Joel 2.0

di Robigna88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


NDA: Il più strano esperimento di scrittura che mi sia mai venuto in mente.... Leggete e commentate, fatemi sapere quanto folle è xD

Crossover tra Saving Hope e The Originals.


aj

PROLOGO

 

 

 

 

 

“Cosa abbiamo qui?”

L’uomo che tirava la barella sospirò e sorrise al dottore al Pronto Soccorso. “Allison Morgan, è caduta all’aeroporto e si è ferita una mano. Pressione ottima, è lucida e anche molto simpatica.”

“Grazie Travis” disse proprio lei guardando poi il dottore. “Mi dispiace per tutto questo caos, avevo pianificato di prendere un taxi per arrivare qui dopo essere caduta, ma qualcuno ha chiamato un’ambulanza. Sono… mortificata.”

“Nessun problema,” le rispose il dottore con un sorriso. “Sono il dottor Miller e…”

Codice rosso. Codice rosso.  In arrivo multipli feriti gravi a seguito di un incidente stradale.

“E ha cose più importanti di cui occuparsi” prese la parola Allison dopo che la voce nell’altoparlante si fermò. “Non si preoccupi per me” continuò alzandosi in piedi. “Mi metterò qui nella sala d’attesa e aspetterò che qualcuno di voi abbia tempo.”

Il dottor Miller annuì, poi afferrò alcune garze su un vassoio e gliele premette sulla ferita. “Tenga queste e manderò qualcuno il prima possibile. E grazie per la sua comprensione.”

“Si figuri” Allison si voltò a guardare Travis e l’altro paramedico. “Mi dispiace per il disturbo.”

“Dovere” le rispose Travis con un sorriso prima di andarsene.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Joel era appena uscito dalla sala operatoria quando venne chiamato al Pronto Soccorso. L’orario di lavoro era, teoricamente, finito da almeno un’ora ma durante l’intervento aveva sentito che c’era stato un grave incidente stradale quindi dubitava che sarebbe riuscito a tornare a casa prima di altre tre ore almeno. Poco male, lui amava il suo lavoro e stare in ospedale era più o meno come stare al suo appartamento, con la differenza che lì, al lavoro, aveva qualcuno con cui parlare mentre a casa era… completamente solo.

Di solito, essendo il capo di chirurgia, a lui spettavano solo le parti burocratiche e noiose ma in situazioni di emergenza come quelle poteva finalmente tornare a fare ciò per cui si sentiva portato; curare i traumi, vivere l’azione. Era lusingato che gli avessero assegnato un compito così importante come quello di essere il capo ma molto spesso gli mancava poter stare a contatto con i pazienti. Non era completamente tagliato per stare al comando; risolvere i conflitti tra i vari medici, prendere decisioni importanti al posto di qualcuno di loro… era una grossa responsabilità e come ogni cosa di tale portata era tremendamente difficile.

“Zach” disse al suo collega avvicinandosi a lui. “Mi hai fatto chiamare?”

“Sì” confermò l’altro cercando una cartella. “So che sei il capo e che hai cose più importanti di cui occuparti ma c’è stato un grave incidente e sono a corto di medici quindi vorrei che ti occupassi di questa paziente.”

Joel afferrò la documentazione che l’altro le porgeva e la aprì iniziando a leggere. “Si tratta di una ferita superficiale, non puoi mandare qualcuno degli specializzandi? Io posso fare qualcosa di più impegnativo soprattutto considerato che siamo in una situazione di emergenza.”

“La povera ragazza si è scusata più di una volta di averci disturbato e si è seduta con delle garze premute sulla ferita in gentile attesa che qualcuno le suturi la mano. È una brava donna ed è molto gentile, occupatene tu” gli disse. “Oltretutto, una volta che l’avrai vista mi ringrazierai.”

“Che vuol dire?” chiese Joel perplesso.

“Che è molto bella. Decisamente il tuo tipo.”

Zach si allontanò lasciando Joel confuso.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Allison Morgan!” esclamò il dottor Goran in piedi nel centro della sala d’attesa piena di gente.

“Sono io” rispose qualcuno alzando una mano ma non lo sguardo, non subito almeno. Quando lo fece però la garza le cadde di mano mentre si scontrava con due occhi scuri che le erano familiari e che allo stesso tempo non conosceva. “Incredibile” mormorò scuotendo poco il capo.

“Si sente bene?” chiese il dottore con un sorriso. “Sembra che abbia appena visto un fantasma.”

“Sì” si affrettò a rispondere lei riprendendo il controllo. “È solo che lei somiglia molto a qualcuno che conosco.”

“Oh” sussurrò lui. “Spero qualcuno che le è simpatico.”

“Gli sono molto affezionata” confermò Allison schiarendosi la voce. “È qui… per sistemare la mia mano?”

“Esatto” le disse l’uomo invitandola a seguirlo fino ad un lettino. “Sono il dottor Joel Goran.”

“Lieta di conoscerla. Senta,” gli disse la donna. “Se ha altre cose di cui occuparsi faccia pure, ci sono casi più gravi di me e io posso aspettare.”

Joel rise. “Il dottor Miller aveva ragione, lei è molto gentile.”

“Mi chiami pure Allison, darsi del lei è…”

“Antico?” concluse il dottore al suo posto. “Va bene, allora tu chiamami Joel.”

L’uomo le prese delicatamente la mano per esaminarla e fu allora che Allison vide qualcosa; era una visione confusa e sfocata ma finiva con il gentile Joel in un bagno di sangue. Decisamente non le piaceva.

“Dannazione!” esclamò portandosi l’altra mano al viso, toccando il sangue che le era venuto giù dal naso per l’intensità della visione.

“Woah” lui le sollevò piano il mento muovendole una lucina davanti agli occhi. “Hai sbattuto la testa durante la caduta, Allison?”

Lei scosse il capo. “No, sono solo molto stanca. Ho fatto un lungo viaggio. Arrivo dall’Italia.”

“Ah la bella Italia” sorrise Joel. “Ti manderò comunque a fare una TAC dopo averti suturato la mano e” appuntò qualcosa sulla cartella medica. “Torno subito con un bicchiere di acqua per te, okay?”

Si allontanò e la donna scosse il capo cercando nella sua borsa il cellulare. “Perché queste cose capitano sempre a me?” mormorò a se stessa mentre componeva un numero che non componeva da tanto. “Elijah” disse quando partì la segreteria. “Sono io, Allison. Sono a Toronto e… credo che dovresti raggiungermi. Chiamami quando arrivi in città” concluse prima di riattaccare mentre Joel tornava con dell’acqua per lei.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


NDA: I vostri commenti mi fanno molto piacere e stimolano la mia creatività quindi commentante commentate xD buona lettura, Roby.

ja

CAPITOLO 1

 

 

 

 

 

“Non capisco” mormorò Joel guardando il risultato della tac. “La tac è negativa eppure l’ho vista io stesso sanguinare dal naso, così di improvviso.”

“Può essere stato un colpo di pressione o semplicemente un po’ di stress, ad alcuni succede a volte” Maggie fece spallucce guardando insieme a lui l’immagine che mostrava un risultato chiaro e pulito. “Dimettila, abbiamo bisogno del letto.”

Ma Joel scosse il capo. “C’è qualcosa di strano in quella donna, qualcosa che per un motivo ancora sconosciuto mi attira.”

Maggie fece un grosso respiro. “Quel qualcosa, come lo chiami tu, è il fatto che è molto bella. Ha due occhi luminosi, stupendi capelli e un corpo mozzafiato, ecco perché ti attira. Dimettila Joel, sai bene quanto me che non c’è niente che non vada in lei.”

Il capo rise e si schiarì la voce; Maggie aveva ragione quando diceva che era bella ma non ne aveva quando sosteneva che fosse quello il motivo per cui voleva trattenerla ancora un po’. C’era davvero qualcosa che lo incuriosiva, qualcosa a livello medico però. Forse era il fatto che quando il naso aveva preso a sanguinarle in quel modo lei non si era assolutamente preoccupata, neppure un po’, come se ci fosse abituata e non poteva essere normale.

Inutile ripeterlo comunque, Maggie non gli avrebbe creduto e forse ne avrebbe avuto tutte le ragioni visto la reputazione di cui godeva tra le infermiere e le donne di quell’ospedale in generale. Con un cenno del capo la salutò e uscì dalla stanza diretto al pronto soccorso dove avrebbe parlato con la sua paziente e deciso solo in quel momento cosa fare. Allison Morgan rilesse sulla cartella. Perché quel nome gli suonava tanto familiare?

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Elijah scese dall’aereo e aspettò di trovarsi fuori dall’aeroporto prima di afferrare il suo cellulare e comporre il numero di Allison. La donna era rimasta molto vaga nel messaggio che gli aveva lasciato il giorno prima. Quando lo aveva sentito si era preoccupato perché non era da Allison chiedere aiuto; perché gli aveva chiesto aiuto vero?

Non ne era del tutto certo ma c’era qualcosa in quella voce che conosceva molto bene che lo aveva messo in apprensione. Era nel modo in cui aveva vibrato attraverso l’apparecchio, nel modo in cui era rimasta vaga, breve e concisa. Non la donna che conosceva lui.

Toronto spendeva di sole quel giorno. Era una città che gli era sempre piaciuta, anche se dopo un certo momento della sua vita aveva smesso di visitarla ricordava tutto con piacere di quel posto: Il Museo Reale, l’acquario, ogni cosa a Toronto era bella. Perché Allison fosse lì non lo sapeva ancora, sperava di scoprirlo presto e sperava che stesse bene.

Fece partire la chiamata e attese qualche istante, il tempo di tre squilli e lei rispose. “Allison, sono appena arrivato a Toronto, dove sei?”

“Sono in ospedale ma sto bene, non venire qui, stanno per dimettermi in ogni caso. Ci incontriamo in quel ristorante italiano che ti piace tanto fra due ore circa, va bene?”

“Che significa che sei in ospedale? Stai bene davvero?”

“Sì El, sto bene davvero. È una storia lunga e anche imbarazzante, te la racconto a pranzo. Tu aspettami al ristorante, va bene?”

“Va bene” replicò lui alzando la mano per chiamare un taxi pensando che era tutto troppo strano, non gli piaceva affatto e non sapeva perché.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Bene, Allison. Puoi andare.”

Allison sorrise a Mary, la gentile infermiera che si era presa cura di lei in quella lunghissima notte in ospedale. Anche se non avrebbe voluto rimanere un minuto di più dopo i risultati della tac – Joel Goran aveva insistito affinché rimanesse per la notte – stare lì era servito a qualcosa; aveva potuto osservare i medici di quell’ospedale al lavoro e aveva deciso che l’Hope Zion era il posto giusto a cui donare i soldi della fondazione di suo padre quell’anno.

Non avrebbe detto ancora nulla però, l’indomani sera ci sarebbe stata una cena di beneficienza che lo staff della fondazione Morgan aveva organizzato e avrebbe comunicato solo allora la sua decisione svelando anche la sua identità.

Sapeva che Joel sarebbe rimasto di stucco e sapeva che la prossima volta che avrebbe messo piede dentro quell’ospedale tutti l’avrebbero trattata in modo diverso da come avevano fatto fino a quel momento, ma le piaceva l’idea di sorprenderli in qualche modo. Trovava divertente il pensiero del viso del dottor Goran che si tingeva di stupore vedendola a quella cena e capendo chi fosse. Era un divertimento innocuo in fondo.

“Grazie Mary” disse all’infermiera. “Passa una buona giornata” le augurò prima di allontanarsi.

“Hey, Allison!” si sentì chiamare quando era oramai in prossimità dell’uscita e Joel Goran le corse incontro quando si voltò. “Mary mi ha detto che sei stata dimessa.”

“Proprio cinque minuti fa o forse anche meno di cinque. Grazie per l’ottimo lavoro e per l’attenzione che mi avete riservato.”

“Dovere” sorrise Joel e per Allison fu come vedere Elijah in uno dei suoi rarissimi giorni di spensieratezza. “Mi raccomando, ricordati di tornare fra una settimana per controllare i punti e cerca di tenere la fasciatura pulita.”

“Lo farò e tornerò senza dubbio se sarò ancora qui fra una settimana.”

“Che vuoi dire?”

“Sono qui per lavoro e dovrei concludere i miei affari domani sera quindi…”

“Quindi forse ti farai togliere i punti in un ospedale della tua città.”

Allison ridacchiò. “Sì, forse.”

“E…” Joel si guardò un attimo intorno. “Qual è la tua città? Vancouver magari?”

“Temo sia un po’ più lontana” la donna bloccò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Vivo a Los Angeles.”

“Los Angeles?” le fece eco lui. “Cavolo, molto più lontana direi. Ehm senti… so che ti sembrerà incredibilmente strano e poco professionale ma, domani sera ci sarà una serata di beneficenza, l’ospedale è candidato per un premio molto importante e dovrò presenziare in quanto capo.”

“Lasciami indovinare” lo interruppe Allison. “Trovi quelle serate terribilmente noiose e ti stavi chiedendo se volessi venire con te così potremo annoiarci insieme.”

“Tu mi leggi la mente” scherzò Joel con un sorriso. “Allora?”

Lei fece un grosso respiro. “Mi piacerebbe Joel ma ho già un impegno domani sera. Lavoro, come ti ho detto. Magari però potremmo cenare insieme prima che torni in California, che ne dici? Potrai lamentarti per tutta la cena della noiosità della serata se lo vorrai.”

“Molto gentile” annuì Joel con un sorriso tirando fuori dalla tasca un bigliettino da visita. “Qui ci sono tutti i miei contatti, telefonami prima di partire e ceneremo insieme.”

“Lo farò, ma ora perdonami, devo proprio andare. Ho un appuntamento a pranzo con un amico e mi sta aspettando al ristorante.”

“Certo. Buon pranzo allora.”

“Anche a te” replicò Allison prima di uscire dall’ospedale. Joel la guardò attraverso le vetrate fin quando non salì su un taxi. Era assurdo ma l’idea di lei a pranzo con un amico lo metteva di cattivo umore. Scosse poco il capo quasi ridendo di se stesso e tornò al lavoro. Dubitava che l’avrebbe mai rivista anche se ci sperava.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


aj


CAPITOLO 2

 

 

 

 

 

Allison scese dal taxi che la lasciò proprio di fronte al ristorante, anzi per la precisione davanti al tavolo che Elijah aveva occupato e seduto al quale stava bevendo una tazza di tè. La cacciatrice abbozzò un sorriso e dopo aver pagato la corsa gli si fermò in piedi davanti.

L’Originale era elegante come sempre, ma quel giorno non indossava la cravatta e i capelli erano pettinati di lato. “La nuova pettinatura ti dona” gli disse guardandolo da capo a piedi. “È bello rivederti Elijah Mikaelson.”

Lui sorrise e le si avvicinò di qualche passo, la strinse in un abbraccio veloce e poi le spostò la sedia per farla sedere. Pensò che era davvero bello rivedersi dopo tutto quel tempo; Allison era luminosa, i capelli un po’ più chiari rispetto all’ultima volta che l’aveva vista, il viso bello e gli occhi brillanti. Era elegante nel suo vestito scuro e cappotto, elegante nel suo modo di muovere le mani, nel suo modo di fare ogni cosa.

“Cosa ti è successo?” le domandò indicando la fasciatura con un dito. “Per questo ti trovavi in ospedale? Hai detto che non era nulla di grave.”

“Non lo è infatti” la cacciatrice fece cenno ad una cameriera e ordinò un caffè quando lei si avvicinò con in mano un taccuino. “Sono solo alcuni punti di sutura, sopravvivrò.”

“Potrei aiutarti, con la ferita intendo.”

“Non è necessario, non è per questo che ti ho chiesto di raggiungermi. Anzi, grazie di essere arrivato così presto.”

“Tu non chiedi mai aiuto, se l’hai fatto vuol dire che la situazione è grave.”

Allison rubò uno dei biscotti che avevano portato, suppose, insieme al tè di Elijah e ridacchiò. “Prima di tutto io non ho chiesto aiuto, ti ho solo detto che credevo fosse necessario che mi raggiungessi ma non ho mai detto di aver bisogno di aiuto.”

“Fa differenza?”

“Un’enorme differenza” precisò lei. “Secondo, tieniti forte Elijah, perché dopo quello che ti dirò forse sarai tu ad aver bisogno di aiuto” scorse velocemente qualcosa sul suo cellulare e ad un certo punto si fermò. “La mia mano ferita mi ha portato alla scoperta di qualcosa di davvero… incredibile. Il dottore che mi ha suturata e fasciata è in pericolo, ho avuto una specie di visione quando mi ha toccata.”

“Che tipo di visione?”

“Una tragica di orrore e morte” Allison fece un amaro sospiro. “Ma non è questa la cosa incredibile” gli mostrò qualcosa sul cellulare ed Elijah sgranò gli occhi. “Ti presento il dottor Joel Goran, capo dell’ospedale Hope Zion e, a questo punto direi che è davvero ufficiale, tuo Doppelgänger.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Quindi tu sei qui per dare un premio a nome dell’associazione di tuo padre” Elijah andò avanti e indietro per la stanza d’hotel, dopo una notte ed un giorno passati a leggere su tutti i libri della cacciatrice qualcosa che potesse svelare il mistero del suo Doppelgänger. Non aveva trovato nulla e metà della nuova giornata era passata. Dalla finestra di quell’albergo a cinque stelle entrava la luce rossastra di un tramonto mentre Allison si cambiava pronta a partecipare ad una festa a cui anche Joel Goran avrebbe partecipato e a cui lui, per ovvie ragioni, non poteva mettere piede.

L’Originale guardò il sole sparire e lasciare il posto al buio della sera e si accorse di essere confuso come non gli capitava da molto. Non solo aveva un doppione ma quel tizio era in pericolo e, benché provasse a nasconderlo, era chiaro negli occhi nocciola di Allison che le sorti del dottore le stavano più a cuore di quanto dicesse.

“Sì” rispose lei con calma. “Joel non sa chi sono, nessuno in ospedale lo sa a dire il vero. Stasera premierò l’Hope Zion e poi proverò a capirci di più sulla visione che vede la morte di Goran. Spero che non mi odierà scoprendo chi sono davvero perché ho come la sensazione che indagare diventerebbe incredibilmente complicato se lui si rifiutasse di parlarmi.”

“Anche se smetterà di parlarti ricorda che posso comunque soggiogarlo e costringerlo a dirci tutto quello che serve” il vampiro si versò un bicchiere di vino. “Pensavo che forse potrei venire alla festa, cercare di passare inosservato e…”

Allison comparve dalla camera da letto, bellissima in un abito color fragola che le calzava a pennello e faceva spiccare la sua pelle chiara in modo perfetto. Era talmente bella che per un istante l’Originale rimase senza parole, a fissarla con la bocca aperta mentre lei arrossiva appena.

“Ti sembra troppo esagerato per questo tipo di serata?”

Elijah scosse il capo e deglutì a vuoto. “Sei bellissima” le disse. “Sul serio.”

“Grazie” mormorò lei con un sorriso accennato che le fece spuntare le fossette sulle guance. “Tornerò tardi credo ma non preoccuparti, farò attenzione e se qualcosa mi sembrerà sospetto ti farò una telefonata. Fammi gli auguri” gli disse avvicinandosi.

Ma il vampiro abbassò lo sguardo e chiuse gli occhi mentre sul viso alcune vene rosse facevano capolino scomparendo subito dopo. “Scusa” le disse in imbarazzo.

Lei gli sollevò il viso con due dita. “Cos’è successo El?”

“È… è il tuo profumo. E l’odore del tuo sangue anche, era da parecchio che non lo sentivo così forte. Non ero più abituato…”

Allison fece un grosso respiro ma non disse nulla, recuperò la sua borsetta e si schiarì la voce. “Mi dispiace di averti trascinato in tutto questo. Forse telefonarti non è stata una buona idea, immagino che tu abbia già molte cose di cui occuparti a New Orleans.”

“No” si affrettò a precisare lui. “No, sono contento che tu mi abbia chiamato. Sono felice di essere qui, con te.”

“Bene allora” la donna cercò di riprendere il controllo. “Sarà meglio che vada ora, ci vediamo dopo.”

“Sì, a dopo.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Joel fissò la donna dubbioso; non era certo che fosse lei eppure qualcosa nel modo di muoversi di quella donna di spalle gli ricordava la bella Allison Morgan. Quando quella figura si voltò e sorrise allora lui ebbe la certezza che si trattava proprio di lei.

“Allison” gli disse avvicinandosi. “Che ci fai qui?”

La cacciatrice sorrise e salutò le persone con cui stava parlando. “Joel…” gli disse. “È imbarazzante e mi odierai perché non te l’ho detto prima ma…”

“Oh cielo!” esclamò lui scuotendo il capo e stringendo in mano una brochure. “Ecco perché il tuo nome mi era così familiare” le disse agitandola piano in alto. “La Allison Morgan figlia di Christofer Morgan, sei tu. Tu sei la donna che deciderà a quale ospedale andranno i soldi del premio annuale della fondazione.”

“Beccata!” provò a scherzare lei ma Joel era terribilmente serio e aveva l’aria quasi mortificata. “Mi dispiace di non averti detto chi ero ma non volevo che mi trattaste in modo… speciale solo perché da me dipende il premio di questa sera.”

“Certo” replicò sarcastico il suo interlocutore. “Mi sembra logico.”

“Ne riparliamo dopo” gli disse Allison calma. “Ora rilassati e sorridi Joel, l’Hope Zion sta per incassare mezzo milione di dollari.”

Si allontanò e lui la seguì con lo sguardo. Era un po’ arrabbiato ma il suo ospedale avrebbe avuto mezzo milione e Allison… cavolo! Era bella da togliere il fiato.

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