Black City

di Lilith_and_Adam
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 0: Primo incontro. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Le buie strade a volte iniziano a risplendere. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Un randagio alla fine la trova una casa. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: A volte cupido prende strane forme! ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Gli opposti di una serata perfetta. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4.5: Questa città è un po' troppo affollata! ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5: La verità non sempre serve a qualcosa. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6: L’irrazionalità del saggio e la ragionevolezza del folle. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7: La felicità è come una lastra di vetro: non la vedi finché non ci sbatti contro e va in frantumi troppo in fretta. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8: A volte “andare a casa” non vuol dire “tornare a casa”! ***
Capitolo 11: *** Capitolo 8.5: Un locale affollato dalla gelosia! ***



Capitolo 1
*** Capitolo 0: Primo incontro. ***


Capitolo 0. Primo incontro.

«Ehi, avete sentito? Hanno vandalizzato l’auto del direttore ieri sera!»
«Cosa? Ma sono matti?»
«Dite che è stato uno della nostra scuola?»
«Speriamo di no!»
«Wow, che coraggio, però...»
Quei discorsi andavano avanti da tutta la mattina, ma a lui non importava, aveva altro a cui pensare, avete idea di quanto sia difficile mantenere in equilibrio la matita sulle labbra? La noia lo stava uccidendo e poi quella notizia non era così interessante, ne succedevano ogni giorno, infondo quella era una scuola maschile. L’insegnante ancora non era arrivato, quindi il chiacchiericcio si fece più pesante, arrivarono anche ad insinuare che fossero state le ragazze dell’istituto di fronte, come se delle femmine avrebbero avuto il coraggio di fare una cosa del genere, anche se in quella città...
Kakashi entrò tenendo il registro sotto al braccio, come al solito, e le mani in tasca. «Ok, ok. Ora sedetevi e fate silenzio... Ho un annuncio.» Aprì il registro sulla cattedra e scrisse qualcosa alla lavagna. «Da oggi avremo uno studente trasferito. Entra.» Fece cenno verso la porta. Sasuke non stava nemmeno ascoltando, era troppo occupato a vedere fuori dalla finestra, qualunque cosa sarebbe stato più interessante delle sue noiose lezioni, a volte odiava dover fare il minimo sforzo per ottenere quei risultati così alti.
Il ragazzo dall’aspetto esotico fece un piccolo inchino. «Piacere di conoscervi, il mio nome è Uzumaki Naruto.» Aveva la camicia per metà fuori dai pantaloni e la giacca slacciata, per non parlare della cravatta storta e la cartella che sembrava completamente vuota. Sasuke riuscì solo a sospirare, come se quella scuola avesse bisogno di un altro falso teppistello e come se non bastasse l’unico banco libero era vicino al suo.
Naruto aveva cambiato spesso scuola ma era sempre come iniziare tutto da capo, alla lunga quella situazione non gli faceva più effetto, andava a scuola solo perché lo costringeva suo zio, ma ormai mancavano solo un paio di anni. Quel giorno si sentiva solamente orgoglioso che i ragazzi stessero parlando delle sue folli gesta.
Cercò di salutare il ragazzo che gli stava seduto di fianco. «Ehi...» Non sapeva mai bene come cominciare una conversazione, ma non aveva importanza, quello si girò dall’altra parte come se niente fosse a giocherellare con la matita. «Antipatico!»
Il motto di Sasuke era “Ignora e sarai ignorato”. Aveva sempre evitato di formare legami con le persone, quelle cose portano solo a farti del male, persino le ragazze con cui era stato lo avevano scaricato perché a lui non fregava niente di quel genere di cose. E poi aveva troppo a cui pensare...
 
All’ora di pranzo Sai si avvicinò al banco di Naruto accompagnato da Kiba e Shikamaru. «Ehi Uzumaki! Hai già deciso a quale club unirti? Siamo a metà semestre chissà se qualcuno accetta ancora membri.»
Naruto scrollò le spalle. «Non lo so. Mi piacerebbe far parte di quello di baseball... ma a questo punto...»
Kiba gli diede una pacca sulla spalla, quasi smontandolo. «Tranquillo! Non c’è problema! Noi siamo aperti a chiunque voglia unirsi! Che fortuna, eh?»
Naruto sorrise. «Allora è deciso! Quando avete i prossimi allenamenti?»
«Basta! State zitti! Sembrate delle vecchie pettegole al parco!» Sasuke staccò la testa dal banco, si alzò infilando le mani in tasca e si diresse verso fuori. La cosa migliore che gli era capitata quell’anno era di trovarsi da solo in ultima fila e pure vicino alla finestra, il suo beato isolamento era finito però.
Naruto si alzò di scatto e lo andò a prendere per il collo della camicia. «Ehi, Tu! Ma che problemi hai?»
Sasuke lo prese per il polso, poi gli storse il braccio come per farlo ritornare al suo posto. «Sei rumoroso.» Naruto non riusciva a vedere nessuna emozione nel suo sguardo, era come svuotato.
Shikamaru gli mise una mano sulla spalla. «Meglio se non te lo metti contro, fidati...» Gli sussurrò piano. Nel frattempo Sasuke era già uscito dalla classe.
Naruto pensò che doveva essere una specie di delinquente per essere etichettato in quel modo, ma non gli importava un granché, la sua mente era già settata per attaccare briga. Lo seguì per tutto il corridoio fino al tetto deserto, lo trovò mezzo sdraiato a sonnecchiare sorretto dalla cisterna d’acqua. Avrebbe voluto andare a tirargli un pugno, tutto quel nervosismo era perché non riusciva a dormire in classe? Però qualcosa lo fermò, sullo sfondo il cielo si stava velocemente rannuvolando e in lontananza si riuscivano anche a sentire il suono di alcuni tuoni.
«Che palle!» Sasuke si alzò velocemente quando una goccia gli toccò la fronte. Si trovò di fronte Naruto vicino la porta, gli lanciò un altro sguardo annoiato poi lo scansò urtandogli la spalla. «Spostati. Sei in mezzo.»
«Mi dai sui nervi, lo sai?» Naruto gli urlò contro mostrandogli la mano chiusa a pugno.
«Anche tu...» Gli disse piano Sasuke mostrandogli la mano in segno di saluto senza nemmeno girarsi mentre scendeva le scale.
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Le buie strade a volte iniziano a risplendere. ***


Capitolo 1. Le buie strade a volte iniziano a risplendere.


«Sono a casa.» Naruto lo disse quasi a bassa voce, non si aspettava di certo che qualcuno gli rispondesse.
«Bentornato!» Nagato uscì dalla cucina con il mestolo in mano. «Non è tardi? Dove sei stato?»
«Chiedi a me dove sono stato? Sei sparito per due giorni!»
«Scusa... Erano i primi giorni di lavoro, ho passato la notte in centrale.»
«Zio, sono serio, dovresti trovarti un lavoro normale!» Naruto assaggiò un po’ della zuppa che ribolliva sul fornello mentre immaginava lo zio vestito da classico colletto bianco. «Ahi! Scotta! Comunque è salata!»
«Non è vero! La mia zuppa è perfetta!»
«Si certo, come se tu sapessi cucinare!» Naruto iniziò a ridere ma venne fermato dal mestolo dello zio che lo aveva colpito in testa.
Tornare a casa, avere qualcuno con cui parlare, qualcuno che ti aspetta con il sorriso sulle labbra e ti fa sentire il calore di essere amato... fino a poco tempo prima Naruto non credeva che tutto quello fosse possibile.

Finita la cena andò dritto in camera sua, prese gli appunti dalla cartella e cercò invano di ricopiarli, ma fissarli solamente non li avrebbe fatti magicamente apparire sul quaderno. Girò la testa verso la cornice sulla scrivania. Gli piaceva vedere sua madre sorridere in quella foto e si calmava a vedere suo padre tenerle la mano. Non li aveva mai conosciuti ma era come se loro due fossero stati sempre al suo fianco. Era cresciuto in un piccolo orfanotrofio di campagna, fino a quando un vecchio amico di suo padre lo aveva preso con sé, purtroppo l’uomo era un po’ in avanti con gli anni così morì non molto dopo averlo conosciuto. Nagato era il fratello di sua madre, si era fatto vivo dopo la morte di Jiraya, era gentile e premuroso, lo aveva fatto sentire davvero all’interno di una famiglia, negli ultimi tre anni gli si era affezionato. Ma mancava sempre qualcosa. Aveva lavorato nell’esercito fino a pochi anni prima, quando iniziò a prendersi cura di lui. Ora lavorava per la polizia, spesso non tornava a casa per giorni, per non parlare del fatto che negli ultimi tempi lo avevano trasferito quasi ogni mese in una città diversa per un caso importante, ma questa si sperava essere la volta buona per fermarsi.

Nagato aprì la porta di colpo interrompendo i pensieri di Naruto che per lo spavento gli tirò il portapenne. «Bussa prima di entrare!»
Nagato sembrava estremamente serio, Naruto capì subito cosa l’uomo voleva dirgli, si girò verso la scrivania e fece finta  di scrivere qualcosa. «Va bene se devi andare...»
Nagato riusciva a vedere il ragazzo stringere la matita nella mano. All’inizio pensò semplicemente di lasciarlo stare, poi decise di entrare nella camera. Si avvicinò alla scrivania e prese in mano la cornice argentata, «Vedrai tornerò presto... Quello che faccio...»
«Lo so. Ti ho detto che va bene, comunque.» Nagato gli scompigliò i capelli come sempre e uscì.
Appena chiuse la porta, Naruto in uno scatto di rabbia scaraventò la matita contro la porta. Alla fine rimaneva solo lui, sempre.
Da sotto il letto quello zaino lo stava chiamando. Mise la sua giacca arancione con la cerniera ormai logora, stava iniziando anche ad essere un po’ stretta ma non gli importava, ci era troppo affezionato, senza nemmeno un motivo particolare. Prese le chiavi e uscì senza meta.

Le strade sembravano in bianco e nero, senza colori o emozioni. La gente camminava per strada a testa bassa, l’unica via sicura da quei falsi sguardi puritani erano gli stretti passaggi tra un edificio e l’altro. Lì le regole non esistevano, la strada era solo la pista di atterraggio per le anime perse e, in un mondo in cui nessuno da nulla per nulla, rimaneva sempre l’unica casa possibile. Quelle vie, tuttavia, erano diverse, quella città, sin dal primo momento in cui era arrivato, sembrava risucchiare ogni abitante, tirare via la linfa da ogni individuo.

L’odore della vernice spray gli dava assuefazione, cercava solo una tela vuota, un frammento di muro dove lasciare la sua traccia. Lo trovò sul retro di un locale. La musica elettronica e la confusione lo ispiravano trasformando la sua rabbia in vortici di colore. Quello era ciò che sapeva fare meglio, era il suo modo di lasciare il segno, per far in modo che il mondo fosse un po’ meno grigio e gli faceva sembrare il domani un po’ meno colorato di nero.
L’angolo in basso a sinistra era occupato dalla sua firma, ciò che rendeva i suoi disegni immuni da qualsiasi legge delle crew, immune dalle critiche, il solo vedere quella piccola volpe arancione faceva sì che chiunque lo guardasse ci vedesse dentro la sua anima.

Si era spostato così tante volte nel corso degli anni che ormai la strada lo aveva fatto diventare una specie di leggenda, come un fantasma metropolitano che lasciava la scia in giro per il paese.
Una volta finito, si sedette appoggiato al muro di fronte ad ammirare il suo ultimo capolavoro. Il lampione sopra la sua testa ronzava. Gli sembrava davvero pieno di rabbia, come mai prima, dovette ammettere che lo rendeva ancora più depresso guardarlo. Tolse il cappuccio della felpa e volse lo sguardo verso il cielo, gli aveva sempre dato fastidio il fatto che dalla città non si vedessero le stelle, d'altronde gli faceva male pensare che per poterle vedere doveva allontanarsi da quella giungla di ferro e vetro.

Aveva così tante domande, aveva bisogno di qualcuno che lo salvasse da quel terribile limbo. Era stanco di non sapere cosa lo aspettasse nel futuro. Un rombo spezzò i suoi pensieri.
La moto si fermò proprio di fronte a lui, i fari illuminavano il suo disegno facendo risplendere la vernice ancora fresca, sembrava il tocco che riusciva a completare l’opera.
Naruto strizzò gli occhi per vedere chi gli si era fermato di fronte, ma non riusciva a vedere molto, i fari ancora lo abbagliavano e il ragazzo aveva ancora il casco. Se lo tolse poco dopo facendo uscire i capelli un po’ lunghi ancora intrappolati. Naruto rimase con la bocca aperta nel vedere il suo vicino di banco svestito della sua solita aria da primo della classe.

Sasuke gli lanciò un’occhiata seccata, poi entrò dalla piccola porta verde in ferro che ancora conteneva un frammento del disegno.




 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Un randagio alla fine la trova una casa. ***


Capitolo 2. Un randagio alla fine la trova una casa.


Sasuke posò il casco sul ripiano dell’armadietto, si sfilò la giacca nera in pelle e la appese con cura, il disordine non gli andava a genio. Ogni sera passava da un’uniforme all’altra, la sobria camicia bianca scolastica faceva spazio ad uno sgargiante gessato grigio con tanto di papillon e bretelle.
Deidara entrò velocemente nello spogliatoio. «Ah, sei arrivato finalmente. Sei in ritardo.»
«Scusa, ho dovuto recuperare un po’ di compiti.» Disse Sasuke finendosi di sistemare il grembiule grigio.
Deidara aveva una grossa macchia sulla giacca e stava cercando di toglierla, ma alla fine si arrese e la cambiò. «Non fa niente, non è poi così tardi, ma sbrigati, lì fuori è una bolgia.»
Nonostante tutta quella gente, Sasuke rimase apatico e l’unica cosa che pensò appena entrato nella sala fu uno svogliato “Si ricomincia.”
Sasori da dietro il bancone del bar stava pulendo annoiato un bicchiere di vetro. «Sasuke ti cerca il capo.» Si trasformò da pacato a psicotico in due secondi quando Deidara lo urtò mentre si dimenava da un lato all’altro del bar. «Ehi, idiota, sta’ più attento!»
«Se magari tu non stessi lì fermo senza fare niente!»
«Sto facendo il mio lavoro!»
«Aiuta almeno! Ti aspetti che serva io tutta questa gente?»
«Sei stato tu a chiedere di stare al bancone...»
«Basta voi due! Gestisco un club non un asilo!» Yahiko apparve da dietro il bar. «Sasuke, vieni con me.»
Sasuke avrebbe di gran lunga preferito stare a guardare Sasori e Deidara litigare, ma non si ribattevano gli ordini del capo.
 
La sala interna era appartata e insonorizzata, ma il suono ovattato della musica al piano di sotto che entrava dalla porta socchiusa era piacevole. Tutto intorno alle pareti era ricoperto di specchi e i divanetti appoggiati alle colonne centrali rendevano l’atmosfera incredibilmente informale, se non si contavano le luci rossastre e la desolazione.
Al centro, una donna dai lunghi capelli e l’abito blu scuro in velluto stava fumando appoggiata al bracciolo della poltrona. Appena vide entrare Yahiko gli fece posto abbracciandolo, le donne che sceglieva per lui erano sempre così aggraziate e, Konan in particolare, sembrava docile come un gattino, sembrava...
Sasuke si posizionò di fronte a lui, ma non dovette aspettare molto prima che i suoi due amici entrassero a fargli compagnia.
Appena vide il ragazzo, Karin andò ad abbracciarlo gridando e salutandolo, non si vedevano da un paio di giorni ma a lei erano sembrati due anni. Suigetsu la seguì annoiato con le mani in tasca.
Quando furono tutti di fronte al boss, Kisame uscì dall’ombra con una busta giallognola in mano, la consegnò a Karin e sparì ancora.
«Aprila.» All’ordine, Karin tirò fuori dalla busta la fotografia di un uomo dai capelli lunghi neri. Era un vecchio ma aveva un’aria giovanile, dietro di lui un ragazzo con gli occhiali gli stava sussurrando nell’orecchio. «È arrivata l’ora per voi tre di mostrare se potete davvero essermi utili. Quell’uomo e i suoi uomini stanno continuando a dare fastidio alle nostre ragazze, commercia donne da sempre, di solito provenienti dall’occidente, ma ora sta iniziando a fare compere anche nel nostro Paese. Tu, Karin, dovresti sapere tutto su di lui.» Karin aveva tenuto in mano la foto per tutto il tempo, fissandola come se stesse vedendo un fantasma. Quando era scappata da quell’uomo era solo una bambina, correndo per le strade malfamate della città aveva incontrato Konan e Yahiko, loro erano stati la sua famiglia, la sua prima vera casa. Si era ripromessa di non incontrarlo mai più, ma in quel momento aveva iniziato a pensare per la prima volta alla sua vendetta. «Tra qualche giorno daremo una festa qui, lui sarà tra gli ospiti. Fino a quel momento dovrete seguirlo, pedinarlo, conoscere perfino gli orari in cui quel fottuto bastardo va al cesso. Voglio prove concrete su quello che fa.» Konan vedendolo adirato iniziò a passargli la mano tra i capelli per farlo calmare, quella storia lo stava ossessionando.
I tre lasciarono la stanza poco dopo. Karin si poggiò alla porta sospirando.
«Va tutto bene?» Le chiese Suigetsu passandole una mano sulla spalla. Lei annuì semplicemente.
«Andiamo. Dobbiamo preparare tutto, ci serviranno macchine fotografiche, videocamere e registratori, non prendete nulla di digitale, non dobbiamo lasciare tracce.» Sasuke sembrava freddo, ma dentro stava davvero fremendo di paura all’idea di iniziare quella carriera, ma non c’era scelta. Yahiko aveva davvero aspettato che Itachi fosse fuori città per iniziarlo...
Karin dopo essersi calmata si rivolse a lui. «Ma come farai tu con la scuola?»
«Tranquilla, lo copriamo noi in quelle ore. La prima regola è non dare nell’occhio, no? Se salta per qualche giorno senza motivo ci ritroviamo i professori alla porta.» Suigetsu le rivolse un sorriso calmo, se solo fosse bastato per farla stare davvero tranquilla non avrebbe mai smesso.
«Va bene, allora siamo d’accordo. Trovate il necessario, inizierete già domani mattina, poi vi raggiungerò. Nel frattempo cercate di scoprire qualcosa in più sul suo conto.» Sasuke iniziò a togliersi il grembiule, si era fatta una certa ora.
«Agli ordini!» Dissero i due in coro con tono sarcastico.
Quando il compagno fu abbastanza lontano, Karin si rivolse a Suigetsu. «È di nuovo martedì...»
«Già... Ti da ancora fastidio?»
«Perché dovrebbe?» Karin guardava il corridoio vuoto pensierosa.
«Andiamo, sono anni che vedo come lo guardi. Ti piace.»
Suigetsu scansò un pugno. «Non mi piace! Gli sono solo grata...»
Quel corridoio le riportò alla mente vecchi ricordi.
 
Era appena uscita da quel salottino, la musica le invase ancora una volta le orecchie. Aveva solo undici anni e aveva vissuto già una vita fin troppo intensa. Quei vecchi pervertiti che la compravano ogni sera non le davano più fastidio, eppure cercava costantemente una via d’uscita. Si appoggiò come sempre alla porta per riprendere fiato, per far tornare la sua mente a quel falso mondo felice, lontano dalla realtà di quella stanza. Aveva raggiunto quell’isola felice solo da qualche mese, erano tutti gentili, tutti come una grande famiglia, faceva quello solo perché era l’unica cosa in cui era brava, ma poteva andare via, probabilmente. Almeno non era più solo una bambola vuota, aveva quasi ripreso la sua sanità mentale, alle volte riusciva persino a ricordare il viso di sua madre.
La porta si aprì all’improvviso facendola quasi cadere, l’uomo alle sue spalle la strattonò dai capelli. «Mi hai spaventato mocciosa! Sei ancora qui? Cosa vuoi altri soldi?» Cercò di scaraventarla a terra, ma una piccola mano gli fermò il braccio.
«La tua ora è finita. Va’ via vecchio.»
L’uomo fece un verso di repulsione vedendo il simbolo sulla collana del ragazzo. Andò via senza fare storie.
«Stai bene?» Sasuke le porse la mano in segno di gentilezza.
Karin annuì e si ricompose tenendo quella mano.
«Non capisco perché ancora lo fai. Il capo ha detto che avresti potuto smettere...»
Karin scrollò le spalle, non lo sapeva davvero, ma una piccola lacrima iniziò a scenderle sul viso. «Credo... sia perché... non so fare... altro...» I singhiozzi le bloccavano le parole, quel viso le aveva fatto eliminare ogni blocco, come se in quegli occhi potesse sfogarsi del tutto.
Sasuke la tirò via per il braccio.
«Dove mi stai portando? Ehi, Sasuke, non tirarmi!»
«Da Obito-Sama! Non dovrai più fare nulla, se glielo chiedo io non potrà dire di no!»
«Sasuke-kun...» Poteva davvero farlo? Poteva davvero darle la libertà? Sarebbe potuta andare via, iniziare un’altra vita... No, sarebbe rimasta con lui, le sarebbe rimasta per sempre debitrice.
Solo qualche tempo dopo Karin scoprì che qualcun altro aveva dovuto prendere il suo posto. Fu in quel momento che si rese conto che era il senso di colpa che la teneva incatenata a quel posto.
 
Erano le quattro di mattina quando Sasuke rientrò a casa, lasciò la moto parcheggiata male e le scarpe buttate alla rinfusa. Si sciolse sul divano per un paio d’ore.
Durante le lezioni riuscì a concentrarsi a mala pena e a pranzo andò di nuovo sul tetto, anche se non riusciva a dormire, lo rilassava vedere il cielo a quell’ora.
La porta si spalancò rumorosamente, qualcuno ci sfogò contro tutta la sua rabbia. Senza accorgersi di Sasuke, Naruto si andò a sedere dall’altro lato.
Da quando il biondo era arrivato in quella scuola, il tetto non era più stato solo suo, il suo luogo di pace era stato profanato. Eppure quella mattina sembrava stranamente silenzioso, gli dava fastidio anche così.
Nagato era tornato verso le sei del mattino, si arrese sulla soglia della porta e Naruto aveva dovuto portarlo a letto. Gli faceva rabbia che si annullasse così per il suo lavoro.
La campanella suonò rumorosamente echeggiando nelle orecchie stanche di entrambi. Quando furono l’uno di fronte all’altro iniziarono a fissarsi, avevano lo stesso sguardo, quello di chi sta per sfogarti contro ogni goccia di frustrazione.
Stranamente fu Sasuke a cominciare. «Vedi di non imbrattare più il muro del locale. Quella non è la tua zona, novellino
«Imbrattare? Quella è un’opera d’arte, Idiota!» Naruto mostrò un’aria fiera pensando al suo disegno e un’aria stupida secondo Sasuke.
«Come se uno scarabocchio possa essere definito arte!»
Entrambi si avvicinarono per guardarsi meglio negli occhi. «Dimmi un po’, hai voglia di litigare?»
«Mi sembra ovvio!» Sasuke scansò un pugno. «Volevi colpire me o l’aria?» Gli diede le spalle iniziando ad andare via. Naruto lo prese per il colletto della camicia e lo girò per vederlo in faccia. «Perché diamine ti do così fastidio?»
«La tua faccia spensierata mi irrita.»
Naruto lo lasciò andare strattonandolo e gli rivolse uno sguardo di pietà. «Almeno io non sono uno stronzo totale.» Questa volta fu lui ad andare via per primo.
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: A volte cupido prende strane forme! ***


Capitolo 3. A volte cupido prende strane forme!


Quel pomeriggio, Nagato trovò Naruto sciolto sul divano con un fumetto sulla faccia. Erano momenti rari, l’iperattivo Naruto che dormiva era un ricordo da conservare. Si inginocchio al fianco del divano per vederlo meglio e lo svegliò tirandogli una piccola ciocca di capelli. Naruto sussultando gli fece finire il fumetto sulla testa, era ancora mezzo addormentato ma vedendo la sua faccia così vicina si alzò di scatto, gli occhi di Nagato non gli piacevano, sembravano sempre che potessero guardargli dentro.
«Esco per una paio d’ore e ti trovo già in questo stato!» Nagato rideva mentre Naruto rimetteva in ordine il piccolo salotto.
«Veramente non mi ero nemmeno accorto che eri uscito...»
«Dormivi così bene che non ho voluto svegliarti. Sono passato a prendere qualcosa di pronto.» Nagato appoggiò la busta sul tavolo e Naruto iniziò a prendere qualche piatto e le posate.
«Buon appetito! Comunque... Dov’è che sei stato?» Naruto lo guardava con la coda dell’occhio, era raro che lo zio uscisse a quell’ora quando non doveva lavorare.
«Dovevo incontrare una persona.»
«Una persona eh...»
«Si, un vecchio compagno di studi. A proposito, mi ha invitato ad una festa questo sabato, perché non vieni anche tu?»
«Io? Ma sono tuoi amici, sarebbe scortese.»
«È in un locale, potresti portare qualche amico, o magari una ragazza...» Nagato lo guardava con aria complice, erano un paio di mesi ormai che erano lì, non sarebbe stato strano trovarlo con una ragazza. «Perché mi sembra che ce ne sia una, vero?»
«Scemo! Comunque... no, non c’è.»
«Scusa, ultimamente sei sempre distratto.»
È di chi è la colpa secondo te? Idiota! «C’è una carina...» Decise di assecondarlo per un po’, infondo c’era davvero qualcuna che gli piaceva.
«Allora è deciso. Chiamala!» Nagato finì di mangiare alla svelta e si alzò da tavola ritirandosi in camera sua con dei documenti in mano.
Come se fosse facile...
Naruto continuò a giocare con il cibo per un po’. Si era trasferito così tante volte che si era ripromesso di non illudersi più, le ragazze con cui era stato ci rimanevano sempre male quando lui andava via e lui non aveva più la pazienza. Decise comunque di mandare un messaggio a Hinata quella stessa sera. Era un’alunna della scuola femminile di fronte la sua, non era raro incontrarsi all’uscita, in più era la cugina di un suo senpai. Gli era sembrata subito carina e decisamente meno rumorosa delle sue amiche, stava diventando una buona amica.
 

Nel frattempo, dall’altra parte della città, Suigetsu e Karin erano appostati in un piccolo bar di fronte l’enorme locale notturno di Orochimaru.
«Uffa. Non succede niente!» Suigetsu si stiracchiò annoiato.
«Forse dovremmo provare ad entrare...»
«Sei matta? Quelli sono tipi che sparano a vista!»
«Scusa, almeno io propongo idee!»
«Smettetela, siete in un luogo pubblico.» Sasuke apparve dietro di loro, mettendo fine all’ennesima lite. «Allora? Come sta andando?»
«È entrato un paio di ore fa con due delle nostre esche.» Suigetsu gli mostrò le polaroid. «Dopodiché calma totale, nemmeno un cliente.»
«È strano per un locale del genere... Ok, andiamo.»
«Andiamo dove?» Chiese Karin confusa.
«A vedere.» Sasuke pagò il conto per loro, poi si avviarono.
Entrarono nello stretto spazio tra i due palazzi in cerca della porta secondaria, ma dovettero nascondersi dietro il cassonetto. Di fronte la porta in ferro c’era un energumeno tutto muscoli dai capelli tinti di arancione che controllava il passaggio. Vari uomini dall’aspetto losco gli mostravano una specie di bigliettino da visita per poter entrare.
«Da qui non si entra...» Disse Suigetsu scattando qualche foto.
«Sasuke guarda lì!» Karin indicò una finestra del palazzo da cui si riusciva a vedere chiaramente una luce accesa, l’unico problema era che si trovava al terzo piano.
«Uh uh! Guardate cosa abbiamo qui! Tre mocciosi nel nostro territorio!» I quattro teppisti, armati di mazze da baseball gli arrivarono alle spalle.
I tre li ignorarono continuando a parlare tra di loro. «Forse è meglio tornare domani, sta iniziando ad essere affollato qui.» Suigetsu rimise a posto la macchina fotografica nel piccolo zaino.
«Già, nel frattempo cerchiamo di trovare un modo per guardare dentro.»
«Ohi! Voi! Smettetela di ignorarci!» Il capo della squallida banda fece l’errore di strattonare Sasuke per la spalla. Non appena la mano lo toccò, gli afferrò il polso girandosi, rivoltò quel braccio come un guanto finché non si spezzò. Karin era apparsa dietro il ragazzo tappandogli la bocca. «Saremmo grati se faceste silenzio.» Il sorriso inquietante di Karin fece ridere perfino Sasuke.
«Odio quelli come voi che continuano a giocare a fare i teppisti.»
«C-capo!Guardagli il collo!» Nel girarsi, la collana con il simbolo del ventaglio gli uscì dal colletto.
I quattro scapparono con la coda tra le gambe.
«Karin sei sempre più inquietante.» Suigetsu le porse un fazzoletto per la mano che sanguinava.
«Non fanno che mordere quando cerchi di farli stare zitti!»
 
Il giorno dopo, Sasuke e Suigetsu stavano cercando di risolvere il problema nel piccolo studio di casa Uchiha.
Karin entrò con un tablet in mano. «Ho trovato qualcosa.» Disse posandolo sul tavolo basso.
«La pubblicità di un love hotel?» Suigetsu scorreva la pagina confuso.
«È proprio di fianco al locale di Orochimaru e una delle camere ha la finestra di fronte a quel piano, è perfetto.»
«Magari anche troppo...» Sasuke rifletteva girando la penna tra le mani. «Come facciamo a sapere se quella camera sarà libera?»
Karin sbatté sul tavolo una piccola ricevuta sorridendo soddisfatta di sé stessa. «È un hotel di lusso, ho prenotato! Con pagamento anticipato, spero che il capo non si arrabbi del costo.»
Suigetsu guardò con cura il pezzo di carta. «Sarebbe pericoloso andarci da sola però...»
«Non sarà certo da sola.»
Suigetsu fissò l’impassibile volto del compagno cercando di trarne altri indizi. «Aspetta! Volete andare in tre in un love hotel?» Arrossì sconvolto.
Karin gli si avvicinò togliendosi gli occhiali. «Che c’è, Suigetsu-chan, paura di fare nuove esperienze?» Si avvicinò ridendo al compagno che continuava ad indietreggiare imbarazzato. Il rumore della porta che fece sbattere Sasuke li fermò.
«Mi sa che si è arrabbiato...»
 
Avevano lasciato la luce della camera spenta e montato l’enorme fotocamera vicino la finestra, aspettavano solo che quella luce si accendesse di nuovo.
«Sembra un vecchio film di spie!» Karin sembrava la più eccitata di tutti.
La luce si accese all’improvviso. Sasuke si avvicinò alla fotocamera per riuscire a vedere meglio.
Per fortuna la finestra era larga e si riusciva a vedere gran parte della stanza. Sembrava un normale locale per uomini, con tanto di pali e specchi, ma non si sentiva musica e non c’erano ragazze, almeno non ancora.
Passarono un po’ di minuti, Sasuke si mordeva le labbra mentre sbirciava da quella finestra.
«Ecco perché le ragazze non tornavano più...» Sasuke si allontanò dalla fotocamera prendendo il telefono.
Approfittandone Karin curiosò. «Quel vecchio sadico!» Infuriata uscì dalla camera prendendo qualcosa dal suo zaino.
Sasuke la vide uscire ma non fece in tempo a finire la conversazione. Gettò per terra il cellulare e la seguì per il corridoio, correva davvero veloce.
La bloccò per il braccio. «Fermati Karin!»
Cercava di divincolarsi ma la presa del ragazzo era troppo forte, cadde per terra come una bambina. Aveva i pugni chiusi e un ghigno di rabbia stampato in viso. «Abbiamo fatto macellare quelle due povere ragazze! È solo un bastardo! Avrei dovuto farlo fuori quel giorno!»
«Calmati ora!» Sasuke la fece tornare in sé con un forte schiaffo sulla guancia. «Dalla a me!»
La faccia le bruciava, ma almeno così aveva smesso di pensare. Prese la pistola da dietro i pantaloni e con riluttanza la mise nella mano di Sasuke. «Mi spiace... ho agito senza pensare...»
«Come sempre.» Suigetsu da dietro aveva visto la scena. «Vedila così, ora che le ha uccise il capo può tranquillamente farlo fuori.»
Sasuke si alzò e lo prese per la camicia. «E questo secondo te dovrebbe farla sentire meglio?»
Suigetsu sghignazzò un po’ prima di tirargli un gran pugno sul naso. Fu come colpire un muro. «E tu non osare mai più toccarla!»
Sasuke era ancora chinato in preda al dolore, ma si sentì la sua risata. «Era ora...» Alzò la testa tenendosi il setto nasale con le dita, fulminò Suigetsu con lo sguardo, poi semplicemente tornò nella stanza.
Karin rise come mai prima. «Che volevi fare? Credi di essere il mio salvatore o cose del genere?»
«No! Volevo solo... Mi ha fatto irritare, ecco tutto!» Suigetsu continuava a guardarla, si avvicinò e si inginocchiò di fianco a lei. «Smettila di ridere...» La fece smettere lui baciandola come avrebbe sempre voluto fare.
 

Naruto era appena uscito dal cancello sommerso dai pensieri, ma una voce lo fece voltare.
«Naruto-kun!» Hinata lo raggiunse correndo. «Mi dispiace non averti risposto ieri sera, ero alla scuola preparatoria.»
«Non preoccuparti, scusa tu se ti ho disturbata.»
«Comunque... cosa volevi dirmi?» Hinata abbassò lo sguardo imbarazzata.
«Se sabato ti andava di venire in un posto. Un amico di mio zio darà una festa, non volevo andarci da solo, così ho pensato...» Si sentiva un po’ impacciato lì per strada, in più aveva intravisto Sakura e Ino spiarli da dietro un angolo e sghignazzare.
«Davvero?» Si sentiva quasi svenire. «Volevo dire... va bene, verrò con te.» Sfoggiò un gran sorriso facendo arrossire Naruto.
«Allora passo a prenderti con l’auto, alle otto.»
Hinata annuì prima di sparire con il viso coperto di rosso.
 
 
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Gli opposti di una serata perfetta. ***


Capitolo 4. Gli opposti di una serata perfetta.


Nei giorni successivi, Naruto e Hinata si videro varie volte dopo la scuola, a entrambi piaceva quella compagnia e Naruto stava perfino iniziando a calmarsi.
Sabato sera arrivò in un lampo. La macchina di Nagato si fermò di fronte l’enorme casa di Hinata. Quando Naruto suonò il citofono vicino al cancello, lei uscì salutando i genitori all’interno. Naruto pensò che era davvero bella, i capelli lunghi le incorniciavano il viso e l’aria era diversa da quando la vedeva uscire dalla sua scuola.
«C-ciao, Naruto-kun,» Il suo sorriso lo riportò alla realtà, quasi.
«Ciao. Sei bellissima...» Ma che ti viene in mente, idiota!
«G-grazie. È strano vederti senza l’uniforme e con i capelli tutti pettinati.» La sua risata era come musica, era raro che una ragazza gli piacesse a tal punto.
In macchina Nagato e Hinata conversavano educatamente, mentre Naruto riusciva solo a pensare che l’uniforme scolastica limitasse le forme di Hinata.
Quando arrivarono all’entrata del locale tutti pensarono che fosse un posto davvero di classe, con tanto di buttafuori e parcheggiatore.
«Zio, ma che lavoro fa il tuo amico?» Gli sussurrò Naruto.
«Il locale è suo.»
Entrando, Hinata gli si appiccicò al braccio, la musica calma ma allegra dava una bella atmosfera di festa. Nagato li guidò verso il bancone, dove era sicuro di trovare l’amico. Quando si incontrarono si diedero una forte stretta di mano da vecchi amici.
«Nagato! È bello vedere la tua brutta faccia di nuovo qui!»
«Non è che tu sia migliorato! Buon compleanno amico!»
«Nagato!» Konan uscì da dietro una gran folla andando ad abbracciarlo. «Che bello rivederti! Come va il lavoro?»
«Oh, dai! Non iniziare a parlare di lavoro, ti prego. Quando lo fai non la smetti più.» Ridendo Yahiko stropicciò i capelli a Naruto. «Questo deve essere Naruto. Identico a suo padre.»
Era bello vedere suo zio spensierato per una volta.
Mentre Naruto era impegnato in quei convenevoli, Sasuke uscì dal retro con il suo vestito migliore, dimostrava più anni quella sera. Karin e Suigetsu lo raggiunsero subito l’una avvinghiata al braccio dell’altro.
«Sasuke mi dispiace che stasera non potrò stare assieme a te.» Disse lei con voce ammaliante.
«Guarda che inizio a prendermela se fai così!» Suigetsu fece finta di essere arrabbiato.
«No tesorino mio, ci sei solo tu per me.» Il tono incredibilmente sarcastico di Karin lo fece irritare davvero.
«Ma voi due non la smettete mai?»
Suigetsu si avviò nella sala ridendo, mentre Karin rimase indietro un po’ incupita. «Sasuke... mi assicuri che...»
Lui le mise una mano sulla spalla, come se parlasse ad una sorella. «Si. Lascia fare a Itachi, è un maestro in quel genere di cose. Quando avrà finito non sapranno nemmeno come raccoglierlo da terra.» Capì dallo sguardo di lei che, forse, era stato un po’ troppo cruento, ma era la verità. O, forse, c’era qualcos’altro... «Tutto bene?»
Lei annuì. «Mi dispiace solo non poterlo fare con le mie mani.» Si ricompose e gli voltò le spalle tornando alla sua normale indole frenetica.
Appena lo vide, Yahiko chiamò Sasuke verso di sé.
«Eccoti, volevo presentarti un mio vecchio amico e questo è suo nipote.» Senza pensarci molto fece un lieve inchino presentandosi. «Nagato, lui è Sasuke, è il fratellino di Itachi. Te lo ricordi?»
“Fratellino?”  Sasuke arrossì leggermente con quell’appellativo, lo faceva sembrare un bambino dell’asilo.
Mentre i due uomini si perdevano nei loro ricordi giovanili, Sasuke e Naruto incrociarono i loro sguardi. A entrambi si gonfiò una vena sulla fronte.
«Perché sei sempre in mezzo e dappertutto?» Sasuke assunse un tono alquanto esasperato.
«Se sapevo che c’eri tu non sarei venuto.» Entrambi evitavano di guardarsi dritti negli occhi, sapevano che se lo avrebbero fatto non sarebbero esistite catene abbastanza resistenti per trattenerli. Per fortuna Suigetsu li interruppe.
«Sasuke, ho bisogno di te. Ora!» Sasuke annuì e lo seguì, felice di distogliersi da quella situazione.
«Tutto bene Naruto-kun?» Hinata gli accarezzò il braccio, aveva un’aria persa; in effetti nemmeno lui sapeva perchè quella faccia gli dava così fastidio.
«Si... solo, a volte mi irrita.»
«Sasuke-kun è fatto così, tende a far innervosire un po’ tutti, ma non credo sia colpa sua.»
«Non mi avevi detto di conoscerlo...»
«Bhè, non credo che abbiamo mai parlato di lui, in effetti.» Hinata rise. «Siamo andati alle elementari insieme. Non ci conosciamo bene, ma sono sicura che non deve essere stato facile per lui dopo la morte dei suoi genitori.»
Il discorso non continuò, Hinata si era accorta dello sguardo cupo che stava prendendo il ragazzo e non volle approfondire. Ognuno ha le sue motivazioni per essere arrabbiato, Naruto ci aveva pensato molte volte.
La serata, per loro, continuò felice. Si sedettero a bere qualcosa, lo sgabello alto fece leggermente aprire lo spacco al lato del vestito già un po’ corto di Hinata, Naruto pensò che era bellissima, ma la ragazza sentendo il suo sguardo addosso arrossì di colpo e di conseguenza anche lui. Non sapeva perché si sentiva così impacciato e preso da lei, forse la sua dolcezza o il fatto che sembrava essere l’unico elemento spensierato della sua vita al momento. Guardandola si sentiva felice.
 
Dall’altra parte del locale, Suigetsu e Sasuke stavano velocemente salendo le scale fino al secondo piano.
«Perché hai permesso che la prendesse?» Sasuke era furente.
«L’ho lasciata solo un attimo e lei è...»
Karin era immobile di fronte la porta, fremeva di rabbia e la mano gravava sul suo fianco sotto il peso della pistola che teneva. Suigetsu fu il primo ad andare da lei, le parlò all’orecchio cercando invano di farla calmare, ma lei aprì di colpo la porta.
Itachi teneva Orochimaru per i capelli, l’uomo aveva il volto tumefatto ma mostrava un ghigno, come per dire che tutto quello per lui non significava niente.
Nel vedere i tre entrare, Itachi si girò pulendosi le mani, lasciando l’uomo in ginocchio a riprendere fiato.
Karin si avvicinò velocemente puntando alla sua testa.
«Chi si rivede... la piccola Karin...» Orochimaru biascicava parole con la bocca piena di sangue.
«STA’ ZITTO!» Il braccio le tremava, non riusciva a farlo stare fermo. Sasuke le si avvicinò da dietro facendo scivolare la mano sulla sua e mettendo il dito sul grilletto.
Lo sparo echeggiò nelle orecchie dei presenti lasciando solo un flebile fischio che copriva la musica ovattata del piano di sotto.
«Mi hai sporcato la giacca.» Disse Sasuke mentre si puliva le gocce scarlatte dalla faccia. Il colpo non era partito da lui, ma da qualcuno alle loro spalle.
Madara uscì dall’ombra con un’espressione compiaciuta. «Questa dalla a me, piccola.» Le prese l’arma dalla mano come se stesse toccando qualcosa di disgustoso. «Sempre a giocare a fare i grandi, voi tre.»
Karin furente sfogò un pugno contro lo stomaco del vecchio che però le fermò la mano in tempo. «Come ha osato! Dovevo essere io a farlo! Dovevo essere io...» L’uomo la prese a sé come se stesse consolando una figlia.
«Ti aveva già portato via tua madre, non potevo permettere che ti togliesse anche quel po’ di libertà che avevi.»
Sasuke si avvicinò al fratello con un mezzo sorriso stampato sulla faccia. «Chissà perché le sue parole mi suonano familiari.»
Itachi sorrise leggermente. «L’uomo più vendicativo che conosco inneggia alla pace ora?»
«Andiamo, è solo una ragazzina.» Madara riprese in mano il suo fedele bastone da passeggio e sghignazzando si allontanò. «Zetsu, vieni a pulire questo casino.» Gli mise una mano sulla spalla. «Bentornato a casa Itachi!»

Nella sala al piano di sotto, uno stanco e sospirante Yahiko si lasciò andare sullo sgabello di fianco a Naruto.
«Siete stanco, capo?» Sasori gli portò due dita di scotch.
«Questo genere di cose mi stremano.» Bevve tutto in solo sorso, poi diede una piccola pacca sulla spalla di Naruto. «Ragazzo, non arrivare alla mia età!»
Hinata rise poi vide il volto di Naruto diventare un po’ cupo e fissare il fondo del suo bicchiere vuoto.
«Tu e mio zio vi conoscete da molto?»
Yahiko iniziava ad essere un po’ su di giri ripensando al passato. «Nagato e io ci conosciamo dai tempi dell’asilo! Mi ricordo che era piccolo così – fece segno con la mano all’altezza di quasi un metro – era un gran frignone!» Continuò a ridere anche quando Nagato gli apparve davanti con lo sguardo irritato.
«Se non sbaglio eri tu quello che continuava a trattarmi male.» Nagato si sedette vicino a lui con un sorriso rivolto al passato.
Yahiko bevve un sorso dopo che Sasori gli riempì di nuovo il bicchiere, continuava a sghignazzare. «Secondo me lo facevi a posta per farti coccolare da Kushina.»
Nagato rise. «E tu lo facevi perché avevi una cotta per lei!»
Yahiko vide lo sguardo geloso di Konan che beveva seduta dall’altro lato di Nagato. «È vero, avevi proprio una cotta per lei!»
«Cara, dai non fare quella faccia, era solo una cotta da bambini.» Yahiko si alzò ad abbracciare Konan indugiando un po’ troppo sul suo petto. Nagato continuava a ridere come Naruto non lo aveva mai visto. Quei discorsi sembravano trascendere le leggi del tempo, come se lì di fianco non ci fossero più tre adulti ma tre bambini. Il ragazzo indugiava ancora sul suo lungo bicchiere pensando che quella, con molta probabilità era la prima volta che sentiva nominare sua madre.
«E comunque Minato mia ha rovinato la festa.» Con un broncio infantile e un po’ brillo Yahiko tornò al suo posto aspettando l’ennesimo giro di bevute. Naruto si girò di scatto sentendo nominare suo padre.
Nagato rideva con le lacrime agli occhi contagiando anche Konan. «Mi ricordo! Quel giorno andasti diretto da lei per dichiararti e li trovasti mano nella mano.»
«E dicesti a Minato che un giorno o l’altro sarebbe stata tua, poi scappasti a casa con la coda tra le gambe.» Continuò Nagato.
Yahiko bevve un altro po’. «Sapete, sta iniziando a non essere più divertente.»
«Se non prendiamo in giro te non c’è gusto in queste rimpatriate.»
Poco dopo, per un attimo, tutti e tre alzarono il viso con lo sguardo malinconico, poi bevvero all’unisono, come per brindare al passato, o a quei vecchi amici.
Naruto si sentì un po’ sereno nel vedere suo zio così felice, ma non poteva fare a meno di porsi un mucchio di domande. Lui non parlava mai di loro in quel modo, anzi, lui non parlava mai di loro. Decise di scacciare via quel magone così prese la mano di Hinata e la fece ballare per tutta la serata.
I suoi sorrisi, i suoi capelli lungi che danzavano con lei, i suoi occhi che risplendevano con le luci, gli facevano svuotare la mente, forse lei poteva davvero essere la sua cura.
Non potè fare a meno di pensare se suo padre si fosse sentito mai così con sua madre, una voce nel cuore gli disse che per loro era così ogni giorno.
Salutarono e uscirono dal locale ancora felici e pieni di energie, speravano entrambi che quella sera non finisse mai.
In auto Naruto e Hinata continuarono a parlare, tanto da non accorgersi che Nagato si era fermato di fronte la casa della ragazza, o forse non volevano accorgersene.
Naruto la accompagnò di fronte al cancelletto in ferro, ancora le teneva la mano, come se fossero due ragazzini delle medie. Naruto si chiese solo più tardi se fu quel gesto a farla rimanere agitata per tutta la sera, ma Hinata, anche se incredibilmente tesa, era felice di sentire il calore della sua mano.
I fari dell’auto illuminavano l’uscio semiaperto mentre Naruto, d’istinto, mentre lei ancora teneva la maniglia della porta, le prese il viso tra le mani e la baciò.
Hinata si sentì quasi svenire e la mano scivolò via dal pomello quasi come se fosse senza vita, l’altra era inevitabilmente stretta alla schiena di Naruto.
Quando le loro labbra si staccarono, lui rimase a fissarla con uno sguardo serio perdendosi nei suoi occhi grigi.
Hinata riuscì a balbettare solo un lieve «B-buonanotte...» prima di correre dentro casa e scivolare vicino la porta sorridente e confusa allo stesso tempo.
Naruto sorrise alla porta chiusa sperando di riuscire a oltrepassarla, poi con le mani in tasca si girò e con lo sguardo sollevato al cielo si diresse di nuovo verso l’auto.
Quella fu una delle sere più felici della sua vita. Non ce ne sarebbero state molte altre così, quella è una città che fa pagare a caro prezzo la felicità.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 4.5: Questa città è un po' troppo affollata! ***


 
Capitolo 4.5: Questa città è un po' troppo affollata!
 


Quattro ore prima della festa.

Quel sabato pomeriggio Naruto vagava pensieroso per le strade del distretto commerciale in cerca di un po’ di ramen decente.
Da una piccola boutique Ino e Hinata uscirono chiacchierando spensieratamente, la bionda, masticando una gomma, urlò a Sakura che si era attaccata ad una vetrina un po’ troppo costosa per loro.
Mentre camminavano, Hinata si impietrì e gemendo si nascose dietro le due amiche che, un po’ confuse, si guardarono intorno.
Dall’altra parte del marciapiede Naruto stava aspettando di poter attraversare. Ino, con sguardo quasi maligno, lo salutò agitando la mano. «Naruto-kun!»
«Ino! Smettila!» Hinata si nascose ancora dietro di lei tappandole la bocca con le mani.
Naruto salutò educatamente. Quando scattò il semaforo verde, le ragazze, trascinando a forza la povera Hinata andandogli incontro.
Appena furono abbastanza vicine, Sakura e Ino, cinsero il collo di Naruto dai lati, lasciando Hinata totalmente scoperta di fronte a lui e terribilmente rossa in viso.
 
Dall’altra parte della strada, Sasuke passeggiava con il casco in mano e Karin avvinghiata al braccio destro.
«Dai non fare quella faccia annoiata!» Gli tirò la guancia per istigarlo un po’, le dava fastidio che con lei fosse così impassibile.
«Non sono annoiato.» disse lui in un linguaggio quasi incomprensibile. «Ma non capisco perché ho dovuto accompagnarti io!»
«Non volevo che Suigetsu vedesse il vestito prima di stasera.» lo fissò con uno sguardo lascivo e un po’ imbronciato. «E poi volevo un ultimo appuntamento con il mio Sasuke-chan!»
Sasuke non potè fare altro che sospirare.
 
Da un edificio poco più avanti, un ragazzo dai capelli lunghi uscì con una valigetta nera in mano. Hidan era dietro di lui tendendo una specie di lista.
«Appena tornati e il capo già ci manda in giro a fare compere, che palle!» Rigirava la lista tra le mani come se fosse stata scritta in geroglifici. «Che diavolo ha scritto qui?»
Itachi si fermò di colpo guardandolo un po’ male, poggiò la valigetta per terra tra le gambe e infilò la mano nella tasca interna del cappotto; ne uscì un paio di occhiali da lettura un po’ logori. «”Passare in lavanderia”»
«Da killer professionista a “il ragazzo dalle lenti bifocali”!» Itachi lo guardò di sbieco e Hidan riprese la lista con l’aria di chi sa che sta per morire. «Ma dobbiamo davvero fare noi ‘ste cose?»
«È la lavanderia dietro l’angolo, dobbiamo ritirare le nuove M9A3»
«Ah, quella con la casa da gioco sul retro?»
«Già.» Itachi imboccò la stretta via e dopo un paio di porte chiuse, si fece largo tra la tenda a perline che chiudeva il retro.
«Ah, Itachi-Sama! Bentornato! Che piacere rivedervi qui!» Il tono sarcastico della donna dai capelli biondi gli dava ai nervi. Si fecero strada tra i tavoli da poker e le macchinette da pachinko messe un po’ alla rinfusa, scansando uomini ubriachi che si lamentavano dei croupier, imboccarono una stretta scala a chiocciola. La stanzetta sembrava più che altro un normale deposito di detersivi, ma Tsunade spostò uno degli scaffali scoprendo una cavità nel muro da cui uscì due valigette leggermente più grosse di quella di Itachi. Le aprì sul tavolo al centro della stanzetta mostrando una dozzina di pistole provenienti dall’estero. Itachi fece lo stesso con la sua facendole vedere i tre miliardi di yen all’interno.
La donna incrociò le braccia sotto il grande seno. «Mi devi ancora un milione per i danni dell’altra volta!»
«Che donna venale...» Itachi infilò la mano nel cappotto e ne tirò fuori un’altra mazzetta che aveva tenuto da parte nel fortuito caso in cui l’orribile donna si fosse dimenticata dell’accidentale sparatoria del mese prima.
Tsunade prese i soldi e richiuse la valigetta e, con un sorriso a metà tra la soddisfazione e il disprezzo, li congedò. «Grazie per aver acquistato da noi!»
I due compagni si diressero verso l’uscita, ma non appena varcarono l’irritante tenda a perline un ragazzo con il cappuccio sfilò la valigetta dalla mano di Hidan correndo verso la strada principale.
La faccia sconvolta di Hidan fece ridere Itachi per un momento.
Hidan si sgranchì il collo con un’espressione inquietante. «Dammi solo due minuti...»
«Attento alle ossa vecchietto
Hidan partì all’inseguimento e Itachi gli andò dietro camminando con indifferenza sbuffando di tanto in tanto.
 
Intanto Hinata e Naruto passeggiavano parlando tranquillamente.
Hinata si fermò a guardare un alto edificio con il maxischermo in cima, stavano passando una pubblicità dal tono serio. Lei sembrò rattristarsi un po’.
«Tutto bene?»
Lei annuì. «Solo che quella è la mia scuola preparatoria, passano quella pubblicità facendola sembrare un paradiso ma non è realmente così...»
«Allora perché ci vai?» Naruto incrociò le braccia dietro la testa.
«Bhè, è complicato.» Fece una risatina imbarazzata. «I miei genitori mi hanno fatto scegliere la scuola che volevo a patto che andassi a prepararmi lì per gli esami, è stato un accordo sudato in effetti.»
Naruto alzò la testa al cielo, non aveva mai ancora pensato di cosa volesse fare del suo futuro. «Ma comunque sei felice nella tua scuola, vero?»
«Già, ho Sakura-chan e Ino e...» Gli sorrise mettendo le mani dietro la schiena. «E non avrei conosciuto Naruto-kun in un’altra scuola.»
Naruto si passò una mano tra i capelli un po’ imbarazzato.
Con tutta sicurezza Hinata lo trascinò dentro una cabina fotografica dietro l’angolo.
 
«Idiota fermati! »
Dall’altra parte della strada Hidan sfrecciò di fronte a Karin e Sasuke mentre i due stavano riprendendo la moto.
«Ma quello non era Hidan?» Karin si girò di scatto scatenando l’ennesimo sospiro esasperato in Sasuke. «Ehi, c’è anche Itachi-Sama!» Nel vederlo prefino lui si sorprese, ma almeno non correva come il suo compare. «Sento odore di divertimento!» Karin eccitata lanciò le sue buste a Sasuke e si lanciò in quella folle corsa.
Sasuke con tutta calma si mise il casco e montò sulla sua moto.
 
Naruto e Hinata stavano guardando insieme le foto appena uscite dalla cabina ridendo spensierati quando il giovane col cappuccio urtò i due facendoli cadere contro il tubo sul lato del palazzo.
«Stai bene Hinata-chan?» Hinata annuì ancora un po’ stordita mentre Naruto entrava in modalità rissa.
Prese il ragazzo per il collo della felpa scoprendogli il viso, era un ragazzo un po’ più grande di lui con un largo graffio sul naso. «Ehi tu! Ti pare il modo di correre per strada?»
Naruto lo teneva ancora tra le mani quando il ragazzo si beccò un gran calcio da Hidan che era appena sbucato da dietro l’angolo. «Coglione ridammi la mia valigetta!» Il ragazzo fu scaraventato contro il muro e Hidan andò a prenderlo sollevandolo dalle spalle appellandosi a lui con le peggiori parole.
Itachi arrivò camminando tranquillamente e recuperò la valigetta finita poco lontano. «Hidan lascialo stare, siamo in ritardo.»
«No ora questo pezzo di merda me la paga!» Il ragazzo impallidì nel vedere l’anello al dito di Hidan.
«M-mi dispiace! Io e i miei amici stavamo facendo solo una scommessa!»
«Una scommessa? Mia hai fatto correre per mezza città per una scommessa?» Il ragazzo distolse lo sguardo strizzando gli occhi aspettandosi un pugno.
Intanto Karin era arrivata al momento giusto per tirar via Hidan prima che tirasse quel pugno. «Quando ti si dice una cosa almeno ascolta! Idiota!» Era seguita da Sasuke ancora in moto che la rimproverava per la sua avventatezza. Era arrivato in sella alla sua rombante moto nera con la giacca sbottonata che svolazzava al vento sembrando un mantello.
Itachi sollevò un sopracciglio ammirando l’indifferenza con cui la ragazza trascinava via un uomo adulto.
Nel frattempo Naruto aveva porto la mano verso Hinata aiutandola ad alzarsi. Videro i tre allontanarsi facendo ancora casino mentre il ragazzo scappava dall’altra parte del vicolo. Rimasero ancora un po’ sconvolti, poi Naruto decise di accompagnare la ragazza a casa, non era molto distante da lì.
«Certo che è stato un pomeriggio strano!» scherzò Hinata.
«L’importante è che stai bene.»
«Mi sono solo un po’ spaventata.» Quando furono di fronte il piccolo cancelletto bianco in ferro, Hinata lo salutò. «A stasera allora Naruto-kun.»
«A stasera.»
Naruto stava andando via quando Hinata, con inaspettata intraprendenza, tornò indietro per abbracciarlo. «Ho preso davvero un grande spavento!» lo stringeva davvero forte, tra quelle braccia si sentiva sicura.
Naruto le accarezzò la schiena.
Si salutarono ancora ma senza guardarsi negli occhi per l’imbarazzo.
Naruto si avviò verso casa con le mani in tasca e la testa tra le nuvole.
Appena girò l’angolo si ritrovò davanti Sasuke che gli porgeva un casco. «Ti va un passaggio?»
Naruto tirò dritto. «Che fai mi segui ora?»
«Volevo solo essere gentile!» dopo un’occhiataccia si passò la mano tra i capelli per calmarsi. «E volevo scusarmi per i miei amici, a volte sono un po’ troppo esuberanti.»
«E hai il coraggio di lamentarti di me!»
«È perché a volte sei davvero insopportabile!»
Naruto si girò e tornò a camminare. «Grazie ma torno a piedi!»
«Abiti dall’altra parte della città, idiota!»
«E tu come lo sai?!»
«Abiti di fronte a me! Idiota!» Gli tirò il casco in testa, poi si infilò il suo.
«È rosa...»
«Ho solo quello.» Dopo averlo messo, Naruto si guardò nello specchietto con aria sconsolata. «Ti sta bene!» rise Sasuke, prima di prendersi un meritato pugno sul braccio.
Su quella moto la città sembrava andare più piano, il vento in faccia sembrava purificare l’anima. Da dietro, Naruto riusciva a vedere il volto di Sasuke riflettersi nello specchietto, aveva un’aria serena mentre sfrecciava tra le auto, si chiese per quale motivo fosse sempre il solito arrogante.
Sasuke tagliò per la strada che si affacciava sul fiume, Naruto nel girarsi a guardare la moto che si specchiava nell’acqua si appoggiò alla sua schiena e rimase così fino a quando parcheggiò di fronte casa.
«Ehi, non sono il tuo cuscino!»
Naruto scese un po’ imbarazzato e gli tirò contro lo sgargiante casco.
«Ringrazia almeno...»
Naruto ancora di spalle gli fece segno con la mano rispondendogli con un sarcastico «Grazie!» prima di sbattere la porta alle sue spalle.
 
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 5: La verità non sempre serve a qualcosa. ***


Capitolo 5: La verità non sempre serve a qualcosa.


 
I giorni passarono diventando settimane, l’estate era ormai inoltrata e a breve le vacanze estive avrebbero fatto vagabondare gli studenti a tutte le ore.
Quel giorno la campanella era suonata scandendo la fine di un’altra noiosa giornata. Naruto uscì sbadigliando dirigendosi verso il cancello, il cielo era leggermente grigio quel pomeriggio e il ragazzo sperava che non iniziasse a piovere.
Hinata era girata con le spalle appoggiate al cancello della sua scuola guardandosi attorno; Naruto con la cartella semivuota sotto al braccio aspettava con calma che il semaforo diventasse verde sgomberando l’enorme viale intasato dalle auto.
Un gruppo di ragazze con la sua stessa uniforme si avvicinarono a Hinata, Naruto non poteva sentire le loro voci ma vide chiaramente una delle ragazze spintonare Hinata dalla spalla. Pochi secondi dopo, il semaforo si illuminò di verde e lui attraversò quel viale con la velocità di un fulmine andando a interporsi tra le ragazze con in viso il ghigno di una belva.
«Naruto-kun?» lo chiamò come se fosse il suo salvatore.
«Ahaha! Hai la guardia del corpo ora?» lo schernì la ragazza.
«Non pensare che non ti farò niente solo perché sei una ragazza.»
«Oh che paura!» Le altre risero all’unisono. «Tranquillo, stavamo solo parlando e lei da maleducata ancora non ci ha risposto. Allora Hinata-chan come sta tuo padre?» risero ancora.
Hinata con lo sguardo irritato si liberò dalle spalle del ragazzo strattonando l’altra. «Fatti gli affari tuoi!» Naruto cercò di allontanarla.
«Tesoro questi mocciosi ti stanno infastidendo?» Un ragazzo alto dall’aria tutt’altro che tranquilla sbucò fuori dal nulla ridacchiando e andando ad abbracciare il collo della ragazza. Aveva la sua stessa uniforme, ma Naruto non lo aveva mai visto a scuola.
La ragazza con uno sguardo lascivo mise un finto broncio e lo baciò sulle guancie. «Si caro, quel tipo è proprio un gran maleducato!» Le altre risero ancora.
Quello calciò il cancello bloccando Naruto con le spalle al muro e provocando un rumore assordante. «E va bene, ora sono incazzato!»
«Ehi aspetta io non ho proprio fatto nulla!» Naruto abbassò la testa per evitare il pugno che gli stava arrivando, quello colpì una sbarra del cancello urlando dal dolore poi diede una forte ginocchiata a Naruto che era ancora piegato facendogli perdere il respiro, poi un colpo lungo la schiena.
«Ehi voi!» Un paio di professori si stavano avvicinando velocemente dall’interno del cortile.
Naruto tirò a sua volta un pugno nello stomaco di quel tipo per liberarsi, prese la mano di Hinata e la portò via correndo lungo il viale trafficato.
«Si, scappa codardo!» da lontano si sentivano le risa.
Quando furono abbastanza lontani, Hinata invertì la presa e lo trascinò in una via secondaria dove si fermarono per riprendere fiato.
«Stai bene Naruto-kun?» lui annuì tenendosi ancora l’addome.  «E tu?»
Anche lei annuì ma sembrava avere la faccia arrabbiata. «Ma non dovevi arrivare in quel modo! Avresti potuto farti male sul serio.»
«Scusa ma le ho viste infastidirti e non ho pensato...» Si appoggiò con la schiena vicino al muro e alzò lo sguardo al cielo quando una goccia gli cadde sul naso.
In pochi secondi iniziò uno dei soliti e fastidiosi alluvioni estivi. Hinata lo prese di nuovo per mano e correndo lo portò via di lì, nessuno dei due aveva l’ombrello con sé. Non ci volle molto tempo prima di arrivare di fronte casa Hyuga.
Alquanto fradici, entrambi si appoggiarono alla porta d’ingresso per riprendere fiato, poi Hinata si allontanò.
«Prendo degli asciugamani.»
Naruto rimase immobile realizzando che quella era la prima volta che visitava la casa della ragazza. Aveva uno stile piuttosto moderno rispetto a quanto sembrasse dall’esterno; l’ingresso era disseminato di fotografie, una in particolare ritraeva Hinata da piccola, poteva avere forse tre o quattro anni, Naruto pensò che fosse la cosa più adorabile che avesse mai visto.
Hinata tornò dopo essersi cambiata d’abito, la camicia zuppa e lo sgargiante fiocco rosso avevano fatto posto ad una semplice felpa azzurra. Porse a Naruto un asciugamano e una maglietta dall’aria semplice.
«Scusa se è femminile ma non ho fratelli.» Sorrise gentilmente poi gli indicò il bagno in cima alle scale per potersi cambiare.
Quando tornò di sotto non trovò Hinata ma vide che la ragazza aveva appoggiato la sua giacca sul calorifero.
Aveva sentito i suoi passi che scendevano le scale così uscì dalla cucina. «Naruto-kun sto preparando del tè.» gli sorrise gentilmente prima di sparire ancora dietro la porta.
Naruto si sedette sullo sgabello della piccola isola guardando Hinata riempire le due lunghe tazze. Per un po’ bevvero in silenzio, Hinata guardava il liquido verdastro con aria pensierosa.
«Quelle ragazze... ti danno fastidio spesso?»
All’inizio lei non rispose ma poi scrollò la testa scacciando via un po’ di preoccupazioni. «Sai, mio padre è un poliziotto... e l’anno scorso ha mandato in prigione il padre di quella ragazza... è così da allora.» bevve un sorso con gli occhi quasi spenti.
«E lo hai detto a tuo padre?» per un attimo si sentì in imbarazzo pensando al padre della sua ragazza.
Lei scosse la testa, «Non voglio che pensi che non so cavarmela in queste cose...» Hinata vide il volto del ragazzo diventare incredibilmente triste.
«Anche i miei erano poliziotti...» fissava la tazza, non sapeva che si stava aprendo così tanto con lei, forse per consolarla o perché trovava qualcosa di affine, sapeva solo che doveva farlo. «Non li ho mai conosciuti e non so quasi nulla di loro, ma credo che un genitore non penserebbe mai una cosa del genere, penserebbe solo a proteggerti...» Pensò che probabilmente per Hinata quelle erano solo le fantasie di un orfanello.
«Non conosci mio padre...» Lei distolse lo sguardo, forse infondo sapeva che quello che le stava dicendo poteva essere vero.
La porta di ingresso si chiuse rumorosamente e dei piccoli passi si avvicinavano velocemente alla cucina. Hanabi abbracciò la sorella da dietro mostrandole il largo foglio dell’esame, nell’angolo troneggiava un 99 scritto in rosso. «Guarda! Guarda! Sono stata brava?»
Hinata le stropicciò i capelli e la abbracciò forte. «Tantissimo!»
La risata sottile contagiò anche lui e finì per guardare Hanabi con uno sguardo quasi paterno. La bambina lo guardò di sbieco e sghignazzando si avvicinò all’orecchio della sorella. «Lui è il tuo ragazzo, vero?»
«Zitta!» Hinata arrossì e andò a tappare la bocca della sorella in modo nervoso mentre si sentiva ancora la risata soffocata di Hanabi. Quando girò la testa verso Naruto si pietrificò e scattò in piedi. «Bentornato, padre.»
Nell’udire quella parola, Naruto si alzò e si inchinò meccanicamente, un goccia di sudore gli si formò sulla fronte. «Buonasera signore!» nell’alzarsi vide il viso perplesso di Hiashi che lo squadrava dalla testa ai piedi. «E tu saresti?»
«Ah.» Si inchinò ancora. «Uzumaki Naruto, signore.»
Hiashi si girò riprendendo le chiavi dal tavolino di fianco la porta. «Sta ancora piovendo. Ti riporto a casa.» Più che una richiesta gentile sembrò un ordine.
I due ragazzi si guardarono quasi terrorizzati in cerca d’aiuto, per quanto Hinata riuscisse a mostrarsi determinata in alcune situazioni, non poteva fare nulla contro suo padre. Lo salutò nervosamente mentre Hiashi accendeva il motore.
 
Le luci della periferia rendevano tutto un po’ più inquietante. Naruto rimaneva seduto dritto, per quanto potesse riuscirci, teso come non mai, il viso dell’uomo sembrava impassibile ed estremamente severo. Quando Hiashi iniziò a parlare, il ragazzo sussultò come se avesse udito uno sparo.
«Hinata ultimamente mi era sembrata diversa, quasi più serena.» l’uomo abbozzò un sorriso lasciando Naruto leggermente confuso. «Tranquillo, non ti farò la paternale, cerca solo di essere un bravo ragazzo con mia figlia.»
Naruto si rilassò, Hiashi gli sembrò diverso dall’uomo che gli aveva descritto Hinata. «Lo sarò signore.»
«Bene.» Hiashi sospirò. «È difficile che lei riesca ad aprirsi con qualcuno, è sempre stata timida e scrupolosa persino con me, quindi... se dovesse trovarsi nei guai cerca di aiutarla.»
Naruto guardò l’uomo impegnato a guidare, pensava a come sarebbe stato trovarsi in macchina con suo padre, per un attimo ripensò alle famiglie felici delle pubblicità, quelle che fanno gite in auto di domenica. Quell’uomo dall’aria stoica probabilmente non aveva mai imparato come si deve a fare il padre eppure i suoi pensieri erano sempre rivolti alle sue figlie.
L’auto si fermò di fronte la piccola casa, aveva smesso di piovere.
«Hinata ha solo paura di deluderla.»
Naruto per la prima volta nella sua vita vide un sorriso paterno. «Non potrebbe mai fare nulla per rendermi meno orgoglioso di quanto già sono.»
 
Naruto entrò in casa ancora pensieroso.
«Naruto.»
Nagato era seduto al tavolo della cucina con un’insolita sigaretta in mano. Di solito non si faceva vedere da lui, ma Naruto sapeva che lo zio fumava solo quando era nervoso. Si avvicinò lentamente.
«Ha chiamato uno dei tuoi professori mentre ero al lavoro.» uno sbuffo di fumo uscì dal suo naso «Hanno detto che sei stato coinvolto in una rissa di fronte a scuola.»
Naruto si girò freddamente lanciando la cartella sul divano. «Non era nulla.»
«Non girarti mentre ti sto parlando.» Aveva il tono di un interrogatorio.
«Te l’ho detto non era nulla, non si ripeterà. Buonanotte.»
«Ti hanno sospeso per due giorni.»
Naruto si pietrificò. Nagato si alzò lentamente spegnendo la sigaretta nel posacenere sul tavolo, gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla. Parlò con tono incredibilmente calmo. «Avevi promesso, Naruto. Niente più risse, eri stato tu a dirlo.»
Naruto si girò di scatto scacciando quella mano, per sbaglio lo guardò negli occhi diventando ancora più nervoso.
«Quando ci siamo trasferiti avevamo deciso di far funzionare le cose...»
«Appunto! Avevamo deciso insieme! Allora perché dovrei essere l’unico a non poter infrangere la parola? Sei sempre fuori chissà dove e non venirmi a dire che è sempre per lavoro!» Senza accorgersene iniziò ad urlare.
«Smettila ora...»
«NO!» Scacciò lo zio mentre lui cercava di abbracciarlo come faceva sempre. «E ancora non mi hai detto perché siamo dovuti andare via così all’improvviso!»
Nagato perse la sua naturale calma. «SMETTILA! SE SIAMO TORNATI NON SONO AFFARI PER UN BAMBINO!»
Naruto rimase spiazzato. «Tornati? Che vuol dire? CHE VUOI DIRE?» Molto tempo prima Nagato aveva giurato di non voler più vedere quel ringhio sulla sua faccia; rimase lì di fronte con lo sguardo basso a veder andare via suo nipote riboccante di disprezzo.
 
That’s a lie, you such a liar
See me, see me, ya you’re a hypocrite
Why’re you telling to go a different path? Take care yourself
Please don’t force me[1]
Il grido di aiuto penetrava nelle sue orecchie mentre correva. Finiva sempre per correre via da qualcosa o qualcuno. Questa volta, l’energumeno di quella mattina e i suoi sgherri lo avevano riconosciuto vicino la stazione, quella giornata stava iniziando ad essere davvero fastidiosa.
Imboccò un vicolo buio seminandoli per poco ma qualcosa di grosso lo fece cadere in avanti. Quando si rialzò vide Sasuke che lo fissava con aria esasperata.
«Fantastico...» Sussurrò il biondo sbuffando.
Le voci di quegli altri iniziavano ad avvicinarsi.
«WHA!» Sasuke prese Naruto per il cappuccio della felpa trascinandolo dentro il locale. La pensante porta verde si chiuse dietro di loro.
Naruto si poggiò al muro tirando un sospiro di sollievo, «Grazie amico!».
«Da quando siamo diventati amici?» Sasuke lo guardò di sbieco.
«È solo un modo di dire! Antipatico!» Sussultò leggermente quando sentì le voci appena dietro la porta, seguì Sasuke oltre la porta che li divideva dal bar.
Nel locale non c’era quasi nessuno, solo un gruppetto rumoroso di ragazzi in un angolo e qualche colletto bianco perso in un boccale di birra.
Dietro il lungo bancone deserto, Yahiko stava leggendo il giornale fumando.
«Che faccia ragazzo! Non sembri aver passato una bella serata.» Sghignazzando gli servì del tè freddo.
Naruto fissava il ghiaccio galleggiare nel lungo bicchiere di vetro. In un angolo lì dietro, Sasuke era alle prese con una cassa di liquori da sistemare. «Ho sentito che sei stato sospeso.» Sbottò un po’ compiaciuto, poi vide il viso basso e sconsolato del ragazzo e aggiunse: «Le persone hanno il vizio di non farsi mai i fatti propri qui intorno.» e tornò al suo lavoro.
«Nagato deve averti fatto una bella strigliata.» Yahiko lo prese un po’ in giro ma Naruto rimase fisso sul suo bicchiere. L’uomo tornò serio. «Deve essere stata davvero una brutta serata.»
«Con mio zio vi conoscete da tempo?» Fu incredibilmente diretto.
Yahiko tornò con la testa dietro il giornale. «Da quando eravamo piccoli...»
«Odio quando mi tratta come un bambino... Dovrebbe potermi dire tutto ormai...» Sasuke anche da lì dietro poteva vedere la rabbia ribollire nei suoi occhi.
Uno sbuffo di fumo uscì da dietro il giornale. «Magari è perché gli ricordi troppo come era lui alla tua età, probabilmente vuole solo evitare che prendi una brutta strada.»
Un lieve sorriso si formò all’angolo della bocca di Sasuke, «Vacci a parlare e basta...» Yahiko che dispensava consigli gli ricordava sempre troppe cose.
Naruto si alzò con decisione.«Hai ragione!» La sua bocca quasi rifiutò di dirlo. Prese l’ultimo sorso e andò via.
«Da dove ti arriva tutta questa saggezza?» lo prese in giro Yahiko.
Sasuke alzò le spalle, Yahiko sghignazzò un po’ prima di sparire ancora dietro il giornale.
 
Appena varcò la porta di ingresso, Nagato scattò in piedi dal divano. Naruto lo fissava con uno sguardo che sembrava dirgli “Ora parlo io”.
Nagato si diresse verso il mobile sotto la televisione e ne tirò fuori un piccolo astuccio nero. «Siediti.» Si mise di fianco al nipote e gli fece cenno di aprirlo. All’interno c’era un vecchio e logoro anello nero, la lacca sulla superficie era talmente sbiadita da non far leggere più il simbolo che era impresso sul metallo.
«Il quartiere dove sono cresciuto non era dei migliori ma si tirava avanti. Tuo nonno aveva una piccola officina, era una brava persona, un buon padre anche se aveva dovuto fare dei sacrifici... avevo più o meno la tua età quando mia madre lo trovò di fronte alla saracinesca chiusa a metà in una pozza di sangue.» Nagato chiuse gli occhi per un momento, Naruto fissava l’anello cercando di capire cosa lo zio gli stesse dicendo. «Non so se fu per vendetta o solo stupidità, so solo che mi ritrovai invischiato in brutti affari. Tuo padre e mia sorella avevano iniziato da poco come semplici poliziotti, lei sentiva che c’era qualcosa che non andava e cercarono di riportarmi sulla giusta via, però io ero troppo testardo. La polizia non aveva fatto nulla per mio padre ed ero convinto che non potesse fare nulla nemmeno per me. Questa città è sempre stata un po’ alla mercé dei criminali, ma prima era diverso, tutto quello che faceva le grandi famiglie non poteva essere toccato.»
Naruto guardava il dolore dei ricordi scorrere sul viso dello zio. «Cosa gli è successo?»
«La stazione di polizia saltò in aria, volevano colpire Minato. A quel tempo era un detective e stava iniziando a fare troppe domande scomode in giro, così il capo della famiglia a cui sottostavo decise di eliminarlo.» Naruto fu sorpreso nel sentire con quanta confidenza usava quel gergo. «Perfino per gli altri quello fu un gesto esagerato, lui andò via dopo essere stato cacciato, è latitante da allora. Io non avevo nessun precedente così lasciai tutto, finii la scuola e entrati in polizia.»
«Per cercarlo?»
Nagato annuì. «Mi dispiace se ti ho trascinato in tutto questo. Mi dispiace se ti ho sballottato per metà paese ma...»
«Ma è qualcosa che dovevi fare.»
«Naruto...» gli mise una mano sulla spalla.
«Avresti dovuto dirmelo.» Si alzò con calma dirigendosi in camera sua. «Non mi piace quando mi tratti come un bambino.»
Chiuse la porta e si lasciò cadere sul letto fissando il soffitto. Dopo tutto, anche sapendo ogni cosa, non poteva fare nulla. Sentirsi così impotente era davvero fastidioso.
 
 
 
[1] No More Dream dei BTS tradotto in inglese.

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Capitolo 8
*** Capitolo 6: L’irrazionalità del saggio e la ragionevolezza del folle. ***


Capitolo 6: L’irrazionalità del saggio e la ragionevolezza del folle.


 
«Che caldo!» Deidara si sventolava energicamente con uno dei menu. «L’aria condizionata è ancora rotta?»
«Già.» Uno sbuffo di fumo uscì dal naso di Yahiko. «Se ne sta occupando Kisame, credo.»
«Andiamo bene...» sbuffò Deidara.
Konan si sedette sullo sgabello alto rubandogli la sigaretta.
«Ehi!» Konan ridacchiò. Yahiko si arrese subito. «Hai sistemato i microfoni?»
Lei annuì.
«Ancora non mi parli, vero?»
Annuì ancora e lui sbuffò.
«Capo ma che le hai fatto?» chiese confuso Deidara.
«Niente, lascia perdere...»
 
«Naruto! Svegliati!» Nagato gli tirò via le coperte scatenando l’ira di un assonnato Naruto.
«Ma sei matto? Lasciami dormire almeno!»
«Sei stato sospeso, ergo: sei in punizione! Nei prossimi due giorni non ti toglierò gli occhi di dosso!»
«Sei inquietante, sai?»
«Vestiti!» Dalla sera prima Nagato si sentiva stranamente sereno, forse era perché si era tolto un enorme peso dallo stomaco.
Naruto entrò controvoglia in auto e continuarono a discutere di quella pazzia (come la chiamava il ragazzo) per tutto il tragitto.
Quando arrivarono di fronte la stazione di polizia, Nagato tirò su il nodo della cravatta e gli disse di seguirlo senza perdersi.
Naruto si guardava intorno meravigliato e anche un po’ intimorito. L’ufficio di Nagato era pieno di piccoli cubicoli, il suo, in particolare, aveva la scrivania sommersa di documenti messi alla rinfusa, non era per niente diverso dal suo studio a casa.
«Oggi non ho molto da fare, credo che staccherò prima di pranzo. C’è un ristorante qui di fronte che fa della carne buonissima!»
«È uguale.»
«Smettila di tenermi il muso!»
«E io che dovrei fare fino a pranzo?»
«Riflettere sulle tue azioni?» non credeva nemmeno lui di aver detto quella frase.
«Mi annoierò a morte...»
Passò tre lunghissime ore a fissare le lancette dell’orologio prima che potesse vedere qualcosa di interessante.
«Naruto-kun?» Hinata rimase un po’ spiazzata nel vedere il ragazzo sciolto sulla sedia.
«Hinata? Che ci fai qui?»
«Ho portato il pranzo a mio padre. Tu piuttosto che ci fai?»
«È davvero una lunga storia! Ma, aspetta, perché non sei a scuola?»
«Hanno sospeso anche me.» Abbassò lo sguardo un po’ abbattuta.
«Mi dispiace. Ma almeno così abbiamo due giorni in più di vacanza!» Naruto sghignazzò finché Nagato non lo colpì in testa con una cartelletta. «Torno subito, non muoverti da qui!»
Hinata rise divertita e si sedette vicino a lui. «Nonostante tutto, sembra che stai bene.» abbassò lo sguardo per un momento. «Naruto-kun ieri... hai parlato con mio padre?»
Lui annuì.
«Cosa ti ha detto?»
«Che non ti devi preoccupare e che è fiero di te in ogni caso.» vide Hinata sorridere come mai prima nonostante stesse fissando ancora il pavimento, fu felice di vederla così. «Si è arrabbiato molto?»
«No, anzi mi ha chiesto se stavo bene e ha detto che avrebbe parlato con i miei professori dopo le vacanze.» Continuava a sorridere spensieratamente. «Grazie, Naruto-kun.» Si avvicinò lentamente e baciò il suo eroe.
Naruto rimase inaspettatamente sorpreso, poi divenne nervoso ma alla fine si abbandonò semplicemente a quelle morbide labbra che profumavano di pesca.
Nagato si schiarì la voce sghignazzando un po’.
Hinata si staccò diventando tutta rossa in viso, salutò balbettando e andò via barcollando un po’ e cercando di non inciampare.
«E tu che nemmeno volevi venirci!»
«Scemo!»
Nagato continuava a ridere. «Dai, andiamo a mangiare.»
 
«Sasuke, stai uscendo?» la voce di Itachi lo raggiunse all’improvviso facendolo trasalire mentre si infilava le scarpe.
«Si, ho delle cose da fare.» riprese i fogli dal mobiletto all’ingresso e uscì.
Sbuffò per tutto il vialetto, continuò a sbuffare e a essere irritato mentre attraversava la piccola strada e bussò in modo altrettanto infastidito.
Il ragazzo dall’aria assonnata e i capelli spettinati aprì la porta. «Ah, sei tu.»
Il biondo minava seriamente alla sua calma. «Quanta cortesia.» disse lui porgendogli i fogli. «Kakashi mi ha detto di portarti i compiti.»
«Ah, grazie.»
«Naruto! Devo andare! Mi hanno chiamato alla centrale!» Nagato uscì mettendosi le scarpe velocemente non lasciandogli nemmeno il tempo di ribattere. «Meno male che dovevi tenermi d’occhio.» sussurrò. Dopo la sera prima, tuttavia, Naruto aveva deciso di chiudere un occhio su quelle notti passate fuori, a patto che non esagerasse.
Sasuke lo guardò confuso. Naruto nel frattempo stava sfogliando il fascicolo, Sasuke lo vide fare strane facce.
«Mi prendi in giro? Abbiamo davvero fatto ‘sta roba?»
«Non sei serio, vero?»
«Non guardarmi come se fossi un idiota!»
«È piuttosto difficile!» Sasuke sospirò un po’ esasperato. «Vuoi... che te li spiego?»
«Lo faresti?» arrivato all’ultima pagina Naruto aveva quasi le lacrime agli occhi. «Dopo questa sospensione, se non miglioro almeno i voti rischio seriamente la bocciatura.» fece una faccia spaventata «Dovrò chiamarti senpai
Sasuke rise al solo pensiero di un Naruto dalla voce sottile che lo chiama “Sasuke-senpai”. «Va bene, va bene, ti aiuterò.»
«Grazie!» lo guardava con gli occhi brillanti come se fosse la mattina di Natale. «Mi ero sbagliato sul tuo conto, non sei poi così odioso!»
«Ok, però piano coi complimenti!» guardò l’orologio che aveva al polso «Però non ora, ho delle cose da fare. Dopo passa al bar se vuoi.»
«Agli ordini!» lo guardava ancora come se fosse il suo salvatore.
 
Perché aveva accettato non lo sapeva, perché aveva voluto fare il gentile proprio non lo capiva, che si stesse ammorbidendo?
Tolse il casco e sistemò i capelli guardandosi nello specchietto, era incredibile come sembrasse molto più grande solo con una giacca di pelle, forse il suo sguardo aiutava.
Il ragazzo gli venne incontro. «Ah, eccoti. Scusa il ritardo.» era molto giovane, poteva avere forse poco più di vent’anni.
«Non preoccuparti, sono io in anticipo.» il solito sorriso stampato in faccia.
«Allora, dove si va?»
«Dove vuoi tu.» disse sollevando in modo complice un sopracciglio.
Aveva imparato a sopportare i suoi martedì, era come se in quei giorni non fosse più lui, come se quelle ore passate in un letto a recitare potessero portargli via i pensieri fastidiosi. Eppure, quella sera, qualcosa non andava, non riusciva a concentrarsi, continuava a pensare al grazie detto in quel modo, al suo viso sulla sua schiena, al suo sguardo arrabbiato così simile al suo, a quella camicia bianca che aderiva ai suoi addominali... Dannazione, ci stava davvero pensando in un momento simile?
Forse quei martedì stavano diventando una brutta abitudine.
Il ragazzo lo guardò rivestirsi. «Sembravi distratto stavolta, tutto bene?»
«Solo un po’ di pensieri.»
«Intendevo distratto in un altro modo.» ridacchiò un po’ mentre si lasciava andare con la testa sul cuscino.
Sasuke lo fissò leggermente irritato.
«Ecco, quello sguardo di ghiaccio farebbe sciogliere chiunque.»
Il ragazzo sghignazzò in modo troppo familiare, Sasuke si girò e lo riprese a sé, non importava se vedeva la sua faccia, non importava se nella sua testa lui era lì, era troppo arrabbiato con sé stesso e, anche volendo, non riusciva ad ammettere che era attratto da lui. Era davvero una cosa fastidiosa.
 
Poteva farcela, poteva davvero migliorare quei voti mediocri? Probabilmente no, ma almeno ci avrebbe provato, non si sarebbe arreso così facilmente. L’unica cosa che non voleva fare era passare una serata a sentire quel burbero antipatico dargli continuamente dell’idiota, doveva impegnarsi.
Era appena arrivato in centro quando credette di vedere il “burbero antipatico” passeggiare. Non poteva essere lui, però la somiglianza era incredibile. Quello si girò verso il ragazzo di fianco facendo un sorriso brillante, no, non poteva essere lui, eppure... Quel pensiero lo ossessionò finché non arrivò al locale.
Naruto lo fissava di traverso mentre lo accompagnava nel retro.
«Che hai da guardare in quel modo?»
«Niente...» Ancora non ne era del tutto convinto.
«Possiamo metterci qui.» Si posizionarono al piccolo tavolo quadrato che di solito usavano per controllare il guadagno della serata, nell’angolo c’era ancora il logoro quaderno grigio; Sasuke gli sedette di fianco per stare più comodo.
Naruto tirò fuori i libri dal suo vecchio zaino.
«Dai, inizia e vediamo dove vai a parare.»
Il biondo si fermò al secondo passaggio dell’equazione. Sasuke lo guardò per l’ennesima volta esasperato.
«No, aspetta, posso farcela!» Si grattò la testa con la matita facendo strane smorfie al quaderno. «Non guardarmi in quel modo! Ce la faccio, giuro!»
«Dai, fa’ vedere.» Tirò fuori gli occhiali dalla tasca della giacca appesa alla sedia e iniziò a spiegargli cosa doveva fare ma Naruto non lo stava nemmeno a sentire. Era dura ammetterlo ma era dannatamente figo con quegli occhiali, sembrava l’attore di un telefilm.
«Ma mi stai a sentire almeno?»
«Si, si... solo non sapevo che portassi gli occhiali.»
«La sera le lenti mi danno fastidio.»
«Sei strano...» Sasuke lo fulminò, poi tornò alle sue spiegazioni con un tono un po’ alterato.
Dopo un’ora il cervello di Naruto fumava. «Basta ti prego! Non ce la faccio più!» crollò con la testa sul quaderno.
«Va bene, facciamo una pausa.» Si sgranchì un po’ le braccia.
Lo stomaco di Naruto brontolò.
«Non hai cenato?»
Lui scosse la testa. «Non pensavo ci avremmo messo così tanto.»
«E di chi è la colpa.» disse alzandosi «Dai, vieni.»
Passarono per il piccolo corridoio tra gli armadietti e entrarono nella cucina dove un, indaffarato ma calmo, Sasori stava preparando le poche ordinazioni.
«Ehi, Sasuke. Volete mangiare?» Gli passò due piatti di spiedini di carne con verdure, a Naruto venne l’acquolina in bocca al solo sentire l’odore di quella cucina.
Sasuke si sedette sul tavolo in ferro vicino la porta, Naruto ci rimase solo appoggiato. Iniziarono stranamente a parlare come se fossero vecchi amici.
«Quindi sei qui tutte le sere?»
«In pratica si, dopotutto si guadagna bene.»
«Forse dovrei trovarmi anch’io qualcosa da fare.»
«Dovresti prima pensare a studiare!»
«Vedi, fai sempre così, un secondo prima sei normale e poi diventi antipatico!»
«Sei tu che non vuoi sentirti dire che sei un asino!»
«Se sai che non voglio sentirmelo dire allora perché lo dici?»
«La pausa è finita!» Sasuke saltò giù dal tavolo ridacchiando un po’.
L’ora successiva fu ancora più intensa, tanto che Naruto vide Sasuke addormentarsi con la testa appoggiata sulla mano.
Era strano, con gli occhi chiusi e gli occhiali che iniziavano a penzolare, aveva uno sguardo quasi malinconico. Quel ragazzo dall’animo impassibile e freddo, dagli occhi costantemente arrabbiati, quel ragazzo che perdeva la calma solo con lui, lo stava lentamente trascinando in un mondo dove le sue preoccupazioni non esistevano.
Una ciglia era appoggiata su quella guancia bianco latte. Naruto sollevò la mano senza pensarci, quella piccola striscia nera minava alla sua perfezione.
«Che stai facendo?» Ancora con gli occhi chiusi, Sasuke gli afferrò il polso.
«Niente!» Naruto distolse subito lo sguardo. «Ora però è meglio se torno a casa, è tardi e tanto ormai non riesco a capire più niente.»
«Ok. Se ti serve ancora una mano dimmelo.»
«Va bene.» La voce gli uscì stranamente stridula. Si scrollò i pensieri di dosso e andò via.
 
Quel pomeriggio, dopo la scuola, Sasuke filò dritto al locale, aveva ricevuto un messaggio da Konan che aveva bisogno di lui.
«Ah, Sasuke, sei arrivato.»
Konan aveva dietro uno stressato Yahiko. «Per favore possiamo parlare due minuti?»
«Sasuke puoi dirgli che ora ho da fare?»
«Ma voi due ancora non vi parlate?»
«No, sono io che non gli parlo!»
La donna lo portò nel piccolo studio al piano di sopra e si preoccupò di chiudere bene a chiave la porta.
«Sasuke devi farmi un favore.» Aprì uno dei cassetti della scrivania e ne tirò fuori una busta gialla che però non era chiusa. «Ti ricordi di Nagato?»
«Si»
«Bene, potresti portagli questa?»
«Ok» Sospirò un attimo, qualcosa gli diceva che forse non doveva mettersi in mezzo.
«Mi raccomando non farti vedere da Yahiko!»
Sasuke aprì la porta e, purtroppo, il capo era lì fuori a braccia conserte. «Sasuke potresti farmi vedere quella busta?»
Il ragazzo sospirò ancora.
«Smettila, gliela darò e basta!»
Yahiko entrò nella stanza e chiuse la porta lasciando un confuso Sasuke fuori, ma si potevano sentire le loro voci alte.
«Non fare la stupida! Che pensi farà quando lo vedrà?»
«Non chiamarmi in quel modo! È la cosa più giusta da fare! O vuoi che lo trovi lui per primo?»
«Non sa nemmeno che è tornato!»
«E come lo sai?»
«E poi volevi davvero affidarla a Sasuke?»
Una piccola vena si gonfiò sulla fronte di Sasuke.
Entrò di colpo sbattendo la busta sul petto di Yahiko. «Voi due litigate quanto volete ma non mettetemi in mezzo!»
«E va bene! Ma non sarò io a dargliela!» Yahiko passo la busta a Konan.
«No No! Non contare su di me!»
I due si passarono quella dannata busta come se fosse una palla per almeno una decina di volte prima che Sasuke si spazientisse del tutto, la strappò dalle mani di Konan e uscì borbottando.
 
Quella sospensione si stava rivelando una manna dal cielo per entrambi. Quella mattina fu Hinata a invitare Naruto ad uscire e dovette attingere a ogni sua riserva per trovare il coraggio ma, in qualche modo, rimasero a casa tutto il tempo a parlare del più e del meno in maniera estremamente naturale, pranzarono insieme e Naruto fu estasiato dall’immagine di Hinata con il grembiule. Nonostante tutto, rimaneva sempre un po' freddo con lei, voleva davvero confidarsi fino in fondo ma non poteva, temeva di non essere capito, o, peggio, di trascinarla in qualcosa di troppo grande.
Guardarlo parlare con il suo grande sorriso sulle labbra fu l’ultima goccia. Hinata si avvicinò alla bocca mentre lui ancora parlava, forse quello era l’unico modo per zittirlo e, a quanto pare, funzionò.
Il silenzio cadde sulla casa vuota, solo il rumore dei loro baci lo spezzava. La ragazza sentiva le gote andare a fuoco solo che questa volta non era l’imbarazzo; Naruto si fermò per guardarla, le spostò una ciocca di capelli dal viso guardando i suoi occhi e riprese. Era possibile che Hinata fosse una fata che lo aveva stregato?
Il telefono squillò dalla tasca della ragazza.
Naruto la teneva ancora a sé, lei rise quando lui decise di non lasciarla andare. «Dai, devo rispondere!»
«Lascialo suonare, mi piace la canzone!» le disse avvicinandosi ancora al suo viso.
Lei rise ancora e finalmente riuscì a liberarsi. Rispose al telefono tornando seria, disse qualche si come fosse una macchina poi riagganciò sbuffando.
«Devo andare.»
Naruto si lasciò andare sul divano sconsolato.
 
Appena girò l’angolo, Sasuke vide la ragazza uscire dalla casa e salire sulla bicicletta. Involontariamente le lanciò un’occhiataccia, per fortuna era troppo lontano per poter essere visto, il fatto che a volte si abbandonasse all’irrazionalità era davvero il suo più grande difetto.
Tornare alla calma non servì a molto. Appena il biondo aprì la porta, Sasuke lo vide passare dalla felicità assoluta allo sconforto totale. «Ah, sei solo tu...»
Lottò con tutte le sue forze l’istinto di tirargli via ogni singolo capello.
«Cercavo tuo zio.» Lo disse come una macchina mostrandogli la busta, non una singola emozione doveva venir fuori, era meglio per entrambi.
Naruto rise un po’ per prenderlo in giro. «Ti sei messo a fare il postino ora?», ma lo sguardo da “Ora muori!” di Sasuke lo bloccò. Si schiarì la voce e tornò serio ma gli uscì una voce un po’ stridula. «Non è in casa ora...»
Sasuke sbuffò sconsolato, tanta fatica per nulla.
«...ma se vuoi puoi darla a me.»
«Non credo sia il caso, sono documenti importanti a quanto pare.»
«Non fa niente, li metterò nel suo studio, non ha senso che ritorni. Dai, entra.»
Sasuke lo seguì a malavoglia. La casa non era per niente grande, tuttavia il salotto era davvero accogliente, non era per niente fredda e abbandonata come casa sua.
Probabilmente quel giorno quella busta fu sballottata troppo, mentre Naruto camminava verso il corridoio qualcosa scivolò fuori. Il biondo piegò la testa e rimase leggermente, anzi un bel po’, scioccato, si piegò per raccogliere la fotografia con lo sguardo fisso sul viso di sua madre.
Kushina sorrideva ad occhi chiusi tenendo stretto a sé il braccio di Minato; alle loro spalle, Yahiko aveva appoggiato una mano sulla spalla del giovane e Nagato teneva la mano della sorella, di fianco a lui, un uomo dallo sguardo calmo ma severo, teneva sulle spalle un bambino sorridente. Alle loro spalle, Konan e tutto il bizzarro gruppo del bar sorridevano felici.
«Sasuke... quei tuoi amici... non è che fanno parte della mafia?» Non si girò, attese solo la risposta.
Il moro aprì e richiuse le labbra varie volte cercando di trovare le parole per rispondere a quell’inaspettata domanda, ma vide Naruto lì in piedi a fissare quella foto, una cosa che lui ricordava di aver fatto troppe volte. «Si...»
Naruto si girò di scatto, chiuse la porta d’ingresso lasciando le chiavi vicino e svuotò il contenuto della busta sul tavolo basso.
«Non credo che dovresti farlo... non ne verrà niente di buono.»
«Sta’ zitto e vieni qui!» Forse, alla fine, poteva davvero fare qualcosa, o almeno cercare di capire. «Tu li conosci, quindi mi aiuterai!»
«E se non volessi?»
«Lo farai!»
«Perché?»
Non lo guardava, era troppo impegnato a sistemare quegli strani documenti. «È difficile dirlo... ma ho bisogno di te...» Si girò per guardarlo, aveva in viso l’espressione di chi sta davvero per imbattersi in qualcosa di troppo grande. «Ti prego...»
«Va bene.» Sasuke si sedette di fianco a lui su quell’orribile divano verde. «Da dove iniziamo?»
Naruto gli passò la foto. «Gli altri li ho conosciuti o almeno visti in giro, ma quell’uomo... lo conosci?»
Sasuke la prese in mano e riconobbe suo padre. Quella era davvero una cosa che non si sarebbe mai aspettato. «No. Non l’ho mai visto.»
 
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 7: La felicità è come una lastra di vetro: non la vedi finché non ci sbatti contro e va in frantumi troppo in fretta. ***


 
Capitolo 7: La felicità è come una lastra di vetro: non la vedi finché non ci sbatti contro e va in frantumi troppo in fretta.
 


«Ok. Fin’ora sembra essere tutto uguale a quello che ha detto mio zio... è un po’ sconfortante... chissà che speravo di trovare.»
«Aspetta, guarda qui.» Sasuke gli passò un paio di fogli davvero sottili.
«Questa roba non dovrebbe trovarsi alla polizia o qualcosa del genere?»
«Non lo so, ma...» glielo strappò dalla mano «...non credo ti farebbe bene guardarli.» Alzò il documento sopra la sua testa mentre Naruto cercava di afferrarlo.
«Non sono affari tuoi! Da’ qua!» Sasuke si alzò per evitarlo dirigendosi verso la cucina. «Si invece! Hai chiesto tu il mio aiuto!»
«Non era quello a cui mi riferivo!» Il biondo lo placcò facendo finire entrambi a terra.
«Levati!» Sasuke non riusciva ad alzarsi con lui sulla schiena ma, l’occhio di Naruto finì sui fogli.
«Qui dice che hanno... sparato a entrambi prima di far esplodere la caserma.» Era pericolosamente vicino al suo orecchio, lo sentì sussurrare: «Bastardo... mi ha mentito ancora...» Il biondo si alzò strappando i fogli da terra.
«Non puoi saperlo...» Sasuke si mise seduto guardandogli le spalle. «Voglio dire... quei documenti sembrano originali... probabilmente nemmeno lui lo sapeva.» “Cosa credi farà quando lo vedrà?”Che Yahiko si riferisse a questo?
«Tu credi?»
Sasuke si alzò e andò a fissare quel macabro documento da dietro di lui, poteva vedere quel viso segnato dalla confusione, in poche ore i tratti semplici che ammirava erano diventati fin troppo simili ai suoi. Una pallottola alla tempia e una al petto, poi carbonizzati; per lui era l’omicidio perfetto, lo diceva sempre. Come poteva dire a Naruto che l’uomo che gli aveva portato via i genitori era suo padre? Come poteva dirgli di avere lo stesso sangue di colui che probabilmente stava imparando ad odiare?
Naruto ormai stava capendo di essersi messo in mezzo a qualcosa di troppo grande, ma non sapeva come uscirne. Se davvero suo zio non sapeva nulla si domandava il perché gli era stato tenuto nascosto, il perché quei documenti erano in mano a quello che doveva essere il suo migliore amico e perché non c’era nessuna traccia di quell’uomo. Pensò solo che l’unica persona che potesse sapere qualcosa e che poteva aiutarlo era alle sue spalle, ma perché aveva voluto aiutarlo? Non voleva girarsi, quegli occhi gli ricordavano quelli dello zio, così profondi eppure senz’anima, capaci di scrutarti nel profondo e distruggerti, semplicemente inquietanti. Eppure aveva ammirato quel ragazzo arrabbiato fin dall’inizio, così menefreghista della vita e di chi aveva intorno, capace solo di pensare a cos’era meglio per sé. No, non era del tutto vero, perché aveva deciso di aiutarlo. Così tante domande e nessuna risposta lo facevano precipitare nell’ansia.
Le teste dei due ragazzi scattarono verso la finestra quando l’auto si fermò. Naruto raccattò tutto e andò a lanciare la busta sul suo letto, poi prese un paio di quaderni e li mise alla rinfusa sul divano, in seguito fece scattare la chiave.
«Cosa sei una specie di genio del male?» ridacchiò Sasuke.
«Sta’ un po’ zitto!»
Nagato entrò stropicciandosi gli occhi con il braccio. «Sono a casa.»
«Bentornato.»
«Buonasera.» Sasuke si sentì stranamente rigido.
«Ah, Sasuke-kun. Come mai qui?»
«Mi stava aiutando con i compiti.» rispose prontamente Naruto, si vedeva che non era la prima volta che gli mentiva, alla fine si sentiva sempre un po’ ipocrita.
Nagato rise. «Povero Sasuke, allora!»
«Scemo!»
Sasuke rise un po’ imbarazzato mentre si inchinava educatamente. «Ora però stavo andando via.»
«Salutami Itachi allora.» Nagato lo salutò con la mano mentre si dirigeva verso il frigorifero.
«Certo.»
Nagato scrutava il frigo godendosi l’aria fresca. «Sono contento che andiate d’accordo. Sasuke non credo sia il tipo di ragazzo capace di avvicinare gli altri, forse la tua compagnia lo aiuterà.»
«Alla fine non è una brutta persona.» Naruto fissò la finestra guardandolo entrare in casa. «Anche se continua a chiamarmi idiota.»
«È perché lo sei!» La risata di Nagato fu quasi contagiosa.
 
L’estate stava procedendo stranamente bene, il caldo e le vacanze avevano impigrito un po’ tutti, perfino l’iperattivo Naruto.
Se ne stava seduto alla sua scrivania a fissarne l’ultimo cassetto, doveva fare di tutto per non far diventare quella faccenda una specie di ossessione, ma non era semplice. Per giorni era stato tentato di riaprire quella busta e cercare di scoprire qualcosa in più, ma l’unica cosa che riusciva a fare ogni volta era fissare quella fotografia, sembravano tutti così felici insieme, era inquietante pensare che la vita li aveva messi uno contro l’altro.
Alla fine cedette e aprì quel cassetto, ma il telefono in salotto squillò, che fosse un segno dell’universo?
# Nagato? # La voce all’altro capo era profonda e calma, nonostante il chiasso in sottofondo. # Sono Itachi. #
«Mi spiace, mio zio non è in casa.»
# Ah, Naruto-kun. Mi spiace disturbarti ma Sasuke ha chiamato dicendo di non sentirsi bene, potresti andare a controllare? #
«Va bene...» Naruto sbuffò leggermente, ma almeno così si sarebbe distratto.
Suonò più volte il campanello senza ricevere risposta. Stava per rinunciare, infondo se aveva detto di non sentirsi bene era probabile che stesse riposando, tuttavia Sasuke aprì la porta poco dopo.
«Sei seccante lo sai?»
In viso aveva un ghigno seccato un po’ diverso dal solito e anche un grosso livido al lato dell’occhio. Non voleva che qualcuno lo vedesse così, forse perché sminuiva quella sua aria stoica o forse semplicemente perché non voleva sembrare indifeso, soprattutto non voleva che fosse lui a vederlo così.
«Chiudi la bocca o ti entreranno le mosche.» Sasuke si girò rientrando in casa e facendogli segno di entrare.
«Scusa è che non pensavo che anche tu potessi prenderle.» Naruto ridacchiò d’istinto.
«Non le ho “prese”!» Sasuke si girò con un’occhiataccia ma, guardando l’altro con gli occhi strizzati e il sorriso a trentadue denti, non potè fare a meno di distogliere lo sguardo arrossendo leggermente. Si scosse i pensieri dalla testa e riprese la bustina di ghiaccio che già iniziava a gocciolare dal mobiletto.
«Comunque, visto che sono qui, devo farti vedere una cosa.» Naruto prese la fotografia dalla tasca di dietro dei pantaloni. Sul retro, tempo prima, era stato scritto qualcosa, probabilmente a matita perché, adesso, ne rimaneva solo la traccia sulla carta liscia e lucida; Naruto aveva colorato i contorni riportando la scritta alla luce. «Credo sia un indirizzo, o qualcosa del genere.»
Sasuke gliela strappò dalle mani. «Non ti fa bene. - lanciò un’occhiata alla finestra - Questa cosa ti sta facendo impazzire. Non avevi una ragazza una volta?» puntò fuori dalla finestra abbozzando un sorriso. Hinata stava aspettando fuori di fronte la casa di Naruto guardandosi i piedi.
Sasuke lo vide correre verso la ragazza, sorridergli, inchinarsi più volte in modo goffo per scusarsi, baciarla...
 
Si era sempre chiesto come fosse suo padre prima di quello, sembrava sorridente, fiero della sua vita, se non lo conoscesse avrebbe detto che fosse perfino felice. Felice come suo fratello, probabilmente a quei tempi era il suo grande eroe, come ogni figlio dovrebbe vedere il proprio padre. L’altra cosa incredibile era la grande somiglianza tra Nagato e Naruto, erano due gocce d’acqua, ma il sorriso, quello, era di Kushina.
Mise la foto dentro il libro sul suo comodino e scese le scale.
Itachi era come ogni sera libera seduto al tavolo della cucina a studiare. A Sasuke era sempre piaciuto vederlo con il naso sui libri e ancora non aveva capito perchè preferisse studiare da casa invece di seguire le lezioni, o semplicemente non voleva ammettere che forse era per colpa sua.
Si soffermò un po’ sulla porta ad ammirarlo prima di aprire bocca. «Nii-san...»
Itachi gli rispose con un lieve suono della gola.
«Hai più avuto sue notizie?»
Itachi si tolse gli occhiali appoggiandoli sul quaderno, poi si stropicciò un po’ gli occhi sospirando.
«Lascia perdere.» Sasuke si arrese alquanto subito.
Itachi lo fermò mentre stava per andarsene. «Perché ora?»
«Già... perché...» Sospirò alzando lo sguardo al soffitto. «Ancora non mi hai detto perché sei andato via quelle due settimane.»
Itachi non rispose.
«È qui vero?»
Itachi annuì, anche se entrambi si stavano dando le spalle, in qualche modo, Sasuke lo percepì e abbozzò uno strano sorriso all’angolo della bocca. «Lui... la rivedrà presto...»
Sasuke si appoggiò alla porta con la mano. «Peccato... avrei preferito farlo con le mie mani.»
«Non dire questo genere di cose.» Itachi si girò a fissare la schiena del fratello. «Tu non sei come lui.»
Sasuke ritornò in camera sua senza mai girarsi.
Tu non sei come lui... C’è stato un momento in cui avrebbe dato di tutto per essere come suo padre.
Quella persona tornò a spezzare i suoi pensieri.
«Portami a quell’indirizzo.» Naruto se ne stava di fronte a quella porta con un’aria euforica e disperata allo stesso tempo, tuttavia non riusciva a guardare il moro negli occhi, aveva sempre la sensazione che per qualche motivo c’entrasse anche lui in quella storia assurda, o forse lo credeva solo per scacciare via il pensiero di averlo trascinato a forza.
«Perché io?» Sasuke stava lì a fissarlo in modo serio, aveva un po’ paura della sua risposta.
«Bhè, tu hai una moto e poi ti sei preso la mia foto prima...» A volte è difficile ammettere qualcosa perfino a sé stessi, ecco perché si finge, solo che Naruto non ne era mai stato capace.
«Naruto, perché io
Abbassò lo sguardo ancora di più. «Credo... che tu sia... l’unica persona di cui posso fidarmi...» Prese un grosso respiro pensando al fatto che ci fosse la possibilità che suo zio gli avesse tenuto nascosto qualcosa di più grande.
Per Sasuke fu come una pugnalata in pieno petto. «Va bene, ma domani, ora è troppo tardi.» Con gli occhi tristi e un po’ arrabbiati lo vide riprendere il suo solito volto sereno. Era come un bambino, non riusciva a nascondere nessuna emozione, forse era quella la cosa che gli piaceva di più in lui.
La mattina seguente, Naruto uscì preso di casa, lo aveva aspettato seduto sul gradino di casa sua per quasi due ore, quando Sasuke uscì lo trovò con la testa appoggiata allo stipite della porta mezzo addormentato. Lo scosse leggermente sulla spalla e il biondo scattò in piedi un po’ spaventato gridando «Sono sveglio!», Sasuke ridacchiando gli rispose «Se lo dici tu!»
Prima di uscire aveva impostato l’indirizzo sul cellulare, era un po’ fuori mano, verso le campagne, ma non troppo lontano dalla città.
Naruto prese al volo il fastidioso casco rosa, rigirandolo tra le mani notò scritto Karin in rosso ad una angolo della visiera. «Allora hai una ragazza...» ridacchiò un po’.
«Che?» Sasuke si girò confuso e lui gli mostrò la scritta. «Ah, lei.» si rigirò verso la moto «Siamo stati insieme per un po’, ma non ha funzionato.»
«Però per tenere ancora qualcosa di suo devi provare ancora qualcosa...»
«Siamo cresciuti insieme, è come una sorella, se non avesse insistito tanto non mi sarei mai messo con lei.»
Il moro gli sembrò pensieroso mentre ne parlava ma Naruto si mise a ridere all’improvviso.
«Che hai?!»
«Niente!» aveva quasi le lacrime agli occhi «È che mi sono immaginato te e la tua ragazza che passeggiate, lei che parla sempre e tu con la solita aria annoiata e le mani in tasca che nemmeno la ascolti.»
Sasuke sentì come una freccia attraversagli il petto: ci aveva preso in pieno! Probabilmente Naruto si accorse che era arrossito un po’ e aveva assunto un’aria semi-sconvolta perché iniziò a ridere più forte. «Smetti di ridere e sali! Scemo!»
 
Dopo un quarto d’ora si erano lasciati alle spalle le caotiche e affollate strade cittadine, iniziavano a sfrecciare gli alberi e le pittoresche risaie, sembrava che avessero cambiato epoca. Non si sentivano più i ruggiti dalla giungla di ferro e vetro.
La strada finiva di fronte la lunga scalinata di un vecchio tempio, Naruto non diede nemmeno il tempo a Sasuke di spegnere il motore che lui era già a metà della scalinata. Quando Sasuke lo raggiunse, era in piedi alla fine delle scale un po’ impietrito, in viso aveva un’espressione mista tra la determinazione e il terrore, entrambi infondo sapevano cosa aspettarsi.
«Nagato non mi ha mai detto dove fossero... so che li andava a trovare spesso ma non so il perché non abbia mai voluto che li vedessi.»
Parlava dei suoi genitori come se fossero semplicemente in una casa lontano da lui, essere lì concretizzava il fatto che non li avrebbe mai incontrati. Sasuke gli mise una mano sulla spalla. «Forse dovresti tornare qui con lui.»
«No, è una cosa fra me e ... loro ...»
«Allora, dovresti andare.»
Mentre Sasuke stava abbassando la mano, Naruto gli afferrò il polso, lo stringeva come se fosse il suo unico appiglio. «V-vieni con me.» parlava con un nodo in gola. Sasuke annuì prendendo un gran respiro per entrambi.
Erano lì, sotto le fronde di un grande pesco; Sasuke lo aspettava poco più distante.
Naruto si inginocchiò lentamente, era lì ma non sapeva cosa fare o dire, ripensò alle parole di poco prima.
«Che dovrei fare?»
«Non lo so, parla con loro... magari salutali, puoi fare quello che vuoi... puoi anche solo stare lì...» Le parole stranamente gentili di Sasuke gli diedero la decisione per andare avanti.
Naruto iniziò a fissare la foto di sua madre, era stata scattata mentre si stava girando, il vento le agitava i capelli rosso fuoco, gli piaceva pensare che dietro la camera ci fosse stato suo padre, Kushina sorrideva in modo caloroso e sincero. La accarezzò delicatamente con un dito. Minato, invece, sorrideva in modo serio con addosso l’uniforme, gli occhi però sembravano guardare oltre quel momento.
Non fece nulla e alla fine non riuscì nemmeno a pensare a niente da dire, ma era felice che quel luogo fosse pieno di pace, lontano da tutto quello che sarebbe potuto accadere in futuro.
Quando si alzò indugiò ancora un po’ guardando l’incenso che aveva acceso fumare, poi, girandosi, notò Sasuke appoggiato in piedi ad un albero a braccia incrociate, era davvero stato lì ad aspettarlo. Aveva sempre pensato che ci fosse di più oltre il suo sguardo annoiato e serio e, il fatto che guardasse quel luogo come se ne fosse abituato, gli faceva pensare che anche nel suo armadio ci fossero degli scheletri.
 
Ultima sera d’estate, ultimo momento di libertà prima di tornare alla normale routine.
Appena uscì di casa vide il ragazzo alto alzare il mento del moro, abbassarsi leggermente e lasciargli un bacio sulle labbra, andò via senza parlare.
Quando i loro due sguardi si incrociarono entrambi salutarono con la mano, si incrociarono al centro della strada e iniziarono ad avviarsi insieme.
«Non è un po’ troppo grande per te?»
Sasuke camminava con le mani in tasca e in silenzio a testa un po’ bassa. «Perché non hai reagito?»
«In che senso?»
Sasuke alzò le spalle. «Di solito quando lo scoprono, le persone, tendono a fare una faccia strana, anche se dicono che va bene rimangono comunque imbarazzati senza sapere che dire.» Naruto aveva reagito quasi come suo fratello tempo prima.
Passò un po’ prima che uno dei due ricominciasse a parlare, si iniziavano già a sentire le voci della festa.
«Uscivo con un ragazzo nella mia vecchia scuola.» Parlò velocemente come se volesse cacciare via quelle parole e per un secondo gli ritornarono in mente i suoi capelli rossi.
Sasuke si fermò all’improvviso lasciandolo camminare ancora un po’, aveva lo sguardo basso e un sorriso nell’animo incapace da percepire. «Quello era... un bacio di addio... lo stavo lasciando.»
Naruto si girò guardandolo con un sorriso gentile ad occhi strizzati ma lo sguardo di Sasuke che fissava le sue spalle lo fece voltare. Hinata lo salutò da poco più lontano con la mano, il kimono blu acceso e i capelli tirati su la facevano sembrare più grande. Naruto lasciò cadere le braccia e in viso aveva un’espressione accigliata e confusa, solo non ne sapeva il perché, o forse la sua mente lo stava rifiutando; andare avanti o tornare indietro? Era una domanda fin troppo frequente. Si girò in cerca di Sasuke ma non lo trovò, si era dileguato come un fantasma... ma si era voltato, contava solo questo, giusto?
 
Le voci e gli schiamazzi della festa cessarono all’improvviso quando il primo sparo annunciò lo spettacolo pirotecnico. I due alzarono gli occhi al cielo a guardare i colori scoppiare sopra la luna, ma Naruto sembrava guardare oltre quel cielo nero.
«Naruto-kun?» Hinata lo chiamò più volte, il ragazzo sembrò come essersi isolato, si girò quasi scosso da quel ritorno alla realtà. «Tutto bene? Sembri distratto.»
«Stavo solo... pensando.»
«Puoi dirmelo se ti preoccupa qualcosa.»
Stava sinceramente iniziando ad odiare quel sorriso. «Hinata...» la abbracciò dalla spalle «...non credo sia giusto...»
«Cosa?» Riusciva a sentire il suo tono leggero nell’orecchio.
Iniziò a guardarla negli occhi. «Credo che mi piaccia un’altra persona...» fu più brusco che schietto «... e non credo sia giusto nei tuoi confronti continuare a pensarci mentre sto con te...»
Non lo fece finire, gli accarezzò leggermente la guancia quasi come una madre e gli sorrise per l’ultima volta. «Va tutto bene, ho capito.»
Lui bloccò quella mano gentile afferrandola per il polso. «Sei... sicura?»
Annuì. «È da un po’ che i tuoi occhi sono cambiati...» Forse non riusciva a spiegarsi bene ma quelle erano le sue impressioni, quando lo aveva conosciuto quegli occhi erano calmi come il cielo, ora erano diventati impetuosi come il mare. Se fosse a opera di quella persona di cui lui parlava Hinata non lo sapeva, sperava solo che potesse dargli più conforto di quanto potesse dargliene lei. Gli sorrise davvero per l’ultima volta, gli disse: «Sii felice, Naruto-kun.», lo baciò castamente sulla guancia e si girò.
 
Stava camminando lungo la strada che costeggiava il fiume, da lì, per tornare a casa, si allungava un po’, ma quel fiume gli dava una sensazione di calma. La figura nera seduta sul pontile attrasse la sua attenzione.
«Ehi, “mister depresso”!»
Quando Sasuke si girò si trovò di fronte il suo solito sorriso. «Spiritoso!», si rigirò a fissare l’acqua.
Si sedette di fianco a lui. «Mi sono girato e non c’eri più, per un attimo ho pensato che fossi un fantasma!» O il frutto della mia crudele fantasia. Rise.
Sasuke non aveva voglia di conversare, continuava a lanciare sassolini nell’acqua, l’ultimo lo scaraventò con forza. «Sono stato chiamato.» Se Madara chiama non puoi non rispondere.
L’altro lo fissava. Questa volta aveva dei segni sul collo, segni di mani. Realizzò che c’erano troppe cose che non sapeva di lui.
«Devo andare ora.» Si alzò bruscamente, a stento si ricordò di prendere la spada che teneva di fianco; il biondo fissava l’impugnatura logora e piena di graffi e tagli.
 
Il ritorno a scuola fu un po’ traumatico per Naruto, Nagato lo aveva accompagnato per assicurarsi che arrivasse in tempo e si era beccato le raccomandazioni di ogni insegnante, l’unico momento libero fu a pranzo.
Salì sul tetto ma non vi trovò nessuno, la sera prima era stata strana, non avrebbe voluto che la conversazione finisse. Non era riuscito a parlargli in classe, ogni volta che ci provava lui tendeva ad andare via. Quel giorno, tuttavia, scoprì perché gli piaceva così tanto stare lassù. Dall’angolo dove di solito si affacciava Sasuke si riusciva a vedere in modo nitido la piscina, le nuvole si specchiavano nell’acqua, da lì sarebbe stato impossibile, ma sembrava davvero come se ci si potesse tuffare in un cielo sereno. Quel luogo lasciava scorrere via tutti i pensieri.
Qualche ora dopo, il biondo stava tornando dal campo da baseball e lo incrociò nel corridoio all’aperto, il fedele shinai era nel fodero che portava sempre alle spalle.
Si fermarono l’uno di fronte all’altro un bel po’ distanti.
«Ho provato a parlarti...» Scosse la testa, non voleva realmente parlare.
Lo sguardo truce di Sasuke, arrabbiato più con sé stesso che con lui, lo fulminò. «Per cosa? Non avevamo nulla da dirci.» riprese a camminare ma Naruto lo fermò per il polso appena gli fu di fianco. «Smettila di fare lo stronzo e ascoltami.»
Non aveva mai visto quello sguardo sul suo volto, era troppo simile al suo, non poteva permetterlo. La rabbia lo fece scattare, lo scaraventò con le spalle contro la parete di vetro facendola vibrare e scricchiolare, gli teneva il petto fermo con il braccio ad angolo. «Non hai nulla da dirmi! Ti ho aiutato, hai trovato quello che volevi, ora lasciami in pace!» Per te è meglio se smetto di starti intorno...
Non gli lasciava respiro, l’abitudine era tanto forte da farlo stringere come se fosse un nemico di qualche genere. «Perché...»
Non si aspettava quella risposta. Sgranò gli occhi e abbassò lo sguardo, non poteva rispondere, ma qualcosa lo fece scattare e arrabbiare. Glielo urlò contro a occhi stretti «Perché hai iniziato a piacermi!»
Naruto lo afferrò per la cravatta nera avvicinandolo alla sua bocca.
Lo baciò.
«Chi è ora l’idiota?»
«Sempre tu!»
 
Le dita si sfiorarono più volte mentre si dirigevano al cancello, entrambi non parlavano si guardavano intorno ridacchiando di tanto in tanto sopraffatti dai pensieri. Forse era egoista pensare di poter rimanere in quel momento ma non importava, c’era qualcosa nell’universo che continuava a bloccarli l’uno vicino all’altro, se non potevano fare nulla allora perché non arrendersi...
Continuarono così fino a quando arrivarono di fronte alle loro case.
«E ora?» Uno dei due lo disse ma lo pensarono entrambi. L’altro si limitò ad alzare le spalle.
Istintivamente le mani si erano incrociate completamente. Presero un gran respiro, si separarono a malincuore e si diedero le spalle senza guardarsi o parlare.
Entrambi indugiarono un momento guardando il riflesso dell’altro nel vetro della porta.
 
Un altro «Sono a casa.» detto a vuoto con la voce bassa.
Un’altra serata da passare in compagnia del silenzio, silenzio interrotto da un campanello suonato troppo insistentemente.
Non fece in tempo ad aprire la porta che Naruto era già attaccato alle sue labbra stringendolo dai fianchi. Non sarebbe stato giusto separarsi a quel modo.
Sasuke si scansò per riprendere fiato, per la prima volta dopo molto tempo stava sorridendo. «Non ti ho detto che potevi entrare.»
«Posso entrare?» disse l’altro ridacchiando.
«Scemo!»
La stanza in cima alle scale era piccola ma ordinata, a differenza della sua, non c’erano molti oggetti in giro, l’unica cosa che spiccava era la fotografia di Mikoto e Itachi incorniciata sul comodino, aveva il bordo strappato.
Il biondo si chiuse la porta alle spalle mentre ancora teneva Sasuke tra le braccia, nessuno dei due aveva voglia di staccarsi.
Sasuke fu il primo a sedersi sul letto, Naruto si piegò per continuare a baciarlo e lentamente lo fece sdraiare, era decisamente una prospettiva diversa. Le mani di entrambi andavano ovunque mentre le lingue rotolavano felici.
Sasuke lo fermò ancora. «Aspetta. Aspetta. Sei sicuro di-»
«Meglio se non finisci la frase! Ho fatto piangere una ragazza per te!», lo disse sogghignando.
«Ha davvero pianto?» Per chi conosceva Hinata almeno un po’ quello era davvero un pensiero assurdo.
«No. Ha sorriso e ha detto “Sii felice”» La maglietta di Sasuke finì chissà dove e con l’indice seguiva la linea dei suoi addominali, baciò leggermente il piccolo tatuaggio sulla spalla. «Quindi, se permetti, vorrei essere felice, adesso!» Sasuke rise, finalmente.
La pelle mischiata, le labbra attaccate, le leggere risate e i gemiti li strappavano a quell’odioso silenzio.
 
Sasuke stava riprendendo fiato appena di fianco a lui quando girandosi notò qualcosa sotto la gamba del letto. Sembrava un pezzo di carta, pensò di aver fatto cadere qualcosa così lo tirò via. Si mise seduto con il volto segnato dalla rabbia quando girandolo vide un inconfondibile piccolo Sasuke tenere la mano di quell’uomo.



 

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Capitolo 10
*** Capitolo 8: A volte “andare a casa” non vuol dire “tornare a casa”! ***


Capitolo 8: A volte “andare a casa” non vuol dire “tornare a casa”!


 
La luce della sala interrogatori della prigione ronzava fastidiosamente e le manette iniziavano a far prudere i polsi.
La porta di ferro si aprì e Nagato lanciò sul tavolo un fascicolo con una foto in un angolo della copertina.
«Non so dov’è.» dichiarò velocemente il detenuto abbandonandosi sullo schienale della sedia, si poteva vedere il ghigno della sua bocca anche con la testa abbassata.
Nagato girò la sedia e si sedette a gambe aperte appoggiando le mani sullo schienale, lo fissò per qualche minuto. «Io dico che menti.»
Kabuto alzò la testa inclinandola leggermente da un lato. «Diciamo che potrei saperlo...» si sistemò gli occhiali rotondi «... io che ci guadagno?»
Nagato si alzò e fece il giro del tavolo sorridendo leggermente e annuendo sarcastico a quelle parole. Abbassò la testa fino al suo orecchio e tese il braccio con un piccolo telecomando in mano verso il muro. «Diciamo... che me lo dirai lo stesso.»
La lucina rossa della telecamera si spense.
 
Sasuke stava riprendendo fiato appena di fianco a lui quando girandosi notò qualcosa sotto la gamba del letto. Sembrava un pezzo di carta, pensò di aver fatto cadere qualcosa così lo tirò via. Si mise seduto con il volto segnato dalla rabbia quando girandolo vide un inconfondibile piccolo Sasuke tenere la mano di quell’uomo.
Girandosi Sasuke iniziò a fissare le spalle larghe, con una mano risaliva quella schiena fino ad accarezzare il collo.
Bruciava ogni singolo centimetro che lui toccava e maledì il suo corpo quando con un brivido decise che voleva ancora quella mano. Naruto, mentre si rivestiva, lanciò la fotografia sul letto, girato com’era non riusciva a guardare lo sguardo sconvolto di Sasuke.
«Dove l’hai trovata?!»
Non lo guardava ancora. «Per terra. Dovresti almeno togliere di torno certe cose se vuoi mentire a qualcuno.» Quel tono calmo ma pieno di disprezzo era quasi inquietante.
Sasuke si alzò e andò a girarlo verso di sé. Non voleva guardarlo negli occhi, non ci riusciva, ma voleva che lui vedesse i suoi. Le pupille del biondo erano dilatate e l’intero viso emanava rabbia. Come previsto non riuscì a stare fisso su di lui per molto, abbassò lo sguardo quasi subito. Naruto gli prese il viso con una mano in modo brusco. «Almeno abbi il coraggio di guardarmi!» Lo lasciò e strinse i pugni, ma non poteva fargli del male, maledisse tutto se stesso. Alla fine lo scansò e uscì dalla stanza.
Sasuke si sbloccò quando lui non fu più nel suo campo visivo. Si rivestì in fretta scendendo le scale, lo fermò appena in tempo prima che girasse la maniglia.
«Aspetta!»
Si girò urlando a sua volta. «Aspettare cosa?» iniziò ad avvicinarsi «Tu lo sapevi! Sapevi tutto dall’inizio e hai pure provato a fermarmi! Che diavolo dovrei aspettare ancora? Che  arrivi l’ennesima ...»
«Ha ucciso mia madre!» Ora era Sasuke ad avere i pugni chiusi, ma non verso Naruto. Aveva gli occhi stretti e una lacrima trattenuta in un angolo. «Non volevo che lo incontrassi! Non voglio che metta in mezzo anche te!» si lasciò cadere sul gradino portando le mani ai capelli.
Naruto tirò un forte respiro e andò a sedersi di fianco al moro, appena gli fu vicino, Sasuke lasciò cadere la testa sulla spalla. «Scusa...»
«Scemo, non sei tu a doverti scusare.»
 
Quando Nagato tornò a casa la trovò vuota.
Il livido sulla nocca destra gli impedì di aprire il frigorifero ma in quel momento voleva solo bere. Puntò allo sportello più alto, a quello spazio dietro agli utensili inutili e a quei detersivi che non si usano mai, ne tirò fuori una bottiglia di whisky piena a metà e ne versò nel bicchiere pieno di ghiaccio. Non ne beveva mai, non gli piaceva quel sapore nella gola, eppure per assurdo gli piaceva l’odore.
Si lasciò cadere sul divano portando il bicchiere a rinfrescare la fronte.
La porta si aprì piano ma lui non si mosse.
«Sono a casa.»
«È tardi...» disse lui senza togliere il braccio da sopra agli occhi.
«Ho dovuto studiare.» Nemmeno lui ci avrebbe creduto.
Nagato tirò fuori qualcosa da sotto al cuscino lanciandolo sul tavolino facendo vibrare il liquido nel bicchiere. Calmo, non è un interrogatorio. Sghignazzò fra sé e sé.
Eppure a Naruto sembrò il contrario. Non aveva voglia di arrabbiarsi ancora quella sera, o di urlare, o di avere risposte che non voleva.
Entrambi non dissero nulla e a entrambi stava bene così.
Scaraventò il bicchiere contro il muro in uno scatto di rabbia non appena il nipote chiuse la porta della sua stanza. La sentiva di nuovo, quell’orribile sensazione che tutto stesse sfuggendo al suo controllo.
Il rumore lo fece spaventare e rimanere impietrito. Il cuore che batteva a mille gli implorava di smettere di intromettersi in tutto.
 
La luce accecante del sole dava fastidio agli occhi e entrambi sbadigliarono chiudendo le porte. Quando si girarono sembrò assurdo che fossero usciti nello stesso momento.
Sasuke gli sbatté la cartella sul petto non appena gli fu di fronte e senza guardarlo continuò a camminare, non voleva che lo vedesse sorridere. «Non lasciare la tua roba a casa mia!»
Si sentì picchettare sulla spalla. «Tu!» nel girarsi vide il biondo incredibilmente vicino alla sua faccia con gli occhi seri, «Per colpa tua non ho studiato...»
«Ora sarebbe mia la colpa?»
«Si!» Naruto gli infilò un dito nel nodo perfetto della cravatta avvicinandolo ancora di più per baciarlo. Sghignazzava a denti e occhi stretti. «Mi aiuterai?»
«No!»
Alla risposta schietta il dito sciolse velocemente il nodo e Naruto iniziò ad allontanarsi all’indietro mentre vedeva uno strano tic impossessarsi dell’occhio di Sasuke. Arrivarono alla stazione correndo.
 
Quando erano entrati nella stretta via Naruto aveva iniziato a camminare lentamente e una volta di fronte a casa gli aveva semplicemente chiesto di aiutarlo a studiare, sarebbe parso tutto normale se mentre lo diceva non continuasse a fissare casa sua. Ci aveva pensato un po’ tutto il giorno e ora mentre cucinava quei pensieri si erano ripresentati, gli dava fastidio vederlo incupito, insomma lui doveva essere quello allegro tra i due, pensò se non lo stesse contagiando.
«Ti sei davvero messo a cucinare?» Naruto lo schernì dal divano. «C’è almeno qualcosa che il grande Sasuke-sama non sa fare?» lo sentì ridere un po’, sussultò facendo cadere un po’ di salsa quando il biondo andò ad abbracciarlo da dietro. Appoggiò la testa sulla sua spalla fissando per un po’ la fiamma dei fornelli.
Sasuke lo scansò in modo quasi brusco. «Smettila. Se hai qualcosa da dire dilla e basta, mi da fastidio.»
«Scusi tanto sua maestà! Se do fastidio tolgo il disturbo.»
Essere così brusco era il suo più grande difetto. Andò a bloccare la porta con la mano appena prima che lui la aprisse, sospirò leggermente. «Volevo dire che puoi parlarmene se qualcosa non va.»
Naruto, ancora di spalle, gli prese le braccia e se le portò intorno al collo. «Non voglio parlare. Rimani solo così... solo per un po’...»
 
Il lampione sopra la panchina lampeggiava e ronzava un po’, Nagato si sedette con disinvoltura di fianco a un Fugaku un po’ nervoso.
Il rosso si accese una sigaretta e inspirò forte. «Ho visto Sasuke un po’ di tempo fa, sta iniziando a somigliarti molto.»
«No, sia lui che Itachi sono le copie di Mikoto.» rivolse un leggero sorriso al cielo «Allora? Hai avuto fortuna?»
Annuì. «Non si è spostato poi di molto ma non ti piacerà sentire dov’è.»
«Se stai per dirmi che ha sempre lavorato per il vecchio è una cosa che so già.»
«Dirlo prima magari...» Entrambi risero.
Fugaku si alzò di scatto. «Appena lo trovi, ti prego, portalo da me!» quello sguardo truce avrebbe gelato chiunque, ma Nagato non era chiunque.
Prese un’altra boccata. «Sai che non posso farlo. Anche se è lui che ha eseguito gli ordini non puoi ucciderlo, ci serve.»
«Dovrò accontentarmi dei pesci più grossi allora.»
 
«Ehi! Chi non muore si rivede! Che fine avevi fatto?» Deidara colpì forte la spalla di Sasuke non appena varcò la porta.
«Ho avuto da fare.» sia lui che Naruto si sedettero al bancone.
Yahiko da dietro il suo solito giornale stranamente sghignazzava. «Non state un po’ troppo insieme voi due ultimamente? Qualcuno non ne sarà felice!»
A Naruto un brivido attraversò l’anima.
Da un angolo Karin stava ascoltando, si precipitò a fissare Naruto dalla testa ai piedi. «Allora sei tu il motivo per cui il mio Sasuke non si faceva più vedere!»
«Non dovresti essere gelosa di me ora?» Suigetsu era dietro di lei a braccia conserte.
«Non puoi competere!»
Naruto iniziò inaspettatamente a ridere mentre la vena sulla fronte di Sasuke iniziava a gonfiarsi. Quel posto era come una seconda casa, o forse l’unica casa che ognuno di loro potesse avere, se non riuscivi a ridere e essere sereno sotto quel tetto non c’era posto al mondo in cui potevi riuscirci, su questo Sasuke poteva mettere le mani sul fuoco.
Da dietro il giornale la voce di Yahiko si sentì leggera anche sotto gli schiamazzi di Karin. «Comunque di sopra c’è qualcuno che ti aspetta, Sasuke.»
Il piccolo ufficio al secondo piano stracolmo di scaffali, cartacce e fumo, aveva sempre un’aria inquietante, quasi come se fosse la scena del crimine in un vecchio film poliziesco di serie B.
«Ah, Sasuke, siediti.» Obito gli fece segno mentre frugava fra le carte sulla scrivania e spegneva la sigaretta in un posacenere traboccante. «Sai perché ti ho chiamato?»
Sasuke scosse la testa ancora in silenzio, non capitava spesso che il capo uscisse da quella stanzetta e di certo che non capitava mai che chiamasse qualcuno di diverso da Yahiko.
«Già, come potresti saperlo.» fece uno strano sorriso, probabilmente nella sua mente voleva servire a rassicurarlo. «Sarò schietto. Tuo padre è riapparso nei paraggi di recente.»
Sasuke si alzò appoggiandosi alla scrivania e voltandosi verso la porta. «Non è affar mio.»
«Dovrebbe invece. Ricordi quello che ti ho detto su lui, vero?»
«Come potrei dimenticarlo...» tornò indietro e si lasciò andare sulla poltrona, voleva negarlo, ma sentiva che quella era una conversazione a cui non poteva sottrarsi.
«Bhè, sono più che sicuro che sia tornato per te.»
«Me?»
«Si, te, tuo fratello, sai per “rimettere a posto le cose”, in fondo è pur sempre vostro padre.» nel dirlo ignorò completamente lo sguardo del ragazzo.
«Ha smesso di essere mio padre molto tempo fa!»
«Già, ma tu fagli credere il contrario, avvicinati a li» si sporse verso di lui «Fagli credere che il passato è solo passato o una di quelle cavolate, spingilo a riconciliarsi e poi... » sbatté forte il pugno sul tavolo « ... portalo da me!»
Sussultò, «Perché dovrei?»
«Fugaku ha ancora un conto in sospeso con me, questo dovresti saperlo.»
«Non farò nulla di tutto questo! Come potrei anche solo fare finta...»
Obito fece il giro della scrivania e si appoggiò ai braccioli della poltrona di legno di Sasuke avvicinando il viso al suo fissandolo dritto negli occhi. «Stupido ragazzino. Tu lo farai... non perché vuoi ma perché te lo dico io.» si avvicinò al suo orecchio «Chi ti ha raccattato te e Itachi dopo che lui se ne è andato?»
Sasuke rimase in silenzio con la bocca semi-spalancata cercando con tutte le sue forze di non tremare per quella rabbia mista a puro terrore che i suoi occhi incutevano.
«Rispondi!»
«Voi.» disse istintivamente distogliendo lo sguardo.
 
Su quelle scale c’era sempre stato un preciso gradino in cui si iniziavano a sentire in modo distinto i rumori provenienti dal bar, Sasuke rimase lì in piedi per un po’ a sentire gli ignari burattini di sotto ridere come se esistesse solo quel momento. Si sedette senza pensarci troppo.
Naruto lo vide dal basso e iniziò a salire per raggiungerlo. «Che faccia! Tutto bene?»
Sasuke alzò lo sguardo al soffitto e sospirò leggermente. «Devo tornare a casa, ma non ne ho voglia...»
Naruto si accigliò leggermente e gli tese la mano. «Alzati! Il Sasuke depresso “mi da fastidio”!»
Lui lo ignorò guardando altrove così Naruto iniziò a tirargli le guance ridendo e facendogli il verso finché anche lui non iniziò a ridere. «Smettila di stare sempre a pensare.»
«È facile solo per il tuo cervello!» Iniziò a scendere lasciandolo con il dubbio che fosse più un complimento che un insulto.
«Sasuke?» L’altro si fermò poco più in basso e si voltò con le solite mani in tasca. «Noi... voglio dire... stiamo tipo insieme o...»
In effetti nemmeno lui ci aveva pensato più di tanto. Scoppiò a ridere: «E questa da dove esce?»
Sasuke poteva anche continuare a sghignazzare ma la faccia di Naruto divenne estremamente seria, quando lui la vide iniziò a risalire quei quattro gradini che li separavano e, ancora con le mani in tasca e un ghigno divertito, gli sussurrò nell’orecchio: «Non farei questo se non volessi stare con te.» Prese a baciargli il collo in un punto in cui al biondo sembrava piacere fin troppo. «Tu sei pazzo...» gli disse tra un respiro trattenuto e l’altro mentre anche lui cominciava a ridacchiare.
Quando alle loro spalle qualcuno si schiarì la voce, Sasuke, ridacchiando ancora un po’ e arrossendo leggermente, quasi lanciò via il povero Naruto. Dalle scale stava scendendo l’unica persona con cui Naruto avrebbe dovuto dividere il suo affetto.
 
Il fumo si mischiava all’alone delle luci delle sirene nel buio del molo. Nagato si appoggiò al finestrino aperto per guardare l’uomo alto di colore all’interno; «Meno uno...» sussurrò.
«Appena lui verrà a saperlo vi cercherà entrambi.» Il ghigno di disprezzo di Zetsu non era niente rispetto a quello di Fugaku che inerme da lontano aveva assistito all’arresto del carnefice che tanto aveva cercato.
Il viso di Nagato, invece, era calmo e sorridente. «è quello che aspetto.» Bussò un paio di volte sul tettuccio della volante che ripartì subito dopo.
 
 

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Capitolo 11
*** Capitolo 8.5: Un locale affollato dalla gelosia! ***


Capitolo 8.5: Un locale affollato dalla gelosia!


«Non hai altro da fare che stare a sbuffare tutto il giorno?» Karin passò di fronte al bancone con delle scatole in mano lamentandosi implicitamente che Suigetsu non la stesse aiutando.
«È incredibile...» Suigetsu, con la testa appoggiata alla cassa, sbuffò ancora.
«Cosa?» lei si girò nella direzione in cui stava fissando.
«Sta sorridendo, ti rendi conto? Sasuke sa ridere!»
I due erano seduti al divanetto nell’angolo, Naruto fissava con aria infastidita Sasuke che controllava i suoi ultimi test, continuava a sghignazzare senza dirgli nulla.
Naruto crollò sotto il peso dei suoi fallimenti e si sdraiò con la testa sulle sue gambe. «Ti prego smettila! Dimmi qualcosa!»
Sasuke si tolse gli occhiali scuotendo un po’ i capelli e guardò in basso dritto in quegli occhi da cerbiatto. «Forse c’è speranza...»
«Davvero?» Naruto scattò in piedi con gli occhi illuminati e stringendogli le mani, Sasuke arrossì leggermente distogliendo lo sguardo.
Karin prese d’impulso la pallina antistess di Hidan da vicino alla cassa e la lanciò forte verso di loro.
«AHIA!» Naruto la prese in pieno sulla nuca. Karin, tuttavia, ottenne l’effetto opposto da quello desiderato visto che Naruto per il dolore si accovacciò molto vicino al petto di Sasuke.
Era incredibile quanta gelosia riuscisse a provare in quel momento, sapeva che lo avrebbe fatto soffrire, per lei Naruto era solo l'ennesima figura che durava qualche settimana per poi scaricarlo.
La sveglia sul cellulare di Sasuke suonò insistente. «Devo andare a cambiarmi... Tu torna a casa e rivedi questi.» gli riconsegnò i fogli e si alzò con aria nervosa.
«Non ho voglia di tornare a casa... rimango ancora un po'.» Sereno Naruto iniziò a dirigersi verso il bancone con l'aria di un bambino in cerca di caramelle ma il tono brusco di Sasuke lo fece innervosire. «Non stasera! » Svanì negli spogliatoi.
Cosa aveva di tanto segreto da nascondere... Quelle parole erano state fin troppo sospette perfino per Sasuke. Aspettò che la folla iniziasse a riempire il locale prima di rientrare.
L'atmosfera era più allegra del solito e gli sembrò che ci fossero più ragazze del solito ma all'inizio non ci fece caso.
Itachi gli passò di fianco con un vassoio in mano e la sua solita aria splendente, poi fu il turno di Sasori con i suoi modi maturi e infine Suigetsu quasi inciampò vicino ad un tavolo con un fare quasi bambinesco, nel frattempo decine di ragazze chiacchieravano e ridacchiavano ovunque.
Quando arrivò al lato del bancone sull'unico sgabello libero notò Karin che dietro il bar digrignava i denti e torturava i bicchieri nervosamente. «Ma sentile! Nemmeno fossero divi del cinema! Come fanno certe ragazze a farsi abbindolare da quei sorrisi finti! Come se avessero una possibilità!»Naruto ridacchiò un po' pensando che in effetti aveva ragione almeno fino a quando lui non uscì dalla cucina. I capelli tirati giù a coprire una parte del viso, la camicia che senza la giacca sopra lasciava intravedere il suo addome stranamente più muscoloso del solito e in viso un sorriso misterioso che avrebbe ammaliato chiunque!
Un piccolo gruppo di ragazzine urlanti gli si avvicinò e lui con fare sfacciato tirò fuori dal taschino la rosa e la diede alla biondina di fronte.
Dietro il bancone Karin stava pulendo un lungo coltello con gli occhi luccicanti e iniettati di sangue, Suigetsu si girò spaventato ma trovò Naruto con lo stesso sguardo. «Naruto-kun, ho una mezza idea! » Suigetsu le abbassò il coltello in tempo ma lei trascinò il biondo nel retro del locale.
Aprì uno degli armadietti prese dei vestiti. «Mettili! » Quello sguardo iniziava davvero a contagiarlo. «Si! Ripaghiamolo con la stessa moneta! » Uno strano entusiasmo si insinuò in lui.
Quando la porta si aprì, le ragazze ammassate vicino a Sasuke rimasero immobili ad ammirare il nuovo solare acquisto del locale.
«Ho creato un mostro!» disse soddisfatta Karin quando quasi tutti gli alti rimasero senza ammiratrici.
Sasuke immobile con la testa bassa rifletteva su quale per prima doveva essere "eliminata", poi il suo sguardo fece sobbalzare Karin. Si avvicinò velocemente verso il biondo e lo trascinò via dal polso stringendolo talmente forte da lasciargli il segno delle dita. Naruto ancora rideva,  anche quando il moro lo spinse contro gli armadietti,  il rumore metallico lo riportò alla normalità, girò la testa e la abbassò leggermente «È stato un colpo basso...»
«Non pensavo che anche tu potessi fare quella faccia! »
«Dannazione! » Arrossì guardandolo ancora, non riusciva a togliersi la sua faccia dalla testa. «Ti avevo detto di non rimanere...»
Naruto gli spostò il ciuffo dal viso e si avvicinò pericolosamente «Ancora non hai imparato che non puoi darmi ordini...»
Finiva sempre così, metteva Naruto con le spalle al muro ma alla fine era sempre lui a finire nella sua morsa...

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