L'intensità del suo sguardo la fece arrossire

di Sbirilla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tu...mi vuoi. ***
Capitolo 2: *** Il caffè ***
Capitolo 3: *** Tormento ***
Capitolo 4: *** Whisky Incendiario ***
Capitolo 5: *** Vita vera ***
Capitolo 6: *** Madri e figli ***
Capitolo 7: *** Croce e delizia ***
Capitolo 8: *** L'idea ***
Capitolo 9: *** Andremo via ***
Capitolo 10: *** Guai in paradiso ***
Capitolo 11: *** Nebbia ***
Capitolo 12: *** Vite separate ***
Capitolo 13: *** Ossessioni e punizioni ***
Capitolo 14: *** Padri ***
Capitolo 15: *** Il maledetto bambino ***
Capitolo 16: *** Qualsiasi cosa ***
Capitolo 17: *** Il professore di pozioni ***
Capitolo 18: *** Godric's Hollow ***
Capitolo 19: *** Hogwarts ***
Capitolo 20: *** Sempre - Parte 1 ***
Capitolo 21: *** Sempre - Parte 2 ***
Capitolo 22: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Tu...mi vuoi. ***


Stava camminando per Diagon Alley, l’abito nero, la maschera argentata e il mantello nero svolazzante sulle spalle. La missione quella sera era stata fin troppo semplice, e nessuno era più bravo di lui. Lo diceva anche il Signore Oscuro, lo riteneva il Mangiamorte più capace della nuova generazione. Lily lo vide arrivare dalla parte opposta. Un Mangiamorte a Diagon Alley! Adesso non provavano neanche più a nascondersi, maledetti! Strinse le dita attorno alla bacchetta, maledicendosi per aver indossato i guanti che non le permettevano una presa salda. Ma in inverno aveva sempre bisogno dei guanti, il freddo le screpolava le mani. Le mani! Lo sguardo cadde sulle mani dell’uomo vestito di nero, e sussultò. Erano le sue mani. Le avrebbe riconosciute ovunque, sempre. Lunghe, bianche e affusolate, le mani più belle che avesse mai visto. Glielo diceva spesso. Che lui fosse diventato un Mangiamorte lo sapeva, era un’Auror, doveva saperlo. Ma vederlo e riconoscerlo le fece mancare un battito.
«Severus!»
Lei aveva pronunciato il suo nome come fosse una preghiera. Non una supplica, di quelle ne aveva sentite tante negli ultimi due anni. Si vantava di non aver mai ceduto. Ma questa volta, per la prima volta, qualcuno – lei! – lo stava pregando solo di essere Severus e nessun altro. Aveva riconosciuto subito la voce, i capelli, il viso affilato di Lily. Ebbe un fremito e si fermò. Gli bastò un attimo per ricordarsi che indossava la maschera e lei non avrebbe potuto riconoscerlo. Doveva solo passarle accanto e far finta di nulla, passarle accanto e far finta di nulla. Ma Lily non avrebbe fatto finta di nulla, lo sapeva già.
«Severus!»
Gli sfiorò un lembo del mantello e in una frazione di secondo si sentì risucchiare in un vortice. Le venne la nausea, come sempre. Cavoli! Pensò che Severus doveva essere uno dei migliori Mangiamorte di quel mostro: aveva riflettuto, scelto la Materializzazione Congiunta e agito nel giro di pochissimo tempo. Si appuntò mentalmente di complimentarsi con lui. Il ragazzo però non era per niente lucido, e mentre gettava a terra la maschera si maledisse per averla portata a Spinner’s End.
«Sei impazzita? Cos’è, la Signora Potter aveva voglia di rischiare la vita e ha deciso di fermare un Mangiamorte per strada?»
«Non ho fermato UN mangiamorte, ho fermato te! – urlò. Poi aggiunse a bassa voce - …e chi ti ha detto che ho sposato James?»
«Lo so e basta – disse con una smorfia - Hai fermato me, dici, e se non fossi stato io?»
«Eri tu!» alzò la voce ancora e si tolse sciarpa e cappotto in un gesto rabbioso.
«Come potevi esserne certa?»
«Lo sapevo e basta» rispose piccata, incrociando le braccia.
Severus si era avvicinato alla ragazza, il cuore in subbuglio e le labbra serrate. La spinse verso il muro del piccolo salotto e la bloccò con le braccia.
«Che credevi di fare Lily, una rimpatriata? Potrei ucciderti!»
«Anch’io potrei ucciderti!»
Lui ghignò sollevando un sopracciglio.
«Ah sì, sei qui per questo allora? Per uccidermi?»
«No» la sua risposta fu quasi un sussurro. Era lì, il viso a pochi centimetri da quello di Severus e sentiva il cuore battere a un ritmo forsennato. Non aveva paura, no. Non poteva fare altro che pensare che quello di fronte a lei non era il ragazzino introverso che aveva lasciato a Hogwarts. Era un uomo, e le respirava a due centimetri dal viso, guardandola intensamente, e lei lo desiderava così tanto.
«Baciami ti prego!»
 Lily aveva sussurrato di nuovo e lui non era sicuro di aver capito esattamente cosa avesse detto, ma pensò che non fosse importante. Staccò la mano sinistra dal muro, le strinse la nuca con vigore e la baciò. Fu un bacio intenso, quasi aggressivo. Non se lo ricordava mica così il suo migliore amico! Mentre la lingua di Severus la esplorava, Lily ebbe l’impressione di aver dimenticato come si facesse a respirare e quando lui staccò finalmente le labbra dalle sue, era così stordita che non si accorse che lui la stava guardando negli occhi. Lo sentì entrare con prepotenza nei suoi ricordi. Lui che agitava una mano verso di lei sul binario, lui che le cingeva i fianchi in quel bacio alcoolico e impacciato nel pub babbano, le sue mani che la abbracciavano, le sue mani che versavano ingredienti nel calderone, le sue mani che scrivevano in una grafia minuta sul libro di pozioni.
Quando Severus si ritenne soddisfatto e interruppe il contatto visivo, lei tremava leggermente.
«Perché lo hai fatto?»
«Siamo in guerra Lily, sai? Dovevo controllare… Hai detto tu che avresti potuto uccidermi»
La sua voce e la sua espressione non erano cambiate di una virgola. L’aveva baciata, era entrato nella sua mente ed era completamente indifferente. O almeno, così sembrava. Lily continuava a tremare di rabbia, ma non abbassò lo sguardo. Lui invece chinò la testa e cominciò a baciarle il collo, con una lentezza intollerabile, i lunghi capelli neri che le facevano il solletico.
«Scriverò una lettera a Silente, qualcuno deve avvisarlo dell’impreparazione dei suoi…» la guardò sorridendo beffardo e poi concluse «soldati»
«Io sono un ottimo soldato» mormorò lei senza convinzione. Non le piaceva quel termine, ma non riusciva a concentrarsi su una risposta migliore mentre Severus depositava minuscoli baci sulla pelle sensibile. Seguiva con le labbra i suoi fremiti. Un brivido un bacio, un altro brivido un altro bacio. Le sembrava di essere di nuovo ubriaca in quel pub babbano, quando avevano 15 anni e avevano voluto provare la birra alla spina e tremavano, ridevano e si baciavano in piena tempesta ormonale. Solo che adesso era soltanto lei la quindicenne impacciata. Lui era diventato grande.
D’altra parte, Severus non aveva un briciolo della sicurezza che ostentava. Aveva imparato a simulare, in ogni occasione. Gli era servito a farsi accettare a scuola e poi nel cerchio del Signore Oscuro nascondendo le proprie insicurezze e valorizzando i punti di forza. Sapeva che incutere timore negli altri lo avrebbe sempre aiutato a nascondere le proprie paure. Aveva imparato a simulare sicurezza anche quando Lily gli aveva spezzato il cuore alla fine del quinto anno a Hogwarts. Era andato avanti e basta, anche se soffriva come un dannato. E sapeva che anche lì, con una Lily tremante sotto le sue mani e i suoi baci, nascondere i battiti del suo cuore lo avrebbe salvato.
Pose fine a quella lentissima tortura e tornò a guardarla con aria di sfida, la voce d’un tratto più profonda.
«Allora? Vuoi che ti riporti a casa?»
«Cosa? No!» Lily aveva risposto troppo in fretta, trattenendo il respiro, come lui avesse proposto di ucciderla su due piedi. Severus sorrise.
«E cosa vuoi, piccola Lily?»
Non riusciva a respirare, lui era troppo vicino. Con il cervello scollegato e il cuore martellante rispose, di getto in un sussurro quasi inudibile «Ti voglio!»
«Tu…mi vuoi». Non era una domanda, ma lei annuì lo stesso. Quella voce di seta sembrava accarezzarla.
Severus fece un sorriso sghembo, che sembrava una minaccia. Lei lo voleva, davvero. Non fu facile tenere le mani sotto controllo mentre gettava di lato il mantello. La camicia bianca che apparve, quando anche il maglione andò a fargli compagnia per terra, sembrò abbagliare la ragazza ancora tremante appoggiata al muro. Intanto lui le accarezzava la schiena alla ricerca della zip e quando la trovò la tirò giù e le sfilò il vestito. Lily non riusciva a muoversi né a parlare. Era incantata a guardare quelle mani perfette che lente e precise aprivano i bottoni della camicia e poi dei polsini. Quando finalmente quel cerimoniale finì, vide qualcosa che la fece inorridire. Severus capì: aveva visto il marchio. Si bloccò, la camicia in mano e lo sguardo che passava alternativamente dal viso terrorizzato di Lily al suo braccio sinistro, dove il serpente d’inchiostro macchiava la sua pelle bianca. Sembrava che ridesse di loro. Il ragazzo sospirò, e per un attimo la sua maschera di indifferenza scivolò via.
«Questo – disse piano, sollevando il braccio – ti fa paura?»
Lei annuì e abbassò lo sguardo.
«E io – la voce di Severus si fece più dolce e lei ebbe un brivido – io ti faccio paura, Lily?»
«No» sussurrò tornando a guardarlo. Lui le prese il mento tra le dita, la baciò ancora e poi le sfiorò una mano.
«Allora non guardare lui, guarda me» un vero sorriso apparve per una frazione di secondo a illuminargli il volto, che poi tornò serio. Ricominciò a baciarla, ad accarezzarla, a eliminare quei sottili strati di stoffa che lo separavano dalla pelle di lei. Quando non ci furono più ostacoli, la prese in braccio sentendosi morire al contatto con quel piccolo corpo caldo, e la adagiò sul divano e poi piano piano si fece strada dentro di lei, era forte e delicato, come se avesse tra le mani qualcosa di sacro e sotto i suoi colpi e i suoi sospiri finalmente Lily ricominciò a respirare. Lui non diceva nulla, la sua voce di seta era diventata ruvida di gemiti sconnessi ma non poteva parlare. Se avesse detto qualcosa, le avrebbe detto che la amava e non poteva. La guardava in modo così intenso che avrebbe potuto invadere di nuovo la sua mente, così come adesso stava invadendo il suo corpo. Lei diceva solo una parola: «Severus». Gemeva «Severus», sospirava «Severus», mormorava «Severus». Lui non aveva mai pensato al proprio nome come a qualcosa di sexy, ma adesso ascoltava rapito il fiato di Lily sussurrare quelle S, farsi tagliente sulla V e la lingua arrotolarsi intorno alla R, per poi terminare in un soffio. Pensò con un brivido che avrebbe potuto perdere il senno solo ascoltando quel suono, mentre il contatto caldo e urgente dei loro corpi faceva il resto.
Si ritrovarono sdraiati sul divano, senza fiato. Lei poggiò la testa sulla sua spalla, i capelli rosso fuoco sparsi sul torace di lui come una ferita in pieno petto. Severus le cingeva un fianco sottile e le accarezzava la pelle con una delicatezza che non sapeva di avere, ipnotizzato dalla curva perfetta in fondo alla sua schiena. Non riusciva a credere di avere tra le mani quel prezioso fardello.
«Sev…» Lily si pentì subito di aver usato quel nomignolo infantile, che aveva spezzato il morbido silenzio come una lama. Lui però non sembrò infastidito, grugnì un «Mmh?» e prese a fissare la libreria di fronte a sé.
«Che succederà adesso?»
«Niente» era riuscito a mettere una freddezza glaciale in quell’unica parola, aveva assunto di nuovo quell’aria indifferente che lo nascondeva al mondo e si era irrigidito sul divano. Ma quella maledetta mano no, non ne voleva sapere di smetterla di accarezzare Lily. Doveva stare attento, lei non doveva sapere. Non doveva sapere, non doveva sapere, non doveva sapere.
Lily si girò, lo vide in quella posa e deglutì a vuoto.
«Come… come niente Severus? Io credevo… non ci vedremo più?»
«Certo che ci vedremo Lily, in battaglia» sembrò rifletterci un attimo e poi aggiunse «…forse ti ucciderò».
«Vuoi spaventarmi? Non giocare al Mangiamorte cattivo con me Severus, io ti conosco!» lo aveva quasi urlato, anche se non voleva.
«Non sto giocando. Ci siamo divertiti, ma adesso tu tornerai a casa tua da tuo marito» la voce si era incrinata per un attimo su quelle ultime due odiose parole.
«Ci siamo divertiti? Severus, questo per te è stato solo… è stato solo sesso?» la sua voce si era fatta strana, come se stesse trattenendo le lacrime. Lui non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo per controllare.
«Lily siamo onesti, che altro potrebbe essere?»
«Onesti? Mi stai parlando di onestà?» Lily si alzò in piedi, era ancora nuda, e lui dovette fare uno sforzo per non fissare quel corpo perfetto e concentrarsi sulle parole. «È troppo facile Severus, tu entri nella mia testa e scopri i miei sentimenti per te, senza che possa difendermi. Ma tu? Quando mi parlerai con onestà?»
«Sentimenti? Lily la legilimanzia permette di scoprire i ricordi, i meccanismi mentali, non i sentimenti» disse con calma, sembrava un professore che stesse facendo lezione in classe.
«Il Signore Oscuro non li sceglie poi così intelligenti i suoi compari! Hai visto i miei ricordi e c’eri praticamente sempre tu! Come fai a non capire che ti ho pensato ininterrottamente dopo la scuola, e che quando ho saputo cosa… - un groppo in gola le impediva di continuare. Sospirò e chiuse gli occhi - …cosa sei diventato ho pianto per giorni e ho pregato, con tutte le mie forze, di incontrarti e allo stesso tempo di non incontrarti mai! Sei uno sciocco Severus, se non hai capito che ti amo e ti desidero ogni giorno e oggi quando ti ho visto non sono riuscita a trattenermi. Avrei dovuto, e tu non avresti potuto approfittare di me». Si era seduta sul divano, sembrava esausta. Lui non la guardava ancora, ma dopo quel rimprovero sembrò che sul suo viso fosse ricomparso il ragazzino impacciato. Lily era lì, nuda nel suo salotto, seduta sul suo divano, e gli stava dicendo che lo amava. Lo amava. Lo amava lo amava lo amava. Dopo un lunghissimo silenzio, finalmente sollevò il viso e la guardò. Non c’era più traccia d’indifferenza sul suo volto.
«Va bene… va bene. Hai ragione tu. Il mio è un gioco sleale. Chiedimi pure quello che vuoi, cercherò di essere… sarò onesto». Lei si era avvicinata, sentirlo parlare così l’aveva intenerita. Lo guardò negli occhi.
«Ok, allora… dimmi la verità. Mi hai mai pensata in questi anni?»
«Ogni minuto di ogni giorno» lui aveva parlato lentamente, a voce bassissima, quasi avesse paura della sua stessa risposta.
Lily deglutì e le guance le presero fuoco mentre chiedeva «Prima… è stato davvero solo un gioco per te? Mi desideri?»
«Mi sentivo impazzire» la sua voce era più sicura adesso, ma le sue labbra tremavano ancora. Lily sorrise leggermente di quella risposta. Poi tornò seria.
«E mi ami, Severus?»
«Sempre. Da sempre» il ragazzo sembrò soffrire tremendamente nel dare quella risposta, quasi l’avesse tirata fuori a forza con una tenaglia arroventata. Lei si era portata una mano alla bocca. In un altro momento forse avrebbe riso delle risposte criptiche di Severus, ma adesso no. Adesso lui era lì, con uno sguardo terribilmente ferito e le stava dichiarando il suo amore, a modo suo.
«Io ti amo e tu mi ami - disse lei, sorridendo e sfiorandogli il viso – riesci a immaginare qualcosa di più bello?»
Lui la guardava fisso, immobile, sembrava aver paura che qualcosa gli facesse male di nuovo.
«Siamo in guerra, Lily»
«Risposta sbagliata!»
«Sei…sposata» un’altra smorfia.
«Risposta sbagliata! Sai qual è la risposta giusta? È NO. “No, Lily, non riesco ad immaginare niente di più bello” - Lui la guardava accigliato – Dillo!»
«Non riesco ad immaginare niente di più bello» sorrise debolmente e lei lo baciò sulle labbra.
«Senti, adesso devo andare davvero. Quando e dove potrò vederti?»
Lui prese la bacchetta, che era stata scaraventata in un angolo, e cominciò ad agitarla in aria mormorando qualcosa. Poi la puntò verso di lei, continuando a mormorare. Lei aspettò pazientemente che finisse.
«Che hai fatto, Sev?»
«Un sistema che ti avviserà quando sono a casa. Così potrai venire direttamente qui e sarai sicura di trovarmi.»
«Cosa… che vuol dire mi avviserà? Come mi avviserà?»
«Lo saprai e basta. Lo saprai solo tu – aggiunse, capendo le paure che lei non aveva espresso - È una cosetta di mia invenzione, non so ancora se funzionerà. Lo scopriremo»
«Una cosetta di tua invenzione? Continui a dilettarti con queste cose, Principe?» Lui sorrise. «Allora è vero che sei il più intelligente tra i Mangiamorte, come dicono in giro»
«Dicono questo in giro?»
«Sì. Giovane e spietato: il reparto Auror ti sta alle calcagna. E un’Auror in particolare» concluse con un sorriso malizioso un attimo prima di smaterializzarsi.
 

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Capitolo 2
*** Il caffè ***


Severus era stato chiamato dal suo Signore la mattina dopo, prestissimo, e non aveva potuto dormire molto. Ma non gli importava, finché da sveglio avesse potuto pensare a Lily e a quella notte. Le sue mani piccole e delicate, le sue labbra morbide, i capelli rossi che danzavano sul divano insieme a lei e gli occhi, quegli occhi per cui avrebbe ucciso. Sapeva che, se Voldemort avesse anche solo immaginato quei ricordi, Lily sarebbe stata in pericolo. Così prese quelle immagini e la voce di lei e il suo profumo e li chiuse in un cassettino in fondo alla mente, come un talismano che lo avrebbe protetto da qualsiasi cosa, come una lettera d’amore nascosta in una tasca della giacca.
Lily invece aveva dormito diverse ore, beata e calma come non si era mai sentita. James era fuori per lavoro e lei poteva pensare liberamente a Severus. Chissà cosa stava facendo, stava pensando a lei? Almeno un pochino… Stava lavorando? Dormendo? Leggendo? I pensieri cominciarono a vorticare nella sua mente, voleva rivederlo subito. Maledisse quello stupido incantesimo che lui aveva posto sulla casa, e se non avesse funzionato? Non avevano pensato a nessuna alternativa, e lei si sentiva impazzire al pensiero di non sapere come comunicare con lui. Passò la mattinata così, smaniosa, e continuò a sentirsi tesa quando James tornò a casa. Suo marito voleva fare l’amore. Lily si oppose inventando una scusa: le sarebbe sembrato di tradire Sev. La sera aveva un turno abbastanza breve, lo affrontò con i nervi a fior di pelle, sperando di vederlo o almeno di sentire qualcosa. Ma quando tornò a casa non era successo niente, e cominciò a pensare seriamente che il Principe avesse fallito: l’incantesimo non funzionava. Andò a letto esausta, nervosa e delusa. Alle cinque del mattino, però, qualcosa accadde. Lei si svegliò e all’improvviso lo sapeva. Sapeva che Severus era appena rientrato a casa. Si era aspettata un segnale di qualche tipo, un suono, una luce, e invece era esattamente come aveva detto lui: lo sapeva e basta. Si alzò dal letto di corsa, scrisse un biglietto a James che dormiva, inventando una visita alla mamma, e si smaterializzò.
Quando Lily arrivò nel salotto di Spinner’s End, Severus era seduto in poltrona, pensieroso. Non si era neanche tolto il mantello. Desiderava ardentemente sapere se l’incantesimo avesse funzionato, ma non si aspettava certo di vederla lì a quell’ora in un turbinio di capelli rossi e scompigliati. Ebbe appena il tempo di alzarsi che Lily gli era saltata al collo, baciandolo con passione, lasciandolo sorpreso e un po’ irrigidito mentre un timido sorriso gli increspava le labbra sottili. Quando lei si staccò aveva il respiro affannato, le girava la testa, non si era ancora ripresa dalla smaterializzazione, ma doveva sapere.
«Sev! Ti… ti sei…» le tremava la voce «…per caso ti sei pentito di quello che è successo l’altra sera?»
Con studiata lentezza, deliziato dalla sua urgenza di conferme, lui rispose «Come avrei potuto pentirmi?» e cominciò a togliersi il mantello. Solo allora notò che Lily indossava il pigiama. Un’adorabile camicia da notte azzurra, lunga fino ai piedi. La guardò con un sorrisetto che la fece arrossire.
«Tu invece? Ti sei pentita dell’altra notte?» Conosceva già la risposta: lei era lì, gli era saltata addosso. Lo chiese giusto per dire qualcosa, per prendere tempo e non sembrare troppo smanioso di avventarsi su di lei.
«No, no, certo che no» rispose lei, che finalmente sorrideva, e lui le prese il viso tra le mani e la baciò a lungo.
«Vuoi un caffè? Non credevo fossi sveglia a quest’ora, è molto presto» mormorò a fior di labbra.
Quelle parole furono per Lily un’illuminazione.
«Oh Sev, scusami! Desideravo così tanto vederti» arrossì violentemente «che non ho riflettuto. Insomma, sono le cinque del mattino e tu hai passato più di ventiquattr’ore… fuori» non sapeva che parola usare. Hai passato ventiquattr’ore al lavoro? Ventiquattr’ore in missione? Ventiquattr’ore a uccidere gente innocente? Scacciò immediatamente quel pensiero e proseguì «Sicuramente vorrai riposare adesso, ti lascio»
«NO!» un’espressione di panico aveva sconvolto per un attimo il viso impassibile di lui. «No, resta. Dai, preparo un caffè. Servirà a entrambi!» aggiunse con un debole sorriso, mentre si avviava in cucina e cominciava ad armeggiare con una piccola caffettiera italiana.
Lily sorrise e si sedette al tavolo. Lo osservava con un’espressione intenerita. Conosceva la storia di quella caffettiera ma non si aspettava di trovarla lì, pensava che lui l’avesse buttata. La mamma di Severus era stata in vacanza in Italia con la sua famiglia, da ragazza, e si era innamorata del caffè italiano. Chissà quante vite erano passate da allora, ma quando lui era solo un bambino, nei rari momenti di calma in cui Tobias era fuori casa, Eileen armeggiava con la caffettiera babbana e faceva il caffè. Un profumo meraviglioso riempiva l’aria e il piccolo Severus si sedeva lì, dove adesso stava seduta Lily, con lo sguardo sognante a immaginare una vita diversa. Calda e profumata, come il caffè. Dopo Hogwarts, quando era ritornato nell’odiata casa dei suoi genitori, aveva fatto sparire tutto. Tranne i libri, anche quelli babbani perché lui voleva conoscere tutto di tutto, e quella caffettiera. L’aveva riparata e aveva eliminato i danni del tempo, e adesso quell’unico gesto compiuto senza magia lo calmava e gli ricordava sua madre.
Bevuto il caffè, Severus le prese delicatamente le mani tra le sue - quelle mani perfette - e lei ebbe un brivido.  In silenzio la condusse nella piccola camera un po' spoglia, in cui troneggiava un grande letto matrimoniale di legno. Lily non si ricordava di essere mai entrata in quella stanza, doveva essere la camera da letto dei suoi genitori. Si sdraiarono e bastarono pochi minuti per ritrovarsi nudi, pelle contro pelle, respiro contro respiro, ad accarezzarsi piano. Non avevano la furia di quella prima notte, le mani scivolavano lente sui corpi accaldati, come una danza un po’ ipnotica. E lui, improvvisamente, stupidamente, cullato da quella calda sensazione di pace, si addormentò.  Severus non dormiva mai o quasi, non ne aveva bisogno e c’erano mille cose più importanti da fare, da imparare, da scoprire, da pensare. Ma in quel momento la sua mente si era concessa una tregua, come se per anni avesse cercato la posizione più comoda per dormire e adesso l'avesse trovata: la posizione giusta era tra le braccia di lei.
Lily era rimasta immobile, sdraiata nuda accanto a lui e lo guardava chiedendosi chi fosse quel ragazzo addormentato. Certo non era un pericoloso criminale. Era solo il suo migliore amico, un ventenne qualsiasi, ma diverso da tutti gli altri. Assicuratasi che quegli occhi che la trafiggevano da parte a parte fossero ben nascosti dietro le lunghe ciglia, si concesse finalmente di osservarlo per bene. Lui era pallido, più che pallido, sotto la pelle trasparente le sembrava di poter vedere il sangue scorrergli nelle vene. Si accorse che il fisico asciutto era disseminato di cicatrici piccole e grandi, sicuramente segni di incantesimi e maledizioni. Non riusciva a immaginare il Signore Oscuro usare metodi babbani per punire i suoi seguaci. Ma punirli di cosa? Non era il più bravo lui? Non era tra i preferiti? Lily sospirò, pensando a quali orrori doveva aver visto, subito e compiuto. La sfiorò il pensiero che quelle cicatrici fossero la mappa della sua anima e che seguendole avrebbe saputo la verità, avrebbe saputo se quello che dormiva accanto a lei fosse un terribile assassino o un ventenne innamorato. Oppure entrambi.
Quando Severus aprì gli occhi in quella morbida luce del mattino, la prima cosa che lo colpì furono gli occhi di lei che lo guardavano adoranti. Lily. Gli occhi di Lily. Gli occhi di Lily che lo guardavano. Adoranti. Pensò che qualche residuo di sogno gli fosse rimasto impigliato tra le ciglia. La seconda cosa che lo colpì fu la sconvolgente consapevolezza della presenza fisica di lei. Il suo peso leggerissimo sul materasso, i capelli rossi che gli sfioravano una spalla e il contatto troppo breve ma ardente tra i loro corpi. Quella era una cosa reale, non aveva niente a che vedere con il sogno. La terza cosa che lo colpì fu l’amara e deludente constatazione di essersi addormentato. Si era addormentato lì, con Lily tra le braccia. Si maledisse, chiedendosi con ansia febbrile quanti minuti preziosi di Lily avesse sprecato. Con gli occhi neri ancora velati di sonno, e non del tutto convinto di essersi veramente svegliato, si voltò a guardarla.
«Lily» articolò in un mormorio più roco di quanto avesse voluto.
Quel sono la riscosse, ma lei non ebbe il tempo di pensare: lui aveva schiuso leggermente le labbra e la stava baciando. Lily sorrise.
«Vuoi fare l'amore adesso?» il tono di lei così lieve e spontaneo gli arrivò come una carezza.
Fece un mezzo sorriso e una risatina gutturale lo scosse mentre la prendeva per i fianchi e se la faceva scivolare addosso, come una coperta che lo difendesse dal freddo gelido del mattino invernale.
 

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Capitolo 3
*** Tormento ***


Si incontravano tutte le volte che potevano, a casa di lui. Era la cosa migliore perché sapevano che a Spinner’s End nessuno li avrebbe trovati o disturbati. Quando lei non c’era, per Severus era facile andare avanti con la sua vita. La chiudeva in quel cassettino della mente e andava avanti, il desiderio di lei sempre a bruciargli la pelle ma la mente sgombra, concentrata su altro. Lily invece faceva una fatica assurda per sforzarsi di non pensare continuamente a lui, alle sue mani e ai suoi occhi colore della notte.
Ogni tanto doveva cedere ai suoi doveri coniugali e in quei momenti non poteva fare a meno di notare ogni dettaglio di James, così fatalmente diverso da Severus. Il modo in cui la sfioravano, la guardavano, poggiavano il proprio peso sul suo corpo, perfino il modo in cui respiravano era differente. Laddove James era rassicurante quotidianità, normalità collaudata, Severus era eccitante novità, pericoloso segreto che le infiammava le viscere.
Severus non aveva mai fretta quando la amava. E perché avrebbe dovuto? Era lei a decidere di presentarsi a Spinner’s End, ma sapeva che una volta varcata la soglia le redini sarebbero tornate in mano a lui. E per Severus fare l’amore con Lily era una magia potentissima, una questione da prendere estremamente sul serio. In un mix di istinto appassionato e razionalità metodica, si occupava di lei come se stesse lavorando a una nuova pozione. Le mani, le labbra, la pelle si facevano guidare dall’istinto, preso dalla gioia selvaggia di avere tra le dita quello che era l’oggetto del suo desiderio da sempre, da quando potesse ricordare di aver desiderato qualcosa. Intanto però la mente lavorava a un altro livello, registrando automaticamente le reazioni che baci e carezze provocavano in lei. Come se dopo aver versato gli ingredienti nel calderone, osservasse i loro effetti sulla pozione. Così dopo poche settimane conosceva alla perfezione il corpo di Lily e sapeva esattamente come muoversi per provocare una reazione oppure un'altra, e i due avevano raggiunto un’intesa estranea a molte coppie collaudate. Lei pensava che di questo passo sarebbe impazzita.
Quel maledetto incantesimo sulla casa non la aiutava di certo a smettere di pensare a lui. Quando Severus rientrava in casa, lei ne era immediatamente avvertita e qualunque cosa stesse facendo sembrava che lui le apparisse davanti agli occhi, avvolto nel nero mantello, e la guardasse quasi sfidandola a rimanere concentrata su quello che stava facendo. «Avanti Lily, concentrati! Abbiamo i GUFO a fine anno!» lo sentiva ripetere nella sua mente con la sua voce da adolescente, ricordando intense giornate di studio in cui lei si distraeva facilmente e lui, sorretto da una ferrea disciplina, non alzava lo sguardo dai libri per ore. Solo che adesso la voce di Severus era più bassa, ruvida e setosa allo stesso tempo, e gli esami scolastici non sembrano occupare più un posto tra i suoi pensieri.
 
Una sera accadde l’inevitabile. Lily era a letto con James, suo marito, quello con cui era legittimo che si trovasse nuda dentro un letto, e Severus era appena rientrato in casa. Non ebbe il tempo di pensare mentre la sua immaginazione lavorava a trasformare le mani piccole e agili di James in quelle di Sev, e il sorriso aperto dell’uno in quello enigmatico dell’altro, e la voce rassicurante di suo marito in quella vellutata del suo amico. Chiuse gli occhi, incapace di sottrarsi a quelle fantasie, ogni muscolo del corpo teso a trattenersi dall’evocare il nome di Severus. Nei due giorni e seguirono, in cui non poté recarsi a Spinner’s End, rimuginò a lungo sull'accaduto, ringraziando Merlino e Morgana che a possedere straordinarie doti da Legilimens non fosse suo marito, ma il suo amante. I suoi pensieri inciamparono su quella parola dal suono nuovo e tagliente. Amante. Severus era il suo amante? Per la prima volta si trovò a fare i conti con sé stessa e con la consapevolezza di essere una donna sposata che intratteneva una relazione extraconiugale con il suo ex migliore amico. Che era un Mangiamorte. E un assassino? La cosa non sembrò turbarla più di tanto, la possibilità di smettere di vederlo non la sfiorò neppure. Pensò soltanto che quell’incantesimo fosse tremendamente inopportuno, e alla fine liquidò la cosa dicendosi che gli avrebbe chiesto di trovare un’altra soluzione.
Quando arrivò a Spinner’s End era decisa a risolvere la cosa. Si materializzò in salotto, ma Severus non c’era. Sentì la sua voce sommessa dire «Lily, sei tu? Sono qui». Sembrava provenire dalle scale in fondo al corridoio, e Lily le percorse curiosa di scoprire cosa avrebbe trovato. Lui era lì, in penombra, avvolto in una strana atmosfera nebulosa. Era circondato da piccole ampolle e foglietti di appunti, scritti con una minuscola e fitta grafia che lei riconobbe immediatamente. Aveva trasformato la cantina in un laboratorio. Sembrava bellissimo, i lineamenti del volto concentrati e le lunghe ciocche nere che scendevano a sfiorare il tavolo, mentre le dita sistemavano ingredienti e promemoria come accarezzandoli. Quello era il suo elemento, il suo posto nel mondo. Il cuore di Lily vacillò.
«Tra un attimo sono da te» disse lui, lo sguardo ancora chino sul tavolo.
«Sì tranquillo» lei si stava togliendo il cappotto e approfittò di non avere quegli occhi neri a trapassarla per dire con finta nonchalance «Sai, forse dovremmo pensare a un altro modo per darci appuntamento»
«Perché?» fece lui, mentre le sue mani venivano scosse da un fremito «il mio incantesimo non funziona più?»
«No, no, funziona, è che… quando tu torni a casa mi avvisa, ovunque io sia e qualsiasi cosa stia facendo e…»
«Ed è proprio a questo che serve, Lily. Non vedo il problema». Un’ombra di fastidio aveva attraversato la sua voce, e la ragazza capì di aver sbagliato approccio. Mai, MAI criticare un’invenzione di Severus. Era sempre convinto di avere le migliori intuizioni, di conoscere la magia come nessun altro, e lo infastidiva che qualcuno mettesse in dubbio le sue capacità. Anche perché, Lily dovette ammettere ricordando i suoi suggerimenti a scuola, quasi sempre aveva ragione. Pensò che sarebbe stato meglio dire la verità, per quanto imbarazzante.
«Il fatto è che, quando succede, io...ehm...mi distraggo da...quello che stavo facendo. E penso a te». Disse l’ultima frase in un soffio.
Severus alzò lo sguardo, solo per un attimo, verso di lei, e disse lentamente «E la cosa ti...disturba?»
«No, no, certo che no». Arrossì fino alla punta dei capelli. «Solo che...ecco...io ehm…»
«Lily, se c’è qualche problema vorrei saperlo. Posso lavorare ancora a quell’incantesimo, se mi spieghi cosa c’è che non va».
Lei chiuse gli occhi e, senza fiato, disse «Il fatto è che a volte succede quando non sono, ecco, da sola». Piantò gli occhi a terra, fermamente decisa a non sollevarli mai più.
Con quella frase aveva ottenuto la più completa attenzione del ragazzo, che deglutì vistosamente mentre il significato di quelle parole planava nella sua mente. Il fatto che Lily andasse a letto con suo marito - quell’idiota di Potter! - lo pizzicò fastidiosamente, come se avesse toccato per sbaglio uno spillo. Intuì che nel tempo quello spillo avrebbe potuto scucirgli l’anima, ma in quel momento gli sembrò una cosa da niente. Era niente in confronto all'immagine potentissima che si era creata nella sua mente. Lily seminuda, che sotto le premure di Potter - che volle immaginare goffe e sgraziate - pensava a lui. Fremeva di desiderio per lui. Andava in estasi, preda di indicibili fantasie che riguardavano lui. Una voglia furiosa gli spezzò il fiato, e chiuse gli occhi per scacciarla. Ma quell’immagine si impresse, ancora più vivida, nella sua mente. Provò a calmarsi, a pensare che amava quella ragazza e che non avrebbe voluto renderle la vita impossibile. Forse poteva insegnarle l’Occlumanzia, almeno le basi. Ma quella lava bollente che gli scorreva nel corpo insieme al sangue lo convinse di no. Severus la amava, sì, ma non era certo un santo. Come poteva rinunciare al piacere perverso di possedere la sua mente, di possederla davvero? D’altra parte quello spillo lo avrebbe tormentato ancora a lungo, e anche lei aveva diritto a una porzione di dolce tortura. Un sospiro gli sfuggì dalle labbra.
Adesso Lily lo guardava impaziente, rendendosi conto di quanto lo avesse sconvolto con quella frase. Quando Severus riaprì gli occhi, sembrava aver recuperato un po’ del suo autocontrollo, e con voce profonda e misurata disse «Farò del mio meglio». Ma un sorrisetto soddisfatto gli increspava la bocca, e nel suo sguardo c’era uno scintillio pericoloso. Girò attorno al tavolo e la baciò impedendole di replicare, cercando di placare quel desiderio impetuoso che lo aveva colto. Ma non era abbastanza.
Lily riuscì a staccarsi da lui, ansimante. Lo guardò con un lieve sorriso e gli disse «Non lo farai, vero?»
Lui si morse piano il labbro inferiore «Assolutamente no».
 
 

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Capitolo 4
*** Whisky Incendiario ***


Con il passare dei mesi, Lily e Severus avevano trovato un certo equilibrio o qualcosa del genere. Lily arrivava a qualunque ora del giorno e della notte, spuntando in cucina o nel salotto avvolta nel pesante cappotto o in un sottilissimo pigiama, come un'apparizione celeste. Rimaneva un paio d'ore o poco più, in base ai turni di lavoro e ai vari impegni di entrambi, ma in quelle ore non parlavano quasi mai. E di cosa Avrebbero potuto parlare? Certo non del lavoro di lei, né di quello di lui (che Lily comunque faticava a considerare un vero lavoro), e neanche della guerra ovviamente. Il nome di James era un tabù per ovvie ragioni, e quindi evitavano anche qualsiasi ricordo di scuola che potesse includerlo. Insomma, parlavano poco e si amavano molto. A volte Lily gli sussurrava ti amo sulle labbra, pianissimo, come sperando che lui non la sentisse, troppo preso dal piacere. Severus la sentiva sempre e non rispondeva mai. Lui la amava e Lily lo sapeva. La amava disperatamente e non lo avrebbe detto mai. Lei non se ne crucciava più di tanto, lo conosceva bene. Tuttavia ogni tanto si faceva sommergere dai dubbi, e per fugarli ripensava a quella prima sera a Spinner’s End
«E mi ami, Severus?»
«Sempre. Da sempre»
 
Una sera di primavera Severus se ne stava seduto al tavolo del soggiorno, su cui erano poggiati  un bicchiere e una bottiglia già aperta di Whisky Incendiario. Indossava una camicia bianca e un paio di jeans scuri, e come sempre quando la sua mente era sgombra, il pensiero correva a Lily. Si chiedeva cosa stesse facendo lei. Chissà come sarebbe stato essere suo marito. Svegliarsi la mattina con Lily accanto, amarla a qualsiasi ora, parlare con lei di tutto, prepararle il caffè per colazione. Quando la sua mente arrivò a creare immagini di loro due che facevano spesa insieme, decise che ne aveva abbastanza. Che stupidaggini! Prese a fissare la parete di Fronte a sé, con il bicchiere in mano e quel senso di opprimente pesantezza sul petto. Dopo pochi minuti un rumore improvviso alle sue spalle lo fece sussultare. Lily era arrivata, come richiamata dall’intensità dei suoi pensieri che indugiavano su lei da ore.
«Ciao» disse lei, scostandogli i capelli corvini e depositando un piccolo bacio sulla sua nuca. Era un gesto che gli faceva venire i brividi ogni volta.
«Ehi ciao! Pensavo che non saresti venuta oggi». Lui si voltò appena mentre lei girava intorno alla sedia e si accomodava sulle sue gambe. Severus avvampò: non c’era intimità fisica né nudità che potesse imbarazzarlo tanto come quei gesti affettuosi, quasi da fidanzatini. Per nascondere il rossore sulle sue guance pallide, premette le labbra su quelle di Lily. Ma la ragazza avvertì sulla sua lingua un sapore strano, nuovo, diverso da qualsiasi cosa avesse mai assaggiato.
«Cosa stavi bevendo, Sev?»
Lui assunse un’aria di superiorità mentre rispondeva in tono strascicato «Roba da uomini».
«Sarebbe a dire?»
«Sarebbe a dire che non è roba da ragazzine, Lily» spiegò con calma, come se stesse parlando a una bambina.
«Io non sono una ragazzina, Sev!»
«Io non sono una ragazzina, Sev!» L’imitazione della sua frase, pronunciata dalla voce setosa di Severus, risultò esilarante.
E mentre lei rideva di gusto, il ragazzo tentò un nuovo assalto alle sue labbra. Lily però fu più veloce: approfittando della sua distrazione, si voltò verso il tavolo e afferrò il collo della bottiglia, per poi portarsela alla bocca. Bevve un sorso, due, tre, mentre Severus la guardava sconcertato.
«Ecco, vedi, non è poi così male» disse, con aria indifferente. Ma un attimo dopo si fece scappare un versetto stridulo mentre il liquore le infiammava l’esofago e lui ridacchiava di gusto. Poi tornò serio.
«Allora, ti piace?»
«Ehm ehm. Sì, ottimo. Visto? L’ho bevuto senza problemi!»
«Certamente…» il tono soave e il sopracciglio sollevato indicavano quanto poco credesse in quello che stava dicendo.
«Eh va bene, va bene, allora ti sfido, signor uomo vissuto: un bicchiere per uno, finché uno dei due non si arrenderà!»
Lui non disse niente, ma sorrise e appellò un altro bicchiere: quel gesto barbaro di bere dalla bottiglia gli ricordava fastidiosamente suo padre. Riempì i bicchieri con la stessa quantità di Whisky e ne porse uno a Lily con un gesto elegante.
«Alla nostra!» Stava già dicendo lei, quando il ragazzo la fermò.
«Aspetta, aspetta. Cosa vinco?»
«Sei così sicuro di vincere?» Lui sollevò ancora il sopracciglio in risposta, e lei continuò. «Mmm non so...facciamo che se vinci tu puoi chiedermi quello che vuoi. Una cosa sola però! E lo stesso se vinco io, ovvio».
«Ovvio».
Ci vollero appena tre bicchieri perché Lily sventolasse bandiera bianca. Le girava la testa e si sentiva stranamente euforica. Cominciò a saltellare per casa, rievocando ricordi della loro infanzia e ridendo a crepapelle per cose assolutamente stupide.
«Sei proprio una sciocchina» Severus si sedette sul divano con aria indolente, curioso di vedere per quanto ancora sarebbe andata avanti. Per la prima volta la vedeva davvero per quello che era: una ragazzina di 19 anni. Non un’Auror, e assolutamente non una donna sposata. La seguì con lo sguardo, incantato, finché non si sedette anche lei sul divano. Continuava a ridacchiare per nulla e un certo punto si fermò e cominciò a fissarlo. Sembrava che stesse cercando di mettere a fuoco qualcosa, quando gli scostò ancora i capelli e gli accarezzò lentamente la nuca.
«Cielo Sev… hai mai notato quanto è bella la tua nuca?» disse, gli occhi spiritati
Lui fu colto dal solito brivido, ma rimase impassibile
«Per prima cosa, Lily, no. Non me ne sono mai accorto, e sospetto che sia perché si trova dietro la mia testa». La ragazza parve non sentirlo neanche, intenta com’era a fissarlo e accarezzarlo, così continuò. «Seconda cosa: sei terribilmente ubriaca, ragazzina».
«No, non lo sono!»
«Va bene, allora sei vergognosamente alticcia»
Lei tornò a guardarlo negli occhi «Però tu sei sempre più alto di me!» e ricominciò a ridere, tuffandosi di schiena sul divano.
«Già...senti, faresti la brava per qualche minuto? Devo prendere una cosa».
Si diresse verso la cantina, ma prima di scendere i pochi scalini si voltò ancora a guardarla: anche così, con lo sguardo stralunato, seduta scomposta sul divano, era bellissima. Riemerse dal laboratorio stringendo una minuscola boccetta.
«Bevi questa, ti farà sentire meglio».
Lily obbedì docilmente e si ridistese sul divano. Lui le si sedette accanto.
«Sev, tu mi hai mai dato una pozione?» mormorò dopo pochi secondi
«Per Merlino, stai peggio di quanto pensanssi… Ti ho appena dato una pozione, è per farti passare più velocemente i capogiri e il mal di testa».
«No, no, che sciocco che sei! Intendo tipo un filtro d’amore, cose così...mi hai stregata forse?»
Lui si irrigidì appena «Perché dici una cosa del genere?»
Lily lo guardò per un attimo, con gli occhi lucidi «Perché io ogni volta provo a non venire qui, mi dico “Non devi andare da lui Lily, non è giusto” ma poi...poi…» il suo tono di voce si stava affievolendo, mentre si alzava per guardarlo negli occhi. «Non ci riesco!» L’ultima frase le uscì dalle labbra in un sussurro disperato. Lui le prese il viso tra le mani, terribilmente serio, e disse «Allora smetti di provarci». La guardò intensamente per qualche secondo e poi la baciò con passione.
«Adesso stenditi, tra poco starai meglio». Si sentiva in colpa, come se le stesse infliggendo chissà quale sofferenza. E mentre la guardava, sperando di vedere la nebbia diradarsi nella sua mente, decise che quella sera avrebbe fatto qualcosa per lei.
Quando gli sembrò che Lily fosse più serena, si chinò su di lei e ricominciò a baciarla, ancora e ancora. Il respiro di entrambi si era fatto appena più affannoso e lei sollevò le mani verso il suo collo, si avvicinò al colletto della camicia e iniziò lentamente ad aprire il primo bottone, poi il secondo. A quel punto Severus respirò a fondo, come per raccogliere le forze, le afferrò i polsi in una presa gentile ma ferma, staccò le labbra dalle sue e disse soltanto «No».
Negli occhi di Lily vide il panico, le labbra ancora schiuse a cercare quel contatto di cui era stata privata.
«No? Perché no? Sev? Che succede? Perché non mi vuoi?»
Lui sospirò ancora, si alzò e sparì nell’ingresso. Quando tornò nella sua visuale, indossava un leggero mantello su jeans e camicia, e aveva in mano il giubbino di jeans che Lily non ricordava neanche di aver abbandonato da qualche parte. Glielo porse, lo sguardo serio.
«Mettiti questo». Era un ordine. Gentile, ma pur sempre un ordine. Il cuore di Lily mancò un battito. La stava cacciando di casa? «Usciamo» aggiunse, accorgendosi dello sguardo disperato di lei.
«Usciamo? Cosa? Sev non...non possiamo uscire insieme».
Lui la scrutò per un attimo «Credi che non lo sappia?» Lily deglutì, le sembrava che un professore l’avesse beccata impreparata. «Quando ti fiderai di me, Lily?» un’ombra di tristezza gli attraversò lo sguardo.
Lei rimase in silenzio, ma si infilò il giubbino e lo seguì docilmente nell’ingresso.
«È notte, siamo in una periferia semi-abbandonata. Basterà un incantesimo di Disillusione, non dovremmo incontrare nessuno. Poi quando arriveremo...dove dobbiamo arrivare, porrò degli altri incantesimi difensivi. Non ci vedrà nessuno, te lo prometto».
Lei fece un debole sorriso, mentre lui lanciava l’incantesimo su entrambi, che divennero indistinguibili dalle pareti dell’ingresso. Protetto dall’incantesimo, Severus ebbe l’ardire di cercare la piccola mano di Lily e afferrarla delicatamente, per poi aprire la porta e mettere, per la prima volta insieme a lei, un piede fuori da quella casa.
Camminarono poco e, come lui aveva previsto, non incontrarono nessuno. Lily stringeva la mano di Severus, immensamente sorpresa e grata di quel gesto così semplice eppure romantico. Man mano che procedevano per le viuzze buie, cominciò a capire dove la stesse portando e ancor di più si chiese se quello che aveva accanto fosse il Severus che lei conosceva, quanti altri Severus ci fossero ancora da conoscere e da amare. Si fermarono in un parco giochi un po’ malandato, davanti a due altalene che dondolavano piano nella leggera brezza primaverile
«Eccoci qua» disse lui, e nonostante la Disillusione Lily indovinò il sorriso un po’ imbarazzato che gli increspava le labbra. Il ragazzo tirò fuori una vecchia coperta che aveva appallottolato chissà dove e un thermos di caffè che aveva rimpicciolito in una tasca del mantello, e quando lei si fu seduta per terra passò alcuni minuti a mormorare incantesimi di protezione.
Rimasero a lungo sdraiati sulla coperta, le dita delle mani che si sfioravano appena, guardando le stelle in silenzio assoluto. Lily non avrebbe potuto dire una parola, era sopraffatta da un’improvvisa consapevolezza: davvero Severus la amava. Aveva fatto un gesto che non era per niente da lui, un gesto dolce che significava mille cose. Lui d’altra parte era ammutolito, troppo concentrato sulla vergogna che provava ad aver mostrato così i suoi sentimenti. Fare l’amore con lei era un conto, ma in quei momenti era sempre lui ad avere il controllo. Stavolta invece si era lasciato andare, l’aveva tenuta per mano per tutto il tragitto e le aveva organizzato una serata - a suo modo - romantica. Robaccia da fidanzatini. Aveva bisogno di non pensare. Si sollevò su un fianco e poi si posizionò su di lei, intravedendo appena i contorni del suo corpo. Si chinò a baciarla e lentamente prese la mano di Lily e la portò sul primo bottone della su camicia.
«Adesso sì» disse a voce bassa, rotta dall’emozione, mentre lei sospirava.
Fare l’amore senza vedersi era una cosa del tutto nuova, che risvegliava gli altri sensi e faceva bruciare la pelle ad ogni tocco. Trovarsi poi proprio in quel luogo raddoppiava ogni sensazione. Quel luogo in cui si erano conosciuti e scoperti, in cui si erano arrabbiati e avevano sognato, avevano riso e pianto, quel luogo in cui si erano amati. Forse senza neanche saperlo e sicuramente senza dirselo, ma lì si erano già amati. Dopo, trovarsi nudi nella fredda brezza della notte non li infastidì affatto. Lui le cingeva un fianco, come faceva sempre, e lei continuava a guardare le stelle.
«Sev» come ogni volta, fu lei a rompere il silenzio «noi siamo ancora amici? ...migliori amici?»
Lui si voltò un attimo a guardarla, sorpreso dall’insolita domanda, e poi volse ancora lo sguardo al cielo. «Sì...sempre».
Quella parola le portò alla mente un’altra situazione e le diede il coraggio di andare avanti.
«Io però ti amo» disse semplicemente.
Lui la guardò e in quel momento si rese conto che l’incantesimo di Disillusione stava svanendo. Da quanto tempo erano usciti di casa? Mosse la mano destra verso la bacchetta e l’aveva appena sollevata, quando fu lei a bloccargli il polso e a dirgli «No. Avevi ragione, non c’è nessuno e siamo comunque protetti da altri incantesimi. Voglio guardarti».
Lui deglutì. Il suo sguardo indugiò un po’ troppo su di lei, sul viso dai lineamenti morbidi, sul piccolo naso e sulle labbra rosa, sulle lentiggini che il primo sole aveva fatto fiorire, su quegli occhi verdi che gli toglievano il respiro, e quando schiuse appena le labbra sembrò che stesse per baciare lo spazio tra i loro corpi. Invece disse pianissimo «Anch’io».
Nel silenzio che seguì, lui decise che quello era il momento. Avrebbe tanto voluto essere ancora Disilluso, ma ormai non poteva più nascondersi. Doveva dirlo, e basta.
«Comunque, io sto ancora aspettando la mia ricompensa»
«Cosa?»
«La sfida di prima. Ho vinto, ovviamente, e non ho ancora riscosso il mio premio!»
«Severus! Sei un pervertito!» Lei aveva sgranato gli occhi e si era sollevata su un braccio «Abbiamo finito, quando? Dieci minuti fa? È possibile che tu non ne abbia mai abbastanza?»
Lui fece un mezzo sorrisetto «No, non ne ho mai abbastanza» e la guardò come a volerle trapassare l’anima. «Ma...non era questo il premio a cui pensavo».
«Ah. E cosa allora?»
Severus si era sdraiato di nuovo, e aveva chiuso gli occhi. Sembrava spaventato. Lily sporse una piccola mano verso i suoi capelli e prese ad accarezzarli.
«Io...io vorrei…»
«Mi dica, cosa posso fare per renderla felice, signore?»
Le ciglia di nere tremarono appena ma lui non aprì gli occhi, mentre diceva «Resta con me. Stanotte, resta con me».
Lily sentì qualcosa sciogliersi in fondo al suo petto. Si sdraiò su di lui, facendo attenzione a non interrompere quel tocco lieve sui suoi capelli. Adesso anche il labbro inferiore del ragazzo tremava, mentre lei gli distribuiva minuscoli baci sulle labbra e sugli zigomi, sulla fronte e sulle palpebre chiuse. Pensò che James sarebbe rientrato dal suo turno a breve e se non l’avesse trovata si sarebbe preoccupato. Ma Severus adesso le stava dicendo davvero che la amava, sempre a modo suo, e che aveva bisogno di lei. E nient’altro aveva un senso, se non il fatto che lui fosse lì, per la prima volta completamente abbandonato ai suoi tocchi e ai suoi baci, per la prima volta così piccolo, indifeso e tremante.
«Sì. Va bene amore, stanotte resto con te». Amore. Era la prima volta che lo chiamava così, ma quella sera sembrava che tutte le regole potessero essere infrante. Lui avrebbe ripensato a quella parola ancora per molti giorni a venire. Finalmente aprì gli occhi, ma non trovò quelli verdi che desiderava incontrare, perché lei aveva appoggiato la testa sul suo petto. E mentre ascoltava i battiti accelerati del suo cuore ritornare a un ritmo normale, non vide che sul viso di Severus si era formato un sorriso nuovo, il sorriso soddisfatto di chi aveva appena vinto una battaglia.
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Vita vera ***


Lily era rimasta quella sera, e anche altre volte. Sua madre abitava a poca distanza dalla casa di Severus, ed era gravemente malata: la scusa per recarsi a Cokeworth era servita su un piatto d’argento, condita da abbondante senso di colpa per non andare a trovarla così spesso quanto dichiarava. Ma ci avrebbe pensato in un altro momento. Sia lei che Severus erano convinti di poter rimandare all’infinito qualsiasi questione. Si rifugiavano nella modesta casa di lui e lasciavano fuori tutto il mondo, convinti che mai avrebbe potuto raggiungerli, che la vita vera non sarebbe mai arrivata ad incrinare il loro mondo perfetto e irreale.
Il primo a sperimentarlo fu Severus. Un pomeriggio di maggio Lily arrivò a Spinner’s End più trafelata del solito, e gli ci volle un attimo per notare che la sua mano brillava di un bagliore insolito: era la sua fede, accuratamente nascosta in tasca ogni volta che si vedevano e quel giorno lì, visibile e dolorosa come fosse stata rovente sulla mano di lei. La ragazza la nascose in fretta nella tasca dei jeans, ma era troppo tardi.
«Ehm…mi dispiace, Sev». Ti dispiace cosa? Aver sposato Potter? Non aver scelto me? Lui si trattenne e non disse nulla. Le prese la mano sinistra e baciò l’anulare ormai spoglio.
Come sempre, avrebbe ripensato a quell’inutile quanto pericoloso cerchietto d’oro per giorni. Quel fastidioso spillo chiamato gelosia era tornato a pungerlo, la sua mente indugiava troppo spesso in quel minuscolo orribile angolo in cui si trovava il pensiero di James Potter. James Potter, il marito di Lily. Perché proprio lui? Perché così presto? Perché, Lily? Non riusciva a darsi pace. Quando recuperava un briciolo di razionalità, però, si rendeva conto che non aveva alcun diritto di pensare quelle cose. Lily aveva scelto, e lui doveva rispettarla. Per quanto riuscisse a odiare quell’idiota, a pensare che Potter non meritasse una creatura così perfetta, Severus non poteva negare che neanche lui la meritava. Non meritava quell’impossibile felicità che riusciva a provare con lei, quella sensazione di pienezza e pace, di sicurezza e di abbandono. Non meritava lo sguardo adorante di Lily né l’amore che lei dichiarava, né i preziosissimi momenti che lei sottraeva a tutto il resto solo per stare con lui. Così fece quello che aveva sempre fatto: strinse i denti e decise di sopportare. Lo aveva fatto a casa e a scuola, e perfino tra i Mangiamorte che mal tolleravano un ragazzino così intelligente e capace di attirare l’attenzione del Signore Oscuro. Lo avrebbe fatto anche con Lily. Avrebbe sopportato di sapere che non era sua, pur di averla in qualche modo, in una misera percentuale che non avrebbe mai potuto compensare la sua totale devozione. Non le disse nulla, non le chiese nulla, ma in cuor suo si convinse che prima o poi Lily lo avrebbe lasciato. Si sarebbe ricordata di essere una brava ragazza sposata, di aver intrapreso la via opposta alla sua, e lo avrebbe lasciato. Decise che non si sarebbe più illuso, non avrebbe più permesso che le cose sfuggissero al suo controllo, avrebbe recuperato la sua maschera di freddezza così da non soffrire troppo quando lei avrebbe deciso di non tornare più. Con questa nuova risolutezza, convinto di aver recuperato l’autocontrollo necessario, affrontò i successivi incontri con Lily. Fissava lo sguardo sul suo Marchio Nero e sull’anulare sinistro di lei, eterni promemoria delle loro scelte e dell’impossibilità di quell’amore totalizzante. Gli sarebbe piaciuto controllare i battiti del suo cuore così come controllava la sua mente, ma era comunque un passo avanti. Non era preparato, però, alla possibilità che lo spillo della gelosia colpisse lei.
 
Era una mattina di inizio giugno, Sirius aveva fatto colazione a casa Potter e poi si era offerto di accompagnare Lily a Diagon Alley per sbrigare delle commissioni. Quei due si erano odiati a lungo, per poi diventare amici. Certo Lily non lo avrebbe mai definito una persona responsabile, non lo avrebbe definito il suo miglior confidente, ma la faceva ridere e la complicità tra lui e James la inteneriva sempre. Così aveva accettato di buon grado la sua compagnia e si erano avviati insieme per negozi. Avevano fatto compere, si erano fermati a bere un tè chiacchierando di amici comuni e conoscenti e si stavano avviando alla Gringott, quando due figure sottili vestite di nero si stagliarono sulla soglia. Lily guardò con orrore Severus scendere dalle scale di marmo, con Narcissa Black sottobraccio, e rimase impietrita. Se avesse avuto i riflessi pronti, se avesse inventato qualcosa per rimandare la visita in banca, Sirius non li avrebbe visti e tutti e quattro si sarebbero risparmiati la spiacevole scena che si sarebbe svolta dopo pochi secondi.
«Ma guarda, che begli incontri si fanno a Diagon Alley! Anche i vampiri escono alla luce del sole, adesso?» Sirius non si era fatto scappare l’occasione di attaccare Severus.
«Cugino, mi addolora vederti insieme a certa…gentaglia» Narcissa sillabò l’ultima parola con immenso disprezzo, squadrando Lily dalla testa ai piedi. Lei non rispose, riusciva appena a respirare. Narcissa Black era bellissima, molto più bella di quanto riuscisse a ricordare. I capelli biondissimi le ricadevano morbidi sulle spalle, l’espressione altezzosa le affilava ancora di più i lineamenti e il rossetto rosso fuoco si stagliava sulla pelle diafana attirando lo sguardo. Stringeva il braccio di Severus con fare possessivo, e Lily provò una fitta intensa al petto.
«Stavo per dirti la stessa cosa, Cissy. Passeggiare sottobraccio con Mocciosus ti rovinerà la reputazione» la risposta di Sirius arrivò ovattata alle orecchie di Lily, che adesso fissava Severus e il suo braccio intrecciato a quello di Narcissa, sperando che lui interrompesse quell’insopportabile contatto fisico con la bionda.
«Se tu valessi un decimo di quanto vale Severus…» Narcissa aveva parlato con voce tagliente, guardando suo cugino dritto negli occhi grigi, ma fu interrotta da un movimento sotto il mantello del suo accompagnatore. Lily trattenne il fiato. Sperò che Severus non tirasse fuori la bacchetta: Sirius non aspettava altro. Ma il ragazzo alzò semplicemente la mano, poggiandola in un gesto annoiato su quella della donna che accompagnava.
«Non vale la pena, Cissy. Tuo cugino si rende abbastanza ridicolo da solo, non c’è bisogno che tu intervenga. Andiamo, abbiamo altre faccende da sbrigare». Squadrò Sirius con aria di sufficienza, poi volse lo sguardo verso Lily ma lo arrestò appena un centimetro oltre i capelli rossi. Non sarebbe riuscito a guardare quegli occhi, non in quel momento.
Mentre Severus e Narcissa scendevano le scale, Lily sentì un ultimo stralcio di conversazione tra i due
«Quella non era la ragazzina con cui andavi sempre in giro a Hogwarts?»
«Secoli fa, Cissy»
«Sai, credevo che prima o poi sareste finiti insieme. Ti stava sempre così appiccicata che pensavo avresti ceduto!» lui fece una risatina «Pensa, che fine avresti fatto se Lucius non avesse capito che sei destinato a cose…più grandi?»
Lily e Sirius osservarono gli altri due allontanarsi dal loro campo visivo. Lily era pietrificata.
«Ah! Tu con quel lurido verme! Ma te lo immagini? Se solo ci fosse stato James, gli avremmo dato una lezione… Lily, non pensare a quello che hanno detto! Valgono mezzo zellino in due!»
«Già... lo so» non era brava a nascondere il suo sgomento, per niente, ma Sirius pensò che rivedere il suo vecchio migliore amico ridotto a un leccapiedi di Voldemort l’avesse scossa e cambiò argomento.
Quando tornarono a casa, raccontare a James quell’incontro e ascoltare tutta la serie di insulti che lui e Sirius indirizzarono a Severus fu come cospargere di sale una ferita. Non riusciva a togliere dalla sua mente quell’immagine, il braccio di Narcissa intrecciato a quello di Sev, e la mano di lui poggiata su quella della donna. Conosceva quel ragazzo da quando avevano otto anni e mai, mai aveva visto qualcuno invadere il suo spazio vitale. Solo lei lo aveva fatto, prima condividendo con lui giochi e abbracci e adesso beh… un altro tipo di intimità. Si sentiva stupida: in fondo Severus non aveva mai detto esplicitamente di amarla. E lei si era convinta di avere l’esclusiva su quegli incontri appassionati, l’esclusiva sul suo cuore e sul suo corpo. Ma fuori da Spinner’s End, nella vita reale, lui incontrava altre persone e frequentava altre case. Era un ragazzo giovane, dal fascino oscuro e tormentato, e sicuramente la sua posizione presso il Signore Oscuro lo metteva in luce tra gli altri. Chissà quante altre donne aveva. Sicuramente non le portava a casa, dato che lei aveva libero accesso, ma poteva incontrarle altrove. E forse quel borioso altezzoso di Lucius Malfoy non era in grado di dare attenzioni alla sua gelida e bellissima moglie. Si arrovellò tra quei pensieri ancora per diverse ore, e quando seppe che Severus era a casa cercò di autoconvincersi a non andare da lui, ma dopo pranzo inventò l’ennesima visita alla mamma e si materializzò nel salotto di Spinner’s End.
Lui era lì, seduto in poltrona, e quando la vide arrivare capì subito che non aveva apprezzato la scena di quella mattina. Fingendo indifferenza, si avvicinò a lei per baciarla, ma Lily lo colpì con un’occhiata torva e lo spinse indietro sulla poltrona. Sembrava che non avesse alcuna intenzione di parlargli, così fu il ragazzo a rompere il silenzio.
«Tutto bene Lily?»
«Severus» aveva detto solo il suo nome, ma il tono tagliente che usò lo fece somigliare a un lungo rimprovero.
«Lily, ascolta, lo so che stamattina non è stato divertente, ma sapevamo che prima o poi sarebbe capitato di incontrarci. È andata bene, nessuno sospetta nulla» fece un timido sorriso, ma l’espressione truce di Lily non era cambiata.
«Non mi aspettavo di incontrarti insieme a quella donna» mise tutto il disprezzo possibile in quelle due parole.
«Beh Narcissa è… ha sposato Lucius Malfoy, lo sai no? E io frequento spesso casa loro, quindi siamo… siamo diventati amici, insomma, sì»
«E perché non si è fatta accompagnare da suo marito?»
«Tu perché non ti sei fatta accompagnare dal tuo?» il tono canzonatorio di Severus la fece infuriare ancora di più.
«Mio marito non c’entra, non mi piacciono le persone che frequenti!»
«Neanche a me piacciono i tuoi…amici, ma mi sembrava che avessimo già affrontato questa cosa tempo fa»
«I Malfoy sono gente cattiva Sev, gente senza scrupoli»
«Gente come me vuoi dire?»
«No… no» guardò in basso, non sapeva più cosa dire.
«Senti» il ragazzo si alzò e provò a prenderle le mani nelle sue, ma Lily lo respinse ancora «perché stiamo parlando di questo? Adesso siamo qui, solo noi, non dobbiamo pensare a nessun altro»
«Severus, le persone che frequentiamo e le cose che facciamo fuori da qui sono reali, quella è la vita vera! Qui dentro abbiamo creato un mondo irreale»
Lui le prese il viso tra le mani, impedendole di sottrarsi ancora a un lungo bacio. Poi la guardò negli occhi.
«Come puoi dire che questo non è reale?»
«Come posso credere che tu lo sia?»
«Perché dici così?»
«Da quanto tempo vai a letto con quella?»
«Quella…quella? Narcissa, dici? Lily la stavo solo accompagnando a fare compere…come quell’idiota di Black stava accompagnando te!» la guardò terrorizzato «Vai a letto con Black?»
«Sei impazzito? Con quanta gente vuoi che stia?» a quel punto Severus cominciava a intravedere il lato comico di quella discussione.
«Hai ragione, siamo già in troppi. Ma non sto con Narcissa, è sposata con un mio amico!»
«Preferisci quelle sposate con i tuoi nemici?»
Severus dovette soffocare una risata «Beh sì, ho anch’io una morale sai?»
Si era rituffato sulla poltrona, mentre lei girava per la stanza e gesticolava, sembrava impazzita.
«Non sei divertente, Severus. Non mentirmi, ti toccava in un modo…Cielo, se ci penso mi viene la nausea!»
«Lily, ti prego, stai dicendo delle assurdità»
«Ok, va bene, forse non ci vai a letto…ancora. Ma ti piacerebbe, ammettilo!»
«Cosa? No!»
«Avanti, è bellissima. Vuoi dirmi che non la trovi bellissima?»
Lui fece il suo solito sorrisetto «Non quanto te. Non quanto te, quando fai la gelosa»
«Non sono gelosa, affatto»
«No, è chiaro»
Lily estrasse la bacchetta, e lui la guardò con un po’ di preoccupazione ma non prese la sua. Credeva che gli avrebbe fatto qualche fattura. Invece puntò la bacchetta su sé stessa, non disse una parola, e i suoi vestiti scomparvero. Severus non se l’aspettava. Rimase incantato a guardarla, deglutì a vuoto e poi disse «Hai imparato gli incantesimi non verbali, finalmente»
«Mi vuoi?»
Lui la fissò, il suo mezzo sorriso sempre stampato in faccia e la voce improvvisamente roca «Lo sai, Lily»
«Dillo!»
Severus allungò la mano destra, a sfiorarle delicatamente il fianco con i polpastrelli «Ti voglio da morire»
Lei gli puntò la bacchetta contro, e anche i suoi vestiti scomparvero rivelando quanto quella situazione lo stesse eccitando. Si sedette a cavalcioni su di lui.
«E le altre?»
«Nessun’altra» gli occhi di ossidiana erano incollati a quelli di smeraldo di Lily.
«Dimmi che sei solo mio»
«Sono tuo, Lily, da sempre»
«Quante donne hai avuto prima di me?»
«Nessuna»
«E dopo di me?»
«Nessuna»* la risposta si perse in un sospiro mentre i loro corpi si univano. Per la prima volta, era Lily ad avere il totale controllo, e Severus era completamente rapito. «Solo tu, Lily, sempre». Se solo avesse potuto pensare, in quel momento, si sarebbe ricordato che lei era sposata e che non aveva alcun diritto di fare la gelosa. Ma quella Lily così aggressiva, possessiva, desiderosa di averlo solo per sé lo eccitava oltre ogni misura. Mentre lei dettava il ritmo, con la sua dolcissima furia, e gli graffiava il petto e le spalle e gli mordeva le labbra e il lobo dell’orecchio, lui non poteva pensare. «Solo tu Lily, sempre tu. Lily, Lily, Lily». Continuava a ripetere il suo nome, ubriaco di lei. Lo ripeteva come una cantilena o una formula magica. Come un incantesimo che potesse tenere lontane tutte le altre donne e rassicurarla una volta e per sempre che mai nessun’altra sarebbe entrata in quella casa e mai nessun’altra sarebbe stata tra le sue braccia.
Dopo rimase ancora dentro di lei, a riprendersi da quel piacere conosciuto eppure nuovo, aspettando che i loro corpi decidessero di separarsi mentre loro cercavano di recuperare una respirazione normale, abbracciati ed esausti come reduci da una guerra in cui avessero perso entrambi.
«Tu sei pazza» il suo sussurro le solleticò un orecchio.
«Mmh»
«Lily, tu…» esitò, come ogni volta che stava per dire qualcosa di estremamente pericoloso «Tu sei mia?»
Lei non gli diede il tempo di pentirsi di quella domanda, gli urlò «Sì!»
«Adesso sei tu a mentire» lo disse con un tono neutro, tranquillo, eppure Lily colse la tremenda tristezza dietro quelle parole. Prese a dargli piccoli baci a fior di labbra, accarezzandogli piano i capelli, e lo fissava con uno sguardo supplicante.
«No, no, Sev, non pensare questo ti prego. Ti prego… Io sono tua, completamente tua, sono così disperatamente tua che questa cosa mi terrorizza»
«Cosa…cosa ti terrorizza?»
«Io non…» trasse un profondo respiro e lo guardò attentamente «Io impazzirò, Sev, il giorno in cui deciderai di lasciarmi»
A quella frase, qualcosa nel petto di Severus si congelò. Rimase per un attimo immobile, poi prese il viso di Lily tra le mani e disse, serio «Non potrei farlo mai, Lily. Non lo farò. Mai, capito? Mai» L’ultima parola fu appena un sussurro, mentre Lily tornava ad abbracciarlo e affondava il viso nell’incavo del suo collo. Non ebbe il coraggio di confessarle che aveva la stessa identica paura.
 
 
 
 
*Cit. Tristano e Isotta, Kevin Reynolds, 2006
 
 

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Capitolo 6
*** Madri e figli ***


Pioveva. Uno di quegli acquazzoni estivi in cui sembrava che tutto il cielo volesse venire giù. Severus era a casa, quel giorno non aspettava Lily. Durante l'estate avevano preso l'abitudine di accordarsi sui momenti in cui si sarebbero visti, anche se ogni tanto a lei piaceva comparire a sorpresa. Adesso non si vedevano già da qualche giorno.
Fuori infuriava il temporale e Severus ci mise un po' a distinguere il suono del campanello in mezzo al fragore della pioggia e dei tuoni, anche perché era un suono che non sentiva mai: nessuno andava a trovarlo. Si alzò dalla sua solita poltrona e si diresse all'ingresso. Quando chiese «Chi è?» non ottenne risposta, quindi aprì il portoncino. Sull'uscio c’era Lily, ma non sembrava lei. I capelli rosso fuoco non danzavano allegri intorno al suo viso, erano fradici e il vestitino a fiori in tessuto leggero le si era incollato addosso. Non sorrideva, teneva gli occhi bassi e tremava, forse per il freddo o forse per qualcos’altro. Sembrava piccolissima.
«Lily! Entra…»
Lei aveva mosso qualche passo verso l'interno della casa, come in trance, lasciandosi dietro piccole impronte e il fastidioso rumore di sandali bagnati sul pavimento.
«Lily che succede? Perché non ti sei Materializzata qui?»
Lei sollevò finalmente lo sguardo: aveva gli occhi gonfi e rossi, sembrava che stesse piangendo da secoli.
«Sev, io ho...ho bisogno...del mio migliore amico oggi, non del mio amante».
Lui sorrise debolmente «Spero di essere entrambi»
«Sei tutto» sussurrò lei un attimo prima di scoppiare di nuovo a piangere
Severus provò a sfiorarle una mano e si rese conto che era ghiacciata. Afferrò la bacchetta, fece scomparire i suoi vestiti bagnati e appellò una serie di asciugamani puliti. Cominciò ad asciugare la pelle gelata, con una tale cura e dedizione da farla smettere di singhiozzare. Piangeva ancora Lily, ma lo sguardo preoccupato e adorante di Severus e la sacralità di quel tocco, di cui aveva disperatamente bisogno, la tranquillizzarono. In quel momento seppe che aveva fatto bene a bussare alla sua porta, a cercare quell’unica ancora di salvezza in mezzo a un dolore in cui rischiava di annegare. Quando Severus terminò quel casto rituale, la pelle di Lily era asciutta ma lei tremava ancora. Appellò una coperta, la avvolse, la prese in braccio e la adagiò sul divano e lì iniziò a dedicarsi ai lunghi capelli rossi. Ci volle un bel po’ per asciugarli con l’aria calda che usciva dalla punta della bacchetta, mentre le accarezzava piano la testa. Si sentiva inadeguato, cosa avrebbe dovuto fare? Chiederle ancora il motivo di tante lacrime? Dirle qualcosa? Ma cosa? Non era mai stato bravo a consolare le persone, a malapena consolava sé stesso.
In quel momento Lily aveva bisogno proprio di quello: di silenzio e di carezze. Non avrebbe potuto sopportare domande, condoglianze, frasi fatte. Desiderò di poter rimanere per sempre così, in silenzio, con le dita di Severus a intrecciarle i capelli e le sue labbra a sfiorarle una spalla, avvolta in una coperta che odorava di lui.
Dopo quello che le era parso un tempo lunghissimo, trovò finalmente il coraggio di voltarsi e guardarlo negli occhi.
«Sev...mia madre...è morta».
«Lo so» disse lui, le prese una mano tra le sue e la baciò. Si guardarono ancora per un po’, poi Lily cominciò a parlare pianissimo e lentamente. Gli raccontò tutto. Gli raccontò di come sua madre si fosse consumata lentamente dopo la morte di suo padre, fino a scivolare in quella malattia maledetta che non le aveva lasciato scampo. Gli raccontò di come si era sentita esclusa dalla sua famiglia, anche in un momento come quello, perché Petunia e Vernon non riuscivano a tollerare la presenza di suo marito. E così lei era stata costretta a rimanere lontana da sua madre, o ad andare a trovarla da sola, sopportando gli sguardi di rimprovero di sua sorella senza il sostegno di nessuno. Gli raccontò anche che sua madre parlava sempre di lui, continuamente. Julie Evans voleva davvero bene a Severus, si era affezionata a quel bambino così serio che ogni tanto compariva a pranzo o a cena e che rideva solo in presenza di sua figlia. Lo aveva considerato un figlio per tanti anni, e aveva sofferto quando si era resa conto che qualcosa si era rotto tra loro. Lily ogni tanto le aveva accennato a una guerra, senza entrare nei dettagli per non farla preoccupare troppo.
«Mi diceva “Tesoro, se la situazione è davvero così grave e pericolosa, dovresti provare a parlare con Severus. Quel ragazzo rientra a casa sempre molto tardi, sempre da solo. Se si fosse cacciato in qualche guaio? Questi sono momenti in cui è bene mettere da parte le scaramucce adolescenziali. Come ti sentiresti se gli succedesse qualcosa?” Mi sentivo sempre molto male quando mia madre faceva discorsi come questo. Lei non sapeva che tu...che eri già al servizio di quell’uomo orribile. Sarebbe morta di dispiacere se solo l’avesse saputo». Severus sospirò e abbassò lo sguardo, a disagio. «E quando abbiamo cominciato a.... a vederci, non ho avuto il coraggio di confidarmi con lei. Ho litigato con tutti, sono scappata di casa per sposarmi. Cosa avrebbe detto sapendo che tradisco l’uomo per cui ho lasciato la mia famiglia? Mia madre era una brava persona, non avrebbe mai tradito mio padre. E per quanto non andasse d’accordo con mio marito, non mi avrebbe perdonata per questo comportamento ingiusto e irresponsabile».
«Lily...anche tu sei una brava persona».
Tornarono per un po’ al silenzio. Avevano toccato tutti gli argomenti di cui non parlavano mai, e questo li faceva sentire strani. L’assurda dittatura di Severus, che decideva implicitamente cosa dire e cosa non dire, cosa mostrare e cosa nascondere, era stata abolita. Tutte le regole del loro fragile e irreale mondo infrante. Non sapevano più cosa dire. Fu Severus a rompere il silenzio.
«Ti ricordi quella volta, quando tua madre mi beccò di notte in camera tua perché non volevo tornare a casa?»
Lei sorrise, immensamente grata per quel cambio di argomento. «E come dimenticarlo? Tu ti prendesti solo un rimprovero dai miei genitori e ti rispedirono a casa… ma a me fecero una paternale di ore e ore sul sesso sicuro e su quanto fossimo giovani. Mi interrogarono su tutte le regole della scuola, per assicurarsi che mai e in nessun modo tu saresti potuto entrare nel mio dormitorio. Cavoli, avevamo appena quindici anni, il sesso non era ancora neanche nei nostri pensieri!»
«Beh, parla per te» Severus aveva sollevato il suo proverbiale sopracciglio «non sai proprio niente di come sia difficile quell’età per un ragazzino!»
Lei rise «Ti piacevo già allora?»
«Mi piaci da sempre».
«Anche tu» sussurrò lei, in un soffio, per poi aggiungere «Beh, comunque eri un ragazzino pervertito».
«E tu eri una ragazzina terribilmente sexy».
Lily arrossì. «Mi trovi ancora sexy?»
«Lily…» Severus si era fatto serio. Le scostò una ciocca di capelli dal viso, e nel farlo sussurrò «Tu mi fai perdere il senno» La ragazza fece una risatina «La cosa ti diverte?»
«Far perdere il senno a mister ho-sempre-tutto-sotto-controllo? Oh, mi diverte parecchio!»
Lui le diede un lievissimo bacio sulle labbra, poi si allontanò. «Già, ma non oggi. Oggi hai bisogno del tuo migliore amico, e io sto provando ad esserlo».
«Ci stai riuscendo perfettamente Sev. Senti… hai da fare oggi? Posso rimanere un altro po’ qui con te?»
«Puoi rimanere tutto il tempo che vuoi».
 
Poco dopo Lily si addormentò, stremata dal dolore e dalle lacrime di quella giornata. Lui si scostò, la sistemò sul divano adagiandola su una serie di cuscini che aveva appellato dalla camera da letto, e si sedette sulla poltrona ad osservarla. Gli sembrava quasi di vedere il dolore diffondersi nella mente e nel cuore della ragazza, ombre cupe invadere i suoi occhi luminosi dietro le palpebre chiuse. Conosceva bene quella sofferenza, pur essendo consapevole che fosse diversa per ognuno. Si ricordava perfettamente quando era toccato a lui provare quel dolore lancinante al centro del petto.
Era una mattina di dicembre, a Hogwarts Serpeverde e Grifondoro del sesto anno stavano seguendo una lezione di Difesa. Non ricordava neanche chi fosse l’insegnante quell’anno, ma non avrebbe mai dimenticato il viso di Lumacorno, quando era entrato in aula chiedendo che il signor Piton uscisse un attimo a parlare con il Preside. Aveva un’espressione tristissima e contrita. Severus pensò di essere stato accusato di qualche guaio, e di aver deluso per qualche motivo il suo Capocasa. Si era alzato infastidito, era uno dei migliori studenti della sua Casa, soprattutto in pozioni, e non capiva cosa potesse essere successo per chiamarlo in presidenza. Lumacorno non parlò per tutto il tragitto fino al gargoyle di pietra. Severus era stato in quella stanza già una volta, quando quell’idiota di Black lo aveva quasi fatto uccidere. Lì si era reso conto che Silente non era altro che un vecchio pazzo, come i suoi compagni di Casa gli ripetevano da anni, e aveva deciso che sarebbe stato il più possibile alla larga dal Preside.
«Buongiorno, Severus». Era prima volta che il vecchio lo chiamava per nome. Anche lui sembrava triste. Lo fece sedere sulla sedia di fronte alla scrivania e gli raccontò una storia strana che aveva a che fare con sua madre, con il sudicio fiume che scorreva accanto a casa sua e con suo padre, che era scomparso.
«Non conosciamo ancora la dinamica esatta dell’incidente, le autorità babbane stanno indagando». Incidente. Silente e Lumacorno avevano usato quella parola per indicare la morte di sua madre. Ma Severus non aveva bisogno di indagini, non aveva bisogno delle autorità babbane per sapere cosa fosse successo tra Eileen e Tobias. Il Preside e il professore gli fecero le condoglianze, si offrirono di fare qualcosa per lui, gli dissero che poteva rimanere a Hogwarts se voleva stare in compagnia. Oppure poteva tornare a casa, dai parenti se ne aveva, o stare da qualche amico. Poteva rimanere via quanto voleva, tanto le vacanze di Natale sarebbero arrivate a breve e per uno studente brillante come lui non sarebbe stato grave saltare qualche lezione. Lui non aveva risposto nulla, si era limitato ad annuire. Lumacorno gli era sembrato quasi spaventato dallo sguardo buio di quello studente così schivo e straordinariamente intelligente.
Mezz’ora dopo, aveva raccolto la sua roba in un baule ed era tornato in presidenza, dove Silente aveva predisposto una Passaporta per tornare a Cokeworth. Attraversando i corridoi, aveva incontrato gli occhi verdi di Lily. Gli era parso che lei volesse dirgli qualcosa, ma alla fine era rimasta in silenzio e aveva abbassato lo sguardo. Lui aveva continuato a camminare e aveva raggiunto il Preside.
«Severus, per quanto intollerabile sia questo dolore, vorrei che ricordassi che a tutto c’è una via d’uscita e che chiedere aiuto non è mai un disonore».
«Non ho bisogno di aiuto, signore».
«Lo immaginavo. Sappi solo che Hogwarts sarà sempre la tua casa. Qualunque cosa succeda fuori e dentro queste mura, qui troverai sempre qualcuno a tenderti la mano».
Non aveva perso neanche tempo a rispondere, o a chiedersi cosa significassero le parole del Preside. Aveva afferrato la Passaporta ed era tornato a Spinner’s End. Si era seduto sulla poltrona, quella stessa poltrona in cui era sprofondato adesso con gli occhi fissi su Lily, e si era sentito terribilmente solo. Non importava che fine avesse fatto suo padre, se fosse ancora vivo e se avesse intenzione di tornare. Lui non era mai stato un vero genitore. Ma Eileen… non era stata la migliore né la più affettuosa tra le madri, ma era stata sua madre. Qualcosa di lei gli scorreva nelle vene: non solo il naso adunco e i capelli corvini, da lei aveva preso anche l’ambizione, la passione per le pozioni, la precisione nello studio. Il fatto stesso di essere un mago lo doveva al dna di sua madre. Tobias, invece, gli aveva regalato solo un carattere burbero e schivo.
Severus aveva passato diversi giorni su quella poltrona, era uscito solo per il funerale. C’erano soltanto lui, il parroco e i genitori di Lily. Si era sentito terribilmente a disagio. Silente era comparso verso la fine della cerimonia, a ripetergli che poteva tornare a Hogwarts se voleva. Lui aveva detto di no ed era rientrato a casa.
Il giorno dopo sentì un lieve ticchettio alla finestra del salotto. Era un gufo reale. Severus aprì la finestra e prese delicatamente la lettera legata alla zampa del volatile. La busta aveva il sigillo dei Malfoy, il che lo sorprese abbastanza. I Malfoy erano una delle famiglie più in vista di tutto il mondo magico. Aveva conosciuto Lucius Malfoy al primo anno di scuola: era più grande di lui di cinque anni, e all’epoca era il prefetto di Serpeverde. Un ragazzo brillante, dai modi affettati, che lo aveva subito preso in simpatia, chissà poi per quale motivo. Severus era felice che quel ragazzo più grande chiedesse il suo parere su varie questioni, parlasse con lui dei fatti di attualità e si complimentasse per i suoi ottimi voti. Aprì lentamente la busta, aspettandosi delle fredde e formali condoglianze, ma la lettera era troppo lunga per trattarsi solo di quello. Forse Lucius voleva parlargli del Signore Oscuro: tutti a scuola sapevano che era stato marchiato. Tobias era un babbano e aveva probabilmente ucciso sua madre, una strega purosangue. Forse i Mangiamorte volevano chiedergli qualcosa in merito. Il ragazzo sprofondò di nuovo nella poltrona e lesse la lettera: nessun accenno a suo padre, né ai Mangiamorte né al Signore Oscuro. Lucius si dichiarava addolorato per il suo recente lutto, si scusava per non aver partecipato al funerale e si offriva di aiutarlo a superare il brutto momento. Ricordando con affetto i momenti passati insieme a scuola, si offriva di ospitarlo a Villa Malfoy per le vacanze di Natale e per tutto il tempo che gli fosse servito a riprendersi dalla gravissima perdita. Severus aveva piegato la lettera. Si sentiva completamente solo da mesi, da quando aveva irrimediabilmente perso la sua Lily. Da allora non si era più sentito veramente vicino a nessuno, i suoi compagni di Hogwarts non erano dei veri e propri amici. Ma quella lettera era una mano tesa verso di lui. Ci aveva pensato un po’, poi aveva messo un po’ di vestiti in una borsa e si era presentato a Villa Malfoy, pensando che si sarebbe sentito a disagio in mezzo a tutto quel lusso. Ma Lucius non lo aveva messo a disagio, neanche per un attimo, e quando suo padre a cena aveva iniziato a fare domande strane sulla morte di Eileen lui aveva cambiato argomento, togliendolo dall’imbarazzo. Quel giorno, Severus aveva trovato un amico.  
 
Mentre lui era immerso nei suoi ricordi, Lily si stava svegliando. Le sembrava di aver dormito per mesi.
«Ehi. Vuoi che ti prepari qualcosa? È quasi ora di pranzo».
«Sev... io...ehm...Grazie ma adesso devo andare, devo organizzare il funerale e avvisare i parenti...dare una mano a Petunia…»
«Posso fare qualcosa per te? Vuoi che venga al funerale?»
«Lo faresti?»
«Certo. Posso disilludermi, nessuno si accorgerà che sono lì».
«No. Io… Io vorrei accorgermi della tua presenza. Vieni, ti prego, e non disilluderti».
«D’accordo Lily. Tutto quello che vuoi».
Il funerale si svolse il pomeriggio successivo, nella piccola chiesetta in cui era stata seppellita anche Eileen. Lily era in prima fila, sottobraccio a suo marito, e piangeva silenziosamente. In fondo alla chiesa, un ragazzo vestito di nero stava in piedi, il labbro inferiore che tremava leggermente. La sua espressione seria e triste non cambiò al passaggio della bara in cui riposava quella donna che lo aveva trattato come un figlio. Non cambiò quando James Potter abbracciò e baciò sua moglie, sostenendola per evitare che crollasse. Non cambiò neanche quando Sirius Black fece per attaccarlo e Remus Lupin dovette fermarlo, per rispetto del luogo e della situazione. Rimase immutabile perfino quando il marchio nero sulla pelle candida iniziò a bruciare procurandogli un dolore insopportabile. Non si mosse di un millimetro: sapeva che il Signore Oscuro lo avrebbe torturato per non aver risposto immediatamente, ma non importava. Nulla importava, soltanto Lily.
 

 

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Capitolo 7
*** Croce e delizia ***


Gli incontri tra Lily e Severus si intensificarono dopo la morte di Julie. Il modo in cui si era preso cura di lei e il coraggio con cui si era presentato al funerale, senza maschere, lo facevano apparire quasi un eroe agli occhi della ragazza. A colpirla soprattutto era stato un dettaglio che aveva notato solo qualche giorno dopo: lei aveva passato tutto il funerale al braccio di suo marito, che la aveva abbracciata, baciata e sostenuta e non si erano lasciati un solo momento. Si ricordò di quell’orribile contatto tra il braccio del suo amante e quello di Narcissa Malfoy. Il pensiero la pizzicava ancora, come una spina. Quanto doveva aver sofferto Severus nel vederla con James tutto quel tempo? Eppure era rimasto lì.
Quello che Lily non sapeva era che Severus avrebbe affrontato di peggio. Voldemort non avrebbe perdonato facilmente un ritardo di molte ore: lo aveva torturato a lungo, la notte dopo il funerale, e in alcune altre occasioni. Arrivava in ritardo alle riunioni, era impreciso nello svolgere gli ordini e già un paio di volte aveva dovuto rifare una pozione. Aveva cominciato a distrarsi sempre più spesso. Piccole disattenzioni, ma che in una persona come lui erano segnale di grande inquietudine e che nel suo Padrone provocavano immensa stizza. Voldemort non lo avrebbe ucciso: nutriva troppe speranze per quel giovane dalla mente disciplinata eppure creativa, sarebbe bastato ancora un po’ di addestramento e quel ragazzo sottile e silenzioso sarebbe diventato la sua macchina da guerra personale. Ma bisognava controllarlo, in un modo o in un altro, e Severus non era facile da controllare. Non urlava neanche durante le torture, composto e fiero come sempre. Le cruciatus che subiva dopo questi suoi comportamenti gli torturavano il corpo, ma la sua mente era tormentata da altro. Quelle cose non erano da lui. Cosa gli stava succedendo? Riusciva ad occludere la mente appena in tempo, quando iniziavano le sue punizioni, e il Signore Oscuro non riusciva a trovare la fonte di tanta distrazione, ma lui sapeva perfettamente quale fosse il pensiero che gli rubava il sonno, l’attenzione e la lucidità. Lily. Qualunque minuto trascorso senza di lei gli sembrava irrimediabilmente sprecato, qualunque attività che non la riguardasse gli appariva senza scopo. Era stato terribile scoprire che questa cosa fosse più forte di lui, più forte della sua inespugnabile mente, più forte delle sue maschere visibili e invisibili. Quello che provava per Lily era più forte di qualunque altra cosa. Si sentiva debole, uno sciocco sentimentale senza cervello. Doveva farla finita con lei: era sposata con quell’idiota di Potter. Non la avrebbe avuta mai per davvero. Stava consumando la sua mente sopraffina, i suoi poteri, la posizione che aveva faticosamente raggiunto tra i Mangiamorte, per nulla. Eppure ogni volta che lei entrava a casa sua e si offriva a lui come una docile preda, ogni volta che lo guardava con quegli verdi che gli toglievano il fiato, ogni volta che assaporava il gusto di Lily e sentiva il suo profumo lieve tra le lenzuola, tutti i suoi buoni propositi svanivano.
 
Quel pomeriggio, al funerale di sua madre, Lily lo aveva amato più che in qualsiasi altro momento, e aveva desiderato averlo accanto sempre, sentirsi addosso il suo sguardo di ossidiana, farsi accarezzare dalla sua voce di seta. Così adesso si recava a Spinner’s End anche ogni giorno, e lui era sempre lì. James la guardava entrare e uscire di casa e non le diceva mai niente: sua moglie aveva subito una perdita gravissima, era devastata, e lui doveva solo lasciarla in pace. Almeno così pensava, immaginando che trascorresse quelle ore a casa dei suoi a sistemare la roba di sua madre, o a parlare con le sue amiche oppure con Petunia. Forse il dolore le aveva riavvicinate. Ma mai, mai nella vita avrebbe pensato che sua moglie uscisse di casa per andare da Severus Piton.
Non si vedevano ormai da quattro giorni, l’appartamento di Spinner’s End era vuoto. Lily era stata attenta ad ogni minimo segnale, tesa come una corda di violino nell’attesa del segnale che Severus fosse rientrato in casa. Dove poteva essere da così tanto tempo? Forse a Villa Malfoy? Ma perché non l’aveva avvisata di un soggiorno così lungo? Forse lavorava nella base segreta di Voldemort? Rabbrividì. Quattro giorni in compagnia di quell’essere infernale! Infine un dubbio strisciante, fastidioso, si insinuò nella sua mente e le bagnò le guance di lacrime: e se lui avesse messo fine all’incantesimo che la legava alla casa? Questo non poteva voler dire altro, se non che Severus si fosse stancato di lei. Che l’avesse lasciata. Senza preavviso. Immersa in questi cupi pensieri, non si era neanche accorta che suo marito stava rientrando da un turno di lavoro. I suoi li aveva ridotti al minimo, dopo il lutto non se la sentiva di stare in mezzo alla gente né credeva di poter essere d’aiuto ai suoi colleghi.
«Ciao amore! Come stai?» James le aveva lasciato un bacio sulla guancia. Era così dolce, così dolce. Ma non era Severus.
«Bene… bene. Al lavoro, tutto bene?» mormorò distrattamente.
«Sì tesoro, mi dispiace di aver fatto più tardi del solito. Ci sono stati diversi attacchi a villaggi babbani, nella zona di Bristol. I Mangiamorte hanno fatto una carneficina, hanno preso uomini, donne e anche bambini. Mi dispiace raccontarti questa cosa amore, ma è bene che tu stia attenta, esci spesso da sola in questo periodo».
«I Mangiamorte? A Bristol?» Severus era lì, ecco. Era lì.  
«Nelle vicinanze. Hanno preso diversi paesi e villaggi, la battaglia è durata alcuni giorni ma i colleghi hanno voluto coinvolgermi visto che…insomma, visto che tu non stai bene. Adesso però c’è da indagare, avvisare le famiglie delle vittime eccetera. Non sai quanto sia felice, Lily, che tu non sia al lavoro in questi giorni».
«Già…già» Lily sembrava in trance «molte vittime hai detto…»
«Una strage, tesoro. Non voglio raccontarti i dettagli»
«No certo, certo. Anche tra i Mangiamorte ci sono state vittime?»
«Uno. Uno è morto, è stato Moody a finirlo. Lui adesso è al San Mungo, ha riportato alcuni danni e non ho potuto parlargli quindi non so i dettagli. Ma uno è morto, uno di quei bastardi è morto almeno»
Un dolore sordo si fece strada nel suo petto. Uno di quei bastardi è morto. Severus non era morto, non poteva essere morto. E non aveva ucciso nessuno, tantomeno un bambino. Dovette respirare a fondo e autoconvincersi che lui non fosse assolutamente coinvolto in quella questione, e quella notte non dormì, attaccata alla flebile speranza che lui sarebbe tornato a casa. Sarebbe tornato. Ma il giorno dopo non era ancora successo niente. Così prese la borsa e disse a James che sarebbe stata per un po’ a Cokeworth, nella casa dei suoi, e che voleva stare sola. Invece si materializzò a casa di Severus: lì avrebbe aspettato il suo ritorno, o la conferma che non sarebbe tornato mai più.
Aspettò un giorno e una notte, senza dormire, mangiando appena per non crollare. Il giorno successivo, all’alba, uno schiocco la avvisò che qualcuno era entrato in casa. Non poteva essere sicura che fosse lui, così si diresse guardinga nell’ingresso con la bacchetta tra le mani. Era lui. Il suo cuore fece un tuffo nel riconoscere la figura sottile ammantata di nero. E poi un altro nel rendersi conto di come fosse ridotto. Zoppicava, si reggeva il braccio sinistro con il destro come temendo che potesse cadere da un momento all’altro, ed era piegato in due da chissà che dolore. Ma il peggio doveva ancora vederlo: quando il ragazzo si voltò verso di lei, aveva uno sguardo che la spaventò. Gli occhi arrossati erano ridotti a due fessure, le labbra contratte in una smorfia di dolore, e diversi tagli gli attraversavano il viso. Adesso poteva vedere anche il braccio sinistro: fiotti vermigli scaturivano da quell’orrendo marchio.
«Lily! Che ci fai qui?» ringhiò come un animale ferito, sembrava orripilato dalla sua presenza.
Lily non riusciva a muovere un muscolo, la bacchetta ancora alzata.
«Sev! Sev sei ferito…che ti è successo?»
Lui emise un basso grugnito e si voltò dall’altra parte «Niente. Ma non sono disponibile per…incontrarti, adesso. Vattene»
«No che non me ne vado, tesoro fatti controllare, spiegami cos’è successo ti prego» si era avvicinata, e aveva sfiorato il suo mantello. Una pessima mossa, evidentemente.
«Ti ho detto che non posso venire a letto con te Lily, vattene»
Lily dovette trattenere le lacrime «Mi offendi, Severus. Non sto con te per il sesso!»
«Tu non stai con me!» urlò così forte che il dolore si moltiplicò in ogni fibra del suo corpo, ma non gli importava. Voleva solo che se ne andasse.
Lily aveva capito: lui la stava allontanando, la stava aggredendo perché non voleva farsi vedere così, non voleva raccontarle i dettagli di quell’attacco che lei sicuramente[F1]  non avrebbe apprezzato, e soprattutto non voleva farsi aiutare. Quella situazione le ricordò dolorosamente un momento simile. Il momento in cui le loro vite erano cambiate. Ma stavolta non si sarebbe fatta fregare dalle urla e dagli insulti di Severus. Non se ne sarebbe andata. Si avvicinò ancora un po’ a lui, appellò una poltrona dal salotto e, suo malgrado, Severus vi si accasciò. Il dolore era tale da impedirgli di respirare. Lily si accovacciò accanto alla poltrona, per avere il viso alla stessa altezza del ragazzo, ma lui non sollevò lo sguardo.
«Hai ragione, non sto con te. Ho un marito. Un bravo ragazzo, gentile e premuroso. Che mi fa divertire, mi ascolta e mi ama. Un bel ragazzo, anche» a quel punto, Severus si sentì in dovere di sollevare un sopracciglio e grugnire. «Ma non sono con lui. Sono qui. Sai da quanto tempo sono qui? Da più di ventiquattr’ore. Ho lasciato mio marito solo a casa, inventando orribili scuse per venire da te, per sapere se fossi ancora vivo e se volessi stare ancora con me. Hai idea del perché abbia fatto tutto ciò? Perché ti amo, Severus. E, nonostante tu faccia di tutto per farmi credere il contrario, so che mi ami anche tu. Sei un uomo intelligente e questo ti fa credere di poter capire e controllare tutto. Ma questa cosa non la puoi capire e soprattutto non la puoi controllare. Neanche io posso, e fidati a volte lo vorrei. Sarebbe facile non amarti, e invece ti amo. E qualunque cosa tu dica io non me ne andrò prima di sapere che stai bene. Quindi per favore non rendere la cosa più difficile» Lily sospirò, aveva concluso la sua arringa. «Adesso scendo giù in cantina a cercare qualcosa che ti aiuti».
Finalmente il ragazzo sollevò il viso. Per svariati secondi non disse nulla, ma piantò due occhi di brace nei suoi. Poi mormorò «Accio» e una serie di bende, creme e ampolle fluttuò fino a lui dall’armadietto della cucina. Lily si sentì morire. Aveva lasciato l’occorrente a portata di mano. Probabilmente sapeva già cosa sarebbe successo, quando era uscito di casa alcuni giorni prima. Si chiese con un brivido se fosse successo già altre volte, ma ricacciò indietro le lacrime e piano si mise ad aprire i flaconcini, non sapendo bene cosa fare.
«Prima la rossa, poi la viola» Severus sussurrò, il respiro mozzato dal dolore. Lei aprì le due boccette e delicatamente lo aiutò a berne il contenuto. Lo guardava con una tenerezza infinita, incapace di dire qualsiasi cosa. Il colorito del ragazzo stava passando lentamente da un bianco cadaverico al suo normale pallore, segno che la pozione Rimpolpasangue stesse facendo il proprio dovere. Il liquido viola era invece un’invenzione di Severus, placava lievemente il dolore delle cruciatus che aveva invaso ogni muscolo, tendine e nervo del suo corpo.
Mentre lui si abbandonava sullo schienale della poltrona, leggermente più rilassato, Lily gli tolse il mantello impolverato. Al di sotto, la camicia nera era intrisa di sangue all’altezza dell’addome. La ragazza inorridì, ma fece del suo meglio per non darlo a vedere. Aprì i bottoncini della camicia e numerose ferite e lividi si presentarono alla sua vista, orrende macchie di colore sulla pelle candida.
«La pomata nel barattolino è per i lividi, invece la boccetta più piccola è…»
«…essenza di dittamo, lo so. Non sei mica l’unico che conosce le pozioni, qui» Lily fece un breve sorriso per stemperare la gravità di quel momento «Tre gocce su ogni ferita, così tamponiamo subito la fuoriuscita di sangue. Però li disinfettiamo tutti questi tagli, eh?» Continuò lentamente a spogliarlo, con le piccole dita che si muovevano delicate a scoprire nuove linee vermiglie su quel corpo che tanto amava. Il cuore le batteva all’impazzata. Sospirò a lungo, prima di dire «I miei colleghi non usano fruste. Ed è difficile che lancino una cruciatus, se devono difendersi uccidono e basta…»
Lui la interruppe sprezzante «I tuoi colleghi non distinguono una bacchetta da un cucchiaio!»
Lei si limitò a guardarlo, severa. «Chi ti ha fatto questo, Sev? È stato lui? Voldemort?»
Severus si irrigidì nel sentire quel nome che lui stesso non osava pronunciare «Sì»
«Perché?»
«Non ne voglio parlare»
Lily abbassò lo sguardo, capendo che non era il caso di insistere. Ricominciò a tamponare tagli e ferite con una benda intrisa di pozione disinfettante. Lui le guardava le mani in contemplazione, come fossero un miracolo. A un certo punto inspirò più volte, e poi pianissimo disse «Mi sono rifiutato di uccidere una ragazza»
«Una ragazza?»
«Una ragazzina, avrà avuto sì e no 15 anni»
«E perché avresti dovuto ucciderla?»
«Era una babbana» lui rispose con una tale semplicità che gli occhi di Lily divennero lucidi. Però non l’aveva uccisa.
«L’hai salvata allora»
«No. Lucius l’ha uccisa. E se non lo avesse fatto, non sarei qui a raccontartelo. Eravamo molto vicini, così il Signore Oscuro crede che sia stato io a lanciare la maledizione. Ma mi ha punito lo stesso, sai, per aver tentennato».
«Ti ha fatto tutto questo solo perché non volevi uccidere una ragazzina innocente?»
Le labbra di Severus si arricciarono in un ghigno amaro «Il mio padrone non accetta esitazioni, Lily»
Lei si sollevò, guardandolo di nuovo negli occhi «Non è il tuo padrone, Severus. Tu non gli appartieni» sospirò. «Sei un ragazzo così intelligente e abile, non conosco nessuno come te. Sei naturalmente incline a qualunque tipo di magia, hai un intuito straordinario, non c’è un solo incantesimo che tu non conosca e non padroneggi alla perfezione. Puoi fare qualsiasi cosa. Non è questa la tua strada, non è l’unica almeno» poi tornò ad occuparsi delle sue ferite, consapevole che non avrebbe ottenuto risposta. «Adesso facciamo un bagno rilassante, eh?» cercò perfino di sorridere.
«Lily, posso…posso fare da solo. Se vuoi tornare a casa…»
«Oh, lo so tesoro, che puoi fare da solo. Vieni con me» lo prese per mano, aiutandolo ad alzarsi, e poi guidandolo lentamente verso il bagno in fondo al corridoio. Riempì la vasca di acqua calda, poi vi versò qualche goccia di un infuso rilassante.
Severus si immerse, finalmente docile e tranquillo. Era sopraffatto dalle attenzioni di Lily. Non ricordava nessuno che si fosse occupato di lui in quel modo. Perfino Eileen, povera donna, a un certo punto aveva smesso di accarezzarlo. Lui aveva imparato a fare tutto da solo e a non accettare mai aiuto da nessuno. Quante volte era tornato a casa da un incontro con il suo Signore in quelle stesse condizioni, aveva preso le pozioni e si era curato da solo, come poteva, soffocando gemiti di dolore? Quante volte aveva sopportato stoicamente la sofferenza perché nessuno, intorno a lui, si era proposto di alleviarla? E adesso si trovava in debito con Lucius e con Lily.
Lei intanto aveva finito di strofinare dolcemente la sua pelle, per togliere ogni residuo di polvere e di sangue. Lo fece alzare, lo avvolse in un asciugamano pulito e prese ad asciugargli i lunghi capelli corvini. Lui rimase in silenzio assoluto, per poi mormorare «La pomata, sui lividi». La ragazza sorrise, aprendo il barattolino e accarezzando laddove la pelle era diventata violacea.
«Bene, adesso sei tutto lindo e profumato. Pronto per il riposino!» Lo condusse in camera da letto, gli infilò un pigiama leggero perché non premesse sulle ferite e lo fece sdraiare.
«Lily, grazie» deglutì a vuoto. Non doveva essere una parola facile da pronunciare. «Torna a casa adesso, riposati. Non è necessario che tu stia qui a vegliarmi» aggiunse con un breve sorriso.
«Severus» lei lo sovrastava, in piedi accanto al letto, e il suo tono non ammetteva repliche. «Voglio stare con te. Riposerò qui» e così dicendo, si stese delicatamente accanto a lui e chiuse gli occhi. Severus si era addormentato, stremato da quel mix di pozioni. Lily invece era in dormiveglia. Non riusciva a rilassarsi completamente, attenta com’era ad ascoltare il minimo lamento e a rimanere immobile per non muovere il materasso.
Dopo un’oretta, in effetti, sentì un mormorio sommesso. Non capì cosa stesse dicendo, ma Severus aveva pronunciato il suo nome. Aprì gli occhi di colpo «Sev, tesoro! Severus… stai bene?»
Lui si voltò lentamente, a cercare gli occhi di Lily nella penombra della stanza, e quando li trovò si avvicinò così tanto al suo viso che le loro bocche si sfioravano. Le fece il solletico, quando aprì la sua per mormorare «Lily, io ti amo». La ragazza rimase immobile, senza fiato. Dopo alcuni secondi, finalmente si ricordò come immettere aria nei suoi polmoni e gli si sospirò sulle labbra. «Ti amo» lui lo disse di nuovo, accarezzando ancora la bocca di Lily con le sue labbra sottili. A quel punto lei sorrise, sollevando una mano sui capelli corvini di Severus.
«Anch’io ti amo, Sev» non seppe neanche dove aveva trovato la forza di dirlo.
Lui intanto aveva sollevato una mano, con gran fatica, e le stava sfiorando una coscia, risalendo lentamente con i polpastrelli sul fianco e sulla schiena per poi sussurrare «Facciamo l’amore»
Lei rise «Tesoro, conserva il tuo ardore per un’altra volta. Sei stanco adesso, riposati»
«No»
«Ma se non hai neanche la forza di baciarmi come si deve?»
Lui la volle contraddire, baciandola con passione, ma evidentemente aveva usato l’ultimo residuo di energia perché un secondo dopo crollò di nuovo sul cuscino, addormentato.

******************************************************** Nota dell'autrice: mi scuso per avervi fatto attendere un'eternità, ma questo capitolo proprio non ne voleva sapere di venir fuori! Non è stato facile confrotarmi con alcuni temi che mi spaventano e mi toccano da vicino come il dolore fisico, ma alla fine eccolo qua! Spero che sia valsa la pena di aspettare per sentire finalmente il sospirato Ti Amo di Severus, e attendo le vostre recensioni :)

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Capitolo 8
*** L'idea ***


Ti amo. Lily custodiva il ricordo di quel mormorio, di quelle due parole sommesse, come un tesoro. Se anche lui non lo avesse detto mai più, le sarebbe bastato per tutta la vita. Severus era cambiato. Più dolce, più cauto nei gesti, come se quella improvvisa dichiarazione avesse reso il loro rapporto infinitamente più prezioso ai suoi occhi. Anche i suoi occhi, sì, erano cambiati. I primi mesi del loro rapporto, spesso distoglieva lo sguardo, timoroso che lei potesse leggervi sentimenti profondi. Adesso invece quegli occhi bui erano illuminati da uno scintillio nuovo e perennemente incollati su Lily. La osservava in continuazione, incapace di posare lo sguardo su qualsiasi altra cosa. La scrutava come sperando di cogliere ogni istante un nuovo dettaglio di Lily da amare. Lei se ne accorgeva, si sentiva accarezzata da quello sguardo adorante ma mai insistente. Si tirava indietro i capelli, facendo scorrere le ciocche rosse da una spalla all’altra, sistemandosi per rendersi degna di quella costante attenzione. La amava, per Merlino se la amava! Ed era chiaro adesso, non faceva nulla per nasconderlo. Lei rimaneva a dormire a casa sua, completamente dimentica di avere un marito, una casa, una vita aldilà delle lenzuola ardenti di Severus. Si addormentavano nudi, la mente sgombra da qualsiasi pensiero, i corpi rilassati che sembravano cercarsi anche nel sonno. Al mattino lui si svegliava nel più totale silenzio. Piano si alzava dal letto, si dirigeva in cucina e preparava il caffè. Quando l’aroma caldo si spargeva per la casa, raggiungeva Lily e la svegliava con baci lenti e appassionati, facendo scorrere le labbra e le dita sulla sua pelle accaldata. Lei si svegliava lentamente, a metà strada tra il sogno e la veglia percepiva il corpo di Severus accanto al suo e sorrideva con gli occhi ancora socchiusi. Quei risvegli dolci e appassionati la mandavano fuori di testa, cancellando definitivamente ogni possibilità che tornasse a Godric’s Hollow. Non importava che James iniziasse a spazientirsi per quelle continue e prolungate assenze di sua moglie, non importava che la sua lontananza dal lavoro le stesse facendo perdere l’anno di prova nell’ufficio Auror, non importava che Voldemort la volesse morta, come tutti quelli della sua “razza”. Non avevano neanche vent’anni ed erano disperatamente innamorati, nulla importava per loro. Rimanevano lì quanto più potevano, finché il marchio sull’avambraccio di Severus iniziava a bruciare. Solo allora si guardavano e, senza dire una parola, si rivestivano entrambi per smaterializzarsi in punti opposti del Paese.
 
Una mattina, terminato il rituale del risveglio, Severus piantò quel suo sguardo su Lily e rimase a fissarla per minuti interi. Era bellissima, con le ciocche rosse che sfuggivano dalla treccia disordinata, ancora svestita, mentre beveva il suo caffè. Era lì dal pomeriggio precedente, quando lui era rientrato da una riunione con il Signore Oscuro.
«Sei bellissima» disse all’improvviso.
«Grazie, Sev» lei strinse le spalle, le si arrossarono le gote. Salazar benedetto, era ancora più bella.
«Vorrei… Lily, vorrei parlarti di una cosa»
«Certo, dimmi» Lily poggiò la tazzina di caffè sul tavolo e con quel gesto un seno morbido, perfetto, candido comparve alla sua vista. Doveva smettere di guardarla, o non sarebbe mai riuscito a finire un discorso. Afferrò il mantello nero che aveva lasciato su una sedia il giorno prima, e la avvolse.
«Un piccolo aiuto sai, per la mia concentrazione» disse serio, e lei fece una risatina. «Allora, ehm…ho avuto un’idea. Non so, magari non ti piace o non è realizzabile, insomma…»
Che gli stava succedendo? Era sempre così convinto delle sue idee. Lei percepì una strana agitazione, e per tranquillizzarlo disse «Di solito adoro le tue idee, Principe». Principe. Era stato lei a dargli quell’assurdo soprannome.
 
«Mia madre invece, come ti dicevo, è una strega. Una strega molto importante, cioè voglio dire, di una famiglia molto importante. La nobile famiglia Prince!»
«Wow! Prince come principe?»
«Esatto, come principe. Una famiglia molto ricca, sai, nobile» il piccolo Severus fece un sorriso, poi si rabbuiò di nuovo «Almeno credo. Non li ho mai conosciuti i miei nonni. Mamma dice che ha litigato con loro tanti anni fa, quando io ancora non c’ero»
Lily volle cambiare discorso «Beh ma allora sei un principe! Un principe metà mago… cioè mezzo mago… come si dice?»
«Mezzosangue. Quando uno dei genitori è mago e l’altro è babbano, si dice mezzosangue»
«Un principe mezzosangue allora! Ti chiamerò così» aggiunse in tono solenne «il Principe Mezzosangue»
Quel pomeriggio lo aveva investito con una spada immaginaria e incoronato con una ghirlanda di fiori, con sommo disappunto di Severus.
 
«Ehm, questa volta non si tratta di un incantesimo o cose così»
«Dai, basta tenermi sulle spine! Raccontami tutto, avanti!»
«Va bene, va bene. Allora…tra qualche settimana avrò alcuni giorni liberi. Cinque giorni in cui, insomma, ehm, non sarò convocato» nonostante lei lo avesse visto in vesti da Mangiamorte e avesse curato le ferite inferte dal suo Signore, era sempre molto imbarazzato quando si parlava di quell'argomento.
«Come mai?»
«Non è questo il punto». Il Signore Oscuro si sarebbe recato in Bulgaria, per incontrare alcuni giovani maghi appena usciti da Durmstrang o qualcosa del genere. Non sapeva i dettagli, il suo Padrone non lo aveva informato visto il suo recente comportamento, e tantomeno aveva pensato di portarlo con sé. Non se ne dispiaceva, comunque. «Sarò libero, dicevo, e ho pensato che sarebbe una bella occasione per passare un po’ di tempo insieme. Insomma, più tempo del solito, intendo»
Lily sorrise. Solo qualche mese prima non avrebbe mai pensato che Severus potesse parlare così, balbettare addirittura, alla sola idea di passare qualche giorno tra baci e tenerezze. «Oh, è un’ottima idea. Vedrò cosa posso fare, voglio dire, passare cinque giorni interi qui non sarà facilissimo ma ci proverò»
«Lily non…non voglio passare cinque giorni dentro questa casa». Sospirò, cercando di non dare a vedere quanto fosse agitato, e poi disse in fretta «Possiamo andare da qualche parte, se ti va ovviamente, stare un po’ lontani da tutto questo, senza la paura che qualcuno ci veda. Pensavo all’Italia»
«L’Italia?»
«L’Italia, sì. Non ti piace l’idea, vero?»
«Sev…» il viso di Lily si aprì in un sorriso radioso, balzò in piedi e lo circondò con le braccia «mi stai proponendo una gita romantica in Italia?»
Lui sollevò il sopracciglio, guardandola con aria divertita «Una…gita »
«Una gita certo, una gita e basta. Niente romanticismo! Che io sia dannata se oserò insinuare ancora che Severus Piton è un tipo romantico!» scoppiò a ridere e prese a baciarlo dappertutto, scompigliandogli i lunghi capelli. «Hai pensato all’Italia per tua madre, vero?»
«Sì. Aspetta un attimo, torno subito» andò in salotto a frugare tra i tomi della libreria e tornò con un libriccino rilegato in pelle verde. Avrebbe potuto appellarlo, ma muoversi gli era servito a stemperare il rossore delle guance. «Guarda»
Lily prese il piccolo volume. Era consumato ai bordi, come se qualcuno lo avesse sfogliato ininterrottamente per anni. Aprì la prima pagina. Questo diario segreto appartiene a Eileen Prince. Se continuerai a leggere senza il mio permesso, ti cadrà una mano. La ragazza ritrasse la mano inorridita, facendo cadere a terra il diario.
«È uno scherzo, sciocchina» Severus la schernì in tono strascicato, poi riprese il libriccino da terra. Era zeppo di foto magiche e appunti, scritti in una grafia minuta, leggermente più morbida di quella del figlio. In quelle pagine Eileen aveva raccontato, giorno per giorno, la sua estate in Italia. C’erano cenni storici sui vari monumenti, racconti di giornate al mare e apprezzamenti su un certo cameriere di Roma che fecero arrossire di nuovo Severus. Una ragazza dal viso sottile e i capelli corvini rideva davanti al Colosseo, sembrava che si stesse divertendo molto.
«In Italia lei è stata felice. Ho pensato che, se ti porterò lì, renderò felice anche te»
«E tu Severus? Come posso renderti felice?»
Lui fece un mezzo sorriso «Dimmi che verrai»
 

**********************************************************************************************
 
Questo capitolo è un po’ più piccino del solito, ma ci serve per due motivi:
1.     Amare un po’ di più Severus, se mai ce ne fosse bisogno
2.    Arrivare al prossimo capitolo, che è molto importante
Aspetto sempre le vostre recensioni, grazie mille per il vostro supporto :)
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** Andremo via ***


Lily aveva detto di sì. Lo aveva detto senza pensarci, ovviamente, perché non aveva idea di come svincolarsi da James. La sua richiesta di passare cinque giorni in Italia da lontani parenti era parsa così stramba e fuori luogo, che in casa Potter si era scatenata una vera e propria tempesta. Non era uno stupido, suo marito. Aveva capito che qualcosa non andava. Lily era sfuggente, sempre con la testa tra le nuvole, passava giorni interi fuori casa e l’intimità era cosa rara. Non era più sicuro di poter attribuire quei comportamenti allo shock per la morte di Julie, in fondo era già passato più di un mese. Cominciò a farle domande strane, ad insinuare che avesse un altro, che non lo amasse più. Lei non negava e non confermava, dava risposte ambigue e poi spariva di nuovo. Come le sarebbe piaciuto, in quei giorni, possedere le straordinarie capacità di Severus. Mentire e simulare erano le sue specialità, e a volte lo invidiava. Prendere in giro James così, deliberatamente, la faceva sentire malissimo. Allo stesso tempo, anche se lui non parlava, sapeva benissimo che Severus ribolliva dentro dalla gelosia. Per mesi si era crogiolata nella rassicurante sensazione di essere confusa, di non sapere cosa fare, addirittura di poter amare entrambi. Ma la verità era chiara e cristallina davanti ai suoi occhi: cinque giorni con Severus erano più importanti dell’eternità che aveva promesso a James.

Dal canto suo, Severus visse quella settimana con trepidazione. Sapeva benissimo che Lily avrebbe potuto incontrare difficoltà, che alla fine avrebbe potuto dire di no. Ma sperava. Negli ultimi tempi si era convinto che lei potesse amarlo davvero, che tutta quella storia non fosse solo il frutto della sua fervida fantasia. Lo intuiva dai suoi sguardi, dal modo lieve in cui la ragazza si muoveva dentro e fuori casa sua. Gli sembrava tranquilla, convinta, felice. Il fatto che James Potter esistesse, da qualche parte nel mondo, e in particolare dentro il letto matrimoniale di Lily, era solo un fastidioso inconveniente. Lily avrebbe scelto lui alla fine, ormai ci credeva davvero. Doveva solo capire come, in che modo combaciare quelle loro vite assurde, completamente opposte, ridicolmente diverse. Quei cinque giorni in Italia sarebbero stati il primo passo, il primo momento in cui quelle vite si sarebbero unite nel mondo reale. A 1500 kilometri di distanza da Spinner’s End.

Alla fine James acconsentì a quel capriccio. Pensava ingenuamente che sua moglie sarebbe tornata riposata, tranquilla, finalmente di nuovo sé stessa. Non sapeva di essere completamente fuori strada. Lily e Severus avevano scelto Roma. Non potendo seguire per intero l’itinerario di Eileen avevano preferito la Capitale, pensando che fosse uno scrigno di meraviglie come il diario della donna faceva sperare. Avevano viaggiato separatamente via passaporte e smaterializzazione attraverso tutta la Gran Bretagna, allo scopo di far perdere le loro tracce, e poi si erano ricongiunti all’aeroporto Stansted di Londra. Lei indossava uno dei suoi abitini a fiori e lui un paio di jeans e una camicia bianca, le bacchette nascoste ma pronte all’uso. Quando salirono sull’aereo, ansia ed eccitazione cominciarono ad agitarsi in entrambi.
«Non capisco perché non abbiamo preso una passaporta per arrivare direttamente lì»
«Sev, non cominciare a brontolare. Non conosciamo Roma, e se fossimo arrivati in una piazza affollata? Dai, in fondo è bello prendere l’aereo» Lily aveva già volato in aereo con la sua famiglia, mentre per Severus era la prima volta.
«Sì stupendo. Qui dentro si soffoca, tutta questa gente stipata mi fa venire il voltastomaco e poi senti questo coso come vibra? I babbani non sanno volare, perché dobbiamo farci portare lì da loro?»
«Ti prego, rilassati dai. Non sono neanche tre ore di volo! Se mi baci passeranno più in fretta, sai?»
«Ah sì?» un sorrisetto divertito increspò l’espressione tesa del ragazzo, che finalmente sembrò rilassarsi.

Alcune ore dopo, finalmente fuori dall’aeroporto di Fiumicino, il sole li colpì con la dolcezza di un abbraccio. Storditi dal volo, dal sole, dall’eccitante novità di trovarsi mano nella mano in pieno giorno, circondati dalla gente, arrivarono in albergo come uscendo da un sogno. Era stata Lily a prenotare una stanza in un piccolo hotel del centro, a pochi metri da Piazza Navona, con un grande letto matrimoniale e mazzi di fiori colorati sul comodino.
«Signor Piton, signora Evans, ecco le chiavi della suite Fuga d’Amore» la ragazza alla reception aveva qualche anno più di loro e lunghi ricci castani «Siete in luna di miele?»
Lily arrossì. Aveva prenotato la camera più romantica, all’insaputa di Severus. Lui si mosse a disagio, incapace di rispondere. Alla fine fu Lily a dire «No, ehm…anniversario di fidanzamento»
«Oh, auguri. Vi faccio portare fragole e champagne in camera, allora».
Severus prese di malagrazia le chiavi da sopra il bancone e, davanti all’ascensore, borbottò «Perché le hai detto quella cosa?»
«Cosa, che sei il mio fidanzato?» Lily sorrise maliziosa «Perché gli hotel fanno sempre degli omaggi alle coppie in luna di miele o che festeggiano l’anniversario, sciocchino!»

I primi due giorni di vacanza trascorsero nella più totale tranquillità. Si svegliavano presto, facevano la colazione a letto, facevano l’amore immersi nella morbida luce del mattino che inondava la stanza e poi uscivano ad esplorare la città. Lily era innamorata dei palazzi nobiliari, delle rovine dell’antica Roma, dei locali illuminati sulle rive del Tevere. Severus era innamorato di Lily, e aveva scoperto finalmente quale fosse il suo scopo nella vita: osservare per sempre quegli occhi verdi sgranarsi davanti a un nuovo tesoro, a uno scorcio caratteristico o a una vetrina di moda italiana. Era sempre più insofferente al caldo, però. A metà ottobre, la temperatura di Roma era ben superiore alla normale estate inglese e le sue camicie a maniche lunghe lo facevano soffrire moltissimo.
«Sev perché non ti tiri su le maniche? Fa caldissimo, sembra agosto!»
Lui la guardò per un attimo, con un’espressione sorpresa e stranita e poi mormorò «Sto bene così, Lily»
«Ma no che non stai bene! Guarda, faccio io» cominciò ad arrotolare la manica sinistra e subito capì: il marchio. Per lei quell’inquietante serpente che incombeva sui loro incontri amorosi era ormai una presenza fissa, quasi normale, ma lui non si sentiva a suo agio a mostrarlo in giro. Si accorse che il ragazzo aveva abbassato lo sguardo, così gli sfiorò il mento con le dita «Tesoro, ascoltami. Qui siamo lontani da casa. Nessuno sa cosa significhi quel simbolo. I passanti lo prenderanno per un tatuaggio, e penseranno che sei un tipo molto figo!» sorrise facendogli l’occhiolino «Senti, finché siamo qui possiamo fingere che quel marchio non significhi nulla. Va bene?»
«Va bene»
«Vorrei che fosse così anche a casa» lei aggiunse queste parole in un mormorio quasi inudibile. Ma Severus la sentì lo stesso.

Le giornate scorrevano lente e calde tra piccole gite, lunghi pranzi e numerose pause caffè. Severus sapeva tutto di Roma, pur non essendoci mai stato. Da quando aveva trovato il diario di sua madre lo aveva sfogliato almeno una volta al giorno, per incontrare Eileen in un momento della sua vita in cui era libera e spensierata, un momento in cui lui stesso non esisteva ancora. Affascinato da quei racconti, un pomeriggio si era recato a Londra, in una libreria babbana, a fare il pieno di guide turistiche e libri sull’Impero Romano e sulla storia dell’arte. Così adesso mostrava palazzi, statue, monumenti a Lily come fosse una guida turistica. Essere con lei in Italia era la realizzazione di un sogno. Lontani dall’Inghilterra, dalla guerra, dal letto che lei condivideva con Potter, lì potevano veramente essere sé stessi. Nessuno faceva caso a loro, si confondevano con la folla festante di turisti che si riversava per le strade ad ogni ora del giorno come una qualunque coppia di fidanzati. Gli faceva un po’ male ammetterlo, ma in cuor suo sapeva che avrebbe abbandonato il circolo del Signore Oscuro, le feste degli aristocratici Mangiamorte, il lusso di Villa Malfoy, avrebbe rinunciato perfino alla magia per poter rimanere lì. Quanto gli sarebbe piaciuto rimanere lì per sempre!
Era proprio immerso in questi pensieri, l’ultimo pomeriggio della loro vacanza in Italia, così alzò la testa di scatto e si voltò verso Lily con un’espressione sorpresa quando le sentì mormorare «Sev…come mi piacerebbe rimanere qui per sempre!» Lei era semisdraiata sul letto matrimoniale della camera, nella languida luce del tramonto che entrava dalla finestra, e accarezzava distrattamente i lunghi capelli neri del ragazzo disteso in diagonale su di lei.
Lui si sollevò lentamente sui gomiti «Davvero lo vorresti?»
«Certo! Si sta benissimo qui, non è vero?»
«Sì è vero…»
«Non c’è la guerra qui, nessuno sa che siamo… nemici» pronunciare quella parola le fece male. Spostò delicatamente una mano sull’avambraccio sinistro di Severus, sfiorando appena il marchio con i polpastrelli. «Questo non significa niente qui, davvero»
«Lily…» lui la guardò con un’espressione indecifrabile, forse spaventato «Se tu… se tu vuoi, non significa nulla neanche a casa»
«Cosa?» deglutì «Che vuoi dire, Severus?»
«Voglio dire, io…» era difficile dirlo adesso, guardandola negli occhi, con la luce rossastra che illuminava i loro volti. «Io ti amo» completò la frase dopo un’eternità «e per te… posso rinunciare al… resto».
Parlava così lentamente che a Lily sembrò che fosse scesa la notte prima di aver sentito la fine di quella frase. «Oh, Sev» gli occhi le divennero lucidi e non fu capace di dire altro.
Lui si adombrò immediatamente, sospirò e si voltò dall’altra parte «Scusa. Scusami Lily, non avrei dovuto dirti queste cose»
«Come? Perché non avresti dovuto dirlo? Non lo pensi?»
«Sì, lo penso. Ma non voglio spingerti a fare qualcosa che non vuoi»
La ragazza rimase interdetta per qualche momento. «Parli di mio marito?» si era quasi dimenticata che esistesse. Lui annuì, l’espressione seria e tesa. «Non vuoi che lasci mio marito per stare con te?»
«Non ho il diritto di chiedertelo, Lily. Deve essere una tua scelta»
Lei si alzò, inginocchiandosi accanto a lui e prendendogli il viso tra le mani. «Lo è! Amore, ti prego, guardami. Lo è, è una mia scelta. Voglio stare con te. Davvero. Solo non… io non credevo che tu volessi… ma se tu vuoi… Davvero vuoi lasciare tu-sai-chi? E stare con me?»
Finalmente Severus alzò lo sguardo su lei «Non credevo che avessi ancora dei dubbi su di me»
«Non ne ho. Tesoro, non ho dubbi, credimi. Voglio stare con te. Dio, non sai quanto sono felice!» Lily sorrise, gli gettò le braccia al collo e lo baciò a lungo, con frenesia. «Va bene. Va bene, lo faremo davvero. Io lascerò mio marito, tu lascerai…lascerai quel mostro, e staremo insieme» Lui accennò a un sorriso, ma Lily era un fiume in piena «Verrò a stare da te. A Spinner’s End, per un po’. O per sempre, se vuoi. Possiamo cambiare alcuni mobili, magari ridipingere la camera!»
«Lily…»
«No, no, va bene, se vuoi terremo i tuoi mobili. Sono carini, in fondo. Finché non avrai un lavoro e poi magari faremo qualche miglioria, o cercheremo una casa più grande»
«Lily…»
«Chiederemo aiuto a Silente! Gli parlerò io, vedrai che ti aiuterà. Ci aiuterà»
«Silente? Lily…»
«No, non dirlo! Silente è un grande mago, non è affatto uno svitato come credi tu! Ci aiuterà, ti troverà un lavoro…un lavoro vero, intendo, e ci nasconderà da Voldemort»
«Lily, basta» Severus le prese le mani tra le sue, guardandola intensamente negli occhi «Silente è un grande mago, va bene, ma non ci serve il suo aiuto»
«Ma Sev…» le passarono per la mente, confuse, immagini di Sirius in lacrime al funerale del giovane Black, di cui non era ancora stato trovato il corpo. «Ti ucciderà» esalò senza fiato, con le lacrime agli occhi.
Lui invece sorrise sprezzante «Parli del Signore Oscuro o di tuo marito?» ma non le diede tempo di rispondere e continuò «Non ho paura di nessuno dei due». Sentiva dentro di sé una forza straordinaria, capace di superare qualsiasi ostacolo e combattere qualunque nemico. Davvero non aveva paura. Non aveva paura di nulla. Credeva fermamente che sarebbe riuscito a proteggere Lily, in qualsiasi modo. «Andremo via da lì, Lily. Via dal Signore Oscuro, via da tuo marito, via da Silente, via dalla guerra. Andremo via dall’Inghilterra!»
Lily riconobbe quello sguardo. Lo aveva già visto in quegli occhi scuri molti anni prima, quando Severus bambino le raccontava di Hogwarts, della loro vita da maghi e delle meraviglie che avrebbero visto. Quello sguardo significava una fiducia incrollabile nel futuro, in un futuro carico di promesse e di desideri realizzati. Lo sguardo con cui l’aveva guidata verso Hogwarts era lo stesso con cui, adesso, le stava chiedendo di allontanarsene. «Dici davvero?»
«Sì. Certo. Andremo via»
«Dove andremo Sev?»
«Ti piace qui?»
«Mi piace da impazzire!»
«Qui, allora. O da un’altra parte, ovunque vorrai. In Europa, in America, o dove vorrai. Ti porterò dove vorrai Lily. Ti amo e ti porterò via da lì. Fidati di me»
Era così bello credergli, nel buio della sera che stava prendendo il posto del tramonto romano, lasciarsi cullare da quelle parole di velluto come fossero carezze. «Andremo via» mormorava lui, baciandole delicatamente le labbra e le ciglia. «Ti amo» sussurrava scivolando piano dall’incavo del suo collo alla curva morbida del seno. «Fidati di me» bisbigliava ancora, facendola sdraiare sotto il suo peso, stringendo tra le dita una ciocca di capelli ramati. «Andremo via Lily, andremo via»
 
 
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Perdonatemi, vi ho fatto attendere di nuovo un’eternità! Spero che questo capitolo vi piaccia: il nostro Sev ha preso una grossa decisione. Fatemi sapere che ne pensate, aspetto sempre le vostre recensioni ;) 

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Capitolo 10
*** Guai in paradiso ***


Severus tornò in Inghilterra come ubriaco. Niente aveva senso, se non la percezione chiara e distinta che la sua vita stesse per cambiare. Un passo alla volta. Avrebbero fatto le cose con calma, perché non dovevano rischiare di rovinare tutto. Nulla poteva andare storto. Lui ricominciò a lavorare per il Signore Oscuro con una certa precisione. Rientrare nelle sue grazie dopo averlo deluso diverse volte negli ultimi mesi non era facile, ma era necessario. Nessuno avrebbe sospettato il suo imminente abbandono. Si sentiva sereno, tranquillo, fiducioso come non lo era mai stato dopo quel dannato quinto anno a Hogwarts. Lily era veramente sua e questa certezza gli dava la forza di andare avanti contro ogni difficoltà. Stavolta non ci sarebbero state case a dividerli, compagni di scuola a tormentarli, questioni di sangue a metterli uno contro l’altro. Soprattutto, non ci sarebbe stato Potter. Mai più nelle loro vite. Forse lo avrebbero nominato una volta o due, in occasione del divorzio che si annunciava ormai sicuro, ma chissà quanto lontano. Doveva finire la guerra, prima di poter rientrare in Inghilterra. Con un po’ di fortuna, quell’idiota di Potter si sarebbe fatto ammazzare in qualche sua eroica impresa e non avrebbe più costituito un problema.

Per Lily era un po’ più difficile vedere le cose in quel modo. James era pur sempre suo marito, c’era stato qualcosa tra loro due e c’era un motivo se aveva scelto proprio lui. Non poteva certo definirlo un santo, ma era stato un fidanzato affettuoso e un marito affidabile, un amico con cui confidarsi e un alleato prezioso in diverse occasioni. Gli voleva bene, in un modo speciale e unico che non era certo amore ma neanche amicizia. Le piaceva averlo intorno, ridere delle sue battute. Stare con James era semplice, come stare con Severus non lo sarebbe mai stato. Dopo il rientro dall’Italia, la ragazza cominciò a sentirsi ogni giorno più nervosa e irritabile. Parlava poco con entrambi e si sentiva insofferente alle loro richieste di attenzioni e di intimità. Perché non la lasciavano in pace e basta? In fondo non meritava il loro amore e la loro devozione, così totale da infastidirla. James la guardava con l’aria triste e l’espressione di un cucciolo abbandonato dal padrone, Severus manteneva il suo viso e i suoi gesti imperturbabili mentre dentro si sentiva morire. Conosceva abbastanza bene la sua Lily da capire che aveva soltanto bisogno di essere lasciata in pace. Per quanto gli costasse ammetterlo, era evidente che lasciare Potter e cambiare vita fosse molto difficile per lei, e non doveva forzarla in alcun modo. Presto sarebbe stata pronta.

Finché, una decina di giorni dopo essere tornati dalla loro gita romantica, Lily sparì. Non si presentò a Spinner’s End quel lunedì, e neanche il giorno successivo. Per una settimana intera Severus non la vide comparire nel suo salotto nel suo turbinio di ciocche infuocate e abitini a fiori e cominciò a preoccuparsi. Cercava di negarlo a sé stesso, ma il pensiero che fosse successo qualcosa di brutto gli pizzicava fastidiosamente il cuore. Quando i giorni di assenza di Lily divennero dieci non riuscì più a resistere e si materializzò a Godrc’s Hollow, opportunamente nascosto da un incantesimo di Disillusione. Attese ore tra le siepi di casa Potter, osservando l’interno come a voler distruggere quell’intollerabile vita di coppia. Ecco dov’era Lily, intenta a fare la moglie di quello stupido. La vedeva passare davanti alle finestre sbrigando faccende. Gli sembrò che lei avesse un’aria incredibilmente tesa. Doveva essere successo qualcosa. Finalmente nel tardo pomeriggio Lily uscì in giardino per dar da mangiare al gatto. Quella palla di pelo che lo aveva infastidito per tutto il giorno si rendeva infine utile.
«Lily!» quel sussurro basso e grave la fece sussultare. Si voltò lentamente, per non destare sospetti in James che poteva vederla dalla finestra.
«Severus! Perché sei venuto a casa mia?»
«Perché tu non vieni a casa mia da 10 giorni?»
«Non ho potuto. Sai che non devi venire qui»
«E tu sai che non ho paura di Potter. Che succede? Non ti permette di uscire?»
«Ma no, che dici? James non farebbe mai una cosa del genere. Stai esagerando»
James? Non lo chiamava mai per nome davanti a lui. Deglutì, per qualche secondo incapace di parlare. Poi continuò «Lily, se c’è qualcosa che non va devi dirmelo. Ci penso io, ma dimmelo»
«Non devi fare niente, non devi pensare a niente. Va’ via, Severus, ti prego. Verrò da te appena possibile»
«Lily!» la afferrò con un braccio invisibile e la baciò. Lily si girò immediatamente verso la finestra. Doveva essere un’immagine strana, vedere la propria moglie che bacia l’aria. Ma James non era alla finestra. «Dimmi che va tutto bene»
«Va’ via adesso. Verrò da te domani. Va’ via». Lily rientrò in fretta in casa e lui, dopo aver visto la porta della villetta chiudersi alle sue spalle, si smaterializzò. Sarebbe rimasto lì per sempre, anzi, sarebbe entrato in quella casa e avrebbe spaccato la faccia a Potter. Ma Lily gli aveva chiesto di andarsene e lui non era in grado, mai, di disobbedire alla sua volontà.

Attese il giorno successivo in fibrillazione, come un folle, inabile a fare qualsiasi cosa che non fosse fissare il punto del salotto in cui di solito appariva Lily. Lei non apparve, ma intorno alle quattro del pomeriggio sentì bussare alla porta.
«Lily!» quella visione sembrò rincuorarlo di tutti quei giorni di attesa. Era lì, era venuta davvero, andava tutto bene. «Perché non ti sei materializzata?»
«Ero da queste parti…» rispose lei, evasiva. Non lo guardava negli occhi.
Lui le prese le mani, le diede un bacio sulla fronte e sospirò «Va tutto bene Lily, vero? Lo so che è difficile. Ma tu non devi avere paura, se non riesci a parlare con Potter gli parlerò io. Quando saremo pronti ad andare parlerò con lui e metterò le cose in chiaro una volta per tutte. Non potrà farti del male, vedrai»
«James non mi farebbe mai del male!» Di nuovo James. «E non parlerai con lui»
«Va bene. Lo rispetto, è giusto che sia tu a spiegargli la situazione»
«Non gli spiegherò nulla» lei continuava a guardare in basso.
«Vuoi andare via senza dirglielo?»
Finalmente Lily sollevò il viso «Andare dove, Severus? Non andremo da nessuna parte»
«Che vuoi dire?» sentì la terra mancargli sotto i piedi. «Lily andremo via da qui. Ho già fatto delle ricerche sulla comunità magica in Italia, è stato difficile ma ho trovato qualcosa. Quando sarà il momento opportuno andremo via»
«No»
«No? Cosa… che vuol dire no, Lily?»
«Non alzare la voce, adesso. No vuol dire no, non verrò con te Severus. Mi dispiace»
«Ti dispiace? Perché non dovresti venire con me? È per Potter? Dimmi, ti ha detto qualcosa? Ti ha fatto qualcosa? Gli spacco la faccia a quell’idiota!»
«Non farai proprio niente, non siamo più a scuola. James è mio marito, ho fatto una promessa e pronunciato dei voti. Lo hai dimenticato?»
«Mi è sembrato che tu lo avessi dimenticato negli ultimi mesi. Lily che succede? Dieci giorni fa eravamo in Italia, tu volevi stare con me. Che succede?»
«Niente, niente, non è successo niente. Non insistere ti prego. Ho solo cambiato idea, io amo James e non voglio lasciarlo. Mi dispiace»
«Stai mentendo!» Severus urlò, sbattendo una mano sul muro a cui Lily era appoggiata, chiudendola in una morsa forte che non le avrebbe lasciato scampo. «Non lo ami, questa è una bugia»
«No, è la verità. Mi stai spaventando, per favore smettila» Lily cominciò a piangere a dirotto.
«Perché stai piangendo? Perché piangi se stai lasciando uno che non ami?»
«Lasciami andare» lo stava supplicando, ma lui stringeva ancora forte le sue braccia.
«Dimmi cos’è successo, dimmelo!»
Lei lo guardò solo per un attimo, con gli occhi verdi ridotti a due pozze di lacrime, il viso rosso e rigato dal pianto. «Sono incinta» sussurrò pianissimo, rivolgendo di nuovo lo sguardo al pavimento.
La presa di Severus si allentò immediatamente. «Cosa?»
«Sono incinta, Sev. Aspetto un bambino»
Lui deglutì. Gli sembrava così piccola e indifesa, in quel momento. E no, da questa cosa lui non poteva difenderla «Lo so cosa vuol dire. Da quanto?»
«Sono alla quarta settimana»
«Da quando lo sai?»
«Ho avuto il sospetto quando siamo tornati dall’Italia, poi ho fatto il test e sono stata dal medico babbano e al San Mungo»
Da quando siamo tornati dall’Italia. Ecco perché era così nervosa e intrattabile. Doveva essersi consumata nell’incertezza. Lui annuì impercettibilmente, poi la chiamò con un filo di voce «Lily?»
«No Sev» sapeva benissimo quale fosse la domanda, nonostante lui non l’avesse pronunciata. «Il bambino non è tuo. È James il padre»
A Severus mancò il respiro. «Come lo sai?»
«I medici babbani. Loro hanno… degli strumenti molto avanzati, strumenti che noi non conosciamo». Lui la guardò stranito. Lily pregò con tutte le sue forze che non le leggesse la mente, che non scoprisse la sua menzogna. Ma Severus non avrebbe mai potuto usare la legilimanzia in quel momento. Faticava perfino a distinguere il significato di quelle parole, invischiato com’era nella nebbia densa e invalicabile che aveva invaso la sua mente. Si scostò lentamente dal muro e si diresse al tavolo del soggiorno, abbattendosi sul piano di legno con entrambe le braccia, come se non riuscisse a reggersi in piedi da solo.
«Mi dispiace, Sev» lei singhiozzava ancora più forte, ma quel suono arrivò attutito alle sue orecchie. La nebbia si addensava.
A entrambi sembrò che fosse passata un’eternità quando lui lentamente sollevò il capo e, rivolgendosi a lei, mormorò serio «Non importa»
«Cosa?» aveva immaginato migliaia di reazioni, di frasi, di commenti da parte di Severus, ma non quello.
«Non importa» disse ancora, come in trance, avvicinandosi a lei. «Non mi importa che questo bambino sia di Potter. Questo non cambia niente. Andremo in Italia, porterò via sia te che il bambino. Non vi farò mancare nulla, te lo giuro»
«Severus…» lei continuava a piangere e scuoteva leggermente la testa. Non aveva previsto una cosa del genere.
«Sì, sì, posso farlo. Fidati di me. Ti amo, amo anche questo bambino» si sforzò di sorridere, perfino.
«Tu non ami questo bambino, Sev. Non lo amerai. È il figlio di James»
Lui le accarezzò dolcemente una guancia, poi spostò la mano tra i suoi capelli «È anche figlio tuo»
«Sì, ma…»
«Lo so cosa pensi, ma devi fidarti di me. Non sarò come mio padre, te lo prometto. Mi aiuterai tu. Non è vero, Lily? Mi aiuterai? Tu sarai bravissima con questo bambino, e mi aiuterai ad essere un buon padre»
«Oh, tesoro. Non penso questo, assolutamente. Non lo penserei mai. Ma tu non sei suo padre»
«E allora? Neanche lo saprà, il bambino. Non gli diremo che suo padre è Potter, non saprà neanche chi sia. Lo porteremo lontano»
«Non sarebbe giusto, lo sai anche tu»
«Sì che sarebbe giusto. Io non vi farei mancare nulla, vi proteggerei da qualsiasi cosa. Io ti amo più di Potter, e tu lo sai»
«Questa non è una gara, Severus» Lily sospirò. Non smetteva di piangere. «Cosa vuoi che faccia? Che tolga un figlio a suo padre solo per un mio capriccio?»
L’espressione di Severus divenne di nuovo dura «Un capriccio, Lily? Un capriccio? Io sono un tuo capriccio?»
«Non intendevo dire questo»
«E cosa intendevi, cosa?»
«Che è James quello che ho sposato, è James il padre del bambino. Io l’ho scelto!»
«E allora vattene!» Severus urlò con tutto il fiato che aveva in corpo e si voltò, di nuovo appoggiato al tavolo, il respiro affannato e il cuore a pezzi. «Vattene!»
Lei singhiozzò ancora un paio di volte, poi scomparve. I medimaghi le avevano sconsigliato la smaterializzazione in gravidanza, ma in quel momento voleva solo scappare da lì.  
 

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Perdonatemi, perdonatemi, perdonatemi. Questo capitolo mi spezza il cuore, ma era necessario. Non potevo non far nascere Harry Potter, mi capite? Non mi cruciate, vi prego :(

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Capitolo 11
*** Nebbia ***


Non sarò come mio padre, te lo prometto le aveva detto appena un’ora prima. Invece eccolo lì, molto più simile a suo padre di quanto non fosse mai stato. In quei soli 60 minuti diverse bottiglie erano state svuotate, rabboccate con un colpo di bacchetta e svuotate di nuovo. Un sorriso amaro gli arricciò le labbra, pensando che se Tobias avesse conosciuto quel trucchetto non avrebbe odiato così tanto la magia. La nebbia nella sua testa si faceva sempre più fitta ad ogni sorso, una nebbia indistinta dalla quale emergevano dettagli di una vita che sembrava lontanissima. Ciocche di capelli rossi, occhi verdi e luminosi, una porzione di pelle morbida. Perfino lembi di vestiti a fiori. E poi la voce, quella voce che lo chiamava da lontano, troppo lontano, e diceva parole incomprensibili. Diceva «Severus» cadenzando ogni sillaba come una litania di morte. Severus era morto, in effetti, o pensava di esserlo, sperava di esserlo. Ciocche rosse, occhi verdi e vestiti a fiori turbinavano nella sua mente. Avrebbe potuto cacciarli, lo sapeva, era bravo in quello. Cacciare un pensiero dalla sua testa era così facile. Ma quei frammenti lo tenevano ancorato alla realtà, fuori da quella nebbia che voleva invadergli i sensi. Ciocche rosse, occhi verdi e lembi di vestiti a fiori, insieme a quella voce che lo chiamava ora sussurrando ora invocandolo, erano le uniche cose reali. Non capì se fossero passati minuti oppure ore, o giorni, quando si rese conto che c’era qualcos’altro di reale in lui. Iniziò come un leggero pizzicore e poi divenne dolore, pelle che arde. Sul suo avambraccio un orrendo serpente nero, che non riusciva a mettere a fuoco, sembrava muoversi inquieto. L’immagine lo fece ridere sommessamente, e la risata lo svegliò per un attimo dal torpore. Il marchio. Ecco cos’era. Voldemort lo stava chiamando. Formulò quel pensiero così, nella sua mente, senza panico o agitazione di alcun tipo e in quello stesso istante decise che non avrebbe risposto. Era piacevole quel bruciore al braccio, lo distoglieva dal dolore sordo e insopportabile che aveva dentro. Lo rubava quasi al ricordo di quelle ciocche rosse, occhi verdi e lembi di vestiti a fiori, la voce sembrava un po’ più lontana. Sì, avrebbe lasciato che continuasse a bruciare. Che lo incendiasse, magari, che lo uccidesse.
«Uccidimi» mormorò a denti stretti, non capiva più se stesse piangendo o ridendo ma sperava che quel serpente prendesse vita e lo soffocasse. Pochi istanti dopo si arrese alla nebbia.

Fu così che lo trovarono Mulciber e McNair, riverso sulla sua poltrona e completamente privo di sensi. Molte ore dopo si sarebbe sentito disgustato all’idea che quei due fossero entrati a casa sua. Il Signore Oscuro aveva atteso un’ora, poi due, poi tre, infine aveva mandato due dei suoi mangiamorte a prenderlo. Quel mezzosangue si stava approfittando della sua pazienza, e non sarebbe stato perdonato facilmente. Fu portato al quartier generale ancora svenuto. Quando riprese conoscenza si sentiva senza forze e si accorse appena si essere adagiato a terra ai piedi del suo Signore. Non sarebbe mai riuscito ad alzarsi, non ci provò neanche. Adesso davvero mi ucciderà. Lo sperò con tutto il cuore. L’orrendo essere che si trovava di fronte a lui stava parlando con un tono basso e mortale. La sua delusione era palpabile. Quel ragazzo così promettente, che lui aveva accolto nonostante le sue origini impure, come si permetteva di disobbedire a un suo ordine? E di presentarsi dinnanzi a lui con la barba sfatta, gli abiti laceri, puzzando di alcool come quel lurido babbano di suo padre? Severus si sarebbe arrabbiato molto, se qualcuno avesse nominato suo padre in sua presenza. Ma in quel momento non capiva una parola. Attraverso la nebbia i suoni giungevano ovattati alla sua mente, concentrata fino allo spasimo a difendere i propri confusi ricordi. Non sapeva neanche perché, quale forza primordiale lo spingesse a farlo, ma il suo istinto era naturalmente concentrato a proteggere Lily. Il Signore Oscuro non l’avrebbe vista, non l’avrebbe toccata neanche con il pensiero. Avrebbe ucciso lui, e basta. Sarebbe finito tutto molto presto. Ma Voldemort non aveva la minima intenzione di ucciderlo. Voleva fargli male, molto male, martoriare quel corpo e quella mente già sconvolti dall’alcool e dal dolore. E ci riuscì. Le cruciatus lo attraversavano come scariche elettriche, una dietro l’altra, senza lasciargli il respiro. Presto la nebbia tornò ad avvolgerlo, i muscoli gli sembravano di gelatina, il cuore pareva pronto ad implodere. Le uniche cose salde, chissà in virtù di quale miracolo, erano le barriere protettive della sua mente.
Lucius, come altri mangiamorte, osservava la scena con un’espressione dura e impietrita. Tutti nascondevano una paura atroce, quella di trovarsi un giorno al posto suo. Se anche lui, che era uno dei preferiti, veniva trattato in quel modo, chi si sarebbe salvato dalla furia dell’Oscuro Signore? Nel cuore di Lucius però, accanto a questo, c’era un altro terrore: quello di non vedere mai più il suo amico rialzarsi dal pavimento di pietra. Era svenuto di nuovo, tra le convulsioni dei muscoli dovute alle torture non si riusciva a capire neanche se stesse respirando. Lucius si concentrò con tutte le sue forze. Pensava intensamente agli insegnamenti di Severus. «Controlla le tue emozioni, disciplina la tua mente» gli ripeteva durante le loro serate a base di whisky incendiario e lezioni di Occlumanzia. Bevevano e scherzavano, ma si impegnavano seriamente in quella pratica che a Severus riusciva tanto naturale e per lui era invece ostica. Doveva resistere, però. Se il Signore Oscuro si fosse accorto della sua sofferenza avrebbe ucciso anche lui. Non poteva morire, non poteva lasciare sola Narcissa, non adesso. La tortura continuò ancora un po’, finché il corpo steso a terra non fu così distrutto da non reagire neanche più alle frustate.
«Basta» sussurrò quella voce mortifera «sono stanco. Portatelo via» aggiunse poi con un gesto della mano, come se stesse indicando un sacco della spazzatura da buttare.

Mulciber e McNair fecero un passo avanti, ma Lucius li fulminò con lo sguardo e sibilò «Ci penso io» con un tono che non lasciava spazio a repliche.
Si accostò con paura a Severus, ma sfiorandogli il polso si accorse che era ancora vivo. Lo fece levitare lentamente fino al confine esterno del quartier generale, dove lo prese ancora per le braccia e si materializzò con lui a villa Malfoy. Narcissa inorridì quando vide la quantità di ferite e lividi sulla pelle bianchissima del loro amico.
«Non avrei voluto che lo vedessi così. Ma starà bene, stai tranquilla» sussurrò Lucius senza forze, poi chiamò un paio di elfi e lo fece portare in una delle camere degli ospiti. Severus fu steso sul morbido lenzuolo, denudato e ripulito dal sangue. A tratti riprendeva conoscenza, sentiva mani sconosciute disinfettargli le ferite. Non erano le mani di Lily.
«Va tutto bene, Severus. Sono io, sono Lucius, va tutto bene» neanche la voce era quella di Lily. La avvertì lontanissima e non capì né il significato di quelle parole né a chi appartenesse. Eppure la sentì in qualche modo amica e decise di abbandonarsi a quelle cure. Si sarebbe sentito immensamente sollevato se si fosse reso conto di trovarsi dai Malfoy. Lucius sapeva esattamente cosa fare, quali pozioni usare, come disinfettare ogni ferita e curare ogni livido. Era stato lui stesso a insegnarglielo. Così il biondo continuò ad occuparsi del suo amico con precisione e anche – gli sarebbe costato troppo ammetterlo, ma era così – con tenerezza. Gli voleva bene davvero. Severus era l’unica persona, oltre a Narcissa, per cui provasse un affetto sincero e disinteressato. L’unico tra i mangiamorte con cui potesse parlare davvero. Erano simili in un certo qual modo, eppure così diversi da trovarsi interessanti. Lo aveva capito subito, quella sera in cui lui era arrivato a Hogwarts e quell’idiota di James Potter lo aveva attaccato. Severus aveva risposto con una fattura così precisa e ben eseguita - non ricordava neanche quale fosse - da attirare immediatamente l’attenzione del Prefetto Malfoy. Lo sapeva, se lo sentiva che quel ragazzino tutto ossa e capelli neri sarebbe stato un Serpeverde. E ci aveva visto giusto. Adesso vederlo lì, riverso tra le candide lenzuola della sua camera degli ospiti, con il corpo martoriato e gli occhi chiusi, un’espressione di dolore sul viso solitamente impassibile, gli stringeva il cuore. Uscì dalla stanza solo dopo essersi assicurato che Severus avesse ripreso conoscenza, seppure fosse ancora molto confuso, lasciando ordini precisi ai suoi elfi.
«Come sta?» Narcissa trattenne il respiro quando vide suo marito entrare in salotto.
«Meglio. Meglio. Prima che tu lo chieda: non so cosa sia successo a Severus, so solo che per un paio di giorni non ha risposto al Signore Oscuro. E lui lo ha punito, ovviamente»
«Oh. Mi dispiace molto. Spero che non sia nulla di grave» lei parlava piano, lentamente, come sotto shock.
«Va tutto bene, te l’ho detto. Mi sono occupato di lui come mi ha insegnato. Cioè alla perfezione» Lucius fece un sorriso stiracchiato. «Non pensarci adesso, non ti devi agitare. Ordino che si predisponga il pranzo, che ne dici?»

Severus si svegliò poco prima di cena. Quando si accorse di essere a villa Malfoy non si stupì: aveva vaghi, confusi ricordi sulla voce di Lucius che gli diceva qualcosa. Chissà che cosa. Gli elfi domestici lo avevano lavato, gli avevano fatto indossare delle vesti pulite e gli avevano acconciato i capelli in una bassa coda di cavallo. Gli venne da ridere. Dopo aver cenato in camera, raccolse le sue forze e scese le lunghe scale bianche dirigendosi nel salotto dei Malfoy. Lucius era seduto sul divano e Narcissa stava ricamando accanto a lui, sembrava stanchissima. Avrebbe voluto chiederle se stesse bene, ma la donna lo vide entrare nella stanza da uno degli specchi sul camino e si alzò in piedi.
«Severus! Come stai? Dovresti rimanere a letto»
«Sto meglio Narcissa, grazie. Non devi preoccuparti per me. Tu e Lucius avete già fatto abbastanza»
«Dovere, amico» Lucius gli rivolse uno sguardo che non sembrava poi così amichevole, e Narcissa decise di lasciare ai ragazzi la loro privacy, ritirandosi nelle sue stanze. «Che tu sia dannato, Severus! Che ti è saltato in testa?» urlò quando sua moglie fu abbastanza lontana.
«Io… grazie Lucius, per quello che hai fatto. Grazie, davvero».
«Mi dispiace, ho dovuto dare l’indirizzo di casa tua. Ma non potevo permetterti di morire» il biondo era tornato al suo atteggiamento indifferente, eppure sembrava che fremesse per dire qualcosa. Severus stette al suo gioco.
«Come mai?»
«Mi servi adesso»
Il ragazzo sorrise debolmente «A cosa ti servo, Lucius?»
«Cissy è incinta» adesso era lui a sorridere, un sorriso che contrastava immensamente con la fitta di dolore che Severus provò nel sentire quella parola.
Tuttavia, si sforzò di rendere più sincero possibile il suo entusiasmo «Davvero?»
«Sì. È già al terzo mese. Non abbiamo voluto dirlo prima perché… sai, i primi mesi sono stati un po’ delicati»
«È stata poco bene?»
«Sì. Ma adesso è tutto sistemato, e volevo che il primo a saperlo fossi tu»
«Oh» Severus si sentiva malissimo. Come aveva fatto a non accorgersi per tre mesi che la moglie del suo amico stesse male? La sua storia con Lily lo aveva accecato a tal punto? «E a cosa ti servo, quindi?»
«Vorremmo che fossi il padrino del bambino. O della bambina. Cissy ci tiene a dirtelo di persona, quindi per favore fingi che non ti abbia detto nulla!»
«Nessun problema. Grazie Lucius, ne sono onorato»
Malfoy sorrise ancora. Si versò del vino elfico nel calice, senza chiedere all’amico se ne volesse. Non era proprio il caso che bevesse in quel momento. «Allora…» disse lentamente, facendo roteare il liquido ambrato nel bicchiere «è carina?»
«Chi?»
«La ragazza, Severus» Sul viso di lui si formò un’espressione di puro terrore. «Oh, sta’ tranquillo, i tuoi segretucci sono al sicuro. La tua mente è impenetrabile, anche sotto tortura. Davvero non capisco, come ci riesci?»
«Mi viene naturale, te l’ho detto. Ma se riprendiamo le nostre lezioni anche tu…»
«Le nostre lezioni? Negli ultimi mesi ti sei fatto vedere pochissimo al Manor. Spero che la ragazza sia abbastanza carina da giustificare la tua assenza»
«Non c’è nessuna ragazza, Lucius»
«Amico mio» poggiò il calice sul tavolinetto mentre si voltava a guardarlo negli occhi «c’è sempre una ragazza. Tu sei più intelligente di me, sei più abile in molte cose… ma io conosco meglio le donne e riconosco l’effetto che hanno su di noi»
«L’effetto…?»
«Certo. Sei stato latitante per mesi, sei sparito per una settimana chissà dove, al ritorno eri molto inquieto. Hai abbassato la guardia. E poi non hai risposto al Signore Oscuro, sei impazzito? E sei stato ritrovato annegato nell’alcool e con la barba sfatta. Cielo Severus, la barba! Promettimi che non lo farai mai più!»
«Andiamo, di quanto può essere cresciuta in due giorni? Di un centimetro?»
«Un centimetro di troppo, Severus» rispose lui con tono strascicato. Ecco cosa avevano quei due: lo stesso sottile umorismo. Erano capaci di starsene a discutere di barba dopo che uno dei due aveva salvato la vita all’altro.
Severus sospirò «Va bene»
«Ottimo. E sono felice che tu abbia fatto qualcosa per quei capelli, era ora»
«Non ho fatto niente ai miei capelli! Sono stati i tuoi dannati elfi!»
«Che hanno deciso di eseguire gli ordini del padrone, per una volta. Un giorno da ricordare! Allora, chi è la signorina, Severus?»
«Nessuna signorina»
Lucius ghignò «Per caso è minorenne? Sei una continua sorpresa, amico mio»
«Minorenne?» il ragazzo era sconvolto «Ma per chi mi hai preso?»
«Scusami» Malfoy era oltremodo divertito da quella conversazione. «Va bene, è sposata?»
Punto sul vivo, Severus si irrigidì «Perché dovrebbe essere sposata? Piantala, Lucius»
«Beh, ci sarà pure un motivo se non me ne hai mai parlato. Mi sono forse reso degno della tua mancanza di fiducia?»
«No, affatto. Ma non voglio parlarne. Comunque è finita» che dolore dirlo ad alta voce.
«Oh. Beh, spero che fosse la moglie di Mulciber. Non lo tollero, e se penso alla tua sciocca venerazione per quell’idiota quando eravate a scuola…»
«Non è la moglie di Mulciber, Lucius»
«Va bene, va bene, non insisto. Ma vedrai che tornerà. Tornano sempre, Severus. Anzi, ti dirò di più: non c’è nessun motivo per cui la tua ragazzina non debba tornare. Tu hai tutto quello che una donna possa desiderare»
«Ah sì?» il moro proruppe in una risatina nervosa «Tu sai tutto quello che una donna desidera, vero?»
«Ovviamente. Sei un uomo intelligente e capace, abile e soprattutto – se la smetterai di comportarti come uno sprovveduto – tu hai il potere. Tutto il potere possibile. Tu sei l’unico, Severus, che il Signore Oscuro non abbia ucciso dopo un comportamento così irrispettoso. Hai idea del perché?»
«No»
«Perché gli servi. Nessuno gli serve quanto te. Sei, e lo dico con un pizzico di sana invidia, il migliore tra noi. Tu sei il suo preferito»
«Credevo che fossi tu»
«Forse lo siamo entrambi, perché insieme abbiamo tutto quello che gli serve. Tu conosci maledizioni e branche della magia a cui soltanto lui si è mai accostato – e forse quel vecchio pazzo di Silente. E io conosco la gente giusta. Quegli altri zotici non li considera neanche, lo sai. Noi possiamo avere tutto. E lo avremo. La tua signorina se ne renderà conto, e tornerà da te strisciando» Severus non poteva fare a meno di pensare che non sarebbe mai stato così, ma non lo interruppe. «E se fosse così stupida da non farlo…sai quante altre donne in Inghilterra desiderano scaldare le lenzuola del preferito dal Signore Oscuro?» a quella frase vide il suo amico agitarsi sulla poltrona. «Avanti, adesso dimmi che non vuoi nessun’altra. Dimmi che la ami, e che non incontrerai mai nessuna come lei. Dillo pure, Severus, hai vent’anni: hai il diritto di pensare che la tua vita sia finita per colpa di una sciocca ragazza, ma non è così»
«È così invece» Severus prese a guardare fisso davanti a sé. Non tollerava più quella conversazione.
«Non vuoi proprio dirmi chi è, questa meravigliosa creatura?»
«No»
«Va bene, non importa. Purché non sia una sanguesporco, per quanto mi riguarda puoi esserti innamorato anche del bracciolo della mia poltrona»
Severus fece uno sforzo immane per simulare una risata. 

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Ecco qua, come promesso il nostro caro Lucius è tornato. Che ne dite di questo personaggio e del suo rapporto con Sev? 
Grazie a tutti voi che seguite e leggete la mia storia, aspetto le vostre impressioni. 

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Capitolo 12
*** Vite separate ***


Severus avrebbe voluto dire di no, quando Lucius lo invitò a rimanere qualche giorno al Manor. Era terrorizzato all’idea di avere un altro crollo, di mostrarsi debole davanti ai suoi amici. Due cose, però lo convinsero a restare: prima di tutto adesso il Signore Oscuro e tutti i mangiamorte conoscevano l’indirizzo di casa sua. Quella piccola, misera, squallida casa che per quanto piccola, misera, squallida, era stata il luogo in cui rifugiarsi e adesso non lo era più. Secondo, non c’era un solo centimetro di casa sua che non fosse stato invaso da Lily. Improvvisamente la camera degli ospiti dei Malfoy e il suo letto ampio, morbido, sul quale il corpo di Lily non si era mai poggiato, sembrò dargli un senso di consolazione. O di punizione. Non lo sapeva e al momento non ci avrebbe pensato. Anche quel discorso di Lucius, per quanto irritante e invadente, aveva in qualche modo reso quieto il suo animo in guerra. Lucius si sbagliava senza dubbio sul fatto che Lily sarebbe tornata, ma non si sbagliava sull’incredibile opportunità che gli era stata offerta. Il Signore Oscuro lo aveva trattato diversamente da tutti gli altri. Lo aveva posto, stavolta definitivamente, su un gradino più alto. Gli aveva detto – con i suoi modi poco ortodossi, certo – che aveva bisogno di lui e delle sue capacità. Nel cuore ferito di Severus, da sempre bisognoso di essere realmente visto per quello che era, ciò rappresentava un tesoro inestimabile. Ci aveva provato, Severus, ad essere diverso. Ma la sua incapacità di amare si era rivelata così abissale che perfino quel bambino, quel maledetto bambino che adesso doveva essere grande appena qualche millimetro, aveva preferito essere figlio di Potter. Così non gli era rimasto altro da fare che ricominciare a odiare, uccidere e torturare. In questo era bravissimo. Non che gli piacessero i metodi del Signore Oscuro, e chiaramente capiva che di questa storia della superiorità del sangue era un’assurdità. Certo la quantità di dna magico che scorreva nelle sue vene era abbastanza potente da nascondere la totale inutilità e mediocrità di quello di suo padre, e questa era già una prova. E poi che dire di Potter e Black? Non erano due purosangue? Eppure erano i più idioti, inutili, insopportabili individui sulla faccia della terra. E uguale sarebbe stata la loro progenie.
 
 
Lily aveva sofferto molto dopo aver lasciato Severus in quella casa. In quella casa aveva finalmente ammesso a sé stessa di amarlo, in quella casa si erano finalmente concessi di amarsi, in quella casa aveva capito che non avrebbe amato mai più nessuno. Tornò a casa distrutta, tanto che James si preoccupò per il bambino. Il bambino! Se solo suo marito avesse saputo a quali terribili sacrifici suo figlio la stava già sottoponendo…
Lily non aveva la minima idea di chi fosse il padre del bambino, ovviamente. Nessuno, né mago né babbano, poteva dirle di chi fosse. Nessuno poteva dirle neanche se lei fosse pronta in effetti. Aveva solo 19 anni e portava avanti due relazioni parallele. Quale dannata mamma avrebbe fatto una cosa del genere? Sarebbe stata una pessima madre, lo sapeva già. Però non aveva pensato neanche un attimo all’idea di abortire. «Tutte le creature sono creature di Dio» diceva sempre sua madre Julie. Lily non avrebbe saputo dire se Dio esistesse veramente, vivere in una famiglia religiosa per 11 anni e poi venire catapultata nel mondo della magia le aveva reso molto difficile stabilire cosa fosse vero e cosa no. Però a quella frase di sua madre credeva: il bambino esisteva, era già una creatura e, a prescindere dal fatto che fosse di James o di Severus, era indiscutibilmente suo. Forse le avrebbe distrutto la vita, ma lo avrebbe tenuto in ogni caso. Aveva passato giorni a disperarsi nel tentativo folle di capire. Forse il suo bambino poteva dirle chi era il padre, o almeno chi preferiva. Ma il bambino era muto e lei sentiva di diventare pazza ogni momento di più. Quello che provava per Severus era così intenso, pericoloso e a tratti inquietante da non lasciarle dubbi: lei lo amava. Era lui la sua scelta, era sempre stato lui fin dal primo momento, da quel giorno di sole al parco giochi. Era lui e lo sarebbe sempre stato. Quell’idea di partire insieme, scappare dalla guerra, vivere in clandestinità era tragicamente romantica e attraente. Sarebbe stato bello, davvero, vivere in costante pericolo con la sola sicurezza di avere lui al suo fianco. Sarebbe stato bello se avesse dovuto scegliere solo per sé. Ma vivere in un luogo sconosciuto, circondati da estranei, ricercati da Voldemort e chissà, forse anche dall’Ordine, non sarebbe stata la situazione ideale per crescere un bambino. Certo in Inghilterra c’era una guerra in atto, il periodo era più buio che mai e James partecipava attivamente a battaglie e retate. Però tornava sempre a casa e aveva uno stuolo di amici su cui contare. E poi c’era Silente, lui li avrebbe protetti sapendo che aspettavano una creatura.
Così aveva deciso e quel giorno era andata da Severus con il cuore a brandelli. Era giusto così. Era meglio così per tutti, prima di tutto per il suo bambino e anche per Severus stesso. Lui sarebbe riuscito a fuggire con più facilità, senza portarsi dietro una ragazza incinta, e avrebbe avuto una vita normale e felice da qualche parte nel mondo lontano da lei. Sperava ancora che Severus fuggisse da Lord Voldemort.
Andare via da Spinner’s End, quel maledetto giorno, era stato più di quanto potesse sopportare. Per settimane era rimasta a letto un con senso di dolorosa oppressione sul petto e gli occhi perennemente bagnati di lacrime. James le stava vicino quanto più possibile, ma lei lo respingeva. Sua moglie stava avendo qualche difficoltà, in fondo era giovane e ancora in lutto, completamente impreparata all’arrivo di una nuova vita. Se lo diceva in continuazione, convincendosi che andasse tutto bene. Ma Lily si svegliava nel cuore della notte, in preda a incubi furiosi. Urlava nel sonno e sbarrava gli occhi nella stanza da letto buia, tremando. Si convinceva che il suo cuore avesse smesso di battere, e forse un po’ era vero. A cosa le sarebbe servito, in fondo? Se non poteva amare Severus non avrebbe amato nessuno, mai più.
Un giorno, diverse settimane dopo, accadde qualcosa che scosse Lily dal suo inquietante torpore. Mentre giaceva a letto come sempre, sfinita, addolorata e senza forze, lo sentì. Qualcosa si era mosso, da qualche parte nel suo ventre. Lily tremò, ma non ebbe paura. Qualcosa si era mosso. Forse era troppo presto per sentire il bambino – non lo avrebbe mai chiesto a nessun medico, non le importava – ma lei lo aveva sentito. Quel bambino era vivo, dentro di lei, davvero. C’era qualcosa di più importante del suo cuore sbrindellato, più importante del cuore di Severus che aveva spezzato, più importante del cuore ferito e ingannato di James: c’era il cuore del suo bambino. «Potrebbe anche essere una bambina» diceva sempre James, ma era un maschio. Lily lo aveva capito fin dal primo momento. Sperava solo che somigliasse a lei e non le ricordasse suo padre, chiunque fosse.
 
 
 
Alla fine Severus era rimasto a Villa Malfoy.
«Mi sentirei più sicura sapendo che sei qui» aveva detto Narcissa, che teneva costantemente una mano sul ventre come a proteggerlo da qualcosa «Dopo i malori dei primi mesi, sai… Se dovesse succedere qualcosa, vorrei che fossi qui per intervenire».
«E mi devi la vita, amico, mi duole ricordartelo» aveva aggiunto Lucius in tono indifferente.
«Se la metti su questo piano non posso dirvi di no». Severus aveva fatto un breve sorriso. Come erano bravi, quei tre, a mentire. Come se i Malfoy non potessero permettersi un guaritore privato a loro disposizione notte e giorno.
Al Manor Severus godeva di una completa privacy e di numerosi privilegi mai concessi ad altri ospiti: aveva una camera che era quasi un appartamento, libero accesso alla biblioteca, al laboratorio, alla dispensa degli ingredienti per i suoi misteriosi distillati, alcuni elfi domestici che lo irritavano enormemente e la possibilità di usare il conto privato di Lucius per qualsiasi cosa. Non lo usava mai. Diceva sempre di non aver bisogno di nulla, mangiava appena l’indispensabile per sopravvivere, trascorreva lunghe ore a studiare tomi che nessuno dei Malfoy avesse mai aperto e a rimestare calderoni con una precisione quasi ipnotica. In compenso, faceva volentieri compagnia al suo amico per bere un brandy, fumare un sigaro e chiacchierare amabilmente di fronte al fuoco. Visitava Narcissa una volta al giorno, come promesso, controllava che la tutto procedesse nel migliore dei modi e le forniva le più disparate pozioni per alleviare i sintomi sgradevoli. Stranamente, però, pronunciare parole attinenti al bambino e alla gravidanza gli faceva tremare lievemente la voce e le mani. Lucius non capiva il perché. Forse qualche trauma durante la sua misera infanzia a Cokeworth?
Malfoy era deliziato dalla presenza di Severus in casa: lo vedeva in qualche modo come un fratello minore, un figliol prodigo per qualche tempo perduto e adesso ritrovato. Aveva ricominciato a lavorare con impegno per il Signore Oscuro e rapidamente la collera del loro padrone nei suoi confronti era svanita. Severus sedeva alla sua destra adesso, proprio di fronte a Lucius che lo guardava con orgoglio, come fosse una creatura sua. In effetti, un po’ lo era. Lui lo aveva raccolto da quella squallida casa babbana e ne aveva fatto un perfetto gentiluomo. Beh non perfetto, considerando il suo caratteraccio, ma un gentiluomo. L’educazione di Eileen – povera donna, come le era venuto in mente di sposare quel miserevole Piton? – lo aveva sicuramente aiutato, insieme alla naturale predisposizione di Severus a incutere rispetto e timore. Quel ragazzetto pallido, nonostante le continue vessazioni a scuola e l’infanzia per nulla serena, aveva un andamento così fiero, così austero, così intrinsecamente magico che nessuno avrebbe potuto sospettare dei suoi natali impuri. Il carattere schivo e riservato lo avevano aiutato a simulare una somma indifferenza verso qualsiasi cosa non lo riguardasse personalmente e la profonda fiducia nelle proprie doti lo investiva di un’aura di superiorità. Inoltre, Severus era un ragazzo estremamente assetato di conoscenza e imparava qualsiasi cosa più in fretta degli altri. Così, come le pozioni e gli incantesimi, le maledizioni e le formule magiche, aveva imparato in fretta anche a comportarsi come gli aristocratici snob che circondavano il Signore Oscuro, nonostante le sue mancanze in materia di pubbliche relazioni. Agli occhi di Lucius, Severus era il serpeverde perfetto: intuiva al volo cosa avrebbe dovuto fare per ottenere ciò che voleva, si serviva di tutti gli strumenti necessari e infine otteneva le sue vittorie.
Per questo il giovane Malfoy non capiva come mai il suo amico avesse perso la ragazza che lo faceva tanto sospirare. Chi poteva permettersi di dire no a Severus? Chiunque fosse la dispettosa signorina, dopo alcune settimane fu chiaro che non sarebbe ritornata sui suoi passi. Non che Lucius si fosse mai preoccupato della vita sentimentale del suo amico, anzi. Era convinto che delle ragazze non gli importasse un fico secco. Ma dopo averlo visto in quelle condizioni disperate, il biondo e sua moglie si erano convinti che Severus avesse bisogno di una donna. Così iniziarono ad invitare casualmente delle fanciulle aristocratiche, coetanee del loro ospite e single. Lui si sedeva a tavola con la solita aria indifferente, conversava educatamente con le ragazze e versava vino elfico nei loro calici, ma poi non le portava mai in camera. Né da nessun’altra parte. Le signorine sembravano sempre invariabilmente colpite da quel tipo cupo, nonostante non si potesse definire esattamente un bel ragazzo. Erano ipnotizzate dalla sua voce di seta, dai modi affettati che imitava ormai alla perfezione, dalle lunghe dita che accarezzavano distrattamente le posate. Soprattutto, quelle giovani donne erano attratte dagli occhi neri, acuti e penetranti di Severus. Perfino Narcissa arrossiva sotto quello sguardo, adesso che la gravidanza l’aveva resa ipersensibile. Per non parlare del potere che lui aveva ottenuto in pochissimo tempo e di quell’amicizia con i Malfoy che gli avrebbe assicurato ogni genere di agio e ricchezza. Insomma, in qualche modo Severus piaceva, ma sembrava completamente indifferente alle ospiti che circolavano in casa.
«Severus, abbiamo ospiti a cena stasera» gli disse un pomeriggio Lucius con il suo tono strascicato «cerca di essere cortese»
«Sono sempre cortese con i tuoi ospiti, mi pare»
«Con la sorella di Rookwood non lo sei stato, la settimana scorsa»
«La sorella di Rookwood è la creatura più vanesia che abbia mai incontrato»
«È molto bella, però»
Severus alzò il sopracciglio «Questo giustifica la sua stupidità?»
Lucius sospiròe parlò molto lentamente. «No, Severus. Non devi mica sposarla! Ma portarla fuori a cena, una sera o due, non ti farebbe male. Oppure la signorina Swan, se ti sembra più gradevole»
«Mi stai chiedendo di cenare fuori più spesso, Lucius? Forse la mia presenza comincia a starvi stretta? Basta che tu lo dica, posso tornare a casa mia quando vuoi. Non te ne vorrò»
«Di cosa parli, stupido ragazzino? Ti sto chiedendo solo di divertirti un po’!»
«Le tue amiche non mi divertono affatto. È così strano che voglia stare per conto mio? Mi conosci, sai che non sono un tipo socievole»
«Severus, ti prego» Lucius fece una smorfia. «Questa tua morbosa fedeltà a una ragazza che ti ha lasciato è francamente ridicola. Puoi conoscere altre donne, puoi divertirti con loro e poi tornare ai tuoi lacrimevoli ricordi. Sei giovane…»
«Sono giovane, ma non così tanto da obbedirti. Non sei mio padre, Lucius, non parlarmi come se fossi un ragazzino»
«Sei tu che ti comporti da adolescente, amico mio»
«Questa conversazione mi ha stancato. Vado a lavorare in laboratorio»
«Non avevo dubbi» Lucius sospirò ancora. «Lega quei capelli prima di scendere a cena, Severus. Merlino, quando imporranno una legge contro le chiome disordinate?»
«Potresti proporla tu, lavori al Ministero. Tuttavia» fece una pausa drammatica e uno dei suoi mezzi sorrisi «dubito che la approveranno entro stasera».
 


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Eccomi qua, sempre in ritardo ma ci sono! Questo è un capitolo di passaggio, in cui vediamo come se la passano i nostri eroi stando lontani l'uno dall'altra. Che teneri, vero? Mi spezzano il cuore. E il nostro Lucius in versione fratello maggiore?
Mi sa che il capitolo 11 vi è piaciuto particolarmente, perché ha avuto un'infinità di views e non vi ringrazierò mai abbastanza per l'affetto che dimostrate alla mia storia. Tuttavia, ho avuto una sola recensione (bellissima e preziosa: grazie @Gli!) Mi piacerebbe se stavolta mi scriveste qualcosa, è importante per chi scrive. Grazie sempre!

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Capitolo 13
*** Ossessioni e punizioni ***


I mesi trascorrevano lenti. Severus era rimasto a Villa Malfoy. Si sentiva bene lì, così profondamente immerso nei compiti che il suo Signore gli affidava, nella cura di Narcissa, nelle chiacchiere con Lucius, da riuscire almeno per un po’ a scappare dalle sue ossessioni. Il pensiero di Lily lo tormentava notte e giorno. Era lì, nell’angolo della sua mente in cui era riuscito a rinchiuderlo, ma sempre lì. Ogni tanto osservava bramoso il profilo di Narcissa farsi sempre più tondo, e non poteva evitare di immaginare il corpo di Lily – quel corpicino così piccolo, delicato, sottile – subire la stessa metamorfosi, la sua pelle di seta cambiare sotto il peso del fardello che portava, le forme ammorbidirsi. Era un bene che non l’avesse incontrata mai, sicuramente Silente o quell’idiota di Potter le avevano consigliato di stare al riparo da qualunque pericolo. Bene. Quel dannato bambino serviva a tenerla al sicuro, almeno.
Il lavoro per conto del Signore Oscuro procedeva alacremente, così come gli sforzi di Lucius di instillare nel suo amico un briciolo di savoir-faire e di capacità relazionali. Severus faceva buon viso a cattivo gioco. In fondo partecipare a banchetti e cene con intollerabili membri dell’aristocrazia era un piccolo prezzo da pagare per ottenere la gloria e il potere. Alla fine cedette anche alle donne, o almeno provò a farlo. Una sera la famiglia Swan era a cena dai Malfoy, la loro figlia più giovane seduta proprio di fronte a lui, e Severus era stato tormentato tutto il giorno da uno spiacevole incontro con Potter. Quell’idiota se ne andava in giro per Diagon Alley tutto contento, come se procreare fosse la cosa più bella del mondo, insieme al suo compare Black. Si erano scontrati per la strada e insultati a vicenda, come accadeva spesso, ma stavolta Severus si era sentito tremare sotto lo sguardo di quel ragazzo sciocco. In fondo, quel ragazzo sciocco si era meritato l’amore di Lily e perfino quello del bambino – quel dannato bambino! pensava a lui continuamente – e questa consapevolezza lo aveva fatto sentire, come tanti anni prima nel vasto parco di Hogwarts, dolorosamente debole. Aveva bisogno di distrarsi, e sembrava che la signorina Swan fosse stata creata apposta. Era una ragazza estremamente bella, un anno più piccola di lui, la sua bocca sembrava disegnata da un pittore. Mentre parlava e mentre mangiava, mentre portava alla bocca il calice di vino elfico, Severus si sentiva ipnotizzato dalle labbra di… come aveva detto di chiamarsi? Non gli sovveniva. Forse somigliavano un po’ a quelle di Lily, o forse per niente, temeva di non ricordare più come fossero. Ma di sicuro gli piacevano. Forse Lucius aveva ragione, una distrazione non avrebbe fatto male a nessuno e avrebbe consolidato i rapporti con la famiglia Swan.
Dopo cena, seduto accanto a lei sul divano come Lucius aveva voluto, Severus si sentì sfiorare un braccio. Quello con il marchio. Si mosse a disagio tra i cuscini, intimorito da quell’eccesso di confidenza, però non si ritrasse. La signorina Swan aveva dita sottili e delicate. Si avvicinò al suo viso e in un sussurro impercettibile disse «Vorrei vederlo». Lo guardava intensamente negli occhi, i polpastrelli giocavano con la stoffa là dove il marchio era impresso sulla sua pelle candida.
«Cosa vuole vedere, miss…?»
«Lo sai. Il marchio. E dammi del tu»
Salazar, non la smetteva di guardarlo e di muovere quelle labbra tentatrici. «Non mi sembra il momento adatto. Tua madre potrebbe scandalizzarsi»
«Oh, conosco altri modi per scandalizzare mia madre. Perché non andiamo in un’altra stanza?»
«Io…»
«Oh, Severus» la ragazza alzò la voce così che tutti potessero sentirla nel grande salotto «sembra così interessante! Mostrami questo manoscritto che hai trovato nella biblioteca dei Malfoy!»
«Certo» Severus riuscì a fare un mezzo sorriso mentre si alzava dal divano, non sapendo assolutamente cosa fare «Vado a prenderlo»
«Vengo con te!» la ragazza si alzò prontamente seguendolo attraverso il salone.
In quel momento, il signor Swan sollevò lo sguardo dalla scacchiera. Era impegnato in una lunga partita con Lucius. «Lavinia, tesoro» Lavinia! Ecco come si chiamava! «La partita sta per finire, poi torneremo a casa. Sbrigati»
«Oh, andiamo già via? È una serata talmente piacevole…»
Il signor Swan guardò per un attimo i due giovani al centro del salotto, indeciso sul da farsi. Sicuramente gli faceva piacere che la sua primogenita facesse “amicizia” con il protetto dei Malfoy. Fu Severus, infine, a rompere il silenzio «Posso riaccompagnare io sua a figlia a casa, signor Swan. Prometto che non faremo troppo tardi, nonostante la passione di Lavinia per la… storia della magia». Lui stesso sì stupì di quell’impeto di coraggio, e Lucius sembrò pensare la stessa cosa perché gli rivolse uno sguardo tagliente e un sorriso, per poi aggiungere «Ma certo, Albert. Il mio amico Severus qui è un gentiluomo, si assicurerà che Lavinia arrivi a casa sana e salva e a un orario opportuno».
Severus lo ringraziò con lo sguardo e si diresse insieme a Lavinia verso la biblioteca, ma non fece in tempo ad arrivare a metà corridoio e già le labbra della ragazza erano sulle sue. Rimase un attimo interdetto. Le sue labbra erano belle e invitanti sì, ma scoprire che non avevano lo stesso sapore di quelle di Lily fu un piccolo dolore. Lei si scostò lievemente, rimanendo comunque fastidiosamente vicina al suo viso, e sussurrò «La biblioteca? Davvero, Severus? Perché invece non mi porti in camera tua? Avanti, è chiaro che ti piaccio: non fai altro che guardarmi»
Era intraprendente, la ragazzina. Lui fece di tutto per non mostrarsi sorpreso, la prese per mano per riuscire a mantenere in qualche modo le loro labbra separate e la condusse lungo la scalinata senza dire una parola. Dietro l’espressione soddisfatta del suo viso si nascondevano i più cupi pensieri. Adesso che era così vicino, non pensava affatto che portare la signorina Swan in camera da letto fosse una buona idea. Lei sembrava troppo convinta di piacergli per accontentarsi di una chiacchierata, e se l’avesse rifiutata si sarebbero diffuse voci poco lusinghiere sul suo conto. Ma Severus era un bravo attore. Poteva fingere, certo, si disse mentre apriva la porta della lussuosa camera e sorrideva invitandola a entrare. Magari gli sarebbe piaciuto davvero. Magari avrebbe smesso di pensare a Lily. Mentre formulava questo pensiero, la ragazza dai capelli rossi che tormentava le sue notti e i suoi giorni gli apparve in una delirante visione, resa ancora più bella dal confronto con Lavinia. Severus sorrise, scacciando quell’idea dalla sua mente. Lucius doveva aver intuito che i ragazzi non si stessero dirigendo veramente in biblioteca, perché sul tavolino di mogano erano comparsi una caraffa di liquido ambrato e due calici. Doveva aver mandato un elfo a sistemare la camera perché fosse degna di accogliere una signorina aristocratica.
«Vino?» propose con voce setosa.
«Oh sì, amo il vino» lei lo fissava con uno sguardo adorante e decisamente esplicito, e Severus si trovò a chiedersi se fosse solo il potere a piacerle tanto, oppure lui, o ancora semplicemente l’eccitante prospettiva di fare cose proibite con suo padre al piano di sotto. Sembrava un’esperta nell’arte amorosa, perché appena Severus ebbe versato il vino nei bicchieri e poggiato le labbra sul suo, lei sfiorò la sua mano, poggiò il calice sul tavolino e sussurrò «Puoi fare cose più divertenti con quelle labbra» e si avviò ondeggiando verso il grande letto a baldacchino.
Merlino, com’era finta quella ragazza. Vederla mentre si accomodava con studiata lentezza sul suo letto gli provocò la nausea. Lily non si era mai comportata così, lei era naturalmente sensuale e non aveva bisogno di mosse o frasi troppo costruite. Lily, Lily, Lily, eccola che tornava a fare capolino nella sua mente. Si rese conto di essere rimasto immobile per troppo tempo, così fece uno dei mezzi sorrisi che a Lavinia piacevano tanto e si avvicinò al letto. Lei lo baciò di nuovo. Era tempo che anche lui facesse qualche mossa, era lui l’uomo no? Si supponeva che prendesse le redini, a un certo punto. Così prese a sbottonare la camicia della ragazza con una furia che poteva sembrare dettata dalla passione. Invece desiderava ardentemente che tutto finisse presto. Non si era mai sentito così impacciato, neanche la prima volta. Ma la prima volta c’era Lily, appoggiata al muro del soggiorno di Spinner’s End. Anche la signorina Swan muoveva le mani agili e veloci sui bottoni della sua camicia, sembrava fin troppo avvezza a quel movimento. Quando gli tolse la camicia e suo torace pallido e cosparso di cicatrici apparve alla luce tremula delle candele, Lavinia diresse tutta la sua attenzione al marchio nero. Sembrava piacerle molto perché lo accarezzava continuamente con i polpastrelli. Anche Severus intanto aveva finito di spogliarla, e quando il suo corpo si stagliò tra le morbide lenzuola ebbe un altro tuffo al cuore. Osservava quei fianchi, quelle gambe, quei seni con grande attenzione. Lavinia pensò di piacergli moltissimo, ma lui stava solo analizzando con un dolore acuto ogni dettaglio di quel corpo completamente diverso da quello che amava. Ecco, qui Lily aveva un neo. Le gambe di Lily non erano così lunghe e i suoi piedi erano più piccoli. Il seno di Lily era perfettamente rotondo, questo qui troppo grande. Quando finalmente si decise ad accarezzarla, la pelle di Lavinia aveva un altro aspetto alla vista e al tatto, un altro modo di reagire sotto le sue mani. Severus doveva solo continuare a mostrarsi estremamente preso. Era un uomo, in fondo, già provato da qualche mese di astinenza. Quella fastidiosa sensazione di poggiare le mani sulla persona sbagliata sarebbe finita in fretta. Così la guardò dritta negli occhi e scese a baciare quella pelle sconosciuta.
«Oh sì, questo mi piace Sev!» la ragazza si contorse come un gatto e lui si sentì morire. Come osava chiamarlo così? Si sollevò da quel corpo cercando di non sembrare troppo brusco, e a voce bassa disse «Altro vino, Lavinia?» Lei sembrò sorpresa dall’interruzione, ma accettò dandogli il tempo di riflettere mentre riempiva ancora i calici. Cosa poteva fare adesso? Guardando distrattamente intorno a sé, tra le boccette allineate sul tavolino, adocchiò quella con la pozione soporifera. La teneva a portata di mano per quelle notti in cui il pensiero di Lily era troppo ingombrante. Ne versò qualche goccia nel calice di Lavinia. Solo un pochino, la ragazza avrebbe dormito giusto il tempo di far credere a Lucius che avessero fatto chissà che cosa.
Qualche sorso dal suo calice e Lavinia si era addormentata, poggiando i boccoli castani sul suo cuscino. Severus si appuntò mentalmente di chiedere agli elfi un cambio di lenzuola, comunque. Si sdraiò con cautela accanto a lei, dall’altra parte del letto matrimoniale. Si sentiva strano. Avere accanto una ragazza che non fosse Lily era completamente innaturale, lo faceva sentire a disagio e non gli procurava alcun desiderio. Per non parlare della distrazione. In quel momento pensava a Lily più che mai. Come avrebbe voluto averla lì, con la sua pelle e i suoi nei, il suo profumo e le curve delicate del suo corpo, i suoi occhi – com’erano belli, quegli occhi, quando lei lo guardava adorante – e la sua voce, l’unica voce al mondo che potesse appellarlo con un nomignolo senza provocargli l’orticaria. Com’era bella Lily. Com’era lontana. E com’era giusto che fosse lontana. Lui non la meritava, non l’aveva mai meritata. Era solo stato sciocco, a un certo punto, a dimenticarsene e a pensare di poterla amare davvero. Mentre Lavinia Swan dormiva beatamente al suo fianco, i ricordi dei suoi incontri con Lily, delle sue carezze, del tono meraviglioso con cui pronunciava il suo nome, della sua pelle a contatto con la propria, si mescolavano a quel desiderio di riaverla lì, che lui sapeva impossibile da realizzare. La sua mano – quelle mani, quanto le amava Lily? glielo diceva sempre – scese a sfiorarsi e poi ad accarezzarsi, con un’urgenza furiosa e quasi delirante. Il piacere che derivò da quelle tormentose carezze fu ben lontano dall’essere appagante. Lily era lontana e lui faceva l’amore con il suo ricordo, costringendosi a rinnovare la tortura di saperla perduta.
Mezz’ora dopo, la signorina Swan stava per svegliarsi e Severus mormorò un «Confundus» puntando la bacchetta verso il suo lato del letto. Quando scesero nel grande salone Lucius era ancora lì, seduto rigido sulla sua poltrona di fronte al camino, con un bicchiere di whisky incendiario tra le dita.
«Ragazzi! Stavo per andare a dormire» disse con il suo solito tono strascicato. «Non è un po’ tardi per tornare a casa, signorina Swan?»
«Severus ha detto che mi accompagnerà lui» Lavinia aveva uno sguardo e un tono di voce sognanti, che non lasciarono dubbi a Malfoy su quanto fosse successo di sopra.
«Posso usare il camino, Lucius? Lavinia mi sembra un po’ stanca per materializzarsi» il tono di Severus invece era quello di sempre, del tutto noncurante.
«Vedo. La cultura assorbe così tante energie…»
«Già. Allora, torno subito. Non è necessario che mi aspetti, buonanotte Lucius»
Quando Severus tornò nel salotto dei Malfoy, però, il suo amico era ancora lì con un sorriso sornione e due bicchieri in mano. Gliene porse uno. «Allora, la compagnia di Lavinia Swan è così fastidiosa come pensavi?»
«No, in effetti» com’era facile, per lui, mentire.
«Bene, amico mio. Ti avevo detto che era un bel bocconcino. Vuoi che la inviti qui anche domani? Oppure ora che ti sei fiondato sul buffet preferisci… assaggiare altri piatti?»
«Posso scegliere da solo con chi intrattenermi Lucius, grazie»
«Come preferisci». Lucius cercava di nascondere la sua espressione trionfante. Finalmente il suo amico aveva smesso di comportarsi come un adolescente alla prima cotta, e questo avrebbe portato vantaggi per tutti.
In effetti, il giorno dopo la signorina Swan non riuscì a evitare di confidarsi con le sue amiche. Così, in breve tempo, tra le fanciulle dell’alta società si diffuse la notizia che Severus Piton fosse un amante così straordinario da lasciarti confusa e stordita senza capire neanche esattamente cosa fosse successo. La cosa lo imbarazzò a morte, ma gli procurò anche una nuova forma di ammirazione tra i mangiamorte. Che il sesso fosse uno strumento di potere, Severus l’aveva capito leggendo alcuni libri babbani sulle dittature europee di quarant’anni prima, e anche il Signore Oscuro aveva mostrato di apprezzare maggiormente quel tipo di comportamento. Sembrava che un uomo in grado di assoggettare una donna potesse essere in grado di dominare qualsiasi cosa, pensiero che a Severus sembrava francamente ridicolo. Ma era deciso a cogliere il meglio da quella situazione, come sempre. Così capitò altre volte che ragazze giovani e avvenenti visitassero la sua camera, e tutte tornavano a casa con il ricordo di un ardore così infuocato da lasciarle intontite. Accanto a loro, addormentate tra le lenzuola, Severus continuava a punirsi per non essere stato in grado di meritare l’unica donna che desiderava davvero.



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Eccoci qua, io Severus e Lucius siamo tornati a farvi compagnia. Questo capitolo doveva essere molto più breve, ma alla fine le sensazioni e le ossessioni di Severus hanno preso il sopravvento, come sempre. è lui che decide. E lui proprio non ce la fa a stare con un'altra donna, neanche per una scappatella. Mi dispiace @Morgana_Altea, ho provato ad accontentarti ma lui non ha obbedito ai miei ordini. 
Scherzi a parte, questo capitolo è tutto dedicato a Severus, qui spero di avervi mostrato quelli che per me sono i tratti principali della sua tormentata e complessa psicologia. L'amore per Lily è diventato un'ossessione, così come il pensiero di quel bambino che, nella sua testolina contorta, non ha voluto essere suo figlio e lo ha condannato a un'eterna infelicità. Insieme a un senso di colpa che lo tortura, pur non capendo che forse è il caso di lasciar perdere omicidi e torture, no? Che dici, testone di un Sev? Vabbè, basta non vi dico altro. Solo mille grazie per tutte le visualizzazioni e le recensioni che mi rendono felicissima! 

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Capitolo 14
*** Padri ***


L’inverno e la primavera del 1980 passarono molto lentamente per Severus. A Villa Malfoy la sua vita aveva pian piano ripreso il suo corso, la sua normalità pre-uragano Lily. Tra cene galanti e riunioni con i mangiamorte aveva raggiunto una sorta di serenità ovattata, sempre funestata dal pensiero che lei non fosse più sua. Le soddisfazioni però erano tante, ed era facile pensare di poter vivere anche così. Era rispettato dai suo compagni, benvoluto da Lucius e Narcissa, desiderato da tutte le ragazze dell’alta società seppur completamente incapace di avere dei veri incontri ravvicinati con loro. Più di ogni altra cosa, era stato ricoperto di gloria e di onori dal Signore Oscuro. Era successo una sera fredda e noiosa, alla Testa di Porco. Silente e quella pazza della Cooman – era stata a Hogwarts durante gli anni di scuola di Severus e lui ricordava come già allora fosse completamente fusa – avevano chiesto al proprietario una stanza privata. Non sapeva neanche il perché, ma Severus aveva sentito l’istinto di seguirli. Era raro che il Preside di Hogwarts frequentasse luoghi malfamati come quel pub, e un colloquio privato poteva nascondere segreti interessanti. Anche se, onestamente, le possibilità che Silente condividesse i piani dell’Ordine con quella svitata erano molto basse. Eppure alla fine il suo intuito aveva avuto ragione. Non uno dei piani del vecchio strambo, ma un’informazione molto più preziosa era giunta alle sue orecchie: una profezia sulla caduta del Signore Oscuro e sull’unico uomo in grado di provocarla. Più che un uomo, un bambino in effetti. Doveva ancora nascere, il temibile distruttore del suo padrone. Sbattuto fuori dal pub di malagrazia, Severus era corso a Villa Malfoy a controllare le date. Né il bambino di Lily né quello di Narcissa sarebbero nati alla fine di luglio. Così alla fine si era deciso a rivelare la profezia a Voldemort. Aveva ottenuto la sua fiducia incondizionata, un’ulteriore dimostrazione di superiorità rispetto agli altri mangiamorte e perfino un premio da parte del suo padrone.
«Cosa desideri, Severus, come ricompensa per la tua fedeltà? Oro? Potere? Un posto al Ministero? Donne no, non credo che tu ne abbia bisogno» all’ultimo sibilo di Voldemort, Severus si era visto costretto a ghignare in risposta. Non aveva bisogno di niente. Sicuramente non di un posto al Ministero. Sapeva già che il suo potere tra le fila del Signore Oscuro sarebbe cresciuto esponenzialmente, e non voleva nessuna donna che lui potesse offrirgli. Certo, rendersi economicamente indipendente da Lucius sarebbe stato interessante, ma forse poteva chiedere qualcosa di meglio. Così si risolse a chiedere di poterci pensare ancora un po’ prima di dare la sua risposta. Si sentiva sicuro di sé, fiero, incredibilmente potente come mai nella vita. Ecco, Lily non era riuscita ad indebolirlo. A fracassargli il cuore, questo sì, ma non a minare la sua capacità di ottenere sempre ciò che voleva. Niente poteva toccarlo, niente. Finché un giorno l’unica cosa in grado di farlo vacillare incrociò di nuovo il suo cammino.
 
Il 5 giugno, immerso in un salone stranamente caldo e luminoso per quel periodo, Severus aveva aiutato una medimaga a far nascere il rampollo dei Malfoy. Era stato doloroso e devastante portare alla luce quel minuscolo esserino. Ecco una magia alla quale Severus si sentiva completamente estraneo: creare una nuova vita. Il bambino era piccolo, dalla pelle diafana e aveva pochi ciuffi di capelli biondissimi. I grandi occhi grigi dominavano il suo visetto appuntito, e sembrava aver già capito che nella vita avrebbe ottenuto tutto ciò che desiderava solo schioccando le dita. O piangendo a dirotto, come faceva notte e giorno. Nonostante l’intollerabile volume delle sue urla, Lucius e Narcissa sembravano estasiati. Non toglievano gli occhi di dosso a quel fagottino avvolto in morbide coperte. I giorni successivi al lieto evento erano stati costellati da visite di famiglie aristocratiche e compagni mangiamorte, e il piccolo demonietto possedeva già una quantità tale di regali da superare in valore il patrimonio di Severus. A una settimana dalla nascita si era tenuto il battesimo e quell’essere infernale eppure così angelico era diventato ufficialmente il suo figlioccio, con buona pace dei più altolocati familiari dei Black e dei Malfoy. Dopo il fastoso banchetto a Malfoy Manor, Lucius aveva insistito per portare il suo amico a festeggiare in privato e così si erano diretti verso un elegante club di Diagon Alley ad aprire una bottiglia di champagne in santa pace.
Appena usciti dal club, però, si imbatterono in qualcuno che avrebbe rovinato la festa. James Potter camminava per la via, tronfio come sempre, tenendo per mano Lily, che sembrava essere stata gonfiata come una mongolfiera. Il suo ventre era perfettamente tondo, i tratti del suo viso si erano addolciti e le caviglie sottili si erano espanse. Nell’altra mano, Potter teneva svariati sacchetti e pacchetti con i loro recenti acquisti. Severus si pietrificò davanti a quell’immagine, ma Lucius era in vena di spiritosaggini.
«Guarda, amico» aveva detto con il suo solito tono annoiato «adesso anche gli idioti si riproducono»
James aveva subito tirato fuori la bacchetta, lasciando la mano di Lily. Lei tremava leggermente, fissando Severus e non sapendo assolutamente cosa fare. Non lo vedeva da più di 7 mesi e le sembrava più bello e spaventoso che mai. Lui la guardava dritto negli occhi, ma non ebbe bisogno di usare la legilimanzia per leggere il terrore nel suo sguardo. Si sentì per un attimo follemente felice. Lily aveva paura di lui. Aveva paura che rivelasse la loro tresca, che attaccasse suo marito o che facesse chissà cos’altro. Se lo meritava, di vivere nel costante terrore che lui rovinasse quella disgustosa felicità familiare, proprio come lei gli aveva rovinato la vita. Dopo qualche secondo si rese conto che tutti stavano aspettando una sua mossa. Lucius lo fissava, risentito che non avesse risposto alla sua battuta, Potter ringhiava nella sua direzione con la bacchetta sguainata. Continuando a tenere lo sguardo su Lily, disse infine «Lasciali fare, Lucius. Tra qualche mese avremo un’altra orrenda creatura da schiacciare». Si voltò facendo sventolare il mantello e si smaterializzò appena fuori da Villa Malfoy, seguito dal suo amico. Poi si diresse al cancello senza neanche voltarsi. Si sentiva terribilmente male. Come aveva potuto dire quella frase sul bambino di Lily? Come aveva potuto gioire della sua paura, sentirsi forte all’idea di terrorizzarla? Gli girava la testa e sentiva montare dentro una rabbia sconosciuta.
Lucius guardava interdetto i passi nervosi del suo amico. Cosa diavolo era appena successo a Diagon Alley? Severus non si era mai tirato indietro alla possibilità di uno scontro, verbale o fisico che fosse. E contro Potter poi! Perché era scappato via così? Perché era rimasto imbambolato davanti ai Potter come se avesse visto un fantasma? Perché adesso, superati il giardino e l’ingresso del Manor e accasciatosi sul divano, le mani di Severus tremavano nel versare il whisky incendiario nel suo bicchiere? Aveva già bevuto abbastanza per oggi, tra la festa e il pub, non era il caso che ricominciasse. Il suo amico non era il tipo da perdere il controllo, non lo aveva mai visto così. Anzi, una volta sì. Quella volta in cui per giorni non aveva risposto alla chiamata del Signore Oscuro ed era stato trovato ubriaco e stravolto. Doveva essere stato il momento in cui quella dannata ragazza, chiunque fosse, lo aveva lasciato. Lucius si accomodò sulla poltrona accanto, davanti al fuoco, e osservò le mani pallide e nervose di Severus stringere furiosamente il bicchiere. Non era poi così difficile fare due più due.
«Se desideri distruggere la cristalleria di Cissy» disse lentamente, cercando di nascondere la sua voglia di strangolarlo «ti faccio portare un vaso che trovo francamente orrendo, amico mio»
Severus parve svegliarsi in quel momento dai suoi pensieri e poggiò il bicchiere sul tavolo «Scusami»
«Nervoso, Severus?»
«È stata una giornata lunga. Potter mi mette in agitazione»
«Oh, non devi pensare a lui. È un tale idiota! Con un ottimo gusto per le donne, però»
«C-cosa?»
«La moglie di Potter. È molto carina, vero?»
«È una sanguesporco» disse, cercando di mettere in quella frase tutto il disgusto che potesse simulare.
«Lo so bene» anche Lucius aveva posato il suo bicchiere, giungendo le mani «per questo mi chiedo, nonostante la sua innegabile bellezza, come il mio più intelligente amico abbia potuto cacciarsi in un guaio simile»
«A cosa ti riferisci, Lucius?»
«Lo sai benissimo a cosa mi riferisco, sciocco ragazzino!» Malfoy aveva abbandonato il suo aplomb e stava praticamente urlando «Che tu sia dannato Severus! Come hai potuto unirti a una sanguesporco? In casa mia! Sotto i miei occhi!»
«Io non… non l’ho più vista da quando vivo qui. Non la vedevo da mesi, te lo giuro! Non ti avrei mai tradito così»
«Tu mi hai tradito! Hai tradito tutti noi, hai tradito il Signore Oscuro! Sei un irresponsabile ragazzino senza cervello, ecco cosa sei! Lo sai cosa succederà quando lui lo verrà a sapere?»
Severus lo guardò con puro terrore «No, ti prego Lucius. Ti prego! La ucciderà per punirmi. Ti prego Lucius, non ho mai voluto mettere in pericolo la tua famiglia, te lo giuro!»
«Ti ho aperto la mia casa, il mio conto in banca, ti ho affidato il mio unico figlio!» le guance di Malfoy si erano accese di rosso nella collera di aver scoperto quel tradimento. Tuttavia… Severus non era un tipo che implorava, mai. Non batteva ciglio davanti agli ordini e neanche davanti alle dolorose torture del loro padrone. Eppure adesso lo stava pregando. «La ami, vero? Non osare rispondere, per amor di Merlino! Non ti denuncerò» aggiunse poi, abbassando la voce e tornando a sedersi. «Sei solo uno sciocco ragazzino, ecco cosa sei. Io e il Signore Oscuro ce ne siamo dimenticati, ci siamo fidati di te. Ma tu sei un ragazzino di vent’anni dalle origini poco rispettabili e ti sei fatto guidare dal bassoventre»
A quel punto scese su di loro un silenzio imbarazzato e teso. Severus non poteva immaginare di essere stato scoperto così. Perché lui, sempre così controllato e capace di nascondere le proprie emozioni in qualunque circostanza, diventava così vulnerabile e debole dopo averla soltanto vista per strada? Rimasero così per diversi minuti, poi il piccolo Draco ricominciò a piangere come un ossesso al piano di sopra. Questo scosse Lucius dai suoi pensieri e gli ricordò un particolare di quell’incontro.
«Severus, rispondimi sinceramente, custodirò i tuoi segreti. Il bambino è tuo?»
«Il bambino?» Severus aveva uno sguardo terrorizzato, sembrava impazzito e non del tutto consapevole di ciò che stesse dicendo.
«Il bambino. La sangues… la moglie di Potter è incinta, è evidente. E da molti mesi direi, forse da prima che smetteste di vedervi» Lucius dovette raccogliere tutto il suo autocontrollo per pronunciare la frase successiva. Era sicuro che se ne sarebbe pentito. «Severus, se il bambino è tuo posso aiutarti. La nascita di Draco deve avermi rimbambito, ma… se sarai padre non permetterò che tuo figlio cresca con Potter!»
«M-mio figlio?»
«Sei lento oggi, Severus! Nasconderemo la ragazza, almeno fino al parto. Tuo figlio nascerà qui, tra tutte le comodità e con i migliori medimaghi a disposizione. E dopo il parto, beh… non lo so, ci faremo venire un’idea! Sei tu quello intelligente, qui. Ah, bisognerà anche mettere Potter a tacere, ma suppongo che di quello vorrai occuparti personalmente» aggiunse un ghigno per allentare la tensione.
«Potter… Potter è il padre. Non è mio, il bambino» Severus non lo aveva mai detto ad alta voce e gli sembrò di sentire la notizia per la prima volta.
Lucius lo osservò a lungo, cercando di soppesare la sua sincerità. «Come lo sai?»
«Me lo ha detto Lily. La ragazza… quando mi ha lasciato»
«E tu ti sei assicurato che fosse la verità, giusto?»
Ancora una volta Severus cadde dalle nuvole. No, non aveva usato la legilimanzia per rileggere i ricordi di Lily su quella maledetta visita medica. «Lo ha detto lei, dev’essere così»
«Per Merlino Severus! Tu hai un dono, un dono che ti permette di scoprire quando una donna mente, e non lo usi?»
«Mi fidavo di lei» mormorò pianissimo. Sperava che Lucius non lo avesse sentito.
Ma il biondo era troppo concentrato a sentirsi sollevato per badare a quel sussurro. Quel bambino non era di Severus, che Merlino lo avesse in gloria! Nascondere il figlio illegittimo di una sanguesporco e di un traditore non rientrava tra i suoi programmi. «Bene, bene. La dimenticherai più in fretta, così. Anzi, la stai già dimenticando. Fidati, amico mio, essere padre è una cosa molto bella ma ti saresti solo cacciato nei guai. E poi sei troppo giovane»
«Anche Potter lo è!» l’urlo di Severus era stato quasi un ringhio.
«Lo so, Severus. Ma lui è suo marito e tu no. Lui è un traditore del suo sangue e tu no. Tu sei il più potente tra i seguaci del Signore Oscuro ed è di questo che devi occuparti adesso. Arriverà un momento migliore per mettere su famiglia, e allora avrai tutti i bambini che vuoi»
«Come se volessi un moccioso! Senza offesa»
«Nessuna offesa, amico. Draco è una piaga a volte» Ci fu un altro momento di pausa, in cui Lucius versò ancora del whisky in due bicchieri. Poi riprese «Devo chiedertelo, Severus. Quando nascerà il marmocchio?»
Severus gli lanciò uno sguardo serio. «Intorno al 10 agosto. Ho controllato» disse, poi fece una breve risata senza fiato.
«Cosa c’è da ridere adesso?»
«Il figlio di Potter dovrebbe possedere “il potere di sconfiggere l’Oscuro Signore”? Te lo immagini? Se ha ereditato le abilità di suo padre sarà solo un idiota, molto fortunato e circondato da altri idioti che gli guarderanno le spalle»
«Beh, questo è vero. Tuttavia, se nascerà in agosto andrà a scuola insieme al nostro Draco. Dovresti insegnare qualche trucchetto al tuo figlioccio, Severus, perché sia pronto ad incontrarlo». Il ragazzo dai capelli neri ghignò «Avrai la tua vendetta, amico mio, su un Potter o su un altro».
 

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Eccoci qua! Mancano pochi capitoli alla fine eh, due o tre al massimo. Finalmente Lily e Severus si sono incontrati, con risultati disastrosi: Lucius ha scoperto la tresca! Che ve ne pare della sua reazione? E del capricciosissimo Draco? Fatemi sapere e sempre GRAZIE ;) 

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Capitolo 15
*** Il maledetto bambino ***


Quel maledetto bambino era nato, alla fine. Nel momento più sbagliato. Era così evidente che fosse venuto al mondo con il chiaro intento di rovinare la vita a Severus! Era stato chiaro fin dal momento in cui poche cellule si erano messe insieme per creare una nuova vita, ma quando scelse di nascere il 31 luglio Severus non ebbe più dubbi. Doveva essere la sua punizione, quel marmocchio scellerato. La sua punizione per non essere abbastanza, per non essere migliore, per non aver saputo meritare Lily. Ecco cos’era. Era stata la signorina Swan a dargli la notizia, senza sapere neanche lontanamente che quella sera lo avrebbe distrutto. Gli Swan erano di nuovo a cena dai Malfoy, il piccolo Draco piangeva e urlava come non aveva mai smesso di fare da quando era venuto al mondo e Lavinia continuava a guardare Severus dritto negli occhi sperando evidentemente di poter avere un altro incontro ravvicinato con lui. Ma il ragazzo aveva altro per la testa: non sapeva il giorno esatto, ma mancava poco alla nascita del figlio di Lily.
«Hai sentito, Lucius, quanto sono caduti in basso i Potter?»
Era stato il signor Swan a parlare, e Lucius e Severus si erano istantaneamente lanciati uno sguardo d’allarme. Lucius non poteva permettere che il suo amico facesse una scenata davanti agli Swan, ed era ormai evidente come non fosse in grado di controllarsi solo a sentir nominare l’odiato rivale. Però non poteva ignorare la domanda, così con tono indifferente disse «Sono caduti molto in basso già da un po’, Albert. Nessuna novità»
«Nessuna novità? Hanno avuto un nipote. Un nipote mezzosangue. Il primo figlio del loro unico figlio è un mezzosangue. Ti rendi conto del disonore? Quel disgraziato di James è sempre stato una testa calda, mi ricordo quando veniva a giocare con Lavinia nella nostra villa. Ma che abbia sposato una sanguesporco e che abbia deciso perfino di dare alla luce un erede è disgustoso. Un erede mezzosangue!»
Severus fece uno sforzo immane per mantenere un’espressione impassibile e, mentre Lucius cercava freneticamente una risposta che chiudesse il discorso, prese la parola. «Quell’idiota di Potter ha avuto un figlio?»
«Sì» Lavinia rispose con un gesto frivolo della mano. «Margaret mi ha detto che Sirius Black le ha detto che il bambino è nato giovedì scorso»
«Giovedì scorso?» Severus si sentì morire.
«Esatto, la sera del 31 luglio. A quanto pare è prematuro, queste inutili babbane non sanno neanche dare alla luce un figlio al momento opportuno!»
Il 31 luglio. Il 31 luglio. Di tutti i giorni dell’anno, quel bambino diabolico aveva scelto il 31 luglio. La sera. Sarebbe bastato aspettare qualche ora, e sarebbe nato in agosto. E invece no. Lo aveva fatto apposta, per punirlo di non essere suo padre. Maledetto marmocchio! Severus fu incapace di parlare per il resto della serata e quando Lavinia suggerì un'altra visita alla biblioteca guardandolo con aria maliziosa ebbe quasi un conato di vomito.
Quella sera Lucius preferì evitare di parlarne. In fondo quanti bambini erano nati nell’ultimo mese? Sapevano per certo che qualche giorno prima anche i Longbottom avevano avuto il loro primo figlio. Poteva essere lui, il prescelto. In fondo il figlio di Potter e di una nata babbana difficilmente avrebbe posseduto poteri particolari. Severus stesso lo aveva detto, no?
La notte successiva però, durante una riunione straordinaria con i mangiamorte, fu chiaro a tutti che il Signore Oscuro non fosse così incline a sottovalutare i Potter. Era convinto che quello fosse il bambino della profezia, quello destinato a distruggerlo. E che fosse necessario distruggerlo per primo, adesso che era appena un neonato, e risolvere così la faccenda. Severus e Lucius evitarono di guardarsi in faccia per tutta la riunione, ma la mente del ragazzo dai capelli neri vorticava a cercare una soluzione. Non poteva permettere che il suo padrone si mettesse alla ricerca dei Potter. Avrebbe festeggiato volentieri la morte di quel dannato bambino che gli aveva portato via l’unica donna della sua vita, avrebbe ballato sulla tomba di Potter, ma non avrebbe mai permesso a nessuno di mettere in pericolo Lily! Mentre il Signore Oscuro continuava a sibilare minacce di morte e piani crudeli, la tragica verità gli apparve chiara, come un drammatico scherzo del destino. Era stato lui. Lui aveva messo in pericolo Lily, lui aveva rivelato la profezia, era tutta colpa sua. Il viso di pietra e la postura inalterata, dentro di sé sentiva esplodere una guerra molto più devastante di quella tra loro e l’Ordine della Fenice. Il senso di colpa gli avvolse la mente come una corona di spine e si sentì svenire. Doveva resistere però. Domare i propri sentimenti era indispensabile in quel momento. Doveva pensare e agire in fretta, ma senza mostrare a nessuno il suo personale coinvolgimento in quella faccenda.
«Severus» il suo nome, orrendamente sibilato da quello che adesso gli sembrava un mostro, lo riportò alla realtà.
«Mio signore»
«Vorrei la tua opinione, Severus»
La sua opinione. Certo. Certo, lui era il suo preferito, quello che riteneva il più intelligente, voleva la sua opinione. «Mio signore» si sforzò di far apparire un ghigno sul suo volto «conosco bene quel Potter, sono certo che la sua progenie non può avere alcun potere particolare nel proprio dna». Qualcuno rise, Voldemort invece lo guardò intensamente per ricavare qualche ricordo in merito a James. In automatico Severus offrì i ricordi migliori dei loro duelli a Hogwarts.
«Non può certo competere con te, Severus. Senza i suoi amichetti alle spalle lo avresti ucciso tempo fa, risparmiandoci questa fastidiosa scocciatura»
Il ragazzo non poteva fare a meno di pensare a quante altre scocciature avrebbe evitato, uccidendo James Potter.
«Tuttavia» continuò il Signore Oscuro «Ha avuto l’ardire di affrontarmi a viso scoperto negli ultimi mesi. Tre volte, per l’esattezza. È una curiosa coincidenza, non credi?»
«Questo perché è un incosciente, mio signore. Non possiede alcuna abilità, né un briciolo di buonsenso»
«Non scaldarti, Severus. Dopo che avrò preso il bambino, se vorrai, potrai uccidere il padre. E la madre, se ti aggrada. I nonni, gli zii, stermina pure la famiglia Potter. Ti devo ancora un favore, se ben ricordo. Lord Voldemort è un uomo di parola, lo sai»
Severus sentì le budella contorcersi. Ecco la soluzione. «Grazie, mio signore. Non è questo che intendo chiedervi, però»
«Ah. Hai trovato finalmente un desiderio che il tuo padrone possa soddisfare? Bene, potete andare via tutti. Severus, tu rimani»
Si sentiva tremare le gambe.
«Adesso che siamo soli dimmi, Severus: cosa può fare per te il tuo signore?»
«Voglio la ragazza, mio signore. La ragazza Potter, la madre del bambino» la sua stessa voce ferma, bassa, pericolosa gli diede i brividi. Sapeva di potersi permettere qualche libertà in più rispetto ai suoi compagni, ma non aveva mai parlato così con Voldemort.
«E perché mai vorresti una sanguesporco? Credevo che avessi ragazze molto più belle, dal sangue più puro, ai tuoi piedi. Se è una vendetta personale contro Potter, ti ho già detto che puoi ucciderlo o farne quello che vuoi»
«Voglio lei» disse di nuovo, con la stessa convinzione. «Voglio la ragazza»
«Che strana perversione! Ma Lord Voldemort non ti giudica, ragazzo mio. Ti ho promesso un premio e avrai il tuo premio: la ragazza sarà tua quando avrò finito con il bambino. Confido che questo pensiero ti spingerà ad essermi utile nella ricerca dei Potter»
«Vivo per servirvi, mio signore»
 
Quando Severus fu congedato, tornò a Villa Malfoy con un pesante fardello sul petto. Non poteva fidarsi del suo padrone. Il Signore Oscuro non apprezzava frivolezze come l’amore. Lucius, quella volta, aveva lasciato intendere che se avesse scoperto i suoi veri sentimenti per Lily li avrebbe usati, anche solo per il gusto di farlo, senza pietà. Doveva esserci un’altra soluzione, un altro modo per salvarla. Arrivato al Manor si chiuse in camera sua a riflettere e ne uscì a tarda sera, con una sola possibile risposta. Narcissa e il piccolo Draco dormivano al piano di sopra, ma Lucius era ancora in salotto.
«Ero preoccupato che facessi qualche sciocchezza» disse, vedendolo entrare alla luce fioca del camino.
«Sciocchezza?»
«Sì. Per la disperazione, non lo so, per la san… per la tua ragazza»
«Non è la mia ragazza. Ho chiesto al Signore Oscuro di risparmiarla. Sai, quel premio che mi aveva promesso dopo aver rivelato la profezia?»
«Giusto! Ottimo, Severus. Non dobbiamo preoccuparci allora»
«Non dobbiamo preoccuparci? Lucius! Conosco Lily, non lascerà che prenda il suo bambino senza lottare. E conosco il Signore Oscuro: la ucciderà se è necessario. O pensi che rinuncerebbe a uccidere il suo rivale per soddisfare i miei capricci?» Severus aveva alzato la voce. Si sedette su una poltrona, distrutto. «Lo capisci, Lucius? È colpa mia. Se le succederà qualcosa sarà colpa mia. Lui la ucciderà e sarà colpa mia» mormorò.
Lucius si sentì stringere il cuore. Fosse stato per lui, quella sanguesporco che aveva causato tanti problemi sarebbe già stata sottoterra. Ma che Severus soffrisse così, non poteva sopportarlo. Era come un fratello, era l’unica persona a cui volesse bene oltre a Narcissa e Draco. «Mi dispiace, Severus. Perché non vai da lei? Al diavolo Potter! Prendi la ragazza e il bambino e nascondili da qualche parte»
«Che c’entra il bambino?»
«Severus… sei sconvolto, ma non puoi aver dimenticato che la causa di tutti questi problemi è il bambino!»
«Lo so benissimo che è lui la causa!» ringhiò «Non mi interessa il bambino, mi interessa salvare Lily!»
«Amico mio… io e te sappiamo che quel bambino potrebbe essere tuo figlio. Non negarlo, è una possibilità. Come ti sentiresti se lo lasciassi morire e poi scoprissi di essere il padre?»
Severus boccheggiava. Non poteva essere suo figlio, lo odiava troppo anche solo per ammettere la possibilità. «Il Signore Oscuro lo troverà comunque»
«Non è detto, non se tu vai da loro e li porti in salvo. Severus, sei un occlumante. Puoi nasconderli e partecipare alle riunioni, scoprire la prossima mossa del Signore Oscuro e usarla a tuo vantaggio. Hai un dono, Severus. So che sei sconvolto, ma puoi farlo. Ne sei in grado»
«Non posso farlo» disse Severus in un bisbiglio appena udibile.
«Cosa?»
«Non posso andare da lei. Non posso andare da lei. Non posso». Lucius non aveva mai visto il suo amico farfugliare come quando si parlava di questa benedetta ragazza dai capelli rossi. «Non vuole vedermi. E ha ragione. Sono io, è colpa mia, li ho messi in pericolo. Non posso andare lì e dirle che voglio salvarla. Non posso, non posso Lucius»
«Cosa ti spaventa, Severus?»
«Io non posso, Lucius. La amo. Ancora»
«Senti, hai bisogno di calmarti…»
«Non ho bisogno di calmarmi, ho bisogno di Silente!»
«Silente? Severus, prendi questo» Lucius si alzò e prese una boccetta dalla credenza. Era un calmante che il suo amico aveva preparato perché Narcissa sopravvivesse alle urla di suo figlio. Severus guardò la pozione con aria scocciata, ma la bevve lo stesso.
«Silente» disse, improvvisamente più calmo. «Silente può aiutarmi, Lily lo diceva sempre. Silente può aiutarmi, lui… lui capirà. Conosce Lily e anche Potter, quando saprà che sono in pericolo vorrà aiutarmi. Silente è la soluzione»
«Vuoi chiedere aiuto a quel vecchio pazzo? Severus, ti ucciderà. Andiamo! Perfino…» si interruppe a metà frase. «Voglio dire, tutti hanno paura di lui!»
«Se mi ucciderà, non dovrò vivere con il rimorso di non aver fatto nulla. Non posso, non posso pensare di averla messa in pericolo, Lucius. Devo fare qualcosa!»
«Questo lo capisco. Ma perché non occupartene da solo? Severus, sei un mago di grande talento. Non hai bisogno dell’aiuto del vecchio!»
«Non posso. Non posso. Non posso» parlava piano, con calma, ma aveva lo sguardo perso.
«Cosa non puoi?»
«Non posso vederla. Non posso vederla Lucius, la amo disperatamente e non posso vederla»
«Perché non puoi vederla? Per Potter? Vuoi che venga con te e lo tolga di mezzo una volta per tutte?»
«Non mi interessa Potter»
Lucius trasse un profondo sospiro. «Severus, ti prego. Dimmi cosa ti spaventa. Ti aiuterò se posso»
«Non puoi aiutarmi»
«Dimmelo lo stesso. Sei mio fratello, smettila di nascondermi le cose. Di cosa hai paura?»
Severus lo guardò finalmente negli occhi. A Lucius si strinse il cuore a fissare quegli occhi bui così disperati. «Ho paura di lei» disse infine, in un soffio.
«Cosa?»
«Lily, ho paura di Lily. Ho paura di vedere nei suoi occhi che…» riprese fiato. Sembrava in apnea. «Ho paura di scoprire che non mi ama. Che non mi ha mai amato, che ama Potter davvero. E ho paura di quel bambino. Quel maledetto bambino Lucius, io non voglio vederlo mai, mai, mai nella vita. Non voglio vedere il figlio di Lily e di Potter»
Cadde un silenzio denso di dolore. Severus respirava a malapena, aveva gli occhi lucidi e guardava in basso. Lucius non sapeva cosa dire. Davvero non poteva aiutarlo.
«Capisco. Capisco, amico mio. Mi dispiace. Va bene, vai da Silente. Lui saprà come aiutarti… dicono che non sappia dire di no a una pecorella smarrita, sì ti ascolterà e ti aiuterà. Va’ da lui adesso, non perdere neanche un minuto. Il Signore Oscuro è deciso a farla finita il prima possibile». Fece una lunga pausa, poi aggiunse con voce grave «Obliviami, però».
Severus sollevò lo sguardo verso il suo amico. «Cosa hai detto?»
«Fammi un incantesimo di memoria, Severus. Non sono migliorato così tanto in occlumanzia, non devo sapere che stai per tradire il Signore Oscuro. Tu vuoi proteggere la tua famiglia – e non dirmi che non sono la tua famiglia: li ami a tal punto! – e io voglio proteggere la mia. Inoltre, sarà meglio anche per te che nessuno sappia».



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Tadaaaaaa! Vi ho fatto aspettare un bel po', ma finalmente abbiamo Harry! Il maledetto bambino è nato e per il povero Sev è l'ennesima tragedia. 
Secondo i miei piani iniziarli la nascita del bambino doveva essere giusto un paragrafo, ma come al solito Severus fa di testa sua e prende le sue decisioni autonomamente. Io lo assecondo, e provo a raccontarvi la sua storia. Mi raccomando lasciatemi tante recensioni, grazie a tutti! 
 

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Capitolo 16
*** Qualsiasi cosa ***


Lo aveva fatto. Era stato tremendamente doloroso privarsi del suo migliore amico. Dell’unico amico che avesse mai avuto, in effetti. A parte Lily, ma Lily era un’altra cosa. Obliviare Lucius era stato il gesto più difficile che avesse mai compiuto, ma il suo amico aveva ragione: nessuno doveva conoscere le sue intenzioni, o sarebbe stato tutto perduto. E lui non poteva perdere. Aveva già perso tutto ciò che di buono gli fosse mai capitato, e l’unica cosa che lo teneva in vita era il pensiero che da qualche parte esistesse Lily. Fredda, distante, irrimediabilmente perduta, però viva e palpitante d’amore, di un amore destinato ad altri, in quella casa di Godric’s Hollow. Severus era determinato a fare qualsiasi cosa per salvarla, e così fece. Incontrò Silente in una notte di vento su una collina, lo sguardo disperato del ragazzo ad annegare in quello tagliente dell’anziano mago.
«Tu mi disgusti». Severus non si era risentito di quella frase, anche lui era disgustato da sé stesso. Però Silente aveva deciso di aiutarlo. Proprio come aveva detto Lily. Lily, Lily, Lily, come avrebbe voluto averla accanto adesso che era solo più che mai. Il Preside era un alleato potente, il più potente che potesse immaginare. L’unico di cui anche il Signore Oscuro avesse timore. Ma non era un amico. Gli aveva rivoltato la mente come un calzino, in cerca di prove della sua onestà, di informazioni preziose sul suo padrone, di dettagli che potessero confermare i discorsi balbettati su quella collina. E soprattutto, gli aveva rivoltato il cuore alla ricerca di indizi del suo amore per Lily. Mai nella vita Severus si era sentito così esposto, così in pericolo, come di fronte allo sguardo azzurro di Silente. Mai nella vita aveva sentito un così forte desiderio di proteggere i propri sentimenti e allo stesso tempo la necessità di mostrarli, perché solo così avrebbe avuto l’indispensabile aiuto del vecchio. Tutti i suoi preziosi ricordi di Lily, dei loro giochi in riva al fiume, delle giornate trascorse in biblioteca a scuola, della loro dolorosa lite, del miracoloso dono di essersi ritrovati, della potenza devastante di quell’amore che lo terrorizzava, della cupa disperazione di averla persa di nuovo, tutti i suoi preziosi ricordi erano nelle mani di quell’uomo dalla barba argentea. Severus aveva trascorso i suoi 20 anni a nascondere le proprie emozioni, e adesso si sentiva piccolo, indifeso, privo di barriere. Lo stava facendo per Lily, però. Qualsiasi cosa, per Lily.
 
***
 
Silente passeggiava avanti e indietro per il suo ufficio, il cuore stretto in una morsa. Con quali parole avrebbe dovuto spiegare a Lily e James che dovevano nascondersi? Una coppia che gli era sembrata felice prima di scoprire i tradimenti di lei. Una coppia comunque giovane, spensierata. Due ragazzi di vent’anni, benvoluti da tutti e adesso benedetti dall’arrivo del primo figlio. Come poteva dire loro che il bambino era in pericolo? Non poteva più aspettare, però. Erano passati due mesi da quando Severus Piton gli aveva chiesto un incontro. Due mesi in cui Voldemort era stato rallentato dal suo stesso seguace, adducendo scuse di ogni tipo per rimandare l’inevitabile caccia ai Potter, mentre Silente predisponeva turni di guardia dei membri dell’Ordine davanti alla casa di Godric’s Hollow, convinceva James a prendersi un periodo di riposo dal lavoro e Lily a non uscire di casa, soprattutto non con il bambino. Aveva spiegato loro che i tempi erano bui e che Voldemort era più spietato che mai. Li aveva convinti ad usare prudenza senza dar loro quel dolore di sapere che il piccolo Harry fosse il bersaglio diretto del Signore Oscuro. Intanto continuava a invadere la mente di Severus alla ricerca della verità. Aveva esplorato in lungo e in largo, raggiunto angoli della sua memoria che avrebbero dovuto rimanere privati, violentato il cuore di quel ragazzo disperato. Era vero. Nessuna trappola, nessun inganno. Il suo ex studente, del quale non si era mai curato troppo se non per notare quanto prezioso potenziale stesse sprecando per unirsi a Voldemort, aveva detto la verità. Lily e James erano in pericolo, due dei suoi ragazzi più fedeli, brillanti e capaci. Così come il piccolo Harry, ancora totalmente inconsapevole del fardello che aveva portato con sé. Bisognava avvisarli, prima che Voldemort perdesse la pazienza e li raggiungesse per fare una strage di innocenti.
Mentre il Preside era immerso in questi cupi pensieri, l’ufficio avvolto nel buio della notte venne rischiarato dalle alte fiamme del camino. Pochi secondi dopo, un ragazzo alto e magro, dall’andatura fiera, ne usciva fuori spazzolando il lungo mantello per scrollare la cenere.
«Severus! Che ci fai qui? Non avevamo fissato un incontro!»
«Chiedo scusa, signore» il ragazzo ansimava leggermente. «Credevo che stesse dormendo, mi ha detto che potevo entrare se fossi stato sicuro di non incontrare gli studenti».
«Sì, Severus. Per il momento, limitati a venire a trovarmi durante la notte. Troverò un modo per rendere queste visite più sicure»
«Grazie, signore»
«Di cosa volevi parlarmi?»
«Non volevo parlare con lei, signore, solo consultare alcuni libri della sua biblioteca personale. Ha… ha parlato con… è già andato ad avvisare…» Severus sospirò, incapace di completare la frase.
Quel ragazzo era sempre così misurato, così preciso, così rigoroso nell’avere a che fare con Voldemort. Aveva preso molto sul serio il suo ruolo di spia, e d’altronde nessuno sarebbe stato più bravo di lui. Severus possedeva la straordinaria capacità naturale di bloccare i tentativi altrui di invadergli la mente, il che lo rendeva abilissimo in quella veste. Inoltre, era un ragazzo estremamente intelligente e talentuoso, conosceva branche della magia che sicuramente non aveva imparato ad Hogwarts e soprattutto era freddo, determinato e guidato da una razionalità di ferro. Era stato così coraggioso e determinato, sin dal primo momento, che al Preside sembrava che si fosse allenato tutta la vita per quello. Così tanto, in effetti, da far dimenticare al Preside che tutta la vita di Severus era durata appena vent’anni. Era un ragazzo, solo un ragazzo. Schiacciato dal dolore di quell’amore perduto e dal senso di colpa di aver messo in pericolo Lily. In quei momenti, però, quando entrava nel suo ufficio senza invito, con uno sguardo folle e cercando di nascondere le mani tremanti sotto il lungo mantello nero, i suoi vent’anni apparivano in tutta la loro tragica fragilità. Era terrorizzato. Non dal suo lavoro di spia, non dall’idea di mentire a Voldemort, non dalla possibilità di essere scoperto e ucciso in qualsiasi momento, ma da Lily. La sua voce cupa e decisa si abbassava di mezzo tono quelle poche volte in cui riusciva a pronunciare il nome della sua amata, come se avesse paura di distruggerne il suono, di metterla ancora più in pericolo. Era straziante vederlo così.
Albus sospirò. «No, non sono ancora andato dai Potter ma conto di andare domani mattina. Ho idea che non si possa più aspettare. Mi porti notizie di Tom?»
Severus rabbrividì. Quando Silente chiamava il Signore Oscuro in quel modo gli dava la nausea. «No, Preside. Continua a pensare che il bambino della profezia sia il figlio di Potter, anche se cerco di convincerlo ad aspettare ancora. Gli ho detto che lui o il bambino dei Longbottom potrebbero mostrare dei poteri inusuali crescendo, ma il Signore Oscuro insiste a voler eliminare il suo rivale prima che diventi un problema».
«Capisco. Bene, allora dirò la verità a Lily e James domani» Albus piantò il suo sguardo azzurro in quello di Severus, soppesandolo. «Vuoi venire con me?»
«No!» quasi urlò. Il mago che aveva di fronte, però, non parve sorpreso né infastidito dalla sua reazione.
«Dimmi, Severus» fece una pausa, sospirando. «Perché non vuoi parlare con lei? Non credi che abbia il diritto di sapere cosa stai facendo per la sua famiglia?»
«Per lei! Solo per lei… Non vuole vedermi, signore. Ha scelto Potter e adesso… ha paura di me. Lily crede che io sia un mostro e non ha torto. Anche lei lo crede, no?»
«Non lo credo affatto, Severus. Non saresti venuto da me quella notte, se fossi un mostro». Lo sguardo disperato del ragazzo dimostrava quanto poco credesse a quell’affermazione.
 
***
 
Lily si svegliò all’alba. Era raro che il piccolo Harry piangesse durante la notte, ma quando lo faceva le spezzava il cuore. Fin da quando aveva fatto pace con l’idea di avere una creatura dentro di sé, e ancora di più dopo il parto, aveva considerato il suo bambino come il più prezioso dei tesori. Per lui aveva rinunciato a Severus. Per lui aveva rinunciato anche al suo cuore, che sembrava giacere in mezzo al petto, sbrindellato e privo di vita. Tutto l’amore che aveva provato per Severus era lì, nei resti del suo cuore disperato, e lo aveva riversato su quel fagottino minuscolo che si agitava nella culla. Harry era la sua unica salvezza, l’unico motivo per cui riuscisse ancora a sorridere, a parlare, ad alzarsi dal letto, a fingere di amare James. Suo marito era un ragazzo d’oro e il migliore dei padri. Era così attento, così affettuoso, così felice da non accorgersi del dolore che la stava divorando. Lei, d’altra parte, aveva imparato a fingere. Per Harry. Per James. Per sé stessa. Lo aveva capito, quell’unica volta in cui aveva incontrato Severus a Diagon Alley con Malfoy. Lui la odiava. La odiava a tal punto da non riuscire a sostenere la sua vista, a tal punto da fuggire, a tal punto da farle del male. A volte si svegliava nel cuore della notte con questo atroce pensiero: Severus le avrebbe fatto del male, prima o poi. E lei lo avrebbe meritato. Desiderava ardentemente dimenticarlo e smettere di amarlo.
Prese in braccio il piccolo sorridendogli dolcemente, e le urla cessarono. Mentre si adagiava sulla poltrona, asciugando le lacrime che solcavano il visino di Harry, scrutò ancora una volta ogni dettaglio del suo bambino. Aveva grandi occhi chiari e capelli molto scuri, ma non voleva dire niente. Lily sapeva che l’aspetto dei neonati era destinato a cambiare. A volte lo interrogava direttamente: «Dimmelo, Harry» mormorava quando James era abbastanza lontano, «dimmi chi è il tuo papà. Dimmelo, ti prego». Altre volte, invece, pensava di non volerlo sapere. Se il bambino fosse stato di James, Lily non avrebbe più avuto nulla di Severus, nulla a cui appigliarsi perché quell’amore disperato, totale, impossibile, fosse valso a qualcosa. Se il bambino fosse stato di Severus, avrebbe testimoniato la sua pessima scelta. In quel caso, avrebbe portato per tutta la vita il peso di aver rubato un figlio a suo padre e un padre a suo figlio, senza contare l’orrenda bugia detta a James e il dolore inflitto a sé stessa.
Si addormentò così, sulla poltrona, con Harry in braccio. James li lasciò riposare, ma a metà mattina il suono del campanello la svegliò di nuovo. Quando suo marito aprì la porta, intravide la lunga barba argentata di Silente.
«Albus! Buongiorno, come stai? Vuoi fare colazione con noi? Ci siamo svegliati un po’ tardi…»
L’entusiasmo di James Potter gelò il sangue nelle vene a Silente. Erano così felici, così felici. «Grazie, James. Devo parlarvi di una cosa importante».
«Certo, accomodati pure in salotto. Preparo un tè e chiamo Lily. Amore, c’è Albus qui che vorrebbe parlare con noi»
Lily apparve sulla soglia del salotto con Harry in braccio. «Buongiorno Albus! Di che si tratta?»
«Ho bisogno che siate entrambi seduti per parlarvene. Aspettiamo James con il tè».
Entrambi seduti? Cielo, doveva essere qualcosa di serio, il Preside non aveva neanche dato il suo solito buffetto sulla guancia a Harry. Forse l’ennesimo assassinio di uno dei loro amici? Lily si sedette sul divano con un groppo in gola, pregando che non fosse successo nulla di così grave. Quando James portò la teiera e tre tazze, Albus sospirò profondamente.
«Ragazzi, voglio che mi ascoltiate attentamente. Non abbiate paura, ma non sottovalutate quello che vi sto dicendo. Sapete che vi ho chiesto di essere prudenti in questi mesi, vero? Sono tempi difficili, e con il bambino così piccolo… spero che abbiate seguito le mie direttive». Lily e James annuirono brevemente, così continuò. «Non volevo preoccuparvi eccessivamente o minare la serenità di questa famiglia, ma adesso devo dirvelo. Vi ho chiesto particolare cautela perché… alcuni mesi fa ho avuto l’occasione di assistere alla profezia di una veggente. Parlava di un bambino nato alla fine di luglio, che sarebbe stato l’unico in grado di sconfiggere l’Oscuro Signore» Albus sospirò ancora. «Purtroppo, non sono stato l’unico a sentirla. Un mangiamorte ha origliato la conversazione e rivelato la profezia a Voldemort. Lily, James, lui crede che Harry sia quel bambino».
Lily si portò una mano alla bocca.
«Harry? Mio figlio?» James scattò in piedi.
«Sì, Harry. Intende darvi la caccia, trovare il bambino… eliminarlo prima che questo suo potere si manifesti»
«Vuole uccidere Harry? Ma è soltanto un neonato!» James cominciò ad andare avanti e indietro per il salone. «Non glielo permetterò!»
«Non glielo permetteremo, James» aggiunse Silente con delicatezza. «Ho già messo in atto alcune misure di sicurezza, e sto cercando tutti i modi possibili per tenere il piccolo al sicuro».
«Sei sicuro? Sei sicuro che cerchi proprio lui? Saranno nati altri bambini alla fine di luglio…»
«Sì, sono sicuro. Ho una fonte assolutamente certa, che ho controllato e testato più volte in questi mesi per essere sicuro della sua affidabilità»
«Chi è la tua fonte?»
«Non posso dirtelo, James. Dovrai fidarti di me»
«Certo che mi fido di te! Solo io… non capisco, perché proprio mio figlio?»
Lily era rimasta in silenzio per tutto quel tempo. Lei lo sapeva, perché proprio Harry. Doveva essere stato Severus a indirizzare il suo padrone contro di loro. Era un ragazzo estremamente astuto, orribilmente ferito e pericolosamente vendicativo. Aveva aspettato un anno per la sua rivincita, e le avrebbe portato via ciò che di più caro avesse al mondo. Sì, doveva esserci lui dietro questa caccia ad Harry.
 

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Ciao a tutti! Ecco, è arrivato anche Silente che da questo momento sarà più presente nella nostra storia. Spero mi scuserete se non ho raccontato l'incontro tra lui e Severus nel dettaglio, ma non volevo né ricopiare parola per parola né stravolgere quello che per me è uno dei passi più belli della saga. Aspetto come sempre le vostre recensioni, e sempre grazie per il vostro sostengo :)

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Capitolo 17
*** Il professore di pozioni ***


Un anno dopo
 
Era passato un anno da quando Severus aveva preso quella terribile decisione. Un anno d’inferno, eppure così intenso da distrarlo dal perforante dolore di aver messo Lily in pericolo. Era difficile pensarci, riflettere sulle cose mentre lavorava contemporaneamente per il Signore Oscuro e per Silente, accontentava ogni loro richiesta, teneva perennemente alte le difese della sua mente, lavorava a nuove pozioni per l’Ordine e per i mangiamorte. Ma soprattutto, Severus studiava. Notte e giorno. Aveva scandagliato ogni pagina di ogni volume che avesse a disposizione. Aveva deciso di lasciare Malfoy Manor, sei mesi dopo la nascita del piccolo Draco. Lasciare la famiglia Malfoy alla propria intimità era stata solo una scusa per allontanarsi da Lucius. Erano sempre grandi amici, ma qualcosa si era irrimediabilmente rotto tra loro. Sapere di aver nascosto qualcosa di così grande a Lucius, su suo ordine per di più, lo faceva sentire a disagio. Così aveva raccolto le sue cose ed era ritornato a vivere a Spinner’s End, circondato dai fantasmi della sua storia con Lily, dai ricordi dolorosi della sua infanzia e da una tragica solitudine. Lucius non aveva capito il motivo reale per cui il suo amico avesse deciso di andarsene, ma alla fine Narcissa gli aveva dato una spiegazione plausibile: Severus era giovane, scapolo e libero e sicuramente vivere insieme a una famiglia con un bambino piccolo non gli lasciava la giusta privacy. A Villa Malfoy, comunque, sarebbe stato sempre il benvenuto, e ci tornava spesso per un bicchiere di brandy e per seppellirsi in biblioteca. A Spinner’s End consultava i vecchi tomi di sua madre e quelli che aveva collezionato da quando aveva preso possesso della casa. E poi, ovviamente, aveva a disposizione la biblioteca di Hogwarts e quella privata di Silente.

Una sera come tante altre, i primi di agosto, l’ufficio del Preside venne rischiarato da alte fiamme verdi. Un attimo dopo Severus era davanti a lui. Silente era ancora sveglio, seduto alla scrivania e circondato da scartoffie.
«Severus! Figliolo, sono felice di vederti!»
Figliolo? Per Merlino, era già abbastanza fastidioso che quell’uomo lo chiamasse per nome, ma a figliolo non avrebbe mai potuto abituarsi. Mai nessuno lo aveva chiamato così. Fece un breve sorriso di circostanza. «Buonasera, Preside. Non la disturbo, vorrei solo visitare la biblioteca. Può darmi quel mantello?»
«Ti ho detto mille volte di darmi del tu. E poi hai visitato la biblioteca già tre volte questa settimana, Severus. Cosa stai cercando esattamente?»
Il ragazzo lo guardò come se avesse detto un’assurdità. «Sto studiando, signore… Albus. Sto cercando un incantesimo, una formula, qualcosa per tenere Lily al sicuro!»
Albus sospirò, poggiando alcune pergamene sul piano della scrivania. «Lily è già al sicuro, lo sai bene»
«Questa è una bugia!»
A volte gli scatti d’ira di Severus erano così incontrollati da far pentire il preside di avergli concesso tanta confidenza. L’anziano mago però non si scompose. «Avanti, Severus, ti prego. Abbiamo scelto insieme l’Incanto Fidelius, eri d’accordo anche tu. È una magia molto potente…»
«Una magia molto potente se affidata alla persona giusta! Ma tu hai voluto mettere Lily nelle mani di Black!»
«Non sono stato io a scegliere Sirius. James ha voluto che il Custode fosse il suo migliore amico…»
«Potter non ha idea di come proteggere sua moglie e suo figlio!»
«E tu invece sì?». Il tono di Albus era tranquillo, ma quella frase arrivò a Severus come una coltellata. Era stato lui il primo a metterli in pericolo, e il Preside non perdeva occasione di ricordarglielo, se necessario. «Lily era d’accordo con suo marito. Senti, ho dovuto chiedere a due ventenni con un bambino piccolo di rinchiudersi in casa, non so neanche per quanto tempo. Di lasciare il loro lavoro, di non vedere più i loro amici… mi è sembrato giusto permettergli almeno di scegliere a chi affidare la propria incolumità».
Severus strinse le labbra. «Come vuoi. Posso avere quel maledetto mantello dell’invisibilità?». Indossare qualcosa che appartenesse a Potter lo disgustava, ma Silente non poteva rischiare che qualche insegnante vedesse un mangiamorte gironzolare per la scuola di notte.
Albus osservò a lungo il ragazzo in silenzio. Sembrava invecchiato di molti anni da quella notte sulla collina. Era sempre più magro e sempre più pallido. Dormiva pochissimo e il preside sospettava che mangiasse anche meno. «Certo, sai che puoi usufruire della biblioteca quando vuoi. Prima però… faresti compagnia a un povero vecchio per cena? Oggi ho lavorato fino a tardi e non ho ancora mangiato. Faccio portare qualcosa!»
«Non per me, grazie. Ho già cenato»
«Niente bugie, Severus. Non con me» l’uomo sorrise benevolo.
«Beh, pare che non abbia altra scelta. Va bene, signor Preside, le farò compagnia a tavola» il tono sarcastico sembrò divertire Albus.
Pochi minuti dopo, i due si apprestavano a liberare la scrivania da tutte quelle pergamene per fare spazio ai vassoi con la cena.
«Cosa sono tutti questi fogli, Albus?»
«Oh, domande per la cattedra di pozioni. Sembra abbastanza ambita, ma sai… non trovo nessuno all’altezza del professor Lumacorno. È un vero peccato che abbia deciso di andare in pensione. È rimasto molto scosso dal suo incontro con i mangiamorte, povero Horace»
«Mi dispiace» Severus prese posto di fronte al preside, giocherellando a disagio con la forchetta. «Non ho potuto evitarlo»
«Lo so, lo so. Non crucciarti figliolo, starà bene. A tal proposito, grazie di aver preparato quelle pozioni per me durante la sua assenza»
«Nessun problema, Albus»
«Se trovassi un insegnante preparato la metà di te, sarei già abbastanza soddisfatto. Ma è difficile, sai? Molto difficile…»
«Immagino…»
«Beh, ma non voglio tediarti con questioni scolastiche che ti interessano poco. Dimmi, Severus, che progetti hai per l’anno che inizia?»
«L’anno che inizia?»
«Oh, scusami. Una piccola deformazione professionale: ho lavorato in questa scuola così a lungo che l’anno per me inizia a settembre, non a gennaio. Allora, hai qualche progetto?»
«Progetti?» Severus non riusciva a capire di cosa stesse parlando quel vecchio strampalato. «Sto lavorando per te e per il Signore Oscuro, che altro vuoi che faccia?»
«Certo, certo figliolo, e stai facendo un ottimo lavoro ma… non è un lavoro vero. Intendo dire, cosa vuoi fare veramente? Quali sono le tue passioni, i tuoi interessi?»
«Voglio… voglio salvare Lily, non c’è nient’altro che mi interessi in questo momento!»
«Beh, ma ti servirà un lavoro vero prima o poi, no? Hai finito la scuola già da qualche anno… non pensi al tuo futuro, a una famiglia?»
«No, non voglio una famiglia»
«Oh, capisco. E intendi farti mantenere da Lucius Malfoy per tutta la vita?»
«Preside, mi offendi! Troverò un buon lavoro, quando tutta questa storia sarà finita. Adesso dobbiamo solo proteggere Lily, è di questo che devi preoccuparti, non del mio futuro!»
«Ho tempo libero a sufficienza per preoccuparmi anche di te» Albus sorrise, mite. Com’era difficile avere a che fare con quel ragazzo! «Dimmi, hai mai pensato a una carriera nell’insegnamento?»
«Nell’insegnamento? Sei impazzito?»
«Affatto! Non conosco nessuno che sappia più cose di te, soprattutto sulle pozioni. E guarda un po’, c’è giusto una cattedra vacante»
«Tu sei impazzito! Io odio i ragazzini!» Severus stava alzando di nuovo la voce.
Albus prese una fiala dal cassetto della scrivania «Tieni figliolo, bevi questa. Ti calmerà»
«Non osare darmi una pozione! Una pozione che ho creato io poi!»
«Esatto, visto? L’hai creata tu, è perfetta. Non troverò mai nessuno migliore di te per questo ruolo»
«E cosa pensi di fare preside? Assumere un mangiamorte per insegnare pozioni a dei ragazzini? I genitori penseranno che voglia avvelenarli!»
«Beh, hai detto tu che li odi!» Silente sembrava divertirsi moltissimo, ma improvvisamente tornò serio. «Ascolta, Severus, può essere una buona soluzione. Sei in una posizione difficile, mi farebbe piacere averti accanto e offrirti protezione. Inoltre, se lavorassi qui avresti a disposizione tutti i libri che vuoi e non dovresti più usare il mantello di James. E poi Hogwarts è la tua casa, lo sai. Non ti piacerebbe tornare?»
«E cosa vuoi che dica al Signore Oscuro?»
«Che è stata una tua idea, ovviamente. Che liberatasi una cattedra, ed essendo particolarmente abile in questa materia, hai pensato di sfruttare la cosa per spiarmi, per tenermi sott’occhio. Se conosco bene Tom, ne sarà felice»
Severus rimase in silenzio per alcuni minuti, osservando l’uomo di fronte a lui con uno sguardo di fuoco. «I ragazzini mi odieranno!»
«La cosa sarà reciproca, se ho ben capito. E non chiamarli così, hai giusto qualche anno più di loro…»
«Appunto! Non rispetteranno mai la mia autorità»
«Oh, Severus. Ho imparato a conoscerti in questo anno, e scommetto che non avrai problemi a farti ascoltare. Pensaci, dai. C’è ancora un po’ di tempo prima che inizi la scuola…»
Severus sospirò. «Va bene, va bene. Ci penserò, ma non sperarci troppo. E adesso dammi quel maledetto mantello di Potter!»
«Ecco a te mio caro, fanne buon uso»
Severus si diresse alla porta indossando il mantello dell’invisibilità. Sull’uscio, però, si voltò di nuovo verso il preside. «Albus» disse lentamente «per caso hai convinto tu Lumacorno ad andarsene?»
Il preside sorrise. «Horace è molto stanco, Severus. È ora di lasciare spazio ai giovani!»
 
 

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Un capitolo a sorpresa, un po' più breve del solito, per mostrarvi come il nostro Sev sia diventato il temibile professore di pozioni che conosciamo. Non è troppo carino? 
Mi sono divertita molto a fargli indossare il mantello di James... d'altra parte, lo aveva Silente in quel periodo ed era necessario nascondere il cattivissimo mangiamorte dai professori che pattugliano i corridoi di notte, no? Fatemi sapere che ne pensate, e grazie sempre!

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Capitolo 18
*** Godric's Hollow ***


Albus si stava dirigendo verso la casa di mattoni di Lily e James. Era già passata qualche settimana dal primo compleanno di Harry e non aveva ancora portato il suo regalo al piccolo. La villetta apparve in fondo alla strada, esattamente dove sapeva che l’avrebbe trovata. Sirius aveva scritto dei bigliettini con l’indirizzo da distribuire ai pochi fidati amici affinché potessero visitare i Potter, e non era la prima volta che Albus andava a trovare la famigliola. Nella piena luce del giorno, dietro le tende alle finestre del salotto si intravedeva movimento: dovevano esserci ospiti.  Quando bussò alla porta, in effetti, fu Lupin ad aprire.
«Remus! Come stai figliolo?» ecco un altro dei “suoi” ragazzi per cui avrebbe voluto poter fare di più. Remus sembrava distrutto, aveva profondi cerchi sotto gli occhi e un’aria stanca, ma sorrise invitando il vecchio mago ad entrare.
In salotto, Sirius, James e Lily osservavano divertiti il piccolo Harry che sfrecciava a bordo di una scopa giocattolo, abbattendo soprammobili e tirando la coda al gatto.
«Mi fa molto piacere vedervi così felici!» disse Albus entrando nella stanza. Fu accolto da saluti e abbracci, poi si diresse verso il bambino che era tornato a terra e si mordicchiava i pugnetti seduto sul divano. «Ciao, giovanotto! Ti ho portato una cosa che spero ti piacerà… per festeggiare il tuo compleanno, sai Harry? Spero che mi perdonerai per il ritardo». Così dicendo, il preside tirò fuori dal mantello un pacchetto che era stato rimpicciolito e lo riportò alle sue dimensioni normali.
«Oh, grazie Albus, non dovevi» Lily prese in mano il regalo e iniziò a scartarlo sorridendo. Dalla scatola uscì fuori una civetta bianca di peluche, incantata da Silente perché volasse in giro per la stanza. Gli occhi verdi di Harry si illuminarono e il piccolo iniziò a ridere sporgendo le braccia per acchiappare il pupazzo.
Terminata la consegna dei regali in ritardo, Lily preparò un tè e tutti gli adulti si accomodarono sul divano e sulle poltrone, lasciando Harry sul tappeto dove avrebbe potuto giocare rimanendo sotto l’occhio vigile della mamma.
«Allora, Albus» chiese James quando il preside finì di aggiornarli sulle novità dell’Ordine «manca poco all’inizio della scuola. È tutto pronto a Hogwarts?»
«Il signor Gazza sta avendo il suo bel da fare a ripulire il castello dopo le vacanze estive, ma per il primo settembre sarà tutto pronto»
«Ahahahah, il vecchio Gazza!» la risata profonda di Sirius scosse la poltrona su cui sedeva «Spero di essere ancora il protagonista dei suoi incubi!»
«Oh, sicuramente tu e i tuoi compari lo siete! Nessun dubbio in proposito!» aggiunse Lily ridendo, per poi rivolgersi a Silente. «E dimmi, Albus, come sta il professor Lumacorno? Ha ancora il pesciolino che gli ho regalato?»
«Sì mia cara, gode di ottima salute. Tanto più che quest’anno va finalmente in pensione!»
«Il vecchio Luma in pensione?» Sirius sembrava sorpreso. «Credevo che avrebbe insegnato per l’eternità… voglio dire, adora essere circondato da giovani discepoli!» e ricominciò a ridere.
«Beh, dopo tanti anni di servizio è stanco. È comprensibile che voglia godersi un meritato riposo» rispose Albus, sorridendo mite.
«Smettila di ridere, Sirius!» Remus diede un amichevole colpo sulla spalla al suo amico. «Lumacorno è stato un ottimo insegnante. Hai già trovato un sostituto, Albus?»
«A dire il vero sì. Ha accettato la mia proposta di lavoro proprio ieri»
«Oh, bene» rispose Lily, che intanto stava giocando con Harry e la civetta di peluche. «Spero che sia degno del suo predecessore»
«Oh lo è, assolutamente. Un giovane di grande talento»
«Wow! E chi sarebbe questo genio del calderone?» anche James aveva finalmente sollevato lo sguardo dal tappeto, incuriosito dal discorso.
«Un vostro compagno di classe in effetti, dovreste ricordarlo. Severus Piton, era in serpeverde»
Nella stanza scese un silenzio imbarazzato per qualche minuto, poi Sirius prese la parola. «Ricordarlo? Stai scherzando? Indago su di lui dal giorno che ho messo piede all’ufficio auror! È un mangiamorte, Albus!»
«Indaghi su di lui da anni e non hai mai trovato prove, mi sembra» rispose il preside con tutta calma.
«Andiamo, non puoi dire sul serio!» James si unì allo sgomento dell’amico, mentre Remus e Lily erano improvvisamente ammutoliti. «Non abbiamo mai trovato prove perché quel lurido mangiamorte è bravo a nasconderle, ma tutti sanno di cosa è capace! Come puoi farlo vivere a scuola, insieme ai ragazzini?»
«La salute e la sicurezza degli studenti sono la mia priorità». Albus rispose in tono severo, poi continuò «Se Severus è un mangiamorte, averlo a scuola mi permetterà di tenerlo sotto controllo e di trovare le prove che cercate per incriminarlo. Se non lo è, i miei ragazzi avranno guadagnato un insegnante estremamente preparato»
Lily si era chinata di nuovo verso il suo bambino, completamente assorta dalla civetta di peluche. O almeno, così sembrava. Cercava disperatamente di nascondere il viso, imporporato al sentir nominare Severus. Continuavano a parlarne e lei cercava di carpire ogni parola, combattuta tra la sete di notizie su di lui e il dolore di sentire insulti rivolti alla persona che ancora, suo malgrado, amava intensamente. Eppure, in qualche modo sentiva quegli insulti tragicamente meritati. Aveva visto Severus più di un anno prima, prima che nascesse Harry, prima che il suo piccolo venisse minacciato di morte, prima che tutta la sua vita venisse confinata tra quelle quattro mura. Lui era stato freddo, minaccioso, il suo sguardo lanciava lampi, e sicuramente la odiava. Non riusciva a non pensare che Severus volesse lavorare a Hogwarts per essere più vicino ad Albus e di conseguenza alla sua famiglia, per raggiungere più facilmente Harry e distruggere per sempre la sua felicità. Sì, perché Lily era felice, o almeno si autoconvinceva di esserlo. Il suo bambino le aveva regalato una gioia così intensa da mettere tutto il resto in secondo piano, perfino il suo cuore spezzato. Perfino la consapevolezza che James, per quanto fosse un bravo marito e un ottimo padre, non lo avrebbe mai sanato. Perfino le notti insonni, a piangere e disperarsi attendendo di sentire, prima o poi, la notizia dell’arresto o della morte di Severus. Guardava in quei grandi occhi verdi e sentiva che null’altro avrebbe mai più avuto importanza.
Quando finalmente quella discussione tra gli uomini in salotto era finita, e Albus si era alzato per andare via, Lily aveva preso la sua decisione: avrebbe sacrificato il suo segreto per proteggere l’Ordine, la sua famiglia e tutti gli innocenti studenti di Hogwarts. Si alzò anche lei dal tappeto, lasciando Harry in braccio a James e seguendo Silente lungo il corridoio.
«Albus!» sussurrò, facendo un cenno con la testa verso la porta della cucina «Ti devo parlare!». Così dicendo, entrò nella stanza con il preside e richiuse la porta dietro di sé. Puntando la bacchetta verso le pareti, mormorò «Muffliato» e le parve di aver evocato l’inventore dell’incantesimo in quella stanza.
Silente prese posto su una delle sedie intorno al tavolo, con uno strano scintillio negli occhi. Sapeva che Lily lo avrebbe fermato.  «Dimmi pure, Lily cara»
La ragazza sospirò un paio di volte, poi cominciò a parlare ma la voce sembrava venir fuori a fatica, come se qualcosa le opprimesse il petto. «Albus io… io devo dirti una cosa. Una cosa importante. Fondamentale. È che S…». Era troppo difficile. «S-Severus Piton… lui è… è davvero un mangiamorte. Io lo so, lo so per certo, posso provartelo. Puoi… puoi guardare i miei ricordi».
Il preside però, più che sorpreso, le sembrò impietosito. Sorrideva lievemente, con uno sguardo comprensivo e mite che la fece sentire tutt’altro che rassicurata. «Oh, Lily, non sarà necessario. Ho frugato tra i suoi ricordi più e più volte»
«Ma… ma lui è…»
«Un ottimo occlumante, sì. E io sono un ottimo legilimens. Ti assicuro che so tutto di Severus. Tutto»
Lily si sentì morire. Allora il preside sapeva della loro storia? E perché aveva accettato di assumerlo nonostante tutto? «Tu… Albus hai visto…»
«Abbastanza per capire la tua preoccupazione. Ho proposto a Severus la cattedra di pozioni perché mi fido ciecamente di lui. È un alleato prezioso»
«Un alleato? Severus è un tuo… alleato? Come? Che vuol dire?»
«Il tuo… ehm… amico lavora già per me»
«Da quanto tempo?»
«Più di un anno» rispose il preside guardandola intensamente.
Lily ci mise un po’ a capire. Poi finalmente guardò Albus, si accasciò su una sedia e sussurrò «Un anno? È più o meno… da quando sappiamo che Voldemort sta cercando Harry. Albus… Severus è… è lui la spia che ti passa informazioni su quel mostro?»
«Non vorrei vantarmi, ma ho diverse fonti d’informazioni. Tuttavia sì, Severus è una delle più preziose»
«Severus» disse in un soffio, solo perché finalmente poteva pronunciare quel nome. «Perché lo ha fatto?». Silente si limitò a guardarla ancora negli occhi. «… per me?». Una lacrima scese sulle guance arrossate, seguita da molte altre. «Pensa ancora a me? Ma perché… perché non è mai venuto da me in questi mesi? Mi ama ancora?»
«Lily… Severus mi ha dato la sua fiducia, e se lo conosci bene saprai che non la concede facilmente. Non voglio tradirlo raccontandoti tutti i suoi segreti. Mi sembra giusto però che tu sappia cosa sta facendo per te»
«Sì… sì, grazie Albus. Grazie. Dimmi solo… dimmi solo come sta. Sta bene? È spaventato? Dev’essere molto spaventato, ma non te lo dirà mai. Stagli vicino, ti prego. Non lasciare che corra rischi troppo grandi. E deve sentirsi molto solo. Ha degli amici, qualcuno con cui parlare? So che viveva dai Malfoy fino a qualche mese fa…»
«Sta bene, sì. È spaventato e non lo ammetterebbe mai, per questo ho deciso di invitarlo a vivere a Hogwarts. Potrò tenerlo sotto controllo e proteggerlo, per quanto sia possibile. E non ha più nessuno, ha dovuto obliviare Lucius Malfoy per impedire che svelasse il suo tradimento a Voldemort e adesso vive da solo a Spinner’s End»
«Lo so, c’è… c’è un incantesimo su quella casa che mi avvisa ogni volta che lui entra o esce. Deve aver dimenticato di disattivarlo» Lily ebbe un brivido, come ogni volta che quel dannato incantesimo l’aveva avvertita dei movimenti di Severus. Era stata una lenta agonia aspettare ogni giorno che tornasse a casa, sollevata che fosse ancora vivo e addolorata di sentirlo così distante. «Senti, Albus, adesso che verrà a Hogwarts devi assicurarti che stia bene» continuò tra le lacrime. «Che si senta a casa, sai quella di Spinner’s End non è mai stata veramente casa sua. Lui la mattina beve un espresso, poi fa colazione e poi un altro espresso, per favore assicurati che abbia una moka nelle sue stanze a scuola. Non mettergli intorno troppi elfi, lo irritano, e scusalo se qualche volta sarà sgarbato con te o con gli altri insegnanti, è fatto così. O con gli studenti anche… cielo, spero che non sia sgarbato con gli studenti»
«Lily» Albus le poggiò una mano sulla sua per calmarla. «Andrà tutto bene. Mi occuperò di lui come mi occupo di te e di James. Starà bene». Ma la ragazza continuava a singhiozzare, gli occhi verdi inondati di lacrime. «Devi amarlo molto»
«Sì. Sì, lo amo moltissimo»
«Sei stata molto coraggiosa a lasciarlo perché Harry crescesse con suo padre. Tuttavia io spero che, quando tutto questo sarà finito, potrai stare con l’uomo che ami»
«Albus… non sono sicura che il bambino sia di James»
«Cosa? Severus è il padre di Harry?»
«Non lo so, io… io non lo so. Ho solo pensato che per il bambino sarebbe stato più sicuro rimanere con James. Dargli una famiglia normale, sai, non metterlo in pericolo fuggendo via con Severus. Non immaginavo che avrebbe corso un rischio ancora maggiore!»
«Capisco, Lily. Risolveremo tutto. Quando questa situazione si sarà sistemata, faremo i test necessari e scopriremo chi è il padre. Mi dispiace per Severus, dovrebbe sapere la verità…»
«Sì. Dammi solo cinque minuti per scrivergli una lettera. Gliela consegnerai tu, vero Albus? Ti prego»
Il preside sospirò. «Non posso, Lily. Non posso permetterti di scrivergli, né di contattarlo in alcun modo. È un momento molto delicato, metteresti Severus in grande pericolo. Quando nessuno di voi rischierà più la vita, avrete tutto il tempo per parlare e spiegarvi tutto. Non costringermi a cancellarti la memoria di questa conversazione, Lily, so che per te conta moltissimo»
«No! No per favore… ti prego, lasciami questo ricordo. Ti prometto che non farò nulla, non vorrei mai metterlo in pericolo più di quanto lo sia già». Lily singhiozzò ancora. Desiderava così tanto parlare con Severus! Il solo fatto che fosse dalla loro parte, come un angelo nero posto a custodia della sua famiglia, però, la fece sentire comunque più sicura di quanto fosse mai stata nell’ultimo anno.
«Bene, mia cara. Ti porterò notizie quando posso. Adesso torna di là, o i ragazzi cominceranno a chiedersi che fine tu abbia fatto. Prendi questa» e così dicendo le porse una piccola boccetta di vetro «ti calmerà e farà sparire gli occhi arrossati. L’ha imbottigliata lui stesso» aggiunse poi con un sorriso.
Lily afferrò quella boccetta come fosse un’ancora a cui aggrapparsi. L’ha imbottigliata lui stesso. Le lunghe dita bianche di Severus avevano rimestato il calderone e creato quella pozione, si erano mosse su quel tappo. Quel prezioso, preziosissimo tappo.  


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Spero perdonerete tutte le ripetizioni di Lily, volevo dare il senso di frasi sconnesse e farfugliate perché è molto molto confusa... e ci credo!
Aspetto sempre le vostre opinioni, grazie per tutte le recensioni che avete lasciato finora :*

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Capitolo 19
*** Hogwarts ***


«Il professor Piton mi fa paura…» bisbigliò la ragazzina con due lunghe trecce bionde seduta in fondo alla classe nei sotterranei.
«Non essere sciocca, Sarah» rispose la sua compagna di banco con aria sognante «è un ottimo insegnante e poi è così affascinante!»
«Uuuuh a Penny piace Piton!» una terza voce si intromise nel dialogo. Apparteneva al ragazzo del banco accanto.
«Non è vero Jack, non mi piace il professore!» ma le guance della ragazzina erano andate a fuoco.
L’animata discussione fu interrotta da un furioso frusciar di mantello, e il professor Piton apparve sulla soglia dell’aula. «Blake, McAdams e Foster, silenzio là in fondo» quando la voce glaciale di Severus pronunciò quelle parole e i suoi occhi cupi saettarono in direzione del terzetto, la ragazzina con le trecce non fu l’unica a sussultare. «Corvonero e Grifondoro, terzo anno. Bene, bene… consegnatemi i vostri saggi sui veleni irriconoscibili, poi preparerete per me l’intruglio confondente». Parlava a voce bassa, ma gli studenti sembravano tutti troppo terrorizzati o troppo affascinati da quella figura ammantata di nero per emettere alcun suono.
La lezione procedette tra rimproveri velati di sarcasmo e piccole esplosioni nei calderoni dei ragazzini, e quando suonò la campanella entrambe le Case avevano diversi punti in meno. Severus rimase seduto alla sua scrivania e iniziò a correggere i saggi dei poveri malcapitati aspettando l’ora di pranzo. C’era qualcosa di strano, però, in quell’aula. Lo aveva avvertito già al mattino, durante la colazione in sala grande, poi lungo i corridoi e infine nella sua classe: si sentiva osservato. Si guardò ancora una volta alle spalle, controllò che non ci fosse nessuno e si chinò di nuovo sulle pergamene brandendo la penna rossa.
«Severus» la voce pacata di Silente gli giunse dalla porta dell’aula che era rimasta aperta «come stai, figliolo?»
«Bene, preside. Mi cercavi?»
«Sì, in effetti mi trovavo a passare di qua e volevo scambiare due chiacchiere»
«Sto correggendo dei compiti, Albus. Non possiamo parlare a pranzo?»
«Ecco, vedi, proprio di questo volevo parlarti. Mi sembra che tu stia lavorando un po’ troppo in questi giorni. Dormi abbastanza?»
Severus lo guardò con un’espressione interrogativa. «Lavoro quanto è necessario che lavori. E dormo quanto mi è possibile. Sai, ho parecchi impegni di notte» aggiunse, seccato.
«Lo so, lo so figliolo. Senti, perché non ti prendi mezza giornata libera? Riposati un po’, ti farò portare il pranzo nelle tue stanze»
«Mi riposerò quando avrò finito le mie lezioni. Dopo pranzo ho due ore con i Tassorosso del quarto anno, e Merlino sa se hanno bisogno che insegni loro qualcosa!»
«Oh Severus, sono sicuro che ai ragazzi non dispiacerà perdere questa lezione, potrai recuperarla un altro giorno»
«Perché dovrei?»
«Perché oggi insisto che tu prenda il pomeriggio libero» Silente sospirò. Era difficile perfino mandare quel ragazzo in vacanza!
«Sto benissimo, non sono affatto stanco e non sei mio padre. Torna alle tue faccende, preside»
«Severus» questa volta il tono di Albus si fece più fermo «mi trovo costretto ad insistere. Mi servi in forze e riposato per un compito che voglio affidarti».
«Quale compito?»
«Lo saprai quando sarà il momento». Non c’era nessun compito da svolgere, ma sapeva che la prospettiva di compiere il proprio dovere avrebbe convinto il giovane mago ad obbedire. «Adesso raccogli le tue cose, ti accompagno nelle tue stanze»
Quella conversazione si stava facendo sempre più strana. «Albus, posso raggiungere il mio appartamento privato da solo»
«Non importa, mi è di strada».
Le stanze di Severus non erano assolutamente di strada, tuttavia il ragazzo sapeva che discutere con Silente sarebbe stato inutile. Raccolse penne e pergamene e si rassegnò a farsi scortare dall’anziano mago.
Quando il professore aprì la porta del suo studio, Albus si fermò impedendogli di richiuderla alle sue spalle e disse a bassa voce «Mi raccomando, figliolo, ricordati di porre tutti gli incantesimi difensivi. E chiudi il passaggio al tuo camino, così che nessuno possa disturbarti. Un elfo si materializzerà direttamente nelle tue stanze con il pranzo e la cena. Ah, Severus… ricorda che gli ospiti devono lasciare il castello entro l’alba, prima che gli studenti si sveglino. Buon riposo» gli fece l’occhiolino e se ne andò.
Severus richiuse la porta. Che diavolo voleva dire? Quali ospiti, se gli aveva chiesto anche di chiudere il passaggio al camino? Silente doveva essere impazzito del tutto. In effetti però, il suo sonno era stato spesso interrotto dal marchio ardente nell’ultima settimana. E poi la lezione con i Tassorosso del quarto anno era sempre uno strazio, rinunciarvi non sarebbe stato un gran sacrificio. Si avviò alla scrivania e si stava liberando di tutte quelle pergamene, quando una voce conosciuta gli gelò il sangue nelle vene.
«Buongiorno, professore»
Il ragazzo si voltò di nuovo verso la porta e vide comparire una massa disordinata di capelli rossi, poi i luminosi occhi verdi, le guance imporporate, le labbra disegnate e il mento sottile di Lily. Mentre lei si toglieva il mantello dell’invisibilità, il resto di quell’adorata figura apparve alla vista di Severus, pietrificato accanto alla scrivania con uno dei saggi dei suoi studenti ancora in mano. «Lily!» sussurrò, sconvolto.
Lei gli si lanciò addosso. «Sev! Oh, Severus!» cominciò a piangere e non fu capace di fare altro che sussurrare il suo nome, mentre lo stringeva inzuppandogli la giacca di lacrime.



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Ta-daaaaaaah! Un piccolo piccolo piccolissimo capitolo a sorpresa per voi, che spero vi sia gradito nonostante la brevità (anche perché dai... abbiamo il tanto sospirato incontro!)
Mi piace immaginare che qualche ragazzina si sia presa una cotta per Sev, insomma non capita a tutti di avere un insegnante ventenne molto misterioso e potenziale assassino, no? Io me ne sarei innamorata ma ne sarei stata terrorizzata: sono sia Penny che Sarah! E voi? Buone feste cari, lasciatemi i vostri commenti :)
P.s. Siamo vicinissimi alla fine, solo un altro capitolo e poi l'epilogo!

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Capitolo 20
*** Sempre - Parte 1 ***


Severus rimase immobile mentre Lily lo stringeva e piangendo gli depositava piccoli baci sulle guance e sul collo. Passarono diversi minuti prima che riuscisse ad allontanarla e a dire con voce cupa «Lily! Che ci fai qui?»
«Avevo… avevo bisogno di vederti»
«Devi stare in casa! È pericoloso, sei una sciocca!»
«Lo so. Lo so, Sev, ma avevo bisogno di vederti. Albus mi ha dato una mano ad arrivare fin qui. Ho usato il mantello di James»
«Sì e non avresti dovuto». Silente era evidentemente fuori di testa e sentir nominare Potter aveva soltanto aumentato la stizza del ragazzo.
«Volevo solo vederti, Severus, perché fai così?»
«Io non volevo vederti!» urlò con tutto il fiato che aveva. Era così spaventato da quell’incontro inaspettato da non riuscire a controllarsi.
«Ma… io credevo… insomma, hai fatto tanto… per me… e io pensavo che…»
«Tu non sai quello che ho fatto!»
«Invece lo so! Albus mi ha raccontato…»
«Non dovrebbe impicciarsi!»
«Sev, ti prego… non parlare così, Albus ti vuole bene. E anch’io. Ho pensato a te ogni giorno» si avvicinò di nuovo a lui, che adesso teneva gli occhi bassi e sembrava esausto. Era tutto così assurdo. Quella mattina era arrivata a Hogwarts sotto il mantello dell’invisibilità e lo aveva seguito in ogni classe, in adorazione delle sue mani bianche che si muovevano svelte tra ampolle e pergamene, di quel lungo mantello nero che accentuava l’austerità della sua figura, di quegli occhi che dardeggiavano verso i ragazzini intimoriti. Dopo due anni di dolorosa assenza, aveva sperato di guardarlo finalmente negli occhi, di sfiorargli le guance, forse perfino di baciarlo. «Amore mio» sussurrò pianissimo. Severus si era fatto avvicinare, pur rimanendo pietrificato ed evitando di guardarla. «Amore, perdonami. Ho sbagliato, ho commesso un terribile errore, ma sono qui per rimediare. Non avrei mai dovuto lasciarti. Sev, guardami ti prego». Lui alzò impercettibilmente il viso, quanto bastava a mostrarle quelle labbra sottili che tanto aveva desiderato. Lily allungò una mano a sfiorarle, ma lui si ritrasse.
«No! Devi andartene. Lily, devi… devi tornare a casa. Torna a casa». Si sentiva completamente in tilt mentre farfugliava per l’ennesima volta davanti a quegli occhi verdi.
«No…» una lacrima stava scendendo silenziosa sulla guancia destra di Lily. «Non me ne vado. Baciami» e si sollevò sulle punte a sfiorargli le labbra con le sue. Lui stavolta accompagnò quella carezza, sentendosi morire al tocco della bocca che amava. «Ti prego, baciami» mormorò ancora lei.
Il ragazzo riuscì finalmente a svegliarsi dal suo torpore, con gesti lenti e misurati le prese il viso tra le mani. «Non posso» sussurrò infine. Ogni volta che quegli occhi lo avevano tentato, era finito in un vortice dal quale era stato impossibile uscire illeso. Aveva sofferto terribilmente e aveva fatto cose orribili, ogni volta che Lily lo aveva abbandonato. Non poteva permettere che accadesse di nuovo.
«Sì. Amore, sì che puoi. Ti prego. Ti amo»
Severus si ritrovò ancora a maledire la sua volontà di ferro, che davanti ai desideri di Lily crollava miseramente. E lei desiderava soltanto i suoi baci. I suoi, proprio i suoi. Fece scorrere lentamente le labbra su quel viso di porcellana, poi si avventò sulla bocca e fu di nuovo quel disperato, dolcissimo contatto che aveva sognato ogni notte. Non seppe quanto tempo fosse passato quando finalmente riuscì ad interrompere quel bacio. «Lily» sussurrò dolorosamente.
«Guardami» disse lei, e Severus si sentì costretto ad affondare in quello sguardo tentatore. «Tu… mi ami ancora?».
Lui annuì e sussurrò «Sempre», mentre lei lo ricopriva ancora di baci. «Lily, Lily ti prego… per favore, devi andare via»
«Lo so, è pericoloso. Ma Albus sa che sono qui, ha posto degli incantesimi difensivi in tutto il corridoio, ho il mantello, il camino è bloccato… nessuno può trovarmi. E io so che con te sono al sicuro. Ha detto che posso rimanere qui fino a domattina…»
«Perché?»
«Perché ha capito che abbiamo bisogno di stare insieme»
Severus sospirò. «Non posso stare con te, Lily. Mi dispiace». Non poteva. Non poteva rubarle il suo amore, non dopo quello che aveva fatto a lei e alla sua famiglia.
«Amore… perché?»
«Io ho… ho fatto delle cose, delle cose orribili. Devi stare lontana da me»
Lei sollevò una mano a sfiorargli lo zigomo «Lo so, tesoro. So che sei tornato da lui. So che hai fatto delle cose… non importa, hai sbagliato, ho sbagliato anch’io. Ma adesso stai rischiando la vita per la mia famiglia. Sei il mio eroe!»
Il suo eroe. Severus si sentì mancare ancora una volta. Che cosa sapeva Lily? Possibile che Albus le avesse raccontato proprio tutto? Anche il suo ruolo nel rivelare la profezia? «Io…»
«Shhh» lei gli mise il dito indice sulle labbra. «Abbiamo tempo fino all’alba. Non voglio parlare adesso». Gli gettò le braccia intorno al collo e riprese a baciarlo.
Lui le cinse i fianchi e si lasciò trasportare in baci sempre più ardenti. Come avrebbe potuto resistere? Lily era di nuovo tra le sue braccia, fardello prezioso che pensava di non poter stringere mai più.
Stretti in un abbraccio che toglieva loro il respiro, crollarono sul divano dell’ufficio. Le mani di Lily scivolarono verso gli alamari del mantello. «Questo lo tieni su per spaventare i tuoi alunni?» gli chiese con una risatina.
«Sì. E funziona, in effetti»
«Ah sì? Beh con me non ti serve, professore» e con un sorriso malizioso slacciò il pesante mantello, cercando di stendersi più comodamente sul divano.
«No, non qui». Lui si alzò e la prese per mano, un mezzo sorriso stampato sul volto adesso rilassato. «La camera è più protetta».
La condusse attraverso una porta sulla parete opposta e poi lungo un corridoio sul quale si aprivano diverse porte, fino ad aprire l’ultima. Continuando a baciarla dolcemente, aprì le tende verdi del baldacchino e la distese sul grande letto. Tremò leggermente mentre sbottonava la camicetta al di là della quale sapeva che avrebbe trovato il corpo di Lily. Lo aveva ricordato, sognato, desiderato così ardentemente da non capire se quella lì sul suo letto fosse soltanto un’altra delle sue fantasie. Ma quando allungò le dita a sfiorare la curva delicata del seno, sotto i suoi polpastrelli c’era la pelle perfetta di Lily. Era lei, era vera, era lì. «Sei…» cominciò, ma lei lo interruppe, balbettando.
«Sono cambiata, sì. Sai, la gravidanza…»
«Sei bellissima. Stavo per dire che sei bellissima».
Lily avvampò. Non era stato tanto quel complimento a farla arrossire, quanto lo sguardo di Severus che indugiava su di lei con quell’amore che era quasi adorazione, quasi ossessione. Sotto quegli occhi si sentì bruciare come carta.
Lui accarezzava quella pelle di seta con mani pazienti. Neanche la prima volta che Lily aveva tremato e sospirato sotto di lui l’aveva desiderata tanto come adesso. Voleva sentire ogni contatto tra il suo corpo e quello della ragazza che amava da sempre. Ogni millimetro, ogni curva, ogni minuscola parte di quella creatura meravigliosa era sua, di nuovo e immeritatamente. La guardò e la sfiorò a lungo, con la lentezza e l’attenzione che le aveva sempre dedicato, prima di unirsi finalmente a lei. Lily si si abbandonò alla febbricitante emozione di essere di nuovo insieme a lui, uno dentro l’altra, a regalarsi gli occhi e il fiato.
Diversi minuti dopo si ritrovarono, come molte altre volte, distesi accanto, lei abbandonata sul torace di Severus, le mani di lui ad accarezzarle il fianco.
«Sev?»
«Mmh?»
«È bello vivere a Hogwarts, vero?» chiese lei con voce sognante.
«Non quando sei circondato da ragazzini chiassosi»
«Oh, ma smettila! I tuoi studenti ti temono…»
«Fanno benissimo. Sei stata con me tutta la mattina?»
«Oh sì, e mi sono divertita tanto!»
«Ah, davvero?» lui sollevò il sopracciglio «Dimmi, cosa ti ha divertita tanto?»
«Sai che una tua studentessa ha una cotta per te? Anzi, sospetto più di una…»
«Ne dubito fortemente, Lily»
«E perché ne dubiti?» si sollevò e si sdraiò su di lui «Anch’io mi sarei innamorata del mio professore, se fosse stato un ventunenne misterioso e sexy…»
«Ma che stai dicendo?»
«Dico la verità, sciocchino! Sei sexy da morire quando fai il professore cattivo»
«Smettila Lily!» lui cominciava ad essere visibilmente imbarazzato.
«È vero! E poi sei anche una spia, come James Bond! Sei figo, ecco perché voglio fare l’amore con te per tutto il giorno e tutta la notte, senza lasciarti respirare»
Lily dovette interrompersi perché un sonoro schiocco la fece sussultare.
«Vado a controllare» disse Severus alzandosi mentre indossava velocemente la vestaglia da camera e afferrava la bacchetta. Sparì per qualche minuto in cucina, poi ricomparve sulla soglia della camera da letto. «Sembra che i tuoi piani perversi siano stati sventati dall’arrivo del pranzo, ragazzina».

 
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Buon anno a tutti! Troverete strano che pubblichi oggi, ma che volete farci? Non resistevo a mostrarvi la prima parte dell'ultimo capitolo *.* 
Spero davvero che vi piaccia. Per me è stata una grande emozione riscrivere di questi due insieme, si amano taaaaaanto! Ma ci sono ancora tante cose da rivelare, quindi rimanete connessi per la seconda parte che spero di pubblicare in settimana. Baci baci!

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Capitolo 21
*** Sempre - Parte 2 ***


Si trasferirono in sala da pranzo, dove qualche elfo doveva aver lasciato la tavola apparecchiata e una gran quantità di piatti pieni di delizie.
«Oh, allora oggi non cucinerai per me Sev? Mi sono mancati i tuoi pranzi!» disse Lily accomodandosi a tavola e iniziando a servirsi.
«Albus deve aver pensato che avessi altro da fare… Davvero ti sono mancati?»
«Mi sei mancato tu, amore. Tanto. Davvero. Ogni giorno, l’unica cosa che desiderassi era rivederti, stare ancora con te, baciarti…» Lily sospirò, poi si ricompose. «Beh, l’unica cosa a parte la salvezza di Harry, ovviamente»
Severus rimase per qualche secondo in silenzio. Prima o poi avrebbero dovuto parlare del bambino, in effetti. «Somiglia a Potter?» chiese, brusco «Il bambino, intendo»
Lily avvampò. «Non si capisce, sai, è ancora piccolo… ha i miei occhi, però»
I suoi occhi. Merlino, forse non sarebbe stato facile odiarlo. «Lily… ha davvero dei poteri speciali, tuo figlio?»
«Cosa? No! No, Sev… è un bambino. È molto intelligente, spiritoso, vivace, manifesta già segni di magia… ma è un bambino, solo un bambino. Perché lui lo cerca Sev, perché proprio Harry? Tu lo sai? Devi saperlo, tu sei… insomma… sei il suo preferito, forse te lo ha detto»
Lui pensò che il cuore gli si fosse fermato. «Credevo che Albus ti avesse detto della profezia…»
«Sì, sì, quella dannata profezia! Sono sciocchezze, Sev! Mio figlio è un bambino come tutti gli altri, non ha un potere oscuro o cose del genere! Vedrai, quando lo conoscerai te ne accorgerai anche tu. È un bambino adorabile, ed è buono e innocente! Non nasconde niente e non potrebbe uccidere Voldemort…»
Quando lo conoscerai. Severus si sentì gelare a quella frase. Non voleva mai, mai vedere il figlio di Potter. «Lily, può darsi che sviluppi un qualche potere da adulto, lui vuole… come dire… eliminare il problema prima che si presenti, capisci? Ma devi stare tranquilla, io e Albus stiamo facendo il possibile per proteggervi. E tutto l’Ordine, gli auror, i tuoi amici… nessuno permetterà che vi accada qualcosa»
«È una cosa orribile! E ingiusta. Come può voler uccidere un bambino? E quel magiamorte che gli ha spifferato tutto poi… Tu sai chi è stato, Sev?»
«Cosa?» Che voleva dire? Lily aveva detto di sapere tutto, che Albus le avesse raccontato tutto… ma non sapeva della profezia, evidentemente. «Lily, io…»
«Ti giuro che non farò sciocchezze, non andrò a cercarlo. Non farò nulla, non lo dirò a James, voglio soltanto sapere a chi devo tutta questa sofferenza!»
«Lily…» la voce gli morì in gola. Non poteva dirlo, non adesso. Adesso lei era di nuovo sua, tra le sue braccia, lo amava, non poteva perderla di nuovo.
«Severus. Se mi ami davvero devi dirmelo. Ho il diritto di sapere chi mi vuole morta, chi cerca di uccidere mio figlio. Ti prego, Sev». Lily avrebbe tanto voluto dirgli che la cosa riguardava anche lui, che poteva essere anche suo quel bambino perseguitato, ma non trovò il coraggio. Così rimase in attesa, il cuore gonfio d’angoscia e l’atmosfera leggera che si era ricreata tra loro completamente scomparsa.
«Lily…» non riusciva a dire altro che il suo nome. Se mi ami davvero, aveva detto, e lui la amava da morire. La amava tanto da accettare di essere odiato, di nuovo, per sempre, pur di darle ciò che voleva. «Sono stato io»
«Che stai dicendo?» le labbra di Lily iniziarono a tremare.
«Sono stato io, io ho rivelato quella profezia. Ho origliato un incontro tra Silente e la Cooman, ho sentito la profezia e l’ho raccontata al Signore Oscuro. Avevo fatto i conti, tuo figlio sarebbe dovuto nascere ad agosto…»
«Mio figlio è nato prematuro!»
«Lo so, adesso lo so ma… non potevo immaginarlo»
«E allora?» lei iniziò a piangere e urlare insieme. «Se fosse stato il figlio di un’altra? Un bambino, Severus, un bambino! Hai messo a morte un bambino!»
«Lily mi… mi dispiace, io… non sapevo… non sapevo cosa stessi facendo». Questa era una bugia. Lo sapeva benissimo, ma in quel momento non gli importava se un qualsiasi bambino fosse morto per dare gloria e potere al suo padrone e di conseguenza a lui. Gli era importato solo dopo aver scoperto il nome del prescelto.
«Perché non me lo hai detto prima? Ti sei approfittato di me…»
«No! No, io pensavo che lo sapessi… pensavo che Albus te lo avesse detto e… e volevo… averti ancora» abbassò lo sguardo, disperato. Sono un mostro, Lily. Sono un mostro e non merito niente, non merito… te. Mi dispiace»
«Voglio andare via, apri il camino»
«Devo chiamare Albus per farlo, non posso farti lasciare la scuola senza che lo sappia»
«Albus? Albus? Come ha potuto farmi questo? Come ha potuto farmi venire qui, farmi credere che tu fossi un… un eroe o che so io, quando sei stato tu a condannarci tutti?»
«Lui… forse pensava che te l’avrei detto io…»
«Beh, non voglio vederlo. E non voglio vedere neanche te, lasciami andare via!»
«Non posso. Hai ragione, vi ho condannati tutti e non posso metterti ancora in pericolo. Non posso lasciarti andare senza protezione»
«Non voglio stare con te!» urlò fino a sentire un dolore tagliente alla gola.
«Hai ragione. Me ne vado io. Andrò in ufficio, così non dovrai… stare con me. Qui sarai protetta e al sicuro. Sarò dietro la porta in fondo al corridoio, chiamami quando sarai disposta a vedere Albus per andare via» pronunciò queste parole con la morte nel cuore e si diresse verso l’ufficio. Aveva rovinato tutto, ancora.
 
Il dolore che entrambi provarono nelle due ore successive, divisi da quella porta in fondo al corridoio, sembrò eterno e inguaribile. Severus si odiava più di quanto avesse mai fatto nella sua vita, e Lily non riusciva a tollerare di amarlo così tanto. Passarono due ore nel silenzio e nelle lacrime, poi Lily bussò alla porta dello studio. Aveva gli occhi gonfi e rossi, il respiro affannato e le guance rigate di lacrime. Quando la porta si aprì e Severus si gettò in ginocchio ai suoi piedi, non vide che il viso di lui era nelle stesse condizioni.
«Lily! Lily perdonami ti prego. Ti prego. Farò qualsiasi cosa per te, starò di guardia nel giardino di casa tua giorno e notte, creerò un incantesimo più potente per proteggere il bambino, mi offrirò per farmi uccidere al posto suo, farò tutto, tutto, ma tu perdonami»
Lily ricominciò a piangere. Non lo aveva mai visto in quelle condizioni. Non credeva, in effetti, che lui, così inflessibile e granitico, fosse capace di tanto pentimento e di tanto dolore. «Sev… amore, alzati. Guardami» deglutì a vuoto cercando di raccogliere le forze per parlare. «Ho pensato tanto. Io… io credo che tu abbia fatto una cosa orribile. Ma siamo in guerra. Sei… eri un mangiamorte. E qualsiasi mangiamorte lo avrebbe fatto. Forse anch’io, se avessi saputo di una persona in grado di sconfiggere Silente, lo avrei riferito a lui. Forse lo avrebbe fatto chiunque» sentì un singhiozzo provenire dal basso, dove lui era ancora inginocchiato col viso rivolto verso il pavimento. «Ma quello che stai facendo… Sev, quello che stai facendo adesso non lo farebbe mai nessuno. Io ti ho lasciato. Vivo con un uomo che odi e che ti odia, ti ho lasciato per stare con lui. E ti sono… ti ero nemica in questa guerra. Però hai scelto di sacrificare la tua vita per me. Per mio figlio. Per il figlio che…» trattenne il fiato «il figlio di James. E non conosco nessuno che farebbe lo stesso, nessuno. Se Harry ha un anno e qualche mese, lo devo soltanto a te»
Finalmente Severus sollevò lo sguardo. «Sto solo cercando di espiare le mie colpe. Ma non posso, so che non posso. Quello che ho fatto è orribile e irreparabile. Ti giuro, Lily, te lo giuro: darò la mia vita per proteggerti. E per proteggere il bambino. Non importa che sia figlio di Potter»
«Sev… ti prego alzati, ti devo parlare»
Lui si sollevò a fatica da terra e insieme si diressero al salottino, accomodandosi su un divanetto di velluto. Severus la guardava, non riuscendo a credere che quella creatura di luce lo avesse perdonato per averla trascinata nelle tenebre.
Lily si torceva le mani nervosamente. Era arrivato il momento di tirare fuori la verità, tutta. Senza paura. Lui era stato coraggioso, lei doveva esserlo altrettanto. «Io… Sev, temo che tu mi abbia messa su un piedistallo troppo alto. Io non sono la creatura perfetta che immagini. Ho sbagliato anch’io. Ti ho mentito. Ho mentito a te, a James, perfino a Harry. E non mi perdonerei mai se adesso non ti dicessi la verità…»
Severus non capiva. Quale verità? «Di cosa stai parlando?»
«Amore, ricordi il giorno in cui venni a casa tua per… per dirti che aspettavo un bambino?»
«Non lo dimenticherò mai»
«Ti ho detto che… ti ho detto di essere stata in un ospedale babbano, di aver fatto dei test e aver appurato che il padre fosse James»
«Sì»
«Era una bugia» Lily ricominciò ancora una volta a piangere.
A Severus mancò la terra sotto i piedi. «Come una bugia? Che vuoi dire, Lily? Quel bambino è… è mio?»
«Non lo so! Non lo so, Sev… nessuno ha strumenti così precisi da identificare il padre del bambino prima che nasca. E dopo, sai, non potevo andare in ospedale con Voldemort alle calcagna. Non lo so, io ancora non lo so»
Severus dovette lottare con sé stesso per non crollare di nuovo. Si sentiva come se una valanga lo avesse travolto. Un bambino. Quel bambino che aveva odiato da quando aveva saputo della sua esistenza. Immaginò un fagottino minuscolo con il suo viso e gli occhi di Lily, e sentì il cuore traboccare di qualcosa che non conosceva, qualcosa di simile a quello che provava per lei eppure diverso. Doloroso, quasi. Un figlio. Un figlio che aveva venduto al Signore Oscuro. «Perché mi hai mentito? Se il bambino può essere mio e tu dici di amarmi, perché mi hai lasciato?»
«Avevo paura, io…»
«Paura? Di me?»
«Non di te, amore, no. Di tutta la situazione… di scappare in Italia incinta, o con un neonato, con i mangiamorte alle costole. Pensavo che rimanere a casa con James sarebbe stato più sicuro per il bambino, pur procurandomi un dolore immenso. Mi dispiace Sev, ho avuto paura. Ero sola, e disperata e volevo proteggere mio figlio»
Per un po’ tornarono al silenzio. Era difficile trovare qualcosa da dire adesso. Passò un’eternità prima che Lily rompesse quel silenzio irreale.
«Sev?»
«Mmh?»
«Mi odi, vero?»
«Ti amo. Lily, perché ti amo? Perché mi ami, perché non riusciamo a smettere di amarci?»
«Preferiresti non amarmi?»
«No, ma forse… sarebbe più facile. Sappiamo solo farci del male»
«Amore… le uniche volte in cui ci siamo fatti del male è stato quando eravamo lontani. Dobbiamo stare insieme, e andrà tutto bene. Io ti amo, non potrei smettere»
«Neanch’io»
«Allora…» prese respiro per convincersi a dire quello che stava pensando. «Sev, perché non stiamo insieme e basta? Non adesso, intendo, so che sei in pericolo, e anche James, e per adesso dobbiamo lasciare le cose come sono. Ma quando tutto questo sarà finito, quando Silente avrà sconfitto Voldemort… se Harry fosse figlio tuo, lo vorresti? Ci vorresti?»
«Certo. Non desidero altro, Lily. Vi voglio da morire. E se il bambino non è mio… vi voglio lo stesso» le diede finalmente un bacio dopo tantissimo tempo.
«Oh, Sev! Faremo i test, perché è giusto che tu sappia, che tutti noi sappiamo la verità. Poi lascerò James, stavolta sul serio, e staremo insieme. Saremo una famiglia. Lo amerai, Sev? Lo amerai anche se fosse figlio suo?»
«Sì, lo amerò perché amo te»
Lily affondò il viso nella vestaglia di lui e rimase così.

Trascorsero tutta la giornata e la nottata così, abbracciati, alzandosi solo per mangiare e per fare l'amore, fino all'alba. Sapevano di doversi separare.
«Merlino, Lily, come farò a lasciarti andare?» mormorò lui, abbracciandola. Poi sentì un singhiozzo, e poi un altro. «Lily… ragazzina, che c’è? Siamo d’accordo no? Andrà tutto bene»
«Ho paura Sev… se lui ci trovasse…»
«Ehi» lui la costrinse a sollevarsi e le prese il viso tra le mani. «Non succederà. Non lo farò succedere. Hai capito, Lily? Io farò qualsiasi cosa per evitare che succeda»
«Ma se accadesse… Sev, non voglio che uccida il bambino. Se dovesse succedere qualcosa salva il bambino, capito? Non pensare a me, devi salvare Harry!»
«Non accadrà nulla, ti ho detto!»
«Lo so, ma se accadesse… devi prometterlo, Sev, promettimi che proteggerai mio figlio! Se lui dovesse uccidermi, proteggi il bambino! Fai i test se vuoi, ma proteggi Harry!»
«Te lo prometto, Lily. Il Signore Oscuro dovrà passare sul mio cadavere prima di uccidere tuo figlio. Va bene? Stai meglio adesso?»
«Sì… e lo proteggerai sempre? Anche se scoprissi che è figlio di James?»
«Sempre»



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Scusate se vi ho fatto aspettare tanto! :( Tra l'influenza e il trasloco non ho avuto un momento! Ecco la seconda parte di "Sempre"... finalmente tutta la verità è venuta fuori, che ne pensate delle loro reazioni? Bella intensa questa giornata a Hogwarts, vero?  Adesso manca solo l'epilogo e poi ci saluteremo, spero di non farvi aspettare troppo stavolta!

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Capitolo 22
*** Epilogo ***


Quando si erano visti, quel giorno intero a Hogwarts, negli appartamenti privati di Severus, non sapevano che quella sarebbe stata l’ultima volta. Se lo avessero saputo si sarebbero amati di più, baciati di più, avrebbero parlato di più. Ma non lo sapevano. Ancora una volta il loro progetto di iniziare una nuova e felice vita insieme era destinato a frantumarsi, di fronte ai sogni folli di gloria di un uomo che non era più uomo.
Voldemort arrivò a Godric’s Hollow una settimana dopo. Era la notte di Halloween. Era da solo, non aveva voluto nessuno con sé. E nessuno dei suoi conosceva le sue intenzioni: neanche Minus, il traditore, era stato avvisato della data in cui avrebbe attaccato i Potter. Il Signore Oscuro non si fidava di nessuno, non per una missione così importante. James cadde come una foglia secca in autunno, e Lily sentì il frastuono doloroso della morte. Il cuore le si sciolse a pensare che suo marito fosse morto senza mai sapere la verità. Ma era sicura che lo avrebbe raggiunto presto. Voldemort entrò nella camera e il suo potere letale sembrò crepitare intorno a lei e al piccolo Harry. Pensò a Severus. Anche stavolta gli avrebbe spezzato il cuore, irrimediabilmente, morendo, facendosi scudo per proteggere suo figlio. E poi pensò a Harry. Anche lui era all’oscuro della verità sulla sua famiglia, e anche il suo fragile cuoricino si sarebbe frantumato a breve. Ma doveva sopravvivere, solo questo. Harry sarebbe sopravvissuto e avrebbe sanato ogni ferita. Si sarebbe ricongiunto a Sev e avrebbero vissuto insieme, lei li avrebbe guidati e amati dal paradiso, o da qualunque altro posto in cui si ritrovano le donne che fanno tanti errori e muoiono prima di rimettere a posto le cose. Questo pensava Lily, mentre il raggio verde le colpiva il petto.
Fu come se quello stesso raggio avesse colpito anche Severus, quando seppe dell’assassinio dei Potter. Perduta. Era perduta per sempre, lui l’aveva uccisa. Non poteva fare a meno di pensarlo, mentre ne cullava il corpo bellissimo dal quale la vita era fuggita via, mentre piangeva tutte le sue lacrime sul viso tanto amato, mentre sentiva il pianto disperato di quel bambino. Era suo, non lo era? Cosa importava? Lily era andata via per sempre e la vita non avrebbe più avuto senso, mai. Si sarebbe ucciso anche lui e l’avrebbe raggiunta subito. Sarebbero stati insieme per l’eternità.
Ci vollero ore e ore di pianto, e i modi ambigui e persuasivi di Silente per far affiorare alla sua mente un piccolo, semplicissimo pensiero che rischiarasse tutto il resto: aveva promesso. Le promesse fatte a Lily erano sempre state sacre e ancor di più lo sarebbe stata questa. Il Signore Oscuro dovrà passare sul mio cadavere prima di uccidere tuo figlio. Se davvero Silente aveva ragione, se Voldemort era ancora vivo, in una qualche disumana forma, bisognava proteggere il piccolo. Quel figlio di Lily che forse era anche figlio suo. Sicuramente lo sarebbe stato. Sarebbe stato il regalo di Lily affinché vivesse, andasse avanti, sopportasse quell’insopportabile dolore.
Con la dedizione al dovere che aveva sempre dimostrato, Severus andò a casa dei Dursley il giorno dopo. Harry era stato lasciato lì, in via precauzionale, in attesa di scoprire la verità su suo padre. Se fosse stato Severus, lo avrebbe tenuto con sé prolungando il prezioso sacrificio di Lily. Sarebbe stato come permettere che lei vivesse ancora. Severus si sentiva carico di un’elettricità mai sperimentata. Avrebbe tenuto in vita Lily, i suoi occhi e il suo sangue.
Rivedere Petunia fu un fastidioso ritorno al passato, scoprire che non avesse versato neanche una lacrima per la morte di sua sorella fu un pugno nello stomaco. Ma a Severus interessava solo Harry. Il bambino se ne stava seduto su un seggiolone improvvisato accanto a quello comodo e sicuro del cugino. Severus si avvicinò, timoroso. Quegli occhi grandi e verdi gli trafissero ancora il petto. Erano davvero gli occhi di Lily, come se andandosene avesse voluto lasciarli lì, lasciargli qualcosa da amare. Stranamente, anche se vestito completamente di nero, con gli occhi pesti per il pianto e il viso distorto dal dolore, sembrava che Harry non avesse paura di lui. Aveva smesso di piangere appena il cupo ragazzo aveva incrociato il suo sguardo. Prelevò una ciocca di capelli e un po’ di saliva mentre il bambino agitava i pugnetti nella sua direzione. Poi si staccò a malincuore da quello sguardo luminoso per dirigersi velocemente all’ospedale più vicino.
Attese i risultati per una settimana, non dormendo quasi mai. Se Lily gli fosse apparsa per rassicurarlo, per dargli un ultimo bacio, per consigliarlo su come educare il bambino? Doveva vegliare su quel dolce ricordo, perché non svanisse mai. Quando la lettera dell’ospedale giunse a Spinner’s End, Severus era esausto e impaziente come mai. La aprì con mani tremanti, lentamente, spaventato dal risultato in ogni caso. Solo quando ebbe la certezza, nero su bianco, che Harry Potter fosse a tutti gli effetti un Potter, si rese conto di quanto avesse desiderato il contrario. Lily era morta davvero, se niente del loro amore era rimasto sulla terra. Nessuna prova, nessun segno tangibile che lo avesse amato e scelto, fino al suo ultimo giorno di vita. Si sentì svuotato di tutto ciò che normalmente costituisce un uomo: gli organi all’interno del suo corpo parvero sciogliersi e abbandonare le funzioni vitali, la mente si sgretolò sotto l’immensità di quella certezza, il cuore si lacerò irreparabilmente. Lily era morta.
Severus non riuscì mai ad amare Harry come pensava di poter fare. Non era solo la somiglianza con Potter a ferirlo, ricordandogli giorno dopo giorno di non aver meritato di diventare padre, ma soprattutto quegli occhi. Si ripromise di non naufragare mai più in quegli occhi verdi, di non amarli, perché non ne era mai stato degno. Ma nonostante il lancinante desiderio di morire, Severus visse abbastanza da onorare l’ultima promessa che aveva fatto a Lily: il Signore Oscuro dovette passare sul suo cadavere, prima di uccidere Harry.
 
Perdonami,
Se non vivi.
Se tu, mia amata, mio amore,
Se tu sei morta,
Tutte le foglie cadranno sul mio petto,
Pioverà sulla mia anima tutto il giorno e tutta la notte,
I miei piedi vorranno posarsi là dove riposi,
Ma dovrò continuare a vivere*.
 
 
*Traduzione libera da una strofa della poesia “La muerta” di Pablo Neruda 




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Siamo giunti alla fine, ragazzi. Con le lacrime agli occhi vi presento l'epilogo della mia storia, che non poteva essere altro che questo. Harry Potter non sarebbe esistito se Lily non fosse morta, Severus non sarebbe il personaggio tragico e maestoso che è se non avesse vissuto anche questo dolore, il più atroce. 
La poesia è stata tradotta liberamente da me, spero di non aver commesso errori. Si tratta di un brano di Neruda di cui mi sono innamorata sentendolo recitato in spagnolo proprio da Alan Rickman, nel film Truly Madly Deeply che vi consiglio di vedere. 
Compiere questo viaggio con voi è stato bellissimo ed emozionante, e spero di avervi trasmesso almeno un decimo delle emozioni che ho provato scrivendo di Severus e Lily. Magari tornerò, ho dei grandi progetti ma molto lunghi e complicati da realizzare. In tal caso, avrete mie notizie. Grazie di avermi seguita e di aver condiviso con me gioie, dolori, risate. Grazie.

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