Sconclusionatamente

di bulmasanzo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Verso casa ***
Capitolo 2: *** Luaisy: una storia d'amore ***
Capitolo 3: *** Deliziosa ispirazione ***
Capitolo 4: *** Warp Room ***
Capitolo 5: *** Compromessi ***
Capitolo 6: *** In cerca della propria identità ***
Capitolo 7: *** Una nuova storia - prima parte: Porporina e colla ***
Capitolo 8: *** Una nuova storia - seconda parte: Il minatore arrabbiato ***
Capitolo 9: *** Una nuova storia - terza parte: Lasciandosi andare ***
Capitolo 10: *** Una nuova storia - quarta parte: Rushing ***
Capitolo 11: *** Pensando al futuro ***
Capitolo 12: *** Due cuori e un'amaca (flashfiction) ***
Capitolo 13: *** Lost into the future - part 1 - not from her ***
Capitolo 14: *** TRAPPED INTO THE PAST ***
Capitolo 15: *** Lost into the future– part 2 - conflicts of interest ***
Capitolo 16: *** Lost into the future– part 3 - a story of a star ***
Capitolo 17: *** TRAPPED INTO THE PAST 2 - nella base stellare ***
Capitolo 18: *** Stuck into the present ***



Capitolo 1
*** Verso casa ***


Peach è aggrappata alla schiena del suo salvatore, si fa più piccola che può mentre se ne sta stretta stretta contro di lui, sulla sella troppo piccola per due persone di uno Yoshisauro verde che trotta tranquillo e che, senza nessuna difficoltà apparente, li trasporta. Sente il proprio corpo ballonzolare con violenza e ritmicamente, eppure non ha alcuna paura di cadere, si tiene ben salda e sa che, se anche dovesse sbilanciarsi, il suo cavaliere non esiterebbe ad aiutarla.
Sia lei sia l'uomo che sta abbracciando sono ancora tutti zuppi d'acqua, ma i raggi morenti del sole, che potrà essere visto starsene in ozio spaparanzato nella volta celeste ancora per qualche minuto, sono ancora sufficientemente caldi per far loro il servigio di asciugarli mentre si trovano in movimento.

Sono appena fuggiti dal castello di Bowser, passando attraverso il tubo di scarico. Non è certo una di quelle che si possono definire una via di fuga dignitosa come andarsene allegramente su di una mongolfiera colorata trasportata dal vento, ma la principessa è talmente sollevata di esserne uscita e di essersi lasciata alle spalle questa bruttissima esperienza del rapimento che non si formalizza di certo.
Mentre cinge i fianchi morbidi, un po' cicciotti ma gentili, atletici, di Mario che le racconta un po' a sprazzi la sua impresa, continua a domandarsi come poterlo ricompensare. Ha letteralmente rischiato la vita per lei, attraversando vari mondi pieni di creature strane e grottesche e micidiali, che hanno cercato in continuazione di mangiarlo, di catturarlo, di spazzarlo via, e nello scontro finale con Bowser ha ricevuto anche un colpo mortale, che lo avrebbe lasciato stecchito se qualcuno non lo avesse aiutato.

Continua a ripetere, con modestia esagerata secondo la fanciulla, che non ce l'avrebbe mai fatta senza i suoi amici, i quali non hanno incontrato meno difficoltà di lui. Quello che le rivela la lascia ammirata e affascinata e a tratti inorridita.

Il problema è che lei non è abituata a ringraziare la gente, ringraziarla nel vero senso della parola, fondamentalmente perché fino a questo momento non si era mai trovata (e si augura di non ritrovarcisi più) nella situazione di dover essere salvata.
Continua a tornarle in mente la ridicola e paradossale idea di preparargli una bella torta gigantesca, lei si è sempre divertita un mondo a farle, il cuoco di corte inizialmente aveva assecondato questa sua passione e aveva sopportato la sua invadenza irruenta da adolescente (del tipo: "voglio fare tutto da sola!" che ogni volta era sinonimo di un imminente disastro ) solo per non contraddire quella principessa dolce all'apparenza, ma che se non venisse accontentata saprebbe di sicuro come fartela pagare... ma poi, con la pratica, è diventata brava per davvero.

E qualcosa, forse del loro aspetto, le dice che Mario e il suo destriero Yoshi l'apprezzeranno sicuramente, ma andiamo, non è abbastanza nemmeno per sogno!
Né sarebbero abbastanza un milione di monete.

Quello che le hanno fatto riottenere è troppo importante, troppo inestimabile. La libertà non si ripaga con così poco e Peach questo lo capisce bene, sotto quella testa di biondina non c'è una ragazza frivola e sciocca, ma una donna intelligente, capace di ragionare, di provare gratitudine e di immedesimarsi negli altri.
Tormentata da tutti questi inconcludenti pensieri, la principessa si lascia cullare dalla voce di Mario che è così straordinariamente armoniosa, poggia la testa su di lui chiudendo gli occhi. Sente il suo cuore battere, le sue membra vive pulsare e fremere. Sorride inconsciamente. È uno sconosciuto per lei, dopotutto, però le piace, il calore del suo corpo le trasmette una sensazione di benessere e sicurezza.
Si addormenta pensando che c'è ancora tanta di quella strada da macinare prima di raggiungere il castello che è strano che Mario non abbia mostrato segni di stanchezza.
Vorrebbe essere svegliata con un bacio, ma invece è uno scossone poco delicato a farlo. La sensazione è simile a quella di precipitare, ma non in un abisso infinito, anche se non è comunque molto piacevole.
Pare che Yoshi abbia beccato una buca, ci ha infilato per sbaglio tutta la zampa senza accorgersene e si è fatto male al piede ed eccolo lì a piagnucolare e mandare alti gemiti da spezzare il cuore, povero cucciolo.
Mario dà gentilmente una mano prima a Peach a scendere, poi cerca di aiutare l'amico a rialzarsi.

Peach si guarda intorno spaesata.

È buio, il sole avrà finito il suo turno da un po', seppur in cielo brilli una bella luminosa falce di luna argentea che rischiara la via, non riconosce il luogo in cui si trova, ha paura di un'imboscata, ha il terrore di essere riportata in quell'orrendo posto da cui è miracolosamente riuscita a fuggire...

"Yoshi s'è slogato una caviglia, principessa. È un bel problema. Ti spiace se continuiamo a piedi?" chiede Mario in tono incredibilmente come di scusa, ma forse è solo preoccupato per l'amico.
Non fa particolarmente freddo, ma Peach trema, vorrebbe non aver ascoltato le storie di Mario, adesso, perché chi le assicura che le creature che lo hanno inseguito si siano veramente ritirate? E che non siano invece lì fuori acquattate nell'ombra, pronte a rapirla di nuovo?
Poi vede l'espressione di Yoshi, che cerca di trattenere le lacrime e di sorridere ma non ce la fa. Sembra molto addolorato, non perché gli faccia male il piede, bensì perché adesso non potrà più aiutarla.

Questa vista la scuote, la fa sentire un verme per aver di nuovo pensato a se stessa, ma le è sempre venuto naturale.
"Fermiamoci invece a chiedere ospitalità per la notte." propone.

Sa che i Toad sono generalmente gente per bene e poi lei è la loro principessa, appena tornata da un brutto incubo, cosa ci può essere di preoccupante? Saranno comunque più al sicuro che a starsene lì in mezzo al nulla.
"Dovremmo chiedere loro qualcosa da mangiare, così Yoshi potrebbe deporre un uovo da cui nasca un fungo 1up che lo risani quel tanto che basta per ripartire." dice Mario tutto in una volta, serenamente.

Discorso bizzarro, forse, se lo leggi così, ma in questo mondo dove non esistono le regole della logica, un simile ragionamento è inattaccabile.
Se non fosse che non sembrano esserci tipiche case di Toad nei paraggi.

Ma i tre compagni di viaggio non si perdono d'animo e iniziano a cercare, sperano in un colpo di fortuna.

Tenendo Yoshi per le braccia, da uno e dall’altro lato, in modo che tenga sollevata la zampa dolorante, si avviano verso ciò che le assomiglia di più.
È Mario a bussare.
La porticina viene aperta da qualcuno e subito viene da chiedersi come abbia fatto, visto che questo qualcuno è un essere letteralmente senza mani.
Due occhi grandi e neri, sovrastati da due folte sopracciglia scure, si alzano dal basso fissandosi su quelli celesti del nostro Mario.

Il quale, senza mostrare il proprio imbarazzo per chi s'è ritrovato di fronte - ché prima ne aveva schiacciati a mille- dice qualcosa del genere: "Salve, sono Super Mario, il jumpman di cui tutti hanno sentito parlare. Ho appena salvato la principessa Peach e ora stiamo cercando un riparo per la notte ", ma ovviamente lo dice in maniera meno sfacciata di così.
"Non ci posso credere, sei veramente tu? " si entusiasma inaspettatamente la Goomba con un foulard avvolgitesta e un grembiulino grazioso che urlano SONO LA MAMMA da tutti gli angoli "Oh, che bello, il nostro piccolo sarà felice! Entrate pure, prego." e si scosta per farli passare, ma non appena Mario e Yoshi sono dentro, lascia distrattamente la porta richiudersi quasi in faccia a Peach.

Che si scopre un po' risentita, non è abituata a vedersi dimostrare così poco riguardo.
Inoltre, il soffitto della casa è molto basso, e mentre per Mario non ci sono grossi problemi dato il suo metro e sessanta scarso, lei che è più alta è costretta a chinarsi.
La signora di casa non sembra far caso alla sua difficoltà e chiama a gran voce qualcuno, esortandolo a "venire a vedere chi c'è".
Un attimo dopo, fa la sua comparsa un giovanissimo Goomba, con un berretto blu e due grandi denti quadrati, probabilmente da latte, che gli spuntano ai lati del labbro inferiore al posto delle tipiche zanne che caratterizzano questa specie. Le guance sono di quel rosso genuino che contraddistingue i bambini in buona salute.

Appena vede Mario sgrana gli occhi e poi si mette a saltellare e a urlare con un trasporto esagerato: "Che onore, che onore, che piacere, io sono Goombario, sono il tuo fan numero uno, sei il mio idolo, ho seguito tutto il tuo viaggio dalla trasmissione TV spia di teleKoopa, ho letto tutti gli articoli che sono usciti su di te, ho comprato tutti i tuoi gadget, ho qualunque cosa avesse la tua faccia stampata sopra!" fa un giro su se stesso e mostra con orgoglio che il pigiamino che indossa è decorato con un centinaio di fotine di Mario, di Luigi, di Yoshi, di Yvan e di Wolley, scattate chissà quando da chissà chi.

"Sei fantastico, impareggiabile, voglio diventare bravo, forte e coraggioso come te quando divento grande!" continua guardandolo con aria sognante.

Mario è un po' frastornato all'idea che qualcuno abbia lucrato sulla sua serissima missione per liberare la principessa senza riguardo per il copyright sulla sua immagine o sul suo nome, ma è comunque lusingato dalle attenzioni del suo piccolo ammiratore che continua a cianciare tutto affannato "Mi fai un autografo? Tutti i miei amici saranno invidiosissimi! Ci scattiamo una selfie?"
Anche se per ovvie ragioni è un po' bruttino, la principessa non può smettere di sorridere nel vederlo così infantilmente contento, le fa tanta tenerezza.
"Abbiamo saputo della rivolta dei Toad" incomincia Goomama prendendola di sorpresa, come se non l'avesse mai ignorata "Si sono decisi a darsi una mossa, una volta per tutte."
"Sì... Mi hanno raccontato." fa lei perché non sa cosa dire.
"Ci voleva, per farli smuovere un po'." continua "Erano anni che non si vedeva un simile spettacolo. Certo, forse avevano questa cosa del pacifismo e non volevano la guerra. Ma la dignità del popolo vale qualche perdita. Non trova?"
Discorsi che fanno paura, non semplici conversazioni.

Peach si sente a disagio.

“Sono migliori di come dicono.” protesta.

La principessa si rende conto di sapere molto poco dei Goomba, i quali in effetti sono fuori dal suo regno. Come ha imparato dai suoi studi, alti per via del fatto che si sono svolti a corte, lontano dalla vita mondana, questi sono una specie strana, evolutasi dai funghi 1up andati a male, e quindi lei era stata portata a pensare che il loro circuito mentale fosse piuttosto limitato. Ma adesso sta ricredendosi.

Ma viene presto tolta dall'impiccio da un urlo eccitato del cucciolo.

"Aiutarvi? Io aiutare te, Mario, la più grande star del Regno dei Funghi e dintorni? Stai scherzando? CERTO CHE SÌ!" il cosetto sta perfino saltellando di gioia "Mamma, mamma, preparami il cestino della merenda, se ci spicciamo a partire arriviamo alle basi stellari in meno di un'ora..."

"Adesso no. Sei pazzo? Lo sai che ore sono?" lo rimprovera Goomama "Questi poverini ci hanno chiesto un riparo, sono stanchissimi, hanno viaggiato per tutto il giorno! Adesso i signori si mangiano una cosa, cinque minuti, e poi ve ne andate tutti quanti a letto, di corsa."

"Ma mamma, io volevo accompagnarli e fare da guida turistica..."

"Ho detto di corsa!"

Segue un vivace battibecco durante il quale la donna prende a tirare certi sospiri e alzare gli occhi al soffitto che se avesse le braccia e saltasse potrebbe attaccarsi al lampadario.

Iniziano ad alzarsi i volumi delle voci dei due, alla faccia dell'ora tarda appena ricordata dalla stessa madre. Isterici proprio.

Alla fine, il piccolo se ne zampetta nella sua stanza tutto imbronciato. "Domattina però ci andiamo! Buona notissima!" urla stizzito prima di sparire dietro la porta della sua stanza, decorata da un poster di Mario che cavalca uno strano aggeggio che sembra un asse da stiro con i razzi sotto.

Da dietro, si sente una risata nervosa "Non vedo l'ora."

"Voi due." sospira la mamma rivolta alla nostra coppia di umani che osservano la scena con aria stralunata e imbarazzata "Pensateci bene prima di decidere di fare un bambino, certo ora siete giovani e innamorati e vi sembrerà di sicuro un'ottima idea, ma in men che non si dica ve lo troverete contro e sarete troppo vecchi e non saprete più come prenderlo..."

"Signora, suo figlio non è contro di lei, è un bambino adorabile, non sia severa con lui, è solo molto entusiasta... " comincia Peach, poi si rende conto che la signora ha fatto un'allusione precisa.

"Io e Mario non siamo fidanzati." farfuglia confusamente e nel frattempo non capisce per quale motivo si senta arrossire, ha solo detto la verità.

"No." conferma lui, che di questo sembra essere più seriamente convinto. O magari rassegnato, ma è solo una fantasia di Peach.

"Oh..." si limita a dire la fungosa ospite, con una traccia di delusione sul viso.

Poi si reca in cucina e due secondi contati dopo ne esce con un bel vassoio -tenuto come non si sa- pieno di roba dal profumo invitantissimo, finita per metà. "Vi accontentate dei nostri avanzi?" fa con aria dispiaciuta come se stesse offrendo pochissimo.

Mario guarda il vassoio, è avanzato per un esercito, ma Yoshi appena visto quello che gli è stato offerto ha già iniziato a sbavare, quindi capisce che probabilmente non gliene sarà concessa una grossa parte...

Vi risparmio la cena e il dopocena, andiamo direttamente al giorno dopo.

Anzi, all’arrivo.

"Buongiorno, principessa." Ha esordito Mario quando l'interessata si è destata con un regale sbadiglio "Pronta per andare?"

Peach sta ripensando a questo momento e non sa nemmeno perché. Sa solo che tutto questo le è piaciuto. E quello che Goomama ha detto su loro due non fa che rimbombare maledettamente nella sua testa.

Hanno condiviso lo stesso giaciglio, ma non pensate male, soltanto per dormire, mettendosi testa-piedi, e perché c'era un letto solo nella camera degli ospiti.

Non era particolarmente attratta da tale prospettiva, la metteva in imbarazzo, ma ha deciso di prenderla né più né meno che come un modo per mostrarsi riconoscente. Diavolo, quell'uomo l'ha salvata, si merita rimostranze?

Lo ha visto appena sveglio e le è piaciuto. Aveva i capelli arruffati e gli occhi ancora pieni di sonno e le è piaciuto.

Le è piaciuto fino in fondo all’anima.

E ora che sono arrivati si sente lacerare dentro, dovranno separarsi?

Di colpo Peach si accorge che Mario non è più accanto a lei. Volge lo sguardo, rotea su se stessa e lo chiama più volte.

"Dov'è Mario, Yoshi? " chiede al dinosauro che le risponde con uno sguardo vacuo.

La calca di toad urlanti in giubilo per il suo ritorno che l'ha attorniata la opprime, la soffoca. La tocca, sembra vogliano tutti abbracciarla.

Ci sei mancata tanto, dicono, ti adoriamo, dicono, viva la principessa, dicono. Parole che alle orecchie di Peach non hanno alcun senso.

Anche il piccolo Goomba che li ha accompagnati è stato inghiottito dalla folla, per lui è un po' complicato emergere tra tutti questi brutti fungoni alti alti che schiamazzano e starnazzano come galline nel pollaio. Peach non li sente più, è tutta intenta a chiamare Mario, lo vuole ringraziare per la centesima volta, vuol dargli la ricompensa che gli spetta. Presentarlo a suo padre il re.

Mario però è andato via, è andato a trovare la donna che diventerà sua moglie e, una volta che questo sarà accaduto, lei probabilmente non lo rivedrà mai più.

Improvvisamente eccolo, Peach lo scorge da lontano e si strazia la gola per farsi sentire. Mario sta per salire su un taxi.

Solleva come per miracolo lo sguardo, che si incontra con quello insistente della fanciulla. I suoi occhi blu lampeggiano per un attimo.

Un brevissimo cenno di saluto. "Tornerò se avrai bisogno" dicono le sue labbra.

Peach coglie la promessa.

Non si offende per la sua diserzione. Prova troppa gratitudine per offendersi.

Troppo amore per non credergli sulla parola.








































Spazio autrice
Contro tutte le previsioni, bulmasanzo ha deciso di tornare su questa sezione
Motivi per cui all'epoca decisi di eliminare questa parte dalla mia storia:
1) L'ultimo capitolo mi stava già venendo troppo lungo così com'era e questo era decisamente in più;
2) Veniva introdotto un personaggio (Goombario) che, trovandomi già alla fine, non avrei potuto approfondire quanto avrei voluto;
3) Traspariva abbastanza che Peach stava iniziando a innamorarsi di Mario... e siccome, come saprete, non ho mai dato speranze al loro rapporto, mi sembrava di farla soffrire.
Grazie per aver letto questa shot inconcludente.

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Capitolo 2
*** Luaisy: una storia d'amore ***


Un uomo e una donna avanzano mano nella mano lungo una prateria verde.
Sono abbastanza stanchi, hanno camminato tutto il giorno precedente e continuato per tutta la mattina, ma si impediscono di crollare infondendosi forza a vicenda.
A ogni passo della ragazza, lo spoglio manto d'erba si va adornando di piccole roselline fucsia che spuntano magicamente dal terreno. Rispecchiano il suo stato d'animo del momento, che è la gioia. Per ogni stelo calpestato dalla suola gommata delle sue comode Converse nere, uniche e inimitabili, crescono, a compensare, tre dei suddetti fiori che abbelliscono il paesaggio altrimenti spoglio donandogli una nota di colore.
La ragazza nemmeno si sforza per ottenere questo bell'effetto, non ci sta pensando, sta solo godendo della compagnia dell'altro che le stringe forte la mano, come se le stesse assicurando che non vuole lasciargliela per alcun motivo. Come se si spaventasse di lasciarla andare.
Probabilmente perché nemmeno ci può credere.
Lei lo guarda sorridendo, rilassata, mentre la faccia di lui è rossa di imbarazzo ed esprime incertezza, si domanda in silenzio se siano davvero lì, se stiano davvero andando via insieme, se tutto questo sia reale.
È il classico 'troppo bello per essere vero'.
Avrebbe bisogno che qualcuno gli dia un pizzicotto, ma non osa chiederlo a lei perché ha avuto modo di accorgersi che, contro le apparenze di donna fragile, è piuttosto forte e crede che potrebbe involontariamente lasciargli un bel livido sulla pelle, che è così delicata, per un idraulico. Sempre che non sia tutto un sogno. 
Il contatto stesso però ha già del miracoloso. Scaccia l'insistente pensiero che chi li guardasse dall'esterno direbbe che lei è troppo bella per lui.
Ma contemporaneamente ci sono altre preoccupazioni. Ha perso di vista i suoi compagni, e c'è una principessa che ha goffamente cercato di aiutare e di cui non conosce la sorte.
Luigi sa che suo fratello ha fatto di tutto per portare a termine la missione per il suo recupero, il fatto è che per natura lui è un po' ansioso e questa situazione di non essere insieme a lui, di non sapere come sia nel dettaglio andata a finire lo disturba alquanto.
Ma i dubbi sono inutili, dal momento che stanno già arrivando al castello di Peach, e che dunque tra poco sapranno com'è che è andata, probabilmente proprio da lei. 
Perché dando ascolto alla fuga di voci che nessuno ha bloccato, l'unica cosa sicura al mille per mille è che lei è stata riportata a casa.
Di fronte al castello s'è radunata una gigantesca folla di toad che esultano appunto per il suo ritorno.
I toad sono i sudditi, non molto alti né prestanti, ma ammucchiati tutti là davanti costituiscono una barriera viva quasi impenetrabile. 
Luigi e Daisy devono rendersi un attimo antipatici e mettersi a spingere dopo aver constatato che chiedere permesso non serve a farsi strada, c'è troppa calca.
Ma alla fine, dopo essersi beccati anche un po' di occhiatacce e maleparole, alla faccia della fatica che hanno sostenuto per arrivare fin lì, eccoli in prima fila.
"Peachyetta!" strilla Daisy quando la vede agitando le braccia per evidenziare la propria presenza.
La principessa vestita di rosa riesce a stanarla più per il nomignolo utilizzato che per questo gesto, in quanto c'è veramente poca gente al mondo che ha ottenuto abbastanza confidenza con lei da chiamarla in quel modo ridicolo.
"Tesoro!" esclama ancora, con trasporto, Daisy (anche qui, come sopra, se non fosse sua amica non se lo potrebbe permettere) "Stai bene? Sono stata così preoccupata per teeeeee!" -è così emozionata da farsi venire la malattia della vocale allungata.
Le due ragazze si abbracciano affettuosamente, anzi si può dire che proprio si lancino l'una tra le braccia dell'altra.
"Sto bene, sto bene, Mario mi ha detto che c'eri anche tu insieme a loro. Razza di incosciente, potevi farti male..." la rimprovera Peach, ma con un sorriso, è sinceramente contenta di rivederla.
"Ma io mi sono fatta male!" rivela l'altra "Quella bestia di Bowser mi ha mozziccato! Ma credi che questo mi abbia dissuasa?" 
Peach scuote la testa allo sguardo fiero e tronfio dell'amica, sa bene quanto sia testarda.
"Dov'è finito il tuo bell'abito giallo?" le domanda accarezzandole i capelli scompigliati con aria critica "Guardati, sei proprio un disastro." 
"Cavoli, sembri mia madre! Che ti frega, quel coso odioso non mi avrebbe dato altro che impiccio." leggerissimamente risentita, sbuffa un po', con la grazia di un cavallo. Le punta un dito al petto "Porta rispetto per il mio outfit campagnolo, è con quello che ti ho salvato il culo."
Le due scoppiano a ridere, consapevoli che il loro scambio di battute non è per nulla serio.
Poi Peach si accorge di Luigi e arrossisce istantaneamente con violenza. 
Pensa: ma quello è il principe! Dimostrando così di non sapere per niente che razza di aspetto un principe dovrebbe avere. 
Però, è così che lo aveva inconsciamente definito quando si erano incontrati. Sarà stato per via del coraggio che aveva mostrato nel tentativo di aiutarla. Ovviamente non aveva potuto leggergli in testa, altrimenti vi avrebbe trovato il terrore che in quei momenti critici era riuscito a nascondere così bene ai suoi occhi.
Ma il loro incontro non era durato molto, per colpa di Bowser, comunque aveva avuto modo di conoscere il suo indiscutibile altruismo.
"Luigi, giusto?" chiede, poi abbraccia anche lui, anche se non dimostra lo stesso entusiasmo che con Daisy. Ma questo solo perché in effetti non lo conosce così bene. "Mario mi ha detto tutto su di te."
Luigi può solo sperare che non lo abbia messo in cattiva luce. Dal suo caro fratellone dispettoso se lo potrebbe anche aspettare. 
Da Peach vengono a sapere che Mario, dopo averla accompagnata a casa ed essersi assicurato che fosse ormai in buone mani, se ne è andato allegramente per i fatti suoi.
"Questo è tipico di lui!" commenta Luigi "Quando ha un pensiero fisso manda al diavolo tutto il resto." 
Anche 'salvare la principessa anche se siamo troppo poco potenti per fronteggiare un nemico della stazza di un drago e verremo sicuramente mangiati' era stato uno di questi famosi pensieri fissi, ma Luigi questo preferisce sottintenderlo.
Mentre li aggiorna, Peach porta i viaggiatori al castello scortandoli personalmente, come ospiti d'onore. Il castello è molto grande e sfarzoso, molto rosa e molto pieno di stanze vuote.
E da una di esse vien fuori correndo eccitato un noto dinosauro verde. Viene fuori letteralmente saltando addosso a Luigi che si trova schiacciato a terra con un peso considerevole sullo stomaco. "Bonjour" se ne esce, piangendo mentre Yoshi gli stringe intorno al torace le tozze zampette strillando: "Ecco qui, amico mio del mio cuore grande grande, che bello, fatti dare un grande abbraccio. Quanto ti voglio bene!", le sue dimostrazioni son sempre un bel po' esagerate, ma è così che ci piace.
Luigi si trova a soffocare in quell'abbraccio, ma dopotutto non se ne dispiace, perché ricambia il suo affetto.
"Yvan e Wolley dove sono finiti?" prova poi a informarsi, ma Yoshi si stringe nelle spallucce, non sa. Nessuno sa.
In seguito, raggiungono la sala del trono ed ecco il famigerato re George Toadstool che li osserva dall'alto del seggio regale con sufficienza.
È un uomo anzianotto, dai lineamenti incredibilmente dolci ma nel contempo assolutamente virili, che un tempo dovevano dargli un fascino irresistibile, e un'espressione grave che, quando arriva sua figlia a salutarlo, si distende in un ampio sorriso che lo ringovanisce di colpo, nonostante i capelli e la lunga barba ormai non siano più biondi come un tempo ma decisamente bianchi, mentre due severi occhi celesti e luminosi, identici a quelli della ragazza, emergono dalla loro prigione di rughe. 
Anche se sta sorridendo, il re è parecchio scocciato per non aver potuto stringere la mano a Mario, dargli la sua lauta ricompensa e mandarlo via con le tasche tintinnanti d'oro a calci nel sedere, prima che potesse ricambiare i sentimenti che Peach ha iniziato a provare per lui. Può darsi che questo non sarebbe stato molto ortodosso, ma secondo lui sua figlia ha la sindrome della 'donzella in pericolo' quindi sarebbe in grado di arrivare a sposare chiunque l'abbia salvata, senza badare al suo rango sociale.
E quello non era uno Yoshisauro, certo, ma comunque era un tipo troppo umile per lei, lei che è una principessa che può anzi che deve aspirare a vette più alte e mettersi necessariamente con qualcuno che possa essere definibile alla sua altezza. Qualcuno dal sangue nobile.
Quindi, quando gli vien presentato Luigi, è ben felice di notare che sia già in compagnia. Naturalmente anche Daisy è una principessa, ma questo non è affar suo.
Essendosi messo il ferro dietro la porta, in quanto è evidente che Luigi e Daisy siano cotti l'uno dell'altra, si mostra molto cordiale e propone loro: "Restate? Abbiamo intenzione di dare una festa per il ritorno di Peach, ci sarà un enorme banchetto e voi, che l'avete così coraggiosamente salvata, sarete celebrati da tutto il regno come degli eroi." 
"E io farò un tributo a Mario. " cinguetta Peach. Suo padre le vede gli occhi a cuoricino e rotea i suoi.
I due piccioncini accettano con piacere, ma sono piuttosto confusi sulla natura di questo 'tributo' che dice Peach. 
Naturalmente, prima di scoprirlo i ragazzi hanno bisogno di riposarsi un attimo, di farsi una doccia, cambiarsi i vestiti sporchi di sudore, sangue, lacrime e fumo. 
Quindi adesso, mettiamo che Luigi sia appena uscito dalla doccia dopo essersi tolto lo sporco di dosso, okay, è nudo ma si lega un asciugamano in vita, okay, le sue gambe sono fitte di peli scuri bagnati e ugualmente bagnati sono i suoi capelli, perché si è fatto lo shampoo e li ha sciacquati molto, okay, mettiamo che Daisy, anche lei bella pulita e profumata, abbia lasciato la sua abbronzatura da qualche parte e lo stia aspettando, bianca e diafana come un opale, nascosta nel letto che gli era stato offerto. Mettiamo che lui non se ne sia accorto, che si sieda tranquillamente e si metta a caccia delle sue mutande e che quando lei salti su dalle coperte per urlare 'sorpresa!' lui si prenda un grosso, serio spavento. Ecco, mettiamo.
Mettiamo e dimentichiamo, perché a nessuno piace mettere in imbarazzo il povero Luigi, giusto? 
Seppur senza smettere di ridacchiare per il suo stupido scherzo o, forse, per la faccia sconvolta che ha fatto, Daisy decide di farsi perdonare soffocandogli in bocca le proteste. Le risate di Daisy sono simili a singhiozzi, le sue spalle si alzano e abbassano ritmicamente ai lati del collo. La ragazza sente il respiro di Luigi accelerato come il battito del suo cuore e si pente della sua burla.
"Sei una cretina, Daisy." le dice lui, risentito e arrossito fin nei capelli, prima di lasciarsi baciare. Ma apre subito la bocca, non ha mica intenzione di respingerla.
Luigi ha una fame da lupo, ma in questo momento il pancino non gli brontola per via dell'appagamento provocato dall'intimità.
Pensa: Non è possibile che io sia stato così fortunato. Sicuramente durerà poco, prima che si accorga che sono un fallito e che non valgo molto e che non potrò mai darle tutto quello che si aspetta.
È inconsapevole che Daisy, nel frattempo, sta pensando più o meno le stesse identiche cose che pensa lui.
Tra tre mesi pronunceranno il loro sí sull'altare, ma ancora non lo sanno.
Il bacio va sul pesante, i due si rotolano tra le lenzuola come un agnello e una pecorella in calore, poi l'asciugamano di Luigi vola via e si spiaccica sulla parete ma loro neppure se ne avvedono.
Qualcuno bussa e loro trasaliscono. 
"Un attimo!" gridano all'unisono e fanno del loro meglio per ricomporsi in tutta fretta, Luigi si sfrega i capelli per asciugarli con un altro asciugamano recuperato da un cassetto e poi si infila per sbaglio i pantaloni al contrario e Daisy glielo dice prima che esca e faccia una figuraccia.
La ringrazia velocemente, spalanca la porta e vede che quello che ha bussato è un toad con i pallini rossi vestito da maggiordomo.
"La cena è servita." dice costui guardando con disapprovazione i due che non dovrebbero essere insieme.
"Faccio in un attimo. " fa Daisy correndo via con grande svolazzare della semplicissima camicia che indossa sopra le mutandine.
Tornerà tra poco in un abito da sera color grigio argento pieno di paillettes, troppo elegante, troppo corto e troppo attillato, della cui scomodità si lamenterà in continuazione.
Ma quando Luigi la vede non si sente altrettanto elegante nel suo completo giacca e cravatta e viene di colpo assalito dal bisogno di pettinarsi freneticamente i baffi.
La deliziosa coppia quindi si presenta a onorare la grande tavola imbandita, organizzata a ferro di cavallo, traboccante di cibarie allestita nel bel mezzo del gigantesco giardino personale della principessa, delimitato da una serie di quadrati di cemento armato e ornato da innumerevoli cespugli di rose fucsia, le stesse che Daisy faceva crescere prima. Non c'è da stupirsene, quel colore è il preferito di Peach e ne ha fatte piantare ovunque e, si sa, i semini volano.
Questa tavolata è interminabile, partecipano alla cena centinaia di persone, tra umani e toad e anche dinosauri e perfino qualche goomba e pochissimi koopa, tutti mischiati tra loro senza un ordine e senza alcuna discriminazione.
Yoshi è già lì che smania per mettersi a tavola, ma con lui c'è Goombario, che è stato a sua volta invitato, che gli siede sulla sella e lo trattiene, dicendogli di aver pazienza.
Non appena Luigi e Daisy arrivano, vengono accolti da una Peach in abito ovviamente rosa, ma diverso da quello che ha di solito, molto meno da bambola di porcellana e molto più maturo -non ci sono spalline a sbuffo, la scollatura è notevole e la gonna presenta uno spacco sconvolgente che a stento è stato approvato dal re- che li prende per mano e poi, una volta avvicinatisi al tavolo, solleva loro le braccia come se li stesse dichiarando vincitori di qualche cosa.
Il popolo scoppia in un applauso fragoroso. E ovviamente Luigi si inibisce e ha fretta di sedersi, abbassando la testa per non far notare il rosso pomodoro che gli è affluito alle guance.
La portata principale è costituita da maialini da latte arrostiti, sì, quelli piccoli non ancora svezzati che hanno una carne tenerissima e deliziosa. Un anonimo toad fattore ha messo i migliori che aveva a disposizione gratuitamente per dimostrare quanto ama la sua principessa.
Solo dopo l'abbondante abbuffata generale Luigi ha modo di scoprire cosa sia questo fantomatico tributo.
Se ne accorge quando Daisy gli dà una gomitata e indica il centro della tavola con le dita sporche di grasso, visto che non ha ritenuto opportuno utilizzare le posate.
Un pantagruelico tubo verde smeraldo, così lucente che sembra un gioiello dalla forma bizzarra, si solleva dal suolo.
Tutti danno in un 'ooohh' di meraviglia mentre dalla cavernosa bocca stagliata contro il cielo emerge lentamente una statua perfettamente definita che rappresenta nientepopòdimeno che la figura intera di Mario.
È incredibilmente somigliante, nessuno potrebbe negare che ne sia stata perfettamente rappresentata l'essenza. Ed è fatta di bronzo, è lucidissima e viene resa ancora più brillante dai faretti che sono stati accesi sotto al tubo che la sostiene, a illuminarla come un enorme albero di Natale fuori stagione. 
Lo scultore lo ha colto nell'atto di saltare, un solo piede poggia sulla base e il pugno destro è alzato in segno di trionfo.
Luigi resta molto impressionato, Daisy si mette a lanciare fischi di approvazione, mentre tutti applaudono di nuovo. Si può sentire il re che addirittura se ne vanta, dicendo di aver assunto un artista talmente bravo da averla realizzata in pochissimi giorni.
Come saprete, fare una statua di bronzo con le fattezze di qualcuno significa glorificarne le gesta. Anche quelli che non sanno chi sia guardandola diranno che quell'uomo deve aver fatto qualcosa di veramente importante nella sua vita per essersi meritato un simile riconoscimento. 
Goombario, poi, impazzisce, si mette a saltellare e saltellare finché non si ribalta sulla sedia. 
In quanto a Peach, beh, lei ha poggiato il mento sulle mani e guarda la statua con aria sognante, ricorda un po' la Sirenetta che si era innamorata di Eric senza averlo nemmeno mai visto dal vivo.
Da sotto il tributo, da un lato e da un altro, vengono fuori due bambini che potranno avere più o meno cinque o sei anni, vestiti come Mario e Luigi, maglia rossa e verde, salopette blu da idraulico, berretto con la M e la L e perfino dei baffi finti. Agitano in aria scompostamente uno una chiave inglese si spera giocattolo, l'altro uno sturalavandini. Insomma, fanno una specie di balletto e tutti quanti ridono perché sono molto graziosi e fanno tenerezza.
A essi poi si vanno a unire altri due bambini che stavolta però sono dei toad, uno blu e l'altro giallo, ovviamente questi rappresenterebbero Yvan e Wolley. Peach ha voluto omaggiare anche loro, sebbene non li abbia mai incontrati. Ma Mario le ha parlato moltissimo anche di loro.
Finito lo spettacolino, Peach si alza e va ad abbracciare i pargoli, poi prende in braccio il più piccolo, portandoli tutti quanti a tavola insieme a lei, tenendoseli accanto e sulle ginocchia. Viene subito portato loro il menù per bambini che hanno servito anche a Goombario, patatine fritte e cotolette già tagliate a quadratini, perché non sanno ancora usare il coltello. 
Tutti si congratulano, ma a dire la verità, a Luigi questo tributo non è che sia piaciuto granché.
Anzi, a dirla tutta gli ha messo su una sorta di angoscia. Guarda la statua di suo fratello e si sente inspiegabilmente a disagio. 
Non arriva all'ammazzacaffé, se ne va prima del dolce, con la scusa di essere stanco. 
Daisy si limita dapprima a osservarlo allontanarsi, ma decide di inseguirlo quando si accorge che ha affrettato il passo, come se stesse proprio scappando
"Luigi!" lo richiama. Il vestito ha il brutto vizio di arrampicarsi su per le cosce diventando sempre più piccolo, le dà noia doverlo abbassare e in più i tacchi le impediscono di correggerli dietro. Battono sul pavimento, producendo un 'clap clap' che non le si addice minimamente.
Ci impiega un poco assai, ma poi lo raggiunge e lo trova in camera, seduto affossato sul letto dove lei prima si era nascosta, con la faccia presa tra le mani a fissare la parete.
S'è sciolto la cravatta senza toglierla, quindi adesso essa gli penzola dal collo come un cappio, e ha scalciato via le scarpe senza sciogliere i lacci.
La principessa di Sarasaland fissa il suo uomo con attenzione, chiedendosi se debba preoccuparsi o meno. Gli si siede di fianco senza dire una parola.
Ma poi non riesce a non rompere il silenzio.
"Beh, allora, che cosa c'è che ti ha lasciato così senza parole? Guarda, immagino che pensi che Peach sia stata molto esagerata. Lo penso anche io. È una cosa cui devi abituarti. E poi non hai ancora visto niente, sicuramente la torta che ha preparato sarà alta due metri minimo... "
"Non è per lei, anzi è stata di una gentilezza squisita." la interrompe "È per Mario. Vedere quel tributo mi ha fatto pensare al fatto che non ci siamo ritrovati. Credo che mi manchi un po'. Lo so, lo so, sono patetico... "
Lei si alza. Resta in un silenzio congelato per qualche secondo. Pensa a mille cose contemporaneamente.
Un po', in effetti, riterrebbe quasi ridicolo che Luigi abbia rinunciato alla torta di Peach per questo motivo...le torte di Peach sono superlative... ma si accorge che dispiace anche a lei. Le dispiace che Luigi si senta triste e in qualche modo si scopre arrabbiata con Mario, che non li ha aspettati.
Cosa gli costava aspettarli? Lo vede quasi come un tradimento.
Loro lo hanno seguito nella sua missione, gli hanno dato aiuto e rischiato molto... E lui se ne va così, senza aspettarli? È questo il modo di trattare suo fratello, il suo fedelissimo fratello? 
Si sente stranamente empatica, dico che è strano perché finora a lei non era mai successo. Forse soltanto con la sua migliore amica, di certo mai con un uomo. Non per menefreghismo, ma perché non aveva mai incontrato qualcuno che le scatenasse simili sensazioni... Che probabilmente sono soltanto una manifestazione d'amore. 
"Non sei patetico, è pure giusto che tu pensi a lui. Però non mi piace vederti così. " gli dice "È okay che ti manchi, però lì fuori c'è una festa che è anche in tuo onore. Penso che Mario ti direbbe che hai il diritto di godertela, lo sa bene che non ce l'avrebbe fatta mai senza di te... E io aggiungo anche che hai il dovere di goderne in sua vece." 
L'ombra di sorriso che scappa a Luigi rasserena notevolmente l'animo infervorato della ragazza.
È più o meno nel momento in cui le loro dita si intrecciano che lei acquisisce piena consapevolezza di ciò che prova per lui. Non che finora non lo sapesse, ma era come trovarsi in un sogno.
Adesso però s'è svegliata e si è accorta che è tutto reale.
Una banalità, forse, ma la vita è piena di così tante banalità e di morali scontate che non si può scappare.
Le viene voglia semplicemente di stargli vicino, gli starebbe vicino e basta per mille anni, pur di vedere quel sorriso manifestarsi ancora sulla sua faccia.
"La tua proposta di venire con te a visitare il tuo mondo è sempre valida? " gli chiede. 
E il mondo reale sarà la loro seconda tappa, poi diventerà il loro nido. Prima c'è quel dannato regno di Sarasaland da abbandonare ufficialmente. Daisy in realtà non ne è ancora cosciente, ma nell'aria c'è già il sentore di un cambiamento radicale.
Un cambiamento che a una ragazza coraggiosa come lei non fa nessunissima paura.
 
 








 
 
 
 
 
 

Spazio autrice:
Voglio dedicare l'abbraccio tra Daisy e Peach presente in questo capitolo all'utente Lulumiao. Purtroppo era il massimo che potevo fare, visto che si parla di LuigiXDaisy e non di PeachXDaisy, ma spero che lo apprezzerai lo stesso. Quando l'ho scritto pensavo a te. Mentre l'intero capitolo lo dedico a Nintendolove00 che so che ama questa coppia. Non so nemmeno se tu stia leggendo, ma sappi comunque che è per te, che in qualche modo mi hai ispirata, anche se in realtà questa è un'altra delle scene perdute della mia 'Meravigliosa' avventura.
A tutti gli altri, grazie per aver letto.

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Capitolo 3
*** Deliziosa ispirazione ***


Dai diamanti non nasce niente,
dal letame nascono i fiori.”
(Fabrizio De André, Via del Campo)

 

 

Questo è il mondo reale, ci troviamo a Sorrento.
In un palazzo antisismico, al quattordicesimo piano, nell'appartamento più sfarzoso ed elegante, la cui porta d'ingresso si apre sul fondo del corridoio appena sulla sinistra, in uno studio da disegnatore, addossato a una scrivania intarsiata che avrebbe decisamente bisogno di una bella spolverata, un uomo si dispera.

È sulla cinquantina, ha gli occhi blu, dei grandi baffoni scuri e una corporatura piuttosto massiccia.

Passa in continuazione le sue grandi mani pelose tra i ricci castani screziati d'argento, talmente lunghi e cotonati che quasi gli rendono sproporzionata la testa.

I suoi piedi battono nervosamente a un ritmo irregolare sul pavimento di legno.

Il foglio davanti a lui è bianco.

Stiamo assistendo al blocco di un artista.

“Caro” dice una donna di una certa età, alta e mora, dai fianchi generosi, spuntata dietro di lui “La cena è pronta.”

L'uomo si alza e abbozza un sorriso, grato.

Si sta sforzando da qualche giorno di buttare giù i concept del suo videogioco, ma non riesce ad andare avanti, la sua creatività s'è come rattrappita. Una pausa, una distrazione non potrà che fargli bene.

La moglie gli serve nel piatto una generosa fetta di polpettone con contorno di patate arrosto -croccanti fuori e morbide dentro- e gli riempie amorevolmente il bicchiere di vino rosso frizzante.

L'uomo lo vuota in un unico sorso e le chiede se può averne ancora.

Lei lo accontenta, ma poi, al ripetersi della stessa scena, lo ferma.

“Tesoro, c'è qualcosa che non va? ” dice. La sua voce è chiara e il suo tono affettuoso.

“Sì.” ammette lui piluccando distrattamente il piatto con la forchetta “Ho qualche insignificante problema con il mio lavoro.”

“Sei sicuro che sia proprio così insignificante?” fa la donna in tono paziente, osservandolo con compassione.

“No! Mi sono incartato! Mi sono messo in trappola da solo!” esplode lui.

“Spiegati.” lo esorta.

“In pratica non riesco ad andare avanti. Ho progettato qualcosa che potrebbe risultare impossibile da completare.”

“Hai scovato un bug?”

“No, no, è solo che mi sono accorto che è... troppo complicato da risolvere. I bambini non arriveranno mai all'ultimo livello perché è troppo difficile!”

“E allora perché non lo fai più facile?”

“Perché questo significherebbe riprogettare da capo tutti gli altri. E io, invece di semplificare, dovrei andare sempre a migliorare.”

“Allora inventati un trucco per agevolarli.”

“Il problema è che ho già esaurito tutte le mie idee geniali e adesso... non so più cos'altro infilarci.”

“Ma questo gioco di che cosa parla?” si interessa lei “Magari ti posso dare un suggerimento.”

Gli occhi dell'uomo si illuminano. È chiaro che parlare del proprio lavoro gli piace ed è chiaro che ha voglia di condividerlo con sua moglie.

“Ci sono questi due fratelli idraulici che attraversano un mondo favoloso e bizzarro, pieno di funghi, tubi, tartarughe e dinosauri… Si equipaggiano con degli oggetti magici che donano loro dei poteri speciali... e la loro missione è di salvare una principessa rapita da un drago.”

La donna s'è come sentita investita da tutte queste informazioni così precise.

“Hai detto due fratelli... che fanno tutti e due gli idraulici?” chiede “Mi ricorda molto qualcosa!”

“Forse mi sono ispirato a fatti realmente accaduti... giusto un po'.” risponde l'uomo imbarazzato “E poi, se fossero stati due cavalieri, sarebbe stato un po' scontato, non trovi?”

“Uhm, sì è vero... E quali sono i loro nomi?”

“Indovina...” risponde girando gli occhi.

“Alla faccia della fantasia!” lei li ha indovinati subito.

“Beh, è un omaggio. Non li vedo da un bel po' di tempo... così li sento più vicini.” L’uomo perde un attimo lo sguardo nel nulla “Chissà dove sono, in questo momento…”

“Non sapevo fossi un sentimentale.” lo punzecchia lei, ma senza poter reprimere un sorriso.

“Li ho resi interessanti.”

“E saranno sicuramente entusiasti di sapere che li hai infilati in un videogioco e che li fai muovere all'interno di una gran bella storia di fantasia...”

“...Che non riesco a continuare.” precisa lui.

“Quisquilie!” fa lei improvvisamente alzando le spalle “Non è certo la prima volta che ti viene un blocco. Lo supererai come hai fatto sempre.”

“Se ci sei tu a ispirarmi.”

Lei sorride, poi sembra concentrata.

“Dovresti fare in modo che questa principessa trovi il modo di ringraziarli adeguatamente...”

L'uomo aveva portato alla bocca una forchettata di carne e patate. Quasi si strozza con il boccone.

La signora Rigassi si irrita per le sue risatine, anche perché sta sputacchiando pezzi di cibo un po' ovunque.

“Che cos'hai pensato, brutto pervertito?” lo apostrofa “Intendevo dire che, una volta salvata, la principessa potrebbe nominarli cavalieri. Capisci? Così si va a nozze. Due persone umili che diventano importanti...”

“Sì, va beh.” fa il marito riprendendosi, anche se la sua faccia è ancora un po' rossa. “Questo può andare bene alla fine. Io, però, ho bisogno di sapere cosa disegnare adesso.”

“Beh, io non lo so. Sei tu il creativo.”

“Bell'aiuto...” commenta l'uomo amaramente.

“Voglio dire, è il tuo lavoro.” continua lei guardandolo dritto negli occhi “Lasciati trasportare dall'immaginazione, come fai sempre.”

Gli pone una piccola mano perfettamente curata sopra la sua.

“...In fondo, ricordati che sei il padretherno dei videogames!”

L'uomo la guarda furbamente, ma non aggiunge altro.

Dopo aver cenato, torna nel suo studio, si siede e subito si ficca in bocca la matita. Non si sente pronto per affrontare ancora una volta il foglio bianco.

Ma, pensando a sua moglie, inizia a schizzare il volto di una donna.

Con pochi e decisi tratti la ringiovanisce, la fa bionda, la veste da fata. Le fa degli occhi grandi ed espressivi.

Poi ne cancella uno, coprendolo con un ciuffo di capelli. Le orna i capelli con una coroncina da principessa che nella sua immaginazione dovrebbe essere d'argento. Non è quella che deve essere salvata, ma le assomiglia solo vagamente.

Accanto alla Pusa, disegna un uomo il cui aspetto è ispirato a suo figlio, un giovane vestito con una salopette da lavoro e un berretto con una grande M stampata al centro.

Sotto i suoi occhi, i due soggetti si animano.

Si vanno reciprocamente incontro.

Si scambiano un saluto cortese ed educato.

Lei lascia una carezza sul volto di lui, lo prende per mano e lo conduce nel mezzo di una grande pista a forma di stella.

Lui le si avvicina e dal suo berretto esce fuori una piccola stellina cicciottella che emana una luce biancastra che inizia lentamente a girare loro intorno, lasciando una scia luminescente, formando un cuore che rimane sospeso nell'aria.

I due lo guardano come estasiati, poi si girano l'uno verso l'altra e ridacchiano imbarazzati.

Si abbracciano.

Lui si mette in punta di piedi per raggiungere le sue labbra.

La moglie del padretherno entra discretamente nello studio del marito e lo trova beatamente addormentato.

Sulla faccia ha disteso un sorriso pacifico. Il foglio su cui sono schizzati i due personaggi, che assomigliano tremendamente a delle versioni cartoonizzate di loro due, gli fa da cuscino sporcandogli la guancia di grafite.

La donna si intenerisce, tira fuori una copertina e gliela mette sulle spalle. Cerca di far tutto con calma per evitare di svegliarlo.

Ma l'uomo, a dispetto delle sue buone intenzioni, avendo sentito il suo tocco angelico, si desta e si gira a guardarla.

“Non volevo disturbarti.” dice lei dolcemente “Ma, visto che sei sveglio, che ne dici di venire a dormire?”

La sua risposta è immediata e il bacio che si scambiano non è quello di una coppia sposata da trentacinque anni quale sono, ma quello fresco e giovane di due adolescenti che si approcciano l'uno all'altro per la prima volta.

La mattina seguente si risvegliano abbracciati. È bello che dopo tutti questi anni la passione tra i due non sia ancora sfiorita.

Ma il suono sgradevole del citofono interrompe di brutto questa idilliaca conciliazione coniugale.

E il signor Mario, a ragione molto scocciato, si trova a pensare: Ma che maleducazione, è così presto per una visita, chi è che a quest'ora ha la bella idea di venire a disturbare me e mia moglie proprio mentre ci stavamo un po' strofinando... vi sembra il momento di interrompere una coppia anziana che nonostante l'età ha ancora la forza e la voglia di scambiarsi effusioni?

Indossa la sua vestaglia e va ad aprire brontolando, svogliato.

E si trova di fronte un certo trentenne baffuto che conosciamo bene. Protagonista delle caste fantasie di molti e ispiratore di quella che renderà famoso il suo stesso padre.

"Ciao, papà." Luigi sorride timidamente, evitando senza volerlo davvero il contatto diretto di sguardi. Non perché sia intimidito, è che non lo vede da un po’ e si sente in imbarazzo a pensare di essersene andato senza avvisare.

"Perdincibaccolina!" esclama l'uomo, sconvolto di trovarselo di fronte. O forse dice un'altra parola, potreste immaginarvela facilmente.

"Sono di passaggio. Volevo presentarvi qualcuno." precisa.

Si scosta leggermente e da dietro di lui spunta fuori una ragazza dai capelli rossi e l'aria festosa.

"Ciao, sono Daisy! È un vero piacere conoscerla, signor papà di Luigi!" esclama questa tutta allegra, allargando le braccia in un gesto teatralmente caloroso e poi stringendo quel signore come se già lo amasse "Come ti butta, guaglioncello?“ se ne esce poi, ridendo perché la parola che vi ho messo in corsivo lei la ritiene buffa, anche se non sa cosa voglia dire.

Luigi sembra imbarazzato e corre ai ripari in fretta "No, Daisy, non puoi chiamarlo così, santo cielo, papà, scusala, è molto esuberante, ma non è maleducata."

"Va bene, va benissimo, la tua ragazza è simpatica." lo contraddice l'uomo, contagiato da quell'allegria inaspettata.

Le fa il baciamano in modo galante. "È un piacere. Entrate, rifocillatevi. Ma che diavolo ci fai qui, ragazzo?" gli fa dopo mettendogli una delle poderose manone sulla spalla "Senza manco avvertire, non la potevi fa' 'na telefonata?"

"Scusa, pa', sai ero in un altro mondo, la Tim lì non copre." si giustifica.

"Arrivi proprio nel momento migliore, figliolo, raccontami la tua meravigliosa avventura e dammi uno spunto. "

"Uno spunto?" si stranisce lui.

Intanto è arrivata anche la mamma che al vedere suo figlio resta pure lei senza parole...

 

Ma è tutto così, tutto molto ripetitivo, noioso e prevedibile. Se volete attenervi alla versione ufficiale del videogioco, quindi, la conoscete, che ve lo sto a raccontare a fare, per filo e per segno?

Se invece preferite prendere per vero tutto quello che avete già letto, continueremo a immaginare che questa, in fondo, sia solo la tappa intermedia della storia di Luigi e Daisy, e che io ve l'abbia semplicemente girata dal punto di vista di un'altra coppia.

"Ma papà, come diavolo hai potuto sviluppare un videogioco basato su me e Mario?" si stupisce Luigi.

"L'ho zuccherata. Il tempo è relativo, e l'ispirazione vola, sono settimane che ci lavoro e voi siete mancati per così tanto... "

Si distrae dalle sue giustificazioni, la sua adorata moglie ha appena preparato il caffè per tutti.

Si volta sorridendo, strizza l'occhio alla sua futura nuora, che glielo ricambia compiaciuta, poi esso gli corre al di là finestra aperta.

Un vento profumato si insinua dentro casa, sa di fresco, riempie i polmoni di buon umore.

Pensa: il ragazzo è tornato a casa da suo padre, non lo ha dimenticato. Oggi sarà un'altra bellissima giornata da passare insieme.







 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Lo sapevo... io parto con l'idea di scrivere una parte nonsense ed ecco che mi ritrovo invece con un gigantesco buco di trama. Temo proprio di non esserne capace, non mi aspetto molte recensioni per questo, ma se non avete capito nulla, non preoccupatevi, le critiche saranno ben accette e tenterò di spiegarvi cosa diavolo avevo in mente.
Tutto questo non è stato scritto in un attimo di pazzia, come potreste pensare, l'ho ideato parecchio tempo fa, in un momento in cui mi ero bloccata pensando di dover raccontare l'incontro tra Mario e Rosalinda che poi eliminai per riprenderlo più avanti con l'espediente del flashback... chi ha letto La 'Meravigliosa' Avventura sa di cosa diavolo parlo.
Grazie per aver letto questo piccolo nonsomancoiochecosasia

((PS: I genitori di Mario e Luigi ufficiosamente si chiamano Marco e Luisa. Questi nomi a me non sconfinferano tanto, non che chiamare tuo figlio Mario quando già il tuo cognome è Mario sia una cosa molto intelligente... Così, ho scelto di non nominarli proprio. Solo per questo posso considerarli come miei OC? Ma naturalmente NO! Il concetto però di "Padretherno dei videogames" è mio e ne rivendico tutti i diritti.))

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Capitolo 4
*** Warp Room ***


"Dove ti porto, amico?" chiede oziosamente il tassista studiando il passeggero attraverso lo specchietto retrovisore.
È diventata questa una frase meccanica, che dice a tutti con le dovute varianti.

Ha un buon occhio, il bravo toad, dopo anni di servizio sa giudicare e valutare il modo più appropriato in cui rivolgersi ai suoi clienti, spesso dopo un'unica, semplice occhiata.
Se, per esempio, avesse notato che si tratta di un signore per bene o di una donna di classe, certamente avrebbe utilizzato una forma più alta di cortesia, ma quello che è salito ha l'aria umile, sembra proprio un tipo semplice, alla mano, che non bada troppo alle formalità, per questo non si è preoccupato di offenderlo chiamandolo 'amico'.
E inoltre ha anche qualcosa di tremendamente familiare.
"Mi porti alle basi stellari, per piacere." richiede educatamente l'uomo, nella sua voce traspare chiaramente la stanchezza.
"Ci vorrà un po' di tempo per arrivarci e credo che ti costerà, amico." osserva il toad. Continua a fissarlo come se ci fosse qualcosa che gli sfugge "Ma non ti ho già visto da qualche parte?“
Mario ignora deliberatamente la domanda "Ho cento monete con me, bastano?“
"Se bastano?" fa l'altro sorridendo suo malgrado di stupore e mettendo in moto e facendo partire il tassametro "Ci potresti comprare un fungo 1up, addirittura."
"Bene." sospira e cerca di mettersi comodo. Ha un leggero mal di schiena, non si è fermato un secondo da quando ha accompagnato la principessa Peach a casa e ha proprio voglia di arrivare al più presto.
È stato già nel posto suddetto, è stato da lì che era arrivato, dal villaggio dei Goomba. Poi avevano proseguito in autobus fino al castello. Un viaggio penoso, tutto il tempo in piedi a soffocare nel puzzo di ascelle sudate, una brutta strada per nulla adatta a una principessa, che ha preferito non ripetere nemmeno ora che è da solo.
Era stato Goombario a parlargli di quel posto.

"È praticamente come una stazione, anche se non ci sono treni" aveva trillato con quella sua voce giovane da scricciolo, impregnata di un entusiasmo esagerato, tutto infantile "È una grossa sala a forma di stella gigante, si raggiunge il punto di snodo centrale e si sceglie tra le cinque possibili destinazioni."
Quando ci si erano trovati e l'aveva vista ne era rimasto molto incuriosito.
Non era esattamente come diceva il piccolo, in realtà la stella era interna alla sala, tracciata sul pavimento lucido, e rappresentava un vero e proprio percorso.
A ognuna delle punte era posta una grossa piattaforma rotonda, ed era salendovi sopra che si poteva partire, lo si faceva letteralmente spiccando il volo e una volta a mezz'aria si veniva teletrasportati via in un lampo.
Tutte queste piattaforme erano collegate al centro, che rappresentava la postazione di arrivo.
Quando erano partiti, Mario aveva visto che ce n'era una che era diversa dalle altre quattro.
Diversa non in modo prettamente visibile, ma aveva qualcosa di indefinitamente strano, che le altre quattro non avevano.

Un'aura mistica e misteriosa. Una vibrazione, qualcosa che a guardarla ti lasciava inquieto, trasmettendoti ansia.
Guardandola, Mario si era sentito corrodere da una ferocissima curiosità, voleva a ogni costo sapere dove lo avrebbe condotto se vi fosse salito.
"C'è sempre una posizione che porta all'esterno, non verso uno dei mondi che sono contenuti nel Regno dei Funghi, ma al di là." aveva detto Goombario, senza tuttavia dare a questa informazione l'importanza che avrebbe dovuto meritarsi.
L'effetto era stato contrario, la voglia di conoscenza di Mario si era scissa e moltiplicata come un'ameba.
Adesso sta tornando alle basi stellari apposta per salire deliberatamente su quella piattaforma e saziarla.
"Quello da dove cavolo è sbucato?!" grida improvvisamente il tassista strombazzando con il clacson "Togliti dai piedi, sei fuori di testa?“
Mario trasecola mentre un rumore stridente di freni dilania le sue povere orecchie come un'odiosa forchetta che striscia sulla superficie liscia e lucida di un piatto di porcellana.
Il micete innocente, spaventato, confuso, si ritrova a dover girare tutto lo sterzo verso sinistra per evitare quel pazzo che se ne sta immobile nel bel mezzo della strada. Provare a fermarsi quando l'auto è lanciata a questa velocità infatti non potrebbe mai bastare. E sì, stava andando fortino, ma fino a un attimo fa la via era libera.
La figura è ferma, eppure diventa sempre più grande ed è sempre frontale, con quel suo ghigno da diavolo koopa che si allarga sempre di più sul muso, è come se seguisse la deviazione del taxi e gli venisse incontro.

Come se volesse farsi investire.
Ma è un'illusione, deve essere un'illusione. Perché è impossibile muoversi in questo modo, così in fretta, così fluidamente, giusto?
A meno che non sia proprio finito contro il parabrezza.
Le ruote slittano, per un momento sembrano sollevarsi dell'asfalto e girare a vuoto, a ritmo del rombo troppo accelerato del motore.
L'aria, dentro e fuori, si riempie di tossico fumo di scarico.
Sia Mario, sia il tassista non riescono a impedirsi di mettersi a gridare per lo spavento ed entrambe le loro bocche si riempiono di quel fumo nero, dunque si ritrovano a tossire convulsamente con gli occhi che quasi sporgono fuori dalle orbite e guidare un mezzo che sta finendo fuori rotta con la visuale ostruita mentre si è scossi da una tosse incontrollata è veramente complicato.
Mario si protende in avanti alzandosi dal sedile posteriore, afferra la leva del freno a mano e la tira con tutte le forze.
Gli sembra che si stacchi e che gli rimanga in mano, poi la gravità si sposta tutta da un lato e lui finisce addosso al conducente.
Il taxi s'è bello che capottato, la sua folle corsa s'è conclusa.
Nell'urto, il finestrino di sinistra va in mille pezzi che investono i due malcapitati conficcandosi nelle loro membra.
In un istinto di protezione altrui, Mario abbraccia il boleto che nonostante tutto sta continuando a strillare in maniera isterica.
Lo copre come può e si prende addosso le schegge di vetro più grosse.
Stringe gli occhi come se questo lo aiutasse a sopportare quel dolore acuto.

Prende poi dei respiri profondi per calmarsi, non riesce a credere a quello che è appena successo.
È come se fosse stato punito per non essere riuscito a immaginare che qualcosa sarebbe potuto andare storto. Un pensiero agghiacciante che non dovrebbe appartenergli.
Smarrito e dolorante, si arrampica in verticale tenendo l'altro per il ventre.
Fa uno sforzo erculeo per aprire lo sportello di destra, non è affatto facile uscire da lì, visto che è così pesante e continua a ricadergli addosso minacciando di schiacciarli, ma è l'unica via di fuga possibile.
In qualche modo riesce a tirarsene fuori.

Si accorge che sta agendo praticamente sotto choc.

Meglio così, se solo pensasse si accorgerebbe di quanto il mondo in cui si trova, che può sembrare così magico e fantastico per chi non lo conosce o lo vede solo da fuori, sappia rivelarsi anche pieno di orrori e mostri.

Cose mai viste che in qualche modo, per quanto terribili, conservavano una dimensione onirica.
Adesso è capitato qualcosa di così spaventosamente normale e quotidiano come un incidente stradale che sembra di essere di nuovo tornati nel mondo reale.
Mentre Mario lo mette a terra, il povero autista continua a farfugliare a bassa voce frasi sconnesse, troppo sconvolto per collegarle in un discorso che abbia un senso. "Dal nulla... Da dove... Addosso a noi... Come facevo a... È venuto proprio... Mai mi era capitato... In anni di carriera... Povero il mio taxi... "
Poi, dal suo vocio confuso emerge una domanda chiara, lucida, anzi tre: "L'ho preso? L'ho messo sotto? L'ho ammazzato?"
Trema, chiaramente ha paura di sentirsi rispondere positivamente.
Mario guarda il parabrezza sui cui è sicuro che l'investito sia ancora attaccato. Come potrebbe non esserci? Forse è a braccia aperte, forse ha il ventre molle dei koopa sfondato, forse è in un lago di sangue... visioni orribili si affacciano sul fondo dell'abisso della coscienza, ma non c'è nulla.
Nemmeno un'ombra.
La lancetta dell'irrazionalità esce dal quadrante, il mondo incomincia a vorticare e un'ala nera opprimente cala sugli occhi di Mario, il quale non si rende conto di svenire, ma si accorge perfettamente che le ginocchia non lo reggono più e che la vista gli si appanna.
Pensa che sia a causa di un miscuglio tra la stanchezza in crescita, il terrore provato, il dolore fisico che gli insinua nella testa il sospetto di essersi rotto qualche osso nell'impatto e il sollievo per essere sopravvissuto all'incidente.
Il deliquio però non è tale da mandarlo in coma, rimane cosciente, bloccato in quella via di mezzo tra il sonno e la veglia, sente le manine del funghetto che lo scuotono e la sua voce, sgraziata come quella di tutti i toad, che lo chiama.
"Amico, amico, svegliati, siamo in pericolo! Dobbiamo toglierci di mezzo! "
Ma non riesce a rispondergli né a registrare il significato di quello che dice.

Il fianco lo sente tremendamente umido e dolorante, se non si è rotto un'anca, almeno qualche punto se lo dovrà far dare, pensa.
Poi sente lo stesso toad dare in un agghiacciante grido e non capisce se sia di paura o di dolore.
Sente qualcuno incombere su di lui e le urla diventano singhiozzi.
"Non è possibile che io abbia affrontato re Bowser Koopa e che debba morire adesso per uno stupido incidente con la macchina!" pensa all'improvviso Mario e l'intensità di questo pensiero è tale da svegliarlo completamente.
Apre gli occhi e vede un koopa praticamente obeso e con le braccia muscolose troppo lunghe per il suo corpo che troneggia sopra l'infinitesimamente piccolo a confronto toad. Questi è in lacrime, il Boom Boom lo minaccia con una specie di boomerang appuntito come una mannaia.
Il fungo tende le sue mani bianche verso di lui a implorarlo: "Aiutami!“ lo prega.
Mario allora si mette in piedi. Nel farlo, la gamba gli trema violentemente e lui non riesce a reggersi e vi crolla addosso.
Registra mentalmente il sangue che si sta rapprendendo sulla coscia, gli impregna praticamente tutta la gamba sinistra dei pantaloni.
Ahiaiahi, mi sa che qua ci vorranno più di un paio di punti, pensa, e gli viene da mettersi a ridere perché nonostante tutto si sente ridicolo.
Eppure salta addosso all'avversario.
Gli blocca la mano che regge l'arma cercando di fargliela mettere giù.
"Vattene via!" gli intima cercando -fallendo- di fare la voce grossa e di essere credibile anche con quella stupida gamba maciullata.
Boom Boom però è decisamente in forma, non lo si direbbe, dalla sua stazza. Riesce senza difficoltà a liberarsi e in un attimo ribalta la situazione.
Mario si trova a fare una specie di giravolta che lo porta a dargli la schiena, poi viene afferrato saldamente da sotto le ascelle, con le braccia che gli rimangono bloccate in una presa ferrea e i piedi sollevati dal suolo.
La lama della mannaia adesso è rivolta contro la sua gola.
A disagio, agitandosi nella stretta del koopa, pensa che se non fosse ferito né così maledettamente esausto ci riuscirebbe tranquillamente a divincolarsi, e anche a batterlo.
È convinto che il Boom Boom sia stato mandato lì da Bowser. Già, deve avergli ordinato di seguirlo di nascosto e di aspettare il momento in cui sarebbe stato più vulnerabile per ucciderlo e vendicarsi così di avergli portato via la sua bella principessa.
Doveva aspettarselo, dopotutto!
Assiste impotente ad un futile tentativo di ricambiargli l'aiuto a opera del bravo tassista, che si conclude con un bello spintone che lo manda inesorabilmente a terra.
Comincia a sentire la superficie metallica del coltello premergli sul collo. Si fa scappare un gemito.
Se avesse realmente preso un fungo 1up sarebbe al sicuro, pensa.

Gli viene in mente che ha esattamente i soldi che gli occorrerebbero per acquistarne uno e ride nervosamente di un riso amaro.
Sa bene di essere spacciato e gli viene un unico rimpianto, quello di non aver potuto salutare suo fratello prima di andarsene.
Ma il koopa si blocca prima di squarciargli la gola, rimane come pietrificato. Mario sente proprio i suoi muscoli che si irrigidiscono.
La lama si allontana in fretta, Mario non sa se deve esserne sollevato o se aspettarsi qualcosa di peggio.
Accenna un movimento e viene mollato di colpo.
Senza avere il tempo di capire cosa sia successo, cade a terra. Malauguratamente, la gamba straziata gli finisce piegata sotto il corpo e il male che esplode lo prende al cervello, lo lascia senza fiato, gli fa vedere le stelline che gli girano letteralmente intorno alla testa.
"Si può sapere che cosa diavolo è successo?!" vorrebbe urlare stupidamente, ma non ha ancora ritrovato la voce.
Le lacrime son venute fuori da sole, le scaccia via battendo le palpebre e di fronte a lui vede l'ultima delle persone che si aspetterebbe di vedere in un momento simile.
Coglie la sua espressione cortese e genuinamente educata e se ne scopre confortato.
"Ti chiedo di perdonare il Boom Boom, stiamo richiamando tutti i servitori all'ordine, ma ce ne sono ancora molti che non abbiamo raggiunto."
"Sei arrivato appena in tempo" sospira l'idraulico sinceramente sollevato, ma ancora scosso suo malgrado.
Il suddetto koopa si è messo in disparte con la faccia colpevole, tiene la testa bassa come se la sua mamma lo avesse rimproverato dopo averlo sorpreso a rubare la marmellata. Si sottomette passivamente all'autorità del principe.
Ludwig Von Koopa aiuta quindi Mario a rialzarsi prendendolo per mano, senza mostrare emozioni nel compiere questo gesto.
Mario sa più o meno di chi si tratta, lo ha visto sì e no di sfuggita durante la battaglia finale, però non lo aveva considerato un nemico. Anzi lo aveva ammirato. Cercava solo di difendere suo padre, in fondo.
La teoria del complotto contro di lui si sgonfia dunque come un palloncino bucato. Ne sente quasi il sibilo.
"Brutta ferita, quella." osserva il principe pacatamente indicando la sua gamba.

Ha gli artigli curati, nota Mario ricordando in contrasto quelli di Bowser che erano rozzi e aguzzi e selvaggi come quelli di un leone, adatti a ghermire la preda da divorare. Questi invece sembrano spuntati di fresco come quelli di un innocuo gattino domestico, nulla toglie però che possano rivelarsi altrettanto letali se li usasse per attaccare.
"Ci ha provocato un incidente." spiega, sforzandosi di non fissarglieli, accennando al Boom Boom che nasconde la testa dentro al guscio per la vergogna "Si è messo nel mezzo, eravamo convinti di averlo investito. Il taxi è uscito di strada ed è finito sottosopra."
"Vedo." fa l'altro in tono neutro. In mano ha uno scettro, Mario sa che in realtà è una bacchetta magica.
Lo agita discretamente nell'aria e per un secondo sembra la fatina dei desideri formato drago.
Il taxi si raddrizza sulle ruote senza bisogno del carro attrezzi.
Il suo proprietario si avvicina quindi timidamente.
"Mi spiace, spero non sia da buttare. Manda pure il conto del meccanico a noi." gli si rivolge Ludwig guardandolo di sottecchi senza mostrare né pena né disprezzo, porgendogli un cartoncino che forse è un biglietto da visita. Un dannato biglietto da visita!
Poi si volta verso Mario, perdendo subito interesse per il toad. I suoi capelli blu ondeggiano nel movimento, il che ha qualcosa di sensuale.
"Dov'è che stavi andando?"
"Alle basi stellari." risponde lui, sconcertato per ciò a cui ha appena pensato.
Senza una parola di più, Ludwig poggia una mano sulla spalla di Mario e in un istante si teletrasportano via.
In effetti, non se ne accorge nemmeno. Un secondo prima era sulla strada e un attimo dopo è arrivato esattamente alla sua destinazione.
Se ne spaventa, anche se non dovrebbe, dopo tutte le stranezze che si è ritrovato a dover accettare da quando è in questo mondo, riesce ancora a stupirsi.
"A due passi da qui c'è un ospedaletto, io mi farei dare una medicata prima di partire." si congeda il principe.
Ma stavolta Mario non si trattiene, lo richiama: "Perché mi vieni in aiuto?" gli chiede "Io ho sconfitto tuo padre, ho liberato la principessa che aveva catturato, ho contrastato il vostro esercito, ho fomentato la ribellione... "
"Hai salvato la vita al mio fratellino. A Larry."
La gamba fa veramente troppo male, lo rende di cattivo umore, lo fa andare fuori fase, crede di non aver capito bene.
"Sto semplicemente ripagando un favore." continua il Bowserotto semplicemente e pazientemente, come se fosse questa una spiegazione esaustiva universalmente accettabile. Poi sorride, per la prima e ultima volta, e il suo sorriso sarebbe davvero intimidatorio se non fosse per la grossa zanna centrale che gli conferisce un aspetto un po' troppo buffo. Eppure è affascinante. "Dillo al tuo, di fratello, appena lo incontri."
Mario è sconvolto.
Annuisce pesantemente, senza sapere che fare. "Grazie" gli dice, rendendosi conto che non glielo ha detto, anche se in pratica gli deve la vita.
Il giovane Koopa assume per un secondo un'espressione irragionevolmente infastidita. Poi però torna normale.
Scompare e Mario se ne scopre quasi deluso.
Si ricorda soltanto adesso di tutte quelle domande che avrebbe potuto fargli, su Bowser, sul castello, sulle conseguenze della rivolta, ma adesso è tardi per pensarci.
Rammaricandosene, si trascina verso questo ospedale, che risulta facilissimo da trovare, e quando esce di lì sta decisamente meglio, gli hanno dato tre o quattro gocce di una medicina a base -guarda un po'- di estratto di fungo 1up e questo è bastato perché la ferita si richiudesse senza bisogno di punti di sutura.
Inoltre lo ha anche rinvigorito, spazzando via la stanchezza come per magia, restituendogli tutte le energie che aveva perso, è come se si fosse fatto una bella dormita di quattordici ore.
Perfino il ricordo dell'incidente volutamente causato dal nemico è già sbiadito nella memoria, quella roba è da considerarsi proprio un vero portento! Se l'avessero nel mondo reale, l'industria farmaceutica andrebbe al collasso nel giro di pochi mesi.
Adesso Mario è pronto per entrare nella famosa sala, anzi freme per entrarci perché sa già, o almeno si immagina, cosa deve aspettarsi.
Ed ecco il mistico percorso a stella. Vuoto come una palestra nel giorno di Natale.
Avanzando con un lieve zoppichio, prova una fortissima sensazione di deja-vú.
Però non è come l'altra volta, stavolta quella sensazione di attrazione irresistibile che aveva già provato non c'è.
Si posiziona al centro e si domanda quale sia la piattaforma giusta, quella che sembrava chiamarlo e a cui non aveva potuto rispondere.
Stare ad aspettare che l'ispirazione gli cada dal cielo lo spazientisce, corre a mettersi in tutte una dopo l'altra per vedere se sente qualcosa, ma non funziona.
Ricordo che le piattaforme sono tutte identiche, sarebbe più facile distinguerle se ci fosse sopra qualche simbolo identificativo, bisogna star bene attenti quando si sceglie. Goombario, nella sua aria innocente, resa ancora più spiritosa e tenera dai dentoni quadrati che gli spuntano dal labbro, l'aveva scelta a colpo sicuro, chissà come aveva fatto.
Non c'è nessuno a cui domandare.
Mario si siede sul bordo dell'ultima che ha provato e appoggia la testa sulle mani tutto sconsolato.
"Dove volevo arrivare, in fondo?“ si domanda a voce alta.
"Dalla tua sposa, idiota, le hai promesso che ci saresti andato, ti hanno quasi ammazzato, lei ti aspetta e adesso che sei a un passo da lei cosa fai, ti perdi? Ti arrendi? Che uomo sei? Datti una mossa!“
Per dare più enfasi alla risposta che si è dato da sé, Mario si molla un sonoro ceffone da solo.
Soddisfatto, fa una smorfia che diventa un sorriso.
Si alza, corre come può alla seconda che ha provato e lascia che si attivi.
"Le proverò una per una finché non troverò quella giusta" decide mentre si solleva da terra.
Sotto le suole delle sue scarpe compaiono delle cosine sbrilluccicose che si infilano dentro i pantaloni e gli fanno il solletico.
Poi una luce abbagliante lo investe.
Mario sa che il teletrasporto è avvenuto e non può fare a meno di notare l'enorme differenza con quello che prima aveva sperimentato insieme a Ludwig.
Si guarda intorno, adesso si è automaticamente spostato al centro.
"Mi sa che non è questo il pianeta di Rosie." mormora deluso osservando le verdi piante rampicanti che ricoprono le pareti della sala.
Sembra di trovarsi in un mitico tempio da secoli dimenticato nel fitto profondo di una giungla il cui possesso sia stato preso dalla flora incontaminata, e dalle scimmie. Nell'aria si sente fin troppo il tanfo di vegetazione marcia.
Seduto a un angolo c'è un tizio mezzo nudo che assomiglia a una specie di piccolo Tarzan, se avesse avuto i capelli di un rosa accesso e dalla pettinatura a schiaffo.
"Ehilà, scusa, puoi dirmi dove mi trovo?" gli chiede, senza spostarsi dal centro, pronto a ripartire subito.
Il ragazzino per tutta risposta lo indica e si mette a ridere molto forte tenendosi la pancia. Poi, senza nessunissima coerenza logica, scoppia in pianto.
Mario lo guarda completamente stupefatto.
Il piccolo punta il dito in alto e Mario prima di guardare quello che gli sta indicando fa in tempo a notare che, nonostante sia senza maglia e indossi solo un paio di striminziti pantaloncini corti verdi, ha un braccialetto dorato al polso. Strano vezzo, anche se non è vistoso.
Vede dunque, nel mezzo dell'intrico contorto dei tralicci, un frutto strano che assomiglia a una zucca blu con la faccia disegnata. No, incisa.
Il ragazzino, pare che sia muto, piega le ginocchia a fa un saltello tendendo in alto le braccia. Apre e chiude le mani come ad afferrare qualcosa di invisibile.
Mario si stupisce di riuscire a interpretare questi segnali.
Gli sta chiedendo di saltare e prendergli la zucca, troppo in alto per lui.
"Va bene." accenna, mentre quello viene colto da un'altra crisi di pianto, seguita immediatamente dopo da una di risate sguaiate.
Non avrebbe motivo di aiutarlo, ma sente di potersi fidare.
Spicca uno dei suoi proverbiali salti e la raccoglie senza problemi.
Viene fuori dalla stella per consegnargliela.
Gli enormi occhi lacrimanti del ragazzo si colmano di gratitudine mentre affossa tutta la faccia dentro la zucca e la morde con avidità.
"Ahhh, grazie mille, straniero! Finalmente sono tornato normale!" esclama con un sorriso che scopre dei denti bianchi stranamente puntuti, ma non minacciosi. La sua voce è calorosa, per quanto possa esserlo a quella giovane età.
"Cosa ti era successo?“ si informa, unicamente per curiosità.

In realtà, nella sua testa si sta imponendo di non chiedergli perché cavolo abbia i capelli rosa.
“Eh, ho mangiato un frutto della risata, sono insidiosi, sai, non si distinguono dalle zucche normali se non stai attento... E poi ho pensato di annullarne il potere mangiando il frutto del pianto, ma mi sa che le cose sono peggiorate. Comunque, io sono Tombi, tu chi diavolo sei e da dove vieni?“ gli tende la mano e gliela stringe, anzi gliela stritola.
"Sono Mario, vengo dal Regno dei Funghi, ma... Ma cercavo di raggiungere.. sai, lo spazio...”
Tombi si mette a ridere di gusto, tanto che Mario pensa sia ancora sotto l'assurdo effetto di quello strano frutto. Ma è solo sinceramente divertito.
"Ah, sì, sì. Non hai preso lo snodo sbagliato, allora, diciamo che ti sei fermato a una tappa intermedia. Non ti preoccupare, capita a chi non è molto esperto, sei arrivato sì fuori, comunque, devi semplicemente continuare da qui..."
"Sai per caso quale sia la piattaforma giusta?“ si affretta Mario.
“Sì, è quella che punta a nord."
Il cervello di Mario ormai è saturo, accetta tutto quello che gli si dice senza che senta più il bisogno di chiedere ulteriormente spiegazioni, di cose incredibili ne ha sentite e sicuramente ne sentirà ancora all'infinito, ma di colpo gli è venuta la premura.
C'è di nuovo quella specie di richiamo, adesso è molto più forte e chiaro, sente di essere vicinissimo ed è impaziente. Gli viene addirittura il prurito.
"Hai una bussola?"
"Non c'è bisogno, è quella." gliela indica.
Mario corre, vola a posizionarsi lassù.
"Grazie per la dritta." boccheggia, ha quasi il fiatone.
Tombi lo guarda sornione, ma senza cattiveria "Caspita, deve essere proprio una gran bella ragazza, se hai tutta questa fretta di raggiungerla." commenta.
Mario sta già sollevandosi in aria. Sente come delle bollicine frizzargli nelle orecchie, c'è qualcosa, non sa cosa, che gli sta dicendo che è sulla strada giusta.
Il sorriso si distende e finalmente il cuore sembra acquietarsi in una meravigliosa sensazione di pace, è quasi arrivato dall'unica donna capace di cambiare la sua vita.
È come un cerchio perfetto che si chiude, ristabilendo l'ordine naturale, trovando un senso al caos.
"Non sai quanto." mormora. Poi la luce lo investe, lo trapassa, lo attraversa.
Al posto di Tombi compare una stellina bianca cicciottella con due occhietti piccolissimi.
Al riconoscerla, Mario sente la commozione minacciare di sopraffarlo, sa di essere a casa.
Allarga felice le braccia "Vieni da papà!" la esorta.
E mentre lo sfavillante Luma risponde con entusiasmo al suo invito, Mario ode il fruscio di una gonna sul pavimento e il lieve rumore di passi prodotto da gambe lunghe e svelte che si avvicinano a lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note autrice:
So perfettamente che Tombi in questo capitolo non c'entrava un fico secco, ma ho voluto inserire un piccolo omaggio a un altro videogioco che ho tanto amato quando ero piccola... e poi volevo fare un esperimento di cross-over, in modo da mostrare che il regno dei funghi non è l'unico mondo bizzarro mai concepito... Spero che vi sia piaciuto il quarto capitolo perduto della mia 'meravigliosa' avventura... se non v'è piaciuto, pazienza.
Tombi (c) Whoopee Camp e Sony

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Capitolo 5
*** Compromessi ***


Peach riemerge dall'acqua, riprendendo il fiato che avrebbe potuto tranquillamente evitare di trattenere, e raggiunge il bordo della piscina con due bracciate decise e aggraziate. Non vuole ancora uscire, si va a posizionare di fronte alla bocchetta da cui il liquido erutta riversandosi nella vasca e lascia che la potenza del getto le faccia un bel massaggio alle cosce. Sorride beata, è come stare nell'idromassaggio, come la rilassa!
"Principessa, principessa, non ha ancora finito di farsi il bagno?" urla con voce incredibilmente alta e stridula una piccola figura che le corre incontro, le trecce rosa che sballonzolano in aria a ogni passo.
Peach finge deliberatamente di non aver sentito e abbandona infastidita la sua comoda posizione immergendo di nuovo la testa.
"Principessa!" insiste l'altra assumendo un tono semi-autoritario, inginocchiandosi sul bordo e sporgendosi "Venga fuori, avanti, non vorrà mica arrivare in ritardo?“
Anche se è una cosa che la ripugna -perché i funghi se si bagnano tendono a inzupparsi come un biscotto e a diventare mollicci- infila le braccia dentro cercando di arrivare a toccarla.
"Che noia, Toadette" sbuffa lei, le bollicine che le sfuggono dalle bocca incurvata in una espressione imbronciata "Altri cinque minuti!“ la prega.
"Ma lo ha promesso a suo padre!“ le viene ricordato.
Il pensiero dell'obbedienza la induce a smettere di protestare. A malincuore, la ragazza tira fuori la testa dall'acqua con un movimento secco che le scosta le chiome dorate dal viso, raggiunge la scaletta e si issa fuori.
Sente immediatamente freddo, l'acqua infatti era stata riscaldata per il suo piacere. Toadette le si avvicina porgendole pazientemente un accappatoio rosa nel quale la ragazza si avvolge in fretta, mormorando un grazie.
"Su, vada alla doccia a darsi una sciacquata per togliersi di dosso questo puzzo di cloro, ché poi le sistemo io i capelli!“ dice in tono amorevole la micete sorridente.
Mentre il phon le soffia dolcemente nelle orecchie e le asciuga la pelle, Peach riflette su quello che ha accettato di fare. Non se ne scopre molto entusiasta, ma riflette sull'insistenza di suo padre, il re, che glielo ha presentato, oltre che come una garanzia per la sicurezza personale, come un vero e proprio dovere regale.
Più che come Biancaneve, adesso si sente come Jasmine.
"Bambina mia, sei uno splendore!" si complimenta molto prevedibilmente l'anziano sovrano quando la vede finalmente pronta nel suo abito di pura seta rosa con colletto bianco e maniche a palloncino, gonna ampia e svasata e corpetto pieno di ricami brillanti e con un semplice ma elegante filo di perle che le adorna il sottile collo dandole l'aspetto di una regina "Dio, assomigli tantissimo a tua madre!" si commuove.
"Davvero?" sorride Peach sistemandosi timidamente la coroncina tra i capelli splendidamente acconciati, in parte raccolti sulla nuca da un fermaglio anch'esso tempestato di perle e in parte lasciati spiovere sulle spalle, boccolosi e soffici come quelli di una dama in un quadro di Botticelli.
Si stupisce un po' che lui abbia nominato la madre, cosa che non succede molto spesso, ma si premura di non far trasparire il suo stupore e anche di assumere un portamento il più dignitoso possibile.
Dice: "Ti sbagli, padre, non le assomiglio nemmeno un po'. Non sono bella la metà di quanto lo era lei."
Ma in realtà si sta sminuendo e lo sa benissimo perché, al contrario, lei è sempre stata pienamente consapevole della propria indicibile bellezza e intende preservarla.
Non si scompone, e l'affetto per il proprio padre che rivede in lei quella che è stata l'unico grande amore della sua vita le intenerisce il cuore.
Peach ha solo qualche ricordo vago di sua madre, che purtroppo è morta per una brutta malattia quando lei aveva cinque anni o poco più, ma sa di non averne ereditato l'indole generosa e magnanima, bensì quella autocelebrativa.
Una cosa le hanno sempre detto di lei: che sapeva benissimo quali fossero i suoi doveri e che li portava avanti senza mai lamentarsene.
"Tu li hai visti, papà, questi famosi pretendenti?" chiede in tono quasi ozioso, con tutta l'intenzione di rimandare ancora.
"Non di presenza, tesoro, ma ti assicuro che, come hai voluto tu, non saranno tutti quanti dei principi" dice George, calcando l'ultima parola "Gente umile, per lo più, proprio come hai richiesto."
"Bene" fa la principessa, sempre incerta.
"Ma ti prego, ti scongiuro, stai attenta, fa' del tuo meglio, cerca di non scegliere un bifolco!" la redarguisce il re ansiosamente.
Il che, tradotto, significa: scegli per forza uno dei principi, pensa lei, ma poi se ne sente quasi in colpa quando George la stringe in un abbraccio, dandole in tal modo la sua benedizione di padre, oltre che una libertà totale sulla sua decisione. Totale, vabbé...
Sa che per lui è stato un grande sacrificio dover rinunciare a esercitare il diritto, che pure avrebbe avuto, di scegliere personalmente un marito per lei, come avrebbe voluto l'etichetta, come sarebbe forse stato meglio.
Invece, si può proprio dire che lei lo abbia costretto a scendere a compromessi.
Cerca di mostrarsi forte e decisa, all'altezza del proprio ruolo, anche se continua ad avere dei dubbi che forse dipendono dal fatto che l'unica cosa che in realtà vorrebbe è essere condotta da Mario.
Ma sa bene che Mario è per lei una meta irraggiungibile. Non deve pensare a lui. Lui ha un'altra donna, è felice e non sta sicuramente a struggersi per lei.
Deve rassegnarsi, l'ha salvata, sì, ma non lo ha fatto per amore. Per senso di dovere, per bontà d'animo, per amicizia, per realizzare la propria soddisfazione personale, forse, ma non certo per amore.
E no, non avrà la fortuna di Daisy, che, zitta zitta, furba furba, le ha annunciato le sue nozze con Luigi, celebrate in segreto contro la diretta volontà dei suoi regnanti genitori, non meno attaccati al protocollo regale di re George.
Ciò l'ha automaticamente portata a perdere il trono.
E il bello è che la cosa non la disturba affatto, le sta bene, ha accettato anche di cedere il trono di Sarasaland a un cugino, anche se sarebbe stato comunque suo di diritto.
Ha ritenuto l'amore di gran lunga più importante del potere, e questo sì che è ammirevole!
Lei, invece... questo non se lo potrebbe mai permettere, non perché per lei l'amore non sia importante. Anzi!
Lei è figlia unica e non c'è nessun altro discendente della famiglia che possa sostenere l'onere della corona alla dipartita del re, senza contare l'unica, vera, dolorosa e semplicissima verità: che Mario non la vuole.
Sforzandosi di non essere mogia mogia, si congeda dal padre e viene scortata da Toadette fino alla sala del trono.
Perde ancora qualche minuto, si accomoda, si sistema, si ravviva la gonna anche se tra poco dovrà alzarsi di nuovo, si passa e ripassa il rossetto universale della L'Oréal sulle labbra per farle diventare più fucsia. Si mette il mascara sugli occhi con attenzione, tenendo la bocca leggermente aperta mentre lo fa, come fanno tutte le donne, anche se è una cosa che non ha senso.
Toadette le fa un segno cortese di impazienza.
"Fallo entrare" ordina alla fine, esasperata.
E lui non se lo fa ripetere.
Sull'uscio compare il primo di coloro che hanno richiesto di provare a conquistare la sua mano.
Le viene un tuffo al cuore quando si accorge che si tratta di un uomo basso.
Basso, esattamente come Mario, perché in effetti è la prima cosa che si nota e la prima cosa che lei pensa.
E per giunta è in tuta da lavoro, anche se la sua salopette è bianca. Anche i guanti sono bianchi, ma leggermente macchiati di verde e marrone sulle palme. Peach si accorge che le medesime macchie sono presenti anche all'altezza delle ginocchia, uno più sporco dell'altro come se fosse abituato a inginocchiarsi sul terriccio sempre sulla stessa gamba.
Niente eleganza vacua, constata, niente fronzoli, ma semplicità, genuinità. Come ha richiesto.
In un primo secondo, però, Peach senza volerlo pensa che non sia questo il modo di presentarsi, poi si ricorda che è così che le piace e si concentra su ciò che le può ricordare Mario.
Indugia dunque sui capelli di lui, che sono castano chiaro ma decisamente lisci, senza nessun berretto che li ricopra.
Le guance sono rosate, splendenti di salute sotto la spruzzata di efelidi infantili, e gli occhi brillanti ed espressivi di un verde acquamarina che tende al celeste. Da sotto il labbro superiore, che è completamente glabro, spuntano due incisivi un po' grandi. Come quelli di un piccolo castoro. Sono decisamente buffi, a Peach vien subito da ridere guardandoli.
L'uomo fa un lieve inchino. "Saluti, principessa Peach" dice con una voce frizzante e allegra.
"Saluti a te. Come ti chiami e che lavoro fai? “
“Il mio nome è Stanley, principessa. Stanley Bugman. Faccio il giardiniere, coltivo le piante in una serra. Un lavoro umile."
Peach sbatte i suoi ampi occhi di velluto con fare civettante "Molto interessante" ammette.
Si alza e si avvicina a lui incuriosita.
Si rende subito conto di avere commesso un errore di valutazione: questo individuo è perfino più basso di Mario, quasi non le arriva nemmeno alla vita.
Stanley le prende la mano tirandola verso il basso senza sbilanciarla per un pelo e vi deposita sopra un bacio a fior di labbra, producendo uno schiocco troppo esagerato.
Peach cerca di non arricciare il naso al sentire alzarsi da lui un lieve odore acre, ma non riesce a frenarsi e lui lo nota subito.
"Se sente uno strano odore mi scuso, non è che non mi sono lavato... È il diserbante che uso per scacciare gli insetti molesti dalle piante" abbassa gli occhi, è chiaro che si vergogna "Il fatto è che si attacca, anche se faccio il bagno nel profumo non viene via..."
Peach coglie la palla al balzo "Non mi dispiace, sa d'uomo" allarga il sorriso "Desidero visitare la tua serra. Portamici" vincendo la ritrosia, lo prende addirittura a braccetto.
Toadette accompagna la coppia con lo sguardo mentre se ne va allegramente e un certo dubbio la assale. Il re l'avrà pensata giusta?
Si fa presto a dire serra.
Il Devoto-Oli la definisce come una "serie di locali, generalmente in forma di padiglioni vetrati, adibiti alla coltivazione e alla conservazione di specie vegetali bisognose di particolari condizioni ambientali".
Appunto, immaginatela come una grande cupola di vetro rettangolare con dentro tanti diversi tipi di piante e soprattutto di fiori. Bellissimi, variopinti e profumati da far svenire.
Come Peach, rimarreste estasiati dalla vista di tutte queste splendide creature viventi.
Rose e margherite, ma anche bocchedileone, gigli, gerani, girasoli, orchidee, dalie, calle, iris e perfino i più comuni fiorellini di campo, campanule e violette non mancano di certo.
Stanley ne raccoglie un bel mazzetto cicciottone e lo porge con orgoglio alla bella principessa sua ospite.
Ma ciò che, per qualche astrusa ragione, più colpisce l'attenzione di quest'ultima è la presenza, sul fondo, in una specie di ricovero, di un'enorme pianta piranha infilata con tutte le radici che spuntano rudimentalmente fuori in un vaso troppo piccolo.
Lei si domanda perché uno di quegli odiosi esseri cannibali che infestano il Regno dei Funghi, e che letteralmente si trovano dappertutto a insidiare i poveri e ignari turisti e se li mangiano come stuzzichini come se già ce ne fossero troppi, debba essere curato e conservato lì dentro.
Poi si accorge che i suoi petali segretamente dentati hanno un colorito strano, verdastro.
Di solito queste piante sono di un brillantissimo rosso con i pois bianchi che spiccano, questa invece sembra ammalata, pallida.
Peach in realtà non sa se i vegetali possano prendersi le malattie, ma è proprio questo ciò che sembra. Forse ha qualche parassita o qualcosa di simile.
"La stai curando?“ chiede interessata, apprezzando già in cuor suo la gentilezza di quel bravo uomo che dà sostegno a un così (al momento) indifeso e debole predatore.
È un po' come quando ci commuoviamo ascoltando la storia del topolino che toglie una spina dalla zampa del feroce e cattivo leone, col rischio di essere divorato in una sola frazione di secondo.
Ma Stanley scuote la testa "Quella è Mammafuoco, il mio esperimento."
"Di che si tratta? " si informa Peach.
"In pratica, le ho tolto la carne, sono un paio di mesi che la nutro esclusivamente con dei materiali combustibili.“
"Combustibili" ripete Peach senza capire.
"Sì. Sa, tutto ciò che brucia, legna, paglia, foglie secche... E le do anche della polvere da sparo ogni tanto, ma in dosi minime, se no rischierei di avvelenarla. Spero in questo modo di riuscire a potenziare la sua portata pirotecnica."
"Cioè?" la faccia di lei s'è fatta un po' scioccata.
"Cioè, in pratica, far sì che produca delle fiamme più alte, più forti e potenti. Saprà certamente che le piante piranha emettono solo una palla di fuoco al minuto, piccola e sferica, molto semplice da evitare..."
Peach inizia a preoccuparsi un pochino. Di che diavolo sta parlando?
"Ha presente, invece, i draghi?" continua lo strano tipo "Loro emettono un getto di fuoco continuo, è a quello che vorrei arrivare. Perlomeno avvicinarmici..."
"Perché?!" la voce si alza un po' troppo sulla é.
"Ma perché, con tutto il rispetto, principessa, il nostro esercito fa schifo. Voglio dire, non sono neanche riusciti a impedire che lei venisse rapita! Immagini, con queste nuove bocche da fuoco integrate come riusciremmo bene a contrastare i nemici."
"Ma noi siamo sempre stati un popolo pacifico!“ esclama Peach un tantino assai scandalizzata.
"Certamente" replica lui con lo sguardo fisso sui suoi occhi "E vede bene dove ci ha portati tutto questo."
La ragazza inizia a sentire caldo, capisce che le guance le si stanno imporporando per via del sangue che le affluisce al viso. È rabbia, che monta su ribollendo lungo le sue vene.
"Innanzitutto, il nostro esercito va benissimo così com'è adesso" ribadisce infervorandosi "Ci siamo sempre impegnati per far rispettare l'ordine e abbiamo sempre amministrato la giustizia in modo saggio, soprattutto per evitare di poter entrare in guerra con i regni limitrofi... e in più, se avessimo delle simili armi, qualcuno potrebbe anche sentirsi minacciato."
"Principessa... " cerca di intervenire Stanley.
"E inoltre" continua lei imperterrita "Credo che ridurre una creatura vivente -sia pure una pianta cannibale pericolosa come quella- in simili condizioni sia un'atrocità mostruosa e priva di senso! E in fin dei conti, anche inutile. Perché non ti accorgi che la stai uccidendo?" la indica con il dito, l'altra mano si stringe a pugno sul fianco, mentre un piede batte con impazienza sul pavimento "Quello è un predatore! Come puoi credere che si possa cambiare la sua natura? Ha bisogno di carne, non è evidente? Insomma, solo un cieco non se ne accorgerebbe!"
"Ma..." riprova a infilarsi nel discorso Stanley, ma Peach è implacabile, non gli lascia spazio.
"E poi, non hai pensato che potrebbe pure ribellarsi? Questi cosi sono famosi per infilarsi dentro ai tubi e strisciare fuori quando meno te lo aspetti per mangiarti! Non oso pensare a quali atrocità potrebbe spingerli la fame!“ adesso il tono della fanciulla è praticamente disgustato "Ma dico, un minimo di cervell..." si interrompe bruscamente, capisce di stare per esagerare e lei deve mantenere un certo contegno.
Stanley approfitta di quell'attimo di silenzio "Principessa, riconosco che lei ha tutta la ragione del mondo. Ma le assicuro che non c'è il minimo rischio. Si tratta, come le ho già detto, di un esperimento. Faccio il giardiniere da dieci anni e non permetterei mai che una delle mie piante muoia inutilmente o che diventi pericolosa. Il mio unico interesse è soltanto garantire la sua sicurezza, è per questo che voglio fornire una nuova arma all'esercito."
"Non ho mai messo in dubbio la tua esperienza" assicura Peach con garbo "Apprezzo le premure che mi mostri, davvero, ma sono certa che si possa facilmente trovare un altro modo..."
Allora Stanley fa una cosa che lei non si aspetta: ghigna. Come se in realtà si fosse aspettato ognuna delle sue obiezioni.
"Mi spiace, principessa, non avevo intenzione di contrariarla. Vuole essere riaccompagnata a palazzo?"
"Se è possibile" fa lei, segretamente toccata.
E le sembra di tornarci esattamente un attimo dopo.
Toadette la vede rientrare da sola e le rivolge uno sguardo interrogativo.
Peach si stringe nelle spalle.
"Ci sono altri pretendenti in attesa?“ domanda, pur conoscendo perfettamente la risposta.
"Altri tre, principessa" le dice la micetina con una riverenza, astenendosi dal fare alcuna osservazione.
Peach tira velocemente fuori da una tasca uno specchietto e si controlla il trucco: non rileva nessuna sbavatura, niente che abbia intaccato la sua maschera di perfezione.
Fa un cenno di assenso e l'altra apre la porta facendo entrare il secondo pretendente in lista.
Quella che si staglia sulla soglia però è una figura enorme, esageratamente tondeggiante, quasi una palla d'uomo e questa, signore e signori, è impossibile non notarlo, non è altro che ciccia. Lardo, grasso, massa lipidica.
Non fraintendete, Peach aveva apprezzato moltissimo le rotondità di Mario, ma non può fare a meno di sentirsi gelare, perché, diciamolo, questo qui è praticamente un obeso. A livello patologico, quasi.
Ha i baffi, ma sono strani, tipo lunghissimi e a zig zag. Le sopracciglia sono cespugliose e il naso è largo e rosa. Non il normale rosa carne, ma un rosa che sembra tinto con il rossetto che Peach tiene in tasca. Pieno di grossi pori evidenti, che non hanno mai visto da lontano una pulizia viso.
Le orecchie sembrano a punta come quelle di un elfo, salvo il fatto che sono molto pelose. Intorno agli occhi ci sono delle strane ombre bluastre.
Nel complesso, un uomo veramente brutto.
Come se non fosse già abbastanza, la sua voce quando inizia a parlare è orrendamente sgradevole all'udito.
Così ovattata, cavernosa e roca come quella di un orco. A stento riesce a scandire.
Soffermandosi su questa spiacevole novità, oltre che sulla pappagorgia sotto al mento marcato che ha tremato come gelatina a ogni parola e sui denti gialli macchiati e guasti che ha inevitabilmente scoperto, Peach nemmeno capisce cos'abbia detto e gli chiede, scusandosi, di ripetere.
"Ho detto che mi chiamo Wario e che faccio il minatore" la sua voce sembra rimbombare all'interno della sua stessa larga boccaccia.
Peach pensa: "Anche questo è un lavoro umile" anche se c'è qualcosa che le sfugge, che non torna.
Ma lui continua a parlare senza darle il tempo di rifletterci su: "Non voglio illuderti, mica sono una persona raffinata, io. Per vivere mi spacco la schiena a raccogliere i diamanti, l'oro e tutte quelle pietruzze preziose che tanto piacciono a voi femmine" se ne cava una dalla tasca centrale, che è grossa come il marsupio di un canguro, della salopette viola che indossa sopra una maglia gialla fuligginosa "Guarda che bella! Te ne posso portare quante te ne pare, ma ovviamente solo se accetti la mia corte. Mica do le cose senza volere niente in cambio, io."
Peach viene fulminata da un ricordo improvviso e sicuramente inaspettato: la voce di Bowser, potente e suadente allo stesso tempo, anch'essa cavernosa ma non spaventosa, carica di amore sincero e paradossalmente priva di pretese che le dice: "Ti amo e vorrei che tu mi sposassi."
Non mente a se stessa, non c'è da discutere. Anche se un koopa, anche se temibile, Bowser a confronto con questo qua è bellissimo.
Anche lui l'aveva tentata con un gioiello. Lei purtroppo non può affatto dirsi immune al fascino di quelle piccole pietre luccicanti. Sono così splendide-splendenti!
Ma non si lascerà corrompere.
"Desidererei visitare la miniera in cui lavori, se possibile" sorride con ritrovata cortesia.
"Ma che ci deve fare una squinzia sofisticata come a te in un posto come quello!" esclama lui ridendo malignamente.
"Per favore" prorompe Peach "Insisto!"
"Non avrei mai dovuto insistere!" si pente, più tardi, mentre si trova su uno sferragliante carrello che sfreccia a tutta birra su binari arrugginiti che producono uno stridore fastidiosissimo che ferisce i timpani.
Per tornare ad affidarci a chi ne sa più di noi, il Devoto-Oli definisce una miniera come "il complesso delle opere e delle attrezzature per lo sfruttamento di un giacimento di minerali utili" ...Non è che sia proprio d'aiuto, no?
Voi immaginatevela più o meno come una profonda fossa scavata nella montagna che scende in fondo alle viscere della terra per raggiungere la vena aurifera.
Seppur illuminata da torce, resta orribilmente buia, umida e in ogni angolo si nascondono forse nidi di pipistrelli. Un luogo per niente adatto a una principessa delicata come la nostra Peach. Non biasimatela se si sente un bel po' fuori posto!
Wario conduce il vagoncino con aria esperta. Ride degli strilli spaventati di lei, la prende pure in giro senza capire che questo gli sta facendo perdere tutte le misere chances che avrebbe potuto avere di prenderla infine in moglie.
Quando la tremenda corsa finalmente si arresta, la fanciulla non si sente benissimo, le si è ribaltato lo stomaco e la testa sta giocando a giro-girotondo da sola.
"Guarda, bambina, ti ho portata nel cuore del filone" fa Wario dopo essere sceso dal carrello con un salto piuttosto agile per un tipo della sua stazza, allungando una manona per mostrarle i minuscoli diamanti ancora grezzi conficcati sulla parete rocciosa "Me lo sono lavorato tutto io, questo, guarda qua quanti ce n'è!"
"Un secondo..." implora Peach ancora con il fiatone, tenendosi una mano sul cuore.
"Ma tirati fuori da lì, no?" sbotta lui e prima che possa protestare la afferra e la solleva.
Una delle sue mani le palpa impudentemente il posteriore. Peach non se lo aspetta e caccia uno strillo. Lui la mette giù. Lei lo guarda storto mentre lui cerca di fare lo sguardo innocente, che non gli esce troppo bene dato il suo volto perennemente arcigno.
Lasciamoli un attimo da soli e torniamo al castello a trovare re George Toadstool che si sta preoccupando.
Il pover uomo è assalito dai dubbi, sollevati involontariamente da Toadette la quale però, per rimediare, sta cercando di accampare delle rassicurazioni.
"Ho fatto male a permettere a mia figlia di uscire con quei rozzi individui..." si tormenta lui, si toglie il grande cappello-corona scoprendo i candidi capelli e inizia a tirarseli per il nervosismo "Oddio, e se alla fine scegliesse per davvero uno di loro? Lei voleva l'idraulico e io ero scandalizzato, e già questo avrebbe dovuto farmi capire quanto sia imprevedibile! E se mi portasse in casa quello schifo di minatore?"
"Mi pareva che avessimo selezionato il minatore proprio per non farglielo scegliere" gli ricorda Toadette "Ce ne sono di bravi uomini e noi abbiamo preso i peggiori che potessimo trovare..."
"Appunto! Volevo che si rendesse conto da sola di chi è più adatto a lei. Ma adesso mi accorgo che è stata una mossa stupida e soprattutto rischiosissima!" il re mette a tirarsi anche la barba.
"Ma no, sire, vedrà che la principessa sarà in grado di valutare bene con chi sposarsi" argomenta Toadette "Quella di Mario è stata una semplice infatuazione causata dalle circostanze. Sua figlia ha semplicemente scambiato la gratitudine per amore. Ma adesso, avendo a che fare con questi tremendi pretendenti, si accorgerà lei stessa che non possono essere alla sua altezza. Non si metterà mai con uno di loro, stia tranquillo."
"Non sono convinto" esita il re.
"Mi scusi, ma cos'altro poteva fare? Se le avesse presentato subito un principe, lei lo avrebbe sicuramente rifiutato senza nemmeno dargli una possibilità. Solo dopo averlo confrontato con altri peggiori potrà preferirlo..."
"Tu credi?"
matematico, maestà." la sicurezza della boleta riesce infine a convincere il sovrano che si tranquillizza. O almeno, in apparenza.
"Finché non la vedrò a braccetto con chi dico io, però, non smetterò di preoccuparmi" pensa, infatti. E inizia a masticarsi nervosamente i baffi e a somatizzare, anche se sa perfettamente che alla sua età questo non gli fa per niente bene.
Improvvisamente le due ante del portone si spalancano in un impeto rabbioso che le manda entrambe a sbattere con violenza contro il muro.
Toadette e George trasaliscono all'unisono mentre sulla soglia compare un pulcino spaurito.
È Peach, pallidissima, con tutte le sue vesti eleganti inzuppate e infangate, l'acconciatura imperlata disfatta, con i capelli davanti alla faccia, la corona inclinata e il trucco tutto colato, il mascara che le scende dagli occhi fin sulle guance, facendola assomigliare vagamente a un buffo panda biondo strapazzato.
"Tesoro" incomincia il re sconvolto dal suo aspetto "Ma che cosa ti è succ..."
"Non me lo devi chiedere!“ lo interrompe subito lei con la voce vibrante leggermente più acuta del solito. Avanzando rapidamente scosta gli abiti e ci si accorge che ha pure perso una scarpa.
La principessa cammina tutta impettita, sul viso un'espressione stravolta. Respira sempre più velocemente, il petto che le si alza e le si abbassa, quasi come se stesse per andarsene in iperventilazione. Va accanto a Toadette, "Devo cambiarmi" farfuglia.
Resiste ancora per qualche secondo, poi si mette a piagnucolare piano.
"Guarda il mio povero vestito! Guardalo! È tutto rovinato! Che disastro!"
"Venga, non si preoccupi, adesso ci penso io, gliene darò subito un altro ancora più bello di questo" cerca di rabbonirla prontamente l'ancella.
Peach annuisce, le labbra le si contraggono in un broncio grazioso che la fa assomigliare a una bimba che fa i capricci.
Le due spariscono insieme nelle stanze reali.
Non appena è sicuro che non possano sentirlo, George scoppia in una risata scrosciante che è data da un misto tra divertimento vero, stupore e sollievo, che lo fa scuotere tutto come in una tarantella, facendolo addirittura piegare in due e tenersi la pancia con le mani...
Per fortuna che Peach non lo sente, se no credo che si beccherebbe almeno un'occhiataccia inceneritrice!
Ma per adesso è ancora troppo presa dalla sua personale disgrazia.
Si spoglia con rabbia cercando di calmarsi, ci ha tentato fino alla fine di trattenersi.
"Non puoi capire, Toadette" incomincia a raccontare spontaneamente, anche se la funghetta ha avuto la discrezione di non ripetere la domanda posta poco fa dal re "È stato tutto così strano! E così umiliante alla fine! Boh! Ma è colpa mia, gliel'ho chiesto io di portarmi in quella cavolo di miniera che era orribile, veramente paurosa. Ci provavo a non fargli capire che mi faceva schifo, ma poi ha iniziato a dire delle cose che non avevano senso. Tipo che per fare uscire i diamanti gli bastava mettersi a saltellare! Su e giù, giù e su... E con quel panzone e quei piedazzi pesanti da elefante che aveva, l'ho visto come ha fatto tremare tutta la miniera, avevo paura che tutto quanto ci crollasse addosso!" nell'enfasi del racconto, si sbatte una mano stretta a pugno su una coscia, come per sottolineare la propria incredulità e indignazione "Ti immagini? Mai visto un tizio più stupido, pensavo, però lo stesso mi dicevo, se fa questo lavoro da tanto lo saprà pure quello che fa, no? E appunto, invece no! Sul serio, cercava solo di far colpo su di me, voleva farmi vedere quanto fosse forte... Ma non è che era forte, era semplicemente pesante! E giustamente, per dover fare tanto il cretino, non va a sbattere contro il sostegno di una enorme cisterna che c'era laggiù, non la va a buttare giù, non la va a rovesciare, e l'acqua non mi va a finire tutta di sopra? E poi invece di chiedere scusa si mette a ridere e mi fa: 'e quindi, quand'è che ci rivediamo?' ...Tu ti rendi conto? Quale possibilità si aspettava di avere ancora? E io che pensavo fosse giusto dargliene almeno una, a un simile idiota... Un simile imbecille!" Si ferma qui, è arrivata al massimo degli insulti che può permettersi.
L'ancella si lascia andare a un sorriso beffardo mentre la lava, il suo fervore è piuttosto esilarante.
"Mi scusi" chiede divertita, ma anche sinceramente curiosa "Ma a cosa serviva una cisterna piena d'acqua all'interno di una miniera di diamanti?“
"Uh..." esita la fanciulla, accettando di concentrarsi sulla domanda tecnica "Credo che Wario abbia detto che servisse per far sciogliere la roccia friabile e far staccare meglio i diamanti. E poi, mi pare che abbia detto pure che servisse per capire se questi diamanti siano veri o falsi, perché, tipo, hanno una certa temperatura interna che pure se li metti in acqua restano sempre asciutti."
Toadette crede poco a questo e registra mentalmente di volersi informare.
"Wario!" esclama improvvisamente la principessa "Che strano, ci sto riflettendo adesso, è come Mario con una emme rovesciata. Ma certo, era un segnale fin troppo semplice! È come se il Cielo avesse voluto avvisarmi che era il suo totale opposto! Quanto sono stata cieca. Oh, non è un'atrocità? Non è quasi una bestemmia?" inizia a muoversi, in semplice intimo, passeggiando in modo teatrale e inizia a esasperarsi, con Toadette che le arranca dietro.
"Quale perversione! Quale atroce distorsione dell'adorato nome del mio diletto..."
"Le va di indossare questo abito, principessa?" la blocca Toadette mostrandogliene uno che è spuntato come da sé dal fondo dell'armadio, come se fremesse per essere scelto "Se lo ricorda? Lo ha comprato un anno fa e non lo ha mai messo..."
Peach resta un attimo interdetta, poi lo guarda, sorpresa.
"Quando mai io avrei comprato qualcosa che non sia rosa?" chiede aggrottando la fronte.
"È stato uno dei suoi innumerevoli capricci“ scandisce tranquillamente l'altra, con un garbato tono di rimprovero.
Lei non risponde. Lo afferra e se lo liscia sul corpo, facendolo aderire alle proprie curve. Si guarda un attimo allo specchio, ancora dubbiosa, poi se lo infila.
Addosso è ancora più corto di quanto le fosse sembrato. Le righe orizzontali nere e bianche non sono proprio nel suo stile, ma anche se le pare un po' insolito, l'effetto sbarazzino, fresco ed estivo che le dona le piace. Ci abbina anche degli orecchini neri del suo solito stile 'a biglia'.
"Mi piace!" conferma ad alta voce.
"Ed ecco un tocco di colore per 'spezzare' " continua la toad, affrettandosi a darle una borsetta rossa quadrata con la tracolla molto sottile.
"E questa da dove arriva?" fa lei sgranando gli occhi "Non dirmi che anche questa me la sono comprata io, perché non me la ricordo proprio!“
“Deve essere stata la frenesia dello shopping. E queste, se le ricorda?"
“Scarpette rosse? Arrenditi, Dorothy!" borbotta infilandosele.
"Mmm... Un po' di rosa però lo vorrei..." commenta sospirando e rimirandosi.
Toadette non risponde, la fa voltare e le acconcia i capelli facendole un fiocco con un foulard di quel benedetto colore, che per fortuna è proprio delizioso e ci sta benissimo.
Tutto l'ambaradan, infine grazie anche a quest'ultimo colpo di grazia, le va piuttosto a genio. Fa un giro su se stessa "Come sto?“
“Incantevole" Toadette è veramente lieta di essere riuscita a distrarla dalla tragedia greca che stava per mettere in scena, ma adesso le deve ricordare che ci sono altri due pretendenti in attesa.
"Ma sì, andiamo“ si arrende Peach "Il primo appuntamento è stato un bel fiasco, ma per lo meno c'è una cosa positiva, che non riesco a immaginare nulla di peggio del secondo!"
Ed ecco che il terzo pretendente le si presenta di fronte.
E Peach capisce che chi ha detto che al peggio non c'è mai fine doveva ben sapere di cosa parlava.
Perfino più brutto di Wario, con tratti opposti eppure piuttosto simili ai suoi. Decisamente simili.
Uno spilungone alto ed esageratamente magro, con la faccia allungata e la bocca larga, il mento e le orecchie appuntiti come quelli del diavolo, un naso aquilino, un ciuffo di capelli unti che spunta sotto un berretto viola, due baffi da pescegatto, un'aria arcigna data soprattutto dalla sinistra ombra di perfidia negli occhi cerchiati di violetto.
Peach si sente cogliere da un brivido, c'è qualcosa che non solo la ripugna ma che la fa sentire addirittura in pericolo. Nemmeno Bowser le aveva trasmesso questa spiacevole impressione.
Eppure allunga la mano per lasciarsela baciare. Ma questo non accade, sentendosi un po' offesa deve lasciarla cadere di nuovo lungo il fianco.
"Molto piacere. Qual è il tuo nome?" gli chiede senza scoprirsi.
"Waluigi" dice lui. La sua voce risuona come il dindondan rintronante di una campana.
"Ma per caso sei parente di Wario?"
"No."
"No? Beh, mi sembrava che... "
"No, noo." ribadisce quello, sembra prendersela quasi.
"Che lavoro fai?" meglio non insistere.
"Meccanico, diciamo. Ho costruito una macchina da zero usando tanti pezzi di scarto."
"Dove li hai trovati?"
"Nella discarica. Se li buttano via non sono più di nessuno, giusto? Non è che li ho rubati!"
Sembra che non sia troppo espansivo, è quasi diffidente, come se la principessa fosse un nemico.
"Non l'ho mai pensato! Puoi mostrarmi questa tua creazione?“ domanda cauta.
"No."
"No?"
"I freni non funzionavano bene e al primo collaudo è finita in un burrone!"
Peach si spaventa.
"Santo cielo! E chi c'era al volante?“
"Io."
"Oh, mi spiace. Ti sei fatto male?“
"Mi sono rotto la testa! Guarda."
Si toglie il cappello, si scosta i capelli e mostra una terribile cicatrice di circa sette centimetri che gli solca il cranio. È stata suturata con un cotone blu che si è impregnato di rosso e non si è ancora risanata. Ma pare che non sia stata pulita bene, perché sta suppurando, la pelle è viola e gialla. Fa un poco schifo a guardarla.
Peach ne resta orripilata, si copre la bocca con la mano per soffocare l'esclamazione che le viene spontanea alle labbra.
"Non svenire, principessa" la ammonisce l'uomo rimettendosi in fretta il cappello.
"Non svengo mica" si risente lei.
Waluigi sorride "Bene. Questo era un test. Se riuscivi a resistere alla vista senza svenire o vomitare voleva dire che eri qualificata"
"Qualificata per che cosa?“
"Per sposarmi! Scusa, che ci faccio io, qui? Immagina di vederla sulla mia testa durante un momento di intimità..."
La smorfia di disgusto di Peach risulta comica per il meccanico.
Lei si trova a riflettere su quanto sia stata sfortunata per avere incontrato finora solo dei pazzi completamente inadatti a lei... e la nostalgia di Mario si moltiplica.
"Ho un bel gioco da tavola per te, principessa" se ne esce poi lui interrompendo improvvisamente le sue risate.
"Bene! Adoro i giochi da tavola!“ applaude Peach, contenta che si sia cambiato argomento.
"Ma scommetto che a questo non ci hai mai giocato"
Da una borsa che aveva lasciato a terra dietro di sé, tira fuori un tabellone, un dado, due pedine colorate... e una bottiglia di brandy.
"Si chiama Il Gioco Del Dragone." dice sogghignando "Sono sicuro che diventerà il tuo preferito!“
Il sole tramonta e quella che Peach ha etichettato come la giornata più lunga della sua vita si conclude con un'impronta delle cinque dita della sua mano stampate sulla guancia di Waluigi.
Toadette la riaccoglie trovandola più furiosa che mai.
"Mi ritiro nelle mie stanze" dichiara stizzita.
"Ma ancora non ha finito!“ prova a dirle la micete "Ci sarebbe l'ultimo..."
"NO! Non voglio più saperne niente!" urla, senza più potersi trattenere "Adesso basta! Sono stufa! Sono satura! Io mi faccio bella e loro credono di potermi trattare così? Come una qualunque! Ma chi pensano di essere? Io sono una principessa! Una principessa non va trattata così! Una principessa... "
"Ha bisogno di qualcuno che sia alla sua altezza!
Peach si volta. A parlare è stato re George, della cui presenza non si era accorta prima.
"Ho cercato tanto di fartelo capire, tesoro mio!"
Peach lo guarda affranta. Poi si fionda ad abbracciarlo piangendo.
"Nessuno andava bene, papà! Nessuno! Non posso crederci!"
"Il punto è che tu sei inarrivabile, piccola mia" le spiega abbracciandola di rimando e baciandole teneramente i capelli come faceva sempre quando era una bambina "Sei troppo speciale per finire con chiunque. Pensavi sul serio che avrebbe funzionato?“
"Papà, Mario non era chiunque!" lo implora affondando la faccia nelle sue vesti.
"Lo so. Mario è un eroe, ti ha salvata e ti ha trattata come una persona vera e io gli sarò riconoscente per sempre per questo. Però è già sposato, lo sai. Può essere doloroso, ma non puoi farci niente."
Peach dà in un singhiozzo "Lo so!"
"Non disperare. Ricordati che c'è l'ultimo pretendente, ancora" le sussurra.
Peach capisce il gioco di suo padre e fa un sorriso sghembo "Scommetto che l'ultimo sarà quello che hai scelto tu da tutto principio! Eh? Non ho forse ragione?"
"Dagli una possibilità. L'hai data a quelli che non avevano speranze..."
Peach si arrende.
Lascia le braccia di suo padre, prende lo specchietto e si sistema il trucco che di nuovo le è colato sugli occhi.
"Avanti" sospira.
Ma non c'è nessuno che si fa avanti.
"Avanti" ripete un po' più forte.
Si ode un certo trambusto dietro la porta chiusa. Parole soffocate di qualcuno che esita a mostrarsi.
Indispettita, Peach va ad aprire personalmente.
Si trova di fronte un giovane di bell'aspetto, che indossa abiti di fine e pregiata sartoria di seta rosa e che porta con disinvoltura un insolito caschetto di capelli biondi, con riflessi un po' verdi.
Peach non si lascia ingannare "Che cos'è che non comprendi quando dico avanti? Cosa sei, sordo?" chiede, pungente.
Ma nota subito che il giovane è a disagio.
"L'ho sentita, mi rincresce, non intendevo ignorarla" spiega costui in tono di scusa, affannandosi "Il motivo per la mia esitazione è che... è già tardi, lei deve essere stanca, riterrei opportuno tornare domani, per permetterle di avere il tempo di riprendersi da una giornata così pesante"
"Nooo" si mette a ridere Peach con un pizzico di scherno nel tono, indicandolo con un dito e strizzando gli occhi "Non mi incanti, la giornata degli incontri è questa, non ci provare, non la protrarrò a domani! Al massimo la interrompo qui e tu resti fuori. Capito?"
"Come preferisce, principessa" si inchina, piegandosi in modo galante "Mi permetta di presentarmi. Io mi chiamo Haru Oji, sono il principe ereditario del regno di Flower-Koku"
"Peach Toadstool, principessa del Regno dei Funghi" si presenta a sua volta lei, d'istinto, ma senza abbandonare l'aria di scetticismo. Un principe. Come volevasi dimostrare! pensa.
Gli porge la mano più per vedere se lui la prende correttamente che per farsi riverire.
Le labbra sfiorano ma non toccano, ma il gesto è frettoloso.
"Lieto di essere degnato di fare la sua conoscenza... Cioè... Lieto di essere alla sua presenza" il ragazzo si impappina e sbaglia un po' di formule, ma dà l'impressione di essere semplicemente emozionato, non ignorante.
Peach si trova a sorridere, provando per lui una certa tenerezza inaspettata.
"Abbandona i paroloni inutili, la gente normale li usa per sembrare più interessante, ma in verità non servono a niente."
Haru batte le palpebre, sorpreso. "Sono molto contento di incontrarti, cara principessa" inizia a darle del tu, pur arrossendo un pochino "In realtà sono stato agitato tutta la giornata, l'idea di essere l'ultimo mi aveva fatto venire la paura di non arrivarci... "
"Adesso ci sei" Peach si rende conto che sono rimasti sulla porta e che re George e Toadette possono ancora sentirli. Si chiude in fretta l'uscio alle spalle.
"Per non fare differenze con gli altri dovrei chiederti di cosa ti occupi" esordisce "Ma visto che sei un principe non credo che lavori..."
"No, ma ti assicuro che non sono uno sfaticato." dice lui in fretta "Lo so che probabilmente non si tratta di una cosa molto interessante per te, ma in quanto principe ho ricevuto una educazione classica e poi naturalmente ho studiato scherma, mi piace molto leggere poesie, assistere a opere teatrali e mi diletto un po' anch'io nella recitazione, e anche nella scrittura e nel canto."
"Sì che è interessante!“ protesta Peach.
"Quale di queste cose?“
"Soprattutto quella della poesia e del teatro. Anche io ne sono affascinata!"
A parte la posizione sociale, cosa c'è di diverso?
Gli altri, considera, non hanno neppure accennato ai loro interessi, alla loro vita.
Però in effetti è stata lei a non chiedere. Si è concentrata sul mestiere, sull'umiltà della posizione, ma non sulla persona.
Ma in fin dei conti, tutto questo non può certo essere scoperto in un'unica occasione, ci vuole costanza per innamorarsi di qualcuno, o anche solo per conoscerlo a fondo.
Però si vede che questo è diverso.
Che è raffinato. Mite. Troppo ben educato rispetto agli altri che ha incontrato finora.
E fortunatamente non pare nemmeno uno con la puzza sotto il naso.
Neppure mentre declama una poesia raffinata, con una voce sicura e tonante che contrasta con l'incertezza mostrata poco prima.
"Bellissima. È tua?" fa la ragazza, colpita, alla fine.
"Magari, principessa" si risente Haru.
“Bella lo stesso! Cos'altro mi proponi?”
"Uhm... Hai mai visto la Comédie-Française? Moliére? le chiede dopo averci pensato su un attimo, scatenando così qualcosa che nemmeno si sarebbe potuto aspettare.
"No! Cos'è? Sembra così dannatamente bello, andiamo a vederla!"
Haru sgrana i suoi già grandi occhi azzurri. "Adesso?" domanda.
“Certo, quando, se no? Dai, dai, dai!” la principessa lo prende per un braccio e lui si stupisce per quella che immagina debba considerare come una vera fortuna.
Evidentemente non sa ancora con chi ha a che fare.
Ma c'è da scommettere che avrà tutto il tempo per capirlo.
 
 
 
 
 
Note d'autrice: Avrei dovuto pubblicare ieri, ma mia sorella mi ha 'soffiato' il pc, così ho dovuto rimandare a oggi.
spero che qualcuno di voi lettori conosca Stanley e il principe Haru, volevo utilizzarli in una mia storia da molto tempo ma non sapevo come farlo esattamente. Questo capitolo è stato un vero parto, è l'unico che finora non avevo previsto, ho avuto dubbi su dubbi mentre lo scrivevo, fondamentalmente perché l'idea iniziale mi era venuta in sogno. Intendo dire che, letteralmente, una notte ho sognato di scriverlo, poi appena sveglia ho predisposto una scaletta con i punti fondamentali per non dimenticare nulla e quindi mi sono lanciata nella scrittura, bloccandomi più volte a domandarmi: davvero sto seguendo un cavolo di sogno? Beh, a voi il giudizio, se avete domande o critiche, non abbiate timore.

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Capitolo 6
*** In cerca della propria identità ***


 

Se c'è qualcosa che vuoi ottenere, la prima cosa da fare è vincere la tua paura e buttarti nell'azione, senza stare a pensarci troppo.
Dio sa quanto possa essere pericoloso mettersi a pensare. Non farà altro che farti valutare i rischi e, credimi, ti verranno in mente un milione di obiezioni che avranno l'effetto di disincentivarti, facendoti diventare troppo prudente. E così troverai un'ottima idea non fare più niente. Evitare, lasciar passare l'occasione della tua vita senza coglierla.
Non vivrai, resterai fermo.
A volte hai solo bisogno di non pensare.


Il nostro amico Wolley ha scoperto di avere questo piccolo problema, che si spaventa di quello che ha capito di provare. Ma, soprattutto, si spaventa di quello che ha capito di non provare.
Guarda la sua ragazza, quella che dovrebbe salire sull'altare insieme a lui. Quella che lui dovrebbe avere il compito di proteggere.
È indubbiamente una bella ragazza, intelligente, raffinatadolcevabbèperfetta... e santo cielo se è in gamba!
Ma nonostante tutto questo, capisce che lui, semplicemente, non la ama. E questo gli dispiace.

Gli dispiace sul serio.
Ma il loro non è un rapporto normale, non lo è mai stato.
Il loro incontro e il loro conseguente fidanzamento non sono avvenuti in modo 'naturale'.
Li hanno presentati ed era già tutto fatto. Nessun romantico primo appuntamento sotto le stelle, nessun imbarazzante primo bacio, nessuna commovente proposta con annessi classico inginocchiamento, presentazione di anello con brillante, promessa di amore eterno, lacrimuccia e urlo di felicità.
Nulla di tutto ciò.
Era già tutto deciso. E non da loro.
"Questa è la figlia di un mio importante collega, tu la sposerai."
Fine. Il tono era stato asciutto e risoluto. Nessuna spiegazione, nessuna possibilità di rifiutare.
Era solo un ragazzino, praticamente un bambino, quando s'è sentito rivolgere questa sentenza da suo padre (ma poi, chi dovrebbe essere suo padre?).
Era ancora nella fase in cui tutte le femmine sono gne gne. Piagnucolose, brutte e stupide, poco interessanti.
Tutti i maschietti pensano questo delle ragazze finché non hanno compiuto i quattordici anni... rari sono i casi in cui smettono di pensarlo ancora prima.
Dopo, i loro ormoni impazziscono, la loro voce diventa più grave, i loro pensieri iniziano a pervertirsi, poi gli crescono i genitali, a qualcuno i peli, e quelle che un tempo erano delle racchie che perfino le sorellastre di Cenerentola ne riderebbero si trasformano improvvisamente in gnocche stratosferiche che sconvolgono loro i sensi.
Si insinuano nella loro testa e diventano una ossessione. Perfino le più insignificanti.

Se non c'è il bel viso, c'è il seno. Se non c'è il seno, c'è quello che a tutte comunque non manca.
Si credeva, e lo stesso Wolley era portato a credere, che questo cambiamento di opinione sulla sua compagna di merendine sarebbe accaduto anche a lui.
Aveva acconsentito a quel matrimonio solo perché era sempre stato abituato a obbedire ai genitori, come un qualsiasi bravo figlio avrebbe fatto.
C'è da dire che Kinopio, inoltre, non era poi così gne gne.
Aveva la capoccia rosata, d'accordo, e dei grandi e languidi occhioni da cucciolo, ovviamente. Ma non teneva i capelli lunghi come le altre sue amiche, non metteva mai le gonne e giocava a pallone, si sbucciava volentieri le ginocchia senza poi stare a frignare eccessivamente.
Non era una di quelle ragazze troppo delicate, ma non si poteva nemmeno dire che fosse un maschiaccio. Manteneva sempre una parvenza di femminilità in tutto ciò che faceva.
Le piacevano sia le bambole che i pupazzetti dei dinosauri, le macchinine e i peluche morbidosi, le disgustose figurine degli Sgorbions e gli zuccherosi unicorni magici che corrono sugli arcobaleni, serviva il tè ai supereroi di cui divorava i fumetti, fantasticava sul principe azzurro dopo aver ascoltato le favole della buonanotte e poi voleva essere sempre il Power Ranger rosso, ché era il più potente di tutti.
In realtà, Wolley si trovava benissimo a giocare con lei, trovavano sempre un compromesso.

E poi nemmeno a lui dispiacevano certe robe da bambina, né disdegnava di dover interpretare il Power Ranger rosa.
Anzi, a volte crede che sia stato questo uno dei motivi per cui gli si sono confuse un po' le idee.
Beh, come avrete capito, i due erano più o meno cresciuti insieme.
Almeno avevano dato loro la possibilità di innamorarsi sul serio.
Ma mentre si avviavano separatamente verso la pubertà, lei trovava la sua identità di donna, iniziava a truccarsi, a portare i tacchi alti, a telefonare e a telefonare e a telefonare e ad amare la prospettiva di dover prendere lo stesso cognome della famiglia di Wolley, nel frattempo lui...
Lui si sentiva sempre meno attratto da lei.
Ma non perché fosse lei.
In generale, il fascino irresistibile che le donne esercitavano sui suoi amici su di lui non aveva presa.
Aveva finito la scuola dell'obbligo a pieni voti, frequentava l'università privata costosissima in cui i suoi ricchi genitori lo avevano mandato, studiando scienze naturali, e nel contempo erano iniziati gli anni di attivismo -che ancora non si può dire che si siano conclusi- insieme al corrispettivo micotico di Greenpeace.
Era partito con l'utopico desiderio di salvare le specie a rischio e lì, lontano da Kinopio, dalla vita mondana e soprattutto dalla sua oppressiva famiglia che naturalmente era contro di lui, aveva conosciuto altri soggetti con cui si era divertito e allegramente ubriacato, salvo poi ritrovarsi, incredibilmente, a desiderare i suoi stessi compagni di lotta.
I maschi, proprio così. Ne era rimasto sorpreso? Non esattamente.
Quando era tornato e aveva rivisto Kinopio si era sentito sporco perché l'aveva tradita. Dopotutto, il loro matrimonio non era mica stato annullato! Erano ancora impegnati.
E lui si era fatto prendere da qualcun altro. La parola 'prendere' è quanto mai appropriata, in questo caso, in tutti i sensi.
Eppure era stato perdonato. Pazzesco!
Yvan era arrivato dopo.
Un fulmine a ciel sereno, e quelli che volevano fargli passare come dei problemi mentali, come una malattia da cui guarire, erano scomparsi e si erano tramutati in una sconvolgente certezza.
Lui era una delle innumerevoli guardie della principessa, si erano incontrati durante una delle sue manifestazioni contro il maltrattamento degli animali e le pellicce che, sfortunatamente, si era risolta in una repressione.
Avevano fatto troppo rumore e adesso la polizia stava soltanto facendo il suo lavoro.
Essendo dopotutto di buona famiglia e temendo il carcere, Wolley stava fuggendo, come gli altri, per evitare di farsi arrestare, cosa che era già successa a un paio dei suoi amici.
Yvan non era nemmeno in servizio in quel momento, ma lo aveva inseguito.
Correva più veloce che poteva, con quelle gambette gli veniva più comodo saltellare. Ma poi si era disgraziatamente infilato in un vicolo cieco.
Al che, la sua unica arma era stata la supplica.
Yvan, che avrebbe inizialmente conosciuto nient'altro che come l'agente Bucken-Berry, lo aveva dispregiativamente chiamato "fricchettone", ma forse era rimasto impietosito da lui e non solo non lo aveva arrestato, ma aveva anche deciso di riaccompagnarlo a casa, senza risparmiargli un accorato ammonimento.
Wolley inizialmente aveva creduto che lo avesse fatto solo perché lo aveva riconosciuto come il figlio di mr Ala Gold, che era un imprenditore importante in ottimi rapporti con il re, ma poi aveva appreso che non era così. Yvan era stato sinceramente sorpreso quando lui gli aveva rivelato la sua identità.
Già lì, era rimasto colpito da lui in qualche modo, lo aveva trovato rude, interessante eppure molto, molto gentile. E poi, a dirla tutta, si era anche lasciato affascinare dalla sua divisa.
Per quale motivo, quindi, lo aveva lasciato andare?
Aveva cercato la risposta a tale questione sul fondo di una bottiglia di deliziosa cachaca.
Poi si erano rivisti in diverse occasioni.

Yvan frequentava abitualmente la chiesa della Triforza, Wolley lo aspettava di fuori pazientando per tutta la funzione per coglierlo in quei fugaci momenti di vulnerabilità.

Adesso che si erano conosciuti, la faccia di Yvan spiccava sempre in mezzo a quella delle altre guardie, quando era di servizio presso il castello.
Anche se era un ambientalista convinto, Wolley era comunque un membro di quella parte di società che viene indicata come 'la bene'.
Si sorridevano, senza ragione.
Si scambiavano anche qualche parola, soprattutto quando Yvan era in pausa. Convenevoli, per lo più.
Si facevano simpatia a vicenda. E non sarebbero potuti essere più diversi.
Yvan, diversamente da lui, veniva da una condizione piuttosto umile, aveva completato gli studi obbligatori alla scuola pubblica, ma non aveva frequentato l'università perché non poteva permettersela, viveva nella periferia, in una zona che non era ben vista.
Ed era da solo, non aveva famiglia, si era arruolato nell'esercito perché sperava di combinare qualcosa di buono.
Tanti, troppi delle sue parti erano finiti nei guai con la legge. Se non fosse stato attento, ci sarebbe finito pure lui.
Lui voleva essere diverso da quelli, aspirava a qualche cosa di migliore, così era diventato uno sbirro.
Poi, pian pianino, era salito di grado.
Forse siete un po' confusi. Nel Regno dei Funghi non c'è molta distinzione tra esercito, polizia, carabinieri e guardie reali, sono tutti quanti forze dell'ordine che collaborano per mantenere la tranquillità e la pace.

Lo so, è un po' un controsenso cercare la pace tramite le forze armate, ma vi devo ricordare quell'articolo della nostra Costituzione che riporta che ripudiamo la guerra, eppure continuiamo ad avere un esercito anche noi? Non è poi così diverso dallo scrivere che il fumo uccide nei pacchetti di sigarette e poi venderli.
Ma non divaghiamo. Dicevo che tra loro si era creata una strana complicità. A volte addirittura si aspettavano e andavano a fare uno spuntino insieme.
Anche Wolley aveva un lavoretto, diciamo, ovviamente nell'azienda di famiglia. Essendo il figlio del capo, però, aveva lo sfacciato privilegio di andarsene quando voleva e lui faceva appunto in modo di uscire agli stessi orari di Yvan.
Tanto per scherzare, dicendogli che avrebbero dovuto smettere di incontrarsi in quel modo.
Yvan si dimostrava sempre contento di incontrarlo. Diventarono amici in pochissimo tempo, ma naturalmente, questa amicizia non andava da nessuna parte.
Wolley era sempre fidanzato.
E soffriva per questa situazione e purtroppo si ritrovava spesso a bere molto più di quanto fosse abituato. Dannati vecchi vizi di merda.
Non aveva realizzato di essere innamorato di Yvan finché lui non lo aveva salvato.
Tutto era accaduto in una sera come le altre in cui Wolley doveva portar fuori Kinopio. Perché non aveva ancora trovato il coraggio di lasciarla e cercava il momento giusto per farlo. E pensava che forse forse avrebbe potuto farlo sembrare meno una pugnalata dopo che avessero passato una bella serata nel locale più costoso e sfarzoso di tutto il Regno dei Funghi, con la vista mozzafiato che dava direttamente sul castello. Per dimostrarle almeno che tenesse a lei come amica.
Ma quella sera non sarebbe successo.
I rapinatori si erano appostati dietro il ristorante e li avevano fermati prima che entrassero.
Non erano dei dilettanti, avevano scelto con cura la loro vittima. Due ragazzi toad ricchi che sicuramente avevano le tasche piene di contanti da sperperare.
In verità li seguivano da qualche giorno, ma erano stati talmente discreti che loro non se ne erano accorti.
Uno dei tre aveva trattenuto la ragazza, mentre gli altri due intimavano a Wolley di consegnare loro tutto quello che aveva.
Wolley aveva fatto resistenza e si era difeso a dire il vero egregiamente, ma in tre contro uno, per di più tre esseri umani contro un toad, non c'era stata partita.
Lo avevano iniziato a riempire di botte del tutto gratuite.
Kinopio aveva strillato e Yvan, che guarda caso tornava giusto allora dal suo turno al castello, l'aveva sentita ed era intervenuto.
Wolley era in ginocchio con le labbra spaccate sanguinanti e il gilet strappato.
Yvan aveva puntato la pistola di ordinanza contro i malviventi ed era riuscito a metterli in fuga, poi si era prestato a dare aiuto ai due sventurati.
Quando Wolley, smaltito il terrore e il dolore, lo aveva riconosciuto, non aveva potuto fare a meno di pensare che fosse destino.
Gli era rimasta addosso l'inquietudine, com'era possibile che le loro strade si fossero nuovamente incrociate?
E così, torniamo all'inizio della storia e vediamo quindi Wolley che -è sobrio, tranquilli- sta raccogliendo il coraggio per decidersi finalmente a lasciare Kinopio.

È bizzarro e forse anche un po' crudele da dire in questo modo, ma è così.
Ecco il discorso che si è preparato a esporle:


«Per tutta la vita ci siamo sentiti dire che eravamo destinati a sposarci, era stato deciso senza il nostro consenso e sono stati così subdoli a cacciarcelo nella mente che noi stessi l'abbiamo vista sempre come una questione naturale e non abbiamo capito che era soltanto una imposizione.

Il problema è che adesso siamo cresciuti, vediamo le cose in modo diverso e so che anche tu sei cambiata e maturata.

Io ti voglio bene, un bene dell'anima, credimi, ma non ti ho mai vista in altro modo se non come una sorella. Una cara, carissima sorella. Ma come posso sposare mia sorella?

Tu stessa non lo trovi strano? Non lo trovi anche sbagliato? Non pensi che dovremmo scegliere liberamente con chi stare? Non credi che dovremmo ribellarci e decidere con la nostra testa? »


...Sicuramente, facendola ragionare in questi semplici termini, anche lei capirà che è tutta una follia, si ripete.
Poi spiegheranno ai loro genitori che vogliono restare solo amici, loro lo capiranno e tutto andrà per il meglio. Wolley è fiducioso, ma si accorge che non gli vengono le parole.
Forse un cicchetto di cachaca lo aiuterebbe, ma no, non deve pensarci, deve essere limpido mentre parla.
"Kino, devo dirti una cosa, è importante e riguarda noi due..." incomincia e si blocca.
Lei è tutta infiocchettata e colorata, indossa un abito gioioso, non si aspetta la mazzata. Ma quando lui esordisce in questo tono grave, la sua felicità si congela e i suoi occhi si spalancano. E tutti i dubbi che negli anni ha segretamente covato su di lui e che si è sforzata di reprimere e dimenticare rispuntano più vivi di quanto siano mai stati prima.
"Non credo che sposarci sia una buona idea." si accinge a continuare Wolley, intimorito da quello sguardo "Cioè, è stata una cosa che ci hanno imposto, ma non l'abbiamo scelta noi e..." si va un po' impappinando, di solito non è così nervoso, ma oggi si dimentica molte delle parole che doveva dirle ed è costretto a improvvisare "E... e non è giusto, noi dovremmo essere liberi... Io comunque ti voglio bene, ma tu sei mia sorella."
Kinopio solleva le labbra mostrando i dentini, come un cane che vuole ringhiare al pericolo.
"Perché stai improvvisamente dicendo tutte queste cose?" alza la voce, carica di incredulità rabbiosa "Fino a ieri ti andava bene!"
"Veramente è da molto tempo che ho capito... che non mi va bene. " balbetta lui.
"Da molto tempo! " ripete la ragazza "Precisamente da quanto?“
“Da quando sono partito." cerca di ricordare, in effetti a essere sinceri, sarebbe da ancora prima. Da quando ha incominciato a sentirsi sbagliato.
"Hai un'altra?" butta lì lei.
"No!" urla lui spaventato "Non c'è nessun'altra!"
"Allora cos'è, sei gay?"
Wolley se ne sta zitto.
Kinopio continua a guardarlo arrabbiata. Poi i suoi occhi si sgranano e si vanno a perdere nel vuoto.
"Oh, cavolo. Sei sul serio gay!" dice, il tono è sempre stupito ma, in un certo senso, rassegnato "Io lo sapevo. Forse lo sapevo ancora prima che lo capissi tu stesso. Avevo sempre avuto questa impressione... tu eri strano, eri distante e alcune delle cose che dicevi... che facevi... gli atteggiamenti..." non va avanti, lascia cadere il discorso come se ne fosse troppo sopraffatta.
Wolley respira a fondo. "Mi dispiace di averti delusa." afferma, tristemente e sinceramente.
Kinopio batte le palpebre un po' di volte di seguito. Le lacrime iniziano ad affacciarsi, ma non vuole piangere.
Si volterebbe e scapperebbe via ma resta impietrita.
Al che Wolley la abbraccia di slancio. Lei non si divincola, resta immobile.
"Ti voglio bene, mi dispiace, mi dispiace tanto. " urla Wolley piangendo a propria volta "Sei e sarai sempre e comunque una delle persone più importanti della mia vita, spero che mi perdonerai e che potremo restare amici. Continuo a tenerci tantissimo a te, ma non posso, non posso... sarebbe una forzatura, non la reggerei... "
Il corpo di Kinopio di colpo si indurisce, diventa di pietra. Le lacrime che scorrono sulle guance si fermano, il cuore rallenta. È arrabbiata. Ma non sa resistere. Ci prova.
Poi la ragazza si scioglie. Abbraccia Wolley a propria volta riconoscendo la sincerità di quell'affetto.
"Non è colpa tua, in fondo. Anche se mi ferisce, hai ragione tu, è meglio mettere subito le cose in chiaro. Dico, non vorrei mai sposarmi se sapessi che poi non sarei felice... "
I due toad restano abbracciati per un po', poi si staccano, si guardano e trovano la forza di mettersi a ridere tra le lacrime.
La loro amicizia non finirà per questo, anzi se possibile si rinforzerà ancora di più.
Purtroppo, però, stiamo per affacciarci sull'orlo di un terribile disagio che finora non ha fatto altro che crescere. Questo rafforzamento infatti dovrà passare di nuovo attraverso la solita cachaca.

Maledetta!
"Adesso però voglio saperlo. Sei innamorato di qualcuno, Wolley?“ chiede Kinopio, sotto il suo effetto.
A Wolley torna in mente proprio questa domanda così semplice, mentre si ripromette di non darsi dei buoni consigli e, spronato dagli innumerevoli cicchetti che si è vergognosamente scolato, si arrampica lungo il muro della caserma, che non è molto alto e non del tutto liscio, ha delle sporgenze che gli permettono di salirvi su anche piuttosto rapidamente. In cima c'è del filo spinato per tener lontani gli assassini.
Ma le cesoie che usa durante le sue effrazioni a scopo di protesta lo tagliano prontamente.
Dall'altra parte c'è un salto piuttosto altino e il nostro eroe, anche se è decisamente ubriaco, si ricorda di colpo che soffre di vertigini.
Sta raccogliendo il coraggio quando una voce lo fa trasalire mentre la luce di una torcia elettrica lo acceca.
"Chi va là?"
Il funghetto giallo è molto spaventato e si rannicchia tutto, dei cani iniziano ad abbaiargli contro furiosamente, saltando per cercare di raggiungerlo e morsicargli le carni.
I loro versi feriscono le orecchie, l'alcol fa davvero rimbombare tutto, è come se si trovasse sul fondo di una galleria immensa in compagnia dell'eco.

Ciao, cara Eco, vuoi farmi compagnia? Beviamoci una cosa insieme.
"Buoni, buoni." li placa una voce autoritaria, poi torna a rivolgerglisi "Tu cosa ci fai lassù? Scendi subito!“
Wolley ha un ripensamento. Fa per riscavalcare tornandosene da dov'è venuto, ma la paura e la mancanza di riflessi lo fanno inciampare.
Fortunatamente precipita dal lato interno, finendo dritto tra le braccia della guardia.
"Che razza di diavolo di bravata stavi cercando di combinare, eh?" gli domanda in tono minaccioso questi.
Wolley sente e vede tutto come attraverso un vetro, ma pensa di avere il diritto di restare in silenzio.

Se parlassi ora l'Eco mi farebbe sembrare ridicolo.
"Che sta succedendo? Lascialo, lo conosco questo, ci penso io."
Wolley si rende conto che a parlare è stato proprio Yvan e tira un sospirone.
Viene rimesso in piedi mentre il collega conduce via i cani perplesso, Yvan gli fa segno di avere tutto sotto controllo.
"Hai problemi con le porte? " gli fa poi.
"Volevo vederti." tenta di scusarsi lui.
"Puah, ma quanto hai bevuto?" arriccia il naso con disgusto nel percepire il suo alito pesante "Non è che perché sei un riccone e mi conosci, puoi fare tutto quello che ti pare! Ti potrei arrestare, anzi dovrei farlo, stupido fricchettone."
"Dovevo parlarti." continua, reso incerto a causa dell'uso inaspettato di quell'appellativo, ma viene zittito.
"Stammi a sentire, ti ho lasciato in pace la prima volta perché sono generoso, ma devi smettere di comportarti da stupido. Hai vent'anni, sei giovane, sei di buona famiglia. Non rovinarti, non fare queste cazzate. Hai la minima idea di quanti idioti come te si siano rovinati? E per cosa poi, per noia?" Yvan sembra decisamente focoso in questo momento "Te ne avevo parlato, io vengo da una zona in cui è quasi impossibile non mettersi nei guai, ma voi che lo potete evitare, voi... riccastri benestanti avete tutto e non siete mai contenti... "
"QUESTO NON HA NIENTE A CHE VEDERE CON LA MIA POSIZIONE SOCIALE!“ urla Wolley a pieni polmoni.

Ahi, cazzo, Eco, sta' un po' zitta!
Yvan tace di colpo, impressionato da quanto la sua voce sia diventata stridula.
"Scusa." si pente di aver strillato "Ero venuto a parlarti di tutt'altro."
Arrossisce di vergogna, il respiro gli si accorcia, i fumi dell'alcol lo tradiscono e gli viene un capogiro.
Yvan lo sostiene. Si accorge di quanto si sia agitato. Lo fa sedere.
Qualcuno accorre, allarmato dalle urla, ma lui li respinge ripetendo ancora che tutto è a posto.
Wolley ci vede doppio. "Ti faccio pietà in questo momento, non è così?"
"Ragazzo, smaltisci la sbornia e tornatene a casa..."
"La voglio abbandonare, la mia casa!" esclama angosciato "Non ci voglio tornare. Ho troppa paura."
"Ma perché?"
"Perché l'ho lasciata, e mio padre non me lo perdonerà mai che l'ho lasciata!"
A Yvan si formano dei punti interrogativi sopra la capoccia.
"Kinopio! È lei che ho lasciato!" urla Wolley afferrando in un impeto la camicia di Yvan e piantandogli addosso le palle degli occhi "È una cara, carissima ragazza, Dio sa quanto avrei voluto ricambiare il suo amore. È così gentile, è così brava, così comprensiva, ma si merita qualcuno che la ami davvero e quel qualcuno non sono io!"
"Ti sei ridotto così perché ti senti in colpa." dice Yvan in un tono neutro, come se volesse fare chiarezza.
"No. Perché sono innamorato di te! Ed è sbagliato, assurdo, perché tu... tu sei un soldato e io sono un pacifista. Tu vivi ogni giorno nello scontro e nella repressione e io invece sono contrario a questo e cerco la pace e l'armonia del mondo. E tu non mi amerai mai, come io non amerò mai lei!"
Sputata così la sua dichiarazione, nel peggior modo possibile, Wolley si piega in due e butta fuori per terra, rumorosamente, tutto l'eccesso d'alcol che ha ingurgitato nel corso di questa serata maledetta. E l'eco che intanto gli batte sulla testa un colpo di padella.
Si disidrata al punto che a un certo momento perde conoscenza.
Si riprende mentre è già bello impacchettato dentro l'ambulanza.
Il fungo blu è seduto accanto a lui ma è girato, non lo guarda. Sembra decisamente seccato.
Wolley si sorprende a scrutare attentamente il suo profilo, lo sguardo fisso, concentrato degli occhi serrati quasi ridotti a fessura.
È confuso, non capisce cosa succeda, si domanda dove diavolo si trovi.
"Yvan..." biascica incerto.
"Zitto." sibila lui senza muoversi.
E Wolley zitto rimane mentre lo portano in ospedale, gli fanno degli esami e poi lo tranquillizzano dicendogli che ha semplicemente esagerato con la cachaca. Cattivo, cattivo ragazzo.
Sul lettino che deve apprestarsi a lasciare a qualcuno che ne potrebbe avere un bisogno maggiore, Wolley cerca di schiarirsi le idee ma non ce la fa per colpa di questo fastidioso mal di testa. L'Eco l'ha sistemato per bene.
Ricorda di aver alzato i bicchierini e aver brindato con la ragazza che aveva appena lasciato.
Poi ha un vuoto, non si ricorda di aver raggiunto la caserma né di aver trovato un'ottima idea scavalcarne il muro per andare a cercare lì dentro il fungo dei suoi sogni.
Yvan avanza a passi lenti nella stanza.
"Che cosa è successo?" gli chiede "Non ricordo nulla, ho la testa che mi scoppia."
L'altro si avvicina ancora di più.
Con uno scatto serpentino la sua mano va ad acchiapparlo per il colletto della maglietta proiettandolo contro di sé.
"Tu hai un problema." dice.
"Non è vero." si difende lui.
"Il primo passo per risolvere un problema è quello di ammetterlo."
"Ma io non ho nessun problema." ribadisce Wolley ottusamente.
"Così non ti aiuti." lo lascia andare e si volta "Chiamerò i tuoi e spiegherò loro che hai bisogno di andare in una comunità..."
"Piuttosto preferirei che mi mandassi in carcere!“ esclama lui risolutamente.
Allora Yvan si arrabbia e lo insulta: "Tu sei un idiota, non sai quello che dici. In carcere quelli come te se li mangiano."
"Sono certo di non avere nessun problema... e se ce l'ho, posso gestirlo da me."
"E come?" fa il soldato, sarcastico.
"Con la cazzo di FORZA DI VOLONTÀ!“
Avendo gridato più di quanto avrebbe saputo sopportare, la testa di Wolley decide di scoppiare sul serio.
Vedendolo così miseramente in difficoltà, Yvan gli afferra la faccia.
"Lasciati aiutare." addolcisce il tono. I loro nasi quasi si sfiorano e Wolley si pente di tutto.
Ricorda improvvisamente di avergli confessato di essere innamorato di lui.
Ma quando glielo ha detto? E lui che cosa ne pensa?
Gli viene voglia di piangere di nuovo e Yvan lo lascia un po' da solo, imbarazzato.
Non chiamerà i suoi. Non lo manderà in comunità.
E Wolley terrà fede a quello che ha detto, lotterà da sé contro le cattive abitudini fino ad abbandonarle completamente, affronterà suo padre

(ma chi è suo padre?)

e questi lo ripudierà.
"Ma sai cosa? È una liberazione." dice a Yvan.

Anche se sa di mentire.
È passato un anno e, con leggerezza, i due toad si sono infine avvicinati.
Non è stato facile né immediato, ma in questo processo ha contato molto l'evoluzione di Wolley, da cui Yvan è rimasto veramente colpito.
Adesso è decisamente più sicuro di sé, ha respinto la depressione e il senso di inadeguatezza nei confronti del resto del mondo che minacciavano di ghermirlo, è allegro, sprizza simpatia da tutte le spore ed è capace di coinvolgere gli altri con la sua irrefrenabile gioia di vivere.
Si è finalmente accettato per ciò che è, vive in pace con se stesso.
Non è più quello che doveva essere, è quello che vuole essere.
È sempre imbranatello, ma riesce ad annullare il senso negativo del suo carattere con la sua irresistibile dolcezza.
E avrebbe avuto tutte le ragioni per buttarsi giù, ma non lo ha fatto.
Lo sente ridere di più, molto di più.
Come poteva non arrivare a ricambiarlo?
Il giorno in cui si sono scambiati il primo bacio c'è stato seriamente da commuoversi.
Il padre di Wolley, per ripicca, lo aveva licenziato e pure costretto a lasciare gli studi all'università privata.
Non con i miei soldi! aveva esclamato. E poi perfino l'aveva cacciato di casa.
Wolley era rimasto un po' triste per questo, non perché si fosse ritrovato di colpo al verde dopo una vita di lussi, ma perché aveva seriamente sperato che suo padre lo capisse, che lo accettasse. Che gli dicesse che dopotutto restava sempre suo figlio.
Invece si era sentito dare della 'checca irresponsabile che non ragiona' e dire che non capiva quello che gli altri fanno per lui, di essere un ingrato, uno stupido, di star buttando via la propria vita.
Aveva detto ancora qualcos'altro, ma lui a quel punto aveva sbattuto la porta di casa e, masticando rabbia, si era andato a rifugiare alla caserma (stavolta però era passato dalla porta).
E Yvan ha trovato il modo di consolarlo. Lo ha accolto in casa propria, oltre che nel suo letto.
Ha fatto la promessa che cercherà di aiutarlo sempre, in qualsiasi frangente, in qualsiasi situazione, e farà di tutto per tenervi fede.
Vi chiederete, perché?
In verità, se glielo domandaste, nemmeno lui saprebbe bene come rispondervi.
Voi sapreste spiegare perché vi piace quello che vi piace? Perché sono giuste le cose che sono giuste? Perché sono belle le cose che sono belle?
Forse ci potreste provare. Una cosa è bella perché è piacevole da vedere, ma perché l'occhio vi si adagia su, se ne nutre, se ne innamora, non vorrebbe guardare nient'altro, ma a tutto questo non si può trovare una spiegazione, è così e basta. Non facciamoci venire il mal di testa.
A volte bisogna semplicemente credere a ciò che ci viene detto senza farsi domande.
Come già saprete, in seguito a tutto questo, abbiamo avuto il rapimento della principessa che ha portato i nostri due micotici amici ad affrontare un'avventura che mai si sarebbero aspettati di dover vivere insieme ai fratelli Mario. Quella storia ve l'ho già raccontata.

Ed eccoci infine qui, dove ci eravamo lasciati. Fuori dal castello di Bowser, alla fine del viaggio durante il quale si sono inseguiti a vicenda, un viaggio che in fin dei conti non era necessario, ma ha che comunque contribuito a rinsaldare ancora di più il legame indissolubile che già s'era creato tra loro.

Wolley si è intristito. Aveva intravisto nella missione di recupero della principessa quella grande occasione di riscatto, quella che ti capita solo una volta e che ti cambia la vita, e che può far cambiare agli altri l'idea sbagliata che si sono sempre fatti di te.

Aveva veramente creduto di poter far qualcosa di memorabile, far del bene a qualcuno e nel contempo riuscire a dimostrare il proprio valore, ma Mario, avendo portato lui materialmente fuori la principessa, si è involontariamente preso la fetta più grossa di gloria.

Sa bene che non lo ha fatto di proposito, ma aveva avuto la sfortuna di crederci fino alla fine e adesso la delusione è gigantesca.

Yvan lo sta giustamente consolando e gli fa notare che la cosa più importante di tutte è che la ragazza abbia alfine ritrovato la sua libertà.

Ma Wolley pensa, nonostante tutto, ancora a suo padre, rammaricandosi di non avergli potuto dimostrare chi lui sia davvero.

Non che si aspetti o che gli importi di essere reintegrato nel suo testamento, vorrebbe soltanto riappacificarsi con la famiglia che, nonostante gli screzi, gli insulti e il disprezzo, si è accorto che gli manca.

Ma cerca di convincersi che in fondo sia sempre stato impossibile.

"È da un bel pezzo che ci penso, avrei voglia di cambiare aria." butta là mentre camminano mano nella mano, osservando il punto in cui Mario e Peach sono spariti, allontanandosi a cavallo di Yoshi.

Yvan passa il pollice sul dorso della mano che gli stringe.

"E dov'è che vorresti andare?“ gli chiede sospirando. In realtà se lo aspettava.

"Da qualsiasi parte, ovunque." replica Wolley scrollando le spalle "In un qualsiasi posto in cui possiamo ricominciare tutto da capo. Anzi..." si ferma di botto "Perché non partiamo adesso? Dico proprio adesso, subito, nel senso immediato del termine! Qua abbiamo finito, che cosa ci trattiene ancora? “

Yvan piega di lato il capoccione “Non hai voglia andare a vedere i festeggiamenti?"

"Tanto non sono per noi."

Non sa di sbagliarsi, ma è una scusa.

Yvan resta in silenzio per un po', assorto. Non ribatte, non protesta, ma sorride. Avvicina la mano sinistra al viso dell'altro in un buffetto tenero, guardando le proprie dita paffute sulle quali Wolley appoggia la guancia.

Non pensate che sia una specie di miracolo che dei funghi abbiano le dita, tutte le cinque dita degli umani? E non pensate anche voi che siano un po' troppo nude, queste dita?

Il laborioso cervello di Yvan sta formulando un pensiero nuovo, un pensiero di evoluzione, un pensiero che manda in tilt la sua capacità di ragionamento. Lo aveva già fatto in passato, ma non in maniera seria.

Eppure sembrerebbe così dannatissimamente facile.

Ci vorrà un po' di tempo per organizzarsi, naturalmente.

Prima dovrebbe trovare un volo immediato per una località abbastanza distante.

Non hanno bisogno di essere ritrovati, c'è qualcosa di romantico e di pericoloso nel viaggiare senza che nessuno lo sappia.

Una volta atterrati però, sarebbe d'obbligo o quantomeno cortese spedire almeno una cartolina che avvisi la principessa Peach di dove si trovano.

Mario le dirà certamente chi sono, l'unica cosa che le chiederanno sarà di tenere la corrispondenza con tutti gli altri.

Si saranno in tal modo liberati, tolti il pensiero, nessuno li taccerà di essersene andati senza dir nulla e nessuno li andrà a cercare sapendo che sono al sicuro da qualche parte.

Dovrà però assicurarsi che nel posto in cui si recano vi sia almeno una gioielleria, altrimenti dove trovare l'anello con cui accompagnare la proposta che ha in mente di avanzare?

Voi pensate che sia una decisione affrettata ma in verità non è proprio così.

Questa idea aveva già iniziato a formarsi nella mente del toad, era piccolissima e in stato embrionale, ma comunque presente, fin dal momento in cui si era trovato a tirare un sospiro di sollievo per averlo ritrovato dopo essere stato sicuro di averlo perso. Solo che adesso si è definita, è diventata un proposito e presto si concretizzerà.

Si domanda se dirà di sì.

Ma non c'è bisogno di correre, tutto verrà naturale.

Basterà aspettare il momento perfetto. La sorpresa farà il resto.

 

 






 

Spazio autrice:
Bucken Berry e Ala Gold. Yeah, ho deciso di riciclare questi due soprannomi non ufficiali dati ai toad come se fossero i veri cognomi di Yvan e Wolley. Così non si offende nessuno. Spero che questa specie di prequel su loro due vi sia piaciuto.

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Capitolo 7
*** Una nuova storia - prima parte: Porporina e colla ***


Un uomo di circa trentacinque anni è seduto compostamente di fronte a uno schermo formato maxi, collegato a un gigantesco telescopio, su cui si susseguono le immagini di posti meravigliosi. Non ha bisogno di alcun telecomando, la ricezione lì è telepatica, è il pensiero che la attiva.

Passa in rassegna tutti i luoghi che in qualche modo gli ricordano la propria vita. Brooklin, Sorrento, Venezia... poi va oltre, verso l'esplorazione di quelli selvaggi ed esotici, quelli che spesso molti si ripromettono di visitare almeno una volta nella loro esistenza.
Il mondo reale è così vasto e affascinante e lui avrebbe voluto girarlo di più quando si trovava lì. Deve purtroppo accontentarsi di questi viaggi virtuali, per non dire mentali.

Ma Mario non ha rimpianti, perché la sua scelta, seppur di sicuro qualcuno la definirebbe discutibile, lo ha portato a trovarsi insieme a quella che ormai è la donna della sua vita.
C'è un consistente numero di persone, nel mondo che ha lasciato, le quali hanno avuto modo di conoscere la sua grande impresa, la sua avventura definita 'meravigliosa', ma forse non si sono mai effettivamente resi conto di quanto essa sia stata ardua da superare.

Mario pensa a suo fratello e compagno di avventure Luigi. Da poco ha scoperto che si è unito in matrimonio a una donna che sarebbe dovuta diventare regina... non prima che lei rinunciasse al proprio trono per stare con lui. Troppo grande sarebbe stato lo scandalo, altrimenti. Non che a Daisy questo importi, ma i suoi genitori devono sicuramente essere dei tradizionalisti.

Pensa anche a se stesso, alla Pusa, alla principessa, alla quasi dea che adesso gli è accanto, e si compiace della propria vita, che tanto buona è stata con lui, concedendogli il premio più grande a ricompensa della sua audacia e del suo altruismo.
A volte non se ne sente quasi degno, perché l'ha incontrata in conseguenza di uno sbaglio.
Ma si è rivelato essere l'errore migliore che avrebbe mai potuto commettere.
Come sempre, quando gli sovviene alla memoria la sua Rosalinda, Mario non può fare a meno di sorridere come un ebete. È l'amore che lo rincitrullulisce.

Così, c'è chi, ignaro della sua cotta per l'angelica deità, adesso lo chiama Super Mario, chi specula sulla sua immagine, chi sviluppa videogiochi basati sulla sua storia. Mille e mille titoli che non fanno altro che riprodurla all'infinito, sempre uguale, di base, eppure ogni volta arricchita con qualcosa di nuovo. Un mondo completamente inventato da attraversare, un episodio creato ad hoc per essere percorso, un nemico che in realtà non è mai stato incontrato. Più un centinaio di minigiochi, per lo più dedicati al mondo dello sport, che non c'entrano nulla con lui e che pretendono di attribuirgli abilità che lui nemmeno si sogna di avere, ma che ugualmente si vantano di portare il suo nome sulla copertina.

Solamente Mario sembra sapere come sia andata veramente. C'è pure chi si è convinto che, dopo aver liberato la famosa principessa dal drago fiammeggiante che l'aveva catturata, Mario l'abbia sposata. C'è perfino qualche artista che ha immaginato per loro dei figli che non esisteranno mai nel 'canon' del suo universo.

La realtà è ben diversa. Nella realtà, anche Peach ha un altro uomo.

Mario non lo ha mai incontrato personalmente, ma lo ha visto attraverso quello schermo che lo separa costantemente dalla realtà. Si chiama Haru, un tipo dall'aria insignificante a vederlo, delicata, poco virile, per di più dai non poco improbabili capelli verdi, ma che comunque è un principe. Il classico principe azzurro affascinante per cui tutte le donne darebbero un rene. Inevitabile che sposi una principessa. E senza aver dovuto muovere un dito per salvarla!
Ma, a quanto sembra, questa non è propriamente una regola inviolabile.

Questo però non lo sa nessuno, seppur l'osservatorio, per quanto galleggiante nello spazio aperto e fisicamente distante da quella che chiameremmo civiltà, sia anche dotato di WiFi.

Per qualche ragione, è proprio Peach quella che è appena comparsa sullo schermo. Mario non ha scelto di vederla, forse però pensando a lei ha inconsciamente avuto voglia di sbirciare ciò che stava facendo in quel momento. La vede in uno studio -deve essere per forza il suo, a giudicare dalle pareti inevitabilmente rosa- con un'aria indaffarata in volto, un barattolino di colla e uno di brillantini in bilico in una mano e le forbici in un'altra.

Non ha il tempo nemmeno di chiedersi a cosa le servano che una voce alta, calda e lievemente adirata si leva dietro le sue spalle: “Ehi, chi stai guardando?”

L'idraulico si gira leggermente, inquadrando la figura alta e magra e dalle curve gentili di sua moglie.

La ragazza, dai capelli di un biondo perlaceo che le seminascondono gli occhi di ghiaccio, tiene in braccio uno Sfavillotto addormentato, alias una specie di stellina grassoccia, cui fa da mamma.

Se non le avesse occupate, terrebbe le mani a pugno sui fianchi, segno della sua palese irritazione che in alternativa emerge dal suo sguardo, un cuore dolce e caldissimo ma con la superficie congelata. Paradossale nella sua concretezza.
"Non essere gelosa, tesoro" le sorride con un certo imbarazzo. La gelosia non è propriamente un sentimento che si addice a lei, ma si tratta pur sempre di una femmina, dopotutto. Le femmine, si sa, sono sospettose per natura. Hanno bisogno di conferme continue dal proprio uomo.
"Non lo sono" gli assicura difatti lei, anche se i suoi occhi stanno dicendo che se quella ragazza nello schermo fosse poco vestita magari lo sarebbe, o almeno è ciò che Mario coglie.

Fa sparire in fretta l'immagine di Peach, non gli importa poi così tanto di curiosare nella sua vita.

Non lascia che la fantasia inizi a divagare, le spiega tutto in parole povere, che si era trovato a pensare a lei per puro caso. Mario non ha mai avuto segreti con Rosalinda. E non ce li può avere. A volte si immagina che, se lo volesse, potrebbe pure leggergli nella mente.

Gradatamente, il viso della Pusa da corrucciato com'è si rilassa e arriva anche a mostrare a propria volta il suo sorriso, quello che Mario adora, quello che lo ha fatto innamorare.

A volte i conflitti, le paranoie, le discussioni possono essere evitati semplicemente con la sincerità.
Mario è sempre ben lieto di ritrovare, dopo uno dei brutti attimi di turbamento purtroppo non rari sul volto lunare della sua donna, quell'espressione di umile calma e di serenità che l'ha sempre contraddistinta, come se nessuna catastrofe in tutto l'universo potesse turbarla, come se il suo animo aleggiasse ben al di sopra di tutte quelle inutili sciocchezze umane, ma non vuole cascare nella solita banalità di dirle ad alta voce quanto la ami e quanto sia bellissima, anche perché lo avrà fatto tante di quelle volte che teme di scocciarla, a un certo punto.

Mentre si chiariscono, un toad con la capoccia a pois verdi sbuca fuori da dietro lo schermo gigante che poco prima Mario stava guardando. "Ecco fatto, signora Mario, sono trentacinque monete" dice in tono distratto asciugandosi le manine sporche di polvere con una salvietta.
L'idraulico lo guarda confuso. Lo indica con sguardo interrogativo. Non s'era nemmeno reso conto che ci fosse qualcun altro in casa.
"È il tecnico" spiega Rosalinda "Ha apportato una modifica al telescopio applicandovi il teletrasportatore, in modo da poter raggiungere materialmente i luoghi che prima potevano visitarsi solo in maniera virtuale. Funziona ovviamente solo quando dall'altra parte c'è installato un portale. Così puoi raggiungere i posti in cui vuoi andare... in una frazione di secondo."

Un attimo di incredulità viene immediatamente sostituito dell'accettazione totale di questa bizzarra verità. Mario ormai è così avvezzo a stranezze di questo genere da non potersene stupire più.

"Ed è per te" rivela la donna "So, come mi hai appena dimostrato, che ci sono tante cose che vorresti vedere dal vivo, e tante persone che vorresti riabbracciare... così ne avrai la possibilità."

Le domande non servono, ma per via della sua natura curiosa, opta per la meno strabiliante: "E lui ci lavorava mentre lo usavo?"
"In tutta sicurezza, Mr Mario" gracchia il toad con la tipica voce acuta che a quanto pare è comune a tutti gli esponenti di questa singolare razza. Sorride, e a Mario non può fare a meno di ricordare i suoi vecchi amici.
Il ricordo di Yvan e Wolley, la coppia di toad che lo ha accompagnato nella sua avventura, evoca irrimediabilmente anche quello di Yoshi, il piccolo dinosauro che li ha materialmente trasportati. Si accorge di avere una disperata voglia di rivederli tutti quanti, anche Peach e Daisy. E Luigi, ovviamente.

Li vorrebbe sul serio ritrovare tutti quanti, stringerli, parlare con loro, farsi prendere in giro, farsi una bella spaghettata tutti insieme e ridere, ridere raccontandosi aneddoti divertenti, perché, semplicemente, sono state loro le persone più importanti della sua vita. E più di ogni altra cosa, vuol presentare loro la sua amatissima Rosalinda, soprattutto vuole farla conoscere a Luigi che non ha mai avuto il piacere di vederla.

"Amor mio..." esita quando il tecnico se n'è andato e son rimasti soli.
"Quando esordisci in quel tono dolce vuol dire che stai per chiedermi qualche cosa." sospira Rosie battendo divertita le ciglia.
"Oh, ma no, ma no, giuro! Voglio solo dirti che sei davvero molto gentile e cara a darmi questa possibilità." continua lui "Per me ha un grande significato, perché dimostri di fidarti di me e non sai quanto lo apprezzi. Magari, se non mi conoscessi, potresti -dico, potresti- pensare che io ne approfitti per andarmene con qualche altra donna che non sia tu..." Peach non sarà più sullo schermo, ma è naturale che si riferisca a lei

"Non è questo ciò che mi preoccupa" la moglie sembra scandalizzata, ma in verità la sua sviolinata l'aveva già insospettita e il tono si fa affannoso "L'unica cosa di cui ho davvero paura è che una volta tornato nel mondo da cui provieni, tu ti accorgessi di voler restarci per sempre."
"Ma no... " cerca di interromperla senza successo.
"E avresti ragione, eppure so che ti manca così tanto, hai rinunciato a così tante cose della tua vita per seguirmi che io non avrei il coraggio di dirti di no..."
"Ma tu sai che io non lo farei mai!" la rassicura in fretta. Sul suo viso stavano tornando le ombre di quella misera esistenza solitaria che aveva dovuto sopportare di vivere per secoli prima di incontrarlo. Non vuole, non vuole assolutamente che si intristisca di nuovo, perché sa che non se lo merita. La sua felicità è la cosa che più gli sta a cuore. Lo sa benissimo di amarla sinceramente.

Le prende la mano libera, stringendogliela con ardore, e alza la testa verso di lei perché vorrebbe baciarla. Vorrebbe dirle 'ehi, stai tranquilla, sono qui e non me ne vado', ma lei ha alzato lo sguardo e la sua bellezza mesmerica in quel momento è talmente perfetta da affascinarlo al punto di togliergli le parole.

Deve accontentarsi di assicurarglielo comunicandoglielo con gli occhi, confidando nella sua consapevolezza che essi siano limpidi e onesti. Come sono sempre stati e di cui mai dovrà dubitare.
Lei approfitta di questo contatto per mettergli tra le braccia il piccolo Sfavillotto.

Mario non si risente per il bacio mancato e lo accetta prendendo a cullarlo, ormai è come se fosse lui il papà, in questa famiglia inusuale.

L'ordine familiare è così ricostituito. Quello che Mario non sa è che tra poco avrà sul serio occasione di utilizzare il congegno di teletrasporto che è stato appena installato.


 


 


 


 

Peach sta ritagliando e decorando uno per uno dei deliziosi cartoncini rosa. Sono degli inviti personalizzati al ricevimento per il suo fidanzamento ufficiale.

Sono tre, sono speciali e sono gli unici per cui ha preferito non affidarsi al centro stampa del regno di cui si è servita per tutti gli altri. In questi ha voluto metterci un tocco personale.

Uno è per il signor Luigi Mario + signora, da indirizzare a New York city, dove la squisita coppia abita da quasi due annetti ormai.
Già, come vola il tempo! Sembra ieri che ha ricevuto la chiamata inaspettata di Daisy, mezzo inopportuno a dir poco per un annuncio tanto importante, per mezzo della quale l'ha informata del grande evento.

"Abbiamo fatto una pazzia" aveva esordito con il suo solito tono allegro dall'altra parte del telefono. Ma la linea era un po' malandata -sfido, da un mondo all'altro è più di un'intercontinentale!- e non l'aveva sentita ridacchiare.
Così si era spaventata, aveva pensato che avessero avuto intenzione di commettere qualche gesto avventato. A pensarci bene, non si era sbagliata poi di molto.

"Adesso dovrai smettere di chiamarmi principessa" aveva spiegato Daisy, e anche se la ricezione era uno schifo, adesso si sentiva benissimo che stava letteralmente sghignazzando mentre parlava "Perché sono diventata la signora Mario!"

Peach ricorda di essersi sentita le ginocchia di gelatina.
"In che senso?“ aveva chiesto, ma la risposta era ovvia, stava solo cercando di prendere tempo per dare modo al suo cervello di disincepparsi.

"Nel senso che abbiamo preso i suoi, gli abbiamo detto di farci da testimoni e ci siamo trascinati in una cappella. Senza pretese, senza invitare nessuno e senza avvisare nessuno. E ci siamo sposati!"

Aveva taciuto per quasi un minuto intero, tanto che Daisy aveva pensato che fosse svenuta e si era messa a sbraitare.
Ma Peach non era svenuta, piuttosto le stava per venire un infarto.

"Congratulazioni" era infine riuscita a biascicare con un filo roco di voce.
Dal tono di Daisy, aveva intuito che non era quella la reazione che si era aspettata.

Peach cerca di non distrarsi pensando al proprio cuore che nel medesimo attimo in cui si è spezzato ha iniziato a traboccare di gioia per l'amica, gioia sincera che al momento non era riuscita a esprimere, mentre compila con cura l'invito.

Il motivo per cui il suo cuore si è spezzato è che avrebbe voluto poter dire anche lei con così tanta nonchalance di essere diventata la signora Mario... Ma ciò non è stato possibile.

Mette dei cuoricini al posto dei puntini sulle i del nome di Luigi, spera così di trasmettere loro un minimo del suo amore.

Il secondo invece è per i signori Yvan Bucken Berry e Wolley Ala Gold, da spedire presso l'Isola Delfina in cui sono scappati. Dopo tante indagini a vuoto è finalmente riuscita a rintracciarli, in realtà ha avuto successo solo perché sono stati loro stessi a mandarle una cartolina, chiedendole di rassicurare gli altri e di non cercarli.

Però lei li invita lo stesso, vuole sorprenderli e deliziarli, ci tiene sul serio a conoscerli. Non accetta che se ne siano andati via prima che potesse dare anche a loro il dovuto ringraziamento per il suo salvataggio. Non crede proprio che le possano dire di no.

E l'ultimo è per Mario. Destinazione: le stelle.

Peach resta pensierosa, quasi esita, c'è una specie di rabbia che le esplode tra le dita e che le fa calcare un po' troppo la penna sulla superficie del cartoncino mentre traccia con precisione minuziosa e con una calligrafia impeccabile accanto al suo nome un '+ famiglia'.

La famiglia che ha trovato lontano dal Regno dei Funghi, la famiglia che non si è voluto costruire insieme a lei.

"Lo invito alla mia festa di fidanzamento" si ricorda "Vuol dire che anche io sono stata in grado di trovare la felicità della mia vita, anche senza di lui. Che l'ho dimenticato e che posso sopportare senza batter ciglio la vista di lui, mano nella mano con la sua meravigliosa consorte e pure di quel marmocchio sbrilluccicoso..."

La mano di Peach trema, causando un'imperfezione microscopica e quasi invisibile alla fine della parola 'famiglia'.
La osserva strizzando gli occhi per aguzzare la vista. Non vuole imprecare, si limita a mordersi il labbro inferiore dall'interno.
Quell'invito deve essere assolutamente perfetto. Non esiste che Rosalinda si accorga che c'è una insignificante macchiolina a turbare l'ordine maniacale con cui lo ha redatto.

Peach strappa il cartoncino in due. Non contenta, ne fa tante striscioline e le lancerebbe in aria se questo non le facesse improvvisamente ricordare del comportamento isterico che ha tenuto quando era ancora imprigionata nel castello di Koopa e trattata come un animale incatenato.
"Mantieni la calma" si impone "Mantieni la calma e la dignità" prende un respiro profondo e si accinge a ritagliare un nuovo cartoncino per ricominciare da capo.
Stavolta chiude la mente, come quando fa yoga. Non fa errori.

Prende i tre inviti tra le mani e li rimira, contenta del proprio lavoro. Impone il sigillo reale su ognuno di essi. Li richiude in tre buste che aveva precedentemente indirizzato e affrancato.

"Toadette" chiama, e la damigella servile e paziente arriva subito "Porta queste al postino e fa' in modo che non si perdano assolutissimamente! Per favore!" aggiunge, non si deve dimenticare mai la forma di cortesia, in modo che un ordine divenga una graziosa richiesta, come un bruco che si mette un paio di ali variopinte per evitare di essere schiacciato da chi lo trova orripilante.

La ragazza toad esce con una riverenza dalla camera per eseguire. Uscendo, si scontra con qualcuno che invece sta entrando.

"Bella principessa!“ esclama il nuovo arrivato entusiasta "Ti vengo a dare la tua razione quotidiana di abbracci!“
"Tesoro mio dolce!“ urla lei felice correndo tra le sue braccia. Era proprio quello di cui aveva voglia, anche se ancora non lo sapeva.
E si trova la faccia tutta leccata affettuosamente.

Non si è certo dimenticata del tenero Yoshi, ma adesso lui vive a corte con lei, quindi fargli un invito scritto non avrebbe moltissimo senso.
"Partiti?“ le chiede.
"Proprio adesso" conferma “Ho appena mandato Toadette a portar loro gli inviti!"
"Evviva!" esulta il dinosauro "Quindi ci riuniremo tutti insieme un'altra volta!“
“Sì, ma ti avverto che non sarà una festa di fidanzamento in grande stile come siamo abituati da queste parti... sarà una cosa informale."

Yoshi frena gli entusiasmi e d'improvviso mette su un faccino triste e un'aria da cane bastonato.

"Ma non preoccuparti, la torta ci sarà lo stesso!" lo rassicura schiacchiandogli l'occhiolino "Ho intenzione di farla alta tre piani e di usare le dolci bacche che crescono nella tua terra per farcirla."

La tristezza sparisce all'istante dal muso di Yoshi, il quale decide di sforare il dosaggio giornaliero raccomandato dai dottori di abbracci alla sua dolce e amatissima principessa.


 


 


 


 

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Siamo in una delle case sul cui citofono c'è scritto che ci abita la famiglia Mario, nel mondo Reale, qualche tempo dopo la scena che avete appena letto.

Nel corridoio di fronte al bagno c'è la nostra ex principessa dei fiori Daisy -in abiti casual, gonna jeans tagliata al ginocchio, maglietta gialla a righe e le famose Converse nere di cui tutti si ricordano fin troppo- che saltella tutta eccitata come una bambina cui è stato promesso un pomeriggio alle giostre.

"Voglio abbracciarla in un abbraccio supermegaiperstritolatore!“ urla. Non sta proprio più nella pelle dalla gioia di tornare dalla sua amica del cuore Peach.

Suo marito, inginocchiato sul pavimento, nasconde un sorriso bonario e divertito sotto i baffi, sempre curati e sempre scurissimi come il caffè, senza neanche un filo d'argento a impreziosirli.

Hanno ricevuto la lettera con l'invito giusto il giorno precedente e Luigi si è immediatamente messo al lavoro per collegare il tubo che li porterà comodamente da casa loro fino al Regno dei Funghi. Loro non hanno il teletrasporto di Rosie e nemmeno ne sospettano l'esistenza.
Solo una cosa c'è che potrebbe smorzare gli entusiasmi dell'impaziente signora Mario.

"Te lo chiedo ancora: sei sicuro che non ci sia un altro tubo che puoi usare?” chiede questa, sperando in una risposta diversa da quella che ha ricevuto prima.
“Te lo dico ancora: sì.” risponde pazientemente lui "Non ce n'è uno più grosso di questo e poi è l'unico che posso manipolare senza che ci facciano una multa."
"Che sarà mai una multa!” si stringe nelle spalle la ragazza "Potevi usare il tubo della fontana che c'è al parco, quello scommetto che era più grosso!"
"Col mio misero stipendio non posso certo rischiare" sorride Luigi "Quegli spilorci dei tuoi non ti hanno lasciato nemmeno un minimo di dote..."
"Ah! AH! AH! Ci mancherebbe!" Daisy fa la risata forzata apposta "Ringrazia che non ci hanno defenestrati!"

Luigi continua a conversare tranquillamente con sua moglie mentre smanetta con la chiave inglese, non è minimamente in imbarazzo per questo argomento. Non più, ormai.

Quando i genitori di Daisy hanno capito le intenzioni della figlia, la scenata che hanno fatto è stata a dir poco ridicola.
La regina prima aveva finto un mancamento e poi si era messa a strillare come un'invasata che sua figlia doveva certamente essere pazza o vittima di un incantesimo, mentre il re se avesse potuto mettere le mani addosso a Luigi gli avrebbe fatto diventare tutti e due gli occhi più neri dei suoi baffi. Voleva addirittura farlo arrestare, ma naturalmente Daisy non glielo aveva permesso.

In quel frangente, i due futuri sposi che ancora non avevano nemmeno deciso che si sarebbero sposati si erano guardati in faccia, entrambi sconcertati e mortificati dalla loro reazione.

Adesso la prendono sul ridere e non è raro che scappino battute a volte pure pesanti sull'accaduto, battute che ridicolizzano i due sovrani e che spesso partono proprio da Daisy.

Ma è una facciata. E in fondo sanno benissimo entrambi di esserne rimasti terribilmente delusi.
Il fatto che si siano sposati così di fretta è stata tutta una ripicca. Anche se Daisy non lo ammette e dice di averlo fatto nella speranza che vedendo quanto si amano avrebbero potuto arrendersi e accettare la situazione.

Ma, alla fine, bisogna vivere e lasciar vivere... Daisy continua a dire che non le interessa più nulla di aver perso il suo titolo e Luigi la asseconda.

Deve tenersi buona sua moglie, spera solo che non si penta mai della sua scelta. Il dubbio ogni tanto gli viene, anche per via dell'odiata insicurezza di fondo che purtroppo ha sempre fatto parte del suo carattere.
Per fortuna non sembra che Daisy sia una che fa le cose senza esserne assolutamente convinta. Ha un carattere troppo deciso perché si possa dubitare di questo, eppure Luigi ha paura che un giorno si svegli e trovi lei che si prepara le valigie e lo accusa urlando e piangendo di averle rovinato la vita...

"Ti prego, però almeno non diciamolo a nessuno che siamo passati da lì!“ implora la ragazza.

Luigi dà l'ennesimo strattone e finalmente il tubo verde di collegamento esce fuori dalla tazza del water.

"Facciamo che io non lo dico se tu non lo dici" propone, alzandosi e andando a lavarsi le mani.

Daisy fa una specie di piroetta su se stessa e, lanciando un sospirone, si lascia cadere in avanti a peso morto, ma prima di finire a terra si aggrappa a lui posandogli le braccia sulle spalle e trascinandolo giù con sé.
Per la sorpresa, Luigi si lascia sgusciare dalle mani la saponetta che parte in aria come un razzo a propulsione.

"Ma... mi devi fare prendere un infarto?" la accusa sbalordito cercando di reggerla. Luigi è consapevole che la donna che ha sposato a volte ha dei comportamenti bizzarri -per non dire da folle- ma dopo due anni di vita insieme non è ancora riuscito ad abituarvisi.
"Sono solo contenta che andiamo da Peach" ride lei, e gli schiocca un bacio sulla bocca succhiandogli le labbra con gusto prima che possa avere il tempo di dire qualsiasi cosa.

"Per punizione adesso dovrete infilarvi voi per prima dentro la tazza del regal cesso" la condanna dopo essersi liberato.
Lei sbuffa "Pensavo che il galantuomo che siete mi avrebbe portata in braccio"
"In due non ci entriamo, c'è spazio per scendere solo uno alla volta" le spiega, aspettandosi il broncio e la protesta che dovrebbero arrivare un secondo dopo.

Invece, sulla faccia di colpo bianchissima della ex-principessa ci sono le tracce di un inspiegabile trasalimento.

"Daisy? Che c'è, tutto a posto?“ si allarma Luigi.
"Sì, sì, ho solo... Insomma, mi fa schifo l'idea di entrare là dentro!"
"Ma va? Non si era capito."
"Ma visto che tu sei un cavaliere di 'sta gran ceppa, mi tappo il mio adorabile nasino e mi tuffo per prima! Ci si vede giù" mentre ancora sta parlando si arrampica sul bordo del tubo e si lancia, proprio come se fosse sullo scivolo dell'acquapark. Luigi scoppia involontariamente a ridere pensando a questo.

"Finalmente un po' di pace" sospira poi ironicamente una volta che si è assicurato che sia sparita.

Ha calcolato che per l'attraversamento ci vogliono esattamente tre minuti e sedici secondi.
Ha giusto il tempo per rilassarsi un attimo e leggere in pace una notizia del giornale che per colpa di Daisy non riesce mai a godersi in santa pace. Si schifa per l'ennesimo aumento delle tasse, poi si infila anche lui nel tubo.

Quando i suoi piedi toccano il suolo ha lo stomaco sottosopra. Non è stato un viaggio così comodo come si era aspettato.
Daisy è di fronte a lui, di spalle e china, sembra in preda alla nausea.

"Amore" le dice, anche se lei detesta essere chiamata così "Ti senti bene?“

Lei si volta e la sua faccia è di un colorito verdastro che fa paura “Sto una favola, non si vede? Sono passata dal tubo di scarico in mezzo alla lordura a velocità folle, mi sono sentita mancare l'aria per i tre minuti più dannatamente lunghi della mia vita mentre tu ti leggevi il giornale in tutta tranquillità -Sì lo so che lo hai fatto!- e adesso mi sento alla grande!" sorride in modo per niente convinto.

Poi si piega in due e sembra che stia per vomitare.

Luigi se lo era aspettato. Si è infatti attrezzato con i sacchetti per il mal d'aria che mettono in dotazione negli aerei e gliene offre uno, ma lei lo respinge.
"Non ne ho bisogno, sono resistente, io" si vanta, facendo le smorfie.

Solo allora Luigi si preoccupa di appurare se siano effettivamente arrivati alla destinazione giusta.

Sorride, riconoscendo il giardino del castello di Peach, dove due anni fa c'è stato il ricevimento per tributare un esagerato riconoscimento a Super Mario e ai suoi compagni che hanno salvato la principessa.
La statua in bronzo dell'eroe è ancora lì, colossale, posta nel mezzo di uno dei quadrati incorniciati di rose.

"Ciao, bellezze!" dice qualcuno alle loro spalle. Si voltano per ritrovare una vecchia conoscenza.
"Wolley!” esclama Luigi sinceramente stupito "Ci siete anche voi!”

Il toad giallo gli salta senza preavviso in braccio ridendo di gran cuore "Certo, perché no? Siamo stati invitati!" strepita con la sua vocetta stridula che tanto non era mancata ai timpani delicati di Luigi.
Yvan compare un secondo immediatamente dopo dietro di lui.

"Avevamo espressamente richiesto a Peach di lasciarci in pace nel nostro angolo di paradiso" racconta sinteticamente "E invece lei ci disturba con questo invito scritto a mano e Wolley mi si attacca in testa ché vuole venire a tutti i costi finché non cedo. E vabbè"
"Arte della persuasione, si chiama" ghigna Wolley in modo adorabile.
"No, si chiama sfinimento!” lo contraddice il toad blu.

"Abbiamo un sacco di cose da dirci!" esclama Daisy tra le risate generali che hanno scosso il ritrovato gruppetto.

A questo punto Wolley la guarda in faccia e il suo sorriso si allarga a dismisura, gli occhi gli brillano, spalancandosi di una gioia in crescita. “Di quante settimane sei?” le chiede emozionato.

Luigi sgrana gli occhi. Daisy ammutolisce di colpo. Yvan fissa le loro reazioni e si sente in imbarazzo. "Wolley..." esita. Le guance gli si infiammano.

Daisy deglutisce "Ma di cosa stai parlando?” balbetta.

"Aspetti un bambino, no?" fa il funghetto convintissimo, senza minimamente togliersi di dosso quell'aria felice da pischello che ha appena visto la slitta di Babbo Natale "Era questa la novità! Noo?"
"Wolley!” adesso Yvan lo sta praticamente rimbrottando. Lo prende da parte.
"Che c'è?” fa lui, confuso.
"Mi sa che questo non lo aveva ancora detto a Luigi!" gli bisbiglia in un orecchio.
"Davvero? Ma lui come ha fatto a non accorgersene? Non lo vede il suo viso? Non lo vede che è più serena? Che è più bella?”
"Fa' un passo indietro e riattiva quell'unico neurone che ti ritrovi!"

Wolley tace per qualche secondo, dando al proprio cervello il tempo di riconnettere tutte le unità di rete...

"Aaaaaahhh!" strilla. Si volta "Scusa, scusa, doveva essere una sorpresa? Mi spiace tanto!"
"Non fa niente" Daisy sbuffa "La novità... vera… era che, pensate un po', ci siamo sposati" tenta di cambiar discorso.
"Sul serio? Che bello! Anche noi!” esclama subito Wolley "Cioè, non ancora, ma Yvan mi ha finalmente fatto la proposta e abbiamo fissato la data per questa estate, perché lui ha 'sto sogno della cerimonia sulla spiaggia, solo che a me non piace perché butteranno in aria il riso e si imbratterà tutto..."
"E sii un po' romantico"
"Non c'è niente di romantico nel dover raccogliere uno per uno dei chicchi di riso tra la sabbia! Non si inquinano i paesaggi naturali!"
“E chi l'ha detto che li dobbiamo fare lanciare per forza, santo cielo!”
“Ma è tradizione!”

"Congratulazioni“ li interrompe Daisy "E... chi di voi due si vestirà di bianco?“

Luigi fissa sua moglie "Ma sul serio?“ borbotta. Vuole dirle, non puoi mica lasciar cadere il discorso così!

"Allora, ehmmm" si arrende la ragazza sospirando e schiarendosi la voce "Non ho la minima idea di come Wolley lo abbia capito, forse ha dei superpoteri, ma ti giuro che te lo stavo per dire. L'ho scoperto... Da pochissimo."
"Già?” alza un sopracciglio.
“Dall'inizio della settimana. Ti ricordi quando sono andata dal dottore perché mi ero sentita male dopo che eravamo andati in quel ristorante e mi ero sfondata di frutti di mare? Beh, dalle analisi non era una intossicazione alimentare come credevamo... Ero già di due mesi. Okay, l'ho detto."

Wolley si mette le manine sulle guance "Un bimbo, che meraviglia. Ohhhh mannaggia, quanto ti invidio!" strilla e le abbraccia la pancia ancora inimmaginabilmente piattissima.

"Comunque, ehm, cosa facciamo ancora qui, siamo gli ospiti d'onore, entriamo o no al castello?“ propone Yvan, percependo il disagio di Luigi.

Questi è rimasto in silenzio tutto il tempo mentre Daisy spiegava la situazione imbarazzata, ha lo sguardo fisso di fronte a sé, come se non riuscisse a credere a quello che ha appena sentito. Dire che è incredulo non renderebbe al meglio l'espressione attonita che gli s'è stampigliata sulla faccia.

Poi però per fortuna si riscuote visibilmente.
Un sorriso gli si allarga lentamente sulla bocca mentre mormorando ripete "Che storia!"

"Non c'è niente da fare" dice poi col volume della voce normale e il tono che sembra a un tempo rassegnato, divertito, spaventato, euforico "Con te non ci sarà mai niente di normale”

Daisy non se lo aspetta e caccia un urlo quando con uno scatto la afferra per la vita, la solleva in braccio, la fa volteggiare. È colpita dal fatto che stia ridendo sul serio. Che quella che esprime sia gioia vera.

"Dovevi dirmelo prima, brutta scema, è così importante che dovevi per forza aspettare?"
"Sei... felice?” gli chiede timorosa.
“Ma stai scherzando! Certo! Questa sarà una notizia che oscurerà completamente Peach e il suo fidanzamento con il principe pinco pallino!”

Daisy scoppia a ridere di gran gusto e di sollievo, scalzando via con questo gesto la tensione che ha segretamente covato da quando ha scoperto il suo nuovo stato -in realtà da ancora prima, quando lo sospettava soltanto-, si abbracciano strettissimi, ridono insieme, sentono i loro cuori battere forte, consapevoli che tra loro ce n'è già un terzo, incerto e minuscolo, ma presente, che si sta lentamente sviluppando.
"Ero convinta che saresti svenuto" dice lei, lottando contro la commozione, non sarebbe da lei mettersi a piangere, ma è da un po' che si sente più sensibile. Lui scuote la testa, senza smettere di ridere "Lo pensavo anch'io" rivela.

"Aaww, ma quanto sono carucci" fa Wolley osservandoli con tenerezza. Poi afferra con un gesto brusco la mano di Yvan causando una protesta, ma se ne infischia e se la mette sugli occhi "Guarda, ho le lacrime!“ grida. Ha ceduto lui a quello cui Daisy sta cercando di resistere.

E Yvan per tutta risposta alza gli occhi al cielo.


 


 


 


 


 


 

Spazio autrice: Ragazzi, se leggendo trovate degli errori nel testo, per piacere, segnalatemeli. Nello scorso capitolo ce n'erano e non me lo avete detto! Cattivi! Cooomunque. So benissimo che questo capitolo è frammentario e corto... ma ultimamente ogni volta che mi metto lì per scrivere il mio cervello se ne va in vacanza. Se volete commentate, se non volete... patate.

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Capitolo 8
*** Una nuova storia - seconda parte: Il minatore arrabbiato ***


"Mi sistemavo per l'ennesima volta lo zainetto sulle spalle, ero nervosa, di quel nervosismo fastidioso che ti fa irrigidire le dita. Quello per cui più ti irrigidisci, più ti dà fastidio, più ti rende nervosa. Ce lo avete presente, no?

Avevo una paura del diavolo, ero agitatissima, continuavo a domandarmi che cavolo mi fosse saltato in mente per accettare una cosa del genere.

Haru mi guardava sorridendo in modo incoraggiante. Mi diceva che non era niente di difficile, che non ci sarebbero stati rischi, che tutto sarebbe andato per il meglio.

Certo, per lui era facile, lui era un esperto, lo faceva sempre per divertimento, non pensava che invece io potessi essere terrorizzata dalla prospettiva di farlo. O forse lo pensava. Per questo cercava così insistentemente di convincermi che mi avrebbe in qualche modo protetta. Diceva che mi avrebbe tenuto la mano, che avrebbe tirato la cordicella al mio posto al mio primo accenno di incertezza.

Io guardavo dal finestrino dell'aereo ed ero sempre meno sicura, l'apparecchio saliva e saliva e io me la facevo sotto. Avevo il formicolio al piede e le orecchie otturate che mi facevano male.

Non riuscivo a calmarmi. Stavo diventando isterica.

Sono una principessa, non sono abituata a queste cose, dicevo. Cercavo di giustificare la mia codardia.

Haru rideva e replicava: e allora io? Certe cose vanno fatte. Non ci si può fare bloccare dalla paura. E aveva ragione, non vi pare? È così dannatamente saggio!

Ma in fondo, era solo la mia prima lezione di paracadutismo. Come avrei potuto avere la stessa sicurezza che aveva lui?

Lui ci si dilettava abitualmente. Sapete, credo che ci sia una differenza semantica notevole tra le parole 'dilettante' e 'principiante'. Dilettante è appunto chi si diletta, chi prova piacere per quello che fa. Mentre io non ho affatto provato piacere, almeno nei primi momenti.

I primi momenti sono stati veramente tremendi. Voi non avete idea!

Ma, con il senno di poi, dovrei dire che lo ringrazio. Perché se non avesse insistito, probabilmente non avrei mai provato l'ebbrezza del vuoto assoluto sotto di me.

Sapete, è una sensazione indescrivibile. Bellissima.

Quando mi sono buttata, e non so dove abbia trovato il coraggio per farlo, ho provato qualcosa di pazzesco, qualche cosa che voi non potete immaginare se non lo avete provato... Okay, forse lo avete provato. Ma comunque.

Mi sentivo come se la pelle mi si tendesse tutta, quasi stesse cercando di scappare via dal mio corpo. E come mi batteva veloce il cuore! Lo sentivo rimbombare, sembrava un treno, avete presente no, quando stai sul treno e tu-tu-tummm, tu-tu-tummm, lo senti che va velocissimo e sembra che ti sbatta su e giù? Ecco!

Devo avere urlato un sacco, non mi ricordo, ero così sconvolta da ciò che stavo facendo che nemmeno l'ho capito bene. Haru dice di sì. Dice che con il fiato che ho tirato fuori in quei pochi minuti di caduta libera avrei potuto suonare il trombone per un'ora.

Ma poi mi ha afferrato le mani, come mi aveva promesso, e ci siamo ritrovati l'uno di fronte all'altra, con le gambe sollevate dietro di noi, svolazzanti, e i colli torti verso l'alto per riuscire a guardarci. Avevamo gli occhialini, per fortuna, se no non saremmo riusciti a tenere gli occhi aperti.

Mi ha detto una cosa banale, tipo stai calma, non ti preoccupare, sono accanto a te.

Non so come sia stato possibile, ma c'è riuscito. Dico, a calmarmi.

Improvvisamente mi sono sentita come al sicuro. Eppure stavo morendo!

E mentre precipitavamo insieme, lui mi ha gridato in faccia: sei bravissima e ti amo!

Non mi aspettavo che me lo dicesse, non in quel momento.

Credo di averlo fissato a bocca aperta e occhi sgranati per tipo tre secondi, e con il vento relativo che mi sbuffava fortissimo addosso vi assicuro che non era così facile.

Poi... È successo qualcosa di strano.

Una sensazione di pace si è impadronita di me. La mia faccia stravolta si è distesa in un sorriso beato. Lo sentivo allargarsi sulle mie labbra e mi dava un piacere impensato.

Non ho detto niente perché non ci riuscivo. Non ricordo cosa diavolo pensassi, so solo che ero improvvisamente diventata tranquillissima.

Abbiamo aperto i nostri paracadute più o meno insieme.

E poi, planavamo, mi sentivo leggera come una piuma e mi sembrava di essere trasportata dal vento e di dondolare dolcemente. Qualcosa che era del tutto differente da ciò che avevo provato appena un secondo prima.

Non appena siamo atterrati -sulle nostre gambe, mi sembrava impossibile!- Haru si è liberato dal suo zaino e mi è corso incontro per aiutarmi.

Io allora, senza dire nulla, gli sono saltata addosso e l'ho baciato con una foga tale che siamo finiti a rotolare sull'erba. E non abbiamo smesso.

So che è un'espressione un po' scontata, ma non so in che altro modo esprimermi: non mi ero mai sentita così viva!"


 

Santo cielo, starete pensando voi lettori, bulmasanzo ha appena scritto un pezzo della sua storia dal POV di Peach utilizzando la prima persona?!

In realtà, quello che avete appena letto è il racconto che lei ha fatto di uno degli appuntamenti più bizzarri cui abbia mai preso parte.

Non è stato certo il primo che abbia avuto con Haru, ricordate, la prima volta che erano usciti insieme erano andati a teatro.

Seppur niente affatto noiosa, era comunque risultata un'uscita talmente banale che il bravo principe aveva voluto recuperare con qualcosa di più originale. Si era lambiccato il cervello, poveraccio.

Beh, gli si dovrà riconoscere sicuramente che la spremuta di meningi sia servita a qualcosa.

Nessuno ha interrotto Peach mentre narrava ed è inutile dire che quando ha parlato del bacio sia arrossita. Mario, Luigi, Daisy, Yvan, Wolley, Rosalinda e Yoshi sono seduti intorno a lei, tutti con un bicchiere di frizzantino in una mano e un pezzo di torta nell'altra, e pendono tutti dalle sue labbra. Hanno tutti sul viso la medesima espressione attonita, divertita e imbarazzata. Beh, quasi tutti.

Peach guarda in faccia ciascuno dei suoi ospiti a turno. È così contenta di averli tutti lì con lei...

Ma la sua attenzione viene inevitabilmente attratta soprattutto da Rosalinda.

Quando l'ha vista arrivare, a braccetto con Mario, come per ricordarle che era stata lei a vincere, pure con tutta l'indifferenza che aveva cercato di fingere non ha potuto minimamente evitare di restarne incredibilmente affascinata.

C'è qualcosa di indefinitamente mistico nella sua persona.

È come se ovunque lei passasse venisse rilasciato uno spirito dolce di austerità e compostezza. È come se con un solo respiro potesse risanare gli animi oscurati dalla malizia del mondo...

Rendeva elegante anche l'assurdità di indossare scarpe rosse col tacco che non c'entravano una cippa con l'abito celeste ampio di gonna che tendeva a gonfiarsi da sotto in autentico stile Marilyn Monroe.

Forse è vero che è una dea. Prima Peach ne aveva solo vagamente sentito parlare, e non aveva mai nemmeno provato a immaginare il suo volto, tanto la questione non la interessava.

Ma da quando aveva sentito il suo eroe dire con aria sognante che quella era la sua donna, il suo perfido inconscio se l'era inspiegabilmente figurata come una cicciona brutta con gli occhiali spessi, i denti storti e le verruche sul naso e le aveva suggerito la possibilità che avesse potuto mettere qualcosa di strano nella tazza del caffè di Mario.

Come era possibile, altrimenti, che la preferisse a lei?

La realtà non sarebbe potuta essere più lontana dalle sue immagini mentali.

Vi ho già fatto capire, credo, che Peach sia un po' vanitosa. Giusto un pochino. Ma è anche naturale che una possa esserlo, se fin dal giorno in cui nasce tutti intorno a lei non fanno altro che continuare a ripeterle all'infinito quanto sia bella!

E poi, omettendo questo, Peach bella lo è sul serio. Non lo si può assolutissimamente negare, vabbè che la bellezza è soggettiva, ma dovresti essere pazzo per pensare che non abbia ricevuto questo dono di natura.

Il fatto è che se Peach è bella, Rosalinda lo è mille volte di più.

Lo sa, se ne è accorta. Ha istantaneamente fatto dei paragoni con se stessa.

Le labbra a cuoricino sono così da bambola, la cascata di capelli fintamente biondo dorato sembra troppo artificiale, lo splendore della pelle non può esser tale da farla brillare alla luce della luna, gli abiti rosa confetto sono stucchevoli...

E giocare alla strega di Biancaneve non serve mica.

Peach non è invidiosa, non lo vuole essere. In fondo, a cosa le serve?

E poi è lei quella che Mario è venuto a trovare. È lei quella che ha abbracciato, è lei quella cui ha detto "Sono felice di rivederti"... Certo, certo, non significa niente, due secondi dopo le aveva presentato proprio Rosie come sua consorte. E lei aveva fatto altrettanto con Haru.

Aveva sbirciato gli occhi di Mario mentre si stringevano la mano, come per scorgere in essi un lampo di fastidio che non si era palesato.

Mario era stato davvero troppo educato.

Peach sa mantenere il controllo, è bravissima in questo. È solo grazie a esso che è riuscita a non saltare addosso a Mario urlando: "Che cosa stiamo facendo? In che direzione stiamo andando? Perché non possiamo camminare insieme noi due?"

Ma poi Rosalinda aveva fatto qualcosa che l'aveva lasciata senza parole.

Le aveva preso le mani, gliele aveva strette e poi si era inchinata a lei.

Una dea che si prostra di fronte a una semplice principessa! Peach non riusciva a crederci, pensava che la stesse prendendo in giro.

"Ti porgo i miei più sentiti omaggi" aveva detto compita. E la sua faccia in quel momento non diceva 'ti odio, stai lontana dal mio uomo', diceva: 'ti rispetto'.

Poi su quel viso d'avorio opalescente per niente truccato si era disegnata un'espressione dolcissima e accattivante e il sorriso più meraviglioso della Galassia, che Mario aveva la fortuna di vedere ogni mattina appena sveglio, glielo aveva fatto brillare mille volte meglio di un fondotinta illuminante.

Peach era arrossita leggermente, adesso sembrava così umana nella sua perfezione.

Aveva sentito il bisogno di prostrarsi a sua volta e Rosie aveva rifiutato con gentilezza.

Adesso, ogni volta che i loro sguardi si incontrano, si sente un pochino in colpa per aver fatto pensieri non esattamente carini su di lei... Ma sente anche, a pelle, di essere stata perdonata, che se lei è debole lo è solo in quanto mortale, e che non ci sono rancori di sorta tra loro.

"Posso prendermi un'altra fetta?“ chiede Daisy quando Peach smette di raccontare la sua romanticheria, ma l'ha chiesto tanto per cortesia visto che sta già servendosi da sola una gran bella porzione. Lei non ha toccato il suo bicchiere di spumante, ha ascoltato ma non sembrava esattamente interessatissima. Stavi pensando alla torta, eh?

Wolley intanto ha messo da parte la sua e sta palesemente sognando a occhi aperti. Al che Yoshi gliela ruba con un colpo rapido di lingua. Lui si riscuote e strilla, come un bambino cui hanno preso il giocattolo con cui non stava giocando. Invoca Yvan come se fosse il giudice supremo ma l'altro lo ignora completamente.

A Peach questi due toad son piaciuti immediatamente, è la prima volta che ha il piacere di incontrarli ed è subito rimasta colpita dall'alchimia che c'è tra loro, che è evidente tanto quanto il fatto che sembrano avere dei caratteri praticamente opposti.

Da Yvan ha ricevuto il saluto militare. In realtà lui aveva già avuto occasione di vederlo tra le sue guardie, ma chi ci aveva mai fatto caso? Sono tutti uguali... E invece Wolley non ha fatto cerimonie inutili e l'ha abbracciata come una vecchia amica -o, meglio, le ha abbracciato le gambe- e quasi piangeva.

Wolley è veramente grazioso, ha questo visetto pulito e tenero da angioletto che è tutto occhi, sembra veramente un bambino. Peach se ne è subito innamorata.

"Perché non vi ho conosciuti prima?“ gli ha chiesto, solo per vederlo diventare rosso di imbarazzo e quindi ancora più carino e farsi venire la voglia di spupazzarselo tutto. Non credeva che esistesse al mondo qualcuno che potesse essere ancor più adorabile di Yoshi.

Quindi, tornando al presente, è Peach stessa a rimproverare dolcemente il dinosauro per averlo contrariato "C'è abbastanza torta per tutti" gli dice.

Peach è rimasta fedele al suo proposito di rendere l'evento una festicciola alla buona, così, oltre alla torta, ha cucinato per la prima volta nella sua vita gli spaghetti al sugo, una specialità italiana, nel tentativo di far piacere a Mario. Solo che ha invitato troppa gente e ha dovuto usare un pentolone da trecento litri. È stata una bella fatica.

Comunque, vedere tutti mangiare di buon gusto è stato per lei una soddisfazione grandissima. Si sente una gran cuoca, ed è un bel salto, visto che di solito lei si diletta unicamente nella pasticceria.

Poi si è montata ancora di più la testa, quando un Mario con la bocca sporca di salsa, la pancia piena e un sorrisone ha dichiarato che quella particolare pietanza gli ricordava tanto la cara indimenticata cucina di mammà.

Mentre la serata prosegue tra il divertimento generale, un toad dai pallini argentati in divisa arriva trafelato. "Principessa" geme "Mi spiace disturbarla, ma c'è un tizio che sta cercando insistentemente di imbucarsi alla sua festa."

"Beh, e allora?" fa Peach "Il vostro compito è mandarlo via, non voglio gente che non sia stata invitata."

"È questo il punto. Questo qua prima ha cercato di corromperci con una mazzetta e poi, quando abbiamo cercato di cacciarlo, ci ha aggrediti."

Peach sussulta "Ma chi è costui?“

“Non lo sappiamo, è un tipo grande e grosso e sembrava piuttosto incattivito"

A Peach si secca il cuore "Ha combinato guai?“ si informa, cercando di prendere tempo per mantenere la calma.

"Sì" conferma il boleto "Prima sembrava che si stesse allontanando, ma invece ha preso la rincorsa e si è gettato addosso a noi come una palla da bowling facendoci tutti rotolare a terra come birilli messi in fila..."

"Lascia perdere le similitudini, è riuscito a entrare?“

"Sì, principessa, sono venuto apposta per avvisarla. Temiamo che abbia cattive intenzioni e visto quello che è capitato l'ultima volta... "

Ma la guardia non fa in tempo a continuare che tutto intorno alla principessa si è creata una specie di barriera, formata da tutti i suoi amici che le si sono serrati intorno per proteggerla.

Mario e Luigi si sono messi proprio davanti a lei per ripararla con i loro corpi, a destra ha Yvan e Wolley, a sinistra Rosalinda e Daisy, e dietro c'è Yoshi pronto a prenderla in groppa se si rendesse necessario dover fuggire alla svelta.

"Stai tranquilla, Peach, se questo è un altro di quelli che cercano di rapirti, ci pensiamo noi a sistemarlo" dice Mario con tono ed espressione serissimi.

Peach si sente infiammare le guance, si gira verso i due funghi perché non vuole che Rosalinda se ne accorga. Dov'è Haru? Cavolo, possibile che quando serva un uomo io debba contare sempre su Mario e mai su di lui?

Il toad d'argento si volta e inizia a urlare "Eccolo, sta arrivando!“ e tira fuori una pistola puntandola verso la porta.

Peach ha la mente in subbuglio, possibile che Bowser sia tornato a rapirla una seconda volta? Ma no, aveva fatto pace con se stesso, aveva cambiato idea, aveva scelto di abbandonare i sogni di conquista e di dedicarsi a tempo pieno ai suoi figli... Giusto? Ma l'idea che il drago possa aver perso le scaglie e non il vizio è lì che la rode, e non le piace.

Si rannicchia quasi senza accorgersene nel quadrato, per fortuna è più alta di entrambi i fratelli Mario, dunque può scorgere senza problemi l'arrivo dell'ospite indesiderato.

Dall'uscio infatti, tenuto sotto tiro, compare in quel momento un energumeno grosso e forte come un toro che ruggisce e sbuffa, cercando di scrollarsi di dosso i toad guardiani che gli si sono arrampicati di sopra nel tentativo di bloccarlo. Ne tiene uno stretto tra le mani per una caviglia e lo solleva sopra la testa come fosse una clava, minacciando di usarlo per colpire gli altri. "Fatevi sotto, siete dei rammoliti" bofonchia.

Peach sgrana gli occhi per lo stupore nel riconoscere questo emerito imbecille che sta combinando tanto macello.

Ma è l'unica. Perché invece gli altri non lo hanno mai incontrato prima e i loro sguardi sono per l'appunto quelli di chi non ha nemmeno un indizio.

Adesso, miei cari lettori, vi porterò con me indietro nel tempo e vi svelerò la storia e l'identità di questo nuovo inaspettato ospite. E se il POV di Peach all'inizio del capitolo non vi fosse bastato, stupitevi!

Parlerò al passato remoto!


 

--- Spaccato: L'ospite indesiderato ---

Dopo una durissima giornata di lavoro, l'uomo era tormentato dall'irresistibile desiderio di andare a mangiare qualcosa di sostanzioso, per placare quell'enorme vuoto che gli si riformava continuamente nello stomaco. Ci aveva pensato per tutto il tempo, non sapeva in quale modo misterioso fosse riuscito a reggersi in piedi, avendo continuato a spaccar rocce per ore e ore con quel dannato piccone arrugginito che aveva.

Non era povero, ma nemmeno abbastanza ricco, dato che l'oro e le gemme che estraeva andavano regolarmente perse in gran parte in tasse da pagare alla principessa Toadstool. In un mondo in cui l'oro si trovava appena fuori dalla porta di casa, il suo lavoro sarebbe potuto essere inutile, così come inutili erano anche le imposte oppressive del governo.

Quel pomeriggio, a pranzo, per mancanza di ingredienti nel frigo, aveva dovuto mantenersi sul leggero; si era infatti accontentato di appena dieci panini al salame con la maionese spalmata sopra, tanto per illudersi che fossero un pasto come si deve.

Adesso, giustamente, il suo gran pancione era messo lì che brontolava in maniera insistente.

Se solo avesse abitato al castello, di sicuro non avrebbe patito la fame, i nobili sì che sapevano come trattarsi bene!

Non aveva mai partecipato a uno dei banchetti reali, ma a volte si era soffermato presso i confini del giardino della principessa ad annusare l'incantevole profumo delle cibarie, il cui aroma in tali occasioni era sempre così forte da invadere tutto il paese.

Si era trovato a sbavare in modo indecente, ma non aveva mai avuto voglia di andare a chiedere il permesso di entrare. Non che non avesse la faccia tosta di farlo, se avesse voluto lo avrebbe fatto pure con gli occhi chiusi e con la bocca ben aperta.

Ma sapeva che di sicuro, un tipo rozzo come lui il re non avrebbe voluto vederlo nemmeno con il cannocchiale.

E dire che ci aveva provato eccome a cambiare la sua condizione!

Una sera, in piazza era scesa una ragazza toad ben vestita che, come se fosse una cosa normalissima, cercava dei 'volontari' umani -specificando chissà perché che dovevano avere un lavoro umile, il più umile possibile- che fossero disposti ad avanzare alla principessa nientedimenoche una proposta di matrimonio.

Inizialmente non aveva potuto fare a meno di pensare che si trattasse di uno scherzo, oppure che la principessa fosse diventata pazza per accettare una proposta del genere. Ma visto che non era il primo di aprile, non era carnevale e non c'era nessun motivo di non credere, così come niente da perdere, si era andato a informare ed era saltato fuori che era la pura verità.

Si era spiaccicato una mano sulla fronte, sentiva già la corona a stringergliela e le tasche straripanti di contanti.

Non aveva mai visto la principessa Peach dal vivo. Solo nei quadri, nelle locandine degli eventi da lei sponsorizzati, in TV, al cinema prima dell'inizio di un film che sorridendo ti ricordava di andare a prendere uno snack, nelle affissioni dei mezzi pubblici, alla fermata del bus nella pensilina e perfino nei cartoni del latte. Ma mai dal vivo.

Fosse davvero riuscito a impressionarla e convincerla a sposarlo, altro che dieci miseri panini, come minimo avrebbe mangiato bistecche ogni giorno!

E naturalmente, addio lavoro in miniera, avrebbe avuto dei subordinati che avrebbero estratto le pietre preziose per suo conto e gliele avrebbero portate a carrellate direttamente nella sua piscina personale, per permettergli di fargli fare delle nuotate nel lusso, come il vecchio papero modello perfetto della Disney. E nessuno gli avrebbe più fatto pagare un centesimo di tasse.

Con gli occhi pieni di sogni si era dunque 'iscritto' con grande entusiasmo all'iniziativa, senza stare a considerare le notevoli possibilità di insuccesso che aveva.

Era andato e aveva visto che alle 'selezioni' c'erano tantissimi bifolchi. Gente semplice, contadini, pastori, giardinieri, artigiani. Perfino disoccupati, il grado più dignitosamente basso tra le condizioni umili.

Da una parte la concorrenza avrebbe potuto scoraggiarlo, dall'altra gli dava la speranza che i candidati fossero tutti alla pari e che quindi lui avesse le stesse possibilità di chiunque altro.

Voleva provare comunque.

Quando poi fu selezionato sul serio, e forse nemmeno ci poteva credere, vide che insieme a lui e a un terzo tizio dall'aria molto anonima che non aveva mai visto prima, c'era una persona che conosceva. Un meccanico che si chiamava Waluigi.

Erano stati compari per un breve periodo, si erano trovati insieme a macchinare qualche stratagemma per evadere il fisco, ma poi, dopo aver fallito clamorosamente, si erano allontanati l'uno dall'altro senza un vero motivo.

Tra loro c'era anche una certa somiglianza fisica, seppur i loro tratti fossero più o meno opposti, tanto che spesso li scambiavano per parenti. La cosa li aveva fatti sbellicare, non conoscevano nemmeno i rispettivi cognomi.

Aveva colto dunque l'occasione di essersi ritrovato per caso insieme a lui e si erano parlati, avevano scambiato un paio di chiacchiere di circostanza, del genere "anche tu qui?“, ma poi si era accorto che il suo ex amico mostrava molta ostilità nei suoi confronti. E aveva preso coscienza del fatto che in effetti si trovavano in competizione.

Ora, Wario era di natura piuttosto litigiosa, lottava sempre per quello che gli interessava ottenere, calpestava chi gli metteva ostacoli di fronte, ma gli si deve riconoscere che quella volta non aveva cercato lui lo scontro.

Non seppe di preciso come da un semplice "Non voglio parlarti" si finì in un aggressivo "La principessa sarà mia, tu lurido porco non hai la più piccola speranza di conquistarla" per poi passare alle mani.

La toad era tornata e li aveva trovati che si azzuffavano, ma invece di mandarli via infuriandosi si era fatta una crassa risata e aveva chiamato il primo 'candidato', che era il tizio bassino che per tutto il tempo si era stretto in un angolo cercando di non rimanere travolto dalla loro lite, senza nemmeno provare a separarli o chiamare qualcuno.

Alla fine si erano stufati di lottare e si erano ricomposti, per fortuna non si erano fatti male. Ringhiando che era fortunato a non avergli fatto un occhio nero, si era spazzolato alla meglio gli abiti di ogni giorno che portava e gli aveva voltato con decisione le spalle.

Waluigi non aveva più aperto bocca, dandogli risolutamente le spalle. Circa un'oretta dopo, la toad era tornata a chiamare lui e da quel momento non lo aveva più visto. Di sicuro non aveva intenzione di voltarsi a guardare. Lo lasciò da solo ad aspettare il proprio turno e si avviò incontro al destino.

L'appuntamento con la principessa fu un vero e proprio disastro.

Ma naturalmente non fu colpa sua.

L'aveva trovata esattamente come se la aspettava, una biondina scema tutta montata, tutta non sporcarmi il vestito, tutta trucco e buone maniere, tutta non sei tu il principe azzurro che sto cercando.

Ma se per qualche ragione assurda lei aveva voluto vedere la miniera, avrebbe pur dovuto aspettarsi che qualche incidente sarebbe potuto capitare! È una miniera, mica la sala del gran ballo!

Lui cercava solo di impressionarla, ma evidentemente il suo carattere da nobildonna era troppo delicatino, i suoi standard troppo elevati.

Dopo tanti sogni, al vederla come era sul serio poteva dire che non ci era rimasto poi troppo male di averla persa, trovò consolazione nella consapevolezza di aver fatto tutto il possibile.

Nemmeno Waluigi ebbe successo. Lo venne a sapere in seguito, ma non da lui. Con lui non aveva più contatti ormai.

Si era dimenticato di tutto, ci aveva messo la proverbiale pietra sopra.

Diverso tempo dopo era arrivato il proclama ufficiale che la principessa stava allestendo la propria festa di fidanzamento. Con un principe. Naturalmente.

L'esperienza di uscire con lui doveva averle fatto capire che doveva starsene con i suoi simili.

Lui non era stato invitato, di nuovo, naturalmente.

Però adesso gli stava tornando in mente qualcosa, glielo suggeriva il suo naso.

"Che giorno è oggi?“ si chiese e guardò l'orologio digitale che teneva al polso. Era digitale perché quello analogico lui non era più in grado di leggerlo. Confondeva le lancette, e le confondeva perché le aveva fatte incastonare di diamanti a tal punto che non se ne capiva più la lunghezza.

Premette un tastino, mettendoci la delicatezza che la venditrice gli aveva consigliato di impiegare dopo che per sbaglio lo aveva rotto schiacciandolo troppo forte, e comparve la data.

Allora si ricordò che la festa sarebbe stata proprio quel giorno.

"Che invidia non poterci andare" pensò. Avrebbe voluto innanzitutto assaggiare le slurpose leccornie che tanto gli stuzzicavano l'appetito già enormemente stimolato dal lavoro della giornata, e poi aveva anche la curiosità di scoprire quale pomposo e smielato principe azzurro gli avesse rubato la donna.

Sì, perché quell'unica volta in cui erano usciti insieme lui l'aveva considerata come una vera e propria storia d'amore. Breve e fugace ma intensa. A chi gli aveva chiesto come fosse andata non aveva mai detto la verità. E si era messo a colorare il racconto con la stessa frenesia di un bambino che si trova a disposizione un muro intonso e una scatola di bellissimi pastelli nuovi.

Diceva di averla baciata con passione e di aver fatto l'amore con lei, sbattendola da tutte le parti contro le pareti della miniera facendola gridare di un piacere selvaggio, quando al massimo era riuscito a darle una piccola innocente toccatina al sedere, trovata con la quale si era pure guadagnato un'occhiataccia assassina di quelle che ti seccano all'istante.

"Ma se adesso non andassi al ricevimento qualcuno potrebbe dubitare della mia storia!“ pensò improvvisamente. Come se una persona sana di mente potesse ritenere una buona idea invitare un proprio ex a un qualsiasi evento, aspettandosi poi di non sentire nessun imbarazzo.

Fu così che Wario decise, consapevolmente, di fare un plateale colpo di testa e di presentarsi alla festa.

"Alla fine, la principessa è troppo gentile per mandarmi via, appena mi vedrà si ricorderà di me e, ricordando come l'ho trattata bene e quanto ero mortificato per l'incidente, mi farà sicuramente restare senza problemi!"

Wario era seriamente convinto di essere stato un impeccabile cavaliere. Eppure sapeva benissimo quale fosse la verità.

Questo non gli poteva però dare un'assoluta certezza.

Prese così una manciata non troppo grossa di piccoli diamanti commerciali, di valore non eccessivamente elevato e che eppure non aveva voluto ancora vendere, nella speranza di poterli rifilare a qualcuno che non ne capisse molto e che glieli pagasse molto più del loro valore effettivo, e se li ficcò in una tasca nell'eventualità che ci fosse una guardia da corrompere per poter entrare.

---- Fine spaccato, si torna al presente. ---


 

“Che cosa ci fai qui?“ Peach alza la voce, arrabbiata.

"Chi è costui?“ domanda Mario riprendendo senza accorgersene le stesse parole della sua amica principessa.

"Sono il suo ex" replica con tutta la tranquillità del mondo Wario tirando giù il povero toad che stava usando come clava, ma senza lasciarlo andare. Si libera degli altri soldati con un semplice spintone del suo prominente posteriore.

"Ma sei impazzito? Ex un corno!" urla la principessa stizzita. Le sue guance sono rosse d'ira mista a un profondo imbarazzo, ma stanno tendendo al viola.

"Ah, non vuoi che sia il tuo ex? Vuoi dire che vorresti riprovarci?“ le fa uno sguardo che dovrebbe essere sensuale e lei risponde con una espressione di disgusto.

"Siamo usciti una sola volta e non sei stato certo un gentiluomo" dice lei a denti stretti.

"Che me ne importa, io posso avere di meglio di te" si risente il burbero minatore "E poi stavo scherzando, sono venuto qui solo perché voglio mangiare" mentre parla, l'omaccione non smette di stropicciare tra le grosse mani il fungo che lo implora di smettere. Sembra che si stia divertendo a tormentarlo.

La guardia dal cappello d'argento interviene in aiuto del suo amico brandendo la pistola, ma non appena si avvicina Wario glielo spinge addosso e quello non può certo sparare.

"Sei venuto per mangiare?“ ripete la principessa "Tu sei venuto per creare scompiglio e rovinarmi la festa" il tono è acido, Wolley solleva per un secondo la testa guardandola e formulando nella propria testa delle domande.

"Se mi invitavi, magari non lo facevo" Wario strizza un occhio per provocarla.

"Perché avrei dovuto!“ domanda cercando di tenersi calma.

Wolley d'improvviso capisce la vera ragione per cui è arrabbiata, ma non la dice. Invece, dice un'altra cosa. Le tira con discrezione la gonna, facendole segno di chinarsi su di lui. Disorientata, la fanciulla obbedisce.

"Mi sembra un idiota facile ad arrabbiarsi, ma ancora più facile da accontentare" le gracchia all'orecchio.

Peach sgrana gli occhi. La sua faccia cambia completamente. Si raddrizza e fa un bel sorriso accogliente.

"È vero, Wario. Sono stata scortese a non invitarti. Ti chiedo di perdonarmi e di considerarti da questo momento mio ospite."

Lo stesso Wario sembra stupito, ma non contrariato da questo cambiamento. Peach indica la tavola "Accomodati e serviti senza far complimenti"

Wario non aveva nemmeno intenzione di farli.

I ranghi vengono sciolti, Peach congeda le guardie che rimangono non poco perplesse dal suo comportamento.

Anche Mario si volta a guardarla come per chiederle se sia impazzita. Ma lei mostra di essere tranquilla e tranquillizza anche lui. Intanto, Rosalinda guarda il loro scambio con espressione indecifrabile, ma viene distratta subito da Daisy che urla "Quella era mia, che cavolo!"

Infatti Wario si sta sbafando la sua porzione di torta, che era la più grossa.

Peach trattiene con gentilezza la sua amica "Lascia stare" le dice, senza smettere di sorridere "Ci sono altri dolci"

"Li prenoto" urla Wario a bocca piena beccandosi un'occhiataccia dalla donna.

"Fai finta che ti voglia aiutare a stare in forma" sorride Peach.

Daisy mette prima il broncio, ma poi prende la palla al balzo. Porta un pugno sul fianco "Tanto non potrò restare magra ancora a lungo" fa con aria accattivante.

Wolley sa a cosa si riferisce e si mette una manina davanti al muso per soffocare la sua risata.

Peach invece non ha capito. "Beh, la vita matrimoniale appesantisce ed è normale, ma se hai paura di ingrassare ti potresti iscrivere in palestra..." comincia. Poi si blocca, non ha riflettuto che questi discorsi potrebbero urtare Wario. Ma per fortuna quel botolone è troppo impegnato a darsi da fare col buffet per prestare attenzione.

Daisy si gingilla ancora, ma non resiste per molto e urla: "Cretina, volevo dire che sono incinta!“

"Ah, brava" fa Peach, senza aver inizialmente realizzato. Poi la guarda dubbiosa "Sul serio?“

Daisy annuisce tirando in fuori le labbra, non come se volesse mandare un bacio, ma appiattendole come se volesse imitare un becco di papera.

Così Peach capisce che non sta scherzando e lo strillo acutissimo che caccia si potrebbe udirlo distintamente dalla luna. Le due ragazze si fiondano l'una tra le braccia dell'altra strepitando così forte che il resto della combriccola si deve tappare le orecchie. E, abbracciate strette, si mettono a saltellare come pispole impazzite.

Il loro entusiasmo è coinvolgente, anche Mario e Rosalinda si congratulano con la futura mamma, Yoshi le fa le feste a modo suo prendendola in groppa e facendola dondolare sulla sella.

L'unico che non partecipa, nemmeno c'è bisogno di dirlo, è Wario che si sta rimpinzando senza badare a nient'altro che al suo pancione da riempire. E beve un litro di vino dopo l'altro.

Yvan sta guardando il flaccido gomito sollevato dell'omone, come se ne fosse rimasto ipnotizzato. "Non vi pare che stia esagerando?" sussurra.

Presa dall'emozione per la lieta notizia portata dalla sua amica, Peach se ne era quasi dimenticata "Che si sazi e si diverta!" esclama con noncuranza "Oggi non si fanno cerimonie"

Se ne pentirà, ma non lo può neppure immaginare.


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 

Spazio autrice:
Quanti mesi sono passati dall'ultimo aggiornamento? Due? Credevo che fossero molti di più. Ho frequentato altri fandom, ma di questo non mi dimentico mica! Tirando le somme, ammetto che non sono nemmeno tanto convinta di questo capitolo, ma direi che col blocco dello scrittore che ho attraversato non potevate aspettarvi di meglio. Se mi volete dare dei consigli o lasciarmi delle critiche non fatevi problemi. Ah, e scusatemi per la stupidaggine dell'autore che parla con i suoi lettori, non siete voi che non mi capite, sono scema io.

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Capitolo 9
*** Una nuova storia - terza parte: Lasciandosi andare ***



 

Dopo l'abbuffata madornale che ha preteso di farsi, Wario è caduto sotto il tavolo. Sazio, appagato, ubriaco, se ne sta a pancia sotto e con le braccia spalancate come se abbracciasse il pavimento.

L'omaccione russa beato producendo col naso un rumore roco e profondo, ritmico e decisamente sgradevole alle orecchie della principessa Toadstool che lo guarda indignata a braccia incrociate con il disgusto dipinto sul volto. "Possibile che una persona possa far così schifo anche mentre dorme?" pensa "Sta anche sbavando." È come se tutto ciò che ha ingurgitato non gli fosse bastato e sognasse ancora di mangiare.

"Devo liberarmi di questo individuo" decide la fanciulla. Ci ha tentato a fare la brava padroncina di casa che tratta bene anche l'ospite che non si aspettava di ricevere, ma adesso la maschera che ha indossato per tutta la serata le è caduta dal volto e si è rotta in seimila pezzi.

Senza che abbia avuto bisogno di sprecare parole per chiamarla, al suo fianco compare Toadette, la sua dama di compagnia. Anche se il ruolo che ricopre sembra più quello di una balia. Eppure è più grande di lei solo di qualche anno.

"Procurarmi un carretto e chiama qualche servitore per tirare su questo …uomo... e scortarlo fuori dal castello" ordina. La micete si avvia senza far commenti, sorridendo perché ha intuito che 'uomo' non era esattamente la parola che Peach avrebbe inteso usare.

“Che avresti fatto se a comparire nel bel mezzo della festa fosse stato Bowser?”

Peach trasalisce. Più che altro per aver inaspettatamente udito pronunciare di nuovo il nome del re dei Koopa. Si volta verso chi ha parlato e si accorge che si tratta di Wolley, che la guarda da sotto in su con un'espressione curiosa nel visetto carino.

"C'eravate voi a proteggermi" ricorda la ragazza "Non avrei avuto paura."

"Vuoi dire che c'era Mario a proteggerti" sottolinea lui.

Peach fa la faccia sconcertata e non risponde.

"Anche se, secondo me, permettimi..." riprende il boleto sempre in tono tranquillo "Tu saresti stata capace di invitare anche Bowser stesso a cena"

Peach lo guarda, stranita da quella affermazione "Può darsi" concede "Se è vero che si è redento, può anche darsi di sì"

Il fungo giallo annuisce. Poi cambia tono "Ma d'altra parte..." esita.

Peach vuol cambiare argomento, pensare al drago che l'ha rapita la fa sentire a disagio. Non può farci niente, anche se in lui aveva trovato una gentilezza che non si aspettava, ciò che le torna subito in mente sono le catene che le serravano le caviglie, il terrore dovuto alla prospettiva di essere costretta a cambiare aspetto per fargli piacere, la fuga disperata lungo i passaggi segreti del castello guidata dagli unici tre koopolottoli che avevano mostrato l'intenzione di aiutarla, con il calore opprimente, i topi, l'aria viziata che le faceva afflosciare l'acconciatura e appiccicare l'abito alla pelle sudata. Tali ricordi le causano inoltre una sensazione bizzarra e senza senso nello stomaco, è come se si sentisse in colpa per aver incarnato l'oggetto del desiderio che scatenò la sua bramosia.

Wolley le viene più vicino con fare circospetto, serra gli occhietti come se volesse scrutare dentro di lei.

Peach si china dolcemente in avanti per far sì che le proprie orecchie si mettano in linea con le labbra del toad.

Wolley allora le bisbiglia qualcosa che la fa immediatamente arrossire e allontanare di scatto.

"Assolutamente, nel modo più assoluto e risoluto, NO!" protesta "Piantala di fare l'inopportuno!"

Ma Wolley sta ridendo, perché la sua reazione la tradisce e conferma quello che ha appena insinuato.

Torna Toadette, insieme a una squadra di toad che comprende la guardia dai pallini d'argento e quel poveretto che era stato usato a mo' di arma dal fellone, che spingono un carrettino di metallo di quelli che si usano per spostare i vasi delle piante grossi.

I funghi si mettono tutti intorno al corpaccione del grasso minatore addormentato e piegandosi sulle gambe si apprestano a sollevarlo. Non riescono molto bene nell'impresa perché è decisamente troppo pesante, anche se si lavora in gruppo.

Wolley si unisce a loro per dare una mano e Peach ha un attimo di smarrimento nel vedere tante capocce ammucchiate di toad affaccendati. Vedendole dall'alto pare di sbirciare nello sgabuzzino di una palestra pieno di tanti palloni di vari colori, da usare per diverse discipline sportive.

Con qualche sforzo, dopo averlo anche fatto rotolare a terra senza tuttavia svegliarlo, riescono infine a issare Wario e a metterlo sul carrettino. Che si affossa. Mettersi a spingerlo quando c'è su questo enorme peso si rivela anche più arduo.

Con la pazienza, lentamente, lo portano fuori. La principessa accompagna i suoi servitori e Toadette e Wolley all'esterno.

Una volta che l'ingombrante imbucato è stato buttato fuori, la ragazza volge lo sguardo verso il giardino e nota qualcosa che sta sospeso in aria.

È uno di quei cubi tipici del Regno dei Funghi, uno di quelli con il punto interrogativo che contiene quasi sempre qualcosa, e seduto lassopra c'è Mario che contempla il panorama sotto di lui.

Lo vede di spalle, ma le sembra che sia assorto. Si chiede dove si trovi Rosalinda in questo momento, perché non sia seduta accanto a lui. Forse è stato lui a chiederle di restare solo?

Wolley si accorge che lo sta guardando e le dà di gomito, nella gamba ovviamente, dove arriva. Peach sbuffa ma non ha il cuore di prendersela con lui, le fa troppa tenerezza, prende inconsciamente le sue provocazioni come gli scherzi di un bambino.

Ovviamente però -e lei in un certo senso lo sa- Wolley fa sul serio.

La spinge letteralmente verso Mario, esortandola a raggiungerlo.

Peach decide di stare al gioco, per il momento, e di andare a fare questa gran brutta figura. Ma come arrivare fin lassù? Mica è capace di fare salti del genere, non è una jumpwoman, lei.

Le viene una mezza idea. Chiama Toadette e le chiede di portarle Perry. Perry è il suo ombrello, quello che due anni fa si è trovata costretta a usare come arma per accecare Bowser mentre inseguiva lei e Luigi.

Lo hanno ricuperato e riparato per lei dopo la grande lotta.

Adesso lo brandisce, se lo rigira tra le mani indecisa. Gli occhietti neri la guardano "Come posso aiutarti, principessa?” fa l'oggetto servilmente. Sì, ha pure lui una coscienza, quando Peach lo ha scoperto c'è mancato poco che le venisse un coccolone. Ha anche una sua storia, ma Peach non ha avuto ancora la voglia di ascoltarla. Si basa per il momento soltanto sulla sua funzione pratica.

“Se io ora ti apro, puoi farmi fluttuare fino a lì?” chiede indicando il cubo.

"Certamente" risponde Perry con prontezza.

Allora la principessa lo apre, lo indirizza controvento e lascia che la brezza lo gonfi e li sollevi insieme con delicatezza, per farla arrivare da Mario. Per un momento si sente leggera e impalpabile come la piuma delle ali di un angelo.

Non si accorge di aver chiuso gli occhi in uno stato simile all'estasi finché i suoi tacchi non si piantano sul solido legno che ricopre la piccola piattaforma galleggiante nel nulla.

§ Mentre lei si arrovellava per raggiungere questa soluzione, torniamo fuori dal confine del giardino reale, dove Wario si ritrova a faccia in giù sull'erba.

Cerca di rialzarsi con fatica puntando le mani cicciotte al suolo e cercando di tirar su il suo enorme stomaco notevolmente appesantito. Si dà una bella spinta, col risultato che la schiena gli si arcua all'indietro, ma non è abbastanza forte per reggerlo e quindi ricade giù e rimbalza sulla pancia. Gemendo, si gira sottosopra e si mette a sedere.

Un martellante mal di testa e un nauseante mal di pancia lo straziano. "Me la sono voluta io" pensa immediatamente ricordando i recenti eccessi "Però ne è valsa la pena" si mette a sghignazzare. Non mangiava così da anni, non ricorda nemmeno l'ultima volta in cui si è sentito così soddisfatto.

Un'eco risponde alle sue risa, ma è strana, differisce molto dal suo vocione, è maliziosa e sembra che lo derida.

Quando vede di fronte a se un uomo bruttissimo, alto e magro con le braccia incrociate sul petto e un poco rassicurante ghigno sul volto dal profilo affilato che lo fissa, lo scambia per il diavolo venuto a reclamare la sua anima di peccatore. Si impaurisce dunque e strizza gli occhietti porcini per far svanire l'orrenda visione. Ma quando li riapre è ancora lì. Più concreta di prima.

Wario si rialza lentamente, convinto di avere le traveggole.

Il satanasso si arrotola uno dei suoi lunghi baffi a spaghetto sul dito affusolato.

"Mangi ancora a sbafo, non cambi mai, non è vero?” parla all'improvviso.

È soprattutto dalla voce che Wario lo riconosce, per la seconda volta.

"Sei tu, compare" dice incerto, schiarendosi la gola “Che cavolo... ehm, voglio dire, che cazzo ci sei venuto a fare qua?”

"Proprio quello che ti sei immaginato" risponde Waluigi, scoprendo i denti acuminati.

Una risposta senza senso, ma io ve lo già detto che cos'è che Wario aveva immaginato, quindi potete capire lo spavento che si prende al sentire che aveva ragione. Non si dice forse che il diavolo non abbia volto e che, al momento della resa dei conti, assuma le sembianze di coloro ai quali abbiamo fatto del male senza rimorso alcuno nel corso della nostra miserevole vita?

Ma naturalmente Waluigi è proprio lui, non è il diavolo. E si riferiva a qualcos'altro.

"Sono venuto per proporti un accordo"

"Da firmare con il sangue?" pensa Wario, ancora impressionatissimo.

"L'auto dei tuoi sogni" continua il diabolico meccanico, alzando di un'ottava il volume della voce "Costruita personalmente da me, pezzo per pezzo, con tutto il marciume che ho trovato in questo regno dimenticato da tutti, ma rimesso completamente a nuovo!"

"Eh?“ fa Wario, adesso molto confuso.

Non si è quasi reso conto che Waluigi lo ha tirato verso di sé e lo sta portando verso un piccolo spiazzo che può benissimo essere un posteggio.

Ecco che, dietro a un gran muro, compare alla vista un enorme fuoristrada blu con le ruote alte. Superbo, lucido, sembra veramente nuovo di zecca.

"Pneumatici tassellati! Carrozzeria rinforzata! Montato, verniciato e con il motore truccato personalmente da me medesimo, in persona, perfino!" si vanta il diavolaccio "E ti concedo di averlo tutto per te, immediatamente e gratuitamente."

"Certo, come no!" fa Wario "Sono sbronzo e un po' stupido, ma le fregature il mio naso le fiuta da un miglio"

"Il tuo nasaccio ha bisogno di essere riparato, evidentemente" lo sguardo di Waluigi va in fiamme "Posso farlo io, ho l'attrezzo adatto giusto qui, aspetta che lo piglio!"

Mette una mano in tasca, tira fuori un pugno chiuso e lo fracassa senza preavviso sulla faccia di Wario.

Il minatore non se lo aspetta e cade nuovamente giù per terra come un bel sacco di patate.

"Adesso tu te lo prendi questo bel fuoristrada e ti diverti come solo tu sai fare" lo minaccia Waluigi digrignando i denti "C'è già il pieno fatto. È un affare, un'occasione che non ti permetto di non cogliere."

"Io sono sbronzo, ma tu sei stronzo" l'inaspettato atterramento fa comporre a Wario una sorta di assonanza.

Ma quando si vede Waluigi troneggiare su di lui con queste gambe lunghissime e secche che si divaricano e il faccione incattivito e le mani arcuate simili a chele di granchio pronte a pizzicare, il coraggio gli viene meno.

Una delle manacce si apre e un pesante portachiavi gli cade a piombo sul naso, come se già non gli facesse abbastanza male.

Wario emette un grugnito di dolore e si solleva afferrando nel contempo la chiave. La fissa per pochi secondi, poi alza lo sguardo per chiedere a quel diavolaccio di un belzebu che cos'è che si aspetta da lui, ma si accorge che quello è sparito.

Svanito, evaporato nell'aria.

Per qualche minuto resta a fissare il vuoto, chiedendosi se per caso non sia stato tutto frutto della sua immaginazione stimolata dall'alcol eccessivo assunto. Ma la concretezza della chiave nella sua mano e la pesantezza del fuoristrada parcheggiato di fronte a lui tolgono ogni dubbio.

"Beh, in qualche modo devo pur tornare a casa e non mi sento di camminare quando mi sono appesantito così tanto" il pensiero dapprima è lineare, poi si disperde "Dannata Peach, mi ha fatto tutti quei convenevoli... e ti invito, e saziati, e divertiti... che io sono la padrona di casa e te lo permetto... perché sono buona e frigida e inscopabile e piuttosto che dartela... mangia questo... e assaggia quest'altro... e bevi un altro po' di vino e gni e gna... faccio finta che mi stai simpatico per non fare brutta figura... e poi mi doveva presentare tutti i suoi amici e io mi sono già scordato come si chiamano... uno era, mi sembra, Mario, seh e poi? E poi c'erano quei due tappi froci che sicuro che erano froci, si vedeva… La gnocca come si chiamava, Rosamunda? Boh, ma che me ne frega, tanto e che cavolo non riesco nemmeno ad arrabattarmi, son troppo pieno, stronza di una principessa perché non mi hai fermato?!"

Mentre borbottava queste cose si è avvicinato a passi goffi al fuoristrada. Ed è montato su, al posto di guida. Con gesto automatico, la chiave è stata infilata nella toppa. Wario la gira dolcemente come fosse di cristallo e temesse di romperla e ode il rombo complice del motore.

Non dovrebbe guidare in queste condizioni, ma Wario non è mai stato molto propenso ad ascoltare la voce della ragione. Nemmeno quando potrebbe salvare la sua vita, o quella di qualcun altro. §

Ma per il momento, tornando al cubo, vediamo che Peach lo ha trovato sul serio il coraggio di sedersi accanto a Mario, che le ha fatto gentilmente un po' di spazio anche se non ce n'era moltissimo. Si sono dunque dovuti mettere piuttosto vicini, e a Peach non è che dispiaccia.

È iniziata una breve conversazione casuale, quindi Peach si è potuta accorgere che Mario non era rimasto lassù da solo per sua scelta. Rosalinda, le spiega, è dovuta tornare indietro, si scusa per la fretta che ha avuto, ma anzi è già abbastanza che sia riuscita a presenziare alla festa. Pare ci sia una stella che "sta per fare il tempo", con questa espressione Mario si è riferito a uno Sfavillotto che si tramuta in un astro, o in un pianeta, a tutti gli effetti, e Rosalinda avrebbe il compito di assisterlo.

A Peach, a dire la verità, non dispiace che la musa di Mario sia andata via, ma siccome non lo vede poi così triste per questo, vuole una prova definitiva che tra loro due non potrà mai esserci nient'altro che una buona amicizia.

"Che rapporto hai con lei?" le sfugge, prima di mordersi l'interno della bocca. Sta già preparandosi agli elogi infiniti che Mario è solito riservare quando si riferisce al suo unico amore, ma inaspettatamente lo vede sospirare.

"È un rapporto strano" ammette "Lei a volte è così impenetrabile che non capisco se..." si blocca.

A Peach batte fortissimo il cuore. Non osa chiedergli di continuare.

Ma lui riprende da sé dopo pochi secondi "Non frainterdermi, Rosie è perfetta, io la amo e anche lei dimostra di amarmi, siamo completamente sinceri l'uno con l'altra, il che è importantissimo, ma a volte ho l'impressione che possa tirar fuori le ali e volare via, non so se mi spiego."

"No" fa Peach. Nella sua mente turbinano un sacco di cattiverie che la sorprendono con la loro ferocia. Le scaccia una per una. Io ti darei tutta la sicurezza del mondo e anche di più, se solo mi lasciassi entrare nel tuo piccolo cuore coraggioso.

Mio eroe. Mio umile principe senza una corona.

Peach è disgustata da se stessa. Dalla sua incapacità di andare avanti dopo tutto questo tempo.

Rosalinda è evidentemente una creatura eterea e incomprensibile anche per chi le vive accanto. Non deve essere così facile.

Ma gioirne è un errore. Provare risentimento verso di lei è un errore. Peach lo capisce in un tremendissimo attimo in cui ottiene anche tutte le risposte alle sue inespresse domande.

C'è un momento indescrivibile in cui Mario la guarda con aria smarrita nel profondo del blu degli occhi e lei si vede riflessa nella superficie del blu dei suoi.

Peach si impone di calmarsi, regolarizzando il respiro e il battito del cuore. Stringe i pugni nel tentativo di ridurre l'afflusso di sangue alle gote.

Non si rende quasi conto di quello che fa. Le sue mani sembrano agire per conto proprio, vogliono solo rassicurare, vogliono mostrare conforto. Cercano la schiena di Mario, la circondano incontrandosi poi tra di loro. Succede automaticamente, sconsideratamente.

Non c'è nessuna traccia di malizia nell'abbraccio, né nel tocco lieve delle labbra di lei sui capelli di lui.

Mario risponde, e Peach può sentire con chiarezza il bisogno che lui ha di quel contatto. Sente il cuore di lui contro il proprio. E nessun disagio.

Peach ha un pensiero, che non è uno di quelli falsi, ingannevoli, dettati dal momento, ma uno autentico.

Il suo pensiero è quello di essere fortunata di poter essere lei quell'amica sulla quale Mario può contare senza che la loro relazione si trasformi in qualcosa di forzatamente romantico.

È precisamente questo il momento in cui Peach sente di averlo lasciato andare per sempre.

L'abbraccio si scioglie e Mario la ringrazia.

"Dovresti tornare da lei" dice la principessa "Per aiutarla"

Mario storce il labbro, facendo così muovere buffamente il baffetto "Non c'è bisogno. Se la sa cavare. E poi è più esperta di me, lo fa da molto più tempo" sorride "Mi ha autorizzato a restare e divertirmi un altro po'. Praticamente non mi vuole tra i piedi."

Peach ride a quest'ultima battuta, poi solleva la testa e la inclina da un lato buttando indietro i capelli "Haru ha detto che ci sarebbero stati i fuochi d'artificio. Credo che questo punto in cui stiamo adesso sia perfetto per goderceli. Dobbiamo aspettare solo che comincino."

"Gli altri dove sono? Se li perderanno." si premura Mario.

"Saranno in giro" risponde Peach stringendosi nelle spalle.

Iniziano a scrutare intorno a loro per vedere se li trovano.

Sono appunto sparsi in giro, persi tra tutti gli altri invitati che non avevamo nominato, le principesse degli altri regni e plebaglia varia.

Trovano Yvan e Wolley, i due funghetti hanno steso un telo sull'erba su cui si sono sdraiati assieme. Anche loro hanno saputo dell'imminente spettacolo e nell'attesa stanno lì a chiacchierare e ogni tanto a baciarsi. Peach distoglie lo sguardo, deve ricordarsi di ringraziare l'adorabile Wolley più tardi per averla spinta a guardare in faccia la verità. Adesso capisce.

Poco distante vedono anche Yoshi e Daisy. Sono in mezzo a un gruppetto chiassoso, lei ride e sembra a suo agio con tutti. C'è pure Haru là in mezzo, questa è una piacevole sorpresa per Peach che lo credeva meno propenso a stare con i popolani.

L'unico che non riescono a vedere è Luigi, ma lo spettacolo pirotecnico incomincia e allora lasciano perdere le ricerche e si godono le luci colorate che incendiano il cielo.

Le stesse luci che esplodono di fronte agli occhi di un Wario che non dovrebbe trovarsi alla guida di un fuoristrada irregolare, luci che si rifrangono sul parabrezza argenteo, che lo accecano e che lo fanno confondere e sbandare e finire fuori strada. Il motore sbuffa e scoppietta per poi dare in un singulto che echeggia in modo terrificante.

Wario crede di essersela cavata quando accade.

C'è un impatto che fa sobbalzare le ruote.

Cieco e ancora troppo ubriaco per capirci qualcosa, tenta una frenata inutile e lunghissima.

Per un intero minuto, però, vede soltanto buio.

In quei momenti, Mario abbassa gli occhi perché gli è sembrato di sentire uno schianto. Non può dirlo per certo, visto il fracasso dei fuochi, ma di sotto vede, nel lampo, Daisy che ha drizzato la testa, come se lo avesse percepito pure lei.

"Hai sentito?“ chiede a Peach, ma lei lo guarda confusa. "Prestami quello" Si affretta indicando Perry. Lei glielo porge, lui lo apre e si butta dal cubo usandolo per planare a terra, lasciando la principessa da sola a chiedersi come farà a scendere.

Appena raggiunto il suolo, Mario getta via Perry senza pensarci e corre nella direzione da cui gli è sembrato di sentire quello strano rumore e si accorge che anche Daisy lo sta facendo, ma lei è molto più avanti di lui e anche molto più svelta, le sue gambe dopotutto sono più lunghe e atletiche.

Mario si sente in affanno senza sapere perché. Ha un presentimento niente affatto buono, la sensazione che arriverà troppo tardi per evitare una catastrofe.

Intanto Wario sta cercando di scorgere qualcosa di definito attraverso la nebbia che ha negli occhi. Si ritrova, attonito e confuso, a fissare le proprie magnotte inguantate, strette sul volante. Buchi sulle nocche, si intravede il pallore spaventoso della pelle.

Nel cervello ha un ronzio continuo, monotono, ipnotico.

C'è del fumo, è l'abitacolo dell'auto a essere invaso da un fumo nero, così denso e tossico, che sta lentamente infiltrandosi nei suoi polmoni.

Non riesce a respirare bene, Wario. Si costringe a sollevare le palpebre dagli occhietti porcini per visualizzare il terribile spettacolo allestito apposta per lui.

No, ti prego, pensa. Non ho nessuna intenzione di vedere fin dove mi ha portato la mia stupidità.

Wario sa di non essere molto intelligente. Ed è strano, esserne consapevole. Di solito chi riconosce di esserlo non è poi così tonto.

Gli occhi riescono ad aprirsi, ma per restare sbarrati ci vorrebbero gli spilli.

Cascate di umori liquidi simili a lacrime scorrono senza sosta, ma non sono lacrime, Wario non sta piangendo.

Lo sguardo si leva. Un lampo, il vetro è macchiato di rosso rubino che si spande. Non regge, stringe ancora gli occhi.

Wario non è una persona religiosa, ma si accorge che sta pregando. Fa' che non abbia ucciso nessuno, ripete mentalmente. Fa' che sia un cane. Fa' che non sia una persona.

Riapre gli occhi.

Inesorabile, sbeffeggiante, irrisoria. La macchia di sangue umano è ancora lì e si sta allargando.

“Restringiti!” sibila Wario tra i denti, mentre sente il proprio sangue che gli cola tra le gengive.

Ma quella s'è tappata le orecchie, gli fa marameo non ti sento.

La mano di Wario si spiccica dal volante e scatta seccamente verso la portiera. La maniglietta si abbassa.

Il corpaccione grasso si impegna nella battaglia per uscir fuori.

Lo sportello si è deformato. Non sarebbe facile nemmeno per una persona di corporatura esile passarci attraverso.

Wario si immagina di essere leggiadro come una ballerina. Ma gli viene in mente l'ippopotamo col tutú della Disney.

Il culone riesce finalmente a sfilarsi dalle lamiere. Sono libero, grida in silenzio.

E poi vede la mano inerme che spunta da sotto la macchina e ha uno spaventoso quadro della situazione.

Lo ha preso in pieno, lo ha trascinato per qualche metro, si è schiantato contro il muro e l'urto ha mandato in cocci la sua sanità mentale.

La sente letteralmente giacere sul fondo della sua mente. Una spazzata e la si può pure gettare in discarica.

Sapevo che prima o dopo avrei fatto una cazzata come questa, si rimprovera, rassegnato. Non ha da incolpare nessuno se non se stesso.

Si china sulle ginocchia, piegandole come se stesse facendo squat. Torce il forte collo per guardare lo scempio, i resti del poverino che è finito sotto le ruote.

Grazie al cielo il corpo è ancora tutto intero. Ma la parte inferiore è piena di sangue, un arto è piegato a una angolatura strana. Probabilmente lo ha gettato a terra salendogli sopra la gamba e schiacciandogliela. Non vuole descrivere altro perché le sue budella si attorcigliano.

E i dieci panini del pranzo e tutto il resto che ha ingurgitato durante il suo giorno da maiale minaccia di tornare a imbrattargli le scarpe.

Ma lo stomaco di Wario è forte.

Con un movimento quasi meccanico, l'omaccione sfila il corpo del giovane da sotto le lamiere, con la delicatezza massima che riesce a raggiungere.

Lo sente boccheggiare, ringrazia il cielo che sia ancora vivo. Ma non è conciato benissimo.

"Resisti.” gli ordina “Non è niente, è solo la gamba. Non è niente." ripete " Vedrai che non è niente. Ti porto immediatamente in ospedale e vedi che te la aggiustano."

Lo sente che si abbandona tra le sue braccia. Lo regge mentre si accascia.

Lo scuote "Non svenire, resta cosciente!" gli urla, terrificato, tormentato dal senso di colpa. Non morire, non morire, non morire. Dio, ti prego non farlo morire.

Ma lo vede che tiene aperti a fatica gli occhi, celeste iniettato di rosso, lo sente gemere, lamentarsi. Se lo sente mancare, è come se quel corpo martoriato diventasse di colpo super leggero.

Poi ode un urlo alle proprie spalle.

Si volta, pieno di spavento, e vede una donna scarmigliata in piedi dietro di loro. È Daisy, Wario non ricorda il suo nome ma la sua faccia sì, anche se in questo momento essa è lo stravolgimento e l'incredulità assoluti, occhi sgranati e pieni di orrore, pupilla ristretta, narici dilatate, bocca ancora aperta. Un dito si solleva, accusatore. Si indirizza su di lui.

Non aspetta che gli si dia dell'assassino, Wario. Appoggia il ragazzo per terra. Scappa.

Per essere così grasso, l'agitazione gli ha messo le ali ai piedi. Sta correndo più veloce che può.

Le urla della ragazza sembra che lo inseguano.

Ma è solo l'illusione del momento, perché in realtà lei non gli corre affatto dietro, non lo farebbe, non quando c'è evidentemente un affare molto più urgente di cui occuparsi, sarebbe la cosa meno intelligente da fare.

Mentre lui se la batte, da vero vigliacco qual è, Daisy s'è inginocchiata e sta cercando disperatamente di prestare soccorso a suo marito che ha il ginocchio schiacciato dalle ruote.

Luigi si scuote leggermente al suono della sua voce. Riapre gli occhi, la riconosce e, prima di perdere coscienza, riesce a sorriderle, un sorriso che a Daisy spezza letteralmente il cuore.

Quando Mario sopraggiunge si trova ad affrontare una doppia emergenza. Un fratello ferito e una cognata che strilla, sconvolta. A dire il vero la situazione più grave sembra quella che ha inciso meno.

Poi, molto tempo dopo, quando si risveglia dall'anestesia, dopo aver subito un'operazione al ginocchio che è durata circa due ore, ma che grazie all'introvabile moderna medicina a base di estratto di funghi verdi è riuscita alla perfezione, e grazie a Dio siamo nel mondo in cui essa esiste, la prima persona che Luigi cerca è appunto Daisy.

Ha lo sguardo dapprima annebbiato, ma la individua subito quando gli diventa più limpido. E nonostante il dolore lacerante alla gamba e anche quello pungente alla testa fasciata -perché nella caduta l'ha battuta al suolo- la nausea e la sensazione di dover essere morto, si sente grato di averla trovata accanto a lui.

Lei infatti è seduta su una sedia dall'aria scomodissima di lato al suo letto, che sonnecchia. Ha le guance scavate dalle lacrime e un poco macchiate di mascara colato, quel minimo che si era messa sul viso per la serata.

Non riesce a parlare, Luigi, è ancora intontito e vorrei vedere se non lo fosse, e nemmeno vuole disturbarla, sembra distrutta e bisognosa di sonno, così si limita a guardarla finché non si riaddormenta, sicuro di ritrovarla lì quando si desterà di nuovo.

Ma invece, sente una manona enorme che gli si posa sulla spalla, gli va sotto e lo solleva.

Si sente strappar via dal letto con una certa violenza, quasi gli gira la testa per la velocità con cui viene tirato su.

Sente che gli sfilano l'ago della flebo dall'incavo del gomito.

Qualcuno lo sta tenendo in braccio, qualcuno di grande e grosso. Riesce solo a intravvederlo.

È Wario, ma Luigi non lo sa. Non lo riconosce nemmeno, tanto meno come quello che lo ha investito.

Si sente incredibilmente protetto tra le sue braccia. Non avverte nessunissima minaccia nei propri confronti.

"Ciao" riesce a balbettare debolmente, guardandolo da sotto.

"Perdonami, ho fatto una cosa terribile. Ma mi farò perdonare. Mi prenderò cura di te." dice Wario, addolcendo la sua voce cavernosa.

E Luigi gli crede, non dubita nemmeno per un attimo che lo farà.


 


 


 


 


 


 


 


 


 

Note d'autrice: secoli dopo la doctoressa ha trovato un minuto per postare il capitolo. Scusate se ci ho messo tanto, ma in questi mesi sono cambiate così tante cose e domani mi devo svegliare alle sei, perciò se ci sono errori fatemeli notare, ma non mi massacrate, please. thanks for your patience!

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Capitolo 10
*** Una nuova storia - quarta parte: Rushing ***


È già buio fuori, l'aria pungente della sera pizzica le gole di tutti coloro che se ne stanno imprudentemente all'aperto senza una sciarpa a coccolargli il collo.

Una sagoma grassa e tonda si affaccia sul cortile, da dietro la porta di servizio dell'ospedale. La testa altrettanto tonda dell'uomo cui tale sagoma appartiene ruota leggermente, prima a destra e poi a sinistra. Con circospezione, egli si guarda intorno, controlla che nessuno badi alla sua presenza, prima di voltarsi e tendere la mano a qualcuno che si trova dietro di lui, ancora avvolto dall'ombra che lo cela a sguardi curiosi.

Un'altra mano si unisce, dopo un attimo di nervosa esitazione, alla sua. La stringe.

Con uno strattone il più possibile delicato, Wario tira Luigi verso di sé esponendolo alla giallastra luce del lampione che c'è di fuori, costringendolo a strizzare gli occhi per non restare abbagliato dal riverbero improvviso.

Poi lo solleva tra le forti braccia. Non solo perché è a piedi nudi, ma anche perché la grande fasciatura sul ginocchio sinistro gli blocca la gamba e gli impedisce di camminare.

Luigi si aggrappa al suo collo, tranquillamente, come un bimbo si attaccherebbe al collo del suo papà. È ancora un po' intontito. Ma uno spiffero gelido gli arriva sulla faccia, e qualcosa nelle sue percezioni alterate dai farmaci che ha assunto inizia a cambiare. Il suo cervello incomincia a risvegliarsi.

Dopo qualche passo, sente che Wario inizia ad accelerare l'andatura, e la cosa lo fa leggermente allarmare.

"Stiamo scappando" dice. Non lo chiede, lo stabilisce.

L'affannato omaccione non risponde, grugnisce. Per lui, in questa serata di eccessi e follie, anche quell'esile peso è ingombrante, un po' difficile da trasportare.

"Dove andiamo?" continua Luigi.

"In un posto sicuro, dove non potrà trovarci" riesce a dire Wario, sbuffando e ansimando.

La conversazione prosegue a singhiozzi, la voce di Luigi risulta come spezzata dai rimbalzi. Ma lui non rinuncia a porre domande.

"Chi non potrà trovarci?"

"Lui"

"Lui chi?"

"Waluigi"

"E chi sarebbe?"

"Era il mio amico, una volta, e adesso..."

"Adesso?"

"Adesso è solo un pazzo assassino"

"È stato lui che mi ha investito?"

"No."

Il minatore fa uno sgraziato salto per superare un dirupo. Riesce a raggiungere l'altra parte, ma atterra malamente sulle ginocchia cicciotte. Si rialza, cercando di non far scivolare il suo ospite chiacchierone.

"Chi è stato, allora?" chiede imperterrito costui.

"Sono stato io." risponde Wario di getto, come se mentire in questo momento gli fosse impossibile.

Luigi ha un sussulto tale tra le sue braccia che Wario rischia di nuovo di farlo cadere a terra.

"Ma non volevo. È stata colpa sua, come se l'avesse fatto lui. Ti spiegherò." si affretta a rassicurarlo stringendolo meglio .

"Spiegami adesso" insiste Luigi. Non è proprio ancora del tutto lucido, ma una sensazione di pericolo gli è caduta d'improvviso addosso, come una coperta o, meglio, come un manto.

Wario è indignato dalla sua impazienza. "No. Basta con le domande. Fa' silenzio." lo rimbrotta. È infastidito, sta cercando di aiutarlo e lui non fa che parlare e parlare. È ansioso e ha paura. Urge raggiungere la miniera, prima che quel satanasso raggiunga loro.

La miniera è sicuramente il posto adatto, non gli verrebbe mai voglia di andare a trovarli là dentro. E se anche gli venisse... quello è il suo ambiente, saprà per lo meno come muoversi e come difendersi.

Non è che sia sicuro al cento per cento che li stia inseguendo, ma c'è comunque un'alta probabilità. Perché lo conosce.

Non è il tipo che lascia a metà il lavoro che ha iniziato.

Una specie di ruggito si leva nell'aria, tante voci si sovrappongono. Wario con il suo bel 'carico' va più veloce che può, calpestando tutto quello che si trova di fronte, con le suole delle sue scarpe da due soldi bucate e mille volte rammendate, che volano indistintamente sull'erba del prato, sul fango, sulle pietre, sui fiori, sui funghetti, sulle cacchette degli uccelli spiaccicate...

Wario sente Luigi che si sta agitando, non sa se sia per via della gamba che gli fa male o se si stia rendendo conto seriamente del pericolo che corre, sa solo che non può mollarlo.

Se Waluigi gli ha dato quella trappola su quattro ruote c'è stato un motivo. Avrebbe dovuto lasciarla dov'era, non avrebbe mai dovuto mettersi al volante.

Non è stato un incidente. Ha fatto qualcosa a quei freni che non si sono azionati quando li ha premuti, ha fatto qualcosa al vetro di quel parabrezza che ha riflettuto la luce così intensamente da accecarlo e fargli perdere contatto con la realtà, ha fatto qualcosa a quelle ruote perché sbandassero e finissero di traverso trascinandolo fuori strada. Wario è sicuro di questo.

Ed è sicuro anche che Luigi non si trovasse lì in mezzo, pronto per essere messo sotto, per puro caso. Non sarebbe dovuto essere lì.

C'erano i festeggiamenti ed erano all'interno del giardino, perché mai si sarebbe dovuto trovare all'esterno?

Qualcuno ce lo ha spinto, voleva che fosse lì. E voleva che sembrasse un incidente e, soprattutto, voleva che in esso entrambi, investitore e investito, morissero.

Ora, Wario può intuire che Waluigi possa avere del risentimento verso di lui, l'ex amico che lo ha fregato, che è diventato rivale e con cui mai più si è riconciliato, e che l'odio tra loro è scorso e sempre scorrerà... ma verso Luigi?

È solo una vittima casuale o davvero aveva puntato a sbarazzarsi anche di lui? È stato un errore o ha valutato, ritenendo che fosse sacrificabile? C'entra il fatto che i loro nomi sono simili? Gli dava fastidio l'assenza del 'WA' iniziale? È questa una scusa valida per uccidere qualcuno?

Wario sta pensando piuttosto in fretta, l'alcool che gli circola in corpo sta venendo tutto fuori con il sudore, quindi la sobrietà è amica sua, per il momento, e gli permette di ragionare e articolare pensieri che non sono quella pappa disgustosa e senza senso che erano prima... si sente sempre meno stupido. E, paradossalmente, si sente anche in trappola.

"Ci stiamo avvicinando, devo solo superare quella specie di gabbia di vetro e poi, giusto due passi in quella direzione e saremo in salvo dentro la mia amata miniera, solida e sicura"

Sta ancora ponderando quando il fascio luminoso proiettato da una torcia elettrica rifrange sulle pareti della serra e colpisce gli occhi dei due fuggiaschi.

Wario non vede nulla.

Ma sente. Sente il grande ventre contrarglisi verso l'interno.

Sente un colpo, la punta acuminata di un bastone di legno grosso, che prima gli si conficca nello stomaco e che poi gli sbatte violentemente sulla testa, mandandolo a terra.

Luigi gli sfugge dalle braccia, ne sente lo strillo di dolore, quando quello stesso bastone gli viene fracassato con forza dritto sul ginocchio ferito.

"Merda" biascica, sentendo l'umido scendere dalle orecchie, dal naso.

"Cosa credevi, di essere invisibile?" dice una voce acuta, sovrastando le urla "È improbabile non accorgersi di un omone obeso come te. Credevi che non ti avrei notato? Credevi di potertene uscire dalla porta di ingresso in tutta tranquillità? Se lo hai creduto, sei davvero un povero troglodita"

Sta per ritornare a vedere normalmente quando un altro colpo gli arriva, stavolta in piena faccia. Stelline colorate gli esplodono di fronte agli occhi insieme a un male assordante e pungente, è come se la faccia gli fosse stata strappata via. Accanto a lui, Luigi comincia a rantolare.

Wario sa perfettamente cosa sta succedendo e sa anche che non può lasciare che accada. E come un ippopotamo quando attacca, sa diventare velocissimo in caso di bisogno.

Si butta a peso morto, cercando di schiacciare l'aggressore con il proprio peso. Sotto i suoi chili di troppo, sotto gli strati di adipe e vigliaccheria, ha trovato giusto un pizzico di follia coraggiosa.

Ma è disarmato. E l'ennesima mazzata lo manda a gambe all'aria e stavolta la ciccia non lo salva ammortizzandolo, la testa batte di nuovo contro il suolo e può sentire il sangue impregnargli i capelli, dandogli l'impressione che si sia spaccata come un cocomero lanciato dalla finestra.

Un lungo piede, chiuso in una scarpa a punta, gli preme sulla guancia come se volesse spanderne sul suolo il contenuto zuccherino, che poi non è altro che il suo cervello.

Wario riesce solo a constatare l'ovvio: ha fallito, Waluigi li ha trovati. E sta per ucciderli e non ne conoscerà mai la ragione.

La faccia del mostruoso essere umano, ma dall'espressione del viso decisamente inumana, compare nel suo campo visivo.

Quanta rabbia, quanto odio che c'è dentro quegli occhi cerchiati di viola.

"Ragiona!" gli urla disperato "Non volevi simulare un incidente? Come potrai mai rimediare a tutto questo macello?"

La faccia di Waluigi cambia. Compare di nuovo l'odiato ghigno che Wario ha imparato a temere. Quello che comunica qualcosa di insano, quello che non vorresti mai vedere comparire sul viso del tuo nemico. Perché quando compare, lo sai nel profondo che è finita.

"Il lago inghiottirà ogni singola prova"

Lo sfintere uretrale di Wario si rilassa all'udire questa terrificante minaccia, i pantaloni gli si bagnano completamente.

Si sente preda della vergogna, si sente impotente, si sente preso in giro dal destino, dalla vita, dall'universo intero che punta il dito contro di lui, che gli dà dell'idiota, dell' egoista, dell'esecrabile, e lo deride.

E poi, comparso dal nulla, un pugno chiuso, luminoso impatta contro la guancia di Waluigi, deformandone il ghigno e capovolgendolo all'istante.

Vere scintille esplodono nel contatto. Esplode anche l'orrenda maschera, il corpo dello scatenato lucifero viene proiettato tutto da un lato e si schianta contro un albero.

Wario si solleva leggermente, stordito, e poi sgrana gli occhi incredulo.

Luigi è in piedi, su entrambi i piedi, come se fosse guarito, e il suo braccio, che ha appena sferrato il cazzotto, è ancora teso.

C'è qualcosa di diverso nel suo aspetto. Ha due strane orecchie extra, a punta e ricoperte di pelo marrone, che gli spuntano dalla cima della testa, sbucando tra i capelli. E una coda striata da procione che gli spunta da dietro.

Il ginocchio ferito è come circondato da un alone magico di lucine sbrilluccicose. Da esso, il sangue scorre ancora copiosamente al suolo, ma non sembra dargli alcun impiccio.

Luigi stesso sembra confuso.

"Ho afferrato una foglia Tanooki che mi è praticamente caduta dal cielo" spiega.

Istintivamente sollevano lo sguardo, in tempo per vedere un grosso elemento fluttuante nell'aria che si allontana in fretta e furia. Potrebbe essere qualsiasi cosa, ma Luigi crede di averlo già visto da qualche parte, ciò che gli si affaccia alla mente è il ricordo di una specie di veicolo a forma di tazza, con l'elica sotto e una spiritosa faccia da clown dipinta sopra...

Luigi non ha nemmeno il tempo di raccogliere la mascella che gli è cascata a terra che Waluigi attacca di nuovo. Allora compie un salto e muove la coda in tondo per restar sospeso in aria.

Wario assiste a una scena patetica: Waluigi che cerca di acchiappare la sua sfuggente preda muovendo le mani nello stesso modo in cui si cerca di prendere una mosca, che ovviamente è troppo veloce e continua a sfuggirti dalle mani e passarti sotto il naso e tu proprio non riesci... beh, ecco, c'è appena riuscito.

Ma non sta giocando in modo leale, lo ha infatti afferrato per il ginocchio e glielo ha stretto, molto forte. Una lieve crosta che stava iniziando timidamente a formarsi si spezza. Nuovo sangue sprizza fuori.

Un altro lampo, ma stavolta Wario non si fa abbagliare. Capisce subito di cosa si tratta. Al gemito prolungato di terrore e dolore di Luigi, si rende veramente consapevole del bagnato nei suoi pantaloni e non accetta la situazione. Non accetta di essere battuto, non accetta che un innocente resti coinvolto nel suo problema. È il momento di andare fino in fondo, ha iniziato una missione di salvataggio e adesso deve portarla a termine. La furia che si scatena in quel momento, nella raffica di pugni che sorprende perfino il suo cervello guasto, fa sembrare quell'omaccione sovrappeso e debole un vero leone, fiero, perfino coraggioso. Waluigi stesso resta sorpreso dalla sua foga, o forse solo dalla sua improvvisa perdita di codardia.

Wario afferra con entrambe le mani il braccio di Waluigi. È veramente un brutto coltellaccio quello che sta reggendo, la lama è poco affilata, seghettata e arrugginita perfino. Se sei un po' impressionabile, non provare nemmeno a immaginare come sarebbe tagliare una gola con quel coso.

Waluigi ha le braccia però molto resistenti, con un singolo scatto lo ritrae, sfregiando la guancia del suo opponente.

Luigi riesce a sgusciar via dalla sua presa, vola via in un guizzo di sangue, cercando in tutti i modi di ignorare l'angolatura stranissima in cui la gamba gli s'è piegata. Usa quella buona per unirsi all'attacco.

Ed ecco che anche il primo giocatore fa il suo ingresso in campo.

Sì, parlo di Mario. Accorso, dopo che una terrorizzata Daisy si è svegliata senza trovare più suo marito nel letto d'ospedale in cui lo aveva lasciato. Mario, che con un potenziamento improvvisato arriva a dar man forte. Si trova a bordo di una nuvoletta sorridente, quella di Lakitù. Trovata a fluttuare appartentemente per caso lungo la via. Come se qualcuno, un angelo custode improvvisato, l'avesse messa lì per aiutarlo.

Uova di Koopistrici piovono sulla testa di Waluigi, poi anche Mario stesso, una volta che ha finito le munizioni, si lancia a peso morto atterrando dritto sul nemico, costringendolo ad abbassarsi in avanti.

Luigi, stupefatto ma grato, unisce piede buono e piede non buono, fa una capriola in aria e, iniziando a roteare come una trottola, comincia a martellare da tutte le direzioni con la coda ritta.

Wario, con il viso sanguinante, fa l'unica cosa che può fare in quel momento: gli afferra una gamba e lo morde nella caviglia. E ancora, più su, nella coscia. E ancora, più su, sul fianco.

Troppi attacchi da troppe parti. L'infernale meccanico non si era aspettato questa ostinatezza.

Il colpo finale, quello che lo manda finalmente al tappeto, però, non è unico: gli arriva da tre punti diversi. Abbattuto. Inevitabilmente.

Wario crolla a terra, esausto e con il cuore che gli strabatte a mille all'ora. Un sorriso gli si affaccia sul viso, ma per poco.

Mario è ancora completamente furioso, in questo momento, e trova in lui il suo capro espiatorio. Gli molla un cazzotto sulla faccia.

A Wario fa però piacere vedere che Luigi sta effettivamente prendendo le sue difese. Urla “No!” e Mario si ferma. “No” ripete Luigi e accenna un passo mentre il suo potenziamento svanisce lasciandolo inerme.

I due fratelli si vengono incontro, si abbracciano in uno slancio silenzioso di quelli che non hanno bisogno di parole, poi Luigi crolla definitivamente. Wario ha l'impressione che la sua gamba sia a un passo dallo staccarsi...

Mario chiama rinforzi. Una truppa di toad si incarica di trascinar via il pericoloso meccanico. Li farà i suoi conti con la giustizia. Ma per adesso è più importante prendersi cura del ferito.

Quando Luigi torna in ospedale, in sedia a rotelle, Daisy è lì che lo attende.

Dire che la ragazza abbia un aspetto penoso è un eufemismo, fa paura. I suoi capelli sono diventati un groviglio indescrivibile di nodi, le guance sono scavate, le labbra morsicate a sangue. Respira affannosamente e si tiene le mani contratte ad abbracciarsi il ventre.

Luigi ha uno scatto verso di lei, ma la toad infermiera lo ricaccia giù e lo riporta in fretta in sala operatoria.

Daisy si piega sulle ginocchia e butta la testa in giù contro il pavimento. Peach compare lì accanto a lei e cerca vanamente di rimetterla in piedi. Il viso della ex-principessa diventa rosso e blu, le vene spiccano ovunque, ingrossate e pulsanti, sotto la pelle.

Mario si mette dall'altra parte e cerca pure lui di darle il proprio sostegno, ma si accorge che i suoi capelli si sono impregnati di un sudore particolare, quello freddo ma che fa sentire caldo, quello che fa male, quello che viene quando il terrore puro ti attanaglia e ti fa impazzire, quando i neuroni urlano e non puoi bloccare il tuo cervello e nemmeno il tuo cuore...

Nessuno le dirà che a seguito di questo attacco di panico in piena regola, inarrestabile quasi quanto una scossa epilettica, la ragazza sarà sul punto di perdere il suo bambino.

Ma aspettate a sussultare, non succederà, esattamente come Luigi riuscirà a non perdere la sua gamba. La disastrata coppietta se ne tornerà felice e contenta e spensierata (si fa per dire) a casa dopo pochissime settimane di recupero.

Sia Wario che Waluigi saranno processati. Ma solo il secondo verrà infine condannato. Ed è un po' inevitabile che accada, visto che Waluigi si vedrà puntati contro qualcosa come mille capi di imputazione, mentre Wario solo una metà...

La cosa più triste è che mai al mondo qualcuno riuscirà a comprendere a pieno il movente dell'aspirante delitto. Voglio dire, a seguito di un esame psicologico (privato), le ragioni di Waluigi risulteranno essere talmente contorte e folli da effettivamente giustificare a pieno i suoi gesti. E questo farà spaventare talmente tanto il dottore che gli farà prendere l'estrema decisione di non rivelarle ad anima viva.

Da parte sua, Wario sarà piuttosto soddisfatto del verdetto finale. Proverà senza dubbio pena e rimpianto nei confronti del suo ex compare, ma non pietà. No, non dopo il casino che ha combinato.

Si accollerà la sua giusta parte di pena da scontare senza lamentarsene (servizi sociali, in fondo gli è andata bene perché Luigi ha testimoniato a suo favore, quindi almeno l'accusa di rapimento è risultata infondata) e si compiacerà di aver trovato un amico inaspettato, Sic!, proprio un amico, in Mario.

Perché Mario è questo tipo di persona. Quella che capisce, che ascolta, che dà a tutti una seconda possibilità.

Quella che non riuscirà mai a convincere del suo buon cuore celato è Daisy. Lei non lo perdonerà mai per quello che ha fatto. Non mi interessa. Hai comunque messo sotto con la macchina mio marito, scusa tanto se non voglio che tu venga al battesimo di mio figlio, gli ha sibilato, piena di veleno, una volta in cui aveva tentato di scusarsi. La prima e anche l'ultima.

Come biasimarla?

Ma adesso, credo di aver raccontato tutto molto in fretta.

Calmiamoci e allontaniamoci un attimo e riprendiamo quel pezzettino di indizio che vi avevo lasciato prima. Abbiamo detto: una foglia tanooki e una nuvoletta. Chi glieli ha lasciati, vi sarete chiesti? Chi li ha aiutati?

“Aiutarli, eh, non esageriamo. Non avevo davvero intenzione di aiutarli” si difende “Facevo pulizia. I tuoi fratelli non vogliono mai sistemare questa cavolo di clown car, ci trovo sempre dentro le cose più assurde, chi lo sapeva che c'erano dei power ups! E quella nuvola? Sarà stata lì nell'angolo da mesi. Chi lo sa quante altre schifezze troverei se mi mettessi a scavare...”

“A me sembra che tu sia intervenuto nel momento cruciale” osserva il piccolo se stesso, rannicchiato comodamente tra le sue ginocchia squamose “Voglio dire, hai praticamente seguito tutta la scena da lontano, perché non venivi fuori prima?”

“Non potevo far questo a Peach” replica lui, mordicchiandosi un artiglio “Quel dannato umano mi ha preceduto rovinando la mia trionfale entrata in scena, se fossi comparso subito dopo di lui le sarebbe venuto un colpo, era troppo per lei. Senza contare che avrebbe potuto fraintedere, credere che fosse tutto organizzato, come se io avessi avuto sul serio a che fare con quello...”

“Ha comunque combinato un bel pasticcio.” osserva il più giovane in tono di rimprovero.

“Ma non a lei!

“Oh, papà, andiamo, sono amici!” si irrita, aggrottando le azzurre sopracciglia.

Il koopa adulto solleva le mani, aprendole di fronte a sé “Suvvia, non erano affari nostri, ciò che ho fatto è già abbastanza!”

“Però così, agendo nell'ombra, come lo capiscono che ci siamo noi dietro?” si imbroncia.

Bowser allunga una zampa ad accarezzare il pennacchio di capelli del suo piccolo dodicenne, trasformando il tocco in una coccola e facendogli il solletico, capovolgendo così la sua faccetta triste “Non sottovalutare la sua intelligenza, non è mica scema.”

Larry fa finta di essere offeso e gira il musetto sfuggendo alla presa, ma in modo giocoso.

“Sei solo seccato perché ci tenevi a rivederla.” osserva il padre.

“Certo che la voglio rivedere!” riprende “Eravamo qua apposta per questo, no?”

“Te lo prometto, te lo prometto che l'andiamo a trovare, non appena 'sta situazione assurda si sistema.”

“Eh.” sbuffa “Hai detto lo stesso prima.”

“Eh.” lo imita “Ma in fondo che ne sapevo di quello che stava per succedere?”

I denti piccolini ma già comunque acuminati del principino si allargano nell'imitazione di un ruggito. Il padre gli ruba un'altra coccola e stavolta lui si lascia stropicciare un pochettino.

Poi si lascia inaspettatamente prendere da un attimo di tristezza.

“Si ricorderà di me, dopo tutto questo tempo? Pensi che le piacerà come sono adesso?” chiede ansiosamente, in un tono carico di attesa.

Bowser lo fissa nel profondo del blu dei suoi occhi in atteggiamento solenne.

“Non devi avere assolutamente nessun dubbio riguardo a questo”

E basta questa insignificante risposta perché lo sguardo del piccolo koopa si accenda di una luce cosmica, formata da un milione di piccole stelline luminose che lo incendiano e gli riempiono il cuore di speranza.


 


 


 


 


 

Spazio autrice:

Questo capitolo è stato molto sfortunato: il supporto mobile da cui normalmente scrivo prima di passare tutto al pc è andato distrutto. Fortunatamente, prima della disgrazia ero riuscita a salvare metà del testo. Ho dovuto però riscrivere tutto da capo la seconda metà. E credo che la prima versione fosse migliore, ma cavolo, non riesco assolutamente a ricordarmela, vorrei averla potuta riscrivere esattamente com'era! Poi, l'ultimo pezzettino è stato riscritto tre volte... Spero che il risultato non sia eccessivamente catastrofico, sono stata davvero impegnatissima in questi mesi, mi sono trasferita all'estero per lavoro e il mio tempo libero è proprio contato... lasciatemi pure le vostre critiche e i vostri consigli, sapete che sono sempre aperta a suggerimenti! A presto e grazie per aver letto!

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Capitolo 11
*** Pensando al futuro ***


La gravidanza fa uno strano effetto su Daisy. Durante una imprecisata notte di questi primi mesi, è accaduto un fatto singolare.

È iniziato tutto con Luigi che si è svegliato di soprassalto, sorpreso da una strana sensazione di mancanza. Il brav'uomo aveva lavorato e non poco quel giorno ed era stanco, ma si è comunque alzato per constatare che la sua consorte non era nel letto insieme a lui.

Si è infilato le pantofole ed è sceso in cucina, da cui intravvedeva filtrare della luce, pensando che la donna potesse essere stata colta da un attacco di fame. Hanno la dispensa piena di cioccolato, ne hanno comprato una gran quantità approfittando degli sconti estivi per via delle voglie che la prendono nei momenti più assurdi della giornata ed evidentemente anche della notte. Luigi era stato sicuro di trovarla distesa sul divano a rimpinzarsi, invece l'ha trovata in piedi, di fronte a -se dobbiamo citare lo stesso Luigi quando poi lo avrebbe raccontato stupito ai suoi amici- quella specie di strano 'tavolo' lungo e stretto dall'estremità triangolare, quello che sembra un surf con i piedi metallici, avete presente? Luigi, non avendo nessuna esperienza di economia domestica, non si era mai nemmeno preso il disturbo di dargli un nome, nella sua testa. Comunque, per chi non avesse intuito, si riferiva all'asse da stiro.

Beh, Daisy si è messa appunto a stirare nel cuore della notte, per poi lasciarlo interdetto guardandolo con un grande sorriso mieloso disarmante al quale Luigi non è riuscito a non rispondere. Un sorriso da bambola di pezza.

Ma lo sguardo della donna era assente, suo marito non la sentiva parlare, né ridere, ma respirare regolarmente.

La scena è stata resa ancora più surreale dall'assenza totale di camicie o di qualsiasi altro capo di abbigliamento da stirare. Daisy passava il ferro da stiro sul nulla, sarebbe sembrato quasi che lo stesse mimando. Con sconcerto, l'idraulico si è reso conto che doveva essere sonnambula.

Uno sbuffo di vapore è fuoriuscito dalla piastra del ferro, Daisy glielo ha diretto verso la faccia come in un gioco. Ma era rovente, Luigi si è scansato per non esserne investito e ustionarsi, come qualsiasi persona intelligente avrebbe fatto.

Glielo ha tolto dalle mani con tutto il garbo possibile prendendoglielo per il manico, l'ha appoggiato sulla griglia metallica, ha staccato la spina in modo che si raffreddasse. Daisy non ha fatto alcuna obiezione a queste manovre, è restata impalata sorridendo a guardare. Probabilmente non lo vedeva sul serio.

Il pancione non è ancora così prominente, per Luigi non ci sono stati problemi a sollevarla tra le braccia e riportarla a letto. Lì, è sembrato che si svegliasse, ma prima che Luigi le spiegasse cosa fosse successo, lei lo ha zittito e ha voluto fare l'amore.

Il mattino seguente, Daisy non ha fatto parola dello strano accaduto, nemmeno di ciò che è successo dopo. Quando Luigi gliene ha provato ad accennare, ha fatto capire di non essersi accorta di niente, di non ricordare. Questo lo ha messo in imbarazzo, perché si è sentito come se avesse approfittato di lei in un momento di debolezza. Pertanto, nel raccontare sia a lei che agli altri l'incredibile episodio, anche per pudore personale e per rispettare la sua riservatezza, avrebbe omesso quest'ultimo intimo particolare.

Non sarebbe stato l'unico episodio di 'pazzia' cui avrebbe testimoniato, la ragazza avrebbe assunto in altre svariate occasioni un comportamento bizzarro. Più bizzarro del solito, comunque.

Per esempio: una volta, durante la colazione, Luigi l'ha sorpresa a confondere la marmellata con la maionese, spalmando una generosa quantità di quest'ultima su una fetta di pan carrè. L'ha fermata prima che la pucciasse nel latte. Cosa che nemmeno con una farcita normalmente si dovrebbe fare. Come minimo avrebbe vomitato, e visto che lo faceva ormai tutte le mattine e quel mattino aveva già dato, sarebbe stato una pena vederla star male di nuovo.

Accortasi dell'errore, la risata che ha fatto non è stata per nulla spontanea, anzi forzatissima. Si capiva che si stesse interrogando sulle proprie facoltà mentali. Luigi ha cercato di minimizzare l'accaduto, ma ha capito che lei stava iniziando a preoccuparsi.

È che a volte vuoi solo fingere che tutto vada bene. Anche quando è evidente che non lo sia.

Poi un'altra volta, pochi giorni dopo quest'altro incidente, è avvenuto qualcosa che ha veramente spaventato Luigi.

Era capitato che fosse fuori casa per lavoro. Mentre cercava di saldare un tubo rotto, il suo cellulare è squillato improvvisamente e lo ha fatto trasalire. La chiave che stava utilizzando per la riparazione è slittata sulle stesse scalanature del tubo ancora allentato, che si è staccato di netto facendogli riversare addosso un litro buono d'acqua rugginosa. Luigi ha quindi risposto al telefono ed era Daisy, che strillava. Luigi non ha capito cos'avesse, ma si è spaventato, ha piantato in asso il lavoro e, inseguito dalle imprecazioni del padrone di casa che si lagnava per il pavimento allagato, ha raggiunto, ancora fradicio, la loro casa.

Daisy era rannicchiata lì sulle piastrelle del salotto con un'espressione terrorizzata in volto. Sembrava si fosse trascinata verso il telefono.

Nella stanza, al centro, c'era il lampadario che chiaramente era crollato dal soffitto schiantandosi al suolo. Il pavimento era pieno di schegge di vetro e lampadine rotte. Luigi non è riuscito a credere a quello che vedeva. C'era una scala di quelle metalliche che si aprono, riversa da un lato sotto il lampadario distrutto.

Daisy ha creduto di avere un esaurimento nervoso ed è scoppiata in lacrime.

"Sto diventando cretina?” ha urlato indicando la scala "L'ho appoggiata così, mi era venuto in testa che volevo pulire il lampadario... L'ho aperta, ma non del tutto! Mi si è chiusa di scatto appena ci ho messo su il piede. Poteva finire così, ma invece ha avuto la bella idea di agganciarsi, e nel cadere se lo è trascinato giù..." nella sua voce Luigi ha percepito un misto tra rabbia e spavento.

"Sei ferita?” si è preoccupato lui venendole incontro, non gli importava certo di altro.

"È stato un miracolo che non mi sia caduto in testa." il tono della donna da sconvolto è divenuto affranto "Prima rischio di bruciarti col ferro, poi quella roba della maionese che io, veramente, non ho idea... ora questo. Cosa farò la prossima volta, mi asciugherò i capelli con i piedi infilati dentro l'acqua? Così il bambino sarà bello cotto quando nascerà?”

"Se lo fai, credo che muori direttamente" ha osservato Luigi in tono piatto. Non è abituato a vederla così fragile, ma non ha esitato ad abbracciarla per tentare di calmarla.

"Non lasciarmi da sola, ti prego, ho paura di quello che potrei fare" ha strillato lei istericamente. Poi si è lasciata cullare dalle parole banalissime eppure rassicuranti di suo marito, cui in quel momento importava solo che stesse bene: "Sei solo stanca, non dormi abbastanza, ti preparo un caffè espresso e vedrai come ti riprendi..."

Dopo essere riuscito a farla calmare, Luigi, assolutamente convinto che il problema della moglie sia psicologico, si è rivolto a un dottore terapeuta che dopo due sedute infruttuose ha intascato un pacco di soldi solo per giungere alla conclusione che la povera Daisy è stressata e ha ordinato di metterla a riposo. A volte può capitare che una gravidanza, specie se è la prima, possa logorare i nervi della gestante, è meno raro di quanto si possa pensare.

Peccato che mettere un tipo come lei a riposo possa avere delle ripercussioni gravissime.

La casa di Luigi Mario è il tipico palazzo grigio triste, ma con il davanzale delle finestre pieno di splendidi gerani multicolorati.

Da quando l'esuberante ex principessa è stata costretta all'inattività, però, per quanto il diligente marito li innaffi ogni giorno, essi sono iniziati a morire, uno alla volta. E non solo i loro gerani, anche quelli dei vicini, come un'epidemia che si è propagata fino a comprendere l'intero circondario. E che si sta estendendo. È Daisy che lo vuole.

Non ci sono più giardini verdi a New York, solo aridi deserti gialli. Ogni tipo di pianta sta seccando, appassiscono una dopo l'altra. La città inizia a somigliare a Sarasaland nel suo periodo peggiore. E inizia a mancare l'ossigeno, perché sono gli alberi quelli che lo producono, ma sono diventati rari.

In questi giorni, Luigi ha cercato di interpretare il ruolo del maritino perfetto, quello che tratta la sua mogliettina con amore e devozione.

Fa in modo di agevolarla il più possibile, fa le classiche cose: le porta la colazione, si assicura che stia comoda, la coadiuva nelle piccole cose, arrivando anche quando necessario a svolgere da solo le faccende di casa. Ma non è facile, perché sa benissimo quanto lei odi essere servita.

È una principessa che ha accettato di farsi togliere il trono legittimo. Quindi, ciò che lei ha desiderato è stato sentire di poter in qualche modo badare a se stessa, a prescindere da chi avesse accanto.

In pratica, voleva fare la casalinga. Può sembrare strano, ma quando odi la tua condizione, quello che agli altri sembra un privilegio a te arriva a dare la nausea.

"Daisy, tesoro, non ti deprimere, non ne vale la pena!" la implora Luigi constatando che il mazzo di rose bianche che le ha appena comprato dal fiorista sotto casa è inesorabilmente appassito nel breve tratto di strada che ha attraversato per portarlo dentro. Sta facendo il possibile, ma vedere che, nonostante gli sforzi che fa, la situazione non migliora nemmeno un po' è snervante.

Luigi inoltre non comprende, lui non è una donna, ma pensava che una gravidanza sarebbe dovuto essere un periodo di gioia, invece si sta rivelando un vero incubo.

Luigi si è sempre sentito inadeguato ogni volta che la vita gli ha presentato una situazione nuova da affrontare, ma il suo spirito di adattamento gli ha sempre suggerito come comportarsi. Questa volta, per quanto si sprema le meningi, non riesce a capire che cosa cavolo debba fare.

"Sto facendo di tutto per rendere felice mia moglie, ma lei è sempre più depressa" confessa a Mario, in una giornata afosa di luglio in cui è venuto a fargli visita.

Dopo l'incidente di pochi mesi fa viene spesso a trovarlo, hanno installato una postazione per il teletrasporto direttamente in casa, davanti la porta d'ingresso, leggermente nascosta così la gente non si spaventa a vederlo comparire dal nulla. Sono seduti in veranda e tra loro c'è un tavolo con su un vassoio che ospita sia una brocca di limonata ghiacciata con menta con bicchieri di vetro che una caffettiera fumante con tazzine e zuccheriera.

I due fratelli alternano le bevande, fredde e calde e viceversa. Un'abitudine presa da poco da Luigi grazie agli imprevedibili cambi umorali della moglie.

"Tu come rendi felice Rosalinda?” chiede consiglio, facendo tintinnare il ghiaccio nel bicchiere.

"Beh" comincia il fratello maggiore pensieroso, girando lo zucchero nel suo caffè "Sinceramente, credo che io sono stato fortunato, Rosie non è una musona, è contentissima di avermi intorno e non si lamenta mai di me" beve un sorso con cautela "Ma probabilmente è perché prima di incontrarci viveva da sola. Lei è sempre contenta di fare qualsiasi cosa insieme a me. E io cerco di valorizzare la sua presenza, di metterla a suo agio. E poi la aiuto nelle sue cose, mi prendo cura degli Sfavillotti e le do le giuste attenzioni. Cerco di essere sempre sincero e disponibile ad ascoltarla."

"Sto cercando di fare lo stesso con Daisy" ribatte Luigi "Adesso sta dormendo. Dorme tutto il giorno perché non ha molto da fare e credo sia proprio questo che le pesa, per quanto io ci provi a non farglielo pesare, il fatto di essere ferma... La annoia. Io credo che si senta inutile."

Mario non sa cosa rispondere "Diglielo che non si deve sentire così"

"Ma glielo ripeto in continuazione!"

"Allora dille che tu ti stai deprimendo al vederla deprimersi"

Luigi batte le palpebre, stranito "Ma così non la farei sentire in colpa?” posa il bicchiere vuoto e passa a versarsi il caffè immediatamente.

“È quello che devi fare" gli rivela il fratello "Girala a tuo favore facendole vedere l'altra campana, gioca sul fatto che facendo così fa stare male anche te e lei capirà che deve darsi una... scrollata."

Luigi adesso sgrana gli occhi, non è per niente convinto di questo consiglio, lo zucchero che sta versando nella tazza finisce fuori rotta e si spande sulla superficie del tavolo. "Mannaggia" mormora, per farla pulita.

Mario accenna ad alzarsi per aiutarlo, ma lui gli fa segno di star comodo e prende una salvietta per raccoglierlo prima che il ripiano venga invaso dalle formiche. Pare sia attrezzato per ovviare a questi piccoli incidenti di ogni giorno, lui è sbadato di suo, ma anche Daisy ultimamente ci sta mettendo la sua parte.

"Tu fai così con Rosalinda?” si informa poi, mentre ripulisce il tutto.

"Te l'ho detto, con Rosie io sono apertissimo, se fa una cosa che non mi piace glielo dico e lei fa lo stesso con me, ci confrontiamo per migliorarci a vicenda. Finora ha sempre funzionato alla grande" anche Mario ha scelto di cambiare bevanda.

"Ma tua moglie non è mica depressa" Luigi mette su un piccolo broncio di disappunto mentre finisce di asciugare il tavolo "Non può continuare così fino alla fine della gravidanza, mancano ancora quattro mesi, lei piange e fa seccare tutte le piante del Paese, io divento pazzo!"

“Le piante?” si stupisce Mario.

"Sì, non lo hai notato?” gli indica con la mano occupata dalla tazzina lo scempio rimasto nei vasi, le varie piante ornamentali, i giardini pensili che prima decoravano gli interni dell'appartamento adesso sono ridotti a qualcosa di molto simile a un mucchio di cenere. Mario li guarda sbalordito. Gli ricordano l'albero morto di fronte alla casetta dei fantasmi nel Regno dei Funghi. Ma non solo.

"Oppure... Oppure... " Mario abbassa la voce "Non pensi che tutto questo possa essere una conseguenza del tuo incidente? Magari è ancora turbata, in fondo è passato così poco tempo..."

"Ha smesso di avere paura per questo" replica Luigi infastidito "Il mio incidente non è stato niente, se ne è accorta anche lei. Nemmeno zoppico più, ormai. Posso affrontare qualsiasi cosa. Posso gestire le crisi di mia moglie."

"Non l'ho messo in dubbio, questo, ma sai benissimo che l'impatto che ha avuto su di lei all'inizio è stato ben grave. Tu non hai visto la crisi che le è venuta, faceva paura, te lo giuro. Avevi anche battuto la testa, saresti potuto finire male... saresti potuto diventare... scemo..."

"Per piacere, non tocchiamo più questo argomento, ne ho avuto abbastanza" interrompe Luigi "E poi a cosa serve? Non c'è mica un rimedio, e tornare indietro non si può”

Mario esita, poi accenna un “Ma quello che ti ha fatto W..." prima di essere zittito nuovamente. Lui d'altra parte non vuole contrariare suo fratello, quindi accetta di lasciar cadere il discorso.

Improvvisamente gli viene una nuova idea. "Non credi che forse le farebbe bene cambiare aria?"

“Partire, dici?” fa Luigi pensieroso “Ci avevo pensato anche io, ma un viaggio sarebbe stancante per lei, il dottore ha detto..."

"Ma se prende il teletrasportatore non sentirà nemmeno di aver viaggiato, arriverà in un lampo. Può far tappa all'Osservatorio e da lì ripartire tramite la Base stellare!"

Luigi mette in bocca il cucchiaino con cui ha girato lo zucchero, considerando questa alternativa "Ma dove la dovrei portare?"

Mario si stringe nelle spalle "A Sarasaland" dice, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Luigi per poco non ingoia il cucchiaino. Mario lascia perdere la sua limonata e gli dà delle piccole pacche sulla schiena mentre lui tossisce come un matto.

"Ehi, resisti" ride, nonostante tutto.

"Non posso portarla laggiù. Perché dovrei? I suoi ci hanno buttati fuori, siamo stati praticamente banditi!" ricorda il fratellino.

"Beh, ma non ti pare già che stia 'ricreando' il suo posto d'origine qui?" fa il fratellone "Forse tutto questo significa solo che... ha nostalgia di casa... Forse, inconsciamente..."

"No, è escluso" lo interrompe, il tono è categorico.

"Non devono sapere per forza che ci andate, ci tornate in incognito" propone Mario.

Luigi si alza, afferra il pesante vassoio con tutta la roba sopra e lo porta dentro. Il fratello si affretta a seguirlo "Ascolta me" gli dice.

"Perché diavolo dovresti avere ragione?" quasi si arrabbia sbattendo il vassoio sul tavolo della cucina "Ci hanno trattato da schifo e Daisy stessa mi ha fatto promettere che non ci saremmo tornati mai più."

Mario chiude gli occhi "Tu non lo sai che cos'è il perdono?”

Luigi lo guarda, schifato e sorpreso "Non abbiamo niente per cui chiedere scusa. Non abbiamo fatto niente di sbagliato e non l'abbiamo voluto noi che ci mandassero via!"

"Non ho detto che dovrebbero essere loro a perdonare voi." fa notare Mario.

Luigi alza gli occhi verso il soffitto. "È l'influenza di Rosalinda che ti fa questo effetto?"

"No, sono i tre anni che ho più di te che mi rendono più saggio"

"Saggio" ripete Luigi ironico "Ma se fino a sei anni bagnavi ancora il letto!"

Mario arrossisce di colpo e tace. Anche Luigi tace. Tacciono entrambi, fissandosi negli occhi, pare che Mario voglia mandargli uno sguardo omicida senza riuscirci.

Dopo qualche secondo di silenzio, Luigi dice: "Non volevo dire questo.".

"Basta che eviti di ripeterlo di fronte a qualcuno" lo ammonisce Mario, senza più vergogna, solo sollevato che Daisy non li abbia sentiti.

"Comunque" riprende Luigi "Non credo che i genitori di Daisy siano disposti ad abbassarsi a chiedere scusa a me, se è quello che avevi in mente"

Mario sembra a disagio. "Ma non hanno sentito della nostra impresa?“

"Della tua impresa" viene corretto "Ma stai certo che nemmeno tu saresti stato accolto a braccia aperte"

Mario scuote la testa "È proprio triste" abbandona il pensiero "Farle cambiare aria, comunque, le farà bene. Vuoi portarla da noi? Rosie sarebbe d'accordo."

Ma Luigi non fa in tempo a replicare che la porta si spalanca e fa la sua apparizione la stessa Daisy.

Mario la fissa trasalendo, colpito seriamente dal suo aspetto. La ragazza ha i capelli di uno scarmigliato indescrivibile, si tendono verso l'alto e sembrano unti, stopposi, di paglia. Come se avessero perso tutta la loro naturale brillantezza, come se non li lavasse da un po'. Le vanno tutti di fronte al viso creando una specie di nebulosa, senza tuttavia riuscire a nascondere il colore cinereo della pelle, né le tremende occhiaie profonde e viola. Luigi ha detto che passa molto tempo a dormire, ma sembra una che non chiude occhio da mesi.

"Ben svegliata, Zuccherino, non dovevi alzarti, vuoi una tazza di caffè? O un po' di limonata? O entrambi?” chiede subito premurosamente l'aspirante Maritino Perfetto.

Daisy emette una specie di grugnito e si passa una mano sul viso cercando di scostarsi i capelli tirandoli all'indietro. "Ciao, Mario" mugugna, prima di lasciarsi cadere quasi a peso morto sul divano.

Subito si porta una mano sul ventre che si sta iniziando a mostrare.

Luigi accorre, premuroso e caro da risultare ridicolo, come d'altronde in tutto quello che fa. Ma l'essere ridicolo fa parte di lui.

Lo 'zuccherino' lo scaccia gentilmente con un gesto della mano da schiacciamosche "Ho fatto un sogno" dice "Ero sepolta nella sabbia fino al collo e non riuscivo a muovermi. Mi dicevo: scava, ma non avevo niente per farlo. Poi... poi mi sono sentita come se il bambino dovesse uscire e c'era una voce che mi ripeteva che non ero nel posto giusto per farlo nascere" Daisy guarda suo marito imbronciata "Che significa, Einstein?“ gli chiede, ma senza dargli il tempo di provare a rispondere, ricomincia a parlare rispondendosi da sé: "Lo so benissimo che cosa significa, è colpa di quella stupida di mia madre che una volta mi disse che i figli di Sarasaland devono venire alla luce sul suolo di Sarasaland per ottenere i loro poteri. Ed è vero, c'è qualche cosa in quella terra di schifo che condiziona la nascita. Ma io preferisco che il mio bambino non abbia un tubo, piuttosto che tornare lì."

Luigi e Mario si scambiano un'occhiata talmente strana che la donna immagina che la stiano prendendo per pazza. Non le piace, e il mini-giardino verticale sul muro già secco prende improvvisamente fuoco.

"Daisy!" esclama allarmato Mario.

Luigi sbuffa, come se questa cosa fosse già capitata già altre mille volte e gli desse ormai solo noia.

Il sistema antincendio si attiva da sé con il fumo e una pioggerellina invade la sala bagnando i tre e spegnendo il fuoco.

"Almeno quando ci sono ospiti, evita" la rimprovera l'idraulico in verde.

“Mario non è un ospite, è tuo fratello” serra i denti la ragazza.

Intanto Mario ha messo insieme i pezzi e ha capito tutto. "Daisy, è il bambino" dice.

Lei lo guarda confusa. "Cosa" fa. Senza punto di domanda.

"È chiarissimo" continua lui, compiaciuto della propria arguzia "Il bambino sa tutto quello che sai tu. Se lo sai tu, lo sa anche lui. Il bambino ha una volontà. Tu ti comporti in modo strano, la tua distrazione è una conseguenza del suo tentativo di comunicarti qualcosa."

"È arrivato il detective" mormora Luigi esasperato. Evidentemente non capisce dove voglia andare a parare, o lo capisce, ma non condivide.

Ma suo fratello lo ignora "Tu non vuoi che lui abbia i suoi poteri, ma lui sì. Li vuole perché è il suo istinto. È ancora un piccolo feto senza orecchie e senza un cervello sviluppato, ma la sua anima è già presente, in gestazione, aspetta solo che tu trovi qualcosa per... per tirarti fuori dalla sabbia."

"In conclusione?” sbatte le ciglia la ragazza, ma sa benissimo a che cosa vuole arrivare.

"È semplice, devi andare a Sarasaland per partorire lì"

Nel silenzio che segue si sente benissimo il mormorio troppo forte di Luigi: "L'ha detto."

"Cara cognata" l'instancabile Mario tenta un nuovo approccio, venendole più vicino e prendendole una mano, con quel fare galante tutto suo di cui solo lui conosce le sfaccettature "Tu fai la dura, ma io so che non desideri che i tuoi restino per sempre arrabbiati. Scommetto che nemmeno tu sei più arrabbiata con loro. Nessuno vuole realmente queste cose. Ma lasciati dire che se non sfrutti questa occasione per riavvicinarli, in futuro sarà impossibile recuperare. Non ti perdoneranno per aver negato al tuo primogenito e loro primo nipote la sua eredità legittima."

A questo punto, Daisy fa la faccia affranta e sembra che voglia piangere, ma invece stringe i denti e solleva la mano che lui ha preso con rabbia, come se volesse mollargli un sonoro ceffone. Ma si trattiene. Abbassa la mano, sospira pesantemente.

"Hai ragione" dice. Poi lo abbraccia di slancio, ma specifica: "Ti sto abbracciando perché non mi posso abbracciare da sola". Luigi si siede accanto a lei dall'altra parte e si unisce.

Daisy lo guarda rivolgendogli una domanda muta.

Lui annuisce: "Se va bene per te, va bene anche per me."

Quanta semplicità ci può essere nei rapporti umani!

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Capitolo 12
*** Due cuori e un'amaca (flashfiction) ***



 

"Fino a soli due anni fa, non mi sarei mai immaginato che mi sarei ritrovato qui, in questo paradiso in terra, a bere cocktails sotto il sole dei Tropici, in totale relax, in quella che pare essere una vacanza perpetua."

Wolley sorride dolcemente e beatamente, lo sguardo ammiccante sotto gli occhiali da sole.

Si stiracchia leggermente irrigidendo le spalle, in cerca di una posizione più comoda, rigirandosi sull'amaca su cui è sdraiato.

Riprende: "Sapevo, naturalmente, che ovunque sarei stato, sarei stato insieme a te... Ma credevo, ed ero convinto, che saremmo rimasti nel Regno dei Funghi."

Yvan solleva le sopracciglia alzando lo sguardo su di lui, aggrottando la fronte.

Gira distrattamente una pagina della rivista che regge tra le mani.

"Troppo statico" dice.

Prende un sorso dal suo bicchiere a coppa dal bordo inzuccherato e ripieno di un drink rosa.

"Troppo vicino" continua. Chiaramente, sottintende il complemento di termine.

"E troppo doloroso." conclude Wolley in tono malinconico "La vita sa sempre come sorprenderti" aggiunge filosoficamente.

Afferra dal vassoio la mezza noce di cocco riempita con l'analcolico alla frutta e decorata con l'ombrellino.

La solleva, invitando il suo compagno a un brindisi.

Yvan fa toccare tra loro le coppe, ovviamente solo una è di vetro e quindi allo scontro non tintinnano.

"Alla nostra" dice, prima di bere.

Wolley lo imita.

Immediatamente strabuzza gli occhi. “Che cavolo?” gli sfugge.

Un oggettino duro gli è finito in bocca nel sorbire il drink.

Lo sputa dentro una mano, si toglie gli occhiali e lo fissa a occhi prima strizzati, poi spalancati.

Yvan ghigna soddisfatto mentre lo sguardo dell'altro si fa completamente stupefatto.

"Significa quello che penso?“ chiede il fungo giallo, con la voce irrochita dall'emozione.

"Scusa se non sono riuscito a pensare a un modo più originale per dartelo" replica il fungo blu.

Non fa in tempo a mandare avanti le sue scuse che un urlo selvaggio e stridulo scaturisce dalla gola di Wolley. Il quale si alza in piedi, manda all'aria tutto -bicchieri, amache e riviste- salta al collo del suo amato e lo bacia sulla bocca con un trasporto esagerato.

"Sì, sì, sì, sì, sì..."

"Non te l'ho ancora chiesto" disapprova il soldato fingendosi un po' irritato.

Emozionatissimo, Wolley stringe tra le dita l'anello e lacrime di gioia gli iniziano a tracimare dalle ciglia "Ti amo, ti amo, ti amo..." ripete.

"Non metterti a fare il disco rotto" Yvan gli pone una mano sulle labbra per farlo fermare, poi la fa scivolare su una guancia e trasforma il tocco in una carezza "Devo chiedertelo per bene"

I due scendono dall'amaca.

Wolley ridacchia singhiozzando contemporaneamente.

Yvan gli toglie l'anello di mano e con lo stesso fluido movimento gli allunga il braccio, indietreggiando leggermente.

Poi si inginocchia.

"Wolley" esordisce in tono grave.

"Sì lo voglio!" esclama subito il micete giallo entusiasta.

"Fammi finire, mi ero preparato una specie di discorso" riprende il toad blu, adesso seriamente seccato "Io lo so che non ti posso offrire tanto. Lo so che prima di incontrarmi eri abituato a lussi che non potrò mai concederti, ma in questi anni in cui abbiamo vissuto insieme ho potuto constatare che ormai non te ne importa più nulla di quella tua vita passata, quindi..."

"Non me ne importava nulla nemmeno prima" rivela Wolley. Le sue dita fremono “Vai al sodo, per piacere?”

Yvan ha istintivamente chiuso la bocca per via dell'interruzione, ma si addolcisce, intenerito dopotutto dalla sua impazienza. "Okay, vado al sodo: ti amo. Sei tutto per me. Quando avevo creduto di averti perso, una parte di me è morta. Mi sono sentito perduto. Mi sono sentito... in ritardo. Ho capito quanto ho rischiato. Da oggi in poi non voglio più correre il rischio che tu mi possa lasciare."

"Io non ho nessuna intenzione di lasciarti" protesta Wolley.

"Voglio legarti a me per sempre" continua Yvan, iniziando a infilare l'anello al dito anulare del compagno "Voglio che tu diventi... Completamente e definitivamente... Mio marito" solleva lo sguardo “Mi vorresti fare questo onore?”

"È un'ora che te lo ripeto! Sìii!" si spazientisce Wolley, quasi urlando.

Avvicina la mano agli occhi considerando come gli stia bene quel piccolo ornamento luccicante.

C'è una minuscola gemma incastonata, una gemma di colore rosso magenta.

Si chiede già se sia un rubino vero oppure un più comune -ma altrettanto prezioso- spinello rosso, ma soprattutto si chiede quanto sia costata, se Yvan si possa permettere la spesa, se sia stata estratta in maniera lecita, se qualcuno non si sia fatto male per prenderla...

Yvan questi pensieri glieli legge praticamente in viso, quindi sbuffa e si rialza in piedi. "Tu il romanticismo lo hai proprio lasciato a casa!" commenta.

Per tutta risposta, Wolley gli salta in braccio e, dimenticando le obiezioni, inizia di nuovo a riempirlo di baci appassionati.

Accogliendoli, Yvan cammina all'indietro e lo conduce dentro la loro cabina, alla ricerca di un po' di intimità.

Poi, una volta che la porta è stata chiusa, si incominciano a spogliare e spogliarsi per i toad è facile, visto che tutto ciò che devono fare è semplicemente strappare il velcro, sempre presente a chiudere i vestiti dato che il loro capoccione impedisce loro di infilarseli dalla testa...

...Ma vabbè, quello che succede dopo non ve lo racconto perché non mi va di alzare il rating solo per un capitolo ché già siamo a giallo e tanto basta!




























salve, sono Bulmasanzo, forse vi ricorderete di me per quella storia che ho scritto un millennio fa su questo fandom, la meravigliosa avventura dei fratelli Mario, che fu seguita da quattro gatti e abbandonata a marcire e puzzare quando era ancora a metà. Quello che avete letto adesso è... una scena idiota che volevo scrivere tanto per inzuccherarmi un poco il naso prima di buttarmi nel disastro che ho intenzione di scrivere adesso. Quindi... tornerò presto... spero.

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Capitolo 13
*** Lost into the future - part 1 - not from her ***


Mario guardò la donna accanto a sé, sdraiata sul letto. Dormiva scomposta, con i capelli che le cadevano sparsi sul cuscino, la mascherina sugli occhi, la bocca leggermente aperta, le braccia abbandonate ai lati della testa.

Aveva avuto una lunga giornata, aveva dovuto far nascere diverse stelle tutte in posizioni differenti, quel processo la spossava sempre anche se non voleva mai ammetterlo. Per fare nascere una stella ci vogliono infatti polso e una grande concentrazione.
Mario sapeva sempre quando ne aveva avuto troppo, lo vedeva nel suo sguardo sfinito, nel bisogno che aveva di riposare abbracciata al suo uomo, o anche solo di poggiargli la testa in grembo.

Eh sì, anche quella dea bellissima ed eterea soffriva della umana condizione della stanchezza. Mario non smetteva di stupirsene, era troppo abituato a vederla come un essere perfetto e impeccabile e si inteneriva tutte le volte che manifestava quelle sue naturalissime debolezze.

Ne ascoltava il respiro regolare, chiedendosi quale fosse il senso di ciò che faceva.
Lei gli aveva parlato di un grande piano primordiale in cui lei non era che una piccola pedina, il cui compito era di favorire e di permettere l'espansione continua dell'universo, da cui sarebbe nata vita nuova che si auto-perfezionava di volta in volta con la nascita di un'altra creatura, ma Mario aveva fatto soltanto finta di capire.

Ciò che aveva intuito era che gli Sfavillotti andavano protetti e curati perché un giorno sarebbero cresciuti abbastanza divenendo dei soli.
Dal momento in cui un sole inizia a brillare, la sua luce riscalda tutto ciò che ha intorno, i naturali detriti che galleggiano nello spazio si compattano e, attratti dalla sua orbita, iniziano a roteare, si scontrano e da queste collisioni continue, pian piano, si formano i pianeti. Dunque, la combinazione di luce, acqua e movimento in essi fa nascere le prime forme di vita che nei secoli si vanno sviluppando moltiplicandosi all'infinito. Tale è il piano divino...

Mario si sentiva affascinato e insignificante ogni volta che veniva messo di fronte a questa verità e, pensando che sua moglie era l'agente che concretamente dava impulso e origine a tutto quanto, si riteneva davvero l'uomo più fortunato di tutto il cosmo.

Ma poi gli tornava in mente una realtà inevitabile che lo riempiva di angoscia.
Per attendere a questo onorevole ma oneroso dovere, Rosalinda era di fatto stata resa, da forze incomprensibili più grandi anche di lei, immortale. Lui no.
Lui era soltanto un uomo. E riconosceva tutti i suoi limiti.

Rosalinda era la mamma perfetta di migliaia e migliaia di figli non suoi, era la principessa delle galassie, un elemento imprescindibile e insostituibile, senza cui tutto l'equilibrio del creato sarebbe potuto crollare.
Mario non desiderava l'immortalità, ma l'unica cosa che avrebbe voluto era che ci fosse qualcuno dopo di lui. Era consapevole di dover morire un giorno, come ognuno di noi, ma Mario desiderava lasciare il suo nome, desiderava dare origine anche lui a una stirpe. Desiderava un figlio. Ma dubitava che anche Rosalinda ne volesse uno, con tutti quelli che aveva già, di cui si prendeva cura incondizionatamente.

Sospirò. Suo fratello Luigi stava già per avere il suo primo figlio, e lo stava avendo prima di lui. Aveva sempre ingenuamente pensato che sarebbe stato lui, il fratello maggiore, quello che avrebbe dovuto avere un figlio per primo. Ma il destino aveva avuto altri piani. Avevano trovato l'amore della loro vita più o meno nello stesso momento, durante la loro avventura.
Luigi non aveva avuto remore, lui, il fratellino timido e impacciatissimo che non ci aveva mai saputo fare con le ragazze, quello che prima di trovare il coraggio di uscire insieme a quella che era stata la sua più grande cotta ufficiale -una certa Eclair, una stronza che gli aveva tirato un pacco colossale dopo essersi fatta desiderare per mesi- aveva esitato a lungo e aveva chiesto al suo fratellone consigli su consigli che aveva messo in pratica alla lettera, spesso con risultati deludenti. Quella volta, invece, con Daisy si era buttato. E aveva fatto benissimo a farlo, perché era decisamente atterrato sul morbido. Daisy era quella giusta per lui, una ragazza forte che non lo criticava per le sue debolezze ma lo spronava a superarle.
E ora, stava per nascere quello che sarebbe stato il primo bambino della nuova generazione dei Mario. E avrebbe probabilmente ereditato i bizzarri poteri dei fiori della madre.

Mario era felice ed emozionato per l'imminente arrivo del suo primo nipote, ma non poteva fare a meno di essere invidioso di Luigi e Daisy.

Anche se di problemi ne avevano avuti eccome, il loro legame era così forte e indissolubile che sembravano in grado di affrontare qualsiasi catastrofe.

Gli venne da ridere quando gli tornò in mente che uno dei motivi per cui ai tempi lui si era lasciato con la sua storica fidanzata, Pauline, la tipa che gli si era legata dopo che lui l'aveva salvata da Donkey Kong, era stato proprio che lei gli aveva chiesto, dopo due anni di convivenza, un figlio. E lui non si era sentito pronto.

Ma allora era giovane. Non era un romantico, almeno non lo era ancora diventato.

Adesso, guardando Rosalinda, la contraddizione in termini che rappresentava l'umana perfezione, si rendeva conto che nessuno sarebbe stato in grado di competere con lei, avrebbe sempre vinto in partenza.
La verità, però, era che né Pauline né Eclair erano state le persone giuste per i fratelli Mario.

E poi... c'era Peach.

Mario non era stupido, aveva capito ciò che era successo, cosa aveva scatenato, aveva visto chiaramente che Peach si era invaghita di lui, e se ne era sentito lusingato senza dubbio, ma non era colpa sua se in testa aveva già un'altra donna. In testa, ma soprattutto nel cuore.

Ma lui non era il principe azzurro di Peach, e adesso pareva che lei lo avesse trovato... O aveva preso il primo papabile per sostituirlo? Era davvero Haru il suo vero amore o soltanto un premio di consolazione? Mario non sapeva perché gli stesse a cuore questa faccenda. Forse perché le voleva bene?

Mario non aveva rimpianti, ma si era chiesto come sarebbe andata se non avesse mai incontrato l'amore della sua vita, avrebbe ripiegato su quella donna che lo aveva tanto desiderato, solo per mancanza di alternative migliori? No, Mario non lo credeva possibile.

Però, aveva l'impressione che se avesse chiesto un figlio a Peach, lei glielo avrebbe dato senza la minima esitazione. L'idea di chiederlo a Rosalinda invece gli metteva addosso un'ansia allucinante.

Anche se sapeva quanto lei lo amava e quanto avrebbe adorato un bambino tutto loro, continuava a pensare che i suoi compiti fossero troppo gravosi per permetterle di prendersi un altro impegno, qualcosa di così importante che avrebbe tolto tanto, troppo tempo al suo lavoro.

Mario non poteva farle questo, non l'avrebbe mai costretta, non avrebbe mai compromesso l'equilibrio che lei si era creata nella sua vita, era troppo importante, era troppo centrale, troppo assoluto.
Eppure il suo desiderio di avercelo era così maledettamente intenso. Sapeva che prima o dopo avrebbe trovato il coraggio di dirglielo. Il problema era che la rispettava troppo.

Si diceva di aspettare almeno che il bambino di Luigi nascesse, di non darle motivo di credere che volesse accelerare i tempi. Essere invidiosi non era una buona ragione per chiederle di fare un passo così importante.

Rise leggermente, disprezzandosi. Non si era più sentito un eroe da quando lei, cedendogli il proprio cuore, lo aveva denudato di tutti i suoi motivi di orgoglio, rendendolo nient'altro che un umile essere umano che aveva paura anche solo di chiedere l'onore di un bambino alla donna che amava.

Rosalinda si mosse e mugugnò nel sonno, la fronte le si era aggrottata come se qualcosa la stesse disturbando. Mario sollevò una mano e le sfiorò la testa. Il viso di Rosie si rilassò di nuovo, non si era svegliata, per fortuna. Il suo sonno era prezioso.

Mario le accarezzò i capelli, il contatto con quella seta gli faceva venire i brividi.
Inaspettatamente proruppe in un singhiozzo che lo fece sobbalzare e si portò la mano alla bocca per non farlo sentire a Rosie.
Ma ne seguì un secondo ancora più rumoroso.

Mario si alzò, allontanandosi di corsa, preso da un forte attacco di singhiozzo. Andò nella piccola cucina adiacente e riempì un bicchiere d'acqua dal rubinetto. Bevve a sorsi piccoli trattenendo nel contempo il respiro, o perlomeno tentando di farlo.

Mentre rimetteva il bicchiere al suo posto, intravvide una sagoma alle sue spalle nel riflesso del lucido metallo del lavandino. Distorta, naturalmente. Ma non per questo meno riconoscibile.
"Ti ho svegliata" si rammaricò "Mi spiace"

Rosalinda lo guardava con una espressione vuota, il suo occhio visibile aveva uno scintillio strano.

"Tutto bene?" si preoccupò Mario. Lei avanzò, pareva stesse fluttuando. Tese una mano.
Mario tese la propria.
I capelli di Rosie si scostarono, rivelando entrambi gli occhi e Mario focalizzò l'attenzione su di essi.

Le iridi celesti erano divenute enormi, o forse erano le pupille a essersi ristrette al punto da raggiungere le dimensioni di capocchie di spillo.
Mario vide un miliardo di microscopiche stelline argentee disegnarsi dentro quelle iridi e la luce che emanavano rifrangersi sulla parete della retina. Mario ne restò accecato. Strinse i suoi occhi con forza per ripararli e sentì che lei gli aveva preso la mano. Ma era un tocco leggerissimo, quasi evanescente.

Gli venne addosso una angoscia inspiegabile che lo indusse a spalancare gli occhi e cercare di afferrare sua moglie, voleva stringerla, ma osservò con orrore la sua figura che sbiadiva.
La luce stava inglobando il suo intero essere.

I colori della sua pelle erano svaniti, vedeva solo dei contorni sfumati, ora la sua donna sembrava fatta di fumo luminoso. Sembrava radioattiva.
"Rosie!" esclamò stravolto, congelato, non capiva cosa stesse succedendo e non sapeva cosa fare.

La pesantezza già discreta delle sue mani svanì, il fumo si disperse nell'aria e di Rosie non rimase null'altro che un globo di luce con le forme vagamente simili a quelle di una persona.

Mario urlò senza sentire la propria voce.
Sentì il proprio corpo avviluppato da coperte, o lenzuola, poi ebbe la sensazione di precipitare per un lunghissimo abisso e di fronte al suo sguardo c'era sempre l'immagine sfatta di Rosalinda che andava velocemente dileguandosi...

---


 


 


 


 

Il pavimento è freddo.
Ma non troppo, è come se ci fosse una stufa nella stanza di sotto, il cui calore arriva fin sul soffitto.
Mario si dimena tra le lenzuola che lo avvolgono cercando di calciarle via.

Si sente un cincinin stupido per essere caduto dal letto, ma con il sonno agitato che ha avuto a causa di quel sogno assurdo in cui la donna della sua vita si sgretolava e smetteva di esistere senza nessun motivo al mondo, era un po' inevitabile che si muovesse tanto da cadere. Gli è già successo.

Con un colpo deciso, l'insidiosa coperta che gli si è aggrovigliata pure nella faccia e che gli copre la visuale cede e Mario, vittorioso, si erge in piedi.

Ed ecco che alla mente gli si affaccia una domanda strana, come mai tutto quanto intorno a lui è del colore sbagliato?
"Magari sono io" pensa "Mi pare, ma sì, mi pare... che qualche volta l'ho letto da qualche parte... qualche articolo su qualche cosa chiamato daltonismo temporaneo... Oppure me lo sto inventando e..."

I pensieri nel cervello di Mario sfumano, come se qualcuno avesse stretto le dita attorno allo stoppino di una candela per soffocare la fiamma, o infilato un bastone in mezzo agli ingranaggi per bloccare le rotelline.

La porta si apre e una donna fa il suo ingresso, in camicia da notte. Un déshabillé piuttosto provocante, a dire il vero. È uno di quei reggiseni con un velo di sotto, trasparente tutto ricamato e che arriva solo fin sopra le mutandine. Le gambe sono nude e anche i piedi. La donna ha i capelli rossi, con solo le punte bionde come se non se li tingesse da molto, raccolti in una coda alta.
Mario la guarda sconcertato.

"Che succede?" fa lei notando la sua faccia "Non ti piace il mio nuovo outfit? Pensavo di uscire così oggi, che ne pensi?"

Mario boccheggia. Non è sconvolto per l'abbigliamento di quella donna, ma per l'identità di quella donna.
Infatti quella non è Rosalinda, è Peach.

La principessa si china poggiando le mani sulle cosce e sollevando il regale didietro. Tira un poco il velo striminzito della camicia, ma non riesce a coprirlo.
È proprio uno di quei sederi sexy che si vedono nelle riviste sconce con modelle seminude super ritoccate, tutto tondo e rimbalzoso.

Come qualsiasi uomo (e anche una certa categoria di donne...) Mario non è certo immune al suo fascino, ma lo imbarazza. Da quando sta con Rosalinda ha assimilato una concezione più 'pura' del corpo femminile, questo per lui è semplicemente volgare.

"Peach!" esclama, mentre diventa tutto rosso "Copriti, un poco di pudore..."
"Guarda che sto scherzando. Perché, sei geloso?" ride lei continuando a tentare di coprirsi, ma poi rinuncia, e fa una bolla con il chewing gum.

Da questa confidenza che la principessa dimostra, comunque, a Mario viene il sospetto che quella che ha di fronte non sia la vera Peach, anche se possiede la sua faccia. Non quella che ha conosciuto lui, per lo meno. La principessa che ha conosciuto lui non assomiglia a quella che invece, per farla pulita, definirebbe una 'cattiva' ragazza. Questa potrebbe essere una copia carbone di Peach, e il difetto delle copie carbone è che si mangiano tutto il colore, riportando soltanto i contorni di quello che era stato un capolavoro...

"Sei arrossito" nota Peach, se è davvero lei.
"Ma chi sei?" vorrebbe chiederle, ma sarebbe una domanda stupida, se qualcuno indossa la faccia di Peach, anche se non lo è risponderebbe senz'altro di essere Peach. E comunque potrebbe benissimo essere lei, in fondo non la conosce così bene da dire con certezza che non starebbe mai seminuda di fronte a qualcuno che per lei è solo un amico...

Invece, gli esce un'altra domanda, più pertinente: "Prima di tutto, io come diavolo ci sono arrivato nel tuo castello?"
Perché, dato tutto il rosa che invade pareti, soffitto, pavimento e mobilia, non ci si può sbagliare, quello non può essere altri che il castello dei Toadstool, monocromatico e caratterizzato da una perfezione nauseante.
"Ovviamente non ricordi" fa lei "Lo aveva detto, il dottore, che stava per succedere, ancora..."
"Succedere che cosa?"
"Che avresti dimenticato"

Mario ammutolisce per due secondi mentre il sangue gli si congela nelle vene. Aggrotta la fronte. Cosa diavolo succede? Cosa ha dimenticato?
"Dopo il kaboom che c'è stato all'Osservatorio è normale" continua la brutta copia di Peach "E come puoi notare tutto è cambiato, tutto si è evoluto..."
"Kaboom?" ripete Mario iniziando a balbettare, mentre un certo panico lentamente inizia a farsi strada "Che vuol dire, di cosa stai parlando?"
"L'osservatorio nel pianeta di Rosalinda" scandisce lei con apparente calma "È stato distrutto da un gigantesco asteroide. Tu sei sopravvissuto, ma hai vagato per giorni, sperduto nello spazio finché non sei arrivato qui tramite uno di quei teletrasporti salvatisi dall'impatto. Hai chiesto aiuto e io ti ho ospitato, ma il dottore ha detto che hai avuto un gran bel trauma e che avresti probabilmente avuto questi episodi -grazie a Dio temporanei- in cui avresti rimosso tutto. Ed è quello che è appena successo."

Mario è restato a bocca aperta. L'accusa che gli era salita alla bocca prima gli muore in gola. L'osservatorio distrutto?
L'ultima rimembranza ancora vivida nella sua mente è Rosie che scompare. Rosie, la sua Rosalinda.
Dov'è adesso?

"Dove..." esita.
"Nessuno lo sa, ma ti do un'ultim'ora, oramai a te non interessa più"
"Che COSA?!" urla.

Certo che gli interessa, come potrebbe non interessargli della donna più importante della sua vita? Darebbe ogni singola goccia del suo sangue per poter sapere che sta bene e che lo sta aspettando.

"Mario, Mario, ci siamo già passati" fa Peach in tono annoiato "Questa non è mica la prima volta che ti viene questo attacco di amnesia"
"Cos..."
"È sempre così, sempre la stessa storia. Ti svegli una mattina e hai di nuovo rimosso. E allora è come se fossi al punto di partenza. Poi, pian piano inizi a ricordare che questa cosa è accaduta quattro anni fa e che adesso sei sposato con me"

Sembra che qualcuno stia shakerando il cuore di Mario come delle maracas. Il panico esplode, diventando terrore.

"NON È VERO!" grida isterico.
"Guarda, tu stesso mi hai detto di mostrarti questa quando ti sarebbe successo di nuovo" Peach si affretta a raggiungere la scrivania e prende una foto incorniciata d'argento e gliela porge.

Mario sgrana gli occhi e la afferra.
"Non può essere" mormora, adesso completamente sconvolto. È la foto di un matrimonio. Lo sposo, rassettato e infiocchettato, è senza alcun dubbio lui e la sposa...

"NO!" urla.

In un impeto di rabbia incredula getta la bella cornice a terra spaccandone il vetro.
"Tutto questo non ha senso, è un trucco, deve esserci un'altra spiegaz..."
"Non alzare la voce e non distruggere le cose solo perché ti è venuta un'altra stupida amnesia" lo redarguisce Peach duramente.

Lui le punta un dito contro "Tu non sei Peach, ti stai inventando tutto e non so perché lo fai"
Peach sbuffa "Eccolo di nuovo, mica è la prima volta che mi accusi di non essere io. Ma non capisco, chi altri dovrei essere?"
"Sei... Sei un alieno trasformista o qualcosa del genere"
"Seriamente?" alza gli occhi al soffitto.
"Sì, la vera Peach è pudica, si vergogna pure di indossare le pantofole di fronte ai suoi ospiti..."
"Ti ripeto che siamo sposati da quattro anni! Che senso avrebbe inventarmi tutto? Hai pure la prova fotografica! Se fossi davvero un 'trasformista' come dici tu mi sarei trasformata in Rosalinda e avrei finto di essere lei, non trovi?"

Mario si ficca le mani nei capelli, disperato "No, io non sono sposato con te!" ripete "Sono sposato con Rosie. Rosie mi sta aspettando da qualche parte e io devo trovarla..."
"Rosie è sparita" gli ricorda lei "L'hai già cercata senza mai trovarla."
"Ma... Le stelle... L'equilibrio cosmico..." farfuglia.
"Di cosa vai cianciando adesso? Quando la finirai?"

Peach gli dà le spalle, il tono di voce è frustrato. Esce dalla stanza tirandosi la camicina striminzita per coprire il più possibile le natiche.
Mario si affretta a seguirla nella camera attigua.
"Aspetta! Devo sapere di più! Sono davvero passati quattro anni? Come è possibile che non ricordo nulla?" le grida dietro.
Peach si abbraccia le spalle.
"Hai avuto una sorta di trauma cerebrale. Hai probabilmente preso un asteroide in testa, non ti stupire se ora la memoria ti fa cilecca"

Mario si sente sopraffatto, quasi nauseato. Vorrebbe darsi tanti pizzicotti e scoprire che è tutto quanto un incubo.

"Scusami" gli esce invece dalla bocca "Cerca di capirmi, per me è così strano, fino a ieri la mia vita era perfetta e adesso... Adesso..."
"Ah, vuoi dire che adesso invece è rovinata, non è vero?" fa lei in tono estremamente amareggiato "Io ti capisco, ma anche tu devi capire me! Cavolo, ero stracotta di te e tu mi hai scaricato per un'altra. Mi sono accontentata dei suoi avanzi, ma è da troppo tempo che lotto contro il ricordo della tua fantastica Rosalinda, la donna meravigliosa, l'angelo del paradiso..."

Mario tace, meravigliato. Adesso Peach è scoppiata in lacrime.
"Mi dispiace" le dice sincero.
Peach si copre la faccia con le mani.
Mario si rende conto del primo errore che ha fatto nel giudicarla. È davvero lei, è la stessa dolce principessa di un tempo, ma la sua anima è tormentata.
Si avvicina e le mette una mano sulla spalla per darle conforto.

"Se è vero che ti ho sposata, ma ti ho fatto subire questo, ti chiedo scusa dal più profondo del mio cuore." dice lentamente.
Lei trema sotto il suo tocco gentile "Lo stai promettendo?" chiede.
"Sì" le assicura lui "Cambierà. Lo hai detto anche tu. Se è vero che recupererò la memoria lentamente, mi ricorderò anche del motivo per cui ti ho sposata." insomma, sottintende, non può essere soltanto perché non avevo altre alternative... "E saremo di nuovo felici"
"Fino al tuo prossimo attacco di amnesia che vanificherà tutto."

Mario tace ancora, passandosi una mano sugli occhi.
Peach si asciuga la faccia, incredibilmente ritrovando il sorriso. "Meglio che mi metta qualcosa addosso, non vorrei gelare" fa, è come se parlasse da sola.
Sparisce dietro la porta color lilla del bagno.

Mario cerca di calmarsi, poggiandosi una mano sul cuore.

Gli sembra tutto così assurdo e ancora non può accettare che in un secondo la sua Rosalinda sia stata rimpiazzata da un'altra donna. Poi, lentamente, il suo cervello realizza. In un secondo? "Se ne sono passati quattro, significa che ora ho... cavoli, ho quarant'anni!" riflette.

Cosa è successo in questo lasso di tempo? Il figlio di Luigi e Daisy andrà già a scuola. Beh, forse all'asilo.
Tutte le persone che conosceva sono ancora in circolazione?
E Haru? Peach lo ha scaricato per lui?

È come se si fosse risvegliato da un coma, non sa più quale sia il suo posto nel mondo. La cosa principale adesso è fare chiarezza nella sua mente.

Un prurito inspiegabile gli viene alle mani e comincia a cercare un telefono.

Vuole chiamare Luigi, è uno dei suoi punti di riferimento. Ma non sa il numero. E anche se se lo ricordasse, sarebbe ancora lo stesso di un tempo?

"Ha bisogno di qualcosa, signor principe?"
Mario si volta e trasalisce.
Chi ha parlato è un ombrello blu e giallo. Con gli occhi.
"Chi diavolo sei?!" urla spaventato.
"Sono Perry, uno dei servitori di sua moglie"

Mario si gratta un po' la faccia, non sa perché ma è diventata rossa. Sa di averlo già visto, ma non lo aveva ancora sentito parlare, o almeno non se lo ricorda.
"Mi... serve un telefono" esita "E il numero di mio fratello a Brooklin" chissà se abita ancora lì.
"Lei intende il numero di sua cognata, la principessa Daisy"
"Ehm sì. Vuoi dire la ex principessa Daisy"
"Due negazioni formano una affermazione e sono dunque, di per sé, inutili, signor principe. Mi segua" l'ombrello inizia a fluttuare andando su e giù e Mario lo segue perplesso. Cosa ha voluto dire?

A rispondere al telefono è una voce per nulla melodiosa che Mario non riesce a riconoscere a causa della distanza, che dice testualmente: "Casa Flowestool, buon pomeriggio, chi devo annunciare?"
"Pronto? Sto cercando Luigi, sono suo fratello"
"Mario, sei tu?"
"Sì, sì, chi sei tu, invece?"
Si sente una risata cristallina "Sono Wolley, com'è che non mi hai riconosciuto?"
"Cosa?! Wolley? Ciao, ma... Che ci fai a casa di mio fratello?"
Silenzio.

"...Oh, no, non mi dire. Un'altra volta?"
"Già..."
"Aspetta un attimo, per favore. Comunque, sono contento di averti risentito"
"Anche io..."
Si sente il ricevitore che viene messo giù e probabilmente coperto con la mano. Mario aspetta con impazienza, con i punti interrogativi negli occhi.
Tredici o quattordici secondi dopo, si ode un segnale acustico e a prendere in mano il telefono è Luigi.
"Pronto?"
"Luigi" piagnucola Mario.
"È successo di nuovo, eh?"
"Già" ripete "Puoi spiegarmi perché ha risposto Wolley? E perché ha detto che è casa Flowestool? È casa Mario. No?"
Luigi ride, come ha fatto Wolley prima "È un poco complicato ogni volta da spiegare... Ma non ne posso parlare al telefono, è rischioso. Vieni da me, ti aspetto, oggi ho la mattinata libera, per fortuna."
"Come ci arrivo da te?" chiede Mario perplesso, lamentando la mancanza del comodissimo teletrasporto.
"Il tubo che c'è nel giardino, quello diretto con casa mia. Chiedi a Perry"
La chiamata viene interrotta. Mario si gira intorno.
"E Perry sarebbe..."
"Le sono dietro, signor principe" si fa sentire nuovamente il parapioggia.
"Ehm" esita Mario.
"Se mi segue, la condurrò al tubo di collegamento con la casa di sua cognata"

Detto ciò, l'ombrellino rotea su se stesso e Mario gli va dietro fino a che non lo porta nel giardino di fronte al tubo verde. Ancora insicuro, Mario ci si infila dentro.
Tre minuti dopo, emerge dalla tavolozza di un vecchio water. Luigi è lì che lo attende con le braccia incrociate.
La prima cosa di cui Mario si rende conto è che suo fratello non sembra particolarmente invecchiato, è ancora piuttosto snello e atletico, soltanto pochi fili d'argento spiccano tra i capelli mentre i baffi sono ancora scuri come il caffè.

Si chiede se invece su di lui il tempo abbia lasciato il suo marchio, ancora non ha avuto tempo di guardarsi allo specchio per bene.
Luigi gli tende una mano e, senza dire una parola, lo porta fuori dal bagno conducendolo nel salotto.

Mario nota un cambio di arredamento, le pareti hanno un colore diverso, sono ora di un giallo aranciato acceso che contrasta con il vecchio color panna, ci sono dei pattini da ghiaccio appesi al muro, i giardini verticali sono spariti e ovunque spiccano fotografie di famiglia.
Mario ne osserva una, in cui c'è una Daisy sorridente ma dall'aria sfinita, con un fagottino minuscolo tra le braccia, e dà in una bassa esclamazione.

"Allora, da dove ricominciamo stavolta?" sospira Luigi, sedendosi su una poltroncina.
"Perché ho l'amnesia l'ho più o meno capito..." commenta Mario andando ad accomodarsi di fronte a lui "Parti dal perché ha risposto Wolley quando ho cercato di chiamare te"
"Giusto. Beh, come dicevo, è complicato. Fa parte di un compromesso che abbiamo trovato con i genitori di Daisy"
"Compromesso?"
"Sì, sai, per permettere ad Aastrid di nascere sul suolo natale di Daisy e farle ottenere i suoi poteri, ci hanno imposto delle condizioni"
"Aastrid? Chi è Aastrid?" fa Mario, confuso.
"Aastrid è tua nipote, Mario."
"Ah" quindi, il primo bambino della nuova generazione Mario è una femmina? Dalla foto non si capiva, ma lì era troppo piccola evidentemente.

Luigi gliene tende un'altra più chiara. Mario può così vederne il visetto vispo e le codine da maialino. La bimba ha ereditato i capelli rossi dalla mamma e il naso tondo dal papà, mentre gli occhi castani non si sa da chi li abbia presi. Non è bellissima, ma l'espressione da furbetta che ha messo su è adorabile.

"La prima delle condizioni era che io e Daisy divorziassimo" continua Luigi.
Mario spalanca gli occhi "Cosa!?"
"Proprio così. La seconda era che Aastrid prendesse il cognome della madre. E poi che anche la casa in cui la bambina avrebbe vissuto fosse intestata a quel nome. Daisy avrebbe riottenuto il suo titolo di principessa e lei avrebbe dovuto avere dei servitori in casa. Per questo ha risposto Wolley..."
"Ferma un attimo!" esclama Mario "Quindi tu e Daisy avete... divorziato?"

Non può crederci, Daisy e Luigi erano la coppia perfetta. Lui e Rosalinda erano la coppia perfetta. Cosa diavolo ha questo dannato futuro contro le coppie perfette?

"Mario. Non essere ridicolo. È ovvio che io e Daisy non siamo divorziati. Altrimenti cosa ci farei ancora a casa sua?" spiega pazientemente Luigi "Son successi dei casini che non posso spiegarti e alla fine abbiamo fatto una specie di falso divorzio e quegli scemi dei sovrani ci sono cascati. Adesso, ogni telefonata che ci arriva viene prima girata a casa di Yvan e Wolley che ci fanno questa cortesia di rispondere per noi. Questo per dare l'illusione che ci siano dei servitori in casa."

Mario non ha parole "Ma... E se i sovrani vengono a trovare la nipotina?" prova a ribattere.
"Ti pare che si scomodano il culo dal loro preziosissimo trono per venire a vedere la figlia che dopotutto li ha disonorati? Ci va sempre Daisy a portargli la bimba."
"E se decidono..."
"In quel caso, probabilmente io e Wolley e Yvan ci scambieremmo le case per un po', siamo già d'accordo"
"E se fanno una improvvisata?"
"Seh, figurati! Non sono così pazzi! Ma ti dirò, anche se scomodo è utile. Mandano tanti regali costosi alla piccola. Se campassimo con solo il mio stipendio, Aastrid non si potrebbe nemmeno permettere l'asilo privato in cui va..."
Mario si sente molto sollevato "È tutta una montatura, allora. Meno male! E wow, Yvan e Wolley sono davvero degli ottimi amici per farvi questo favore!"
"Beh, adorano Aastrid, ma noi li ricompensiamo bene. Paghiamo anche la retta per Juniper, lei e Aastrid vanno insieme nello stesso istituto"
"...Chi è Juniper?"
"Giusto. È la loro figlia."
"Anche Yvan e Wolley hanno una figlia?!"
"Te l'ho appena detto."
"Ma èee...? Cioè... "
"Adottata, certo" ride Luigi "Va bene che siamo nel 'futuro', ma ancora non lo hanno scoperto come far fessa Madre Natura e far nascere figli da coppie omo..."

Gli tende un'altra foto, in cui la piccola Aastrid si abbraccia con una sua probabilmente coetanea toad, una funghetta con le treccine e sul cappello delle stelline verdi al posto dei classici pallini, che indossa un abitino rosso scarlatto.

Mario sorride. È emozionato nel vedere le due bambine di cui nemmeno sapeva l'esistenza, ma le vuole incontrare dal vivo.

Come se avesse espresso un desiderio a una stella cadente, poco dopo si sente il chiavistello della porta di ingresso che viene girato. La faccia di Luigi sembra cambiare completamente, addolcendosi. "Siamo tornate a casaaa, papà!" si sente cantilenare, prima che Daisy faccia la sua entrata reggendo una bimba semi-addormentata tra le braccia. "Toh guarda chi c'è, lo zio" borbotta sorridendo "Di' ciao allo zio" la esorta.

Vedendo la piccola assonnata strofinarsi un occhio con il pugno, in mezzo a tutta la confusione che c'è nella sua mente, Mario riesce ancora a sentirsi contento. È molto più graziosa dal vivo che nella foto e ora le sue lentiggini chiare sulle guanciotte sono fin troppo evidenti.

Mario si scopre desideroso di sapere tutto su di lei, dai voti a scuola al fantomatico ipotetico 'fidanzatino' che è ancora evidentemente troppo giovane per avere.

Aastrid perde in fretta quella timidezza iniziale che deve aver ereditato da suo padre e in breve tempo entra in confidenza con Mario e inizia a correre per tutta la casa urlando e coinvolgendolo nei suoi giochi infantili. Daisy osserva tutto in silenzio, con un sorriso leggero e soddisfatto sulle labbra, si vede che è fiera della sua bimba, forse le ha regalato tutta la sua vitalità e adesso lei è rimasta più calma, ma sotto l'apparente tranquillità c'è un fiume in piena che sta solo aspettando di distruggere la diga che lo blocca.

Quando Mario riemerge dal vortice di divertimento forzato cui si è in realtà sottoposto volentieri, Luigi è diventato più serio: "Peach come l'ha presa che ti sei dimenticato tutto ancora una volta?" gli chiede a bruciapelo.
"Eh, si vede quanto è stufa, ormai" fa Mario, riportato alla realtà.
Segue un silenzio.
"Luigi?"

Dopo qualche esitazione, Luigi riprende a parlare: "Senti. Io ti ho già detto quale secondo me potrebbe essere la questione"
"Illuminami"
"Tu non dimentichi a causa del trauma. Dimentichi perché ancora non accetti la scomparsa di Rosalinda"
Mario deglutisce. Probabilmente è vero. Il carico di questi anni che non ha mai vissuto gli pesa enormemente sulle spalle.
"Io lo so quale sarebbe la cosa che devi fare per smettere di dimenticare" dice Luigi.
"C'è un modo?"
"Il modo più naturale, Mario. Fare qualcosa che il tuo cervello non può permettersi di scordare perché è troppo importante."
"Cioè?"
"Dai anche tu un maledetto figlio a quella povera Peach!"
Mario ammutolisce. C'è qualcosa di orrendamente diverso in Luigi, ma non sa dire di cosa si tratta, una sorta di rabbia, una macchinazione nel suo cervello che cerca di occultare. È sempre lo stesso, all'esterno, ma al contempo sembra un'altra persona, più saggia e meno delicata. Cosa diavolo sarà cambiato?

"Te lo chiede da anni, ma tu hai sempre sostenuto che non sei pronto. Beh, ti avviso che stai per compiere quarant'anni, sei nel periodo in cui se non sei pronto adesso non lo sarai mai più."

"Non è che non sono pronto. È che..." esita.

Già, cos'è? Lo desidera davvero tanto un figlio. Ma perché lo deve dare alla donna sbagliata?

In questo momento, Mario inizia a sentirsi schiacciato dalla verità.

Perché sembra che la donna sbagliata sia l'unica che gli resta.

































spazio autrice
sono tornata con un nuovo progetto, avviso che non so se riuscirò mai a finirlo e se l'idea vi sembra assurda avete tutto il diritto di dirmelo. Una nota: i nomi delle figlie di Luigi e Wolley non sono casuali, ci ho pensato su tanto prima di sceglierli. Aastrid sarebbe la 'femminilizzazione' di Aster, che è il nome di un fiore(visto che la madre di Daisy si chiama Lily che mi rimanda a giglio, ho pensato che tutte le Flowerstool dovessero avere nomi di fiori) mentre Juniper è una varietà di verde, e per una ipotetica figlia di Wolley e Yvan ci stava semplicemente bene... Vabbè, tanto lo so già chi sarà l'unica persona a lasciare recensioni, con chi sto parlando? Un beso e alla prossima

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Capitolo 14
*** TRAPPED INTO THE PAST ***


Paragrafo 1: Mario

 

Aggrappate a un relitto fluttuante nel nulla cosmico, le mani di Mario sono talmente contratte che le nocche stanno diventando bianche e si stanno spellando, sanguinano.

Fa freddo, ma non è quel tipo di freddo pungente a cui gli esseri umani possono essere più o meno abituati, come trovarsi sotto una bufera con il vento gelido che si infiltra nel cappotto, è un freddo molto diverso, uno che senti nel cuore, che si propaga lentamente a ogni tua parte del corpo, un freddo assassino che sembra congelarti le viscere dall'interno.

Il busto di Mario è sopra la porta, mentre il bassoventre e le gambe sono penzolanti nel vuoto.

Tutto intorno, detriti, che l'impatto con l'asteroide ha sparpagliato dappertutto.

Mario ha la guancia destra schiacciata, sembra che intorno vi si stiano creando dei cristalli di ghiaccio. Gli occhi sono aperti a malapena, la bocca è socchiusa, è in uno stato di semi coscienza.

Un urlo attutito, soffocato, distorto, gli arriva da secoli luce di distanza.

In realtà non è così lontana, ma al momento sta letteralmente roteando su se stessa, va su e poi giù, priva del controllo del proprio corpo. Dalla sua prospettiva, la porta a cui Mario è aggrappato diventa sempre più piccola.

"Mario" urla di nuovo, disperatamente, piagnucola, quasi.

L'abito da sera le svolazza attorno, la gonna le si solleva fin sulla faccia. Lei grida ancora, l'uomo non la sente, non le risponde, come potrebbe?

Senza un aiuto, senza possibilità di tornare indietro, senza nessuno che lo venga a prendere, Rosalinda sa che il destino di suo marito sarà più atroce della morte. Lei forse vagherà in eterno, ma lui non resisterà a lungo, non arriverà vivo da nessuna parte.

Il cuore della donna si stringe, non può sopportare che una simile ingiustizia accada all'uomo più coraggioso, più gentile, più umile dell'universo.

Vuole raggiungerlo ma non ce la fa, i suoi poteri sono temporaneamente annullati.

La disperazione si fa strada dentro di lei, la paralizza, le mozza il fiato. Gli occhi le si inumidiscono, possibile che non ci sia un modo per salvarlo, possibile che lei, con i suoi privilegi, con il suo ruolo, le meravigliose abilità che possiede, non sia in grado di muoversi e prendere qualcuno per portarlo al sicuro?
No, un modo c'è. Deve esserci.

Un braccio si tende a fatica, Rosalinda fa uno sforzo immane per raccogliere tutta l'energia dentro di lei. La mano si apre, ogni dito si raddrizza con una lentezza che esaspera.

Poi, al centro del palmo comincia a formarsi una specie di lucignolo piccino, una minuscola goccia di luce, una lacrima brillante, un seme microscopico che contiene in sé la forza più grande di tutto l'universo.

Si allunga, trasformandosi in un raggio che parte da quella mano aperta come un proiettile sparato da un fucile di precisione. E centra il suo obiettivo, raggiunge Mario alla spalla.

Ma Rosalinda viene mandata ancora più indietro dalla forza del rinculo, come se veramente avesse appena usato un'arma da fuoco.

Non importa, se c'è la possibilità che adesso Mario sia salvo.

La Pusa si sentiva già in colpa per avergli causato tanti guai, per averlo convinto a lasciare il suo mondo d'origine, i suoi affetti, adesso, pensa, ripartirà da zero, ricomincerà, magari sarà assieme a qualcun altro, ma sarà vivo, e lei ne conosce la forza d'animo, la perseveranza, la voglia di continuare, sa che sarà in grado di ricostruire la sua vita.

Forte di questa consapevolezza che le dà una rassicurazione, la Pusa splendente chiude gli occhi, sorride tristemente, si raggomitola come un gatto e si lascia trasportare.

Adesso non le importa più di dove arriverà, se mai arriverà da qualche parte.

Potrebbe anche, ed è probabile, venire risucchiata dalla gravità di qualche pianeta, schiantandovisi su e interrompere così la sua condizione di immortalità.

Potrebbe essere falciata viva da una pioggia di asteroidi che la massacreranno distruggendole tutte le ossa.

O potrebbe semplicemente continuare a errare nello spazio immenso fino alla fine dei tempi.

Lo ammette a sé stessa, è spaventatissima, e chi non lo sarebbe, ma allo stesso tempo non ha nessun rimpianto, sa di aver agito sempre per il meglio, di aver fatto grandi cose, aiutato tante creature, e adesso ha appena garantito una speranza all'unico uomo che abbia mai amato.

Le cose non capitano mai senza una ragione. Se deve morire o restare in sospeso per l'eternità, vuol dire che una forza più grande di lei ha deciso che quello doveva essere il suo destino. Non può opporvisi.

"Finisce così, dunque. In maniera incomprensibile. Addio, amore mio" sussurra mentre le guance le si bagnano. Nonostante abbia accettato ciò che Dio ha deciso per lei, il dolore per quella perdita improvvisa è comunque sconfinato, indecifrabile, è crudele, brucia, fa un male fisico al cuore, la distrugge.

Beccheggiando, viene trascinata via per sempre.

Sempre aggrappato al suo relitto, quasi completamente assiderato, non ancora del tutto sveglio, Mario sente nel suo mezzo deliquio un calore improvviso che parte dalla spalla sinistra e si diffonde rapidamente ovunque, sciogliendo e spaccando il ghiaccio che lo aveva quasi del tutto ricoperto.

Il suo corpo sembra agire da sé. Le braccia fanno pressione, le gambe si flettono, Mario si tira in piedi sulla sua zattera improvvisata.

Nell'archivio della sua memoria c'è un movimento particolare che ha imparato anni prima quando incontrò l'amore della sua vita per la prima volta.

Se lo ricorda per qualche ragione. Un ginocchio piegato in avanti, un ginocchio flesso all'indietro.

I suoi piedi diventano luminosi, la piccola piattaforma inizia a muoversi come per magia e Mario la dirige, la fa andare in avanti, come il surf stellare che aveva guidato per tornare sulla Terra durante la sua antica avventura.

La porta sfreccia rapidissima, sembra sia il cosmo a venirgli addosso, le stelle diventano macchie di colore informi, indefinite, che turbinano creando un tunnel lunghissimo che Mario non ha più paura di attraversare...

 

 

 

 

 





 

Paragrafo 2: Luigi

Gliel'avevano sempre detto. Non guardare il sole direttamente, a meno che tu voglia ritrovarti con la retina bruciata.

I suoi occhi erano blu-verde, un colore troppo chiaro, troppo debole per proteggere la pupilla, la luce intensa si sarebbe rifranta all'interno della cavità oculare e l'effetto lente di ingrandimento avrebbe mandato tutto quanto in fiamme, causandogli l'esplosione della testa e una conseguente atroce e dolorosissima morte.

Almeno, questo era ciò che si era ingenuamente immaginato lui. Una convinzione stupida, adesso che era abbastanza adulto da sapere che una cosa simile era parecchio improbabile che accadesse.

Ma quando erano bambini, quel suo fratello dispettoso di Mario aveva assecondato questa sua paura irrazionale, convincendolo che fosse una cosa assolutamente possibile.

Di conseguenza, se gli capitava di vedersi la luce negli occhi, anche solo di sfuggita, distoglieva lo sguardo al più presto, terrorizzato da quella prospettiva. Quanto era stupido, allora!

Luigi aveva solo una vaga idea del motivo per cui stava ripensando a quella cosa del suo trapassato remoto, soprattutto in un momento difficile come quello che stava vivendo.

Forse gli era venuto in mente per via della luce abbagliante che gli avevano acceso di fronte alle pupille, che lo stava facendo lacrimare copiosamente.

Avrebbe voluto battere le palpebre e darsi sollievo, ma non poteva, gli avevano infilato dentro quei fottutissimi spilli che glieli tenevano sbarrati contro la sua volontà. Non che potesse dire che faceva male, ma era decisamente fastidioso.

La posizione in cui si trovava, poi, era altrettanto scomoda, le catene che gli serravano i polsi forzandogli le braccia in una apertura quasi innaturale erano decisamente strette e gli penetravano la pelle quasi a segargliela. Gli sarebbero sicuramente rimasti i segni.

Da idiota qual era, poi, appena risvegliatosi dal torpore era stato preso da un momento di panico e aveva anche cercato di dimenarsi, peggiorando ulteriormente la situazione, la pelle era infatti escoriata e violacea in quei punti in cui aveva fatto forza.

Naturalmente alla fine si era arreso, e dopo il terrore iniziale, stava incredibilmente iniziando anche a rilassarsi. Beh, quasi.

La luce disparve all'improvviso, dandogli un po' di ristoro, ma un enorme alone rimase per un po' negli occhi a impedirgli di capire chi cavolo fosse la persona che gli era di fronte e che lo fissava.

Ne scorgeva solo i contorni, e tutto ciò che riusciva a cogliere era che quella faccia sembrava terribilmente piatta e distorta. Come un miscuglio di colori tutti appiattiti sulla tela con una sorta di pressa.

"Bene. La tua testa non sembra troppo complicata da penetrare" disse la voce di prima, la stessa che lo aveva accolto quando era entrato in quella dannatissima casa, poco prima che qualcuno gli saltasse alle spalle e lo mettesse fuori combattimento.

"Cosa vuoi da me?" disse di getto, ma cercando comunque di mantenere un tono educato e calmo. Era arrabbiato, senz'altro, era stato catturato in un modo così stupido, ma non voleva cedere alla rabbia che sentiva, avrebbe probabilmente fatto il suo gioco.

"Stavi facendo qualche pensiero interessante poco fa, tuo fratello era proprio cattivo con te, non è vero?" continuò la voce.

Perfetto, sapeva leggergli nella mente. Qualcosa gli diceva che avrebbe dovuto aspettarselo.

"Forse. Che importa?" cercò di fare l'evasivo.

Notò un movimento, la sagoma della testa si era abbassata, era come se il suo interlocutore si stesse mettendo comodo, forse si era proprio seduto.

"Non metterti sulla difensiva con me" disse "Sotto quell'aria da scemo che ti porti addosso come una seconda pelle, lo hai già capito che fingere non serve a niente. Voglio parlare con te senza avere problemi. Pensi di riuscirci?"

Stranamente, il suo cervello prese quella allusione come un complimento.

Sentì l'angolo della bocca sollevarsi in una specie di sorriso.
"Lo farei volentieri, se prima fossi così gentile da..."
"No, non ti toglierò gli spilli dagli occhi. Ho bisogno che tu mantenga il contatto visivo. Rispondi a una domanda. Tu sei il 'giocatore numero due', non è così?"
"Perché mi chiedi... Perché non puoi..." ritentò Luigi, stava piangendo, si interrompeva da solo perché gli occhi gli stavano bruciando davvero tanto "Almeno potresti usare il collirio, come in quella merda di film di..."
"Aspetta"

La vista di Luigi migliorò leggermente quando del liquido gli venne versato dentro le orbite, riuscì perfino a vedere il contagocce, anche se non chiaramente.

Si rese conto che non stava fissando delle pupille vere e proprie, ma piuttosto quelle che parevano delle larghe pozze deformi.

Sì, il suo catturatore indossava una maschera di legno senza espressione, non c'erano dubbi. Dietro i buchi per gli occhi si intravvedeva lo scintillio delle pupille, penetranti come dei pugnali.

"Tuo fratello è sempre stato il primo in tutto, ha avuto la parte migliore dalla vita, tutti si ricordano di lui, eppure la grande impresa l'avete compiuta insieme, e cosa ti è stato dato come riconoscimento?"
"Non sono invidioso, non lo sono mai stato" replicò Luigi "Se stai cercando di farmi ammettere questo"
"Oh, io credo che un po' invidioso tu lo sia"
"Che te ne importa?"
"È bene essere onesti con se stessi, continuando a negare non fai altro che rinviare il giorno in cui la rabbia che hai dentro esploderà. E allora potresti fare qualcosa di cui potresti pentirti"

Luigi iniziava seriamente a scocciarsi di quelle chiacchiere, non vi era minimamente interessato. Tutta la sua concentrazione era sul collo, che gli doleva tutto in un lato, come se avesse passato la notte nella posizione sbagliata. Avrebbe dovuto avere paura, in fondo non conosceva le intenzioni di chi lo aveva intrappolato, forse era in pericolo mortale...

Ma la cosa divertente era che, anche in quella situazione assurda, dentro la sua testa non la smetteva di risuonare all'infinito la stessa, dannata canzone. Con quel ritornello odioso.

"Tu non sai niente di me" sputò.
"Ma posso scoprirlo" replicò l'altro.
"Come? Non puoi leggere la mia mente sul serio"
"Te lo posso dimostrare"

Proprio come si era aspettato, quel dannato iniziò a cantare esattamente la canzone che lo tormentava da giorni. Anche il modo in cui la cantò risultò grottesco, perché aveva una voce da baritono che non corrispondeva per nulla al tono generale della musica.

"Cosa dici, adesso?" lo sfidò dopo aver cantato.
Luigi aveva la pelle d'oca.

"Posso pure dirti dove e quando l'hai sentita... È stato due giorni fa, stavi andando dalla signora del piano di sotto, la signora Elle Triple... dovevi chiederle in prestito dello zucchero... e hai sentito la musica a tutto volume che proveniva dalla camera di sua figlia adolescente, già, quella ragazzina strana con gusti musicali discutibili, quella che si è fatta i capelli rosa... e quando sei entrato tu c'era questa canzone, così dannatamente orecchiabile. L'avevi già sentita, ti era piaciuta e poi hai fatto la scemenza di andare a cercartela su youtube..."

"Non prova niente" lo fermò "Magari mi hai seguito e hai visto tutta la scena"

"Ma prima, la signora ha urlato a sua figlia di 'chiudere' quella musica infernale e tu hai avuto un dubbio grammaticale che non hai espresso a voce, ti sei chiesto se fosse corretto dire 'chiudere' o 'spegnere' la musica, poi hai pensato che fosse uguale."
Luigi a questo punto decise di restare in silenzio.

"Il problema di questa canzone non è tanto quello che si attacca in testa da quanto è orecchiabile, è piuttosto il suo significato, ti sei focalizzato anche sulle parole, e hai fatto tua la tristezza del protagonista, per cui hai provato empatia perché che ti ricorda vagamente la tua situazione... le tue capacità iniziali, le tue basi non erano certo diverse da quelle di tuo fratello. L'impresa l'avete conclusa assieme. Eppure lui ha avuto sempre qualcosa in più di te, la gloria, la fama più grandi le ha ottenute lui, la notorietà è sua, mentre sembra proprio che tu debba stare perennemente nella sua ombra..."

"Basta!" implorò Luigi "Io amo la mia vita. Sto per avere un bambino dalla donna che amo, non mi azzarderei nemmeno a chiedere di più."

"Sei così fottutamente romantico" lo schernì lo sconosciuto "Ma devi smettere di mentire a te stesso"

Ora teneva in mano qualcosa che assomigliava dannatamente a un trapano, uno di quelli elettrici che si usano per fare i buchi nei muri per appendere le mensole, e lo sollevò in alto, pronto a perforargli la testa.

"Non durerà molto, e non farà male, almeno non troppo da ucciderti" fu il tentativo di rassicurarlo, ma è scontato dire che non ebbe successo.

La punta di metallo gli toccò la fronte e in quel momento Luigi sentì il cranio letteralmente spaccarsi in due e al contempo ebbe la visione, nitida e chiara, di un enorme uccello in fiamme che apriva le sue ali e lo sovrastava. La paura e la confusione lo indussero a stringere le palpebre così forte da riuscire a spezzare entrambi gli spilli, i quali però gli si conficcarono conseguentemente nelle orbite.

Il dolore che seguì fu tale che gli mandò letteralmente in tilt il cervello, senza sapere quando avesse cominciato si ritrovò a urlare e urlare, mentre il celeste delle iridi che non poteva proteggerlo diventava liquido e si scioglieva colandogli goccia per goccia giù fin sulle guance, era sicuro che se non fosse morto o impazzito, sarebbe per lo meno rimasto cieco per tutta la vita.

Strane idee si intrufolarono di prepotenza nella sua mente, le domande lo assillarono, perché gli stava succedendo questo, cosa aveva fatto, aveva sognato troppo, aveva preteso qualcosa cui non aveva diritto, il karma lo stava infine punendo?

Perché lui, perché stava capitando a Luigi e non a Mario, quel Mario che si fregiava del soprannome di Super, o di Primo Jumpman, che in realtà non gli spettava, perché non sapeva saltare più in alto di lui, lui che aveva fatto metà del lavoro, lui che veniva deriso da tutti, lui che avrebbe pagato per le colpe di qualcun altro, che aveva patito la derisione, l'eterno additamento come secondo, e si era accollato tutte le pene degli altri, solo perché non era in grado di capire quando dire basta, quando smetterla di girare la faccia, di lasciare gli altri alle loro responsabilità, lui che avrebbe avuto un bambino che avrebbe ammirato di più lo zio che il padre?

Quanta amarezza, era lui l'insignificante conducente di quella piccola barchetta, era stato lui che aveva lasciato che le sue speranze svanissero e che i suoi sogni morissero.

Tutto era alle sue spalle, ma il rimorso lo avrebbe perseguitato, negandogli la pace che avrebbe voluto ottenere. Nel suo stomaco c'era un tumulto e, incredibilmente, nelle orecchie continuava ancora, ininterrotto come se non dovesse mai finire, quel dannatissimo ritornello, unito a una voce che non la smetteva mai di urlare “basta, basta”.

Luigi lasciò che la rabbia lo sopraffacesse, accolse la sua sventura, riconobbe la sua miseria e, prima di abbandonarsi e chinare il capo sotto la scure del Tristo mietitore che era venuto a reclamare la sua anima disperata, sussurrò con un filo di voce rauca: "Questo dolore mi renderà più forte."

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Mi scuso enormemente per il ritardo nella pubblicazione di questo capitolo, c'è stato di mezzo Natale e ieri pure San Valentino, il mio lavoro e un sacco di altra roba... Questa parte della storia è ovviamente ambientata nel passato, è una cosa che non potevo tralasciare, farà comprendere meglio ciò che accadrà nella seconda parte di 'Lost into the future'.

Note: Il film cui si riferisce Luigi è ovviamente Arancia Meccanica, mentre la canzone citata è Skipper Dan di Weird Al Yankovic, che nonostante il generale tono comico mi lascia sempre con l'amaro in bocca dopo ogni ascolto. La signora Elle Triple è un riferimento a mia madre, per cui la 'figlia pazza con i capelli rosa e i gusti di musica assurdi' sono io :P

Spero di pubblicare il prossimo capitolo presto, grazie mille per la pazienza!

Kisses from England

 

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Capitolo 15
*** Lost into the future– part 2 - conflicts of interest ***


 

La principessa si guarda con una espressione triste allo specchio. Fissa il suo riflesso come un avversario da combattere. Cerca di ravvivarsi con le mani i capelli troppo secchi, sfibrati, dal colore troppo spento, fa le smorfie, nota tutte le minime, dannate, impercettibili rughette che si iniziano a formare sulla sua pelle diafana. Macchioline sulle guance, borse di stanchezza sotto gli occhi. Vene che spiccano.

Si sta iniziando a lasciare andare, pensa, non è più la bimba sexy di un tempo, quella per la cui bellezza si combattevano guerre, come per una moderna Elena di Troia.

Peach è triste. Non si piace. E se non si piace lei stessa, come può pretendere di piacere ancora a Mario? Sempre che gli sia mai veramente piaciuta.

Avverte, dietro di lei, la porta-finestra aprirsi, il gancio che scatta.

Non si volta, sa bene chi è entrato.

"Si sta facendo bella?" le chiede una voce che nasconde una sottilissima vena di ironia.

Peach si morde le labbra.

"Ci provo, ma sono orribile" si lagna.

"Non sia sciocca, lei è uno schianto e lo sa"

"Già? Evidentemente, non abbastanza"

Uno sbuffo, quasi troppo esitante per esser divertito. "Voi femmine..."

"No, dico sul serio, questa cosa non sta funzionando! Divento più brutta ogni giorno che passa e Mario non mi ama!" Peach sembra quasi disperata "Non amerà mai me, penserà sempre e soltanto a lei!"

"Non c'è bisogno di mettersi a strillare, eh, milady... "

"Non competerò mai con lei, ed è soltanto un ricordo, oramai. Ho avuto la conferma che il suo amore per lei è più forte perfino della magia! Io... Volevo solo che la dimenticasse, ma invece ho ottenuto l'effetto contrario!"

"Stia calma, milady, lei è ancora bella, capace di fare innamorare chiunque, e sta andando tutto perfettamente come doveva andare, stiamo seguendo i piani che avevamo stabilito all'inizio... e vedrà che presto otterrà ciò che vuole"

"Non c'è niente che sia andato secondo i piani!" sbotta la ragazza voltandosi di scatto verso il suo interlocutore "Ti ripeto che non sta funzionando. Io non ne posso più, sono anni che ci spero e invece devo ricominciare sempre dal principio..."

L'individuo guarda la giovane principessa dietro le lenti scure degli occhiali da sole. Li indossa solo per vanità, per fare il misterioso, non c'è nessuna fonte di luce da cui proteggersi. Se li toglie, mostrando due occhi sottili e uno sguardo tagliente come una lama affilata, sotto due sopracciglia da falena, molto espressive a guardarle.

"Questo è successo per colpa sua. Noi l'avevamo avvisata"

"Lo so!" riconosce la principessa "Ma mi avevate detto anche che tutto si sarebbe sistemato, con il tempo..."

"Intende arrendersi, dunque?" chiede, con molta calma.

"Sì" dichiara lei, chinando la testa "Non ce la faccio più a vivere in questo modo"

L'uomo avanza lentamente, Peach se ne sente vagamente minacciata.

"Le ricordo che lei ha un accordo con noi, signora"

L'accento che ha messo sulla parola 'accordo' sembra voler pericolosamente sottolineare l'intimidazione.

"Potrei mandare tutto al diavolo, quello che ho ottenuto finora non è niente di ciò che mi era stato promesso" sfida a propria volta Peach puntando un dito, cercando malamente di fare la dura.

L'uomo si ferma dal suo avanzare. Sorride leggermente.

"Non ne avrà bisogno, stasera le cose cambieranno, vedrà"

"No, ne ho avuto abbastanza!" fa lei a denti stretti "Qualsiasi cosa sia, non potrà mai funzionare"

"...E se le desse un bambino?"

A Peach si mozza il fiato.

"Come sarebbe?" chiede, stupefatta.

"Se, mettiamo per ipotesi, se stasera Mario venisse da lei e la mettesse incinta... Un figlio, una creatura che viene generata in seguito a un atto di amore, un sigillo ...non crede che questo funzionerebbe?"

Peach resta in silenzio per una decina di secondi.

L'uomo che lei ama, che aveva lasciato andare e che invece è tornato con prepotenza nella sua vita, condannandola a continuare a tentare per sempre di essere all'altezza di un fantasma impareggiabile, potrebbe diventare il padre di suo figlio. Un figlio che non ha mai voluto darle, proprio perché ancora legato al ricordo di quel fantasma.

Non sa cosa dire, è senza parole. La prospettiva è meravigliosa.

Ma sarà reale o una ennesima illusione?

"Mario verrà a darmi un bambino?" chiede, commossa "Come lo avete convinto?"

"Abbiamo usato un mezzo psicologico di persuasione infallibile..."

"Luigi" deduce Peach, stringendo la bocca in una smorfia piena di amarezza.

"Esatto. Sembra sia lui l'unica persona cui dà ascolto."

Peach emette un sospiro "Già, è proprio da lui che Mario è corso non appena ha avuto la ricaduta" ricorda "Beh, è suo fratello, inevitabilmente è un punto di riferimento per lui" continua, dopo qualche secondo di silenzio.

"E c'è un'altra buona notizia per lei, principessa" riprende l'uomo.

"Di cosa si tratta?" si incuriosisce Peach.

"Abbiamo fatto in modo che stavolta, a partire dal secondo preciso in cui sarà fatta, i suoi ricordi resteranno stabili"

"Palle..." sbuffa lei.

"No, siamo seri, principessa. Basterà che lei gli faccia prendere questa e tutto si sistemerà nella sua mente" e allunga un braccio, il pugno è chiuso, quando Peach si avvicina per vedere di cosa si tratta lui ruota il polso e apre la mano.

Nell'incavo c'è una specie di pillola dal colore insolito, un blu cobalto trasparente con delle strisce rosa. Somiglierebbe a una di quelle jelly belly, se non fosse per il fatto che ha una forma rotonda.

Peach la guarda con sospetto.

"Mi state chiedendo di dare della droga a mio marito?"

"Stia tranquilla, non è una droga. È una capsula contenente un raffinatissimo filtro magico. Va sciolta in acqua o, se preferisce, vino"

Peach esita. La fronte le si aggrotta lievemente, si guarda intorno, a disagio, come se cercasse un'altra soluzione, da qualche parte.

"Non ha detto lei stessa di essere stufa di lottare contro il ricordo di quella Rosalinda?"

"Già, l'ho detto" riconosce.

"Immagini soltanto l'inizio di quella vita nuova che finora non ha potuto costruirsi, tutto per colpa di una persona che neppure esiste più fisicamente e..."

Mentre sta ancora parlando, l'espressione del viso dell'uomo cambia radicalmente.

Prima c'era un abbozzo di ghigno sulle sue labbra, gli occhi scintillavano carichi di trionfo anticipato. Adesso, questi si sono sgranati, la bocca si apre in una esclamazione silenziosa di sorpresa.

Non meno meravigliata è la faccia di Peach, che si trova a osservare, sconcertata e affascinata a un tempo, la lama di una spada che si è posata con grazia sul collo del suo interlocutore.

Prima che possa dire qualsiasi cosa, del sangue le spruzza tutto addosso, sugli occhi, sulla fronte, sul naso.

L'uomo cade a terra, sembra accartocciarsi su se stesso come un ricciolo di carta incendiato nel caminetto, sconvolto e arrabbiato per essere stato colto alla sprovvista.

Dietro di lui, l'assassino ritira la sua arma grondante rubini scarlatti e, per aggiungere una umiliazione al suo avversario abbattuto, gli tira pure un calcio pieno di disprezzo.

Ora, in termini di muscoli facciali utilizzati, non c'è poi tanta differenza tra una espressione sorpresa e una di puro orrore, e la transizione dalla prima all'altra può, come in questo momento, essere istantanea.

Ma Peach non fa in tempo neppure a cacciare lo strillo che ha sulla punta della lingua, che l'assassino le è saltato addosso e le ha bruscamente coperto la bocca con una mano, e la spinge contro il muro.

Le punta contro la lama ancora rossa, minacciandola stavolta apertamente.

"Silenzio" le intima "Non posso permettere che questa cosa accada"

Cerca con i piedi la pillola, la quale è scivolata a terra quando l'uomo che ha assassinato è caduto. La pesta, assicurandosi di schiacciarla e sgretolarla per benino.

Nell'eco di quel 'crunch' che risuona amplificato come in una cattedrale, Peach sente il panico dilagare dentro il suo povero cuore già provato a lungo da migliaia di emozioni contrastanti e devastanti. Ha l'impressione che le stia per esplodere.
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Mario si sta abituando all'idea di avere una malattia mentale. Si sta abituando all'idea di essere sposato con una donna che non è, non è mai stata e non sarà mai la sua. E, ciò che è peggio, sta iniziando a ricordare. La qual cosa gli conferma che tutto ciò che gli era stato detto è vero e non una crassa, crudele bugia.

Pian piano, come aveva detto lei. Prima erano dei lievi flashback, poi episodi interi gli si ripresentano limpidi alla mente.

Come Peach abbia mandato a monte il suo matrimonio, come Haru se ne sia andato con un sorriso rassegnato, dicendogli che in fondo lo sapeva che Peach non era mai stata sua, come re George abbia protestato per poi cedere alla fine, vedendo la felicità sincera della figlia, come lo abbia in seguito redarguito sul non rovinargliela o lo avrebbe utilizzato come cavia per un test nucleare...

Mario sa di dovere qualcosa a Peach, sia anche soltanto per il suo coraggio, e stanotte ha intenzione di sdebitarsi una volta per sempre.

Ha messo su una musica delicata e implicitamente sensuale -un mix di sassofono e fisarmonica che danno un'atmosfera tutta francese all'alcova- candele profumate al mughetto, ha fatto preparare una cena deliziosa e romantica, ha cosparso il letto di petali di rosa scarlatti, si è fatto un bel bagno e si è pettinato, si è curato i baffi e si è spruzzato del profumo addosso.

Si guarda allo specchio nel suo completo elegante che gli sta bene e lo snellisce, ma non riesce a piacersi. Vede qualche ruga lieve che ieri, quando tutto era ancora bellissimo, non c'era. E, come aveva immaginato, i suoi capelli non sono più completamente castani, iniziano a essere lievemente brizzolati, soprattutto sulle tempie. Per fortuna non gli stanno (ancora?) cadendo.

Non è l'aspetto, comunque, è purtroppo il cuore quello che non va bene. Mario lo sa benissimo dentro di sé, ma vuole evitare di manifestarlo.

La porta che fino a ieri era spalancata gli è stata sbattuta sul naso e starsene lì a implorare di aprire non serve a niente, meglio rinunciarci e usare l'ingresso di servizio, quello scomodo da raggiungere ma che ti porta comunque fuori.

Se Peach sapesse che la paragona a una porta gli darebbe forse una sonora ombrellata in testa. Mario sa che è tutto sbagliato, ma ricorda il suo sedere bello tondo, così esplicitamente invitante e servito su un piatto d'oro e diamanti. Ha sentito la sua voglia, la sua disponibilità.

Mario non ha scelta. Non ama Peach in quel senso, però le vuole bene, sa quanto lei ha bisogno di lui e non la lascerà ancora ad aspettare.

Un bambino gli insegnerà ad amare entrambi, la sua nuova famiglia.

Certo, Luigi ha ragione solamente in parte, però il risultato della espressione è sempre uguale. No più Sì solitamente dà No, ma stasera, solo stasera, la matematica può essere un'opinione.

Mario aspetta che la principessa con cui deve copulare si presenti a cena, rigirando tra le mani il mazzo di bei fiori fucsia che le ha preso per fare il galante.

Gli viene una certa famina, però, ci sta mettendo un po' troppo tempo per prepararsi. Ah, le donne! Sempre a farsi belle, anche se sanno benissimo che lo sono già.

Mario incomincia a piluccare un pochino di formaggio dall'antipasto.

Poi beve un sorsetto di vino. Si asciuga la bocca. Guarda l'orologio da polso, aspetta.

E dopo mezz'ora di attesa, a presentarsi al posto della principessa è la sua dama di compagnia, Lady Toadette, la quale, affannata e sul punto delle lacrime, annuncia che Peach non si farà viva perché è appena stata rapita. Di nuovo.

"COSA?" grida Mario, colto di sorpresa, spampinando il mazzo di fiori "Non è possibile, quando..." "Non so di preciso, ero andata a sollecitarla e ho trovato la sua camera vuota, la finestra spalancata, sangue per terra e segni di graffi sul muro" spiega la damigella ansando agitata.

Mario corre a visionare la scena del delitto, esaminando i segni di cui parlava la funga. Sembrano proprio essere stati lasciati dagli artigli di un leone, o qualcosa di simile "Ma come è possibile che nessuno si sia accorto di nulla?!" si arrabbia, deducendo istantaneamente chi sia il rapitore.

Quel recidivo di un koopa, possibile che dopo tutti questi anni si sia fatto venire un attacco di gelosia? E che razza di tempismo, poi!

Furibondo, la prima cosa che Mario pensa di fare è di avvisare Luigi, Daisy, Yvan, Wolley, Yoshi, rimetterà in circolazione la vecchia squadra per un revival, proprio come succede nei sequel dei film...

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"Sei proprio certo che sia di nuovo opera sua?" solleva un dubbio il fratellino.

"Di chi altri potrebbe essere?" borbotta Mario, di cattivo umore.

"Beh, l'ultima volta lui non c'entrava niente" osserva Yvan.

"Da qualche parte dovevamo partire, comunque" si stringe nelle spalle Daisy "E lui è, per forza di cose, il primo sospettato"

"Ragazzi, attenti agli scossoni" implora Wolley aggrappandosi alla sella del dinosauro che lo trasporta.

Stavolta Yoshi ha reclutato tra i suoi fratelli più coraggiosi e resistenti per aiutarli nel percorso. Le bambine sono restate a casa, le hanno lasciate a re George, improvvisatosi babysitter per amor di agevolare chi può andare a salvare sua figlia.

Mario ha registrato mentalmente il fatto che, quando li ha avvisati del fattaccio, Luigi e Daisy gli siano sembrati stranamente silenziosi. Ma l'affanno del momento gli ha poi fatto mettere in secondo piano questo sospettoso atteggiamento. Anche perché poi si sono immediatamente messi in prima fila.

La cosa strana è che non stanno incontrando troopa e goomba a ostacolarli, questa volta, il percorso fila liscio, tanto che per arrivare alla Terra Oscura non ci stanno impiegando troppo, anzi vi dirò che hanno raggiunto il nuovo castello di re Koopa proprio mentre voi leggevate questa frase.

Non ve lo starò a descrivere nel dettaglio perché in realtà non è molto diverso da quello vecchio, a quanto sembra Bowser non ha cambiato gusti e lo ha ricostruito nel suo solito stile, quindi ve lo potete immaginare imponente, minaccioso e circondato dalla lava.

Il portone d'accesso, con il battente in ferro per bussare che rappresenta lo stesso viso di Bowser, è semichiuso, e non ci sono guardiani a sorvegliarlo, è come se i Koopa stessero dicendo che non hanno paura che qualcuno possa entrare.

Mario apre la porta di legno spingendola con entrambe le mani perché è pesantuccia.

Appena dentro, seduta dietro una scrivania, con tanto di computer, tazza e fotografia del fidanzato incorniciata in bella vista, c'è una ragazza troopa in giacca e camicia che indossa un paio di occhialini a mezzaluna e porta i capelli castani raccolti in un'alta coda di cavallo, la quale rivolge agli agguerriti intrusi un sorriso smagliante.

"Buonasera, come posso esservi utile?" dice.

I nostri non si aspettavano un'accoglienza così pacifica.

"Siamo qui per recuperare la nostra amica, la principessa Peach" avanza Yvan baldanzoso puntando un dito contro di lei.

"Principessa Peach" ripete la segretaria, poi consulta una agenda che aveva sulla scrivania "No, mi spiace, non mi risulta che avesse un appuntamento, oggi..."

"Ma di che cosa sta cianciando?" si chiedono confusamente i nostri eroi.

"State parlando della signora Mario Mario Peach Blackcherry Toadstool, corretto?" pronuncia lei scandendo tutte le lettere "Di solito viene qui per essere ricevuta il martedì, ma oggi è giovedì..."

Mario sgrana gli occhi "Aspetta, cosa? Stai dicendo che Peach viene qui di sua volontà?" -per quale motivo dovrebbe andare a casa del nemico?

"Esattamente, viene qui ogni martedì alle tredici e trenta. Oramai è un appuntamento regolare" conferma la tipa.

Silenzio attonito.

"Non lo sapevate" deduce dalle facce sbalordite dei sei.

"No di certo!" esclama Mario in tono ovvio "E che cosa diavolo ci verrebbe a fare qui mia... moglie... una volta a settimana?"

"Della natura degli incontri non me ne occupo, io sono soltanto la segretaria. Se voi non avete un appuntamento altrettanto, dovete prenderne uno per telefono e poi tornare..."

"Ma... Ma questo non ha senso!" Mario sente una strana sensazione, come se la sua fiducia fosse stata tradita. Peach e Bowser sono... cosa, amanti?

"Ma se Peach già veniva qui regolarmente, perché Bowser si sarebbe scomodato a rapirla?" interloquisce Daisy.

"Oh, questa mi è nuova!" esclama la troopa. Guarda velocemente di nuovo nell'agenda e aggrotta la fronte "Non mi risulta che ci siano rapimenti in programma, questa settimana."

"Ma cosa diavolo succede?" chiede Mario meravigliato "Perché, Bowser adesso si programma i rapimenti?"

Tutto ciò non è possibile, guarda i suoi amici, più confusi di lui.

Daisy e Luigi continuano a scambiarsi occhiate incerte.

"Forse Bowser ha fatto un colpo di testa e l'ha rapita senza dire niente a nessuno" suppone Wolley "Lo sappiamo tutti che è pazzo"

"Chi sarebbe il pazzo?!" ruggisce una voce cavernosa. Tutti si voltano.

Il re dei Koopa in persona è comparso alle loro spalle. C'era da aspettarselo.

È alto e massiccio come l'ultima volta, non sembra per nulla invecchiato, i capelli sono ancora rossi e fluenti e le zanne linde e acuminate, la schiena non è minimamente incurvata. Sulle spalle, a coprire il guscio con gli spuntoni, indossa un elegante mantello rosso.

"Buonasera, signor re" dice compita la troopa.

"Buonasera a lei, miss Trooperette" ricambia il saluto il sovrano "Può prendersi il resto della giornata libero, mi prenderò cura io di queste persone"

La ragazza non se lo fa ripetere due volte, prende la borsa, se la mette in spalla ed esce in fretta dalla porta, non senza prima aver salutato dicendo "Buona serata, allora". È praticamente scappata via, Bowser incute timore anche ai suoi dipendenti, evidentemente.

"Allora, cosa ci fate nella mia proprietà?" chiede Bowser.

Ma, senza dare a nessuno il tempo di rispondere o di reagire, allunga una manaccia e acchiappa Mario per il bavero della camicia.

"Sei venuto a darmi carne per il mio barbecue? Sei gentile, non c'era bisogno" mentre parla sbuffa un getto d'aria rovente dalle portentose narici che investe Mario in faccia.

"Brutto mostro! Mettimi giù ché ti prendo a legnate" lo minaccia lui.

"Ma figurati, guardati, sei troppo debole e vecchio ormai per..."

Si interrompe perché gli è arrivata una palla di fuoco addosso in risposta, mica penserete che Mario si sia tuffato nell'azione senza prima munirsi di un power up!

"Vai Super Mario, supercuocilo!" lo incita Luigi.

"Certo, ecco l'altro giocatore, e chi si dimentica di lui?" borbotta Bowser scrollandosi tutto senza risentire del colpo, mentre con la mano libera afferra anche lui. Allora, come è prevedibile, gli altri reagiscono saltandogli tutti quanti addosso.

Segue un po' di parapiglia in cui anziché discutere preferiscono mettersi a litigare. Non c'è una vera strategia nel combattimento, da nessuna delle due parti, solo un sano e old style prendersi a botte.

Fino a quando non si ode un strillo arrabbiato e tutti si bloccano.

"Che sta succedendo?" una piccola folla si è radunata a vedere cosa causi la confusione, ma poi questa folla è composta soltanto da cinque Bowserotti.

"Guardate come il vostro papà reale si difende da un attacco impari e a sorpresa!" fa Bowser, come se volesse giustificare di fronte a loro il suo pugno, che è rimasto ancora infilato nella guancia di Mario "E non ho menzionato che è anche senza senso!"

"Il fatto che hai rapito Peach per la seconda volta e dopo così tanto tempo è senza senso!" sbotta Mario dopo aver staccato il viso per riallineare le labbra al naso.

"Li sentite? Mi accusano pure di cose assurde!" si difende il re.

"Tu sei assurdo" lo accusano, ma non sono i nostri, è Larry Koopa "Dove è andata a finire la politica di parlare invece di menar subito le mani?"

Mario guarda Larry, riconoscendolo a stento.

Si ricorda di un bimbetto koopa un po' taciturno di dieci anni, con i dentini aguzzi sporgenti ai due lati della bocca e una cresta azzurra che lo faceva assomigliare a un piccolo gallo e adesso invece si trova di fronte un adolescente, incredibile a dirsi, con dei brufolini sulle guance, l'apparecchio ai denti e i capelli pettinati e raccolti in treccioline. Delle premure che fanno immaginare il tocco di una mamma dietro.

Gli altri bowserotti presenti sono Bowser Jr, Morton, Wendy e Iggy.

Il primo aveva quattro anni l'ultima volta e adesso ne avrà dieci circa, e la sua somiglianza con il padre da cui ha ereditato il nome si è fatta ancora più evidente, è chiaro che diventerà bello e prestante come lui, dato che al momento non sembra altro che la sua fotocopia rimpicciolita, l'unica differenza sono gli occhi a goccia e i capelli rossi legati in una coda ad ananas che spicca come un pennacchio sulla sommità del cranio lievemente a punta.

L'aspetto di Morton e Wendy non è particolarmente differente dall'ultima volta ma presenta una novità, a entrambi sono cresciuti i capelli, che prima non avevano del tutto nel caso di lei o quasi del tutto nel caso di lui. La ragazza li porta orgogliosamente raccolti in una grossa treccia che le scende lungo una spalla, forse a imitazione dello stile di qualche eroina televisiva, e fermata da un fiocco a pois, sono castani e li cura evidentemente moltissimo perché sono brillanti e ben tenuti. Morton invece li lascia sciolti e tutti scombinati, il cambiamento fisico più evidente in lui è che è diventato più alto e la sua pelle un tempo grigia, quasi nera, si è schiarita diventando di una tonalità marroncina.

Infine c'è Iggy il quale non sembra cambiato per nulla, se non contiamo che la sua miopia si deve essere aggravata, visto che ora i suoi occhiali sono più grandi e spessi come fondi di bottiglia.

Ma tornando a noi, è Luigi che si sofferma su quello che ha detto Bowser e vuole fare chiarezza.

"Insomma, non l'hai mica rapita tu, Peach?"

Bowser stringe le labbra e assottiglia gli occhi "Perché, l'hanno rapita?" chiede.

"Vuoi farci credere che non lo sai?"

"A differenza di voi, io so accettare quando ho perso" si risente il re.

"Non sei stato tu, quindi?"

"Non ne vedo il motivo"

"Non hai detto di no"

"No, no, no, non sono stato io, uffa, perché accusate me?"

"Secondo te?"

Larry si mette in mezzo "È vero, ragazzi. Peach è amica di famiglia, ormai, e papà non avrebbe avuto ragione di rapirla"

"Ecco un'altra cosa che devo mettere in chiaro" riprende Mario "La segretaria ha detto che Peach viene qui sempre... cos'è questa storia?"

"Oh, sul serio, non ti fidi di tua moglie? È una cosa innocente" fa Bowser.

"Vero" sorride Larry "Siamo amici, adesso. Viene qui semplicemente per darci aiuto con i compiti e fare compagnia a me e i miei fratelli quando papà non può"

"Ah" fa Mario sorpreso "Ma allora come mai non me lo ha mai detto?"

"Forse perché sei sempre prevenuto nei nostri confronti, anche se l'ultima volta ad aiutarti a salvare il tuo fratellino sono stato io" ruggisce Bowser indicando Luigi con l'artiglio "E a proposito, mica mi hai mai ringraziato per quella volta!" aggiunge, con il risentimento evidente nella voce.

Tutti chiudono la bocca e il silenzio che si crea è insostenibile.

Mario sente un vuoto al petto, dove ci dovrebbe essere il cuore. Sente le vertigini, una sensazione come di vergogna.

"...È proprio vero?"

"Già"

Il silenzio che segue si fa, se possibile, più intenso.

Mario si avvicina al suo antico nemico, lo fronteggia per un secondo.

E poi si inginocchia.

I suoi amici lo guardano stupiti. Anche Bowser è sorpreso, ma poi ghigna.

"Hai ragione" dice Mario "Mi spiace che si sia creato questo astio tra di noi. Peach lo ha sempre sostenuto che sei cambiato, ma sono io che non ci ho mai creduto. Ti chiedo scusa, sul serio, mi dici come posso farmi perdonare?"

"Cavoli, sei sul serio invecchiato" commenta il re.

Mario respira a fondo "Come posso farmi perdonare?" ripete.

"Uhm. Ti spiacerebbe giurare eterna fedeltà e cedermi metà del tuo regno e baciami i piedi..."

"Papà!" esclama Larry in tono di rimprovero.

"Scherzo, scherzo" alza le mani Bowser "L'unico modo per farti perdonare adesso è salvare Peach."

"Come?"

"Io te la cedo e tu te la perdi così? No, no, no. Se a suo tempo avesse scelto me, questa cosa mai nel mondo sarebbe capitata. Ma anche se mi ha respinto, cosa credi, io ci tengo a lei, è nostra amica ormai."

Mario si gratta la testa. Non è che sia esattamente così, ma forse è meglio lasciar perdere.

Mentre stanno parlando ancora, si ode uno schianto provenire da fuori. Una delle finestre si infrange e un mattone piomba all'interno del castello. Una risata da maniaco sfuma in lontananza.

Morton corre a sbraitare agitando il pugno "Vandali! Se vi prendo vi mordo, ve lo giuro, vi prendo a mozziconi, vengo a mozzicarvi, che vi pare giusto ah, vi piacerebbe se faccio lo stesso io a casa vostra ah, vi piacerebbe se vengo io a tirarvi i massi nelle vostre finestre ah, vi piacerebbe se vi vengo a scassare le vetrate ah, vi piacerebbe eh, ah, uh??" e continua così per un po', intanto Wendy va a raccogliere il mattone. Esso risulta come incartato in un foglio protocollo, di quelli che la maestra vi diceva di prendere dal mezzo del quadernone per fare il compito in classe.

"Sembra che sapessero dove trovarvi" commenta, spianandolo "Qui sopra c'è scritto 'Per Mario e Luigi' "

Il primo chiamato in causa si affretta allora a recuperare quella che si rivela essere una lettera.

Il contenuto è molto breve, scritto a mano, ma la calligrafia è drittissima, come se volesse imitare un testo battuto a macchina. Forse, per evitare di essere riconosciuta. Mario lo legge a mente:

VENITE ALLA STANZA DI BALZO SE VOLETE SAPERE DOVE TROVARE PEACH.

Leggendo la lettera, si è potuto benissimo notare la faccia di Mario prima perdere colore e poi variare velocemente dal viola al rosso al verde acido.

"Che cosa c'è scritto di così tremendo?" chiede Daisy, preoccupata per una tale reazione.

"Beh, non posso dire di non essermelo aspettato" biascica Mario. La lettera ovviamente non è firmata, ma nella parte inferiore, appena sotto il testo c'è un simbolo, due triangolini incrociati a formare una stella a sei punte.

Mario lo mostra agli altri “Qualcuno riconosce questo simbolo?”

“Sì...”

Luigi si avvicina a suo fratello con aria assente. Prende la lettera tra le mani. Legge velocemente e si morde il labbro inferiore. “Oddio, ci siamo” mormora, roteando gli occhi.

Mario ha una domanda sulla punta della lingua che però non vuol saperne di uscir fuori.

A darle voce è quella di Daisy, che guarda suo marito preoccupata “Devi andare, non è così?” chiede.

“Ho paura di sì” fa Luigi.

“Che significa? Dove deve andare?” riesce a chiedere Mario.

“Non importa dove vado io, tu limitati a seguire le istruzioni” il tono di Luigi è inspiegabilmente brusco.

Mario aggrotta la fronte “Che succede? Io spero che non c'entri qualcosa con la sparizione di Peach...”

Daisy sbuffa “Forse sì” rivela, poi torna a rivolgersi a suo marito “Stai bene?”

"Sto bene" conferma Luigi, ma il tono è agitato. Piccole perle di sudore iniziano a ornargli la fronte come un diadema.

"No, aspettate, che succede?" chiede di nuovo Mario allarmato.

“Vengo con te” continua Daisy, ignorandolo.

“Non pensarci neppure”

“Ma voglio...”

“No, non stavolta”

Al seguente tentativo di insistere, Mario assiste alla scena cruciale di Daisy che viene respinta bruscamente dal braccio di Luigi che con uno scatto la allontana. La ragazza rischia di cadere all'indietro, a frenare la sua caduta è la manona di Bowser che da sola le prende tutta la schiena.

"Voi siete una famiglia di pazzoidi" commenta il koopa. Chiaramente, nemmeno lui ha idea di che diavolo stia succedendo.

"Eccoti, finalmente, dove ti eri cacciato? Non abbiamo un secondo da perdere!" si sente improvvisamente.

La figura di un uomo misterioso è appena comparsa alle spalle di Luigi, nessuno è riuscito a capire da dove sia spuntato. È alto, indossa un completo elegante di colore viola, i capelli sono ricci e lunghi, di un biondo diafano, coperti da un cappello a tesa larga, ma la parte più strana del suo aspetto è che porta sul volto una maschera simile a quelle che usano gli attori a teatro.

“Non mi stavo nascondendo” dice semplicemente Luigi. Lui lo conosce.

“E come mai non riuscivo a trovarti? Ho cercato di chiamarti, ma mi avevi chiuso di nuovo fuori dalla tua testa, cavoli quando vuoi sei bravo, ma era il momento peggiore per farlo. Forza, andiamo!”

Mentre parlava, l'uomo ha avanzato e ora poggia una mano sulla spalla di Luigi.

Farfalle dalle ali triangolari di pixel neri si formano intorno ai loro corpi. Luigi sembra abbia cacciato via da sé ogni traccia di emozione, ma cambia repentinamente quando sorride sarcasticamente alla maschera “Scusa se ho preferito preservare la mia integrità il più possibile, comunque ero in un equilibrio precario, ma ho resistito tantissimo, c'è da ammirarmi, non trovi?”

“Ammirarti, non esageriamo” lo butta subito giù lo sconosciuto facendo sparire il suo sorriso “Non sai la parte più terribile, Al è andato, lo ha scovato e neutralizzato! Siamo restati solo noi”. Mario ha l'impressione di aver già sentito prima quella voce, ma non ha idea di dove, di quando, non capisce molto.

“Basteremo.” dice in tono convinto Luigi “Ci voleva solo il colpo di grazia per farci cedere”

Luigi!

Luigi si volta, mostrando il viso a Mario e questi ha un trasalimento. La parte che dovrebbe essere celeste è diventata bianca, si confonderebbe con la sclera se si schiarisse ancora, fa un po' paura.

Il sorriso è sparito, divenuto una espressione triste “Stai tranquillo, fratello, fai come dice questo biglietto e va' alla stanza di balzo. Ci vediamo più tardi. La recuperiamo tua moglie, vedrai.” e restituisce a Mario la lettera. Lui la guarda, adesso non è altro che un foglio bianco.

I triangoli si moltiplicano, vibrando spasmodicamente, avvolgendo le due figure in un'ondata di oscurità. Luigi e lo sconosciuto con la maschera sollevano un braccio allo stesso tempo e due triangoli si sovrappongono sui loro polsi, che i due uniscono, e si crea così la sagoma di una stella a sei punte. Il nero li ricopre completamente, poi collassa implodendo e ritirandosi all'interno di sé stesso e quando si dirada, di essi non è restato più nulla.

Svaniti, volatilizzati.

"Sapevo che sarebbe successo, ma speravo di sbagliarmi." impreca Daisy.

Mario inizia a perdere la pazienza "EHI! Qualcuno mi spiega cosa diavolo è appena successo? Dovrei capirci qualcosa? Lo sapete che ho perso la memoria, perché diavolo non mi dite le cose tutte insieme, anziché a singhiozzo?"

Daisy aveva stretto i denti per la rabbia, ma la si vede fare un tentativo di rilassarsi. Si passa una mano sui capelli e inspira a fondo.

"Forse questo non è esattamente il momento giusto per farti un resoconto" suggerisce Yvan.

"Né il luogo" si intromette Bowser "Quando è che vi decidete a sloggiare da casa mia?"

"Papà, sii più sensibile, santo cielo!" lo riprende Larry “Lo hai visto cosa è appena successo, no?”.

"Sensibilità? Io sono il padrone e sono loro che sono dovuti venire per forza qui a consumare i loro drammi!"

I fratelli Koopa però si son messi a cerchio intorno a Daisy, la quale ora sta fissando il vuoto ed è visibilmente molto agitata.

"Tutto bene?" le chiede Larry amorevolmente.

"Vuoi un bicchiere d'acqua?" fa Wendy.

"O magari un goccio di cognac?" offre il koopottolo più grande.

"Vuoi stenderti? Possiamo darti un divano comodissimo" si unisce Bowser Jr alle moine.

Daisy deglutisce, cercando di regolarizzare il respiro, lusingata da quelle attenzioni insperate "Non disturbatevi, grazie ragazzi"

"Nessun disturbo, è come ci comporteremmo con Peach, e tu sei la sua più grande migliore amica del cuore, no? Quindi ti trattiamo allo stesso modo di come tratteremmo lei" spiega Morton.

"Siete molto premurosi"

"Va bene, ho capito, andiamo tutti nella stanza del tè" sbotta Bowser rassegnato.

Mario lo guarda "Hai una stanza del tè nel tuo castello?"

"L'ha allestita Peach, ovviamente" si giustifica.

"Magari al tè ci aggiungi dei pasticcini" interviene Wolley, sforzandosi di non mostrarsi troppo contento "O magari un po' di torta" Bowser lo fulmina con un'occhiataccia.

Qualche minuto dopo sono tutti seduti a una tavolata che ricorda quella infinita del Leprotto Marzolino di disneyana memoria. Ci sono teiera, zuccheriera, tazze, cucchiaini e panna e, per la gioia di Wolley, ma soprattutto di Yoshi, una certa varietà di torte e biscotti e dolcetti.

"Non è questo il momento di prendere un tè!" esclama Mario, adesso impaziente "Devo andare alla stanza del balzo per capire dove diavolo è finita Peach"

"E di tuo fratello non ti importa sapere?" chiede Daisy stringendo la tazza tra le dita nervose.

"Certo che mi importa!" si pente subito "Cosa è successo poco fa, e perché ho l'impressione che se ne sia andato via per colpa mia?"

“Devo iniziare dal principio...” Daisy prende un respiro profondo per cominciare lo spiegone.

"Quando Aastrid stava per nascere è successa una cosa a Luigi... diciamo che ha ricevuto un... trattamento non esattamente delicato da parte della mia famiglia" prende a dire "Il casino che abbiamo in casa è nato in conseguenza di tutte le vessazioni che abbiamo subito"

Beve un sorso del suo tè caldo al ciclamino, poi riprende.

"Mio padre pretendeva che divorziassimo, te l'ha già detto Luigi, questo. Noi non volevamo in alcun modo cedere, avremmo preferito che Aastrid nascesse senza i suoi poteri piuttosto... Così, quel pazzoide ha pensato bene di assumere un 'persuasore' per farci cambiare idea"

Mario annuisce, senza in realtà capire, spaventato.

"In pratica, hanno organizzato una trappola. Arrivò una lettera in cui si chiedeva che Luigi si presentasse in un certo luogo di Sarasaland per parlare con mio padre della questione. Io non so esattamente quello che successe, Luigi non mi ha mai spiegato nei minimi dettagli perché ogni volta che ci ripensava gli veniva una specie di crisi e non riusciva a spiegarsi... Quello che ho capito è che al posto di mio padre si è presentato questo tipo, proprio questo con la maschera che avete visto poco fa. Luigi dice che lo ha imprigionato e che gli ha fatto una specie di condizionamento mentale... tutta la vicenda si è poi conclusa in un patto che s'è visto costretto a stringere, ma questo è successo dopo, ci arriverò.”

Mentre la cognata racconta, Mario sente un certo dolore allo stomaco che da piccolo continua a crescere.

“Dopo la pressione che ha subito, Luigi è... non direi impazzito, ma era diverso. Non solo mi ha trattata rudemente, ma... Ho sentito che qualcosa dentro di lui era cambiato per sempre. Credo che questo trattamento che gli hanno fatto gli abbia sbloccato qualcosa nel subconscio. Come se avesse liberato una parte più cattiva di lui. È diventato... sempre più amareggiato, depresso, arrabbiato con se stesso, con il mondo, ha iniziato a fare dei discorsi strani, diceva che si sentiva inferiore a tutti, che era un fallimento, che non sarebbe mai stato in grado di raggiungere la perfezione di Super Mario, che sarebbe stato sempre costretto a essere il numero due... E poi ha detto... che avrebbe potuto sposare una fata bellissima come suo fratello e invece si era preso un maschiaccio con la grazia di uno struzzo!" qui Daisy ha adottato un tono quasi stridulo, incredulo.

"Ci sarebbe da dire che non era lui. Ma è questo il problema. Lui era lui. Non era, tipo, un'altra persona, non era un cattivo travestito da lui, non era una entità maligna che era entrata nel suo corpo, come si vede nei film. Era lui. Era semplicemente lui, ma stava dicendo tutte quelle cose orribili che si teneva dentro e che, sotto sotto, pensava davvero"

Mario aggrotta la fronte "Dubito che Luigi pensi davvero che sei un maschiaccio con... ehm... Con la grazia di..."

"Certo che lo pensa, lo pensate tutti, andiamo!"

Gira lo sguardo intorno, tutti lo evitano. Fa la faccia seccata.

"Comunque, io non capivo che diavolo gli stesse succedendo, mi sentivo ferita e lo volevo davvero lasciare... Ma poi, Luigi ha iniziato a peggiorare, senza ragione, e quindi mi sono insospettita. Abbiamo avuto una feroce litigata, durante la quale io l'ho accusato di non essere se stesso. Allora lui ha reagito violentemente, ma io mi sono difesa e l'ho spinto contro il muro. Forse più forte di quanto volessi. Lui ha battuto la testa e si è, tipo, ripreso. Ha preso a chiedermi scusa, ha giurato e spergiurato che non pensava sul serio quelle cose che ha detto. Mi ha detto che si sentiva come se fosse stato ipnotizzato, che se lo ricordava benissimo e ha detto che adesso si sentiva un verme per essersi comportato in quel modo...”

“Continuo a non capire, perché tutto questo?” si scervella Mario.

“Io credo che mio padre abbia organizzato questo perché voleva che fossi io a lasciarlo, voleva che mi rendessi conto di avere sposato la persona sbagliata. Così sarei scappata tra le sue braccia, lui mi avrebbe riaccolta in casa perdonandomi, il mio matrimonio 'illegale' sarebbe stato annullato, il suo ricordo insabbiato... io avrei preso un principe qualsiasi come nuovo marito e Aastrid sarebbe potuta nascere sul suolo di Sarasaland senza scandali."

Mario è senza parole, gli altri sono a disagio, gli ospiti koopa ascoltano con interesse.

"Mio padre è un grandissimo stronzo" continua Daisy dopo essersi bagnata la gola probabilmente dolorante con grande amarezza, la diga ha ceduto e lei lotta contro le lacrime che quei ricordi dolorosi le provocano "Abbiamo quindi capito che ci avrebbe sempre ostacolato. L'unico modo che avevamo di essere lasciati in pace era di fargli credere che avesse vinto. Così abbiamo elaborato quella messinscena del falso divorzio e la deviazione delle telefonate... E ha funzionato, papà mi ha permesso di fare nascere la bimba in patria e mi ha ridato il titolo di principessa. Io e Luigi potevamo vivere in pace. Ma dubito che mio padre avesse considerato le conseguenze per i metodi che ha adottato... non sa che c'era qualcos'altro di più grosso dietro, il persuasore che aveva ingaggiato aveva degli interessi suoi, più alti, più oscuri... In realtà... In realtà Luigi non si è mai ripreso completamente. Ci sono stati... A volte... dei momenti... In cui rischiava di tornare in quello stato di autocommiserazione pessimistica orribile. Dipendeva dai pensieri che faceva, credo... Se erano negativi, se si sentiva attaccato, ferito, tornava a odiarsi e a essere odioso, tornava a essere..."

"Ma continuo a non capire, perché i suoi occhi erano di quel colore inquietante, chi era quel tizio e come mai sono svaniti insieme in quella specie di nebbia pixelata? Dove sono andati? Perché sembrava che fossero in missione per qualcosa?"

"Ci stavo arrivando! Il fatto è che questa cosa gli è rimasta appiccicata addosso come una maledizione. Ed è stato allora che si è fatto vivo il tizio con la maschera, lo stesso che lo aveva condannato -o almeno credo sia lui, ha sempre indossato la maschera- e che gli ha proposto di liberarlo, a patto che poi lui lo avrebbe aiutato. Quando sarebbe giunto il momento lo avrebbe chiamato con quel simbolo. Luigi è diventato parte di questa specie di gruppo.”

"Già, ma si può sapere di che cosa si tratta?"

"Non lo so, io non so contro chi stiano combattendo, non so assolutamente chi siano né come o dove trovarli... so soltanto che Luigi ci teneva troppo a me e alla bambina, non voleva rischiare di farsi sopraffare, ha dovuto accettare. Chiunque siano, io li odio per quello che gli hanno fatto."

"Beh, le due cose, il rapimento di Peach e l'uscita di scena così teatrale di Luigi, sono evidentemente collegate" si intromette improvvisamente Bowser "Se il biglietto diceva di andare alla warp room, credo che sarà lì che troverai un indizio per capire cosa diavolo sta succedendo. E io verrò insieme a te"

"Perché dovresti venire?" si stupisce Mario.

"Pronto? Stiamo ancora parlando di Peach?" fa il re, come se ciò spiegasse tutto. Poi, senza dargli il tempo di replicare, afferra Mario, lo solleva e se lo mette sotto il braccio "Avanti, muoviamoci! Voi ragazzi, andate nelle vostre stanze" indicando i bowserotti "Tutti gli altri, fuori!" ruggisce, e già si avvia.

"Ehi lasciami" cerca di ordinargli l'idraulico scalciando, ma si arrende dopo che le sue proteste sono state ignorate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice: Spero che quello che ho scritto non sia una massa confusa di informazioni incomprensibili... il mio cervello va troppo veloce, io l'ho sempre detto. Almeno qualcuno sarà felice per il ritorno in scena di Bowser, ma vi assicuro che non è assolutamente fanservice il mio ...ehm ehm ...dimenticavo! miss Trooperette è una mia invenzione, ma in pratica l'ho copiata da Miss Paperett, la segretaria di Paperone! Sono scema. buona Pasquetta a tutti!!

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Capitolo 16
*** Lost into the future– part 3 - a story of a star ***


 

Peach non sa dove si trova, sa soltanto che si sente immensamente felice.

Il fagotto che tiene tra le braccia è minuscolo e profuma di fragole, ma è un aroma che permea l'aria.

Non ha mai visto un bimbo così bello, sembra brillare dall'interno, i suoi boccoli dorati sono quelli di un cherubino.

Ne osserva il visino paffuto, indugiando sui suoi lineamenti in miniatura.

Che nasino, che boccuccia perfetta, che orecchiette minuscole, che occhietti grandi che la guardano, le sorridono, le trasmettono quanto abbiano bisogno di lei!

Peach pensa di dover aprire la camicia, ma si accorge che non ne indossa una, è nuda, come il piccolo sotto le fasce. Tanto meglio, sarà meno scomodo.

Solleva dunque uno dei seni e lo avvicina alle labbra del neonato, che si schiudono subito in cerca di latte.

Peach dapprima sente solletico, la linguicina le sta accarezzando il capezzolo, poi la bocca aderisce e inizia a poppare, avidamente.

È una sensazione strana, non l'aveva mai provata ma le sembra così naturale, questo è il motivo per cui è nata, per cui ogni donna esiste, la gioia di essere madre è talmente profonda che non riesce a descriverla.

Che importa se nel resto del mondo ci sono guerre, problemi, catastrofi, disgrazie, ingiustizie? Finché una mamma sarà in grado di allattare il suo bambino, di farlo crescere, di fargli conoscere l'amore, resterà un minimo di speranza.

Mentre beve, il piccolo cambia visibilmente.

I suoi riccioli si scuriscono, non sono più biondi ma castani, poi quasi neri. Crescono, come anche cresce il corpo.

Il viso si allunga, il torace si allarga, le gambe e le braccia si articolano e si ricoprono di peli.

Adesso si è staccato da lei, è diventato un adulto e non ha più bisogno di essere nutrito al seno.

La coperta che lo aveva avvolto è adesso arrotolata intorno al suo inguine, a coprire le pudenda.

Ma Peach vede soltanto il suo viso, con sgomento si rende conto che non assomiglia per nulla a lei.

Quello non è suo figlio!

Ha gli occhi di Mario, non per il colore -uno stranissimo giallo- ma per il taglio.

Ma chiunque sia la madre, non è lei.

Non è il figlio che le è stato promesso!

Peach porta le braccia in alto, prendendosi poi la testa tra le mani, vorrebbe farci entrare dentro questo concetto, ma tutto ciò che sente è di essere stata tradita.

"Perché mi stai facendo questo, Al? Pensavo avessimo un accordo!" grida, arrabbiata.

Il giovane che non è suo figlio scuote la testa desolato, le sue labbra si schiudono, gli occhi la guardano tristemente "Deve svegliarsi, principessa" dice.

E Peach si desta.

C'è la luce del sole sopra di lei e il terreno sotto, si trova all'aperto.

Sorpresa, si guarda intorno.

Credeva di risvegliarsi in una cella, in una stanza buia senza porte, magari con le catene a polsi e caviglie e invece si ritrova libera. È sorprendente e bellissimo.

Ancora, non sa dove si trova. Si guarda intorno, le sembra di essere in un giardino, c'è erba fresca molto verde, trapuntata di fiori bianchi. Non sa perché, ma questo la fa sorridere.

Si alza in piedi, spolverandosi l'abito. Si passa automaticamente una mano sui capelli, li sente crespi e vorrebbe avere uno specchio per vedere l'aspetto che ha.

Naturalmente lì non ne trova, però dopo aver camminato un po' trova un lungo stelo d'erba con una goccia di rugiada sopra, molto grossa, Peach si affaccia e guarda il proprio riflesso sull'acqua.

Deve dire che l'immagine restituita non è per nulla brutta, anzi la principessa si sente particolarmente attraente.

Ma sta ancora sognando o è sveglia, perché questi fili d'erba sono improvvisamente così alti da raggiungere il cielo?

Perché i fiori bianchi, che poco fa sembravano perfetti da raccogliere per farci un bouquet, adesso sono così larghi che ci si potrebbe stendere comodamente sopra la corolla di uno di essi, a 'mo di materasso?

Peach sgrana gli occhi, solleva la testa per cercare di vederne la fine, il campo le sembra adesso sconfinato.

Di fronte a lei c'è una foresta, salvo che gli alberi sono in realtà steli d'erba giganteschi. Si sente un po' Pollicina...

Ha il bisogno di lavarsi la faccia, così prende tra le mani la goccia di rugiada che ha usato come specchio ed effettivamente può constatare che sia abbastanza larga da poterci fare tutte le abluzioni.

Okay, pensa, o sono rimpicciolita io o mi trovo nel giardino di un gigante...

E l'ansia la coglie all'improvviso, come diavolo farà a orientarsi?

Ma si ricorda subito che è meglio essere libera che rinchiusa, quindi continua ad addentrarsi finché non si stanca.

Allora vede una fragola, una molto grossa, larga come un tavolo, come tutto intorno a lei è grosso e largo.

Le viene in mente che forse è proprio a causa di essa che riusciva sentire quel profumo attraverso la barriera del sogno.

Affonda le mani nella polpa del frutto, ne stacca due belle manciate e le mangia, sono dolci e deliziose. Non sapeva di avere fame, come non credeva di potersi saziare soltanto con quel cibo. Ma la fragola è enorme e il suo stomaco piccolo.

Vorrebbe che in quel ventre vi fosse un bambino, si rammarica di non avercelo e improvvisamente la tristezza prende il sopravvento e la principessa si trova a piangere, con ancora la bocca piena di fragola. Le lacrime si mescolano con il succo appiccicoso che le cola dal mento.

"Voglio tornare a casa" sussurra.

Ed ecco che di fronte a lei compare qualcosa.

Una luce, dapprima fioca, poi più intensa.

Si delineano cinque braccini e due piccoli occhi al centro. È uno Sfavillotto.

Anche se non ha una bocca visibile, sembra che le stia sorridendo.

La principessa sente un conforto quando le si tuffa sul petto, quasi come quel bambino che aveva desiderato e che mai potrà avere. Sente di volerlo abbracciare, e quando lo stringe le sembra di essere al sicuro, qualcosa le dice che tutto andrà per il meglio, che le cose si sistemeranno.

"Guidami" lo implora.

La stellina inizia a brillare molto più intensamente e Peach decide di camminare diritto di fronte a sé, come guidata dall'ago di una bilancia.

Scostati altri due grandi fili d'erba, o forse a questo punto dovrebbe chiamarli tronchi, vede un altissimo papavero e lo Sfavillotto in qualche modo le suggerisce che la cosa giusta da fare sia di raggiungerlo.

Peccato che tra lei e la meravigliosa corolla di quel fiore ci siano due minacciose e aggressive piante piranha. Le quali, non appena scorgono la principessa, tentano di morderla.

Lei caccia uno strillo, più agguerrito che spaventato, non ha fatto tutta questa strada per fare da colazione! Vuole vederci chiaro.

La stellina le vortica intorno come a proteggerla e per qualche secondo Peach ne acquisisce il potere, diventando sfavillante anche lei e invulnerabile, dalle sue braccia vengono sparati dei raggi cuoriformi che, come fossero proiettili tangibili, colpiscono le piante facendole ritrarre dentro ai loro tubi, permettendole di passare.

Dopodiché la principessa tenta un salto.

Piega le ginocchia, ma la gonna la impaccia. Se la solleva più che può, e la stellina le viene in aiuto.

Come se avesse preso un ascensore, la luce la trasporta in alto, finché non supera il fiore. Planando dolcemente, ne raggiunge il centro.

Il papavero si apre ad accoglierla.

Peach si aggrappa al pistillo a forma di croce, si siede raccogliendo le gambe sotto di sé.

Una polvere grigiastra si appiccica alle sue dita ancora sporche di succo di fragola.

Il profumo di quella mistura è inebriante.

"Dove sei?" domanda ad alta voce, ma chiedendosi al contempo lei stessa con chi stia effettivamente parlando.

Nonostante tutto, si sente ancora addosso la meraviglia di quel sogno, prima che cambiasse divenendo un incubo e lei si accorgesse che il bambino che allattava non era suo.

Sembrava così reale ed è così doloroso essersi dovuta accorgere che non lo fosse.

Forse non era lui a essere sbagliato, forse era lei...

Lo Sfavillotto l'ha raggiunta e le si posiziona di fronte.

"Qual è il senso di tutto questo?" gli chiede, giungendo le mani sopra le ginocchia.

"Dopotutto puoi ancora ottenere ciò che hai desiderato" dice lo Sfavillotto.

"E come?" inquisisce lei.

"Non ti trovi qui per caso, sono stato io a strapparti dalle mani del tuo rapitore, prima che neutralizzasse anche te, come ha fatto con Al, sotto ai tuoi occhi"

"Sul serio?"

“Non hai potuto vedere la battaglia perché eri già svenuta, a quel punto" le assicura la stella "Non potevamo lasciare che ti facesse del male, Al può rigenerarsi, tu no"

"Perché mi proteggete? Non ho fatto delle cose buone, anzi sono stata molto cattiva..."

"Nulla di ciò che hai fatto lo hai fatto con cattive intenzioni, noi ti abbiamo manipolata, ma il tuo cuore è rimasto puro, incontaminato, esattamente come quello di Luigi nonostante le vessazioni. Se abbiamo scelto voi due c'è una ragione, principessa, avete entrambi uno spirito molto forte ed era ciò di cui avevamo bisogno."

Lei sente un lieve sorriso formarsi sulla sua bocca "Incontaminato?" ripete.

"Sì. Ed è in nome di questo che alla fine otterrai ciò che ti è stato promesso"

Peach osserva emozionata i braccini luminescenti del suo interlocutore crescere, diventare braccia e gambe. Uno si divide in due, per un attimo ne vede sei. Poi alle estremità si tirano fuori delle dita, che, modellandosi, diventano delle mani e dei piedi. Gli occhietti a goccia, prima posti al centro, si spostano, si delinea la forma di una testa umana, con tutti i lineamenti, proporzionati e dolci.

Peach osserva affascinata, ma non ancora sorpresa.

Quella che si è creata di fronte ai suoi occhi è la silhouette luminosa di un bambino, che avrebbe all'incirca sei anni, a giudicare dalla ridotta mole. Non è quello del sogno, naturalmente, stavolta è qualcosa che non è ancora suo ma che può diventare suo.

Ha l'impressione che davvero le somigli, questa volta.

Peach vuole davvero che quel pargolo sia suo figlio. Ma il cuore nel petto le brucia enormemente, come se le avessero scagliato contro una freccia velenosa che glielo abbia trapassato.

Perché è tutto così maledettamente scorretto.

"Desidero moltissimo potervi credere" dice, passandosi il dorso della mano sulla faccia "Ma a questo punto non credo più a niente. Credo soltanto di aver sbagliato tutto, anche questo, è troppo per me. Non lo desidero più."

"Stai veramente rifiutando il tuo premio?" si sorprende il bambino-sfavillotto.

"Non vale nulla, perché non viene dalla persona che amo, anzi è il risultato di un imbroglio. Non lo desidero così tanto da ferire Mario pur di ottenerlo"

Sul viso del bimbo-stella si crea un visibile ghigno, è impressionato dalla correttezza della donna "È esattamente questo ciò di cui stavo parlando, principessa. Ne hai appena dato la prova. C'è un fondo di bontà in fondo al tuo essere che è intrinseco e non può essere corrotto in alcun modo. Ma se anche avessi scelto diversamente, non sarebbe cambiato nulla, questo devi saperlo."

"Non importa, non posso accettarlo" ribadisce lei, affranta.

La creatura piega la testa da un lato "Come preferisci, sappi che noi Luma ammiriamo tantissimo il tuo coraggio, signora principessa Toadstool"

Un lampo. L'essere torna alle sue dimensioni, torna a essere una semplice stella, poi si restringe sempre più, come se stesse risucchiando se stesso dall'interno, finché non diventa così piccolo da svanire.

E Peach sente le lacrime scorrere come torrenti sulle sue guance per ciò a cui ha appena detto di no, ma il dolore non è troppo forte, poiché è mitigato dalla consapevolezza di aver preso la giusta decisione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Daisy è in cammino, segue la mole gargantuesca di Bowser.

Nonostante questi sia più alto e massiccio di lei, lei riesce a tenere il passo senza problemi, gli sta appena dietro.

Si stanno avviando verso un grande veicolo parcheggiato in giardino, la famosa nave-flagello della famiglia Koopa, quella in grado di volare attraverso lo spazio infinito.

Più che a una nave assomiglia a una sorta di elicottero, ma senza l'elica, con le lamiere bombate e tonde e i razzi propulsori a entrambi i lati.

Bowser tiene ancora Mario bloccato sotto il suo grande braccio squamoso, trasportandolo gelosamente come fosse un fagotto, una importante missiva da consegnare.

Mario non prova neppure a ribellarsi. Si sente ancora piuttosto a disagio.

Il suo cervello fatica a elaborare una lunga serie di informazioni che gli sono state rovesciate addosso, come con un secchiello per il ghiaccio dritto sulla sua testa.

Sente ancora forte il dolore per la perdita apparentemente irrisolvibile della donna che ancora ama, unita alla preoccupazione per la perdita misteriosa della seconda donna che gli è stata data in cambio come premio di consolazione.

Sente confusione e agitazione, perché non capisce ancora bene cosa sia successo a suo fratello, teme che si sia ficcato in un pasticcio e non sa come aiutarlo, e infine sente l'umiliazione per essere stato affrettato nel giudicare qualcuno che non solo si è rivelato, di fatto, innocente, ma che adesso si è anche offerto, inaspettatamente e generosamente, di aiutarlo.

Questo tumulto di emozioni esercita una forte pressione sui nervi e sullo stato d'animo di Mario, si sente esausto, ma non sa di essere soltanto all'inizio.

Daisy, dietro di loro, da quando sono usciti dalla sala del tè non ha ancora parlato, pare che il lungo discorso per la spiegazione che ha dato le abbia prosciugato tutta la positività, la voce stessa. È assorta, persa in tanti funesti pensieri.

Mario si sporge leggermente per guardarla, torcendo il collo, e gli pare che fisicamente i suoi occhi siano in ombra.

La paragona a un robot, dal cuore che si è corazzato di metallo dopo essere stato ripetutamente attaccato.

Non gli piace vedere sua cognata in queste condizioni, Mario sa di tenerci tantissimo a lei, spera che Luigi sappia ciò che sta facendo, che non la deluda...

Dietro Daisy, ci sono i due toad con i dinosauri.

Ricordiamo che Yvan e Wolley sono piccolini e a causa delle loro gambe corte si sentono distanziati, perciò hanno bisogno di essere trasportati.

Ma neppure Yoshi e i suoi fratelli riescono ad andare troppo veloci, c'è una specie di resistenza che li rallenta, come una tempesta di vento impalpabile e invisibile che li sferza.

Loro arrancano e Bowser ha già raggiunto la nave.

Lo sportello si apre e sulla soglia c'è una persona.

Mario non l'ha mai vista prima e la osserva, interessato. È una donna dai capelli lunghi, ricci e rossi, e gli occhi suadenti, vestita con uno stile un po' antico, con una bandana blu sulla testa, un top verde con le doppie bretelle che si abbarbicano alle spalle, pantaloni bianchi leggermente a palloncino fermati da una grossa cintura, spessi dobloni dorati alle orecchie e per finire un medaglione a forma di teschio al collo.

La donna tiene le braccia conserte, ma all'arrivo di Bowser si illumina. È come se un secondo prima si stesse annoiando, e ora già freme, affamata di novità e di avventura.

Il re mette finalmente giù Mario, proprio di fronte a lei.

"Questa è Maple" gliela presenta "È il capitano dei pirati spaziali, ma adesso ha preso il possesso della mia nave ed è in affari con me" si rivolge a lei "Questo è Mario, il mio antico rivale, venuto a impetrare il mio aiuto perché pare che sua moglie, la principessa Peach, sia sparita"

" 'Impetrare' non è esattamente la parola esatta..." specifica Mario.

La donna si acciglia "E salute a te, signorotto" fa in tono sprezzante "So bene chi sei, la tua reputazione ti precede. Io direi che dovresti essere grato al gran re Bowser per averti concesso la sua comprensione e non averti vaporizzato, cosa che meriteresti."

"Che significa?“ chiede Mario confuso. Si sente accoltellato dai penetranti occhi della donna. Non gli piacciono per nulla.

"Naturalmente il tuo intelletto è inferiore, al punto che non hai compreso affatto ciò che ho enunciato così chiaramente" Maple fa scattare la testa da un lato sollevando il naso, facendo volteggiare i suoi fluenti capelli "Non che mi aspettassi di più, ma neanche di meno."

Mario si sente leggermente deriso, ma è comunque ammirato da quell'ottima dizione.

Arrivata anche Daisy, il capitano le si para di fronte. "Quante persone ci sono dietro, ancora?" chiede, abbassando uno sguardo truce.

"Solo un paio di piccoli toad e un paio di yoshisauri" la informa il Koopa.

"Troppi, possiamo caricare al massimo questi due. Entriamo e chiudiamo il portellone."

Mario e Daisy tentano una protesta, ma vengono afferrati per le braccia da qualcuno che stava lì in ombra insieme al capitano e tirati dentro senza possibilità di ritrarsi, mentre Yvan e Wolley e Yoshi vengono lasciati inesorabilmente indietro, con la porta sul naso.

Si sente lo strillo indignato del micete giallo, e Bowser non può fare a meno di deriderlo. Non gli sono mai piaciuti troppo, i toad, e ogni occasione di metterli in ridicolo è sempre perfetta per garantirgli un po' di divertimento.

Mario si dimena stavolta, tentando di divincolandosi dalla presa del martelkoopa che fatica per tenerlo fermo. Alla fine si trova bloccato con le braccia del nemico che gli stringono le spalle e il torace.

Maple gli passa di fronte impettita, con le mani dietro la schiena e lo sguardo fiero sollevato "Agguerrito" commenta "Nonostante io ti disprezzi, apprezzo la tua grinta" commenta.

"Tu non mi conosci e io non ho idea di chi tu sia! Cosa succede? Dobbiamo considerarci prigionieri?" chiede Mario, giustamente in difficoltà.

"Considerati ciò che credi, ma direi che mi faresti un enorme piacere se volessi farlo"

"Ma io non voglio!" protesta Mario, ma debolmente, ha l'impressione che qualsiasi cosa dica sia inutile.

E mentre parla vede che, a differenza di lui, Daisy non sta lottando, ha semplicemente chinato la testa, sembra rassegnata.

Mario è abituato a vederla mostrare un carattere forte, ma in questo momento la ragazza si è completamente spogliata della sua metaforica armatura. Riesce a vederla nella sua essenza, gli sembra fragile come un castello di sabbia, gli ispira protezione, la vorrebbe tirare su in qualsiasi modo.

"Daisy, stai bene?" si limita a chiederle, preoccupato. Nonostante l'evidenza dica il contrario, Mario vuole ancora considerarla forte.

Lei non risponde. Ha chiuso gli occhi, sembra fare dei respiri molto profondi per calmarsi.

Il martelkoopa che la tiene sembra altrettanto meravigliato di non trovare alcuna resistenza.

Bowser ha una faccia divertita, sembra sul punto di mettersi a gongolare, si vede quanto sia contento di essere lui in controllo, si sente l'indispensabile, colui al quale ci si rivolge per risolvere i guai, il diavolo con cui si scende a patti per ottenere un favore, che si ottiene a costo della propria anima.

"Portate i nostri ospiti nella cella pronta per loro" ordina. I fratelli Martello obbediscono, scortando Mario e Daisy dentro una gabbia messa al centro della nave, di fronte ai comandi, ma ben distanziata da essi.

"Perché rinchiuderci?" protesta Mario "Ancora non riesco a comprendere..."

"Questa è l'unica condizione in cui ti è permesso viaggiare su questa nave" sghignazza Bowser.

Sa benissimo di essere esagerato, ma non può resistere alla tentazione di umiliare il suo nemico il massimo che può. Sta facendo del suo meglio, o per meglio dire, sta facendo del suo peggio. È possibile che alla fine Peach si arrabbi con lui, una volta venuta a conoscenza del trattamento che ha riservato a suo marito e alla sua amica, ma poi, rendendosi conto che la missione originale era salvarla, chiuderà certamente un occhio.

Maple, intanto, si è seduta al posto del pilota. Tira un paio di leve e la nave inizia a vibrare, per poi sollevarsi dal suolo.

Non funziona come per un aereo, che deve prima mettersi in posizione e andare indietro per prendere la rincorsa prima di lanciarsi nel cielo, la nave si solleva verticalmente, spinta da sotto dai due razzi. E poi, raggiunta l'atmosfera terrestre, la supera ed ecco che parte, con una supersonica sgommata che la lancia nel vuoto.

Mario e Daisy si trovano sbilanciati dell'improvvisa acquisizione di velocità e la falsa forza li spinge contro le sbarre laterali della gabbia.

Mario batte il naso su di esse quando Daisy gli finisce addosso.

Dopodiché, entrambi crollano giù.

"Magari ci saremmo aspettati una partenza più dolce" rimbrotta Mario.

"Magari ti stavi aspettando anche che ti mettessi sulle mie ginocchia e ti facessi guidare" replica Maple prontamente. Bowser ride sguaiato a tale battuta, eppure a Mario non ha fatto molto ridere.

La nave va velocissima, diretta verso un punto lontano.

Mario guarda fuori dal finestrino attraverso le sbarre, vede il cosmo vasto, sconfinato, e ha un attacco di nostalgia che gli fa male al cuore, gli ritorna in mente tutta la questione dell'equilibrio dell'universo, come potrà essere mantenuto, adesso che Rosalinda non c'è più?

Forse non può. Forse è proprio questo il motivo per cui tutto sta cadendo in pezzi.

Forse Peach è caduta vittima proprio di questo disequilibrio e non è veramente stata rapita ma è stata risucchiata dal vuoto, forse è per questo che Luigi si è messo in combutta con quel tizio losco, forse è questo il motivo per cui la un tempo gagliarda Daisy, adesso è accanto a lui, in ginocchio, con le mani sulla faccia, a piangere...

Mario si volta angosciato, si abbassa su di lei, le mette una mano sulla spalla "Stai tranquilla, non siamo realmente prigionieri, è solo una piccola rivincita che Bowser si sta prendendo, arrivati alla Stanza di Balzo vedrai che ci lascerà andare"

Daisy toglie le mani dal viso e Mario si accorge che tiene nell'incavo i propri orecchini a forma di fiore, se li è tolti per qualche ragione.

Stringe il pugno e gira il viso verso Mario.

Non ci sono lacrime sotto i suoi occhi grandi, solo uno sguardo affranto ma diretto. Consapevole. Non dice nulla, ma c'è un mondo di parole frementi, dentro quelle pupille tremolanti.

La principessa allunga il pugno chiuso sulla mano di Mario e vi deposita dentro uno dei due gioielli. Mario lo porta più vicino agli occhi per osservarlo e si accorge che non sono dei fiori di metallo, come credeva, sono dei veri, piccoli fiori di fuoco, dei power up! Ma sono verdi, segno che il potenziamento che daranno sarà certamente diverso da semplici fiamme.

"Aspetta ad assorbirne il potere" sussurra Daisy, senza quasi muovere le labbra.

Mario è colpito, annuisce appena e mette l'orecchino nella tasca centrale della salopette senza dire nulla.

Daisy si alza, si spolvera un po' la gonna, si avvicina alle sbarre e le afferra, mettendosi poi a guardare direttamente il capitano con una faccia vagamente imbronciata.

Maple, alzatasi dal suo sedile, le restituisce lo stesso sguardo duro.

Mario afferra al volo una cosa piuttosto ovvia: le due donne non si piacciono.

Si fissano con odio, come se non vedessero l'ora di saltarsi addosso.

Si sente una vera e propria tensione, come se ci fossero dei fili elettrici invisibili tra di loro che le collegano, dentro ai quali passa una corrente di dodicimila watt.

"Che cos'hai da guardare, tu?" la provoca Maple.

"Mi piace ricordare com'è il viso del mio nemico" replica con prontezza Daisy "Prima di sfigurarglielo a suon di botte"

"Quale impudenza" commenta il capitano, sorridendo spavalda "Sei dentro una gabbia, come pensi di combattermi?"

"Prima o poi questa gabbia verrà aperta" Daisy assottiglia gli occhi, pare molto sicura di sé.

Maple sembra irritata dal suo tono "Ne sei proprio sicura? Potremmo decidere di far uscire soltanto Mario e di tenere te in ostaggio..."

La principessa manda lampi dagli occhi "Nessuno può tenere me in ostaggio" sentenzia.

Catfight! pensa Mario, preoccupato. La Daisy che conosce è indubbiamente tornata, ma sarà effettivamente il momento giusto, data la posizione in cui si trovano attualmente?

Le mette una mano sulla spalla e la fa girare, facendole dare le spalle al capitano.

"Non mi sembra sia il caso di provocarla" le sussurra all'orecchio.

"Lo so, ma la sua faccia mi dà sui nervi, si sente così superiore..."

"Beh, è in una posizione di superiorità, in questo momento"

"Ed è proprio questo che mi dà fastidio" strizza gli occhi e le sue guance arrossiscono "Non sono abituata a trovarmi in gabbia, sai? La damigella in pericolo di solito la fa Peach, non io!"

"Lo so, ma cerca di tenere duro almeno un altro poco..." la implora Mario.

Ma pare che qualcuno li abbia sentiti bisbigliare.

"Visto, te lo dice anche lui! Stai al tuo posto, signorina, non te le hanno insegnate le buone maniere a corte?" le intima infatti il capitano, in tono sfottente "Credi sul serio che fare la capatosta ti frutterà? Sembra che non ti abbia aiutato molto in passato" aggiunge, sarcastica.

"Che cosa ne sai tu di me?" si acciglia Daisy.

"Pensi che non sappia chi sei? Hanno sentito parlare tutti di te, Daisy Flowerstool, la principessa che ha disonorato l'intero Regno di suo padre, scappandosene con un misero figlio della plebe e che poi è tornata strisciando quando la frittata era fatta e stava arrivando il suo bastardo..."

Daisy stringe i pugni e digrigna i denti, è così arrabbiata che Mario quasi si aspetterebbe di vederla trasformarsi in super saiyan da un momento all'altro...

"Innanzitutto, non permetterti di definire mia figlia Aastrid in quel modo indegno. E poi non sono 'tornata strisciando' dai miei. Tu davvero non lo sai come sono andate le cose..."

"A chi importa della tua versione? Non sarà mai quella ufficiale!"

Siamo quasi al punto di rottura, prevede Mario.

"Anche se hanno cercato di insabbiare tutta la faccenda, la gente parla!" continua Maple, le sue parole scivolano come stille di veleno tra i denti di un serpente "E la tua cara principessina sarà ricordata da tutti come la figlia di una puttana e di un fallito!"

Questo è troppo! Non si torna più indietro!

Mario crede improvvisamente di trovarsi allo zoo, perché Daisy ha letteralmente ruggito, si è scagliata contro le sbarre e ha aperto le fauci, con un morso selvaggio ha divelto le sbarre della gabbia ed è saltata, libera, addosso al capitano, sfoderando degli artigli da pantera, il tutto mentre il power up viene assimilato e il corpo della donna è attraversato da saette elettrostatiche. Non è da prendere alla lettera, però è strano, è questo l'effetto completamente nuovo che Mario non aveva mai avuto modo di vedere prima.

Maple viene sbalzata via dalla cabina di pilotaggio e Daisy la aggredisce con una foga violenta incredibile.

Una serie di pugni la coglie in piena faccia, prima che la sorpresa del momento svanisca e Maple inizi a difendersi.

Mario non sa come comportarsi, le due donne si rotolano a terra, si insultano, si picchiano, si graffiano, si mordono e si strappano i capelli a vicenda.

Poi inizia a ragionare, esce dalla gabbia e si mette in mezzo, tentando di separarle.

Ma qualcuno lo blocca afferrandolo da dietro per le bretelle.

Un alito di fuoco si fa percepire. "Lasciamole discutere tra di loro" gli dice Bowser nell'orecchio "Non devi mettere mai il naso tra due femmine che litigano"

Mentre Mario agita le braccia e le gambe cercando di raggiungere il pavimento, Bowser si reca deciso verso un portellone sul fianco della nave, gira la maniglia di metallo e lo apre, ficcandosi dentro un vano in cui sta, in attesa con lo sportello aperto, invitante, quella che sembra una capsula di espulsione, tonda e piccolina, lo spazio appena sufficiente per un koopa adulto, ma Bowser fa in modo di infilarci dentro entrambi.

"Daisy!" urla Mario disperato, agitandosi di più.

La principessa volta la testa verso di lui, ha una guancia già gonfia e un labbro sanguinante, ma un sacco di capelli rossi strappati alla sua avversaria dentro il pugno chiuso, oltre che un ginocchio sul suo petto.

Quella distrazione le costa cara, però, Maple le afferra un braccio e la sposta da un lato.

Dopo averle mollato un bel calcio, si rialza in tutta fretta e corre furiosa nella loro direzione.

"Cosa stai facendo, Bowser? Dove vai? Non penserai mica di andartene così!?" grida, ma la sua corsa viene arrestata da Daisy che le ha nuovamente acchiappato i capelli e la strattona indietro.

Bowser ridacchia, preme un pulsante e la porta della capsula si chiude.

Mario, che è con lui, non sa bene cosa stia succedendo, ma non fa in tempo a chiederlo che Bowser gli mette sulla faccia una maschera per l'ossigeno attaccata a una piccola bombola.

"Respira con moderazione, stiamo per essere sparati nello spazio a una velocità di duemila parsec al secondo" lo avvisa Bowser. Non si sentono più gli insulti e le urla che Maple sta rivolgendo loro, il re abbassa una levetta accanto al pulsante che ha premuto poco fa e si sente un grande risucchio.

Poi Mario perde l'equilibrio, la capsula è partita di scatto all'incontrario.

Riaperti gli occhi che aveva chiuso per l'impatto, li sgrana perché vede la nave già lontanissima dietro di loro, se ne stanno allontanando velocissimamente.

Bowser sembra tranquillissimo.

"Era da un secolo che volevo farlo, Maple sarà un ottimo capitano, ma è scorbutica e antipatica da morire, ho settato questa capsula di espulsione da tempo, nell'eventualità di battermela, prima o poi."

"Ma... Ma dove stiamo andando? E Daisy?" fa Mario perplesso.

"Onestamente, se qualcuno dovrebbe salvare Peach, quelli saremmo noi due, queste faccende non sono roba da donne. Inserisco le coordinate in questo mini computer e arriveremo comodamente nella Stanza di Balzo" e glielo mostra.

"Ma Daisy!" insiste Mario.

"Credo che ora abbia bisogno di sfogarsi un po', non ti pare? È stata piuttosto stressata, ultimamente" sogghigna soddisfatto, mentre parla ha iniziato a digitare delle cifre sullo schermino di questo fantomatico computer di bordo.

Ancora una volta, a Mario viene impedito di esprimersi, la capsula subisce infatti un brusco slancio in avanti e inizia a turbinare velocissima come un pallottolo Bill.

Nonostante la maschera che indossa, si sente soffocare, si sente i polmoni come schiacciati contro il torace, strizzano quasi il cuore come un tubetto di dentifricio. Inutile dire che faccia un male indescrivibile.

Non ha neppure la forza di urlare, e sarebbe soltanto uno spreco di ossigeno e di energie, allora si limita ad accasciarsi, con una mano stretta sul petto, ha solo il tempo di pensare Oh, no! che tutto gli vortica intorno e improvvisamente diventa tutto nero...

Quando si risveglia, la prima cosa che vede è la scagliosa magnotta di Bowser che gli sventola davanti al naso una boccetta dal profumo intenso, probabilmente si tratta di quei sali che si usavano un tempo per far rinvenire le persone deboli di cuore che svenivano dopo una forte emozione. Chissà come ne sarà entrato in possesso...

"Hai appena avuto un infarto, per caso? Voi umani siete così ridicolmente deboli... " lo deride.

"Se lo avessi avuto sul serio, tu avresti dovuto portarmi in ospedale" gli risponde.

"Con Peach sparita non ho mica tempo di prendermi cura anche di te" è la ovvia risposta "È già tanto che non abbia deciso di andare da solo"

Mario si mette seduto. Ha le budella attorcigliate e il petto gli fa ancora un male assurdo, il respiro ce l'ha corto e i polmoni gli bruciano come se avesse appena finito di far jogging, si stupisce quasi di essere ancora vivo.

"Dove siamo?" ansima, guardandosi attorno e cercando di raccapezzarsi. Per qualche ragione, vede tutto blu scuro, e nell'ambiente, stranamente, vi sono degli strani oggetti fluttuanti a forma di sagome di stelle verdi, luminosi e che sembrano pulsare.

"Siamo dove stavamo andando"

"Cos..."

"Questa è la Stanza di Balzo" specifica Bowser.

"Vuoi dire che siamo già arrivati?" Si stupisce Mario.

"Certo, ma mi senti quando parlo? È stato un bene che tu sia svenuto, così non ho dovuto sorbirmi il viaggio in tua compagnia, ti ho semplicemente lasciato dov'eri e mi son goduto la strada..."

Mario sgrana leggermente gli occhi, inspiegabilmente preoccupato "Perché, quanto ci abbiamo impiegato per arrivare?"

"Un paio d'ore, a dire il vero mi scocciava pure doverti svegliare, ma il messaggio parlava chiaro, eravate tu e tuo fratello a dover venire qui e dubito che se fossi stato da solo mi avrebbero fatto entrare"

"Però, aspetta" lo interrompe "Io sono già stato qui, due... No, sono stato qui sei anni fa. Questo posto... o non è la Stanza di Balzo, o è molto diverso da come lo ricordo..."

"Già. E non lo hai mai sentito dire che le cose cambiano?"

"Insito nel dire che non lo è"

"E io insisto nel dire che tu sei stupido, e che mi stai facendo perdere tempo, quindi adesso piantala di tergiversare e..." Bowser rimette in piedi Mario, lo prende per le spalle e lo fa voltare "Guarda dietro di te e vedi se riesci a capirci qualcosa!" -è un ordine.

Mario fa come gli ha detto e sussulta.

Al centro di uno di questi strani oggetti verdastri sospesi nell'aria, scorge quella che pare essere una microscopica personcina raggomitolata su se stessa.

"Chi è quello?" chiede.

Bowser non gli risponde perché ovviamente non lo sa, ma gli mette in mano una piuma che ha tirato fuori da chi lo sa dove, forse dall'interno del suo guscio.

Non appena la tocca, intorno a Mario si forma una specie di nuvoletta di polvere gialla e sulla sua schiena compare un mantello. Mario riconosce l'effetto del power up e fa gonfiare il mantello, che gli permette di compiere un bel salto e fluttuare verso quel bambolotto.

Lo raggiunge e lo prende delicatamente tra le braccia.

È un vero neonato, può constatare, un maschietto, è nudo e molto, molto piccolo. I capelli sono tanti e tutti arruffati, di un castano chiaro quasi biondo, il nasino è tondo e leggermente schiacciato. Sta dormendo, ma quando Mario atterra e lo rigira per mirarlo, gli occhietti si aprono e lo lasciano sconvolto, senza parole.

"Sono occhi pieni di sole!" mormora, e un attimo dopo la testa del bimbo inizia a illuminarsi, i capelli diventano dorati come il miele e anche le iridi si riempiono di luce, diventano di un colore giallo intenso che manda raggi ovunque guardino.

Anche Bowser ne resta impressionato.

"Che cosa significa?" chiede per l'ennesima volta Mario, affascinato e confuso e non sapendo cosa fare.

È in quel momento che il bambino ride, e la sua risata si trasforma in un altro globicino di luce che irradia una potente energia positiva.

Tutta questa luce si incorpora in una larga sfera che raggiunge l'altezza occhi di Mario.

Il quale sente di colpo una grande consapevolezza, dentro il suo cuore, qualcosa glielo dice, sa che quello che sta tenendo in braccio è suo figlio.

O, per lo meno, quello che sarebbe dovuto essere suo figlio.

Perché... assomiglia a lui... e assomiglia a lei.

No, non ha senso, è un concetto completamente fuori dal mondo, ma l'emozione provata è fortissima.

Non si era neppure accorto che stava piangendo, ma il bambino ride ancora, una risata pura e innocente, infantile e contagiosissima.

Mario si riempie di amore per quel piccolo fagottino di gioia.

"Cosa ha a che fare con Peach, tutto questo?" si spazientisce Bowser "Perché non troviamo l'indizio per scoprire dove sia andata, invece di stare a giocare con questo marmocchio luminoso?"

"Il biglietto diceva che anche Luigi sarebbe dovuto essere qui, quindi credo che dovrei aspettarlo" riflette Mario, senza staccare gli occhi di dosso dal piccino.

"Secondo me, tuo fratello sta tramando qualche cosa" dice Bowser.

"Io mi fido di lui" replica semplicemente Mario.

"Lo hai sentito il racconto strampalato di tua cognata, no? Credo che non se ne possa cavare nulla di buono quando ci si mette in combutta con questi individui misteriosi, che poi chi lo sa qual è il loro vero obiettivo! Non che mi importi, questi sono fatti vostri, a me l'unica cosa che interessa è ritrovare Peach e portarla fuori da tutta questa caotica assenza di senso..."

Mario osserva il re Koopa dal basso. Alza un sopracciglio.

"Sei ancora innamorato di lei, non è così?" gli chiede, a bruciapelo.

Bowser è spiazzato.

"Lei ama te, te la sei sposata" gli ricorda in tono evasivo.

"Onestamente, non so perché l'ho fatto" ammette Mario "C'è un'altra donna nel mio cuore che non se ne andrà mai"

"Perché è così che funziona la vita, la gente va avanti, dimentica le delusioni perché sa che le cose non funzionano sempre come aveva sperato, anche se ci provi tantissimo, anche se speri che gli altri vedano il tuo impegno e lo rispettino. Ma la verità è che ognuno pensa solamente a sé. Peach mi ha chiesto un'amicizia e io potrei fare qualsiasi cosa, potrei rapirla, rinchiuderla e costringerla a mollare te e a sposarmi, lei vorrà sempre e solo una amicizia da me, e se la tratto male neppure quello!"

Mario ha sentito una vera emozione, una grande rassegnazione nelle parole che il drago ha appena pronunciato "Adesso capisco il motivo della sala da tè, e capisco perché Peach viene a farti visita. Tu la stai assecondando!"

"Almeno, così non mi odierà e continueremo ad avere dei buoni rapporti. Anche se non è ciò che io voglio, ma sto solo cercando di farla felice..."

"Cosa che apparentemente io non sono riuscito a fare" conclude Mario amareggiato, nel retro della sua memoria si affaccia la principessa che si copre pudicamente le nudità di fronte a quell'ingrato che improvvisamente ha smesso di riconoscerla, ma è ancora abbastanza testarda da continuare a lottare per essere comunque una parte importante della sua vita.

Da questo discorso indiretto, sente una ammirazione ancora più grande per Peach. Si sente in colpa per il neonato che sta ancora tenendo in braccio, qualcosa che Peach avrebbe voluto e che non le è stato concesso.

Beh, pare che non sia stato concesso a nessuno, in realtà. Quel bimbo non dovrebbe neppure esistere, Mario direbbe che sia un ologramma, se non ne sentisse la pesantezza e la concretezza tra le sue braccia, se non ne sentisse il dolce respiro, il lieve ma deciso battito del cuore...

"Non riesco a comprendere che cosa significhi" ammette "Vorrei soltanto capire..."

Mario mette il piccolo in posizione sollevata e lo regge dal busto, guardandolo direttamente negli occhi "Dimmelo tu, spiegami cosa vuol dire tutto questo"

"Ma sei scemo? Stai parlando con un neonato" lo prende in giro Bowser "Ti aspetti che ti risponda?"

"Deve avercela per forza lui la risposta, se no per quale motivo lo avremmo trovato qui?"

Il bambino apre la boccuccia ancora sdentata e sembra stia provando a dire effettivamente qualcosa.

"Coraggio, parla!" lo incoraggia Mario.

"Tu ti sei bevuto il cervello, perfino io lo so che a quella età gli umani non sanno parlare" si esaspera Bowser.

"Taci, sta per accadere qualcosa" insiste Mario.

Ma il bimbo fa soltanto un ruttino e poi si agita piano perché la posizione in cui è tenuto è scomoda.

Bowser fa una sorta di pernacchietta con le labbra "Che ti aspettavi, seriamente?"

Ma ecco che di colpo, da lontano e poi sempre più vicino alle orecchie dei presenti, si sente un urlo straziante prolungato che attraversa l'aria come un siluro, il bambino si spaventa e inizia immediatamente a piangere e subito dopo il terreno inizia a tremare con violenza sotto i loro piedi, è come se ci fosse un terremoto che li prende alla sprovvista.

Mario stringe il neonato più forte che può, tentando di farlo stare calmo, Bowser cerca di restare in equilibrio, ma il pavimento piastrellato inizia a creparsi e a spaccarsi esattamente nel mezzo delle sue zampe.

"Attenzione!" esclama, in allarme.

Le stelle verdi iniziano a perdere la loro luce e si mettono a cadere giù, precipitano una dopo l'altra impattando con gran fragore sulla pavimentazione, distruggendola sempre di più.

Mario si mette a sfoderare i suoi famosi salti per evitarli e non esserne schiacciato e usa il mantello per mantenersene a debita distanza, mentre Bowser cerca come può di ripararsi con il proprio guscio.

"Cosa hai combinato?" il drago sbraita contro l'idraulico.

"Non ho fatto nulla, lo hai visto pure tu!" si difende lui. È in piedi sopra uno di quegli affari che si è incastrato nel buco da esso stesso prodotto.

"Sei andato fuori di testa e tutto ha iniziato a disintegrarsi, qualcosa la devi aver fatta per forza! Sei un..."

Non riesce a finire ché un altro enorme oggetto verde gli si schianta proprio addosso, mandandolo a terra.

Mario ha un colpo al cuore e non si accorge di aver urlato, il bambino tra le sue braccia si agita tantissimo finché riesce a sgusciare via, facendogli prendere un altro colpo perché sembra che stia cadendo nel vuoto, ma quello resta inspiegabilmente sospeso, come lo era poco fa al centro della stella in cui lo ha trovato.

Si sente passare qualcosa, vicinissimo, che gli sfreccia accanto alla testa, ed ecco che due mani gli si posano sulle spalle, un tocco gentile.

Mario si volta... e vede che la persona che lo sta toccando non è altri che Peach.

Non l'aveva vista arrivare, non sa da dove diavolo sia spuntata.

"Sei venuto" dice commossa "Sei venuto davvero!" lo abbraccia con foga. Anche lei sta fluttuando. Ha il vestito rosa tutto stropicciato e logoro e i capelli sono arruffati. Ma sembra così felice, in mezzo a tutto quel caos.

"Certo che sono..." si blocca. Peach ha appena cercato di baciarlo e lui si è istintivamente ritratto. Lei lo guarda, dapprima sbalordita, poi offesa.

"Ancora?!" concentra tutto il proprio rancore in quell'unico termine.

Mario non sa cosa dire, si sente colpevole, sa di averla ferita e vorrebbe non averlo fatto.

Un ruggito si leva nell'aria. Bowser è appena riemerso dalle macerie che volevano seppellirlo vivo.

"Possiamo spostarci da qui, per piacere?" brontola, prima di vedere la principessa e fermarsi a guardarla.

Peach lo nota con molta sorpresa.

"Perché lui è qui?" chiede.

"Perché mi ha accompagnato, diciamo" spiega Mario.

"No. Perché lui è qui?" ripete Peach con un tono diverso, più calcato, più rabbioso.

Discende verso di lui, tenendosi ritta con i piedi incrociati e con le punte rivolte verso il basso.

Quando passa accanto al bambino sembra non accorgersi neppure della sua presenza, o lo ignora di proposito.

"Ciao, bellissima, sono venuto qui per salvarti" la saluta il koopa.

"Dovrebbe esserci Luigi qui con Mario, non tu" sembra rimproverarlo, ma subito dopo sta sorridendo "Ma sinceramente sono contenta che sia venuto anche tu"

Al che, le guance di Bowser fanno l'equivalente di quello che farebbero quelle di un essere umano quando arrossiscono...

"Credo che arriverà anche lui, aveva detto che ci saremmo incontrati qui" dice Mario senza accorgersene.

"Ma se anche arriva, troverà soltanto questo casino, spostiamoci prima di farci ridurre a brandelli" propone ragionevolmente Bowser. Poi, senza aspettare conferme dagli altri, come suo solito, prende la principessa tra le braccia e inizia a dirigersi verso l'uscita.

Peach non mostra nessun fastidio per questo, anzi si aggrappa anche al collo del koopa, mostrando di avere parecchia fiducia in qualcuno che un tempo era stato un nemico...

Mario fa per seguirli, ma si ricorda subito del bambino, così gli salta addosso per acchiapparlo come fosse una farfalla.

Il bimbo ha smesso di piangere e si è messo il pollicino in bocca, si fa prendere senza far storie, questa volta.

Ma sorprendentemente è Peach a sollevare una obiezione: "Ehi! Non puoi portarlo con noi!" esclama.

"Certo che posso" fa Mario, confuso.

"Certo che puoi" ripete lei "Ma non devi"

"Perché no?"

"È quello sbagliato. E io ho rinunciato a quello giusto, quindi non se ne fa niente"

Mario vorrebbe chiederle di che cavolo stia parlando, ma subito pensa di non avere tempo per discutere, ché sicuramente la sua spiegazione sarebbe troppo complicata e/o delirante, a dirla tutta la ragazza è strana, non sembra esattamente lucida, forse è ancora sotto choc per via del rapimento inaspettato... Ma comunque non ha importanza! Chiunque sia, un bambino, specie se così piccolo, non può assolutamente essere lasciato da solo in un posto pericoloso come questo!

"Non lo lascerò qui" si intestardisce.

"Ti sbagli, tu non hai visto quello che ho visto io. Lo hai incontrato unicamente per lasciarlo dove lo hai trovato."

"Ma morirà"

"Non è tuo compito salvarlo" sentenzia lei "Non portarlo, sei venuto per me o per lui?"

"Non puoi essere così crudele, dove è andato a finire il tuo senso materno?"

"Me l'hai ammazzato tu, ecco dov'è che è finito!"

Il loro battibecco viene interrotto da altri oggetti che precipitano e rischiano di colpirli in testa, Bowser si affretta a uscire e portar via la principessa e Mario li segue, portandosi dietro, ostinatamente, il bebè.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:
Salve di nuovo! 
L'ispirazione per questo capitolo andava e veniva quando pareva a lei e in più questo è stato un periodo incasinatissimo, al punto che sto letteralmente perdendo i capelli per via dello stress, mi son trovata in una situazione per cui ho raggiunto un record personale per aver cambiato quattro lavori diversi nel giro di tre mesi e non so neppure se questo che ho adesso riuscirò a tenermelo, perciò non ho avuto neppure troppa testa per scrivere. Ma volevo comunque specificare che il personaggio di Capitan Maple Syrup è una entrata completamente random che mi faceva piacere infilare nel mio racconto per il puro gusto di usare un cattivo di sesso femminile nella mia storia (se non sapete chi è, viene dalla serie di Wario Land, googlatela!), la voglio lì dov'è e ce la lascerò, ma se pensate sia inutile me lo potete dire!
Se qualche anima buona mi volesse lasciare una recensione mi farebbe un piacere enorme! Ho bisogno di affetto!
Un kiss...

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Capitolo 17
*** TRAPPED INTO THE PAST 2 - nella base stellare ***


Paragrafo 1: Luigi


Luigi si trova al centro di una stanza sul cui pavimento è stata tracciata una stella a sei punte con il vecchio espediente dell'incrocio tra due triangoli, uno disegnato con un pennarello nero e l'altro rosso. Al posto del soffitto c'è una grande cupola di vetro che si divide in due parti al centro, che si apre lentamente, facendo entrare la luce della luna.

Luigi solleva il capo guardandola direttamente. Sembra a un tempo spaventato ed emozionato.

A uno degli angoli, una persona a braccia incrociate con la faccia velata attende che accada qualcosa.

"Sei pronto?" chiede. Il tono è seccatissimo, chiaramente non gli piace quello che sta per accadere.

Luigi fa una smorfia "Ormai abbiamo iniziato, tanto vale finirla" sentenzia.

"Non vuoi aspettare che torni Alexander? Potete farlo insieme."

Luigi sembra sorpreso "Ma credevo che Alexander non potesse agire direttamente, neppure se recuperasse il suo corpo in tempo..."

"No, hai ragione. Ma se lo aspetti, magari potrebbe venire con te e darti supporto..."

"Non ne vedo la necessità. È già abbastanza tardi, l'ultima volta che lo ha neutralizzato ci ha impiegato tredici ore a tornare..."

"Non lo puoi biasimare, no? Non è la sua dimensione, questa, in fondo, ha bisogno di un po' di tempo per rimettersi..."

"Sì, ma Peach potrebbe pagarne le spese, io non voglio questo. E poi non è che Alexander sia esattamente il migliore. Lo hai detto tu stesso che sono io il migliore, qui, è per questo che avete scelto me, non è così? Concedimi almeno questo."

"Sì, va bene" riconosce l'altro, ma sembra che glielo stia accordando più che altro per farla corta.

Dall'alto, scendendo verticalmente, iniziano a riversarsi all'interno della stanza una fila ordinata di globi di luce, come dei palloncini riempiti di lampadine da 1000 watt.

Ma la luce non è talmente intensa da ferire gli occhi, anzi li tratta bene, è dolce, te li saluta con amorevolezza, sembra volerteli accarezzare.

Sono Luma.

Luigi apre le braccia per accoglierli.

Il primo globo si preme lievemente sul suo corpo, abbracciandoglielo e avvolgendolo come un soffice marshmallow.

Penetra attraverso i pori della sua pelle e sembra dissolversi.

Luigi ha un fremito, e il suo compagno d'avventura si muove, indeciso se abbia bisogno di aiuto o meno, ma lui riesce a rimanere fermo sulle gambe. "Posso sostenerli" dice, con voce piatta.

Similmente al primo, il secondo globo discende su di lui, ma trova una sorta di resistenza, Luigi non la sta opponendo, cerca di assecondare la luce che lo aggira, allargandosi lungo le sue membra, cercando, finché non trova un varco tra i suoi vestiti e vi si infila allungandosi e sbattendo la coda come un serpente.

Il terzo globo, forse troppo incoraggiato dal successo dei suoi fratelli, letteralmente si fionda su Luigi con una violenza tale da mandarlo quasi a terra.

La figura ammantata, allora, stavolta corre in fretta al centro della sala e regge le spalle di Luigi prima che cada realmente all'indietro, mantenendolo diritto in piedi.

"Non sovraccaricatelo, fratelli, uno alla volta, per favore" l'uomo ammonisce le stelle, sotto la maschera si intravvede un'espressione di angoscia.

Il globo sembra restringersi dentro la figura di Luigi, assumendone per un momento la silhouette, poi viene anch'esso assorbito.

È come se si fosse aperta una porta che fino a quel secondo era stata soltanto socchiusa, e pertanto bisognava forzarsi all'interno dello spiraglio per entrare.

Il susseguirsi di globi di luce è rapidissimo adesso, ne arrivano a frotte.

Si tuffano come i bambini dal trampolino della piscina, a bomba.

“Ho detto uno alla volta, per favore!” ripete vanamente l'uomo, in tono ora veramente molto agitato.

Nessuno lo sta a sentire.

Luigi vacilla.

Ha la pelle sempre più chiara, che perde il colore sanguigno naturale e diventa gradatamente di un bianco perlaceo. Lo sguardo è sempre più stupito, sgranato, l'iride sempre più opaca, la pupilla sempre più ristretta e le ginocchia sono sempre meno ferme.

Perde il conto di tutti questi corpi estranei che gli entrano dentro, sembrano non finire mai.

Ognuno gli dà una sensazione di brividi, se li sente agitare dentro, sfrigolare, dondolare, battere il ritmo come una band musicale, infinitamente più veloce del ritmo del suo cuore che batte.

La persona che lo sorregge deve tenerlo per entrambe le braccia per evitare che cada.

Luigi ha l'impressione di respirare, insieme all'aria, anche la luce che ormai lo avvolge.

Batte le palpebre e si accorge che è faticoso, come se ci fosse del ghiaccio che le blocca agli angoli. Le mani inguantate le sfregano con vigore, prima che l'altro che lo tiene gliele afferri per farlo smettere. "Mantieni il contatto visivo" gli ricorda.

Luigi allora tenta di dire qualcosa, ma si rende conto che la sua gola si è ghiacciata, le corde vocali non vibrano, deglutire fa male, è come se stesse cercando di mandar giù una roccia.

E le stelle continuano a scendere e infiltrarsi dentro di lui, sfruttando ogni orifizio che trovano, lo farciscono come un tacchino per il Giorno del Ringraziamento...

L'ultima che si approccia, con lentezza minacciosa, è la più grande che Luigi abbia mai visto, talmente grande che riempie tutto il cielo, non entrerà mai in questo povero corpo da mortale neppure se le altre già qui dentro le facessero tutto lo spazio possibile.

Luigi pensa debolmente di voler scappare, con questo mostro qui non ci sta, non vuole essere profanato da quel titanico astro, ma ormai ha accettato, il processo e la trasformazione si sono già avviati, e sa che lo costringerebbero, quindi è inutile, quindi stringe con forza gli occhi e i denti.

La nuova luce è diversa dalle altre, mentre quelle erano gelide, questa è calda. Circonda Luigi come una nebbia.

L'uomo sente un tocco come di mille baci sulla pelle e tutti i peli si rizzano, scandalizzati.

Le braccia gli vengono lasciate, adesso non ce n'è più bisogno perché è la stessa luce del mega Luma che lo tiene sollevato.

Si chiede perché ne avesse paura, è una sensazione così piacevole!

Non sente più il proprio corpo, è come se fosse fatto di pura aria.

Sulla faccia di Luigi si distende un sorriso deliziato, i piedi gli si staccano dal suolo, ora sta fluttuando e sembra che intorno a lui vi siano mille simpatiche bollicine, frizzanti e scoppiettanti, che lo accompagnano gentili nella sua ascesa verso il cielo, di un nero pesto.

Presto la stanza da cui è arrivato è soltanto un ricordo, Luigi si sente sicuro e determinato come mai era stato in passato.

Tende un pugno contro la volta oscura priva di stelle e continua a volare sempre più in alto e più rapidamente, è come se fosse privo di peso, una sensazione meravigliosa.

Puntini luminosi si accendono improvvisamente a distruggere quell'oscurità perfetta, ne compaiono a centinaia, diramandosi da un punto preciso e invadono l'intero spazio.

Luigi sa che c'è qualcuno al di là di quel punto, e che deve cercare di parlarci.

Prova a schiarirsi la gola, scoprendo che adesso non fa più male, è come se avesse preso lo sciroppo e il catarro si fosse sciolto.

La prima parola che dice è esitante, quasi come se pronunciare quel nome a voce alta fosse un peccato mortale, un insulto alla memoria di qualcuno che era andato via per sempre.

"Rosalinda?" chiede, timidamente.

Gli occhi della Pusa si aprono, sono enormi, Luigi potrebbe comodamente entrare dentro a quelle pupille gargantuesche. Lo fissano, accusatori.

"Mi dispiace" continua imbarazzato, sentendo quasi fisicamente quello sguardo direttissimo su di lui "Mi dispiace per tutto quello che è successo, ma... perché non vuoi lasciare andare Mario?"

Le iridi cerulee della fata vibrano di mille soli, accecando Luigi che si copre il viso con le braccia.

"È sposato con Peach adesso! Non puoi continuare a interferire con il suo futuro, rendigli la sua memoria! Lasciagli vivere la sua vita!" cerca di farla ragionare.

La luce si fa molto più intensa, come un fuoco alimentato da una rabbia inestinguibile.

Luigi viene investito come da un'ondata di vento fortissimo che lo fa andare indietro di parecchi metri.

Vede così meglio la sua opponente, il corpo è ovviamente evanescente, ma resta un'immagine di quell'antica bellezza, la polvere di detriti luminescenti riporta i contorni vaghi di ciò che fu un tempo.

Il viso disegnato nella luce è contratto in una vera smorfia di dolore.

Le braccia sono alzate dietro il busto, i pugni stretti, i piedi sembrano puntati sotto la delicata stoffa dell'abito azzurro che indossa.

Una donna con un grande potere è una donna pericolosa, gli viene in mente.

"Peach non ha fatto nulla di male, non si merita questo!" riprova a urlare "Cosa ti è successo, eri una dea buona e amorevole e ora sei diventata un demonio!"

La Pusa apre la bocca, offesa.

"Non capisci che così stai soltanto ferendo Mario? Perché gli fai questo, se lo ami?"

C'è una sorta di esplosione dalla quale Luigi viene malauguratamente investito. Si trova a volteggiare all'indietro.

Luigi quasi trasalisce quando si vede la donna, adesso concreta, troneggiare sopra di lui.

Quel dolce viso, un tempo sorridente e altero che sembrava poter guarire il mondo da ogni residuo di male che lo opprimesse, è ora adombrato da anni di rancore per le ingiustizie subite, che si sono depositati strato sopra strato come ragnatele sul soffitto di una vecchia casa disabitata.

"Tu non puoi capire, nessuno può" si ode l'antica, maestosa voce della dea "Quello che è successo mi ha rubato ogni briciolo di umanità che avevo conservato. Mi è stata strappata via ogni cosa che avevo, anche la mia benevolenza. Mi avete persa."

"Devi tentare di ragionare!" dice Luigi "Ne hai bisogno, anche per te stessa. È l'unico modo in cui riuscirai a trovare pace!"

"Io NON voglio la pace!" ruggisce la Pusa "Che cosa me ne faccio? Lo so IO quello che voglio!"

Un urlo da banshee che fa sanguinare letteralmente i timpani di Luigi segue questa dichiarazione.

Il prode idraulico tenta di resistere, si tappa le orecchie con le dita.

Un'altra onda lo respinge di nuovo, le gambe si sollevano sopra la sua testa, si arrotola come un riccio, fa una capriola all'incontrario.

Viene sbalzato con estrema violenza di nuovo giù, cadendo precipitevolmente di nuovo al centro della sala, al centro della stella a sei punte.

Lo schianto è talmente forte che tutte le stelle che erano entrate dentro di lui vengono espulse simultaneamente, dalla prima all'ultima, e si rincorrono di nuovo in cielo come fantasmi, come fuochi d'artificio che partono da quella miccia umana, e si disperdono nella notte.

L'uomo con la maschera, che lo aveva aiutato a sostenersi, accorre un'altra volta in suo soccorso.

Gli solleva la testa, tenendosela in grembo e sentendo così il sangue tra i capelli che gli bagna la mano.

"Non sei stato abbastanza convincente" deduce.

"Ho fatto del mio meglio" si rammarica Luigi, si sente debolissimo e come svuotato con un cucchiaino da ogni energia residua "Forse però la sua reazione è un indizio... Forse soltanto Mario può farla rinsavire... D'altra parte, perché mai il fratellino imbranato avrebbe dovuto aver successo?" dice in tono laconico.

Detto ciò, chiude gli occhi, sfiatato, e si abbandona.

Sotto la maschera, l'uomo dai capelli ricci nasconde uno sguardo preoccupato.

Si accerta che Luigi abbia effettivamente perso i sensi e lo appoggia lievemente al suolo.

In quel momento, la porta si spalanca e un ragazzo di circa sedici anni fa il suo affannato ingresso. Sta ansando, come se avesse corso per arrivare. È piuttosto mingherlino e indossa una camicia rossa a taglio lungo, dei pantaloni bianchi e delle scarpe marca Etnies di colore celeste chiaro.

L'uomo con la maschera lo guarda appena "Ciao, Alexander. Che eleganza, ma perché scomodarti a trovare quei vestiti, che i tuoi capelli scarmigliati rovinano soltanto?"

"Mi dovevate aspettare, avevate detto che mi avreste aspettato!" lo accusa il ragazzo, portando una mano al ciuffo scomposto, come per pettinarlo con le dita. Poi vede Luigi a terra "Che è successo a mio..."

"Ha tentato da solo"

"Pazzo! Avresti dovuto sapere che non lo avrebbe mai ascoltato"

"Figurati se sarebbe stata a sentire te, invece!"

"Guarda che io la potrei fare ragionare, se mi lasciassi parlare con lei" si risente Alexander.

"Se lo avessi saputo fare sul serio, forse dall'inizio, adesso non saremmo in questa situazione"

Sussulta. "Mi ha colto di sorpresa!" protesta.

"Non è la prima volta, dovresti aver ormai capito quando e come si materializza... Stai diventando sempre più giovane, guardati!"

"Non me lo ha mai spiegato come funziona e tutte le volte ero troppo impegnato, sai, a morire per chiederle come si fa"

L'uomo con la maschera sbuffa "Ma quanto mi fai ridere! Sei il peggior viaggiatore dimensio-temporale che abbia mai visto!"

"Per essere mio fratello, non ti stai dimostrando proprio molto supportivo"

L'uomo ci pensa su. "Non sono neppure sicuro di poter dire di essere veramente tuo fratello" dice.

I due vorrebbero continuare a battibeccare, ma in quel momento sentono uno schianto che proviene da sotto. Il pavimento si mette a tremare.

"La sala delle stelle feticcie!" esclama l'uomo mascherato "Stanno crollando! Mario deve essere già arrivato!"

"Adesso?" sobbalza Alexander "Accidenti alla tua efficienza e puntualità!"

"Farò finta che sia un complimento"

Alexander fa la faccia spaventata e di colpo si slancia tra le sue braccia.

"Oddio, abbiamo fallito, se non ha neppure ascoltato Luigi vuol dire che siamo spacciati, tutto il nostro piano è andato a puttane!"

"Stai calmo, ci inventeremo qualcos'altro" cerca di consolarlo l'altro "E cerca di non dire le parolacce, ché diventi brutto"

"Stai zitto e stringimi, ho paura" fa il ragazzo, nascondendo la faccia nel suo petto.

"Non averne, sei al sicuro, ricorda che qui non puoi morire per davvero" lo rassicura.

Lo abbraccia forte, ma poi si stacca dolcemente e alza lo sguardo, che appare serio, sotto i buchi della maschera "Eccolo, sta arrivando!"

 

 

 

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Facciamo un passo indietro.

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Paragrafo 2: Mario 

 

Bowser ha appena caricato il muro e lo ha sfondato grazie alle sue corna, facendoci su un bel buco. Peach è in piedi, dietro di lui, con le braccia incrociate sul petto che osserva.

"Sempre brutale, tu, vero?" dice, in tono di disapprovazione.

Il drago si volta a guardarla e ghigna.

"È così che mi ringrazi per averti aperto una via di fuga?" finge di offendersi.

Lei sorride "Ah, adesso vuoi pure essere ringraziato? Credevo lo facessi unicamente per via del tuo buon cuore" lo sfotte.

"Lo faccio perché per me sei ancora la persona più importante dopo i miei figli" questa cosa Bowser non l'ha detta, ma solo pensata. Invece, si è limitato a mantenere il ghigno, forse per nascondere il fatto che non può fare a meno di guardare la principessa con occhi adoranti...

Mario è rimasto indietro, corre per raggiungerli, ma non riesce a essere molto veloce poiché è appesantito dal bambino che tiene in braccio, il quale sembra diventare sempre più pesante di secondo in secondo.

"Potreste anche aspettarmi!" li rimprovera.

Peach sembra essere arrabbiata con lui, perché non lo guarda neppure e non gli risponde.

Bowser le fa una piccola riverenza e le fa spazio per farla passare.

Lei, nell'attraversare il passaggio, gli sfiora una delle sue braccia taurine con un gesto gentile.

Mario si accorge perfettamente di questo scambio tra i due.

Si chiede se in questo modo la principessa non stia cercando di farlo ingelosire.

Che sia una cosa voluta o meno, non sta funzionando.

Il bambino tra le sue braccia inizia improvvisamente a strillare senza nessun particolare motivo, e i suoi capelli emettono un bagliore che si intensifica a ogni nuovo decibel che la sua voce raggiunge.

È in quel momento che l'aria si sfalda intorno a loro.

Appare quasi come un involucro trasparente e a Mario pare di vederne esattamente i due lembi che si separano. È stranissimo da vedere.

"Presto, dobbiamo uscire da qui!" grida Peach.

Mario crede che dica a lui, ma in realtà è Bowser quello che lei sta tirando.

Questo gli provoca una inaspettata rabbia, in fondo non si merita di essere trattato così, non è giusto che quella che due secondi fa lo adorava, adesso lo snobbi in questo modo.

Non lo sta aiutando, non le importa proprio nulla di quanto si sia sentito in colpa per lei? Preferisce fare la gallina con Bowser?

Non è vera e propria gelosia, è una presa di coscienza, quella donna non lo ama davvero, o almeno non abbastanza da capire quello che ha rischiato per venirla a salvare, non capisce perché gli stia facendo questo.

Mentre lui... Lui sa bene di non averla mai amata.

Ma aveva cercato di forzarsi, visto che le cose stanno come stanno.

È l'evidenza a provare che i sentimenti non prendono ordini.

"Peach!" urla.

Lei non si volta.

"Almeno mi potresti guardare in faccia!" la implora "Sono venuto a salvarti e sto ancora cercando di capirti..."

"Non funziona tra di noi, Mario, non ha mai funzionato" fa la principessa, sempre senza voltarsi "Non so per quale motivo ci siamo sposati"

"Neppure io" ammette Mario, allo stesso modo in cui lo aveva ammesso a se stesso e a Bowser, prima.

Dirlo adesso, però, è come accettarlo veramente, sente un groppo in gola, come se quella realtà fosse dolorosa al punto di voler farlo piangere.

"Potete sempre divorziare appena tornate a casa" dice Bowser, l'unico che pare contento nel mezzo di quella scena drammatica.

Mario vorrebbe dire qualcosa, ma non sa cosa.

Nel frattempo, il neonato continua a strillare tra le sue braccia. È fastidioso, sembra farlo apposta a interrompere.

Mario incomincia a odiarlo e si chiede perché non lo abbia lasciato in quella stanza che si autodistruggeva...

Ma è solo per un attimo, poi gli ritorna in mente quanto tale prospettiva sia crudele e si stupisce anche soltanto di averlo pensato.

"Forse io non sono una brava persona, dopotutto" mormora.

La luce che proviene dai capelli del piccolo si spande e lo avvolge completamente.

Mario vede la sua shilouette che cambia, le dita si uniscono, braccia e gambe si ritraggono fondendosi al busto, il collo sparisce e la testa si deforma.

Mario si rende conto che quello che sta tenendo in braccio non è più un bambino, ma un Luma.

Ma non un Luma qualsiasi, è lo Sfavillotto che ha conosciuto per primo, quando durante la sua meravigliosa avventura ha incontrato Rosalinda, quello che li ha aiutati a innamorarsi.

Quello che lo chiamava papà.

"Non ci capisco più niente!" esclama, ed è più un urlo di rabbia che una esclamazione. Un singulto.

"Cos'è che non capisci, Mario?" chiede lo Sfavillotto.

"Tutto! Ho bisogno che si faccia chiarezza, devo capire cosa è successo e cosa..."

"Te lo mostrerò" dice lo Sfavillotto semplicemente.

Mario non fa in tempo neppure a indignarsi che Peach e Bowser di fronte a lui svaniscono.

O, meglio, è lui che svanisce.

Sente il proprio corpo fluttuare, ed ecco che viene trasportato indietro...

Vede, da lontano, come fosse un osservatore onnisciente, quello che era l'osservatorio-casa in cui lui e la sua donna hanno felicemente abitato per tanti anni.

Vede un asteroide impattare contro di esso, con una violenza impressionante che causa una devastazione rigorosamente muta, perché nello spazio i suoni non si propagano.

Vede se stesso andare alla deriva e vede Rosalinda, il suo cuore si ferma quando la riconosce.

Sta roteando all'impazzata su se stessa, la sua faccia è disperata. Cerca di raggiungerlo e non ci riesce. Poi manda una specie di raggio dalle mani che lo colpisce.

E viene mandata ancora più indietro.

Mario ha capito che ciò che sta vedendo non può più essere cambiato poiché si tratta del passato, eppure la segue, vuole scoprire che fine abbia fatto il suo amore.

La principessa delle stelle continua il suo viaggio infinito senza potere decidere davvero dove andare. Corpi celesti, asteroidi e pianeti intorno a lei si muovono velocissimi.

Poi il suo corpo viene come catturato da un vortice di mille colori che si mescolano tra loro.

Mario sobbalza.

È possibile che quello che ha appena visto sia un buco nero?

Porta le mani alla bocca, spaventato. E si accorge che lo Sfavillotto è ancora lì con lui che lo accompagna.

"Vuoi andare a vedere cosa è successo dopo?" gli chiede.

Mario non ha voce per rispondere, annuisce soltanto.

Si sente malissimo, ha lo stomaco sottosopra.

Nessuno sa cosa ci sia al di là di un buco nero, ma si è sempre ipotizzato che la materia all'interno di esso venga compressa e polverizzata da una elevatissima pressione che neppure la massa di un intero pianeta potrebbe sostenere...

E Rosalinda era solo una umana, certo era sostenuta da forze sovrumane, ma la sua essenza restava fisica.

Ma poi, perché cavolo sta pensando a lei al passato?

Ha davvero già rinunciato a ritrovarla?

Mario fluttua giù, insieme al Luma, deciso ad affrontare l'ignoto.

Le sue membra vengono risucchiate, tutto vortica così in fretta da dargli la nausea ...e poi, di botto, tutto quanto si ferma.

Rosalinda è di fronte a lui, girata, distante quanto basta perché sia impossibile per lui raggiungerla.

Si trovano in uno spazio aperto.

La donna si affaccia su una specie di dirupo, una distesa d'erba dietro di lei e di fronte soltanto cielo.

Mario le corre incontro, vorrebbe andare ad abbracciarla, è così felice di sapere che sia ancora tutta intera, ma sa benissimo che lei non potrebbe neppure vederlo.

Le gira intorno, la vorrebbe fare allontanare da quel precipizio.

Lei ha lo sguardo confuso, ma fisso, concentrato. Le pupille sono come opache, attraversate da ombre.

Poi i suoi piedi si sollevano da terra. Rosalinda si alza in volo.

Mario sapeva già che ne fosse in grado, eppure se ne stupisce.

Ma il Luma lo spinge da dietro e insieme si mettono a inseguirla.

Mario così prova una sensazione strana, è come se quella condizione non gli dispiacesse. Continuerebbe a seguire la scia di Rosalinda fino ai confini del paradiso e oltre...

Il luogo in cui arrivano dopo lascia Mario senza più parole.

Perché è lo stesso da cui siamo partiti, è l'osservatorio, ancora intatto, imponente come un tempo, con la sua torre che sovrasta il piano adibito a casa, la gigantesca lente puntata contro la volta stellata, la postazione per il teletrasporto e tutto il resto, come se mai fosse stato distrutto.

La Pusa resta sospesa nei pressi del balcone della stanza all'ultimo piano.

Lì lei e Mario hanno passato i loro momenti più romantici e belli.

La porta-finestra è aperta.

Rosalinda atterra con una certa eleganza sulla piccola ringhiera e guarda all'interno della casa.

Ed ecco quello che vede.

Un bel salotto, arredato con un certo gusto e una certa eleganza, i mobili sono tutti di colore bianco e le pareti tinteggiate di celeste. Un bel caminetto dal fuoco ardente fa la sua figura in un angolo e accanto a esso vi è un grande schermo come un televisore che sembra attaccato alla parete, ma che in realtà è messo a una certa distanza da essa.

Mario, dietro di Rosalinda, è felice di essere di nuovo nella sua antica casa. Ma nota subito un elemento completamente nuovo.

All'angolo opposto del camino vi è una specie di quadrato, delimitato da una rete, dentro vi sono un materasso, dei cuscini e un sacco di peluche colorati.

Mario non capisce, e pare che anche Rosie non capisca, poiché aggrotta la fronte.

Una porta si apre e nella stanza si riversa una serie di Sfavillotti chiassosi.

Sono precisamente sette, ognuno di uno dei colori dell'arcobaleno, quindi uno rosso, uno arancione, uno giallo, uno verde, uno blu, uno violetto e uno color indaco.

Le sette stelline fanno il girotondo allegramente saltellando su e giù.

E poi si sentono delle risate provenire da un'altra stanza.

"Dai, Alexander, andiamo a giocare un po'!" dice una voce allegra, molto, troppo familiare. Dannatamente familiare.

E qualcuno fa il suo ingresso.

E questo qualcuno non è altri che Rosalinda.

Proprio così, c'è un'altra Rosalinda, in piedi di fronte a quella che Mario ha seguito. Una sosia o...

Ma è una Rosalinda leggermente diversa da quella che conosciamo.

Innanzitutto, i capelli non sono opalescenti come quelli della Pusa, sono di un semplice biondo cenere, e poi l'occhio che lei tiene sempre coperto dal ciuffo non è il destro, ma il sinistro. E poi ha una corporatura diversa, le sue curve sono molto più morbide e i suoi abiti non sono da principessa ma molto più casual, più domestici.

Comunque, la differenza principale è che la nuova Rosalinda sta tenendo in braccio un bambino.

Un altro bambino?!

Mario si accorge che non si tratta dello stesso che stava tenendo in braccio lui pochi minuti fa, quello che si è trasformato nel suo Sfavillotto, è invece una specie di gemello.

Lo cerca con lo sguardo, vuole chiedergli spiegazioni, ma questi non sembra disposto a parlare, sembra esortarlo a guardare senza fare domande. Così è questo ciò che Mario continua a fare.

Si ricorda che sta guardando quello che la sua Rosie aveva già visto, di sicuro qualcosa si capirà, se continuerà ad avere la pazienza...

Le due Rosalinda si fissano, entrambe sconvolte.

Ma è la nostra la prima a crollare.

Infatti, si porta le mani alla testa e inizia a urlare.

"Rosie!" si sente, poi compare un altro Mario, accorso a vedere cosa stia succedendo...

Qualcosa inizia a collegarsi.

Qualcosa inizia a prendere una misera parvenza di senso.

Quelli che sta vedendo non sono altro che delle versioni alternative di loro stessi.

Quella è la famiglia che Mario aveva sognato, e che per colpa dello schianto dell'asteroide non è mai potuta realizzarsi.

Mario voleva un figlio e lo avrebbe ottenuto.

Quella in cui si trova è una realtà parallela, quella realtà in cui avrebbe preferito vivere.

E quel bambino, quel bambino...

Perché lo Sfavillotto, nelle sue sembianze umane, gli assomigliava così tanto?

Rosalinda si è inginocchiata mentre ha ancora le mani sulla testa, che stringono forte i capelli. Inizia a respirare affannosamente.

"No!" dice "Questa cosa non deve succedere. Non è giusto, non è possibile! Io lo impedirò, DEVO IMPEDIRLO!" l'ultima frase l'ha urlata.

Mario le va accanto, anche se sa che non può toccarla, né parlarle. Ma ci tenta.

"Perché non vuoi che accada?" vorrebbe chiederle "È esattamente quello che ho sempre desiderato!"

Ma Rosie naturalmente non lo sente.

Invece di rispondere, si solleva un po' e tende le mani verso Mario, non lui, l'altro, quello di questa dimensione.

"Non puoi farmi questo!" dice. C'è un inaspettato veleno nella sua voce.

Il tono di una donna tradita.

Quello che Mario allora comprende è che Rosalinda non ha compreso.

Rosalinda crede che quel Mario sia lui, crede di essere ancora nel loro mondo.

Crede che si sia trovato un'altra Rosalinda.

Crede che l'abbia sostituita.

"Ma io non lo farei mai!" dice, ma poi si strozza, eccome se lo ha fatto, ha sposato Peach!

Poi succede qualcosa di insensato che ha il sapore di qualcosa che ha già vissuto.

Sotto ai suoi occhi, il corpo della sua Rosalinda inizia a disgregarsi.

Le molecole della donna si separano, diventando dei semplici puntini luminosi.

La sua figura si inizia a dissolvere.

"Non di nuovo!" grida Mario e, anche se sa perfettamente che non servirà a niente, si getta su di lei.

Incredibilmente però, riesce ad afferrarle la mano.

C'è proprio una frazione di secondo in cui sembra che Rosalinda si sia accorta di lui.

Ma è impossibile. Lui non è realmente lì, è come se fosse stato trasportato in un ricordo.

Eppure lei lo guarda.

E Mario si accorge di una cosa, poco prima che lei svanisca ancora una volta.

Si accorge che quegli occhi bellissimi hanno perso vita.

C'è una sorta di esplosione di luce e tutto cambia, adesso Mario non si trova più nell'osservatorio della nuova dimensione, ma sta galleggiando nello spazio.

E Rosalinda è presente, ma non ha più un corpo, è diventata un agglomerato di astri e detriti.

Si è come fusa con il cosmo.

Ma Mario sa che è lì, perché ne percepisce la presenza.

Un puntolino si avvicina da lontano, Mario sa che si tratta della Terra.

Il punto diventa sempre più grande e Mario capisce che è lui che vi sta precipitando su.

Qualcosa gli dice che stavolta è tornato nella sua dimensione, ha riattraversato il buco nero.

Ha visto la storia di Rosalinda. Ora è tornato per vedere la sua storia.

Tutto va molto velocemente, sembra che qualcuno abbia premuto il tasto 'fast forward'.

Si vede arrivare a cavallo di una nube creata da microscopiche stelline, l'ultimo regalo che la Pusa gli ha fatto, prima di perderlo per sempre.

Va nel Regno dei Funghi, ma non è che vi atterra, ci si schianta.

E Peach compare correndo da lui. È disperata.

Con lei c'è ancora Haru, il suo promesso consorte del tempo.

Da qui in poi, ci sono solo dei frammenti di scene che si susseguono. Non ha bisogno di vedere la scena completa, un fotogramma è sufficiente per fargli ricordare quelle cose che ha già vissuto.

Mario vede che Peach lo ha messo in un letto ed è seduta accanto a lui. Vede Haru arrabbiato. Geloso. Poi Haru e Peach che litigano. Poi Peach che piange, e il Mario del passato che la consola. Poi Peach che sorride, e la sente dire che sta sentendo riaffiorare dentro di sé dei sentimenti che aveva represso.

Poi Peach è vestita da sposa.

Il ritmo rallenta, adesso si indugia un po' di più, Mario capisce che ora gli stanno mostrando ciò che non ha vissuto.

C'è Luigi con una bambina di pochi mesi in braccio che indossa una veste bianca e ha una coroncina sulla testa. Deve essere il giorno del battesimo o dell'Incoronazione.

Luigi ha l'aria stanca e delle cicatrici intorno agli occhi, ma lo sguardo fiero.

Dall'altra parte della stanza, addobbata a festa, c'è un tavolo a cui è seduta Peach, che lo guarda di sottecchi con aria malinconica. Indossa un abito nero elegante e ha delle rose nei capelli.

Ha un bicchiere di vino rosso in mano. Ce ne sono svariati altri, sul tavolo, vuoti.

Poi accanto a Luigi compare un uomo dalla faccia coperta da una maschera.

Luigi lo spinge e corre via con la bambina mentre dice: "Non oggi, ti prego!"

L'uomo mascherato allora resta solo con Peach. Lei si alza, va da lui.

E parlano concitatamente per qualche secondo, ma Mario non sente cosa si dicono, perché sussurrano, non intendono farsi udire da qualcuno.

Alla fine annuiscono e si stringono la mano.

Peach lascia la stanza.

L'uomo mascherato rimane da solo e guarda fisso nella posizione in cui si trova Mario.

"Ciao" dice, proprio a lui.

"Puoi vedermi?" si stupisce Mario. Non era soltanto un ricordo, dunque?

"Certo. Sono io che ti ho portato qui." dice.

"No" nega Mario "Non sei stato tu, è stato il Luma..."

Si gira verso il nominato, che batte gli occhietti e sorride.

"Per l'appunto"

E Mario non capisce più chi dei due abbia detto quest'ultima cosa, poiché si accorge che il Luma e l'uomo con la maschera hanno la stessa voce.

"Si può sapere chi sei?" grida Mario.

L'uomo porta le mani al viso e tira giù la maschera.

Sotto non c'è un volto, ma luce, luce intensissima. E finalmente Mario capisce.

"Sei... Sei tu. Sei sempre stato tu! Sei diventato un essere umano!" dice, sconvolto.

"Ho dovuto" risponde l'altro "Avevo bisogno di un tramite, e questo era l'unica maniera per poterla fermare"

"Fermare chi?" chiede Mario. Purtroppo, nel suo cuore conosce già la risposta.

"Rosalinda" dice l'altro "La mamma" specifica.

Mario deglutisce. "Ho visto che cosa le è successo, ma che cosa significa?" ha quasi paura di chiederlo.

"Sono qui precisamente per spiegartelo"

"Sapevi che sarei venuto qui?"

"Certo che lo sapevo. Tutto questo è già accaduto, in quanto questa non è una memoria. Tu ti trovi realmente nel passato."

"Non mi vuoi mica dire che..."

"Io sono un Viaggiatore. Vengo dal futuro. A essere precisi, dal futuro di un'altra dimensione. Quella in cui Rosalinda è approdata quando ha attraversato il vortice dimensionale posto ai confini dell'universo."

Mario è ammutolito. Ecco cos'era, non un buco nero.

Ma qual è la differenza?

"Quello che hai visto è solamente un riassunto di eventi già accaduti. Non hai visto tutto, non ci sarebbe stato il tempo di mostrartelo. Il luogo da cui provengo è il Mondo delle Possibilità Perdute. Come hai intuito tu stesso, ciò che Rosalinda ha visto rappresentava quella realtà che mai si sarebbe potuta realizzare. E quando vide quello che aveva perso, il vostro bambino che non sarebbe mai nato... lei perse la ragione."

Per Mario, quelle parole che confermano i suoi terribili sospetti, sono come mille coltellate al petto. Fanno male, sono laceranti.

"Ha detto che lo avrebbe impedito" ricorda "Ma che cosa intendeva?"

"Voleva impedire che tale realtà si realizzasse. Perché, se ciò fosse accaduto, voleva dire che non ci sarebbero state alternative. Non sarebbe mai più potuta tornare indietro. Rosalinda ti ama. Per questo, ha cercato di tornare da te. Voleva cambiare le cose. Ma lei non avrebbe potuto riattraversare il varco dimensionale, poiché esso può essere attraversato soltanto una volta da esseri mortali. Chi entra non può tornare indietro. Così, per poterlo fare, ha dovuto liberarsi del proprio corpo."

Mario sgrana gli occhi. Trattiene il respiro.

"Vuoi dire che si è..."

Lo Sfavillotto-umano continua interrompendolo: "Ma il problema è che quando ti ha trovato, era già passato troppo tempo. Ci vogliono anni per percorrere l'intero Cosmo, anche soltanto con la mente."

"E io a quel punto avevo già sposato Peach" conclude Mario "Oddio, è stato tutto un errore, come ho potuto farlo?"

Il Luma lo guarda con lo stupore dipinto nella sua faccia luminosa.

"Tu non hai sbagliato! Tu sei andato avanti! La tua donna era sparita, e ne avevi incontrata un'altra che ti amava! Non hai fatto nessun errore, lo capisci o no?"

"No, no, è lei ad avere ragione, io l'ho tradita..." insiste Mario.

"Non hai tradito nessuno. Lei non ha più il suo corpo, è, di fatto, un fantasma... praticamente, lei è morta"

"Non dire così." singhiozza Mario.

"Ma è la verità. È solo uno spirito che non riesce a trovare pace e adesso sta cercando di interferire con la tua realtà. Non ha accettato che tu ti sia risposato. Ecco perché ti ha rubato la memoria. Ecco perché ha cercato di eliminare Peach, quando hai finalmente deciso di darle un figlio. Sta cercando di rovinare la vostra realtà e di conseguenza eliminare la nostra, vuole impedirvi di andare avanti. Io e Alexander -tuo figlio, nella nostra realtà- siamo stati mandati indietro proprio per fermarla. Ma questa non è la nostra dimensione e non siamo autorizzati a interferire. Non possiamo agire in maniera diretta, né possiamo rivelarci. Siamo qui sottoforma di entità, però, possiamo parlare con voi e farvi fare ciò che vogliamo... Ed ecco perché abbiamo dovuto usare Luigi. Ci spiace aver dovuto sfruttare la sua, ehm... situazione complicata, ma era un punto di appoggio fondamentale. Ed ecco anche perché abbiamo dovuto spingere Peach ad agire per conto nostro. Perché Rosalinda vuole fare in modo che la nostra realtà non si avveri. Lei ha manipolato il tempo e lo spazio a suo favore, e questa cosa va contro le regole."

"Però ancora non capisco. Se lei interferisce con il corso degli eventi, sta comunque agendo sul nostro mondo!" osserva Mario "Se lei è... morta... Nostro figlio non potrà comunque più nascere. E come può questo influire sulla vostra realtà?"

"Ottima osservazione. Hai ragione. La nostra dimensione non è minacciata, se lo fosse ci sarebbe una buona probabilità che io non sia qui a parlarti. Noi stiamo facendo questo per salvare la vostra dimensione. Per salvare te."

"Me?" ripete Mario "Ma come, perché?"

"Il fatto è che Rosalinda non agisce razionalmente" dice il Luma "Lei vuole che tu e Peach non abbiate un futuro insieme perché pensa che in questo modo tu e lei potrete tornare insieme. Ma non..."

"Cosa?" lo interrompe Mario, il cuore che batte improvvisamente fortissimo "È possibile?"

L'uomo sospira "No. Il problema è che Rosalinda non ne è cosciente"

"Cioè?"

"Cioè, lei agisce per egoismo. È convinta di essere in grado di riacquisire il proprio corpo in qualsiasi momento"

"Ma non lo è?"

"Ne potrebbe essere in grado, in via ipotetica, visto che si tratta di lei, la chiave per l'equilibrio cosmico. Ma siamo sicuri che non le sarà concesso, proprio a causa di ciò che sta facendo."

Mario è stupito.

"Con le sue azioni, la sua anima si è corrotta. Non glielo permetteranno. E quando anche lei se ne renderà conto, farà l'unica cosa che potrà per poter stare di nuovo con te." spiega.

Mario è stordito.

Vuole forse dire che Rosalinda lo ucciderà?

"Ma ...chi è che decide?" vuole sapere "Chi è che ha fatto in modo che esistessero due realtà diverse, contro chi Rosie si sta ribellando?"

Il Luma solleva gli indici delle mani verso il cielo. Allusione chiarissima.

"Forze superiori" comprende Mario. C'è una specie di rassegnazione nel suo cuore. Dunque, è davvero così che doveva andare. Doveva perdere sua moglie, era stato già scritto. Qualsiasi cosa succeda adesso, se anche riuscissero a fermarla, non sarà mai più possibile riaverla indietro.

Il piccolo Alexander non nascerà mai, almeno non nel suo mondo. Poiché esisteva dall'altra parte, voleva dire che era già stato tutto deciso. È finita.

"Ma Rosalinda è già stata in grado di aggirare le regole una volta...." continua il Luma, ma Mario viene colto da un lieve giramento di testa.

"OK, taglia, per favore" lo ferma "Adesso ho bisogno di un secondo. Sai, per assimilare tutte queste informazioni. Ho bisogno di fare il punto della situazione."

Mario porta le mani alle tempie e chiude gli occhi. E inaspettatamente, si ritrova a piangere come una fontana.

Tutta l'assurdità di quella storia gli si è riversata addosso, di nuovo, ma stavolta è mille volte peggiore.

Rosalinda è il nemico. Bisogna fermarla.

Una volta che la si sarà fermata, cosa succederà?

Forse, lui e Peach faranno pace, e forse nascerà il bambino che lei voleva da lui, ma che lui non voleva da lei. E questo, forse, salverà il loro matrimonio. Oppure lo incasinerà ancora di più.

Forse lui e Peach si lasceranno, e Peach andrà a cercare il suo sospirato bambino da un'altra parte. O tornerà con Haru, che è la cosa più probabile che accada, oppure, chi lo sa, Bowser riuscirà infine a conquistarla e lei sazierà la sua brama di essere una genitrice adottando gli otto bowserotti...

Ma in fondo queste cose non hanno importanza.

"Luigi!" si ricorda all'improvviso Mario, riaprendo gli occhi di scatto "C'è ancora la questione di Luigi. Perché lui è dovuto venire qui, che cosa stava facendo?"

"Luigi rappresenta il nostro elemento per attuare il nostro piano con la diplomazia. Ricordi che lui ti ha aiutato a prendere la decisione di dare un figlio a Peach? Lo ha fatto perché glielo abbiamo detto noi. Se tu e Peach aveste avuto un bambino, Rosalinda si sarebbe arresa. Ma lei ha ritardato questa tua decisione facendoti perdere la memoria regolarmente, eliminando i tuoi progressi nel dimenticarla. E questa cosa si è propagata nel tempo perché tu continuavi a ricordare... e così sono passati quattro anni... Peach era logorata da questa situazione, ma noi cercavamo di sostenerla per evitare che la sua anima perdesse la sua purezza. Ma stavolta ci eravate veramente vicini, così Rosalinda è dovuta intervenire direttamente. Noi l'abbiamo fermata, liberando Peach prima che la finisse."

Mario non sa cosa dire, così dice soltanto "Grazie"

"Figurati. Ed ecco perché Luigi è venuto qui, per aiutarci appunto a fermare Rosalinda."

"Ma perché lui? Perché non io? Perché non lo avete chiesto direttamente a me?"

"Ma Mario, se Rosalinda ti vedesse non ti ascolterebbe." fa il Luma sorridendo per quella domanda ingenua "Ti rapirebbe e allora sarebbe finita. Voi sareste insieme, oltre la morte. E tutto il resto sarebbe condannato, perché questo sovverte un ordine naturale."

Mario non capisce bene, ma immagina che qui ci sia un significato nascosto.

"Inoltre, senza offesa, ma tu non potresti essere in grado di sostenere il nostro potere. Luigi sì, perché anche lui ha un cuore puro, come Peach. Ma è più adatto di Peach per incontrarla, senza contare che... ehm... Rosalinda la odia. Ma non lui. Dunque, noi Sfavillotti lo potenzieremo e lui andrà al suo cospetto a parlare con lei."

"Tutto qui? A parlare con lei e basta? E funzionerà?"

"Lo speriamo. Contiamo anche sul fatto che il suo ultimo tentativo si è risolto in un fallimento ed è dunque divenuta più vulnerabile. Più disposta ad ascoltare..."

"E se non funziona?"

"Lo scopriremo tra poco" dice il Luma "Sono passato da te poco prima di cominciare. Adesso torneremo al presente. Ci rivediamo tra qualche minuto, probabilmente."

Detto questo, rimette la maschera sul volto e svanisce.

Mario non sa cosa fare, si volta verso la stellina e questi lo prende per la mano.

Mario chiude gli occhi e poi li riapre e vede che Peach e Bowser sono di nuovo con lui. O meglio, che è lui a essere di nuovo con loro.

"Adesso ho capito tutto" dice, rialzandosi.

"Ti ha spiegato?" chiede Peach, con voce debole.

"Sì... cioè, più o meno, non so perché lo abbia fatto, ha detto che era un segreto"

Lei sospira "Già, lo era. Ma adesso non ha più importanza"

"Peach" le dice guardandola negli occhi "Mi dispiace tanto"

"Lo so che ti dispiace" dice lei facendo un passo avanti "Credimi, dispiace anche a me. Ma è così che è andata. Non importa, ho voluto provarci fino alla fine. Non rimpiango niente. "

Mario le sorride tristemente. Vorrebbe dire ancora qualcosa, però lei lo precede.

"Rimarremo amici, giusto?" sembra avere il dubbio e Mario non sa perché.

"Naturalmente" conferma "Hai bisogno di trovare qualcuno che ti ami davvero e che ti dia ciò che io non posso"

"Ma allora divorziate sul serio!?" urla Bowser incredulo.

Mario ride e lo indica con la testa "Vedi quanto è felice, lui, a questa notizia?" dice.

"Aha" fa lei, ridendo a propria volta.

"Ehi. Non è carino ridere degli altri" se la prende il drago.

Mario e Peach ridono insieme più forte, la tensione che c'era poco fa si è fortunatamente sciolta.

Poi Mario torna serio.

"Bowser" dice "Devi farmi il favore di riportare Peach a casa. Te la affido, quindi stai attento"

Lui si acciglia "Ma dico, per chi mi hai preso?" fa.

"No" riprende Mario guardandolo fisso nei suoi occhi di fuoco "Ascoltami bene, quando parlo. Ho detto che te-la-affido. Capisci cosa voglio dire?"

Il Koopa allora fa una faccia terrificata, capendo che cosa vuole realmente dire.

"Aspetta, ma tu devi tornare indietro con noi" dice la principessa.

"La capsula è un po' piccina per tutti e tre, non voglio che stiate troppo stretti" dice Mario.

"Ma tu come farai a tornare?" chiede la donna.

Mario si stringe nelle spalle.

"Dai, lascia perdere, vieni con noi, ci penserà Luigi a sistemare le cose" cerca di convincerlo Peach.

Ma Mario si ricorda che Luigi si era congedato dicendo che si sarebbero visti tra poco, come se sapesse che qualcosa sarebbe andato storto.

Adesso è preoccupato per lui. E quindi rifiuta di tornare indietro, deve aspettarlo, perché è sicuro che avrà bisogno del suo aiuto.

Si volta verso il Luma, rimasto lì ad attendere in silenzio.

"Sono pronto" dice.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Welàaa picciriddiiii
Si intuisce che sono fan di Futurama, Phineas e Ferb e Gravity Falls? No, eh, perché mi sa che questa parte della storia sia leggermente ispirata a quelle serie. Non mi vergogno di ammetterlo.
Questo capitolo è stato davvero ...difficilissimo da scrivere, spero che si sia capito tutto e che vi siate divertiti a leggerlo e che, sì insomma, che commentiate. Ora scappo. KISSES

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Capitolo 18
*** Stuck into the present ***


 

Appena aperti gli occhi, Luigi vede una insopportabile luce rossa, sparata dritta nelle sue pupille, ed è costretto a richiuderli con un mugolio di dolore.

Sente una calda mano sulla sua faccia, che gli accarezza il mento con un gesto gentile. Ha l'impressione che quasi scotti.

Riprova a sollevare le palpebre. E intravede un'ombra.

"Al?" tenta, la sua voce è flebile "Sei... tu?"

"Mi puoi pure chiamare con il mio nome completo, adesso, non c'è più nessuno a cui nasconderlo"

Luigi deglutisce "Giusto, Alexander... Senti, so che avremmo dovuto aspettarti, ma Peach era..."

"Sì, so tutto e non ti devi giustificare. Avrei agito allo stesso modo. Hai fatto bene."

"No, non ho fatto 'bene'... purtroppo ho fallito..."

"Non è stato per colpa tua, è mia madre che ha una gran testaccia dura" Alexander offre la mano a Luigi e lo tira in piedi.

I due si sorridono.

"Che bella camicia elegante" fa Luigi "Ne voglio una così anch'io, mi sai dire dove la posso trovare?"

Alexander ride "Non credo sia esattamente il tuo colore"

Luigi si stringe nelle spalle, poi si guarda intorno, mettendo meglio a fuoco.

"Dov'è andato tuo fratello?" chiede.

"A prendere il tuo"

"Mario è già arrivato?" si sconcerta Luigi.

"L'ho detto anche io, avrebbe potuto aspettare un po' di più, no? Che maleducato!"

"Ma quindi, gli ha già spiegato tutto?"

"Lo aveva già fatto prima che cominciaste"

Luigi fa una espressione incredula "Non me lo aveva detto, quel bastardo!"

"Non voleva influenzarti, facendoti sapere che era già qui" gli spiega Alexander "Ti saresti potuto emozionare. O ti facevi prendere dalla fretta o dall'ansia di prestazione... "

Luigi si mette a ridere piano, amaramente. Poi torna serio. "Quindi stanno arrivando" dice, come per fare il punto della situazione.

"Sì"

"Quindi, cosa succederà quando ci saremo riuniti?"

"Dovremo escogitare insieme un nuovo modo per fermarla" Alexander guarda in alto, il vetro della cupola da cui poco prima Luigi è volato fuori per incontrare Rosalinda si sta richiudendo lentamente.

Ma, a un tratto, il meccanismo si interrompe a metà, lasciando il varco sul soffitto ancora aperto.

Alexander lo guarda perplesso.

Si avvicina all'interruttore sul muro e lo preme. Una, due volte.

Non accade nulla, la cupola non si richiude.

Alexander, per qualche motivo, sembra molto turbato da questa cosa.

"Oh no" mormora, ritentando.

"Si è rotto?" chiede Luigi stupidamente.

"Non è possibile che sia successo!" dice Alexander, premendo e ripremendo. "Oh no, oh no" ripete.

Luigi fissa il suo nipote interdimensionale agitarsi in modo piuttosto esagerato, a confronto con l'inesistente gravità del problema.

"Ehi, stai calmo, è soltanto un vetro, non è importante!" prova a dire.

"Non capisci!" alza la voce Alexander, sta quasi sudando freddo "Non è rotto! Questo meccanismo non può interrompersi, perché è alimentato a energia. L'energia stessa degli Sfavillotti. Significa che qualcosa lo sta bloccando! Lei lo sta bloccando dall'esterno!"

"È impossibile" dice Luigi "Si era appena manifestata, non può essere che sia già in grado di rifarlo, lo avete detto voi che ha bisogno di più tempo per riprendere le sue spoglie mortali."

"A meno che..."

Alexander sgrana gli occhi, con una idea orribile che gli passa per il cervello e che sembra riflettersi dentro alle sue retine, come uno schermo televisivo che restituisce solo immagini distorte.

"A meno che cosa?" incalza Luigi, preoccupato per il suo sguardo non esattamente rassicurante.

"A meno che non stia usando il suo vero corpo, e non una riproduzione astrale..."

Non ha modo neppure di concludere la sua osservazione.

Sopra di loro, con un enorme CRACK, la cupola di vetro si sfonda e delle crepe iniziano a ramificarsi dal centro di essa, lungo tutte le pareti.

Alexander è saltato su per lo spavento.

"Togliamoci da qua, subito!" strilla con urgenza, ma capisce che non riusciranno mai a scansarsi in tempo. Anche perché il tempo non esiste, materialmente.

Una frazione di un attimo dopo, infatti, la cupola va in mille pezzi, i muri crollano, il pavimento si sbriciola.

Luigi e Alexander finiscono sepolti vivi nel caos della sala che si autodistrugge.

Pezzi di materiale di ogni tipo, vetro e cemento e intonaco e legno e marmo, volano ovunque, mentre tutto si disintegra, implodendo.

Alexander, in un ultimo tentativo di salvare Luigi, lo abbraccia disperatamente, cercando di coprirlo con il proprio corpo.

Lui non può morire realmente, poiché non si trova nella sua dimensione, quindi non importa, ma Luigi ci rimetterebbe le penne sul serio.

Con tutta la sua buona volontà, riesce a schermarlo in tempo, prima che un pezzettone di muro, grosso e pesante come un masso, lo colpisca diritto sulla nuca, frantumandogli la testa.

Se lo prende lui al suo posto.

Luigi riesce quasi a vedere gli occhi di Alexander schizzargli via dalle orbite.

Il suo corpo viene proiettato verso il basso, non si vede neppure la perdita copiosa di sangue, tutto viene assorbito dai detriti che ricoprono ogni cosa e soffocano anche le urla strazianti di entrambi.

 

 

 

***

Mario ha un trasalimento.

Ha appena sentito un clangore lontano, che proviene da un punto indefinito sopra la sua testa.

"Cosa è stato?" chiede. Ha una bruttissima sensazione, che qualcosa di orribile sia appena accaduto a qualcuno, qualcosa che sarebbe potuta benissimo essere evitata, se si fosse intervenuti in tempo.

Il Luma si ferma, come fosse interdetto anche lui.

Stava fluttuando poco più avanti per far strada a Mario, lo ha condotto fuori dalla sala delle Stelle Feticce, lungo un corridoio che dovrebbe portarli alla vera stanza di balzo delle Basi Stellari.

"Qualcosa non va..." dice, e il tono della sua voce sembra preoccupato.

Poi, a pochi passi da lui, compare una nebbia pixelata di farfalle nere, che formano una nube oscura, che viene vinta subito dopo da una luce intensa puntiforme.

Ne emerge il Luma umano che Mario ha incontrato poco prima, durante il suo viaggio mistico. È inconfondibile. Ha il suo cappello sulla testa, la mantella viola sulle spalle, la maschera sulla faccia e tutto il resto.

L'altro Luma, quello che ha la forma di una stella, lo fissa.

Improvvisamente, le due figure vengono attratte l'una contro l'altra, come trascinate da una forza irresistibile.

Incontratesi, le loro membra si sovrappongono, si attraversano e infine si fondono insieme, in un bagliore di una intensità sconvolgente.

Mario ha dovuto chiudere gli occhi con forza per non esserne abbagliato, è molto stupito.

Il risultato della fusione è il solo Luma umano, sembra uguale a prima, ma tutto intorno a lui c'è un'aura brillante.

La maschera sul suo viso si è dissolta, rivelando stavolta il viso puro e innocente di un ragazzo molto più giovane di quello che la sua corporatura potrebbe aver fatto credere, sedici o diciassette anni al massimo. Le iridi degli occhi sono gialle dorate e i capelli sono lunghi e biondissimi e ricci, ora scoperti perché il cappello gli è volato via.

Il Luma stesso sembra colpito per ciò che gli è appena accaduto, la sua faccia è contratta in una immagine di stupore. Si guarda le mani come se non ne avesse mai posseduto un paio prima.

"Diamine!" proferisce, in seguito, l'unione tra dio e diavolo "Questo sì che è un bel problema!"

Mario gli corre incontro "Cosa è appena successo?" chiede.

"Ha capito come rendermi mortale..."

"In che senso?" Mario non può credere a ciò che questa cosa potrebbe significare.

"È stata lei. Ci ha uniti, adesso ho in me una parte di questo mondo. Il che vuol dire che posso essere ucciso. Sono vulnerabile e, forse, non posso più viaggiare nello spazio-tempo."

Mario è senza fiato. "Non lo farà, non ti ucciderà" dichiara, scuotendo stupidamente il capo "Sei come un figlio, sei importante per lei..."

"Non hai ancora capito? Niente è più importante per lei" replica il Luma, c'è del panico che traspare dalla sua voce "Ha attaccato il suo stesso figlio, quello vero, non riconosce più i membri della sua famiglia"

Mario non ci riesce a credere.

Non è possibile che la donna che incarnava in sé la maternità dell'intero cosmo abbia rivelato una faccia talmente oscura, così opposta a quella che mostrava un tempo.

"Abbiamo sentito dei rumori poco rassicuranti, poco fa" dice Mario come se cercasse di concentrarsi su problemi concreti e allontanarsi da quelli più astratti "Sono molto preoccupato per Luigi. È qui, vero?"

"Sì, è qui."

"Hai detto che doveva parlare con lei, è riuscito nel suo intento?"

"Per parlarci, ci ha parlato. Ma lei non ha voluto ascoltarlo."

"Come immaginavo" i sentimenti di Mario sono, in questo momento, parecchio confusi. Qualcosa gli suggerisce che dovrebbe odiarla, ma una parte di lui continua a voler credere che tutte le cose che gli sono state dette su di lei finora non siano vere.

Si chiede fino a quando ancora riuscirà a mentire a se stesso.

Il Luma si sta mordicchiando il labbro inferiore, guarda il soffitto, come se fosse in attesa di qualcosa.

"Puoi per favore portarmi da Luigi?" gli chiede Mario, in tono ansioso.

"Come stai messo a trattenere il respiro?"

"Ehm. Non troppo bene" ammette Mario, senza capire il motivo di questa domanda.

Avendo vissuto per anni al di fuori del mondo reale, non ne ha più realmente avuto bisogno, neanche per andare sott'acqua.

"Beh, vedi di fare del tuo meglio" dice il Luma "Anche io devo fare un tentativo"

Dalla tasca del suo giacchetto tira fuori un pennarello nero, di quelli resistenti all'acqua.

Prende il braccio sinistro di Mario e gli rimuove un guanto, poi disegna sul dorso della sua mano un triangolo rovesciato.

Poi si solleva una manica e scopre il polso, su cui c'è tatuato un triangolo esattamente identico.

Avvicina i due disegni.

"Ho già visto questa cosa, so cosa stai per fare" dice Mario.

"Devi prendere un bel respiro profondo e tenere il fiato il più a lungo possibile, ma comincia solo quando la nebbia inizia ad avvolgerci" lo istruisce il Luma.

"Non capisco, non dovremmo andare al piano di sopra?"

I due triangoli si sono chissà come staccati, in parte, dalla loro pelle e si sono incrociati tra loro, creando il disegno fluttuante di una stella a sei punte.

"Il piano di sopra non esiste più"

Mario sente una stretta al cuore, vorrebbe mettersi a urlare, ma la nebbia creata da farfalle di pixel nere già li sta iniziando a ricoprire.

Allora si gonfia i polmoni più che può.

La sensazione che segue è qualcosa mai provata prima.

Si accorge che quei triangoli vibranti fanno parte del suo corpo e si sfaldano, lasciando sotto di essi nient'altro che vuoto.

Poi non sa più dove si trova. Non avverte più la pesantezza del proprio corpo, non sente nulla da fuori. Sa solo di esistere ancora, e l'unica prova di ciò si trova nel bisogno di trattenere il fiato.

I polmoni bruciano, ma intorno a essi non c'è più un torace a racchiuderli.

È come se la sua intera pelle fosse stata rimossa.

E anche gli occhi devono essere stati disconnessi dal suo cervello, dato che tutto ciò vede è solo un immenso mare nero.

 

 

 

***

Gli è sembrato di avere urlato per un'ora intera, la sua gola è dilaniata, gli brucia in maniera insopportabile. Adesso ha esaurito la voce e sta tossendo, e sa che dovrebbe fermarsi ma non ci riesce, sente il sangue in bocca ancor prima di vederlo.

Lo vede e lo sente scorrere verso il basso.

Questo è un buon segno. Significa che, se deve scavare, lo deve fare nel verso opposto.

Si stropiccia il viso per rimuovere la dannata polvere e il sangue che gli cola dalla testa.

Ha solo una vaga idea che quello non sia il suo sangue.

Non vorrebbe pensarci, ma disgraziatamente i suoi occhi non lo tradiscono.

Alexander è sopra di lui, lo ha coperto come meglio poteva. Incastrato, in equilibrio precario. Vede chiaramente che ha l'osso del collo spezzato, è piegato in una angolazione troppo assurda. La visione gli dà i brividi e perfino dei conati di vomito.

Ma sa che non importa, adesso è morto, ma poi si riprende, si riprende sempre...

Luigi inizia, prima di tutto, a spostare il cadavere, non è semplice ma ci riesce. Poi si dedica a tutta quell'altra, dannata roba che c'è addosso a lui.

Emerge, piano e a fatica, la sua mano annaspa alla ricerca cieca di un appiglio, per issarsi fuori dalle macerie.

Ciò che non si aspetta è che qualcuno gliela afferri e lo tiri fuori, ma è proprio ciò che succede.

Luigi ha una immagine mentale di se stesso, coperto di sporcizia e polvere fin nei capelli, gli abiti ridotti in stracci, il sangue raggrumato in più punti. Ha perso il berretto, la salopette di jeans si è strappata e una delle bretelle pende giù.

La donna che lo ha aiutato è l'ultima che si sarebbe mai immaginato di vedere in quel momento.

È la stessa che lo ha precipitato in quel gran pasticcio.

È Rosalinda. Gran dama dagli occhi velati.

Luigi la vede da sotto in su, con il braccio teso in alto che lo regge. Una posizione piuttosto scomoda e ridicola. Le sue gambe penzolano nel vuoto.

La Pusa si china, avvicinando il proprio viso al suo.

Quel viso dai dolci lineamenti è mortalmente pallido, verdastro. Non solo, è come storpiato.

Le orbite sono completamente bianche, ma in qualche modo lo fissano, trapanandogli l'anima.

Il muso sporge, allungandosi. Le labbra nere e raggrinzite si schiudono, denti regolari un tempo di un perfetto bianco perlaceo, ora macchiati e guasti, vengono scoperti, la lingua viscida vi passa sopra, in un lento gesto famelico. Luigi sente un alito fetido, che non ci si potrebbe immaginare di sentire, ricordando la bellezza perfetta di quella donna, adesso così in rovina, così spaventosa.

Pensando che non dovrebbe neppure avere un corpo, gli torna in mente l'ipotesi avanzata poco prima da Alexander, che si conferma da sola, nella visione dell'aspetto di lei.

Che quello che sta usando sia il suo vero corpo. Quello stesso corpo di cui si è liberata anni fa. Un corpo morto.

Ciò significa che ciò che lo ha afferrato altri non è che una salma rianimata.

L'antico animo di codardo, che in tutti i modi ha tentato di reprimere, si risveglia, nel fondo del cuore del guerriero che è stato costretto a fingere di diventare.

Luigi non riesce a frenarsi, grida, un grido liberatorio di terrore furioso.

La mano di Rosalinda che lo regge diviene bollente, fumante, le urla di Luigi sono anche alimentate dal dolore che deriva da quel contatto.

Un contatto che gli sta letteralmente sciogliendo la pelle.

 

 

 

***

Mario riprende, con un rantolo forzato, tutto il fiato che gli è sembrato di aver trattenuto per ore, che in realtà sono stati poco meno di tre minuti.

Il bruciore allo sterno è ancora lì, che lo costringe a essere presente e vigile, ha l'impressione che gli abbia distrutto completamente la gabbia toracica, gli pare quasi che un petardo gli sia esploso nel bel mezzo dei polmoni. Sembra che le costole siano state ridotte in macerie, ma anche questa è soltanto una sensazione, non è la realtà.

"Come diavolo ha fatto Luigi a sopportare tutta questa pressione?" chiede, anfanando.

Il Luma gli mette una rassicurante mano sulla spalla.

"La prima volta è sempre così, poi ti abitui" dice.

"Non ho intenzione di ripetere l'esperienza, grazie" dice Mario, un po' bruscamente.

Si sente di cattivo umore adesso, è come se una persona di cui si fidava gli avesse giocato un brutto tiro alle spalle.

Si rialza, faticando per non barcollare.

Prende un altro grande respiro dal naso, si passa una mano sulla faccia, come se volesse ripulirla.

"Dove mi hai portato, quindi?"

"Al momento, siamo sospesi a metà tra le due dimensioni"

"Come sarebbe a dire?"

"Nel senso che ci siamo bloccati mentre ci trasferivamo. Non ho perso completamente questa capacità, ma ho troppo peso addosso per portare a termine la traversata"

Mario si rende conto di dove si trovano, intorno a loro c'è una sorta di sfera trasparente che levita nel nulla, le cui pareti sono sottili come quelle di una bolla di sapone.

"Com'è possibile?" chiede.

"È colpa del mio corpo. Si è unito a quello del me del presente, quindi è come se ne avessi due. Evidentemente, grazie a questo scherzetto che mi ha fatto la mamma, non sono più abbastanza leggero e non posso essere trasportato" dal tono della voce del Luma, si capisce che è amareggiato e che sta cercando di trovare una soluzione.

Mario è incredulo "Mi stai dicendo che... non possiamo nè andare avanti, nè tornare indietro?"

"È più o meno ciò che essere 'bloccati' significa"

Mario tocca la parete della bolla, che si deforma sotto la sua mano, come fosse una sorta di pellicola.

"Bella situazione di merda" mormora.

"Sst, sto pensando a come uscirne" fa il Luma, agitato.

Mario lo lascia perdere, si accovaccia e guarda sotto di loro. Scorge l'edificio, immerso in un cielo di un blu così scuro da sembrare essere composto da lapislazzuli liquidi, e gli pare di riconoscerlo.

Adesso è chiaro come mai non sono andati direttamente lì, i piani superiori sono davvero ridotti al caos, un nuvolone di polvere si alza, densa e fitta, fin dove sono loro.

Poi Mario sgrana gli occhi, perché nel mezzo di tutto quel casino scorge una luce bianca improvvisa.

E allora capisce quello che è successo. E il suo cuore si mette a urlare.

Una sensazione si fa strada fin dentro le sue viscere. Gliele attorciglia, lo fa stare malissimo.

Lì c'è Luigi, lì c'è Rosalinda, deve assolutamente arrivare da loro!

"Abbassa questo affare!" esclama "Subito!"

Il Luma lo guarda "Non è mica manovrabile..."

"Dobbiamo scendere laggiù!" non si accorge neppure che sta urlando "Io devo andare laggiù. Da lei! Da loro!"

"Ehm, forse non hai capito bene... Te lo ripeto, il motivo per cui io sono tornato qui, il mio obiettivo è quello di salvarti. Non posso lasciarti andare da lei, specialmente non da solo, è un suicidio!"

"E cosa dovrei fare? Lasciare che uccida Luigi?" scatta Mario, quella obiezione gli è sembrata fuori luogo.

"No, ma ascolta..." tenta Luma, ma Mario lo interrompe bruscamente.

"No, tu ascolta me! Sono stufo di essere sbalottato qua e là senza poter decidere! Questa è la mia vita! Luigi è mio fratello ed è in pericolo, riesco a sentirlo. Lui ha cercato di aiutarmi e ora io gli devo restituire il favore, ha già sofferto troppo, non soltanto a causa di questa situazione. Tutti lo hanno sempre trattato male! E lui, invece di incattivirsi, continua ad agire per il meglio. Quando dici che ha un cuore puro, posso capire benissimo a cosa ti riferisci. Non ha avuto... pace, mai, sin da quando siamo bambini... Io stesso l'ho maltrattato... sono stato un fratello cattivo... Lo prendevo in giro per la sua debolezza, lo trattavo con sufficienza... e lui mi ha sempre invidiato ingiustamente. Ma la verità è che io non sono niente, niente, senza di lui, hai capito? Non avrei compiuto la metà delle mie imprese, senza il suo aiuto. Non sarei andato avanti, senza il suo sostegno. È importante! L'ho abbandonato più e più volte, non ha mai protestato e non mi ha mai rivolto mezza parola di biasimo. Non gli ho detto abbastanza quanto lo apprezzo e quanto gli voglio bene. Non posso perderlo, non posso! Adesso tu devi immediatamente portarmi da lui."

"Ma..."

"Non intendo discutere ancora!" Mario ha la voce rotta, si è straziato la gola. Se deve affrontare il suo destino lo farà, ma non senza prima aver salvato suo fratello. Il suo caro, caro fratello che non meritava niente di tutto questo!

Il Luma ammutolisce, i suoi occhi sono acquosi, sembra commosso. Annuisce.

"Va bene" cede "Ma te l'ho già spiegato, siamo troppo pesanti!"

"Allora liberiamoci del peso inutile" Mario guarda il suo figlioccio con molta serietà "Spiegami come faccio a liberarmi del mio corpo."

Il Luma si allarma "Liberarti del tuo corpo? Sei impazzito?"

"È mio fratello, non capisci?" ripete, sputacchia "E Rosalinda è mia moglie, o lo era. Tutto questo sta succedendo per colpa mia, ma devo porre rimedio a quello che sta facendo. Io la fermerò! Non so come, ma lo farò! Lasciami andare da loro!"

Il Luma assottiglia gli occhi, che diventano quasi due lineette nere.

"Sei davvero una delle persone più coraggiose che esistano" lo elogia, impressionato.

"Nemmeno per sogno, sono terrorizzato, in realtà, ma... non mi tiro indietro!"

"Ed è esattamente questa la ragione per cui ti ammiro."

Mario quasi scalpita "Ti prego! Non cerco lodi, ho fretta!" gli sembra di esser diventato logorroico, si sta ripetendo un po' troppo...

"Ascoltami. Non voglio che tu comprometta il tuo corpo, esso è troppo prezioso... però c'è un modo per cui tu possa lasciarlo in sospeso, solo per pochi secondi, il tempo di sbloccarti. Ma è rischioso."

Mario non esita: "Qualsiasi cosa."

"Devi darlo a me" dice il Luma.

"Cosa?" Mario è interdetto.

"Dammi momentaneamente il tuo corpo, io lo tratterrò in custodia qui e nel frattempo tu scenderai laggiù come spirito. Ma ci vorrà un grande sforzo della mente perché tu possa recuperarlo non appena sarai lì. Potresti perderlo per sempre."

"Si può fare? Dimmi come!" è disposto ad accettare di tutto, per quanto sembri una pazzia, ma bisogna agire con urgenza.

"Calma, calma. La cosa principale è che devi restare molto concentrato su te stesso, ed è difficile perché la mente tende a disperdersi, una volta che si è separata. È questo ciò che è successo a Rosalinda."

"Non capiterà a me." dichiara Mario, convintissimo "Non penserò, lo farò e basta! Ma ti prego, sbrighiamoci!"

Luma allora prende il dorso della sua mano e al disegno del triangolo che ha fatto poco fa ve ne sovrappone un altro, di rovescio, con il pennarello, facendolo in questo modo diventare una stella a sei punte. Poi vi traccia un cerchio attorno.

Mario si ricorda improvvisamente di aver letto, da qualche parte, che un simbolo simile a quello serve per evocare il diavolo, ma non è sicuro di quante punte la stella dovrebbe avere, in quel caso.

In fondo, quanto può essere differente questa situazione, che sta realmente vivendo adesso, da quell'altra ipotetica...?

Luma preme il disegno sull'esagono al centro con il pollice. Con l'unghia. Che in realtà non è acuminata, eppure penetra nella pelle, e il sangue spruzza fuori come una fontana. Mario sente appena un bruciore, ma se ne sta già staccando, millimetro dopo millimetro.

"Resta cosciente di te. Fisso sul tuo obiettivo!" gli ricorda il Luma, prima che svanisca ai suoi occhi.

Ciò che prova dopo Mario è la nuova sensazione di cadere giù.

Ma stavolta è più dolce, quasi piacevole, è come essere una foglia che si è staccata dal ramo in autunno, volteggia nel vento ed è leggerissimo...

Sarebbe proprio bello perdersi in questo vento, farsi trasportare, vedere fin dove lo porterà... vedere un posto nuovo da esplorare, oltre le nuvole, oltre i confini della volta stellata che lo accoglie come un gigantesco grembo materno...

Ma no, non deve perdersi.

Concentrati, si urla.

Stai andando da Luigi.

Ripeti con me, Luigi, Rosalinda, l'equilibrio cosmico da ricostituire.

Non dimenticarlo!

Devi sistemare le cose! Il Luma ha fatto tutto questo per te. Hai promesso che non saresti andato via. Mantieni il controllo. Non dimenticarti chi sei! Chi sei tu?

Io sono Mario, si risponde, io sono Super Mario.

Prima che lo sappia, è sui suoi piedi.

Piedi concreti. Poggiati sopra un mucchio di detriti. La sua mano sanguina appena, nel punto che il Luma ha scalfito con l'unghia. É una mano reale anche questa.

Ha lasciato il proprio corpo indietro solo per un secondo e ora esso è nuovamente lì con lui.

C'è riuscito. È stato tutto davvero molto veloce, se ne è appena reso conto.

La realizzazione di questo ha uno strano effetto, lo rende come euforico e lo spaventa al tempo stesso.

E un'altra cosa che lo spaventa è accorgersi che ha lasciato il Luma indietro, quindi adesso è da solo.

Ma non importa, perché è esattamente dove doveva essere.

Un lamento sommesso, poco distante da lui, lo distrae dalla sua considerazione, corre mentre si ricorda cosa deve fare.

Davanti a lui c'è una specie di lastrone di pietra, lo spinge con le mani, una delle quali è ancora inguantata, mentre sull'altra nuda c'è il simbolo.

Il masso cade.

E dietro c'è Luigi.

È ridotto maluccio, ma almeno è ancora vivo.

È in ginocchio, che si tiene il braccio destro, ridotto a un orribile mucchio di carne maciullata.

La sua sofferenza è evidenziata dalla fronte contratta e dai denti stretti. Non sta più gridando, è come se non ne avesse più la forza, ma sulla sua faccia ci sono tracce secche di lacrime.

Mario si inginocchia su di lui, mettendogli le mani sulle spalle.

Quella ferita è brutta, davvero brutta. Sta suppurando, e la pelle è viola e sembra marcia tutto intorno a una lacerazione che assomiglia dannatamente al morso di una belva selvatica.

Non gli sanguina nemmeno più, è come se lo avesse già esaurito tutto.

E inoltre, puzza orrendamente di carne bruciata.

Deve fargli un male cane, non ci vorranno punti stavolta, ci vorrà direttamente una protesi.

"Luigi" dice, con una certa premura "Sono qui. Va tutto bene..."

Luigi sembra trasalire, è come se si svegliasse da una trance. Lo fissa attonito.

"No, no" geme "È una trappola, non dovevi venire, abbiamo sbagliato tutto..."

Mario solleva gli occhi, catturati da un lampo.

Di fronte a loro, splendente in un corpo bianco, c'è Rosalinda.

Ma non è la Rosalinda che si ricorda Mario. È uno zombie.

Il bianco degli occhi si scioglie colando dalle orbite, riversandosi sulle guance.

La Pusa gira la testa a scatti.

Le sue labbra si allargano in un sorriso storto, che non assomiglia per nulla a quello innamorato che soleva rivolgere a Mario. È un sorriso crudele.

"Ha funzionato" dice la donna, stendendo un braccio indicando Luigi "Lo sapevo. Bastava toccarti lui che arrivavi subito"

Mario la guarda con terrore.

Il suo volto ha ancora i lineamenti di una persona giovane, ma la sua mano ha delle vene prominenti che spiccano sul dorso, come quelle di una vecchia.

"Era così prevedibile, da un animo eroico come il tuo" continua lei.

La voce della donna è lamentosa, cantilenante. Sembra deriderlo. Anzi no, non sembra, lo sta deridendo apertamente.

Lo sta prendendo in giro, lo sta biasimando per la sua lealtà. Sta usando la sua bontà d'animo contro di lui.

Mario circonda le spalle di Luigi da dietro, cercando di proteggerlo chiudendolo nel circolo delle sue braccia.

La donna, continuando a ghignare in quel modo orribile, allunga le mani, mostrando gli indici. Sotto le unghie, acuminate e annerite, la pelle si stacca a brandelli.

Le unisce di piatto, poi le allontana con uno scatto l'una dall'altra.

Diretti da quel gesto, i due fratelli vengono separati, Mario viene spinto verso sinistra, mentre Luigi viene trascinato a destra. È come se ci fosse stata una mano invisibile che li ha afferrati. Come la mano di un bimbo che gioca con dei pupazzetti e decide all'improvviso che non devono stare accanto e li sposta, secondo il suo capriccio.

"No" si trova a urlare stupidamente Mario. Vede le gambe di Luigi andare all'aria, si sente un gemito soffocato. Poi la sua testa si raddrizza sul collo contro la sua volontà, facendoglielo perdere di vista.

Non riesce neppure a voltarsi a guardarlo.

"Rosie! Ti prego! Ti prego! Lascialo in pace! Tu non vuoi lui, tu vuoi me!" grida con disperazione.

"È tutto molto nobile da parte tua, ma io devo finire ciò che ho cominciato" lo sbeffeggia Rosalinda, con un accento particolarmente calcato sulla parola 'nobile' "Questa è una faccenda tra noi due, in fondo, e poi non voglio testimoni."

Mario non capisce, ma poi sente Luigi annaspare e capisce che sta provando dolore. Rosalinda lo sta torturando in qualche modo.

Tenta di sbloccarsi da quella morsa, non resterà di certo a guardare.

La mano inguantata si avvicina faticosamente a quella senza guanto. Premuto il disegno, la magia che lo trattiene si annulla e lui crolla su se stesso.

Batte le natiche sul suolo dissestato, sprofondando.

Rosalinda solleva un braccio, ha qualcosa stretto in mano, che luccica di un bagliore demoniaco.

Lo abbatte violentemente contro Luigi e un getto rosso si innalza nell'aria assieme a un grido soffocato, sfinito.

E, finalmente, Mario si ricorda del power up che ha nella tasca della salopette, quello che aveva creduto l'orecchino di Daisy.

Lo tira fuori, è un fiore dai petali verdi, ne stritola la corolla tra pollice e indice, sfondandola, e subito sente la riconoscibile energia del potenziamento che lo avvolge.

Le sue vene si riempiono di adrenalina.

Le sue mani diventano artigliate, il viso si trasforma in un muso da pantera, la bocca si riempie di zanne. Mario sente dentro di sé un istinto distruttivo. Ha fame. È arrabbiato.

Compie un balzo e, prima che lo capisca veramente, si è avventato contro Rosalinda, la raggiunge alle spalle, la spinge, la manda a terra.

Le fauci si chiudono sul braccio esile della donna, quello che stringe il pugnale, già imbrattato.

Mario si aspetta che apra la mano e che lo lasci cadere. Ma evidentemente, lei è insensibile al dolore. Gli sembra di avere azzannato una bambola di plastica dura.

Luigi si trova sotto di loro, travolto anche lui dalla carica. Ha gli occhi spalancati, stupiti. Ha un enorme squarcio sanguinoso sul petto. Come se il braccio dilaniato non fosse abbastanza.

Mario afferra Rosalinda, tirandola verso l'esterno. La fa allontanare il più possibile da Luigi, poi le molla un vigoroso pugno in piena faccia, rivoltandogliela sul collo.

Prima di oggi, non avrebbe mai neppure pensato di essere in grado di alzare un dito contro di lei.

Ma non vuole pensarlo.

Deve convincersi che quella non è più sua moglie, non è l'angelo di cui si era innamorato, ma un diavolo da rimandare all'inferno. Che peccato.

La belva scuote la testa, scrollando qua e là il corpo della sua preda.

Che però non si muove più da solo.

Mario si rende improvvisamente conto che l'anima ha di nuovo abbandonato il suo guscio mortale, rimasto in basso.

È tornato a essere nient'altro che un cadavere. Rosalinda non lo abita più, si è dissolta e il suo spirito impregna l'aria, come un silenzioso, invisibile gas letale che occupa ogni singolo centimetro cubo di spazio.

Riesce a sentirne la presenza, tutto intorno e dentro di lui. Lei è ovunque. La sta respirando.

"Finalmente siamo insieme" sente sussurrare, da qualche parte, nelle sue orecchie.

Un brivido lo percorre da capo a piedi. È caduto nella trappola.

Eppure, sa che è proprio ciò che vuole anche lui.

Si chiede se fermarla sia mai stato il suo reale obiettivo.

Forse voleva soltanto ricongiungersi a lei.

Forse il sovvertimento degli equilibri cosmici non è un prezzo poi così alto, per riavere indietro quel suo grande amore.

"Sì. Finalmente." ripete.

E lei è lì che lo bacia sulla bocca. Che gli posa teneramente la testa sulla spalla. Che gli cinge il collo con le braccia. Non ha un corpo, ma lui la sente, senza vederla.

Ne sente il profumo.

La desidera.

Ed è precisamente allora che la sua mente se ne va via.

 

 

 

***

 

L'astronave si abbassa verticalmente, fino a raggiungere quel piccolo spiazzo sopraelevato che sovrasta quella che sarebbe dovuta essere la loro destinazione.

Daisy si affaccia da uno degli oblò.

Nota qualcosa, nel buio del non-spazio. Un bagliore appena visibile.

Si gira a parlare con qualcuno all'interno dell'abitacolo.

"Sono molto più avanti di te, bellezza" dice Maple, seduta al suo posto da capitano, girando i comandi per dirottare la nave.

Essa inizia a rollare dolcemente, il motore fa un rumore particolare che accompagna tutta la virata.

Il veicolo si ferma di fronte a una specie di pallone fluttuante.

Daisy aguzza la vista e constata che dentro c'è intrappolata una persona. Ne può intravedere le braccia che picchiano contro le pareti, nell'evidente tentativo di farsi avvistare da qualcuno.

Maple sembra averla preceduta ancora una volta, senza che lei lo accenni, infatti, preme un dato pulsante e un portello sul lato destro della nave si apre.

Una specie di tenaglia metallica ne viene fuori e si chiude attorno alla bolla.

La trascina dentro.

Una volta dentro, la bolla si rompe.

L'uomo contenuto ne esce fuori, simile a un pulcino appena nato da un uovo.

Non fa in tempo a rialzarsi che i fratelli Martello lo afferrano senza alcuna grazia, un braccio ciascuno, tirandolo su loro.

Daisy non lo ha mai visto senza la maschera sul viso, ma sa benissimo chi sia, e si arrabbia moltissimo al vederlo lì.

"Maledetto!" comincia a inveire contro di lui "Perché ci sei solo tu qui? Dove sono gli altri? Dov'è Luigi?"

Il Luma tenta un sorrisino "Ciao anche a te, zietta. Grazie per avermi liberato da quella bolla."

"Zietta lo dici a tua sorella, rispondi alla mia domanda o ti cavo gli occhi!" scatta la principessa.

"Ragazza, datti una calmata!" fa Maple divertita.

A guardarle bene, hanno ancora entrambe dei segni rossi dei graffi che si sono lasciate quando se le sono date di santa ragione. Ma poi si sono calmate e hanno raggiunto una specie di tregua.

In fondo, stavano andando entrambe nella stessa direzione, e Maple ha proprio voglia di ritrovare Bowser per dargli una bella strigliata, simile a quella che Daisy sta dando al Luma adesso.

Inoltre, Maple non lo ha ammesso, ma in Daisy ha visto una degna avversaria, e non può fare a meno di rispettarla.

A sua volta, Daisy è stata contenta di essersi potuta sfogare su di lei, aveva decisamente bisogno di catalizzare tutte le energie negative. E cosa c'è di meglio di una sana scazzottata con un'altra donna che sa rispondere benissimo ai tuoi pugni?

Certo, è un po' contorto come ragionamento, ma funziona, quindi, alla fine chi se ne frega!

Ma Daisy non ha finito. Oh, nemmeno per sogno!

"E tu, sei sordo? Rispondile!" ordina Maple, si è alzata e guarda il Luma dall'alto, con superiorità.

Il Luma si lecca le labbra "Non sono completamente sicuro di dove sia" dice, in tutta onestà "Dobbiamo scendere laggiù per scoprirlo" non può indicare con una mano perché ce le ha ancora bloccate nella presa dei martelkoopa, così usa la testa per accennare all'oblò da cui Daisy guardava poco prima.

Lei si affaccia di nuovo e guarda in basso, vede due cose.

Una è un edificio in rovina, con l'ultimo piano completamente collassato.

L'altra è un veicolo piccolino, posteggiato proprio là di fronte. Ci sono due figure che stanno per entrarci dentro. Ma si fermano.

Una è grande e grossa, l'altra è minuscola.

La scelta di dove andare è ovvia.

 

***

 

Peach ha alzato la testa al comparire dell'astronave nel cielo, la riconosce in quanto l'ha già vista svariate volte. Di solito, la sua comparsa presagiva un imminente assalto e, solo inizialmente, ne aveva avuto paura, stavolta però è ben contenta di vederla.

Bowser non è lassù pronto a portarla via, come capitava agli inizi, ma lì con lei per accompagnarla a casa, situazione bizzarra che ribalta ciò cui era normalmente abituata, ma le va benissimo così, stavolta.

Il re Koopa si è ormai guadagnato la sua fiducia, tutte le volte che l'ha strappata via dal letto coniugale l'ha sempre trattata con i guanti, e soprattutto l'ha sempre riportata indietro, alla fine di ognuna di quelle visite non esattamente in programma, prima che chiunque nel regno potesse accorgersi che la principessa era sparita.

Era stato un processo faticoso quello attuato dal koopa, la prima volta l'aveva spaventata parecchio, aveva scambiato l'agguato per un vero rapimento, ma poi era diventato chiaro che non avesse intenzioni negative, voleva soltanto parlare con lei e passare del tempo insieme.

Stessa cosa desideravano i figli di lui, per i quali nel tempo aveva iniziato a simpatizzare. Soprattutto per Larry, uno dei più svegli, quello che l'aveva aiutata quando invece il rapimento di anni prima era stato serio.

Ma comunque, aveva iniziato a stare insieme a tutti loro, a conoscerli, a distinguerli gli uni dagli altri per le loro peculiarità, caratteri, vizi. Ludwig che le aveva deliziato le orecchie con il suo talento musicale; Lemmy che l'aveva fatta ridere con i suoi giochi da pagliaccio; Roy al quale aveva cercato di rompere la corazza da bullo sotto alla quale si nascondeva; Iggy che l'aveva coinvolta nei suoi bizzarri esperimenti da pseudoscienziato; Wendy con cui poteva parlare di cose da femmine tipo trucchi e vestiti; Morton che cercava attenzioni raccontandole le sue interminabili storielle inventate; e il giovane Bowser Junior che aveva semplicemente bisogno di molto affetto. Le erano sempre piaciuti i bambini e vedeva un po' in loro quello che Mario non si era mai sprecato a darle.

Così lei, negli anni, aveva iniziato a ricambiare la cortesia, finché Bowser non aveva smesso di presentarsi a casa sua senza preavviso e i loro incontri segreti erano diventati regolari.

In lui, adesso, ciò che vede è un amico. Una persona con cui condividere lunghi pomeriggi mentre il principe consorte è troppo impegnato ad avere la testa fasciata, perso nella nebbia della sua dannata amnesia che ha distrutto completamente un rapporto comunque già condannato sin dal principio.

Peach si volta verso Bowser, e sta ancora vagamente riflettendo sul paradossale fatto di aver ricevuto proprio da lui tutte quelle attenzioni che avrebbe voluto da parte di Mario.

L'amarezza ingigantisce il suo disagio di vivere, al punto che tutto ciò che ha fatto sino a quel momento le sembra un grosso sbaglio.

Ma lui le sorride, mettendo in mostra quelle zanne aguzze.

E lei si sorprende di pensare a quanto siano belle e maestose da guardare...

La nave atterra, un portellone si apre e ne esce fuori Daisy.

"Peach! Tesoro! Stai bene?" strilla la principessa dei fiori, si solleva l'ampia gonna gialla dall'orlo ormai lurido e corre incontro alla sua best friend, gettandolesi al collo.

"Daisy!" urla Peach, abbracciandola di rimando, sorpresa e commossa "Ma che ti è successo, sorella? Sei proprio un disastro!" aggiunge, notando la sua aria disfatta.

"Non è che tu invece sembri appena uscita dall'estetista" fa Daisy, accennando alle sue vesti spiegazzate e alla scarmigliatura.

Le due donne scoppiano a ridere e si abbracciano dolcemente un'altra volta, strette strette.

Maple viene fuori a propria volta dalla nave, con i pugni stretti sui fianchi e l'aria bellicosa.

Adocchia Bowser, lo vorrebbe acchiappare per un orecchio come uno scolaro discolo, ma i koopa hanno le orecchie piccoline che non si vedono e lei non è proprio sicura di dove siano, quindi lo prende invece per un corno e lo tira giù. La mano della donna ha una presa salda che non ci si aspetterebbe, vista la sua figura esile.

"Figlio di una balena in salamoia" si inventa l'insulto "Credi di potermi lasciare da sola? Te lo insegno io a trattarmi come una qualsiasi ragazzetta di periferia!"

E lo strattona giù.

Peach si scioglie dall'abbraccio con Daisy e le va a fare tap-tap su una spalla "Scusa, ma tu chi sei?" le chiede in tono irritato "E per quale motivo ce l'hai con Bowser?"

"Sono il capitano Syrup e sono una piratessa, quindi bada a non rivolgerti a me in quel modo" fa la donna, sprezzante.

"Io invece sono la principessa Toadstool e mi permetto di dirti che il re Koopa è un mio carissimo amico e tu non ti devi devi nemmeno permettere di trattarlo male!" dice Peach, lanciando saette dallo sguardo.

Maple sembra interdetta solo per un secondo, poi butta la testa all'indietro e dà in una risata sguaiata. "Però, ste principessine hanno tutte quante un bel fegato. Certo che tu te le scegli bene le amanti, eh, Bowsie?"

Peach arrossisce di colpo.

"Macché amanti" borbotta Bowser.

Daisy però richiama tutti alla realtà "Luigi e Mario! Dove sono andati?" chiede.

"Mario è tornato appunto indietro perché doveva andare ad aiutare Luigi, mi ha dato in custodia Peach, non so altro" dice Bowser in tono scocciato "Stavo lì lì per riportarla a casa, ma poi siete arrivati voi" ciò che sottintende è che gli scoccia che ora non potrà più viaggiare nella capsula da solo con Peach, prendendosi la scusa che non c'è troppo spazio per potersi stringere ancora un altro po' a lei...

Dalla nave scendono i due fratelli Martello, che tengono ancora il Luma in custodia, lo strattonano sgarbatamente. Il ragazzo si agita e cerca invano di fuggire.

"Rieccolo. Perché ho l'impressione che tutto questo non sarebbe mai successo, se non fosse stato per lui?" fa Daisy.

Peach la guarda "Non è così, credimi. Tu sai soltanto una parte della verità."

"E va bene!" sbotta lei "Non mi interessa saperlo, però. In questo momento, vorrei solo ritrovare mio marito e mio cognato" si rivolge al Luma "Ascoltami bene, adesso tu, se non vuoi che mi metta a prenderti a calci in bocca, devi farmi il favore di fare quella simpatica cosa con la nebbia e di andarli a prendere!"

"Ho paura che sia tardi, ormai" sussurra il Luma.

"Scusa?" Daisy si china su di lui "Come dici?"

"Non posso farla più 'quella cosa', quella sorta di pallone in cui mi avete trovato poco fa ne è la prova!" cerca di spiegarsi lui.

"Sta farneticando" lo interrompe Maple "Fatelo star zitto" ordina ai martelkoopa.

"Noo, aspettate" cerca di protestare il Luma.

Daisy a questo punto esplode di rabbia.

"No, non sono venuta fino a qui, non sono passata attraverso tutta questa merda per sentirmi dire adesso che non si può fare niente!" la sua voce adesso è stridula, isterica quasi "Prima ci si mette mio padre con le sue imposizioni del cazzo che ci costringe a cambiare tutta la nostra vita, poi tu e quell'altro che vi fate i vostri discorsi deliranti senza spiegarmi niente, perché io chi sono in fondo, nessuno, vero? A me non mi considerano, io sono solo la moglie di uno degli eroi e non mi merito nemmeno di essere coinvolta! E adesso, chiunque sia che ci sta dietro, mi deve pure rubare mio marito? Io non accetto e non accetterò mai tutto questo! Sono stanca, ne ho piene le scatole di sentirmi impotente e di stare costretta in un angolo, a fare la brava mammina che non fa altro che aspettare che il caro marito soldato torni dalla guerra! Adesso faccio di testa mia e vaffanculo a tutti voi!" ora sta strepitando senza nessun ritegno.

Mentre urla in quel modo, sotto di lei si sono aperte le pavimentazioni.

Un germoglietto che spuntava dal terreno ha sentito il suo sfogo e ha iniziato, per reazione, a ingrossarsi.

La pianta inizia a crescere e crescere, divenendo altissima, enorme, come quella di fagioli della famosa favola che arrivava fino al castello nel cielo.

Daisy afferra un traliccio e si lascia trasportare in alto. La pianta continua la sua ascesa, in breve tempo non si vede più la principessa. Peach, dopo un secondo di esitazione, fa un sorrisetto incredulo "Ma sì, a questo punto!" dice, e si lancia, aggrappandosi anche lei all'enorme tronco del vegetale, con entrambe le mani.

Bowser non si fa aspettare, salta anche lui dietro di lei, strillando "Peach, tesoro mio, aspettami, dovevamo andarcene a casa insieme!"

"Dopo, dopooo!" si sente la sua voce rispondere da lassù, dolce come sempre.

"Ma cosa hanno intenzione di fare?" chiede il Luma a voce alta, in un tono molto stupito.

"Ah, queste sono le femmine che piacciono a me!" ride Maple compiaciuta, afferrandosi a propria volta a un ramo "Le avevo giudicate male, caspita, sono proprio toste, non le tipiche gne gne gne come credevo prima" e anche lei va via.

Luma guarda prima l'imponente pianta, ormai albero, poi i due martelkoopa che lo stanno ancora trattenendo "Beh, siamo rimasti soltanto noi, qui, non avete voglia di andare a vedere?"

I due soldati si guardano perplessi.

"Ehi! L'armadietto degli alcolici adesso è incustodito!" dice uno dei due dando di gomito all'altro, completamente disinteressato. L'altro ride, approvando l'allusione del fratello.

Lo mollano di colpo, facendolo ricadere a terra. Ghignando, se ne vanno di nuovo dentro l'astronave, a sbronzarsi, a quanto sembra.

"Che cervelli di gallina." mormora il Luma, che non sa se essere contento per esser stato lasciato libero o indignato per la vergognosa mancanza di lealtà di questi due.

E alzatosi, inizia anche lui ad arrampicarsi.

Il Luma si rende presto conto che fa fatica a bilanciarsi, la sua parte umana sa benissimo come utilizzare le braccia e le gambe per affrontare l'arrampicata, ma lo Sfavillotto dentro di lui è più abituato a fluttuare e non sa bene come muoversi. Collaborare lì dentro è più complicato di quanto si possa pensare. Comunque, alla fine riesce a raggiungere la cima della mostruosa pianta, che si ferma al famoso ultimo piano distrutto, tra le macerie.

È l'ultimo ad arrivare, ovviamente, e ciò che vede è Bowser con l'apprensione sul grande muso, che abbraccia da dietro, gentilmente, la principessa Peach, la quale non ha resistito, dopo tante emozioni, e sta singhiozzando con il viso affondato nelle mani. Accanto a loro vi è il capitano Maple, che appare seccata ma anche un po' a disagio, con le mani sui fianchi. Daisy è lì davanti a tutti, inginocchiata a terra sopra il corpo di Luigi, supino in una pozza di sangue che fuoriesce dalle brutte ferite che ha ovunque.

Daisy gli tiene la mano, l'idraulico la guarda con una tenerezza negli occhi che farebbe commuovere anche il più duro di sentimenti.

Daisy prende da una tasca quello che sembra un piccolo cubo di mattoni, quelli tipici che si trovano sparsi ovunque nel Regno dei Funghi, lo rompe frantumandolo tra le dita come un biscotto e ne viene fuori un fungo verde. Lo infila nella bocca di suo marito, che dopo averlo ingoiato si riprende lievemente, il taglio sul petto si richiude e smette di sanguinare, ma il suo braccio è ancora troppo malandato e non riesce a guarire. "Dov'è Mario? Cosa è successo?" chiede la donna.

"Ha vinto lei" sussurra Luigi "Rosalinda lo ha attirato nella sua trappola, non ha potuto resisterle... "

"Rosalinda?!" si stupisce la principessa (vi ricordo che lei era all'oscuro dell'identità del nemico) "... Ma..."

"Com'è possibile? Veramente, non lo so neppure io" dice Luigi.

"È perché la sua volontà è sopravvissuta alla sua fine fisica" dice il Luma, sopraggiungendo.

"È lei, dunque, che era sempre stata dietro a tutto questo?" domanda Daisy, che dopotutto non riesce a essere completamente stupita da tale assurda rivelazione.

"Mi spiace di non avertelo detto" dice Luigi, tirandosi a sedere.

Daisy lo guarda "Non sei tu a dovermi delle scuse" sibila, chiaramente sottintendendo chi invece dovrebbe porgergliele. Poi però l'emozione supera la rabbia. La principessa emette una specie di lamento sommesso e allunga le mani verso suo marito come per strozzarlo, ma poi finisce per abbracciarlo. Luigi cerca di ricambiarla, ma il braccio gli duole troppo, non riesce nemmeno a sollevarlo. "Prima la gamba, ora il braccio" borbotta, stringendo i denti, quasi divertito dalla propria sfortuna.

"Ti porterò in ospedale con la mia nave" si offre inaspettatamente Maple, avvicinandosi.

"La TUA nave? E da quando?" si inalbera Bowser.

"Da quando l'hai abbandonata per andare a prendere la tua principessa! È mia, adesso." pretende la piratessa.

"Nemmeno per idea!" protesta il drago.

Luigi li guarda perplesso.

"Non importa di chi sia la nave!" interviene Peach "Portatelo immediatamente in ospedale!" ordina.

Bowser e Maple si guardano in cagnesco. Poi Bowser solleva Luigi con una zampa, con la sua tipica cautela del tutto inesistente.

"Fai piano, e che cazzo!" lo rimprovera Daisy, ancora parecchio arrabbiata.

Peach guarda il Luma "Non c'è modo di recuperare Mario?" chiede.

Il Luma scuote la testa lentamente "Lei è più forte di noi, non possiamo farci niente"

"Tutto questo è ridicolo!" fa Peach "Se lei davvero lo ama, perché non lo lascia libero?"

"Perché non ragiona più, è diventata pura volontà e puro male, non credo nemmeno che provi più veri sentimenti, ormai..."

"Stronzate" se ne esce la donna.

Tutti saltano su colpiti, quella espressione volgare forse da Daisy se la aspetterebbero, ma non capita quasi mai di sentire la soave principessa Peach che dice le parolacce.

"Scusate" fa lei, arrossendo per esserselo fatto sfuggire "Ma mi sa che qui non avete capito nessuno un bel niente! Questo sta succedendo appunto perché lei prova dei sentimenti, perché è rimasta così legata alla sua memoria da rifiutarsi perfino di passare oltre!" e d'altra parte, non riesce a biasimarla, come si può dimenticare una persona come Mario? Non ce l'ha fatta neppure lei, dopo essere quasi stata sul punto di sposare un altro.

Il Luma la guarda "A ogni modo, finché non lo rilascia lei, non possiamo fare niente" ribadisce.

Peach tace per lunghi secondi. Guarda Bowser che cerca di scendere giù per la pianta, tenendo Luigi senza farlo cadere, con Daisy che lo insulta intimandogli di fare attenzione, mentre Maple ride di loro.

E realizza che... Se ne stanno andando. Hanno raccattato ciò che potevano, non hanno intenzione di combattere ancora?

"Non doveva succedere!" dice, la voce le trema di rabbia "Tu e Alexander eravate arrivati dalla vostra dimensione proprio per impedirlo! Voi lo dovevate salvare! Ma non lo avete salvato!"

"Questa era la nostra missione, ma a ogni modo non avremmo potuto agire direttamente. Mario ha fatto la sua scelta, alla fine..."

"Ma voi venite dal futuro, dico bene? Dal futuro! Significa che, oltre ad avere attraversato il confine della vostra dimensione, siete tornati indietro nel passato! Significa che siete in grado di viaggiare nel tempo, perché allora non possiamo tornare di nuovo indietro e impedire che tutto questo accada?"

Il Luma la guarda "Non è così facile, io e Alexander abbiamo ottenuto un permesso speciale per poter arrivare qui! Non è che i viaggi temporali siano qualcosa di normale, un mezzo che si prende tutti i giorni, come un autobus, non li concedono a tutti..."

Peach si mette una mano sul cuore "Non a tutti, certo, ma alle persone dal cuore puro?"

"Stai parlando di te stessa?"

"Lo avete detto voi che le uniche persone che ci sarebbero potute riuscire saremmo state io e Luigi, gli unici qui ad avere un cuore puro! Luigi ha fallito, ma ci sono ancora io!"

"Cosa stai proponendo di fare?"

"Semplice. Rimandatemi indietro."

A questo punto, si volta e dà in un sospiro di sollievo nel constatare che Bowser non l'ha sentita, troppo impegnato a obbedire all'ordine che lei gli ha dato poco fa. Se sapesse cosa vuol fare la fermerebbe all'istante.

Il Luma sgrana gli occhi "Non possiamo mandare indietro qualcuno di questa dimensione, è troppo rischioso, si creerebbe un paradosso temporale e comunque non ti sarebbe consentito agire direttamente. Io e Alexander qui non esistiamo, per cui non si creerebbero doppioni, ma tu..."

"No, non hai capito, mi mandate indietro... Nella VOSTRA dimensione!"

"E a far cosa?"

"A parlare con Rosalinda, a convincerla a non dare inizio a tutto questo... A rimandarla indietro nel nostro mondo prima che perda la testa!"

Il Luma cerca di fare chiarezza. "Fammi capire. Tu vuoi andare indietro al punto della storia in cui Rosalinda è stata risucchiata dal vortice e ha attraversato le dimensioni, per incontrarla dall'altra parte...?"

"Esatto. In quel momento, lei non era ancora diventata pazza e sarebbe disponibile ad ascoltarmi. Questo potrebbe salvarla! E anche Mario...!"

Il Luma guarda la principessa con un grande stupore "Potrebbe funzionare" dice "Sono molto colpito dalla tua iniziativa...!"

"Dimmi solo se si può fare"

"Direi di sì, in via ipotetica. Ma, prima, devi farti dare il permesso di viaggiare nello spazio-tempo"

"E come si fa?"

"Beh, si tratta di riuscire a convincere..." lascia la frase in sospeso.

Peach fa un movimento eloquente, per esortarlo a continuare. Lui si limita a sollevare gli indici verso il cielo.

"Ma principessa... Capisci che, se riesci in questa missione, non potrai più tornare indietro! Questa realtà si annullerà. Tutti noi spariremo, sostituiti dai noi stessi della realtà alternativa che si creerà una volta che avrai cambiato il passato. Ma tu resterai nell'altra dimensione, sarai bloccata lì, capisci? Non avrai modo di tornare qui, perché non vi sarà nessun 'qui' in cui tornare!"

La principessa sembra molto spaventata, ma nasconde questa sua paura "È la cosa giusta da fare" dice, cercando di convincere anche se stessa.

"Ne sei veramente sicura?"

"Lo devo a Mario! Questo sarà il mio ultimo atto d'amore per lui."

Il Luma la guarda, annuisce compassionavole. "Se ci riesci, lo salverai"

"Lo salverò, come lui ha salvato me." dichiara Peach, abbracciando il suo destino "Gli restituirò la vita che gli ho ingiustamente rubato. E le cose saranno diverse, anche per tutti voi... Luigi e Daisy potranno crescere la loro famiglia senza subire vessazioni da nessuno, Haru forse otterrà la mano dell'altra me stessa, quella che ancora continuerà ad amarlo... E Mario e Rosalinda saranno riuniti nel giusto vincolo, saranno liberi. Tutti voi lo sarete. Tutto questo sarà possibile solo grazie a questo mio sacrificio, che accolgo a braccia aperte."

"Come soltanto una persona dal cuore puro potrebbe fare." conclude il Luma. Poi le prende le mani. "Il tuo gesto non verrà mai dimenticato, principessa."

"Nessuno se ne ricorderà, perché non vi sarà nessuno a testimoniarlo" lo contraddice, e si rattrista lievemente.

"Ciò ti renderà immortale."

La donna è commossa. Immortalità fisica o simbolica? Teme che si tratti della prima "Fammi andare, su, prima che cambi idea..." riprende, in tono un po' più debole, ma non meno deciso.

Il Luma si china su di lei, le dà un bacio sulla fronte. La pelle della principessa è bianca e morbida. I suoi occhi sono lucidi, consapevoli, pieni di amore, rassegnazione, determinazione. Le labbra del Luma hanno lasciato un segno sulla fronte della principessa, un segno nero, triangolare. A esso se ne sovrappone un altro, ugualmente triangolare, si crea ancora il solito simbolo, una stella a sei punte.

Peach chiude gli occhi, per riaprirli poi al cospetto della divinità.

Non ha bisogno di formulare la richiesta, il gran sorriso candido che si apre davanti ai suoi occhi le conferma che essa è già stata accolta.

Viene trasportata indietro, sente le sue membra farsi leggere e sottili come carta velina e venire come trasportate dalla brezza...

Improvvisamente, il tempo ha di nuovo un nome.

Peach si trova di fronte a quella che appare come una ginormica cascata, in un mondo che sembra perfetto, incontaminato, un mondo in cui le cose sono andate per il verso giusto.

Sobbalza, si volta e vede Rosalinda.

Ancora nei suoi anni d'oro, bella da vedere, ma soprattutto dall'animo ancora incontaminato. Capisce che è arrivata da poco nel nuovo mondo, forse non ha ancora scoperto l'amara sorpresa che le riserva. È ancora se stessa, non si è ancora persa.

Peach guarda quella perfezione fisica e non può fare a meno di pensare alla differenza che c'è con lei. Lei porta sulla faccia i segni dell'età, della stanchezza, della sofferenza, e sulle spalle il peso di tutte le sue scelte sbagliate. Si sente quelle brutture che la divorano fisicamente. Non permetterà a Rosalinda di rovinarsi. Preserverà quella meravigliosa purezza che adesso, solo per lei, ha avuto un senso.

Peach si avvicina alla Pusa. Lei abbassa lo sguardo, che finora aveva tenuto in alto, fisso sul cielo, e la guarda.

"Peach?! Cosa ci fai qui?" chiede, visibilmente molto confusa. Forse nota anche che il suo aspetto è diverso dall'ultima volta in cui l'ha vista. Non può non notarlo. È praticamente come se fosse invecchiata di quattro anni in una notte "Come è possibile?"

"Vengo dal futuro" rivela immediatamente Peach, facendosi avanti "Un futuro orribile, che non può e non deve avverarsi. Sono qui per restituirti a te stessa"

La risposta della Pusa è immediata: "L'unico modo per farlo è riportarmi dal mio amore"

"Ascolta, Rosalinda. So che sei spaventata e afflitta dalla grande tragedia che hai vissuto. Io qui non sono autorizzata ad agire. Ma se faremo le cose per bene, riuscirai a salvarti da sola."

"Salvarmi da che cosa?"

"Salvarti da te stessa."

La dea sorride e pone i pugni sui fianchi, forse crede sia tutto uno scherzo. Ma quello che le racconta in seguito Peach glielo congela sulla bocca, quel sorriso sornione.

"Non potrei mai fare una cosa del genere!" esclama.

"Eppure, lo hai fatto. La realtà dalla quale provengo ne è la prova."

"Ma è... È mostruoso! Io sono un mostro! Come ho potuto perdere la Sapienza Divina così radicalmente? Come ho potuto fare del male perfino alle persone che amavo?"

"È colpa dei tuoi sentimenti, sono troppo forti e, uniti ai poteri che hai, hanno finito con il distruggere la tua stessa mente." dice Peach.

Rosalinda si prende la testa tra le mani, è incredula. "Non voglio che questo accada! Voglio tornare da Mario, ma voglio farlo in modo corretto, senza distruggere la sua vita. Né la tua..."

"Ciò che devi fare è tornare indietro prima che sia tardi. Io... Mi odio per questo, ma in pratica io te l'ho rubato. Mi dispiace, ma tu eri sparita e... Io ero innamorata di lui, dal giorno in cui mi salvò da Bowser. Ma lui non è mai stato mio, perché aveva già te nella sua testa e nel suo cuore... ho scoperto in ritardo di aver preso una cattiva decisione."

"Non posso biasimarti" dice la Pusa stringendosi nelle spalle "È Mario!"

"Già..." Peach riesce perfino a sorridere.

"Mi ricordo, a quella festa, come lo guardavi, io lo guardavo allo stesso modo... lo amo perché è eroico, gentile, galante, per non dire anche molto attraente..." Rosalinda si lascia andare a questi elogi al suo sposo con tranquillità, perché sa che ora lo sguardo di Peach è cambiato, sa che lei è uscita completamente da questa trappola mentale.

"Quei baffoni così curati..." sospira sorprendentemente Peach con gli occhi sognanti, in una breve ricaduta.

"Quei riccioli bellissimi..." concede la Pusa con struggimento. Poi però torna alla realtà. "Ma comunque io non posso, se anche tornassi indietro, non manterrei il mio corpo... dico bene?" osserva la Pusa.

"Ti sbagli. Le forze superiori ti concederanno di riaverlo indietro. Hanno bisogno di te. Sei ancora tu l'ago della bilancia, sei quella che mantiene l'equilibrio cosmico."

Peach le prende le mani, gliele stringe. "Puoi farcela, puoi tornare indietro senza smarrire di nuovo la tua mente!"

"Ma come posso fare?" chiede la Pusa.

"Mario stesso, quando doveva lottare contro il demone che eri diventata, lo ha fatto. Lui è stato mosso dal suo grandissimo amore. Puoi riuscirci anche tu. Stabilisci il tuo obiettivo, deve essere fermo nella tua mente, deve essere ciò che ti spinge a muoverti. Concentrati su quello che vuoi veramente. Se riesci a tornare indietro, mantenendo questo pensiero fisso, potrai riuscire a non perdere il tuo corpo, la mente non se ne distaccherà perché sarà ancorata a esso. E così, tornerai indietro, potrai raggiungere Mario e a quel punto tutto si sarà risolto."

"Okay! Lo farò! Grazie, grazie mille!" esclama Rosalinda, accorata. Poi però si blocca "Ma... tu?" solleva il viso, preoccupata "Cosa ne sarà di te?"

"Io resterò qui" dice Peach, che china il capo, sottomettendosi.

"Non puoi restare qui, questa non è la tua realtà!"

"Non esisterà più nessuna realtà a cui tornare" Peach ripete meccanicamente le cose che le sono state dette, si sente come un automa. È svuotata, si è anche resa conto che l'atmosfera di quel mondo perfetto le sta stretta, ha qualcosa di opprimente. L'idea, prima inconsistente, di dover restare lì per tutta l'eternità, senza mai ottenere il sollievo della morte, improvvisamente diventa tangibile e la soffoca. Per sempre in un posto in cui tutti sono felici, tutti eccetto lei. È qualcosa di terribile e di grandioso. Ma l'ha già accettata, deve essere forte. Mario se lo merita. E lei sta facendo tutto questo per lui.

Rosalinda però non sembra per nulla contenta di doverle dire addio.

"Peach" le dice "Non voglio che tu rimanga qui. Una volta che mi sarò ricongiunta con Mario, chiederò alle autorità supreme di concederti un permesso ulteriore, per poter ritornare al nostro mondo insieme a tutti noi!"

"È un bel pensiero... Ma, non capisci? Lì c'è già un'altra me. Io sarei solo un doppione proveniente da una realtà che ormai non esiste più!"

Rosalinda continua a guardarla imperturbabile "E allora?" chiede.

"Come sarebbe, e allora?! Insomma, due principesse Peach! Non possiamo coesistere, sarebbe un paradosso!"

La dea scuote la testa "Ovviamente. Ma tu non puoi sostenere l'immortalità."

"Certo che posso..."

"Sarai uno spirito puro, Peach, ma sei comunque una mortale. Io so cosa significa, non ti lascerò sacrificare così. Verrai nella tua realtà, là vedrai andare le cose come si sarebbero dovute svolgere..."

"No, no, ascolta" la ferma Peach "Apprezzo quello che vuoi fare per me. Però, vedi, io non sopporterei di vedere un'altra donna che vive la mia vita. Qui invece è diverso... Qui è tutto perfetto..."

"Non cambia nulla!" insiste Rosalinda "Anche qui deve esistere un'altra principessa Peach! La te stessa di questa realtà..."

"Sì, ma non è la stessa persona che sono io. Qui le cose sono andate in modo diverso, mi è stato detto... Probabilmente, quella che c'è qui non è mai stata rapita, non ha mai neppure conosciuto Mario e ha una vita del tutto diversa... forse... non lo so, in realtà, non posso essere sicura di nulla..."

Rosalinda vorrebbe continuare a cercare di convincerla, ma dopo un po' si arrende, perché ha compreso che Peach è decisa ad andare fino in fondo.

Si ritrova impotente, la dea che una volta pensava di poter essere in grado di fare tutto!

La abbraccia di colpo, con trasporto "Sei una grande amica" le sussurra "Sei coraggiosa, sei la persona più coraggiosa che abbia mai conosciuto... Dirò a tutti quello che hai fatto per me. Non ti dimenticherò mai."

"Me lo ha detto anche il Luma..." Peach sorride. In realtà, dentro di sé, sta piangendo per la sua triste sorte, ha mille dubbi e un'angoscia enorme la divora. Ma il suo pensiero fisso, che fa di tutto per mantenere, quello da cui dipende la sua sopravvivenza, quello che le permette di non scappare, quello che la spinge ad andare avanti, è che sta facendo la cosa giusta.

 

 

 

 

 

 

 

 

**EPILOGO**

 

Alexander tentò di alzarsi sugli instabili piedini, perse l'equilibrio, ma si aggrappò con le mani alla sbarra del lettino, evitandosi una brutta caduta di culo.

La mamma gli disse "Bravo", ridendo intenerita dai suoi progressi e sforzi.

Il bambino ruotò la testa verso di lei, fissandola dolcemente con i suoi occhioni dorati nei quali rifulgeva una luce innocente, piena di pura fiducia infantile. Il bambino desiderato, amato, la cui nascita ha placato l'animo iroso di una donna che sarebbe potuta divenire pericolosa ed evitato catastrofi.

La mamma aprì le sue grandi braccia "Vieni" lo esortò. Alexander la guardò con una specie di incertezza, come se fosse timoroso di lasciare il suo punto di salvezza "Vieni dalla mamma" ripetè la donna.
Il piccolo, rassicurato dal tono di voce della mamma, così amorevole, si decise a lasciare il suo sostegno e, tenendo istintivamente le braccia aperte per mantenere l'equilibrio, iniziò a muovere i suoi primi passetti.

Aveva quasi raggiunto la sua destinazione, quando crollò sulle ginocchia e cadde in avanti. La mano pronta della mamma lo sorresse.

Venne sollevato in aria, e allora capì che quello era il suo premio per essere stato bravo, e si mise a ridere, contento quando mamma incominciò a fargli tante coccole.
Allungò una manina verso la frangia bionda che le copriva uno degli occhi e la tirò giocosamente. Scoprì una iride celeste dalle mille pagliuzze argentate, perfettamente identica a quella che c'era al centro del secondo occhio sulla sinistra.

È così che siamo fatti, pensò il bambino, nella sua semplicità. Abbiamo due cerchi colorati al centro della faccia. Ignorava quale fosse il colore dei propri occhi, ignorava naturalmente cosa fossero degli occhi, ma lo stava imparando lentamente, senza bisogno che nessuno glielo spiegasse.

La porta della cameretta si aprì ed entrò Mario. Un uomo intorno ai trentacinque-sei anni in splendida salute, senza alcun problema mentale, che sapeva perfettamente chi fosse, conosceva quale fosse il suo passato, presente e futuro nella vita, li vedeva ogni giorno nelle persone che aveva accanto. Un uomo che aveva ottenuto un grande dono, in risposta al suo gran cuore. La camicia che indossava era lievemente aperta, e si poteva intravedere una grande cicatrice solcargli il petto villoso.
"Amore" disse con gentilezza intrinseca nella voce "Sono arrivati"
"Lo so" rispose Rosalinda. Si alzò in piedi e seguì il marito, portando con sé il piccolo stretto al petto.

L'intima famiglia si incontrò con un'altra porzione della stessa.

Un uomo discretamente alto che assomigliava a Mario, anch'egli in forma, con entrambe le braccia, senza nessuna lacerazione fisica, insieme alla bella moglie, sana di mente e non esaurita, non inasprita dalla vita, e una bambina di tre anni al seguito. Si incontrarono e si vollero bene.

Una donna, distaccata da tutto questo, osservava dalla finestra quella scena di armonia. Era quasi un idillio.

Tante coltellate l'avevano squarciata, tante pallottole erano state sparate contro di essa. Eppure erano tutti in piedi. Avevano resistito. Avevano ricominciato dal punto in cui avevano interrotto.

Peach respirò. Portò una mano sul petto. Chiuse gli occhi e, mentre le labbra le si sollevavano in un sorriso, il cuore e la mente si facevano sempre più leggeri.

Le sembrava di essere diventata impalpabile come la spuma del mare, sentiva perfino un sapore salato e sfrigolante nella bocca.

Da qualche parte, una principessa con le sue stesse sembianze, ma che non era lei, che non era arrivata a essere lei, stava stringendo, senza paura e senza rimorsi, le grandi mani squamose di un drago. Buffo il destino, a volte.

Si voltò ancora un'ultima volta, solo per vedere Mario.

Eccolo lì. La guardava a sua volta, attraverso la finestra, dall'interno della casa.

Lei aveva ancora quel sorriso abbozzato, sfinito, rassegnato.

Lui non diceva nulla, ma il suo sguardo era pieno di dubbio e di riconoscenza.

Vi fu un lievissimo contatto di anime, rapido e lieve come il battito d'ali di un angelo.

Gli rivolse le spalle.
Fece un singolo passo per allontanarsi e tutto quanto svanì.

Due mondi diversi, divenuti infine perfettamente uguali, si sovrapposero. La schiacciarono nel mezzo. Per lei non ci fu più spazio.
Si addentrò nel nulla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:
Solo dopo millemila anni ho finalmente concluso questa storia! Sono troppo felice, ho raccontato quello che avevo bloccato nella mia testa sin dal 2011. Spero che non vi siate annoiati durante la lettura, mi rendo conto che in alcuni punti sia un po' criptica... Ma la mia testa partorisce queste cose, che vogliamo farci? Ringrazio tutti per aver letto, vi mando un grandissimo CIAONEeee!

Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, tutti i personaggi ivi presentati (a parte qualcuno) sono di proprietà della Nintendo.

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