Due Anime

di Alexiochan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Occhi Opachi ***
Capitolo 2: *** Occhi Neri ***
Capitolo 3: *** Ti Offro Una Scelta ***
Capitolo 4: *** Una Vita Migliore ***



Capitolo 1
*** Occhi Opachi ***


Rosa McArthur era appena salita sul filobus che l'avrebbe portata a Reykjavík dopo una corsa sfrenata per raggiungere in tempo la fermata. I suoi settantatré anni le pesavano specialmente in questi momenti. Si lasciò cadere sui sedili consumati dal tempo e dalle varie persone che si erano sedute lì prima di lei. Finalmente il filobus partì e lei rilassò i muscoli delle spalle e del viso. Si guardò attorno con aria rilassata e solo in quel momento scorse la figura minuta accanto a sè. Era una ragazza sui sedici anni, i capelli castani tenuti in un caschetto corto e scalato erano schiacciati da un basco alla francese a quadretti marroni e beige. Indossava un cappotto color avana e ai piedi degli scarponcini marrone scuro. Le gambe sottili erano coperte da delle calze nere pesanti e la carnagione era nivea. Sembrava voler scomparire dentro al sedile da come si era sistemata: le mani con le nocche arrossate per il freddo intrecciate sul ventre, le ginocchia strette fra loro e metà viso nascosto dal bavero del cappotto. Rosa provò subito un moto di simpatia verso la sua giovane vicina di sedile, così decise di avviare una conversazione con lei, o almeno di provarci. 
-Fa freddo, eh?- la voce arrocchita da perfetta fumatrice incallita che caratterizzava la donna  risuonò quasi materna. La ragazza alzò appena lo sguardo su di lei per mostrare delle opache iridi grigio-verdi. Sembravano gli occhi di un morto, avevano perso la loro brillantezza e la pupilla non era del tipico nero petrolio ma di una sua variante opacizzata. Rosa sentì inconsciamente un brivido di paura percorrerle la spina dorsale e la simpatia di pochi istanti fa nei confronti della ragazza svanì. Ora le sembrava un fantasma, una creatura che non sarebbe dovuta essere lì, che non apparteneva a nessun posto in quel mondo. I suoi pensieri furono interrotti quando la giovane voltò il viso verso il finestrino senza osservare realmente il paesaggio. Delle piccole perle di cristallo diedero quel tocco di vita che mancava ai suoi occhi, quello che le persone chiamavano comunemente "tristezza". Si strinse di piú nel cappotto, apparendo ancora piú piccola di quanto non fosse in realtà. Rosa si ammutolì, la parlantina sciolta che la caratterizzava sembrava essere sparita. All'improvviso il filobus si fermò bruscamente e i suoi passeggeri vennero sbalzati in avanti. Rosa si massaggiò la mandibola che aveva sbattuto contro il sedile con un'espressione dolorante. Guardò di sottecchi la ragazza accanto a lei che aveva spostato le mani dal ventre al sedile davanti per non sbattervi. Sembrava tremare e la donna era certa non fosse per il freddo. La castana spostò freneticamente gli occhi lucidi da destra a sinistra e viceversa, l'inquietudine che provava traspariva da ogni suo gesto. Aveva voglia di piangere, Rosa poteva vederlo chiaramente; adesso non provava né simpatia né paura nei suoi confronti, ma solo compassione. La ragazza tamburellava ritmicamente sullo schienale del sedile che aveva davanti, sembrava nervosa e in cerca di concentrazione. Rosa la guardava cercando di capire cosa stesse facendo di preciso, quando tutti i passeggeri si riversarono fuori dal filobus gridando mentre l'autista intimava di scendere senza spingersi. Rosa fu costretta ad alzarsi e scendere assieme agli altri e ciò che vide una volta fuori dal filobus la pietrificò sul posto. Il filobus su cui era salita qualche minuto fa era fermo davanti ad un altro filobus, entrambi a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altro. Stavano per entrare in collisione frontale ma non era accaduto niente del genere, si erano fermati contemporaneamente prima di toccarsi. Rosa guardò come in trance i passeggeri e gli autisti che parlavano confusamente, le persone al cellulare con i propri cari che piangevano spiegando come si fossero salvate dalla morte, i due filobus che miracolosamente non si erano scontrati, i veicoli della polizia e le ambulanze che accorrevano sul posto per valutare i feriti e i morti che peró non c'erano. Rosa si voltò e vide la ragazza accanto alla quale si era seduta che la osservava, gli occhi spenti e lucidi sembravano pregarla di dimenticare che lei fosse salita su quel filobus. Due poliziotti le passarono davanti parlando concitatamente, coprendole la visuale e un istante dopo la giovane vicina di sedile era sparita.

 Qualche decina di metri da loro una figura snella osservava attentamente la scena, nessuna emozione traspariva dal suo viso mentre riponeva la videocamera ad alta definizione nella borsa e tornava sui suoi passi. 



Tana del disagio

Ehilà, ciao a tutti! 
Nello scorso capitolo non ho messo l'angolino autrice perchè mi vergognavo...è la prima storia completamente inventata da me che pubblico, spero la troviate interessante :)
Nei primi capitoli non sembra, ma è tutto collegato, lo sottolineo solo perchè rileggendo ho avuto questa impressione ^^
Che altro dire se non "al prossimo capitolo!"? Shiao!

Alexiochan 

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Capitolo 2
*** Occhi Neri ***


David Miller stava svolgendo la sua solita routine: trasportare con un carrellino i giornali di quel giorno e smistarli nei vari quartieri. Sotto il sole cocente del Brasile quell'incarico diventava quasi insostenibile, ma non aveva avuto altre idee per arrivare a fine mese. Si passò un braccio sulla fronte per asciugare il sudore con aria annoiata e affaticata, con la mente già pregustava il rientro a casa da sua moglie Sarah e la freschezza del ventilatore. Si accinse ad attraversare la strada guardando prima a destra e poi a sinistra per sicurezza. Era giunto a metà delle strisce pedonali quando un camion che procedeva a velocità impazzita sbucò all'improvviso dalla strada. David si paralizzò, gli occhi sgranati e la mano stretta sul manico del carrello. Ci vollero pochi secondi per fargli realizzare che quel pomeriggio non sarebbe tornato da sua moglie. Istintivamente cominciò ad attendere quasi con trepidazione il dolore del colpo e il successivo freddo della morte. Voleva che tutto ciò finisse in fretta. Ma il colpo non arrivò. Un'ombra gli apparve accanto e una luce accecante avvolse ogni cosa. Quando tornò a vedere dovette sbattere le palpebre un paio di volte prima di riuscire a mettere a fuoco. Era dall'altra parte della strada, ad una decina di metri da dove era prima. Il camion si era fermato di scatto poco dopo le strisce e l'autista si guardava attorno sconvolto, certo che stesse per mettere sotto qualcuno. David stava per morire, ne era certo, quel camion l'avrebbe investito se solo non fosse apparsa quell'ombra...come risvegliandosi da uno stato di trance si girò e dietro il suo carrello vide il suo salvatore: un ragazzo con un cappuccio nero sul viso. Indossava un paio di jeans logori e delle vecchie scarpe da ginnastica. La felpa nera che aveva addosso era strappata sul petto e sulle spalle, come se avesse appena fatto a botte. Ma la cosa che piú lo colpì erano i suoi occhi, di un nero profondo e spaventoso, sembrava che la pupilla si fosse dilatata fino a coprire tutta l'iride. Il ragazzo si girò e camminò nella direzione opposta alla sua con passo sbrigativo, di chi ha voglia di sparire in fretta. David rimase a guardarlo fino a quando non sparì dietro ad un angolo di un palazzo. Strinse il manico del carrello e riprese il proprio lavoro, gli occhi del ragazzo stampati indelebilmente nella mente. 

Nel frattempo, poco lontano da dove era avvenuto quel fatto straordinario, un figura sinuosa riponeva la videocamera ad alta definizione nella propria borsa e si allontanava per rientrare alla base e scaricare i dati appena raccolti sul computer. 

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Capitolo 3
*** Ti Offro Una Scelta ***


Il suono dell'ascensore annunciò alla donna l'arrivo a destinazione. Si affrettò ad uscire da quella scatola di metallo e raggiunse la porta di legno scuro dell'appartamento. Suonò il campanello ma nessuno venne ad aprire, da dentro non si sentiva un solo rumore. "Prevedibile" pensò la donna avvicinandosi alla serratura e facendola scattare dopo pochi minuti passati ad armeggiare con uno stecchetto di metallo seghettato. Varcò la soglia e sotto il suo tacco dieci il parquet mezzo marcio scricchiolò. Era un monolocale con un letto singolo addossato alla parete, una cassettiera, una cucinetta, un tavolo con due sedie e un piccolo bagno separato dal resto con una tenda. Una sola finestra era presente sulla parete vicino alla cassettiera ed era chiusa con le persiane. Tutto l'arredamento era scoordinato, il legno delle sedie era diverso da quello del tavolo e il bagno non sembrava particolarmente igienico. Giunse al centro della stanza e si guardò attorno per niente sorpresa dello stato di abbandono di quel posto. Era esattamente come se lo sarebbe aspettato: piccolo, trasandato e sporco, il genere d'ambiente di cui nessuno si preoccupa. L'ideale per non dare nell'occhio. La porta alle sue spalle si richiuse e quando si voltò vide una figura slanciata con addosso una felpa nera con varie toppe sul petto e sulle spalle, jeans logori e un paio di vecchie Nike. Sembrava in attesa. La donna non si mosse da dove si trovava ma gonfiò il petto e alzò il mento verso la figura incappucciata.
-Ciao. Mi scuso per aver manomesso la serratura, ma ho grande urgenza di parlarti.-
Come da copione la figura rimase immobile davanti alla porta. 
-Ciò che voglio è offrirti la possibilità di uscire dall'ombra in cui vivi.-
Il ragazzo si avvicinò fermandosi un momento davanti a lei, poi raggiunse la cassettiera e si tolse la felpa, gettandola sul letto. La linea degli addominali del ragazzo era interrotta bruscamente da varie cicatrici di dubbia natura. La donna aspettò che si mettesse una canottiera e, dopo che si fu seduto sul bordo del letto, riprese a parlare.
-Puoi scegliere di continuare questa vita o iniziarne una nuova.-
Gli occhi neri del ragazzo stonavano con i suoi capelli cortissimi biondo platino, più simili al bianco, eppure su quel viso abbronzato sembravano perfetti. 
-Chi è lei?-
-Mi chiamo Paula Lehemann e lavoro al Pentagono. Tu sei Blade Walker, vero?- il silenzio del giovane fu la conferma che aspettava. 
-Sono a conoscenza di ciò che sei in grado di fare. Qualche settimana fa hai evitato la morte di una persona.-
-Lei non mi conosce e si sbaglia. La pregherei di andarsene.- il ragazzo si alzò dal letto. 
-Credo di conoscerti meglio di quanto tu creda. Ti chiami Blade Walker, hai venticinque anni. Ti sei trasferito qui dall'Australia subito dopo aver preso il diploma di maturità al liceo linguistico perché volevi essere sicuro di riuscire a trovare un lavoro. La tua famiglia ti considera morto e forse per te è meglio così. Non hai amici né relazioni e tutto ciò in cui ti impegni è il passare inosservato. Nonostante tu abbia perso la fiducia nelle persone continui ad aiutarle, come quella volta che hai salvato l'uomo che trasportava i giornali da quel camion, dico bene?- 
-Cosa vuole?- il timbro di voce del ragazzo mostrava quanto lo seccasse avere un ospite nel suo appartamento.
-Te l'ho detto. Voglio offrirti la possibilità di scegliere il tuo futuro.-
-No. Intendevo cosa vuole in cambio.-
La donna si ammutolì per qualche secondo ma non mostrò insicurezza sul suo viso.
-Voglio il tuo aiuto. Poi sarai libero di vivere la vita che hai scelto.-
Il ragazzo stette zitto, osservava la donna ma appariva distante, immerso nei suoi pensieri. Dopo qualche minuto disse: -Accetto.-
Un lampo di sorpresa attraversò il volto di Paula, che non immaginava sarebbe stato così facile convincerlo. 
-Molto bene.- le sue labbra risaltate dal rossetto si incurvarono in un minuscolo sorriso. Il ragazzo si alzò e accompagnò la donna alla porta in un atto di cortesia, anche se sembrava volersene sbarazzare il prima possibile. 
-Ti contatterò, ma non sará una cosa immediata. Tu tieniti pronto.-
Un piccolo scintillio in quegli occhi neri come il petrolio fu la conferma che aspettava. Cliccò il tasto dell'ascensore mentre la porta dell'appartamento si richiudeva alle sue spalle. 




Tana del disagio

Shiao a tutti! :)
Mi scuso se nel capitolo precedente non si riuscivano a leggere i dialoghi, ma l'avevo pubblicato allo stesso modo di Wattpad (perchè devo perseguitarvi addirittura su due siti differenti XD) e non ho ricontrollato. Ringrazio tutti i lettori, a presto! 

Alexiochan 

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Capitolo 4
*** Una Vita Migliore ***


La casetta era in stato di abbandono evidente, il giardinetto sul davanti non era stato tagliato negli ultimi mesi ed era pieno di piante parassite, l'intonaco delle pareti esterne cadeva a pezzi, del balcone basta dire che nessuno potrebbe salirci senza precipitare di sotto con esso. La donna oltrepassò il cancello d'ingresso arrugginito appena accostato, raggiunse la porta e bussò notando la completa assenza di campanelli. Niente. Bussò con piú insistenza e solo allora dei passi incerti risuonarono dall'interno. La porta si aprì un un piccolo spiraglio, una catena sopra la maniglia impediva a chi fosse fuori di entrare senza consenso del proprietario. Un viso dai tratti delicati apparve da quello spiraglio. La donna non ebbe piú dubbi, quei due occhi grigio-verdi erano impossibili da dimenticare. 
-Ciao. Mi scuso per il disturbo ma ho urgenza di parlarti.-
Le labbra della persona dietro la porta si aprirono come a dire qualcosa, ma non uscì un suono dalla sua gola e le richiuse subito.
-So quello che sei in grado di fare-- la donna si interruppe notando il fremito di paura che aveva attraversato il corpo della ragazza, gli occhi trasmettevano tutta la sua paura. 
-Non voglio farti del male, puoi stare tranquilla. Sono venuta da sola per parlare, credimi. Posso entrare?- cercò di addolcire un pò la voce e addirittura accennò un piccolo sorriso, cosa piú unica che rara in lei. I due occhi opachi la scrutarono ancora qualche istante, timorosi, poi la porta si richiuse e il catenaccio venne tolto. La maniglia ruotò e la porta si aprì rivelando una figura esile in ciabatte di cotone e vestaglia. Aveva un cerchietto tra i capelli e la donna non poté fare a meno di notare quanto fosse carina con quella frangetta sbarazzina e i capelli castani che le sfioravano appena le spalle in ciocche di diversa lunghezza. Poi i dettagli vennero a galla e si ritrovò ad osservare la ricrescita di capelli color neve sul cuoio capelluto; i capelli sembravano essere stati tagliati con un colpo netto dal basso verso l'alto. La donna varcò la soglia e si sedette con molta calma sul divanetto poco distante dall'ingresso. La ragazza richiuse la porta ma non la raggiunse, la guardava immobile e visibilmente a disagio per quella presenza. Sembrava davvero una ragazzina con quel fisico minuto e il viso privo di qualsiasi traccia di trucco come avevano le giovani donne della sua età. 
-Non ti farò alcun male. Siediti, dopotutto è casa tua.-
La piú giovane mosse titubante qualche passo, come se fosse un animale selvatico da avvicinare. Si sedette sul divanetto il piú possibile lontano dall'ospite, le mani tremavano e il viso era una maschera di tensione. 
-Mi chiamo Paula Lehmann, tu sei Olivia, giusto?-
La castana abbassò il capo mettendo in mostra la ricrescita bianca dei suoi capelli. Paula si chiese quante volte al mese dovesse farsi la tinta per nascondere il suo vero capello. 
-Non uso più quel nome.- mormorò con voce flebile.
-Mi scuso di nuovo, allora. Quale nome devo usare?-
-Non...- prese fiato come se dovesse dire una cosa importante. -Non ho piú un nome. Io non sono nessuno.- 
Paula la osservò in silenzio per qualche secondo.
-Invece sei qualcuno. Ti chiami Olivia Tolskov, hai quasi ventidue anni e sei nata in un paesino poco distante da Reykjavík. Hai studiato in un liceo della capitale e ottenuto il diploma di maturità. A diciannove anni ti sei trasferita qui in periferia e conduci una vita che non può essere definita tale. Non hai amici, né parenti che ti vogliano con loro a Natale. La soluzione a questa esistenza sarebbe riempire la vasca e tagliarsi le vene, ma tu non l'hai fatto. Preferisci vivere nell'ombra lontano da tutti, torni in città solo per fare la spesa, trascorri la tua vita a nasconderti.-
Gli occhi della ragazza erano diventati lucidi di lacrime ed era evidente che si stesse sforzando di non piangere. Paula la osservò qualche istante prima di proseguire.
-Quattro mesi fa hai evitato lo scontro di due filobus che sarebbe risultato mortale per tutti i passeggeri presenti e sono sicura che non era solo per salvare la tua vita. Non hai l'aria di chi crede ancora nella felicità ma continui a sperarci, non è così?-
Un singhiozzo sfuggì dalle labbra della giovane, si sentiva messa a nudo davanti a quella donna che le mostrava con semplici parole quanto fosse patetica la sua vita. 
-Per favore, basta.- la voce spezzata dal pianto non fece cambiare espressione alla donna. -Mi dica cosa vuole e se ne vada.-
-Voglio offrirti una vita migliore.-




Tana del disagio

E finalmente, dopo una sofferenza durata quattro capitoli, la storia comincia ad avviarsi :)
Fatemi sapere cosa ne pensate con un commentinoinoino se ne avete voglia. Vi avviso, peró, che le denunce vanno direttamente al mio avvocato U_U

Alexiochan 

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