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di nikita82roma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** UNO ***
Capitolo 2: *** DUE ***
Capitolo 3: *** TRE ***
Capitolo 4: *** QUATTRO ***
Capitolo 5: *** CINQUE ***
Capitolo 6: *** SEI ***
Capitolo 7: *** SETTE ***



Capitolo 1
*** UNO ***


Lily Hope Castle dormiva nella sua culla vicino al letto di mamma e papà. Ora sì che li potevano chiamare così Ryan ed Esposito e non si sarebbero più indispettiti.
Kate e Rick erano mamma e papà di quella bambina che riusciva a far innamorare tutti non appena la vedevano. Anche quella mattina bastò un vagito per far allertare i sensi di entrambi e sporgersi istintivamente verso di lei. Kate controllò l’orario. Era l’ora della poppata.
- Dormi - disse a Rick amorevolmente accarezzandogli i capelli e baciandolo sulla guancia mentre la piccola manifestava a pieni polmoni la sua fame. Era stato sveglio insieme a lei gran parte della notte quando, dopo l’ultima poppata, proprio non ne aveva voluto sapere di riaddormentarsi per un bel po'. Rick la guardò insonnolito, scosse la testa come a volersi risvegliare ed essere presente a se stesso. Poi Kate prese Lily e tornò distendersi sul letto per allattarla in una posizione che ormai aveva collaudato più volte nell’ultimo mese. Rick le guardava come sempre estasiato. Non si voleva perdere nemmeno un istante di Kate e Lily insieme: le osservava, le studiava, cercava di capire i loro codici di comunicazione che lui era sicuro che già avessero. Aveva notato come quando Lily era sdraiata sul petto di sua madre portava sempre una sua manina verso il volto di Kate. Era un gesto che faceva solo con lei, per lui non era una casualità, sicuramente la sua già intelligentissima bambina in quel modo stava dicendo qualcosa a Kate che solo lei poteva capire: non ne era geloso, anzi era felice ed orgoglioso che anche lei già capisse quanto la sua mamma avesse bisogno di attenzioni  e dovesse essere considerata speciale, riservandole gesti speciali solo per lei.
Appena finì di mangiare Castle si offrì come sempre di farla passeggiare per assicurarsi che digerisse bene, in quello che ormai era diventato una sorta di loro rito: Kate la allattava, Rick poi la prendeva ad aspettava che digerisse e infine Kate la faceva addormentare di nuovo. Il più delle volte andava bene ma non sempre era così, come quella notte, quando Lily aveva pianto gran parte delle ore che loro avrebbero dovuto dormire.
- Ci penso io - gli disse Kate - riposati.
Acconsentì alle richieste di sua moglie, perché era veramente assonnato e perché sapeva che quando lei era così insistente era perché aveva bisogno di stare con Lily. Ormai aveva imparato a riconoscere quei segnali di Kate, il suo offrirsi più volte, gentilmente ma decisa, era uno di quelli. Così la prese in braccio adagiando la sua testolina sulla spalla e la coprì con quella prima coperta che lui le aveva regalato negli Hamptons. L’aveva usata sempre e sembrava piacere anche alla piccola stare avvolta in quel caldo abbraccio. Kate gli sorrise prima di uscire e Castle fece altrettanto, ma ormai pensava di non fare altro quando le guardava da oltre un mese, lei lo prendeva in giro qualche volta chiedendogli se avesse una qualche paresi facciale e lui sorrideva di più mostrando che no, non era quello. Era proprio felice. Solo tanto felice. Si rimise a dormire reprimendo la forte sensazione di seguirle e spiarle.

Kate chiuse delicatamente la porta della loro camera ed andò nell’ampio locale passeggiando Lily, percorrendo tutto il perimetro, soffermandosi solo un po' più a lungo davanti le ampie finestre ad osservare New York risvegliarsi all’alba. A Lily però quelle soste non piacevano e piangeva reclamando il movimento: c’era una cosa che Kate aveva capito, quella bambina aveva già un bel caratterino che Rick diceva avesse ripreso interamente da lei “MiniBeckett è dispotica come te, Beckett!” diceva per farla arrabbiare ma lui era la prima vittima delle angherie di Lily, concedendole qualsiasi cosa volesse.
Martha sopra le scale osservava già da qualche minuto Kate, le piaceva studiare i suoi movimenti e vederla così diversa ogni volta che aveva Lily tra le braccia: non aveva perso il suo piglio e la sua risolutezza, però ogni movimento era più morbido, delicato. La guardava parlottare sottovoce con sua figlia e poteva vedere ogni volta si voltava, il suo sorriso. Kate era così assorta da Lily che si accorse di Martha solo quando se la ritrovò davanti alla fine delle scale.
- Buongiorno Katherine, oggi Richard batte la fiacca? - disse l’attrice facendo una carezza alla nipote che la guardava attenta seguendo ogni suo movimento attenta e vigile con l’espressione di una che tutto volesse fare tranne che dormire.
- Questa notte Lily non ne ha voluto sapere di dormire, era un po' stanco… Ti abbiamo svegliato?
- Oh no tesoro… Ma tu non sei stanca?
- Un po', forse… Ma sto bene così.
- Ti turba qualcosa? Sei preoccupata per questa sera? 
- Non dovrei? È la prima volta…
- È normale mia cara. Ma tu e Richard ve la siete meritata questa serata e vedrai che io e questa piccolina staremo benissimo insieme a tuo padre! Vero Lily Hope Castle? Ci divertiremo tantissimo! - Dille l’attrice accarezzando il visino della nipote che la seguì con i suoi occhi grandi così simili a quelli di Kate, non solo nel colore e nella forma, ma anche nell’espressione, tanto che Rick, più volte, aveva detto che presto anche lei li avrebbe terrorizzati tutto con lo sguardo alla Beckett.

Lily Hope Castle.
Ancora una volta avevano stupito tutti e così era più di un mese che ogni volta che presentavano a qualcuno la loro piccola rimanevano tutti a bocca aperta e la risposta più comune era “Cosa???”. 
Avevano deciso di non dire niente del nome che avevano scelto per la piccola, resistendo ai continui assalti e trabocchetti degli amici. Solo Martha e Alexis ne erano al corrente, avendo visto molte delle cose personalizzate che Rick aveva fatto fare per sua figlia, ed era così che lo avevano scoperto entrambe, entrando un giorno in camera della piccola e vedendo un cuscino con il suo nome. “Ah quindi si chiamerà Lily!” aveva esclamato l’attrice con il suo solito fare enfatico, congratulandosi per la scelta particolare del nome ed elencandone i pregi, ma sia Rick che Kate erano convinti che qualsiasi fosse stato il nome, la reazione di Martha sarebbe stata identica. Alexis, invece, chiese a suo padre se come secondo nome aveva già in mente quello di qualche altra scrittrice, come aveva scelto per lei Harper, in onore di Harper Lee. Richard però rimase sul vago, dicendo che la sua scelta era un segreto per tutti, anche per Kate e così fu. Non c’erano scrittori di mezzo questa volta, nè premi Pulitzer, c’era solo la loro grande speranza.
Fu però al distretto che la loro decisione spiazzò tutti e qualcuno ci rimise anche una bella somma di denaro. Avevano aperto le scommesse da quando Ryan ed Esposito avevano comunicato che si trattava di una bambina, così tutti tra detective ed agenti aveva voluto scommettere e dire la sua. Il nome più gettonato e con la quota più bassa era Johanna, sia come primo che come secondo nome. Qualcuno dei più nuovi aveva ipotizzato Katherine, ma chi la conosceva bene, sapeva che Beckett non avrebbe mai messo il suo nome a sua figlia, non era una cosa da lei. Qualcuno propose nomi più azzardati, da Nikki a Beckett, qualche sentimentale propose Martha come l’attrice. Seguirono poi una serie di nomi più o meno classici. Anche la Gates, che davanti a tutti aveva criticato quello scommettere sul nome di una bambina, un pomeriggio pochi giorni prima di Natale, aveva chiamato Ryan dicendogli che scommetteva anche lei 10 dollari su Johanna. Persero tutti, ovviamente, tranne che Palmer. 
Vincenzo “Vince” Palmer era un agente prossimo alla pensione, uno di quelli che non aveva mai voluto fare carriera, di quelli che se non ci facevi caso, nemmeno ti accorgevi di lui. Eppure al distretto tutti gli volevano bene. Lui, Kate, la conosceva da quando era arrivata al dodicesimo ancora ragazzina che correva dietro a Royce ed era certo che lei avrebbe fatto strada, perché aveva quella determinazione che in pochi hanno, unita ad una capacità e ad un’empatia fuori dal normale. L’aveva vista in quei pochi mesi da capitano ed era convinto che era il migliore che fosse stato lì al dodicesimo: Kate era autorevole ma mai autoritaria. Le obbedivano non perché la temevano, ma perché la rispettavano. E lui ne aveva visti passare tanti di lì di capitani, agenti e detective e tanti non li aveva visti più tornare. Aveva temuto anche per lei, più volte ed ogni volta che la vedeva rientrare e percorrere quel corridoio con il suo inconfondibile passo scandito dal rumore dei tacchi tirava un sospiro di sollievo e baciava la foto ormai tutta rovinata di quel San Michele che le aveva dato la sua religiosissima madre quando tanti anni prima era entrato in polizia. Si avvicinò all’elenco dei nomi che erano stati proposti una mattina e lo lesse tutto. “Nessuno di questi” disse ad Esposito. “E allora quale, Palmer?” Chiese l’ispanico. “Non lo so, ma nessuno di quelli che direte voi”. E così fu. Nessuno pensò a Lily e nemmeno ad Hope e Palmer vinse la sua scommessa. Sarebbe andato in pensione prima che Kate fosse tornata dalla maternità, per questo chiese ad Esposito di darle la sua foto di San Michele, avrebbe protetto anche lei, come aveva protetto lui.

Inizialmente quando tutti rimanevano stupiti della loro scelta Rick e Kate erano contenti, perché avevano sorpreso tutti, però dopo un po’ tutte le domande e le richieste di spiegazioni avevano cominciato ad infastidirli, così come avevano infastidito Beckett ad un certo punto tutte le visite che aveva ricevuto il giorno successivo alla nascita di sua figlia. Le aveva sì fatto piacere ricevere le visite degli amici più cari, di Martha e di suo padre, ma poi era cominciato il via vai di persone con le quali non si sentiva in dovere di dover condividere quel momento, chiedendosi poi come avevano fatto ad avere accesso lì e come facevano a sapere dove si trovasse.
Rick poi aveva scoperto che qualcuno, in ospedale, lo aveva riconosciuto e la notizia era presto girata in rete, finita sui social e nei siti di gossip. Quando vide Kate eccessivamente restia a condividere ancora il suo spazio vitale e quello di sua figlia con persone che per lei erano fin troppo estranee, Rick decise di fare il “cane da guardia” e così, senza mai perdere il suo charme ed il suo savoir faire, allontanò tutti quelli che volevano avvicinarsi troppo alla sua famiglia, lasciando spazio e tempo a Kate di riposarsi e trascorrere del tempo sola con Lily, lo aveva letto nei suoi occhi che ne aveva bisogno a livello fisico.
Lui era rimasto lì tutta la notte, in quella loro prima notte di vita in tre, nonostante le proteste di Beckett che voleva che si andasse a riposare, ma sapeva in partenza che Rick non le avrebbe lasciate, quella notte e nemmeno le successive, per nulla al mondo. Passò tutta la notte sveglio, sulla poltrona, a guardarle dormire. Divideva i suoi sguardi in maniera uguale tra sua moglie e sua figlia esclamando che adesso aveva ben due Beckett da guardar dormire. Era un uomo fortunato e non vedeva l’ora di poterle portare a casa e coccolarle, entrambe. Aveva guardato Kate estasiato ogni volta che aveva allattato Lily la guardava sognante incantato da tanta perfezione, tanta vita che emanavano.
Certamente erano la sua, tutta la sua.
Pensava che il mondo fosse rinato solo da poche ore, il suo big bang personale, l’origine della vita cominciata con la vita dello loro figlia. Forse stava cominciando a sragionare per la stanchezza, pensava, mentre Kate sembrava assolutamente a suo agio. Sorrise vedendola maneggiare dopo poche ore sua figlia in modo così spontaneo, ricordava bene tutti i problemi che si era fatta pensando che avrebbe avuto paura anche a toccarla. Invece tenere Lily tra le sue braccia sembrava che fosse la cosa più naturale che avesse mai fatto. Quando si era svegliata piangendo era arrivata un’infermiera a controllare che tutto andasse bene, a chiedere se avessero avuto bisogno di qualcosa. Si azzardò anche a chiedere a Kate se preferiva che fosse riportata al nido per farla riposare un po' ma dallo sguardo minaccioso di Kate capì di non dover nè ripetere la domanda nè attendere una risposta. 
Gli mostrò quindi il fasciatoio che era nella stanza e i cassetti con il materiale per cambiarla. Rick constatò che quel tipo di pannolini non gli piacevano affatto e si appuntò mentalmente di comprarne un tipo migliore il giorno seguente. Dopo averla fatta mangiare Kate provò ad alzarsi per cullarla un po' ma si sentiva troppo stanca e dolorante per farlo, così come non riuscì a cambiarla lasciando che fosse Castle a pensarci mentre lo osservava muoversi perfetto con le mani agili su quel corpicino che a Kate appariva ancora più piccolo di quanto si immaginava. Poi Lily si addormentò di nuovo e Beckett guardò Castle con uno sguardo che pretendeva di essere capita senza dire niente. Non osava dire nulla, chiedergli quella cosa che le sembrava così poco da lei. Ma ne aveva bisogno e non osava chiederglielo. Castle raccolse il sul sguardo ma non riuscì a capire cosa volesse e lei si spazientì nel non essere compresa, come se la sua idea fosse così assurda anche per Castle e le venne da piangere. Poteva ancora dare la colpa agli ormoni a questo punto? Non lo sapeva. Rick provò a chiederle cosa non andava, se stava male o se avesse bisogno di qualcosa. Lei scosse la testa negando tutto, poi si sposò mettendosi in un angolino di quel letto non così piccolo ma nemmeno troppo grande. Sfregò la mano sul lenzuolo nello spazio vuoto vicino a lei. Castle si alzò e le si sedette vicino prendendole la mano in attesa che lei si calmasse o almeno gli dicesse qualcosa. Non le bastava, perchè non lo capiva? Fece leva sulla sua mano e si sollevò per poi ricadere tra le sue braccia singhiozzando. In pochi minuti il suo umore era cambiato drasticamente. Rick la strinse a se lasciando che quel pianto si placasse. “Penseranno che sono un marito orribile e mi cacceranno via se continui così Beckett”. Lei come unica risposta lo strinse di più. “Non permetterò che lo facciano”. Gli ricordò che qualche ora prima era lei che aveva insistito perché andasse a casa a dormire. Kate sapeva che non l’avrebbe fatto ma in quel momento pensò che se se ne fosse andato lo avrebbe richiamato nel cuore della notte per farlo tornare, facendogli prendere un colpo. Poi Kate trovò il coraggio di chiederglielo “Rimani qui”. Ci furono le loro solite battute a vuoto nelle quali Castle gli disse che non aveva intenzione di andare da nessuna parte e lei si spazientì ancora di più spiegandogli che “qui” era “qui qui” e lui continuava a non capire o a fare finta o forse anche il suo cervello era ancora sotto shock da quella giornata. Quando capì che qui era “letto con me” Castle dovette trattenere una risata fragorosa. Così cominciò uno dei suoi discorsi infiniti su come ora che erano sposati non c’era nulla di male se dormivano insieme e che anche le infermiere visto quello che avevano appena fatto avrebbero dovuto intuire che avevano già dormito insieme e non solo visto come di solito si fanno i bambini e lui ci teneva a sottolineare che lo avevano fatto in modo convenzionale, senza altre pratiche moderne. Quando vide Kate roteare gli occhi e intimargli di stare zitto capì che aveva ottenuto il suo scopo di farla tornare almeno un po’ in se. Si tolse le scarpe e la camicia e a Kate con quella maglietta aderente che aveva sotto parve ancora più bello quando si chinò e diede un altro sguardo alla culla di Lily che avvicinò un po' di più al letto. Poi si sdraiò vicino a Kate che immediatamente si appoggiò contro il suo petto caldo, come sempre, lasciando che la sua schiena diventasse tutt’uno con il torace di Castle che la abbracciava mentre lei si rilassava tra le sue braccia.
“Sai cosa vorrei Castle? Un piatto della tua carbonara. Ma non altre, quella che fai tu. Mi è mancata.” Kate bisbigliava appena per non svegliare Lily. Castle brontolò un po' facendole presente che per ora le sue richieste erano tutte riguardanti cose da mangiare. Si sentiva offeso. Kate pensò che avrebbe mangiato volentieri anche lui, ma si tenne quel pensiero per se. Poi Rick le fece presente come qualche tempo prima, in quella situazione, lei avrebbe cominciato a blaterare su quanto fosse sconveniente farsi vedere così, che erano sempre in un ospedale e che avrebbero dovuto mantenere un contegno, comportandosi da adulti responsabili che erano in grado di controllarsi. Kate si morse il labbro e non rispose, sorrideva e sapeva che anche se Castle non la poteva vedere la intuiva e lei si girò per baciargli il braccio che la cingeva. Forse il problema, se così lo poteva definire, era che Kate adesso sentiva come se si fossero rotti tutti i suoi argini emotivi e no, non si poteva più contenere ma soprattutto non aveva alcuna intenzione di farlo.
Non dormirono più fino alla poppata successiva di Lily. Passarono il tempo a sussurrare discorsi che per il resto del mondo non avrebbero avuto senso ma per loro sì. Scambiarono baci su ogni parte del corpo a loro disposizione e Kate probabilmente baciò tra una parola e l’altra ogni centimetro libero delle braccia di Rick. Era la prima notte della loro nuova vita. Non la potevano trascorrere in altro modo che abbracciati. 
Lily poi pianse di nuovo che era quasi l’alba interrompendo l’idillio dei suoi genitori. Kate la prese e chiese a Castle di non muoversi. Si accomodò di nuovo nella familiare stretta di suo marito che si era sollevato per farla stare più comoda, il posto nel mondo in cui stava meglio e così lui le racchiuse nel suo abbraccio. Guardava Lily mangiare sporgendosi oltre la spalla di Kate appoggiandoci lievemente il mento e lasciando ogni tanto un bacio proprio lì su quella curva che adorava: Rick osservava il profilo perfetto di sua figlia, i suoi occhi grandi ed ancora scuri, era veramente una mini Beckett. Non poteva essere più bella di così, come sua madre. Si ritrovò a sorriderle completamente imbambolato e pensò che se ogni volta le avesse fatto quell’effetto il suo cuore non avrebbe retto ai mesi successivi. 

Era passato già un mese e per ora il cuore di Rick aveva retto anche se ero dovuto passare sopra ad emozioni che lo avevano travolto come uno tsunami.
Tornò Jim la mattina successiva e gli comunicarono il nome della bambina. Non si sorprese ma si commosse. Kate ci tenne che rimanesse anche anche Castle con loro e che gli spiegasse perchè quei nomi. Jim ne fu particolarmente colpito e ringraziò Kate, non le disse perché, ma lei lo sapeva, si erano capiti. Suo padre non le avrebbe mai chiesto di non scegliere un nome ma gli avrebbe fatto male e fu sollevato di sapere che avevano fatto altre scelte ed era intimamente convinto che lo fosse anche Johanna. 
Rick e Jim poi uscirono insieme lasciando per qualche minuto sole Kate e Lily. Piaceva pensare ad entrambi che lei avesse bisogno di stare sola con la sua bimba, per consolidare quel rapporto unico tra madre e figlia. I due uomini si guardarono e poi fu il più anziano a prendere l’iniziativa dando una pacca sulla spalla al genero ed a stringerlo in un inusuale abbraccio, ringraziandolo più volte, con parole sentite, per aver fatto così felice la sua bambina. Rick avrebbe voluto dirgli che era lui che doveva ringraziarlo per aver avergli donato un angelo come Kate, che era lui quello fortunato perchè Kate lo rendeva felice come mai in vita sua e perchè essere amato da sua figlia era il più grande regalo del mondo insieme alla loro bambina. Non riuscì a dirgli nulla però, tranne che rendere felice Kate era tutto quello che voleva. “Grazie per avermi fatto capire che avevo ancora la speranza” gli disse Castle prima di andarsene “C’è sempre speranza Richard”. Jim se ne andò e mentre Rick stava per rientrare da Kate venne preceduto da delle infermiere “controlli di routine” gli disse la più giovane facendogli l’occhiolino, nonostante l’età ne aveva sicuramente visti molti di padri preoccupati come lui. Approfittò per uscire e fare due passi, staccare mentalmente un po' da quel sovraccarico emotivo. Dribblò i fotografi fuori dall’ospedale donandogli solo qualche sorriso di circostanza. Si rifugiò in quella caffetteria dove aveva preso il caffè per Kate tutte le mattine che era rimasta in ospedale. Ordinò due caffè e questa volta esattamente come piaceva a Kate, passò dal fioraio e comprò quel solito mazzo di gigli bianchi e rosa che tanto era stato importante per sua moglie e tornò da lei.
La trovò sola ed un po' malinconica. Si aprì in un sorriso enorme vedendo i fiori ed i caffè. Kate non volle ripensare a quella scena come ad un ricordo triste e doloroso, ma come le prime tappe del ritorno alla sua nuova vita. Bevvero il caffè insieme quella mattina e lo fecero per tutte le altre mattine fino a quel giorno di metà febbraio, sorridendo sempre.

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Capitolo 2
*** DUE ***


Kate si preparò una tazza di caffè dopo che Martha era tornata in camera sua: ormai era diventata bravissima a fare tutto con una sola mano ed aveva già capito che non avrebbe più dormito per quella mattina. 
Bevve il caffè a piccoli sorsi, uno ogni volta che passava davanti al bancone della cucina. Poi Lily si addormentò e potè dedicare qualche minuto a se stessa gustandosi la calda bevanda, alla fine non più tanto calda, in relax: era la prima volta da quando era nata la piccola che non faceva quel rito insieme a Castle. Di solito era lui che lo preparava ad entrambi mentre lei finiva di occuparsi di Lily, ed una volta addormentata di nuovo, lo gustavano insieme. Si ritrovavano uno di fronte all’altra e inevitabilmente finivano per prendersi per mano. Parlavano tanto in quei giorni, forse più di quanto non avessero mai fatto, non gli mancavano nè il tempo nè gli argomenti, ma a loro sembrava che i loro discorsi più importanti li facessero nel silenzio dei loro sguardi. Erano quei 10 minuti tutti per loro che anche Martha aveva imparato a rispettare e li lasciava da soli anche quando affacciata dalle scale ed in procinto di scendere li vedeva ed aspettava. Aveva imparato nel corso degli anni quanto loro due avessero bisogno della reciproca presenza per stare bene, anzi lei spesso si vantava di essere stata la prima a scoprirlo, anche prima di loro, perchè lei, il suo ragazzo, lo conosceva bene e certe cose le aveva viste solo con e per lei. Erano passati anni, eventi drammatici e gioiosi, ma lo sguardo di suo figlio per Kate no. 

La sua mano quella mattina non stringeva quella di Castle, ma teneva ferma sul suo petto sua figlia, addormentata. Le sembrava di essere stata scortese ad avere interrotto il loro rituale proprio quel giorno e si sentì in colpa per averlo fatto. Avrebbe preso un’altro caffè con lui, dopo, non appena si fosse svegliato. Ma nella sua mente non era la stessa cosa. “Ti fai problemi stupidi per cose stupide, Kate!” si ripeteva per convincersi. Dove era andata a finire tutta la sua razionalità e la sua praticità? Da quando tutto era diventato altamente simbolico ed importante? Lily si mosse tra le sue braccia e non ebbe bisogno di risposte. Era lei che aveva cambiato la percezione della sua vita in poco più di un mese, su tutto non solo su di lei. Kate era sempre stata una attenta ai particolari. Era il suo lavoro, cercare i particolari nei contesti generali, erano quelli che la maggior parte delle volte le servivano a risolvere gli omicidi più intricati: particolari pratici e sfumature che facevano cambiare il quadro generale degli eventi. Era brava in questo lo sapeva e non usava falsa modestia per negarlo. C’era però un tipo di particolari che lei credeva fosse una prerogativa di Castle riuscire a scovare, quelli che lui trasformava in storia che davano un senso a cose che a prima vista non lo avevano: i particolari dell’anima. Ora, invece, per Kate sembrava avessero senso anche quelli. Prima non avrebbe mai pensato al fatto che il primo caffè fosse realmente così importante, che in fondo prenderne un altro insieme sarebbe stato lo stesso, sarebbero stati sempre loro due, le loro due tazze, le loro mani, i loro sguardi e i loro silenzi. Ma ora sapeva che non era così, c’era una condivisione che sarebbe mancata, un pizzico di unicità che veniva a mancare che capiva, adesso, come cambiava una storia. Quei particolari che le sembravano invisibili adesso erano chiari. Facevano parte del pacchetto di sensazioni che si acquisiscono diventando genitori insieme all’ansia, la felicità, l’espressione ebete quando si osserva per ore il proprio figlio dormire, la pazienza che sembrava decuplicata e tutto il resto. 

Finì di bere, lasciando sul bancone la sua tazza, prova palese della sua colpa e andò poi nella stanza di Lily dove si sedette sulla sedia a dondolo. Adagiò con cura sua figlia sul suo petto assicurandosi che fosse ben coperta. Dormiva beatamente adesso con la manina protesa verso il suo volto, nemmeno sembrava possibile fosse la stessa che aveva urlato gran parte della notte. Non l’avrebbe mai messa nella culla, non si sarebbe privata di quello stato di beatitudine che le procurava tenerla stretta a se mentre le sue dita scorrevano leggere sulla sua piccola schiena in quel gesto che aveva imparato riusciva a far rilassare tanto sua figlia che lo riceveva quanto lei mentre lo faceva. 
Si era scoperta via via che passavano i giorni molto meno rigida e severa di quanto pensava che sarebbe stata. Lily aveva plagiato anche lei e tutti quei buoni propositi che aveva fatto durante la gravidanza si erano volatilizzati in giro di poco tempo, sgretolando le sue granitiche certezze di quello che avrebbe fatto e non fatto, sempre di più ogni volta che la teneva tra le sue braccia. Si divertivano con Castle a punzecchiarsi su questo argomento con lui che le diceva che era lei che avrebbe viziato la loro figlia e lei che diceva che farlo più di lui sarebbe stato impossibile, però non ne era tanto certa. Eppure pensava che avrebbe dovuto imporsi, fare ricorso a tutta la sua forza di volontà per fare quello che era giusto e non essere alla mercé di Lily come sembrava fossero entrambi in quel primo mese. “Non oggi” però pensava ogni volta che si trovava a pensare queste cose. “Non oggi”. E Lily dormiva sul sul petto.

Quando Castle si svegliò non trovandole nè in camera nè sul divano aprì piano la porta della stanza di sua figlia, e le vide entrambe addormentate, con Kate che anche nel sonno non lasciava la presa sulla sua piccola, in un gesto estremo di protezione. Per Rick quella che aveva davanti era una scena troppo bella per non essere immortalata in una delle migliaia di foto che aveva già fatto loro ma nell’uscire dalla stanza per prendere il cellulare sbattè contro uno dei tanti giochi che le aveva comprato svegliando prima la madre e poi la figlia più che per il rumore per come aveva percepito irrigidirsi il corpo di Kate, come se fosse in perenne guardia pronta a scattare per difendere il sul cucciolo.
Rick la guardò con occhi da altro tipo di cucciolo, scusandosi silenziosamente e ricevendo in cambio non l’occhiataccia che si aspettava, ma un sorriso benevolo. Lily si era già addormentata di nuovo e Kate a quel punto si alzò, seguendolo nella loro stanza. 
Mise Lily nel letto in mezzo a loro, sotto lo sguardo stupito di Castle perché quella era una delle sue poche regole ferree che riusciva a rispettare e lui doveva metterla nel letto con se solo quando lei non se ne accorgeva e li lasciava soli. 
Rick la guardò stupito e lei sorrise imbarazzata. Sapeva bene che questa cosa l’avrebbe usata contro di lei in futuro, ma non le importava. Castle era immobile ai piedi del letto osservandola con un ghigno che nascondeva esattamente quello che lei pensava. 
- Allora Castle cosa fai? Ci raggiungi o stai lì? - gli sussurrò mentre accarezzava la schiena di Lily. Rick non se lo fece ripetere, sdraiandosi nella sua parte di letto e lasciando che la sua mano si intrecciasse con quella di Kate sopra la testa della loro bambina
- Beckett avevi detto che nel letto con me, l’unica donna potevi essere tu!
- Una eccezione, Castle. Non ti ci abituare. - Ma non sapeva se lo stava dicendo a lui o a se stessa. Kate non staccava gli occhi di dosso dalla piccola e una mano di Castle le raggiunse il viso, obbligandola a guardarlo.
- Va tutto bene Kate?
Le fece cenno di sì con la testa, ma gli occhi dicevano altro.
- Se non vuoi, se non ti va, non fa nulla. Non è necessario.
- Oh sì. Lo è. E lo voglio. Però è difficile…
- Solo io e te, per una sera. Poi torneremo ad essere noi tre.
- Non mi devi convincere Castle. Lo voglio anche io.
E si sporsero entrambi scambiandosi un tenero bacio sopra la loro bambina che dormiva tra di loro non accorgendosi di nulla.
- Ehy Kate, è normale quello che provi, vale lo stesso per me. Non è facile la prima volta…
- Secondo me l’ha capito. Per questo ha pianto questa notte. - Kate lo disse con una tale serietà che Castle scoppio a ridere di guasto svegliando Lily che immediatamente fu catturata dalle braccia della madre prima che i lamenti si trasformassero in pianto. Rick la guardò divertito beccandosi ora sì una delle sue occhiatacce.
- Non è certo la prima notte che piange, no? E poi non può saperlo Beckett! E queste sono cose che dovrei dire io! - lo sguardo di Kate si riaddolcì subito. - Però per farci perdonare la nostra fuga romantica la possiamo tenere tutto il giorno nel letto con noi. Ed anche domani e dopodomani!
- Non esagerare ora Castle. - disse seria - Tutto oggi sarà sufficiente per espiare la nostra colpa! - gli fece un occhiolino e lui si avvicinò per prenderle entrambe avvicinandole a se. 
Sarebbe stata una bellissima giornata.

Rimasero a letto gran parte della mattina, alzandosi solo per le incombenze di Lily. La cambiarono insieme, velocemente da perfetta squadra quale erano diventati grazie alla loro naturale sintonia. Kate, che i primi giorni si sentiva un po' impacciata, sempre insicura se il suo lavoro fosse fatto bene era ormai diventata una professionista di cambio pannolini seguendo le istruzioni precise di Rick che non perdeva occasione per punzecchiarla di quando non si voleva nemmeno avvicinare ai bambini e al piccolo “Cosmo” e lei rispondeva sempre piccata allo stesso modo “Non era nostra figlia” ricordandogli che gli aveva sempre sempre detto che con il loro bambino sarebbe stato diverso. E non poteva esserlo di più. 
Rick le accarezzava i capelli mentre lei faceva lo stesso sulla schiena di Lily. Erano tutti e tre estremamente rilassati.
- Sai la prima volta che ho lasciato Alexis sola con Meredith non sono riuscito a chiudere occhio. Dovevo andare a Toronto per promuovere un libro; all’epoca le cose non andavano sempre così bene come adesso, erano i primi romanzi di successo e dovevo per forza fare certe cose…
- Era piccola?
- Quattro mesi. Vissuti quasi in simbiosi io e lei. Fu un trauma quella mattina andare via.
Kate gli strinse la mano. Con lei era diverso, lui lo sapeva, ma lei voleva ricordarglielo in ogni momento.
- Quanto sei stato via?
- Tre giorni. I più lunghi fino a quel momento della mia vita. Quando tornai però trovai tutto stranamente troppo in ordine e mi sorpresi di come Meredith si fosse impegnata. Mi ero illuso che andandomene si fosse responsabilizzata, che avrebbe finalmente fatto la madre. Ero contento. Invece dopo qualche giorno scoprii che aveva preso una baby sitter che stava con Alexis tutto il tempo. Fu una delusione immensa.
- Alexis è stata fortunata ad avere te sempre vicino, come lo sarà Lily. 
- Lei sarà più fortunata, perché avrà te. Alexis ha sempre avuto solo me. Stavamo lontani solo quando scrivevo, Alexis odiava il rumore della tastiera, si svegliava subito e piangeva. Non come lei - Sorrise accarezzando il dorso della mano la testolina della figlia: Lily invece sembrava amare sentire il padre scrivere. Era come ipnotizzata dal quel ticchettio ritmico e si addormentava beatamente. Una notte, poco dopo che avevano fatto questa scoperta, quando Lily non voleva dormire, Kate spazientita gli intimò di scrivere, ma Castle si lamentò dicendo che non aveva ispirazione. “Scrivi qualsiasi cosa Castle! Anche parole senza senso!” Erano i momenti in cui Kate si faceva prendere dal panico perdeva la sua solita ragionevolezza. A nulla valsero le sue proteste che non era la stessa cosa, le portò il notebook e lui cominciò a scrivere cose a caso e come aveva previsto il risultato fu deludente. Le stava per dire “Te l’avevo detto” quando uno sguardo di lei lo indusse a tacere. E continuarono la loro notte insonne. Castle pensava che il fatto che Lily amasse sentirlo scrivere voleva dire che aveva un’innata predisposizione alla scrittura anche lei, lo aveva detto a Kate fantasticando su come la loro sarebbe diventata una dinastia di scrittori con la loro bambina che avrebbe vinto tutti i più importanti premi letterali mondani e loro sarebbero andati ad applaudirla ad ogni cerimonia come una coppia di genitori orgogliosi ed emozionati. Kate adorava sentire i suoi sproloqui e sentirlo fantasticare sul loro futuro che nella mente di Castle era sempre splendido: nonostante tutto lui non aveva mai perso intimamente il suo ottimismo e continuava a vedere sempre il bene ed il bello.

Per Kate non era sempre così, gli incubi sul futuro la attanagliavano spesso. Anzi non aveva mai avuto tanta paura del futuro come da quando era nata sua figlia. C’erano momenti nei quali i suoi fantasmi la colpivano alle spalle avvolgendola con le loro spire e lei si ritrovava a guardare la sua piccola chiedendosi se sarebbe mai riuscita a tenerla al riparo da tutto quello che aveva afflitto per anni la sua vita, se fosse stata in grado di proteggerla dal dolore e dalle sue stesse paure. Rick se ne accorgeva ogni volta che accadeva, vedeva Kate cambiare espressione all’improvviso e perdersi nei suoi pensieri che la portavano lontano, indietro nel tempo. La stringeva a se, spesso dovendo anche lottare con il suo non volersi far sorprendere così e non c’era bisogno che le dicesse nulla, lei sapeva tutto quello che le stava trasmettendo con un abbraccio, quello che voleva che lei sentisse. Erano passati mesi da quando per la prima volta in ospedale aveva provato quella paura, non appena aveva saputo di essere incinta, ma non riusciva a metterla da parte far finta che non ci fosse nel suo animo quel terrore inconscio che sua figlia potesse rimanere sola: era quello il suo incubo peggiore, che Lily si trovasse ad affrontare la sua stessa sensazione di smarrimento. Kate in fondo non aveva mai temuto realmente per la sua vita: si era buttata a capofitto in situazioni pericolose e più grandi di lei senza pensarci troppo, senza veramente pensare alle conseguenze dei suoi gesti nè quello che avrebbero voluto significare per le altre persone, per chi le voleva bene. In realtà si rendeva conto che spesso non aveva nemmeno prestato troppa attenzione ai sentimenti di Castle, rischiando la sua vita senza considerare il dolore che poteva provocargli con le sue scelte e pensandoci questo la faceva sentire terribilmente colpevole perchè sapeva che lui si sarebbe meritato molto di più per tutto l’amore incondizionato che le aveva sempre dato. Ora però era diverso doveva imparare a convivere con una nuova paura, paura per se stessa. Ora Kate sapeva che doveva essere attenta e vincere la sua impulsività, perchè c’era la sua bimba che dipendeva da lei e la sua stessa vita ora, la considerava importante come non mai, non per se, ma in funzione di Lily. Doveva imparare a proteggersi per lei.
In quelle prime settimane Kate si era ritrovata a vivere letteralmente in simbiosi con sua figlia e la cosa sembrava non procurarle nemmeno tutti quei fastidi che tutti le avevano detto sarebbero stati normali. Non le pesava dormire poco nè svegliarsi spesso: certi giorni era stanca, certo, ma era una stanchezza che osava definire soddisfacente, la faceva sentire bene. Lei si era sempre saputa ben adattare a dormire poco, fare orari particolari, levatacce e brusche interruzioni nel cuore della notte e non era mai stato per motivi piacevoli, ma solo per andare a far visita a qualche cadavere abbandonato chissà dove. Ora, invece tutto questo lo faceva per la ragione più importante della sua vita, come poteva lamentarsene? No, non lo faceva e non lo avrebbe mai fatto. 

Ora Kate guardava Castle che si era addormentato di nuovo beatamente insieme a Lily. In quei momenti tutte le sue paure sparivano e poteva pensare solo a quanto era fortunata. Aveva vicino a lei un marito fantastico che non perdeva occasione per dimostrarle quanto la amava ed una bambina bellissima che era diventata subito il centro del suo universo. Lei, quella che si era sempre considerata una persona non adatta a gestire i bambini, pensava adesso che non c’era niente che la faceva sentire viva di occuparsi di sua figlia. Kate sapeva che non era solo una madre, non aveva mai voluto sentirsi solo così nè ridursi a quello, per limitare la sua esistenza ad una sola definizione, ma si sentiva incredibilmente completa ad essere, adesso, la madre di Lily.  
Questo era stato uno di quegli argomenti che Castle aveva sempre trattato con molta delicatezza con lei, da subito dopo il parto, appena tornata a casa. Non aveva mai smesso, nemmeno per un momento, di apprezzarla come donna e non era una cosa che si doveva sforzare troppo per fare, anzi. Non le faceva mai mancare le sue attenzioni ed i suoi complimenti, una carezza, un bacio o un gesto di affetto. L’amava come moglie innanzi tutto, poi come madre di sua figlia. Rick l’aveva incoraggiata dopo i primi giorni nei quali Kate non si separava mai da Lily a cercare i suoi spazi. Beckett all’inizio non capiva perché Rick insistesse tanto su questo, l’aveva interpretato come un volerla allontanare da sua figlia, portando al massimo quei sensi di leonessa che doveva difendere il territorio e i cuccioli. Così Kate aveva detto cose che non pensava, arrivando ad accusare Rick di non saper condividere le attenzioni per sua figlia con un’altra persona, rinfacciandogli i suoi trascorsi con Meredith ed Alexis. Lo aveva ferito e lo sapeva. Se ne era pentita subito pur facendo difficoltà ad ammetterlo. Aveva buttato sale su una ferita ancora aperta nonostante il tempo passato e sapendo bene quanto quell’argomento fosse delicato per lui. Poi avevano anche discusso più o meno animatamente allontanandosi da lei per non turbarla e nel bel mezzo della discussione realizzarono quanto era stupido tutto quello. Lily però dormiva, fregandosene della prima vera discussione dei suoi genitori da quando lei era nata, mentre Martha le raccontava in un sussurro che anche se facevano così loro due si amavano molto solo che erano due testoni che a volte erano intrattabili, ma quello doveva rimanere un discorso tra nonna e nipote.
Nei giorni seguenti a quella discussione, Kate cercò in tutti i modi di farsi perdonare da Rick e cominciò anche a ritagliarsi degli spazi per se. Si convinse ad uscire, per un po', a fare almeno una passeggiata. Lui l’avrebbe voluta accompagnare ma Kate fu irremovibile su questo: uno di loro due doveva rimanere con Lily e se non c’era lei ci doveva essere suo padre. Uscì dopo averla allattata, mentre Rick la stava facendo addormentare, dando un bacio ad entrambi. Si avvolse nel cappotto e lasciò che il freddo le pungesse il viso, risvegliando i sensi. Fu strano trovarsi sola nella frenetica mattina newyorkese senza meta e senza dover fare nulla, camminando ad un ritmo molto più lento di quello che era solita avere che ancora non aveva ripreso, con la mente continuamente rivolta al loft, a Rick e a Lily, ma si imponeva di andare avanti, di camminare e di pensare a se stessa.
Entrò quindi in una caffetteria ed ordinò il suo amato caffellatte alla vaniglia ed una ciambella. Bevve la calda bevanda assaporandone il gusto come chi da tempo non lo può fare, come se in quel bicchiere oltre che il caffelatte ci fosse molto di più, il senso di ritrovarsi, e mangiò la ciambella guatandosela, leccandosi le dita ancora impiastricciate dallo zucchero, riscoprendosi lei stessa bambina in quel gesto istintivo. Le fece bene. Passò poi in libreria e scivolò tra uno scaffale e l’altro cercando qualcosa di interessante da leggere. Adocchiò un paio di libri gialli ma poi ci rinunciò: erano troppo grandi, non avrebbe mai avuto il tempo e la voglia di dedicargli tante attenzioni in quel periodo. Così optò per un più piccolo romanzo, nello scaffale dei giovani autori emergenti che la libreria promuoveva: era stata attirata dalla copertina, dai colori pastello sfumati e sì, lo sapeva che i libri non si giudicano dalla copertina, però le sembrava che fosse molto in linea con la sua anima in quel momento: leggera dai contorni tenui sfumati.
Quando rientrò a casa era felice e si sentiva rigenerata da quell’ora o poco più dedicata a se stessa. Ancora una volta Rick aveva dimostrato di conoscerla meglio di quanto lei conoscesse se stessa, sapendo esattamente di cosa avesse bisogno. Si affacciò alla loro camera e trovò Castle addormentato con Lily che dormiva sul suo petto. Era solo la prima di tante altre volte che li aveva visti così, ma lui non lo sapeva e lei non aveva nessuna intenzione di dirglielo, ma custodiva gelosamente quell’immagine di suo marito e sua figlia addormentati insieme come due cuccioli.

Kate accarezzò la fronte di Rick, scostandogli i capelli e lui si imbronciò un po’ di più ed allungò la mano a cercarla, come faceva sempre, da sempre. Si sdraiò e si rilassò anche lei, vicino a loro, continuando a guardarli dormire, per quei pochi minuti che Lily gli avrebbe ancora concesso, pensò guardando l’orologio e convinta che di lì a poco avrebbe voluto mangiare di nuovo.

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Capitolo 3
*** TRE ***


Kate si risvegliò sentendo il profumo della pancetta che sfrigolava entrare in camera dalla porta lasciata socchiusa. Ebbe un momento di confusione, non rendendosi conto di che ora era, poi guardò la sveglia e si rese conto che l’ora di pranzo era già passata ed anche quella della poppata di Lily! Andò per un attimo nel panico: sua figlia si era svegliata, aveva pianto e lei non l’aveva sentita? Nel letto era sola, non c’era Castle e nemmeno Lily era più lì. Si alzò scattando come una molla e quando la vide riposare beatamente nella sua culla si rassicurò. Andò in bagno cercando di fare il meno rumore possibile, si rinfrescò il viso e poi seguì come un cagnolino affamato l’invitante profumo che veniva dalla cucina. Si soffermò a vedere suo marito ai fornelli, intento a cucinare per lei. Vedere Castle occupato a prepararle il cibo era sempre un’immagine che stuzzicava le sue fantasie, adorava vederlo così ed allo stesso tempo le riportava spesso alla mente il giorno che Caleb aveva sparato ad entrambi. Era un argomento, quello, ancora tabù per loro e nessuno dei due aveva voglia di riprenderlo. Scacciò tutti i pensieri negativi e in silenzio, appoggiata allo stipite della porta, lo guardava spadellare la pancetta e mescolare energicamente le uova in un’altra ciotola. Si morse il labbro soddisfatta, avendo già capito cosa le stava preparando e già sentiva l’acquolina in bocca.
Si avvicinò piano a lui che, indaffarato, non si accorse di lei che ormai gli era alle spalle. Aspettò che poggiasse la ciotola sul mobile e poi lo abbracciò da dietro, facendo aderire il proprio corpo alla sua schiena, regalandogli poco casti baci sul collo, mentre con le mani gli accarezzava il torace prima sopra la maglietta, poi infilando furtivamente una mano sotto, per sentire la sua pelle.
Rick colto di sorpresa la lasciò fare, chiedendosi cosa avesse fatto per meritarsi simili attenzioni: qualsiasi cosa fosse doveva saperla perchè l’avrebbe fatta tutti i giorni.
Sentiva la sua mano delicata solleticargli la pelle e la sua bocca morbida lambirgli il collo. Inclinò la testa di lato per lasciarle più spazio d’azione. Il pranzo poteva aspettare. Kate si avvicinò all’orecchio di Rick percorrendo il contorno con leggeri baci e poi prendendo delicatamente il lobo tra i denti provocando in suo marito un brivido di piacere che non riuscì a nascondere.
- Ti amo - gli sussurrò prima di poggiare la testa sulla sua spalla. Castle rimase fermo per qualche istante, poi prese la mano di Kate e si voltò verso di lei, alzò il suo mento per incrociare i loro sguardi, le accarezzò le labbra con l’indice e poi si chinò a baciarla, dolcemente senza nessuna frenesia, fino a quando lei si appoggiò sul suo petto e si lasciò abbracciare, facendosi avvolgere completamente dalle sue braccia. 
- Ti amo - gli ripeté con la bocca contro il suo corpo, con la voce che si perdeva tra la sua camicia. Aveva sentito l’irrefrenabile desiderio di dirglielo, di lui, di fargli capire quanto lo amava. E voleva ripeterglielo per far sì che lui lo sentisse ma che quelle parole fossero altrettanto chiare anche a lui.
- Ti amo anche. Infinitamente. - la baciò tra i capelli stringendola ancora di più a se. - Ma Beckett, a cosa devo questo slancio? È l’odore della pancetta? 
Kate gli diede un colpetto sul fianco provocando in Rick una reazione spropositata, poi si sciolse dal suo abbraccio osservò tutti gli ingredienti e l’acqua sul fuoco: sarebbe stata ulteriormente ricompensata con la sua carbonara speciale. 
- Lily l’ho fatta mangiare io… - disse mentre finiva di preparare
- Potevi svegliarmi… Non l’ho nemmeno sentita piangere… - Kate fissò le sue mani che si torturavano nervosamente a vicenda. Era la prima volta che le accadeva.
- Non l’hai sentita perché non ha pianto. Si è svegliata sorridendo, siamo venuti qui, abbiamo giocato insieme con quel pupazzetto lì e poi ha mangiato. - Kate prese dal bancone della cucina quel coniglietto bianco e lo portò sul viso ispirando il suo profumo che era lo stesso di sua figlia. Rick nel frattempo si era avvicinato a lei, le tolse il pupazzo dalle mani e le strinse nelle sue.
- L’ho cambiata e rimessa a dormire, evidentemente la notte in bianco non ha distrutto solo noi, è stanca anche lei. Ed anche tu avevi bisogno di riposare. - Le disse poi accarezzandole il viso - Ti voglio in perfetta forma per stasera, signora Castle!
Kate sorrise e baciò l’interno della mano di Rick appoggiandoci poi il volto. Sapeva sempre cosa dire e cosa fare per farla stare meglio e sciogliere i suoi dubbi e le sue paure.
Martha era uscita così si godettero quel pranzo in solitudine, non era il caffè che non avevano preso, ma i gesti erano gli stessi, le stesse mani che si sfioravano e gli sguardi che si fondevano ogni volta che si incrociavano. Si poteva essere ancora così dopo anni che stavano insieme? Era una domanda che si ripetevano spesso, senza mai dirselo, e la risposta per entrambi era sempre la stessa: sì, si poteva o almeno loro potevano farlo.
Ormai per Kate magiare la carbonara, sarebbe stata per sempre legata ad un giorno preciso, il giorno che lei e Lily erano tornate a casa. Lo aveva espressamente chiesto a Castle e lui non si era di certo sottratto ad esaudire un desiderio così banale, visto che se avesse voluto avrebbe ribaltato il mondo per lei.

Dopo il primo giorno dove le visite si erano ripetute quasi senza sosta, Rick era riuscito a tenere tutti a distanza di sicurezza da Kate ed in attesa che Alexis riuscisse ad arrivare a New York, solo Martha e Jim passavano di tanto in tanto a trovarla in ospedale in quei due giorni successivi prima delle sue dimissioni. Jim si distingueva sempre per la sua compostezza e riservatezza: gli bastava poter vedere che la figlia e la nipotina stessero bene ma era Kate che insisteva perché si fermasse più a lungo e lui lo faceva, per rendere felice la figlia, ma esprimere le proprie emozioni, in quel contesto, lo trovava estremamente difficile. Erano giorni per lui densi di ricordi e sentimenti contrastanti, che andavano dalla grande felicità alla profonda tristezza per non poterla condividere con l’unica persona che lo avrebbe capito con uno sguardo, ma tutto questo lo doveva lasciar fuori dalla stanza di Kate, proteggerla da ogni suo pensiero negativo, eppure ogni volta che la vedeva con Lily in braccio la sua mente non poteva evitare di confondere le immagini e sovrapporle pericolosamente.
La persona che però in quei giorni più sorprese sia Rick che Kate fu Martha. 
Martha l’estroversa, l’eccessiva, l’attrice, la primadonna, la protagonista. Martha che era entrata in camera di Kate in silenzio, stringendo un lembo del suo vestito di paillettes nascosto sotto la vistosa pelliccia la mattina dopo la nascita di Lily. Martha che osservava Kate e Rick parlare senza osare disturbarli mentre Beckett teneva tra le braccia sua nipote e suo figlio la accarezzava dolcemente. Martha che per la prima volta si commosse tanto da rimanere senza parole e non riuscire nemmeno a recitare la sua parte come al solito. Martha che era per una volta solo Martha, una madre ed una nonna.
Martha che non era riuscita a trattenere l’emozione nel vederli così, come una famiglia felice, nella più normale delle immagini, ma lei sapeva bene che per loro la normalità era una cosa eccezionale, qualcosa che avevano spesso rincorso inutilmente, per colpa loro, del destino del mondo o chissà. Martha che osservava Richard prendere in braccio Lily da quelle di sua moglie e lo rivedeva bambino e poi ragazzo in uno scorrere del tempo che arrivava all’uomo che era diventato. Martha che in lui vedeva sempre il suo Richard Alexander Rogers, che il tempo ed il successo aveva solo nascosto dietro la maschera di quel Richard Edgar Castle che era per molti aspetti così dissimile dal suo ragazzo. 
Lo osservava con gli occhi di una madre, quegli occhi che forse lo avevano guardato così troppe poche volte, e lo vide diverso da come si aspettava. Non era il Richard impaurito ma spavaldo che teneva tra le braccia Alexis appena nata, mosso dall’incoscienza dei vent’anni, quando tutto ti sembra possibile fin tanto che sei ottimista. Non era nemmeno il ragazzo che voleva nascondere la paura di dover crescere una bambina da sola e si voleva mostrare forte a tutti i costi mentre la stringeva incapace di consolarne il pianto. Vedeva, adesso, forse per la prima volta, come il suo ragazzo, l’eterno Peter Pan, era un uomo, un padre ed un marito, era parte di quella famiglia che tante volte aveva cercato e non era mai riuscito a costruire. Ora non era così, ora vedeva chiaramente come loro tre erano qualcosa di diverso da quello che Richard aveva sempre avuto. Avrebbe potuto dire, sotto giuramento, che vedeva tra di loro i fili che li univano, che li rendevano qualcosa di unico, che non erano tre persone, ma un’entità e sarebbe stata così convincente nell’enunciare la sua tesi che avrebbe convinto qualsiasi giuria, non con le sue doti di attrice navigata, ma con la sincerità delle sue parole, perché quello era palese e visibile a tutti ne era certa. Le scese una lacrima, “una furtiva lagrima” pensò in un’attacco di melomania, vedendo suo figlio e la sua famiglia, quella che lui avrebbe sempre voluto, prima da lei che era sempre stata troppo presa dal suo lavoro e dalla necessità di tirare avanti e non fargli mancare nulla per accorgersi che in realtà quello che gli mancava non era nulla di materiale e che poi avrebbe voluto per Alexis, senza essere stato capace di dargliela e non si era mai messo del tutto l’anima in pace per questo, Martha lo sapeva. Aveva raccolto fin troppo distrattamente, per quello che avrebbe dovuto, molti dei suoi sfoghi nei quali si colpevolizzava per non essere riuscito ad evitare a sua figlia il suo stesso disagio di non crescere in una famiglia completa, confidandole in un sol momento che anche lui aveva vissuto male quella situazione, come se ce ne fosse stato bisogno, come se lei non aveva compreso fin troppo bene i silenzi di quel bambino che si rifugiava nei suoi mondi immaginari.
Martha aveva sofferto per loro, in silenzio spesso, nascondendosi dietro la sua esuberanza ed eccentricità, perché uno strato di paillettes e qualche boa colorato coprivano bene l’anima e l’aiutavano ad entrare nel ruolo, ma aveva sofferto. Prima che finalmente si mettessero insieme vedendo suo figlio struggersi per quell’amore non corrisposto e disposto a rischiare la vita per lei al punto di non considerare come le sue azioni avrebbero avuto ripercussioni su di lei, certo, ma soprattutto su Alexis. Lo aveva visto cambiare per lei, fare cose che non pensava mai il suo ragazzo avrebbe potuto fare e qualche volta sorrideva pensando che, anche se non lo aveva mai conosciuto, una parte dei geni di suo padre erano in lui e Kate li aveva portati a galla. Per lei era stato chiaro da subito come quell’allora ragazzina aveva sconvolto la vita mondana e monotona del suo ragazzo, portando quel qualcosa in più che lui aveva sempre cercato, gli aveva dato uno scopo, un modo per sentirsi utile, mentre si stava prendendo inconsapevolmente una parte di lui sempre più grande, senza che nemmeno lui se ne accorgesse subito: il suo cuore. 
Martha aveva avuto paura per loro. Singolarmente e come coppia. Per le loro vite, per il loro futuro. Perché certo, Richard era suo figlio e la sua incolumità era la cosa che inconsciamente da madre la preoccupava di più, ma non poteva non avere allo stesso modo a cuore le sorti di Katherine, perché si era resa conto, già da molti anni, che senza lei, sarebbe morta anche una parte di lui, la migliore. Aveva visto come prima cosa la sua paura di perderla quando le doveva confessare che aveva riaperto il caso di sua madre, quando ancora cercava scuse e negava anche lui a se stesso il vero motivo per cui lo faceva, poi aveva letto il vero terrore e l’angoscia nelle ore di attesa in ospedale dopo che le avevano sparato ed il suo spegnersi lentamente quando lei lo teneva a distanza. Le era sufficientemente chiaro come la felicità e la vita di suo figlio fossero legate a quella di quella testarda detective ed aveva sempre fatto il tifo per loro, per vederli felici entrambi, perché sapeva che era l’unico modo per vedere realmente sereno e completo suo figlio. Lei era quella giusta, Martha lo sapeva.
C’era stato poi il tumultuoso ultimo anno, nel quale anche il suo più scintillante ottimismo aveva vacillato. La loro separazione era stata un fulmine a ciel sereno, aveva realmente temuto di non aver capito nulla di quella ragazza negli anni: come poteva lasciare il suo Richard così, dopo quello che avevano passato insieme, quando erano finalmente sposati e felici? Ma, più di tutto, aveva temuto di perderli entrambi, senza sapere che erano già in tre, perché c’era già con loro quella piccola bambina che li teneva uniti ed aggrappati alla vita più che mai, che combatteva con loro per il suo futuro, quella bambina che ora era tra le braccia di suo figlio e continuava a tessere quel filo che univa loro tre indissolubilmente.
Kate si accorse della sua presenza e le sorrise, Martha, allora, si schiarì la voce attirando anche l’attenzione di suo figlio, ricacciando indietro un impertinente lacrima ed avvicinandosi a loro briosa, come erano abituati a vederla. Rick le mostrò Lily ancora non totalmente addormentata, che si muoveva con le braccine che strusciavano sul suo viso e sul petto del padre. Ne rimase estasiata, come tutti quelli che l’avevano già vista e l’avrebbero vista in seguito e quando aprì per qualche istante i suoi grandi occhi e la fissò le sembrò realmente una bambina talmente bella da essere stata dipinta per mano di qualche celebre pittore. 
Rick non riusciva a togliersi quel sorriso entusiasta dal volto mentre aspettava un commento di quella madre stranamente a corto di parole e Kate osservava i due intenerita dalla scena. Era la prima volta che Castle presentava a qualcuno sua figlia, l’aveva lasciata sola con Jim e con Lanie era sembrato quasi intimidito, colto alla sprovvista in un momento che era solo loro. Con sua madre, invece, aveva visto quel Castle che immaginava sarebbe stato da lì in poi con tutti, l’orgogliosissimo padre che mostra l’erede. Rimase anche lei colpita dal silenzio emozionato di Martha che si limitò ad accarezzare prima Lily e poi più a lungo suo figlio, gesto che non passò inosservato nè a Rick nè a Kate. 
Lily si addormentò subito e Castle l’adagiò nella culla accostandola al letto di sua moglie e fu solo allora, quando vide Kate sollevarsi per rimboccare le coperte a sua figlia, in un gesto tanto inutile visto che lo aveva appena fatto Rick, quanto istintivo, che si lasciò andare ai suoi complimenti alla coppia e a decantare la bellezza della nipote per la quale già vedeva aprirsi le porte di Hollywood, perché una neonata con quel viso sarebbe stata sicuramente una splendida donna capace di far capitolare ogni regista, del resto sulle qualità di attrice non c’era da aver dubbi, visto che i geni erano anche i suoi. Parlò poi della sua prima e di come era andata splendidamente, degli applausi ricevuti e di come dovesse andare per prepararsi alla replica di quella sera stessa. Osservò ancora brevemente la nipote dormire, salutò con un caloroso abbraccio Kate e suo figlio e poi uscì, promettendo a se stessa che avrebbe fatto di tutto per non trascurare la sua nipotina, come aveva fatto con Alexis nei primi anni di vita.
Tutti ormai avevano conosciuto Lily, tranne Alexis ancora bloccata a Philadelphia nonostante tutti i suoi tentativi di liberarsi immediatamente e se Rick faceva di tutto per non farsi adombrare minimamente quei giorni da nessun evento Kate sapeva che non avere lì Alexis era qualcosa che minava la sua completa la felicità. Avevano parlato molto a telefono padre e figlia, con Castle che raccontava alla sua rossa ogni cosa della sorellina e non poteva trattenere tutto il suo entusiasmo. La ragazza aveva parlato a lungo anche con Kate, scusandosi più volte per non essere lì ed esprimendo tutta la sua gioia per loro e Beckett fu grata che per telefono Alexis non riusciva a percepire il suo imbarazzo nel parlarle di sua sorella. Avrebbero dovuto parlare, poi, in futuro da sole, c’erano molte cose che aveva capito di doverle dire e spiegare.
Arrivò poi il giorno più atteso, quando finalmente poterono tornare a casa ed un misto di emozione e paura si impossessò di Kate, perché fino a che erano lì erano protetti da quel territorio neutrale che era l’ospedale, dove tutto era ancora nuovo. Poi, invece sarebbero stati a casa, sarebbero stati nella loro casa, come una famiglia vera. Ancora questa idea la eccitava e terrorizzava. L’idea di diventare loro una famiglia si era infine concretizzata e per lei era una gioia che nascondeva tutte le sue paure per ogni cosa di bello che capitava nella sua vita. Rick si era accorto della sua inquietudine, anche se non sapeva di preciso cosa la provocava, ma cercava in ogni caso di tranquillizzarla “Andrà tutto bene” le ripeteva e lui come sempre ne era convinto. Rick aveva poi dovuto comunicarle che fuori c’erano molti giornalisti che li stavano aspettando e questo mandò ancora più in apprensione Kate che tutto quello che riuscì a dire guardando Lily dormire ignara di tutto nella sua culla fu “Non voglio darla in pasto ai giornalisti”. La rassicurò, per quel che gli era possibile, garantendole che nessuno avrebbe mai pubblicato una foto della loro bambina, di questo poteva starne certa, così come era stato per Alexis, però per loro sarebbe stato inutile scappare, li avrebbero aspettati a casa e poi ogni volta che sarebbero usciti per rubare qualche scatto. 
Vestì Lily con una calda tutina che avevano scelto insieme, una cosa semplice senza pizzi e merletti una pratica tutina rosa da neonata, e la mise nella culla che aveva portato Rick, la coprì con la coperta bianca e gialla comprata negli Hamptons e la accarezzò dolcemente prima che Castle la prendesse e, cingendo le spalle di Kate, si avviarono verso l’uscita. Si concessero, alla fine, per alcune foto mentre l’autista sistemava al sicuro dentro l’auto la culla con la bambina senza che Kate riuscisse a togliere lo sguardo dalle sue mosse: era di fatto la prima volta che qualcuno si occupava di sua figlia che non era nè lei nè Castle e lo aveva fatto un autista, sebbene fosse una persona che aveva la loro piena fiducia, ma per guidare l’auto, non per occuparsi di sua figlia neonata. Fece un respiro profondo imponendosi di stare calma ed abbozzò anche un sorriso più per nervosismo che spontaneo. Evitarono di rispondere ad ogni domanda e regalarono ai fotografi anche un bacio sfiorandosi appena le labbra, prima di salire anche loro a bordo ed andare verso casa, finalmente, in tre.
Kate conosceva sua marito e le sue manie megalomane lo aveva quindi pregato cercando di essere assolutamente convincente, di non organizzare niente per il loro ritorno a casa. Voleva solo stare con lui, con la loro bambina, a casa loro. Rick si era dimostrato stranamente accondiscendente. Non aveva dovuto insistere sulla cosa e lei si era invece già preparata ad una battaglia dialettica con lui smontando ogni sua idea e preparandosi a dovergli fare delle concessioni per venirsi incontro. Così quando lui gli disse “Va bene” lei non lo aveva nemmeno processato mentalmente, continuando a spiegargli perché non voleva feste o party di alcun genere e smise di parlare solo quando si accorse che lui la guardava con aria veramente divertita ascoltando tutte le sue argomentazioni rispondendo sempre “Sono d’accordo”.
Fu strano per loro trovarsi davanti alla porta di casa, con Castle che teneva saldamente la culla con dentro Lily che cominciava a svegliarsi e Kate che si aggrappò con forza al suo braccio libero, bloccandolo prima che aprisse la porta, come se avesse bisogno di un altro respiro, di un altro istante. Era felice, tanto. Troppo. Aveva paura di quella felicità tanta quanto di aprire la porta di casa ed entrare. Non c’era niente dietro, nessun pericolo, se lo ripeteva ma non riusciva a convincersi completamente. Era quella la sensazione costante di paura per quello che può accadere che le aveva detto Rick più volte che avrebbe provato diventando genitore? No, non era quella in quel caso, lo sapeva. Era la mente che tornava indietro ad una mattina in cui era altrettanto felice, nella quale si sentiva altrettanto pronta a ricominciare una nuova vita, esattamente come stava per fare. Cercò lo sguardo di Rick sperando di trovarci un rassicurante appiglio ed invece ci vide la sua stessa paura inconscia che non avevano il coraggio di confessarsi, perché ancora non avevano avuto il coraggio di parlarne. In uno di quei loro momenti di connessione rivolsero entrambi lo sguardo verso la culla dove Lily era ormai quasi del tutto sveglia e cominciava a lamentarsi. Si guardarono di nuovo ed annuirono, per darsi coraggio, per dirsi che lo dovevano fare, ma un attimo prima che Rick aprisse la porta questa si spalancò facendo quasi avere un mancamento ad entrambi prima di rendersi conto che era Alexis, che era tornata a casa per fargli una sorpresa. Castle rimase immobile sulla porta con un sorriso ebete sul viso stringendo sempre la culla con Lily dentro, mentre Alexis andò ad abbracciare una Kate veramente felice di vedere la figlia maggiore di Rick a casa. Quel pensiero spontaneo la sorprese con la facilità con la quale lo aveva formulato: Alexis era la figlia maggiore, non più solo la figlia di Rick. Appena entrati Kate prese la culla con Lily, lasciando così Castle libero di poter abbracciare Alexis, che però sembrava veramente intenzionata a conoscere sua sorella più di ogni altra cosa, così lasciò che fosse suo padre a presentare le sue e lui tutto orgoglioso mostrò la piccola ad Alexis che ne fu incantata al pari di tutti gli altri: allungò le braccia istintivamente verso suo padre per prendere in braccio la sorellina, ma Castle invece che avvicinarla si ritrasse voltandosi a guardare Kate che gli sorrise e fece un cenno affermativo con la testa, quindi adagiò la piccola tra le braccia di sua figlia e dovette faticare molto per non commuoversi vedendole insieme. “Carbonara per pranzo?” Chiese Rick con una domanda retorica, ben sapendo che era quello che Kate desiderava, raccogliendo consensi da parte di tutte le altre donne della sua famiglia e si mise a cucinare, mentre Alexis, Martha e Kate erano sedute sul divano a riempire di attenzioni la piccola Lily. Castle guardò per qualche istante tutte le donne della sua vita: era un uomo fortunato.

Rick e Kate riuscirono a finire miracolosamente la loro pasta prima che Lily si svegliasse di nuovo, reclamando le attenzioni della sua mamma che si alzò di corsa dal tavolo per non farla piangere un secondo in più del tempo necessario per raggiungerla. Nel prenderla sospirò guardandola, chiedendosi per quanto tempo ancora ogni volta che la vedeva avrebbe provato quel senso di farfalle nello stomaco. “Sempre” le diceva la sua voce interiore e temeva che avrebbe avuto ragione. In poco più di un mese era cambiato tutto nella sua vita, ma da quando aveva preso in braccio Lily per la prima volta, non era cambiato nulla. Adorava quando poggiava la mano sul suo viso mentre l’allattava o solo la teneva stretta a se, le ricordava quel senso di possessività nei suoi confronti che aveva sempre avuto Castle e lei le sussurrava sempre, senza farsi sentire da lui, che non si doveva preoccupare, perché sì, era tutta sua e sorrideva al pensiero della faccia che avrebbe fatto Rick a sentire quelle parole, prima o poi avrebbe fatto apposta a farsi scoprire, solo per poi fargli capire che era anche sua, ma in modo completamente diverso. Si morse il labbro pensandoci mentre Lily era ormai sazia e le regalò quello che Kate interpretò come un sorriso, come se anche sua figlia avesse potuto leggere i suoi pensieri in realtà poco adatti per una bambina.
Tornò da suo marito tenendo Lily in braccio che guardava vispa il mondo oltre la sua spalla sulla quale era placidamente appoggiata.
- Vuoi che ti preparo qualche altra cosa? - Le chiese Rick premuroso come sempre, visto che avevano interrotto il loro pranzo appena finita la pasta, mentre si avvicinava per coccolare un po’ sua figlia e sua moglie.
- Sto bene così, grazie Rick… 
- Già, anche io sto bene così… - Le disse mentre lei si appoggiava alla sua spalla non potendo fare a meno di lasciare qualche altro bacio sul suo collo e lui le circondava entrambe con il suo abbraccio.  - Sai Kate… sono un po’ emozionato, come al primo appuntamento.
- Castle, noi non abbiamo mai avuto un primo appuntamento. - Mormorò contro la sua spalla cercando di non alzare il tono della voce visto che sentiva Lily che si stava rilassando
- Già, sei piombata qui ed hai approfittato di me… - disse con voce fintamente seria - Uhm… allora forse sono emozionato per questo…
- Non mi pare di aver approfittato di te, Castle! Eri molto collaborativo.
- Solo perché avevo paura che tu mi sparassi. Ti ho assecondato!
- Potrei farlo ancora…
- Approfittarti di me? - Kate roteò gli occhi verso l’alto scuotendo la testa senza riuscire a nascondere un sorriso.
- No. Spararti Castle! 

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Capitolo 4
*** QUATTRO ***


- Sai qual è la tua fortuna Kate? - Le disse Castle molto serio tant’è che Kate sorpresa dal suo tono rispose con altrettanta serietà
- Sì, lo so… - Gli rispose accarezzandogli il volto con la mano libera che lui imprigionò sotto la sua per non farla muovere.
- No, non lo sai… - bisbigliò - … è che hai nostra figlia che si è appena addormentata sulla tua spalla… altrimenti ti avrei ricordato alcuni passaggi di quella sera… e sarei stato molto, molto attento ai particolari… - Lo sguardo di Castle si spostò da lei ed indugiò sulla porta del loft e quando la tornò a guardare vedeva come si stava mordendo il labbro inferiore, sicuro che i suoi pensieri era gli stessi che aveva avuto lui.
- Hai detto che si è appena addormentata? - Gli chiese sorridendo e ricevendo per risposta un cenno affermativo con la testa.
Andarono in camera e la misero nella culla, rimboccandole le coperte ed accendendo il baby monitor. Accostarono la porta e poi si andarono a sedere sul divano. Avevano preso l’abitudine quando erano soli, a parlare sempre a voce bassissima, sussurrandosi con la scusa così di essere più vicini, per non svegliare Lily quando dormiva, si dicevano, ma in realtà gli piaceva quel grado di intimità che trovavano nel parlarsi così, spesso tra un bacio e l’altro.
- Come mi devo vestire per questa sera Castle? - Gli chiese appoggiata sul suo petto, mentre lui percorreva con le dita il suo braccio, accarezzandola placidamente
- Come vuoi, conto che qualunque cosa indosserai non la terrai per molto tempo
- Rick! - Kate alzò il tono della voce sorpresa dalla risposta del marito che sghignazzava senza smettere di accarezzarla, per nulla stupito, invece, dalla sua reazione
- Beckett, non dirmi che non ci hai pensato… 
Il silenzio di lei era una risposta inequivocabile.
- Vorrei solo evitare di ritrovarmi in un ristorante di quelli frequentati dai tuoi amici vip con un paio di jeans ed una maglietta o di mettermi un vestito da sera per mangiare un hamburger in un fast food.
- Saresti perfetta ovunque, in qualunque caso. - Le disse avvicinandosi alla sua guancia per baciarla.
- Tu sei di parte Castle!
- Io sono si parte, ma questo è un fatto oggettivo. - La baciò ancora.
Kate prese le braccia di Rick e se strinse intorno alla vita, tenendo le sue mani su quelle del marito e lasciandosi rilassare dal suo respiro cadenzato e dal battito forte del suo cuore. Castle era sempre il suo miglior antistress personale, sotto ogni punto di vista. Adorava stare semplicemente così con lui, sdraiata su di lui che la cingeva, con le loro mani unite. Aveva cominciato a farlo sempre più spesso negli ultimi periodi della gravidanza, perché Lily quando era particolarmente agitata si calmava con le carezze di Rick e da allora aveva continuato ad amare quel contatto con lui, anche dopo che Lily era nata.
- Sai Rick, potrei anche abituarmi a tutto questo - gli confidò mentre tracciava linee curve sul dorso della sua mano
- Sì, anche io potrei abituarmi ad averti sempre qui con me… - notò una punta di tristezza nelle sua sua voce
- Ma? - Chiese Kate sapendo che aveva altro da dirle.
- Ma per quanto lo vorrei, poi finiresti per odiare me e la nostra vita.
- Non potrei mai odiare nè te nè la nostra vita, come puoi pensarlo? - Rispose seria smettendo di accarezzarlo e sollevandosi da lui per guardarlo negli occhi, in modo che quello che gli stava dicendo fosse ben chiaro
- Non consciamente, però Kate ti conosco, arriverai ad un punto che non ti basterà più, che non ti sentirai completa, che ti mancherà quella parte di te che deve sempre pensare agli altri ed al mondo. E ti sentirai in gabbia e la gabbia saremmo noi. - Lo ascoltò attentamente, sapeva che aveva ragione, ma lei non voleva certo dire che non avrebbe più ripreso la sua vita.
- Perché stiamo discutendo di questo Castle? Non è mia intenzione lasciare il resto della mia vita, volevo solo dire che sto bene così, con te, con nostra figlia… - Rick la avvicinò a se, lasciando che si appoggiasse di nuovo a lui. Kate lo lasciò fare e quando toccò la sua pelle chiuse gli occhi respirando il suo profumo direttamente dal posto che le piaceva di più, la curva del suo collo.
- Sono io ad aver paura questa volta Kate. Tanta paura, di tutto. Per la prima volta nella mia vita è tutto perfetto, tutto come ho sempre desiderato. Alcune volte la notte mi sveglio e ti vedo dormire vicino a me e Lily nella culla poco più in là e mi chiedo se sono realmente sveglio o sto sognando. Sono sempre ottimista lo sai, sono quello che crede alle favole, a Babbo Natale, al destino e ai sogni. Però questo sogno è troppo bello ed ho paura che possa accadere qualcosa che mi svegli all’improvviso. - Rick sembrava un fiume in piena mentre la stringeva sempre di più a se, come se avesse paura che le scappasse, anche il quel momento, ma lei non aveva nessuna intenzione di andare da nessuna parte, nè in quel momento nè mai - Ogni volta che tutto andava bene è sempre accaduto qualcosa che ci ha fatto male ed ora non lo sopporterei. Soprattutto non sopporterei che qualcosa ci allontanasse per colpa mia, per il mio egoismo di averti sempre con me, come adesso, che è la cosa che più vorrei al mondo. Ma non saresti tu ed io voglio te… ho sempre voluto solo te…
Kate si era alzata ed aveva raggiunto il suo volto. Gli prese le labbra tra le sue, interrompendo il suo monologo.
- Basta così Castle. Basta così… - disse sulla sua bocca riprendendo poi a baciarlo mentre sentiva le mani di lui percorrere la sua schiena sotto la maglietta provocandole brividi incontrollati.

- Darling, sono rientrata! - Esclamò Martha prima di vederli avviluppati sul divano. Erano così presi dai loro baci che non avevano sentito nemmeno la porta aprirsi e richiudersi. Kate scivolò dal corpo di Rick sedendosi vicino a lui e risistemandosi la maglia.
- Madre! Non urlare! Lily sta dormendo! - La rimproverò Rick
- Scusate, non volevo disturbare… Lily! - Disse l’attrice con un gran sorriso facendogli l’occhiolino e salendo le scale per andare in camera sua. - Tra non molto verrà anche Jim! - Ricordò ai due mentre era ormai sopra
- Sì, ma lui avrebbe suonato - disse sottovoce Rick grugnendo per il disappunto facendo sorridere anche Kate, ancora rossa per l’imbarazzo e non solo.
- Vado a prepararmi. - Gli disse alzandosi e baciandolo velocemente prima che la potesse bloccare di nuovo e lasciandolo solo sul divano con voglia di lei ed un sorriso incantato sulle labbra. Kate era una droga che scorreva nelle sue vene e non se ne sarebbe mai disintossicato. La seguì con lo sguardo fin quando chiuse la porta di camera dietro di se non potendo fare a meno di sorriderle ancora. Intrecciò le mani dietro la testa e si lasciò sprofondare ancora un po’ sul divano osservando oltre il soffitto un punto indefinito nell’universo dove si stavano perdendo i suoi pensieri. Era un uomo fortunato, se lo ripeteva ormai continuamente.

“Te lo meriti Richard, ti meriti tutto questo” Era stata sua madre a dirglielo una volta, non molti giorni dopo che Kate era tornata dall’ospedale. Era sullo stesso divano dove in quel momento si stava riposando e Kate dormiva tra le sue braccia, stringendo a sua volta Lily. Era crollata, stanca per quei ritmi ai quali doveva ancora abituarsi e non ancora in perfetta forma dopo il parto. Rick mentre dormiva le accarezzava delicatamente il volto, scostandole i capelli e la osservava così serena e rilassata come difficilmente gli capitava di vederla anche quando dormiva. Era tutto merito di quella piccola creatura che dormiva sul suo petto, con la mano rivolta verso il viso della madre, quella piccola creatura che aveva stravolto le loro vite e le aveva completate, perché si era reso conto proprio quando Lily era nata che così felice e completo non lo era mai stato. Era il tassello che completava la sua vita, il simbolo tangibile del suo amore per Kate. La famiglia che aveva sempre sognato di creare era una realtà e la stringeva tutta tra le sue braccia.
Martha, dal canto suo, in piedi dietro il divano accarezzava i capelli di suo figlio che vedeva padre e bambino insieme. Passava le dita tra i folti capelli del suo ragazzo spostandogli quel ciuffo fin troppo perfetto, con gli stessi gesti amorevoli di quanto era un bambino. Pensava che forse lo aveva fatto troppe poche volte, che avrebbe potuto passare qualche istante più a donargli una carezza, lo capiva ora che era un uomo quanto ne avesse avuto bisogno, anche se lui non si era mai lamentato.
“Sono splendide, vero madre?” sussurrò Rick orgoglioso accarezzando con il dorso del viso prima la manina di Lily e poi il volto di Kate. “Lo siete tutti e tre” rispose l’attrice in vena di troppi complimenti per i suoi standard. Vedeva quel suo ragazzo profondamente cambiato. Era sempre il guascone scanzonato che tutti conoscevano, ma intimamente, in quei momenti di solitudine con le sue donne, era diverso. Era felice, profondamente e consapevolmente felice. Non era la felicità euforica di quando era nata Alexis, era qualcosa di diverso, ancora più profondo. Alexis, la sua bambina, era stata tutta la sua vita, l’unica ragione vera della sua esistenza, l’unica che le faceva fare l’impossibile. L’unica, fino a Kate. 
Nessuna delle sue donne era mai riuscita ad avere tutto da Rick, tutto insieme, senza riserve, come ci era riuscita inconsapevolmente Kate. Martha lo aveva capito subito, ancor prima di lui e per questo aveva lasciato, spesso a malincuore, che suo figlio prendesse parte ad operazioni complicate e mettesse più volte a repentaglio la sua vita con Kate e per Kate. Quando lo vide racchiudere tra le sue braccia sua moglie e sua figlia, Martha capì che non si era mai sbagliata. Kate era e sarebbe stata l’unica per lui e ringraziava il cielo che l’avesse messa sulla strada di suo figlio. 

Rick non sapeva se realmente si meritava tutto quello che aveva, molto più di quanto avesse sempre immaginato, in realtà. O meglio lui avrebbe sempre voluto proprio questo una moglie e una figlia che insieme a lui completassero la sua idea di famiglia, un sentirsi una cosa sola con loro, ma non pensava che tutto questo lo rendesse così immensamente felice. Sapeva che non era bello fare paragoni ma nella sua mente era impossibile non farne. In quel mese aveva pensato spesso ai primi giorni di vita di Alexis e a come tutto era assolutamente diverso. Ricordava le notti passate da solo in quella che allora era la piccola cucina del suo primo appartamento a calmare il pianto di Alexis e a prepararle il latte mentre Meredith dormiva, ricordava le discussioni e la sua rabbia perché sentiva di essere l’unico a remare per far andare avanti quella famiglia ed il senso di fallimento perchè tutto quello non era quello che voleva, non era come lo voleva. Ingenuamente aveva pensato che con la nascita della loro figlia il suo matrimonio si sarebbe rafforzato, che quella famiglia avrebbe avuto un futuro partendo dalla base di quella piccola dai capelli rossi già appena nata e gli occhi azzurri come i suoi. Invece più passavano i giorni più era proprio Alexis ad evidenziare le loro differenze, a fargli capire quanto erano diversi lui e Meredith, non nel carattere ma nelle prospettive, nella visione del loro futuro. Aveva insistito, però, facendo finta di non sentire quanto tutto quello che avevano creato fosse finto, creando in quei primi anni di vita della sua bambina l’illusione della vita perfetta che lui non aveva mai avuto, facendo di tutto per sopperire alle mancanze di sua madre. Aveva inventato per lei uno dei suoi tanto mondi fantastici così reale che Alexis sembrava realmente felice nonostante tutto e per lui contava solo questo. Poi avvenne qualcosa che non potè cancellare ed il suo orgoglio di uomo ferito troppe volte messo da parte tornò prepotentemente in superficie e l’incanto creato per Alexis finì: Meredith lo aveva tradito fisicamente e moralmente, aveva tradito la loro bambina e la loro famiglia. Si scoperchiò il cesto dove aveva riposto tutte le sue illusioni e la realtà gli fece capire che quella non era una vita vera, che non era quello che voleva per sua figlia. Così Meredith se ne andò a seguire i suoi sogni a Los Angeles e lui rimase a New York con una carriera agli inizi che non sapeva dove lo avrebbe portato ed una bimba di pochi anni che lo guardava con i suoi stessi occhi azzurri chiedendogli dove era finito il suo mondo e lui prese pian piano a ricostruirlo, solo per lei.
Aveva fatto un buon lavoro con Alexis aiutato anche dal fatto che sua figlia fosse estremamente responsabile, anche più di lui. Aveva provato ancora una volta a darle una famiglia, ma anche con Gina era stato un buco nell’acqua. Poi aveva deciso di vivere il presente, senza più pensare al futuro divertendosi più che poteva recuperando per quanto poteva quei vent’anni mai vissuti occupato a fare il papà e lo scrittore a tempo pieno. Era arrivato il successo, erano arrivati i soldi e con loro le donne, le feste e la fama e si era lasciato inebriare da tutto questo, dal lusso e dal potersi permettere tutti i piaceri della vita che spesso aveva solo sognato, come se questi potessero compensare il vuoto di quello che non aveva mai avuto e pensava non avrebbe mai avuto. Poi è arrivata Kate ed il mondo si è capovolto intorno a lui, anche se per un po’ aveva provato a rimanerci aggrappato, alla fine si è lasciato cadere, scivolando verso l’inevitabile, verso di lei. 
Ed ora era lei che gli aveva dato quello che aveva sempre sognato ed era più di quello che poteva immaginare. Se pensava alla sua vita la vedeva tutta in bianco e nero, con le uniche chiazze di colore i capelli rossi e gli occhi azzurri di Alexis che cresceva al suo fianco. Poi è arrivata Kate ed il suo mondo è diventato a colori. Lei così diversa da lui e da tutto quello che era sempre stato il suo mondo, così diversa da tutte le donne che aveva avuto e frequentato. Lei così vera, difficile, estenuante. Lei che sapeva essere la ragione perché con nessuna aveva mai funzionato. Perché nessuna era lei. E più stava con lei più capiva perché l’aveva aspetta non quattro anni, da quando l’aveva conosciuta, ma tutta la vita, perché Castle ne era sicuro, lui l’aveva aspettata da sempre, era lei quella che cercava in ogni donna che conosceva, anche se non lo sapeva ancora. Gli ritornava spesso in mente, quando si fermava a pensare come quel pomeriggio, la frase che gli disse alla fine di quel primo caso al quale avevano lavorato insieme “Non ne hai idea”. E no, non ce l’aveva allora, ma gli sembrava di non avercela ancora, perché ogni giorno gli riservava qualcosa in più, qualcosa per cui pensava potesse innamorarsi ancora più di lei. Era possibile dopo tutti quegli anni che stavano insieme? Sì, dannazione, era possibile. Non avrebbe mai finito di innamorarsi di lei, ogni giorno. La amava sotto ogni punto di vista, anche quando diceva che avrebbe voluto sparargli, perché amava anche quando era arrabbiata, ma non glielo poteva dire, se no si sarebbe arrabbiata ancora di più. Sorrise pensando a tutte le volte che le aveva fatto perdere la pazienza, a come quando le si faceva sotto puntandogli il dito contro lui arretrava per i corridoi del distretto, quando avrebbe voluto solo andarle più incontro, imprigionarla nel suo abbraccio e baciarla lì, davanti a tutti. Sarebbe stata probabilmente l’ultima cosa della sua esistenza, ma sarebbe stata una grande mossa, molto teatrale. Il suo spirito di conservazione ebbe la meglio ed anche, a dirla tutta, la sua volontà di non metterla a disagio. Si era chiesto più di una volta cosa ne sarebbe stato di loro se si fossero lasciati andare alla passione che c’era tra loro molto prima, se realmente avrebbero evitato di buttare anni preziosi passati a logorarsi in storie sbagliate e nella sofferenza del non cedere ai sentimenti, oppure se si sarebbero bruciati rapidamente, perché non ancora pronti per fare il grande salto insieme. Lui ne era certo, non si sarebbe mai stancato di lei ed era pronto da molto a farla entrare nella sua vita nella sola ed unica veste nella quale la voleva, la sua compagna per sempre. Ripensava a quella ragazza dai capelli corti ed i lineamenti tirati che voleva nascondere la sua bellezza per non sembrare debole e la sua immagine si fondeva nella donna che ora era al suo fianco, al suo viso rilassato quando dormiva sul suo petto ed ai suoi lunghi capelli che passava le ore ad accarezzare, al suo corpo mozzafiato anche adesso, con le curve ancora arrotondate dalla gravidanza e per questo per lui ancora più bella. La vedeva con la loro bambina tra le braccia protettiva e amorevole ed era una di quelle cose che aveva cercato di immaginare per tutta la vita e che ora che l’aveva vista e la vedeva ogni giorno, riusciva ancora a coglierne la stupefacente normalità e rimanerne estasiato. Sapeva che era quello il suo tutto e non aveva le parole per descriverlo. Ripensava a quando avevano discusso perché lei pensava che lui non fosse in grado di condividere l’essere genitore, abituato ad avere Alexis tutta per se. Sapeva che non lo pensava realmente, ma ne rimase comunque più ferito di quanto le aveva dato a vedere e non era riuscito a trovare le parole per spiegargli quanto era lontana dalla realtà. Era buffo, in fondo, come gli capitasse di rimanere sempre senza parole quando parlava di loro.

Rick sentì una mano che passava tra i suoi capelli. Si destò dai suoi pensieri girandosi di scatto.
- Tutto bene Richard? - Martha era scesa ed era in piedi dietro di lui e lo accarezzava proprio come quel giorno che stava ricordando prima.
- Tutto bene mamma. - Le prese la mano e la invitò a sedersi vicino a lui. Aggirò il divano e si sedette vicino al suo ragazzo. - Tutto veramente bene… - Gli disse sospirando
- E questo ti preoccupa Richard? 
Lui alzò le spalle senza rispondere, abbozzando un sorriso tirato. Era stupido preoccuparsi di essere felici?
- Ragazzo mio, tu sei l’unica persona che riesce a vedere qualcosa di positivo nelle situazioni più disperate ed aver paura della tua felicità!
- È stupido vero? 
- No, è umano Richard… - Gli disse appoggiando una mano sulla sua. Voleva rispondere, ma il suono del campanello interruppe la loro conversazione. Guardò l’orologio, era più tardi di quanto pensasse, forse immerso nei suoi pensieri si era addormentato o era rimasto così tanto in preda dei ricordi del passato da non essersi accorto del tempo che passava?
Aprì la porta ed entrò un imbarazzato Jim. Era stato lui a chiedergli se quella sera poteva rimanere a casa loro con Martha e Lily, nonostante Kate gli avesse detto più volte che non era necessario e che si fidava ciecamente di Martha, evidentemente più di lui.
Salutato suo suocero bussò alla porta della loro camera, ricevendo l’invito di Kate ad entrare. La vide di spalle con una gonna nera poco sopra il ginocchio, calze appena velate dello stesso colore ed una maglia dolcevita bianca sopra, la giacca nera era appoggiata sulla sedia sotto alla quale vedeva le scarpe che sicuramente avrebbe indossato, con il tacco molto, molto alto. Sorrise e le si avvicinò
- C’è tuo padre di là… - le disse baciandole il collo
- Ho sentito la sua voce. - Inclinò leggermente la testa in un gesto involontario solo per facilitargli il compito.
- Vado a farmi una doccia, così mi cambio anche io.
- Non fare come il tuo solito che ci metti delle ore per prepararti - gli disse dandogli una pacca sul sedere mentre si andava in bagno.
Sentiva l’acqua della doccia scrosciare e approfittò per mettere nella borsa quel piccolo pacchetto che teneva nel suo cassetto da tempo sempre con la paura che lui lo trovasse. Dalla porta lasciata socchiusa poteva sentire le chiacchiere amichevoli di Martha e Jim: era ancora sorpresa di come i due mondi dei loro genitori dopo il Big Bang del primo incontro/scontro, che aveva rischiato di far saltare in aria tutto il loft, si fossero trovati in modo così conciliante: alcune volte pensava che era il legame tra lei e Castle ad essere così forte da aver legato anche loro, arresi alle loro differenze dalla forza dell’amore dei loro figli. Non potè fare a meno di ascoltare la loro conversazione.

- Una serata insolita, non trovi Jim?
- Ehm sì… direi di sì…
- Spero comunque che non sia l’unica, per Richard e Katherine, intendo…
- Non lo sarà Martha! - Rise Jim - Avevi altri programmi per la serata?
- Oh no… i ragazzi a teatro se la caveranno bene anche senza di me per questa sera, tanto chiunque andrà a vederli sarà troppo impegnato in altro per accorgersi della loro recitazione!
- Tu credi?
- Mio caro, ho lavorato per anni in questo giorno e credimi, nessuno ha mai prestato attenzione ad una battuta sbagliata… Questa è la serata dove noi attori non siamo i protagonisti, siamo solo di contorno a tutto il resto… San Valentino è così… il protagonista è l’amore e noi possiamo solo accompagnarlo… - Disse l’attrice con il suo solito tono enfatico strappando una risata a Kate che l’ascoltava mentre si sistemava le scarpe - E tu? Altri programmi?
Ma Martha si rese conto troppo tardi che quella era una domanda che non doveva fare, non l’aveva fatta con cattive intenzioni, ma si era accorta che poteva essere decisamente interpretata male, e quello era ancora un percorso pieno di vetri rotti che lei aveva appena intrapreso scalza.
- No… una serata come tante, da… tempo… tanto tempo… - rispose Jim in un sospiro evitando di far scivolare la donna, sorridendole per toglierla da quel disagio nel quale si era messa da sola. 
Ma Kate non potè vedere la faccia benevola del padre ed una fitta al petto la attanagliò, passandola da parte a parte.
Ricordava bene ogni San Valentino e suo padre che tutte le volte, non importava a che ora, tornava a casa con una rosa rossa per sua madre che preparava sempre i suoi piatti preferiti. Li aveva sempre trovati molto dolci, fin quando adolescente non aveva anche cominciato a prenderli in giro trovandoli, invece, fin troppo sdolcinati non capendo la profondità di quel sentimento che solo negli ultimi anni, quando le prime cotte le facevano battere il cuore da ragazza, cosa li legava. Ora invece lo sapeva bene, perché lo viveva ogni istante. Sospirò imponendosi di non piangere. 
Sapeva che suo padre quella rosa rossa a sua madre non aveva mai smesso di portargliela e lo faceva tutti i San Valentino da diciotto anni.

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Capitolo 5
*** CINQUE ***


Lily, come sempre, riportò Kate alla realtà, trascinandola fuori dalla spirale dei ricordi ancora dolorosi. Il suo pianto improvviso la fece focalizzare interamente su di lei, alzandosi di scatto sui tacchi vertiginosi appena indossati ed andando verso la sua culla. Capì subito che doveva semplicemente essere cambiata e si spostò nella sua stanza per farlo con più comodità sul fasciatoio. Si calmò subito sotto le carezze che sua madre pazientemente le riservava ogni volta, si lasciò cambiare e rivestire in tutta tranquillità: Lily e Kate riuscivano a calmarsi a vicenda, la piccola aveva bisogno di sua madre tanto quanto lei aveva bisogno della figlia.
Kate raggiunse poi suo padre e Martha proprio mentre sentì che Castle aveva chiuso l’acqua della doccia: ancora ne avrebbe avuto per un po' conoscendo i suoi tempi sempre eccessivamente lunghi quando doveva prepararsi per uscire, era sempre lui la primadonna che si faceva attendere.
Jim fu ben felice di vedere figlia e nipote e mentre Kate gli adagiava la piccola tra le braccia, Martha non poté esimersi dal complimentarsi con Beckett per il suo aspetto: era vestita in modo semplice e sobrio, nulla si troppo elegante con un filo di trucco, nulla di eccessivo come era nel suo stile. Solo sulle scarpe aveva osato, scegliendone un paio che sapeva che Rick apprezzava particolarmente ed era una piacevole sensazione ritrovarsi a camminare sui tacchi così alti dopo tanto tempo, era una di quelle cose che le dava sicurezza e sapeva l’effetto che provocava.
- Katherine, tesoro, sei splendida, fatti vedere! - le disse Martha girandole intorno e facendola arrossire. - Richard impazzirà vedendoti così! 
Kate sorrise senza rispondere altro se non un timido “grazie” all’indirizzo di sua suocera, cercando rifugio nello sguardo del padre che però era troppo impegnato a cullare Lily per curarsi di lei. Lo guardò allora con affetto pensando come quella bambina stesse facendo bene anche a lui, come un delicato balsamo che veniva spalmato su ferite ancora aperte, Lily stava curando le cicatrici di molte persone in modo diverso a cominciare dalle sue.
Castle uscì dalla camera prima di quanto Kate si aspettasse anche lui vestito con un completo nero non troppo formale ed una camicia dello stesso colore lasciata sbottonata nei primi bottoni e senza cravatta. Questo la rassicurò sul fatto che non sarebbero andati in nessun posto troppo elegante. Controllò l’ora, era ancora presto per cena ma Rick sembrava già sul punto di voler uscire. Salutò di nuovo Jim e poi prese il suo cappotto e quello di Kate aiutandola ad indossarlo. Beckett recuperò la sua borsa controllandone ancora il contenuto e prima di uscire andò a salutare ancora una volta Lily.
- Divertitevi! - gli disse Martha prima che uscissero
- Stai tranquilla Katie! - aggiunse Jim nel vedere come sua figlia indugiava sulla porta guardando la piccola tra le sue braccia. Poi si aggrappò letteralmente al braccio di Rick e si lasciò condurre fuori.

- Puoi anche respirare - le disse Castle mentre scendevano con l’ascensore fino al garage, provando a farla sorridere. Kate sospirò. Voleva, voleva terribilmente trascorrere quella serata sola con Rick. Ne avevano bisogno ed era giusto così, ma l’idea di lasciare sola sua figlia per andarsi a divertire con suo padre la faceva sentire profondamente in colpa. Era un comportamento da genitori irresponsabili quello? Era egoista da parte sua? Aveva delle responsabilità adesso, delle priorità. Stava mettendo se stessa davanti a sua figlia? Era una buona madre?
- Sei un’ottima madre anche se una sera esci con tuo marito, nonché padre, e pensi a divertirti. 
Castle aveva risposto ai suoi pensieri o aveva detto ad alta voce le sue paure?
- Lo so Kate che stai pensando a questo. - le porte dell’ascensore si erano aperte e Rick la condusse verso la Ferrari. 
Sospirò ancora. La leggeva dentro come nessuno al mondo. 
Rick fece dondolare le chiavi tra le dita e gliele porse, Kate le afferrò e sorridendo andò verso il posto di guida noncurante dei tacchi vertiginosi che indossava.
Fece rombare un paio di volte il motore mentre Castle sorridendo si allacciava la cintura di sicurezza
- Dove devo andare, Castle?
- Intanto vai, dove vuoi, poi dopo ti guiderò io!
Kate lo guardò e gli sorrise ancora. Rick sapeva quanto lei amasse guidare e quanto le piacesse farlo con quell’auto che per lui era stato solo un costoso sfizio ed un modo per far colpo sulle donne ed ora era più che felice che fosse sua moglie a divertirsi con la sua Ferrari, dato che lui non doveva più fare colpo su nessuna. 
Kate guidava sulle strade ancora abbastanza trafficate di New York senza poter sperimentare a pieno la potenza di quel veicolo, ma si stava rilassando veramente molto e si divertiva quando si fermava ai semafori e vedeva gli altri automobilisti ed i passanti curiosi cercare di capire chi fosse all’interno dell’auto nonostante i vetri oscurati. Era veramente tanto tempo che non guidava più ed anche quel piccolo espediente era stato un modo per tornare alla normalità: lei in auto, Castle sul lato passeggero che non le toglieva gli occhi di dosso. Era salita su una macchina del tempo ed era il ritrovarsi di una sensazione così piacevole che istintivamente le venne da prendere la mano di lui e stringerla forte. Sapeva benissimo che lui aveva capito il perché e le piaceva sentire come lui fosse totalmente rilassato sotto la sua stretta, lo fece anche lei, tenendo a bada le emozioni ed uscendo piano dalla città, in cerca di strade meno trafficate.
 
Dopo un po’, quando stavano rientrando in città, Rick la guidò fino alla loro meta, un posto che ormai conosceva bene anche lei. 
- Ceniamo qui? - Chiese lasciando le chiavi per far parcheggiare l’auto mentre entravano nella hall del Four Season
- Se per te va bene sì
- Certo, va benissimo!
Avevano passato una settimana in quell’hotel, nella loro vacanza in città per festeggiare l’anniversario ed il suo compleanno e ricordava quei giorni che erano stati molto più belli di quanto avrebbe potuto mai immaginare.
Precedette Castle andando verso il ristorante, ma lui si era fermato e quando Kate si accorse che non era più al suo fianco si girò a guardarlo e tornò indietro.
- Che c’è Rick, hai cambiato idea? - Castle sorrise e le mostrò una tessera magnetica. Kate sorrise.
- Dopo cena hai impegni? - Le chiese prendendole la mano e baciandole il dorso.
- Forse… c’è un uomo dal rude fascino che mi ha invitata ma non so se accettare…
- Io credo che dovresti, Kate… dovresti assolutamente… - La baciò sorprendendosi di ritrovarla così alta con quei tacchi che non vedeva l’ora di sfilarle, insieme al resto.
- Sì, credo che dovrei… - gli disse sulle labbra appena si separano da quel bacio diventato subito troppo intenso ed inadeguato per il luogo - … e sarà meglio non dare spettacolo qui!
Rick ridacchiò offrendole il braccio per accompagnarla al ristorante. Aveva riservato lo stesso tavolo della sera del loro anniversario, più isolato dal resto della sala, quella sera interamente frequentata da coppie che come loro stavano festeggiando, ma Castle ci avrebbe scommesso, nessuno era innamorato come lui in tutta quella sala. Avrebbe sfidato chiunque di quegli uomini a dimostrare il contrario. Lasciarono i cappotti al guardaroba e poi attraversarono la sala, già discretamente affollata, per arrivare al loro tavolo e fece un cenno d’intesa al cameriere che tornò poco dopo non con i menu come Kate si sarebbe aspettata, ma con un mazzo di rose rosse.
- Per lei signora Castle - Disse il ragazzo che immediatamente se ne andò lasciandoli soli, mentre Rick osservava soddisfatto lo stupore di Kate. Doveva essere sincera, le era dispiaciuto quel giorno non averne ricevuta nessuna. Castle non le regalava mai rose rosse, lo faceva solo in quell’occasione. Gliene aveva sempre regalato un mazzo per San Valentino, dal primo che avevano trascorso insieme, facendogliele arrivare di nascosto a casa la mattina prima di andare al distretto in forma anonima, perchè ancora la loro storia era segreta per i più e da allora ogni anno le aveva fatto trovare una dozzina rose rosse. Ma quelle erano molte di più avvolte con un tulle bianco ed un nastro dorato.
- Buon San Valentino amore mio.
Nel biglietto c’erano scritte due sole parole “Always, Rick” ma non c’era bisogno di aggiungere altro. 
Improvvisamente quella cena le sembrò un’inutile perdita di tempo nel quale doveva darsi un contegno e nascondere quello che voleva realmente fare, baciarlo fino a farlo rimanere senza fiato, ad esempio, ma era solo la prima delle cose che stava pensando. E la più casta. Dovevano proprio mangiare? Si disse di darsi un contegno e di non fare la ragazzina alla prima cotta, eppure lo sbirciava da dietro il menu, sembrava assorto a leggere i piatti proposti fino a quando non si accorse che anche lui stava facendo la stessa cosa.
- Non sta bene che mi spii da dietro il menu, Castle! - lo rimproverò un po' stizzita per essere stata beccata
- Uhm… e allora perchè tu spii me allo stesso modo?
- Io stavo solo controllando quello che facevi tu!
- Mordendoti il labbro? - chiese Rick mimando il suo gesto. Punto suo. Tornò a leggere il menu, questa volta seriamente. 
Voleva ordinare qualcosa di semplice, che non richiedesse troppo tempo o preparazioni elaborate per poi godersi la sua serata con Castle in solitudine. Sospirò. Da quando era diventata così… così… impaziente? Forse da quando era troppo tempo che non passava una serata sola con lui. Si impose di calmarsi e godersi la cena con suo marito, di non vederla come una perdita di tempo come aveva fatto fino a quel momento. Doveva pur essere sempre in grado di non comportarsi come un’adolescente. 
- È una scelta complicata? - le chiese Rick sentendola sbuffare
- Molto complicata, Castle.
- Posso aiutarti ordinando io per entrambi? Ti fidi di me?
- Mi fido sempre di te.
- Ok… 
Chiamò il cameriere e gli indicò sul menu quello che aveva scelto per loro, per poi passare al vino e allo champagne. 
Kate osservò la flûte riempirsi con il liquido dorato e le bollicine che vibravano in superficie e la stessa operazione compiersi nel bicchiere di Rick. Pensava che si sentiva allo stesso modo e che quelle bollicine erano uguali a quei brividi che solleticavano i suoi sensi. Rimaneva ad osservare Castle incantata dai suoi modi gentili ed educati con i quali aveva ordinato la cena, chiesto che gli fosse servito lo champagne e si era premurato che le portassero un’altra sedia dove poter appoggiare i fiori: erano quelle piccole attenzioni così da lui.
La vibrazione del cellulare lasciato nella borsetta la fece ridestare dai suoi pensieri e guardare Rick con un lampo di paura negli occhi, visto che il suo pensiero fu subito proiettato in un’unica direzione che la ancorò alla realtà facendola tornare da quel mondo dei sogni dove galleggiavano solamente lei e Castle. Lo cercò con le mani tremanti e senza nemmeno guardare chi la stesse chiamando rispose.
“Beckett!”
Trattenne il fiato per un attimo, nel quale la sua mente aveva già elaborato scenari nei quali erano costretti a tornare a casa perché a sua figlia era successo qualcosa di grave e si stava preventivamente preoccupando ed incolpando per non essere presente davanti ad un emergenza. Poi i suoi lineamenti si distesero e produsse il più classico dei sospiri di sollievo.
“No, signora, non sono sua nipote, ha sbagliato numero”
Castle sorrise nel vedere Beckett cercare di rimanere calma nel rispondere alla sua interlocutrice mentre roteava gli occhi verso l’alto e scuoteva la testa ripetendo più volte che no, non era lei la persona che cercava, sempre con meno gentilezza.
Appoggiò poi il telefono sul tavolo e ogni tanto gli lanciava uno sguardo furtivo mentre aveva cominciato a mangiare l’antipasto, che però non sfuggì a Rick.
- Chiama tuo padre.
- Perchè dovrei chiamarlo?
- Perchè così ti dirà che Lily sta dormendo e tu sarai più tranquilla.
- Non ti dispiace?
- Che ti preoccupi la prima volta che lasciamo sola a casa nostra figlia? No, sono felice. - le disse prendendole la mano sotto la sua. 
Chiamò Jim e andò esattamente come gli aveva detto Castle. Lily si era addormentata e lui e Martha avrebbero mangiato a breve. Si sentì stupida a preoccuparsi così.
- Ehy, è normale, Kate.
Rick le sorrise cercando di sciogliere la sua tensione. Anche lui aveva pensato più volte a Lily sola a casa con Jim e Martha, non perché non si fidasse di loro, ma perché era normale farlo, c’era già passato con Alexis, era qualcosa di istintivo con il quale Kate doveva ancora imparare a convivere.
- Come farei senza di te, Castle? - Disse quella frase senza pensarci, era esattamente quello che le passava per la mente in quel momento ed era un qualcosa alla quale non era abituata. Rick alzò gli occhi immediatamente dal suo piatto.
- È una cosa che non dovrai scoprire mai.
Non avevano bisogno di dirsi altro in quel momento, perché nei loro occhi leggevano esattamente i pensieri dell’altro. Le paure reciproche che venivano dissipate a vicenda, il loro amore che aveva resistito a prove incommensurabili che era sempre più solido. Erano cambiati molto, entrambi, da quel primo San Valentino festeggiato lontano da sguardi indiscreti tra le mura dell’appartamento di Beckett, erano cresciuti, insieme, si erano scoperti a vicenda, avevano imparato a conoscersi ed accettarsi anche quei lati dei loro caratteri più spigolosi contro i quali ogni tanto ancora gli capitava di scontrarsi. Avevano imparato a comprendere ognuno le debolezze dell’altro e a non usarle come punto scoperto per ferirsi, ma si facevano da scudo per tenersi al riparo. Non sempre ci riuscivano e non era sempre facile, però sapevano che ormai si conoscevano talmente bene che se avessero voluto si sarebbero potuti distruggere a vicenda: era uno dei rischi che avevano valutato ed accettato inconsciamente quando con il tempo si erano totalmente aperti uno all’altro, abbattendo barriere e muri, era questa la più alta forma di fiducia che si dimostravano a vicenda, mettere completamente a nudo la propria anima delle mani uno dell’altro ed essere certi che fosse il posto più sicuro del mondo.

I loro silenzi ed i loro sguardi furono interrotti da un rumore sordo di qualcosa sbattuto sul tavolo che fece tintinnare i bicchieri per le vibrazioni. In un gesto sincronizzato guardarono immediatamente entrambi dalla stessa parte e tutti e due rimasero a bocca aperta per lo stupore.
- È il resto… - Una donna dai capelli rossi con un succinto abito fin troppo aderente per le sue curve generose aveva poco delicatamente messo sul tavolo alcune banconote da 100 dollari. Kate non stava capendo nulla della situazione e spostava nervosamente lo sguardo dai soldi sul tavolo, alla donna a Castle che con un’espressione allibita tanto quanto la sua fissava invece solo la sconosciuta.
- Co… cosa… - balbettò lo scrittore
- Boston, settembre, rooftop… I soldi che mi hai lasciato sono stati decisamente troppi per i drink ed quello che c’è stato dopo - si voltò guardando Kate con un sorriso finto come molte altre parti del suo corpo - immagino che la tua signora non sapesse…
Poi si avvicinò all’orecchio di Castle, rimasto paralizzato da quella situazione, sussurrandogli in modo quasi impercettibile
- Nessuno mi tratta come una prostituta, soprattutto se io non voglio, nemmeno Richard Castle.
La donna come era venuta se ne andò, tornando nella sala e sedendosi al tavolo in compagnia di un uomo decisamente più anziano di lei, continuando a lanciare delle occhiate compiaciute verso il loro tavolo.
Kate la seguì con lo sguardo, incapace di guardare altrove, soprattutto di guardare Castle che invece la fissava senza dire una parola. Poi Beckett abbasso lo sguardo sul tavolo, prese le posate e molto lentamente le poggiò sul piatto ancora non finito. Chiuse gli occhi. Respirava molto lentamente come se volesse cercare dentro di se un senso a quello a cui aveva appena assistito che non fosse quello che era fin troppo palese.
- Lascia che ti spieghi Kate. - La voce di Rick era un sussurro tremante. Voleva dirle qualcosa, qualsiasi cosa per spiegare quella situazione, gli uscirono le due frasi più stupide e sbagliate che poteva dire, lo sapeva anche lui. Le classiche frasi del marito colpevole che cerca una giustificazione. - Non è quello che sembra, credimi. Non è successo nulla. Non…
- Castle, ti prego, stai zitto.
- Kate… ascoltami, per favore - La sua supplica non ottenne alcun effetto, nemmeno una risposta. Avrebbe voluto prenderla e portarla via da lì, obbligarla ad ascoltarlo, gli avrebbe spiegato tutto di quella notte. Come si era sentito quando lei gli aveva detto del bacio con Vaughn, dei suoi dubbi, delle sue paure per il loro futuro e soprattutto gli avrebbe detto che non era veramente successo niente, perché sì, lo aveva pensato ma poi era stato impossibile ed il perché Kate lo doveva sapere, perché glielo aveva detto molte volte: perché lei è la sola. Ma Rick non disse niente e Kate dopo qualche altro istante fatto di profondi sospiri e denti serrati, prese il cellulare dal tavolo, la sua borsa e si avviò a grandi falcate verso l’uscita. Rick provò a fermarla prendendole il braccio mentre se ne stava andando, ma questo la rallentò solo un attimo, solo il tempo di voltarsi e di incrociare per la prima volta i loro sguardi e vedere quegli occhi che fino a pochi minuti prima erano lo specchio dei suoi, essere taglienti mentre lo guardavano e poteva giurare che erano anche lucidi e fu la cosa che gli fece più male.
- Ho bisogno di fare due passi. Non mi aspettare.

Kate si strinse nel suo cappotto mentre a passo svelto camminava per le vie di New York insolitamente poco trafficate. Dalle vetrine vedeva solo ristoranti affollati di coppie più o meno felici e qualche fioraio ancora aperto per i ritardatari. Decise di non farsi male ancora di più, smettendo di guardarsi intorno e camminando a testa bassa. Nel suo procedere veloce urtò un paio di volte delle coppie che camminavano, invece molto lentamente abbracciate, scusandosi balbettando qualcosa e non facendo caso alle loro risposte, non facendo caso a nulla a dir la verità.
Non sentiva dolore. Non sentiva niente. Si sentiva vuota. Come se tutto quello che era dentro di lei fosse improvvisamente defluito via, lasciandola svuotata di tutto. Sentiva il suo cuore battere e rimbombare nel petto sicura che il nulla dentro di lei accentuasse il rumore. 
Ci mise poco ad arrivare all’entrata di Central Park, si trovò lì davanti senza sapere se era quella la sua meta prima ancora di cominciare a camminare o se era arrivata lì per caso. Alzò il bavero del cappotto per contrastare l’aria fredda che cominciava a soffiare più forte mentre percorreva il vialetto. Ringraziò che nessuna coppia aveva deciso di appartarsi su quelle panchine, la vista di qualcuno che amoreggiava felice non l’avrebbe sopportata ancora. In fondo lei, prima di Castle aveva sempre odiato San Valentino e tutte le altre feste convenzionali dove scambiarsi regali ed effusioni sembrava d’obbligo. Perchè adesso addirittura ci rimaneva male se lui non le regalava le rose? Da quando si era conformata così alle feste consumistiche?
Castle… sentiva il suo nome sbattere da una parte all’altra della sua mente e del suo corpo ed ora sì sentiva un senso di angoscia crescente pungerla da dentro. Doveva essere tra le sue braccia adesso e si strinse da sola le mani al petto perchè quel vuoto faceva male. Si sentiva tradita, ma non nel senso convenzionale del termine, a quello avrebbe pensato poi. Perché non le aveva detto nulla? Era un momento complicato, particolare. Lo avrebbe persino capito. Lei gli aveva detto quello che era successo con Vaughn, si era confidata, lo aveva affrontato, pronta anche a subire la sua ira o, quel che è peggio, la fredda indifferenza con cui le aveva risposto. Lui no. Non aveva detto nulla, nè al momento nè dopo. Non si era confidato e nemmeno fidato a dirglielo. Perché? Perchè non dire niente se non significava nulla, se non era successo nulla? Aveva rallentato il passo mentre gli occhi pungevano per le lacrime che premevano per uscire.
Non Castle. Non Rick. Lui non le avrebbe mai fatto una cosa del genere. Se lo ripeteva, ma lo sguardo di quella donna, i soldi sul tavolo e la faccia terrorizzata di Rick roteavano come una trottola nella sua mente creando un’immagine diversa, dove erano lui e lei insieme avvinghiati e non riusciva a togliersi quella sua costruzione mentale da davanti agli occhi.
- Dammi la borsa! 
Alzò lo sguardo e davanti aveva un ragazzo visibilmente in stato di alterazione dovuto da alcol o droga o entrambi. Aveva in mano un coltello da caccia con la quale la stava minacciando. Non c’era nessuno intorno, decide di assecondarlo e prendere tempo. Gli passò la borsa che afferrò guardando nervosamente all’interno. Prese i pochi dollari che teneva nel portafoglio gettandolo poi a terra, controllò se c’erano altre cose di valore e vide il pacchetto che aveva preso per Castle, lo aprì ma esaminato il contenuto lo buttò a terra.
- È acciaio! Non ha nessun valore!
Kate guardò in basso e vide la luce del lampione illuminare la piastrina in mezzo alla terra. “Non ha nessun valore”. 
- Dammi i tuoi gioielli, forza sbrigati! 
Si sfilò gli orecchini. Li buttò a terra davanti a lui e lo vide piegarsi incerto per raccoglierli. Atterrarlo e disarmarlo non sarebbe stato complicato.
- Gli anelli, veloce!
Kate guardò la sua fede e se la stava per togliere quando un’ombra la sorpassò fiondandosi su quel ragazzo che già instabile cadde sotto il peso di quell’uomo molto più grosso di lui. Non ci mise molto a capire chi fosse appena mise a fuoco la scena. Li vide divincolarsi a vicenda, colpirsi, sentì gridare prima uno e poi l’altro fino a quando non vide suo marito che boccava a terra con il suo peso l’altro. Kate si mosse velocemente cercando di recuperare la sua borsa dalla quale estrasse un paio di manette e si avvicinò ai due. 
- Beckett ma…
- Zitto Castle! Chiama la centrale mentre lo ammanetto a quella panchina. 
Kate lo immobilizzò, poi lo trascinò verso la panchina più vicina ammanettandolo alla base mentre lui la guardava non capendo assolutamente nulla di quello che stava accadendo.
- Capitano Beckett, NYPD. Ti ha detto male stasera, mi dispiace. - Gli disse Beckett rialzandosi e pulendosi le mani sbattendole tra loro per lavarsi la polvere del terriccio. Il ragazzo sospirò guardandosi la mano che si era tagliato mentre si era scontrato con Castle.
Rick nel frattempo stava raccogliendo gli effetti personali di Kate che il rapinatore aveva lanciato via e vide anche la piastrina d’acciaio. La raccolse e la osservò passandoci un dito sopra per pulirla. Lesse l’incisione “Always, Kate” e sorrise amaramente pensando che era esattamente quello che lui le aveva scritto nel biglietto. La mise in tasca e poi diede la borsa a Kate che la prese senza dirgli una parola. Rimasero in silenzio appoggiati alla staccionata in attesa della pattuglia che sarebbe venuta a prendere il ragazzo.
- Mi hai seguito! - Disse poi Kate severamente.
- Sì.
- Non era una domanda Rick, era un osservazione. - Rispose lei secca. Guardavano entrambi nell’oscurità davanti a loro, senza il coraggio di rivolgersi uno sguardo.
- Sei stato un incosciente Castle. Era armato. - La sua voce nascondeva male la rabbia mista alla preoccupazione per quella situazione che lui, ancora una volta, non aveva valutato, facendo di testa sua.
- Io volevo solo…
- Cosa Castle? Cosa volevi? Sono un poliziotto. So difendermi. Stavo solo studiando la situazione per capire quando agire, in modo che non fosse pericoloso. Non è questo che abbiamo detto? Non rischiare inutilmente! - Kate aveva alzato la voce e Rick provò a risponderle più volte ma poi preferì non dire nulla.
- Scusami, Kate.
- Potevi farti male Rick!
- Non per quello. Scusami per tutto il resto…
- Capitano Beckett! - Due agenti stavano percorrendo velocemente il vialetto del parco per raggiungerli. Lei gli indicò il rapinatore ammanettato che fu subito preso in custodia da loro, tra le sue lamentele per il taglio alla mano.
- Dovreste venire in centrale, per la deposizione - disse uno degli agenti imbarazzato nel doverlo dire al suo superiore, interrompendo, pensava, quella romantica serata con suo marito - è la prassi Capitano…
- Certo, vi seguiamo. - Rispose Beckett facendo cenno a Castle di andare con lei.

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Capitolo 6
*** SEI ***


- Espo? Cosa ci fai qui? 
Javier era seduto alla sua scrivania esaminando dei fascicoli con una tazza di caffè sbuffando di tanto in tanto. Appena si sentì chiamare alzò lo sguardo verso Castle e Beckett che erano appena usciti dall’ascensore e percorrevano il corridoio nella sua direzione.
- Yo Beckett! Hanno trovato un cadavere e Lanie è stata chiamata… - Spiegò l’ispanico visibilmente contraria
- Ma non aveva la serata libera? E Perlmutter?
- Si è ammalato… Ma voi cosa ci fate qui?
- La rapina al parco… - Disse Kate scuotendo la testa
- A te Beckett? Povero rapinatore…
- Già, ma è stato Castle a metterlo KO in una delle sue solite azioni insensate… - Kate fulminò ancora Rick con lo sguardo che fino a quel momento era rimasto stranamente silenzioso senza vantarsi della sua azione come Esposito si sarebbe aspettato e come lui avrebbe sempre fatto… - Scusatemi, vado a sistemare le scartoffie con gli agenti così poi ce ne possiamo andare…
Beckett si allontanò lasciando il taciturno Castle davanti ad Esposito che lo guardava in attesa che, senza Kate, gli raccontasse qualcosa in più di quello che aveva appena fatto.
- Allora Castle? Cosa è successo?
- Nulla di che, mi sono buttato addosso a lui per farlo cadere. Poi Kate lo ha ammanettato.
- Tutto qui?
- Già, tutto qui…
- Ehy avevate proprio grandi programmi per farti rimanere così cupo per la serata rovinata! - Disse il detective ridendo.
- Grandi programmi, sì…
- Dai, in fondo è solo una ricorrenza stupida! Quando volete, Lanie sarà ben felice di tenere Lily per una serata e lasciarvi la libera uscita! Non vede l’ora di fare la zia! - Così dicendo diede una pacca sulla spalla a Castle che non riuscì a trattenere una smorfia.
- Ehy amico tutto bene? 
- Sì, devo aver sbattuto la spalla cadendo
Esposito si guardò la mano ed era sporca di sangue. Poi guardò Castle con aria interrogativa.
- Castle cosa hai fatto? - Chiese brusco e nello stesso momento arrivò Kate che guardò la mano dell’amico e poi suo marito
- Che succede Espo? - Esclamò preoccupata guardano la sua mano
- Io niente… tuo marito…
Kate alzò la mano facendo segno al detective di stare zitto e guardò Castle
- Niente, un graffio credo… - Si giustificò lui
Beckett roteò gli occhi e invitò suo marito a seguirla in sala relax, qui lo aiutò a togliersi il cappotto e la giacca e potè vedere come non era un graffio ma un taglio anche piuttosto profondo. Stringeva i denti per la rabbia per il suo gesto così sconsiderato e non necessario e allo stesso tempo cercava di essere il più delicata possibile mentre lo esaminava. Lui in silenzio non muoveva un muscolo nè proferiva parola, solo la osservava accigliata in una di quelle espressioni che tante volte in passato gli aveva riservato quando lui faceva di testa sua contravvenendo ai suoi ordini e finendo per mettersi nei guai.
- Devi andare in ospedale a farti vedere questa ferita. - Disse alla fine
- Kate, non è necessario…
- Castle! Non discutere, per favore. Vai a farti medicare, credo che ci sarà bisogno di un paio di punti.
Avrebbe voluto ribattere, ma non era proprio il caso nè la serata. 
- Tu non…
- Finisco il rapporto, poi ti vengo a prendere.
- Non c’è bisogno, torno a casa con un taxi.
- Aspettami lì Castle. Passo a recuperare la tua macchina in hotel e ti vengo a prendere.
Rick fece un cenno di assenso con la testa, Kate lo aiutò a rimettersi la giacca ed il cappotto ed istintivamente lui si avvicinò per salutarla con un bacio, ma lei si voltò dalla parte opposta e Castle sospirando uscì dalla sala relax e si avviò lentamente agli ascensori.
- Tutto bene Capitano? - Chiese Espo quando anche Kate uscì da lì
- Tutto bene Espo, solo un po’ di disappunto per la serata andata a monte - Rimase sul vago, ma in effetti era proprio così, anche se non per colpa di quel rapinatore. Anzi, in un altra situazione avrebbero trovato anche la cosa divertente e ci avrebbero riso su, tra una battuta e l’altra: cosa ci sarebbe stato di più romantico ed iconico per loro che passare San Valentino in un parco arrestando qualcuno. E poi lui sicuramente le avrebbe chiesto spiegazioni sul perchè avesse con se le manette in quell’occasione ed avrebbe finito per imbarazzarsi prima e stuzzicarlo poi, finendo la serata in camera da letto mostrandogli l’uso che ne avrebbe voluto fare fin dall’inizio.
- Beckett, cosa è successo a Castle?
- Non sembra nulla di grave, ma credo avrà bisogno di qualche punto…
- Era così silenzioso per essere Castle…
- Quindi era come una persona normale. - sospirò Kate sperando che l’amico troncasse lì quella conversazione che non aveva voglia di fare e fortunatamente Esposito si fece una risata e poi tornò ai suoi fascicoli.

Caste era seduto su una panchina nel parco fuori dall’ospedale. Quanto tempo aveva trascorso lì? Gli sembravano così lontani quei giorni fatti di paura e speranza. Quante volte aveva pregato un Dio del quale non era nemmeno certo della sua esistenza solo per aggrapparsi a qualcosa e non cadere quando nessuno sapeva dargli una speranza concreta. 
Da quella panchina nelle lunghe attese, quando non gli permettevano di stare con Kate, aveva fatto quello che sapeva fare meglio, aveva osservato la gente passare, aveva visto i cicli della vita sui volti delle persone, la gioia per una nascita, la disperazione per una morte. Aveva riconosciuto, nel tempo, chi come lui era in attesa. Alcuni non li aveva visti più, altri li aveva visti andare via felici, qualcuno disperato. Si chiedeva se qualcuno avrebbe notato come sarebbe andato via lui. Ma per Rick c’era solo un modo di andare via da lì, ed era con Kate. Non si chiedeva come, solo quando, perché non c’erano alternative che potesse prendere in considerazione. Vide più lontano le luci del negozio di fiori dove andava tutte le mattine ancora accese, quella era una serata di quelle in cui stare aperti tutta la notte, c’era sempre qualche ritardatario che avrebbe cercato una rosa in piena notte da portare alla sua donna.
Mise la mano sinistra in tasca e tirò fuori quella piastrina d’acciaio raccolta a terra, chissà se Kate si era accorta che non era più nella sua borsa, chissà se le interessava se ci fosse sempre oppure no. La faceva scorrere tra le dita, accarezzando l’incisione: due parole che leggeva e rileggeva, due parole che per chiunque non avrebbero avuto nessun significato, per lui volevano dire tutto. Pensò a quella notte, a Boston. Alla sua frustrazione, alle sue paure, alla rabbia ed al dolore di saperla tra le braccia di un altro, se pur inconsciamente. Ad altre labbra che si posavano su quelle di Kate che dovevano essere solo sue, in un pensiero estremo di possesso. Lei era sua moglie, era il suo tutto, non poteva essere di un altro. Solo pensarci ancora in quella sera lo faceva impazzire ed immaginava che lei potesse provare le stesse sensazioni, per colpa sua. 
La voleva ferire quella notte, l’aveva ferita a distanza mesi dopo, proprio quando era la cosa che temeva di più, proprio quando tutto quello che voleva, invece era amarla, come era certo che solo lui sapeva e poteva fare.
Per colpa sua, per la sua stupidità, tutti i suoi incubi si stavano materializzando.

Sentì Kate avvicinarsi.
Non aveva bisogno di voltarsi a guardarla. Era lei, lo sapeva. L’avrebbe riconosciuto tra mille il suo incedere deciso. Non aveva il coraggio di guardarla negli occhi per la paura di quello che poteva trovarci o non trovarci più.
Si sedette vicino a lui e lo guardava mentre Rick rimane a testa bassa, guardando qualcosa tra le sue scarpe che doveva essere estremamente interessante visto che non smetteva di fissarlo.
- Ti ho cercato dentro, hai fatto presto…
- Essere un generoso benefattore dell’ospedale da diritto a qualche agevolazione. - Provò ad abbozzare una risata che però morì sul nascere sulle sue labbra. Non riusciva nemmeno a fingere.
- Cosa ti hanno detto?
- Mi hanno messo qualche punto e dovrò farmi le medicazioni per qualche giorno. Nulla di che.
- Bene.
- Già, bene.
C’era imbarazzo nel loro parlarsi senza guardarsi, loro che solitamente al contrario si parlavano senza parole, solo con gli sguardi e si capivano come se avessero fatto un lungo discorso, mentre lì avrebbero avuto tanto da doversi dire e non dicevano nulla.
Una folata di vento più forte fece alzare un mulinello di foglie abbandonate in un angolo poco lontano e Kate si strofinò le mani con forza, nascondendole poi nelle tasche del cappotto. Il gesto non passò inosservato a Castle che dovette combattere contro la voglia e la tentazione di abbracciarla per darle calore, ma probabilmente le avrebbe fatto l’effetto contrario. Però era lì, seduta vicino a lui, qualcosa forse di positivo doveva voler dire…
- Perché? - Gli chiese Kate. La sua voce era asciutta, nessun tremore, nessun accenno di rabbia.
- Ero arrabbiato. Per Vaughn.
- Vaughn non è mai stato niente, Rick. Mai. Nemmeno quella sera.
- Vaughn è stato quello che ti ha fatto venire dubbi su di noi una volta. Ho avuto paura.
- Perché non me l’hai detto?
- Non pensavo avresti capito. Non ricordavi di lui…
- Dopo Castle. Perché non me l’hai detto dopo? Ti avevo chiesto di dirmi tutto, di confidarmi le tue paure. Perché non ti sei fidato di me? - Ora sì, Rick poteva sentire la sua voce incrinata, ma non dalla rabbia.
- Non volevo farti soffrire per una cosa di nessun senso
- Lo stai facendo adesso. - Quella confessione rivolta al buio mentre lui non osava guardarla gli sembrò tagliare la sua carne in modo più netto ed in profondità del coltello sul braccio.
- Dopo la tua telefonata sono andato al bar sul tetto dell’hotel, c’era poca gente. Mi sono messo su un divanetto ed ho ordinato da bere. Volevo solo bere e non pensare. Quella donna al bar mi guardava e mi sorrideva. L’ho invitata a sedersi con me, lei forse ha equivocato o forse io le ho fatto veramente intendere altro perché… Perché sono stupido…
- Perché volevi ferirmi Castle… - Disse Kate completando quel pensiero che lui non aveva il coraggio di dire ad alta voce.
- Lei si è seduta sopra di me, mi ha baciato, l’ho baciata…
- Risparmiami i particolari ti prego - Glielo disse disgustata e quel tono fu il colpo di grazia per Rick che si decise ad alzare gli occhi da terra per guardarla. Piangeva in silenzio. Vedeva le lacrime scenderle dal viso senza che emettesse alcun rumore. 
- Non era te. Cazzo Kate, non era te! Nessuno è te. L’ho spostata di peso, gli ho lasciato non so quanti soldi sul tavolo per pagare i drink e me ne sono andato. Sono tornato in camera e mi sono ubriacato. Mi facevo schifo da solo. Volevo punire te ed ogni volta che toccavo le sue labbra stavo solo punendo me stesso.
Kate sentiva il suo sguardo addosso, la sua voce che tremava di rabbia e dolore. Conosceva quel tono, lo aveva sentito altre volte, era la sua paura che prendeva il sopravvento su di lui. Si asciugò le lacrime velocemente con il dorso della mano ma fu lei a non avere il coraggio di guardarlo adesso. Perché ancora una volta si stavano facendo del male per niente? Allora aveva ragione ad aver paura di essere felice, perché quella sera era veramente felicissima.
- Sai cos’è che mi fa male? Che tu non mi abbia detto niente. Io sono sicura che non c’è stato nulla - Si girò ora a guardarlo e lo fece fissando gli occhi nei suoi - so che non c’è stato nulla tra te e quella donna. - Gli ripetè
- Come fai ad essere così sicura? - Cosa stava facendo? Era lui stesso a volerle mettere dei dubbi?
- Perché credo e spero di conoscerti quel tanto che basta per sapere che non lo avresti fatto. Nemmeno in quella situazione. Perché io mi fido di te, Castle. E mi fidavo anche allora, nonostante tutto. 
- Anche io mi fido di te Kate!
- No, Castle, tu non ti fidi. Non ti fidi del fatto che se uno mi bacia per me non vuol dire nulla, ma questo lo capisco vista la situazione di quel momento, ma non ti fidi nemmeno a lasciarmi sola, delle mie capacità di sapermi difendere. Mi hai seguito Rick, e ti sei messo in mezzo in una situazione pericolosa non fidandoti di quello che stavo facendo.
- Ti ho seguita perché ti volevo parlare, volevo chiarire e poi… ho solo avuto paura ed ho agito d’istinto - provò a giustificarsi
- Come faremo quando tornerò a lavoro eh? Mi verrai dietro di nascosto per saltare fuori quando è meno opportuno?
- Starò a casa e starò in pensiero ogni volta che saprò che sei fuori dal distretto ed io non sarò con te, come sono stato sempre preoccupato in ogni occasione simile da quando ti conosco e questo non cambierà mai, Kate. Non per mancanza di fiducia, ma per paura che ti accada qualcosa e perché volerti proteggere è la cosa più naturale per me. Da sempre.
Kate si lasciò andare sullo schienale della panchina portandosi le mani sul volto. Di cosa stavano discutendo realmente? Qual era il problema? La sua mancanza di fiducia nei suoi confronti? Che si era baciato con un altra donna ed aveva pensato di tradirla durante la sua amnesia? Che non glielo aveva detto? Che anche lei, come lui, aveva solo paura? 
Vedendola ferma in quella posizione con i palmi delle mani a premere sugli occhi e le dita intrecciate tra i capelli, Rick si preoccupò che non stesse bene
- Kate, tutto ok?
- No, Castle… non è tutto ok. - Gli rispose tirandosi su
Beckett osservò la mano di suoi marito muoversi nervosamente stringendo qualcosa che preso riconobbe come la piastrina che aveva preso per lui e che quel ragazzo aveva gettato via. La doveva aver trovata quando aveva recuperato le sue cose. Non sapeva se anche per quello essere contenta o arrabbiata, ma le fece tenerezza vedere come la stringeva e in quel momento capì che quello che aveva detto il rapinatore, gettandola via, non aveva senso. Non era vero che non aveva alcun valore, lo vedeva da come Rick ci si stava aggrappando. Le fece tenerezza, quel pezzo di metallo nella sua mano sembrava ancora più piccolo. Avrebbe potuto chiuderla nel pugno e nessuno si sarebbe accorto della sua presenza. Poggiò la mano su quella di suo marito e lui interruppe ogni movimento.
- Scusami, io… non volevo prenderla di nascosto.
- È ok Rick, è tua.
- Grazie. È bellissima.
- È solo una piastrina d’acciaio
- No, è molto di più Kate. Per me è molto di più. 
Beckett ritrasse la mano, strusciandola sul dorso di quella di Castle in modo fin troppo lento, come se fosse una carezza.
- Andiamo a casa Rick? È tardi…
- Sì, certo…
Si alzarono dalla panchina ed in silenzio, senza sfiorarsi, percorsero il breve tragitto che li separava dal parcheggio dell’ospedale dove Kate aveva lasciato la Ferrari e sempre senza dire una parola arrivarono a casa, parlandosi solo in ascensore, concordando di non dire nulla a Martha di quanto accaduto a cena, limitandosi alla disavventura al parco.

Appena misero piede dentro casa, trovarono Martha davanti a loro che gli faceva chiaramente segno di fare silenzio, poi li abbracciò, prima Kate e poi suo figlio che però non riuscì a trattenere una smorfia ed un lamento.
- Richard! Cosa ti è successo? - Bisbigliò l’attrice
- Abbiamo avuto una disavventura al parco. - Tagliò corto lui
- Oh ragazzi miei, possibile che non riusciate ad uscire una sera senza mettervi nei guai? - Martha non aveva tutti i torti, la loro capacità di finire in mezzo a qualche situazione pericolosa, di proposito o casualmente, andava studiata perché credeva che non fosse umanamente possibile e che avrebbero distrutto ogni statistica mondiale.
- Un ragazzo ha provato a rapinarci e Rick non è riuscito a tenere a freno il suo istinto da cavaliere - le sorrise Kate, cercando di non farla preoccupare - Tra qualche giorno tornerà come nuovo.
Beckett si tolse il cappotto ed aiutò Rick a fare lo stesso, Martha poi li prese dalle mani di Kate che andò direttamente verso la culla di Lily che tenevano vicino al divano.
- Credo che tra poco si sveglierà per mangiare - Disse l’attrice controllando l’orario, Kate annuì e la prese in braccio, anticipando di fatto il suo risveglio. Non avrebbe dovuto, lo sapeva, ma non aveva resistito. Sentiva un bisogno fisico di farlo, di riappropriarsi di un contatto positivo. Lily si accoccolò sul petto di sua madre che si premurò di coprirla con la sua coperta preferita. Non sembrava avere in realtà molta intenzione di stare sveglia, sbadigliò più volte con la testa appoggiata sulla sua spalla mentre Kate seduta sul divano le accarezzava dolcemente la schiena. Sentì i muscoli del suo corpo, rigidi da quando era uscita dal ristorante rilassarsi mentre assecondava il respiro cadenzato di sua figlia. Quella sensazione la colpì profondamente perché per la prima volta, probabilmente, capì quanto tutto il resto diventasse relativo davanti a lei, come era in grado di mettere da parte le sue angosce e i suoi turbamenti per lei, che ora era il fulcro delle sue attenzioni. Fu quasi spaventata da questo ma al contempo gliene fu grata, perché avrebbe potuto ragionare su tutta quella situazione in maniera più lucida senza farsi cogliere dalla rabbia e dall’impulsività.

Martha e Rick la osservavano ancora vicini alla porta e quando l’attrice tornò a guardare suo figlio si accorse della camicia lacerata e della fasciatura che si vedeva sotto.
- La tua giacca Richard? 
- L’ho buttata e credo che quel cappotto e questa camicia la seguiranno presto… - disse scuro in volto, molto più di quanto la donna si aspettasse anche lei, come Esposito sorpresa dalla poca loquacità di suo figlio.
- Richard, sei sicuro che va tutto bene?
- Certo mamma. Siamo solo un po' dispiaciuti per l’esito della serata. - abbozzò un sorriso
Kate le chiese informazioni su quanto e quando Lily avesse mangiato, Martha le raccontò la loro serata strappandole anche qualche sorriso quando le disse di Jim che faceva mangiare Lily e della sua scelta della tutina da metterle e di come lei fosse stata per questa volta accondiscendente. Kate sbirciò sotto la copertina, non si era nemmeno accorta che l’avevano cambiata.
- E questa da dove è uscita? - chiese sorridendo a Martha vedendo sua figlia vestita con un tutina che riproduceva fedelmente la divisa degli Yankees.
- Secondo te cara da dove può essere uscita? Da tuo padre ovvio!
Kate sorrise pensando a suo padre che andava a comprare vestiti per neonati dopo aver visto la partita allo stadio. 
Poi Martha si congedò lasciandoli soli, in un imbarazzante silenzio. 
Rick si avvicinò a sua moglie e sua figlia, sedendosi vicino a loro. Lily si era di nuovo addormentata ed ora Kate la cullava dolcemente, dandole piccoli baci di tanto in tanto e lui si sentì morire dentro solo a guardarle. Rick appoggiò la sua mano su quella di Kate che teneva Lily, facendola voltare a guardarlo: era lui adesso ad avere gli occhi lucidi e a deglutire a fatica. Sentiva il dolore lui che veniva ad accarezzare il proprio e non riuscì a guardarlo ancora.
- La porto in camera. - glielo comunicò in modo distratto, lasciando che la mano di Rick scivolasse via mentre lei si alzava e lui non opponeva nessuna resistenza al fatto che si allontanassero.

Castle aprì la porta di camera, le aveva lasciato un po' di tempo per stare da sola. Si era cambiata ed aveva raccolto i capelli in una coda improvvisata. Era seduta sul bordo del letto appoggiata alla culla di Lily tenendo una mano all’interno. Si avvicinò e vide come sua figlia teneva stretto con la sua manina l’indice di Kate che sarebbe rimasta così tutta la notte se sua figlia avesse voluto. Percepiva Castle muoversi intorno a loro e sapeva che la stava osservando, sentiva il suo sguardo addosso, come sempre. Poi lo sentì allontanarsi, andare dalla sua parte di letto, sbottonarsi la camicia e gettarla via, in un gesto di rabbia, sfilarsi i pantaloni e frugare nel cassetto per cercare qualcosa da mettersi. Lo sentì armeggiare cercando di infilarsi la tshirt ma gli faceva male il braccio e buttò via anche quella.
Kate si alzò e liberò la sua mano dalla stretta di Lily, avvicinandole uno dei suoi pupazzetti preferiti, andò in fondo al letto a recuperare la maglietta di Castle e si sedette vicino a lui. Guardò la fasciatura che lasciava trasparire qualche macchia di sangue e la spalla con un livido viola in bella mostra. Sicuramente aveva sbattuto cadendo a terra. Fece scorrere la manica della tshirt sul braccio ferito e poi lo aiutò ad indossarla. Castle non disse nulla, si limitò ad assecondare i suoi gesti. Era più di quanto pensasse quello che lei aveva appena fatto, ma proprio mentre si stava alzando la bloccò prendendole la mano e facendola voltare.
- Kate, non voglio perderti.

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Capitolo 7
*** SETTE ***


Il braccio rigido, proteso verso di lui, bloccato dalla sua stretta decisa divenne molle, così come si sentì lei, tanto che ebbe la necessità di sedersi di nuovo, un po’ più lontano da lui di prima e fu solo allora che Rick la lasciò.
- Scusami - La voce di Rick era  un sussurro e non solo perché Lily dormiva ignara di tutto solo dall’altra parte del letto. - Per quello che ho fatto e che non ho fatto. Hai ragione tu. Avrei dovuto dirtelo, avrei dovuto parlarti delle mie paure. Non l’ho fatto non perché non mi fidassi di te, ma solo per paura. Solo per questo.
Rick si voltò per guardarla ma non incrociò lo guardo di Kate che era fisso sul mobile davanti a lei, dove avevano messo alcune delle loro foto più belle e davanti a tutte la prima avevano fatto insieme con Lily al loft. Gliel’aveva scattata Alexis senza dirgli nulla, non era una di quelle foto in posa con i sorrisi tirati ed i vestiti in ordine. Erano loro tre sul divano con Rick che le abbracciava entrambe ed il suo volto appoggiato sulla testa di Kate mentre entrambi guardavano Lily che dormiva tra le braccia della madre. Una foto che avrebbero potuto scattare in un altro qualsiasi di quei giorni, perché quello era uno dei loro momenti preferiti, tutti racchiusi in un unico abbraccio.
C’era chi diceva che l’amore non è guardarsi negli occhi ma guardare insieme nella stessa direzione. Rick non c’aveva mai creduto fino in fondo, perché ogni volta che guardava negli occhi di Kate lui si perdeva nell’amore sconfinato che provava per lei e vedeva che lei faceva la stessa cosa nei suoi. Come poteva non essere amore quello? Lo era, nella sua forma più alta, quella che li faceva comunicare in silenzio. Castle seguì lo sguardo di Kate sulle loro foto. Ora guardavano insieme nella stessa direzione, con il cuore gonfio degli stessi sentimenti e forse quella frase aveva un po' più senso. Avrebbe pagato qualsiasi cifra per poter leggere i pensieri di Kate che non aveva detto una parola. Quante volte in passato Rick l’aveva accusata di non fidarsi di lui e quante volte aveva sentito sulla pelle la sua mancanza di fiducia bruciargli come una profonda ustione. Gli aveva fatto male e sapeva benissimo come si stava sentendo. Però non gli parlava e questo non era da lei. Perché Kate quando discutevano era sempre quella più irascibile, quella che anche quando aveva torto attaccava per difendersi ed ora che avrebbe avuto tutte le ragioni per farlo stava in silenzio. 
Rick non sapeva della sua battaglia interiore. Non sapeva cosa stava pensando. Quanto era difficile per lei quel momento e si imponeva di guardare avanti, perchè se si fosse voltata incrociando il suo sguardo non avrebbe più potuto ragionare in nessun modo. Non era quello che era accaduto con quella donna a farla star male, ma i suoi silenzi e non solo… 
- Perchè quella sera non mi hai detto nulla al telefono? Perchè non ti sei arrabbiato con me ed hai preferito vendicarti in altro modo?
Rick non sapeva cosa risponderle.
- Perché sono stato uno stupido. Perchè mi sono sentito trascinare indietro di anni e mi sono comportato come un’idiota, come facevo prima di te, prima di noi. Non funzionava allora e non ha funzionato con lei. Perchè nessuna è te, lo sai Kate. Non era facile parlarti in quel momento e nemmeno discutere con te, di cosa dovevo discutere, di quello che non sapevi? Mi sentivo così impotente e stupido e mi sono comportato da tale. Avrei dovuto dirtelo dopo, è vero. Ma non ho mai trovato il modo ed il coraggio di farlo è rimasto tra le tante cose non dette, tra quelle che ancora non abbiamo mai affrontato e chiarito.
Kate sapeva che aveva ragione. Non era la prima volta che lo facevano, fare errori, perdonarsi, fare finta di niente e non parlarne. L’unica differenza era che questa volta lei non sapeva e per la prima volta, forse, stavano discutendo anche se non senza difficoltà di quello che era successo. Fino ad un anno prima, probabilmente non sarebbe andata così. Si sarebbero urlati contro di tutto al momento, poi si sarebbero perdonati a vicenda, avrebbero finito per fare l’amore con ancora più passione ed intensità del solito e poi si sarebbero addormentati solo quando sfiniti e ad risveglio non ne avrebbero più parlato. Quanti discorsi non fatti avevano soffocato in quel modo tra i gemiti dei loro amplessi, strozzati dalle spire della loro passione, affogati nel piacere reciproco che si sapevano donare, seppelliti da quell’amore che sembrava sempre in grado di coprire ogni mancanza? Tanti, troppi.
Ora però era diverso. Per questo Kate non lo guardava quando parlava, perché sapeva che lui avrebbe letto dentro di lei tutto il suo amore e la sua voglia di lui ed avrebbero finito per fare l’amore lì, incuranti della loro bambina. Non voleva quello, non più. Se c’era una cosa che aveva capito era che non potevano più fare finta di nulla, perché il non parlarsi, fidarsi e confidarsi alla lunga gli aveva solo portato altri problemi e non aveva mai risolto nulla. Non avevano mai parlato della sua paura di perderla dopo Vaughn, di quanto i suoi dubbi l’avessero fatto star male e lei non gli aveva mai detto di come si sentiva confusa non sapendo in che direzione stessero andando. Avevano fatto l’amore dopo quel caso, convinti che bastasse quello per stare bene e capirsi. Non era così. E non era stato così nemmeno dopo Washington quando lei aveva accettato la sua proposta di matrimonio cancellando così le discussioni dei giorni precedenti con un sì al parco e molti altri sì di altro tipo in quella stessa camera da letto: erano passati anni e quel non parlarsi e non chiarirsi aveva portato quei frutti spiacevoli. Non doveva più succedere.
Castle, però, sembrava veramente colpito da quel suo comportamento che gli sembrava così freddo e distaccato non sapendo in realtà il turbinio di emozioni che si agitavano in lei ed il nervoso che prima lo faceva rimanere in silenzio cominciò, invece, a fargli l’effetto contrario. Doveva parlare. Doveva spiegarsi. Doveva dirle tutto quello che pensava. 
- Quando ti sei risvegliata e non ti ricordavi di me è stato uno shock. Mi ero preparato tanti bei discorsi su come dirti che era incinta, da quelli più seri a quelli più divertenti e mi immaginavo la tua reazione felice, impaurita, preoccupata e invece dovevo fare tutt’altro. Poi con il mio solito ottimismo l’ho presa come una sfida anche divertente pensavo che dovevo solo farti innamorare di nuovo di me e modestamente sapevo di poterlo fare. Pensavo che i primi tempi sarebbero stati i più difficili, quelli della diffidenza e del conoscerci di nuovo ed invece mi sbagliavo. Il difficile è venuto dopo. Quando non sapevo più cosa volevo, anzi lo sapevo e volevo te, la mia te, e non c’eri. E tutto il mondo sembrava crollarmi addosso e mi imponevo di far finta di nulla di dirmi che sarebbe andato tutto bene ma era difficile e non riuscivo a starti accanto come volevo e nemmeno a starti lontana. E poi Vaughn e sono tornate le paure del passato. Di quando tu avevi preferito il tuo lavoro a noi ed io sentivo di non avere più quella forza di rincorrerti ancora. Sentivo la mia vita, la nostra vita, che mi sfuggiva via. Ed ho avuto paura che si è mescolata alla rabbia e al non poter fare nulla, non poter fare di più. Non chiedevo tanto. Rivolevo solo te.
La mano di Rick scivolò sul materasso verso quella di lei che stava stringendo con forza la stoffa delle lenzuola. Le sfiorò il dorso con l’indice insistentemente fino a quando non sentì che la sua presa cedette. Solo allora portò la mano sopra la sua e fu un attimo e le loro dita si incrociarono e le mani si strinsero insieme. A Rick sembrò di tornare a respirare dopo ore.
- Scusami Kate… scusami…
Si voltò a guardarlo e in quel momento capì che aveva fatto bene a non farlo prima. I loro sguardi si incrociarono tra le luci basse della camera ma non gli impedivano di vedersi abbagliati da quelle lacrime che li facevano vibrare. Non lasciò la stretta della sua mano ma si avvicinò quel tanto per potergli accarezzare il volto con l’altra mano e lui si appoggiò a questa chiudendo gli occhi assaporando le sensazioni di quel tocco rigenerante.
- Non mi perderai mai Rick. - gli disse prima di avvicinarsi un po' di più e baciarlo come desiderava fare da quando erano arrivati al ristorante. In fondo quella notte non era ancora finita, pensò Kate prima che il pianto di Lily impose forzatamente alle loro labbra di separarsi.
- Questo lo ha preso tutto da mia madre! - Sbuffò Castle mentre Kate si lasciò andare ad un sorriso sincero prendendo sua figlia che reclamava la sua poppata.


- Ehy chi era che ti ha tenuto tutto questo tempo al telefono? 
- Mia cugina Sophia.
- Ah… problemi?
- No… no… non direi anzi… - Kate gironzolava per il loft con il cellulare in mano mentre Rick seduto sul divano intratteneva Lily distesa sulle sue ginocchia. Era passata una settimana da quel movimentato giorno di San Valentino e la vita nel loft sembrava essere tornata quella di sempre. 
- Anzi? - Chiese Rick curioso
- Si trasferisce da John il suo fidanzato. Glielo ha chiesto la sera di San Valentino e poi nella confusione del trasloco si era dimenticata di dirmelo.
- Ah! - esclamò Castle sorpreso - quindi dovrai cercare qualche altro inquilino per il tuo appartamento! 
- Beh sì… credo di sì… non ho altre cugine a cui affittarlo.
- Quando si trasferirà? - le chiese mentre Lily ricambiava le sue smorfie con generosi sorrisi
- Credo che abbia già fatto tutto, ha detto che mi viene a portare le chiavi oggi pomeriggio.
- Allora in famiglia non sono tutti come che che ci hai messo mesi per lasciare il tuo appartamento e venire qui! 
- Castle!
Rick sghignazzò mentre Kate lo raggiungeva e si sedeva vicino a lui. Guardò prima sua moglie poi sua figlia e poi di nuovo Kate.
- Beckett più passano i giorni più ti assomiglia! È fantastico! - esclamò Rick genuinamente entusiasta di questo. Trovava tutto di Kate in Lily. Il suo profilo, la linea della bocca, gli occhi il colore dei capelli. Era veramente una Beckett in miniatura, splendida come sua madre. Sarebbe impazzito quando sarebbe cresciuta e lei avrebbe fatto impazzire tutti i ragazzi. Non poteva pensarci, stava correndo troppo.
- Scrittore, su cosa stai fantasticando con quello sguardo perso all’infinito?
- Uhm? - guardò Kate che lo aveva riportato al presente - Pensavo a lei e a te. Quando sarà grande farà impazzire qualsiasi ragazzo ed io impazzirò con loro. Sarà splendida come te ed io sarò un padre disperato. - disse enfaticamente.
- Non ti sembra di correre troppo considerando che nostra figlia ha sei settimane?
- Che diventeranno presto sei mesi, se anni, poi sedici e non ce ne accorgeremo nemmeno e sarà un’adolescente che ci chiederà di dormire fuori dalle amiche con i ragazzi che suoneranno al citofono chiedendole di scendere e lei che ci pregherà perchè vuole una moto…
- La moto se la può scordare - Rispose Beckett seria
- Vedi? È un attimo! Ma poi scusami, tu avevi una moto alla sua età!
- Appunto per questo lei se la può scordare, Castle! 
- Ti amo Kate… anche quando fai la mamma severa in anticipo. - Si sporse per baciarla - ed amo questa piccolina qui! - disse sollevando in aria Lily per poi appoggiarla sul suo petto proprio vicino a dove si era già messa Kate. Era questo che adorava di Castle, le accoglieva entrambe senza sforzo.
- Ah Kate… mi ha chiamato Alexis mentre eri al telefono con tua cugina. Verrà con Dustin questo week end.


- Kate dove stiamo andando?
- Fidati di me Castle e non fare domande.
Era sabato pomeriggio e Rick e Kate erano nell’auto di lei che stava guidando per le vie di New York apparentemente senza una meta precisa. 
Aveva aspettato che Alexis e Dustin erano tornati a casa dal loro pranzo fuori, poi aveva costretto Castle a prepararsi ed uscire, lasciando Lily alle cure di sua sorella. Per Rick ogni volta che le vedeva insieme era un colpo al cuore. Pensare che quella giovane donna e quella piccolina erano entrambe le sue bambine gli riempiva il cuore e vedere come Alexis se ne occupava amorevolmente ogni volta che tornava a casa aveva cancellato tutte le preoccupazioni che aveva avuto nei mesi precedenti alla sua nascita e le discussioni con Alexis. Lily conquistava chiunque la conoscesse e sua sorella non era stata da meno. Rick era convinto che avesse qualcosa di speciale che rendeva impossibile non amarla: forse era semplicemente il fatto che chiunque li conoscesse vedeva in lei il coronamento del loro amore ed il miracolo della vita che era più forte di qualsiasi avversità. Era anche molto felice del rapporto che Alexis aveva recuperato con Kate: dopo la nascita di Lily le aveva ritrovate molto più complici, si sentivano spesso al telefono quando Alexis era a Philadelphia e aveva saputo che più di qualche volta si era anche confidata con lei. Kate non aveva nessuna intenzione di sostituire la figura materna che Alexis non trovava in Meredith, però era ben felice se poteva offrire alla figlia di Castle un aiuto quando sentiva il bisogno di confidarsi con qualcuno. Anche in quei due giorni, da quando Alexis era tornata a New York le aveva viste spesso chiacchierare tra loro per poi interrompersi quando lo vedevano arrivare. “Cosa tra donne” gli ripetevano e a lui, in fondo andava bene così, sapeva che se fosse stato qualcosa di importante Kate glielo avrebbe detto, perché ora che era madre capiva le sue preoccupazioni per la figlia che alcune volte in passato aveva giudicato eccessive.
Perso nei suoi pensieri Rick non si accorse che Beckett aveva parcheggiato la macchina e ci mise qualche momento a capire dove fossero.
- Allora Castle? Non mi dici nulla? Ti sei già dimenticato?
- Ma, Beckett…
- Dai Castle, andiamo!
Kate scese dalla macchina e Rick fece lo stesso, ma, preso alla sprovvista riuscì a litigare per un po’ con la cintura di sicurezza senza riuscire a slacciarla mentre lei lo aspettava impaziente sul marciapiede, mani sui fianchi e piede dentro che picchiettava sull’asfalto.
- Pensavo ci avessi ripensato! - Gli disse quando finalmente fu fuori dall’abitacolo. 
Kate aprì il portone e poi prese per mano un fin troppo spaurito Castle che si lasciò condurre in quel percorso che conosceva fin troppo bene.

L’appartamento era pressoché vuoto. Quando Kate accese la luce, Rick potè vedere ancora meglio che non c’era poi molto: riconobbe, però, i tratti distintivi, quelle scale di pietra, dietro la piccola cucina con quei mobili così diversi tra loro, erano le stesse e per la prima volta le vedeva libere da libri e scatole. Quante volte ci aveva visto Kate seduta sopra leggere un libro mentre lui preparava la cena, nei primi tempi che stavano insieme. 
Dall’altra parte della stanza c’era solo un grande divano, rosso, con sopra molti cuscini e delle coperte, diverso da quello che aveva prima Kate, ma sembrava più spazioso e comodo, ed un tavolo basso davanti di legno anche questo era qualcosa di nuovo così come era nuovo il grande tappeto che prendeva quasi tutto l’ambiente. Gli scaffali alle pareti erano vuoti, senza tutti i libri che li avevano sempre riempiti e l’assenza di quadri alle pareti faceva sì che ogni loro passo ed ogni rumore veniva amplificato.
Si guardò intorno fino a quando non vide, come appoggiata casualmente, una cornice con una foto di loro due insieme, di qualche anno prima. Rick la prese in mano e sorrise.
- L’avevi lasciata per ricordo a tua cugina?
- No, l’ho portata ieri.
Castle la guardò con aria interrogativa. Lei gli si avvicinò, prese la cornice dalle sue mani e l’appoggiò su uno dei ripiani.
- Non ho intenzione di affittare di nuovo questo appartamento.
- No?
- No.
- Perché?
- So che a te non piace e non è mai piaciuto, ma per me è un posto importante. - Disse camminando nervosamente per la stanza ed il rumore dei suoi tacchi echeggiava rendendolo ancora più autorevole. - Non voglio che ci venga a stare qualcuno che non conosco, che non so chi sia, che giri tra quelli che sono stati i miei spazi.
- Ok… Non è un problema. - Rispose Rick scuotendo le spalle
- Perché dovrebbe essere un problema Castle?
- Kate! Ho appena detto che non è un problema! - La voce di Rick rimbombò tra le pareti vuote
- Perché non hai mai capito che per me questo è un posto importante e non solo un’appartamento con il pavimento che cigola ed i muri che fanno sentire tutto? - Chiese lei esasperata
- Beckett ma cosa c’è? Ho detto questo di casa tua? - Fece qualche passo verso di lei - Beh sì, i pavimenti cigolano ed i muri non sono proprio insonorizzati però…
- Però Castle questa è stata casa mia per tanto tempo ma non è solo una casa. Io sono cresciuta qui, e non parlo di età, parlo di me come persona. Ti ricordi quando a quelle finestre c’erano tutti gli schemi sul caso di mia madre? È qui che lo abbiamo risolto insieme. - Gli si avvicinò e gli accarezzò il viso - E’ qui che mi sono innamorata di te, dove ho passato tante notti chiedendomi cosa fare, lasciandomi consumare dai dubbi e dalla consapevolezza che non eri sono un partner ma non riuscendo ad ammetterlo a me stessa.
- Il pavimento lo possiamo cambiare ed i muri li facciamo insonorizzare, se vuoi, che ne dici Kate? - Rick gli portò le mani intorno alla vita abbracciandola e lei sorrise appoggiando la testa sulla sua spalla.
- Non ti ho portato qui per litigare, Rick.
- Beh, meno male, perché non ho nessuna voglia di litigare con te. Come mai siamo qui allora?
- Tua figlia grande ha detto che è ben felice di occuparsi di tua figlia piccola questa sera. - Gli sussurrò tra un bacio e l’altro sul collo
- Avete complottato tutto alle mie spalle vedo… - si lasciò scappare un sospiro quando i baci di Kate divennero più insistenti e la sua mano aveva cominciato ad accarezzargli la base della nuca
- Proprio così… Da quando Sophia mi ha riportato le chiavi sto pensando a questo… Ho portato qui il minimo indispensabile che ci può servire… 
- Capitano, stai aggravando la tua situazione, questa è premeditazione
- Sì, lo so Castle - disse mordendosi il labbro facendogli perdere il controllo mantenuto fino a quel momento. Lo andò a prendere lui con le sue labbra, stringendolo e succhiandolo per poi baciarla con quella passione che mai si era sopita nei suoi confronti. Appena riuscirono a separarsi Kate si sciolse anche dal suo abbraccio, lo prese per mano e lo condusse verso la camera da letto dove non c’era altro che il letto con i due comodini ed il vecchio comò di Kate. Rick si guardò intorno per un attimo e poi chiuse gli occhi, quel posto, in fondo, era mancato anche a lui. Era stato il loro rifugio di tante sere quando ancora la loro relazione era segreta.
- Il mio cassetto… - disse aprendo l’ultimo cassetto in fondo a destra del mobile
- Già…
- Uno dei regali più belli che abbia mai ricevuto…
- Dici sul serio?
- Serissimo. Ed anche uno dei più importanti. Grazie per avermi fatto entrare nella tua vita Katherine Beckett.
- Grazie a te per aver sconvolto la mia Richard Castle.
Si baciarono ancora e fu solo l’inizio dei baci per quella serata dove tutto il resto che non era loro due poteva aspettare. Non era il giorno di San Valentino, non erano in una lussuosa suite di un hotel di Manhattan, non avevano in programma una cena di gala e non erano vestiti a festa, ed era tutto speciale proprio per questo. 
Era speciale per i jeans e le magliette che volavano via, sparsi sul pavimento vicino alle sneakers ed agli stivali, per essere un giorno qualsiasi perché non gli serviva una festa per ricordarsi del loro amore, per un appartamento semivuoto con i pavimenti che cigolavano ed i muri troppo indiscreti. Era speciale perché non era il luogo o l’occasione a rendere qualcosa speciale, ma erano loro, tutto quello che c’era lì e tutto quello di cui avevano bisogno.
 Il desiderio che avevano uno dell’altra non gli fece mai passare in secondo piano la cura e le attenzioni che si riservavano in ogni occasione. Ancora seduti sul letto Kate accarezzava il braccio ancora fasciato di Rick.
- Promettimi che non farai più qualcosa di stupido - lo pregò stringendosi a lui. - Quando ti ho visto a terra ho avuto paura.
Era una confessione che non si aspettava in quel momento ma valse ancor di più. La abbracciò stringendola più che poteva ed ora sì, era libero di farlo, senza la paura di farle male. Pelle contro pelle senza nessuna barriera tra di loro, di nessun tipo, solo loro due, liberi di amarsi di nuovo. Castle non rispose mai a quella richiesta, ma Beckett sapeva che non lo avrebbe fatto, non si aspettava che lo facesse, voleva solo fargli capire che non era solo lui ad aver paura per lei e che le paure di lui, che tante volte le aveva raccontato, erano le stesse che risiedevano dentro di lei. I loro cuori martellavano contro i loro petti, sembrava che battessero all’unisono e rimbombassero nel vuoto della stanza.
Si amavano. Questo era tutto. Non c’era altro che potevano dire per spiegare quello che c’era tra loro. Era così e basta. Nella dolcezza dei gesti, nell’urgenza delle bocche che si cercavano, nella tenerezza dei movimenti c’era tutto il loro amore ed il loro bisogno di ritrovarsi, di riassaporarsi come coppia, marito e moglie, svestire i panni dei genitori ed indossare solo quelli degli amanti, anche se in realtà non avevano più nulla addosso. E non si sentivano in colpa per quello, non più, nemmeno Kate. Lily era a casa con Alexis e Dustin e sapeva che stava bene e si fidava di loro. Avevano diritto lei e Rick ad un po’ di tempo per loro, solo per loro.

Il peso del suo corpo abbandonato e rilassato su di lei era una sensazione che le era mancata terribilmente. Accarezzare i suoi capelli spettinati ed umidi mentre le sue labbra lambivano ancora la sua pelle ed il suo respiro era veloce e sentire ancora dentro di se l’eco del piacere e la beatitudine dell’appagamento la facevano sorridere con la bocca e con gli occhi. Lo strinse a se appena si mosse, per non farlo allontanare nemmeno di un millimetro e godersi ancora il calore della sua pelle. Aveva letto che dopo il parto il desiderio sarebbe scomparso anche per alcuni mesi, per lei non era così, aveva desiderato e desiderava suo marito con tutta se stessa ed averlo finalmente tutto per se, sotto tutti i punti di vista, le trasmetteva un benessere rigenerante. Pensò che se tutte le donne avessero un marito come Castle nessuna correrebbe il rischio di sentirsi non amata, le sue attenzioni e la sua dolcezza nei suoi confronti erano addirittura aumentate e quella sera gliene diede dimostrazione ancora una volta con le parole e con i gesti. E poi dopo la dolcezza, quando i corpi di erano ritrovati e riconosciuti, le mani divennero più audaci sulla pelle umida, le bocce più avide nell’esplorasi, i gesti più espliciti e i movimenti più impetuosi e tutto di lei amava tutto di lui.

- Credo che i tuoi vicini non abbiano gradito il nostro ritorno - Disse Castle ancora ansimando buttandosi dalla sua parte di letto
- Francamente non mi interessa molto - rise Kate cercando il lenzuolo per coprirsi, ma Rick non era della stessa idea, le bloccò le braccia e riprese a baciarla sul collo, scendendo sulle clavicole e risalendo sulla sua bocca.
- Capitano, ci arresteranno per disturbo della quiete pubblica e sarà solo colpa tua
- Non pensare di essere più discreto tu! E comunque metterò una buona parola per noi.
- Al massimo chiedi se ci possono dare una cella matrimoniale…
- Castle! - La baciò ancora e poi recuperò in fondo al letto le lenzuola e la coprì. La casa non era molto calda, se si escludevano loro due. Rick si alzò senza preoccuparsi di riverstirsi e Kate non poté fare a meno di indugiare con lo sguardo sul suo corpo mentre usciva dalla stanza per andare ad accendere il riscaldamento del quale si erano completamente dimenticati.
- Immagino che non ci sia nulla da mangiare in questa casa, come sempre… - Constatò tornando in camera con le coperte prese dal divano, intanto che la casa si scaldava ne avrebbero avuto bisogno 
- Solo per la colazione di domattina - gli disse lei ammiccando.
- Vuoi passare la notte qui? - chiese stupito e Kate annuì - Ne sei sicura?
- Sì… 
- Cinese?
- Cinese!
Rick ordinò la cena e poi Kate chiamò Alexis: Lily stava bene e non dovevano preoccuparsi di nulla lo disse prima a lei e poi anche a suo padre. Gli mandò mandò alcune foto che avevano fatto insieme e Rick si intenerì a guardare le sue figlie. Era bello, pensò, che per Lily ci sarebbe sempre stata anche Alexis su cui contare. Il suono del campanello interruppe i suoi pensieri, ma Kate fu più veloce di lui, si infilò un paio di shorts ed un’ampia tshirt ed andò a prendere la loro cena. Il pensiero di lei così poco vestita e senza biancheria sotto gli fece tornare un altro tipo di fame e sorrise. Era veramente fortunato: aveva due figlie che adorava ed una moglie splendida che amava alla follia e che lo faceva sentire come un ragazzino innamorato per la prima volta.

Mangiarono cinese a letto nudi sotto le coperte, chiacchierarono di cose stupide, risero tanto e di baciarono di più. Poi si amarono ancora senza preoccuparsi del tempo e di nulla altro che loro, fino a quando furono esausti e si addormentarono abbracciati.

- Sai Kate - le disse Castle dopo uno dei loro round, in quei momenti dedicati solo ai baci e alle coccole - tu sei il luogo dove i miei sogni e la mia realtà si sono incontrati.
- Vorrei poter dire la stessa cosa Rick ma… - gli rispose Kate ancora con un nodo alla gola per quello che lui le aveva appena detto, appoggiata con la testa sul suo petto, mentre lui le accarezzava i capelli
- Ma? - chiese preoccupato
- Ma non ho mai sognato niente di tutto questo. Nessun mio sogno era così bello. Hai creato i miei sogni e li hai resi reali. Hai creato noi.
Si strinse di più a lui e chiuse gli occhi. Rick fece lo stesso con il sorriso sulle labbra.
Per una sera ed una notte furono semplicemente loro, Rick e Kate, Castle e Beckett, lasciando per un po’ tutto il resto del mondo fuori da quell’appartamento, come tante volte avevano fatto quando si dovevano rifugiare da occhi indiscreti anche per un semplice abbraccio.
Semplicemente loro, sempre loro.

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