a tensione generale, i soldati scoppiarono a ridere, incoraggiati dal ridicolo valore appena letto sul loro scouter: 150.
Gohan li guardava nervoso uno per uno, cercando di lasciare da parte le domande che il suo senso critico si poneva per elaborare un piano che gli garantisse la salvezza. "Chi sono questi tipi? Perchè diavolo non riesco a percepire le loro aure? Non può essere ancora colpa di quella botta... Che sappiano trattenere la loro forza? " mille interrogativi invadevano la mente del giovane, che, dandolo a vedere attraverso una chiara espressione facciale, portò uno dei cinque guerrieri a chiarire la situazione.
«Ehi, microbo, è evidente che sei abbastanza confuso. Ti trovi su un'astronave governata dalla signora Meyra, sei stato portato qui per ordine suo. Stavi per essere ucciso dall'astronave imperiale che si trovava su quel pianeta...ehm... Terra? Sì, Terra. Noi ti abbiamo salvato, pertanto da adesso sei sotto la nostra custodia» disse tutto d'un fiato l'uomo, aspettando una qualche reazione del giovane che non tardò ad arrivare.
«In vostra...custodia? In poche parole sono vostro prigioniero! Beh, non posso permettervelo. Quel mostro ha... eliminato tutti i miei amici! Devo tornare sulla Terra, il mio maestro ha bisogno di me!» tuonò Gohan, serrando i pugni e preparandosi ad un imminente scontro, cercando al contempo di trattenere le lacrime. Se era davvero loro prigioniero sicuramente non lo avrebbero lasciato andare, e anche se non conosceva la loro forza avrebbe comunque tentato.
D'altronde poteva sfruttare l'effetto sorpresa: secondo i loro scouter infatti lui aveva un livello di appena 150. Nel vedere la reazione di quel bambino il guerriero capì che non aveva per niente idea di quello che era successo pochi minuti fa. «Mi dispiace deluderti ma tu non andrai da nessuna parte. Come ho detto prima, la nostra signora Meyra devi interrogarti circa gli eventi accaduti sulla Terra. Inoltre, il pianeta è stato distrutto da Freezer pochi minuti fa e il tuo maestro sarò sicuramente morto. Tu sei l'unico superstite.» si fermò per far metabolizzare quanto detto al giovane, che lo guardò con sguardo pietrificato.
Il bambino iniziò a tremare tutto, mentre nella sua testa le parole dell'alieno rimbombavano di continuo senza mai avere fine.
Quelle parole gli avevano fatto più male di qualunque dolore fisico subito nell'arco di tutta la sua vita. Più male di quando aveva scoperto che suo padre era morto.
Mille coltelli fecero a pezzi il suo cuore, che andava in frantumi come un vaso di cristallo.
Lacrime e lacrime, ormai impossibili da trattenere, sgorgarono dai suoi occhi, inumidendo il suo volto e il pavimento circostante mentre un urlo di dolore seguito da uno straziante «Perchèèèèèèè!» ruppe il silenzio tombale presente poco prima.
Gohan pensava al suo maestro, alla sua innocente madre, ai suoi amici, agli animali, alla foresta in cui giocava spesso da piccolo, al bellissimo pianeta azzurro e infine all'artefice di tutto questo... Freezer. I suoi occhi, ripensando alla sua risata sadica, si iniettarono di sangue: sarebbe tornato indietro e lo avrebbe ucciso, lentamente e dolorosamente.
L'avrebbe pagata, e nessuno glielo avrebbe impedito. Sotto lo sguardo sbalordito dei suoi avversari, a cui nel frattempo era esploso lo scouter, il giovane si rialzò in piedi, dato che una volta appresa la notizia era caduto in ginocchio, e si lanciò con una furia animalesca verso i nemici.
Il primo a essere colpito fu colui che gli aveva riportato quel messaggio.
Una potente ginocchiata sullo stomaco e costui sputò un enorme quantitativo di sangue, piegandosi in due. I suoi compagni, ripresisi dallo shock, attaccarono l'aggressore simultaneamente con dei colpi energetici che furono deviati a uno a uno da Gohan, tranne uno che lo colpì sulla spalla.
Il Saiyan indietreggiò di qualche centimetro e percepì appena il dolore causato da quella scottatura.
Le sfere deviate colpirono varie parti del veicolo , che vibrò intensamente, perdendo l'equilibrio e cadendo su un fianco.
Gohan uscì da esso e così fecero gli altri, sotto gli sguardi preoccupati di decine e decine di soldati semplici che puntarono il loro fucile verso la minaccia.
Tuttavia i loro attacchi vennero facilmente evitati da quest'ultima, che li spazzò tutti via con un violento Masenko, lasciando al loro posto una voragine.
Un suono di allarme risuonò in tutta la zona, mentre dalle pareti squarciate dall'attacco fuoriusciva rapidamente tutta l'aria al suo interno.
Il guerriero che aveva parlato per primo al giovane ora si era totalmente ripreso dalla ginocchiata precedente, e preso dall'ira gli scagliò contro un altro attacco combinato con i suoi compagni.
Gohan unì le sue mani portandole sul fianco destro, come se vi tenesse qualcosa al suo interno.
Una Kamehameha prese forma e venne immediatamente lanciata con vigore, sovrastando nettamente l'attacco proveniente dal senso opposto.
L'esplosione fu immensa e l'enorme onda d'urto scagliò lontani tutti i presenti tranne Gohan, che se ne stava al centro del settore 3 dell'astronave, respirando affannosamente.
Il veicolo dalla grande mole era in preda a una specie di terremoto, poichè tutti i danni riportati lo stavano destabilizzando parecchio.
I cinque guerrieri giacevano a terra, tre dei quali morti. All'impatto erano sopravvissuti soltanto i due più forti, che comunque erano incapaci di continuare lo scontro a causa delle gravi ferite.
Al bambino, per loro fortuna, ormai non interessava più ucciderli dato che non erano più in grado di fermarlo.
Atterrò sul pavimento e con un braccio fece per raddrizzare il suo veicolo, quando questi improvvisamente divenne impossibile da spostare.
«Ma che...» mormorò il terrestre, guardandosi intorno con sguardo interrogativo.
«Questa pagliacciata termina adesso!» gridò con autorità Meyra, che era appena arrivata in fretta e furia.
Infatti, pochi minuti prima era stata contattata dal pilota, che gli aveva intimato di intervenire al più presto nello scontro, o sarebbero morti.
Egli, nel frattempo, avrebbe tentato un atterraggio di emergenza sul pianeta più vicino.
L'affascinante donna, avvolta da una strana aura biancastra che le teneva leggermente sollevati i capelli argentei, si avvicinò con passo aggraziato al ragazzino.
Gohan, per un attimo, si lasciò incantare da quella visione celestiale, smettendo di essere uno spietato guerriero Saiyan e ritornando parzialmente alla calma.
«Sei stato tu a causare tutto questo? Eppure sei soltanto un bambino... Ora capisco come hai fatto a sfuggire da Freezer, ma non posso lasciartelo fare. Forza, vediamo che sai fare. Fatti sotto, moccioso!» lo intimò la giovane donna, mentre la strana aura che la avvolgeva mutò colore da bianco a un vivace violaceo. Sentendosi apostrofare così, Gohan si ritrasformò nello spietato Saiyan e si lanciò contro il nuovo avversario con un balzo, ma sorprendentemente rimase fermo a mezz'aria, come bloccato, a pochi centimetri dal volto della donna, che sogghignava.
«Com'è possibile? Non posso muovermi!» disse a fatica, dato che anche la sua mascella era come paralizzata.
«Io non possiedo una grande forza fisica, sono più o meno forte come i cinque guerrieri che hai appena sconfitto. Ciò che però mi rende infinitamente superiore a tutti voi è la mia abilità psichica. Posso controllare tutto ciò che mi circonda con il pensiero, perfino la gravità!» e detto ciò, a un leggero movimento verso il basso delle dita della sua mano il corpo di Gohan venne schiacciato sul terreno, incapace di muoversi.
«Ho appena applicato sul tuo corpo una gravità superiore di decine di volte a quella artificiale presente su questa nave. Oh, a proposito. Mentre tu te ne starai qui buono io sistemo questo disastro!» disse Meyra, che con dei rapidi gesti delle sue mani tappò come meglio potè gli squarci delle pareti. Il Saiyan nel frattempo tentò di rialzarsi, ma invano.
Questa sensazione di impotenza lo fece ribollire di rabbia sempre di più, facendogli ricordare la sua incapacità di fermare il Demone del Freddo, finchè non riuscì a muoversi di qualche centimetro, strisciando, verso la sua navicella.
La donna se ne accorse e ne rimase assai stupita. «Riesci a muoverti? Stupefacente! Nessuno finora era sopravvissuto a una simile gravità, hai sicuramente del potenziale, potresti essermi utile più in là.» «Lasciami... andare! Devo raggiunge...re... Freezer! Lasciami!» «Mmm, mi dispiace... ma non posso farlo. Tu soltanto... sai cosa è andato a ...fare sulla Terra, e io...devo assolutamente saperlo...» concluse faticosamente la donna, ritrovandosi tutto a un tratto parecchio affaticata. Tornata vicino al suo giovane nemico, decise di concludere lo scontro.
«La quasi assenza di ossigeno unita all'uso dei miei poteri mi ha parecchio debilitata, questo combattimento deve finire ora. Per evitare ulteriori incidenti ti metteranno in una camera criogenica: il tuo corpo e la tua mente verranno addormentati, anche se continuerai ad invecchiare normalmente. Ti terremo in questo stato finchè non torneremo alla base, ci vorrà circa un mese. A presto.» e detto questo la donna si avvicinò al bambino,chiedendogli il suo nome. Quest'ultimo glielo disse, pur non capendone l'importanza, dopo di ciò ella diede lui l'ennesimo colpo dietro alla nuca, facendolo nuovamente svenire.
Scampato il pericolo decine di soldati circondarono il Saiyan, portandolo nella camera criogenica, come richiesto da Meyra che, stanca, tornò nella sua stanza.

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Capitolo 13
*** Diramazione ***


Luogo: astronave imperiale di Freezer

Epoca: qualche minuto dopo che Freezer ha distrutto la Terra, contemporaneamente Gohan è stato recuperato da Meyra ed entrambi sono ormai lontani

Una volta che lo splendido spettacolo era terminato e i fuochi d'artificio erano cessati dissolvendosi nel vuoto dello spazio, Freezer si diresse verso il suo equipaggio e chiese se l'ultimo Saiyan rimasto fosse stato ucciso come da lui richiesto. A rispondere alla sua domanda furono l'addetto alle comunicazioni, colui che parlò con la misteriosa astronave venuta dal nulla, e il soldato che utilizzò il cannone laser per eliminare l'obiettivo.
Entrambi, estremamente impauriti e intimoriti dal loro sovrano, rimasero in silenzio, tremanti e col capo chinato.
Freezer non era stupido e, visto il loro atteggiamento, capì subito che qualcosa fosse andato storto. Irritato dal loro comportamento ruppe con il proprio pugno il bicchiere di cristallo contenente del vino rosso, mandando in frantumi il primo e inumidendo il pavimento con il secondo.
«Dunque? Se uno dei due non mi spiega immediatamente cosa è successo mentre ero sulla Terra vi ucciderò entrambi sedutastante!» tuonò con tono minaccioso il Demone del Freddo, scrutandoli dall'alto in basso.
Infine, l'addetto alle comunicazioni, presosi di coraggio, fece un passo avanti inginocchiandosi a una decina di centimetri di distanza dal tiranno.
«Mio signore, so-sono m-mo-molto spiacente di quanto s-successo, le cose non sono andate come p-previsto.» inspirò sia per riprendere fiato che per calmarsi, poi proseguì:«Vede, un'astronave è comparsa dal nulla e si è messa in mezzo, inglobando in sè stessa la navicella terrestre. Avremmo voluto inseguirle, ma lei era ancora sulla Terra e quindi non abb...» «Silenzio! Vorresti forse dare la colpa a me per la vostra incompetenza, soldato?» sbottò Freezer, ad un passo dal perdere completamente la pazienza.
Ma dopotutto questi era soltando l'addetto alle comunicazioni, il vero responsabile dell'accaduto era colui che non era riuscito a distruggere il veicolo, pertando si rivolse all'altro:«E tu cos'hai da dire a tua discolpa? Parla in fretta, e forse ti concederò una morte rapida.».
Il soldato, sapendo di essere spacciato, deglutì a fatica, facendo a sua volta un passo avanti ed imitando la posa del compagno.
«Lord Freezer, sono davvero mortificato! È stata tutta colpa del caso! Il primo colpo è andato a vuoto a causa di un asteroide frappostosi davanti al terrestre, pochi istanti dopo è giunta una piccola navicella, sicuramente inviata dall'altra astronave, che ha fatto da scudo impedendomi di completare la missione. Sono desolato, mio sire.» detto ciò l'alieno alzò lo sguardo penetrando col suo sguardo quello del sovrano, che lo scrutava impassibile.
«La prego, mi risparmi la vita! Ho fatto del mio meglio ma il tempo a disposizione era decisamente ridotto!» concluse con un ultimo tentativo disperato di salvarsi la pelle, richinando il capo e aspettando che il giudice emettesse la sua sentenza.
I secondi, che ai due membri dell'equipaggio imperiale sembrarono ore, passavano interminabili ma nessuno dei tre produsse alcun suono.
Finalmente, Freezer prese una decisione.
«D'accordo, accetto le tue scuse, soldato, ma che non si ripeta mai più. Puoi andare.» disse quest'ultimo abbozzando addirittura quello che sembrava un sorriso.
Il soldato, positivamente sorpreso dalla sua decisione, ringraziò molteplici volte il lord e dopodichè voltò le spalle agli altri due e si avvicinò con passo svelto verso l'uscita. Poco prima che la raggiungesse però, sentì un'atroce fitta di dolore provenire dal suo addome.
Nel giro di pochi secondi il suo sangue bluastro imbrattò tutta la sua armatura, facendo crollare al suolo il povero malcapitato.
Con le sue ultime forze si rigirò su sè stesso, guardando per un'ultima volta il suo carnefice. Freezer era esattamente nella stessa posizione di pocanzi, con l'unica differenza che il suo sorriso, evidentemente falso, si era tramutato in un'espressione seria e severa.
«Pensavi veramente che ti avrei concesso il perdono, sciocco insetto? Un soldato che non sa fare il proprio lavoro è un soldato inutile, e un soldato inutile è un soldato che deve morire! Sono certo che d'ora in poi non commetterai MAI più errori di questo genere. Anzi, errori in assoluto!» esclamò Freezer, alzando l'unico braccio che gli era rimasto e puntando l'indice verso il suo sottoposto, terminando le sue sofferenze.

Una volta chiamata una delle guardie della stanza per far ripulire il pavimento dal cadavere del soldato, il tiranno, poco prima di uscire dalla stessa, si voltò un'ultima volta verso l'addetto alle comunicazioni: «Ehi tu, un'ultima cosa: contatta il capitano Igin della squadra Delta e digli di raggiungere questo sistema solare il più velocemente possibile, insieme alla sua squadra.»
«Sissignore!» si affrettò a dire l'alieno, facendo il classico saluto militare estremamente grato che quanto richiesto dal suo monarca fosse una nuova missione: evidentemente non aveva alcuna intenzione di farlo fuori.

Venti minuti più tardi...

Il Demone del Freddo era stato immerso da pochi minuti nella sua personale Vasca Speciale, nella stessa camera di rigenerazione in cui si trovava il padre.
Le condizioni di quest'ultimo erano critiche, sebbene il suo corpo martoriato e gravemente ustionato stesse lentamente guarendo le proprie ferite grazie al liquido miracoloso contenuto all'interno dell'avanzato macchinario.
Tuttavia prima che esso si ristabilisse completamente sarebbero passati diversi giorni e questo perchè il figlio non aveva voluto inserirlo nella vasca più efficiente in cui si trovava egli stesso in quel momento.
Il braccio recentemente amputato dai terrestri qualche ora prima si stava lentamente riformando, mentre diversi tubi iniettanti speciali sostanze erano stati opportunamente collegati ad esso dal team di scienziati dell'astronave.
Freezer, che era rimasto cosciente per tutto il tempo, decise di sfruttare quei lunghi momenti per riflettere su un ricordo che era riaffiorato pochi istanti prima.
"Quella terrestre dai capelli azzurri aveva detto che il Super Saiyan, quel Goku, era morto e che era loro intenzione farlo tornare in vita. Ma chi l'aveva ucciso? Mio padre non di certo, mi stava cercando e comunque non aveva intenzione di eliminarlo. Ricordo chiaramente cosa mi disse dopo che ebbi ripreso conoscenza: il saiyan l'avrebbe pagata cara e sarei stato io stesso a infliggergli il colpo di grazia, dopo ovviamente aver trovato il pianeta in cui viveva.
Inutile supporre che una sua squadra d'èlite abbia arbitrariamente scelto di occuparsi della faccenda, il loro Re incute troppo timore per pensare a un'insubordinazione e comunque non ne avrebbero avuto motivo.
Quindi, se non è stato lui, l'unico rimasto a sapere del Saiyan è... Cooler!" ripensando a suo fratello il Demone bianco come la neve aggrottò la fronte per poi spalancare gli occhi, sentendo il liquido verdastro inondare questi ultimi.
Ripresosi dalla scoperta richiuse gli occhi, ponendo fine al fastidio di un attimo prima. "Dunque, Cooler viene a sapere che sono stato ferito da un Saiyan, lo rintraccia mentre nostro padre è occupato a cercarmi e lo uccide! Quadra tutto perfettamente! Sono certo che quel verme volesse farsi bello dinanzi a mio padre dimostrandogli come lui sia stato capace di ucciderlo mentre io no, oppure voleva semplicemente eliminare quella minaccia per paura che io non potessi riuscirci personalmente... Come si è permesso a pensare a una cosa del genere?! Mi crede un debole!" Freezer serrò il pugno (l'altro non si era ancora rigenerato) mentre tutti i muscoli del suo corpo si misero in tensione, come se il Demone violaceo fosse proprio lì davanti pronto ad affrontarlo in combattimento.
L'alieno si lasciò avvolgere da un'aura che crepò il vetro della vasca e che per poco non ruppe la stessa.
Piccoli flussi di liquido fuoriuscirono da essa andando ad bagnare il pavimento e mettendo in allarme i medici, che pregarono il loro sovrano di calmarsi o il suo braccio non si sarebbe riformato.
Alla fine Freezer ritrovò la calma e diminuì la sua aura, ritornando ai suoi pensieri mentre il cuore rallentava a sua volta.
"Mio fratello si è sempre messo in mezzo tra me e il trono di nostro padre fin da quando siamo nati... È giunto il momento di fargliela pagare amaramente! Ora che sono immortale non ha importanza se è diventanto più forte con i suoi stupidi allenamenti, lo ucciderò ed annetterò i suoi territori ai miei!" e con quest'ultimo pensiero un grande sorriso colmo di soddisfazione, seppur nascosto dalla maschera che indossava in quel momento, deformò il volto del tiranno.

Qualche giorno più tardi...

Uscito finalmente dalla Vasca Speciale con l'arto completamente rigenerato, Freezer si mise a sedere sul suo trono volante nella sala più grande dell'astronave, quella dedicata alle comunicazioni ufficiali, di solito utilizzata da Cold e famiglia per assegnare missioni di estrema delicatezza ed importanza alle squadre di èlite.
Una di esse, la Delta, era giunta qualche ore prima che il Demone del Freddo uscisse dalla vasca e così aveva atteso pazientemente in questa sala che il sovrano facesse la sua comparsa.
Quando ciò avvenne, i sei soldati d'èlite si inchinarono ai due lati del tappeto rosso che collegava l'ingresso a una sorta di piedistallo in marmo al centro dell'enorme aula finchè Freezer non lo raggiunse con il suo piccolo veicolo, guardandoli dall'alto in basso per qualche secondo con un sorrisetto compiaciuto.
«Bene, potete alzarvi. Salve, capitano Igin, sono lieto di constatare che hai fatto in fretta.» disse con tono mellifluo, facendo segno di alzarsi con la mano da poco rigenerata.
I sei guerrieri risposero immediatamente al saluto chinando la testa una volta alzati. La Delta era la squadra d'èlite più debole delle cinque, tuttavia il livello combattivo di ogni suo elemento era decisamente superiore alla media.
Tale livello poteva essere ingigantito ancor di più se si considera che la squadra, grazie alla propria strepitosa coordinazione in combattimento, riusciva a rendere decisamente letale. Le squadre d'èlite erano sei in origine: la squadra Ginew, la squadra Alpha, la squadra Beta, la squadra Gamma e la squadra Delta.
Ognuna di essa disponeva di un numero variabile di soldati, ma solitamente quelle più deboli avevano un numero maggiore di soldati per compensare la debolezza dei singoli elementi.
Ad esempio, la squadra Alpha, attualmente la più potente, era composta da soli tre guerrieri che però avevano una forza formidabile.
L'eccezione di questa regola era proprio l'ormai defunta squadra Ginew, che pur essendo la più forte era composta da cinque soldati: inizialmente essa doveva essere formata solo da Ginew, Butter e Jeeth ma poi vennero inseriti anche Guldo e Rikoom poichè, per puro caso durante una battaglia, si scoprì come i cinque fossero quasi imbattibili insieme.
Il capitano Igin fu il primo a parlare.
Era decisamente più alto di Freezer, almeno un metro e ottanta, con un aspetto molto simile a quello umano fatta eccezione per il colore arancio della pelle caratteristico del suo pianeta di origine, Skahr, la cui atmosfera filtrava soltanto quel colore della luce del sole.
Aveva un corpo agile e tonico, messo in risalto dall'elastica battle suit contrassegnata dal simbolo Delta inciso sul pettorale sinistro, dei capelli biondi corti e gli occhi neri come la pece.

«Salve Lord Freezer! Siamo partiti immediatamente dopo il suo messaggio! Ci dica, cosa possiamo fare stavolta per l'Impero?» domandò il capitano, ansioso di intraprendere una nuova missione.
«La missione è molto semplice: qualche giorno fa una navicella con a bordo l'ultimo saiyan è scappata dal sistema solare in cui vi era un pianeta chiamato Terra, per poi essere inglobata da un'astronave dalle dimensioni maggiori di origini sconosciute. Il vostro compito è quello di rintracciare l'astronave, distruggerla e portarmi il bambino Saiyan, vivo.» concluse tutto d'un fiato il Demone del Freddo, scandendo bene ogni parola per essere sicuro che tutti i presenti recepissero bene quanto detto. Igin si portò la mano al petto, orgoglioso di essere stato scelto per portare a termine la missione.
«Sarà fatto mio signore, io e la mia squadra le porteremo il moccioso! Sarà un gioco da ragazzi, partiamo immediatamente!» esclamò il guerriero, ottenendo con un cenno del capo il consenso del suo sovrano.
Gli altri membri della squadra, Adran, Ollie, Perriot, Vet e Wammer si limitarono al classico inchino per poi lasciare la sala insieme al loro comandante, in silenzio. Essi provenivano tutti dal pianeta Skahr e pertanto avevano un aspetto simile a Igin, sebbene Adran fosse tozzo, basso e pelato, Ollie di altezza media e con i capelli scuri, Perriot un energumeno di due metri ed era il più muscoloso mentre Vet e Wammer erano gemelli, alti circa tre metri ma molto magri e con i capelli lunghi e azzurri. Mentre i sei guerrieri si incamminavano verso la stazione di lancio dove li attendevano le loro navicelle monoposto, Freezer ordinò al pilota dell'astronave imperiale di partire direttamente per Cooler 01, capitale dell'impero del fratello, per infliggere la sua tanto bramata vendetta.

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Capitolo 14
*** Rivelazioni ***


Il pianeta Cooler 01, capitale dell'impero dell'omonimo Demone del Freddo, distava circa due settimane di viaggio se l'astronave imperiale avesse utilizzato il massimo delle proprie risorse energetiche.
Essa disponeva infatti di due generatori di energia: uno per i viaggi intergalattici, molto capiente data l'enorme durata degli spostamenti ma che allo stesso tempo, per una questione di autonomia, forniva poca potenza per volta cosicchè non ci si dovesse fermare troppo spesso; uno per i viaggi interplanetari, cioè i viaggi da un pianeta all'altro relativamente vicini, appartenenti allo stesso sistema solare o quantomeno contigui, capace di raggiungere la destinazione desiderata in brevissimo tempo.
In questi giorni, data l'estrema urgenza, Freezer aveva impazientemente richiesto ai suo ingegneri di rivedere il sistema di propulsione dell'astronave in modo tale che si potesse ottenere il massimo da entrambi i generatori, affinchè egli potesse compiere la sua vendetta il più presto possibile.
Infatti, l'effetto sorpresa era vitale e pertanto era necessario arrivare in tempi immediati, al massimo qualche settimana.
Fortunatamente il Demone biancastro non dovette neanche preoccuparsi di radunare il suo esercito, poichè l'equipaggio del veivolo era lo stesso che era approdato sul pianeta Terra e che alla fine si era rivelato inutile, ma adesso la sua presenza sarebbe stata fondamentale per mettere rapidamente a ferro e fuoco le molteplici città del pianeta.
Una volta conquistato il cuore dell'impero il resto sarebbe rapidamente caduto in mano sua, prostrandosi dinanzi al suo immortale e nuovo imperatore.
Nel frattempo Re Cold era guarito quasi del tutto, sebbene fosse ancora in coma, ma al suo risveglio avrebbe trovato una situazione politica del suo dominio assai diversa rispetto a come l'aveva lasciata: Freezer aveva infatti pianificato di annettere ai suoi territori sia quelli del fratello che quelli del padre, lasciando quest'ultimo come un impotente spettatore del suo stesso declino.
Era infatti questo il motivo per cui lo aveva tenuto in vita tutto questo tempo piuttosto che togliergliela quando poteva.
Re Cold era immensamente più forte del figlio, e questo, unita alla presenza disturbante del fratello, aveva interferito con il suo colpo di stato sognato da sempre.
Ma ora le carte in tavola erano cambiate totalmente in suo favore e presto questo lo avrebbero potuto constatare tutti.
Mentre Freezer aspettava impazientemente lo scontro con Cooler, egli si teneva costantemente in contatto con la squadra Delta, più precisamente con il loro capitano, Igin, che era alla ricerca di Gohan.
Tuttavia, nei primi giorni, la spedizione non aveva ottenuto risultati degni di nota, pertanto il sovrano si limitava a sorseggiare il miglior vino rosso della galassia, osservando sul suo trono volante il paesaggio spaziale che appariva più come una scia sfuocata costituita da un misto di colori bluastri-neri, a causa dell'elevatissima velocità a cui l'astronave si stava muovendo, attendendo il compimento della sua vendetta.

 

Luogo: pianeta Cooler 01, palazzo reale

Epoca: mentre Freezer è in viaggio

Il Demone del Freddo violaceo, fratello nonchè eterno rivale in politica di colui che stava giungendo lì per sconfiggerlo definitivamente, si stava allenando nella sua stanza ad ultra gravità, come di consuetudine, per migliorare il controllo della sua forma potenziata scoperta qualche mese prima.
Tale stanza era il frutto delle menti dei migliori ingegneri della galassia ed era stata appositamente creata per Lord Cooler in persona, che secondo molti era ben più forte del fratello Freezer, dato che quest'ultimo viveva nell'ozio e nel lusso come il padre, che comunque poteva permetterselo dato che era decisamente più forte dei figli, nonostante volesse ardentemente superare Cold e prendere il suo posto come ruolo di Imperatore Supremo dell'universo.
Questo era un desiderio che Cooler conosceva bene e che condivideva pienamente, infatti proprio da qui era nata l'eterna rivalità tra i due, ma a differenza di Freezer, che considerava l'allenamento come "un'attività propria delle razze inferiori che erano nate con un potenziale pari a quello di un verme", sapeva benissimo che per eliminare Re Cold doveva per forza di cose allenarsi duramente e diventare più forte.
Un primo passo in avanti era stato compiuto attraverso la scoperta di quella formidabile forma, verificatasi casualmente durante uno dei suoi più duri allenamenti...

 

8 mesi fa, pianeta Winter

Winter era il pianeta di origine dei Demoni del Freddo.
Era situato in una delle zone più remote e buie dell'universo, lontana da ogni stella e pertanto estremamente fredda.
La sua atmosfera era rarefatta e l'ossigeno la costituiva solo per il 2% mentre la gravità era circa 200 volte quella della Terra.
Queste durissime condizioni fecero sì che soltanto la razza più forte del pianeta, ossia quella sopracitata, potesse sopravvivere nonchè fortificarsi a tal punto da diventare anche la più forte dell'universo.
Tuttavia questi esseri erano talmente forti che rappresentavano anche un pericolo l'uno per l'altro, dato che ognuno di essi fondò un vasto impero nello spazio e così iniziarono a farsi la guerra e ad uccidersi a vicenda finchè non rimase una sola famiglia, la più potente, che potè così regnare incotrastata nei secoli.
Terminata la Prima Guerra degli Imperi o Grande Guerra Imperiale, così denominata dalla sapiente razza dei Wiskow, gli auto proclamati sovrani dell'universo lasciarono il pianeta ormai morente e desolato a causa della guerra per inserirsi all'apice della piramide sociale di ogni mondo conosciuto.
Non è dunque difficile immaginare il motivo per cui le altre civiltà gli affibiarono il nome di "Demoni del Freddo": "demoni" perchè portarono terrore, morte e distruzione in tutto l'universo e "del freddo" date le famose caratteristiche del loro pianeta di origine.
Tuttavia vi era qualcuno che, di tanto in tanto, si recava in quel luogo dimenticato da tutti per allenarsi in condizioni estreme e mettere alla prova il proprio corpo per dimostrare di essere un degno appartenente della sua razza.
Infatti, per via della lontananza dal loro pianeta natale, i Demoni del Freddo andavano indebolendosi col passare delle generazioni, così come l'essere umano si era rammollito cambiando radicalmente il proprio stile di vita, da dinamico a sedentario.
Cooler stava facendo dei piegamenti sulle braccia sulla punta di un ghiacciaio assai massiccio lungo diverse centinaia di metri e che terminava con una punta che avrebbe tagliato anche un diamante senza problemi.
Il sudore gli imperlava la fronte così come il resto del corpo per pochissimi attimi, per poi tramutarsi istantaneamente in piccole goccioline di ghiaccio che cadevano poi verso l'abisso.
Il Demone era infatti a diverse centinaia di metri di altezza e tentava di stare in equilibrio sulla superficie inclinata e scivolosa del ghiacciaio.
Se fosse caduto non avrebbe di certo avuto il tempo di alzarsi in volo, poichè l'elevata gravità lo avrebbe attirato come una calamita verso il basso e quindi verso uno dei numerosi spuntoni di ghiaccio simili a quello su cui si trovava per ora. "789...790...791..." Cooler contava mentalmente il numero di ripetizioni a cui era faticosamente arrivato, dato che, con sua gioia e sorpresa, aveva abbondatemente superato il risultato raggiunto l'ultima volta in cui aveva fatto visita al pianeta. "794...795...796..." ancora un attimo e sarebbe arrivato all'ottocentesimo piegamento, e allora avrebbe potuto lasciare quel luogo tanto inospitale vittorioso.
Ogni muscolo del suo corpo tremava intensamente per lo sforzo che stava compiendo, le mani dell'alieno premevano con forza sulla superficie creando delle piccole crepe che andavano sempre più ramificandosi, facendosi più spesse.
Perfino la coda, che normalmente era sollevata in aria, era poggiata per terra in mezzo alle gambe come ulteriore sostegno in quella posizione precaria.
Cooler sentì il rumore delle crepe farsi sempre più intenso ma le ignorò, deciso a raggiungere il proprio obiettivo.
L'aria, a dir poco pungente e gelida, feriva con dei piccoli taglietti il viso del Demone, costringendolo a tenere gli occhi socchiusi, poichè un impetuoso vento trasportava grandine e neve.
La tempesta di neve infuriava e il fruscio della bora penetrava insistentemente e ripetutamente nei timpani dell'alieno, che unito alla stanchezza, alla fatica e alla quasi totale mancanza di ossigeno generavano in lui una sorta di stato confusionale.

"797..798..799..." il penultimo piegamento venne eseguito con estremo sforzo, ogni fibra del suo corpo richiedeva un po' di energia, un po' di ossigeno, ma non era possibile.
Mentre Cooler si piegava per effettuare l'ultimo piegamento un sonoro schricchiolio attirò la sua attenzione.
Un pezzo del ghiacciaio sotto la sua mano destra si era appena sgretolato in tanti piccoli pezzetti, facendo perdere l'equilibrio al Lord, che scivolò sul lato del ghiacciaio cadendo rovinosamente giù.
Tentò in tutti i modi di trovare un appiglio con i suoi quattro arti e la sua coda ma non ci riuscì.
Come aveva ampiamente immaginato durante i suoi allenamenti la forza di gravità lo stava velocemente trascinando verso il basso, e non riuscendo a vedere da un palmo dal naso non avrebbe potuto schivare eventuali spuntoni.
La stanchezza era tale da non consentirgli di vincere la gravità e sollevarsi in aria, pertanto non gli restò che chiudere gli occhi e sperare di non fare una brutta fine.
Non avrebbe mai accettato un tale destino: lui, Cooler, imperatore della galassia, sconfitto dal suo stesso pianeta natale che per tante generazioni aveva ospitato e rinvigorito la sua razza, dimenticato da tutti. No! Non lo avrebbe permesso! Strinse i pugni, contrasse ogni muscolo e concentrò tutta l'energia che gli rimaneva in una barriera energetica che gli consentì di schiantarsi al suolo privo di danni.
Al termine dell'impatto riaprì gli occhi, come risvegliato da una sensazione di fastidio alla gamba sinistra.
Disteso per terra, sollevò lentamente la testa per constatare che la sua barriera non aveva svolto egregiamente il proprio lavoro, dato che uno degli spuntoni di ghiaccio era ora conficcato nella sua gamba, il cui sangue aveva imbrattato come un dipinto di arte contemporanea il suolo innevato.
"Maledizione... Questa non ci voleva..." Cooler tentò di alzarsi per raggiungere volando la propria astronave, rimasta in orbita, ma ovviamente il risultato fu quello di cadere a terra nuovamente con un tonfo che gli fece perdere i sensi.
Si risvegliò qualche ora dopo per via di un dolore all'addome.
Quando aprì gli occhi, Cooler stava rotolando a causa del colpo appena ricevuto, che stavolta sembrava provenire da un qualcosa di vivo che lo aveva calciato.
Cosa poteva essere? O meglio chi? Suo fratello lo aveva seguito lì per poi ucciderlo quando era distratto? O forse si trattava di un animale selvatico, una qualche razza di cui ignorava l'esistenza straordinariamente sopravvissuta a un clima tanto ostile che ora reclamava il proprio pianeta, cacciando il membro di una razza una volta egemone? La tormenta impediva al sovrano di sentire un qualunque indizio sonoro circa l'identità del suo aggressore, ma la vista, al contrario, lo aiutò: una figura di un essere alto e robusto, con una coda simile alla sua, andava delineandosi sempre più nitidamente.
Ora che si trovava a tre metri di distanza Cooler non aveva più dubbi: Re Cold.
Era chiaramente lui, difficile confonderlo. "Eppure c'è qualcosa di diverso in lui, perchè è in forma originaria? Non sa controllare tutto quel potere, non è da lui. Un momento..." qualcosa, un dettaglio del suo aspetto, fece cambiare al Demone rapidamente idea.
Si mise a fatica in piedi per osservare meglio l'imponente figura di un Demone del Freddo, con una grande cicatrice sul pettorale sinistro, che ora si trovava a un metro e mezzo da lui.
Quando realizzò che chi aveva di fronte non era suo padre, spalancò la bocca sgranando gli occhi, confuso ed esterrefatto. «Non può essere... Tu sei morto anni fa! Mio padre... Tuo figlio ti ha ucciso, nonno!» esclamò Cooler, dubitando a questo punto delle sue stesse parole.
Frostier, il padre di Cold, lo osservava con sguardo severo e con un'espressione fiera, squadrando per bene il proprio nipote che non aveva mai visto.
Era molto più alto di quest'ultimo, più muscoloso ed estremamente simile al padre, ad eccezione della cicatrice sul petto e le placche sulle spalle, sul torace e sulla testa che erano di un verde scuro anzichè bluastre.
Ora che Cooler notava meglio erano evidenti anche delle rughe sotto gli occhi e sulla fronte, segno dell'età avanzata, che superava i mille anni.
Il motivo di tanta sorpresa era che secondo i racconti e le leggende, mai accertate ma diffuse dallo stesso Re Cold, quest'ultimo avesse affrontato il proprio padre per il predominio dell'impero e che alla fine avesse trionfato, uccidendolo.
Non avendo fatto mai più ritorno Frostier venne dato per morto e pertanto il Principe Cold venne nominato imperatore leggittimo dei vasti possedimenti della sua famiglia.
Ma, evidentemente, le cose non erano andate così.
«Mmm... Quindi quel farabutto di Cold ha detto a tutti che sono morto, mh? Beh, forse è meglio così: mi ha permesso di liberarmi di ciò che è ormai diventata solo l'ombra del glorioso impero della nostra famiglia!» tuonò con rabbia l'anziano Demone, mentre il nipote l'osservava attonito.
«Perchè... Perchè dici questo? Cos'è successo all'impero durante il tuo regno?» chiese con timore Cooler, cercando di capire il motivo di tale reazione colma di odio.
«Io ho regnato per ben 724 anni della mia lunga vita, in cui il mio impero ha retto con vigore la fatica di gestire dei territori così espansi e vasti. Ma nell'ultimo secolo i grandi e fieri generali che mi hanno spesso condotto alla vittoria sono deceduti quasi tutti e così numerose rivoluzioni e ribellioni sono scoppiate all'interno della gerarchia militare per tentare di occupare il loro posto. Ve ne furono a decine, tutte contemporanemente, per cui mi è stato impossibile fermarle da solo, non potendo contare su nessuno abbastanza potente da poterli contrastare. Alla fine, tuo padre, che in quel periodo governava solo una piccolissima parte della galassia, ha deciso di mettersi a capo delle ribellioni, promettendo ai principali rivoltosi un posto di rilievo nella piramide sociale dell'impero se si fossero uniti a lui, garantendogli la corona. E così, una grande guerra, chiamata Seconda Guerra degli Imperi, iniziò. Essa portò morte e distruzione, numerosi pianeti di entrambi gli imperi vennero distrutti, le vittime ammontarono a diversi miliardi e alla fine tuo padre, a mio malgrado, trionfò. I soldati che mi erano rimasti fedeli erano troppo pochi per resistire agli attacchi nemici e giorno dopo giorno, sistema solare dopo sistema solare, tuo padre giunse alla capitale, Frostier 01, l'attuale Cold 01. Dopo averla messa a ferro e fuoco il nostro combattimento rase al suolo ogni città, rendendolo un pianeta completamente arido e deserto. Ahimè, se fossi stato ancora giovane e forte lo avrei sconfitto senza problemi, ma la mia età rese veramente ardua la vittoria, le nostre forze si equivalevano. Per tale motivo presi una decisione: proposi a quella grande delusione di mio figlio che se me ne fossi andato lontano e non sarei mai più tornato egli avrebbe guidato sapientemente e con riguardo il mio impero, l'eredità dei nostri avi. Fu una decisione che non presi con leggerezza, ma dato che quello scontro avrebbe sicuramente portato alla morta di entrambi, causando dunque l'estinzione dei Demoni del Freddo, capii che non vi era altra scelta. Da quel giorno vivo qui, dove tutto è cominciato e dove è sorta la nostra potente razza, cercando di evitare ogni contatto con l'universo.» Frostier fece una pausa, lasciando che il giovane dinnanzi a lui metabolizasse con calma quanto appena riferitogli.
Cooler, ancora sanguinante, non riusciva a credere a ciò che aveva ascoltato.
Suo padre era molto più meschino e vile di quanto pensasse, dunque.
Aveva sfidato il suo stesso genitore, saggio e possente, per ottenere il posto di imperatore che gli sarebbe comunque spettato tra qualche secolo.
Dopo aver appreso tale notizia il Demone non potè che disprezzarlo ancora di più, cosa che lo motivò ad allenarsi più duramente per eliminarlo dalla faccia dell'universo. Avrebbe compiuto lo stesso gesto di Cold, uccidere suo padre, ma stavolta sarebbe stato per una buona causa.
« Mio padre è stato indubbiamente capace di gestire le sorti dell'impero, ma ciò che mi ripugna è il fatto che il suo governo e la sua autorità si basino sulla tirannia, sulla dittatura e sull'usurpazione. Io, il grande Cooler, mi sto allenando da anni, e un giorno raggiungerò la sua forza e lo sconfiggerò!» esclamò con orgoglio il Demone violaceo, tentanto di ottenere l'appoggio di suo nonno.
Il suo piano era semplice: ridare una ragione di vita al suo antenato, cercando di portarlo dalla sua parte ed accelerare così la sua presa al potere.
Nonostante fosse vecchio, Cooler era sicuro che insieme avrebbero potuto sconfiggere Cold, pertanto doveva convincerlo a tutti i costi.
Tuttavia, Frostier, non mostrò lo stesso entusiasmo del nipote.
Il suo sguardo si fece ancora più severo, se possibile, e aggrottò la fronte solcata da molteplici rughe e serrò le labbra.
Quelle parole lo fecero riflettere maggiormente sulle reali intenzioni del suo erede.
Era davvero tanto diverso da colui che lo aveva cacciato e costretto all'esilio? «Vorresti dunque eliminare Cold e prendere il suo posto come imperatore?» indagò l'anziano, intuendo il piano di Cooler.
«Esattamente!» esclamò sorridente quest'ultimo, stringendo un pugno davanti a sè all'altezza del petto, carico di entusiasmo e del tutto ignaro di aver scelto le parole sbagliate.
Frostier indurì la sua espressione, mentre una piccola vena si gonfiava sul suo collo. «Tu non sei per niente differente da Cold! Uccideresti tuo padre pur di raggiungere il tuo infimo scopo! Non meriti la carica di imperatore del glorioso dominio dei Demoni del Freddo!» alzò la voce Frostier, che venne interrotto sul nascere da Cooler che tentò di riparare al danno appena fatto: « Vi sbagliate, nonno, le mie intenzioni sono decisamente più nobili di quanto fece Re Cold anni fa! Voglio porre fine al suo impero per motivi totalmente diversi! L'universo merita un sovrano degno di tale nome, che sappia rispettare i suoi sudditi e i loro bisogni! Voglio porre fine al suo regno in quanto illegittimo e ingiusto!» sbottò il Demone più giovane, cercando di far cambiare idea all'altro.
Le sue parole avevano ottenuto l'effetto sperato? A giudicare dalla reazione successiva a quanto appena detto da quest'ultimo, no.
«Taci! Le tue parole sono unicamente finalizzate a farmi diventare tuo alleato! So benissimo che da solo non puoi sconfiggere Cold, è evidente da come ti comporti! Non sei altro che feccia, proprio come tuo padre! Ti ucciderò e poi libererò l'universo, dovessi morire nell'intento! La nostra razza si estinguerà insieme a me! Preparati a morire, reietto!» urlò Frostier, enfatizzando ulteriormente l'ultima frase.
Comprendendo di aver ottenuto il risultato opposto di quanto sperato e che il danno era ormai irreparabile, Cooler si mise in posizione di combattimento, zoppicante, sperando che Frostier fosse diventato alla sua portata con l'avanzare dell'età.

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Capitolo 15
*** Rivelazioni (Atto II) ***


Cooler si mise in posizione di combattimento, zoppicante, attendendo ansioso la prima mossa del possente nemico.
Quest'ultimo, a dispetto di quanto pensasse l'altro, non cominciò a combattere partendo alla carica, bensì con un attacco energetico a distanza. Frostier portò le braccia semipiegate sopra la propria testa, in linea con le spalle, per caricare con tre dita per mano una sfera rossastra che emanava delle scariche elettriche che colpivano il terreno congelato lì vicino. "Sta utilizzando un attacco energetico... Cos'avrà in mente? Forse è più vecchio di quanto pensassi e vuole evitare il corpo a corpo... Devo rimanere concentrato" pensò Cooler, flettendo leggermente le ginocchia per ottenere una presa più salda al terreno scivoloso. Se fosse stato al pieno delle sue forze avrebbe interrotto l'attacco nemico per ottenere un immediato vantaggio, ma in queste condizioni doveva per forza di cose rimanere sulla difensiva. "Vedrai di cosa sono capace, nipote! La sfera è ormai pronta!" pensò Frostier, mentre ultimava il colpo.
Raggiunta la grandezza di un pallone da calcio, l'anziano Demone si apprestò a lanciare la massa energetica con vigore, mentre uno sbigottito Cooler si preparava a deviarlo.
"Quell'attacco ha un non so che di strano, devo deviarla il più in fretta possibile" riflettè questi, mentre l'onda avanzava nella sua direzione, accompagnata da alcuni scoppiettii acuti, ad una velocità elevata.
Quando essa si trovò a mezzo metro di distanza dal Demone violaceo questi la colpì col braccio in modo deciso, ma ciò che avvenne non era affatto previsto. La sfera, una volta colpita, si deformò come se fosse fatta di gomma ed avvolse l'avambraccio del malcapitato, che nel frattempo lo agitava vorticosamente nel tentativo di liberarsi da quella strana massa. Frostier sorrise, felice di constatare che il suo vecchio asso nella manica funzionava ancora. Quella tecnica era stata ideata dallo stesso almeno 500 anni prima e lo aveva aiutato a mietere molte vittime, ma dopo i primi decenni essa venne conosciuta praticamente da tutti e quindi l'attacco formidabile si era rivelato inefficace.
Ma queste nuove generazioni non ne erano più a conoscenza, per cui il suo utilizzo poteva essere nuovamente vantaggioso.
«Dannazione! Come mi libero di questo affare?! Sta iniziando a bruciare, mi carbonizzerà il braccio se non lo rimuovo subito!» gridò isterico Cooler, continuando ad agitare l'arto ma senza ottenere alcun risultato.
«La mia Sfera Ustionante si attacca al corpo su cui viene lanciata per poi rilasciare il calore necessario a carbonizzare il soggetto, mentre io le infondo continuamente l'energia atta a tale scopo! Non hai speranze, Cooler!» sentenziò il nonno, vantandosi della raffinata quanto intelligente tecnica.
Il suo avversario, tuttavia, sorrise. Ad un tratto tutto gli fu chiaro. Smise di agitare il braccio e, flettendo le cosce, balzò in avanti verso un esterrefatto Frostier, ignorando il dolore sia della ferita alla gamba che quella al braccio.
«Se il calore viene nutrito dalle tue continue emissioni di energia, mi basterà interrompere quest'ultime! Grazie del suggerimento!» esclamò Cooler, colpendo energicamente il mento del parente con il suo stesso attacco.
L'esplosione che ne derivò fu immane ma l'attacco ebbe successo poichè il Demone violaceo sentì il proprio arto liberarsi dalla morsa del diabolito attacco.
Ciò danneggio entrambi, maggiormente lo stesso Cooler, eppure soltanto quest'ultimo era rimasto in piedi, seppur barcollante, mentre l'altro era stato lanciato a terra due metri indietro. Il braccio del giovane si trovava in condizioni pessime, presentava delle gravissime ustioni che neanche il freddo lacerante poteva alleviare. Il dolore, acutissimo, fece quasi perdere i sensi al ferito, che lottava con tutte le sue forze per rimanere cosciente. In condizioni leggermente migliori era invece Frostier, che nel frattempo si stava faticosamente rimettendo in piedi.
Anche il suo volto era stato ustionato dalla sfera, e il sangue che gocciolava da esso tingeva di un rosso porpora il terreno di un bianco puro. «Eccellente mossa, forse non sei così rammollito come mi ero immaginato. Purtroppo per te, sei in condizioni tali da non poter continuare a lungo questa battaglia! Sarai sconfitto, e dopo toccherà a tuo padre! Preparati!» affermò l'anziano, scagliandosi con passo affaticato ma deciso verso la sua vittima.
Quest'ultima, tenendo le braccia a penzoloni, era incapace di difendersi. "Maledizione! Se mi attacca un'altra volta sicuramente non resisterò! Non posso morire così, devo almeno tentare!" si convinse Cooler. Concentrò tutte le sue energie, isolando il dolore in un angolo della sua mente, con l'unico obiettivo di sconfiggere il suo avversario. Doveva cercare di sfruttare il 100% del suo vero potenziale, la sua nuova forza ottenuta dagli ultimi estenuanti allenamenti. La sua aura aumentava sempre di più, mentre il corpo del Demone del Freddo iniziò a tremare con intensità sempre maggiore e a brillare di luce propria.
Che gli stava succedendo? Egli stesso rimase basito dalla natura di quel potere, così come lo era Frostier, che, intuendo che qualcosa stesse cambiando in lui, accelerò il passo per sferrare una potente ginocchiata alla base del collo dell'avversario.
Cooler, sentendo arrivare l'attacco, lo parò con l'avambraccio che un attimo prima era ustionato e che ora era perfettamente guarito.
Esso era differente anche nell'aspetto: la parte finale di esso aveva una sorta di struttura ossea simile a uno spuntone proteso verso il basso, mentre una placca bluastra come quella che aveva in testa era apparsa su di esso. Esattamente la stessa cosa avvenne anche all'altro braccio e alle sue due gambe, con la conseguente guarigione di una di quest'ultima.
Parato il brutale attacco del nemico col braccio sinistro, Cooler affondò il destro nello stomaco dell'avversario, che si piegò in due dal dolore.
Rinvigorito dalla miracolosa quanto inspiegabile trasformazione, il Demone del Freddo più giovane diede un calcio rotante a Frostier, colpendolo sul fianco e mandandolo al tappeto qualche metro più in là. « Che diavolo mi succede? Cos'è questo potere? Non pensavo potessi trasformarmi oltre la mia forma originaria...» si chiese dubbioso Cooler, osservando incuriosito il suo stesso corpo.
Frostier, nel frattempo, si stava preparando alla mossa successiva. "La sua forza è aumentata, esattamente come immaginavo. Bene, vediamo di tirar fuori tutto il suo potere!". Il Demone si alzò di scatto, ripresosi dal colpo precedentemente ricevuto, e si gettò sul proprio nemico cominciando la sua controffensiva con una serie di calci e pugni alla massima velocità.
Preso alla sprovvista, Cooler incassò i primi, ma dopo questo momento di distrazione si concentrò al meglio e iniziò a contrattaccare. Proseguirono in perfetta parità per circa un minuto, al termine del quale, esausti, indietreggiarono entrambi per concedersi una pausa.
«Non hai ancora sfoderato tutto il tuo potere, ne sono convinto!» disse Frostier, ansimante. «Di cosa stai parlando? Tu sai cosa mi sta succedendo?» chiese speranzoso l'altro.
«Esattamente. La trasformazione che sta avvenendo a livello cellulare all'interno del tuo corpo è una forma potenziata della tua forma originaria ed è il frutto del tuo duro allenamento eseguito sul nostro pianeta, Winter!» spiegò Frostier.
«Diversi anni fa, quando Winter era ancora popolato dalla nostra razza, alcuni Demoni del Freddo mutarono geneticamente in modo inspiegabile, divenendo più forti degli altri. La loro mutazione gli permise di ottenere un nuovo potere che scaturiva da una trasformazione aggiuntiva, simile alla tua. I nostri scienziati non riuscirono mai a spiegarsi il motivo di tale cambiamento del codice genetico: alcuni sostenevano che la mutazione fosse il risultato di un estenuante allenamento condotto dagli esseri più forti, altri invece che dipendesse dall'adattamento alle sempre peggiori condizioni climatiche del pianeta e altri ancora che fossero stati esposti a delle radiazioni riprodotte in laboratorio per incrementare la loro forza e quindi dominare gli altri esseri. Gli altri Demoni del Freddo inizialmente li ignorarono poichè i "potenziati" costituivano una parte veramente esigua della popolazione e pertanto trascurabile. Questi esseri, nel frattempo, si riprodussero tranquillamente dando alla luce delle nuove generazioni che tuttavia non presentavano la stessa capacità di trasformarsi. Incoraggiati da questi ultimi avvenimenti e spaventati dall'incremento delle mutazioni che coinvolgeva sempre più persone, i Demoni del Freddo decisero di isolarli in una struttura appositamente costruita per la loro detenzione, tentando di sbarazzarsene per sempre. Tuttavia, i detenuti fuggirono e condussero una rivolta in cui la nuova razza combattè contro la vecchia per il dominio del pianeta. Passarono diversi anni e alla fine la guerra fu vinta dalla vecchia razza, molto più numerosa ed organizzata. Eliminata del tutto la minaccia, i vari governi decisero di lasciare in vita le nuove generazioni "potenziate" poichè ritenute innocue in quanto non manifestavano le stesse capacità dei loro padri. Evidentemente, come sto constatando personalmente, la mutazione era semplicemente assopita e con un duro allenamento essa può essere risvegliata! Infatti, la nostra famiglia è una diretta discendente di uno dei potenziati, come avrai già capito, ma nessuno si è mai allenato duramente come stai facendo tu!» concluse infine l'ex monarca, riflettendo sulla natura di quella trasformazione e chiarendo i dubbi del nipote.
Quest'ultimo, finalmente aveva capito cosa gli stesse accadendo, e quindi ora non solo appariva molto più calmo ma anche fiero dei risultati ottenuti.
Era sempre stato oggetto di scherno da parte del padre e del fratello per via dei suoi allenamenti, che ora però stavano dando i suoi frutti, e presto glieli avrebbe mostrati.
«Ora capisco, ti ringrazio per la spiegazione! Come hai detto tu stesso il mio potere non è ancora stato liberato del tutto, quindi ti consiglio di eliminarmi prima che accada!» lo sfidò il nipote, rimettendosi in posizione di combattimento, più motivato che mai.
Chissà quanto sarebbe diventato forte con quella trasformazione? Frostier gli sorrise, mostrando sicurezza da vendere: «Non ha importanza se possiedi una forma potenziata, rimani comunque inferiore a me!».
L'ex imperatore si lanciò contro il proprio nemico sferrandogli un calcio sullo stomaco che però venne parato dal giovane con una ginocchiata, purtroppo per lui la coda di Frostier, nel frattempo, si era avvinghiata all'altra gamba e così facendo Cooler venne lanciato in aria con forza. Frostier seguì la sua traiettoria lanciandogli una quantità immane di raggi energetici, ma Cooler riuscì a frenare il proprio volo e a pararne alcuni, mentre altri lo danneggiarono lievemente, provocandogli delle scottature alle spalle e al petto. Terminata la scarica di colpi energetici, la nube di fumo si dissolse e il Demone viola scese in picchiata a velocità supersonica, aiutato dalla forza di gravità, mentre il suo rivale, piegandosi sulle ginocchia, saltò a sua volta andando incontro ad uno scontro frontale.
Entrambi caricarono nelle proprie mani delle sfere di energia: Frostier riutilizzò la sua Sfera Ustionante mentre Cooler caricò un'enorme Supernova.
Pochi istanti prima che i due si incontrassero a mezz'aria, entrambi scagliarono con ferocia il proprio attacco, facendo impattare le due sfere in un boato di esplosione che tinse il cielo di un arancione simile a quello di un tramonto,la cui onda d'urto scaraventò a debita distanza i due esseri. La Sfera Ustionante era riuscita a salvarsi almeno parzialmente dall'impatto catastrofico e così facendo oltrepassò la Supernova per inseguire il proprio obiettivo. Cooler, in uno stato confusionale, non era riuscito a rallentare il proprio moto, venendo così scagliato fuori l'atmosfera.
Il suo corpo sanguinante roteava in un'eterna giravolta. "Dannazio...ne... Devo tornare...indietro..." pensava il Lord, agitando la propria coda nel vano tentativo di stabilizzarsi.
Intanto, finito in una voragine di centinaia di metri sottoterra, Frostier si stava rialzando, tossendo rumorosamente.
« Un attacco senz'ombra di dubbio davvero potente, ma il mio lo era di più! A questo punto sappiamo bene chi è il vincitore, non mi resta che ritirare il premio: la vendetta!» si disse l'anziano, facendo esplodere in un turbinio di energia la propria aura e creandosi una via d'uscita dalle viscere della terra. Ritornato in superficie quest'ultimo cercò la propria preda per qualche minuto, invano.
«Dove diavolo è finito? TI STAI FORSE NASCONDENDO?» esclamò ad alta voce, ruotando la propria testa innumerevoli volte in tutte le direzioni possibili. «Non ho voglia di giocare, distruggerò ogni centimetro di questa terra fino a scovare il buco in cui ti sei nascosto, preparati!». Detto questo, l'imponente alieno lanciò una serie di colpi energetici di media potenza su tutto il territorio sottostante, causando diverse esplosioni che però non fecero affiorare il cadavere di Cooler. Questo perchè quest'ultimo si trovava in tutt'altro luogo.
Il suo corpo era stato rallentato da un asteroide, e così Cooler riuscì finalmente a stabilizzarsi e a pensare sul da farsi. "Accidenti... Mio nonno è più forte di quanto immaginassi! Devo liberare tutto il mio potere, ma come fare? Prima, concentrarmi e sprigionare la mia aura è servito, riproviamo!". Il Demone si concentrò profondamente e tentò di ripetere lo stesso procedimento di prima ma con maggior enfasi, focalizzandosi sul proprio corpo e sulle proprie capacità. Una luce similmente brillante e intensa lo inondò, concludendo la trasformazione. Le sue spalle si sollevarono andando a formare una struttura più robusta e resistente, la punta della coda venne ricoperta dalla stessa, dalla parte superiore del suo cranio fuoriuscirono quattro prolungamenti mentre la sua faccia venne ricoperta da una maschera che lasciava libera soltanto gli occhi di un rosso acceso.
"La sento... Sento una nuova forza pervadere ogni muscolo, ogni cellula del mio essere! Frostier, sto venendo a distruggerti!" pensò il nuovo Cooler, dirigendosi a tutta velocità verso il rivale con cui aveva intenzione di cominciare il secondo round.
Prima di raggiungere l'atmosfera del pianeta Winter però, la Sfera Ustionante si ripresentò dinanzi il proprio obiettivo, ma questa volta l'imperatore non si fece trovare impreparato. «Ancora tu? Sei insistente...» mormorò Cooler, contraendo i propri muscoli ed unendo le due mani con i palmi aperti e le dita rivolte verso l'esterno. Un'onda energetica bluastra comparve in mezzo a quest'ultime.
«Sparisci!» urlò l'alieno viola, lanciando il proprio attacco verso quello nemico e causando un'esplosione devastante che fece brillare per un secondo il tetro e vuoto spazio. Constatato che del colpo nemico non ne fosse rimasta la benchè minima traccia, e concedendosi un sorriso soddisfatto, Cooler ripartì alla carica, impattando brutalmente con l'atmosfera. Intanto, Frostier stava riprendendo fiato, dopo aver eseguito l'ennesima raffica di raggi energetici atti a eliminare l'avversario. Al di sotto del Demone vi era un enorme cratere fumante, che comunque si stava già ricoprendo di neve e ghiaccio.
«È inutile, non è qui, o quantomeno è morto. Sarà meglio mettersi l'anima in pace e prepararsi al lungo viaggio che mi aspetta. Se doso bene le mie forze riuscirò ad arrivare alla capitale nel giro di qualche settimana.» ragionò Frostier, atterrando dolcemente a terra e sedendosi su un masso ghiacciato. Il suo fisico non era più abituato a un tale sforzo, infatti, nonostante i muscoli fossero rimasti tonici e robusti l'età avanzava inevitabilmente minacciosa.
"Probabilmente Cold ha superato il mio potere da tempo, devo trovare una strategia che mi permetta di sconfiggerlo ugualmente. Forse mi converrà trovare degli alleati, dei ribelli dell'impero magari. Sì, comincerò le mie ricerche domani.".
Mentre l'ex monarca ragionava sul da farsi, un particolare attirò la sua attenzione: il cielo si era tinto di un azzurro acceso, cosa impossibile visto che la stella più vicina era distante parecchi miliardi di chilometri. Alzò lo sguardo in direzione della fonta luminosa e immediatamente il suo rugoso volto si deformò in una espressione sconvolta. «Com'è possibile? Ho distrutto l'intera zona... Tu sei sopravvissuto!» esclamò il Demone, riconoscendo in Cooler la figura che sosteneva l'enorme sfera di energia.
Si mise in piedi e guardò meglio il nemico, notando che aveva completato la trasformazione. «Sorpreso di rivedermi? È difficile uccidere un Demone del Freddo, mio caro nonno, soprattutto se è un potenziato!» si vantò l'altro, determinato a porre fine allo scontro e ad uscirne vincitore.
«È difficile ucciderti, dici? Lo verificherò seduta stante!» sbottò Frostier, caricando anch'egli una sfera di energia, ma di un colore violaceo. Tuttavia, Cooler non era uno sciocco e pertanto non gli diede il tempo di caricare al massimo il proprio attacco. "La mia forza è aumentata incredibilmente, ma non sono certo di essergli superiore. Meglio essere cauti!" ragionò il Demone, scagliando senza indugiare oltre l'enorme massa di energia. "Maledizione! La mia sfera non è ancora pronta! Al diavolo... la lancerò lo stesso!" pensò l'anziano, tentando di rispondere alla minaccia. Le due sfere si incontrarono a mezz'aria e fin da subito fu chiara la netta superiorità dell'attacco di Cooler, che, fatta esplodere l'altra, si diresse verso il proprio obiettivo. Frostier, compresa l'antifona, iniziò a sudare freddo, pensando di essere vicino alla morte.
"Il mio attacco è stato distrutto in pochi istanti! Non mi resta che creare una barriera e sperare che regga!" e pensato ciò l'ex imperatore generò una barriera energetica, incrociando le braccia dinanzi a sè per coprirsi il capo. L'esplosione fu immensa e una nube di fumo ricoprì l'intera zona, pertanto Cooler scese a terra per poter assicurare la propria vittoria.
Quest'ultimo espanse la propria aria per diradare il fumo, e così facendo localizzò immediatamente l'ubicazione del padre di suo padre. Frostier, morente, era disteso per terra a pancia in giù.
Era totalmente ricoperto di sangue, ustioni e ferite. Le dita della sua mano destra si muovevano debolmente, in preda agli spasmi. Ormai non rappresentava più una minaccia. Il vincitore della battaglia avanzò lentamente verso il vinto. Mise un piede sul suo braccio e poi spinse con forza, per farlo voltare a pancia in su. Finalmente, raccolte le ultime forze, lo sconfitto riuscì a parlare con un tono di voce flebile e spezzato: « Tu... mi hai...sconfitto...come...» si chiese Frostier, guardando per l'ultima volta il proprio carnefice, per poi chiudere gli occhi per sempre. Chinato il capo lateralmente, l'essere smise di respirare, sotto lo sguardo imponente, severo e impassabile del proprio erede. Ma Frostier non aveva detto tutto a quest'ultimo riguardo la forma potenziata.
Essa, per essere mantenuta, richiedeva un enorme dispendio di energia e quindi, a coloro che non fossero abituati, avrebbe potuto arrecare gravi danni fisici.
«Grazie a te ho ricevuto questo potere strepitoso, lo userò con saggezza. Adesso sarà meglio lasciare questo pianeta e tornare alla capitale.» concluse Cooler, voltando le spalle al cadavere e piegando le gambe per tornare all'astronave.
Tuttavia, uno strano fastidio al petto attirò la sua attenzione, facendolo rimanere sul posto. "Cosa diavolo..." pensò, mentre il fastidio si tramutò in un dolore acuto.
Non era il petto a fargli male, bensì un punto ben preciso: il cuore. Pose una mano su di esso, capì che qualcosa non andava. I suoi battiti cardiaci stavano accelerando in maniera a dir poco preoccupante, sempre di più, sempre più forte. Se non fossero tornati alla normalità, di lì a poco l'organo sarebbe esploso. Il dolore si fece insopportabile e il Demone cadde in ginocchio, urlando a squarciagola. I sensi si offuscarono, la vista si annebbiò, i muscoli tremarono."Questa trasformazione... è stata... controproducente...mi sta distruggendo...devo tornare...normale..." pensò Cooler, concentrandosi per tentare di rilassarsi. Inutile.
Ironia della sorte, quella trasformazione che gli aveva garantito la vittoria ora lo stava portando alla morte, facendolo accasciare proprio accanto a colui che aveva tentato di ucciderlo. Sdraiato per terra, il Demone lottava arduamente per rimanere cosciente, ma ad ogni battito il suo cuore era sempre più stanco, e quella stanchezza lo stava inevitabilmente trascinando verso l'oscuro oblio della morte. A riportarlo nel mondo dei vivi fu un rumore sordo dei motori di un'astronave.
Proprio in quel momento, l'astronave imperiale di Cooler atterrò a circa cinquanta metri di distanza, facendo uscire una decina di soldati. «Lord Cooler! Lord Cooler! L'abbiamo trovato! Il suo livello combattivo è in rapida discesa, fate presto! Preparate la vasca di rigenerazione!» urlava impartendo ordini il capitano delle truppa, mentre i suoi sottoposti afferarono il loro imperatore, ormai privo di coscienza, all'interno della struttura.

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Capitolo 16
*** La missione ***


Luogo:spazio, nei pressi del sistema solare

Epoca:mentre Freezer atterra su Cooler 01

La squadra Delta, dopo vari giorni di estenuante ricerca, aveva finalmente localizzato l'astronave di cui Lord Freezer gli aveva parlato.
Dato che le possibili rotte erano centinaia, i sei guerrieri si erano divisi per avere la possibilità di setacciare una zona più vasta, e, sebbene tale strategia inizialmente si fosse rivelata vana, alla fine ottenne i risultati sperati. Il capitano Igin, che in quel momento stava dormendo, venne svegliato da un bip della propria navicella.
Aprì pigramente gli occhi, disturbati dalla luce lampeggiante blu dello schermo, massaggiandosi le tempie con le dita della mano destra, e dopo aver fatto un lungo quanto sonoro sbadiglio si decise a controllare il monitor, situato proprio davanti a lui.
Le navicelle monoposto non erano molto comode: l'abitacolo era composto da una postazione in cui il pilota poteva accucciarsi e da un display olografico con cui era possibile tenere d'occhio tutte le principali funzioni del veicolo.
I comandi per pilotare la navicella erano nascosti da uno sportello sul tettuccio, e potevano essere utilizzati tirando una piccola leva, anche se il più delle volte il viaggio era completamente gestito dall'intelligenza artificiale.
La parte anteriore del veicolo era costituita dallo sportello che permetteva di uscire all'aperto e dall'oblò da cui era possibile ammirare i tenebrosi paesaggi spaziali, intervallati puntualmente dalla luce delle stelle o delle meteore.
«Dunque, vediamo di che si tratta... Un avviso da parte dell'IA, spero non abbia finito il carburante.» commentò Igin, tentando di combattere la voglia di tornare a dormire.
Mosse le dita con una certa velocità per scorrere il lungo elenco di notifiche, quando finalmente trovò il messaggio in questione. Una volta aperto il file, la voce robotica femminile del computer lesse al posto suo la comunicazione: «Astronave con le caratteristiche richieste localizzata. I nostri scanner hanno individuato 456 forme di vite al suo interno. Livello di combattimento medio: 1200. Presenza di un saiyan al suo interno confermata.» gracchiò la voce, e fu proprio quest'ultimo dettaglio che fece sobbalzare il soldato, che sbattè la testa di colpo sul tettuccio del veicolo, facendo svanire del tutto ogni residuo di sonnolenza.
«Finalmente! L'ho trovato! Computer, quanto tempo manca a raggiungere l'astronave?» chiese Igin, eccitato dalla scoperta.
Il display mostrò una riproduzione bidimensionale in miniatura dello spazio che separava i due veicoli. Passato qualche secondo in cui l'IA eseguì i dovuti calcoli, essa si decise a rispondere:«19 minuti e 8 secondi. Impostare l'astronave sopracitata come bersaglio?» chiese. Il capitano esitò, pensando alla migliore strategia. "Se aspetto il resto della squadra perderò del tempo prezioso, e a quel punto, considerando che il carburante è agli sgoccioli, potrei perderne definitivamente le tracce. No, devo procedere da solo, dopotutto sono il più forte della squadra Delta e quei soldati hanno un livello medio decisamente inferiore al mio. Posso farcela!" concluse, dando il permesso al computer di procedere. C'era una possibilità di incontrare dei guerrieri più forti di lui, questo Igin lo sapeva, ma se si fosse mosso in fretta e con astuzia avrebbe potuto recuperare il saiyan senza troppe complicazioni. «Computer, attiva l'occultamento visivo.» «Occultamento attivato». "In questo modo non potrò essere rintracciato, non mi vedranno neanche arrivare! Perfetto!" pensò il capitano, sorridendo e stringendo il pugno in segno di vittoria.

19 minuti dopo...

Dopo aver informato qualche minuto prima gli altri membri della squadra, l'èlite giunse nelle immediate vicinanze della maestosa astronave.
Tuttavia, giunto a poche decine di metri di distanza, la sua navicella tornò inspiegabilmente ad essere visibile.
«Occultamento disattivato. Rivelato campo anti invisibilità generato dal veicolo.» spiegò la voce femminile dell'IA, mettendo in agitazione il capitano.
«Che cosa? Soltanto i veicoli imperiali utilizzati per le missioni speciali hanno questo tipo di difesa! Com'è possibile che dei semplici pirati abbiano a disposizione un tale strumento? Beh, al diavolo l'effetto sorpresa!» esclamò Igin, sudando freddo.
Di lì a poco sarebbe stato attaccato, e se non si fosse preparato a dovere sarebbe morto prima ancora di raggiungere il proprio obiettivo.
Sollevò il braccio sinistro, tirò la leva sopra di esso e una piccola cloche venne fuori dallo sportello del tettuccio.
L'uomo la impugnò saldamente ed accelerò al massimo, puntando verso il fianco destro del maestoso velivolo.
La fortuna fu dalla sua parte poichè i cannoni laser nemici non ebbero il tempo di essere attivati dai soldati, che, impreparati, non furono abbastanza reattivi. Ancora pochi secondi e il piccolo veicolo avrebbe sfondato la parete metallica.
Tuttavia, quest'ultima, essendo costituita da una lega metallica ultra resistente, resse totalmente l'urto, facendo esplodere in mille pezzi la monoposto. «Capitano, il nemico si è autodistrutto. Ha tentato di aprire una breccia nel nostro veicolo ma la nostra struttura ha retto del tutto l'impatto.» informò uno dei soldati dell'astronave, sotto lo sguardo soddisfatto dell'anziano capitano. «Effettuate una scansione completa della struttura, per sicurezza.
Non voglio avere intoppi o rallentamenti di alcun tipo.» ordinò, ponendo le braccia unite dietro la schiena e voltandosi per uscire dalla sala.
Ovviamente, il soldato Delta aveva escogitato un piano.
Era sgusciato via dal veicolo qualche secondo prima dell'esplosione, per poi rotolare sulla superficie superiore dell'astronave fino a raggiungerne il fianco sinistro, da cui sarebbe entrato. In questo modo tutti i soldati si sarebbero precipitati nel luogo in cui la navicella era atterrata, lasciando scoperto l'altro lato. Questo piano andò però per il verso sbagliato poichè Igin non aveva immaginato che quel metallo fosse così resistente. "Maledizione! E ora che faccio? Non posso penetrare all'interno, farei troppo rumore e poi non sono sicuro di poter sfondare questo affare! Devo trovare un oblò o qualcosa di simile, altrimenti morirò soffocato!" pensò, aggrappandosi saldamente alle sporgenze del veicolo ed avanzando lentamente, trattenendo il respiro. Il suo volto passò velocemente dal suo tipico arancio a un violaceo pallido, sintomo che non avrebbe resistito ancora a lungo. Finalmente, raggiunta l'estremità di una sporgenza nel punto più alto dell'astronave, Igin notò una piccola rientranza, come una fessura, a qualche metro da lui più in basso.
Cos'era? Probabilmente un danno che non era ancora stato riparato, una breccia insignificante che però avrebbe fatto la differenza. Le vene pulsavano sempre più forti lungo il suo collo e la sua fronte, l'ossigeno diminuiva sempre di più e ormai il cervello si rifiutava di indugiare oltre. Pertanto, senza perdere ulteriore tempo il soldato avvolse di aura il proprio pugno destro, poi si diede una spinta con le gambe e si diresse verso la fessura. Portò indietro il braccio per caricare il colpo e poi colpì la parete con tutta la sua forza, mandandola in frantumi. La forza di gravità artificiale del mezzo trascinò al suo interno il guerriero, che, stremato, ansimò a terra. Il suo respiro riprese con un ritmo accelerato e altisonante, mentre l'atmosfera dell'astronave veniva risucchiata all'esterno, facendo scattare l'allarme dell'intera struttura. «Devo allontanarmi da qui, presto arriverà l'intero esercito.
Grazie a questo però non verrò rilevato!» mormorò il guerriero, toccando un sottile bracciale che stringeva il polso sinistro per verificarne l'assenza di danni.
Era un dispositivo, frutto delle ultime ricerche degli scienziati imperiali, capace di nascondere la propria presenza a tutti i modelli di scouter, anche a quelli più moderni, ben più sensibili.
Al tocco del proprietario il prezioso strumento rispose facendo lampeggiare una piccola luce blu, segno che funzionasse al 100%. Mentre fece ciò il suo scouter emise un bip di allerta: diverse forze combattive intorno con potenza media di 800 erano in rapido avvicinamento dal corridoio di fronte a lui. Il capitano, così, decise di prendere la direzione opposta.
Correndo pigiò dei tasti su ciò che sembrava un orologio legato al suo polso.
Da esso ne fuoriuscì una piantina in 3D olografica dell'intera struttura. Nell'ala est, a circa 80 metri da lui, vi si trovava un puntino rosso lampeggiante: lì vi era il saiyan che stava assiduamente cercando. L'IA generò il percorso più ottimale, ossia privo di forze combattive e al contempo più breve. "Perfetto! Il computer ha svolto un ottimo lavoro! In pochi minuti raggiungerò quella posizione, Lord Freezer sarà entusiasta!" meditava Igin, correndo quanto più veloce poteva saettando lungo i corridoi illuminati da una luce bianca e omogenea. Ancora 30 metri.
Il guerriero voltò a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a destra, finchè non si ritrovò di fronte una porta di un metallo massiccio protetta da due energumeni con un mantello rossastro. Uno aveva l'aspetto di una rana, la pelle violacea, occhi gialli e delle macchie nere lungo tutto il corpo; l'altro era leggermente più basso, aveva l'aspetto di un demone, la pelle rossa accesa, occhi di un tetro nero e delle robuste corna apparivano dalle tempie. Come mai il suo scouter non aveva percepito nulla? I due esseri decifrarono l'espressione ebete e sconvolta del loro intruso e così decisero di rispondere ai suoi dubbi: «Che c'è? Ti stai chiedendo come mai non ci hai percepiti?» disse uno, «È merito della nostra signora, Meyra, che sta insegnando a tutti i soldati d'èlite a nascondere la propria aura, permettendoci di apparire invisibili ad ogni tipo di rilevamento!» aggiunse l'altro, sogghignando. «Che cosa?! È possibile una cosa del genere? Mi domando chi sia questa Meyra. Siete dei pirati spaziali abbastanza forniti e preparati, i miei complimenti, ma non sapete con chi avete a che fare! Siete dinanzi al capitano della valorosa Squadra Delta, corpo speciale dell'armata di Lord Freezer!» si presentò Igin, sollevando le braccia in aria diagonalmente, mentre un sorriso orgoglioso mutava l'espressione del suo volto.
I due, guardandosi l'un l'altro, scoppiarono in una fragorosa risata, che fece ribollire il sangue del soldato. «Cos'avete da ridere?! Dubitate forse del mio potere? Fatevi da parte e consegnatemi il saiyan, o vi spazzerò via entrambi!» tuonò Igin, ferito nell'orgoglio. I due soldati si misero in posizione di combattimento, sorridendo beffardi, decisi a non deludere la propria comandante.
L'intruso fece lo stesso e i tre si incontrarono a metà del tragitto, iniziando una feroce battaglia. I movimenti del Delta erano molto più rapidi di quelli dei due, ma quest'ultimi, essendo in vantaggio numerico, riuscivano comunque a trovare dei punti scoperti e quindi a ferire il nemico. Infatti, mentre il soldato demone impegnava il proprio nemico con dei pugni atti a romperne le difese, l'altro sferrò una ginocchiata sul fianco sinistro dell'avversario, facendolo arretrare di qualche metro. Igin non ne risentì molto, ma riuscì a sentirne il dolore. «Siete bravi! La vostra incredibile cooperazione riesce a compensare la scarsa velocità, ma non riuscirete comunque a spuntarla!» disse, balzando in avanti, deciso a mettere a segno qualche colpo. Inizialmente si era diretto verso l'anfibio ma all'ultimo secondo cambiò direzione e sferrò un pugno in pieno volto al demone, che straziò dal dolore, portandosi le mani al naso.
Successivamente Igin, sorridendo compiaciuto, lo afferrò per le corna e lo scaraventò sull'altro, che però schivò l'attacco, facendo sbattere rovinosamente il proprio compagno sulla parete massiccia del corridoio. In quel momento il capitano era scoperto e così l'uomo rana ne approfittò, colpendolo energicamente con una testata sul petto che crepò parte dell'armatura.
Ripresosi dalla botta subita un attimo prima, il soldato demone si unì all'alleato in un attacco energetico combinato, che colpì un impreparato Igin, che fu travolto completamente. L'esplosione annerì le mattonelle che poco prima erano di un bianco puro, e ricoprì l'intera zona di fumo e di odore di bruciato.
Il soldato Delta, stavolta gravemente ferito, si stava risollevando da terra faticosamente, facendo forza sulle gambe.
"Questo scontro non può continuare così, se dovessero riccorere un'altra volta a un attacco simile potrebbero mettermi in seria difficoltà! La mia eccessiva sicurezza mi ha fatto sottovalutare la loro reale forza. Inoltre, sicuramente staranno arrivando altri soldati attirati da questo fracasso! Devo concludere in fretta, prelevare il saiyan e fuggire con una navicella di salvataggio." riflettè il guerriero, spazzando via la fuligine dai suoi vestiti. «Non pensavo di dover utilizzare questa tecnica contro di voi, ma evidentemente siete più forti di quanto pensassi! Purtroppo per voi, state per assistere al mio migliore attacco! Addio!» sentenziò l'uomo di Freezer, sotto lo sgomento dei suoi avversari.
Lo skahriano si lasciò avvolgere dalla propria aura, che concentrò pian piano lungo il suo braccio destro, tramutandolo quasi in una lama di energia. «Non possiamo farlo continuare, attacchiamolo!» disse allarmato l'uomo rana, mentre l'altro annuiva.
Si scagliarono a tutta velocità contro il nemico, ma quest'ultimo urlando «Fendente della morte!» mosse il proprio braccio diagonalmente come se volesse tagliare i propri avversari.
Il soldato simile a un anfibio venne completamente investito da esso e di conseguenza il suo corpo venne affettato a metà, cadendo con un tonfo a terra; l'altro invece era riuscito ad evitarlo, almeno parzialmente, facendosi amputare il braccio sinistro e lacerandosi il fianco.
Ormai inerme e decisamente poco pericoloso, il soldato dalla pelle rossastra urlò di dolore, mentre fiotti di sangue zampillavano dalle ferite.
«Non sei più una minaccia per me, se ti mettono immediatamente nella vasca di rigenerazione, e sono sicuro che questa nave ne sia dotata, potresti addirittura sopravvivere. Sparisci!» disse Igin, calciando con forza il corpo semicosciente del nemico diversi metri più in là, alla fine del corridoio.
«Che combattimento impegnativo... Ed ora, il gran finale!» mormorò, superando il cadavere della guardia e facendo esplodere con un colpo energetico la spessa porta. Al centro della stanza, illuminata da una scarsa luce verdastra, vi era una cassa metallica, rettangolare e con gli angoli stondati, all'interno del quale vi era un bambino, che stava beatamente dormendo, visibile dal piccolo oblò.
"Che cosa? È questo il saiyan? Come hanno fatto a imprigionarlo? Questo potrebbe essere un problema..." pensò il capitano, aggrottando la fronte.
Infatti, quella sorta di vasca era una camera criogenica, che poteva essere aperta dall'interno soltanto quando il tempo prestabilito scadeva, in questo caso un mese, com'era ben visibile da un piccolo display situato sotto l'oblò.
"Non è il momento di porsi simili questioni, devo andarmene da qui o l'intero esercito mi sarà addosso!" ma non appena scollegò uno dei tanti cavi della camera criogenica, un allarme risuonò in tutta la stanza, seguita dalla chiusura dell'entrata con una porta blindata uscita da una fessura appena apertasi. Il corpo del guerriero si fece più pesante e la gravità, aumentata di colpo, lo costrinse a schiacciarsi al pavimento. "Ma...maledizione! Ma che diavolo di astronave è questa?! Sono fottuto!" pensò in preda al panico Igin, riuscendosi a muoversi a stento. Come sarebbe riuscito a liberarsi da quella folle trappola?

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Capitolo 17
*** Rinforzi inattesi ***


L'allarme dal suono acuto risuonava nelle orecchie di un impotente Igin, che, centimetro dopo centimetro, tentava di avvicinarsi verso la porta.
"Ragiona Igin, ragiona! L'aumento di gravità deve scaturire da un dispositivo, un macchinario, qualcosa del genere! Potrei disattivarlo in qualche modo, se solo scoprissi dove si trova" riflettè l'uomo, guardandosi attorno con estrema fatica, mentre le gocce di sudore scorrevano copiose lungo il suo viso.
A parte la camera criogenica, che occupava il centro della stanza, e qualche cavo collegata ad essa, questa era sostanzialmente vuota.
La ricerca disperata del capitano venne interrotta da un avviso proveniente dal suo scouter, che rilevava diverse forze combattive in avvicinamento.
Se non avesse trovato una soluzione al più presto sarebbe stato sicuramente catturato.
"Al diavolo il dispositivo di gravità, non potrò muovermi ma se scaglio un'onda di energia contro quella porta dovrei potermene andare! Il saiyan lo recupererò più tardi!" decise infine, accumulando gran parte della sua aura nel palmo della sua mano.
Muovendo appena il braccio il soldato lanciò la sfera contro la porta, causando un'esplosione la cui onda d'urto lo fece schiantare contro la parete della stanza.
"Ce l'ho fatta!" pensò sorridendo, mentre il fumo inondava ogni sua via respiratoria, facendolo tossire.
Quando esso si diradò, però, i suoi occhi notarono che la stanza, un attimo prima vuota, ora era completamente piena: un'armata di una ventina di persone che gli puntavano il proprio fucile energetico l'avevano riempita.
«Dannazione... Perchè non risentono della gravità? Eppure la loro forza combattiva è misera!» mormorò Igin, mentre i soldati semplici lo ammenettavano e lo trascinavano via, fuori dalla stanza.
Mentre compivano tale gesto il Delta capì perchè potessero muoversi agilmente in quella stanza: un dispositivo rettangolare collegato alla propria armatura probabilmente ne annullava gli effetti.
Ma ormai questo non aveva più importanza, quegli idioti lo stavano portando fuori dalla stanza, dove la gravità era normale.
A quel punto li avrebbe stesi uno dopo l'altro, gli avrebbe rubato quel dispositivo e una volta recuperato il saiyan se ne sarebbe andato.
Un sorriso si delineò sul volto del capitano, che aspettava pazientemente l'attuarsi del suo piano.
I soldati, varcata la porta, scagliarono a terra il loro prigioniero, che, incredulo, continuava a non potersi muovere.
«Ecco mia signora, costui è l'uomo che ha fatto irruzione nella nostra astronave» lo presentò uno dei soldati, mettendosi sull'attenti dinanzi alla presenza di una ragazza. Igin, confuso e tremendamente sconfortato, riuscì appena ad alzare lo sguardo e ad osservare le gambe che dovevano appartenere ad una donna, poichè una gravità anche più opprimente della precedente incatenava al suolo ogni fibra del suo corpo.
«Che cosa guardi? Guarda che sono quassù!» disse divertita Meyra, notando l'estrema fatica con cui l'uomo tentava di divincolarsi.
«Che succede? Forse non puoi muoverti come vorresti? Lascia che ti dia una mano!» aggiunse in seguito, accompagnando quanto detto con un gesto dell'arto rivolto verso l'alto.
Improvvisamente, il corpo di Igin prese a levitare, pur rimanendo sempre paralizzato, finchè non si trovò in piedi e quindi faccia a faccia con quella straordinaria ragazza. Gli occhi del soldato Delta, di un nero assoluto, ne incontrarono degli altri di un castano dorato che lo squadravano con severità.
Ciò che lo colpì maggiormente, oltre alla facilità con cui utilizzava quegli strani quanto incredibili poteri, era il rispetto e il timore che la sua armata aveva nei suoi confronti.
Questo voleva forse dire che oltre alle sue abilità ella disponesse anche di una non indifferente forza?
«Tu...Chi...diavolo sei?» riuscì a dire Igin, attonito.
«Chi sono io, chiedi? Non credi che forse dovrei essere io a porti questa domanda? Ti infiltri nella mia nave, uccidi i miei uomini, tenti di rubare il mio prigioniero e ti permetti di chiedermi chi diavolo sono?!» tuonò Meyra, schiaffeggiando con il dorso della mano l'intruso, che non potè fare altro che subirne i colpi.
«Io sono il capitano della squadra Delta... Sono un guerriero d'èlite dell'Imperatore Freezer!» esclamò con fierezza l'uomo, quasi digrignando i denti di fronte alla propria nemica. Quest'ultima sorrise, fermando la propria mano a mezz'aria, soddisfatta di avere finalmente chiaro chi fosse il mandante.
«Ah, quindi il caro Freezer vuole il mio saiyan? Beh, dopotutto era prevedibile, l'ho sottratto da sotto il naso ai suoi scagnozzi mentre era impegnato a fare chissà che cosa sulla Terra! Ad ogni modo, credo proprio che non possa restituirglielo: quel bambino fa già parte di un progetto più grande!» disse la ragazza, mettendosi con le braccia conserte.
Igin la scrutò con odio, dato che la missione, che doveva concludersi con una sua vittoria che lo avrebbe fatto risplendere sotto una nuova luce agli occhi del suo sovrano, si stava rapidamente tramutando nella sua più terribile disfatta.
E tutta la colpa era di quella donna e dei suoi poteri: senza di lei, sarebbe riuscito a fuggire dalla stanza a gravità aumentata e, una volta fuori, avrebbe ucciso tutti quei miseri soldati.
Pian piano, nella mente dell'uomo di Freezer affiorò un pensiero: e se la squadra fosse stata al completo, come sarebbero andate le cose? Forse avrebbe dovuto aspettare gli altri, quel suo gesto egoista ora stava compromettendo l'intera missione.
Era dunque questa la dura verità? Senza i suoi fidati compagni, il capitano non valeva nulla?
«Tu... Stupida donna! Che cosa hai intenzione di fare con quel saiyan? Che significa che "fa già parte di un progetto più grande"? Non ti permetterò di essere l'artefice del mio fallimento! Quel bambino verrà via con me!» sbottò carico d'ira Igin, divincolandosi a destra e a sinistra con tutta la forza che aveva in corpo.
Tale mossa fu però inutile poichè la gravità gli impediva ogni movimento. Meyra, udendo quelle parole, non potè fare a meno di scoppiare a ridere, cercando però di trattenersi coprendosi la bocca con la mano.
«Fammi capire: tu vorresti andartene con il mio prigioniero? Non credo proprio! Ecco invece cosa accadrà: adesso i miei uomini ti inseriranno in una camera criogenica in cui resterai per almeno un centinaio di anni, in modo tale che ogni essere che possa essere tuo amico sarà morto al tuo risveglio, dopodichè ti lanceremo nello spazio e, se sopravvivrai, tornerai cosciente chissà dove! Che ne dici?» lo provocò Meyra, avvicinando il suo volto a quello del nemico, come se lo stesse invitando a farsi colpire.
Il membro della squadra Delta iniziò a mutare il colore del proprio viso dal classico arancione a un rosso acceso, sintomo che la sua rabbia fosse davvero al limite. «MALEDETTA! Senza questi tuoi stupidi poteri non saresti un granchè! Ti ucciderei in un batter d'occhio!» sbraitò, mentre i suoi occhi manifestavano tutta la collera che stava provando in quel momento. La donna, incuriosita da quest'ultima affermazione, decise di fare un passo indietro e, con un gesto della mano, rimosse la forza opprimente che attanagliava il corpo del guerriero.
«Ne sei davvero convinto? Dimostramelo immediatamente, vediamo che sa fare il "capitano della squadra Delta"» lo schernì la giovane, rimanendo con le braccia conserte e continuandolo ad osservarlo con il suo sorrisetto beffardo pieno di sicurezza.
Igin, appena ripresosi dall'intorpedimento dei propri muscoli che la gravità gli aveva causato, iniziò ad agitare le braccia avanti e indietro e a fare dei saltelli, per prepararsi al combattimento.
"Vedrai...Vedrai di cosa sono capace! Ti farò pentire di tutto ciò che mi hai appena fatto passare!" pensò l'uomo, mentre la propria avversaria ordinò ai propri soldati di allontanarsi velocemente, perchè molto probabilmente non sarebbero sopravvissuti alla battaglia.
«Si comincia!» gridò lo skahriano, flettendo le cosce e lanciandosi a tutta velocità contro la nemica, che però, al contrario di quanto ci si possa aspettare, rimase con le braccia conserte e socchiuse addirittura gli occhi.
Questo atteggiamento fece imbestialire ancora di più il guerriero, che, giunto a un passo da lei, iniziò ad attaccarla con calci e pugni in modo del tutto animalesco, privo di qualsiasi stile di combattimento.
Ella evitò ogni singolo colpo, ondeggiando talvolta a destra, talvolta a sinistra, mentre un sorriso cominciava a delinearsi sul proprio volto.
"Come immaginavo, non è minimamente al mio livello. E pensare che lo batterò senza sfruttare i miei poteri!" realizzava la giovane, che decise finalmente di aprire gli occhi.
L'espressione di quest'ultima non venne però ignorata da Igin, che, ancora più infuriato, aumentò il ritmo dei suoi attacchi, ma senza risultato. Dopo qualche secondo, sfinito, decise di fermarsi e allontanarsi con un balzo di qualche metro, per riprendere fiato.
«Hai già concluso la tua offensiva? Che delusione...Se sono questi, come li chiami tu, i "guerrieri d'èlite dell'Imperatore Freezer", allora non ho nulla da temere! Voi e il vostro sovrano siete un gruppo di rammolliti, e prima o poi vi schiaccerò ad uno ad uno!» esclamò Meyra, mettendosi per la prima volta in posizione di combattimento e saltando in avanti verso il proprio nemico.
Data l'elevata velocità, il capitano non la vide nemmeno arrivare, ricevendo una ginocchiata in pieno addome che lo fece piegare in avanti. Dopodichè, afferrò il suo braccio sinistro ed applicò una pressione tale sul gomito, con la propria mano, che glielo ruppe facendo urlare di dolore lo skahriano, che stramazzò al suolo.
Non aveva mai subito una sconfitta così umiliante, da una donna per giunta. Certo, sapeva di non essere uno dei guerrieri più forti dell'armata imperiale, ma questo era stato soltanto uno stimolo che lo portava ad allenarsi sempre di più, migliorandosi costantemente.
Mai però aveva incontrato un tale individuo, esterno all'impero e alle squadre speciali, capace di ridurlo all'impotenza in così poco tempo. Pensando a tutto questo, e maledicendo sè stesso e la propria avversaria, Igin perse conoscenza, con la guancia schiacciata contro la superficie fredda del pavimento.
«Bene! Direi che qui abbiamo finito. Soldati, tornate immediatamente qui e portate questo pezzo di carne all'interno di una camera criogenica, dopodichè lanciatelo nello spazio.» disse la vincitrice dello scontro, voltando le spalle al proprio avversario per tornare nella propria stanza, mentre decine di soldati la raggiungevano per eseguire i suoi ordini.

Luogo: corridoio dell'astronave, vicino la stanza di Meyra

Epoca: dieci minuti più tardi lo scontro tra Meyra e Igin, mentre i soldati lo stanno per ibernare

Meyra era quasi arrivata alla propria stanza.
Camminando lungo il corridoio, notò una luce azzurognola, riflessa nelle pareti, farsi sempre più brillante.
Vide arrivare improvvisamente una corposa massa energetica dalla sua direzione.
«Che cosa?!» urlò, colta di sorpresa, parandosi con le braccia.
L'attacco la investì in pieno, carbonizzando completamente i tre soldati che si trovavano dietro di lei. Quando la ragazza riaprì gli occhi e il fumo si diradò, potè finalmente vedere l'artefice di quell'attacco.
La prima cosa che notò fu il simbolo delta sull'armatura del guerriero, possibile che quel tipo si fosse ripreso così in fretta e l'avesse colpita nuovamente? Tale dubbio venne però sventato in fretta, poichè l'essere che aveva di fronte era alto almeno tre metri, aveva dei lunghi capelli azzurri raccolti in una coda che gli percorreva tutta la schiena ed aveva un fisico magro ed esile.
La pelle, arancione come quella del suo precedente avversario, le suggerì che si trattasse di un altro membro della Squadra Delta.
«E tu chi saresti? Sei venuto a salvare il tuo amico? Che cosa carina!» si presentò Meyra, spolverandosi le vesti , leggermente strappate, dalla fuliggine appena depositatasi.
«Io sono Wammer, membro della gloriosa Squadra Delta nonchè soldato d'èlite dell'armata...» «Sì, sì, ho già sentito tutto questo, come siete noiosi! Cos'avete, un copione da recitare ogni volta?» lo interruppe la donna, infastidita da tutti quegli intrusi.
Wammer, irritato per non aver potuto concludere il proprio discorso, decise di passare ai fatti.
Si mise in posizione di combattimento e corse contro la propria nemica, che rimase immobile anche stavolta.
Il guerriero la colpì con un pugno in pieno volto, ma questa non sembrò subirne gli effetti, così il gigante continuò con una raffica di calci in tutte le direzioni possibili. "Sono stanca, veramente! Eliminerò anche quest'altro tizio dalla forza imbarazzante..." meditò la giovane, espandendo la propria aura e spazzando via il nemico, che perse l'equilibrio e cadde a terra.
Dopo di ciò decise di utilizzare i propri poteri psichici per scaraventarlo dapprima sulla parete, poi sul tetto, infine sul pavimento, facendolo rimbalzare più volte come se fosse una pallina da tennis.
«Ora che finalmente ti ho messo al tuo posto, parla: sei venuto anche tu per il saiyan? Quanti di voi dovrò ancora aspettare? E perchè le armi della mia astronave non ti hanno fatto fuori? Sappi che ho facilmente sconfitto il tuo capitano, per cui ti conviene parlare o ti ucciderò insieme a lui.» intimò la temibile guerriera.
Wammer, turbato profondamente da quella spaventosa potenza, decise di assecondarla, mentre si asciugava il sangue uscitogli dal naso.
«Io e il mio compagno Adrian abbiamo ricevuto per primi il messaggio del capitano, essendo i più vicini, che ci informava del suo piano. Ci siamo messi immediatamente in viaggio per tentare di raggiungerlo il più in fretta possibile, ma mentre Adrian tentava di sfondare l'astronave la sua navicella è stata colpita da un cannone laser, che l'ha fatta schiantare contro la parete dell'astronave. Essa non è stata minimamente scalfita, e al contrario il veicolo del mio compagno è andato in frantumi, provocandone la morte. Preso dallo sconforto ho iniziato a girare intorno, schivando i colpi dei cannoni e cercando una qualche breccia da cui intrufolarmi. Alla fine l'ho trovata e vi sono entrato con il mio mezzo. Ho incontrato qualche soldato che ho ucciso con facilità per impedirgli di dare l'allarme, con l'eccezione di uno di essi, che ho interrogato: egli mi ha riferito che tu sei la più potente dell'equipaggio, così ho deciso di farti fuori per rendere fiero di me il mio capitano e Lord Freezer... ma evidentemente sono stato un folle. È tutto, finiscimi se vuoi.» concluse il guerriero dai capelli azzurri, chinando la testa in segno di resa.
Come aveva potuto sottovalutare così tanto la situazione? La mania di grandezza e la ricerca di gloria lo avevano portato alla morte, infine? Tuttavia, vi era ancora una piccola possibilità di vittoria, un'ultima speranza.
Infatti, il soldato aveva celato parte della verità alla propria nemica, in modo tale da avere un asso nella manica. Se le cose fossero andate esattamente come pensava lui e nel verso giusto, allora sarebbe potuto riuscire nell'impresa e il tutto non sarebbe stato vano.
La duplice vincitrice di entrambi gli scontri con i Delta sollevò un braccio con il palmo rivolto verso il vinto, decisa a spedirlo nell'aldilà.
«Sei stato molto esauriente nella tua spiegazione, tuttavia mi hai mancato di rispetto entrando all'interno della mia astronave, cosa che non verrà tollerata. A differenza del tuo capitano, a cui ho riservato una sorte ben peggiore, ti sto per donare una morte rapida e indolore, sii grato per ciò. Addio!» sentenziò la donna, caricando una sfera di energia sufficientemente potente da ridurre a brandelli l'avversario.
Improvvisamente però, un calcio sulla schiena la destabilizzò, facendola rovinare a terra qualche metro più in là. Wammer, attirato da tale azione, sollevò lo sguardo per riconoscere nel proprio salvatore suo fratello, Vet.
L'uomo era esattamente identico a lui, eccezione fatta per i capelli non raccolti in una treccia, e lo osservava trionfante, tendendogli la mano per farlo rialzare.
«Fratello! Giusto in tempo, che tempismo! Il nemico è straordinariamente potente, ha sconfitto il capitano Igin, per cui dovremmo ricorrere alla nostra tecnica speciale per farla fuori.» disse uno dei gemelli all'altro. «Mi fido totalmente del tuo giudizio, procediamo immediatamente con l'Unione. Forza, ho temporaneamente allontanato quella tizia, muoviamoci!» aggiunse quello appena arrivato, mettendo le proprie mani sopra le spalle del fratello, che annuì, facendo lo stesso. Quella tecnica particolare era esclusiva dei due skahriani, che, condividendo gran parte del codice genetico, potevano fondersi in un unico essere acquisendo un'enorme quantità di potere.
Meyra, nel frattempo, si era rialzata praticamente illesa, ma decisamente furiosa. "Chi diavolo era quello? Non ha importanza, li finirò entrambi!" pensò, dirigendosi a tutta velocità verso quello che sembrava un gioco di luce bluastra.
Quando arrivò a destinazione non trovò traccia di un Wammer debilitato o dell'aggressore che l'aveva colpita alle spalle, ma al loro posto vi era un energumeno alto almeno tre metri e mezzo, estremamente muscoloso, a torso nudo (l'armatura semi distrutta l'aveva rimossa per intimorire maggiormente l'avversaria) e con uno sguardo decisamente più feroce. L'espressione stupita e sgomenta di Meyra fece scoppiare in una risata inquietante il mostro, che si affrettò, con un tono di voce rauco e profondo, a darle delle spiegazioni: «L'essere chiamato Wammer e suo fratello gemello Vet si sono uniti, creando me. La nostra potenza non è stata semplicemente sommata, quindi preparati a morire!» si presentò il mostro, iniziando a correre e colpendo con una spallata l'avversaria, che, presa alla sprovvista, venne colpita in pieno venendo scaraventata a terra, risentendone parecchio.
«La tua forza è aumentata immensamente, è vero, posso sentirla. Mi domando perchè voi due fratelli non restiate permanentemente in questa forma, dato che la vostra aura è ben maggiore del vostro capitano.» chiese la ragazza, rimettendosi in piedi e prendendo tempo per pensare a una controffensiva. Il suo potere era ancora superiore al nemico ma se non fosse stata attenta sarebbe potuta morire, specialmente se qualche altro membro della squadra fosse arrivato.
«Quando noi due ci trasformiamo la nostra forza aumenta a dismisura, ma il dispendio energetico di tale trasformazione è talmente alto che, se rimanessimo così, la nostra esistenza durerebbe non più di una settimana. Ora che lo sai, lascia che prenda la tua vita, così da poter liberare il capitano e recuperare il saiyan.» disse l'essere, ripartendo nuovamente alla carica.
Stavolta però l'altra fu pronta e riuscì a bloccare il proprio nemico con i suoi poteri psichici, e, usando il suo stesso braccio, lo fece colpire ripetutamente all'addome, provocandogli un dolore non indifferente.
Meyra ripetè quell'operazione una decina di volte, dopo dovette lasciarlo andare poichè lo sforzo, a livello cerebrale, era troppo eccessivo, di fatti il suo naso iniziò a sanguinare e le girò la testa. I due gemelli approfittarono di quel momento di sbandamento e così, con un balzo vigoroso, atterrarono dinanzi a lei e afferrarono con la loro grossa mano la testa della nemica e la scaraventarono per terra, facendola sprofondare di qualche centimetro. Quest'ultima, prima di ricevere una ginocchiata in pancia, riuscì a lanciare in faccia al mostro una sfera di energia, che lo fece arretrare di uno spazio sufficiente a farla rimettere in piedi.
«Ho trattenuto il mio potere per non distruggere l'astronave, ma evidentemente se continuo così non ho possibilità di vittoria... Sei duro a morire, eh?» disse Meyra, concedendo all'avversario un mezzo sorriso.
«Arrenditi donna, tra non molto verrai sconfitta, i tuoi poteri psichici ti destabilizzano eccessivamente se usati con qualcuno troppo forte. Inoltre, il mio cervello in realtà è doppio e quindi molto difficile da controllare. Perderai!» intimò il gigante soldato, colpendosi il petto con i pugni quasi fosse un gorilla. In effetti, il suo volto aveva perso gran parte dei tratti delicati dei gemelli e ora assomigliava parecchio a una grande scimmia dalla pelle arancione.
La giovane donna, sapendo che quanto detto dall'avversario fosse vero, tentò di contattare la squadra èlite del suo equipaggio – gli stessi che combatterono contro Gohan - con la mente, ma non ci riuscì poichè venne interrotta da una testata dello skahriano.
La ragazza si lasciò sfuggire un grido di dolore che fece sorridere sadicamente il nemico, che si leccava il suo sangue schizzatogli nei pressi delle labbra.
"Questo posto mi svantaggia fin troppo... Se libero il mio potere, la nave potrebbe realmente precipitare! Che faccio?" si chiese la giovane, in preda al panico.
Mentre fece ciò riuscì a schivare appena in tempo un affondo nemico, poi decise di passare alla controffensiva piegandosi sulle ginocchia e colpendolo nelle parti basse con un pugno, che ottenne il disastroso effetto desiderato. Il mostro si piegò in due dalla sofferrenza, e approfittando di quel momento di debolezza, Meyra saltò in aria per affondargli le dita in entrambi gli occhi, aggiungendo un altro dolore fitto all'essere, che non sapeva quali delle due parti ferite tastare per prima.
«A volte non è necessario pensare a strategie complicate quando si ha a che fare con idioti come te!» disse la guerriera, sorridendo beffarda. "E ora... Riproviamo. Cream, mi senti? Sono Meyra! Mi trovo nei pressi delle mie stanze, c'è un mostro enorme che mi sta attaccando, i sensori di questo corridoio sono completamente distrutti quindi non avrete sentito niente, porta la tua squadra qui immediatamente!" pensò, sperando che il suo soldato avesse recepito il messaggio. Se, infatti, il destinatario stesse dormendo in quel momento, il pensiero non gli sarebbe giunto. Nel frattempo, l'essere creato dall'unione dei due fratelli aveva riacquistato la vista e, furioso, stava caricando nuovamente la povera ragazza, che ormai appariva imbrattata di sangue e con i capelli arruffati.
Ce l'avrebbe fatta a resistere finchè la sua squadra d'èlite non sarebbe giunta in suo aiuto o il mostro sarebbe riuscito ad averla vinta?

Questo era il capitolo di oggi. Sono gradite recensione e/o commenti. Buon sabato a tutti!

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Capitolo 18
*** Follia inarrestabile? ***


"Devo trattenerlo finchè non arrivano gli altri! Solo così potrò sconfiggerlo senza danneggiare l'astronave." meditò Meyra, ponendo le proprie braccia davanti a sè per creare una barriera energetica.
Essa riuscì a sopportare l'impatto con il massoso corpo dell'avversario, seppur esplose pochi istanti dopo, scaraventando entrambi al suolo.
La prima ad alzarsi fu la donna, che, decisa a prendere tempo, si allontanò facendo delle piccole e rapide capriole all'indietro che le fecero percorrere a ritroso il lungo corridoio.
Il mostro, intuendo il suo piano, cominciò a correre e a lanciare sfere di energia dalla bocca, in preda alla furia più totale.
Uno dei difetti principali di quella trasformazione era che si perdesse sempre più lucidità, sostituita dalla follia pura, con il passare del tempo.
I colpi della bestia, sebbene mancassero clamorosamente il proprio obiettivo, impattarono ripetutamente con le pareti del corridoio, danneggiandone così la struttura. Meyra non potè permettere ciò, così decise di fermarsi e procedere con l'attacco.
Caricò due sfere di energia in entrambe le mani e le lanciò contro il nemico, che le scanzò facilmente.
«Dove stai mirando? Guarda che sono qui!» si compiacquero i gemelli, ignari del piano dell'avversario.
Infatti, la guerriera, con un movimento delle braccia, fece tornare indietro le due sfere, che si schiantarono sulla schiena dell'altro, che venne spinto in avanti.
La donna approfittò di quel momento per concludere la sua strategia colpendo con una gomitata la parte molle del collo immediatamente sopra le clavicole e facendo trasalire il nemico, che si afflosciò di colpo al suolo.

Meyra tirò un sospiro di sollievo, era finalmente riuscita ad abbatterlo senza danneggiare ulteriormente il maestoso veicolo.

Si guardò intorno: il corridoio, originariamente di un bianco puro e completamente illuminato, era semibuio, annerito dai numerosi colpi energetici e con le pareti sfondate e crollate in diversi punti, da cui fuoriuscivano dei cavi scoperti scoppiettanti di scosse elettriche.
«Però! Ti sei rivelato più resistente del previsto, ma alla fine ti ho sconfitto, eh, bestia? Le guardie presto saranno qui e ti lanceranno via nell'oblio dello spazio...» disse, asciungandosi il sudore della fronte con il dorso della mano.
Successivamente, chiuse gli occhi e si concentrò: i suoi capelli argentei, fino a un attimo fa completamente scompigliati e arruffati, presero vita e tornarono ad assumere una piega perfetta.
"Così va meglio, non voglio che le mie truppe mi trovino in questo stato pietoso" pensò.
Le sue abilità psichiche erano quasi del tutto inutilizzabili a causa dell'enorme sforzo a cui era stata sottoposta, ma quella mossa richiedeva una frazione minima della sua energia. La ragazza diede le spalle al nemico per attendere l'arrivo della squadra di Cream, il capitano dell'èlite dell'equipaggio.
Ma quanto ci stava mettendo? Lo aveva chiamato diversi minuti fa, se avesse recepito il messaggio sarebbe dovuto arrivare a momenti. Forse stava dormendo? Era una possibilità, data la sua pigrizia.
La struttura dell'immensa astronave era organizzata in settori, e ognuno di essi aveva un proprio numero di soldati dei più vari livelli combattivi. Quello in cui erano accaduti gli ultimi eventi non era lo stesso in cui Cream e la sua squadra risiedeva, cioè il settore 0, il quartier generale. Per tale motivo, poichè l'intruso (Igin) era stato catturato e la situazione si era risolta in tempi brevi, non vi era stata alcuna ragione di far intervenire altri soldati.
Improvvisamente sentì una morsa alla caviglia destra, una presa serrata che la stringeva con tutta la propria energia.
Un brivido lungo la schiena la fece trasalire, ma quella fu l'unica reazione che ella ebbe poichè non ci fu neanche il tempo di voltarsi che il mostro, nuovamente in piedi, la scaraventò con tutta la forza che aveva in corpo sulla parete, senza però lasciarla andare.
La povera vittima sbattè la testa, e tutto ciò che vide fu una figura sfocata arancione che rideva sadicamente, mentre si accingeva a sferrare la sua prossima mossa. Poggiò una mano sull'addome della nemica e dopodichè lanciò un colpo energetico che trafisse la guerriera, che non riuscì neanche a gridare, di quanto era stordita. Mentre il suo sangue ricadeva schizzando sul suolo, l'energumeno la scagliò per terra, infierendo sulla ferita con una piedata, che le fece spalancare gli occhi e le fece emettere un flebile suono stroncato sul nascere.
Con il corpo ridotto a un insieme di ossa rotte e di organi spappolati e con i vestiti totalmente ricoperti da una macchia rossastra, immersa in una pozzanghera colorata dello stesso colore Meyra perdeva conoscenza, espirando debolmente e fissando con uno sguardo vacuo il suo carnefice.
La follia insaziabile e crescente di quest'ultimo era sempre più evidente, e presto avrebbe potuto prendere il sopravvento sugli obiettivi reali della missione.
«Come ti senti ora, sporca mocciosa? CREDEVI DI ESSERMI SUPERIORE, INUTILE FECCIA?! VI ANNIENTERò TUTTI! E ora, pensiamo al capitano: lo libererò, e poi... lo ucciderò... lentamente, con le mie mani...» disse l'essere, passando dalle urla più rimbombanti a quasi un sibilo riferito più che altro a sè stesso, mentre un sorriso sadico e altrettanto inquietante ne deformava il volto.
Una volta constatato di aver ucciso la propria avversaria, il gigante iniziò a correre ferocemente verso il luogo in cui il proprio dispositivo di localizzazione legato al suo braccio gli indicava la posizione di Igin. I membri della squadra Delta possedevano infatti un chip sottocutaneo in grado di informare gli altri della loro ubicazione.

Luogo: corridoio dell'astronave

Epoca: mentre Meyra perde conoscenza

«Sì, direi che qui va bene. Posizionatelo all'interno della numero quattro.» disse un soldato, indicando agli altri due in quale camera criogenica inserire il prigioniero. Quest'ultimo era ancora svenuto, per cui non aveva opposto alcuna resistenza.
Un altro membro dell'equipaggio si avviò verso una porta con sopra inciso il numero indicatogli, premette la pulsantiera a destra di questa, che si aprì, rivelando al suo interno la camera in cui avrebbero dovuto inserire il capitano.
Nel frattempo, l'uomo che aveva dato pocanzi l'ordine, ricevette un messaggio sul suo scouter, che, attraverso un suono acuto, attirò la sua attenzione.
Sul piccolo schermo verde del dispositivo comparve uno strano essere, simile a un grosso calamaro, che agitava in preda al panico tutti i suoi tentacoli: «Qui centrale di comando del settore 09, ascoltate attentamente quanto ho da dirvi: un intruso altamente potente si sta avvicinando a gran velocità alla vostra posizione, sbarazzatevi immediatamente del prigioniero e abbandonate l'area! Ripeto: ABBANDONATE L'AREA! Il soggetto è instabile e pericoloso, presto arriverà in soccorso la squadra d'èlite dell'astronave. Chiudo.» questa era la comunicazione riportata dallo strumento del soldato, che, preoccupato per quanto udito, iniziò a sudare freddo.
«CHE COSA? Hanno chiamato la squadra di èlite? Ma... ma... L'ultima volta è stata chiamata per quel ragazzino che ha distrutto quasi un intero settore... C'È UN ALTRO INTRUSO TANTO FORTE?» sbraitò allarmato uno degli uomini lì presenti, dato che tutti avevano ascoltato quelle parole.
Tutti gli altri iniziarono a entrare in uno stato di fibrillazione e ad abbandonare le loro postazioni, correndo avanti e indietro come dei bambini spaventati.
I due che tenevano in custodia Igin lasciarono per terra quest'ultimo per seguire gli altri, che nel frattempo si erano allontanati dalla zona percorrendo il corridoio, urlando.
«CHE DIAVOLO STATE FACENDO? MANTENETE LA CALMA! TORNATE SUBITO QUI!» gridò uno dei loro colleghi, forse l'unico ad aver mantenuto i nervi saldi. Tuttavia le sue parole non servirono a niente, poichè egli udì il suono di un'esplosione esattamente nella stessa direzione in cui erano scappati gli altri.
Il fumo raggiunse l'unico soldato rimasto, colui che aveva ricevuto il messaggio, che, tossendo, si fece carico di Igin e con coraggio iniziò a camminare dall'altro lato del corridoio.
Presto sarebbero arrivati Cream e il resto della squadra e forse avrebbe avuto una possibilità di salvezza, ma fino a quel momento era suo dovere portare quel prigioniero lontano da lì.
Era evidente, infatti, che i due intrusi fossero collegati in qualche modo e che quello che si stava avvicinando a lui voleva recuperarlo, o ucciderlo.
Sentì dei passi prorompenti farsi sempre più vicini, ma il guerriero solitario non volle voltarsi a guardare, non ne aveva il coraggio.
Ancora qualche metro e avrebbe raggiunto l'ascensore che lo avrebbe portato al settore successivo, che sicuramente era stato fornito di numerose truppe pronte a fronteggiare il nemico.
Sì, poteva farcela. Il corpo dell'uomo che portava sulle spalle si faceva sempre più pesante, eppure egli non aveva avuto alcun segno di tentennamento, di indecisione.
I passi si facevano sentire sempre di più, con un ritmo accelerato. Il soldato giunse finalmente all'ascensore e, cliccando sul pulsante, ne aprì le porte.
Felice di avercela fatta vi inserì prima il prigioniero, appoggiandolo lentamente sulla parete.
«Infine ti ho raggiunto, capitano.» bisbigliò come se parlasse a sè stesso qualcuno alle sue spalle. Era chi temeva? Il mostro lo aveva raggiunto? Non fece in tempo a voltarsi che un arto, non riuscì a distinguere quale fosse, gli aveva perforato lo stomaco. Dopo averlo chiamato "moscerino" l'essere lo lanciò a debita distanza, mentre il povero soldato, sul freddo suolo dell'astronave, si spegneva lentamente, maledicendo sè stesso per aver pensato altruisticamente a quel prigioniero, che ora sarebbe stato ugualmente ucciso o recuperato, ma a giudicare dal tono sadico e sprezzante del mostro sicuramente avrebbe optato per la prima scelta.
Beh, in realtà anche i suoi colleghi erano morti, ma da codardi, mentre lui aveva fatto il proprio dovere fino all'ultimo.
Mentre osservava il gigantesco scimmione arancione trascinare via Igin, il soldato chiudeva i propri occhi, esalando l'ultimo respiro.
«Siamo alla resa dei conti, eh?» dissero i due gemelli, ridendo in modo del tutto incontrollato. Poi, constatando che la propria vittima non li stesse ascoltando, persero nuovamente il controllo.
«Mi devi ascoltare quando ti parlo!» urlò l'essere, sollevando con un braccio l'uomo per poi colpirlo con una testata, che lo fece svegliare dal dolore.
Igin aprì gli occhi lentamente, ampiamente frastornato, quando vide una bestia che riconobbe come l'unione dei due gemelli, quella trasformazione di cui aveva sentito parlare nel suo pianeta natale ma che non aveva mai visto di persona.
«Cosa...siete voi? Wammer? Vet? Che diavolo fate?!» esclamò il capitano, che, confuso, iniziò a divincolarsi tentando di liberarsi da quella presa che gli stringeva la caviglia. Il soldato Delta, chinando il capo in segno di rispetto, lo lasciò inaspettatamente andare, inginocchiandosi di fronte al suo cospetto.
Ulteriormente intontito da quell'atteggiamento, Igin notò il cadavere di un uomo, probabilmente un membro dell'equipaggio dell'astronave, disteso qualche metro più in là, con l'addome perforato e le interiora maciullate sparpagliate lungo il pavimento.
Orribilmente sconvolto da quella visione, distolse lo sguardo, alla ricerca di altre persone nei dintorni.
Dopo aver utilizzato invano il proprio scouter per rilevare possibili forze combattive, intuì la verità: era opera dei gemelli. A confermare ciò era stato il fatto che i due, adoperando quella trasformazione che li aveva portati alla follia, lo avevano colpito con una testata quando potevano semplicemente svegliarlo. Quel mostro voleva dunque ucciderlo? Era davvero pazzo? Sventrare in quel modo un semplice soldato quando poteva limitarsi a calciarlo via? Cos'avrebbe fatto a lui? Utilizzò nuovamente il suo scouter per visualizzarne il livello combattivo, facendolo rimanere sbalordito.
Una tale forza, superiore alla sua, avrebbe potuto farlo fuori senza troppe difficoltà, anche perchè, dopo che quella maledetta donna gli aveva rotto il braccio il suo potere era nettamente diminuito.
A proposito, dov'era ora che ve n'era bisogno? Per rispondere a questa domanda e per prendere tempo, decise di chiederlo al gorilla, che continuava a starsene chinato, come se fosse in attesa di qualcosa.
«Ehi, dimmi una cosa: hai incontrato una giovane donna straordinariamente forte venendo qui?» chiese, deglutendo. L'animale, respirando in modo sempre più affannoso, alzò il capo per fissarlo dritto negli occhi, dopodichè, senza preavviso, si alzò e sferrò un montante sinistro allo skahriano, che rovinò al suolo gemendo per il dolore, causatogli sia dal colpo appena subito che dal braccio rotto.
«Ahahahahah! Piccolo ometto, stai per essere schiacciato!» tuonò il gigantesco guerriero Delta, saltando per poi tentare di atterrare sul corpo del collega, che però riuscì a rotolare lateralmente di qualche centimetro sufficiente a salvargli la vita.
«Sei impazzito! Controllati, siamo dalla stessa parte!» esclamò Igin, provando a farlo ragionare.
La risposta dell'altro fu quella di battersi i pugni sul petto imitando un verso scimmiesco, per poi generare una sfera di energia che lanciò senza pensarci due volte. Preso nuovamente alla sprovvista, il capitano si protesse attraverso l'impiego di una barriera, che resse a malapena.
Le sue forze non erano ancora tornate del tutto, per cui non aveva speranze.
Tuttavia, qualcosa attirò la sua attenzione: il suo scouter gli aveva appena notificato l'arrivo di diverse forze combattive medio-alte in rapido avvicinamento. Una possibilità di fuggire, prendere il saiyan e lasciare quel posto?
«Vuoi sapere se ho incontrato quella donna? Uh uh uh!» mormorò la bestia, lanciando un'altra sfera di energia che venne parata con le medesime circostanze di prima.
«L'ho affrontata, l'ho uccisa fracassando le sue ossa, e poi sono venuto qui, uh uh uh! Uh uh uh! Uh uh uh!» continuò, sferrando colpi energetici in tutte le direzioni.
"È del tutto impazzito... Come diavolo ha fatto a ucciderla? Maledizione, se continua così distruggerà tutto prima che possa andarmene!" meditò Igin, accovacciatosi a terra nella speranza di non essere raggiunto dai suoi attacchi casuali. "La sua forza combattiva però sta calando, in modo proporzionale all'aumento della sua follia, forse ho una possibilità anche senza che arrivino quegli sciocchi.". Il capitano si alzò in piedi, traballando, per avvicinarsi il più possibile al mostro, che in mezzo a tutto quel fumo e quella confusione non riusciva a vederlo. Caricò quanta rimasta della sua aura nel suo braccio destro, tramutandolo nella consueta lama di energia.
«FENDENTE DELLA MORTE!» tuonò, agitando il braccio nella coltre di fumo, sperando di arrecare qualche danno al suo nemico.
Evidentemente fu così perchè gli attacchi cessarono e un urlo di dolore rimbombò nei timpani del guerriero, che arretrò, incerto, di qualche passo. Un enorme braccio muscoloso fuoriuscì dal fumo e lo afferrò per la gola, impedendogli di respirare. La sua aura era troppo debole e pertanto il fendente non era riuscito a uccidere l'obiettivo. Pochi istanti dopo l'energumeno era nuovamente visibile: un taglio che partiva dal sopracciglio fino a giungere al petto lo aveva privato dell'occhio sinistro, mentre il destro era iniettato di sangue.
«Tu...adesso...morirai» bisbigliò.
"Merda... Il suo livello combattivo, pur essendo calato, è ancora piuttosto alto, non posso vincere. Ma non mi arrendo!" pensò Igin, sferrando una ginocchiata sul mento del gorilla, che però non lo lasciò.
"Che cosa? È insensibile ai miei attacchi o sono io che sto perdendo le forze? Maledizione, non riesco più a respirare".

La presa si faceva sempre più stretta mentre la bestia respirava sempre più forte, inferocita.
Improvvisamente venne colpita alle spalle da due uomini alla base del collo, e così fu costretta a lasciare andare il capitano della squadra Delta, che stramazzò a terra, tossendo.
Quando finalmente riuscì a riprendersi e ad alzarsi, osservò la scena che gli si parava davanti: quattro uomini, probabilmente i guerrieri che aveva captato poco prima, stavano combattendo alla pari contro il loro avversario, che si imbestialiva sempre di più, sferrando colpi a vuoto.
Igin sorrise.
La fortuna era dalla sua parte, forse si sarebbero eliminati a vicenda.
«Cream, alla tua destra!» lo avvisò uno dei soldati. Il guerriero con quel nome stava per essere colpito da un calcio del gorilla, che però venne evitato da questi. Egli appariva come un ragazzo snello, dai capelli corvini e dal viso squadrato.
Cream scivolò sotto l'avversario per colpirlo nella parte posteriore del ginocchio, facendogli perdere l'equilibrio.
In un attimo gli altri tre uomini gli furono addosso, iniziando a colpirlo violentemente. Igin avrebbe voluto soffermarsi per vedere come sarebbe finita, ma decise di darsi una mossa per lasciare quel posto definitivamente.
«Bene, la posizione del saiyan è questa, se non lo hanno spostato. Resta ancora il problema della forza di gravità, ma ho la soluzione proprio qui!» si disse, avvicinandosi al cadavere del soldato che aveva notato prima. Disgustato e nauseato, lo rivoltò per prendere dalla sua schiena il dispositivo anti gravità, che si attaccò sul petto. Fatto ciò iniziò a correre quanto più veloce poteva, anche se era certo della sua vittoria: Meyra era morta e gli unici in grado di creargli problemi erano impegnati in una lotta all'ultimo sangue con un bestione che difficilmente avrebbero sconfitto in tempi brevi. Il saiyan sarebbe stato recuperato in fretta, dopo avrebbe usato la navicella con cui era arrivato Wammer o Vet, la cui posizione gli appariva sul display del dispositivo che aveva sul braccio, e se ne sarebbe andato in tutta fretta!

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Capitolo 19
*** Soltanto un peso ***


Igin correva quanto più veloce poteva lungo i corridoi dell'astronave, diretto verso la camera in cui risiedeva il saiyan che doveva recuperare per conto di Lord Freezer. Tenendo il braccio destro piegato per tenere sott'occhio il display del dispotivo che gli stava indicando la strada da percorrere e lasciando penzolare il sinistro, che era rotto, avanzava sempre di più verso la propria meta, eliminando di tanto in tanto gli scarsi soldati che gli si paravano davanti.
In effetti, la resistenza che questi stavano dimostrando era molto debole, questo perchè tutte le unità rimaste di quel settore stavano convergendo verso il mostro contro cui combattevano Cream e gli altri, ben più pericoloso del ferito Igin.
Finalmente, svoltato l'ennesimo angolo a destra, si ritrovò di fronte l'entrata per la stanza che stava cercando, la cui porta, gettata per terra, era stata distrutta dallo stesso qualche ora fa.
«Eccoci qua, piccolo saiyan. Stavolta niente potrà impedirmi di prenderti!» mormorò il guerriero, pregustando la propria vittoria.
Passo dopo passo, egli varcò la soglia, constatando che l'aggeggio anti gravità funzionava ancora.
"Dunque, se non posso aprire quest'affare, dovrò per forza di cose portarlo così com'è. Sembra che il signor Freezer dovrà aspettare un mese per la sua esecuzione!" riflettè, scollegando i cavi rimasti della vasca.
Come si aspettava, il solito allarme iniziò a suonare e a colorare di rosso la luce della stanza, ma stavolta non vi badò. Il soldato si soffermò a guardare il bambino che dormiva soavemente all'interno della camera criogenica.
"Sei così piccolo... Come hai fatto a sfuggire al mio sovrano? I saiyan sono così spaventosi come dicono? Mi domando quanta forza tu abbia..." meditò, scuotendo la testa come per cancellare quei pensieri superflui. Si caricò sulle spalle il macchinario, grande circa quanto un frigorifero terrestre, ed abbandonò l'area.

Luogo: quartier generale, settore 0
Epoca: mentre Igin scappa con Gohan e Cream combatte contro i gemelli

«Sta... sta fuggendo con il nostro prigioniero!» balbettò furioso l'anziano comandante dell'astronave, battendo un pugno sulla pulsantiera del computer.
«Questo non doveva succedere! Da un lato abbiamo un gorilla impazzito uscito fuori da chissà dove che ha fatto a pezzi metà del settore 09 e dall'altro vi è quell'uomo che sta portando via il carico che con tanta fatica abbiamo recuperato. L'intera struttura è compromessa! Tutto questo per colpa di Meyra!» si sfogò, abbandonandosi sulla sedia e respirando profondamente per cercare di calmarsi.
Un suo sottoposto si fece avanti per parlare con lui.

«Signore, col suo permesso intendo contattare tutti i soldati più forti degli altri settori per farli convergere nel 9, in modo tale da risolvere entrambe le questioni.»
«Pensi che non ci abbia pensato? Tuttavia, come capitano di questa astronave, non posso farlo. Non conosciamo i piani del nemico, per quanto ne sappiamo potrebbero esserci altri attacchi da zone diverse, che sarebbero totalmente scoperte se seguissi il tuo piano avventato. Ecco come procederemo: coinvolgi i settori 06,07,08 e 10 e manda tutte le unità più forti a dare manforte alla squadra èlite che sta combattendo contro il mostro. Per quanto riguarda l'altro intruso, manda i soldati delle stesse aree con un livello combattivo medio. Dovrebbe bastare, date le sue ferite e il precedente scontro con Meyra. Inoltre, fai rilasciare nuovamente la "Tartaruga", in modo che possa proteggerci da eventuali incursioni o dalla fuga del prigioniero, e metti al suo interno delle persone capaci e sufficientemente potenti. Vai, ora!» sentenziò l'anziano con tono stanco. Quella doveva essere la sua ultima missione, e si stava trasformando nel fallimento più totale.

Luogo: spazio vuoto, nelle vicinanze dell'astronave di Meyra
Epoca: mentre Igin scappa con Gohan

Ollie, terzo membro più forte della squadra Delta, si stava avvicinando verso il luogo in cui si trovavano il proprio capitano e altri due membri del team.
Con fare pensieroso, rifletteva su quale strategia adottare per far breccia nelle difese del nemico.
L'astronave che gli si parava davanti era infatti immensa, e i cannoni laser che lentamente si stavano volgendo verso di lui erano numerosi.

«Quelle armi sono potenti ma lente, aggirarle non sarà un problema. Una volta dentro, potrò conoscere l'esatta posizione del capitano e degli altri. Bene, diamoci da fare!» si disse, passando in modalità manuale per pilotare direttamente il mezzo.
Purtroppo per lui però, proprio in quel momento una parte del veivolo si staccò e andò proprio nella sua direzione.
Quella che i membri dell'equipaggio chiamavano "Tartaruga" si era appena attivata.
Il mezzo del Delta, sfrecciando in tutte le direzioni per evitare i laser nemici, sussultò violentemente quando un attacco proveniente dalla Tartaruga stessa lo colpì lateralmente.

«Merda! E quella da dove è saltata fuori?!» esclamò sorpreso Ollie, tentando di compensare con le proprie manovre lo sbandamento del veicolo.
Lo scanner dell'IA gli mostrò come l'arma da fuoco lo avesse colpito di striscio, unico motivo per cui era ancora vivo.

«Analisi dei danni: la struttura è compromessa al 68%; rapida perdita di ossigeno in corso. Apprestarsi a un atterraggio di emergenza.» gracchiò la consueta voce del computer, impassibile come sempre.
Il soldato sudò freddo, non sapendo cosa fare. Se avesse provato un atterraggio probabilmente sarebbe stato ucciso, e se fosse rimasto lì l'astronave nemica lo avrebbe fatto a pezzi.
All'improvviso avvenne una cosa che non si sarebbe aspettato: lo sportello della navicella più piccola si spalancò e, come un magnete, lo attirò a sè.

«Che cosa?! Vogliono prendermi come ostaggio forse? Maledetti!» sbraitò Ollie, mentre gli attacchi nemici si erano placati del tutto: era evidente come i due mezzi fossero coordinati dalla stessa mente.
Una volta catturata, la navicella monoposto dell'uomo spense automaticamente i motori e aprì il proprio sportello.
Sorpreso da quell'azione e socchiudendo gli occhi per l'accecante luce, il guerriero si sentì afferrare da diverse mani, che lo tirarono fuori e lo scaraventarono per terra.
«Chi sei? Sei in combutta con gli altri uomini che sono venuti qui? Parla in fretta o morirai qui e ora!» lo intimò un uomo calvo dalla pelle viola e dal lungo pizzetto dello stesso colore.
Dal suo orecchio sinistro pendeva un orecchino circolare dorato, che luccicava grazie alla luce riflessa dell'enorme stanza.
Il palmo della sua mano premeva contro la testa dell'uomo appena catturato, pronto a rilasciare l'energia necessaria a farlo fuori.
Ollie, capendo che non vi era altra scelta, disse la verità, anche perchè il simbolo delta sulla sua armatura dava poco spazio alle menzogne.
Prima di parlare si guardò intorno e vide che era circondato da molti uomini, alcuni dei quali avevano un piccolo computer in mano: quelle persone dovevano aver hackerato la sua navicella, questa era l'unica spiegazione per cui i motori si erano spenti anomalamente e per cui essa era stata attratta lì.

«Sì... faccio parte della squadra Delta, come gli altri che sono venuti da voi. Che intenzioni avete nei miei confronti?!» chiese guardingo, fissando con aria di sfida l'uomo viola.
Quest'ultimo, dopo aver tolto la mano dalla sua testa, sorrise:
«Come pensavamo. Il tuo capitano ha preso una cosa di inestimabile valore per noi e sta cercando di fuggire approfittando di una situazione sgradevole. Tu farai da intermediario e lo convincerai a restituirci ciò che è nostro, oppure vi uccideremo entrambi. Semplice.» concluse l'alieno, facendo segno agli altri soldati di ammanettare il prigioniero.
«Credete veramente che vi aiuterò? Il saiyan verrà con noi, non importa come!» tuonò Ollie, saltando in aria di un paio di metri per poi riatterrare alle spalle dei nemici, che furono inevitabilmente presi alla sprovvista.
Il Delta li attaccò rapidamente in modo tale che non ebbero possibilità di difendersi, ma l'uomo con l'orecchino riuscì a schivare i suoi colpi e lo placcò, buttandolo a terra.
Bloccati polsi e gambe, egli lo colpì più volte con delle testate che fecero svenire lo skahriano. Quel breve scontro fu sufficiente a mettere ulteriormente in guardia i soldati, che da quel momento tennero sotto stretto controllo il loro prigioniero, legandolo e puntandogli diversi fucili contro.

«Il piano andrà avanti comunque. Portiamolo alla base e mostriamolo al suo capitano: se ci tiene ai membri della sua squadra dovrebbe esserci utile anche da svenuto.» disse l'alieno viola, rimettendosi in piedi e accarezzandosi il pizzetto.

Luogo: corridoio dell'astronave di Meyra
Epoca: poco dopo che Ollie viene catturato

«Ancora 250 metri... e sarò arrivato: manca... pochissimo!» ansimò Igin, che aveva il fiatone per via dell'enorme carico che doveva sostenere con un braccio solo dato che l'altro era rotto.
La sua marcia era rallentata di tanto in tanto da gruppi di soldati che lo costringevano a posare la vasca per terra, mettere il braccio ancora funzionante dietro la testa e piegarsi in ginocchio.
Puntualmente però, il capitano con dei movimenti felini li uccideva quanto più in fretta poteva, senza che avessero l'opportunità di reagire.
Nell'ultimo scontro però, non era riuscito ad eliminare tutti i nemici contemporaneamente poichè uno di essi era rimasto diversi metri indietro, per sicurezza.
Così facendo egli ebbe l'oppurtunità di colpire l'intruso con un colpo energetico che lo ferì alla gamba.
Se Igin avesse incontrato altri uomini non avrebbe potuto utilizzare più la sua rapidità per farla franca.
Proprio come se qualche divinità maligna e dispettosa lo stesse osservando, raggiunta le navicelle dei gemelli, affondate nelle pareti del corridoio, una truppa di soldati dell'equipaggio lo stava aspettando.

«Fermo! Sappiamo che hai ucciso molti dei nostri, ma la tua fuga termina qui! Consegnaci il saiyan o morirai!» intimò uno di essi, che insieme al resto del gruppo avanzò lentamente verso il capitano, ferito e visibilmente stanco.
"Dannazione, non ho le forze per affrontarli tutti quanti, saranno almeno una decina! Devo arrendermi temporaneamente ed escogitare un nuovo piano... Potrei lasciargli il bambino, scappare e recuperarlo in seguito." riflettè il Delta, consapevole di non avere scelta.

«Molto bene, avete vinto. Contenti?» ammise con tono provocatorio, scaraventando sul pavimento il carico pesante e sorridendo in modo forzato.
Come se non bastasse, dall'altra parte del corridoio alle sue spalle giunse un altro gruppo di soldati.

«E tanti cari saluti alla mia fuga!» mormorò Igin, sapendo che stavolta era totalmente spacciato. Con un po' di fortuna lo avrebbero mantenuto in vita per interrogarlo, nel peggiore dei casi invece lo avrebbero ucciso dopo averlo torturato abbondantemente per aver massacrato metà equipaggio di quella maledetta astronave. Ancora una volta si chiese come aveva potuto pensare di affrontare tutta la missione senza il supporto dei suoi compagni, tre dei quali, grazie a lui, erano stati uccisi.
Era infatti abbastanza certo che i due gemelli fossero stati eliminati dalla squadra èlite.
Osservando l'altro drappello avvicinarsi sempre di più, notò un qualcosa che lo fece sobbalzare.
"Ollie? Che diavolo ci fa qui? Quando è arrivato? Accidenti... si è fatto catturare anche lui.". Il soldato viola intuì i suoi pensieri e così sorrise, divertito, facendogli l'occhiolino.

«Ma come? Siamo arrivati tardi?» domando quest'ultimo all'altra truppa.
Uno di essi rispose con un tono abbastanza fiero:
« Già, tu e la tua inutile banda potete benissimo andarvene, abbiamo tutto sotto controllo. Lo abbiamo preso noi, per cui spetta a noi la ricompensa. Fuori dai piedi!» sbraitò questi.
L'altro, per tutta risposta, afferrò il membro svenuto della squadra Delta e lo scagliò per terra, accanto ad Igin.

«Noi invece abbiamo preso quest'altro, che sicuramente avrebbe aiutato l'intruso a fuggire e quindi vi avrebbe certamente impedito di arrestarlo. Come la mettiamo ora?» lo provocò, e a giudicare dallo sguardo furente del soldato aveva fatto centro.
«Stai forse insinuando che quel tizio avrebbe potuto compromettere l'intera missione? Starai scherzando, spero! Al massimo ci avrebbe dato qualche intoppo, ma nulla di più! E ora, toglietevi di mezzo, questa è l'ultima volta che ve lo ripeto in tono amichevole.».
Gli animi di entrambi i gruppi si stavano scaldando, e questa non poteva che essere un'occasione d'oro per Igin, che con un po' di fortuna sarebbe sgattaiolato via. Nonostante lavorassero nella stessa astronave, l'ostilità che aleggiava nell'aria era fin troppa.
Questo perchè, durante un recente rifornimento su un pianeta, il velivolo aveva assoldato alcuni mercenari, tra cui l'uomo viola, per rinforzare ancor più il proprio equipaggio.
Nessuno dei due drappelli era deciso a cedere, fino a quando l'uomo con l'orecchino parlò:
«Bene, come vuoi. Ce ne andiamo subito.» disse, per poi voltarsi. Neppure i suoi uomini credettero a quanto udito, ma a quanto pare dovevano lasciare la zona. «Perfetto, avete capito con chi avete a che fare, IDIOTI.» rincarò la dose un membro dell'altro gruppo, facendo ben attenzione a farsi sentire.
Detto questo, l'alieno viola si girò di scatto e lanciò un colpo energetico in faccia a quell'uomo, uccidendolo.
I suoi alleati, galvanizzati da quella reazione, lo imitarono attaccando gli altri.
Igin si gettò a terra, ignorando ancora una volta il dolore del braccio, coprendosi con l'altro arto la testa.
Nei successivi trenta secondi, in cui vi fu un vero e proprio conflitto a distanza, si vide come le truppe dell'uomo viola fossero superiori. Terminato lo scontro, egli, inaspettatamente, continuò a lanciare colpi energetici, ma stavolta contro i suoi stessi alleati, fino ad eliminarli tutti.

«Bene, e ora che mi sono liberato di questi idioti andiamocene, forza!» disse questi ad Igin, che, confuso e non sapendo come interpretare tale azione rimase immobile. «Mi chiamo Drang, questo dovrebbe farti capire chi sono, no?» aggiunse l'uomo, tendendo una mano al capitano per farlo rialzare.
«Drang?! Come può essere? Ma...Sei diverso!».
«Già, si vede che mi conosci poco. Una delle mie migliori abilità è quella di mutare il mio aspetto in quello della persona che uccido.
In questo caso, di questo tizio mercenario. Sono infiltrato su questa astronave da quando ha fatto rifornimento su un pianeta semi sconosciuto, per conto di Lord Freezer, che voleva accertarsi che questa missione andasse per il verso giusto.
» spiegò Drang, con una certa fretta.
Il soldato della squadra Delta faceva fatica a metabolizzare quanto detto: quindi il suo sovrano non si era fidato pienamente delle sue capacità? Lo riteneva tanto debole da inviare il capitano della Squadra Beta in persona come ulteriore supporto? Rabbia e delusione avvolsero il suo cuore in quel momento, ma la cosa che gli faceva ben più male della poca fiducia che il Demone del Freddo nutriva nei suoi confronti era che, dopotutto, aveva ragione.
Non era stato in grado di compiere la missione con successo, e se non fosse stato per quel tipo, avrebbe perso.

«Se così stanno le cose... Perchè diavolo non sei intervenuto prima? Cos'hai fatto finora?».
«Non sono intervenuto così, nel caso ce l'avreste fatta, sarei potuto rimanere tra le fila nemiche per scoprire qualcosa in più sul loro conto. Per chi lavorano, per esempio. Dopo aver aspettato per qualche ora ho capito che non ne saresti venuto a capo da solo, quindi ho deciso di prendere in mano la situazione. Ora, per cortesia, ti prego di andarcene. Sicuramente la squadra d'èlite di Cream avrà finito con il tuo animalesco compagno di squadra e verrà qui per farci una visitina...» fece notare Drang, caricandosi sulle spalle la vasca contenente il saiyan e legandola tramite degli aggeggi circolari simili a calamite a una monoposto.
«C'è un problema però: i veicoli a nostra disposizione sono due, cioè quelli utilizzati dai gemelli per venire qui, quella di Ollie sarà in mano nemica e la mia è andata distrutta. Questo è un bel guaio...» riflettè ad alta voce Igin, passeggiando avanti e indietro.
Il soldato Beta sorrise, uscendo dalla propria tasca un piccolo cilindro di metallo verde.

«Come pensi che sia arrivato su quel pianeta, volando? Ho un veicolo qui dentro!» disse, agitando l'oggetto per farlo osservare meglio al proprio interlocutore.
«Questa qui ha due posti: io e il tuo amico che sta facendo un pisolino ci saliremo su, tu prenderai una delle due monoposto e il bambino sarà trainato dall'altra, che ti seguirà con il pilota automatico. Il pianeta imperiale più vicino da queste parti è Freezer 24, saremo lì tra tre settimane. Una volta arrivati, ci riposeremo un paio di giorni, riempiremo i serbatoi e poi ripartiremo verso la capitale, dove sicuramente Lord Freezer ci attenderà. Tutto chiaro?» domandò l'uomo col pizzetto, ammiccando. Il suo compagno annuì con decisione, e, fattosi serio, sistemò il corpo addormentato di Ollie così come gli era stato detto, dopodichè Drang agitò energicamente quel suo strano cilindro, che iniziò ad incrementare le proprie dimensioni fino a mutare forma e diventare identica al veicolo di Igin, ma più grande, e così entrambi si affrettarono a lasciare quel posto.
Non prima però di aver lanciato dei colpi energetici sul soffitto di entrambi i lati del corridoio, in modo tale da evitare l'arrivo di ulteriori nemici.
Lo squarcio di cui Igin e gli altri si erano serviti per salire a bordo era rimasto tale, l'equipaggio dell'astronave non aveva potuto ripararlo con tutto il trambusto che vi era stato, così si erano limitati a mettere dei dispositivi che non facessero fuoriuscire l'aria e a sorvegliarlo costantemente.
Ovviamente, quest'ultima accortezza non era servita a nulla.
Una ad una, le navicelle dei guerrieri si sollevarono a mezz'aria, lasciando la zona completamente indisturbati e inoltrandosi nello spazio più profondo.
Il capitano Delta, sorpreso dall'assenza di resistenza nemica, fece per pigiare un tasto sul monitor che gli permetteva di comunicare con i mezzi vicini, ma il suo collega lo precedette:
«Ti starai certamente chiedendo: ma come mai quegli idioti non ci hanno attaccato? Beh, la risposta è semplice, mio caro: sono stato io!» esclamò con un tono trionfante, che lasciava intendere anche un pizzico di orgoglio e soddisfazione verso l'azione svolta.
«TU? Come hai fatto? Non dirmi che hai ...» bofonchiò sopreso Igin. Quello uomo era più furbo di quanto pensasse.
«Già, ho disattivato temporaneamente tutti i sistemi di offensiva, in poche parole i cannoni laser saranno fuori uso per i prossimi... Dunque vediamo... 38 secondi! Tutto perfettamente calcolato per la nostra fuga! Non rigraziarmi, ci penserai più tardi.» e così dicendo chiuse la connessione, lasciando lo skahriano avvolto nei suoi pensieri. Era stato un bene che l'Imperatore lo aveva affiancato a quell'uomo, ma questo non lo fece sentire sollevato, ma ancora più inutile, come se fosse un peso.
Per distrarsi da quei pensieri angoscianti, il guerriero decise di avviare una conversazione con l'unico compagno di squadra rimanente, che era ancora lontano dall'astronave e che doveva essere informato della nuova destinazione.
Ciò, sebbene lo fece distrarre da quelle tristi riflessioni, ne fece sopraggiungere un'altra, ossia che aveva lasciato la bestia, unione dei due gemelli, a morire in quel posto.
Nonostante essa avesse tentato di ucciderlo, egli non riusciva a non provare compassione per quella creatura, che, un tempo costituita dai suoi compagni di squadra, aveva perso rapidamente la ragione per farsi avvolgere dalla follia più totale, non facendo altro che distruggere tutto ciò che gli capitasse a tiro. Forse, quello era l'unico modo possibile di farla finita. Convincendosi di questo, Igin chiuse gli occhi e si addormentò, stanco come non mai. Alla fine, la cosa realmente importante era che avesse compiuto con successo la missione, seppur con aiuti esterni, e la curiosità di scoprire qualcosa di più circa quel saiyan animava di sentimenti positivi il suo cuore.

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Capitolo 20
*** Fratello contro fratello ***


Luogo: palazzo reale, Città Madre, capitale di Cooler 01
Epoca: mentre Freezer è in viaggio, contemporaneamente Igin ha appena rilevato la posizione dell'astronave di Meyra

La stanza gravitazionale di Cooler aveva una struttura circolare: al centro vi era il computer da cui era possibile regolare la gravità, attualmente impostata a 250G, la temperatura, impostata a -150° e la quantità di ossigeno, che ne costituiva l'atmosfera solo per il 6%; tutto intorno ad esso dei piccoli robot fluttuavano lungo tutta l'area, ed ognuno di essi aveva scopi diversi. Alcuni, per esempio, attaccavano sparando dei raggi laser a chi si stava allenando lì dentro, altri invece fronteggiavano il nemico con dei colpi ravvicinati mediante l'impiego di scariche elettriche ad elevato voltaggio, altri ancora registravano tutto ciò che accadeva all'interno della struttura.
Infatti, Cooler era solito riguardarsi combattere dopo i suoi allenamenti, per analizzarsi e per cercare di notare i propri punti deboli e porvi quindi rimedio.
Tale allenamento fu però bruscamente interrotto dalla comparsa di uno dei suoi funzionari.
«Imperatore Cooler! Mi scusi per il disturbo, signore.» si annunciò.
Il Demone, che stava per dare un pugno a uno dei suoi robot, bloccatosi con il braccio alzato a mezz'aria lo fissò come per fargli comprendere che aveva la sua totale attenzione.
«Su-suo fra-fratello...Lord Freezer... È a pochi minu-nuti da-da qui!» singhiozzò l'alieno, intimorito ancor di più dall'espressione sbigottita del suo sovrano.
«Che cosa?! Ma non era sulla Terra? Come diavolo ha fatto ad arrivare fin qui in così poco tempo e soprattutto perchè la periferia dell'Impero non ha notificato il suo arrivo?!» tuonò il Demone, afferrando un asciugamano poggiato sulla console per asciugarsi il volto madido di sudore.
Poco dopo fece cenno di uscire al suo sottoposto e uscì insieme a lui dalla stanza di gravità.
Socchiuse gli occhi, rilassò ogni muscolo e lentamente la sua forma potenziata venne trasformata in quella normale.
Fatto ciò, l'alieno capì che poteva tornare a parlare: «Pare che Lord Freezer abbia utilizzato un nuovo motore o qualcosa del genere, le nostre spie all'interno del suo equipaggio non sono molto intenzionate a parlare dopo la missione sulla Terra, ma sembra che si stia dirigendo qui per attaccarci...».
«Mmm, qualcosa li spaventa? O mio fratello si era insospettito e quindi mantengono un profilo basso? Comunque, occupiamoci del problema più grande: preparate tutti gli armamenti delle principali città, se abbiamo veramente pochi minuti non possiamo fare altro. Per fortuna anche la Squadra Sauzer è qui, contattala immediatamente e avvertila. Affronterò e sconfiggerò mio fratello una volta per tutte!».
«Sissignore!» l'alieno, dopo aver fatto un profondo inchino, si voltò e corse per ripetere gli ordini agli altri funzionari.
Cooler rimase solo nell'ampio atrio del suo palazzo. Quest'ultimo possedeva moltissime stanze, disposte su svariati piani.
Il materiale che lo costituiva era un minerale alieno biancastro molto simile al marmo.
Vi erano colonne, statue, opere d'arte e il tutto somigliava alla villa di un principe rinascimentale. Gettato per terra l'asciugamano, Cooler si avviò a passo deciso verso l'entrata, spinse con forza il portone e la luce di un cielo blu e privo di nuvole irradiò la sua dimora, che un attimo prima appariva semibuia.
Gli piacevano gli ambienti bui e con scarsa illuminazione, per questo teneva sempre le finestre coperte da delle tende.
Sopra di lui, moltissimi veicoli sfrecciavano in ogni direzione, trasportando soldati e armi. I civili stavano per essere allontanati dalle città per essere spostati in un luogo dove sarebbero stati al sicuro, in dei bunker sotterranei.
La Città Madre, immensa capitale del pianeta, disponeva di un armamento all'avanguardia capace di respingere qualunque armata e i soldati di Cooler erano ben addestrati ad ogni evenienza.
Qualora però non fosse riuscito a sconfiggere suo fratello, nulla avrebbe potuto ostacolarlo. "Mi sono allenato molto, lui ha solo poltrito, non posso perdere!" pensò il Demone, alzandosi in volo e dirigendosi verso quel puntino che pian piano stava assumendo le fattezze di un'astronave imperiale.
Salendo di quota, il sovrano si accorse di diverse navicelle che, in fiamme, precipitavano rovinosamente al suolo.
La voce di uno dei suoi ufficiali catturò la sua attenzione: «Le difese in orbita al pianeta sono state sconfitte, preparatevi all'assedio!».
"Ma che diavolo? Freezer stesso sarà intervenuto?" si chiese Cooler, avanzando ulteriormente.
L'astronave imperiale, sospesa nel cielo, aprì il suo portello principale insieme a tutti gli altri e da essi uscirono una miriade di soldati e navicelle più piccole, che si diressero in ogni città.
Contemporaneamente tutti i difensori della Città Madre gli andarono incontro e così lo scontro iniziò. Il Demone attese, con le bracce conserte, l'entrata in scena di suo fratello, che però tardò ad arrivare.
«Dove si è cacciato?! Arriva fin qui e poi fa il codardo?!» tuonò l'alieno viola, guardandosi attorno nervosamente. Cominciò ad ispezionare l'area sopra la città, tentando di identificarlo tra la folla. Qualche minuto più tardi un soldato dalle fattezze nemiche gli si avvicinò. «Imperatore Cooler, il pianeta Winter è molto distante da qui, è certo di poterci arrivare volando?» domandò.
Il Demone sorrise: sapeva chi aveva di fronte.
«Certo che no, ci andrò con la mia astronave, naturalmente!» rispose, mentre l'altro si inchinava.
Quell'uomo era una delle sue spie sull'astronave di Freezer e quello era il messaggio in codice che doveva riferire al suo padrone per farsi riconoscere.
«Che notizie porti? Perchè siete così spaventati da mio fratello?».
Il soldato si fece improvvisamente serio e al contempo iniziò a tremare.
«È ter-ribile... Suo fra-fratello è...è...» ma non riuscì a finire il suo discorso poichè un raggio energetico gli trapassò la gola, facendolo precipitare nell'oblio della città. «Certo non avrei fatto tutta questa strada per farmi precedere da un qualunque scagnozzo... Sarai tu stesso a renderti conto di quanto stava per dirti!» incalzò Freezer, comparso improvvisamente.
"È nella sua forma originale?! Che cosa gli prende? Ha imparato a controllarla... Notevole." riflettè Cooler, forse era questa l'informazione che la sua spia stava per dargli? Suo fratello era diventato più forte? Qualcosa che il tiranno stringeva nella sua mano sinistra, però, attirò la sua attenzione.
«Oh, ti sei accorto di questa? Ho incontrato lui e la sua allegra brigata mentre ti cercavo, così ho pensato che avrebbero reso difficile la conquista della città ai miei soldati mentre ti affrontavo, e li ho tolti di mezzo!» disse, alzando il braccio per far scorgere meglio la testa mozzata di Sauzer, il capitano della sua squadra speciale. «Tu... Come hai osato... Era una squadra ben più valida di tutte le tue messe assieme!» esclamò Cooler, stringendo forte il pugno.
«E per concludere in bellezza, caro fratello, farò a pezzi questo pianeta, partendo dalla sua preziosa capitale!» sbottò il Demone bianco, puntando il palmo della mano verso la città sottostante e lanciando un colpo energetico.
«Maledetto!» rispose l'altro, deviando l'attacco con un altro colpo energetico che lo fece esplodere in una pianura ben più distante.
«A quanto pare tieni molto a questo posto... Bene! Quando ti avrò ucciso, lo raderò al suolo centimetro per centimetro e dopo vi farò erigere sopra una mia enorme statua in oro!» disse ridendo l'invasore, cercando di fare arrabbiare il più possibile il fratello.
Aveva atteso a lungo l'occasione per ucciderlo, e ora finalmente disponeva della sua immortalità, che gli assicurava la vittoria.
Cooler decise di attaccare per primo, così scattò in avanti e colpì il fratello con un pugno sulla guancia che fece indietreggiare quest'ultimo di qualche metro. L'altro, irritato dal danno subìto, ricambiò con la stessa mossa ma il Demone viola riuscì a scansarlo, anzi, infierì con una gomitata sul torace che mozzò il fiato all'avversario, poi approfittò di quel momento di debolezza per portarsi sopra di lui e farlo schiantare al suolo con un calcio sulla schiena.
"Bene, i frutti del mio allenamento si stanno mostrando tutti. Se continuo così potrei essere in grado di ucciderlo senza riccorrere alla mia trasformazione." meditò Cooler osservando il fratello che, in tutta furia, risaliva di quota.
Quando fu nuovamente dinanzi a lui, i due si guardarono con aria di sfida.
«Prima sei stato solo molto fortunato! Ora ti mostrerò di cosa sono capace!» tuonò Freezer, dando inizio al secondo round. Dai palmi delle sue mani comparirono due cerchi di energia viola, gli stessi utilizzati nella battaglia contro Goku su Namek.
«Vediamo come te la cavi con questi, ANDATE!» esclamò, accompagnando quanto detto dal movimento delle sue braccia che lanciarono gli attacchi. "Cosa diavolo sono quelli? Devo stare attento!" pensò Cooler, iniziando a volare nella direzione opposta. Notò che quando virava i due cerchi lo imitavano e che durante il loro tragitto avevano tranciato a metà alcuni soldati, perciò capì che doveva farli schiantare in qualche luogo.
«Che stai facendo? Scappi? Questo è dunque ciò che sei, un codardo! Nostro padre aveva ragione!» gli urlava nel frattempo Freezer, tentando di farlo deconcentrare provocandolo.
«Fai tanto il gradasso, vediamo se riesci a pilotare quei cosi anche nello spazio!» ricambiò Cooler, salendo di quota improvvisamente per lasciare l'atmosfera.
«Idiota, senza attrito i miei due cerchi andranno molto più veloci, e presto o tardi ti stancherai!» commentò l'altro, seguendo il fratello.
Il Demone viola iniziò a zigzagare attorno a degli asteroidei ma ciò non fu sufficiente a fermare le due sfere di energia.
"Il sole è l'unica possibilità, le rocce non sono abbastanza..." meditò, dirigendosi verso l'enorme stella infuocata.
Freezer, tuttavia, intuì il suo piano e così riuscì ad anticiparlo: si spostò istantaneamente di fronte a lui, tagliandogli la strada, per poi colpirlo con un calcio in testa, mandandolo incontro ai suoi cerchi energetici.
«Ho migliorato la mia tecnica dopo lo scontro su Namek con quello scimmione! Se prima ero costretto a rimanere immobile per controllarla, adesso posso muovermi indipendentemente da essa! Sei spacciato!».
Cooler riuscì tuttavia a riprendere il controllo e a scanzarsi all'ultimo momento per poi riprendere la sua disperata corsa verso l'ignoto, cercando di mettere più distanza possibile tra sè stesso e quell'attacco infernale. Suo fratello, nel frattempo, si godeva lo spettacolo, pregustando sempre più la vittoria ad ogni istante che passava. "Diamine! Mi sto iniziando a stancare, ed essendo sotto pressione non riesco a studiare un buon piano! Dovrei cercare di attaccare Freezer, in modo da destabilizzarlo!". Il Demone si mosse verso il proprio avversario, che lo guardava con aria soddisfatta. Quest'ultimo sapeva perfettamente cosa aveva intenzione di fare, ma stette comunque al gioco. Cooler caricò due sfere di energia in entrambe le mani, poi ne lanciò una per volta verso l'avversario.
«Pensi davvero di fregarmi così? Quei due colpi inutili non mi distrarranno!» urlò Freezer, respingendo con un calcio il primo attacco. Il secondo, però, si fermò a circa un metro di distanza da esso e poi esplose, rivelando una coltre di fumo che impedì al Demone bianco di vedere cosa ci fosse oltre.
"Bene, è la mia occasione!" pensò Cooler, cambiando bruscamente direzione e allontanandosi dai due cerchi. Iniziò a concentrare la sua aura, sfruttando ogni piccola parte della sua energia, che però non liberò del tutto: lasciò che essa si situasse appena sopra la sua pelle, ricoprendo quest'ultima come una sorta di armatura. «Neanche questo funzionerà! So controllare perfettamente i miei cerchi energetici, non mi tranceranno a metà, ci sono già passato!» disse Freezer, ghignando.
Infatti, le due lame, superate la coltre di fumo, si fermarono davanti a lui, finchè l'alieno non individuò nuovamente il proprio obiettivo.
«Eccoti là! Che c'è, fratello? Hai rinunciato a scappare o sei troppo stanco per farlo? In ogni caso, sei finito!».
"Questo lo vedremo..." pensò l'altro, preparandosi a ricevere il colpo. I cerchi di energia avanzavano velocemente verso di lui, tagliando e distruggendo ogni corpo roccioso che si trovasse dinanzi al loro cospetto, finchè non incontrarono il Demone viola.
Un istante prima che ciò accadesse, Cooler incrementò la propria aura, inspessendo la propria protezione.
I due colpi impattarono con essa in una sonora esplosione, poi si disintegrarono in mille particelle minuscole.
Freezer ne rimase sorpreso, tanto che, sebbene all'inizio fosse infastidito dal proprio insuccesso, iniziò ad applaudire ipocritamente, elogiando il proprio avversario. «Molto bene! Evidentemente hai scelto la via più dolorosa per andartene da questo mondo! Sai, fratellino, probabilmente la tua non è stata una scelta saggia!». L'espressione di Cooler mutò da una soddisfatta a una turbata. Com'era possibile che l'avversario fosse così tranquillo? La loro forza non differiva di molto, e di sicuro Freezer non si era allenato.
Stava nascondendo qualcosa di strano, e presto lo avrebbe scoperto.
Comunque, anche se fosse aveva ancora la sua forma potenziata, quindi si limitò a sorridere al nemico e riprendere lo scontro volando verso di lui, stavolta impegnandosi al 100%. Cooler tartassò di pugni e calci il nemico, che stranamente si lasciava colpire senza reagire. Il Demone viola se ne accorse ma non vi diede molto peso, così continuò con la sua offensiva, aggiungendo anche colpi con la coda, ginocchiate e testate. Ad ogni attacco il suo nemico sputava sangue e urlava di dolore, ma comunque sul suo volto rimaneva stampato un sorrisetto vittorioso che fece ribollire il sangue a Cooler.
«CHE COS'HAI DA RIDERE, EH?» sbottò a un certo punto, colpendolo con un gancio destro.
Deciso a farla finita una volta per tutte, si allontanò qualche metro per caricare una sfera di energia violastra. Presto sarebbe finito tutto, avrebbe cancellato quella sua espressione incredibilmente fastidiosa dall'universo e una nuova era dell'impero sarebbe cominciata. L'essere che odiava con tutto sè stesso, insieme a suo padre, stava per essere finalmente eliminato. Quest'ultimo, anzichè preparare una controffensiva, scoppiò a ridere fragorosamente, invitando l'altro con un cenno della mano a lanciare il suo attacco.
«Sparisci per sempre, fratello!». L'onda di energia investì completamente il corpo di Freezer, che sparì nell'immensa luce proveniente dalla sfera. Cooler, stremato e completamente esausto, tirò un sospiro di sollievo, anche se qualcosa, nell'atteggiamento del fratello, lo inquietava. Perchè non aveva tentato di evitare l'attacco? E perchè ostentare tutta quella sicurezza quando non aveva mostrato neanche l'intenzione di rispondere ai suoi colpi? Beh, dopotutto era certo che l'onda di energia lo avesse preso in pieno, quindi adesso era tutto finito. La sua forza si era dimostrata effettivamente superiore, come aveva previsto, e questo lo riempiva di orgoglio e soddisfazione. Per velocizzare la sua ripresa da quell'arduo sforzo, decise di tornare sul suo pianeta sottostante, per respirare un po' di ossigeno. Tuttavia, il suono di una risata alle sue spalle gli gelò il sangue. Si voltò lentamente, alzando lo sguardo.
No.
Non era possibile. Come aveva fatto? Com'era soppravvissuto? La vista di Freezer, perfettamente incolume e in forma smagliante, gli provocò un brivido lungo la schiena.
«Sono certo che in questo momento la tua mente sia piena di interrogativi, sappi solo che anch'io non mi sono ancora del tutto abituato alla mia nuova, ehm... Condizione.» disse Freezer, scandendo bene le ultime parole.
«Di cosa stai parlando?! È impossibile che tu sia sopravvissuto a un attacco così potente, quindi parla!» rispose Cooler, sudando freddo.
«Lascia, prima che ti uccida, che ti racconti una storia... La storia di come io, il grande Lord Freezer, tuo fratello, sia diventato il primo essere immortale!».

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Capitolo 21
*** La caduta del Demone ***


«... Una volta distrutta la Terra mi sono infine allontanato da quel sistema solare per raggiungerti qui. In poche parole, non puoi uccidermi in alcun modo ma posso stancarmi ed esaurire le mie energie. Ti è tutto chiaro? Spero che tu abbia prestato attenzione, perchè ti ho dato dei piccoli suggerimenti per allungare di qualche minuto la tua vita!» concluse Freezer, dopo aver parlato per svariati minuti.
Nel frattempo, Cooler aveva ascoltato allibito ogni parola, cercando contemporaneamente di elaborare un piano che gli garantisse la fuga.
Come poteva non averlo capito fin dal principio? Suo fratello era andato personalmente sul pianeta Namek, un posto sperduto e isolato, alla ricerca di alcuni oggetti magici.
Avrebbe potuto seguirlo per scoprirne di più ed eventualmente impedirgli di dargli qualche vantaggio durante la loro eterna battaglia, ma non lo aveva fatto. La fortuna, in quel caso, era stata dalla sua parte, poichè altre persone si erano frapposte tra Freezer e il suo obiettivo. Tuttavia, quella stessa fortuna gli si era rivoltata contro, poichè qualche mese più tardi aveva chiesto il conto, e così ora non vi era più niente da fare.
Nessuno poteva fermarlo, non più.
Tutti quegli anni di allenamento, adesso, a cosa sarebbero serviti? A prolungargli la vita di qualche istante? A picchiare l'essere che si trovava davanti a lui per sfogare tutta la sua rabbia e frustrazione? Beh, di certo se si fosse semplicemente arreso non avrebbe migliorato le cose, quindi tanto valeva impegnarsi fino all'ultimo. «Ottenere l'immortalità, diventare l'eterno e crudele imperatore dell'universo... Tu sei un folle! Come osi venire fin qui e distruggere tutto ciò che ho costruito con sudore e fatica?!» sbottò Cooler, tornando alla ribalta con una nuova grinta.
Se questa fosse stata la sua fine, allora sarebbe stata la più epica possibile.
Iniziò a trivellare di colpi il nemico, con una furia assassina, facendogli sputare sangue ad ogni sussulto. Calci, pugni, testate, codate: questi andavano senz'ombra di dubbio tutti a segno, ma Freezer non smetteva mai di ridere e di prendersi gioco del suo carnefice.
Dopo un paio di minuti in cui lo scontro era proseguito secondo queste modalità, Cooler iniziava a sentire la stanchezza farsi sempre più insistente, manifestando la sua sgradita presenza in ogni cellula del suo corpo. La ignorò, per quanto possibile, ma poi quest'ultimo si trovò sul punto di cedere del tutto e così dovette allontanare il fratello con un calcio sul petto per riprendere fiato, cosa che gli era tra l'altro impossibile nello spazio.
La sua vista iniziava ad offuscarsi, per cui decise di non badare al proprio avversario e di tornare su Cooler 01.
«Eh no, dove credi di andare? Non si torna indietro!». Il Demone bianco sollevò l'indice della propria mano all'altezza della testa, generò una sfera di energia nera di circa due metri di diametro e la scagliò contro il pianeta. Cooler, sfinito, utilizzò le sue ultime forze per deviarne la traiettoria, dopodichè perse i sensi e cadde, acquistando sempre più velocità, sulla superficie del pianeta.
L'impatto fu terribile, il Demone viola sprofondò negli abissi di un oceano e, risvegliato dall'acqua gelida, risalì a galla, tossendo e arrancando.
Dopo qualche minuto, vide suo fratello dirigersi verso una delle città, per poi farla esplodere in un attimo. Tale azione si ripetè più e più volte.
"Quel bastardo sta cercando di stanarmi! Se non mi faccio vedere all'istante, probabilmente distruggerà l'intero pianeta! Non mi resta che mostrargli il mio asso nella manica!". Cooler smise di galleggiare nelle acque del vasto oceano in cui si trovava, espanse la sua aura fino a librarsi in aria e raggiungere il suo nemico. Trovarlo non fu difficile: bastava seguire la scia di esplosioni e boati che lasciava al suo passaggio. Freezer era proprio lì, davanti a lui. Si stava divertendo a respingere con la coda i colpi energetici che i soldati della città gli lanciavano contro. Prima che la situazione potesse degenerare, il Demone viola decise di attirare la sua attenzione colpendolo alle spalle con una ginocchiata, facendolo schiantare in uno degli edifici della città.
Fatto ciò, Cooler iniziò a concentrare la sua aura, espandendola sempre di più, facendo fuoriuscire dalla testa, dalle spalle, dalle braccia e dalle gambe delle strutture ossee che prima erano del tutto assenti. Trasformatosi nella sua forma potenziata, egli si sentì come rinvigorito, ed effettivamente era così.
Tuttavia, anche in quello stato ogni mossa sarebbe stava vana, ma almeno la sua superiorità in termini di potenza avrebbero potuto scoraggiare il nemico, al punto da convincerlo ad andarsene. Freezer tornò volando al massimo della sua velocità, per poi fermarsi di botto davanti a Cooler. Era sorpreso, ed allo stesso tempo eccitato. Cosa si era inventato quel matto di suo fratello?
«Sei sempre tu? Cosa ti è successo?» domandò incuriosito. L'altro, mettendosi in posizione di combattimento, rispose: «Lo vedrai presto... lo vedrai.».
L'alieno viola scattò in avanti per colpire Freezer con un gancio destro, dopo si flesse leggermente in avanti e lo attaccò ripetutamente con una serie di pugni sullo stomaco, per poi attorcigliargli al collo la sua robusta coda.
Il Demone bianco era inerme, e, divincolandosi, tentava di liberarsi dalla morsa nemica. "Anche se sto cercando di trattenere la mia forza, questo stato richiede ancora molta energia. Non posso durare più di una trentina di minuti, devo concludere in fretta, se esiste una conclusione..." riflettè il sovrano. Freezer, notando la pensierosità dell'avversario, colpì il fratello con un Death Beam in pieno volto, riuscendosi così a liberare.
«Ahah!, ti sarai trasformato in quel modo ridicolo, ma le mie tecniche rimangono sempre le migliori! Hai molto da imparare!» esclamò trionfante, mentre si massaggiava il collo con le mani. In realtà, Cooler non si era fatto granchè, ma decise di stare al gioco, per sorprendere ulteriormente l'avversario.
«Tu dici? Allora, ti propongo una scommessa: che ne pensi se tu te ne stai lì, immobile, mentre io ti attacco con una versione migliorata del tuo Death Beam?».
«Una versione migliorata? Impossibile. Coraggio, vediamo questa ridicola copia di uno dei miei migliori attacchi!» disse Freezer, mettendosi a braccia conserte.
Cooler sorrise, contento che il suo nemico ci fosse cascato. Sollevò lentamente il braccio destro all'altezza del petto e iniziò a raccogliere energia, ma a differenza della Death Beam "classica", i raggi energetici fuoriuscirono da ogni dito e attaccarono il Demone bianco, che, inarcando le sopracciglia per la sorpresa, la subì in pieno il colpo. I cinque raggi impattarono con diverse parti del corpo dell'avversario per poi esplodere, innalzando una coltre di fumo. "Quella mossa era almeno una ventina di volte più forte della sua, deve averlo ferito per forza!" meditò Cooler, aspettando che l'avversario uscisse dalla nube.
«Devo ammetterlo... Se non fossi stato immortale, quel colpo mi avrebbe sicuramente fatto a pezzetti!».
La voce di Freezer, da cui era possibile constatare la propria soddisfazione per quanto appena successo, accompagnò l'ennesima entrata in scena dello stesso, il cui volto era decorato da un ampio sorriso.
«Non può essere! Anche questo è stato inutile... Io... Non so che fare...» balbettò Cooler, più a sè stesso che ad altri.
Lentamente si stava rendendo conto dell'invincibilità del proprio nemico, e della propria impotenza a riguardo.
"Dev'esserci qualcosa... Nessuno è imbattibile, neanche se è immortale...". Il Demone iniziò a spremersi le meningi quanto più poteva, tentando di aggrapparsi a qualche idea, un indizio, un dettaglio che lo avrebbe potuto aiutare. Freezer, d'altro canto, notando la disperazione del fratello decise di rincarargli la dose:
«Quindi... È tutto qui? Hai esaurito le tue mosse? Molto bene... Questa patetica battaglia sta per volgere al termine, sei pronto a morire insieme al tuo impero? Conterò fino a dieci, se non ti inventi qualcosa di nuovo per farmi divertire ancora un po', ti annienterò insieme a questo pianeta!».
Queste parole risvegliarono la mente pensierosa del Demone viola, che iniziò a sudare sempre di più. Com'era possibile? Lui, il grande Imperatore di gran parte della galassia, tremava di fronte a una minaccia? A ritmi regolari, di tanto in tanto, Freezer scandiva un numero sempre maggiore, finchè non arrivò all'otto.
"Andiamo, andiamo! Non può finire così! I normali attacchi non funzionano, d'accordo, ma se provassi a imprigionarlo, a bloccarlo in qualche modo? No, non esiste prigione che tenga. A meno che..." . Finalmente, a quel punto, a Cooler venne un'idea. Ma sì! Poteva esserci una speranza, forse avrebbe guadagnato solo tempo o forse lo avrebbe eliminato del tutto. In fondo, nessuno sapeva con esattezza cosa accadesse a chi sperimentava quell'esperienza. «NOVE!». Ancora una volta, la fastidiosa voce del fratello richiamò la sua attenzione.
Sotto di loro, la battaglia imperversava nel modo più violento e rumoroso possibile. Esplosioni, spari, edifici crollati, fumo: un misto di grigio e rosso colorava la capitale. Ma non era quello il problema principale, Cooler doveva concentrarsi sul vero nemico.
Aumentò la sua aura quasi al massimo, il suo cuore battè più forte, raggiungendo i 200 battiti. Quella trasformazione stava iniziando a consumarlo, avrebbe resistito per dieci minuti, al massimo. Con una velocità fuori dal comune il Demone viola si gettò sul nemico, afferrandolo con le braccia e con la coda per serrarlo in una stretta disperata, per poi dirigersi verso lo spazio siderale. Freezer lo lasciò fare, curioso di sapere cosa si sarebbe inventato stavolta.
«Così non salverai il pianeta, sai? Lo distruggerò tra un attimo, non appena mi libererò di te!» gli urlò, così vicino da rompergli quasi i timpani. Cooler poteva sentire il suo respiro sul suo collo, inizialmente tranquillo ma via via più affannoso. E così Freezer aveva paura? Ciò che ostentava era falsa sicurezza? Sapeva che suo fratello avesse un piano, che forse avrebbe potuto sconfiggerlo? Forse lo aveva compreso dal sorriso di quest'ultimo, che non esitava a spegnersi? Beh, ormai non aveva più importanza. Cooler volava spedito verso la propria meta, o meglio quella del suo nemico, che ormai aveva capito che qualcosa non andava e che quindi aveva iniziato a divincolarsi, invano, quando aveva finalmente notato con la coda dell'occhio l'oggetto della loro destinazione.
«Cooler, lasciami andare! Devi lasciarmi andare! Andiamo, fratello! Governeremo insieme, ci spartiremo l'impero di papà, dai!» bofonchiò, in preda al panico. L'altro, d'altro canto, lo ignorava, senza neanche guardarlo, e ciò metteva ancora di più in agitazione il Demone bianco. Mancava poco ormai, la destinazione doveva trovarsi appena lì vicino. «Cooler, Cooler! COOLER!» ripeteva il tiranno, tirando calci e testate, ma senza risultati.
«Finirai nel posto che ti meriti, fratello! Credevi di essere invincibile? Forse lo sei davvero, ma a questo di certo non potrai fuggire! Vivrai in eterno, può darsi, ma in che condizioni? Te lo sei chiesto? Verrai risucchiato lentamente, fino a sparire. Poi rinascerai, e il ciclo si ripeterà, e ancora e ancora... Non vedi l'ora, eh?» lo provocò Cooler, fermandosi di botto dinanzi a quel maestoso fenomeno che tutti gli esseri viventi temevano, non importa quanto forti potessero essere. Dopotutto, chi vorrebbe finire dentro un agglomerato denso e profondo di oscurità? Chi vorrebbe finire dentro un vortice, una spirale che risucchia tutto ciò che finisce al suo interno? Chi vorrebbe finire dentro un buco nero? Cooler non voleva avvicinarsi più di tanto, conosceva la forza di attrazione che esercitava quello strano fenomeno, i suoi scienziati gliene avevano parlato qualche tempo fa.

 

Tre mesi fa, pianeta Cooler 01, palazzo reale.

«Lord Cooler, sono qui per riferirle un'importante quanto sconvolgente notizia.» disse uno degli scienziati dall'aspetto di una lucertola bluastra, inchinandosi. «Ebbene, parlate pure.» disse seccato il sovrano, sorseggiando del vino e dando le spalle al suo sottoposto. «Come responsabile della sicurezza del pianeta ho il dovere di proteggerlo da eventuali catastrofi. I nostri satelliti appena fuori dal sistema solare, hanno rilevato il rapido avvicinamento di un buco nero di medie dimensioni verso questo pianeta.»
«Beh, che aspettate? Studiatelo e cercate di capire come deviarlo o ridurlo di dimensioni, no? È quello che fate sempre quando un asteroide o altro passa da queste parti...»
«Ehm, veramente, mio signore, attualmente non possediamo la tecnologia necessaria a fare una cosa del genere. A dire il vero, ritengo che sia impossibile. Anche il solo avvicinarsi a un buco nero è estremamente pericoloso, potremmo morire e al contempo aumentarne le dimensioni. È una catastrofe che non si può evitare. Il pianeta è spacciato. Dobbiamo procedere con l'evacuazione. Questo è tutto, mio signore.» concluse lo scienziato, rimasto inchinato per tutto il tempo. Finalmente, Cooler si degnò di guardarlo. Si alzò in piedi, gettò il bicchiere a terra, mandandolo in frantumi, e sollevò in aria il rettile dal colletto del suo camice bianco, fissandolo severamente negli occhi.
«È fuori questione! Questo pianeta è la mia capitale, non lascerò che venga distrutta nè tanto meno abbandonata, è chiaro?! Distruggerò quell'affare con le mie mani, quando sarà troppo vicino.»
«Ma signore, non può. Nessuno può, nemmeno suo padre, con la sua immensa forza, potrebbe...»
«Silenzio! Tra quanto tempo sarà estremamente vicino?» «All'incirca tre mesi, mio signore.»
«Molto bene.». Così si era conclusa quella conversazione, con uno scienziato pronto a fare le valigie per scappare da quel misero destino e un sovrano testardo pronto a tutto pur di rinunciare al proprio dominio.

Tempo presente, nei pressi del buco nero.

Cooler fissava con occhi di ghiaccio quello strano fenomeno. Lo spazio attorno ad esso sembrava quasi deformato, ed al suo centro vi era una grande, profonda oscurità. Era perfetta per suo fratello, la prigione ottimale. Per far sì che vi finisse dentro e non potesse più fuggirne, però, doveva avvicinarsi a tal punto da poterlo lanciare dentro. Ormai, quest'ultimo si divincolava così ferocemente, che tra qualche istante si sarebbe liberato, per cui non vi era più tempo.
Doveva rischiare. Procedette a velocità sostenuta verso quell'abisso, finchè non sentì una forte attrazione verso di esso.
«Lasciami! Lasciami! Lurido verme, non sai che fine mi farai fare!» imprecò ormai disperato Freezer. Infine, all'ennesima ginocchiata, riuscì a liberarsi, spingere in avanti suo fratello con un calcio e a sfuggirne dalla morsa. Un sorriso si stampò sul suo volto, poichè ebbe la prontezza, seppur con difficoltà, di allontanarsi di qualche metro necessario per sfuggire a un' ulteriore presa del fratello e del buco nero. Cooler, tuttavia, era ormai troppo vicino e non poteva più resistergli. Mentre Freezer rideva come un folle per essersi salvato ancora una volta, il Demone viola tentò il tutto per tutto. Con la punta della sua coda riuscì a malapena a tirare a sè l'altro. Una distanza esigua, ma sufficiente per farlo rientrare nel raggio di azione del buco nero. Così, mentre un nuovo, prorompente, urlo disperato inondava i timpani del Demone viola, questi sfoderava il 100% della sua potenza, rischiando che il suo cuore esplodesse, per tirarsi fuori dalla morsa imperdonabile di quell'abominio.
"Addio Freezer, forse ci rivedremo all'inferno, o forse no. Dopotutto, ti ci ho appena mandato, e il tuo è ben diverso da quello in cui andrò io!" pensando ciò il cuore dell'essere smise di battere, evitando di esplodere solo perchè egli era tornato nella sua forma depotenziata.
La sua vista, appannandosi via via sempre di più, notava in lontananza la figura del fratello che precipitava nell'oblio più oscuro. La battaglia era vinta, e l'Immortale aveva perso.

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Capitolo 22
*** Scampati alla morte ***


Luogo: Città Madre, capitale di Cooler 01
Epoca: mentre Freezer viene sconfitto

Fumo, fuliggine e ceneri inondavano le strade della Città Madre, mentre lingue di fuoco e fiamme danzavano sugli edifici, celando ciò che si trovava al loro interno. Abitazioni, strutture dedite alla ricerca scientifica, ospedali, municipi: ormai erano quasi tutti identici, tutti irriconoscibili e ridotti a un ammasso di macerie.
La desolazione caratterizzava tutto il pianeta, che era stato evacuato quasi interamente qualche minuto prima.
I pochi uomini rimasti perlustravano per via aerea e terrena ogni settore del globo, alla ricerca del loro imperatore.
Un uomo, in tutto simile a un essere umano eccezion fatta per un paio di corna, passeggiava fra le macerie, vicino a quello che una volta era un parco giochi per bambini.
Indossava una tuta piuttosto pesante che lo isolava dall'ambiente esterno, sterile e radioattivo. Le polveri, che annerivano i cieli, non davano la possibilità di vedere a un palmo dal naso, per cui il casco dell'uomo era munito di una torcia che emetteva un fascio di luce. Quest'ultimo diede una rapida occhiata al monitor del suo orologio, che indicava che la percentuale di ossigeno immesso all'interno della tuta stava rapidamente scendendo, per cui tra qualche minuto avrebbe dovuto terminare le ricerche e tornare alla sua navicella. I suoi respiri si facevano sempre più affannosi, la maschera si appannava per ognuno di essi, mentre i suoi passi sicuri e pesanti, resi tali dai suoi stivali, erano gli unici suoni nell'arco di diversi chilometri.

Luogo: Astronave imperiale, in orbita su Cooler 01
Epoca: mentre Freezer viene sconfitto

«Stiamo cercando ovunque, abbiamo setacciato l'intero pianeta, ma di lui non vi è traccia. Sicuro che fosse ancora lì al momento delle esplosioni?».
«Non possiamo saperlo con certezza, ma alcuni sostengono di averlo visto lasciare il pianeta insieme a suo fratello, per questo motivo le nostre truppe rimaste stanno perlustrando anche lo spazio, ma non possiamo restare a lungo, il buco nero potrebbe attirarci nella sua morsa, anche se è ancora ad una distanza di sicurezza.» disse uno degli ufficiali, che aveva il compito di comandare le forze armate di Cooler 01.
Uno scienzato si intromise nella conversazione, varcando la porta della sala principale dell'astronave.
«Signore, il livello di radioattività del pianeta sta superando i limiti entro i quali si può sopravvivere, il mio team vi chiede il permesso di procedere all'evacuazione dello stesso.» annunciò. L'ufficiale emise un sospiro profondo e colmo di rammarico.
«E sia, procedete pure. Non abbiamo altra scelta, se l'imperatore Cooler fosse qui, sono certo che capirebbe.».
Contemporaneamente a quanto successo, un'altra persona irruppe nella stanza, con molta meno calma del precedente e in preda all'agitazione.
«Generale, l'abbiamo trovato! Abbiamo localizzato l'imperatore Cooler!» riuscì a dire, distribuendo una dose di eccitazione a tutto l'equipaggio presente nella sala. «Ottimo lavoro! Finalmente una buona notizia! Manda la squadra di ricerca più vicina e fammi un rapporto completo sulle sue condizioni, non appena lo avrete recuperato.». Qualche ora più tardi il Demone viola venne recuperato e portato nell'astronave madre, pronto per essere curato.
Il suo corpo era in una situazione pietosa, il cuore aveva praticamente smesso di battere e per questo fu trasportato di urgenza nella vasca di rianimazione, dove venne salvato per miracolo.
I suoi sottoposti cercarono a lungo l'ubicazione di Freezer, convinti che non potesse essere scomparso nel nulla, ma non trovandolo immaginarono che il loro sovrano lo avesse in qualche modo sconfitto.
Il giorno dopo l'astronave si preparò alla partenza, insieme alle altre navicelle contenenti milioni di civili e le poche truppe rimaste.
La destinazione era il pianeta dell'Impero più vicino, ovvero Cooler 02, a una settimana da lì.
Durante il viaggio la flotta spaziale incontrò qualche veicolo nemico, appartenente all'ormai disfatto esercito di Freezer, che venne così eliminato del tutto. Il quarto giorno, Cooler si risvegliò.
Fece chiamare immediatamente il generale in comando, e chiese un rapporto completo su quanto successo. Egli spiegò come, mentre sua maestà era impegnato a lottare contro il fratello invasore, l'esercito di quest'ultimo aveva distrutto gran parte della difesa del pianeta, aiutati dal fatto che lo stesso Freezer avesse partecipato alla distruzione di molte città mentre Cooler era fuori combattimento. Convinti al 100% della loro disfatta, gli scienziati, insieme al generale, presero una decisione estrema: far esplodere l'intero pianeta tramite un numero elevatissimo di bombe al plasma radioattive. La strategia si rilevò vincente, poichè il 99% dell'armata nemica si trovava sul pianeta e venne sterminato, il resto scappò nello spazio. Ovviamente, questi non furono gli unici a morire, poichè sia le esplosioni che le radiazioni colpirono indiscriminatamente tutto ciò che si trovasse sul globo, compresa ogni forma di vita. I civili "più importanti", ovvero di un rango sociale più elevato, furono avvisati qualche minuto prima, tempo necessario a prendere le loro navicelle private e fuggire via. Il resto della popolazione fu condotto nelle astronavi pubbliche, che però non fecero in tempo a decollare. Terminato il racconto, Cooler stette in silenzio per qualche secondo, poi, preso dall'ira, strangolò con la propria coda il generale, giudicandolo incapace e troppo affrettato nel prendere decisioni che non gli spettavano.
«D'ora in poi riprendo io il comando del mio impero, non lascerò mai più che accada una cosa simile a nessuno dei miei pianeti. Dirigiamoci immediatamente su Cooler 02, la mia nuova capitale. Rifarò costruire il mio palazzo e tutte le strutture per l'allenamento. Accelerate al massimo.» ordinò ai suoi piloti, alzandosi in piedi e guizzando velocemente la coda sporca di sangue con il quale aveva appena effettuato l'efferato omicidio. Il liquido rossastro gocciolò sul pavimento. Le sue gambe lo sorreggevano a fatica, non aveva ancora recuperato neanche un quarto delle sue forze. Pazienza, se era ancora vivo voleva dire che effettivamente Freezer era stato sconfitto, almeno per ora.
«Ma signore, così lasceremo indietro gli altri veicoli della flotta, loro sono molto più lenti e non dispongono della potenza di fuoco per potersi difendere da possibili...».
«Silenzio. Non mi importa nulla di quegli idioti. Funzionari, generali incapaci, politici: ne ho le scatole piene! Sono solo feccia. Tutti gli scienziati sopravvissuti si trovano su questa astronave, è corretto?» chiese il sovrano. Il soldato a cui si stava rivolgendo annuì deglutendo, impaurito da ciò che sarebbe conseguito da quella risposta. «Ottimo, loro mi servono per ricostruire le stanze a gravità aumentata per i miei allenamenti. Per il resto, fate fuori gli altri parassiti, ci rallentano soltanto.» e detto ciò Cooler si voltò e si recò nei suoi appartamenti, ferito nell'orgoglio per aver perso la punta di diamante del suo impero. Aveva vinto contro suo fratello, ma ora il suo dominio era vulnerabile, e presto o tardi sarebbe stato preso di mira da altri, come suo padre.

Luogo: Astronave imperiale di Freezer
Epoca: Subito dopo la sconfitta su Cooler 01

Un suono di allarme scandiva ritmicamente le attività dei membri dell'equipaggio dell'astronave.
Questi correvano avanti e indietro, non sapendo cosa fare prima: l'imponente veicolo, al momento dell'esplosione delle bombe al plasma, si trovava all'interno dell'atmosfera del pianeta, subendo così molteplici danni dalle stesse. L'onda d'urto aveva danneggiato i sistemi di propulsione di alcuni motori, tuttavia lo scudo energetico era ancora attivo, evitando così che venissero subiti danni dai cannoni laser nemici.
«Non possiamo aspettare Lord Freezer qui!» urlò uno dei soldati di grado maggiore a un suo sottoposto, mentre una forte esplosione all'esterno fece inclinare il mezzo, facendo cadere per terra l'uomo.
«Non lo faremo.».
Tutti i presenti si fermarono e si girarono per vedere chi avesse pronunciato quelle parole.
Quella voce... Re Cold era tornato. Imponente come sempre, il monarca si ergeva nei suoi oltre due metri di altezza, nella sua seconda forma ridotta, privo della sua solita armatura e ancora parzialmente ricoperto del liquido della vasca di rigenerazione. Il fracasso degli ultimi minuti doveva averlo svegliato di soprassalto, interrompendo la sua guarigione. «Mio signore, Re Cold! Sono lieto di vederla guarito, ma forse dovrebbe tornare...».
«No.» il suo tono non ammetteva alcuna replica.
«Sono stato in quella brodaglia fin troppo a lungo. A proposito, quando ce ne andremo da questo inferno esigo che mi venga spiegato perchè non sono stato messo nella Vasca Speciale.» disse Cold. Il suo tono di voce era flebile, stanco. Fece dei passi in avanti per avvicinarsi all'enorme vetrata posta sulla parte anteriore della stanza, corrispondente al muso dell'astronave. La luce gli fece socchiudere gli occhi, ma non indietreggiò. Camminava a stento, era evidente che non aveva ancora ripreso le energie. Ciononostante, anche in quelle condizioni, ogni suo membro dell'equipaggio gli portava un grande rispetto, dettato dalla paura, perchè poteva comunque ucciderli tutti senza troppi problemi.
«Questo posto... Che ci facciamo su Cooler 01? Freezer gli ha dichiarato guerra infine, mi chiedo perchè proprio ora.» riflettè, aggrottando la fronte.
«Deve essere successo qualcosa su quella Terra, dopo che ho perso conoscenza. Quell'insulso mi ha nascosto gran parte del suo piano!» sbattè un pugno sul vetro, crepandolo. Nei minuti successivi l'astronave si allontanò dal sistema solare, lasciando Freezer al proprio destino, su ordine di Cold. Approdati, diverse settimane dopo, sul pianeta più vicino, Cold 76, il Demone del Freddo aveva ormai ripreso totalmente le forze.
La notizia della distruzione di Cooler 01, della ricostruzione della capitale su Cooler 02, della disfatta dell'esercito di Freezer e della scomparsa/probabile morte di quest'ultimo si diffuse rapidamente in ogni angolo della galassia. Gli eserciti dei due sovrani rimasti si stavano armando, temendo l'uno l'attacco dell'altro. L'era di pace era ormai giunta alla fine, un altro grande scontro stava per cominciare: la Terza Guerra Imperiale si apprestava a fare la sua comparsa e a tingere nuovamente l'universo di sangue.

Luogo: Nuova Città Madre, capitale di Cooler 02
Epoca: diverse settimane dopo la sconfitta di Freezer

L'alieno violaceo siedeva su uno dei gradini della granda scalinata in marmo del suo nuovo e scintillante palazzo, sorseggiando del vino. Gli era stato detto che un visitatore, un servitore dell'impero, era giunto da lontano per portare un messaggio di estrema importanza. I portoni si spalancarono e una figura femminile dalle movenze aggraziate entrò nell'enorme atrio. I rumori dei suoi passi riecheggiavano in tutta la sala, mentre il lungo mantello col cappuccio ondeggiavano sinuosi avanti e indietro. A pochi passi dall'uomo, questa si fermò.
«Mio signore.» si inchinò.
«Identificati» disse l'altro, portando il calice alle labbra per bere un sorso della bevanda rossa.
La donna, con calma, avvicinò le mani ai lati del cappuccio, abbassandolo. Il viso, dai tratti delicati, era messo in risalto dalla pelle azzurra della fanciulla. Nella condizione di semi buio in cui si trovava l'ampia stanza, i suoi occhi dorati risplendevano come fossero stelle.
Cooler, che fino a quel momento non era parso molto interessato, posò su uno dei gradini il bicchiere di cristallo, senza distogliere lo sguardo da lei.
«Finalmente sei giunta, perchè non hai avvisato?» chiese.
«Non ero sicura del suo stato di salute, mio Lord, non volevo disturbare e lei mi aveva detto di rivolgere queste informazioni solo a lei personalmente. Inoltre, siamo stati attaccati, diversi giorni fa. La nave è stata danneggiata, abbiamo perso molti uomini e...» esitò.
«E?» la incoraggiò il Demone.
«Io stessa ho rischiato di morire. A dire il vero, sire, sono viva per miracolo. Mi sono ripresa di recente. Devo la mia vita a un mio sottoposto, un soldato di nome Cream.» continuò.
«Stavi per morire, dici? Beh, allora siamo in due.». Riprese il calice e bevve un altro sorso.
«E dimmi, hai portato a termine la missione estremamente delicata che ti avevo affidato? Mi hai portato lui?».
Meyra chinò il capo, scuotendolo leggermente. Un movimento quasi impercettibile, che però non sfuggì al sovrano.
«Durante il viaggio siamo stati attaccati dalla Squadra Delta di suo fratello. Il capitano Igin ha prelevato il soggeto ed è fuggito insieme ai suoi alleati. Io sono stata messa fuori gioco da un membro della squadra, un mostro orrendo che da solo ha trucidato centinaia di soldati. È stato abbattuto infine dai nostri soldati di èlite. Sono desolata, mio signore.».
Cooler, inaspettatamente, mantenne la calma, seppur con fatica. Ciò era constatabile dal fatto che la sua presa sul calice lo avesse crepato.
«Avete prelevato dei campioni di DNA come avevo chiesto prima di farvelo scappare?» forse l'intera operazione non era stata inutile. La donna, colta alla sprovvista da quella domanda all'apparenza futile, rispose di sì con un cenno del capo. Le labbra del Demone si incurvarono in un leggero sorriso. Forse non tutto era andato perduto.
«Consegnatelo ai miei scienziati immediatamente, forse non siete stati un completo disastro.».
«Perdonate la domanda signore, ma a cosa le serve il DNA di quel bambino?» avanzò Meyra, curiosa.
Cooler sorrise ancora.
«Presto o tardi scoppierà una guerra, un'enorme guerra, e coinvolgerà tutti e tre gli imperi. Ciò che tu hai recuperato per me mi aiuterà a creare un'arma che mi assicurerà la vittoria. E ora ascolta attentamente, ecco le mie istruzioni per la tua prossima missione.».

Luogo: corridoi del Palazzo di Cooler, Nuova Città Madre
Epoca: mezz'ora dopo la conversazione

«Non capisco perchè ha voluto il suo DNA... Sta di fatto che prendere quei campioni ci ha salvato la vita. Dovevi vedere com'era contento.»
«Strano. Forse quel mostro ha in mente qualche esperimento pazzo, non saprei...» disse un uomo.
«Non parlare così di lui, idiota! Potrebbero esserci delle telecamere... » lo rimproverò Meyra.
«Ha accennato qualcosa riguardo a un'arma, ma non ho nessuna idea. Beh, non sono affari nostri, concentriamoci sulla prossima missione.» sospirò.
«Ovvero?» chiese incuriosito l'altro.
«È più o meno sempre la stessa. Dobbiamo trovare Gohan, il bambino saiyan, e convincerlo a combattere per Lord Cooler, ma per farlo dobbiamo prima trovare quell'Igin.»
«Ah. Sai dove trovarlo?»
«Sì: alcune spie di Lord Cooler mi hanno riferito che dopo la caduta di Freezer e della conseguente anarchia che ha colpito il suo impero, in assenza di ordini si è recato insieme a ciò che rimane della sua squadra nel loro pianeta natio, Skahr.» spiegò la donna, consultando il display olografico del suo orologio.
«La squadra Delta è formata da soli tre individui ora, e considerando che il capitano non è poi un granchè e il più pericoloso era quel mostro-scimmia che abbiamo eliminato...» continuò.
«Che IO ho eliminato, vorrai dire.» la stuzzicò Cream, sorridendole.
I due, che avevano camminato per tutto il tempo, si fermarono appoggiandosi su un pilastro che faceva angolo con la parete.
«Se non fosse stato per me non ce l'avresti mai fatta, l'ho indebolito parecchio! Questo è un dato oggettivo.» si difese Meyra.
«Sì, certo, come no... E chi è che ti ha salvato la vita portandoti in una vasca di rigenerazione? Senza di me saresti morta, sdraiata su un freddo pavimento e immersa nel tuo stesso sangue.»
Meyra, udendo quelle parole, trasalì, parvendo visibilmente scossa.
«Non farmi ripensare a quei momenti, idiota. E ricordati che sono ancora il tuo capo, e per giunta sono più forte di te!» disse lei, spingendolo leggermente con le mani.
«Pff, più forte? Ma per favore, solo perchè sai sollevare qualche sasso con la mente?.» rise Cream, rispondendo all'"attacco" afferrandola per i polsi e tirandola dolcemente verso di sè. I due si baciarono appasionatamente, finchè non arrivarono nel corridoio delle guardie del palazzo, in pattuglia, che li invitarono a togliersi di mezzo.

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Capitolo 23
*** Invasori su Skahr ***


Luogo: pianeta Skahr
Epoca: dopo l'incontro di Meyra con Cooler

Skahr era un pianeta molto particolare. Dalle dimensioni ridotte, era famoso per i suoi cieli arancioni/rossastri, nei quali vorticavano degli strani riflessi luminescenti, simili alle aurore boreali terrestri ma di un colore tendente al giallo.
La forza di gravità era simile a quella della Terra, ma la flora era caratterizzata da un'altissima, fitta foresta che avvolgeva tutto il globo.
Le foglie di tali piante apparivano di un colore dorato, come se in tutto l'anno vi fosse un perenne autunno. Gli skahriani, col tempo, avevano ridotto la quantità di alberi per dare un maggiore spazio alle proprie città, ma in compenso ogni abitazione sfruttava la verticalità della propria struttura per limitare la superficie occupata.
La fauna del luogo era costituita da migliaia di specie diverse, tra cui si era distinta quella umanoide, ovvero gli skahriani, appunto. La loro società aveva avuto da sempre la propria indipendenza, pur facendo effettivamente parte dell'impero di Freezer. L'accordo era semplice: gli skahriani, ogni anno, dovevano fornire all'impero una certa quantità di soldati, molto validi, più alcune risorse preziose, e in cambio questi lasciava loro la propria indipendenza, a patto che rimanessero nel loro piccolo pianeta, senza interessarsi di conquiste interplanetarie. Nell'ultimo mese, però, le cose erano mutate radicalmente: con la scomparsa del sovrano, l'accordo era saltato, e così il pianeta si era dichiarato indipendente eliminando tutte le truppe imperiali che si trovavano lì. Quando l'astronave di Meyra e Cream atterrò, non furono accolti pacificamente.
«Che cosa volete? Siete soldati di Lord Freezer? Egli, o chi per lui, non ha più giurisdizione qui, Skahr è un pianeta libero ora.» affermò il Presidente, un anziano dalla folta barba bianca.
«Non siamo soldati di Freezer, signore, siamo suoi nemici. Siamo venuti qui in cerca di alleati, vogliamo formare una task force di guerrieri capaci in grado di eliminare le squadre Alpha e Beta, che risiedono su Freezer 01, così da distruggere definitivamente il suo regime.» spiegò Meyra, cercando di essere più convincente possibile. Con un po' di fortuna, li avrebbero indirizzati verso Igin, il loro guerriero più forte.
«Mmm... Capisco. Certamente saprete che l'intera ex Squadra Delta è natia di questo pianeta, per cui penso che vogliate parlare con loro. Sfortunatamente il capitano Igin non è reperibile, egli si sta allenando in un posto sperduto, con i nostri maestri dell'arte del combattimento più saggi a istruirlo, per superare i propri limiti e scoprire i segreti per diventare più forte. La recente perdita di alcuni dei suoi compagni lo ha distrutto psicologicamente. Comunque, Ollie e Perriot sono qui, vi farò parlare con loro.» concluse infine.
I due annuirono e aspettarono nella grande sala in cui erano stati portati dopo l'atterraggio, circondati da una decina di uomini pronti a far fuoco con il loro fucile al plasma. Cream cercò lo sguardo di Meyra, ma questa fissava un punto indefinito del pavimento. Tuttavia, l'uomo sentì la sua voce nella sua testa. "Maledizione" disse, "Il vecchio ha chiamato quei due. Uno di loro non è mai salito sulla nostra astronave, ma l'altro potrebbe riconoscerci!".
"Merda, che facciamo? Siamo bloccati qui." rispose telepaticamente Cream. "Dobbiamo mantenere la calma, non ci resta che aspettare." concluse la sua amante.
"Già, nel peggiore dei casi dovremmo soltanto affrontare un intero pianeta di guerrieri, per poi comunque fuggire per andare a farci giustiziare da Cooler." aggiunse sarcasticamente Cream. Al pensiero di quest'ultimo Meyra rispose con un'occhiataccia, a cui seguì un piccolo calcio del soldato nello stinco sinistro di lei.
«Ehi! Voi due, smettetela subito! Non fate strane mosse!» intimò uno degli skahriani. I due lo guardarono con un'espressione divertita. Cream a stento riuscì a trattenersi dalle risate e ciò non sfuggì ai soldati.
«Se fate un altro movimento sospetto o osate anche solo fiatare, apriremo il fuoco! Silenzio ora!» minacciò uno di loro, rimuovendo la sicura dal proprio fucile e facendo segno di fare lo stesso agli altri. Fortunatamente ( o sfortunatamente) qualche minuto più tardi Ollie e Perriot giunsero all'interno della sala, congedando la truppa che aveva in custodia i due stranieri. Cream fece un passo avanti con l'intento di prendere l'iniziativa nel discorso. Il suo metro e ottanta era nulla in confronto agli oltre due metri di muscoli e severità di Perriot, che lo squadrava con diffidenza.
«Salve, io e lei stiamo cercando di formare...»
«Sappiamo chi siete e cosa volete. Il Presidente ci ha informato. Non siamo disposti ad accettare la vostra proposta, nè tantomeno lo farà Igin. Andate via.» tagliò corto l'energumeno dalla pelle arancione.
«Non capisco perchè ci hanno convocati, sanno benissimo come la pensiamo sulla questione. Senza Lord Freezer, il nostro unico compito è quello di proteggere il nostro pianeta.» aggiunse Ollie. I due Delta si voltarono e, così come erano venuti, se ne stavano andando. Meyra non potè accettare di aver fatto tutta quella strada per essere liquidata in quattro e quattr'otto. Fece un passo in avanti come per inseguire i due, ma fu bloccata dal braccio di Cream.
«Andiamocene via, ripenseremo a cosa fare dopo, gli tenderemo un'imboscata e cercheremo quell'Igin.» le sussurrò questi.
«Non funzionerà, non ci lasceranno entrare un'altra volta dopo averci buttati fuori. Sono stati chiari, non vogliono intrusi sul loro prezioso pianetino.» commentò tagliente la donna, liberandosi dalla presa dell'uomo e chiudendo con la forza del pensiero la porta della sala, prima che i Delta la oltrepassassero.
Quest'ultimi si girarono di scatto, con sguardo ostile.
«Non ve ne andrete così in fretta, non sono giunta fin qui per ricevere un rifiuto. Sappiamo che il vostro capitano ha rapito un bambino, si vocifera che sia un saiyan. Dobbiamo parlare con lui, subito.» disse ostentando sicurezza. I quattro si guardarono negli occhi per diversi secondi, senza che nessuno osasse fare un passo. Improvvisamente Perriot sorrise in modo forzato.
«D'accordo. Vi conduco da Igin allora.». Sotto la sorpresa di tutti, perfino di Ollie, l'energumeno spalancò la porta e fece senno di seguirlo agli altri. Il gruppetto camminò per qualche minuto attraversando un lungo corridoio, che stranamente era desolato.
"Stai in guardia, non mi fido." disse Meyra a Cream. "Ho notato che il tizio più basso ha cercato di rilevare le nostre potenze con lo scouter, menomale che con i tuoi poteri quegli aggeggi non funzionano." pensò Cream. Meyra gli rispose facendogli l'occhiolino. Arrivati alla fine del corridoio i due Delta, davanti agli altri, si fermarono davanti a un portone chiuso, che probabilmente conduceva all'esterno del palazzo.
Questi non si mossero, e ciò fece insospettire ulteriormente Meyra e Cream. La tensione si tagliava con un coltello.
«Che intenzioni avete?!» disse nervoso Cream, mettendosi in posizione di combattimento dopo aver udito il rumore di decine di passi convergere verso di loro.
Diversi soldati li circondarono, e solo allora Ollie e Perriot si girarono verso di loro.
«Davvero pensavate che vi avremmo condotto dal nostro capitano? O dal saiyan, magari? Ora arrendetevi, se non farete alcuna resistenza vi faremo uscire fuori dai sacchi per cadaveri» sentenziò Perriot, sorridendogli. I soldati semplici si avvicinarono ancora di più e si prepararono a fare fuoco.
Meyra guardò Cream, ed entrambi capirono cosa bisognava fare. La donna sollevò le braccia, e contemporaneamente tutti i fucili degli skahriani si librarono in aria con esse, puntando verso i loro proprietari. Come bisognava aspettarsi, Ollie e Perriot risposero lanciandogli una sfera energetica ciascuno, ma esse impattarono sulla barriera energetica opportunamente creata da Cream. I due avevano agito così molteplici volte, non era la loro prima missione insieme.
I poteri psichici della donna fecero fare fuoco ai fucili, che sparò contro degli impreparati soldati. Alcuni fuggirono, dando l'allarme, molti vennero colpiti.
«Il Presidente è stato preventivamente portato al sicuro. Possiamo ingaggiare lo scontro. Io prendo il ragazzino, tu prendi la piccola stronzetta.» ordinò Perriot al compagno, che annuì.
«Ragazzino a me? Adesso vedrai con chi hai a che fare!» rispose Cream, flettendo le cosce e balzando in avanti. Contemporaneamente Ollie si mise in posizione di combattimento, pronto a ricevere un attacco nemico, che però tardò ad arrivare. Perriot corse verso il proprio avversario e i due si scontrarono a metà percorso: Cream rovinò a terra sbattendo la testa mentre lo skahriano indietreggiò di appena qualche decina di centimetri.
«Ok, sei più duro del previsto, ragazzone. Ma vediamo come te la cavi con queste!». Lo scagnozzo di Cooler iniziò a scagliare una serie di sfere energetiche di piccole dimensioni con la mano sinistra, che furono tutte parate, seppur con qualche difficoltà. "È come pensavo, è resistente e forte ma lento: non riesce a vedere tutti i miei attacchi" pensò lo stesso, mentre preparava una sfera di energia sulla mano destra, in cui riversò molta più energia delle precedenti. Approfittando del gran polverone creatosi, Cream attese qualche secondo, illudendo l'avversario che gli attacchi fossero finiti, poi lanciò il colpo, che impattò contro questi. Si udì il suono di un'esplosione, poi il polverone si abbassò e il Delta si fece vedere: l'ultimo attacco gli aveva provocato una grande ustione sul torace, mentre braccia, gambe e collo erano danneggiate da ustioni minori.
«Tu...» riuscì a dire, mentre tossiva affannosamente. L'invasore sorrise soddisfatto, capendo ora di essere passato rapidamente in vantaggio.
L'uomo dalla pelle arancione tentò una carica contro il nemico, ma a pochi passi dal raggiungerlo qualcosa alla schiena sembrò colpirlo, facendolo cadere in avanti. Riuscì a voltarsi, seppur con fatica, per notare che un grosso macigno poco prima appartenente a una parete del corridoio si era schiantato sul suo corpo.
Ma che diavolo? Si guardò intorno, e finalmente capì: quella dannata ragazza. Era stata lei. Seduta sul corpo di un Ollie svenuto, si impegnava con i propri poteri a richiamare a sè tanti altri massi, che danzavano in cerchio attorno a lei.
«Maledetta... Stupida... Putta...» l'uomo non fece in tempo a concludere le imprecazioni che una ginocchiata di Cream raggiunse il suo volto, facendogli perdere i sensi.
«Ehi! Così non vale!» commentò Meyra.
«Ah, sì? E io cosa dovrei dire? Hai interrotto il mio scontro! Stavo per vincere!» protestò l'altro.
«Ci stavi mettendo troppo, non abbiamo tutta la giornata. Forza, andiamocene.» disse lei, alzandosi in piedi e spalancando la porta da cui sarebbero dovuti uscire diversi minuti fa. Contemporaneamente, i massi danzatori ricaddero sul polveroso pavimento.
«Ehi, aspetta! Non sappiamo quanti soldati ci siano là fuori!» le fece notare Cream, raggiungendola in tutta fretta.
«Quali soldati, quelli?» rispose lei, indicando una decina di corpi ammassati in un angolo del corridoio. Cream rimase a bocca aperta, Meyra se ne accorse e scoppiò a ridere.
«Dovresti vedere la tua faccia!»
«E quel tipo, Ollie? Come hai fatto a sconfiggerlo così in fretta?»
«Niente di più facile. Quell'idiota tremava di paura, si aspettava che lo attaccassi frontalmente e invece gli ho semplicemente fatto cadere tutto il piano superiore dell'edificio in testa, mentre lo tenevo fermo con i miei poteri. Poi mi sono occupata degli altri. Davvero non ti sei accorto di niente?»
«Nah. Ero troppo impegnato con quel tizio. Un tipo tosto, sai. Decisamente più forte del tuo.»
«Già.». Meyra ridacchiò ulteriormente, ma Cream, stizzito, fece finta di non vederla.

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Capitolo 24
*** Verso una nuova meta ***


La donna spalancò la porta che metteva in comunicazione l'edificio in cui si trovavano con l'esterno. Un bagliore di luce arancione irradiò i loro volti, costringendoli a socchiudere gli occhi.
«Questa stella è proprio fastidiosa, non credo riuscirei a vivere qui, se non con degli occhiali da sole!» commentò Cream.
«Non credo che la luce sarà il nostro problema più impellente...». Meyra alzò lo sguardo e vide almeno un migliaio di soldati sospesi a mezz'aria sopra di loro, insieme a tantissimi veicoli dotati di armi da fuoco. I due si misero immediatamente in posizione di guardia, pronti allo scontro.
«Pronti a fare fuoco!» ordinò una voce in alto.
«Non credo sia necessario, ci penso io a loro.» si udì un'altra voce proveniente dalla stessa origine.
«È sicuro, signore? Hanno fatto fuori due membri della sua squadra come niente.» protestò l'uomo che aveva dato l'ordine.
«Non ci sarà alcun combattimento, so cosa vogliono.» ribattè l'altro, scendendo di quota rapidamente.
«Sta venendo qualcuno, non riesco a percepire la sua aura...» borbottò Meyra. L'uomo atterrò a pochi metri di distanza dai due, che sorrisero vedendolo, una volta svelatane l'identità.
«Il capitano Igin in tutto il suo splendore. Come va il braccio?» rise Meyra, mettendosi le braccia conserte.
«Splendidamente. È guarito da tempo, ed è pronto per darti un bel pugno su quel visetto» rispose sarcasticamente il Delta, facendole una smorfia.
«Sai cosa vogliamo. Dacci ciò di cui abbiamo bisogno, o ti metterò in ridicolo davanti a tutto il pianeta.» minacciò la donna, facendosi seria d'un tratto.
«Avete ucciso tutti i membri della mia squadra, e ormai non sono più quello di prima, non mi farei sconfiggere così facilmente, sai? Ero pieno di dubbi, ero a pezzi, mi consideravo inutile. Così dopo aver avuto notizia della disfatta di Freezer sono tornato qui e mi sono allenato come non mai, dando sfogo a tutto il rancore e l'odio che avevo nei tuoi confronti. Poi, dopo un po', ho capito.»
«Capito cosa?» sbuffò Meyra.
«Che non eri tu la causa del mio fallimento, pertanto era inutile avercela con te, eri soltanto una scusa, un capro espiatorio. Il vero problema ero io, la mia debolezza, che è costata la vita a tutti i miei uomini. Ma ora sto diventando più forte, gli antichi maestri delle Montagne Nebbiose mi stanno istruendo, ho imparato come percepire gli spiriti altrui e come celare il mio. Presto potrò proteggere la mia gente dagli invasori come voi, e perfino dalla famiglia dei Demoni del Freddo.» terminò Igin.
Cream applaudì, sarcasticamente.
«Davvero un bel discorsetto, ma penso che tu stia correndo un po' troppo con la fantasia. Non sarai mai abbastanza forte per sconfiggere un Demone del Freddo, nessuno di noi lo è e lo sarà mai, probabilmente.»
«Cosa ne sai tu, pirata spaziale?» lo incalzò lo skahriano.
«Pirata spaziale? È questo ciò che pensi che siamo?» rise ancora Meyra.
«Per chi lavorate, allora?» Igin aggrottò la fronte, mettendosi in guardia.
«Siamo soldati di Cooler, sveglia!» disse lei, sbattendosi la mano sulla fronte.
«Che cosa?! Un motivo in più per farvi fuori allora!» replicò il guerriero, flettendo le ginocchia per saltare addosso ai nemici.
«Uoh uoh uoh! Rilassati, testa calda! Lavoriamo per lui, ma vogliamo ucciderlo. Ci siamo guadagnati la sua fiducia in tutti questi anni, missione dopo missione, col solo scopo di trovarne un punto debole e farlo fuori! È per questo che ci serve il saiyan, è l'asso nella manica più promettente, al momento. Ha sconfitto me e tutta la mia squadra come niente, quando si era infuriato.» spiegò Cream, proiettando le mani in avanti.
Il capitano scosse la testa, confuso.
«Perchè mai dovrei credervi?» domandò.
«Perchè quel bastardo ha conquistato il mio pianeta di origine, che ora si chiama Cooler 13, e ha decimato la popolazione, quando ero ragazzina. Mi ha risparmiata solo perchè ha visto i miei poteri e ha deciso che sarei potuta esserle utile e qualora mi fossi rifiutata avrebbe distrutto il mio pianeta. Da allora ho giurato che gliel'avrai fatta pagare.» disse tutto d'un fiato Meyra. Nel rievocare quei ricordi, il più giorno buio e tetro della sua esistenza, i suoi occhi si riempirono di lacrime, che ricacciò indietro il più velocemente possibile.
Igin rimase scosso da quel discorso, e tutto a un tratto si fece triste, abbandonando la tensione che lo pervadeva un attimo prima.
«Ah, e per la cronaca, non abbiamo ucciso i tuoi compagni, ma solo messi fuori combattimento. Con quello scimmione sulla nave siamo stati costretti, aveva perso il controllo. O lui o noi.» aggiunse Cream, mentre poggiava una mano consolatoria sulla spalla della ragazza.
Lo skahriano tirò un sospiro di sollievo, e l'enorme peso dei sensi di colpa che si avvinghiavano al suo cuore come artigli scomparve istantaneamente.
«Comprendo la vostra situazione, ma anche se dite la verità resta il fatto che avete causato dei danni al mio pianeta e questo non posso perdonarlo. Il saiyan non è qui, comunque. Vi dirò dove si trova ma non vi aiuterò a recuperarlo,anche perchè è quasi impossibile.» disse Igin.
«Che cosa? E dov'è?!» chiese Cream, sorpreso quanto allarmato. Ora che ci faceva caso, non aveva percepito l'aura del bambino da nessuna parte.
«Quando l'ho rapito stavo per raggiungere l'astronave di Freezer, ma a pochi giorni dal mio arrivo mi è giunta la notizia della sua scomparsa, e che Re Cold avesse preso il comando del veicolo per allontanarsi. La volontà di Lord Freezer era ben chiara: voleva il bambino vivo, e dovevamo consegnarlo solo e unicamente a lui. Per cui, non sapendo cosa fare, l'ho portato nell'unico posto che potesse custodirlo, il posto più protetto dell'impero dopo la capitale: Trazlaac.»
All'udire di quel nome, i due compagni sprofondarono in un'angoscia e amarezza tale che si lasciarono cadere a terra, immersi totalmente nello sconforto.
Non era possibile.
In pratica, tutto ciò che avevano fatto finora, dal recuperarlo quando era scappato dalla Terra fino alla loro più recente missione su Skahr si era rivelato inutile. In un posto del genere, quanto sarebbe durato un bambino? In mezzo a tanto dolore, rabbia, frustrazione, tenebre e malvagità, come poteva sopravvivere la luce di un'anima pura e innocente come poteva essere la sua senza affievolirsi pian piano amalgamandosi infine con l'ambiente intorno a sè? Inoltre, Gohan aveva appena subìto una perdita enorme, quella del padre, era stato poi testimone della morte di molti dei suoi amici, era scampato egli stesso alla medesima sorte per un soffio, in seguito si era risvegliato in un posto a lui sconosciuto, un'astronave totalmente ostile per poi essere ibernato ed essere trasportato lì. Meyra non riusciva minimamente a immaginare come doveva sentirsi in quel momento, nel caso in cui si fosse già svegliato, ovviamente.
«Quando l'hai portato lì?» chiese, riprendendosi parzialmente dallo shock appena subìto.
«Dunque, vediamo... All'incirca quindici giorni fa, ma so dove vuoi arrivare: a quest'ora si sarà sicuramente risvegliato dall'ibernazione. Mi dispiace, mi rendo conto di averlo portato in un posto terribile, ma non avevo altra scelta: se lo avessi preso con me avrebbe sicuramente cercato di scappare, e se ha steso il tuo amichetto qui, chi mi assicurava che non avrebbe raso al suolo l'intera città? Sono certo che se la caverà comunque, i saiyan sono ossi duri.» si giustificò Igin.
«No, tu non ti rendi conto di quello che hai fatto. Tu lo hai condannato a morte.» protestò la donna , sputando ogni parola con rabbia. Detto questo, senza aspettare una risposta, si alzò in volo e si diresse verso la sua navicella. Cream la seguì, senza proferir parola. I soldati in aria caricarono i loro colpi energetici più potenti, chi non ne era in grado fece lo stesso ma con le armi da fuoco. Igin li raggiunse e diede l'ordine di ritirata.
«Ma signore! Quegli intrusi sono venuti qui, hanno distrutto metà palazzo e ucciso molti soldati, compresa la sua squadra! E li lasciamo andare così?! Potrebbero tornare!» sbottò uno di essi.
«Non torneranno. Ciò che cercano non è qui, e non hanno ucciso nessuno, sono solo fuori combattimento, riesco a percepire una debole forza vitale in loro.» replicò il Delta, osservando Meyra e Cream, ormai divenuti due puntini lontani, entrare nel loro veicolo.
«Che cosa facciamo adesso?» chiese quest'ultimo.
«Proveremo a salvarlo, anche se non sarà un'impresa per niente facile.»
«E a Cooler cosa diciamo? Non scoppierà di gioia sentendo che abbiamo fallito ancora.»
«Al diavolo quell'idiota. Da questo momento siamo ufficialmente suoi nemici, non voglio più sottostare ai suoi ordini capricciosi. Anzi, disattiva tutte le microspie e telecamere che usa per sorvegliarci.»
«Sissignora» terminò la conversazione Cream, mimando il saluto militare. Trazlaac distava da Skahr almeno tre mesi di viaggio, un lasso di tempo decisamente lungo, considerando che la vita di Gohan poteva essere appesa a un filo. Se quest'ultimo fosse morto l'ultima speranza di ridurre in cenere l'impero di Cooler e famiglia sarebbe svanita, e ciò ovviamente non era quello che volevano i due compagni. 

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Capitolo 25
*** Spin Off - La storia di Meyra (parte 1) ***


Vengeance's Spin Off

La storia di Meyra

Mi chiamo Meyra. Sono una soldatessa dell'esercito di Cooler. La migliore tra tutti. Nessuno sa nulla circa le mie origini, nessuno sa nulla del mio passato, del mio pianeta o del mio popolo. Non ho mai condiviso i miei dolori e i miei ricordi con qualcuno, neanche con Cream, che in un certo qual modo è la persona che mi è più cara. Certo, è a conoscenza dell'evento scatenante che mi ha portato ad essere quello che ora sono, ma non conosce tutta la storia. Potremmo dire che a lui ho raccontato solo l'evento più drammatico della mia vita. Ma oggi voglio aprirmi completamente, voglio togliermi di dosso la sensazione di essere una persona diversa da quella che appaio.
Perchè prima che diventassi la guerriera forte, coraggiosa e impavida che tutti conoscono, vi era una personalità fragile come un vaso di cristallo, una ragazzina spaventata del mondo in cui viveva che si rintanava sovente nel suo letto sotto le calde coperte che sua madre aveva ricamato per lei.
Ecco, oggi vi racconterò di quella fanciulla, la bambina che ero. Cominciamo col dirvi che vi ho mentito ben due volte!
"Quando ci ha mentito?" vi starete chiedendo.
Esattamente all'inizio! Devo infatti precisare che il mio vero nome non è Meyra e che non sono più una soldatessa dell'esercito di Cooler, dato che ho appena disertato. Io mi chiamo Shuyra, il cognome non ve lo dico neanche, dato che sarebbe impronunciabile per la maggior parte di voi.
Perchè ho cambiato nome? A tempo debito lo saprete.
Il mio pianeta di origine si trova in un punto molto trafficato della galassia. Si chiama Ogirin, o meglio si chiamava. Adesso è Cooler 13, e già da qui potrete capire che ne è stato di esso. Ma torniamo indietro di diversi anni, quando è cominciato (o è finito) tutto. All'epoca il mio pianeta era molto famoso in ogni settore della galassia poichè tutti i commercianti vi giungevano da ogni angolo di essa. Il motivo? Ogirin è ricco di un minerale estremamente prezioso e bello, l'angleam.
Quando fu scoperto millenni fa, esso si trovava praticamente ovunque: nelle rocce in superficie, nei fondali degli oceani abissali, ai piedi delle montagne e negli strati più profondi della crosta terrestre. È un minerale molto particolare, luminescente, brillante ma anche resistente. Una volta resisi conto del suo valore ed immessi nella società interstellare, i capi di governo del mio pianeta iniziarono a spargere la voce circa la sua immensa bellezza ed inestimabile valore. Migliaia, se non milioni di persone cominciarono a dare fior di quattrini ai nostri politici pur di averne anche un piccolo pezzo, e così in pochissimo tempo le civiltà di Ogirin divennero ricche.
Le città iniziarono a ornamentarsi di enormi grattacieli scintillanti fatti d'oro e angleam, di statue in marmo e di altre costruzioni maestose.
Fu un'epoca di forte sviluppo per il mio popolo, ma ovviamente tutto questo sfarzo attirò l'attenzione di altre civiltà invidiose e avide che tentarono di conquistarci.
Per questo motivo gran parte della nostra ricchezza fu investita in tecnologia avanzata in grado di permetterci di costruire armi e macchine atte a difendere le nostre case, le nostre città. E funzionò. Funzionò per secoli, finchè non arrivò lui, il grande e potente Lord Cooler, che sia maledetto.
Ma prima di arrivare al giorno che cambiò per sempre la mia vita e quella del resto della mia specie voglio parlarvi ancora un po' di quel fantastico periodo di pace.
Ora che sapete più o meno cosa ha reso famoso Ogirin, vorrei descrivervelo per come lo vedeva una semplice bambina quale ero.
Contrariamente a ciò che si può pensare, molti membri del popolo non erano benestanti. Questo perchè molta della ricchezza finiva nelle sfarzose città capitali dei Paesi più ricchi di angleam o nella costruzione di armi.
Il mio, d'altro canto, non era uno di questi. Per carità, era un bellissimo posto, e nessuno soffriva veramente la fame, ma di certo non vivevamo nel lusso, ecco.
Come vi ho già detto, quando il nostro minerale fu scoperto si trovava praticamente dappertutto, ma, dopo secoli e secoli, la sua quantità si era estremamente ridotta, per cui esso veniva estratto tramite dei macchinari che facevano enormi voraci nel terreno. Ovviamente il tutto accadeva a migliaia e migliaia di chilometri di distanza dalle città principali, che erano circondate da boschi molto fitti e da sinuosi fiumiciattoli. La mia famiglia invece viveva in campagna.
A noi non piaceva il fracasso e l'inquinamento tipico delle grandi città, per cui avevamo una casetta modesta di fronte a un lago meraviglioso, con tutta attorno una foresta. Amavo quel posto. Dovete sapere che il clima del mio Paese era tra i migliori di tutto il globo, ovvero vi era una temperatura piacevole in ogni periodo dell'anno, e questo secondo me valeva molto più dei soldi.
Ogni giorno, quando tornavo da scuola, correvo nella mia stanza, buttavo per terra la cartella, i vestiti, mi mettevo il costume e mi lanciavo letteralmente nel lago.
Le sue acque erano tiepide e rilassanti, le alghe che si trovavano sul fondo emanavano un profumo che inebriava i sensi.
A volte, quando non avevo scuola, passavo intere ore distesa in quell'acqua limpida e piatta, osservando i vari animaletti che nuotavano avanti e indietro con i loro cuccioli. Era la mia piccola oasi, il luogo in cui mi sentivo in assoluto più sicura, poichè nessuno mi disturbava. In generale non avevo molti amici, ero abbastanza timida e non riuscivo a sostenere una conversazione per più di un minuto con quei pochi bambini che mi parlavano.
Molti mi temevano, non mi si avvicinavano neanche. Mi consideravano un mostro, un'aberrazione, e ciò mi aveva reso schiva e diffidente. Questo loro atteggiamento però devo ammettere che era giustificato. Un paio di anni prima era accaduto un incidente. Prima di raccontarvelo devo però dirvi che io non ero una bambina normale. Avevo, infatti, quelli che possono essere definiti dei "poteri". Essi mi sono stati passati geneticamente da mia madre, così mi è stato detto. Ella infatti non era natìa di Ogirin, bensì di un altro pianeta molto lontano, Yardrat. Gli yardrattiani hanno delle particolari abilità psichiche, alcuni addirittura possono effettuare il teletrasporto, ovvero spostarsi in un altro luogo soltanto percependo con la loro mente l'energia di persone familiari.
Io ovviamente non posso fare tutto questo, però posso utilizzare la telecinesi e la telepatia e posso controllare la gravità, cosa che ho imparato a fare dopo anni di allenamento. I miei poteri inoltre hanno la capacità di "schermare" le aure di chi mi sta vicino, e ciò mi è stato utile in innumerevoli missioni. Gli ogiriniani mi hanno sempre temuto per questo, ma mia madre e mio padre mi hanno protetta. Mia mamma mi ha insegnato a controllare i miei poteri in modo da non fare del male a nessuno involontariamente, ma specialmente all'inizio ho avuto molti problemi. Tutto questo, unito al fatto che sono fisicamente diversa dagli altri, mi ha dato non pochi grattacapi con i miei coetanei. La gente del mio pianeta ha la pelle azzurra ed è abbastanza bassa (in media 1,40 metri) mentre gli yardrattiani appaiono slanciati, con le orecchie a punta e con la pelle di un rosa chiaro. Io, d'altro canto, ho preso delle caratteristiche intermedie: da bambina infatti ero già più alta degli altri, avevo le orecchie a punta e la pelle azzurra. Il giorno in cui successe quell'incidente di cui parlavo prima ero a lezione in classe. La maestra ci stava spiegando l'anatomia del corpo ogiriniano e ricordo che man mano che andava avanti con le svariate nozioni tutti si giravano e mi guardavano, sorridendo e ridacchiando.
Ciò mi provocava non poco imbarazzo, ma tutto sommato riuscivo a controllarmi. Ad un certo punto accadde l'inevitabile.
Quel giorno riuscii per la prima volta a percepire nella mia testa i pensieri degli altri.
"Lei non è fatta così, è davvero strana!" ,"Chissà cosa ha, forse ha una qualche malattia rara..." , "Avrà preso da sua madre, ricordo di averla vista una volta, è quella con la pelle diversa, forse è una sottospecie inferiore alla nostra". Questi furono solo alcuni dei pensieri che sentii, ma bastarono a farmi perdere la pazienza.
Come si permettevano, come osavano prendere in giro mia madre e me? Ricordo chiaramente come prima il mio, poi quelli vicino a me e poi tutti i banchi iniziarono a tremare, smossi da una qualche forza invisibile.
«Il terremoto?!» chiedevano spaventati i bambini alla maestra, che non sapeva cosa dire. «Adesso basta! Vi odio... Mi fate schifo!» urlai in preda alla collera, mentre mi si inumidivano gli occhi. Alcune sedie si sollevarono di un paio di metri con i miei compagni ancora seduti sopra, terrorizzati a morte, mentre la maestra mi intimava di calmarmi, anche se era più spaventata dei bambini stessi: potevo sentirlo, nella mia mente.
Alla fine alcuni caddero dalle sedie sbattendo anche la testa e finendo all'ospedale, altri fuggirono sbraitando. Rimasi sola, al centro della stanza, con i capelli argentati ancora sollevati grazie ai miei poteri. Non mi mossi di un solo centimetro per paura di combinare qualche altro guaio. Dopo un paio d'ore mio padre venne a prendermi, abbracciandomi e portandomi via in braccio. Da quel giorno cambiai scuola e mi allenai ogni giorno per controllarmi. Il primo allenamento fu disastroso: ero in riva al lago, con mia madre.
«D'accordo Shuyra, prova a sollevare DELICATAMENTE quel sasso laggiù.» disse, sorridendomi.
Mi concentrai più che potei e dopo qualche secondo ci riuscii. Il problema è che insieme ad esso avevo innalzato l'intera zolla di terreno sottostante. Dopo qualche settimana però avevo già una buona padronanza e gli incidenti furono ridotti al minimo. E così, passando le giornate tra la scuola, gli allenamenti e le nuotate la mia infanzia scorse velocemente. All'età di nove anni imparai a volare, e fu meraviglioso. Capii che potevo manovrare la gravità, aumentandola impedivo alle persone di muoversi, diminuendola potevo sollevarmi in aria. Andavo sempre più su, sempre più in alto. Toccavo le nuvole con un dito, riuscivo a vedere l'intera regione in cui vivevo: la distesa verde di alberi, il lago di casa mia, i sentieri che portavano in città, era tutto lì, così vicino eppure così distante.
I miei genitori avevano paura che mi facessi male e dopo un po' mi proibirono di volare via. Pensavano che avessi potuto fare del male a qualcuno, di nuovo. Non ero arrabbiata con loro per questo, in fondo li capivo. Nemmeno mia madre era riuscita a sfruttare così bene i suoi poteri, in poche parole i miei erano già più potenti dei suoi, e questo la spaventava. Comunque, per farli contenti obbedii loro, almeno all'inizio. La tentazione era troppo forte, mi piaceva troppo andare lassù e così una notte mi decisi.
Aspettai che si fossero addormentati, saltai giù dalla finestra e mi librai in aria, volteggiando allegramente su me stessa. Toccai con le punta delle dita dei piedi l'acqua fresca del lago, increspandola leggermente, poi mi sedetti sul ramo di un albero. Osservai le stelle e il cielo scuro e mi lasciai catturare da esso. Sognavo di arrivare fin lassù, ma ovviamente non potevo, non senza una navetta spaziale. Immaginai di rubarne una, decollare e visitare nuovi mondi, incontrare nuove civiltà.
Non avrei mai potuto sapere che di lì a qualche anno lo avrei fatto veramente, in circostanze molto diverse però. Avrei portato morte e distruzione proprio in quei mondi e in quelle civiltà che tanto sognavo di raggiungere. Alcune se lo meritavano, altre no.
Poi però, puntualmente, la paura di stare da sola in qualche pianeta sperduto mi faceva ricacciare tutto indietro. Dopo qualche minuto passato a vagare con la mente, mi sollevai nuovamente in aria e feci un giro lì intorno. Adoravo il vento che mi accarezzava il volto e le braccia scoperte, o il silenzio notturno interrotto a tratti dai versi di alcuni insetti.
Volai e volai, sempre più lontano, finchè, scrutando verso il basso, non la vidi: una piccola luce estremamente brillante proprio sotto di me, in mezzo alla foresta. Catturò immediatamente la mia attenzione e mi ci fiondai, sorridendo. Atterrai poggiando i piedi sull'erba, forse un po' troppo bruscamente, dato che svegliai un cucciolo di thanator lì vicino. Questi mi ululò contro, dopo scappò nella direzione opposta svanendo nell'oscurità.
Mi abbassai e guardai da vicino la luce, e scoprii che proveniva da un piccolo pezzo di angleam. Spalancai la mascella dalla sorpresa, non ne avevo mai visto uno! Eravamo troppo poveri per permettercelo.
«E tu cosa ci fai qua? Non ci sono siti di scavi qui...» mi dissi. Lo presi in mano e lo guardai da tutte le angolazioni possibili. Era la cosa più bella che avessi mai visto, sembrava riflettere la luce delle stelle stesse. Ad un certo punto udii degli scricchiolii dietro di me, mi voltai di scatto e vidi delle ombre avvicinarsi.
Mi misi il gioiello in tasca e mi guardai intorno, spaventata. Sentii ringhiare, ululare e zampettare, ma non vedevo niente.
Deglutendo ripresi in mano l'angleam per fare un po' di luce, e quello che vidi mi fece quasi urlare dallo spavento. Un branco di thanator, formato da vari cuccioli più la loro mamma mi roteavano intorno, pregustandomi. Sono animali molto feroci dall'aspetto canino, hanno la pelle traslucida che riflette appena la luce delle lune, sei zampe e dei denti spaventosamente affilati. Senza pensarci mi sollevai in aria, ma come risposta uno dei piccoli mi raggiunse con un balzo e si attaccò a me mordendomi la caviglia.
Non appena i suoi dentini, fortunatamente ancora poco sviluppati, affondarono nella mia carne, urlai di dolore e persi quota, sbattendo lateralmente contro il tronco di un albero e finendo a terra. Il minerale mi scivolò dalla mano e rotolò qualche metro più in là. Mi rialzai più in fretta che potei e capii che precipitando avevo ferito il cucciolo, e ora la mamma correva infuriata verso di me. Zoppicando mi appoggiai all'albero, sollevai il braccio destro e lo spostai rapidamente alla mia destra.
Il branco venne catapultato lontano nella stessa direzione, dopodichè udii un tonfo e poi più nulla. Mi girò la testa per lo sforzo, non avevo mai smosso così tanto peso in una volta sola.
Con passo incerto mi recai dal minerale, lo ricacciai in tasca e mi guardai la ferita. Non era profonda ma faceva comunque un male cane.
In quel momento ripensai al divieto che mi avevano dato i miei genitori e piansi dispiaciuta. Se solo li avessi ascoltati tutto questo non sarebbe successo.
Riposatami qualche minuto mi avviai volando verso casa. Con la stanchezza che avevo accumulato mi ci volle un'ora intera per raggiungerla.
Quando arrivai il sole stava per albeggiare, i miei genitori erano in giardino e correvano da una parte all'altra. Mi stavano evidentemente cercando. Quando mi videro da una parte emisero un sospiro di sollievo, dall'altra si spaventarono a morte vedendo tutta la mia caviglia e parte del vestito insanguinati.
Spiegai loro cosa fosse successo, e dopo essermi sorbita la loro ira mista a preoccupazione mi portarono in ospedale. Lì mi misero dei punti che tolsi qualche tempo dopo, anche se ho ancora la cicatrice di quel morso. Prima di partire però lasciai cadere l'angleam sul fondo del lago: avevo paura che qualcuno in città me lo potesse portare via. Dopo qualche ora eravamo tornati a casa, e, dopo i dovuti rimproveri e punizioni, mi tuffai in acqua e lo recuperai. Da quel momento non me ne separai mai, fino a quando non arrivò Cooler, un anno più tardi. Da qui in poi la mia storia prende quella svolta spiacevole e tragica che ho evitato fin dall'inizio.
Quell'anno era cominciato uguale a tutti gli altri, passavo le giornate giocando nella foresta, sul lago, a casa a fare i compiti. In uno di questi, presa dalla noia e dalla voglia di interrompere lo studio, uscii dalla mia cameretta, andai in salotto e accesi la tv coricandomi sul divano. Sbuffai cambiando canale di continuo, fin quando qualcosa non mi incuriosì. Era il telegiornale, il titolo scorrevole in basso recitava: "Visite inaspettate dallo spazio, emissario di Lord Cooler si incontra con il nostro Presidente". Sgranai gli occhi.
Lord Cooler ha detto? Sapevo molte cose su di lui e sulla sua razza grazie ai libri di storia. Ero a conoscenza delle guerre imperiali e del terrore che la sua specie aveva portato in tutta la galassia. Si diceva in giro che lui fosse il più razionale ed equilibrato della famiglia, che fosse un buon imperatore insomma. Io so solo che la sua potenza leggendaria mi spaventava terribilmente. Ricordo che tremai.
Anche se avevo soltanto dieci anni ero una bambina fin troppo sveglia. Che cosa voleva dal nostro pianeta? Che volesse conquistarlo? L'angleam attirava da sempre i conquistatori, ma le nostre difese avevano sempre retto. Forse volevano soltanto parlare, dopotutto. Avvicinandomi alla televisione, alzai il volume e ascoltai. Il cameraman stava riprendendo l'astronave imperiale da cui erano appena usciti almeno una cinquantina di soldati. Indossavano tutti la stessa armatura e uno strano apparecchio di vetro colorato che gli copriva uno dei due occhi. Dopo che questi si misero in fila sull'attenti, un uomo alto, con la carnagione chiara e i capelli raccolti in una lunga treccia nera si fece avanti.
Aveva lo stesso abbigliamento dei suoi sottoposti, ma portava anche un lungo mantello bianco. Si guardò intorno ghignando. Mi metteva i brividi. Anche se non sapevo ancora percepire le aure potevo capire che era molto potente, più di qualunque ogiriniano. Il Presidente, scortato dalle sue guardie del corpo armate fino ai denti, gli andò incontro stringendogli la mano. Lo straniero lo ignorò, tirò fuori dalla tasca del pantalone un foglio di carta con il simbolo imperiale e lo porse al politico. Fatto questo egli si voltò, risalì sulla sua astronave e se ne andò insieme ai soldati.
Tutti rimasero attoniti. Ma come? Già finito? Cosa c'è scritto su quel pezzo di carta? Gli interrogativi erano tanti. Il Presidente scomparse immediatamente dall'inquadratura. La giornalista disse che alle prossime notizie ci avrebbe informati.
«Ehi tesoro, che ci fai così vicina alla tv?» mia mamma era tornata dal lavoro.
Tornata in me mi accorsi che effettivamente ero incollata allo schermo. Ed ero sudata. Possibile che quell'alieno mi avesse trasmesso tutta quell'ansia? Sorrisi in modo forzato a mia madre ed uscii. Perchè mi aveva spaventata tanto? Forse quel suo ghigno, o la sua stazza? Era letteralmente l'uomo più grosso che avessi mai visto, abituata com'ero alla mia gente. Quella sera, ad ora di cena, mio padre accese la tv e il telegiornale finalmente ci spiegò quanto successo. Era il Presidente in persona a parlare. Appariva chiaramente nervoso e preoccupato.
«Oggi pomeriggio un emissario di Lord Cooler ci ha fatto visita. Il motivo è semplice: vogliono una parte considerevole del nostro angleam, il 95% per l'esattezza, o conquisteranno l'intero pianeta radendo al suolo le nostre città. Dopo una lunga assemblea con gli altri capi di governo siamo giunti alla conclusione che noi non ci piegheremo a simili ricatti e non cederemo a questi invasori! Li sconfiggeremo come tutti quelli che sono venuti prima di loro, pertanto pochi minuti fa abbiamo inviato una navicella che raggiungerà l'astronave imperiale, attualmente in orbita su Ogirin, per comunicargli la nostra decisione e intimarli ad andarsene, o provvederemo a fare fuoco. Chiedo a tutta la popolazione di stare calma, la situazione è sotto controllo. Vi prego di continuare le vostre vite come se nulla fosse, grazie.» la trasmissione si interruppe. Quelle parole mi sconvolsero tanto che smisi di mangiare e mi passò la fame. Il panico avvolse il mio cuore in un inquietante abbraccio.
«Papà... Hai sentito? Cosa faremo adesso?! Io conosco Lord Cooler, l'ho studiato a scuola, non si fermerà... Lui sa solo distruggere!» singhiozzai.
Come ho già detto prima, ero fin troppo sveglia. Mio padre si alzò dalla sua sedia e mi venne ad abbracciare in un vano tentativo di rassicurarmi.
«Shuyra, amore, stai tranquilla. Il nostro pianeta è ben protetto e l'universo è pieno di tesori. Fidati di me, Cooler andrà da un'altra parte, ne sono sicuro.» mi disse sorridendomi e scompigliandomi i capelli affettuosamente.
Mai cosa fu più falsa. 

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Capitolo 26
*** Spin Off - La storia di Meyra (parte 2) ***


Terminata quella conversazione sentimmo un boato provenire da fuori.
Corsi in giardino ci rendemmo conto che una pioggia di fuoco si stava abbattendo su tutta la regione, foresta compresa.
E noi abitavamo proprio là in mezzo. Alla prima esplosione ne susseguirono molte altre. Poco dopo capimmo che quelli che pensavamo fossero asteroidi in realtà erano i frammenti della navicella spaziale che il Presidente aveva inviato.
Alzai lo sguardo verso il cielo e notai che nel buio assoluto della notte si potevano scorgere dei lampi blu che saettavano avanti e indietro.
Quelli erano i nostri cannoni laser orbitanti che, suppongo, stavano attaccando l'astronave imperiale.
Poi silenzio. Rimanemmo tutti e tre con lo sguardo fisso in aria, attendendo nel terrore. Numerose esplosioni illuminarono il cielo come fosse giorno, poi altri detriti caddero sulla superficie. Urlai e mi rintanai in casa, nel mio letto, tappandomi le orecchie. I minuti successivi furono terribili.
Scosse di terremoto, incendi, animali che fuggivano a destra e sinistra.
«Fermalo! Fermalo!» sentii gridare mio padre. Mi affacciai alla finestra e vidi mia madre che, con immensa fatica, aveva deviato con i suoi poteri un pezzo di ferro grande quanto metà della nostra casa giusto qualche metro necessario a non far prendere in pieno la nostra abitazione. L'enorme massa rovente stava per incendiare gli alberi ad esso contigui, ma mia mamma prontamente aveva smosso le acque del lago creando un'onda gigantesca che spense il fuoco. Dopodichè cadde a terra, tra le braccia di mio padre.
Adagiata sul divano, egli tornò fuori e, con mia sorpresa, sollevò da solo la massa di metallo e la spinse decine di metri più in là.
«Papà... Non sapevo fossi così forte!» riuscii a dire, tra un singhiozzo e l'altro. Questi mi sorrise, troppo indaffarato a mettere in sicurezza la casa per dedicarmi attenzione. «Tuo padre è uno dei più forti, Shuyra. Ci proteggerà, qualunque cosa accada.» aggiunse mia madre, ancora distesa e con pochissime forze.
Le era uscito sangue dal naso. Probabilmente non usava così tanto i suoi poteri da anni.
Le esplosioni nel frattempo non si erano fermate, anzi, erano aumentate. Diversi puntini luminosi nel cielo zigzagavano qua e là evitando i lampi blu dei cannoni. Ogni tanto un colpo andava a segno e così i boati continuavano. Passato qualche minuto mia madre si era ripresa a sufficienza da potersi mettere in piedi, così tutti e tre andammo al rifugio più vicino. Mi vestii in tutta fretta e presi anche l'angleam. Tale struttura era un bunker sotterraneo in grado di resistere ai colpi più violenti. I sussulti e le scosse non mancarono, e ad ognuno di essi la gente urlava terrorizzata. Mi guardai in uno specchio che trovai lì. Avevo tutti i capelli arruffati e gli occhi, di solito dorati, erano rossi e gonfi. Cercando di calmarmi li chiusi e con i miei poteri rimisi in ordine la chioma argentea. Passai la notte rigirandomi tra le mani il metallo luminescente, facendo ben attenzione che nessuno mi vedesse. Veramente tutto questo stava accadendo per un pezzo di roccia? Questo cosino insignificante che stringevo in quel momento era davvero così importante a tal punto che della gente ucciderebbe per averlo? Improvvisamente, realizzato questo, non riuscii più a guardarlo come prima. Se prima appariva bello, splendente, prezioso, ora volevo liberarmene.
Lo ripudiavo, mi faceva schifo. Terminata la notte più lunga della mia vita, quando tutti uscimmo allo scoperto e tornammo alle nostre case o ciò che ne rimaneva, buttai in mezzo agli alberi bruciati quel pezzo di metallo ormai per me insignificante facendolo sprofondare nella cenere.
Quello che vedemmo fu spaventoso: crateri di svariate dimensioni avevano sostituito interamente la foresta rigogliosa che un tempo caratterizzava la zona, fumo e fuoco toglievano il respiro. Io e la mia famiglia trovammo casa nostra straordinariamente esattamente come l'avevamo lasciata, ma il lago era stato sostituito da un cannone laser distrutto in svariati pezzi. Nuove lacrime stavano per inondare il mio volto, ma le ricacciai indietro. La rabbia prese il posto della tristezza e con un singolo gesto della mano scagliai l'ammasso di metallo più lontano possibile, mi faceva male vederlo lì. I miei mi guardarono con fare inquisitorio, erano sorpresi di quella reazione. Sicuramente si aspettavano che piagnucolassi, ma la collera ormai alimentava il mio cuore, non più l'angoscia. Alzai lo sguardo: il cielo, di solito di un azzurro intenso, appariva opaco e ingrigito dal fumo. Senza neanche guardare i miei mi sollevai in volo e andai via.
«Shuyra, torna qui! Non è sicuro!» sentii, ma li ignorai. Volevo restare sola. Avevo uno sguardo deciso e serioso, i muscoli facciali erano contratti dalla rabbia.
Sarei voluta andare lassù, nello spazio, e farli fuori tutti. Li avrei uccisi senza pietà, o forse non ne sarei stata capace. Ero ancora piccola, dopotutto. Qualche ora dopo tornai a casa, e ad aspettarmi ci furono le solite sgridate, anche se stavolta le loro voci erano tremolanti. Avevano paura di perdermi, lo sapevo. Eppure in quel momento ero completamente apatica. Li oltrepassai e accesi la tv, volevo sentire cosa stava accadendo nel resto del mondo. Il telegiornale mostrava immagini di città in fumo, con i loro palazzi e le loro statue dorate crollate o tranciate a metà.
«... Milioni di persone sono rimaste uccise ieri notte. Le nostre truppe militari si stanno mobilitando per prevedere possibili attacchi futuri, rimanete nelle vostre case o, se non le ritenete più sicure o siete rimasti senza, andate al rifugio più vicino. I nostri cannoni laser orbitanti sono stati quasi del tutto annientati, ma alcuni restano operativi e possono difenderci ancora. Vi terremo aggiornati, è tutto.» il servizio si concluse.
«Shuyra, parlami.» mia mamma si sedette accanto a me. Evitai il suo sguardo, probabilmente avrei ceduto e avrei pianto, e non volevo.
«Va tutto bene, tranquilla.» dissi quasi con un tono meccanico. Mi mise una mano sulla spalla ma io la tolsi, mi alzai e andai in camera mia. Ero assente, tutto ciò che non riguardasse l'attacco di ieri notte mi scivolava addosso. Un unico obiettivo pulsava nella mia mente: sconfiggerli tutti.
Con i miei poteri probabilmente potevo fare più di qualunque altro. Non sapevo combattere, è vero, però ero molto utile. Dovevo affinare le mie abilità, migliorarmi, e se prima lo facevo per evitare di fare del male agli altri, adesso era proprio per il contrario. Passai tutto il pomeriggio lievitando a mezz'aria nella mia stanza, con gli occhi chiusi e concetrata al massimo. Attorno a me libri, penne, astucci, zaini, cuscini e peluche danzavano in cerchio, volteggiando come animati da vita propria.
Andava avanti così da un paio d'ore, non mi ero mai spinta così lontano. Le prime gocce di sangue iniziarono a uscirmi da una narice del naso, ero molto vicina a quello che pensavo essere il mio limite, ma non cedetti. Dovevo imparare di più, volevo sollevare oggetti molto pesanti per molto tempo ed iniziare da quelli più leggeri che mi erano familiari mi era parsa un'ottima idea. Dopo circa mezz'ora mollai tutto, ero stanca morta e mi girava la testa. Mi pulii il naso in bagno ed andai a cenare. A tavola vi era un silenzio di tomba, nessuno aveva voglia di parlare ed ognuno era assorto nei propri pensieri. Meglio così, non avrei saputo cosa dire. Terminato il pasto mi andai a coricare e la mattina seguente mi svegliai presto, all'alba, per ricominciare gli allenamenti. Mi legai i capelli in una coda con un elastico e andai fuori in giardino. Iniziai la mia meditazione ma fui presto disturbata da alcuni rumori assordanti. Riaperti gli occhi notai che diversi droni si stavano posizionando in fila, non capivo il perchè. Erano centinaia e in poco tempo formarono una griglia circondata da una sorta di barriera energetica, che stava succedendo? Il mio cuore iniziò a battere più forte, avvertivo il pericolo. Poco dopo udii delle esplosioni più in alto e vidi precipitare quelli che probabilmente erano gli ultimi cannoni laser, che stavolta però furono retti dalla barriera. Molti caccia militari decollarono da varie direzioni e si fiondarono nello spazio dando vita ad un conflitto a fuoco. Vi furono numerose altre esplosioni, sia di navi nemiche che nostre, e alla fine vi fu un botto finale decisamente più rumoroso degli altri. I miei genitori mi raggiunsero in tutta fretta, il fracasso li aveva svegliati. «Oh mio dio...» mia mamma si era portata una mano alla bocca, e con l'altra indicava un punto nel cielo alle mie spalle.
«Oh merda!» aggiunse mio padre. Mi voltai di scatto per capire di che diavolo stessero parlando e fu allora che le vidi: le due lune di Ogirin si erano appena frantumate in mille pezzi come fossero di cristallo. Ok, questo non poteva essere opera di un'astronave.
«Lui è qui, lui è qui!» dissi allarmata.
«Di chi parli? Chi è qui?!» chiese mio padre.
«Lo straniero che ha parlato col Presidente! Sto avvertendo la stessa sensazione che ho avvertito l'altro giorno!» iniziai a tremare e mi venne la pelle d'oca.
Forse non ero ancora diventata la giovane guerriera coraggiosa che credevo già di essere. Successivamente vidi un puntino avvicinarsi a noi che precedette i vari pezzi di roccia lunare. Quel puntino rapidamente divenne via via più grande finchè non diventò una massa di energia enorme che colpì in pieno la rete di droni, che si incenerì all'istante. Fortunatamente essi assorbirono gran parte dell'impatto, dato che altrimenti quel colpo avrebbe distrutto metà continente.
L'onda d'urto ci scaraventò a terra e tutti i vetri di casa nostra esplosero all'unisono.
Quando mi rialzai vidi le enormi masse rocciose che precipitavano ovunque e capii: quell'uomo aveva distrutto i droni affinchè potessimo subire appieno i danni dell'esplosione delle lune.
«Questa è una catastrofe, non vogliono sottometterci, vogliono eliminarci!» esclamò mio padre. Alcune città, le più importanti, erano protette da una barriera energetica propria, ma noi... Noi eravamo lasciati al nostro destino.
«D'accordo! Shuyra, tesoro, devi aiutarmi a fare una cosa. So che sei molto più brava di me coi poteri! Vedi quell'asteroide laggiù? Punta dritto verso di noi, e se non lo fermiamo tutta la regione esploderà, ok?».
Capii perfettamente ciò che intendeva fare mia madre, e annuendo prontamente iniziai a concentrarmi il più possibile, mentre la palla di fuoco si avvicinava minacciosa.
«Adesso!» gridò mia madre. Entrambe sollevammo le mani al cielo e iniziammo a sprigionare tutta la nostra energia. Immaginai di rispedirlo nello spazio ma tutto ciò che ottenni fu di rallentarlo di pochissimo. Non era abbastanza, di lì a pochi secondi ci avrebbe uccisi tutti. Stavolta non riuscii a trattenere le lacrime, la paura avvolse totalmente il mio cuore e l'immagine dell'alieno col suo ghigno inquietante mi tartassava la mente.
«Amore concentrati!» urlava mia madre, terrorizzata anche lei. Aveva ragione, se mi fossi deconcentrata e mi lasciassi condizionare dai cattivi pensieri non ce l'avremmo mai fatta. Ormai l'asteroide era così vicino che copriva quasi tutto il cielo mentre la luce si era fatta rossastra.
Cercai di darmi la forza che mi serviva ripensando a tutto il male che quei mostri in pochissimo tempo ci stavano facendo. Ripensai alla rabbia che provai vedendo la carcassa di metallo del cannone laser al posto del mio amato lago e mi sentii rinvigorire. Digrignai i denti, contrassi i muscoli e sprigionai più potere. Ripercorsi con la mente altri eventi in cui avevo perso le staffe: l'episodio a scuola, i bambini che offendevano mia madre, la stessa madre che ora stava rischiando tutto e si stava battendo con tutte le sue forze per tenerci in vita. Pensai alla situazione di pericolo in cui mi trovai la notte in cui mi scontrai con i thanator e ad un tratto tutto mi fu chiaro, cristallino. Erano queste le emozioni che tiravano fuori il meglio di me, il mio vero potere e la mia forza. Non l'angoscia, non la tristezza, quelle erano per i deboli. Rabbia, collera, vendetta, pericolo: queste sensazioni invece mi rinvigorivano ed alimentavano il mio cuore. Misi insieme come in un collage tutti quei ricordi e quelle emozioni e, urlando a squarciagola mi giocai il tutto per tutto.
Tirai fuori tutta l'energia che avevo e spinsi mentalmente l'enorme palla di fuoco nella direzione opposta alla mia.
Funzionò. Incredibilmente funzionò. Contratta in una smorfia di fatica e dolore, con il caldo rovente che incendiava la zona, mi sollevai in aria e andai incontro alla sfera. Ormai l'avevo fermata del tutto, essa giaceva in alto nel cielo totalmente immobile. Ma averla fermata non mi bastava più.
Mi sarebbe bastato pochi secondi fa, ma pochi secondi fa ero un'altra persona.
Chiusi gli occhi e stavolta cercai di proposito la sensazione di terrore e spavento che provavo quando lo straniero era nelle vicinanze. Ne percepii la presenza in un punto del cielo. Sorrisi e lanciai con un ultimo, immenso sforzo la palla infuocata verso quella direzione.
Non potevo sapere che quella era stata la prima volta che ero riuscita a percepire un'aura. Guardai l'asteroide incandescente lasciare pian piano la nostra atmosfera ed esplodere in un punto lontano. Non sapendo se l'avessi colpito o no, richiusi gli occhi e mi concentrai ancora, notando che quella sensazione era sparita. Mi sentii sollevata e al contempo "sporca". Avevo tolto la vita a un uomo, la mia prima uccisione. Una persona normale si sarebbe sentita orribile, ma io ne ero quasi compiaciuta. Dopotutto, quante altre vite avrebbe continuato a prendersi se non lo avessi fermato? In quel momento cercai di non pensare a tutto questo, era tutto avvenuto troppo in fretta. Cercai con lo sguardo i miei genitori e mi catapultai da loro.
«State...bene?» chiesi, esausta. Erano entrambi coperti di fuliggine e probabilmente lo ero anch'io. Mia mamma era svenuta e mio padre l'aveva fra le braccia. Solo allora mi resi conto che avevo fatto tutto da sola.
«Sì...grazie a te. Ci hai salvati, Shuyra.» rispose papà, accarezzandomi i capelli. Potevo sentire i suoi pensieri, era spaventato da me e contemporaneamente mi era grato. Sicuramente aveva visto il mio sguardo furente e avrà pensato che c'era della malvagità in me, e forse era così, ma se non avessi fatto quello che ho fatto ora non saremmo qui a parlarne. In tutto questo le esplosioni e gli impatti degli asteroidi erano continuati, ma in zone remote e distanti da noi. Non avrei avuto la forza di fermarne un altro. Con le poche energie rimaste rientrai in casa e crollai sul letto, e ci restai per tre giorni.
Nelle settimane successive non ci furono attacchi violenti, ma "solo" le conseguenze calamitose derivanti dalla distruzione delle due lune.
Le maree travolsero le zone costiere, vi furono molti sbalzi gravitazionali, venti fortissimi distrussero i nostri raccolti ed abbatterono i nostri altissimi grattacieli. Fu un disastro, al punto che per continuare a sopravvivere (noi pochi rimasti) ci dovemmo rintanare nei rifugi sotterranei. Il nemico era geniale, con poche mosse e senza far scendere in campo un singolo soldato ci aveva già decimati. Ma la guerra non era finita, anzi, era appena cominciata. I nemici erano in vantaggio poichè i detriti lunari e dei cannoni avevano abbattuto i nostri satelliti, per cui le comunicazioni erano lente e difficoltose. Dopo circa sei mesi gli invasori decisero che era il momento di agire: volevano sterminarci definitivamente.
Convinti che le calamità naturali avessero fatto il grosso, approdarono sul nostro pianeta fieri e trionfanti, ma noi avevamo previsto tutto ciò, per cui ci eravamo preparati. I soldati rimasti e tutti i maschi adulti diedero loro battaglia, cavalcando giganti macchine luccicanti e resistenti costruite con l'angleam ricavato dalle rovine di statue e palazzi. Donne e bambini nel frattempo rimanevano chiuse nei rifugi ad assistere i feriti. Io sarei voluta andare con mio padre ma ovviamente mia madre me lo impedì. Questo mi causava non poca frustrazione, la mia presenza avrebbe significato un grande vantaggio, ma nessuno lo capiva. Passati due o tre mesi avevamo riconquistato parte dei territori rimasti emersi, ma gli uomini scarseggiavano e gli alieni continuavano ad arrivare, l'impero era vasto e con eserciti numerosi.
In più iniziarono a capire che ci eravamo nascosti sottoterra, per cui con i loro scouter ci individuavano e poi bombardavano l'area. L'unico rifugio a rimanere in piedi in tutto il Paese fu il nostro, poichè i poteri miei e di mia madre celavano le nostre aure.
Dato che ora stavamo perdendo la guerra, segretamente iniziai ad allenarmi anche fisicamente oltre che mentalmente. Sarei scesa in battaglia presto o tardi, e avrei annientato una volta per tutte quegli esseri. Fortunatamente (o sfortunatamente) quel giorno non venne mai, poichè dato che la campagna militare si stava prolungando troppo, lo stesso Lord Cooler scese in campo. Quando ciò accadde avevo da poco compiuto dodici anni ed ero migliorata tantissimo sia con i miei poteri, che ormai padroneggiavo alla perfezione, sia con la mia forma fisica. Un corpo tonico e formoso aveva sostituito quello gracile e magro. Non ero più la bambina dolce e impaurita che vi ho descritto, ma una persona matura conscia delle proprie abilità e disposta a fare qualunque cosa pur di salvare la propria gente.
Ricordo quel giorno come se fosse ieri. Mi stavo allenando come al solito, facendo dei piegamenti sulle braccia. Indossavo un top sportivo bianco, pantaloni neri e avevo i capelli legati. Sentii un'esplosione provenire dalla sala comune e capii subito cosa stesse accadendo. Purtroppo non ero ancora in grado di percepire le aure perfettamente e nemmeno mia madre sapeva farlo, per cui non li sentimmo arrivare. Mi catapultai nella suddetta sala e il fumo inondò le mie narici. Tossii e cercai i miei genitori urlando i loro nomi, ma in mezzo a quella confusione era impossibile che mi udissero.
Gente che correva, spintonava, gridava, mentre i soldati avanzavano e ci bombardavano dall'alto con i loro fucili. Questo era troppo, non sopportai più alcun sopruso, liberai la mia piena potenza e con un grido di battaglia mi scagliai insieme a una manciata di uomini verso gli avversari. Presi di mira dei soldati a caso e li lanciai lontano a chilometri di distanza, poi feci lo stesso due o tre volte finchè non attirai l'attenzione. I miei alleati furono rapidamente uccisi e in poco tempo ero circondata. Mi scagliarono i loro colpi energetici ma io, con grande fatica, riuscii a bloccarli tutti e ad unificarli in un'unica massa. L'allenamento stava dando i suoi frutti. Controllandola con i gesti delle mani la feci roteare verso i nemici travolgendoli in pieno. Prendere la vita di altre persone ormai non mi sconvolgeva più di tanto, se loro avevano preso quella della mia gente.
Sorrisi. Mi sentivo eccitata, il cuore mi batteva a mille ma finalmente trovavo sfogo alla mia rabbia.
Ad un certo punto alzai lo sguardo e notai un'enorme astronave imperiale torreggiare su di me.
"Quella deve essere piena di quegli sporchi invasori" pensai. Manovrai la sfera energetica verso di essa ma questa venne deviata lontano. Evidentemente aveva uno scudo protettivo. "Dannazione! Però in teoria dovrebbe respingere solo i flussi di energia, quindi..." mi venne un'idea.
Guardandomi in giro i miei occhi caddero sui resti di una statua di un nostro politico. Raccolsi con i miei poteri l'angleam di cui era composto e l'usai per fare una lancia appuntita, che scaraventai sul fianco del velivolo.
Stavolta feci centro e questa precipitò. Esultai e l'euforia prese il sopravvento, mi sentivo invincibile.
«State bene? Ho distrutto l'astronave, se solo avessi potuto farlo prima...» dissi, ma nessuno rispose.
Quando il fumo si diradò scoprii il perchè. Cadaveri ammassati uno sull'altro e qualcuno che strisciava lontano cercando di proteggersi fu quello che vidi.
Da lassù non riuscivo a trovare i miei. La paura mi stritolò la gola e iniziai a sudare freddo. Quella distrazione mi fu fatale poichè una possente ginocchiata mi arrivò sulla schiena, facendomi schiantare contro una parete di un edificio in rovina. Non avevo mai sentito un dolore fisico tanto lancinante, neanche quando il cucciolo di thanator mi aveva morso la caviglia.
Mi rimisi in piedi e mi voltai appena in tempo per evitare un colpo energetico che, esplodendo al mio fianco, mi ributtò a terra provocandomi anche qualche ustione al braccio. Qualcuno atterrò davanti a me, non sapevo chi, vedevo solo i suoi piedi.
«Tu, piccola mocciosa insolente. Hai fatto fuori i miei uomini e distrutto l'astronave, come ti permetti?» chiese con un tono falsamente pacato.
La sua voce mi gelò il sangue, e a un tratto sentii ancora quella sensazione che percepivo solo quando l'uomo con la treccia nera era vicino. No, non poteva essere, non poteva essere lui! Con estrema fatica mi girai su un fianco e fu allora che vidi probabilmente la cosa più disgustosa di sempre. Un volto gravemente ustionato per metà, stessa cosa per un braccio e una gamba, probabilmente lo era anche il corpo ma era coperto dall'armatura. La pelle, carbonizzata, penzolava in alcuni punti e inoltre non vi era più traccia dei capelli.
Istintivamente arretrai a carponi e l'uomo si mise a ridere.
«Che c'è, ti spaventa il mio aspetto?» improvvisamente perse la pazienza.
«Pensi che mi piaccia?! Siete stati voi a farmi questo! Potevate accettare la proposta generosa di Lord Cooler e basta, e invece no, avete osato sfidarci. Soccomberete come gli altri, piccoli insetti. E a te...» si avvicinò con passi lenti.
«A te, mia cara, che ci hai danneggiati così tanto, riserverò un trattamento speciale».
Con un unico balzo mi fu addosso e con la mano destra afferrò la mia gola, sollevandomi in aria. Le sue dita affondavano sempre di più finchè respirare mi fu impossibile.
Mi divincolai, scalciai e tossii ma niente. Divertito, l'uomo scoppiò in una sonora risata e mi lasciò cadere per poi darmi un calcio nello stomaco. Rotolai qualche metro più in là e sputando sangue tentai di rimettermi in piedi. Ricordo che pensai di morire e così iniziai a singhiozzare dalla disperazione e dal terrore come non facevo da tanto. Mi sentii afferrare per i capelli e poi ricevetti una testata in pieno volto.
Urlai. Urlai come non avevo mai fatto.
«Ti..pre...go...lascia...mi...» provai a dire.
«Come dici, mocciosa? Non ti capisco, mi dispiace!».
Un pugno raggiunse il mio petto e il mio cuore quasi si fermò. Avrei voluto usare i miei poteri ma non ne avevo la forza. Non mi ero mai sentita così impotente. Desiderai profondamente che qualcuno venisse a salvarmi. Pensai a mio padre, mia madre, che probabilmente erano morti.
Già, nessuno poteva. I colpi successivi quasi neanche li sentii, stavo perdendo conoscenza. Chissà cosa stavano facendo gli altri soldati nel frattempo. Stavano torturando donne e bambini, massacravano gli anziani? Percepii la vita abbandonare lentamente il mio corpo, chiusi gli occhi sperando che tutto finisse in fretta, volevo cercare i miei genitori nell'aldilà per poterli abbracciare come non avevo fatto in quei mesi. Ad un certo punto accadde il miracolo che avevo aspettato. La presa ai miei capelli sparì e io ricaddi a terra come un sacco di patate.
«Ti sei divertito abbastanza, Remon. Vattene via, ci penso io qui.» disse una voce che udii a malapena. Aveva un tono autoritario che non ammetteva repliche. Non potevo muovermi, ma potevo chiaramente sentire delle nuove mani, diverse dalle precedenti, che mi avvolgevano e mi portavano all'interno di un ambiente chiuso e con scarsa luce.
«Hai fatto un bel danno alla mia astronave, sai? Perdona il sadismo e la violenza eccessiva del mio sottoposto, a volte non riesce proprio a trattenersi. Al contrario di lui, io apprezzo e premio il coraggio e la forza, e tu ne hai da vendere ragazzina. Ad ogni modo, i medici ti metteranno in una vasca di rigenerazione e tornerai come nuova.».
Aprii leggermente gli occhi ma quando lo feci l'uomo se n'era già andato, l'unica cosa che vidi fu una lunga coda viola voltare l'angolo. Curioso che proprio la persona che in quegli anni avevo meditato di uccidere e che era stata la causa di tutta la mia sofferenza ora mi aveva appena salvato la vita. Ovviamente, se in un primo momento gli fui riconoscente, successivamente lo odiai con tutta me stessa, poichè mi aveva condannato ad una vita di guerre e sangue, per non parlare del fatto che aveva distrutto il mio pianeta e chi ci viveva. Con la faccia impastata di terra, sangue e lacrime e il corpo martoriato fui inserita in un vasca e, fortunatamente, in una settimana mi ripresi completamente, anche se la mia mente era stata danneggiata per sempre. Non dimenticherò mai l'espressione di quel Remon, che mi perseguitò finchè, due anni più tardi, divenuta forte a sufficienza lo uccisi senza pietà.
Al mio risveglio fu lo stesso Cooler ad accogliermi. Lo guardai per la prima volta con diffidenza mista a paura. Non aveva lo sguardo severo e terrificante che immaginavo, anzi, mi sorrideva amorevolmente.
«Ciao. Sono Lord Cooler, il tuo imperatore. Come avrai capito questo pianeta è di mio interesse, per cui ti faccio una proposta: i tuoi servigi per la sopravvivenza della tua gente. Semplice, no?».
Lo fissai confusa.
«I miei...servigi?» chiesi.
«Sì. Ho notato che hai una straordinaria potenza per la tua età, per non parlare di quei poteri psichici che non ho mai visto da nessuna parte, e credimi, io ne ho visitati di pianeti. Sono sicuro che in qualche anno diventerai uno dei miei migliori soldati, grazie a me potrai combattere spesso migliorandoti di continuo. In cambio, la gente di Ogirin, o forse dovrei dire di Cooler 13, una volta datomi l'angleam, potrà continuare a vivere. Sappi che non ho alcun interesse a togliere loro la vita, questa guerra l'ho già vinta.» spiegò il Demone del Freddo allargando le braccia e venendomi incontro.
«Mi rendo conto che per te è un cambiamento radicale, ma sono sicuro farai la scelta giusta. Hai un giorno di tempo per salutare i tuoi cari.» mi mise una mano sulla spalla, poi mi oltrepassò e se ne andò.
La scelta giusta? Non ce l'avevo una scelta, brutto bastardo. O quello o la morte di tutti, era bravo a rigirare le parole. Fu in quel momento che meditai il mio piano, il piano per uccidere Cooler. Perchè dietro quei modi gentili si celava un conquistatore di mondi, con le mani sporche del sangue di miliardi di vittime.
Mi sarei infiltrata tra i suoi ranghi, potenziandomi e guadagnando la sua fiducia, finchè non sarebbe venuto il giorno in cui l'avrei ucciso. Passai le ore successive a cercare i miei genitori, e infine, con mia grande gioia, li trovai. Erano in infermeria ma stavano bene. Li abbracciai più forte che potei e raccontai loro tutto. Piangemmo tutti insieme ma cercai di fare capire loro che era l'unica opzione che avevamo. Inoltre li rassicurai dicendo loro che allenandomi sarei diventata invincibile, per cui nessuno avrebbe potuto più ferirmi. Terminata la conversazione feci un giro nella stanza e controllai la situazione degli altri. I più erano gravemente feriti, ma almeno erano vivi.
«Ti ho vista, sai.» mormorò una flebile voce alle mie spalle.
«Come scusi?» chiesi. Era un anziano signore con la testa fasciata.
«Ho visto le gesta eroiche che hai compiuto il giorno dell'attacco... Tu sei "meyra".»
«Io sono cosa?»
«Meyra. È ogiriniano antico, vuol dire "guerriera", non una qualunque, ma una che si batte valorosamente per difendere la propria casa mettendo in gioco anche la stessa vita. Tu sei "meyra".».
Risposi con un sorriso appena accennato e proseguii oltre.
Meyra: mi piaceva come suonava, oltretutto faceva rima col mio nome. Mi alzai in volo guardando per l'ultima volta il paesaggio devastato di Ogirin, fra macerie e foreste carbonizzate. Gli oceani avevano inghiottito gran parte delle terre emerse e ora queste si riducevano a piccoli isolotti.
Con un po' di fortuna i sopravvissuti avrebbero potuto costruire una piccola città in una di queste, ma come avrebbero resistito ai forti venti e agli tsunami? Quell'immagine mi rimane impressa tutt'ora, in modo che non possa mai dimenticare cosa mi ha fatto Cooler. Mentre ritornavo all'astronave notai che tutti i soldati imperiali stavano caricando l'angleam sui loro veicoli, per poi decollare e andarsene. Salita a bordo rividi il Demone, che rispose alla mia presenza con uno dei suoi sorrisi.
«Vedo che hai preso la decisione giusta. A proposito, qual è il tuo nome?» mi domandò.
Ci pensai su un paio di secondi.
«Meyra, mi chiamo Meyra.» dissi con sicurezza.
L'enorme velivolo circolare si librò in aria e si allontanò dalla superficie del pianeta a tutta velocità. Finalmente avrei raggiunto lo spazio che tanto avevo bramato, anche se in pessime circostanze.
Questa è dunque la mia storia, una di quelle che inizia bene ma finisce nel peggiore dei modi.
Anzi, no.
Niente è ancora finito, ho ancora una missione da terminare, prenderò la vita di quel mostro e dei suoi familiari e porterò la pace nell'universo. Il primo passo da fare è salvare il bambino saiyan che attualmente si trova su Trazlaac. Sono certa che si rivelerà un fondamentale alleato, ho percepito la sua enorme forza. Inoltre ha subìto un destino simile al mio e se vogliamo anche più tragico, per cui lo aiuterò.
Sì, lo salverò.

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Capitolo 27
*** Uno spiacevole risveglio ***


Luogo: Trazlaac

Epoca: un mese dopo che Igin ha rapito Gohan

Trazlaac era una prigione estremamente sorvegliata, la più grande di tutto l'impero di Freezer.
Le prime linee difensive erano dei droni che orbitavano intorno ad essa, che potrebbero distruggere qualunque astronave di dimensioni medie attraverso l'utilizzo sincronizzato di un raggio energetico. La struttura era costituita da tre cerchi concentrici al centro del quale vi era un edificio a forma di tronco di cono da cui partivano diversi ponti che permettavano il collegamento ai tre cerchi.
L'intera prigione era dunque una sorta di enorme stazione spaziale che orbitava intorno a un pianeta deserto.
Essa ospitava i criminali più pericolosi dell'Impero, i più forti, i più pericolosi, la feccia della feccia. Vi era inoltre la possibilità di trovarvi ribelli che si erano opposti al regno del tiranno, dei generali dell'esercito, semplici soldati o politici, la cui dipartita era considerata una punizione troppo immediata e indolore per essersi messi contro il grande Lord Freezer. Finirvi significava andare incontro alla morte, presto o tardi, poichè la vita a Trazlaac era un vero inferno: le guardie, quasi tutte estremamente sadiche, facevano del loro meglio per rendere il tutto più macabro e doloroso possibile, delle punizioni severissime venivano applicate per un nonnulla.
Fu proprio in questo tetro ambiente che si risvegliò il giovane saiyan. Egli era finito in una delle celle dei numerosi distretti, ancora all'interno della camera criogenica.
«Ehi, ma quand'è che uscirà questo qui?!» ringhiò una delle guardie che lo aveva appena inserito nella cella.
«Non lo so, ma quando si sveglierà gli daremo un caloroso benvenuto» ghignò una seconda guardia, leccandosi le labbra.
Passato qualche minuto, i due andarono via e Gohan si svegliò di soprassalto, emettendo un rumore con la bocca simile a un risucchio.
Aprì gli occhi, muovendoli spasmodicamente verso ogni direzione. Non vide nulla.
Quel posto, dovunque fosse, era terribilmente, paurosamente buio. L'unica luce era un riflesso. Sembrava tanto lontana, irraggiungibile.
«Do...dov...dove» riuscì a farfugliare il bambino. Chideva a sè stesso dove potesse mai trovarsi, ma ovviamente non poteva saperlo.
Non ne aveva la minima idea, neanche lontanamente. Si sforzò di ricordare, ma la sua testa faceva male. Dopo qualche secondo qualcosa riaffiorò: una lotta, con un essere piccolo e bianco, aveva la coda, somigliava a una lucertola. Poi, in lontananza, l'esplosione di un pianeta piccolo e azzurro. Quelle immagini che la sua mente stava ripercorrendo erano dolorose, mortali. Finalmente ricordò, capì ciò che aveva visto.
Era un sogno che aveva fatto poco prima, una rielaborazione della sua mente che aveva ripercorso tutto ciò che era successo finora. Quella strana lucertola era Freezer e quella piccola sfera blu era la sua amata casa, la Terra. Ora, il primo era vivo e vegeto e la seconda era esplosa, e questo non era giusto.
Come poteva esserlo? Il bambino ripensò a suo padre, ai suoi amici che avevano lottato fino all'ultimo minuto, fino all'ultimo respiro. Una lacrima solcò il suo viso, poi un'altra, poi un'altra e un'altra ancora.
Cercò di calmarsi, non era il momento di lasciarsi abbandonare al dolore, ci sarà il tempo per farlo, ma ora doveva capire dov'era e come andarsene, poichè l'istinto gli diceva che non era al sicuro. Vi riuscì dopo qualche minuto, lentamente riacquisì il controllo del suo corpo, delle sue mani e la paralisi che lo attanagliava prima svanì pian piano del tutto. Ulteriori ricordi aggiunsero informazioni preziose: dopo la distruzione della Terra, egli era stato rapito da degli strani alieni che aveva affrontato e sconfitto, fatta eccezione per una donna.
Una ragazza, molto bella e anche giovane a parer suo. Lo aveva bloccato a terra con un qualche tipo di potere, dopodichè il vuoto.
Probabilmente era svenuto. "Ah sì! Aveva detto qualcosa riguardo una camera criogenica, ecco dove sono! Non aveva accennato a questo posto, però..." riflettè Gohan, pensieroso. Che fosse una qualche prigione di quell'astronave? La sua debolezza fisica e mentale gli impediva di percepire le aure altrui, pertanto non sapeva se fosse in compagnia o meno, probabilmente sì. "D'accordo, iniziamo con l'uscire da questo affare" pensò, asciugandosi le guance bagnate con i suoi polsini. Cominciò ad ispezionare ogni parte, ogni dettaglio di quella specie di vasca, tastando con le mani ciò che stava di fronte a lui. Fece scivolare le dita lungo tutta la superficie finchè non incontrò sul lato destro ciò che somigliava, al tatto, a una leva.
"Sì, dev'essere questa..." il giovane la tirò verso il basso con incertezza e improvvisamente la camera criogenica si aprì, facendolo capitolare per terra.
Il fracasso di quella manovra aveva sicuramente allertato chiunque vi fosse ad attenderlo. Si guardò attorno, rialzandosi con fatica. Era ancora molto debole ed aveva la nausea, probabilmente erano gli effetti della criogenesi.
Si trovava in una cella, uguale a quelle terrestri. Il pavimento su cui era caduto era sudicio, unto, e a tratti incrostato di sangue. Le sbarre davanti a lui erano di un metallo molto scuro, sembravano resistenti. Per istinto Gohan si gettò su di esse e iniziò a tirarle a sè con tutta la forza di cui disponesse, che in quel momento era ben poca. Non si mossero di un millimetro.
A un tratto sentì dei passi avvicinarsi alla sua posizione, per cui smise e si mise dietro la camera criogenica.
«Dev'essersi svegliato.» borbottò qualcuno.
«Prendiamolo.» aggiunse l'altro.
Il saiyan si mise in posizione di combattimento, anche se si reggeva a malapena in piedi. Non poteva ancora vederli, se non le loro ombre. Udì il rumore di un mazzo di chiavi, poi di una chiave che girava in una serratura e poi uno scatto, segno che la porta era stata aperta.
«Ma come? Non è qui?»
«Impossibile. Se fosse scappato lo avremmo saputo. Illumina bene questa zona.» gli indicò l'altro, e così una torcia fece luce negli angoli della piccola cella. Essa si avvicinava rapidamente alla sagoma del bambino, che, sudando freddo, tese ogni muscolo pronto a fare la sua mossa. La torcia rischiarò la zona dietro la camera criogenica e la guardia così scorse il corpo del saiyan. Sbarrò gli occhi nel vedere che questi si era fiondato su di lui con un'atleticità impressionante, per essere un semplice bambino. Quest'ultimo lo aveva spinto per terra facendolo sbattere violentemente contro il muro, dopodichè si diresse sull'altro che nel frattempo si era messo in posizione di guardia. Egli aveva un aspetto decisamente sgradevole, simile a quello di un rospo, ma un particolare colpì il terrestre: entrambe le guardie indossavano una maschera. Non poteva chiedersi a cosa servissero, non ne aveva il tempo, per cui si gettò anche sull'altro avversario tempestandolo con una raffica di pugni, che però non avevano la rapidità che si aspettava. L'anfibio li parò infatti tutti e contrattaccò con una ginocchiata, facendolo rovinare a terra. Nel frattempo l'altro soldato si era rialzato e imprecando uscì dalla tasca una siringa, contenente un liquido verdastro.
«Adesso ti sistemo io, feccia!» ringhiò questi, afferrando per i suoi lunghi capelli Gohan e avvicinando al suo collo quella strana sostanza. L'umano digrignò i denti e, dopo aver dato diverse gomitate al nemico, riuscì a liberarsi, facendolo cadere a terra dietro di lui una seconda volta.
La rabbia di essere braccato da quei due gli diede un nuovo impeto, sollevò le mani sulla fronte e urlò «Masenko!».
Un lampo giallo inondò il corpo dell'altra guardia, che stavolta non riuscì a parare il colpo, ricevendolo in pieno e crollando al suolo. Il saiyan, respirando a fatica, lo superò con un balzo e finalmente uscì dalla cella. Notò però immediatamente che qualcosa non andava. La sua testa iniziò a vorticare, la vista ad offuscarsi.
Cercò di non badarci e così fece qualche passo in avanti, camminando a tentoni, data la scarsezza di luce. Dopo qualche metro incespicò in qualcosa e cadde violentemente a terra. La sua mente era annebbiata, non capiva nulla di ciò che percepiva. Qualcuno gli afferrò le braccia e gliele portò dietro la schiena, tenendole ben strette.
«Ecco, adesso iniettagliela.» disse qualcuno, probabilmente la guardia rospo di prima.
«Che piccolo bastardo, patirei le pene dell'inferno, vedrai!» aggiunse l'altro. Un ago penetrò la pelle del giovane, che non riuscì a opporre alcuna resistenza.
«Dammi anche la tua, a questo qui ne servono due.» continuò.
«Sei sicuro? Non lo ucciderai così?» replicò l'anfibio.
«Nah, resisterà... Forse.».
Le ultime cose che Gohan sentì prima di perdere i sensi furono un secondo ago nel suo collo ed una sonora, perfida risata.

Luogo: cella, distretto 44, Trazlaac
Epoca: il giorno dopo

Il piccolo saiyan si svegliò all'interno della sua cella, sdraiato sul solito pavimento. Stavolta l'ambiente era ben luminoso ed era possibile analizzare perfettamente il luogo in cui si trovava. Si mise seduto, toccandosi con la mano il collo, nella zona in cui gli avevano iniettato qualcosa. Sebbene si sentisse meglio, senza nausea o giramenti di testa, capì che non era al 100% del suo potere, neanche lontanamente.
Gohan si mise in piedi e si avvicinò lentamente alle sbarre, così da vedere cosa ci fosse fuori. Quel posto era immenso. Era la più grande struttura artificiale che avesse mai visto.
Oltre le grate vi era un ponte largo qualche metro, parallelo alle sua cella, che attraversava tutto il piano. Oltre il ponte vi era un vuoto da cui era possibile vedere i piani sottostanti, e oltre di esso un altro ponte con altre celle uguali a quelle in cui si trovava lui, da cui si intravedevano altri esseri imprigionati. Alcuni facevano avanti e indietro in quei pochi metri quadrati, altri scrivevano sul muro con le loro corna, altri strillavano e altri ancora stavano in silenzio, meditando.
In generale c'era un'atmosfera di dolore e frustrazione, un misto tra un carcere e un manicomio. Gohan deglutì, poi la sua vista scandagliò ciò che stava sopra di lui: altri piani con le medesime caratteristiche di quello in cui si trovava, fino ad arrivare a una vetrata sul tetto, che lasciava trasparire un cielo nuvoloso, grigiastro. Il bambino sospirò, si allontanò dalle sbarre e si rimise a sedere.
Chiuse gli occhi e cercò di percepire le aure intorno a sè. Non vi riuscì. Qualcosa offuscava la sua mente, e non aveva idea di che cosa. Improvvisamente gli tornò in mente ciò che aveva passato ieri notte, e capì che doveva esserci qualcosa nell'aria che lo aveva fatto svenire. Probabilmente i suoi effetti non erano ancora svaniti. Mentre rimuginava su come uscire il più in fretta possibile da lì, udì di nuovo il suono del chiavistello, lo stesso del giorno prima.
Si alzò e si mise in guardia, aspettando. La guardia con la faccia da rospo fece la sua comparsa, mostrando un sorriso sadico. Aveva pochi denti, gli altri erano caduti, e quei pochi che aveva erano giallastri.
«Ehilà, ragazzino. Che te ne pare della tua nuova casetta?» chiese sarcastico.
«Fa schifo, mi fa venire il volta stomaco.» replicò il saiyan, acido.
La guardia allargò ulteriormente il suo sorriso, soddisfatto della risposta.
«Beh, fattela piacere, mostriciattolo: è qui che passerai il resto della tua vita!» disse.
«Non credo proprio. Fuggirò da qui, non appena avrò recuperato le forze.» sbottò l'altro.
«Ah, sì? Sai, il punto è che tu non recupererai MAI le tue forze. E ora mettiti questa , dopodichè viso contro il muro.» tagliò corto l'alieno, lanciandogli un paio di pantaloni e una maglietta grigiastri. Gohan, confuso da quanto appena sentito, li afferrò al volo e li scrutò con disgusto: erano vestiti sporchi, macchiati di sangue in alcuni punti e scuciti. Sua madre non avrebbe approvato quell'abbigliamento, affatto.
Ella teneva sempre puliti i suoi vestiti, candidi e profumati. A pensarci i suoi occhi si inumidirono nuovamente, ma quell'uomo sgradevole oltre le grate lo riportò alla realtà sbraitandogli contro, intimandolo di fare presto poichè non aveva tutta la giornata. L'uomo-rospo lo portò fuori dalla sua cella, gli mise un braccialetto che avrebbe dovuto sostituire le manette tradizionali e iniziò a spintonarlo per portarlo, insieme ad altri tre carcerati, nei piani inferiori della struttura.
«Con questo braccialetto non fuggirai da nessuna parte, se ti allontani da più di dieci metri da me una scossa elettrica che arrostirebbe perfino un rositrak si diffonderà in tutto il tuo corpo» aveva spiegato. Gohan non aveva idea di cosa fosse un rositrak, ma decise che al momento era più saggio non fare cose stupide. Percorsero in discesa tutte le scale fino ad arrivare al piano terra, un'enorme sala piena di prigionieri di ogni specie seduti su diverse panchine intenti a mangiare.
«Ora vi disattivo i braccialetti, ma state attenti: vedete quelle quattro torri lassù, ad ogni angolo della sala? Ci sono sopra dei guerrieri scelti dalla mira formidabile, pronti a lanciarvi contro i loro migliori colpi energetici.» spiegò, mentre il saiyan si massaggiava il polso.
«E ora andate.» concluse la guardia, spintonando il ragazzo un'ultima volta. Egli si guardò intorno, non sapeva dove andare. Alzò lo sguardo e osservò le torri. Riuscì a scorgere le teste di diversi soldati, ma non poteva percepire le loro aure. Gli altri tre prigionieri si erano già incamminati verso uno dei tavoli liberi, lasciandolo completamente solo. Alla fine decise di trovarne uno anche per sè, ma poichè erano tutti occupati, ne scelse uno dove vi era una sola persona. Si avvicinò all'anziano, utilizzando tutte le buone maniere che sua madre gli aveva insegnato.
«Ehm, mi scusi, signore.» disse per attirare la sua attenzione. Questi si voltò, fissandolo dritto negli occhi. Aveva la pella eccessivamente rosa, rugosa e con uno sguardo spento, stanco. Una folta barba bianca si prolungava fino al suo petto. Non aveva capelli.
«Cosa vuoi, ragazzino? Vuoi rubarmi la mia zuppa? Ti avviso che ti hanno già preceduto.» tagliò corto, girandosi nuovamente. Il terrestre lo guardò accigliato.
«Rubare la sua... No! Certo che no! Volevo chiederle, se per lei va bene, se posso sedermi qui. Non trovo altri tavoli liberi.» spiegò.
Il vecchio bofonchiò qualcosa che il saiyan non capì e in seguito gli fece segno con la mano di accomodarsi. Egli era restio a fare conversazione, ma il giovane prese l'iniziativa.
«Allora, da quanto tempo lei è qui?» chiese.
«31 anni.»
«Cosa?! Così a lungo! Ma-ma... Perchè non ha provato a scappare?»
«Scappare? Scappare?!». L'anziano si mise a ridere, alternando le risa con colpi di tosse.
«Qui non c'è possibilità di scappare, ragazzino. Mettitelo in testa. Prima te ne fai una ragione, meglio è. Ma poi, cosa ci fa uno della tua età qui? Sei il figlio di qualche ribelle o generale importante messo qui per ricattare tuo padre?»
«No... La mia storia è ben diversa. È complicato.»
«Hmm...» grugnì l'alieno, scrutandolo con gli occhi serrati.
«Signore, lei che è qui da molto tempo, potrebbe dirmi su che pianeta siamo? Come funzionano le cose qui?» chiese il bambino, speranzoso di apprendere notizie utili alla sua fuga e al contempo alla sua sopravvivenza in quel posto tanto ostile.
«Aaah, è evidente che sei curioso, dopotutto sei appena giunto qui. E va bene, risponderò alle tue domande, basta che non mi secchi più. Prima di tutto non siamo su nessun pianeta.»
«Che intende?!»
«Trazlaac è una stazione spaziale che orbita intorno a un pianeta completamente deserto. Voglio precisare questo dettaglio perchè la sua posizione non è casuale: essa è lontana da qualunque luogo che potrebbe ospitare dei potenziali fuggitivi. La struttura è costituita da tre anelli concentrici collegati a loro volta a una fortezza centrale. In questi molteplici anni ho appreso che negli anelli vi sono i vari detenuti, mentre al centro vivono tutte le guardie.»
«Vorrei sapere qualche informazione in più su di loro, per favore. Inoltre al mio arrivo mi è stato iniettato un liquido sul collo, cos'è?»
« Il liquido che ti iniettano è una sostanza che inibisce momentaneamente i tuoi poteri. Ti indebolisce notevolmente, insomma. Qui vi sono guerrieri molto forti, alcuni anche di più delle guardie, per cui devono essere prese precauzioni. Il siero ha una durata limitata, per cui te lo somministreranno periodicamente, per qualche anno circa. Dopodichè il tuo corpo si indebolisce al punto che non torna più alla sua forza originaria, anche senza l'uso di quella robaccia. Nessuno oltre le guardie sa cosa c'è dentro quel miscuglio, ma di solito basta mezza iniezione per rendere innocuo anche il guerriero più formidabile.»
«Mezzo? Se ho ben capito a me ne hanno somministrati addirittura due!» ribattè il giovane.
«Cosa?! Due? Nah, non può essere. A questo punto saresti morto, è troppo per un semplice bambino come te.» replicò l'altro. Si alzò lentamente e, interrompendo bruscamente la conversazione, andò dal cuoco a chiedere altra zuppa. Gohan lo osservò da lontano, pieno di dubbi e paura. Si guardò intorno, osservando gli altri detenuti.
Si accorse che molti di loro stavano osservando proprio lui, così come si osserva una preda ferita facile da sbranare. Distolse lo sguardo in tutta fretta, rabbrividendo. Tornò a scrutare il vecchio. A pochi metri dal loro tavolo un prigioniero gli aveva fatto cadere la zuppa per terra, spintonandolo fino a farlo rovinare a terra.
«Tu non mangi oggi, vecchio.» sentenziò. Era alto un paio di metri, era pieno di tatuaggi fino alla testa, priva di capelli.
«Inutile essere, perchè voialtri idioti non mi lasciate campare in santa pace?» ribattè l'alieno dalla pelle rosa, sputando sugli stivali del suo aggressore.
È superfluo dire che la reazione di quest'ultimo non fu delle più pacate. Lo afferrò per il colletto della maglietta e gli diede una testata, facendogli uscire fiotti di sangue dal naso.
Gohan ribollì dalla rabbia. Non potendo tollerare un simile sopruso scattò in piedi, facendo rovesciare il tavolo, e in un attimo fu addosso al nemico che scaraventò via con un calcio. L'ammasso di muscoli, impreparato, cadde a terra, finendo su uno dei tavoli di altri detenuti.
«Sta bene, signore?» chiese preoccupato il bambino, recuperata la sua innocenza perduta un attimo fa. Questi annuì, troppo sorpreso per la prestazione del suo salvatore per dare attenzione al proprio dolore.
«Ehi, deficiente! Sei finito sul nostro pranzo, levati di torno e torna a farti massacrare dal moccioso!» lo apostrofarono i prigionieri seduti al tavolo su cui si era appena scaraventato l'energumeno. Questi, furioso come non mai per l'umiliazione appena subìta, tornò alla carica. Le guardie, nel frattempo, dall'alto delle loro torrette incitavano lo scontro, divertite da quel genere di spettacolo. Gohan, che si aspettava un tale contrattacco, fece finta di non vederlo per poi schivare il colpo all'ultimo secondo, passandogli sotto le gambe. Fatto questo, il pelato, incapace di arrestare la propria corsa, perse l'equilibrio. Il saiyan rincarò la dose lanciandogli un colpo energetico sulla schiena, che lo spinse contro la parete e ponendo fine al combattimento.
«Questo non va bene.» gli avrebbe detto il vecchio qualche minuto più tardi.
«Che intendi?»
«La tua forza. È troppa per un bambino. Se continui così gli altri se ne accorgeranno presto o tardi, e, spaventati, si coalizzeranno contro di te.».

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Capitolo 28
*** Le radici del cambiamento ***


Nei giorni successivi Gohan mantenne un profilo basso, o almeno ci provò.
Cercò di evitare ogni rissa, ogni provocazione, ogni lite. Il pelato che aveva affrontato diversi giorni prima era ancora in infermeria, privo di conoscienza.
Un giorno, mentre il giovane saiyan stava prendendo da mangiare alla mensa, un uomo dalla pelle grigiastra lo urtò, facendo cadere il proprio piatto e mandandolo in frantumi per terra.
«Che diavolo fai?!> gli sbraitò contro.
«Non ho fatto niente. Sei stato tu a urtarmi.> disse con calma Gohan. «Sai, tua mamma non ti ha insegnato a non dire bugie?> continuò, mentre un ghigno deformava il suo volto.
Gli altri detenuti, che nel frattempo si erano messi in cerchio attorno a loro, lo acclamavano, dandogli ragione. Era evidente che fosse tutto programmato.
Il terrestre si aspettava tutto ciò, per cui da quando era lì si era allenato ogni volta che poteva in cella, venendo spesso colto in flagrante dalle guardie e di conseguenza punito; era infatto proibito allenarsi e diventare più forti.
«Non nominare mia mamma, verme.> replicò il bambino, scatenando le risa di tutti i presenti. In mezzo alla folla, il vecchio lo osservava serioso. I due erano d'accordo che in questi casi dovesse farsi da parte e lasciare combattere da solo il giovane, dato che sarebbe stato solo un peso per lui.
«Hai detto di non nominare tua madre? Ah! Ora capisco! Mi ricordavo di averti già visto da qualche parte, ma è solo perchè somigli tanto a lei! Sai, tua MAMMA è la puttana del mio pianeta, anzi no... È una puttana intergalattica! Tutta la galassia se l'è montata!> ribattè l'alieno, toccandosi con la sua mano destra il cavallo del pantalone.
«Sapessi quanto mi ha fatto godere... Tuo padre non ha il fegato di far nulla, ovviamente. D'altro canto, tale padre, tale figlio, e se tu sei un rammollito, allora...> concluse.
Questo era troppo. Gli aveva detto di smetterla, ma non lo aveva voluto ascoltare. Ora ne pagherà le conseguenze. Nessuno offendeva la sua famiglia senza soffrire adeguatamente. Ora assaggerà l'odore e il sapore del suo stesso sangue. I capelli di Gohan iniziarono ad ondeggiare, il suo sguardo era assente, la sua aura esplose in un boato che fece indietreggiare di qualche passo tutti i presenti. La sua forza combattiva attuale non era che una mera briciola del suo potenziale, e questo a causa di quel siero che ogni tre giorni gli veniva iniettato.
Ma era comunque sufficiente a massacrare la maggior parte dei detenuti. «Ehi, schifoso: tu sai quanto è lungo il tuo intestino tenue?> domandò il saiyan, sorridendo in modo beffardo e sadico in un modo che non gli apparteneva.
«Cosa? Che razza di domanda è? Lo shock per quello che ho detto prima ti ha fatto perdere il lume della ragione?> ribattè l'altro, aumentando a sua volta la propria aura. «Quello degli esseri umani è lungo circa sette metri, vorrei scoprire se vale lo stesso anche per la tua razza!>. Il terrestre balzò in avanti e iniziò a tempestare di pugni il corpo del detenuto, che urlava di dolore. Il cerchio svanì e le persone si sparpagliarono. L'alieno non riusciva a contrastare l'offensiva, almeno finchè Gohan non lo scaraventò a terra dandogli un calcio sul braccio. Dopo qualche secondo, imprecando e con le ossa dell'arto superiore fracassate, l'uomo si rialzò, preparando una massa di energia sulla mano. Una volta pronta la scagliò contro l'avversario, che la evitò senza troppi problemi inclinando il capo. Non sapendo cos'altro fare, il prigioniero si lanciò sbraitando contro il nemico, maledicendolo di continuo.
Gohan gli andò incontro e, una volta atterrato con una potente ginocchiata sul naso, iniziò a colpirlo con una raffica di pugni sull'addome per poi concludere con uno più deciso che glielo perforò. E mentre fra urla e schizzi di sangue il bambino infieriva con dei calci sulla ferita, gli altri detenuti osservavano impietriti la scena.
Le guardie, incredule quanto loro, si domandavano com'era possibile che quel bambino disponesse di una simile furia. Un tale potere era altamente pericoloso. «Dobbiamo fare qualcosa. Questa cosa va fermata qui e ora!> esclamò una di esse. «Ci penso io, sta' a vedere.>.
Il suo collega si affacciò dalla propria torretta e urlò al microfono: «Chiunque mi porti la testa del moccioso riceverà come ricompensa la libertà!>.
La paura per il ragazzino era tanta, ma quella di rimanere tutta la vita in quel luogo lugubre era molto, molto maggiore. Udite quelle parole, Gohan lasciò perdere il cadavere nemico cosparso in una pozza di sangue. Il saiyan aveva l'intero corpo imbrattato del liquido rossastro; perfino la sua divisa, normalmente grigia, aveva assunto quella colorazione. Ci fu un attimo di silenzio, ma presto l'incertezza dei detenuti fu vinta e, accompagnando la loro carica da un urlo prorompente atto a incoraggiarsi, lanciarono una pioggia di colpi energetici verso il bambino.
Quest'ultimo, riacquisita lucidità e calmatosi, generò una barriera che lo protesse dalla maggior parte degli attacchi. Infatti, essa non resse totalmente, lasciando passare qualche sfera che colpì in pieno il terrestre.
Leggermente ferito si rialzò, e in un attimo molti guerrieri gli furono addosso. Parò e schivò molti dei loro attacchi, qualcuno invece dovette incassarlo per forza di cose: erano semplicemente troppi. "Se continuo così mi sopraffarranno, devo escogitare qualcosa" pensò, dando ogni tanto qualche pugno e calcio a vuoto, nella speranza di colpire qualcuno. Non distingueva infatti i singoli corpi, ma solo una massa indefinita costituita da guerrieri che si muovevano all'unisono. Stringendo i denti l'umano espanse nuovamente la propria aura, liberandosi dei più deboli. Fatto ciò salì in alto, a qualche metro dal suolo, e gridando «Kamehameha!> lanciò contro gli avversari rimanenti un'onda energetica bluastra che impattò violentemente al suolo, dando vita a un bellissimo gioco di luci. Ansimando e respirando affannosamente il giovane tornò a terra, rimettendosi in posizione di combattimento.
Solo quando il fumo si diradò egli notò i corpi inceneriti dei prigionieri cosparsi per tutta la sala. Ma qualcuno era sopravvissuto. Quattro di questi, feriti e con le vesti strappate qua e là, erano pronti a riprendere lo scontro, osservandolo con disprezzo.
«Il mio occhio! Il mio occhio! Piccola carogna, io ti ammazzo!> strillava uno che aveva metà viso ustionato. I rimasti fecero dei passi avanti, incoraggiati dalla visibile stanchezza del loro avversario.
«Ho ancora sufficiente energia per farvi tutti fuori! Andatevene e la cosa finisce qui!> disse Gohan, mettendoli in guardia. Sperava che ciò bastasse a scaturirne la fuga, anche perchè non era sicuro del tutto di quanto appena detto. I suoi nemici si guardarono l'un l'altro, annuirono e dopodichè si lanciarono contro di lui. Fatto qualche metro però un fascio di energia si interpose tra il gruppo e il ragazzino. Entrambe le fazioni, sorprese, alzarono lo sguardo alla ricerca della fonte.
«Questo scontro finisce qui. Tornate alle vostre celle o verrete giustiziati adesso. Avrete modo di uccidervi a vicenda tra due mesi. D'ora in poi i combattimenti sono assolutamente vietati. Andate, ora!> sentenziò una delle guardie.
«Perchè l'hai fatto?> chiese il collega.
«Quel bambino in questo momento è ferito e stanco. Sarebbe stato un peccato se venisse fatto fuori adesso, in più in questo distretto non ci sono molti guerrieri forti. Possiamo sfruttare meglio la cosa: organizziamo un torneo tra tutti i distretti invece, così si sbarazzerà al posto nostro dei detenuti più pericolosi, e se sopravvivrà, ci penseremo noi a ucciderlo.>.
Sorpresi quanto adirati, i quattro carcerati si allontanarono dalla sala, non prima di aver urlato un sonoro «Non finisce qui!> a Gohan, che se ne stava lì, in silenzio, imbrattato di sangue. Avvicinandosi al vecchio, che in tutto quel caos se ne era stato al riparo il più possibile, chiese: «Cosa ci sarà fra due mesi?>
«Il Massacro. Un torneo tra tutti i detenuti. Sostanzialmente serve a togliere di mezzo tutti i guerrieri più forti che potrebbero ribellarsi. Dovrai stare attento, dovremmo farlo tutti.> spiegò l'anziano, sospirando.
«Dovremmo?> continuò il saiyan, trasalendo.
«Il Massacro prevede che tutti combattano. L'ultima volta sono sopravvissuto perchè ero giovane, potevo difendermi. Ma ora...>
«Ti proteggerò io! Li farò fuori tutti, quei bastardi!>. Il suo odio smisurato per Freezer avrebbe trovato sfogo nel distruggere una delle strutture più importanti del suo impero. Quando la guardia li riaccompagnò nelle corrispettive celle, arrivata la notte Gohan dormì come un sasso, esausto com'era.

Luogo: Sala di Alimentazione, Corpo Centrale
Epoca: un mese dopo

Quella volta era il turno del distretto 44 ad occuparsi di fornire il carburante all'alimentatore della stazione spaziale. Per compiere tale operazione era stato scelto un gruppo di poche decine di persone, tra cui rientrava sia il terrestre che Grend, il suo anziano amico. Il loro lavoro consisteva nel prelevare da dei grossi container, appena arrivati da un pianeta dell'impero, delle celle contenenti dei nuclei energetici che dovevano essere inseriti all'interno di uno strano macchinario al centro della sala. Qualcosa di molto complicato che il piccolo saiyan non comprendeva appieno, sebbene un tempo fosse stato appassionato di scienza. Quando le guardie che avevano portato il carico arrivarono, dissero qualcosa che attirò l'attenzione di Gohan.
«Ah, che brutto affare che abbiamo fatto! Stavolta è costato più del solito>
«Già, da quando Lord Freezer è scomparso quei miserabili non rispettano più la legge ed aumentano i prezzi come gli pare.>
"Cosa?" pensò il ragazzo. "Quel mostro è sparito? Che significa?!". Assorto nei suoi pensieri egli non si accorse che la guardia aveva notato la sua inattività.
«Che fai tu?! Lavora, verme schifoso!> ringhiò, dandogli una scossa di media intensità tramite il braccialetto che aveva ogni detenuto. Ciò non fece altro che riportare il saiyan alla realtà e ricordargli qual era il suo obiettivo primario: uscire da lì il più presto possibile e capire cosa diavolo stesse succedendo nel mondo esterno.
Il piano ideato da lui e Grend però procedeva molto a rilento, principalmente perchè le uniche occasioni in cui potevano incontrarsi e quindi discuterne erano durante i pasti. L'anziano alieno aveva spiegato a Gohan tutto ciò che sapeva e che aveva capito nei molti anni di permanenza alla prigione.
«Bene, partiamo dalle guardie. Come ti ho già detto diversi giorni fa vivono nel Corpo Centrale, nell'edificio che sta sopra la Sala di Alimentazione. Non è una posizione casuale, devono proteggere la sala o l'intera stazione spaziale potrebbe smettere di funzionare. Gravità artificiale, corrente elettrica, motori, tutto viene alimentato dal reattore all'interno della sala. Solo pochi detenuti per volta vi hanno accesso, hanno lo scopo di ricaricarlo con il carburante che arriva ogni tanto da fuori, ma ovviamente non possiamo fare nulla perchè siamo sorvegliati dai migliori soldati, inoltre ci mettono un braccialetto che ci friggerebbe il cervello all'istante. Dov'eravamo...>
«Dovevi parlarmi delle guardie...> sottolineò il bambino.
«Ah sì, giusto. Ci sono tre tipi di guardie: la guardia semplice, la guardia scelta e la guardia di èlite. La prima è ovviamente il tipo più scarso, ma anche il più numeroso. Grazie all'impiego di questi sieri che ci iniettano continuamente sono comunque temibili. I soldati semplici si occupano di alcune mansioni come il "cibo" dei detenuti, la scorta di questi dalle celle ad altri luoghi e altro ancora. La guardia scelta ha un livello combattivo leggermente più elevato. Nell'anello più esterno di Trazlaac ve ne sono poche e hanno il compito di presidiare le torri, ma in quello più interno, più vicino al reattore, ve ne sono molte di più. Infine abbiamo la guardia di èlite, la punta di diamante dell'intera struttura. Sono circa una decina e si occupano di sorvegliare la Sala di Alimentazione dall'interno, la zona più delicata e importante. Ognuna di essa potrebbe fronteggiare un intero distretto, si dice. Ma ora che ci sei tu, scommetto che non ne sarebbero più tanto capaci.> concluse, sorridendo.
Il terrestre ricambiò il gesto, ma al contempo aggrottò la fronte.
«C'è una cosa che non mi torna: perchè arrivata la notte se ne vanno tutti?> domandò.
«Perchè non hanno bisogno di controllarci anche di notte. Quando fa buio un gas stordente altamente potente si diffonde nell'intera struttura, fatta eccezione per l'edificio in cui vivono le guardie e le nostre celle, protette da una barriera energetica. In casi particolari, se vedi circolare qualche soldato noterai che hanno delle maschere.>
Gohan si ricordò del suo primo giorno in quel posto orrendo, e di come erano andate le cose. Finalmente aveva tutto più chiaro, e molte delle cose che aveva notato adesso avevano una spiegazione plausibile. Certo che ne era passato di tempo dal suo arrivo lì. In quel mese era notevolmente cambiato. Era diventato più aggressivo, diffidente, teso e sempre pronto a difendersi; non abbassava mai la guardia. Sentiva qualcosa crescere dentro di sè. Qualcosa che prima veniva fuori solo quando era arrabbiato o facevano del male ai suoi amici. Il problema è che ora era costantemente furioso. Qualcosa di oscuro, di temuto dallo stesso Gohan.
Quel posto tetro, privo di speranza e felicità lo stava lentamente ma radicalmente cambiando, trascinando la sua personalità in un punto di non ritorno. Ma c'era una sola cosa che era rimasta la stessa fin dal suo arrivo: la determinazione. Non aveva ancora perso la voglia di andarsene via e lasciare quell'orrida cella, quella divisa insanguinata e lurida e quella zuppa dal sapore marcio.
Tornando al presente, Gohan stava iniziando a scaricare il carico per portarlo al reattore, insieme ad altri detenuti. Ognuno di essi aveva tre guardie che scrutavano attentamente ogni singolo movimento che facevano, per evitare ribellioni o incidenti. Ma se il compito era tanto delicato, perchè farlo fare ai prigionieri e non ai soldati stessi? Semplice: indebolirli e farli lavorare non era una cosa molto saggia, sia per evitare la loro inefficienza in caso di necessità, sia per la loro superbia.
In ogni caso i prigionieri non sarebbero potuti andare tanto lontano, poichè le poche navicelle spaziali disponibili erano quelle delle guardie di èlite, ma la loro ubicazione era sconosciuta; per cui, la malfunzionalità dei motori di Trazlaac avrebbero portato alla morte tutti quanti. Durante il lavoro il saiyan riuscì a scambiare qualche parola con l'amico Grend, ed insieme decisero che quella zona era troppo controllata per tentare un assalto lì. Per tale motivo il piano si sarebbe attuato durante il Massacro, dove in teoria ci sarebbe dovuta essere confusione. Mentre tutti i detenuti si sarebbero uccisi a vicenda, i due sarebbero sgattaiolati via, verso l'edificio centrale, luogo in cui secondo loro si trovavano i veicoli. La loro fuga sarebbe dunque passata inosservata.
Restava però un dubbio: come avrebbero superato le guardie d'èlite? Secondo Grend, che partecipò a un Massacro anni orsono, la maggior parte di essa supervisionerà l'evento, mentre una manciata di loro resterà di guardia. Gohan sostenne che poteva affrontarle perfettamente, dato che, nonostante il siero che lo indeboliva parecchio, con i suoi allenamenti continui avrebbe dovuto farcela. Quasi un'ora più tardi, con la fronte grondante di sudore e la tuta bagnaticcia appiccicata al corpo, il gruppo di carcerati venne riportato nel rispettivo distretto. Durante il tragitto il terrestre osservò per la seconda volta l'enorme ponte che permetteva la comunicazione tra gli anelli concentrici che costituivano la prigione. Tutto ciò che riuscì a scrutare fu solo il massiccio e arruginito metallo delle pareti e del tetto.
«A proposito, che tipo di metallo è questo?> chiese Gohan avvicinandosi all'amico.
«È il Tamel, uno dei più resistenti della galassia. Scommetto che hai provato a sfondare le grate della tua cella, eh?> rispose questi, ridacchiando.
«Eheh, già.>.
Il tempo trascorse lento ed inesorabile, scandagliando le monotone e noiose giornate, finchè il fatidico giorno arrivò. La prima fase del torneo era costituita dalle lotte tra i singoli distretti: poichè i detenuti totali di Trazlaac superava una decina di migliaia, era impossibile e pericoloso farli scontrare tutti insieme, per questo motivo vennero istituite delle eliminatorie, in cui i prigionieri dovevano letteralmente eliminarsi, appunto.
«Finalmente. Oggi faremo il primo passo per guadagnarci la nostra via d'uscita.> aveva detto quel giorno il terrestre, galvanizzato, all'anziano. Quest'ultimo lo fissava leggermente impaurito: era sicuro di aver scorto nei suoi occhi una vena di eccitazione. Che fosse diventato un amante delle guerre? Degli omicidi? Che ci provasse gusto? Non conosceva il suo passato nei dettagli, ma sapeva che qualcuno gli aveva fatto del male ed aveva ucciso i suoi genitori e amici. "Il tuo cuore sta abbracciando l'oscurità e la vendetta, ragazzino. Cerca di fare attenzione, o ne diventerai schiavo." stava per dire, ma poi il giovane era sceso sul campo di battaglia senza dargliene il tempo.
Nei primi momenti Gohan non incontrò nessun avversario poichè, consci della sua forza, tutti lo evitavano come la peste, preferendo di gran lunga massacrarsi fra di loro. Gli unici ad affrontarlo furono i quattro alieni che lo avevano combattuto tempo addietro.

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Capitolo 29
*** La fase finale del Massacro ***


«Solamente tre uomini di questo distretto potranno accedere alla fase successiva del Massacro, e non sarai nè tu, nè tantomeno il vecchietto.» disse l'uomo a cui diversi giorni prima Gohan aveva ustionato metà faccia, con la conseguente perdita di un occhio che ora era coperto da un lembo di tuta.
«Questo lo vedremo, sono più forte dall'ultima volta che ci siamo scontrati, fatevi sotto!» replicò l'umano, mettendosi in posizione di combattimento.
Grend si mise qualche metro dietro di lui ed aspettò, come pattuito.
La sua corporatura gracile ed acciaccata non gli permetteva di fare un granchè. I quattro detenuti iniziarono a correre verso il bambino, mentre questi sorrideva beffardo, pronto ad impartire loro una lezione che non avrebbero mai dimenticato. Liberò la sua aura, creando una lieve corrente d'aria intorno a lui. I suoi lunghi capelli neri oscillavano lentamente.
Quando i nemici erano ormai molto vicini, egli si spostò lateralmente con uno scatto, per poi caricare due onde energetiche giallastre con entrambe le mani e scagliargliele addosso.
Due di loro si trovarono impreparati e ricevettero in pieno l'attacco, subendo alcuni danni, gli altri si erano invece librati in aria con un balzo. Gohan li intercettò e si portò rapidamente alle loro spalle, colpendoli con due pugni alla schiena e facendoli schiantare a terra. Diradatosi il fumo della precedente esplosione, il detenuto senza un occhio si lanciò infuriato contro il terrestre, che, inclinando le proprie labbra in un sorriso soddisfatto, si preparò a riceverlo nel migliore dei modi.
"Vieni, ho una sorpresa per te." pensava, attendendo la propria preda.
Il saiyan schivava e parava gli attacchi ciechi e furiosi del nemico, mentre questi si spazientiva sempre più.
Mentre i due lottavano, gli altri tre prigionieri si stavano sfogando con Grend, prendendolo a calci nello stomaco e facendogli vomitare sangue.
«NO! Infami! Lasciatelo stare!» gridò Gohan, distraendosi dal combattimento e ricevendo un pugno in pieno volto.
Ciò scatenò una risata vittoriosa al suo avversario senza un occhio, che ben presto si ritrovò anche senza testa: il figlio di Son Goku gliel'aveva staccata di netto con un calcio ben assestato alla base del collo. Fatto ciò egli si recò immediatamente dall'amico, liberandolo dalla morsa nemica con pochi attacchi. Qualche secondo dopo i tre erano malmenati e imbrattati del proprio sangue.
Rialzatosi faticosamente il vecchio tossì, farfugliando un "grazie" al giovane, che lo squadrava preoccupato.
«Stavolta non resterà nulla di te, moccioso!» dissero i tre prigionieri rimasti in vita, preparando un attacco energetico sincronizzato. A tale mossa il bambino reagì portandosi l'indice e il medio sulla fronte e caricando a sua volta energia.
Delle scariche elettriche circondavano le stesse, mentre il colpo letale si andava potenziando sempre più. Le due fazioni rilasciarono i propri attacchi all'unisono, con Gohan che urlava «Makankosappo!». Passato qualche secondo fu chiara la superiorità di quest'ultimo, che incenerì i nemici in un grido disperato di dolore.
"Grazie maestro Piccolo, questo è per te" pensava nel frattempo l'ex allievo del defunto namecciano, ricordandolo tra un sorriso e delle lacrime amare.
Alla fine del combattimento i tre vincitori erano lui, Grend e un terzo uomo rimasto senza un braccio: un detenuto dall'aspetto insettoide, il cui corpo giaceva a terra ricoperto da un liquido violaceo, glielo aveva staccato di netto con le sue tenaglie affilatissime.
Questi e Grend furono scortati dalle guardie in infermeria, mentre la voce di una delle guardie scelte ufficializzava la fine delle eliminatorie.
Tornando nella propria cella, il giovane saiyan notò l'enorme distesa di cadaveri e viscere varie che decoravano macabramente la zona deserta, mentre l'odore pungente e marcio di morte giungeva alle sue narici, nauseandolo.
I combattenti rimasti dei 44 distretti dell'anello più esterno erano in tutto 132, quelli dell'anello più interno erano 63, per cui lo scontro finale si sarebbe tenuto tra 195 uomini, tra un altro mese. In questo lasso di tempo il figlio di Goku continuò i propri allenamenti clandestini all'interno della sua cella, aggiungendo a questi quelli "ufficiali" che si tenevano nella sala della mensa, che ormai era diventata una palestra.
Gli allenamenti infatti erano diventati leciti, in vista della fase finale del torneo e, dato che in ogni distretto erano rimasti solo tre detenuti, non si temevano più pericolose rivolte. Dopo tre settimane Grend e il tizio con un braccio solo erano guariti del tutto e pertanto erano pronti per l'ultimo scontro, che prevedeva la vittoria di soli dieci uomini. In tutta la prigione aleggiava un'atmosfera di calma apparente, ma sotto quel silenzio e quella desolazione si celava una sensazione di inquietudine e paura. Ogni carcerato si chiedeva infatti se sarebbe sopravvissuto o meno. Questo a Gohan non importava ovviamente, poichè lui contava di andarsene proprio durante quel combattimento insieme al suo anziano amico.
Egli si allenava costantemente non per sconfiggere quegli sciagurati uomini che stavano condividendo la sua stessa sorte, ma per eliminare qualunque guardia si sarebbe frapposta tra lui e le navicelle. Guardandosi nello specchio opaco e crepato della sua cella vedeva ormai un'immagine irriconoscibile ai suoi occhi. Era diventato più alto di qualche centimetro, il volto era ricoperto di tagli e cicatrici varie che solcavano la fronte e le guance, i lunghi capelli di un nero corvino ricadevano ben oltre le sue spalle.
Ma la cosa che lo colpì di più furono i suoi occhi: uno sguardo serio, severo e totalmente privo di innocenza che normalmente caratterizzava un qualunque bambino della sua età.
Uno sguardo colmo di ira e odio che traboccava risentimento verso l'essere che gli aveva portato via tutto ciò che amava. "Presto verrò da te, Freezer. Presto ti troverò e ti ucciderò, non importa quanto ci vorrà." si diceva praticamente ogni giorno appena sveglio, quando la notte artificiale terminava e il consueto cielo grigio virtuale faceva la sua comparsa. Il peso della vendetta e della morte invana dei suoi amici e parenti sarebbe ricaduta su di lui finchè non avrebbe posto fine alla vita di quell'essere.

Luogo: arena del Massacro
Epoca: un mese dopo

I giorni trascorsero veloci e fugaci, finchè non giunse l'ultima fase di quel macabro torneo.
I 195 partecipanti si erano posizionati lungo tutta la circonferenza del grande ring circolare adibito in occasioni di questo genere, nell'anello interposto tra quello più esterno e l'edificio centrale delle guardie. Molte di esse si trovavano al di sopra delle grandi torri che circondavano l'area, altre invece erano a terra, seduti sulle tribune. Le scommesse su chi sarebbe rimasto in piedi e chi no erano già iniziate un mese prima.
Come preannunciato da Grend, quasi tutta l'èlite si trovava lì.
«Vedi? Sono in quella torre laggiù, ce ne sono otto, quindi due sono rimaste in base.» spiegava al bambino, che annuiva.
«Allora, quando loro danno il via tu chiudi immediatamente gli occhi, dopodichè ti aggrappi a me e andiamo là, dove c'è l'uscita per accedere alla scala. Essa ci porterà al ponte, e da lì andremo verso l'edificio centrale, chiaro?» chiese Gohan.
«Sì...». Egli era molto dubbioso circa la sua possibilità di salvezza, pertanto non nutriva molte speranze in essa, ma in quella del suo amico sì. Meritava la vita, era ancora un bambino dopotutto, e aveva sofferto fin troppo. Quella sua triste riflessione venne interrotta dalla voce di uno dei soldati che annunciava l'inizio della battaglia. Immediatamente, come cani rabbiosi slegati dal proprio guinzaglio, i detenuti si lanciarono al centro dell'arena in un violento corpo a corpo, tra grida e schiamazzi. Gohan si portò in alto e, indirizzandosi verso le torri, portò le mani alle tempie, con i palmi rivolti verso l'esterno.
«Taiohke...» si interruppe tutto a un tratto. Qualcosa non andava. La sua percezione dell'aura era ancora per lo più inibita dal siero, ma riusciva chiaramente a percepire una notevole diminuizione di quella del suo amico Grend, che era rimasto a terra. Si voltò di scatto e fu allora che apprese quanto stava succedendo: due individui lo stavano malmenando, probabilmente lo avevano visto indifeso e ne volevano approfittare.
Colmo di rabbia il saiyan lasciò perdere il piano e ritornò da dove era partito scendendo come una furia in picchiata, guadagnando velocità. Poteva vedere come quei due esseri immondi lo stessero massacrando: uno lo teneva bloccato all'alta parete dell'arena, l'altro lo tartassava di pugni sul volto e sullo stomaco.
Il vecchio, tra un urlo e l'altro, chinò leggermente la testa ormai violacea verso il bambino, facendogli segno di diniego.
Gohan si fermò un attimo a mezz'aria, guardandolo spaesato. Che cosa voleva dire? Voleva forse fare intendere al terrestre che il proseguimento del piano fosse ben più importante della sua stessa vita? No, non esisteva proprio! Lo avrebbe salvato ad ogni costo, non avrebbe permesso che un altro suo amico rimanesse ucciso per colpa sua. Facendo segno di "no" con il capo a sua volta, Gohan riprese la sua corsa, mentre i torturatori erano passati alle maniere pesanti: tiravano il corpo dell'anziano per le braccia, sempre di più, sempre di più. Finchè Gohan non lo udì.
Quel suono raccapricciante accompagnato dalla vista dei due arti superiori che si staccavano dal tronco di Grend lo fecero fermare di botto una seconda volta.
Rimase qualche secondo a guardare impietrito la scena con la mandibola spalancata, dopodichè un boato di energia attraversò il suo corpo e due enormi masse di energia partite dalle sue mani si scaraventarono sui due ignari detenuti. «No! No! No, no, no, no, no! Non può essere... Non voglio! Grend! Grend!» tuonava il bambino, atterrando accanto al corpo dell'amico e scuotendolo con vigore, invano. Negli istanti successivi quest'ultimo però riprese conoscenza. «Sii...forte...Gohan. Sal...va...ti.» riuscì a dire prima che la fiamma della vita lasciasse per sempre il proprio involucro.
«Perchè morite tutti?! Perchè tutti quelli a cui tengo mi lasciano?! PERCHÈ?!» urlava in preda al dolore. Fiotti di lacrime sgorgavano dai suoi occhi, mentre la sua aura aumentava a dismisura, superando quella della maggior parte dei comuni detenuti. I più sensibili alla percezione dell'aura sentirono quell'enorme flusso di energia e così concentrarono la loro attenzione su di lui. Decine di uomini si lanciarono verso la sua direzione, e furono proprio quest'ultimi i primi a cadere.
Il saiyan infatti, cieco dalla rabbia e completamente dimentico del suo piano di fuga, iniziò a tempestare di colpi energetici tutta l'arena, incenerendo i più deboli e ferendo i forti. Come una pioggia di meteoriti la tempesta di energia riempì di crateri e cadaveri la zona, e in pochi minuti i detenuti erano stati decimati.
«Non può andare avanti così, non può assolutamente andare avanti così!» sbraitava terrorizzata una guardia scelta su una delle torri, mentre attacchi del giovane si schiantavano lungo tutta la barriera energetica che circondava la struttura. «È assurdo! Leggete il suo livello combattivo sui vostri scouter, è perfino più alto di quello di Lord Freezer! Come fa un bambino...»
«Silenzio ora! Finchè siamo qui non può fare nulla, abbiamo le barriere che ci proteggono. E poi guarda meglio, si sta stancando. Sono sicuro che se aspettiamo un po' la sua forza calerà di parecchio, e a quel punto lo attaccheremo tutti insieme. Preparate i sieri inibitori e caricateli su dei fucili.»
«E le guardie semplici? Guarda, stanno morendo come niente, molti di loro non superano i mille di livello combattivo! Mi domando se dobbiamo chiamare lui...»
«No! Possiamo gestirla da soli! Lasciali bruciare come gli insetti che sono! Tenetevi pronti!»
Le guardie scelte e quelle di èlite di tutte e quattro le torri si avvicinarono il più possibile all'avversario e caricarono un attacco di energia combinato che lanciarono contro di lui. Gohan ovviamente se ne accorse e generò a sua volta una Kamehameha talmente potente che surclassò di gran lunga l'offensiva nemica, al punto da ucciderli tutti in un colpo solo. Improvvisamente però il terrestre sentì diversi aghi affondare nella sua schiena. Si voltò e vide un drappello di uomini che impugnavano un fucile: dovevano avergli lanciato quel siero inibitore.
«Funziona, la sua energia sta calando drasticamente, ma è ancora un pericolo mortale, state attenti!» avvertiva uno di questi, mettendosi in guardia. Gohan sentì le proprie forze mancare, ma non desistette. Si scagliò contro i suoi nuovi avversari e, con molta fatica, riuscì a respingerli tutti quanti nell'arco di qualche minuto.
«Bene, ho eliminato tutte le guardie di èlite e le poche guardie scelte e semplici rimaste sono fuggite. I detenuti ancora vivi sono scappati. Non mi rimane che andarmene.» mormorava ansimando e poggiando i piedi per terra.
Fece qualche passo in avanti verso il portone da cui sarebbe dovuto uscire secondo il piano, ma un colpo energetico fermò la sua avanzata. Barcollando il giovane si girò verso il mandante dell'attacco. Un uomo massiccio dalla carnagione verdastra, con una cresta di capelli bianchi e un' enorme cicatrice che attraversava tutto il volto diagonalmente fece la sua comparsa.
«Adesso... Basta.» disse.
«Oh, ce n'è un altro? Guarda che ho fatto fuori tutti i tuoi colleghi.» replicò con stanchezza Gohan.
«Oh, no no no no. Non confondermi con i miei sottoposti, loro sono molto più deboli di me.» continuò l'uomo, mostrando un candido sorriso.
«Chi diavolo saresti tu?»
«Io sono l'ultima persona che avresti voluto incontrare. Sono quello che dirige tutta questa baracca. La baracca che stai tentando di distruggere. Hai ucciso quasi tutte le mie guardie, buoni soldati che avrei utilizzato per conquistare uno dei pianeti dell'ormai fragile impero di Freezer, data la sua scomparsa.»
«Ancora con questa storia... Vuoi spiegarmi una volta per tutte cos'è accaduto a quell'essere?»
L'uomo verde mostrò un altro dei suoi bianchi sorrisi, dopodichè si avvicinò al bambino fino ad essere faccia a faccia con lui.
«Non penso possa interessarti. Dopotutto, non te ne andrai mai da qui.» gli bisbigliò nelle orecchie. Detto ciò egli si piegò sulle ginocchia e colpì con un pugno vigoroso lo stomaco del saiyan, che, estremamente indebolito dai sieri inibitori, non riuscì a prevedere l'attacco. A quest'ultimo ne susseguì un altro ancora più rapido del primo: con un'agilità inaudita, l'uomo roteò su sè stesso colpendo con un calcio il collo del giovane, facendolo finire così al tappeto. Qualche minuto più tardi alcune delle poche guardie rimaste presero in consegna il corpo del bambino in fin di vita.
«Cosa vuole che ne facciamo, mio signore? Lo uccidiamo?» chiese una di queste.
«Nah. Non è più una minaccia, ormai. Ha le ossa del collo spezzate, gettatelo nella sua cella, dopodichè radunate gli altri, voglio un rapporto completo su quanti siete rimasti. Quanto ai detenuti, ecco cosa dovete fare: trapiantate nei loro cervelli delle microbombe, d'ora in poi lavoreranno per me, e se provano a fuggire gli faremo esplodere la testa. Ho bisogno di altri uomini se voglio fondare il mio regno.»
«Sissignore!».
Il capo delle guardie passeggiava avanti e indietro lungo tutta l'arena devastata. "Un bambino con una tale forza potrebbe essere utile alla mia causa, ma come potrei convincerlo a farlo passare dalla mia parte? Mmh, se mai sopravvivrà in qualche modo, gli farò impiantare una di quelle bombe. È il detenuto più forte che abbiamo mai avuto.".
«Cosa dicevi a proposito del suo livello combattivo?» chiese più tardi a una guardia scelta.
«Il mio scouter aveva rilevato una potenza maggiore di quella di Lord Freezer, ma immagino sia stato uno sbaglio, signore.».
Il suo capo rise.
«Una potenza maggiore di quella di Freezer? Quel tuo aggeggio deve essersi rotto, fattelo sostituire, per la miseria! Non è possibile che un comune mortale abbia quella forza, solo l'antica e potente razza dei Demoni del Freddo può raggiungere tali livelli. Inoltre, ciò è sostenuto dal fatto che io l'abbia steso con due colpi, per cui, se è più debole di me, è illogico che sia più forte di Freezer.». Mentre il signore di Trazlaac riorganizzava le proprie armate per formare un esercito degno di tale nome e lasciare quel posto dimenticato da ogni divinità esistente, Gohan marciva nella sua cella, steso sul pavimento sudicio e bagnaticcio, impossibilitato nei movimenti e con numerose ossa rotte. Il suo respiro era flebile ed alquanto debole, in quelle condizioni anche un normale umano avrebbe potuto eliminarlo con estrema facilità. In poche parole, la sua vita era appesa a un filo. 

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Capitolo 30
*** Illusione o realtà? ***


Luogo: Trazlaac, Edificio Centrale
Epoca: 34 giorni dopo

In seguito agli avvenimenti accaduti durante la fase finale del Massacro le guardie scelte, capitanate dalle due guardie di èlite rimaste, vivevano nel corpo centrale della prigione.
L'anello esterno era stato sganciato dal resto della struttura poichè superfluo, il numero di soldati rimasti non era sufficiente a sorvegliare l'intera zona.
I detenuti ancora in vita vennero tutti trasferiti nell'anello più interno. In questo lasso di tempo ne erano arrivati di nuovi, circa una ventina.
Gohan, intanto, era convalescente. Aveva riacquistato piena lucidità ed era cosciente di tutto ciò che stava accadendo, ma non poteva ancora muoversi.
Le guardie si facevano vedere sempre più di rado, solo per tenerlo in vita per quel poco che bastava.
Il motivo per cui non lo lasciassero semplicemente morire gli era sconosciuto. Gli iniettavano una sorta di flebo endovena, mentre il solito siero inibitore non gli veniva somministrato più. D'altro canto, cosa avrebbe potuto fare in quelle condizioni?
«Vedi di riprenderti, moccioso. O ti lasceremo morire qui.» gli aveva detto una volta una guardia.
Quindi se ne stavano andando? Questo era un bel problema, sicuramente non avrebbero lasciato neanche un'astronave.
Quando il giovane saiyan pensava che le cose non potessero andare peggio di così, accadde l'improbabile.
La giornata era iniziata in modo normale, quando il figlio di Son Goku percepì una scossa all'intera Trazlaac.
"Un terremoto? Impossibile, siamo su una stazione spaziale. Forse ci ha colpiti un asteroide?" pensava questi.
Un suono di allarme risuonava in tutta la prigione, mentre una seconda, una terza e poi una quarta scossa scuoteva le pareti.
«Che diavolo sta succedendo?!» urlava una delle guardie scelte a un suo sottoposto.
«Qualcosa ci ha colpiti, ma i monitor sono disturbati, non capisco cosa! Siamo stati spinti verso il pianeta, potremmo schiantarci tra pochi minuti se non riesco a stabilizzare questo affare!» spiegava nervosamente uno dei soldati semplici.
«Signore, abbiamo perso i ponti A, D, e C! Inoltre anche i droni sono stati distrutti, ma uno di essi ha inviato dei dati prima di essere disintegrato.
Un'astronave si sta avvicinando, siamo sotto attacco!» intervenne un'altra guardia con un tablet in mano.
«Cosa?! E perchè i droni non l'hanno eliminata? Hanno trovato un modo per disattivarli...».
La situazione non era delle migliori, molte aree erano state danneggiate e l'atmosfera artificiale fuoriusciva velocemente verso l'esterno.
La gravità subì dei cambiamenti drastici e molte guardie furono risucchiate dallo spazio vuoto. L'astronave misteriosa approdò sul tetto dell'Edificio Centrale.
Da essa uscirono diversi uomini e una donna.
Uno di questi aveva la pelle verde e delle antenne sulla fronte, un altro dei capelli neri a punta.
La zona di atterraggio, sebbene si trovasse fuori da Trazlaac, era protetta da un campo magnetico che permetteva ai nuovi arrivati di poter respirare tranquillamente.
La donna dai capelli argentei fu la prima a scendere.
«Bel lavoro con quei droni, Meyra! Rispedirgli il loro stesso attacco con i tuoi poteri è stata una bella trovata, ci avrebbero disintegrato altrimenti!» disse l'uomo dietro di lei, trionfante.
«Piantala dai, così mi fai arrossire!» rispose scherzosamente lei, ammiccando.
«Voi due non avete niente da dire? Siete stati silenziosi per tutto il viaggio!» continuò Cream, riferendosi al resto della squadra. L'uomo dalla pelle verde lo guardò minaccioso, l'altro lo ignorò.
«Siamo qui per salvare Gohan mi sembra, non per fare amicizia.» rispose infine il primo.
«Aaaah, certo!».
Fatta una breccia nell'edificio, i quattro si catapultarono all'interno di esso e sconfissero con estrema facilità tutte le guardie di èlite e scelte che incontrarono.
«Percepisco una fievole aura non molto lontano da qui, sono abbastanza sicuro si tratti di Gohan.» disse l'alieno verde.
«Ah, bene. Andiamo allora, questi smidollati non ci fermeranno.» commentò spavaldo Cream.
«Voi non andrete da nessuna parte. Non solo osate entrare nella mia dimora, ma volete portarvi anche il moccioso? La vostra gitarella termina qui.» sentenziò l'uomo dai capelli bianchi, appena apparso all'interno della sala. Indossava una tuta nera simile a quella degli astronauti e un casco.
«Ci penso io.» finalmente l'uomo dai capelli a punti disse qualcosa. Si mise in posizione di combattimento e con un ghigno beffardo si scagliò sul nemico, mettendolo fuori gioco con pochissimi colpi ben assestati. «Ecco fatto, eliminato anche questo. Però, che potenza questi saiyan!» si complimentò Meyra.
L'uomo non rispose. I quattro si voltarono e proseguirono per le scale, quando si fermarono di botto all'udire di uno strano rumore. «Ho detto...che...non andrete da nessuna...parte!» ansimava il capo delle guardie, ferito, che nel frattempo aveva caricato un'enorme massa di energia che teneva puntata verso il pavimento. «Sotto di me si trova il reattore che alimenta questa stazione spaziale. Se la distruggo, muoriamo tutti. Allora, non fate più i gradassi?» spiegava trionfante questi, mostrando un sorriso reso non più tanto candido ma rossastro, a causa del sangue che fuoriusciva dal labbro spaccato.
Prima che Meyra o Cream potessero fare qualunque cosa, l'alieno verde colpì con due raggi energetici uscitigli dagli occhi la testa dell'avversario, mentre il suo compagno aveva tempestivamente deviato altrove la sfera.
I due amanti rimasero sbalorditi da quella straordinaria coordinazione. Il corpo del proprietario di Trazlaac cadde a terra con un tonfo con uno sguardo vacuo, morendo definitivamente. Il suo sogno di costruire un proprio regno e diventare il sovrano di un intero pianeta era appena morto con lui.
La squadra si mosse veloce come il vento, fino a giungere alla cella in cui era rinchiuso il figlio di Goku.
«Eccolo! In che condizioni è?» chiese Meyra. Il suo compagno verde aveva sfondato le grate e si apprestava a poggiare le sue dita sul collo per percepire il battito cardiaco.
Sorrise.
«È vivo, ma le sue condizioni sono estremamente gravi. Dobbiamo muoverlo il meno possibile, ha diverse ossa rotte.» spiegava.
«Niente di più facile.» si intromise la donna. Agitando le mani verso l'alto il corpo del giovane prese soavemente a levitare, come smosso da mani invisibili.
Quest'ultimo aprì leggermente gli occhi con le ultime forze rimaste nella speranza di capire cosa stesse succedendo. Si sentiva trasportare dal vento, fra gli echi degli allarmi e le grida delle guardie che perivano per mano dei suoi soccorritori.
La sua vista sfuocata gli permise di riconoscere i tratti di alcuni volti familiari. Non poteva curvare la testa, ma capì che si trattava di quella donna che aveva già affrontato una volta e... no, non poteva essere.
Eppure gli somigliava tanto, l'inconfondibile mantello bianco, il turbante, la pelle verde. Ma era morto, non poteva essere proprio lì, accanto a lui.
Doveva trattarsi di un sogno, uno stupido scherzo della sua mente che si divertiva a farlo soffrire più di quanto non stesse già facendo.
O forse era nell'aldilà? Questo avrebbe avuto senso, lì lo avrebbe potuto sicuramente incontrare, ma allora perchè era ancora in quella prigione?
Tutto a un tratto i cinque guerrieri si fermarono.
«Fermi! Non lasciateci qui, moriremo!» gridava qualcuno, Gohan non capì chi.
«Chi ci pensa a toglierli di mezzo? Il bambino non resisterà a lungo, potrebbe lasciarci le penne se indugiamo.» puntualizzò Cream.
Ancora una volta il combattente silenzioso si offrì volontariamente di fronteggiare quelli che erano almeno diverse centinaia di soldati, facendo un passo avanti.
Con un lampo di luce dorata che abbagliò la vista di tutti egli generò un'onda energetica talmente potente che spazzò via tutti gli avversari posti davanti a loro, dopodichè i suoi capelli, divenuti biondi grazie a quella angelica trasformazione, tornarono istantaneamente neri. Ancora più esterrefatti per ciò di cui erano appena stati testimoni, Meyra e il suo amante preparavano la propria astronave per lasciare quel posto.
Entrambi avevano percepito l'energia spaventosa che aveva emanato il guerriero per quel breve lasso di tempo.
Forse avevano davvero una possibilità di sconfiggere Cooler, se solo avessero convinto quel vecchio scienziato a stare dalla loro parte.
Gohan, dal canto suo, aveva ancora più interrogativi di prima.
Aveva chiaramente percepito l'aura di un Super Saiyan, ma era diversa da quella tipica di suo padre. Ce n'erano altri, dunque? Il suo corpo era stato adagiato su un lettino, e mentre si apprestava a perdere i sensi, l'uomo verde gli si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla.
Quel tocco parve risvegliarlo per il tempo necessario a dire un'ultima cosa.
«Signor... Piccolo...» riuscì a farfugliare.
L'altro gli sorrise.
«So che sei pieno di domande, ma ora dobbiamo inserirti nella vasca di rigenerazione, Gohan. Quando arriveremo a destinazione ti spiegheremo tutto.».

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Capitolo 31
*** Fantasmi del passato ***


Luogo: pianeta sconosciuto
Epoca: qualche ora dopo aver recuperato Gohan

L'astronave su cui si trovavano Meyra, Cream, Gohan e i due guerrieri sconosciuti era appena atterrata su un pianeta all'apparenza deserto.
Esso era costituito da una landa desolata grigiastra e vari crateri dalle dimensioni generose sparpagliati per tutta la crosta.
«Il castello si trova lì sopra.» disse l'alieno verde con tono serio, indicando un punto su una collina.
Tale castello era una costruzione pericolante e in rovina, e a un primo sguardo chiunque avrebbe pensato che fosse inabitato quanto inospitale. Fatto atterrare il velivolo, i cinque entrarono nella sala principale che era essenzialmente vuota, fatta eccezione per dei computer disposti lateralmente e una moltitudine di sfere di fronte. Il pavimento era lucido e piastrellato e la stanza era ben illuminata.
In fondo ad essa un anziano signore dalla pelle blu sedeva su una sfera diversa dalle altre: questa era rosso scuro, le seconde invece erano trasparenti.
«Dottor Raichi, la missione ha avuto successo, abbiamo recuperato Gohan.» si annunciò Piccolo.
Lo scienziato si voltò per guardare i propri interlocutori. Aveva dei lunghi capelli bianchi e degli altrettanto folti baffi dello stesso colore. I suoi occhi erano rossi ed indossava una tunica bianca con le spalliere verdi.
«Hm, bene. Ottimo lavoro, miei fantasmi. Dove si trova, adesso?» chiese. La sua voce era cupa e rauca.
«È privo di sensi, dorme all'interno dell'astronave.» si intromise Meyra, facendo un passo avanti. Gli occhi dell'anziano si posarono su di lei, serrandosi.
«Vegeta, vallo a prendere e portalo al mio cospetto: devo decidere cosa farmene di lui... E dei suoi amici.» ordinò. Il guerriero dai capelli neri annuì e con le braccia conserte si apprestò a compiere il suo incarico.
«Che diavolo significa?! Avevi detto che ci avresti aiutato, e ora viene fuori che devi decidere?!» tuonò Cream, mettendosi in guardia seguito a ruota dalla guerriera.
«Ho detto che vi avrei aiutato a portarlo qui, non ho specificato cosa avrei fatto dopo. I saiyan sono una razza di guerrieri che si divertono a sterminare altre civiltà e per questo vanno sradicati da questo universo. Se non ci avesse pensato Freezer sarei stato io stesso a compiere la mia vendetta su di loro. Quanto a voi, siete suoi complici.» spiegò lo scienziato, allargando le braccia.
«Questa è una trappola bella e buona! Meyra, prendiamo Gohan e filiamocela!» esclamò nuovamente Cream, tirando per un braccio la sua compagna. I due si voltarono e corsero verso l'uscita mentre Raichi sorrise rimanendo immobile. Tutto a un tratto l'alieno chiamato Piccolo si teletrasportò di fronte a loro, frapponendosi tra questi e la porta.
«Voi due non andrete da nessuna parte.» disse.
«Togliti di mezzo o ti faccio fuori, namecciano.» intimò Cream.
Piccolo in tutta risposta scoppiò in una sonora risata.
«So che potete percepire le loro forze, e sia la sua che tantomeno quella di Vegeta sono ben superiori alle vostre. Quindi, per cortesia, non danneggiate inutilmente il mio laboratorio e aspettate in silenzio il vostro destino.» commentò il dottore.
Pochi minuti dopo il principe tornò con il terrestre e lo gettò per terra. Questi si svegliò e, più confuso che mai, non sapeva cosa pensare.
«Piccolo? Vegeta? Come... Qualcuno mi può spiegare?!» esclamò, non sapendo cosa chiedersi prima. Perchè era lì? Come erano scappati da Trazlaac? E perchè c'era anche quella ragazza? Chi era quel vecchio?
«Ti faccio le mie scuse, Son Gohan, ultimo dei saiyan. Io sono il Dottor Raichi e quelli che tu hai identificato come Piccolo e Vegeta sono i loro fantasmi che ora lavorano per me e sono, effettivamente, sotto il mio controllo.» lasciò un po' di tempo al giovane per fargli assimilare quanto detto dato che ad ogni frase questi aveva sgranato gli occhi.
«Fantasmi? Che... significa? Sono morti?» domandò, incerto.
Il vecchio sorrise.
«È evidente come tu non possa comprendere quello che ho detto, vedrò di dirtelo in parole semplici dunque. Diversi anni fa il barbaro popolo saiyan rivaleggiava con gli tsufuru, la specie a cui io stesso appartengo, per il dominio del pianeta Plant. Per fronteggiare tale minaccia la mia mente geniale partorì un'idea fantastica ovvero la creazione di una macchina in grado di collezionare l'odio degli tsufuru per dare vita a un esercito di fantasmi che potessero eliminare il nemico facilmente. Purtroppo la notte stessa in cui portai a termine il lavoro e avviai per la prima volta il computer, quella banda di scimmioni assediò la nostra ultima città rimasta e ci eliminarono tutti. Io stesso fui vittima di quell'assalto e sempre io fui il primo fantasma che la mia macchina Hatchiyack collezionò. Spostatomi su un altro pianeta tornai a progettare l'estinzione di quella razza selvaggia che tiranneggiava in tutto l'universo sotto la protezione di Lord Freezer, continuando a perfezionare la mia creazione, ma fui preceduto dallo stesso Demone del Freddo che prima mi aveva ostacolato, non una, ma ben due volte. Tramite la mia sofisticata tecnologia sono riuscito a scoprire che dopo la distruzione di Plant gli ultimi saiyan rimasti risiedevano su un piccolo pianeta di periferia chiamato Terra, ma quell'essere ha fatto piazza pulita, o almeno così credevo...» spiegava lo scienziato, mentre un allibito Gohan lo fissava totalmente catturato da quel racconto.
«Quindi, tu sai cosa ha fatto Freezer a me e ai miei amici, non è così? Gli stessi amici che ora tu pretendi di comandare?! Gli stessi che hai schiavizzato?!» tuonava il bambino, mentre serrava i pugni in preda alla rabbia.
«Non ho assistito personalmente alla battaglia, ma la mia macchina Hatchiyack è riuscita ad andare ben più lontano dei miei occhi e ha così raccolto l'odio dei tuoi amici, portandoli qui.».
«Sciocchezze! Lasciali andare subito, loro meritano la pace dell'aldilà, non questo inferno!».
L'ira del terrestre aumentò sempre di più, così come la sua aura. Ora che i sieri inibitori di Trazlaac non gli venivano più somministrati e che era scampato alla morte per un pelo, la sua forza era tremendamente incrementata raggiungendo vette che mai erano state anche solo pensate da un bambino della sua età. Il Dr Raichi dovette evidentemente accorgersene, dato che il pavimento iniziò a tremare e le luci a sfarfallare. Cream e Meyra invece erano incuriositi quanto spaventati da quella potenza, ben consapevoli di essere lontani da quel livello.
«I tuoi amici sono al sicuro nell'aldilà, Son Gohan. Quelle che vedi qui sono solo delle copie perfettamente identiche agli originali tranne che per il fatto che hanno messo da parte la loro individualità, io non trattengo nessuno in questo mondo. Tuttavia, noi fantasmi siamo tutti collegati, condividiamo la stessa memoria e pertanto ho appreso dai terrestri la capacità di percepire le aure, e ciò non fa altro che confermare quanto pensavo: la potenza di voi saiyan è temibile e assolutamente pericolosa, è inconcepibile che uno della tua età possegga tutto quel potere e così poco controllo, dunque vai eliminato immediatamente! Come dico sempre, l'unico saiyan buono è un saiyan sotto il mio controllo! Attaccate, miei fantasmi!» ordinò lo tsufuru, sollevando le braccia e allontanandosi di qualche metro per dare spazio ai suoi pupilli. Yamcha e Crilin comparvero dal nulla e insieme a Piccolo e Vegeta circondarono i tre estranei.
«Arrenditi Gohan, non voglio darti una morte dolorosa, io ti voglio bene dopotutto.» disse con tono pacato il namecciano, sorridendo al giovane.
«Sta' zitto! Tu non sei lui!» ribattè il suo ex allievo, mettendosi in posizione di combattimento seguito a ruota dai due. Sapevano di non avere nessuna speranza ma non si sarebbero arresi senza lottare. I quattro fantasmi caricarono i loro migliori colpi energetici e si prepararono a fare fuoco.
«Che cessi questa follia! Non sono loro i tuoi nemici, Raichi!» gridò una voce dietro di loro. Tutti i presenti si voltarono e videro in tutto il suo splendore Igin, l'ex capitano della Squadra Delta.
«Tu chi diavolo saresti? Sei uno dei loro compagni? Morirai anche tu...»
«Ho ascoltato tutto quello che avete detto, capisco il tuo punto di vista e so che i saiyan hanno fatto cose terribili, ma non lasciare che la vendetta offuschi il tuo giudizio. Quel popolo guerriero e selvaggio è stato spazzato via da Freezer, ed è su di lui che noi tutti dobbiamo concentrare i nostri sforzi.».
«Di che stai parlando? Freezer è scomparso, dicevano in prigione.» si intromise Gohan.
«Mesi fa c'è stato uno scontro tra lui e suo fratello Cooler, si dice che il primo sia stato sconfitto, ma io non ci credo, per il semplice fatto che è assolutamente impossibile!» disse Igin.
«Cosa? E perchè mai?» gracchiò il vecchio.
«Sono venuto a conoscenza di un'informazione... Secondo alcuni Lord Freezer sarebbe divenuto IMMORTALE grazie a una qualche potente magia.» continuò.
In tutta risposta l'alieno blu scoppiò in una fragorosa risata.
«Questo non è possibile, non esiste una magia talmente potente.» disse.
A Gohan invece, gli si gelò il sangue. C'era una sola cosa che il Demone voleva a tutti i costi, una cosa per cui era disposto a viaggiare anni luce fino a giungere su un pianeta lontano quale era Namek, ovvero l'immortalità. Ora, ciò che sapeva era che tutti i suoi amici erano morti, per cui le probabilità che fosse riuscito a esaudire un desiderio erano abbastanze alte, anche se i namecciani non glielo avrebbero mai concesso, di questo era sicuro. Tuttavia, non poteva escluderne la veridicità.
«E invece potrebbe esserlo.» disse, dunque. Gli occhi di tutti si puntarono su di lui.
«Come dici, ragazzo?!» chiese Raichi.
«Sul mio pianeta, la Terra, c'erano delle Sfere del Drago in grado di esaudire dei desideri, e Freezer lo sapeva.» spiegò.
«Una tale magia in un luogo così anonimo? D'accordo, cercherò nella memoria dei tuoi amici per capirne qualcosa.». L'anziano scienziato toccò con la mano la palla rossa su cui siedeva e acquisì tutte le informazioni necessarie.
«Mmm, capisco. Quindi il vostro Dio era un namecciano, e questo tizio ha creato le Sfere del Drago. Tre desideri, drago Shenron, Namek, Polunga, Freezer vi ha annientati, vedo, vedo. Mmm, sì, ora tutto torna. Ciò che dici potrebbe avere senso, dunque.» mormorava.
«Esatto, lui ha ragione e non rappresenta una minaccia, anzi, è probabilmente uno dei pochi che potrebbe rivaleggiare con quel mostro, perchè tornerà, ne sono certo!» affermò Igin.
«Son Gohan non ha alcun controllo sul suo potere, per quanto ne sai potrebbe ucciderti in un momento di follia, sciocco! Ho visto cosa succede quando si arrabbia, ho visto come ha ferito il saiyan chiamato Radish solo perchè aveva attaccato suo padre e ho visto come ha affrontato Freezer, nessuno dovrebbe disporre di un simile potere, nè tantomeno un ragazzino. Ora, se lo eliminiamo egli potrebbe essere sotto al mio controllo e così non farebbe del male a nessuno.»
«Ma senti quello che dici? Sei solo un vecchio pazzo fuori di testa! "Nessuno dovrebbe disporre di un simile potere", e allora cosa ne pensi dell'immortalità di Freezer? Credi che lui se la meriti, invece? Immagina a quanti mondi distruggerà, l'intera vita dell'universo è in pericolo e Gohan può aiutarci a fermarlo, non appena sapremo come fare! Come fai a non capire...» protestò Igin, che finalmente aveva compreso l'importanza di quel bambino.
E pensare che mesi addietro aveva tentato di strapparlo a Meyra, riuscendoci, per portarlo a quel tiranno.
La sua visione delle cose da allora era totalmente cambiata, ora sapeva chi era il vero nemico. Il Dr Raichi esitò e così fecero i suoi guerrieri che abbassarono le proprie mani disperdendo i propri colpi energetici. Forse quello sconosciuto aveva ragione, l'odio e la vendetta lo avevano accecato impedendogli di vedere le cose per come erano veramente. Dov'era finita la sua razionalità scientifica? La sua voglia di sperimentare, scoprire e osservare le meraviglie dell'universo? Prima di progettare tecnologie belliche in grado di annientare i saiyan per conto dell'armata tsufuru Raichi era questo, uno scienziato come gli altri, anzi, un brillante scienziato. E ora cosa era diventato? Un fantasma, uno schiavo della macchina che lui stesso aveva creato che brama la morte degli altri. Un barlume di razionalità illuminava ora debolmente la sua mente. Il metodo scientifico gli aveva insegnato che prima di sentenziare una legge doveva prima verificarne la veridicità tramite degli esperimenti, ed è quello che avrebbe fatto. Con un gesto della propria mano rugosa i fantasmi svanirono nel nulla.
«... Molto bene. Ho deciso di darti una possibilità, Son Gohan. Dopotutto sei solo per metà saiyan e ciò potrebbe renderti sostanzialmente diverso dai tuoi avi che distrussero la mia casa. Ti metterò alla prova, voi tutti potrete restare qui, ma se fate anche solo un passo falso verrete uccisi senza pietà. È tutto.» concluse, voltandosi e tornando ai suoi computer.
Igin tirò un sospiro di sollievo e così tutti gli altri, che abbassarono la guardia. I quattro guerrieri si allontanarono dal castello e tornarono alla propria astronave per poter parlare fra di loro senza la paura di essere spiati.
«Non possiamo fidarci, potrebbe strangolarci nel sonno!» esclamò Cream.
«Calmati, a me sembrava abbastanza sincero. Oltretutto, perchè eliminarci dopo se ne ha avuto la possibilità un attimo fa?» rispose Igin.
«Silenzio! A essere onesti non mi fido neanche di te, sai? Potresti essere stato mandato da Freezer! Inizia col dirci come ci hai trovati!»
«Dopo che avete lasciato il mio pianeta ho deciso di seguirvi, avevo cambiato idea e volevo aiutarvi a recuperare Gohan. Purtroppo sono arrivato tardi e ve ne eravate già andati, ma sono riuscito a seguire le vostre tracce fin qui. Ho azzerato la mia aura e ho aspettato il momento giusto per intervenire, il resto lo conoscete. Non avete alcuna ragione di dubitare di me, sono dalla vostra parte se il vostro intento è sconfiggere Freezer.».
«Lo skahriano ha ragione, Cream. Inoltre, se non fosse stato per lui saremmo morti. Quanto al vecchio, avrebbe potuto, ma non l'ha fatto. Non c'è alcuna ragione di temerlo.» lo supportò Meyra.
«Scusate... Ma potrei sapere esattamente come sono finito qui? E soprattutto, chi diavolo siete voi?» si intromise Gohan, che non aveva ancora del tutto abbassato la guardia: dopotutto non conosceva per niente quei tre. Quest'ultimi concentrarono i loro sguardi su di lui: si erano totalmente dimenticati di spiegargli come stavano le cose.
«Hai ragione, Gohan. Io mi chiamo Meyra e lui è il mio amico Cream, ci siamo visti per la prima volta sulla mia astronave quando ti abbiamo salvato dalle grinfie di Freezer, poi ti ho ibernato perchè stavi per distruggere tutto quanto e mentre ti stavamo portando al sicuro in una nostra base segreta Igin e i suoi simpatici amici ci hanno attaccato. Io ufficialmente dovevo portarti da Cooler che ti avrebbe offerto un'alleanza, credo, ma in realtà volevo tradirlo per poterlo uccidere col tuo aiuto. Lo so, è molto confusionario ma col tempo capirai.» provò a spiegare la donna, sorridendogli.
«Io invece sono Igin, quando ti ho portato via dall'astronave di Meyra avevo il compito di consegnarti a Freezer, dato che sono il capitano di una delle sue squadre speciali.»
«Squadre speciali? Come la Ginew?» lo interruppe il terrestre.
«Già, hai avuto modo di incontrarli? Aspetta, eri su Namek?!»
«Sì, mio padre li ha sconfitti facilmente. Loro erano i più scarsi, immagino.»
«Cosa?! Ma... loro erano i più forti! Tuo padre doveva essere un portento.»
«Sì, lo era... Ma ormai anch'io potrei farli fuori con una facilità estrema.»
«Dici sul serio?! Beh, comunque... Quando ho saputo della disfatta di Freezer ero ancora in viaggio, così, non potendoti portare sul mio pianeta ho deciso insieme al capitano della Squadra Beta di mandarti su Trazlaac.».
Quell'ultima frase sconcertò il saiyan, che fece un passo indietro.
«Aspetta... Quindi tu mi hai portato lì? Tu mi hai condannato a quell'inferno?!» sbraitò.
«Lo so, mi dispiace, ancora oggi me ne rammarico. Ti faccio le mie più sincere scuse.» replicò lo skahriano, chinando la testa.
«Lì ho visto cose che neanche immagini. Ho visto morire l'ennesimo amico, sono stato quasi ucciso dal capo delle guardie, e tutto per colpa tua.» strinse i pugni sempre più forte e digrignò i denti e fu allora che Igin comprese le parole di Raichi: "Son Gohan non ha alcun controllo sul suo potere, per quanto ne sai potrebbe ucciderti in un momento di follia, sciocco!". E se avesse ragione? Come una premonizione ciò che aveva detto minuti prima stava per avverarsi, forse aveva sbagliato tutto. Spaventato si mise in posizione di combattimento, pronto a ricevere un suo attacco.
«... Fu... fuo... FUORI DAI PIEDI!» tuonò il ragazzo, scaraventandosi con un balzo sul Delta che ricevette in pieno un pugno sul torace che gli mozzò il respiro. I suoi colpi trasudavano rabbia in una quantità smisurata. Ogni calcio e ogni pugno feriva gravemente l'ex soldato di Freezer, che sputava sangue ad ogni attacco. Gohan diede sfogo alla sua ferocia con un ultimo calcio rotante che fece schizzare via Igin fuori dal veicolo, sfondandone il fianco. Il povero soldato si allontanò sempre di più finche non diventò un puntino.
«Cerca di calmarti, ragazzo, ok? Siamo una squadra adesso, vedi di perdonarlo. Se può farti stare meglio abbiamo ucciso quel tizio e i suoi seguaci quando ti abbiamo salvato.» si avvicinò Cream. In tutta risposta il saiyan si voltò verso di lui di scatto restituendogli uno sguardo che suggeriva tutto tranne che la calma.
«Una squadra?! Io non vi conosco, anzi, ognuno di voi mi ha trattato come un'arma da usare contro qualcun altro. Andate al diavolo, io me ne vado!» tuonò, sollevandosi in aria e uscendo dal velivolo.
«Non va bene, non va affatto bene.» commentò l'uomo.
«Dagli tempo, si calmerà prima o poi. Ne ha passate tante, troppe. Mi ricorda me quando Cooler mi portò via dal mio pianeta, avevo così tanta rabbia in corpo che temevo di esplodere.» disse Meyra. Detto questo anche lei uscì dal mezzo e si diresse nella stessa direzione in cui Igin era andato.
«Vado a recuperare l'idiota, ci serve vivo anche lui, prepara la vasca di rigenerazione.».
Nel frattempo, il figlio di Goku volava più velocemente possibile per allontanarsi da quella gente. Il vento gelido e tagliente di quel pianeta senza vita gli sferzava il viso, ma a lui non importava. Aveva fame, sete, sonno, ma tutto questo era irrivelante ora. Ne aveva viste troppe quel giorno, non poteva sopportare altro. Allontanatosi abbastanza, il giovane si fermò a mezz'aria. Sotto di lui le macerie di una antica città spezzavano la monotonia del paesaggio fino ad allora deserto. La furia fremeva sotto la sua pelle, voleva uscire e distruggere tutto quanto, poteva sentirla. In un impeto di collera Gohan urlò quanto più poteva liberando tutta la sua energia. Lassù, nel cielo, non poteva fare del male a nessuno, per cui si lasciò andare totalmente. Doveva sfogare quella rabbia, farla uscire in qualche modo. Sollevò le mani al cielo e generò tutta la propria energia in una sfera enorme dal colore giallastro. Ora, se l'avesse lanciata contro la superficie sicuramente il pianeta sarebbe stato distrutto, per cui la indirizzò verso il cielo con tutta la sua forza. L'enorme massa esplose qualche secondo più tardi dando vita a un gioco di luci che tinse di giallo il cielo. A corto di fiato e di energie, il giovane chiuse gli occhi e si lasciò cadere, impattando contro quello che un tempo doveva essere un edificio. Tra la polvere e le macerie Gohan si addormentò, abbandonando quei tetri pensieri che attanagliavano la sua mente.

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Capitolo 32
*** Allenamenti estenuanti ***


«Hai sentito anche tu?» gracchiò la voce rauca di Raichi.
«Sì, si tratta di Gohan.» rispose il namecciano.
«Immaginavo. Tienilo d'occhio, non voglio che distrugga il mio pianeta.».
Piccolo annuì con il capo e, sollevatosi in volo, lasciò il castello. Nel frattempo Gohan si era svegliato e, cacciato e mangiato qualche animale per rimettersi in forze, aveva iniziato il proprio allenamento. Il posto da lui scelto gli ricordava il deserto in cui il suo maestro lo aveva portato quando era piccolo, per fronteggiare l'arrivo dei saiyan. Lì aveva imparato le basi della sopravvivenza, e soprattutto a cavarsela con le proprie forze senza l'ausilio del padre. La situazione adesso era molto simile: un nemico da sconfiggere, un deserto in cui allenarsi in isolamento dal resto del mondo. Agitava vorticosamente il proprio corpo nell'aria, sferrando calci e pugni. I suoi lunghi capelli seguivano le stesse movenze, mentre copiose gocce di sudore toccavano il suolo scandendo il ritmo della fatica.
Dopo più di due ore ininterrotte di esercizio, il terrestre decise di sedersi per terra e riprendere fiato. Si osservò in un riflesso di una pozzanghera d'acqua accanto a lui. Era cresciuto, eccome se lo era. I segni della prigionia, le cicatrici che aveva sul volto e che facevano capolino dal petto gli ricordavano quelle giornate terribili in cui progettava come andarsene.
«Tsk, luride guardie, non valevate niente. Se non fosse stato per quel siero vi avrei ridotto in cenere! E soprattutto Grend sarebbe ancora vivo...» mormorò, sputando per terra.
«Bene, mi sono riposato a sufficienza, riprendiamo da dove avevo interrotto!» si disse.
«Prima però voglio liberarmi di questa tuta, è ridotta a brandelli e mi ricorda il puzzo della mia cella.» la afferrò con la mano e se la strappò via, rimanendo con i soli pantaloni. Nel frattempo, a svariati chilometri di distanza anche Meyra e Cream si stavano allenando duramente per prepararsi a un probabile scontro contro Cooler.
«I miei poteri non sono abbastanza contro di lui, per cui prima devo migliorarmi fisicamente!»
«Che intendi?»
«Voglio dire che non funzionano con quelli che sono molto più forti di me, non riesco a entrare nelle loro menti o applicare la gravità su di loro. Coraggio, cominciamo!» intimò la ragazza, scagliandosi contro il compagno che si parò incrociando le braccia. Egli rispose sbalzandola via con la propria aura e dopodichè approfittò della sua perdita di equilibrio per sferrarle un pugno in pieno volto, che però venne deviato da un colpo energetico. La giovane sorrise e ricambiò l'offensiva dando una ginocchiata sull'addome, facendo piegare in due Cream, e in seguito lo colpì con un calcio rotante che lo fece scaraventare contro una roccia.
«È tutto qui quello che sai fare? Sono più forte di te, lo ammetti?» gli urlò la guerriera, ridendo.
«Non è ancora detta l'ultima parola!» si sentì aldilà della coltre di fumo. Da essa fuoriscì una sfera energetica che si dirigeva a tutta velocità contro di lei. «Fin troppo facile!» disse Meyra, deviandola verso l'alto col braccio. «Dietro di te!» si annunciò Cream, colpendo con entrambi i pugni la schiena della compagna che cadde inevitabilmente a terra, dolorante. Si rialzò tossendo e ansimante.
«Niente male, hai nascosto la tua aura e sei riuscito a distrarmi con quel colpo energetico.» disse.
«Già, sono proprio furbo, eh? La prossima volta, anzichè parlare concentrati!» si vantò l'altro, impettito.
«Ricordati che in un combattimento vero ti sconfiggerei come niente, usando i miei poteri!» ribattè questa. Si legò i capelli argentei formando una coda di cavallo, poi si rimise in guardia.
«Il vero scontro inizia adesso, arrivo!». Il giovane sorrise e si preparò al secondo round. Non poteva fare a meno di notare il corpo formoso della ragazza che aveva di fronte. Indossava un top bianco che le arrivava all'ombellico e un paio di pantaloncini aderenti dello stesso colore che lasciavano scoperte gran parte delle cosce. Preso da quella visione angelica egli non la vide arrivare e così ricevette una gomitata sul naso, che lo fece urlare dal dolore.
«Ahi, ahi! E dai, ero distratto!» disse, tastandosi il naso e con le lacrime agli occhi.
«Le distrazioni non sono concesse, nemmeno se stai ammirando la mia bellezza!» replicò Meyra facendogli l'occhiolino e al contempo tartassandolo di calci e pugni.

Luogo: Pianeta Fantasma, deserto

Il saiyan stava eseguendo dei piegamenti sulle braccia in verticale e con sole due dita per mano quando percepì una presenza a lui familiare nelle vicinanze.
«Da quanto tempo mi osservi?» disse, non fermandosi.
«Da un po'. Sei diventato forte dallo scontro con Freezer, sai? Avevo ragione su di te.» rispose Piccolo, atterrando alle sue spalle. Gohan si mise in piedi con un salto e lo fissò dritto negli occhi.
«No, LUI aveva ragione, non tu. Sei solo la sua ombra.» affermò il ragazzo, guardandolo come se fosse un mostro.
«Io sono esattamente identico a lui, non lo capisci? Guarda...» disse questi, sorridendo. Una scarica elettrica partì dalle sue antenne e ripristinò i vestiti di Gohan. Adesso quest'ultimo indossava una tuta viola in tutto simile a quella del namecciano. L'umano si osservò e poi tornò a fissare l'uomo davanti a sè con indifferenza.
«Questa è una cosa che farebbe lui, no? Ho i suoi ricordi, la sua forza, le sue tecniche.»
«Ma sei comunque controllato da quel vecchio.»
«Il Dr Raichi ha fatto sì che mettessimo da parte le nostre emozioni individualistiche. In uno scontro è importante collaborare, non credi? Se fossimo stati perfettamente coordinati probabilmente avremmo vinto contro Freezer, forse anche contro Cold. Pensa a tutti noi, uniti, che agiamo sotto un'unica mente, compreso Vegeta Super Saiyan, contro quei due Demoni. Io dico che saremmo stati invincibili.» spiegò.
«Non voglio pensare al passato, non può essere cambiato e nessuno può tornare in vita. Le Sfere del Drago sono solo un ricordo ormai. Non mi interessa se sei davvero come lui, aiutami solo a diventare più forte. Voglio essere come mio padre, voglio salvare l'universo.».
Piccolo sorrise nuovamente e si mise in posizione di combattimento.
«Molto bene, chiamerò anche Vegeta, mentre Crilin e Yamcha si alleneranno con quei tre.».
E così i mesi passarono e i guerrieri accrebbero la loro forza, raggiungendo vette mai pensate. Come preannunciato dal maestro di Gohan, Igin e Cream si addestrarono insieme ai fantasmi di Yamcha e Crilin e ogni tanto anche con Meyra, che si dimostrava diverse spanne sopra questi e pertanto preferiva un allenamento più individuale. Ben presto, raggiunta una potenza molto vicina a quella di Freezer nella forma più ridotta, si unì al gruppo formato da Gohan, Piccolo e Vegeta. In particolare la donna si affrontava spesso con il namecciano, più forte di lei, mentre i due saiyan combattevano violentemente e al massimo del loro potenziale.
«Devi diventare un Super Saiyan, o non avrai alcuna chance contro la lucertola.» ricordava spesso il principe al figlio del suo eterno rivale. Egli, sebbene fosse soltanto una copia era in tutto e per tutto uguale all'originale.

Sei mesi dopo

«Sei solo un patetico mezzosangue! Il solo pensiero che tu sia l'ultimo sopravvissuto della nostra orgogliosa razza mi fa venire il voltastomaco!» gli urlò il guerriero dorato mentre sferrava un calcio al giovane terrestre, mandandolo K.O. per l'ennesima volta. Questi, facendo forza sulle gambe stanche e tremanti dalla fatica si rimetteva in piedi, asciugandosi con il dorso della mano il sangue che gli colava dal labbro. Non riusciva a capacitarsi dei suoi fallimenti. Per riuscire a diventare un leggendario Super Saiyan aveva bisogno di arrabbiarsi come non mai, e lui di collera ne aveva da vendere, eccome se ne aveva. E allora perchè non si trasformava? Cosa lo bloccava? Questo evidentemente gli sfuggiva, e finchè non lo avrebbe scoperto sarebbe rimasto sempre un passo indietro a Vegeta. Quest'ultimo lo fissava dall'alto in basso con uno sguardo di disapprovazione che aveva imparato a conoscere bene, avvolto dalla sua fiammeggiante aura dorata.
«Non riuscirai mai a sconfiggermi, arrenditi moccioso!» lo intimava.
«Mi prendi in giro? Se mi potessi trasformare anch'io, ti batterei come niente!» replicò l'altro.
«E allora trasformati!»
«Tsk, non mi serve, Freezer è più debole di te, posso batterlo anche senza il Super Saiyan, sono diventato abbastanza forte ormai.»
«Ah sì? Vediamo un po'...».
Il principe dei saiyan concentrò la sua aura fino a farla diminuire leggermente.
«Questo corrisponde più o meno all'80% del livello di Freezer quando era su Namek, attaccami.» gli disse, facendogli cenno con la mano e sorridendo beffardo. Come risposta Gohan liberò tutta la sua piena potenza e si scagliò contro l'avversario. A pochi metri da lui il terrestre si teletrasportò sopra la sua testa e iniziò a tartassarlo con dei colpi energetici, che caddero sulla superficie come una pioggia esplosiva. Quando si alzò un gran polverone al punto che non si vedeva più nulla il mezzo saiyan interruppe l'attacco, riprendendo fiato. Sentì uno spostamento d'aria alle sue spalle e si voltò di scatto.
«Tutto qui? Non mi hai preso nemmeno una volta.» informò trionfante Vegeta.
In tutta risposta Gohan digrignò i denti e si gettò su di lui, colpendolo con una serie di calci e pugni che però vennero parati tutti dal guerriero dorato.
«Troppo lento.» disse. Il Super Saiyan cominciò la propria controffensiva mettendo a segno tutti i propri attacchi per poi concludere la stessa con una gomitata che fece schiantare al suolo il ragazzo. Quando quest'ultimo, fortemente debilitato, si rimise in piedi il nemico gli era nuovamente addosso e in poco tempo lo rimandò a terra con un poderoso calcio sul mento.
«Lo vedi, moccioso? Sei solo un insetto. Immortalità o no, Freezer ti farebbe fuori in pochissimi attimi. Allenati duramente e trova il modo di trasformarti, o al momento del dunque morirai presto.» il principe dei saiyan gli voltò le spalle, e, tornato normale, lo lasciò lì, cosparso di polvere e sangue. Il figlio di Goku, disteso e piegato in due dal dolore, osservava con occhi carichi di odio l'avversario che pian piano scompariva in lontananza. Ribolliva di rabbia e frustazione, ancor più di prima, ma in cuor suo sapeva che ciò che gli aveva appena dimostrato Vegeta fosse vero. La sua eccessiva sicurezza avrebbe potuto portarlo alla morte, non avrebbe più commesso questo errore. Con le poche energie rimaste egli si sollevò in volo per recarsi alla Vasca di Rigenerazione dell'astronave e ripristinare le proprie forze. Una volta guarito avrebbe ripreso i propri allenamenti ancor più duramente. Intanto, Meyra, aveva osservato tutta la scena, compatendo il ragazzo. Poteva capirlo in fondo, anche lei provava lo stesso. Voleva uccidere Cooler per tutto il male che aveva fatto alla sua gente e al suo pianeta, ma non aveva i mezzi per farlo. Per ora. Quei pensieri però sfumarono via velocemente poichè un Makankosappo di Piccolo stava per raggiungerla.

Un anno dopo

Gohan passeggiava avanti e indietro nel laboratorio di Raichi, impaziente.
«Perchè mi ha fatto chiamare?» disse ticchettando le dite sulle braccia conserte.
«Le mie ricerche di questi ultimi mesi mi hanno portato a un'analisi approfondita di come funzioni la biologia saiyan. Vegeta mi ha riferito le tue difficoltà nel trasformarti, così ho deciso di aiutarti: malgrado il mio stesso ribrezzo verso la vostra razza ritengo necessario il tuo pieno contributo per sconfiggere Freezer.».
«Capisco. Allora, cosa ha scoperto?» chiese il giovane.
«I saiyan riescono a concentrare la propria energia innescando la trasformazione in Super Saiyan utilizzando il proprio corpo come un catalizzatore. Tale infusione di energia, infatti, spiegherebbe anche il cambiamento del colore degli occhi e dei capelli. Per sfruttarla appieno i saiyan devono convogliarla dentro di loro ed espellerla contemporaneamente, accelerandone il flusso. Per potersi trasformare e sopportare tutta quell'energia bisogna avere una grande resistenza fisica alla gravità, dati gli sforzi a cui sarai sottoposto soprattutto all'inizio. Ho anche scoperto, che, come già saprai, le emozioni giocano un ruolo fondamentale, anche se come hai visto non sono l'unico fattore. Ho condotto diversi esperimenti sul sistema nervoso di Vegeta e ho compreso come la rabbia sia l'emozione più efficace e utile per innescare la trasformazione. È quindi di rilevante importanza essere arrabbiati, poichè in quei momenti l'aura cresce enormemente e si acquisisce una maggiore forza seguita da una evidente contrazione dei muscoli. È un'emozione primaria di cui ci serviamo naturalmente per eliminare gli ostacoli che si frappongono tra noi e il nostro obiettivo, per cui concentrati Son Gohan, qual è il tuo più profondo desiderio?» concluse lo tsufuru.
«Uccidere Freezer.» replicò con tono deciso l'altro.
«Bene, allora datti da fare. Ora hai tutti gli strumenti per diventare più forte, per cui vedi di sfruttarli al meglio.»
Il terrestre annuì, e, pensieroso, si avviò verso l'uscita. "Quindi non basta la rabbia, devo anche insegnare al mio corpo come resistere a un tale sforzo. Bene, il Dr Raichi ha parlato di gravità, ho un'idea a riguardo..." rifletteva, quando fu interrotto da quest'ultimo prima di lasciare l'edificio.
«Ragazzo, ho un'ultima cosa da comunicarti.». L'anziano tsufuru si avvicinò a lui fluttuando sulla sua sfera.
«E sarebbe?».
«Ho fatto un confronto tra le tue cellule e quelle di Vegeta, e ho notato un'interessante differenza.»
«Che cosa?! Come ha avuto quei campioni?!».
Raichi ghignò, trionfante. «Quando siete arrivati qui ho prelevato tramite delle nanospie le cellule di ognuno di voi. Abitudini di un vecchio scienziato...».
Gohan lo fulminò con lo sguardo, irritato.
«Ad ogni modo, sembra che la prima trasformazione in Super Saiyan modifichi permanentemente le cellule del vostro corpo. Infatti, nonostante apparteniate alla stessa razza, le tue e quelle di Vegeta sono diverse.».
«Non ha senso. Io sono per metà umano, la differenza di cui lei parla potrebbe dipendere da questo.».
«Lo so, infatti per il momento resta solo una teoria. Quando ti trasformerai ne sapremo di più.».
Uscito dal laboratorio il terrestre si alzò in volo e si diresse nella zona di allenamento, dove trovò Meyra. Ella era in cima a una collina e stava meditando, sospesa a mezz'aria. Il ragazzo atterrò davanti a lei e questa aprì gli occhi, tornando a terra.
«Ti chiami Meyra, giusto?» domandò.
«Sì. Che c'è?».
«Ho un favore da chiederti.». Tale affermazione incuriosì la guerriera, che finora non aveva avuto chissà quale rapporto con l'umano. Quest'ultimo spiegò la propria situazione e lei acconsentì, dopotutto era anche un allenamento per lei.
«Sei pronto?» chiese questa.
L'altro annuì.
«Cominciamo pure.». La donna si concentrò, alzò le braccia e le puntò in avanti. Ad un certo punto il corpo di Gohan si fece come più pesante, sentì una pressione così forte che lo costrinse a cadere in ginocchio. «Forza, prova a muoverti!» lo incoraggiò lei. "Se voglio sconfiggere Freezer, devo superare i miei limiti!" pensò lui. Il saiyan fece appello a tutta la sua potenza e iniziò a mettersi in piedi lentamente. Con i muscoli tremanti che imploravano pietà riuscì nel suo intento dopo qualche secondo. Meyra sorrise, soddisfatta.
«Bene, e ora prova a fare qualche passo. Fa' piano, non devi sforzarti!» disse.
«Fare piano, dici? No, non ho tempo per questo.». Con la fronte madida di sudore Gohan espanse la propria aura al massimo e iniziò prima a muoversi lentamente, poi a fare dei saltelli, poi a correre. Dopo qualche minuto era in grado di eseguire dei movimenti naturali, come se la gravità fosse normale. La guerriera osservava la scena sbigottita, sgranando gli occhi.
«Com'è possibile? Si è abituato alla mia Super Gravità in pochissimo tempo! Questi saiyan sono strepitosi... E sia, vorrà dire che dovrò impegnarmi ancora di più!».
Così proseguì l'allenamento dei due, con una continua sfida atta a oltrepassare i propri limiti, fisici di Gohan, psichici di Meyra. Ogni volta che il primo si abituava alla nuova pesantezza del proprio corpo, la seconda incrementava ulteriormente con non poca fatica la gravità, e via proseguendo. Entrambi in pochi mesi riuscirono ad ottenere un immenso potere, una grande forza che non sarebbe però passata inosservata agli occhi di qualcuno...

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Capitolo 33
*** Il piano di Raichi ***


Luogo: pianeta fantasma
Epoca: un anno e nove mesi dopo

«Eh? Che... ne... dici?» ansimava Gohan, mentre eseguiva dei piegamenti verticali tenendosi con sole due dita per mano.
«Non... male... Però... facciamo una... pausa» replicò Meyra, crollando a terra esausta a sua volta.
«Buona... idea.» approvò l'altro, restituendole un sorriso.
Le sue abilità psichiche erano migliorate molto, così come la forza del saiyan, ma l'allenamento sfiniva entrambi ogni singola volta, lasciandoli senza molte energie. Passato qualche minuto sdraiati per terra, il ragazzo si alzò e porse la mano all'aliena dalla pelle azzurra che restituì il gesto tirandolo a sè e bloccandolo con le braccia con una mossa di arti marziali.
«Visto? Stavolta ce l'ho fatta!» trionfò questa.
«Non vale, sono stanco morto e avevo la guardia abbassata...» ribattè l'altro, grattandosi la testa. Adesso appariva molto più muscoloso, con un fisico che somigliava molto più a quello di un uomo che a quello di un bambino, come si poteva notare dal suo petto tonico che sporgeva dalla tuta viola a brandelli, sebbene il viso tradisse ancora la sua vera età. I suoi capelli erano tornati ad essere corti, la lunga chioma corvina ostacolava infatti i suoi movimenti. La conversazione tra i due venne però interrotta dall'arrivo di Cream, che atterrò poco distante da loro.
«Ehilà, da quanto tempo!» lo salutò Gohan, appena alzatosi.
«'Giorno» ricambiò questi con un cenno del capo. I suoi occhi si spostarono poi sulla ragazza.
«Meyra.».
«Cream.».
I due non si vedevano nè parlavano da un paio di mesi, a causa di un litigio che era finito con la donna che se ne andava via imprecando. A quanto sembra, il guerriero aveva litigato con la sua compagna poichè ella passava sempre più tempo con Gohan, trascurando il loro rapporto e i loro allenamenti.

Due mesi fa
«Sei idiota o cosa? Devo allenarlo, è la nostra unica chance di battere Cooler e Freezer, andiamo, Cream!»
«All'inizio lo pensavo anch'io, ma ora non ne sono così sicuro! Se non te ne stessi con lui chissà dove per interi mesi e venissi con me, ti mostrerei come io ed Igin siamo migliorati tanto. Quei fantasmi sono molto utili, ci hanno insegnato tanto, abbiamo fatto dei passi da gigante! Unisciti a noi, con il loro addestramento e i tuoi poteri potremmo essere formidabili! Avrai la tua vendetta, Meyra! Lo ucciderai con le tue mani, questo non può non importarti! Lascia perdere il marmocchio!»
«Non posso credere di stare facendo questa conversazione. Hai perso di mira il tuo obiettivo, Cream? La desolazione di questo posto ti ha dato alla follia? Cosa pensi che stiamo facendo io e Gohan, eh? Ammirare il paesaggio e raccontarci aneddoti sulla nostra infanzia? Ci alleniamo giorno e notte, per l'amor del cielo! Voi tutti messi assieme non potreste scalfire minimamente Freezer o Cooler, mi dispiace dirlo ma la penso così...».
«... Non ti riconosco più.»
Poi, una volta compreso che il soldato non avrebbe mai cambiato idea, la donna girò i tacchi e andò via.

Tempo presente

«Sono qui per dirvi che Raichi ha qualcosa per voi. Beh, per tutti noi in realtà. Ci vediamo al laboratorio.» concluse. Con sguardo triste che lasciava trapelare la voglia di fare pace egli si librò in aria e andò via, senza aggiungere altro.
«Dovresti parlargli.» si intromise Gohan.
«Non sono affari tuoi.» tagliò corto lei.
«Coraggio, andiamo. Vediamo cos'ha da dirci quel vecchio.» sbuffò alzandosi in volo.
Il saiyan sospirò e la seguì.

Luogo: spazio, nei pressi del pianeta fantasma
«Padre, è questo il luogo di cui mi avevi parlato?» disse una voce che pareva appartenere a un giovane.
«Sì, figlio mio. Qui si trovano dei guerrieri formidabili, compreso il saiyan.» affermò una seconda voce appartenente stavolta a un adulto.
«Il saiyan? Finalmente...» sussurrò il ragazzo, che guardando l'abissale paesaggio stellare fuori dalla sua astronave fremeva dall'eccitazione, stringendo i propri pugni e incurvando le labbra in un sorriso.
«Da qui in poi proseguiremo in volo, preparati a uscire dall'astronave. Se atterrassimo sicuramente verremo localizzati.» spiegò il più grande.
«Cosa?! Ma è una distanza enorme, padre! Ci metteremo due giorni con l'aura ridotta al minimo!» protestò il figlio.
«Se vogliamo un effetto a sorpresa e quindi maggiori probabilità di vittoria dobbiamo fare così. Figliolo, quando sarai più grande capirai che la mera forza bruta non è nulla rispetto a un piano ben ideato.» e così dicendo i due si avviarono verso lo sportello appena spalancato che li conduceva nello spazio siderale. Mentre la maggior parte degli esseri viventi sarebbe morta seduta stante, i Demoni del Freddo potevano tranquillamente risiederci per diversi giorni senza bisogno di ossigeno. I due alieni, con una velocità particolarmente bassa e l'aura ridotta al minimo per non farsi individuare, lentamente si avvicinavano verso il gruppo ignaro di guerrieri che avrebbero fronteggiato a breve.

Luogo: pianeta fantasma, laboratorio di Raichi

«Allora, perchè ci hai fatto chiamare?» chiese Igin, pur non ricevendo risposta. Girò il capo e vide arrivare anche Meyra, Cream e Gohan.
«Ah, ci siete anche voi!» li salutò.
Il saiyan, che ancora non lo vedeva di buon occhio per ciò che gli aveva fatto quasi due anni prima, lo superò dandogli una spallata.
«Ehi idiota, sei diventato più forte, vedo.» ricambiò invece la donna, ghignando.
«Quanta simpatia... Non immagini quanto, Meyra. Presto te lo dimostrerò.» replicò questi in tono di sfida, facendogli l'occhiolino.
«Vedo che non siete migliorati affatto. Con il vostro spirito di squadra non andrete molto lontano nella battaglia contro Freezer. Ecco perchè farò maggior affidamento sui miei fedeli fantasmi, nel compimento della missione.» si intromise Raichi, avanzando verso il gruppo.
«Missione? Che missione?» domandò Gohan.
«Ho ideato un piano, ragazzo. In questi due anni non me ne sono stato con le mani in mano, mentre voialtri bisticciavate di continuo. Ah, so che non puoi ancora diventare Super Saiyan, mi ha riferito Vegeta.».
«Non sono affari tuoi, sono molto vicino al mio obiettivo, lo sento!» si difese il terrestre, innervosendosi.
«Rilassati, non vi ho fatto chiamare per provocarvi. Adesso, veniamo al dunque.».
«Ho attuato un piano, come vi dicevo, nel caso in cui Freezer o un membro della sua famiglia dovesse farsi vivo. Ora, non sappiamo se l'immortale sia ancora in circolazione, ma per definizione un immortale non può morire, quindi ne sono abbastanza certo. Lasciate che vi introduca alla mia ultima e più importante creazione scaturita dalla mia brillante e geniale mente. Ecco a voi, Void!» e detto questo lo scienziato premette un pulsante su un telecomando che stringeva in mano. Una parte del pavimento si aprì, lasciando salire lentamente un enorme portale circolare costituito da due archi molto robusti in metallo. La struttura era alta circa sette metri, ed era talmente imponente che sorprese tutti i presenti, compreso il suo stesso creatore che la ammirava con un sorriso carico di orgoglio.
«Wow... Che cos'è?» chiese Cream, sbalordito.
«Questo, signori, è un portale.» rispose Raichi.
«Un portale per dove?» disse Gohan, accigliato.
«Per una dimensione diversa da quella in cui ci troviamo noi e tutte le creature viventi di questo universo, Son Gohan. Mi spiego meglio: decine di anni fa, dopo lo sterminio degli tsufuru ad opera dei saiyan ero totalmente distrutto e carico di odio. Lavorai senza sosta per moltissimo tempo a un progetto, quello di creare un portale che mi avrebbe condotto ad una dimensione alternativa, a un universo parallelo dove magari gli tsufuru fossero ancora vivi. Volevo ricrearli anche sul nostro universo partendo dal loro DNA, ma le mie ricerche non mi portarono dei risultati che mi convinsero ad andare avanti. Non sono riuscito a creare una frattura nello spazio tempo, questo perchè non avevo energia sufficiente. Ma ora, ho i miei fantasmi. Usando la loro energia e convergendola in un unico punto posso creare, almeno teoricamente, uno squarcio nel tessuto dell'universo.» spiegò lo scienziato.
«Ma come fa ad essere sicuro che funzionerà? Voglio dire, lei non ha le prove che esistano universi paralleli diversi dal nostro.» affermò Gohan.
L'anziano alieno sorrise, incurvando i folti baffi bianchi.
«Beh, invece sì. Quando condussi le ricerche per la prima volta, notai un'anomalia in un punto lontano a nord della galassia. In seguito alla collisione di due enormi buchi neri si creò un'energia tale da creare, per un istante, quella che aveva tutti i presupposti di essere una frattura per una dimensione alternativa. Per pochissimo tempo, ma eccola lì. Provai a riprodurre l'esperimento in laboratorio, ma, come detto, non avevo l'energia necessaria. Ora, se noi riuscissimo ad attirare un ipotetico Freezer qui, potremmo lanciarlo dentro il portale e liberarcene per sempre. Secondo i miei studi e i miei calcoli con la potenza attuale a nostra disposizione dovremmo aprire un varco per una dimensione totalmente vuota, una regione di spazio intermedia tra un universo e l'altro. Quello che io definisco "salto", ossia lo spostamento da un universo all'altro, richiede infatti una quantità di energia ancora superiore a quella attualmente a nostra disposizione, ma con l'aumento della tua forza, Son Gohan, un giorno potrò realizzare il mio sogno e tu, forse, potrai riabbracciare i tuoi cari, anche se ho ribrezzo ad andare in un mondo in cui vi sono ancora i saiyan, ma come si dice, "niente sacrificio niente vittoria".».
Quella informazioni, tutte in una volta, alimentarono le ormai spente fiamme della speranza nel cuore di Gohan. Un universo in cui suo padre, sua madre, Bulma e gli altri erano ancora vivi? Questo era un sogno, un qualcosa che non avrebbe mai sperato neanche nei suoi sogni più lontani e irrealizzabili. Sarebbe andato sulla Terra, avrebbe spiegato loro la situazione, si sarebbe fatto prestare le Sfere del Drago e bam! Tutti i suoi amici, Terra compresa, sarebbero tornati al loro posto! Niente di più bello e più facile, dopotutto! In cambio doveva solo aiutare quel vecchio nel suo progetto. Sì, lo avrebbe fatto sicuramente. Ripensò a tutte le belle emozioni che avrebbe potuto riprovare: il tenero abbraccio di sua madre, il sorriso spensierato del padre e la sua bellissima casa in mezzo a quella foresta che tanto aveva amato da piccolo.
«D'accordo, ci sto! Facciamo fuori quel mostro e riprendiamoci le nostre vite!» esclamò Gohan, in preda all'entusiasmo e all'eccitazione.
«Sapevo avresti accettato, ben fatto ragazzo! La scienza ci condurrà alla vittoria, trascenderemo il potere degli Dei che tanto a lungo ci hanno ignorato, non alzando mai un dito!» replicò l'altro, tendendogli la mano. I due se la strinsero in segno di alleanza.
«Questa cosa di viaggiare negli universi paralleli non mi convince, ma per la prima parte del piano ci sto.» avanzò Meyra.
"Bene" pensò il vecchio, sorridendo, "per la seconda fase non sarai necessaria".
«Se abbiamo una possibilità contro Freezer, mi va benissimo qualunque cosa.».
«Penso anch'io lo stesso.» affermarono Igin e Cream.
«Ottimo, ci siamo tutti. Adesso dobbiamo solo capire dove sia finito il Demone del Freddo, attirarlo qui e attuare quanto detto. Ci vorrà del tempo, ma lo troverò. Fino ad allora sentitevi liberi di continuare i vostri allenamenti, ma prima eccovi dei regali da parte mia per ognuno di voi.» disse Raichi, divenuto improvvisamente cordiale. Allontanatosi dal gruppo riprese i propri compiti al computer. "Il piano sta andando alla perfezione. Non mi importa assolutamente niente di quegli idioti, tutto ciò che bramo è riportare in vita la mia nobile specie. Come avevo previsto, fare leva sui sentimenti di quel ragazzino si è rivelata una mossa vincente.". Premuti dei tasti sulla tastiera, dal pavimento fuoriuscirono quattro tavoli con sopra delle scatole bianche. Ognuno dei guerrieri aprì quella con il proprio nome inciso sopra e ciò che si rivelò al loro interno era qualcosa di estremamente prezioso.
«Avete davanti ai vostri occhi la battle suite saiyan in versione 2.0, appositamente modificata e migliorata da me! Ognuna di queste armature è più resistente, elastica, duratura e comoda dei vostri attuali vestiti, per cui prendetele pure, vi serviranno per i vostri futuri combattimenti. Ovviamente ho caricato le battle suite anche sui miei fantasmi.» spiegò lo tsufuru.
Dopo i dovuti ringraziamenti i quattro la indossarono e se ne andarono. Volando via insieme a Meyra, Gohan sorrise. «Cos'hai da ridere?» domandò la donna.
«Eh? Niente, ho pensato al signor Piccolo con l'armatura da saiyan e mi è scappato un sorriso. Sai, lui non ne avrebbe mai messa una e questa è un'ulteriore prova che quei fantasmi sono solo dei burattini di Raichi.».
«Ah, capisco.». La ragazza era pensierosa, le parole di quello scienziato la avevano turbata. C'era qualcosa in lui, un presentimento l'avvertiva che non era stato del tutto sincero su quanto detto, ma non poteva dimostrarlo. Certo, doveva ammettere che l'idea di ripristinare il suo pianeta com'era prima dell'attacco di Cooler e riportare in vita tutti i morti tramite quelle sfere magiche la allettava e non poco, ma le sembrava una cosa innaturale, una forzatura dell'equilibrio dell'universo. Perplessa, decise di condividere i suoi pensieri con Gohan.
«Tu sei convinto al 100% che Raichi è stato sincero con noi?» chiese, mentre i due sfrecciavano tra il vento.
«Certo, perchè dovrebbe mentirci? Vuole solo riavere indietro la sua vita riportando in vita la razza tsufuru, lo capisco in fondo.».
«Non saprei, non riesco a leggere la sua mente, forse è perchè è un fantasma... Comunque, ricordati che fino a poco tempo fa voleva ucciderci, ti chiedo solo di fare attenzione.».
«D'accordo.».
I due tornarono nel loro accampamento di fortuna in mezzo a delle montagne dove avevano trascorso il loro allenamento. Dato che la notte lentamente faceva capolino con l'avanzamento delle tenebre, andarono a dormire, non sapendo cosa gli sarebbe aspettato il giorno successivo.

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