Hong Kong - the Endless Night

di Ainely
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The briefcase ***
Capitolo 2: *** Guarda nel riflesso ***
Capitolo 3: *** Legami ***
Capitolo 4: *** The dock master ***
Capitolo 5: *** Senza sapore ***
Capitolo 6: *** Tabacco e vaniglia ***
Capitolo 7: *** Schiena spezzata ***



Capitolo 1
*** The briefcase ***


Due chiacchiere senza pretese...
Un saluto a tutti, sono Ainely e sì, è da una vita che non pubblico qualcosa su EFP ma si sa, alla fine la vita ci allontana dalle cose che adoriamo e solamente quando non riusciamo a resistere all'astinenza ricadiamo in questo circolo vizioso ed io, da brava tossicomane da giochi di ruolo e da fanfiction, non sono riuscita a dire di no e ho ripreso a scrivere.
Premetto che la storia che andrò a pubblicare sarà divisa in diversi capitoli e non so nemmeno io anticiparvi quanti saranno e con che regolarità riuscirò a pubblicarli tuttavia sarò felice di leggere le vostre recensioni (che siano esse positive o negative!).
Innanzitutto che cos'è Vampire the Masquerade? E' un gioco di ruolo che tratta, logicamente, di vampiri e di creature della notte. I vampiri di VtM sono molto diversi da quelli di Anne Rice o di Twilight o di Vampire Diaries, sono divisi in Clan, con particolari abilità e poteri oltre che ossessioni e difetti. Si dividono altresì in "Sette" costantemente in guerra tra loro ma tutti sono sotto l'ombra terrificante della Gehena, l'apocalisse vampirica.
L'ambientazione in generale è molto dark e ricca di sensualità e di intrighi di potere, di tradimenti e di alleanze, perciò non impressionatevi se tutti sembrano farsi le scarpe l'un l'altro, è assolutamente normale!
Vi lascio alla lettura!
 
 
Capitolo 1 - The briefcase

 

Hong Kong, piena di luci, traffico e gente di tutto il mondo. Una città che non dorme mai, non ché il posto ideale per chiunque abbia abbastanza soldi nel proprio conto in banca da non dover chiedere mai nulla. Il posto ideale per chi deve andare il più lontano possibile.

Un taxi si era appena fermato davanti ad un grattacielo che non era altro che un lussuoso residence nel centro dell’isola asiatica, ne scese un giovane dai capelli color rame ben curati e pettinati, gli occhi dal taglio felino e i lineamenti taglienti e freddi che gli conferivano una nota di mistero e di fascino quasi androgino. Guardò l’ora e si rese conto che aveva ancora abbastanza tempo per sistemarsi perciò si avviò verso l’ingresso con le porte girevoli in cristallo del residence solamente dopo essersi dato un’occhiata attorno, sembrava volersi tenere lontano da occhi indiscreti.

Alla reception c’era una graziosa ragazza dai lineamenti asiatici che gli sorrise parlando in un perfetto inglese, la squadrò da capo a piedi mentre lei gli dava il benvenuto.

-In che cosa posso esserle utile, signore?- chiese con voce cortese la ragazza, lui si passò una mano tra i capelli pettinandoseli indietro per poter scostare dalla fronte un’onda ribelle.

-Avrei il piacere di riservare un appartamento. Pagamento in contanti. Avete disponibilità?- La voce era pacata e al contempo quasi un ordine e non una semplice richiesta, la donna abbassò lo sguardo solamente per mettersi a ticchettare sulla tastiera in modo da dare al cliente le informazioni di cui necessitava ma gli disse che occorreva sempre prenotare e depositare una parte di acconto. Il giovane strinse per qualche attimo la maniglia dell’unica valigetta che aveva con sé e sembrò mantenere una sorta di controllo prima di risponderle guardandola negli occhi senza mai sbattere le palpebre.

-Mi farebbe comunque piacere poter restare qui. I soldi non sono un problema e so che lei può provvedere a soddisfare il mio bisogno. Ora mi selezioni l’appartamento.-

Passarono frazioni di secondo in cui la receptionist sembrò avere lo sguardo perso nel vuoto dopodiché riprese a muoversi normalmente cambiando completamente atteggiamento, finendo con l’eseguire quanto le aveva suggerito quell’uomo d’affari.

Conclusero il contratto e gli consegnò direttamente la chiave elettronica del suo loft e senza farselo dire due volte si avviò verso l’ascensore ma venne quasi subito fermato da una voce maschile che attirò la sua attenzione immediatamente.

Si bloccò proprio davanti alle porte dell’ascensore e guardò chi lo avesse seguito, era un problema.

-C’è un nuovo Fratello in città. Che tu sia il benvenuto, non mi aspettavo di certo la compagnia di uno nuovo.- il forte accento gli faceva quasi comprendere tutt’altro e perciò fece quasi fatica a comprendere il reale significato delle sue parole, lentamente gli si avvicinò e gli si parò davanti.

-Non so chi tu sia ma non mi piace essere seguito e qui non c’è nessun Principe da dover salutare, non mi venire a fare la storia del territorio perchè stai parlando col soggetto sbagliato.- Gli occhi dorati sembrarono brillare di una luce provocatoria e violenta, non si sarebbe lasciato mettere sotto, non ora che aveva quello…

Il cinese scosse il capo sorridendo e con quell’inglese pessimo riprese a parlargli facendo mezzo passo indietro.

-Non era questo ciò che voleva sembrare la mia presentazione, era semplicemente un benvenuto a qualcuno che… be’, porta qualcosa di molto particolare con sè.- lanciò un’occhiata eloquente alla valigetta che teneva con forza ed il rosso tornò ad essere sulla difensiva ma l’altro, molto pacatamente lo invitò a mantenere la calma.

-Possiamo prenderci un momento per parlare, non credere che ci sia in giro solo quel pezzo. Io posseggo il resto.-

A quelle parole il giovane sembrò quasi spalancare gli occhi per la sorpresa o per lo sconcerto, forse erano entrambe le cose e fece un passo indietro per poi voltarsi prenotando l’ascensore che nel frattempo aveva ripreso a salire e a scendere vomitando turisti, persone d’affari.

Salirono insieme sull’elevatore e non appena furono solo il cinese, un uomo molto ben vestito sulla quarantina, distese il braccio per stringere la mano al ragazzo dai capelli rossi.

-Cho Yun Fei. Del clan Tsimisce. Vivo qui ad Hong Kong da circa dieci anni e mi occupo soprattutto di edilizia, un settore che mi frutta parecchio.-

Il ragazzo rimase in silenzio a lungo prima di prendere fiato per rispondergli ma non gli strinse la mano e dunque l’asiatico fu costretto a ritirarla.

-Aalim Sokolov. Del clan Malkavian. Se sai davvero di che cosa stavi parlando allora credo sia scontata la massima segretezza della mia attuale posizione. Non a caso sono finito sulla lista rossa della Camarilla.- la sua voce sembrava sulla difensiva oltre che sprezzante, tutti quei convenevoli erano a dir poco inutili, aveva già capito che voleva parlare "d'affari".

Il campanellino dell’ascensore annunciò che erano finalmente arrivati al piano tredicesimo e con un piacevole fruscio si aprirono le porte scorrevoli lasciando davanti a loro un lungo corridoio elegante e pulito. Sentiva l'odore del detergente che avevano usato per pulire la moquette e poteva perfino vedere la precisione con cui avevano pulito la lunga vetrata che seguiva il corridoio, indubbiamente era un luogo molto esclusivo ma ora sapeva che la sua segretezza e la sua permanenza sarebbero state compromesse. Inoltre non riusciva a fidarsi di quell'uomo uscito così dal nulla, fosse stato in lui non si sarebbe nemmeno fidato di lui stesso.
Il cinese continuava a fissarlo con occhi gentili e pazienti e l'espressione quasi divertita, perchè? Cominciava a dargli sui nervi eppure doveva mantenere un basso profilo se non voleva noie. Si riscosse da quei pensieri e si sfiorò con non curanza l'anello che portava sempre all'anulare sinistro e si mise davanti alla porta del suo loft passando la chiave elettronica davanti al lettore per far scattare la serratura.
Non disse altro ed entrò per primo accendendo le luci per potersi guardare attorno e camminò lentamente per la stanza controllando ogni minimo particolare: il sofà in pelle bianca ed il tavolinetto in cristallo dalle linee moderne, il megaschermo sulla parete di fronte e l'elegante scrivania posta davanti alla vetrata con vista sulla città e sul porto, altrettando lentamente passò alle altre stanze saltando istintivamente la cucina all'americana. La camera da letto era spaziosa e con tutti confort. Si voltò e quell'uomo, come aveva detto che si chiamava?, era ancora lì ad osservarlo restando a braccia conserte ed il fatto che fosse uno Tsimisce non gli andava a genio, aveva diato per secoli quel Clan e a buon ragione.
Posò ai propri piedi la valigetta e si tolse il cappotto posandolo sul bordo del letto senza darci troppo pensiero.

-Devo ammettere che non mi aspettavo un comitato di accoglienza e non mi aspettavo nemmeno che tu sapessi che cosa ho con me. Tuttavia ho intenzione di ascoltare ciò che hai da dirmi, ma bada che non ho alcun problema a liberarmi di te.- disse il giovane dagli occhi dorati mentre faceva un passo verso l'altro vapiro che, di tutta risposta sorrise facendo un lieve inchino col capo.
-Non è mia intenzione innervosirti nè tanto quella di farmi piantare un paletto nel cuore o farmi staccare la testa dal collo, semplicemente sono felice di vedere un collega. Sai, potremmo essere degli ottimi amici, qui non hai da piegarti a nessun "sangue blu", qui i principi siamo te ed io e abbiamo centinaia di possibilità di fare ottimi affari. Vedi, non posso che portarti rispetto per la tua età nonostante io abbia vissuto fino ai quarant'anni mortali ma sono certo che conosci molto meglio di me alcune meccaniche e alcune faccende che io ancora devo sperimentare.-

Aalim lo fermò alzando la mano sinistra per invitarlo al silenzio e gli sorrise quasi con capriccio e sadismo mentre gli girava lentamente attorno studiandolo nei minimi particolari. O gli stava mentendo o voleva davvero qualcosa di molto grosso da lui o... entrambe le cose.
Si fermò solamente quando gli fu perfettamente davanti e lo guardò direttamente negli occhi insinuando il suo potere per piegare la sua volontà, se mentiva lo avrebbe scoperto così.

-Molto bene, quindi tu saresti un infante? Un neonato nel sangue? E che cosa cerchi da me, oltre che alla mia amicizia?- non dovette attendere molto per sentire piegarsi alla sua dominazione mentale la mente dell'asiatico che gli rispose con voce pacata e quasi monotona.
-Sono un vampiro da nemmeno vent'anni e porto il peso di una terribile eredità, la stessa che tu invece hai rubato. Dobbiamo proteggere questa verità per impedire che loro tornino.-

All'improvviso il Malkavian spalancò gli occhi e fece un passo indietro mentre si piazzava proprio davanti alla sua valigetta, l'unico bagaglio che era riuscito a portare con sé da Londra e la guardò con aria decisamente confusa.
Tornò padrone di sé e annuì a Cho Yun che nel frattempo era diventato serio ed attendeva una sua risposta.



Continua.

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Capitolo 2
*** Guarda nel riflesso ***


Buon anno a tutti! Eccoci qui con un secondo capito di Hong Kong - the Endless Night, finalmente ho trovato il tempo per scrivere e per aggiornare la fanfic! Spero che questo "episodio" vi piaccia, in fondo al capitolo trovere poi una breve raccolta di informazioni dei personaggi per avere qualche idea di volti, caratteristiche e dati!
Non mi resta che lasciarvi alla lettura!


 



 




Erano passate due ore da quando era entrato nel suo appartamento ed Aalim era ancora piuttosto confuso nel sentire quello che Cho Yun aveva da raccontargli.
Sostanzialmente avevano discusso in maniera molto elegante sul contenuto del suo bagaglio senza però mai citarlo apertamente come se si temesse che qualcuno potesse ascoltare la loro conversazione.
Tuttavia non riusciva ancora ad inquadrare quella figura così ambigua, almeno a suo dire e dopotutto si trattavano unicamente di sensazioni ma in un certo qual modo poteva sentirsi tranquillo, era un vampiro fin troppo giovane e poteva distruggerlo con davvero poco sforzo, a Londra aveva affrontato anche cose ben peggiori.

 

- Mi rincresce che il mio inglese sia piuttosto scarso ma come ti stavo dicendo è importante che la valigia resti il sicuro e lontana dal “mio tesoro”.- spiegò lo Tsimisce mentre si passava una mano tra i capelli per ordinare qualcosa che non era minimamente fuori posto.
Da quei gesti Aalim dedusse che quel vampiro fosse incline al controllo, come biasimarlo? Si trovavano in una città che non apparteneva a nessuna stupida Setta e lui aveva prosperato liberamente per tutta la durata della sua non-vita.
- L’inglese è l’ultimo dei miei pensieri, una lingua che non mi è mai piaciuta, piuttosto dimmi… come posso credere al fatto che tu abbia davvero l’altro pezzo? Insomma, la notizia di quello che ho fatto alla Torre di Londra credo che abbia fatto il giro del mondo e figuriamoci se non è giunta fin qui la “lieta nuova”? Dimostrami che tu hai l’altra metà e allora sarò ben disposto a ponderare sulla tua offerta altrimenti… Be’ sarebbe un peccato doverti accompagnare alla morte ultima. Naturalmente si tratta solo di affari, nulla di personale-
Il russo sorrise con aria divertita e fugacemente sadica mentre passava l’indice della mano destra sull’anello che teneva sempre all’anulare sinistro. Cho Yun, nel frattempo, si era avvicinato alla grande vetrata che dava sulla città che non dormiva mai e si fissò nel riflesso con un sorriso paziente, doveva comunque assecondare i capricci del Malkavian. Si voltò e con un sorriso disarmante gli rispose:
-D’accordo. Domani notte sarai mio ospite ma prima devi riuscire a sistemarti in modo da non essere più rintracciabile. Sai, verso il molo c’è un palazzo di mia proprietà che potrei cederti.-
- No. Non ce n’è bisogno. Sono piuttosto bravo nel gestire i miei affari e, non vuole essere assolutamente un’offesa, ma certi tipi di contrattazioni mi eccitano sempre, quindi vorrei iniziare a giocare anche io, non ho mai trattato con gli asiatici, ma so che non deve essere molto semplice. E poi… mi sono tenuto a digiuno proprio per un’occasione simile. Ora, se non ti dispiace vorrei sapere di più sul tuo Sire, hai parlato di un’eredità quindi presumo che ti abbia abbandonato e vorrei ben sperare che non voglia essere “adottato” da uno come me, sono un pessimo mentore.-

Entrambi risero e rimasero a guardarsi per qualche istante fino a quando Cho Yun non abbassò lo sguardo ponendo entrambe le mani nelle tasche della giacca del completo che indossava. Sembrava essersi rattristato un poco, una sola ed unica sfumatura di sofferenza sul suo viso e null’altro.

 

- La mia Lady, se posso correggerti, era una vampira determinata ma purtroppo ha sottovalutato i suoi nemici, immagino che tu abbia mai sentito parlare dei Baali. Quei demoni stanno cercando di recuperare entrambe le parti per i loro folli riti, ma non si sarebbero mai spinti fino a Londra perciò erano riusciti a risalire a lei. E’ accaduto circa quindici anni fa, le hanno teso un’imboscata e l’hanno ridotta in cenere solamente dopo averle succhiato via dalla testa tutti i suoi ricordi, le sue informazioni. Sono stato solamente fortunato ad arrivare prima di loro per prendere il cimelio solo che da allora è una lotta continua contro quelle bestie. Sai, per noi Tiranni è una questione di principio dover mantenere il controllo sul nostro territorio e perciò non potevo assolutamente permettere che mettessero piede qui. Credi che non abbia visto la tua espressione nei miei confronti? Credo sia normale ma ti posso assicurare che sono sicuramente il migliore amico che tu potrai mai avere.- fece una breve pausa - Che cosa ci potrei guadagnare? Oh be’ aspetta, non dirlo, so che cosa: il “premio completo”, ma non sono così idiota e folle, pardon, da voler dare inizio alla Gehenna. I due pezzi devono stare ben divisi e soprattutto irrintracciabili. Sono felice che tu sia venuto qui, alla fine i destini sono davvero intrecciati.-

 

Aalim era rimasto ad ascoltare con attenzione, a quanto aveva capito la sua Lady doveva aver avuto non un’esistenza facile come se fosse stato un compito in attesa di qualcosa che, però, ha fallito, almeno in parte. L’entrata in scena dello Tsimisce lo lasciava confuso e non sapeva bene come muoversi e soprattutto se fidarsi di lui, non gli stava dando alcun motivo per non farlo, dopotutto ciò che gli stava dicendo era “diamoci una mano a vicenda e viviamo il più a lungo possibile”.
-Lasciamelo dire, commovente. Ma sono un uomo pragmatico e per quanto sia interessante discutere di filosofia, e fidati che potrei farti un comizio su cosa è reale o no, vorrei poter pianificare con te un modo per gestire la città, per mantenere le nostre identità un po’ più celate, dopotutto l’Arconte Parr mi sta dando la caccia, non che mi dispiaccia visto che per quasi un secolo ho sperato in un risvolto “diverso” con lei, ma non vorrei che fosse la mia testa staccata dal collo. Ragion per cui domani mi mostrerai la tua famosa eredità ed io vedrò di adattarmi a questo posto, magari collaborando e creandomi una nuova identità ma… mettiamo già in chiaro le cose: dovrà restare segreto ogni nostro incontro, ogni nostro accordo. Noi due non dobbiamo conoscerci. Non sappiamo nulla l’uno dell’altro.-
 

L’altro rise, era una risata pacata, molto elegante ma sincera. Annuì e gli porse la mano.
Aalim prima di stringerla si rese conto che aveva piccole modificazioni, tipiche degli Tsimisce giovani.
“Ah, sbruffoni…” pensò tra sé e sé mentre gli stringeva la mano con fare deciso, gli faceva ancora un certo effetto stringere patti con qualcuno di quel Clan, ma ormai l’ombra di Boris era sparita: aveva finalmente consumato la sua vendetta, aveva liberato il se stesso mortale da quella maledizione.

-Come pensi di assumere una nuova identità? Hai bisogno delle mie Discipline?-

Lo riscosse dai propri pensieri e sussultando scosse il capo, non ci teneva a fare da cavia, per nulla al mondo.

-No, no. Nessuna manipolazione. Userò un buon vecchio metodo: documenti falsi e Oscurazione. Dopotutto si tratta di una identità da assumere come una maschera per certe occasioni. Per quanto apprezzi il tuo aiuto non credo di voler provare.-
 

Si lasciarono solamente dopo aver chiarito il luogo e l’ora dell’appuntamento. Aalim temeva di perdersi in quella città così caotica ma alla fine Cho Yun lo invitò ad accettare l’invito di farsi venire a prendere da una delle sue auto, sarebbe stato senz’altro più sicuro. Non era rimasto molto da dirsi e ormai la notte stava volgendo al suo termine ragion per cui si salutarono ed Aalim poté restare finalmente solo.
Prima che potesse coglierlo il sonno si sbottonò la camicia e si tolse le scarpe finendo per sedersi sul letto, gli cadde lo sguardo sulla sua valigetta e la prese con un gesto automatico posandosela sulle gambe, mosse i numeri cromati della serratura per impostare la combinazione e un lieve scatto lo avvertì che si era aperta. Sollevando il coperchio Aalim socchiuse gli occhi, sapeva che quello che aveva fatto era giusto ma si era preso delle responsabilità bibliche. Il fatto di non essere il solo con questo peso lo faceva sentire… meglio?

 

Come in ogni favola, come in ogni racconto di streghe si parlava sempre di uno scrigno contenente qualcosa o di orribile o di meraviglioso ma in quel caso, ciò che il Malkavian stava guardando era entrambe le cose.
Gli occhi dorati del vampiro stavano guardando un cuore. Niente di speciale ad una prima vista, ma ciò che lo rendeva unico era il suo proprietario.

Lui stava guardando il cuore di Caino.


Richiuse quasi di scatto la valigia e la mise sotto il letto, non era un nascondiglio geniale ma al momento non poteva permettersi molto altro, dopodiché si alzò e decise che si sarebbe comunque presentato all’appuntamento con quel vampiro così “anomalo”, era venuto il momento di poter entrare nuovamente in gioco e poi l’indomani lo avrebbero raggiunto i suoi Ghoul e Cornelia, la sua adorata figlia.


Continua.

 


Who is Who?

Aalim Sokolòv

Età: ​212 anni (apparente 25)
Clan: Malkavian
Natura: Sadico
Carattere: Sfruttatore
Profilo: Criminale (Mafia)
Generazione: 10^
Status: Ex Sceriffo di Londra, è ricercato sulla Lista Rossa della Camarilla per essersi introdotto nella Torre di Londra e per aver rubato il Cuore di Caino
Bio: In vita era un noto criminale moscovita, figlio illegittimo del nobile Petròv, cugino di terzo grado dello Zar. La sua infanzia non fu delle migliori ma con l'adolescenza è riuscito a rifarsi e a rivalersi di quello che non ha mai potuto permettersi. A 25 anni venne rapito da un vampiro che diventerà il suo Sire e fu portato a Londra, dove vi restò per più di un secolo. In seguito ad un radicale e drastico cambio di Principe, al quale ha partecipato come complice del golpe vampirico, ha deciso di non voler più essere sotto ricatto di persone troppo ambiziose e ha deciso di fuggire portandosi quel "piccolo souvenir" per impedire che la follia del nuovo Principe potesse portare tutti alla rovina.


Cho Yun Fei


Età: 63 (apparente 40)
Clan: Tsimisce
Natura: Architetto
Carattere: Direttore
Profilo: Imprenditore
Generazione: 13^
Status: nessuno
Bio: da mortale era un uomo di spicco nell'ambito import-export, era arrivato ad arricchirsi parecchio dimenticandosi della propria famiglia che lo aveva lentamente abbandonato. Ritrovandosi solo e dopo aver compreso il proprio sbaglio, cominciò a scivolare nell'alcolismo fino a quando non incappò in una donna che non era altri che la sua futura Lady. Purtroppo le circostanze fecero in modo da lasciargli troppo presto delle enormi responsabilità che ancora non si sono riuscite a scoprire.

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Capitolo 3
*** Legami ***


Welcome back! Questo capitolo è un po' più corposo degli altri e finalmente qualcosa sta cominciando a delinearsi.
Come vi ho già detto nel breve "paragrafo dell'autore" non so con che regolarità pubblicherò i prossimi capitoli, perciò ne approfitto del tempo libero che ho e pian piano -sicuramente- riuscirò ad aggiornare la storia!
PS: sì, probabilmente mi prenderò qualche "licenza poetica" per adattare alcune cose nella storia per quanto riguarda l'uso di poteri particolari o di discipline, ma resterò comunque nell'ambito della logica e non dilagherò nell'over power, non preoccupatevi!
Alla fine del capitolo trovate la piccola guida del "Who is Who"!
Grazie per seguire la mia storia! ♥


 



 

- Legami -




Il giorno era passato e finalmente cominciava a calare la sera, il sole aveva lasciato spazio alla notte ma nonostante tutto continuavano ad incresparsi di mille luci le acque di Hong Kong, solcate da navi e battelli costantemente affollati da centinaia e centinaia di persone che si tuffavano in quel mare di vita.

Nella stanza da letto di quel rental hotel vi era comunque un buio pesto e soprattutto silenzio, fino a quando non si udì un gemito strozzato.
 

Quel dannato corridoio buio, pieni di specchi in cui si riflette la mia figura ma che non mi combacia. Non sono io! Non posso esserlo. Non ho mai fatto quelle cose, non le ho mai nemmeno viste. E poi c’è la presenza alle mie spalle, sempre più vicina, sempre più incombente. Riesco a sentire perfettamente il suo respiro ed il suo ghigno da predatore alle mie spalle, come se con la punta di un coltello mi graffiasse la pelle dietro il collo.

Corro.
Non posso mai fare altro se non quello, gli occhi dei miei “altri me” sembrano non vedermi scappare, almeno fino a quando non devo fermarmi, non ho più nulla davanti a me se non buio. Anche loro si stanno voltando per guardarmi. Anche loro hanno quello stesso sorriso maledetto, li odio! Li odio tutti! Vorrei urlare di lasciarmi solo, di smetterla di fissarmi in quel modo ma non mi riesce di parlare. Non riesco. Non ho più la bocca.

Sono impotente, odio esserlo. Ho sempre lottato e ho sempre cercato di aggrapparmi a tutto pur di vincere, ma ora no. Vittima incapace.

In mezzo ai tanti me intravedo la figura oscura, incede lentamente come se fosse una regina in mezzo alla sua corte fino a quando non incombe su di me e mi strappa il cuore per poi ingurgitarlo come se fosse un rapace.

 

Incubi.

Aprì gli occhi, buio. Ansimava mentre si portava una mano al petto ma l’unica cosa che sentì fu la vecchia cicatrice sullo sterno, era sano ed era salvo nella camera da letto del suo nuovo appartamento.

Benchè fossero passati così tanti anni dal suo Abbraccio, non riusciva mai ad accettare di dover affrontare ogni volta degli incubi. Erano così frustranti… ma sapeva di avere modo di trarne forza per gli orrori reali che aveva affrontato o che doveva ancora vedere.

Si guardò attorno ed allungando il braccio riuscì ad accendere la luce della abat jour posta accanto al letto e la luce lo abbagliò per un brevissimo istante, la luce moderna non era per niente paragonabile alle lampade ad oglio o a gas dei tempi in cui era nato, parevano privare di intimità anche il buio, ma non era quello il momento per filosofeggiare o per comporre pensieri romantici. Doveva alzarsi e ricomporsi per poter andare all’incontro con Fei.

Tuttavia la prima cosa che fece fu balzare giù dal letto completamente sfatto ed inginocchiarsi per controllare che sotto la valigia fosse integra e soprattutto presente, cosa che così era.

Non poteva che tirare un sospiro di sollievo e tornò a vagare per la stanza recuperando i propri vestiti, non era mai stato ordinato e certe volte si odiava per questo perchè dimenticava dove mettesse certe cose.

 

Aveva bisogno di un po’ di incitamento perciò cercò il telecomando del televisore nella sua camera e lo accese piazzandolo su MTV dove c’era un video di qualche anno prima: musica commerciale ma ritmica, poteva andare bene. Battè le mani fregandosele con aria determinata e si piazzò davanti al grande specchio posto sulle ante dell’armadio -ovviamente vuoto- e si vestì velocemente mentre nel loft echeggiava la canzone di Rihanna.

Ah, come gli mancavano i suoi locali nella Londra dei giovani, solo poche cose aveva davvero apprezzato degli anni moderni ed una di quelle erano le discoteche: un posto facile in cui accalappiare qualcuno e poi non tutto era merda da ascoltare, per lo meno davano ritmo.

Chiuse gli occhi mentre muoveva le spalle ed il capo al ritmo di “S&M” (tremendamente ironico per lui), la sua concentrazione passò completamente sulle sue discipline e lentamente cambiò aspetto, i capelli crebbero fluenti fino a oltre metà schiena, il viso divenne più dolce, le labbra più carnose e poi il resto del corpo si mutò in quello di una donna. Era un trucchetto che utilizzava spesso un secolo prima per passare inosservato in mezzo a mortali che lo conoscevano nei suoi giri di affari e poi… era anche divertente prendere un po’ in giro chi provava ad attaccare bottone.

Quando riaprì gli occhi lo fece con delle ciglia molto più folte e lunghe e si scambiò uno sguardo col proprio riflesso ammiccando al se stesso al femminile. Si voltò e con un gesto automatico si legò i capelli in una lunga coda di cavallo appena sopra la nuca e guardò l’orologio che segnava le 21 spaccate, finì dunque di sistemare le ultime cose e si avviò verso l’uscio portando con sé il bagaglio.
 

Alla reception nessuno fece domande riguardo a quella donna che uscì dall’ascensore con addosso abiti prettamente maschili, del resto ad Hong Kong poche persone notavano le altre persone, quindi si sentiva assolutamente tranquillo sebbene non abbassasse la guardia fino a quando non avvertì un riverbero nell’Arazzo che lo fece fermare e voltare verso di esso. Gli occhi parvero illuminarsi quando incrociò lo sguardo di una donna dai capelli castani a caschetto e gli occhi grigi.

Non poteva essere più soddisfatto di quel momento, Cornelia e gli altri erano arrivati ma non aveva tempo per avvicinarsi a loro e spiegare quello che era accaduto la notte precedente e si limitò semplicemente a fare un cenno di saluto alla vampira e ai due Ghoul che l’accompagnavano.

-Ma quella…?- chiese uno dei due Ghoul mentre posava delle grosse e pesanti valige davanti al bancone di accoglienza, aveva un’espressione burbera e minacciosa, il suo nome era Peter, per gli amici Angry. Quando si accorse che si trattava del suo Domitor scosse il capo passandosi una mano sulla fronte e sulla barba incolta di due giorni di viaggio. -Buon Dio… dove andrà a finire.-
-A finire dove?! Chi?- domandò immediatamente il secondo Ghoul con voce in farsetto mentre si controllava che il cappellino di tela che indossava fosse ancora posizionato bene sulla parrucca biondo miele che indossava -Uff… che razza di caldo umido che c’è qui, spero che nell’appartamento vi sia un po’ di aria condizionata o dovrò lasciarmi morire con la pelle appiccicaticcia piena di zanzare con addosso lo smoking per cibarsi del mio prezioso sangue! E non parliamo del fatto che devo assolutamente farmi la manicure! Dopo quella scazzottata nelle Alpi non sono ancora riuscita a sistemarmi! Ma, caro, di chi stavi parlando?-

L’uomo scosse il capo mentre guardava l’amico, il più giovane dei Ghoul, nonché un travestito con una fedina penale più lunga e peggiore della sua.

-George, piantala per favore, sei… sei una cosa impossibile.- disse lui alzando gli occhi al cielo, gli riusciva difficile vedere l’amico come una donna visto che era più alto e più piazzato di lui, ma l’altro non riusciva per niente a sopportare l’idea di essere chiamato col proprio nome e tanto meno pensare di essere associato al genere maschile perciò gli inveì contro come una perfetta donna ovvero incrociando le braccia al petto e mettendo il broncio mentre gli scaricava davanti anche le proprie valigie.

D’altro canto Cornelia aveva ignorato i due mentre fissava il Sire uscire con la Maschera dei Mille Volti. Era una disciplina che anche lei possedeva ma che non usava quasi mai, la concepiva utile solamente per un Nosferatu, ma dopotutto comprendeva perfettamente le ragioni del vampiro più anziano perciò non aggiunse altro e presentò i loro documenti falsi alla gentile signorina che li aveva accolti con un cordiale quanto ripetitivo sorriso.

Nel frattempo Aalim aveva proseguito e aveva lasciato i suoi compagni alle spalle per potersi avviare sul marciapiede esterno in attesa che lo Tsimisce asiatico si facesse vivo, tuttavia qualcuno gli si mise davanti bloccandogli la strada, il Malkavian dovette ricorrere ai propri riflessi per fermarsi appena in tempo dal sparargli nello stomaco o peggio: aggredirlo in mezzo a tutta quella gente saltandogli alla gola.
Spalancò gli occhi con aria indignata ma l’altro fu altrettanto veloce e prenderlo sottobraccio per avvicinarsi al suo orecchio e sussurrare:

 

-Il signor Fei mi ha mandato a prenderla. Mi aveva detto che il nostro ospite avrebbe avuto con sé una valigetta di pelle molto simile a quella che ha lei. Prego.- con che noncuranza gli aveva messo le mani addosso? Lasciò perdere la faccenda e si sfiorò col pollice della mano sinistra l’anello che portava all’anulare e gli rispose:

-Sì, mi aveva accennato che mi avrebbe aspettato una sua auto ma non…- guardò la sua aura e ne ebbe la conferma -un suo Ghoul. Bene, andiamo. Stiamo attirando troppo l’attenzione, non le pare?-

L’uomo annuì e lasciò la presa su di lui/lei e cominciò a camminarle accanto indicandole la strada da seguire per raggiungere i parcheggi riservati.

Salirono su una berlina con l’autista pronto a partire e galantemente il giovane aprì la portiera ad Aalim che salì senza dire una sola parola sistemandosi la valigia tra i piedi in modo che non potesse essere vista dalla gente qualora si fossero fermati durante il tragitto.

L’auto si mise in moto non appena l’altro non diede l’ordine dopo essere salito accanto a lui sui sedili posteriori dopodichè guardò davanti a sé mentre prendeva dalla tasca interna del completo che indossava un cellulare sul quale parve mandare un messaggio, entrambi erano piombati nel silenzio ma Aalim teneva pronta la mano sulla propria pistola, sarebbe bastato molto poco sparare in testa all’autista per far sbandare l’auto e fuggire lasciando quel bamboccio a bocca asciutta, tuttavia i suoi piani di fuga vennero momentaneamente interrotti dalla voce del Ghoul che ora lo stava osservando con aria interessata.

-E così viene da Londra. Cho Yun mi ha accennato al fatto che dovete discutere di importanti affari, ma non credevo che avesse a che fare con la Camarilla. Non ne sapevo nulla. Ah, sono proprio uno yankee… il mio nome è Sean Buffett. Incantato.-

 

Indubbiamente i suoi modi erano quelli di un giovane abituato ad avere tutto e a sapere tutto e sicuramente Cho Yun Fei lo aveva scelto non per i suoi giochetti da Tsimisce ma perchè doveva avere qualche cosa di estremamente utile, ma ancora non sapeva bene come inquadrarlo se non come abbastanza piacente e lusinghiero.

-Non sono della Camarilla.- non più si disse -Le posso assicurare che la Camarilla di Londra non sembra essere incline a trattare con Indipendenti così lontani a meno che non abbiano ottime ragioni che puntino allo schiacciare completamente sotto il proprio controllo. Lei è giovane e per quanto possa essere a conoscenza delle nostre regole, be’... rimane comunque ignorante in tal materia, dopotutto il suo stesso Domitor è solamente un Neonato.-

Sorvolò sul nome e gli sorrise con aria melliflua mentre lo fissava negli occhi mentre si sistemava una piega del pantalone con una mano, l’altro le sorrise educato mentre aspettava che dicesse altro.

-Buffett… è un cognome che ho già sentito.- il russo cercò di ricordare o di associare quel nome ma l’altro lo anticipò.

-Mio padre è Warren Buffett, il “genio della finanza”, sicuro ne avrà sentito parlare. Tolto questo… - disse con tono confidenziale e piuttosto intimo - Non sono per niente un viziato figlio di papà. Conosco bene quello sguardo e le darò modo di ricredersi.-

 

Aalim accennò un sorriso, il giovane era abbastanza sfacciato e sotto sotto non gli dispiaceva quel tipo di atteggiamento, sprezzante e comunque garbato. Annuì e si soffermò a studiarne l’aspetto, non si aspettava minimamente che il vecchio miliardario avesse un figlio così giovane, ma del resto non c’era da stupirsi di nulla.

L’auto rallentò fino a fermarsi all’entrata di un posteggio coperto sul retro di un alto grattacielo ed una guardia privata controllò il tesserino dell’autista per poi lasciarlo passare, il viaggio era concluso e a giudicare dal tempo di percorrenza non dovevano trovarsi poi così distanti dal suo rental hotel, ecco perchè era riuscito a raggiungerlo così velocemente la notte prima ed ecco anche perchè non sembrava così preoccupato dell’ora che avevano fatto.

Senza perdere ulteriore tempo scese dall’auto e si assicurò che nessuno li stesse osservando per poi seguire il Ghoul, il futuro miliardario Buffett (sospettava che paparino gli avesse già dato una cospicua somma per i suoi viaggi e per i suoi capricci benché gli avesse detto di non essere un viziatello) e si ritrovarono su un ascensore con un sensore visivo e uno di impronte digitali, la salita era pressochè impercettibile se non fosse stato per un lievissimo ronzio dei motori e quando si fermarono lo schermo mostrò un numero: 44.
Le porte scorrevoli dell’ascensore si aprirono ed Aalim poté vedere che l’unico accesso a quell’attico era solo con quell’ascensore. La vista che poteva ammirare era incantevole e mozzafiato, sembrava di essere al di sopra di tutto e le luci della città durante la notte erano a dir poco sbalorditive, degne del caos e del progresso asiatico si disse, tuttavia venne invitato da Sean ad entrare e ad accomodarsi.

Nel corso della sua esistenza aveva vissuto in diversi tipi di alloggi, a partire dal vecchio bordello di Mosca in cui era nato, all’appartamento che si era acquistato quando solo aveva vent’anni fino alla villa in cui viveva fino a poco tempo prima a Londra ma qualcosa del genere potevano permetterselo unicamente i Ventrue o pochi altri tra le fila delle sue conoscenze.

“In confronto, il mio loft sembra essere uno scantinato”, commentò tra sé e sé mentre si sedeva accavallando le gambe sul divano posto davanti ad una poltrona sicuramente di produzione italiana, poteva sentirne la morbidezza della pelle con cui era rivestito il sofà ed era indubbiamente di ottima qualità.
 

-Oh e così è lei l’ospite.-

Una voce femminile, secca e decisa, provenne dalle sue spalle. Anche in quest’occasione percepì subito un pessimo accento cinese.

La donna che aveva parlato si avvicinò al Malkavian e mantenne le braccia conserte mentre osservava “l’intruso” da capo a piedi.

-Bene, nuovi vampiri in città non può che significare nuovi guai. Ma a me va bene ugualmente, è Cho Yun che decide. Benvenuta ad Hong Kong, io sono Lin Guo, Brujah.-

 

Doveva immaginarselo che fosse una appartenente ai Brujah, doveva essere una dalla testa dura che nemmeno rompendogliela si sarebbe riusciti a prendere qualcosa di buono, ma non voleva assolutamente fare in modo che sentisse o che intuisse il suo pensiero.

Gli era bastata una volta sola prendersi un cazzotto ben assesstato da uno di loro. Eccome se se lo ricordava. Fortunatamente arrivò il padrone di casa che salutò l’ospite con un sorriso cordiale mentre prendeva posto sulla sua poltrona, ecco perchè era rimasta vuota: il “capo” aveva sicuramente le sue preferenze.

Sorrise divertito tra sé e sé.

-Spero che Sean non sia stato invadente, il ragazzo è giovane ed è entusiasta nel vedere nuove persone, inoltre deve essergli andata a genio la sua compagnia. Immagino che Guo si sia già presentata…-

Sean si avvicinò al banco dei liquori e si servì un ottimo scotch mentre sorrideva sollevando il bicchiere alle parole del Domitor mentre la Brujah restò immobile con un’espressione nervosa sul viso che non fece altro che renderle ancora più sottili gli occhi a mandorla.

-Sì, non si preoccupi. Io sono Elizabeth… Lewis. Per chi voglia sapere il nome che utilizzerò per la durata della mia permanenza qui.-

Poteva giocarsi la sua figura femminile come valida identità anche per la Brujah e l’americano, tanto tutti loro indossavano maschere, una più o una meno poteva davvero fare la differenza?

Sì, se si parlava del gioco che avevano iniziato.

 

-Bene, signorina Lewis, l’ho invitata qui per presentarle i miei fidati amici, nonchè la mia famiglia. Si senta libera di parlare e di discutere con la massima fiducia perchè io morirei per loro e loro morirebbero per me.- disse Cho Yun sorridendogli ancora una volta ma poi si alzò lisciandosi l’abito dal taglio tradizionale. -So che è impaziente di mettersi al lavoro e perciò voglio essere il più breve e conciso possibile proprio per stipulare qui il nostro accordo. Il suo “investimento” deve essere nascosto al più presto e dobbiamo assicurarci che avvenga nel miglior modo possibile e senza alcun problema. Finchè quello starà a stretto contatto con lei, non potrà davvero sentirsi al sicuro, miss Lewis.- marcò il falso cognome con aria quasi di scherno -Abbiamo ricevuto spesso visite di Baali, come le ho accennato, ma ora sentiranno altri la voce e verranno in molti qui. Chi per comprare, chi per barattare e chi per strappare via con la forza.-

Aalim sospirò, ancora non voleva venire al punto il cinese. Cominciava a domandarsi se quello Tsimisce gli stava facendo perdere tempo.

-Carissimo, le spiace arrivare al dunque. Basta cortesie, basta sorrisi, basta televendite, d’accordo? Se dobbiamo parlare di cose importanti o di affari, vediamo di essere brevi e diretti. Cosa. Diavolo. Vuoi. Da. Me.-

Scandì bene le parole, le ultime quasi le sibilò mentre si allungava col busto verso lo Tsimisce che di tutta risposta drizzò la schiena e perse ogni sorriso.

-Va bene. Suppongo che tu abbia rubato quel cuore perchè non volevi che dei folli ambiziosi portassero alla distruzione tutti noi. Bene, sono con te ma da solo non puoi fare molto, i tempi stanno diventando molto bui, presto dovremmo essere pronti ad affrontare una guerra. So che alcune cellule Sabbat si stanno già organizzando per venire qui per mettere nel panico la città, per impedire a noi di nutrirci e di limitare i nostri spostamenti. Negli ultimi anni ho viaggiato per cercare degli antichi manufatti in giro per il mondo lasciati da matusalemme che ora non sono altro che cenere. Sono come tanti pezzi di un puzzle, per lo più privi di senso ma se combinati assieme e riposti nell’ordine giusto… be’... delineano perfettamente che cosa fare con la mia eredità, siamo nella stessa barca, miss Lewis. O mi aiuta o affondiamo.-

 

Calò il silenzio per un minuto che parve infinito poi Fei si rimise seduto, sembrava molto più stanco e preoccupato di quel che aveva dato a vedere la sera prima, ma almeno forse era quello il vero stato d’animo del cainita.

-Sean è riuscito a rintracciare una vecchia Arcana, pare che abbia dei debiti nei confronti della mia Lady e che quindi sarà più che disponibile a darci una mano per riuscire a nascondere il cuore, dopodichè vedremo che cosa ha da dire riguardo al futuro. Nel frattempo non mi sento di predire nulla se non di guardarci le spalle a vicenda, la città è nostra almeno per il momento, Lin si occupa di tenere lontana la feccia per poter controllare chi entra e chi esce.-

Sean, il Ghoul, si avvicinò nuovamente al gruppetto di vampiri e si mise seduto proprio accanto ad Aalim, ed aggiunse, con tono cupo ma comunque determinato, la propria opinione.

-Se permettete vorrei suggerire un paio di accortezze per mantenere ancora più celata questa… come definirla…? Alleanza? Matrimonio d’interessi?- Rise sorseggiando il suo cocktail lasciando che il ghiaccio tintinnasse lievemente contro il vetro -Bene, la questione è facile. Lasciamo che Lin si occupi del lavoro sporco mentre la signorina Lewis mette radici qui, sarà facile far capire agli altri che c’è una nuova in città e che è in guerra con te, Cho Yun. Apparentemente vi contenderete per avere la città.-

-In tal modo…- proseguì il Malkavian -Potremo notare immediatamente chi punterà a colpire le debolezze l’uno dell’altro perchè facendo così non faremo altro che controllarci a vicenda. Non è male. Ma… ragazzo… queste sono solo parole. Tra noi si usa un certo tipo di patto… e non si può venir meno.-

Per tutto quel tempo la Brujah era rimasta immobile ed in silenzio a guardare lo svolgersi della conversazione, Aalim ci aveva preso giusto era una tipa a cui non piacevano le parole ma i fatti o quanto meno le cose fisiche, tuttavia sembrò rianimarsi da quello stato di immobilità e di passività e fece un passo in avanti.

-Sta parlando di un legame di sangue?- domandò lanciando un’occhiata a Cho Yun.

-Esattamente.-


Continua.

 

Who is Who?


Cornelia Morgan

Età: 200 anni (30 apparenti)
Clan: Malkavian
Natura: Sadica
Carattere: Visionaria
Profilo: Medico
Generazione: 12^
Status: ex-ghoul
Bio: figlia di un importante e stimato medico londinese, conobbe il suo Domitor ad una festa e se ne innamorò fin dal primo istante. Condivdono la stessa propensione al sadismo ma con motivi ed origini diverse. E' stata la prima Ghoul di Aalim Sokolòv, nonchè la prima ed unica Infante. E' stata abbracciata solamente dopo la Seconda Guerra Mondiale in seguito ad un ricatto dell'ex Primogenito Malkavia di Londra. Nonostante non sia più una mortale legata ad un vampiro, continua ad essere estremamente fedele al suo Sire tanto da essersi sempre ritenuta "sua sposa nel sangue". Nel corso degli anni è diventata molto più fredda e calcolatrice ma non incline ad eccessi di follia.



Peter Murrat - detto Angry

Età: 238 anni (47 apparenti)
Clan: Malkavian
Status: Ghoul
Bio: Irlandese doc. Nato e vissuto in mezzo alla povertà e alla criminalità, si trasferì a Londra nei primi anni del 1820 per cercare lavoro ma presto capì che c'era ben poco da fare se non provvedere in altri modi. Conobbe il suo Domitor durante una rapina e decise di entrare nella sua gang, inizialmente non aveva il minimo sospetto su chi fosse il "giovane boss" e gli si affezionò come se fosse stato suo figlio, tuttavia, quando venne attaccato (e quasi ucciso) da un Seguace di Set, venne salvato da Aalim trasformandolo nel suo Ghoul. Da allora è sempre stato il suo secondo, complice in tutto e amico di sempre. Lui stesso vuole definirsi "la sua babysitter".



George "Diva" Brown

Età: 67 anni (apparenti 35)
Clan: Malkavian
Status: Ghoul
Bio: Falsario, contrabbandiere, spacciatore e chi più ne ha più ne metta. Persona decisamente un po' fuori dal comune, riescì a diventare una drag queen negli anni 80 dopo essersi fatto 7 anni in galera per diversi reati. Tuttavia il lupo perde il pelo ma non il vizio, sebbene si ritrovò libero riprese a smerciare merce rubata e a vendere documenti falsi. Incontrò Aalim mentre cercava di piazzare delle pietre preziose ad uno degli uomini sul suo libro paga. Non si conosce il motivo per cui il Malkavian abbia deciso di tenerlo con sè, forse perchè Diva ha la capacità di far sorridere e di menare come un vero uomo(?!).




Lin Guo

Età: non pervenuta
Clan: Brujah
Natura: Soldato
Carattere: Giudice
Profilo: Guardia
Generazione: 8^
Status: Indipendente
Bio: Non si conosce molto sul passato di Lin tuttavia è così devota a Cho Yun Fei perchè le salvò la non-vita. Quando credeva di aver perso tutto trovò lo Tsimisce ad aiutarla e a riprendersi. Non ne fanno mai parola con nessuno sul loro incontro ma Lin sarebbe pronta a sacrificare se stessa per ripagare quel debito. E' completamente ed esclusivamente leale a lui, nessun'altro.




Sean Buffett

Età: 35 anni
Clan: Tsimisce
Status: Ghoul
Bio: Sean in apparenza sembra il classico figlio di papà visto chi è il padre, tuttavia è un giovane che preferisce dare quell'impressione per stupire chi meno se lo aspetta. Fin da bambino era molto bravo nelle relazioni e prendeva come esempio il padre, benché fosse sempre stato una figura assente. All'età di vent'anni decise di investire parte del proprio conto a sei zeri per acquistare azioni di diverse grandi imprese mettendo mani su cospicue rendite e tenendo sotto controllo diversi rami di diversi settori. La sua specialità sono le aste, ne ha acquistate cinque e grazie ad esse è riuscito a trovare alcuni pezzi del "puzzle" per il suo Domitor.

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Capitolo 4
*** The dock master ***


 

E dopo così tanto tempo... rieccomi! Ho finalmente pubblicato il quarto capitolo di questa mia fanfiction dedicata ad uno dei miei personaggi. La storia si basa sul Mondo di Tenebra di Vampiri: la Masquerade.
Spero vi piaccia e che vi intrattenga la storia della notte senza fine di Hong Kong! Spero di riuscire a scrivere e a pubblicare anche il prossimo capitolo il più presto possibile!
Come sempre vi faccio una premessa: ogni riferimento a nomi o cose realmente esistenti è puramente casuale. Inoltre la storia è ispirata al mondo del gioco in questione, alcuni dettagli sono "romanzati", alcune regole un po' smorzate, perciò giocatori nazi avvisati!
Vi auguro una buona lettura!




 




The dock Master

 


-Un legame di sangue. E’ una cosa normalissima se si vuole stare sicuri. Chi mi dice che…- la donna dai capelli ramati si prese una breve pausa per cambiare posizione nella propria seduta mentre gesticolava lentamente con la mancina dando alla frase un ché di ovvio -... non sia una trappola. Se vogliamo fare affari assieme le regole si sottoscrivono da entrambe le parti. Chiamiamola “assicurazione”, giusto per rifarci a termini moderni. Che cosa costa? Nulla. Oppure… hai paura?-

Le ultime parole erano diventate un sussurro mentre assottigliava lo sguardo piegando le labbra in un mezzo sorriso che sembrava sfiorare il sadico ed il divertito. Stava in realtà scrutando l’espressione del padrone di casa, ogni minimo particolare sarebbe stato fondamentale per riuscirne a comprendere in modo più dettagliato la sua natura.
Tuttavia venne interrotto dalla Brujah che si mise in mezzo tra loro e no, la cosa non gli piacque affatto.
 

-Tu stai dicendo che Cho dovrebbe vincolarsi a te? Sei tu che vieni nel nostro territorio, sei tu che porterai problemi, non vedo perchè dovremmo metterci in una posizione di svantaggio!- lei si infervorò ed Aalim poté vedere quel guizzo negli occhi della cainita: rabbia. No, no. Non ci teneva a farsi pestare, fortunatamente venne in suo soccorso Cho Yun.
 

-Calma, amica mia. E’ naturale che Miss Lewis voglia crearsi delle garanzie, chi non lo farebbe e poi, ricorda, questa è casa mia e l’ospite è sacro finchè è qui.- Le posò una mano sulla spalla obbligandola a riporre l’ascia di guerra e a mettersi seduta come una persona civile. Lei non batté ciglio e, nonostante l’occhiata di fuoco che lanciò all’ospite, si accomodò accavallando le gambe in modo decisamente poco femminile. -Tornando a noi, ben venga. Sono ben disposto a suggellare questo patto se implica uno scambio di fiducia reciproca. Vede, Sean ha comunque ragione, dobbiamo usare una tattica che riduca al minimo le brutte sorprese. Come le ho detto, non ci vorrà molto per ritrovarci in città piccole noie, ma tutto quello che è piccolo se sommato può diventare troppo grande da gestire. Quindi… preferisce farlo ora o… magari in separata sede?-

 



I muscoli di Aalim, alias Elizabeth, si distesero fino a tornare ad una compostezza e ad una sobria eleganza, lo sguardo però saettava attento e brillante su ogni piccolo movimento di quella stanza, le orecchie ben tese ad ascoltare ciò che gli altri avevano dire, la Brujah sarebbe stato un problema, non tanto per la sua testardaggine ma quanto per il fatto che fosse un cane da guardia. Sospirò mentalmente e passò la propria attenzione al tale Sean. Un umano, o meglio, un Ghoul. Lo coinvolgeva in queste faccende? Audace, doveva fidarsi decisamente troppo degli umani ma, dopotutto era comprensibile, anche lui era stato giovane nella non-vita ed anche lui, secoli prima, si sentiva tanto coinvolto da sentirsi ancora mortale. Ora non più, ora era decisamente tutto diverso.
Si accorse troppo tardi di essersi concesso troppo tempo per fissare il Ghoul ed ora lo sguardo era ricambiato con un sorriso che pareva essere autore di pensieri decisamente ambigui.
Roteò gli occhi al soffitto decisamente scocciato dalla questione, perchè per gli umani il contatto visivo era indice di… seduzione? No, no ed ancora no. Che ribrezzo. Il tintinnio del ghiaccio nel bicchiere gli fece capire che Sean si era arreso ed aveva cambiato obiettivo, tanto meglio per lui.

 

- Comprendimi, vengo da una città in cui è cosa da tutti i giorni legarsi con la propria Vitae, un po’ per punizione, un po’ per fedeltà. Non mi importa su chi ci guarda e chi non vuole guardare. L’importante è che si faccia. Dunque…- si alzò e si mise davanti all’asiatico posando una mano sul proprio fianco stretto, rimase in attesa di una risposta o per meglio dire, rimase in attesa di un proprio comando e schiudendo le labbra mise in mostra i propri denti letali. Abbassò lo sguardo ed il capo per poter accompagnare il proprio polso alla bocca e sentì la traccia dei propri denti sulla pelle che cedette alla propria volontà di ferirsi.
Chissà, si domandò, come avrebbe trovato il proprio sangue? Saporito? Troppo forte? Solo sangue? Era un vampiro giovane dopotutto, magari gli avrebbe dato alla testa, come anche no. Le labbra si tinsero di rosso mentre sollevava lo sguardo, ah, sentiva il sapore di quel liquido bagnargli la punta della lingua, possibile che l’intera esistenza si riducesse a… quello? Quasi a malincuore ma privo di ogni grazia gli offrì il proprio polso.
- Bevi.-

Fu quello l’ordine.
Cho Yun Fei rimase quasi ipnotizzato da quel movimento, dal rumore che riuscì a sentire nel momento in cui la tenera carne di quel niveo polso veniva dilaniata da quei pugnali perlacei, istintivamente si passò la lingua sui denti e sulle labbra pregustandosi quel momento. Riusciva a sentire lo sguardo dei due compagni su di loro, poteva perfino azzardarsi ad ipotizzare quali fossero i loro pensieri e le loro emozioni.
Lin disapprovava tutto quello, Lin non avrebbe mai voluto mettersi in società con uno straniero, forse aveva ragione ma non erano più nelle condizioni di poter resistere ancora a lungo, la città stava andando in mano ai Baali ed aveva bisogno di aiuto per continuare a tenere lontani quei mostri.
E Sean, be’, lui era troppo innamorato della vita, troppo preso dall’idea di quella falsa immortalità che sembrava essere ubriaco di quelle poche briciole che riusciva a scorgere di quel mondo di tenebra. Come un bambino che si estasiava di fronte a scene crudeli.

Non era però il momento per concedersi altri pensieri così romantici e malinconici, su quanto o come conoscesse le persone che adorava, quando vide il sangue dell’altro vampiro brillare dalla ferita dovette concentrarsi per non perdere il proprio controllo e con garbo prese la sua mano nelle proprie per accostarsela ma bevve con possessività, non riuscì proprio a contenersi, non era un semplice umano, si sentì montare qualcosa di selvaggio nel proprio petto, una fame troppo forte. Ne voleva ancora!
Poi niente, quel sangue era finito, gli avevano tolto dalle labbra quella droga.

Si accorse, non senza vergogna, che si era scostata con la forza e lo stava guardando con aria decisamente impettita.

 

- Dovevo immaginare che non fossi in grado di controllarti. Tsk. Che macello questi giovani. Ora però tocca a me.- questione di qualche istante, questione di un batter di ciglia che Aalim si era avventato sulla gola dell’asiatico e senza concedergli alcuna scusa lo morse quasi con un pizzico di crudeltà. Sentì schizzare contro il proprio palato il suo sangue e dunque vi serrò la bocca sullo squarcio per poter evitare di far colare anche una sola goccia.

A quello scatto Lin si mise in piedi muovendo mezzo passo in avanti mentre protendeva la mano destra pronta a lanciare fuori dalla vetrata quell’ospite. Ma nulla accadde, come da accordo Aalim bevve quanto poteva bastare e si scostò da lui sentendo ancora sulle papille il sapore dello Tsimisce. -Ecco fatto, tutto finito. Suvvia, suvvia cara…- aggiunse Elizabeth lanciando un’occhiata decisamente pestifera alla Brujah che, dal canto suo stava quasi per ringhiarle contro qualcosa -Una signora non dovrebbe digrignare in quel modo i denti, perde tutto il proprio fascino. E poi non so quanto ti convenga metterti contro di me dopotutto ci toccherà collaborare per un bel po’ di tempo, hai sentito il tuo “padroncino”? Ah, riguardo a te, non osare mai più cibarti di me in quel modo, pensi che non lo abbia avvertito? Quel lento ringhio che sale, una bestia che graffia nella parte più nascosta del nostro essere che brama di più, ancora di più? Ah, non hai la minima idea di che cosa voglia dire andare fino in fondo ma non con me, mai. Potrei davvero arrabbiarmi.-

 

Cho Yun sembrava ancora frastornato da quel legame, da quella lunga bevuta del suo sangue e pareva che entrambi avessero occhi solo luno per l'altra, ogni movimento era come registrato e fissato nella mente dell'altro così come la voce.

Quello sarebbe stato solo l'inizio. Il sangue era l'arma più potente che potessero avere, ma era anche quella più pericolosa per il proprio modo di nuocere in entrambe le parti. Adesso era solo l'attenzione ad essere rubata, ma poi sarebbe stato quasi un'ossessione, una fedeltà maniacale.

 

-Oh be'... mi spiace. Mi ha colto impreparato, Miss Lewis. Non sono abituato a certe cose, sono sempre una piacevole sorpresa per il mio essere. Ad ogni modo sono lusingato di questo accordo. C'è però una cosa che deve sapere prima di darci appuntamento per una prossima volta: la città a Sud sta vivendo delle piccole scorribande da dei giovani Sabbat. Roba di poco conto ma si stanno infiltrando nella malavita locale, come piccole gang che si specializzano in atti vandalici, furti e spaccio o in gare clandestine. Il loro scopo è quello di mettere più a soqquadro possibile Hong Kong per esporci e lasciare incustoditi i nostri depositi.- Cho Yun Fei si strinse nelle spalle mentre si voltava lentamente per dare le spalle agli altri tre avvicinandosi lentamente alla vetrata che dava sulla città. Una mano raggiunse i capelli neri e corti nel vago tentativo di sistemarseli quando in realtà stava semplicemente togliendosi dalla testa quella sensazione di non controllo che aveva appena vissuto. --Non ho nulla in contrario se sarà lei a stare sull'isola a Sud, potrà altresì fare ciò che vuole di quegli inutili scarti ma... con discrezione. Oppure no, al diavolo, per me può anche dare fuoco a mezza città se lo reputa necessario. Usi tutti i mezzi che desidera.-

 

Aalim era rimasto in piedi, ancora nei panni dell'affascinante figura di Elizabeth Lewis, la copia di sua madre, aveva guardato Cho Yun avvicinarsi al vetro e lo stava fissando attraverso il suo riflesso, almeno in parte. Riusciva a scorgere solamente metà del suo volto e poté constatare anche senza l'uso delle proprie capacità preternaturali che quello Tsimisce era al limite. Si domandò se anche lui era fuggito lì o se invece no. La cosa era marginale e sicuramente quell'interesse, quella curiosità, era dovuta al suo sangue nel proprio stomaco.

Stupidi inconvenienti, si disse.

Fece schioccare la lingua contro il palato mentre si avvicinava a Sean per sottrargli il bicchiere di scotch per ingollarlo tutto in un sol colpo, sicuramente sarebbe riuscito a mischiarlo con ciò che già era nel proprio apparato digerente e sperava che quanto meno avrebbe potuto godere di quei lievi cenni che dava l'alcool. Almeno ci sperava.

L'espressione del Ghoul però fu assolutamente spassosa, non si aspettava nulla del genere, tanto meno non sospettava minimamente che quello che stava fissando non era altro che una mera illusione.

 

-Voglio essere trasparente con te, Cho Yun.- disse Aalim posando il cristallo sul bancone che lo divideva dal Ghoul, lo sguardo saettò sullo specchio alle spalle di Sean e vide semplicemente il riflesso della sua schiena ma non il proprio, ormai vi era abituato -Quello che stiamo per fare è davvero una spina nel fianco, specialmente per qualcuno come me. Non è nei miei canoni "agire per il bene altrui", ma di tanto in tanto... il male porta il bene in sé.-

 

-------

 

-No, ma davvero?! E dimmi, da quando ti servono 25.000$ per un'auto nuova?! Vida, non prendermi per il culo, che casini hai combinato?- la voce di Aalim era oltremodo esasperata e snervata mentre veniva seguito da un transessuale alto almeno un metro e novantacinque su dei tacchi dodici, vestito con un tubino ricoperto di paiettes ed un boa di piume di fenicottero sulle spalle. Non sembrava nemmeno degnare di uno sguardo l'omone appariscente che sculettava e gesticolava appena dietro di lui, come un bambino che cerca di spiegare alla mamma le ragioni di una richiesta assurda.

 

-Ma Lim caro... tu non capisci... che cosa dico alle amiche se mi vedono andare in giro con quella vecchia baracca che ha preso Peter? Diventerei la zimbella del Club. Ho visto una bellissima Mustang decapottabile color rosa bubblegum, ti prego, ti prego!- sgambettando su quei tacchi altissimi, il Ghoul superò il Domitor per piazzarsi davanti a lui per farlo fermare, erano in mezzo alla strada affollata di Hong Kong come se niente fosse, come se fossero ancora una volta per le strade di Londra. Vida guardò con aria da cucciolo il Malkavian cercando di impietosirlo ed attese il verdetto.

 

Dal canto suo Aalim incrociò le braccia al petto quando si trovò l'altro a bloccargli il cammino e, da bambino altrettanto imbronciato, guardò altrove gonfiando appena le guance. Non era un problema dargli quel denaro, era solamente sicuro che volesse quei soldi per cacciarsi in qualche guaio, come suo solito. Vida, o all'anagrafe Daniel, non era un Drag Queen santo. Spacciava, trafficava e ricercava oggetti di dubbia legalità. Sicuramente in una città come quella avrebbe sguazzato come un Paperon de Paperoni in un qualche strano giro d'affari e... la cosa che lo faceva ammattire era che non lo aveva coinvolto in società!

Socchiuse lentamente gli occhi mentre con la mancina si massaggiava una tempia e, all'improvviso, sollevò il viso puntandogli contro l'indice con fare accusatorio e comunque severo.

 

-Va bene, ma ad una condizione: se non si tratta davvero di una Mustang... devo entrare anche io nell'affare. Intesi?-

 

Il viso del transessuale si illuminò e preso da un impeto di gioia prese di peso il vampiro per poterlo abbracciare mentre lo sommergeva di baci che gli lasciavano come uno stampo sulla pelle chiara del viso le diverse impronte delle sue labbra ultra coperte di rossetto.

Con qualche difficoltà il cainita riuscì a rimettere i piedi per terra e a liberarsi dalla presa ferrea del proprio Ghoul mentre cercava di farlo tornare tranquillo.

 

-Va bene, va bene. Ho capito, sei contenta. Ora però vedi di non rompermi delle costole con tutto questo entusiasmo, sai che sono allergico a certe dimostrazioni. Vieni, dobbiamo evitare di arrivare in ritardo a quell'appuntamento che ti dicevo. Ci ho messo due settimane per rintracciare quel vecchio grasso e non ho intenzione di perdere l'occasione.- con l'indice fece cenno al Drag di seguirlo per poter riprendere a camminare lungo la strada affollata.

Si fermarono solo dopo tre quartieri ed Aalim si voltò per fissare un piccolo e stretto vicolo che lasciava solamente intendere che non era uno dei più belli: insegne decadenti, dai colori che friggevano in quei neon quasi scarichi, sporcizia a terra, puzza di urina e di vomito, spacciatori, prostitute.

Un bel traffico che gli riportava alla mente i bei vecchi tempi ma con la differenza che lì vedeva solamente occhi a mandorla.

 

-E' proprio vero che ogni mondo è paese. Vieni, seguimi. Siamo quasi arrivati.-

 

Si inoltrò nel vicolo e sentì addosso nell'immediato gli occhi di chi stavano superando. Vida dal canto suo guardava dritto davanti a sé, sorridendo di tanto in tanto a qualche bella prostituta che lo osservava interdetta, evidentemente si chiedeva come poteva essere così mascolina?

 

-Lim, suppongo che per loro noi siamo... come dire, di troppo? Hai pensato a come tornare indietro, vero caro?- la voce di Vida sembrava essere preoccupata mentre proseguivano e nel frattempo provava a non mettere il piede in alcuni escrementi o su chissà cosa vi fosse in quella sorta di pozzanghera dai colori e dall'odore non ben definito. -Ho dimenticato a casa la mazza... ma a saperlo avrei portato un tirapugni con i glitter, è così... favoloso!-

 

Aalim si voltò per dare un'ultima occhiata al proprio amico scuotendo il capo, non credeva che si fosse fatto così fifone col passare degli anni, o forse era solamente il posto che ancora non conosceva a mettergli suggestione? Sapeva unicamente che nessuno si sarebbe aspettato che quel donnone così delicato in realtà picchiasse come un fabbro.

Era un ottimo effetto a sorpresa nei momenti di "affari" come quelli.

 

-Fai silenzio, Vida. Mi sto concentrando. Ecco, entriamo lì, in quella porta i metallo.-

 

Con circospezione il vampiro socchiuse gli occhi lasciando che il proprio udito si affinasse grazie al proprio sangue vampiresco e poté quasi catturare e selezionare nella propria mente i rumori, i suoni e le voci che riusciva a catturare.

Ah, finalmente riuscì a sentire la voce del proprietario di quella zona, il molo a Sud sarebbe stato assolutamente perfetto per stabilirsi e far nuovamente rifiorire i propri affari.

Non conosceva il cinese, il mandarino o quello che fosse ma concentrandosi poté comprendere un significato a quello che stava ascoltando. Stavano proprio parlando di lui: lo straniero ricco da spennare. Quel "ragazzino" che fa il gradasso.

Oh, magnifico. Era quello che pensava di lui? Peccato che lui facesse sempre il gradasso e che sì, era ricco, ma non così da schifo.

 

-Quindi devo fare la carina con te? Vuoi farti vedere così depravato?- chiese Vida mentre posava una mano sulla spalla del vampiro riportandolo con la mente a loro, che erano ancora davanti a quella porta di ferro.

Il vampiro annuì mentre si passava una mano prima tra i capelli e poi sul collo, era il momento.

Bussò tre volte, poi altre tre ed infine, dopo una pausa di tre secondi, bussò una sola volta.

Il contatto che era riuscito a trovare gli aveva dato il codice per poter farsi aprire senza ritrovarsi un proiettile in testa ed effettivamente funzionò, qualcuno gli venne ad aprire ma c'era qualcosa che non andava, qualcosa gli stava facendo provare delle strane sensazioni nel petto, una vibrazione nell'Arazzo, qualcuno appartenente al suo stesso Clan si stava avvicinando.

Oltre a lui e a Cornelia non doveva esserci nessuno... oppure si sbagliava? O lo avevano già trovato? Così presto?

Si morse il labbro ed in quel momento la porta di metallo si aprì con un cigolio da brividi e si ritrovò davanti ad un uomo di colore, con abiti decisamente eccentrici e fuori moda, con capelli tagliati molto corti ma talmente crespi e neri da sembrare lana, baffetti e pizzetto agli anni ottanta ed un sorriso stampato in faccia.

 

-Ehi! Amico! Fratello! Uh... wow, che signora!- l'uomo di colore si era messo quasi a gridare quei saluti così calorosi , ora che potevano vedersi in faccia Aalim ebbe la certezza che il Malkavian che aveva percepito era proprio questo individuo che gli mise una mano sulla spalla per poterlo trascinare dentro -Ma tu guarda, che bella sorpresa! Non capita mica tutti i giorni di beccare un Fratello in città! E dimmi un po', come stai? Ti vedo bene! Io sono Eddie! E comunque... mmh... incantato, signorina?-

 

Aalim e Vida rimasero a dir poco allibiti nel vedere quell'individuo non sapendo come definirlo. Certo, i figli di Malkav erano pazzi ma... nulla in confronto a quello che avevano appena conosciuto. Il suo atteggiamento pareva essere quello di una barzelletta o di un buffone o, perchè no, di un cartone animato.

Si scambiarono un'occhiata veloce e Vida decise di stare al gioco me d'accordi, perciò diede la mano al vampiro di colore e con tutta la sua eleganza e grazia gli si presentò.

 

-Oh, mon cher, mi chiamo Vida. Sono un'artista. Lusingata di... tutti questi complimenti ma non vorrei che il mio zuccherino divenisse troppo geloso... sai,- disse abbassandosi ed incurvandosi un poco per poter raggiungere le orecchie di questo Eddie -il ragazzo è piuttosto suscettibile.-

 

Lo sguardo estraniato di Edie saltò da Vida ad Aalim che nel frattempo si stava lisciando la camicia che indossava.

-Uhm... comprendo, con una bella puledra come te... chiunque sarebbe geloso.- ammiccò lanciando un'occhiata a Vida -Suppongo che voi siate gli ospiti di cui il Boss parlava! Venite! Vi faccio strada! Eddie sa sempre trovare la strada! Ma prima le signore.- Impose una mano sul petto di Aalim quando cominciò ad avviarsi per primo lungo il corridoio ed il vampiro africano scosse il capo in segno di rimprovero mentre agitava lentamente i baffi anni 80. -Eh no bello, prima le belle donne, poi vengono i piedi piatti e se non c'è nessun'altro in coda gli altri. No, forse coi piedi piatti ti fanno andare avanti. Be', fa niente, non vedo piedi piatti. Tu lo sei? No, perchè al Boss gli sbirri non piacciono e non abbiamo più bidoni di acido in cui scioglierli, quindi insomma, mi dispiacerebbe doverti spiegare che cosa fa quando siamo a corto dei barili. Eh, il povero Yang. Era così... giovane.-

Bastò semplicemente un cenno di diniego col capo per far sì che lo strano vampiro riprendesse a camminare per fare strada e nel giro di pochi secondi si ritrovarono in quella che era una sala con diverse scatole con i vari timbri della dogana, un televisore dell'anteguerra, un tavolino da poker, una tenda di perline da cui proveniva un effluvio di urina e di droga.

Attorno al tavolino vi erano tre uomini, tutti e tre asiatici, di stazza decisamente possente ma non di muscolo. La loro pelle era ricoperta di tatuaggi, fatti sicuramente in prigione, i volti segnati da diverse cicatrici, tatuaggi e lo sguardo truce di chi non ha paura di nulla. Almeno fino a qual momento.

Aalim si guardò attorno per vedere eventuali uscite secondarie, finestre o quant'altro, ma parevano in un vicolo cielo con l'unica via di uscita il corridoio da cui erano arrivati. Notò anche che vi erano diversi ceffi seduti su alcune casse mentre mangiavano della frutta, noccioline e fissavano sia lui che Vida con aria truce, manco avessero mai visto un travestito, pensò Aalim, con tutti quello che giravano nel Sud Est Asiatico.

 

-Eeeehi Boss. Ti ho portato lo straniero! Vedi di trattarlo bene, è in buona compagnia, non sia mai che spaventiamo la signora.- Eddie diede una pacca sulla spalla ad Aalim portandolo già all'esasperazione, per quella serata aveva già avuto più della sua dose di contatto fisico e non ne nascondeva il fastidio con un'espressione quasi disgustata. Ma a contribuire al proprio fastidio ci si mise la voce rauca e quasi impercettibile del cinese più grasso dei tre seduti al tavolino.

 

Il suo pessimo inglese lo fece rabbrividire ma si sforzò di comprenderlo quanto meno in minima parte.

Il cinese, il mafioso, si gratto il doppio mento flaccido e sudato mentre faceva uscire dal naso il fumo di una sigaretta e si mise a ridacchiare facendo sobbalzare la pancia gonfia e grassa seminascosta sotto la canottiera bianca macchiata di sudore.

 

-Tu venuto per chiedele me un favole, sì? Tu chiesto me di dale il molo e tutta alea, sì?-

 

Si mise a ridere ancora più forte e con lui anche gli altri due, seguiti dagli altri scagnozzi ma tutto ripiombò nel silenzio non appena il grassone tornò in silenzio a scrutare Aalim. Perfino Eddie si mise quasi sull'attenti, preoccupato per quella strana situazione, ma si distrasse per fare l'occhiolino a Vida che, di tutta risposta gli sussurrò "screanzato".

 

-Tu sapele che impossibile dale quello che tu chiedele? Io no stupido, lui essele.- indicò Eddie con noncuranza come esempio di "stupido", Eddie ne rimase profondamente ferito tanto che abbassò il capo torturandosi le mani sul bordo della giacca larga che indossava. -Io no lascio mia città a uno stlanielo che puzza di flocio. No lascio che mi si manchi di lispetto in mio tellitolio. Piccola meldina occidentale.-

 

Il boss digrignò i denti in un sorriso marcio che a suo dire doveva essere minaccioso e terrificante, infine si alzò dalla sedia trascinandola sul pavimento di cemento e posò le carte sul tavolo da gioco per poi oscillare pesantemente passo dopo passo oltre il tavolino parandosi davanti ad Aalim che in tutto quel tempo era rimasto in silenzio, aveva semplicmente annuito alle sue domande e non aveva risposto alle sue minacce.

In sottofondo si poteva sentire a bassa voce i commenti degli altri scagnozzi, il masticare delle loro mandibole, il gocciolare di un rubinetto che perdeva in quell che doveva essere il cesso di quel posto, perfino Vida poteva sentire il proprio cuore battere, in che pasticci si era cacciato Aalim? Insomma, andare a pestare i piedi ad un boss della mafia cinese non era certo una bella cosa... ed erano solo loro due. Si poteva leggere perfettamente la sua ansia nel dover prevenire qualsiasi danno al proprio Domitor.

Alcuni lunghi attimi di assoluto silenzio parvero non finire mai fino a quando il vampiro dai capelli ramati non decise di prendere la parola e di offrire un sorriso a quel Jabba improvvisato.

 

-Io avevo chiesto un incontro per poter parlare del molo, sì. Non ho mai specificato altro. Non ho detto che l avrei comprato, non ho detto che avrei dovuto chiedere a te il permesso, volevo solamente trovarti e farmi un'idea degli incapaci che ci sono qui.-

 

Lentamente la luce della stanza si fece più bassa, come se all'improvviso ma in modo quasi graduale, la loro potenza si fosse ridotta. In un primo momento nessuno se ne accorse, almeno fino a quando non divenne penombra attorno a loro, alchè cominciarono ad allarmarsi i presenti, anche perchè Jabba cominciò a scorgere qualcosa che non andava in quell'oscurità.

Divenne buio all'improvviso, un buio impenetrabile, denso e terrificante mentre dalle tenebre si forgiavano dei tentacoli d'ombra tanto forti da spezzare ossa, carne e muscoli.  Queste diramazioni saettarono ad un solo comando e non servirono a nulla i proiettili, nemmeno la luce dello sparo si riuscì a vedere in quello che si prospettava essere un massacro. Solamente due occhi dorati potevano intravvedersi in quella più totale oscurità e parevano sorridere.

 

-Uccideteli.-



Continua...

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Capitolo 5
*** Senza sapore ***




Senza sapore

Eddie aveva avuto una vita mortale davvero per nulla semplice. Era nato negli Stati Uniti d’America in una famiglia decisamente incapace di potersi mantenere, altamente disfunzionale e disastrata al punto da sembrare la sceneggiatura di una serie tv drammatica.
Sua madre aveva partorito quattro figli, tutti da padri diversi, tutti uomini violenti, abusivi e delinquenti. Ma che poteva farci lei? Si innamorava troppo velocemente e in modo eccessivamente puerile e finiva per pagarne tutte le conseguenze. Eddie era stato il “primo incidente” e aveva visto il degradarsi della sua vita e della sua famiglia in modo inesorabile, incapace di poter trovare un modo per fuggire.
Non aveva mai avuto granché interesse nella scuola o nello studio, voleva semplicemente trovare un lavoro ed un modo per andarsene da quella casa, portare via con sé i suoi fratelli e ricominciare tutto.

Ovviamente nulla era andato come si era immaginato.
Aveva lasciato la scuola a quindici anni per cercarsi un lavoro ma era caduto nella trappola dello spaccio di New York, così si ritrovava a far girare soldi e bustine nei peggio quartieri, tra una scazzottata e l’altra, tra notti passate in cella e costanti visite ai riformatori o ai lavori socialmente utili per “raddrizzarlo”. Poi venne un periodo della sua vita in cui aveva provato davvero a rimettersi sulla giusta via. Si era innamorato.
Aveva perso la testa per una ragazza che sembrava così fuori dalla sua portata, ma voleva dimostrarle che poteva valere qualcosa e perciò riuscì a trovarsi un lavoretto in un minuscolo ristorante dove lavava piatti su piatti fino alle tre di notte. In quel periodo era stanco ma felice, poteva esserci speranza anche per lui, si diceva. Ed era anche riuscito a uscire con Janila, così si chiamava il suo bellissimo amore. Una serata davvero indimenticabile, poi però le cose erano precipitate così velocemente che nemmeno aveva avuto il tempo di capire che gli era caduto il mondo addosso.
Suo fratello, Johnny, era stato ucciso. Due colpi alla testa. Un'esecuzione in piena regola.
La madre era uscita di senno alla morte del figlio, tutto già andava a rotoli e in quel momento era diventato anche peggio, Eddie si era visto costretto a farsi carico di ogni cosa e specialmente sentiva il peso di farsi giustizia ogni giorno che passava.
Sapeva che il fratellino, appena diciassettenne, era entrato in un brutto giro, sapeva perfettamente come funzionavano certe cose e soprattutto quali fossero le regole di quel mondo. Doveva assolutamente trovare il bastardo che aveva premuto il grilletto e doveva ucciderlo. Cominciò a non darsi pace, si dimenticò perfino di Janila e del suo lavoro, tanto era preso da quella sete di vendetta e ritornò ancora una volta su quel sentiero oscuro, alla ricerca di tutto quello che fosse necessario per portare a termine quel suo desiderio smanioso, condito da abbondante alcol e droga che lo avevano estraniato dalla realtà.
Una notte si ritrovò nella cantina puzzolente di un uomo che gli era stato detto che avrebbe potuto aiutarlo col giusto compenso o con il giusto “favore”.

Il luogo dell’appuntamento era fatiscente, assolutamente eccentrico con tutti gli oggetti più scombinati e disparati che si poteva accattare in giro per la città o nelle discariche abusive. Tra neon sfarfallanti, segnali stradali e vecchi mobili, Eddie trovò l’uomo che si faceva chiamare Crazy Junk. Questo assurdo tizio era alto, magro fino all’inverosimile, con una folta chioma di capelli neri tutti crespi e spettinati e un paio di occhi color ghiaccio che trapassavano l’anima. L’aria dello scantinato puzzava di muffa e di qualche topo morto ma Eddie non aveva assolutamente capito che quella fosse la tana di un mostro, l’istinto gli diceva che quel tizio era pericoloso, certo, ma era ciò che gli serviva per la sua causa.

Quella notte parlò a lungo con Crazy Junk, gli raccontò la sua storia, gli raccontò chi fosse veramente e soprattutto parlò del fratello ucciso e della sua vendetta, lo aveva quasi supplicato di aiutarlo in qualche modo, che tutti gli avevano detto che poteva farlo.

Quel tipo assurdo sembrò essere divertito e piacevolmente coinvolto dalla storia di Eddie e volle veramente essergli d’aiuto. Non gli avrebbe dato armi e non gli avrebbe chiesto soldi per fare il lavoro, gli aveva semplicemente chiesto di dargli la sua amicizia e qualche oggettino da aggiungere alla sua collezione nello scantinato.

Il piano venne presto delineato e stabilito: entro la fine della settimana si sarebbero presentati ad uno dei punti di incontro della gang che aveva giustiziato il fratello di Eddie e li avrebbero fatti ballare come topi sui carboni ardenti. Avrebbe dovuto fidarsi del buon vecchio Crazy Junk.
Quella notte arrivò e fu davvero un macello, così lo avrebbe descritto Eddie se mai qualcuno glielo avesse mai chiesto. Crazy Junk si era guadagnato quel soprannome non a caso e quella notte ne fu la dimostrazione: non aveva idea di come ci fosse riuscito ma tutti quei figli di puttana parevano avere delle allucinazioni talmente forti da cominciare a spararsi o accoltellarsi a vicenda mentre Crazy Junk si divertiva come un cattivo dei film a vederli uccidersi tra loro per mettersi poi a ballare come un pazzo in mezzo a quel putiferio.

Il problema? Uno dei colpi aveva colpito il buon vecchio Eddie alla bocca dello stomaco. Se ne era accorto in ritardo da quanta adrenalina aveva in corpo e quando cadde sulle ginocchia riuscì solamente a gorgogliare qualcosa a Crazy.

Sorprendentemente riaprì gli occhi e si accorse di non essere all’inferno, bensì nel puzzolente scantinato dell’amico. C’era qualcosa di diverso, si sentiva decisamente diverso e soprattutto affamato. Vedeva tutti quei cartelli prendere forme diverse, le luci cambiare e assumere profili terrificanti, ma ciò che lo spaventò da morire era che non si sentiva più vivo.

Cominciò a ridere, come se tutto fosse semplicemente uno scherzo, una barzelletta e finalmente aprì gli occhi: era il protagonista di una sitcom anni ‘90 dove tutto si risolve con le risate finte di un pubblico inesistente.

Arrivò però il momento della verità e scoprì che Crazy Junk lo aveva trasformato in qualcosa come “lui”, fu davvero ridicolo riuscire a capire che cosa fosse successo e che cosa fosse diventato, ma alla fine il copione recitava quello e lo show doveva andare avanti.
Sarebbe dovuto sparire, avrebbe dovuto lasciare la città, lo stato, andare da qualsiasi altra parte perchè gli sbirri sicuramente sarebbero riusciti a risalire a lui e poi be’, aveva ricevuto il Dono senza consenso del Principe e… sì, poteva essere un problema per entrambi, ma almeno ora poteva realizzare qualsiasi sua più grande ambizione o perversione nei secoli dei secoli!
Quella stessa notte rubò il portafoglio a un turista e partì con il primo volo su cui posò gli occhi e si ritrovò assurdamente ad Hong Kong, senza un soldo, senza un contatto, senza sapere praticamente che razza di creatura era diventato. Era da solo, insieme alle sue voci nella testa che continuavano a commentare la sua vita da serie tv scadente.

 

Quando riaprì gli occhi la luce era tornata, certo il neon scadente appeso era quasi del tutto staccato dalla sua sede e penzolava cigolante mentre tutto il resto sembrava tornare alla normalità.
Quando tutto era diventato buio e soprattutto quando aveva capito che lì le cose si sarebbero fatte pericolose, aveva avuto l’idea di nascondersi dietro a qualche cassa di merce contraffatta e restare lì, con le mani ben attaccate alla testa in attesa che quel “fade out” finisse.

Vicino ai suoi piedi c’era una mano mozzata e poco più in là uno degli scagnozzi del cinese grasso con la testa aperta a metà da un colpo di pistola sparato da troppo vicino. Gli altri corpi erano stesi a terra, in pozze di sangue, avvolti nelle loro stesse viscere e alcuni fatti a pezzi con fratture e deformità impossibili da spiegare.

Solamente tre figure erano in piedi a qualche metro da lui. Il ragazzo, il donnone incipriato e uno dei mafiosi che stavano giocando a carte. Sembrava di sentire qualcosa gorgogliare, riuscì a capire che qualcuno si stava bellamente ingozzando di sangue e rise di gusto, in modo stridulo e quasi isterico mentre vedeva il giovane dai capelli ramati sciogliere dal suo abbraccio quello che restava dell’ultimo superstite.

Non una goccia aveva sprecato di quel pasto. Eddie applaudì battendosi poi la mano sul ginocchio come se avesse assistito ad uno spettacolo di un talent show e sporgendosi un poco in avanti guardò l’altro vampiro sistemandosi degli occhiali invisibili sul naso.

 

- Eh già, non sono tipi molto ospitali, i cinesi. Hanno davvero dei pessimi modi per fare affari, fratello. Già già.-

 

Nel frattempo Vida sembrava piuttosto stizzita nell’essersi sporcata le paiette che indossava e soprattutto il suo rossetto si era sbavato sicuramente a causa di qualche cazzotto o di qualche colpo ricevuto durante quella “scaramuccia”. Ma la sua attenzione andò immediatamente al Domitor, si domandava che intenzioni avesse con quel vampiro. Era comunque ancora in allerta, a quel giro Aalim aveva decisamente dato spettacolo, quasi sicuramente perchè si annoiava oltre ogni modo abituato com’era a soddisfare i suoi desideri sadici. Tuttavia si sorprese della sua reazione.

Aalim si sistemò gli abiti e si pettinò i capelli con le dita della mano sinistra togliendosi delle ciocche ribelli dal viso. 

 

-Non credo che ora saranno più un problema.- gli disse -La vecchiaia mi ha reso piuttosto suscettibile e soprattutto impaziente. Tu lavoravi per loro, dico bene? Ascolta bene ciò che sto per dirti: sicuramente ci sono altri uomini a servizio di questo maiale, so che si allarmeranno e che vorranno cercarmi. Va benissimo. Ma voglio che tu, caro Fratello, dica che cosa è successo qui stasera. Racconta in che modo sono stati fatti a pezzi e che anche a loro spetterà forse un trattamento peggiore se avranno le palle di mettermi i bastoni tra le ruote. Perciò… forse conviene lavorare per me. Il molo è mio adesso, le regole cambieranno da ora in poi. Non voglio spaccio ai bambini o tanto meno che ci sia prostituzione minorile sotto il mio controllo.- Aalim fece una breve pausa commentando con voce innocente -Sono una persona di sani principi, io.-

 

Eddie rimase quasi estasiato, rapito da quel ragazzo che pareva dimostrare non più di una ventina di anni ma che pareva aver vissuto molti più anni e soprattutto di un certo “charme retrò” dei bei vecchi tempi dei film sui gangster degli anni ‘20.

Si mise sull’attenti con la mano sulla fronte e battendo il tacco della scarpa da ginnastica consumata e sporca rise fragorosamente.

 

-Agli ordini, boss. Si vede che ti sei scelto un galantuomo, dolcezza!- aggiunse guardando Vida con aria ammiccante -Non ci vorrà molto per far girare la voce in città. Io però ve lo dico: sicuramente ci saranno problemi. Eddie non è tipo per questi guai, eh! Eddie è un tipo alla mano, simpatico, veloce e soprattutto non di certo capace di spegnere le luci come hai fatto tu, boss.-

 

Aalim sorrise in modo stranamente divertito e soprattutto in modo spontaneo, Eddie era eccentrico, ma abbastanza gli sarebbe tornato utile qualcuno che conosceva la città e che potesse essere un gradino sopra alla semplice marmaglia di sacche di sangue e carne della città.

Gli si avvicinò e gli porse la mano come segno di amicizia, come per stringere o concludere un patto.

 

-Applicherò in modo ottimale i tuoi talenti, Eddie. Puoi giurarci. Ora lascia così questo posto, prendi le tue cose, se ne hai, dobbiamo andarcene. Torneremo domani.-

 

Senza farselo ripetere una seconda volta, il Malkavian statunitense ricambiò la stretta di Aalim e sorrise a trentadue denti. Non aveva niente con sè, Eddie aveva solo Eddie. Però si piegò verso il grasso boss cinese, che era steso a terra riverso su un fianco, con la canottiera sudata macchiata di sudore e sangue, il grasso che strabordava e pendeva da un lato. Gli osservò il volto schiacciato e tumefatto per poi prendergli dalla tasca dei pantaloni un portachiavi assolutamente inutile, un laser a pallino rosso. Se lo rigirò tra le mani e puntò la lucina in giro per la stanza fingendo di avere in mano una pistola, con tanto di effetto sonoro riuscito anche un po’ male.

Si rimise in piedi e con aria da cowboy infilò il portachiavi in tasca e offrì il braccio a Vida che, esasperata, accettò quella carineria alzando gli occhi al cielo per poi farsi accompagnare verso il corridoio di lamiera che portava verso l’unica uscita che avessero potuto vedere.

Una volta arrivata all’uscio si voltò indietro per esortare Aalim a seguirli.

 

-Lim, caro… Dobbiamo andare.-

 

Aalim era ancora in piedi accanto al cinese da cui si era nutrito e lo stava fissando mentre già aveva perso il colorito della vita. Ne osservò gli occhi vitrei con le pupille che ormai erano dilatate in una muta espressione di odio, sorpresa e consapevolezza. Stringeva ancora in mano la mela che stava mangiando. Era stato lento, troppo.

Il vampiro la raccolse e la soppesò in una mano prima di darne un morso senza però riuscire a sentirne il succo dolciastro o la croccantezza della buccia.

Notò solamente in quel momento che la sua bella camicia era stata rovinata da tre fori di proiettile, sfiorò la stoffa strappata sulla spalla destra, al fianco e poi all’altezza del cuore. Il suo volto si deformò di rabbia e scagliando con forza la mela spaccò il vetro del vecchio televisore.

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-Ti sei bevuto il cervello, Sean?!- imprecò Lin Guo mentre batteva con forza un bicchiere di cristallo sul bancone del bar. Guardò con aria furiosa il giovane scuotendo la testa stizzita. Non le andava proprio a genio tutta quella situazione e pareva non capire cosa ci vedesse Sean in quello straniero che doveva entrare in affare con Cho Yun. -Ti rendi conto di quello che dici, sì?! Dio mio, sei veramente un… un…-

 

D’altro canto Sean non aveva battuto ciglio, continuava pazientemente a gustarsi il suo drink facendo tintinnare il ghiaccio nel bicchiere mentre si scioglieva per il calore della sua mano. Sospirò alla reazione oltremodo esagerata della Brujah ma dopotutto doveva aspettarselo, quella Lin Guo era un tipo decisamente troppo sanguigno per i suoi gusti.

Fortuna che erano soli nell’elegante appartamento che Cho Yun teneva esclusivamente per incontri d’affari o per riunioni importanti e al momento erano praticamente alloggiati lì.
Le ultime settimane erano state decisamente movimentate e quel nuovo vampiro in città si era dato molto da fare per farsi notare dalle persone giuste.
Avevano saputo del molo sud, di quello che era successo e quello era palesemente il segnale di quanto era stato discusso nella notte in cui si erano incontrati proprio lì, in quella bellissima stanza con una vetrata che mostrava l’intero suggestivo panorama della città.
 

-Non scaldarti troppo, Lin… So perfettamente che la tua preoccupazione e la tua ansia sia dovuta al fatto che nessuno di noi conosce quel gruppo nuovo in città. Da quel che ho capito sono in quattro in tutto. Tieni, guarda.- le porse una sorta di cartella contenente dei documenti e la esortò con un cenno del capo ad aprirla e leggerne il contenuto. -Tutto quello che ho trovato in questi quindici giorni. Direi un potpourri affascinante.-

 

La donna si portò i capelli neri e lisci dietro le spalle e sbuffò piuttosto che dare ragione al Ghoul, tuttavia la curiosità divenne forte quando vide quel fascicolo, forse avrebbe dovuto dare un’occhiata per chiarire i pensieri e avere idea di che cosa aspettarsi da quei bianchi che nel giro di pochi giorni avevano portato letteralmente un gran casino in città.

Il primo plico di fogli pinzati da una spillatrice portava il nome di “Peter Junior Langdon”, in allegato copia dei suoi documenti, foto segnaletica, e tutti i verbali mai ricevuti in tutta la sua vita con quel nome. Un elenco piuttosto corto ma che delineava perfettamente chi fosse. Doveva essere il vecchio compagno di briganteria del vampiro anziano. Aveva esperienza in rapine, risse e aggressioni. La sua lettura venne interrotta da Sean che le indicò la foto di Peter.

 

-Angry. Lo chiamano così a quanto pare. Non mi meraviglio visto l’elenco di denunce. Deve essere il cane da guardia, quello addestrato a dovere. Non so quanto ti convenga stuzzicarlo. L’ho intravisto, sai? Grosso, sì, ma passa inosservato tutto sommato. Quelli che vedi sono ovviamente documenti falsi, molto ben fatti a mio parere. Poi lì, ecco sì, c’è l’altro Ghoul. George Brown, quando è uscito di prigione nei tardi anni ‘80 ha cambiato nome. Lui sì che è interessante. Finito in galera per spaccio di eroina, ricettazione di merce rubata e, guarda un po’, stampa di documenti falsi. E così ha anche un ricettatore, spiega come sono spariti ovunque e come siano riusciti ad arrivare qui senza problemi. Ha un piccolo appartamento in periferia di Londra, un monolocale da quattro soldi che gli ha lasciato la madre quando è andata in una struttura per anziani. Lavorava in un club come cabarettista in Drag, se te lo chiedi… di talento ma con scarso successo.- Lin guardò Sean come per dirgli che non le interessavano i pettegolezzi quanto a lui e tornò a dare un’occhiata veloce alla fedina penale di questo George. Piuttosto lunga osò dirsi mentalmente mentre guardava tutti i capi d’accusa che gli erano stati dati al momento dell’arresto e dell’incarcerazione nel 1981. -Sì, uscito per buona condotta. E poi… dopo abbiamo Camille Scott, dottoressa laureata in medicina a Londra. Ovviamente non è il suo vero nome, sono riuscito solamente a trovare poco su di lei o per meglio dire… sul suo passato. Ha usato il nome di una donna deceduta durante la Seconda Guerra. Ne ha rubato l’identità probabilmente durante uno dei bombardamenti su Londra e poi ha semplicemente cambiato dati anagrafici nel corso dei decenni anche grazie agli agganci e alle capacità di George. Però è davvero laureata in medicina, ho controllato. Ha diverse proprietà a Londra, tra cui due appartamenti nella City, una villetta in campagna e due conti correnti stellari che le sono arrivati in eredità da una certa Cornelia Morgan, possiamo supporre che sia quello il suo vero nome. Per il resto, da come anche tu avrai capito, è l’infante del nostro nuovo amico, ma ha la tendenza di farsi gli affari suoi, una bambina viziata dal paparino insomma.-

 

Sean bevve un altro sorso del suo drink e fece una lieve smorfia per l’alcol, dopodiché posò il bicchiere con delicatezza mentre lasciava che Lin Guo leggesse i vari fogli contenuti nella cartella. Poi, con un’espressione soddisfatta e allo stesso tempo divertita le indicò l’ultimo pezzo di quel quadretto famigliare.

 

-Ed eccoci al punto. Il nostro misero. Si è presentata come Elisabeth Lewis, ma non è così che si chiama. Ho trovato tanti nomi, almeno quattro identità nel corso del tempo, tutte che riportano ad un vecchio palazzetto in Whitechapel Road e ad altri bene immobili sparsi in giro per Londra. Alan Davis, Patrik Cox, William Campbell, Adrej Pavlov e Aalim Sokolòv, il nome più datato tra tutti questi. Tutti nuovi proprietari o eredi degli stessi conti bancari o proprietà a partire dal 1830. Attualmente a Londra risulta come Alan Davis, come ti dicevo è proprietario di un palazzetto d’epoca nella zona ovest di Londra, poi una co-proprietà immobiliare signorile edoardiana, un docs nella curva occidentale del Tamigi, un’altra proprietà che è attualmente in affitto come nightclub e un piccolo scantinato a Limehouse. Ah, e diversi conti correnti tutti con beneficiari e cointestatari diversi. A parte queste cose, be’ è completamente un fantasma, sicuramente è riuscito a pagare le mazzette giuste alle persone giuste per continuare i suoi affari in tutta tranquillità perchè una persona così non può che avere le mani in pasta ovunque. Tuttavia… chiedendo in giro a fonti particolari, nessun nome ha dato risultati eccetto che per l’ultimo. A quanto pare è decisamente ricercato ovunque, pare che gli stia dando la caccia direttamente un Arconte di Venezia, così mi ha detto il mio contatto.-

 

A quel punto Lin Guo ringhiò chiudendo con veemenza il fascicolo, ci mancava solo un ricercato dalla Camarilla, ma doveva aspettarselo. Stava per rispondere a Sean ma lui la anticipò come se fosse stato in grado di leggerle la mente.

 

-Ed è per questo motivo che Cho Yun vuole assolutamente che resti in anonimato, cambiando identità ancora una volta e anche faccia. Non ha alcuna intenzione di ritrovarsi qui i cani della Camarilla in città, è già certo che qualcuno verrà a sapere che qui c’è qualcosa di importante che non è più sotto custodia di Londra e vuole accoglierli e affrontarli un po’ alla volta. Al momento però siamo abbastanza distanti da rompiscatole da avere quel margine di tempo necessario per sistemare tutto. Non preoccuparti, Lin. Cho non è uno sprovveduto, lo sappiamo. Trovo che questa situazione volga a nostro favore, non capisci? Reggiamo il gioco di quella farsa che dobbiamo recitare per confondere le acque ai nostri nemici, possono essere alleati molto funzionali e se Cho Yun si fida, lo faremo anche noi.-

 

-Trovo tutto questo un azzardo, Sean. Lo sai. Cho Yun si è sentito meno solo dopo aver conosciuto quello straniero, forse perchè sente di dividere con qualcun altro il peso delle sue responsabilità, ma lui lo ha ereditato mentre questo sconosciuto no. L’ha rubato! Ho un debito enorme da ripagare a Cho, non sarò certo io a dargli le spalle, mai lo farò, ma… quel Malkavian porterà solo guai.-
 

Sean le sorrise in modo gentile mentre le posava una mano sull’avambraccio stringendo appena la presa come per farle sapere in modo silenzioso che la capiva e che comprendeva perfettamente le sue paure. Non aveva mai esplicitamente chiesto cosa fosse successo affinché Lin Guo si legasse in modo a Cho Yun, ma sapeva che diversi anni prima lui le aveva salvato la vita accogliendola come fosse la sua famiglia, dandole nuovamente uno scopo e una ragione per continuare a esistere su questa terra.
Era quel senso di inadeguatezza, di riconoscenza a spingere la Brujah a tanta fedeltà nei confronti dello Tsimisce e sarebbe stato impossibile riuscire a spezzare questo vincolo.

Continuando a tenere la mano sul suo braccio, riprese in mano il drink ormai annacquato e ne finì il contenuto in un sol sorso buttando indietro la testa. Rimase con gli occhi socchiusi a guardare il soffitto fissando lo sguardo sulle piccole luci led installate sulla controsoffittatura che emanavano una luce soffusa calda.

Ricordò quanto era successo solamente due notti prima, proprio lì.
Il suo cuore cominciò a battere poco più velocemente e gli sfuggì un sospiro quasi tra l’estasi e l’agonia mentre un misto di eccitazione e vergogna lo attanagliava alla bocca dello stomaco.
Il whisky non aveva più il suo sapore, gli ricordava solamente una cosa sola.

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Capitolo 6
*** Tabacco e vaniglia ***


*Disclaimer*
Questo capitolo ha un contenuto che riporta a BDSM e Slash, seguendo le linee guida del sito questo episodio non contiene scene esplicite di violenza e di sesso, ma potrebbe urtare la sensibilità di alcuni lettori. Ricordo inoltre di non possedere alcun diritto commerciale o intellettuale sui nomi di Clan, discipline o poteri appartenenti a Vampire: The Masquerade. (Ogni tanto devo ricordarlo, non si sa mai!)

Buona lettura!


 


Tabacco e vaniglia
 
 

Alle volte ci si chiede quale sarebbe stato il nostro destino se alcune cose si fossero rivelate semplicemente diverse, se le condizioni o l’allineamento dei pianeti fossero stati differenti. E’ un dubbio che talvolta lascia fantasticare a scenari completamente opposti o inverosimili, tragici o anche idilliaci.

Sean era fermo a fissare il panorama di Hong Kong seguendone le linee geometriche della imponente skyline che aveva proprio davanti a sé, guardava le migliaia di piccole luci lungo le strade trafficate, un elicottero che in lontananza passava come una zanzara in mezzo a due altissimi grattacieli, il riflesso delle delle imbarcazioni sull’acqua. Sembrava qualcosa di così dannatamente artificiale da far sentire quel senso di derealizzazione nella testa.

Viveva in quella lussuosa città da non più di cinque anni ma ancora si sentiva quasi un ospite, se non addirittura -in certi casi- un turista troppo affezionato. Gli unici veri legami che aveva erano Cho Yun e Lin Guo, pochissime altre persone riuscivano a destare il suo interesse che inevitabilmente era andato a farsi fottere nell’esatto momento in cui aveva scoperto il mondo di tenebra che lo Tsimisce gli aveva mostrato.

L’idea di poter essere in un certo modo speciale o diverso dalla massa nutriva il suo ego già decisamente troppo grande e aveva contribuito a porre un’ulteriore muro, l’ennesima barriera, tra lui e il resto del mondo. Ormai parlava pochissimo con suo padre, il ricchissimo padre per essere precisi, nemmeno aveva idea di come stesse, se fosse o meno arrabbiato con lui per questa sua ostinazione ad andare dall’altra parte del mondo a giocare con i soldi che lui gli aveva così generosamente dato.
Si trovava spesso a pensare se anche suo padre ricambiasse il suo odio o quanto meno se lo detestava tanto quanto lui sentiva nei suoi confronti. Sapeva però che era arrivato ad Hong Kong: una visita che era solito fare per festeggiare il compleanno del suo unico e preziosissimo figliolo.

Si specchiò nella grande vetrata, studiò con particolare attenzione il suo stesso riflesso e finì col soffermarsi a lungo sugl’occhi azzurro ghiaccio, sui capelli ben tagliati e pettinati di un colore castano cenere, la pelle chiara, le labbra ben modellate e leggermente carnose.


Chi era? Cosa stava guardando? Adesso vedeva solo uno sconosciuto, un uomo annoiato ma con gli occhi che bruciavano di una smania che nemmeno lui riusciva ad evocare col giusto nome. Chi sarebbe stato se non fosse mai esistito Sean Buffett? Un uomo qualsiasi, talmente ordinario da non lasciare mai i binari della vita? Un criminale? Un genio della medicina? Oppure nulla, non sarebbe mai esistito?
Mentre alzava entrambe le braccia fin sopra la testa per sgranchirsi le spalle, si chinò per recuperare un pacchetto di sigarette americane che aveva lasciato sul tavolino in vetro proprio dietro di sé. Si accese la paglietta e tirò a pieni polmoni fino a sentire il sapore acre del tabacco in fondo alla gola, poi trattenne qualche istante il respiro e sbuffò una nube di fumo che si propagò sul vetro allargandosi in un vortice grigio.
Non era più solo: nel riflesso poté vedere una donna elegante, vestita con un completo dal taglio maschile color grigio scuro.

Sean rimase immobile, in preda alla sorpresa. 

 

-Com’è arrivata qui?- chiese dopo essersi ripreso da quel momento di torpore, la mano si mosse in un gesto di invito ad accomodarsi mentre il fumo della sigaretta tracciava un disegno impreciso che svaniva immediatamente. -Prego, si accomodi. Purtroppo ci sono solo io questa sera.-

 

Elisabeth Lewis, o per meglio dire Aalim. Aveva nuovamente adottato la tattica del mascherare il suo aspetto con una semplice illusione, un trucchetto mentale piuttosto utile per nascondersi agli occhi dei mortali. Si tolse la giacca e la posò sul bracciolo di uno dei divani di quell’elegante salotto e poi si lasciò cadere sulla morbida e confortante seduta.
Accavallando le gambe sorrise in direzione del giovane e fece spallucce mentre si sistemava i polsini della camicia, un gesto molto pratico sebbene sembrasse studiato per avere quella parvenza di umanità o di vita che sostanzialmente mancava a quella creatura.

 

-Ho i miei metodi.- rispose brevemente con un sorriso, -Credevo di trovare il padrone di casa, ma mi compiaccio di capire che siamo soli per questa notte. Spero di non aver interrotto pensieri troppo torbidi.-

 

Sean scosse il capo infilando una mano nella tasca dei pantaloni firmati e lentamente si mise davanti all’ospite avvicinando la sigaretta alla bocca. Aveva fatto le sue ricerche, come gli era stato chiesto dal suo Domitor e qualcosa non gli tornava, così non riuscì a tenere a freno la lingua. Restando comunque ed ostinatamente in piedi osservò il vampiro con aria curiosa ed anche un po’ corrucciata.

 

-Chi è lei? Intendo veramente. Questo…- e indicando da capo a piedi proseguì -Non è vero, dico bene?-

 

Aalim fece schioccare la lingua contro il palato mentre inclinava leggermente la testa a sinistra, sembrava scocciato sebbene avesse sempre le sembianze di una donna giovane ed affascinante e quell’espressione sembrò un po’ stonare su quel viso.
-Devo supporre che qui qualcuno abbia fatto i compiti. Bene. Questo, come lo definisce lei, è un aspetto quanto più innocuo possibile. Inoltre, mi pare di percepire un velo di diffidenza nella sua voce e non posso che darle ragione, tuttavia credo che meriti di soddisfare la sua curiosità, Sean.- quell’illusione svanì lentamente liberando gli occhi mortali da quell’incanto per poter mostrare il suo vero aspetto. Aalim fu divertito nel vedere l’espressione di Sean cambiare. Non avrebbe saputo descriverla a parole, ne sembrava affascinato o interessato nel trovare che alla fin fine sotto quel trucchetto non c’era alcuna creatura strana o deforme, ma semplicemente un uomo dai lineamente eleganti come il suo alter ego femminile. Lo avrebbe definito come un bambino che aveva realizzato che quel trucco di prestidigitazione non era poi così complesso o difficile come pareva.

-Nulla di così impossibile, giusto?- rise ancora una volta senza mai distogliere lo sguardo dal Ghoul, né tanto meno sbattere le palpebre come per voler giocare a metterlo a disagio evitando volutamente gesti e azioni inconsce della natura umana, tuttavia Sean non sembrò rendersene nemmeno conto mentre si metteva a sedere avvicinando a sé un posacenere che ospitava già qualche cicca precedentemente spenta ed abbandonata lì dentro.

-Sì. Se devo essere sincero abbiamo fatto qualche ricerca sul vostro conto, su tutti e quattro.- ne sembrò quasi imbarazzato nel dirglielo, come se avesse dovuto confessare qualcosa di cui vergognarsi in un certo qual modo, -Vogliamo solamente essere sicuri di non ritrovarci nel nostro territorio qualcuno di cui liberarci, dopotutto anche noi abbiamo qualcosa per cui molta gente ucciderebbe pur di averla. Semplici precauzioni. Però…- lasciò cadere silenziosamente la cenere nella ceneriera posando poi con confidenza il gomito al bracciolo della poltrona, -Qualcosa non mi torna sul suo conto, come dovrei chiamarla quindi? Alan? Oppure Andrej?-

 

-Aalim andrà benissimo. E’ questo il mio nome.-

Sean prese fiato e aprì la bocca per potergli chiedere ancora qualcos’altro, ma venne anticipato.

-Sicuramente avrai trovato quello che abbiamo voluto che tu trovassi, nulla di sconvolgente o di eccessivamente fuori dall’ordinario. Ci siamo preparati in modo adeguato per questa evenienza. Sei un ragazzo giovane, ancora all’oscuro di tante cose su questo “mondo di tenebra”, come piace chiamarlo da noi vecchi nostalgici. Ciclicamente, ogni venti o trent’anni cambiamo nome, sotterriamo i nostri vecchi noi stessi e ritorniamo con identità completamente nuove, con storie diverse. Una volta le cose erano decisamente più semplici, adesso però… tutt’altro affare. Peter, ad esempio, una testa dura. Per decenni si ostinò a voler semplicemente aggiungere un Senior o un Junior al proprio nome, senza minimamente preoccuparsi di adeguarsi ai tempi o di cambiare qualcosa e, infatti, non ha mai perso il vizio di andare in giro a combinare casini. Ho sempre avuto un debole per il mio Peter. Dimenticavo, dammi del tu, non ti dispiace vero se lo faccio anche io, no?-

L’altro scosse la testa, completamente rapito da quelle poche parole. Quanti anni aveva la persona che stava osservando? Sembrava giovane eppure parlava di cose che profumavano di tempi ormai appartenenti al passato. Se ne sentì immediatamente attratto, come una calamita e avrebbe voluto sapere tutto, chiedergli il più piccolo particolare della sua esistenza, delle circostanze che lo avevano spinto ad arrivare fin lì, a fuggire, a cambiare nome e storia ogni volta che voleva e ritrovarsi a vivere una vita dannata, sì, ma comunque completamente sua.

 

-Voglio sapere di te. Chi sei tu? Dubito che tu sia solo un tizio che ha diverse proprietà a Londra o che è proprietario di un locale notturno nella City.-

 

-E se non ci fosse davvero nulla oltre a quello? Ne rimarresti deluso? Ti ispiro così tanto mistero da avermi già cucito addosso tutta la trama di un bel romanzo?- Aalim sembrava divertito da quella conversazione, aveva colto l’occasione per tastare il terreno con quell’uomo, sicuramente l’anello debole dei tre che li avevano accolti ad Hong Kong e, forse, con la leva giusta sarebbe anche riuscito a trarne un giusto profitto. -Sono uno dei tanti mostri che si nascondono nella notte, abbastanza vecchio da dirti che il mondo è semplicemente una piaga purulenta da cui esseri come me si nutrono. Mi sono costruito il mio destino sebbene io sia stato strappato al mio nel momento esatto in cui mi è stato donato il Sangue. Non mi sono mai fermato, mai arreso e ho sempre ottenuto ciò che volevo. Un perfetto esemplare per la mia razza, se devo essere sincero. Un perfetto esperimento, secondo il mio Sire, perché altro non ero per lui. In realtà sarei dovuto morire a vent’anni, in mezzo alla neve, con un proiettile nel petto.- abbassò lo sguardo sulla propria mano sinistra e fissò per qualche attimo l’anello che portava all’anulare. Una semplice fedina in metallo, anzi meglio dire di piombo. Lo stesso piombo del proiettile che lo aveva quasi ucciso. Inconsciamente cominciò a giocherellare con l’anello facendolo girare e girare attorno al dito, sfilandolo e indossandolo di nuovo quasi come un tic maniacale a cui non poteva assolutamente sottrarsi. -Ma questa è un’altra storia, tu vuoi sapere di quello che sono adesso, dico bene? E invece ti dirò ciò che io so. Io vedo un giovane uomo che è profondamente insoddisfatto della propria vita perché il velo dell’illusione è finalmente caduto e comincia a comprendere che quello che la mortalità offre è semplicemente una menzogna, un’idea piuttosto scadente di un mondo che si pensa di possedere ma che in realtà non vuol dire nulla. Vedo un uomo che ha grandi potenzialità ma che nessuno ha lasciato veramente crescere o sbocciare, troppo insicuro per riuscire a fare quello che chiunque, abbastanza sano di mente, avrebbe fatto non appena ne avesse avuto l’occasione. Ti guardo negli occhi e rivedo me da ragazzo:  dimmi con tutta sincerità, quanto odi tuo padre?- Gli occhi di Sean si spalancarono e distolse immediatamente lo sguardo da Aalim, come era riuscito a leggerlo così apertamente? Si chiese se non fosse addirittura in grado di leggergli nel pensiero o di scavare nel suo cervello, ma era davvero possibile una cosa simile per un vampiro?! Aalim si accorse di quel turbamento, compiaciuto si passò la mano sinistra sul ginocchio che era posato sull’altra gamba e dunque si decise a mettersi in piedi accorciando le distanze tra loro. -Abbiamo abbastanza in comune, non trovi anche tu?-

 

Come intrappolato in una ragnatela, Sean si sentì impossibilitato a fare null’altro se non alzare lo sguardo sul vampiro che ora gli era proprio davanti e poté perdersi nel cercare altri dettagli su di lui. La gola si seccò e sembrò boccheggiare come alla ricerca di qualcosa da bere, ma si sentiva paralizzato. Avrebbe voluto allungare una mano per poterlo sfiorare, per sentire se la sua pelle e la sua carne erano più fredde o più dure di quella degli unici due vampiri che conosceva, voleva sentire se odorava di dopobarba o se invece semplicemente non aveva alcun odore per poter passare inosservato come un qualsiasi predatore. Avrebbe voluto assaggiare il suo sangue che, come una elisir lo stava chiamando. Senza rendersene conto si morse il labbro inferiore con bramosia. Quasi gli sfuggì un gemito quando Aalim gli si avvicinò pericolosamente, viso a viso. Poteva quasi sentire il delicato solletico dei suoi capelli fulvi sfiorargli la fronte, riusciva a sentire l’odore degli abiti che indossava ed un lieve profumo speziato misto all’odore di un ottimo tabacco.

 

-Io posso darti l’opportunità che nessuno ha mai voluto offrirti, per morale o per decenza. Devi solamente dirmi di sì.- mormorò avvicinandosi ancora in modo pericoloso al Ghoul, che ormai non sembrava più ragionare lucidamente, troppo sconvolto e travolto da tutte quelle sensazioni e da quei pensieri ed immagini che saettavano irrequieti nella sua testa.

Irrigidendosi si premette maggiormente con la schiena contro l’imbottitura della poltrona mentre le dita stringevano con forza sovrannaturale l’estremità dei braccioli fino a sentirli scricchiolare.

 

-Cosa vorresti dire…?- domandò con un filo di voce, rauca e incerta. Credeva di aver capito, ma non voleva. Avrebbe significato solamente una cosa e riusciva a dirsela mentalmente ma a voce alta, con parole vere, era tutt’altra questione. Un turbinio di sensazioni lo trascinarono in un viscido desiderio, in una contorta spirale di sadica soddisfazione, di godimento quasi.

-Vorresti dire che uccideresti mio padre?-

 

Qualche attimo di silenzio poi Aalim inclinò la testa con aria triste e preoccupata, il ritratto dell’innocenza mentre non accennava a distogliersi da Sean. Il suo linguaggio del corpo stava esprimendo dominanza, potere e sicurezza e Sean ne era completamente succube. Aalim dovette riconoscere a se stesso che non credeva di riuscire a trovare così presto un nuovo giocattolo con cui divertirsi.

 

-Tuo padre è piuttosto conosciuto e sì, so che è appena arrivato a Hong Kong. Non credi anche tu che il vecchio abbia vissuto abbastanza? Sono sicuro che uno come lui ha diversi scheletri nell’armadio, finisce sempre così quando si gioca col denaro e con il potere che ne consegue, sbaglio? E tu, invece, stai qui, ben lontano da lui per potergli dimostrare che non sei l’inetto che lui crede, ma continui a vivere delle sue misere briciole, del suo amore centellinato come acqua nel deserto. Ti senti in obbligo ad essere come lui, ma  sei molto più di questo e già hai cominciato a capire certe cose. Liberati da quelle catene che ti sei messo da solo ai tuoi stessi polsi.- Lo afferrò all’improvvisò per le spalle e l’altro quasi si dimenticò di respirare. Quegli occhi azzurri stavano saettando dai suoi occhi ambrati alle sue labbra, -Sean. Diventeresti uno degli uomini più ricchi di questo fottuto pianeta. E saresti libero.-

 

Quella situazione era una dannata tortura. Sean sentì gli occhi bruciare e quasi riempirsi di lacrime. Capiva quello che il vampiro gli stava dicendo, anzi aveva finalmente detto ad alta voce tutto quello che avrebbe voluto da diverso tempo sentire, quelle labbra avevano pronunciato un veleno dolce e diabolicamente tentatore, ma si sentiva impazzire come mai gli era successo prima di quel momento. Tutto gli sembrava ridicolmente assurdo, quale strano effetto gli aveva fatto quell’essere?

Non riusciva a rispondergli, non riusciva proprio a dire una sola sillaba e quando Aalim lasciò la presa sulle sue spalle si sentì come smarrito. Spinto da un impeto improvviso si piegò in avanti, capo chino col mento premuto contro il petto e gli occhi stretti con forza.

 

-Io voglio solamente toccarti.-

 

Una supplica che però nascondeva un “sì” alla sua domanda. Aveva capito che voleva solamente giocare con lui, che voleva modellarlo a suo piacimento, che voleva distruggerlo e annientarlo. Ma se per essere come creta nelle sue mani doveva dire sì al suo regalo di uccidere suo padre, ne avrebbe pagato il prezzo. Avrebbe risposto sì a qualsiasi cosa il vampiro gli avesse chiesto, domandava solamente di potersi sentire travolto da quella morbosa autodistruzione.

 

-Va bene.-

 

Rispose brevemente il Malkavian mentre gli sollevava il volto con la punta di indice e medio, per poi spingerlo con gentilezza in una posizione più comoda.

Con fare sicuro e misurato gli passò una mano dalla spalla fino al gomito saltando poi alla cintura che portava ai pantaloni.

Sean sapeva che quello era un gioco pericoloso quando lo vide avvicinarsi con le labbra che si tingevano mano a mano di un rosso cupo, si sentì fremere di paura e di piacere negli istanti che avrebbero preceduto quel bacio irrorato di sangue.

 

——

 

Era già calato il tramonto da diverse ore, per essere precisi Sean Buffett aveva controllato l’orologio almeno quattro volte nell’ultima mezz'ora e pareva che il tempo non passasse mai. Erano quasi le 23.00 e davvero non riusciva a stare fermo, stava facendo avanti e indietro contando i passi. Uno, due, tre. Uno, due e tre. Ma ancora non era passato nemmeno un minuto. Quasi con urgenza si passò una mano tra i capelli mentre si umettava le labbra con la lingua serrando poi la mascella sentendo i muscoli del viso irrigidirsi.

Quel giorno aveva pranzato con suo padre per festeggiare il suo compleanno e, come di consuetudine, il suo vecchio non aveva perso assolutamente l’occasione per umiliarlo o quanto meno per metterlo a disagio.

“Quando ti deciderai a tornare a casa? Questa tua ribellione deve avere fine prima o poi, non ha senso che tu stia qui a bighellonare con miseri affari quando potresti renderti più utile negli Stati Uniti. Di cosa hai detto che ti occupi, Sean? Immobiliare? Sì, non è male come investimento ma ci sono compravendite ben più grandi di qualche grattacielo in una isoletta del cazzo in Asia. L’unica mia consolazione è che so che sei abbastanza indolente da non metterti nei guai, a te è sempre piaciuta la comodità, il lusso.”
Era stato un boccone piuttosto amaro da buttare giù e lo riportò dolorosamente all’incontro della sera prima quando Aalim gli aveva detto che avrebbe ucciso suo padre per potergli fare dono del suo intero patrimonio, sempre se quel bastardo non avesse già cambiato le sue ultime volontà. Non sarebbe stato strano venire a scoprire di essere stato scalzato per una troietta di quarant’anni più giovane del padre, solamente perchè così gli avrebbe tirato un’ultima umiliazione anche dalla tomba.

Si domandava se davvero il Malkavian sarebbe stato in grado di avvicinarlo e di ucciderlo, poi in che modo? Era decisamente troppo agitato, in fondo si sentiva complice e forse era decisamente così.

Con la mano malferma prese dal bar una bottiglia di whisky e si versò da bere, il sapore forte dell’alcol lo avrebbe distratto almeno quel che bastava per distendere un poco i nervi e si ritrovò a ricordare i particolari della notte passata.

 

Era stata la prima volta per lui. O meglio, la prima volta in cui era semplicemente una bambolina nelle mani di qualcun altro e in una piccola parte della sua testa c’era la convinzione che il vampiro avesse usato qualche trucchetto mentale per plasmare e piegare la sua volontà, per assecondare quel gioco.

Forse Aalim aveva compreso la sua natura più nascosta, quel desiderio autolesionista che voleva farlo sentire ancora più umiliato.

Infatti, dopo aver ricevuto quelle poche gocce del suo sangue, Sean aveva perso la testa. Quel sangue era già da tempo una droga, un qualcosa di necessario per la sua sopravvivenza, tuttavia quello di Cho Yun non aveva lo stesso sapore, forse perché era molto più giovane del Malkavian, non lo sapeva. Fatto stava che inebriato da quella droga aveva acconsentito ad ogni suo ordine: lo aveva fatto alzare e lo aveva spogliato. Aveva sentito gli occhi dell’immortale addosso, su ogni centimetro della propria pelle, ne aveva saggiato la tonicità dei muscoli e l’elasticità della pelle chiara. Scherzosamente gli aveva anche tirato la peluria appena sotto l’ombelico e per quanto fosse umiliante sentirsi un oggetto, lo aveva trovato oltremodo eccitante.

Si aspettava che anche Aalim si spogliasse ma non accadde mai, non gli lasciò vedere nemmeno un centimetro del suo corpo e ciò lo faceva struggere in quella bramosia, mai prima di quella sera aveva così voluto possedere o farsi possedere da un uomo.

Il vero gioco, però, iniziò in quel momento. Senza alcun preavviso, il vampiro prese il bicchiere che Sean aveva lasciato con noncuranza in giro e lo gettò a terra con forza per mandarlo in frantumi. Lo scoppio del cristallo fece sussultare il Ghoul mentre istintivamente si copriva il sesso turgido.

Lo vide chinarsi per raccogliere un frammento di vetro piuttosto grande e sempre rimanendo in silenzio gli fece cenno di seguirlo, dunque si accomodò in poltrona e come se Sean fosse diventato un ubbidiente cagnolino lo seguì per potersi inginocchiare davanti a lui implorando con lo sguardo di dirgli qualcosa.

Semplicemente Aalim passò il filo tagliente del vetro sulla spalla dell’altro e quando vide il taglio imperlarsi di sangue posò le labbra per leccarlo guarendolo al passaggio della propria saliva. Sean ne rimase sorpreso, non immaginava che potessero fare una cosa simile e comprese immediatamente che cosa gli sarebbe spettato per quella notte.
Proseguì sempre con lo stesso gesto su diverse parti del suo corpo, non saltò né evitò alcuna parte, combinando dolore e piacere affinché Sean non riuscisse più a distinguere l’uno dall’altro, affinchè scivolasse lentamente in un dolce delirio che sarebbe culminato in una deliziosa ed appagante supplica di dargli altro piacere.
Ad ogni taglio seguiva un bacio che mano a mano diventava sempre più languido, coinvolgente e soprattutto estatico, almeno fino a quando arrivò al suo sesso. Sean dovette ammettere a se stesso che ne era un po’ preoccupato, era sicuramente una zona a cui teneva in particolr modo e non riuscì a non deglutire rumorosamente mentre sentiva il cuore pulsare nella gola ed il respiro appena ansante sfuggirgli dalla labbra socchiuse.

Aalim passò delicatamente il frammento di vetro su tutta la lunghezza del suo membro senza però causargli alcun taglio: un gesto preciso come quello di un chirurgo. Sean aveva chiuso gli occhi e non aveva la minima idea di quando sarebbe arrivato il bruciore della ferita e preferiva non guardare, ma spalancò gli occhi quando la sensazione divenne più che piacevole e senza abbassare il capo si lasciò andare in un sospiro di puro godimento mentre con la mano tremante sfiorava timidamente i capelli rossi del vampiro per poi serrarsi con veemenza e forza.

 

Bruscamente il piacevole campanellino dell’ascensore lo riportò al presente e si voltò quando sentì le porte scorrevoli aprirsi per dare accesso all’appartamento di quel grattacielo.
Stava per esclamare “Aalim!” ma quel nome gli morì in gola quando vide che era arrivato Cho Yun nel loro rifugio per gli affari. Lo Tsimisce sembrava sovrappensiero, talmente preso dai suoi ragionamenti da non essersi immediatamente accorto di lui nella stanza, poi gli si avvicinò posandogli una mano sulla spalla. Stava per dirgli qualcosa ma vennero interrotti dalla suoneria del cellulare di Sean.
Lo stava chiamando un numero sconosciuto, nonostante un po’ di titubanza accettò la chiamata e accostò il cellulare all’orecchio.

 

-Pronto? Sì, sono io. -qualche attimo di pausa, si irrigidì abbassando lo sguardo sui bottoni della giacca del Domitor, -Cosa? Non è possibile… Sì, capisco. La ringrazio, arrivo appena possibile.-

 

Riagganciò la telefonata e lentamente abbassò il braccio, lo sguardo interrogativo di Cho Yun comprendeva silenziosamente “cosa è successo?”.

 

-Mio padre è morto.-


Continua...

 

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Capitolo 7
*** Schiena spezzata ***





Schiena spezzata
 
 



-Merda… Merda. MERDA!-

 

Aalim stava correndo più veloce che poteva in mezzo alla folla che riempiva in ogni dove le strade di Hong Kong, ovviamente rendendogli la fuga decisamente più difficile. Ad ogni passo che faceva si scontrava con qualcuno o travolgeva una coppia di turisti e sicuramente doveva aver quasi rotto qualche osso ad un malcapitato quando gli era piombato addosso dopo una svolta brusca ed improvvisa. Ma non aveva molto tempo da perdere, l’unico suo pensiero era quello di correre più veloce che potesse, nel luogo più distante possibile al suo rifugio o agli altri suoi compagni.

Doveva raggiungere la zona dei moli al più presto possibile, di certo l’acqua sarebbe stata un’ottima via di fuga o un buon nascondiglio fino a quando non gli fosse venuta in mente un’idea migliore.

Si chiedeva però che cosa lo avesse tradito. Era stato attento e maniacalmente minuzioso nei dettagli per restare anonimo e soprattutto irrintracciabile. Qualcuno doveva averlo visto di sfuggita in qualche scalo durante la fuga da Londra, non era da escludersi.

In ogni caso doveva trovare il modo di occultare le proprie tracce durante quella rocambolesca fuga. Uno di quei bastardi lo aveva ferito e nonostante i suoi sforzi la ferita non accennava a guarire lasciando ben chiara una scia.

Si fermò un momento, qualche frazione di secondo per potersi guardare attorno e sperare di aver seminato chi gli stava alle costole. Freneticamente girò almeno tre volte su se stesso mentre si stringeva il braccio ferito al busto. Gli occhi dorati brillarono per qualche attimo sfruttando i doni dell’Auspex per poter scorgere in mezzo alla folla tracce che gli indicassero non essere umane ed ecco di nuovo quella dannata sagoma dorata come una cazzo di aureola. Erano in due a stargli dietro e la cosa non andava affatto bene.
Quando aveva iniziato a scappare ne aveva contati tre, dove accidenti era il terzo?! Aveva spintonato Angry lontano da sé ordinandogli di scappare e di non seguirlo, di nascondersi e poi aveva cominciato a correre. Sperava davvero che Peter fosse riuscito ad allontanarsi e a non restare coinvolto ma dividersi era l’unico modo per aumentare le proprie chance di vincere uno scontro o di sopravvivere.
Nel corso degli anni aveva avuto modo di incontrare gli Hunters, i cacciatori di vampiri, ne aveva visti di diversi tipi: quelli che semplicemente seguivano gli ordini per soldi, altri per tradizione famigliare o perchè ormai erano tossicodipendenti dal sangue dei loro bersagli o quelli della risma peggiore, ovvero quelli dotati di Vera Fede. Togliersi dai piedi quest’ultimi era davvero una bella gatta da pelare. La loro era una vera e propria missione, un obiettivo che aveva un significato superiore alla semplice guerra o caccia. Quei bastardi potevano mandarti in cenere solamente toccandoti.
Non era però così altrettanto insolito che proprio alcuni vampiri comunicassero i nascondigli dei propri nemici a questi fanatici di Dio, per eliminarli senza dover sporcarsi le mani, godendosi poi il resoconto in un passaparola degno dei migliori salotti di gossip.
Poteva già immaginare Juliet Parr, l’Arconte che gli dava la caccia, aspettare con aria goduta il rapporto di quella sua commissione dai contorni sporchi e scorretti. Avrebbe voluto affrontarla di persona piuttosto che doversi sentire una cazzo di preda sotto il mirino di un cacciatore.

 

-Dannazione… brucia come l’inferno…- mormorò stringendo con forza i denti mentre guardava in che condizione fosse il braccio ferito. Vide che gli era rimasto incastrato nella carne il dardo di una balestra. Ringhiando posò la mano sull’estremità e sentì il palmo bruciare mentre con tutte le sue forze lo estraeva per poi gettarlo a terra.
Con la coda dell’occhio vide sfrecciare qualcosa molto vicino al suo orecchio e immediatamente dopo qualcuno urlò in preda al panico. Un’altro dardo era stato scagliato e si era piantato nel finestrino di un taxi terrorizzando chiunque vi fosse nelle immediate vicinanze.

Non poteva perdere altro tempo, lo avevano raggiunto come dei segugi che seguivano la volpe ferita nel bosco. Quindi riprese a correre ritrovandosi in una zona che conosceva davvero poco dell'area in cui si trovava. Le strade erano affollate ma tra i vari alti grattacieli c’erano dei vicoli piuttosto angusti e soprattutto quasi deserti e pieni di immondizia o cassonetti abbandonati sul retro di negozi o locali.
Quasi inciampando in uno di questi grossi bidoni in latta, Aalim si buttò in un vicolo alla cieca e premette la schiena contro il muro guardando con rabbia nella direzione da cui era arrivato.

Con passo calmo e misurato svoltarono i due cacciatori che lo stavano seguendo, uno impugnava la maledetta balestra e vide che l’aveva già caricata, o forse era semi-automatica? L’altro invece stava premendo qualcosa al suo orecchio, un qualche microfono o comunicatore con il terzo che non vedeva da quando lui e Peter si erano divisi. Approfittò del fatto di essere ancora coperto dal bidone per sfruttare la sua dote di Clan di nascondersi all’occhio umano, non sapeva quanto potesse servire per fanatici addestrati appositamente per stanare quelli come lui, ma tanto valeva provare a sfruttare l’elemento sorpresa per poterne abbattere almeno uno. Lentamente e senza movimenti bruschi, prese dalla tasca dei pantaloni un coltello a serramanico che portava sempre con sé per le occasioni da “non si sa mai”. Lo soppesò in mano e non appena uno dei due Hunters oltrepassò il bidone gli si gettò addosso con tutta la sua forza soprannaturale con l’intento di travolgerlo e di piantargli il coltello nel collo.
Si svolse tutto in frazioni di secondo, sentì la lama del coltello penetrare la carne dell’uomo e cercò di affondarla più che poté per squarciarne la carne, le arterie e la trachea. In quegli attimi gli sembrò di sentire il proprio cuore battere all’impazzata sebbene così non fosse ma tale era l’adrenalina e la furia da sembrargli reale. La reazione del suo inseguitore fu altrettanto rapida e si sentì afferrare all’altezza della cintura per poi essere sollevato e scagliato via. Colpì con tutto il proprio peso il bidone che risuonò in modo assordante piegandosi all’impatto. Arrivò implacabile l’attacco del secondo cacciatore che lo colpì in pieno volto con un tirapugni sicuramente benedetto o qualcosa di simile perchè sentì la pelle bruciare e urlò in modo terribile mentre con un calcio lo respinse per poter prendere nuovamente le distanze. Aalim si ritrovò con le spalle al muro: i due cacciatori gli bloccavano la fuga, ma almeno uno pareva essere prossimo al collasso.
Divaricò maggiormente le gambe per sentirsi più stabile e tornò a tenersi il braccio squarciato mentre studiava i due aggressori, gli sfuggì una risata divertita sebbene sofferente, entrambi i cacciatori parevano avere uno schema preciso su come muoversi e attendevano che lui facesse una qualsiasi mossa aggressiva nei loro confronti. Ebbene, cosa poteva fare per cogliergli alla sprovvista? Ah, come avrebbe voluto avere la velocità di un cazzo di Toreador per svanire in un battito di ciglia! Invece doveva inventarsi modi strambi e assurdi per liberarsi da quel fastidioso impiccio.

Doveva agire, doveva smettere di arrovellarsi o avrebbe dato troppi vantaggi ai suoi avversari. Decise che era tempo di abbandonare il buon senso e di seguire la follia Malkavian per trovare una strada alternativa, perchè c’era sempre un’altra via, bastava semplicemente seguire quel folle istinto.
Con uno scatto si proiettò in avanti gettandosi di peso sul cacciatore incolume, lo travolse con l’intento di posargli entrambe le mani sulle spalle e sfruttare il proprio stesso slancio per sollevarsi da terra e superarlo in una mezza capriola in aria e andargli oltre la schiena per poter correre via dall’altra parte del vicolo con la speranza di finire il più vicino possibile al canale.

In parte quella mossa assurda funzionò, lo aveva letteralmente superato come se fosse stato una cavallina e corse più veloce possibile ma un’altra fitta lancinante gli si conficcò nel mezzo della schiena. Per un attimo il suo corpo gli disse che non sarebbe riuscito a proseguire ma la sua Bestia ribollì di rabbia e in preda a quella crescente frenesia si impose di cavalcare quell’impulso bestiale continuando a correre senza più voltarsi o fermarsi.

C’era quasi, sentiva l’odore dell’acqua salmastra, sentiva che era vicino alla sua unica via di fuga ma doveva ancora superare un ultimo ostacolo: davanti a sé si stagliava un groviglio di impalcature che nascondevano un palazzo in costruzione più o meno di una dozzina di piani. Senza pensarci due volte cominciò ad arrampicarsi, ma qualcosa lo bloccò facendogli perdere la presa da un palo all’altro. Scivolò verso il basso di un paio di metri e si aggrappò con forza restando a penzoloni. Guardò verso il basso e vide quel maledetto bastardo tenerlo con entrambi i piedi ben puntati a terra. Non gli aveva lanciato un dardo, bensì un cazzo di rampino che era rimasto aggrappato alla sua carne e ora stava provando a trascinarlo verso di lui.

Aalim guardò con odio e con furia il cacciatore (il compagno doveva essere morto o privo di sensi a seguito del suo attacco dal momento che erano uno contro uno) e ringhiando un’imprecazione decise che se non fosse riuscito a trascinarlo giù allora sarebbe stato lui a portarlo in cima con sé. Si ripromise che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di smembrarlo personalmente e quindi riprese a scalare le impalcature sentendo quel dolore lancinante aumentare, sentendo il peso di quel bastardo. Il vampiro ansimava furiosamente mentre movimento dopo movimento sentiva aumentare quella furia ancestrale che voleva prendere possesso della sua mente lucida.

Arrivato in cima al tetto provvisorio della costruzione, si mise al suo esatto centro lanciando un’occhiata dall’altra parte: finalmente vide l’acqua buia e da lì si delineò un ultimo disperato piano per terminare quella caccia. Con uno strattone si liberò dall’arpione che aveva conficcato nella carne, ma la corda non scivolò giù rimase immobile, bene. Avrebbe aspettato il suo avversario.

 

Si piegò con fatica per tenere con la mano destra il rampino mentre con l’altra -malferma e tremante per le ferite- prese il cellulare e inviò col GPS la propria posizione a Cho Yun Fei. Fortuna che avevano deciso di usufruire di quella dannatissima applicazione per comunicare le emergenze. Infilò nuovamente il telefono in tasca senza interrompere il segnale e finalmente vide il cacciatore risollevarsi e mettersi in piedi al suo stesso livello.

 

-La tua corsa finisce qui, pezzo di merda.- disse il cacciatore mentre si metteva in posizione da combattimento armandosi di tirapugni e balestra automatica.

Aalim sentiva le proprie forze al limite ma aveva ancora la faccia tosta di fare lo sbruffone, non gli avrebbe dato alcuna soddisfazione.

 

-Ti ho fatto incazzare, forse?- il vampiro rise di gusto mentre strattonava la corda ancora agganciata al cacciatore e gli fece fare un passo in avanti con l’intento di provare a sbilanciarlo. Uno scarso risultato ma almeno quell’imbecille non aveva ancora mollato l’altro capo della corda, notando che era legata alla sua cintura tattica con una sorta di meccanismo.
Aalim fece un paio di passi indietro per potersi pian piano avvicinare al perimetro del tetto, il cacciatore seguì i suoi movimenti per mantenere la stessa distanza, poi scattò in avanti per attaccarlo. Gli sferrò un calcio al fianco, più o meno all’altezza dei reni, ed Aalim si piegò leggermente in avanti cogliendo l’occasione per afferrargli il braccio con cui impugnava la balestra, sperava solo che non premesse il grilletto proprio in quella frazione di secondo, gli torse il braccio e quindi sguainò le zanne per poterlo mordere all’altezza della spalla con l’intento di dilaniargli i muscoli e soprattutto recidergli i tendini rendendo impossibile utilizzare quella dannata balestra. Il cacciatore lanciò un urlo mentre colpiva Aalim alla nuca col tirapugni.
Il Malkavian cadde a terra con la faccia sul cemento grezzo e ruvido, sentì la pelle e parte dei capelli bruciare ma avrebbe pensato dopo a quello, era quello il momento giusto per liberarsi dell’altro una volta per tutte.
Non seppe nemmeno lui come, ma girandosi sulla schiena colpì alle caviglie il cacciatore facendolo cadere e in quel lasso di tempo trascinò sia se stesso che l’altro oltre il parapetto del tetto gettandosi letteralmente nel vuoto. Dopo tre metri di caduta Aalim si aggrappò ad uno dei pali delle impalcature mentre con l’altra mano si preparava già ad accusare il peso ed il bruciore della corda, ma sperava che il bastardo si sfracellasse al suolo o che si stroncasse in due.

Non ci volle molto per sentire il forte contraccolpo e poi più niente, solamente il peso di un corpo morto che oscillava con la spina dorsale irrimediabilmente e mortalmente spezzata.
Lasciò la presa sulla corda e vide sparire il cadavere del cacciatore nelle acque nere sotto di loro.
Era esausto, quell’ultima azione aveva definitivamente consumato ogni dannata forza del suo corpo, si obbligò a risalire sul tetto e lì vi si lasciò cadere a gambe e braccia aperte mentre stringeva con forza gli occhi per il dolore. Stava provando a rimarginare le proprie ferite ma con davvero scarso successo, ci sarebbero voluti giorni se non addirittura settimane per guarire completamente.

 

Aveva chiuso gli occhi per alcuni istanti, ma che in realtà parvero ore. Venne colpito ed accecato da una luce abbagliante e da un forte rumore di un motore che mano a mano si avvicinava. L’aria cominciò a vorticare furiosamente e vide che stava scendendo sul tetto un elicottero.

Venne immediatamente e velocemente calata una scaletta da cui scesero Sean e Cho Yun, in quel preciso istante Aalim tirò un sospiro di sollievo per poi perdere i sensi.




Continua...

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