That's amore.

di Taila
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** That's amore. ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno: Perdonami, ma ti amo. ***
Capitolo 3: *** Capitolo due: Quando tutto si sgretola. ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre: L'ulimo pezzo del puzzle. ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro: Alla fine. ***



Capitolo 1
*** That's amore. ***


Titolo: That’s amore.
Autore: Taila.
Serie: Senza Traccia.
Genere: Romantico, introspettivo.
Tipo: Long-fic, slash.
Pairing: Danny Fitzgerald x Danny Taylor.
Raiting: Giallo.
Parti: Un prologo più quattro capitoli.
Desclaimers: I personaggi presenti in questa fic non sono miei ma degli aventi diritto, li ho presi in prestito per puro divertimento e senza scopo di lucro.
Note: Era da tantissimo tempo che questa coppia mi ossessionava, ma prima d’ora non avevo mai trovato l’occasione giusta per scrivere qualcosa su di loro. Si sono sempre protetti a vicenda, anche affrontando l’altro a muso duro e sbattendogli in faccia la verità. Senza l’aiuto decisivo di Danny, Martin non sarebbe mai uscito dalla sua dipendenza. Senza il sangue freddo di Martin, lui e Danny non sarebbero mai sopravvissuti all’assalto dei ribelli di Machera. Ricordate come si comporta Danny quando vede che stanno portando Martin in sala operatoria? E la faccia che fa quando vede l’amico allontanarsi poggiandosi ad una stampella? Sembra straziato da quella vista. E come rimane Martin quando Danny lo accusa di essere stato uno sconsiderato e lo lascia così, da solo in mezzo all’ufficio? Martin e Danny sono fatti per stare insieme. Ora: il personaggio di Elena mi piace molto, è forte e determinata, è unicamente concentrata sulla figlia, e proprio per questo mi sembra una che può tranquillamente fare a meno di avere qualcuno al proprio fianco. Basta a se stessa. Quindi perché non lasciare Danny a Martin? Samantha invece non mi piace per nulla (mi scuso con tutti i suoi fans, ma è più forte di me! ù.ù) lasciare uno come Martin per stupidaggini simili! Ma come si può >.< E’ ancora innamorata di Jack, anche se non vuole ammetterlo, ed ha paura della sua reazione se lo venisse a sapere, che fra loro si chiuda tutto definitivamente -.- E poi è il suo stesso modo di fare a non piacermi. Inflessibile ed arrogante.
Comunque, ho impiegato ogni minuto libero per scrivere questa fic, quindi spero che il risultato sia buono e che non abbia fatto grossi disastri. Il prologo è un pow di Martin. Cercherò di postarne uno a settimana.
Ringraziamenti: Ringrazio chiunque leggerà e commenterà (inchino).
Adesso vi lascio alla lettura, al prossimo capitolo gente \^O^/


That’s amore.



Prologo: Ed ancora una volta…

La notte è alta ed io ancora non sono riuscito a prendere sonno: nervoso mi giro per l’ennesima volta supino, le lenzuola aggrovigliate attorno alle mie gambe. Punto lo sguardo nel buio, un braccio abbandonato sullo stomaco ed un altro sulla fronte. Mi sento svuotato di ogni volontà, ridotto ad un automa che si muove solo perché deve. Sospiro pesantemente sentendo il corpo dolere e la mente pulsare violentemente. Mi sento come se fossi totalmente incapace di pensare lucidamente.
È brutto da dire, lo so, ma avrei preferito essere impegnato in un caso, piuttosto che restare qua a languire. Quando sono impegnato sul lavoro riesco a focalizzare la mia attenzione completamente sulla persona scomparse, a scacciare ogni altro pensiero. Mi sembra di poter riprendere a respirare normalmente. Di accantonare tutti quei pensieri che ora vorticano nella mia mente straziandomi l’anima.
Non credevo che amare una persona fosse così doloroso…
Ho amato tante volte nella mia vita, eppure mai ho sperimentato una simile agonia! Mi sento come se mani invisibili avessero afferrato la mia anima nel loro pugno ed ora la stessero stritolando. Mi sento come se una sostanza viscosa ed incandescente mi si fosse riversata nel cervello rendendolo inutilizzabile. Mi sento come se i miei polmoni fossero di piombo e pompassero gas incandescenti invece che ossigeno.
La sua figura sembra marchiata a fuoco dentro la mia mente, non mi abbandona mai, è una presenza costante al bordo della mia anima. Mi osserva, ride di me, mi tormenta. Chiudo la palpebre ed il suo fantasma opalescente si delinea nel buio, avanzando languido e sensuale, estasiandomi. Tendo una mano nel buio, nel disperato tentativo di poterlo finalmente toccare, di farlo mio, di spegnere il mio tormento nella morbida dolcezza delle sue labbra. Come ogni volta riesco solo ad agguantare il nulla. Scompare ed il suo sorriso brucia come acido dentro di me.
Mi domando quando sia accaduto, quando questo sentimento sia penetrato dentro di me avvelenandomi. Quando abbia stretto i miei polsi con questi dolori ceppi, impedendomi la fuga. Forse da sempre, forse da mai. Forse la prima volta che ho incrociato il suo sorriso aperto e gioioso. Forse quella volta che mi sono reso conto che i suoi occhi hanno la stessa sfumatura del cioccolato al latte. Forse quando mi ha teso la mano aiutandomi a venire fuori dalla mia dipendenza, a ritornare me stesso.
Forse semplicemente è solo una naturale evoluzione della nostra amicizia.
Quanto avrei desiderato che il nostro rapporto si fermasse a questo, alla semplice amicizia, che non mi fossi mai reso conto di provare questo sentimento devastante che mi lacera impietosamente con i suoi artigli incandescenti.
Stringo forte le dita sulle lenzuola umide di sudore, sentendo dentro di me la voglia di antidolorifici divampare come un incendio. Una sola compressa per stare meglio, per dimenticare tutto. Mi mordo le labbra a sangue, combattendo questa brama che brucia dalle viscere: non ho lottato tanto per ricadere di nuovo in quella trappola infernale! Non sopporterei mai se mi guardasse con biasimo…
… sarebbe una ferita più dolorosa di mille coltellate!
Batto un pugno sul materasso e, subito dopo, con un colpo di reni secco, mi metto seduto sul bordo letto. Le lenzuola scalciate da qualche parte sul pavimento. Sento il sudore scorrermi dalle tempie alla mandibola, lungo il collo e la schiena. Rabbrividisco per contrasto e mi metto in piedi. Scalzo entro in bagno ed accendo la luce della specchiera. Apro con un gesto svogliato il rubinetto, ascolto per un istante lo scroscio dell’acqua fredda prima di infilare sotto il getto le mani a coppa e portarle al volto. Il freddo dell’acqua mi scivola in gocce trasparenti sulla pelle, dandomi la sensazioni di decine di lame che mi tagliano contemporaneamente. Mi appoggio pesantemente al lavandino e scruto il mio volto gocciolante riflesso. Sono pallido e sudato, i tratti tesi come se stessi provando un forte dolore. Sono dimagrito negli ultimi mesi. Passo lo sguardo sul torace nudo, fino al bordo della tuta che uso per dormire: un fisico asciutto, dai muscoli delineati ma non eccessivi.
Un uomo normale.
Poggio la fronte contro lo specchio sospirando per il contrasto tra la superficie fredda e la mia pelle accaldata. Digrigno i denti e batto i pugni sul muro, più forte che posso, sibilando poi di dolore. Un uomo normale che si è scoperto innamorato di un altro uomo. Di un uomo che non mi vedrà mai come qualcosa di più di un semplice amico. Di un uomo innamorato di una donna.
Maledetto Danny Taylor! Come hai potuto formi questo?
Colpisco ancora ed ancora il muro, sentendo la pelle diventare ancora più dolorante. Un dolore immediato e reale che soffoca per qualche istante quello della mia anima. Le lacrime bruciano contro le palpebre, mentre il sapore ferroso del sangue si impasta con la saliva.
Urlo. Forte. Più forte che posso.
Sperando che le catene che mi imprigionano a lui si spezzino, che i nodi con cui mi ha legato si sciolgano. Sperando che questo amore vada via insieme alla voce.
Fa male dannazione! Così male che desidererei ricevere un colpo in testa e svenire piuttosto che provare ancora questo dolore! Così male che mi sembra di essere squarciato a metà, che mi sia stato infilato un ferro arroventato in gola!
Poco dopo smetto di urlare e cerco, inutilmente, di calmarmi. Ansimo pesantemente appannando lo specchio ed una lacrima riesce a forzare le mie difese e scivola sulla mia guancia, per poi piantarsi acuminata nel mio cuore.
Finirà mai un giorno?

Mi passo una mano sul volto stanco, mentre aspetto il mio turno per strisciare il badge. Nonostante tutti i tentativi fatti non sono riuscito a chiudere occhio. Mi sento sfinito! Quasi temo il momento in cui mi troverò in ufficio con lui, ad assistere alle attenzioni discrete che rivolge quotidianamente ad Elena. Riuscirò a resistere anche oggi o mi infrangerò in mille schegge acuminate?
- Nottata insonne, eh! E bravo Martin! Chi è la fortunata?- mi chiede la sua voce scherzosa ad una spanna dall’orecchio.
Colto del tutto impreparato da una simile vicinanza mi scanso, voltandomi a guardarlo di scatto, facendolo ridacchiare divertito e soddisfatto dalla mia reazione. I toni bassi e rochi nella sua voce vibrano dentro di me, toccando corde nascoste del mio animo. Ad ogni respiro succhio ossigeno miscelato al suo odore di menta che mi infiamma i polmoni, intossicandomi il cervello. Per un istante resto imbambolato a fissare i bagliori ramati della luce nelle sue iridi di cioccolato, totalmente incapace di pensare a qualsiasi cosa che non sia lui.
Mi scuoto quando Danny solleva elegantemente un sopracciglio, perplesso dalla mia reazione. Ed ancora una volta indosso la maschera dell’amico, di quello che conosci da tanto, che non prova assolutamente nulla per te. Una maschera sempre più pesante e difficile da portare, che mi soffoca ogni istante di più.
- Danny! Accidenti a te, mi hai spaventato a morte!- protesto come da copione.
- Sei completamente fuori gioco amico! – ghigna ed è una stilettata – Confessa: chi ti ha stancato così?- continua imperterrito.
- Nessuno! Chi vuoi che sia?! Non ho una storia da… nemmeno ricordo da quanto!- sbuffo esasperato mentre striscio il badge.
Da quando ho lasciato Samantha. Da quando mi sei entrato nel sangue contaminando tutto il mio corpo. Da quando non vedo e non sento altri che te. Lascio che Danny mi raggiunga nell’ascensore, per godermi anche oggi questa vicinanza fittizia, per concedermi ancora l’illusione che tutto vada secondo i miei desideri. So che dopo farà ancora più male, ma per ora va bene così…

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Capitolo 2
*** Capitolo uno: Perdonami, ma ti amo. ***


Come promesso ecco qui il nuovo capitolo di ‘That’s amore’. Non so come, ma miracolosamente sono riuscita a ritagliarmi uno spazio per rivederlo e postarlo. In questo primo capitolo ho smesso il pow di Martin e sono passata alla narrazione in terza persona, infondo questo è il percorso di Danny per comprendere chi ama, Martin sa già cosa prova per lui e deve farci quotidianamente i conti. Mi sono scatenata un po’ nella descrizione degli eventi ed a confondere un po’ le acque ^^ ma spero davvero di non aver esagerato ^^’’’ Ringrazio Isult: Compagna! Anch’io sono contentissima di aver trovato un’altra persona a cui piaccia questa coppia *ç* Ho rivoltato il sito da cima a fondo ma non sono mai riuscita a trovare nessuna fic su di loro. Martin e Danny sono stupendi insieme *O* Spero che questo capitolo non ti deluda e che ti piaccia anche se è in terza persona. Ti ringrazio per aver inserito la mia fic tra i tuoi preferiti (inchino) ^O^ Ringrazio tutti coloro che hanno anche solo letto (me tanto contenta).
Ora vi lascio alla lettura del capitolo, al prossimo gente ^o^


Capitolo uno: Perdonami, ma ti amo.

L’aveva detto lui che era un suicidio, che avrebbero dovuto attendere i rinforzi. Invece no! Danny non aveva voluto sentire ragioni: aveva impugnato la pistola, era sgusciato fuori dal loro nascondiglio e si era avvicinato alla baita. Anche lui era conscio che il ragazzino rapito rischiava la vita ogni secondo che scorreva, che dovevano fare qualcosa e non restare li con le mani in mano; ma sapeva anche che affrontare una banda di rapitori alla cieca ed in due era un suicidio! Poi era lui quello impulsivo che si buttava a capofitto in ogni situazione senza calcolare i pericoli da affrontare, rischiando sempre la vita! Scosse la testa: peccato che il cane da guardia avesse fiutato la sua presenza ed iniziato ad abbaiare mandando in fumo il loro piano. Prima ancora di riflettere sulla situazione in cui si erano cacciati, in una manciata di secondi Martin aveva raggiunto Danny e lo aveva afferrato per un polso e trascinandolo poi via, ignorando le sue proteste, prima che i rapitori potessero organizzarsi e difendersi.
Ed ora si trovavano a correre nella boscaglia, con la neve alle caviglie e la tormenta che occludeva la loro vista con un velo di nevischio; l’unica nota positiva era che la neve cancellava sistematicamente le loro tracce. Incespicavano continuamente, ormai sfiniti dalla loro lotta impari con gli elementi naturali: dovevano trovare un riparo altrimenti quella sarebbe stata davvero la fine per loro. Non sapevano dove stessero andando, sapevano soltanto che dovevano continuare ad andare avanti per salvare la propria vita. Martin non aveva mai allentato la presa sul polso del compagno per paura di perderlo. In quel momento non pensava a se stesso, ma era concentrato solo su Danny, sul compito di salvarlo da quell’inferno di vento e neve, e riportarlo a casa. Riportarlo da Elena. Un pensiero amaro, che lo trapassò come un proiettile, ma che non si impedì di formulare: amare significava soprattutto lasciare che l’altro fosse felice, e se Danny era felice con Elena e la sua bambina, allora anche lui lo era. Doveva esserlo.
Solo pensieri buonisti di cui cercava di convincersi per non annegare nella disperazione.
Un rumore soffocato e poi Martin si sentì trascinare verso il basso, cercò di opporre resistenza, ma il peso di Danny era troppo per lui. Per un istante fluttuò nel nulla, prima di venire brutalmente sbattuto con la faccia contro la neve gelida e ghiacciata. Lui e Danny rotolarono verso il basso per un tempo infinito, sbattendo di tanto in tanto contro i tronchi nascosti degli abeti. Quando finalmente si fermarono Martin sentiva tutto il corpo dolorante, come se lo avesse investito un tir. Cercò di guardarsi attorno, ma la bufera di neve nascondeva ogni cosa. Sapeva della presenza di Danny accanto a sé solo perché stringeva ancora la sua mano, si avvicinò al compagno gattonando malamente nel mantello di neve, fino a che il suo volto si delineò sfumato nella luce del crepuscolo e nel nevischio. Con orrore scoprì che era svenuto. Con quelle temperature doveva restare vigile altrimenti sarebbe potuto morire assiderato! Iniziò a schiaffeggiarlo forte in volto per farlo rinvenire, chiamando contemporaneamente il suo nome, ma le sue urla si perdevano nel ruggito del vento.
Alla fine si arrese: non potevano restare li, sarebbero morti entrambi, doveva trovare immediatamente un rifugio. Ma dove? In quel momento gli sembrava di essere piombato in un mondo dove cielo e terra si confondevano in un’unica distesa bianca, senza alcun confine. Si morse le labbra: era la cosa più stupida a cui potesse pensare, ma al momento non riusciva a vedere nessun’altra alternativa.
Si liberò del pesante giaccone del FBI, avvolgendoci completamente Danny ancora incosciente, per tenerlo al caldo, ed iniziò a scavare con le mani un buco nello spesso mantello candido che copriva il suolo. In un documentario aveva sentito che la neve era un isolante, che manteneva il calore all’interno e non lasciava penetrare quello esterno: era il momento di scoprire se tutti quegli esperti dicessero stupidaggini oppure no.
Quando si fermò, credendo di aver scavato una cavità che sembrava abbastanza grande per ospitare entrambi, aveva le mani violacee e spaccate dal gelo, piccoli rivoli di sangue rigavano la pelle tumefatta cadendo poi a macchiare il candore della neve. Con le ultime energie che gli restavano, Martin riuscì a trascinare di peso l’amico all’interno ed una volta all’interno vide che la gamba destra di Denny era girata in una posizione innaturale: durante la caduta doveva essersela rotta. L’agente sospirò: ci mancava solo quella! Prima del mattino successivo non avrebbe potuto uscire da li: con la tormenta e la notte incipiente non sarebbe più riuscito a trovare quel rifugio improvvisato. E poi, a dirla tutta, non gli andava di lasciare Danny da solo, non in quelle condizioni. Gli mise una mano sulla fronte e la trovò appena più calda del naturale: gli stava salendo la febbre! Per fortuna aveva abbastanza ghiaccio per gli impacchi, pensò con amara ironia.
Danny tremava per il freddo e respirava affannosamente, Martin sapeva che in quel caso c’era una sola cosa da fare, ma il solo pensiero lo riempiva di terrore. Desiderava con tutto se stesso avere un contatto simile con lui ed era proprio questo a spaventarlo: sarebbe riuscito a resistere, oppure si sarebbe lasciato andare ed avrebbe approfittato della situazione? Scosse la testa scacciando tutti quei pensieri oziosi che gli affollavano la testa: erano in una situazione così critica che non poteva davvero scendere a patti con se stesso. Doveva pensare a Danny prima di tutto. Prese un respiro profondo e si stese accanto a lui, passandogli un braccio sotto la schiena se lo strinse contro. Fece scorrere lo sguardo sul volto insolitamente pallido di Danny, soffermandosi un istante di troppo su quelle labbra sottili ed illividite. Si sentiva mortalmente stanco! Stanco di quel rigido controllo che si imponeva quotidianamente per resistergli. Stanco di camminare continuamente sul ciglio di un burrone, costantemente diviso tra amore ed odio. Stanco di poterlo solo guardare da lontano, divorato dalla gelosia e dal desiderio. Stanco di doverlo dividere con Elena. Passò un dito tremante sulla morbida carnosità delle labbra, sentendole tiepide e screpolate dal vento gelido. Solo un bacio, non avrebbe chiesto niente di più, avrebbe cercato di accontentarsi. Poggiò la fronte contro quella di Danny, con gli occhi chiusi, respirando in modo pesante e scoordinato, ancora combattuto tra quello che desiderava fare e ciò che la sua coscienza gli vietava. L’odore di menta di quella pelle brunita entrava dentro i suoi polmoni ad ogni respiro, intossicandolo, infrangendo sempre più la sua lucidità.
- Perdonami Danny, ma… ti amo!- mormorò sulle sue labbra con la voce tremante di paura e disperazione.
Con un gesto rapido del capo annullò la distanza tra loro e sfiorò le labbra dell’amico con un bacio leggero: non voleva approfittare troppo della situazione. Si era messo già troppo alla prova: non avrebbe retto ad un contatto prolungato.

Danny si sentiva come se fluttuasse nel nulla, come se il suo corpo non esistesse più, come se fosse cosciente e perso allo stesso tempo. Si sentiva leggero. Si sentiva incapace di fare qualsiasi cosa, come se quel torpore che gli stava invadendo gli arti ed il cervello, lo stesse svuotando di ogni volontà. Si sentiva bene!
Non sapeva come fosse arrivato in quel luogo, non ricordava niente di quello che era accaduto prima, come se fosse nato in quel momento, ma non aveva paura: si sentiva in pace con se stesso e con il resto del mondo, come se quel buio avesse il potere di rassicurarlo. Doveva essere la stessa sensazione di quando si trovava nella pancia di sua madre, quando era al sicuro in un luogo ugualmente umido e buio…
Un morbido tepore lo stava avvolgendo invitante, sciogliendogli piacevolmente il corpo. Ma la sua mente stava, intanto, registrando quello che accadeva attorno a lui e la sua attenzione era stata catturata da una voce lontana e sfumata, vagamente familiare, che stava invocando disperatamente il suo nome. Era straziante ascoltare quella voce che lo implorava di svegliarsi. Danny avrebbe voluto avere labbra e voce per rassicurare chiunque fosse che stava bene, che non c’era nulla da preoccuparsi. Quella voce era troppo dolce non doveva essere alterata da tutto quel dolore.
Il calore attorno a lui aumentò all’improvviso ed un odore intenso e sconosciuto aveva iniziato a solleticargli il naso; una strana corrente tiepida gli carezzava ad intervalli irregolari il volto. Era piacevole, dannatamente piacevole! Stava così bene in quel momento, da desiderare di non voler mai lasciare quel luogo.
Poi quella voce era tornata a farsi sentire, nostalgica come il rumore della risacca sulla battigia, tremante di dolore e paura, di ansia.
- Perdonami Danny, ma… ti amo!- .
Ed un istante dopo dalle sue labbra era divampato un incendio improvviso che aveva arroventato tutto il suo corpo, squassando la sua anima, ed il buio attorno a lui era stato illuminato da una luce di un candore abbacinante. Nessuno in tutta la sua vita si era mai rivolto a lui con parole così colme d’amore e d’affetto. Quelle parole erano così cariche di sentimento da lasciarlo per un attimo senza fiato.
Chi era? Chi era quella persona che lo amava in quel modo?
Voleva saperlo. Non sapeva perché, ma voleva sapere chi era quella persona…
Forse se avesse aperto gli occhi, avrebbe potuto vederla…
Concentrò ogni sua energia sulle palpebre, cercando di sollevarle, ma sembravano essere state pietrificate tanto erano pesanti. Ed allora provò e riprovò, fino a che quel buio non venne tagliato da una lama di luce grigia…

La prima la cosa che Danny vide riaprendo gli occhi fu una parete stranamente curva di un bianco lucido, come se alla vernice fossero stati mescolati dei brillantini. Intontito sollevò a fatica la mano toccando la parete e le dita affondarono nella sostanza morbida, umida e fredda. Neve? Corrugò la fronte nel tentativo di ricordare: rammentava la baita con i rapitori, la fuga con Martin in mezzo alla bufera di neve e poi… il nulla! Era come una grossa macchia d’inchiostro che oscurava tutto fino a quel momento.
Solo quando tentò di muoversi si rese conto che qualcosa gli stringeva i fianchi e premeva sul suo stomaco, impedendogli di muoversi. Abbassò curioso lo sguardo e vide che erano mani grandi dalle dita lunghe e sottili, ma forti, da uomo; mani piagate e macchiate di sangue rappreso, di uno strano colore violaceo. Corrugò la fronte ed, a fatica, cercò di capire la situazione in cui si trovava: era sdraiato sul fianco, un paio di braccia muscolose gli stringevano la vita ed un torace ampio era premuto contro la sua schiena, un volto era poggiato contro il suo collo.
Facendo il più piano possibile tentò di voltarsi, ma un movimento scoordinato alla gamba destra lo fece sussultare e guaire per il dolore. La persona stretta lui si rialzò di scatto, fissandolo con un paio di iridi azzurre liquide di sonno e preoccupazione.
- Danny! Tutto bene?- la voce di Martin lo raggiunse, perforando le maglie del dolore che gli avevano artigliato la gola.
- La… la gamba…- ansimò pesantemente, spostando lo sguardo su di lui.
Le mani di Martin cercarono di bloccare i suoi movimenti e di calmarlo: se avesse continuato ad agitarsi in quel modo, il dolore sarebbe aumentato.
- Hai una gamba rotta, Danny, calmati non è niente!- cercò di rassicurarlo.
Danny, bloccato per le spalle dalle mani dell’amico, iniziò a respirare profondamente, lentamente il dolore iniziò a sfumare e, tra il velo di lacrime che gli aveva involontariamente riempito gli occhi, Danny scorse il volto di Martin: gonfio di sonno, tagliato dal gelo, gli occhi arrossati dal vento.
- Cos’è successo?- chiese cercando di distrarsi, con un tono di voce così roco da far rabbrividire Martin.
- Mentre ieri stavamo fuggendo siamo incappati in una scarpata e siamo caduti di sotto. È così che ti rotto la gamba.- rispose cercando di ignorare le reazioni inopportune del suo corpo.
Danny annuì distrattamente, mentre prendeva respiri sempre meno profondi.
- E questo cos’è?- chiese poi indicando con un cenno della testa la parete di neve.
Martin arrossì: era certo che quando avesse raccontato anche quella parte, Danny sarebbe scoppiato a ridere.
- Eri svenuto e non sapevo dove portarti, tutto era coperto dalla bufera e non vedevo ad un palmo dal naso, quindi ho scavato una buca nella neve, come una specie di igloo… hai presente? Trattengono il calore.- spiegò imbarazzato.
Gli angoli della bocca dell’amico si tesero pericolosamente verso l’alto.
- E non ridere! – gli intimò prima che potesse parlare, distogliendo lo sguardo – Tu non saresti riuscito a fare di meglio!- borbottò incrociando le braccia al petto.
In realtà Danny pensava che l’amico fosse stato grande: pochi sarebbero riusciti a non farsi prendere dal panico in una situazione simile ed a restare abbastanza lucidi da trovare una soluzione per sopravvivere. Lui non credeva di saper fare altrettanto. Osservò il suo profilo teso e stremato dell’amico, la linea delle spalle rigida, ed uno strano, doloroso calore gli si sciolse nel petto.
- Grazie.- sussurrò con un piccolo sorriso.
Martin si volse verso di lui e quando incrociò l’espressione dolcemente divertita con cui Danny lo stava guardando si sentì sul punto di cedere, di commettere l’irreparabile. Tossicchiò imbarazzato cercando di distogliere la mente da quei pensieri inopportuni.
- Vado a cercare qualcosa per steccarti la gamba, tu resta qui e cerca di muoverti il meno possibile. Controllo anche se c’è campo qui sotto.- e si volse per uscire.
Solo in quel momento Danny si rese conto che Martin indossava solamente il maglione a dolcevita e che la sua giacca era stesa su di lui a mo di coperta.
- La tua giacca!- lo fermò prima che uscisse.
- Ho il maglione non preoccuparti!- gli sorrise prima che il candore della neve lo inghiottisse.
Aveva bisogno che quell’aria gelida e pulita gli schiarisse il cervello e gli raffreddasse il sangue. Quella stretta vicinanza con Danny lo stava uccidendo. Ogni volta che lo guardava o gli sorrideva una stilettata gli si piantava con precisione chirurgica nel cuore. Respirò ad ampie boccate sentendo i polmoni infilzati da decine di aghi ghiacciati. Sollevò lo sguardo e vide innalzarsi davanti a sé una ripida parete, non molto alta ma ora ricoperta di neve ghiacciata, attorno a lui c’erano abeti e pini con le chiome imbiancate. Aprì lo sportellino del cellulare e vide che non c’era campo, la bufera di neve doveva aver disattivato i ripetitori e le linee telefoniche erano ancora isolate. Martin sospirò frustrato: erano bloccati li, in mezzo al nulla! Era bloccato in mezzo al nulla con Danny! Rabbrividì e sperò che Jake avesse già attivato le squadre di ricerca e che fossero sulle loro tracce. Rimise il cellulare in tasca ed iniziò a cercare un paio di rami per la gamba di Danny. Non poteva permettersi di restare la fuori a lungo: i rapitori probabilmente stavano ancora setacciando il bosco alla loro ricerca. I rami erano umidi e difficili da spezzare senza attrezzi, le sue mani martoriate urlavano di dolore ad ogni minimo movimento, ma alla fine riuscì a conquistarne un paio abbastanza lunghi e robusti.
Rientrò nel loro rifugio una manciata di minuti dopo, con il volto e le mani intirizzite. Danny riaprì gli occhi, sollevato di averlo di nuovo accanto a sé: aveva temuto a saperlo li fuori al freddo e con il pericolo costante di finire nel mirino dei loro inseguitori. Ora si sentiva rassicurato, tranquillo.
- Non c’è campo. Dobbiamo vedercela da soli e sperare in Jake!- disse mentre portava le mani al bordo del maglione.
Con un movimento rapido lo sfilò insieme alla canottiera, restando a torso nudo sotto lo sguardo perplesso dell’amico. Danny fece scorrere gli occhi sui bicipiti allenati, sulle spalle ampie e sul torso perfettamente delineato; vide la pelle incresparsi in decine di brividi prima che indossasse nuovamente il maglione. Avvertì le viscere contorcersi in uno spasmo a quella vista. Martin passò più volte le mani sulle braccia per riprendere calore, prima di dedicarsi all’amico che lo fissava immobile, con uno strano sguardo negli occhi sgranati.
- Che c’è?- gli chiese sollevando un sopracciglio.
- Stavo godendomi il tuo spogliarello!- ghignò l’altro, decidendo che era meglio buttarla sul ridere.
Ma neanche lui stesso si rese conto di quanto veritiere fossero quelle parole. Martin aprì le labbra come per dire qualcosa, ma alla fine rinunciò per il bene di entrambi, e scosse la testa prima di afferrare la propria canottiera e farla a pezzi, riducendola in lunghe strisce di stoffa.
- Cercherò di farti meno male possibile, ma tu stringi i denti, ok?- gli disse prendendo i due rami.
Ottenuto l’assenso preoccupato dell’amico, Martin gli prese delicatamente la gamba poggiando i rami ai due lati, passando le strisce di stoffa attorno, stringendole ed annodandole in una steccature rudimentale. Danny sibilava di dolore tra i denti serrati, gocce di sudore gli imperlavano la fronte, aveva le palpebre serrate e le mani strette a pugno contro il torace.
- Scusa, non volevo farti male!- disse Martin una volta terminata la fasciatura.
Danny, la voce congelata in gola dal dolore, scosse la testa: non era stata colpa sua! Quando fu nuovamente in grado di respirare normalmente, sollevò le palpebre e vide l’amico seduto accanto a lui che guardava la luce declinante al di la dell’apertura, con le braccia strette attorno al corpo come per trattenere il calore.
- Vieni qui!- disse senza nemmeno accorgersene, la voce ancora arrochita.
- Come?- ribatté Martin sorpreso: forse aveva capito male.
- Vieni qui! Dai!- ripeté scostando, questa volta, il cappotto che lo copriva in un chiaro invito.
La testa di Martin si svuotò completamente quando comprese il senso di quelle parole: lo stava davvero invitando a stringersi a lui sotto quel misero pezzo di stoffa? Deglutì a vuoto incapace di fare qualsiasi altra cosa. Nella sue mente immagini infuocate sfrecciarono incendiandogli il sangue, scosse la testa scacciandole.
- Ti muovi o vuoi un invito scritto?- lo canzonò l’altro agente.
- Vengo, vengo!- e Martin sperò che la sua voce risultasse abbastanza ferma.
Si stese al fianco di Danny, il più lontano possibile, coprendosi solo con un misero lembo del cappotto.
- Ti vergogni per caso?- gli chiese Danny a bruciapelo.
- No!- saltò Martin sentendosi punto nel vivo.
- Ed allora perché non ti avvicini?! Non mordo mica e, davvero, sto gelando Martin!- sbottò esasperato indicando il cappotto sospeso tra loro che lasciava entrare aria gelida.
Doveva comportarsi come al solito, come se fossero semplici amici, come se lui non provasse nulla per l’altro. Doveva indossare nuovamente la sua solita maschera per non destare sospetti. Con il cuore che gli martellava nel petto, Martin si avvicinò fino a poggiare la testa sulla spalla dell’altro, lasciando che il cappotto li avvolgesse completamente. Tutto quello superava di molto le sue più rosee aspettative: fino a due giorni prima, mai avrebbe scommesso che si sarebbe ritrovato in una situazione simile. Danny era piacevolmente caldo e quell’odore dolce che aveva la sua pelle gli intorpidiva i sensi. Più i minuti scorrevano, più Martin si rilassava, godendosi quel dono inaspettato ed irripetibile, mentre gli spiegava a grandi linee quale fosse la loro situazione.
- Domani andiamo via di qui!- decise per entrambi Danny.
Doveva pensare, cercare di concentrare la propria mente su qualcosa che non fosse la propria pelle che bruciava a contatto con quella di Martin, ed il suo odore deciso e sensuale dell’altro che gli stava confondendo la mente.
- È fuori discussione: dove pensi di andare con quella gamba?- ribatté l’altro agente.
- Hai intenzione di restare qui un mese intero? – chiese l’altro sarcastico – Non possiamo restare qui ancora per molto, prima o poi quei bastardi ci troveranno, ed allora faremo la fine dei topi! E se non ci uccidono loro, lo farà il freddo!- .
Martin non rispose, sapeva che l’altro aveva ragione ma era troppo impegnato a godersi quel momento per preoccuparsi di altro. Involontariamente spinse il volto contro l’incavo del collo di Danny e subito si ritrasse, come se si fosse scottato.
- Ma tu hai la febbre!- esclamò allarmato mettendogli una mano sulla fronte.
Bruciava. Bruciava così tanto da sembrare una stufa!
- Ecco perché mi sento così strano…- constatò Danny in tono totalmente disinteressato, come se fosse una cosa normale.
- Accidenti!- imprecò Martin tra i denti mentre si allontanava da lui.
Prese quello che restava della sua canottiera, lo bagnò con la neve gelida e lo pose sulla fronte dell’amico, che al contatto sospirò in modo dannatamente sensuale. Ora Martin ne era davvero convinto: dovevano andare via di li a qualsiasi costo, prima che l’altro prendesse una polmonite, prima che fosse troppo tardi.
Danny osservò lo sguardo colmo di furibonda preoccupazione con cui l’altro lo stava fissando, senza capire il motivo di tutta quell’ansia rivolta verso di lui.

Un pallido sole faceva capolino dal velo di nuvole che coprivano il cielo, rivestendo ogni cosa di una luce lattea che feriva lo sguardo, la neve aveva avvolto tutto in una inquietante coltre di silenzio. Martin fece capolino dall’apertura e lanciò uno sguardo attorno, quando fu sicuro che era tutto tranquillo aiutò Danny ad uscire: un braccio attorno alle spalle dell’altro e la gamba piegata per non toccare il terreno. Si fermarono davanti la scarpata da cui erano precipitati.
- Ci conviene seguirla e cercare un punto più favorevole per risalirla.- propose Martin.
Danny con la testa poggiata contro la guancia dell’amico, rispose qualcosa di intellegibile. Quella notte all’addiaccio aveva contribuito ad innalzargli la febbre ed ora si sentiva intontito e senza forze, riusciva a malapena a restare aggrappato a Martin.
L’agente cominciò a trascinarsi, sostenendo tutto il peso dell’amico e pregando il Cielo che gli desse la forza per portarlo in salvo. Passò una mano attorno alla vita di Danny per sorreggerlo meglio e stringerselo contro. La testa ciondolava avanti ed indietro come quella di una bambola di pezza, gli occhi socchiusi come se stesse per perdere conoscenza. Non poteva lasciare che si addormentasse, doveva tenerlo desto in qualsiasi modo. Parlò per un tempo infinito di tutto e di niente, anche se gli rubava fiato ai polmoni e gli costava una fatica immane, parlò per tenerlo sveglio, parlò perché non lo lasciasse.
Il rumore di legno spezzato si diffuse all’improvviso nel silenzio della boscaglia, infrangendolo. Martin non sapeva quanta distanza avessero coperto fino a quel momento, quanto si fossero allontanati dalla baita, sapeva soltanto che erano spacciati. Con le poche energie che gli erano rimaste si caricò Danny sulle spalle ed iniziò a correre, cercando una via di fuga per portare l’amico in salvo. I muscoli iniziarono ben presto a bruciare come se fossero immersi nell’acido da batteria, le ossa sembravano sul punto di spezzarsi. Il cuore pulsava furibondo nel petto ed i polmoni respiravano gas incandescenti. Si sentiva sul punto di crollare. Durante quella folle corsa udì l’abbaiare di cani sovrapporsi al respiro affannato dei loro inseguitori: ecco come avevano fatto a trovarli! Martin imprecò tra i denti aumentando, per quanto poteva, la velocità. Lo sparo di un fucile gli aggredì l’udito prima che la sua gamba sinistra cedesse sotto il suo peso ed un dolore folle gli mordesse ogni centro nervoso. Crollò nella neve fresca, di fianco, trascinando con se anche il corpo febbricitante di Danny. Martin abbassò lo sguardo e vide la stoffa dei suo pantaloni inzupparsi rapidamente di sangue sulla coscia. Mentre i loro inseguitori si avvicinavano, si trascinò pietosamente a terra, striando il candore della neve di tracce cremisi, cercando di spostare Danny al riparo del tronco di un abete. Frapponendosi, poi, fra lui e la morte. Quel calore contro la schiena gli dava coraggio, quella forza che gli mancava per guardare i loro rapitori in faccia, di attendere la morte a testa alta, senza battere ciglio davanti il freddo metallico della canna della pistola che gli era stata puntata sulla fronte. Martin non implorò per avere salva la vita, rimase soltanto a fissarli impassibile. Registrò chiaramente l’indice poggiato sul grilletto fare pressione.
Lo sparo però non giunse dalla direzione giusta, ma da qualche parte alla loro destra. Martin vide il corpo del criminale cadere a peso morto senza un gemito, un gruppo di uomini armati vestiti con mimetiche nere che circondarono gli altri rapitori, confondendogli la vista ed urla che si infrangevano nella sua testa frastornandolo.
Una mano si poggiò sulla sua spalla attirando la sua attenzione, si volse di scatto e vide Jake Malone chino su di lui, con un’espressione preoccupata e sollevata insieme in volto, e la pistola ancora in pugno. Erano salvi! Quella consapevolezza sciolse tutta la tensione dentro di lui, i muscoli si rilassarono e le forze defluirono via lasciandolo spossato, incapace di muoversi e di pensare.
- Come…?- .
Jake ghignò divertito mentre riponeva la pistola.
- Il GPS nei vostri cellulari.- spiegò trattenendo una risata davanti l’espressione del sottoposto.
Il GPS! Come aveva fatto a non pensarci prima? Era così semplice che gli veniva da ridere! Una risata isterica con cui scacciare tutta la paura provata.
- Agente Fitzgerald potrebbe lasciare la mano dell’agente Taylor? Dovremmo portarlo via.- la voce di un paramedico lo riscosse dai suoi pensieri.
Solo in quel momento, vedendo le loro mani intrecciate, Martin si rese conto di non aver mai lasciato Danny, di aver sempre mantenuto un contatto con lui.

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Capitolo 3
*** Capitolo due: Quando tutto si sgretola. ***


Piccola sorpresa ^O^ Nelle note al prologo avevo detto che avrei aggiornato una volta alla settimana, ma dato che la fic è tutta scritta ho pensato di fare una piccola sorpresina per il 25 Aprile ^o^ Questo capitolo è incentrato tutto su Danny e sulle sue riflessioni, ormai il nostro eroe deve darsi una mossa e gli da una piccola, inconsapevole mano Elena ^^’’’ Ringrazio Isult: Sono contenta che il capitolo precedente ti sia piaciuto ^^ Pienamente concorde con te su Elena! Anch’io la vedo come una donna molto forte ed indipendente che non ha affatto bisogno di un uomo accanto, e confesso che questa fic è nata proprio dalla scena che hai citato tu: ci sono rimasta malissimo quando ho visto Danny da solo in mezzo alla strada, dopo che lei lo aveva rifiutato, come se fosse stato un intruso tra lei e sua figlia. Anche a me è sembrato che qualcosa tra loro si fosse rotta irrimediabilmente (yeahhhhh!!!! \^O^/) Quindi perché non indirizzare il nostro testone verso la persona di cui è veramente innamorato? Spero che questo capitolo risponda alla tua coriosità ^^ con la speranza di non correre troppo con le situazioni ^^'' Sai cosa ho trovato su youtube? Degli amv con pairig Jack/Danny: credimi, sono quasi svenuta! Ma come si può fare una simile coppia? O.O Brrr... mi viene l'orticaria solo a pensarci! >.< Tu cosa mi dici? E' solo una cosa mia?
Ringrazio anche chi ha anche solo letto (me tanto contenta! ^o^)
Adesso vi lascio alla lettura, al prossimo capitolo gente ^O^


Capitolo due: Quando tutto si sgretola.

Qualcosa ossessionava Danny da qualche giorno. Qualcosa che aveva dimenticato e doveva assolutamente ricordare. Qualcosa che si trovava sempre al limitare della sua mente, sempre sul punto di rammentare e che puntualmente sfuggiva alla sua presa.
Seduto sul letto d’ospedale, con la schiena contro la testiera metallica e la gamba ingessata sospesa ad una carrucola, Danny tormentava incessantemente il suo cervello nel tentativo di recuperare quel particolare che gli era sfuggito. Una settimana prima si era risvegliato in quella stanza, coperto di bende ed immobilizzato, ma vivo. A causa della febbre alta che lo aveva colpito, ricordava vaghi frammenti della disavventura che aveva coinvolto lui e Martin, per questo era rimasto sorpreso nell’apprendere i particolari della loro fuga da Vivian; ciò che, invece, gli era rimasto maggiormente impresso era il modo in cui il compagno l’aveva protetto dal gelo e dai criminali. Era singolare il modo in cui Martin si era comportato con lui, si erano protetti a vicenda molte volte in tutti quegli anni di lavoro, ma mai l’aveva visto agire in quel modo. Non riusciva a capire. Era come una corrente che gli sciabordava sottopelle, rendendolo irrequieto.
La porta della stanza si schiuse rivelando la figura perfetta di Elena, sorrise trovandolo sveglio ed avanzò fino al letto, ancheggiando sensualmente sui tacchi vertiginosi. Danny deglutì a vuoto rendendosi conto che fino ad una settimana prima un simile spettacolo lo avrebbe fatto uscire letteralmente fuori di testa, mentre ora non provava niente. Sicuramente il freddo aveva congelato i suoi ormoni, provò a convincersi.
- Come stai chico?- gli chiese Elena con un sorriso languido.
- Molto meglio!- rispose lui distrattamente.
- Bene! – ed il sorriso della ragazza divenne sollevato – Sono stata da Martin.- .
Al nome dell’altro agente Danny sentì il cuore perdere un battito, mentre l’ansia dentro di lui cresceva e dilagava. Cosa gli stava succedendo? Era tutto come l’altra volta, quando Martin aveva salvato lui e se stesso dall’agguato dei ribelli di Macheba per liberare il loro capo Adisa, che loro due stavano scortando in prigione insieme a Paige, la sua complice, rischiando seriamente di rimetterci la vita. Se chiudeva gli occhi poteva ancora vedere Martin seduto al posto di guida, fermato dalla cintura di sicurezza, la testa appena china in avanti, che lo fissava terrorizzato mentre si scostava la giacca per mostrargli la camicia bianca zuppa di sangue. La stessa ondata di terrore di allora lo sommerse, rivoltandogli lo stomaco. Era la stessa sensazione di impotenza e confusione, di frustrazione ed angoscia, che impregnava ogni cellula del suo corpo. Un nauseante senso di colpa che gli torceva impietosamente le viscere. Non aveva paura per se stesso, ma era per Martin che temeva. Stranamente era lui il centro esatto dei suoi caotici pensieri allora come adesso. Tutto sfumava, perdeva di valore, nient’altro oltre Martin aveva importanza.
- E come sta?- chiese cercando di comportarsi tranquillamente.
Elena si sedette sulla sponda del letto e gli prese una mano tra le sue, stringendola forte. Le dita di Danny non si intrecciarono alle sue per tranquillizzarla come le altre volte, rimasero rigide ed inerti come quelle di una bambola, appoggiate contro il suo palmo.
- Sta bene. Il proiettile per fortuna è passato a due centimetri dalla femorale, altrimenti sarebbe morto dissanguato, ma ha il volto e le mani brucite dal gelo. E’ andata meglio a te!- .
Danny strinse inconsciamente le mani a pugno: non gli piaceva sapere che Martin aveva rischiato per l’ennesima volta la vita per proteggerlo! Ogni volta era sempre la stessa storia: lui che restava impotente a guardare l’arma puntata contro di loro e Martin che pensava ed agiva simultaneamente, salvando entrambi anche a costo della propria vita. A lui restava sempre l’amaro in bocca per non essere riuscito a fare nulla per l’amico. Come aveva potuto abbandonarlo in quel modo lasciando che affrontasse da solo quei criminali? Si sentiva mostruosamente in colpa, ancora una volta.
Si riscosse sentendo una mano di Elena sulla sua guancia.
- Sono contenta che ti sia salvato Danny! Davvero!- gli sorrise quasi commossa.
Lui strinse i denti, forte. Come poteva dire una cosa del genere sapendo che era tutto merito di quell’uomo ricoverato nell’altra stanza? Non era merito suo, senza Martin non ce l’avrebbe fatta! Le labbra della donna si posarono sulle sue e qualcosa nella mente di Danny scattò, come una molla che si spezza, come la fiamma di una candela accesa all’improvviso in una stanza buia.
Quella presenza ai margini della sua mente rimase immobile, lasciando che le sue dita la catturassero, che i suoi occhi la riconoscessero, che lui ricordasse finalmente. Danny si riappropriò di un ricordo che non avrebbe mai dovuto dimenticare.

- Perdonami Danny, ma… ti amo!- .



Con la stessa potenza delle acque che si riversano da una diga rotta, quelle parole si infransero nella sua mente, vorticarono nelle sue orecchie, spezzarono a metà la sua anima.
Ricordò quella voce dolce, dalle tonalità profonde e calme, impregnata di dolore e paura, così colma di amore da fargli dolere il cuore. Ricordò quel calore che gli aveva incendiato il corpo, illuminando a giorno il buio in cui era immerso. Ricordò che era stato quell’amore di cui era stato circondato in quegli istanti a dargli la forza per tornare indietro.
Dolorosamente scoprì che nessuna di quelle sensazioni incandescenti poteva essere associata ai baci di Elena, non possedevano la stessa struggente calma, non sapevano ugualmente di amore e passione.
Sorpreso e deluso rimase immobile mentre la donna cercava inutilmente di approfondire quel bacio dal sapore strano, quasi indesiderato. In quel momento non voleva che qualcosa intaccasse quel ricordo che bruciava nella sua testa, che cancellasse il sapore forte di quelle labbra sulle sue. Con calma risollevò le palpebre, incrociando lo sguardo sorpreso di Elena.
- Che ti succede Danny?- gli chiese passandogli una mano tra i capelli arruffati.
- Niente!- un sorriso tirato gli sfiorò le labbra.
Era stata lei a chiedergli un po’ di tempo per chiarirsi le idee, per mettere in ordine e capire quali fossero le priorità nella sua vita. I giorni erano diventati settimane e le settime mesi. Non era mai tornata da lui. L’aveva lasciato indietro, qualcosa che lei aveva sfiorato mentre proseguiva per il suo cammino, ma che non aveva catalogato. Elena era una donna forte, troppo. Una donna capace di bastare a se stessa, che non aveva alcun bisogno della sicurezza che dava avere un uomo accanto. Si sentiva già sicura da sola. Era una di quelle donne a cui l’amore dei figli bastava ed avanzava, che non aveva bisogno di quello di un estraneo. Si era concentrata unicamente su sua figlia, lasciandolo solo come quella notte. Forse qualcosa si era rotto definitivamente tra loro quando si era sentito rifiutare con tanta indifferenza, come se la sua presenza fosse solo un fastidio, qualcosa che andava ad intromettersi tra lei e sua figlia. Forse i fili che li legavano erano stati recisi in modo da non poter più essere annodati. Forse il posto di Elena era stato preso da quel qualcosa che pulsava dentro di lui e di cui temeva di conoscere il significato, perché, in modo istintivo, sapeva che avrebbe stravolto la sua vita. Un qualcosa nato dentro di lui tanto tempo prima, che aveva accantonato per paura prima di riconoscerlo, e che ora si era destato urlando prepotentemente per non essere più deluso, per essere soddisfatto. Ma ancora non voleva vedere, non riusciva a comprendere cosa fosse in realtà.
- Voglio vedere Martin: potresti portarmi da lui?- chiese sorprendendo se stesso prima che Elena.
Quel desiderio dal cuore era arrivato alle labbra senza prima lasciarsi riconoscere dal cervello. Eppure rappresentava ciò che in quel momento bramava veramente. Voleva vedere quell’amico che aveva rischiato così tanto per lui, voleva sincerarsi di persona che fosse davvero vivo. Voleva troppe cose in quel momento, alcune delle quali difficili anche da immaginare, pensare, accettare.
Lasciò scorrere uno sguardo sulla figura di Elena che si era alzata per prendere la sedia a rotelle nell’angolo della stanza. Era semplicemente bellissima. Chiunque posava lo sguardo su di lei non poteva fare a meno di desiderarla. Incantava chiunque con i suoi movimenti languidi. Era determinata, decisa, orgogliosa ed ostinata, a volte dura come diamante, altre morbida come panna. La donna perfetta insomma. Peccato che in quel momento Danny non riusciva ad avvertire quel fascino latino che l’aveva conquistato fin dal primo sguardo, la sua concentrazione era tutta su un altro livello, su di un’altra persona. Era solo un momento, sarebbe passata presto. Era solo una conseguenza di quello che avevano passato insieme.
Digrignò i denti sotto le labbra serrate. Non ricordava niente della caduta né di quello che era accaduto durante la loro fuga nel bosco innevato; ma i pochi momenti che aveva trascorso con lui in quella tana improvvisata, tutte le premure che gli aveva riservato, quell’alone di furibonda preoccupazione che gli aveva offuscato gli occhi, erano incisi a fuoco nella sua mente.
Perché? Non riusciva a capire…
A fatica si spostò sulla sedia a rotelle sentendo i tocchi carezzevoli ed invitanti di Elena su di sé mentre lo aiutava a sistemarsi. In quel momento gli causavano solo fastidio! Non voleva essere toccato, non ora che aveva ancora sulla pelle l’impronta delle mani di Martin che si muovevano delicate e gentili su di lui. Scosse la testa scacciando quel pensiero e tutte le implicazioni che portava con sé.
Man mano che si avvicinavano alla stanza di Martin il battito del suo cuore accelerava sempre più. Era ansia e paura, e si!, anche desiderio. Aveva paura di scoprire in che condizioni si era ridotto per lui, ma allo stesso tempo il desiderio di vederlo era diventato quasi in dolore fisico. Si morse il labbro inferiore mentre Elena apriva la porta bianca rivelando l’interno. Su di un letto posizionato al centro della stanza, era sdraiato Martin. I capelli spettinati, il volto arrossato e screpolato dal freddo, le mani fasciate poggiate sopra le lenzuola, ai lati del corpo, il tubicino di una flebo che partiva dal suo braccio sinistro. Stava dormendo. Sul comodino di metallo grigio era poggiato un vasetto di pomata e delle garze, una bottiglietta d’acqua e dei bicchieri di carta. La luce filtrava candida dalle veneziane verticali chiuse, brillando quasi fastidiosa sulle pareti verniciate di bianco. Senza attendere l’aiuto di Elena, Danny spinse le ruote in avanti, fino a portarsi accanto al letto. Da quella distanza ravvicinata poté rendersi conto della reale estensione dei danni che Martin aveva riportato. Una stretta al cuore gli fece dolere il petto. Ognuna di quelle ferite portava inciso a fuoco il suo nome, lo urlava ad ogni ondata di dolore che gli contorceva le viscere.
Lentamente sollevò la mano e fece scorrere la punta delle dita sull’avambraccio scoperto, sentendo sotto la pelle la ruvida consistenza della pelle lesionata. Se solo non avesse cercato di fare l’eroe, se solo fosse stato lucido ed attivo in quei momenti, quante di quelle ferite avrebbe potuto risparmiargli?
Dopo un leggero fremito delle ciglia le palpebre si sollevarono, Martin si guardò un attimo intorno confuso prima di posare lo sguardo sull’amico. Quell’azzurro carico, liquido e brillante come vetro, che spiccava sul pallore del suo volto, trafisse Danny come una stilettata al petto da parte a parte, bloccandogli il respiro in gola.
- Ehi…- lo salutò Martin appena lo ebbe riconosciuto, cercando poi di sorridergli nonostante il piccolo cerotto quadrato all’angolo della bocca.
Una sensazione calda e dolorosa si sciolse densa dentro Danny a quella vista straziante, facendogli batter forte il cuore. L’altro lo avrebbe sentito?
- Ciao! – gli sorrise triste di rimando – Come stai?- .
Le labbra di Martin si incresparono in una strana smorfia mentre rifletteva.
- Meglio di quello che credessi! – rispose alla fine – Non provo neanche dolore, devo essere sotto sedativi… mi sento intontito…- .
Un brivido scosse l’altro. Sedativi. Martin si stava ancora disintossicando da quella roba… cosa gli sarebbe accaduto ora? Avrebbe ripreso? Si rendeva conto che con quelle ustioni e dopo un’operazione alla gamba i sedativi erano necessari per lenire un dolore che altrimenti lo avrebbe divorato, ma ugualmente si sentiva allarmato. Sapeva sulla sua pelle quanto fosse difficile smettere una dipendenza e quanto fosse semplice riprenderla, quanto la tentazione di un’ultima volta fosse forte, quasi irresistibile, per questo temeva per lui. Ricordava tutte le storie che aveva fatto quanto Samantha gli aveva chiesto di aiutare Martin. Sapeva cosa si provasse, era l’unico a poterlo fare, lo sapeva, ma ugualmente aveva rifiutato, prolungando la situazione fino a farla diventare critica. Forse era stata il desiderio di non rivangare più quegli avvenimenti, di cancellarli fino a credere che non fossero mai esistiti, forse era stato il pudore di mostrare che non era poi così impeccabile come appariva a farlo agire in quel modo. Forse era stato anche un pizzico di senso di colpa per non aver saputo prevenire un simile, scontato risultato, per aver capito solo quando era troppo tardi. E poi anche la paura di vedere se stesso in Martin. Alla fine era stato l’azzurro smarrito dei suoi occhi a convincerlo ad aiutare Martin ad affrontare quella battaglia complessa e delicata che aveva già combattuto per se stesso.
Martin dovette intuire la preoccupazione dell’amico, perché un piccolo sorriso gli incurvò appena le labbra.
- Andrà tutto bene, non preoccuparti: questa volta non cadrò nella trappola!- cercò di rassicurarlo.
- Lo spero bene! Con tutta la fatica che ho fatto è il minimo! – cercò di sdrammatizzare – Ti marcherò stretto!- .
Chissà perché quelle parole avevano un sapore diverso alle sue orecchie e sulle sue labbra…
- Ci conto! – rispose Martin con lo stesso tono scherzoso – E tu come stai?- chiese poi in tono più serio.
- Sto bene, non preoccuparti!- .
Danny avrebbe voluto ringraziarlo come meritava, ma qualcosa dentro di lui lo bloccava, come se non fosse la cosa giusta quella, anche se non sapeva perché.
- Mi hai spaventato a morte Danny!- la voce era bassa ed addolorata.
Un brivido percorse la spiana dorsale dell’uomo sentendo quel tono, che quando raggiunse la testa si infranse al suo interno come un fulmine. Un nuovo scatto dentro di lui, come la chiusura di una scatola cinese, il modo particolare in cui aveva pronunciato il suo nome, gli rivelò che era la stessa voce che aveva udito nello stato d’incoscienza. Quella stessa voce che vibrava pericolosamente dentro di lui, schiudendo scenari che mai avrebbe creduto di poter osservare.
Possibile che appartenesse a Martin quella voce appassionata e dolorante? Al suo amico? Ed allora perché non l’aveva riconosciuta subito? Perché solo in quel momento riusciva a darle un volto?
Il suo cuore pompava disperatamente nel petto, inseguendo le ondate d’ansia che lo ghermivano, mentre mille domande vorticavano nel suo cervello scontrandosi, contraddicendosi, dilaniandolo.
La sua attenzione fu attratta dal verso infastidito che aveva emesso Martin, Danny sobbalzò colto alla sprovvista e mise a fuoco il volto dell’amico, e vide che era contratto.
- Che succede?- chiese sentendosi anche un po’ stupido per quella domanda così ovvia.
- Mi tira la pelle ustionata.- rispose increspando le labbra in una posa dolorante.
Danny prese allora il vasetto di plastica bianca da sopra il comodino metallico.
- Lascia fare a me!- disse mentre svitava il tappo.
Martin rimase immobile, il fiato sospeso per quella inaspettata sorpresa; con un senso di anticipazione poteva già quasi sentire le dita dell’altro su di sé. Un brivido gli serpeggiò lungo la schiena mentre immaginava quelle stesse mani indugiare su di lui per attività molto più piacevoli di quella. Chiuse gli occhi mordendosi forte l’interno delle labbra e, come ogni volta, si impose di calmarsi.
Danny intanto aveva preso una piccola quantità di pomata trasparente sulla punta delle dita ed iniziò a spalmarla sulle piccole lesioni che segnavano il volto dell’amico. Incomprensibilmente sentiva la propria pelle pizzicare ogni volta che toccava quella di lui, il respiro accelerare ad ogni suo sospiro soddisfatto che Martin emetteva. Perché si sentiva così? Cosa gli stava accadendo? Possibile che quella notte dispersi nella tormenta di neve avesse fatto scattare qualcosa dentro di lui? Osservò il volto, ora più rilassato, di Martin e qualcosa di incomprensibile dentro di lui iniziò a vibrare. Cos’era quella corrente che lo stava attraversando in quel momento? Cosa stava provando?
Un infermiere gli si accostò interrompendo il flusso dei pensieri che gli stavano squassando la mente.
- Mi dispiace, ma deve lasciare la stanza: è ora di cambiare le medicazioni.- gli disse.
Danny sollevò su di lui uno sguardo opaco, come se non avesse compreso a fondo il senso di quelle parole; dopo qualche istante di riflessione annuì distrattamente.
- Ci vediamo dopo!- promise a Martin stringendogli delicatamente la mano fasciata.
- Certo!- e quella voce scivolò lungo l’esofago di Danny, dilagando densa nel suo petto, vibrando forte su note sconosciute anche a lui.
A fatica, spingendo con le mani le rotelle, Danny girò la sedia verso l’uscita. Solo allora si rese conto che Elena non era più li, con lui. Lo aveva lasciato solo ancora una volta. Eppure provò più rabbia che amarezza quella volta. Una volta fuori dalla porta si fermò ad ascoltare i lamenti di Martin attutiti dal legno, rendendosi conto per la prima volta di avere il camice inzuppato di sudore sulla schiena, del lieve tremore che gli agitava i nervi degli arti, come se fosse stato sottoposto ad una forte pressione. Sospirò lentamente avvertendo un profondo bisogno di restare da solo. Spingendo a forza di braccia si trascinò fino alla sua stanza e dopo alcuni tentativi a vuoto ed imprecazioni riuscì a salire nuovamente sul suo letto. Si stese coprendosi il volto con un braccio. Non poteva crederci, doveva essere tutto frutto della sua mente stanca, non potevano esserci alternative. Eppure quelle parole si giravano e rigiravano nella sua mente con la stessa forza di una cantilena. Le risentiva ruggirgli nelle orecchie con sadica precisione. Riprovava sulla sua pelle quanto dolore e amore contenessero quelle poche parole. Quella era una confessione in piena regola! Non poteva essere stato un delirio della sua mente? Gli suggerì una vocina dentro la sua mente. Poteva, certo, però come poteva avere lo stesso tono e lo stesso strazio della voce di Martin? Come? Prima d’allora lui non l’aveva mai sentita con una simile grana. La voce di Martin era sempre bassa e profonda, vellutata, di quelle voci che conquistano immediatamente le donne. Ogni volta si sentiva avvolto da essa. Era come una carezza ai timpani ed alla mente. Gli piaceva stare ad ascoltarlo quando discutevano di un caso.
Si morse le labbra spaventato dalla piega che stavano prendendo i propri pensieri. Doveva soltanto porsi un paio di domande fondamentali e cercare di rispondere il più sinceramente possibile. Ma aveva una paura folle! La paura che una volta fatti i conti con se stesso e con i segreti che celava anche a se stesso, tutto sarebbe cambiato per lui. Aveva paura che il suo intero mondo venisse alterato.
Se solo quella notte non avesse ascoltato quelle parole…
Batté forte un pugno sul materasso. Non poteva scappare, non quella volta. Lo sapeva eppure non ci riusciva. Strinse forte i denti ed ascoltò il suo cervello porgli la prima domanda: Martin poteva essere innamorato di lui? Ammesso che quelle parole fossero vere e che le avesse pronunciate lui. Danny cercò nel buio della sua mente, frugò tra i suoi ricordi alla ricerca di una risposta. Lui e Martin erano così amici da potersi permettere di parlarsi francamente, senza maschere, sbattendo la verità in faccia all’altro sicuro che lo avrebbe ascoltato e posto riparo ai propri errori. Poteva affermare che erano grandi amici loro due. Anche se all’inizio Martin non gli piaceva affatto: credeva che fosse uno di quei figli di papà che ottengono tutto quello che vogliono senza muovere un dito, serviti e riveriti solo per il nome che portano. Aveva dovuto ricredersi quando aveva visto la passione e la perizia che metteva nel loro lavoro, dimostrandosi sempre all’altezza della situazione, uno dei migliori agenti che avesse incontrato. Quando Danny aveva conosciuto suo padre aveva capito come stessero davvero le cose: era un uomo duro ed inflessibile, di quelli che credono che le proprie parole siano legge per tutti gli altri, che aveva lottato con mezzi leciti e non per ottenere il posto che ricopriva; un uomo che aveva già deciso il futuro di suo figlio e che aveva considerato un affronto personale la decisione di Martin di diventare un agente FBI. Ricordava ancora il timore reverenziale che aveva velato gli occhi del suo amico alla vista del padre e l’espressione che aveva attraversato gli occhi d’acciaio dell’uomo: guardava il figlio come se stesse osservando un oggetto inutile. Lo stava mettendo alla prova per poi stroncarlo al primo fallimento. Danny si chiedeva quante volte l’aveva già fatto. Quella era stata la prima volta che aveva avvertito l’impulso incomprensibile di proteggere Martin, difenderlo da tutto quello che avrebbe potuto ferirlo. Quella volta aveva scoperto che non gli piaceva vedere quelle bellissime iridi azzurre offuscarsi, perdere la loro brillantezza.
Danny affondò ancora di più la testa nel cuscino: tutti quei giri di parole lo allontanavano solo dalla verità, stava tentando ancora di fuggire da se stesso! Cercò di recuperare la concentrazione e di seguire i fili dei propri ragionamenti.
Martin lo aveva difeso più volte mettendo a rischio la propria vita quasi con noncuranza, come se la sua valesse più della propria. Sarebbe bastato esaminare gli ultimi avvenimenti per capirlo. Nel mezzo di quella tormenta Martin aveva fatto per lui più del necessario, si era preso cura di lui come nessun altro avrebbe fatto. Non sapeva ancora dare una risposta alla domanda se Martin potesse essere innamorato di lui, ma ricordava chiaramente la profonda angoscia con lui lo aveva guardato, il tocco carezzevole e delicato delle sue mani su di lui, la paura di fargli male…
Forse con un po’ di tempo sarebbe riuscito a capire se la voce nella sua testa fosse quella di Martin.
E questo pensiero lo tranquillizzò un po’: non sarebbe arrivato a capo di nulla in quel modo, come faceva con il suo lavoro doveva raccogliere indizi e seguire le tracce, solo così avrebbe scoperto la verità.
Restò per una manciata di istanti immobile senza pensare a nulla: adesso era arrivato il turno della domanda che più temeva, perché riguardava lui stesso, i suoi stessi sentimenti. Avrebbe potuto svelare qualcosa che cercava di nascondere anche a se stesso? Cosa provava lui per Martin? Poteva essere innamorato di lui?
Fino a qualche giorno prima se gli avessero posto una domanda simile avrebbe guardato il suo interlocutore come se fosse stato un pazzo ed avrebbe risposto che lui amava Elena! Ma ora…
Ora doveva ammettere, almeno con se stesso, che spesso Martin era al centro dei suoi pensieri, soprattutto quando faceva qualcosa di molto sconsiderato e rischiava inutilmente la sua vita. Ricordava bene come si era sentito quando, dopo l’agguato in cui era stato ferito, lo aveva visto attraversare il pronto soccorso, disteso su una barella e con il ventre coperto di sangue, circondato da medici ed infermieri che urlavano ordini concitati. Si era sentito come se una voragine si fosse aperta sotto i suoi piedi, come se il suo intero corpo si fosse congelato. Avrebbe voluto seguirlo, accertarsi di persona di cosa gli accadesse. Chiamare Samantha era stato più un dovere per rispetto a quello che c’era stato tra loro, che un atto veramente sentito.
In realtà Danny non avrebbe mai voluto coinvolgerla. Dopo lunghe insistenze da parte sua, Martin aveva ceduto e gli aveva raccontato tutti i particolari sulla fine della loro relazione, che si erano lasciati perché lei aveva paura di esporsi, di vivere la loro storia alla luce del sole dopo quello che era accaduto quando era venuta fuori la sua relazione con Jack. Non poteva permettersi di legarsi ad un altro collega. Le parole di Martin trasudavano tutta la delusione e tutto il dolore che aveva provato per quella storia avvizzita prima ancora di diventare seria. Danny aveva odiato davvero il comportamento di Samantha in quel momento. Ed aveva provato l’inconfessabile desiderio di spegnere il tormento dell’amico in un abbraccio. Lottando contro se stesso era riuscito solo a mettergli un mano sulla spalla ed a stringere la presa, per comunicargli che era li con lui, che gli era vicino. Il sorriso mesto che gli aveva rivolto Martin era stato più doloroso di un pugno alla bocca dello stomaco. Strinse le mani a pugno sentendole ancora prudere per quello stesso desiderio. La sua mente, libera da ogni controllo, allora aveva formulato il pensiero che se lui fosse stato al posto della collega, non avrebbe fatto soffrire Martin a quel modo, che gli sarebbe rimasto accanto incurante di tutto il resto…
… si era ritratto istantaneamente, spaventato.
Ma ora la sua anima accoglieva quel pensiero con manifesta gioia…
L’ultima questione da considerare era quella di Elena. Perché quel giorno non le aveva fatto alcun effetto? Perché i suoi baci l’avevano lasciato completamente indifferente? Perché non si era acceso come le altre volte solo per uno sguardo di quei vellutati occhi castani? Si morse il labbro inferiore. In quel momento tutto se stesso era concentrato su Martin, senza lasciare spazio a nient’altro. Perché? Perché il suo corpo e la mente desideravano soltanto la presenza di Martin?
Possibile che poche ore di pericolo potessero rivoluzionare in quel modo la sua intera esistenza?
Inspirò a fondo cercando di schiarirsi la mente, ma quei pensieri restavano sempre li, ben radicati al proprio posto, senza concedergli requie. Doveva essere sincero, almeno con se stesso.
Con riluttanza ammise che Martin gli piaceva. Gli piaceva il suo volto dai lineamenti squadrati, puliti, da bravo ragazzo, fatti risaltare appena da quel filo di barba che lasciava crescere di tanto in tanto e che gli dava, un aspetto piacevolmente trasandato. Gli piacevano quegli occhi di una tonalità che variava dal blu al grigio, limpidi come polle d’acqua, che non sapevano nascondere nessun sentimento. Gli piaceva la sua voce bassa e vellutata, come se cercasse di sedurre tutti coloro che gli parlavano. Gli piacevano i suoi modi di fare morbidi e lenti, che gli trasmettevano una profonda calma. Gli piaceva quel suo carattere deciso e forte, ma anche incredibilmente fragile. Gli piaceva lui.
Non sapeva da quando tempo covava un simile segreto, sapeva soltanto che in quel momento si sentiva sul punto di spezzarsi.
Spostò il braccio dal volto ed osservò la vernice bianca del soffitto. Cosa avrebbe fatto ora?
Se aveva visto giusto e Martin era innamorato di lui, come aveva potuto restargli accanto trattandolo da amico, come se niente fosse? Come era riuscito a guardarlo negli occhi ed ad essere felice per lui quando gli aveva detto di Elena?
Lui sarebbe riuscito a fare altrettanto ora che conosceva la verità?

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Capitolo 4
*** Capitolo tre: L'ulimo pezzo del puzzle. ***


E così siamo già arrivati al penultimo capitolo di questa fic. Qui il nostro Danny riceverà una bella sorpresa ^^ che lo aiuterà a far chiarezza sui propri sentimenti. Speriamo che si dia una mossa! Almeno nel mondo delle fic visto che tra lui ed Elena nel telefilm sembra che sia tornato tutto a posto. Ed io che credevo che tra quei due i bei momenti fossero acqua passata T.T Io comunque non mi do per vinta e continuo a sognare in un lieto fine tra quei due. Ringrazio Isult: sono contenta che tu abbia apprezzato la sorpresa e che ti sia piaciuto il Danny confuso del capitolo precedente ^o^ Spero che apprezzerai anche il Danny che compare in questo, ancora in lotta con se stesso. Leggendo la tua recensione mi sono resa conto di essere riuscita a renderlo esattamente come volevo che fosse. Quindi ti ringrazio doppiamente. Per quanto riguarda l’amv che ho visto io sono inorridita! Anch’io adoro Jack, è fantastico (hai visto alla fine della prima puntata di lunedì scorso come si è comportato con quei due ragazzi? Mitico! ^^) ma come coppia non mi sembra funzionare troppo! Non c’è lo stesso feeling che si riscontra tra Danny e Martin! Svieni se ti dico che ho trovato anche un amv su Jack/Martin? ^^’’’
Ringrazio tutti coloro che hanno anche solo letto questa fic (me tanto contenta ^o^)
Adesso vi lascio alla lettura, alla prossima settimana per l’ultimo (singh!) capitolo, bacissimi ^O^


Capitolo 3: L’ultimo pezzo del puzzle.

La testimone chiuse la porta con un gesto brusco, quasi sbattendola loro in faccia, indispettita dalle domande invadenti che avevano dovuto porle. Liquidarono la questione con una diplomatica alzata di spalle, ormai ampiamente abituati ad essere trattati in quel modo, si scambiarono uno sguardo in tralice sorridendo divertiti e ritornarono verso la loro auto, camminando spalla contro spalla sul vialetto ricoperto di ghiaia. Adoravano quella complicità che pian piano, anno dopo anno, si era intessuta tra loro, come un pregiato arazzo dalle figure delicatamente ricamate, pezzo unico al mondo e per questo dal valore inestimabile. Danny osservava di sottecchi l’espressione di Martin cercando di intuire cosa stesse pensando in quel momento.
Gli ultimi mesi per lui erano stati un vero tormento, sempre in bilico tra dubbi e certezze fragili come cristallo, senza sapere davvero come affrontare la situazione in cui era caduto. Senza sapere come poter affrontare la situazione con Martin: era ragionevolmente certo di quello che provava, ma dentro di lui, accucciato in un cantuccio buio della sua mente, il tarlo del dubbio continuava a rosicchiarlo. E se si fosse sbagliato? Se avesse sbagliato ad interpretare i suoi sentimenti? Se non era lui quello che amava? Cosa avrebbe potuto fare allora? Avrebbe rischiato di compromettere tutto. Per fortuna Elena ancora non aveva deciso di tornare da lui, dandogli, così, tutto il tempo per riflettere. Aveva iniziato a studiare Martin, scrutando ed analizzando ogni suo gesto, ogni minima sfumatura della sua espressione. Si rendeva conto che la ragnatela che l’aveva imbrigliato stava diventando ogni giorno più stretta, che con quel modo di fare si stava incatenando da solo all’altro, eppure non poteva fare nient’altro. Martin era quello di sempre, serio, discreto e controllato, di tanto in tanto si concedeva una battuta o due, e sul lavoro era coscienzioso e preciso. Eppure non di rado lo aveva sorpreso ad osservarlo con uno strano sguardo nostalgico a velare l’azzurro dei suoi occhi; e spesso gli si avvicinava in modo guardingo, come se temesse di toccarlo e farsi toccare da lui. Alcuni atteggiamenti di Martin, che stava scoprendo in quelle settimane di studio accurato, sembravano confermare le sue supposizioni, ma non riusciva mai a cogliere l’indizio decisivo per farsi avanti. Cosa accidenti nascondevano quelle incredibili iridi azzurre? Stava diventando matto! Un secondo erano azzurre e limpide, mostravano tutto quello che provava, il secondo successivo erano grigie e dure come acciaio, impenetrabili ed inquietanti. Si chiese come non avesse mai notato la particolarità di quegli occhi. In quel momento il volto di Martin era disteso, rilassato, come se tutta andasse bene. Il suo sguardo era di un azzurro pulito che sembrava tutt’uno con il colore terso di quel cielo primaverile. Iniziava a sentirsi un po’ preso in giro, lui che si tormentava incessantemente sui suoi sentimenti senza venire a capo di niente. Martin gli piaceva, e molto anche, ma non sapeva che nome dare a quel sentimento, non ancora. Sapeva che era dentro di lui da chissà quanto, ben radicato, e che difficilmente sarebbe andata via, ma, nonostante tutto, ancora non era completamente certo della sua natura.
Vide Martin estrarre le chiavi dell’auto e sorrise, con un gesto fulmineo gliele sfilò.
- Guido io stavolta!- ghignò guadagnando il posto di guida.
- Testamento l’ho già fatto!- rispose teatralmente l’altro stando allo scherzo.
- Vorresti insinuare che non guido bene?- Danny si fermò a fronteggiare l’amico con le mani sui fianchi ed un finto cipiglio arrabbiato.
- Non insinuo, affermo!- rispose Martin con uno sguardo di sfida mentre aggirava l’auto.
- Uomo di poca fede! Ti farò ricredere, vedrai!- lo minacciò puntandogli l’indice contro.
- Vedremo!- celiò l’altro agente prima di aprire la portiera e sedersi al posto del passeggero.
Danny ridacchiò divertito mentre saliva a sua volta sull’auto: adorava quegli scambi di battute tra lui e Martin, gli dava la sensazione di essere legato a lui, di avere un rapporto esclusivo con lui, di cui nessun altro poteva farne parte. Era un gioco solo loro, non apparteneva a nessun altro.
Stavano discutendo oziosamente del caso, mentre attendevano lo snellimento del traffico all’incrocio, quando il cellulare di Martin squillò. Danny si trattenne dal commentare la ridicola canzoncina che aveva per suoneria, fulminato dallo sguardo ammonitore dell’amico, ma si concesse ugualmente un ghigno sarcastico.
- Pronto? – chiese senza guardare il numero sul display – Emily!- esclamò entusiasta mentre un ampio sorriso gli si schiudeva sul volto.
Sentendo quel nome femminile sulle labbra di Martin, Danny si sentì fremere di inspiegabile fastidio, e la presa delle sue mani sul volante si fece così salda che le nocche sbiancarono.
- No, non disturbi affatto! Dimmi! … Per pranzo? No, non credo di farcela, sono ancora per strada, facciamo per cena? … Ok! Allora ci vediamo stasera! Ciao tesoro!- ed il sorriso sulle labbra di Martin divenne insostenibilmente dolce.
Martin a cena con una donna sconosciuta. Danny scoprì che la cosa non gli piaceva affatto, che lo irritava in un modo che non aveva mai sperimentato prima. Dentro di lui cresceva il desiderio di impedirgli di andare. Serrò i denti sotto le labbra tirate: avrebbe voluto lui stesso essere al posto di quella Emily!
Ciò che provava, per Danny stava diventando un peso insostenibile, era sempre li ad opprimergli l’anima. Non sapeva se era amore o solo desiderio, ma voleva l’amico per sé. Voleva che Martin guardasse solo lui, che pensasse solo a lui, che pronunciasse solo il suo nome. Voleva essere l’unico abitante del cuore di Martin. Voleva cancellare quella Emily dalla faccia del pianeta, dai pensieri di Martin; voleva che di lei non rimanesse nemmeno il ricordo. Incattivito dai suoi stessi pensieri, Danny si chiuse per il resto del tragitto in un ostinato mutismo, lasciando cadere a vuoto tutti i tentativi di conversare dell’amico, consapevole che se solo avesse aperto bocca avrebbe detto qualcosa di spiacevole, riversando su di lui tutta la rabbia che stava provando in quel momento, ferendolo irrimediabilmente e pentendosene subito dopo.

Era sera ormai e l’Ufficio Persone Scomparse si era quasi completamente svuotato. Erano rimasti solo Martin, Danny e Samantha: avevano ritrovato la ragazza scomparsa ed ora restava solo da sbrigare le ultime pratiche. Vivian era andata a casa desiderosa di passare un po’ di tempo con la propria famiglia, mentre Jack era ancora dal procuratore per la sua deposizione sul caso. Martin tamburellava nervosamente con le dita sul ripiano della scrivania, incapace di concentrarsi sul proprio rapporto, mentre osservava corrucciato la schiena di Danny curvata in avanti. Non riusciva a comprendere il comportamento che aveva tenuto quel giorno: era completamente incomprensibile! Aveva scherzato tranquillamente per tutta la mattinata ed all’improvviso si era adombrato e non aveva più parlato, rifiutandosi persino di guardarlo e rispondendo con stentati monosillabi solo quando era strettamente necessario. Anche gli altri si erano resi conto del suo pericoloso stato d’animo e, di comune accordo, avevano deciso di lasciarlo in pace fino a che non si fosse calmato. Rammentava un’altra volta in cui lo aveva visto in quello stato, quando, alterato dai sedativi che prendeva di nascosto, aveva agito da solo, rischiando di far uccidere il bambino sequestrato e se stesso. Danny aveva compreso subito cosa non andasse in lui e, dopo varie ore di furioso silenzio, era esploso e l’aveva affrontato a muso duro, sbattendogli in faccia quella realtà che non voleva in alcun modo accettare. Quell’attesa lo snervava! Voleva sapere subito cosa lo avesse irritato a quel modo e prendere le adeguate contromisure per farlo tornare in sé. Non gli piaceva quel Danny scontroso, pronto a scattare da un momento all’altro, come un ordigno sul punto di deflagrare. A lui piaceva il Danny scherzoso ed allegro, quello che lo guardava con i suoi occhi neri lucenti di furbizia e divertimento, e le labbra schiuse dal suo tipico sorriso malandrino. Quello non era il Danny di cui si era innamorato, l’amico con cui aveva diviso tutti quegli anni di lavoro.
Uno degli agenti di guardia si avvicinò alla scrivania di Martin, interrompendo i suoi pensieri.
- Agente Fitzgeral c’è una persona che chiede di lei, la lascio passare?- gli chiese.
Immaginando chi fosse, Martin annuì e poco dopo nell’ufficio fece il suo ingresso una donna giovane e dall’aspetto molto grazioso.
- Emily!- la salutò felice lui sollevandosi in piedi e aprendo le braccia in un tacito invito.
La ragazza sorrise e lo abbracciò forte. Danny a quella vista strinse la mani a pugno così forte da trapassarsi i palmi con le unghie. Quando finalmente si allontanarono fece scorrere uno sguardo di sufficienza su di lei. A malincuore dovette ammettere che era molto carina ed estremamente elegante. I capelli lisci e biondi erano tenuti in morbido chignon, che lasciava libere alcune ciocche ai lati del volto delicato e sul collo. Gli occhi verdi erano schermati dalle lenti senza montatura di occhiali da vista. Indossava un tailleur blu dal taglio sobrio ma raffinato, e le decolté dal tacco alto ma non vertiginoso, slanciavano la sua figura esaltandola. Una donna come quella avrebbe interessato anche lui, se solo non ci fosse stato Martin di mezzo.
- Sei pronto? Ho prenotato allo Shan!- la sua voce era bassa e musicale, e quel sorriso che aveva schiuso le sue labbra rosse e piene, avrebbe fatto innamorare qualunque uomo.
- Accidenti! Ma sei sicura? Quel ristorante e costosissimo!- chiese lui imbarazzato.
- Tutto per il mio caro Martin!- Emily sorrise e gli carezzò una guancia.
Danny strinse così forte la matita che aveva in pugno, da spezzarla a metà, alcune schegge gli si piantarono dolorosamente nella pelle. Martin stava indossando il suo spolverino nero quando una voce li interruppe.
- Non ci presenti la tua amica, Martin?- chiese Samantha con un tono di voce fin troppo casuale.
Stava in piedi davanti alla scrivania, le braccia incrociate al petto ed un tenue livore a velarle lo sguardo. La loro storia era finita da tempo e non si era chiusa bene, erano rimasti buoni amici e colleghi, ma una sottile ruggine tra loro permaneva comunque, appena visibile in alcuni piccoli gesti che si scambiavano. Era consapevole di essere stata la causa della loro rottura e di aver causato a Martin molto dolore, ma ugualmente non aveva potuto impedirsi di ferirlo: come aveva potuto credere di poter amarlo nel chiuso delle loro case e di liberarsi di quel sentimento ogni volta che entrava in ufficio? Era stata un sciocca, ma aveva avuto paura. Non degli affari interni come pensava Martin, non solo almeno, ma di quello che avrebbe potuto pensare di lei Jack. Si sarebbe arrabbiato o sarebbe stato contento per lei? Solo quando Martin l’aveva lasciata, stanco di tutte le sue paranoie e di sentirsi sempre allontanato, aveva compreso cosa avesse perduto in realtà. Sapeva di non poter più tornare indietro ed avanzare alcun diritto su di lui, ma doveva ad ogni costo sapere chi era quella ragazza bionda, se era la sua nuova fidanzata.
- Mi chiamo Emily Cooper! Sono un avvocato e faccio parte dello staff del procuratore distrettuale!- rispose lei cordialmente, tendendole la mano.
Samantha la scrutò per alcuni istanti con le sopracciglia sollevate, prima di ricambiare la stretta e presentarsi a sua volta. Era troppo gentile, troppo amichevole, troppo bella… Troppo perfetta! E non le piaceva!
Emily piegò il braccio per leggere l’ora sull’orologio da polso.
- Mi dispiace ma dobbiamo andare, stiamo facendo veramente tardi!- disse guardando Samantha davvero rattristata.
- Allora andiamo: io sono pronto!- rispose Martin passandole una braccio attorno alla vita per poi poggiarle la mano sul fianco, in un atteggiamento fin troppo intimo.
- Piacere di avervi conosciuto!- si congedò chinando appena la testa in un gesto estremamente grazioso.
Danny li osservò andare via insieme scuro in volto, la rabbia e la gelosia che montavano dentro di lui come le onde dell’Oceano nel bel mezzo di una tempesta. Vide Martin sussurrare qualcosa all’orecchio della ragazza ed Emily scoppiare a ridere, prima che le ante metalliche dell’ascensore si chiudessero celandoli alla sua vista. Erano proprio una bella coppia, così affiatati ed in confidenza, doveva ammetterlo. Una grande tristezza si sciolse nel corpo di Danny premendo dolorosamente sulla sua anima. Era arrivato tardi. Si era nascosto cercando di capire, di non scoprirsi per primo per paura di scottarsi, ed alla fine aveva perso tutto. Ma come poteva proprio lui biasimare Martin? Non aveva mai fatto mistero di provare qualcosa per Elena, quindi perché avrebbe dovuto biasimarlo se per dimenticarlo avesse deciso di uscire con una bella donna? Ricordava bene quanto dolore avesse impregnato la voce di Martin mentre pronunciava quelle poche parole durante la sua dichiarazione…
… perché avrebbe dovuto costringerlo a soffrire ancora? Per un suo egoistico desiderio di possesso?
Si prese la testa tra le mani sentendosi improvvisamente male.
Dove avrebbe trovato la forza ed il coraggio per farsi da parte?

Danny era appoggiato mollemente alla balaustra di marmo del terrazzo che correva lungo tutto l’ultimo piano del palazzo governativo del FBI. Il cielo era coperto da un orizzonte all’altro da una coltre di spesse nuvole colore dell’acciaio, che lasciavano filtrare solo una luce lattiginosa che offuscava tutto. L’aria era afosa ed appiccicosa, toglieva il respiro dai polmoni. Il tempo sembrava dilatatosi all’infinito in quell’atmosfera apatica. Quel clima uggioso contribuiva a peggiorare il suo umore già pessimo.
In quell’ultima settimana Emily Cooper era venuta praticamente tutte le sere a prendere Martin, con la scusa di andare a mangiare fuori. Ed ogni volta sembravano sempre più degli sposini in luna di miele, pensò storcendo le labbra in una smorfia infastidita. Capita l’antifona, dopo le prime sere, aveva fatto in modo di non farsi mai trovare alla sua scrivania; anche se, però, per quanto facesse non riusciva a mai sfuggire ai pettegolezzi di Vivian e Samantha, sembrava che le sue orecchie si trasformassero improvvisamente in un paio di radar costruiti appositamente per captare qualsiasi notizia su loro due. In quei momenti sentiva il disperato bisogno di urlare loro di stare zitte. Doveva allontanarsi per non aggredirle davvero.
Faceva male, dannazione! Così male da desiderare di trasformarsi in pietra per non provare più quel dolore! Era questo che provava Martin ogni volta che lo vedeva in compagnia di Elena? Era quel dolore che gli aveva cagionato? In quel momento desiderò di essersi accorto immediatamente dei sentimenti dell’amico per lui, di non essere mai scappato, sicuramente si sarebbero evitati molte sofferenze a vicenda.
- La disturbo se resto un po’ qui con lei?- una morbida voce femminile, conosciuta e temuta, lo sorprese.
Danny, spaventato, si girò di scatto ritrovandosi ad osservare gli occhi verde veleno e il sorriso dolce di Emily Cooper. Quel giorno portava i capelli sciolti sulle spalle sottile che le davano un’aria ancora più deliziosa. Come avrebbe potuto lui, un uomo, compere con una donna simile? Si impose di stare calmo e di ricacciare indietro tutta la sua ostilità: non avrebbe ricavato nulla ad attaccare quella donna, si sarebbe messo solo contro il suo Martin.
- Affatto!- rispose distrattamente guardando il nulla davanti a sé.
Emily si poggiò con la schiena contro la ringhiera, di spalle al cielo, prese un pacchetto dalla borsa e si portò una sigaretta alle labbra. La accese e prese una boccata. Possibile che fosse così sensuale anche compiendo i gesti più semplici? Si volse verso l’agente che la stava fissando di sottecchi.
- Non lo dica a Martin: lui non vuole che io fumi!- disse ed un lampo divertito illuminò per un istante il verde dei suoi occhi.
Danny strinse maggiormente i pugni sentendo con quanta familiarità avesse pronunciato il nome del collega.
- È da tanto che state insieme?- non poté esimersi di chiedere.
Emily sollevò un sopracciglio confusa.
- Insieme? In che senso?- .
Danny digrignò i denti irritato: voleva prenderlo in giro per caso?
- Come ‘in che senso’?! Nel senso di coppia, fidanzati…- sbottò.
- Lei crede che io e Martin…?- e scoppiò a ridere.
L’agente ascoltò confuso quella risata argentina riempire l’aria, non riuscendo a capire a cosa fosse dovuta tanta ilarità e sentendosi leggermente offeso.
Emily poggiò il fianco destro contro la pietra e lo fissò cercando di trattenere la propria ilarità.
- Io e Martin siamo cugini!- gli spiegò con un ghigno.
Danny sulle prime non comprese il senso di quelle parole, troppo sorpreso per fare qualsiasi cosa, fosse anche pensare.
- Cugini?- ripeté incredulo, sentendo un peso scivolare via dalla sua anima.
- Mia madre e suo padre sono fratelli. – prese un’altra boccata di fumo – Io e Martin abbiamo la stessa età, siamo praticamente cresciuti insieme. Abbiamo sempre cercato di aiutarci a vicenda. In effetti più che cugini ci consideriamo come dei fratelli. Ultimamente vengo spesso qui perché Martin sta soffrendo molto ed ha bisogno di un sostegno morale!- un velo di rabbia e tristezza le oscurò gli occhi.
- Sta soffrendo?- lui l’aveva studiato a lungo ma non ha mai notato nulla.
Emily leggendo la sorpresa sul volto dell’altro sorrise comprensiva.
- Martin è un ottimo attore, ha dovuto imparare ad esserlo per sopravvivere allo zio. Comunque non si tratta di lui, non questa volta almeno. Martin si è innamorato. All’inizio credevo che fosse una semplice infatuazione, una cotta che sarebbe passata nel giro di qualche mese, ma la faccenda è molto più complessa. Ammetto di aver sottovalutato la situazione.- concluse pensierosa come se stesse parlando con se stessa più che con lui.
Quelle parole trapassarono Danny come una salva di proiettili sparati a bruciapelo. Si sentì così male che dovette reggersi alla ringhiera per non cadere. Si sentì spezzare a metà. Avvertì come se una mano gelida gli avesse afferrato le viscere nel pugno e gliele stesse stritolando.
- E lei chi è?- chiese cercando di portare avanti quella conversazione.
Per uno strano desiderio masochista Danny doveva sapere chi fosse la donna che osava fare del male ad una persona come Martin. Emily lo scrutò a lungo con quegli occhi verdi, come se stesse decidendo se potesse fidarsi di lui.
- In realtà è un lui. – la sua voce era un sussurro così lieve che le si spense sulle labbra – E’ un suo collega.- .
Danny rimase pietrificato nella sua posizione, non sapeva più quale parte del corpo gli facesse più male, si sentiva come se decine di aghi incandescenti lo avessero infilzato. Una strana ansia gli correva sottopelle insieme ad una piccola scintilla di speranza, elettrizzandogli tutto il corpo. Strinse forte le mani l’una con l’altra per nascondere il proprio tremore.
- Non ci ha mai detto niente…- .
- Beh, cose come queste potrebbero troncargli all’istante la carriera. Non avrei dovuto nemmeno parlarne con tanta leggerezza… Ma voglio troppo bene a mio cugino e non ce la faccio più a vederlo in quello stato pietoso. Vorrei davvero poter fare qualcosa per lui. Sono anni che lo guarda da lontano tormentandosi, adesso deve anche sopportare la sua relazione con una collega. Povero Martin: si sta distruggendo con questo amore a senso unico! Gli ho detto che sarebbe meglio per lui chiedere un trasferimento, allontanarsi da lui, ma non ce la fa, ne è troppo innamorato anche se ci sta da cani. Ed intanto l’altro è felicemente fidanzato con un’altra. Confesso che sto iniziando ad odiarlo questo Danny Taylor!- .
- Danny… Taylor…?- balbettò l’interessato allibito.
Quello era tutto ciò che voleva sentir dire, tutto quello di cui aveva bisogno. Tutti i pezzi dentro di lui andarono al loro posto svelandogli la chiara e semplice verità, quella che non riusciva o, forse, più semplicemente, non voleva vedere.
Lui era innamorato di Martin. Martin era innamorato di lui.
Da sempre da mai. Un sentimento che si era portato sempre dentro, nascosto tra le pieghe della sua anima per paura di quello che avrebbe comportato. Un sentimento che forse aveva anche un po’ odiato perché gli aveva sbattuto in faccia la verità che forse lui non era ciò che aveva sempre pensato. Per questo lo aveva respinto, per l’illusione di una parvenza di normalità che gli avrebbe concesso amare una donna, e che gli sarebbe stata strappata impietosamente se avesse affrontato una relazione con Martin. Semplicemente aveva scelto la soluzione più facile per se stesso. Era solo scappato da se stesso.
Tanti suoi pensieri e comportamenti presero allora un senso, svelando il proprio significato recondito. Ora che aveva capito si sentiva tranquillo, in pace con se stesso, capace di mettersi in gioco. Ora si sentiva pronto ad abbracciare quel sentimento ed a viverlo, fino in fondo, immergendosi in esso.
- Lo conosce?- chiese la donna piegando il capo di lato, incuriosita dalla sua reazione.
- Più o meno…- rispose lui con un ghigno ambiguo.
Prima che lei potesse indagare più a fondo, Martin comparve sulla soglia della portafinestra.
- Emily mi dispiace averti fatto aspettare, ma ero impegnato con Jack!- le sorrise dispiaciuto.
- Non preoccuparti: il tuo collega è stato così gentile da farmi compagnia.- sorrise prima di abbracciarlo.
Martin corrugò la fronte preoccupato scorgendo oltre le spalle della cugina Danny in piedi poggiato alla ringhiera, il solito sorriso scanzonato era tornato finalmente sulle sue labbra: cosa si erano detti in sua assenza?
- Tua cugina è molto simpatica!- sorrise Danny.
L’altro inarcò le sopracciglia sorpreso: il collega aveva fatto di tutto per evitare di incontrare Emily, incupendosi appena veniva menzionata, ed ora diceva che era simpatica? Spostò uno sguardo perplesso sulla cugina, che gli sorrise innocentemente di rimando.
- Invece di startene li impalato a fissarmi, che ne dici di andare?- lo canzonò dolcemente Emily.
Martin batté più volte le palpebre disorientato come se si fosse appena svegliato.
- Si… si! Andiamo!- balbettò confuso.
- Vuole unirsi a noi?- chiese Emily a Danny.
L’agente sembrò sorpreso per un istante prima di risponderle.
- Mi piacerebbe, ma ho già un impegno!- sorrise cortese.
Notò immediatamente le iridi di Martin assumere una sfumatura grigio scuro, impenetrabile e gelida come metallo. Non gli piaceva vedere quelle iridi scurirsi, era un colore innaturale, lo inquietava.
Con un gesto brusco Martin girò su se stesso e, tirandosi dietro la cugina, rientrò in ufficio. Danny aveva un appuntamento! Sicuramente era con Elena. Aveva notato che i rapporti tra loro si erano raffreddati, aveva sperato che finalmente gli venisse concessa un’opportunità ed invece…
Ma cosa sperava? Cosa desiderava?
Lui era l’unico a tormentarsi per quell’amore. Era l’unico a soffrire per quell’amore. Era l’unico a desiderarlo!
A Danny non interessava niente di tutto quello! E come avrebbe potuto volerlo, quando aveva al suo fianco una donna come Elena?
Era quel pensiero a strappargli l’aria dai polmoni ed a stritolargli le viscere. Ad infrangerlo impietosamente.
Una mano sottile e calda si poggiò delicatamente sul suo braccio, attirando la sua attenzione, Martin i volse lentamente, nella speranza di poter riacquistare un minimo di controllo, ed incrociò le iridi verdi impensierite della cugina. Non era giusto farla preoccupare in quel modo, l’aveva già fatto fin troppo. Sovrappose la propria mano a quella di Emily e le sorrise per rassicurarla. Un sorriso mesto e sofferente che le fece ancora più male.

Non visto Danny arretrò fino a ritornare sulla balconata. Era la prima volta che osservava la sofferenza che si agitava costante sotto la maschera che Martin indossava quotidianamente. Come poteva amarlo in quel modo? Come poteva andare avanti in quel modo senza sbriciolarsi, senza crollare? Come poteva guardarlo in volto ogni giorno e fare finta di nulla? Come poteva soffocare la disperazione e sorridere? Come poteva sopportare di saperlo tra le braccia di un’altra donna? Da dove gli veniva una simile forza?
Lui non sarebbe mai riuscito a fare altrettanto, a comportarsi così normalmente per non far intuire niente a nessuno. Ora Danny era veramente consapevole della necessità di chiarire le cose con Elena, solo allora sarebbe potuto andare da Martin.
Prese il cellulare dalla tasca e compose il numero della donna.
- Elena? Devo parlarti! È urgente.- .

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Capitolo 5
*** Capitolo quattro: Alla fine. ***


Note e ringraziamenti a fine pagina ^O^

Capitolo 4: Alla fine.

Il vento soffiava gelido sul molo, spazzando dal cielo le nubi che lo soffocavano, nessun gabbiano volava riempiendo l’aria delle sue strida. La superficie acquatica di un liquido color mercurio della baia si increspava in decine di piccole onde, sciabordando malinconicamente contro i moli.
Seduto sulla spalliera di una panchina, i piedi poggiati sul sedile ligneo, gli avambracci poggiati sulle ginocchia ed un bicchiere di caffè in mano, Danny osservava una nave allontanarsi all’orizzonte.
Una strana agitazione gli riempiva il petto, schiacciandolo e soffocandolo. Elena sarebbe arrivata a momenti ed una sottile corrente lo elettrizzava sottopelle. Come avrebbe potuto spiegarle cosa gli era accaduto in quei pochi mesi, cosa era cambiato dentro di lui? Come avrebbe potuto guardarla negli occhi e dirle che tra loro era finita, che non c’era mai stato davvero niente? Come avrebbe potuto parlarle di quel sentimento che si portava dentro da chissà quando ed aveva sempre così ostinatamente cercato di ignorare? C’era un modo per descriverle ciò che rappresentavano l’uno per l’altro?
Un sospiro tremulo gli vibrò tra le labbra, mentre quella strana sensazione che lo riempiva diventava sempre più angosciante ed opprimente. Tutto quello che desiderava in quel momento era che finisse presto.
Elena comparve nel suo campo visivo e si fermò davanti la panchina, fronteggiandolo.
- Dalla tua faccia non deve essere piacevole quello che devi dirmi.- uno strano sorriso le piegò le labbra.
Mentre raccoglieva le idee Danny la osservò: voleva davvero rinunciare ad una donna simile per un uomo? Voleva davvero compiere un simile salto nel buio? Era davvero così forte il sentimento che provava per Martin da fargli compiere simili drastiche scelte? Un crampo gli contorse lo stomaco al solo pensiero di quegli occhi chiari appena ombreggiati da ciocche castane.
Elena era bellissima, eppure ora lo lasciava completamente indifferente. Ancora non riusciva a credere al cambiamento così repentino cui lo avevano indotto i suoi sentimenti. Non era rimasto niente dell’intensa attrazione, della passione che aveva provato per lei. Come se quella bufera di neve avesse spazzato via tutto quello che era, tutto quello che desiderava, tutto quello in cui credeva. Come un cielo limpido e terso, privo di ogni nube, in cui poter disegnare nuovi voli.
Quello che provava per Martin era così complicato, nuovo, intenso…
… gli faceva quasi paura!
- Hai un’altra vero?- gli chiese a bruciapelo lei.
Danny sussultò come se lo avessero frustato: come aveva fatto a capire? Un lampo divertito sfrecciò nelle iridi di Elena, come se gli avesse letto nel pensiero.
- Sono settimane che non mi chiami più per chiedermi come vanno le cose, quanto ancora dovrai aspettare. – sorrise saputa – Me lo aspettavo, forse ti ho chiesto troppo. Anche se non ho mai smesso di credere che mi avresti aspettato per tutto il tempo necessario. Fammi indovinare: è una storiella iniziata per ingannare l’attesa che, mi dirai, è diventata una cosa seria, vero?!- .
Quello che lo colpì maggiormente era che non c’era nessuna traccia di risentimento o rabbia o sarcasmo nella voce di Elena, solo un’infinita stanchezza.
- Non è come credi. – sospirò alla fine – E’ un sentimento che è sempre stato dentro di me, da anni, in attesa di venire scoperto. È un sentimento troppo grande per poter essere spiegato a parole, che soffoca e fa male. Non ho mai provato nulla di simile! Mi chiedo come ho potuto essere così sciocco da non rendermene conto prima.- .
Elena distolse lo sguardo da lui, puntandolo su una coppia che stava passeggiando li accanto mano nella mano, come se stesse riflettendo.
- Dimmi chi è, me lo devi!- .
Danny scosse lentamente la testa.
- Non posso, mi dispiace.- e prese un sorso di caffè.
- Allora è una collega. Bravo, non hai perso il vizio, vedo!- esclamò socchiudendo gli occhi.
Le dita di lui serrarono la presa sul bicchiere, colpito da quelle parole.
- Mi ama ed ha bisogno di me nonostante tutto, non è fantastico?- .
Elena notò che Danny non aveva rivolto nemmeno a lei un simile sorriso dolce ed innamorato. Sospirò: non c’era davvero più niente da fare.
- Ti auguro di aver fatto la scelta giusta e di essere felice, Danny!- gli disse con un dignità eccezionale.
Lo stava lasciando andare, stava rinunciando all’uomo che amava. Avrebbe potuto legarlo a sé con tutte le promesse che le aveva fatto tra le lenzuola del suo letto, usando sua figlia e quanto si fosse affezionata a lui, ma era troppo orgogliosa per poter accettare simili compromessi.
- Possiamo essere ancora amici?- chiese Danny.
- Come lo possono essere due che sono stati a letto insieme! – annuì lei, scoccandogli un lungo sguardo malinconico – Ci vediamo in ufficio!- e gli diede le spalle.
Mordendosi le labbra, Danny osservo la schiena della donna allontanarsi fino a perdersi nella piccola folla sulla strada. Non avrebbe avuto rimpianti. Non sarebbe tornato indietro. Quello era tutto ciò che voleva.
Ora però avrebbe dovuto affrontare la parte più difficile: parlare con Martin e convincerlo della serietà delle sue intenzioni.
Il suo cellulare squillò: Jack voleva avvertirlo che sapevano dove si nascondesse il loro ricercato.

Danny osservò Martin rimettersi in piedi a fatica, salvo anche quella volta. Il mondo attorno a lui vorticava, i colori gli sembrava traslucidi e si mescolavano in tanti rivoli che gli ferivano la vista, i suoni giungevano ovattati e lontani alle sue orecchie, soffocati dal ruggito del sangue.
Come se stesse osservando la scena di un film, vide i paramedici allontanarsi dall’amico dopo averlo visitato e Jack battergli amichevolmente una pacca sulla spalla.
La paura gli bruciava ancora come acido nelle vene. Il cuore martellava cupo dentro il suo petto ed il cervello sembrava una massa di ghiaccio. Aveva avuto paura di perderlo definitivamente questa volta, che gli scivolasse via dalle mani prima ancora che potesse averlo. Solo un miracolo lo aveva salvato.
Lo scoppio dello sparo gli rimbombava ancora nelle orecchie, davanti ai suoi occhi vedeva ancora quella sottile linea rossa segnare la tempia di Martin ed il sottile rigagnolo di sangue scorrere fino alla mascella.
Pochi millimetri lo avevano salvato. Pochi, maledetti millimetri e di Martin non sarebbe rimasto niente.
- Tu!- ringhiò Danny avvicinandosi all’amico quando rimasero soli.
Martin sollevò lo sguardo sorpreso sull’amico, incrociando il suo volto teso e gli occhi di un nero cupo e gelido, non riuscendo a comprendere il motivo di tanta furia.
- Tu! – continuò Danny e in un paio di falcate gli fu di fronte – Tu! Razza di incosciente! Stavi per morire, te ne rendi conto?!- gli urlò alzando sempre più la voce ad ogni parola.
Martin non fece in tempo ad aprire le labbra per ribattere, che Danny lo afferrò per il bavero della giacca e se lo tirò contro, cercando con furia la bocca dell’altro con la propria. Per una manciata di secondi la sorpresa lo lasciò immobile, incapace di pensare o fare qualsiasi cosa. Ma la lingua dell’altro che scorreva languida sul proprio labbro inferiore, ruppe ogni sua remore. Non gli importava di capire cosa stesse accadendo, se era reale oppure una fantasia partorita dal suo desiderio troppo a lungo frustrato. Danny lo stava baciando, di cos’altro avrebbe dovuto importargli? Si lasciò andare. Lasciò che i sentimenti che provava per lui prendessero il sopravvento, tramutando quel bacio in un atto in cui amore e passione si fondevano in una miscela lacerante, così simile alla rabbia, che lasciava storditi.
Se quello era veramente baciare, allora Danny non l’aveva mai fatto! Non aveva mai provato un simile straniamento, la sensazione di essere diventato un ammasso impalpabile di gas incandescenti. Non aveva mai provato la sensazione di sentire il resto del mondo evaporare, di avvertire tutto il suo corpo teso a percepire l’altro. Non aveva mai sentito i suoi sensi fremere e sfrigolare in quel modo, il cervello liquefarsi in quel modo, le mani bruciare dal desiderio di toccare il corpo dell’altro.
Non si era mai sentito così vicino a perdere se stesso.
Martin sentendo i polmoni in fiamme si allontanò da quelle labbra, ma Danny lo seguì con un movimento del capo per strappare un altro contatto.
Dio, come si poteva amare in quel modo così totale e sconvolgente, che coinvolgeva mente, corpo ed anima? Come si poteva sopravvivere a quel crogiolo di emozione che stava esplodendo dentro di loro, dilaniandoli, al solo contatto delle loro labbra? Come si poteva resistere a quel sentimento che era divampato dentro di loro come un incendio, che, stanco di attendere, ora pretendeva dall’altro tutto il proprio essere? Come avevano potuto confondere l’amore con quei labili sentimenti che avevano provato fino a quel momento? Come avevano potuto credere di poter continuare a vivere senza l’altro accanto a sé?
Danny poggiò le mani ai lati del volto di Martin e pose la propria fronte su quella dell’altro. Per lunghi istanti rimasero semplicemente così, a guardarsi sorpresi negli occhi, tanto vicini da respirare il fiato dell’altro.
- Perché?- chiese alla fine Martin.
Non sapeva perché Danny aveva agito in quel modo, gli sembrava inverosimile anche solo pensare che ricambiasse i suoi sentimenti. Era troppo bello per essere vero.
- Indovina?- lo prese in giro Danny mentre un sorriso sghembo gli piegava le labbra.
Il grigio torbido delle iridi di Martin rispecchiava l’immenso stato di confusione in cui si trovava. Il sorriso di Danny si addolcì mentre avvicinava maggiormente i loro volti, per un altro bacio in cui cercò di trasmettergli tutto quanto provava per lui.
Martin non riusciva a credere che stesse accadendo davvero, c’era un qualcosa dentro di lui che gli impediva di farlo: aveva desiderato così tanto di poter arrivare a quel momento, che ora gli sembrava impossibile. Anche se lo desiderava, non poteva lasciarsi andare, doveva sapere, capire. Se Danny non fosse stato sicuro di sé, se un giorno si fosse svegliato rendendosi conto che quello che voleva non era lui, se avesse capito che era Elena che amava davvero…
… di lui sarebbe rimasto solo un ammasso di schegge sanguinanti.
Quel sentimento era troppo importante per lui, così tanto importante che di lui non sarebbe rimasto nulla se si fosse risolto in un nulla di fatto.
Si era legato troppo a Danny e quella dipendenza avrebbe anche potuto ucciderlo.
Delicatamente si liberò dalla presa di Danny e si allontanò da lui: aveva bisogno di pensare lucidamente e la vicinanza del corpo dell’altro riusciva solo a confonderlo. Chiuse gli occhi e respirò un paio di ampie boccate per schiarirsi la mente.
Danny osservò attentamente i movimenti dell’altro mentre un crampo di paura gli contorceva lo stomaco. Aveva agito di puro istinto, senza pensare, mosso soltanto dal timore di perderlo che aveva provato…
… ma possibile che si fosse sbagliato?
Martin non si era ritratto, ma, anzi, aveva risposto al suo bacio con una passione tale da avergli incendiato il sangue. Perché adesso si allontanava da lui? Fremette quando le iridi di un liquido color mercurio dell’altro agente ritornarono su di lui.
- Dobbiamo parlare!- gli disse Martin in un tono basso che lo fece rabbrividire.
Danny fu solo in grado di annuire e seguirlo fino alla sua auto.

Martin richiuse con un tonfo leggero la porta del suo appartamento dietro le loro spalle. Danny avanzò all’interno di alcuni passi e si guardò intorno curioso: l’abitazione dell’amico era piccola ma perfettamente in ordine, così diversa dal lussuoso appartamento in centro che aveva sempre immaginato. Era la prima volta che entrava li e gli dava una strana sensazione di agitazione, sapeva che tra quelle mura si sarebbe giocato il destino della loro storia.
Il silenzio che li avvolgeva era carico di tensione, di incertezze e di paura. Entrambi erano consci che una sola parola pronunciata al momento sbagliato, che un solo gesto mancato avrebbe potuto compromettere tutto, anche quella loro amicizia. Danny si volse lentamente, cercando di guadagnare tutto il tempo possibile, ed incrociò lo sguardo d’acciaio di Martin, ancora in piedi con le spalle alla porta, come se volesse mantenere comunque una via di fuga da lui.
- Vuoi qualcosa da bere?- gli chiese invitandolo ad accomodarsi sul divano.
Martin sapeva che era solo un modo per rompere la tensione e quel silenzio che stava divenendo sempre più pesante ed insostenibile. Lo sguardo di Danny sostenne il suo per tutto il tempo, cercando di comunicargli tutto quello che non era riuscito a trasmettergli con quel bacio. Il ricordo delle labbra di Danny sulle sue, del suo corpo caldo premuto contro il proprio, delle sue mani che esploravano il suo volto e si intrecciavano ai suoi capelli, gli esplose dentro, deflagrando assordante, e dovette fare violenza su se stesso per controllarsi e rimanere fermo al proprio posto.
- Un caffè grazie!- annuì Danny mentre si sedeva.
Ascoltò distrattamente i rumori che Martin produceva mentre preparava il caffè nella stanza accanto. Aveva letto qualcosa nel suo sguardo, un lampo era saettato nei suoi occhi accendendoli di una luce frenetica, per poi svanire con la stessa rapidità con cui era apparso. Sperava davvero che significasse quello che lui ci aveva letto, che non fosse solo una chimera partorita dalla sua immaginazione.
Osservò in silenzio la stanza arredata in modo essenziale, con solo il divano su cui sedeva ed il televisore al plasma davanti, come unico lusso. Provò ad immaginare la solitudine di quell’uomo sempre sottopressione, costantemente divorato dai propri sentimenti e senza nessuno a cui appoggiarsi. Il suo petto si contrasse ed un calore denso e doloroso scivolò dentro di lui, infiammando ogni cellula. Improvvisamente assaporò quel vuoto gelido che doveva averlo riempito e comprese come si era sentito, cosa lo avesse portato a fare uso di droghe; improvvisamente si sentì in colpa per averlo giudicato ed allontanato. Si chiese allora se avesse potuto fare qualcosa per lui, se quando sarebbero stati insieme avesse potuto cambiare almeno un po’ la sua vita, riempire quel silenzio assordante e mutarlo in serenità.
In quel momento si sentì finalmente pronto a confrontarsi con Martin ed ad usare ogni arma per convincerlo. Non avrebbe permesso a se stesso di lasciarlo ancora in quel limbo.
Si alzò dal divano e si diresse in cucina, fermo sulla soglia vide l’amico armeggiare tra i fornelli dandogli le spalle. Aveva tolto la giacca ed ora era solo in maniche di camicia. Fece scorrere uno sguardo sempre più scuro sulla sua schiena ampia e perfettamente delineata, sui fianchi stretti che si piegavano fino a disegnare la curva morbida del suo fondoschiena sodo, le gambe lunghe e snelle fasciate dalla stoffa del pantalone. Un crampo di desiderio gli contorse le viscere: era li, davanti a lui, reale e dannatamente sexy, non la figura irreale che aveva tormentato le sue notti.
Martin si volse e sobbalzò sorpreso quando vide Danny dietro di sé, poggiato silenziosamente contro lo stipite della porta, intento ad osservarlo con le iride colme di un nero inusuale, più denso e scuro, incandescente.
- Mi hai messo paura!- protestò debolmente, cercando di allontanare il proprio sguardo da quello dell’altro.
- Avevi detto che dovevamo parlare.- provò Danny parlando lentamente, con calma e sicurezza.
Una scossa attraversò Martin totalmente impreparato. Era vero, era stato lui a chiedere dei chiarimenti per quel bacio, ma ancora non era riuscito a fare mente locale, a scacciare tutto il caos di dubbi in cui era stato buttato. Non era ancora pronto ed essere stato preso così di sorpresa lo aveva gettato nel panico.
- Già…- sospirò tremulo distogliendo lo sguardo da lui, dedicandosi a faccende inesistenti solo per tenersi occupato.
- Dimmi cosa vuoi sapere.- disse Danny incrociando le braccia al petto.
Vide Martin tremare come se fosse stato attraversato da una scarica elettrica mentre restava con la tazza appena presa da un pensile sollevata a mezz’aria. Rimase a lungo in quella posizione, cercando di raccogliere le idee ed un po’ del suo coraggio, che sembrava essere improvvisamente evaporato.
Alla fine sospirò e poggiò la tazza sul ripiano, accanto ai fornelli, producendo un lieve tintinnio.
- Cosa significava quel bacio?- chiese alla fine guardandolo con i suoi occhi grigi.
- Indovina?! – esclamò sarcastico – Secondo te cosa significa?- .
Un lampo di rabbia sfrecciò negli occhi di Martin.
- Danny per favore: sto cercando di capire il perché del tuo gesto!- ringhiò tra i denti.
Con una lentezza snervante Danny si staccò dalla porta ed avanzò nella cucina fino a trovarsi a pochi passi da lui, fronteggiandolo e sostenendo quell’innaturale grigio che sembrava volerlo congelare.
- Non c’è niente da capire: è lampante il perché! Secondo te vado in giro a baciare tutti i miei colleghi?- gli ritorse la domanda contro.
Martin rimase a fissarlo in silenzio, con i denti serrati uno contro l’altro e la mani stretta a pungo. Danny stava giocando con lui, voleva fargli perdere il controllo per costringerlo a scoprirsi per primo.
- Con i colleghi non lo so, ma con le colleghe ti sei dato abbastanza da fare!- gli sputò contro allusivo e caustico, alzando appena la voce, calcando bene il femminile, riversando al suo interno tutta la rabbia e la gelosia che aveva provato a causa sua.
Per Danny fu come venire frustato: non gli piacevano le recriminazioni e le insinuazioni, soprattutto quando erano fatte ai suoi danni. Lo sapeva che era una semplice provocazione ma ugualmente non riuscì a controllarsi.
- Perché, tu invece cosa avresti fatto, il santarellino? Non mi sembra che tu sia rimasto con le mani in mano!- ribatté nello stesso tono avvelenato.
Quell’inutile discussione stava allontanandoli dal vero motivo per cui erano li. Per alcuni versi erano simili a livello caratteriale: quando qualcosa non andava per il verso giusto o non piaceva loro, perdevano il controllo ed esplodevano in discussioni come quella, ferendosi con cieca violenza senza nemmeno rendersene conto.
- Io… non è la stessa cosa!- provò a difendersi Martin.
Lui era stato con Samantha per dimenticarlo, per soffocare quella gioia che lo riempiva ogni volta che Danny lo guardava e la delusione che ne scaturiva quando si rendeva conto di quanto fosse impossibile il proprio sentimento, per convincersi che era lei quella che amava, che andava tutto bene, che presto sarebbe tornato tutto al proprio posto.
- Ma davvero?! È questo quello che pensi di me Martin? – ed un ghigno sardonico gli schiuse le labbra – Allora non hai capito proprio niente di me! Elena non è stata solo un passatempo per me, era importante, ci credevo nella nostra storia, pensavo che sarebbe durata, che la nostra era una storia che valeva! – si fermò colpito dal dolore che aveva deformati i tratti dell’amico e riempito i suoi occhi ora di un grigio cupo come un cielo in tempesta – Ma mi sbagliavo. Nella mia vita c’era qualcuno di molto più importante per me. Qualcuno che era sempre rimasto nell’ombra ad osservarmi, trattandomi da amico anche quando il dolore minacciava di sopraffarlo. Una persona fantastica che ha rischiato più volte la vita per me senza chiedermi nulla in cambio.- .
Martin abbassò la testa sconfitto: non aveva detto niente di nuovo, quelle parole andavano benissimo anche per descrivere un semplice amico. Anche quella volta aveva afferrato la figura inconsistente di una chimera. Gli diede le spalle per non fargli vedere la delusione che impregnava i suoi occhi.
- Ritorna da Elena, fai ancora in tempo!- mormorò sperando che la sua voce risultasse ferma.
Danny non si sarebbe mai aspettato una risposta simile. Perché? Perché non riusciva a capire? Perché non voleva capire? Gli sembrava di cercare di sfondare un muro di cemento armato a mani nude. Si amavano a vicenda, ne era consapevole, eppure sembrava che non riuscissero a trovare la strada per trovarsi. Quando lo aveva seguito fino a casa sua non aveva creduto che sarebbe stata così difficile. Cos’altro avrebbe dovuto fare per convincerlo? Spostò nuovamente la propria attenzione su di lui, trovandolo chino in avanti, appoggiato al pesantemente al ripiano della cucina, come schiacciato da tutto quello che stava provando. Solo lui poteva fare qualcosa per sbloccare quella situazione e liberare entrambi da tutto quel dolore.
Compreso questo lasciò fare al suo istinto.
Si portò silenziosamente dietro di lui e lo afferrò per una spalla facendolo voltare verso di sé, rimanendo sconvolto dall’espressione dilaniata di quegli occhi di un grigio liquido e malato.
- Non sto giocando con te Martin, sto facendo dannatamente sul serio, perché non lo vuoi capire?- gli disse calmo, scandendo bene le lettere di ogni parole, perché ne comprendesse appieno il significato.
- Ed allora dimmelo, maledizione! Dimmelo!- gli urlò contro l’altro, artigliandogli la camicia sul petto e strattonandola.
Solo in quel momento Danny si rese pienamente conto dell’immensa fragilità di quell’uomo aggrappato a lui che lottava per non soccombere. Comprese che Martin aveva bisogno di certezze, che non poteva nascondersi ancora dietro un dito nella speranza che fosse l’altro a scoprirsi per primo, spaventato da quel sentimento che provava per lui. Avrebbe solo continuato a ferirlo comportandosi in quel modo. Martin aveva sofferto per lui e quell’amore così a lungo che ogni sua certezza era stata minata, semplicemente non poteva credere che lui lo volesse davvero ascoltando quelle frasi facilmente fraintendibili. Vedere il profondo tormento di Martin paradossalmente aveva scacciato tutti i suoi dubbi, lasciando solo la ferrea sicurezza sui suoi sentimenti e su quello che voleva dall’altro. Rilassò i muscoli del collo e delle spalle, e sollevò le mani circondargli il volto e sollevarlo verso il suo. Lo sentì tremare appena per quel contatto e trattenere inconsciamente il fiato, in attesa della sua risposta.
Danny avvicinò i loro volti, accarezzando quello dell’altro con il proprio, compiacendosi della morbida consistenza della sua pelle e di quell’odore forte di dopobarba che ricordava così bene perché gli aveva riempito i polmoni nonostante fosse incosciente in quel rifugio improvvisato.
- Ti amo Martin.- sussurrò sulle sue labbra, fissandolo dritto negli occhi fermo e deciso, per dimostrargli che non mentiva, che stava dicendo la verità.
Pronunciò solo quelle tre, semplici parole ma che racchiudevano dentro di loro tutto il suo amore per lui, più preziose e convincenti di un’immensa dichiarazione d’amore. Vide le pupille di Martin dilatarsi e le labbra schiudersi per la sorpresa di quella dichiarazione così diretta, così desiderata, così intensa. Come se fosse stato sopraffatto, chinò la testa poggiando la fronte contro la spalla di Danny ed un lieve, stanco sorriso gli scivolò sulle labbra.
Finalmente. L’aveva raggiunto, finalmente.
Danny gli passò le braccia attorno alle spalle ed alla schiena stringendo a sé quel corpo tremante, lasciandogli tutto il tempo per assimilare quella confessione. Sentiva il suo respiro irregolare e caldo colpire la sua pelle dopo aver attraversato la stoffa leggera della sua camicia. Quando fu sicuro che si fosse calmato, Danny gli mise una mano sotto il mento e gli sollevò il volto, cercandogli subito le labbra con le proprie.
Un bacio calmo e lento, pregno di sentimenti e dolcezza, che valeva per tutte le parole che ancora non si erano detti, così diverso da quello nervoso che si erano dati nel capannone poco prima.
- Capito adesso?- chiese Danny poggiandosi con la fronte contro la sua, stringendogli forte il volto tra le mani.
Martin lentamente schiuse le palpebre, svelando un paio di iridi di un azzurro limpido e terso, pulito e brillante come un cielo dopo un temporale. Un colore che non aveva mai visto prima e che fece battere più forte il cuore di Danny.
- Ti amo!- annuì prima di sporgersi un po’ in avanti per un altro bacio.
Danny sorrise felice contro le sue labbra: tutto quello che desiderava, tutto il suo mondo era tra le sue braccia. Finalmente, dopo tanto tempo, si sentiva completo, in pace con se stesso ed il mondo intero. Sentiva di aver trovato il suo posto nel mondo. Era una di quelle poche, fortunate persone che potevano dire di aver trovato la metà esatta della propria anima.

- Eri geloso di Emily?- chiese incredulo Martin sollevando la testa per guardarlo in volto.
Straiati sul divano, l’uno tra le braccia dell’altro, Danny stava raccontandogli come avesse scoperto di amarlo e come aveva trascorso gli ultimi mesi. Martin non aveva mai assaporato una tale calma prima d’allora. Tra quelle braccia forti sembrava che tutto potesse andare bene.
- Beh, stavate sempre insieme e sembravate due novelli sposi – disse con una smorfia disgustata distogliendo lo sguardo – Tu non avresti pensato alla stessa cosa?- .
Quella spiegazione chiariva lo strano comportamento ostile che aveva tenuto nei confronti di sua cugina. Ridacchiando ritornò a poggiare la testa sulla spalla dell’altro, godendosi quanto poteva quel momento. Era incredibile trovarsi li in quel modo, avere Danny finalmente tutto per sé! Solo quella mattina non avrebbe scommesso nulla su quel finale.
- E cosa ti ha fatto cambiare idea sul suo conto?- chiese poi ricordando come quel pomeriggio li avesse trovati a chiacchierare tranquillamente sulla balconata.
- In sintesi mi ha detto che stavi male per colpa dell’uomo di cui ti sei innamorato ed ha fatto il suo nome!- .
- Cosa?!- saltò Martin risollevando la testa verso di lui.
- “Comincio a detestarlo questo Danny Taylor!”. Sue testuali parole! – sorrise maliziosamente – Incredibile che mi abbia confessato una cosa simile senza sapere chi fossi!- .
Martin rimase immobile a fissarlo per qualche istante, prima di scoppiare in una fragorosa risata. Incredibile! Non avrebbe mai creduto che Emily potesse arrivare a tanto per lui! Era stata assolutamente fantastica!
- Ehi! Che hai da ridere in quel modo?- domandò Danny indignato.
Non aveva mai visto il posato e serio Martin in quello stato, era la prima volta che lo vedeva ridere così tanto e così liberamente. Ed era bello, nonostante ridesse di lui. Martin inspirò profondamente cercando di calmarsi, mentre osservava tra le lacrime il volto fintamente risentito del compagno. Appena fu certo di aver riacquistato almeno un po’ di controllo parlò.
- Emily sa benissimo chi tu sia. Ho dovuto mostrarle una foto della nostra squadra perché insisteva per vederti. Voleva vedere il volto della persona che mi ha letteralmente fatto perdere la testa!- e lo fissò con uno sguardo allusivo.
Danny impiegò un paio di minuti per assimilare e comprendere quelle parole.
- Mi ha preso in giro!- esclamò poi irritato.
- Già!- ghignò divertito Martin.
Si puntellò con le mani sulle spalle di Danny per poi scendere con le labbra su quelle dell’altro, cercando di calmarlo con un bacio. Danny gli andò subito incontro, improvvisamente dimentico di tutto quello che non fossero quelle labbra, mentre le sue mani risalirono la schiena del compagno fino al collo per avvicinarlo maggiormente a sé.
Martin era diventato il centro esatto del suo mondo eppure quella scoperta non lo spaventava, anzi gli dava una sicurezza ed una decisione ancora maggiori rispetto a prima, perché adesso conosceva appieno la portata di quel sentimento, quanto fosse prezioso per lui e niente al mondo sarebbe riuscito a strapparglielo.

E così siamo arrivati alla fine di questa fic… ammetto che sono un po’ triste ç_ç Comunque spero che vi sia piaciuto quest’ultimo capitolo ^^ Ricordando i pesanti alterchi che hanno avuto, soprattutto quando Danny ha intuito la dipendenza di Martin, ho immaginato che il loro confronto non poteva svolgersi in modo pacifico, non poteva svolgersi semplicemente con un ‘Ti amo!’ ed un bacio appassionato. Quanto sono complicati questi ragazzuoli… Un ringraziamento particolare va ad Isult che ha seguito questa fic passo dopo passo sostenendone la coppia. Questo capitolo è dedicato completamente a te. E si, ci voleva qualcuno che desse una scossa a Danny visto che continuava a restare rintanato in attesa che fosse l’altro a dichiararsi -.-’’ se fosse stato per lui starebbero ancora li a guardarsi da lontano ed a rodersi per la gelosia! Comunque in questo capitolo prende finalmente in mano la situazione anche se, come hai visto, ha ancora bisogno di una spintarella… Comunque si, ho già quasi finito una nuova Danny/Martin. Anche a me però piacerebbe leggere qualcosa su di loro *^* (<-Tai ti fa gli occhioni dolci) che ne dici? No! I menage a tre no! O||O Che orrore! Mi viene l’orticaria al solo pensiero! Ma come si può mettere Jack in coppia con uno di loro due?? Brrrr… Ringrazio anche tutti coloro che hanno anche solo letto questa fic: un grazie immenso! (inchino).
Alla prossima fic gente \^O^/

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