Shadow Behind Shadow

di potterhead forever
(/viewuser.php?uid=619333)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incubo nell'Incubo ***
Capitolo 2: *** La Nebbia Scomparsa ***



Capitolo 1
*** Incubo nell'Incubo ***


1. INCUBO NELL'INCUBO


"Io non ho…amici" aveva nettamente sibilato Sherlock in tono piuttosto velenoso.
"No." concordò John, prima di alzarsi dalla poltrona sulla quale era seduto ed incamminarsi fuori dalla sala mediamente affollata.

Sapevo che quella frase piuttosto carica di veleno, come se a pronunciare quelle parole fosse stato un Kanima, era dettata dalla rabbia che Sherlock provava in quel momento, ma ad ogni modo mi fece male sentirla, come un sentimento che non puoi fermare. Per esempio l'amore, quello é un sentimento che ti assale e ti pugnala, qualcosa che non puoi placare e che a volte persino ti da fastidio, che crea ideali dentro di te i quali normalmente non comdivideresti nemmeno. Così anche per il sentimento che mi assalì quando Sherlock mi disse di non avere amici.

Indeciso sul da farsi, ma rendendosi poi conto di essere abbastanza stanco, Watson s'incamminò al piano superiore, diretto alla stanza che gli era stata data, di fronte a quella di Sherlock. Osservò il numero in metallo inchiodato sulla porta di legno, poi girò la chiave nella serratura ed entrò.
Solo. Si sentiva solo, come non lo era mai stato. Questa sensazione lo assaliva ripetutamente da un po', come se lo stesse divorando, eppure non capiva perché. Aveva di fianco a sé il suo migliore amico, una persona più che speciale, aveva Mr. Hudson, una fantastica donna che amava quasi come una madre, e lo stesso era consapevole del fatto che gli mancasse qualcosa. Ma nemmeno lui seppe rispondersi quando il suo inconscio gli chiese cosa non avesse. 
Si addormentò con questi pensieri per nulla sereni, stringendo a sé il piumone pesante nel freddo quasi invernale, ancora preoccupato per Sherlock.

Improvvisamente, nel cuore più oscuro della notte, si svegliò: aveva sentito un grido, e seppe anche riconoscerlo in pochi istanti. Subito si precipitò fuori da camera sua, guardandosi attorno nel corridoio illuminato solo dalla luce lunare: nessuno, fatta eccezione per lui stesso, si era destato a quegli urli. Di notte quelle pareti sembravano emanare paura, la sentiva addosso a sé. Ancora insonnolito, ma destato al contempo da quella tremenda sensazione, sbatté con fervore i pugni contro la porta della camera di fronte alla sua, urlando:
"Sherlock! Sherlock, apri! Sherlock!"
Sentì per qualche altro secondo quelle grida disumane, poi il silenzio. 
Il suo cuore perse un battito, poi osservò la maniglia della porta, e ne smarrì un altro: era socchiusa, la porta era socchiusa eppure non si apriva. Spinse con le sue forze, percependo che in effetti qualcosa la bloccava dal basso, ma quando finalmente riuscì a fare ingresso nella stanza gli venne a mancare il fiato: davanti a lui, sopra una moquette che un tempo era stata grigia, ma che ora era scarlatta, giaceva il corpo apparentemente sbranato del suo collega. Il corpo di Sherlock Holmes.
Non voleva crederci, non capiva come potesse essere vero, come potesse essere accaduto, poi alzò lo sguardo sul letto matrimoniale, ed intravide nel buio due occhi rossi fiammeggianti che lo fissavano maligni, un corpo coperto di pelo nero e rosso, intriso di sangue, che gli stava balzando addosso preparandosi a togliergli la vita.

Quasi senza respiro si alzò, grondando sudore dalla fronte, bagnando perfino il cuscino: era stato un incubo, nulla di più. Un incubo. 
Poi voltò appena il capo, incredulo: quel grido lo sentiva ancora, e stavolta si diede un pizzicotto prima di alzarsi dal letto, tremante di paura.
Ripercorse gli stessi passi che aveva compiuto qualche attimo prima nell'incubo, trovando ancora una volta il corridoio deserto ed illuminato solo dal pallore lunare.
"Sherlock?" urlò, stavolta cercando di contenersi, scoprendo però che la porta era aperta. Un tumulto lo percosse, frutto anche delle urla crescenti.
Si catapultò nella stanza dopo qualche secondo di esitazione, trovando il suo collega steso sul materasso, evidentemente preda di terribili incubi.
"Sherlock…Sherlock" sussurrò, bloccandogli le spalle e cercando di fermarlo.
"John…" sussurrò ansante, destatosi dal suo inferno.
"Sherlock…oddio, é…é tutto a posto, é tutto a posto, era solo…" 
Si bloccò, incapace di proseguire. Holmes stava piangendo, i suoi occhi possedevano una sfumatura rossa sufficiente a far capire che quelle non erano le prime lacrime che versava; certamente aveva pianto anche mentre dormiva.
"Tutto bene?" chiese, sedendosi sul letto di Sherlock e posandogli con lentezza una mano sulla spalla, ora che anche l'altro era seduto.
"Era…era reale…" mormorò in tono spezzato, qualcosa che impaurì John a tal punto da chiedersi se non stesse ancora sognando: Sherlock Holmes non solo aveva paura, era letteralmente terrorizzato, da un sogno per di più.
"No, era un sogno...un incubo, per meglio dire...non.."
"No John, era reale, é reale, lo é sempre stato!" urlò, fuori di sé.
"Okey Sherlock, capisco che tu sia scioccato…ma non era niente di più di un sogno, forse un incubo, ma…"
"No…John, devi credermi…per favore…" confessò, lacrimando copiosamente.
"Va bene, va bene…ti credo. Ma cosa vuoi che faccia?"
"Resta qui John."

Quella risposta, seppur misera e piena di paura, pose la mia mente in uno stato di trance. Sherlock mi aveva chiesto di rimanere lì e, forse per la differenza d'età, essendo io il maggiore e quindi quello che in teoria doveva proteggere, sentii questo dovere verso di lui. Sapevo che non era completamente in sé in quel momento, lo Sherlock che conoscevo non si sarebbe mai lasciato andare alle emozioni in quella maniera, ma non era questo il problema. In quel momento davanti a me c'era una persona bisognosa di protezione, e gliel'avrei data.

Sebbene inizialmente esitante, John impiegò poco tempo per intendere completamente la richiesta di Sherlock, poi aggirò il letto e si sedette dall'altra parte, i piedi ancora a terra.
"Sicuro? Non é che lo stai dicendo solo perché hai paura, non é che domani poi te la prendi con me perché sono rimasto e perché abbiamo dormito insieme, vero?"
"John…ho bisogno di aiuto…e so che tu sei l'unico che me lo può dare. Non ho mai avuto amici, eccetto uno." confessò, lo sguardo ancora rivolto verso il basso lasciando che le lacrime che gocciolavano sul materasso e sul lenzuolo.
"Coricati. Hai bisogno di dormire." mormorò, premendogli dolcemente una mano sulla spalla, spingedolo indietro sul materasso e coricandosi di fianco a lui.
Inaspettatamente però accadde una cosa, qualcosa che Watson non avrebbe previsto nemmeno se fosse stato un cartomante: Sherlock voltò il suo corpo verso di lui e lo abbracciò, mormorando ancora una volta il suo nome prima di addormentarsi, apparentemente più sereno.

Non potevo credere che stesse capitando davvero. Certo, non era niente di sconvolgente o incredibile, trattandosi solo di un amico imbevuto della più pura forma di paura che io abbia mai visto e bisognoso di consolazione, ma non se quel qualcuno era Sherlock. Oramai avevo capito che non era più in lui, che aveva perso la ragione, la quale solitamente lo accompagnava in ogni istante della sua vita, ma lo stesso pensavo che mi avrebbe dato la colpa quando, la mattina dopo, si sarebbe trovato abbracciato a me.

I raggi solari, a quell'ora non troppo carichi di luce, investirono il corpo di Holmes, coperto solo parzialmente dal lenzuolo, destandolo dai suoi sogni. Aprì lentamente gli occhi, cercando di focalizzare ed analizzare la stanza come faceva solitamente per capire se qualcuno nella notte avesse fatto irruzione, ma la risposta di presentò di fianco a lui ancor prima che potesse iniziare la sua analisi: John stava dormendo tranquillamente, stringendo una piccola porzione di lenzuolo tra le mani.
Ricordò immediatamente perché Watson fosse lì, era stato lui stesso a chiederglielo la sera prima quando, colto dal panico, aveva avuto bisogno di lui. Dell'unico amico che avesse mai avuto. 
Lasciando perdere quei pensieri si concentrò su una sensazione alquanto sgradevole che si era accorto di provare solo in quel momento: qualcosa di caldo, piuttosto viscido e bagnato si estendeva per tutta la lunghezza della sua gamba sinistra. Portò la mano a toccare quella sostanza, ritirandola pochi attimi dopo, inorridito: quello era sangue.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La Nebbia Scomparsa ***


CAP.2 – LA NEBBIA SCOMPARSA

"John! John, svegliati!" urlò, non ancora in preda al panico ma abbastanza spaventato.
Watson si svegliò, sebbene di soprassalto, restando relativamente calmo. Poi vide la mano insanguinata di Sherlock e si portò la sua sinistra alla bocca, evitando a stento di urlare.
"Cos'è successo? Sherlock…"
Non ebbe il tempo di chiedere che Holmes, dolorante solo ora come se si fosse accorto in quel momento del dolore che avrebbe dovuto provare fin dal principio, gli mostrò il vasto morso che gli prendeva la coscia sinistra, lasciando scivolare il sangue ovunque potesse trovare una via libera.
"Non muoverti. Resta fermo, vado a prendere una cosa in camera mia!" esclamò, alzandosi dalla sua posizione in modo piuttosto fulmineo e precipitandosi dall'altra parte del corridoio, in camera sua, approfittando della tempestiva situazione per vestirsi, prendendo poi dalla valigia ancora aperta e ricolma di vestiti ai piedi del letto un piccolo kit medico che si portava sempre dietro, reduce delle memorie del suo passato.
"Sherlock, sono qui, arrivo!" confermò frenetico, inginocchiandosi ai piedi del letto per poi posare un panno imbevuto di una sostanza rossiccia sulla ferita di Holmes, che contrasse i muscoli del viso in un'espressione dolorante.
"So che fa male, reggi per un po'. Ma come diavolo te la sei fatta?!"
"Non lo so…non ne ho la più pallida idea…non ricordo..."
"Forse eri sotto shock quando é avvenuto, mi sembra l'unica spiegazione plausibile, visto che i sogni non prendono vita."
"Tu come fai a sapere cos'ho sognato?" chiese Sherlock, quasi incredulo.
"Ecco...l'ho sognato anch'io. O per meglio dire, ci ho fatto un incubo. Molto realistico anche, ma ora non parliamone, dobbiamo…"
"Grazie John."
"Di che?" domandò lui, che nel frattempo aveva fasciato la coscia dell'amico con una benda abbastanza stretta da bloccargli l'emorragia.
"Per ieri notte. Sai…mi stupisco del mio stesso comportamento, non so cosa mi sia preso o perché sia diventato così debole improvvisamente, ma ti ringrazio perché sei restato qui. Anche solo perché mi sopporti."
"Sherlock? Sei sicuro di essere tu?" chiese divertito, ma anche sconcertato in un certo senso. Non gli aveva mai parlato così fin da quando si erano conosciuti.
"No John. Non sono più sicuro di niente, e mi spaventa più questo che la situazione generale. Non sono mai stato insicuro, la mia mente non é mai entrata in una confusione pari a quella in cui é ora. É fastidioso ed irritante."
"Sherlock...ok, calmati. Dobbiamo tornare a ciò di cui ci stiamo occupando e tu devi smetterla di agitarti tanto. Vestiti, poi scenderemo e decideremo cosa fare." affermò, prima di lasciarlo da solo.

Respirai. Stavo perdendo la ragione, mi stavo lasciando travolgere dai sentimenti che provavo come non mi era mai successo prima. Anzi, non necessito nemmeno di un paragone, perché questa é la prima volta che capita. Ma in fondo, pur non volendo ammetterlo, so perché sono così. Dewars Hollow. Non era più questione di aiutare Harry, dovevo essere in grado di aiutare me stesso svelando quel mistero.

Dieci minuti dopo il consulente investigativo ed il dottore erano seduti ad un tavolino all'interno della taverna, sorseggiando tea più per prendere un riparo contro il freddo che li avrebbe assaliti una volta fuori che perché ne avessero realmente voglia.
"Dobbiamo andare a Dewars Hollow John. Voglio assicurarmi di una cosa." affermò il più giovane, alzandosi di scatto mentre pronunciava quelle parole, costringendo il dottore a seguirlo.
Camminavano vicini, pestando con decisione il terreno freddo del sentiero che portava nel bosco, di giorno privo di nebbia.
"Non capisco, di cosa devi assicurarti? Il 'mastino' compare di notte, cosa stai cercando a quest'ora di mattina?"
"Una conferma che, per quanto terribile, penso avrò presto." asserì Sherlock in un tono piuttosto duro, tanto che il dottore sospettò che stesse nascondendo qualcosa dietro a quelle parole.

Volevo credere che non fosse possibile. Quel posto aveva risucchiato da me il 50% della mia razionalità, anche se in fondo sapevo bene perché. Era stato un incubo infantile per troppo tempo quel luogo, e ora volevo capire una volta per tutte se c'entrasse la nebbia. Se non avessi avuto la conferma di ciò che temevo allora ci saremmo concentrati su Baskerville senza problemi, nonostante l'atmosfera di quel luogo mi togliesse quasi il respiro. Aveva ragione Harry, Dewars Hollow risucchiava via la felicità dal cuore di ogni essere umano che potesse essere tanto impavido da presentarvisi.

"Sherlock, ancora non capisco: come mai vuoi andare a Dewars Hollow?"
"Per una conferma, John. Per una conferma." esplicò piuttosto seccato da quella ripetuta domanda del suo collega. E del suo unico amico. Doveva immediatamente scusarsi, così rallentò di qualche passo solo per far sì che entrambi fossero sulla stessa lunghezza, confessando imbarazzato mentre camminavano:
"Ieri parlavo sul serio: io non ho amici, non ne ho mai avuti. Eccetto uno."
"Sarebbero scuse?" chiese Watson, tuttavia divertito da quello che sospettava essere il primo tentativo di scusarsi in tutta la vita del detective.
"Un tentativo, il mio primo. Ti sarei grato se lo accettassi."
"Accettato, ora andiamo."
L'aria era talmente pungente che respirarla dava persino un senso di dolore fisico ai polmoni, ma stranamente, se confrontato con lo stesso paesaggio che i due colleghi avevano visto la sera prima, totalmente privo di nebbia.
"Non fa meno paura anche se non opacizzato dalla nebbia questo posto." commentò John guardandosi intorno, mostrando così una scarsa attenzione alla strada davanti a lui e non potendo evitare di scontrasi con Holmes, che si era improvvisamente arrestato.
"Che c'è?"
"John..." mormorò, in un'intonazione tanto flebile che il dottore vi riconobbe la stessa intrisa di paura della notte prima.
"Dai, ora è giorno, e poi il mastino non esiste!"
"John." lo chiamò una seconda volta, alché finalmente il più vecchio alzò lo sguardo, non riuscendo a scorgere però nulla di più di una fulminea figura che si muoveva tra il sottobosco.
"Aspettami, arrivo subito." affermò convinto estraendo una pistola, ma la morsa affusolata e potente dell'amico lo fermò, facendo sì che pochi secondi dopo lo raggiungesse la sua voce, decisa e spaventata.
"Non te lo lascerò fare."
"Sherlock, Dio mio, sei impazzito?"
"Devi ascoltarmi. Non sto dando di matto, anche se mi sto lasciando andare alla parte emotiva del mio essere, cosa che non dovrei fare visto che per ottenere buoni risultati in un lavoro, ottimi nel mio caso, è praticamente proibito il coinvolgimento dei sentimenti, ma voglio pregarti di allontanarti da qui. Questo posto è pericoloso."
"Sh-Sherlock...che cosa diavolo stai dicendo?! Perché sei così? Non ti è mai successo in tutto questo tempo e ora te ne vieni fuori con tutto questo sentimentalismo? Ricaccialo dentro e fai il detective. Non che io non apprezzi questo tuo lato, anzi, però se vogliamo scoprire qualcosa dobbiamo essere razionali."
"IO NON POSSO ESSERE RAZIONALE JOHN, DIAMINE. LO VUOI CAPIRE? NON POSSO ESSERE RAZIONALE CON IL LUOGO CHE NELLA MIA INFANZIA È STATO IL REGNO DEI MIEI INCUBI, NON POSSO ESSERE RAZIONALE NEL LUOGO IN CUI MIO FRATELLO È QUASI MORTO PER COLPA DI UN MOSTRO. E NO, NON INTENDO UN MOSTRO UMANO...IL MASTINO ESISTE, HARRY HA RAGIONE, MA NON SONO PRONTO PER DARGLIELA. IO VIVEVO QUI, JOHN. IO L'HO VISTO, HA QUASI TENTATO DI UCCIDERMI!"

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3553483