...Cronache Morte...

di Drago Rosso Sangue
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ...Prima Cronaca... ***
Capitolo 2: *** ...Seconda Cronaca... ***



Capitolo 1
*** ...Prima Cronaca... ***


...Prima Cronaca...

  «Quando ero bambino venivo spesso a giocare qui» sorride dolcemente.
Il vecchio Thomas Harrison è seduto accanto a me, tranquillo, le gambe accavallate.
Siamo in questo parco abbandonato, solo io e lui, seduti comodi su un'altalena, l'unica, la quale pende placida da un lungo e contorto ramo di quercia.
All'orizzonte si scorge la vecchia villa, grigia e silenziosa.
È così sola e triste che mi fa stare male, il solo pensiero di portarle via l'unica compagnia mi distrugge.
Thomas continua a conversare con me, ridendo e osservando l'ambiente circostante.
Sorseggia una tazza di the.
È arrivato persino a catturare la mia mano nelle sue, calde e ruvide.
Mi scappa un sorriso.
Accavallo le gambe anche io, imitando la posa del vecchio dalla barba bianca e il cappello in testa, la nera veste mi cade morbida attorno alle gambe scheletriche.
La Falce giace ai miei piedi sull'erba soffice, la Clessidra è appoggiata sul legno al mio fianco.
Continua a scorrere per quei pochi granelli di sabbia che rimangono per lui.
Thomas mi sta raccontando della sua vita, le gioie e i dolori, tutti gli eventi più significativi, l'adolescenza tormentata, il trasferimento in quella villa enorme che mi fissa con quegli occhi spenti, il felice matrimonio, la morte della moglie; quella fu la prima volta che incontrai sir Thomas Harrison, questo splendido uomo che ora è seduto accanto a me senza temermi, conversando con me quasi fossi una vecchia amica.
Ora lo sento.
Gli ultimi due granelli di sabbia cadono sul fondo della Clessidra, mentre lui ride e si addormenta eternamente.
Mi accingo a prelevare la sua anima, con delicatezza.
È calda e serena, conserva ancora il profumo dolceamaro delle rose sfiorite di questo giardino e dell'Earl Gray Tea che stava bevendo prima che la Clessidra si fermasse.
La tazza vuota accanto alla sua mano rilassata e immobile, nel fondo scuro scorgo la mia nera figura.
Mi stringo al petto quell'anima calda a me tanto cara, custodendola dentro di me.
E lentamente mi allontano dal corpo inerme, sempre più freddo, lo percepisco.
Un vento gelido inizia a soffiare intorno a me, lambendo le mie nere vesti, accarezzando le mie ossa bianche.
Nella flebile luce del tramonto mi volto ad osservare per l'ultima volta la dolce figura addormentata di Thomas Harrison.
Io, dritta come una statua di marmo, la Falce in mano.
Il vento, con lentezza, mi porta via, verso altre anime da prelevare, verso altre storie da ascoltare, lasciando il vacchio Thomas lì, solo, sull'altalena, con la felicità sul volto, il the sulle labbra e le rose sfiorite attorno a lui, una splendida cornice per un uomo splendido.

~ o ~

Angolino del Drago

Buonasera!
Come potete vedere, dopo secoli (o quasi) sono ritornata con una nuova storia!
A dire la verità, queste Cronache le avevo scritte circa un anno fa... Ma non avevo mai avuto né il tempo né il coraggio di pubblicarle.
Beh, quale occasione migliore del mio imminente compleanno poteva permettermi di allietare voi lettori con altre storielle?
Ringrazio in anticipo chi leggerà e saluto tantissimo Philcassie (spero che mi recensirai eh)!!
Aspetto qualche recensione.
Buona serata a tuttiiiiii!!

Drago :3 

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Capitolo 2
*** ...Seconda Cronaca... ***


...Seconda Cronaca...

Quella sera pioveva, il cielo scuro era carico di nubi pesanti, che riversavano la loro anima sui tetti da poco assopiti delle case grigie di fuliggine.
Nelle silenziose vie deserte, solo una solitaria figura, come avvolta dalla luce, affrontava la pioggia senza temerla.
A passo spedito, pareva fosse di fretta per un appuntamento a lui soltanto noto, arrancava nel freddo e nell'acqua in quella triste strada che nelle ore diurne tanto appariva diversa, sempre una festa, tra moltissime genti e tende di mercanzia multicolore.
Le nuvole si prendevano beffa di lui, ridendo delle sue vesti bagnate e degli stivali fradici, continuando a gettare su quella figura solitaria e triste le loro lacrime gioiose.
Affrettava sempre di più il passo, raggiungendo ad ampie falcate il cancello arrugginito del cimitero, splendeva rosso come il sangue sotto la pioggia battente.
Fermo immobile davanti alle grate rosse, gli stivali immersi in una profonda pozzanghera, ad alimentere il gelo e il bagnato che penetrava nelle ossa dello sconosciuto, osservava assorto ogni piega di ruggine, gocce di sangue fresco nel nero della notte.
Un corvo volava gracchiando sopra la testa dell'uomo incappucciato, perdendo le sue nere piume come fiocchi di fuliggine, come delle maledizioni, e andando poi a posarsi proprio in cima al cancello arrugginito, ancorando le sue zampe al ferro debole, picchiettando il becco e gli artigli per invitare il visitatore ad entrare nel cimitero, tra le lapidi che gli davano il benvenuto.
Mentre la figura oltrepassava lentamente il cancello, il corvo gracchiò allegro, sbattendo le ali oscure come la notte, prima di accingersi a seguire l'uomo.
Il mantello frusciava sotto l'acqua tra le lapidi bagnate, le quali salutavano gioiose l'uomo che passava loro accanto; era un amico, quella figura nell'ombra, per molti anni aveva percorso quella strada sconnessa tra le tombe, tracciando un solco di dolore e sofferenza molto profondo.
La pioggia faceva rilucere al chiaro di luna le pietre bianche, i tristi nomi incisi sopra e le pallide figure dai volti sbiaditi, come ormai lo era il loro antico ricordo, come le fiaccole sulla via della morte.
Ma l'uomo era lì in quel cimitero, come un'anima in pena tra le lapidi, solamente una tomba in particolare: ogni notte andava da lei, le portava fiori freschi, accudiva la sua bianca lapide come fosse ancora al suo fianco, tra le sue braccia di nero avvolte, un gracile corpo di luce ormai spenta.
Luce come quella che aveva nelle tasche, tante piccole cere candide in altrettanto candidi contenitori di vetro, si bagnavano del pianto delle anime, che dal cielo portavano il loro tremendo tormento sulla terra, a ricordare ai morti che non ci sarebbe stata più pace, nè redenzione.
Le disponeva con cura circondando quella pietra tombale, lottando contro la pioggia per accenderle con il fuoco dell'amore che ancora serbava dentro il suo cuore.
Attorno a quell'unica lapide, decine di candele accese, tremolanti sotto la pioggia scrosciante, effimeri fuochi fatui in una notte di tempesta, la dolce sinfonia ticchettante e il coro soave delle voci dei corvi, unite a quelle delle anime che, con la protezione delle ombre, si radunavano attorno a quella pietra per osservare l'imminente, dolceamara tragedia.
L'uomo si era levato il cappuccio, le lacrime si mescolavano indistintamente con le gocce di pioggia grigia, i capelli appena striati di bianco gli cadevano sulle spalle, appiccicandosi come colla alla stoffa nera del mantello zuppo.
Riversava su quella tomba, su quelle candele, tutto il dolore insopportabile che lo stava consumando, ormai da troppi anni, dal giorno in cui lei era morta, in quel letto che avevano condiviso con tanta gioia, in una notte piovosa, uguale in tutto e per tutto a quella, triste e fredda.
Una lama, improvvisamente, si mise a brillare nel buio alla luce delle candele sul punto di morte, sotto lo sguardo attento e curioso delle anime che si erano radunate lì intorno, le quali quell'uomo tormenteto non poteva scorgere.
Lui piangeva, mentre la sua ora si avvicinava, era lui a volerlo, e in un impeto di follia, troppo amore per doversi separare dalla donna che per molti anni aveva illuminato i suoi giorni come una meravigliosa stella, il coltello gli si conficcò dritto nel petto, un rumore secco di carne trafitta, sangue rosso che colava sulla terra per nutrirla.
E fu allora che tutti gli spiriti si dissiparono nelle ombre per lasciare spazio a un'altra figura di nero ammantata.
La Clessidra immobile nella sua mano scheletrica testimoniava quella tormentata vita appena scivolata nel buio, era fredda e liscia come una lama dentro l'abbraccio indissolubile della morte.
Lunghi capelli grigi, a incorniciare un bianco teschio, si posarono leggeri sul corpo ormai inerme e pallido dell'uomo per un ultimo, lieve saluto, prima di abbandonare quel cimitero dolente, nero e solo sotto la pioggia, in quella notte del 3 di Novembre 1873, la stessa notte di quando, quindici anni prima, lei morì di una grave malattia, e lui, ormai privo dell'amore, cessò di vivere.

...FINE...

~ o ~

Angolino del Drago N.2

Eccomi ancora!
Dato che avevo tutti e due i capitoli scritti ho deciso di pubblicarli entrambi...
Comunque, questa è la fine delle Cronache.
Spero siano piaciute e che abbiate gradito.
Buona serata ancora!

Drago :3

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