12 Months Captainswan

di Calya_16
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gennaio: ricordi nuovi ***
Capitolo 2: *** Febbraio: noi non festeggiamo ***
Capitolo 3: *** Marzo: dondola ***
Capitolo 4: *** Aprile: Pigiama Party ***
Capitolo 5: *** Maggio: Pranzo in nave ***
Capitolo 6: *** Giugno: una tira l'altra ***
Capitolo 7: *** Luglio: il primo bagno ***
Capitolo 8: *** Agosto: stelle cadenti ***
Capitolo 9: *** Settembre: rosso di sera ***
Capitolo 10: *** Ottobre: intaglia la zucca ***
Capitolo 11: *** Novembre: nebbia ***
Capitolo 12: *** Dicembre: Buon Natale ***



Capitolo 1
*** Gennaio: ricordi nuovi ***


Nota dell'autrice: lo so, gennaio è già passato. Ho visto questa raccolta con quasi un mese di ritardo, ma vi prometto che d'ora in poi sarò puntuale!
Quindi buona lettura!



Emma era inginocchiata davanti ad un vecchio baule di legno scuro, non molto grande. Era impolverato, tranne per un segno veloce di dita: Emma vi aveva scostato velocemente la polvere in quel punto.
Si poteva così leggere “Emma” sul coperchio, scritto in verde e contornato da disegni di fiori.
Era il suo baule di quando era piccola, l’unica cosa che l’avesse mai seguita nei suoi innumerevoli spostamenti, di famiglia in famiglia.
Quel giorno stava pulendo e portando delle cose in soffitta si era lasciata andare ai ricordi rivedendo il suo baule. Adesso era lì, davanti a lui, aperto a lei, ad estrarre le sue vecchie cose.
Sul fondo vide qualcosa luccicare e così lo prese: erano i suoi pattini, di quando aveva dieci anni e volevano insegnarle a pattinare sul ghiaccio. E le piaceva, eccome! All’inizio era incerta, sapeva di non essere perfetta e che mai sarebbe diventata qualcuno in quello sport, ma si divertiva.
Finchè non fu abbandonata e passò ad un’altra famiglia, di cui non interessava che lei continuasse a pattinare.
E così aveva perso quell’abilità, non vi aveva più pensato.
“Swan, dove sei?”
Il richiamo di Uncino la destò dai ricordi.
“In soffitta”
Rispose, sospirando e mettendo via i pattini. Sentì che lui l’aveva raggiunta ed ora la guardava dalla piccola botola nel pavimento.
“Cosa stai combinando?”
Disse mentre si issava nella stanza e iniziava a guardarsi attorno. Non era mai salito in soffitta e ne rimase affascinato.
“Potremmo farci un piccolo nido qua, una cosa tutta nostra”
“Killian, questa è una soffitta. Ci si mettono le cose vecchie, che non si usano più. O gli addobbi natalizi, di Halloween. Sai, tutte quelle cose da famiglia che io non ho”
Era tranquilla Emma mentre diceva quelle cose, non voleva far pesare niente a nessuno.
Uncino le si avvicinò a la cinse con il braccio.
“Emma, noi siamo una famiglia. Possiamo prendere quelle cose quando vuoi”
“Dici davvero?”
“Certo. Adesso alzati e pulisciti, andiamo a vedere cosa si può trovare”
Gli occhi di Emma si illuminarono. Lui le voleva regalare quello che lei non aveva mai avuto: una famiglia, qualcosa da festeggiare e cose da fare insieme.
Prima di alzarsi Uncino guardò dentro il baule, per poi prender fuori i pattini.
“E questi cosa sono? Perché in questa terra avete tutti questi strani oggeti?”
Chiese Uncino, sollevando la lama verso la luce e rigirandosi un pattino in mano. Emma rise, per poi prenderglielo e iniziare a spiegarli.
“Queste sono scarpe che servono per pattinare sul ghiaccio. Magari potrei farti vedere una volta”
“Pattinare sul ghiaccio? E a che vi serve, a fuggire da mostri che lo odiano?”
“E’ un passatempo. Per certi anche uno sport. Quando torneremo dalle compere tu farò vedere un video, così capirai”

Era sera, e Emma e Uncino erano accoccolati sul divano, a guardare la tv. Emma gli aveva fatto vedere dei video di gente che indossava quelle strane scarpe con le lame e che si muovevano in maniera stupenda sul ghiaccio.
Stava continuando a pensarci. Le aveva fatto molte domande, fino ad arrivare alla sua storia: era da anni che non pattinava, e a Storybrooke non vi erano piste. A parte lei e forse Henry, dubitava che qualcuno sapesse anche solo come mettersi un paio di pattini. Gli aveva anche confessato che le sarebbe piaciuto tanto tornare a pattinare, ogni tanto. Perdersi, non pensare a niente. Un modo tutto suo di svagarsi tra un nemico e l’altro.
Mentre Emma si addormentava appoggiata a lui, Uncino sorrise. “Ti darò quello che vuoi Swan, sarà il mio regalo di Natale in ritardo per te”. Sapeva già cosa fare, il giorno dopo, mentre lei sarebbe stata al lavoro, lui si sarebbe messo a girare in cerca di aiuto.

Uncino si alzò dopo che Emma era uscita, ma già pieno di energie. Aveva molto da fare e poco tempo per farlo, quindi doveva muoversi. Chiamò Regina, le spiegò cosa voleva e si misero in moto. Lei era l’unica che poteva far andare veloci le cose come voleva lui, e infatti già il giorno dopo era tutto pronto.
Emma era appena rientrata, quando lui andò ad abbracciarla e non le lasciò sfilare il cappotto.
“Ho una sorpresa per te, devi seguirmi”
“Ma è sera. E io sono stanca. E’ una cosa che non si può proprio rimandare?”
“No Swan, non si può. E ti assicuro che la stanchezza ti scomparirà”
Sbuffando scherzosamente Emma andò a dargli un piccolo bacio, per poi prenderlo per mano e lasciarsi guidare.
Arrivarono alla piazza e qua le si illuminò il viso, gli occhi lucidi: vi era una pista da pattinaggio, piena di gente che cadeva e cercava di capire come potervi andar sopra.
“Gli avevo detto di aspettare”
Sbuffò Uncino, osservando la gente che si accalcava. In particolare osservò Leroy provare a pattinare, cadere ed inveire, per poi togliersi i pattini e cercare di tornare sull’asfalto con il solo aiuto delle sue calze. Ed inveire ancora.
Emma iniziò a ridere, con le lacrime agli occhi. Non stava guardando il nano, ma tutti nell’insieme: era da anni che non vedeva la gente divertirsi con una cosa così semplice, e sapendo che era stata fatta principalmente su un suo desiderio la stava rendendo euforica.
Si girò verso Uncino e gli buttò le braccia al collo, andando a baciarlo più e più volte.
Con le lacrime agli occhi, si staccò un poco e lo guardò, sorridendogli dolcemente.
“Hai fatto tutto questo per me?”
“E’ il mio regalo Swan. Voglio che tu sia felice. Devi ringraziare anche Regina, l’ho messa all’opera. Ora andiamo e insegnami a non cadere”
E per una volta Emma non pensò ad altro se non alle persone che aveva attorno a sé e a stare con loro.
Era tutto perfetto, si sentiva parte di un qualcosa di grande e piccolo come una famiglia allo stesso tempo.
Mentre pattinava finalmente libera si fermò accanto ad Uncino, aggrappato al bordo per non cadere.
“Anche io ti farò un regalo a casa” gli disse, per poi tornare a pattinare, facendogli prima l’occhiolino.
Uncino sbarrò gli occhi, per poi staccarsi dal bordo e iniziare ad inseguirla in maniera impacciata.
“Swan, sono stanco, andiamo a casa!”
Aveva improvvisamente imparato a pattinare.

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Capitolo 2
*** Febbraio: noi non festeggiamo ***


“Swan! Perché Granny ha decorato il locale con cuori e cose dolci? Perché in città è pieno di rose e cose strane?”
Uncino entrò in casa con queste domande, andando verso Emma, che stava finendo di cucinare.
“Oh cavoli, è di nuovo quel periodo dell’anno!”
Sospirò lei, alzando gli occhi al cielo e andando ad assaggiare il sugo.
“Che periodo?”
Le chiese lui, andando a sedersi al tavolo e sfilandosi l’uncino, sospirando di sollievo. Non si faceva più problemi a farsi vedere davanti ad Emma senza la sua non mano, anzi era molto a suo agio.
Lei si girò, posando le mani sul bancone dietro di lei e lanciando ogni tanto un’occhiata al sugo, che iniziava a bollire.
“Tra pochi giorni sarà San Valentino, la chiamano la festa degli innamorati. Ecco il perché dei cuori, delle rose e di tutto il resto”
Emma lo disse con superficialità; Uncino si alzò e andò ad abbracciarla, sorridendole nel suo modo che lei amava tanto.
“Allora dovremmo festeggiare” le sussurrò.
“No invece. Non ha senso. Perché dovrei festeggiare che ti amo? Lo so”
“Cinica Swan”
Emma alzò gli occhi al cielo, in un’espressione di finto fastidio.
“Sembra quasi che debba dimostrartelo un giorno in particolare, e gli altri niente, ma non è così: lo facciamo ogni giorno.”
Uncino soppesò le sue parole e infine annuì.
“E va bene, devo dire che il tuo ragionamento non mi sembra così male”
Emma sorrise trionfante e tornò al suo sugo, dopo aver dato un bacio al suo pirata.
 
          °°°°°°°°°°
 
Il telefono suonò ed Emma andò a rispondere, stiracchiandosi. Chi mai disturbava il suo pisolino?
“Emma, come stai?”
La voce felice di sua mamma le giunse all’orecchio ed Emma sospirò.
“Bene, assonnata. Come mai tutta questa felicità? Più del solito, intendo”
“Oh, sai, è un giorno speciale domani e volevo organizzare qualcosa con tuo papà. Tu e Uncino cosa farete?”
Emma si portò una mano al volto e scosse il capo: non poteva crederci, sua mamma voleva festeggiare San Valentino. Eterna romantica.
“Niente, gli ho fatto capire che è una festa inutile e…”
“Come inutile? E’ tutto così bello, invece! Se vuoi posso darti qualche consiglio”
“No mamma, davvero grazie, ma mi sa che staremo in casa tranquilli a guardare la tv”
“Non sai cosa ti perdi Emma”
“Certo!”
Emma vi mise troppo entusiasmo nell’ultima parola, ma non se ne preoccupò troppo: ormai aveva capito quali erano le diversità tra lei e i suoi genitori e aveva capito che loro l’accettavano anche così.
 
Dopo aver chiacchierato un po’ al telefono Emma tornò sul divano, guardando Uncino stiracchiarsi.
“Chi era?”
“Mia mamma. Voleva sapere cosa avremmo fatto domani sera”
“Sembra davvero importante questa feste, eh?”
Emma scosse il capo.
“Te l’ho spiegato…”
“Sì Emma, dicevo solo che molte persone vi danno importanza”
“Già”
Anche lei quand’era giovane vi aveva dato importanza, ma la vita le aveva insegnato a smettere di credere, a dare importanza solo a certe cose. E adesso per lei la cosa più importante era Uncino e il loro rapporto, ma non voleva festeggiarlo in un giorno scelto da chissà chi: voleva festeggiarlo ogni giorno.
“Usciresti con me a cena stasera? Come al nostro primo appuntamento”
Uncino si alzò a sedere, ancora per metà disteso sul divano e rimase a fissarla in attesa di una risposta, un sorriso assonnato sul volto e i capelli spettinati.
Lei si sciolse a quella visione e non seppe dirgli di no, per poi aggiungere, mentre giocava con la sua mano:
“Come mai proprio stasera?”
“La festa non ti interessa, e neanche a me grazie a quello che mi hai spiegato, quindi volevo solo passare una serata fuori con la mia ragazza. Non importa il giorno, giusto?”
Emma gli sorrise, andando a baciarlo. Si rotolarono un poco sul divano, ridendo e scherzando, finché lei non si tirò su e corse al piano superiore per prepararsi.
Certo, Uncino non voleva farla vestire troppo in fretta.
 
Con un po’ di ritardo arrivarono al ristorante del loro primo appuntamento e tutto scorse tranquillo, ancora più bello di quella sera. Ogni cosa sembrava perfetta, anche l’uncino che aveva preso il posto della mano di lui: era così che doveva essere, pensò Emma, andando ad abbracciare mentre tornavano a casa dopo cena, sazi e contenti.
 
          °°°°°°°°°°
 
 
Un raggio di sole entrò dalla finestra, riuscendo a eludere un piccolo spiraglio tra le tende e andando a colpire leggermente il volto di Emma. Questa si tirò le coperte sul volto, emettendo strani suoni.
“Buongiorno”
La voce di Uncino le giunse alle orecchie da sotto le coperte e spuntò da queste solo con un occhio, sorridendo al di sotto.
“’Giorno”
Uno sbadiglio le uscì di bocca e decise così di stiracchiarsi: aveva molte cose da fare, e purtroppo non aveva mai troppo tempo per indugiare a letto.
Uncino si sedette sul suo bordo, andando a toglierle i capelli dal volto e osservandola.
“Dormito bene?”
Mentre glielo chiedeva le posò un bacio sulla fronte.
“Tutto qua? Questo è il bacio del buongiorno?”
Gli disse Emma, cercando di trascinarlo sotto le coperte con lei. Non le importava in quel momento di arrivare tardi al lavoro: che si risolvessero certi problemi da soli.
Uncino sorrise a tutto quello, ma riuscì comunque a rialzarsi in piedi prima di scorarsi cosa aveva in mente. Lei sbuffò un poco quando lui fece per allontanarsi dal letto, ma rimase senza parole quando vide che le posò una rosa in grembo.
La prese tra le mani e con la bocca socchiusa alzò il capo, pronta a chiedere spiegazioni, quando notò che lui era sgattaiolato via dalla stanza prima che lei potesse veramente capire.
Così si alzò e scalza lo raggiunse al piano di sotto, tenendo la rosa stretta al petto. Ma quando arrivò in cucina le si presentò davanti un’altra sorpresa: la tavola era apparecchiata per due e vi era un piccolo vaso trasparente con già dell’acqua dentro, così Emma andò a posarvi la rosa e si girò ad osservare il pirata, che stava finendo di preparare la colazione, creando un dolce profumo nell’aria.
“Killian, non dovevi…”
Iniziò lei dolcemente, avvicinandosi a lui, girato di spalle ai fornelli. Gli cinse la vita con le braccia, per poi posargli un bacio sul collo.
“Non posso farti una sorpresa?”
Chiese lui tra il serio e lo scherzoso, impegnato a girare una frittella. Lei lo aiutò, poiché vedeva che con quella era particolarmente in difficoltà.
Quando finalmente fu pronta Uncino prese il piatto e l’aggiunse alle altre, per poi prendere Emma per mano ed accompagnarla a sedere.
“Lo hai fatto perché sai che giorno è oggi, ammettilo”
Lo prese in giro Emma, minacciandolo con la forchetta.
“No Swan. Non è per quello. Avevo solo voglia di stare con te e questo succederà più spesso di quanto tu immagini”
Lei lo guardò confusa, non capendo bene: quelle erano cose che si facevano per occasioni speciali. Uncino sembrò intuire i suoi pensieri e le si sedette di fronte, sorridendole.
“Emma, questo può accadere tutti i giorni”
“E’ il tuo modo per dirmi: noi non festeggiamo, questo è sempre?”
Emma diventò improvvisamente incerta e timida. Uncino si sciolse davanti alla sua dolcezza e alzandosi andò a baciarla, sollevandole leggermente il mento con la mano.
“Esatto, noi non festeggiamo oggi, ma lo facciamo ogni giorno”
Emma lo strinse a sé, baciandolo fino a non avere più fiato.
All’improvviso il telefono suonò, interrompendo quel loro momento.
“Fai in fretta, altrimenti si raffredda tutto”
Le disse Uncino, iniziando a mangiare. Emma annuì, alzandosi in piedi e andando a rispondere.
“Emma, se vuoi puoi prenderti un giorno libero”
Suo papà. Di sicuro sua mamma gli aveva parlato del fatto che lei non volesse festeggiare con il pirata il loro amore e subito si erano messi in azione. Eterni romantici, non si fermavano mai davanti a nulla.
“E perché non dovrei venire?”
“Ehm…”
A quanto pare Biancaneve non aveva istruito al meglio il Principe Azzurro.
“Ci vediamo tra poco, papà”
“Emma, ma davvero, oggi non vuoi…?”
“No, e se c’è la mamma lì con te, dille che noi non festeggiamo”
Emma sorrise e mise giù il telefono, girandosi a guardare il suo pirata che divorava le frittelle.
Già, loro non festeggiavano.

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Capitolo 3
*** Marzo: dondola ***


Dondola.
Dondola, semplice e leggera.
Avanti e indietro.
Cielo e terra che si alternano, tra i rami degli alberi e le foglie che scorrono davanti a lei.
Pensieri e sospiri, si può lasciar andare in quel semplice gesto, in quel tornar bambina.
Sposta le gambe in avanti, poi al culmine della sua salita piega le ginocchia, mentre con un leggero movimento del busto accompagna il tutto.
Ha i capelli sciolti, Emma Swan, come quando era bambina e si lasciava dondolare per interi pomeriggi, pensando alla sua famiglia, creando ricordi finti di una vita che non era la sua.
Si sente all’improvviso dare una spinta, una mano sulla schiena per pochi secondi.
La forza calibrata, e lei nell’arco della salita che si gira, impreparata a quel tocco.
Sorride: Uncino la guarda, il volto rilassato e i capelli leggermente scompigliati dal vento.
Emma cerca di fermare l’altalena, vuole scendere, ora che lui è arrivato.
“No” gli arriva alle orecchie, una parola quasi sussurrata, in modo roco.
E lei capisce, e si lascia spingere, mentre il vento attorno a loro crea una piccola bolla, uno spazio dove la pace dimora e così Emma Swan si lascia cullare: vento, altalena, alberi, cielo.
Ma la cosa che sente più chiaramente è la mano del suo pirata sulla schiena.
E ricordi, pensieri: di quando tornerà a casa, di chi vi sarà, di Henry, dei suoi genitori.
Pensa al pirata dietro di lei e sorrise, gli occhi chiusi. Ora è completa.
Mai la primavera le si era rivelata in tutto il suo splendore finché non aveva capito veramente chi era.



Nota dell'autrice: lo so, è breve. Avevo scelto il tema dell'altalena perchè io l'adoro. All'inizio volevo fare una storia più lunga, diversa, ma poi mi è venuta questa piccola ispirazione e spero vi possa piacere come è piaciuta a me.

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Capitolo 4
*** Aprile: Pigiama Party ***


Emma stiracchiò le membra, sbadigliando rumorosamente.
Cercò di aprire gli occhi ma la troppa luce glieli fece chiudere subito.
‘Chi avrà tirato su le tapparelle?’ si chiese sbuffando. Certo, una leggera luce soffusa le piaceva di mattina, ma così era troppo.
“Buongiorno Swan”
Uncino entrò in camera con un bicchiere in mano. Emma sbucò da sotto le coperte, il suo rifugio dal sole.
“Umm luce” fu l’unica cosa che riuscì a dire.
Sentì Uncino tirare le tende: la luce si fece più ragionevole e lei si scoprì.
“Dormito bene?”
Sentì il peso di lui sul letto, voltando poi lo sguardo e osservandolo bere.
“Pensavo quello fosse per me”
“Oh no! Il tuo ti aspetta di sotto”
Uncino sembrava stranamente assorto. Emma cercò di parlare ma lui continuava a fissare un punto sul muro, annuendo di tanto in tanto.
“Che cos’hai?” Emma si arrampicò sul letto e lo raggiunse, abbracciandolo.
Non riusciva a capire questo suo comportamento: solitamente la mattina la riempiva di baci e le dava sempre il buongiorno con il sorriso, a volte un po’ addormentato.
“Io non ho un pigiama”
Emma lo guardò, le braccia avvolte attorno al suo collo e la faccia stranita.
“Scusa?” non trovava il senso di quello che lui aveva appena detto.
“Devo ancora abituarmi ai vostri vestiti, ma non ho un pigiama. Diciamo che il resto l’ho preso”
“E perché mai avresti bisogno di un pigiama? Mi piace come dormi”
Un sorriso malizioso salì alle labbra di Emma, sapendo che il pirata dormiva a petto scoperto con un semplice paio di pantaloni morbidi che gli aveva regalato lei. A volte però anche quelli gli davano fastidio.
“Oh, lo so che quello per te non è un problema!” la stuzzicò lui, mentre si sporgeva a baciarla, buttandola con la schiena sul materasso.
“Mi aiuteresti a comprarne uno?” tornò però all’attacco dopo un paio di minuti.
Emma sbuffò, non capendo.
“Ok, perché questa mattina sei così fissato con il volere un pigiama? Vuoi per caso andarci in giro?”
“Esatto!”
Uncino si tirò su dal letto e iniziò a camminare per la stanza.
“Ma non so come dovrei prenderlo, anche se nero penso sia la cosa migliore. Insomma, mi fa risaltare gli occhi quel colore”
Anche Emma si alzò, cercando di andare verso l’armadio per cambiarsi. Scosse la testa e dopo essersi sfilata il proprio pigiama corto glielo lanciò.
“Prova questo, Capitan Pigiama!”
“Ehi, non mi prendi sul serio!” disse lui prendendo al volo il pigiama di lei e passandovi sopra il pollice, pensando a quanto era bello toglierglielo.
Ancora in biancheria, Emma si girò a parlargli, mentre cercava di mettersi i pantaloni e una maglia.
“Ora: spiegami il perché di questa fissa improvvisa”
“Non te ne ricordi proprio, vero?”
Emma scosse il capo, guardandolo confusa.
“La festa di paese, data così a caso: il Pigiama Party, mi sembra di aver capito”
Emma saltò sul posto, iniziando a vestirsi più velocemente.
“Oddio, è vero! Come farei se tu non mi ricordassi certe cose?! Oggi devo controllare che tutto sia sicuro”
Qualche settimana precedente si era sparsa per Storybrooke quell’idea, e tutti si erano organizzati per allestire una festa in piazza dove bisognava presentarsi in pigiama.
All’inizio Emma ne era rimasta un poco sconvolta e aveva scosso il capo con gli occhi spalancati, non ancora abituata alle idee di quella strana gente. Però sempre di più stava imparando a conoscerli, a capire che in questo mondo per loro ogni cosa era motivo di festa e che una cosa simile non era mai stata fatta e allora le sembrò un’idea carina. Fino a che non se ne dimenticò.
“Allora, questa mattina lavoro, ma ti prometto che oggi pomeriggio ti accompagnerò a prendere un pigiama”
Emma si avvicinò ad Uncino e lo baciò. Questo la strinse a sé, sussurrandole poi qualcosa nell’orecchio.
“Lo sai vero che una volta arrivati a casa i nostri pigiami finiranno sul pavimento?”
“Non vedo l’ora”
Detto questo Emma lo salutò ed uscì.
 
          °°°°°°°°°°
 
La mattina era stata una corsa continua: tutto era pronto per la festa, che si sarebbe tenuta la sera stessa.
Ora Emma stava aspettando che Uncino uscisse dal camerino con il primo pigiama che avevano scelto.
“Come fate a dormire con queste cose?”
Emma ridacchiò, sapendo bene quante volte durante la notte i suoi pantaloni finivano fuori dal letto, ma poi veniva ripresi per un leggero freddo, a volte.
“Forza, esci” lo incitò Emma, curiosa.
Sentì uno sbuffo provenire dal camerino e cercò di trattenere un risolino. Quando Uncino aprì la porta Emma scoppiò in una risata incontrollata.
Lui la guardo male e fece per tornare dentro quando lei lo fermò, prendendolo per un braccio.
“Vieni con questo, tutti ti noteranno!”
Osservò il pigiama e continuò a ridere: era blu scuro pieno di ancore bianche sopra, ma addosso al pirata sembrava solo un bambino troppo cresciuto che voleva giocare a navigare.
“Sei una pessima consigliera, Swan. Prendiamone uno nero, sarò molto più a mio agio”
Così Emma lo accontentò, sapendo che alla fine avrebbe comunque ceduto. Gliene portò uno nero con dei lacci morbidi all’altezza del petto, al posto dei bottoni.
Quando Uncino si fece vedere con quel pigiama Emma esultò.
“E’ perfetto. Speriamo la festa finisca in fretta” gli fece l’occhiolino.
 
          °°°°°°°°°°
 
La piazza era piena di luci e musica, bancarelle con tisane e tea, dolci e qualunque cosa potesse ricordare un pigiama party.
“E’ tutto così strano”
Uncino le stava vicino, non sentendosi propriamente a suo agio. Eppure si divertirono, ballarono con gli altri e tutto andò per il meglio.
Quando rientrarono in casa erano stanchi, ma almeno non dovevano cambiarsi.
“Devo ammettere che avete tuti fatto un buon lavoro”
Uncino si chiuse la porta principale alle spalle e volò a prendere Emma in braccio. Questa rise contenta.
“Ed ora, capitano, ha qualcosa in mente?”
Lui annuì, sfilandosi la maglia del pigiama e lasciandola cadere a terra.
“Continuo a pensare che i pigiami non facciano troppo al caso mio”
Emma lo seguì, pensando la stessa cosa.
E che quella feste poteva ripetersi, come quel finale di giornata.





Nota dell'autrice: scusate il ritardo nella pubblicazione ma questo mese, devo ammetterlo, mi mancava l'ispirazione. So che magari non è un'idea molto originale, ma ci tenevo a rispettare l'impegno e a non scrivere così tanto per, quindi mi son messa sotto e ho cercato di farmi venire un'idea.
Spero che anche un piccolo sorriso vi sia venuto, vi sate passati un po' di minuti in compagnia di questa coppia.
Mi piace scriver delle loro azioni quotidiane, me li fa sentire più vicini.
Ricordatevi di passare sulla pagina autrice per rimanere sempre aggiornati sulle storie e su quando le pubblicherò, e rimanere in contatto!

Al mese prossimo!!

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Capitolo 5
*** Maggio: Pranzo in nave ***


Uncino stava guardando davanti a sé, la mano posata sul parapetto della Jolly Roger e l’altro braccio abbandonato lungo il corpo.
Stava aspettando Emma, si erano dati appuntamento lì, lontano dagli occhi di tutti.
Lei arrivò poco dopo, una maglia leggera che le svolazzava sulla vita e una sporta tra le braccia. Adorava stare sulla nave sola con Killian, era il Loro posto, dove potevano stare soli ed essere completamente loro stessi. Era il luogo dove lei spesso lasciava cadere le sue barriere.
“Swan, cos’hai lì?” le chiese lui appena Emma salì sulla nave e lo salutò.
“Ho preparato da mangiare. Non ho voglia di tornare a casa, o fermarmi dalla Nonna per pranzo”
Emma gli sorrise, andando a sedersi sulle scale di legno e posando il sacchetto accanto a lei.
Subito Killian fece per andare a sbirciarne il contenuto, ma Emma fu più veloce e gli bloccò l’uncino.
“Non ancora” Emma si alzò e andò ad abbracciarlo, abbandonandosi tra le sue braccia.
Lo prese poi per mano e andarono dove Uncino stava guardando il mare fino a poco prima. Emma gli strinse un po’ di più la mano e gli posò la testa sulla spalla, sospirando, facendosi improvvisamente seria.
“Com’è essere tornati? Come ti senti?” gli chiese, alzando lo sguardo su di lui.
Uncino s’irrigidì un poco, per poi rilassarsi: gli faceva male pensare a com’era morto, quello che entrambi avevano dovuto affrontare, alla sofferenza di Emma e alla sua. Non dava colpe a nessuno, doveva succedere tutto quello e adesso erano nuovamente insieme, felici.
“E’ bello, eppure a volte sogno di trovarmi ancora nell’Oltretomba.” Killian si girò verso Emma, prendendole il volto con la mano, posandovi sopra una carezza e fissandola negli occhi.
“Grazie per essermi venuta a prendere. Dopo tutto quello che avevo fatto, tutto quello che era successo avrei capito il tuo bisogno di andare avanti”
“No. Non potevo lasciarti lì, per colpa mia. Se ti avessi ascoltato a Camelot tutto questo…”
“Emma, non è colpa tua. E’ stata l’oscurità a controllarci, eravamo pedine. Volevo solo dirti grazie. Ti amo”
Con queste parole si abbassò sulle labbra di lei, baciandola prima delicatamente e poi con più passione. Ad Emma sfuggì un risolino, contenta del suo amore e di tutto quello che erano riusciti a superare.
Finalmente tra le braccia di Killian riuscì a lasciarsi andare e pianse di contentezza, tra un bacio e l’altro.
“Allora, cos’hai portato sulla mia nave?” Uncino la guardò dopo un po’, abbracciati a fissare il mare.
“Sempre affamato eh?” lo prese in giro Emma, alzando scherzosamente gli occhi al cielo.
“E assetato. Non dimenticartelo”
Emma scosse il capo, sciogliendo l’abbraccio e andando alla sporta. Ne prese fuori due scatole: pasta e panini.
“So che magari non è molto, ma non sapevo cosa portare per il nostro primo pick nick in barca” disse Emma imbarazzata, sollevando le scatole piene di cibo.
“Stai scherzando? Qualunque cosa cucinata da te è fantastica e questo va più che bene!”
Uncino si mise subito a mangiare appena Emma tirò fuori forchette e piatti.
“Sai, mi dispiace per Regina. Forse non dovremmo farci vedere troppo attaccati in sua presenza” disse Emma ad un certo punto, posando le sue posate e fermandosi di mangiare.
Killian sollevò lo sguardo su di lei, annuendo.
“Trovo che sia una cosa giusta. Se vuoi una volta la portiamo in giro per mare insieme ad Henry ed il resto della ciurma, che ne dici?”
Emma gli sorrise.
“Sei un brav’uomo, Killian Jones. Ti amo”
A quelle parole Uncino s’illuminò e si sporse a baciarla, tenendola poi in un abbraccio.
“Anche tu Emma Swan”
Emma posò i loro piatti in fretta, sotto lo sguardo spaesato e incuriosito di Uncino.
“Cosa stai facendo?”
“Direi che per oggi abbiamo mangiato abbastanza, è ora di andare sottocoperta. Sta iniziando a tirare una certa aria!”
Uncino le sorrise maliziosamente, nella maniera che sapeva lei amava.
“Pronto a compiere i miei doveri di capitano!”
Emma scese verso la cabina ridendo, mentre Killian la seguiva.
Vi sarebbero stati altri pranzi, altre uscire in nave, ma ora contavano solo loro. Il viaggio nell’oscurità, all’Oltretomba e il ritrovarsi riuscendo a superare ogni cosa li avevano resi più uniti che mai, ora si appartenevano.




Nota dell'autrice: ormai non sto a dirvi che sono corte perchè ho poco tempo, inoltre gli esmi si avvicinano e purtroopo ho davvero poco tempo per scrivere sia per i nostri CaptainSwan che per altri fandom. Questa storia l'ho scritta d'impulso, e mi è piaciuta così com'è venuta. Non mi importa se è corta, mi premeva farli un poco parlare di quello che era successo. Mi sarebbe piaciuto farli parlare di più di Regina, ma mi tengo qualcosa per il prossimo mese se la storia me lo permette come trama.
Ricordatevi di passare sulla pagina autrice facebook, il link lo trovate sulla mia pagina autrice, così da rimenere sempre aggiornati!
Al mese prossimo!

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Capitolo 6
*** Giugno: una tira l'altra ***


Emma aveva piantato un albero appena tornata dall’ Oltretomba, le piaceva mettersi a leggere o riposarsi sotto di esso: quelli erano i suoi momenti di pace e tranquillità, in quella piccola cittadina che non sembrava volerle dare un attimo di respiro.
Ora sotto quell’albero stava sulle punte Killian, intento ad allungare il braccio per cogliere i frutti che pendevano.
Emma stava osservando da un po’ di minuti la scena dalla finestra e stava ridendo, cercando di non farsi scoprire: tutto era troppo divertente, mai aveva visto il suo pirata bramare così tanto un frutto.
‘Forse dovrei aiutarlo’ si riscosse poi la bionda, posando il bicchiere di tea fresco. Sospirando divertita uscì alla luce del pomeriggio e gli si avvicinò.
“Tutto bene pirata?” lo schernì, posandosi di lato con la spalla al tronco dell’albero.
Killian si girò e la fulminò con lo sguardo.
“Sei comoda te lì a non fare niente!”
Emma scoppiò a ridere, per poi entrare nella rimessa e prenderne fuori uno sgabello e un secchio pulito.
“Tieni: riempiti la pancia” Emma posò gli oggetti accanto a Uncino, il quale subito salì sullo sgabello e iniziò a mangiare i frutti direttamente dall’albero.
“Killian! Portamene giù un po’. Ti ricordo che quest’albero l’ho piantato io, è mio”
“Non fare la fanfina vifiata” Killian neanche si girò, continuò solo a mangiare.
“Sembra che tu non abbia mai mangiato delle ciliegie” lo riprese Emma sedendosi a terra ed osservando il suo uomo.
“Mai così buone!”
Rimasero così per un po’, a prendersi l’aria che ogni tanto tirava sotto al ciliegio e Killian, in attimi caritatevoli, le lanciava qualche ciliegia.
“Ora è meglio se rientriamo” disse Emma alzandosi e stiracchiandosi, e senza aspettare Uncino si avviò verso la casa.
 
          °°°°°°°°°°
 
Adoravano camminare alla sera, dopo cena: si erano appena trovati con i Charming a bere qualcosa e ora stavano tornando a casa, vogliosi di mettersi a letto.
“Potremmo fare una torta con quelle ciliegie” propose Uncino una volta entrati in casa: osservava avido il ciliegio, già pronto a leccarsi le labbra per il giorno dopo.
Emma lo raggiunse scuotendo il capo.
“Si potrebbe fare. Ma sembra che oggi ti interessi solo quello”
Killian a quelle parole si girò e si ritrovò davanti Emma, in un piccolo pigiama. Sorrise, avvicinandosi silenzioso e lento.
“Le ciliegie sono il mio secondo frutto preferito. Il primo sei tu”
Emma gli sorrise, per poi allontanarsi prima che potesse toccarla. Continuò così fino alle scale poi su, fino alla camera.
“Cosa stai facendo Swan” Uncino intanto si stava togliendo la maglia nera.
“Penso che vorrei essere una ciliegia” Emma con quella parola lo andò a baciare, per poi accompagnarlo al letto.
“Posso essere la tua ciliegia?”
“Lo sei sempre” Killian andò a posarle un bacio sulle labbra, per poi trascinarla sotto le coperte.
Emma era la sua ciliegia, e lui il suo albero.
Non lo sapeva, ma lei gli aveva dato il nome Killian, perché qualunque cosa fosse successa loro avrebbero resistito sempre, forti come un albero.
 
 




Nota dell'autrice: so che sono arriva appena in tempo per questa breve ff, ma ho avuto gli esami e ho dovuto dargli la precedenza. Scusate se la storia è corta, ma mi sono comunque divertita a scriverla perchè mi immaginavo Hook che cercava di prendere le ciliegie, era un'immagine che non riuscivo a togliermi dalla testa. Come sempre spero vi abbia fatto un po' sorridere, prometto che per luglio mi impegnerò di più!!

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Capitolo 7
*** Luglio: il primo bagno ***


Gli inverni erano freddi e le estati miti, a Storybrooke, eppure era da una settimana che il caldo si era fatto insopportabile.
Piano piano i cittadini di Storybrooke si erano riuniti in spiaggia, provando una nuova attività: fare il bagno in mare. Certo, vi era qualcuno già abituato, ma per molti era una novità.
Emma ed Henry erano i più spensierati in spiaggia, per niente timorosi di mettersi in costume; Mary Margaret aveva storto un po’ la bocca ma infine accettato, mentre Regina aveva tirato su una bufera per quell’assurda moda, inoltre voleva rimanere sotto all’ombrello, decisa a non prendere neanche un po’ di sole.
Emma si stupì della facilità con cui convinse Uncino ad andare in spiaggia con lei.
“Sono un uomo di mare se non te lo sei scordato” la Salvatrice annuì e contenta attese il giorno dopo.
 
          °°°°°°°°°°
 
Emma era in riva al mare, l’acqua che le bagnava le gambe: era metà mattina e stava aspettando il suo capitano mentre il sole già caldo la baciava. Si stese e appoggiò il peso sui gomiti, tenendo il capo alzato.
All’improvviso sentì dei passi veloci dietro di lei e senza preavviso venne investita da degli spruzzi d’acqua: Uncino si stava per tuffare. Quando riemerse, poco più avanti a lei, le sorrise e le si avvicinò senza uscire dall’acqua.
“Tutti lì i tuoi vestiti?” le chiese con uno sguardo malizioso, passandole gli occhi sul corpo.
Emma invece si mise a ridere.
“Perché tu sei vestito invece?”
Uncino si alzò in piedi, immerso nell’acqua fino a metà polpaccio e si guardò con le braccia aperte.
“Cos’ho che non va?” aveva i soliti pantaloni neri ma era a petto nudo. Non capiva cosa vi fosse nel suo abbigliamento di sbagliato: doveva forse andare in spiaggia nudo?
Tutte le volte che si era tuffato in mare era vestito, anche con camicia e giacca: essere in soli pantaloni gli sembrava il massimo.
“Dovrei regalarti un costume. Nero certo” lo prese in giro Emma con l’ultima frase.
Lui sbuffò, per poi guardarsi attorno: in effetti le altre persone erano in strani pantaloni corti o due pezzi come quello di Emma.
“Ci sono cose di questo mondo che ancora non conosco e non comprendo. Mi sono sempre tuffato così e mai ho avuto problemi”
“Non sto mettendo in dubbio le tu capacità da nuotatore, penso solo che sia più comodo come facciamo noi terrestri”
Uncino la guardò con un sopracciglio alzato, prendendola in giro.
“Vieni a fare un bagno con me?” le allungò la mano e lei la prese.
Camminarono sempre più nell’acqua, fino a che non fu ora di nuotare. Uncino ogni tanto le lanciava qualche occhiata e l’ammirava muovere gambe e braccia, sorridente.
“Tutto bene?” gli chiese lei ad un certo punto, dopo aver notato qualche occhiata.
“Pensavo solo a quanto siano inutili quei pezzi di tessuto” le rispose a voce bassa lui.
Emma gli schizzò giocando dell’acqua e si persero poi a baciarsi.
“E’ ora di tornare capitano” disse poco dopo lei, ma mentre stava per nuotare a riva si sentì prendere in braccio e rise.
“Ti porto io, hai nuotato abbastanza per oggi, devi conservare delle energie”
Uncino era serio, anche se uno strano sorriso vi era dipinto sulle sue labbra. Emma non capì subito, così arrivati a riva si vestì e andarono a casa.
Aveva quasi dimenticato le parole di lui quando si sentì nuovamente prendere in braccio e condurre in camera.
“Ehi!” cercò di protestare, ma con scarsi risultati.
“Te lo avevo detto di tenere delle energie” le fece l’occhiolino lui “Anche se mi sarebbe piaciuto rimanere in acqua con te”
L’occhiata che le lanciò non lasciava dubbi. Emma lo schiaffeggiò scherzosamente.
“In mezzo a tutti direi proprio di no! Dovremmo comprarci una piscina tutta nostra”
Nel momento in cui disse quelle parole Uncino la lasciò andare sul letto e le sorrise.
“Mi sembra un’ottima idea, e ti assicuro che lì non mi servirà quello strano costume”
Senza aggiungere altro si tolse i pantaloni bagnati e raggiunse la sua Emma a letto.

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Capitolo 8
*** Agosto: stelle cadenti ***


Le notti sulla Jolly Roger erano fredde, ma sotto coperta regnava il calore.
Uncino si aggirava per la nave controllando che tutto fosse a posto, guardando dal parapetto di legno la terraferma, per poi sospirare e scendere le scale per raggiungere Emma.
Questa stava sonnecchiando sul letto, sotto molte pesanti coperte e respirava tranquilla, un respiro leggermente pesante.
Uncino si fermò sulla porta, una spalla contro lo stipite, ad osservarla: sembrava bella come non mai, stesa a pancia in giù sul suo letto e con solo la testa che per metà spuntava dalle coperte, i biondi capelli che le incorniciavano scompostamente il volto leggermente imbronciato dal sonno.
Rimase così per un po’ di minuti, per poi guardare l’ora nel piccolo orologio da taschino che gli aveva regalato Emma: tra poco l’avrebbe svegliata e sarebbero saliti a guardare le stelle cadenti.
Era una delle abitudini che non aveva abbandonato dalla sua vita da pirata: adorava salire sul ponte ad osservare le stelle che sfrecciavano nel cielo, insieme ad una bottiglia di rum per riscaldarsi.
Salì al freddo per preparare tutto: portò coperte, la sua amata bottiglia e altre coperte. Stiracchiandosi infine decise che doveva provare a svegliare Emma.
“Swan, apri i tuoi occhi. E’ ora di andare ad osservare il cielo” le sussurrò all’orecchio con un leggero sorriso sul volto.
Emma arricciò le labbra e chiuse ancora di più le palpebre, emettendo un piccolo grugnito.
Allora Uncino la scosse delicatamente per una spalla.
“Grr” Emma girò la faccia dall’altra parte, per poi tuffarla nel cuscino.
A quel punto Uncino iniziò con le maniere forti, conoscendo la sua donna: era un sasso quando dormiva. Prese la coperta e la tirò, lasciandola scoperta per metà.
“No!” Emma emise questo verso per poi arricciarsi e aprire un occhio guardando male il pirata “Ridammi le mie coperte, ho freddo” lo rimproverò con voce impastata dal sonno.
“Ti potrai ricoprire di sopra, e poi qua sotto si sta bene. Forza” Uncino le prese una mano e lei si lasciò scivolare giù dal letto con un sospiro ma anche un certo divertimento.
Appena salì le scale e arrivò sul ponte il fresco della notte la svegliò del tutto e si avvolse le braccia attorno al corpo.
“Vieni, ho già preparato le coperte” le disse Uncino, per poi condurla al piccolo giaciglio che aveva costruito con tanta cura.
Emma subito tornò sotto le molte coperte, prese la bottiglia e ne annusò il contenuto.
“Wow, e questa dove la nascondevi?” lo prese in giro, per poi prenderne un piccolo sorso e scrollare infine il capo per il sapore intenso della bevanda.
Uncino rise, mentre si sistemava vicino a lei.
“Viene dalla mia scorta personale, per le occasioni speciali”
“E questa lo è?”
“Sempre. Quest’anno ancora di più, perché sei qua con me”
Gli occhi di Emma luccicarono, e non per il sorso di rum: Killian sapeva essere veramente molto dolce, e lei lo amava e aveva imparato ad accettare ogni suo lato, ma più di tutto aveva accettato il fatto di poter amare ancora, di poter avere una persona al suo fianco e ora non aveva più paura di dirglielo: era stato un percorso difficile, ma doveva solo dire grazie a lui per non aver mai mollato ed esserle sempre stato accanto, a volte quasi insistente.
Sorrise a quei pensieri e si sporse a baciarlo dolcemente. Uncino rispose con trasporto, posando velocemente la bottiglia a terra e prendendo Emma tra le braccia, facendoli sdraiare.
“Ti amo Emma Swan”
“Ti amo anch’io Killian”
Lui la strinse forte a sé: avevano affrontato tanto e non voleva più perderla; sorridendo tra sé pensò che era questo che voleva chiedere alle stelle quella sera.
Entrambi presero un altro sorso di rum e poi si sdraiarono, pronti ad indicare ogni stelle cadente che vedevano.
Le ore passarono veloci, la stanchezza completamente sparita, la bottiglia con il liquore a metà.
“Ho vinto io” urlò Emma ad un certo punto. Uncino le fece il solletico “Non è un gara! E comunque solo perché le indicavi prima di me, e hai anche barato!”
Emma si dimenava come non mai, mentre le risa le uscivano spensierate.
Entrambi si sentivano finalmente liberi da ogni cosa, senza pensieri. Erano liberi di essere loro stessi, di godersi quel momento senza dover pensare al giorno dopo o ad altri.
“Grazie per essere qui con me” sussurrò Uncino.
Emma si fermò, stesa sotto di lui.
“Non vorrei essere da nessun’altra parte”
Si baciarono e si addormentarono abbracciati; dopo non molto tempo l’alba iniziò a colorare il cielo e ad avvolgerli.
Si svegliarono a metà mattina, per niente disturbati dalla luce del sole: la loro prima notte di stelle cadenti, e poi vi sarebbe stata la seconda.
Emma si stiracchiò e guardò Uncino che si svegliava. Si alzò e andò a guardare il mare, con una gran voglia di tuffarsi. Avrebbe voluto vivere così per sempre, sulla nave del suo pirata.
Sorridendo guardò l’orizzonte e pensò che non aveva niente da chiedere alle stelle: mai avrebbe immaginato tutto quello ed era così felice e amata che non aveva bisogno di altro.
 

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Capitolo 9
*** Settembre: rosso di sera ***


Le foglie cadono lente, girano in tondo su loro stesse e infine si posano a terra, dove viene creato un manto di colori. Questo plaid tranquillizza sempre una bionda dai capelli lunghi e dalla rossa giacca di pelle, che oggi le osserva dalla finestra della sua casa con un bicchiere di vino in mano.
Si rivede bambina, un’infanzia segnata da molti episodi e molte famiglie, e da quelle foglie: si sentiva libera e bene quando ci giocava, si sentiva libera come loro e vedeva che ogni anno la accompagnavano nella sua crescita.
Da pochi anni ha trovato finalmente i suoi veri genitori, suo figlio e un nuovo amore: sorride alle foglie e beve l’ultimo sorso di vino, tranquilla come poche volte in vita sua.
Proprio in quel momento sente la porta d’ingresso aprirsi e poi subito chiudersi, quasi con violenza.
“Simpatico vento oggi” la saluta Uncino sarcastico, già avvolto nella sua giacca di pelle.
Sistemandosi i capelli e spogliandosi di quell’indumento le va poi incontro per baciarla.
Si passa la lingua sulle labbra e le sorride.
“Bevi tutta sola Swan?”
“Ti stavo aspettando”
Emma si scosta dall’abbraccio del pirata e torna alla finestra con un bicchiere in più e la bottiglia di rosso che aveva da poco aperto.
“Ho già preparato la cena, che ne dici di un po’ di tempo per noi?” lo invita così a prendere posto accanto a lei su una poltrona lì vicino e sotto un plaid, abbastanza grandi entrambi per tutti e due.
Uncino non si fa esitare e raggiunge la sua amata.
Passano la serata a bere e osservare la gente tornare a casa, le macchine passare, le foglie cadere e con loro l’autunno avanzare, insieme alla sera.
“Ho un po’ fame” esordisce ad un certo punto Emma, stiracchiandosi e quasi ribaltando il bicchiere.
“Attenta, stavi per combinare un disastro qui” Uncino le prende il polso in modo da tenerla ferma e poter posare il bicchiere su un tavolino lì accanto.
“Ma no, io volevo finirlo” mette il broncio la bionda.
Lui la guarda e sorride, alzandosi e trascinandola su con sé.
“Tu sei un po’ allegra, adesso mangiamo e poi andiamo a letto”
“Quella parte mi piace molto” Emma ammicca indicando le scale e la camera al piano di sopra.
Uncino sospira, per poi prenderla in braccio.
“Ma non avevi fame?”
“Possiamo sempre mangiare dopo”
 
          °°°°°°°°°°
 
La camera non è al buio come spesso accade: le due lampade sui comodini sono accese e donano un tenue bagliore confortevole a tutto.
“Emma, che ne dici di scendere a mangiare?” Uncino sta bene a letto con lei, ma inizia ad avere una certa fame.
Annuendo Emma si alza e una volta scesi in cucina scalda la cena.
“Sai, ho un’altra bottiglia di vino: non ci starebbe male con quello che ho preparato”
Uncino ride, per poi scuotere il capo.
“Lo sai che non dico mai di no al bere, ma che ne dici di tenerla per domani? Potremmo bercela davanti al fuoco”
Emma sorride, per poi avvicinarsi a lui e baciarlo.
“Mi sembra perfetto”
Anche a lui sembra così, ogni cosa di quel mondo gli sembra perfetta ora che è con la sua Emma.
Le stringe la mano e le bacia il dorso, pensando che avrebbe voluto trascorrere ogni sera in quel modo.
Mai l’autunno era stato così bello.







Nota dell'autrice: finalmente sono riuscita a tornare in pari con le storie, anche se per un pelo! Mi scuso veramente tanto per i ritardi nel pubblicare le storie estive, ma ho avuto molto da fare; per fortuna con il fresco torno produttiva (mi fa uno strano effetto!) e quindi prometto che per gli ultimi mesi di questa raccolta pubblicherò in tempo.
Ricordatevi di passare sulla pagina Facebook per rimanere aggiornati, e a presto con la nuova storia!

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Capitolo 10
*** Ottobre: intaglia la zucca ***


Ciccione, ecco com’erano ed Emma non trovava un’altra parola per meglio definire le zucche davanti a lei.
Ne voleva una e la scelta si stava rivelando molto difficile: cosa mai gli avevano dato i nani per farle diventare così? Si concentrò, pensò, ed infine scelse.
 
          °°°°°°°°°°
 
Killian era davanti alla finestra, intento ad osservare con il cannocchiale i dintorni. Gli piaceva durante la giornata prendersi un attimo per sé e tornare alle vecchie abitudini, lo faceva sentire bene.
Sentì la porta d’ingresso aprirsi e così andò a vedere di chi si trattava: Emma era appena rientrata con… un’enorme zucca in braccio!
Batté le palpebre ma niente, la zucca era ancora lì.
“Hai intenzione di farci mangiare quella per un mese intero?”
Emma sorrise, posando a terra la cicciona e pensò a quanto Uncino doveva ancora imparare di quel mondo.
“Bè, non è proprio da mangiare: ne faremo una lanterna. Ti presento la nostra zucca di Halloween!”
Lui la guardò sollevando un sopracciglio e poi annuendo poco convinto.
“Forza, vieni con me”
Emma gli passò davanti, diretta in cucina, non prima di averlo salutato con un bacio.
La zucca venne posata sul tavolo e la bionda, dopo aver cercato in vari cassetti, riemerse con in mano degli strani attrezzi.
“Intaglierai la tua prima zucca, sei pronto?”
“Non penso sia così complicato. Non sto ancora capendo ma ti seguo”
 
          °°°°°°°°°°
 
Era scesa la sera e in casa di Emma brillava una luce: in cucina lei e il pirata stavano lavando ogni superficie visto il disastro che Uncino aveva combinato: dopo aver ascoltato la spiegazione di Halloween e aver visto Emma aprire e svuotare rapida la zucca, aveva voluto provarci anche lui, con scarsi e disastrosi risultati.
“Però devi ammettere che come primo lavoro non è male” Killian si sollevò da terra soddisfatto, ammirando il suo lavoro appena pulito.
La zucca presentava un occhio aperto e una specie di benda sull’altro, con un sorriso storto. Ad Emma scappava da ridere, ma cercò di non demolire del tutto il pirata.
“La mettiamo fuori?”
“Certo!”
Andarono a mettere la zucca sotto al portico, vicino alla porta.
“Le servirebbe un’amica” accennò Uncino.
Emma annuì “Domani potresti venire a sceglierne un’altra con me”
Uncino le avvolse un braccio attorno ai fianchi, stringendola e dandole un bacio sulla testa. Emma a sua volta avvolse le braccia attorno alla figura di lui, sospirando.
“Grazie Killian per essere qua con me, per rendere tutto così…magico” si alzò in punta di piedi e lo baciò.
Rimasero lì a baciarsi, per poi rientrare e chiudersi la porta alle spalle.
Sulla veranda, ancora senza candela, la zucca s’illuminò: non solo le feste, ma ogni giorni sarebbe stato speciale in quella casa.
Ogni cosa che facevano loro lo era.
 






Nota dell'autrice: e' breve e corta, inizialmente volevo scrivere altro ma non sapevo come e alla fine è venuta fuori lei, spero vi piaccia comunque, io mi sono divertita :) Non sapevo bene che titolo mettere e spero che questo non si discosti molto dal racconto, scusate se non c'entra molto!
Al mese prossimo e passate sulla pagina fb per rimanere aggionati!
 
 

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Capitolo 11
*** Novembre: nebbia ***


Ormai faceva buio presto a Storybrooke, ma gli orari di lavoro erano sempre gli stessi ed Emma era davanti alla finestra dell’ufficio a guardare fuori.
Le luci erano soffuse, sempre più: stava calando una nebbia davvero fitta, di quelle che non si vedevano spesso. L’edificio di fronte stava iniziando a sparire, mentre lo sceriffo si girò a guardare l’orario. “Ancora un’ora, a quel punto non vedrò più niente”.
 
          °°°°°°°°°°
 
Killian scese dalla Jolly Roger stringendosi nella giacca di pelle. “Mi sa che dovrò abbandonarti per l’inverno” pensò. Adorava quella giacca, ma non era abituato a quel clima e sperò di trovare un qualcosa adatto a lui, che non lo facesse però sentire meno se stesso.
Gli piaceva vivere con Emma, un sorriso si dipinse sulle sue labbra al pensiero di vederla rientrare. Si frugò in tasca e sfiorò le chiavi, per poi proseguire sul marciapiede senza fare rumore.
Il pirata camminò in mezzo alla nebbia, stupendosi di trovarne una così fitta a Storybrooke ma proseguendo tranquillo: ne aveva attraversate tante, lì dentro si sentiva a suo agio.
Si perse a pensare ad Emma, ai suoi capelli tutti sparpagliati alla mattina quando si alzava e a quanto fosse dolce in quel momento, per poi cercare di riassumere il suo solito controllo. Andava tutto bene e l’amava, non poteva essere più felice di così.
Sospirando, finalmente imboccò il vialetto di casa. Chiuse gli occhi e gli arrivò al naso il profumo di Emma.
Si fermò così davanti alla porta, le braccia lungo i fianchi e gli occhi chiusi a respirare.
 
          °°°°°°°°°°
 
Emma aveva finito di lavorare e ora stava tornando a casa. La macchina era congelata e quindi rimase un poco ferma ad aspettare che si scaldasse sfregandosi le mani e lasciando uscire piccole nuvolette di fiato.
Partì piano, cercando di vedere il più possibile attraverso quella nebbia.
Dopo non molto per fortuna arrivò nel vialetto di casa e scese. Si stupì ancor di più di quel tempo, senza i fanali della macchina ad illuminare un poco attorno.
Si sistemò meglio il berretto in testa e andò verso la porta di ingresso.
Poco prima di salire i primi gradini chiuse gli occhi e annusò l’aria: vi era odore di mare, di nave, di lui. Killian.
Sorrise, facendo i pochi gradini che la separavano dalla porta ad occhi chiusi, per poi allungare la mano a toccare la superficie della porta.
Ma questa non era liscia, vi era un che di strano. Aprì gli occhi di scatto e si ritrovò davanti la schiena di Uncino, il quale nello stesso momento si girò e aprì anche lui gli occhi.
Si sorrisero, per poi darsi un veloce bacio ed entrare abbracciati in casa.
Non importava il tempo che vi era, non importava il sole o la nebbia: loro si sapevano riconoscere anche senza guardarsi.

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Capitolo 12
*** Dicembre: Buon Natale ***


Il pranzo di Natale era appena finito, tutti stavano cercando di alzarsi ma con poco successo, per poi ricadere sulle sedie e accennare un sorriso stanco, che lasciava presagire un dolce sonnellino pomeridiano.
Le lasagne di Regina erano state divorate, insieme a tutto il resto e ora sulla tavola non rimanevano altro che teglie e piatti.
“Dobbiamo trovare la forza di pulire tutto questo!” Bianca spalancò gli occhi verso il marito, il quale scosse il capo.
“Ci penseremo più tardi. Io tra poco raggiungerò Neal” disse indicando con il capo ed un sorriso il piccolo che ormai dormiva beatamente.
Si erano tutti ritrovati nel piccolo appartamento di Mary Margaret. Anche se lo spazio era poco quella casa li faceva sentire più uniti che mai.
Si salutarono, tutti felici e decisamente sazi. Emma e Uncino si avviarono a casa tenendosi per mano.
“Mai mangiato così tanto in vita mia. Ma lo fate spesso?” Emma rise alla frase di Killian.
“Solitamente una sola volta all’anno, ma se vuoi possiamo trovare anche un’altra occasione”
“Per quanto tutto fosse buono, direi che una volta sola basta” il pirata strinse a sé la Salvatrice e le diede un bacio in testa.
“L’importante è stare con te il resto dell’anno…degli anni”
Emma si tuffò nel suo petto e lo tenne stretto, mentre la neve riprendeva a scendere su di loro. Non avrebbe mai potuto immaginare un Natale migliore.
 
          °°°°°°°°°°
 
Era scesa la sera e Emma si stiracchiò: aveva dormito per molte ore nel pomeriggio.
Un poco si rimproverò: non era da lei poltrire così tanto e cambiare i suoi ritmi, ma visto che era Natale una piccola deviazione dal solito le era concessa.
Cercò Killian accanto a lei, ma questo non c’era. Si avviò così fuori dalla camera e quando arrivò alle scale iniziò a sentire un profumo di cibo salire.
Scese curiosa, ritrovandosi in una cucina illuminata solo dalle luci di candele e da un pirata che stava finendo di sistemare.
Era in piedi che appendeva il vischio sotto la porta, dandole le spalle.
Emma tossì, per annunciare la sua presenza. Aveva gli occhi lucidi.
Killian si girò e notò tutto questo. Le allungò la meno e l’accompagnò sotto al vischio.
“Ti andrebbe?” le sorrise indicando con il capo l’oggetto sopra di loro.
Emma sapeva a cosa si riferiva: era tradizione degli innamorati baciarsi sotto al vischio. Annuì, gli occhi sempre più lucidi.
Uncino le prese il volto tra le mani e le diede un lungo e dolce bacio.
Quando si staccarono Emma lo abbracciò e poi si voltò a guardare la cena che lui aveva preparato per loro.
“Tranquilla, è più leggera di oggi”
Emma rise, andando verso il tavolo, mentre la pancia le gorgogliava un po’: quello che lui aveva preparato sembrava buonissimo.
“Buon Natale” Killian le diede un altro bacio per poi ordinarle di sedersi e iniziare a portare in tavola i piatti.
“Buon Natale a te” Emma di raggomitolò sulla sedia, immersa nel suo pigiama, già con la mente dopo cena e sentendosi più felice e completa che mai.






Nota dell'autrice: sono riuscita ad arrivare proprio a pelo dell'anno e mi scuso, ma ho avuto dei problemi tra i quali la linea internet che non voleva saperne di andare. E' stato bello partecipare per un anno intero a questa iniziativa, non sempre è stat facile trovare l'ispirazione e mi scuso per le storie corte (tipo questa). Il mio scopo, anche se in piccolo e a volte banale, era quello di rappresentare piccoli momenti di vita quotidiana di questa coppia che amo da anni. Chissà cosa ci riserverà il futuro e la nuova parte di stagione, speriamo il meglio per loro. 
Con qeusto vi ringrazio per aver seguito la mia raccolta e vi auguro un buon anno nuovo!

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