Fairytale~

di Melabanana_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue. ***
Capitolo 2: *** Event One -The Saving Point. ***
Capitolo 3: *** Event Two -Hansel & Gretel's Sweet Dreams. ***
Capitolo 4: *** Event Three -The Cat and the Fox. ***
Capitolo 5: *** Event Four -Meet the Piper of Hamelin. ***
Capitolo 6: *** Event Five -Nocturne for peace. ***
Capitolo 7: *** Event Six -The Princess in The Tower. ***
Capitolo 8: *** Event Seven -Against The Dragon. ***
Capitolo 9: *** Event Eight -A Girl's Sweet Love. ***
Capitolo 10: *** Event Nine -Cinderella's Troubles. ***
Capitolo 11: *** Event Ten -Who Lost The Glass Slippers? ***
Capitolo 12: *** Event Eleven –The Minstrel’s Tale. ***
Capitolo 13: *** Event Twelve -Waltz for The Heartbroken. ***
Capitolo 14: *** Event Thirteen -Damsel in Distress. ***
Capitolo 15: *** Event Fourteen -Mirrow Mirrow On The Wall. ***
Capitolo 16: *** Event Fifteen -Ending Credits. ***
Capitolo 17: *** Epilogue - Afterwards. ***



Capitolo 1
*** Prologue. ***


Prologue.

Non era semplicemente stanco di andare a scuola, l’intero mondo lo irritava: questo pensava Kariya, quella mattina, camminando per le strade di Inazuma-cho.
Era stanco della quotidianità, della routine.
Durante la notte aveva nevicato; le auto parcheggiate ed i marciapiedi erano stati completamente imbiancati. La neve scivolava abbondante dai tetti, macchiando a chiazze le strade ghiacciate.
Kariya era uscito legandosi la sciarpa fino a sopra il naso. Quando si era svegliato ed aveva aperto la finestra, era stato travolto dall’aria fredda invernale e la voglia di andare a scuola era svanita immediatamente. A quel punto avrebbe voluto solo chiudersi in casa e giocare ai videogame in pace, ma sapeva che Midorikawa si sarebbe arrabbiato se l’avesse trovato ancora in camera. Sicuramente avrebbe fatto la spia a Hiroto, o peggio, a Hitomiko. Avrebbe detto loro che aveva saltato volontariamente la scuola, e poi sai che palle sentirsi la ramanzina da parte di tutti e tre.
Già gli bastavano le ramanzine di Kirino. Il senpai riusciva sempre ad essere snervante, era costantemente pronto a ficcare il naso nei fatti suoi. Kariya sbuffò: gli sembrava di sentire chiaramente la voce di Kirino mentre gli dava ordini.
“Kariya, passa la palla!”
“Kariya, difendi su di lui!”
“Kariya, non fare lo sgambetto a Kageyama mentre non ti guardo!”
Eh sì, era davvero fastidioso. Non c’era gusto a fare scherzi con lui in giro.
Non si era allontanato troppo dal Sun Garden; aveva soltanto girovagato durante l’intero orario delle lezioni, contando di tornare appena possibile. Ormai era ora di pranzo ed il suo stomaco brontolava. Aveva voglia di un cibo caldo e non gli andava di camminare ancora, perché aveva già le scarpe fradice e i calzini bagnati che gli congelavano i piedi. Sperava che nessuno che lo conoscesse lo vedesse in quel momento. Per non spendere troppo denaro, al Sun Garden c’era l’uso di passare gli abiti vecchi, ma ancora in buone condizioni, di generazione in generazione; per questo, il cappotto che Kariya stava indossando non era stato comprato per lui, bensì per Hiroto, quando era ancora un ragazzo del liceo. A quell’età, Hiroto era evidentemente già più alto di lui e, se a lui il cappotto era andato giusto, per Kariya era enorme, gonfio come un marshmellow. Kariya si sentiva stupido ad indossarlo, ma in verità non gli dispiaceva possedere cose che erano state di Hiroto... E poi, in fondo, era meglio di ciò che gli avevano lasciato i suoi genitori, cioè nulla.
Il ragazzino strinse le mani in tasca, desiderando ardentemente dei guanti. Bene,  decise, è ora di stabilire delle priorità. Per prima cosa, avrebbe comprato un raviolo al vapore, poi sarebbe tornato a casa al calduccio. A quell’ora sicuramente tutti gli adulti erano usciti, ma per evenienza cominciò a pensare ad una buona scusa da usare se gli avessero chiesto come mai fosse rientrato prima del solito.
Mentre era distratto da questi pensieri, non si accorse di un cumulo di neve davanti a sé e vi affondò dentro con l’intera scarpa.
-Dannazione- sussurrò. Odiava l’inverno, finiva sempre per ammalarsi. Abbassò lo sguardo per controllare di non essersi infradiciato anche l’orlo dei pantaloni e, con la coda dell’occhio, notò un negozio di antiquariato. Si andò a specchiare nella vetrina e fece una smorfia: aveva davvero un aspetto orribile. Hiroto l’avrebbe preso in giro di nuovo se si fosse ammalato.
-Ragazzino, togliti dai piedi! Devo chiudere!
Si girò ad osservare chi aveva parlato, un uomo sulla cinquantina con fini baffetti neri. Kariya lo rinominò immediatamente “Baffetti” nella sua testa. L’uomo aveva in mano un lucchetto e delle chiavi e, quando Kariya non si mosse, lo spostò bruscamente sgomitando. Estrasse dalla tasca un telecomando, premette un pulsante ed una saracinesca cominciò a scendere sulla vetrina.
Il rumore era davvero insopportabile.
Kariya fece per voltarsi e andarsene, ma mentre Baffetti armeggiava con il lucchetto, chino davanti alla saracinesca, notò che aveva una scatola colorata sotto braccio.
-Cos’è quello?- domandò.
Baffetti lo guardò, accigliato. Kariya si ammutolì e distolse lo sguardo, nervoso.
L’uomo lanciò un’occhiata alla scatola e poi di nuovo a lui.
-Questo? È solo un videogioco per computer. Me l’hanno portato qualche giorno fa, avevo intenzione di venderlo ma non sembra essere merce apprezzabile- disse con un’alzata di spalle.
-Perciò lo butterò. Ora va a casa, ragazzino, fa troppo freddo per star lì in piedi senza far niente- suggerì in tono brusco.
Kariya gli rivolse un’occhiata torva.
Baffetti lo irritava, come lo irritavano tutti gli adulti che gli parlavano con condiscendenza.
Non appena l’uomo si girò, Kariya fece un passo avanti e gli sfilò rapidamente la scatola dalle mani.
La scosse un po’ per sentire quanti pezzi c’erano dentro, poi tolse il coperchio e si concesse di esaminare il videogioco. In copertina troneggiava il titolo, Fairytale, ed il nome dell’autore.
-La grafica sembra figa- commentò osservando i disegni.
Baffetti scattò in avanti per riprendersi la merce, ma Kariya fu più veloce e arretrò, togliendolo dalla sua portata. Abbozzò un sorriso divertito di fronte al cipiglio irritato dell’uomo.
-Perché un videogioco si dovrebbe trovare in un negozio d’antiquariato?- insistette.
L’uomo sbuffò. -Perché è un gioco incompleto. S’interrompe ad un certo punto e non c’è la fine.
La sorpresa cancellò dal viso di Kariya il sorriso.
-Oh? E perché mai?
-Perché il creatore è morto prima di completarlo.
Kariya abbassò immediatamente lo sguardo sul gioco, mordendosi il labbro. Se davvero era incompleto, allora era inutile giocarci, eppure proprio questo lo incuriosiva.
Baffetti dovette leggergli questa morbosità nello sguardo.
-Va bene, tienilo. A me comunque non serve più, è inutilizzabile. Ma se ti diverte, prenditelo pure- disse, alzando gli occhi al cielo.
-Ora vattene e lasciami chiudere il negozio. Fa un freddo cane qui fuori- bofonchiò, torvo. Chiuse il lucchetto, poi andò verso un’auto grigia, ci si infilò dentro imprecando contro la neve e partì, rompendo il ghiaccio sulla strada al suo passaggio.
Nel frattempo, Kariya aveva elaborato una nuova lista delle priorità: al primo posto c’era ancora il raviolo caldo, poi sarebbe andato a casa ed infine avrebbe provato il nuovo gioco. Senza aspettare oltre, quindi, si allontanò dal negozio di antiquariato.
Aveva alcuni yen in tasca, il rimanente della paghetta che Hiroto gli dava ogni mese, e con quelli si comprò un raviolo di carne al vapore, così caldo che si ustionò la lingua appena diede un morso. Però era buono e gli riscaldò le mani e lo stomaco.
Di certo al Sun Garden il riscaldamento sarebbe stato acceso, perciò si affrettò a tornarci. Non sentiva quasi più i piedi a causa delle scarpe fradice e gelate. Ormai intravedeva il cancello del Sun Garden da lontano;  c’era qualcuno ad aspettarlo là davanti e, quando Kariya vide chi era, per poco il raviolo non gli cadde da bocca per la sorpresa.
-Che cavolo ci fai tu qui?!- esclamò, tenendo stretti sia lo spuntino che il gioco.
Al suono della sua voce, Kirino si voltò. La sua espressione sorpresa mutò rapidamente in un broncio.
-Lo sapevo! Ti sei finto malato solo per saltare la scuola, vero?!- esclamò, mettendosi le mani sui fianchi.
Kariya sospirò. No, proprio non poteva sopportare le sue ramanzine.
-Non sono affari tuoi- disse, passandogli accanto per aprire il cancello. Cercò di chiuderlo fuori, ma purtroppo Kirino intuì le sue intenzioni e lo bloccò, poi lo seguì fin dentro casa, rimproverandolo per la sua irresponsabilità.
-Ah, già. Matsukaze mi ha affidato questi, sono i compiti che devi fare per domani- disse ad un certo punto e iniziò a frugare in borsa per trovarli.
-Risparmiati la fatica, io non li voglio- replicò Kariya. Si tolse scarpe e calzini e s’infilò le pantofole.
-Non dire sciocchezze- ribatté Kirino torvo. –Devi prenderli per forza.
-No. Ho di meglio da fare.
-Ah, sì? E qual è questo impegno importantissimo che t’impedisce di studiare?
Kariya alzò gli occhi al cielo e lo ignorò. Odiava il suo tono saccente. Era più grande di lui di solo un anno, accidenti, perché si dava tutte quelle arie?
Infastidito, si infilò l’ultimo boccone di raviolo in bocca e salì in camera propria. Accese il computer  e, mentre questo si accendeva, si spogliò e si rivestì daccapo, soddisfatto di poter indossare vestiti asciutti e caldi.
Si era appena seduto davanti al computer quando Kirino entrò in stanza e posò un blocco di fogli sulla scrivania. Erano almeno una decina. Kariya li spostò senza darci nemmeno un’occhiata.
-Stai ancora qui? Cos’è, oggi non devi consolare il capitano?- esclamò.
Kirino gli scoccò un’occhiata torva. Non aveva apprezzato il tono sarcastico, o il riferimento a Shindou. Il suo migliore amico era un punto debole, Kariya lo sapeva bene.
-Ti stai mettendo a giocare invece di studiare seriamente- disse Kirino, serio. Kariya sbuffò, in parte deluso che il senpai non avesse abboccato alla provocazione.
-Wow, senpai, sei proprio noioso- borbottò. Poggiò la scatola del gioco sulla scrivania, aprì lo scatolo ed inserì il disco.
Lo schermo del computer si oscurò di colpo, tanto che Kariya temette per un attimo che il gioco gli avesse ammazzato il computer; invece, dopo alcuni secondi, sullo sfondo nero apparvero delle spirali dorate, che disegnavano contorni luminosi intorno a delle scritte. Kirino esitò, ma poi cedette alla curiosità e si sporse su di lui per vedere meglio.
-Cos’è? Un nuovo gioco?- chiese. Kariya annuì distrattamente, occupato a leggere.
 
Esiste un mondo dove le favole sono reali.
Desideri entrarci?
 
C’erano due opzioni. Kariya marcò col mouse la casella affermativa ed aspettò. Dopo un minuto, le scritte scomparvero e vennero sostituite da altre.
 
Incontrerai molti personaggi, esplorerai molti luoghi
E dovrai ricordare che nulla è come appare
Dovrai combattere per continuare a vivere…
 
Ma prima dimmi, chi sei? Fai ora la tua scelta…
 
 I due ragazzi fissarono perplessi le opzioni che si presentavano davanti a loro.
-Cappuccetto Rosso, Cenerentola, Hansel, Gretel…- Kirino lesse i nomi a voce alta e si accigliò. -Sono tutti personaggi delle favole…
-Probabilmente devo scegliere quale avatar usare- lo interruppe Kariya, li scorse tutti velocemente e decise.
-Bene, allora io sono Cappuccetto rRosso. E tu fai il lupo!- esclamò. Cliccò sull’opzione “due giocatori”, poi selezionò i ruoli.
-Eh?! Semmai sarebbe il contrario!- ribatté Kirino, ma ormai Kariya aveva già dato la conferma.
Le spirali si dissolsero nuovamente e, poco a poco, apparve un paesaggio simile ad una foresta incantata, sul cui sfondo s’intravedeva un castello scuro e avvolto da rovi.
Il cielo era terso, le nuvole fumose ed il sole splendeva dietro le fronde dei larghi alberi.
-Non è molto originale- commentò Kariya. –Questo sarà il capitolo uno?
 
Caricamento in corso… Attendi per favore…
 
 
Kariya si mise dritto sulla sedia, sbadigliando. Improvvisamente fissare lo schermo gli aveva fatto venire un gran sonno… Strano, perché non si era svegliato tanto presto quella mattina…
 
Al momento stiamo scrivendo il tuo destino…
Attendi per favore…
 
Prima ancora di rendersene conto, Kariya appoggiò braccia e viso sulla scrivania e si addormentò; anche Kirino, seduto accanto a lui, aveva chiuso gli occhi e dormiva placidamente con la testa sulla sua spalla.
Lo schermo s’illuminò.
 
Il caricamento è stato completato.

Bene, dunque…
Benvenuto nel mondo delle favole~



xxx
 
**Angolo dell’autrice**
Salve~ Vi ha incuriositi il prologo? Spero di sì ♥
Questa fic mi è stata ispirata da un videogioco per PSP uscito solo in Giappone; si chiama Zettai Meikyuu Grimm (“Il labirinto di Grimm”) ed è un fantasy con una grafica carinissima. Gli scenari delle favole sono molto belli e l’opening è intrigante, l'ho ascoltata tutto il tempo mentre scrivevo questo prologo. Potete guardare l'opening del gioco ed ascoltare la canzone qui
Non so assolutamente con quanta regolarità posterò… come al solito, purtroppo.
Alla prossima,
                Roby

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Capitolo 2
*** Event One -The Saving Point. ***


Event One -The Saving Point.


Kariya si svegliò con un mal di testa allucinante: ad ogni movimento del capo, una fitta gli faceva pulsare le tempie. Rotolò su un fianco con un mugolio sofferente e, mentre stava steso a pancia in su, fissò il cielo sopra di lui.
Era un bel cielo azzurro, così intenso che sembrava dipinto.
Kariya sbatté un paio di volte le palpebre, confuso. Non ricordava di aver mai visto un cielo perfetto come quello. Aveva la mente intorpidita. Stendendo e stringendo le mani poteva sentire i fili d’erba fra le dita, la freschezza della rugiada…
Un momento.
Perché c’erano erba e rugiada nella sua stanza? Perché vedeva il cielo? Lo shock gli restituì la lucidità perduta e lo fece scattare in avanti con una tale violenza che dovette ristendersi subito per il mal di testa.
-Oh, merda- borbottò. Girò lo sguardo e si guardò intorno: intravedeva sagome di alberi, molti alberi, e nient’altro.
Un’ombra si allungò su di lui e una massa di capelli rosa entrò nella sua visuale.
-Ti sei svegliato finalmente!- esclamò Kirino, chino su di lui. Kariya sgranò gli occhi e si alzò di scatto così bruscamente che Kirino dovette spostarsi per evitare una testata.
–C-cosa…?! Dove siamo?!- esclamò Kariya, nervoso.
-Non lo so. Quando mi sono svegliato, ero già qui, proprio come te- rispose Kirino scrollando le spalle. -Sembrerebbe una foresta, praticamente ci sono solo alberi… Ah, laggiù però dovrebbe esserci un’abitazione, s’intravede il tetto da qui.
Kariya lo ascoltava a fatica, non ce la faceva proprio a seguirlo. Kirino parlava troppo veloce per lui, ma non se n’era mai fatto un problema prima di allora: tanto, nel novanta per cento dei casi non gli importava di quello che stava dicendo. Si sedette più comodo, osservando con pigrizia il senpai che si dava da fare per trovare una soluzione. Fu allora che notò un paio di orecchie grigio scuro, decisamente non umane, che spuntavano dalla testa di Kirino, in mezzo ai capelli.
Kariya spalancò la bocca dalla sorpresa e sgranò gli occhi quando intravide anche grossi ciuffi arruffati all’altezza del fondoschiena di Kirino.
-Ma cosa…?- mormorò, poi allungò la mano ed afferrò quella coda.
Kirino sobbalzò e si voltò inviperito.
-C-cosa stai combinando?! Mi hai fatto male!- gridò.
Kariya non rispose, perché la sua attenzione era stata catturata dalle orecchie da lupo, che sussultavano ogni volta che il ragazzo alzava la voce.
Si alzò sulle ginocchia e tese le mani per toccarle, ma stavolta Kirino si ritrasse, guardandolo torvo.
-Smettila di giocare!- lo rimproverò.
-Beh, ma scusa…! Un lupacchiotto così non si vede mica tutti i giorni!- Kariya ghignò, adorava prenderlo in giro.
-Non chiamarmi più così!
-Non è colpa mia se hai quell’aspetto ridicolo!
-Io, ridicolo? Senti da che pulpito, Cappuccetto Rosso…! Ma ti sei visto?!
Kariya smise subito di sorridere e sbatté le palpebre, perplesso.
No, in effetti, non si era visto, quindi abbassò lo sguardo su di sé.
Lanciò un urlo.
Indossava una mantellina rossa con cappuccio sopra ad una maglia nera, una gonna rossa con enormi mutandoni bianchi, di merletto, e lunghi scaldamuscoli con bamboline nere lucide.
-Santo cielo, è anche peggio di quello che Hiroto voleva farmi indossare per Natale!- commentò rabbrividendo.
-Davvero?- Kirino ridacchiò.
Kariya ci pensò su. –Uhm… no. Quello di Hiroto era peggio.
-Immaginavo. Allora che facciamo?- disse il ragazzo dai capelli rosa.
-E cosa vuoi fare? Siamo in un fottutissimo videogame!- esclamò Kariya agitando le braccia a caso.
-Ci credi sul serio?- disse Kirino.
Kariya notò con un certo disappunto che le labbra del compagno si piegavano in un sorriso ogni volta che adocchiava il suo abbigliamento.
-Se hai un’altra spiegazione, allora illuminami…- replicò acido. -E smettila di ridere di me!
-Scusa, scusa, ma con quei vestiti…!- Kirino non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere così forte che si piegò in due, con le lacrime agli occhi.
Kariya strinse i pugni e piantò i piedi a terra. Era diventato paonazzo, quasi fino a far pendant con gli abiti.
-Smettila! Ti ho detto basta!- lo minacciò, imbronciato. –Tu… tu devi obbedirmi! Te lo ordino!
Nel momento in cui urlò le ultime tre parole, un grande collare apparve al collo di Kirino, con un lungo guinzaglio di corda che Kariya si ritrovò fra le mani.
Entrambi fissarono gli accessori esterrefatti.
-C-cosa sarebbe questo affare?! Toglimelo!- gridò Kirino dibattendosi per toglierselo, ma vanamente. Kariya spostò un paio di volte lo sguardo dal compagno al guinzaglio: gli bastò un attimo a decidere.
-Certo che no, senpai. A quanto pare sei il mio animaletto domestico, e che padrone sarei se ti lasciassi scorrazzare in libertà?- commentò con un ghigno vendicativo.
-Non scherzar.- disse Kirino cupo.
-Non scherzo. Magari ne avessi uno così anche nella realtà- replicò Kariya.
Lanciò uno sguardo tutto attorno, pensieroso.
-Dunque. Hai detto che c’è una casa giusto? Andiamo a visitarla! La cosa migliore da fare nei giochi è guardarsi intorno, cercare segreti!- dichiarò e si voltò per seguire il sentiero selciato fra gli alberi. Nel farlo, tirò il guinzaglio e Kirino si lamentò.
-Sei impazzito?!
-Forse non lo hai ancora capito, ma sono io che comando, lupacchiotto!
-Kariya, sei veramente…ugh! Non tirare!
Kariya fece finta di non averlo sentito mentre lo trascinava dietro di sé.
Non poteva fare a meno di ammirare la grafica: era proprio fantastica, così reale. Ogni singolo albero, fiore e nuvola era così realistico e al tempo stesso luminoso. Era tutto perfetto e decisamente fiabesco. Anche la casetta di legno, tanto grande dentro quanto piccola all’esterno, era decisamente uscita da una fiaba.
Kariya aprì la porta con un calcio e si fermò sull’uscio ad osservare l’unica stanza presente: era quasi del tutto spoglia, eccezion fatta per un tavolo d’ebano e, in un angolo, un cerchio blu luminoso.
-Bene, non c’è niente- commentò Kirino sarcastico, il cattivo umore trasudava da ogni parola.
-Qualcosa ci deve pur essere- replicò Kariya. Non ci credeva molto neanche lui, ma, d’altra parte, contraddire Kirino era una specie di dovere per lui.
-Vieni, entriamo- ordinò dando una leggera tirata al guinzaglio. Kirino sbuffò ma lo seguì.
Kariya fissò lo sguardo sul cerchio blu.
-Deve essere un centro di salvataggio- affermò, poi il suo sguardo ricadde sul tavolo, su cui c’era un grosso libro foderato di nero, con schiribizzi dorati sulla copertina. Il tomo aveva lo stesso titolo del gioco, scritto in piccoli caratteri incisi.
Kariya si avvicinò al tavolo, continuando a stringere il guinzaglio in una mano, mentre con l’altra prese il libro. Non appena lo toccò, esso s’illuminò e si sollevò in aria, restando sospeso ad un passo dalle sue dita, ed uno strano vento travolse Kariya facendo girare le pagine come impazzite.
-Kariya!- esclamò Kirino allarmato. –Tutto bene?! Cos’è stato?!
-Non lo so, ma non fa male- lo rassicurò Kariya accigliato. Sorrise.
-Ti sei preoccupato inutilmente, senpai.
Kirino arrossì leggermente e distolse lo sguardo.
-Non ero preoccupato, solo sorpreso- borbottò.
Kariya scosse il capo, il libro era rimasto aperto alla prima pagina. Scritte eleganti iniziarono ad apparire come inchiostro versato da una mano magica.
 
Benvenuto, padrone.
Prenditi cura di me.
 
Poi si chiuse e, con grande sorpresa dei due ragazzi, volò spontaneamente in un cestino di vimini posato a terra, dietro una delle gambe del tavolo.
Kariya si chinò e lo prese per il manico. –Questo lo porterò con me- disse.
-Ora possiamo andarcene?- domandò Kirino impaziente.
-Aspetta, prima di fare altri progressi è sempre meglio salvare- dichiarò Kariya, dando un altro leggero colpetto al guinzaglio per convincerlo a seguirlo nel cerchio blu.
Era come immergersi in una vasca di acqua gelida.
Kirino ebbe un brivido. –Terribile- commentò.
-Per una volta sono d’accordo con te.- Kariya non credeva alle proprie parole, perciò si affrettò a cambiare discorso. –Usciamo da qui- bofonchiò.
Si incamminò verso l’uscita portando con sé il povero Kirino. Una volta che furono fuori, la porta della casa si chiuse da sola alle loro spalle.
Davanti a loro si estendevano soltanto una miriade di alberi e un sentiero selciato che si snodava tra fiori e ortiche, fino a perdersi nel fitto della foresta.
-Non ci resta che andare avanti- sospirò Kirino.
Kariya annuì, poi si rese conto di ciò che aveva fatto e sbuffò.
–Dobbiamo assolutamente uscire da qui, essere troppo d’accordo con te mi snerva- disse.
Kirino alzò gli occhi al cielo. –Sarà una lunga avventura… 



 
xxx


**Angolo dell'Autrice**
Salve :'D
Sono passati secoli da quando ho postato il prologo... Purtroppo, non riesco mai ad aggiornare le long con una certa regolarità. Chiedo umilmente perdono! >u<"

Dilemma: ma questa fic è o non è AU? Penso di sì, perché dopotutto è ambientata in un gioco fantasy. 
Il progetto della fic comprende 15 "eventi", più il prologo e un epilogo. Dal prossimo capitolo inizieranno ad apparire altri personaggi (tutti quelli che appariranno saranno presi dalle fiabe/favole dei fratelli Grimm!).
Mi piacerebbe che riusciste ad immaginarvi gli scenari e i vestiti dei protagonisti... quindi eccovi un disegno di Kariya e Kirino! Spero vi piaccia :'DDDD

Ora devo andare a dormire, ciao~
Alla prossima!
Roby

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Capitolo 3
*** Event Two -Hansel & Gretel's Sweet Dreams. ***


Event Two –Hansel and Gretel’s Sweet Dreams.

“Uscire di qui”, più facile a dirsi che a farsi.
Apparentemente, il luogo in cui si trovavano sembrava essere solo di passaggio.
Non c’era nulla, se non la baracca di legno.
L’unica soluzione possibile era rappresentata dal sentiero che penetrava nella foresta, all’inizio del quale c’era un cartello piantato su un’asta di legno, ma qualunque cosa vi fosse scritta era resa illeggibile a causa del muschio e dell’edera che vi era cresciuta sopra, arrampicandosi a spirale sul legno.
Kariya i guardò un attimo intorno, notando che il sole artificioso batteva solo sul lato del sentiero.
-E’ chiaro… per il momento non abbiamo sbloccato altri sentieri.- mormorò.
-Ma chiaro cosa? Io non ci capisco niente.- commentò Kirino.
-E’ perché sei un ignorante.- Kariya sogghignò. L’altro lo guardò torvo e incrociò le braccia.
-Oooh, scusa tanto se io penso a studiare invece di giocare a queste cretinate!- esclamò.
Kariya gli fece la linguaccia.
-Non farei tanto lo spiritoso, il guinzaglio ce l’ho io.-
Kirino sospirò e prese a camminare. Kariya si affiancò a lui, vittorioso.
La foresta era buia, ma il sentiero era a tratti illuminato dal sole che filtrava fra le chiome, lasciando intravedere la sagoma ombrosa dei diversi tipi di foglie fra i sassi del selciato.
-Kariya?- Kirino interruppe il silenzio.
Il ragazzino si voltò, accigliato.
-Cosa credi che troveremo?- chiese Kirino un po’ preoccupato.
Kariya si passò una mano nei capelli. –Non ne ho proprio idea.-
-Ah, bene, e tu eri l’esperto…- Kirino sbuffò e roteò gli occhi.
-E’ la prima volta che ci gioco, eh.- replicò immediatamente Kariya.
Distolse lo sguardo e lo fece vagare sul paesaggio intorno a sé.
Quel gioco lo incuriosiva ogni minuto di più.
Diede un calcio ad una pietra, che sparì nel sottobosco.
Un sacco di domande si affollavano nella sua testa, accalcandosi l’una sull’altra –le più insistenti erano perché fossero finite nel gioco, e se il tempo scorresse in modo diverso.
“Hiroto e Midorikawa si preoccuperanno per me, o non si accorgeranno di nulla?” Si chiese, sconcertato.
All’improvviso la mano di Kirino si posò sul suo capo.
Kariya lo guardò sorpreso e lo trovò sorridente.
-Non preoccuparti, in due riusciremo a cavarci qualcosa.- disse il senpai tranquillo.
Kariya si ritrasse immediatamente dal contatto, con le guance imporporate, irritato dal suo atteggiamento materno assolutamente non richiesto -e poi che ne sapeva lui, leggeva nel pensiero ora?!
-Senti un po’…- stava per rispondergli con un insulto, quando il rumore di un rametto spezzato li fece sobbalzare entrambi.
Si voltarono verso la figura che era apparsa davanti a loro, immersa nell’ombra.
-Oh, scusate, vi ho spaventati? Non era mia intenzione.- disse, mite. –Chi siete?-
-E tu…?- domandò Kirino, scrutando l’ombra, incerto.
Il ragazzo rise. –Scusate, avete ragione. E’ scortese da parte mia chiedervi di presentarvi senza averlo fatto per primo. Dovete proprio scusarmi, ma è raro che qualcuno venga a farci visita da quando la Strega è morta…- spiegò mentre avanzava fino a venire nella luce del sentiero.
Era un ragazzo alto, con occhi zaffiro e una leonina chioma arancione; indossava abiti insoliti, un accozzaglia di colori diversi –pantaloni a palloncino bianchi, stivaletti rossi, camicia azzurra con gilet rosso, e un grande papillon arancio a pois azzurri. Però, aveva classe.
-Amemiya Taiyou?!- esclamò Kirino incredulo.
-Credo che la nostra mente ci giochi brutti scherzi.- aggiunse Kariya, cercando di non fissare troppo quell’accecante misto colorato.
Amemiya –o quanto meno il personaggio che egli rappresentava- fece un leggero inchino, e alzò una mano guantata di bianco in segno di saluto.
-Il mio nome è Hansel, e vivo in questo bosco con la mia adorabile sorellina, Gretel.- disse.
I due ragazzi sbatterono le palpebre perplessi, poi si scambiarono una rapida occhiata.
-Ecco la risposta alla tua domanda, senpai.- sussurrò Kariya. –E’ ovvio che incontreremo solo personaggi di fiabe in questo gioco.-
-Beh, e quindi che facciamo? Credi che questo sia un altro “livello”, o come cavolo lo chiami?-
-“Evento”, si chiama “evento”.- rettificò Kariya.
-Scusate se vi interrompo- intervenne Amemiya –ma voi siete visitatori?-
-Noi… sì.- rispose Kariya esitante. La sua risposta si rivelò giusta perché Amemiya sorrise.
-Ah sì? Che bello! Ve l’ho detto, non viene mai nessuno qui per paura della Strega… Oh, ma non preoccupatevi, io e Gretel ce ne siamo già liberati tempo fa.- Parlava velocemente per l’entusiasmo.
-Se non vi dispiace, potrei invitarvi per il tè? Sono certo che Gretel abbia già preparato tutto!-
-Va bene.- rispose Kirino sorridendo.
Amemiya si illuminò ancora di più. –Seguitemi, seguitemi! Oh, che bello!-
-Deve essere impazzito per la solitudine…- commentò Kariya a bassa voce, Kirino si lasciò sfuggire un sorriso.
La casa che li aspettava era prevedibilmente costruita con dolci del più vario genere, a cominciare dallo steccato di biscotto che circondava il giardino profumato di menta.
Dal tetto colavano grosse gocce di crema pasticciera, che scivolavano giù lungo le pareti di zucchero duro, e andavano a raggrumarsi sul terrazzino di cioccolata.
La porta, visibile fra due colonne -bastoncini zuccherati, perlati di rosso e bianco-, era un biscotto ricoperto da una patina di caramello con una ciliegia come maniglia, e tutto intorno ai suoi bordi erano stati applicati dei canditi colorati che luccicavano al sole.
Un profumo di cannella e tè usciva dalla finestra con tendine di fragola e davanzale di marzapane.
Kirino e Kariya sentirono l’acquolina firmarsi sotto la lingua mentre con Amemiya attraversavano il giardino, camminando su un selciato di pane bianco, fra cespugli di fori caramellati.
Amemiya, per nulla turbato dal paesaggio cui era abituato, aprì la porta con delicatezza e li fece entrare all’interno, dove il profumo di tè ai frutti rossi e limone si faceva più insistente, mischiandosi all’aroma di vaniglia emanato dai mobili.
-Diabete portami via…- borbottò Kariya senza fiato.
-Dalle vostre espressioni direi che la casa vi piace. Beh, è stato facile mantenerla così una volta impossessatici della arti magiche della Strega…- Amemiya sorrise.
-Vado a vedere se Gretel ha bisogno di una mano in cucina, voi potete accomodarvi.- aggiunse, gli indicò un tavolo tondo color cielo e le poltroncine sistemate intorno ad esso, poi sparì dietro un angolo.
Kirino e Kariya fecero appena in tempo a sedersi che il ragazzo ricomparve con in mano un vassoio, sulla quale erano poggiate la teiera e le tazzine da tè, nonché una tazza di zollette di zucchero e cucchiaini scintillanti. Subito dietro di lui, comparve Gretel con in mano un vassoio di biscotti al burro.
La ragazza aveva corti capelli blu, tenuti da un lato da una vivace molletta rosa.
Al contrario del fratello, indossava pochi colori -solo il bianco della camicetta e delle calze, e il rosa della gonna e degli stivaletti.
-Aoichan…- mormorò Kirino. Lei sorrise.
-E’ un piacere avere degli ospiti!- disse posando il vassoio sul tavolo. Amemiya la imitò.
Aoi gli lanciò uno sguardo affettuoso e arrossì.
–Anche se stare da sola con Hansel è comunque bellissimo. E’ un tesoro.- aggiunse.
-Tu sei molto più dolce. Se non ci fossi tu, sarei perso.- replicò Amemiya amorevolmente.
Kariya fece una smorfia. “Altro che la casa, questi due sono una massiccia dose di zucchero…”
Kirino sembrò intuire i suoi pensieri e ridacchiò.
Grazie a questo gesto, Amemiya e Aoi si accorsero della loro presenza e smisero di guardarsi romanticamente negli occhi.
Il ragazzo iniziò a versare loro il tè. -Zollette?- chiese cordialmente.
Kariya scosse il capo, preferiva il tè amaro come la natura lo ha creato –era così anche per la cioccolata, le cose amare gli piacevano, aveva gusti simili a quelli di Hiroto.
Kirino fissò la sua tazza e fece una smorfia, lui invece se non metteva almeno due zollette si sentiva male.
-Come mai siete capitati qui?- chiese Hansel sorseggiando dalla sua tazza.
-Uhm, siamo in viaggio.- rispose Kariya sbrigativamente.
-Sembrate affiatati! Anche voi siete legati dallo stesso rapporto che lega me e Hansel?- chiese Gretel, e lanciò un’occhiata amorosa a suo fratello e arrossirono entrambi.
Kariya e Kirino la fissarono increduli, senza capire, poi entrambi fecero un’espressione disgustata.
-Affiatati io e lui? Ma per piacere! Non andiamo d’accordo neanche su come si deve bere il tè!- esclamò Kirino.
Kariya scosse il capo, esasperato.
-Se sto con questo rompiscatole, è perché ci sono costretto.- sbottò, mentre prendeva un biscotto.
Ne staccò un morso, per poi tossire.
-Bleah! Ma che cavolo c’è qua dentro? Fa schifo!- esclamò snervato.
Kirino lo rimproverò. - Kariya! Sei di una maleducazione sconvolgente!-
Aoi si alzò di scatto, facendo cadere la sedia, e strinse i pugni. Tremava da capo a piedi.
-Gretel…- disse Amemiya prudente, e i ragazzi non poterono fare a meno i notare un certo allarme nella sua voce.
-Io… volevo fare dei biscotti buonissimi per Hansel… ma se… se…- balbettò la ragazza.
Le lacrime le scivolarono lungo il viso mentre si girava e correva via.
-Perdonami per averti fatto mangiare cose disgustose, Hansel caro!- gridò.
Amemiya si alzò immediatamente, s’infilò quanti più biscotti poteva in bocca e partì all’inseguimento.
-No! Sono buonissimi, Gretel! Io li adoro!- mentì spudoratamente, mentre cercava di mandarli giù disperato.
Uscirono correndo dalla casa, sotto lo sguardo sorpreso e sconcertato dei loro ospiti.
-Sono completamente pazzi.- commentò Kariya. –Spero che in questo gioco non siano tutti così…-
-Certo che però anche tu… Sei stato indelicato.- lo rimproverò Kirino.
-Ma fanno schifo!- si giustificò Kariya allargando le braccia.
Prima che Kirino potesse aggiungere altro, un urlo li prese alla sprovvista.
-Aoichan!- gridò Kirino, lui e Kariya si alzarono di scatto e corsero fuori.
La ragazza era seduta a terra, tremante di paura, ai piedi di un albero gigantesco.
Non era un albero comune, non c’era prima –era venuto personalmente fin là, sradicandosi da terra e usando le possenti radici per strisciare.
Sulla sua corteccia si aprivano due cerchi neri e una bocca piegata all’ingiù, segno che non era molto di buon’umore.
-C-cosa cavolo…?!- esclamò Kariya a bocca aperta.
-Sembra che questo piccolino si sia nutrito di troppi zuccheri, assorbendo dalla terra vicino casa nostra… ed è cresciuto un po’ troppo.- spiegò Amemiya.
-“Piccolino”…?! Questo coso ci schiaccia in un attimo!- gli fece notare Kirino.
-Ma che cosa gli avete dato, esattamente?- chiese Kariya.
Aoi arrossì. –Ecco… ieri era avanzata un po’ di torta fatta da me e così…-
-Per forza che è arrabbiato allora! Fargli mangiare una simile schifezza!- Kariya scosse il capo, disgustato.
Aoi abbassò lo sguardo tristemente, e Amemiya subito intervenne per consolarla.
-Non ascoltarlo Gretel, sono certo che l’albero è arrabbiato perché gli è piaciuta tanto…- disse, forse non aveva granché senso ma per il bene della sorella avrebbe detto qualunque cosa.
Aoi lo guardò pensierosa, poi si rallegrò. -Sì, deve essere senz’altro così! Grazie, Hansel caro!-
-Ma voi state fuori come balconi!- sbottò Kariya frustrato.
Un grosso ruggito fuoriuscì dalla bocca nera dell’albero, facendo tremare la terra.
-Non importa il perché, ma è incazzato nero!- disse Kariya allarmato.
Stava giusto pensano a cosa fare quando notò che il suo cestino si stava dimenando, come se dentro ci fosse qualcosa che volesse uscire.
Sorpreso, lo aprì e il libro volò fuori.
Di nuovo si scatenò il vento, che agitava le pagine e avvolgeva il ragazzo, sollevandogli la mantellina rossa e la gonna.
–Ehi!- protestò Kariya, tentando di abbassarla, imbarazzato.
-Kariya, stai bene?- chiese Kirino allarmato.
Kariya annuì, rosso in viso. La luce calda che proveniva dal libro gli stava attraversando tutto il corpo, dandogli piccoli brividi –ma non faceva male, era una sensazione piacevole.
Sulla prima pagina del libro c’era Cappuccetto Rosso.
Sulla seconda, c’era il Lupo. I suoi occhi esitarono sui bordi argentati della pagina, la toccò con le dita e il disegno cominciò a fremere, ad alzarsi dalla pagina, trasformandosi in una carta.
Non appena Kariya la toccò, essa si alzò in aria e il vento avvolse anche Kirino, che cacciò un urlo sorpreso.
Il guinzaglio scomparve, restò solo il collare; le pupille dei suoi occhi azzurri si aguzzarono e lunghi artigli crebbero alle sue mani, mentre i canini si allungarono leggermente.
-Cos’hai fatto?!- esclamò il ragazzo sconvolto.
-Ti ho evocato.- sussurrò Kariya, anche lui stava iniziando a capirci qualcosa solo ora.
-Questo libro è un’arma. Grazie a questo posso evocare gli altri personaggi…- disse pensoso.
Kirino sbuffò. -Odio dipendere da te, ma mi sembra ovvio che quel libro risponde solo a te.- commentò.
Un altro ruggito da parte dell’libero, che ora avanzava verso di loro.
-Invece di parlare, perché non fai qualcosa?!- sbottò Kariya, con la voce più acuta di quel che volesse.
Kirino evitò un ramo abbassandosi di scatto, sembrava che anche i suoi riflessi si fossero velocizzati.
-The Mist!- gridò. Una nebbia fitta si addensò nell’aria e Kirino vi scomparve.
Poco dopo riapparve metri più su, da dove sferrò un pugno all’albero, che barcollò all’indietro, lamentando i graffi causati dagli artigli del lupo.
-Non male, ma mi sa che non basta.- commentò Kariya. Osservò bene la carta e aggiunse:- Sei solo una carta di Difesa… Me ne serve una di Attacco.-
Kirino lo guardò come se stesse parlando greco antico, quindi Kariya sospirò.
-Ma che le dico a fare a te queste cose?- borbottò, scuotendo il capo.
-Ci spiegate cosa sta succedendo?!- gridò Amemiya.
Kariya lo guardò e per la prima volta forse si rese conto che non erano soli. Preso da un’improvvisa illuminazione, girò in fretta la pagina del libro.
E infatti, c’erano anche le carte di Hansel e Gretel.
-Hansel è una carta d’Attacco! Bene!- esclamò, toccò la carta ed esclamò:- Ti evoco! Hansel!-
Un cerchio di luce si formò sotto i piedi del ragazzo e una colonna di luce lo investì.
-Cosa…? Sento il potere pervadermi…- mormorò Amemiya. Stese le mani davanti a sé e nei palmi si accesero due piccoli fuochi. –Io sono il padrone del fuoco! Posso proteggere Gretel!-
Si lanciò in avanti urlando, e sferrò un pugno infuocato contro uno dei rami dell’albero, che andò in cenere.
L’albero lanciò un urlo stridente, acutissimo, e la sua espressione s’infuriò ancora di più.
-Te l’ho fatt…- Amemiya stava già esultando, ma il suo sorriso si cancellò quando il ramo ricrebbe da sé.
Amemiya ripartì all’attacco, ma per quanto lo colpisse e gli tagliasse gli arti essi ricrescevano, per via del continuo nutrimento che aveva assorbito sotto forma di zucchero.
-E’ inutile, i miei poteri non sono abbastanza… Devo bruciarlo tutto in un colpo!- disse sconfitto, era esausto.
Aoi guardò allarmata Amemiya riprendere fiato quindi si rivolse a Kariya.
-Ti prego, evocami! Voglio aiutare mio fratello!- lo supplicò.
Kariya si accigliò. –Non so cosa potresti fare, a parte avvelenarlo con la tua cucina.- disse scettico.
Ma Aoi non era intenzionata a cedere e il suo sguardo fermo lo mise a disagio, perciò decise di accontentarla.
-Ma se ti fai male non venire a piangere da me!- gridò. –Gretel, ti evoco!-
Si ripeté la stessa scena di Kirino e Amemiya; ma stavolta non cambiò niente di particolare, se non l’abbigliamento di Aoi, simile a quello di una ragazza ponpon.
Sotto lo sguardo esterrefatto dei presenti, presi alla sprovvista, la ragazza alzò in alto i ponpon e iniziò a gridare all’indirizzo di Amemiya:- Dai, Hansel caro! So che ce la puoi fare! Sei fortissimo!-
-Gretel…- mormorò Amemiya arrossendo, quindi annuì con decisione.
-Se la mia Gretel crede in me, non posso perdere…!-
Il suo potere iniziò a crescere a dismisura, tanto che la sua aura fluiva al di fuori del suo corpo, e le sue mani iniziarono a fumare.
-Attento, Hansel!- gridò Aoi. Amemiya alzò lo sguardo e vide l’immensa radice dell’albero proprio sopra la sua testa: cadde giù a piombo, facendo tremare la terra di nuovo.
Per una manciata di secondi sembrò evidente che Amemiya fosse spacciato, ma poi il fuoco esplose sotto la radice, e le fiamme iniziarono ad arrampicarsi lungo tutto il corpo del nemico.
L’albero indemoniato cominciò a strillare e agitarsi mentre si carbonizzava, incapace di resistere ad una tale forza distruttiva –infine di esso restò solo cenere, che fu trasportata dal vento.
La luce di Hansel, Gretel e Kirino si spense e il libro si chiuse di scatto in faccia al suo proprietario.
-Ma certo…- commentò Kariya pensoso.
Kirino lo guardò accigliato, allora lui soggiunse paziente: –Oltre alle carte di Attacco e Difesa, esistono anche quelle Speciali… Gretel dev’essere una di quelle.-
-Oh Hansel caro, sei stato meraviglioso!- strillò Aoi saltando in braccio all’altro, che l’abbracciò facendola ruotare in aria.
-Se non fosse stato per te, Gretel, non ci sarei mai riuscito. Ti adoro!-
-Io ti adoro di più!-
-Vi spiace finirla?!- sbottò Kariya esasperato. Tutti quei cuoricini nell’aria lo infastidivano.
Kirino gli si avvicinò. –Secondo te ci capiteranno spesso cose così?- chiese.
-Spero di no.- disse Kariya.
Ma ora che iniziava a capire i meccanismi del gioco, aveva proprio paura che la risposta fosse sì.






xxx

**Angolo dell'Autrice**
Che fatica =w=
Questo è stato un capitolo difficile da scrivere!
Ho dei problemi con le scene di combattimento, ma in questa fic ce ne saranno altre.
Però mi sono divertita a descrivere la casa di Hansel&Gretel -uno dei sogni della mia infanzia, lol- :'DDDD 

Già in questo capitolo ho detto alcune cose sul funzionamento del gioco.
Kariya/Cappuccetto Rosso, in pratica, ha a disposizione come arma solo il libro, con il quale può evocare i vari personggi che incontra, rappresentati sotto forma di carte -ovviamente la carta del personaggio appare solo dopo l'incontro con questi, o in una determinata situazione, come quella di Kirino.
Mano a mano rivelerò molte altre cose su questo strano gioco -che, a proposito, non è realmente esistente, ma è un parto della mia immaginazione :'D

Kisses,
roby





 

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Capitolo 4
*** Event Three -The Cat and the Fox. ***


Event Three –The Cat and the Fox

Dopo aver salutato a malincuore –beh, a malincuore proprio no, a causa della cattiva cucina di Aoi- Kirino e Kariya ripercorsero all’indietro la strada nella Foresta di Hansel e Gretel e tornarono al punto di salvataggio.
Per Kariya immergersi nella luce bluastra del cerchio fu come fare una doccia gelida: quando ne uscì, aveva le idee più chiare circa i propri obiettivi e i propri mezzi.
L’unica arma che lui, Cappuccetto Rosso, aveva a disposizione era il Libro: la carta di Cappuccetto Rosso non poteva essere evocata e di conseguenza Kariya non aveva alcun potere, nessuna tecnica speciale da usare nel gioco. Tutto ciò poteva farlo apparire un personaggio abbastanza inutile, rifletté amareggiato.
D’altra parte, il Libro lo rendeva un po’ il “regista” della situazione, visto che attraverso di esso poteva evocare i veri combattenti… E visto che il libro era stato il primo oggetto che aveva trovato –o meglio, il Libro aveva trovato lui- era ovvio che da lui ci si aspettava che lo usasse.
“Quindi, primo obiettivo: capire come funziona questo coso” si disse.
Uscì dalla casetta e si sedette su un masso. Kirino lo guardò accigliato.
-Che fai?- chiese curioso.                              
-Studio il Libro.- replicò Kariya senza staccare gli occhi dalle proprie mani mentre queste aprivano il cestino e freneticamente cercavano il Libro. Le sue dita incontrarono la superficie liscia e vellutata della copertina e ci si aggrapparono. Tirò su il Libro e lo aprì sulle proprie gambe mentre Kirino si avvicinava.
-Che intendi dire?- domandò il Lupo. –L’ultima volta ci è andata bene, no?
-L’ultima volta ho avuto fortuna… - borbottò Kariya cupo.
Poiché Kirino continuava a fissarlo accigliato, Kariya sospirò e si costrinse a spiegare.
-Il Libro sembra reagire da solo al pericolo. Se non avesse iniziato a fare tutto quel baccano dentro il cestino, a me non sarebbe mai venuto in mente di usarlo. Ma se voglio sperare di sopravvivere la prossima volta, farò bene a capire come usare l’unica arma di cui dispongo…-  disse con estrema pazienza.
-Ah. Beh, è una buona idea. Occupatene tu… di certo ci capisci più di me, e comunque solo tu puoi usare quel Libro… A me non mi fa manco avvicinare.- osservò Kirino osservando dubbioso la luce azzurra che il Libro emanava di tanto in tanto, un guizzo d’avvertimento a chiunque –eccetto il suo padrone- osasse toccarlo. Il Lupo si stiracchiò le braccia e le gambe e sbadigliò.
-Mentre tu te la sbrighi con calma, io faccio un giro di perlustrazione. Magari si è aperto un altro passaggio nella Foresta, o qualcosa di simile. Ho un buon olfatto, adesso, e anche il mio udito si è affinato.- dichiarò.
Kariya non poté fare a meno di lanciare un’occhiatina alle sue orecchie da lupo, che reagivano con un sussulto ad ogni minimo rumore…
Ogni volta che succedeva, doveva trattenersi dall’afferrarle e accarezzarle.
Insomma… Sarebbe statoimbarazzante.
Arrossì leggermente. –Va bene. Fa’ come vuoi.- acconsentì. Kirino si voltò e se ne andò.
Lo sguardo di Kariya rimase rapito dall’ondeggiare della folta e arruffata coda da lupo del compagno, finché essa non scomparve con lui dietro la casa; poi il ragazzino si riscosse e iniziò a sfogliare le pagine del Libro.
La prima sorpresa fu che le carte erano tornate ad essere disegni subito dopo essere state usate –così com’erano ora, nessuno avrebbe mai potuto credere che si staccassero dai fogli in caso di pericolo.
Decise di osservarle con attenzione.
Ogni carta era segnata da un numero; i personaggi rappresentati, avendo il viso e ogni parte di pelle scoperta colorate di nero seppia, sarebbero stati quasi del tutto anonimi se non fosse stato per i vestiti e il nome del personaggio, scritto in una striscia alla base di ogni carta.
“Io sono la carta numero uno. Poi c’è il senpai Kirino… e Gretel e Hansel.”
Notò che le pagine del Libro successive a quelle dei due erano totalmente oscurate e capì che era perché non aveva ancora sbloccato nessun’altra carta; Kariya però le contò e capì che le carte dovevano essere di un numero totale compreso fra il dieci e il quattordici… Di conseguenza…
“Incontreremo almeno altri otto personaggi” concluse.
-Kariya! Vieni un attimo qua!- La voce di Kirino gli arrivò proprio in quel momento.
Kariya si alzò e infilò il Libro nel cestino prima di raggiungere il compagno. Stava per aprire bocca, ma non ci fu bisogno di chiedere nulla, perché Kirino lo stava aspettando davanti all’ingresso di una strada, una vera strada, vicino alla quale un cartello indicava con una freccia il paesino più vicino.
 
xxx
 
Il paese non doveva contare moltissime abitazioni, ma l’aria che si respirava era tranquilla.
Nelle stradine c’erano rumori di ferri e scope, ma non un’anima.
-Che vita…- commentò Kariya sarcastico.
Solo una volta arrivati in piazza, videro alcuni uomini che stavano lavorando su un grosso ferro, battendovi sopra con pesanti martelli e lame roventi, ma erano talmente impegnati nel proprio lavoro che si accorsero degli sguardi stranieri su di loro; un fornaio infornava il pane, spandendo un odore invitante lungo tutta la strada; alcune donne facevano il bucato presso una grande vasca in piazza, e solo loro alzarono il capo al loro passaggio: Kariya fu certo che, sotto tutte quelle bolle di schiuma, stessero sorridendo.
Dietro le donne se ne stava a parlare un gruppo di ragazzine, appoggiate vicino alla vasca ma abbandonate in un momento di riposo. Non appena li avvistarono, fu chiaro dai loro sguardi che erano appena diventati oggetto della loro conversazione.
Da sotto un cappuccio di flanella due occhi violetti lo stavano osservando, e Kariya distolse immediatamente lo sguardo, irritato e un po’ imbarazzato.
-Sembrerebbe un posto normale…- commentò Kirino. –Magari possiamo fermarci qui per un po’… Meglio dormire in un letto che a terra in quella brutta casa, no? O peggio, fuori all’addiaccio.-
Kariya convenne che non aveva tutti i torti e annuì. Kirino si fermò e si guardò intorno spaesato.
-Ma a chi diavolo potremmo mai chiedere? Sembrano tutti così impegnati…- osservò.
Kariya mise subito le mani avanti. -Ah, chiedi tu.- specificò. –Io sono pessimo nelle relazioni sociali.-
-Ho notato.- replicò Kirino con un sorriso sbilenco, come se non sapesse se essere esasperato o divertito.
Kariya gli scoccò un’occhiataccia e lui sospirò:- Ecco, vedi, è proprio di questo che parlavo…-
-Ahem…-
La voce che li richiamò era così sottile che dovette parlare di nuovo perché i due se ne accorgessero.
Kariya si voltò e rivide nuovamente gli occhi violetti della ragazza che lo scrutava e sussultò perché non si era minimamente accorto che si fosse avvicinata.
La osservò attentamente: aveva già visto il volto pacato e serio che sbucava da sotto il cappuccio di flanella, circondato da due trecce di capelli castano chiaro. 
-Akanechan.- disse Kirino, piatto.
Kariya gli lanciò uno sguardo di sottecchi e si ricordò che a Kirino quella ragazza non stava particolarmente simpatica, dal momento che era la stalker del suo adorato capitano…
Ebbe un moto di disgusto e lasciò andare quel pensiero.
-Ti serve qualcosa?- chiese guardingo. La ragazza abbassò lo sguardo timidamente.
-Ecco… ho per caso sentito i vostri discorsi e credo di potervi aiutare… Mia madre è la proprietaria di una locanda. Potreste sostarvi da noi fin quando vorrete.- disse.
Kariya e Kirino si scambiarono uno sguardo.
-A me non sembra una soluzione malvagia.- osservò Kariya. Kirino fece un vago cenno di assenso.
Kariya si rivolse a lei:- Va bene, puoi farci strada?-
Lei annuì e sorrise con aria pacifica. Mentre la ragazza li guidava attraverso la piazza cittadina, Kariya non riuscì a togliersi di dosso la spiacevole sensazione di essere sempre osservato; Kirino, invece, non sembrava farci caso e proseguiva spedito.
Sorpassarono due o tre abitazioni e due sartorie, poi finalmente dietro un angolo intravidero l’insegna della locanda, sulla quale pendevano alcuni vasi i fiori rossi; la porta a vetri si aprì di scatto nell’istante in cui Akane vi arrivò davanti e ne uscì una donna corpulenta.
-Vieni qui, brutta volpe dispettosa, e ridammi la collana rubata!- gridò la donna agitando un mestolo in aria.
Sembrava arrabbiata e minacciosa, e Akane la approcciò un po’ imbarazzata per la figura che le stava facendo fare con i nuovi arrivati.
-Madre? Che vi succede?- chiese con rammarico.
La donna si voltò, con le mani sui fianchi. –Oh, Akanechan. E’ di nuovo quella brutta volpe ladra…!-
Akane annuì e gettò un’occhiata al tetto a spiovente che copriva la cucina, una stanza separata dal busto principale della locanda.
Kariya si sporse dietro di lei e intravide una figura accovacciata davanti ad una finestra del secondo piano, dalla quale era presumibilmente fuggito il ladruncolo.
–Ehm… sai dovresti proprio pentirti per ciò che fai. Non sei per niente carino.- Akane rimproverò docilmente il ladro, gridando per quanto ci riuscisse davvero con la sua voce esile.
Kariya dubitò molto che il ladro si sarebbe pentito perché “non era per niente carino”, ma non fece commenti sarcastici perché era troppo occupato a cercare di capire chi fosse.
-Tsk. Come se m’importasse…- bisbigliò una voce talmente bassa da essere irriconoscibile.
Due occhi gialli si posarono su di loro e brillarono.
-Oooh…- sogghignò. -Cos’abbiamo lì, Cappuccetto? Ma che bel cestino…-
E poi, prima che Kariya potesse anche solo pensare di reagire, Tsurugi Kyousuke –una volpe dalle orecchie e una folta coda blu scuro e occhi gialli acuti- gli balzò addosso e gli soffiò il cestino da sotto il braccio, per poi fuggire sui tetti e scappare via con grande agilità.
-Ehi!! Oh, dannazione!- bestemmiando, Kariya partì all’inseguimento del ladro.
-Ma che bel mestiere che si è scelto- commentò fra i denti. –Non sembrava il tipo cattivo…-
-Ah, beh, perché tu sei arrivato alla Raimon quando già si era calmato. Prima dovevi vedere, se non era il tipo cattivo… in una partita siamo rimasti feriti, specialmente Tenma e Shindou…- rispose cupo Kirino, che correva dietro di lui.
Kariya soppesò le sue parole, dubbioso: Tsurugi fare del male a Tenma? Sembrava impossibile da credere…
Però ricordava di una volta che gli aveva tirato un pallone in testa per sbaglio e Tsurugi aveva cercato di ucciderlo (quella volta per scamparla aveva dovuto correre fino a casa e nascondersi dietro Midorikawa).
-Ah!- gridò Kirino all’improvviso. –E’ uscito dal paese! E’ entrato in quel boschetto!-
Il Boschetto era un fitto spiazzo di alberi, di dimensioni non esattamente definibili perché aveva l’aria di espandersi ad ogni passo che facevano; infatti s’inoltrarono nel profondo interno senza neanche accorgersene, e solo quando si voltarono e i tetti delle case non erano più visibili capirono di esservi entrati.
Tsurugi si era fermato, pochi metri più avanti, e si guardava intorno con aria confusa, come se stesse aspettando qualcuno che avrebbe già dovuto trovarsi lì.
-Ehi tu! Ridammi il mio cestino!!- gridò Kariya arrabbiato.
Tsurugi li guardò sorpresi. –Mi avete persino inseguito fin qui? Allora deve trattarsi di qualcosa di veramente prezioso…- osservò e cominciò a frugarvi con le mani ricoperte sul dorso di pelo blu.
Poco dopo trovò il Libro e lo tirò fuori.
-Ah! Non toccarlo!- esclamò Kariya. Tsurugi lo ignorò e cercò di aprirlo…
Fu allora che il Libro emise un guizzo blu scintillante verso la volpe blu e la colpì nel petto e la scagliò lontana di qualche metro: Tsurugi mollò la presa, colto alla sprovvista, e lo fece cadere a terra insieme al cestino.
-Ma che cavolo…- borbottò incredulo di essere stato sconfitto da un oggetto.
Kariya ridacchiò. –Io te l’avevo detto…- disse mentre raccoglieva cestino e Libro da terra: il Libro vibrò fra le sue dita, come felice di essere tornato dal padrone, e si infilò da sé nel cesto.
-Quel libro ti adora…- commentò Kirino un po’ sconcertato.
Nessuno aggiunse altro, perché in quel momento delle urla squarciarono l’aria.
-TSURUGI! TSURUGI!- strillò una voce che suonava in disperato bisogno d’aiuto.
Le orecchie di Tsurugi e Kirino si rizzarono, ma anche Kariya riconobbe immediatamente la voce.
-TENMA!- gridarono tutti e tre all’unisono.
Tsurugi scattò in una direzione, gli altri due lo seguirono di corsa. Senza fiato arrivarono in una radura e videro Tenma aggrappato ad un grosso ramo di un albero, che guardava con aria molto preoccupata, quasi disperata, il famelico cagnone nero che voleva papparselo.
-Tenma!- esclamò Tsurugi. Tenma lo guardò con sollievo. Il cagnone ringhiava ai piedi dell’albero.
La Volpe blu rivolse al nemico un’occhiata di fuoco e gli si scagliò contro; i due rotolarono per un po’ nell’erba, poi il cane riuscì a mordere Tsurugi su un fianco e lo scaraventò via.
Liberatosi di lui, i suoi occhietti lampeggiarono verso Tenma, poi si accorse di Kariya e Kirino.
-Oh, oh- Kariya sbiancò quando si rese conto che il cane nero veniva verso di lui. Fece l’unica cosa sensata che gli venne in mente: strillò, roteò il cestino e colpì il cane in testa.
Certo non gli aveva fatto alcun male, tuttavia la mossa si rivelò azzeccata: il cane nero ebbe un attimo di perplessità, attimo del quale Kariya approfittò per aprire il Libro ed evocare Kirino.
-Senpai, ci serve un bel diversivo!- squittì spaventato.
-Basta chiedere!- gridò Kirino in rimando. La sua tecnica, The Mist, creò in un attimo una nebbia fittissima, che diede a tutti loro la possibilità di fuggire, mentre il cane disorientato andava a mettersi K.O. da solo sbattendo la testa contro l’albero.
Arrivarono correndo allo spiazzo dove il Libro aveva respinto Tsurugi e crollarono a terra per riprendere fiato.
-Mamma mia, che brutta faccenda…- disse Kariya, ansimando.
Girandosi, si accorse che Kirino gli sorrideva divertito, e non gli piacque.
-Cosa?- chiese torvo e Kirino lo canzonò:- Strillavi come una femminuccia~ -
-N-non è vero!- ribatté Kariya avvampando.
-Sì, invece! Guarda, sei diventato tutto rosso per l’imbarazzo!-
-Non è…- Kariya stava per ripetersi, ma fu interrotto da Tenma, che gli saltò praticamente addosso e lo stritolò in un abbraccio affettuoso.
-Ci hai salvato la vita! Te ne sarò sempre grato!- esclamò. Uno strano rumore gli faceva vibrare la gola…
Stava facendo le fusa.
Kariya rimase a bocca aperta davanti alle orecchie e alla lunga coda sottile di Tenma –Tenma era un gatto, un bel gatto fulvo. Miagolò di piacere quando lui gli sfiorò le orecchie con le dita, guadagnandosi però lo sguardo omicida di Tsurugi.
-Ehm, okay, può bastare…- mormorò Kariya, che ci teneva molto alla sua vita.
Tenma lo lasciò andare, ma non smise di sorridergli, neanche quando Tsurugi gli cinse e spalle con un braccio e lo attirò a sé, come riappropriandosi di roba sua.
-Non ti piace che la gente tocchi ciò che è tuo, eh? Se hai capito, non azzardarti a toccare mai più il mio cestino!- gli gridò Kariya arrabbiato.
Tenma lanciò uno sguardo di rimprovero a Tsurugi. -L’hai fatto di nuovo, vero? Ti avevo detto di smetterla!- esclamò.
Tsurugi sbuffò e incrociò le braccia al petto, chiuso a qualunque dialogo al riguardo.
Tenma gli mise il broncio, ma questo fu sostituito da un sorriso pochi minuti dopo, quando una dolce melodia flautata riempì l’aria, risuonando in lontananza.
-E’ arrivato!- esclamò il Gatto allegramente. –E’ arrivato in paese il Pifferaio Magico!-






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**Angolo dell'Autrice**
Salve a tutti :D
Finalmente sono riuscita ad aggiornare questa fic allelujah, l'Ispirazione mi ha graziata  e ne sono molto felice!
Ho pensato di dedicare la prima parte alla spiegazione del funzionamento del Libro, così che sarà più chiaro a tutti e non solo a Kariya xD
In seguito si scopriranno altre cose interessanti riguardo questo gioco.
Nella fiaba originale dei fratelli Grimm, il Gatto e la Volpe non sono per niente amici, ma io ho ripreso solo i personaggi perché Tenma e Tsurugi che non vanno d'accordo non mi sembrano possibili (sì, fate bene ad intravedere la TsuruTen perché c'è) xD
Tsurugi è una Volpe blu, ma a me ricorda più un riccio blu *COUGH*falso Sonic*COUGH* xD

Kisses,
roby

 


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Capitolo 5
*** Event Four -Meet the Piper of Hamelin. ***


Posto qui dei disegni che ho fatto :D 
Questa è la carta di Kariya e questa è quella di Kirino
Buona lettura! 


Event Four –Meet the Piper of Hamelin.

Kariya e Kirino spostarono lo sguardo da Tenma a Tsurugi, scettici: mentre il gatto fulvo sembrava al vertice della gioia sentendo quella melodia, la volpe blu era dell’umore esattamente opposto.
-Con “pifferaio magico”… non intenderai mica il Pifferaio di Hamelin?- chiese Kirino.
–Quello che salvò la città del re dai topi semplicemente suonando un flauto?-
-Già! E’ una persona meravigliosa!- gongolò Tenma. –Tutti lo amano, perché è gentile e quando suona sembra di restare ipnotizzati… E’ così bravo che gli uccelli smettono di cantare per ascoltarlo.-
-È una grande rottura di cazzo.- aggiunse Tsurugi secco, mentre con un dito si puliva l’interno di un orecchio, apparentemente freddo e insensibile di fronte al fascino di quel misterioso personaggio.
Tenma gli scoccò un’occhiata di rimprovero, ma poi continuò a tessere gli elogi del pifferaio come se non avesse sentito il commento del compagno.
Alla fine, aggiunse, estasiato:- Dovete assolutamente sentirlo suonare! Andiamo!-
Afferrò Kariya per la mano e iniziò a correre verso il Villaggio.
-Ehi! Asp—Vai troppo veloce!!- protestò Kariya cercando di non inciampare nel tentativo di tenere il passo del gatto.
Kirino e Tsurugi stavano immediatamente dietro di loro, e la volpe blu aveva l’aria di volergli staccare con un morso la mano che stringeva quella di Tenma, cosa che lo preoccupava non poco.
Tenma intanto filava via come il vento; non considerava per niente le sue proteste, anzi rideva come un ubriaco e continuava a buttar lì commenti entusiasti sul pifferaio come nulla fosse…
Doveva ammirarlo davvero, quel tipo.
“Non c’è da meravigliarsi che Tsurugi sia di cattivo umore…” pensò Kariya.
Le occhiatacce della volpe blu gli davano i brividi. Si chiese come mai non avesse ancora ucciso il pifferaio, se lo odiava tanto; ma forse, riflettendoci meglio, non poteva perché il pifferaio sembrava essere un personaggio di rilievo nel gioco… “Mi chiedo… che tipo sia… il Pifferaio di Hamelin.” si trovò a chiedersi.
Qualche riga della favola dei fratelli Grimm gli apparve in mente, qualche immagine, a sprazzi.
- U-un momento! Ma la fiaba del Pifferaio non finiva mica ben…- balbettò spaventato, ma non poté completare la frase perché proprio in quel momento delle ragazze iniziarono ad urlare.
Tenma si fermò e Kariya alzò gli occhi verso la folla di persone che si era riunita in piazza; era incredibile, ma ogni singola persona del villaggio -le stesse che poco prima avevano ignorato del tutto sia lui che Kirino- ora era lì: sembrava che fossero obbligate a restare affascinate da quel canto misterioso.
Ed era davvero un canto bellissimo.
Kariya non riuscì a trovare nessuna esclamazione adatta per descrivere quello che stava accadendo.
Il vociferare della gente si interruppe quando la melodia divenne più forte, segno che il Pifferaio si stava avvicinando; la folla si aprì in un corridoio per lasciarlo passare, e tutti rimasero immobili ad osservare affascinati quel personaggio così carico di carisma.
Kariya cercò di farsi largo fra la folla per vederlo, ma neanche puntellandosi sui piedi riuscì a coglierne il viso, messo in ombra dal cappello di tessuto che portava in capo.
Intravide solo due lunghe piume rosse, attaccate alla cintura del cappello, poi lui si allontanò e la melodia si attenuò fino a diventare un eco lontana.
Tenma fece una faccia delusa, poi sospirò.
-Beh, con tutta questa gente è normale non riuscire a vederlo…- mormorò, con gli occhi lacrimosi.
Tsurugi gemette, cercò di ignorarlo, ma alla fine il suo sguardo tornava sempre su di lui.
Alla fine sbuffò e prese Tenma per il braccio. –Dannazione, ho capito! Seguiamolo, okay?- scattò furioso.
Il volto di Tenma si illuminò di nuovo, mentre annuiva con forza.
-Cosa state…?- mormorò Kirino confuso. Non dovette aspettare molto per avere una risposta.
Poco dopo infatti Tsurugi lo buttò all’aria e con un balzo raggiunse uno dei tetti più alti delle case; il ragazzo dai capelli rosa cacciò un urlo di sorpresa quando Tenma usò le sue spalle come appoggio per fare la stessa identica cosa del compagno. Quando atterrò al suo fianco, si rivolse a loro giù.
-Ehi, voi! Se volete incontrare il Pifferaio seguiteci!- gridò allegro, poi lui e Tsurugi si mossero.
-Parli bene, tu!!- gridò Kirino irritato per essere stato usato come trampolino, e ancora di più perché Kariya non riusciva a smettere di ridere. Iniziò a correre nella direzione presa da Tsurugi e Tenma. 
-Muoviti, Cappuccetto!- urlò. Kariya smise subito di ridere.
-Chiamami ancora così, e ti picchio col cestino!!- 
-E come dovrei chiamarti, scusa?-
-Che ne dici di provare con il mio nome, stupido lupo?!-
Kirino sbuffò e decise di ignorare i commenti sarcastici di Kariya. Aveva altro a cui pensare...
Seguire Tsurugi e Tenma si rivelò, ovviamente, nient’affatto facile: infatti mentre i due animali selvatici potevano contare sulla propria agilità e su una corsia totalmente vuota –al massimo sui tetti delle abitazioni potevano trovare dei colombi, e che diamine!, pensava Kirino seccato-, loro da terra avevano a che fare con la folla accalcata nelle strade, che per di più sembrava seguire un flusso opposto al loro.
Poi, d’un tratto, la folla sparì -le persone erano rientrate nelle case e nelle botteghe- e la strada, così come appariva deserta, gli sembrò stranamente familiare.
"Certo..." pensò. L’avevano percorsa proprio quella mattina…
-Akane-chan...- mormorò, quindi rallentò il passo e si fermò di fronte alla locanda.
-Wow, è proprio lui, Tsurugi!- Sentì la voce di Tenma e sollevando il volo verso l’alto vide i due animali sul tetto della locanda, che spiavano dalla finestra.
Stava per dire qualcosa, ma Tsurugi si posò una dito sulle labbra e fece loro segno di andare dentro. –È arrivato- dichiarò, roco.
Kirino e Kariya si lanciarono uno sguardo, poi il ragazzo più grande bussò alla porta della locanda.
Gli venne ad aprire una donna, la stessa che prima avevano visto gridare contro Tsurugi.
-Chi siete?- chiese brusca, Kariya arretrò intimidito e mise le mani in avanti come difesa.
-S-siamo clienti. Cercavamo posto per la notte.- balbettò.
La donna li squadrò un attimo, sospettosa. –E avete monete per pagare?- chiese piano.
Kariya sbiancò. –N-no, ma…- Si ricordò di una cosa: tirò fuori dal cestino la roba che Tsurugi aveva rubato dalla locanda e che Tenma lo aveva costretto a restituire e la porse alla donna.
-Ehm… abbiamo recuperato queste cose. Erano state rubate a voi, giusto?- disse, cercando di suonare fiero e non troppo impaurito. Valeva la pena fare un tentativo. La donna, dopo aver osservato attentamente la roba rubata, fece una smorfia, che forse doveva essere un sorriso forzato.
-D’accordo. Visto che ci avete reso questo servigio, stanotte potrete alloggiare gratis. Ma una sola notte, è chiaro?- propose aspramente.
Kariya annuì, desideroso di togliersi in fretta da quella situazione. Quando si voltò a cercare Kirino, lo scorse ai limiti della folla di persone che si era radunata in un angolo della stanza.
-Ehi, senpai…- chiamò, ma la voce gli morì in gola quando incrociò gli occhi di Kirino e capì che non gli stava prestando affatto attenzione; aveva smesso del tutto di accorgersi di lui nel momento in cui era entrato nella locanda e qualcos’altro aveva attirato la sua attenzione.
-Piume rosse…- mormorò. All'improvviso, lo vide: al centro della folla, con il cappello chino sul volto e il corpo avvolto da un mantello marrone, c’era il pifferaio di Hamelin.
Anche se non poteva vederlo bene, Kariya capì immediatamente chi fosse per via dell’alone di misteriosità e potere che quel personaggio si tirava dietro ovunque andasse, nonostante non sembrasse né cattivo né pericoloso quanto il vero protagonista della fiaba dei fratelli Grimm.
-Mister, f-forse gradisce fermarsi qui da noi? Sarà di certo stanco- stava dicendo Akane, china su di lui.
-No, non voglio disturbare. Non ho monete per pagare- rispose l’altro, aveva una voce calda e melodiosa quanto la sua musica, eppure Kariya se ne sentì irritato.
Quel tipo non gli piaceva, a pelle. Per colpa di quel tipo, il suo senpai lo stava totalmente ignorando.
-Oh! Ma quali monete! Lei non deve assolutamente essere turbato da queste incombenze!- esclamò la locandiera, in un atteggiamento completamente diverso da quello che aveva riservato a loro. Con il pifferaio, era cordiale, comprensiva e gentile.
–Siamo felicissime di poterlo ospitare, la prego di rimanere da noi…!-
Il ragazzo la guardò sorpreso, ma poi sollevò il volto verso di loro.
-La ringrazio infintamente- disse. La luce lo avvolse in un fascio, rendendo riconoscibili due grandi occhi color cioccolato, capelli mossi dello stesso colore e un sorriso gentile.
Kirino ebbe un sussulto. Kariya strinse i pugni lungo i fianchi.
Ah, certo. Come aveva potuto non arrivarci prima? Kirino era sempre pronto ad abbandonare tutto per lui… per Shindou Takuto.
E questo era così terribilmente fastidioso che l'umore di Kariya peggiorò in un istante.
-Mi permetta allora di ringraziarla con una canzone, Milady- disse Shindou sorridendo, infilò la mano nel mantello e tirò fuori il suo piffero, si accingeva a suonare.
Akane si lasciò sfuggire un gridolino stridulo. Kariya alzò gli occhi al cielo e sbuffò pensando a quanto fosse sdolcinato, da far venire il diabete.
Ma persino lui non riuscì a non restare a bocca aperta quando Shindou cominciò a suonare: le prime note basse, poi una nota alta, altissima, e di nuovo la melodia si fece bassa e dolce...
Il modo in cui il Pifferaio riusciva ad animare il suo strumento era ciò che lo rendeva magico.
Kariya non ricordava di aver mai sentito una sensazione tanto rilassante… sembrava quasi che il tempo si fosse fermato…
La musica gli comunicava ricordi piacevoli, e per un attimo rivide se stesso bambino, con Hiroto e Midorikawa, con Nagumo e Suzuno, con Hitomiko…
Poi la musica cessò di colpo e lo fece ripiombare nel presente.
Si guardò attorno quasi smarrito, mentre la gente applaudiva entusiasta, anche Kirino e Akane, e quando comprese che si era fatto incantare anche lui da Shindou provò un’enorme vergogna e rabbia che si morse la lingua da solo.
Kirino, nel frattempo, si ea avvicinato a Shindou e i due avevano iniziato un’amabile conversazione e anche se in quel gioco non si conoscevano bene sembravano andare così d’accordo da irritarlo.
Poi Kirino fece un cenno verso di lui e Shindou gli si avvicinò.
-E così, tu sei Cappuccetto Rosso? Hansel mi ha parlato bene di te.- commentò.
-È un giramondo, quindi conosce un sacco di persone, persino Hansel e Gretel!- spiegò Kirino sottovoce a Kariya, che si chiese con disprezzo come mai il senpai fosse così emozionato… sembrava una ragazzina alle prese con la sua cotta. "Che idiota" pensò Kariya, aspro. -Sei carina, Cappuccetto.- Shindou gli sorrise e gli accarezzò amorevolmente la testa, scompigliandogli i capelli.
-Sono un maschio!- protestò Kariya, arrossì e si ritrasse subito al contatto. Shindou annuì, ma sembrava che quelle parole non l'avessero minimamente sfiorato; lui e Kirino s'immersero presto in una nuova conversazione e non fecero nemmeno caso a quando lui uscì dalla locanda sbattendo la porta.
In realtà, nessuno lo notò, a parte Tsurugi e Tenma. Il gatto lo guardò sorpreso.
-Abbandoni il tuo compagno?- domandò. –Mi sembrava che foste molto amici…
-Beh, ti sembrava male!- ribatté Kariya stizzito.
A grandi passi si fece tutta la strada verso il Boschetto, deciso a proseguire senza il suo stupido senpai. 
“Eccolo, il mio senpai, bastano due occhioni color cioccolato a fargli perdere la testa! Disgustoso...” pensò stringendo i pugni.
Detestava sia lui che Shindou, soprattutto in momenti come quelli…
-Aspetta, andare nel bosco durante la notte può essere pericoloso!!- gli gridò dietro Tenma.
-Meglio lì che con quei due piccioncini- sibilò Kariya continuando a camminare, anche se poi arrivato al limitare del bosco ebbe un piccolo ripensamento nel vedere quanto fosse buio.
Deglutì, si guardò un attimo indietro e poi si inoltrò fra gli alberi.
-Aspetta!!- gridò Tenma afferrandogli un braccio: lo aveva raggiunto così velocemente che Kariya non se n’era accorto.
Si divincolò dalla presa, irritato, ma Tenma non lo mollava. Un rumore li fece sobbalzare.
-Cos’è stato?!- piagnucolò Tenma.
Kariya si voltò a scrutare il buio, nel quale si erano accese due lucine gialle.
“No...” intuì, scioccato. “Quelli sono…!”
Nel momento in cui comprese, altre lucine si accesero e li circondarono. Erano migliaia di piccoli occhi.
-Sembra che abbiamo svegliato qualcuno…- mormorò Tsurugi. Kariya annuì, spaventato: quelli erano topi!
-Ma il Pifferaio non li aveva portati fuori città?!- strillò.
Tsurugi annuì:- Giusto, ma probabilmente si sono nascosti qui… Che facciamo?
-Fuggire è inutile. Siamo circondati…- disse Kariya con voce tremula. In quel momento sì che la nebbia di Kirino sarebbe stata utile...
Il pensiero che il senpai se ne stesse a bighellonare con Shindou mentre loro erano in pericolo lo fece incazzare di brutto.
Kariya si costrinse a farsi forza e mormorò:- Libro.
Il Libro uscì dal cestino e gli cadde in mano, aperto, e Kariya sapeva già cosa fare: dare inizio ad una battaglia.
Staccò due carte e gridò:- Volpe, Gatto, vi evoco!
La luce azzurra avvolse Tsurugi e Tenma giusto un attimo prima che i topi gli saltassero addosso.







xxx

**Angolo dell'Autrice**
Ciao!
In questo capitolo ho inserito il personaggio del Pifferaio magico, anche conosciuto come Pifferaio di Hamelin.
E' probabilmente una delle figure più affascinanti e al contempo crudeli delle fiabe; infatti nella storia originale il Pifferaio, arrabbiato perché gli abitanti del villaggio si rifiutano di pagarlo per aver liberato la città dai topi, usa il suo piffero per richiamare a sé tutti i bambini del villaggio -proprio come aveva fatto con i topi!- e li rinchiude nel fianco di una montagna, uccidendoli tutti.
In realtà, quando ho deciso di creare questa fic, non conoscevo questa parte della storia e per me è stato uno shock scoprire che il Pifferaio è un personaggio così cattivo.
Alla fine comunque ho scelto di lasciargli lo stesso alone di mistero e fascino, ma il Pifferaio interpretato da Shindou non ha nemmeno un briciolo della cattiveria dell'originale ^^"
Shindou mi sembrava il più adatto a questo ruolo, anche perché ha l'effetto di interferire fra Kariya e Kirino  anche se io vorrei tanto che Kariya prendesse a calci Shindou, prima o poi  :'D
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

Kisses,
Roby

 


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Capitolo 6
*** Event Five -Nocturne for peace. ***


Ciaoooo!
 Visto che avevo tanta voglia di aggiornare una delle mie long, eccomi qui con il quinto capitolo di Fairytale :'D
Accludo qui un disegno che ho fatto, e le due canzoni a cui mi sono ispirata per le melodie di Hamelin: 
qui  potete ascoltarle entrambe, in ordine di come appaiono nei capitoli di questa fic (?). 


Event Five – Nocturne for peace.

Kirino non poteva fare a meno di sorridere: rincontrare Shindou era stato un vero e proprio toccasana, dal momento che stava iniziando a farsi prendere dai pensieri negativi riguardo a quel gioco. Ovviamente, Kirino si rendeva perfettamente conto che quello non era il vero Shindou Takuto; tuttavia il suo sorriso e i suoi modi seri e gentili erano così simili al vero da confortarlo e fargli pensare che, tutto sommato, quel gioco non era poi così infernale. Certo, di personaggi strambi ce n’erano, ma anche di belli, a quanto pareva.
-Vi fermate qui per la notte, messer Kirino? Mi farebbe piacere poter discorrere ancora con voi, la vostra è una piacevole compagnia.- chiese ad un certo punto il Pifferaio.
-Oh, non devi essere così formale! Dammi pure del tu!- rispose Kirino con un largo sorriso. –Sì, io e il mio compagno abbiamo preso un posto nella locanda… Tu quanto ti fermerai?-
-Mmm, credo poco. Mi sono fermato solo per una sosta, sapete… ops, scusa, ti ho dato di nuovo del lei. La forza dell’abitudine.- Shindou rise, poi continuò tranquillo:- Questo paesino mi piace molto, mi rilassa, per questo mi ci fermo spesso durante i miei viaggi. Ma la vita sedentaria non ha mai fatto per me! Mi piace pensare che ci sia sempre un nuovo luogo, una nuova musica da scoprire.-
-Sei un vero musicista, si vede che ami tanto ciò che fai…- commentò Kirino. Shindou annuì.
- È vero, la musica è ciò che più amo al mondo. Ma io credo, messer Kirino, che tutti siamo un po’ alla ricerca della nostra melodia…- disse. Sembrava sul punto di aggiungere dell’altro, ma in quel momento un boato di voci li interruppe. Il Pifferaio e Kirino si voltarono verso la finestra, fuori dalla quale stava ammassata un mucchio di gente, tutti con l’aria di chi aveva appena visto un miracolo.
-Cosa succede?- chiese Shindou sorpreso, si avvicinò alla finestra, ma troppe teste coprivano la visuale, per cui si avviò alla porta. Kirino lo seguì, anche lui curioso di vedere cosa avesse causato tanto trambusto.
Quando uscì, i suoi occhi azzurri si sgranarono dalla sorpresa: un fascio di luce azzurra, apparsa da chissà dove, si stava espandendo come un fungo su tutta la foresta, inglobandola completamente. Il fenomeno durò poco più di un attimo, poi la luce si racchiuse in un unico punto e si spense. Al contrario, i mormorii della gente si fecero più vivi e rumorosi, alcuni erano spaventati, altri curiosi ed eccitati, ma perlopiù disorientati da ciò a cui avevano appena assistito.
Soltanto Kirino aveva un solo pensiero in testa, nitido e preciso.
-Ah. - mormorò. -Kariya…-
Se n’era dimenticato.
 
xxx
 
-Prendi questo, bestiaccia!- gridò Tsurugi: con la sua agilità si spostava in continuazione, impedendo ai topi di azzannarlo, e poi li sbaragliava con affondi veloci e sicuri.
Tenma combatteva in posizione più arretrata, si era frapposto esattamente fra Kariya e i topi, forse intuendo che il ragazzino non aveva alcuna arma per difendersi, anche se ovviamente né lui né Tsurugi capivano bene cosa fosse la luce azzurra che li avvolgeva.
-I topi dovrebbero stare al loro posto quando in giro ci sono i gatti!- gridò, afferrando uno di quei feroci esseri pelosi per la coda e scagliandolo lontano. In altre occasioni probabilmente Kariya avrebbe commentato sarcasticamente, ma al momento la preoccupazione di poter esser mangiato vivo da quelle bestie era pià forte di qualsiasi altro pensiero razionale. Non era la prima volta che si trovava in pericolo i vita –mai avrebbe potuto dimenticare l’albero che li aveva quasi uccisi- e sicuramente non sarebbe stata l’ultima… iniziò a chiedersi cosa sarebbe accaduto nel mondo reale se lui fosse morto nel gioco; rabbrividì, anche se ne fosse uscito era quasi sicuro che avrebbe riportato dei traumi seri.
Arretrò di un passo, e fu allora che un dolore lancinante gli percorse la gamba destra.
-Che cazz…?!- Abbassò lo sguardo e vide che alcuni topi, sfuggiti alla vista di Tenma e Tsurugi, gli si erano attaccati alla caviglia, e uno di essi aveva appena affondato i suoi denti aguzzi nella sua carne. Kariya reagì istintivamente, sollevò la gamba di scatto, come per scagliare un calcio. Le bestiole volarono in aria emettendo degli striduli, terrificanti versi. Kariya passò le dita sulle ferita, dalla quale scendevano rivoletti di sangue fresco.
-Cappuccetto! Stai bene?!- esclamò Tenma preoccupato. Il Gatto gli si avvicinò per controllare la ferita, ma nel farlo diede per un attimo le spalle ai nemici, che subito ne approfittarono per saltargli addosso.
Tenma urlò; i topi che gli si erano attaccati alla schiena e alle spalle mordevano e graffiavano, e man mano accrebbero di numero fino ad atterrarlo completamente.
-Oh, dannazione!- sibilò Kariya. Si lanciò ad aiutare il compagno, gli afferrò il braccio e iniziò a strattonarlo per fargli cadere i topi di dosso, ma le bestie non sembravano intenzionate a lasciare presa; alcune, approfittando della situazione che si era venuta a creare, iniziarono ad arrampicarsi sul braccio di Tenma e in breve furono anche su Kariya. Il ragazzino si lasciò sfuggire un gemito di dolore quando sentì i denti aguzzi affondargli nuovamente nella carne. I suoi occhi schizzarono verso Tsurugi, ma lui era lontano… Allora strinse i denti, non poteva lasciare la presa o Tenma sarebbe morto…
-LIBRO!- gridò, disperato. Per alcuni secondi, le sue parole rimasero sospese nell’aria, poi il cestino appeso al suo braccio iniziò a scuotersi con violenza e un lampo azzurro esplose nella radura, espandendosi in ogni angolo della foresta, accecante e potente: i topi, confusi, lasciarono per un attimo la preda e iniziarono a squittire spaventati, mentre Kariya e Tenma ruzzolavano lontano, pieni di graffi e ferite.
La luce si spense tutta in un colpo, così com’era venuta. Kariya gettò un’occhiata sconvolta al cestino, che era tornato immobile –ma quel Libro che cavolo aveva?! Sembrava che fosse più intelligente di lui!
Scosse il capo per scacciare il pensiero dalla testa, ora l’importante era fuggire prima che i topacci si riprendessero. Si alzò, afferrò Tenma per un braccio e lo guardò incerto.
-Ehm… ce la fai a camminare?- chiese, solo in quel momento infatti si era reso conto che a causa dell’attacco subito Tenma era messo maluccio: i topi gli avevano stracciato quasi completamente la maglia, lasciando scoperta la schiena tutta ricoperta di graffi, lividi e sangue scuro.
-S-sì… più o meno…- Tenma si sforzò di sorridere, ma il suo patetico tentativo andò a vuoto quando le sue gambe cedettero e lo lasciarono a terra; Kariya lo sollevò e si mise un suo braccio intorno alle spalle, quello era l’unico modo per portarlo via da lì. Non sapeva quanti metri sarebbe riuscito a fare, ed era piuttosto pessimista a riguardo, ma per fortuna Tsurugi li raggiunse.
La Volpe blu inorridì di fronte alle ferite del compagno e lo tolse subito dalle braccia di Kariya per abbracciarlo e tenerlo vicino a sé, quasi si sentisse in colpa di averlo perso di vista.
Kariya sospirò, decisamente non era una delle sue giornate migliori. Nessuna delle giornate passate in quello stupido gioco lo sarebbe stata. Ma, quando sollevò lo sguardo per decidere che direzione prendere, capì che non era affatto finita lì.
I topi, superato lo spavento iniziale, avevano ripreso a strillare, irritati e frustrati, e ora si stavano ammassando in un unico punto, dando vita ad una forma enorme, nera, brutta.
Si erano trasformati in un topo gigante, una bestia che avrebbe potuto schiacciarli in un istante… Alzò una zampa e la riabbassò, avanzò con movimenti lenti ed esasperati, fino a sovrastarli completamente.
La bestia alzò nuovamente la zampa, la cui ombra si allungò su di loro.
Kariya deglutì: stava per passare un altro brutto quarto d’ora…
-Giù!- gridò, si gettò da un lato ed evitò per un soffio di essere schiacciato; l’impatto e lo scarto d’aria, però, lo fecero rotolare per alcuni metri, tanto che quando finalmente si fermò, con la faccia immersa nell’erba, era coperto di terra e sangue.
Tsurugi invece aveva preso Tenma in braccio e si era allontanato con un balzo, rifugiandosi su un albero; da lì iniziò a sbraitare: Kariya lo sentì gridargli di muoversi e fuggire, ma quando cercò di alzarsi, la testa iniziò a girargli. Si guardò intorno, smarrito, il volo gli aveva fatto perdere il senso dell’orientamento. Istintivamente si portò una mano sulla caviglia ferita, che gli faceva un dolore cane.
Anche la voce di Tsurugi si faceva ovattata, mentre un ronzio gli vibrava nelle orecchie.
Alzò lo sguardo verso la zampa che si riabbassava su di lui, veloce.
-KARIYA!- Poi una voce forte e chiara gli bucò i timpani: la lucidità tornò tutto in un colpo, spinta in avanti dalla sorpresa. Delle braccia lo afferrarono e lo strinsero, portandolo fuori pericolo.
Quando Kirino atterrò, tenendolo fermamente in braccio, Kariya gli rivolse uno sguardo incredulo.
-Che ci fai qui?- chiese stranito, poi si accorse di dov’era e arrossì. –Aspetta, mettimi giù!-
Kirino si accigliò. –Ti sembra il caso? Riesci a lamentarti perfino quando non ti reggi in piedi!- ribatté, esasperato.
-Non è vero, sto benissimo.- mentì spudoratamente il ragazzo, che sentiva dolori in tutto il corpo. Kirino non gli credette neanche per un istante, ma la sua attenzione al momento era presa più dalla bestia gigante che non dai capricci del suo kohai.
-Ma quello…- esclamò, basito, e un altro completò la frase al posto suo:-…sono i topi scacciati dal villaggio.-
Kariya si voltò: il Pifferaio di Hamelin, che era venuto con Kirino, osservava il topo con serietà e freddezza, come si fissa un vecchio nemico.
-Sembra che tu non abbia fatto un lavoro impeccabile dopotutto, Pifferaio!- osservò Tsurugi ironico. Shindou gli gettò un’occhiata di traverso. Estrasse il suo strumento e se lo portò alle labbra, ma prima che anche solo una nota potesse uscirne il topo emise un latrato che alzò un vento fortissimo, mandandolo all’aria.
-Shindou!- gridò Kirino, preoccupato. Kariya si morse il labbro, cercando di ignorare la fastidiosa sensazione di gelosia che gli veniva da quei due.
-Mettimi giù.- borbottò. Kirino lo guardò sorpreso e Kariya ordinò:- Ho detto, mettimi giù! Obbedisci!-
Si divincolò al punto tale che Kirino, pur di non veder riapparire il collare, dovette acconsentire a lasciarlo andare. Non appena i suoi piedi toccarono terra, Kariya strinse al petto il cestino, che aveva cominciato ad agitarsi nuovamente.
-Cosa succede?- domandò Kirino. Kariya scosse il capo e premette le mani sul coperchio, in un patetico e forzato tentativo di impedirgli di aprirsi. Kirino rimase ad osservare per un po’ quella scena, che avrebbe potuto essere esilarante perché il cestino stava palesemente vincendo, quando finalmente intuì la verità.
-È il Libro, vero?! Sta reagendo a qualcosa, vero?!- esclamò. –Anche prima… Non sarà che reagisce alla vicinanza del Pifferaio di Hamelin?! Forse puoi provare ad evocarlo!-
-No! Non ci penso… nemmeno! Se lo scordi!- replicò Kariya abbracciando il cestino.
Kirino alzò gli occhi al cielo e lo afferrò per un braccio.
–Oh, insomma! Smettila con tutti questi capricci! Siamo in pericolo, devi fare qualcosa…!- gridò, non aveva neanche finito di parlare che il cestino si aprì con violenza e il Libro schizzò fuori. Kariya lasciò cadere istintivamente il cesto e sollevò i palmi per accogliere l’oggetto magico, che si aprì alla pagina giusta.
–E va bene, e va bene! Ce l’avete tutti con me oggi.- brontolò Kariya, sospirò ed estrasse la carta dai colori luminescenti. –Pifferaio di Hamelin, ti evoco!- gridò.
La carta uscì dal libro, roteò su se stessa e lanciò un fascio di luce azzurra, che avvolse Shindou; il Pifferaio chiuse gli occhi e rabbrividì, quando si riprese era scosso ma emozionato.
-Sento… una nuova melodia nascere…- sussurrò.
Con mani tremanti si portò lo strumento alle labbra e iniziò a suonare.
La sua canzone era ancora più dolce e pacata della volta precedente, tanto che Kariya sentì l’irritazione scivolargli subito via di dosso; chiuse gli occhi, in pace con se stesso, così come Kirino, Tsurugi e Tenma. Le note che uscivano dal piffero salirono in alto, nell’aria, poi scesero piano e si posarono come granelli di filigrana dorata sul corpo del topo, i cui occhietti si fecero pian piano languidi e sonnolenti, finché non perse tutta la sua ferocia. Shindou smise di suonare e accarezzò il muso peloso della bestia.
-Mi dispiace… anche voi dovete aver sofferto. Ora potete andare, trovate il luogo che più vi si addice e restate in pace.- disse, con un sorriso. La bestia annuì, squittì come se stesse piangendo e pian piano tornò alla propria forma originale: la massa di topi salutò il Pifferaio con un inchino e si dileguò nel sottobosco.
Anche il Pifferaio si inchinò, leggiadro, e sussurrò:- Questo era il mio Notturno per la pace. Addio, cari amici.-
-Com’è elegante.- mormorò Tenma commosso. Tsurugi non ribatté, era troppo istupidito dalla melodia per trovare la forza di commentare ironicamente.
Kariya sospirò, mise a posto la carta e fece scorrere le pagine del Libro: solo allora si accorse con sorpresa che al centro della prima pagina, fino ad allora rimasta totalmente bianca, era comparsa una piccola, preziosa stella argentata.
 
xxx
 
Kariya abbracciò il suo cestino mentre rimuginava fra sé e sé.
Troppe cose erano accadute il giorno precedente e durante la notte non era riuscito affatto a chiudere occhio. Che rabbia, invece, gli facevano il suo senpai e il pifferaio: loro sembravano così freschi e riposati! Ancora non poteva credere di essere stato costretto a chiedere l’aiuto di quello lì. Il suo orgoglio era in pezzi!
-Allora, arrivederci, messer Kirino. Il tuo compagno non viene a salutare? Forse non si sente bene?- stava dicendo or ora Shindou, togliendosi il cappello piumato mentre la folla gli moriva dietro.
-Ah, no… lui sta ancora mettendo il broncio. Gli passerà, prima o poi.- rispose Kirino e ridacchiò.
Kariya sbuffò e gli diede le spalle.
-La Volpe e il Gatto staranno bene. Ho chiesto stamane alla locandiera, e lei mi ha detto che hanno ricevuto le cure richieste.- continuò Shindou allegro. Si rimise il cappello e allacciò il piffero alla cintura.
-Ora dove andrete, messer Kirino? Avete già un’idea?- chiese. Kirino scosse il capo.
-Non conosciamo così bene il posto…-
-Mmm… allora, posso permettermi un consiglio? Proseguendo per la foresta, incontrerete un altro paesino all’ombra di un’alta torre inespugnata. Sicuramente lì troverete qualcosa d’interessante.-
-Grazie, seguiremo il tuo consiglio.- rispose Kirino sorridendo. I due amici si inchinarono in segno di rispetto, poi il Pifferaio lo salutò definitivamente e s’incamminò nella direzione opposta alla loro, uscendo dal villaggio. Kirino rimase a fissarlo finché la sua figura non sparì all’orizzonte, poi i girò verso Kariya.
-Ehilà, sei finalmente cresciuto o sto ancora parlando con un bambino dell’asilo?- esclamò, sarcastico.
-Ahahah, che battutona. Mi sto sbellicando.- Kariya alzò gli occhi al cielo. –Su, andiamo.-
Fece alcuni metri, poi si accorse che il compagno non lo seguiva e si fermò.
-Che c’è, ora? Perché mi fissi come un cretino?-
-Sono solo sorpreso, non credevo che avresti seguito davvero il consiglio di Shindou. Credevo che avresti protestato e che sarebbe stato difficile convincerti.-
Kariya sbuffò:- Ma sei scemo o cosa? Non seguo nessun consiglio, io! È solo che mi sembra logico andare da quella parte. Non abbiamo altra scelta, a meno che tu non voglia tornare ad assaggiare altri deliziosi manicaretti di Gretel…-
-No, no! Andiamo!- esclamò Kirino e si affrettò a raggiungere il compagno.





-----**Angolo dell'Autrice**

Buon pomeriggio :')
Ho sempre amato la musica classica, ma ultimamente la ascolto molto più spesso, forse perché mentre studio mi rilassa. 
I notturni di Chopin e Debussy sono così belli <3<3<3 E Mozart, poi, awwww. 
Parlando della fic, mi sono resa conto che Kariya è veramente inutile XD Se lo si confronta con il Pifferaio/Shindou, che invece è una figura di alto portamento, elegante, leggiadra, Kariya appare ancora più goffo e scialbo, povero :'D È come mettere a confronto un cigno col brutto anatroccolo (?). Ciò non toglie che anche lui avrà i suoi momenti di gloria e che Shindou mi fa girare le scatole :'D
Pubblico questo capitolo nella pausa di studio fra Manzoni e Leopardi (?), pertanto ora devo proprio andare çuç 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! 
Baci, 
       Roby


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Capitolo 7
*** Event Six -The Princess in The Tower. ***


Buonasera :)
Con il nuovo aggiornamento, introduco una nuova fiaba. Il titolo potrebbe trarvi in inganno, ma non è Raperonzolo (lol).
In questo capitolo non compaiono ancora i protagonisti, inoltre... In effetti, scoprirete tutto nel prossimo capitolo owo
Vi metto qui un altro disegno che ho fatto, questa è la carta di Shindou (è la numero cinque perché il tre e il quattro corrispondono ad Hansel e Gretel).


Event Six – The Princess in The Tower.

Non sapeva da quanto tempo stessero camminando, ma a Kariya sembrava infinito.
Dopo l’esperienza con i ratti, ad ogni minimo rumore nella foresta doveva fare del suo meglio per non sobbalzare e restare indifferente, anche il più piccolo fruscio rischiava di spezzare il già debole equilibrio in cui si trovavano i suoi nervi. Era francamente terrorizzato, al punto che aveva persino scordato di rinfacciare a Kirino di aver preferito Shindou a lui per la millesima volta.
Il suo senpai, che camminava al suo fianco, era tranquillo, fresco e riposato, come se l’incontro con Shindou avesse avuto un effetto balsamo su di lui, e non sembrava per niente impaurito da ciò che poteva nascondersi nella foresta.
Inutile dirlo, loro due reagivano sempre in maniera opposta.
-Kariya, guarda! La foresta è finita- esclamò Kirino d’un tratto. Kariya seguì con lo sguardo la direzione che l’altro indicava col dito e tirò un sospiro di sollievo: erano arrivati ad una zona dove gli alberi era pochi e sempre più bassi, fino a diventare un sottobosco di piccoli arbusti. Era un buon segno. Poco dopo, infatti, scorsero i primi tetti. Le case del villaggio non erano lontane.
 
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Il secondo villaggio era appena la metà del primo; di case Kariya ne contò solo sette e di locande non ce n’era nessuna, e gli abitanti erano perlopiù concentrati attorno ad una fontana di sassi e ciottoli, nella quale navigavano ninfee bianchissime. Dovevano essere capitati in un giorno di festa, perché nessuno stava lavorando: al contrario, i bambini giocavano con l’acqua, gli adulti chiacchieravano allegramente, i vecchi giocavano a dadi su un tavolino di legno pieghevole, che forse loro stessi avevano trasportato in mezzo alla piazza.
Quando Kariya e Kirino si avvicinarono, una donna li salutò con fervore, dandogli il benvenuto: portava occhiali con una spessa montatura rossa e un caschetto di capelli blu che le scendevano sbarazzini sul collo, dietro le orecchie. –Otonashi-san- disse Kirino a mezza voce. Kariya le lanciò un’occhiata in tralice: era proprio lei. Lei non fece caso alle loro reazioni e gli sorrise.
-Cosa vi porta qui? Siete viaggiatori?- chiese.
-Sì, è la prima volta che veniamo qui e stiamo “esplorando” il luogo- disse Kirino, che fra i due era sicuramente il più diplomatico. Kariya si limitò a starsene in disparte mentre i due parlavano del più e del meno, lui non amava essere socievole e non ne sentiva nemmeno il bisogno.
Il suo sguardo cadde quasi inconsciamente sui bambini, le loro risate lo riportavano alla sua infanzia. Sua madre lo portava spesso al parco e lo rimproverava quando si bagnava tutto giocando nella fontana; con i problemi economici che incombevano, però, quelle uscite erano diventate sempre più rare, finché sua madre non si era rinchiusa nella propria stanza a piangere, e l’unica altra volta che Kariya aveva visto quella fontana, da allora, era stato quando ci era passato davanti con la macchina nera che l’avrebbe portato al Sun Garden. Fine dei giochi.
Solo quando sbatté le palpebre, si accorse di avere gli occhi velati di lacrime. Perché diavolo non aveva mai chiesto a Hiroto o a Midorikawa di portarlo a giocare lì? Ormai era tardi. Era cresciuto.
Si passò la manica sul viso per asciugarsi gli occhi prima che Kirino lo vedesse in quello stato imbarazzante; quando riabbassò il braccio, vide un’enorme ombra allungarsi sull’acqua: si allargava a macchia dall’alto e inghiottiva tutto il villaggio con una lentezza esasperante, finché non furono quasi completamente al buio. Tutti rimasero immobili, nel più completo silenzio, per alcuni minuti, poi sembrarono riprendere vita, anche se le loro voci erano scese di qualche tono.
-Cosa… cos’è successo?- s’informò Kirino, dubbioso. Osservava il cielo, come cercando traccia dell’oggetto a cui apparteneva l’ombra. –Non ci saranno giganti, spero- aggiunse in fretta, non che la cosa lo avrebbe stupito, ma davvero non si augurava di trovare altri guai.
-Ma no, tranquillo, è soltanto la Torre- lo rassicurò Otonashi: la donna accennò una risata, ma la naturale solarità della sua espressione era stata oscurata da un velo di malinconia. I suoi occhi brillavano leggermente al buio, come se piangesse.
-La torre? Quale torre?- chiese Kirino. Kariya si avvicinò, pensieroso: ora che ricordava, Shindou aveva parlato proprio di un villaggio "all’ombra di una torre".
Alzò lo sguardo, girò su se stesso, attento ad ogni dettaglio del paesaggio, e la vide.
Era un’alta torre di mattoni grigi, leggermente inclinata su un fianco, che pendeva proprio sopra al villaggio come se dovesse cadere da un momento all’altro; sembrava non avere entrate, solo una piccola finestrella buia in cima, sotto i merli di pietra, e una grande pianta d’edera tappezzava tutto il fianco est, l’unico ad essere colpito dal sole durante la giornata. Afferrò Kirino per un polso e gli indicò il grande edificio.
-È chiaro: ogni qualvolta il sole ruota l’ombra della torre cambia… ogni giorno ci sarà almeno qualche ora di buio totale sul villaggio- disse. Kirino capì e annuì.
Otonashi taceva, e Kariya intuì che la torre nascondeva più segreti di quel che appariva.
-Cosa c’è nella torre?- domandò, senza pensarci due volte. Otonashi sussultò. Bingo.
-Cosa c’è?- insistette. –È qualche tesoro? Qualcosa di prezioso? Avanti, me lo dica.
-Kariya, non essere maleducato- bisbigliò Kirino gettandogli un’occhiata di rimprovero.
Otonashi si strinse nelle spalle. -Non è davvero un segreto, lo sanno tutti- disse piano.
–La Torre è un importante simbolo per il nostro villaggio… Lì vi abitavano il principe e la principessa, un tempo. Poi furono attaccati da una bestia malvagia, che distrusse quel posto. Di loro non si sa più nulla, ma si vocifera che lei viva ancora dentro, intrappolata fra le mura, e che aspetti ancora il ritorno del suo principe.
-Che storia romantica e triste- osservò Kirino con un sospiro.
Kariya alzò gli occhi al cielo. –Oh, non fare il sentimentale- replicò, a bassa voce, in modo che solo lui potesse sentirlo. –Piuttosto, questa deve essere la cosa “interessante” di cui parlava il Pifferaio, ricordi? Quanto ci scommetti che quella dovrà essere la nostra prossima meta?
-La Torre, intendi?- Kirino ponderò l’idea per qualche secondo, irrequieto.
-Sicuro che lo è. È il luogo più ambiguo e pericoloso qui intorno, dopotutto- proseguì Kariya. Rifletté per un po’, poi si rivolse alla donna. -La ringraziamo per le informazioni, ora dobbiamo proprio andare- esclamò, girò i tacchi e intraprese una strada laterale che secondo i suoi calcoli doveva portare fuori dal villaggio. Kirino fu costretto a salutare in fretta Otonashi e lo seguì.
La strada sbucava proprio davanti alla laguna e al canneto che separavano il villaggio dalla Torre.
-Kariya, sicuro di ciò che fai?- lo interrogò Kirino, accigliato e nervoso. –Una cosa è trovare guai, e un’altra e andarceli a cercare!- protestò.
-Senti… ma tu davvero non hai mai giocato ai videogiochi? O almeno, dopo tutto ciò che abbiamo passato non hai ancora capito come vanno le cose?- Kariya sbuffò, seccato. -Nulla ci accadrà nei luoghi più tranquilli e se vogliamo che il gioco prosegua bisogna far accadere qualcosa! Tutti i giochi, anche i più stupidi, funziona così!- proseguì, pensando che Fairytale non faceva eccezione, eccetto per il fatto che probabilmente il suo creatore era un sociopatico.
Kariya sollevò i lembi della gonna e cominciò delicatamente ad addentrarsi nel canneto, facendo attenzione a non restare impigliato da nessuna parte o a non mettere i piedi nell’acqua stagnante. Un puzzo di rospi e palude gli fece arricciare il naso.
Kirino era rimasto fermo sul posto, indeciso sul da farsi; infine scelse di proseguire, un po’ perché non voleva restare là da solo e un po’ perché temeva che il kouhai si cacciasse di nuovo nei guai da solo, magari rischiando d’affogare.
-Ho capito, ho capito, ma il fatto che sia una situazione necessaria non vuol dire che mi debba andare a genio- gridò Kirino. Sospirò rassegnato mentre entrava nel canneto, ma, quando alzò lo sguardo, Kariya era già sparito.
 
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Kariya giurava di aver sentito la voce di Kirino, da qualche parte dietro di lui, ma quando si voltò non trovò traccia del suo senpai. Era rimasto indietro, o forse non l’aveva mai seguito.
-Cretino. Codardo- borbottò. Quasi si aspettava di veder uno Shindou spuntare dal folto delle canne e rapire Kirino. Stava diventando un incubo insensato. Ridicolo. Non gli importava neanche di avere Kirino con sé.
Con un ultimo sforzo uscì dall’altra parte del canneto, saltò una pozza d’acqua di stagno e si trovò quasi spiaccicato contro una parete di pietra. Non aveva calcolato bene il salto. Si appoggiò alla parete e a tentoni cercò qualcosa che somigliasse ad una porta, ma non c’era nulla di simile; iniziò quindi a camminare intorno alla Torre, tastando la pietra come in Scooby-Doo avrebbero tastato un muro pieno di passaggi segreti improbabili. Fu in quel momento che si rese veramente conto di quanto grande fosse la Torre: la base, circolare, doveva avere un raggio di parecchi chilometri. Kariya camminava e camminava, ma la parete sembrava non finire mai.
Quando arrivò alla parte ricoperta d’edera, alzò lo sguardo e il sole lo colpì in pieno di viso, lasciandolo accecato per qualche minuto, poi piano piano i suoi occhi si adeguarono e tutto tornò chiaro. Le sue dita incontrarono e strinsero una tenera foglia d’edera, andò avanti seguendo il percorso della pianta fin quando il suo mignolo non si scontrò con qualcosa di incredibilmente duro. Kariya ritrasse la mano e si succhiò il dito che si era piegato per il dolore lancinante e inaspettato.
Poi guardò meglio: il sole colpì una piccola maniglia d’oro e la fece brillare.
-È una porta.-
Kariya si voltò di scatto: non era stato lui a parlare e nemmeno Kirino. La voce, profonda e bassa, sembrava molto sicura di sé. Sperò che non fosse Shindou-capitan-ovvio, ma tutto ciò che riuscì ad intravedere fu un lembo di tessuto scuro, forse un mantello, scomparire nel canneto.
Rabbrividì; meglio non pensarci troppo, se avesse perso tempo con ogni stranezza del luogo avrebbe fatto notte. Il dolore al dito era scomparso, lasciando posto all’eccitazione della scoperta. Kariya mise la mano sulla maniglia che scottava e spinse, ci fu un piccolo scatto, poi nella parete di pietra si aprì un varco.
La voce aveva ragione: era la porta che stava cercando, anch’essa di pietra e mimetizzata bene dall’edera.
Qualcuno aveva voluto nasconderla agli sguardi altrui e c’era riuscito bene.
Entrò, camminando come sulle uova per paura di far scattare qualche meccanismo di trappole o roba simile –non ci teneva a trovarsi un’ascia conficcata in testa, o una palla di ferro alle calcagna, o qualunque altra diavoleria del genere.
Gli interni erano sobri e umidi; un buco nel soffitto lasciava intendere che c’era stato un lampadario, una volta, ma ora la stanza era piuttosto buia e l’unica cosa più o meno visibile era un ampio arazzo rosso, appeso ad un muro in fondo alla stanza. Kariya si avvicinò, lo toccò, lo spostò.
Era mezzo bruciato e dietro di esso si nascondeva un corridoio. Un’altra porta nascosta.
Stavolta ad aspettarlo c’erano delle scale.  
Kariya si guardò rapidamente alle spalle, poi alzò lo sguardo verso l’alto e contò le rampe da salire, ma le scale si snodavano verso la cima della Torre, a chiocciola e sembrava impossibile fare un calcolo esatto. Ma doveva salire. Era arrivato fin lì, non aveva senso tornare indietro, poco importava di Kirino.
Restò fermo ancora un attimo, per raccogliere la forza sia fisica che morale, e poi andò all’avventura. 





----**Angolo dell'Autrice**----
Ehilà (?).

Anche se non si tratta di Raperonzolo , devo ammettere di aver preso spunto da quella per la descrizione della torre. La fiaba è "La principessa e il ranocchio", non ho ancora introdotto i personaggi protagonisti, ma diciamo che non è impossibile capire chi siano, conoscendomi :'DDD
Kariya e Kirino finiscono spesso separati, in un modo o nell'altro, ma avranno i loro momenti romantici più avanti RanMasa *sclera*
E la "voce" sentita da Kariya non è messa lì a caso, ovviamente. Appartiene ad un altro personaggio con un ruolo chiave in questa fic, t
atataaaaan (?). Spero di avervi incuriositi in qualche modo C: 
Bacioni,
        Roby



 


 

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Capitolo 8
*** Event Seven -Against The Dragon. ***


Buonasera c:
Oggi non avevo lezione alll'università per cui mi sono messa d'impegno e ho finito il settimo capitolo di questa long (sto anche lavorando a Spy Eleven, non preoccupatevi, ahahaha). Questo capitolo conclude la fiaba de "La principessa e il ranocchio"...
Vorrei dedicare il capitolo ad Ursy, che sta passando un periodaccio, per farle sapere che ha tutto il mio sostegno (mi dispiace di non essere riuscita ad aggiornare il giorno in cui sei uscita con Diana (?), la prossima volta farò del mio meglio).


 

Event Seven – Against the Dragon.

Kirino si guardò intorno, smarrito. Chi l’avrebbe detto che quel canneto potesse essere così grande, e così labirintico? Lui voleva soltanto uscire, a seguire Kariya ormai ci aveva rinunciato. Cominciava a credere che avrebbe dovuto rimanersene a casa propria, a farsi i fatti propri, invece di andare a portare i compiti a casa di Kariya. Si era stupidamente preoccupato per lui, credendo che si fosse ammalato o che stesse male per qualche motivo... E invece il kouhai aveva semplicemente scelto di marinare, perché era una grandissima testa di rapa. Kirino sospirò, chiedendosi perché mai, anche in una situazione difficile come quella, fosse più in ansia per Kariya che non per se stesso: il problema è che lui era così impulsivo, così poco pratico. Non osava neanche immaginare in quali guai si sarebbe cacciato stavolta…
Un rumore lo fece sobbalzare, le sue orecchie si rizzarono, i suoi sensi si acuirono di colpo. Essere metà lupo aveva i suoi vantaggi. Aguzzò lo sguardo, scandagliò la zona in cerca della fonte. Lo individuò come un gracidio roco, verso che risuonò di nuovo qualche secondo più tardi. Qualcosa di umido e viscido gli sfiorò la caviglia destra, e Kirino resistette a stento all’istinto di tirare un calcio e abbassò lo sguardo verso il ranocchio che per poco non aveva sbalzato via.
Occhi neri, brillanti ed insolitamente intelligenti, si sollevarono a guardarlo.
Kirino fece scorrere lo sguardo da quella strana faccia alla lunga coda di capelli neri che gli sbucava dalla nuca... Ma le rane potevano avere i capelli?
 
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La stanza della principessa era la più alta in assoluto; quando finalmente la raggiunse, Kariya cedette al dolore che gli faceva piegare le ginocchi e si lasciò cadere a terra, esausto, incurante del fatto che la gonna si stropicciasse standoci seduto su. Tutte quelle scale lo avevano ucciso.
Respirando in modo affannoso osservò l’ambiente: a parte un comodino e un enorme letto a baldacchino, che ingombrava gran parte della camera, non c’erano mobili. La finestra era aperta, il sole inondava il pavimento di luce e rivelava i contorni di una figura seduta sul letto, celata a uno spesso velo roseo che scendeva dall’alto.
-Chi c’è?- esclamò una voce sorpresa e allarmata, ma anche minimamente speranzosa. Una mano si tese per strappare il velo e da esso emerse una ragazza con lunghi capelli corallo, avvolta in un vestito verde che faceva pendant col colore dei suoi occhi acquosi.
Lei e Kariya si fissarono per qualche secondo, entrambi a bocca aperta per lo stupore.
La delusione per il fatto che non fosse il suo principe si leggeva chiaramente sul volto della principessa, la cui bocca si storse in una smorfia; si allungò immediatamente verso il letto, afferrò il cuscino e lo lanciò sulla faccia di Kariya, per poi scagliarsi su di lui e tirargli un pugno nello stomaco. Il ragazzino sussultò e urlò di dolore mentre ruzzolava all’indietro. Batté la schiena e la nuca sul pavimento, e la principessa si mise a cavalcioni su di lui, puntellandogli il collo con un pugnale estratto dal vestito. -Chi sei? Cosa vuoi da me?- lo minacciò.
Kariya riuscì a stento a deglutire. Chiuse gli occhi e mise le mani avanti.
-M-Midori, non uccidermi, ti prego!- Quella ragazza era sempre stata pericolosa, pur senza armi.
Un lampo azzurro attraversò la stanza. Di colpo il freddo della lama si allontanò dalla sua pelle, il peso sul suo corpo diminuì: lei si era ritratta, colta alla sprovvista.
-Come… come conosci il mio nome?- domandò sospettosa; non lo stava guardando in faccia, ma il suo sguardo era concentrato sul cestino tremante, dal quale usciva una tenue luce azzurra che si spense solo quando Kariya vi poggiò la mano sopra, frettoloso.
-Io… io sono stato mandato ad aiutarti- disse. Sperando che fosse una bugia convincente, raccontò di aver ricevuto un messaggio dal suo principe, che le chiedeva di uscire dal castello per incontrarlo. Midori ascoltò in silenzio, con gli occhi verdi sgranati. Quando terminò di parlare, il ragazzino lesse l’incredulità nel suo volto; cercò di rimanere calmo, ma temeva di non essere creduto, se lei avesse capito che mentiva gli avrebbe dato morte certa.
-Ah… capisco- mormorò la principessa d’un tratto. Era arrossita visibilmente. Kariya sospirò, immediatamente sollevato dal fatto di essere stato convincente.
Poi lei si alzò in piedi e lo strattonò talmente forte che gli parve di sentire il braccio strapparsi.
-Ehi! Un po’ di delicatezza!- protestò. Midori lo ignorò; sembrava fin troppo entusiasta al pensiero di vedere il suo principe (il che lo fece sentire abbastanza in colpa) e si diresse verso la porta della camera in un lampo. -Dai, muoviti!- gridò. Aveva rinfoderato il pugnale. Kariya continuò a guardarlo con preoccupazione, all’ansia di poter essere infilzato da un momento all’altro alla quale si aggiungeva l’orribile pensiero di dover rifare daccapo tutte le scale, anche se in discesa.
Cinque minuti più tardi, non erano arrivati nemmeno a metà della gradinata. Midori scendeva i gradini due alla volta, saltando e tenendosi il vestito alzato con le mani. -Non ne potevo più di stare qua dentro- disse, ridendo.
“Non c’è da biasimarla” pensò Kariya. Non era un luogo particolarmente allegro. Era sicuro che fra polvere e umidità ci fossero insetti a palate… Quasi cacciò un urlo e cadde all’indietro quando uno scarafaggio nero, grosso quanto il palmo di una mano, gli svolazzò davanti, andando poi ad attaccarsi sulla ringhiera delle scale. Midori si girò di scatto e si portò un dito alle labbra, gli occhi verdi pieni di rimprovero. -Non fare troppo rumore, cretino- lo avvertì.
Kariya le rivolse un’occhiata stranita, e anche leggermente offesa. -Non è colpa mia se qui dentro hai lesinato sulla pulizia ed ora ci vivono certi mostri- brontolò.
La ragazza aggrottò le sopracciglia. -Beh… non è certo quello il peggior mostro qui dentro- obiettò. -Sai, non vado certo in giro a fare le pulizie, sapendo che c’è un’enorme lucertola focosa che dorme nei sotterranei.- Si voltò per proseguire, ma Kariya la trattenne per un braccio.
Pezzi della storia raccontata da Otonashi gli tornavano in mente solo ora.
-Aspetta… mi stai dicendo che… che la bestia malvagia è… q-qui dentro?- deglutì. -Aspetta, un’enorme lucertola focosa...? Oddio- realizzò improvvisamente e sbiancò. - Oddio… Il mostro è un drago!
-Eh, non lo sapevi?- chiese Midori sorpresa.
-No che non lo sapevo! Nessuno me lo aveva detto! E tu perché non l’hai detto subito?!
-Beh, davo per scontato che lo sapessi! Lo sanno tutt…- La risposta della ragazza venne interrotta da un scossone che fece vibrare tutte le scale e tremare le pareti, persino lo scarafaggio si spaventò e fuggì, e per un momento Kariya gli invidiò la capacità di volare. Abbassò lo sguardo su Midori, che a sua volta fissava i piani di sotto con aria sconvolta. -Muoviti, muoviti- sibilò, gli prese la mano e iniziò a correre lungo le scale, ansiosa di arrivare in fondo. -Non c’è tempo!
-M-ma cos’era quella scossa? Sembrava un terremoto!
-Si è mosso! Si sta svegliando!- esclamò Midori. -Non c’è tempo, muoviti!- incalzò, ma un’altra vibrazione, più intensa della prima, smosse nuovamente tutto l’edificio, e Kariya dovette mantenerle le spalle in modo saldo per evitare che ruzzolasse giù. Si guardò intorno, frenetico, cercando una via d’uscita. Se il drago era veramente nei sotterranei, scendere non pareva la soluzione più appropriata… gli sarebbero andati dritto in bocca.
-Per di qua!- ordinò. Si girò, scavalcò la ringhiera e si trovò su una piattaforma di marmo, uno stretto davanzale che supportava una finestra. -Vuoi saltare? Sei impazzito?- Midori scosse il capo.  Kariya si affacciò, poi si ritrasse. Si morse un labbro.
-Ci avevo pensato, ma è troppo alta- disse. -Forse se scendiamo un po’ più giù…
Midori aprì la bocca per replicare, ma in quel momento un lungo ruggito rimbombò fra le mura. I due ragazzini impallidirono; con un movimento istintivo, lui le afferrò il braccio e l’attirò a sé, facendola rotolare al di là della ringhiera, mentre il drago - un'immensa massa di squame rosse, arancioni e blu come una fiamma ardente - emergeva dal pavimento: aveva sfondato con la pesante testa il soffitto dei sotterranei, e ora stava tentando di liberare il corpo massiccio dalla roccia, tirando fuori una zampa alla volta e attaccandosi con gli artigli a luna sulle mura. I suoi oscuri occhi gialli si alzarono verso l’alto e le fauci si aprirono. Kariya osservò orripilato come la saliva gocciolava da quei denti perlacei e acuminati come lame, fra i quali si srotolava la lingua biforcuta. Quando ruggì, i due ragazzi furono quasi spazzati via dal vento che ne fu generato.
Midori sbatté contro il vetro della finestra, e si trovò a guardare giù. Le sue dita sudate erano strette intorno a quelle di Kariya, che intuì subito i suoi pensieri. La sua bocca si spalancò ad O, ma non emise alcun suono. Il drago aveva liberato tre delle quattro zampe. La ragazza lo tirò all’improvviso ed entrambi si trovarono a precipitare nel vuoto.
Kariya vide la palude, il canneto e il fianco grigio della torre vorticare sotto di lui, insieme a sprizzi di tessuto rosso, probabilmente la sua gonna, rigonfia, al vento. Aveva perso di vista Midori. Qualcosa gli urtò contro lo zigomo e, aprendo gli occhi pieni di lacrime, vide che il libro era fuoriuscito dal cestino ed era sospeso al di sotto del suo mento; con estremo sforzo, toccò con un dito la seconda carta, che si illuminò immediatamente.
Avvertì un fruscio, poi due braccia lo acchiapparono al volo.
-Te l'avevo detto che stavamo cercando guai!- esclamò Kirino, torvo. Era sbucato da chissà quale parte del canneto, richiamato dalla propria carta, e con un salto l’aveva raggiunto in aria; Kariya si attaccò a lui gettandogli le braccia al collo, si rendeva conto che così facendo avrebbe perduto libro e cestino, ma non gli importava. Voleva solo sentirsi al sicuro.
Il senpai toccò con i piedi al fianco della torre, appoggiandosi quel tanto necessario per poter spiccare un nuovo balzo verso terra. -Stai bene?- chiese.
-Dov’eri finito?- Invece di rispondere, Kariya lo rimbrottò, imbronciato. L’altro si accigliò.
-Al massimo dovrei chiederlo io a te! Mi hai lasciato da solo in mezzo alla palude e…
-Scusate, se non è di troppo disturbo, vi spiace tirarmi giù?!- La leggiadra voce di Midori li interruppe; i due alzarono di scatto lo sguardo e la videro, in qualche modo era riuscita ad appendersi ad un altro davanzale roccioso, qualche piano più giù di quello da cui erano caduti, ma ancora troppo in alto per avere il coraggio di mollare la presa.
-Senpai, va’ a prenderla- ordinò Kariya con un sospiro. L’altro annuì e usò di nuovo il fianco della torre come appoggiò per saltare; si aggrappò anche lui al davanzale con una mano, mentre con l’altro braccio cingeva la vita della principessa, e poi tornò giù con facilità ed eleganza.
Kariya percepì una leggera fitta di gelosia nel vederli abbracciati insieme, ma decise di far finta di niente. Non era affatto il momento giusto per pensare a cose futili come quella, e inoltre era del tutto evidente che a Midori importava ben poco di Kirino. Appena toccò terra, infatti, noncurante del fango che le sporcava gli stivali e l’orlo del vestito, iniziò a scrutare nervosamente il canneto.
-Dov’è?- esclamò. Si girò verso Kariya, lo afferrò per le spalle e lo scosse con forza. -Dov’è il mio principe? Avevi detto che mi stava aspettando!- ringhiò, i suoi occhi mostravano segnali di lacrime in arrivo. Il ragazzino non sapeva cosa risponderle, se non la verità, ma aveva la sensazione che avrebbe fatto male ad entrambi, a lui fisicamente e a lei nell’animo. Prima che potesse aprir bocca, Kirino intervenne inaspettatamente in suo soccorso.
-È qui vicino, mia principessa-. Fece un inchino. -Si vergogna per via del suo aspetto, ma è vero che la stava aspettando. In realtà non si è mai allontanato dalla torre, cercando il momento giusto per potervi rincontrare…- Si portò le dita alle labbra e fischiò.
Passarono alcuni minuti, poi un ranocchio uscì dal canneto a grandi balzi; Midori si chinò subito verso di lui, accogliendolo nei palmi delle sue mani, lo strinse al petto con delicatezza, per paura di fargli male, e le lacrime le sgorgarono dagli occhi per la felicità.
-Ti ho aspettato così a lungo… allora anche tu mi aspettavi? Credevo che ti fossi dimenticato di me… Mi dispiace tanto, è colpa mia se il drago ti ha fatto questo- disse, fra un singhiozzo e l’altro, e il ranocchio diede cenno di aver capito gonfiando la pancia ed emettendo un gracidio. Lei se lo avvicinò ancora di più e lasciò che delle ciocche di capelli le cadessero sul viso mentre baciava con affetto la pelle rugosa dell’animale: in quell’istante l’incantesimo fu sciolto e, davanti agli occhi stupefatti di Kirino e Kariya, il ranocchio tornò ad essere un principe dalla pelle abbronzata e i colori scuri. Il ragazzo abbracciò forte la principessa, sollevandola da terra, e la baciò con maggiore passione, mentre lei faceva scorrere le dita nella sua lunga coda di capelli neri.
-Secondo me quei due starebbero bene insieme anche nella nostra realtà, non credi?- commentò Kirino. Kariya annuì, imbarazzato, fra un colpo di tosse e l’altro: gli sembrava quasi di starsi impicciando degli affari di Nishiki e Midori, anche se non poteva far nulla per evitarlo.
-Tra l’altro… le avevi mentito per costringerla a seguirti? Sei veramente pessimo- sussurrò ancora il senpai, ma poi sorrise. -Beh, per tua fortuna ho incontrato Nishiki e ho potuto rendere vera la tua bugia... E ti ho anche salvato la vita. Dovresti ringraziarmi.
Kariya arrossì e sbuffò. -Oh, taci…- Si bloccò ricordandosi che la loro battaglia non era terminata.
–Senpai…- esclamò, turbato. -Il drago! C’è un drago nella torre!
-Oh, fantastico!- commentò Kirino, sarcastico. -E cosa aspettavi a dirmelo?!
-Ma che ne so! Mi sono distratto! Ehi, voi due, piantatela di amoreggiare!- strillò Kariya brusco. Tese la mano per chiamare a sé il libro, ma la sua concentrazione fu spezzata dal terremoto che l’enorme lucertola causò uscendo dalla torre: sulla sua schiena si erano aperte due enormi ali dai colori brillanti, che avevano letteralmente squarciato la roccia come fosse stata pelle, e che ora gli permettevano di stare sospeso in aria. Con la coda penzolante buttò all’aria le ultime fondamenta della torre, che rovinò su se stessa; pezzi di marmo larghi e spessi trasvolarono verso la palude, schiacciando le canne e schizzando fango, terra e acqua ovunque.
Kariya si coprì istintivamente il volto con le mani, e Kirino lo spostò di peso per evitare che un sasso lo colpisse in fronte. -Idiota, se qualcosa ti arriva addosso devi spostarti!- lo rimproverò, in tono ovvio. L’altro lo fulminò con lo sguardo, ma ben presto non riuscì più a staccare lo sguardo dal nemico che era atterrato davanti a loro e strisciava con le zampe tozze piegate sul petto.
Si distese verso di loro e la sua bocca si divaricò per inghiottirli. Kirino fu più rapido, balzò all’indietro con il compagno fra le braccia e le fauci della lucertola si chiusero a vuoto con un fragore metallico di denti. Il drago ruggì e si sollevò all’indietro, permettendo loro di individuare Nishiki e Midori, ancora stretti l’uno all’altro per non perdersi; anche il mostro dovette ricordarsi dei loro, la principessa e il principe che aveva maledetto, e si voltò per andare a catturarli, frustando la coda in aria e generando un vento tale che Kirino e Kariya caddero a terra e affondarono nel fango.
-Oh, dannazione! Libro!- gridò Kariya. Si alzò a stento facendo leva sulla spalle del senpai e tese le cinque dita della mano destra in avanti: per un attimo credette di aver perso per sempre la sua unica arma, ma poi la intravide schizzare come un lampo attraverso la palude, scivolare facilmente sotto la pancia del drago e arrivare dritto a lui evitando altri ostacoli. Si aprì e le pagine corsero veloci fino all’ultima, dove due carte nuove erano comparse.
Kariya le evocò senza esitare.
La sua voce risuonò e un’onda di luce si amplificò dal libro fino a toccare Nishiki e Midori, ai quali comparvero fra le mani delle grandi spade. Lui la usò immediatamente per bloccare un colpo diretto, e il ferro della lama sfrigolò contro gli artigli della bestia; la ragazza invece ebbe un attimo d’indecisione, poi alzò il proprio vestito e lo tagliò fino alle ginocchia per avere più libertà di movimento. Approfittando del fatto che la lucertola fosse impegnata, la principessa fece ruotare la spada in aria e gli tranciò di netto le tre dita della zampa, causando una densa fuoriuscita di sangue che allagò il terreno sottostante. Il drago reagì tentando di mangiare la propria carnefice, ma Nishiki era pronto a proteggerla, e così i due innamorati continuarono a proteggersi a vicenda, traendo vantaggio dai momenti in cui la belva era distratta a causa dell’uno o dell’altra. Non si aspettava quella loro forza, ben presto iniziò a soccombere e a perdere le forze, anche perché le ferite infieritegli sugli arti perdevano moltissimo sangue e gli impedivano di reggersi bene.
Fece un ultimo tentativo alzandosi con l’aiuto delle ali, che battevano così rapidamente da parere invisibili, come quelle di una libellula; ma questa mossa gli si rivelò fatale.
-Nishiki, dagli il colpo di grazia!- urlò Kariya; dall’altra parte del campo di battaglia staccò le due carte dal libro, annullò quella di Midori e passò quei poteri su Nishiki, di modo che la sua spada diventasse il doppio più forte.
Il principe saltò quanto più in alto gli fosse possibile e sferrò un colpo mortale, tranciando di netto il torace del drago, dal petto fino allo stomaco: la bestia ruggì di dolore e cadde all’indietro, schiantandosi al suolo mentre pezzi di carne volavano ovunque e Kirino, Kariya, Midori e Nishiki venivano sommersi da una cascata di sangue rosso scuro.
Il tonfo fece tremare tutta la palude per circa cinque minuti, e quando calò il silenzio i quattro ragazzi rimasero a fissarsi, ancora calati nella tensione della battaglia.
-Abbiamo vinto? È… morto?- azzardò Kirino. Nishiki si portò una mano al petto e sospirò.
-Sì… non sento più il peso dell’incantesimo- rispose con sollievo.
Le carte tornarono al loro posto e, come conseguenza, la spada scomparve, ma Nishiki non ci fece caso: abbracciò di nuovo la sua principessa e la fece ruotare in aria con trasporto.
-Vi siamo molto grati per ciò che avete fatto per noi- disse Midori con un largo sorriso.
-Non c’è problema, è stato un piacere- rispose Kirino. -Ora cosa farete?
-Pensavo di vivere giù a villaggio. È un bel posto, e ora che la torre non c’è più non avranno più il problema delle ore di buio…- La ragazza si strinse nelle spalle e Nishiki aggiunse:- I nostri titoli reali ormai non valgono più nulla e, comunque, a noi basta stare insieme, vero, Midori?
-N-non mi mettere in imbarazzo, scemo- borbottò lei, arrossendo, e lui scoppiò a ridere.
-Perfetto! Torniamo al villaggio anche noi, Kariya?- Kirino si girò verso il compagno e si sorprese di trovarlo con lo sguardo persa nel libro, che era rimasto aperto di fronte a lui. Gli si avvicinò e gli poggiò una mano sulla spalla. -Kariya?- lo chiamò, accigliato.
L’altro sussultò e sbatté le palpebre, come se solo in quel momento stesse realizzando di avere qualcuno davanti a sé; focalizzò la sua attenzione su di lui, confuso:- Senpai…?
-Sì, Kariya. C’è qualche problema?- lo interrogò Kirino, lievemente preoccupato.
-Ah… n-no, nulla. Sono solo stanco…- “Anzi,” pensò, ”stanco non è la parola giusta…” Si sentiva totalmente svuotato di ogni energia. Le sue labbra si schiusero per bisbigliare la parola “Libro” e farlo tornare nel cestino, ma aveva la gola arida e il suono non uscì. Il sonno gli venne addosso di colpo, barcollò e lasciò ricadere la mano destra. L’odore del sangue era nauseabondo.
-Kariya!- Il senpai gridò il suo nome e lo supportò con le braccia mentre lui precipitava nell’oblio. Il libro cadde nel fango con un tonfo, e l’ultima cosa che Kariya scorse fu la stella argentata che era comparsa accanto alla prima.




----**Angolo dell'Autrice**----
Eccomi qui~
È stato un vero piacere poter aggiungere anche la NishiMido in questa long, visto che è uno dei pairing het che più mi piace in IE. Li trovo semplicemente perfetti insieme, e ho davvero dei problemi a shipparli separatamente, ahahaha. Nel progetto originale della storia, Midori non avrebbe dovuto combattere, ma alla fine lei ha deciso di farlo (?) -avete presente quando i vostri personaggi si muovono da soli? Ecco. All'improvviso lei era lì, al fianco di Nishiki, e combatteva. In effetti forse agire è più nel suo carattere, piuttosto che stare lì a farsi proteggere XD Sono così carini <3 Probabilmente riappariranno più in là nella storia.
Kariya e Kirino hanno guadagnato la loro seconda stella! *lancia coriandoli* Sono circa a metà della storia XD
Bien, vi lascio con un disegno che ho fatto tempo fa sul capitolo~
Bacioni,
       Roby
 

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Capitolo 9
*** Event Eight -A Girl's Sweet Love. ***


Buongiorno :) 
Oggi mi sono svegliata con un terribile mal di testa e, visto che non riuscivo a studiare, ho deciso di mettermi a sistemare un po' questo capitolo (che giaceva in attesa di essere finito da due settimane) e aggiornare la fic. In questo capitolo riappaiono alcuni personaggi che sono già apparsi precedentemente e che, siccome mi piacciono molto, volevo a tutti i costi far riapparire! Buona lettura!


Event Eight – A Girl’s Sweet Love.

Un soffio di vento freddo penetrò nella stanza e gli sfiorò il collo scoperto. Kariya rabbrividì nel sonno e la sua mano destra si sollevò a stento per avvolgersi la nuca con i capelli che gli erano scivolati sul viso, poi cercò a tentoni i lembi della coperta da tirarsi sulle spalle. Benché ciò in cui le sue dita affondarono fu qualcosa di morbido, ruvido e caldo che non sembrava affatto un lenzuolo, si rifiutò di aprire gli occhi: le palpebre gli pesavano sui bulbi oculari e tutto il suo corpo era fiacco, afflitto da una stanchezza penetrante, accumulatasi giorno dopo giorno, per la quale dormire non sembrava  bastare. Sbadigliò e cercò di girarsi sull’altro fianco, ma lo trovò impossibile poiché qualcosa gli circondava la vita come una corda. Un profumo di cane bagnato misto a pelle sudata gli arrivò alle narici, acre e pungente, gli fece storcere il naso e finalmente aprire gli occhi.
Si soffermò ad osservare il viso che aveva davanti: lunghe sopracciglia, guance piene e rosee, labbra screpolate semichiuse, e lunghi capelli rosa che facevano da cornice a quei lineamenti gentili. Confuso e ancora mezzo addormentato, Kariya non riuscì a fermare l’impulso di lasciar correre le dita, fino a poco prima immerse nel colletto di pelliccia di una giacca marrone, nei lunghi codini dell’altro; risalì con lentezza alle orecchie che gli spuntavano dal capo, erano talmente immobili da sembrare finte, ma non appena le toccò rivelarono tutto il loro calore e la loro vitalità, sobbalzando leggermente.
Il ragazzo addormentato fece un verso a metà tra sorpresa e fastidio e le sue palpebre sbatterono velocemente, come per mettere a fuoco ciò che aveva davanti. Le sue labbra si aprirono e solo allora Kariya si rese conto di due cose: in che situazione si trovava e cosa aveva appena fatto.
Trattenendo a stento un urlo di sorpresa si ritrasse velocemente dal corpo di Kirino, scostando bruscamente il braccio che gli cingeva il fianco, e si mise a sedere; mentre il senpai pian piano riprendeva conoscenza, si guardò intorno e capì di essere nella casa del punto di salvataggio, che appunto brillava a pochi metri da loro, investendo la finestra della sua luce fluorescente.
-C-cosa ci facciamo qui?- esclamò. Un brivido di freddo lo fece starnutire, la finestra non era chiusa bene. Si alzò e con un gesto nervoso sbatté l’anta, stringendosi poi le braccia al petto per il freddo (ma dov’era finita la sua mantellina?).
-Buongiorno anche a te- disse Kirino, accigliato. Si era tirato su completamente e ora stava mulinando un braccio per svegliare i muscoli, mentre con l’altro si manteneva la spalla.
-A giudicare dalla tua reazione, sono quasi sicuro che non te lo ricordi, ma sei svenuto subito dopo la battaglia con il drago. Nishiki mi ha aiutato a portarti qui, poi è tornato al villaggio da Midori.- Scrollò le spalle e fece scrocchiare il collo. -Mentre tornavamo si è messo a piovere. Sapevi che qui può piovere? Beh, apparentemente sì, e ci siamo fatti il bagno perché ovviamente gli ombrelli non esistono. Almeno ci ha ripuliti da tutto quel sangue orribile… Ah, a proposito, ho dovuto toglierti la mantella per metterla ad asciugare, scusa. Se hai freddo puoi mettere la mia giacca.
Kirino si tolse l’indumento (sotto indossava una semplice maglietta nera) e la offrì a Kariya, che esitò. Indossare qualcosa di suo lo rendeva nervoso, soprattutto a causa di quell’odore di cui era impregnata la giacca, il suo odore; d’altra parte, non appena se la infilò, subito smise di tremare e poté rilassarsi.
-Grazie- borbottò. Kirino gli rivolse un sorriso che sparì in un attimo.
-Di nulla. Ero preoccupato, ad essere onesto- ammise, serio. -Sei svenuto all’improvviso…
-Senpai, la fai troppo grande, sarà stato un calo di zuccheri…
-No, no, dico davvero- insistette Kirino. -Non sembravi nemmeno svenuto… più che altro… quasi morto. Ho cominciato a chiedermi… cosa succede se si muore qui? Si esce e basta? O forse non si torna più?- Suonava sinceramente allarmato e Kariya abbassò lo sguardo, imbarazzato, senza sapere cosa dire. Era Kirino, quello bravo a confortare. Lui non aveva idea di come farlo.
Rimase in silenzio e, dopo alcuni interminabili minuti di riflessione, il senpai si calmò da solo: strinse i pugni, inspirò profondamente e cambiò discorso.
-Comunque, ho salvato, visto che c’ero… E là in fondo c’è il tuo cestino- affermò, indicò con un vago cenno un angolo dell’angusta camera. -Il Libro è rimasto calmo per tutto il tempo che hai dormito… Sembra che in fondo sia un normale libro, se tu non sei nei paraggi- aggiunse, mentre Kariya andava a raccogliere il cestino. Lo sentì distintamente muoversi nelle proprie mani non appena lo sollevò da terra, e una sottile fluorescenza ne avvolse i bordi. Il senpai non aveva tutti i torti; era ormai chiaro che quello strano libro reagiva solo alla sua presenza, quasi potesse percepirla, come fosse… vivo. Inquietante.
Kariya aprì il cestino e lasciò uscire il Libro, che si fermò fluttuante davanti a lui. L’ultima cosa che ricordava di aver visto, prima di svenire, era una stella argentata e infatti la trovò lì, accanto alla sua gemella, al centro della prima pagina. Ora che le guardava meglio da vicino si accorse che a fianco ad esse c’era abbastanza spazio perché ne comparissero altre.
-Ehi, senpai, guarda qui- esclamò. Mise il cestino appeso al braccio, in modo di avere le mani libere per reggere il volume e mostrarlo al compagno.
-Cosa sono?- domandò Kirino, sorpreso.
-Non lo so. Ne è apparsa una dopo che abbiamo incontrato Shin… il Pifferaio magico, l’altra invece è apparsa dopo la battaglia col drago… All’inizio del gioco la pagina era bianca e pare che possano comparirne ancora…- Additò allo spazio che distaccava la seconda stellina dal margine.
Kirino gli si avvicinò e si chinò in avanti per avere una migliore visuale. -Mmm, ad occhio direi che ce ne vanno due o tre- constatò. -Beh, sei tu l’esperto di giochi. Secondo te a che servono?
Kariya rimase in silenzio per qualche secondo. -Sto iniziando a farmi un’idea- esordì.
-Entrambe sono apparse dopo un particolare incontro. Potrebbero, non so, essere una specie di premio… tipo, ‘complimenti, hai superato questo livello!’… E se è davvero così, forse…
-Forse se le prendiamo tutte usciremo da questo posto!- Il senpai parve capire dove il discorso andava a parare e completò al suo posto; il suo sollievo però svanì non appena un altro dubbio gli si affacciò alla mente.
-Sì, però… dove le prendiamo? Di certo non si comprano o trovano per strada…
-Credo che ce le daranno se completiamo altri livelli… sai, incontrando altri personaggi- replicò Kariya. Chiuse il Libro e lo ripose nuovamente nel cestino, poi sorpassò il senpai e andò verso la porta. L’altro lo fermò afferrandogli un braccio.
-Che c’è?- Il ragazzino sbuffò. -Per incontrare gente dobbiamo uscire da qui, sai?!
-Lo so, guarda che non sono stupido.
-Davvero? A volte ne dubito…
Kirino alzò gli occhi al cielo di fronte alla sua espressione divertita e gli diede le spalle per incamminarsi verso il punto di salvataggio, all’ultimo però lo scartò e con un balzo raggiunse una delle travi che sporgevano dal soffitto: quando riscese aveva sotto braccio una familiare mantella rossa, e solo allora Kariya capì che l’aveva appesa lassù per farla asciugare.
-Ormai ti sei proprio abituato a fare il lupo, eh?- Tese la mano per farsi ridare l’indumento e Kirino glielo ficcò in mano senza troppi preamboli.
-Detto da uno che porta la gonna dall’inizio del gioco…- ribatté, tagliente, e l’ombra di un sorriso trionfante gli apparve sulle labbra quando vide il ghigno cancellarsi dal volto di Kariya per lasciar posto ad un visibile imbarazzo. Il ragazzino si girò di scatto, imbronciato, per nascondere le guance rosse come il suo costume da fiaba.
Armeggiò col cestino perché vi entrasse anche la mantella, piegata come meglio poteva, cioè in modo pessimo, e s’incamminò dritto per dritto verso la strada del villaggio senza degnare di uno sguardo il cartello che li indirizzava per il sentiero di Hansel e Gretel.
-Andiamo di nuovo al villaggio?- esclamò Kirino, improvvisamente molto interessato.
Kariya gli lanciò un’occhiata di sottecchi, ben consapevole che la ritrovata allegria dell’altro proveniva dal fatto che sperava di trovare Shindou nel posto dove l’avevano visto la prima volta.
-Già. Abbiamo più possibilità di incontrare persone nuove…- brontolò, e si strinse nella giacca del senpai augurandosi di non imbattersi invece in quelle vecchie conoscenza che tanto lo avevano fatto penare. 
 
xxx
 
A quell’ora del mattino il villaggio era investito dalla luce di un caldo sole, che indorava i tetti beige delle case e ricopriva di una patina brillante l’acqua della vasca, sui bordi della quale erano seduti donne e uomini col viso sollevato verso il cielo, godendosi quel tepore mentre i bambini costruivano barche di carta e le facevano scivolare sull’acqua in una specie di gara. L’aria era tranquilla e tersa e, al contrario della loro prima visita, sembrava che nessuno stesse lavorando: non c’era rumore di ferri battuti né odore di cibi appena sfornati, ma solo persone che chiacchieravano in armonia. Alcune bambine stavano giocando ad imitare principesse o fate, e i due ragazzi riconobbero subito la ragazza vestita di bianco che le stava aiutando ad abbellirsi i vestiti con fiori e braccialetti di perline.
-Akane-chan!- Kirino la chiamò ad alta voce, per nulla intimidito dalle occhiate di sospetto che i più anziani fra gli abitanti gli lanciarono non appena si accorsero della sua coda da lupo. Kariya gli scoccò un’occhiata incredula: come mai improvvisamente manifestava tanta simpatia per lei?
La ragazzina si girò e sorrise timidamente. –Buongiorno, signor Lupo, Cappuccetto- li salutò.
-Quali affari vi portano da queste parti? Se vi serve un posto dove riposare, la locanda di mia madre è sempre disponibile…
-Shindou, cioè, il Pifferaio- Kirino si corresse velocemente –non è tornato?
Akane assunse un’espressione malinconica e sospirò.
-Purtroppo no. A lui piace viaggiare… ho l’impressione che non lo vedremo per un po’.
-Oh. Peccato- commentò il mezzo lupo, visibilmente deluso. Kariya alzò gli occhi al cielo, avrebbe dovuto immaginare che una volta lì si sarebbe fiondato a chiedere. Akane tirò un altro sospiro da ragazza innamorata, era proprio persa per Shindou, che fosse nel gioco o nella realtà, e Kariya pensò che in quel momento il senpai non era poi tanto diverso da lei.
Il ragazzino si girò a fissare insistentemente le barche che gareggiavano nella vasca, fingendo di non sapere cosa fosse quell’improvvisa stretta al cuore: non voleva ammettere di essere geloso.
-Ci sono state altre novità, da queste parti?- Kirino si rivolse ancora ad Akane, senza notare il malumore del compagno.
-Oh, non direi…- La ragazza sussultò, interrotta da un urlo femminile che squarciò la pace che regnava nella piazzetta, come un fulmine a ciel sereno. Anche Kirino e Kariya si guardarono intorno, sorpresi, e intravidero due persone litigare, a qualche metro dal negozio chiuso del fornaio: dopo qualche secondo di lotta, una delle due parve avere la meglio e strappò un oggetto dalle mani dell’altra, che barcollò e cadde a terra.
-Ehi!- gridò Kirino, corse verso quei due senza esitare, ma nel frattempo il vincitore si era dato alla fuga con l’oggetto rubato: s’infilò in un vicolo e, quando il ragazzo si affacciò per inseguirlo, era già scomparso.
Intanto Akane si era avvicinata alla persona che era ancora per terra a massaggiarsi la schiena dolorante: era senza dubbio una ragazza, a giudicare dagli abiti e dalla mantella rosa, ma il cappuccio che portava sul capo rendevano difficile l’identificazione. Quando Kariya riuscì finalmente ad osservare con attenzione il suo volto, gli si spalancò la bocca per la sorpresa.
-E tu che ci fai qui?!- esclamò.
-Kariya, non essere scortese.- Kirino, tornato dal fallito inseguimento, gli scoccò un’occhiata di rimprovero e offrì una mano alla poveretta per aiutarla a rialzarsi, mentre Akane le chiedeva se stesse bene.
-Niente di rotto, credo- disse –ma quel ladro mi ha rubato il cestino! Oh, come farò adesso?
Sentendola parlare, anche Kirino non ebbe più dubbi sulla sua identità.
-Aoi… Gretel,-  (si corresse nuovamente pensando che non si sarebbe mai abituato) –cosa sei venuta a fare fuori dal bosco? E come mai Hansel non è con te?
Aoi (Gretel) afferrò la sua mano e si tirò su; mentre si spolverava i vestiti spiegò che era venuta in città a comprare delle candele e delle forme per torte.
-Oggi è il terzo anniversario del giorno in cui abbiamo sconfitto la Strega, perciò volevo organizzare una festicciola per il mio caro Hansel. Avevo già preparato dei muffin, li avevo messi nel mio cestino, ma quella brutta volpe blu me l’ha rubato! Come farò adesso? È terribile!- esclamò, sconsolata.
-Hai ragione, è terribile… Tsurugi non sa che potrebbe morire, se per caso decidesse di mangiare un muff… Ouch!- Kariya si interruppe con un gemito di dolore quando Kirino gli tirò una gomitata nel fianco, mettendo così un punto a quella constatazione tutt’altro che educata.
-Come mai portavi dei muffin in giro?- domandò invece il senpai, sforzandosi di offrirle un sorriso di conforto. Aoi si morse il labbro e si torse le mani, nervosamente.
-Beh… speravo che qualcuno potesse assaggiarli e darmi un parere. Inoltre, è bene portare doni ai propri vicini, ogni tanto, per mantenere buoni rapporti- rispose.
Kariya era sul punto di fare un altro commento sarcastico, ma decise di tenerlo per sé dopo aver intercettato un’occhiata di avvertimento da parte del suo compagno.
-Potremmo andare a cercare Tsurugi e sperare che né lui né Matsukaze li abbiano ancora mangiati- propose Kirino; in realtà, anche lui era preoccupato degli effetti collaterali della cucina di Gretel, ma avendo più tatto di Kariya non diede voce a questi suoi dubbi. Aoi, probabilmente convinta che la sua apprensione fosse per lei e non per i due banditi, lo guardò con profonda ammirazione e rinnovata speranza. –Lo fareste davvero? Oh, vi ringrazio molto!- gioì.
Kirino e Kariya si scambiarono uno sguardo eloquente e rassegnato.
 
Non fu difficile trovare Tsurugi e Matsukaze; invero, non erano entrati nel bosco né fuggiti troppo lontano, ma stavano fermi al confine tra selva e villaggio e osservavano con un misto di timore e curiosità l’interno del cestino rubato. Quando Aoi marciò con decisione verso di loro e glielo strappò di mano, non opposero alcuna resistenza.
-Volpaccia cattiva! Perché hai preso il mio cesto?!- lo rimbeccò la ragazza. Tsurugi, la Volpe blu, fece un verso seccato e (Kariya avrebbe potuto giurare che lo fosse) disgustato.
-Dall’odore pensavo fosse cibo- ribatté, con voce piatta, -ma evidentemente mi sbagliavo.
-Certo che è cibo, sei forse cieco? Sono muffin!
-Muffin?- intervenne Matsukaze, le orecchie gli si drizzarono in testa mentre annusava l’aria.
-Non sembrano muffin- commentò Tsurugi, lievemente sorpreso. Aoi avvampò di vergogna e rabbia e Kirino e Kariya approfittarono della sua distrazione per guardare dentro il cesto.
-In effetti ha ragione lui. Beh, magari così gli passa il vizio di rubare i cestini altrui…- bisbigliò il ragazzino, adocchiando i blob verdi coperti di granella rosa che sicuramente non sembravano muffin. Persino Kirino non sembrava riuscire a trovare niente di carino da dire.
Intanto, Aoi aveva ripreso a litigare con Tsurugi.
-Non osare insultare i miei muffin! Il mio caro Hansel dice che sono deliziosi!
-Il tuo "caro Hansel" deve avere uno scarso istinto di sopravvivenza, allora...
-Tsurugi, basta così!- Matsukaze si frappose, fisicamente e verbalmente, fra loro due. –Non vedi che stai per farla piangere? Non è bello prendersela con le ragazze, sai- aggiunse. Tsurugi rispose con uno sbuffo seccato, però acconsentì a porgere le proprie scuse. Matsukaze lo guardò con soddisfazione, poi si rivolse ad Aoi.
–Mi dispiace per i tuoi muffin, sono sicuro che sono buonissimi- disse, riuscendo con successo a farla sorridere.
-Beh… se proprio vuoi, posso lasciartene uno!- La ragazza aprì il cesto e gli porse un muffin verde con gentilezza. –Tanto erano comunque dei regali, e posso scegliere io a chi farli.- Era evidente che aveva preso in simpatia il Gatto, che al contrario del suo compagno si era mostrato molto affabile nei suoi confronti. Matsukaze accettò il dono con entusiasmo, nonostante l’espressione atterrita di Tsurugi, e mentre si allontanavano nuovamente con Gretel Kariya sperò intensamente che il Gatto non avrebbe mangiato quella roba: poveretto, era così pieno di fiducia nel prossimo che gli faceva un po’ pena. Magari la Volpe sarebbe intervenuta a salvargli la vita e, con un po’ di fortuna, il muffin seppellito nel terreno non avrebbe nemmeno dato vita a piante assassine.
 
Tornati al villaggio (se c’era una cosa che Kariya odiava, nei videogames, era quel continuo ed inutile andare avanti e indietro: sembrava che i personaggi non fossero stati muniti della capacità di rendersi conto che il protagonista non fosse un fattorino) andarono dritti da Akane, che li stava aspettando là dove l’avevano lasciata. La ragazza li accolse con un sorriso e un vassoio contenente fette di pane dorato e una brocca d’acqua fresca, perciò decisero di pranzare là. Akane e Aoi cominciarono a scambiarsi ricette di cucina mentre i due ragazzi sbocconcellavano il pane.
-Per ringraziarvi di avermi aiutata vorrei offrire un muffin anche a voi!- esclamò Gretel.
-No!- esclamarono in coro Kirino e Kariya, d’istinto, poi il senpai aggiunse, più garbato:- No, grazie, sei molto gentile, ma non abbiamo voglia di cose dolci in questo momento. Magari più tardi?
-Magari mai?- sussurrò Kariya, ma per fortuna Aoi non lo sentì. Si girò invece verso Akane, che rifiutò con dolcezza, dicendo che non le piacevano molto i dolci.
-Tuo fratello li amerà- le assicurò e ridacchiò vedendola arrossire di piacere. -Che ne dici se io e te cuciniamo qualche dolce insieme? Sarei felice di aiutarti a preparare la festa.
A quella proposta il viso di Aoi si illuminò di gioia. -Davvero lo faresti? Oh, grazie mille! Sento che saremo grandi amiche- esclamò. -Andiamo subito a casa mia, il mio caro Hansel non tornerà fino a tardi perché gli ho detto di andare a cercare delle erbe medicinali nel bosco. Dai, sbrighiamoci!
-Mi sa che ci tocca seguirle- disse Kirino. -Non vorrei capitassero altri disastri...
Kariya sospirò e ingoiò l’ultimo boccone di pane. -L’unico vero disastro è la cucina di quella ragazza, credimi- commentò, serio.
 
xxx
 
Anche Kirino si rivelò inaspettatamente abile ai fornelli; grazie all’aiuto suo e di Akane, Aoi riuscì persino a cucinare delle torte dall’aspetto commestibile, benché fossero sempre e comunque di colori sgargianti, e ben presto tutta la casa si riempì di un piacevole aroma di cioccolato che si mescolò con i profumi di vaniglia e cannella provenienti dalle mura stesse. Mentre le due ragazze armeggiavano con un frullino a mano per montare le uova, Kariya si trovò a fissare il caramello che quasi grondava dalle travi del soffitto e a pensare che la Strega era probabilmente una cuoca migliore di Gretel, sebbene seguisse una dieta opinabile. Non che lui si potesse dire bravo in cucina: dopo pochi minuti il senpai si era accorto della sua sostanziale incapacità e anzi propensione a far danni e, visto che con lui poteva esprimersi senza badare al tatto (non come con Gretel, insomma), lo spedì fuori dalla stanza a fare altri lavoretti più alla sua portata, tipo mettere la tavola o appendere i nastri colorati che Aoi aveva ritagliato da masse di stoffa.
Quando Hansel rientrò, il sole già stava calando e i quattro ragazzi erano riusciti a creare un’atmosfera decente, se non carina, nella casa: le candele comprate in città erano state poste al centro della tavola e su alcuni cassettoni laterali e mandavano una luce tenue ma sufficiente ad illuminare la camera; il tavolo era apparecchiato con una bella tovaglia a quadretti rosa e azzurri, recuperata nella dispensa, piattini e tazzine di ceramica; il tè nero era stato versato in una teiera, posta su un carrello insieme ai vassoi di dolci e una pila di tovaglioli di flanella.
Hansel diede uno sguardo generale alla sistemazione della camera, poi i suoi occhi azzurri si fermarono alla vista della sua dolce metà.
-Gretel adorata!- esclamò, andandole incontro.
-Hansel caro!- rispose lei, gettandosi tempestivamente nelle sue braccia.
Rimasero abbracciati a dondolarsi sul posto per un po’, mentre i due ragazzi si sforzavano di distogliere lo sguardo, imbarazzati, e Akane diceva, amabile:- Ah, com’è dolce l’amore di una ragazza! Quei due sembrano molto felici, vero?
Kirino annuì soddisfatto, Kariya borbottò solo un vago: -A quanto pare…-, perché cominciava ad averne fin sopra i capelli di tutto quello zucchero. Si girò verso la finestra per distrarsi e allora gli parve di vedere qualcosa di scuro muoversi: si accigliò, possibile che fossero ancora Tsurugi e Tenma? Forse il Gatto aveva mangiato il muffin, che gli aveva fatto un buco nello stomaco, e il suo compare era venuto a vendicarsi? Non era un’ipotesi del tutto assurda, considerata la pericolosità dei dolcetti di Gretel.
Curioso e guardingo, il ragazzino uscì senza che nessuno lo notasse; una volta richiusa la porta alle proprie spalle si guardò intorno, ma apparentemente il giardino era vuoto, ed era ancora troppo poco buio perché qualcuno potesse nascondersi nell’ombra… Ma ‘mai dire mai’ era un detto sorprendentemente veritiero: Kariya sobbalzò quando una voce gli augurò buonasera e di colpo a pochi metri da lui apparve una figura avvolta in un mantello nero così lungo da fargli da strascico.
-Chi va là?- gridò, sospettoso.
-Chi va là?- gli rispose l’altro.
-Non rispondere con la mia stessa domanda!- Kariya sbuffò ed incrociò le braccia al petto, seccato. L’uomo incappucciato (ma perché la gente di quel luogo doveva sempre avere un'aria di mistero?) sfilò una mano dal mantello e con l’indice puntò verso le gambe del ragazzino, che d’istinto guardò nella direzione indicata: il cestino, che era appeso al suo braccio e quindi strusciava contro la sua coscia, aveva preso ad agitarsi, come sempre accadeva quando il Libro pretendeva libertà. Kariya lo lasciò uscire e il tomo si librò in aria, si aprì volontariamente alla prima pagina ed esibì quasi con orgoglio la novella stella apparsa vicino alle altre, frutto del loro pomeriggio con Gretel.
“Quindi anche questo era un evento…” constatò il ragazzino, un po’ confuso dalla logica del gioco, che ancora non aveva compreso fino in fondo.
-Hai già tre stelle. Ottimo lavoro!- si complimentò lo sconosciuto, richiamando nuovamente l’attenzione su di sé.
-Cosa ne sai tu?- ribatté Kariya, torvo. -Chi diavolo sei tu?
-Chi sono io? Invero, è proprio una bella domanda.- L’altro scosse il capo e, nel fare questo movimento, il ragazzino poté intravedere un sorriso sul suo volto cereo. -E tu invece? Hai perso la tua mantella, Cappuccetto, insieme alla retta via?
Kariya lo fissò ad occhi spalancati e arrossì, rendendosi conto solo in quel momento di stare ancora indossando la giacca che Kirino gli aveva dato quella mattina: l’aveva tenuta per tutto il giorno. Imbarazzato e con una fretta del tutto innecessaria, iniziò a sfilarsela di dosso e la sua reazione scatenò l’ilarità dell’altro. -Ah, che dolce che sei, Cappuccetto…- mormorò tra una fitta di risa e l’altra. -Che dolce... Non vedo l'ora di vederti di nuovo...- Le sue ultime parole furono un soffio, quando Kariya alzò di nuovo lo sguardo per dirgliene quattro l’intruso era già scomparso, celere come era stato al suo arrivo. Si stava giustappunto chiedendo come diavolo avesse fatto, quando Kirino si affacciò dalla porta della casa e lo chiamò. -Che stai facendo qui fuori? Vieni dentro a mangiare, ti assicuro che è tutto commestibile…- disse. Notò la sua espressione e aggiunse:- C’è qualche problema?
-Affatto- sfiatò Kariya, finì di togliere la giacca con mani tremanti e gliela ficcò tra le mani, poi buttò il Libro nel cesto e ripescò la sua mantella rossa, che si legò alla gola cercando di combattere una spiacevole sensazione di soffocamento. 



 
------**Angolo dell'AutriceH**-----
Eccomi di nuovo, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Aoi è sempre stata la mia manager preferita del GO, ma di recente ho sviluppato un vero e proprio amore per lei, al punto che far riapparire lei e il suo 'Hansel caro!' è diventata quasi una necessità. Questo capitolo è stato scritto per essere divertente e leggero e anche perché, così, Kirino e Kariya hanno finalmente la loro terza stella! In tutto sono cinque, il che vuol dire che hanno ancora della strada da fare per arrivare alla fine del gioco e che farò apparire ancora dei nuovi personaggi, senza però dimenticare quelli vecchi. Anzi, dopo Kirino e Kariya, direi che ci sono almeno altri due personaggi vitali per la storia... (?)
Il titolo del capitolo si riferisce, naturalmente, a Gretel, ma mentre rileggevo il capitolo mi sono resa conto che in parte potrebbe riferirsi anche a Kariya. Certo, lui non è una ragazza (benché tutti dicano che è 'carina', lol), ma sta iniziando ad essere cosciente del proprio amore per il senpai... questa presa di coscienza è, diciamo, il motivo del suo imbarazzo nella scena finale del capitolo. Spero che la figura del misterioso sconosciuto vi abbia incuriositi almeno un po'. 
Aggiungo qui i disegni delle carte di Taiyou, Aoi  e Tenma, al prossimo capitolo probabilmente metterò Tsurugi, Nishiki e Midori XD
 Bacioni,
Roby

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Capitolo 10
*** Event Nine -Cinderella's Troubles. ***


Buongiorno! Oggi quaggiù siamo stati investiti da un nubifragio... una cosa orribile. Estate, dove sei?! D: Sono sinceramente sconvolta da questo tempo di schifo che sta facendo... Spero che da voi, ovunque voi siate, sia meglio perché qui non se ne può più. 
Ieri sera avevo iniziato a scribacchiare questo capitolo su un quaderno, così stamattina ho deciso di riprenderlo e finirlo. Ringrazio infinitamente la mia ohana che mi ha fatto da beta-reader ;w;


 


Event Nine -Cinderella's Troubles.

Avevano lasciato la casa di Hansel e Gretel ad un’ora tarda e, contrariamente a ciò che Kariya credeva, era riuscito a divertirsi: il cibo di Gretel era buono, dal momento che non era tutta farina del suo sacco, e inoltre Hansel sapeva suonare buona musica con la fisarmonica. Alla fine, si erano anche offerti di ospitarli; Akane aveva accettato, perché il villaggio era molto lontano e non voleva attraversare il bosco di notte. Kirino e Kariya, invece, avevano deciso di andare: il punto di salvataggio non distava troppo e il più piccolo voleva a tutti i costi mettere in salvo i preziosi passi in avanti che avevano fatto (non voleva nemmeno immaginare cosa sarebbe capitato se avessero perso i dati; non ci teneva affatto a combattere di nuovo draghi infuocati, o alberi assassini… no, grazie).
Kariya camminava avanti, con le braccia incrociate sul petto nel tentativo di conservare il più calore possibile; non sapeva se fosse a causa del freddo o del ricordo dell’incontro con quello sconosciuto (di cui non aveva fatto parola con il senpai), ma aveva i brividi in tutto il corpo.
-Sei sicuro di non volere la mia giacca?- insistette Kirino. Gliel’aveva già chiesto tre volte. -Stai tremando come una foglia…- Kariya si girò appena, con aria di sufficienza.
-No, non la voglio, mi basta la mantella- mentì, e tornò subito a guardare avanti per non fargli vedere che era arrossito.
-Che testardo- borbottò Kirino, ma smise, almeno apparentemente, di preoccuparsi per lui. Iniziò invece a fissare il cielo notturno e le sue costellazioni, ammirando con stupore la grafica realistica del gioco. Solo quando fu sicuro che non stesse più facendo attenzione a lui, Kariya si concesse di rallentare il passo e spiarlo di sbieco.
Non poteva fare a meno di notare che la coda dell’amico si era infoltita; che i dorsi delle sue mani fino ai polsi si erano ricoperti di un fitto pelame scuro; che i suoi denti e le sue unghie erano diventati affilati come pugnali. Kirino si stava immedesimando sempre di più nella parte del lupo, a propria insaputa: infatti, non sembrava accorgersi minimamente del cambiamento che il suo corpo stava subendo. Quando sbadigliava e metteva inconsapevolmente in mostra i canini da cane, Kariya non poteva fare a meno di terrorizzarsi. Magari sarebbe arrivato a morderlo, prima o poi, e aveva l’aria di fare molto male… cosa che non era affatto rassicurante. Dovevano assolutamente uscire di là prima che accadesse.
-Ah, siamo quasi arrivati- esclamò Kirino con sollievo. –Vedo la casa…
Kariya seguì il suo sguardo e capì che il senpai aveva ragione: là dove la strada iniziava a curvare, s’intravedeva il profilo del tetto dell’abitazione che si stagliava contro la natura circostante. La visione lo scaldò e lo rassicurò al punto tale che avrebbe voluto affrettare il passo per raggiungere la meta il più in fretta possibile, ma era stanco e aveva le gambe indolenzite, perciò mantenne lo stesso ritmo.
Kirino lo notò e lo assecondò, anche se, volendo, avrebbe potuto superarlo in un lampo. Per un momento pensò di offrirsi di portarlo in spalla, però rinunciò prima ancora di chiedere: se Kariya faceva tanto lo scontroso per una giacca, avrebbe rifiutato con tanto più vigore un favore del genere. Era davvero bravissimo ad intestardirsi su cose futili, considerò Kirino con un sospiro.
Quando arrivarono davanti alla casa, Kariya si fiondò dentro, mentre Kirino si fermò sulla porta e alzò di nuovo lo sguardo verso l’alto: il cielo era una cupola smussata, ma il colore denso e scuro e le stelle che vi erano state immerse dentro davano proprio la sensazione di essere reali. Non aveva mai visto niente del genere, se non forse in un planetario. Quello era un gioco ben strano, senza dubbio; ripensandoci, non sapeva nemmeno dove Kariya lo avesse trovato.
Colto da un’improvvisa curiosità, Kirino stava per entrare a chiederglielo, ma improvvisamente dei rumori misero all’erta i suoi sensi. Si voltò di scatto alla propria destra, poi a sinistra, e infine il suo sguardo si perse lontano, verso il bosco da cui erano venuti. Gli pareva di sentire delle urla.
-Kariya!- chiamò a gran voce, e il kouhai fece capolino dalla colonna di luce azzurra nel centro della stanza.
-Cosa c’è?- brontolò torvo. –Ho quasi finito qui. Non puoi metterti a cuccia e dormire come un bravo cagnolino?- Kirino ignorò il suo tono saccente e indicò il bosco alle proprie spalle.
-Ho sentito delle grida, vado a vedere- dichiarò, serio, quindi chiuse la porta e corse via.
Kariya restò per un po’ a fissare il punto dove prima c’era il compagno, incredulo.
-Ehi… no, aspetta! Non lasciarmi qui da solo, idiota!- gli gridò dietro, attraversò la stanza e si lanciò fuori, ma del senpai già non c’era più traccia.
Kariya si rese conto che avrebbe avuto una speranza di stargli dentro solo se l’avesse inseguito subito: Kirino era sempre stato veloce, ora lo era ancora di più per via della mutazione in lupo.
-Merda- bisbigliò, guardandosi intorno con sospetto: dopo l’incontro con quel losco figuro nel giardino di Hansel e Gretel, aveva quasi paura che potessero spuntarne altri dal terreno.
Le gambe gli facevano davvero male e non aveva intenzione di restare là fuori ad aspettare Kirino, perciò entrò e si rannicchiò a terra, vicino al tavolo. Si mise a sfogliare il libro per passare il tempo, ma pian piano la lettura iniziò a farsi più difficile: le stelle fuori s’andavano spegnendo velocemente e presto l’unica luce sarebbe stata quella del salvataggio, oblunga, leggera e tremolante come la fiamma di una candela, che però rischiarava appena un angolo della casetta.
-Stupido senpai paladino della giustizia- borbottò.
Lo spirito umanitario di Kirino superava ogni giorno le sue aspettative, sarebbe stato perfetto come protagonista di un manga, l’impavido eroe sempre pronto ad aiutare tutti. Si preoccupava persino per lui, e questa era probabilmente la cosa che Kariya trovava più irritante, il motivo per cui proprio non riusciva a sopportarlo: perché diavolo doveva essere così gentile? Dopotutto, era abbastanza chiaro che di lui non gli importava molto… Il pensiero gli strinse un nodo in gola. Kariya affondò la testa nelle ginocchia. –Stupido senpai- brontolò, sottovoce.
Un rumore improvviso lo fece sobbalzare: un topo era uscito da una fessura del pavimento ed era schizzato via squittendo. D’un tratto, il ragazzo si trovò a chiedersi quanti altri animaletti si celassero nel buio di quella casa e rabbrividì. Era spaventato e non voleva stare da solo.
-Stupido senpai- ripeté. Era tutta colpa sua. Non poté trattenere una lacrimuccia di rabbia, senza immaginare cosa quella singola goccia d’acqua avrebbe scatenato: nel momento in cui toccò il libro, infatti, questo balzò dal suo grembo in aria e si aprì su una delle ultime pagine bianche sulla quale si disegnarono i contorni di una nuova carta.
A differenza delle altre volte, Kariya non dovette fare niente, neanche chiamarla a sé, anzi si poteva quasi dire che si fosse evocata da sola. Pochi secondi dopo, una persona apparve dal nulla sfondando il soffitto e atterrò davanti al ragazzino in una grande nube di polvere e schegge di legno.
Kariya si spaventò al punto che fece una mezza capriola all’indietro, cadde su un fianco e strabuzzò gli occhi cercando di mettere a fuoco la figura che diventava sempre più chiara man mano che il pulviscolo si diradava.
-Perché piangi? Dai, non fare quel muso lungo! Ora ci penso io!- esclamò una voce allegra e solare.
Kariya non si sentì affatto confortato. –Chi sei tu?!
-Che domande, sciocchina! Io sono, l’unica, inimitabile…- La persona s’interruppe con un colpo di tosse. -Scusa. È la polvere. Cosa stavo dicendo? Oh, già. Io sono la fata madrina, ovviamente!
Finalmente fece un passo in avanti ed entrò nella pista di luce del salvataggio. Kariya rimase a fissarlo a bocca aperta: Hamano Kaji, con indosso una salopette bluette e una maglietta a righe, era in piedi davanti a lui e lo guardava con un sorriso largo, larghissimo, che coinvolgeva tutti i suoi muscoli facciali e gli arrivava persino agli occhi, neri e luminosi come sassi color anice.
-Allora, qual è il tuo problema? Posso risolvere tutto, sai… Ah, però con le faccende domestiche non sono un granché. Brucio tutte le frittate e mi dimentico sempre di rimettere il latte in frigo.- Assunse un’aria pensierosa, giusto un attimo prima di tornare a risplendere come un girasole.
-La… fata madrina? Pensavo che fossero solo donne- obiettò Kariya, accigliandosi.
-Una volta sì, ma ormai ci siamo evoluti, sai? È un lavoro onesto! Comunque, la mia vecchia è andata in pensione presto e mi ha lasciato il lavoro. È divertente, ma anche faticoso, sai? Con tutta questa gente che piange, è un po’ deprimente…- Hamano si fermò colto da un pensiero improvviso. -A proposito, perché piangevi?- domandò, curioso.
Kariya avvampò e lo fulminò con lo sguardo. -N-non sono affari tuoi! E come diavolo fai a saperlo?!
Hamano non si lasciò intimidire, anzi, lo guardò intenerito, come se avesse fatto una domanda molto sciocca.
-Perché è stata la tua lacrima ad evocarmi- spiegò. –Solo chi piange può chiamare una fata madrina, non lo sapevi? Noi arriviamo sempre dove c’è qualcuno che è triste.
Kariya incrociò i suoi occhi e seppe subito che era sincero. In effetti, quello sì che doveva essere un lavoro deprimente… in questa prospettiva, gli faceva un po’ pena.
-Bene, ora basta cianciare e mettiamoci all’opera! Scommetto che so qual è il tuo problema… vuoi andare al ballo del principe, ma non hai un vestito! C’ho azzeccato?- Hamano gli fece l’occhiolino. -Un sacco di ragazze stasera mi hanno evocato per chiedermi la stessa cosa. Ne ho aiutata una proprio un’oretta fa… Certo, dovrai sbrigarti se vuoi che il ballo non finisca prima del tuo arrivo, non aspettano certo te! Mmm, direi di cominciare dal vestito. Una volta ho provato a fare una messa in piega, ma la testa della poverina ha preso fuoco. Non so proprio spiegarmelo.
Come non detto, non gli faceva pena. Era un idiota. E, dopo l’ultima frase, Kariya non era più tanto sicuro di volerlo a meno di cinque metri da sé.
-Ah, no, grazie, molto gentile, ma non hai capito niente- disse, cercò di alzarsi e indietreggiare, ma l'altro fu più rapido.
-Oh, su, on essere timida! Vieni qui, qui, ecco.-  Gli afferrò entrambe le braccia e lo trascinò al centro della stanza; Kariya lo vide estrarre una bacchetta dorata dalla tasca e pochi secondi dopo una fontana d’acqua piombò dal buco del soffitto e lo travolse in pieno come il getto d’una doccia.
Il ragazzino si lasciò sfuggire un gridolino di sorpresa, tuttavia l’acqua non lo bagnò né lo soffocò: lo avvolse in una spirale da capo a piedi e, quando si ritrasse veloce nelle fessure del pavimento, lo lasciò completamente illeso.
-Ecco fatto! Vedi che non ci voleva niente?- Hamano rise. Con un altro sventolio di bacchetta, creò uno specchio d’acqua sospeso in aria proprio davanti a Kariya, il quale osservò stupito i propri vestiti, che da rossi erano diventati blu.
-Mmm, mi sembra che manchi qualcosa…- Hamano gli girò intorno e quando prese un lembo della sua gonna e la sollevò, Kariya gli tirò uno schiaffo sulla mano.
-Che diavolo fai?- sibilò, imbarazzato e spazientito.
-Ah, ecco cosa manca! Le scarpette ovviamente! Et-voilà, fatte su misura per te! - Hamano sorrise e fece comparire un paio di scarpette di cristallo ai suoi piedi. –Ti stanno d’incanto. Con queste addosso, il principe non potrà non notarti, parola di fata madrina! Ora vai, corri che è già tardi!- Iniziò a spingerlo verso la porta, mentre Kariya si divincolava e protestava.
-Io non so dov’è, questo maledetto ballo- gli fece notare, nella vaga speranza che l’altro rinunciasse, e in effetti Hamano si bloccò.
-Accidenti- esclamò. –Non ci avevo pensato… 
-Oh, è un vero peccato- si affrettò a dire Kariya. Pensava ormai di averla scampata, ma il sorriso che tornò ad illuminare i lineamenti infantili dell’altro gli fece capire che si sbagliava.
-Ti porterò io con la magia! Ma certo, come ho fatto a non pensarci?- disse, rise. Senza ulteriore indugio, indirizzò la bacchetta magica verso le assi di legno e creò una pozza d’acqua circolare, non più larga di una piscinetta per bambini.
-Una pozzanghera? Che dovrei farci?- contestò Kariya, scettico.
-Saltarci dentro- Hamano rise. –Su, non preoccuparti, ho tutto sotto controllo!
Kariya avrebbe voluto dire che era proprio quello a preoccuparlo, ma, prima che potesse aprire bocca, ricevette una spinta alle spalle e capitombolò in avanti. Si aspettava di sbattere le mani nel legno umido, invece fu un vero e proprio tuffo: quel che sembrava una pozzanghera era in realtà più simile ad un buco nella superficie ghiacciata di un lago, ed era profonda quanto un pozzo.
Kariya si dibatté per un po’, cercando di tornare a galla, poi decise di chiudere gli occhi quando Hamano lo afferrò per un braccio e lo guidò con sé. Non aveva altra scelta se non lasciarsi andare.
 
xxx
 
Kirino si guardò intorno, tentando di capire da dove venissero le urla. Intorno a sé c’erano solo alberi, alberi ed ancora alberi, e nonostante i sensi affilati gli permettessero di orientarsi tutta quell’oscurità lo metteva a disagio. C’era anche un’altra cosa che lo preoccupava, Kariya che non lo aveva seguito e che probabilmente era rimasto da solo nella casa, ma ci avrebbe pensato più tardi; per il momento doveva aiutare la persona che era in pericolo.
Un grido gli fece rizzare le orecchie, annusò l’aria e percepì odore di sudore e pelle umana. La vittima non era troppo lontana, poteva  farcela a raggiungerla in tempo.
Kirino si mise a correre nella direzione da cui provenivano i rumori, i tronchi si diradavano man mano che avanzava, ed infine arrivò in uno spiazzo verde; una figura era rannicchiata su se stessa, , e stava camminando rapidamente a quattro zampe per sfuggire al grande cinghiale nero che la stava inseguendo.
Kirino non esitò un attimo: un ringhio da predatore gli salì istintivamente alla gola e gli sfuggì fra i denti mentre con un balzo si scagliava sulla bestia, attaccandola come meglio poteva. Il cinghiale arretrò, preso di sorpresa, e scappò nella boscaglia. Kirino attese per un po’, poi non vedendolo tornare si concesse di rilassarsi. Sospirò e si girò verso la persona seduta a terra.
-Tutto bene?- chiese, offrendo una mano perché si rialzasse.
La sua bocca e i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa quando un occhio anice si alzò su di lui, l’altro coperto da una liscia frangia, e lo fulminò.
-Chi sei? Cosa vuoi?- riuscì a dire, nonostante il fiato corto. Kirino sospirò rassegnato, chiedendosi perché in quel gioco i ruoli femminili erano facilmente assegnati a maschi, senza che nessuno si facesse alcun problema.
-Ti ho sentito gridare- spiegò, mite –e sono venuto ad aiutarti. Ti ho appena salvato la vita, no?
-E che ne so? Potresti aver cacciato il cinghiale per potermi mangiare tu, lupo.- Kurama, diffidente ma anche lievemente spaventato, continuava a guardarlo dal basso, non accennando minimamente ad afferrare la sua mano; indossava un vestito azzurro, impolverato, e guanti sottili, ed aveva i piedi scalzi coperti di terra. Doveva aver corso molto.
-Ti assicuro che non ti faccio nulla. Non mangio esseri umani- assicurò Kirino con il sorriso più gentile che riuscì a fare. -Chi sei? Come sei finito in quella brutta situazione?- aggiunse, curioso.
Kurama sbuffò e abbassò lo sguardo, imbarazzato.
-Mi chiamano Cenerentola- mormorò. –Volevo andare al castello e mi sono perso.
-Hai per caso perso le scarpe correndo?- Kirino non poté reprimere l’impulso di chiederglielo mentre reminiscenze di quella fiaba gli tornavano in mente.
-Sì, esatto… come fai a saperlo?- Kurama sbatté le palpebre, sorpreso. Kirino fece un sorriso nervoso.
-Ah… ho tirato ad indovinare- rispose. Stava cercando di ricordare bene la storia di Cenerentola: se sbagliava, la ragazza avrebbe dovuto ballare col principe al castello e poi perdere le scarpette scappando via… Qualcosa però non quadrava: Kurama aveva detto di star andando verso il castello.
-Perché vuoi andare al castello?- domandò. Kurama arrossì, ma finse indifferenza.
-Oh, niente di ché… c’è un ballo, tutto qui. Ho perso le scarpe al castello e volevo riprenderle- disse, vago. Kirino capì che da lui non avrebbe saputo di più. Doveva scoprire da solo cos’era accaduto e come risistemare la fiaba… forse a quel punto avrebbe ottenuto una stella. Sì, finalmente cominciava a capire come funzionava il gioco. Era un vero peccato non poterlo dire a Kariya.
-Se vuoi, ti accompagno- si rivolse a Kurama, che esitò appena un attimo prima di annuire con vigore: il suo volto s’illuminò nonostante si sforzasse in tutti i modi di non mostrarsi entusiasta. Accettò il suo aiuto per alzarsi in piedi e, una volta spolverato il proprio abito, indicò un punto imprecisato oltre le chiome alberate. –Non ricordo da che direzione sono venuto- disse –ma il castello ha torri molto alte e sono bianche come l’avorio, inoltre si sente musica venire da lì.
Kirino annuì e si concentrò sui suoni. Il castello era, con tutta probabilità, in una zona a lui ancor sconosciuta, dalla parte opposta rispetto alla casa di Hansel e Gretel.
-Di qua- esclamò, si girò e s’incamminò tra due tronchi piegati l’uno verso l’altro.
Inizialmente, camminarono solo su erba e terra smussata; fu facile capire che si stavano avvicinando al castello perché al posto di quel percorso campestre sbucò un sentiero battuto, e poi una vera e propria strada di mattoncini rossicci. Kurama la guardò con sollievo.
-La riconosco- disse. –Sono passato per di qua. All’andata invece sono venuto dalla parte opposta… di qua, dovremmo raggiungere il giardino posteriore del castello.- Distolse lo sguardo e le sue gote presero colore, ravvivate da chissà quale ricordo. Kirino aveva la sensazione che avesse già incontrato il principe e avesse passato ore piacevoli in sua compagnia, ma non disse nulla, rimuginando tra sé e sé sul perché allora Cenerentola non fosse tornata a casa ad aspettare di essere cercata, come diceva la favola originale.
Sembrava che il creatore del gioco si divertisse particolarmente a giocare con le storie. Kirino pensò che, se mai l’avesse incontrato, non gli sarebbe stato troppo simpatico: gliene aveva fatte passare di tutti i colori, per non contare tutte le volte in cui Kariya si era trovato in pericolo.
Il ragazzo si fermò, ascoltando la musica senza farci davvero caso. Inutile, continuava a pensare a Kariya tutto solo, al buio, in quella casa. Forse aveva fatto un errore a lasciarlo così, considerato il suo talento nel mettersi nei guai.
-Beh, perché ti sei bloccato? Ci siamo quasi!- lo rimproverò Kurama, severo.
-Ah… sì, scusa, ero perso nei miei pensieri- replicò Kirino, arrossì impercettibilmente. Avrebbe risolto in fretta questa cosa e poi sarebbe tornato alla casa, decise.
-Andiamo- disse, più per esortare se stesso che l’altro.
La musica si faceva sempre più forte, al punto che le sue orecchie da lupo, così sensibili, cominciavano a dolergli. Nell’aria c’era odore di fuochi artificiali e un intensissimo odore di rose proveniente dalle lunghe schiere di roseti che circondavano il giardino, disposti come un anello; al centro s’intravedevano gli zampilli di una fontana (dei puttini di marmo versavano acqua rosa dalle loro anfore e la facevano ricadere in un piatto inferiore e poi, a cascata, ancora più in basso) e una lunga scalinata, sulla quale era srotolato un tappeto di velluto rosso con rifiniture dorate. Il castello, come descritto da Kurama, era caratterizzato da alte torri d’avorio, che sovrastavano in altezza tutto il territorio circostante. Degno di una famiglia reale, non badavano a spese. 
Kirino lo squadrò, scettico: tutto questa mostra di ricchezza non gli faceva né caldo né freddo, preferiva decisamente la semplicità allo sfarzo.
-Il tuo principe è qui?- chiese. Kurama avvampò, boccheggiò ma nessun suono uscì dalle sue labbra; nel frattempo, gli tirò un pugno nella spalla abbastanza forte da fargli male.
-Non è il mioprincipe! Nessuno ha mai parlato di un principe!- gridò quando riuscì ad articolare le parole. Kirino gli lanciò un’occhiata torva mentre si massaggiava il punto dolorante.
-Certo, certo- borbottò. –Non c’è bisogno di arrabbiarsi.- Kurama sbuffò e lo superò di gran carriera. Era palesemente arrabbiato con lui per l’insinuazione e la sua intenzione era quella di seminarlo ora che non aveva più bisogno del suo aiuto.
Kirino però non aveva alcun problema a stare al suo passo.  
-Sai, hai davvero un caratteraccio; un vero peccato, perché saresti carino se non fossi così acido- commentò.
-Credici o no, non sei il primo a dirmelo- ribatté Kurama, con una sfumatura d’amarezza. Oltrepassati i primi roseti, si trovarono nel mezzo del giardino, proprio di fianco alla fontana, intorno alla quale girarono per avvicinarsi alle scale, alla fine delle quali, in alto, c’era un terrazzino delimitato da colonne di pietra. Kurama cominciò a salire i primi gradini, sollevando leggermente la gonna perché non toccasse terra, ma non appena alzò lo sguardo qualcosa che vide lo fece bloccare di colpo. Anche Kirino, dietro di lui, si fermò e seguì il suo sguardo.
Intravide un ragazzo con capelli color malva, che anche se vestito con abiti quasi ottocenteschi era impossibile non riconoscere. –È lui il tuo principe?- domandò, indicando Minamisawa.
-Non è il mio principe- ripeté Kurama, in un bisbiglio.
Aveva ragione, Minamisawa era con un’altra persona e i suoi occhi erano incollati a quest’ultima, apparentemente ignaro che la sua Cenerentola fosse a pochi metri da lui. Kirino guardò Kurama impallidire, quindi sollevò gli occhi e osservò la ragazza che era con il principe.
Solo che non era una ragazza.
 
xxx
 
Kariya annaspò, in cerca di aria, e con le mani cercò a tentoni qualcosa a cui appigliarsi, trovò un bordo di pietra e si arrampicò fuori dalla fontana in cui erano emersi; cadde in ginocchio sul prato, tossendo, e si guardò stupito. Come funzionasse la magia di Hamano restava un mistero: nonostante avessero viaggiato praticamente in un tunnel marino, i loro abiti erano asciutti e caldi come se fossero rimasti sotto al sole per ore.
-Eccoci qui, sani e salvi. Non hai ingoiato acqua, vero?- esclamò Hamano, scavalcò il bordo della fontana e diede una generosa pacca sulla spalla del ragazzino seduto per terra, che per tutta risposta tossì più forte e gli lanciò un’occhiata a dir poco arrabbiata.
-Sei la fata madrina peggiore del pianeta e…- Non riuscì a completare l’insulto perché una voce lo interruppe parlando in modo forte e chiaro.
-C’è qualcuno laggiù? Chi sei? Fatti vedere!- intimò. Kariya e Hamano si girarono e videro una lunga scala coperta da un tappeto rosso, a metà della quale c’era un ragazzo con indosso un vestito bianco e dorato, ricco di lacci e particolari.
-Ops. Meglio che vada, passa una buona serata!- Prima che Kariya potesse fermarlo, Hamano gli fece l’occhiolino e si tuffò nuovamente nella fontana. Kariya scattò in piedi, si lanciò verso il bordo e osservò sconcertato la conca di pietra, bassa e piena soltanto d’acqua rosa. Doveva rassegnarsi, la logica non era di casa da quelle parti.
-Ehi, tu!- Si era dimenticato dello sconosciuto che continuava a fissarlo stranito.
Kariya si allontanò dalla fontana e si rivolse verso di lui, indossando il sorriso più dolce e al tempo stesso falso che gli riuscisse, mentre ragionava veloce per cercare una scusa convincente. Lui e il ragazzo si squadrarono a vicenda per un paio di secondi, poi lo sguardo dell’altro cadde sulle sue scarpette di cristallo e si addolcì.
-Ah, sei tu. Ti cercavo, mia dolce fanciulla- disse. Kariya lo guardò meravigliato, ma continuò a sorridere e annuì. Anche se non aveva idea di cosa stesse parlando, soprattutto considerando che non l’aveva mai incontrato prima, contraddirlo non gli sembrava una buona idea.
Il ragazzo scese le scale, gli si avvicinò e gli prese una mano, se la portò lentamente alle labbra e ne baciò il dorso, quindi la chiuse tra la sue. –Credevo che non ti avrei più rivista- sussurrò.
Kariya arrossì sotto il suo sguardo amorevole e malizioso. Osservò i suoi capelli color malva, il ciuffo liscio che gli cadeva sull’occhio sinistro, quegli stessi occhi dorati ed ipnotici, ed ebbe la certezza di averlo già visto da qualche parte.
Frugò nei suoi ricordi: il senpai Minamisawa, quello che stava alla Raimon e che poi si era trasferito alla Gassan Kunimitsu, e che era venuto ad aiutare Shinsuke con i suoi allenamenti.
Che diavolo ci faceva lì?
-Vieni, saliamo di sopra- lo invitò lui, seducente. -Devi assolutamente concedermi un altro ballo prima che la musica finisca… Non vedo l’ora di stringerti nuovamente a me.- Aveva decisamente sbagliato persona, pensò Kariya. Avrebbe voluto farglielo notare, ma aveva paura che l’altro l’avrebbe presa male e, siccome sembrava una persona di potere, tacque per non scatenare conseguenze irreparabili. Ci teneva a mantenere la testa sulle spalle, in senso letterale.
Minamisawa lo tirò leggermente verso le scale e Kariya si rassegnò a salirle con lui, felice che la sua gonna fosse al ginocchio, annullando perciò il rischio di inciampare. Arrivarono su un terrazzino e, guardando oltre le colonne, Kariya poté vedere l’interno del palazzo.
Restò a bocca aperta davanti alla sfarzosità della sala: un enorme lampadario, fatto di cristalli che creavano elaborati giochi di luce, pendeva dal soffitto affrescato con scene di angeli e nuvole e un lunghissimo tavolo imbandito prendeva metà della stanza. Nell’altra metà, un uomo in un angolo stava suonando un’allegra melodia al pianoforte, sulle note della quale milioni di dame ingioiellate si lasciavano guidare dagli uomini in frac e le loro gonne, dei più vari colori, scivolavano sul pavimento perlaceo.
-Guarda quelle galline, come si divertono. Non posso credere che mio padre voglia farmi sposare una di loro…- commentò Minamisawa, sprezzante. Ma certo, lui era il principe: Kariya si diede dello stupido per non averlo capito subito.
-Beh, ora non è più un problema… Ho trovato te- continuò l’altro –e non ti lascerò più andare…- Gli strinse la mano e lo guardò eloquentemente. Si era avvicinato troppo senza che lui se ne accorgesse. Kariya arrossì, sciolse in fretta la presa, divincolandosi per mettere distanza tra loro, e arretrò fino allo spazio tra due colonne. Pensando che volesse scappare di nuovo, però, Minamisawa reagì d’istinto: gli afferrò un braccio e lo attirò a sé in un abbraccio mozzafiato.
-No, non andare- sfiatò. –Io… io ti…- si fermò e tacque, ma strinse la presa. Kariya non sapeva cosa fare, schiacciato contro il suo petto quasi non riusciva a respirare. Doveva assolutamente dirgli che aveva sbagliato persona, dannazione, la situazione stava rapidamente precipitando.
Qualcuno intervenne e li separò di netto. Kariya sbatté la schiena contro qualcosa che non era un colonna e vide Minamisawa barcollare all’indietro, sorpreso; alzò lo sguardo oltre la propria spalla e si rese conto di essere finito tra le braccia di qualcun altro.
-Senpai!- balbettò. –Che ci fai qui?!
-Dovrei chiederlo io a te- mormorò Kirino, lo guardò appena, troppo concentrato a scambiare occhiate di fuoco con Minamisawa.
-Lasciala andare, lupo, se non vuoi che ti recida il capo dal collo e faccia di te un trofeo di caccia- lo minacciò il principe, mano alla spada che portava in vita. Kirino ringhiò e scoprì i denti.
Una terza voce intervenne sulla scena. –Quelle- gridò –sono le mie scarpe!- E Kariya fu certo di non starci capendo più niente.




 

**Angolo dell'AutriceH**
In questo capitolo ho introdotto la favola di Cenerentola... Beh, i personaggi e l'elemento magico sono gli stessi, ma ho apportato una modifica fondamentale alla trama. Diciamo che si tratta di una svolta simile al Midsummer Night's Dream di Shakespeare... vi ho dato un indizio? :'D Avrete di certo notato, come Kirino e Kariya, che c'è qualcosa di strano... tutto verrà spiegato nel capitolo dieci, che già si prospetta piuttosto confusionario. Le coppie principali sono Ranmasa e Minakura, ma siccome shippo l'Atsumasa non ho resistito ad inserire degli accenni XD
Scrivere su Hamano è bellissimo, è un personaggio molto solare e allegro e spero che diverta anche voi perché io a volte rido solo pensandoci sono pessima, lo so :'D Ah, e come promesso, alla fine di questo capitolo metto le carte di TsurugiNishiki e Midori. Le carte di Cenerentola e della fata madrina saranno le ultime.
Bacioni,
      Roby 

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Capitolo 11
*** Event Ten -Who Lost The Glass Slippers? ***


Event Ten – Who Lost The Glass Slippers?

Kariya non si era mai sentito tanto confuso; visto che in quel gioco il senso di smarrimento e “cosa-diavolo-sta-succedendo” sembrava essere incluso nel pacchetto, credeva di essere ormai preparato ad ogni genere di situazione.
Ovviamente si sbagliava. In quel momento si sentiva più spaesato che mai, non riusciva a fare previsioni su cosa sarebbe accaduto dopo e non aveva idea di cosa fare o dire. Minamisawa, il principe, e Kirino si lanciavano occhiate di fuoco e la pressione nell’aria era palpabile: a quanto pareva nessuno dei due aveva intenzione di cedere. Kariya non poteva credere che stessero davvero litigando per lui. Per lui, di tutte le persone. Kirino lo teneva ancora stretto tra le braccia, cosa che non lo aiutava a pensare lucidamente, anzi, al contrario lo mandava ancor più nel pallone.
E, come se la situazione non fosse stata già abbastanza ingarbugliata, il senpai Kurama era appena comparso sulla scena con indosso un vestito da ballo azzurro. Kariya lo osservò, cercando di indovinare quale fosse il suo personaggio. Probabilmente Cenerentola. Almeno una delle mille domande che si affastellavano nella sua testa aveva una risposta concreta e più o meno sensata.
Kurama non sembrava per niente felice di vedere Minamisawa, a giudicare dall’astio con cui lo fissava; tuttavia, quando quello sguardo si spostò dal principe alla mano stretta intorno al braccio di Kariya, e poi a Kariya stesso, il ragazzino capì di essere lui il problema.
In un secondo, Kurama si lanciò su di lui, precisamente sulle sue gambe: gli sollevò senza pudore la gonna e tentò di sfilargli le scarpette. Kariya sussultò, istintivamente si divincolò dalla presa scalciando e per un pelo non colpì l’altro in piena faccia. Kurama indietreggiò con rabbia.
-Oh, dannazione, lasciatemi anche voi!- strillò Kariya. Con uno strattone libero le proprie braccia, si guardò intorno per un istante senza fiato e scosse il capo. –Ecco, ora litigate quanto volete! Io mi tiro fuori!- sbottò, si voltò raccogliendo la gonna e corse all’interno del salone. Le luci intense lo accecarono per un momento e le coppie che ballavano lo trascinarono al centro della sala, ma da lì Kariya riuscì a riprendere il senso dell’orientamento e si tuffò nella folla, sperando di esserne inghiottito al punto tale da non essere più visto.

Era passato qualche minuto e nessuno era venuto a cercarlo. Ottimo. Scrutando la direzione da cui era venuto, Kariya non riusciva a scorgere né Kirino, né Kurama, né Minamisawa, il che non poteva che essere una cosa buona.
Tra le tante cose che lo preoccupavano, il senpai Kirino costuitiva uno dei pià grandi punti interrogativi: Kariya non riusciva a spiegarsi la sua reazione di poco prima. Kirino si era sempre mostrato protettivo nei suoi confronti, né più né meno di quanto lo sarebbe stato nei confronti di altri kouhai o del senpai Shindou. Il suo gesto improvviso, invece, lo aveva colpito perché era diverso. La parola protettività suonava inesatta, non descriveva precisamente quel che era successo, doveva essercene un’altra migliore.
Kariya si distanziò un po’ dalla gente e camminò all’indietro verso un muro mentre si arrovelava per trovare il termine che cercava.
La mano che si strinse intorno al suo polso lo colse alla sprovvista e, prima che potesse urlare, qualcuno gli tappò la bocca e bisbigliò al suo orecchio.
-Stai calmo, sono io.- La voce era calda e familiare. Kariya alzò lo sguardo e sbatté le palpebre, sorpreso e infuriato con Kirino.
Mugugnò di lasciarlo andare, ovviamente le parole uscirono come borbotti incomprensibili contro il palmo del senpai premuto contro le sue labbra, però Kirino parve comprendere ugualmente. Si guardò intorno nervosamente, poi annuì e disse:- Vieni.
Lo trascinò in uno spazio più appartato, dietro una fila di colonne, lo spinse in un angolo e solo allora rimosse lentamente la mano dal suo viso, lasciandola cadere casualmente sulla sua spalla.
-Che cavolo fai, senpai? Sei impazzito?- gli sibilò Kariya. Kirino lo ignorò e continuò a guardarsi intorno con sospetto, come se si aspettasse di vedere venti ninja calarsi dal soffitto o le colonne cominciare a muoversi (beh, nulla era troppo scontato nel gioco).
-E cosa diavolo stai guardando?- incalzò Kariya, sempre più irritato.
Kirino tornò a guardarlo con un’espressione accigliata.
-Mi assicuravo che nessuno ci osservasse- disse. -Non voglio saltare all’occhio.
-Non credo che qualcuno ci abbia notato. Hai visto quanta gente c’è? E scommetto anche che sono troppo concentrati su se stessi per vedere chiunque altro. Perché credi che dovremmo saltare all’occhio proprio noi?- osservò Kariya scettico. Kirino lo guardò come se fosse stupido.
-Ah, non saprei. Forse perché io ho una coda e delle orecchie da lupo. O perché tu hai appena conquistato il cuore del principe, che ora pare intenzionato a sposarti. Ah, non so davvero perché mi preoccupo. Sono certo che nessuno ci noterebbe- ribatté Kirino con pesante sarcasmo. Kariya non poté fare a meno di arrossire per la vergogna: messa così, la sua era stata davvero un’osservazione stupida. Ma riconoscere di aver sbagliato non era qualcosa a cui Kariya era abituato, o alla quale si rassegnava facilmente, soprattutto non in una discussione con Kirino, perciò ribatté, stizzito:- Se tu non fossi sparito chissà dove, tanto per cominciare, io non mi sarei mai cacciato in questo guaio! Non sarei rimasto da solo e non sarei stato costretto a venire a questo stupido ballo con questo stupido principe!
-Non mi pare che lo trovassi tanto stupido, prima, mentre ti abbracciava.- Kirino fece una smorfia e la stretta delle sue dita sulla sua spalla aumentò d’intensità. Solo allora, Kariya si ricordò anche della mano che gli manteneva il polso e ancora una volta quel contatto gli sembrò lievemente diverso dal solito. Kirino non si era mai posto il problema di toccarlo, anzi, sembrava che per lui il gesto non aveva alcun significato. Questa volta però il contatto non era casuale, né leggero. I polpastrelli di Kirino bruciavano contro la sua pelle, affondavano nella sua carne con una strana urgenza.
-Senpai, lasciami...- disse Kariya, ma Kirino lo interruppe:- Se lo faccio, tornerai da lui?  
Kariya alzò il volto, stupito da quella domanda, ma ancor di più dal tono di voce quasi angosciato dell’altro. L’espressione di Kirino era un misto di rabbia, sorpresa, spavento, desiderio; lui stesso appariva spaesato da quel groviglio di emozioni che lo attraversavano, e d’improvviso Kariya ebbe paura di lui. Sollevò il braccio e cercò di liberarsi con uno strattone, così come aveva fatto prima, ansioso di allontanarsi da lui. Kirino dovette leggergli la paura negli occhi perché rafforzò la presa.
-Senpai, mi stai facendo male…- si lamentò Kariya. Kirino scosse il capo, nervoso.
-Non puoi andare da lui. Lui non può averti. Tu sei…- Si bloccò e lo guardò come se fosse stato colpito da un fulmine. –Stai bene con questo vestito- disse.
Kariya non rispose, riuscì solo a sbattere le palpebre, basito. –Cosa…?
Il fiato gli si mozzò in gola quando Kirino lo spinse con delicatezza contro il muro, si posizionò davanti a lui riducendo al minimo la distanza tra i loro corpi e affondò il volto nei suoi capelli. Respirò a fondo, la mano sulla sua spalla scivolò sul suo collo e Kariya rabbrividì percependo le dita premersi sulla sua gola, alle quali le labbra di Kirino si unirono poco dopo.
Kariya trattenne il fiato così rapidamente che per poco non si morse la lingua. Kirino premette più volte la bocca sulla sua gola e, quando questo parve non bastare più, scoprì i denti e lo morse. Kariya sussultò e si lasciò sfuggire un gemito: l’ossigeno venne a mancare, il sangue gli salì al volto e la testa iniziò a girargli per l’eccesso di stimoli.
-Senpai- balbettò, odiando la debolezza che la sua voce tradiva –cosa stai facendo?
Kirino sfiorò il suo mento con i denti, le sue mani scivolarono entrambi sulle sue spalle e si staccò per fissare Kariya negli occhi, il suo sguardo incerto e combattuto.
-Non… non lo so. Scusa, a dire il vero non ci capisco molto nemmeno io- mormorò, genuinamente confuso. –So solo che non voglio lasciarti a Minamisawa. Tu sei… sei già mio- aggiunse, possessivo.
Ah, si rese conto Kariya, possessività era la parola.
Deglutì a vuoto notando come i suoi occhi si fossero spostati sulla sua bocca e si chiese se il gesto di leccarsi le labbra fosse inconsapevole, dopotutto il senpai non sembrava nel pieno possesso delle sue facoltà mentali al momento. Kirino si chinò verso di lui e Kariya sapeva cosa stava per succedere, ma non era sicuro di poterlo, o volerlo, prevenire.
Le loro labbra si sfiorarono appena, senza pressione, e proprio quando Kariya si sporse in avanti, deciso a pretendere di più, un rumore assordante li fece sobbalzare e allontanare di scatto. Kariya stava per dire qualcosa, ma s’interruppe. Vide un luccichio argenteo, qualcosa tagliò l’aria con un sibilio e Kirino arretrò di scatto, con una mano che gocciolava sangue.
Il ragazzo se la portò alle labbra e si leccò lentamente il sangue che scorreva lungo il braccio senza staccare gli occhi rabbiosi da quelli del principe che l’aveva ferito.
-Ti ho trovato, bestiaccia- il sorrisetto di trionfo sulle labbra di Minamisawa mutò in una smorfia.
-Per aver osato toccare la mia promessa sposa, sarai punito gravemente, lupo. Scegli: la morte, o l’esilio- aggiunse, ostile. Kirino lasciò cadere il braccio lungo il corpo e digrignò i denti.
-O magari potrei prenderti a calci- suggerì, sarcastico.
Minamisawa fece roteare nuovamente la spada in aria e affondò, ma il suo attacco si rivelò meno efficace in assenza dell’effetto sorpresa; Kirino lo evitò facilmente con un balzo, atterrò alle spalle del principe e gli diede un calcio nella schiena, facendolo cadere in ginocchio.
-Hai scelto la morte, dunque- sibilò questi rimettendosi in piedi. Si slacciò il mantello dalle spalle e lo fece cadere teatralmente, poi partì di nuovo all’attacco.
Kariya restò ad osservare la loro battaglia senza sapere esattamente cosa fare. Si passò una mano sull fronte e strizzò gli occhi, esausto, cercando di recuperare il raziocinio che Kirino aveva così facilmente spazzato via. Voleva solo un po’ di pace per riflettere.
-Eccoti finalmente, ladro di scarpette!
Ma avere un momento di tranquillità, apparentemente, era chiedere troppo.
Kariya si girò di scatto, giusto in tempo per bloccare le mani del senpai Kurama; il ragazzo fu colto alla sprovvista, ma appena si riprese dal momentaneo shock iniziò a spingerlo e Kariya fu costretto ad impuntare i piedi per non ruzzolare via. Non sembrava che Kirino e Minamisawa li avessero notati, quindi doveva sbrigarsela da solo.
-Si può sapere qual è il tuo problema? Io non ho rubato niente a nessuno!- gridò Kariya, stanco ed altamente irritabile. Le mani erano sudate e gli facevano male per lo sforzo, per non menzionare le unghie di Kurama che si erano inficcate nella sua pelle.
-Ah, sì? E quelle scarpe dove le hai prese, allora?- disse Kurama, sarcastico. –Le scarpette di cristallo non si trovano ovunque, sai?!
-Oh, santo cielo, non le ho rubate! Me le ha regalate una stupidissima fata madrina!
A quelle parole, inaspettatamente, Kurama si bloccò e smise di spingerlo. Kariya lo guardò, senza fiato, e lo vide arrossire di rabbia; due secondi dopo, Kurama gli lasciò le mani e, a tradimento, gli diede un calcio nel ginocchio: Kariya si piegò di scatto e non poté trattenere le lacrime che salirono spintaneamente agli occhi.
-Ouch! Ma cosa stai…- ammutolì quando notò una lacrima cadere a terra ed estendersi magicamente fino a formare una pozza d’acqua, dalla quale apparve un familiare mulinello azzurro e Hamano, vestito esattamente come prima e con una bacchetta in mano.
-Chi piange? Chi ha bisogno del mio aiuto?- esclamò allegramente. Kariya lo guardò a bocca aperta, ma prima che potesse dire qualcosa Kurama avanzò rapidamente verso di lui e lo afferrò per il bavero della maglia, avvicinandoselo abbastanza da potergli dare una testata, se avesse voluto.
-Tu- disse, accusatorio, imbronciato. –Sei stato tu a regalargli le scarpette?
Hamano si girò verso Kariya e il suo sguardo si posò sulle luccicanti scarpe di cristallo che sporgevano sotto la gonna.
-Oh, sì, le mie bambine- ammise col tono amorevole di una madre. Kariya alzò gli occhi al cielo. Kurama parve seriamente tentato di mollargli un ceffone.
-Ma erano mie! Le avevi date a me!- protestò, veemente.
Hamano lo fissò curiosamente.
–Beh, le regole dicono solo che una ragazza deve conquistare il principe. Visto che hai lasciato le scarpe, ho pensato che non ci tenessi più e ho dato le scarpe ad un’altra.
-Siete tutti ciechi? Siamo entrambi maschi- obiettò Kariya. Gli altri lo ignorarono.
-Non le ho lasciate! Le ho perse! Stavo tornando a riprenderle!- protestò Kurama, disperato.
Hamano scosse il capo. –Non posso farci niente, ormai il principe è innamorato di lei- disse, indicando Kariya. –Non che avesse altra scelta, in effetti…
-Cosa vuoi dire?- Kariya si irrigidì subito.
-Beh, la magia è nelle scarpe- rivelò Hamano. –Chiunque le indossi diventa “Cenerentola” agli occhi del principe.- Kurama lo lasciò andare, sconfitto.
-Ah… ecco perché non mi guarda più- bisbigliò. Aveva l’aria di aver appena ricevuto uno schiaffo. D’altra parte, tutto acquisiva un senso; a Kariya era parso bizzarro fin dal principio l’attaccamento che Minamisawa-senpai aveva mostrato per lui, si erano appena incontrati e lui già professava amore nei suoi confronti.
-E funziona solo sul principe? Perché, santo Graal, comincio a trovarlo attraente persino io, e lo conosco da solo mezz’ora- brontolò Kurama, squadrando Kariya con un misto di ansia e un sentimento che l’altro non riusciva a definire.
-No, certo, le scarpette potrebbero far innamorare anche altre persone. O almeno farle comportare in modo strano- disse Hamano, ed il cuore di Kariya affondò come un sasso.
Ora si spiegava anche il comportamento di Kirino, la sua confusione -era sotto il potere delle scarpette, ed il pensiero che l’altro lo avesse baciato senza provare veri sentimenti nei suoi confronti lo faceva sentire miserabile. Era patetico anche solo per averci sperato. Ma perché ci aveva sperato? Era quasi come se…
Come se fosse innamorato di lui.
Kariya bloccò quel pensiero subito dopo averlo formulato, perché non voleva farsi ulteriormente male e perché era qualcosa di totalmente assurdo ed inaccettabile.
Sotto lo sguardo scioccato di Kurama e Hamano, cominciò a scalciare con rabbia per sfilarsi le scarpe. Le odiava, le odiava e non voleva vederle mai più. Si chinò di scatto e se le tolse saltellando prima su un piede e poi sull’altro. Hamano impallidì leggendo nella sua espressione cosa stava per fare.
-Aspetta, ehi, ehi, ehi!- gridò. –Guarda che sono speciali, non puoi…
-Me ne frego! Mi hanno causato anche troppi guai!- ribatté Kariya, asciugandosi le lacrime con il dorso del braccio.
Poi alzò le scarpette e le scagliò il più lontano possibile.
Il cristallo si disintegrò non appena toccò terra e liberò la magia che conteneva, causando un’esplosione; si sollevò una raffica di vento e una strana luce fluorescente s’insinuò nel salone principale e investì ogni cosa. Hamano, Kurama e Kariya indietreggiarono , proteggendosi il viso dai frammenti di vetro che furono scagliati in aria.
Quando riuscirono a riaprire gli occhi, uno strato di vetro azzurro si era arrampicato su pareti e colonne, avvolgendole in un involucro spesso e rigido, e aveva formato un’unica riga verticale sul pavimento, che andava dal punto in cui si erano rotte le scarpe fino al centro del salone.
-Cosa diavolo…?- esclamò Kurama, senza fiato. Hamano si morse il labbro inferiore.
-Oh, no- rantolò –se è come credo, siamo nei guai…- Spiccò un salto ed atterrò nel mezzo del salone, poi scrollò il capo sconfortato. Kariya si sporse a vedere perché si fosse incupito e rimase a bocca aperta. La musica si era fermata, le persone avevano smesso di ballare e nel salone regnava un silenzio freddo ed innaturale: tutti si erano trasformati in statue di cristallo.
Hamano si girò verso di lui. -Le scarpette sono… erano speciali. Sono magiche, e la magia è qualcosa di molto delicato- disse in tono triste. –La magia può realizzare i nostri desideri. Ma se ci rivoltiamo contro di lei…- Tacque e scosse di nuovo il capo.
Kariya rabbrividì e si guardò subito intorno in cerca di Kirino: per quanto fosse arrabbiato con lui in quel momento, non avrebbe sopportato di vederlo in pericolo per colpa sua. Entrò quasi nel panico, non vedendolo da nessuna parte, ma poi riuscì a scorgerlo mentre vagava spaesato fuori ad un balcone. Kariya li raggiunse di corsa e si fermò davanti a lui, squadrandolo allarmato.
-Sembra che tu stia bene- disse, non riuscendo a nascondere il proprio sollievo.
 –Sì… sono solo un po’ confuso. Non ricordo cosa stavo facendo un minuto fa- rispose Kirino, e il cuore di Kariya affondò un altro pochino. Distolse lo sguardo prima di scoppiare in lacrime.
-Che bello- mormorò. Kirino notò che era sul punto di piangere e gli mise una mano sulla spalla, amichevole, non aveva la minima idea di essere l’ultima persona al mondo in grado di consolarlo, in quel momento. Kariya se lo scrollò di dosso: gli faceva troppa rabbia.
Ma per il momento era meglio lasciare da parte quei sentimenti; il vero problema era un altro.
Kariya osservò con orrore la pelle luccicante del principe, liscia ed incolore, i suoi abiti rigidi, il volto senza espressione… Minamisawa si era trasformato in una statua di cristallo.
-Oh, no- la voce di Kurama dall’altra parte della stanza, nel silenzio, risuonò forte e chiara. Il ragazzino corse verso Minamisawa, rischiando di inciampare più volte nel vestito; gli si fermò davanti, fissandolo orripilato, e ripetendo solo una sillaba, -No, no, no, no, no- l’ultima era un rantolo. Anche Hamano si avvicinò, e l’ombra che gli comparve non prometteva nulla di buono.
-È un brutto affare, un brutto affare- ripeteva, talmente agitato da non rendersi conto di starlo dicendo ad alta voce.
-Cosa è un brutto affare?- disse Kirino. –Non puoi rimettere tutto a posto?
Hamano scrollò il capo, sconsolato. -Le magie non sono mai semplici da annullare, soprattutto quando sono senza controllo. Il principe potrebbe rimanere così per anni… Il suo cuore è diventato di vetro, è più freddo del ghiaccio ormai...
Kurama crollò a terra. -Ma io lo amo- sussurrò. –Cos’altro devo fare?
Kirino sobbalzò, come se le parole dell’altro avessero fatto accendere una lampadina nella sua testa. –Ma certo, è ovvio! Il vero amore non risolve tutto, nelle fiabe?- esclamò.
Gli altri tre lo guardarono sorpresi. Kirino si girò verso Kariya e proseguì:- Se di solito è il principe a salvare la principessa, vorrà dire che stavolta accadrà il contrario. Non hai con te il libro…?
Kariya si ricordò solo in quel momento del cestino: lo aveva con sé durante il viaggio nell’acqua, quindi doveva averlo perduto sulle scale, nella confusione che si era creata poco prima.
-Un momento- borbottò, si girò e corse attraverso la sala. Uscì fuori al balcone e lo vide subito, il cesto era rotolato in un angolo e Kariya si chinò rapidamente a prenderlo. Quando sfogliò il Libro, non si stupì tanto del fatto che fosse comparsa la carta di Cenerentola quanto del fatto che Kirino ci fosse arrivato prima di lui.
Tornò subito indietro, si schiarì la voce e disse la formula per evocare la carta, ad alta voce.
-Cenerentola, io ti evoco!- non appena pronunciò quelle parola la carta e Kurama si illuminarono e nelle mani del ragazzino comparve magicamente la spada del principe. Kurama si alzò in piedi, reggendone l’elsa con entrambe le mani, e si guardò intorno confuso.
-Trafiggi il cuore- disse Hamano, ispirato. –Solo tu puoi farlo, se lo ami davvero. Se sarai tu a farlo, sono sicuro che il principe non morirà.
Kurama annuì e fece un grande sforzo per sollevare la spada e mantenerla alzata, verticale, con la punta rivolta contro il petto del principe. –Ti prego- bisbigliò –Vivi…- Lo baciò teneramente sulle labbra di vetro e spinse la spada nel suo petto: come se fosse stata neve il cristallo iniziò a sciogliersi gradualmente, aprendo la strada vero l’interno, e nel momento in cui la punta della spada entrò nel cuore del principe l’involucro di cristallo che lo avvolgeva si incrinò e si distrusse in mille pezzi, restituendo a Cenerentola un ragazzo in carne ed ossa. Kurama lasciò cadere la spada, che cadde a terra con un clangore, nitida e pulita come se non avesse mai trafitto nessuno, e gettò le braccia al collo di Minamisawa in un abbraccio che gli tolse il fiato.
Kariya tirò un sospiro di sollievo e, mentre la carta di Cenerentola tornava al suo posto, girò la pagina e trovò senza sorpresa quella della Fata madrina.
-Ora dovresti davvero fare il tuo lavoro- disse. Hamano sorrise.
-È tutta la sera che non faccio altro. E non mi pagano nemmeno gli straordinari!
 
xxx
 
Con l’aiuto della carta evocata da Kariya, che potenziava la sua magia, Hamano riuscì infine a far tornare normale castello ed invitati, giusto in tempo perché il principe Minamisawa annunciasse il suo fidanzamento e matrimonio-a-breve con Cenerentola. Kurama gli aveva pestato un piede, imbarazzato e arrabbiato di tutto ciò che gli aveva fatto passare, ma lo perdonò perché apparve presto chiaro che Minamisawa non conservava alcun ricordo dell’amore Kariya inculcatogli dalle scarpette: quel sentimento era nato e scomparso con quella magia.
E così era anche per Kirino.
Abbandonato il castello, Kariya tornò con il senpai al punto di salvataggio. Per tutto il tragitto e anche una volta sistematisi per dormire nella baita, i due non si rivolsero la parola, anche perché non sapevano cosa dirsi. Kariya fece finta di essere troppo impegnato a sfogliare il Libro, analizzando i loro progressi: le carte di Cenerentola e della Fata madrina erano tornate al loro posto, insieme alle altre, e alla prima pagina era comparsa la loro quarta, sudata stella. A giudicare dal poco spazio rimasto a bordo pagina, gliene mancava soltanto una per terminare il gioco; circostanza perfetta, considerato che Kariya non voleva restare un secondo di più intrappolato lì con Kirino.
-Buonanotte- disse Kirino, da qualche parte vicino a lui. Kariya non si voltò a guardarlo, né gli rispose. Era certo che, non appena avrebbe chiuso gli occhi, le immagini di quella sera gli sarebbero tornare vivide in mente, mentre il senpai dormiva beato, ignaro di tutto.
E il fatto che ciò che provava per Kirino potesse essere amore era a dir poco terrorizzante. 


 
**Angolo dell'Autrice**
Buonasera! Come avevo detto, anche questa fiaba è stata modificata per adattarsi alla storia del gioco. L'idea di dare alle scarpette un ruolo di maggiore spicco mi intrigava molto e alla fine sono diventate il "motore" della vicenda, più nel male che nel bene. Kariya non pensa mai alle conseguenze delle proprie azioni, tra loro due quello calmo e riflessivo è Kirino, ma in questo capitolo anche lui ha dato di matto (ops). Spero abbiate apprezzato la scena RanMasa perché è da tanto che la immaginavo e volevo scriverla ♥ Il loro rapporto è arrivato finalmente ad un vero e proprio punto di svolta.
Sicuramente avrete anche capito che il creatore di Fairytale non aveva tutte le rotelle a posto(?), ma se ne riparlerà xD
Avanti tutta verso la quinta stella!
Kisses,
     Roby

P.s. Purtroppo non ho avuto il tempo di completare le carte di Hamano e Kurama, pertanto le linkerò assieme al prossimo capitolo :')

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Capitolo 12
*** Event Eleven –The Minstrel’s Tale. ***


Event Eleven –The Minstrel’s Tale.

Quando Kariya si svegliò, una fitta dolore lancinante alla tempia lo fece gemere e rotolare sulla pancia, affondando la faccia nella mantella che usava come cuscino. Di recente i suoi risvegli erano sempre così: aveva così tante cose a cui pensare che ogni sera rimuginava finché le palpebre non cedevano per stanchezza e la sua mente scivolava nell’oblio, e poi il giorno dopo aveva un mal di testa da record.
Per cominciare, non aveva davvero la certezza che la prossima fosse l’ultima; il poco margine rimasto libero nella pagina del libro non era esattamente una prova incontrovertibile e non c’era modo di capire dall’andamento del gioco se si stessero avvicinando o meno al gran finale. Ma il suo istinto gli suggeriva che era così, e lo sperava anche fortemente. Voleva l’ultima stella. Doveva trovare l’ultima stella. Non aveva altra scelta, se voleva uscire da quel maledetto gioco. All’inizio era curioso, l’aveva trovato eccitante, ma ora era stanco, irritato e ferito: gli ultimi eventi erano stati piuttosto difficili da digerire.
Ancora non riusciva a guardare Kirino negli occhi, anche se avevano ripreso a parlare più o meno normalmente, dopo un paio di giorni di lunghi silenzi.
Se “giorni” si potevano chiamare quelli che trascorrevano nel gioco. Questo era un altro dei motivi per cui voleva uscirne il prima possibile: il pensiero che nel mondo reale il suo corpo fosse scomparso, o precipitato in una specie di coma, era terrificante.
Non osava immaginare la reazione di Midorikawa e Hiroto… Si sarebbero preoccupati? O forse il tempo scorreva in modo diverso dall’altra parte, e non si erano accorti di nulla? Come funzionava il tempo nel gioco, prima di tutto...?
Kariya gemette di nuovo e si portò le dita alla fronte per massaggiarsi le tempie. Aveva l’orribile sensazione che qualcuno stesse scavando un tunnel nella sua testa.
Una mano fredda si posò sulla sua nuca all’improvviso, facendolo sobbalzare.
Si voltò di scatto, pronto ad urlare, ma la voce gli morì in gola e rischiò di strozzarsi con la propria saliva: Kirino era seduto davanti alla sua mantella, chino su di lui e tanto vicino che le punte dei suoi capelli, sciolti sulle spalle anziché legati nella solita pettinatura, arrivavano a solleticargli il viso.
Lo stava guardando con un’espressione sorpresa e divertita, probabilmente a causa della sua reazione.
Kariya si tirò su, così bruscamente che per un soffio non diede una testata sul mento dell’altro. per fortuna, Kirino ebbe il riflesso di scansarsi; si sedette sulle ginocchia e alzò le braccia come per difendersi. –Ehi, ehi, calmo! Sono solo io!- esclamò, come se questo potesse calmare il suo kouhai.
-Lo so- sibilò Kariya. È precisamente perché sei tu, razza di idiota, pensò, ma non lo disse. Invece, afferrò la propria mantella, la indossò velocemente e brontolò: –Non farlo mai più.
-Ti ho spaventato? Scusa.- Kirino sorrise pacificamente. –Volevo solo dirti che, mentre dormivi, ho fatto un giro di perlustrazione qui intorno. Non è comparso nessun cartello nuovo, né altri sentieri… ma nella foresta ho trovato un ruscello e Gretel è stata così gentile da darmi un secchio, quindi se vuoi abbiamo un po’ d’acqua da bere.
Kariya lo guardò, sorpreso. –Hai incontrato di nuovo i due strambi nel bosco?
-Non chiamarli “strambi”! Sono gentili… più gentili di te, comunque- esclamò Kirino. Ignorò il fatto che Kariya stesse alzando gli occhi al cielo, come se avesse appena sentito qualcosa di ridicolo, e proseguì:- Ho chiesto loro se sono a conoscenza di qualche storia o avvenimento particolare che possa esserci d’aiuto, ma purtroppo non sanno nulla…
-Ma che ne sanno loro? Vivono in solitudine nel bosco!
-Beh, non è del tutto esatto, Gretel va in paese a far compere…
Kariya incrociò le braccia al petto e distolse lo sguardo, imbronciato. Non sapeva se a dargli fastidio fosse il fatto che Kirino avesse raccolto informazioni mentre lui dormiva, il fatto che avesse fatto amicizia con quei due svitati o il fatto che le due cose precedenti lo infastidissero (o meglio, tutte e tre le cose lo irritavano, solo che non sapeva in che grado e ordine. Kirino riusciva sempre a rendersi insopportabile).
-Ehi…- La voce del senpai era così bassa e dolce che Kariya si girò a guardarlo, dimenticandosi per un attimo quanto fosse arrabbiato con lui; Kirino aveva un’espressione seria e genuinamente preoccupata.
-So che ti stai tormentando per trovare la soluzione del gioco, ma non devi sforzarti di pensare a tutto da solo. finora ce la siamo sempre cavata… Vedrai che riusciremo ad uscirne, insieme- disse, calcando in particolare l’ultima parola, e i suoi occhi lampeggiarono determinati. La luce che penetrava dalla finestra gli schiariva il viso, rendendo le sue iridi ancora più azzurre del solito, cristalline come acqua di mare. Non appena si rese conto di essersi incantato a fissarle, Kariya spostò nuovamente lo sguardo, poi fece un vago cenno di assenso perché il senpai capisse che aveva ricevuto il messaggio. Kirino non parve molto convinto, ma Kariya non aveva voglia di continuare quel discorso, perciò gli diede le spalle e cominciò a lisciarsi le pieghe del vestito: qualunque cosa gli andava bene, pur di distrarsi. Sperava intensamente di non essere arrossito (si può arrossire per l’imbarazzo di essere arrossiti?).
Intanto Kirino si alzò, si frugò nelle tasche e tirò fuori due elastici neri, che usò per legarsi i capelli alla solita maniera. Kariya sbirciò leggermente al di sopra della propria spalla e notò che il dorso delle mani del senpai era ormai completamente ricoperto da uno strato di pelame liscio e grigio, all’apparenza molto morbido, simile a quello delle orecchie e della coda. La sua trasformazione in perfetto uomo-lupo sembrava praticamente ultimata. Kariya non sapeva se averne paura o meno.
-Comunque- Kirino parlò di nuovo, strappandolo ai suoi pensieri –credo che dovremmo fare un salto giù al villaggio di Akane, e magari andare fino a quello di Nishiki e Midori. Qualcuno deve pur sapere qualcosa, no? Nei giochi si deve andare a caccia di indizi!
-Ne parli come se ci capissi qualcosa- sbuffò Kariya.
Kirino gli fece un mezzo sorriso. –Ho passato abbastanza tempo qui con te, ormai ci ho preso la mano. So come funziona questa roba- annunciò, vagamente fiero di sé. Non c’era davvero molto di cui essere fieri, in realtà: la maggior parte delle esperienze che avevano avuto lì erano state traumatiche. Ma Kirino non aveva ricordi di quello che era successo al castello del principe; Kariya se lo ricordava in continuazione, frustrato e avverso a quel senso di incompletezza che provava.
-Okay, andiamo, tanto non abbiamo nulla di meglio da fare- disse frettolosamente.
-Non ammetteresti mai che ho ragione ed è una buona idea, vero?- commentò Kirino, scherzoso. Kariya gli scoccò un’occhiata inceneritrice, ma su Kirino non aveva alcun effetto. Il senpai si avviò avanti scrollando le spalle con rassegnazione, come se avesse a che fare con un bambino. Kariya avrebbe voluto strozzarlo, non fosse stato che avrebbe anche voluto baciarlo.
No, si disse Kariya, bloccando subito quel flusso di pensieri, si era detto niente più roba simile. Non sono innamorato di Kirino, non posso esserlo, non posso. Smettila di fare strani pensieri!
-Allora, prima Akane e poi Midori?- chiese Kirino.
-Sì, sì, come ti pare- lo liquidò Kariya, qualunque cosa l’altro avesse detto, perché era troppo occupato a combattere con se stesso per concentrarsi veramente sulla domanda. Probabilmente prendersela col proprio subconscio era già un segno di follia: Kirino e quel gioco lo stavano facendo uscire matto.
Era tanto preso dal suo conflitto interiore che non si accorse che Kirino si era fermato finché non ci sbatté contro. Kariya sussultò, barcollò all’indietro e si portò subito una mano al naso dolorante.
-Ouch! Sei impazzito? Perché ti blocchi all’improvviso?- si lamentò, massaggiandosi il ponte del naso con le dita.
-Non mi stavi ascoltando- ribatté Kirino accigliandosi. –Dai, smettila con questa sceneggiata, non ti sei fatto così  male...
-Cosa ne sai tu di quanto male mi sono fatto?! Ed è anche colpa tua!
-Oh, scusa, se ho poca fiducia in te! Sai, sei così bravo a simulare!
Kariya si morse l’interno della guancia mentre cercava un modo efficace di controbattere, ma persino lui fu costretto ad ammettere che il senpai non aveva tutti i torti. In mente però. Avrebbe preferito perdere la lingua piuttosto che ammetterlo ad alta voce.
-Beh, comunque mi hai fatto male- disse infine in tono drammatico. –Dovresti chiedermi scusa!
Kirino incrociò le braccia al petto e sollevò un sopracciglio, scettico.
-Sì, sì, scusa. Ma è anche colpa tua, che eri distratto. È da giorni che fai così, sei sempre immerso nei tuoi pensieri e non ascolti mai quello che ti dico. Anzi, a dire il vero, mi eviti proprio- lo accusò.
Kariya deglutì e abbassò gli occhi, imbarazzato per essere stato colto in flagrante.
-Io… quando mai ti ho ascoltato, senpai?- provò a ribattere con sarcasmo, ma la frase mancava di mordente e la voce gli uscì lievemente stridula, come se le sue corde vocali si fossero ingarbugliate in un nodo. –Sto solo cercando di capire come uscire da qui- aggiunse, ansioso di cambiare argomento. Kirino si accigliò ancora di più.
-Come immaginavo, non hai ascoltato davvero quello che ti ho detto prima, vero? Smettila di arrovellarti da solo! Siamo in due in quest’impresa, dovresti fare più affidamento su di me- disse, con una nota vibrante di rimprovero. –Non credo di aver fatto qualcosa per guadagnarmi questa totale mancanza di fiducia…- A  quelle parole Kariya avvampò per la rabbia che gli stava montando dentro: all’improvviso tutta la sua frustrazione scattò, come una molla finalmente libera dalla pressione.
-Tu…! Stupido senpai! È proprio perché hai fatto qualcosa che io…- stava gridando, quando uno forte schiocco lo interruppe, sovrapponendosi alle sue parole. Kariya sobbalzò e si guardò alle spalle, spaventato. –Cosa… cos’è stato?- mormorò impallidendo.
Anche Kirino si guardò intorno, ugualmente confuso.
-Non… non lo so- rispose in un soffio. –Sembrava il rumore di qualcosa che si spezza…
A pochi metri da loro stava conficcato il palo di legno sul quale era attaccato il cartello d’indicazione verso la foresta di Hansel e Gretel. Non soffiava vento e nel prato non si muoveva neanche un filo d’erba; sembrava proprio che lì ci fossero soltanto loro.
-Okay… Andiamo via da qua- esclamò Kariya, incamminandosi di fretta verso il sentiero che portava al villaggio. Kirino lo seguì subito, senza esitare.
-Giusto- confermò. –Prima ci muoviamo, meglio è. Dobbiamo capire come trovare la stella…- Kirino tacque e Kariya non disse nulla: entrambi avevano la sensazione che non sarebbe stato facile superare quell’ultima prova.
-Volete informazioni sull’ultima stella, vero?
Una voce risuonò all’improvviso nella radura. I due ragazzi sussultarono e si voltarono di scatto: laddove prima non c’era un’anima, proprio sotto il al cartello che indicava la strada per il bosco, era apparsa una persona completamente avvolta in un mantello nero, che nascondeva in un bozzolo d’ombra anche il suo volto.
Kariya lo riconobbe immediatamente come l’intruso apparso nel giardino di Hansel e Gretel; Kirino, che invece lo vedeva per la prima volta, stese protettivamente un braccio davanti al compagno e la sua natura di lupo si manifestò in un minaccioso ringhio da predatore che gli fece vibrare la gola e la mandibola inferiore. Ma lo strano personaggio sorrise. Non sembrava per niente spaventato, anzi aveva l’aria di divertirsi un mondo.
-Volete informazioni sull’ultima stella?- ripeté.
-Sì, ci sarebbero utili- ammise Kariya circospetto. Cercava di scrutare il suo volto, ma non c’era verso, era come un ammasso di pixel senza forma. -Ma chi sei tu?- Alla fine, rassegnato, riprovò con la domanda che al loro ultimo incontro non aveva ricevuto una risposta adeguata.
-Io? Sono solo un umile cantastorie ambulante… - mormorò lo sconosciuto.
Kariya sbuffò; la risposta, anche se meno vaga della volta precedente, era ugualmente sfuggente.
Con la coda dell’occhio lo vide sfilare le mani dal mantello e istintivamente si nascose dietro Kirino, quasi temendo di veder spuntare una qualche arma.
Non si aspettava, invece, che l’altro si tirasse giù il cappuccio con un gesto lento e misurato, e che i pixel che oscuravano il suo volto componessero un’immagine ben precisa. Il cappuccio nero scivolò sulle spalle dell’uomo; liberò una massa di capelli rosso fiamma, rivelò una pelle d’alabastro e occhi verde acquamarina. Kariya non poté reprimere un singulto mentre un’ondata di calda, nostalgica familiarità lo investiva.
-Hiroto?!- Non riuscì a trattenersi dal gridare quel nome, e la voce gli diventò così insopportabilmente acuta che Kirino si ritrasse, stordito, e le sue orecchie si abbassarono d’istinto.
Lo sconosciuto che si era appena trasformato in Hiroto si mise nuovamente a ridere.
-Ci rivediamo, Cappuccetto Rosso- esclamò, deliziato, poi fece un passo in avanti e con una mano si portò indietro i capelli in modo disinvolto.
-Come dicevo, sono un cantastorie. Potrei sapere ciò che vi serve, vi basta soltanto chiedere…- Parlava ad entrambi, ma Kariya sentiva una strana pressione addosso, come se in realtà si stesse rivolgendo soltanto a lui. Un brivido gli percosse la schiena quando incrociò quegli occhi e dovette distogliere rapidamente lo sguardo.
-Tutto qui? Noi chiediamo e tu ci rispondi? Senza nulla in cambio?- domandò Kirino, alzando le sopracciglia fin quasi all’attaccatura dei capelli, scettico.
Hiroto (o meglio, la sua "immagine", Kariya continuava a ripeterselo, nella speranza che questo facesse diradare le farfalle nello stomaco) finse di rifletterci con un’espressione pensosa.
-Mmm, non saprei. Potrei chiedere in cambio un bacio di Cappuccetto?
-S-scordatelo!!- Kariya sbottò, incredulo, e avvampò. No, decisamente non poteva essere Hiroto; non riusciva ad immaginare che potesse dire una cosa tanto sfacciata, e di certo non a lui.
-Beh, allora non mi serve niente.- Il cantastorie scrollò le spalle con un sorriso indecifrabile. -In fondo, io amo raccontare storie. Vivo per raccontare storie…
-Se sei solo un cantastorie, come fai a sapere della quinta stella?- Kirino lo incalzò senza farsi scrupoli ad interromperlo, non aveva alcuna intenzione di abbassare la difesa.
-Io giro per le città e le regioni e vengo a conoscenza di molte storie, che poi racconto- spiegò l’uomo dai capelli rossi. –Ecco perché potrei avere la storia che fa al caso vostro. Volete sentirla?
Kirino e Kariya si scambiarono un’occhiata preoccupata, sapendo di non avere altra scelta.
-Va bene, racconta la tua storia- concesse infine Kirino, tuttavia si avvicinò maggiormente al suo kouhai e gli mise una mano sul suo polso, pronto in ogni momento ad afferrarlo e scappare.
Hiroto si illuminò alle sue parole.
-Benissimo. Ah, dunque… Cominciamo dall’inizio.- Batté le mani una volta, prese un respiro profondo e cominciò a narrare.
-C’erano una volta, in un regno lontano ed incantato, un re e una regina che desideravano molto avere un erede, finché un giorno, mentre la regina faceva il bagno, un gambero saltò fuori dall’acqua e le predisse che avrebbe presto avuto una bambina…
-Un gambero che parla e fa predizioni, certo, si vedono tutti i giorni- commentò Kariya, sarcastico. Sussultò quando l’altro lo fissò con occhi penetranti, senza perdere il sorriso.
-Non prenderti gioco delle fiabe, Cappuccetto, ogni dettaglio è importante- le fece notare.
-Dov’ero rimasto? Ah, sì… Invero, la predizione del gambero si avverò, Cappuccetto…- il cantastorie riprese con allegria. Kariya arrossì e alzò gli occhi al cielo.
–Pochi giorni dopo, infatti, la regina restò incinta e in seguito partorì una bambina così bella che i due sovrani decisero di ordire una festa sublime, a cui tutti i sudditi furono invitati, comprese le fate che vivevano nel regno… tutte meno una, perché erano tredici ma di piatti d’oro ve n’erano soltanto dodici. E proprio la tredicesima fata, per vendicarsi di non essere stata scelta dal re, scagliò una maledizione sulla bimba, predicendole che a quindici anni si sarebbe punta con il fuso di un arcolaio e sarebbe morta.
-Wow, tutto questo perché il re non poteva permettersi un altro piatto d’oro?!- Ancora una volta, Kariya non riuscì a trattenersi. Questa volta il cantastorie lo ignorò e proseguì la narrazione come se non fosse stato interrotto.
-Per fortuna un’altra fata attenuò la maledizione: la bambina non sarebbe morta, ma si sarebbe soltanto addormentata. Il re ordinò di bruciare tutti gli arcolai del regno e la bambina, cui fu dato il nome di Rosaspina, crebbe bella, dolce e virtuosa, così che tutti credettero che il pericolo fosse scampato. Ma erano vane speranze!
Hiroto fece una pausa per aumentare l’effetto drammatico e guardò verso Kariya, che solo in quel momento si rese conto di essere rimasto incantato a fissarlo. Tossicchiò per nascondere l’imbarazzo e voltandosi notò che anche il senpai era totalmente preso dalla storia: ad un certo punto della narrazione (non avrebbe saputo dire quando, né perché) una strana tensione si era diffusa nell’aria, e i due ragazzi avevano fissato la propria attenzione sul contastorie come se non potessero farne a meno, rapiti dal suono melodioso delle parole, dal ritmo incalzante della trama. E non era finita.
-Il giorno in cui compì quindici anni, la ragazza trovò un vecchio arcolaio in una stanza mentre da sola girovagava per il castello… Non appena lo toccò, si punse con il fuso e cadde in un sonno profondo! Intorno al castello si alzarono barriere infinite di rovi e nel paese si diffuse la leggenda della fanciulla addormentata.- Il cantastorie tacque e l’atmosfera quasi magica che l’aveva circondato si spezzò, insieme con la sua voce e con l’attenzione dei due ragazzi.
Kirino si riscosse e si schiarì la voce, accorgendosi di avere la gola improvvisamente arida.
-E allora?- disse, stranito.
Hiroto lo guardò. –Vuoi che la racconti di nuovo?
-No!- sbottò il ragazzo metà lupo. –Finisce così? Nessun principe la viene a salvare? Che razza di fiaba è? Sono sicuro che la versione originale avesse un lieto fine!
-Eh? Senpai, leggi le fiabe?- Kariya si fece scappare una risatina. Kirino lo fulminò con lo sguardo.
-È cultura generale, stupido- ribatté, serio. –È normale, sai? Tutte le principesse devono essere salvate alla fine della storia… sennò perché ci sono i principi?
-Boh, per fare numero? Non è detto mica che quando uno è in pericolo tutti debbano accorrere per salvarlo…- Kariya scrollò le spalle e Kirino fece un verso esasperato.
-Kariya, è una fiaba, okay? Nelle fiabe c’è uno schema quasi fisso… Ma tu dormi in classe? O salti sempre le lezioni come l’altro giorno?- Si sarebbe volentieri dilungato sull’argomento, ma si bloccò quando si accorse che il cantastorie stava ridacchiando sotto i baffi. Si voltò a fissarlo torvo e chiese, diretto come sempre:- Cos’è che trovi tanto divertente?
-Oh! Oh, scusa, scusa, è solo che i vostri battibecchi sono così teneri…- Hiroto alzò le mani in segno di resa. –E, per rispondere alle tue domande, messere Lupo, la storia finisce così, o per meglio dire non finisce. Non troppo lontano da qui, c’è ancora una fanciulla da salvare…
-Cosa vorresti insinuare?- esclamò Kariya.
-Io? Io non voglio insinuare nulla- l’altro scosse il capo. –Io sono solo un cantastorie ambulante. Vi ho raccontato la mia storia, ora sta a voi decidere se le cose che vi ho raccontato vi sono utili o meno…- Si portò un dito alle labbra, ambiguo, e Kariya improvvisamente capì.
-Senpai, ecco cosa dobbiamo fare per la quinta stella! Dobbiamo salvare Rosaspina dalla torre!- esclamò, emozionato della nuova scoperta.
-La prima per il pifferaio di Hamelin, la seconda per la principessa e il ranocchio, la terza per Hansel e Gretel, la quarta per Cenerentola…- ragionò ad alta voce, contando sulle dita -…e la quinta deve essere per Rosaspina! Non ci resta che cercare il castello e salvarla, e potremo uscire da questo posto!- Alzò il volto verso Kirino e il suo ottimismo si smorzò quando si accorse che il senpai non condivideva il suo stesso entusiasmo, ma anzi sembrava incerto e guardingo.
-Cosa c’è?- sbottò, impaziente. Kirino scosse il capo.
-Scusa, non è che non mi fidi di te- replicò, -ma chi ci dice che quel tipo strano non ci stia ingannando? O che la sua storia voglia davvero dirci qualcosa? Non penso che dovremmo agire alla cieca e buttarci in quest’impresa in modo sconsiderato.
-Ma Rosaspina è ancora addormentata! La storia non ha fine! Tutto quadra, non capisci?! È chiaro che dobbiamo farla finire noi!- insistette il kouhai, ma Kirino scosse il capo.
-Sono solo supposizioni- replicò, calmo. -Non abbiamo prove concrete che sia così.
Kariya serrò la mascella, offeso che la sua brillante teoria fosse stata così rudemente messa da parte, e forse in parte dalla sfiducia del compagno. Non aveva sempre creduto come un idiota a tutte le sue bugie e ai suoi scherzi? Perché ora che invece gli stava dicendo qualcosa di serio aveva deciso di dubitarne?
Incrociò le braccia al petto e sbottò:– Non ti facevo così cinico, senpai.
-Non è cinismo, ma tra essere cinici ed essere creduloni c’è una via di mezzo, sai? Voglio solo dire che magari ti stai facendo influenzare! Ti sembra che tutto quadri, ma invece potrebbe non essere così semplice…
-Mi stai dando dello stupido?!- A questo punto Kariya avrebbe voluto davvero prenderlo a schiaffi, e solo il dubbio di non riuscire a sovrastarlo in uno scontro fisico lo tratteneva. Il senpai era più alto di lui ed aveva l’aria di essere molto più solido. Il ricordo di come l’aveva stretto forte al ballo, di come gli aveva impedito di correre via da lui, si fece strada nella sua testa e lui lo scacciò, imbarazzato e arrabbiato che anche in un momento simile Kirino potesse, inconsapevolmente, fargli venire il batticuore. Si morse il labbro e gli diede le spalle, lo sentì sospirare. E ora cosa voleva? Non aveva il diritto di suonare così esausto; dopotutto non era stato certo lui ad ingegnarsi a trovare una soluzione, lui si limitava a bocciare quelle degli altri.
Kariya decise di rivolgersi al cantastorie.
–Ehi, dove hai detto che si trova il castello…?- La voce gli morì in gola per l’incredulità quando si girò e vide che, ancora una volta, lo sconosciuto era scomparso nel nulla, così come dal nulla era apparso poco prima.
-Cosa… come… dov’è andato?! Ehi, stupido cantastorie, torna qui!!- Lo chiamò ad alta voce, ma non ottenne risposta.
-Sempre più sospetto- brontolò Kirino.
Kariya gli rivolse una breve occhiata carica di astio e determinazione: se non voleva cercare Rosaspina, bene, l’avrebbe fatto da solo. E sarebbe finalmente uscito da quel maledetto gioco, così da non dover più passare il suo tempo in compagnia di quello stupido, stupido senpai, e di tutti gli altri strambi che popolavano quel gioco.
 
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Il villaggio di Nishiki e Midori era molto cambiato dall’ultima volta che l’avevano visitato; una volta liberatosi dell’immensa torre ora ridotta in pezzi, il sole era libero di inondare le strade e le abitazioni avevano un’aria viva e brillante. Anche le persone, che finalmente potevano camminare fuori dall’ombra, avevano recuperato un’aria florida e salutare e furono tutte molto cordiali con loro quando si fermarono a chiedere informazioni riguardo Rosaspina.
Al villaggio di Akane, purtroppo, non avevano trovato nessuno che ne sapesse qualcosa e la cosa peggiore per Kariya era che ogni volta che una persona rispondeva di non averne mai sentito parlare, Kirino gli lanciava un’occhiata di soppiatto, come a dire “Te l’avevo detto”.
Kariya lo trovava incredibilmente irritante e, dopo un po’, decise di ignorare sia lui, sia il senso di vertigine che gli attanagliava lo stomaco. Oltre ad esserne infastidito, infatti, provava anche molta delusione nel constatare che la sua teoria era probabilmente sbagliata e che Kirino aveva ragione sul cantastorie; il pensiero che ci fosse ancora molto da lavorare per trovare l’ultima stella gli dava la nausea. Era quasi certo che questo fosse una delle sue giornate peggiori; anzi, poteva dire che, da quando era entrato nel gioco, non aveva fatto altro che vivere un’interminabile serie di “giornate peggiori”.
-Ehi, ricordi che Nishiki e Midori avevano detto che sarebbero venuti a vivere qui? Chissà se ci sono davvero! Magari possiamo passare a salutarli- disse Kirino, voltandosi verso di lui dopo che l’ennesima persona aveva negato di conoscere Rosaspina.
Kariya ormai aveva quasi del tutto perso la speranza; sospirò, lugubre, e brontolò:- Una cosa vale l’altra…
Era davvero, davvero deluso che le cose non quadrassero come voleva.
Kirino parve notare il suo disagio e gli mise una mano sulla spalla, come per consolarlo.
-Mi dispiace- disse. –Ma vedrai troveremo qualcos’altro e…- La sua voce si abbassò e si affievolì di colpo mentre le sue orecchie da lupo si rizzavano, rapide ed energiche. Nei suoi occhi si accese una strana scintilla, come se qualcosa di particolarmente interessante avesse catturato la sua attenzione. Kariya gli afferrò un lembo della maglia e lo tirò bruscamente.
-Cosa c’è? Cosa hai sentito?- incalzò, curioso.
Kirino non rispose, troppo preso da ciò che stava ascoltando, ma Kariya capì ugualmente di cosa si trattava, perché pochi secondi dopo cominciò a percepire qualcosa anche lui: il vento portava verso di loro il suono di un flauto, con una melodia fatta di note veloci, esperte, incalzanti. L’espressione vigile di Kirino si sciolse in un sorriso rilassato e affettuoso. Gli abitanti del paese interruppero di colpo le proprie attività e i loro volti diventarono radiosi per la felicità.
L’unico a non condividere quella gioia era proprio Kariya, che affondò il viso tra le mani e scosse il capo, sconsolato: quella certamente si posizionava bene, in una classifica delle “giornate peggiori”.


 

**Angolo dell'autrice**
Buonasera :))
Stasera mi sentivo invogliata a finire questo capitolo -avevo già scritto la parte centrale, cioè il racconto del cantastorie, un sacco di tempo fa XD Quello è un po' il nodo centrale del capitolo, per questo ho scelto di metterlo nel titolo. Con questo capitolo ci avviamo verso il finale della fic, oltre che del gioco!
Il personaggio del cantastorie è uno dei miei preferiti della fic, e non solo perché ha l'aspetto di Hiroto (tra l'altro, c'è un motivo ben preciso per cui ha quest'aspetto, non è solo perché mi piace Hiroto... giuro!). Cosa ne pensate? Vi inquieta? Vi affascina? Mi fa sempre piacere sentire le vostre opinioni ;)
Kariya intanto è completamente ingarbugliato nei suoi sentimenti per Kirino e, essendo uno tsundere fatto e finito, non vuole proprio ammettere di essersi innamorato! E Kirino non ha capito nulla -cioè, ha intuito che qualcosa non va, ma non sa cosa, e non può scoprirlo perché appena toccano l'argomento Kariya si chiude come un riccio... Sì, ok, è tragicomico, ma una delle parti migliori del capitolo, per me, è stata scrivere i battibecchi continui tra Kirino e Kariya ♥ Kariya ha davvero bisogno di rifarsi il vocabolario, praticamente conosce solo la parola "stupido"
Verso la fine c'è un'altra svolta che sarà importante per i prossimi capitoli, cioè la ricomparsa di un personaggio... avete capito, vero? ;)

Un grazie infinite a tutte le persone che seguono la fic, a quelle che la recensiscono e a quelle che l'hanno messa tra le preferite/seguite/ricordate! Sono davvero felice quando trovo questo feedback positivo cvc

Baci e alla prossima,
               Roby   


P.s. Putroppo non ho avuto il tempo di finire di disegnare le carte *sigh* Ma nel prossimo ci saranno sicuramente, dai.

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Capitolo 13
*** Event Twelve -Waltz for The Heartbroken. ***


Event Twelve –Waltz for The Heartbroken.

Il pifferaio di Hamelin era uguale alla sua immagine sulla carta, con gli stessi vestiti e lo stesso cappello, e allo stesso tempo era identico a come Kariya lo ricordava: il suo volto era senza dubbio quello di Shindou Takuto, un bel viso circondato da capelli dolcemente arricciati.
Non stava suonando la stessa canzone della prima volta in cui lui e Kirino l’avevano incontrato, tuttavia la sua musica era ugualmente capace di incantare tutti. Era questo il talento del pifferaio, fare miracoli attraverso le note del suo flauto.
Il pezzo cominciava con un ritmo incalzante, che diventava sempre più insistente. Sembrava invitare le persone a seguirlo e, infatti, man mano che il motivetto prendeva maggiore forza, gli abitanti del villaggio cominciarono a disporsi nella piazza, prima con un cerchio largo in cui tutti si prendevano per mano, e poi a coppie separate. Tutti erano rapiti dalla canzone, che fossero uomini, donne e bambini, e d’improvviso qualunque altra attività sembrava non avere senso.
Kariya stesso non riusciva a fare a meno di ascoltare, anche se lo irritava non poteva resistere all’ipnotica musica del pifferaio. Non aveva mai sentito il senpai Shindou suonare, ma quasi inconsciamente si trovò a chiedersi se lui suonasse davvero in quel modo; non ebbe modo però di approfondire quel pensiero, perché Kirino lo prese per mano e, cogliendolo alla sprovvista, lo tirò verso la folla. Iniziarono a ballare seguendo i passi di chi era accanto a loro, senza che Kariya capisse precisamente cosa stesse facendo, né perché si fosse fatto trascinare.
Kirino, invece, sembrava divertirsi. Kariya si sentì mancare un battito quando alzò lo sguardo e notò quanto il senpai fosse vicino; d’istinto cercò di spingerlo via, ma Kirino strinse una mano attorno al suo polso e gli fece fare una giravolta su se stesso, poi gli avvolse un braccio dietro la schiena e lo trascinò in una specie di walzer di cui nessuno dei due conosceva i passi. Kariya non poteva fare a meno di chiedersi se Kirino sapesse cosa stava facendo, o se si fosse semplicemente lasciato ipnotizzare anche lui dal pifferaio. Il sorriso allegro sul suo volto dipendeva dalla canzone? Era felice di star ballando con lui? La melodia giunse a termine troppo presto, prima che Kariya riuscisse a darsi una risposta. Ma, nonostante il flauto avesse emesso le sue ultime note, Kirino non lo lasciò andare subito: il sorriso dal suo viso era scomparso, sostituito da un’espressione indecifrabile. Il suo sguardo era concentrato, quasi… famelico. Kariya avvertì un brivido corrergli lungo la schiena.
I due ragazzi rimasero a fissarsi nel silenzio, che durò appena un istante prima di essere spezzato da uno scroscio di applausi e da grida di ammirazione. Alcune ragazze gli lanciarono dei fiori che avevano raccolto e che portavano con sé in cestini di vimini simili a quelli di Kariya.
Il pifferaio accolse l’apprezzamento del pubblico con un elegante inchino. -Vi ringrazio, è un piacere suonare per persone così gentili- affermò. –Se qualcuno di voi potesse indicarmi una locanda per la notte, ve ne sarei immensamente grato…
Il suo sguardo vagò sui presenti e, con grande disappunto di Kariya, si posò proprio su di loro.
-Messer Kirino!- esclamò. –È una sorpresa ed un piacere rivedervi qui!
Kirino si affrettò ad allontanarsi da Kariya, girandosi completamente verso il pifferaio.
-È un piacere anche per me, Shin… uhm, Pifferaio- disse, correggendosi velocemente prima di chiamare per errore il nome dell’amico a cui il personaggio somigliava. L’altro non parve fare caso a quella svista momentanea e si avvicinò a loro esibendo un largo sorriso.
-Deve essere il destino ad aver fatto incrociare nuovamente le nostre strade- disse e sembrava sul punto di aggiungere altro quando qualcuno intervenne nella loro conversazione.
-Signor Pifferaio! Se sta cercando alloggio, noi…
Oh!- La ragazza dai lunghi capelli rossi si fermò di colpo davanti a Kariya e i suoi occhi verdi si spalancarono per la sorpresa.
Seto indossava una lunga gonna beige e una camicetta bianca con le maniche arrotolate fin sopra al gomito, un abbigliamento molto più sportivo e adatto a lei dell’abito da principessa che aveva portato fino a non troppo tempo prima. Kariya non si sorprese notando che dietro di lei, ad accompagnarla fedelmente, c’era Nishiki.
-Siete anche voi qui?! No, un momento, voi conoscete il pifferaio?!- La voce di Seto esplose ad un volume tanto alto da stordire quasi Kirino, le cui orecchie da lupo ebbero un fremito e si abbassarono istintivamente cercando di ripararsi dal rumore.
-Ma sei scema? Che bisogno c’è di urlare?- la rimbeccò Kariya.
-Ci siamo incontrati una volta soltanto, ma è stato emozionante- commentò il pifferaio senza smettere di sorridere. Kariya avrebbe voluto rispondere per le rime anche a lui, giusto per fargli notare che quella volta avevano rischiato di farsi mangiare da topi assassini, ma Seto riprese a parlare senza dargli tempo di aprir bocca.
-In ogni caso, signor Pifferaio, siamo venuti ad offrirle alloggio! Sarà un piacere per noi ospitarvi nella nostra locanda…- disse, poi si girò verso Kirino e Kariya, come ricordandosi della loro presenza, e aggiunse allegra:- Ah, anche voi due se volete!
-Wow, grazie per l’invito spontaneo- rispose Kariya con una punta di sarcasmo.
-Accettiamo volentieri, grazie- esclamò Kirino quasi in contemporanea, lanciando un’occhiata torva al suo kouhai. Shindou si tolse il cappello e fece un inchino verso Nishiki, poi prese la mano di Seto tra le sue e le posò un casto bacio sulle nocche.
-Vi ringrazio della vostra ospitalità. Sarà un piacere per me sostare nella vostra dimora- disse, si raddrizzò e sorrise rivolgendosi a Kirino:- Soprattutto se potrò ancora stare in compagnia di Messer Kirino e della dolce Cappuccetto…
A questo punto Kariya avrebbe voluto obiettare, invece ancora una volta non riuscì ad aprire bocca, perché Seto lo anticipò:- Bene! Direi di andare a casa, allora. Seguitemi!
 
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La locanda di Nishiki e Seto era una casa di tre piani, costruita in legno, un po’ storta su un fianco; alle finestre quadrate erano stati appesi dei vasi di fiori colorati e dal tetto a spiovente spuntava il comignolo di un caminetto, che si stagliava contro il cielo azzurro quasi tagliandolo a metà.
-È molto carina- osservò Kirino, mentre Seto apriva la porta d’ingresso con una chiave luccicante, dall’aria antica, che faceva anche da ciondolo alla catenella dorata che lei portava al collo.
-Ce l’ha venduta un mercante del paese, che gentile, vero?- dichiarò Nishiki con soddisfazione. Kariya s’infilò tra lui e Seto per dare un’occhiata all’interno e si trovò davanti ad una stanza abbastanza larga, con un bancone di legno sulla destra e delle scale a chiocciola in fondo a sinistra. Sul pavimento c’era un morbido tappeto verde scuro, di forma rotondeggiante, e tre poltroncine rossicce erano state sistemate attorno al caminetto ora spento. L’ambiente era fresco e la luce del sole inondava la stanza attraverso un paio di finestre aperte, con le tendine colorate legate con dello spago.
Nishiki s’infilò dietro al bancone, si piegò rapidamente e riemerse con due chiavi dorate simili a quella di Seto, ma più piccole; ne diede una a Shindou e una a Kirino, lasciando Kariya a fissare la mano del senpai con un vago senso di disagio.
-Aspetta, perché dobbiamo dormire nella stessa stanza?- protestò, crucciato.
Kirino gli lanciò un’occhiata sorpresa. –Che vuoi dire? Abbiamo sempre dormito insieme da quando siamo qua, no? Non te ne sei mai lamentato prima…
-È diverso, non avevo altra scelta! Mi rifiuto di credere che non ci siano altre stanze libere qui!
-Kariya, smettila di fare il bambino- lo rimbrottò Kirino.
Quando Kariya sbuffò e distolse lo sguardo, finendo per mostrarsi ancora più infantile, Kirino si portò le mani ai fianchi e sospirò, esasperato, mentre Shindou ridacchiò.
-Messer Kirino, che ne dice di fare un giro del paese?  Da molto non mi fermo in questa zona, mi piacerebbe girare con calma e magari chiacchierare un po’ delle vostre recenti esperienze- propose il pifferaio amichevolmente.
-Mi sembra un’ottima idea- rispose Kirino. –In effetti c’è un bel po’ da raccontare rispetto all’ultima volta che ci siamo visti… Kariya, allora io esco, tu nel frattempo non combinare guai, d’accordo?- Mentre parlava si girò verso Kariya per assicurarsi che l’altro lo stesse ascoltando, e così si accorse che gli stava ancora tenendo il broncio.
-Vai dove ti pare, non devi notificarmelo- replicò infatti il ragazzino, tagliente, senza degnarlo di uno sguardo. Kirino scosse il capo senza sapere come rispondergli e seguì il pifferaio fuori dalla locanda. Davvero, quale era il problema di Kariya? Era sempre stato scontroso, ma negli ultimi due-tre giorni era diventato ancora più suscettibile e, invece che fargli dispetti come suo solito, sembrava cercare soltanto pretesti per offendersi e attaccare briga.
-Dunque avete novità da raccontare?- lo incoraggiò il pifferaio, strappandolo ai suoi pensieri.
Kirino annuì, voltandosi verso il ragazzo al suo fianco.
Era davvero incredibile come il gioco riuscisse a riprodurre la figura di Shindou in quel personaggio: non solo era identico a lui nell’aspetto fisico, infatti, ma anche in dettagli come il timbro della voce o il modo di muoversi, e persino la capacità di commuovere attraverso la musica. E, tuttavia, pur somigliando così tanto a Shindou, Kirino si rendeva perfettamente conto che la persona davanti a sé non era il suo migliore amico. Per esempio, visto che si conoscevano da molto tempo, Shindou non avrebbe mai usato un tono così formale con lui, quel garbato modo di esprimersi usato tra persone che si stanno simpatiche, ma che non si conoscono bene.
In ogni caso, l’atteggiamento caldo e amichevole del pifferaio di Hamelin metteva Kirino a suo agio, perciò il ragazzo iniziò a raccontargli tutto ciò che gli era successo negli ultimi giorni.
Un’altra cosa assurda, per lui, era considerare come scorresse il tempo del gioco: gli pareva passata un’eternità da quando erano finiti nel gioco, eppure sicuramente non potevano essere trascorse più di un paio settimane, senza contare il fatto che aveva proprio una specie di vuoto riguardo alla faccenda di Cenerentola.
-Penso di essere finito sotto qualche specie di incantesimo… ah, è tutto così confuso- confidò Kirino, portandosi una mano alla nuca con imbarazzo, poi arricciò le labbra in un broncio.
-Kariya non vuole dirmi nulla- borbottò. In realtà, aveva provato a fare un paio di domande, ma Kariya si era chiuso in se stesso come un riccio e aveva rifiutato con forza di parlare; di fronte ad una reazione tanto decisa, Kirino non aveva provato a pressare oltre l’argomento con il kouhai, perché aveva la sensazione che questo l’avrebbe turbato, rendendolo ancora più antipatico.
Il pifferaio scoppiò a ridere, cogliendo Kirino di sorpresa.
-Avevo notato, in effetti, che la dolce Cappuccetto ha un bel caratterino…! Non deve essere facile trattare con una persona così ostinata, messer Kirino- lo prese in giro scherzosamente.
-Oh, non ne hai idea. Kariya non è solo testardo, è anche immaturo e capriccioso e vuole sempre avere ragione. Sembra tranquillo e amichevole, invece è dispettoso e, quando meno te lo aspetti, ti fa un colpo basso. Da quando ci siamo incontrati, non ha fatto altro che cercare di complicarmi la vita in tutti i modi- ribatté Kirino, infervorandosi al solo pensiero delle cattiverie che Kariya gli aveva preparato, mettendolo spesso nei guai. In pochi secondi, però, la sua rabbia era già sparita e al suo posto c’era un indefinibile senso di disagio.
-Può apparire ostile, antipatico e testardo, ma... ma sua testardaggine può anche essere considerata un pregio, credo. Kariya mette molto impegno nelle cose che lo interessano- aggiunse, sorprendendosi di se stesso. Stava davvero giustificando Kariya? Certo, dopo la partita con la Gassan Kunimitsu aveva smesso di pensare a Kariya come un “nemico”.
Era convinto, tuttavia, di essere rimasto piuttosto circospetto nei suoi riguardi; invece, in quel momento, realizzò che col passare del tempo aveva completamente abbassato la guardia.
All’inizio si era sforzato di andare d’accordo con Kariya per non sbilanciare la squadra (e perché riconosceva e ammirava le abilità calcistiche del kouhai, anche se aveva difficoltà ad ammetterlo di fronte al diretto interessato) e anche ora non si poteva certo dire che lui e Kariya fossero diventati amici; non erano però distanti come prima, anzi, si erano avvicinati più di quanto Kirino credesse possibile. Kirino si era reso conto non solo di non odiare Kariya, ma addirittura di provare affetto per lui: nonostante tutto, Kariya gli piaceva, come compagno e come persona.
Il pifferaio non fece nessun commento. In effetti, era da un po’ che non parlava e il suo silenzio spinse Kirino a lanciare uno sguardo di sbieco nella sua direzione per accertarsi che l’altro fosse ancora al suo fianco; così facendo, notò che Shindou si era fermato qualche metro più indietro e stava scrutando il cielo con un’espressione assorta. Kirino tornò indietro.  
-Qualcosa non va?- chiese, preoccupato.
Il pifferaio non rispose, ma sollevò lentamente un braccio e indicò una grossa nube nera che si stava progressivamente avvicinando, allungando la sua ombra sul bosco e sulle strade.
 
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Kariya si lasciò cadere su una delle poltroncine, con le braccia incrociate al petto e le gambe accavallate. Il suo umore era a dir poco nero in quel momento, naturalmente per colpa di Kirino; il suo senpai era molto intelligente in situazioni normali, ma era così privo di tatto da risultare imbarazzante: non pareva immaginare nemmeno lontanamente i sentimenti di Kariya.
Non che Kariya sapesse precisamente cosa stava provando.
L’unica cosa certa era che pensare a Kirino e al pifferaio che chiacchieravano allegramente camminando uno a fianco all’altro gli faceva ribollire il sangue. Da un lato rimpiangeva di non averli seguiti, dall’altro non avrebbe certo voluto sorbirsi le loro conversazioni.
Mentre rifletteva, si vide ficcare una tazza di cioccolata calda sotto il naso.
-Cappuccetto, mi sembri un po’ giù di morale! Il cioccolato fa molto bene in queste situazioni!- esclamò, sorridendo e mostrando i denti bianchissimi. Kariya spostò lo sguardo da lui alla tazza, sorpreso, e non poté fare a meno di accettare l’offerta.
-Grazie- mormorò, lievemente imbarazzato. Si guardò intorno e notò che nell’ingresso c’erano soltanto loro due.
-Nah, figurati, trattiamo bene i nostri clienti! Inoltre non abbiamo mai avuto modo di ringraziarvi per bene per la storia del drago, sai… Non ho ben capito cosa hai fatto con quel libro, ma è stato incredibile, sarebbe un sacco figo rifarlo! Pensavo di essermi arrugginito con la spada dopo tanti anni nello stagno, invece…- d’un tratto, Nishiki smise di parlare.
L’allegria sul suo viso venne sostituita da confusione e preoccupazione in rapida successione. Andò verso la finestra e la chiuse, tirando anche le tende davanti al vetro con decisione, mentre Kariya lo osservava smarrito.
-Cosa stai…- iniziò, ma Nishiki gli fece segno di stare in silenzio e ascoltare. Kariya si accigliò, ma non pose obiezioni; dapprima il suo udito riuscì a percepire solo un ronzio, poi il rumore diventò più distinto: era un battito d’ali insistente e caotico, che si avvicinava sempre di più.
La porta della locanda si spalancò e Seto si affacciò. Kariya notò che aveva in mano una sorta di innaffiatoio, probabilmente perché si stava occupando dei fiori nei vasi esterni.
-Ryouma, devi venire a vedere cosa sta succedendo qua fuori, è assurdo!- gridò la ragazza.
-Perché, succede mai qualcosa di normale da queste parti?- obiettò Kariya, ma nessuno lo sentì, perché Nishiki era già corso fuori.
Qualcosa colpì violentemente la finestra all’improvviso e Kariya sobbalzò, girandosi di scatto. Senza pensarci due volte, ma con un brutto presentimento, si alzò in piedi, lasciò la tazza di cioccolata sul bancone e si diresse verso la finestra; quando scostò la tendina con mani tremanti, un verso di disgusto gli si strozzò in gola alla vista del pasticcio di sangue e piume che aveva di fronte. Prima che il ragazzino potesse formulare un pensiero coerente, un altro piccolo uccello si schiantò con forza contro il vetro, incontrando subito la morte come l’altro che l’aveva preceduto. Kariya si allontanò di scatto dalla finestra, così di fretta che inciampò nei suoi stessi piedi e cadde a terra.
In quel momento sentì la voce di Kirino venire da fuori e, poco dopo, il senpai entrò dalla porta e si gli porse la mano per alzarsi.
-Stai bene, vero?- s’informò, preoccupato, e Kariya annuì meccanicamente.
-Kariya, penso che sia arrivato un altro evento, potrebbe essere quello che ci vuole per ottenere l’ultima stella! Per questo devi venire con me, dobbiamo fare qualcosa- continuò Kirino e, visto che Kariya non aveva preso la sua mano, gli afferrò entrambe le braccia e lo tirò in piedi.
-Un evento? Ma che succede?- domandò Kariya, ripensando con orrore ai due uccellini che si erano suicidati contro il vetro della finestra.
-Devi vederlo con i tuoi occhi- insistette Kirino, gli prese una mano e lo trascinò fuori dalla locanda.
Una volta all’aperto, Kariya notò subito che tutto il paese era avvolto dalle tenebre, così come lo era stato un tempo, quando esisteva ancora la torre con il drago; questa volta, però, la causa era un’immensa nube nera che copriva tutto il cielo e verso la quale tutti dirigevano lo sguardo. Kariya aguzzò la vista, perché il rumore che, sentiva sempre più forte, non mentiva: quella non era una nuvola, bensì uno stormo compatto e terribile di corvi.
-Dannazione- esclamò Kariya, riprendendosi velocemente dallo shock iniziale. Tolse la mano dalla presa di Kirino, si affacciò nuovamente sulla porta della locanda e chiamò:- Libro!- a voce forte e chiara, cosicché l’oggetto magico potesse uscire dal cestino abbandonato sotto una poltrona e volasse tra le mani del suo padrone.
Kariya sfogliò le pagine in cerca delle carte di Seto e Nishiki e, quando le trovò, le evocò una dopo l’altra in rapida successione; le spade dei due ragazzi apparvero appena in tempo perché potessero abbattere un gruppo di uccelli sceso in picchiata su di loro e una manciata di piume nere si posò delicatamente a terra accompagnata da gocce di sangue. Uno dei corpi, tranciato a metà, schizzò ai piedi di una ragazza, che arretrò lanciando uno strillo e finì dritta nelle braccia di Shindou.
-Non possiamo continuare questo scontro qui, ci sono troppi innocenti- affermò il pifferaio e, per quanto Kariya odiasse ammetterlo, aveva ragione. Il ragazzino odiava anche l’idea di dover fare ciò che stava per fare, ma non c’erano altre soluzioni altrettanto brillanti.
-Carta del Pifferaio, ti evoco! Porta lo stormo fuori dal villaggio!
Alle parole di Kariya, la carta chiamata uscì dal libro e, vorticando su se stessa, si illuminò della stessa luce azzurra che avvolse il corpo di Shindou. Il pifferaio non esitò un attimo a prendere il suo flauto e presto i suoi respiri si trasformarono in una melodia ritmata, che avrebbe fatto venir voglia a chiunque di ballare e saltare, se non fossero stati tutti in pericolo di vita. Nemmeno i corvi, ne erano immuni e seguirono subito il musicista che si stava incamminando verso il bosco.
-Andiamo anche noi!- gridò Nishiki. Midori annuì e insieme corsero dietro al lungo corteo di creature guidato dal pifferaio di Hamelin.
Kariya stava per muoversi a sua volta, quando d’improvviso si sentì mancare le forze: barcollando, dovette cercare a tentoni lo stipite della porta con una mano per reggersi in piedi, mentre con l’altra stringeva il libro al petto con una mano. In un attimo Kirino fu al suo fianco a sostenerlo.
-Ehi, ti senti bene?- chiese, allarmato. –Non sei stato ferito, vero?
-No, sono solo… un po’ stanco- rispose Kariya, sebbene “stanco” non rendesse affatto l’idea di come si sentiva. Aveva l’impressione che le sue gambe fossero diventate molli come gelatina e che il suo petto fosse stato trafitto da un pugno di spine.
-Ma dobbiamo andare là anche noi… Se fosse davvero… e poi le carte…- Kariya tentò di spiegare, ma non riusciva ad articolare bene la frase. Kirino parve capire ugualmente e, dopo un minuto di riflessione, giunse ad una decisione.
-Scusami, è necessario- disse e, come aveva fatto ormai tante volte, sollevò il kouhai tra le proprie braccia e a grandi balzi corse verso il bosco. Kariya non si lamentò, perché sapeva di non avere la forza di camminare, e si concentrò invece sul percorso da seguire. Non era difficile capire dove fossero andati gli altri: sulla strada c’era una scia di piume nere, inoltre Kirino poteva contare sul suo sviluppato olfatto di lupo.
Appena usciti fuori dai confini della città, i due ragazzi intravidero gli uccelli che volavano in cerchi concentrici attorno al pifferaio, apparentemente incuranti del fatto che Nishiki e Midori stessero cercando di ucciderli; i cerchi diventavano sempre più stretti, sempre più densi, come se stessero cercando di inghiottire la canzone al loro interno, e Kirino lasciò Kariya sull’erba per andare a soccorrere il pifferaio.
-Aspetta, ti farai ammazzare!- gridò Kariya.
-Devo aiutarlo! Torno subito!- replicò Kirino, gettandosi nel cumulo nero. Kariya tentò di alzarsi, ma riuscì solo a trascinarsi sulle ginocchia per scrutare meglio ciò che aveva di fronte: non riusciva a distinguere più nessuno nell’immenso cumulo di piume nere.
-Dannazione… che scemo…- balbettò sottovoce, aprì il libro con mani tremanti e toccò la carta di Kirino. –Carta del Lupo… ti evoco!- esclamò, con voce più ferma possibile, e un bagliore azzurro esplose da qualche parte in mezzo ai corvi, spazzandoli parzialmente via.
Kariya si voltò in quella direzione e finalmente vide Kirino, che stava combattendo con zanne e artigli di lupo per proteggere il pifferaio, ai quali i corvi impedivano di suonare lanciandosi sulle sue braccia, beccandogli le dita. La canzone era finita e, nel silenzio pesante, si sentivano soltanto il frenetico sbattere d’ali i versi acuti degli uccelli tagliati di netto da Kirino, Nishiki e Midori.
I corvi sembravano non finire mai; poi, ad un certo punto, si concentrarono tutti in un unico punto, sovrapponendosi uno sull’altro, e diventarono un unico corpo. La loro nuova forma, gigante e mostruosa, ricordò a Kariya il momento in cui era stato attaccato da topi, poco tempo prima.
Il mostro emise un lungo, acutissimo strillo, simile allo stridere di unghie su una lavagna, e Kariya provò una sensazione di gelo e terrore quando i suoi dieci occhi rossi si posarono su di lui; il ragazzino si vide riflesso in quelle piccole pozze di sangue e si sentì perduto. Non aveva la forza di scappare. Di colpo aveva la certezza di star per vomitare e la lingua impastata gli impediva di chiamare aiuto o di evocare altre carte.
D’istinto, afferrò il libro e lo mise davanti a sé, come se potesse bastargli come scudo, e inaspettatamente il volume lanciò un attacco rilasciando un’enorme quantità di luce contro l’enorme corvo nel momento in cui esso si fiondò su Kariya: l’energia si raccolse sotto forma di raggio e bucò il corpo del mostro esattamente sotto il becco affilato, tranciandogli la gola. Una pioggia di sangue e piume cadde sull’erba, su Kariya e intorno a lui.
Il libro scivolò dalle mani del ragazzo e si rovesciò a terra, aprendosi sulla prima pagina. Nonostante il mostro fosse morto e l’evento terminato, non era apparsa nessuna nuova stella; con il pensiero che fosse stato tutto inutile, Kariya chiuse gli occhi.
 
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Il soffitto era un incrocio di grandi assi di legno disposte in verticale e in orizzontale, ad incastro. Quando Kariya si risvegliò, quella fu la prima cosa che riuscì a distinguere nel buio della stanza; la seconda cosa furono le stelle che brillavano fuori dalla finestra, con una luce talmente intensa da trapassare le tende bianche e disegnare una costellazione sul pavimento legnoso.
Kariya sbatté un paio di volte le palpebre per mettere a fuoco la camera, poi si alzò sui gomiti. Si trovava in un letto, presumibilmente alla locanda di Nishiki e Midori, ed era solo: non c’era traccia di Kirino nella stanza, forse perché alla fine aveva deciso di dormire con il pifferaio…
Kariya scosse il capo per scacciare il pensiero, scalciò per togliersi le lenzuola di dosso e spostò le gambe oltre il bordo del letto. Quando provò ad alzarsi, avvertì una fitta al fianco destro e si accorse di avere le gambe fiacche, ma a parte questi particolari si sentiva bene; la sensazione di nausea, il mal di testa e il dolore al petto erano passati.
Il suo sguardo si spostò sul resto della stanza e cadde sul libro che sporgeva dal suo cestino, posato in un angolo e macchiettato di puntini luminosi. Ancora non riusciva a spiegarsi cosa fosse successo quel giorno e perché: l’oggetto magico aveva agito per conto proprio, senza le sue indicazioni, come se in qualche modo volesse difenderlo. Kariya aveva ricordi confusi e spezzettati degli avvenimenti, ma non era completamente privo di certezze. Aveva imparato, infatti, che i corvi non erano parte dell'evento finale e che il cantastorie probabilmente aveva ragione. La fiaba di Rosaspina doveva essere il gran finale.
Allo stesso tempo, Kariya era certo anche di un’altra cosa: se voleva andare fino in fondo al gioco, doveva proseguire da solo. Doveva separarsi da Kirino, o non sarebbe mai riuscito a trovare una soluzione senza lasciarsi portare fuori strada. L’evento dei corvi era stato solo uno spreco di energie, un inutile dispendio di forze, e la cosa peggiore era sapere che Kirino aveva scelto di proteggere Shindou, invece che lui.
Cercando di ignorare la dolorosa stretta al cuore, Kariya spinse più in fondo il libro, si mise il cestino sotto braccio e cominciò a legare le coperte per farne una specie di corda (l’aveva fatto tante volte, quando era bambino, per sfuggire a Hitomiko e andare ad allenarsi durante la notte); dopo aver legato un lembo alla maniglia della finestra, srotolò le coperte annodate insieme, scavalcò il davanzale e scese con agilità.
Il paese era illuminato solo dalle stelle e da piccole lanterne sui muri esterni delle case.
Kariya rivolse un ultimo sguardo alla locanda, poi si mise a correre.

 

**Angolo dell'Autrice**
E così ci avviamo verso la conclusione di questa storia... mancano solo tre capitoli (più l'epilogo) e spero che sarà davvero un gran finale! Si sono accumulati vari misteri da spiegare e non vedo l'ora~
In questo capitolo ci sono alcune scene RanMasa che mi ha fatto piacere scrivere, tipo quella del ballo all'inizio. Ho cercato anche di inserire un parziale p.o.v. di Kirino, così che si capisca che non è solo Kariya ad aver mutato i suoi sentimenti nei confronti del compagno; nei prossimi capitoli il p.o.v. si sposterà spesso da Kariya a Kirino e viceversa per via del fatto che sono separati.
Oltre a loro due, continueranno ad apparire i vecchi personaggi c':
I pezzi musicali a cui mi sono ispirata per le canzoni del pifferaio sono, in ordine, "Whisper" e "Regina Dei Cristalli" di Giovanni Allevi. 

Oh, e poi ho finito di disegnare le carte! Sì, quella di Cenerentola e quella della fata madrina sono le ultime (come al solito, cliccate sui link per vederle) ♥
Buonasera e alla prossima~
    Roby

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Capitolo 14
*** Event Thirteen -Damsel in Distress. ***


n/A: il capitolo non è betato, pertanto potrebbero esserci degli errori di distrazione o di battitura. Mi scuso e assicuro che appena avrò un po' di tempo lo controllerò meglio.
Aggiungo inoltre alcune soundtracks che mi hanno aiutata mentre scrivevo, nel caso voleste ascoltarle durante la lettura:
Altre note dell'autrice a fine capitolo! ↓↓↓

 
Event Thirteen –Damsel in Distress.

Kirino si svegliò con un’orribile sensazione di soffocamento.
Scalciò la coperta che aveva addosso con furia e si alzò di scatto sui gomiti, guardandosi intorno. Si trovava nella stanza che Midori – beh, la sua alter-ego virtuale - gli aveva dato la sera prima, una piccola mansarda triangolare in cui faceva molto caldo. Si mise seduto sul materasso, poggiandosi una mano sul petto mentre cercava di regolarizzare il proprio respiro, ed avvertì una fitta di dolore dietro alla schiena. Dovette girarsi rapidamente su un fianco: non era facile dormire con una grossa coda pelosa, non si era ancora abituato all’idea e non credeva ci sarebbe mai riuscito.
Kirino sospirò e scosse il capo, cercando di scacciare la solita delusione che istintivamente lo assaliva ogni volta che apriva gli occhi e si rendeva conto di trovarsi ancora all’interno del gioco. Gettò un’occhiata fuori dalla finestra e notò che, benché il cielo non si fosse ancora schiarito, il sole stava cominciando a fare capolino dietro i tetti delle case. Doveva essere mattino presto, impossibile stabilire un’ora precisa.
Un fortissimo prurito gli faceva bruciare le gambe. Kirino allungò una mano per grattarsi e sussultò quando sentì le proprie dita affondare in una peluria ispida. Allarmato, si sporse subito verso il comodino per accendere la lampada ad olio; non appena il fuocherello divampò, un fascio di luce avvolse il letto, illuminando il corpo del ragazzo.
Kirino trattenne il respiro.
Le sue gambe  erano coperte da una folta peluria molto simile a quella della sua coda. Kirino si guardò istintivamente le braccia e notò che anche lì stavano crescendo peli scuri, sebbene non fossero ancora né alti né fitti come quelli delle gambe. Il dorso delle sue mani ne era coperto.
Le sue unghie erano diventate più lunghe. Kirino inspirò profondamente per farsi coraggio, poi scostò la coperta dai propri piedi e li studiò: erano in condizioni simili alle sue mani, con unghie ricurve, dure e lisce come perle, e uno strato di peluria grigia che copriva la pelle.
Non si trattava più di avere semplicemente una coda e un paio di orecchie in più sul capo; già da qualche giorno Kirino aveva capito che si stava trasformando in un vero e proprio lupo, ma ora il processo pareva aver preso una brusca accelerazione. Di questo passo, il ragazzo avrebbe perso la propria umanità da un momento all’altro: il pensiero lo terrorizzava.
Solo il giorno precedente, aveva ballato con Kariya nella piazza. All’inizio era stato divertente, persino liberatorio, lasciarsi trasportare dalla musica; all’interno del gioco erano stati sempre sottoposti ad una forte tensione, perciò dovevano approfittare dei rari momenti di svago. Kirino chiuse gli occhi per rivivere vividamente quegli istanti… Erano così vicini, Kariya non aveva opposto resistenza ed era rimasto tra le sue braccia, per una volta… Le mani di Kariya erano calde, i suoi occhi luminosi, e Kirino aveva sentito il profumo della sua pelle… Un odore misto di sudore e di fiori, l’aroma usato da Seto e Nishiki nella loro locanda… Sì, la pelle di Kariya era profumata, morbida, e a Kirino sarebbe bastato spostare i suoi capelli per scoprirgli il collo, poggiarci le labbra, mordere…
Aprì gli occhi di scatto ed esalò un verso incredulo. Aveva percepito quella stessa sensazione quando la musica si era fermata e lui e Kariya si erano trovati a guardarsi negli occhi, immobili e stretti l’uno all’altro in mezzo alla folla. Una sensazione di desiderio, quasi di fame. Kariya sembrava sorpreso; forse aveva letto qualcosa nei suoi occhi, qualcosa che nemmeno Kirino era riuscito a spiegarsi fino a questo momento.
Stava diventando sempre più un lupo e sempre meno umano.
Kirino sospirò, si passò una mano nei capelli. Aveva la fronte bagnata dl sudore, non avrebbe saputo dire con certezza se dipendesse dal caldo o dalla tensione. Dovevano uscire al più presto dal gioco, o avrebbe perso il controllo… Non voleva rischiare di fare del male a Kariya. Era stato un sollievo avere una scusa per allontanarsi da lui quando, una volta terminata la danza, il Pifferaio gli aveva rivolto la parola. Se fossero stati attaccati un momento di più, Kirino non avrebbe resistito alla tentazione di mordere Kariya, nel punto di giunzione tra collo e spalla, dove la pelle sembrava più morbida e deliziosa…
Devo decisamente smetterla di pensarci, si rimproverò, arrossendo.
Uscire dall’universo di Fairytale era necessario anche per un altro motivo: la salute di Kariya peggiorava di giorno in giro. Kirino sapeva che non era così debole (lo aveva osservato a lungo, durante gli allenamenti), ma da quando si trovavano nel gioco il ragazzino sembrava perdere le forze molto più velocemente del solito e perdeva i sensi quasi quotidianamente. Considerati gli eventi a cui erano costretti a partecipare, Kirino non poteva negare di avvertire lui stesso una certa stanchezza, talvolta anche qualche dolore muscolare, ma Kariya sembrava molto più che esausto: era come se ogni giorno dovesse trasportare da solo un peso che lo affaticava enormemente.
Kirino frugò di nuovo nella propria memoria e ricordò l’evento della seconda stella, quello di cui erano stati protagonisti Nishiki e Midori. In quell’occasione, per la prima volta Kariya aveva perso i sensi dopo una battaglia. Mentre lo trasportava in un luogo sicuro, la preoccupazione di Kirino era diventata vero e proprio panico quando si era accorto di quanto pallido e freddo fosse. Sembrava quasi morto. Kirino rabbrividì ripensando ai momenti terribili che aveva vissuto mentre aspettava che Kariya si risvegliasse. Da quella volta in poi, era sempre stato così.
Kirino aveva pensato più volte di parlarne con Kariya, ma il ragazzino liquidava sempre le sue preoccupazioni come se fossero insignificanti. Era troppo testardo, troppo orgoglioso e, forse, troppo spaventato per ammettere che in lui ci fosse qualcosa di sbagliato. Di recente, Kariya era diventato ancora più lunatico, era sempre nervoso, pronto a scattare al minimo commento.
Una luce soffusa invase la stanza. Kirino guardò di nuovo il cielo e notò che il sole si era alzato ancora un pochino, affacciandosi sopra ai tetti.
Decise di alzarsi e andare a controllare come stava Kariya. Avrebbero dovuto dormire insieme, ma la sera precedente Kariya gli era parso così stremato che Kirino aveva preferito insistere con Midori perché gli dessero una singola: voleva che Kariya potesse riposarsi al meglio, anche se a lui sarebbe toccato accontentarsi di una piccola, soffocante mansarda.
Si mise in piedi, si infilò i pantaloni lunghi per coprire le gambe coperte di peluria e lasciò scivolare i piedi negli stivaletti, pregando che le unghie non crescessero ancora e che non si rompessero. Si chiese se non esistesse la possibilità di prendere altri vestiti senza doverli pagare, visto che non avevano denaro. Spense la lampada con un soffio, poi uscì dalla stanza e chiuse la porta. Davanti a lui c’era una lunga scala a chiocciola di legno e, con un sospiro, iniziò a scenderla lentamente per non fare troppo rumore. Se Kariya stava ancora dormendo, di certo non intendeva svegliarlo. Se non sbagliava, la sua stanza avrebbe dovuto trovarsi proprio sotto le scale.
Bussò una volta sola, piano. Da dentro non venne alcuna risposta e Kirino sapeva che la porta non era chiusa (nessuna stanza aveva una chiave), perciò la aprì senza aspettare oltre.
Trattenne bruscamente il respiro per la sorpresa quando vide il letto vuoto, spogliato dalle sue coperte, che erano state legate per farne una sorta di corda.
Kirino si precipitò verso la finestra spalancata, appoggiò entrambe le mani sul davanzale e guardò giù. L’aria tratteneva ancora l’odore della notte. Le coperte arrivavano fino a terra e la strada davanti a lui era vuota, di Kariya non c’era traccia. Era scappato, o qualcuno lo aveva portato via? Kirino si guardò intorno, nella stanza non c’erano segni di lotta. Kariya era ancora debole dopo la battaglia, avrebbero potuto portarlo via senza problemi anche se fosse stato sveglio… Ma Kirino aveva la brutta sensazione che il ragazzino fosse andato via sulle proprie gambe.
Si avvicinò al letto e guardò dritto verso la spalliera. Il cestino che conteneva il libro, e che Kirino aveva appeso vicino ad uno dei pomi, non c’era più. Kirino si premette le mani sul viso e si lasciò sfuggire un verso esasperato realizzando che probabilmente Kariya era andato a cercare l’ultima stella da solo e che, come al solito, si sarebbe cacciato nei guai.
Non poteva lasciare le cose così come stavano, doveva trovarlo al più presto. L’unico problema era che non aveva idea di dove cercarlo…
Mentre rifletteva sul da farsi, una dolce melodia gli arrivò alle orecchie da lupo. Il sole stava sorgendo e il pifferaio doveva essersi svegliato; nella locanda presto tutti avrebbero seguito il suo esempio per riprendere le proprie attività, o forse si sarebbero lasciati cullare nel sonno ancora un po’ dal suono del flauto. Del resto, non sapevano quando il pifferaio sarebbe ripartito e volevano godersi la sua musica finché ce n’era la possibilità…
Il pifferaio.
Kirino si bloccò, fulminato da un’idea improvvisa. Come aveva fatto a non pensarci prima?
Uscì dalla stanza in tutta fretta e, guidato dal suo udito, trovò la camera del pifferaio. Bussò con impazienza.
-Venite pure- rispose una voce. Kirino esitò per un momento: non sembrava affatto la voce di Shindou. Era vuota, senza un particolare timbro.
Ma non aveva tempo di pensare a questi dettagli, perciò aprì la porta. Il pifferaio era seduto sul davanzale della propria finestra, con una gamba piegata sott’altra e lo strumento musicale alle labbra; era già vestito e dalla finestra aperta spirava una brezza calda, che muoveva leggermente i suoi capelli e la piuma rossa attaccata al suo cappello. Il suo viso era coperto da una sottile penombra e Kirino ebbe l’impressione che fosse senza espressione, ma bastò battere un pio di volte le palpebre perché il personaggio gli apparisse come Shindou.
-Messer Kirino, buongiorno- salutò con garbo. Era la voce di Shindou, questa volta, non c’era alcun dubbio, e anche gli occhi castani che lo scrutavano erano i suoi.
-A cosa devo la vostra visita… così presto? È successo qualcosa? Mi sembrate trafelato- osservò.
-Il mio compagno è scomparso.
-Ah, la dolce Cappuccetto? Mi rammarica molto, purtroppo non ne so nulla…
-No, io… Ho bisogno di un’informazione- lo interruppe Kirino. –Avete viaggiato molto, in lungo e in largo, giusto? Allora saprete forse dirmi… Avete mai sentito parlare di una certa Rosaspina? Una fanciulla addormentata in un castello?
Il pifferaio gli rivolse un’occhiata curiosa, come se gli fosse stata rivolta una domanda strana.
Per alcuni minuti rimase in silenzio, perso nei propri pensieri. Kirino non voleva mettergli in fretta, ma la sua pazienza era agli sgoccioli. Kariya avrebbe già potuto essere in pericolo… ma se avesse avuto bisogno di aiuto, avrebbe evocato la carta del Lupo, vero? Avrebbe chiesto il suo aiuto? Kirino si morse l’interno della guancia sperando di aver ragione, ma non era più sicuro di niente.
-Non conosco il nome Rosaspina- disse infine il pifferaio. Kirino stava già per avvertire la delusione, quando l’altro proseguì:- Ho sentito parlare, però, di una fanciulla che è stata maledetta e che pertanto giace addormentata in un castello da molto, molto tempo. Non so se si tratta della stessa Rosaspina di cui parlate voi… Si tratta di una leggenda che circonda un particolare luogo, non troppo distante da qui.
-Deve trattarsi di lei!- esclamò Kirino. –Pifferaio, vorrei che mi portaste in questo luogo. Credo che Cappuccetto… il mio compagno… si sia diretto lì per aiutare Rosaspina. Potreste fare questo per me?
Il pifferaio annuì e si alzò lentamente, riponendo il flauto in una tasca interna della giacca.
-Vi porterò dove volete, messer Kirino, ma l’avverto: non sarà facile entrare nel castello.
Quando mai qualcosa è stato facile in questo gioco?, pensò Kirino, ma non lo disse ad alta voce.
-Come mai?- chiese invece. Ripensò alla fiaba di Rosaspina e immaginò già la risposta.
-Il castello è interamente circondato da alti muri di rovi pungenti, probabilmente invalicabili… per questo è chiamato proprio il Castello dei Rovi- spiegò il pifferaio.
Kirino sospirò: non si era aspettato niente di meno complicato per la quinta stella.
 
 
xxx
 
Il sole era sorto da poco quando Kariya intravide, in lontananza le guglie di una torretta.
Era vagamente sollevato di aver scelto la direzione giusta, ma era ancora troppo presto per esultare: la meta appariva lontana ed il ragazzo non riusciva a immaginare per quanto ancora avrebbe dovuto camminare. Inoltre, non c’era nessuna garanzia che la torre fosse legata a Rosaspina.
Sentiva il corpo pesante, intirizzito e dolorante. Si era allontanato un bel po’ dal villaggio, tanto che ormai non riusciva a vedere i tetti delle case oltre la collinetta su cui si era fermato quando la stanchezza era sopraggiunta. Forse avrebbe potuto riposare un pochino…
Kariya uscì dal sentiero di ghiaia gialla e camminò fino ad un masso coperto di morbido muschio. Appoggiò il cestino accanto a sé, aggomitolò la propria mantellina sotto il proprio capo come cuscino e si rannicchiò sull’erba fresca. L’aria del mattino era calda e gli faceva venire sonno… Aveva appena chiuso gli occhi, quando qualcuno parlò.
-Non dovresti uscire dal sentiero tutta sola, Cappuccetto Rosso! La mamma non ti ha insegnato nulla?
Kariya sobbalzò e si tirò su di scatto. Hiroto, nei suoi abiti da contastorie, era ora seduto sul masso, con il viso tra le mani, i gomiti appoggiati sulle proprie ginocchia. Era comparso all’improvviso e si era messo ad osservare il ragazzino dall’alto in basso, con un’espressione curiosa e divertita.
-Cosa… Cosa ci fai tu qui?!- esclamò Kariya, cercando istintivamente di mettere distanza tra loro.
Hiroto sorrise placidamente.
-Sembrava che ti servisse una mano per trovare Rosaspina- rispose.
Kariya gli rivolse un’occhiata circospetta.
-Tu… tu sai dov'è Rosaspina? Se conosci la strada, dimmela!
-Oh, ma anche tu sai dov’è! Ci stavi andando, giusto?- ribatté il contastorie. Si alzò in piedi, si stiracchiò come un gatto e poi indicò la lontana torretta. –Rosaspina è proprio là!
Beh, almeno ci aveva visto giusto. Per qualche motivo, Kariya non si sentiva per nulla sollevato. Avrebbe dovuto camminare ancora molto.
Hiroto parve intuire i suoi pensieri.
-Se vuoi, c’è una scorciatoia per il castello- disse.
-Una… scorciatoia?
-Certo, io la conosco. Vuoi che te la mostri?
Kariya rimase in silenzio. Ecco, si trovava davanti ad una classica scelta da videogioco: accettare l’aiuto e cercare una scorciatoia, o rifiutarlo e seguire la strada principale? L’opzione B sembrava la più sicura, almeno apparentemente, ma a giudicare dalla distanza si sarebbe trattato di più di un giorno intero di marcia. Avrebbe dovuto trascorrere le notti all’aria aperta, con chissà quali creature selvagge nei dintorni.
Scegliere l’opzione A significava accettare quell’aiuto inaspettato. Kariya non era sicuro di fidarsi del contastorie, che lo intimoriva e al contempo esercitava su di lui uno strano fascino. Forse era perché aveva assunto l’aspetto di Hiroto, una delle poche persone a cui Kariya raramente sapeva dire di no. Lo strano fascino del contastorie non faceva altro che spaventarlo di più.
Ma Kariya voleva uscire dal gioco al più presto: non riusciva più a sopportare quella situazione. La sua salute, che pareva misteriosamente peggiorare ogni minuto di più, lo preoccupava più di tutto il resto. Ripensò alla domanda di Kirino: Cosa succede, se si muore qui?
-Va bene, mostrami la strada- disse infine, titubante.
Hiroto non smise di sorridere, come se avesse sempre saputo quale sarebbe stata la decisione finale.
Si girò e s’incamminò, scendendo un fianco della collinetta. Kariya gettò un’ultima occhiata indecisa al sentiero, poi si infilò nuovamente la mantellina e seguì il contastorie.
Procedevano in silenzio ed il fatto che il contastorie non avesse più nulla da dire era tanto strano quanto inquietante.
Circa un quarto d’ora più tardi, Kariya non riusciva più a vedere la torretta; anzi, in realtà, non riusciva a vedere nemmeno le proprie scarpe, perché d’un tratto una nebbia grigia e fumosa si era sollevata intorno a loro. Attanagliato da un senso di disagio, temendo di essersi allontanato troppo, Kariya si voltò verso la propria guida e per poco non gli andò a sbattere contro.
Quando sollevò il capo per protestare, si bloccò vedendo Hiroto portarsi un dito alle labbra, come per dirgli di fare silenzio. Davanti a loro era comparsa una piccola selva. Kariya si chiese se fosse sempre stata lì, se per caso non fosse stata nascosta dalla nebbia; non poteva certo essere comparsa dal nulla, giusto? Il fatto di non poter avere una risposta certa rendeva tutto più inquietante. Non avrebbe mai voluto entrarci, ma non poteva neanche tornare indietro. Non avrebbe saputo come fare. Ed il contastorie questa volta non aspettò che prendesse una decisione, non gli diede opzioni: si voltò e, senza aspettarlo, s’incamminò tra gli alberi. Kariya capì di non avere scelta se non affidarsi a lui e si affrettò per non perdere di vista il personaggio, che procedeva a passo svelto, quasi come se lo stesse sfidando a non perdersi.
Gli alberi avevano tronchi scuri e ricurvi e chiome fitte. Ogni tanto l’aria era riempita dalle grida delle cornacchie, o da lunghi, profondi versi di animali che Kariya non voleva incontrare faccia a faccia. Si sforzò di camminare il più vicino possibile al contastorie, tenendo il cestino stretto contro il corpo: il libro era la sua unica arma per difendersi, doveva starci molto attento. Era difficile vedere davanti a sé a causa della nebbia, perciò decise di concentrarsi sul contastorie, da un lato, e dall’altro sui propri piedi, cercando di non inciampare in radici sporgenti.
Kariya non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse passato, sembrava che tutto fosse rallentato dalla nebbia e dal silenzio che gravava tra lui e il contastorie.
Poi, d’un tratto, cominciò a scorgere i rovi: erano lunghi lacci erbosi, interamente coperti di spine che apparivano capaci di tagliare la gola di una persona in un secondo, attorcigliati su sé stessi e intorno alle mura delle torri. Erano fitti e apparentemente invalicabili.
-Siamo arrivati al Castello dei Rovi- annunciò Hiroto. Il nome dato al luogo era davvero appropriato e prometteva una fine orribile.  
-E come facciamo a entrare?- chiese Kariya, incrociando le braccia al petto.
Hiroto non sembrava turbato quanto lui, anzi sorrideva con serenità.
-Oh, tranquilla, Cappuccetto! Sono certo che non avrai problemi. Si dice che i Rovi abbiano un’anima, e che facciano passare le persone speciali- disse.
-La tua spiegazione non è per nulla convincente…- borbottò Kariya sottovoce. -Cosa cavolo si intende per speciali…? Non ha alcun senso, è troppo vago!
-Per te si apriranno di certo- affermò con decisione Hiroto. –Dopotutto, non sei uno dei personaggi protagonisti di questa storia?
-Non sono un personaggio di nessuna…- protestò Kariya, ma s’interruppe di colpo quando vide che, a dispetto di tutte le sue convinzioni, il contastorie aveva ragione.
La barriera di rovi si stava aprendo per lui, i lacci spinosi si ritiravano senza indugi fino a creare un varco. Gli stavano dicendo esplicitamente di passare. Kariya esitò e si girò verso Hiroto, che gli rivolse un’occhiata incoraggiante e con il mento gli fece cenno di andare.
Con il cuore in gola, Kariya deglutì e si fece coraggio per attraversare il varco. Ad ogni passo guardava verso l’alto: temeva che i rovi potessero richiudersi su di lui, trafiggendo il suo corpo con le loro spine. Sarebbe stata una morte orribile, solo immaginare la scena gli dava i brividi. Fortunatamente, però, i rovi non diedero segno di volerlo uccidere e lo lasciarono passare senza problemi. Iniziarono a richiudersi lentamente solo quando Kariya mise piede nel cortile del castello.
-Bene- sussurrò. –E ora che faccio…?
Si voltò, cercando l’aiuto del contastorie, e così si accorse che il contastorie non l’aveva seguito. Probabilmente era rimasto all’esterno della barriera dei rovi, perché non voleva o non poteva passare oltre. I lacci si erano intanto chiusi in modo così stretto e fitto che Kariya non riusciva a scorgere nemmeno i capelli rosso fiamma di Hiroto.
Il ragazzino tornò a guardare il paesaggio desolante davanti a sé. Il cortile era vuoto, avvolto da una cortina di nebbia sottile; al suo centro vi era un pozzo senza dubbio molto profondo, da cui proveniva un odore vomitevole di acqua marcia e stagnante. Kariya trattenne il respiro mentre ci passava a fianco per proseguire verso l’interno del castello. Sulla porta di legno, coperta da uno strato di polvere e terra, pendevano i tralicci di una vite secca, ormai incapace di produrre dei frutti. Quando Kariya li spostò per raggiungere il pomello, la vite si spezzò e si sbriciolò sotto le sue dita.
La porta si lasciò aprire senza alcuna resistenza, probabilmente non era mai stata chiusa; non ce n’era bisogno, perché i viaggiatori venivano sempre fermati dai rovi, tornavano indietro o morivano ben prima di arrivare alla torre del castello. Kariya percepì un brivido freddo corrergli lungo la schiena quando spinse in avanti la porta e il legno scricchiolò e strisciò contro il pavimento di pietra emettendo un verso acuto, quasi un grido spezzato.
 
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Il pifferaio conosceva bene la strada: un sentiero di ghiaia gialla che conduceva dritto verso una torretta di cui s’intravedevano le guglie già a metà strada. Kirino non poteva fare a meno di chiedersi se Kariya non avesse percorso lo stesso sentiero, solo poche ore prima di lui. Sarebbe riuscito a raggiungerlo in tempo, prima che si cacciasse nei guai? Era improbabile, ma Kirino sperava di sì.
Il pifferaio sembrava a suo agio e stava suonando un pezzo allegro, come se volesse risollevargli il morale. Forse si accorse che non stava funzionando, perché d’un tratto smise e gli rivolse la parola.
-Siete sinceramente preoccupato per Cappuccetto- osservò, abbozzando un sorriso.
Kirino sussultò, strappato dai propri pensieri.
-Oh… beh, sì- ammise. –Non siamo molto amici, ma è un mio compagno ed è più piccolo di me di un anno… Mi sento responsabile nei suoi confronti.
-Mmm. Ho la sensazione, però, che non sia soltanto questo- replicò il pifferaio. Kirino lo guardò sorpreso e l’altro piegò leggermente la testa di lato, assumendo un’espressione pensierosa.
-Siete sicuro che i vostri sentimenti per la dolce Cappuccetto si fermino qui? È una fanciulla molto carina, non vi biasimerei se ve ne foste infatuato.
-Kariya non è una fanciulla- obiettò Kirino, poi rifletté sulle parole del pifferaio e le sue guance si colorarono rapidamente di rosso. –Ma… infatuato… non vorrete dire che io…?
Il pifferaio sorrise. –Chissà? Questa è solo la mia impressione. Solo voi potete conoscere i sentimenti che albergano nel vostro cuore, messer Kirino…- disse, poi voltò lo sguardo verso il sentiero e il suo viso s’illuminò.
-Messer Kirino! Siamo quasi arrivati alla nostra destinazione. Riesco già a scorgere i rovi. Venite dove mi trovo io- affermò e, quando Kirino lo raggiunse, gli indicò la fitta barriera di rovi che si ergeva ad appena una ventina di metri da loro.
Kirino deglutì: vista da lontano, era davvero alta e spaventosa, gli metteva i brividi. Aveva il presentimento che da vicino non gli avrebbe dato sensazioni migliori. Intorno a loro si era sollevata una fine cortina di nebbia, che sembrava avvolgere soltanto la zona del castello. Più si avvicinavano al castello, inoltre, più la temperatura si abbassava. All’improvviso tutti i sensi di Kirino erano all’erta; il suo naturale istinto di sopravvivenza gli stava dicendo di tornare indietro.
Ma non poteva farlo, non poteva abbandonare Kariya a se stesso. Avrebbe riflettuto più tardi sui sentimenti che provava per lui. Al momento, gli sarebbe bastato sapere con certezza che Kariya stesse bene, che fosse sano e salvo.
-Dovremmo trovare un modo di aggirarli- disse, pensieroso.
Il pifferaio non gli rispose. Kirino si girò a guardarlo e notò che il personaggio si era bloccato di colpo; aveva lo sguardo vuoto e i suoi lineamenti si stavano scomponendo in milioni di piccoli pixel. Kirino aggrottò la fronte, confuso.
-Pifferaio?- chiamò, agitò una mano davanti al suo viso, ma l’altro non reagì. Sembrava che ci fosse una sorta di bug nel gioco che gli impediva di funzionare. Kirino stava giusto pensando a come comportarsi quando le sue orecchie da lupo sussultarono, cogliendo un lieve fruscio alle sue spalle. Il ragazzo si voltò di scatto e, con grande stupore, notò che i rovi si stavano ritirando: i nodi erbosi si stavano sciogliendo, le spine si curvavano verso l’interno, assopite, innocue, e ben presto nella barriera si era aperto un arco sotto cui Kirino avrebbe potuto passare agevolmente.
Lanciò una rapida occhiata al pifferaio, che era ancora immobile, paralizzato. Non aveva nemmeno più l’aspetto di Shindou e il suo corpo era quasi trasparente, al punto che se Kirino avesse allungato un braccio vi sarebbe passato attraverso. A quel punto, non aveva scelta se non attraversare i rovi ed entrare nel castello da solo… E, dopo aver tirato un profondo respiro per farsi coraggio, così fece.
 
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Al primo piano della torre c’era una sorta di salone circolare. Non c’era nessun mobile, ma Kariya immaginava fosse inutile arredare una casa la cui unica abitante dormiva ogni giorno da anni. Proseguiva in punta di piedi per non far scricchiolare troppo il legno marcio, ad ogni passo che faceva nella stanza sollevava una nube di polvere e sporco. Nulla gridava “abbandonato” più di quel posto.
Kariya trovò un piccolo varco per una scala a chiocciola, i cui gradini di pietra avevano un’aria tumefatta, ma solida. Cominciò a salire un gradino per volta, lanciando ogni tanto un’occhiata circospetta alle proprie spalle. L’ultima volta che era entrato in una torre, aveva poi scoperto la presenza di un drago assetato di sangue; sperava che questa volta non ci sarebbero state sorprese del genere, e che magari la principessa Rosaspina fosse meno violenta di Midori. Non ci teneva ad essere preso a padellate una seconda volta, grazie tante.
Gli sembrava di aver già salito una cinquantina di scalini quando finalmente, alzando lo sguardo, vide una porta verde scuro. Avvicinandosi, vide che il pomello dorato era a forma di rosa e che il legno era intarsiato con il disegno di rovi spinosi, che si attorcigliavano in spirali lungo il bordo. Kariya inspirò a fondo. Ci siamo, pensò.
Tutto pareva indicare che dietro quella porta ci fosse Rosaspina.
Mise una mano sul pomello, che si abbassò con uno schiocco, ed aprì la porta.
La stanza era diversa da come se l’aspettava: era identica al salone che c’era al piano di sotto, ma le pareti erano coperte di specchi di varie forme e dimensioni. Persino sulla facciata interna della porta ce n’era uno, lungo e stretto, che copriva interamente la superficie di legno. La cosa più strana, però, era l’assenza di un letto. Sembrava ovvio che dovesse essercene uno dove c’era una principessa dormiente, no? Ma non c’era traccia né di letti, né di principesse.
-Finalmente sei arrivata, Cappuccetto- disse una voce familiare.
Kariya sussultò ed arretrò di scatto, andando quasi a sbattere contro lo specchio sulla porta. Il contastorie, che aveva ancora l’aspetto di Hiroto, era in piedi davanti ad una piccola finestra a forma di arco, chiusa da un vetro diviso in sei parti.
-Tu… D-di nuovo tu?!- gridò Kariya, la sua voce salì di un’ottava per la sorpresa.
-No, aspetta, come hai fatto ad arrivare qui prima di me?! Io… Tu… T-ti avevo lasciato laggiù, ero sicuro che…
L’altro lo interruppe con una risata e ignorò la domanda.
-Non potevo perdermi il gran finale- disse invece, con un sorriso enigmatico.
Kariya boccheggiò, deglutì e strinse forte il cesto al petto. Si sentiva fortemente a disagio in presenza del contastorie, molto più di prima. La sua risata non gli era mai parsa tanto dolce quanto inquietante.
-Dov’è Rosaspina?- riuscì a chiedere con un filo di voce. –Devo salvarla, così potrò…
-Ah, Cappuccetto, quanto sei tenera…! Ancora non l'hai capito?- Il contastorie lo interruppe di nuovo. Si alzò in piedi e lentamente si avvicinò a Kariya con un’espressione sardonica. Kariya non credeva che avrebbe mai visto un sorriso tanto crudele sul volto di Hiroto, almeno non rivolto a lui, e sentì il terrore gelargli il sangue nelle vene.
Avrebbe voluto indietreggiare, ma per qualche motivo era paralizzato. Le sue gambe non obbedivano, come se un incantesimo oscuro le avesse tramutate in pietra. L'aria era diventata soffocante e il suo respiro si fece affannoso. Fissava inerme la persona che veniva verso di lui, ascoltando il tonfo dei suoi passi, il fruscio del suo mantello che strisciava sul pavimento.
Il contastorie gli afferrò il mento tra le dita e gli sollevò il volto per guardarlo dritto negli occhi.
-Rosaspina non è mai stata qui- rivelò in un sussurro -e la fanciulla da salvare sei proprio tu, mia cara Cappuccetto…
 


 

**Angolo dell'Autrice**
Buon pomeriggio, spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Come autrice, sono stata molto presa dalla descrizione del Castello di Rovi, che rappresenta lo scenario finale della storia, il luogo dove avverranno gli ultimi eventi... Visto che è praticamente la "tana" del "Boss finale", ci tenevo a raffigurare un'atmosfera misteriosa ed inquietante e mi auguro di esserci riuscita! 
In quest'ultima parte di storia sposterò spesso il p.o.v. da Kariya a Kirino e viceversa; questa scelta è dettata da un motivo pratico, cioè il fatto che sono separati, e da uno emotivo, ovvero la necessità di indagare gli stati d'animo di entrambi. Kariya e Kirino non dovranno soltanto realizzare (finalmente) quali sentimenti nutrano l'uno per l'altro, ma anche cercare di capire la complessa trama in cui sono rimasti invischiati. Ho cercato di dare vari indizi, nel corso degli ultimi capitoli, su cosa stia realmente accadendo ai due... Comunque, tra poco tutti i nodi verranno al pettine, come si suol dire!
Al prossimo aggiornamento,
                             Roby

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Capitolo 15
*** Event Fourteen -Mirrow Mirrow On The Wall. ***


In questi giorni sono stata e sarò molto impegnata nelle faccende universitarie, tuttavia in qualche modo sono riuscita a finire questo capitolo. Come colonna sonora, soprattutto nell'ultimo pezzo, ho usato questa canzone: Il Dio della Morte e La Fanciulladi love solfege.
Buona lettura! 


Event Fourteen –Mirrow Mirrow On The Wall.

L’arco di rovi aveva un’aria veramente inquietante; le piante sembravano avere un’indole crudele e un particolare astio verso gli altri esseri viventi. Kirino non riusciva a staccare gli occhi dai lacci erbosi che s’intrecciavano sopra la propria testa, timoroso che potessero chiudersi all’improvviso. Non era una paura così infondata: si era reso conto, infatti, che il varco stava scomparendo rapidamente, che una nuova fila di rovi nasceva là dove Kirino aveva poggiato i piedi appena un attimo prima. Le spine gli apparivano ancora più aguzze, ora che ostruivano la via del ritorno.
Era a metà strada e già vedeva il cortile del castello davanti a sé quando avvertì un fruscio vicino al piede, poi un improvviso dolore alla gamba, come se un ago l’avesse trafitto.
Abbassando lo sguardo di scatto, Kirino vide che un laccio di rovi si era avvolto sotto il suo ginocchio, lacerando i pantaloni e tagliando la pelle. Mentre sollevava la gamba per scrollarselo di dosso, le sue orecchie da lupo sentirono un ronzio così sottile che un semplice umano non avrebbe potuto percepirlo. Allertato, Kirino si chinò in avanti d’istinto e così riuscì ad evitare per un soffio il colpo che l’enorme pianta gli aveva sferrato: il ramo, che aveva tagliato l’aria precisamente nel punto dove fino ad un secondo prima c’era la testa del ragazzo, diventò subito molle e cominciò a contorcersi sibilando, come se stesse cercando il suo bersaglio intorno a sé.
Kirino intuì che doveva affrettarsi. Si concentrò sulla propria mano destra e osservò il modo in cui le sue unghie si allungavano, trasformandosi in artigli: era spaventoso pensare che ormai facessero parte del proprio corpo, ma non c’era il tempo di dilungarsi su questo. Doveva restare calmo, razionale, ed agire in fretta.
Con un netto colpo di artigli recise il laccio che gli bloccava la gamba, poi scattò in avanti, correndo più veloce che poteva; il suo gesto allarmò la pianta, i cui rami sfrecciarono da tutte le direzioni con lo scopo di trafiggerlo, o almeno di ferirlo. Kirino si sentì improvvisamente molto grato nei confronti del coach Kidou, i cui allenamenti, senza dubbio duri e faticosi, producevano però ottimi risultati. Kirino sapeva di avere gambe forti e polmoni resistenti. Grazie ai propri sensi animali, inoltre, riusciva a percepire i sibili prodotti dalla pianta, così che poteva evitare eventuali attacchi con la propria agilità. Sentiva di potercela fare e mantenne gli occhi fissi sullo scorcio di cortile che riusciva a vedere, senza mai cedere alla tentazione di guardarsi alle spalle.
Era ormai quasi arrivato, quando la gamba ferita iniziò a bruciare e a sanguinare per lo sforzo. Kirino si costrinse ad andare avanti facendo leva sull’altra gamba; nel fare il movimento, tuttavia, perse una frazione di secondo di troppo. Un laccio di rovi lo raggiunse e gli toccò le spalle, forse nel tentativo di avvolgersi attorno alla sua gola e reciderla. Kirino l’afferrò con una mano per toglierselo di dosso, ma i suoi capelli erano rimasti impigliati nelle lunghe spine e lo tiravano all’indietro. Il ragazzo si lasciò sfuggire un verso di dolore.
Ma non poteva arrendersi ora, il castello era così vicino…
Non ebbe un attimo di esitazione ed i suoi artigli tagliarono di netto i suoi codini insieme ai rovi. Una volta sferrato il contrattacco, raccolse tutte le sue energie per un ultimo scatto e balzò nel cortile, rotolando su un fianco sul pavimento di pietra. I capelli gli ricaddero ai lati del volto, le punte irregolari gli pungevano le guance, ma Kirino ignorò la fastidiosa sensazione e si alzò sulle braccia per potersi guardare intorno. La barriera di rovi si richiuse in un attimo. Kirino non osava immaginare cosa sarebbe accaduto se ci fosse rimasto intrappolato dentro, il solo pensiero gli dava i brividi.
Si mise in ginocchio e controllò i danni. La gamba perdeva ancora sangue, per cui decise di strappare una manica della propria maglia e fasciare la ferita. Le sue braccia erano coperte di piccoli graffietti rossi che bruciavano, ma almeno non sanguinavano. Kirino sospettava che anche il viso non ne fosse uscito indenne, ma apparentemente non c’erano ferite gravi. L’atterraggio non era stato dei migliori, ma tutto sommato era riuscito a minimizzare le proprie sfortune. A meno di un metro da lui c’era un enorme pozzo, e constatò che per poco non ci era andato a sbattere dentro.
Kirino si mise in piedi, zoppicando, e si diresse verso l’entrata del castello. La porta era aperta ed il ragazzo notò che la vite che pendeva su di essa si era sbriciolata, ma non era stata portata via dal vento, segno che qualcuno era già stato lì poco prima di lui.
Sperava con tutto il cuore che Kariya stesse bene.
 
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Hiroto stava sorridendo sornione. Kariya rimase a fissarlo per alcuni secondi, mentre la sua mente si sforzava di comprendere la situazione.
-Io sono… la fanciulla da salvare? Cosa stai dicendo?!- disse quando finalmente riuscì a spiccicare parola, confuso e spaventato.
-Te l’ho detto, Rosaspina non è qui. Non è mai esistita- replicò Hiroto, pazientemente, come un adulto che spiega una cosa complicata ad un bambino.
–Siamo soltanto io e te qui, Cappuccetto…
-Piantala di chiamarmi in quel modo! Io non sono Cappuccetto Rosso e non sono un personaggio della tua stupida storia!- protestò Kariya. La sua voce rimbombò nella stanza, ma il contastorie non parve affatto turbato, anzi continuava a sorridere beatamente.
-Oh, ma lo sei diventato…- rispose. -Sei un personaggio di questa storia dal momento in cui vi sei entrato, Kariya Masaki.
Sentendo pronunciare chiaramente il proprio nome completo, Kariya alzò gli occhi di scatto e fissò la persona che aveva di fronte.
Il contastorie aveva abbandonato definitivamente la propria maschera: sotto il cappuccio non c’erano più né i capelli rossi, né altra traccia dell’immagine di Hiroto. L’esca che aveva usato per attirare Kariya si era dissolta, perché non serviva più. Al posto del viso familiare e rassicurante di Hiroto, ora c’erano soltanto un mucchio di pixel che si formattavano e riformattavano ogni secondo. Sembrava che stessero cercando di definire un volto a cui non sapevano che forma dare, per cui alla fine si trovavano raccolti in una figura sfocata. La voce di quella persona, al contrario, era ben definita, limpida e profonda.
Solo allora Kariya capì di essere caduto in una trappola.
Si voltò in fretta, deciso a correre via, ma la strada era sbarrata; davanti a lui, ovunque guardasse, c'erano soltanto specchi che rimandavano la sua immagine e lui non riusciva più a trovare la via d'uscita. Era completamente bloccato. L’unica altra possibilità era combattere per difendersi. Kariya cominciò a riflettere rapidamente: il suo cestino era finito lontano da lui, ma se avesse richiamato a sé il libro, se avesse usato una delle carte per evocare un personaggio…
-Libro!- Kariya gridò prima di poterci pensare su due volte e vide distintamente il lampo di luce azzurra scoppiare in un angolo della stanza.
Il volume uscì dal cestino e volò nelle sue mani con la solita rapidità, aprendosi alla pagina delle carte, come se avesse già capito qual era il piano e fosse pronto a collaborare.
Kariya afferrò la carta di Kirino senza esitare. Il senpai avrebbe avuto tutto il diritto di arrabbiarsi con lui dopo, ma intanto gli serviva il suo aiuto… E, anche se non l’avrebbe mai ammesso, Kariya voleva avere Kirino al suo fianco in quel momento. Voleva il suo aiuto, certo, ma soprattutto voleva vederlo, perché l’avrebbe fatto sentire più sicuro.
-Evoco…!- Si bloccò, la voce gli rimase impigliata in gola, rifiutando di dire quelle parole… C’era un filo legato attorno alla sua gola. Il libro scivolò dalle sue mani, cadendo con un tonfo mentre Kariya annaspava e si portava le mani alla gola.
Lottò, ma era come se ci fossero tanti fili legati ad ogni parte del suo corpo. Era tutto inutile, non c’era modo di spezzare quell’incantesimo.
L’uomo incappucciato si avvicinò lentamente e si fermò accanto al libro, poi allungò una mano e chiamò a voce alta e chiara:- Libro!
Il libro ebbe un tremito e scattò verso l’alto, sottomettendosi alla presa del nuovo padrone.
-Ah, credevo che ormai l’avessi intuito, Kariya Masaki, ma forse ti ho sopravvalutato… Questo libro ti aveva scelto. Fin dall’inizio, ha obbedito a te soltanto. Tu l’hai trovato e, ogni volta che l’hai usato, gli hai dato un po’ di te stesso… Ora non ti obbedirà più, perché non hai più nulla da dargli.
L’uomo si fermò a studiare la reazione di Kariya. Il ragazzino non poté far altro che fissarlo, incredulo e boccheggiante, senza riuscire ad emettere alcun suono.
-Ti sorprende? Non l’hai imparato dalla fiaba di Cenerentola? Non bisogna mai fidarsi completamente degli oggetti magici… Come ti ho detto, non bisogna prendersi gioco delle fiabe, non sai mai cosa possono insegnarti… I dettagli più insignificanti possono essere fondamentali.
-Se avessi fatto più attenzione ai dettagli, l’avresti capito, Kariya Masaki… Avresti capito che questa storia si stava avviando, lentamente ma inesorabilmente, alla propria conclusione- disse l’uomo. La sua voce si era abbassata, eppure il suo sussurro parve rimbombare nella stanza.  
Il libro scomparve in un fascio di luce ed al suo posto comparve un altro oggetto. Era un frutto, una mela dalla buccia liscia e perfetta, di un rosso intenso e senza macchie.
-Avvicinati- ordinò l’uomo.
Kariya non poté far altro che obbedire e, a fatica, si trascinò verso di lui. La sua coscienza, che ancora lottava per restare al comando, gli urlava che era una pessima idea, tuttavia il corpo era ormai sfuggito al suo controllo. Anche il suo nome ormai non sembrava essere più che una parola colata dalla punta di una penna. Era la fine?
-Un solo morso sarà sufficiente. Prenderai l’ultima stella e te ne andrai- affermò l’uomo offrendogli il frutto, così che Kariya potesse prenderlo.
-Non posso… K-Kirino-senpai…- provò a dire il ragazzino con voce fiacca. L’uomo intuì i suoi pensieri e lo interruppe, scuotendo il capo.
-Non puoi abbandonarlo? Oh, ma è stato lui ad abbandonare te- disse.
Non è vero, pensò subito Kariya. Sapeva di non dover credere a quelle parole: era stato lui a decidere di andare via senza coinvolgere Kirino. Kirino aveva provato a metterlo in guardia, aveva avuto ragione fin dall’inizio… Kirino non aveva nessuna colpa.
Però in quel momento non era lì e Kariya non poteva fare affidamento su di lui.
-Solo un morso e tutto sarà finito- incalzò l’uomo, riprendendo per un momento la voce dolce e rassicurante di Hiroto, una voce quasi paterna.
-Solo un morso e non dovrai più soffrire…
Le dita di Kariya si strinsero istintivamente attorno al frutto. Anche le immagini riflesse negli specchi sembravano in attesa; tutti gli occhi erano puntati sul personaggio protagonista, e nonostante non stessero muovendo le labbra, Kariya sentiva ugualmente i sussurri che lo incoraggiavano a mordere il frutto.
-Solo un morso, Kariya Masaki- disse il contastorie con la voce di Hiroto e di nuovo, pronunciando il suo nome, fu come se gli avesse fatto una strana magia.
Kariya annuì meccanicamente e iniziò a muoversi senza pensare. Portò la mela alle labbra, vi affondò i denti e…
 
Le scale sembravano interminabili, eppure Kirino sentì la propria stanchezza svanire di colpo quando intravide la mantella rossa di Kariya in cima all’ultimo gradino.
-Kariya!- urlò, affrettando subito il passo nonostante il dolore alla gamba ferita. Per tutto il tempo, mentre attraversava il salone al piano terra e mentre saliva la lunga scalinata, una brutta sensazione gli aveva attanagliato lo stomaco. Era come se il proprio istinto lo stesse avvertendo di un pericolo imminente; Kirino era sicuro che si trattasse di Kariya, perché il suo kouhai sembrava essere diventato una calamita per i guai da quando erano entrati nel gioco.
Voleva vedere Kariya al più presto, accertarsi che fosse sano e salvo.
E ora il ragazzino era proprio lì davanti, separato da lui solo da un vetro. Anzi, da uno specchio. D’impulso Kirino si guardò alle spalle, ma dietro di sé c’erano soltanto le scale. Si voltò di nuovo, incredulo, e si rese conto che lo specchio era particolare: non rifletteva una semplice immagine, bensì mostrava ciò che stava accadendo dall’altra parte della porta.
Kirino vide Kariya evocare il libro, poi lasciarlo cadere di colpo e portarsi le mani alla gola, come se stesse soffocando. Pochi secondi dopo il libro si alzò da terra e fluttuò verso un altro capo della stanza; solo in quel momento, Kirino si accorse che nella stanza c’era qualcun altro. Il volto dell’uomo non era visibile, ma il suo mantello logoro, che strisciava sul pavimento, gli ricordò il contastorie.
-Dannazione!- imprecò Kirino, frustrato. Sapeva che non avrebbero dovuto fidarsi di quel tipo, era troppo sospettoso… Ma si erano distratti, sia lui che Kariya. Troppo impegnati a litigare tra loro, a pensare soltanto a se stessi e ai propri problemi, si erano fatti mettere in trappola.
Kirino diede un calcio allo specchio con il piede sano, ma non riuscì nemmeno a scalfire il vetro. Si lanciò contro di esso, sbattendo i pugni e tirando calci, chiamando a gran voce Kariya.
Sembrava che il contastorie stesse parlando e, d’un tratto, Kariya iniziò a camminare verso di lui. Kirino notò che stava trascinando le gambe, forse ferito.
-Kariya! Kariya, torna indietro!- urlò. Kariya non diede alcun segno di averlo sentito, probabilmente non poteva. Continuava ad avanzare verso il contastorie, come se una forza misteriosa lo costringesse a muoversi. Kirino intuì che era proprio così: Kariya si trovava sotto un potente sortilegio, così come i rovi, lo specchio e probabilmente l’intero castello.
-Dannazione… Dannazione, dannazione- sbottò, sempre più impaziente.
La sua disperazione raggiunse l’apice quando notò che il contastorie aveva in mano una mela di un colore rosso acceso e che la stava offrendo a Kariya. La mente di Kirino lavorava velocissima, ripescando nella memoria tutte le nozioni studiate a scuola: le mele non erano certo un portafortuna nelle fiabe tradizionali.  
Doveva trovare il modo di spezzare l’incantesimo ed entrare… Non gli importava nulla del gioco, o delle stelle, o del contastorie. Voleva soltanto raggiungere Kariya e metterlo in salvo… Doveva fermare Kariya prima che accadesse il peggio.
Kirino si gettò contro lo specchio con tutte le sue forze e, per la prima volta, il vetro mostrò segni di cedimento. Il ragazzo strinse i denti e continuò a colpirlo, a spingere come se volesse passarci attraverso.
-Fammi passare- sibilò. –Fammi passare ora, stupido specchio!
In risposta, l’oggetto tremò e s’incrinò.
Con il cuore che gli martellava nel petto, Kirino urlò ancora una volta.

 
-No! Kariya, non farlo!
 
 
Una voce, seguita da un rumore di vetri infranti.
Kariya inghiottì il pezzo di mela e, un istante dopo, sentì l’incantesimo spezzarsi, lasciandolo libero di muoversi. Si girò lentamente verso Kirino e lo guardò sbalordito, non solo per la sua presenza ma anche per il suo aspetto.
Il senpai non aveva più i lunghi codini; i suoi capelli rosa erano stati tagliati e le ciocche gli cadevano irregolari sul volto pallido e madido di sudore, circondando un’espressione di puro orrore. Aveva le mani insanguinate e ai suoi piedi erano disseminate tante schegge di vetro. Gli specchi erano stati distrutti… Era stato Kirino a farlo? Era venuto ad aiutarlo? Per un istante, Kariya si sentì travolgere dal sollievo di non essere stato abbandonato e dall’affetto che provava per Kirino.
Sono innamorato di lui, pensò. Era sorpreso di essere finalmente riuscito ad ammetterlo, anche se soltanto tra sé e sé. Gli occhi gli si riempirono subito di lacrime; era incredibile quanto quel sentimento potesse scaldarlo, ora che l’aveva riconosciuto.
Ma poi una fitta di dolore acutissima gli attraversò il petto come una freccia. Si sentiva male, nauseato come se avesse dovuto vomitare. Quando capì che il pezzo di mela inghiottito si era bloccato nella sua gola, impedendogli di respirare, il panico lo sommerse. La stanza cominciava a vorticare intorno a lui. Senza più fili a sostenerlo, il suo corpo perse la forza di restare in piedi e le gambe gli cedettero, deboli e molli.
Cercò subito Kirino con lo sguardo e realizzò, allarmato, che non sarebbe riuscito a comunicargli i suoi veri sentimenti. Kirino non avrebbe mai saputo ciò che provava per lui e Kariya si sentì inondare dal rimorso. Cercò di mantenere gli occhi aperti, ma le sue palpebre erano così pesanti… Il suo corpo non sembrava voler obbedire alla sua volontà.
-Sen…pai…- mormorò, disperato, poi fu scosso da un tremito violento e gli mancò il respiro.
Kariya cadde a terra in un mucchietto di arti scomposti, con le braccia e le gambe aperte, inerti. Non le sentiva nemmeno più come parte di sé. Nel momento in cui la sua testa batté contro il pavimento, non riuscì nemmeno ad emettere un suono di dolore o di sorpresa. Arrivò subito il buio.
Soltanto le sue dita ebbero un ultimo sussulto e si aprirono, lasciando rotolare la mela morsa ai piedi di Kirino.




 

**C'era una volta una mela...**
Ehilà ;) Le mele non hanno una buona nomea nelle fiabe... Questa fic, purtroppo, non fa eccezione. Si è parlato tanto di Rosaspina, ma alla fine quest'ultima parte del gioco è molto più simile a Biancaneve (lol). 
Come avevo detto, finalmente Kirino e Kariya stanno prendendo coscienza di quanto siano importanti l'uno per l'altro, e tuttavia la loro rivelazione non arriva in un momento favorevole. Siccome Kariya mi ha sempre dato l'impressione di una persona "poco onesta" sui propri sentimenti, penso che per lui sarebbe difficile ammettere di amare qualcuno come Kirino, con cui ha sempre avuto un rapporto pieno di alti e bassi. Prima di tutto dovrebbe ammetterlo a se stesso e poi, magari, lo comunicherebbe all'interessato. Ma il tempo non si ferma ad assecondare i capricci di nessuno; per questo immagino che Kariya sia una persona che facilmente si trova piena di rimorsi (in questo caso, non aver detto a Kirino di essere innamorato di lui quando ne aveva ancora la possibilità).  
Anche Kirino, da parte sua, è una persona testarda e orgogliosa, ma al contrario di Kariya è più onesto con se stesso e con gli altri.
Il titolo del capitolo riprende la famosa formula usata dalla matrigna di Biancaneve per interrogare lo specchio magico (in italiano tradotta come "Specchio specchio delle mie brame"); ho scelto di usarla perché gli specchi hanno una forte simbologia. Gli specchi che circondano Kariya rimandano immagini che sono "frammenti" di lui: rappresentano le paure e le insicurezze che abitano in lui e che non riesce a sconfiggere. Invece, lo specchio di Kirino rappresenta la barriera mentale che lo separa dalla presa di coscienza dei propri sentimenti; per questo si rompe nel momento in cui lui realizza di voler andare oltre non per il bene del gioco, ma per il bene di Kariya stesso. 
Finora ho scritto la fic principalmente dal P.O.V. di Kariya, ma nell'ultimo capitolo sarà proprio Kirino il protagonista, quindi questa sua presa di coscienza era fondamentale. 
Il prossimo capitolo sarà l'ultimo, poi scriverò un breve epilogo. Spero di non dover rimandare troppo a lungo il prossimo aggiornamento...
Buona serata e grazie a chi ha letto fin qui~
                                                                            
                                                                                    Roby

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Capitolo 16
*** Event Fifteen -Ending Credits. ***


Grazie a tutti i lettori che hanno seguito la storia fin qui. Questo è l'ultimo capitolo, a cui seguirà solo un breve epilogo.
Piccola novità: ho creato una playlist su 8tracks in cui ho messo tutte le canzoni che ho usato mentre scrivevo questa fic, potete ascoltarla qui. Ora vi lascio alla lettura, altre note le trovate in fondo~



Even Fifteen –Ending Credits.


Prima che tutto finisse di colpo, i suoi occhi avevano incrociato quelli di Kariya per una manciata di secondi: lo sguardo di una persona devastata, distrutta, agonizzante.
Kirino non era riuscito a muoversi subito. Era rimasto paralizzato da quello sguardo, dalla scena che si stava svolgendo nella stanza.
Solo quando la mela colpì la punta del suo stivale, il ragazzo si riscosse dallo shock.
-Kariya!
Lo chiamò con tutta la voce che aveva in petto mentre attraversava la stanza di corsa, s’inginocchiò davanti a lui e lo prese tra le braccia.
-Kariya… No… No, no, non può essere vero- mormorò sotto voce.
Cominciò a scuoterlo leggermente, cullandolo nell’abbraccio.
–Kariya, apri gli occhi, parlami!- lo supplicò, ma gli occhi del kouhai rimasero chiusi.
Kirino gli tastò febbrilmente il polso e si chinò su di lui per ascoltare il battito del suo cuore; dalle labbra semichiuse di Kariya usciva ancora del respiro caldo, seppur debole, e il suo viso era ancora colorito. Qualunque cosa gli fosse stata fatta, stava soltanto dormendo… Kirino avrebbe tirato un sospiro di sollievo se non fosse stato consapevole che non c’era niente per cui essere felici. Non aveva idea di quale incantesimo fosse in atto, ma avrebbe potuto essere eterno, proprio come quello di Rosaspina.
D’un tratto, l’altro individuo nella stanza iniziò ad applaudire, ricordando così a Kirino della sua presenza.
-Bravo, bravo! Meraviglioso dramma!- esclamò, visibilmente entusiasta. Kirino immaginò che, sotto il cappuccio, dovesse avere esattamente l’espressione di chi si stava godendo uno spettacolo.
Il primo istinto di Kirino fu quello di sfogarsi contro di lui: la disperazione provata nel vedere Kariya in quelle condizioni alimentava la sua rabbia ed il suo odio nei confronti di quell’individuo. Per un attimo, fantasticò di alzarsi ed andare verso di lui, di lasciarsi sopraffare dalla natura di lupo e dilaniarlo con artigli e zanne… Mentre lo pensava, avvertì distintamente il cambiamento nel proprio corpo, al punto che, passando la lingua sui denti, scoprì che erano affilati come lame. Le sue unghie erano già diventate lunghe, ricurve e dure come ossa. Non aveva mai avvertito una sete di sangue tanto forte prima ed il pensiero lo spaventò. Se avesse perso il controllo, nemmeno Kariya sarebbe stato al sicuro…
Kirino s’impose di mantenere la calma.
Sono un ragazzo, non un animale. Un essere umano, non una belva feroce.
Chiuse gli occhi e ripeté nella propria testa queste parole finché l’istinto animale e la sete di sangue non si placarono. Una volta certo di aver ripreso il controllo, inspirò a fondo e valutò le proprie opzioni. Per la sicurezza di Kariya, era necessario ottenere più informazioni possibili sulla situazione in cui si trovavano, quindi dare addosso a quell’uomo, nell’immediato, sarebbe stato controproducente. Invece, doveva cercare di farlo parlare, di strappargli qualche dato utile.
Lui ha fatto l’incantesimo, lui deve essere in grado di scioglierlo, pensò. Non ne aveva la piena certezza, ma in quel momento quella era la migliore scommessa che potesse fare.
Kirino strinse a sé il corpo di Kariya, per proteggerlo e al tempo stesso accertarsi di restare in forma umana.
-Cosa gli ha fatto?- domandò, serio.
-Oooh, sono colpito dal tuo sangue freddo. Per un attimo stavi per perdere il controllo ed attaccarmi, non è vero, Messer Lupo?- ribatté l’altro.
Kirino non gli rispose, né lo degnò di uno sguardo.
Il contastorie sorrise e riprese:- Ah, sarebbe stato così banale cercare di risolvere tutto con la violenza. Perché cedere agli istinti quando si può avere uno scontro tra menti? Perché usare i pugni, se le parole sono più forti e più incisive di qualsiasi arma? Ad uno scrittore basta mettere una parola per unire due innamorati, una parola per separarli, una parola per porre fine ad ogni cosa… Tanto grande e spaventoso è il potere delle parole…!
Kirino pensava che stesse farneticando e si morse il labbro, impaziente: non era questo che voleva sentire.
-Cosa gli ha fatto?- ripeté lentamente, senza muoversi.
Di fronte alla sua ostinazione, l’uomo inclinò il capo di lato con aria divertita.
-Cappuccetto Rosso è uscita dal sentiero di propria volontà... O forse era scritto nel suo destino che fosse così. E tu, mio caro Lupo…- Alzò una mano e puntò il dito contro Kirino. –Tu non sei riuscito a salvarla. Anzi, sei stato tu a decretare la sua fine, abbandonandola…
-Io non l’ho abbandonato!- disse Kirino, alzando la voce.
-Oh, ma Cappuccetto si sentiva tanto sola, non lo sapevi? Come hai potuto non accorgertene? Conoscere la sofferenza di una persona e ignorarla, o non esserne consapevoli affatto… non credi che entrambe le situazioni siano piuttosto crudeli?
Di nuovo, Kirino non rispose. Si soffermò ad osservare il viso di Kariya che, da quando si era addormentato, era rimasto bloccato in un’espressione sofferente, la stessa che aveva poco prima di svenire. Le immagini di quel momento passarono vivide davanti agli occhi di Kirino: Kariya aveva provato a chiamarlo, sembrava che avesse qualcosa da dirgli, forse qualcosa di molto importante, ma non ci era riuscito. Qualsiasi cosa fosse, lo tormentava anche nel sonno. Kirino non poteva fare a meno di chiedersi se una minima parte di lui stesse ascoltando, intrappolato in un incubo scuro e terribile.
Strinse i denti, frustrato. Era colpa sua. Magari non lo aveva abbandonato fisicamente, ma aveva ignorato i sentimenti di Kariya, li aveva messi da parte per concentrarsi sui propri problemi. Kariya si comportava in modo strano ultimamente… Gli aveva lanciato forse dei segnali che lui non era stato capace a cogliere? E cosa aveva cercato di dire in quel momento?
-Pensi di rimanere là a piangerti addosso ancora a lungo? Apprezzo il patetismo, ma non quando si protrae troppo a lungo. Speravo in un finale più movimentato… Ah, ho un’idea fantastica! Vuoi ascoltare una storia?- esclamò il contastorie all’improvviso. Kirino non pensava che fosse il momento di una storia e la voce di quell’individuo iniziava a irritarlo, tuttavia allo stesso tempo sapeva di non avere modo di fermarlo.
Il contastorie si schiarì la voce con un colpo di tosse, quindi cominciò a raccontare.
-C’era una volta, in una terra lontana, un uomo appassionato di fiabe e favole… Gli piacevano moltissimo, sin da quando era piccolo, e più ne leggeva, più aveva fame di storie nuove. Gli scenari incantati, le avventure di personaggi magici, i legami d’amore e d’amicizia… tutto lo affascinava, tanto che avrebbe voluto che viaggiare in quei mondi fantastici… Per questo l’uomo decise di creare una storia tutta sua. Per mesi raccolse con cura personaggi e trame dalle storie che gli piacevano di più e li unì insieme, ma non era abbastanza… L’uomo infatti sentiva che le storie continuavano ad essere troppo distanti da lui. I personaggi non avevano umanità, erano soltanto pezzi di un gioco. Quindi, ebbe un’idea... Cosa sarebbe successo se persone reali, con i loro sentimenti, dubbi, emozioni, fossero entrate a far parte delle storie?
Kirino avvertì un improvviso senso di vertigine. Sgranò gli occhi e trattenne il respiro per la sorpresa. Non si trattava di una storia qualsiasi.
-Mi hai appena raccontato come è nato il gioco, non è così?- domandò con voce tremante.
–Ma… ma è una cosa davvero rivoltante…!  Quel tipo non aveva tutte le rotelle apposto!  E poi una cosa del genere non è mica possibile! Come... come ha...
-Non stiamo parlando di un banale gioco da tavolo, o per computer. Qui si tratta del gioco più complesso mai realizzato- ribatté il contastorie, offeso di essere stato interrotto.
–Naturalmente è una cosa possibile… perché io l’ho realizzata- aggiunse con la voce carica di orgoglio, e finalmente Kirino si voltò verso di lui.  
Per la prima volta da quando era entrato, il ragazzo guardò davvero la persona che aveva davanti a sé. Soltanto ora capiva perché gli aveva sempre messo i brividi: non era solo un personaggio, ma allo stesso tempo non era niente di più di questo.
-Lei è il creatore del gioco- disse Kirino a mezza voce.
L’uomo sorrise allegramente e si batté una mano sul petto con fierezza.
-Oh, sì! Sono io, io in persona!- esclamò, contento di essere stato riconosciuto.
–Il mio nome è…- Si bloccò, corrugò la fronte in un’espressione accigliata, ma poi riprese subito a sorridere. -Ah, il mio nome non è importante. Sono qui da talmente tanto tempo che l’ho dimenticato. Ma il nome del mio gioco… il nome di Fairytale  vivrà per sempre!
In realtà, Kirino non aveva mai sentito parlare del gioco prima che Kariya glielo mostrasse. Era probabile che non avesse avuto molto successo, ma il suo creatore pareva sinceramente convinto del contrario.
-Il gioco è in grado di intrappolare la coscienza dei giocatori, così che si immedesimino totalmente nei personaggi che interpretano. Il giocatore diventa il personaggio, capisci? Non è immensamente geniale? E naturalmente gli altri personaggi saranno filtrati attraverso le conoscenze del giocatore, in modo da essere il più familiari possibili. Ciò che avviene nel gioco non è reale, ma allo stesso tempo è tutto reale!- proseguì l’uomo, con gli occhi che brillavano, come se stesse svelando il più grande segreto del mondo.
Kirino ascoltava, incredulo, quella spiegazione incredibile e, tuttavia, stranamente sensata. Se i personaggi venivano modellati di volta in volta in base ai giocatori, era logico che somigliassero ai loro amici del mondo reale. Aveva davvero senso e Kirino ebbe la sensazione che tutti i tasselli stessero tornando al proprio posto; ma, nonostante stesse finalmente ottenendo le risposte a tutti i suoi dubbi, non si sentiva per nulla sollevato, anzi una crescente sensazione di disagio gli attanagliava lo stomaco.
-Purtroppo, però, non tutte le storie hanno un lieto fine- disse all’improvviso il creatore del gioco. Non sorrideva più e Kirino deglutì, consapevole che il peggio stava per arrivare.
-Fairytale è un gioco perfetto, sotto tutti i punti di vista, ma… ha un difetto- continuò l’uomo. D’un tratto il suo orgoglio sembrava intaccato da una punta di amarezza. –Un solo, piccolo difetto… Non è mai stato completato. Una malattia ha troncato la mia vita inaspettatamente… Non m’importava di perderla, ma ero amareggiato, perché non potevo completare il mio progetto! Non volevo lasciarlo… Non volevo lasciare le mie creature da sole… Non potevo, capisci?
-Per questo ho creato un mio alter-ego virtuale. Gli ho trasmesso tutte le mie conoscenze ed i miei sentimenti… Ho trasferito nel gioco la mia intera coscienza, così da restare in vita anche dopo la distruzione del mio corpo mortale! Così eccomi qui, in tutto il mio splendore- rivelò l’uomo. -E quale personaggio poteva adattarsi di più a me, se non un contastorie? Cosa avrei potuto fare, se non guidare i giocatori all’interno del mio gioco, indirizzandoli verso la conclusione?
-Ma questa non c’è, giusto?! Ha appena detto che il gioco non è finito!- scattò Kirino, interrompendolo bruscamente. Era stufo di ascoltare tutte quelle sciocchezze.
L’uomo rise, divertito dalla sua rabbia.
-Oh, ho detto che non è stato completato, è vero, ma il fatto che non ci sia un finale scritto non vuol dire che non possa essercene uno! All’inizio ero rammaricato, ma una volta all’interno del gioco ho capito che così è ancora più divertente… Perché limitarsi ad un finale solo, quando ne puoi creare molti, sempre diversi? Perché seguire un copione scritto, quando puoi improvvisare? Nel tempo in cui sono rimasto qui dentro, ho pensato a molte conclusioni da dare alla storia, Messer Lupo… E temo che voi non avrete un “per sempre felici e contenti”.
Per un attimo, Kirino rimase a fissarlo, come se il proprio cervello rifiutasse di comprendere il significato di quelle parole, poi istintivamente abbassò lo sguardo su Kariya. Osservò il suo volto addormentato e sofferente, che in pochi minuti aveva già perso molto colore.
Quando gli prese una mano tra le proprie, rabbrividì accorgendosi che la sua pelle era diventata fredda come ghiaccio. Quell’improvvisa consapevolezza lo colpì come un pugno allo stomaco, Kirino sentì l’ossigeno lasciarlo di colpo.
-Lui… lui sta…- riuscì a farfugliare, mentre faticava a respirare.
-Sta morendo- completò l’uomo al posto suo, tranquillo, quasi allegro.
Kirino gli lanciò uno sguardo disperato.
-Cosa… cosa succede se si muore nel gioco…?
-La morte è la fine di ogni cosa, ovunque ci si trovi- rispose l’altro, scrollando le spalle. –Ma sei sicuro di poterti preoccupare per lui? Le vostre coscienze sono ormai intrappolate nel gioco… Pian piano diventerete parte del flusso di dati… Anche tu sei già morto, Messer Lupo… o dovrei chiamarti Kirino Ranmaru, il secondo giocatore?
Kirino rabbrividì sentendo pronunciare il proprio nome. Quell’uomo doveva averli osservati per tutto il tempo, si era preso gioco di loro fin dall’inizio.
-Ah, gli esseri umani sono così stupidi- esclamò il creatore. -Sono così concentrati su se stessi da non vedere che il loro fato è già scritto… Alla fine, sono tutti personaggi di una storia, le marionette di qualcun altro. Vogliono essere disperatamente amati, ma in realtà hanno paura dell’amore e non lo capiscono affatto. L’amore, quel sentimento così potente… così irrazionale, così futile! L’amore non è nient’altro che un elemento per aggiungere il pathos alla narrazione! Non è forse emozionante vedere due amanti separati dal destino? Non è forse tragico? Non ti spinge forse a leggere, a volerne sapere di più? Ecco, cos’è l’amore! Il motore che conduce gli uomini alla rovina! Tutto viene deciso dall’alto, da un dio onnipotente e crudele! Io sono diventato il dio di questa realtà!
Il creatore di Fairytale scoppiò in una risata bassa e prolungata.
Kirino sentì un’ondata di disgusto e, forse, di pena nei confronti di quell’uomo, che era stato completamente accecato dalla propria follia. Si rifiutava di stare ad ascoltare le sue farneticazioni per un minuto di più, doveva trovare un modo di salvare Kariya al più presto…
Ma Kirino si rese conto di non avere idee. Lo shock, la fatica accumulata nelle ultime ore, la disperazione, tutto ciò annebbiava la sua mente ed intaccava la sua lucidità. Kariya stava morendo rapidamente tra le sue braccia e lui non sapeva come fermare il processo.
Le lacrime cominciarono a scivolargli copiose lungo il volto prima che se ne accorgesse; non provò nemmeno a fermarle, sebbene quel pianto silenzioso gli stesse togliendo il respiro.
-Mi dispiace- disse. –Mi dispiace, Kariya… Masaki, avrei dovuto prendermi più cura di te… Cercavo di guardare alle cose in modo razionale, ma alla fine mi stavo solo dando delle arie. Sono stato cieco, egoista… Tu ti impegnavi così tanto per finire il gioco ed io non sono riuscito a fare nulla per aiutarti…- Un singhiozzo più forte degli altri esplose dal suo petto e lo interruppe. Aveva il respiro affannato, ma cosa importava quando Kariya sembrava sul punto di smettere di respirare per sempre? In quel momento, tutto ciò che Kirino desiderava era vederlo sano e salvo.
-Masaki, non puoi morire… Dobbiamo tornare nel nostro mondo, ricordi? Torneremo a casa e litigheremo ancora e sarà tutto come prima… Ci aspettano ancora tanti giorni da passare insieme, lì alla Raimon… È quello il tuo posto, Masaki, non qui…- gli sussurrò, mentre con le dita gli accarezzava il volto, spostando gentilmente le ciocche di capelli che gli ricadevano sul volto cereo.
-Tu mi piaci, Masaki… Lo capisco solo ora, ma avrei dovuto dirtelo prima… Perdonami- aggiunse. Impulsivamente gli baciò la fronte, poi si fermò.
-Un bacio- mormorò, sorpreso della sua stessa idea. Il suo sguardo guizzò rapidamente da Masaki alla mela che era rotolata accanto alla porta. Tornò a guardare Masaki: non sapeva se avrebbe funzionato, ma se c’era anche solo una speranza…
-Masaki… non ti lascerò morire- disse, determinato.
Gli prese il volto tra le mani, si chinò su di lui e, con il cuore che martellava nel petto, lo baciò delicatamente sulla bocca. Le labbra di Masaki non avevano ancora perso tutto il loro calore ed erano morbide; Kirino si allontanò un pochino e poi premette ancora una volta la bocca contro la sua. Per un momento parve non accadere nulla e Kirino avvertì un senso di vuoto.
Poi, all’improvviso, il corpo di Masaki sussultò ed il ragazzino espirò di colpo. Kirino ebbe un tuffo al cuore quando vide le sue palpebre sobbalzare lievemente; qualche secondo dopo, Masaki lo stava fissando con occhi socchiusi, riscosso dal suo sonno, ma non ancora del tutto sveglio.
-Sen…pai…?- mormorò con voce flebile, ma prima che potesse dire altro Kirino lo baciò di nuovo, strappandogli un mugolio sorpreso. Il ragazzo sorrise sentendo le mani di Masaki, esitanti, aggrapparsi alle sue braccia come se cercassero un solido appiglio. Il corpo di Masaki stava lentamente tornando caldo e vivo. Masaki è vivo, è vivo, pensò Kirino, sollevato. Si staccò dal bacio e poggiò la fronte contro la sua, ridendo e piangendo allo stesso tempo.
-Bentornato- sussurrò. Masaki sbatté le palpebre, imbarazzato e perplesso.
-Eh? Perché, dov’ero andato…?- domandò, poi il suo viso si colorò di rosso acceso.
-Ah, ehi, aspetta… T-tu mi hai b-b…
-Sì- lo interruppe Kirino con un largo sorriso. Si alzò in piedi e gli tese le mani. –Sì, ma a dopo le spiegazioni… Ora dobbiamo uscire da qui, giusto?
Masaki esitò, ma poi annuì. Si lasciò afferrare per le braccia e tirare su.
Un rumore improvviso interruppe la loro conversazione e li fece sobbalzare.
Kirino e Kariya si voltarono e fissarono il creatore del gioco, della cui presenza si erano dimenticati per un po’. L’uomo sembrava furibondo, al punto che tremava da capo a piede per la collera.
-Come osate…! Come avete potuto cambiare il finale che io avevo scritto…!- sibilò. –Il bacio del vero amore… che trama insulsa, banale! La mia storia… La mia bellissima storia è stata completamente rovinata!
Kirino gli rivolse uno sguardo di sfida.
-No, questa non è più la tua storia. Per rendere il tuo gioco perfetto, hai affidato la trama del tuo gioco ai giocatori… Noi non siamo tuoi personaggi e la nostra storia appartiene solo a noi- disse, poi si rivolse a Masaki.
-Non lasciarlo avvicinare. Lui è il creatore di Fairytale, si è auto-inserito nel gioco- lo avvertì.
Kariya lo guardò sorpreso, avrebbe voluto chiedere come fosse possibile, ma il creatore si mise a parlare prima che potesse anche solo aprire bocca.
-Taci! Cosa ne vuoi sapere tu, che sei solo un ragazzo? Io scrivo storie da secoli! Non permetterò che… che dei principianti… mi rubino il lavoro di una vita!- La sua voce era alterata ed insopportabilmente acuta; Kariya aveva i brividi solo ad ascoltarla.
Il ragazzino era spaventato e confuso, ma si costrinse a farsi forza. Non poteva lasciare che Kirino affrontasse da solo il nemico, l’unico modo per farcela era combattere insieme. Ma Kirino aveva zanne ed artigli; lui, invece, cosa poteva fare? Si guardò intorno in cerca di un’arma e così notò due cose: prima di tutto, gli specchi intorno a lui non rimandavano più la sua immagine, bensì si erano inscuriti, come schermi spenti. In secondo luogo, il frutto avvelenato era scomparso e, al suo posto, c’era di nuovo il libro.
Kariya osservò il volume antico e notò che emetteva una flebile luce dorata. Un’idea gli lampeggiò nella mente, ma non c’erano garanzie. Poteva affidarsi nuovamente al libro, nonostante avesse già tradito la sua fiducia una volta? Si trattava di una scommessa. Kariya non poteva negare di sentirsi terrorizzato, e tremendamente insicuro.
Istintivamente, si voltò verso Kirino. Erano così vicini, non solo fisicamente; per una volta i loro sentimenti erano uniti, le loro menti erano allineate sulla stessa lunghezza d’onda. Il solo pensiero di poter allungare una mano e stringere quella di Kirino infondeva a Kariya sicurezza.
-Ehi- esclamò, richiamando su di sé l’attenzione dell’uomo.
–Contastorie, scrittore… Non ci sto capendo più niente, ma una cosa la so… I giochi sono finiti. Abbiamo sconfitto il tuo incantesimo… e abbiamo vinto. Ne sono sicuro- affermò.
Il creatore gli gettò un’occhiata sprezzante.
-Il gioco finirà quando io vi metterò la parola Fine...
-Ti sbagli!- lo contraddisse Masaki. -La parola Fine è già stata messa dalle regole che tu stesso hai creato… E te lo dimostrerò!- Girò rapidamente su se stesso e, per l’ultima volta, chiamò a sé il libro, che subito si alzò in volo e si tuffò nelle sue mani aperte.
-L’hai detto tu stesso, gli oggetti magici possono ritorcersi contro di noi. Questa volta, sei stato tu ad essere stato tradito… Quest’oggetto sa che Kirino-senpai ha sciolto il tuo incantesimo… E ha fatto la sua scelta- disse Kariya, poi aprì il libro e mostrò al creatore la prima pagina, dove la quinta stella era apparsa, lucente e dorata, accanto alle sue sorelle.
Non appena la vide, il creatore ruggì di rabbia.
-Dammelo! Dammi subito quel libro!- strillò e si scagliò contro Kariya. Kirino si mosse per frapporsi tra loro, ma in quel momento una luce abbagliante scaturì dalle pagine del libro. Tutti e tre rimasero immobili per un istante, poi il creatore cominciò a urlare di nuovo.
Kariya alzò lo sguardo e vide che la mano dell’uomo, ancora tesa verso il libro nel tentativo di impadronirsene, si stava disintegrando; dopo poco, in tutto il suo corpo iniziarono ad aprirsi dei fori, dai quali uscivano lampi di luce. Allo stesso tempo, il libro sembrava diventare più pesante e difficile da mantenere ogni secondo che passava, al punto che era ormai un macigno quando un ultimo spiraglio si aprì all’altezza del cuore del creatore (ammesso che ne avesse ancora uno).
Kariya stava per cedere. Le braccia gli tremavano per lo sforzo e le sue gambe erano ancora deboli per via dell’incantesimo che aveva subito. Per fortuna, Kirino intervenne in suo aiuto afferrando il libro da entrambi i lati, così da poter sostenere il peso insieme a lui. Ora che si trovavano fianco a fianco, decisi a non arrendersi, Kariya si sentì invincibile.
Prima di essere totalmente obliterato dal libro, il creatore lanciò un ultimo grido di rabbia: il suo angosciante ululato risuonò ancora ed ancora sotto forma di eco mentre il libro procedeva a risucchiare dentro di sé tutti gli specchi, la torre, i rovi e tutto ciò che componeva il gioco di Fairytale. L’oggetto magico era diventato come un enorme vortice di luce e nell’occhio del ciclone c’erano Kirino e Kariya, che si ancoravano a vicenda per non essere spazzati via. Ad un certo punto, la luce divenne talmente forte che i due ragazzi non riuscirono più a tenere gli occhi aperti.
Poi, di colpo, tutto cessò: il libro si chiuse di scatto, sfuggì alle loro mani e cadde a terra con un sonoro tonfo. Calò il silenzio. Kariya non osava muoversi, non sapeva più cosa aspettarsi.
Poi Kirino gli toccò gentilmente una spalla per richiamare la sua attenzione.
-Masaki… apri gli occhi. Devi vedere.
La sua voce era calda e rassicurante. Kariya riaprì lentamente gli occhi.
Intorno a loro era svanito tutto: si trovavano sospesi in uno spazio bianco in cui galleggiavano pezzetti iridescenti di dati e stringhe di codici scomposti che ormai non avevano più significato. Il gioco sembrava essersi letteralmente frantumato.
A pochi metri da loro era comparso un cerchio, disegnato da una linea verde ed avvolto da un bagliore luminoso. Somigliava ad un punto di salvataggio. I due ragazzi si avvicinarono e si affacciarono oltre la linea: l’interno del cerchio era cavo, scuro e non si vedeva il fondo.
Kariya si morse il labbro e si girò verso Kirino, che già gli stava tendendo la mano.
-Andiamo- disse. Kariya si accigliò.
-Non sappiamo cos’è e dove ci porterà- obiettò.
-Allora dovremo scoprirlo- replicò Kirino. -Va tutto bene. Insieme possiamo affrontare qualunque cosa. Tu ed io formiamo una bella squadra nonostante tutto, eh?- Fece un passo avanti e gli prese la mano, intrecciando le dita con le sue. Kariya le fissò, sorpreso.
-Assurdo- commentò, ma non lasciò la presa. Non riusciva a trattenere un sorriso. 
Si scambiarono uno sguardo, poi trattennero il fiato e saltarono dentro.


 

**C'era una volta una mela...**
Salve, spero che la lettura fin qui sia stata piacevole. Vi aspettavate un finale del genere? Sono riuscita a sorprendervi almeno un po'? Mi auguro di sì~ Ho cambiato, aggiunto e tolto vari elementi della trama man mano che scrivevo la storia, ma avevo in mente questo finale fin da quando ho pubblicato il prologo. Nella mia testa, il creatore del gioco è sempre stato il cattivo della storia; l'ho sempre tenuto a mente. Se non fosse per lui, non sarebbe male partecipare ad un gioco come Fairytale :'D
Ma parliamo di simbologie! Anche in questo capitolo, gli specchi tornano ad essere simboli delle insicurezze e delle paure di Masaki; il motivo per cui si sono "spenti" è che Masaki è riuscito a superare i suoi dubbi grazie a Kirino: la sua presenza gli dà la sicurezza ed il coraggio di affrontare la situazione. 
Il libro, fin dall'inizio, è sempre stato simbolo della dualità della magia che, per come la vedo io, è sempre un'arma a doppio taglio. Può esserti alleata, ma anche nemica, a seconda delle situazioni. Si deve usare la magia con molta cautela, farci affidamento senza esserne dipendenti. E così, lo stesso oggetto magico che aveva tradito Kariya nei capitoli precedenti sceglie di premiare Kirino e, alla fine, si rivela essere l'arma più potente. O forse, in fondo, la più potente resta il bacio del vero amore XD
Scrivere questa fic è stata un'avventura in sé, quindi sono sollevata e allo stesso tempo un po' triste che sia finita. Nell'epilogo, Kirino e Kariya fanno finalmente ritorno a casa, così come molte fiabe si concludono. 
A presto ♥
         Roby

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Capitolo 17
*** Epilogue - Afterwards. ***


Scrivere questa storia fino alla fine è stata un'avventura in sé.
Grazie a tutti coloro che mi hanno seguita e supportata, recensendo o anche semplicemente leggendo. ♥


Epilogue – Afterwards.


Kariya si svegliò in un letto, avvolto da coperte con disegni familiari, con la testa poggiata su un cuscino. Non ricordava di essersi messo a dormire. Sbatté le palpebre, perplesso, mentre cercava di far chiarezza nei propri pensieri. Il suo corpo si stava progressivamente svegliando e gli faceva male dappertutto, come se fosse stato bloccato per molto tempo.
Sentiva delle voci provenire dal corridoio.
-Stamattina faceva molto freddo e Masaki si ammala sempre in questo periodo.- Era Midorikawa, ne era sicuro, ma con chi stava parlando? Non poteva trattarsi di Hiroto. Midorikawa non avrebbe mai parlato in tono così formale e cortese con lui, e inoltre Hiroto sapeva fin troppo bene quanto Masaki fosse debole al freddo, visto che era quasi sempre lui a prendersene cura quando da bambino aveva la febbre…
-Sei stato molto gentile a venire a trovarlo, Kirino-kun- disse Midorikawa, e Masaki si sentì di colpo sveglissimo. Si alzò di scatto a sedere sul letto e, proprio in quel momento, la porta della stanza si aprì ed entrarono Kirino e Midorikawa.
Gli occhi di Kirino si posarono immediatamente su di lui e, non appena i loro sguardi s’incrociarono, Kariya ricordò tutto.
Fairytale. I personaggi delle fiabe. Le cinque stelle. Il libro, la mela…
-Ah, Masaki, ti sei svegliato!- La voce di Midorikawa interruppe i suoi pensieri.
Kariya si costrinse a spostare lo sguardo da Kirino a Midorikawa, che aveva portato un vassoio con due tazze dalle quali saliva un filo di vapore e un delizioso aroma; lo poggiò sulla scrivania di Masaki, spostando libri e fogli con poca delicatezza, e si sedette sul letto accanto al malato.
Kariya chiuse istintivamente gli occhi quando Midorikawa gli mise la mano sulla fronte per misurare la temperatura.
-Mmm, è scesa, ma è meglio se resti ancora un po’ a letto. Ho preparato il tè verde, bevine un po’ così ti scalderà- disse l’adulto. Si alzò e porse una delle tazze a Masaki, poi si rivolse nuovamente a Kirino.
-Kirino-kun, grazie ancora di avermi avvisato. Spero che vorrai rimanere anche per cena.
Kirino abbozzò un sorriso educato. –Sarebbe un piacere. Avviserò i miei genitori- rispose.
-Perfetto! Allora vado a fare la spesa- replicò Midorikawa. –Vi lascio soli. Kirino-kun, ti chiedo il favore di prenderti cura di lui… è testardo, ma sono sicuro che gli faccia piacere avere un amico qui…
-Ehi, non parlare come se io non ci fossi…- protestò Masaki imbarazzato.
Midorikawa sorrise. –Non creare problemi al tuo amico, d’accordo? Ci vediamo dopo- disse.
Non appena fu uscito, nella stanza calò il silenzio.
Masaki non osava alzare lo sguardo su Kirino. I suoi ricordi sul gioco erano quasi del tutto intatti, tuttavia aveva la sensazione di essersi perso qualcosa d’importante, qualcosa che invece Kirino sapeva. Decise di concentrarsi sul proprio tè, si affrettò a berlo ed il primo sorso gli scottò la lingua; imprecò sottovoce, ma poi il suo palato si abituò alla temperatura della bevanda. Era anche piacevole avere qualcosa di caldo tra le mani.
Kirino si sedette accanto a lui sul letto, con il fianco premuto contro il suo.
-Non credi che… dovremmo parlare?- disse, spezzando il silenzio.
Masaki gli lanciò un’occhiata di sbieco. La sua testa era ancora in stato di confusione, annebbiata dal sonno e dalla febbre e dalle immagini che gli tornavano insistentemente davanti agli occhi. Ma Kirino non sembrava disposto ad aspettare che si schiarisse le idee; Kariya notò che si stava mordicchiando il labbro inferiore, un evidente segno di nervosismo e d’impazienza. Non aveva nemmeno guardato la propria tazza di tè, invece guardava davanti a sé con un’espressione seria e corrucciata.
Masaki deglutì e chiese a mezza voce: -Di… di cosa vuoi parlare?
-Beh… Sono successe molte cose, direi… Stavo appunto pensando da dove partire- rispose Kirino.
-Siamo entrati in un videogioco e già questo è decisamente strano, ma poi siamo anche quasi morti… Ma non voglio parlare di questo… Ecco, ho avuto modo di capire varie cose su di me, su di te e… su di noi… E ho bisogno di sapere per te è lo stesso, Kariya.
Kirino allungò una mano e Kariya lasciò che gli togliesse la tazza e la poggiasse nuovamente sulla scrivania.
-Quanto ricordi degli ultimi eventi?- domandò Kirino, diretto.
-Gli ultimi… Uhm, intendi ciò che è successo con il creatore del gioco…?
Kirino annuì. Kariya chiuse gli occhi, sforzandosi di ricordare.
-Sono entrato nel castello per salvare Rosaspina, ma era una trappola- cominciò, agitato. –Poi il libro è diventato una mela e quel tipo mi ha fatto un incantesimo, il mio corpo si muoveva da solo, e poi l’ho morsa e… Penso di aver perso i sensi…? Tutto è molto vago…
-Ricordi che ti ho baciato?- domandò Kirino, interrompendolo.
Masaki alzò lo sguardo di scatto verso di lui e boccheggiò, provò a dire qualcosa, ma non ci riuscì e si limitò ad annuire. Sentiva il viso andargli a fuoco. Anche Kirino sembrava nervoso, probabilmente era imbarazzato quanto lui.
-In quel momento ho avuto paura… Non sono mai stato tanto spaventato in vita mia- ammise a mezza voce. –Ti ho visto cadere e poi hai cominciato a perdere calore… La tua pelle era bianca e gelida e ho temuto di averti perso per sempre, senza che potessi far nulla.
Aveva un’espressione così addolorata, e Kariya si rese conto di non avergli ancora chiesto scusa per tutto quello che gli aveva fatto passare. Anche Kirino aveva vissuto momenti difficili e Kariya avvertiva il bisogno di consolarlo, di rassicurarlo e dirgli che non era colpa sua. All’improvviso, però,  Kirino si spostò, sedendosi in modo da stargli direttamente di fronte. Gli prese la mano e la strinse forte ed apparentemente il cuore di Kariya gli saltò in gola, impedendogli di parlare.
-Quando ho creduto di perderti… è stato in quel momento che ho capito- esclamò Kirino con determinazione. –Masaki… tu mi piaci… molto più che come un semplice compagno di squadra. Ho provato a dirtelo mentre eri sotto l’incantesimo, ma non credo tu potessi sentirmi, perciò devo assolutamente assicurarmi che tu lo sappia. Io… penso di essermi innamorato di te.
Kariya ebbe un tuffo al cuore. Il nodo alla gola era un brutto segno, perché significava che avrebbe potuto scoppiare a piangere da un momento all’altro; si sentiva estremamente vulnerabile, forse per la stanchezza, o per il sollievo sopraggiunto una volta che era tutto finito, o forse perché Kirino aveva appena pronunciato delle parole in cui Kariya non aveva nemmeno osato sperare.
Avvampò e provò a balbettare qualcosa, ma non si fidava della propria voce. Dopo una manciata di secondi, rinunciò ed affondò il viso nel collo di Kirino, nascondendosi contro la sua spalla.
Kirino superò subito la sorpresa e gli avvolse l’altro braccio intorno alla schiena.
-Mi dispiace di non essere arrivato prima. Hai avuto molta paura, vero?- mormorò.
Masaki affondò di più il volto nella sua maglia e strinse la sua mano.
-Anche io... Avevo paura di non vederti mai più…- Non appena disse quelle parole, qualcosa dentro di lui si ruppe: gli tornarono in mente i sentimenti provati quando aveva visto Kirino entrare nella stanza, quando pensava che ormai fosse troppo tardi… Il terrore e il gelo percepiti in quegli attimi lo colpirono come uno schiaffo e gli fecero salire le lacrime agli occhi.
-Avrei voluto scusarmi- singhiozzò, e poi le parole uscirono come un fiume in piena. –Sono scappato senza dirti nulla e sono caduto in trappola come un idiota! Alla fine ho trascinato anche te in una brutta situazione, sono stato così stupido e avrei voluto scusarmi, ma non riuscivo a parlare… C’era qualcosa che volevo tanto dirti, ma era troppo tardi…!
-Masaki!- Kirino lo interruppe con decisione. –È tutto finito, okay? Siamo entrambi salvi, perciò non piangere… Va tutto bene, sono qui con te.- La sua mano scivolò dalla schiena di Kariya alla sua nuca e cominciò ad accarezzargli delicatamente i capelli.
-Non è troppo tardi… Ascolterò qualsiasi cosa tu voglia dirmi- aggiunse, la sua voce era calda e rassicurante.
Kariya si scostò da lui e, d’impulso, si sporse in avanti e premette le labbra contro le sue. Kirino ricambiò quasi immediatamente, intrecciò le dita nei suoi capelli e lo baciò con forza. Quando si staccarono, entrambi i ragazzi avevano il volto rosso ed il respiro corto.
-Senpai, mi piaci- disse Kariya velocemente, prima che gli mancasse il coraggio. Il viso di Kirino parve illuminarsi, i suoi occhi brillavano e le sue labbra s’incresparono in un sorriso; abbracciò Kariya ed affondò il viso nei suoi capelli, ridendo piano.
-C-cosa c’è?- chiese Kariya, col cuore che gli martellava nel petto. –Perché ridi?
-Sono così sollevato- rispose Kirino, sincero. -E pensavo… Allora quello è stato davvero il bacio del vero amore, mm? Proprio come nelle fiabe.
-Non voglio sentir parlare di fiabe per un bel pezzo- borbottò Kariya, poi sussultò ricordandosi di qualcosa. –Aspetta, dov’è il gioco? Dobbiamo liberarcene!
-Oh, giusto. È ancora là, sotto la tua scrivania…- disse Kirino.
Kariya balzò giù dal letto, raccolse in fretta e furia tutti i pezzi del gioco nel suo scatolo e poi lo infilò tutto intero nel cestino dell’immondizia.
-Ecco fatto. Ben ti sta, creatore dei miei stivali!- esclamò. 
-Vorrei vedere la sua espressione in questo momento. Era così convinto che il suo gioco fosse famoso!- commentò Kirino ridendo. Kariya annuì, allegro, poi uno sbadiglio lo colse di sorpresa.
-Sei ancora stanco? Dovresti riposare un altro pochino- osservò Kirino. Per un attimo rimase a guardare il letto, pensieroso, poi si stese e fece cenno all'altro di avvicinarsi. Kariya lo guardò sorpreso, ma, mettendo da parte l'imbarazzo, decise di assecondarlo: tornò a letto e si rannicchiò con un po’ di esitazione nelle braccia di Kirino. Arrossì sentendo le labbra del senpai premersi sulla propria tempia.
-Dormi... io resterò qui al tuo fianco- sussurrò Kirino. 
Kariya annuì, chiuse gli occhi e si addormentò con un forte senso di sicurezza.
 
xxx

Più tardi, quando Midorikawa tornò dalla spesa, salì al piano di sopra per controllare i due ragazzi. La stanza era stranamente silenziosa e, aprendo la porta, fu sorpreso di trovarli addormentati uno accanto all’altro sul letto di Kariya. Non poté fare a meno di sorridere, inteneritosi davanti a quella vista: era sollevato che Kariya non fosse più un ragazzo solitario. Scattò una foto col cellulare, deciso a farla vedere a Hiroto non appena fosse rientrato dal lavoro.
Poi Midorikawa notò il vassoio che era ancora sulla scrivania e il tè rimasto quasi del tutto intoccato. Il giovane sospirò, scosse il capo e si accinse a raccogliere tutto per riportarlo in cucina al piano di sotto; tuttavia, il suo sguardo cadde su qualcosa che spuntava dal cestino dell’immondizia, qualcosa che catturò la sua attenzione. Si trattava di uno scatolo di cartone colorato, apparentemente il contenitore di un gioco. Midorikawa si avvicinò e lo esaminò senza toccarlo.
-Fairytale…- lesse a bassa voce, accigliandosi.
Se Masaki l’ha buttato, deve trattarsi di un gioco vecchio, pensò. 
Midorikawa decise di chiudere il sacchetto, facendo attenzione che il cartone rigido non bucasse la busta, e portarlo al piano di sotto. Magari poteva consegnarlo a Hitomiko e sarebbe andato in beneficenza a qualcun altro. Che male poteva fare, dopotutto, un semplice gioco?

 
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Esiste un mondo dove le favole sono reali.

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**Angolo dell'Autrice**
Buon pomeriggio a tutti!
Ho riservato quest'ultimo capitolo a tutto il fluff romantico che non ho potuto inserire nel resto della fic; finalmente Kirino e Kariya hanno il loro happy ending, so che non aspettavate altro, ahah.
E così questa fic giunge al termine, ma la storia di Fairytale sarà davvero finita? Chissà, i finali aperti esistono apposta per questo! Ci tenevo, tra l'altro, a concludere l'epilogo con una frase presente nel prologo ;) 
Midorikawa FERMATI, non hai idea dei disastri che potresti generare (lol)
Di recente ho ricevuto delle recensioni a questa storia che mi hanno davvero scaldato il cuore. Io scrivo soprattutto per dare sfogo alla mia fantasia e ai miei pensieri, ma è sempre un'enorme soddisfazione sapere che riesco a raggiungere chi legge con il mio modo di scrivere... Quindi se questa storia vi ha comunicato dei messaggi, se vi siete sentiti partecipi di Fairytale, se sono riuscita a farvi entrare nella storia, non posso che esserne felice e soddisfatta ♥
Grazie ancora a tutti~
                   Roby 

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