Il diario di Demi Salvatore, Vol. 2

di Evenstar75
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue - Another story ***
Capitolo 2: *** Welcome to New Orleans ***
Capitolo 3: *** It’s the price of love ***
Capitolo 4: *** We want WAR ***
Capitolo 5: *** What is dead may never die ***
Capitolo 6: *** Shattered ones ***
Capitolo 7: *** With luck, foward ***



Capitolo 1
*** Prologue - Another story ***


Se i tuoi peggiori incubi sono già pieni zeppi di vampiri sanguinari, licantropi selvaggi e streghe psicopatiche, forse partire in missione con un concentrato di tutti e tre non è esattamente ciò che si definirebbe un’idea grandiosa ma, hey, ogni tanto bisogna pur sapersi accontentare di ciò che passa il convento.
Qualunque ragazza al mondo non avrebbe di certo pensato a Prince Mikaelson, occhi verdi come cocci di bottiglia, riccioli biondi da cherubino ed ondeggianti muscoli deliziosamente visibili sotto la maglietta, come ad un tipo di cui ‘’accontentarsi’’, ma si dà il caso che Demi Salvatore non fosse come tutte le altre.
Tanto per cominciare, non tutte le neo-diciassettenni del mondo sapevano che le storie del terrore, spesso raccontate attorno ai falò nelle notti di luna piena per spaventare a morte i marmocchi, erano tutte, dannatamente, vere. 
Tantomeno erano state costrette, di punto in bianco, a farci i conti a causa di una Profezia millenaria, per di più ad un’età in cui le uniche preoccupazioni sarebbero dovute essere sciocchezze come i bigliettini passati sottobanco, il modo più scaltro di strappare ai genitori i permessi per andare alle feste o quale paio di scarpe fosse meglio abbinare sotto un vestito troppo corto.
Invece, Demi, era stata travolta da un finimondo sovrannaturale senza preavviso, come investita in pieno da un’onda divoratrice nel bel mezzo di una vacanza alle Bahamas, ed era ancora alla ricerca di un appiglio per sopravvivere in quel delirio di rivelazioni, segreti e pericoli. Cosa che non era per niente facile, visto che la creatura plasmata precisamente per farla fuori era seduta proprio accanto a lei, al volante di una fiammante Ferrari nera, fischiettando allegramente ‘’Dio Salvi La Regina’’.
Ma procediamo con ordine: per sedici lunghissimi anni, Demi aveva vissuto l’esistenza più placida a cui una rispettabile fanciulla americana potesse aspirare, coccolata da una famiglia amorevole, circondata da amiche fedeli ed ammirata dai compagni di liceo. 
Alla Mystic Falls High School era sempre stata una delle studentesse più popolari senza essersi mai impegnata troppo per diventarlo; bellissima, furba e sempre pronta a cacciarsi nei pasticci per il semplice gusto di farlo, si era lasciata circondare e proteggere dal fascino della ribelle irraggiungibile e, simile ad un elegante gatto selvatico, era andata avanti per la sua strada senza intoppi, sicura che tutte le marachelle le sarebbero state perdonate in un baleno grazie al suo leggendario faccino angelico.
E grazie tante.
Nessuno, neppure le sue coetanee più invidiose, aveva mai avuto il coraggio di odiarla, fin quando non era entrata in classe una nuova, misteriosa insegnante dall’aria regale, pronta a sconvolgere per sempre l’ordine cosmico: spietata ed ipnotica come un pugnale dall’elsa dorata, infatti, Rebekah Mikaelson, che in realtà era una vampira antichissima ed assetata di vendetta, aveva giocato il ruolo di spartiacque tra la sua vita da adolescente comune e quella assurdamente complicata da Prescelta.
L’Originale detestava la famiglia di Demi in un modo talmente viscerale da essere disposta a qualsiasi atrocità pur di realizzare la loro rovina: prima che Demetra nascesse, infatti, anche i suoi genitori, Stefan Salvatore ed Elena Gilbert, erano stati dei vampiri immortali, incapaci di procreare e di rinunciare alla sete di sangue; nella speranza di ritornare umani, tuttavia, i due si erano serviti di una Cura portentosa, pagando il prezzo di quel miracolo con la morte accidentale di un loro caro amico, Matt Donovan.
Il povero Matt era l’unico amore di Rebekah, la quale, straziata della perdita, era scomparsa dalla circolazione per tramare nell’ombra, covando contro i traditori un rancore bruciante ed inestinguibile.
Così, quando una strega potente e malvagia di nome Sophie Deveraux era spuntata dal nulla, farneticando a proposito di una Pietra capace di risvegliare i morti, la Mikaelson si era precipitata ad aiutarla, ben contenta di sapere che la vittima sacrificale designata per la realizzazione di quell’oscuro miracolo sarebbe stata nientepopodimeno che Demi Salvatore, la figlia segreta della sua più acerrima rivale, Elena, e di Damon. Quest’ultimo, particolarmente odiato da Rebekah, era stato costretto dalla vampira ad un esilio eterno e silenzioso dalla città ed aveva affidato, inconsapevolmente, al fratello Stefan il compito di crescere al suo posto una bambina dagli occhi azzurri e dal destino segnato.
Demi, per qualche bizzarro caso mistico, era nata per essere la Custode della mirabolante Pietra Della Resurrezione, e la Natura le aveva affidato dei poteri sbalorditivi, legati ai quattro Elementi, come protezione contro chiunque avesse cercato di sfruttarla: la Terra, che lasciava germogliare la verbena, le aveva donato l’immunità permanente a qualunque tipo di compulsione, mentre l’Acqua ed il Fuoco, combinati, si occupavano di fornirle uno Scudo di Nebbia pronto ad avvolgerla come una corazza durante gli attacchi.
Il potere dell’Aria, in lei, era solo latente, ma si diceva che, presto o tardi, sarebbe stata in grado di trasformarsi in un Corvo, proprio come Damon.
Per riuscire a fare breccia nelle sue difese, a catturarla e a servirsi di lei, la crudele Sophie Deveraux ed il suo subdolo galoppino, il professor Atticus Shane, avevano dato la caccia a Prince, anche lui citato nella Profezia come metà speculare della Prescelta, nonché l’unica Arma vivente in grado di annientarla.
Il corredo genetico di quest’ultimo era una specie di intruglio micidiale dei materiali più infiammabili esistenti sulla terra, e, neanche a dirlo, si dava il caso che la sua personalità pungente, esaltata ed arrogante fosse la miccia pronta a fargli fare KABOOM: era il figlio di Klaus Mikaelson, il sadico ibrido che aveva terrorizzato l’umanità per secoli interi, e di una Lupa Mannara di nome Hayley, ultima discendente di una stirpe reale particolarmente temuta. Sua nonna paterna, Esther, era stata la strega creatrice dei primi vampiri, gli Originali, quindi dentro di sé, per diritto di nascita, Prince racchiudeva l’essenza completa della magia, e non esattamente di quella della miglior specie.
Perciò, dopo aver ucciso brutalmente Hayley ed il fratello maggiore di Klaus, Elijah, che l’aveva sposata e protetta fino all’ultimo respiro, Sophie aveva rapito il piccolo Prince e lo aveva torturato per anni, sottoponendolo a terribili addestramenti e sevizie, determinata a renderlo un mostro al suo completo servizio.
Per legarlo a sé senza via di scampo, lo aveva marchiato con un maleficio, lo Stigma Diaboli, che aveva indebolito la sua mente a lungo, sconvolgendola con visioni e minato ogni sua resistenza, fino a quando, in qualche modo ancora sconosciuto, Prince non era riuscito a liberarsene, fuggendo e cominciando poi a progettare una silenziosa rivalsa.
L’intenzione di Sophie era di far scontrare Demi e Prince, dopo averli resi nemici giurati, così da costringerli a consumarsi a vicenda, sprigionando in questo modo la quantità di magia necessaria a sbloccare il Lapislazzuli Stellato che tanto la ossessionava; quella di Prince, invece, era di impadronirsi per primo della Piuma Nera, ovvero dell’unico elemento capace di rendere possibile quel rituale catastrofico, per poi distruggerla.
Per questo motivo era arrivato a Mystic Falls e si era lanciato alla ricerca di una pergamena che, se interpretata correttamente, gli avrebbe rivelato l’ubicazione precisa del luogo in cui la Piuma era rimasta nascosta fin dalla notte dei tempi.
E, alla fine, ci era riuscito.
Dopo mille peripezie, aveva rimesso insieme le parti mancanti della mappa, e lui e Demi erano partiti.
Ma i loro piani erano bruscamente cambiati nel momento in cui Sophie si era servita del sangue di Demi per creare un esercito di Ombre e Demoni micidiali pronti ad inseguirli e a mettere in pericolo le persone a loro più care, primo tra tutti, Nick Mikaelson, il fratellastro minore di Prince ed il ragazzo di cui Demi era perdutamente innamorata.
Quest’ultimo era stato morso da un’Ombra ed ora era in piena transizione: la spedizione per recuperare la Piuma Nera, dunque, era al momento finalizzata principalmente alla sua salvezza, in quanto il cristallo sacro della lama avrebbe potuto guarirlo ed impedirgli di perdere la sua anima per sempre.
Una volta recuperata e sfruttata quell’arma, i due Prescelti avrebbero poi potuto finalmente ridurla in mille pezzi, cosicché Sophie non potesse mai più sperare di impossessarsene, piantandola di devastare le loro esistenze nel frattempo.
Facile a dirsi ma praticamente quasi impossibile a farsi, la suddetta impresa era comunque meno complicata di quella che Demi e Prince avrebbero dovuto sforzarsi di affrontare per provare a starsi simpatici, ma questa, dopotutto… è un’altra storia.



 
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* * *

Salve a tutti, miei adorati! :)
E' passato moltissimo tempo dall'ultimo aggiornamento ma, finalmente, l'ispirazione è tornata! Ho deciso di pubblicare questo prologo riassuntivo per rinfrescarvi un po' la memoria, ma credo che sarebbe il caso, per chi ha sfogliato il DD molto tempo fa oppure ha scoperto soltanto ora la sua esistenza, di dare una bella (ri?)lettura alle vicende della prima parte (---> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1342103), perché... PUBBLICHERO' IL VERO 1° CAPITOLO DELLA NUOVA STORIA IN SETTIMANA!
Vorrei ringraziare tutti i lettori che mi hanno contattata durante questo periodo di pausa per farmi sapere che avrebbero continuato ad aspettarmi. Siete stati davvero dolcissimi e mi avete regalato la voglia di ricominciare. Non vedo l'ora di riprendere il Diario con la stessa passione di sempre, facendovi assaporare assieme ai miei bambini tutte le avventure che seguiranno. 
A prestissimo!


***** Per informazioni e domande, come al solito:
https://www.facebook.com/IlDiarioDiDemiSalvatore?ref=hl
ask.fm/IlDiarioDiDemiSalvatore
 
Evenstar75 <3

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Capitolo 2
*** Welcome to New Orleans ***


Demi non era riuscita a chiudere occhio per tutta la notte ma, nonostante le sue palpebre fossero assai pesanti, l’idea di addormentarsi e di lasciare via libera al proprio inconscio la terrorizzava molto più dell’eventualità di assomigliare ad uno zombie albino l’indomani. Così, dopo aver scritto senza sosta sul minuscolo diario che era riuscita a ficcare nella valigia di fortuna che Prince le aveva concesso di preparare poco prima della partenza, era rimasta immobile a fissare il finestrino, i paesaggi campagnoli che le sfilavano accanto disordinati, anonimi e tenebrosi.
Nella sua testa, non aveva fatto altro che rivivere per almeno un centinaio di volte la scena dell’addio a Nick alla Capanna, e questo l’aveva logorata dentro così profondamente da farle avvertire la presenza di un moncherino carbonizzato al posto del cuore.
Niente avrebbe potuto cancellare dai suoi pensieri il ricordo dell’odore acre di sofferenza che l’aveva assalita fin dal suo ingresso nella camera del ragazzo, talmente inteso da essere paragonabile ad una ventata di polvere incandescente nelle narici.
 
Tramortita, Demi non aveva badato all’arredamento singolare sparso tutt’intorno, alle tende sfarzose o agli innumerevoli quadri inchiodati alle pareti come dei trofei di guerra; si era soltanto fatta guidare dall’istinto verso il centro della stanza, affamata di notizie quanto un naufrago della terraferma.
E là li aveva visti.
Mattie, l’unica figlia di Caroline Forbes e di Tyler Lockwood, di solito vispa e raggiante come un rondinino pronto ad annunciare la primavera, se ne stava raggomitolata su una minuscola sedia a dondolo, immobile e slavata, simile ad un informe ammasso di stracci. Concentrata com’era sul materasso di fronte a sé, non si era voltata neppure dopo aver udito l’uscio schiudersi, ma Demi non gliene aveva fatto una colpa; in fondo, se la mano bronzea di Sheila Bennett, figlia della strega Bonnie, non fosse stata saldamente stretta attorno al suo gomito, per sorreggerla e darle coraggio, anche lei sarebbe rimasta paralizzata sul posto dall’orrore, incapace di muovere un altro passo.
Dopo qualche istante, la biondina Lockwood aveva sfiorato il dorso della mano cadaverica di Nick con la punta dei polpastrelli rosei, poi si era sporta in avanti, accostando le labbra al suo orecchio:
- Hai delle visite, vecchio mio.- al suono incoraggiante di quelle parole, le ciglia del figlio di Elijah avevano avuto un fremito, ma erano rimaste chiuse, circondate da un malsano alone bluastro. - Cerca di ricomporti in fretta, o racconterò a tutti di quella volta in cui ho trovato un chilo di brillantina nascosto nel tuo cruscotto.-
- Fate presto.- un soffio impaziente aveva solleticato la nuca della Salvatore, poi l’erede di Klaus aveva fatto il suo ingresso, rivolgendo un cenno autoritario alle altre ragazze presenti, per invitarle a sgomberare. Nonostante fosse sovrastata dal principe come poteva essere un lillipuziano dal gigante Golia, Mattie si era alzata dignitosamente, rimboccando con estrema cura le coperte del suo amico prima di allontanarsi.
- Ti avverto, bellezza.- aveva rimbrottato allora Prince, guardando Demetra negli occhi, con quel suo infallibile accento straniero a farla da padrone: - Non hai molto tempo per dire addio.-
- Perciò prima ci leveremo dai piedi, prima lei potrà darsi una mossa.- lo aveva apostrofato severamente la Lockwood, con un fare protettivo che pareva quasi buffo, visto e considerato quanto le sue dimensioni rendessero improbabile qualsiasi genere di minaccia da parte sua: - Elementare, Mikaelson.-
Demi si era rallegrata intimamente per quella difesa, eppure non aveva potuto fare a meno di accorgersi di quanto lo sguardo della nana fosse stato evasivo mentre quest’ultima le passava accanto, senza aggiungere altro.
Soffocando il senso di colpa per il dolore che sapeva di averle procurato mettendo in pericolo la vita del suo compare fino a ridurlo in quelle condizioni, la Salvatore si era stretta nelle spalle, costringendosi ad avanzare.
- Dieci minuti.- aveva rimarcato Prince, duro, spuntando col viso oltre il legno di ciliegio della porta per l’ultima volta. Esasperata, Demi si era girata per fulminarlo con un’occhiataccia, ma lui si era dimostrato inarrestabile: - Starò via giusto il tempo necessario a caricare le armi in macchina e non intendo sprecare un secondo di più in inutili smancerie. Non vorrei doverti trascinare di peso fino a New Orleans ma non sono uno che si tira indietro quando si tratta di fare il lavoro sporco. Sono stato abbastanza chiaro? BENE.-
A quel punto, proprio mentre la scia frusciante del principe annunciava la sua breve dipartita, una vocina flebile ed arrochita, poco distante, aveva attirato l’attenzione della figlia di Elena, facendole dimenticare di colpo, con un sussulto, tutta la stizza del momento:
- Che maniere.- aveva commentato improvvisamente Nick, in un sospiro debole e rassegnato, smettendo finalmente di fingersi addormentato per rivolgersi alla ragazza; sgomenta, Demi aveva riconosciuto il fantasma del tono sempre decoroso del giovane dietro quello affaticato dalla magia nera e, devastata, per evitare che le sue ginocchia cedessero platealmente, si era accucciata sul bordo del letto, accanto a lui. - Non dovrei…- mentre si sforzava di parlare, il petto di Nick si alzava e si abbassava con un movimento discontinuo, come se i suoi polmoni non riuscissero mai ad immagazzinare abbastanza aria. -… io non dovrei permettergli di... di parlarti in quel modo scortese, io…-
- Oh, puoi smetterla di essere il mio cavaliere con l’armatura per il prossimi… nove minuti?- aveva fatto lei, supplice, un nodo di rammarico che le stringeva la gola. - Ti prego.-
Il naso di lui si era arricciato in una smorfietta:
- Voglio essere ciò di cui hai bisogno fino a quando potrò ancora scegliere… fino alla fine.- con gli occhi cerulei socchiusi e luccicanti, la Salvatore aveva assorbito l’impatto di quelle frasi senza fiatare, rimanendo immobile ad osservare Nick: ogni dettaglio del suo volto così deturpato, un tempo stupendo, le imprimeva una coltellata gelida nel petto, tanto che, ad un certo punto, anche lui era parso turbato da tutta quella malinconia, ed aveva abbassato la testa, come per nascondersi, vergognandosi di ciò che il maleficio di Sophie lo stava facendo diventare. - No… Demi… non guardarmi, sono… sono un mostro, sono…- interdetta, lei aveva scosso il capo e gli aveva sfiorato la bocca annerita con la punta dell’indice, per invitarlo a tacere e a non provare imbarazzo, non per le sue ferite da eroe, non davanti a lei che ne era stata la causa principale.
Poi gli si era avvicinata piano piano, con cautela, fino a toccare con le proprie labbra schiuse quello stesso punto ancora miracolosamente tiepido, in un bacio casto che sapeva di sale, cenere, dolcezza e paura.
 

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- Shhhhh…- aveva bisbigliato, con la fronte premuta contro quella madida del figlio di Elijah, mentre lui inspirava con un rantolo tra i suoi lunghissimi capelli corvini, traendo dal loro lieve profumo almeno un po’ di pace. - … ssshhhh… andrà tutto bene, vedrai. Niente è perduto, c’è ancora speranza. Vedrai… vedrai, ti salverò.-
- Resta qui, allora. Resta con me.- aveva fatto di rimando Nick, implorandola. All’improvviso, Demetra non era più riuscita a distinguere il nero delle sue pupille da quello impenetrabile delle sue iridi e le era sembrato di avere una miriade di spine conficcate dentro, mentre la consapevolezza di ciò che sarebbe accaduto se si fosse lasciata convincere da quella preghiera prendeva forma, lasciandola senza una vera scelta: - Non voglio che tu vada via. Demi, devi ascoltarmi… non andare. Non a New Orleans. Non con Prince.-
- E’ l’unico modo.- gli aveva ricordato lei, posandogli una carezza sulla guancia scarnita, per rassicurarlo e, allo stesso tempo, anche per farsi forza. - Non lasceremo niente di intentato. Se trovare la Piuma Nera servirà a salvarti, posso cavarmela. Ce la caveremo, tutti e due. E quando sarà finita, ne sarà valsa la pena di provare. Di crederci. Per te.-
- Non sei pronta per questa battaglia.- con uno sforzo immane, il ragazzo aveva intercettato le sue dita tremanti, stringendole nelle proprie con urgenza, per attirare di colpo tutta la sua attenzione. - Morirai... non lo capisci? E allora che senso avrò avuto tutto questo? Il dolore dei tuoi genitori, dei miei, il mio dolore… che senso avrà avuto combattere quando la tua luce si sarà spenta… quando Sophie avrà vinto?-
- Tornerò.- gli aveva assicurato lei, mentre un solco argentato le segnava le gote ed un tenue fuoco di speranza divampava nel suo spirito: - Da te, lo sai. Sempre.- il suono familiare di quelle parole, usate da loro due come un dolce mantra prima di ogni separazione, aveva fatto nascere un sorriso nostalgico sulle labbra di Nick, e quello era stato un bagliore talmente inaspettato che Demetra era tornata a catturarlo con un altro bacio, stavolta più sentito, più voluto da entrambi.
La crudele morsa d’ansia che la Salvatore aveva percepito nelle ultime ore si era sciolta lentamente, come la cera di una candela lambita da una labile fiammella, poi il respiro affannoso di lui si era fuso con il suo, soffiandole dentro quello che pareva finalmente essere un misto di comprensione, timore, fiducia.
E le bastava così.
Per vincere ogni esitazione, Demi aveva soltanto bisogno che Nick credesse in lei.
Che, per una volta, lui volesse essere salvato.
- Non c’è nessun modo di farti cambiare idea, non è vero?- le aveva mormorato con un fil di voce, già sicuro della risposta, eppure disposto a rischiare un’ultima volta.
- *Nope.- aveva confermato lei, ripescando una delle sue espressioni furbe che le scavavano sempre una fossetta ironica appena sotto lo zigomo. – Puoi scordartelo.-
Toccando delicatamente con il pollice proprio quel dettaglio sul viso della ragazza, mentre la teneva vicinissima a sé, lui si era sentito invadere da una sensazione di calore che, per un istante, gli aveva scaldato persino le membra intorpidite dal veleno d’Ombra, spingendolo a parlare, ad essere coraggioso, a cogliere l’attimo:
- Demi, c’è una cosa che voglio dirti.- glielo aveva annunciato come un fiume in piena, come se avesse il terrore di perdere l’unica occasione rimastagli da sfruttare, e lei gli aveva rivolto uno sguardo interrogativo, trepidante. - L’ho capito nel momento preciso in cui sono venuto a sapere che mia zia ti aveva rapita... quando ho realizzato che forse non ti avrei rivista mai più, che probabilmente non sarei riuscito ad arrivare in tempo per tirarti fuori dai guai.- aveva fatto una pausa per schiarirsi la gola dolorante, poi le aveva scostato una ciocca dietro l’orecchio. - In realtà credo di averlo sempre saputo, fin dal primo istante in cui ti ho incontrata…-
- Oh, Nick…- lei aveva trattenuto il fiato, interrompendolo senza quasi rendersene conto, con il battito cardiaco che improvvisamente galoppava follemente. In un’occasione normale, non avrebbe desiderato altro che vederlo aprirsi con lei e confessarle i propri sentimenti ma, quando un singhiozzo le era scoppiato nel seno con un fragore inaudito, Demi aveva capito che non sarebbe stato giusto lasciare che accadesse così: -… non farlo. Non adesso. Non dirlo così... come se fosse un addio.- Nick aveva socchiuso leggermente la bocca, sentendosi vagamente colpevole, poi le aveva sorriso, i lineamenti solenni scavati dal patimento, ma anche dalla tenerezza più irresistibile:
- Almeno per una volta.- le aveva bisbigliato, tremando. - Demi… Demi, io ti…-
 
*
 
- Mi spiace di aver interrotto quel vostro momentino così romantico. Ma il tempo, ahimè, era scaduto.- la cosa che rendeva più insopportabile la voce smaccata e sarcastica di Prince Mikaelson era la sua innata capacità di risultare schifosamente suadente, perfino quando era intrisa di beffa. Nonostante Demi gli desse le spalle con chiaro risentimento fin dalla loro prima sgommata verso l’orizzonte, ostinatamente rannicchiata al posto del passeggero, le era impossibile non immaginare quale ghigno stesse aleggiando sulla faccetta di baby Klaus mentre gongolava: - Andiamo, non potrai mica tenermi il muso per tutto il tragitto. Ne sarei molto, molto seccato.-
- Preferirei ‘‘essiccato’’, ma mi accontenterò.- mugugnò la Salvatore, stringendosi il proprio diario contro il petto come un’armatura, mentre la copertina di cuoio sotto i polpastrelli le dava un non so che di rassicurante. – Per la cronaca: non ho nessuna voglia di socializzare con un essere irritante come un cactus nelle mutande soltanto perché sono costretta ad accompagnarlo fino in Louisiana per salvare il mio ragazzo.-
Fintamente impassibile, Prince fece spallucce, trattenendo a fatica l’ennesimo cipiglio malefico:
- Vedi, avevo promesso ‘al tuo ragazzo’ che non ti avrei fatta viaggiare legata e imbavagliata nel cofano, ma, come ti avranno fatto sapere, non sono mai stato un granché nel mantenere le promesse.- con accurata nonchalance, imboccò una strada deserta, circondata da una fitta vegetazione che li avrebbe tenuti al riparo dagli occhi indiscreti. - Perciò puoi piantarla subito di trattarmi come il figlio di Satana e conversare amabilmente con me, oppure cominciare ad accarezzare l’idea di un viaggio un tantino più… scomodo.-
- Non sono il tuo burattino, so come difendermi da te.- sibilò lei, serrando i pugni: ricordava con estrema chiarezza la sensazione di brivido e di Potere che l’aveva aggredita ogni volta che lei e il figlio maggiore di Hayley avevano avuto uno scontro ravvicinato, e sapeva che nulla più della sua rabbia nei suoi confronti sarebbe stato in grado di scatenare il suo impenetrabile Scudo protettivo.
Al momento, per esempio, avrebbe dato davvero qualsiasi cosa per vedere la testolina vuota di Prince costretta a sbatterci sopra.
Ripetutamente.
Come su di una cinta muraria.
Fino a diventare il Principe Degli Unicorni a furia di bernoccoli in fronte.
- Ceeeeerto, ma non hai ancora capito come evitare che il mio Potere ti consumi a morte mentre ti trasformi in una locomotiva a vapore, nevvero?- le ricordò lui, ipnotico, pungente. Dannazione, perché doveva avere sempre ragione? – Insomma, Sophie non aspetta altro: vuole che sia tu a consegnarti a me, amplificando la mia forza fino a quando la Maledizione della Clessidra non sarà spezzata ed il Lapislazzuli Stellato non sarà finalmente utilizzabile, perciò... onestamente, non so quanto ti convenga evocare il tuo Potere in mia presenza...- il suo tono era disinteressato, eppure stranamente serio. -… forse dovremmo mettere da parte i nostri diverbi ed il fatto che siamo praticamente nati per farci a fettine, se vogliamo salvare il prode Nicklaus. Forse è il caso di ricominciare da zero. Di provare a piacerci.- Demi aggrottò la fronte davanti a quella proposta, credendo che sarebbe stato molto più semplice chiedere ad un pesce di farsi una bella passeggiata sulla terraferma, ma lui emise un sospiro incalzante: - Ci siamo dentro insieme, principessa, no? Tanto vale prenderci gusto.- la sua voce, a quel punto, divenne quasi ovattata: - Chissà se sei ancora in grado di fare qualcosa di divertente, di metterti in gioco, di sentirti viva per uno scopo diverso dalla tua missione di salvatrice del mondo intero. Coraggio, ti sfido.-
- D’accordo.- acconsentì lei, sorprendendosi della facilità con cui quella resa era venuta fuori dalle sue labbra ancora parecchio imbronciate. Forse era vero, aveva sul serio bisogno di staccare la spina dalle disgrazie che si erano susseguite nella sua vita, rivoltandola come un calzino. – Hai vinto.- mormorò, cauta. - Parliamo un po’.-
- Di cosa vorresti parlare, amore?- ammiccò Prince, mascherando la propria sorpresa con ammirevole maestria.
- Di New Orleans.- rispose lei, un’improvvisa vampata di curiosità che le brillava nelle iridi. - Tu… ci sei già stato?-
- QUINDI vuoi parlare di me, fingendo di essere interessata alla città!- la stuzzicò il biondo, sbattendo le lunghe ciglia, lusingato. Demetra fece per aprire la bocca per rimetterlo al suo posto ma lui l’aveva già accecata con un sorriso ammaliante e, purtroppo per lei, davvero bellissimo: - Andiamo, non c’è bisogno di vergognarsene. D’altronde sono di gran lunga la cosa più interessante in circolazione, è normale che tu voglia saperne di più.-
- Dio, finirai per attaccarmi la Princite, se ti sto troppo vicino?- mugugnò la Salvatore, con un finto lamento atterrito, mettendosi la stoffa del maglioncino davanti alle vie respiratorie, come per proteggersi da un’infestazione.
- Non saprei, forse varrebbe la pena verificare attraverso un contatto più diretto.- replicò lui, ironico, sporgendosi verso di lei con le labbra a cuoricino.
- Allora?!- con la voce ancora attutita dalla stoffa, le guance arrossate e la voglia di riempirlo di sberle che strabordava da tutti i pori come un’energia incendiaria, lei ridusse le palpebre a due fessure: - Sputa il rospo. O mi farai pentire di aver acconsentito.-
- Naturalmente sono già stato a New Orleans. E più di una volta.- ghignò Prince, eccitato, decidendosi finalmente ad accontentarla e continuando imperterrito a guidare. - E’ la città sovrannaturale più folle e cool che esista. Racconterai a tutti quanto tu ti sia divertita, se mai riusciremo a tornare a casa vivi, te l’assicuro. Mystic Falls è assolutamente il nulla, in confronto.-
- Sheila mi ha detto che William è nato da quelle parti, nella stessa comunità di streghe da cui Sophie è stata bandita per colpa della sua magia oscura.- mormorò Demi, sforzandosi di non mostrarsi eccessivamente preoccupata dalla possibilità, nemmeno troppo remota, di restarci secchi una volta per tutte, nella ‘’città davvero troppo cool’’ che Prince sembrava così ansioso di mostrarle. - Perciò… laggiù non ci abita soltanto una comunità di vampiri, giusto?-
- Oh no.- fece il fratellastro di Nick, tamburellando con entrambi i pollici sul volante. – Al contrario, la cittadella ha una popolazione piuttosto composita. I vampiri sono dal 1919 sotto la guida di un Re potente, un certo Marcel Gerard. E’ impulsivo, un po’ brutale, ma con carisma. A farla breve, è un tiranno irascibile, che fin dall’infanzia della nostra adorata Deveraux aveva capito come tenere sotto un regime di terrore tutte le Streghe del Quartiere Francese. Praticando la magia Ancestrale, che attinge direttamente dalle spoglie dei loro Antenati, nessuna delle Francesi è mai stata, per natura, libera di lanciare incantesimi oltre il perimetro della città; al momento, tuttavia, Marcel proibisce loro di usarli anche all’interno, perlomeno senza aver ottenuto la sua previa autorizzazione. La pena è la morte. Un’esecuzione pubblica e spietata, che serva da esempio a tutti gli altri potenziali trasgressori. Che posso dire? La legge è dura, ma è pur sempre la legge.-
- E’ ciò che è successo a Jean Anne Deveraux, vero?- osservò Demi, raddrizzandosi appena sul sedile, più interessata di quanto avrebbe creduto possibile. - Marcel ha ucciso la sorella di Sophie per aver trasgredito alle sue regole. E’ per questo che lei cerca disperatamente la Pietra della Resurrezione, no? Per riportarla indietro. Per restituirle la vita.-
Prince le rivolse un’occhiata intenerita, la stessa con cui si potrebbe guardare un agnellino traballante e sprovveduto, talmente sciocco da sperare che il lupo vorace proprio di fronte a lui sia misericordioso:
- Chi ti ha raccontato questa storiella?- le domandò incredulo, canzonandola palesemente. - L’hai forse letta in un libro di fiabe? O te l’ha suggerita quell’ingenuo del mio fratellino?! AH-AH!- la risata senza gioia che il giovane riuscì a soffocare ebbe un suono amaro che le fece venire la pelle d’oca. – Oh, tesoro, lasciami dire che tu non hai la più pallida idea di chi stia cercando di distruggerci! Sophie non è mia zia Rebekah. Usare il Lapislazzuli per un motivo sentimentale come riportare in vita la sorella defunta sarebbe sul serio l’ultima delle sue preoccupazioni… specialmente perché c’è proprio lei dietro la sua morte.- seguì un versetto strozzato, poi lui riprese: - La cara Jean-Anne non amava l’inclinazione alla malvagità che Sophie manifestò fin da giovanissima ed era profondamente devota al culto dei loro Antenati, al contrario di quest’ultima. Il rapporto tra le due era tutt’altro che idilliaco e, quando la poveretta ci ha lasciato le penne, per la nostra aguzzina è stato solo un ostacolo in meno sul cammino dell’Espressione, del Male.-
La Salvatore spalancò la bocca, sentendosi improvvisamente stordita da quella verità così dura e così velenosamente confessatale:
- E tu come fai ad esserne così certo?- sussurrò, con un fil di voce.
- So chi è Sophie. Meglio di chiunque altro al mondo.- chiarì Prince, metallico e lapidario. Demi notò che le sue nocche erano improvvisamente sbiancate, strette fino allo spasmo attorno allo sterzo, e quel gesto le ricordò istintivamente Nick, il loro primo appuntamento, e lo stesso modo che lui aveva avuto di sfogare la frustrazione mentre le raccontava di come la diabolica Deveraux avesse trucidato i suoi genitori, rapendo Prince per addestrarlo e distruggendo le loro vite per sempre. Probabilmente il biondo, rifletté Demetra con una fitta inevitabile al cuore, aveva trascorso più tempo con quella megera piuttosto che con la propria madre, per forza doveva conoscerla meglio di chiunque le fosse sopravvissuto. - E sono molto più informato di te sulle vicende familiari delle streghe Deveraux, comunque.- senza quasi rendersene conto, il figlio di Klaus staccò una mano dal volante; Demi pensò che l’avesse fatto per non rischiare di ridurlo in pappa con un eccesso incontrollato della propria potenza, ma, quando lui sfiorò con l’indice ed il pollice il ciondolo di ossidiana che portava appeso al collo, lei provò una strana, inevitabile sensazione di calore:
- Grazie a Monique.- dedusse, riconoscendo una lettera ‘M’ all’estremità di quella catenina e cercando di non suonare saccente né aggressiva; qualcosa le diceva che pronunciare quel nome sarebbe stato azzardato quanto mettersi a saltellare su un campo minato, ma il volto scultoreo di Prince non le parve particolarmente turbato. La sua maschera di distacco, anzi, sarebbe stata impeccabile, se soltanto lui non si fosse tradito dimenticando il piede sull’acceleratore, fino a far schizzare la Ferrari in avanti alla velocità della luce. - Mattie mi ha indicato con lo sguardo il suo ritratto appeso al muro, prima che partissimo.- proseguì Demetra, imperterrita, aggrappandosi senza farsi notare alla base del sedile, spaventata all’idea di finire catapultata contro il parabrezza ma, allo stesso tempo, ben decisa a non aggiungere il proprio disagio a quello del ragazzo: - Era davvero magnifico.-
Udendo quel complimento così ammirato, Prince si rilassò impercettibilmente e persino la sua furia automobilistica andò via via scemando, facendo tornare la loro andatura di colpo più regolare. Seguì qualche istante di assoluto silenzio, poi il figlio di Klaus proruppe in un verso divertito:
- Potevi semplicemente chiedermi di rallentare. Non c’era bisogno di dispensare troppe lodi.- brontolò, compito. Demi, impegnata com’era a controllare che i segni delle proprie unghie non avessero danneggiato la tappezzeria, ci mise un attimo ad alzare la testa verso il biondo, confusa: aveva davvero colto un velo di lusingato imbarazzo nelle parole di lui oppure era stato tutto frutto della sua immaginazione?
Accidenti, non riusciva a capacitarsi del fatto che quello sbruffone di Prince potesse avere una qualche timidezza.
- Cosa? Guarda che dicevo sul serio.- chiarì, continuando ad osservarlo con gli occhioni blu sgranati. - E’ di gran lunga il secondo quadro più bello che ho visto esposto nella tua casa... e ce n’erano di meravigliosi.-
- E quale sarebbe il tuo preferito? Sentiamo.- la punzecchiò lui, ormai a metà tra il curioso ed il sospettoso.
- La luna piena sulla città insanguinata.- rispose prontamente la Salvatore, rievocando alla mente, senza nessuna difficoltà, l’opera d’arte che troneggiava nel lussuoso salotto della capanna del principe e che rappresentava un astro notturno prominente, perfettamente sferico, sospeso come uno splendido diamante su un paesaggio urbano oscuro, misterioso, come in attesa di un evento straordinario pronto a frantumarne la quiete già fragilissima, solo apparente. - E’ un po’ inquietante ma intenso. Profondo. Mi piace perché guardare il mare nero in primo piano è come caderci dentro, come perdersi tra le onde, soltanto che non sai bene se troverai mai la via del ritorno.- *
- Quello nel dipinto è il porto di New Orleans.- mormorò Prince, la voce ruvida come le fusa di un gatto. Sembrava che il clima nell’abitacolo si fosse fatto più accogliente, come se non fossero entrambi invischiati in un viaggio disperato o come se fossero nemici giurati; erano semplicemente due ragazzi, sconosciuti, certo, diffidenti e con caratteri assai difficili, ma non poi così inconciliabili: - Un posto magico. Potrei portartici, un giorno. Magari quando la vita di mio fratello non dipenderà dal recupero di una spada mistica o, ancora meglio, quando tu sarai bendisposta nei miei riguardi quanto lo sei già nei confronti della mia arte.-
- Umh, potrebbe volerci un milione di anni prima che ciò accada, e solo uno di noi due è immortale. Peccato.- replicò Demi, riacquistando il suo solito tono ironico ma lasciandosi anche andare ad un sorriso sorprendentemente spontaneo: - Però grazie lo stesso.-
- Non c’è di che.-
Mentre il cielo andava rischiarandosi, segno che il sole del mezzogiorno era ormai alto, loro imboccarono una stradina tortuosa ed isolata, circondata da minuscoli, spigolosi recinti di legno:
 

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- Tra qualche minuto arriveremo ad una stazione di servizio al confine con la città verso cui siamo diretti.- annunciò Prince, abbassando appena un finestrino in modo che la brezza tiepida circolasse all’interno, lasciando entrare anche qualche particella di polline brillante ed odoroso: - Per merito della mia estrema magnanimità, potrai scendere per un po’ a sgranchire quelle tue bellissime gambe. Mangeremo qualcosa, eviterai di combinare guai, farai tutto ciò che ti ordinerò di fare senza lagne e poi ripartiremo, senza dare troppo nell’occhio. Tutto chiaro?-
- Farò la brava…- promise lei, sbattendo le ciglia, angelica. -… se tu accetterai di parlarmi di Monique nel frattempo.-
- Certo!- cinguettò lui, prontamente, stavolta talmente candido da risultarle preoccupante. – Sai che ci avevo pensato anch'io? Un po’ di musica è proprio ciò che ci vuole.- fingendo senza alcuno scrupolo di aver udito tutt’altro, il principe prese a rovistare smaniosamente trai dischi di Nick, tanto per tenersi impegnato e per evitare di guardarla direttamente in faccia; poi, mentre Demi lo fissava, ancora allibita, prese ad emettere dei commenti di profonda disapprovazione a proposito dei gusti del fratellino e, ogni volta che trovava del materiale non gradito, lo lanciava verso il retro, incurante ed attaccabrighe, ricominciando da capo la ricerca.
- In realtà io non intendevo… oh, ma questi erano i The Killers, il gruppo preferito di… così rischi di rompere la compilation dei… Prince dacci un taglio… non far finta di non aver capito che… insomma, ti ho chiesto di parlarmi di…- prima che la ragazza potesse sfogare l’ira con una qualsiasi battuta di senso compiuto, lui inserì un CD nella fessura della radio e premette sadicamente un pulsante sporgente lì accanto, facendo schizzare al massimo il volume della canzone prescelta e coprendo in modo definitivo qualsiasi ulteriore protesta:
 
https://www.youtube.com/watch?v=EZjevnnkA20
 
- Dio, abbassa questo coso, IMMEDIATAMENTE!- strillò la figlia di Elena, cercando senza il minimo successo di sovrastare la melodia incalzante che aveva preso a pulsare fortissimo tra loro, come se potesse far esplodere la carrozzeria da un momento all’altro.
- CHE PECCATO! ANCHE SE TI RACCONTASSI TUTTO, ADESSO NON SI SENTIREBBE UN BEL NIENTE!- le fece la caricatura lui, sibillino, svoltando a sinistra con calcolatissima grazia, aggiustandosi un paio di occhiali immaginari da rockstar sul naso ed accelerando nuovamente, stavolta con un rombo pauroso, tale da disarcionare quasi Demi dalla sua postazione.
- PRINCE…- il ringhio cupo di Demetra tradiva all’unisono la voglia di prenderlo a pugni, l’autoflagellazione per aver anche solo provato a rivalutarlo come essere umano ed il terrore dello schianto inevitabile che ben presto li avrebbe sfracellati, lasciandoli spiaccicati contro il primo muretto a secco disponibile. -… PIANTALA, okay?! FERMA SUBITO LA MACCHINA O GIURO CHE… E POI... OH MIO DIO! MA CHE DIAVOLO E’… QUELLO?!- all’improvviso, proprio dirimpetto a loro, al centro esatto dell’asfalto brullo ed irregolare, comparve una strana figura magra ed incappucciata, con un ampio mantello scuro e svolazzante addosso ed un cipiglio davvero poco amichevole ad aleggiargli intorno come un’aura, sfumandone i contorni emaciati, palpabile come una nube, disgustosa come un tanfo.
Un tanfo di paura, di abominio… di morte.
Demi ebbe giusto il tempo di sbattere le palpebre, poi la sagoma indistinta cambiò, come in un incubo, prendendo le sembianze di una donna bionda, formosa, di maestosa bellezza, con dei canini allungati che le sporgevano oltre le labbra ritratte, in un’espressione crudele, furibonda.
Era impossibile che fosse lei… eppure era proprio… Rebekah.
 

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No, dannazione, non poteva essere.
Non Rebekah.
Rebekah, la zia severa e l’unica tutrice dei fratelli Mikaelson, la vendicativa insegnante che l’aveva perseguitata fino a renderle la vita un inferno e che l’aveva indirettamente condannata a patire, nei propri primi sedici anni di vita, la lontananza da Damon, era, almeno per il momento, morta… morta stecchita…
Demi l’aveva vista cadere, crollare bocconi, appassita come una rosa scarlatta a cui viene sottratta tutta la linfa vitale, eppure…
- PRINCE! STA’ ATTENTO!- sbucando dal nulla come una sottospecie di fantasma corporeo, quella cosa li aveva colti entrambi alla sprovvista, in particolare il principe che, nonostante i propri riflessi fulminei, per evitare l’impatto, non poté fare altro che esibirsi in una brusca, azzardatissima manovra, che finì per portarli fuori strada.
Le ruote stridettero, a contatto con il pietrisco, il volante perse del tutto di stabilità e l’intera automobile iniziò a sobbalzare, senza sosta, come in preda ad una strenua danza convulsa. - NOOOOOOO! FRENAAAAAAAAAAAAAAAAAAARGGHHH!-
- MERDA.- grugnì Prince, di colpo tutto contrito.
Ci fu un boato fragorosissimo, poi lo schianto rovinoso contro un albero.
Un piccolo uragano di foglie secche e pulviscolo li avvolse del tutto.
Poi, alla infine, venne il silenzio.
 
***
 
- Stammi a sentire, ci sarà una battaglia epica. Il Male contro il Bene in uno scontro finale, l’Arma contro la Prescelta. Al massimo schiatteremo lì, d’accordo? Nel finale di stagione. Non prima. Non qui. Avanti… svegliati, Demetra.- Prince, dopo aver tirato fuori di peso la propria compagna di sventure dalle lamiere ammaccate della Ferrari, intercettò col calice della propria mano il pigro, fluente dondolio della chioma corvina della giovane e le sollevò delicatamente il capo, fino ad avere il suo viso pallido all’altezza del proprio; le lunghissime ciglia di Demi si schiusero pian piano, lasciando intravedere gli squarci turchini e nebulosi intrappolati appena sotto le palpebre, e lui non riuscì a trattenere un sospiro di sollievo: – Sì, così, da brava… occhi a me… tienili fissi su di me fino a quando non sarò tornato ad essere nitido. Non dovrebbe essere difficile concentrarti, per tua fortuna sono davvero un bocconcino niente male.-
- Ti detesto.- tossicchiò lei, con un tono lamentoso che non riusciva ad esprimere neppure un quarto del suo reale sdegno; si sentiva lo stomaco in subbuglio, come se fosse appena stata catapultata giù da una giostra vertiginosa, e le pareva di avvertire un acuto dolore serpeggiarle dal centro della fronte fino alla mascella, merito dell’airbag che aveva impedito alla sua testa di fare la fine di un cocomero maturo precipitato sul pavimento, ma l’aveva comunque colpita in piena faccia come un pugno. Tuttavia, a parte questo, le sembrava di essere ancora tutta intera: - Che cosa diamine è stato piazzarsi in mezzo alla strada? Poteva essere un’Ombra? Un Demone? O un altro dei fenomeni da baraccone di Sophie Deveraux? Hai controllato se…?-
Quasi involontariamente, Prince le fece una carezza sulla guancia non dolorante e Demi sentì la propria voce morirle in gola, mentre si accorgeva di essere a pochissimi centimetri dal volto di lui, annegata in un paio d’occhi così verdi da sembrare sterminati campi d’erba umida e fremente:
- Qualunque roba fosse, adesso se n’è andata. Capito? Sparita nel nulla. Puff. Adieu. Bye bye. SAYONARA.- sibilò il principe, mimando un saluto ironico e dando un’ultima occhiata circospetta nei paraggi, giusto per essere sicuro della veridicità di quella comunicazione. In effetti i cespugli circostanti erano fermi persino nella brezza leggera, il cielo era limpido, tutto sembrava tornato tranquillo, come se nulla fosse mai accaduto, come se non avessero appena incrociato una creatura sinistra che li aveva fatti finire spalmati su una quercia per lo spavento, simili in tutto e per tutto alla generosa dose di salsa tonnata con cui Mattie adorava impiastricciare i suoi tramezzini prima di uno spuntino. - Ce la fai a rimetterti in piedi, dolcezza?-
- Non senza vomitare.- rimbrottò Demi, sincera, nonostante le costasse abbastanza il dover ammettere la propria fragilità. - Dannazione.-
- Allora resta pure seduta su quella adorabile radice, ok?, mentre io sistemo questo casino.- sospirò Prince, pomposamente accomodante, come un operaio malpagato costretto a dover fare sempre il lavoro pesante al posto degli altri. Lei era sconcertata da quell’atteggiamento ma, quando lanciò uno sguardo oltre le spalle di lui, verso ciò che di fumante e malconcio era rimasto della Ferrari, non poté fare altro che inorridire: il cofano era accartocciato come una lattina di alluminio ripescata da un lercio cestino dell’immondizia, il parabrezza era simile ad uno specchio d’acqua solcato da infinite increspature concentriche nel vetro, la carrozzeria era scorticata dai graffi, e Prince… Prince se ne stava bello tranquillo, come se non avessero appena sbriciolato l’unico mezzo di trasporto che avrebbe potuto condurli a destinazione. Prendendo di colpo coscienza dell’entità di quei danni e schiumando letteralmente di rabbia, Demi non riuscì a capire dove avesse trovato la forza di alzarsi di scatto, pur traballando, ma seppe con certezza che avrebbe volentieri sprecato le ultime energie in circolo nel suo corpo per assestare a Prince un sonoro, meritatissimo calcio nel sedere: - Zuccherino, ti avevo detto di stare sedut… HEY!-   
- Te la godi fin troppo a darmi degli ordini!- sbraitò lei, fulminandolo con gli occhi, furiosa, dopo che lui ebbe schivato la sua debole mossa vendicativa, afferrandola al volo per la caviglia. - Ne ho abbastanza!- urlò la Salvatore, scrollandoselo di dosso e rischiando di precipitare nuovamente al suolo prima di riacquistare faticosamente l’equilibrio: - Dimmi, di grazia, come accidenti faremo ad arrivare a New Orleans in tempo, adesso, con questo catorcio che non reggerebbe neanche cinque minuti senza sbullonare tutti i suoi pezzi per strada?!-
- Stiamo ancora parlando della macchina, non è vero?- sbuffò Prince, muovendo su e giù le sopracciglia in modo allusivo, mentre la povera Salvatore si appoggiava ad una portiera deformata per non collassare, preda di un ennesimo, forte un capogiro.
- Razza di gradasso impertinente, non osare…!-
- Posso sistemarla io con qualche trucchetto di Magia, non agitarti tanto.- la interruppe lui, schioccando la lingua stizzito, quasi fosse scontato. In realtà, per quanto si ostinasse a simulare la propria pace interiore, le sue orecchie stavano assumendo una progressiva colorazione rubiconda che presto sarebbe sfociata nel prugna, sia per l’irritazione che per l’inconfessabile ma dilagante senso di colpa che lo attanagliava. - Non tutti siamo nati con i superpoteri più inutili sulla faccia della terra nel nostro DNA, uccellino, perciò qualcuno può ancora usare le proprie capacità per tirarsi fuori dai guai!-
- Ti sei bevuto il cervello?!- ringhiò Demi, allibita, le lacrime di frustrazione ed incredulità che le pungevano fastidiosamente le palpebre. – Che ne è del divieto di usare la stregoneria per impedire alla tua mostruosa Magia di prosciugarmi? EH?-
- Mi sa che è andato in fumo assieme a tutto il resto, dopo l’incidente, sì.- finse di rifletterci su Prince, acido.
- Un incidente che, neanche a dirlo, hai PROVOCATO TU!- gli inveì contro Demi, spietata. Lui incassò il colpo con una smorfia contorta sulla faccia, mentre la figlia di Elena sentiva i polmoni andare in fiamme e la pelle essere percorsa da minuscole scosse elettriche, segno che i suoi sensori del Potere erano pericolosamente attivi e che il figlio di Klaus, anche se forse involontariamente, era ormai sull’orlo dell’esplosione:
- SE SOLO TU TI FOSSI FATTA GLI AFFARI TUOI A PROPOSITO DI MONI…-
- Monique?!- una voce a metà tra il divertito ed il compassionevole uccise quella velenosa replica di colpo, come una secchiata d’acqua congelata piovuta su un braciere ardente, e lasciò, una volta tanto, il principe totalmente a corto di parole; Demetra lo vide zittirsi e sobbalzare impercettibilmente, poi si chiese cosa diamine gli stesse passando per la testa, visto e considerato che lei non sembrava aver udito niente: - Cavolo, non posso credere che dopo questo tempo lei sia ancora un argomento così tabù… è proprio vero che hai un cuore, nascosto da qualche parte, P.- non fu il suono di una voce propriamente umana ad attirare l’attenzione di Demetra un secondo dopo, ma il basso uggiolio di un animale, misto al suono croccante del fogliame smosso e ad un odore di aghi di pino e selvaggina proveniente da un punto preciso alle sue spalle.
- Rubyna.- Prince si lasciò sfuggire quel nome a denti stretti, proprio mentre la Salvatore si voltava e, trattenendo un grido in gola, si accorgeva della presenza di una nuova creatura poco lontano da loro: un Lupo. L’unico Mannaro che lei avesse mai incontrato in vita sua era Eve, l’amorevole nomade che aveva vegliato sui fratelli Mikaelson dopo quello che era accaduto ad Hayley ed Elijah, e, in effetti, questo esemplare le somigliava notevolmente, pur essendo di dimensioni molto più ridotte, sicuramente sintomo di una più giovane età. – Tesoro, andiamo. Non dirmi che sei ancora gelosa.- nell’udire quelle parole, il Lupo scosse la grossa, elegante testa rossiccia, e si lasciò sfuggire un verso gutturale simile ad una risatina di scherno.
Fissandolo dritto negli enormi, selvaggi occhi giallo dorato, Demi avvertì i propri battiti impazziti calmarsi pian piano, specialmente quando fu ricambiata da uno sguardo curioso, profondo, eppure rilassato, per nulla minaccioso.  


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- Allora… emh…- tentennò Prince, fintamente in imbarazzo. -… si può sapere che cosa…?-
 - Nel caso ti stessi chiedendo cosa ci faccio qui, sapevo che saresti finito nei guai.- confessò il Lupo di nome Rubyna, rivolgendosi a Prince con uno sbuffo fuoriuscente dall’umido naso nero. Analizzandone più nel dettaglio la folta pelliccia, si notavano senza difficoltà dei ciuffi più scuri di qualche tono disegnati al centro dell’ampio petto, un simbolo di riconoscimento che tutti i membri del Clan della Luna Crescente, il branco materno dei fratelli Mikaelson, esibivano con orgoglio.   
- Però… mi conosci sul serio così bene? E dire che siamo andati a letto insieme solo un paio di volte.- dal ghigno tronfio ricomparso prontamente sul viso di Prince, Demetra intuì che lui doveva aver appena arricchito con delle sue solite battute spocchiose una conversazione telepatica ancora in corso, dalla quale la mente della Salvatore era destinata a rimanere esclusa, poiché vi erano ammessi soltanto i possessori del gene, attivo o latente, tipico dei Licantropi. 
- A dirla tutta, la nostra amica Davina ha avuto una visione che mi ha condotta dritta da te.- chiarì Rubyna, avanzando lenta e fiera, sorretta dalle proprie soffici zampe color bronzo, senza scomporsi dinanzi a quella provocazione. - Come saprai, ora è lei la Strega Reggente del Quartiere Francese ed i suoi Antenati sono preoccupatissimi. A quanto pare sono venuti a sapere che la vecchia Sophie è riuscita a procurarsi il sangue della Prescelta, così come tanti anni fa rubò il tuo, e che lo ha di nuovo sfruttato per chiamare a sé un esercito di Demoni ed Ombre. Ero venuta giusto per capire se fosse vero, ma ho appena visto un Demone mutante dileguarsi nel bosco, quindi non credo ci siano ulteriori domande da fare. Hai sul serio lasciato che accadesse ancora una volta?!-
- Ho fatto del mio meglio per evitare che Shane riattivasse i suoi dannati canini demoniaci, e non è stata proprio una passeggiata. Le SS hanno convinto mia zia Rebekah ad unirsi alla loro combriccola ed è stato un bel casino prevedere le loro mosse.- la corresse Prince, altezzoso. Corrucciandosi nell’ascoltare quelle parole, sputate con un tono familiare che tradiva tra i due interlocutori una spiccata confidenza, Demi osservò la fila di alberi nodosi che si stagliava all’orizzonte fino ad inghiottire la vista, chiedendosi dove fosse svanito lo Spettro che, ora lo sapeva, aveva incarnato le sembianze di Rebekah Mikaelson solamente per lei, per spaventarla a morte. E quando sarebbe tornato all’attacco. E in compagnia di chissà quali altre mostruosità. - Sarò anche il migliore, ma se avere a che fare con Sophie Stronzeveraux fosse un gioco da ragazzi, l’avrei polverizzata anni fa. Non mi sembra troppo difficile da capire.-
- Sei tu che hai qualche problema con le cose elementari, a quanto pare, P.- protestò Rubyna, lanciando un’occhiata penetrante dalle parti di Demetra, la quale si sentì nuda e scoperta, mentre ora anche Prince la squadrava, enigmatico, bellissimo, come il mare oscuro del suo dipinto. - L’idea di scatenare la tua Magia mentre lei ti gira intorno è la cosa più idiota che ti potesse venire in mente. Sai benissimo che potresti ridurre in polvere il pianeta. Il ricorso al tuo Potere in presenza della Controparte deve essere l’ultima delle risorse, almeno fin quando lei non sarà addestrata a reggerne l’impatto. Devi rinunciare al suo utilizzo, a meno che tu non abbia altra scelta.-
- Non ho mai visto un Lupo Mannaro capace di improvvisarsi meccanico, perciò non vedo altri modi per riparare la nostra vettura, se non quello di utilizzare un incantesimo.- sibilò il ragazzo, spazientito. - Mio fratello morirà se non raggiungiamo New Orleans il più presto possibile, perciò… sì, è una situazione abbastanza disperata.-
- Immagino.- disse Rubyna con evidente veemenza. - Per questa ragione Davina ha insistito perché ti procurassi questo.- drizzando il collo con un gesto sorprendentemente aggraziato, il Lupo rivelò un collare di cuoio marrone semisepolto nel pelo fulvo e, agganciato ad esso, Prince vide penzolare un contenitore cilindrico simile ad una borraccia, di un azzurro zaffiro molto intenso, ricolmo di un liquido splendente che gorgogliava quieto, come fosse ancora in un calderone a ribollire:
- Non può essere.- ansimò, a bocca aperta.
- Che cos’è?- domandò Demi, con un filo di voce, rendendosi conto di avere la gola riarsa.
- E’ l’Elixir.- sussurrò Prince in risposta, scioccato, gli occhi improvvisamente avidi, grandi e lucenti come monete argentate. Senza esitazioni, si avvicinò a Rubyna e trafficò per un attimo con il laccio che sorreggeva la bottiglia, poi la staccò senza difficoltà, saggiandone il tepore familiare tra le dita. Una scarica di ricordi prese a turbinare alla velocità della luce nella sua mente: - E’ una pozione straordinaria e rarissima, specialità dell’erede al trono del Quartiere Francese… renderà inoffensivo il tuo Stigma e ti impedirà di lasciarci le penne all’istante in caso di pericolo. Sei un Amplificatore di Magia naturale, certo, ma il lato negativo della cosa funziona soltanto a causa del Marchio del Diavolo che la megera ti ha impresso sulla pelle. Una volta inibita la sua influenza, potrò sistemare l’auto con la Magia e potremo ripartire senza problemi!- sorreggendo il contenitore con una mano, dopo averlo stappato ed annusato, Prince sfiorò con quella ancora libera il braccio di Demi, la quale continuava a scrutarlo sbigottita, scivolando col proprio tocco fino alla mano della ragazza e girandola, per far sì che il suo palmo fosse rivolto verso l’alto, pronto ad accogliere l’ampolla. - Devi berla. Subito.-
- Non c’è di che, P.- mormorò la Licantropa mestamente, mugolando annoiata.
- Aspetta, cosa ti dice che non sia un veleno?- temporeggiò Demi, inarcando il sopracciglio. La situazione era ben oltre l’assurdo: un minuto prima lei e Prince sembravano sul punto di finire ammazzati, poi per poco non facevano scattare una rissa di dimensioni epiche, infine, un minuto dopo, lui le ordinava di tracannare il decotto che un gigantesco Lupo Mannaro aveva portato appeso al collo come una medaglietta fino ad allora, dicendole che l’avrebbe protetta dagli effetti dello Stigma. – Come fai ad essere così sicuro che funzionerà? E che possiamo credere ciecamente a ciò che dice… lei?!-
- Come credi che abbia eluso l’influenza del Marchio io stesso, prima di liberarmene una volta per tutte?- le chiese Prince, emozionato, quasi febbricitante. La Salvatore ingoiò lo stupore, ma dovette ammettere a se stessa che, dopo essersi tanto interrogata a tal proposito, sconfessare l’idea che non sarebbe mai e poi mai riuscita a strappare al principe una spiegazione era piuttosto gratificante: - So riconoscere un dannato intruglio, quando ne vedo uno. E poi lei è… Ruby, una mia vecchia… amica.- la sua voce s’incrinò fino a costringerlo a schiarirsela con un colpo di tosse, mentre la Lupa si gustava beatamente la scena: - Siamo al sicuro. Ti assicuro che non ha la minima intenzione di accopparti con una zampata o roba simile. E che noi stiamo perdendo del tempo prezioso.- Demi sembrò impallidire di colpo nel comprendere che i minuti sprecati a discutere erano un caro prezzo che Nick avrebbe scontato con enorme sofferenza e si fece coraggio, sollevando appena la fiaschetta verso le proprie labbra. Prince si strofinò le mani, nervoso, poi decise di fermarla, acchiappandola per il gomito e cercandola con lo sguardo prima che potesse completare l’operazione: - Ascolta, so che obbedire non è decisamente il tuo sport preferito, ma è importante che tu mi dia retta. Adesso.-
- Non lo sto facendo per te.- chiarì lei, trapassandolo col ghiaccio affilato delle proprie iridi prima di scrollarsi di dosso quella presa. Era arrabbiata, ma anche ferita dalla propria impotenza e dal modo in cui gli stava permettendo di approfittarsene. Soprattutto, la faceva infuriare l’inevitabile pensiero che, se soltanto lui le avesse parlato con dolcezza, sarebbe stato fin troppo facile acconsentire a quelle direttive: - Non mi fido di te.-
L’angolo più carnoso della bocca di Prince si distese in un sorriso accattivante, mentre lui non abbassava il capo di un centimetro, continuando a tenere conficcato il proprio sguardo smeraldino in quello ceruleo della ragazza:
- Continua pure a ripetertelo, piccola.-
E Demi bevve. A grandi sorsi, si dissetò del liquido scottante e densissimo racchiuso nella bottiglia, e capì che il suo sapore acidulo e piccante le ricordava lontanamente il limone, lo zenzero ed un altro ingrediente che proprio non riusciva ad identificare. Percepì quella cascata di gocce mischiarsi al suo sangue e rinvigorirlo e fluire nelle sue vene come una pioggia di scintille, mentre un gradevole senso di stordimento la avvolgeva ed uno strano, insperato silenzio mentale la cullava, regalandole una pace dei sensi che non assaggiava dal giorno in cui era svenuta in classe e Nick non aveva notato sul lato destro del suo collo il pulsare malefico dello Stigma.
- Se è tutto un trucco per chiudermi nel bagagliaio…- biascicò la Salvatore, sentendo un manto di torpore calarle addosso ed annichilirle le forze, mentre l’immagine marmorea del volto di Prince si faceva via via più vicina eppure più sfocata, come immersa in una grigia, tetra foschia. -… ti uccido.-
 
***
 
- E’ tutt’altro che un confettino, non c’è che dire.- fu una voce spiccatamente femminile e sicura di sé a far riemergere Demetra dal suo stato di totale intontimento, ma la sedicenne esitò ad aprire gli occhi all’istante, un po’ perché le sembrava ancora che la sua coscienza galleggiasse sospesa nel vuoto, lontana anni luce dal corpo, un po’ perché non aveva idea di cosa fosse accaduto nel frattempo, dunque le sembrò più prudente restare in ascolto prima di mettersi nei pasticci. - Brava ragazza, ti avrà dato del filo da torcere per tutto il viaggio.-
- Non ne hai idea.- al borbottio sarcastico di Prince seguì lo schiocco di uno sportello chiuso con decisione e Demi dedusse, basandosi sul lieve odore di pelle che la circondava e sulla temperatura tiepida dell’ambiente, di trovarsi all’interno di una Ferrari già riassestata alla perfezione dalla magia. Con ogni probabilità, dovevano essere giunti a destinazione già da un pezzo. Cavolo, per quanto aveva dormito, dopo aver inghiottito la strana poltiglia che il figlio di Klaus le aveva rifilato?
Restando sempre con le palpebre serrate, udì una risata a stento trattenuta, poi un sospiro talmente rassegnato da apparire quasi tenero, da parte di Prince:
- Sarà la mia rovina, non c’è dubbio.-
- Ed è per questo che ti piace.- convenne la voce di donna, con una perspicacia disarmante. Un momento, chi diamine era quella tizia e con quale diritto sparava sentenze in quel modo così esperto e sibillino? - Da morire, aggiungerei.- chiarì la sconosciuta dopo un attimo, giusto per rimarcare il concetto.
- Come dici, prego?!- trasalì il biondo, rendendo Demi fiera di lui mentre se lo immaginava arricciare il naso a metà tra lo sconcerto e la repulsione; stavolta fu il suo turno di scoppiare a ridere, canzonatore, prima di sollevare entrambe le mani in segno di difesa:


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- Oh, no, no, tesoro, sei decisamente fuori strada. C’è solo un masochista per passione, tra noi due, Ruby, e non sono di certo io.-
Come sarebbe, quella giovane sfrontata era sul serio… RUBY?!
Insomma, quella Ruby?
E dove diavolo erano finite le orecchie a punta e la pelliccia morbidosa?
- La nostra scappatella romantica è finita bel po’ di tempo fa, P. Me ne sono fatta una ragione.- gli ricordò la nuova arrivata, rilassata quanto lo sarebbe stata una qualsiasi fanciulla davanti all’argomento ‘quale smalto scegliere per la manicure’. I muscoli di Demi, invece, ebbero uno spasmo sorpreso, tanto che temette di essere sul punto di farsi scoprire. - E lasciamelo dire, se c’è qualcuno tra noi che è riuscito a rifarsi una vita dopo la prima grande delusione d’amore, quello non sei di certo tu.-
- Eppure eccoti qua, venuta dal lontano Bayou a salvare il mio regale fondoschiena nel bel mezzo di una catastrofe.- le fece notare lui, noncurante, quasi fischiettando. - E’ evidente come ti stia ancora a cuore.-
Ruby evitò saggiamente di chiedere delucidazioni a proposito del reale soggetto di quella frase e si limitò a sorridere soavemente di rimando:
- Eppure eccoti qua, a combattere contro il tuo destino dannato, al fianco di una pulzella affascinante che finirà per friggerti il cervello.- gongolò, l’aria di chi la sapeva lunga. – Stesso identico copione, proprio come ai vecchi tempi, vero? Ahh, certe cose non cambiano mai.-
Demi, pur senza poter vedere nulla, sentì aleggiare su di sé lo sguardo pensieroso di Prince, e le parve di poter sentire sotto la propria pelle, come vittima di una bizzarra connessione, la burrasca dei suoi dubbi:
- Lei non ha niente in comune con Monique.- mormorò lui, sinceramente corrucciato, forse per la prima volta da quando Demi aveva avuto a che fare con la sua impertinenza. - Niente di niente.-
- Beh, me lo auguro per la poveretta.- commentò Rubyna, con una pratica alzata di spalle. - Dopotutto, ammettiamolo, potrei ritenermi abbastanza fortunata di non essere mai stata seriamente nelle tue grazie: le persone per cui hai provato dei veri sentimenti non sono poi andate a finire nel migliore dei modi. Dico bene?-
 
___ Flashback ___
 
I lunghissimi capelli scuri ed ondulati di Monique erano stati la prima cosa che Prince aveva visto piombare di corsa nella cella, risplendendo nella tenue luce come un soffice miraggio, poi lei si era affrettata a chiudersi la porta alle spalle, lanciandogli un sorriso vittorioso a mo’ di saluto:
- Scusa per il ritardo!- gli aveva sussurrato, notando quanto il volto di lui fosse ancora livido di preoccupazione; Prince, imprigionato, esausto e seduto in un angolo a riprendersi dopo gli interminabili allenamenti cui era quotidianamente sottoposto per volere della sua ricattatrice, non era mai stato così felice di vederla, eppure non era stato capace di rasserenare subito la propria espressione, tanto che Monique aveva ripreso a giustificarsi: - Sono riuscita a stregare il pendolo di Sophie per farle credere di aver rintracciato lo squarcio di Profezia lontano da qui. Lei è partita immediatamente ed io ne ho approfittato per sfogliare il Grimorio di famiglia e prepararti… questa.- con le piccole mani d’avorio strette a formare un calice, la strega gli aveva offerto un panciuto contenitore di vetro ricolmo di un filtro viscoso color zaffiro, quasi fosse il tesoro più prezioso al mondo. - E’ un altro po’ di Elixir, ma stavolta è abbastanza da liberarti dalle visioni notturne per un bel po’. Così forse il tuo fratellino penserà che il problema è risolto e non si caccerà più nei guai per cercare di salvarti.- il principe aveva fatto per afferrare la boccetta, ma lei l’aveva trattenuta con sé per un istante di troppo, fissando il ragazzo con un chiaro, divertito sprazzo di sfida nel fondo dei propri occhi dorati: - E adesso dimmi, ti prego, sono forse morta in un modo crudele ed orripilante, come avevi annunciato? Mmh?-
- Non è uno scherzo.- aveva sbottato lui, aggrottando le sopracciglia. Per quanto si rifiutasse di ammetterlo, aveva trascorso l’attesa della giovane nella più totale angoscia, confinato lì eppure incapace di stare fermo, terrorizzato all’idea che lei potesse essere stata scoperta e fosse stata costretta a subire le conseguenze delle proprie azioni per mano di sua zia. Anche dopo tutti quegli anni di segreta collaborazione, non era riuscito ad abituarsi alla prospettiva di un simile rischio, anzi, la cosa era andata peggiorando: - Sai benissimo quanto sia pericoloso. Per quanto ancora saremo costretti a sopportare questa situazione? Se lei scoprisse che fai il doppio gioco per aiutarmi, ti strapperebbe il cuore senza pensarci due volte, lo capisci?- la terribile immagine mentale gli aveva fatto attorcigliare le budella, ma non lo aveva fermato dallo scattare in piedi, aggiungendo: - Lo darebbe in pasto a Shane sotto i miei occhi solo per farmi capire che mi ha in pugno!-
- Lo so da sempre, Prince, ciò che potrebbe accadere.- aveva ribadito la giovane Deveraux, i ricci color carbone che le piovevano sulla fronte corrucciata. - Eravamo solo due bambini, ma ti ho fatto una promessa nel nome dei miei Antenati e non ho intenzione di infrangere il mio voto di proteggerti, non importa quanto ci vorrà per portarlo a termine.- un velo di tristezza le aveva sbiadito le iridi: – Un tempo saresti stato così contento di rivedermi…-
- Non abbiamo più dieci anni.- le aveva fatto notare lui, voltandole le spalle ed allontanandosi di qualche passo, lasciandola muta ed interdetta. - E, a quanto ne so, certi giuramenti sono peggio di una condanna a morte. Come accidenti possono accettare di farti rischiare così tanto, i tuoi adorati vecchi, se hanno un minimo di considerazione per te? Me lo spieghi?-  
 

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Si era sentito un idiota totale, ma non sarebbe stato capace di reggere per un altro minuto quel discorso assurdo che avevano toccato più e più volte, nel corso della loro alleanza, fino a logorarlo… e a renderlo logorante.
- Li hai serviti con devozione, gli Antenati, e che cos’è che hai avuto in cambio? Non ti hanno ancora fatta diventare la Reggente del Quartiere Francese, non ti hanno regalato uno scudo magico contro gli incantesimi che quella megera potrebbe lanciarti addosso ogni volta che non sei abbastanza convincente, non hanno avuto nemmeno la decenza di inviarti una cartolina dall’aldilà per dirti che la tua defunta mammina è orgogliosa di te.- l’aveva sentita trattenere il respiro con sconcerto e rabbia, ma non gli era bastato: aveva voluto infierire, farle capire quanto fosse sciocco sacrificare la propria vita in quel modo. Neppure la paura di darle a vedere quanto fosse disperato lo aveva fermato: - Ti hanno sottoposta ad infinite prove eppure, ai loro occhi, non sei ancora degna del comando. Che cos’altro pretenderanno da te, prima di concederti ciò che ti spetta? Non sarebbe tutto più semplice, se ti conferissero direttamente il potere di far fuori tua zia? Chissà, magari temporeggiano perché non sono capaci di reggere il confronto come dicono…!-
- Il volere degli Antenati è imperscrutabile, Prince.- aveva sibilato Monique, appoggiando la bottiglia di Elixir sulla prima scrivania disponibile ed avvicinandosi precipitosamente al figlio di Klaus, per affrontarlo a muso duro, bella quanto determinata. - Non mi aspetto che tu comprenda, ma non sfruttare il loro nome soltanto per provocarmi, se proprio hai voglia di litigare!-
- Perché mai non dovrei insultarli, credi che potrebbero offendersi?- aveva ironizzato lui, pungente, sfoderando uno dei suoi più infami sorrisi. - La tua trisavola ammuffita potrebbe per caso fulminarmi sul posto con una saetta per averle mancato di rispetto, dicendo tra l’altro la sacrosanta verità? Beh, fammi indovinare… NO!-
- Sta’ zitto!-
A quel punto una tempesta rubiconda era sbucata dalle dita contratte di Monique, sfogando la sua furia, imponendo a Prince di scostarsi da un lato per evitare un impatto che sarebbe stato di sicuro poco piacevole.
Quando, però, la strega aveva caricato un nuovo incantesimo con un gesto fluido ed esperto delle braccia, lui non era rimasto a guardare: anzi, aveva risposto con la stessa foga, spigionando un ampio flusso di onde smeraldine, così potente da provocare un’esplosione nello scontro col nuovo getto di magia della Deveraux:
- Come osi sparlare di loro in questo modo?! Se LORO non mi avessero guidata da te, non ti avrei mai trovato!-
- Sai una cosa? Forse sarebbe stato meglio!- aveva ringhiato Prince, cercando di contrastare l’ennesima scarica d’energia che Monique gli aveva scagliato addosso e di mantenere tutti i muscoli tesi, mentre anche lei sentiva la propria chioma corvina sventolare qua e là, come in preda ad un vento impetuoso.
- Perché?- gli aveva urlato, con le lacrime agli occhi ed i denti digrignati nello sforzo di non cedere.
Si erano scontrati a lungo, entrambi decisi a non cedere, tuttavia, sotto la Potenza assoluta ed incontrastabile del Distruttore, Monique aveva ben presto avvertito le proprie ginocchia iniziare a tremare, e alla fine, neutralizzata, si era arresa, lasciandosi investire in pieno dal sortilegio del principe.
Colpita, aveva soffiato per il dolore, come un gatto furibondo, poi aveva barcollato all’indietro, aggrappandosi alla cassapanca di poco prima per non accasciarsi bocconi sul pavimento:
- Perché stai dicendo una cosa simile?- aveva singhiozzato un attimo dopo, incredula.
Il suo livello di risentimento doveva aver toccato livelli mai visti, perché la ragazza non si era lasciata scoraggiare dalla sconfitta e, rimessasi in piedi, si era lanciata fisicamente contro il suo avversario, come un bolide, forse per provare prenderlo a ceffoni:
- PERCHE’?!-
- Perché così avrei potuto trovarti io.- l’aveva scossa Prince, veemente, afferrandole i polsi ed immobilizzandola. Monique, colta del tutto alla sprovvista, lo aveva squadrato con gli occhi sbarrati, il miele delle sue iridi che sembrava strabordare dai contorni, poi aveva schiuso le labbra in una buffa espressione mai vista prima, forse perché lasciava trasparire, tra le altre emozioni, in mezzo a spessi strati di stupore e desiderio, anche un velo di adorabile timore: - Così non avrei dovuto dubitare ogni singolo giorno del fatto che tu combatta contro Sophie per dovere, perché è la tua missione, perché in realtà non provi nulla per me.- con la stessa dolcezza con cui il suo tono era andato via via modulandosi, Prince si era avvicinato al viso arrossato della nipote di Sophie, fino a rimanere ad un soffio dal suo respiro spezzato: - Così non avrei dovuto dividerti con nessuno.-
Ed un istante dopo, senza riflettere, senza darle il tempo di replicare, semplicemente, l’aveva attirata a sé… e l’aveva baciata.
In un attimo era stato come se tutta la sua frustrazione, la sua sofferenza, le sue battaglie ed il trascorrere inesorabile dei suoi giorni da orfano prigioniero si fossero dissolte nel sapore irresistibile di quel bacio così soffice, caldo, spasimante.
Prince si era sentito pronto ad essere respinto, ad accettare una sberla in pieno viso che gli facesse ricordare per l’eternità quanto caro fosse il prezzo di una simile follia… ma mai, mai si sarebbe aspettato quella che era stata poi l’effettiva reazione di Monique: la bocca della giovanissima strega aveva avuto un sussulto, poi si era sciolta inaspettatamente contro lo sua, accogliendone il contatto con un impercettibile gemito di resa, mentre lei lo circondava con le braccia, premendo la morbidezza ancora acerba del proprio corpo contro quello teso e statuario del figlio di Klaus.
Erano rimasti avvinghiati in quel modo per un tempo dilatato, sospeso, indefinito, poi Prince aveva trovato la forza di allontanarsi un po’, abbastanza per incrociare il suo sguardo, ormai adorante, eppure tanto combattuto:
- Sei pazzo.- lo aveva rimproverato la strega con voce soffocata, colpendolo coi pugni sul petto per sfogarsi, senza però fargli male. - Sei un pazzo furioso se pensi che io voglia salvarti solo perché qualcuno me l’ha imposto, lo sai? Sei… sei proprio un IDIOTA, Prince Mikaelson!- 
- Rinunceresti a tutto per scappare con un idiota? Lo faresti?- le aveva mormorato all’orecchio lui a quel punto, provocandole un brivido inaspettato. - Stammi a sentire: lascia che i tuoi Antenati risolvano le loro questioni per conto loro. Tu non gli devi niente. Non gli importa un accidente di te, Monique, vogliono solo usarti come una pedina per ostacolare Sophie, la Rinnegata, l’eterna minaccia alla loro autorità. Non vogliono rischiare l’integrità del Consiglio affidando il controllo ad una persona indegna, per questo la spingono a missioni impossibili per valutarne la fibra morale. Non ha il minimo senso! Se tu morissi sulla strada della gloria, venerebbero il tuo sacrificio per una settimana, poi troverebbero un’altra sottomessa pronta a fare il lavoro sporco, e tu verresti dimenticata. Piantala di sprecare il tuo tempo preparando pozioni che allevino i sintomi e sforzati di trovare una cura definitiva allo Stigma. Consulta i testi che ti hanno proibito, dacci un’occasione di uscirne. Ribellati!- inanellò intorno al proprio indice una ciocca della folta chioma della ragazza, vezzeggiandola e gustandone la lieve consistenza attorno al polpastrello: - A me interessa che tu ne esca fuori tutta intera, e più passa il tempo, più tua zia rischia di beccare un tuo passo falso. Lo sai anche tu. Se lei ti facesse del male, io…- esausto, Prince aveva posato la fronte contro quella di Monique. – Una volta fuori di qui, escogiteremo un’idea per regolare i conti con Sophie. Troveremo insieme la Profezia, prima di lei, e andremo a prendere la Piuma Nera… la sbricioleremo. Saremo liberi. Se solo volessi ascoltarmi, piuttosto che seguire tutti i comandi degli Antenati come se non sapessi usare il cervello per pensare, potremmo…-
- Tu non sai quello che dici.- il mugolio di Monique stavolta era stato sofferto, ubriaco di sensazioni. La paura che aveva fatto breccia nel suo sguardo pochi attimi prima, aveva preso a serpeggiare nelle sue parole come fiele: - L’unica strega del Quartiere Francese che si sia mai ribellata al loro volere, è stata proprio Sophie. Li ha sfidati, contrariati, ha sostituito il loro culto con quello dell’Espressione, ed è stata ripudiata per questo. I suoi progetti egoistici le hanno fatto totalmente perdere il senno! Dopo la morte di mia madre, loro sono stati la mia unica costante, mi hanno impedito di lasciarmi traviare dal Male che mia zia è così ostinata ad inculcarmi… non potrei mai rischiare di diventare come lei!-
- Non sei neppure come loro, Monique.- le aveva rammentato Prince, strofinando il naso contro la pelle profumata del suo collo, giocando sleale- Sono morti, ed una delle loro commissioni finirà per uccidere anche te. Ho bisogno che tu viva. Che tu sia insieme a me, quando sarà tutto finito. So che ho sempre distrutto tutto ciò che ho toccato, ma stavolta è diverso. Perché ti voglio davvero al mio fianco… mi hai sentito?- ansimando appena, sia per lo scotto dell’inesperienza che per la foga con cui le stava confessando tutti quei desideri, il principe aveva affondato entrambe le proprie mani nella criniera riccia della strega, per poi riprendere a baciarla, sostenendole meglio la nuca mentre lei rovesciava all’indietro la testa, permettendogli di sfiorarle anche il collo con le labbra ardenti, insaziabili. - Ti voglio.- le aveva ripetuto, con lo sterno in tumulto.
Poi l’attrazione che li aveva sempre in qualche modo legati era tornata a bruciare come fuoco liquido, dando un senso più profondo alle loro carezze; e mentre tutti e due si abituavano a fatica, tremando, alla vicinanza d’un tratto così intima dell’altro, Prince aveva ricordato tutte le volte in cui aveva sognato di poterla ringraziare così per essersi presa cura di lui come nessuno aveva saputo fare dopo l’assassinio dei suoi genitori.
E non si era lasciato fermare dall’imbarazzo, neppure quando aveva capito che continuare a coccolarsi in quel modo sarebbe stato come oltrepassare un confine proibito, come saltare nel vuoto.
- Bugiardo.- aveva ansimato Monique dal nulla, facendo scorrere le dita sotto la maglia del principe prima di sfilarla e di lasciarla scivolare al suolo. - Se davvero t’importasse della mia sopravvivenza… tu non mi baceresti così.- si soffermò ad accarezzare i profili del suo petto e dell’addome, perfetti perché scolpiti fino allo sfinimento, poi sospirò, tormentandosi il labbro inferiore: - Ti prego, dovresti… non posso, noi… non possiamo…- 
- Non ho intenzione di smettere, amore.- le aveva sussurrato Prince, muovendosi contro di lei come una placida, insistente marea, l’odore della loro eccitazione inebriante come salsedine. - Non chiedermi di smettere.-
E così Monique lo aveva baciato con passione crescente, forse proprio per impedirsi di fiatare e di intaccare la magia di quel momento, poi anche il vestito perlaceo che aveva indosso era scivolato sul pavimento, scoprendo le curve appena accennate dei suoi fianchi e le sue rotondità di donna appena sbocciata, il suo profumo d’incenso ed arbusti selvatici, di speranza, di conquista, di momenti rubati, di pura necessità.
Prince aveva goduto nell’udire il cuore della ragazza tuonarle nel petto, battito dopo battito, ed accelerare sempre di più, all’unisono col suo, rischiando di scoppiare mentre si sdraiava cauto sopra di lei. Poi l’aveva cercata con ogni fibra del proprio corpo accaldato, per trovare la pace, e si erano appartenuti così, senza averlo previsto, con stessa la tenerezza di due adolescenti, con lo stesso trasporto di due ladri coinvolti in un crimine mortale, fugacemente, nel terrore di essere scoperti, fino a quando anche l’ultimo tremito convulso e fiammeggiante non li aveva scossi entrambi. Prince era crollato ed era rimasto disteso sulla schiena a lungo, immobile, perso, scivolando in un sonno sfinito ed appagato, e per tutto il tempo le aveva tenuto una mano posata addosso, ancora a ciondoloni, per toccarle la pelle e tenerla vicina a sé.
Non era servita neppure una goccia di pozione, stavolta, per impedire ai suoi fantasmi di fare breccia, e lui, sereno come non lo era da una vita, non si era svegliato, nemmeno quando lei si era invece ridestata di soprassalto, come se avesse appena avuto un incubo orrendo, una sorta di presagio, o un avvertimento.
Dopo qualche istante di puro sconcerto, con un panico nuovo che le impregnava i lineamenti, Monique era rotolata silenziosamente da un lato e si era ravvoltolata nei propri abiti, con gli occhi grondanti e colpevoli, tormentata da chissà quali pensieri. Col cuore in frantumi, si era sfilata la collana di ossidiana che aveva sempre portato appesa al collo e l’aveva posata con delicatezza accanto a Prince, come un messaggio d’addio. Poi era sgattaiolata via senza fare troppo rumore, svanendo nel nulla… e lasciandolo da solo.
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- Smettila di guardarla in quel modo, P.- lo rimbeccò Ruby, risvegliandolo da quei pensieri intricati e dolorosi col proprio tono frizzante ed un po’ piccato. Il principe si rese conto in ritardo di aver continuato a fissare il corpo Demi senza poterne fare a meno, fino a farsi letteralmente bruciare le palpebre. - Come se potesse svignarsela da un momento all’altro.- ci fu un lieve suono di stivaletti picchiettanti sull’asfalto, poi la ragazza-lupo si spolverò la giacca color cuoio con aria civettuola: - Hai fatto la cosa migliore per lei, dandole da bere qualche goccia di Elixir. Anche se l’hai trattata come una dodicenne capricciosa... non potrà avercela con te per troppo tempo.-
- Non ne sarei così sicuro. Dimostrare riconoscenza non è mai stato il suo forte.- obiettò Prince, prima di imprimere nella propria voce un impercettibile velo nostalgico. - La prima volta che le ho salvato la vita ha cercato di ficcarmi un fermacarte in un occhio.-
- Il vero peccato è non essere riuscita a beccarti in tempo.- bofonchiò la Salvatore, la bocca impastata, rivelando finalmente ai presenti di essere sveglia e stiracchiandosi con  energia, mentre la sensazione che tutte le parti del suo corpo fossero state smontate come quelle di un giocattolo e poi riaccostate nel modo sbagliato la pervadeva.
- Oh, credo proprio che io e te potremmo andare d’accordo, una volta fatte le presentazioni.- in piedi di fronte a Demi, con le gambe leggermente divaricate, appoggiata con un braccio sullo sportello aperto e fiammante della Ferrari e con la mano libera tesa, pronta a ricevere una stretta amichevole, comparve una ragazza che la figlia di Elena non aveva mai visto ma che non poteva che essere altri che la versione umanizzata del Licantropo incontrato subito dopo l’incidente: - Io mi chiamo Rubyna Tresbonne, del Clan della Luna Crescente.- com’era stata rossa la pelliccia della creatura che li aveva soccorsi, nello stesso modo erano fulvi e lucenti i bellissimi capelli della fanciulla la quale, ad occhio e croce, sembrava più o meno essere loro coetanea (forse, a giudicare dalle forme prorompenti del suo fisico), poteva avere giusto qualche anno in più. Era bella, con delle splendide labbra carnose e sporgenti, simili a piccole ciliegie, l’abbigliamento sportivo calzato tuttavia con un’innata, invidiabile eleganza: - E tu sei la Prescelta, giusto? Non avrei mai pensato di incontrarti di persona… è tutta la vita che sento parlare di te nelle vicinanze del Quartiere Francese.-
 
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- Ma non mi dire. Scommetto che vendono anche dei gadget con la mia faccia stampata sopra.- ironizzò l’altra, con una smorfietta risentita. – Puoi chiamarmi semplicemente Demi, comunque. Grazie per averci aiutati, sarebbe finita parecchio male se tu non fossi intervenuta.- salutandola con moderata educazione e scendendo in fretta dall’automobile nonostante le gambe rammollite, la Salvatore si guardò intorno, nella speranza di riuscire ad orientarsi, e rintracciò per sbaglio nel proprio campo visivo il sorriso indolente di Prince; dovette trattenersi con fatica dal fargli una sonora linguaccia, prima di spostare ostinatamente l‘attenzione altrove: - Suppongo che il tuo intruglio abbia funzionato anche come inibitore della mia Magia, oltre che come sonnifero istantaneo… la macchina è di nuovo tutta intera e noi siamo…?-
- Al confine con New Orleans, a due passi dall’Autogrill di cui ti avevo parlato.- rispose il biondo, pur senza essere stato interpellato direttamente. Prima che lei potesse borbottare che nessuno gliel’aveva domandato, lui tornò a far sfavillare il proprio ghigno più allettante: - Nel caso dovessi avere fame, fanno dei cheeseburger davvero favolosi in questo posto, la tua amichetta bionda ne andrebbe matta.- senza che la ragazza potesse impedirlo in alcun modo, il suo stomaco prese a gorgogliare furioso, come se fosse rimasto a corto di cibo per settimane, protestando talmente forte da metterla in imbarazzo. - Posso portartene un paio per pranzo dopo aver sbrigato alcune faccende laggiù, ‘’se’’ ti comporterai bene e ti farai tenere d’occhio da Ruby mentre sono via.-
- Senza offesa, ma non ho bisogno di un cane da guardia.- replicò Demi, nervosa. – O di un Lupo.- si affrettò a correggere, cercando di essere meno aggressiva. L’ultima delle sue intenzioni era insultare quella ragazza di cui conosceva a malapena il nome e a cui doveva probabilmente un favore, ma non voleva assolutamente permettere a Prince di sentirsi il capo indiscusso della spedizione, visto che era la vita di Nick ad essere appesa ad un filo. La Crescente non diede segno di essersi offesa, e quella sua ostentata tolleranza, sommata alla sua sfolgorante bellezza, inspiegabilmente, non servì a migliorare l’umore già tetro della Salvatore. - A proposito, emh… Ruby, giusto? Come sei tornata ad essere… umana? Non che fosse tanto normale vederti su quattro zampe, comunque, dato che siamo ancora in pieno giorno, però…-
- I membri del Clan Crescente non sono come tutti gli altri.- rispose la giovane Licantropa, il sole del mezzogiorno che le investiva in pieno i magnifici capelli lucenti, rendendoli simili ad un groviglio di lingue infuocate. - Siamo la stirpe più antica, la più nobile, la più tenace che cammini sulla Terra. Le leggende narrano che, quando Qetsiyah assassinò Luinil, la fanciulla amata da Silas, fu una Lupa Mannara di nome Labonair a sacrificarsi per tentare di salvarla da una fine orripilante, accorrendo dopo averla sentita urlare nella foresta. La Lupa finì sgozzata senza pietà dalla strega…- così dicendo, Rubyna scostò da un lato il colletto della propria maglia, rendendo visibile un simbolo lunare impresso sulla sua gola, identico a quello che aveva esibito poco prima sulla pelliccia, ma adesso, improvvisamente, più simile ad una cicatrice da taglio: -… ma la sua progenie fu benedetta grazie a quell’atto di coraggio: da allora, al contrario di tutti gli altri Lupi Mannari, quelli del mio branco sono liberi di trasformarsi a loro piacimento in qualsiasi momento della giornata, senza essere più schiavi del plenilunio. Così le nostre qualità magiche sono diventate la nostra forza e non più la nostra condanna… almeno fin quando Sophie non ha maledetto il nostro Alpha, Eve, l’unica discendente Labonair che, ai tempi, potesse prendere il posto di Hayley.-
Demi sapeva che la sanguinaria strega Deveraux aveva imprigionato per l’eternità la povera Eve nella sua forma animale molti anni prima, per impedirle di immischiarsi nel massacro che lei e Shane avevano intenzione di compiere ai danni dei genitori di Nick e Prince, ma non riusciva proprio ad immaginare quale conseguenze potesse aver avuto quella disgrazia sul resto dei Crescenti:
- Il Clan dipende direttamente, misticamente dal proprio capobranco.- spiegò prontamente Ruby, anticipando la sua confusione: - L’Anatema di Sophie non è riuscito ad infrangere la potenza millenaria del premio di Luinil, ma l’ha comunque indebolita, circoscrivendone i benefici e limitandone l’effetto. Oltre i confini sacri di New Orleans, siamo perennemente bloccati nella forma in cui abbiamo deciso di lasciare il tracciato della città, oltre ad essere di nuovo asserviti dalla Luna Piena una volta al mese, come tutti gli altri.-
- Oh.- quasi suo malgrado, Demi si sentì stringere il cuore davanti a quella notizia, mentre un senso di compassione le avviluppava il petto. Erano tutti delle vittime, a quanto pareva, della cattiveria illimitata di Sophie, della stessa fattucchiera senza scrupoli che sapeva solo seminare morte e desolazione al proprio passaggio. - Mi dispiace.- mormorò, sinceramente, la figlia di Elena. - Nessuno dovrebbe essere costretto a rinunciare ad una parte di ciò che è a causa delle decisioni di qualcun altro.- quelle parole solidali le sgorgarono dalle labbra come gocce di sangue da una ferita profonda ed ancora aperta nel suo animo, ferita che probabilmente non si sarebbe mai rimarginata del tutto: - Non esiste un modo per liberarvi da questa condizione?-
- NO.- tagliò corto Prince, intromettendosi improvvisamente nel discorso, di colpo scuro in viso. Demetra si accorse soltanto in quell’istante che il biondo le stava porgendo qualcosa sottobanco: era un pugnale sottile, puntuto e sinuoso, avvolto da una guaina nera. La sua lama, che sporgeva appena dal manico, brillava come uno zaffiro. La Salvatore lo afferrò, addolcendosi in uno sguardo di muta gratitudine, sperando che quel gesto simboleggiasse in qualche modo il suo lasciapassare per entrare al Grill; ma il principe non la ricambiò, intento com’era a lottare contro le occhiate profonde e contrariate che Ruby aveva iniziato a sferrargli subito dopo quell’implacabile negazione.
Sembrava che fosse in corso un’altra conversazione serrata tra le loro menti telepatiche, che terminò comunque bruscamente qualche attimo dopo:
- Nulla che sia lontanamente fattibile, almeno.- ripeté Prince, con un tono aspro che non ammetteva repliche di alcun genere. - Ed ora basta con queste chiacchiere, finirete per farmi passare l’appetito. Sapete piuttosto dov’è che ho messo quel delizioso contenitore di cristallo pieno di polvere esplosiva, mh…?!-
Demetra lo guardò voltarsi tutto indispettito e riprendere a frugare nel cofano della Ferrari, alla ricerca di chissà quali altre cianfrusaglie letali da imbracciare, e tacque, ma non poté impedire alla convinzione che lui avesse appena omesso una qualche pericolosa verità di insinuarsi tra i suoi pensieri serpeggiando, fino a gettare su di essi un’angosciosa, vibrante ombra di sospetto.
 
***
 
C’era una macchia bionda sparsa sul materasso di Nick, simile allo scarto solidificato di un lingotto liquefatto e lasciato lì a raffreddare: Mattie era crollata con la faccia in avanti sul bordo delle coltri vaporose, esausta dopo una nottata trascorsa a vegliare il suo amico, con gli occhi pesti e le dita strette spasmodicamente attorno allo stesso straccio che aveva cercato di usare come bagnolo fino a poco prima, nella vana speranza che la febbre di lui si abbassasse.
Il calvario del figlio di Elijah sembrava essersi temporaneamente placato, ma il ragazzo era così bianco da risultare inquietante; che si fosse addormentato a sua volta per lo stremo o che fosse scivolato nel limbo di una nuova, stavolta tacita tortura, non era dato saperlo. Sembrava paralizzato ed il suo respiro era così rado che neppure accostando direttamente l'orecchio alle sue labbra lo si sarebbe potuto avvertire facilmente.
Fu un altro rumore, dunque, ben più chiaro e stridente, a far sobbalzare la Lockwood sul posto, facendole sbattere le ciglia come una forsennata nel tentativo di mettere a fuoco la realtà. Non senza fatica, dopo l’iniziale smarrimento, notò che la porticina della stanza si era aperta cigolando, e capì che era appena stata spalancata da una soffice zampata:
- Hai preso troppo sul serio questa storia di voler diventare una creatura della notte, piccina. I Licantropi che non hanno ancora scatenato la loro vera natura non possono restare fino all’alba senza riposare, per quanto la luna sia un forte richiamo per loro.- la voce intenerita di Eve Labonair si fece spazio come una carezza tra i pensieri confusi di Mattie, mentre la Lupa si avanzava verso il letto lentamente, con un vassoio d’argento sospeso sulla grossa testa pelosa.
- Ugh! Non stavo dormendo!- farfugliò Mattie, drizzandosi istantaneamente sulla schiena, senza afferrare al volo il senso di quel bonario rimprovero; Eve le lanciò un’occhiata e, mentre la bionda cercava di mascherare il fatto che i propri neuroni non vedessero l’ora di sventolare nuovamente bandiera bianca, raggiunse il comodino, facendoci scivolare su il proprio carico. Si trattava di un’enorme tazza di caffè e di un barattolo di biscotti al burro dall’aspetto invitante. All’improvviso, la ragazza si accorse di aver digiunato dal pomeriggio del giorno prima fino a quel momento, un record assoluto per la sua proverbiale, insaziabile fame… eppure qualcosa nel suo stomaco annodato le diceva che neppure una gigantesca fetta di torta al cioccolato avrebbe potuto tirarla su di morale. – Grazie, davvero… ma non ho proprio voglia di mangiare.- mormorò, stupendosi delle proprie parole immediatamente dopo averle pronunciate.
Non avrebbe mai creduto possibile che un evento l’avrebbe depressa tanto da farle perdere l’appetito.
- Hai bisogno di forze. Rifiutare la colazione non aiuterà Nick a guarire ma ti renderà meno efficiente quando avrà più bisogno di te. Coraggio.- il tono di Eve era comprensivo come quello di una nonna e Matt avvertì una fitta di nostalgia nei confronti dello Sceriffo Forbes. Le sarebbe piaciuto essere tosta come lo era lei, essere in grado di catturare e di gettare in galera i responsabili di ciò che era accaduto al figlio di Elijah, punendoli come meritavano per averlo ridotto in fin di vita, ma forse il primo passo per combattere il crimine e difendere gli indifesi era sul serio conservare le energie e non lasciarsi sommergere dall’impotenza, tenendosi pronti all’azione. Con un piccolo gesto, la Lockwood allungò le dita ed acchiappò un biscotto fragrante, ficcandoselo in bocca nonostante la nausea e masticando risoluta: pian piano, il sapore divenne piacevole e le sue viscere parvero distendersi, dandole sollievo. – Saresti davvero disposta a tutto pur di proteggerlo, non è vero?- osservò la Licantropa, soddisfatta.
- Già. Lui è il mio branco.- sorrise Mattie, con le guance gonfie, lanciando a Nick uno sguardo indecifrabile, luccicante. Subito dopo essersi resa conto di ciò che aveva appena ammesso, avvampò di rossore e cercò di strozzarsi con un lunghissimo sorso di caffè incandescente, finendo poi col tossicchiare istericamente per la seguente, imbarazzantissima manciata di secondi. – Riesci a capire?-
- Certo. Sua madre, Hayley, era il mio.- confessò Eve, accucciandosi sul tappeto, le orecchie grigie leggermente basse. - Era soltanto una neonata quando i Guerrera, un clan di Licantropi rivali residenti nella stessa New Orleans, attaccarono la sua casa e diedero fuoco al villaggio che i suoi genitori avevano faticosamente costruito per la sicurezza della nostra gente. Suo padre era mio cugino… ed era un leader nato: salvò moltissime vite dall’imboscata, ma non riuscì a proteggere la propria, né quella di sua moglie. Si suicidarono entrambi prima di cadere vivi nelle grinfie dei nemici. Della piccola Andrea Labonair, dopo quella notte, non rimase alcuna traccia, ma il fatto che il suo corpicino non fosse stato ritrovato mi spinse a credere che fosse stata portata via da qualche alleato, che fosse destinata a tornare da noi. E lo fece, una volta diventata una donna, trovò il modo di risalire alle sue origini. Era bellissima. Era fiera. Era la nostra Regina. Quando la vidi per la prima volta, seppi che il mio ruolo di sovrintendenza al suo trono, in quanto unica Labonair ancora in vita, sarebbe finito proprio come avevo sperato: con la salita di una persona davvero degna al comando.- gli occhi color ferro di Eve erano giganti, densi di malinconia e di un altro sentimento simile alla vergogna che Mattie non riusciva proprio a spiegarsi: - Quando però scoprì di essere incinta di Klaus Mikaelson, fu l’inizio della fine: Sophie venne a saperlo all’istante e prese a darle la caccia. Voleva Prince, convinta che fosse necessario crescerlo come un abominio per poi usare i suoi poteri nel sacrificio del Lapislazzuli. Non si dava pace. E nemmeno io. Sapevo che avrei dovuto rimanere a New Orleans, occuparmi del clan, continuare ad essere una guida come, seppur mio malgrado, avevo fatto per tutta la vita al posto della vera erede… ma non ci riuscivo più. Hayley era diventata la mia famiglia. La amavo come una figlia. E sia lei che il suo bambino non ancora nato, ora, erano in pericolo.- Mattie ascoltava, rapita, la storia che si andava snocciolando, un sospiro telepatico dopo l’altro, nella sua mente ormai sveglia, assorbendone tutta la drammaticità. - Decisi di seguire il mio cuore. Abbandonai la mia carica e fuggii lontano dalla Lusiana per raggiungere Hayley e giurarle la mia eterna lealtà.-
- Chi potrebbe biasimarti per questo?- chiese la Lockwood, solidale, posandole una carezza sulla soffice schiena screziata di sfumature brune.
- Chiunque sappia cosa voglia dire essere un capobranco.- rispose Eve, ringhiando appena, come se volesse scacciare via un groppo dalla propria gola. – Il mio è stato un atto davvero egoista, Mattie. Ho protetto una famiglia a cui mi ero affezionata personalmente, rinunciando a salvaguardare l’incolumità di tutte quelle di cui ero responsabile. Ho visto nascere Prince e Nick, sono stata per loro una figura famigliare, ma ho abbandonato i miei simili, lasciandoli senza un punto di riferimento e creando loro chissà quanti problemi di organizzazione, di coesione. Forse li ho resi persino vulnerabili agli occhi dei superstiti del clan Guerrera. E, alla fine, non sono neanche riuscita ad impedire il peggio: ho perso Hayley ed Elijah, e sono sopravvissuta a loro quando, invece, sarei dovuta morire pur di dar loro una chance.-      
- Sophie Deveraux ha fatto tutto questo.- borbottò Mattie, incrociando le braccia sul petto e corrucciandosi, come un orsetto peluche arruffato. Quella strega maledetta avrebbe meritato qualcosa di molto più orribile della morte per tutto il Male che aveva seminato nel mondo. Qualcosa tipo l’ananas sulla pizza, le puntine sulla tavoletta del water o il rimanere chiusa in uno sgabuzzino delle scope pieno zeppo di scarafaggi. – Ha rovinato tutte queste vite senza pietà, mentre tu cercavi solo di aiutare. Se non lo avessi recuperato, sono sicura che Prince sarebbe venuto su ancora più pazzoide di quanto non sia già. E non è una cosa da poco, te lo posso garantire!- Eve emise un altro sbuffo dal naso, stavolta come se avesse provato a non ridacchiare. Mattie si pappò l’ultimo biscottino e tirò un lembo della coperta di Nick in modo che lui fosse ben coperto, poi si rivolse alla Lupa Mannara, incoraggiante: - Non appena il mio compare si sarà ripreso, potremmo organizzare un viaggetto di gruppo a New Orleans. Potrei conoscere qualche altro tipo un po’… lunatico?, e tu potresti provare a sistemare le cose che hai lasciato in sospeso con il tuo popolo.-
- Temo che sarà impossibile.- disse Eve, tristemente, fissando un punto imprecisato sulla carta da parati.
- Perché mai?- protestò la bionda, grattandosi il mento, pensosa. – Oh, no, ci sono… credi che il principino manderà a monte i nostri piani, imbucandosi senza permesso alla scampagnata?-
- E’ troppo tardi.- chiarì la Licantropa, semplicemente. - C’è una taglia sulla mia testa.-
La figlia di Caroline, che stava rovistando il fondo del barattolo di biscotti alla ricerca delle briciole, trasalì, con il rischio di farselo scivolare dalle mani e di mandarlo in mille pezzi:
- CHE COSA?!-
- A parte l’onta della diserzione, c’è più di un motivo per cui la maggior parte dei membri della Luna Crescente mi vorrebbe morta.- spiegò Eve, gravemente. – Da quando sono stata colpita dall’Anatema della Deveraux, che mi impedisce di riprendere la mia forma umana, ho privato l’intero branco della sua qualità più straordinaria: la capacità di mutare forma a seconda delle occasioni, senza dover badare per forza alla presenza del plenilunio nel cielo. Infatti, nonostante il mio allontanamento, per la legge, il loro capo sono ancora io, ed il mio status continua ad influenzare negativamente l’intera comunità. La mia maledizione, in qualche modo, si è riversata anche su di loro, ed è diventata il loro limite, la loro debolezza.-
Mattie sembrava orripilata.
- E per fargli riacquistare i loro poteri lupeschi... tu dovresti tirare le cuoia?- intuì, con una smorfia di disgusto stampata sul faccino rotondo. - Non possono semplicemente eleggere un nuovo principale, sostituirti con un Lupo senza acciacchi e lasciarti in pace a vivere la vita che hai scelto? Che cavolo!-
- Quando è venuto a conoscenza di questi progetti, Prince ha rimbrottato la stessa identica cosa, poi ha imposto su me e su William un incantesimo che rende impossibile la nostra localizzazione. Ma credo che i miei più accaniti oppositori non si daranno per vinti finché non mi avranno acciuffata. Non gli basta neppure attendere che la mia sia una morte naturale… perché no, non possono semplicemente scegliere il nuovo boss votando in modo civile durante un’assemblea. Non è così che funziona tra i Lupi Mannari della Lusiana.-
- Ho paura che non mi piacerà affatto sentire come effettivamente funzionino le elezioni.- si lamentò Mattie, pentendosi troppo tardi di aver fatto una scorpacciata. A quanto pareva, le era tornato il voltastomaco dalla preoccupazione.
- L’eredità è sempre stata assegnata rispettando la successione dei Labonair.- chiarì la Lupa, atona. – Fin dalla notte dei tempi, è passata ai discendenti della nostra famiglia, i quali hanno sempre regnato con saggezza e moderazione, evitando a chiunque di prendere anche solo in considerazione l’idea di usurpare il trono nell’unico metodo di legittimazione alternativo possibile.-
- Ovvero?- incalzò Mattie, ansiosa, ma non troppo sicura di voler ascoltare l’inevitabile:
- Per diventare il nuovo capobranco, liberando finalmente il clan da ogni restrizione magica ed assumendone il pieno comando…- mugolò Eve, rannicchiandosi ancora di più sul posto, quasi volesse scomparire tra le pieghe del tappeto. -… è necessario che uno di loro prenda definitivamente il posto del leader precedente. Dopo averlo ucciso.-
 
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***
 
- Questo libro è così enorme… e antico... e dettagliato… e muffito… da darmi l’impressione che ci sarebbe gente disposta a uccidere pur di poterci dare un’occhiata.- commentò Sheila Bennett, con gli occhi sbarrati dall’incredulità, sfogliando le fragili pagine del Grimorio di Esther Mikaelson, ovvero della più decrepita accozzaglia di incantesimi e ricette mistiche esistente al mondo, con tutta la delicatezza di cui era capace.
Dopo la partenza di Demi e Prince alla volta di New Orleans, la figlia di Bonnie aveva sentito la disperata esigenza di tenersi impegnata per non rischiare d’impazzire durante l’attesa di un loro aggiornamento, così aveva preparato uno spuntino per Mattie, dato i croccantini ad Eve, ripulito la sgangherata cucina della Capanna fino a tirarla a lucido e, alla fine, si era acciambellata sul divano del principe, esausta, col Grimorio sulle ginocchia, bisognosa di un’ultima distrazione.
- Ah, puoi dirlo forte.- confermò William Doge, posandole una coperta sulle spalle prima di sprofondare in una poltrona bordeaux accanto a lei. – Quel testo è la sintesi di tutto lo scibile magico conosciuto, dalle origini fino ai giorni nostri. E’ molto prezioso… Prince lo ha scarrozzato ovunque per tutta la durata dei suoi viaggi, dopo averlo fregato a sua zia Rebekah. Lo ha studiato con costanza, eppure non sono convinto che sia riuscito ad apprendere l’intera mole d’informazioni contenuta tra quelle pagine. E’ lassù che abbiamo trovato il modo di costruire le armi capaci di distruggere le Ombre. Lì, ho scoperto come rendermi utile nonostante fossi privo dei miei poteri.- Sheila si strinse silenziosamente nel manto di lana, guardando Will con un senso di gratitudine e curiosità: le sembrava ancora abbastanza assurdo che quel ragazzo della porta accanto, il bel nipote della governante di Villa Lockwood con cui era solita giocare da piccola, impiegato già da un paio d’anni al Mystic Grill come cameriere, fosse in realtà una strega del Quartiere Francese, incapace di praticare la magia finché lontano dai suoi Antenati, ma comunque in combutta con Prince per sconfiggere Sophie Deveraux, la quale, quando lui era ancora un bambino, aveva spedito un esercito di Ombre a sterminargli la famiglia.
Per la sua umiltà, William le era sempre piaciuto ma, adesso, il fatto che potesse insegnarle tutto ciò che sapeva sulla magia la intrigava e la spaventava allo stesso tempo.
- Se è davvero l’Enciclopedia della stregoneria, com’è possibile che non contenga neppure un accenno che possa aiutarci con Nick?- sospirò Sheila, continuando a scorrere con lo sguardo sui simboli e le bizzarre formule impresse sulla pergamena rinsecchita del volume. - Possibile che non ci sia un modo per rallentare la diffusione del contagio? Per alleviare la sua sofferenza?-
Will tacque, con gli occhi bassi, i lisci capelli neri che gli coprivano la fronte accigliata. Il solo antidoto efficace contro il veleno dell’Ombra, lo sapevano entrambi, era il cristallo della Piuma Nera, ma era dura rassegnarsi all’impotenza: il figlio di Elijah si era sacrificato per salvare sia Demi che Damon dall’attacco di un mostro e, se c’era qualcuno al mondo che non meritava tutta la pena che quell’atto di eroismo aveva comportato, era proprio lui.
Nick che si era guadagnato la fiducia della Bennett ed il suo affetto sincero, facendo breccia nel suo iniziale muro di sospetto ed indifferenza.
Nick la cui agonia aveva strappato via il sorriso persino a Mattie ed aveva spezzato in due il cuore di Demi.
Nick che era l’ultima goccia di umanità rimasta nelle vene riarse di Prince Il Vendicatore.
- Non abbiamo tentativi di salvataggio precedenti con cui confrontarci, ogni mossa sarebbe un salto nel vuoto.- mormorò il giovane Doge con un filo di voce, sforzandosi di non essere brutale nella sua onestà e, allo stesso tempo, di farla ragionare. – Sperimentando dei rimedi alla cieca, potremmo contrastare la propagazione del siero oppure, per errore, velocizzarla. Se sbagliassimo qualcosa, potremmo aggravare la sua situazione.-
Proprio in quel momento, un urlo disumano squarciò l’aria attorno a loro, provenendo dal punto preciso in cui il fratello minore di Prince era ricoverato. Sheila sentì la propria pelle accapponarsi ed i suoi occhi scuri si fecero lucidi, supplichevoli:
- Come potrebbe andare peggio di così?- soffiò, roca, udendo la voce acuta della Lockwood risuonare in fondo al corridoio assieme ad un trambusto di passi e uggiolii canini: forse la biondina stava cercando di sedare il nuovo attacco di convulsioni del suo migliore amico, senza successo, ed immaginarla saltellare attorno al letto, straziata da quei lamenti, fece provare alla strega un moto di pietà travolgente, bruciante.
Per entrambi.  
- Ascolta, Sheila… so che è difficile da accettare, ma non c’è molto che possiamo…-
- No, no…- lo interruppe lei, tirando su col naso e sporgendo il mento in avanti, mentre la tipica espressione caparbia delle più forti fattucchiere di Salem faceva capolino sulla sua faccia adolescenziale e la rendeva d’un tratto più adulta. -… dobbiamo fare qualcosa, non posso lasciare che…- continuando a parlottare tra sé, la voce ormai così fioca da risultare quasi inudibile, serrò gli occhi ed impose le mani bronzee sul Grimorio, tenendole sospese a qualche centimetro dal cuore del libro.
Non conosceva abbastanza sortilegi, visto che nessuno si era mai preso la briga di dirle la verità sulle sue capacità prima dei sedici anni, ma qualcosa dentro il suo petto le suggerì che lasciarsi andare alle emozioni, facendosi guidare da esse verso le risposte che cercava, le avrebbe mostrato la soluzione.
All’improvviso, una grossa lampada accanto a lei ebbe un fremito e, mentre la luce oscillava ipnotica nel salottino, riflettendosi sul viso concentrato di Sheila, il libro ebbe un brusco sussulto: le sue pagine incartapecorite presero a muoversi caoticamente, come sfogliate da una mano invisibile, e la magia durò per qualche secondo, fino a quando il Grimorio non si immobilizzò, rimanendo spalancato all’inizio di uno specifico paragrafo.
- ‘’Formule di guarigione.’’- annunciò Will, visibilmente impressionato dalla determinazione appena dimostrata dalla ragazza nel liberare il proprio potere, specie se considerata la sua abituale titubanza al riguardo. - Tombola.-
Tra le cure elencate spiccavano impossibili intrugli di erbe, pozioni ricostituenti da cuocere a fuoco lento nelle notti d’eclissi e decotti i cui ingredienti spaziavano dalle budella di rana alle piume di falco tritate, eppure... sì, nell’elenco c’era anche qualcosa che sembrava andar bene per la maggior parte dei disturbi, fossero questi più o meno gravi, un farmaco versatile e raro, descritto come miracoloso:
- ‘’Sangue di vampiro.’’- sillabò Sheila con gli occhi sgranati, puntandolo con l’indice come trafelata. – ‘’Probabilmente una delle sostanze medicinali più efficaci e rapide conosciute nel mondo sovrannaturale, il sangue di vampiro è noto per le sue eccezionali qualità rigenerative. Il suo effetto è talmente potente da essere spesso usato nei casi più disperati, comportando un’istantanea guarigione del soggetto che, solo un istante prima, sembrava destinato a non riprendersi mai più…’’-
Il giovane Doge, finalmente attento, si avvicinò di più a lei, sporgendosi per controllare di persona quella sottospecie di foglietto illustrativo millenario, poi ne valutò le implicazioni ad alta voce:
- Non so davvero cosa pensare.- ammise, lo sguardo serio, meditabondo. - Certo, il sangue di vampiro potrebbe aumentare le possibilità fisiche di Nick di resistere alla metamorfosi e, se iniettato direttamente nei tessuti già intaccati dal morbo, potrebbe persino contribuire a ripararli, rallentando l’avanzata dell’Ombra… ma purtroppo non è solamente il suo corpo ad essere in pericolo.- per lui, era fondamentale che Sheila capisse, che non si facesse troppe illusioni. - Non c’è cura che possa impedire alla sua anima di sgretolarsi, niente a parte la lama della spada di Luinil. Il sangue di vampiro non avrebbe alcun effetto su quel processo distruttivo, probabilmente Nick sarebbe più in forze, ma… nulla di più.-
- In questo momento è il meglio che possiamo offrirgli.- obbiettò la Bennett, risoluta. Dalla sfumatura color nocciola splendente nelle sue iridi ferme, William intuì che nulla avrebbe potuto smuoverla da quella decisione, così optò per la collaborazione priva di proteste:
- D’accordo.- accettò, posando con slancio la propria mano su quella della Bennett e stringendola impercettibilmente, come per infonderle il proprio sostegno. Sheila ebbe un lieve sobbalzo a quel contatto inaspettato, ma non si scompose, sostenendo lo sguardo di lui con sicurezza: - Dimmi solo una cosa… dov’è, con esattezza, che credi di poter trovare un vampiro tanto generoso da fare il donatore?-
Lei, dopo un momento di esitazione, aprì la bocca per ribattere ma, prima che potesse dire qualunque cosa, fu la vibrazione di un cellulare ad attirare altrove l’attenzione di entrambi. Con espressione confusa, Sheila estrasse dalla tasca dei propri pantaloni il telefono e gli diede un’occhiata.
Un buffo sorriso consapevole fece capolino sulle sue labbra, poi lei alzò le spalle, mostrando a William il nome lampeggiante sul display:
 
Damon Salvatore.
 
- Parli del diavolo…- recitò la figlia di Bonnie con aria d’importanza, poi cliccò il tasto per rispondere alla chiamata.
 
***
 
- Non voglio sconvolgerti la vita, Hermione, ma credo che tu debba cominciare a prendere seriamente in considerazione l’idea di un fratellino.- appoggiandosi pigro alla sua Camaro azzurro metallizzato e tenendo sospesa la sua amata giacca di pelle con la mano all’altezza della spalla mentre quest’ultima gli penzolava dietro la schiena, Damon ghignò serafico nell’alba nascente, con un bagliore fulgido almeno quanto i primi raggi di sole all’orizzonte. Dopo esser andato via da casa Salvatore nel cuore della notte, come un ladro, intirizzito di ricordi e di emozioni, aveva ripescato una bottiglia di buon Bourbon dal cruscotto e se l’era scolata in un paio di sorsate, sforzandosi di dimenticare nell’alcool la sensazione deliziosa della bocca di Elena che, dopo sedici anni di esili e segreti, era tornata a posarsi sulla sua, stravolgendogli l’universo. Al momento, un po’ barcollante ma quasi totalmente lucido, si trovava a pochi metri da una staccionata in legno, di fronte ad una casa dai mattoncini marroni e dalle imposte bianco latte, talmente avvolta nel proprio silenzio assonnato da sembrare disabitata. Sulla buca delle lettere un po’ arrugginita era incisa una doppia ‘’B’’, che contrassegnava l’indirizzo di BonBon. - Avrei voluto evitarti il trauma di beccare tua madre e il caro JerEmo ad amoreggiare come due piccioncini sul divano del soggiorno, ma ho bisogno di te. Perciò indossa un vestito carino, acchiappa il tuo bel Grimorio di famiglia, chiudi gli occhi mentre passi vicino al sofà e poi dattela a gambe il più in fretta possibile.- dopo aver dato una sbirciatina all’orologio ed una alla dimora, s’impegnò ad assumere un tono melodrammatico: - Sbrigati! Potrebbero ricominciare da un momento all’altro!-
- Damon. Ti prego. E’ disgustoso.- si lamentò Sheila, arricciando il naso dall’altra parte della cornetta.
- Lo so.- gongolò Damon, compiaciuto. – Per questo ti sto offrendo l’occasione di scappare. Sono qui fuori. Avanti, ficca il tuo librone stregonesco nello zaino e fingi di stare andando a scuola. Ti spiegherò tutto tra un attimo.-
La migliore amica di Demetra rimase per qualche secondo a corto di parole: in effetti era assai strano che il vampiro l’avesse contattata a quell’ora del mattino, ma era ancora più inconcepibile che avesse intenzione di rapirla per portarla chissà dove, aspettandola per di più fuori dal cancello di casa.
Immaginare la bellezza accecante e tenebrosa di lui in attesa, con i capelli corvini spettinati dalla brezza, trepidante come una specie di pretendente prima di un appuntamento, le fece sentire un imbarazzante calore dalle parti del collo:
- Mi spiace, ma non sono in casa.- balbettò la Bennett, sperando che non si notasse troppo la sua delusione.
 
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- Sei rimasta a dormire dalla nana?- s’informò prontamente Damon, facendo dietrofront verso l’auto ed aprendo uno sportello senza che alcun turbamento scalfisse la sua faccia di bronzo. - Non c’è problema, vengo a prenderti.-
- No, non sono neppure da Mattie.- replicò Sheila, grattandosi la testa, completamente nel pallone. Will, notando il suo nervosismo, le domandò a bassissima voce che cosa stesse succedendo durante quella conversazione ma Damon, che aveva appena messo in moto, pronto a partire alla volta di casa Lockwood, riuscì a sentirlo ed inchiodò violentemente sul posto.
- COSA?! SEI…  SEI CON UN RAGAZZO?!- domandò, inarcando un sopracciglio fino a farlo scomparire nella frangia. Un’irragionevole sensazione di fastidio gli fece prudere i palmi delle mani e, dopo un attimo, il vampiro dovette imporsi di smettere di stritolare il cellulare, altrimenti sarebbe finito col renderlo la fotocopia di una lattina spappolata.
Ma che diamine?
- No!- si schermì Sheila, precipitosa, prima di pentirsene amaramente. - Cioè sì! Io… non è come sembra!- si passò una mano sul volto bollente, poi fece appello a tutto il proprio coraggio per ricominciare a parlare: - Sono nella Capanna di Prince Mikaelson, quella che si trova poco lontana dalle Cascate, in cui Demi è stata portata dopo l’incidente al Ponte.- intuendo quanto potesse sembrare pericolosa una situazione così descritta, specie ad un tipo impulsivo come il suo interlocutore, si affrettò ad aggiungere: - Sono al sicuro, Damon, davvero, ma ho bisogno del tuo aiuto.-
- C’ero io, prima.- la canzonò lui, rilassandosi leggermente. Pensare che la piccola Bennett fosse in difficoltà lo preoccupava, ma non come se si fosse trattato di Demi. Nel confronti della piccola Salvatore, Damon aveva provato fin da subito un attaccamento viscerale, profondo, incondizionato e paterno, mentre aveva cominciato ad apprezzare Sheila con il tempo, per il suo essere un’ottima amica e una brava consigliera, nonché per l’abitudine che aveva di pendere dalle sue labbra quando era nei paraggi. Lo lusingava. E non avrebbe permesso a nessuno di torcerle un capello: – Sputa il rospo, Hermione. Se c’è da spargere del sangue, lo sai, sono sempre in prima fila.-
- E’ esattamente ciò che mi serve, ma non nel modo in cui credi.- chiarì Sheila, sorridendo quasi suo malgrado. Era bello poter contare su qualcuno. - Raggiungimi e ne parleremo a quattr’occhi. Fai in fretta, è importante. E grazie.-
- Ah, non ringraziarmi ancora.- la bloccò il vampiro, ammiccante, ridacchiando sotto i baffi mentre accelerava. - Anch’io devo chiederti un favore e non credo che ti farà saltare dalla gioia.- teatralmente, emise un sospiro rassegnato: - C’est la vie.-  
- Hey, aspetta un momento… di che si tratta?- deglutì Sheila, rizzandosi sullo schienale della poltrona.
- Di una simpatica riunione di famiglia.- fece lui, mantenendosi volutamente sul vago per creare un po’ di suspense. – Vedi, ho una bara legata sul tettuccio della mia auto e si dà il caso che dentro ci sia la tua carissima ex professoressa di Storia, decisamente essiccata, non un bel vedere, davvero. Siccome ha rovinato la mia vita e quella della donna che amo e, di conseguenza, anche della nostra pargoletta adorata, ho deciso di sistemarla in un posticino dal quale sia impossibile fuggire, dal quale non potrà più ferire nessuno.- nonostante la ragazza avesse cominciato a captare quali fossero le intenzioni di Damon, una parte del suo cervello si rifiutava ancora di accettare la realtà, speranzosa: - Siccome la povera Bonnie ha già fatto la sua parte fermando il suo cuore Originale e sfruttando un potenziale magico quasi letale per lei, ho deciso di non forzare la mano. Tu sei una strega Bennett a tutti gli effetti, quindi mi aiuterai ad ultimare l’opera, aprendo per me la cripta di Klaus (che solo una della tua stirpe può spalancare) ed aiutandomi a ficcarci dentro la sua sorellina stronza per il resto dell’eternità. Sarà una cosa veloce, lo giuro… torneremo persino in tempo per l’ora di pranzo. Offro io!-
Ammutolita, la ragazza fissò Will con un cipiglio allucinato ed il ragazzo impallidì quasi per transitività:
- Spero che Spruzzetto Di Sole abbia un ricettario delle streghe in quella sua catapecchia, così faremo prima. Quello della sua nonnina psicopatica, per esempio, sarebbe l’ideale.- aggiunse Damon a mo’ di saluto, imboccando la strada più spedita per raggiungere il Wickery Bridge e, successivamente, le Cascate. Il silenzio attonito che ricevette in risposta gli fece sollevare un angolo delle labbra in un sorrisetto divertito: - Ah, streghetta? Quasi dimenticavo: non vedo l’ora di vederti.-
 
***
 
- Vuoi dirmi che questo posto è gestito da Lupi Mannari del Clan Della Luna Crescente e si chiama ‘’Le Croissant’’? Sul serio?!- incredula, Demi si premette una mano sulla bocca per coprire un ghigno canzonatore mentre, oltre qualche chioma d’albero potata con cura, al margine della foresta in cui avevano sostato con la Ferrari, compariva l’insegna luminosa dell’Autogrill in cui Prince aveva, alla fine, acconsentito a farsi accompagnare. Accanto al nome, c’era stampata l’immagine di una grossa brioche a forma di mezzaluna, che rendeva il tutto ancora più spassoso: - Andiamo, è come se io aprissi un bar e lo pubblicizzassi con la frase: ‘’Accorrete numerosi, qui si serve caffè di prima (Pre)scelta!’’.-
- Chiudi il becco.- borbottò Prince, ma si vedeva lontano un miglio che stava lottando con se stesso per non ridacchiare a sua volta. - Lì dentro mangerai i cornetti più squisiti della tua insulsa vita. Mostra un po’ di rispetto.-
- La fa tanto lunga perché è stato lui a suggerire quel nome orribile.- lo smascherò Rubyna, gli stivaletti da cowgirl color cachi che producevano un suono vellutato ad ogni sua falcata.
- E lei, naturalmente, lo sa perché trascorreva tutte le sue mattine seduta al tavolo più vicino al mio, ordinando fino a dieci volte consecutive pur di essere sicura di incontrarmi ed origliando le mie conversazioni senza mai staccarmi gli occhi di dosso.- precisò Prince con naturalezza, continuando a camminare a passo spedito, come se avesse appena detto che, una volta dentro, avrebbe preferito far colazione con qualcosa di dolce piuttosto che con il salato.
Demi fece scorrere lo sguardo dall’uno all’altra, perplessa ed incerta su che cosa dire:
- Quindi… voi due avete avuto una storia?- azzardò, con un’espressione che si sforzava di essere neutra. Per un momento, non fu difficile immaginarseli insieme, entrambi bellissimi e carismatici, giovani, sagaci e pieni di vitalità, invischiati in qualche intrallazzo amoroso di quelli che prendono fuoco in fretta e che poi, altrettanto rapidamente, vanno scemando, lasciando sul cuore di uno dei due una bella scottatura.
- Ci siamo divertiti.- minimizzò Ruby con nonchalance, ravvivandosi la chioma purpurea, senza guardare nessuno dei due.
- Parecchio.- sottolineò Prince, con un occhiolino. Demetra fece una smorfia e posò la mano sulla maniglia di ottone sull’uscio del locale, i cui vetri sabbiati non consentivano di vedere con chiarezza all’interno, e la abbassò: uno squisito profumo di chicchi di caffè, latte caldo e muffin appena sfornati conquistò il suo olfatto, facendole venire un’acquolina in bocca imbarazzante.
- Fino a quando non mi hai piantata in asso per riprendere la tua battaglia contro le forze del male.- la voce di Ruby, stavolta, le giunse assai più attutita, confusa nel chiacchiericcio allegro dell’Autogrill discretamente affollato: spazioso ma anche intimo grazie all’atmosfera calda che lo saturava, ospitava una ventina di tavolini circolari in legno scheggiato, attorno ai quali c’erano sedute persone di tutte le età, intente a leggere il giornale, a sorseggiare caffè o a discutere con qualche conoscente. Era stranissimo pensare che fossero tutti dei Lupi Crescenti, visto come, dall’esterno, sembrassero perfettamente normali.
- Se ben ricordo, non ti avevo promesso un anello al dito.- replicò Prince, aspettando sulla soglia perché Ruby potesse entrare, nonostante la Licantropa sembrasse decisa a restare lì dov’era fino a discussione ultimata. - Hai sempre saputo che sarei andato via non appena avessi avuto notizie della Profezia.-
- Certo, ma non che saresti ricomparso solo per chiedermi favori.- sibilò Rubyna, la voce calma che tradiva, suo malgrado, un acre risentimento. Demi ascoltò distrattamente quelle parole e pensò che la signorina Tresbonne fosse un tantino più rancorosa rispetto a quanto non si sforzasse di apparire. Nonostante questo, non si sentì di giudicarla: Prince sapeva essere un vero idiota quando ci si metteva e, probabilmente, a posto di quella ragazza, anche lei si sarebbe sentita abbandonata e usata. - Ad esempio per farmi spedire qualcuno del branco sulle tracce di Damon Salvatore, per bisbigliargli nelle orecchie l’esistenza di una nipotina a Mystic Falls, o di contattare il tuo fratellino per farla attirare in Biblioteca, lì dove Hugo, Todd e Scott avrebbero potuto spingerla a rivelare i suoi poteri mentre tu eri nascosto in un cespuglio a spiare.-
Demi si voltò di scatto, trucidandolo con lo sguardo: ricordava perfettamente il terrore di quella notte, durante la quale, assieme a Sheila, era stata aggredita ed ispezionata da tre Licantropi, i quali erano stati ridotti in polpette da Damon appena in tempo, quando lui era arrivato a salvarla.
In realtà, era stato così che aveva incontrato per la prima volta il vampiro ed iniziato la sua tormentata, appassionata relazione con Nick, ma non aveva la minima intenzione di dare a Prince il minimo credito per questo:
- TU! Hai rischiato di farmi ammazzare solo per mettermi alla prova?- ringhiò, sconcertata.
- Esatto, tesoro.- annuì lui, come se se ne stesse vantando: - Ed ho pregato che la Prescelta fossi tu per tutto il tempo, credimi. Eri davvero troppo, troppo bella.-
- WAAAARGH!- ficcandosi i pugni in tasca per non doverne rifilare un paio su quella faccia odiosamente orgogliosa di sé, la figlia di Elena voltò le spalle ai due ex amanti e si allontanò in fretta verso il centro del salone, riuscendo a distinguere tra le loro successive battute soltanto un ‘’Ho fatto ciò che dovevo per ripagarti’’.
Schiumante d’ira ed intenta a fissarsi i piedi con ostinazione, senza accorgersene, incrociò il tragitto di qualcuno e finì con l’andare a sbatterci rovinosamente contro: si trattava di un ragazzo che trasportava un vassoio e che, perdendo l’equilibrio nell’impatto, aveva fatto cadere una tazza sul pavimento e rovesciato il contenuto di un’altra sulla maglietta di un cliente.
- Oh no! Che disastro!- gemette Demetra, sentendosi terribilmente in colpa. Senza esitare, saltò nuovamente in piedi e porse la propria mano al cameriere che aveva investito, per aiutarlo a tirarsi su: doveva avere più o meno una ventina d’anni ma il suo aspetto dolce e gracile gli dava un’aria più infantile, quasi efebica. Era magrolino, alto, indossava una camicia con la brioche dell’autogrill disegnata sul taschino ed era piuttosto pallido, con corti capelli castano chiaro che gli incorniciavano la fronte sudaticcia. - E’ stata tutta colpa mia! Scusami…- aguzzando la vista, Demi adocchiò un nome impresso sul suo cartellino identificativo. -… emh, Aiden! Sono mortificata.-
 
 
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Aiden sembrava volerle dire di non preoccuparsi ma qualcosa gli fermava le parole in gola, un sentimento che, a giudicare dai suoi occhi verde acqua spalancati, doveva essere molto vicino alla paura.
- Incredibile quanto tu possa essere incapace, ragazzo.- una forte voce maschile, suadente ma spocchiosa, attirò l’attenzione di entrambi, e Demi si ritrovò faccia a faccia con il cliente che era stato innaffiato. Dannazione se era grosso. No, anzi, era enorme: le sue spalle erano larghe come quelle di un nuotatore professionista ed ogni pettorale, ora particolarmente evidente sotto la maglietta bagnata di caffè, era paragonabile ad una bistecca. Le braccia erano nerborute e quell’aspetto massiccio faceva sembrare il soggetto più vecchio almeno quanto Aiden sembrava più giovane. A guardarlo in faccia, però, dimostrava pressappoco la sua stessa età. Era biondo, con i boccoli che gli sfioravano la base del collo e la barbetta, le iridi striate di celeste che mandavano lampi:
 
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- A volte mi chiedo perché ti permettano di stare ancora nel nostro branco. Guarda che schifo!- sbraitò, indicandosi sdegnato gli indumenti macchiati.
- Mi dispiace, Oliver, non avevo intenzione di…- nel panico, Aiden cominciò a raccattare i cocci della ceramica finiti per terra e provò ad asciugare il lago sul tavolino con un lembo del proprio grembiule. Demi provò una pena infinita per lui ma quelli che dovevano essere gli amici di Oliver, un terzetto di ragazzi muscolosi quasi quanto lui, scoppiarono a ridere malignamente. Quando Aiden, rosso fino alla punta delle orecchie, estrasse un fazzoletto ed ebbe l’infelice idea di tamponare la maglietta del biondone, quest’ultimo gli diede una spinta per allontanarlo da sé:
- Toglimi le mani di dosso!- urlò, come se il cameriere fosse affetto da una malattia infettiva. La Salvatore notò che qualcuno, nelle vicinanze, aveva smesso di pensare agli affari propri e si era messo in ascolto e, irritata dalle continue risate delle mascotte di Oliver, digrignò i denti:
- Hey, stava soltanto cercando di rimediare. Non c’è bisogno di trattarlo così.- sbottò, senza riuscire a trattenersi, mettendosi tra Aiden ed il bullo. Quest’ultimo dovette abbassare la testa di qualche centimetro per guardarla negli occhi ma, quando lo fece, il suo cipiglio non si addolcì.
- Togliti di mezzo.- le intimò. - Non è ancora caduto così in basso da doversi far difendere da una femminuccia. O sì?- seguirono altre grasse risate, mentre Demi si sentiva arrossire. Di rado aveva rimpianto il fatto di avere delle capacità magiche finalizzate esclusivamente all’autodifesa, ma questa era una di quelle volte. Avrebbe voluto poter cancellare dal volto di quel pallone gonfiato il suo ghigno prepotente, fargli vedere come ci si sentiva ad essere umiliati in pubblico. Nonostante le cose si stessero mettendo male, la ragazza non si spostò di un millimetro, facendo perdere la pazienza ad Oliver: - Ti ho detto SPOSTATI!-
- Altrimenti?- carezzevole come una sciabolata, la voce di Prince sfiorò l’orecchio di Demi assieme ad un fruscio, segnale che il maggiore dei Mikaelson si era materializzato al suo fianco in un battibaleno, per darle manforte.
Il tempo sembrò fermarsi dopo quell’affermazione di sfida e la ragazza vide Oliver sbarrare le palpebre, colto alla sprovvista, assieme a tutti i bamboccioni della sua gang. Nonostante fosse perennemente indispettita dalla presenza del principe, Demi non poté fare a meno di godere del fatto che avesse preso le sue difese, scatenando quella reazione agghiacciata in chi, fino ad un istante prima, era pronto a sottomettere ingiustamente il prossimo.
Per la prima volta nella sua vita, si sentì felice di averlo accanto.
- Mikaelson.- dedusse Oliver, incrociando le braccia sul petto spropositato per darsi un contegno. Il suo sguardo si spostò a fatica dagli occhi smeraldini ed irremovibili di Prince fino a fissarsi su Demi, traboccante di fastidio: - Lei è con te?-
- Già.- confermò il figlio di Klaus, sornione. - E tu, Oliver Guillotin?- la domanda sorprese Demetra, la quale si voltò ad osservare Prince, soffermandosi sulla linea perfetta della sua mascella contratta.
- E’ stato soltanto un malinteso.- s’intromise Ruby, passando velocissima accanto a Demi per prendere posto vicino al pallone gonfiato ed intrecciare la mano nella sua, con un gesto inequivocabile. Cosa? La Salvatore non riuscì a trattenere il ribrezzo: davvero la Licantropa era attualmente fidanzata con quel tipo? Accidenti, se riteneva di essere stata sfortunata dopo aver frequentato Prince, era passata praticamente dalla padella alla brace. - Oliver si è sempre occupato con impegno della sovrintendenza che gli hai affidato. Era solo furioso. Il clan è tutto per lui, non è vero, Olly?-
Olly?!
Mentre Demi tratteneva un conato, intuì il senso di ciò che aveva sentito dire al principe poco prima: evidentemente Ruby era stata ricompensata per i suoi servigi, perché Prince aveva raccomandato il suo nuovo fidanzato al comando provvisorio del branco, facendogli sbaragliare la concorrenza. Di sicuro, per saldare il debito, lui doveva averle creduto sulla fiducia ma, al momento, non sembrava troppo convinto di aver fatto la scelta giusta.
E aveva ragione.
- Mi sembra assurdo ricevere ramanzina sul mio modo di comportarmi coi Crescenti dalla causa di questa situazione.- inveì infatti Oliver, spingendosi oltre, evidentemente umiliato nel suo orgoglio di macho dal timore che Prince sapeva incutere a tutti i presenti con una sola occhiata. Mentre faceva un passo in avanti, aveva gli occhi iniettati di sangue e l’aria di chi si è fatto prendere la mano dal senso di autorità, finendo con il dimenticare tutto il resto: – Sei tu ad aver convinto Eve a scappare, lasciandoci senza una guida, lei aveva intenzione di trovare te! E sei TU che l’hai nascosta, così che non potesse rispondere alla giustizia che il branco riserva ai disertori!-
- E sei tu quello che vedrà la testa schizzargli via dal collo tra 3, 2…-
- NO!- nuovamente, Rubyna si frappose tra i due, con il petto che si alzava e si abbassava frenetico. Demi si sentiva elettrizzata dalla paura di ciò che sarebbe potuto accadere, Aiden tremava come una foglia.
Tutto il locale aveva gli occhi puntati su di loro.
Prince aveva le pupille enormi, il suo viso era una maschera immobile e letale.
Era lampante come le accuse che gli erano state rivolte e la misteriosa punizione che Oliver riteneva giusto applicare al peccato di Eve lo avessero fatto andare fuori dai gangheri. Era davvero, davvero incazzato.
E l’idea che tutto quel trambusto si fosse scatenato a causa sua logorava Demi. Il povero cameriere era stato umiliato, Oliver aveva dimostrato il peggio di sé, Ruby sembrava pronta a svenire e Prince ad uccidere.
Il fatto che le sue mani si macchiassero di sangue, in particolare, le dava i brividi, e fu per questo motivo che si permise di sfiorargli il gomito con le dita:
- Prince.- gli sussurrò, con il cuore in gola. Lui non reagì ma, in qualche modo, la Salvatore seppe che la stava ascoltando: - Prince, non farlo. Non ne vale la pena.-
Seguì un lungo, denso silenzio carico di tensione.
Poi, lentamente, come una statua di ghiaccio sottoposta ad una fonte di calore piccola ma incessante, il principe sciolse la propria rigidità muscolare e, stupefacendo tutti, Demi in primis, abbassò il braccio, abbandonando la posizione d’attacco.
- Se ti vedo ancora, sei morto.- sibilò ad Oliver, velenosamente, accennando all’uscita. Sia il biondone che i suoi amici deglutirono, arretrando, poi se la diedero a gambe, sbattendosi la porta alle spalle, così forte da farne fremere gli intarsi in vetro.
Rubyna, mozzafiato persino con gli occhi lucidi traboccanti di lacrime trattenute, scoccò un’ultima occhiata truce al figlio di Klaus, poi passò in mezzo a loro, curandosi di assestare una violenta spallata a Demi, e seguì fuori il suo fidanzato.
La Salvatore si strofinò silenziosamente la parte colpita, non troppo convinta di esserselo meritato, visto che era stata lei a fermare la decapitazione istantanea della sua dolce metà, ma decise di non prenderla sul personale; al contrario, si girò per sorridere a Prince, come per fargli i complimenti.
- Sarebbe stato un peccato sporcare la moquette.- precisò lui, sistemandosi il colletto e scrollando appena le spalle. - Il proprietario mi avrebbe bandito da questo posto a tempo indeterminato e io sarei morto di crepacuore al pensiero delle sue brioches perdute per sempre.-
- Ah, ben detto!- concordò qualcuno alle loro spalle. Avanzando verso di loro, un giovane di bell’aspetto attirò la loro attenzione: aveva una capigliatura folta, scura come cioccolato fondente, ed una barba curata dello stesso identico colore, un’andatura spigliata ed una certa confidenza con se stesso che infondeva sicurezza in chi lo guardava. La sua camicia da boscaiolo dalle maniche arrotolate era contrassegnata dal simbolo dello staff del locale e c’era anche un grembiule macchiato di marmellata legato attorno alla sua vita. – Soltanto Prince Mikaelson poteva fare il suo ingresso a New Orleans minacciando di morte e sfilando il trono da sotto al sedere di quel dittatore di Oliver Guilliotin in meno di un quarto d’ora. Abbastanza impressionante!-
Continuando ad avvicinarsi, porse la mano al figlio maggiore di Hayley Labonair e, quando quest’ultimo l’ebbe afferrata, i due si strinsero in un abbraccio fraterno:
- Non avrei potuto farlo senza un valido aiuto.- gli fece presente il principe, allontanandosi appena per accennare a Demi. Il nuovo arrivato improvvisò un mezzo inchino e le rivolse uno sguardo comprensivo:
 
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- Sono Jackson Kenner, proprietario del Croissant. Tu devi essere la Prescelta.- si presentò, educatamente, cercando conferma negli occhi di Prince. Demi lo trovava così simpatico da sorvolare sul fatto che odiasse farsi identificare con quell’epiteto. Jackson sorrise, poi batté le mani, ordinando ad Aiden di apparecchiare un tavolo per tre persone: - Prego, lascia che ti dia il benvenuto in città nel modo migliore che conosco…- disse il proprietario, spostando una sedia per farle posto. -… non potrai dire di essere davvero stata a New Orleans finché non avrai assaggiato la specialità della casa.-
E Demi, con lo stomaco brontolante e la curiosità traboccava da tutti i pori, si accomodò.
 
***
 
- Non ho mai mangiato niente di più delizioso.- sospirò la Salvatore dopo svariati minuti, con le labbra impiastricciate di zucchero a velo e le dita rese appiccicosissime dalla crema strabordata dalla sua brioche. Mentre le sue papille gustative cantavano, le parve quasi di sentirsi di nuovo bambina, felice come quando, prima di andare a scuola, l’attendevano le magnifiche colazioni preparate da Stefan, il lieve profumo delle sue frittelle e il sapore dello sciroppo fruttato con cui erano soliti farcirle. Un’ombra di nostalgia le oscurò lo sguardo, mentre il pensiero dei suoi genitori e della sua casa le riapriva una ferita ancora fresca nel petto: si erano accorti della sua fuga? Erano in pena per lei? Si sentivano in colpa per ciò che era accaduto nella radura accanto a casa Donovan, dove Rebekah l’aveva trascinata per poi svelarle il loro più grande segreto? Sarebbero mai tornati ad essere una famiglia o il loro legame era stato ormai logorato in modo irreparabile?
- Ah-ah! Che ti avevo detto?!- esultò Prince, con la bocca piena di marmellata, riportandola alla realtà. Era buffo, quasi tenero, quando mangiava, sembrava un ragazzino, gli occhi gli risplendevano di goduria: - Se avessi ricevuto un dollaro per ogni volta che ho avuto ragione su qualcosa, il mio conto in banca conterebbe…-
-… un dollaro?- concluse Jackson al posto suo, punzecchiandolo. Quando Prince rimase a bocca aperta, interdetto, sgonfiandosi come un palloncino bucato, il padrone del locale ridacchiò sommessamente e anche Demi rischiò di soffocarsi con l’infuso ai frutti di bosco che stava sorseggiando.
- Effettivamente potrei aver fatto un errore ad affidare il comando del branco ad un perfetto sconosciuto solo perché la mia ex me l’aveva chiesto per favore.- acconsentì il figlio di Klaus con un’alzata di spalle, mentre acchiappava al volo un’altra brioche da sbranare. Non aveva avuto la testa di Oliver, magari sperava di rifarsi strappando a morsi più involucri di pasta sfoglia possibili: - Dannazione. Ruby è sempre stata intelligente, non capisco come possa avermi raccomandato un simile cavernicolo ed ancor meno come possa esserci finita a letto.-
- Magari i suoi gusti in fatto di uomini sono sempre stati un po’ discutibili.- suggerì Demi, dandogli una gomitata giocosa. - Mmh?!-
- Bazzecole.- sbuffò Prince, piccato, sequestrandole sotto il naso il blocco di burro che lei si stava amorevolmente spalmando sul pane tostato. Quando Demetra protestò e cercò di riprenderselo con la forza, inscenarono una breve lotta di calci e pizzicotti che Jackson si gustò grattandosi il mento barbuto, affascinato. Quando, con un atterraggio di fortuna, una zuccheriera volante fu intercettata giusto in tempo dalla presa di Aiden, che si era avvicinato di nuovo al loro tavolo per rifornirlo, i due ci diedero un taglio. Facendosi serio, anzi, Prince rimase in silenzio ad osservare il cameriere mentre si allontanava mogio mogio: - Ha fatto troppi danni tra i Crescenti, quel Guillotin?- domandò infine a Jackson.
- Ha maltrattato un po’ tutti, se è quello che intendi. Quelli che hanno provato a dirgli di darsi una calmata hanno ricevuto una lezione dai suoi scagnozzi, poi hanno smesso di opporsi.- rispose quest’ultimo, gravemente.
- Avresti dovuto avvisarmi di quello che stava accadendo.- lo rimproverò Prince, lapidario. La figlia di Elena si stupì nel capire che, in realtà, forse c’era qualcos’altro che gli stava a cuore, a parte la vendetta.
- Non sei stato l’unico a fidarti della persona sbagliata.- si difese Jack, amareggiato. - Lo sai, io sono sempre rinchiuso in questo posto a lavorare, non ho molti contatti con ciò che succede al Bayou, e Ruby si è data molto da fare per farmi credere che fosse tutto a posto. I miei clienti, come ti ho detto, erano troppo spaventati per parlare ed io sono venuto a sapere ciò che succedeva solo poco tempo fa, quando finalmente Aiden ha trovato la forza di confidarsi.- lanciando uno sguardo furtivo al ragazzo, che al momento si trovava dietro al bancone ed era intento a lucidare l’argenteria con uno straccio, il padrone del Croissant scosse il capo. - La violenza, purtroppo, è l’unico linguaggio che i bulli senza cervello siano in grado di capire. Ma con il povero Aiden, se vuoi saperlo… Oliver è stato particolarmente cattivo.-
- Perché mai?- domandò Demi, impietosita. - Sembra un tipo così perbene. Non farebbe del male ad una mosca. Perché rendergli la vita un inferno?-
- Perché è gay.- rispose Jackson, desolato. Demi spalancò gli occhi azzurro cielo, incredula: possibile che neanche il mondo sovrannaturale fosse esente da quelle pessime, ridicole ed inutili discriminazioni? Quale diritto aveva un troglodita come Oliver di sentirsi migliore di qualcun altro? Se le fosse stato possibile tornare indietro nel tempo, quantomeno Demi gli avrebbe sputato in un occhio. - E si dà il caso che il suo fidanzato sia anche un vampiro.- completò Jackson, a bassa voce.
Nonostante fosse di nuovo arrabbiata, la Salvatore non poté fare a meno di notare il lampo di gioia repentina e sinistra che brillò negli occhi di Prince a quelle parole:
- Ma è perfetto!- asserì quest’ultimo, battendo vittoriosamente un pugno sul tavolo. Mentre sia la ragazza che Jack rimanevano perplessi, Prince fece un cenno ad Aiden, intimandogli di accorrere, e lui, intimidito, per poco non si spruzzò sul naso con lo spray lucidante. Non appena fu a portata d’orecchio, il principe lo abbagliò con un sorriso accattivante: - Qual è il nome del tuo bel ragazzo vampiro, amico mio?-
Aiden boccheggiò, incerto, mentre le sue guance perdevano ogni sfumatura rosata. Guardò Jackson con aria tradita ma alla fine, probabilmente per paura di inimicarsi un soggetto ancora più pericoloso di Oliver, cedette:
- Josh. Joshua Rosza.- mormorò, torcendosi le mani.
- Molto bene.- annuì Prince in tono affabile. Demi stava per intromettersi per chiedergli a che razza di gioco stesse giocando, ma lui la anticipò, rivolgendosi nuovamente ad Aiden: - Pensi che il signor Rosza sarebbe disposto a fare un piccolo favore, in tutta segretezza, alla stessa persona che, poco fa, ha spodestato a calci nel sedere l’odioso aguzzino del suo fidanzato?-
Colto alla sprovvista, il giovane cameriere riprese un pizzico di colore:
- Credo… credo di sì. Sì.- balbettò, rilassandosi un po’. In fondo al suo sguardo, Demi vide farsi strada un moto di genuina gratitudine per il suo salvatore: - Di che genere di favore si tratta?-
- Ho bisogno che un vampiro mi aiuti ad intrufolarmi alla corte di Marcel Gerard.- disse Prince, modulando la propria voce per far sì che, ad ascoltarlo, fossero solo loro tre. - Per farlo, ho bisogno della massima riservatezza. Se il Re dei vampiri sapesse che sono in città, vorrebbe accogliermi con tutti gli onori. Organizzerebbe pacchiani festival jazz e ricevimenti formali, tutte cose che vorrei assolutamente scansarmi. Niente potrebbe distoglierlo dal suo desiderio di rispettare le tradizioni quanto l’effetto sorpresa.-
- E cosa saresti tu, una specie di star?- si lasciò sfuggire Demi, inarcando un sopracciglio e immaginando una processione di vampiri festanti portare Prince in trionfo per le strade di New Orleans, suonando le trombe e seminando coriandoli al suo passaggio.
- Klaus Mikaelson ha reso Marcel ciò che è oggi.- spiegò lui, asciutto. - Lo ha preso con sé quando era solo un adolescente povero e privo di punti di riferimento e lo ha vampirizzato, insegnandogli cosa fosse il potere e come ottenerlo. Marcel lo temeva e lo venerava come un dio e, per qualche motivo, è convinto che io sia la sua reincarnazione. Una volta, fargli visita ed essere trattato come un sovrano per tutto il tempo era divertente. Ma comincia a diventare seccante quando la gente ti guarda in faccia e, in realtà, non è te che vede, ma il fantasma di tuo padre.-
Demi si sentì punta sul vivo da quell’affermazione e distolse ostentatamente lo sguardo.
Eccome se lo capiva.
Per tutta la vita, senza saperlo, era stata la prova vivente che Damon Salvatore era esistito per desiderare, amare e perdere Elena. Tutti, nel guardare le sue iridi cristalline di bambina innocente prima e di donna in fiore poi, avevano riconosciuto quelle identiche del vampiro.
Tutti, attraverso lei, avevano sentito la sua mancanza, persino la stessa Demetra, che non l’aveva neanche mai conosciuto.
- Josh conosce benissimo il castello di Marcel ed è anche una delle sue guardie del corpo. Per lui sarà un gioco da ragazzi aiutarvi ad eludere la sorveglianza.- Aiden sembrava pronto a contattare il suo ragazzo per avvisarlo, quando si interruppe bruscamente, sospettoso: - Non gli accadrà nulla di male, vero? Non si tratta di alto tradimento o di roba del genere? Perché, in tal caso, non ho intenzione di mettere in pericolo la sua vita.-
- Il caro Joshua non sarà mai collegato alla nostra infiltrazione.- assicurò Prince, mellifluo. - Se accetterà di aiutarmi, farò in modo di evitargli guai.-
Il cameriere lo fissò dritto negli occhi e, per la prima volta, il sentimento che provava nei confronti di Josh bastò a farlo sembrare forte, rispettabile, fermo sulle proprie posizioni, e non più fragile ed impaurito.
- D’accordo.- acconsentì alla fine, decidendo di fidarsi. Dalla tasca dei pantaloni estrasse un cellulare, poi fece un cenno di congedo a tutti loro: - Con permesso.- bisbigliò, poi sparì.
Mentre Aiden si allontanava a grandi passi, Jackson emise un versetto con la gola per far sì che Prince concentrasse la propria attenzione su di lui.
Sembrava infastidito:
- Che sta succedendo?- gli domandò a bruciapelo, gli occhi scuri velati di preoccupazione. - L’ultima volta che ti ho visto, dicevi di volerti prendere una pausa da Marcel e dalle sue feste strampalate. Dagli eccessi della corte, dal sangue, da tutto ciò che ti distraeva dalla tua missione.- Demi aguzzò le orecchie, sull’attenti: non sapeva nulla di ciò che riguardava quelle celebrazioni ma, a quanto sembrava, non dovevano essere un argomento che i due amici affrontavano con piacere. - Che cos’è cambiato, adesso?- incalzò Jackson.
- Niente.- fece prontamente Prince, sbattendo le palpebre, angelico. – Voglio ancora evitare di sballarmi e di fare tutte quelle pagliacciate da reali.-
- Ma non vuoi evitare Marcel.- precisò Jackson, senza farsi fuorviare.
- Ho bisogno di lui.- ringhiò Prince, messo definitivamente alle strette. Con grande stupore di Demi, il biondo si mise una mano sul viso, in un anomalo segnale di stanchezza. – Si tratta di mio fratello, Jack.- si lasciò scappare, lentamente, come se ogni parola gli costasse uno sforzo immane.
- Nick?- chiese Jackson, drizzandosi sulla sedia, confuso.
Sentire pronunciare il suo nome provocò un grosso senso di vuoto nel petto della Salvatore: era come se qualcosa di oscuro e inanimato avesse di nuovo preso vita nella sua gabbia toracica, succhiandole via ogni briciola di felicità e rendendola una specie di marionetta dalle emozioni congelate.
- E’ stato morso da un’Ombra.- rivelò Prince, atono, senza troppi preamboli. Dalla porzione di braccio lasciata scoperta dalla camicia a quadrettoni di Jackson, Demi vide la pelle del giovane proprietario accapponarsi all’istante. - Perderà la sua anima e diventerà schiavo di Sophie per l’eternità. L’unica speranza che ho di impedire che questo accada è aprire il sepolcro di Luinil e, per farlo, avrò bisogno dell’aiuto della Reggente in persona. Ma lo sai, le streghe, a New Orleans, non possono compiere incantesimi senza il consenso di Marcel. Ecco perché devo incontrarlo.-
- Ma non è più Marcel ad occuparsi di queste faccende!- esclamò Jackson, affannato.
- Come sarebbe?- sbottò il principe, irritato come un gatto a cui hanno appena pestato la coda.
- Da quando te ne sei andato via, alcune cose sono cambiate.- chiarì l’altro, dondolandosi sul posto per scaricare il nervosismo. - E’ arrivata una donna a palazzo, una straniera. Pare che, dopo aver fatto il suo ingresso, abbia incantato tutti i presenti con la sua bellezza e che, a rimanerne particolarmente stregato sia stato proprio il buon vecchio Marcel. Dopo qualche tempo, i due hanno intrecciato una relazione. La faccenda ha suscitato un certo scandalo, all’inizio, ma poi i collaboratori del Re hanno dovuto accettare il fatto di essere stati scavalcati da questa vampira misteriosa ed inarrestabile. Nel giro di pochissimo, lei è diventata la sua favorita e, al momento, seppur non ufficialmente, è la Regina di New Orleans. Si dice che, per motivi che restano ignoti, abbia insistito per concentrare nelle proprie mani il controllo della magia praticata entro i confini della città, e che Marcel glielo abbia concesso. Se vuoi il permesso di aprire una tomba con l’aiuto di una strega, è con lei che dovrai scontrarti.-
- E com’è che si chiama, quest’adorabile donzella?- borbottò tra i denti Prince, cercando di mascherare come non fosse affatto contento di quell’improvviso cambio di programma.
- Ha un nome insolito. Te l’ho detto, non è di queste parti. Hanno dovuto inglesizzarlo per renderlo più facile da ricordare.- rispose Jackson, mordendosi il labbro inferiore mentre si impegnava a farselo venire in mente. – Se non sbaglio era… Petrova. Katerina Petrova. Ma sta’ tranquillo, a corte si fa chiamare semplicemente Katherine.-
 
























 

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TADAAAAAAAAAAAAAAAAAN!
Salve a tutti, miei adorati, eccomi qui con il tanto atteso capitolo 1°! <3
Scriverlo è stata davvero un’avventura assurdamente lunga e complicata, infatti le prime 17 facciate sono rimaste ferme nel documento di Word per un anno e mezzo prima che l’ispirazione tornasse a farmi visita! Ogni volta che provavo ad aggiungere una scena senza essere veramente carica, sentivo di stare facendo qualcosa di innaturale e, inevitabilmente, finivo con il rimandare.
Ho ripreso in mano il mondo di Demi con un piacere che non credevo sarei stata ancora capace di provare e non vedo l’ora di sapere cosa ne pensate di questo bel mattone che, alla fine, sono riuscita a partorire! Se volete fare un favore a me e alla storia, inseritela tra i preferiti o tra i seguiti, passate parola, commentate… solo così riusciremo a far sapere a tutta la ‘’DD family’’ che WE’RE BAAACK AND SO READY TO PLAY! <3
Cosa ne pensate di New Orleans? Curiosi di conoscere il resto del Clan della Luna Crescente? Vi sono piaciute le interazioni dei Princetra? Vi erano mancati gli altri personaggi? Cosa pensate che combinerà Damon nel tentativo di seppellire Rebekah? Siete emozionati all’idea di rivedere la Queen K. alla corte di Marcel, in carne ed ossa?
Spero di non avervi delusi e di potervi regalare infinite emozioni con questo nuovo volume del Diario… non vedo l’ora di farvi scoprire cosa accadrà nel prossimo capitolo!
Un bacio e a presto!
 
***** Per informazioni e domande, come al solito:
 https://www.facebook.com/IlDiarioDiDemiSalvatore?ref=hl
 ask.fm/IlDiarioDiDemiSalvatore
 
 Evenstar75 <3

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Capitolo 3
*** It’s the price of love ***


It’s the price of love
*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*


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Cap38, VOL. 1:

Will: Si dice che la Piuma Nera sia in grado di disintegrare
anche il sortilegio oscuro più potente,
assorbendo dentro di sé ogni singola traccia di tenebra.
Sheila: Perciò… volete sfruttarla per strappare
il veleno d’Ombra dall’anima di Nick?
Will: Se c’è una sola medicina al mondo che possa ancora salvarlo,
è contenuta in quella lama.
 
Prince: E’ proprio per il suo bene che verrai con me.
Demi: Dove?
Prince: A New Orleans.
 
Cap2, VOL. 2:
Prince: Tra qualche minuto arriveremo ad una stazione di servizio
al confine con la città verso cui siamo diretti.
Eviterai di combinare guai e farai tutto ciò che ti ordinerò di fare senza lagne, poi ripartiremo.
Demi: Farò la brava… se tu accetterai di parlarmi di Monique nel frattempo.
*incidente*
 
Ruby: Monique?! Cavolo, non posso credere
che dopo tutto questo tempo
lei sia ancora un argomento così tabù.
Prince: Lei è… Ruby, una mia vecchia… amica.
E ti ha portato l’Elixir, una pozione rarissima,
che renderà inoffensivo il tuo Stigma per un po’.
*Demi la beve, poi perde conoscenza*
 
Ruby: Stesso identico copione, proprio come ai vecchi tempi, eh, Prince?
Eccoti qua, a combattere contro il tuo destino dannato,
al fianco di una pulzella affascinante che finirà per friggerti il cervello.
Prince: Lei non ha niente in comune con Monique.
Niente di niente.
 
Flashback:
Prince: I tuoi Antenati sono morti, Monique,
ed una delle loro commissioni finirà per uccidere anche te.
Ho bisogno che tu viva.
Che tu sia insieme a me, quando sarà tutto finito.
*Prince e Monique si baciano ma poi lei lo lascia solo*
 
Sheila: ‘’Il sangue di vampiro è noto per le sue eccezionali qualità rigenerative.’’
Will: Non c’è cura che possa impedire alla sua anima di sgretolarsi,
niente a parte la spada di Luinil. Col sangue di vampiro
Nick sarebbe più in forze, ma… nulla di più.
Sheila: E’ il meglio che abbiamo da offrirgli.
Damon *al telefono*: D’accordo, sto arrivando.
E anch’io devo chiederti un favore.
 
Prince: Qual è il nome del tuo bel ragazzo vampiro, amico?
Aiden: Josh. Joshua Rosza.
Prince: Ho bisogno che il signor Rosza mi aiuti
ad intrufolarmi alla corte di Marcel Gerard.
 
Jackson: L’ultima volta che ti ho visto, dicevi di volerti prendere
una pausa da Marcel e dalle sue feste strampalate.
Prince: Sai che le streghe, a New Orleans,
non possono compiere incantesimi senza il consenso di Marcel.
E si dà il caso che io abbia bisogno dell’aiuto
della Reggente in persona per aprire il sepolcro di Luinil
e prendere la Piuma Nera.
 
*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*
 
 
 
 
 
- Vieni pure da questa parte… umh, Demi? Posso chiamarti Demi?- mentre incoraggiava la Salvatore a seguirlo nella penombra, la voce gentile di Jackson risuonò lungo un infinito corridoio dall’aria trasandata. Procedendo rapidamente, i due si ritrovarono al cospetto di una rampa di scale a chiocciola, la stessa che collegava un’ala del Croissant al soprastante appartamento del suo proprietario.
- Certo.- annuì la ragazza, salendo i gradini e guardandosi intorno, curiosa. – Ti devo una colazione, amico. Ed anche un nascondiglio, a quanto pare.-
Jackson le sorrise e fece girare una chiave nella serratura della propria porta di casa, poi le fece cenno di precederlo: davanti agli occhi di Demi comparve un salottino sobrio e poco vissuto, arredato con divani imbottiti color ocra, una lampada dall’aria retrò sistemata alla destra di una poltroncina ed un tavolo impolverato.
Il monolocale era deserto e qualcosa disse a Demi che non c’era nessuna signorina Kenner a condividerne la spoglia comodità, né un fratello o un qualsiasi familiare del giovane. Ogni dettaglio trasudava una solitudine quasi eremitica, del tutto opposta al continuo, allegro brusio che infestava l’Autogril al piano di sotto:
- Figurati.- chiarì Jack, invitandola ad accomodarsi. - E’ meglio che aspettiate qui il ritorno di Aiden e Josh, senza attirare altri sguardi su di voi. Se l’obbiettivo era mantenere segreta la vostra presenza qui in città, forse Prince avrebbe dovuto evitare di mettere in mostra la sua onnipotenza nel bel mezzo del locale, in pieno giorno e con così tanti testimoni nei paraggi.-
- E’ Prince.- commentò Demi con un’alzatina di spalle. - Adora dare spettacolo.- d’un tratto, però, il sollievo che l’intervento del biondo le aveva donato durante lo scontro con Oliver le riaffiorò nella mente, ed il suo tono rassegnato si addolcì un po’:
- Perlomeno, stavolta, l’ha fatto per una buona causa.-
Guardandola tormentare nervosamente tra le dita un cuscino del sofà, Jackson le indirizzò uno strano sguardo:
- Per te.- spiegò, semplicemente. - Lui l’ha fatto per te.-
Mentre, dopo un secondo di esitazione, la ragazza riapriva la bocca per replicare, il soggetto della loro conversazione fece il proprio ingresso nella stanza, facendosi largo a grandi passi e con un ghigno trionfante stampato in faccia:
- Ecco fatto, brontoloni, ho sistemato il casino: ho persuaso tutti i clienti a dimenticare di averci visti, stamattina. TUTTI QUANTI. Ed in un colpo solo!- annunciò, dandosi tutte le arie che una simile impresa poteva ispirare. Demi spalancò la bocca, sinceramente colpita, poi rabbrividì involontariamente, riflettendo sul fatto che, se soltanto fosse stato usato nel momento sbagliato, quello stesso Potere spropositato avrebbe potuto consumarla fino alla morte, facendole fare la fine di un fiammifero bruciacchiato: - AH! Ad un certo punto ho pensato che avrei potuto anche fargli fare anche qualcosa di divertente, come ballare la conga o fare la ola al mio passaggio ma poi…-
-… ti sei ricordato che io campo grazie ai verdoni di quella gente ed hai cambiato idea?- lo anticipò Jackson, mostrandosi ammirato da tanta maturità.
- Nah.- gongolò Prince, strizzandogli maleficamente l’occhio. - Non proprio. Perché non vai a vedere?-
Impallidendo di botto, Jack borbottò qualcosa di simile ad un’imprecazione, poi si precipitò giù dalle scale, ansioso di ripristinare l’ordine nella propria attività; Demi ridacchiò piano, scuotendo appena la testa, ma finse subito di stare tossicchiando quando Prince si girò verso di lei, per non dargli soddisfazione:
- Avresti dovuto lasciare a lui il comando, sai, invece che a Mister Muscolo.- mormorò, cercando di darsi un contegno. Il principe la fissò con attenzione, senza fiatare. – Jackson è buono ed ha un ottimo rapporto con i Crescenti più deboli. In più, ti fidi talmente tanto di lui da lasciarci soli mentre sei impegnato con i tuoi giochetti di prestigio. La scelta mi sembra così ovvia che mi sorprende il fatto che non ti sia venuta in mente prima.-
- Certo che ci ho pensato, tesoro.- ribatté Prince, spolverandosi la maglia con fare altezzoso. – Sfortunatamente, nonostante la sua fedeltà ed il suo carattere lo rendano il candidato perfetto, Jack non ha le carte in regola per fare il sovrintendente. Renderlo il sostituto di Eve non è mai stata una reale possibilità.-
Demi non poté fare a meno di inarcare un sopracciglio:
- Che cos’è che gli manca, scusa? E non dirmi il fisico da wrestler fallito.- fece, sarcastica.
- Non è un vero Licantropo.- chiarì il figlio di Klaus, asciutto, sprofondando nella poltrona lì accanto, acchiappando un libro fra quelli ammucchiati sul bracciolo ed incominciando a sfogliarlo pigramente, nel tentativo di chiudere quella conversazione. Demi, indispettita da quell’atteggiamento evasivo, cercò di pensare ad un modo per attirare nuovamente la sua attenzione ma, accorgendosi di essere a corto di idee, finì con il passare alle maniere forti: gli scaraventò un cuscino dritto in testa, arruffandogli la chioma dorata e scavandogli una minuscola ruga di fastidio al centro della fronte. Dopo averlo caricato a dovere, stava per mettere a segno il secondo colpo, quando Prince si decise finalmente a riaprire la bocca: - Il gene della Licantropia è normalmente recessivo. Perché possa renderti un Lupo a tutti gli effetti, c’è bisogno di attivarlo. Jackson non l’ha ancora fatto e non ne ha la minima intenzione, perciò è fuori da ogni candidatura.-
- Vuoi dire che lui si rifiuta di innescarlo pur sapendo di privare il branco dell’unica guida decente disponibile?- chiese Demi, piuttosto perplessa. - Accidenti. Cosa dovrebbe mai fare di tanto grave per riuscire a scatenare questo ‘’gene’’?-
Mentre mimava per aria le virgolette, Prince le rivolse un’occhiata imperscrutabile, obliqua, con le magnifiche iridi imbevute di un’anomala serietà:
- Non vuoi saperlo davvero, bellezza.- le assicurò. - Per una volta, sforzati di credermi sulla parola.-
La Salvatore si accigliò, con il cervello improvvisamente assalito da mille elucubrazioni contrastanti: che cosa poteva spingere il principe, di solito così diretto da risultare brutale, a parlarle con tutta quella misteriosa reticenza, o una persona altruista come Jackson a rinunciare alla scelta migliore per il suo stesso popolo?
Nonostante il desiderio di risposte le facesse ribollire il sangue, Demetra annuì e sollevò le mani in segno di resa, arrivando a sorprendere persino se stessa:
- D’accordo.- acconsentì, strappando al figlio di Klaus una smorfia esterrefatta. - No, faccio sul serio. Cercare di ficcare il naso in faccende che sarebbero dovute rimanere nell’ombra non ha fatto altro che portarmi guai, ultimamente, ed io sono stanca dei guai. E mi dispiace per prima. Sai, per Monique.- la mascella del ragazzo si contrasse all’istante, ma Demi non smise di guardarlo negli occhi. – Non avrei dovuto insistere così tanto per sapere di più su di lei, mentre eravamo in macchina. Ti ho fatto incazzare ed è stata colpa mia se hai perso il controllo. Avrei dovuto darci un taglio ed intuirlo subito.- stava parlando in fretta, per niente abituata a porgere delle scuse a qualcuno, men che mai a quello sbruffone di Prince Henrik Mikaelson, ma era sincera, e lui sentì qualcosa di pungente stringergli la gola con prepotenza:
- Intuire cosa?-
- Che deve averti spezzato il cuore.- mormorò Demi, con delicatezza. Non aveva nessuna prova del fatto che ciò che aveva appena detto fosse vero, a parte la somma delle proprie sensazioni: quell’inquietudine che aveva letto malcelata sul viso di Prince ogni volta che il nome della nipote di Sophie era stato pronunciato, la sua tendenza a dare di matto pur di evitare quel discorso, la corazza di superficialità che aveva indossato nel presentarle il suo rapporto con Ruby e quel ciondolo perennemente, gelosamente appeso al suo collo… solo adesso lo capiva.
‘’M’’ non stava per ‘’Mikaelson’’.
Quella ‘’M’’ era per Monique.
- Non so perché mi comporto così ogni volta che c’è in giro un mistero.- proseguì Demi, prendendo l’ostinato silenzio del giovane come una sofferta, involontaria conferma. - Forse è perché per tutta la vita ho avuto l’impressione che mi stessero nascondendo qualcosa. Non sopportavo l’ambiguità che circondava ogni frase ed ogni movimento dei miei genitori, così ho sviluppato una specie di curiosità morbosa, una brama di scoprire i segreti ai limiti dell’irritante. Se non ottengo le informazioni che voglio, divento pazza, dico e faccio cose stupide. Tenerti sotto torchio è stata una di queste.-
Prince tacque ancora per un istante, poi mise da parte il volume che aveva improvvisato come diversivo e si raddrizzò sulla poltrona, stiracchiandosi come un gatto ed osservandola concentrato:
- E’ buffo come tu fossi così impaziente di avere tutte le risposte fin da bambina. A volte, l’ignoranza è una tale fortuna!- meditabondo, prese a sfiorandosi la punta del naso con le dita giunte. - I tuoi ti hanno mentito, è vero, ma ti hanno anche fatta crescere come una ragazzina normale per sedici anni. Hai avuto l’affetto di una famiglia, la possibilità di creare amicizie, di giocare nel fango, di mangiare schifezze, di correre all’aria aperta, di credere che sarebbe andata avanti così per l’eternità. Io, invece, ho sempre saputo ciò che ero. Sophie me l’ha inciso addosso, così che non potessi mai dimenticarlo.-
Così dicendo, si scostò il colletto, allungando la stoffa fino all’altezza del petto, là dove era impresso lo stesso Marchio che la strega Deveraux aveva imposto anche su Demi, legandoli insieme e indissolubilmente alla Maledizione della Clessidra.
Con un sussulto, lei si sfiorò la pelle candida sotto l’orecchio, dove il suo Stigma, seppur temporaneamente sopito dall’Elixir, incombeva ancora; d’un tratto, ricordò la mattina in cui l’aveva sentito incidersi nella propria carne e riassaporò il terrore che aveva provato, il senso di smarrimento, la voglia di piangere e di scappare.
Quella volta, in classe, Nick l’aveva difesa dalle angherie di Rebekah e l’aveva portata in infermeria tra le sue braccia, posandole sulla bocca tremante un bacio carico di promesse. Mattie e Sheila si erano prese cura di lei per il resto della giornata e quest’ultima l’aveva persino accompagnata ad una festa, per far sì che si svagasse. Alla fine, quando le cose si erano fatte pericolose, Stefan ed Elena erano corsi a cercarla, folli d’apprensione, e Damon l’aveva avvolta nella propria giacca di pelle nera, per proteggerla dal freddo e farla sentire di nuovo a casa.
Lei aveva avuto tutto il supporto necessario per riuscire a svegliarsi il mattino dopo senza perdere il senno dalla paura.
Ma Prince?   
- Non è giusto che tu abbia dovuto affrontare tutto questo da solo.- bisbigliò tristemente, senza sapere cos’altro dire.
A quel punto, le labbra straordinariamente piene di Prince si distesero in un sorriso amaro, mentre lui punzecchiava col piede un lembo consunto del tappeto:
- Non lo ero.- sospirò, continuando a fissare il pavimento. - Perché avevo Monique.- era la prima volta che quel nome usciva per intero dalla sua bocca: aveva un suono dolce, caldo, intriso di malinconia, passato e rimpianti. Demi trattenne il respiro per non ostacolare il fluire spontaneo di quella confessione: - Quando l’ho incontrata per la prima volta, aveva la mia stessa età. Anche lei era prigioniera di sua zia e, come me, non aveva mai conosciuto suo padre. Sua madre era stata uccisa, lasciandola sola al mondo, con il fardello di un destino molto più grande di lei a gravarle sulle spalle. Eravamo uguali, bloccati nella stessa trappola, noi due. E lei... lei era l’unica.- con quella che parve una fatica estrema, Prince sollevò finalmente lo sguardo per inchiodare quello della Salvatore. - L’unica che potesse capire.-
- Lei ti è stata accanto.- azzardò Demi dopo una breve pausa, flebilmente, come spaventata dall’idea che, per ferirlo, sarebbe bastato anche un tono di voce un po’ più sostenuto. - E ti ha aiutato a scappare.-
Nonostante Prince fosse diverso da Nick come il mare in burrasca dal limpido cielo del mattino, il dolore che tutti e due i fratelli avevano avuto modo di sperimentare nel tempo li aveva resi molto più simili di quanto non fossero disposti ad ammettere: entrambi, sotto la scorza, erano incommensurabilmente fragili, e quella consapevolezza la colpì in pieno stomaco con la forza di un pugno:
- Tu l’amavi.- sussurrò improvvisamente, con un nodo in gola.
Di fronte a quella deduzione così istintiva, il principe rimase immobile a fissarla, gli occhi risplendenti come ghiaccio, senza annuire, senza negare.
- Nessuna sorpresa sul fatto che sia morta, eh?- borbottò poi tra sé, abbastanza forte perché anche lei potesse udirlo.
Ormai l’istinto di allungare una mano consolatrice per sfiorargli una spalla era quasi un impulso violento, ma Demi si morse deliberatamente il labbro inferiore per costringersi a non farlo.
Il terrore di venire respinta era più intenso di qualsiasi altro sentimento.
- Prince, io…-
- Sono riuscito a fuggire, è vero, ed ho avuto tutto il tempo necessario per organizzare la mia vendetta. Ma, così facendo, ho mandato Sophie su tutte le furie.- la interruppe lui, scattando in piedi e dandole le spalle mentre si allontanava; sporgendosi per sbirciare fuori da una finestra, sembrava quasi ricurvo sotto il peso di un enorme macigno: - La ragazza che volevo, mio fratello… erano le sole persone che mi impedissero di mollare. E per punire la mia disobbedienza, la strega maledetta ha fatto in modo che le perdessi entrambe nella stessa notte.-
- Perciò qualcosa di orribile è accaduto e ti senti in colpa per questo.- comprese Demetra, limitandosi ad osservargli la schiena per un lungo istante d’indecisione. Alla fine, si alzò pure lei e lo raggiunse vicino al davanzale. Mentre cercava di guardarlo in faccia, notò che i vetri colorati della finestra, trafitti dalla luce del giorno, tracciavano degli strani, danzanti disegni sui suoi bellissimi lineamenti. - Ma non hai nessuna voglia di ammetterlo ad alta voce. D’accordo, ricevuto. Lo faccio di continuo anch’io: soffro in silenzio, fingo che non me ne importi e poi combino qualche casino. Non c’è proprio nulla di strano in una cosa del genere.-
- Ma…?- sbuffò lui, sospettoso, invitandola con un gesto a continuare quello che pareva un discorso destinato ad avere una conclusione moralistica.
- Ma niente.- completò Demi, scrollando la lunga chioma corvina. - Te l’ho appena detto, ti capisco. Al tuo posto mi comporterei allo stesso modo, forse anche peggio, e non vorrei che nessuno fosse lì per giudicarmi. C’è soltanto una cosa che proprio non riesco a spiegarmi.- Prince si carezzò il mento, in attesa, e Demi ne approfittò per inscenare una smorfia perplessa: - Insomma, t’impegni anima e corpo per sembrare uno schifoso egoista e, voglio dire, per la maggior parte del tempo lo sei… eccome!-
- Che gentile.- si commosse lui, asciugandosi una lacrimuccia immaginaria.
- Eppure ti rifiuti di fare una cosa che potrebbe aiutare solo e soltanto te.- proseguì Demi, senza badare a quel commento. Davanti alla sua espressione interrogativa, lei incrociò le braccia: - Parlo di buttare fuori il rospo, di impedire ai tuoi demoni di controllarti, quando invece dovresti essere proprio tu a rimetterli al loro posto. Credo che dovresti farla finita una volta per tutte e sfogarti.-
- Con te?!-  Prince sembrava sul punto di scoppiarle a ridere in faccia.
- Con qualcuno che sappia come ci si sente. Che conosca il tuo stesso senso di impotenza, di solitudine, perdita e rabbia. Con qualcuno che abbia voglia di starti a sentire.- lo incalzò lei, facendo un passo in avanti con un lampo d’impazienza nelle iridi turchine. L’occhiata che il principe le assestò stavolta fu penetrante, quasi crudele: ogni briciola di ilarità in lui era stata sostituita da qualcosa di diverso, un misto tra stima, diffidenza ed irresistibile intesa. - Se servisse, sarei in grado di ascoltare il tuo racconto e di rimanere muta quanto una delle tele a cui ti piace tanto affidare i tuoi segreti. Puoi mettermi alla prova subito, se vuoi. Oppure puoi guardarmi negli occhi e mentire a te stesso sul fatto che non sia la cosa più giusta da fare.-
- Sono tentato.- confessò Prince, tra il serio e il faceto. – Hai sul serio gli occhi più belli che io abbia mai visto.-
- Grazie, Romeo.- ironizzò Demetra, sbattendo le lunghe ciglia da cerbiatta per un secondo, prima di tornare seria: - Allora?-
 
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Per temporeggiare, Prince si passò una mano distratta tra i riccioli dorati, inanellandosene una ciocca attorno all’indice e beandosi della sensazione che gli provocava il semplice fatto che la ragazza stesse pendendo dalle sue labbra.
- E’ davvero una lunga, luuunga storia.- la avvertì, come se non fosse ancora convinto.
- Tranquillo.- lo rassicurò Demi, prontamente. - Credo di poterla reggere.-
Il figlio di Klaus fissò per un attimo ancora il viso minuto e pallido di Demi, così delicato e innocente rispetto allo spirito indomabile che le bruciava dentro, poi avvertì un ghigno increspargli la bocca mentre, finalmente, realizzava:
- Ma certo.- soffiò, compiaciuto. - Certo che puoi.-
 
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***
 
- Andiamo, compare, puoi farcela… così, da bravo... basta solo un piccolo sorso…- seduta scomodamente sul letto di Nick e concentratissima mentre cercava di tenergli sollevata la testa per evitare che si strozzasse, Mattie avvicinò un calice alle labbra del figlio di Elijah: le aveva provate davvero tutte per convincerlo a bere di sua spontanea volontà, ma lui non aveva ripreso conoscenza se non per urlare tra i denti il proprio dolore, facendole venire voglia di fare lo stesso.
Dall’orlo del recipiente colarono alcune gocce di un liquido scuro e queste ultime andarono a posarsi, brillando come gemme, sulla bocca serrata di Nick, un attimo prima di rotolare giù dal suo mento. Mentre tracciavano su di esso il proprio percorso, bagnandolo di una scia scarlatta, ogni incertezza circa la loro natura scomparve: si trattava senza dubbio di sangue.
‘’Andiamo, Parrucchino.’’ si ritrovò a pensare Damon, disperatamente, sbirciando la scena dall’uscio dell’ampia camera e sistemandosi sul polso lo stesso bottone che, giusto qualche istante prima, aveva slacciato per poter lacerare più facilmente le proprie vene. ‘’Coraggio. Manda giù soltanto un pizzico del mio sangue ed io ti prometto che non mi farò mai più venire voglia di sputare nel tuo flacone di shampoo. Mai più.’’
- Oh, mio dio, guardate!- la voce di Sheila Bennett gli giunse lontana, eppure la ragazza si trovava proprio accanto a lui, a mordicchiarsi ansiosamente le unghie. Il sollievo in quel grido lo rincuorò e la vista di Nick che finalmente si decideva a deglutire fece il resto: - Ha bevuto! L’ha fatto sul serio… ne sono sicura!- esclamò la figlia di Bonnie, scuotendo Will per un braccio, incapace di contenere la contentezza.
Dal bordo del materasso, mentre Eve scodinzolava senza sosta, Mattie annuì, poi rivolse all’amica uno sguardo così emozionato e tremulo da ricordare la superficie marina sotto le prime luci dell’alba:
- Già! L’ha mandato giù come un cicchetto di liquore al cioccolato! E, tanto per mettere le cose in chiaro, facciamo finta che lo fosse davvero, okay?! Altrimenti, puah!, mi sa che rovinerò questo bel tappeto persiano!- seppur brontolante, il tono della biondina tradiva una nuova, speranzosa impazienza: - Ma adesso… oh, per la miseriaccia, e adesso che facciamo?!-

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- Adesso è l’ora di dare qualche spiegazione a Damon.- la scimmiottò il vampiro, imitando la voce femminile della Bennett, quasi per anticipare l’unica risposta che avrebbe tollerato udire in un momento simile. – Prima che Damon dia definitivamente di matto.- aggiunse, quasi confidenziale, posando una mano sulla spalla di Sheila per trascinarla in salotto con sé.
- Parli di te stesso in terza persona.- osservò la ragazza, pensierosa, dopo essersi congedata da Matt con un’occhiata eloquente ed averlo seguito fino ai divanetti, dove avrebbero potuto avere una conversazione a quattr’occhi. - Non è un po’ troppo persino per te?-
Damon indirizzò un ghigno pericoloso, vibrante di tensione inespressa:
- Sai cos’è davvero troppo?- sibilò, all’apparenza divertito ma ormai pronto all’esplosione. - Avere ancora nel cofano la bara di Rebekah Mikaelson e dover già pensare al funerale di suo nipote!-
- Nick non morirà.- ringhiò Sheila, rabbrividendo ed appollaiandosi su un bracciolo, sfinita. - Te l’ho già spiegato.-
- Ah già, che sbadato.- mentre fingeva di assestarsi da solo uno scappellotto, il sarcasmo del fratello di Stefan divenne ancora più velenoso. - Quasi dimenticavo: diventerà uno schiavo delle tenebre, al completo servizio del nemico. Senza anima. Senza controllo. Senza volontà. In effetti, hai ragione: sarà molto peggio che morto.-
 
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- Abbassa la voce.- lo supplicò Sheila, mentre William, con circospezione, quasi obbedendo ad una tacita richiesta della giovane, chiudeva delicatamente la porta che li separava dal resto della casa. Damon lo fulminò, chiedendosi chi diavolo fosse e secondo quale diritto si sentisse degno di assistere a quella discussione privata, poi posò nuovamente lo sguardo sulla Bennett. Quest’ultima, pallida e turbata come non l’aveva mai vista prima, si strinse lentamente nelle spalle, come se volesse proteggersi da una raffica di vento gelido: - Lo so, è terribile. Ed è normale essere sconvolti. Lo siamo tutti.-
Damon, punto sul vivo, fece per protestare, ma i muscoli delle sue gambe agirono prima di quelli della bocca e lui si ritrovò ad assestare un calcio ad un poggiapiedi, ribaltandolo con un gran fracasso:
- Dannazione!- sbottò, allontanando con uno scatto della testa una ciocca corvina che gli era piovuta sulla fronte. Gli sembrava che ogni cosa, intorno a lui, stesse vorticando troppo in fretta, mentre continuava a rivivere la scena dell’attacco nella propria testa: ad un certo punto, nel bosco, era stato colpito ed atterrato contro un albero, finendo alla totale mercé di un’Ombra assatanata. Si era sentito braccato, indifeso, ed aveva avvertito il tanfo della dannazione avvicinarsi, inesorabile, assieme ai passi della creatura. Poi una ragazza aveva strillato e, col cuore in gola, Damon aveva capito che Demi, la sciocca, istintiva, coraggiosa Demi, era andata incontro al mostro pur di cercare di evitargli il peggio.
Ma qualcuno era arrivato anche prima di lei, proteggendoli entrambi a costo della propria incolumità: Nick.
- Non l’ho visto succedere. Credevo che se la fosse cavata. Sembrava stare bene, una bella pettinatina e tutto sarebbe tornato normale…- continuava a farfugliare tra sé, furibondo, avvicinandosi quasi senza accorgersene alla postazione di Sheila, tanto che lei allungò una mano bronzea per sfiorarlo non appena ne ebbe la possibilità, facendolo sobbalzare:  
 
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- Voleva farlo credere a tutti. Non voleva che ce ne preoccupassimo. Per fortuna, Prince se n’è accorto in tempo e l’ha portato qui per tenerlo al sicuro.- la ragazza scrutò attentamente la figura di Damon: avvolto nel suo giubbotto di pelle come in una nera corazza, sembrava più magro, lacero, come se non si fosse ancora ripreso da ciò che il rapimento di Demetra gli aveva fatto passare il giorno prima. Aveva addosso un profumo di menta ed aghi di pino misto ad alcool ed i suoi occhi di cristallo erano inquieti, innaturalmente lucidi. Sembrava saturo, ubriaco di preoccupazioni eppure, anche con quell’aria devastata, rimaneva l’uomo più bello che lei avesse mai incontrato.
- Credi che funzionerà? Il mio sangue?- quando le rivolse quella domanda cruciale, Sheila dovette far appello a tutto il proprio autocontrollo per riordinare i propri pensieri:
- Purtroppo, non abbiamo dei casi precedenti a cui fare riferimento.- mormorò, sforzandosi di tenere bene a mente ciò che le aveva detto Will. Non voleva illudersi né prendere in giro chiunque altro: - Non possiamo esserne certi ma, visto che le proprietà curative dei vostri fluidi non hanno mai fallito prima d’ora, ci sono buone probabilità che rallentino perlomeno il contagio.-
- ‘’Buone probabilità’’.- bofonchiò Damon amaramente, continuando a percorrere l’intera sala con falcate nervose, ripetitive, tanto per tenersi in movimento. - Non è abbastanza! Quel tipo…- con un dito stizzoso, indicò solennemente la stanza di Nick. -… è il fidanzato di mia figlia.-
Sheila trattenne appena il respiro: aveva già saputo della verità che era brutalmente saltata fuori per colpa di Rebekah, ma sentirla venire fuori dalle labbra del vampiro fu comunque uno shock. Per tutta la vita, Stefan ed Elena le erano sembrati la coppia perfetta. L’armonia che si respirava nel Pensionato dei Salvatore era stata parte integrante della sua infanzia e molto spesso la Bennett si era ritrovata ad invidiare la propria migliore amica per questo, per aver avuto una famiglia tanto impeccabile ed un padre che le era stato accanto in ogni momento della crescita.
- Demi ne ha già passate troppe.- imprecò Damon, tormentato, protettivo, come se avesse intercettato le riflessioni della ragazza e ne avesse avvertito tutto il peso. - Sarà distrutta quando lo scoprirà.-
- Solo all’inizio.- assentì Sheila, guardandolo in faccia, ormai determinata a confessargli la verità. - Poi farà ciò che le riesce meglio: mettere il bene di chi ama prima del suo, lanciarsi nella mischia e sfidare l’impossibile pur di averla vinta.-
Con un piede ancora per aria, pronto a falciare l’ennesimo passo, il vampiro si immobilizzò, pietrificato:
- Che cosa stai dicendo?!- non era sicuro di aver pronunciato davvero quelle parole, dato che alle sue orecchie non era giunto alcun suono, ma forse il punto interrogativo comparso a caratteri cubitali nei suoi occhi sbarrati aveva lampeggiato abbastanza forte, perché la figlia di Bonnie rispose:
- Che Demi lo sa già. Che Prince l’ha avvisata nel cuore della notte.- la mascella di Damon s’irrigidì con uno spasmo micidiale e Sheila comprese che, se non gliel’avesse detto in quel momento, non ne avrebbe più avuto la forza: - E che se n’è andata. A New Orleans, insieme a lui. Per recuperare l’unico antidoto.-
 
***
 
- Quindi tutto ciò che volevi era trovare un antidoto per lo Stigma Diaboli, per poi scappare via… con Monique.- riassunse la Salvatore, misurando le parole per permettere anche a se stessa di accettarle: il racconto del giovane le aveva lasciato una sensazione scomoda nel petto, come se, dopo un lungo bagno, si fosse ritrovata ancora più sporca di prima.
E così… Prince aveva amato.
Aveva sognato un futuro diverso assieme a quella che per lui, prima di ogni altra cosa, era stata un’amica, un rifugio ed una confidente.
Quando le aveva parlato del giorno in cui l’aveva conosciuta, nel buio di una cella cenciosa, mentre le grida di Hayley ed Elijah gli rimbombavano ancora nella mente, Demetra aveva sentito il tono del ragazzo farsi più tenero; da quell’istante in poi, non le era sembrato così difficile immaginarsi due bambini orfani farsi da spalla a vicenda negli anni, diventando grandi a poco a poco e sopportando eventi terribili senza mai dividersi.
Prince e Monique si erano voluti bene in gran segreto, senza mai osare confessarselo, ogni giorno un po’ di più, fino a quando quell’affetto non era diventato qualcosa di diverso.
Qualcosa di impossibile da reprimere.
- Volevi che lei scegliesse te.- proseguì Demi, in un bisbiglio.
- Già.- facendo schioccare la lingua, Prince evitò il suo sguardo. Aveva le mani saldamente appoggiate al bordo del davanzale, come se avesse bisogno di un appoggio per continuare a mantenersi dritto sulla schiena. - Ma lei non sembrava volerlo altrettanto.-
- Non ne sarei così sicura.- commentò la ragazza d’impeto, aggrottando la fronte. Turbato, il principe si voltò, invitandola tacitamente a continuare: - Non si trattava solo di te. Quella poverina aveva delle grosse responsabilità, alcune delle quali erano scolpite nel suo DNA. Essere la Reggente era la sua eredità di famiglia e, se gli Antenati erano riusciti a renderla una marionetta, l’avevano fatto sfruttando la sua buona fede, la sua lealtà. Probabilmente si sarà sentita spezzata in due. Tu l’hai baciata ed il suo mondo è andato in frantumi… ha avuto paura.-
- Avrebbe potuto lasciarmi un biglietto.- obbiettò Prince, duramente.
Il ricordo dello sgomento che aveva provato svegliandosi e accorgendosi che Monique era sgattaiolata via, calpestando i suoi sentimenti, non aveva mai smesso di torturarlo.
- Le avresti risposto?- ribatté Demi, inarcando un sopracciglio.
I due si scrutarono sospettosi per un attimo interminabile, poi il figlio di Klaus sospirò:
- Mi aveva tradito.- la sua voce risuonò un po’ arrochita e, immaginando quale sofferenza ci fosse dietro quell’ammissione, Demi si convinse che dentro di lui c’erano delle ferite ancora nascoste, simili ad enormi barili di polvere da sparo, pronte a causare cataclismi al minimo accenno di instabilità. Il rifiuto, l’orgoglio, l’essersi messo troppo in gioco per chi non era stato in grado di ricambiarlo, lo avevano logorato fino a renderlo lo stesso principino irritabile, spocchioso, paranoico e crudele che lei aveva imparato a detestare, ma che, ad ogni parola, si dimostrava sempre più umano: - C’è una cosa che faccio, quando mi sento offeso: mi vendico. Perciò, dopo quella volta, non volli più saperne di Monique. Neanche quando lei cercò di riallacciare i contatti… le dissi che non volevo più vederla. Non volevo parlarle. Volevo soltanto che mi lasciasse in pace. Era finita.-
- E lei?- sussurrò la Salvatore, mestamente.
- Lei era come… impazzita.- il verde delle iridi di Prince era ormai così tetro da ricordare il muschio sulla corteccia di un albero sradicato. - Mi cercava, mi aspettava nei soliti posti e continuava a prepararmi l’Elixir, lasciandomelo nella cella dopo gli allenamenti. Ridussi in pezzi ogni singola boccetta, tranne quella che mi aveva dato prima di lasciarmi... quella no, la conservai, perché almeno mi avrebbe reso la cosa più rapida e indolore.-
- La cosa?- lo interruppe Demi, di colpo spaesata. -… Prince?-
Senza aggiungere altro, come pentendosi di aver detto troppo, lui si limitò ad ammutolire.
Passò un minuto di completo, impenetrabile ed assordante silenzio, poi un altro, e un altro ancora.
La ragazza, confusa, fece scivolare i propri occhi spalancati sulle labbra di Prince, cucite ermeticamente, e sul suo viso marmoreo così giovane ma già segnato dalla tragedia, fino a perdersi nuovamente nello smeraldo travagliato della sua anima.
Proprio lì, cogliendo il lampo funesto nelle sue pupille, trovò la verità, spaventosa come un precipizio e nera come l’oblio… come la morte.
- Oh mio dio.- ansimò. - Oh, dio. Tu volevi… volevi toglierti la vita?-
Il figlio di Klaus inspirò profondamente prima di ammetterlo:
- Sì.- quella conferma così asciutta venne fuori assieme ad un soffio liberatorio e lei l’accolse con un verso d’incredulità. Tuttavia, prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa, lui scosse la testa: - Non capisci. Era l’unica via di scampo possibile, l’unica che riuscissi a vedere. Ero solo un bambino quando Sophie massacrò i miei genitori. Dopo essere stato catturato da lei e Shane, ero sopravvissuto solo grazie alla speranza che, un giorno, in qualche modo, avrei fatto giustizia. Avevo sopportato le torture della strega, gli insulti, le minacce, le botte, il sudore e gli orrori delle visioni perché credevo che, prima o poi, sarei riuscito a scappare e a fargliela pagare. Ma non potevo farcela senza un aiuto magico e questo significava che ero davvero finito: arrendermi era fuori discussione, ma ormai lo era anche fuggire. Senza Monique, non sarei mai riuscito a neutralizzare lo Stigma e, grazie al suo richiamo, Sophie mi avrebbe scovato ovunque. Mi avrebbe riportato in catene… e mi avrebbe punito. Se mi fossi tolto di mezzo, invece, avrei mandato in fumo i suoi piani ed aizzato Rebekah contro di lei.- Demi, ormai, sentiva le ciglia pizzicarle: - Era il massimo a cui potessi aspirare ed ero disposto ad accettarlo. Una sola cosa era certa: non avrei retto un giorno di più.-
- Ma qualcuno ti ha fermato in tempo.- s’intromise la ragazza, senza riuscire a nascondere il sollievo. Mentre ascoltava quelle parole, la luce di uno strano sorriso sfavillò sulla faccia di Prince: 
- Esatto. E si dà il caso che quel qualcuno fosse incazzato nero quanto bianca era la quercia del paletto che stavo per usare.-
 
______________________________________Flashback_______________________________________
 
- Che diavolo credevi di fare?-
Il ceffone di Monique era arrivato così rapido, potente ed inaspettato che Prince era andato a sbattere contro il muro con un tonfo secco, lasciando cadere involontariamente l’oggetto di legno acuminato che reggeva tra le mani, senza riuscire a riacciuffarlo in tempo: quest’ultimo, rotolando pigramente di lato, aveva rivelato la propria fattura antica e preziosa, coperta di ghirigori lungo tutta l’impugnatura.  
Era un paletto.
Un paletto vecchio come il mondo.
E, per la precisione, era l’ultimo fatto di Quercia Bianca ancora in circolazione, lo stesso che Elijah aveva preso in custodia anni prima, per impedire che fosse usato per uccidere Klaus. Era rimasto nella sua casa fino a quando Sophie Deveraux non l’aveva saccheggiata, poi la megera l’aveva nascosto laggiù, nella cantina muffita di quel quartier generale, assieme ai suoi tesori più oscuri.
- RISPONDIMI.- incurante del suo valore inestimabile, Monique aveva spinto quel coso in un angolo con un calcio, poi era tornata addosso a Prince. Un rivolo di sangue era scivolato lungo il mento del ragazzo a causa della sberla, ma la ferita si era rimarginata in un baleno: - CHE COS’AVEVI INTENZIONE DI FARE CON QUELLO? EH?!-
- Bruciarlo. Appenderlo in camera come souvenir. Usarlo come stuzzicadenti.- aveva ghignato lui, per provocarla. - Non sono affari tuoi, tesoro. NON PIU’.-
Così dicendo, il figlio dell’ibrido l’aveva spinta via e, passandosi sdegnosamente la manica della camicia sulla bocca, per ripulirla, si era avviato a recuperare l’arma che avrebbe potuto porre fine alle sue sofferenze.
Prima che potesse raggiungerla, però, Monique era tornata ad affrontarlo:
- Prince...ti prego.- l’aveva supplicato, i riccioli bruni che le ondeggiavano sulle spalle come una pioggia fitta e disordinata. - Ti ho cercato per settimane. Non fai altro che evitarmi… non ce la faccio più. Per favore… parlami.-
- Vedi il problema, Monique?- aveva ribattuto lui, velenosamente, trattandola come se fosse tarda di comprendonio. - Io non voglio parlarti. Non voglio vedere la tua faccia. E di certo non voglio averti tra i piedi adesso. PERCIO’ SPARISCI. E riprenditi questo.- dalla tasca dei jeans aveva tirato fuori il ciondolo che lei gli aveva lasciato accanto prima di andarsene e, dopo averle preso bruscamente una mano, glielo aveva posato sul palmo. - Nel posto in cui sto per andare, non ne avrò bisogno.-
- Non ti lascerò fare sciocchezze.- aveva annunciato lei, senza smuoversi di un millimetro. - Risparmia il fiato, perché non me ne andrò.-
- Ah no? Peccato. Ero convinto che farlo fosse il tuo sport preferito.- aveva sbottato Prince, senza un briciolo di pietà. Era come se il darsi addosso, ormai, fosse l’unico modo rimasto a quei due per sentirsi ancora vicini. - Dopotutto scappi da ciò che provi, da quello che abbiamo vissuto, da chi sei veramente… scappi da tutto, dannazione, tranne che da tua zia. Tranne che con me!-
Si era odiato fin da subito per essersi lasciato sfuggire quelle frasi tanto piene di rancore: si era ripromesso di mantenersi freddo e distaccato, così da non peggiorare la situazione, ma, come ogni volta, davanti alla piccola Deveraux, ogni proposito d’indifferenza andava a farsi benedire.
- Quindi qualcosa non va secondo i piani e tu vieni quaggiù a cercare la soluzione?- gli aveva strillato contro Monique, accennando al paletto con le lacrime che le premevano agli angoli delle palpebre. - Chi è che il più CODARDO tra noi, eh, Prince?-
Uno spasmo aveva percorso le guance paonazze del giovane Mikaelson, poi lui aveva ripreso a camminare, cercando di scansarla per l’ennesima volta:
- Non starò a sentire i tuoi giochetti, chiaro? E’ troppo tardi. Niente di ciò che dirai potrà mai farmi cambiare idea, perché non avrai mai il coraggio di prendere in mano la situazione e di ammettere che…-
- IO TI AMO!-
 
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Quell’urlo disperato era rimasto sospeso per un istante, galleggiando su un’immobile patina di stupore, poi l’oro liquido delle iridi di Monique si era sciolto del tutto, colandole sulle guance in fitti rivoli luccicanti:
- E tu lo sai. Non ho mai smesso di pensare a ciò che mi hai detto, né al modo in cui mi hai accarezzata. Volevo che mi toccassi ancora. Volevo tornare indietro e dirti di sì. Me ne sono andata perché credevo fosse giusto rinunciare al mio egoismo per un bene superiore, ma non ho più respirato bene, senza di te... e non potrò farlo mai più se tu mi odi. Ti prego, non farmi questo. Non respingermi. So che sei la persona più orgogliosa del mondo, ma so anche che con me sei diverso. Siamo dalla stessa parte. Sei l’unica battaglia che ho sempre voluto combattere e adesso so il perché… io ti amo, Prince. Non ho fatto che amarti per tutti questi anni.-
Il principe l’aveva guardata ansante, arruffato, sbigottito e ancora furioso, forse anche più di prima, poi, senza rispettare alcuna logica, con un impeto irrefrenabile, quasi violento, era scattato in avanti, afferrandola e avvicinandola a sé, fino ad annullare ogni distanza ancora tra loro.
Con un gemito aveva assaggiato quelle parole ancora bollenti direttamente dalle labbra della ragazza e le aveva schiuso a forza la bocca con la propria, cercandola e abbandonandosi al suo calore. Le braccia esili di Monique lo avevano stretto, le sue dita sottili si erano intrecciate ai suoi capelli dorati, lisciandoli con dolcezza, e, sostituito dai loro sospiri spezzati, ogni loro dissapore era come evaporato.
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- Immagino che il resto della storia sia vietato ai minori.- ammiccò a quel punto Demetra, sentendo un lieve calore diffondersi attorno al collo.
- Ma tu guarda un po’ chi è riemerso da Frigid Falls.- rise prontamente Prince, scoccandole un’occhiatina lasciva. La Salvatore gli fece la linguaccia e il principe si esibì in un’alzatina di spalle: - Mi dispiace deluderla, signorina, ma si dà il caso che, a volte, il dovere venga prima del piacere. Io e Monique avevamo la fuga del secolo da organizzare e non potevamo permetterci distrazioni.- davanti all’espressione scettica della ragazza, lui le strizzò l’occhio maliziosamente.
- Quindi… lei ti giurò che avrebbe consultato i Libri Proibiti per riuscire a liberarti in modo definitivo?- lo incoraggiò Demi.
- Già. Nel frattempo, io avrei organizzato la parte tecnica dell’evasione: bagagli, automobile, armi. Si trattava dello stesso piano che, poi, sono stato costretto a realizzare da solo: mettersi sulle tracce della Profezia, ottenere grazie ad essa l’ubicazione della Piuma Nera e correre a distruggerla prima che potesse essere usata per il rito sacrificale. Prima di tutto, però, saremmo dovuti piombare nel cuore di New Orleans: Monique voleva ufficializzare la sua rinuncia al titolo di Reggente, impedendo che il posto vacante fosse occupato da una persona indegna, ed io dovevo incontrare di persona sia Marcel che il Clan dei Crescenti.-
- Volevi che ti appoggiassero nella guerra?- ipotizzò Demetra, con fiato sospeso.
- Sì.- confermò Prince. - Sapevo che Sophie avrebbe cercato di vendicarsi immediatamente per quello che avevamo intenzione di fare e sapevo che solo facendo valere i miei diritti di nascita nella città di Klaus avrei potuto garantire una protezione decente a mio fratello, schierando contro la strega anche l’intero branco ed ogni vampiro in circolazione, se fosse servito. Io e Monique avremmo portato Nicklaus con noi: lui sarebbe rimasto in salvo fino a missione compiuta, poi sarei tornato a riprenderlo.-
- Mi sembra geniale.- approvò Demi, emozionata. Avrebbe voluto avere Nick accanto a sé per fargli ascoltare con quanta astuzia suo fratello si fosse ingegnato per proteggerlo, per vedere la sorpresa e la gioia dipingersi sul suo viso, per sentire nascere dentro di lui la stessa speranza che lo aveva sempre animato nei momenti più tetri, dandogli la forza di non smettere mai di credere nella redenzione di Prince. In un mondo più giusto, il figlio di Elijah sarebbe stato il loro accompagnatore anche in quell’avventura e alla Salvatore sarebbe bastato guardarlo ogni tanto per sentirsi al sicuro; purtroppo, però, la realtà era molto più oscura e complicata di così e, probabilmente, lo era stata anche in passato:
- Qualcosa andò storto, non è vero?- mormorò la giovane, senza sentirsi pronta ad ottenere l’inevitabile risposta.
L’espressione di Prince s’indurì:
- Vedi, eravamo riusciti a farla franca sotto il naso di Sophie per anni ed anni. Dopo ogni allenamento, Monique veniva a trovarmi e mi somministrava un po’ di Elixir, in modo che i sintomi dello Stigma non fossero mai abbastanza potenti da sopraffarmi. Nel frattempo, mi insegnava a contrastare l’influsso del Marchio, riducendo quasi a zero quelli che sua zia chiamava ‘’progressi’’ e rallentando l’intero processo di controllo mentale che le ‘’SS’’ avevano in programma. Noi due, insieme, con il supporto dei suoi Antenati, ci eravamo frequentati e scambiati aiuto ed informazioni senza mai dare nell’occhio, e nessuno era mai stato capace di fare breccia nella nostra copertura. Ma stare lontani ci aveva indeboliti. Resi distratti, maldestri, avventati.- con un gesto d’involontaria fragilità, il biondo si strinse piano nelle spalle. - Per questo, quel giorno, accadde qualcosa che né io né lei avevamo previsto: qualcuno riuscì ad origliare la nostra conversazione.-
- SOPHIE?!- trasalì Demi, le guance sbiancate dal terrore.
- Quasi: il suo schiavetto, Shane, aveva cominciato a tenere d’occhio Monique dopo che lui e la strega avevano notato alcuni suoi comportamenti insoliti… aveva l’ordine di tallonarla, così ci sentì litigare. Ci trovò e rimase lì a guardare… mentre la baciavo.- il viso del principe era ormai inespressivo e grigiastro, come scolpito nell’argento, e tradiva un odio micidiale. - Per fortuna ascoltò soltanto una parte delle nostre intenzioni perché, ad un tratto, fummo interrotti da un rumore e lui fu costretto a dileguarsi per non essere beccato.-
- Chi altro c’era?- domandò la Salvatore, con un fil di voce.
- Qualcuno la cui presenza in quel tugurio era l’ultima cosa che mi augurassi.- mormorò Prince, una vena di rammarico nel tono glaciale. – Non era servito a nulla proibirgli di fare l’eroe, tenerlo lontano dalle mie pene e minacciarlo pesantemente per impedirgli di mettersi nei guai: Nicklaus aveva capito anche solo dal mio silenzio che avevo perso la speranza, che ero stanco di lottare, e mi aveva seguito. Credo che avesse in mente di salvarmi da me stesso e che sarebbe spuntato fuori per strapparmi il paletto dalle mani, giusto in tempo, se non fosse arrivata prima Monique. Infischiandosene delle regole che gli avevo imposto, si era infilato nella macchina di Rebekah a sua insaputa ed aveva raggiunto il Quartier generale insieme a lei, all’orario del mio rilascio, sgattaiolando via non appena possibile, per venire a cercarmi. Ai tempi, non era addestrato né conscio del reale pericolo, perciò fece un po’ di baccano nei paraggi; lo acciuffammo immediatamente e, a quel punto, non ci restava che renderlo partecipe.-
- E fu così che anche Nick incontrò Monique.- concluse Demetra, meditabonda. Il figlio di Elijah non le aveva mai parlato di quella fanciulla, né di ciò che la sua esistenza aveva significato per il fratellastro; il fatto, poi, che non avesse mai accennato al fatto che Prince aveva tentato di portarlo a New Orleans con sé, lasciandole sempre intendere che questi lo avesse abbandonato senza battere ciglio per inseguire la sua vendetta, era piuttosto strano, anche considerando il carattere introverso e riservato di Nick. Qualcosa, semplicemente, non tornava. - Cosa ne pensava di lei?-
- La trovava ‘’adorabile’’.- rispose Prince, imitando il tono educato del fratello minore in un modo che strappò un sorriso nostalgico a Demi. - Andarono subito abbastanza d’accordo… infatti non lo avrei mai creduto capace di compiere un gesto simile, neppure sotto tortura. Ma mi sbagliavo.-
Improvvisamente, quel timido sorriso si spense e la Salvatore ebbe un brivido inaspettato, frutto di un orrendo presagio:
- Ma di che stai parlando?- Prince inspirò a fondo ma, prima che potesse pronunciare una qualunque risposta, la porta dell’appartamento di Jackson si spalancò, strozzandogli in gola le parole.
- Sono arrivati i rinforzi.- tagliò corto a quel punto BabyKlaus, accennando ai due giovani materializzatisi sull’uscio: si trattava di Aiden e di un altro ragazzo bruno, alto e robusto, con ogni probabilità il fidanzato-vampiro del cameriere, Josh, ingaggiato perché li aiutasse a penetrare alla Reggia di Marcel senza suscitare eccessivo scalpore. - Il tempo delle storie è finito, principessa.-
Indispettita da quell’intrusione, la figlia di Elena fece per protestare, ardente di curiosità, ma le bastò incontrare lo sguardo determinato di Prince per mettere a tacere il suo morboso bisogno d’informazioni.
- Diciamo sospeso per cause di forza maggiore.- acconsentì lei in un sussurro, lanciandogli un’occhiata di avvertimento: non avrebbe permesso a nulla di distogliere la sua attenzione dalla missione, ma non avrebbe dimenticato le questioni lasciate irrisolte dal racconto di Prince, rimandandone semplicemente la risoluzione ad un momento più propizio. Davanti a quel progresso, il biondo la fissò fieramente e Demetra si sforzò di concentrarsi sui nuovi arrivati, nonostante le più oscure ipotesi sul passato di Nick continuassero a fioccarle nel cervello come batuffoli di neve in una bufera.
 
***
 
Un freddo pungente nelle vene, un torpore insopportabile e un dolore pulsante, prolungato dalle parti del petto: ecco tutto ciò che il figlio di Elijah era in grado di percepire dal profondo del suo stato catatonico.
Era tornato cosciente giusto in tempo per udire le voci concitate di Mattie, Damon e Sheila e per percepire il fiato caldo di Eve sul proprio collo, poi era stato nuovamente inghiottito dal buio. Durante il processo di metamorfosi, in alcuni momenti gli sembrava di essere stritolato da una pianta spinosa, in altri aveva come la sensazione di avere l’anima in ostaggio tra le sabbie mobili.
Per la maggior parte del tempo, comunque, galleggiava senza meta sulla cresta di un’onda torbida, sballottato qua e là da fitte lancinanti di sofferenza.
Ad un tratto, però, il sapore ferroso del sangue gli aveva invaso la bocca, scorrendogli in gola come un fiume bruciante di vitalità: non era stato sufficiente a strapparlo dall’incubo ma gli aveva donato una scarica di adrenalina non indifferente, ripristinandogli un battito cardiaco più regolare.
E così, nonostante lo sforzo, Nick era riuscito ad riaprire gli occhi.
 
- Dove sono finito?- la domanda affiorò spontanea alle labbra del ragazzo, ma venne fuori spezzata, graffiante, come trasmessa da una vecchia radio con problemi di ricezione. Quel luogo non assomigliava neanche lontanamente alla Capanna, a Mystic Falls o a qualsiasi altro posto che Nick avesse mai visto prima. Era una specie di landa solitaria, in cui i soli colori erano il grigio dei massi ed il marrone della nuda terra: niente vegetazione, solo un cielo plumbeo ed un vento turbinante che tagliava il volto con dita simili a rasoi.
Il più giovane dei Mikaelson si rese conto di essere sdraiato su un letto di pietrisco e si tirò su, spolverandosi diligentemente i vestiti.
Nei paraggi non c’era alcun movimento, nessuna traccia di creature viventi, e, nel muovere i primi passi, Nick si accorse di essere malfermo sulle gambe e con la vista offuscata, come reduce da una sbronza o da un trauma.
Il vento che lo schiaffeggiava violentemente era molto simile alle fitte che il suo corpo stava assaggiando nel mondo reale, tanto da ricordargli che quello in cui si stava muovendo a tentoni, per trovare un riparo, poteva essere un sogno, magari indotto dal veleno in circolo nel suo corpo.
Un’allucinazione, neanche troppo nitida, che lo aveva portato fin lì, chissà per quale motivo e per quanto tempo ancora.
- C’è nessuno?- stava per sentirsi un perfetto idiota per aver posto quella domanda nel bel mezzo del nulla, quando un fruscio impercettibile attirò la sua attenzione, costringendolo a notare un’insenatura sotto una roccia lì accanto; affrettandosi, per quanto possibile, nel tentativo di raggiungerla, scorse un’ombra scura rannicchiata in quell’incavo, ed aguzzò lo sguardo.
I contorni sfocati della figura nascosta laggiù si delinearono lentamente, fino a formare un corpo esile fermo in posizione fetale e addormentato. A giudicare dalla lunga veste candida che ne avvolgeva le forme appena accennate, si trattava di una ragazza e, nel fissarla, Nick ebbe un tuffo al cuore.
- Demi?- forse erano stati quei capelli neri così folti da coprirle il viso a trarlo in inganno, o semplicemente il desiderio irrazionale di rivedere la Salvatore mentre era al colmo della depressione; tuttavia, gli occhi che si spalancarono a quel richiamo, spuntando attraverso le ciocche, non erano affatto blu ma dorati, come foglie d’autunno, e circondati da lunghe ciglia strabuzzanti.
- Nick?!- la fanciulla lo afferrò prontamente per un gomito e lo trascinò al coperto con sé, cogliendolo di sorpresa. Confuso e diffidente, il nipote di Rebekah si tenne a debita distanza dalla fanciulla e cercò di capire come diavolo facesse a conoscere il suo nome. – Nick sei… sei davvero tu?- lo incalzò lei, con la bocca stupefatta che diventava sempre più triste con il passare dei secondi.
Era molto bella, pensò lui, quasi esotica, con la pelle ambrata e una piccola fessura tra gli incisivi che la rendeva intrigante nella sua imperfezione. A pensarci bene, gli sembrava di averla già vista da qualche parte… forse a casa di Prince, tra i ritratti migliori da lui dipinti ed appiccicati al muro come dei trofei.
- Sei cresciuto.- esalò lei dopo averlo osservato con attenzione, con una punta di amarezza nella voce.
Davanti a quelle parole inaspettate, quasi stordito, lui esitò.
Poi, d’un tratto, capì:
-… Monique.- sussurrò, con un groppo in gola.
Non era una domanda.
Nick non riusciva a crederci, eppure era certo di avere ragione: nelle ore precedenti, la transizione gli aveva restituito dei frammenti di memoria che, molto tempo prima e a sua insaputa, Prince aveva manomesso, e si dava il caso che, a riemergere in superficie, fosse stato proprio il ricordo di quella faccia. Nelle precedenti visioni, però, Monique gli era sempre apparsa pallida come gesso e con le dita inerti e macchiate di sangue; nel pensarci, lui si sentì soffocare.
- Sono morto anch’io? E questo è il mio inferno personale?-
- No alla prima, sì alla seconda.- rispose lei, senza troppe cerimonie. Era tosta, pensò Nick, accorgendosi della determinazione che trasudavano le sue occhiate, forte e dura come la primissima volta in cui l’aveva vista. Soltanto ora se lo rammentava: era rimasto nascosto ad osservare il litigio furibondo in corso tra lei e Prince dal magazzino delle cianfrusaglie di Sophie Deveraux, intimorito ed incerto sul da farsi.
Era arrivato fin lì in incognito, sicuro che il figlio di Klaus fosse deciso a compiere un gesto estremo, e l’aveva seguito, trovandolo poi stravolto ed in compagnia di quella perfetta sconosciuta.
Ad un certo punto, il biondo l’aveva attirata a sé ed i due si erano scambiati un lungo bacio rabbioso, tenero, colmo di rimprovero e di resa.
Quel ricordo, improvvisamente nitido, gli diede la nausea.
L’ho uccisa. Gli sembrava che il mondo intorno a lui si fosse ristretto fino a procurargli le vertigini. Un senso di colpa mai sperimentato gli trafisse il petto coi suoi artigli affilati. Era la ragazza di Prince… ed io l’ho uccisa.
- Questo è un luogo di tormento.- spiegò Monique, cercando di mostrarsi calma e precisa. - Le anime che finiscono quaggiù sono bloccate nella disperazione: è una specie di limbo, un universo parallelo in cui siamo costretti a vivere all’infinito le nostre peggiori paure o a scontare i nostri più gravi peccati. Se sei qui, vuol dire che il tuo spirito è in pericolo.- il suo sguardo si posò sullo squarcio nero e slabbrato che la proiezione di Nick esibiva sul collo. - Una famiglia intera è già passata da queste parti. Avevano tutti i capelli rossi, l’aria terrorizzata e quello stesso morso sulla pelle. Andavano e venivano, all’inizio, proprio come te, poi hanno completato la loro transizione. Da allora è iniziato il loro calvario.- Nick deglutì: si trattava della famiglia O’Neil, contaminata dal veleno di Shane per essere usata come un piccolo esercito contro la nuova generazione di piantagrane di Mystic Falls. – Poi ad un tratto, uno dopo l’altro… sono spariti.-
- Io e Prince li abbiamo liberati.- spiegò il giovane Mikaelson, le labbra secche come se non bevesse da secoli. Nella radura in cui lui era stato morso dall’Ombra di Adam O’Neil, infatti, era esplosa una battaglia a colpi di armi stregate e l’oscurità che aveva tenuto incatenate quelle povere anime al volere perverso di Sophie era stata dissolta con successo. – Sono in pace, adesso.-
- Prince.- bisbigliò Monique sommessamente, come in preghiera. Quel nome risuonò commosso, fiero e nostalgico sulla sua lingua. – Oh, starà riducendo il cosmo in mille pezzi per riportarti indietro.-
Con la testa bassa dalla desolazione, il figlio di Elijah si fissò a lungo le mani sottili e vuote, colmo di rimprovero:
- Non sono sicuro di meritarlo.- sospirò, ogni frase pesante come un macigno. – Non dopo ciò che gli ho fatto.- squadrò il volto di lei, così vitale, bloccato in un’eterna ed innaturale giovinezza, poi deglutì a fatica. - Gli ho portato via te.-
- Hai fatto ciò che dovevi, e l’hai pagato a caro prezzo.- obiettò lei, la voce intrisa di rispetto. Nick rimase a bocca aperta quando la nipote di Sophie gli sfiorò una spalla, come se volesse consolarlo o addossarsi un po’ del suo dolore. - Se fossi stata nelle condizioni di farlo, avrei implorato io stessa la morte.-
Il ragazzo inorridì all’istante, tanto che per poco non si ritrasse da quel contatto:
- Perché mai avresti dovuto fare una cosa simile?!- ansimò, trafelato.
Il lieve sorriso della fanciulla si fece quasi sardonico:
- Non ti sei chiesto perché io sia confinata quaggiù?- domandò. – Non sono stata morsa da nessuna creatura del Male, eppure sono incatenata in questo mondo senza speranza... per sempre. E’ per colpa del mio sacrificio, del nostro sacrificio… per Prince.-
- Quel… furfante mi ha cancellato la memoria.- chiarì Nick, indignato, cercando a fatica di moderare il proprio linguaggio e vergognandosi profondamente per l’espressione da pesce lesso che doveva aver assunto davanti a quelle rivelazioni. - Niente di ciò che dici mi risulta familiare, o quasi. Se solo potessi aiutarmi a capire… a ricordare…-
Monique annuì tra sé, poi sospirò:
- Avevamo deciso di fuggire, noi tre. Un giorno, pedinando Prince, sei arrivato nel covo di Sophie e ci hai trovati lì a complottare. Ti abbiamo svelato ciò che bolliva in pentola e tu ne sei stato subito entusiasta.- attese un cenno affermativo, poi continuò: - A quel punto, dovevo solo trovare il modo di liberare Prince dallo Stigma Diaboli, pur andando contro il volere dei miei Antenati. Erano stati loro a mandarmi da lui, perché alleviassi le sue pene e lo rendessi più resistente di fronte alle lusinghe di Sophie, ma mi avevano anche proibito di provare a salvarlo una volta per tutte; agognavano la sua gratitudine e speravano che lui, presto o tardi, in cambio di una cura definitiva, avrebbe mostrato nei loro riguardi un’assoluta e devota obbedienza. Solo se si fosse piegato al loro volere con un giuramento solenne gli avrebbero concesso la libertà. Come puoi capire, c’era ben poco di solidale nel loro intervento: alla fine, anche loro lo avrebbero usato come un’Arma, ritorcendola questa volta contro mia zia. Gli avevo obbedito ciecamente per tutta la vita, con la convinzione che fossero nel giusto, fino a quando lui non mi aveva aperto gli occhi: ai miei avi importava niente, soltanto di vendicarsi di Sophie la sovversiva, e, per riuscirci, non avrebbero esitato a ricorrere ai suoi stessi metodi di ricatto. Io, invece, mi ero innamorata di Prince. Lo amavo.- i loro sguardi s’incrociarono per un lungo istante di comprensione. – E nessuno mi avrebbe più impedito di tentare.-
- Perciò hai consultato i Grimori Proibiti.- mormorò Nick, a metà tra la rimembranza e la logica deduzione.
- Già. E, nel libro più antico e spaginato di tutti, fu straordinariamente facile trovare la soluzione: mi sarebbe bastato far bere a Prince una goccia del sangue di un suo parente umano il giorno prima di un plenilunio, pronunciare una formula magica ed attendere fino al giorno successivo, quando la luna sarebbe stata alta nel cielo. A quel punto avrei potuto chiamare a me il potere lunare e quello del sangue, i più potenti del mondo, ai quali Prince era legato per via della Profezia, ed avrei acquistato il potere di annullare il Marchio. Un attimo dopo, saremmo scappati a New Orleans ed io avrei ceduto la mia carica in Consiglio alla mia amica più fidata, Davina. Ci saremmo alleati con lei, poi avremmo trovato degli altri sostenitori. Recuperando la Piuma Nera e disintegrandola, avremmo indebolito Sophie e poi l’avremmo sconfitta.-
- Ma tua zia… lei ci ha scoperto.- senza fiato, il figlio di Elijah aggrottò le sopracciglia nello sforzo di trattenere le immagini scoordinate che si susseguivano nel suo cervello, stimolate dal racconto di Monique. - Lei sapeva.-
Una piccola ruga di assenso spuntò sulla fronte della giovane Deveraux:
- Sì. Shane ci aveva spiati ed era corso a spifferarle i nostri piani. Avrebbe potuto punirci tutti lì, seduta stante, ma a lei è sempre piaciuto giocare con la preda, prima di mangiarla. Così finse di non saperne nulla ed organizzò in segreto la sua vendetta. Prima che potessimo rendercene conto, eravamo finiti in trappola.-
 
- Ho spezzato il collo a mia zia, le ho inculcato il ricordo di una mia partenza strappalacrime e le ho rubato la macchina. Non riesco sul serio ad immaginare per quale delle tre cose sarà più incazzata quando si sveglierà.- aveva ridacchiato Prince sulle labbra di Monique, con le iridi smeraldine febbricitanti di eccitazione ed adrenalina.
- Con un po’ di fortuna, non dovrai scoprirlo mai.- aveva bisbigliato lei, catturandogli la bocca in un altro bacio appassionato.
Nick, sentendosi in imbarazzo, aveva fatto strisciare i piedi sul pavimento del magazzino che avevano scelto come ritrovo prima della fuga, poi, vedendo che i due non accennavano a staccarsi, aveva tossito.
- Sii paziente, Nicklaus.- aveva bofonchiato l’erede di Klaus, travisando il messaggio di quei versetti. - La luna non è ancora nella posizione.-
Il ragazzo dai capelli castani si era sentito così intenerito dall’aria trasognata del fratellastro, così diversa da quella scortese e altezzosa alla quale era abituato, da trattenere il commento polemico che gli sarebbe venuto spontaneo proferire in un’altra circostanza; Monique aveva sorriso e stava per dire qualcosa quando un suono inarticolato proveniente dal cortile li aveva fatti sobbalzare.
Un rantolo stridente, poi un altro.
Dei rumori di passi strascicati, ululati agghiaccianti nell’oscurità.
- Cosa sta succ…?- la mano della giovane Deveraux aveva tappato la bocca di Nick e lui ne aveva sentito chiaramente il tremore contro il mento.
Prince si era voltato di scatto per cercare la ragazza e lei, con le pupille enormi dal terrore, gli aveva restituito un’occhiata altrettanto carica di interrogativi e timori.
Servendosi di un dialogo muto che il figlio di Elijah non era in grado di decodificare, i due parvero scambiarsi precise disposizioni: il biondo imbracciò la spada di cristallo blu che era solito usare durante gli allenamenti di Sophie e che aveva rubato in precedenza, non visto, dalla sua guaina privata. La fanciulla, invece, aveva trascinato Nick dietro ad uno scaffale di cianfrusaglie, per proteggerlo.
- Ombre e Demoni.- aveva sillabato Monique dopo un attimo, mentre il suo ragazzo svaniva, inghiottito dalla notte. - Devono essere riusciti ad evadere dalle loro celle. Prince sa come cavarsela.- il suo tono rassicurante non era bastato e, notando l’allarme presente sui bei lineamenti di Nick, lei aveva frugato nella caotica collezione di Sophie, estraendo dal mucchio un piccolo bel pugnale aguzzo e consegnandoglielo, tanto per infondergli un po’ di sicurezza. - Tienitelo stretto e usalo, se devi. Ma non preoccuparti… tuo fratello sta solo cercando di guadagnare un po’ di tempo: quando il Marchio sarà scomparso, spariranno anche loro.-
Dalla finestra, Nick aveva visto che la luna continuava ad innalzarsi, inesorabile, ma lenta… lenta come non mai.
Monique gli aveva intimato di non disperare e aveva cominciato a sfogliare il Grimorio proibito che si era portata appresso, tenendosi pronta a pronunciare l’incantesimo finale contenuto tra le sue pagine.
Era agitata fino al limite dell’isteria, mentre continuava a ripetere:
- Era qui… sì, me lo ricordo con precisione, dev’essere… eccola, è proprio…-
- Questa.- una voce graffiante e sgradevole era piovuta sulle loro teste come una cascata di acqua gelida, divertita e sibilante; le lampade del magazzino avevano vibrato in simultanea, poi si erano spente di colpo.
Tutte… tranne una.
Sotto la luce gialla di quest’ultima, era apparsa una donna ossuta e crudele che, ghignando senza il minimo ritegno, aveva sventolato proprio sotto il loro naso un foglietto, gloriandosene come fosse l’assegno di un montepremi miliardario.
Era SOPHIE.
E li aveva trovati.
 
- La formula che avrebbe permesso a Prince di essere davvero libero si trovava su un’altra pergamena, ed era sempre stata nelle luride mani di mia zia.- con le guance ormai bianche come latte, Monique chinò il capo per nascondere gli occhi lucidi. – Grazie alla soffiata del suo galoppino, sapeva che l’avremmo cercata, quindi aveva manipolato il Grimorio per tempo. L’aveva strappata e nascosta in anticipo, architettando anche una contromossa per farci credere di averla in pugno.-
- Il rituale della luna e del sangue non era mai stato quello giusto.- gemette Nick, serrando i pugni. Si sentiva sudato e impaurito a causa della violenza di quel ricordo. – Era solo un modo per essere sicura che tutti e tre ci saremmo radunati nello stesso posto per ultimarlo e per far sì che tutto ciò accadesse intorno ad un preciso orario, scelto da lei. Si era presa gioco di noi ed era rimasta a guardare mentre ci scavavamo la tomba da soli, seguendo le sue direttive senza avere il minimo sospetto.-
- E non è tutto.- il ragazzo riuscì a malapena a chiedersi che cosa potesse esserci di peggio, quando lei riprese: - L’aver fatto bere il tuo sangue a Prince mentre recitavo la falsa litania che Sophie in persona ci aveva rifilato, era solo un altro dei suoi trucchi: il momento che stavamo aspettando come una liberazione sarebbe stato una disgrazia. A partire da allora, tuo fratello avrebbe avuto un irragionevole, spietato desiderio di ucciderti, e non si sarebbe dato pace fino a quando non fosse riuscito a squarciarti la gola. Tu eri un umano, un ragazzino privo di qualsiasi preparazione; lui era la macchina da guerra più potente che fosse mai stata inventata. Non avresti avuto scampo e Prince non se lo sarebbe mai perdonato.-
- No…- balbettò Nick, visibilmente provato. Non voleva stare a sentire il resto, non voleva sapere nulla di così orribile, ne aveva abbastanza di Sophie e delle sue tremende sevizie. Gli venne voglia di premersi i palmi sulle orecchie, come gli era capitato di fare da bambino, mentre i suoi genitori venivano massacrati. La sensazione che gli stava riaffiorando nella coscienza era la stessa che aveva provato restando nascosto per ore in quella botola. -… no, no…-
- Fu allora che lei mi propose uno scambio.- Monique lo strappò da quello stato di agonia, richiamando la sua attenzione. – Aveva in mano il vero incantesimo per scacciare lo Stigma e si dava il caso che quest’ultimo fosse così portentoso da poter annullare ogni genere di imposizione mentale presente in Prince: non avrebbe più sofferto per le visioni, né avrebbe voluto assassinare l’unica famiglia che gli restava. Avrebbe tagliato ogni legame psichico con la strega e lei non sarebbe più stata in grado di localizzarlo o di dargli la caccia. Dovevo solo accettare…. e lui sarebbe stato salvo.-
- Che cosa voleva?- Nick mosse la bocca ma non ne uscì che un rauco sussurro.
- Che riscattassi la sua anima… al prezzo della mia.- stancamente, Monique si massaggiò le tempie. - Quando era solo un’adolescente, Sophie si avvicinò all’Espressione. Si sentiva affascinata dall’occulto ed era convinta che la magia nera fosse molto più accattivante di quella Ancestrale, molto più formidabile e adatta alle sue capacità. Le pene per delle simili pratiche, considerate abominevoli dagli Antenati, erano l’esilio, la radiazione dal Quartiere Francese e la condanna dell’anima sovversiva ad un aldilà di sofferenze. Mia madre aveva tentato di ricondurla alle antiche tradizioni, arrivando persino a compiere dei sortilegi non autorizzati all’interno dei confini di New Orleans, ed aveva ottenuto in cambio nient’altro che la morte. Sophie in persona aveva contribuito a provocare la sua esecuzione, poi aveva reclamato i suoi diritti su di me, portandomi via dalla città. Nonostante ciò che mi aveva strappato, sperava che, un giorno, le avrei permesso di sfruttare il mio ruolo di Reggente per intralciare i nostri avi, scegliendo di stare dalla sua parte. Desiderava la stessa fedeltà anche da Prince, e nulla sapeva mandarla in bestia più dei nostri rifiuti. Stando così le cose, il fatto che io avessi osato agire alle sue spalle in modo così sfacciato non l’aveva semplicemente resa furiosa, aveva anche cancellato ogni illusione di una possibile alleanza tra noi: adesso sapeva che sarei stata perfettamente inutile ai suoi scopi, perciò mi voleva fuori dai piedi. E non senza riscuotere un ultimo vantaggio.-
 
- Soltanto la strega che ha impresso lo Stigma potrà infrangere il suo maleficio, nessun’altra.- aveva letto la Deveraux con malcelata soddisfazione, prima di lanciare in faccia alla nipote il foglio su cui era scritta l’unica vera speranza ancora possibile per Prince. - Le sole chiavi efficaci per l’annullamento permanente saranno la sua volontà o la sua morte, a meno che qualche altra fattucchiera non decida di sostituirla volontariamente…-
-... nel limbo.- aveva terminato la ragazza al suo posto, improvvisamente scandalizzata. Le sue iridi dorate si erano posate sulla formula che avrebbe reso possibile lo scambio e si erano fatte di colpo vitree ed assenti:
‘’Prendendo il posto dello spirito di Sophie nel penitenziario delle streghe francesi, mi farò carico del suo destino e sarò condannata per sempre alla sorte che sarebbe dovuta toccare a lei. Riscatterò la sua anima corrotta e la sottrarrò alla giusta punizione degli Antenati ma, per un attimo, sarò anche in grado di sostituirmi a lei. Letteralmente. A quel punto, spezzerò le catene di Prince e lo farò scappare via. Sopravvivrà a tutto questo ed avrà una seconda opportunità. Lui ce la farà.’’
- Scegli.- l’aveva incalzata Sophie, puntandole il dito contro. - Dissolvi ogni pretesa di controllo da parte dei tuoi stupidi Antenati sul mio futuro, o guarda il tuo grande amore fare a brandelli il suo fratellino, tradito dalla tua codardia. Di nuovo.-
 
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Nonostante le suppliche di Nick ed i suoi strattoni, di fronte a quelle parole Monique aveva sollevato il capo con fierezza, quasi con sfida.
 
- Accettasti.- ricordò il figlio di Elijah, oramai al culmine della commozione. - Pronunciasti l’incantesimo. Salvasti Prince, sacrificando te stessa. Ecco perché sei qui. Hai preso il posto di Sophie. Stai pagando per colpa sua!-
- Il dolore…- esalò Monique, asciugandosi le gote con rabbia. -… fu insopportabile. Avevo fatto una cosa estremamente innaturale e tutto, nel mio corpo e nella mia mente, si ribellò. Sophie sapeva che il mio fisico non avrebbe retto e non fece che ridere per tutto il tempo. Mi disse che mi avrebbe rinchiusa in una stanza come un animale da circo e che sarebbe passata a farmi visita ogni giorno mentre mi contorcevo, soltanto per godere della mia sofferenza. Quello strazio sarebbe durato fino al mio ultimo respiro e anche oltre, mentre lei avrebbe vinto e sarebbe rimasta impunita… persino nell’altro mondo.-
- Non c’era più modo di cambiare la tua decisione, solo di risparmiarti l’umiliazione. Fu per questo che ti colpii.- Nick ebbe un flash istantaneo: la sua mano era scattata in avanti, armata del pugnale che Monique stessa gli aveva consegnato, ed aveva ferito la ragazza tra le scapole con un unico affondo deciso. - Volevo che smettesse di farti del male. Non te lo meritavi. Speravo solo di darti… sollievo.-
 
La fanciulla, infatti, che si era dimenata in ginocchio fino ad un attimo prima, ululando dal dolore, aveva smesso di lamentarsi, afflosciandosi in avanti. Il sangue caldo aveva bagnato le dita convulse di Nick quando lui si era piegato su di lei, afferrandola delicatamente per attutirne la caduta.
Non avevano udito l’esplosione d’ira di Sophie: ogni cosa, attorno a loro, sembrava essere rimasta immobile, fluttuante, come sospesa nel vuoto di una palla di vetro.
- Troveremo il modo.- gli aveva soffiato il figlio di Elijah all’orecchio, sentendola sussultare nel proprio abbraccio. – Ti tireremo fuori da lì, te l’assicuro. Non verrai dimenticata. Resisti…- l’orrore gli aveva bloccato persino le lacrime e lei non aveva mai smesso di annaspare alla ricerca d’aria, fremendo ed inzuppandolo di scarlatto. - Ricordagli che li hai serviti… che li hai serviti bene, i tuoi Antenati ti proteggeranno… tu non sei come lei… nessuna magia potrà cambiarlo…-
- Prince…- la voce di Monique si era fatta rotta, urgente come quella di chi non ha più tempo. -… deve… continuare… deve… lui non è… solo…-
- No.- Nick l’aveva cinta quasi con violenza, sentendola farsi sempre più rigida e fredda. - Non lo sarà. Non permetterò che accada. Hai la mia parola.-
- Gr… azi… e…- Monique aveva serrato le palpebre, poi ogni tensione nei suoi muscoli si era sciolta e lei era spirata.
 
- Proprio in quel momento, Prince rientrò. Era sudato ed insanguinato ed aveva sentito le tue urla mentre combatteva contro i mostri. Sophie avrebbe voluto punirmi per averle tolto la soddisfazione di privarti della tua dignità, ma ben presto si accorse che le mie pupille stavano diventando verticali, terribili e contornate di giallo. La mia bocca era una maschera animalesca e le mie ossa si stavano allungando, sbriciolandomi dall’interno.- Nick ricordò con chiarezza il senso di perdizione e di agonia che aveva reso quella già alta nel cielo la prima delle sue tremende lune piene da Licantropo. – Pensò che fosse abbastanza, per mio fratello, almeno per il momento, e sparì, lasciandolo assistere allo spettacolo raccapricciante del tuo corpo senza vita e del mio, che presto non avrebbe avuto più niente di umano.-
 
 ‘’Che cos’hai fatto?! Che cos’hai fatto?! Che cosa le hai fatto, NICKLAUS?!’’
 
- Ti sistemò le mani giunte sul petto e si mise al collo il tuo ciondolo, poi si voltò verso di me. Mi afferrò la testa con entrambe le mani così in fretta che, per un momento, ebbi paura che volesse fracassarmi il cranio. Invece frugò nei miei pensieri, per capire…- Nick era senza fiato. -… e vide esattamente che cos’era successo. Le nostre menti erano fuse ed io avvertii il suo senso di responsabilità, il suo lutto, la sua devastazione. Non mi biasimava, né voleva che io colpevolizzassi me stesso, perciò mi rubò la memoria.- l’episodio atroce in cui il biondo gli aveva voltato le spalle, sbattendo dietro di sé la porta della casa di Rebekah e preferendo la vendetta al loro legame fraterno, altro non era che un ricordo fasullo, impiantato dal principe nel suo subconscio perché gli risultasse credibile. - Mentre ero in quello stato, non poteva portarmi con sé, perciò decise di ascoltarmi mentre gli rantolavo contro l’unica soluzione possibile: doveva lasciarmi lì.- Prince gli aveva artigliato le spalle in una morsa scomposta. - Non voleva farlo ma l’idea di gettare il tuo sacrificio gli sembrava un ulteriore delitto, ancora più imperdonabile: lo Stigma Diaboli era dissolto, lui doveva andare avanti. Nonostante tutto, Sophie mi aveva risparmiato. Rebekah, una volta sveglia, mi avrebbe protetto, incolpando le SS degli eventi e tenendomi maggiormente d’occhio. Nel frattempo, Prince avrebbe portato a termine il piano, convinto che, se avessi creduto nel suo abbandono, non avrei corso troppi pericoli nel tentativo di seguirlo.-
- Tu sei tutto ciò che lo tiene attaccato alla vita.- bisbigliò Monique, stringendogli la mano perché facesse attenzione. - Non capisci? Non puoi arrenderti al veleno. Riuscirà a curarti dal morso dell’Ombra, devi solo concedergli più tempo. Non lasciarlo anche tu. Me l’hai promesso… e adesso lo sai. Non puoi mollare!-
Nick avrebbe voluto dire qualcosa, ma i contorni della figura di lei stavano sbiadendo, come carta sottile sotto la pioggia battente. Il mondo parallelo ed i suoi dettagli furono avvolti da una densa foschia e presero a vorticare, fin quando il buio non prevalse del tutto. Il giovane Mikaelson si sentì cadere all’indietro e si ritrovò nuovamente sdraiato sulla schiena, stavolta su un letto rigonfio di cuscini.
Capì di essere tornato e, agitandosi sul posto, con gli occhi aperti e stravolti, squarciò con un grido la quiete ansiosa della Capanna.
 
***
 
Damon, sentendo il lamento di Nick risuonare in lontananza, strinse gli occhi fino a ridurli a due profondi graffi nel granito: si sentiva febbricitante, furioso e impotente. Demi era (di nuovo!) scappata sotto il suo naso, lanciandosi a capofitto in un’impresa spericolata, e lui non aveva saputo cogliere la gravità della situazione fino a quel preciso istante.
Quando ormai era troppo tardi.
- Tu l’hai lasciata andare.- il suo sguardo tradito si soffermò sulla figlia di Bonnie. - Sapevi perfettamente quali pericoli avrebbe corso dandosela a gambe col Klaus dei poveri… e l’hai lasciata comunque andare!-
- Sì.- ribatté Sheila con dignità, nonostante il cuore le facesse male. Era già successo che il vampiro le sbottasse contro, ma ogni volta era come se qualcosa dentro di lei si spezzasse. - Era la scelta migliore. E l’avresti fatta anche tu.-
- Io non l’avrei mai lasciata partire da sola.- ringhiò il maggiore dei Salvatore a denti stretti.
- C’è abbastanza Damon nei suoi geni per tenere a bada Prince per un po’.- replicò la giovane, lasciandolo di stucco. - E poi Demi sarà molto più efficace e rapida nella missione sapendo che tutti quelli che ama sono al sicuro. Nick è già stato ridotto in fin di vita, come credi che si sentirebbe se qualcun altro finisse nei guai per proteggerla?-
- Immagino che lo scopriremo molto presto.- sbottò Damon, afferrando la propria giacca di pelle e scaraventandosela sulle spalle mentre si allontanava. - Perché io vado a riprenderla.-
- Non posso lasciartelo fare.- lo stroncò Sheila, sbarrandogli la strada. Il vampiro fissò le sue pupille giganti e, per un momento, in esse rivide il riflesso di quelle di Bonnie; anche quella ragazzina era immensamente buona, combattiva e leale e, quando le mostrò le zanne in una smorfia minacciosa, per cercare di spaventarla, Damon dovette sforzarsi parecchio per ignorare il proprio senso di colpa:
- Non ti sto chiedendo il permesso, streghetta.- chiarì, cupo.
- Lo so.- mormorò piano la Bennett, senza spostarsi. - In effetti sono io che ti sto chiedendo di non costringermi a fermarti, Damon.-
- Sheila.- d’un tratto, William le sfiorò un braccio con urgenza, come se volesse dissuaderla dal proseguire con ulteriori provocazioni, e lei sobbalzò: aveva completamente dimenticato la sua presenza in quel soggiorno.
Quella carezza sul gomito pareva volerle comunicare un avvertimento, più o meno uguale a quello sussurratole dalla vocetta interiore: ‘’Lascia perdere. Non sei un’esperta di magia, non puoi combattere contro un vampiro centenario. E poi quello è il padre di Demi. Lui… lui ti piace.’’
Ma Sheila aveva già deciso: dalla sua, aveva anni ed anni di esperienza con la sola persona al mondo che fosse testarda quanto Damon, perciò sapeva esattamente come comportarsi durante un simile dibattito.
- Demi mi ha chiesto di fidarmi di lei ed io l’ho fatto. Sono la sua migliore amica. E non mi pento.- puntualizzò, sporgendo fieramente la mascella. - Preferisco metterti al tappeto con un incantesimo adesso perché, se partirai alla cieca verso New Orleans, so già che causerai alla sua spedizione molti più problemi di quanti non riuscirai a risolvere. Non è la tua battaglia: si tratta di Demi e di Prince, e questo è il loro destino. Stefan ed Elena hanno sempre provato ad evitare che si realizzasse e, alla fine, guarda che cos’è successo! Non puoi commettere il loro stesso errore. Io non te lo permetterò.-
Damon fece una smorfia ma non sottovalutò la portata di quelle affermazioni. Conosceva troppo bene la forza di carattere delle antenate di Sheila per illudersi che averci a che fare sarebbe stato facile:
- Che cosa ti aspetti che faccia, allora?- cinguettò, quasi allucinato. - Che prepari un tè coi pasticcini e che mi metta a fare balletti sconci qua e là mentre nell’aria risuona ‘’Enjoy the silence’’?-
- Certo che no. Hai già dato a Nick il tuo sangue, Demi te ne sarà grata.- mentre gli faceva presente quel particolare, Sheila cercò di non immaginarselo con la camicia sbottonata a danzare nel bel mezzo del Pensionato dei Salvatore con i Depeche Mode in sottofondo. Ma era praticamente impossibile non farlo e non arrossire come un peperone nel frattempo. - Ora ti devo un favore. Perciò facciamo qualcosa di utile, senza però interferire nel piano di salvataggio: andiamo a seppellire Rebekah.-
Come un randagio affamato che annusa una preda succulenta, Damon drizzò le orecchie:
- Sophie non sarà contenta di ciò che le avete fatto, visto e considerato che era una delle sue carte vincenti.- proseguì la Bennett, felice di avere finalmente conquistato tutta la sua attenzione. – Vorrà riaverla e scommetto che, una volta che l’avrà localizzata, manderà i suoi scagnozzi demoniaci a riprenderla. Se non spostiamo il suo corpo dal bagagliaio della tua macchina o non guidiamo a tutta birra lontano dalle Cascate, ci raggiungeranno qui. E allora sarà impossibile difendere la Capanna.-
Will emise un verso sospettoso, scrutandola attentamente:
- Che cos’è che ti sta frullando nella testa?- chiese, quasi in allarme.
- Voglio aprire il sepolcro di Klaus Mikaelson.- dichiarò Sheila, a bruciapelo. Dall’occhiata che Damon le rivolse, le parve che lui avesse già capito, e che stesse ghignando: - E voglio ficcarci dentro non solo Rebekah, ma anche tutte le Ombre ed i Demoni che riusciremo ad attirare lì. Così creeremo un diversivo e distrarremo la megera: invece di attirare i riflettori su Demi e Prince, li lasceremo passare inosservati mentre noi facciamo un po’ di pulizia. Non so voi, ma io non voglio che nessun altro venga morso da quei mostri. E’ il momento di rimediare.-
- ‘’Sei davvero la strega più brillante della tua età, Hermione.’’- citò il vampiro, a metà tra l’ammirazione e lo scherno.
Nonostante quel tono, Sheila capì di averlo convinto e si sentì bruciare dentro quando, con una smorfia strafottente, Damon si diresse verso l’uscio bofonchiando: - D’accordo. Porta con te il tuo bel librone stregonesco e, se proprio devi, anche il tuo amichetto con la bava alla bocca.-  

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Will si affrettò a darci un taglio con lo sguardo perso sulla migliore amica di Demi e lei fece appena in tempo ad intercettare uno dei sorrisi più spregevoli mai inscenati dal maggiore dei Salvatore.
- Guido io.- annunciò quest’ultimo, poi si sbatté risolutamente la porta alle spalle.
 







__________________
 
NOTE DELL’AUTRICE:
 
Salve a tutti, miei adorati lettori! <3
Spero che questo capitolone vi sia piaciuto! Si tratta della prima parte di un capitolo molto più ampio, ma assolutamente necessaria alla comprensione di numerosi punti chiave!
Cosa ne pensate dei Princetra? Vi sono piaciute le loro interazioni? Personalmente non vedo davvero l’ora di vederli all’opera nella reggia di Marcel e, non dimentichiamolo, alle prese con la Queen Katherine! Ci sarà da divertirsi! AHAH
E ancora, avete notato lo sviluppo del rapporto tra Damon e Sheila? Fatemi sapere se li avete apprezzati e, chissà, anche shippati (?) per qualche istante!
Se volete fare un favore a me e soprattutto alla storia, inseritela tra i preferiti o tra i seguiti, passate parola, recensite, commentate… insomma, tenetemi compagnia nel tempo (spero più breve, visto che ormai sono quasi pronta alla laurea, URRAAAA’) che impiegherò a scrivere la prossima avventura!
Spero di non avervi delusi e di avervi regalato qualche bella emozione!
Un bacio e a presto!
Evenstar75
 

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Capitolo 4
*** We want WAR ***


We want WAR


*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*
 
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Sheila: ‘’Il sangue di vampiro è noto per le sue eccezionali qualità rigenerative.’’
Will: Non c’è cura che possa impedire alla sua anima di sgretolarsi, niente a parte la spada di Luinil. Col sangue di vampiro Nick sarebbe più in forze, ma… nulla di più.
*Damon dà il suo sangue a Nick*
///
Sheila: - Voglio aprire il sepolcro di Klaus Mikaelson. E voglio ficcarci dentro non solo Rebekah, ma anche tutte le Ombre ed i Demoni che riusciremo ad attirare lì. Così creeremo un diversivo: invece di attirare i riflettori su Demi e Prince, li lasceremo passare inosservati mentre noi facciamo un po’ di pulizia. Non so voi, ma io non voglio che nessun altro venga morso da quei mostri.
///
Prince: Lei è… Ruby, una mia vecchia… amica. E ti ha portato l’Elixir, una pozione rarissima, specialità dell’erede al trono del Quartiere Francese, che renderà inoffensivo il tuo Stigma per un po’.
//
Demi: Quindi voi due… avete avuto una storia?
Ruby: Fino a quando non mi hai piantata in asso per riprendere la tua battaglia contro le forze del male.
Prince: Se non ricordo male, non ti avevo promesso un anello al dito.
///
Eve: C’è più di un motivo per cui la maggior parte dei Crescenti mi vorrebbe morta. A parte la diserzione, la maledizione con cui Sophie mi ha colpito, in qualche modo, si è riversata anche su di loro, ed è diventata il loro limite, la loro debolezza.
Mattie: E per fargli riacquistare i loro poteri lupeschi... tu dovresti tirare le cuoia?
Eve: Sì. E non gli basta che io muoia di morte naturale… per legittimare la successione, è necessario che uno di loro prenda definitivamente il posto del leader precedente. Dopo averlo ucciso.
///
Oliver: Sei tu ad aver convinto Eve a scappare, lasciandoci senza una guida! E sei TU che l’hai nascosta, così che non potesse rispondere alla giustizia che il branco riserva ai disertori!
Prince: Se ti vedo ancora, sei morto.
///
Prince: Qual è il nome del tuo bel ragazzo vampiro, amico?
Aiden: Josh. Joshua Rosza.
Prince: Ho bisogno che il signor Rosza mi aiuti ad intrufolarmi alla corte di Marcel Gerard. Le streghe, a New Orleans, non possono compiere incantesimi senza il suo consenso. E si dà il caso che io abbia bisogno dell’aiuto della Reggente in persona per aprire il sepolcro di Luinil e prendere la Piuma Nera.
Jackson: Ma non è più Marcel ad occuparsi di queste faccende. E’ la Regina di New Orleans, Katerina Petrova. Ma sta’ tranquillo, a corte si fa chiamare semplicemente Katherine.
 
*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*
 

 
- Credo che questo sia l’ultimo.- mormorò Jackson con un piccolo sospiro, restituendo una manciata di verdoni ad un uomo calvo sulla cinquantina, il quale sembrava ancora un po’ stordito. – Tenga pure, è roba sua. E mi scusi per il… beh, per l’inconveniente.- il tipo si guardò intorno spaesato, notando come il pavimento del Croissant fosse ancora disseminato di banconote da riconsegnare ai legittimi proprietari, poi alzò le spalle e si voltò per andarsene.
- Quel Prince è proprio un tipo strano.- il rumore della risata di Aiden si unì al suono graffiante della sua scopa che spazzava il pavimento, raccogliendo i resti delle generose mance che i clienti del locale, sotto l’influsso telepatico del figlio di Klaus, avevano lanciato dappertutto, scatenando un caos tremendo tra i tavoli. - Ha incantato tutta questa gente a vuotarsi le tasche senza pensarci due volte e a darsi alla pazza gioia… e il tutto con ‘’Up and Down’’ di Billy More come sottofondo.-
Strofinandosi una guancia stampata di rossetto, aggredita dalle più belle ragazze presenti tra la clientela, soggiogate ad adorarlo spudoratamente, Jackson staccò la spina del grosso stereo incriminato, facendo tornare il silenzio nel Croissant, poi scrollò le spalle con aria rassegnata.
‘’Strano’’ era davvero un complimento rispetto al modo in cui avrebbe volentieri definito il suo amico dopo la bravata che gli aveva messo a soqquadro l’attività.
- Per Demi dev’essere abbastanza stressante averlo come fidanzato. Sembrano entrambi delle belle teste calde.- proseguì Aiden, pensieroso, raccattando un reggiseno rosa che era stato lanciato sul bancone e squadrandolo con una crescente aria perplessa. - Ecco perché già litigano come una coppia sposata.-
- Non stanno insieme, quei due.- chiarì Jack, continuando a riconsegnare denaro ad una donna che non la piantava più di strabuzzare gli occhi, come appena riavutasi da un sogno. - A quanto ho capito lei sta con suo fratello, Nick.-
- Il ragazzo moribondo.- comprese Aiden, continuando a pulire. - Credi che riusciranno a salvarlo?-
- Dipende da molte cose.- la voce burbera che rispose a quella domanda non fu quella che il giovane licantropo si sarebbe aspettato e, con un brivido di allarme, sia lui che Jackson si voltarono di scatto verso la porta. - Per esempio… da me.-
Sulla soglia, con le braccia muscolose appoggiate agli stipiti, apparve l’ultima persona che entrambi avrebbero voluto vedere, ossia un giovane molto alto, robusto, dalla barba bionda e dal sorriso selvaggio:
- Oliver.- quel nome, pronunciato da Aiden con uno squittìo spaventato e dal padrone del locale con un ringhio sommesso, sembrò deliziare l’ex capobranco mentre questi si faceva largo con ampie falcate verso di loro, seguito da un numero molto più tornito di scagnozzi rispetto a quelli che lo avevano accompagnato durante il suo scontro con Prince.
Al loro ingresso, il clima divenne glaciale ed incredibilmente teso, quasi elettrico, tanto che i clienti reduci dalla compulsione preferirono mollare lì tutti i propri risparmi e dileguarsi il più in fretta possibile per evitare coinvolgimenti.
Jackson posò le monete che aveva ancora in mano su uno sgabello, poi, coraggiosamente, si frappose tra il bullo e il proprio dipendente.
- Prince Labonair ha annullato la tua sovrintendenza, Oliver, ti ha risparmiato la vita e ti ha bandito da questo posto.- gli ricordò, con voce pacata ma ferma, incontrando lo sguardo lattiginoso e beffardo di Guillotin. - Non sei il benvenuto, qui dentro… e neppure nel resto del Bayou.-
- Anche se a deciderlo è stato un abominio della natura, la cosa più lontana da un Lupo Mannaro che si sia mai vista?- sputò fuori Oliver, gonfiando il grosso petto d’indignazione, mentre i suoi compari facevano scrocchiare le nocche. - AH! Quel dannato Prince non è un vero Labonair: è uno sporco Mikaelson, figlio di un ibrido bastardo, da sempre in combutta con i vampiri e con il Quartiere Francese. E’ colpa sua se la nostra regina Hayley è stata uccisa e se Eve ci ha abbandonato. Influenzandoci con la sua Maledizione, lei ci ha portato via la nostra capacità di trasformarci a nostro piacimento e ci ha condannato a subire di nuovo lo strazio dei pleniluni… ma adesso basta: il nostro popolo è stanco e rivuole indietro la sua libertà. E la sua superiorità su tutti gli altri branchi del mondo.-
- Eve sarebbe già tornata a casa se congiurati come te non fossero intenzionati ad ucciderla per appropriarsi del potere.- sibilò Jackson, sporgendo il mento. – Anche se lontana, lei è stata un sovrintendente dieci volte migliore di te, che vuoi solo sfruttare la situazione per impadronirti di un titolo che non ti appartiene!-
- E’ la dura legge dei Crescenti, Jackie: ai capi disertori spetta la morte. E quest’ultima, se ottenuta in duello, sancirà, una volta per tutte, il tramonto dei Labonair in favore di una stirpe più degna.- sbottò Oliver, digrignando i denti. - Ma cosa vuoi saperne tu, che non hai neanche mai attivato il tuo gene, di ciò che è meglio per noi? Sei un debole, come la tua amichetta, qui.- accennando crudelmente ad Aiden, il biondo scatenò l’infame ilarità dei suoi alleati, prima di schioccare le dita: - Prendeteli!-

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- Sei un codardo!- gridò Jackson, mentre veniva assalito da diversi Lupi più massicci di lui, che lo afferrarono per le braccia e lo colpirono violentemente allo stomaco, atterrandolo su un tavolino e costringendolo a stare fermo. – Prince ti schiaccerà come uno scarafaggio non appena ti avrà sotto tiro, di te non rimarrà neanche la polvere…!-
- Forse.- convenne Oliver, divertito, sovrastando le proteste ansimanti di Aiden, che venne atterrato bruscamente a sua volta. - Oppure sarò proprio io a costringerlo a darmi ciò che voglio: l’annullamento della magia che continua a rendere introvabile il luogo in cui si nasconde la traditrice.-
- Stai perdendo il tuo tempo.- rantolò Jackson, sentendo le corde imbevute di strozzalupo graffiargli i polsi mentre venivano annodate attorno ad essi. – Prince non ti consegnerà mai Eve!-
- Neppure se lo rallenteremo così tanto da mettere in pericolo la vita del suo fratellino? Già, so tutto al riguardo, grazie ad un piccolo aiuto.- con un cenno della testa, indicò una figura slanciata e femminile al suo fianco, dai lunghi e vaporosi capelli rossi, poi allungò la mano per cingere i fianchi di Rubyna, gloriandosi della sua presenza, come fosse un trofeo. - So che è in missione per salvare l’ultimo erede di Hayley e che ha bisogno di fare in fretta. Lo aspetteremo fuori dal palazzo di Marcel e lo costringeremo a guardarvi morire, se non vorrà scendere a compromessi. Poi, se continuerà a opporre resistenza, lotteremo, fino a quando capirà di non avere più tempo a disposizione. A quel punto, cederà, confesserà... e, pur di raggiungere la Reggente delle streghe prima che sia troppo tardi, mi consegnerà il trono su un piatto d’argento.-
- NO!- divincolandosi, Jackson si ostinò a lottare, nonostante il dolore. Poi, incrociando gli occhi indecifrabili della complice di Oliver, si sentì invadere dalla rabbia:
– RUBY! Come hai potuto… Eve, Prince e Nick sono dei Labonair, il compito dei Crescenti è di proteggerli! Siamo sempre stati governati dalla loro famiglia, sono stati i nostri capibranco per secoli e tu… NO! No, voi non potete! RUBY! PRINCE SI FIDAVA DI TE!-
- Questo è stato probabilmente il più piccolo dei suoi errori.- annunciò lei con freddezza, stringendo convulsamente la mano di Olly per cercarvi un conforto. - Ma presto si pentirà di tutto ciò che mi ha fatto.-

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Jackson avvertì l’odio di un’amante illusa ed abbandonata pervadere quell’affermazione ricca di sottintesi e scosse la testa, incredulo, mentre lui ed Aiden venivano trascinati via di peso, urlanti e in catene, pronti ad essere usati come esca per la rovina del loro stesso branco.
 
***
 
 
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- Hello, Balto.- la prima cosa che Nick credette di vedere sopra di sé fu un grosso confetto, circondato da un alone dorato ed ondeggiante, luminoso come i raggi del sole. Ansimando, nel tentativo di riempire d’aria fresca i propri polmoni rattrappiti dal veleno dell’Ombra, si abbeverò di uno squisito profumo di fragole, poi si sentì accarezzare la fronte da un soffice panno asciutto, e capì di essere tornato. – Stavo cominciando a valutare l’idea di farti un bell’ululato per provare a richiamarti dall’oscurità ma, hey, per fortuna mi hai risparmiato lo sforzo! Mentre eri disconnesso, comunque, mi sono esercitata per benino… vuoi sentire? Mh?-
Il ragazzo ascoltò la voce allegra e familiare di Mattie con un groppo in gola, poi racimolò tutte le forze che gli erano ritornate grazie al sangue di Damon per tirarsi leggermente su ed appoggiare la testa sulla spalla della ragazza, nella goffa, tenera imitazione di un vero abbraccio:
- N…o, g-gra…zie.- sospirò, debolmente, nascondendo un sorriso annerito contro il collo di lei.
- Fiuu, meno male, sei sempre il solito antipatico!- la Lockwood gli passò un braccio attorno al corpo, con il cuore che piano piano smetteva di assomigliare ad un muffin bruciacchiato e riprendeva la soffice, dolcissima consistenza di sempre.
Rimasero immobili per un momento incalcolabile, avvolti in una leggera aura di sollievo e di speranza, poi Nick si sentì leccare la mano da Eve, la quale scodinzolava talmente tanto da rischiare di scatenare un uragano proprio lì, accanto a loro.
- Andrà tutto bene.- sussurrò piano Mattie, strofinando la guancia sui capelli del nipote di Rebekah e dondolandosi appena sul posto. – Dico sul serio: Damon ti ha aiutato. Lui, Will e Sheila sono andati a sistemare una faccenda, ma torneranno presto. Prima di uscire, lei mi ha detto che Demi e Prince sono arrivati a New Orleans. Vedrai, troveranno la Spada. Ti guariranno…. e poi correremo dritti a sfondarci di panini al formaggio al Mystic Grill. Ne mangeremo fino a scoppiare, così tanti che questa brutta avventura ti sembrerà un nonnulla in confronto al mal di pancia che ci verrà.-
- Io n-non… posso… mollare…- biascicò Nick, quasi inudibile. Ogni parola lo affaticava, ogni respiro era una puntura di spilli nel petto, ma almeno, adesso, non si sentiva più così irrecuperabile o colpevole. -… Mon… ique mi ha detto che non d-devo farlo… p-per… per Prince…-
- Monique?- ripeté Mattie, confusa, allontanandosi un po’ per poterlo guardare negli occhi. - Tu hai visto quella Monique… laggiù, a Tenebrolandia? Monique Deveraux? Sul serio?!-
- E’… prigioniera. Nel… limbo… al posto di… S-Sophie…- riappoggiandosi cautamente al cuscino, Nick prese la mano della biondina, tirandola leggermente giù, per far sì che le sue flebilissime parole le giungessero senza problemi. -… vieni con me… l’hai già fatto p-prima d’ora… e-entra nelle m-mie… allucinazioni… te la farò v-vedere. Così… capirai. E’ importante… sarò abbastanza… f-forte… ancora per poco…-
- Certo.- acconsentì Mattie, intrecciando le dita rosee con quelle sottili e gelide del ragazzo. Dopo avergli lanciato un’occhiata d’intesa, chiuse gli occhi e assunse un’espressione assai seria e concentrata, quasi comica sul suo viso paffuto e sempre gioviale. - Sono pronta. Al mio tre, allora, si parte. OKAY. Gli impavidi Mattick in viaggio verso il pianeta delle anime perdute: e che sarà mai? Coraggio, uno… due…-
 
///
 
- Tre.- disse Nick, e la sua voce risuonò finalmente limpida, del tutto priva di echi metallici e di sussulti. - Apri gli occhi, nana… avanti, ce l’abbiamo fatta!-
 
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Mattie obbedì improvvisamente e, vedendolo in carne ed ossa vicino a sé, in piedi, con il suo solito, radioso colorito, nonostante i contorni della sua figura fossero leggermente sfocati, emise un acuto gridolino di gioia e si fiondò dritta tra le sue braccia. La proiezione un po’ sbiadita dell’anima del giovane Mikaelson l’accolse di slancio e la cinse, sollevandola da terra fino a far penzolare i suoi piedini a qualche centimetro del pavimento.
- Però. Quando ti ho visto l’ultima volta, eri alto più o meno quanto lei.- ridacchiò Monique, gustandosi la scena dal suo giaciglio nel terreno.
Arrossendo, la Lockwood sciolse quella stretta con aria confusa, cercando poi, con sguardo curioso, di localizzare la creatura che aveva appena parlato.
- L’ultima volta che ti ho vista io, invece, eri disegnata su un pezzo di carta.- mormorò un secondo dopo, con le iridi verde mare splendenti di attenzione. Poi, come se fosse convinta di non essere udita, si avvicinò all’orecchio di Nick con aria confidenziale: – Cavolo, doveva piacere davvero parecchio a Prince, l’ha ritratta in ogni minimo dettaglio. Anche se con il naso un po’ più piccolo, devo dire…-
- E’ stata lei a spezzare il suo Stigma Diaboli, nell’unico modo alternativo alla morte della strega che lo ha evocato.- le spiegò il figlio di Elijah con urgenza. – Si è sacrificata per lui, prendendo il posto dell’anima di Sophie in questo universo punitivo e finendoci in trappola come sua sostituta. Uccidendola, molti anni fa, le ho risparmiato il dolore fisico, ma non ho potuto fare nulla per alleviare quello del suo spirito…- Mattie fissò Nick sbigottita e, allo stesso tempo, colma di sollievo: dopo aver condiviso con il suo compare i ricordi che Prince gli aveva sottratto, aveva temuto che l’omicidio di quella ragazza avrebbe torturato Nick per l’eternità, ma non aveva mai dubitato della sua innocenza. – E’ stato un atto di pietà, il mio, suggellato da una promessa: prima che Monique morisse, le ho detto che l’avrei tirata fuori di qui. Ora, voglio che siate voi a realizzare questo giuramento per me. Uccidete Sophie, e libererete sia Demi che Monique. Ma non fatelo prima di aver capito come invertire l’incantesimo che ha assegnato alla nipote i tormenti della zia. Mi hai capito? E’ fondamentale.-
- Ah, cribbio, potevi dirmi di portarmi dietro un foglio per gli appunti!- si lamentò la bionda, cercando di fissare a mente tutte quelle informazioni. Poi, d’un tratto, Mattie s’interruppe ed inorridì: - Hey, aspetta un minuto, ma perché mi stai affidando questa missione? Non puoi rivelare tu stesso a Demi e a Prince ciò che deve essere fatto? Tra poco saranno alla Capanna, te l’ho detto, è solo questione di…-
- Voi dovete trovare il modo.- tagliò corto Nick, mentre un senso di soffocamento inaudito gli ghermiva la gola ed inghiottiva parte della sua determinazione. Per farsi coraggio davanti a quegli occhi enormi, lucidi ed inconsapevoli, lui le afferrò una mano, tenendola sospesa tra le proprie. – Nel caso in cui… qualcosa non vada nel verso giusto o la faccenda diventi più complicata del previsto…-
- AH! Lo sapevo dove volevi arrivare! Vorrei proprio dirti che mi è mancata la tua paranoia, ma non è vero!- si lamentò Mattie a mo’ di rimprovero, pestando i piedi per terra come una bambina sul punto di scoppiare a piangere. – Smettila di pensare al peggio… sarai in prima fila contro Sophie, insieme a tutti noi, e questo diventerà soltanto un brutto, bruttissimo ricordo!-
- Se può farti star meglio, non credo che lo sarà, in ogni caso.- con un sorriso delicato, lui le asciugò la lacrima grossa quanto una biglia che le era rotolata sulla guancia.
Si fissarono per un lungo istante di silenzio e resistenza, poi lei capitolò, sbattendo con ostinazione le ciglia bagnate:
- Invertire l’incantesimo prima di far fuori la megera, allora.- scandì, piccola ed inflessibile come un soldatino di piombo.
 
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Al colmo della gratitudine e dell’orgoglio, Nick annuì con decisione:
- Esatto.-
 
***
- Quindi sei assolutamente sicura che la tua magia funzionerà?- s’informò Damon, facendo scorrere il volante della Camaro tra le proprie dita per improvvisare un parcheggio nel tetro cortile attorno alla cripta abbandonata dei Fell. Sheila gli lanciò un’occhiataccia, mentre Will seguiva attentamente la scena dal sedile posteriore, attraverso lo specchietto interno. - Insomma, sei una strega da quanto? Un paio di mesi? Forse meno? Il tempo di imparare a muovere una tavola Ouija col pensiero per spaventare i miscredenti durante una festa di Halloween?-
- Sei stato tu il primo a propormi di aprire la tomba di Klaus per te.- lo rimbeccò la ragazza, stringendo con forza le dita sul Grimorio di Esther che teneva appoggiato sulle ginocchia. - Perché improvvisamente non ti fidi più delle mie capacità?-
- Non ho detto questo.- rimbrottò Damon, spegnendo l’auto con uno scatto fluido e piccato. - E’ solo che l’ultima Sheila Bennett che ha provato ad abusare dei propri poteri per aprire un luogo sigillato magicamente ci ha lasciato le penne.-
 
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- Era una donna anziana che ha pagato con la vita uno sforzo che non le competeva e che, a quel tempo, era estremamente necessario.- disse la giovane Bennett, mentre un’ombra scura le calava sul viso: sua madre, Bonnie, era sempre stata molto legata al ricordo della propria nonna e, in qualche modo, anche lei era cresciuta ammirandola. - Qui non si tratta di tirare fuori delle persone in pericolo da una cripta millenaria, ma soltanto di murarci dentro una sottospecie di cadavere. Nel caso in cui dovessi accorgermi che qualcosa non va, che è troppo per me, interromperò l’incantesimo e troveremo un’altra sistemazione per la professoressa Mikaelson. Non c’è da preoccuparsi, ho tutto sotto controllo.-
- Ti spiegherò io come fare per non correre rischi.- la rassicurò William, avvicinandosi a lei dopo essere sceso dalla vettura e chiedendole con un cenno di passargli il libro magico per un rapido consulto. - Non posso fare granché, lontano dai miei antenati, ma potrai sempre usarmi per attingere un po’ di energia, quando ne avrai bisogno. Dammi un minuto e saprò dirti di più.-
Sheila gli sorrise mentre lui si congedava per avviarsi nei pressi della grotta e Damon emise uno sbuffo canzonatore:
- Se consideriamo come hai stregato lui, Hermione, mi sa che possiamo stare tranquilli.- rifletté tra il serio ed il faceto. Sheila si strinse nelle spalle e lui fece schioccare la lingua, malizioso: - Andiamo, vuoi dirmi che non te n’eri accorta?-
- Santo cielo, il modo in cui mi ricordi Demi, alle volte, è irritante.- mugugnò lei, guardando altrove con ostinazione. - Lo sapevi?-
- Perché? Non ti piace?- indagò Damon, ammiccando spietatamente con le sopracciglia.
- Forse mi piaceva di più quando ancora non sapevo che anche lui era… beh, come me.- si lasciò sfuggire lei, tutto d’un fiato. Il vampiro esitò, confuso e circospetto, in attesa che Sheila riaprisse la bocca per continuare: - Quando era soltanto un bel ragazzo di qualche anno più grande di noi, che ci offriva da bere gratis durante le serate al Grill e si mostrava onesto e piacevole… adesso, invece, è l’aiutante segreto di Prince Mikaelson, la sua spia privata ed il suo produttore ufficiale di armi contro le forze del Male… e il fatto che ci abbia tenuto nascosta così a lungo la sua doppia vita non lo rende esattamente la persona di cui mi fido di più sulla faccia della terra. Né tantomeno il primo candidato della mia lista per una cenetta romantica. E’… complicato.-
- Voi Bennett e la vostra diffidenza.- commentò Damon, con uno strano sorriso sghembo e soddisfatto insieme. - La vedo davvero durissima per quel poveraccio. Forse farebbe meglio a trovarsi un hobby. Ho sentito che i Timberwolves sono ultimi in classifica, quest’anno, potrebbero aver bisogno di una recluta.-
- E tu, invece?- chiese Sheila, aprendo il cofano della Camaro per passare al vampiro una spada di cristallo azzurro risplendente, molto simile a quelle di cui Demi e Prince si erano muniti prima di partire per New Orleans, consci del fatto che fossero le uniche armi capaci di distruggere le Ombre. - In questi anni ti sei dato al football per provare a dimenticare la signora Gilbert?-
Il ghigno ironico di Damon s’irrigidì fino a diventare una smorfia feroce:
- La signora Salvatore, veramente.- la corresse, afferrando la spada e soppesandola tra le mani con aria distratta. - Nope, comunque. Voglio dire, ci ho provato col Bourbon. Ma non è andata a finire poi troppo bene.-
- Immagino.- mormorò Sheila, storcendo platealmente il naso, come per prenderlo in giro: improvvisamente il forte profumo di alcool che aveva circondato il vampiro fin dal momento del suo ingresso alla Capanna acquistava un senso. - Così voi due stavate insieme. Avevate una storia, avete avuto Demi e poi… lei si è sposata con Stefan.-
- I casi della vita.- tagliò corto Damon, scrollando le spalle, poi, con un movimento fluido e micidiale, fece vibrare la spada nell’aria e recise di netto le funi che tenevano fissato il baule di Rebekah al tettuccio della Camaro. – Perlomeno, stanotte seppelliremo uno dei colpevoli di quanto accaduto.-
- Così l’altro potrà tornare ad annegarsi nel wiskey?- ipotizzò Sheila. Il vampiro le rivolse uno sguardo compiaciuto e poi, issandosi il feretro su una spalla, mentre caricava sull’altra la propria arma lucente, quasi fosse un fagotto da picnic appeso ad un bastone, si avviò verso la cripta, fischiettando:
- Esattamente.-
Avvicinandosi alle pareti rocciose del sepolcro dei Fell, i due incrociarono nuovamente Will, il quale, indaffarato, si affrettò a porgere alla Bennett un pezzo di legno allungato, identico a quello che anche lui reggeva:
- Dovrai accenderli sulla punta, Sheila. Le fiamme di queste fiaccole, fuse l’una nell’altra, simboleggeranno il varco ancora bloccato. Pian piano, mentre pronuncerai l’incantesimo, cominceremo ad allontanarci e, reggendole, le separeremo: così, di riflesso, faranno anche i portoni della cripta, lasciando aperto un passaggio. Quando raggiungeremo questi due punti, sufficientemente distanti…- il giovane Doge indicò un masso che sbucava dall’erba e, sul lato diametralmente opposto, un cespuglio di bacche seminascosto nell’oscurità. -… Damon si avvicinerà abbastanza da far scivolare Rebekah accanto a Klaus, facendo bene attenzione a non toccare mai la linea di confine. Grazie al tuo sangue Bennett, annulleremo temporaneamente ciò che impedisce a chiunque di entrare in quel posto, ma l’incantesimo di prigionia resterà attivo e varrà per Klaus, per Rebekah e per chiunque osi violarlo fisicamente.- il maggiore dei Salvatore sfoggiò un sogghigno eccitato, come a dire ‘‘Quando cominciamo?’’; tuttavia, ignorandolo, William richiamò la strega: - Adesso ascoltami bene: appena lui spingerà la bara fino a deporla su quel pavimento incantato, una forza magica reagirà all’intrusione e ci attirerà con violenza l’uno verso l’altra, nel tentativo di richiudere il più in fretta possibile l’ingresso: dovremo resisterle fino a quando l’operazione non sarà stata completata. Tutto chiaro?-
- Certo.- annuì Sheila, sentendo un leggero brivido percorrerla.
- Qualunque cose accada, non devi interrompere il nostro contatto visivo: esso ti consentirà di attingere alla mia riserva di vitalità per mantenere attivo l’incantesimo, senza rischiare di esaurire troppo presto la tua.- la ammonì Will, attendendo un altro cenno affermativo. Sheila avrebbe voluto dirgli qualcosa d’intelligente, che gli era grata e che non le dispiaceva poi così tanto l’idea di doversi tuffare nei suoi occhi per un periodo prolungato di tempo, ma si limitò ad assentire, rigida come uno stoccafisso. Il fatto che Damon fosse lì accanto ad osservarli la rendeva terribilmente nervosa: - D’accordo, allora. In posizione.- annunciò il ragazzo, entrando in un pentagramma che aveva precedentemente tracciato nel terriccio e toccando l’estremità acuminata del ramo di Sheila con quella del proprio. Dopo aver teso la propria mano libera e tiepida, afferrò quella della Bennett. – Inspira in profondità e ripeti insieme a me: phasmatos incendia.-
- Phasmatos incendia.- senza bisogno che la formula venisse pronunciata oltre, un rapido guizzo infuocato avvolse le due fiaccole, cominciando ad ardere e sprigionando molta più luce di quanta non ci si potesse aspettare. La sfumatura sorpresa nelle iridi di Will lusingò Sheila proprio come la prima volta che aveva gli aveva mostrato i propri poteri, nel corridoio che portava giù all’Armeria, nello sgabuzzino segreto del Grill: - Perfetto. Ora cominciamo con il vero e proprio incantesimo…-
- Din din, time out- s’intromise Damon all’improvviso, aguzzando l’orecchio. – Avete sentito qualcosa?-
- Intendi… a parte la tua interruzione?- borbottò William, a metà tra l’incredulo e l’irritato. – No.-
- Abbiamo compagnia.- annunciò il vampiro, senza scomporsi, continuando ad ascoltare in lontananza. La Bennett provò a capire a cosa lui si stesse riferendo e riuscì a captare, tra le fronde mosse appena dalla brezza, un leggero lamento, dapprima quasi un miagolio, poi sempre più simile ad un gemito di sofferenza.
- Ha ragione.- sussurrò la ragazza, d’un tratto allarmata, sciogliendo la presa sulle dita di Will e voltandogli le spalle per avere più libertà di movimento nel perlustrare la zona. - C’è qualcuno nelle vicinanze e quel qualcuno… è nei guai.-
- O forse ha percepito la nostra presenza grazie al vostro piccolo falò e adesso sta cercando di attirarci in una bella trappola.- convenne Damon, mantenendosi sempre sull’attenti. Le urla remote, che parevano provenire dalla gola di una donna disperata, divennero sempre più stridule e violente con il passare dei secondi e lui inarcò le sopracciglia, risoluto. - Vado a dare un’occhiata, non muovetevi da qui.-
- Si tratta di una strega.- disse Sheila, di colpo sopraffatta, massaggiandosi le tempie come a causa di un orrendo mal di testa. Will si accostò velocemente alla giovane e anche lui si piegò in due, investito da un repentino lampo di dolore: – Sta cercando di comunicare con noi… è in pericolo!-
- Potrebbe essere Sophie?- ringhiò Damon, stringendo l’elsa della sua spada fin quasi a sbriciolarla.
- No.- ansimò William, appoggiandosi al sasso muschiato di poco prima per mantenere l’equilibrio sulle proprie gambe tremanti. - Nessuna strega del Quartiere Francese, a parte la Reggente, è autorizzata dagli Antenati a praticare oltre i confini di New Orleans, e questa magia non è abbastanza oscura da essere classificabile come Espressione… proviene da una fonte diversa, da una stirpe a cui Sophie non appartiene… no, non si tratta di lei, ma di un’altra strega… ad un passo dalla morte!-
- Riesco a sentire il suo richiamo nella testa… dice di chiamarsi Liv... Liv… Parker!- gridò Sheila, facendo oscillare la sua fiaccola per rischiarare meglio il verde umido della radura. - E mi sta mostrando dove si trova! Sbrighiamoci!-
- Nah, per una volta credo di sentirmi assai più confortevole nei miei panni da becchino piuttosto che in quelli da eroe, perciò me ne resterò bello tranquillo qui fino a quando non sarà…- Damon si accorse con un secondo di ritardo di stare parlando da solo, poiché sia Sheila che Willy si erano già precipitati in soccorso della malcapitata, lasciandolo al buio, come un idiota, a blaterare di fronte alla cripta. -… come non detto.- rimbrottò il vampiro, alzando gli occhi al cielo.
Poi si lanciò al loro inseguimento.
 
///
 
Durante il tragitto, Sheila sopportò faticosamente la sensazione di terrore che, trasmessale dalla sconosciuta Liv Parker, continuava ad annebbiarle il cervello con assordanti richieste d’aiuto, ma non smise mai di correre. Alcuni flash, indotti nei suoi pensieri con la magia, le mostravano che il luogo in cui la sventurata si trovava era poco lontano, ma ben nascosto agli occhi dei passanti grazie all’intricata vegetazione circostante.
Si trattava di un casolare abbandonato, probabilmente un’ex fattoria, dotata di un recinto rosicchiato dalle tarme e dal vento e di una piccola stalla priva di animali, in cui la poverina sarebbe stata presto imprigionata.
 
- Dove sono i miei fratelli? Che cosa gli hai fatto? Lasciami andare!- strillò sconnessamente una ragazza scarmigliata coi fitti boccoli color paglia e le guance inondate dalle sgocciolature del suo mascara.
Aveva un viso rotondo e sbarazzino, uno sguardo stranamente adulto per una ventenne, le labbra livide per la paura ed un brutto taglio aperto sulla fronte, come se fosse stata colpita con violenza per essere trascinata, una volta stordita, fin là.
Qualcuno la teneva in pugno e cercava di farla passare forzatamente attraverso una porta scardinata, mentre lei non aveva abbastanza forze per difendersi, ma soltanto per provare a chiamare i soccorsi.
- Uno di loro è già partito all’attacco, ha inseguito una Ferrari diretta a New Orleans. Doveva essere Luke, il tuo gemello.- rispose compiaciuta la sua aguzzina, una donna flessuosa dai vaporosi capelli neri, attorno alla quale aleggiava un aroma dolciastro di mele marce e fiori stantii. - E’ stato lui a rivelarmi dove ti eri nascosta, una volta terminata la sua transizione e piegata la sua volontà a Sophie. Ha provato a proteggerti fino all’ultimo, ma non c’è modo di sfuggire, quando entri a far parte dell’Esercito. Adesso, il tuo fratellone Kai seguirà le sue orme, subito dopo aver dato un morsetto anche a te…-  
 
- Vogliono trasformarla in un’Ombra!- strepitò la Bennett, accelerando nonostante i suoi piedi non la finissero più d’incespicare tra le radici divelte e le pietre disseminate per terra. Quando rischiò di capitombolare definitivamente, inciampando in un rovo e strappandosi i jeans, sentì la mano di William afferrarla giusto in tempo e sostenerla mentre anche lui non si dava per vinto.
 
- NOOOO! AIUTO! AIUTO! LUKE… KAI…- si sgolò Liv, continuando a piangere e a divincolarsi debolmente.
- Con questo smetterai di frignare.- annoiata, la carceriera della giovane fece balenare un paio di zanne affilate, rivelandosi una vampira, e si squarciò le vene del polso, un secondo prima di costringere il suo ostaggio a bere il suo sangue. Liv, in preda al panico, non poté fare altro che deglutire rumorosamente, strozzandosi e sporcandosi il mento di viscido rosso rubino. Una volta soddisfatta del risultato, la creatura della notte ricominciò a spingerla con urgenza verso l’entrata della stalla: - Ecco, ora sei pronta per una bella riunione di famiglia…-
 
- PHASMATOS INCENDIA!- sobbalzando a causa di quel grido inaspettato e dello scoppio che, al tocco di Sheila, aveva prontamente avvolto con delle fiamme guizzanti lo steccato della fattoria, la vampira fu costretta a mollare la presa su Liv e a scansarsi per sfuggire all’ondata di calore improvviso.
La sua vittima cadde in ginocchio, stravolta, mentre nel suo campo visivo apparivano i suoi due giovani salvatori.
- Streghe.- si leccò le labbra la donna mora, scoprendo fulminea i canini. – Anche voi siete impazienti di servire la grande Sophie Deveraux? Non vedeva proprio l’ora di rimpinguare le sue file di Demoni e, ora, eccovi qua, ad offrirvi addirittura volontari! Ne sarà molto felice. Tu, in particolare…- il volto affilato della vampira fu pervaso dalla delizia mentre fissava la figlia di Bonnie con particolare bramosia. -… mi sembri abbastanza potente. Sarai una recluta perfetta!-
- Col cavolo!- quando la seguace di Sophie scattò rabbiosamente nella direzione di Sheila, la ragazza avvertì qualcosa di forte farle da scudo con il proprio corpo ed assorbire l’urto con la sua assalitrice al posto suo: Damon, i cui occhi rilucevano quanto la spada azzurra che impugnava minaccioso, strattonò via la succhiasangue e le piombò addosso, rotolando poi, assieme a lei, sul terriccio.
- Damon Salvatore.- ridacchiò lei, con una smorfia a metà tra il fastidio e la nostalgia. Le sue iridi grigio ceruleo sfavillarono in un modo familiare e lei gli sorrise come si fa di fronte ad una vecchia conoscenza… o ad una leggenda. – No way*(1).-
- Alice?- continuando a braccarla, il fratello maggiore di Stefan ebbe il netto presentimento di averla già vista da qualche parte e, alla fine, la riconobbe: aveva avuto a che fare con lei ai tempi della Maledizione del Sole e della Luna, quando lui, Elena e Rose avevano contattato il vampiro Slater per ottenere delle notizie sugli Originali. Alice, che all’epoca era la frivola fidanzata del loro informatore, molto più attratta dall’idea di diventare immortale che da quello strambo tipo in sé per sé, li aveva aiutati a scovare la password del suo computer; in seguito, Damon le aveva cancellato la memoria per far sì che non ricordasse più nulla di quegli eventi. Adesso che era una vampira, però, ogni compulsione doveva essersi annullata: – Hai finalmente trovato qualche idiota che ti trasformasse, eh?- seppur nella furia, lui riuscì ad ammiccare: - Giusto in tempo, direi, visto che stavano per spuntarti le prime rughette d’espressione.-
- Già.- gioì lei, approfittando della sua distrazione per assestargli una sonora ginocchiata nel ventre e per farlo sibilare di dolore. – E, in effetti, fare fuori te potrebbe saldare il mio debito con Atticus molto prima del previsto.-
- Shane.- ringhiò Damon, rimettendosi in piedi, di nuovo pronto all’attacco. - E così è lui il bastardo che ha contaminato i mocciosi Parker con le sue zanne, mettendoti qui a fare la guardia ai suoi esperimenti... li ha morsi tutti per ombrizzarli, come aveva già fatto con l’intera famiglia Stone, non è vero?-
- Gli Stone, però, erano semplici umani.- rivelò Alice, scuotendo fiera la chioma. – Il veleno del professore poteva soltanto tramutarli in Ombre, pericolose, certo… ma non micidiali. Lì dentro, invece…- ed accennò rapidamente alla stalla. -… stanno per sorgere delle reclute molto più temibili, perché qualsiasi creatura già magica, Licantropo, Strega o Vampiro che sia, una volta contaminata dal siero dell’Inferno, si trasforma in qualcosa di diverso.- la sua soddisfazione nel provocarlo era innaturale, disgustosa: - … in un Demone.-

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- No, non è possibile.- ansimò lui, quasi inudibile, agghiacciato e per nulla disposto a  farsi fregare. - Stai mentendo!- pensando immediatamente, tragicamente a Nick e al suo destino segnato, con le orecchie che gli ronzavano, Damon gettò la spada e si scagliò contro la sua avversaria a mani nude, furibondo. Approfittando senza remore dell’effetto sorpresa che la propria ira fu in grado di scatenare e dell’imponente disparità anagrafica presente tra loro, le infilò il pugno chiuso dritto nel petto, affondando nella sua carne senza troppe difficoltà e mozzandole il fiato.
- Ti piacerebbe.- notò Alice, sibilando al suo orecchio, melliflua e maligna nonostante la fatica. – Ma dentro di te sai perfettamente che ho ragione. Perciò ricorda: nel caso in cui volessi passare dal lato giusto, assicurati che le future incubatrici di veleno demoniaco abbiano in circolo anche solo qualche goccia del nostro prezioso sangue. Così potranno dire addio alla loro anima molto più velocemente. E per sempre.-
Proprio in quel momento, un’entità nera e fumante, probabilmente il Demone nato dalla metamorfosi ormai completa dello sfortunato Kai Parker, sbucò dalla fattoria, trascinando con sé un tornado malefico d’energia che fece crollare a terra, in un colpo solo, Sheila, Liv e William.
Damon fece appena in tempo a vederlo mentre si dileguava nella foresta, per recarsi senza esitazione dalla sua padrona senza scrupoli, poi, urlando, strappò via d’impeto il cuore di Alice.    
 
///
 
- E quanto tempo hai ancora a disposizione per salvare tuo fratello?- chiese Joshua Rozsa, con noncuranza, lasciandosi trascinare dall’entusiasmo e dall’ingenua voglia di saperne di più a proposito del nobile motivo che aveva spinto quei due stravaganti ragazzi alla ricerca della tomba di Luinil.
- Più di quanto ti resta da vivere se non ti decidi a chiudere il becco.- ringhiò Prince, con i denti sfolgoranti digrignati in una smorfia alquanto seccata. Strappando rabbiosamente al petulante fidanzato di Aiden le chiavi del portone sotterraneo di fronte a loro, fino al quale erano giunti solo grazie all’aiuto di quest’ultimo, incominciò a trafficare con la serratura, impaziente di proseguire il cammino che li avrebbe fatti giungere al cospetto della Regina. Tuttavia, nonostante i suoi sforzi e le imprecazioni, l’uscio rimase sigillato e gli fece perdere le staffe: - Andiamo… dannazione… perché diamine questa stupida chiave non funziona, eh?!-
- Deve essere per colpa del tuo sangue contaminato.- rispose Josh, sempre con molto poco tatto. Il principe non si girò a guardarlo, ma Demi riuscì a cogliere con pericolosa chiarezza l’improvvisa rigidità che, davanti a quelle parole irrispettose, si era impossessata della sua postura:
- COME HAI DETTO, PREGO?-
- Voleva dire ‘misto’.- suggerì la ragazza, sforzandosi di placare gli animi, mentre le orecchie di Prince diventavano paonazze. - E forse ha ragione: se Marcel è da anni in guerra con le streghe, tanto da proibire loro qualsiasi pratica magica non autorizzata, è molto probabile che abbia voluto proteggere gli ingressi ai suoi appartamenti privati da eventuali visitatori sovversivi ed in cerca di rivalsa. Forse è il sangue di Esther nelle tue vene che t’impedisce di avanzare, perché lei era una strega potente e, in parte, lo sei anche tu.-
- Sono sempre riuscito ad entrare a Palazzo.- obiettò Prince, voltandosi, ormai esasperato. - Qui a New Orleans le cose vanno in modo diverso, è vero, e non occorre essere umani per essere i proprietari di un edificio: Marcel, nonostante sia un vampiro, è il legittimo padrone di questo maniero. E può anche aver costretto qualche abitante del Quartiere Francese a scagliare contro le streghe lo stesso sortilegio che, altrove, vale per i vampiri nelle case dei mortali, ma non può aver chiuso le sue porte a me. Ho ricevuto il suo invito formale molto tempo fa e quel tipo di permesso, una volta ottenuto, è permanente.-
- Almeno fino a quando l’abitazione non viene intestata a qualcuno altro.- lo corresse Josh, quasi noncurante, grattandosi il mento con la punta dell’indice. Prince lo fissò in cagnesco, quasi volesse azzannarlo, ma Demetra riuscì ad attirare la sua attenzione giusto in tempo, prima che sbottasse di nuovo:
- Ad un altro vampiro, per esempio, magari estremamente furbo, capace di fargli il lavaggio del cervello in tua assenza, fino a soffiargli da sotto il naso le redini del potere.- ipotizzò di slancio, sentendo lo sguardo adamantino ed indagatore del ragazzo bruciarle addosso. In un attimo, tra i tizzoni smeraldini di quelle iridi, Demi vide sfrigolare dapprima un flebile bagliore d’intuizione, poi uno molto più intenso, striato di consapevolezza e di una strana, muta eccitazione:
- Katherine.- dissero in coro, finalmente sulla stessa lunghezza d’onda.
Fu stranamente piacevole percepire come, tutto d’un tratto, le loro menti perennemente in conflitto fossero riuscite a giungere senza difficoltà alla medesima conclusione, sfiorandosi appena nel percorrere lo stesso sentiero.
- Già, proprio lei.- dedusse la Salvatore, senza preamboli, incrociando le braccia sul petto. - Ci ha fregato.-
- Perché, anche tu sei una strega?- chiese Josh, rivolgendosi direttamente a lei, dubbioso.
- A dire la verità, no.- un’anomala luce vibrante pervase gli occhi già crepitanti di Prince di fronte a quella confessione e la giovane capì che era un chiaro segnale di pericolo in vista: - Ascolta, tesoro… chi è costretto a rimanere confinato qui fuori sono solo io, e non tu. Tu puoi andare avanti. Devi convincerla a venire a parlare con me, senza che Marcel e il resto della sua strampalata combriccola lo sappiano. Dille chi sono. E che ho un’offerta per lei.-
- Ai vostri ordini, maestà.- bofonchiò Demi, inarcando un sopracciglio. – E ditemi, di grazia, cosa impedirà alla mia testa di schizzare via, quando mi sarò intrufolata senza permesso nelle regali camere di Miss Petrova?-
- Niente.- ghignò Prince soave, sbattendo languidamente le ciglia.
- Perfetto.- ignorando coraggiosamente il leggero tic all’occhio che tradiva le sue turbolente emozioni, Demi tese il palmo della mano al figlio di Klaus, in attesa che lui si decidesse a consegnarle il famigerato mazzo di chiavi. - Augurami buona fortuna, allora, e resta pure a guardarmi mentre salvo la giornata.-
- Rallenta un secondo, Wonder Salvatore.- la bloccò subito lui, continuando a tenere, per tutta risposta, le chiavi ben lontane dalla sua portata. Demi prese in considerazione per un attimo la possibilità di dargli un calcio negli stinchi e di approfittare della sua sorpresa per fuggire via col bottino, ma poi si ricordò che Prince era la creatura più letale sulla faccia della Terra e che, dopotutto, forse aveva bisogno dei suoi consigli: - La donna che andrai ad affrontare non solo è una vampira millenaria, ma è anche più scaltra di una volpe. In caso contrario, non sarebbe riuscita ad intortare Marcel fino a questo punto. Contro di lei, quei bei paletti che porti legati alla cintola…- Joshua abbassò lo sguardo verso la vita di Demetra e assunse immediatamente un’aria nervosa. -… sarebbero inutili persino se tu sapessi come usarli.-
- Ho fatto fuori l’Ombra di Adam Stone, una volta.- sbottò Demi, mentre l’idea di prenderlo a calci fino ad esaurimento scorte riaffiorava nella sua mente, assumendo delle sfumature sempre più allettanti. – E ho quasi impalettato Shane sul Wickery Bridge, la notte in cui le nostre strade si sono disgraziatamente incrociate. Dovresti ricordartelo. Avevo un vestito niente male.-
- Pffff. La fortuna del principiante.- cantilenò Prince, con un cenno distratto. Ricordarla in quel suo abitino striminzito gli rendeva molto più difficile convincersi che fosse del tutto sfornita di armi utili nei casi di emergenza, ma quel pensiero non bastò a farlo demordere: - Non hai mai ricevuto un addestramento decente e, finché l’Elixir è in circolo dentro di te, non potrai contare neanche sull’efficacia delle tue protezioni da Prescelta. Sei praticamente spacciata.- mentre lei, furiosa, faceva per ribattere, lui la precedette: - Ecco perché devi fare attenzione. Queste boccette…- ed aprì uno zainetto da boyscout, che si era portato in spalla fino a quel momento, dopo esserselo fatto prestare da Jackson. -… sono piene di verbena purissima, concentrata, circa tre volte più potente di quella normalmente usata per neutralizzare i vampiri. E’ una sostanza estremamente urticante per tutti loro, anche per quelli vecchi quasi quanto un Originale. Se le cose si mettono male, usale come fossero delle bombe a mano per scatenare un putiferio e poi dattela a gambe, più veloce che puoi. Chiaro?-
- Certo.- asserì Demi, senza troppa convinzione, acciuffando quante più fiale possibile per ficcarsele delicatamente in tasca. - Sono sempre arrivata prima nelle gare di corsa coi miei coetanei. A volte ero talmente veloce da far pensare alle maestre che avrei potuto spiccare il volo da un momento all’altro.-
Fiutando il suo leggero sarcasmo, però, Prince l’acchiappò repentinamente per un braccio:
- Se qualcosa va storto, per Nick è finita.- le ricordò il giovane, con gli occhi densi e colmi di un oscuro, inedito misto tra impazienza, voracità e terrore. Come attratta da un’assurda, irresistibile calamita, Demi rimase immobilizzata a fissarlo, senza fiato: – Perciò, al primo segnale di pericolo, scappa e basta. Troveremo un’alternativa, un modo diverso per riuscire a farci dare udienza… ma tu devi uscire viva ed incolume da lì. Non possiamo permetterci il contrario. Senza di te, sarà tutto inutile.-
Nel sussurrarle quegli ammonimenti, il principe si era chinato appena (e forse non del tutto intenzionalmente) sul suo volto, facendosi più vicino che mai e sfiorandole quasi la bocca col proprio respiro; Demi, stordita, aveva sbattuto le palpebre con una certa forza e lui si era allontanato di colpo, così rapidamente da farle dubitare seriamente di essersi immaginata tutto:
- Ti concedo un paio di ossa rotte al massimo, niente di più.- specificò infine il figlio di Klaus, intransigente. D’un tratto, però, il suo cipiglio di solito glaciale parve ammorbidirsi per la preoccupazione ed i suoi lineamenti divennero belli in modo straziante, come quelli di un angelo dannato. - Sei troppo preziosa.-
-… per la riuscita della missione.- completò Demi al suo posto, con la gola secca, quasi per rendere più accettabile quella frase accorata alle orecchie di entrambi. -… intendi dire, per recuperare la Piuma.-
Udendo quella giustificazione, che lo esonerava così comodamente dal dovere di trovarne un’altra che fosse altrettanto credibile, Prince annuì, poi scrollò le spalle, come riavutosi da un sogno:
- Esatto.- sussurrò, sfuggente, come se stesse parlando soprattutto con se stesso. D’istinto, mollò la presa sul gomito di Demi e fece salire la propria mano verso il ciondolo di Monique, come per cercarvi un conforto. Per qualche strano motivo, il cuore della Prescelta sobbalzò bruscamente mentre il ragazzo stringeva quel monile tiepido nel proprio palmo, e lei si sentì a disagio, come se si fosse intromessa senza tatto in qualcosa di intimo, di proibito. Era la stessa sensazione di quando aveva varcato per la prima volta la soglia della camera da letto di Damon, rimasta sigillata per sedici anni di nostalgia ed incapacità di dimenticare davvero il passato. - Vai, adesso.- mormorò Prince, senza guardarla. - E ricorda ciò che ti ho detto. Farò in modo di mandarti dei rinforzi, nel frattempo: soggiogherò tutti i vampiri riuscirò a beccare fuori dalle mura a diffondere la notizia del tuo arrivo, persuadendoli a dire in giro che sei stata autorizzata da Marcel in persona. Così, se qualche guardia proverà a fermarti, saranno pronti ad aiutarti e a guidarti dalla Regina.-
- Graz…- Demi, spontaneamente, aprì la bocca per sussurrargli la propria gratitudine ma, prima che riuscisse a farlo, con un fruscio impercettibile, senza una parola, un saluto o augurio di buona fortuna, Prince si dileguò, svanendo come fumo pallido ed inconsistente proprio sotto i suoi occhi.
 
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- E così, mentre noi due avanziamo dritti verso la tana della tigre, il tuo fidanzato rimarrà indietro a guardarci le spalle.- quasi saltellando, Josh avanzò assieme alla Salvatore lungo gli umidi sotterranei che il portone segreto aveva schiuso per loro, mentre il momento di uscire allo scoperto si avvicinava progressivamente. - E’ un peccato che sia così scorbutico, perché è davvero un tipo molto affascinante…-
- Prince non è il mio ragazzo.- chiarì Demi in tutta fretta, seguendolo su per una tortuosa rampa di scalini ricoperti di melma.
-… e tremendamente sexy. Con quelle labbra carnose e quell’accento così marcato... e che muscoli…- proseguì il giovane vampiro, senza starla a sentire. Demi inarcò un sopracciglio, senza riuscire a trattenere un sorrisetto, e lasciò che il suo accompagnatore continuasse a descrivere il figlio di Klaus in quei termini adoranti. Ascoltandolo, le vennero in mente le parole con cui lei stessa aveva descritto Nick sul proprio diario quando, per la prima volta, lo aveva incontrato nella classe di Storia di sua zia Rebekah. Ricordava di essersi sentita immediatamente attratta da lui, dalla sua bellezza finissima, composta e misteriosa, e dal modo indecifrabile in cui lui le aveva rivolto lo sguardo, come se vedesse un mondo intero attraverso i suoi occhi. Ripensò al suo profumo lieve di limone, vaniglia ed acqua di colonia, che tante volte l’aveva aiutata a riemergere dal buio, infondendole nei polmoni la voglia di continuare a vivere e a respirare, e alla sua bocca squisita che per tante volte l’aveva scelta e che avrebbe voluto confessarle i propri sentimenti poco prima della sua partenza per New Orleans…
- Sono innamorata di suo fratello.- mormorò Demetra, quasi senza rendersene conto, come se lo avesse realizzato sul serio solo in quel momento. Con un suono che assomigliava ad una brusca frenata prima di un incrocio, Josh, finalmente, si zittì. - Lo amo. E sto lottando con tutte le mie forze per poter tornare a casa e dirglielo.-
Il fidanzato di Aiden le rivolse un’occhiata diversa, più rispettosa e comprensiva, poi posò la propria mano sulla parete di fronte a loro, fredda ed ammuffita, posta come sbarramento del loro cammino.
- Toccando questo muro, ora, aprirò un passaggio. Arriveremo a pochi passi dal cuore del castello, dove ci saranno un sacco di vampiri di pattuglia ed un grande via vai di loschi figuri. Dovrai cercare di non dare nell’occhio, confondendoti con loro, e di raggiungere una sala piena di armature, situata nella zona più isolata dell’intera struttura, che ti condurrà dritta negli appartamenti di Katerina Petrova.-
- Ricevuto.- acconsentì lei, sentendo l’adrenalina scorrerle, frizzante, dritta nelle vene. – E se qualche zannuto tenta di bloccarmi, gli verbenizzo le chiappe.-
- Non avrei saputo dirlo meglio.- acconsentì il giovane, soffocando una risata. - Allora, se sei pronta, possiamo…-
- Grazie, Josh.- mormorò Demetra, con un tono improvvisamente diverso, di congedo. Lui la fissò interrogativo, senza capire le sue ragioni, con il palmo ancora sospeso a mezz’aria. – Non sei costretto a seguirmi e a metterti nei guai per consentirmi di arrivare da Katherine. Il nostro patto prevedeva che ci avresti portati fin dentro il Palazzo, non che avresti dovuto rischiare l’accusa di alto tradimento per scortarmi anche durante l’infiltrazione. Da qui in poi, me la cavo da sola.-
- Non avevamo idea del fatto che Prince sarebbe stato obbligato a rimanerne fuori.- obiettò il vampiro, aggrottando la fronte. - Lui era la tua garanzia. Senza, sei troppo vulnerabile, qualcuno potrebbe…-
- Aiden ti sta aspettando a casa.- tagliò corto lei, senza smuoversi di un centimetro, con le iridi che le risplendevano come ghiaccio lambito dal sole. - Prince gli ha assicurato che non ti avremmo coinvolto più del dovuto in questa storia. Non gli permetterò di mettersi contro il suo stesso branco, né di infrangere un’altra promessa.- quando lui fece per protestare, Demi scosse il capo, convinta. C’era qualcosa, dentro, che le suggeriva di rimanere ferma sulla propria posizione, nonostante fosse folle ed avventata: aveva l’odore acre e denso del vapore e la consistenza della compassione, vellutata come la buccia di una pesca. - Aspetta prima di uscire anche tu da qui, così non potrai in alcun modo essere ricollegato alla mia intrusione. Sii pure il primo a diffondere la notizia falsa, facendo sapere a chiunque incontri che sono in giro per il Palazzo perché Marcel me l’ha concesso, ma niente di più. Come tutti gli altri, potrai contare sulla scusa della compulsione e nessuno oserà farti del male o incolparti di complicità. Nel frattempo, io me la vedrò con la Regina.-
Josh restò impalato a fissarla per un momento ancora, poi si decise a premere, sulla pietra di fronte a loro, un minuscolo rigonfiamento nascosto in una fessura, che funzionò come un pulsante. Mentre la roccia gemeva, cominciando a disgregarsi per lasciare aperto uno squarcio verticale, posto esattamente dietro ad una cornice dall’altra parte della parete, lui emise un verso ammirato:
 
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- Immagino che non ci sia bisogno di chiedersi perché proprio tu.- sussurrò, prima di farsi da parte.
Demi ricambiò il suo sorriso, quasi intimidita, poi inspirò a fondo, chinando giusto un po’ il capo, e spinse da un lato il quadro segreto, lasciandosi investire dalla luce.
 
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Dopo essersi protesa appena in avanti, per assicurarsi che nessuno la vedesse sbucare di colpo fuori dalla parete, la ragazza scivolò giù con un rapido balzo. I suoi piedi toccarono le assi di un pavimento nuovo e asciutto, e un impercettibile stridio legnoso accolse la sua definitiva entrata in scena a Palazzo.
L’aura giallastra prodotta da diversi lampioncini decorativi, simili a pennelli dalla punta iridescente disposti a schiera, non troppo lontano dai muri, rischiarava a giorno il corridoio anonimo e, fortunatamente, poco trafficato in cui era atterrata.
Con un gesto veloce, Demi rimise a posto la cornice che aveva spostato, lanciando una brevissime occhiata alla figura impressa sulla sua tela: si trattava di una gigantesca ‘M’ dai contorni panciuti, pretenziosi e trionfali, dipinta con l’ausilio di un’inquietante vernice rosso scuro.
Mentre cercava di calmare il battito impetuoso del proprio cuore e di assumere più in fretta che poteva il portamento disinvolto necessario ad ingannare con successo le guardie del Re, la giovane udì risuonare in lontananza risate, baccano, chiacchiere e persino delle note musicali: una tromba, delle percussioni, un clarinetto e qualche altro strumento che non riusciva bene ad identificare si univano al pianoforte e ad una voce ruvida in una vivace melodia jazz che le solleticava le orecchie ed assomigliava paurosamente a ‘’New Orleans Stomp’’ di Louis Armstrong.
Seguendo quel ritmo spumeggiante, attutito dal vocio generale e dall’imprecisata distanza che, a quanto pareva, la separava dalla piccola orchestra in concerto, Demi avanzò fino ad oltrepassare un grosso arco tondeggiante rivestito da mattoncini scarlatti, poi raggiunse un balcone affacciato direttamente sulla corte in festa.
Mentre le lucide foglioline d’edera che abbellivano i contorni della struttura più esterna del Castello vibravano, invitandola a guardare in basso, lei si sporse e notò che il cancello in ferro battuto su cui si stava appoggiando per non cadere si allungava a destra e a sinistra, fino a dare vita al sinuoso corrimano di due opposte rampe di scale. Percorrendo quella a lei più vicina, si mischiò alla folla brulicante, osservandone, attonita, le stravaganze: una cinquantina di persone distinte e benvestite, equamente distribuite tra uomini e donne, si muoveva, rideva e danzava attorno ad una spettacolare fontana a cascata, la quale faceva zampillare qua e là dei bouquet d’acqua color rubino, con la medesima grazia con cui un prestigiatore avrebbe estratto fiotti di rose rosse dal proprio cappello a cilindro.
Il profumo fruttato del vino era inebriante, e così quello della cera d’api che si diffondeva a partire dagli stupefacenti candelabri a raggiera disposti nelle vicinanze.
Dai vasi incastonati nelle colonne portanti germogliavano piante rampicanti dai bizzarri e misteriosi fiori screziati di nero e nei pressi del soffitto serpeggiavano dei fili trasparenti, ai quali erano state fissate delle lampadine sfavillanti, simili a stelle sospese o intrappolate nella volta celeste.
Nessuno, per il momento, sembrò notare la sua presenza lì, ma Demetra dovette sforzarsi moltissimo per non osservare con la bocca spalancata dallo stupore le meraviglie che si svelavano tutt’intorno a sé, rischiando di attirare l’attenzione: non si sarebbe mai aspettata di trovare tutta quella vita, quel lusso, quel gaudio e quella spregiudicatezza in un posto abitato esclusivamente da non morti.
Alcuni di loro erano appollaiati su delle sedie foderate e battevano il tempo col piede mentre l’esibizione jazz proseguiva, altri giocavano a carte animosamente, imprecando a gran voce il loro amichevole disappunto in caso di vittoria dell’avversario. Le donne tuffavano fulgidi calici dorati in vasche stracolme di liquido purpureo e le loro guance erano infiammate, i loro occhi lucidi, i loro abiti incredibilmente preziosi.
- Niente male questo party, eh, Nora?- una di loro, poco più che ventenne, coi capelli di un accecante biondo platino ed il viso assurdamente bello nonostante i tratti marcati e quasi cavallini, sfiorò un’altra vampira, mora e riccioluta, con una gomitata, resa tintinnante dal bracciale di perline che teneva al polso.
- Non saprei, Mary Lou.- scrollò le spalle Nora, stirando la bocca cremisi innaturalmente luccicante in un’espressione reticente. Con la punta di un dito, sotto gli occhi sbarrati di Demi, raccolse luna goccia color rubino che le colava al lato delle labbra, poi la leccò via, sospirando con aria nostalgica. - Le feste non sono più le stesse da quando Prince se n’è andato. Ah, lui sì che sapeva divertirsi.-
- Accidenti, sei ancora in fissa con lui.- la canzonò Mary Lou, mentre un fenomenale assolo di tromba faceva applaudire qualcuno nelle vicinanze.
 
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- Prova a darmi torto!- la sfidò l’altra, senza rimorsi, accennando con la testa a un immenso quadro appeso lì vicino. Dietro il vetro trasparente della cornice erano imprigionate molte, sorprendenti fotografie: alcune, in bianco e nero, si mostravano ingiallite e rosicchiate dal tempo, mentre altre erano assai più recenti. Tutte quante, comunque, erano state scattate in quello stesso Castello, avevano come sfondo delle estrose e frizzanti celebrazioni, simili a quella in corso, e ritraevano coppie di uomini. I protagonisti dei ritratti più antichi erano stati immortalati in pose spontanee e fraterne e si stringevano in plateali abbracci: uno di loro, che doveva essere Marcel, era alto e imponente, vestito come un militare reduce dalla prima guerra mondiale, con la pelle scura, i capelli rasati e un curato strato di barba che gli ricopriva la pelle attorno alla bocca carnosa. Demetra scambiò inizialmente l’altro per Prince, poi ebbe un piccolo mancamento: nonostante tra i due ci fosse una somiglianza spiccata, quasi malsana, il soggetto del passato si avvicinava molto di più alla versione del biondo che la terrorizzava. Certo, c’erano grosse tracce del giovane Mikaelson nello sguardo assetato e penetrante di quell’uomo, nelle sue labbra piccole e perfette, nella forma delle orecchie e in quella del suo sorriso ampio e spaventoso, ma la bellezza selvaggia di Klaus sembrava una versione ancora immatura, incompleta e rudimentale rispetto a quella di suo figlio. Lo si poteva intuire senza difficoltà concentrandosi sugli ultimi scatti di quella collezione, nei quali Marcel dava una pacca sulle spalle al fratello maggiore di Nick: questi indossava un magnifico ed elegantissimo smoking d’avorio, con un adorabile papillon color carminio appuntato sotto la gola, e dominava la scena col proprio sensazionale bell’aspetto. Lo spietato ibrido Klaus, in poche parole, era stato soltanto il pregiato blocco di marmo dal quale era venuto alla luce, in tutto il suo splendore, l’inarrivabile David di Michelangelo. - Ma lui non manca solo a me, sai. Sono certa che anche Marcel si sente un guscio vuoto, senza il suo amato pupillo.-
- Per fortuna ha la Regina a consolarlo.- ammiccò Mary Lou, sbuffando con tono scontento. Istintivamente, la Salvatore aguzzò l’udito: - Puah! Avrebbe potuto scegliere qualsiasi altra donna, al suo posto, una qualunque di noi, ma no, certo che no… doveva proprio arrivare Miss Petrova per far inchinare l’intera città ai suoi piedi…-    
- Shhhhh, dacci un taglio, Lou!- la rimproverò Nora, improvvisamente guardinga. Si curò di abbassare la voce, cosa che la sua amica non aveva avuto la premura di fare: - Potresti essere impalettata seduta stante da una guardia, se qualcuno ti sentisse parlare in questi termini di lei, ed io assieme a te, per averti soltanto ascoltata…-
- E’ una vera fortuna, allora, che nessuno ci abbia…- con un guizzo fulmineo, le iridi verde giada di Mary Louise si posarono sul viso di Demetra, talmente veloci da non poter essere evitate in tempo. Quando la vampira notò la sua presenza nelle vicinanze e si interruppe, incenerendola con un’occhiataccia, l’altra si esibì in un basso ringhio minaccioso che fece accapponare la pelle alla sedicenne. -… chi diamine sei tu?!-
- Salve, ragazze.- esordì Demi, facendo balenare un sorriso smagliante che avrebbe voluto essere innocente. Alzò le mani come per schermirsi e cominciò ad indietreggiare, sentendo uno degli stendardi inchiodati a mezz’aria sfiorarle la sommità del capo corvino. Le vampire non ricambiarono il suo saluto ed avanzarono qualche passo sospettoso verso di lei, senza perderla di vista, scostando con rabbia la stoffa degli stemmi fluttuanti che intralciavano il loro passaggio:
- Non sei una di noi.- sibilò Mary Louise, livida, annusando nell’aria il suo profumo caldo e dolce di umana e percependo il pulsare di una vena sulla sua fronte candida. Senza che potesse controllarlo, i suoi canini si affilarono e cominciarono a sporgere oltre le sue labbra imbevute di rossetto.
- E assomigli a Katherine…- osservò Nora, con la voce intrisa di diffidenza. Si erano ormai allontanate notevolmente dal cuore dei festeggiamenti, nonostante fossero talmente vicine all’orchestra martellante da riuscire a malapena a comunicare tra loro. La Salvatore avvertì il tonfo sordo della propria schiena che si schiantava contro il muro di un vicolo cieco. -… così tanto che potresti essere sua figlia.-
Con un sopracciglio inarcato in una smorfietta dubbiosa, Demetra si limitò ad un’alzatina di spalle:
- Addio, ragazze.- con uno scatto improvviso ma perfetto, fece scivolare le mani nelle tasche dei pantaloni e tirò fuori le boccette di verbena che Prince le aveva consegnato poco prima: per un attimo si beò dello sbigottimento che era riuscita a scatenare nelle sue pedinatrici, poi le lanciò con violenza al suolo, in modo che andassero in frantumi e facessero schizzare il proprio contenuto irritante su di loro. Un fragorosissimo e strascicante battimani coprì quasi del tutto le grida di Nora e Mary Louise mentre queste ultime si contorcevano per le ustioni e si coprivano le vie respiratorie aggredite dalle esalazioni, mentre lei approfittava di quel piccolo vantaggio per darsela a gambe il più in fretta possibile.
Con il cuore in gola, slittò verso un cantuccio di cortile meno gremito e poi, per riprendere fiato e calmare i nervi, si nascose dietro un colossale vaso marroncino, sui cui profili erano finemente incisi, a ripetizione, dei serpenti attorcigliati su se stessi, simili a dragoni, e la solita ‘M’, simboli della gloria della casata Mikaelson e del loro erede, Marcel.
- Mi sembra di aver sentito qualcuno urlare. Se la piantassero con questo odioso baccano, forse tutto ci sarebbe più chiaro...- una voce maschile, altera ed anche piuttosto sgradevole si stava avvicinando, lamentandosi, proprio al punto in cui Demi se ne stava rannicchiata e lei, all’erta, si tappò la bocca, per non lasciarsi scappare nemmeno un suono. Purtroppo, gli abiti le si erano inumiditi di verbena durante il lancio delle fiale e il naso del vampiro in perlustrazione sembrò percepirlo. -… non senti anche tu questa puzza, Thierry? Come di verbena... e di… di…?-
 
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- Per me sei il solito paranoico, Lucien.- rispose il suo compare, minimizzando. Demi scorse l’ombra muscolosa ed affusolata di Thierry riflessa davanti a sé, intenta a sistemarsi una coppola triangolare sul capo, poi il suo campo visivo fu interamente invaso da una faccia florida e compiaciuta, sbucata oltre la terracotta del suo nascondiglio:
-… d’intruso!- Lucien, che si era piegato leggermente sulle ginocchia per poterla beccare mentre era esattamente alla sua altezza, l’afferrò per un braccio e la tirò con malagrazia verso di sé, strappandole un gemito. - O di spuntino! Ma tu guarda un po’…-
- Con un occhio solo, però.- sbottò la Salvatore, flettendo il braccio libero e affondando un piccolo paletto dritto nell’orbita del vampiro che l’aveva appena acchiappata.
Ululando, lui la mollò di colpo, mentre un po’ del suo sangue le sprizzava addosso, dandole la pelle d’oca e riempiendola allo stesso tempo, fino all’orlo, di un’adrenalina effervescente, simile alla sostanza contenuta in una bottiglia di champagne pronta a scoppiare.
Armeggiando precipitosamente con la propria cintura per estrarre il secondo pezzo di legno appuntito, lei si voltò verso Thierry, ma questi non diede alcun segnale di volerla aggredire.
Anzi.
 
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- Che mi succede?!- farfugliò, come parlando con sé stesso, guardandosi le mani intorpidite ed incapaci di attaccarla. - E’ più forte di me… qualcosa mi dice che… devo…- sentendo il proprio corpo che non rispondeva più alla sua volontà ma, piuttosto, a quella di qualcuno che lo aveva persuaso con la magia a non ostacolare in alcun modo il percorso di Demi, Thierry si avventò su Lucien, il quale si stava ancora dimenando pietosamente, e gli spezzò di netto l’osso del collo, lasciandolo a terra, temporaneamente privo di vita ed inoffensivo. Poi, come se non bastasse, vincolato dal potentissimo soggiogamento, prese a trascinarlo dietro lo stesso vaso di poco prima, per impedire a chiunque altro di notare delle stranezze nei paraggi.
- Bel colpo, P.- esultò Demi, vittoriosa, voltando le spalle a quello spettacolo e riprendendo a correre. - Gran bel colpo.-
- Prendetela!- strepitò a quel punto Nora che, nel frattempo, essendo stata investita dalla soluzione velenosa solo di striscio, si era ripresa. Cercando di contrastare il volume della musica, continuò a trascinarsi verso di lei, con i lineamenti ancora sfigurati: - Guardie!- sputacchiò. - Guardie! Un’infiltrata a Palazzo!-
- Da questa parte, Demi!- da un angolo del corridoio comparve una mano amichevole e la giovane l’afferrò, facendosi condurre in un posto meno in vista, all’ombra di un’armatura d’acciaio: Josh era lì, era tornato ed era pronto a schierarsi, come Thierry, dalla sua parte, anche se per motivi decisamente diversi. Lei gli fu molto grata per quella stretta goffa ma rassicurante e anche per il fatto di aver rispettato la sua volontà, lasciando che qualcun altro rivelasse il trucco del principe, prima di mettersi nei guai. - Tranquilla, siamo arrivati nel posto di cui ti parlavo. Ora dirò a tutti che sei qui per volere di Marcel…-
- Lei è qui per ordine di Marcel.- annunciò anche un altro vampiro, intromettendosi per bloccare il gruppo di inseguitori. Quest’ultimo era, al momento, composto da Nora e da due afroamericani sconosciuti, un uomo ed una donna con foltissimi ricci legati in cima alla testa, entrambi accorsi per ristabilire l’ordine. - Ha il permesso di girovagare a Palazzo e presto la scorterò personalmente dalla Regina. Lasciatela in pace.-
Il nuovo difensore di Demetra, spedito da Prince per darle manforte, era una donna dalla chioma bruna e dalle palpebre pesantemente truccate.
 
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- Andiamo, che diavolo ti prende, Gia?!- le chiese il vampiro di colore, allibito. - Sul serio credi che il Re abbia concesso ad una ragazzina umana di entrare qui dentro? Qualcuno deve averti fatto il lavaggio del cervello…-
- No… è così, Diego.- rincarò Joshua, parandosi a sua volta davanti a Demi. – Solo perché tu ed Aya non siete a conoscenza dei piani, non siete autorizzati ad intralciarli. La ragazza è con noi.-
 
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- E’ tutta sporca di sangue.- commentò allora Aya, indicando le mani e le guance imbrattate di rosso di Demi. - E Nora ha già assaggiato la sua verbena liquida. Perciò, se pensate che la faremo avvicinare alla Regina, avete perso la ragione.-
Senza poterlo impedire, la ragazza vide accadere sotto il proprio naso esattamente ciò che temeva di più: i cinque vampiri, schierati in due fazioni contrapposte ma ugualmente feroci, s’irrigidirono sulle loro postazioni e scoprirono le zanne acuminate, ringhiando in segno di sfida, pronti a far divampare la violenza.
L’unica cosa che esplose, tuttavia, in quella principesca sala incastonata di fantocci con elmo e corazza, fu l’aria tutt’intorno a loro, così forte che tutti i presenti misero al riparo propri i timpani, soffiando tra i denti per il fastidio: Demetra, piegata su se stessa più per istinto che per l’effettivo dolore, si voltò per capire quale fosse la fonte di quel frastuono ed ammutolì.
Una ragazzina poco più giovane di lei, con un caschetto castano e un viso infantile segnato dalla concentrazione, interamente circondata da un turbine perlaceo, mosse ancora una volta le mani per controllare quell’energia e placare magicamente la rissa, poi, sempre con la stessa, strabiliante facilità, la fece cessare:
- Nessuno di voi osi torcerle un solo capello.- intimò ai vampiri ancora scossi, minacciosa nonostante quel suo aspetto così insospettabilmente giovane. Avanzando giusto di qualche metro e facendo sbatacchiare la propria gonna blu a balze sui collant bianchi da bambina, si accostò a Demi: - Vieni con me, Prescelta. Non aver paura. La Regina Katherine ti aspetta da molto tempo, ormai. E non vede davvero l’ora di fare la tua conoscenza.-
 
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- Il mio nome è Cassie.- mormorò la ragazzina, scortandola lontano da lì, attraverso la sala delle armature, diretta agli appartamenti della Petrova. Demi ringraziò mentalmente l’Elixir per averle impedito di amplificare il Potere sprigionato da quella piccola strega, poco prima: non solo sarebbe stato rischioso per le sue riserve vitali ma, probabilmente, avrebbe finito col friggere il cervello di tutti i malcapitati lì accanto, Josh compreso. - Ero sicura che non ti avrei fatto del male, usando quell’incantesimo.- proseguì Cassie, come per guadagnarsi la sua fiducia, o per giustificarsi. - Sapevo che eri temporaneamente protetta dagli effetti dello Stigma Diaboli, perché Davina Claire ha provveduto che lo fossi, onorando così la sua vecchia amicizia con il principe.-
- Mi hai spiata?- borbottò Demi, camminando qualche passo dietro di lei, come per restare ad una certa distanza di sicurezza, e strofinandosi i palmi viscosi sulle cosce, nel tentativo di ripulirli.
- Ti ho tenuta d’occhio.- la corresse la giovane, svoltando a destra con naturalezza, come se quell’ala del Palazzo fosse anche casa sua. - E’ da mesi che, praticamente, non faccio altro.-
- Per conto di Katherine.- dedusse la Salvatore, senza tanti preamboli. Non era decisamente una domanda. Cassie non disse nulla, ma aprì, senza toccarne la serratura, una porticina di castagno, poi si fece largo in una camera sconosciuta, in cui aleggiava un forte profumo di olio di balano, incenso e fiori di loto. – Ed è stata sempre lei a farti stregare questo luogo, non è vero? In modo che nessuna strega potenzialmente nemica ci potesse mettere piede. Ma è stata così furba da non assolutizzare troppo la cosa, in modo da poter tenere una di voi proprio qui, al suo completo servizio…- Cassie tenne la testa bassa, scoprendo un lato del collo segnato da due profonde punture rosse e spingendola a proseguire con le indagini. -… scommetto che ti trattiene con la forza. Perché, diciamocelo, è davvero strano che una del Quartiere Francese faccia volontariamente da zerbino alla donna del pluristreghicida Marcel Gerard…-
- Ti chiedo di aspettare qui.- bisbigliò Cassie, meccanicamente, improvvisamente pallida, quasi come se non vedesse l’ora di dileguarsi. Sembrava spaventata e Demi provò un moto di genuino dispiacere per lei. - Non toccare niente… la Regina ti raggiungerà a breve.-
- Perché tu?- domandò la figlia di Elena, agguantandola per un braccio prima che potesse svignarsela.
Era improbabile che Miss Petrova avesse preso con sé una fanciulla neanche adolescente senza tramare un secondo fine, no? In fondo, la sovrana di New Orleans poteva permettersi di meglio, a meno che non ci fosse un motivo più subdolo dietro quella scelta all’apparenza così bizzarra...
Cassie fissò Demetra con gli occhi scuri sgranati, quasi imploranti. Scendendo appena con lo sguardo, seguendo il palpito di un luccichio dorato, questa notò che la strega portava al collo una catenina molto simile a quella che Prince aveva ricevuto da Monique come pegno del loro amore: in questo caso, tuttavia, il ciondolo non riportava le iniziali di un nome, ma l’incisione di un cognome per intero.
Claire.
- Come Davina.- esalò Demi, trafelata, mentre la sua mente lavorava freneticamente. – Tu sei sua sorella…- stava tirando ad indovinare ma sapeva bene che, se così fosse stato, d’un tratto l’importanza cruciale di Cassie come ostaggio avrebbe avuto un senso. -… devi essere la sorellina della Reggente in persona.- *(2)
- E tu, invece…- una voce deliziata le fece sobbalzare entrambe, costringendo la Salvatore ad lasciare la presa e a girarsi di botto. Con un flessuoso ancheggiare, facendo schioccare i propri tacchi di vernice nera e lucidissima, la nuova arrivata batté sensualmente le ciglia ricurve e ammiccò, senza bisogno di ulteriori presentazioni: -… tu devi essere Demi.- intuì, guardandola come se stesse pregustando un dessert dall’aria magnifica.
Poi, malignamente, sorrise.
 
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La figlia di Elena sbarrò gli occhi e rimase a lungo senza respiro per lo stupore, lo sconcerto ed il terrore.
- Non ci siamo ufficialmente presentate.- miagolò lentamente la Regina di New Orleans, tenendo le palpebre socchiuse e scrutandola con attenzione attraverso i petali neri di quelle sue ciglia lunghe e foltissime. Quasi senza che Demetra se ne accorgesse, si era avvicinata molto a lei, con uno slancio rapido ed impalpabile da vampira, senza smettere neppure per un istante di esaminarla. - Sono Katherine.-
Demi boccheggiò, ancora incapace di proferire verbo.
‘’Potresti essere sua figlia.’’
Le venne la pelle d’oca nel pensare alle parole con cui Nora l’aveva descritta poco prima e deglutì, cogliendone finalmente il più incredibile significato: Katherine era la fotocopia viva, seducente e fedelissima di Elena Gilbert. La somiglianza tra loro era così spiccata e totale da non poter essere soltanto il frutto di un’antica parentela, quanto piuttosto quello di una formidabile, seppure assurda, magia.
Se non fosse stato per qualche dettaglio cruciale, svelato dal modo diverso in cui le due si acconciavano i capelli e si truccavano il viso, dalle movenze peculiari del loro corpo e dallo stile nell’abbigliamento di ciascuna, sarebbe stato del tutto impossibile distinguerle.
E così era proprio lei, la famigerata doppelganger di sua madre.
La comparsa che, nei racconti di Nick, aveva seminato tradimenti e discordie a Mystic Falls per secoli, prima di svanire nel nulla.
- Ciao, Katherine.- soffiò Demi, stringendo i pugni ai lati dei fianchi per contrastare il tremore involontario delle proprie mani. Notando quel gesto intriso di ostinato coraggio, la gemella di Elena si fece scivolare la lingua sui denti, indugiando con particolare piacere sui propri canini, deliberatamente scoperti in un ghigno. - Sono venuta per conto di Prince Mikaelson. Avrai sentito parlare di lui: biondo, potentissimo, un vero piantagrane. Sarebbe venuto di persona, ma pare l’ingresso al Castello sia precluso a sventolatori di bacchette e simili, a meno che tu non possa tenerli al guinzaglio, è ovvio. Perciò... lui ha mandato me. Spero che non ti dispiaccia.-
A giudicare dal cipiglio famelico in cui la stava studiando già da un bel pezzo, la Petrova sembrava tutt’altro che scontenta:
- Demetra Salvatore.- ispezionò, curiosa. - Sei una paladina dei più deboli…- veleggiando accanto a Cassie, le fece cenno di avvicinarsi. La ragazzina, con un colorito ormai quasi grigiastro, eseguì senza proteste, e Demetra sentì, fin nelle ossa, quanto fosse palpabile il timore che la vampira le incuteva. -… come Stefan.-
Con un movimento lascivo del bel capo, ornato da una criniera ondulata, in netto contrasto con quella sempre liscia e simmetrica della Gilbert, Katherine mimò il gesto di affondare le zanne nel collo nudo di Cassie e Demi scattò in avanti con un mezzo sibilo, per provare ad impedirglielo.
Quella, tuttavia, si fermò di sua iniziativa, come se avesse già ottenuto la prova che stava cercando:
- Scioccamente compassionevole…- ridacchiò, soddisfatta, allontanandosi dalla piccola Claire, come se fosse un giocattolo troppo noioso rispetto a quello che, invece, le stava ora di fronte. -… come la mia patetica nemesi, Elena.-
- Accidenti, dev’essere parecchio barbosa la tua vita a Palazzo, se ti sei ridotta a ripetere a memoria il mio albero genealogico per ammazzare il tempo.- si lasciò scappare la Salvatore, ironica, mordendosi l’interno della guancia quando ormai era troppo tardi.
- E il tuo spirito ribelle…- la doppelganger guardò Demi con un’ingorda malizia. -… tradisce il fatto che sei la figlia di Damon almeno quanto quei tuoi meravigliosi occhioni blu-blu.- il suo tono si abbassò impercettibilmente, diventando un provocatorio sussurro: - Sul serio ci avete messo così tanto a capirlo, mie dolci ed innocenti ‘D’?-
- Non ho intenzione di giocare a questo gioco con te, Katherine.- sbottò Demi, sforzandosi di mantenersi neutra e sentendo, nonostante questo, il sangue bollente salirle al cervello. Non tollerava di affrontare quei discorsi, ancora così recenti e dolorosi per lei, né avrebbe permesso a quella donna beffarda di sfruttarli per il suo sollazzo: - Tu non sai niente della mia famiglia.-
- Oh, ma grazie a Cassie invece sì, non è vero?- cantilenò la Petrova, paziente, artigliando di nuovo le spalle della streghetta e facendola rabbrividire da capo a piedi. Rispetto alla figura slanciata e avvenente di Katerina, le cui rotondità erano strette in leggins di pelle aderente e in una canotta color pervinca che lasciava intravedere un top nero a fascia sul seno, la sorellina di Davina sembrava quanto mai gracile. - Ti importerebbe ancora tanto la sua incolumità se ti dicessi che questo confettino mi ha permesso di seguire tutte le tue mosse, giorno dopo giorno, nell’ultimo anno? E che ha convinto l’intero Quartiere Francese e la sua Reggente in persona a collaborare con me per riuscire ad annullare l’effetto della Cura nelle vene della tua famiglia, in cambio della sua vita, sana e salva?-
- Sei stata tu?!- esclamò la Salvatore, scuotendo la testa, disorientata, sopraffatta da quella rivelazione. - Tu hai sequestrato una bambina per ricattare le streghe di New Orleans e rendere i miei genitori e tutta la loro generazione di nuovo dei mostri?- sotto lo sguardo per nulla pentito di Katherine, lei sentì un gusto amaro salirle in gola, ma cercò di respingerlo: - Perché?- chiese, rauca.
- Per la stessa ragione per cui ho conquistato la corona e, adesso, accetto di incontrare il tuo Prince.- chiarì la Petrova, facendo irriverentemente spallucce e ridendo in faccia al suo disgustato turbamento. - Per sopravvivere.-
 
///
 
Mentre Demi spostava il quadro che l’aveva condotta a Palazzo e s’infilava di nuovo in quel cunicolo, pronta a ripercorrere a ritroso la strada segreta fino all’uscita, ebbe la sensazione di stare per dare di stomaco, ma s’impose di resistere: il ticchettio musicale degli stivaletti bassi e femminili di Katherine fece eco ad ogni suo passo, così come il respiro leggero della vampira, in marcia proprio alle sue spalle.
- Sei così sorpresa dal fatto che io pensi a salvare solo e soltanto me stessa, con ogni mezzo possibile?- le chiese d’un tratto questa, ravvivandosi una ciocca di capelli mossi che era rimasta impigliata in una ragnatela. - Dopotutto sei la vittima designata di una Maledizione che ti farà fare una brutta fine molto presto… dovresti prendere esempio dalla sottoscritta.-
- Attenta al gradino, Katherine.- gongolò Demi, con un istante di calcolatissimo ritardo: la Petrova, infatti, inciampò in una profonda crepa nel pavimento del sotterraneo, sbattendo con la fronte su una sporgenza, senza poter usufruire di quell’avvertimento in tempo. Con un ringhio risentito, la vampira continuò ad infierire:
- Spero che almeno tu sia più furba di tua madre, per quanto riguarda i due fratelli.- alluse, schivando un topolino che le aveva tagliato la strada. Demi si accigliò e continuò a guidare la spedizione, sempre più rapida, per mascherare il proprio nervosismo. – Io ho avuto a che fare sia con i Mikaelson che coi Salvatore e posso assicurarti che la mia scelta è sempre ricaduta sul bravo ragazzo… si chiama Nick, giusto? Il povero martire che agonizza in un letto per causa tua ed ignora quanto questo viaggetto cambierà le cose per te e per il suo fratellone...-
- Non cambierà un bel niente.- sbottò Demi, arrossendo e spalancando con un calcio lo stesso uscio che aveva respinto Prince all’inizio e che l’aveva costretta, poi, ad affrontare quell’avventura da sola.
Ci fu un accecante baluginio di riccioli biondi lambiti dal sole, poi il principe s’impossessò del suo campo visivo: la sua pelle era tirata sugli zigomi a causa della rabbia e Demi notò che aveva acchiappato Josh per il bavero e lo stava scuotendo come un sacco di patate per sfogare la propria preoccupazione.
- E TU L’HAI LASCIATA LI’ DENTRO DA SOLA PER… tesoro?!- nel vederla spuntare tutta intera oltre la soglia, Prince mollò di scatto il fidanzato di Aiden, il quale si schiantò di peso al suolo, massaggiandosi poi il sedere in modo davvero poco dignitoso. Demetra incontrò le sue iridi verde smeraldo e si vide riflessa nel loro specchio, sudata, insanguinata e tutta scarmigliata, ma sopravvissuta.

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Si sembrò bellissima, nonostante le ammaccature, e le venne voglia di ridere.
- Ma che ci avranno messo in quelle brioches, al Croissant, eh?- facendogli l’occhiolino per prenderlo in giro, accennò alla Petrova appostata dietro di sé e sollevò i pollici, come a dire ‘‘missione compiuta’’, ma Prince non sembrò badarci.
- Marmellata.- rispose, andandole incontro con un’espressione dura e calorosa allo stesso tempo. Prima che Demi potesse dire o fare qualunque cosa, lui la attirò a sé, stringendola in un breve abbraccio d’impeto, brusco, scomposto, rigido, eppure palpabilmente felice. Demi strabuzzò gli occhi, immobile contro la sua spalla, poi sentì il suo sollievo trapanarle l’anima come una pioggia battente. - Ci avevano messo la marmellata, ed era esattamente ciò in cui ero convinto che ti avrebbero ridotto, lì dentro.-
- Fortuna che c’era qualcuno, qui fuori, a guardarmi le spalle.- sorrise Demetra, ritraendosi appena per scrutarlo in volto. - Anche se, ammettiamolo, ti sei perso tutto il divertimento.-
Era la prima volta che i loro corpi entravano in contatto da quando lui l’aveva presa tra le braccia al Ponte, dopo averla salvata dall’attacco di Shane ed averla raccolta, semi svenuta, per portarla con sé alla Capanna. In quel caso, la Salvatore aveva avvertito solo un buon profumo aleggiare nell’incavo del suo collo, il tocco tiepido dei suoi vestiti premuti addosso, il terrore trasmessole dalla sua aura di pericolo e d’ignoto, e la sua volontà spocchiosa di farla allontanare da Nick.
Adesso, invece, c’era qualcosa di diverso, che aveva a che fare con l’accostarsi a qualcuno a cui si tiene e che si è lieti di non aver perduto.
- Sto interrompendo qualcosa?- facendo schioccare sarcasticamente la lingua, Katherine emerse come un’ombra dietro la sagoma di Demetra, curandosi di rimanere all’interno dei confini del Palazzo, e Prince sciolse ogni effusione, ritornando a vestire la propria sfacciata ed arrogante austerità.
- Katerina.- la salutò, sfoderando uno dei suoi più taglienti e ruvidi ghigni di circostanza. - Finalmente.-
 
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- Non ti dispiace se rimango qui dentro, vero?- cinguettò la Petrova, facendo sventolare le ciglia come se fossero le ali di una farfalla. Si appoggiò con una spalla ad uno degli stipiti del portone, poi incrociò le braccia sul petto, mettendo in evidenza la scollatura.

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- O se non ti invito ad entrare. Sai, ho un po’ di pregiudizi nei tuoi riguardi, visto che sei l’erede di tuo padre. E visto che sono stata proprio io a rivelare a Sophie Deveraux che Hayley era incinta di un bel maschietto, tanti anni fa, per provare a togliermelo di torno, quando era ancora in auge.-
- Nessun rancore.- la rassicurò Prince, continuando a mostrarle i denti, senza un briciolo di gioia. - Il tuo meschino egoismo è leggenda ma, dopotutto, è anche ciò che mi permetterà di ottenere quello che voglio, quest’oggi.-
La vampira sembrò rianimarsi di fronte a quelle parole e si rilassò platealmente sul posto, lanciando al principe uno sguardo ardente, da cacciatrice:
- Anch’io ho sentito molto parlare di te.- sospirò languidamente, mordicchiandosi il labbro inferiore. - Ma Dio mio, sei così bello, di persona.-
- Ho bisogno del tuo consenso per una magia che deve compiersi a New Orleans.- annunciò il principe, fermo, senza darle confidenza. Demi fu sorpresa dal fatto che avesse sprecato quell’occasione per pavoneggiarsi ma poi, notando il broncio deluso di Katherine, avvertì un morso di goduria pungerla tra le costole. - So che le streghe che non ottengono il permesso regale di praticare incantesimi vengono trucidate brutalmente, e non voglio rischiare di ricevere un rifiuto da parte di Davina Claire per questo motivo. Devi assicurarmi che gli abitanti del Quartiere Francese saranno al sicuro quando il Potere che mi occorre verrà liberato.-
- Potrei farlo, naturalmente.- annuì la Petrova, facendo tamburellare le unghie sulla stoffa del suo giubbottino nero, impreziosito da dritte cerniere argentate. - Ma non riesco proprio a capire quali vantaggi una simile, generosa concessione potrebbe prospettare, ecco… per me.-
- Sei scappata da mio padre per quasi cinquecentocinquant’anni.- le ricordò Prince, senza scalfirsi, come se si fosse aspettato quell’obiezione. - Per sfuggire alla sua vendetta hai voltato le spalle a chiunque provasse affetto per te, hai approfittato della fiducia altrui ed hai fatto cose terribili. Hai mentito. Hai ucciso. Non ti giudico, i bastardi di casa Mikaelson sanno essere delle grandissime spine nel fianco, quando vogliono, ma so che eri stanca di questa vita già quando, poco prima della mia nascita, cercasti di corrompere Elijah affinché intercedesse in tuo favore presso Klaus. Immagino che il fatto di non essere riuscita ad abbindolarlo per colpa dell’amore che lui provava per mia madre ti abbia fatto passare al piano B.- nell’udire Prince che accennava a quel suo fallimento, avvenuto per di più a causa dell’intromissione di un’altra donna, la Petrova strinse le labbra. Probabilmente, pensò Demi, a Katherine non capitava poi così spesso di non ottenere ciò che desiderava. - In cambio del permesso di cui ti parlavo, intendo proporti un’alternativa per garantirti esattamente ciò che Elijah non volle...- proseguì il giovane, ormai sicuro di avere tutta la sua attenzione: -… la tua libertà.-
- Da Klaus?- tubò la vampira, piegando la testa di lato, come una bambina curiosa. Le sue guance fremevano appena, come se stesse trattenendo una risata. - Klaus è morto e non è più un mio problema.-
- Per questo hai sedotto il Re della sua città, facendo del suo Castello una fortezza pronta a nasconderti e del suo figlioccio il tuo amante devoto?- domandò Prince, retorico, con una nota impaziente nella voce carezzevole, micidiale. - Andiamo, Katerina. Entrambi sappiamo bene che Klaus è stato rinchiuso in una cripta sedici anni fa, ma che tornerà vivo e vegeto non appena il pugnale che lo ha neutralizzato sarà estratto dal suo petto. Gli incantesimi di essiccazione e di prigionia che lo tengono legato a quel posto avranno fine quando tutti i membri della vecchia e nuova generazione di Mystic Falls avranno terminato la loro vita umana... era questo il patto a cui Elijah decise di aderire. Di certo non avrebbe condannato il fratello ad un sonno veramente eterno.- Demetra fece scorrere lo sguardo dal ragazzo alla vampira, mentre l’aria tra loro diventava quasi irrespirabile per la tensione. - Così, non appena hai sentito bisbigliare nel Quartiere Francese che Sophie era alle calcagna della Prescelta, hai capito che le cose si sarebbero messe male per le tue garanzie: conoscevi abbastanza i Salvatore, la Gilbert, la Forbes e tutta l’allegra baracca per essere sicura che si sarebbero fatti ammazzare fino all’ultimo, pur di difendere Demi. Allora hai obbligato tutte le streghe di New Orleans a sfruttare il loro Potere per rendere temporaneamente nulli gli effetti della Cura nei loro corpi… da vampiri, magari, avrebbero avuto più possibilità di sopravvivere ad una nuova guerra, continuando a tenere Klaus a debita distanza da te.-
- Il modo in cui muovi le labbra.- gli mormorò Katherine, cautamente, senza darsi la pena di negare l’assoluta veridicità di quel resoconto. - E’ quasi come riaverlo qui, davanti. Vivo e vegeto, l’ibrido Originale dall’insaziabile sete di sangue, incapace di fidarsi di chiunque e pronto a fare a pezzi la sua famiglia dall’interno, pur di mantenere il controllo. E’ davvero una fortuna che tu non l’abbia conosciuto, perché se lo avessi fatto, credimi, avresti cercato in ogni modo di liberartene. O forse ti avrebbe ucciso mentre eri ancora nella culla, perché non avrebbe tollerato che al mondo ci fosse qualcuno in grado di dimostrarsi più potente di lui.-
Forse voleva essere offensiva, ma Prince le scoccò un’occhiata arrogante:
- Ma io sono più potente di lui.- rimarcò, beandosi del sapore che quelle parole gli avevano lasciato sulla lingua. - Tanto da offrirti la mia protezione, nel caso in cui tutti i tuoi peggiori incubi diventassero realtà. L’unico essere sovrannaturale esistente al mondo che potrebbe scontrarsi con Klaus e vincere, sono io. L’esito della battaglia contro Sophie non conta: se anche tutta Mystic Falls dovesse uscirne incolume, ed io ne dubito fortemente, dovresti vivere per sempre con l’ansia del domani, affidando a dei mortali che odi (o a delle streghe che ti odiano) la tua adorata incolumità. Io, invece, impedirei a Klaus di darti la caccia in modo definitivo e tu saresti la stronza più al sicuro della città.-
Katherine incurvò la bocca in un sorriso pericoloso, con le iridi di cioccolata fumanti, colme di bramosia:
- Non posso fidarmi della tua parola, pronta a volatilizzarsi non appena avrai ottenuto ciò che ti serve… quantomeno non senza pretendere una garanzia.- chiarì, senza riuscire a strapparsi via dai lineamenti quell’espressione vorace che faceva attorcigliare le viscere di Demi. - Sarai anche stato cresciuto da Elijah per metà della tua infanzia, ma non sei suo. E, soprattutto, non sei lui.-
- Interrogando alcune delle tue guardie, ho saputo che hai rapito una giovane strega dalla sua dimora.- le comunicò Prince, inarcando un sopracciglio e accennando brevemente a Josh, il quale finse subito di guardarsi i piedi. - Se vuoi che il nostro piccolo accordo sia suggellato dalla magia evocata da qualcuno che non sia io, in modo da essere sicura della sua neutralità e dell’assenza di ogni trucco, fa’ pure di lei la nostra Garante. Ma diamoci una mossa, perché non resterò in attesa per sempre. Questo è un treno che passerà solo una volta, Katerina. Prendere o lasciare.-
- Prendere. E con piacere.- pigolò Katherine, infervorata. Sembrava che tutte le sue fantasie più perverse stessero finalmente per realizzarsi, conferendole un aspetto quasi animalesco, quasi quello di una tigre pronta a ruggire il proprio agognato, insperato trionfo: - Cassie?!-
La bambina dai capelli castani spuntò prontamente alle spalle di Demi, facendo trattenere il fiato alla giovane: era stata così ipnotizzata dallo scambio di battute in atto da non essersi nemmeno accorta della sua presenza.
Mentre la sorellina di Davina si sistemava al centro tra i due interlocutori ed alzava le mani verso il cielo crepuscolare, una nebbiolina di un sinistro color indaco li avvolse tutti e tre, gorgogliando cupamente, come una superficie marina scossa dalla tempesta:
- Io, Prince Henrik Mikaelson.- tuonò il biondo, con la voce chiara ed abbastanza alta da poter essere udita da tutti gli astanti. - Alla presenza di questi testimoni, giuro di vegliare sulla sorte di Katerina Petrova e di salvaguardare la sua sopravvivenza con ogni arma a mia disposizione, nel caso in cui il mio padre biologico, l’ibrido Niklaus Mikaelson I, volesse attentarvi per porvi fine.-
Sotto lo sguardo imbambolato della Salvatore, lui avvicinò il proprio palmo alle labbra e, dopo aver sguainato i canini affilati, aprì un ampio squarcio sanguinante in quella stessa carne morbida.
- Io, Katherine Pierce.- gongolò la vampira, indolente, imitando quel gesto e parlando, poi, con il mento ed il sorriso striati di rosso. - In cambio di questi servigi, permetto a chiunque pratichi degli incantesimi per ordine di Prince Mikaelson, di scampare ad ogni punizione e ritorsione prevista dalla legge di New Orleans…-
-… e a Cassie Claire, di ritornare a casa ogni volta che ne farà richiesta.- s’intromise Demi di slancio, senza riuscire a trattenersi.
Sia Prince che Katherine la fissarono per un momento, il primo su di giri e confuso, l’altra furibonda fino all’ultimo boccolo vaporoso, poi il principe ritrasse appena la propria mano, osando cercare anche quel consenso negli occhi spiritati della Petrova.

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Questa, nel veder quasi sfumare tutti i propri sogni di gloria, sembrò sul punto di perdere il senno, ma non si diede per vinta, ingoiando a grandi sorsate il proprio risentimento pur di rimanere aggrappata alla migliore speranza di salvezza che le si fosse presentata dinanzi in più di cinquecento anni:
- D’accordo.- sputò tra i denti, ed afferrò rabbiosamente la destra di Prince.
I loro fluidi scarlatti, fluendo copiosamente dalle rispettive ferite, si toccarono, si fusero e si legarono magicamente gli uni agli altri, sancendo il loro destino.
Ci fu un forte risucchio turbinoso, poi l’atmosfera ritornò ad essere limpida, esattamente come prima che il rito si compisse.
 
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- Come diavolo ti è saltato in testa di ficcare un’altra clausola in quell’accordo, eh?- mentre si allontanavano precipitosamente dal Palazzo maestoso, avviandosi nel folto verdeggiante di un boschetto isolato e già striato dai primi raggi lunari, Prince si rivolse a Demetra con la voce grondante di rimprovero: - Potevi mandare tutto all’aria, te ne rendi conto? Potevi farmi perdere tutta la credibilità. Potevi indispettire la Regina e indurla a darci il benservito in un baleno, soltanto per seguire quella tua dannatissima…-
- Aveva meno di dodici anni.- replicò la Salvatore con veemenza, calpestando dei sassolini sdrucciolevoli ed interamente ricoperti di muschio. - Cassie. Praticamente era una bimba, tenuta con la forza lontana dalla sua famiglia per colpa delle brame di una psicopatica. Ho dovuto tentare… non potevo lasciarla lì, indifesa, sapendo che…-
- I suoi drammi non ci riguardavano.- tagliò corto Prince, tirando un calcio a delle erbacce, per aprirsi un varco nella vegetazione intricata. - E risolverli, di sicuro, non valeva il rischio che abbiamo corso. Punto e basta.-
- Pronto?- sbottò lei, seguendolo a ruota, nonostante il suo atteggiamento le stesse dando sui nervi. – Era una prigioniera. Katherine la stava sfruttando per il suo cognome e per le sue abilità magiche, costringendola a farle da serva, ricattando e terrorizzando i suoi cari. Possibile che la faccenda non ti tocchi da vicino? Che tu sia così insensibile da non capire che…?-
- Ho appena fatto un voto di sangue!- urlò Prince, con gli occhi giganteschi che mandavano scintille. Demi trasalì e si aggrappò ad un ramo, salda, per non perdere l’equilibrio, mentre lui le si avvicinava furente, facendola arretrare ed aderire con la schiena al tronco ruvido di un albero. - Ho giurato di assassinare il mio padre naturale per difendere la stessa, immeritevole donna che, per prima, ha dato inizio alla caccia di Sophie, denunciandole lo stato di gravidanza di mia madre! E l’ho fatto senza esitare, senza pensarci, senza neanche battere ciglio, per…-
-… per Nick.- completò la Salvatore al suo posto, con il respiro mozzato. Il solo pronunciare quel nome le graffiò le pareti del cuore come carta vetrata, mentre si sentiva investita dalla cocente preoccupazione di Prince e dalla pesantezza della missione che stavano portando a termine, seppur controvoglia, l’uno al fianco dell’altra. - Ma vuoi sapere per chi, invece, io ho liberato Cassie, poco fa? Per te.- lo smeraldo delle iridi di Prince bruciò ancora più forte di prima ma, stavolta, con un minore risentimento sul fondo. L’emozione dominante che i respiri spezzati e frettolosi del ragazzo tradivano, al momento, era una sorpresa vera ed ingenua, incredula. - Per te… per Monique. E per tutti i ragazzini costretti a subire. Per la stessa giustizia a cui Nick tiene più di ogni cosa, e che vostro padre ha vi insegnato.- la Salvatore lo fissò con quella sua solita, candida ed inestinguibile forza d’animo, bella come un cristallo investito in pieno dal sole, e Prince si sentì implodere dalla voglia di darle retta, anche solo per una manciata di secondi. Per sentirsi parte di qualcosa. Per sentirsi meglio. - L’ho aiutata per provare a cambiare le cose, perché anche chi non fa parte della nostra cerchia merita una possibilità. Noi siamo diversi da chi è disposto a fare piazza pulita solo per il proprio tornaconto… diversi da Katherine.-
- Tu lo sei.- sussurrò brusco Prince, distogliendo lo sguardo con uno scatto quasi sdegnato. - Io sono nato per distruggere, ricordi?-
La ragazza notò i battiti scatenati che gli pulsavano nel collo e si rammentò del modo in cui lui l’aveva aggredita, cacciandola in malo modo dalla Capanna, subito dopo aver capito quanto i loro destini fossero tragicamente intrecciati, segnati. In quel caso, il suo istinto le aveva ordinato di scappare via come un razzo, e senza voltarsi indietro, ma ora l’Elixir le consentiva di ragionare più lucidamente.
- Chiunque ti abbia inculcato questa… q-questa follia…- gli disse, sentendosi vibrare nel petto, come se uno sciame di vespe impazzite fosse impegnato a ronzarle attorno al cuore. Per far sì che lui tornasse a guardarla negli occhi, si arrischiò ad alzare la mano in direzione del suo magnifico volto contratto, come se volesse toccarlo ma avesse paura di rompere un incantesimo. Mentre i polpastrelli di lei gli si avvicinavano, Prince li fissò, impietrito, come in uno stato di agonia, o al centro esatto del paradiso. -… dimostragli che si sbaglia.-
- Così saggia.- commentò qualcuno a quel punto, con un tono aspro, rude e chiaramente sarcastico, cogliendoli entrambi alla sprovvista dall’ombra di un cespuglio. – Immagino che ti dispiacerà parecchio farla fuori, quando verrà il vostro momento. Chissà, forse potrei farlo io al tuo posto. Sai, per toglierti un peso. Dopotutto, noi Crescenti siamo o non siamo una famiglia?-
Un fruscio sferzante fendette l’aria e Demi riuscì a cogliere soltanto la sagoma una saetta scagliata contro di lei, prima che il dolore la assalisse con una scarica vivida e pungente: la punta di una freccia, spalmata di una sostanza nera simile a catrame, le trapassò una spalla di colpo, conficcandosi fino in profondità ed inchiodandola quasi alla corteccia della betulla dietro di lei.
Il suo grido sofferente si confuse con lo stormire tumultuoso delle fronde, con il ringhio furibondo di Prince e col calare di altre frecce su di lei: il giovane le parò una dopo l’altra, sbriciolandole con la stessa facilità con cui si scacciano dei moscerini, ma la prima, giunta troppo inaspettatamente, persino per lui, rimase dolorosamente incastrata nella soffice carne della Salvatore.
Con la vista appannata, lei sbirciò in direzione dell’arciere ed un bagliore rosso le rivelò la sua identità.
Qualcosa nel suo stomaco si rovesciò, mentre il sangue caldo cominciava ad insozzarle la maglietta, gocciolando fino alle radici contorte accanto alle sue scarpe: quella lì era Ruby.
E non era da venuta da sola.
Lo sguardo impazzito d’ira del figlio di Klaus schizzò fulmineamente dalla sua ex ad Oliver Guillotin, mentre quest’ultimo posava le mani sui propri fianchi in un’insopportabile posa da gradasso impenitente, come fosse convinto di avere chissà quale asso nella manica per sfidarlo.
- Prima che sia notte...- latrò Prince, indicandoli tutti e due con l’indice tremante, mentre sentiva delle scosse di Potere fiammeggiante serpeggiargli in tutti i muscoli e nei tendini, conferendo un’innaturale sfumatura giallastra alle sue iridi ed ingrossandogli i canini nella bocca, fino a rendere le sue parole di difficile comprensione. -… io brinderò, ridendo come un pazzo, col vostro sangue.-
- Io non credo proprio.- lo smontò Oliver, facendo schioccare le grosse dita. Alle sue spalle comparvero gli stessi scagnozzi che lo avevano accompagnato nel Croissant, ed altri uomini nerboruti che Demetra non conosceva. Due di loro trascinavano degli ostaggi, con il capo coperto da un cappuccio scuro, i quali tentavano disperatamente di divincolarsi. – Abbiamo qui il tuo amichetto del cuore, la cui unica capacità è quella di ingaggiare dei falliti nel suo locale, e la sua adorabile fidanzatina.- i visi sudati e malmenati di Jackson ed Aiden furono strappati all’oscurità di quei veli ed apparvero in tutta la loro impaurita desolazione. Prince si concesse un attimo di sgomento, mentre Demi veniva sopraffatta dall’orrore: i carcerieri sghignazzanti tenevano dei pugnali puntati proprio sulle loro gole. - E Rubyna ha appena iniettato alla tua bella l’antidoto istantaneo per l’Elixir. Glielo aveva consegnato Davina, assieme alla boccetta d’inizio viaggio, perché lo avesse a portata di mano e potesse tornare a difendersi in caso di estremo pericolo. Immagino che quella poveretta non si aspettasse che l’avremmo usato così... AH-AH-AH!-
Con il naso intasato dal vapore e dalla bile, sentendo la testa girare vorticosamente, Demi tossì con violenza. Poi, ritrovando il fiato a fatica, si rese conto di essere già debole, troppo per tentare una qualsiasi, efficace autodifesa.
Prince, intanto, era una maschera di odio.
- Cerca di attaccare qualcuno di noi, mostro, ed i tuoi amici saranno i prossimi traditori a morire per l’onore dei Labonair, una casata che ben presto non conterà più nulla, qui nel Bayou.- il tono di Oliver era pieno di baldanza, come se avesse atteso per tutta la vita di pronunciare quelle parole. - Prova a fermarci con la tua magia, e finirai col consumare a morte la Prescelta.-
- Non vi dirò mai dove si trova Eve.- sibilò il principe tra i denti, con un ultimo eccesso di prepotenza. Demi avvertì le proprie lacrime rigarle le guance, quando comprese che erano in trappola, che non avevano scelta.

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- Potete scordarvelo!-
Gli occhietti acquosi di Oliver luccicarono.
- Allora.- disse, mentre Ruby tendeva nuovamente la sua arma e le lame dei coltelli puntati contro le giugulari palpitanti di Aiden e Jackson disegnavano dei sottili tracciati di sangue. - Credo proprio che ci sarà da divertirsi.-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE:
 
*(1) Vi ricordate di Alice? Ecco il suo volto ed il link della scena in cui comparve in TVD:
https://www.youtube.com/watch?v=DI7lRqLKKOg
 
*(2) Nora e Mary Louise! Qui sono solo delle vampire (non delle Eretiche) e non c’è nessun legame romantico tra loro… però è stato comunque bello rivederle.
 
*(3) In The Originals, Cassie è una delle quattro Ragazze del Raccolto, ex amica di Davina, mentre qui, per una mia invenzione, è la sua sorellina minore.
 
SCLERI DELL’AUTRICE:
Eccoci quaaaaaaaaaaa, miei adorati! <3
Credo che questo sia il capitolo più strano che io abbia mai scritto… ormai siamo nel cuore di New Orleans e spero di vero cuore che vi sia piaciuto il modo in cui ho voluto ricreare l’universo di The Originals! Personalmente, durante la stesura, avevo dei continui infarti ahah è stato molto strano, infatti, rivedere un sacco di vecchie facce a Palazzo, la maggior parte delle quali, nel nostro amato telefilm, è già passata a miglior vita (e anche piuttosto brutalmente, devo dire T-T)!
Che dire? Scrivere di Katherine mi ha dato un brivido che non pensavo di poter provare, la nostra beniamina è rimasta sempre la solita PSYCOTIC BITCH, come avrete avuto modo di appurare! Che ve n’è parso delle scene Demitherine? E del patto stretto tra la Queen e Prince? Mi sa che tra tutti e tre loro non è finita qui (ZANZANZAN, no, dai, scherzo. FORSE).
Vi ha fatto piacere rivedere i nostri adoratissimi Mattick? Ed i cari SheilaXDamon(+Will)? ADORO-ADORO-STRAADORO. E chissà se vi sono piaciute le interazioni dei Princetra… quelle le ho buttate giù con un nodo in gola perpetuo, lo ammetto <3
Come al solito, se volete fare un favore a me e soprattutto alla storia, inseritela tra i preferiti o tra i seguiti, passate parola, recensite, commentate, seguite gli aggiornamenti in bacheca e sulla pagina ufficiale… insomma, tenetemi compagnia nel tempo che impiegherò a scrivere la prossima avventura!
Un bacio e a presto!
Evenstar75
 

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Capitolo 5
*** What is dead may never die ***


What is dead may never die
 
 
 
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Sheila: ‘’Il sangue di vampiro è noto per le sue eccezionali qualità rigenerative.’’
Will: Non c’è cura che possa impedire alla sua anima di sgretolarsi, niente a parte la spada di Luinil. Con il sangue di vampiro Nick sarebbe più in forze, ma… nulla di più.
*Damon dà il suo sangue a Nick*
 
///
 
Alice a Damon: Qualsiasi creatura già magica, Licantropo, Strega o Vampiro che sia, una volta contaminata dal siero dell’Inferno, si trasforma in qualcosa di diverso da un’Ombra.
In un Demone.
Perciò assicurati che le future incubatrici di veleno demoniaco abbiano in circolo anche solo qualche goccia del nostro prezioso sangue, così potranno dire addio alla loro anima molto più velocemente.
E per sempre.
 
///
 
*Nel Limbo*
Nick: Uccidete Sophie, e libererete sia Demi che Monique. Ma, mi raccomando, non fatelo prima di aver capito come invertire l’incantesimo che ha assegnato alla nipote i tormenti della zia. Mi hai capito? E’ fondamentale.
Mattie: Hey, aspetta un minuto, ma perché mi stai affidando questa missione? Non puoi rivelare tu stesso a Demi e a Prince ciò che dev’essere fatto?
 
///
 
Prince: Lei è… Ruby, una mia vecchia… amica. E ti ha portato l’Elixir, una pozione rarissima, specialità dell’erede al trono del Quartiere Francese, che renderà inoffensivo il tuo Stigma per un po’. Abbiamo avuto una storia e ci siamo divertiti, parecchio, ma non le avevo promesso un anello al dito. Per molto tempo, l’ho ripagata dei suoi servigi, affidando al suo fidanzato Oliver la sovrintendenza del branco.
Jackson: Pessima mossa, oserei dire… quel tipo è un cavernicolo.
 
///
 
Eve: C’è più di un motivo per cui la maggior parte dei Crescenti mi vorrebbe morta. A parte la diserzione, la maledizione con cui Sophie mi ha colpito, in qualche modo, si è riversata anche su di loro, ed è diventata il loro limite, la loro debolezza.
Mattie: E per fargli riacquistare i loro poteri lupeschi... tu dovresti tirare le cuoia?
Eve: Sì. E non gli basta che io muoia di morte naturale… per legittimare la successione, è necessario che uno di loro prenda definitivamente il posto del leader precedente. Dopo averlo ucciso.
 
///
 
Jackson: Stai perdendo il tuo tempo, Oliver. Prince non ti consegnerà mai Eve!
Oliver: Neppure se lo rallenteremo così tanto da mettere in pericolo la vita del suo fratellino? Lo aspetteremo fuori dal palazzo di Marcel e lo costringeremo a guardare te ed Aiden morire, se non vorrà scendere a compromessi. Poi, se continuerà a opporre resistenza, lotteremo, fino a quando capirà di non avere più tempo a disposizione. A quel punto, cederà, confesserà... e, pur di raggiungere la Reggente delle streghe prima che sia troppo tardi, mi consegnerà il trono su un piatto d’argento!
 
///
 
Prince a Demi: Come diavolo ti è saltato in testa di ficcare un’altra clausola nell’accordo con Katherine, eh? I drammi e la prigionia della piccola Cassie Claire non ci riguardavano!
Demi: Era una prigioniera. Katherine la stava sfruttando per il suo cognome e per le sue abilità magiche, costringendola a farle da serva, ricattando e terrorizzando i suoi cari. Possibile che la faccenda non ti tocchi da vicino? Ho dovuto tentare!
 
///
 
*Agguato nella foresta*
*Demi viene colpita da Ruby con una freccia contentente l’Antidoto all’Elixir*
Oliver: Ora, cerca di attaccare qualcuno di noi, mostro, ed i tuoi amici saranno i prossimi traditori a morire per l’onore dei Labonair.
Prova a fermarci con la tua magia, e finirai col consumare a morte la Prescelta.
Prince: NO! Non vi dirò mai dove si trova Eve. Potete scordarvelo!
Oliver: Allora, credo proprio che ci sarà da divertirsi.
 
 
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… 1 mese dopo …
 
 
A fatica, Mattie si arrampicò su per la stessa collinetta verdeggiante cui era solita far visita ogni giorno ormai da un mese intero: mentre le sue scarpe a pois affondavano nell’erba ondeggiante e nel terriccio ancora friabile, sentì la carta trasparente con cui era foderato il suo mazzettino di fiori scricchiolarle appena tra le mani, ma non si diede per vinta e continuò imperterrita a camminare per riuscire a raggiungere il piccolo, silenzioso cumulo marrone che troneggiava proprio lassù, in cima.
Imboccando una scaletta rustica fatta di lisce pietre incastrate nell’argilla, con la faccia paffuta e illuminata dal sole pomeridiano che risplendeva, umida, tradendo i suoi sentimenti più profondi, la ragazza si asciugò le lacrime, strofinandoci sopra una manica della soffice giacca di panno verde.
Verde, proprio come il muschio che, di lì a poco, sarebbe germogliato sulla lapide perlacea che, oramai, le stava di fronte.
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- Che succede?!- aveva domandato d’un tratto la biondina a Nick, udendo dei bizzarri rumori riecheggiare in lontananza, come in un sogno.
Sbirciando all’orizzonte, la Lockwood aveva notato con fastidio che, nel limbo parallelo in cui il suo compare era intrappolato per via del veleno d’Ombra, non si riusciva mai a distinguere un accidente, come se ogni cosa, lì, fosse perennemente avvolta nel fumo e nella foschia, alla totale mercé di un meteo sempre incerto, a metà tra un temporale incapace di scoppiare e un sereno destinato a non sorgere.
- PERCHE’ SENTO PUZZA DI GUAI?-
Nick le aveva rivolto uno sguardo confuso, mentre quel chiasso, dapprima remoto, continuava ad avanzare e ad aumentare di volume, accompagnato da quelli che sembravano dei passi di marcia, uniti alle grida di una folla inferocita.
- Stanno arrivando.- aveva  sussurrato brevemente Monique, la voce intrisa di un’improvvisa urgenza. La giovane Deveraux era scattata in piedi, abbandonando il suo nascondiglio in mezzo alle rocce, mentre la veste candida le sventolava sulle ginocchia tremanti: – Nicklaus, la tua piccola amica deve andarsene da qui. Immediatamente. E’ troppo pericoloso.-
Mattie non si era mossa ma, mentre apriva la bocca per replicare con qualche frase ad effetto, tipo ‘’sarò anche piccola di statura, ma col cuor senza paura’’, vide che, aldilà degli strascichi nebbiosi tipici del limbo, erano pian piano apparsi dei volti arcigni, all’inizio emaciati e pallidi come teschi, poi sempre più reali e… umani.
 
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- Sono gli spiriti degli Antenati.- aveva annunciato Monique, chiarendo i dubbi che solcavano con evidenti rughe le fronti aggrottate di Mattie e di Nick, mentre questi ultimi notavano con stupore ed angoscia i bizzarri dettagli dell’abbigliamento di quegli spiriti, di certo appartenuti alle più disparate epoche del passato: alcune donne portavano delle ampie, vaporose gonne ottocentesche e dei guanti lunghi fino al gomito, mentre certi uomini portavano dei panciotti e dei cappelli a cilindro. Nonostante fossero dotati di un innegabile e misterioso fascino, non sembravano per niente degli esserini amichevoli: - Stanno venendo a prendermi, come ogni giorno, per infliggermi l’eterna punizione, quella destinata a Sophie! Mattie non può proprio restare… devi mandarla via subito, o c’è il rischio che la scambino per un’anima già dannata! Nick, non la lasceranno più tornare indietro se…-
Con la coda dell’occhio, Mattie si era accorta che gli spiriti ancestrali di quelle streghe muffite e fuori moda avevano le mani cariche di oggetti: corde robuste, legname bitorzoluto, fiaccole danzanti e forconi puntuti e minacciosi, inquietanti da morire.
Il cuore le martellava come quello di un topolino in trappola tra le grinfie di un predatore fin troppo abile, tanto che, se si fosse messa a squittire sommessamente le sue ultime preghiere, non se ne sarebbe stupita.
- Nana, fa’ come dice.- le aveva mormorato Nick, posandole una mano sulla spalla per far sì che si concentrasse esclusivamente su di lui. I suoi occhi neri e privi di sfumature erano lucidi come boccette d’inchiostro appena stappate. Tuttavia Matt, con un goffo saltello, era riuscita a dare un’occhiatina oltre la sua spalla e si era resa conto che lo sciame brulicante di spiriti aveva ormai raggiunto la povera Monique: una donna alta almeno il doppio di lei, scarna come uno scheletro e con i secchi capelli rossi legati da una bandana, aveva afferrato il polso destro della ragazza, torcendoglielo brutalmente per trascinarla al cospetto del corteo; a quel punto, gli altri presenti avevano preso a strepitarle contro insulti, a inveire e a puntare il dito nella sua direzione, con un odio straripante a farla da padrone.
- No, non guardare... va’ via.- le aveva ordinato Nick.
La Lockwood, però, nonostante l’orrore, era sembrata come ipnotizzata dalla scena.
A Monique erano state lanciate addosso, con un’inaudita violenza, delle cose schifose, forse uova o pomodori, come accadeva durante i linciaggi nel Medioevo, poi la giovane, col bel viso imbrattato di sporcizia e gli abiti sudici di vergogna, era stata trasportata verso una precisa zona del deserto, là dove si stagliava contro il firmamento un grosso palo di legno, attorno al quale alcuni fantasmi stavano ammassando degli enormi fasci di legna da ardere.
- Come? NO! Vogliono darle fuoco?- aveva strillato Mattie a pieni polmoni, mentre la strega dai meravigliosi riccioli scuri veniva inchiodata al palo da mani ruvide e spietate, nonostante tutte le sue resistenze, nonostante fosse la Deveraux sbagliata a dover subire quello scempio. – Credevo che bruciare all’Inferno fosse più che altro un modo di dire, non un qualcosa che accadeva sul serio e… oh, no… Balto, dobbiamo fare qualcosa… dobbiamo…!-
- Trova il modo di liberarla da questo calvario, prima di uccidere Sophie. Inverti ancora una volta i loro ruoli, e riporterai le cose al loro posto.- aveva soffiato Nick, teso, con la pelle ormai priva di qualsiasi colore, ricordandole la promessa che le aveva fatto pronunciare poco prima. Poi, come per farsi coraggio, lui aveva inspirato profondamente e l’aveva fissata con durezza, come se ogni tenerezza si fosse spenta nel suo sguardo indecifrabile: - Ed ora vattene, avanti, questo non è più posto per te.-
- Il mio posto è dove sei tu, razza di idiota.- aveva replicato Mattie, senza farsi ingannare. Se pensava davvero di rendere più semplice la loro separazione trattandola così, come se fosse fatto di ghiaccio, come se non fosse lui la persona di cui lei si fidava di più al mondo, beh, si sbagliava di grosso. – Hai il sangue di Damon nelle tue vene, ricordi? Ti ha dato la forza di portarmi fin qui, no? Allora sfruttalo di nuovo, fino all’ultimissima goccia: tieni duro ancora per un po’… e ritorna. Ti prego. Ritorna indietro con me.-
 
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La biondina fissò il grigio granito della pietra sepolcrale posta a pochi passi da sé, e lo vide sbiadire vertiginosamente davanti ai suoi occhi, come se, di colpo, il suo campo visivo fosse diventato lo stesso di quello del suo pesciolino rosso Platone, immerso in una boccia opaca, acquosa e ristretta.
Il profondo senso di fragilità che sentiva serpeggiarle nelle ossa si trasformò in un tonfo secco e brutale quando le sue giunture cedettero del tutto, poi la Lockwood si schiantò al suolo, cadendo definitivamente in ginocchio, prostrata.
Non riusciva a strapparsi dalla mente il modo in cui Nick, ad un certo punto, aveva scosso il capo, con una lentezza insopportabile e le iridi nere che assomigliavano a delle cavità sotterranee mai sfiorate dalla luce.
 
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- Io… non posso farlo.- aveva mormorato il figlio di Elijah senza fiato, come per scusarsi e, soprattutto, per non farsi attendere invano mentre i minuti scorrevano sempre più inesorabili. -… Mattie, perdonami, ma io proprio non riesco… non riesco a seguirti…-
La nana, fulminandolo con un’occhiata spazientita, si era rimboccata le maniche con energia, come decisa ad acchiapparlo per un orecchio pur di trascinarlo via dalla sua stessa coscienza ammorbata ed intorpidita a causa del siero infernale; poi il suo sguardo aveva seguito quello improvvisamente allucinato di lui, fino a posarsi sulla propria spalla: con orrore crescente, entrambi i ragazzi si erano accorti che la mano con cui Nick le stava cingendo la clavicola si era irrigidita ed aveva assunto delle sfumature curiose, ricamate di vene nerastre e pulsanti.
Trasalendo, il ragazzo l’aveva lasciata cadere di scatto, mentre le guance rotonde della sua amica si chiazzavano di una rabbia violacea, dirompente:
- C-che diamine significa ‘’io non riesco a seguirti’’, eh?-
- Che ormai è troppo tardi.- la risposta era esplosa accanto a loro come una mina vagante ed inaspettata. La bocca sottile, ghignante e grinzosa da cui era venuta fuori apparteneva alla stessa donna magrissima e anziana che aveva crudelmente spinto l’anima di Monique verso il rogo che gli Antenati stavano ancora allestendo attorno a lei.
- Il tuo tempo è scaduto, Nicklaus Mikaelson II. Non c’è più alcuna possibilità, per te. D’ora in avanti, sarai vincolato in modo permanente a questo universo di tormento, e ci rimarrai. Sempre. E per sempre.-
A quel punto, la vecchiaccia aveva saldamente afferrato il giovane Mikaelson per un gomito, artigliandoglielo con le unghie appuntite e strappandogli un fievole gemito di dolore misto a sgomento. Con gran stupore della Lockwood, l’Antenata era riuscita a serrare le proprie dita attorno alla pelle di Nick, il che significava che lui, in qualche modo, era ancora solido… ma soltanto in un mondo popolato di spiriti.
In un universo che lo teneva, ormai, in trappola, e che non lo avrebbe più lasciato andare.
Mentre cominciava a capire la verità, Mattie si era sentita morire.
 
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- Non doveva finire così.- sbottò la biondina, in apparenza a nessuno in particolare, mentre il vento le asciugava il visino senza permesso ed induriva su di esso il solco salato lasciato dai suoi lacrimoni, rendendo ancora più rigido e difficile il suo sorriso già di per sé così amaro e disperato. – E tu lo sai... è assurdo… non ti ho nemmeno mai chiesto quali fossero i tuoi fiori preferiti. Così ho deciso di portartene un tipo diverso ogni giorno… prima o poi riuscirò a indovinare quelli giusti, no?- con una carezza impercettibile, ficcò il fascio di gigli rossi screziati di bianco che si era portata dietro nel vaso di rame che sporgeva dalla lapide, poi sospirò: - Dannazione, c’erano ancora così tante cose da dire…-
 
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- Non c’è nulla che tu possa dire per cambiare le cose.- aveva gracchiato la strega di nome Bastiana, fissando Nick con i suoi occhietti torbidi come acqua di palude, senza mollare la presa sul suo braccio, sul quale la ragnatela nerastra dell’Ombra non faceva che dilagare ed espandersi. - Il tuo tempo è scaduto.- quella sentenza gli era stata ripetuta all’infinito, senza pietà. - Non c’è più nessun corpo da cui tornare, perché esso appartiene totalmente a Sophie Deveraux. La tua anima, invece, è perduta… ed è nostra. Devi venire con me. Fallo ora, di tua volontà, o ti costringerò a seguirmi comunque, solo che, in quel caso, lei…- e aveva indicato Mattie con l’artiglio libero, compiaciuta. - ti sentirà urlare. La scelta è tua, e sarà anche l’ultima che ti verrà mai concessa.-
Nick aveva rivolto alla donna un’occhiata vacua e muta, tramortita.
La transizione si era conclusa, dunque.
E in un modo inaspettatamente veloce.
Era finita... finita per davvero, stavolta.
Davanti a quella consapevolezza lacerante, il ragazzo provò una sofferenza reale, vera come quella che aveva sentito quando i denti avvelenati di Adam Stone gli si erano conficcati nella carne, come quando lui possedeva ancora una fisicità e quella pallida simulazione spettrale, bloccata laggiù, non era ancora arrivata ad essere tutto ciò che restava di lui.
Senza rendersene conto, aveva pensato a Prince.
Alla conchiglia di madreperla che ciondolava al collo di quest’ultimo ormai da anni, immobile accanto alla ‘M’ di Monique, e alla mattina in cui lui si era accorto, incredulo, di quel dettaglio, mentre i due erano insieme nella cucina della Capanna e Nick preparava del caffè al principe, per aiutarlo a smaltire la sbronza del giorno prima e, soprattutto, per veder riapparire, dietro la maschera del mostro indifferente, qualche squarcio dello stesso fratello che gli era tanto mancato.
Ed aveva pensato anche a Demi, al modo adorabile in cui gli aveva stretto la mano durante il temporale, una volta, nel cortile della scuola, dopo che lui l’aveva difesa contro Rebekah e lei, a fine lezione, gli era corsa incontro per ringraziarlo, riparandosi, poi, sotto il suo ombrello e starnutendo, fragile ed intirizzita, come un uccellino caduto dal nido e alla ricerca del suo posto nel mondo.
Poi, i raccapriccianti pericoli che entrambi i Prescelti avevano deciso di correre per causa sua, senza esitare ma ormai invano, gli avevano aggredito il cervello e, di colpo, Nick si era sentito vuoto e smarrito come non mai.
Senza più forze o energie.
Senza vita, né speranza.
Colpevole ed atrocemente solo.
Quando tutto gli era sembrato perduto, uno sfavillio dorato aveva catturato la sua attenzione attraverso il velo di lacrime che gli stava oscurando la vista e lui si era riscosso, nonostante tutto:
- Mattie.- aveva sussurrato, con una dolcezza tanto inaspettata quanto straziante, sentendo che, come al solito, lei era l’unica che potesse dargli conforto nell’agonia. La biondina se ne stava davanti a lui e scuoteva il capo, senza sosta, d’istinto, quasi senza essere realmente padrona dei propri movimenti, col viso inondato dal pianto e senza la forza di proferire una sola parola. Da quando era stato morso, lui l’aveva sentita spesso tirare su col naso, con un buffo risucchio, simile a quello fatto da una cannuccia che tenta di aspirare il fondo di un bicchiere vuoto, ed aveva visto qualche lacrima solitaria scivolare via dal suo autocontrollo, ma non l’aveva mai vista davvero scoppiare a piangere.
Era sempre stato sicuro che lei non fosse capace di farlo, perché era nata semplicemente per portare la gioia e l’armonia in qualsiasi luogo… eppure Mattie stava singhiozzando, così forte che i singulti le squassavano il corpo minuto, impedendole di restare ferma sul posto senza tremare.
Con una mano, Nick le aveva sfiorato una guancia, scacciando via con il proprio tocco delicato quei torrenti argento trasparente, e le si era avvicinato, senza sapere bene cosa dire o quanto fosse il loro tempo rimasto a disposizione.
Aveva riflettuto sul fatto che non ce ne sarebbe mai stato a sufficienza per intavolare un vero discorso d’addio, perciò aveva semplicemente lasciato che le parole gli venissero fuori dal profondo, imperfette eppure preziose, come dei diamanti grezzi:
 
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- Vedere il tuo sorriso è stata la più grande fortuna che mi sia capitata da quando ho messo piede a Mystic Falls, nana, dico davvero.- le aveva mormorato, sentendo nuove gocce salate scivolargli tra le dita e riportargli alla mente le Cascate di Mystic Falls, le stesse che aveva sperato di poter scorgere ogni mattina al proprio risveglio, quando si era trasferito da villa Mikaelson alla Capanna. - Non ero me stesso, prima che tu mi trovassi, Mattie, non ero me stesso da così tanto tempo che avevo persino dimenticato chi fossi. Non valevo niente, e tu mi hai salvato. Mi hai protetto, mi hai insegnato ad essere coraggioso e ad avere fede. Senza di te, sarei stato sicuramente un miserabile, ma tu no… tu eri già stupenda, anche prima di incontrare me…- la Lockwood aveva strofinato il faccino fradicio contro il suo palmo, come se volesse fondersi con lui; si sarebbe accontentata persino di diventare una di quelle brutte linee d’inchiostro che gli deturpavano progressivamente la cute, pur di non doverlo lasciare. - … e sono certo che lo sarai anche dopo che io me ne sarò andato. Lo sarai, lo so... vedrai, sarai luminosa come il sole.- lui aveva socchiuso le palpebre e la figlia di Caroline non era riuscita a non considerarlo bellissimo, neppure quando le fitte ragnatele di pece gli avevano aggredito anche gli zigomi, sfigurandolo.
- Sei sempre stata il sole, per me, Matilde Lockwood.-
Mattie lo aveva fissato con quelle sue iridi oceanine enormi e grondanti, e la sua espressione era stata così genuina, tenera ed incredula da stirare le labbra carbonizzate di Nick in un lieve sorriso.
L’ultimo.
- C-come farò, Nick? Come faremo ad andare avanti? Senza di te?- aveva ansimato la bionda, con la voce impastata, sbriciolata. Il suo stordimento, la sua angoscia ed i pezzi del suo cuore in frantumi sembravano dei cocci di vetro appuntito sparsi qua e là nella sua trachea, pronti ad impedire al suo fiato di venir fuori senza spezzarsi, più e più volte, lungo la strada. - Cosa dirò a Demi? E a Prince, che cosa dirò a…?-
- Di’ loro che li amo.- aveva supplicato il figlio di Elijah. Poi, senza pensarci due volte, aveva aggiunto: - Così come amo anche te.-
Con l’indice e il pollice fermi sulla sua mascella rosea, Nick l’aveva avvicinata delicatamente a sé, sporgendo le labbra per posarle un definitivo segno di congedo sulla fronte, un saluto, prima di venire inghiottito dalle tenebre. Mattie aveva sentito l’anima accartocciarsi come un foglietto di carta in balia delle fiamme, poi, spinta da chissà cosa, aveva si era issata sulle punte dei piedi ed aveva alzato la testa quel poco che bastava per far sì che le loro bocche si sfiorassero.
In quel momento, la ragazza si era convinta di essere impazzita e, a giudicare dalla reazione che le labbra di Nick avevano avuto a contatto con le sue, rimanendo immobili, sorprese e ancora semi bloccate in una smorfia turbata, anche lui doveva averlo creduto. Nonostante ciò, però, nessuno dei due si era mosso e quell’attimo infinito aveva fatto assaggiare a Mattie il sapore del caramello e della cenere nascosto sulla bocca di Nick, il suo sbigottimento, quella sua incommensurabile fragilità, sempre ben nascosta dietro solide mura di distacco e buone maniere, e la tensione che era ancora restia a sciogliersi nelle sue membra corrotte dal siero.
Fin da bambina, guardando gli smielati film d’amore che piacevano a sua madre, aveva fantasticato su come sarebbe stato il suo primissimo bacio: si era spesso chiesta se sarebbe stato bello come naufragare, se il ragazzo sarebbe stato quello giusto, se l'avrebbe accolta tra le braccia come una benedizione e se qualcuno sarebbe mai riuscito a vederla davvero come una ragazza, e non solo come un simpatico compagno di giochi o come la buffa mascotte delle sue amiche…
Poi aveva baciato Nick.
Perché non le era ancora venuto in mente un altro modo per fargli comprendere quanto fosse importante per lei, perché aveva avuto l’impressione che, se non avesse osato farlo in quel frangente tanto estremo, non ci sarebbe riuscita mai più e lo avrebbe rimpianto per sempre, come quella volta in cui aveva dimenticato un pezzo della sua torta preferita nel forno e quella era diventata polvere prima che potesse darle un solo assaggio. Perché l’idea di non poter mai più sentire il suo profumo l’aveva straziata e voleva che lui lo sapesse, anche se non ricambiava i suoi sentimenti in quel senso, anche se non era suo, anche se era di Demi e lei era la scelta migliore, perché stava rischiando le penne per lui in quel preciso istante, mentre lei stava agendo senza pensare alle conseguenze.
In sedici anni di spensierate rinunce, la bionda non aveva mai preteso o reclamato nulla per soddisfare il proprio egoismo, eppure non era comunque riuscita a trattenersi dal baciarlo. E Nick, suo malgrado, si era accorto che era stato proprio il conflitto interiore di lei, ben visibile nei suoi fremiti incontrollati, a rendere quell’addio molto più tenero di quanto il suo cuore non fosse preparato a sopportare.
Così le aveva stretto le spalle con le mani, mentre il crepitio delle fiamme ammorbava l’aria e le grida di Monique si alzavano assieme al fumo acre del suo rogo, laceranti e crude, verso il cielo sempre più fuligginoso.
E Mattie non aveva mai saputo la verità: l’ultimo sprazzo dell’essenza più autentica di Nick, avrebbe voluto stringerla a sé o respingerla?
Tutto ciò che la bionda aveva potuto avvertire era stata la consistenza lieve delle dita del ragazzo svanirle di dosso come sabbia calda rapita dal vento di una tormenta, poi era stata catapultata di peso in un presente vuoto e privo di significato, nel quale lui non sarebbe mai, mai più stato in grado di raggiungerla.
 
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 - Vi conoscevate da molto?- bisbigliò una voce maschile e cortese dietro la schiena della Lockwood, cogliendola di sorpresa. Voltandosi con uno scatto esagerato, mentre la brezza le solleticava le ciglia fradice, lei avvertì un tuffo al cuore, poi riuscì ad individuare il nuovo arrivato, che si stava facendo strada tra le aiuole ben potate del cimitero: si trattava di un ragazzo alto, con le spalle larghe, la chioma castano scuro un po’ più lunga della media e la barba che sembrava non essere stata rasata di recente. Tutti quei tratti gli conferivano un ché di affascinante e di selvaggio, ma i suoi occhi, anch’essi scurissimi e molto profondi, aggiungevano una certa sfumatura affabile ed innocua alla sua fisionomia. In particolare, quei dettagli rassicuranti risaltarono quando lo sconosciuto alzò entrambe le mani davanti a sé, come per schermirsi: - Scusami, non dovevo comparirti alle spalle in questo modo, senza preavviso… non volevo farti venire un colpo. E’ solo che… ecco, sono qui in visita… anch’io.-
Mattie inarcò un sopracciglio, notando che il tizio reggeva un mazzo di fiori confezionato in modo simile al suo, poi tornò a guardarlo dritto in faccia, scrutandolo attentamente: le somigliava davvero parecchio all’idea che, durante la lettura della saga di J.K. Rowling, si era fatta nell’immaginarsi Sirius Black da giovane, ed il fatto che quel personaggio fosse sempre stato tra i suoi favoriti, assieme a quelli di Ron Weasley e di Luna Lovegood, le fece provare un flebile ma inevitabile moto di simpatia nei suoi confronti:
- Garofani.- osservò, speranzosa, indicando i boccioli arancioni che il ragazzo aveva portato fin lassù per omaggiare la tomba di fronte a loro. – Accidenti, accidentaccio. Erano quelli i suoi preferiti, allora?-
Lui, spaesato da quella domanda, allargò le braccia d’istinto, poi assunse un’aria confusa, tanto rassegnata da apparire tenera:
 
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- Credo che qualsiasi fiore vada bene per onorare un Crescente defunto, l’importante è che non si tratti di luparia.- mormorò, col volto olivastro atteggiato in una smorfia ragionevole.
- Mi sembra giusto.- bofonchiò Mattie, con un tono basso e nasale che sembrava provenire da molto lontano. Con un’imprecazione non troppo soffocata, la biondina prese a rovistare con foga nelle tasche della propria giacca, poi passò a quelle dei pantaloni, senza riuscire a trovare neanche uno straccio di fazzoletto per soffiarsi il naso gocciolante; senza capire la gravità della situazione, ignorandola per concederle la sua privacy, lo sconosciuto si avvicinò per deporre i suoi bei garofani sul sepolcro di pietra, poi, accorgendosi finalmente che qualcosa non andava, si affrettò a tirar fuori dal giubbotto di jeans un quadrato di stoffa e glielo porse. La bionda lo afferrò di slancio e ci si tuffò dentro con tutta la faccia, poi il sollievo provato di fronte a quella gentilezza le strinse il petto in una morsa micidiale, un attimo prima di trasformarsi in un mesto singhiozzo: - Tu devi essere Jackson, vero?- mugugnò contro il fazzolettino, dondolandosi sul posto. – Il Lupo Mannaro a cui Demi ha chiesto di venire a Mystic Falls per non lasciare Prince completamente abbandonato a se stesso dopo che… beh, dopo che…-
- Sono io.- la bloccò Jackson, mortificato, inginocchiandosi là vicino per essere più o meno alla sua altezza, anche se, date le dimensioni assai ridotte di lei, forse avrebbe fatto meglio a mettersi direttamente lungo disteso sull’erba. - E tu devi essere Matilde, la ragazza che è rimasta con Nick…- la sua voce s’incrinò, come fosse sul punto di pronunciare qualcosa che d’inaccettabile: -… fin proprio alla fine.-
- Chiamami Mattie.- sussurrò la Lockwood, con l’ennesima pernacchia. - Mi dispiace tanto, non dovrei stare qui ad annaffiare il cimitero come se non ci fosse un domani, dopotutto anche tu hai perso qualcuno a cui tenevi ed io… cavolo, non sto facendo che deprimerti, quando poi è colpa mia se…-
- Va tutto bene.-  la interruppe Jackson, coi begli occhi scuri che si facevano di colpo più seri, quasi timorosi. - Ciò che è capitato andava ben oltre la tua capacità di controllo e, se le cose non fossero andate così, probabilmente adesso non sarei qui, vivo e vegeto, davanti a te.- sembrava sincero e lei inspirò profondamente, per provare a calmarsi, seppur con scarsissimi risultati. - E’ un po’ triste da ammettere ma, se non fosse stato per te, quella notte, Oliver e i suoi sovversivi avrebbero avuto la meglio. Sei stata tu a salvarci… Mattie.-
- Così mi hanno detto.- sospirò la Lockwood, guardandosi le mani con aria afflitta, come se quegli ammassi morbidi di carne, falangi e pelle rosa non le appartenessero per davvero. Jackson annuì per confermarglielo, mentre lei appallottolava il proprio fazzoletto come se sperasse di poter fare lo stesso anche con se stessa. - Miseriaccia, dev’essere stato terribile, per tutti voi, finire tra le grinfie di quel traditore assetato di potere e dei suoi scagnozzi, fino a ritrovarsi perfino con dei pugnali puntati alla gola…- rabbrividì. -… da quel che ne so, quel pulcioso di Osvald aveva trovato addirittura il modo di rendere inoffensivo Prince… insomma, vi teneva proprio in pugno.-
- Già.- confessò Jackson, abbozzando un sorriso davanti a quel nome errato; per qualche motivo, non ebbe il cuore di correggere quella ragazza minuscola che era un mix perfetto tra la fisicità di Alice nel Paese delle Meraviglie e la sbadataggine del suo Bianconiglio, così si limitò ad assentire: - Ormai Oliver si sentiva il vincitore indiscusso e direi che se la stava anche godendo abbastanza. Uno spettacolo spregevole a vedersi, davvero.-
 
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- BASTA!- aveva urlato Prince alla fine, sollevando una mano per impedire all’esecuzione di Jackson ed Aiden di consumarsi proprio sotto i suoi occhi.
Davanti a quella resa tanto agognata, che era risuonata come musica per le sue orecchie, il giovane Guillotin, con un ghigno soddisfatto ed un rapido cenno della testa, aveva ordinato ai suoi alleati di fermarsi.
Jack aveva sentito la pressione tagliente del coltellaccio allentarsi sul suo pomo d’Adamo già graffiato e sanguinante, appena un attimo prima che fosse troppo tardi, ed aveva ripreso a respirare, guardandosi faticosamente intorno, per capire: il primogenito di Hayley aveva la bocca digrignata in una smorfia terribile, tutta denti ed astio, mentre la povera Demi, trafitta dalla freccia come una cerva durante una battuta di caccia, era bianca come un lenzuolo a causa dell’impotenza e del sangue che continuava a gocciolarle, sempre più copioso, dalla ferita alla spalla.
- Credi davvero che funzionerà, il tuo ridicolo piano?- aveva ringhiato il principe, rivolgendosi direttamente al suo nerboruto rivale, con l’aria di chi avrebbe voluto sputargli addosso per il disprezzo. - Se anche ti dicessi dove si trova Eve, adesso, e tu corressi a sfidarla in duello, io ti stanerei. Staccherei la testa senza rimorsi a te e a chiunque fosse così pazzo da appoggiarti, non mi darei pace. Mi riprenderei il branco in un attimo, e di te non rimarrebbe che un patetico ricordo… tra le pagine di storia del Bayou, verresti citato come il lurido ratto finito in trappola proprio ad un passo dal pezzo di formaggio. E nulla di più.-
- La Legge dei Crescenti vuole che il nuovo capobranco sia protetto dall’eventuale vendetta dei famigliari di quello sconfitto, lo sapevi? Altrimenti sarebbe l’anarchia, la guerra civile! Tu non potresti farmi alcun male, dopo la mia vittoria legittima, né sfidarmi per un nuovo scontro. Ogni tua pretesa al trono, in quanto parente degli spodestati Labonair, verrebbe respinta dai Crescenti ed ostacolata persino dal tuo caro Marcel, che è il garante della pace in questa città. Dovresti far fuori tutti quelli che correrebbero a difendere i miei diritti, fino all’ultimo uomo.- gli aveva rammentato Oliver, gli occhi talmente eccitati che rischiavano di schizzargli via dalle orbite. – Nemmeno tu puoi ritenerti al di sopra di certe regole, Mikaelson, per quanto ti creda invincibile.-
- Questo è tutto da vedere.- lo aveva provocato Prince, tirando fuori uno sparuto eccesso di spavalderia, che però non era riuscito a risultare troppo convincente.
 
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- Oh, guardiamo in faccia la realtà, P. Tu non hai mai voluto il comando.- lo aveva apostrofato Rubyna, cogliendolo alla sprovvista e costringendolo a voltarsi verso di lei. I capelli fulvi le danzavano intorno come lingue di fuoco, sfiorandole appena la faretra ricolma che portava allacciata dietro la schiena. - Potresti avere New Orleans ai tuoi piedi, ma hai troppa paura dello spettro di Klaus per prenderti ciò che ti spetta! D’altronde è per questo che hai deciso di sfuggire alla vita di corte che ti era stata offerta dal Re, per questo che non hai mai voluto essere alla guida del branco, no? Una volta sconfitta Sophie, tu vuoi tornare a casa dal tuo fratellino, dimenticando il Potere e le possibilità che potrebbe offrirti, facendo perdere le tue tracce al resto del mondo per ricominciare a dipingere i tuoi quadri in santa pace. In fondo, ti sempre è importato solo e soltanto di questo.-
Di fronte a quelle parole colme di accusa, Demi si era sentita mancare ed era crollata a terra con un gemito appena percettibile, mentre il mondo cominciava a ruotarle davanti agli occhi, sempre più buio col passare dei secondi.
- Sei un indegno e un egoista, Mikaelson, proprio come tua madre ed Eve, disposte a lasciarci nel fango, pur di non assumersi le loro responsabilità di leader. C’è bisogno d’aria nuova. Io sono la rivoluzione!- aveva abbaiato Oliver, con il viso ormai deforme dal godimento. - Dimmi dove hai nascosto la Disertrice, e facciamola finita. Il tuo adorato fratello, in fondo, muore dalla voglia di essere salvato, e tu stai sprecando il suo tempo. Tic-tac. Tic…-
Jackson aveva serrato le palpebre, ormai consapevole della tragedia imminente, ed aveva sentito la speranza fluire via da lui come la linfa da un tronco d’albero preso a colpi d’accetta.
Poi, all’improvviso, contro ogni previsione… era accaduto.
Il giovane Kenner aveva sentito un acuto dolore trafiggergli le tempie, come un fulmine, poi la radura circondata da rovi in cui si trovavano si era riempita di urla straziate: le dita callose che lo avevano tenuto immobilizzato fino a quel momento si erano ritirate di scatto, mentre il suo carceriere precipitava bocconi sull’erba, imprecando rumorosamente ed ansimando:
- Che cosa sta succedendo? CHE DIAVOLO SUCCEDE?!-
Jackson aveva avvertito qualcosa di simile alla presa di una mano inclemente stritolargli il cervello, provocandogli delle fitte atroci alla testa, ma si era comunque imposto di riaprire gli occhi, nel tentativo disperato di comprendere cosa stesse accadendo nelle vicinanze: anche Aiden ed il suo rapitore avevano preso a strisciare per terra, esattamente come Ruby, che aveva perso la presa sul suo arco, ed Oliver, il quale gemeva in modo pietoso, come un vitello tra le grinfie di un macellaio.
Persino Prince era piegato su se stesso e si teneva convulsamente la pancia, come se fosse sul punto di vomitare.
- No...- aveva biascicato il biondo tra sé, dopo aver percepito una sorta di strappo dalle parti del cuore, come se un nodo che lo teneva intimamente legato a qualcosa d’importante si fosse appena sciolto di netto, rimbalzandogli dentro dolorosamente. -… no, non può essere… non può…-
Una sensazione mai provata prima, ma chiara e pungente tra le costole scricchiolanti, aveva suggerito a Jackson che, a provocare quella spropositata e simultanea reazione di sofferenza in tutti loro, poteva essere stato soltanto un evento drammatico collegato all’unica faccenda che accomunava ciascuno dei presenti, senza esclusione: l’appartenenza al clan della Luna Crescente.
Il proprietario del Croissant, che non aveva ancora mai attivato il gene recessivo del Lupo e che per questo, quasi miracolosamente, era riuscito a resistere meglio degli altri agli effetti di quella calamità mistica, ne aveva approfittato per gattonare fino al pugnale lucente che lo scagnozzo di Oliver aveva lasciato cadere, strofinandoci contro le corde che gli avviluppavano i polsi, fino a reciderle.
Una volta libero, ancora scioccato ma non più tanto imbelle, aveva fatto scattare il proprio sguardo nelle vicinanze di Demetra, con l’intenzione di precipitarsi a soccorrerla, ma aveva notato che, per fortuna, la Prescelta non era più così sola:
- Bevi questo, Demi, coraggio, basterà un sorso...- un vampiro dai capelli scuri e arruffati era già comparso accanto a lei tra i cespugli e le teneva la testa ciondolante mentre cercava di accostarle il proprio polso squarciato alla bocca. – Avanti, ti guarirà… Demi, Cassie mi ha mandato qui per aiutarti! Stava facendo i bagagli per lasciare il Palazzo, quando ha avuto una visione… mi ha avvertito subito, sono arrivato il prima possibile, ma hai perso troppo sangue… cerca almeno di bere, non potrò portarti via di qui se prima non… forza, Demi, devi bere!-
Jackson aveva visto le labbra della ragazza fremere appena, restie, quasi imbronciate, poi lei si era avvinghiata al braccio del suo soccorritore, troppo debole per non essere ubbidiente, ed aveva deglutito con foga.
Quando il vampiro, colmo di sollievo, si era girato, Jackson lo aveva finalmente riconosciuto: era Joshua Rosza.
Dopo aver incrociato lo sguardo carico di sottintesi di quest’ultimo, il giovane Kenner aveva annuito solennemente ed aveva fatto di nuovo dietrofront verso la foresta, per ricambiargli il favore: se Josh stava sfruttando le sue capacità per rimettere in sesto la Salvatore, all’altro sarebbe spettato tirare fuori dai guai Aiden, anche a costo della vita.
Per qualche motivo, era stata concessa ai sostenitori di Prince e dei Labonair una chance di ribaltare la situazione, riducendo quasi a zero i vantaggi dei congiurati, e lui non aveva mai, neppure per un istante, accarezzato l’idea di sprecarla senza lottare.
 
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- Non sono stata io a salvarvi dai pasticci.- chiarì la bionda, con una voce bassa, rispettosa ed intenerita insieme. - Forse sì, ho contribuito a creare il diversivo giusto al momento giusto, dandovi la possibilità di liberarvi in tempo, ma non sono stata io a volere che ciò accadesse, non avevo la minima idea di quello che stavo facendo... è stato tutto merito di Eve. Non mio, di Eve.- ripeté, mentre il suo sguardo lucido si staccava lentamente da quello di Jackson per posarsi proprio di fronte a loro, sui contorni allungati delle lettere color ferro incise sulla lapide.
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Mattie, una volta riemersa dalle profondità turbinose del limbo, si era sentita così devastata, persa ed annichilita da non riuscire a realizzare fin da subito ciò che d’irreparabile si era verificato laggiù.
A ricordarglielo, sfortunatamente per lei, era stata la morsa indemoniata con cui le dita del guscio ormai vuoto di Nick Mikaelson le avevano stritolato il braccio, fin quasi a sbriciolarle le ossa del polso. Un grido di puro orrore le era rimasto impigliato in gola, mentre si accorgeva che non era stato solo un brutto incubo, quello che aveva appena vissuto nel mondo fantasma degli Antenati francesi: il figlio di Elijah si era sul serio trasformato
In un mostro.
Il suo aspetto, tuttavia, fin dal principio, non le aveva richiamato troppo da vicino quello di una comune Ombra; la Lockwood si era fatta descrivere per tempo quelle creature infernali, e non aveva rilevato altre somiglianze con queste ultime se non nel pallore cadaverico del giovane, nella sfumatura carbonizzata che tingeva la sua bocca e nell’espressione feroce che lo rendeva spaventosamente inquietante.
Le iridi di lui, però, non erano diventate del tremendo blu elettrico che si sarebbe aspettata: erano, piuttosto, totalmente scomparse, dopo essersi fuse con la sclera in una mandorla nera del tutto priva di movimento, di emozione o di vita. Le sue guance non erano soltanto tirate fino a far intravedere il teschio sottostante, ma erano anche ricoperte da righe scure simili a fenditure, a violente unghiate verticali, a cicatrici destinate a non svanire mai. E, come se non bastasse, anche tutto il resto del corpo del ragazzo, un tempo così attraente, era apparso guastato da quella stessa, tremenda rete di sfregi.
- Nick…- aveva sibilato la figlia del Sindaco, battendo involontariamente i denti. La creatura maligna che albergava nel suo migliore amico come un tumore le aveva rivolto un’occhiata torva ed insensibile, senza riconoscerla. -… oh, Nick, ti prego…-
Lui, completamente sordo alle sue suppliche, aveva caricato la mano libera, pronto a colpirla, per farle male, ma un gigantesco lampo grigio gli si era scagliato contro come un proiettile peloso, facendogli quasi perdere l’equilibrio nell’impatto: era Eve che, dopo essere sfrecciata in difesa di Matt, aveva azzannato il braccio del mostro con le proprie fauci, chiudendogliele ermeticamente attorno al gomito e costringendolo a mollare immediatamente la presa sulla piccola Lockwood.
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- Lei aveva capito prima di me che in quella cosa con le sembianze di Nick, in quel demonio orripilante… non c’era più nulla che potesse essere salvato.- mormorò Matt, stringendo le labbra per non sentirle tremare troppo. – Il suo volto… tutto era cambiato. I suoi lineamenti erano andati in mille pezzi, la sua bocca digrignata era come un taglio nella pietra… aveva i segni della morte dappertutto. Ed i suoi occhi…- al ricordo, la ragazza si sentì soffocare. -… lui non avrebbe mai tentato di ferirmi…- d’istinto, si sfiorò il punto in cui i lividi lasciati dalla presa brutale di Nick avevano avuto tutto il tempo di scomparire, al contrario delle ferite che quella tragedia le aveva inferto nel cuore. -… semplicemente, se n’era andato. E la Capanna, che, fino a quel momento, era stata per noi un rifugio sicuro... era diventata di colpo una trappola.-
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- Mattie, scappa!- Eve aveva lanciato uno stridente ululato nella sua testa, mentre lo spettro di Nick si divincolava convulsamente sul posto, per scrollarsela di dosso. La biondina aveva avvertito una scarica di atroce dolore provenire dai pensieri della povera Labonair, mentre quest’ultima veniva ustionata sulla lingua e sulle gengive dal sangue fuoriuscito dalla carne morsa e squarciata di lui, colandole in gola come acido. - Corri più in fretta che puoi! ORA! LE ARMI SONO IN SALOTTO, DEVI ANDARE…!-
Con il cervello inceppato dallo shock e malferma sulle gambe, la biondina si era precipitata fuori dalla stanza, inciampando in un tappeto persiano e aggrappandosi ad una cassapanca lì vicino per non finire faccia a terra; nel frattempo, l’eco della lotta in corso tra Nick ed Eve si era fatta sempre più bestiale ed agghiacciante, fino a quando un uggiolio simile al pianto di un neonato non aveva squarciato l’aria circostante, decretando la temporanea sconfitta della Lupa Mannara.
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- Lui mi ha inseguita in un battibaleno.- raccontò Mattie, metallica. Per qualche assurdo motivo, si era decisa a rivivere quegli istanti di autentica angoscia, forse perché si sentiva in dovere di togliere a Jackson ogni illusione a proposito del suo eroismo o della sua utilità in tutta quella brutta faccenda: - Neppure un vampiro avrebbe potuto spostarsi in un modo così veloce… era come se possedesse il potere di smaterializzarsi qua e là a suo piacimento. Mi ha afferrata per i capelli mentre stavo frugando tra l’equipaggiamento di Prince e mi ha scaraventata contro il muro. Dovevo essermi rotta qualcosa, perché non riuscivo proprio a rimettermi in piedi. Vedevo tutto al rallentatore, eppure non potevo far altro che rimanere immobile come uno stoccafisso ad aspettare, mentre quel maledetto veniva a staccarmi la testa dal collo.-
- Ma tu avevi preso un’arma stregata.- la anticipò Jack, senza fiato. Evidentemente aveva già sentito quella storia, come ogni altro Crescente degno di quel nome, ma il suo desiderio di assistere alla narrazione diretta di quegli eventi non si era mai placato sul serio, almeno non fino a quel preciso momento. – E così, quando quell’affare ti venne abbastanza vicino, lo infilzasti.-
- Solo per scoprire che fargli fare la fine di uno spiedino non era sufficiente a neutralizzarlo, perché quell’essere non era un’Ombra come le altre…- puntualizzò lei, sconfortata. -… era un Demone.-
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Con un ghigno sgradevole sul viso, il Demone-Nick aveva estratto la lama azzurra dal proprio petto come se, nel trafiggerlo da parte a parte, quest’ultima non gli avesse fatto alcun male, e l’aveva soppesata platealmente tra le dita.
La Lockwood l’aveva visto esibirsi di proposito in un’espressione incerta sul da farsi, facendo nascere dentro di lei una flebile speranza di salvezza; poi però, rapido come una saetta, lui le aveva ringhiato contro e le aveva ricambiato il favore, trapassandola con la spada celeste ed implacabile proprio all’altezza nel fianco. 
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- Ricordo un sacco di sangue. E la sensazione di torpore, quello sì… ma poco più.- sospirò Mattie, stringendosi nelle spalle, come se un vento improvvisamente gelido le avesse fatto accapponare la pelle. - L’urlo di Eve, ad esempio, fu a malapena un sussurro, così come il frastuono che provocò quando venne sbalzata proprio accanto a me, rovesciando il tavolino del tè ed il divano di Prince durante il volo. In un angolo della mia coscienza, la sentivo piangere per il figlio che aveva perso subito dopo averlo ritrovato e chiedere perdono alla sua Hayley, specie mentre crollava sul pavimento disseminato di cuscini sbrindellati, con le zampe piene di schegge ed incapaci di reggerla oltre.- senza neanche rendersene conto, la Lockwood aveva ricominciato a singhiozzare con forza. - Poi il Demone l’ha raggiunta e le ha conficcato la spada dritta nella schiena, affondandola fino all’elsa. Ancora. E ancora.- Jackson emise un sibilo, mentre quella ragazza gli sembrava più piccola e sperduta che mai, come un cucciolo abbagliato dai fari di un’auto prima di un incidente mortale. – Ho sentito una risata mentre lui se ne andava, ma non era quella di Nick… era quella di Sophie Deveraux. Poi ho perso i sensi... e non ho visto altro che il buio davanti a me.-
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- Mattie… svegliati… Mattie… Mattie…- per prima cosa, la biondina si era accorta della presenza di qualcosa di imponente e peloso accucciato accanto a lei. Ancora intontita dalle botte e dal dolore, per un attimo infinito aveva provato paura e smarrimento, poi aveva capito: Eve era lì, ansimante e calda come un cappotto di pelliccia, e la stava proteggendo dal gelo torbido del dissanguamento con la propria mole di Lupo, senza mai desistere dal tentativo di farla riavere. - Mattie… per favore… sii forte… non mollare proprio adesso…-
- Stai bene?- aveva tossito la bionda, infilandole una mano nel manto striato di nocciola nel tentativo di farle una carezza maldestra. Le aveva sfiorato per caso un ciuffo di peli e l’aveva trovato umido ed irto, tutto impiastricciato di un liquido caldo e viscoso. Nauseata, Mattie si era guardata le dita, cercando di tenere le palpebre schiuse nonostante la loro pesantezza, ed aveva scorto un’abbondante macchia rossa colare giù dal suo palmo. - Oh, mio dio, Eve… oddio, Eve… no, no…-
- Mattie.- l’aveva placata Eve senza esitazioni, respirando sempre più flebilmente, incapace di tenere il nobile capo sollevato a qualche centimetro da terra. - Non è per me che sono così preoccupata. Anche tu sei ferita.- la Lockwood, sconvolta dalle emozioni com’era, quasi si era dimenticata di essere messa, a sua volta, molto male: il lago scarlatto che imbeveva i guanciali lì vicino, in fondo, era stato alimentato anche dal suo stesso sangue, piovuto giù dallo squarcio crudele che il Demone le aveva aperto, poco prima, nei pressi dell’ombelico. - Ma per fortuna ti sei ripresa… non è ancora troppo tardi…-
- Dobbiamo chiedere aiuto…- con uno sforzo immane, la figlia di Care si era issata sui gomiti, ma le fitte lancinanti nella pancia l’avevano rimessa al tappeto. -… io devo… ah, Eve non preoccuparti, continua a tenere gli occhi aperti… tienili bene aperti, io devo chiedere aiuto… AIUTO…-
- No, Mattie… piccola, sta’ giù e ascoltami.- l’aveva supplicata Eve, uggiolando, con la coda che ondeggiava sempre più lentamente, ormai troppo faticosamente per produrre una vera scodinzolata. - Devi fidati di me.-
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- Mi disse che saremmo morte tutte e due prima dell’arrivo dei soccorsi.- bisbigliò Matilde, ormai udibile a malapena, addirittura nel silenzio assoluto di quel cimitero. - Era straziata dalla sofferenza e, per quanto mi sforzassi di negarlo, col passare dei minuti, lo ero sempre di più anch’io. Entrambe avevamo perso il nostro Nick ed eravamo in fin di vita, persino lei, che credevo potesse guarire più velocemente, non faceva che peggiorare. A quanto ho capito in seguito, ancora una volta, la limitazione dei suoi poteri rigeneranti era causata dall’Anatema di Sophie: Eve non era più un autentico Licantropo, era soltanto un grosso Lupo, ed i lupi, se feriti in modo mortale, non si riprendono. In quel posto sperduto, con i nostri amici così lontani ed ignari di quanto era appena accaduto, non c’era nessuno che potesse aiutarci. Era finita.- Jackson abbassò il capo, quasi con riverenza. - Così Eve mi comunicò che l’unica via d’uscita possibile, almeno per me, era quella di risvegliare il mio gene. La sua attivazione, non guastata da alcuna magia malefica, come invece lo era nel suo caso, mi avrebbe curata subito e mi avrebbe permesso di sopravvivere. Ovviamente le dissi che non se ne parlava neanche, perché Nick mi aveva spiegato per filo e per segno cos’era necessario per rendere possibile tutto ciò… ed io non volevo far del male a nessuno! Ma lei fu… irremovibile.-
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- Per tutta la vita, Mattie, ho cercato di proteggere le persone a cui tenevo, ed ho fallito. Sophie mi ha privata di ogni cosa…- aveva mugugnato Eve, con il cuore in frantumi e le iridi grigie colme della più grave disperazione: -… del mio corpo umano, del rispetto del mio branco, del futuro della casata Labonair… ha ammazzato Hayley, la mia adorata, la mia protetta, la Regina che ci era stata promessa… ha reso il mio caro Nick, l’erede al trono, l’ultimo ed il più prezioso Licantropo della nostra stirpe, nient’altro che un mostro… se io continuo a vivere, per amor mio, Prince sarà costretto ad inimicarsi quelli che, al contrario, potrebbero diventare dei fedeli alleati nel momento del bisogno, nella battaglia finale…- schiudendo le fauci, Eve aveva agganciato un cuscino e poi, con il naso, l’aveva spinto più vicino a Mattie. Lei era rimasta senza parole, senza voler credere alle proprie orecchie: - Se muoio adesso, invece, non sarà stato invano, perché, così facendo, potrò scegliere il mio successore... ed io voglio salvarti, Mattie, perché voglio che sia tu a prendere il mio posto. Sei così buona, così clemente e comprensiva verso il prossimo… eppure so che sotto quella buccia così soffice, si nasconde la stoffa di una vera leader. Tu meriti di vivere e comandare, molto più di me. Ti scongiuro. Permettimi di fare questo dono al branco, dopo tanti anni di mancanze… sarà questa la mia redenzione, il mio riscatto. Potrai non avere sangue Labonair nelle tue vene, ma Nick aveva fiducia in te, e ti riteneva parte della famiglia. Non sprecare questa opportunità...- dopo un mogio ululato, agonizzando debolmente, la povera, saggia ed adorabile Eve aveva serrato le palpebre, ad un passo dalla fine. -… vivi, Mattie. Ti prego. Fallo… e vivi. Anche per me.-
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- L’energia sprigionata dal sorgere di un nuovo capo vi ha colpiti tutti all’unisono, come un piccolo terremoto mistico interiore. KABOOM.- sospirò la Lockwood, accettando l’ennesimo fazzolettino e mugugnando un ringraziamento. Non era poi troppo difficile da immaginare quale effetto devastante potesse aver avuto un simile evento sui Crescenti, in particolare su Prince, che di certo aveva percepito dentro di sé tutta l’insopportabile consapevolezza della catastrofe, senza poter fare assolutamente nulla per evitarla: - Eve era convinta di aver fallito con la sua esistenza, perché non era riuscita a tenere al sicuro coloro che amava ed aveva deluso tutti i suoi simili, ma in realtà ha dato a me e ai sostenitori dei suoi adorati Labonair una seconda possibilità. Era fantastica, una perla rara. Ed io...-
- Hai fatto la scelta giusta.- le mormorò Jackson di slancio, facendo per posarle una piccola pacca sulla spalla. Era come se, oltre a lei, con quella verità, sperasse di convincere anche se stesso: - La più difficile, ma anche l’unica possibile. L’hai detto tu stessa: Eve sapeva di fare il nostro bene, affidandoci a te. Lei credeva in te.-
Per un secondo, Mattie avvertì il tocco incoraggiante del giovane Kenner come se provenisse da una mano meno grande e robusta rispetto a quella di lui, più delicata e chiara, la stessa che tante volte aveva visto appoggiarsi sullo sterzo di una Ferrari o arruffare una perfetta chioma castana per scaricare il nervosismo. L’unica persona che poteva indovinare davvero come si sentiva e che avrebbe saputo esattamente come tirarla su di morale e come rendere meno invivibile il suo senso di colpa, però... non era lì.
E non ci sarebbe stata mai più.
- So perché sei venuto qui, Jackson, e te ne sono grata.- sussurrò Mattie, allontanandosi e riprendendosi in braccio, con aria dignitosa, la borsa tempestata di ghirigori e paillettes gialle. - So che Demi è in pensiero e che, dato che l’ho evitata praticamente come una cena ipocalorica, ha affibbiato a qualcuno di cui si fida il compito di supervisionare le mie future metamorfosi, per evitare che mi vada ulteriormente in pappa il cervello. So anche che i Crescenti non stanno più nelle pulci, perché sarà la mia prima luna piena a ridare a tutti voi la possibilità di trasformarvi quando vi pare, ma vorrei che fosse ben chiara una cosa: prima che quel mio momentino peloso arrivi, non ne voglio sapere di prendere il comando, o di entrare a far parte del vostro club, non voglio neanche sentirne parlare, okay?! Sono-in-lutto.- mentre smontava tanto bruscamente le premure di quello sconosciuto, lei si sentì stranamente scortese e men che mai fedele ai suoi soliti modi allegri e gioviali; il pensiero che Nick avrebbe disapprovato quel suo comportamento le fece male al cuore, e Mattie si ritrovò a fare marcia indietro, abbastanza in fretta da sentirsi un’idiota: - Oh, capperi, ecco che ci risiamo. Scusami. Tu vuoi solo aiutarmi, invece io sono più nervosa di mia madre quando affonda nel fango coi tacchi a spillo... non badarci, è che ormai ogni fesseria mi manda in bestia… nell’ultimo periodo, la mia socievolezza ha raggiunto livelli talmente bassi da farmi venire le crisi d’identità: a quanto pare, ci sono ottime possibilità che io sia la sorella perduta di Brontolo dei Sette Nani, o roba del genere, insomma.-
Jackson la fissò interdetto, poi gettò indietro la testa bruna scoppiò in una risata roca che riecheggiò, liberatoria, tra i cipressi tutt’intorno. Mattie osservò i suoi denti bianchi e lucidi come stelle brillare e si sentì meglio.
Forse non l’aveva fatta troppo grossa:
- Tranquilla, gli sbalzi d’umore e gli scatti d’ira sono molto frequenti tra chi si è trasformato da poco.- le spiegò lui, con aria navigata, ritornando guardingo. - Ad ogni modo, hai ragione su tutto, tranne che su una cosa.-
- Concordo, neppure Brontolo poteva avere una sorella così antipatica.- bofonchiò Mattie, con le guance infiammate. - Non è vero?-
- Non ero venuto per tenerti d’occhio. Non proprio, almeno.- la corresse Jackson, posando un buffetto sulla tomba di Eve e lanciando un ultimo sguardo incuriosito alla figlia di Tyler, mentre questa lo scrutava interrogativa, costringendolo a scrollare piano le spalle: - Volevo soltanto conoscerti.-
 
***
 
Stefan fece scivolare, in successione, tutti i bottoni della propria camicia nelle rispettive asole, poi afferrò la sua giacca scamosciata color caramello e la indossò, lisciandone con cura le pieghe. Mentre le sue dita si agganciavano saldamente attorno alla maniglia della piccola valigia rimasta appoggiata, fino a quel momento, sul bordo del letto matrimoniale dei Salvatore, in attesa, scoccò un’occhiata sfuggente allo specchio che troneggiava accanto al suo armadio semivuoto e si accorse che un guizzo di lunghi capelli castani era spuntato oltre la soglia della camera, proprio dietro di lui.
- Hai dimenticato il tuo diario.- mormorò Elena, avanzando di un passo incerto verso di lui e posando un libricino rivestito di cuoio sul comò alla sua destra. Stefan si voltò lentamente e, invece di ringraziare la moglie, si limitò ad osservarla: il delicato ovale del viso di lei era segnato dalla spossatezza ed incavato sulle guance, i contorni sempre setosi della sua chioma erano irti e spettinati e le sue palpebre erano gonfie a causa delle innumerevoli notti insonni trascorse sul divano. Sembrava molto più giovane e fragile, priva di punti di riferimento, come quando lui l’aveva conosciuta o come quando era appena diventata una vampira e i suoi nuovi, oscuri desideri la spaventavano, al punto da costringerla a negare la loro esistenza, persino a se stessa: - Non voglio che tu te ne vada.- annunciò Elena in un bisbiglio, seguendo le reazioni del marito col cuore che martellava dolorosamente. Il più giovane dei Salvatore sospirò, ma lei non desisté: - Ti prego, Stefan.- lo scongiurò, con voce spezzata. - La casa al Lago non ti darà le risposte che cerchi, finirà solo con l’allontanarci di più… Demi ha già perso il ragazzo che amava, non può perdere anche te. In un momento simile, ha bisogno della tua presenza. Io ho bisogno di te.-
- Io, invece, ti amo.- esalò Stefan, passandosi una mano sulla faccia, in un inedito gesto di stanchezza. - Non lo capisci? E’ proprio questo il problema, Elena. E’ sempre stato questo.-
- Anch’io ti amo.- protestò lei debolmente, mentre la verità immensamente complessa di quella dichiarazione le graffiava il petto e la gola in profondità, come un’orrenda creatura disposta a farsi strada ad unghiate, pur di riuscire ad evadere dal proprio nascondiglio. Il ricordo della primissima volta in cui gli aveva fatto quella confessione, per scongiurare il suo desiderio di lasciarla una volta per tutte in nome della sua sicurezza, le riverberò nello stomaco senza che potesse fare nulla per impedirlo: ‘’Se adesso te ne vai, Stefan, lo fai per te stesso, perché io so cosa voglio.’’ Quella sera, impressa a fuoco nella sua memoria, gli aveva urlato dietro quelle parole perché desiderava con tutta se stessa che lui si voltasse nuovamente e che le corresse incontro per soffocare in un bacio appassionato il disaccordo sorto tra loro, facendole sentire sulle labbra e sulla lingua tutto il suo amore, lo stesso a cui nessuno dei due avrebbe più potuto rinunciare.
Provava ancora quello stesso struggimento?
E se lui le avesse creduto, stavolta come allora, sarebbero di nuovo finiti a letto nello stesso modo di vent’anni prima, accarezzandosi con dolcezza ed adorazione, come se il loro pazzo amore fosse destinato a non morire mai? Come se nessun’ombra del passato o del futuro potesse mai essere in grado di scalfire le loro certezze?
 
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Con un moto dilagante d’emozione, la Gilbert ripensò alla tenerezza con cui aveva sfiorato i lineamenti di Stefan quando questi ultimi erano stati resi quasi irriconoscibili dalla sete: non aveva avuto paura del predatore sanguinario celato sotto la superficie, anzi, lo aveva invitato a non nascondersi, a restarle vicino, perché ogni briciola dell’essenza di Stefan potesse appartenerle. Il coraggio della ragazzina che era stata a soli diciassette anni la fece vergognare di ciò che era diventata nel presente: col tempo, a tramutarsi in un mostro alla cieca ricerca d’approvazione, pieno fino a scoppiare di disprezzo e menzogne, era stata proprio lei.
- Ma ami anche Damon.- sentenziò suo marito, con una cupa rassegnazione che lasciava trasparire tutta la sua incontenibile amarezza.
Elena comprese che quella non era una domanda e si sentì invadere dalla tristezza, perché, nonostante i suoi sforzi, era tornata ancora una volta al punto di partenza: aveva finito per frantumare nuovamente, e in mille pezzi, il cuore della persona che teneva a lei, che c’era sempre stata, che innumerevoli volte l’aveva salvata da se stessa e dai suoi demoni, dando un senso alla sua vita e rendendola grata nei confronti del destino. Non poteva negargli la verità, non mentre, anche ad un mese di distanza dall’accaduto, il bacio incandescente e segreto di Damon le scottava ancora sulle labbra, eppure non riusciva a sopportare l’idea di averlo deluso fino a quel punto:
- Non l’ho più visto, da quella sera.- ansimò, sostenendo il suo sguardo attento nonostante fosse quasi impossibile riuscirci senza scoppiare in lacrime. La mancanza del vampiro dagli occhi di ghiaccio le pesava ancora dentro come un macigno, eppure lei era rimasta salda sulle proprie decisioni, anche quando la nostalgia le aveva fatto mancare l’aria nei polmoni: - L’ho evitato, gli ho chiesto di non rendere il tutto più difficile. Stefan, non avevo idea di cos’altro fare, ma sapevo che farti del male era l’ultima cosa che desideravo... non potevo farti questo, ancora, né mandare alla malora tutto ciò che di bello abbiamo costruito negli anni, i nostri progetti, i nostri ricordi…- Elena notò che nel secondo borsone del vampiro, quello con la cerniera ancora non del tutto chiusa, qualcosa risplendeva fiocamente: era il vetro di una cornice di legno marrone, nella quale era stata infilata la loro più vecchia foto, scattata ai tempi del liceo.
 
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- Non voglio perderti. Non posso.- ammise la Gilbert, come in preghiera, rincuorata da una flebile speranza. Dal giorno dell’incidente con i suoi genitori al Wickery Bridge, il debito affettivo che sentiva di avere nei confronti di Stefan non aveva mai smesso di crescere a dismisura, quasi fino a schiacciarla: nonostante i suoi sentimenti proibiti per Damon, non aveva mai imparato a sopravvivere sul serio senza Stefan accanto, e sentiva che non ci sarebbe mai riuscita fino in fondo. La semplice prospettiva le dava le vertigini. - Ho scelto te, Stefan, ho giurato di amarti e onorarti, ho condiviso ogni cosa con te… voglio proteggere ciò che abbiamo, la nostra famiglia…-
- Ma a quale prezzo?- domandò lui, interrompendola. Lei tacque di colpo, quasi trasalendo, non tanto a causa del tono brusco del vampiro, quanto, piuttosto, per la muta devastazione che questo trasudava. - Ti sei costretta a non parlare più con Damon, a non cercarlo per settimane, ma non hai trascorso una sola notte tra le mie braccia. Mi hai accudito quando mi sono risvegliato dalla morte ma, mentre lo facevi, non ho percepito il tuo calore… solo il dolore che ti è costato rinunciare a mio fratello. Non eri felice. Non credo di averti mai vista così infelice prima d’ora, Elena.-
- Siamo stati felici, però. Per sedici lunghi anni.- insisté lei, con le iridi lucenti e traboccanti come sorgenti di alta montagna. - Lo sai… lo sai che è così.- mentre lui cercava di evitare il suo sguardo, la vampira allungò le proprie dita frementi per sfiorargli il profilo duro della mascella, invitandolo a darle ascolto: - Possiamo esserlo ancora.-
Stefan si sentì trafiggere fin nelle profondità dell’anima da quell’offerta, così allettante da risultare quasi irresistibile, ma s’impose di non cedervi: avere fiducia in quello che di epico li legava, da sempre ed indissolubilmente, l’uno all’altra, era stato naturale come respirare per tutta la durata del loro matrimonio, ma non poteva salvarli dallo sfacelo, non più.
Non stavolta.
- Se lo vorrai, tornerò da te in un battito di ciglia.- la rassicurò Stefan, con un groppo in gola, toccando con il proprio palmo la mano tesa della moglie e premendosela appena sulla guancia. - Sei l’amore della mia vita, e lo sarai per sempre, ma non possiamo più andare avanti in questo modo. Non posso sopportare le tue incertezze, non dopo quel che c’è stato tra noi… non dopo il modo in cui sei stata mia. Se il fatto che Damon non fosse più nei paraggi non è riuscito a cancellarlo dal tuo cuore per tutti questi anni, dimmi, come speri che ciò possa avvenire, adesso, grazie al tuo semplice ignorarlo? Ti ho amata per entrambi, come lui stesso mi aveva chiesto, ma guardiamo in faccia la realtà: forse non è mai bastato. Per rispettare la sua volontà, ho serbato per me la verità sul soggiogamento di Rebekah e il tenertela nascosta mi faceva sentire meschino, ogni giorno, come se mi meritassi quel tuo amore a metà… come se fosse quello il prezzo da pagare per poterti stare accanto. Ma poi lui è tornato, e la sua sola presenza è bastata a farti rimettere in discussione ciò che volevi. O chi.- con un gesto grave che sembrò costargli una fatica inimmaginabile, allontanò da sé la carezza di Elena, e lei ebbe un flash istantaneo e straziante della loro prima, vera rottura, avvenuta sugli scalini del porticato dei Gilbert, molto tempo addietro. Quella volta, lei aveva raccolto tutte le proprie forze per imporsi di confessare ad alta voce di essere cambiata, a causa del vampirismo, fino ad acquisire un carattere assai più indomabile e oscuro del precedente, ma ora? Si sentiva soltanto orribile. E crudele. - Adesso hai tutte le carte in mano per fare la tua scelta. Nessun sirebond, nessun segreto. Concediti il tempo di capire ciò che provi. Non potrei mai fare niente di diverso dal lasciarti libera di decidere… ma non farmi restare qui a guardare. Ti prego.-
 
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- Stefan…-
Mentre un singhiozzo la strozzava, la Gilbert non si mosse e lo guardò imbracciare i bagagli rimasti, poi lui annuì tra sé e le voltò le spalle come un estraneo, dirigendosi verso l’uscio. I sensi acuiti della vampira percepirono i passi del minore dei Salvatore percorrere, lievi ma inesorabili, le scale ed il salotto, oltrepassando anche l’ingresso, fino a svanire nel cortile e a confondersi col rombo di una Porsche rossa appena messa in moto; poi Elena si sentì mancare e si accasciò sul materasso, prendendosi delle ciocche di capelli tra le mani, come se volesse strapparsele via, e si lasciò naufragare nel pianto. Le tornò in mente la sua prima notte di nozze, durante la quale Stefan l’aveva adagiata tra quelle lenzuola con indosso ancora l’abito bianco e col rigonfiamento del suo pancione che la rendeva goffa ed impacciata nei gesti. Si era disteso lentamente accanto a lei, sorridendole beato a causa dell’effetto inebriante che la musica, lo champagne e la suntuosa festa celebrata in loro onore gli avevano regalato, poi le aveva carezzato via di dosso le scarpe color crema, la stoffa vaporosa del vestito e le mollette dall’acconciatura elaborata, una per una, senza alcuna fretta. Alla fine, lei era rimasta con la sola sottoveste di seta a coprirle le rotondità e si era sentita in soggezione, almeno fin quando Stefan non aveva cominciato a baciarla: a quel punto, infatti, si era sentita invadere dalla dolcezza e dal piacere, e si era convinta di essere fortunata, perché lui l’aveva baciata con passione, fino allo sfinimento, in ogni angolo del corpo, venerandola come un dono insperato, ma non aveva osato spingersi oltre. La sua dolcissima, spontanea pazienza l’aveva salvata da ogni imbarazzo, e così avevano dormito, abbracciati, fino al mattino seguente, in pace, da quel giorno in avanti, per tutte le notti a seguire. Dopo aver baciato Damon, però, in un momento di inarrestabile follia e in quel modo così violento e sentito, come se non avesse bramato altro per tutto il tempo della loro separazione, la Gilbert non si era più sentita degna di quella serenità, ed aveva evitato di proposito il talamo, consumandosi tra i sensi di colpa in completa solitudine, di fronte al camino di pietra, con i sospiri di entrambi i fratelli che le affollavano il cervello ed il ricordo del loro sapore così diverso e, allo stesso tempo, tanto irrinunciabile a darle il capogiro. Anche mentre si disperava per quell’ultimo abbandono, i volti dei due Salvatore continuavano a sovrapporsi nei suoi pensieri, e i loro nomi erano come spine avvelenate conficcate nel suo petto, in viaggio per arrivare al suo cuore e porre fine alle sue sofferenze, una volta per tutte.
E forse la agognava davvero, una conclusione veloce e definitiva, ora che non ogni appiglio le era stato sottratto…
- Mamma?- Elena si raddrizzò con un sussulto improvviso e, sollevando il viso dal cuscino imbrattato di mascara, rivolse l’attenzione verso lo spiraglio di luce che la stava investendo e che rendeva leggermente sfocati i contorni di una sagoma sottile appena comparsa nella penombra.
- Demi…- tirò su col naso la vampira, passandosi il dorso della mano sulle guance zuppe e cercando frettolosamente di ridarsi un contegno. Non voleva che sua figlia la vedesse in quelle condizioni, né poteva permetterle di addossarsi un po’ della sua pena per provare a consolarla. Le sembrava di essersi comportata già abbastanza da egoista, ed il suo istinto materno prevalse, spingendola a minimizzare: -… tesoro, va tutto bene… ecco, devo solo… non preoccuparti…-
- Ho sentito tutto.- bisbigliò Demi, a malapena udibile, avvicinandosi al letto e sedendosi cautamente sul bordo. La Gilbert sentì il suo profumo di mirtilli solleticarle le narici e fissò la sua bambina mentre quest’ultima, accompagnata da uno sbuffo di coperte, affondava al suo fianco. Notò che non era nella sua solita tenuta casalinga, composta di jeans chiari e maglietta: portava la chioma raccolta in una treccia da cavallerizza così lunga da arrivarle a metà schiena, gli stivali neri soffici come piume, una felpa con la zip del medesimo colore, chiusa sul seno per nascondere un top più corto, ed un paio di pantaloni aderenti e allo stesso tempo assai comodi ed elastici. Prima di accostarsi a lei, Demetra aveva lasciato cadere sul tappeto uno zainetto ed il pesante contenuto di quest’ultimo aveva prodotto uno stridio metallico quasi disturbante. Allarmata da quei particolari, Elena cercò gli occhi blu della figlia, ma vi lesse dentro solo dolcezza, e persino un pizzico di timidezza. - Stavo per uscire quando… beh, ho sentito le vostre voci, e io… non ho potuto evitare di… mi dispiace così tanto.-
- Non è importante…- tossì Elena, scuotendo la testa ed allungandole una carezza tremula quanto rassicurante sull’attaccatura delicata della mascella, proprio vicino al suo orecchio. -… dico sul serio, devi stare alla larga dalle emozioni negative, Demi, vattene via, lo Stigma Diaboli potrebbe…-
- Il Marchio è inoffensivo, per il momento.- la interruppe la Salvatore, sventolandole sotto il naso il proprio polso, come per tranquillizzarla: attorno ad esso, brillante come una fioca lanterna, si attorcigliava, simile un piccolo serpente, un braccialetto color zaffiro, che Demi si era portata da New Orleans e che non aveva mai tolto dopo il suo ritorno dalla Louisiana. Elena l’aveva scrutata con esitazione, ma la ragazza aveva assunto un’espressione decisa e testarda, per spazzare via ogni dubbio sulla questione: - Sono al sicuro, mamma. E non me ne vado.-
Poi, senza aggiungere altro, Demi l’abbracciò.
La Gilbert sentì il calore dell’esile corpo della sua creatura contrastare il suo gelo interiore, proprio com’era accaduto quando Demi era venuta al mondo, un fagotto urlante di panni insanguinati che si divincolava senza sosta tra le sue braccia esauste e protettive. Quel giorno, Elena non avrebbe mai potuto immaginare quali pericoli avrebbero ostacolato la sua crescita e la sua spensieratezza, quali orrori e quali perdite quella piccola avrebbe dovuto patire, ma aveva saputo immediatamente che Demi sarebbe stata la sua salvezza, l’unica stella del firmamento in grado di sconfiggere le tenebre delle sue infinite tragedie. Adesso, era perfettamente consapevole che la frattura provocata tra loro da Rebekah era ben lungi dall’essere risanata, eppure le mancava il fiato dalla gioia e dalla sorpresa, grazie a quella stretta così inaspettata e ricolma di affetto:
- Ti voglio bene.- le sussurrò la Salvatore, flebile come un battito d’ali, con la faccia ancora premuta contro il suo petto. Attese in silenzio che i singulti della madre si placassero una volta per tutte, poi si allontanò lentamente da lei, sforzandosi di sorriderle: - Riposati un po’, poi fatti un bel bagno caldo. Quanto gongolerebbe Katherine se riuscisse ad assoldare un’altra strega per spiarci e ti vedesse in questo stato? Era convinta di essere lei la doppel più carina, ma tu non puoi dargliela vinta. Capito?-
Elena soffocò una risatina e Demi si sentì sollevata, lieta di aver messo da parte il proprio bruciante rancore per correre a darle un conforto. Da quando Nick era scomparso, il suo ultimo consiglio non aveva mai smesso di frullarle nella mente, dandole la forza di compiere azioni inimmaginabili prima di allora, soprattutto per una tipa caparbia ed orgogliosa come lei:
‘’La tua compassione è un dono, Demi, è ciò che ti rende così tenace, così diversa da chiunque altro sia coinvolto in questa brutta storia. Il tuo potere di perdonare, il coraggio di andare avanti… ti mostreranno la strada. E, una volta trovata, non dovrai fare altro che percorrerla, a testa alta… perché tu fai così.’’
- Aspettami per cena. Tornerò con qualcosa di buono dal Grill.- disse la giovane, chinando prontamente il capo per recuperare lo zainetto e, allo stesso tempo, anche per nascondere i propri occhi lucidi ad Elena. Prima che la donna potesse chiederle qualsiasi spiegazione o intavolare una qualunque protesta, la Salvatore si alzò e scomparve risolutamente oltre la porta.
 
***
 
Superando le aiuole variopinte poste intorno ai vecchi alberi del Pensionato, Demi s’affrettò ad armeggiare con una manica della propria felpa e se la sistemò meglio sul polso, in modo che la stoffa riuscisse a frapporsi tra la sua pelle scoperta ed il calore sprigionato dal suo nuovo bracciale a forma di serpente. Assistere da vicino al tormentato sfogo di sua madre, infatti, non aveva alimentato lo Stigma, minando alla sua sanità mentale come di solito accadeva in passato, ma aveva stimolato le capacità protettive di quel gioiello mistico, fino a renderlo arroventato al tocco: tutta la negatività era rimasta intrappolata tra le sue spire blu cobalto, e lei non aveva subito alcun danno, proprio come le era stato promesso dalla persona che le aveva donato quell’amuleto, nel cuore del Quartiere Francese di New Orleans. La Salvatore, scossa da un brivido, respirò a pieni polmoni nell’aria piacevolmente fresca del giardino, cercando di contrastare con tutte le proprie forze il ricordo del lezzo di sangue e morte che le aveva ammorbato le narici poco prima di incontrare la suddetta benefattrice, mentre lei e Prince erano ancora bloccati nella foresta, assediati dai sovversivi di Oliver.
 
Quando aveva staccato le labbra dalla ferita aperta e grondante di Josh, il sapore viscido e ferroso della medicina vampiresca aveva continuato a gorgogliarle in gola, dandole la nausea e restituendo al suo mondo dei contorni sempre più nitidi. Quando anche il dolore alla spalla si era affievolito, svanendo in un’ultima scoccata pungente, Demetra si era tirata su a sedere, sconvolta, col mento striato di rosso e la voglia di farla pagare a chiunque avesse contribuito a quell’agguato che le intorpidiva il cervello.
Ma era stata trattenuta.
Non soltanto dalla mano perentoria del fidanzato di Aiden, ma anche (e soprattutto) dai suoni raccapriccianti ed animaleschi che erano esplosi tra i cespugli poco lontani, provenendo dalla stessa radura che aveva ospitato la rivolta contro i Labonair: portando via da lì Demi, infatti, alla velocità della luce, il giovane Rosza aveva dato a Prince la libertà di scatenare la propria ira senza doversi preoccupare dell’incolumità della controparte ed aveva, quindi, condannato il gruppo di Guillotin allo sfacelo… al massacro.
Tra le urla agghiaccianti, la Precelta aveva riconosciuto le voci di Oliver, di Rubyna, dei loro seguaci, e si era sentita accapponare la pelle dall’orrore, nonostante, fino ad un attimo prima, non avesse desiderato altro che gonfiarli di botte personalmente.
Ciò che stava accadendo a pochi metri dal rifugio in cui Josh l’aveva condotta, però, a causa dell’esplosione del mostruoso Potere di Prince, non era niente di cui si potesse umanamente gioire: il primo ribelle che il figlio di Klaus era riuscito ad afferrare, ovvero quello corpulento che aveva bloccato Jackson, era finito con il petto squarciato fino in profondità ed il proprio cuore dato in pasto; il secondo, aveva visto schizzare la propria testa via dal collo, e la stessa tremenda sorte era toccata anche al terzo e al quarto Licantropo che avevano provato ad avventarsi su di lui.
Prince aveva perso il controllo come non gli succedeva dai tempi degli allenamenti al Quartier Generale di Sophie, e le sue grida furibonde si erano unite a quelle laceranti delle sue vittime, mentre lui sembrava inebriato dal sangue e totalmente incapace di fermarsi.
Un quinto ragazzo-lupo, dall’aria terrorizzata, era riuscito fortuitamente a scansare in tempo il pugno d’acciaio di Prince e l’impatto con esso, invece di sfondargli lo sterno, lo aveva fatto ribaltare su stesso e andare pietosamente a sbattere con la schiena per terra. Il maggiore dei Mikaelson gli era piombato addosso e, dopo averlo afferrato una caviglia, lo aveva fatto roteare per aria, mandandolo poi a schiantarsi contro un albero, dove un ramo appuntito gli aveva trafitto le viscere fumanti, impalandolo.
- OLIVER GUILLOTIN!- il tono assassino del principe aveva riecheggiato tra i rantoli moribondi dei feriti ed i passi disperati dei disertori, mentre le iridi giallo dorato dell’Arma scattavano nelle vicinanze, simili a falene impazzite, cercando il loro più odiato avversario: - GUILLOTIN!-
 
Quando Prince era spuntato oltre le sterpaglie, parecchi minuti dopo, il silenzio circostante era diventato così tombale che si sarebbe potuto avvertire il frinire dei grilli dall’altra parte della foresta. Demi, paralizzata sul posto dalla paura, aveva stentato a riconoscerlo: c’erano polvere e foglie aggrovigliati nei suoi capelli biondi, incrostature rossastre di sangue attorno alla sua bocca, simili a colate di ruggine, un velo di sudore sulla sua fronte e spruzzi scarlatti sulle sue braccia, sui vestiti, ovunque. Non aveva osato guardarla, mentre invece lei non era stata in grado di staccargli gli occhi di dosso: la vista di lui in quelle condizioni la ripugnava, eppure, sotto la pallida luce della luna, qualcosa lo rendeva ipnotico come mai prima d’allora, quasi irreale. Sembrava Achille. Dorato, ammaccato dopo la battaglia, insudiciato di morte e di gloria, maledetto da un destino che lo aveva reso una macchina da guerra infallibile e spietata, senza redini, specie dopo aver subito perdite o tradimenti.
- Aiden!- Josh, che era rimasto accucciato accanto a lei, era scattato in piedi per riabbracciare il proprio fidanzato ed i due si erano scambiati numerosi sussurri carichi di apprensione, sollievo e spavento: - Per fortuna stai bene, temevo che… sì, è finita… oh, no, non sono ferito, sta’ tranquillo…-
 
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Alle spalle del principe era apparso anche Jackson, per fortuna vivo ed incolume ma, a sua volta, visibilmente provato, con la barba in disordine e le unghie scorticate:
- Sono tutti morti.- aveva annunciato, lanciando un’occhiata ansiosa al suo amico Mikaelson, il quale era pallido come la neve sotto la cortina di sangue che gli imbrattava la faccia. - Tutti quanti.-
- Anche Eve.- il suono asprigno della voce di Prince aveva colpito Demetra come un fulmine, mentre il simultaneo malessere che aveva scosso tutti i Crescenti poco prima, concedendo a Joshua il tempo di acchiapparla al volo per portarla al riparo, acquisiva improvvisamente un senso.
Nuovo.
Terrificante.
Eve… morta?
La Salvatore si era sentita invadere dallo shock, poi dal rifiuto, ed aveva cercato lo sguardo del fratellastro di Nick, sperando di scorgervi dentro delle risposte. Tuttavia, l’unica emozione visibile in quegli stagni smeraldini, resi putridi dalla sofferenza, era stata la freddezza:  
- In marcia.- aveva ordinato Prince al vento, voltando le spalle a tutti i presenti e mettendosi in cammino, da solo e malfermo sulle gambe, alla volta del Quartiere Francese.
- C-com’è potuto accadere?- aveva domandato a quel punto la Prescelta, senza demordere, rivolgendosi a Jackson e supplicandolo di renderla partecipe del sordo dolore che, era chiaro, stava annientando anche lui. - Come fate ad esserne certi?! Eve… no, no, lei era rimasta alla Capanna, era al sicuro… non capisco, cosa può essere successo di tanto grave per…? Non potrebbe semplicemente trattarsi di un errore… n-non potrebbe…?-
- Se n’è andata, Demi.- aveva confermato Aiden, allontanandosi appena dalla stretta di Josh, per arrestare il flusso sconnesso delle sue illusioni. - L’abbiamo avvertito tutti all’unisono: il nostro legame con il vecchio capobranco è stato infranto, scatenandoci dentro una reazione che soltanto la sua uccisione avrebbe potuto causare. Mi dispiace. Qualsiasi evento si sia concluso con la fine di Eve, è avvenuto a chilometri e chilometri da qui… perciò, l’unica cosa sensata da fare, al momento, è non perdersi d’animo e proseguire con la vostra missione… per quello che vale.-
 
Demi ricordava con chiarezza il senso di vuoto e di vertigine che aveva provato dalle parti dello stomaco mentre si rendeva conto dell’amara verità: se un Lupo Mannaro forte, feroce e grosso quasi quanto un orso era stata abbattuto laggiù, a Mystic Falls, che speranze di sopravvivenza c’erano ancora per il suo povero Nick, debole, schiavo delle allucinazioni e bloccato nello stesso letto in cui lei gli aveva giurato, con un bacio, che sarebbe tornata presto? O per Mattie e Sheila, che di sicuro, in caso di pericolo improvviso, non avrebbero rinunciato a proteggere il resto del gruppo senza tentare una resistenza contro il nemico?
Che ne era stato di tutti quanti loro?
 
‘’Fa’ che stiano bene…’’ mentre la spedizione avanzava rapida e taciturna nella vegetazione, alla Prescelta era sembrato di potersi trasformare, da un momento all’altro, in un mucchietto di polvere croccante, esattamente come accadeva ai rametti secchi che, passo dopo passo, continuavano a sbriciolarsi sotto i loro piedi. ‘’… ti prego, ti prego, fa’ che non sia troppo tardi per Nick, per favore, fa’ che non sia già tardi, che ci sia stato uno sbaglio, che ci sia ancora speranza…’’
Le era venuto da piangere ma, assurdamente, i suoi occhi si erano fatti via via più asciutti ed insensibili, fino a bruciarle nelle orbite, e la sua andatura era divenuta più affannata, sempre più simile ad una corsa.
L’unico ad andare più veloce di lei era stato Prince.
Mentre s’impegnava per stargli dietro, Demetra aveva sentito ribollirle dentro un sentimento incandescente, molto simile all’odio: perché la trattava di nuovo come un’estranea, dopo aver condiviso con lei i suoi ricordi più oscuri, la sua storia ed i suoi piani? Perché, dopo averla abbracciata con tanto impulso e sollievo al cospetto di Katherine, sembrava così scontento di averla intorno? A che razza di gioco stava giocando? Non capiva che era inutile provare a nascondere l’ansia e la tristezza che lo stavano divorando vivo, quando anche lei versava nelle stesse identiche condizioni?
Avrebbe voluto agguantarlo e dargli una brusca scrollata, mentre si rendeva conto che tutti gli imperdonabili difetti del principe le rendevano, se possibile, ancora più intollerabile l’idea che il più dolce dei Mikaelson, quello che si era conquistato tutto il suo amore e la sua stima, potesse essere già spacciato…
Ma poi, una volta giunto al confine più estremo della boscaglia, scorgendo le luci spettrali del Quartiere Francese, il figlio di Klaus si era fermato di colpo e si era aggrappato pesantemente al tronco di una quercia.
Sostenendosi ad esso per non crollare, Prince si era coperto gli occhi con una mano.
 
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Tremava come una foglia.
Da tutta la vita, non aspettava altro che arrivare laggiù per recuperare la Piuma ed ottenere una chance di pareggiare i conti contro la sua nemesi.
Ma adesso… sembrava non importare più.
- Perché stiamo andando avanti?- aveva esalato il giovane, infatti, tra i denti, piegandosi su se stesso con uno scatto sofferto, come se qualcuno lo avesse frustato. Demi lo aveva fissato, inebetita, senza il coraggio di flettere un muscolo, poi le dita di lui si erano richiuse di botto ed il suo pugno era andato a schiantarsi rabbiosamente contro la corteccia dell’albero lì accanto, deformandola con uno schizzo vermiglio, mentre il principe ruggiva, febbricitante, in preda al delirio: - Che senso ha aver raggiunto questo posto, ormai? Chi vogliamo prendere in giro, eh? Sophie ha vinto! Ha già vinto! Se Eve non ce l’ha fatta, se lei è morta, vuol dire solo una cosa… che il tempo è scaduto, che la strega si è presa anche mio fratello, che in quella Capanna è tutto finito, finito…- dando voce ai peggiori timori della Salvatore, Prince aveva sferrato un ennesimo, brutale colpo alla quercia, scorticandosi le nocche ancora più gravemente, poi si era guardato le dita martoriate, lì dove il sangue fresco era corso ad unirsi con quello già secco degli ammutinati. A tradimento, gli era tornato in mente il modo patetico in cui Oliver, una volta stanato, aveva implorato la sua misericordia, e la perversa soddisfazione con cui lui, per tutta risposta, gli aveva affondato i canini nel collo, per brindare alla sua rovina. Il pensiero degli ultimi sussulti agonizzanti di Guillotin gli aveva dato il voltastomaco, ma a fargli perdere del tutto la ragione era stata l’atroce consapevolezza di quanto quella violenza inaudita fosse piaciuta all’Arma… al Distruttore che la Deveraux aveva sempre voluto che diventasse. Soltanto ora, una volta calmata la furia omicida, Prince riusciva a realizzarlo con chiarezza: era giunto al capolinea. -… è tutto finito, m-mio fratello…- aveva continuato a ripetere quelle parole disarticolate, senza riuscire a fermarsi, come uscito di senno. -… è tutto finito… ha vinto lei, è finita…-
Demi aveva deglutito di fronte a quella dilaniante prospettiva, poi, accecata dalle sue stesse lacrime, si era avvicinata di un passo a Prince.
Al posto della faccia straziata del maggiore dei due Mikaelson, i cui profili erano stati resi fluidi e tremolanti dal proprio pianto trattenuto, la ragazza aveva visto sfilare molti altri volti, in teoria a lei sconosciuti, in pratica molto familiari e delineati quasi alla perfezione dalla sua fantasia grazie agli innumerevoli racconti di cui erano stati protagonisti: aveva visto fluttuare il viso serio ed inflessibile di Elijah, con il suo bel mento elegante ed i suoi capelli impomatati; quello fiero di Hayley, con gli stessi occhi verdi del suo primogenito e la bellezza selvaggia di una vera regina della foresta; quello esotico di Monique, con le grandi iridi dorate in netto contrasto col nero assoluto dei suoi riccioli; quello porcellanato e superbo di Rebekah, con le labbra perennemente atteggiate in un sorriso canzonatore; ed infine quello docile, molle e materno di Eve, le cui trecce erano striate d’argento e caffè, così come lo era stato anche il suo pelo di Lupo…
Prince li aveva persi tutti quanti.
Uno dopo l’altro.
Senza nessuna pietà.
A causa delle trame dello stesso, spregevole demonio.
Sophie.
E mentre Demetra continuava a barcollare verso la sua controparte, anche i tratti cesellati di Nick, del suo primo ragazzo, della persona più altruista e nobile che avesse mai conosciuto, del suo rifugio felice, inesorabilmente, inevitabilmente, erano andati a sommarsi a quelli delle altre vittime innocenti della strega, lacerandole in due il petto.
E incendiandole lo Stigma Diaboli.
A quel punto, una risata carica di scherno e malefica goduria le aveva assordato le orecchie, serpeggiandole dentro come un gas letale, e Demi aveva capito che doveva essere vero.
Che, con le loro intuizioni, sia lei che l’erede di Klaus avevano fatto centro.
Ed avevano perso.
Tutto.
- La ridurremo in cenere, la sua schifosa vittoria.- aveva singhiozzato la Salvatore, furibonda, con la voce attutita contro la spalla di Prince. Non aveva capito come fosse arrivata tra le sue braccia, né chi dei due avesse cercato per primo conforto in quella stretta convulsa, ma non le interessava: Nick non avrebbe mai voluto che suo fratello si sentisse solo e abbandonato, senza più uno scopo o un motivo per andare avanti... aveva dedicato tutta la sua esistenza a proteggerlo dalle angherie di quella megera, cercando di restituirgli la serenità tipica di un ragazzino di diciassette anni, e Demi non avrebbe permesso ai suoi tentativi di andare in fumo solamente perché lui, ora, non c’era più.
Perché Nick...
Lui…
Non c’era più…
 
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- Mi hai sentito?- aveva ansimato la figlia di Damon con veemenza, sentendosi impazzire dal senso di perdita, e desiderando con ogni fibra del suo essere che a cingerla in quell’istante, mentre era all’apice della disperazione, fosse un altro Mikaelson, più fragile e magro, meno danneggiato, lo stesso che non era riuscito a dirle che l’amava prima che partisse, e che lei non avrebbe rivisto, accarezzato o baciato mai più. - La strega, Shane, i loro servi infernali… li ridurremo in cenere, tutti quanti, fino all’ultimo... io e te. Capito? Te lo prometto, Prince.- lo aveva sentito fremere forte contro il proprio corpo, saturo di rancore, traumi, Potere, sudore e sangue, ma non lo aveva lasciato andare, nonostante la sua vicinanza fosse come un rogo per il suo Marchio ed una tortura per la sua integrità mentale già assediata. - Non ci daremo pace. Ci vendicheremo. La distruggeremo. Te lo prometto.-
- Ci vorrà un po’ di aiuto per quello.- aveva detto una quieta voce femminile, inaspettatamente vicina a loro.
Demetra, sciogliendo lentamente l’abbraccio col ragazzo, aveva avvistato un bagliore azzurro aleggiare al limitare del bosco ed aveva udito dei piccoli passi impalpabili superare il cancello di ferro del cimitero al quale erano giunti dopo la loro traversata tra le erbacce: si trattava del Lafayette Cemetery, ossia del cuore delle Congreghe Francesi e della sede mistica della loro Reggente.    
- Benvenuta in questo luogo sacro, Prescelta di Luinil, amica delle streghe.- l’aveva salutata  la fanciulla appena arrivata, in tono formale da cerimonia.
Era una tipa davvero molto avvenente, con la pelle d’avorio levigato e le labbra carnose di un rosa acceso. Aveva delle fattezze regali, alti zigomi prominenti e naso dritto, lunghi capelli castani sciolti sulla schiena ed un abito svolazzante che le fasciava morbidamente il corpo minuto.
- A nome dei miei Antenati e di tutta la mia gente, ti ringrazio per aver restituito la libertà alla giovane Cassie Claire, sottraendola alla prigionia impostale dalla Regina di New Orleans in persona. Io sono Davina Claire.-
 
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- Davina…-
Dopo aver rivolto un cenno amichevole anche al principe, la Reggente si era posizionata di fronte a Demi e, con un breve inchino, aveva schiuso le proprie dita color latte al suo cospetto, rivelando la presenza, sui palmi delicati, di un braccialetto iridescente, blu come gli abissi e frastagliato come la superficie delle maree:
- Un dono ospitale per te, da parte mia…- le aveva spiegato solennemente la portavoce degli Antenati, porgendoglielo, mentre, dietro di lei, iniziava a spuntare una tornita folla di curiosi, giunti fin lì per assistere all’ingresso dei due Prescelti in quella terra magica, la quale, fin dai tempi più remoti, era sempre stata affascinata dalla loro leggenda. -… per aver salvato la mia sorellina.-
 
‘’Elixir solidificato con un incantesimo della Reggente in persona’’, ecco di cos’era fatto quel gioiello eccezionale.
L’unico antidoto al mondo in grado di ostacolare in modo efficace l’azione del Marchio del Diavolo era sempre stato una specialità esclusiva del leader delle streghe, ed adesso, grazie alla gratitudine di Davina, Demi ce l’aveva saldamente allacciato al polso nella sua forma più pura, potente e duratura. Certo, non era sufficiente per annullare in modo permanente il perfido influsso di Sophie nella sua testa, ma era pur sempre un aiuto non trascurabile, specialmente durante i suoi momenti più difficili. Senza di esso, per esempio, la Salvatore era convinta che non sarebbe mai riuscita a sopravvivere alla scomparsa di Nick. Anzi, forse, come pensava spesso, in realtà Demi era morta insieme a lui proprio quella notte e quella strana ragazzina vestita come una guerriera, che si aggirava ancora per le stanze del Pensionato, beveva il suo succo di pompelmo alle sette e mezza del mattino, andava a scuola e sedeva accanto a Sheila, sbirciando di tanto in tanto dalle parti del banco vuoto lasciato dal suo ragazzo, accanto alla finestra, non era più lei.
Non scriveva più nel suo diario.
Non le piaceva più lasciarsi i capelli sciolti sulle spalle, come quando il giovane Mikaelson era solito attorcigliarseli attorno alle dita.
Non riusciva a fare a meno di piangere a dirotto, fino a perdere il respiro, ogni sera, prima di mettersi a dormire, quando era ormai completamente sola e nessuno dei suoi cari poteva provare pietà per lei, dimenticandosi di quanto importante fosse continuare a lottare per rispedire Sophie Deveraux all’inferno da cui proveniva.
Ogni giorno, la nuova Demi, si recava alla Capanna per trovare Prince, ed ogni giorno, da un mese intero, veniva da lui respinta sdegnosamente. Ma non si arrendeva, perché Nick non l’avrebbe fatto, e lei aveva deciso che il modo migliore perché lui continuasse a vivere era di portare avanti i suoi ideali.
Perciò, anche quel giorno, dopo aver finalmente raggiunto il proprio motorino parcheggiato all’ombra del cortile, sollevò la sella con uno strattone e ne estrasse il casco esageratamente imponente che Stefan le aveva regalato molto tempo prima, per garantirle una guida il più possibile sicura.
Mentre sorrideva tra sé per l’ingenuità del vampiro ed armeggiava con le infinite cinghie di quell’aggeggio, qualcosa dondolò a mezz’aria nelle vicinanze, attirando il suo sguardo come una calamita:
- Ma che diavolo…?- la giovane si accorse che, ad ondeggiare pigramente nella brezza, era un piccolo oggetto rettangolare rivestito in velluto, simile a un astuccio per occhiali e legato con un filo invisibile al manubrio del suo scooter, assieme ad un foglietto arrotolato… un biglietto.
Col battito cardiaco che si ribellava impetuosamente al suo debole tentativo di mantenere la calma, Demi estrasse quel frammento di carta dal nodo e lo stirò, rimanendo a bocca aperta dallo sgomento:
 
Ti prego, Demi, aiutami.
So perfettamente che tu e Prince mi credete perduto,
ma io sono ancora qui, intrappolato in queste sembianze di Demone.
Ed ho bisogno del tuo aiuto.
Sophie vuole che le consegnate la Piuma Nera, poi mi lascerà libero.
So che faresti qualsiasi cosa per me.
Non puoi abbandonarmi.
Se lo vorrai, io tornerò da te.
Sempre.
 
Per Demetra, non era necessaria la firma del mittente per intuirne l’identità, così si affrettò a spalancare la liscia custodia allegata alla lettera, e si sentì sprofondare: adagiata su un letto di pregiata stoffa ed investita dalla tiepida luce pomeridiana, ad attenderla c’era una magnifica penna ad inchiostro blu, identica a quella che Nick le aveva prestato durante il loro primo giorno di scuola, dando inizio alla loro relazione.
 
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Demi la sfiorò delicatamente con le dita, mentre un moto di commozione rischiava di farle perdere i sensi con la propria intensità, poi fece scivolare quel regalo nello zaino e, con uno calcio ben assestato, liberò il motorino dal cavalletto, mettendolo in moto e svanendo, come un razzo, verso l’orizzonte insanguinato dal tramonto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE:
Salve a tutti, miei adorati lettori! *corre a nascondersi dietro la Muraglia Cinese per sfuggire alle maledizioni*
Sono tornata /e anche con una certa rapidità, perciò inserire cortesemente ‘’APPLAUSI’’ qui, prego! #LOL/ con un nuovo capitolo, che spero vi sia piaciuto… al momento, immagino ciascuno di voi in piena crisi esistenziale… lo so che è un po’ crudele da dire, ma finalmente mi sento meno sola muahahah T.T Scrivere queste 25 facciate è stato molto difficile, ad un certo punto ero in una valle di lacrime, perché tutti quanti sapete benissimo quanto il mio amore nei confronti di Nick sia senza confini… ebbene sì, la sua anima è ormai persa per sempre. O forse no? E’ un trabocchetto, quello della lettera a Demi, oppure c’è davvero una speranza nascosta, per il nostro eroe? Come starà reagendo il povero Prince alla perdita di ogni singolo membro della sua famiglia e come avranno fatto, lui e Demi, ad impossessarsi della Piuma Nera? Quale ruolo avrà giocato Davina? E quali avventure aspettano dietro l’angolo la nostra Mattie Wolf-Wolf? <3
La mia ansia di recensioni e commenti a caldo è straripante, sappiatelo.
Un po’ come la mia curiosità di sapere cosa accadrà quando, finalmente, Elena smetterà di negare a se stessa la possibilità di rivedere Damon.
Grazie a tutti per il calore, le visualizzazioni e le dolcissime parole, siete il mio carburante migliore!
Un bacio e alla prossimaaaaaaaaaaaaaa <3
Evenstar75
 

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Capitolo 6
*** Shattered ones ***


Shattered ones 

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*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*
 
Sheila: ‘’Il sangue di vampiro è noto per le sue eccezionali qualità rigenerative.’’
Will: Non c’è cura che possa impedire alla sua anima di sgretolarsi,
niente a parte la spada di Luinil.
Con il sangue di vampiro Nick sarebbe più in forze, ma… nulla di più.
*Damon dà comunque il suo sangue a Nick*
 
*Damon, Sheila e Will salvano la strega Liv Parker
dalla campagna di trasformazione in Demoni
messa in atto dalla vampira Alice,
ma è già troppo tardi per il resto della famiglia della ragazza*
 
Alice a Damon: Qualsiasi creatura già magica, Licantropo, Strega o Vampiro che sia, una volta contaminata dal siero dell’Inferno, si trasforma in qualcosa di diverso da un’Ombra.
In un Demone.
Perciò assicurati che le future incubatrici di veleno demoniaco
abbiano in circolo anche solo qualche goccia del nostro prezioso sangue,
così potranno dire addio alla loro anima molto più velocemente.
 
Bastiana *nel limbo*: Il tuo tempo è scaduto, Nicklaus Mikaelson II. Non c’è più alcuna possibilità, per te. D’ora in avanti, sarai vincolato in modo permanente a questo universo di tormento, e ci rimarrai. Sempre. E per sempre.
 
Mattie: C-come farò, Nick? Come faremo ad andare avanti? Senza di te? Cosa dirò a Demi? E a Prince, che cosa dirò a…?
Nick: Di’ loro che li amo… così come amo anche te.
 
*Nick completa la transizione, trasformandosi in un mostro*
 
Jackson: Ma tu avevi preso un’arma stregata. Quando quell’affare ti venne abbastanza vicino, lo infilzasti.
Mattie: Solo per scoprire che fargli fare la fine di uno spiedino non era sufficiente a neutralizzarlo.
 
*Demone-Nick estrae la lama azzurra dal proprio petto, rimanendo illeso,
poi colpisce a morte Mattie ed Eve e sparisce nella notte*
 
*Prince si rende conto che per Nick non c’è più speranza*
Prince: Perché stiamo andando avanti?
Che senso ha aver raggiunto questo posto, ormai?
Chi vogliamo prendere in giro, eh? Sophie ha vinto! Ha già vinto!
Se Eve non ce l’ha fatta, se lei è morta,
vuol dire solo una cosa…
che il tempo è scaduto, che la strega si è presa anche mio fratello,
che in quella Capanna è tutto finito, finito…
*Demi, piangendo, abbraccia Prince*
Demi: La strega, Shane, i loro servi infernali…
li ridurremo in cenere, tutti quanti, fino all’ultimo... io e te.
Capito? Te lo prometto, Prince. Non ci daremo pace. Mi hai sentito?
Ci vendicheremo. La distruggeremo. Te lo prometto.
 
***Un mese dopo***
 
Elena: Non voglio che tu te ne vada. Ti prego, Stefan.
La casa al Lago non ti darà le risposte che cerchi,
finirà solo con l’allontanarci di più…
Demi ha già perso il ragazzo che amava, non può perdere anche te.
In un momento simile, ha bisogno della tua presenza.
Io ho bisogno di te.
Stefan: Io, invece, ti amo. Non lo capisci?
E’ proprio questo il problema, Elena.
E’ sempre stato questo.
 
*Demi vede Elena piangere sul letto*
Demi: Stavo per uscire quando… beh, ho sentito le vostre voci, e io…
non ho potuto evitare di… mi dispiace così tanto.
Elena: Non è importante… devi stare alla larga dalle emozioni negative,
Demi, vattene via, lo Stigma Diaboli potrebbe…
Demi: Il Marchio è inoffensivo, per il momento.
*Demi le mostra il braccialetto blu cobalto che le ha regalato Davina nel Lafayette Cemetery*
Davina: Un dono ospitale per te…
per aver salvato la mia sorellina.
 
Demi ad Elena: Aspettami per cena.
Tornerò con qualcosa di buono dal Grill.
 
*Demi esce in giardino e trova un biglietto sul suo scooter*
Nick: Ti prego, Demi, aiutami.
So perfettamente che tu e Prince mi credete perduto,
ma io sono ancora qui, intrappolato in queste sembianze di Demone.
Ed ho bisogno del tuo aiuto.
Sophie vuole che le consegnate la Piuma Nera, poi mi lascerà libero.
So che faresti qualsiasi cosa per me.
Non puoi abbandonarmi.
Se lo vorrai, io tornerò da te.
Sempre.
 
 
*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_*_ 
 
 
 
Caro Nick,
da quando te ne sei andato, il nostro mondo è finito letteralmente in pezzi. Riesci a crederci? IO, Sheila Bennett, ti sto scrivendo per dirti che mi manchi e che era molto meglio quando nei paraggi c’eri tu, amico… insomma, puoi facilmente immaginare quanto le cose si siano messe male per tutti noi!
Demi è un vero disastro, senza di te. S’impegna per non dimostrare la sua sofferenza, ma io la conosco troppo bene... come potrei non accorgermene? La luce nei suoi occhi è non è più la stessa. No, non si è spenta del tutto, è diventata solo più… fredda. A volte, quando la guardo, mi sembra di essere nel bel mezzo di una tormenta, o di avere a che fare con uno spettro evanescente. Dentro il suo cuore, lo so, qualcosa urla a squarciagola ma, almeno all’esterno, lei appare quasi sempre perfettamente calma e padrona di sé. Piange di nascosto, non vuole che qualcuno si addossi la colpa di quanto ti è accaduto, e mi aveva quasi convinta con la sua interpretazione, quando ho scoperto una cosa che mi ha lasciata sconvolta: ha abbandonato il suo diario, la stessa notte del suo ritorno da New Orleans. Capisci? Quegli strambi quadernetti sono sempre stati tutto, per lei. Da quando ha imparato a reggere la penna tra le dita, ne ha sempre avuto uno al quale fare le proprie confessioni o sul quale annotare i suoi pensieri più intimi… e adesso? Il nulla. Credo che, per non impazzire, abbia semplicemente rinchiuso tutto il suo dolore in un angolo remoto dell’anima e che non abbia intenzione di esprimerlo per non distrarsi, per non sprecare tempo… per non deluderti. Tu l’hai salvata, Nick, molto più di quel serpentello mistico che Davina le ha regalato, le hai dato un vero motivo per non arrendersi… ma adesso te ne sei andato. E a noi non è rimasta altra scelta se non quella di continuare a combattere quella che era anche la tua battaglia, provando a ricucire tutti gli squarci che ti sei lasciato dietro...
 
- Bourbon?- quella domanda assolutamente fuori luogo riscosse la giovane Bennett in un modo talmente brusco che la biro con cui stava scrivendo le sfuggì dalle dita e rotolò giù dal suo tavolino, schiantandosi con un tonfo ai suoi piedi. Sollevando appena lo sguardo dalle pagine ancora lucide d’inchiostro, con le pupille rese giganti dalle luci soffuse tipiche della zona più appartata del Mystic Grill, Sheila incrociò l’occhiatina tentatrice di Damon Salvatore e la ricambiò con aria truce:
- Meglio.- commentò allora lui, cogliendo l’antifona ed indirizzandole un brindisi, senza mostrarsi troppo turbato da quel rifiuto.
 
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-… vuol dire ‘’di più per me’’.- sottolineò, svuotando con un sorso il suo bicchiere di cristallo.
- Sappi che sto seriamente prendendo in considerazione l’idea di scagliarti una bella fattura permanente.- borbottò Sheila minacciosa, recuperando la penna e puntandogliela contro come una bacchetta magica. - E di renderti allergico a quella robaccia che ti piace tanto per tutto il resto della tua immortale vita! Capito?!-
- Se non l’avessi ancora notato, le nostre ricerche sono già un disastro completo, Hermione, a prescindere dal mio livello di sobrietà.- obiettò Damon prontamente, tornando a sfogliare il Grimorio di nonna Mikaelson che teneva sospeso sulle ginocchia e scorrendo l’assurda lista di formule contenute al suo interno con le sopracciglia inarcate. - Non abbiamo fatto un solo passo in avanti in un mese intero… è tristemente chiaro che abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile, o non verremo mai a capo della spinosa questione ‘’cos’ha fermato le spade di Willy-Wonka dal far fuori il Demon-Nick all’istante, quando la nostra Biondalupo preferita ha provato ad infilzarlo, quella notte, alla Capanna?’’-
Allarmata, Sheila gli fece cenno di abbassare la voce e si guardò intorno con circospezione, come se si aspettasse di vedersi comparire accanto il giovane Doge; quello, però, era il suo giorno libero da cameriere ed era proprio per quella ragione che lei e Damon avevano scelto di incontrarsi là, approfittando della sua assenza per confrontarsi sugli infruttuosi risultati delle loro indagini segrete:
- William giura che il materiale magico di cui sono fatte le sue armi è in grado di distruggere senza problemi non soltanto le Ombre, ma anche i Demoni.- ripeté la strega per l’ennesima volta, fissando Damon con palese esasperazione: - La ricetta per la loro creazione è sempre stata la stessa, perciò l’unica spiegazione dev’essere questa: dev’esserci qualcosa di molto particolare nella cosa che Nick è diventato, che ha annullato l’efficacia della lama usata contro di lui, e noi dobbiamo sbrigarci a capire di che si tratta, se non vogliamo mettere in pericolo altr…-
- E se Will stesse mentendo?- suggerì Damon, socchiudendo appena le palpebre, diffidente, e scimmiottandola nel suo tono a tutti i costi accomodante. - Magari stiamo sprecando il nostro tempo. Forse lui ha giocato d’anticipo e ha semplicemente fatto in modo che le sole spade disponibili in casa di Prince al momento del bisogno fossero perfettamente inutili allo scopo… ci hai pensato, a questa possibilità, oppure quel tipo strambo è già riuscito ad fregarti con i suoi patetici tentativi di corteggiamento e quei suoi orridi cappellini?-
- Non trattarmi come se fossi stupida. Perché diavolo avrebbe dovuto fare una cosa tanto meschina, me lo spieghi?- sibilò Sheila, chiudendo di scatto il minuscolo diario che aveva preso in custodia da Demi per continuare ad aggiornarlo al posto suo, come Bonnie aveva fatto per Elena ben sedici anni prima. - I suoi genitori sono stati schiavizzati da Sophie e, se non fosse stato per Eve, anche lui avrebbe fatto la stessa fine. Adesso è morta anche la sua salvatrice e tu… oh, no, tu non puoi addossare a William la colpa di ciò che noi due abbiamo creato!- mentre Damon serrava la mascella, distogliendo lo sguardo da lei, Sheila si sporse in avanti, decisa a riottenere tutta la sua attenzione: - Io ho avuto l’idea di dare a Nick il tuo sangue e tu gliel’hai fornito… qualcosa dev’essere andato storto durante la sua transizione, okay?, per questo motivo lui è rimasto indenne alle ferite che il cristallo magico avrebbe dovuto infliggergli… e il fatto che tu sia terrorizzato al pensiero di ciò che potrebbe accadere a tua figlia se dovesse imbattersi in un mostro che, oltre ad avere le sembianze del suo grande amore, è anche momentaneamente invulnerabile ai nostri colpi, non-deve-impedirti-di-restare-lucido!-
- Dannazione.- protestò Damon, furente, allungando la mano per riacchiappare la bottiglia di liquore come premio di consolazione. - Avrei già spezzato il collo all’armaiolo e rinchiuso Demi nella stanza più remota della torre più alta, se tu non fossi così schifosamente brava con le tue ramanzine.-
Questa volta riempì anche il secondo bicchierino sul vassoio, con l’aria di chi non vuole sentire un ‘no’ come risposta, poi lo porse a Sheila, in segno di pace.
Poco prima che lei potesse accettarlo, però, i due udirono il lieve cigolio che precedeva sempre l’ingresso di qualcuno di nuovo nel pub e, grazie al dolce profumo di mirtilli che non tardò a sfiorare le loro narici, capirono chi era arrivato laggiù ancor prima di girarsi: Demetra, con i bei capelli che le sfuggivano a ciocche dalla treccia ed un abbigliamento interamente nero che metteva in risalto il pallore lunare della sua pelle, apparve ben presto sull’uscio e, senza osare fiatare, sia il vampiro che la sua amica del cuore rimasero ad osservarla da lontano, sentendosi stringere il petto dal dispiacere: il naso della Prescelta era paonazzo e le sue palpebre gonfie di pianto, sintomo che qualcosa di brutto doveva esserle accaduto nelle ultime ore.
- Dev’essere di ritorno dalla Capanna.- sussurrò flebilmente la figlia di BonBon. – Oh, no… Prince deve averla respinta… di nuovo.-
- Chi?!- gufò Damon, raddrizzandosi così in fretta da rischiare di rovesciarsi il liquore sulla camicia. Più la strega si mostrava titubante nel dargli una spiegazione, più il panico sul suo volto marmoreo si allargava a macchia d’olio: - CHE COSA?!-
Sheila alzò gli occhi al cielo, poi, mentre Demi, senza aver notato la loro presenza, si recava mogia mogia al bancone del cibo, per ordinare qualcosa da portare via, strappò dalle gambe di Damon il librone d’incantesimi di Esther:
- Va’ a scoprirlo tu stesso, no? Ah, e ti consiglio di chiedere informazioni ad uno dei diretti interessati… sai perfettamente che non avrai una parola da me! Silenzio stampa. Labbra cucite. Sono la sua migliore amica, e che diamine!- lo incoraggiò, spalancando il volume di fronte a sé e tuffandosi teatralmente in una lettura fittizia, lasciandogli così un’unica via d’uscita possibile: - Coraggio! Tanto fai davvero schifo come aiutante… di sicuro te la cavi meglio come padre.-
 
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I muscoli facciali del vampiro si contrassero all’istante, furenti ed inconsciamente ansiosi, per nulla entusiasti all’idea di rimettersi in gioco, ma, quando la ragazzina bruna annuì in modo definitivo, per indicargli la strada più giusta da percorrere, finalmente si rilassarono, quasi spinti da un involontario moto di fiducia. Da quando il fattaccio di baby-Elijah si era consumato, Damon si era sentito indegno di fare qualunque cosa che non fosse starsene con il naso appiccicato alle cartacce di mamma Originale, ma ammazzarsi di fatica in quel modo così asettico e solitario non era servito ad un granché: l’atroce senso di colpa per il dolore che aveva inconsapevolmente causato a Demetra, accelerando l’orrenda fine del suo fidanzato, proprio mentre lei rischiava le penne per dargli una chance di sopravvivenza, non l’aveva mai abbandonato del tutto e, anzi, lo aveva svuotato sempre più del coraggio di guardare in faccia sua figlia, di parlarle o di donarle conforto. Ma forse non era troppo tardi... poteva ancora fare qualcosa per cambiare la situazione. Sheila, in fondo, gli aveva appena fornito la chiave… anche se, probabilmente, lui non l’avrebbe utilizzata nel più ortodosso dei modi.
Così, rianimato, Damon si alzò per congedarsi dalla streghetta e, sentendo gli occhi attenti di lei bruciargli sulla schiena, continuando a vegliare su di lui, si ritrovò involontariamente a pensare a Ric.
E, senza neanche sapere bene perché, sorrise.
 
***
 
- Allora, vuole che glieli scaldi, signorina? Emh… s-signorina?!- attraverso il proprio campo visivo appannato come una finestra spruzzata di pioggia autunnale, Demi vide fluttuare un tenue luccichio color carota e si riscosse dai propri pensieri, tornando finalmente a guardare in faccia il dipendente del Grill che, da dietro al bancone degli hamburger, stava smaniando per riconquistare la sua attenzione già da qualche minuto: aveva i capelli arancioni ed una generosa dose di efelidi sul naso, ed i suoi tratti spigolosi le ricordarono in un lampo quelli che il povero Adam Stone aveva posseduto prima della sua metamorfosi in Ombra.
- S-sì… grazie.- gli sillabò in risposta, con le corde vocali che sfrigolavano improvvisamente.
Chissà che ne era stato del bel volto di Nick.
Anche i suoi occhi erano diventati due tunnel crudeli e ciechi, dopo che il veleno di Sophie aveva divorato ogni goccia di umanità presente nelle sue vene? Ed i suoi zigomi, un tempo così alti e fieri, erano stati anch’essi sfigurati dal Male, cancellando la nobiltà dei suoi lineamenti e la prudente dolcezza con cui lui era solito scrutare il mondo attorno a sé?
Demi non lo sapeva.
E una parte di lei si odiava perché, quando tutto era finito, non era stata al fianco di Nick... del vero Nick, per l’ultima volta. A causa di quell’assenza cruciale, nella sua testa, il minore dei Mikaelson continuava ad avere lo stesso, normalissimo aspetto di sempre, e questo la destabilizzava in un modo insopportabile, perché il suo cuore era ancora saldamente legato all’idea di lui, del suo sorriso raro e meraviglioso e della buffa abitudine con cui, certe volte, era solito aggrottare le sopracciglia prima di baciarla, quasi volesse concentrarsi a dovere prima di donarle un po’ di se stesso.
Forse era per questo motivo che la perfida Deveraux, fino ad ora, aveva tenuto la sua arma nuova di zecca nascosta nel suo covo… forse lasciare la Salvatore a languire tra i ricordi e la vana speranza di poter rivedere, prima o poi, un Nick immutato e pronto a riabbracciarla faceva parte del suo piano per distruggerla dall’interno.
A tal proposito, per sentirsi meglio, Demi avrebbe tanto voluto chiedere un parere alla sola persona al mondo capace d’indovinare in anticipo le perverse macchinazioni della megera, ma si dava il caso che Prince si fosse rifiutato di nuovo di concederle udienza, lasciandola ancora una volta, spietato, sola ed in balia di mille dubbi laceranti.
Da quando erano tornati a Mystic Falls, in effetti, la Salvatore non era più riuscita ad avere alcun tipo di contatto con lui, e quella sua assenza così ostinata le faceva molto più male di quanto non fosse disposta ad accettare. Da un mese abbondante, il principe era come sparito nel nulla e, per quanto si sforzasse, lei non riusciva proprio a farsene una ragione: rammentava ancora perfettamente di averlo stretto tra le proprie braccia quando il peso della verità aveva disintegrato il loro universo, e anche la potenza inaspettata con cui la loro disperazione li aveva uniti era assai difficile da dimenticare.
Per quanto assurdo, la semplice presenza del figlio di Klaus, in quei momenti di sofferenza inaudita, era bastata a tenerla insieme, ed il pulsare ritmico e bollente della vena sul suo collo era stata l’ultima cosa reale a tenerle compagnia quando, nel bel mezzo del Lafayette Cemetery, lo Stigma aveva incominciato a nutrirsi della sua prostrazione, e lei si era sentita risucchiare giù, sempre più giù, nel baratro cieco della stessa follia che la Deveraux aveva sempre tenuto in serbo per lei…
- Però… che bel bracciale.- una voce sconosciuta la fece riemergere bruscamente dai propri pensieri e Demi, raddrizzandosi di scatto dalla posizione che aveva assunto appoggiandosi pesantemente al bancone, rialzò rapida la testa, ritrovandosi faccia a faccia con un ragazzo che non aveva mai visto prima: aveva un volto sottile ed appuntito, liscio e vellutato come quello di un bambino, ma i suoi occhi, che erano tutti presi dal monile color cobalto che Davina aveva fabbricato per lei, non la guardavano neanche.
- Grazie.- mormorò la Salvatore, facendo scivolare la manica della felpa sul proprio polso, in modo da coprire alla meglio il gioiello che, splendendo come una stella nella penombra del locale, aveva finito con l’attirare l’attenzione indesiderata di quel tipo. - Anch’io sono molto lieta di conoscerti, comunque.-
Il giovane colse il sarcasmo contenuto in quella frecciata e, nascondendo con una rapidità sorprendente la propria espressione inizialmente delusa, si esibì in un sorriso innocente e candido come un bicchiere di latte appena versato:
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- Oh, ma certo, hai ragione...- si schermì in fretta, porgendole una mano per presentarsi e mostrandosi visibilmente imbarazzato dalla propria mancanza di tatto. Aveva uno strano taglio di capelli ma, tutto sommato, la brillantina sembrava l’unica soluzione possibile per domare quel suo enorme ciuffo castano: -… mi chiamo Malakai. E perdonami ma, con un nome del genere, neanche tu moriresti esattamente dalla voglia di comunicarlo a tutte le nuove persone che incontri.-
Colta alla sprovvista da quella puntualizzazione, Demi scosse appena il capo e si permise di ricambiare il suo sorriso:
- Ho sentito di peggio, credimi.- lo rassicurò, stringendosi nelle spalle e guardando altrove. Il giovane assunse un’aria incuriosita ma non aggiunse altro, interpretando correttamente il linguaggio del corpo della ragazza; tuttavia, nonostante tra loro fosse calato il silenzio, non si allontanò e così la figlia di Elena, spinta per lo più dal desiderio di togliersi dalla testa l’unica persona sulla Terra che avesse un nome più strampalato di ‘’Malakai’’, riprese volontariamente la conversazione: - Sono Demi.- disse, sentendosi un po’ a disagio per il tono nasale che i residui del pianto le avevano lasciato nella voce, e anche per il fatto che stava rivolgendo la propria attenzione ad un perfetto sconosciuto, come ormai non osava fare da tempo immemore: - Demi Salvatore.-
- … o, meglio ancora, Demi ‘’di ritorno dalla palestra e finalmente pronta ad ordinare un hamburger gigante da sgranocchiare senza troppi rimpianti’’. Dico bene?- ipotizzò Malakai scherzoso, osservando i vestiti sportivi di lei e notando anche quanto quell’abbigliamento fosse diverso da quello di chiunque altro, in quel posto.
- Magari.- replicò la fanciulla, stando al gioco. Non riusciva a capire perché, d’un tratto, si sentisse bruciare dalla voglia di chiacchierare con qualcuno che non fosse un membro della sua famiglia o della sua cerchia di amici; forse perché, con tutti loro, si era impegnata fin troppo a fingere una serenità che, dalla scomparsa di Nick, non era mai esistita sul serio, oppure perché non voleva sentirsi giudicata per ciò che realmente provava, e quindi aprirsi con qualcuno che quasi sicuramente non avrebbe mai più rivisto la faceva sentire libera: - Purtroppo il mio personal-trainer mi ha dato buca...- borbottò, mentre le sue povere nocche, graffiate dalle lunghe ore trascorse a bussare alla Capanna, senza mai ricevere risposta, chiedevano a gran voce di essere medicate. O vendicate. -… sai, in realtà, lo fa da settimane… ininterrottamente. E’ un po’ stronzo.- concluse con un sospiro, mentre il petto le si distendeva di botto, alleggerendosi all’istante di almeno una tonnellata dopo quella confessione così naturale e proibita.
Malakai la stava scrutando con uno strano cipiglio, divertito e dispiaciuto insieme:
- Non è un problema così grosso… dopotutto potresti farti allenare da chiunque.- obiettò ingenuamente, cercando di essere ragionevole. - Potresti semplicemente lasciar perdere lui e trovare un personal-trainer che faccia più al caso tuo. Non può essere tanto difficile. No?-
Demi lo fissò, quasi compassionevole:
- Credo che nessun altro vada bene per me.- sussurrò, restando vaga eppure perfettamente sincera.
Non ricordava molto di ciò che era accaduto al Cimitero di New Orleans dopo che Davina aveva confermato a lei e a Prince la verità sulla tragica fine di Nick; non aveva mai perduto qualcuno di così importante, prima d’allora: i suoi nonni materni, i compianti Grayson e Miranda Gilbert, erano rimasti vittime di un incidente quando sua madre e suo zio Jeremy erano ancora degli adolescenti, ed i resti polverizzati dei suoi avi Salvatore riposavano già da secoli assieme a quelli degli altri Fondatori. Certo, aveva appreso con raccapriccio della morte di Tina O’Neil ed assistito, impotente, allo sterminio dell’intera famiglia Stone, ma non aveva mai sperimentato un dolore anche solo lontanamente paragonabile a quello che le aveva squarciato il cuore quando aveva capito che il più giovane dei due Mikaelson non ce l’aveva fatta.
Per lei, era stato come annegare.
Ogni singola cosa nel suo campo visivo – la veste fluttuante di Davina, il bagliore bluastro del talismano offertole da quest’ultima, i cancelli del cimitero ed i piccoli lumi incastonati sulle lapidi circostanti – era diventata liquida ed indistinta, e lei si era sentita sprofondare, come un sasso inghiottito dall’oceano. I suoi sensi avevano smesso di funzionare e tutte le sue vibrazioni vitali erano state attirate, con una scossa violenta ed insopportabile, in un unico punto pulsante del suo corpo… appena sotto l’orecchio.
Non era aveva fatto in tempo a chiedere aiuto, né a resistere in alcun modo all’influsso divoratore del Marchio del Diavolo, perché l’antidoto all’Elixir che Rubyna aveva spalmato sulla punta della sua freccia traditrice, prima di colpirla nella radura, l’aveva già spogliata delle sue ultime difese magiche, e la perdita definitiva di Nick, beh, le aveva inferto il colpo di grazia.
Ma, dopo che la Reggente le aveva agganciato al braccio il suo bracciale magico, come fosse un salvagente capace di riportarla in superficie dall’inferno del Marchio, Demetra aveva capito che non avrebbe mai più voluto sentirsi così impotente, debole ed indifesa, non di nuovo. E così aveva deciso:
- Vedi, soltanto lui può aiutarmi, perché possiede precisamente le qualità che servono a tirare fuori la parte di me che è più adatta a lottare.- spiegò a Kai, cercando di parafrasare il più possibile l’inquietante realtà in cui i due Prescelti della Clessidra erano invischiati per colpa del loro fato avverso: Prince, in quanto Arma suprema, era in grado di provocare in Demi, con un qualsiasi attacco, la più potente reazione difensiva che si potesse auspicare, proprio perché rappresentava il suo nemico perfetto, la peggiore minaccia a cui, secondo la Profezia, lei sarebbe mai potuta andare incontro nel suo cammino. Quindi, per quanto rischioso fosse anche solo pensare di sfidare la sorte in quel modo sconsiderato, la Salvatore era convinta che degli allenamenti corpo a corpo col principe, frequenti, regolari e, per quanto possibile, anche limitati nella loro pericolosità grazie all’azione del bracciale che oramai portava sempre al polso, le avrebbero gradualmente insegnato come gestire i propri superpoteri, fino a poterli un giorno padroneggiare appieno ed infine sfruttare a proprio vantaggio. Allo stesso tempo, quei momenti trascorsi insieme avrebbero potuto contribuire, ne era certa, anche ad accrescere lo scarso autocontrollo che lo stesso figlio di Klaus faceva spesso fatica ad ostentare nei suoi riguardi…
In fin dei conti, da quando Nick le era stato portato via, l’idea di poter sferrare un degno contrattacco alle SS era l’unica cosa capace di darle ancora speranza:
- Ma lui non ha la minima intenzione di vedermi o di parlarmi… insomma, non vuole più saperne di me.- quasi senza accorgersene, Demi abbassò lo sguardo e sentì le proprie ciglia inumidirsi di nuove lacrime trattenute. - Credo che mi odi.- questa volta, pronunciare ad alta voce quella frase colma di amarezza non le provocò alcun sollievo: era davvero difficile per lei accettare la situazione, ma non sapeva più come interpretare il comportamento del principe, se non così.
Ricordava di aver ripreso conoscenza in una stanza spoglia ed immacolata, simile alla sagrestia di un santuario, dopo essere svenuta a causa delle torture inflittele dallo Stigma: qualcuno doveva averla sollevata e trascinata fin lì, adagiandola poi su un letto bitorzoluto, in attesa che le tornassero le forze. Quando aveva riaperto gli occhi, la prima cosa che aveva visto era stato il baluginio dorato di Prince accanto a lei il ragazzo era rimasto al suo fianco, accasciato mollemente su una sedia di legno smangiucchiato e con il volto nascosto dietro una mano tremante, a vegliarla. Sembrava che dormisse, o che pregasse, e solo in un secondo momento Demi si era resa conto che l’altra mano di lui era stretta dolcemente nella sua. Nel percepire quella sua vicinanza così inaspettata, la Salvatore si era sentita soffocare da un improvviso senso di gratitudine e si era mossa per attirare l’attenzione del principe, per dirgli che stava meglio e che lui non doveva più preoccuparsi così tanto; ma quando lui si era riavuto dal proprio stato di trance, mostrandole i propri lineamenti striati da un pianto ormai asciutto, Demi non aveva visto altro che una micidiale freddezza nei suoi occhi.
Soltanto rancore.
E furia.
- In fondo, è stato abbastanza chiaro con me.- mormorò la ragazza a quel punto, tirando su con il naso e cercando di sorridere, quasi per minimizzare.
Il modo violento in cui Prince le aveva lasciato andare la mano subito dopo il suo risveglio, come se si fosse scottato nel toccarla, la feriva ancora. Nella penombra biancastra del loro temporaneo rifugio, senza fiato per lo sconcerto ed il dispiacere, Demi era rimasta a guardare il figlio di Klaus mentre si alzava e le voltava le spalle, trattenendosi sulla soglia solo per avvisare le streghe francesi della sua ripresa, e nulla di più. Poi, senza uno sguardo o una parola, lui era sparito, e da allora la giovane non era mai più riuscita a riavvicinarlo, non sul serio. - Immagino che dovrei smettere di cercarlo e basta.-
- E come mai non ci riesci?- domandò Malakai, che chiaramente aveva aguzzato l’orecchio per riuscire ad ascoltare anche le parole che la giovane si era fatta sfuggire in dei sussurri smorzati.
Ormai era divenuto noto ad entrambi come il soggetto del discorso non fosse più un mero ‘’personal-trainer-assenteista’’ ma, dal momento che non era ancora stato palesato alcun nome, Demi si sentiva tranquilla:
- Non lo so.- ammise, fissando una minuscola bruciatura nel legno del bancone di fronte a loro. Forse era perché Prince era tutto ciò che le era rimasto di Nick. Nonostante le loro divergenze, infatti, restava sempre suo fratello, ed una parte di lei sperava che riuscire a far breccia nella scorza impenetrabile di quel ragazzaccio sarebbe stato come continuare la stessa missione a cui il più giovane dei Mikaelson aveva dedicato l’intera vita… come darle un senso, evitando che rimanesse incompiuta per l’eternità. O forse lei voleva seguire le orme del figlio di Elijah tanto da vicino perché desiderava trovare un modo, per quanto contorto, di tornare a percepirlo accanto a sé, anche se il suo respiro non le avrebbe mai più sfiorato il collo per farle il solletico. Forse era perché sapeva che Prince non aveva più nessuno al mondo, e anche lei non si era mai sentita così sola. Perché lui avrebbe potuto capire il suo dolore meglio di chiunque altro, e Demetra avrebbe potuto cercare di dimenticare il proprio, occupandosi di lui. Perché erano dannati insieme, e qualcosa le diceva che solamente insieme avrebbero potuto cavarsela contro la Deveraux, alla fine di quell’avventura. Forse era perché le piaceva credere che il loro viaggio a New Orleans li avesse legati. Perché lui, raccontandole di Monique, le aveva permesso di vedere ben oltre la facciata. Demi aveva voglia di riudire la sua voce. Aveva voglia di fare squadra, di sudare e di sentirsi utile a qualcosa, sfidandolo a combattere contro di lei per uno scopo comune…
Il punto era che Prince… le mancava.
-… ricapitolando: quattro hamburger con salsa Worcester, di cui uno senza avocado, ma con doppia dose di cheddar. Giusto? Da portar via.- sentendo quella sintesi corretta venir fuori dalle labbra dal giovane cameriere del Grill appena ricomparso, la figlia di Elena afferrò la busta voluminosa e calda che lui le stava porgendo e pagò il conto.
Certo, quella cena era assai più ricca di quella per due persone che, poco prima di lasciare il Pensionato, aveva promesso a sua madre, ma alla Salvatore andava bene così: se solo Prince, quel pomeriggio, avesse accettato di parlare con lei dello strano biglietto ritrovato sullo scooter al momento della sua uscita, forse lei avrebbe seguito l’idea iniziale e non si sarebbe sentita costretta ad invitare qualcun altro per discutere dell’accaduto, ma le cose, ultimamente, non andavano mai come Demi si augurava, e ormai la ragazza aveva preso l’abitudine di non farne un dramma.
E di chiamare semplicemente rinforzi.
- Ora devo proprio andare.- annunciò a Malakai, rivolgendogli un lieve sorriso di congedo prima di girarsi verso l’uscio.
- Anch’io. Sono un po’ stanco.- mormorò il ragazzo, strofinandosi energicamente gli occhi, come se ci fosse entrato qualcosa di fastidioso. In effetti anche Demi cominciava a sentirsi un po’ stordita, ma nel suo caso era quasi sicura che le colpe fossero da imputare ai morsi della fame che, scatenati dal delizioso profumino del suo nuovo acquisto, avevano subito preso ad attanagliarla. - Ti dispiace se ti accompagno?- le chiese Malakai, continuando a sbattere forte le palpebre.
Dopo averlo ammorbato coi propri dilemmi esistenziali, la ragazza sapeva di dovergli molto più di quello:
- Figurati.- gli rispose, avviandosi alla porta in sua compagnia. In un baleno, si ritrovarono nel buio dell’ampio parcheggio del locale, rischiarato fiocamente da una schiera lampioni color ambra, e Demi tirò fuori dalla propria tasca le chiavi del suo motorino: - E’ stato un piacere parlare con te, e grazie per non essere scappato dopo avermi sentita piagnucolare.- disse a Malakai, a mo’ di saluto. - Ci… ci rivediamo in giro.-
Nella fresca semioscurità serale, lui sembrava tornato a proprio agio e le sue pupille scure, straordinariamente dilatate, guizzarono mentre le rivolgeva un cenno convinto:
- Oh, puoi scommetterci.- le bisbigliò, continuando a seguire da lontano i suoi movimenti mentre la Prescelta montava in sella e, dopo aver accenso le luci dello scooter, partiva alla volta del Pensionato, sparendo poi oltre il recinto del Grill.
Rimasto solo nel parcheggio, Malakai si mise le mani sui fianchi ed assunse un’aria assai soddisfatta:
- Mistero risolto, amico.- comunicò prontamente alla notte attorno a sé, mentre l’inchiostro delle sue pupille, come dopo essersi trattenuto a lungo, si riversava anche nei cerchi delle sue iridi, ingoiandoli, e la sua sclera assumeva un’accesa, inquietante tonalità bluastra. Il suo giovane viso glabro, come una maschera teatrale rimossa, svanì in fretta, lasciando il posto ai suoi veri tratti ferini, demoniaci: - Ecco perché il Marchio non le ha fritto il cervello, dopo che il suo adorato belloccio è stato trasformato: Davina Claire ed i suoi Antenati le hanno cucito addosso una bella gemma protettiva, l’ho vista con i miei occhi. Un diamante sinuoso fatto d’Elixir puro al cento per cento, color zaffiro e con un design stupendo, niente da dire. Sophie aveva indovinato, e io mi sono quasi fatto beccare per accertarmene: ad un certo punto ero sicuro che non avrei retto il Camuffamento ancora per molto.-
- Sei un Demone soltanto da un mese, Parker, imparerai meglio ad ingannare gli umani sfruttando il tuo vecchio aspetto come copertura... per adesso, te la sei cavata abbastanza bene.- lodò qualcuno alle sue spalle, con una voce maschile e possente da uomo maturo; sollevando una mano guantata dalla tasca del proprio lungo impermeabile, Atticus Shane diede una pacca sulla spalla a Kai Parker, per congratularsi con lui: - Ah, Alice ha fatto un così buon lavoro con te e con tuo fratello Luke… che peccato che abbiano messo fine al suo talento così presto.-
- Ma adesso che la Prescelta è indenne all’influsso dello Stigma, cosa facciamo?- domandò Kai ansiosamente, come un infante capriccioso che vuole a tutti costi farsi valere. Era stato un tipo molto testardo e volitivo, da vivo, quindi quelle sue qualità erano state amplificate fino all’inverosimile dal siero maligno che lo aveva reso un mostro: - Come possiamo fare breccia nelle sue difese e renderla di nuovo una preda?-
- Ci penserò io.- chiarì un’altra voce nell’ombra. Era vellutata, carezzevole e squisitamente calma, ma tradiva anche una labile sfumatura sadica, simile ad una spruzzata di limone su una ferita aperta.
Nell’oscurità, il pallore quasi lunare di un ghigno sfavillante racchiuso tra due labbra nere come la pece rivelò la presenza, non troppo lontana, di un altro figuro, alto e sottile, con dei bei capelli castani a contornargli il volto crudele:
- Perché credi che le abbia lasciato quel messaggio, altrimenti?- avanzando lento sotto la luce intermittente di un lampione rotto, la versione demoniaca di Nick Mikaelson si mostrò ai suoi complici, bella come un giglio carbonizzato.
 
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- Non esiste talismano al mondo capace d’impedire ad un cuore sperduto come il suo di finire dritto in trappola… occorrerà solo toccare i tasti giusti, e poi sarà nostra.- sentenziò il guscio vuoto del figlio di Elijah, con una sicurezza che metteva i brividi. - Forse ci vorrà del tempo, ma puoi star certo di una cosa: la servirò a Sophie su un piatto d’argento. E molto presto.-
Malakai inarcò un sopracciglio, ma non osò mostrarsi arrogante nei confronti di Nick; c’era qualcosa, nello sguardo totalmente privo di compassione di quel Demone neonato, che gli ispirava un irresistibile rispetto, nonostante la sua aura d’invincibilità non gli andasse poi troppo a genio.
- E’ confusa e resa fragile ed avventata dal dolore, è vero.- convenne Kai, prudente. - Sta soffrendo molto. Ma persino Sophie sa che non è una stupida. Non lo è mai stata, e adesso sembra più che mai determinata alla rivalsa. Se credi che ti salterà tra le braccia alla sola vista del tuo bel faccino, magari con la Piuma Nera e senza opporre alcuna resistenza, forse dovresti rivalutare le tue priorità.-
- Che mi consegni la spada come richiesto nel biglietto è fuori da ogni probabilità.- ammise Nick, senza scomporsi minimamente. - Non ho certo bisogno delle tue deduzioni, Parker, per saperlo. Non pretendo che mi dia l’arma, mi serve soltanto che voglia cercarmi.- Shane rimase muto in ascolto, mentre il vento faceva sventolare i loro abiti come ali di pipistrello. - La nostra Padrona sospettava del braccialetto perché conosce e teme l’antica magia che lo ha forgiato: nessuno potrà levarglielo, in nessun caso, dal polso, a meno che non sia lei stessa a volerselo togliere. Perciò, tutto quello che dobbiamo fare è metterla nelle condizioni di farlo. Come ho già detto, e si dà il caso che io ritenga umiliante ripetermi, lasciate fare a me.-
- Spero proprio di essere nei paraggi, quando verrà il momento.- sghignazzò il vile Atticus, scatenando immediatamente anche l’ilarità di Kai. - Lo spettacolo potrebbe essere piuttosto divertente, non ti pare?-
Il Demone Nick non rise affatto, ma nei suoi occhi inumani fremette qualcosa di famelico e d’impaziente; poi una civetta tubò, stridula, nell’ombra, ed il suo verso inquietante gelò l’aria, spegnendo ben presto anche i grassi guaiti dei seguaci di Sophie Deveraux e dando inizio al loro piano.
 
***
 
Sgommando senza ritegno, Damon parcheggiò la Camaro all’ombra di un maestoso salice piangente e, dopo essere saltato fuori dall’abitacolo, si richiuse lo sportello alle spalle con un tonfo poderoso. Non appena fuori, però, avvertì il tocco appena percettibile delle fronde di quell’albero sfiorargli la testa in un buffetto, come per rimproverarlo di aver fatto troppo baccano e, improvvisamente, si rese conto di quanto fosse stranamente quieto e silenzioso l’ambiente che lo circondava: le stelle appena spuntate, infatti, imbrillantavano il cielo solo timidamente e perfino le Cascate sembravano molto meno rumorose del solito. E proprio allo stesso modo, senza far rumore, quel panorama gli riportò alla mente tutto il lutto e la desolazione che, circa un mese prima, avevano impregnato l’aria lì intorno come un gas assassino; al momento del suo ritorno dalla tomba di Klaus, Damon aveva visto comparire di fronte a sé una Capanna muta e completamente messa a soqquadro e così, fissandone l’uscio spalancato che danzava in avanti e indietro, scosso dal vento sinistro della notte, aveva capito che il peggio era già accaduto e che lui, come un idiota, non era stato capace di fermarlo:
 
- Posso ripulirlo con la magia in un attimo, Damon… sul serio, non serve che tu lo faccia.- gli aveva sussurrato Bonnie Bennett poco tempo dopo, posando una teiera scheggiata sul piano cottura della casa di Prince ed accennando al sangue rappreso che imbrattava come una colata di vernice gran parte dei muri e delle piastrelle del soggiorno. Erano passate alcune ore da quando Sheila, in piena crisi isterica, si era decisa a chiamare sua madre e Jeremy per avvisarli di quanto era successo nella radura e per aggiornarli sulle tremende sorti toccate a Nick, Eve e Mattie, ma Damon non aveva ancora aperto bocca. Anzi, da quando Alice gli aveva spiattellato in faccia quale terribile ruolo avesse giocato il suo sangue nella trasformazione del figlio di Elijah, era diventato distante e freddo più di un iceberg e l’unica cosa che era riuscito a fare, una volta entrato in quella dimora, era stata spostare il cadavere di Eve e mettersi a lavare via, con straccio e sapone, le tracce rosse del suo massacro, come se in qualche modo quello sforzo manuale potesse schiarirgli un po’ le idee, o smacchiargli la coscienza.
- Lascialo in pace.- aveva bisbigliato il saggio Jeremy alla strega, muovendo solo le labbra, prima di recarsi, reggendo tra le mani un vassoio con quattro tazze di tè fumanti, al divano dov’erano seduti Sheila, Will e l’unica Parker scampata alla campagna di demonizzazione delle SS: Liv. - Se non si terrà impegnato in qualche modo, finirà per mettersi a sradicare uno ad uno tutti gli alberi della foresta per sfogare la sua rabbia.-
Seppur a malincuore, Bonnie aveva dato retta a quel consiglio ma, mentre sorseggiava il suo tè, non era riuscita a smettere di pensare, neppure per un attimo, al dolore che aveva letto sul viso di Caroline quando quest’ultima e Tyler si erano precipitati fin lì per prendere la loro piccola Matilde e riportarla a casa, né a quello che Stefan ed Elena avevano nascosto a fatica quando, al telefono, lei stessa li aveva pregati di tenersi lontani da lì, perché Demi sarebbe potuta tornare da un momento all’altro e forse non avrebbe avuto la forza di affrontare anche la loro apprensione.
Pietosamente, durante quell’interminabile attesa colma d’impotenza, Sheila aveva posato una grossa coperta addosso a Liv, la quale aveva continuato a singhiozzare e a tremare per lo shock di aver perso ogni cosa tanto inaspettatamente, poi tutti si erano riscossi, vedendo delle luci giallastre rischiarare a giorno il cortile selvaggio attorno alla casa, accompagnate dal rombo un po’ ingolfato di un’auto familiare.
 
Mentre si faceva strada in quel medesimo verde folto e frusciante, a Damon sembrò quasi di assistere nuovamente alla scena che aveva segnato il ritorno dei due Prescelti a Mystic Falls: la Ferrari appartenuta a Nick si era arrestata a poca distanza dalla Capanna e lui, BonBon, Jeremy e tutti gli altri si erano fiondati fuori dall’abitazione col cuore in gola, nella speranza di riaccogliere Demi e Prince sani e salvi. Questi ultimi erano prontamente venuti fuori dalla macchina ammaccata e sporca di terra, strappando ai presenti un lungo sospiro unanime, ma non era stata una riunione felice.
No, di certo.
Sheila era stata più veloce di Damon a correre incontro a Demetra per abbracciarla, mentre il vampiro si era sentito fin da subito troppo sporco e indegno di reclamare qualsiasi diritto sulla figlia; per questo era rimasto muto e in disparte, come Liv, che non conosceva anima viva in quello scenario che doveva sembrarle assurdo, e come Prince, che nessuno aveva trovato il coraggio di avvicinare.
Sbirciando dalle sue parti di soppiatto, come un ladro, Damon aveva notato con sgomento che, mentre il principe guardava la piccola folla accorata stringersi attorno alla Salvatore per accertarsi che fosse tutta intera, ogni oscura somiglianza con Klaus era come svanita dal suo volto: il tormento e la perdita sembravano aver spogliato il biondo della sua corazza velenosa ed avergli restituito la sua età effettiva, ovvero quella di un adolescente confuso, perso e disperatamente solo. Ma quella sua improbabile metamorfosi era durata solo finché Demi non si era girata verso di lui, tenendogli una mano e facendogli cenno di avvicinarsi; a quel punto la faccia di Prince era subito tornata gelida e dura come il marmo di un sepolcro, e lui aveva voltato le spalle ai presenti senza dire una parola, avviandosi a grandi passi nella Capanna e sbattendosi la porta alle spalle con violenza, fino a farla tentennare pericolosamente sui cardini.
Dal canto suo, la ragazza era rimasta a fissare il punto oltre il quale il giovane Mikaelson era scomparso con un’espressione talmente ferita da far attorcigliare le budella del vampiro e, da allora, nessuno aveva più saputo nulla del principe. Non che Damon fosse andato in giro a cercare sue notizie, beninteso. Anzi, il suo categorico rifiuto mentale dell’atroce fine a cui Nick era andato incontro (anche grazie alla sua gentile collaborazione!) andava di pari passo con la sempre più scarsa voglia che il primogenito Salvatore aveva di ritrovarsi faccia a faccia con persone stravolte da quella tragedia. Questo suo atteggiamento fieramente codardo era stato in grado di allontanarlo dalla sua stessa figlia, figuriamoci dal famigerato erede del più letale degli ibridi!
Tuttavia, venire a sapere da Sheila che Demetra non si era affatto arresa con Prince e che aveva continuato, imperterrita, a cercarlo, gli aveva fatto uno strano effetto e gli aveva acceso una lampadina nel cervello, spingendolo ad andare più a fondo nella questione.
Perché mai quel tipo si era insinuato tanto visceralmente dentro di lei? E per quale motivo aveva trascorso l’ultimo periodo a respingerla in ogni modo, mentre lei aveva cercato con altrettanta determinazione di restargli vicina?
La Profezia diceva che i due erano nemici giurati, ma Damon sentiva puzza di bruciato. E l’aveva sentita fin da quando aveva notato lo stravagante abbigliamento con cui i Prescelti erano tornati dalla loro fallimentare missione in Louisiana: entrambi indossavano vestiti candidi, sottili ed evanescenti come il riflesso della luna nell’acqua di un quieto laghetto, ed emanavano un’aria ascetica quasi sacrale, per niente simile a quella di due reduci da una sanguinosa battaglia contro il tempo. Se le loro facce affrante non avessero rivelato in modo inequivocabile il loro reale stato d’animo, sarebbero sembrati più di ritorno da una mistica cerimonia d’iniziazione che da una pericolosa avventura sovrannaturale, visto che i capelli della giovane Salvatore erano stati finemente inghirlandati di nontiscordardime ed ogni traccia di polvere o sudore era stata sciacquata via con cura dalla pelle di Prince. Che cos’era successo, dunque, a New Orleans, dopo il loro arrivo nel Cimitero degli Antenati francesi?
Chi avevano incontrato e come avevano recuperato la famigerata Piuma Nera, rimettendosi poi immediatamente in cammino verso casa?
Damon non aveva osato chiederlo a Demi, per evitare di risvegliare in lei dei pessimi ricordi, ma a giudicare dalle lacrime che aveva visto risplendere nei suoi occhi poco prima al Grill, il principe aveva mandato a monte senza scrupoli il suo piano di lasciarla in pace, e per questo il vampiro non gli avrebbe più concesso un trattamento di favore. No, lo avrebbe spolpato fino al midollo per ottenere le risposte che cercava e, nel frattempo (se l’osso del collo gli fosse rimasto integro per un lasso di tempo sufficiente a portare a termine le sue indagini) avrebbe pensato a quel ragazzo solamente come alla nuova seccatura Mikaelson con cui battibeccare… niente di più.
Basta con la pietà, con il senso di colpa e con il rispetto per la sua drammatica situazione:
nessuno faceva piangere la sua bambina e rimaneva impunito.
Nessuno.
 
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- Apri la porta, principino…- borbottò, concitato, rivolgendosi al legno rugoso dell’uscio e sbatacchiandoci contro con le nocche. -… immagino che non saresti esattamente al settimo cielo se io la buttassi giù, perciò… che ne dici? Cominciamo questa conversazione nel più pacifico dei modi e lasciamoci alle spalle tutti i rancori generazionali… anche se ho sempre avuto un brutto rapporto coi membri biondi della tua famiglia, per te potrei provare a fare una piccola eccezione…-
Dall’interno della casa non provenne alcun suono e Damon, dondolandosi sui talloni prima e sbirciando senza successo attraverso le tende delle finestre poi, incominciò ben presto a spazientirsi:
- Non ho portato Demi con me.- avvisò, alzando di qualche tono la voce per essere sicuro di farsi sentire. - Non mi ha mandato lei… a dirla tutta, non sa nemmeno che sono venuto fin qui.- ‘’N.B.: A farmi sventrare e poi gettare in pasto agli amorevoli pescetti delle Cascate!’’ - Voglio giusto scambiare due chiacchiere con te, fine della storia, nessun trucco... parola di scout.- continuando a sentirsi completamente ignorato, fece una smorfia infastidita e si appoggiò con la fronte alla porta, continuando a battere ritmicamente su di essa col palmo della mano. La sua voce divenne pian piano più sommessa, quasi supplichevole: - Fammi entrare, dannazione. Non so a che gioco tu stia giocando, facendo finta che mia figlia non esista, ma lei non merita di essere trattata così. D’accordo, forse io sì, ma non… n-non Demi. Anche lei ha perso qualcuno che amava. Anche lei è incazzata nera con l’universo, sai? Ma non ha gettato la spugna con te, e questo mi fa credere che tra voi due ci sia qualcosa. Voglio solo capire cosa.-
Silenzio.
Ancora.
Sul serio?!
Il vampiro attese immobile per qualche altro minuto, poi inarcò un sopracciglio, sentendosi profondamente offeso; infine, con un sospiro rassegnato, identico a quello di chi è proprio costretto a comportarsi male, contro la propria integrità morale di solito senza macchia, si scrocchiò all’unisono tutte le dita, provocando un riverbero sinistro. Poi, dopo aver preso una piccola rincorsa, fece partire un unico, leggiadro calcio ben assestato… e sfondò di netto la porta della Capanna.
 

 
-… ed ora, prima che tu decida in quale angolo del tuo soggiorno appendere la mia testa splendidamente impagliata, vorrei ricordarti che io ed il tuo paparino abbiamo avuto i nostri diverbi in passato, è vero, ma che alla fine ci eravamo… emh, simpatici… già! Degli amiconi, sul serio… ovviamente, il buon vecchio ibrido era un soggetto particolare, un tantino fissato con pietre magiche, maledizioni e doppelganger, ma che posso dire? Ormai lo capisco fin troppo bene, ah, povero me…- mentre blaterava a raffica per mascherare la propria inammissibile, segretissima fifa, il fratello di Stefan si fece strada nell’abitazione ed immediatamente si rese conto che qualcosa, laggiù, non andava.
Affatto.
L’aria, congelata e satura di polvere, era talmente pesante da risultare irrespirabile e da fargli arricciare il naso per il fastidio: dove diamine si era cacciato Spruzzetto di Satana, e da quanto tempo non dava una ripulita a quel tugurio?
Damon strabuzzò le palpebre, come per concentrarsi meglio, ed osservò con più attenzione l’ambiente circostante; nei paraggi non c’era traccia d’anima viva, era chiaro, ma il cervello del vampiro registrò quel dettaglio cruciale con una sorta d’inquieta ed esitante lentezza.
Perché?
Perché Prince non si era fatto ancora vivo, ruggendogli contro come una tigre infuriata per aver invaso i suoi spazi e minacciandolo di spennarlo vivo come un tacchino nel giorno nel Ringraziamento? E, soprattutto, come mai ogni cosa, lì intorno, era rimasta esattamente identica a come Damon l’aveva lasciata l’ultima volta che era stato in quella casa, un mese prima?
Che strano.
Il secchio che aveva riempito per sciacquare via le tracce di sangue di Eve dal pavimento era ancora ricolmo e la schiuma, rimasta a lungo in superficie, aveva formato una patina rosata e ristagnante sul pelo dell’acqua; lo straccio sfilacciato che aveva più volte strizzato durante quell’operazione giaceva ancora dove lui l’aveva gettato nella foga di precipitarsi in giardino e anche le tazze da tè servite da Bonnie erano ancora sparpagliate qua e là, in disordine, perché nessuno le aveva rimesse nella credenza. Un sottile strato di sporco ricopriva come un manto i mobili un tempo lucidi ed impeccabili del principe e tutte le imposte erano sbarrate, impedendo a qualsiasi luce esterna di penetrare.
 
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‘’Questa non è una casa...’’ mentre procedeva goffamente verso la schiera di divanetti del salotto, quel presentimento balenò nella mente del vampiro come un fulmine inatteso ed incenerì qualunque cosa al suo passaggio: ‘’… è una tomba.’’
E poi, abbassando istintivamente gli occhi oltre la spalliera di una poltrona, Damon lo vide: c’era un corpo sul tappeto, riverso su un fianco ed inerte, che sarebbe parso addormentato se non fosse stato così perfettamente, atrocemente immobile. L’aureola riccioluta di capelli dorati che gli incorniciava il capo sembrava aver perso ogni antica lucentezza, i suoi abiti bianchi erano stropicciati come dopo una brusca caduta e la mano destra artigliava ancora convulsamente qualcosa che gli sporgeva dal petto trafitto ed imbevuto di sangue rappreso.
Agghiacciato, il maggiore dei Salvatore si sentì trasecolare:
- Baby-Klaus…- balbettò, mentre le sue ginocchia si liquefacevano come burro spalmato su una padella bollente. Con una mossa veloce quanto scomposta, arrancò verso la sagoma irrigidita di Prince e s’inginocchiò accanto a lui, afferrandolo rudemente per un braccio e costringendolo a mettersi supino. Guardandolo dritto in faccia, notò come la pelle del ragazzo fosse cinerea ed innaturalmente tesa sulle ossa degli zigomi, scavata da nervature scure simili a quelle spuntate a Rebekah dopo la sua essiccazione. Poi, sollevando appena con la punta di un dito le sue palpebre, vide che i bulbi oculari del principe erano vacui e vuoti, fissi nel nulla: -… oh, no, no, no…-
Demi.
Mentre scuoteva istericamente, tenendolo per le spalle, il capo ciondolante di quel Prince privo di vita, il vampiro riusciva a pensare soltanto a questo.
Demi.
- E adesso come… come glielo spiego… che accidenti hai fatto, IDIOTA?!- inveì, sotto shock, continuando a bofonchiare altri indicibili insulti tra i denti digrignati: era lampante come dietro a quel delitto non ci fosse un bandito qualunque, perché nessuno al mondo avrebbe mai potuto infilzare e mettere fuori gioco l’invincibile Prince Mikaelson in quel modo, tranne l’invincibile Prince Mikaelson, appunto. E questo particolare faceva imbestialire Damon, se possibile, ancora di più: - Dannazione! Ci mancava solo un suicidio in grande stile... e ora?! Eh?! Oh, fa’ che non si sia premuto nel cuore proprio un paletto di quercia, almeno fa’ che non sia quella quercia, ed io… i-io… ah, berrò soltanto sangue di Bambi per una settimana… niente wiskey, oh no!, neanche un goccio, niente!, solo Bambi… okay?! Però-fa’-che-non-si-tratti- di-quel-dannatissimo-paletto…-
Spostando a fatica le dita indurite del giovane Mikaelson dall’arma che lui stesso aveva usato per trapassarsi lo sterno, il vampiro buttò fuori l’aria in un sospiro fragorosissimo e gonfio di sollievo: per fortuna, non si trattava di ciò che aveva temuto.
Niente stuzzicadenti gigante di candida quercia incastrato nel miocardio, perciò Prince non era morto morto stecchito.
Eppure lo sembrava.
Cosa diavolo poteva averlo ridotto in quelle condizioni pietose, provocandogli un decesso temporaneo quasi identico a quello che annientava gli Originali quando venivano feriti con dei pugnali cosparsi di cenere millenaria?
Damon inspirò profondamente per ricomporsi e decise che avrebbe chiesto le spiegazioni di cui aveva tanto bisogno direttamente al maggiore dei figli di Hayley, subito dopo averlo risvegliato; così acchiappò l’elsa della ricurva e perlacea lama in osso conficcata nella sua carne e tirò con forza per estrarla... ma non ebbe successo.
Seccato, Damon fece per riprovarci, ma si accorse ben presto di non riuscire più a staccare il proprio palmo dall’estremità di quell’arma misteriosa.
COME, PREGO…?!              
Mentre sibilava con disappunto, provando a divincolarsi da quella sottospecie di trappola inaspettata, il vampiro udì un suono bizzarro, simile ad un lesto risucchio, assordargli per un attimo le orecchie, poi perse ogni sensibilità tattile e notò che la realtà intorno a lui stava svanendo turbinosamente, sgretolandosi e trascinandolo altrove, lontano, senza che lui potesse fare assolutamente nulla per evitarlo.
 
POV
Damon Salvatore
 
‘’Dove diavolo sono finito? Ouch, che botta in testa… accidenti a me. Accidenti ai Mikaelson. Accidenti, accidentaccio a tutti quanti…!’’
Questi furono i miei primi ed ingarbugliatissimi pensieri quando atterrai di schianto in un universo parallelo ed appannato, mancando per un soffio un grosso masso conficcato nel terreno e strizzando disperatamente le ciglia nel tentativo di mettere a fuoco qualcosa di concreto nelle vicinanze.
Bastianna Natale.
Celeste Dubois.
Sabine Laurent.
Josephine LaRue…
Quei nomi del tutto sconosciuti mi danzarono caoticamente davanti agli occhi, a poco a poco sempre più nitidi, fin quando non mi resi conto che si trattava di una serie d’iscrizioni funerarie incise su una schiera di lapidi sbiadite nel crepuscolo.
D’oh.
Perfetto.
Mi trovavo in un cimitero.
E poco lontano da me, risuonavano delle voci vagamente familiari:
- Non avvicinatevi. Non osate.- stava ringhiando Prince Mikaelson, lacero e spiritato come uno spaventapasseri sotto la pioggia, con un tono talmente ostile da costringere la piccola folla che lo circondava a paralizzarsi sul posto, impotente. Sporgendomi oltre quella confusione ed avanzando tra la gente senza urtarla, come immerso in un assurdo sogno incorporeo, mi resi conto che il giovane era chino sull’erbetta rada del cimitero e stringeva tra le braccia una creatura dalla sagoma esile, chiaramente svenuta, facendole scudo col proprio corpo: - State lontani! Nessuno la tocchi. Nessuno…-
Mi ci volle un nanosecondo per capire che Prince aveva la voce spezzata, poi individuai l’inconfondibile chioma di Demetra ondeggiare languidamente oltre l’incavo del suo gomito e, incurante delle sue intimidazioni, mi fiondai come un proiettile verso di loro, talmente in fretta che, se fossi stato solido, avrei falciato via almeno una decina di persone. Tuttavia, nonostante l’apprensione mi stesse mandando in poltiglia il cervello, non potei fare niente di utile per soccorrere mia figlia, perché nessuno dei presenti pareva capace di notare la mia presenza, meno che mai Prince.
Con ogni probabilità ero finito dentro a un ricordo, ad un suo ricordo, ed era tristemente chiaro che nulla di ciò che era già accaduto poteva più essere in qualche modo influenzato dal mio intervento:
- Ancora un attimo e lo Stigma l’avrebbe divorata…- mormorò d’un tratto una fanciulla dai capelli scuri ed ondulati e dall’innata aria regale, mantenendosi apparentemente composta nonostante il tono preoccupato ed accostandosi molto cautamente ai Prescelti, sotto il mio sguardo diffidente. Tutti gli altri spettatori, al contrario, continuarono a fissarla con una specie di ammaliata adorazione e per me fu davvero facile intuire il suo ruolo laggiù: doveva essere lei la Reggente del Quartiere Francese… Davina. - Se non le avessi messo il mio braccialetto giusto in tempo, l’avremmo persa, Prince.- proseguì la strega, accovacciandosi accanto al biondo a distanza di sicurezza, ma con gli occhi lucidi. - Tu… l’hai strappata a Sophie. Ancora.-
 
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- Dimmi.- grugnì il figlio di Klaus tra i denti, stritolando, senza nemmeno rendersene conto, la mano pallidissima di Demi tra le proprie. Il bagliore emanato dal gioiello di Elixir rendeva bluastra e quasi ipnotica, col suo riflesso, la pelle delle loro dita intrecciate: -… dimmi che starà bene. Lei starà…?-
- Per adesso, sì.- annuì Davina, gravemente.
Però.
Mi sembrava proprio che la streghetta ed il biondo si conoscessero da un po’: dalle occhiate che si scambiavano, infatti, s’indovinava senza difficoltà il rispetto che nutrivano l’uno per l’altra, e la Reggente sembrava sinceramente dispiaciuta per la pena che si leggeva a chiare lettere sul viso esausto del fratello di Nick.
- Ora, però, la Chiave ha bisogno di riposare… e noi due di parlare. Seguimi.- gli bisbigliò dopo un attimo, mentre i suoi fedeli seguaci rompevano istantaneamente le file per lasciare aperto, al loro passaggio, un varco tra le tombe austere.
Accennando alle proprie spalle, verso una chiesa dall’aria decadente ed antica come il tempo, Davina si spolverò velocemente il vestito e schioccò le dita per cercare il sostegno dei suoi adepti francesi, ma Prince rifiutò ogni aiuto e si rimise in piedi da solo nonostante tutto, reggendo tra le braccia Demetra e celandola a chiunque altro mentre procedeva nella scia della Reggente.
- Non capisco.- annunciò a quel punto qualcuno, dando miracolosamente voce ai miei pensieri. Frastornato e grato, mi voltai di scatto e notai tre giovanotti starsene in disparte vicino ad un enorme cancello: uno di loro aveva l’aria selvaggia di chi nutre davvero poca simpatia nei riguardi dei barbieri, mentre gli altri due erano accoccolati in un mezzo abbraccio abbastanza eloquente: - Prince, ecco, lui…- osservò cauto Josh, rivolgendosi ad Aiden e a Jackson con tono incerto: -… insomma, visto quello che le leggende più brutali sul loro destino segnato ci annunciano da secoli.. beh, è così strano, ma lui… si comporta come… come se…-
-… come se Demi fosse tutto ciò che gli è rimasto al mondo?- completò il proprietario del Croissant al posto suo, seguendo da lontano i passi dell’amico Mikaelson, ormai pronto ad addentrarsi nel più sacro e tetro santuario di New Orleans, che per tutto quel tempo era stato l’ubicazione segreta ed irrintracciabile della famigerata Piuma Nera.
- Già.- confermò perplessamente Joshua ed io, nonostante la mia schiumante riluttanza, mi vidi costretto a convenire con lui.
 
Poi la scena cambiò.
 
Ora mi trovavo all’interno della maestosa Chiesa di poco prima e, nel mezzo di un corridoio rischiarato da una miriade di candele sospese a mezz’aria e puzzolente d’incenso, Prince si stava sbattendo alle spalle una porta.
Dopo averlo fatto con impeto, come in preda al panico, il figlio di Klaus si appoggiò con la schiena al legno ancora vibrante, poi affondò le mani nei propri ricci inzaccherati di sangue scuro, quasi volesse strapparseli via dalla testa; ben presto, però, una voce femminile si sovrappose a quella più flebile di Demi (che lo stava chiamando disperatamente dall’altra parte dell’uscio, risvegliando il mio istinto di soccorrerla) ed invitò il biondo a levare il capo verso la maggiore delle sorelle Claire:
- Prince.- esordì quest’ultima, mortificata, ma in qualche modo anche impaziente di avere un confronto con lui.
- No.- biascicò il principe, staccandosi subito dalla porta. - Non qui.-
Davina acconsentì a quella sua muta richiesta di discrezione e, scortata da due coppie di servitori incappucciati, lo guidò in un altro stanzone sgombro e quasi interamente privo d’arredamento, perlomeno se si escludeva la moltitudine sconfinata di libri, di certo antichi Grimori, incastonati nelle ampie librerie da parete come gioielli in una corona. Con un cenno, la Reggente congedò le sue guardie del corpo e finalmente puntò i propri occhi sul giovane che le stava di fronte.
Per qualche istante, nessuno dei due aprì bocca, poi la ragazza si schiarì la gola, come per farsi coraggio:
- Tuo fratello…- iniziò, esitante e tiepida come una brezza. -… Monique mi parlava spesso di lui, nei messaggi segreti che ci scambiavamo qualche anno fa. Di quanto fosse buono e intelligente, di come s’impegnasse nel cercare un sistema per toglierti il Marchio, anche se era poco più che un bambino. So che hai cercato di tenerlo fuori dai guai, anche a costo di ferirlo… so che eravate molto legati, e cosa significava lui per te.-
Prince tacque e, guardano i segni delle lacrime ormai secche impressi sulle sue gote, simili ad inutili solchi d’aratro su dei campi destinati a marcire, anch’io mi ritrovai a deglutire a fatica:
- Sarebbe dovuto succedere a me.- disse il biondo d’un tratto, senza particolare sentimento. Pareva annichilito, prosciugato da qualsiasi emozione, lucido, pragmatico. Dio, se era sotto shock. - E’ la frase che ho ripetuto a me stesso per anni, dopo che i miei genitori furono massacrati… ed è ciò che ti dissi anche quando lei morì, non è vero? Monique.- non sapevo di preciso di chi stesse parlando ma, in qualche modo, la perdita annidata nello sguardo di smeraldo del principe mi ricordò me stesso, la notte in cui avevo messo a soqquadro l’universo per riabbracciare Katherine e la delusione assassina che avevo provato nello scoprire che la sua cripta era sempre stata vuota, per cinquecento anni di bugie: - Tu le volevi bene, Davina. Prima che Jane-Anne fosse giustiziata da Marcel e che Sophie la rapisse per istruirla di persona… Monique era la tua amica del cuore. Poi ha incontrato me... ha amato me. Ed è morta. E tu… oh, non potrai mai odiarmi per questo più di quanto io non odi già me stesso.- si strinse nelle spalle per un secondo, come colto da un brivido, poi allargò le braccia e, senza esserne realmente cosciente, scoppiò in una risata tagliente, dissennata: - Ma tanto sono tutti morti, no?! Ed è colpa mia… perché io sono il Distruttore. Sono sempre stato la loro condanna. Questa è la mia maledizione!- la sua voce grossa e rabbiosa, ora, mi faceva rizzare i peli sulla nuca per la sua somiglianza con quella che il suo padre biologico era solito sfoderare nei momenti di più pericolosa follia: - Sono un mostro. Il peggiore. Una sentenza di morte che cammina, una disgrazia, e lo sono fin dalla nascita. Ed è vero, lo sai anche tu, come lo sanno gli spiriti dei tuoi progenitori, meglio di chiunque altro. Da sempre.- quando smise di ridacchiare, Prince sembrò perdere ogni barlume di lucidità ed accartocciarsi su se stesso come un foglietto di carta dato alle fiamme: - Posso salvare la preziosa Demi quante volte mi pare da un esercito demoniaco imbizzarrito, dalla furia dello Stigma e dalla Deveraux in persona, persino da un meteorite pronto a schiantarsi sulla sua testa… ma alla fine non potrò mai, e in nessun caso, salvarla da me.- a quel punto le sue iridi verdognole divennero enormi, come quelle di un animale in trappola che vede arrivare il suo carceriere armato di scure. - E’ così?-
- Sì.- sentenziò Davina, senza poter fare altrimenti. - Sì, è così.-
Io inspirai rumorosamente e Prince, con estrema lentezza, chiuse gli occhi.
 
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Quella doveva essere stata, per lui, l’ultima goccia:
- Devi aiutarmi, Davina.- disse, senza muoversi. Con quella sua nuova, rassegnata flemma, assomigliava sempre più dolorosamente al fratellino ormai perduto: - Quando Monique mi strappò dalle mani l’ultimo paletto di quercia bianca esistente al mondo, mi fece giurare solennemente che non avrei mai più tentato di compiere un gesto tanto estremo. Anche se volessi infrangere quella promessa, adesso, beh, non potrei farlo… perché, prima di fuggire, soggiogai Nick a nasconderlo in un posto in cui non avrei più potuto trovarlo ed ora… lui se n’è andato. Ed ha portato con sé quel segreto.- si leccò le labbra riarse con avidità, come se sperasse di raccoglierci qualche goccia di un veleno letale, poi riprese: - Non saprei dove cercarlo e non ne ho né il tempo né la voglia… ma allo stesso tempo, te lo giuro, non ci riesco.- la Reggente ora lo fissava intensamente, quasi senza mai battere le ciglia, in attesa dell’esplosione. - Proprio non riesco a sopportare ancora la mia esistenza. Non più. Basta. Il dolore… ho bisogno che smetta. Qualcuno… qualcosa… deve farlo smettere. Deve esserci un modo… un modo qualunque per farlo smettere.- mentre farfugliava, allucinato, Prince ebbe uno scatto di violenza incontrollata e colpì col pugno un angolo della libreria a lui più vicina, sfondandolo e provocando un gran fracasso, nonché la caduta di una pioggia di volumi giallastri sul pavimento. Senza nemmeno essersene reso conto, il principe continuò imperterrito a borbottare tra sé, naufragando nella paranoia: - Non posso tollerarlo, no, e non posso fermarlo… mi farà perdere la ragione… ma io non ne posso più, non ci riesco più… devo farlo smettere…-
Allarmate da quel trambusto, le guardie della Reggente spalancarono la porta e balzarono in massa nella camera, ma furono ricacciate indietro dall’onda di cupa energia che si stava sprigionando proprio in quel momento dalle mani del figlio di Klaus e finirono schiantate pesantemente contro il muro, gemendo e crollando faccia a terra.
Fu grazie a quello scoppio secco che, come risvegliatosi da un incubo, Prince capì i danni che il Potere aveva provocato a causa della sua instabilità emotiva e gridò, serrando di botto i bugni e cadendo in ginocchio.
Quel suo ringhio straziato sembrò capace di scuotere l’aria circostante e di colpirmi in pieno, mentre la scena dinanzi a me cambiava ancora una volta e le singole particelle degli oggetti sparsi lì intorno si riassemblavano per formarne una nuova:
 
- Perciò, se il Quartiere Francese non accetterà di trovare una soluzione alternativa al tuo stato… tu spegnerai la tua umanità. Ho capito bene?- stava dicendo Davina, con le punte degli indici unite che le sfioravano la sommità del naso.
Adesso era seduta su uno scranno intarsiato e, dall’altra parte del massiccio tavolo che li separava, c’era Prince, che appariva un po’ più composto di prima, ma comunque assai provato e pallido, quasi malaticcio.
Per rispondere a quella domanda precisa, lui mantenne ostinatamente la bocca contratta ma la Claire, intuendo il suo silenzioso assenso, scosse con decisione la testa:
- No… non posso crederci.- esclamò, sbalordita almeno quanto nel panico. – Sai benissimo cosa accadrebbe se fossi privo della tua capacità di porti dei limiti… sarebbe la fine. Preda degli istinti, lasceresti spalancata la porta all’Arma e, in un attimo, saresti alla completa mercé dei giochetti di Sophie…- continuando a negare a se stessa quella possibilità, Davina lo scrutò esterrefatta: - No… tu non correresti mai il rischio di darle questa soddisfazione, non dopo tutto quello che ti ha fatto… non dopo tutto quello che ti ha tolto!-   
- Forse hai ragione.- concordò Prince, con la tenera pelle del viso tirata fino all’osso. – Ma voglio ricordarti una cosa: mia zia Rebekah si alleò con Sophie e Shane dopo e nonostante questi ultimi avessero ammazzato Elijah.- le sue parole mi agghiacciarono, ma il biondo non batté ciglio e, anzi, artigliò con forza i braccioli della sua sedia: - Per tutta la vita mi sono domandato con quale coraggio avesse potuto farlo, ma credo di capire, ora: cercava solo un rimedio. Al dolore, al tradimento, all’abbandono, alla sua infinita solitudine. Elijah era l’ultimo dei suoi fratelli ancora in vita, il sangue del suo sangue, eppure lei è scesa a patti con i suoi stessi macellai… perché? Voleva soltanto che la sua agonia terminasse. Più di ogni altra cosa, s’illudeva di poter ritrovare la pace e desiderava un sollievo. E nella speranza di ottenerne anche solo una briciola, ha ceduto al male. E per anni lo ha servito.- la sua voce era colma di minaccia, ma era anche stranamente sommessa, supplichevole: - Pur di porre fine a ciò che sto provando in questo istante, Davina, al lutto e al tormento, spegnerei la mia umanità anche qui e subito. In fondo è questo che Sophie ha sempre voluto per il sottoscritto, e vuoi sapere una cosa? Non m’importa più un accidente di darle l’aiuto di cui ha bisogno, non m’importa più di causare la fine del pianeta, di avere sulla coscienza migliaia d’innocenti di cui non conosco neanche il nome, di vedere i tuoi adorati Antenati sprofondare mentre i demoni di Qetsyiah brulicano quaggiù come grassi vermi, nutrendosi di ogni cosa bella che sia mai esistita... sai, forse è per questo motivo che sono un essere così abominevole…- s’interruppe con un ghigno rassegnato e sinistro. -… perché, te l’assicuro, non m’importa più niente di tutto questo.-   
- Avanti, allora, dillo!- sbottò Davina, che stava cominciando a spazientirsi e a spaventarsi. - Cos’è che ancora ti ferma dal passare dalla sua parte, dal realizzare il tuo infame destino? Di che t’importa, si può sapere?!-
Prontamente, Prince la inchiodò con un’occhiata:
- Di lei.- sussurrò, roco. - Ecco di cosa.-
Non pronunciò il nome di Demi, ma sia io che Davina lo sentimmo come se ci fosse stato urlato in faccia. Personalmente, se solo avessi potuto scappare via a gambe levate da quel posto ormai claustrofobico, o ridurre qualcosa in frantumi tra le mie dita formicolanti, o persino appiccare un incendio nelle viscere stesse di New Orleans, per vederla dissolversi tutta quanta in un’enorme nuvola di fumo nero, l’avrei fatto; ma, bloccato com’ero in quei dannati ricordi, potei soltanto rimanere a guardare quanto si stava consumando sotto i miei occhi sbarrati.
- Tu…- mormorò la Reggente, dopo un’interminabile pausa. - Te ne sei… innamorato?-
Non sembrava sorpresa, come se avesse già visto accadere qualcosa di altrettanto folle in passato; dal canto mio, invece, pur tappandomi le orecchie, non riuscii a fare a meno di notare il modo nervoso in cui il figlio di Klaus si agitò sul posto prima di rispondere:
- No.- esalò, monocorde. - Ma Nick l’amava. Mio fratello teneva a lei ed ha rinunciato in eterno alla sua anima, per lei. Come un martire. Si è sacrificato per vederla al sicuro e, per non insultare la sua memoria, non vorrei farle del male, ma se non mi aiuterete… sarà inevitabile che accada il peggio. Con gravi conseguenze per tutti.- si fermò giusto per il tempo necessario a lasciar trapelare fino in fondo le proprie intimidazioni, poi si abbandonò sullo schienale. - Cerca di capirmi, Davina: voglio venirvi incontro e cercare di risparmiarle altre tragedie, ma neanche questo proposito basterà a farmi desistere dal mio intento, se voi non mi sosterrete nel modo che ho richiesto. Non sono abbastanza nobile per un simile gesto. Fratello sbagliato.- il suo tono s’incrinò pericolosamente prima di tornare lapidario: - In un modo o nell’altro, io uscirò di scena. Ma se non mi lascerete altra scelta, qualcosa di tremendo accadrà a Demi Salvatore e, a quel punto, non sarà più colpa mia, ma vostra… soltanto vostra. Sono stato abbastanza chiaro?-
- Sì.- asserì Davina, con un tremito impercettibile nella gola. Il sospiro di Prince fu appena udibile, ma tradì comunque la sua soddisfazione. - Ho capito. Molto bene, allora. Stando così le cose, immagino che…-
 
Non riuscii ad afferrare il resto del discorso poiché, dopo essere stato investito da una raffica di vento improvvisa, ebbi di nuovo la netta sensazione che, in quel mondo, la mia corporeità non contasse un granché e fui proiettato di peso in un nuovo scenario.
   
Stavolta si trattava di un magazzino.
Lo intuii dalla moltitudine di manufatti accatastati intorno a me, ma mi ritrovai ben presto a comprendere che non ero affatto arrivato in un comune sgabuzzino strabordante d’inutili cianfrusaglie: quello era un deposito di oggetti magici.
Nella penombra, infatti, luccicavano file di barattoli colmi di densi liquidi sgargianti, sulla sommità dei quali galleggiavano putride fanghiglie gorgoglianti; lungo degli interminabili scaffali erano impilati teschi umani modellati in ottone, bronzo o cera, le cui orbite cave ospitavano gemme di ogni forma e dimensione. Qua e là erano anche disposte delle sfere di cristallo dal contenuto nebuloso e in perenne movimento e, da un baule abbandonato pesantemente sul pavimento, sbucavano una robusta fune arrotolata su se stessa, simile ad una serpe assopita, dei calici di metallo con iscrizioni runiche a mo’ di decorazione, una bussola che non puntava a nord e anche molte collane intrecciate di conchiglie, piume o piccole ossa di animali. 
- Oh, direi che senz’altro avete qualcosa che fa al caso mio, quaggiù.- commentò Prince di colpo, emettendo un basso fischio ammirato e facendosi scorrere distrattamente tra le dita una stella d’argento che doveva aver sgraffignato in giro. - E così questo è il celebre deposito di oggetti oscuri fabbricati dai Doge, eh?- indovinò, continuando a guardarsi curiosamente intorno, mentre le punte affilate del suo nuovo giocattolo catturavano la luce delle candele con uno sfavillio infido. - Però. Un’antica famigliola laboriosa, la loro. Nevvero?-
- Dovresti dirmelo tu.- replicò dura Davina, come se la faccenda l’addolorasse. - Visto che William Doge, l’ultimo della loro discendenza, è ormai da anni il tuo armaiolo di fiducia e non più un membro della nostra Congrega.-
Fiutando l’argomento scottante come un segugio, feci subito in modo di aguzzare a dovere le orecchie:
- Su, non volermene, Davina.- cantilenò Prince, scagliando in aria la stella, la quale andò a conficcarsi dritta nel petto di un manichino voodoo appeso in un angolo e, magicamente, incise un’infinità di tagli invisibili nella stoffa che lo rivestiva. - I tuoi Antenati potranno pure averti raccontato un sacco di frottole a proposito di quanto avessero a cuore la sorte dei legittimi proprietari di questo posto, ma la verità è che non hanno mosso un solo dito per proteggerli mentre Sophie dava loro la caccia. Alla fine, ovviamente, lei li ha scovati ed Ombrizzati e, giustamente, per il caro Will quello è stato il punto di non ritorno.- rilassato come se stesse conversando del tempo, Prince picchiettò sul cristallo di un’ampolla, poi tornò a rivolgersi alla Reggente. - Quanto a me… beh, sarebbe stato un peccato davvero troppo grave non approfittare del suo innato talento. E, ovviamente, anche degli introvabili Grimori da lui ereditati per via materna… una vera chicca.- 
- I suoi genitori erano stati banditi dal Quartiere, lo sai bene.- protestò Davina, arrossendo.
Cosa?
Doge era dunque il figlio di due fuorilegge mistici?! Ah-ah, beccati questa, Sheila, lo dicevo io che non c’era da fidarsi di quel…!
Mosso da un meschino ed incontrollato sentimento di rivalsa, aprii la bocca per domandare personalmente qualche altra informazione a tal proposito ma, con mio sommo rammarico, nessuno dei due presenti diede segno di avermi sentito o accennò più al motivo dell’esilio dei coniugi Doge, lasciandomi a rimbrottare tra me dalla frustrazione.
- Ma non William.- precisò Davina, stuzzicando peraltro la mia delusione. - Lui non era in alcun modo colpevole dei loro crimini, perciò dovrebbe ritornare al suo posto, tra noi. E’, a tutti gli effetti, una strega francese per diritto di nascita ed il suo importante ruolo…-
-… sarà stato rimpiazzato da qualcuno di adeguato, nel frattempo. Ne sono certo.- la bloccò Prince, mostrandosi impaziente.
Da quando Davina gli aveva garantito il proprio appoggio, mi pareva ringalluzzito e l’ombra sbiadita della sua arroganza aveva ripreso ad affiorare oltre la disperazione, scatenando in me un misto tra divertimento ed irritazione:
- Corretto.- confermò la maggiore delle Claire, inghiottendo a fatica l’acredine e rivolgendo con prontezza lo sguardo alle spalle del principe, verso qualcuno che aveva appena fatto il proprio ingresso in quel prodigioso ripostiglio: - Prince Mikaelson, sono lieta di presentarti il nostro degno sostituto per la carica di Custode degli Oggetti Oscuri, Alphonz Bellatunde Delgallo…- annunciò, allargando le braccia in segno di caloroso benvenuto: -… altresì noto come Papa Tunde.-
Papa Tunde?!
Per riuscire a guardare in faccia il singolare nuovo arrivato dovetti alzare il capo di una decina di centimetri almeno: si trattava, infatti, di un colosso di mezza età, alto poco meno di due metri, dalla corporatura dinoccolata ed il portamento distinto. La sua pelle era scura come cioccolato fondente e, per contrasto, indossava uno smoking di un bianco accecante, arricchito da un papillon giallo appuntato proprio sotto il pomo d’Adamo e da un borsalino inamidato che gli copriva la parte superiore del cranio glabro ed un po’ bitorzoluto.
- Prince.- ghignò Papa Tunde con uno sgradevole accento francese, sollevando leggermente il proprio cappello in segno di saluto. Quasi mio malgrado, mi accorsi che fissava il giovane Prescelto come un falco affamato e che si sforzava di risultare cordiale, nonostante il suo tono continuasse a suonarmi parecchio viscido: - Très heureux de vous rencontrer. La tua fama ti precede, come in fondo accadeva anche per ton père, Klaus.-
Oh, no.
Eccone un altro incazzato col paparino che non vedeva l’ora di prendersela con il figlio.
Magnifico.
- In realtà, l’oggetto che sto per proporti come soluzione di tutte le tue sofferenze era stato originariamente progettato per annientare proprio lui… sai, per fermare la sua tirannia con un’arma quasi all’altezza di un Paletto Originale e privare così Marcel del suo più pericoloso ispiratore.- spiegò lo stregone, lisciandosi fieramente il pizzetto. - Ci lavoro sopra da prima che tu nascessi… e lo considero il mio capolavoro.-
- Beh… vi svelerò un segreto, monsieur Tunde.- gli confidò Prince a denti stretti, fingendo altrettanta affabilità solo per ottenere ciò che bramava. - Dalle profondità della sua tomba, sono certo che mon père Klaus non si offenderà se oggi vorrete consegnare il vostro prezioso trésor a me.-
- Se è la Reggente che lo ordina...- commentò Papa Tunde umilmente, come se la faccenda non gli procurasse alcun piacere personale, poi abbassò le palpebre e cominciò a recitare una pomposa ed intricata litania: - Apparaît poignard de sommeil, lame pointue endormi… apparaît poignard de sommeil…-
Si udì un cupo ronzio prolungato, poi qualcosa di affilato fece magicamente capolino tra le dita sottilissime di Papa Tunde, attirando subito la mia attenzione e quella degli altri due presenti. Nessuna sorpresa per il sottoscritto, ovviamente: si trattava dello stesso pugnale che avevo provato a tirare fuori dal cuore del principe, dopo che questi lo aveva usato per farla finita, solo pochi attimi prima di essere catapultato nelle sue ultime memorie.
 
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Ecco, dunque, come se l’era procurato.
E, soprattutto, perché.
- Ti donerà un sonno molto simile a quello che la pomme empoisonnée diede a Biancaneve.- chiarì lo stregone, facendosi scorrere tra le mani la propria creazione e consentendo a tutti di ammirarne la fattura. - E’ un’arma validissima, ma ancora non del tutto perfezionata: come ti ho detto, avevo cominciato a costruirla per eliminare dalla circolazione l’ibrido Mikaelson, ma quest’ultimo fu sconfitto a Mystic Falls prima che io la ultimassi. Una vera fortuna, perché adesso posso ancora scegliere di rendere te il suo destinatario e scagliare in base a questo dettaglio l’incantesimo che renderà definitivi i suoi effetti.-
- Definitivi.- ripeté Prince, inquieto, come se non osasse sperarci. - Mi stai dicendo che non ci sarà nessun modo di riportarmi indietro? Mai? In nessun caso?-
Ci fu un attimo di trepidante silenzio, poi Papa Tunde strinse la mascella e guardò l’erede del suo antico nemico come se questi lo avesse appena schiaffeggiato:
- Se il tiranno Marcel ci avesse permesso di sfruttare il nostro legame con gli Antenati per compiere magie ancestrali, sta’ certo che, a quest’ora, sarei stato in grado di dare alla luce un pugnale mortale quanto il paletto stregato da tua nonna Esther. O di più.- sibilò furioso, arrossendo. - Ma con le pozioni, le profezie e l’impiego di materiali magici per la forgiatura di manufatti, ovvero con gli unici sortilegi che ci è ancora concesso praticare in questo Quartiere senza rischiare la forca, non c’era modo, per me, di raggiungere un simile scopo. Nonostante mi sarebbe immensamente piaciuto.- specificò, amareggiato. Il principe lo fissò senza dire una parola, in attesa che il monologo di quello strambo fattucchiere con manie di grandezza riprendesse: - Stregherò la lama personalmente, e questo la renderà capace di nuocerti, come desideri. Ma non durerà per sempre: il suo effetto potrà essere annullato, in una determinata circostanza.- mentre ricambiava lo sguardo assetato d’informazioni di Prince, tornò ad inanellarsi fastidiosamente il pizzetto attorno all’indice. - L’unica cosa che posso fare è darti la possibilità di scegliere quale.-
Senza fiatare, il biondo lo scrutò per qualche minuto, forse cercando di capire quale trucco fosse nascosto dietro a quelle parole, poi un’espressione sempre più convinta si fece largo sui suoi lineamenti regali, sintomo che l’idea perfetta gli era appena balenata nella testa.
Ottimo. Pensai, sfregandomi energicamente le mani. E adesso sparala, principino, da bravo, così potrò porre fine a questo casino una volta per tutte…
- D’accordo. Potrei voler tornare indietro solo ad una condizione.- cominciò lui, scoccando un’occhiata penetrante anche a Davina, la quale aveva serrato forte le dita per non lasciar intravedere a nessuno il loro tremito. Prince parve accorgersene comunque, ma questo non bastò a fermarlo: - Ed intendo solo e soltanto se…-


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… allora?
Se?!
Andiamo…
SE…?!?!
Interdetto, strizzai le palpebre più volte e, mentre la bocca di Prince Mikaelson si muoveva sotto i miei occhi per articolare la soluzione al suo problemuccio, provai persino a sturarmi un orecchio con l’indice, ma non riuscii ad udire nulla di veramente distinto venir fuori da quelle labbra. Di colpo, infatti, la testa iniziò a dolermi come se qualcuno mi avesse appena tramortito con un cazzotto ed ebbi l’orrenda sensazione che il mio cervello fosse finito imbottigliato in una boccia per pesci rossi spessa almeno tre dita e ricolma di una densa gelatina opaca che m’impediva di vedere qualsiasi cosa… oltre che di respirare liberamente.
Cosa?!
Coff… coff… coff…
Oh, no!
No, no, no.
L’ho già detto?
NO.
-… fratelli…- afferrai a malapena tra i miei stessi eccessi di tosse, sentendo un formicolio insopportabile farsi strada dalle mie mani fino alle vene dei polsi, ed un acre sapore ferroso scorrermi abbondantemente in gola, provocandomi dei conati. -… insieme… di nuovo… famiglia... solo… svegliarmi… svegliarmi… sve…-
E quiiiiiindi, signore e signori…
Niente chiave dell’enigma, per me.
Solo un altro schifosissimo indovinello.
Urrà!
E dan-na-zio-ne.
Per di più, il mio tempo laggiù sembrava essere decisamente scaduto…
Ed io stavo già tornando…
Sì…
Stavo… proprio… tornando… indietro…
 
***
 
Con un sospiro, Elena riemerse finalmente dall’acqua, poi, con uno zampillare scrosciante di olii profumati di rosa e cannella ad accompagnarla, si tirò su e si sedette un po’ in bilico sul sottile bordo di marmo della vasca da bagno, appoggiando i piedi ancora bagnati sul soffice tappeto che li attendeva proprio lì accanto ed inspirando profondamente.
Ad un certo punto del pomeriggio, rimasta sola in quel Pensionato immensamente vuoto e quasi asfissiante nel suo silenzio, aveva deciso di smettere di piangersi addosso e di seguire il consiglio che la sua Demi le aveva sussurrato all’orecchio prima di andarsene; così, dopo essersi recata di soppiatto al piano superiore, si era fatta guidare dall’istinto e ben presto si era ritrovata di fronte alla vecchia e remota camera da letto di Damon. Non senza che una palpitazione anomala le scuotesse le viscere, aveva abbassato la maniglia di quella porta per anni proibita e, una volta dentro, si era lasciata tentare da un’unica, stuzzicante idea: quella di riappropriarsi della capientissima ed indimenticabile vasca perlacea che si trovava da sempre nel bagno privato del primogenito Salvatore e che per troppo tempo era rimasta confinata lassù, assieme ad una montagna di segreti, mancandole più di quanto non si fosse mai concessa di ammettere.
Senza più esitare, dunque, Elena aveva riposto in un angolo i propri abiti e, dopo averla colmata fino all’orlo, si era tuffata in quella piccola piscina con una gioia quasi infantile, entusiasta, lasciandosi avviluppare dal suo denso e schiumoso abbraccio e sentendo le proprie membra liquefarsi placidamente, simili a miele colato tra le bolle grosse e candide che le danzavano attorno.
La vasca miracolosa, naturalmente, non l’aveva delusa: ogni sua angoscia si era dissolta come per magia, evaporando, e la Gilbert aveva trascorso forse delle intere ore a mollo, mezza addormentata e con la mente incredibilmente sgombra. Soltanto un lieve brivido, dovuto al lento ma inesorabile cambio di temperatura dell’acqua, era stato capace di riportarla alla realtà e così, dopo essersi strizzata i capelli gocciolanti ed averli avvolti con cura in un asciugamano a mo’ di turbante, la vampira si era infilata l’accappatoio che aveva preparato in anticipo ed aveva fissato con un nodo il candido laccio che le circondava morbidamente i fianchi, zampettando poi, scalza, verso lo specchio lì vicino e sbirciandoci attraverso.
Mentre si osservava, Elena notò che i propri occhi scuri erano sorprendentemente dilatati e che le stavano restituendo uno sguardo molto rilassato, assai diverso rispetto a quello che le aveva deturpato il volto l’ultima volta che era stata in quel posto, ovvero quando Damon, costretto dalla compulsione, era scomparso nel nulla, e lei aveva creduto di averlo perso per sempre…  
Quante cose erano cambiate da allora.
In sedici anni, la Gilbert aveva imparato a convivere quasi alla perfezione con i propri fantasmi, a schermare la mente di fronte ai ricordi peggiori e a lasciarsi scivolare addosso le giornate con la stessa flemma con cui adesso stava facendo scorrere il pettine tra le sue ciocche umide. Era diventata una moglie, ed una madre. Aveva vissuto dei momenti di pura felicità, sdraiata sul divano con la sua famiglia a vedere un film ridicolo e a sgranocchiare tiepidi popcorn al formaggio, scambiandosi con Stefan degli sguardi di complicità ed aiutando la piccola Demi a finire i compiti prima di accompagnarla al parco… eppure, più rimaneva in quel posto, più si sentiva assalita dalla sensazione che il tempo non fosse mai trascorso.
Non davvero.
Non per lei.
In fondo, quasi niente, lassù, era stato spostato.
Dopo qualche giorno dal suo rocambolesco ritorno da New Orleans, infatti, Demetra si era finalmente decisa a lasciare la sua stanza silenziosa e si era rintanata in quella di Damon… per rimetterla a nuovo. Tutta sola, armata di scopa e di straccio, aveva spazzato con cura il pavimento, tempestato dai cocci dello stesso specchio che proprio lei aveva mandato a sfracellarsi dopo aver scoperto la verità su suo padre, poi aveva cambiato le lenzuola di seta nera, rifoderato e sprimacciato i cuscini uno per uno, spolverato l’enorme cassapanca nell’angolo ed infine lucidato il bagno fino a farlo luccicare, rendendo di nuovo confortevole quel posto così a lungo dimenticato da dio.
Ma, intenzionalmente, la ragazza non aveva stravolto nulla rispetto all’iniziale disposizione degli oggetti: li aveva accarezzati tutti quanti, certo, per ripulirli dalla patina grigiastra che li striava ed oscurava la loro bellezza, ma poi li aveva riposizionati dov’erano sempre stati, restituendo all’intera camera la sua anima più autentica e lo stile misterioso ed un po’ stravagante con cui Damon l’aveva arredata fin dal primo istante.
Già.
Era assurdo, ma ogni cosa era esattamente dove Elena la ricordava.
Ad esempio, frugando alla cieca in un cassetto nella speranza di trovarci dentro un phon funzionante, la vampira pescò una bottiglia di ottimo champagne ancora chiusa e si tappò la bocca con una mano per non scoppiare a ridere: oh, accidenti! Aveva del tutto scordato la buffa abitudine che Damon aveva sempre avuto, durante i suoi interminabili bagni caldi, di sorseggiare sfrigolanti bollicine da pregiati calici di cristallo, o quella, ancora più assurda, secondo la quale ogni tanto era solito aggirarsi liberamente per casa, ancora tutto ricoperto di schiuma e, per di più, completamente…
La Gilbert richiuse lo sportello dell’asciugacapelli con uno schiocco precipitoso e poi, per distrarsi e scacciare via in fretta il pensiero che le aveva appena sfilato impunemente nella memoria, facendola avvampare, alzò gli occhi verso l’ampia finestra rettangolare ritagliata nella parete e si accorse con stupore che il cielo, là fuori, aveva già assunto le tinte fosche della sera inoltrata… senza che Demetra rientrasse o desse notizie di sé.
Oh.
Oh no.
Quanto tempo era trascorso da quando aveva sentito il portone del Pensionato chiudersi alle spalle di sua figlia? Forse abbastanza da rendere strana o sospetta la sua assenza? Abbastanza per cominciare a preoccuparsi? Qualcosa non andava, ed era per questo che si sentiva di colpo così accaldata, quasi febbricitante… oppure si stava agitando tanto per nulla?
Con uno spasmo d’impazienza, Elena agguantò il cellulare e controllò rapidamente l’orario. Nessuna chiamata persa, nessun avviso da parte della ragazza per avvisarla del fatto che avrebbe potuto fare un po’ più tardi del previsto. Dondolandosi nervosamente da un piede all’altro, la vampira compose a memoria il numero di Demi e si portò il telefono all’orecchio, in trepidante attesa.
‘’Non andare nel panico. E’ solo in ritardo… è solo un piccolo ritardo, sarà a casa presto.’’ si ripeté mentalmente, cercando di non finire in iperventilazione. ‘’Oh, rispondi alla chiamata, Demi, avanti…’’
Era sempre così, da quando la ragazza era stata rapita da Rebekah e poi era fuggita a New Orleans con l’erede di Klaus proprio sotto il naso dei suoi genitori: Elena non riusciva mai a non pensare al peggio. Vista la situazione drammatica e delicata in cui i rapporti suoi e di Stefan con la loro pargola versavano ormai da un mese a quella parte, la Gilbert si era vista costretta ad evitare delle politiche troppo restrittive a proposito di uscite e cose simili, ma questo non le garantiva affatto di restare calma ogni volta che il più vago sentore di un pericolo le solleticava la mente, tutt’altro...
- Demetra…- soffiò Elena a denti stretti, mentre gli squilli disponibili terminavano senza ottenere soddisfazione e la segreteria di sua figlia attaccava con la sua sterile cantilena, lasciandola con un palmo di naso. Mentre riprovava immediatamente a richiamare, Elena si spostò un ciuffo castano che le era piovuto sulla fronte aggrottata e cominciò a riflettere freneticamente: durante l’infanzia di Demi, quando aveva avuto un’assoluta necessità di rintracciare sua figlia, si era sempre rivolta, senza mai sbagliare, a Sheila o a Mattie, ma, di recente, qualcosa sembrava essersi incrinato in quell’inseparabile trio. La dipartita del figlio di Elijah aveva lasciato un vuoto tutto particolare dentro ciascuna di loro e, forse per proteggersi dal ricordo ancora troppo vivido della loro impotenza di fronte ad una simile tragedia, le ragazze avevano allentato di parecchio il loro affiatamento, tanto che Elena era praticamente certa che Demi non fosse uscita per raggiungere nessuna delle altre due, quella sera.
Però le aveva detto che sarebbe passata al Mystic Grill per comprare la cena…
Sì, di sicuro aveva fatto una sosta al Grill…
E se c’era un cliente fisso di quel posto che, con ogni probabilità, poteva averla vista passare di là, quello era…
Beh, era
 
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Elena si mordicchiò furiosamente il labbro inferiore, rigirandosi il cellulare tra le dita per un altro attimo di esitazione, poi si decise ad ingoiare l’orgoglio, il batticuore e l’irrazionale terrore di venire respinta, e cercò in rubrica l’unico numero di cui aveva disperatamente bisogno.
 
***
 
ZZzZZzZZzzzzzzzz.
zzzzZZZZZzzzZZZZZZZZ.
ZZZZZZZzzzzzzZZZZzzzzzzzzzzzzz.
Punzecchiato dall’assillante brusio che proveniva dalla tasca posteriore dei suoi jeans come da uno sciame di calabroni inferociti, Damon si decise a spalancare gli occhi e, con una fatica che sembrò costargli almeno un decennio d’anni di vita, riprese i sensi, accorgendosi con un istante di ritardo di essere finito faccia a terra, come una pera matura caduta di schianto dall’albero, sullo stesso tappeto che ospitava il corpo immobile e freddo di Prince Mikaelson.
Con uno scatto repentino, il vampiro staccò la mano dall’elsa del pugnale di Papa Tunde e ci soffiò ripetutamente sopra, come per spegnere l’incendio invisibile che ancora sentiva ardergli sul palmo ustionato dal quel contatto, poi sentì affiorargli nella memoria, una ad una, tutte le scene a cui aveva appena assistito tramite la coscienza del figlio di Klaus e si sentì invadere da una caterva di sentimenti contrastanti.
Pena. Rabbia. Gelosia. Impotenza. Senso di colpa. Angoscia. Immedesimazione…
Diamine.
La testa gli pulsava come se qualcuno lo avesse colpito in pieno con un randello chiodato e gli ronzava pure tremendamente, o forse…
Un momento… in realtà…
Oh, no, era qualcos’altro che stava vibrando…
Irritato da quel tempismo così inopportuno, il vampiro estrasse il cellulare impazzito dalla propria tasca, pronto a troncare in malo modo qualunque chiamata in arrivo, poi batté le palpebre, inebetito dalla sorpresa, e sentì il suo pollice sfrecciare sul tasto verde più veloce della luce:
-… Damon?- bisbigliò una voce dolce ed inconfondibile dall’altra parte del ricevitore.
In un attimo, il vampiro si sentì svuotare dentro da ogni sensazione che non fosse un puro, incontrastabile ed autentico sollievo:
- Elena.- sospirò, ma quel nome gli venne fuori come un colpo di tosse soffocato. - Coff coff coff… q-qual buon vento?- gracidò, riprendendo fiato con difficoltà. Non si era reso conto, fino a quando non aveva riaperto la bocca, che la sua gola era davvero in fiamme, proprio come nei ricordi di Prince, e gli doleva come se avesse ingurgitato a grandi sorsi un bel cocktail a base di verbena. La Gilbert se ne accorse immediatamente ed il suo tono si fece dubbioso:
- Damon?!- ripeté confusa. - Va… va tutto bene?-
Il vampiro si schiarì sonoramente la voce, poi scoccò uno sguardo in cagnesco a Prince e all’arma in osso ricurvo che spuntava dal suo petto, alla Capanna desolata e al proprio palmo bruciacchiato, e scrollò le spalle:
- A meraviglia.- gracchiò, rauco come un fumatore incallito, raddrizzandosi sulla schiena ed appoggiando pesantemente la fronte indolenzita sul bracciolo di una poltrona lì accanto. - Mai stato meglio.-
- Dove sei?- gli domandò Elena, che non sembrava per niente convinta. - Al Grill?- tentò, anche se la totale assenza di baccano attorno alla cornetta di Damon le lasciava ben poche speranze al riguardo.
- Nope.- replicò lui, stuzzicando con la punta della scarpa le frange del tappeto su cui se ne stava appollaiato. - Ma ci sono passato meno di un’ora fa… perché?- sentendo le budella che gli si annodavano dolorosamente, Damon mormorò: - Volevi vedermi?-
- Volevo sapere se… ecco, se avevi visto Demi.- mormorò lei, camminando avanti e indietro sul pavimento del bagno del Pensionato, con i piedi nudi che diventavano ogni minuto più freddi, mentre le sue guance si facevano sempre più incandescenti. - Non è ancora tornata ed io ho provato a rintracciarla già un paio di volte, ma... beh, il suo cellulare ha squillato a vuoto e così ho subito pensato che magari…-
- Sì, era al Grill.- confermò Damon, cercando di mascherare la propria delusione con tutta la maestria di cui era capace. - Ha ordinato un po’ di panini e stava aspettando che fossero pronti quando me ne sono andato. Nel parcheggio ho intravisto il suo catorcio grigio, perciò probabilmente sta guidando verso casa proprio mentre parliamo, ed è per questo che non ti ha risposto. Capita.-
- Certo.- annuì Elena debolmente, tormentandosi l’anello solare attorno all’anulare, tanto per tenersi impegnata, mentre nel suo cervello qualcosa s’inceppava e le sembrava di udire il riverbero di un allarme rosso assordarle i timpani. - Capita eccome.-
A quel punto, entrambi piombarono nel silenzio più assoluto, senza che nessuno dei due sapesse esattamente cosa dire all’altro.
Damon, dal canto suo, non riusciva a togliersi dalla testa due cose: il meraviglioso, bollente pensiero delle labbra di lei che toccavano le sue durante l’ultima sera in cui si erano trovati faccia a faccia, e l’altrettanto cocente frustrazione che, nell’ultimo mese, aveva provato ogni dannata volta che Elena aveva evitato le sue, di chiamate, tagliandolo completamente fuori dalla propria vita e ricomparendo, adesso, in quel modo così candido, aspettandosi che lui non fosse minimamente...
- Avevo paura che non volessi parlare con me.- bisbigliò proprio in quel momento la Gilbert, interrompendo bruscamente il suo flusso di coscienza e spiazzandolo per la seconda volta in meno di cinque minuti. - Visto come ti ho trattato, se non avessi avuto la minima voglia di sentirmi, lo avrei capito. E non avresti avuto torto.- aggiunse la vampira velocemente, come se temesse che, da un momento all’altro, lui avrebbe potuto sul serio ravvedersi e riattaccare.
- Sì, avrei potuto ignorarti.- convenne Damon con un ghigno rassegnato. - Ma ho passato talmente tanto tempo a scappare da ciò che voglio da bastarmi per tutta l’eternità.- Elena trattenne appena il respiro per assorbire l’impatto di quelle parole, ma lui proseguì senza ulteriori esitazioni: - Perciò ho deciso di smettere di farlo… sai, solo per capire cos’è che si prova nel mentre. In fondo, dev’esserci una ragione se la maggior parte della gente segue il proprio stupido cuore di continuo, e senza troppi rimpianti, no?-
- Immagino di sì.- mormorò la Gilbert incerta, sfiorando inavvertitamente con l’indice il dorso del suo cellulare, come per accarezzarlo. - E allora?- incalzò poco dopo, incuriosita. - Com’è che ci si sente?-
- Vivi.- rispose Damon, con una disarmante semplicità. - Ci si sente più vivi.-
Tacquero di nuovo a lungo, ma stavolta non c’era traccia di ostilità in quel silenzio, fragile e sospeso a mezz’aria come una ragnatela gocciolante di rugiada mattutina.
- Little D conosce molto bene i tuoi gusti, devo ammetterlo.- cambiò radicalmente discorso il vampiro ad un certo punto, ricordando in un breve flash ciò che lui stesso, uscendo furtivamente dal Grill, aveva origliato ordinare dalla figlia al pub. - Ma mi sa che con Stefan ha decisamente toppato… insomma, lui odia la salsa Worcester, visto che Demi ha ordinato quattro panini su quattro farciti con quella roba, credo proprio che non farà i salti di gioia. Per lui, parola mia, sarebbe meglio bere del sangue di puzzola!-
-… Stefan non cenerà con noi, stasera.- lo avvisò Elena, abbottonandosi in vita i pantaloni color crema con la mano libera ed incuneando il cellulare tra l’orecchio e la spalla mentre si chinava per raccogliere le scarpe. Sentiva che se non si fosse tenuta occupata, mentre comunicava quella notizia a Damon, sarebbe scoppiata di nuovo a piangere, e non riusciva a pensare di poter fare qualcosa di peggio, in un momento come quello: - Lui… starà alla casa sul Lago per un po’. Ha deciso che è meglio così. Era… era a pezzi, ma non ho potuto dire nulla che potesse fermarlo. Niente di ciò che ho fatto è servito a trattenerlo.- sottolineò Elena, nella speranza che Damon capisse quanto quella situazione la ferisse e, allo stesso tempo, anche quanto le fosse costato cercare di evitarla.
- Stefan.- commentò l’altro spiccio, come se quell’unica parola bastasse a spiegare tutto a proposito della decisione di suo fratello. Mentre lo diceva, il suo sguardo mesto tornò a posarsi sul cadavere ingrigito di Prince, che aveva preferito quella miserabile condizione di non-vita rispetto a ciò che lo aspettava affrontare senza il suo Nick, e le palpebre presero a bruciargli come se qualcuno ci avesse spalmato sopra del peperoncino. - Forse dovrei parlargli.- rimbrottò, con la voce di nuovo arrochita. - Dovrei andare da lui e parlarci a quattr’occhi.-
- Puoi provarci.- pigolò Elena, legandosi i capelli in una coda. - Magari avrai più fortuna di quella che sta avendo la nostra bambina con il figlio di Klaus.-
Damon non poté trattenersi dal grugnire e dal trapassare con un’occhiata assai meno compassionevole il biondo riverso per terra. Cos'avrebbe dato per poter ritornare a detestarlo come prima di mettere piede in quella Capanna e di conoscere i suoi retroscena!
- Cosa ne sai tu di quella storia?- indagò, cercando di sembrare vago e non melodrammatico.
- Sono settimane che Demetra esce di casa vestita come una guerriera e svanisce per intere ore, nel pomeriggio. Sul pavimento, al suo ritorno, spesso ho trovato piccole tracce di foglie, sabbia e fango, quindi credo proprio che se ne vada a gironzolare dalle parti delle Cascate, dove, guarda caso, vive quel ragazzo. E la sua espressione, quando crede che nessuno la stia guardando, è sempre così afflitta… mi spezza il cuore.- spiegò Elena, ripiegando un asciugamano umido e sentendosi invadere dal dispiacere. - L’ho sentita parlare con Sheila al telefono, qualche giorno fa, e le stava confessando che Prince non voleva saperne di darle ascolto, ma che lei non avrebbe smesso di presentarsi alla sua porta… non le importava quanto ci sarebbe voluto per convincerlo, ma non poteva abbandonarlo.-
- Ma magari è lui che ha mollato.- suggerì Damon, deglutendo e massaggiandosi le tempie coi polpastrelli, mentre cercava di mettere ordine tra i propri pensieri, soprattutto alla luce della sua più recente e macabra scoperta. Chissà se avrebbe mai avuto abbastanza fegato e faccia tosta da far passare quel dramma come una fuga volontaria, come un atto di pura vigliaccheria, come una diserzione poetica, perfino, pur di toglierlo dalla testa di Demi una volta per tutte... chissà se esisteva una buca abbastanza profonda in cui seppellire Prince Mikaelson ed il suo segreto potenzialmente letale senza scatenare un cataclisma cosmico nella nuova generazione: - Forse ha gettato la spugna, e grazie tante! Perché no? Forse non si fa vivo perché… perché se n’è andato dall’altra parte del mondo ed ha deciso di trascorrere la sua esistenza a non farsi mai più rintracciare né da Demi, né da Sophie, né da nessun altro… AH! E se così fosse? Sarebbe davvero una perdita così grave? L’ho incontrato di persona, il tipo, e credimi se ti dico che ho visto brillare nei suoi occhi la stessa sfavillante luce da psicopatico di papibrido. In più, secondo la Profezia, lui è destinato a ridurre nostra figlia in mille pezzi, è nato praticamente solo per questo, ma no! Ovviamente lei si ostina a tenerci! Se si mettesse l’anima in pace, invece, te lo dico io, tutto sarebbe molto più…-
- Nostra figlia è un osso duro.- lo interruppe Elena, intontita da quel discorso strampalato ma ben ferma su un unico punto fondamentale: - Come te. Perciò non si arrenderà. E ti dirò una cosa: non sono sicura di volere che lo faccia.- confessò d’impeto, col cuore che le si gonfiava per l’orgoglio. - Forse non voglio che Prince continui a restare fuori dalla sua vita.-
- Insomma, si può sapere da che parte stai?- sbottò Damon, ormai paonazzo. - Arma Letale che si leva di torno sarebbe una manna dal cielo!- a questo punto non ci credeva neanche lui, ma tanto valeva tentare: - O no?-
- Demi era innamorata del figlio di Elijah.- gli rinfrescò la memoria la Gilbert, senza troppe cerimonie. Damon arricciò istintivamente il naso in una smorfia ma, poi, non poté far altro che chinare il capo. - E l’ha perso, in modo orribile. Io so cosa vuol dire sentirsi strappare via qualcuno che ami senza poterlo impedire, solo perché qualcun altro l’ha deciso al posto tuo… può mostrarsi forte quanto vuole, ma sono convinta che Demi stia cercando soltanto un modo per non affondare, e quel modo è aggrapparsi a Prince Mikaelson. Forse ci trova qualcosa in lui, o forse non è semplicemente pronta a lasciarlo andare… non adesso, non dopo quello che le è capitato. Forse arrendersi con Prince ora che l'altra ferita è ancora così fresca ed aperta sarebbe troppo da pretendere, perfino per una tosta quanto lei. Perciò no, io spero vivamente che quel ragazzo non decida di sparire nel nulla e trovi il coraggio di rimettersi in gioco, perché, qualunque cosa succeda, nostra figlia non smetterà di sentirsi legata a lui.-
Damon si batté con una mano la fronte, scuotendo la testa disperato, ma si violentò per non emettere nemmeno un fiato al riguardo: finché non gli fosse venuta in mente qualche idea geniale per salvare la giornata, nessuno doveva sapere la verità sulla grande rinuncia di Prince.
- Perciò anche tu, se scoprissi che il caro principino ha avuto un contrattempo, decidendo di ritirarsi dalle scene per un po’…- ipotizzò Damon candidamente, coi denti che stridevano nello sforzo di non lasciar sfuggire il suo ruggito interiore. -… proveresti a rimetterlo, emh, in pista? Giusto? Nessun dubbio?-
- Se anche Demi non ci tenesse tanto, dovrei tentare l’impresa, sì.- fece Elena, gravemente. - Abbiamo giurato al fantasma di Elijah, tutti quanti, che avremmo tenuto d’occhio i suoi ragazzi... ed abbiamo già fallito una volta.-
Damon gemette ma il suo verso fu fortunosamente coperto dal campanello del Pensionato che risuonò fino al piano di sopra, facendoli sobbalzare entrambi.
- Chi sarà?- mormorò la vampira turbata, sfrecciando verso la stessa finestra di poco prima per dare una sbirciatina al cortile semibuio del Pensionato. Demetra, fosse ringraziato il cielo!, aveva appena fatto il suo ingresso oltre il cancello, con i fari del suo scooter che le facevano largo fendendo le siepi ben potate… ma non poteva essere stata lei a suonare il campanello, non da quella distanza! - C’è un pick-up parcheggiato vicino al nostro garage. E due file di orme che arrivano fino agli scalini del portone…- notò Elena a bassa voce, avviandosi di corsa verso le scale. - Che strano… Demi non mi aveva avvisata che avremmo avuto degli ospiti, deve essersi inventata un cambio di programma subito dopo essere uscita di qui, perché non mi ricordo affatto di averla sentita dire che…-
- Credo proprio che sia arrivata l’ora, per te, di scoprire l’identità segreta degli altri mangiatori di hamburger alla salsa Worcester che vi faranno compagnia per cena, stasera. Ricorda, quattro panini.- la rimbeccò il vampiro di rimando, ascoltando i passi della Gilbert solleticargli delicatamente l’orecchio e sentendo un inevitabile sorriso fargli capolino sulla bocca. - Buona fortuna.- le augurò, mentre si sgranchiva teatralmente le dita della stessa mano che aveva usato, poco prima, per teletrasportarsi nella coscienza di Prince, come per prepararla ad un nuovo e più efficace assalto: - Anch’io devo andare. Salutami la piccola peste… dille che si sistemerà tutto, presto o tardi, che deve solo essere forte e continuare a non mollare la presa su ciò che è importante per lei. Farò in modo che le cose vadano meglio, d'ora in poi… farò qualunque cosa in mio potere, perché tutto diventi più facile.-
- Amo così tanto il modo in cui sei protettivo verso di lei.- gli sussurrò Elena con tenerezza, costeggiando l’enorme camino del salotto per avviarsi nell’ingresso principale.
- Io amo te.- disse Damon di slancio, prima di riuscire a frenare la lingua.
Poi, senza lasciarle il tempo di replicare, di colpo, riattaccò.
 
***
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice:
 
ZANZANZAAAAAAAAAAN.
ZANZANZAN.
ZA’.
Buonasera, miei adorati, non ci speravate più, vero?! E INVECE, anche se con un ritardo che farebbe impallidire anche quel cattivone di G.R.R. Martin, finalmente sono riuscita ad aggiornare. Che dire? Dall’ultima pubblicazione la mia vita è stata un po’ un disastro, una giostra senza controllo di guai e di nuove esperienze, motivo per cui ho praticamente visto la mia ispirazione farmi *ciaociao* con la manina e svanire per mesi e mesi (E MESI… MASSI’, RIGIRIAMO PURE IL COLTELLO NELLA PIAGA!).
Giuro che è stata una sofferenza condivisa.
Sono davvero refrattaria ai cambiamenti, io, e di strane novità, in questo arco di tempo disgraziatamente ampio (CATTIVO DOBBY, CATTIVO! #LOL), ce ne sono state davvero a bizzeffe. Per fortuna, per me, il ‘’DD’’ rimane sempre una costante, una specie di un porto sicuro dove far riposare la testa quando è eccessivamente impegnata in altre faccende… e voi tutti, come al solito, restate un’importantissima fonte di conforto per la sottoscritta.
Questo capitolo è stato un po’ un punto di partenza rispetto a ciò che avverrà nella seconda parte del Diario… ho messo un sacco di carne sul fuoco, ma spero di avervi regalato anche qualche bella emozione… il nostro adorato mini-Elijah se n’è andato e la prima a dover fare i conti con la sua perdita sono proprio io! Tutti i personaggi stanno cercando, a loro modo, di sopravvivere alla voragine che lui si è lasciato dietro, e questo, naturalmente, è un momento di passaggio assai difficile e doloroso per ciascuno di loro… ma la storia sta andando avanti e le svolte ed i pericoli sono sempre dietro l’angolo!
Riuscirà Damon a risolvere l’enigma di Papa Tunde e a riportare da noi il principe?
Vi aspettavate ciò che lui ha fatto?
Pensate che, per Demi, riavere indietro la sua controparte sarà la cosa migliore?
Chi mai sarà arrivato a bussare alla porta del Pensionato… e perché?
Che effetto vi ha fatto vedere ‘’l’eroe senza macchia’’ in quelle terribili vesti da Demone? Sarà rimasto qualcosa di buono in lui, oppure tutto è perduto?
Come al solito, se volete fare un favore a me e soprattutto alla storia, inseritela tra i preferiti o tra i seguiti, passate parola, recensite, commentate, seguite gli aggiornamenti in bacheca e sulla pagina ufficiale… insomma, tenetemi compagnia nel tempo che impiegherò a scrivere la prossima avventura!
Con un grazie infinito per la pazienza, vi mando un enorme abbraccio eeeee…
Alla prossima! <3
Evenstar75

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Capitolo 7
*** With luck, foward ***


With luck, foward
 
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*Sheila scrive sul diario di Demi*
Caro Nick,
da quando te ne sei andato, il nostro mondo è finito letteralmente in pezzi. Riesci a crederci?
 
*Demi esce in giardino e trova un biglietto sul suo scooter*
Nick: Ti prego, Demi, aiutami.
So perfettamente che tu e Prince mi credete perduto,
ma io sono ancora qui, intrappolato in queste sembianze di Demone.
Ed ho bisogno del tuo aiuto.
Sophie vuole che le consegnate la Piuma Nera, poi mi lascerà libero.
 
*Demone-Nick a Kai Parker e Shane*
Demone-Nick: - Che mi consegni la spada come richiesto nel biglietto è fuori da ogni probabilità (…)
Non pretendo che mi dia l’arma, mi serve soltanto che voglia cercarmi.
Perché credi che le abbia lasciato quel messaggio, altrimenti?-
 
*
 
Eve morente a Mattie: - Se muoio adesso non sarà stato invano,
perché, così facendo, potrò scegliere il mio successore...
ed io voglio salvarti, Mattie, perché voglio che sia tu a prendere il mio posto.
 
Mattie a Jackson *nel cimitero*: - So perché sei venuto qui, Jackson, e te ne sono grata.
So che Demi è in pensiero e che (…) ha affibbiato a qualcuno di cui si fida il compito di supervisionare le mie future metamorfosi,
per evitare che mi vada ulteriormente in pappa il cervello. (…)
Ma vorrei che fosse ben chiara una cosa: prima che quel mio momentino peloso arrivi,
non ne voglio sapere di prendere il comando,
o di entrare a far parte del vostro club,
non voglio neanche sentirne parlare, okay?!
Sono-in-lutto.-
 
*


*Damon trova Prince essiccato nella Capanna*
Damon: - Baby-Klaus… oh no, no, no… Demi… e adesso come glielo spiego?!-
 
*Damon assiste alla scena precipitando nell’inconscio di Prince*
Papa Tunde: - Questo pugnale ti donerà un sonno molto simile a quello che la pomme empoisonnée diede a Biancaneve (…)
Stregherò la lama personalmente, e questo la renderà capace di nuocerti, come desideri.
Ma non durerà per sempre: il suo effetto potrà essere annullato, in una determinata circostanza.
L’unica cosa che posso fare è darti la possibilità di scegliere quale.-
 
Elena: - Demi era innamorata del figlio di Elijah. E l’ha perso, in modo orribile.
Può mostrarsi forte quanto vuole, ma sono convinta che Demi stia cercando soltanto un modo per non affondare,
e quel modo è aggrapparsi a Prince Mikaelson.-
Damon: - Perciò anche tu, se scoprissi che il caro principino ha avuto un contrattempo,
decidendo di ritirarsi dalle scene per un po’…
proveresti a rimetterlo in pista?-
Elena: - Sì.-
 
*
 
Elena a Damon #cap6: - Stefan non cenerà con noi, stasera.
Lui… starà alla casa sul Lago per un po’. Ha deciso che è meglio così.
Era a pezzi, ma non ho potuto dire nulla che potesse fermarlo.-
 
Stefan ad Elena #cap5: -  Sei l’amore della mia vita, e lo sarai per sempre, ma non possiamo più andare avanti in questo modo.
Non posso sopportare le tue incertezze, non dopo quel che c’è stato tra noi… (…)
Per rispettare la volontà di Damon,
ho serbato per me la verità sul soggiogamento di Rebekah e il tenertela nascosta mi faceva sentire meschino,
ogni giorno, come se mi meritassi quel tuo amore a metà…
come se fosse quello il prezzo da pagare per poterti stare accanto.
Ma poi lui è tornato, e la sua sola presenza è bastata a farti rimettere in discussione ciò che volevi.
O chi.
Adesso hai tutte le carte in mano per fare la tua scelta, (…) ma non farmi restare qui a guardare.-
 
 
 
**************************************************************************
 
 
 
Stefan si asciugò la fronte madida di sudore passandoci sopra una manica della propria camicia a quadri, poi lasciò cadere pesantemente l’accetta di cui si era servito per la sua interminabile attività pomeridiana di boscaiolo, e sospirò.
Il sole d’amaranto era stato completamente fagocitato dalle rive più remote del Lago e nel cielo erano già comparse le prime stelle, ma lui non si sentiva sfinito come avrebbe dovuto, come avrebbe voluto. Infatti, nonostante avesse tenuto impegnati per ore ed ore i propri muscoli in uno sforzo che sarebbe risultato sfiancante per qualsiasi essere umano, non si sentiva esausto né sollevato, perché la fatica di fare a pezzi dei grossi ceppi da ardere non aveva minimamente lenito la sua disperazione e, anzi, era solo servita a ricordargli quanto insopportabile fosse, per lui, ritrovarsi a vivere di nuovo intrappolato nel corpo di un vampiro instancabile, costretto a rifare i conti con lo stesso mondo sovrannaturale che per sedici anni era riuscito a lasciarsi alle spalle, assieme allo Squartatore, alle interminabili tragedie famigliari ed amorose, all’eterna rivalità con suo fratello…

 

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Con un gesto irritato, rientrando in casa, Stefan tirò fuori dal frigo una bottiglia colma fino all’orlo di sangue di lepre, denso e scuro come succo di more, e se la portò alla bocca, trangugiandone il contenuto in avide sorsate e storcendo la bocca un attimo dopo per la stizza.
Il solo pensare a Damon gli faceva prudere le mani e pulsare forte i canini ma, visto che era stato proprio in quella dimora che, qualche tempo prima, aveva perso il controllo della propria sete, aggredendo Demi e spaventandola a morte, per Stefan l’idea di arrischiarsi a bere anche una minuscola goccia di delizioso sangue umano (giusto per rinvigorirsi e poi, magari, per andare dritto a cercare il primogenito Salvatore) rimaneva fuori discussione.
D’altronde, a cosa sarebbe servito farsi una sonora scazzottata con Damon?
Di certo non avrebbe cancellato lo sgomento e la sofferenza che aveva provato quando, sul divano del Pensionato, si era risvegliato dal suo sonno di morte ed aveva ricordato con acre precisione chi era stato a spezzargli il collo di fronte all’impotenza di Bonnie e Jeremy, ignorando di sana pianta i suoi avvertimenti.
Di certo non gli avrebbe strappato dalla testa l’odore inaccettabile di Damon che aveva captato sulla pelle di Elena, tra i suoi capelli, sui suoi vestiti, quando sua moglie si era seduta accanto a lui per assisterlo e per dirgli che Rebekah era stata sconfitta appena in tempo e che Demi aveva saputo la verità nel peggiore dei modi.
Spappolare con un pugno il naso perfetto di suo fratello non avrebbe di certo cambiato il fatto che Damon aveva avuto ragione fin dall’inizio sulla questione della reticenza, né in alcun modo annullato l’amore viscerale che Elena non era mai stata capace di smettere di provare per lui, o il fatto che lui fosse il vero padre di Demetra… non avrebbe fatto sentire Stefan meno amareggiato o in collera con l’universo intero e, soprattutto, con se stesso.
Per aver permesso alla sua vita di prendere esattamente la stessa piega di quasi vent’anni prima.
Per averci messo così tanto a capire.
E a farsi da parte.
Gli ci era voluto circa un mese per fronteggiare l’agonia e metabolizzare gli eventi terribili che avevano scosso gli abitanti del Pensionato fino al midollo, ma alla fine era riuscito a reagire nell’unico modo che gli era sembrato sensato: aveva ammassato le proprie cose in un paio di valigie ed aveva detto ad Elena che ostinarsi a negare la realtà non avrebbe giovato a nessuno di loro.
Quando lei aveva cominciato a supplicarlo, le aveva sbattuto in faccia la loro infelicità e la distanza che, tra loro, si era fatta di giorno in giorno più incolmabile, da quando Damon era ricomparso, poi si era chiuso la porta alle spalle, mandando in frantumi il suo stesso cuore, ed era corso a rifugiarsi in quella casa enorme quanto vuota, immersa nella natura e nel silenzio, con l’illusione di poter riflettere sulla propria situazione e di poter provare, una volta evaso dalla propria spirale di dolore, a migliorare le cose.
Solo adesso, mentre ciondolava verso il soffice divano beige del salotto e ci sprofondava dentro con un tonfo cupo, prendendosi poi la testa fra le mani tremanti, Stefan si rendeva conto che la sua era stata soltanto una vana, ingenua speranza.
Non avrebbe trovato laggiù la forza di ricominciare.
Probabilmente non l’avrebbe mai più trovata.
Tutto ciò che gli riusciva di fare era sentirsi inutile, prosciugato ed orribilmente solo. Non c’erano anestetici per quello che stava provando, non esistevano più menzogne in grado di attutire l’urto della sconfitta, pensò il vampiro, serrando le palpebre bollenti sotto le dita. Perché, per quanto fosse insostenibile da accettare, doveva ammetterlo a se stesso… aveva fallito… fallito… fallito
 
- Credevo che il fatto che Damon ti avesse torto il collo, spedendoti a forza in questo posto, ti avesse fatto incazzare, e non poco. Ed ora ci ritorni di tua spontanea volontà? Oh, Stefan, mi meraviglio di te. Si può sapere che ne è stato del tuo spirito combattivo?- una voce femminile bonaria e sorpresa gli solleticò l’orecchio e il minore dei Salvatore riaprì gli occhi ancora umidi in un mondo che non era più circondato dai rustici arredi della Casa sul Lago e dallo struscio rissoso delle onde sui ciottoli appena fuori dal porticato.
Incredibilmente… si trovava in uno sfarzoso salone ottocentesco.
Con immensa cautela, Stefan rimise a fuoco la realtà circostante e si tastò il petto, sentendolo piacevolmente avvolto nel raso e nella seta di un panciotto pieno di ghirigori, simile a quelli che sua madre era solita cucirgli da bambino… aveva persino le iniziali ricamate su entrambi i polsini della casacca!
Mentre sfiorava con i gomiti un paio di braccioli di legno intarsiato, Stefan capì di trovarsi seduto su un comodo scranno imbottito e dopo un attimo, avvertendo un tocco metallico premergli contro il fianco, notò l’elsa di uno spadino sporgere appena da un fodero allacciato saldamente alla sua cintura. Nell’aria aleggiava uno squisito profumo di frutta candita e di cacciagione allo spiedo e, dai passi della servitù affaccendata tutt’intorno, rapidi almeno quanto il suo battito cardiaco nuovamente e splendidamente umano, il marito di Elena capì che ce l’aveva fatta…
Sì.
Era tornato.
- Quantomeno nel tuo paradiso personale ci sono io, amico. Sappi che in caso contrario, non ti avrei mai perdonato.-
 
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Nell’udire quella battuta, Stefan balzò in piedi talmente in fretta da rischiare di inciampare nel ricco tappeto sotto i suoi piedi ed abbracciò di slancio la propria interlocutrice sibillina, come un condannato a morte fa con il responsabile della sua grazia:
- Quanto avevo bisogno di rivederti, Lexi...- ammise con un ansito, seminascosto tra i fitti boccoli dorati della sua migliore amica, finemente intrecciati in un’acconciatura alla moda che anche Katherine aveva spesso sfoggiato per fare colpo su di lui, nel lontano 1861. -… lo sapevo. Sapevo che non avresti approvato, ma non sono riuscito a resistere alla tentazione… ero disperato. Dio se lo sono ancora! E se questo è l’unico modo che ho per poterti parlare, per poter avere il tuo sostegno proprio adesso, mentre tutto sta andando in pezzi, allora io…-
-… cosa farai, Stef? Ti spezzerai volontariamente le vertebre due, tre… dieci volte al giorno?- ironizzò Lexi, sciogliendo delicatamente la sua stretta e fissandolo dritto negli occhi con le sue iridi colme di rimprovero e compassione. Stefan si sentì subito arrossire e, con un moto d’imbarazzo, cercò di scacciare dalla propria mente l’immagine di ciò che aveva fatto solo pochi istanti prima sul divano del Lago, nella speranza di riuscire a sentirsi un po’ meno miserabile: si era procurato di propria mano la stessa morte che Damon gli aveva inflitto a tradimento a casa Bennett, frantumandosi deliberatamente le ossa cervicali nel tentativo di ottenere lo stesso, miracoloso risultato dell’ultima volta. Dopo essersi accasciato senza vita nel giardino di Bonnie, infatti, sperimentando la morte temporanea tipica dei vampiri per la prima volta da quando aveva assunto la Cura, aveva sentito la propria coscienza librarsi oltre ogni percezione terrena e finire catapultata in un universo parallelo mai visto prima, fatto di odori, colori e sensazioni meravigliosamente umane, e simile in tutto e per tutto alla sua più insperata idea di paradiso. - Quel mascalzone patentato di tuo fratello non avrebbe dovuto mostrarti cosa c’era qui... non prima del tempo, almeno.- sospirò Lexi con aria mesta, quasi leggendogli nel pensiero. - Te l’ho spiegato anche l’ultima volta... Luinil, spingendo gli altri angeli a creare questo angolo di pace ultraterrena per Silas, voleva assicurarsi che un giorno, dopo la morte del suo amato, le loro anime sarebbero tornate ad incontrarsi. Ora, per il semplice fatto che la Cura destinata a lui ha toccato le tue labbra, anche tu sei incluso in quel progetto di beatitudine, e ciò che vedi con gli occhi dello spirito non è altro che l’immagine più vicina alla quiete eterna che il tuo cuore è riuscito ad immaginare giusto un attimo prima di fermarsi.- Stefan annuì energicamente, confermando una per una le parole dell’amica: ogni dettaglio intorno a loro, infatti, sembrava trasudare la spensieratezza di cui lui aveva goduto nella propria adolescenza ottocentesca, quando il sovrannaturale non aveva ancora affondato le proprie zanne nella sua placida esistenza e nulla al mondo lasciava presagire gli orrori che Miss Pierce avrebbe portato con sé, sostando fatalmente con la sua carrozza nella proprietà di Giuseppe Salvatore.
- Ma quassù non è il tuo posto.- lo avvertì Lexi con forza, stringendogli una mano sulla spalla per scrollarlo appena. - Il sapere ciò che di buono ti aspetta non ti dà il diritto di rinunciare alla tua vera vita, per quanto dura possa sembrarti in questo momento. Non è da te. Tu non ti arrendi quando sai che c’è ancora tanta gente che ha un grande bisogno di te… non puoi semplicemente voltargli le spalle!-
- Chi ha bisogno di me?- esalò Stefan abbassando lo sguardo, devastato. - Elena? Il sirebond non è mai stato reale, Lexi. Nessun trucchetto magico ha influenzato davvero ciò che provava e tutto ciò che mi sono ripetuto per anni ed anni si è rivelato una menzogna… i suoi sentimenti per Damon sono sempre stati autentici. Non hanno mai smesso di esserlo, neanche per un momento. E solo adesso mi rendo conto di quanto sono stato stupido a credere il contrario. Avrei dovuto infrangere la promessa fatta a Damon quella notte. Avrei dovuto dirle che c’era lo zampino di Rebekah dietro alla sua partenza, dirle tutto quanto, e subito. Avrei dovuto far sì che lei andasse a cercarlo, avrei dovuto aiutarla a trovarlo, farla andare lontano da Mystic Falls, dove avrebbero potuto essere felici. E invece l’ho tenuta ancorata a me. E con lei, anche Demi. Perché volevo che tutto tornasse come prima, perché non potevo vivere senza di loro. Perché credevo di poter essere quello giusto e volevo soltanto un’occasione per dimostrarlo.- dal suo tono sempre più roco e metallico, si poteva percepire che, finalmente, lo sfacelo che aveva albergato nel suo petto fin dall’inizio di quella storia stava finalmente salendo a galla, con tutta la propria irruenza. - Mi guardo allo specchio, Lexi, ogni giorno, e provo soltanto disgusto. Mi vergogno. Io, che ho sempre rispettato la volontà della donna che amavo, che l’ho lasciata affogare al Wickery Bridge per non calpestare le sue decisioni… le ho impedito di fare l’unica scelta che contava davvero.- Stefan si lasciò nuovamente cadere sullo scranno che aveva occupato poco prima e si nascose la faccia tra le mani. Non era cambiato granché dalla scena che si era ritrovato a vivere nel salotto della sua dimora lacustre, ma almeno stavolta la presenza al suo fianco della sua amica del cuore gli dava il conforto necessario a proseguire con quella confessione: - Sarebbe dovuta stare con Damon. Sarebbe appartenuta a lui, se solo io glielo avessi permesso, e questo pensiero mi fa ribollire di un odio feroce per me stesso… e per mio fratello. Capisci? E’ il sangue del mio sangue, ma non credo di aver mai odiato qualcuno quanto odio lui. E lo odio perché… ne sono geloso marcio, Lexi.- passandosi le dita tra i capelli come se volesse strapparseli, Stefan emise un gemito. - E questo fa di me una persona orrenda, non è così? Fa di me il vero fratello cattivo.-
- No. Fa di te un essere umano, Stef.- gli sussurrò la Branson, prendendo posto su uno sgabello accanto a lui e lisciandosi le svolazzanti pieghe dell’abito. - Non importa ciò di cui ti nutri, non importa se sei più forte di un uragano o più veloce di un fulmine… in questo momento, sei un essere umano, esattamente come lo sei stato negli ultimi sedici anni, prima che l’effetto della Cura fosse interrotto. Tutti gli umani sbagliano. Sono egoisti. Feriscono chiunque, anche le persone che amano, e compiono delle azioni ignobili. Odiano con tutto il loro cuore e, molto spesso, sono artefici della loro stessa sconfitta. Ma sai che c’è di veramente straordinario, direi d’irripetibile nell’umanità? Qual è la cosa di cui, una volta diventati immortali, sentiamo sul serio la mancanza, ciò che invidiamo loro? La possibilità di cambiare.- confuso da quelle parole, Stefan sollevò il capo per scrutare meglio il viso benevolo di Lexi. - Il tempo non passa per gli umani come per i vampiri, non è una fonte inesauribile, per loro, lo sai. Nonostante questo, nel breve intervallo che gli è concesso sulla terra, gli umani cambiano molto più di noi. Nessuno di loro rimane uguale a se stesso per tutti gli anni della propria vita, anzi, è diverso in ogni singolo istante rispetto a quello precedente, ed è questo che riempie le loro esistenze, ciò che rende sopportabile la quotidianità e dà valore ai loro attimi… già, sedici anni fa hai fatto degli errori. Ma adesso non sei più la stessa persona di allora! Così come non sei più il nobile rampollo di casa Salvatore in cui la tua coscienza si ostina a voler cercare rifugio!- ispirando a fatica, Stefan incominciò a capire: - Devi smetterla di vivere nel passato, nel rimpianto, nel senso di colpa per ciò che è stato, o peggio, per ciò che poteva o poteva non essere. Se ti senti umano come hai sempre desiderato essere, se lo sei ancora, perlomeno nel tuo cuore, puoi ancora puntare tutto sul cambiamento. Puoi cambiare tu stesso, ricominciare! E se lo farai, te l’assicuro, la tua idea di pace cambierà insieme a te e diventerà ogni giorno più simile a qualcosa che esiste anche nel presente, e non è rintracciabile soltanto in un fittizio e deprimente universo post-mortem. Non sarà facile, certo. E ci vorrà un bel po’… ma ce la farai, Stef. Se sei passato dall’essere lo Squartatore di Monterey ad essere l’uomo eccezionale che ora è di fronte a me, capace di ammettere ad alta voce tutte le proprie mancanze… puoi fare qualunque cosa tu voglia.-
Lexi avvicinò una mano alla guancia del suo eterno amico e raccolse le sue lacrime bollenti con una carezza:
- Ti fidi di me?- gli domandò a quel punto, dolcemente.
- Sì.- bisbigliò Stefan, con la voce strozzata. - Sì. Come sempre.-
- Allora torna indietro.- lo incoraggiò la Branson, assestandogli una spintarella. - Datti del tempo, e abbi fiducia. Io ti aspetterò, qualunque sarà il nuovo paradiso che sceglierai, dove non saremo più costretti a sentire la mancanza l’uno dell’altra… ma non osare tornare fin quando non sarà arrivato il tuo momento! Mi hai sentito?-
- Aspetta!- la bloccò precipitosamente Stefan, sentendosi investire da una folata di vento impetuoso che lo sbalzò brutalmente via dalla sua postazione, risucchiandolo nel ventre di un turbine diretto verso la realtà, che pareva tornata improvvisamente a reclamarlo. – Come farò a capire che è arrivato il momento giusto? Come farò a sapere quando…?-
L’ultima cosa che Stefan riuscì a vedere prima di volatilizzarsi nel nulla fu il sorriso di Lexi, brillante come uno spicchio di luna nell’oscurità:
- Lo saprai.-
 
DIIIIIND DLOOOOON.
DIIIIINDLON DINDLON DIIIINDLOOOONNN.
Stefan ripiombò nel presente di colpo e si ritrovò disteso esattamente nello stesso posto in cui si era suicidato, con l’unica differenza che, oltre le sottili tende delle finestre, adesso, il cielo era divenuto ormai del tutto color pece. Ancora disorientato e dolorante si raddrizzò tra i cuscini, tra i quali si era accasciato scompostamente per qualche tempo, poi si sentì trapanare i timpani da un suono tremendamente acuto e martellante.
Irritantissimo.
Qualcuno stava suonando il campanello con un’insistenza insopportabile e Stefan, che dal canto suo non aveva la più pallida idea di chi potesse essere, riuscì giusto a rivolgere un pensiero pieno di rancore al proprio finissimo udito sovrannaturale, prima di alzarsi e di dirigersi all’ingresso.
Sì, era tornato un vampiro. Sì, era ancora profondamente infelice e non vedeva grandissime vie d’uscita sul proprio cammino, ma il fantasma di Lexi gli aveva riempito il cuore di una tiepida speranza che forse, in futuro, gli sarebbe stata utile per non annegare. Forse avrebbe potuto superare quella situazione. Come aveva detto lei, avrebbe potuto concedersi una possibilità, dimostrarsi aperto al cambiamento, ormai inevitabile, assecondandolo per non rimanerne schiacciato. Nel migliore dei casi, avrebbe recuperato con successo la forza di mettere da parte il proprio orgoglio ferito ed avrebbe ritrovato uno scopo.
E forse, ad un certo punto, sarebbe riuscito persino a smettere di odiarsi.
O di odiare Damon.
Tutto ciò di cui aveva bisogno era di un po’ di temp…
DIIIIIIIIIIIN DLOOOOOOOOOOOOOOOOON!
Esasperato, Stefan abbassò la maniglia della porta e sentì sgretolarsi miseramente sotto il proprio naso la maggior parte dei suoi ottimi propositi: di fronte a lui, infatti, scarmigliato e con uno dei suoi più preoccupanti ghigni malefici stampati in faccia, leggermente ricurvo per sostenere il peso di un altro corpo pesantemente appoggiato al proprio e con un braccio non suo saldamente avvolto attorno alle spalle… c’era Damon.
- Ciao fratello.- esordì quest’ultimo con impazienza, incontrando lo sguardo allibito di Stefan e accennando subito alla testa riccioluta di Prince Mikaelson che, inerte, ciondolava a pochi millimetri dalla propria.
- Allora…- ammiccò.
 
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- Un aiutino?-
 
***
 
- Un aiutino?!- fece Demi in tono accattivante, superando con un po’ di fatica gli ultimi tre scalini che ancora la separavano dall’ingresso del Pensionato e sventolando davanti alle tre persone che lo affollavano le grosse buste piene di hamburger che reggeva tra le mani.
Elena, felicissima di rivederla ma ancora un po’ confusa, rimase a fissarla per un istante di troppo senza muoversi, perciò fu qualcun altro ad offrirsi di alleggerire il soffice carico della Salvatore:
- Grazie mille, Jack.- sospirò con sollievo quest’ultima, cedendo di buon grado a Jackson Kenner il più ingombrante dei suoi unticci fardelli. - Sei un amico.-
- E così lui è un vostro... amico?- domandò Elena a sua figlia e all’altra figura lì presente, mostrandosi sospettosa ma anche rincuorata.
Doveva ammetterlo, lo sguardo sbigottito con cui quel tipo bruno dalla chioma incolta l’aveva squadrata subito dopo avergli aperto non l’aveva fatta ben sperare ma, osservandolo meglio, la madre di Demi si rese conto che l’aspetto di Jackson non era poi così minaccioso, anzi: il ragazzo, che dimostrava una ventina d’anni, aveva degli occhi straordinariamente gentili, che si erano rasserenati ancora di più all’arrivo di Demetra.
- Già, siamo amici per le pulci.- confermò Mattie spiccia, pigiandosi sulla testa un cappello tutto bitorzoluto. - Ha insistito per scortarmi fin qui con il suo mostro della strada dopo essere capitato per caso dalle parti del cimitero, sapete. Quasi come se qualcuno gli avesse ordinato di non farmi mancare per nessun motivo a quest’appuntamento.- specificò, con una strana vena accusatoria nella voce, che spinse Demi a fissarsi intensamente le scarpe. - E per tutto il tempo non ha fatto altro che petulare e petulare a proposito del fatto che, una volta arrivato qui, gli sarebbe di sicuro venuto un colpo nel trovarsi al cospetto della fotocopia vivente della leggendaria, micidiale, bellissima e spietata Regina Karmelina...-
- Katerina.- la corresse Jackson in un soffio, mentre la poca porzione di pelle ancora visibile sotto la sua barba avvampava. - N-non Karmelina.-
- Oh, allora è per questo motivo che eri così… capisco.- Elena gli rivolse un sorriso bonario e cercò di lisciarsi i capelli ulteriormente umidi con le dita, come nel voler amplificare l’unica differenza fisica degna di nota esistente tra sé e la propria malefica doppelganger. Poi, senza più esitazioni, si ritrasse sull’uscio, per lasciar passare i nuovi arrivati. -… niente paura: Katherine ed io, a parte l’aspetto, abbiamo ben poco in comune. Forza, entrate… non avevo apparecchiato per quattro, ma ci vorrà un attimo per aggiungere due posti a tavola, così...-
- No, non preoccupatevi per me.- la interruppe Mattie frettolosa, ficcandosi le mani in tasca e dondolandosi nervosamente sul posto, senza rivolgersi a nessuno di loro in particolare. - Tanto non ho fame.-
Di fronte all’assurdità di quella dichiarazione sia Demi che Elena rimasero a bocca aperta, ma stavolta fu il turno di Jackson d’intervenire:
- Io dico che hai una fame da lupo, invece, e, nell’interesse del nostro branco, aggiungo che non dovresti mai cercare di ignorarla.- cinguettò, facendo volutamente scrocchiare la busta profumata che teneva tra i palmi, in modo che l’odore delizioso di carne al sangue e cheddar fuso si diffondesse ancor di più attorno a loro. Sembrava proprio che volesse vendicarsi dell’imbarazzante rivelazione fatta poco da Mattie, e anche quest’ultima parve rendersene conto, perché gli scoccò un’occhiata inceneritrice: - Anzi, come sempre accade quando si è freschi di Risveglio, il tuo bisogno di nutrirti si sarà duplicato, ma che dico? triplicato!, rispetto a prima.- infierì Jackson, imperterrito. - E la fame, brrrrrrrr, insaziabile… un vero chiodo fisso, capace di durare anche ventiquattr’ore su ventiqua…-
- Di questo affronto risponderai al tuo Alpha, Kenner.- bofonchiò la figlia di Caroline, con l’acquolina in bocca e il naso per aria dal fastidio. - Io me ne vado.- annunciò indignata, dando un calcio ad un povero sassolino innocente e voltandosi precipitosamente verso il cortile.
Accidenti, quel tipo non le andava giù di un millimetro!
Da quando se l’era svignata dal suo bar di New Orleans per trasferirsi pianta stabile a Mystic Falls, se l’era ritrovato quasi perennemente tra i piedi, anche prima della loro presentazione ufficiale. Sempre a gironzolare nei suoi paraggi, facendola sentire osservata e studiata, sempre sul punto di rivolgerle la parola, come se il semplice fatto di appartenere allo stesso clan li dovesse necessariamente far nascere tra di loro un’amicizia, sempre pronto ad offrirsi per farle da mentore sulla Licantropia, della quale lei aveva la nausea, e a mostrarsi ciecamente bendisposto nei suoi confronti, nonostante le chiare diffidenze di lei… notando quella sua stramba tenacia, fin da subito la Lockwood lo aveva strapazzato senza pietà, ma di certo non si sarebbe aspettata un simile contrattacco… tradimento!
- Aspetta… Mattie!- intervenne a quel punto Demi, rincorrendola fino a raggiungerla nelle vicinanze dello steccato.
Quando furono l’una di fronte all’altra, entrambe tacquero a lungo e, mentre Elena e Jackson restavano in disparte, la Salvatore cercò ansiosamente con lo sguardo quello della sua amica, senza trovarlo ad aspettarla: non era rimasto granché della biondina tutta pepe e zucchero filato su cui aveva sempre potuto contare nelle più assurde marachelle infantili. I traumi più recenti e lo shock di aver attivato la propria Licantropia sacrificando la vita di Eve per salvare la propria le avevano strappato via quel candore per il quale tutti l’avevano sempre adorata, e Demetra non aveva idea di come rapportarsi a questa nuova Mattie così schiva, irascibile e distaccata, in particolare nei suoi confronti.
Forse solo una persona avrebbe saputo come approcciarsi a lei, e quel pensiero non faceva che rendere ancora più incolmabile il vuoto lasciato dalla sua scomparsa nelle loro vite.
- Per favore.- le mormorò la Prescelta, battendo velocemente le palpebre per evitare che le sue emozioni la tradissero. Non sapeva esattamente come scegliere le parole per dirle che le mancava e che aveva bisogno di lei, che voleva capire il perché di quello squarcio sempre più arduo da ricucire tra loro ed offrirle il proprio aiuto, se ne aveva bisogno, e così tirò fuori l’unica richiesta che le parve avere un barlume di senso: - Resta. Devo parlarti… è importante.-
Percependo la sua disperazione, Mattie si decise a guardarla e, per un momento, le sue iridi color del mare parvero essere ritornate quelle accondiscendenti e comprensive di una volta; ma quell’illusione durò solo per un attimo, perché subito dopo la Lockwood si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato:
- Avrei dovuto capire subito il perché di questo invito.- annunciò, a bruciapelo. - ll fatto che tu abbia mandato Jackson a scortarmi fin qui, ne era una prova lampante: tu hai delle novità su di lui, non è vero? Su Nick.-
La Salvatore restò in silenzio per qualche secondo, incerta sul come rispondere, poi, cercò nella propria tasca la penna che aveva trovato quel pomeriggio appoggiata sullo scooter e, stringendola convulsamente, annuì.
- Sapevo che sarebbe arrivato questo momento.- confessò allora Mattie, restando immobile, rigidissima, in tutto il resto del suo corpo da scricciolo. - Era ovvio che, prima o poi, sarebbe accaduto qualcosa che ti avrebbe fatto venire in mente l’idea di provare a salvarlo, e che saresti venuta dritta da me per chiedermi di appoggiarti.-
- Mi ha lasciato un biglietto.- ammise Demi, estraendo prontamente il foglio arrotolato dal proprio giubbotto e porgendolo a Mattie che, tuttavia, non volle nemmeno sfiorarlo. – L’ho trovato qui in giardino qualche ora fa… era indirizzato a me e ho capito immediatamente che era stato lui a scriverlo.-
- Il Demone.- dedusse la Lockwood, con un fil di voce.
- No.- la corresse la Prescelta, ritraendo la mano che cingeva il biglietto con un fare quasi protettivo. - Nick.-
Quel nome investì entrambe come una folata di gelo pungente ed i loro volti, segnati da espressioni completamente diverse, seppure frutto della stessa sofferenza, s’indurirono di colpo.
- Tu non eri lì.- sibilò d’un tratto Mattie, sentendosi ammontare nel petto una rabbia cieca ed infuocata, la stessa che non era mai riuscita a reprimere completamente nel corso di tutto quel mese, nonostante ci avesse tanto provato. Demetra, dopo aver incassato quel colpo che aveva sempre saputo sarebbe arrivato, provò a ribattere, ma la Lockwood non la lasciò fiatare: - Io sì, invece. Io c’ero. Io l’ho visto succedere. Ho visto la sua anima disintegrarsi sotto i miei occhi. Gli ho tenuto la mano fino all’ultimo, e quella mano è stata la stessa che poi mi ha scaraventato contro il muro e trapassato da parte a parte con una spada. Credi che Nick avrebbe mai fatto una cosa simile?- senza rendersene conto, Mattie si mise ad urlare, così forte che la gola prese a dolerle come se avesse inghiottito della cenere incandescente. – Quello che mi ha aggredito era solo un demonio, niente di più. Credi davvero che lui, lui!, avrebbe mai cercato di uccidermi? Che avrebbe colpito a morte Eve, lasciandoci entrambe ad agonizzare sul pavimento, per correre dritto da Sophie, impaziente di diventare il suo schiavo prediletto, il suo asso nella manica? Pensi che lui avrebbe voluto che io diventassi un… un m-mostro, eh? Rispondi!-
Demi cercò di immettere aria nei propri polmoni ma non ci riuscì a dovere.
L’Elixir solido e bluastro che le serpeggiava attorno al polso, brillando ferocemente in sua difesa, poteva schermarla dagli effetti più invasivi dello Stigma, certo, ma non impedire che il suo cuore venisse sbriciolato... purtroppo non esisteva nessun antidoto, contro quel tipo di dolore.
- Tu non sei un mostro, Mattie.- esalò la Salvatore. - Sophie. Lei lo è!-
- Adesso, lo è anche Nick.- le ricordò Mattie, con veemenza. - Se n’è andato, credimi. Non c’è più niente di lui rimasto in questo mondo, niente. E lo so come ti senti.- aggiunse, mentre una lacrima le rotolava giù dalla guancia, pesante come una biglia color perla, e lei se la asciugava via quasi graffiandosi la pelle. - So che faresti qualsiasi cosa per poterlo riavere indietro. Se solo ci fosse una remota possibilità di farlo tornare, anch’io la seguirei, non m’interesserebbe nient’altro, non ci dormirei la notte. Perché ogni santo giorno, da quando non lui c’è, mi sento come se... come se…-
- Allora uniamo le forze!- insistette Demi, incapace di arrendersi, abbassando poi la voce fino a renderla quasi un semplice labiale, e avvicinandosi all’amica con fare confidenziale, esclusivo, come quando erano bambine e l’una sentiva l’esigenza di confidare all’altra un segreto. - Su questo biglietto c’è la richiesta di un incontro. Fingiamo di stare al suo gioco, facciamolo uscire allo scoperto… e poi catturiamolo! Se è come dici, se è tutto finito, allora troveremo il modo di distruggerlo una volta per tutte, insieme… ma se c’è ancora speranza, Mattie, se c’è ancora una briciola di Nick rimasta in quell’essere, allora dobbiamo almeno provare, dobbiamo tentare di…!-
- Non ti aiuterò a farti ammazzare, chiaro?- replicò Mattie furente, pestando forte un piede sul terreno. - Né permetterò a nessun altro di morire per la tua dannata incapacità di startene lontana dai guai!-
Dopo averlo detto, la Lockwood ebbe la spiacevole sensazione di essersi lanciata a capofitto giù da un precipizio, e desiderò non aver mai posseduto una lingua funzionante in vita sua… ma era troppo tardi.
La figlia di Elena deglutì e tacque, mentre ogni dubbio dentro di sé si dissipava di botto, senza pietà: era così, dunque. Era quella la verità. Nel profondo, la Lockwood la riteneva responsabile di tutto ciò che di terribile che, negli ultimi tempi, era accaduto in quella città, e perciò niente sarebbe bastato a farle cambiare idea, o a far sì che potessero spalleggiarsi a vicenda nella messa in pratica del suo piano.
Stavano procedendo, per la prima volta in assoluto, su due strade totalmente incapaci di incontrarsi, e quell’amara consapevolezza spinse Demi a chinare il capo una volta per tutte, sconfitta:
- Ho capito.- disse monocorde, rimettendosi in tasca il foglio e stringendosi nelle spalle. Matilde provò a forzare la propria mascella bloccata nel tentativo di articolare una qualche forma di scusa, ma non riuscì a smuoverla di un millimetro. - Ci vediamo a scuola, allora. Buonanotte, Mattie.-
- Demi, io…-
- Buonanotte.- ripeté la Salvatore, voltandosi per non farsi vedere in faccia mentre il peso di ciò che aveva appena realizzato le piombava addosso come un avvoltoio famelico, pronto a strapparle via le carni a brandelli.
 
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Istintivamente, anche se con tragico ritardo, Mattie si tappò la bocca con entrambe le mani e, contro i propri palmi, sentì le labbra scottare per il senso di colpa, febbricitanti, come solo un’altra volta le era capitato nella vita.
E così, all’improvviso, forse proprio per scappare da quel ricordo, o dalla persona cattiva che sentiva di essere diventata, mentre Demetra rientrava desolatamente in casa Salvatore senza più voltarsi indietro, la Lockwood imboccò la via opposta e, per prendere le distanze dal Pensionato il più rapidamente possibile, cominciò a correre nel buio.
 
***  
 
SLAMFT. PUM. PUM. PUM.
SCIAF.
SLAF.
PUM. PUM. TONF…
Nell’udire quei colpi secchi, violenti e ripetuti provenire dalla camera di Demi, Elena inspirò profondamente, poi appoggiò la mano sulla maniglia della porta e la abbassò. Per liberare un varco al centro della stanza, il letto ed il cassettone della biancheria di sua figlia erano stati spinti alla rinfusa contro la stessa parete che, prima della nascita di Demetra, Jeremy aveva dipinto per lei con un motivo di spighe e papaveri, ed avevano lasciato il posto a…
La Gilbert strabuzzò gli occhi dallo stupore: dal soffitto pendeva un enorme sacco da boxe nero e ciondolante, che gemette pietosamente un’ultima prima che Demi si accorgesse dell’arrivo della madre. Quando la notò sulla soglia, infatti, la ragazza smise di aggredirne i profili e si asciugò con la mano guantata ed indolenzita il velo di sudore che le imperlava la fronte:
- L’ho trovato in camera di Damon.- spiegò prima che qualsiasi domanda potesse essere formulata, con il fiato un po’ corto e quell’aria furbesca ed innocente che sapeva da sempre insinuarsi come un balsamo nel cuore di Elena. - Era nascosto in un angolo dietro al suo armadio, ed accanto c’erano anche questi.- serrò i pugni, mostrando alla Gilbert il dorso degli ingombranti guantoni scuri e un po’ scorticati che indossava, poi sospirò: - Non avrei mai immaginato che la boxe potesse essere un passatempo per un vampiro. Non ha molto senso per me… insomma, Damon non avrebbe potuto sfondare questo coso di netto con un solo gancio?-
Elena rimase a fissare per un istante ancora il viso accalorato di Demi seminascosto dietro i ciuffi disordinati dei capelli che, nell’impeto, le erano sfuggiti dalla treccia, poi sorrise:
- Certo. Infatti questa non è roba sua.- annuì, con un’aria nostalgica, quasi sognante. - Ma mia.-
- Tua?!- si sbalordì Demetra, inarcando le sopracciglia. – Vuoi dire di quando eri ancora… umana?!-
- Avevo più o meno la tua età.- confermò Elena, avvicinandosi al sacco per sfiorarlo come se fosse un vecchio amico. - Che buffo… non te ne avevo mai parlato, prima.-
- Già.- bisbigliò la ragazza, osservandola con una strana espressione.
Tra loro calò un denso silenzio consapevole, perché erano davvero molte le cose che Elena non aveva condiviso con sua figlia a proposito del proprio vissuto, ma qualcosa, stavolta, spinse la vampira a non perdere anche quell’occasione e a lasciarsi andare:
- Mi sentivo davvero indifesa di fronte alle catastrofi che non la piantavano di abbattersi intorno a me, così un giorno Ric, quello che consideravo un po’ il mio padre adottivo, mi comprò tutto l’occorrente per l’addestramento ed iniziò ad allenarmi. Ci esercitavamo ogni santo giorno e, alla fine, ero diventata piuttosto brava. Era un momento molto difficile per me, ma ricordo che sfogarmi su questo sacco mi aiutava a non pensare, mi dava speranza e forza…- a sorpresa, nella sua voce risuonò un accenno di risata, la prima che Demi le sentiva concedersi da molto tempo. -… Damon diceva che gli sembravo una principessa guerriera.-
- Fammi indovinare. Klaus-il-Terribile si aggirava in città?- chiese la Salvatore, sfilandosi le protezioni e sgranchendosi le dita. - Era quel periodo in cui passava il suo tempo a perseguitarti?-
- Non esattamente. Anzi, proprio in quei mesi Klaus sembrava sparito da Mystic Falls.- ricordò Elena, stringendosi nelle spalle, come scossa da un brivido. – Subito dopo aver attivato il suo ibridismo, se n’era andato e nessuno aveva più avuto sue notizie. Il che sarebbe stato un vero miracolo… se solo, andandosene, non avesse trascinato con sé, chissà dove, anche l’amore della mia vita.-
Demi esitò per un istante di fronte a quelle parole e la Gilbert lesse nei suoi occhi cerulei un’incertezza che le strappò un sospiro dolente:
- Stefan.- chiarì la vampira, sempre immersa nella sua memoria. - A quei tempi, credevo ancora che sarebbe per sempre stato l’unico...- intuendo il tormento di sua madre, la Salvatore abbassò lo sguardo, così Elena ebbe modo di schiarirsi la voce e di riprendere il suo racconto: - Per diventare più potente di qualsiasi creatura allora vivente, Klaus aveva rapito Caroline e Tyler, e li avrebbe sacrificati sull’altare del suo pazzo rituale, se Damon non si fosse precipitato a salvarli. Tuttavia, mentre li aiutava a scappare, lui ricevette da Tyler un morso di Licantropo e così, per ottenere l’unica cura possibile a quella ferita, Stefan decise di stringere un patto col diavolo in persona e si offrì a Klaus in cambio della vita del fratello.- la Gilbert si sentì scaldare il petto al ricordo della gioia repentina che aveva provato nel capire che Damon sarebbe sopravvissuto, ma poi si rammentò della crudeltà con cui Katherine le aveva svelato il resto delle informazioni in suo possesso e, per lei, fu come ricevere di nuovo un pugno nello stomaco: - Quel criminale senza scrupoli accettò volentieri lo scambio e lo costrinse per mesi a compiere innumerevoli delitti sotto i suoi ordini, solo perché lo divertiva vedere uno Squartatore all’opera… io e Damon eravamo devastati. Li cercammo per ogni dove, per tutta l’estate, inseguendo l’infinita scia di sangue che si lasciavano dietro per tutto il Tennessee… mi sembrava di essere precipitata in un incubo, e non c’era niente al mondo che potesse strapparmi dalla mente il pensiero di dover riportare Stefan a casa da noi.-
- Qualcosa mi dice che qualcuno ha origliato la mia conversazione di poco fa in giardino.- sussurrò Demi mogia, lasciandosi cadere sul bordo del letto e fissandosi intensamente le ginocchia. D’un tratto, tutto il furore che l’aveva spinta a tartassare di colpi il suo bersaglio sembrava essere evaporato, lasciando spazio alla nuda desolazione: - Non c’è bisogno che anche tu provi a convincermi a lasciar perdere l’idea di andare a cercare Nick, mamma… so che Matt ha ragione. Anzi, mi sento stupida anche solo per aver preso in considerazione un’ipotesi del genere… ma in fondo, questo è ciò che sono, no? Una stupida ragazzina che non fa altro che combinare disastri e che distrugge tutto quello che tocca.-
 
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- Oh, Demi…- mormorò Elena, avanzando di qualche passo verso di lei. -… non è affatto così che…-
- Ci ho provato.- la bloccò la ragazza, sempre tenendo gli occhi bassi. Forse il semplice fatto che la madre si fosse finalmente mostrata disponibile a confidarle qualcosa in più del proprio passato, era riuscito ad incrinare qualcosa in quella sua quasi perfetta facciata da dura: - Da quando ho rimesso piede in questa città, da quando mi sono lasciata alle spalle l’epico fallimento di New Orleans… ho provato con tutta me stessa ad essere la persona che Nick avrebbe voluto. Ho cercato di andare avanti, di non farmi soffocare dal senso di colpa e dalla mancanza che sentivo di lui… ce l’ho davvero messa tutta per continuare a vivere come se il mio cuore non fosse mai stato spezzato. Ho provato a stare accanto a Prince, a fargli capire che c’ero e che insieme avremmo potuto ricominciare a combattere, ma non ha funzionato. Ho detto a Sheila di non torturarsi per aver incoraggiato Damon dare il suo sangue a Nick, peggiorando le cose… in fondo, le loro intenzioni erano buone, no? Volevano aiutarlo ed è soltanto questo che conta...- il dolore nella sua voce era tale che Elena deglutì rumorosamente: -… ho persino spinto Jackson a lasciare la sua casa ed i suoi affari per fargli tenere d’occhio Mattie, sperando che potesse farle da guida, mentre nel frattempo tentavo in tutti i modi di capire cosa le passasse per la testa… ma anche questo non è servito a niente! Ed ora, ho anche esaurito tutte le alternative… non è rimasto nient’altro che possa ancora distrarmi dalla verità…- distrutta, Demi si morse il labbro inferiore per fermarne il tremito, poi quasi rise di sé. -… ho proprio toccato il fondo. Sono così disperata, e talmente vigliacca, dannazione!, che, pur di non fare i conti con quello che è realmente successo, sono arrivata ad aggrapparmi al biglietto di un Demone, sperando che potesse davvero essere stato Nick a scriverlo per me!-
- Piccola mia…- delicata come una rondine che si posa sul nido, Elena le si sedette accanto ma non osò abbracciarla, nonostante il resistere a quell’impulso le costasse moltissimo. -... sei stata così forte, e così a lungo… non devi essere così severa con te stessa. Anche tu, come gli altri, hai il diritto di sentirti sperduta, di essere in lutto, e di ammettere ad alta voce di provare tutto quello che stai provando…-
- Sento ogni cosa, mamma, okay?!- ammise bruscamente la Salvatore, a denti stretti. - E mi fa schifo.- Elena, nell’udire quelle parole veementi rimbombare di un’eco arcana, si sentì mancare il terreno da sotto i piedi: - E quel che è peggio, è che sarebbe dovuto succedere a me. Quell’Ombra maledetta, stava per aggredire me.-
- Se i vostri posti fossero stati scambiati, anche tu avresti fatto lo stesso per lui.- replicò la vampira, martoriata dalla tenerezza. – Sono certa che avresti infranto promesse e gli avresti fatto scudo con il tuo stesso corpo, perché è questo che fanno due persone… quando sono innamorate.-
Punta sul vivo da quella verità, Demetra sollevò finalmente lo sguardo e la Gilbert lo vide traboccare di lacrime iridescenti:
- Stava per dirmelo.- ricordò la ragazza, quasi inudibile. – Nick. Poco prima che io partissi per New Orleans, credo che volesse dirmi che… beh, che mi amava. E sai cos’ho fatto io? Gliel’ho impedito. Non volevo accettare che quella potesse essere la sua ultima occasione per farlo, non potevo neanche prendere in considerazione un’eventualità di quel tipo, perciò l’ho supplicato di non dire nulla… soltanto perché io non ero pronta. Come al solito, sono stata un’egoista. Erano solo due dannate parole, no? Avrei dovuto lasciargliele dire, così avrei potuto rispondergli che era lo stesso per me… ma ho avuto paura. E adesso… adesso è troppo tardi.-
- Ne sei certa?- soffiò Elena, schiudendo a malapena la bocca. - Sei assolutamente convinta che non ci sia più nulla di umano in lui?-
- Il Nick che conoscevo non avrebbe mai fatto del male ad una mosca, figuriamoci ai suoi cari.- sussurrò la Salvatore, masticando le parole a fatica, come se sapessero di ruggine e di sangue. – Non avrebbe mai, neppure sotto tortura, scritto un biglietto per spingermi ad uscire allo scoperto e a cadere nella trappola di Sophie… sarebbe morto, piuttosto. Lo so.- ancora una volta, Demi strinse istintivamente i pugni: - Ma se l’ho perso davvero, mamma, se non c’è più traccia del mio Nick in quel mostro… allora vuol dire che c’è una creatura orrenda che si si sta servendo del suo corpo per compiere il male, ed io non posso permetterlo. Devo trovarlo, devo vedere con i miei occhi quello che è diventato, convincermi che il suo amore per me è davvero svanito per sempre…- mentre parlava, la Prescelta avvertì le proprie gote incendiarsi di un rossore battagliero e ad Elena parve di scorgere un’ombra rapace fremere nel lago nero delle sue pupille. - Voglio affrontare quel Demone schifoso, guardarlo in faccia... e poi conficcargli una spada nel cuore, talmente a fondo da rispedirlo dritto all’inferno da cui proviene. E devo essere io a farlo, soltanto così saremo pari. Solo così Nick sarà libero… e forse lo sarò anch’io.-
- Ma hai pensato ai pericoli che potresti correre?- balbettò la Gilbert, cercando di rimettere insieme le idee nell’ansia di farla ragionare. - Demi, ti prego, pensaci, non sei minimamente pronta per…-
-… per uno scontro simile?- l’anticipò la giovane con amarezza. – Certo che no. Ecco perché ho cercato con tutte le mie forze qualcuno che stesse dalla mia parte, qualcuno che fosse arrabbiato quanto me, disposto ad insegnarmi a combattere sul serio, a reagire senza più errori…- la Salvatore sospirò e chiuse gli occhi, mentre, dietro al velo delle sue palpebre, i volti familiari dei suoi amici sfilavano uno dopo l’altro, senza mostrarle la compassione o vicinanza che tanto avrebbe voluto. Quello del principe, in particolare, rimase inchiodato più lungo degli altri in quel buio sfuocato, più assente che mai, facendole male. -… so che non posso farcela da sola. Non ti sei chiesta come mai, nonostante sia già passato un mese, io non abbia ancora mosso un dito? So che sarebbe una follia, che costringerei tutti quanti all’ennesima impresa di salvataggio e solo per questo sto cercando di controllarmi, ma… diamine, che cosa dovrei fare? Arrendermi?! Non ci riesco, non posso! Continuo a sperare che le cose cambieranno, che presto avrò la possibilità di fare giustizia, ma a volte… mi sembra tutto così inutile...- mentre parlava, le lacrime cominciarono ad addensarsi sotto le sue ciglia e Demi chinò debolmente il capo. -… non mi sono mai sentita così sola in vita mia, così abbandonata… e la verità è che, se non ho più nessuno intorno, è perché me lo merito…-
- Non è vero.- mormorò Elena di slancio, spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio e parlandole con tutta la dolcezza di cui era capace. – Guardami, Demi. Hai ancora me, d’accordo? Avrai sempre me.- una scia bollente e salata le bagnò la punta delle dita quando giunse a sfiorare gli zigomi di sua figlia e la vampira capì immediatamente che Demetra aveva sentito la mancanza di quelle carezze affettuose almeno quanto lei: - Puoi confidarmi i tuoi pensieri, ogni volta che ne senti il bisogno, senza aver paura di non sentirti capita…  io sarò sempre dalla tua parte, qualunque cosa accada. Sono tua madre. E so che le cose tra noi ultimamente si sono fatte complicate, che forse non riesci più a fidarti di me come un tempo, ma io ti voglio bene… e mi dispiace… mi dispiace così tanto…-
- Dispiace più a me.- mormorò Demi, tirando su col naso, la voce ormai irrimediabilmente impregnata di pianto. - Quel giorno, nella radura, ti ho detto delle cose davvero orribili. Ero così ferita… così arrabbiata con te… con papà… con tutti quanti, i-io…- il ricordo delle parole piene di rancore che la figlia le aveva riversato addosso dopo aver scoperto la verità su Damon si abbatté sulla Gilbert con la solita furia assassina, ma questa volta Demetra non la lasciò sola ad affrontare quel rimorso: -… solo ora capisco come devi esserti sentita quando Damon se n’è andato... hai dovuto ricominciare un’esistenza nuova, in un mondo che per te non era più lo stesso… avevi il cuore distrutto, ma dovevi essere forte per te, per me, e per tutte le persone che avevano lottato e perso al tuo fianco… hai avuto bisogno di aiuto, di qualcuno che ti desse una mano a sopportare il dolore… ed io sono felice, mamma, davvero, che almeno tu… a-almeno tu lo abbia trovato…-
 
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- Oh, vieni qui…- senza riuscire a trattenersi per un istante di più, Elena la tirò a sé e la strinse in un abbraccio mozzafiato.
Piangendo sommessamente, Demi si rifugiò contro il suo petto, bambina per la prima volta, di nuovo, dopo così tanto tempo, e la vampira la cullò a lungo senza parlare, mentre un groviglio arroventato di sensazioni le ingorgava la mente.
Aveva avuto così tanta paura di non riuscire mai più ad udire delle parole comprensive venir fuori dalla bocca di sua figlia, aveva temuto pazzamente che, dopo il trauma che Rebekah le aveva inflitto, Demi non sarebbe mai riuscita a perdonarla… ed invece eccola lì, la sua piccola, a chiederle scusa per prima e a offrirle il proprio supporto, dimostrandole che ogni singola goccia di nostalgia e sofferenza segretamente patita durante gli anni della sua crescita non era stata vana… perché quei sacrifici erano valsi ad Elena un tesoro più prezioso di qualunque altro sulla terra, un amore ancora più potente e feroce di quello che avrebbe mai potuto provare per qualsiasi uomo.
Di fronte a questo, ogni altra cosa perdeva di significato.
- Sono così fiera di te, della donna che stai diventando... alla tua età, non ero forte neanche la metà di quanto lo sei tu.- sussurrò la Gilbert all’orecchio della ragazza, senza lasciarla andare. – Con la testa dura che ti ritrovi, sono sicura che non ci sia niente che tu non possa fare, perciò… ti prometto che da questo momento in avanti ti starò accanto, e questa volta senza più bugie, senza più farti da ostacolo. Senza più trattarti come la bambina che non sei più… da molto tempo, ormai.- Demi sollevò il viso umido ed incredulo verso quello della madre e lo trovò splendente e determinato, come il sole nel pieno del mezzogiorno. Elena non le era mai parsa così giovane e bella, neppure nelle foto del suo matrimonio. Sembrava che le fosse divampato un nuovo fuoco dentro e, forse, si trattava del famoso fuoco delle Petrova, lo stesso che le univa da sempre. - Potrai contare sul mio appoggio. Dimmi di cosa hai bisogno… ed io ti aiuterò a lottare per ottenerlo.-
- Io...- mormorò la Prescelta dopo qualche istante, con il cuore che perdeva un battito per l’emozione di poter finalmente essere sincera con qualcuno a cui importava. Non avrebbe mai potuto immaginare che la loro conversazione avrebbe potuto avere un simile esito, ma forse aveva sottovalutato quanto Elena l’amasse e quanto effettivamente, in base al suo vissuto, sarebbe stato facile per loro due sentirsi affini. -… prima di fare qualsiasi mossa…- proseguì allora Demi, cautamente, quasi impaurita dall’idea di poter spezzare una magia: -… devo assolutamente parlare con Prince.-
- Capisco.- annuì Elena, come se non si fosse aspettata niente di diverso.
Sotto lo sguardo ancora dubbioso ma carico di aspettative di Demetra, la Gilbert si limitò a scrollare le spalle con aria rassegnata, poi, risolutamente, sorrise:
- Non perdiamo altro tempo, allora. Andiamo a prenderlo!-
 
***
 
- Come.- esalò Stefan quasi catatonico, fissando quasi senza vederlo il corpo senza vita del figlio di Klaus abbandonato bocconi sul tappeto del suo soggiorno.
- Domandina interessante.- convenne Damon, sciacquandosi vigorosamente la mani nel lavello della cucina nel tentativo di rinfrescare i propri palmi ancora abbrustoliti dall’elsa incantata del pugnale di Papa Tunde. In effetti, per colpa di quelle ustioni eccezionalmente lente a rimarginarsi, guidare fino alla Casa sul Lago era stata una vera tortura: - Dunque. Baby-Elijah ci lascia le penne. Baby-Klaus non vuole più vivere su questo pianeta senza Baby-Elijah. Ma Baby-Klaus è immortale, ergo non può esattamente smettere di vivere quando gli pare. Perciò Baby-Klaus trova un modo abbastanza pittoresco di uscire di scena e, dopo aver riportato la nostra piccola Demi a casa, si barrica nella sua capannuccia, tira fuori dal cilindro un simpatico manufatto voodoo e...-
- Come ti è saltato in testa di portarlo qui?!- ringhiò Stefan, interrompendolo sul più bello, pallido di rabbia e di sconcerto. – Cosa dovremmo farci con questa… questa carcassa, vuoi spiegarmelo?! Eh?!-
A quel punto, Damon smise di soffiarsi rumorosamente sulle dita bruciacchiate e inarcò un torvo sopracciglio in direzione del fratello:
- Dobbiamo riportarlo in vita.- dichiarò seccamente.
Stefan si sentì cedere le ginocchia e fu costretto a sedersi sul divano con un tonfo sordo.
Per tutta risposta, Damon sbuffò:
- Già, partire subito per le lagune del Sudamerica e farsi una bella gita in barca prima gettarlo, legato come un salame, in pasto ad un branco di piranha affamati sarebbe stata un’alternativa più sbrigativa, ma non ho scelto io di crescere una figlia dal cuore tenero, ergo…-
-… Demi non lo sa ancora.- dedusse Stefan, ormai terreo.
- No. E se riusciamo a risolvere in tempo la cosa, non dovrà saperlo mai.- gli fece presente Damon, in un tono che, nonostante i suoi sforzi, lasciava trapelare chiaramente la sua angoscia. – So bene che non mi vuoi qui.- chiarì a bruciapelo, mentre le sue iridi azzurre si scontravano duramente con quelle verde cupo del fratello, come un acciarino strofinato su una roccia per liberar scintille. - So che pensi che alla fine io sia riuscito a rovinarti l’esistenza, come avevo promesso di fare quasi duecento anni fa, e che se fosse per te mi sbatteresti fuori seduta stante, ma non sapevo a chi altro rivolgermi.- Stefan strinse le labbra come se avesse appena mandato giù un boccone decisamente amaro, ma Damon non smise di guardarlo dritto in faccia, reso ancora più spavaldo dalla disperazione: - Sono venuto per Demetra, perché voglio proteggerla. Piuttosto che vederla versare anche solo un’altra lacrima per questa storia, sarei disposto ad ingoiare il mio anello solare in pieno giorno, ed immagino che sia una sorta di stupido, insensato istinto paterno a farmi sentire così, come non mi sono mai sentito prima in tutta la mia vita. E tu…- il vampiro serrò la mascella per un attimo, prima di concludere: -… dannazione, tu sei l’unico che possa capire cosa provo.-

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- Perciò aiutami, Stef.- esalò, sentendosi come svuotato. - Per Demi.-
Con la fronte pesantemente aggrottata, Stefan congiunse i polpastrelli delle mani e si sfiorò il naso con la punta di entrambi gli indici, cercando di riflettere. Quella situazione era al limite dell’assurdo e non era sicuro di essere pronto a sostenerne il carico emotivo: faceva fatica a sopportare anche solo la vista di Damon o il suono preoccupato della sua voce, ed il desiderio di negargli ogni sostegno non la piantava di solleticargli la mente con un’insistenza crudele, quasi dolorosa. I suoi sentimenti verso di lui non erano cambiati di una virgola da quando aveva ammesso a se stesso e a Lexi di detestarlo, eppure fissare il cadavere cinereo di Prince gli stringeva lo stomaco in una morsa densa di orrore e pietà. Tutto quello che era accaduto a quegli sfortunati ragazzi, in fondo, era stata anche colpa sua e di tutta la generazione precedente, dei loro intrighi insanguinati e del rancore mai sopito che li aveva portati a schierarsi sempre l’uno contro l’altro, piuttosto che a collaborare contro il comune nemico.
Quante altre vittime avrebbe continuato a mietere quel loro modo così folle di comportarsi? E quante persone restavano ancora da annientare, prima che anche sua figlia finisse spazzata via dall’inevitabile resa dei conti?
Ovviamente, Damon aveva centrato il punto.
Ad entrambi, in egual misura, risultava insopportabile l’idea che la piccola peste dai capelli neri, la stessa capace di rimanere buona nonostante tutto e di affezionarsi persino all’Arma destinata ad ucciderla, potesse soffrire ancora.
C’è ancora tanta gente che ha un grande bisogno di te, Stefan, e tu non puoi semplicemente voltagli le spalle.
Così aveva detto Lexi, ed il suo monito sfiorò i pensieri del vampiro per un’ultima volta, più vero ed urgente che mai, prima che la domanda che lo aveva maggiormente ossessionato negli ultimi tempi perdesse di significato una volta per tutte.
Chi ha più bisogno di me?
 
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- Demi.- mormorò Stefan dolcemente tra sé, come per rispondersi, un momento prima di muovere il capo verso l’altro con un cenno. Di fronte a quell’assenso, un guizzo di speranza accese lo sguardo ansioso di Damon, mischiandosi ad una muta gratitudine che il fratello notò senza commentare: - D’accordo. Raccontami tutto.-
 
***
 
Mattie non ricordava di essersi mai sentita tanto patetica in tutta la sua vita: aveva il naso rosso come quello di un clown, gli occhi talmente pesti da avere difficoltà a tenere aperte le palpebre e i capelli così crespi e spenti nell’aria umida della sera che se ci fosse stata una mucca nelle vicinanze, quest’ultima si sarebbe leccata i baffi all’idea di poterle brucare sulla testa. Inoltre era ancora furiosa, e l’idea di tornare a Villa Lockwood, dove Caroline avrebbe smesso di rimbeccare i domestici giusto per il tempo necessario a lanciarle uno sguardo di commiserazione, era frustrante quanto lottare contro la fame che le stava ammorbando le viscere da quando aveva rinunciato alla succulenta cena al Pensionato.
Forse aveva sbagliato tutto, ma in fondo non era così strano combinare dei pasticci per lei, ultimamente. Da quando aveva perso Nick, si sentiva smarrita come un viandante privo di bussola in un bosco, rimasto imbrigliato nottetempo tra i rovi senza neanche una luce ad illuminargli la via.
‘’Eppure di luce sembra essercene un bel po’, qui intorno...’’ si ritrovò a pensare la ragazza, vedendosi improvvisamente costretta ad alzare una mano per ripararsi gli occhi dal raggio accecante che le stava investendo nel bel mezzo della strada. ‘’Ma che diavolo…?’’
- Non so se per riuscire a trovarti sia stato più utile ascoltare il richiamo dell’Alpha oppure i brontolii del tuo stomaco.- commentò una voce divertita, mentre lei batteva faticosamente le ciglia nel tentativo di metterne a fuoco il proprietario. Proprio mentre i fari gialli di un pick-up fastidiosamente familiare si abbassavano, la pancia di Mattie emise un ennesimo ruggito battagliero e il tizio al volante sfoderò in risposta un fulgido sorriso: - Mi sa proprio la seconda.-    
- Di nuovo tu!- gemette Mattie, esasperata, riuscendo a finalmente a focalizzare la faccia compiaciuta di Jackson oltre il vetro del parabrezza. La sua voce risuonò un tantino acuta, mentre dal basso del suo metro e un cappello puntava il dito contro quel bestione a quattro ruote: - Per l’amor del cielo, si può sapere perché non vuoi lasciarmi in pace?!-
Per tutta risposta, lo sportello del passeggero si spalancò con fare perentorio.
- Salta su.- fece Jackson, fissandola con aria ostinata. - Avanti.-
- Neanche per sogno.- rifiutò la Lockwood, voltandogli le spalle e proseguendo imperterrita sul suo cammino. - Molla l’osso, Jackie.-
- Non lo farò.- sbuffò Jackson, seguendola a passo d’uomo con il pick-up. - Tanto vale farti dare un passaggio, no?-
- Mia nonna è lo Sceriffo della città.- lo avvertì la bionda, incrociando le braccia sul petto mentre si girava di nuovo per affrontarlo. - Se non la pianti di starmi alle calcagna, chiederò un’ordinanza restrittiva canina nei tuoi confronti. Chiaro?-
- Tua nonna sa che vai in giro da sola dopo il tramonto, in una città infestata da Ombre e Demoni?- le chiese Jackson irritato, colpendo lo sterzo con una mano. Arrossendo, Mattie aprì la bocca per ribattere, poi la richiuse aggrottando le sopracciglia. - Mi sembrava che avessi detto a Demi di non voler mettere in pericolo nessun’altro. O forse per te vale una regola diversa?-
La biondina assunse più o meno la stessa espressione di quando, da piccola, era stata costretta ad indossare un vestito rosa confetto orlato di coccarde per festeggiare la vittoria di suo padre come Sindaco per il quinto anno di fila, ma alla fine si decise a zampettare verso il fuoristrada, sedendosi pesantemente sul sedile del passeggero e sbattendosi dietro lo sportello.
Per qualche secondo, nessuno dei due disse una parola, poi Mattie sbirciò dalle parti di Jackson.
- E così… emh, hai sentito quello che ho detto a Demi?- domandò quasi timida, le guance ormai roventi.
- Probabilmente tutta Mystic Falls l’ha sentito.- precisò il giovane, guardando un punto imprecisato di fronte a sé. Sentendosi a disagio mentre lui rimetteva in moto, la Lockwood fece una smorfia sconfitta.
- Dannazione.- sospirò, funerea. - Spero che almeno tu abbia portato del cibo.-
- Naturalmente.- ribatté Jackson, lanciandole dal nulla una busta tiepida.
Mattie l’afferrò al volo con una prontezza di riflessi che lei stessa non si sarebbe aspettata di possedere, poi l’aprì con circospezione: dentro c’erano due giganteschi hamburger con salsa Worcester del Grill, dei quali uno strabordava di quella che doveva essere una doppia dose di cheddar fuso. Si trattava senz’altro di quello che Demetra, che conosceva alla perfezione i suoi gusti, aveva ordinato specificatamente per lei.
- Puoi mangiare anche il mio.- l’avvisò Jackson, guidando sempre senza guardarla. - Non vado particolarmente matto per il pane tostato in quella maniera, secondo me perde tutta la sua morbidezza. E quella carne, poi, è un po’ troppo secca per i miei gusti.-
Mattie, che aveva staccato metà del suo panino con solo un morso, gli rivolse un’occhiata scettica:
- Cosa sei, una specie di Gordon Ramsey degli hamburger, tu?- bofonchiò, con la bocca piena.
- Sono solo abituato a fare le cose diversamente nel mio, di bar.- rispose Jackson, con la voce un po’ più bassa del solito. Mattie mandò giù il boccone con un po’ di difficoltà e, suo malgrado, si ritrovò a dover concordare con Kenner sugli standard un po’ calati del Mystic Grill: forse da quando William si era ritrovato incasinato con la storia delle spade magiche non funzionanti al 100%, controllare la perfetta cottura degli hamburger aveva smesso di occupare il primo posto nella sua lista delle cose importanti da fare.
- Ti manca quel posto? New Orleans?- chiese Mattie a Jackson, rosicchiando la crosta del pane.
- Un po’.- disse Jackson, svoltando delicatamente a destra.
- Potresti sempre tornarci.- suggerì la ragazza, fingendosi disinteressata mentre si leccava l’indice imbrattato di sugo. - In fondo il tuo Alpha se la sta cavando benone anche da solo, non trovi?-
- Mmh.- le fece il verso lui, rallentando fino a fermarsi a pochi passi dall’ampio cancello in ferro battuto che circondava la dimora dei Lockwood.
Matilde fissò il paio di occhi scuri che finalmente la stava squadrando con attenzione e si sentì stranamente sottosopra, come se invece di carne, patatine e salse speziate avesse mandato giù un animale ancora vivo e guizzante.
- Io… mi sono comportata in modo terribile con Demi, non è vero?- mormorò, un istante prima di azzannare spietatamente la sua seconda preda, quasi per sfogarci sopra la propria frustrazione.
- Non troppo.- convenne Jackson, comprensivo. - Perlomeno considerando il fatto che tutte e due siete ancora troppo sconvolte per ragionare lucidamente.-
- E’ stata di nuovo lei a mandarti qui?-
- No.- ammise il giovane, strofinandosi la barba con le nocche. Nonostante il suo tono un po’ evasivo, a Mattie parve sincero. - Ero preoccupato per te.-
- Perché sei il mio Beta designato?- indagò la ragazza, masticando più lentamente. – La guardia del corpo che dovrà occuparsi di mantenere salda la mia salute mentale fino alla mia prima trasformazione e bla bla bla?-
- Io… ecco, mi sembrava che avessi bisogno di qualcuno.- la corresse Jack, perplesso. - Di un amico.-
Mattie inghiottì e distolse lo sguardo da lui, fissando intensamente il proprio viso triste nello specchietto laterale del pick-up. Notò con sorpresa che la sua immagine era molto più opaca rispetto a quella che aveva visto mille volte riflessa nei retrovisori della Ferrari, o forse era semplicemente lei ad aver perso lo smalto.
- Avevo un amico.- sussurrò, sentendosi raschiare la gola. - Non è andata a finire bene. E adesso… non so più come andare avanti senza di lui.-
Mentre il giovane se ne restava in silenzio per un istante di troppo, lei ne approfittò per slacciarsi la cintura:
- Grazie per lo strappo, comunque.- disse frettolosamente, gettando l’incarto unticcio dei suoi hamburger ormai finiti in una busta. - Adesso però vado. Mia madre potrebbe mettere i manifesti per la mia scomparsa da un momento all’altro e addirittura armarsi di megafono per organizzare delle penose pattuglie di ricerca, perciò mi conviene muovermi, altrimenti non…-
- Mattie...- la interruppe Jackson, non appena la vide mettere una gamba a penzoloni fuori dallo sportello. Lei si voltò a guardarlo interrogativa, ma Jackson si limitò ad increspare un angolo della bocca con aria rassegnata. - Quando vuoi.-
Mattie spiccò un salto per scendere e, una volta atterrata, fece scattare la serratura del suo cancello, spingendolo ad aprirsi con una mano. Poi, proprio mentre il suo cuore, al contrario, sembrava destinato a rimanere sigillato per sempre, percepì i fari di Jackson riaccendersi e sfiorarle delicatamente la schiena col loro bagliore:
- Non ti perdi un granché, comunque.- senza avere il pieno controllo sulla propria voce, Mattie si ritrovò ad ascoltare se stessa mentre pronunciava quelle parole, e Jackson, che stava per premere il piede sul pedale per ripartire, s’immobilizzò. Di fronte al suo cipiglio confuso, ormai uscita allo scoperto, la ragazza gli indirizzò una goffa scrollatina di spalle: - Voglio dire, se io ti evito come la peste, non farne un dramma… non sono poi tutta questa meraviglia come amica, sai. Anzi, nella scala della bontà, se per esempio stessimo parlando di torte al cioccolato, sarei di sicuro quella meno farcita, un po’ bruciacchiata e lasciata fuori dal frigo a muffire per tipo una settimana.-
- Non è quello che mi ha detto Demi.- mormorò piano il giovane. Mattie ripensò al modo in cui aveva urlato addosso alla figlia di Elena poco prima e a quello che quest’ultima avrebbe pensato se soltanto avesse saputo la vera natura dei sentimenti che lei aveva sempre provato per Nick e, istintivamente, abbassò lo sguardo dalla vergogna. – Senti, nessuno pensa che sia facile ciò che stai passando.- continuò Jack, provando un moto di tenerezza nel guardarla, minuscola com’era rispetto all’imponente maniero da cui proveniva, o alle responsabilità che le gravavano addosso in quanto nuovo Alpha dei Crescenti. - Ma è per questo che sono qui. Ho visto un dolore identico al tuo negli occhi di Prince e Demi, quella notte a New Orleans, e poi, mentre mi sentivo assolutamente inutile di fronte alla loro sofferenza, sono venuto a sapere di questa ragazza… che aveva attivato il suo gene da Licantropo proprio nel momento più sbagliato che potesse esistere ed aveva salvato tutta la mia gente dalla sua maledizione senza nemmeno saperlo. Ho subito accettato di venire a Mystic Falls, perché ti devo la vita, ma soprattutto perché ho pensato che magari poteva servirti davvero avere intorno qualcuno di esterno a quanto era successo, e con un po’ di esperienza lupesca, per giunta. Mi sono detto: magari riesco a cavarne qualcosa di buono, dal mostrarle le cosa vuol dire fare parte di un branco.-
- Invece tutto ciò che ti sei guadagnato è stata la minaccia di una denuncia per stalking.- senza riuscire a trattenersi, Mattie scoppiò a ridere.
- E un sorriso.- le fece presente il giovane, ruotando le chiavi nel quadro e facendo ripartire il motore ammaccato del pick-up. Poi, accennando ad un saluto, Jack fece inversione e ripartì scoppiettando, mentre la bionda rimaneva a fissare il punto in cui era scomparso per un lungo attimo, prima di decidersi a rientrare.
Nel frattempo, tra i fruscii del rigogliosissimo giardino di Villa Lockwood, aldilà delle aiuole e della fitta siepe che Caroline faceva regolarmente potare ispirandosi alla forma di animali dal dubbio fascino, una sagoma alta e sottile si mosse di soppiatto, sporgendosi furtiva oltre un grosso tronco per sbirciare meglio i movimenti di Mattie. Quando l’ultimo guizzo inconsapevole dei capelli di lei svanì dietro lo schiocco del portone, l’ombra avvolta in eleganti abiti maschili tornò rapidamente a nascondersi nel buio e, come disturbata dalla scena a cui aveva assistito spiando, strinse malevola le palpebre su due occhi che in passato dovevano essere stati molto belli, ma che ora erano completamente, orribilmente neri, dalla sclera alla pupilla.



 


 
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Buonasera a tutti, miei cari! J
Finalmente abbiamo un nuovo aggiornamento per il DD, con un capitolo un po’ più breve rispetto al solito ma spero sempre ricco ed interessante. In questi mesi ho avuto davvero paura di dover rinunciare al mio sogno di portare a termine questa storia, ero scoraggiata dalla mancanza di ispirazione e mi sono quasi convinta del fatto che sarebbe rimasta per sempre incompiuta. Per fortuna alla fine sono riuscita a rigettare l’idea, facendomi forza dopo aver capito che la mia voglia di scrivere non è morta, è soltanto molto più difficile da trovare, essendo praticamente sepolta sotto una valanga di impegni e di responsabilità che m’impediscono di concentrarmi come facevo un tempo. Ma niente paura! Con un po’ di pazienza sono certa che le parole verranno fuori e che i nostri amati personaggi riusciranno a proseguire e a concludere la loro avventura.
Questo capitolo è stato un passaggio necessario per capire quali nuove alleanze si stiano formando in un contesto caotico e spezzato come quello che domina Mystic Falls dopo la tragedia di Nick… cosa s’inventeranno Stefan e Damon per riportare indietro Prince, ce la faranno a mettere da parte i loro dissapori per un obiettivo comune? E quali saranno le conseguenze della promessa fatta da Elena a Demi? Potrà davvero la madre aiutare la figlia senza che la cosa le si ritorca contro? E Mattie accetterà la mano tesa di Jackson? Troverà la forza di ammettere alla sua migliore amica la verità su Nick, o le due si ritroveranno per la prima volta nella vita ad ostacolarsi?
Come al solito, se volete fare un favore a me e alla storia, inseritela tra i preferiti o tra i seguiti, passate parola, recensite, commentate, seguite gli aggiornamenti in bacheca e sulla pagina ufficiale… insomma, tenetemi compagnia nel tempo che impiegherò a scrivere il prossimo capitolo! Potrebbe essere la cura per ogni mia incertezza, davvero.
Con un grazie infinito, vi abbraccio forte eeeee…
Alla prossima! <3
Evenstar75

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