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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Dear Sweet Girl *** Capitolo 2: *** A Kiss without Reason *** Capitolo 3: *** Totally Unpredictable ***
Era
già trascorso un anno dall'ormai passato Campionato Nazionale
e l'intera squadra dello Shohoku si scoprì parecchio
elettrizzata per il nuovo anno che li aspettava e per le nuove
matricole che si sarebbero iscritte al club di Basket. Ma,
soprattutto, tutti quanti i membri si ritrovarono piuttosto scossi
dell'inevitabile mancanza del Capitano Akagi, del Vice-Capitano
Kogure e della Guardia Mitsui Hisashi. Per loro, difatti, l'anno
precedente era stato anche l'ultimo, sebbene il loro sogno d'arrivare
al Campionato si fosse avverato, e il rossino non faceva altro che
pavoneggiarsi e farsi bello ogni qualvolta che ne aveva l'occasione.
Perché quell'anno, Sakuragi Hanamichi lo aveva giurato sul suo
onore di Genio del Basket: lo Shohoku sarebbe stato più forte
che mai, senza eguali; inarrestabile e così fortemente letale
da accaparrarsi il primo posto assoluto su tutte le classifiche.
–
Che palle! –
pensò fra sé e sé il numero dieci, sbuffando e
tenendo le forti braccia incrociate al petto.
Ora
che quell'idiota di Rukawa Kaede era diventato il nuovo Capitano
dello Shohoku, ad Hanamichi pareva più insopportabile e
deficiente di prima.
Certo,
egli medesimo era migliorato parecchio dallo scorso anno ed era
addirittura diventato Vice, ma Rukawa lo superava sempre di gran
lunga: tra i due c'era una specie di competizione (forse solo da
parte di Hanamichi, se proprio vogliamo dirla tutta) e quando il
rossino era ad un passo dal superare l'ex Super Matricola,
quest'ultima sembrava diventare ancora più esperta e luminosa
agli occhi del pubblico; soprattutto da parte di quello femminile.
“Maledetto
Rukawa” borbottò Hanamichi, ticchettando le dita sui
muscoli degli avambracci e incurvando le labbra in una smorfia
infastidita “Vedrai, questa volta non la passerai liscia!”
Probabilmente
quel dannato si era addormentato da qualche parte come al suo solito,
ma proprio in quel giorno, Hanamichi, non lo avrebbe tollerato
nemmeno se ai suoi piedi si fosse prostrata quella dolce ed innocente
femminea figura di Akagi Haru...
“Ciao,
Hanamichi!” lo salutò all'improvviso la sorella del
Gori, sfoggiando un piccolo sorriso sulle labbra.
Sakuragi
arrossì sino alle orecchie e velocemente balzò in
piedi, poiché s'era messo seduto sullo scalino basso che
adornava l'entrata della palestra “Ma salve, Harukina mia! Come
mai da queste parti?” fece egli, grattandosi dietro la nuca
scarlatta “E' passato davvero tanto tempo dall'ultima volta che
ci siamo scontrati, non trovi anche tu? Eh-eh! Il gorill... Cioé,
tuo fratello come sta?”
Haruko,
tenendosi le mani dietro la schiena e sorridendo gentile gli rispose:
“Quel gorillone di mio fratello se la sta cavando. Sai, ora
che ha iniziato l'università è davvero tanto
indaffarato. Non si scolla mai dai libri, e i suoi allenamenti
ultimamente sembrano duplicati per dieci: non so proprio come ce la
faccia. Devo dire che lo invidio un po'!”
Hanamichi
annuiva ma sentiva ogni parola fuoriuscire dalla bocca della bruna
totalmente ovattata dalla celestiale visione del di lei volto e di
quegli occhi così belli e penetranti,
“Beh,
lo immagino!” disse d'istinto il nuovo Vice-Capitano dello
Shohoku, ridacchiando come un perfetto idiota.
Haruko
rise, “Ho sentito che oggi dovrebbero arrivare le nuove
matricole” affermò ella “Sei euforico all'idea di
insegnare loro tutto ciò che sino all'anno scorso era un
mistero anche per te, vero? Io al tuo posto non starei più
nella pelle!”
“Oh,
sono tutto una frenesia, devi credermi!” esclamò il
rossino, annuendo più volte e dandosi un piccolo pugno sul
petto, come per dire: 'non
preoccuparti, Harukina mia. Io non sono come quello scemunito di
Rukawa: è il momento giusto per notare il grande e ficone
Genio del Basket Sakuragi Hanamichi, sempre e per sempre al tuo
servizio, a te che sei la più splendente tra le stelle del
firmamento!'
Haruko
emise un risolino ma non passarono nemmeno pochi secondi che lo
sguardo le si illuminò e le guance assunsero una tonalità
più accesa; il cuore aveva cominciato a palpitarle
freneticamente, quasi faceva fatica a respirare per quanto veloce
andava il suo battito cardiaco.
“E-ehilà,
cucù...!” ella salutò la figura dietro ad
Hanamichi, la quale, non appena sorpassò il rossino, si limitò
semplicemente a lanciarle un'occhiata ricolma si sufficienza,
spingendo poi con noncuranza il portone che portava alla palestra,
per poi scomparire oltre la soglia.
Hanamichi
si sentì ribollire dalla rabbia: come si era permesso di
trattare in quella maniera la dolce e gentile Haruko!? Adesso stava
superando davvero ogni limite!
“Oi,
bastardo!” il Vice richiamò il Capitano e con un secco
tonfo sbatté il palmo della mano destra su una della larghe
ante, prima che essa si richiudesse “Giuro che ora ti gonfio!”
Ma
nonostante quelle evidenti provocazioni, Rukawa sembrò
ignorarlo e velocemente si diresse verso gli spogliatoi, cosicché
potesse togliersi l'uniforme scolastica per poter indossare,
finalmente, la sua tenuta da Basket.
“Dai,
Hanamichi, calmati! Davvero: non ti devi preoccupare! Dico sul
serio!”
Non
appena le parole della bella Haruko sfiorarono i canali uditivi del
rossino, quest'ultimo sembrò come rinato; così sereno
che persino Buddha in persona avrebbe potuto fargli una pippa a tre
mani, già che c'era!
“L'importante
è che tu stia in pace con te stessa, Harukuccia cara!”
“Sei
davvero un buon amico gentile ed affidabile, Hanamichi!”
Possibile
che non arrivasse a comprendere l'ovvia evidenza, quella ragazza?
*
* *
L'allenamento
con le matricole non stava procedendo affatto male: Fudo Kentaro era
ovviamente del primo anno e sebbene fosse un po' basso aveva del
potenziale da poter sviluppare col tempo.
'Allenamento
e tanta dedizione', sicuramente Takenori se ne sarebbe uscito in
tale maniera, se fosse stato lì con loro; il loro ormai ex
Capitano era una persona tenace e volenterosa, sebbene di veramente
poca pazienza se gli si parevano dinnanzi degli elementi come ad
esempio un certo rossino di nostra conoscenza.
Kentaro
aveva un torace ben definito, le gambe slanciate ed atletiche:
difatti egli era anche veloce e abbastanza agile. I suoi capelli
erano d'un bianco chiaramente innaturale e i suoi occhi erano
colorati d'un intenso verde prato.
“Ma
cosa stai facendo, mezzasega?!” sbottò d'un tratto
Hanamichi “Devi piegarle, quelle gambe! PIEGARLE!”
Kentaro
sbuffò infastidito, giocherellando sfacciatamente col piercing
sotto al labbro e facendo in quell'esatto momento un bel canestro da
tre punti.
L'albino
portò una mano su un fianco e poi sollevò le nere
sopracciglia “Piaciuta la mia 'piegata di gambe', Capo?”
Ormai
Hanamichi ne era certo: quella matricola doveva essere ammansita il
più presto possibile. Se no chissà cosa avrebbe potuto
combinare, se gli avessero lasciato così tanta libertà! “Ma
che diavolo stai facendo?!” sbottò Kentaro “Sei
impazzito o cosa, vecchio?!”
Hanamichi
lo aveva appena intrappolato in una stretta morsa fortemente rude,
quindi il ragazzo si chiese se non avesse sbagliato club o cosa: mica
erano su un ring di boxe!
“Che
noia” intervenne Miyagi, volgendo lo sguardo sulla seconda ed
ultima matricola “Non darci peso: ti ci abituerai presto”.
“Non
preoccuparti, tutto sommato sembrate tutti molto simpatici” lo
rassicurò, abbozzando un lieve sorriso, colui che portava il
nome di Godai Ren: un alto ragazzo dai capelli biondo cenere, il
quale portava sul naso dei tondi occhiali che offuscavano quasi il
poterlo scrutare direttamente negli occhi.
Alle
medie si era preso il titolo di “Mr Stratega”, poiché
ogni proposta ch'aveva da suggerire alla squadra si rivelava poi
essere quella vincente: d'altronde Ren aveva una buona e perspicace
osservazione per quanto riguardava ciò che lo circondava.
Haruko
era rimasta a guardare la squadra allenarsi di fronte alla soglia
della palestra, laddove aveva una perfetta visuale dell'intero campo
e soprattutto dell'atletico ed aitante Rukawa Kaede.
Spesso
si ritrovava a fantasticare su quel corpo scolpito e perfetto, e
perfino in quel momento che ce l'aveva a pochi passi dal naso, ella
non faceva altro che sognare ad occhi aperti.
Tuttavia,
una voce parve portarla alla realtà: “Chiedo scusa”,
era un tono gentile e candezato, intriso di estrema dolcezza “E'
questo il club di Basket, giusto?”
Fu
così che ogni membro dello Shohoku fermò ogni cosa
stesse facendo per rivolgere la propria attenzione a chi aveva porto
loro quell'inaspettata domanda.
Hanamichi
e Miyagi arrossirono di colpo, sentendosi particolarmente a disagio
di fronte a così tanta gentilezza dettata da una ragazza così
carina. Perfino le matricole, ed anche la stessa Haruko, non poterono
che avvertire una certa soggezione.
Solo
Rukawa parve restare impassibile e composto, egli infatti si limitò
semplicemente a guardare la sconosciuta di sottecchi.
“Sì,
è questo il club di Basket!” esclamò prontamente
Ayako, che sino a quel momento era rimasta a guardare la partita in
disparte, in un angolo remoto del campo “Tu devi essere
Moroboshi Midori, la Capo Cuoca del club di Cucina!”
La
riccia sorrise, ormai faccia a faccia con la fanciulla.
Midori
rise cristallina, inclinando leggermente il capo pel di carota da un
lato: tra le mani teneva un vassoio ricolmo di biscotti ricoperti con
gocce di cioccolato “Oh, mi dispiace aver disturbato il vostro
allenamento” ella parve davvero dispiaciuta, sembrava come se
avesse attorno a sé un'aura candida ed immacolata, pura e
superiore a qualsiasi angheria o insulto esistente sul pianeta terra.
“Ma
abbiamo fatto davvero così tanti biscotti che ho pensato che
forse avreste avuto un po' di fame” disse tranquillamente ella,
sorridendo pacata.
Hanamichi
le si avvicinò, mettendosi di fianco ad Ayako “Ma non ti
preoccupare!” le disse lui, ridacchiando “Se posso dirlo,
a me era venuta una certa fame!”
Midori,
dunque, tese il vassoio verso il rossino: in quel momento in palestra
scese il più completo silenzio, Hanamichi fece per prendere un
biscotto ma Ayako lo colpì sulla nuca con il solito ventaglio
di carta, facendo però sobbalzare la giovane fanciulla dai
capelli fulvi, che per il colpo aveva alzato le braccia in aria,
facendo volare il vassoio che fu poi recuperato da Haruko, la quale,
velocemente, con una certa maestria (presa giustamente dal panico),
riuscì a far atterrare i biscotti sull'acciaio della
superficie del vassoio.
La
castana sospirò sollevata e quando rialzò gli occhi
vide Midori inginocchiata innanzi ad Hanamichi, con le mani sulle
guance “Oh, cielo! Ayako-san, forse non avresti dovuto colpirlo
così tanto forte...!” disse Midori, dando dei piccoli
colpetti sulle guance del Vice per destarlo un attimo dal colpo (che
non pareva essere stato così tanto forte, tra l'altro) che il
rossino aveva appena subìto dalla bella Ayako.
“Non
preoccuparti, vedrai che si riprenderà in fretta”
affermò Miyagi, arricciando il naso.
Sbagliava,
o Hanamichi stava avendo una fortuna alquanto sfacciata, con la testa
poggiata sulle gambe della graziosa e cordiale Midori?
“Io
lo porto in infermeria, sono davvero tanto preoccupata!” fece
la fulva, alzandosi e, con una forza sovra-umana, si caricò il
Vice sulle spalle.
“Tieni
duro, Sakuragi-san. Non abbandonarci proprio adesso!”.
“Ma
guarda te che pezzo di...” Kentaro osservò Midori
correre via con Hanamichi buttato a peso morto sulla schiena d'ella,
dunque tutti i presenti si chiesero come facesse una tale gracilina
ad avere così tanta forza nelle braccia all'apparenza tanto
esili, per portarsi addosso uno stangone di quasi uno e novanta di
altezza.
Fu
proprio allora che Rukawa Kaede prestò tutta la propria
attenzione verso la gentile ragazza dai lunghi capelli rossi: questi
erano legati da un leggero fiocco giallo a pois bianchi, in una
deliziosa coda bassa che le ricadeva sinuosamente sulla spalla
destra.
Ciononostante,
egli non disse alcunché e riprese gli allenamenti come se
nulla fosse, facendo capire agli altri di fare lo stesso;
specialmente alle nuove matricole.
Haruko
rimase impietrita, Ayako aveva la bocca spalancata e le due non
poterono che scambiarsi uno sguardo incredulo su quanto accaduto.
In
quell'attimo, Nozomi, il ragazzo corpulento degli amici della gang di
Hanamichi, fece la sua entrata in scena “Si può sapere
cosa sta succedendo?”
Yohei
si mise di fianco all'amico “Abbiamo appena visto Hanamichi che
se la spassava beato sulla schiena di una bella tipa. Perciò
ci siamo insospettiti”.
“Ma
lo avete dopato o cosa?” intervenne Noma.
“So
io cosa gli si è auto-dopato, a quel ninfomane da strapazzo!”
ribatté Yuji, sghignazzando tra sé e sé.
“Uffa,
e dire che quella fighetta l'avevo adocchiata prima io...!”
sbuffò Nozomi, tirando su col naso.
“Tanto
non ti si sarebbe filata comunque” rise Yohei, travolgendo
tutta la gang che cominciò a sbeffeggiarsi del povero Nozomi.
“Si
vede che non conoscete Midori!” ribatté seccata Ayako,
assottigliando lo sguardo “Penso sia una della ragazze più
innocenti e dolci che io conosca. Se dovesse scaricare qualcuno, lo
farebbe con il massimo garbo e gentilezza, per non ferire
ulteriormente l'interlocutore.
D'altronde,
so che ha non pochi ammiratori, qui a scuola”.
“Orca”,
sbottò Yuji “Fortunato chi se la piglia!”
In
quell'istante ci fu un silenzio generale, che sfociò quasi nel
lugubre: i volti dei ragazzi si impallidirono, mentre Haruko cercava
di capire il senso del discorso degli amici di Sakuragi, il quale
pareva in qualche modo sfuggirle.
“QUINDI
OGGI HANAMICHI POTREBBE CUCCARE?!”
Fu
l'urlo sorpreso che la gang cacciò dalle loro labbra, gli
occhi sgranati e alquanto sorpresi al sol pensare ad una cosa del
genere.
“Ma
io con chi ho parlato, sino ad ora?” domandò retorica
Ayako, sbattendosi una mano in fronte.
“Idioti”
mormorò Miyagi, che assieme alle matricole ed a Rukawa aveva
ormai ripreso ad allenarsi.
Quest'ultimo
era diventato più taciturno di quanto già non fosse in
realtà.
*
* *
“Ti
sei svegliato finalmente” fu il dolce risveglio che condusse
Sakuragi nel mondo dei vivi e, per un attimo, gli parve che quella
soave voce appartenesse alla sua adorata Haruko.
Al
suo posto, ritrovò la graziosa Midori, che con i suoi occhioni
azzurri, stava vegliando su di lui sino ad allora; là, in
quella silenziosa infermeria “Ti senti meglio, adesso?”
La
cosa buffa era che Sakuragi aveva sbattuto violentemente la fronte
sul pavimento a causa del colpo del ventaglio-assassino di Ayako, per
questo aveva perso i sensi. Non per altro: assolutamente no, e poi
ancora no! Tuttavia, trovò molto gentile il gesto di Midori,
nessuna ragazza aveva mai fatto una cosa del genere per lui, quindi
si rivelò anche piuttosto sorpreso della cosa.
Ma
nonostante quello che i suoi amici avevano pensato, non fece niente
con la dolce fanciulla dai lunghi capelli rossi, anche perché
nel suo cuore c'era già una ragazza e lui non aveva intenzione
di tradirla per nessuna ragione al mondo: poiché egli ne era
sinceramente innamorato. Questo ormai lo aveva ben compreso: peccato
che per Haruko non fosse la stessa cosa. Ella pensava costantemente
ad Rukawa; quel dannato uomo che dovrebbe vergognarsi persino di
essere ritenuto tale. Quell'insensibile ragazzo dagli occhi profondi,
infuocati di pura sfida ma allo stesso tempo anche così...
spenti.
A
Midori bastò una semplice occhiata per capirlo, ma lei non era
come le altre ragazze: a lei non piaceva Rukawa Kaede, semplicemente
era solo molto sensibile per lo stato d'animo delle persone ch'aveva
attorno, e se doveva ferirne una, faceva in modo di farlo nella
maniera più gentile che esistesse.
Ad
esempio: aveva aiutato Hanamichi, ma questo non stava a significare
che volesse provarci con lui o addirittura portarselo a letto,
sarebbe stato assurdo. Non ne era sicuramente il tipo, lei; lo si
vedeva lontano un miglio. Questo però le aveva portato un
sacco di guai, e molti malintenzionati cercavano di portarla sulla
cattiva strada o fare cose oltremodo indecenti insieme a lei,
spiacevolmente quest'ultima richiesta le veniva spesso richiesta
anche via SMS; ed ella si chiedeva come avessero fatto a risalire
proprio al suo numero di cellulare!
“Sì,
ora va tutto bene. Ti ringrazio” la rassicurò Hanamichi,
portandosi una mano dietro la nuca ed accennando un lieve sorriso.
*
* *
Hanamichi
era ritornato ai propri allenamenti e Midori si era recata nel club
di Cucina per sistemare alcune ricette per il giorno successivo. Non
appena ella ebbe finito le proprie mansioni (dopo circa due ore
buone), decise di starsene in serena tranquillità sul tetto:
come era solita fare alla fine delle lezioni.
Come
sempre lo trovò già lì e come ogni volta
sussultò, ma in quella circostanza non si aspettava proprio di
vederlo lontano dalle braccia di Morfeo: Rukawa non aveva mai fatto
caso a lei, e lei non lo aveva mai disturbato. Ma non per contraddire
il detto 'Non disturbare il can che dorme' ma semplicemente
perché è maleducazione svegliare qualcuno che sta
dormendo così profondamente.
Rukawa
guardava il vasto ed azzurrino cielo sopra ai suoi occhi blu come
l'oceano: era sereno, limpido, nuvole bianche camminavano lente e il
sole stava cominciando a togliere i battenti, considerando l'ora
ormai tarda. Teneva le mani all'interno delle tasche, un leggero
venticello gli carezzò i corvini capelli e il candido viso
come porcellana, così non poté evitare di chiudere
istintivamente gli occhi.
–
Una goduria –
pensò egli, con i muscoli del corpo totalmente rilassati.
Ormai il tetto era il proprio ritrovo personale, dove poteva
rintanarsi a riflettere e schiacciare i suoi lunghi pisolini.
Amava
la quiete, invece sopportava poco chi parlava a vanvera e senza
pensare: Sakuragi ne era la prova vivente.
Una
piccola mano sfiorò la dura ringhiera, Midori sporse un poco
il busto in avanti e si beò anch'ella della piacevole brezza
d'inizio autunno.
Rukawa
aprì un occhio e lentamente andò a squadrarla, senza
dire una parola. Successivamente, dopo un minuto buono, decise di
andare via: dunque si girò e s'avviò verso l'uscita.
Midori
si raddrizzò, volse il viso in direzione del Capitano e,
abbozzando un dolce sorriso, gli augurò gentilmente: “Spero
passerai una buona serata, Rukawa-san”.
Il
corvino si bloccò, fece spallucce e poi s'incamminò di
nuovo.
Chissà
perché non c'era quella famigliare indifferenza che tanto lo
accompagnava in casi come quelli: sebbene non l'avesse degnata d'una
risposta, c'era qualcosa che non lo convinceva...
Ad
essere onesti: non lo convinceva affatto.
*
* *
La
strada per arrivare a casa di Midori prevedeva il dover percorrere
una stradina stretta e spesso desolata, la quale portava direttamente
in città; era una scorciatoia che la fanciulla prendeva quando
il padre le raccomandava di rincasare entro un certo orario, poiché
aveva assoluto bisogno che la figlia lo aiutasse col lavoro. Il
venerdì, infatti, questo era triplicato o, nella peggiore dei
casi, triplicato per duecento.
Midori
sapeva che quella strada era assai pericolosa, (soprattutto quando i
lampioni cominciavano ad accendersi la sera) ma ella non era di certo
una sprovveduta: aveva le sue personali precauzioni.
“Ma
guarda guarda un po' chi si rivede: il mio bell'usignolo è
tornato a farci visita” si udì una voce mascolina ed
assai rude: un alto ragazzo dalla corporatura massiccia e dalla pelle
piuttosto abbronzata “Come te la passi, bocconcino mio?”
Midori
fu costretta a fermarsi, cinque omoni l'avevano accerchiata e colui
che le aveva rivolto la parola... ce l'aveva proprio di fronte.
“Buona
sera, Gatsuo-san” lo salutò la ragazza, accennando un
piccolo saluto col capo “Per favore, spostati. Vado di fretta”.
Ma
il capo della banda non sembrava tanto intenzionato a lasciarla
andare: tanto meno non in quel momento che ce l'aveva a portata di
mano: un piccolo ed innocente passerotto che avrebbe potuto
stritolare con l'ausilio di una sola mano.
“Di
già? Proprio ora che ci eravamo finalmente ritrovati?”
le domandò il ragazzo dai sottili occhi neri, avvicinandosi a
lei con lentezza “Così mi spezzi il cuore”.
Midori
si ritrovò ad indietreggiare, ma inevitabilmente finì
con la schiena attaccata al largo petto di uno dei compari di Gatsuo.
Una
rosea bicicletta sfrecciò in quella direzione e lo sguardo
aguzzo di Rukawa Kaede non poté che assistere ad una scena
alquanto raccapricciante: un armadio a due ante s'era avvicinato a
colei che pareva essere proprio Moroboshi Midori, (questa bloccata da
altri cinque tizi attorno ad ella) le sorrideva malizioso e
probabilmente, quel porco, non vedeva l'ora di sbattersela al muro.
Sicuramente avevano pure pensato di fare a turni, approfittando della
fragilità di quella graziosa bambolina umana.
“Mi
dispiace, Gatsuo” gli sussurrò Midori, mentre il
teppista aveva allungato una mano per sfiorarle i morbidi capelli;
quest'ultimo inclinò il capo da un lato e poi disse,
sbeffeggiando la giovane donna “Non hai niente di cui
dispiacerti, mia dolce Midori. Vedrai che una volta finito vorrai
subito ricominciare”.
Fu
allora che Gatsuo riuscì a toccarle un ciocca fulva (ma fu
l'unica cosa che le sue mani avessero potuto prendere, quella sera),
poiché l'abbronzato ricevette un bel due di picche con
l'aggiunta di una sana lezione: l'aria divenne soffocante e
all'istante sia Gatsuo che la sua gang urlarono dal dolore.
Midori
riuscì finalmente a liberarsi da quell'accerchiata alquanto
macabra e, di corsa, si allontanò immediatamente da quei tipi
rozzi.
Succedeva
ogni volta così: sempre la stessa storia. Gatsuo non cambiava
proprio mai; giacché Midori era sempre costretta a far uso
massimo di spray al peperoncino.
“Quella
puttana!” mugolò Gatsuo, ormai inginocchiato, le mani a
strofinare continuamente il viso e a stropicciare gli occhi che non
facevano altro che bruciagli da morire.
Rukawa
Kaede passò di lì con la sua bicicletta, guardando
quegli omuncoli senza cervello con la solita apatia dipinta in volto:
erano tutti alquanto patetici, uno per uno. Se Midori non fosse stata
così coraggiosa probabilmente egli sarebbe intervenuto in suo
soccorso, sebbene la scena a cui Rukawa aveva appena assistito lo
avesse colpito oltremodo.
Egli,
dunque, continuò a pedalare spedito, sino a ché non
centrò la bassa statura di Midori sulla sua visuale: a quel
punto rallentò, standole dietro in modo tale da non dare
nell'occhio.
Quando
si fermò, notò che ella era appena entrata da una larga
porta scorrevole, la quale venne subito richiusa dietro le spalle
d'ella. L'undici dello Shohoku scese dalla bicicletta e, spingendo
essa verso l'entrata ove la fanciulla era appena scomparsa, lesse una
curiosa insegnata dagli sgargianti colori che variavano dal rosso e
dal dorato:
Il
Drago Rosso, così si chiamava quel ristorante di Ramen &
Sushi.
Rukawa,
poi, notò anche che nei piani superiori vi erano degli
scalini, i quali portavano sicuramente a degli appartamenti; perciò
non gli fu difficile capire che il ristorante ed essi fossero in
qualche modo collegati fra loro. Molto probabilmente la finanze in
casa Moroboshi non dovevano essere delle migliori, se avevano dovuto
optare per una soluzione talmente drastica.
Dopodiché,
Rukawa Kaede, con la sua solita aria impassibile, tornò in
sella alla sua amata bicicletta e, in men che non si dicesse,
scomparve oltre le strade buie ed affollate di Tokyo.
In
quel tranquillo martedì pomeriggio, sebbene fosse autunno
inoltrato, i fiori di ciliegio innanzi all'istituto Shohoku parevano
essere sbocciati come per magia; incantati dall'innata bontà
della graziosa e gentile Midori, la quale si rivelò alquanto
sorpresa nello scorgere la rosea fioritura di quegli aggraziati
petali. Pertanto, la sua sorpresa equivaleva, invece, allo stupore
nel dover guardare negli occhi un Senpai dell'ultimo anno, che prima
di quel giorno non aveva mai avuto modo di incontrare in vita sua.
Lontano
dai due, vi era la famigerata – e stramba – gang di
Hanamichi, che appoggiata ad un muretto poco più in là,
scrutava ogni fotogramma con molto interesse.
“Scommetto
dieci yen che si mette a piangere” affermò Yuji,
mettendosi una mano sotto al mento; più che sicuro d'aver
fatto centro.
“Quindici
che gli riserva un inchino dispiaciuto” fece Yohei, le mani
ficcate all'interno delle tasche dei neri pantaloni.
“Povera
bestia” commentò Nozomi, mentre Noma annuiva a braccia
conserte nell'ascoltare la parole dei propri compagni.
Poco
dopo, un ragazzo visibilmente depresso sorpassò l'entrata
dell'istituto ove i nostri amici s'erano postati; poi
silenziosamente, questi ultimi, non poterono che fissarlo con
curiosità.
“Come
volevasi dimostrare” Nozomi rivolse l'attenzione agli altri tre
e subito dopo Yohei soggiunse: “Essere respinti gentilmente è
peggio che ricevere cento frecce ficcate sulla schiena”.
I
compari annuirono senza replicare.
“Buon
pomeriggio, ragazzi” la soave voce di Midori fece sobbalzare
l'intero quartetto, portando esso a ridacchiare imbarazzato e a
gesticolare di qua e di là con le mani “Oh, Midori-san!”
- “Come va la vita?” - “Ti vedo bene, quest'oggi”
- “Sei proprio uno schianto!”
La
fanciulla allargò un dolce sorriso, ridacchiando divertita
dalla buffa scena “Siete piuttosto euforici, noto. E' successo
per caso qualcosa in particolare?”
Yohei
scosse il capo “Oh, no, Midori-san. Cosa vai a pensare? E' una
giornata così tranquilla... Tuttavia, devo ammettere che
risulta anche parecchio noiosa!”.
“Noiosa
perché non avevamo incontrato te, mio bel fiore di loto!”
esclamò Nozomi, prendendo una mano della ragazza con
gentilezza, facendo sbattere ad ella le folte ciglia scure.
“Oh?”
mormorò lei. I tre ragazzi guardarono il corpulento compare
con le sopracciglia aggrottate, maledicendolo mentalmente per ciò
che aveva appena detto e fatto.
Noma
storse il naso, – Ma guarda un po' 'sto verme – mentre
Yuji continuava a lanciargli dirette occhiatacce – Che tu sia
maledetto, Fatzomi – ed infine Yohei, con il viso chino, si
grattava una tempia e cercava di mantenere un certo contegno.
Midori
rise, portando la mano libera vicino alle labbra, “Come sei
buffo!” esclamò. Nozomi arrossì e, lasciando
andare la mano di lei, emise una fragorosa risata, che al confronto
con quella della fanciulla risultava alquanto fastidiosa e irritante.
“Beh,
io devo proprio andare” annunciò la fulva, salutando la
comitiva con un lieve cenno della mano destra “Ci si vede in
giro, ragazzi!”
Detto
questo, la ragazza se ne andò via, scomparendo oltre la soglia
dell'entrata della scuola.
“SEI
UN INFAME!” sbraitarono Noma e Yuji contro Nozomi, il quale
continuava a ridersela sotto agli inesistenti baffi.
“Siete
solo gelosi perché Midori ha notato il mio charme!”
“Ma
quale charme; che hai più grasso che neuroni!”
s'infervorì Yuji, prendendo Nozomi per la collottola e
avvicinandosi a lui con lo sguardo assottigliato dalla rabbia.
“State
calmi, ragazzi. Midori non sembra affatto interessata al nostro
carissimo amico” disse Yohei con assoluta calma, andando a
posare sulle spalle del grasso amico un braccio, stringendogli così
una delle spalle “Lei è gentile solo per semplice
educazione”.
Yohei
portava sempre una calma impressionante e riusciva sempre a
riappacificare gli animi di tutti. Più o meno.
“Come
no!” sbuffò Nozomi, staccandosi dalla presa di Yohei e
additando quest'ultimo con l'indice “Vedrai; vedrete: chiederò
a Midori di uscire e lei mi dirà sicuramente di sì!”
Gli
altri lo guardarono intensamente e dopo qualche secondo scoppiarono
tutti a ridere fragorosamente.
“Sì,
certo; e Hanamichi non è sfigato con le ragazze!” Noma
sbatté dei pugni sul muro, tenendosi lo stomaco con la mano
libera.
“Farsi
scaricare da più di cinquanta ragazze è grave; ma farsi
scaricare da Midori sarebbe come farsi scaricare da ben cento di
loro. Quindi si stipulerebbe un nuovo e grandioso record!”
concordò Yuji, mentre Yohei sembrò pensarci su un
attimo.
“Molto
bene” fece il corvino “Se riuscirai ad avere un
appuntamento con Midori, ti giuriamo fedelmente che non faremo
battutine scomode sul tuo fisico per ben tre mesi pieni”.
Yohei
parve serio; tra lui e Nozomi ci fu un lungo ed intenso scambio di
sguardi: “E mi pagherete tutti i miei pasti, più quelli
extra?”
L'altro
non ci pensò nemmeno su: “Anche quelli”.
“Come
ANCHE quelli?!” Noma e Yuji non parvero tanto d'accordo
dell'idea, ma ognuno di loro era sicuro che il pacioccone avesse
perso già in partenza. Perciò preoccuparsi non aveva
proprio senso, a quel punto.
“Accetto”,
annuì Nozomi, ghignando, mentre un'aura scarlatta intrisa di
determinazione s'accendeva attorno a lui.
Ce
l'avrebbe mai fatta, ad avere un appuntamento con la bella e cara
Midori?
***
Il giorno
dopo...***
“Coraggio!
Fate venti giri di corsa!” urlò l'insegnante di
ginnastica alle studentesse, soffiando sul rosso fischietto ch'aveva
al collo e creando così un suono assordante “Uno, due!
Uno, due!” disse poi, e dubito dopo le allieve partirono
spedite.
Dall'altra
parte del campo ove si allenavano i maschi, oltre una visibile
recinzione, il quartetto della gang degli amici di Hanamichi,
spiavano senza alcun ritegno le giovani studentesse intente ad
allenarsi; puntando tutta la loro attenzione su l'unico e solo loro
obiettivo: la dolce Midori.
Lei
era così bella, dalla risata così cristallina, pura di
cuore e dal fisico perfetto; una fanciulla talmente adorabile che
poteva essere comparata solamente ad un delicato e bianco fiore.
“Non
hai speranze” - “Hai perso già in partenza”
- Rassegnati, Noz. Ormai è la fine”.
“Come
potete dire questo, se non ho ancora mosso un dito?!” fece
stizzito Nozomi, arricciando le labbra in una piccola smorfia.
“Cosa
diavolo state combinando, voi deficienti?” fece la sua
apparizione il grande 'Re dei Rimbalzi', con le mani sui fianchi.
Hanamichi inarcò un sopracciglio e guardò tutti
dall'alto verso il basso.
“Fai
silenzio, Hana” Yohei alzò un poco il busto e allungando
un braccio, afferrò il rossino per la canottiera, tirandolo
verso il basso e nascondendo anch'egli sotto ai folti cespugli.
Hanamichi
fece per imprecare e di conseguenza prendere i compari a forti
testate, ma non appena il suo sguardo si posò oltre alla
recinzione, le sue gote si infiammarono di colpo.
–
Haruko in tenuta da
ginnastica...! –
Certo,
aveva già visto la bruna in quel modo; ma quella era una
circostanza del tutto diversa; erano a scuola. E lei era assieme alle
sue compagne di classe; ridendo e scherzando con loro in tutta la sua
immensa purezza e castità.
La
celestiale visione fu quella di vederla assieme a Midori, una dietro
l'altra: due bellissimi cigni che danzavano beati verso il lago
dell'angelica estasi.
“Ma
a cosa sta pensando?” domandò Yuji, notando che
Hanamichi s'era completamente perso nei suoi pensieri, facendo
fuoriuscire dalle labbra una piccola bavetta.
“Tra
maiali ci si intende”, puntualizzò Yohei, che senza
alcun problema continuò a guardare davanti a sé.
“Parole
sagge, amico.
Parole
sagge”, concordò Noma.
“...
Imbecilli”, affermò Rukawa, guardando il quintetto
d'idioti da lontano.
*
* *
Non
era raro che oltre agli allenamenti quotidiani, Rukawa Kaede si
recasse verso il campetto disponibile a chiunque, quello vicino alla
scuola. A quell'orario non ci andava mai nessuno, per questo era
perfetto per lui, che la compagnia la gradiva come un amante del
pesce gradirebbe della carne.
Cominciò
a fare dei palleggi, poi dei tiri liberi; più alcuni da tre
punti, riscaldandosi un poco, sebbene non ne avesse affatto bisogno a
causa dall'allenamento precedente. In quel momento, egli non pensava
ad altro se non al Basket: quest'ultimo era il suo unico scopo nella
vita, il suo obiettivo. Era un vero asso, sin dalle medie tutti
avevano visto le sue grandi doti per questo sport; avevano cominciato
ad idolatrarlo e come se non bastasse, un mucchio di ammiratrici si
erano prostrate ai suoi piedi.
Francamente,
a Rukawa Kaede dell'amore non importava affatto. La sua unica
passione 'amorosa' era la pallacanestro, e nessuna donna si sarebbe
mai intromessa tra lui ed essa. Mai.
Sudato,
egli respirava con affanno, tenendosi le ginocchia con le mani; la
schiena appena chinata verso il basso. Rukawa vide la palla rotolare
via, dunque dovette spostare lo sguardo per seguirla con esso, ma
quando lo alzò un poco notò delle gambe femminili e
candide, immobili innanzi alla recinzione del campetto.
Non
appena ebbe tutta la visuale di quel corpo, ecco che la vide:
Moroboshi Midori, la quale gli donò un dolce sorriso a bocca
chiusa.
Una
gocciolina, due, tre goccioline sulle guance pallide dell'undici
dello Shohoku; aveva cominciato a piovere già da un pezzo, ma
egli s'era concentrato fino a quel punto su ciò che stava
facendo, da non rendersi conto nemmeno del tempo che sopra di sé
cominciava a cambiare.
La
fanciulla stringeva delicatamente il manico dell'ombrello rosso,
tenendo in spalla la cartella scolastica di pelle marrone e con
l'altra mano una bianca busta della spesa.
“Ti
prenderai un bel raffreddore, se stai lì” gli fece
presente la ragazza, mentre Rukawa la fissava senza dire nulla.
Dopodiché
andò a recuperare la palla, facendo subito dopo un ennesimo
tiro libero.
Sembrava
che la stesse volontariamente ignorando, ma Midori non se la prese.
Anzi, ella cercò con gli occhi un'entrata e quando la trovò
si addentrò all'interno del campetto, mettendosi in un
angolino, in silenzio; muta come un pesciolino all'interno di un
immenso acquario vuoto.
Rukawa
era ormai abituato a sentirsi osservato; era meno abituato a sentirsi
osservato con quel silenzio tanto solenne, senza malizia od altri
strambi doppi fini di cui era capace chi si considerava 'sua
indiscussa fan'.
Egli
riprese subito il rimbalzo, che aveva volutamente fatto per prendere
la palla al volo. Poi si girò verso la ragazza e cominciò
a fissarla intensamente.
Cosa stava
facendo?
“Anche
se non voglio farti prendere un raffreddore, non voglio neanche che
la condizioni peggiorino, quindi ti aspetterò qui finché
non hai finito” disse con tranquillità la fanciulla,
inclinando il capo da un lato “Ti consiglio però di
farlo al più presto; non è tanto consueto stare sotto
alla pioggia per così tanto tempo; presumo tu lo sappia già
da te, Rukawa-san”.
Quest'ultimo
era solito cacciare via con una frase secca e diretta chi lo
disturbava od intralciava il suo 'quieto vivere', ma in
quell'occasione non successe niente di tutto ciò.
Semplicemente, rimase a guardarla, col pallone da Basket tra le mani.
E adesso, cosa
diamine gli stava frullando per la testa?
Di certo, lui non
era come quel pagliaccio di Hanamichi.
Rukawa
si guardò attorno, tornando poi a guardare la ragazza; i
muscoli erano parecchio tesi, ma la pioggia non ne era l'unica
colpevole.
Lentamente,
lui si avvicinò a lei, la quale lo stava aspettando con un
lieve sorriso per accoglierlo sotto al suo rosso ombrello, poiché
voleva riaccompagnarlo a casa. Inevitabilmente, non appena Rukawa fu
di fronte alla fanciulla, vicino ad ella, il suo sguardo blu andò
a finire sulle sue labbra piccole e carnose, rosee come i petali di
un bellissimo ciliegio.
… Ma
quelle labbra...
L'undici
dello Shohoku non ne seppe il motivo, ma quella bocca – se
prima non aveva alcun pensiero fisso, se non la pallacanestro –
lo stava attraendo come una calamita, e gli occhi innocenti e
profondi della fanciulla, così azzurri e vividi, non lo
aiutavano di certo.
Dunque
era questa ciò che veniva chiamata: 'attrazione carnale'?
Non
ci pensò neanche troppo; in realtà fu un gesto del
tutto istintivo: il corvino lanciò la palla alla sua destra,
senza staccare gli occhi di dosso alla fanciulla, per poi ritrovarsi
l'oggetto rotolare a schiantarsi contro i loro piedi, ma quando ciò
accadde ormai era successo l'irreparabile:
Midori
sgranò gli occhi, lasciando che la busta della spesa cadesse
sul verde prato; sorpresa oltre l'inimmaginabile.
Percepiva
il sapore delle labbra del ragazzo sulle sue e le guance assunsero un
colorito roseo, che su di lei era oltremodo delizioso. Il ragazzo la
strinse per i fianchi, e le dita della ragazza che dapprima stavano
stringendo il manico dell'ombrello, si ammorbidirono, facendolo un
poco inclinare da un lato.
Quello non
era per niente un bacio casto; quelloera
un tumultuoso bacio che lasciava totalmente senza respiro, senza via
di scampo alla razionalità umana.
Ma
quell'attimo di annebbiamento terminò presto, per la cara
Midori, poiché Rukawa s'era allontanato del tutto da lei e,
senza neanche guardarla, si era chinato per raccogliere la palla.
Midori
non ebbe il coraggio di dire niente; come il pesciolino rosso ch'ella
era, ora in compagnia di un imprevedibile squalo bianco.
Il
ragazzo dai corti capelli neri bloccò il pallone tra il fianco
e il muscoloso braccio destro, rivolgendo alla fulva un'occhiata
fugace, per poi portare lo sguardo fuori dal campo, dove, accanto
all'entrata, egli aveva sistemato il proprio 'mezzo di trasporto'.
“Andrò
in bici”, affermò egli, sicuro di sé, cominciando
ad incamminarsi
“Ciao”
la salutò, infine.
Midori
era rimasta come in trance; tutto ciò che in quel momento era
capace di fare, fu solamente fissare il vuoto avanti a sé.
Nient'altro.
Nient'altro,
oltre al pensare a quell'inaspettato bacio dato senza un perché.
“Midori!”
la chiamò a gran voce il padre della ragazza dai lunghi
capelli fulvi, dal piano principale ove v'era situato il ristorante,
prendendo uno dei corridoi del locale: un uomo dalla folta barba nera
e dai lunghi capelli del medesimo colore raccolti in un codino, dalla
corporatura asciutta e dallo sguardo tagliente ed azzurro, s'era
appena fermato innanzi ad una lignea porta con sopra attaccato un
cartellino con su scritto “RISERVATO” a
caratteri cubitali. Egli indossava un semplice grembiule bianco e una
bandana anch'essa candida, considerando ch'era soltanto il
proprietario di quel modesto ristorante di Ramen & Sushi.
L'uomo
trafficava con delle chiavi e dopo qualche secondo, trovando quella
giusta, si apprestò ad aprire finalmente la porta.
“Midori!”
urlò ancora egli, rivolgendo lo sguardo in alto; su delle
scale che portavano al piano successivo: laddove era nascosto il
piccolo ma confortevole appartamento “Midori, forza! Sai che
la sera il locale è praticamente pieno!”
“Arrivo
subito, papà!” rispose in lontananza la ragazza, “Un
minuto ed arrivo!”
L'uomo
mormorò qualcosa e tornò indietro, afferrando il
pomello della porta con una certa pressione – ogni qualvolta
che c'era il pienone, il padre di Midori diveniva sempre più
nervoso – e prima di chiudere essa dietro di sé, egli
disse: “Vedi di darti una mossa”.
Intanto,
Midori, aveva appena finito di passare l'aspirapolvere, posandosi poi
il dorso d'una mano sulla fronte, una volta spento il marchingegno.
Tutto
risplendeva per quanto fosse pulito: d'altronde la fanciulla ci
teneva che tutto fosse in ordine, senza neanche un puntino minuscolo
di sporco.
La
fanciulla si affrettò a raggiungere le scale, annodandosi il
fiocco sulla schiena per tenere stretto il grembiule bianco ch'ella
aveva appena indossato, assieme alla classica bandana.
Se
avesse fatto un solo altro minuto di ritardo, probabilmente suo padre
avrebbe cominciato a borbottare tra sé e sé: ciò
stava a significare che egli era arrabbiato.
*
* *
“Ve
lo assicuro” cominciò Matsui, – una delle
migliori amiche di Haruko – scorrendo da un lato una delle
ante della porta del ristorante “Al 'Drago Rosso' si mangia
davvero bene. Sono sicura che non ve ne pentirete!”
Haruko
si guardò intorno “Pur non essendo piuttosto grande,
devo dire che è stra-pieno”.
“Troveremo
dei posti, secondo voi?” domandò Fuji, col suo solito
tono di voce insicuro.
“Ehi,
Haruko: girati alla tua destra”, fece ad un tratto Matsui, una
volta avvicinata all'amica per poterle sussurrare meglio: “Ma
fallo lentamente”.
La
bruna sbatté le palpebre, ma tuttavia ascoltò le parole
dell'amica e piano piano girò il capo, ritrovandosi a sgranare
gli occhi per la sorpresa.
Cosa
ci faceva, lui, lì?!
“R-Ru...”
Haruko non riusciva davvero a credere ai suoi occhi: Kaede Rukawa era
proprio in quel locale, seduto da solo in uno dei tavoli, aspettando
soltanto di poter ordinare?
Le
sembrava un sogno; un bellissimo sogno che presto fu spazzato via dal
rumore assordante di un piatto sul pavimento.
“Midori!”
il proprietario riprese la figlia, portandosi le mani ai fianchi
“'Sta più attenta!”
Haruko
rivolse, dunque, l'attenzione alla ragazza dai capelli rossi,
rimanendo un poco sbalordita per il semplice fatto di vederla lì,
con indosso un grembiule ed intenta a servire ai tavoli.
“Mi
dispiace molto” rispose la giovane Moroboshi, “Pulisco
immediatamente!”.
–
Perché lui è qui? – si
chiese Midori, col viso chino sul pavimento. Non sapeva del perché
Rukawa fosse lì, ma il solo pensiero di ciò che accadde
il giorno prima, la fece imbarazzare parecchio: ma sapeva che doveva
mantenere la calma, in un modo o nell'altro.
Rukawa
aveva assistito a tutta la scena, comprendendo anche il perché
della reazione di Midori. Forse avrebbe dovuto sentirsi in colpa
per ciò che era accaduto fra lui e Moroboshi il giorno prima,
ma a dire la verità non si era pentito affatto. Ed era quello
il guaio maggiore: Rukawa era un continuo mistero per chi lo
circondava, e a quanto pareva, sembrava esserlo pure per se stesso.
“Torno
subito, papà” la fanciulla avvertì l'uomo, il
quale borbottò qualcosa ma poi se ne tornò al proprio
lavoro.
Haruko
e le sue amiche, osservando tutta la scena del piatto, avevano
trascurato il 'povero' Rukawa; difatti, non appena Fuji riportò
l'attenzione laddove l'undici dello Shohoku era seduto in precedenza,
s'allarmò di colpo.
“M-ma
dov'è andato a finire Rukawa!?”
Haruko
fissò il punto dove la sua amica stava guardando, non sapendo
davvero a cosa pensare, tanto meno cosa fare.
-Si
può sapere cos'hai, Rukawa? –
*
* *
Midori
aprì la porta dello stretto sgabuzzino e ciò che la
bloccò per un attimo fu il buio pesto che le si presentò
innanzi, successivamente ella fece un piccolo sospiro e si apprestò
ad accendere la luce. Ma pareva che nulla fosse cambiato.
Oscurità
perenne.
“Oh,
no” mormorò la fanciulla “Si sarà fulminata
la lampadina”. Ella non poteva pensare di cambiarla, non in
quel momento. Suo padre aveva assolutamente bisogno di una mano e lei
doveva al più presto riparare al danno che aveva causato.
Dunque,
la giovane si addentrò nel buio, camminando lentamente e
testando a tentoni ciò che aveva di fronte; fortunatamente lo
stanzino era talmente piccolo da poterle permettere di afferrare
qualsiasi cosa con estrema facilità.
D'un
tratto, la ragazza sussultò e percepì le sue guance
arrossarsi; stretta da braccia per lei sconosciute, appartenenti a
qualcuno il cui volto non poteva essere momentaneamente scrutato.
“C-chi
sei?” chiese ella senza pensarci nemmeno su, sebbene qualche
sospetto pareva avercelo: perciò deglutì pesantemente e
il cuore aumentò di molto il suo battito cardiaco, poiché
ella si ritrovò essere totalmente nel panico.
-
Non non può essere. Non può essere Gatsuo –
rifletté Midori, mordendosi il labbro inferiore. Tuttavia,
ricordava perfettamente le minacce del ragazzo, ed ogni parola
diveniva, ogni secondo che passava, sempre più raccapricciante
ed oppressiva.
Verrò
a prenderti presto.
Tu
ed io siamo fatti per stare insieme.
Non
ci sarà altro uomo che potrà farti sua, Midori.
E
mai ci sarà.
Glielo diceva spesso, ed ogni
volta riusciva a scampargli. Nonostante ciò, Midori non sapeva
davvero cosa fare, se andarlo a denunciare o meno; sapeva però
che la gang di Gatsuo era tra le più pericolose, e
l'interessato si comportava da vero Leader; un Leader con non si sa
quanti precedenti al suo seguito.
Chissà cosa passava per la
testa di quel ragazzo, chissà davvero a cosa egli stesse
pensando.
Avrebbe potuto fare male anche a
suo padre, se solo avesse voluto. Con un semplice schiocco dita.
Midori lo sapeva cosa Gatsuo
desiderava ardentemente: che lei si sottomettesse completamente a
lui, che fosse la sua schiavetta sino a ché egli non si fosse
stufato di averla fra i piedi ed avesse, quindi, cambiato soggetto.
O perlomeno... si trattava
sicuramente di una cosa del genere.
“Per favore, lasciami...”
Midori non si dimenò; non aveva alcun senso farlo. Sapeva bene
che lei era certamente più debole, quindi dimenarsi non
sarebbe davvero servito a nulla, se non a dar ulteriore piacere e
soddisfazione all'interlocutore.
Le mani delle forti braccia che la
stavano tenendo, le strinsero le spalle e la girarono: Midori strizzò
gli occhi, con il suo petto che in quel momento s'era appiccicato al
torace del probabile Gatsuo, con la paura che le scorreva
inevitabilmente nelle vene.
Sentiva gli occhi inumidirsi,
bagnando le gote di leggere gocce salate. Midori posò le
delicate mani sulle scapole altrui e facendo pressione su di esse,
cercava invano di scansarlo via.
Ma era troppo tardi; le rosee e
carnose labbra erano ormai su quelle dell'altro, così sottili
ma incredibilmente perfette.
Fu allora ch'ella capì.
Istintivamente, la rossa strinse
la maglietta del ragazzo, dandosi della stupida per non averlo capito
prima.
“Mi dispiace”, disse
lei, dopo essersi staccata da quella bocca “I-io...”
“Non scambiarmi mai più
per quel demente” fu la risposta secca e diretta di Rukawa
Kaede, mentre sospirava aria calda sul di lei viso, tramutando quasi
le proprie parole in una sorta di rauca minaccia.
Rukawa lo aveva già capito;
lo sentiva benissimo il corpo di lei che sino a poco prima aveva
tremato al contatto con la pelle d'egli; mentre, in quel momento,
pareva essersi rilassato tutto ad un tratto, come se il tocco di una
leggera piuma l'avesse percorsa sino alla punta dei piedi.
Dopo averla stretta a sé il
giorno prima, il basket-man aveva sentito come il bisogno di andare
oltre, andarci a qualsiasi costo. Come quando in una partita egli era
in possesso della palla e doveva assolutamente portarla a canestro;
scansando ogni ostacolo gli ostruisse il passaggio, distruggendo
chiunque si mettesse tra lui e il suo obiettivo.
Entrambi non ebbero il tempo di
riprendere fiato, che nuovamente le loro bocche si riunirono; il
ragazzo dai capelli color pece le morse il labbro superiore,
facendole emettere un piccolo mugugno strozzato.
Finalmente Midori si abituò
al buio, e sembrava che anche per Rukawa fosse la stessa cosa,
considerando lo sguardo intenso con cui la fissava; tagliente ed
incredibilmente languido.
Nessuno di loro disse nulla,
finché il basket-man non la prese per mano e la condusse verso
l'uscita. Tuttavia, non appena furono davanti alla porta, il ragazzo
si apprestò a chiuderla; in modo tale che nessuno potesse
disturbarli in alcun modo. E fu proprio su quella lignea porta che la
ragazza poggiò inevitabilmente la nuca, ebbre dell'ennesimo
bacio ricevuto da parte del nuovo Capitano dello Shohoku, stavolta
notevolmente più rude dei precedenti.
* * *
“Suvvia, Hanamichi. Non
prendertela!” Yohei diede una piccola pacca sulla spalla
all'amico dai capelli scarlatti, abbozzando un lieve sorrisino “So
che sei il Re delle Figure di Merda. D'altronde ne siamo tutti a
conoscenza; ma addirittura ficcargli la testa dentro alla fontana mi
è sembrato del tutto esagerato!”.
Hanamichi sbuffò,
camminando con le mani all'interno delle tasche e con la solita aria
da 'cercate di non scassarmi le palle' stampata in volto.
“Così impara a stare
alla larga dalla dolce Haruko” borbottò il rosso.
“Ma le stava semplicemente
chiedendo indicazioni!” si intromise Noma, ed a quel punto,
ecco che Hanamichi assottigliò il proprio sguardo e gli lanciò
la più brutta occhiataccia che potesse esistere sul pianeta
terra.
Forse era eccessivamente geloso
della sua Haruko. Come poteva non esserlo, se quell'idiota di Rukawa
continuava a farsi osannare assiduamente da lei?
Non poteva assolutamente
perdonarlo. E presto o tardi Sakuragi Hanamichi avrebbe avuto la sua
vendetta.
“Sapete la novità?”
fece Miyagi, che non avendo nulla da fare per quel giorno, aveva
quindi deciso di unirsi alla famigerata gang di Hanamichi,
rivolgendosi più che altro a quest'ultimo: “Sembra che
la prossima volta giocheremo un'amichevole con l'Osuda; una scuola
esclusivamente maschile. Si dice che i componenti della squadra di
Basket siano alti più o meno sui due e qualcosa centimetri e
che si presentino particolarmente spiatati e senza scrupoli per chi
hanno di fronte” Miyagi poi ghignò “Ma
probabilmente non sanno con chi hanno a che fare”.
Hanamichi roteò gli occhi
“Figuriamoci, Ryocchi.
Quelli ce li mangiamo per
colazione”.
Un forte rimbombare di motori
accesi furono un vero e proprio frastuono: soprattutto per
l'eccessivo fumo che all'improvviso ricoprì i corpi della gang
di Hanamichi, dello stesso rossino e di Miyagi.
Dei ragazzi in sella alle loro
moto avevano appena sorpassato i due basket-men ed anche chi li
seguiva, emettendo risate spavalde e cariche di una contorta
adrenalina.
Ciononostante, Hanamichi ne riuscì
a vedere uno; uno soltanto di quei maledetti bastardi che avrebbe più
che volentieri preso a calci nel culo.
Era abbronzato, dagli occhi
sottili e maledettamente irritanti. Ne era certo, se l'avesse
incontrato di nuovo gliela avrebbe fatta pagare molto cara e senza
nemmeno un riguardo.
Dopo che tutti ebbero finito di
tossire, la gang e Miyagi si guardarono tra loro, per poi puntare lo
sguardo verso Hanamichi.
“Quei bastardi!”
sbottò Nozomi, affiancando il rossino “Non ti
preoccupare, Hanamichi. Vedrai che ci rifaremo”.
“Nozomi ha ragione”
concordò Noma “Vedi di mantenere la calma”.
“Ryocchi, dimmi una cosa”
fece ad un tratto Hanamichi, guardando il basso amico di sottecchi;
il quale pareva alquanto perplesso.
“Parla”, rispose
quello.
“Sai per caso il nome del
Capitano dell'Osuda?”
Miyagi inarcò dapprima un
sopracciglio: perché adesso aveva così tanto interesse
per quella squadra? Beh, come Rukawa, il rossino era del tutto
imprevedibile, se non il doppio di lui. Perciò non poteva
sorprendersi se gli aveva rivolto quel quesito.