The Hermione Granger Series di conlatestatralenuvole (/viewuser.php?uid=793056)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La ragazza che scompare e riappare ***
Capitolo 2: *** Una piccola regola infranta ***
Capitolo 3: *** La decisione più importante ***
Capitolo 4: *** Scacchi, camini e succo di zucca ***
Capitolo 5: *** Corda di cuore di drago ***
Capitolo 6: *** Incendio ***
Capitolo 7: *** Qualcuno ha visto un rospo? ***
Capitolo 8: *** Imbecille, medusa, scampolo, pizzicotto! ***
Capitolo 9: *** Caput Draconis ***
Capitolo 1 *** La ragazza che scompare e riappare ***
1
LA RAGAZZA CHE
SCOMPARE E
RIAPPARE
NOTE
DELL'AUTRICE
Questo racconto è la trasposizione
dell'opera letteraria "Harry Potter" di J.K. Rowling
presentata dal punto di vista del personaggio Hermione Granger. Molti
capitoli saranno dunque simili ad una trascrizione dell'opera stessa,
con gli stessi avvenimenti, gli stessi personaggi, le stesse
ambientazioni e, delle volte, le stesse battute. Ci tengo a
sottolineare che questi elementi appena citati appartengono alla
Rowling e NON a me. In ogni caso, alla fine di ogni capitolo,
sarà
riportato un elenco di tutto ciò che è stato
preso in prestito dal
mondo della Rowling. Se questo mio prendere in prestito l'opera vi
infastidisce, non proseguite nella lettura. Per approfondire
caratteristiche e punti di vista di Hermione Granger, mi sono in
parte documentata attraverso il materiale pubblicato dalla Rowling
stessa, mentre in parte ho lavorato di fantasia. Grazie
dell'attenzione e buona lettura. Conlatestatralenuvole.
***
Il
signore e la signora Granger
rappresentavano la tipica famigliola inglese. Abitavano in una
piccola villetta a schiera con le pareti dipinte di bianco, ampie
finestre e un piccolo giardino ben curato contornato da una bassa
staccionata, anch'essa bianca, che lo separava dalla tranquilla
strada di città. I pavimenti della casa erano interamente
rivestiti
di soffice moquette color sabbia, quadri e fotografie abbellivano il
corridoio d'ingresso e sui fornelli della cucina ribolliva sempre il
pentolino con l'acqua per il tè. Il tavolino di vetro nel
salotto
buono, era sempre apparecchiato con un raffinato servizio di tazzine,
piattini e zuccheriera con un grande fiore rosa in rilievo e il
bordino interno dello stesso colore. In un vicino barattolo di
terracotta bianca, i biscotti allo zenzero sembravano non finire mai.
Sulla parete dall'altro lato del tavolino di vetro, un mobile a
parete ospitava, da una parte, la cristalliera con tutta l'argenteria
e i piatti da collezione della signora Granger, dall'altra, la
collezione di scacchiere e pedine da gioco del signor Granger,
ricavate con i materiali più svariati: pezzi in legno,
ferro,
argento, personaggi dipinti a mano e dalle forme inusuali, bardati
d'oro o ricoperti di velluto. Tra una scacchiera e l'altra, quasi non
si contavano i manuali di scacchi e le biografie dei più
grandi
giocatori al mondo, rilegate in pelle. Proprio al centro, dove il
mobile, seguendo la parete, formava un angolo, si stagliava
l'orgoglio della famiglia: un piccolo televisore a schermo piatto di
forma cubica che era entarto nella casa circa due Natali prima.
Insomma, economicamente il signore e la signora Granger se la
cavavano piuttosto bene. Erano entrambi dentisti, e tra i migliori di
tutta Londra. Possedevano un ambulatorio privato poco fuori dal
centro della città, dove lavoravano sei giorni su sette per
undici
mesi l'anno. Nella colorata sala d'attesa, che poteva vantare una
stupenda vista sul Tamigi, tra le poltrone a righe gialle e arancioni
c'era un tavolinetto rotondo dalle gambe marrone scuro a mongolfiera
e dalla superficie formata da tre cerchi concentrici: uno ardesia,
uno più stretto rosa e l'ultimo, più amplio, di
un colore tra il
grigio e l'azzuro. Proprio al centro del terzo cerchio erano impilati
con grande ordine una serie di opuscoli dall'aspetto severo che
sembravano appartenere ad una sorta di movimento anti caramelle di
cui i coniugi Granger dovevano evidentemente far parte. Riguardo a
quest'ultimo particolare, ne sapeva qualcosa la signorina Hermione
Granger, l'unica figlia dei due famosi dentisti. Eh, sì,
perché il
signore e la signora Granger erano anche padre e madre di una
ragazzina di quasi dodici anni molto responsabile, diligente e
ubbidiente. Una ragazza di cui essere orgogliosi, insomma, e la prima
cosa che alla piccola Hermione era stata insegnata, prima ancora che
lei imparasse a reggersi dritta sulle due gambe, era stato proprio
che le caramelle fanno male. Perciò, ovviamente, Hermione
non ne
aveva mai mangiata neanche una in tutta la sua giovane vita,
né col
consenso, né di nascosto, né di proposito,
né per sbaglio, né per
Halloween, né per Natale, e neanche alle feste di
compleanno.
Declinava sempre gentilmente ogni offerta e mamma e papà non
avrebbero mai potuto essere più fieri della sua spiccata
saggezza e
del suo senso del rigore.
Quel piovoso pomeriggio di mezza
estate, però, Hermione non si sentiva esattamente orgogliosa
di sé.
A casa da sola, come del resto accadeva quasi sempre, se ne stava
stesa sul lenzulo bianco del suo letto a contemplare il soffitto e a
contare le strisce rosa della carta da parati che scendevano da
lì.
Se la mamma l'avesse vista sulle lenzuola pulite tutta vestita,
pensò, sicuramente si sarebbe arrabbiata, anzi, infuriata.
Inoltre,
aveva un programma preciso per quel pomeriggio, un programma che,
come sempre, per evitare di dimenticarsi, era appeso dalla sera
precedente con una puntina all'asse centrale della libreria in legno;
un programma secondo cui era già in ritardo di una ventina
di
minuti. Anche se mancava poco più di un mese al ritorno a
scuola, e
lei era la prima in tutte le materie, avrebbe dovuto infatti studiare
per due ore il dodicesimo capitolo del nuovo libro di storia. Poi si
sarebbe presa venti minuti per farsi una doccia e, già in
pigiama,
avrebbe aiutato la mamma con la cena non appena fosse tornata dal
lavoro. In realtà, sapeva benissimo che non era necessario
passare
quelle due ore china sui libri e che tutte le personi "normali"
studiavano un capitolo solo dopo che l'insegnante lo aveva assegnato,
senza contare il fatto che non sarebbero arrivati al capitolo dodici
prima di marzo o aprile dell'anno successivo, ma era propio questo il
punto: Hermione non era una persona "normale", ed era
questo il motivo per cui se ne stava inerte sul suo letto
anziché
tener fede al suo programma. Il suo problema non era tanto quel
bisogno di imparare a memoria tutti i libri prima ancora dell'inizio
dell'anno scolastico, ma il fatto che senza volerlo, delle volte,
faceva accadere cose strane; cose che proprio non si sapeva spiegare.
Erano cose, quelle cose, che quando era più piccola la
divertivano
da matti, ma che adesso si aggiungevano ad un'infinita lista di
motivi per cui i suoi compagni di scuola non facevano altro che
prenderla in giro. Proprio quel giorno, per esempio, era uscita per
la sua consueta passeggiata nel parchetto delle undici e mezza.
Solitamente, Hermione, non era autorizzata ad uscire di casa da sola,
ma dato che il parco era a soli due isolati di distanza, i suoi
genitori avevano fatto un'eccezione. Stava seduta su di un'altalena,
quando le si era avvicinata una sua compagna di scuola, Matilda,
chiedendole se le andava di fare una piccola gara e vedere quanti
salti riusciva a far fare ad un sassolino prima che affondasse
nell'acqua del laghetto delle anatre. Hermione lo trovava un gioco
stupido e di certo niente affatto equo: un minimo cambiamento del
vento avrebbe potuto compromettere il risultato, per non parlare del
fatto che i sassolini sulla riva del laghetto non erano tutti uguali
tra di loro, ma non capitava spesso che qualcuno le chiedesse di
giocare, per cui era scesa dall'altalena e aveva seguito Matilda fino
al laghetto. Dieci minuti più tardi, Hermione non era
riuscita a far
rimbalzare neanche una volta nessuno di quei maledetti sassolini
sulla superficie dell'acqua, mentre Matilda era riuscita a fargli
compiere fino a quattro salti consecutivi.
-Si è fatto un po'
tardi. Tra poco devo andare.
Aveva detto Hermione dopo aver dato
un'occhiata veloce al suo nuovo orologio dal cinturino rosso di pelle
– era già passato mezzogiorno e avrebbe dovuto
tornare a casa per
prepararsi il pranzo, finirlo entro le due, e poi andare a studiare
storia.
-Come mai?
-Ho da fare.
Era stata la vaga risposta
di Hermione, mentre giocherellava in modo distratto con la bandana
scarlatta che le tenva su i capelli. Aveva imparato da tempo che
parlare di scuola d'estate non era molto utile per migliorare la sua
reputazione.
-Scommetto che devi studiare.
Un piccolo ghigno si
era formato sul volto della ragazza. Hermione aveva stretto le labbra
e aveva continuato a tormentare la piccola fascia di stoffa, gli
occhi puntati a terra per l'imbarazzo.
-Se lo dicessi a qualcuno
ti prenderebbero in giro fino all'estate prossima.
Hermione
avrebbe potuto mettersi a piangere. Magari l'avessero soltanto presa
in giro, ma la spintonavano, le facevano sgambetti, le rubavano le
cose e gliele nascondevano nei posti più assurdi.
-Ti prego, non
lo fare.
Aveva mormorato così piano, che sperava Matilda non
fosse riuscita a capirla. Invece, per sua sfortuna, c'era riuscita
eccome, e un lampo maligno le si era acceso negli occhi.
-Facciamo
così, allora: lanciamo i sassi un'ultima volta. Se vinci tu,
mi
tuffo nel laghetto e prometto di non dire niente, ma se vinco io,
sarai tu a tuffarti nel laghetto e tutta la scuola saprà che
studi
sempre anche d'estate, secchiona.
Secchiona. Odiava quella parola.
Ormai, però, non le sarebbe convenuto più tirarsi
indietro.
Il
primo turno era stato di Matilda, e il suo sasso aveva compiuto tre
balzi. Hermione si era concentrata nell'osservare attentamente la
forma del sasso da scegliere e nel movimento fluido da far compiere
alla mano. Non avrebbe potuto permettersi di sbagliare.
Così, scelto
un sasso il più simile possibile a quello della sua compagna
di
scuola, si era concentrata al massimo nel tirarlo, ma la piccola
pietra non aveva neanche accennato a rimbalzare. Matilda stava
già
per mettersi a ridere di gusto, quando, nel giro di un secondo, il
sasso di Hermione era improvvisamente uscito dall'acqua per poi
effettuare quattro maestosi, eleganti balzi ed affondare una seconda
volta molto più avanti. Hermione era stupefatta, ma, prima
che
potesse accorgersene, Matilda si era alzata in piedi e le aveva dato
uno spintone. Chiamandola imbrogliona, bugiarda, secchiona, era corsa
quasi in lacrime dal fratello più grande, che stava seduto
su una
panchina a chiacchierare con gli amici. Hermione era corsa via prima
che il ragazzo la potesse raggiungere, ma sapeva che il ritorno a
scuola sarebbe stato un incubo, anche più dell'anno
precedente.
Inoltre era corsa via troppo velocemente e, poiché il
fratello di
Matilda la spaventava, era sicura di averlo fatto un'altra volta. Una
di quelle cose che in lei non era affatto normale. Si era alzata in
piedi per correre via dal parchetto e, senza neanche rendersene
conto, era di nuovo in camera sua. Certo che non se ne era resa
conto, lo sapeva bene, anche se non aveva veramente idea di come
fosse possibile: i due isolati fino a casa sua non erano mai stati
percorsi e il portone d'ingresso era sempre rimasto chiuso, ma un
attimo prima si trovava in un posto, l'attimo dopo in un altro.
Succedeva spesso quando era arrabbiata o spaventata e voleva scappare
in un luogo diverso. Per questo la chiamavano codarda, strana,
pensavano si nascondesse, non che se ne andasse, ma non era colpa
sua. Lei pensava solo di scappare e il suo corpo lo faceva, agiva in
completa autonomia. Quando era tornata in camera dal parco, la testa
le girava così tanto che era stata costretta a sdraiarsi sul
letto,
e anche ora che stava meglio, era troppo giù di morale per
alzarsi.
Quello che era accaduto al suo sasso poco prima e il fatto che
riusciva ad andare da un posto all'altro in pochi secondi, non erano
le uniche cose non normali che le capitavano. Un altro fatto bizzarro
che succedeva di continuo, era che, se pensava ad un oggetto molto
intensamente, quello, spesso e volentieri, le appariva davanti agli
occhi, come per magia. Non sempre riusciva a farlo apposta,
però. La
maggior parte delle volte doveva capitare mentre non ci faceva caso.
Durante l'ultimo anno, comunque, quando queste strane situazioni
avevano cominciato ad aumentare, un paio di volte alla settimana
faceva spazio nel suo programma quotidiano ad una mezzoretta di
allenamenti magici, come le piaceva chiamarli. In quelle mezz'ore, si
concedeva di fantasticare sull'appartenere a una segreta e
ristrettissima cerchia di persone dai poteri magici e si sforzava di
padroneggiare e perfezionare tutte quelle azioni che la rendevano
strana agli occhi della gente. Annotava su un diario segreto con
tanto di lucchetto ogni minimo progresso. In quell'anno, per esempio,
era riuscita ben cinque volte a cambiare stanza senza camminare.
Solitamente riusciva a finire in una stanza al suo stesso piano,
quello di sopra, ma l'ultima volta era riuscita a ritrovarsi nella
cucina. Dopo aveva vomitato per quasi un'ora, ma non era mai stata
così felice in vita sua. E poi, comunque, ormai sapeva che
fosse
normale sentirsi male dopo aver cambiato posto così
rapidamente.
Immobile sul suo letto, ormai quasi
incurante del suo irrispettato programma, Hermione si
concentrò più
che potè e cercò di far apparire accanto a
sé il suo libro
preferito, un volume per studenti universitari sulla scienza dei
pianeti e delle stelle. Le era sempre piaciuto immergersi nelle
meraviglie dello spazio e immaginarsi abitante di un pianeta in una
galassia remota, lontana da tutto e da tutti, circondata da gente
strana come lei, che studiava tutto il giorno e riusciva a scomparire
misteriosamente di tanto in tanto. Ed ecco che, se anche solitamente
richiamare col pensiero a sé oggetti che si trovavano nella
sua
stessa stanza le riusciva abbastanza bene, quel piovoso pomeriggio di
mezza estate un libro sfrecciò sul cuscino del letto, ma non
era il
suo caro volume di astronomia; era piuttosto un libro altrettanto
vecchio, ma un po' meno corposo. Un libro che era certa non aver mai
visto prima. Sembrava provenire da una biblioteca, a giudicare dal
bollino attaccato sulla fragile copertina, ma lo stemma di quella
biblioteca non lo conosceva per niente. Eppure, aveva preso in
prestito libri da tutte le biblioteche di Londra. Dopo dieci minuti
buoni di riflessione, Hermione era arrivata alla conclusione che
quello strano libro doveva appartenere al signor Fogg, il suo
dirimpettaio, un anziano e mingherlino signore che usava portare
strani cappelli a punta. Gli evidenti motivi per cui il volume doveva
essere suo – come poteva essere stata così sciocca
da non pensarci
prima? - erano ben due: entrambe le loro finestre erano spalancate,
quindi il libro era potuto passare da una casa all'altra senza
trovare intralci (nei suoi esperimenti Hermione aveva già
capito,
non senza combinare qualche piccolo disastro, che gli oggetti non
riuscivano a scomparire e riapparire come lei, ma semplicemente
sfrecciavano ad altissima velocità quando li chiamava,
quindi se non
avessero avuto alcuna possibilità di raggiungerla, avrebbero
semplicemente sbattuto contro la parete, la finestra o la porta e
sarebbero finiti a terra), e soprattutto il signor Fogg era
originario del Galles, quindi era possibile che l'avesse preso in
prestito in una biblioteca da quelle parti. Hermione guardò
il
piccolo stemma un'altra volta. Era bellissimo. Il più bello
stemma
che avesse mai visto, dall'aria antica e nobile. Ricordava, in
effetti, l'insegna di una potente famiglia, di quelle che abitavano
in grandi ville con immensi giardini pieni di fontane, roseti e
piccoli labirinti di siepi. Lo scudo accartocciato dai bordi dorati
che ornava il bollino attaccato sul dorso del libro, era diviso in
quattro quadranti di colori diversi, al centro di ognuno dei quali
era raffigurato un animale. In alto a destra c'era un leone rampante
giallo su sfondo rosso e accanto ad esso faceva la sua apparizione un
serpente argentato su sfondo verde. Proprio sotto al leone, un
quadrante giallo conteneva un piccolo tasso marrone, mentre in basso
a sinistra si poteva osservare un'aquila bronzea su campo blu. Due
blasoni, uno al di sopra e uno al di sotto dello scudo, recitavano
scritte troppo piccole perché la ragazza potesse riuscire a
decifrarle. Sulla copertina scura, sopra al disegno di un castello
con torri dallo stereotipico tetto a cono, era riportato il seguente
titolo: Storia di Hogwarts, di Bathilda Bagshot. Hermione sapeva che
non era saggio curiosare tra le cose altrui, per cui non si permise
di aprire il libro, ma radunò tutte le sue enciclopedie di
letteratura, storia e geografia alla ricerca dei nomi Bathilda
Bagshot e Hogwarts. Che fosse il castello stilizzato sul libro?
Passarono le ore, ma di quei due strani nomi non c'era alcuna
traccia. Così, nonostante il signor Fogg la mettesse in
soggezione e
non avrebbe potuto né saputo spiegargli il perché
"Storia di
Hogwarts" fosse già in suo possesso, Hermione raccolse tutto
il
suo coraggio, si strinse il volume al petto, e attraversò la
strada
diretta a casa del suo dirimpettaio, decisa a chiedergli il permesso
di sfogliare quelle preziose e misteriose pagine. Il sole aveva
già
iniziato a tramontare e i lampioni si erano accesi quasi dappertutto,
pronti ad illuminare la strada a coloro che viaggiavano di notte. Il
giardino del signor Fogg era sorprendentemente disordinato, e la
porta a cui la giovane Granger bussò era scorticata su tutto
il lato
destro. L'anziano vicino di casa aprì quasi subito la porta.
Portava
indosso un mantello blu scuro che sembrava troppo caldo per la
stagione sopra quelle che sembravano delle calzamglia bianche a pois
neri. Sulla testa era ben fermo un cappello a punta viola. Hermione
aprì la bocca per parlare, ma il signor Fogg non gliene
diede
occasione.
-Allora, l'hai letto?
Chiese con un luccichio di
trepidazione negli occhi.
Hermione chiuse di scatto la bocca per
la sorpresa e strinse automaticamente più forte il libro al
petto.
Che il vecchio uomo pensasse glielo avesse rubato? Magari conteneva
informazioni personali che non aveva intenzione di condividere.
Hermione si riscosse dallo stupore. Non potevano essere informazioni
personali. Era il libro di una biblioteca. Magari era solo
preoccupato di non trovarlo in tempo per la riconsegna. La ragazza
scosse la testa.
-E cosa aspetti, dannazione? Quanto mi fa piacere
che tu sia diversa da loro. Ci sono davvero troppi babbani in questo
quartiere. Il libro è tuo, comunque. Te lo regalo.
E così
dicendo, si chiuse la porta alle spalle, lasciando Hermione
imbambolata a fissare il pomello d'ottone che sembrava volersi
staccare.
La ragazza aveva talmente tante domande
che le frullavano per la testa, mentre rientrava in casa, che,
stranamente, non cercò una risposta a nessuna di esse. Era
troppo
emozionata dall'idea di leggere quel nuovo libro. L'idea di imparare
cose nuove la eccitava sempre, questo era vero, ma quel piccolo
volume in particolare riluceva ai suoi occhi di un fascino tutto
diverso che non riusciva proprio a spiegarsi. Aveva appena aperto la
prima pagina, dove insieme ai ringraziamenti dell'autrice era scritto
a grandi caratteri "questo libro è foderato in pelle di
drago
ottenuta senza maltrattamenti di alcun tipo, nel rispetto dei
lettori, dell'ambiente e di ogni creatura magica" (draghi?
Creature magiche? Che cos'era, una specie di scherzo?), quando
sentì
la macchina dei suoi genitori parcheggiarsi sul ciglio della strada e
seppe di dover andare a preparare la tavola per la cena.
Posò il
libro sulla scrivania di legno e, dopo aver dato un'ultima occhiata
al suo programma dove la voce studiare storia non era ancora stata
spuntata, strappò in quattro pezzi quello stupido foglio di
carta.
Non era da lei comportarsi così, ma il capitolo dodici
poteva
aspettare. Hermione non credeva nel destino, nella predestinazione o
in sciocchezze simili, ma se il testo della biblioteca dallo stemma
colorato era arrivato da lei, forse un motivo ci doveva essere.
NOTE
DELL'AUTRICE
Elementi ripresi da J.K. Rowling: Hermione
Granger, il signore e a signora Granger, il libro "Storia di
Hogwarts" (titolo originale: Hogwarts, a history), Bathilda
Bagshot (conosciuta anche come Bathilda Bath).
Ringraziamenti speciali a chi è arrivato
fino in fondo, e ancora di più a chi aspetterà il
prossimo
aggiornamento (il secondo capitolo uscirà tra quattro o
cinque
giorni, ve lo prometto). Fatemi sapere che cosa ne pensate. Grazie
ancora per l'attenzione. Conlatestatralenuvole
|
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Capitolo 2 *** Una piccola regola infranta ***
1
UNA PICCOLA REGOLA INFRANTA
Una
delle
principali regole della famiglia Granger era che, se non per
particolari e concordate eccezioni, Hermione doveva mettersi a letto
non oltre le otto e trenta. La ragazza, chiaramente, non si sarebbe
mai sognata di disubbidire, ma, quella sera, ciò che non era
mai
stato neanche un sogno stava diventando la realtà. Con il
cuore in
gola e la testa in subbuglio per il guaio in cui si stava cacciando,
sdraiata sul suo letto, ma con gli occhi ben aperti, Hermione tendeva
le orecchie, impaziente che la villetta si svuotasse da quel lieve
rumore di passi e sussurri ancora presenti. L'orologio segnava
già
le nove. A quest'ora, solitamente, la ragazza si trovava già
nel
mondo dei sogni, ma quella notte non si sarebbe potuta addormentare
neanche sotto l'effetto di un sonnifero. I suoi occhi vagavano
velocemente dal soffitto bianco all'orologio che segnava il passare
dei secondi, dalla porta chiusa della sua cameretta al libro rilegato
in pelle di drago ancora intatto sulla sua scrivania. Voleva
assolutamente leggerlo. Doveva
assolutamente
leggerlo, e Hermione aveva un piano. Passarono altri venti minuti e
il silenzio, finalmente, invase la modesta ma elegante
proprietà dei
signori Granger. Altri dieci minuti dopo, giusto per assicurarsi che
il sonno fosse calato sui suoi genitori, l'intraprendente quasi
dodicenne era in piedi davanti alla porta della stanza, ferma come
una statua, con il suo amato libro stretto al petto. Chiuse gli occhi
e pensò di trovarsi nella stanza di fronte. Si
figurò nella mente
il grande bagno dei suoi genitori in tutti i suoi particolari: il
grande specchio rotondo, il piano di marmo del lavandino con tutti
quei cassetti pieni di profumi, creme e dopobarba, la grande vasca da
bagno che Hermione aveva il permesso di usare solo il giorno del suo
compleanno e la lunga mensola sopra di essa dove erano allineate
spugne colorate, candele e una scatolina di fiammiferi. Prima ancora
di aprire gli occhi, avvisata dal lieve senso di nausea tipico dei
piccoli spostamenti, Hermione seppe di essere arrivata a
destinazione. Un sorriso le illuminò il volto. Forse aveva
anche
fatto una cosa strana, non normale e da ragazza disubbidiente, ma si
sentiva così orgogliosa. Era riuscita a cambiare stanza
senza fare
alcun rumore, il libro era ancora là con lei e, soprattutto,
ora
avrebbe potuto leggerlo senza il timore di essere scoperta.
Salì sul
bordo della vasca e si allungò verso la mensola, fino a
prendere una
grossa candela e il pacchetto di fiammiferi. Ne accese uno e si
complimentò ancora una volta con se stessa per il suo piano
geniale.
La fiammella tremolante illuminava solo lo spazio immediatamente
intorno alla vasca, e la luce non sarebbe passata attraverso le
fessure della porta. Nessuno in casa si sarebbe accorto del fatto che
era sveglia. Nessuno si sarebbe reso conto che lei, la mite e
disciplinata Hermione Granger, aveva appena infranto una piccola
regola.
Hermione si mise a sedere all'interno della vasca,
il
dorso appoggiato al comodo schienale di legno foderato in plastica
impermeabile fatto montare dalla mamma. Percorse avidamente tutte le
voci del sommario. Hogwarts, la fondazione; Il castello e le sue
parti; Materie di studio a Hogwarts; I segreti del castello; Le case;
Il torneo Tre maghi; Incantesimi anti-babbani. La ragazza non si fece
troppe domande su cosa volesse significare l'ultimo capitolo e
girò
pagina. Una semplice nota in corsivo recitava: "Questo
libro è ricco di dettagli riguardanti la Scuola di Magia e
Stregoneria di Hogwarts".
Scuola di magia e stregoneria? Pensò Hermione. Roba da pazzi.
"La
Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts fu fondata nel 993 d.C. dai
quattro maghi più noti dell'epoca: Godric Grifondoro,
Priscilla
Corvonero, Tosca Tassorosso e Salazar Serpeverde. La sua struttura
è
quella di un castello in pietra con molte torri e torrette arroccato
su una rupe. La precisa posizione del castello è sconosciuta
a tutti
meno che al preside e al ministro della magia; si sa solo che ha sede
in Scozia ed è raggiungibile unicamente attraverso
collegamento
ferroviario. L'Hogwarts Express percorre andata e ritorno circa sei o
sette volta l'anno dalla stazione di King's Cross, Londra, fino al
villaggio di Hogsmeade. Da lì gli studenti sono condotti al
castello
tramite barche o carrozze volanti. All'interno della
proprietà di
Hogwarts si trovano il lago Nero e una foresta."
Dal
libro Hermione apprese che il bellissimo simbolo che pensava
appartenere ad una qualche biblioteca gallese, era in realtà
lo
stemma della scuola, e che i suoi quattro quadranti rappresentavano
le quattro case in cui venivano smistati gli studenti: dai nomi dei
loro creatori, grifondoro (leone su campo rosso), corvonero (aquila
su campo blu), tassorosso (tasso su campo giallo) e serpeverde
(serpente su campo verde). Hermione non riusciva a capire se fosse
vero che un cappello parlante assegnasse ogni studente alla sua casa
leggendogli nella mente, o che tra le varie creature magiche che
abitavano nella foresta vi fossero centauri, lupi mannari e unicorni.
Non era sicura se fosse possibile che un incantesimo avesse stregato
il soffitto della cosiddetta Sala Grande in modo che rispecchiasse il
cielo all'esterno, o che vari fantasmi alloggiassero nel castello, o
ancora che fosse possibile attraversare i quadri pronunciando parole
d'ordine e che le scale cambiassero posizione senza apparente
criterio. Non era neanche convinta che delle scuole per ragazzi,
seppur fossero maghi e streghe, potessero indurre un torneo tanto
brutale che i partecipanti ne uscissero raramente illesi, e che delle
volte, addirittura, non ne uscissero proprio. Non aveva mai sentito
parlare di materie quali trasfigurazione, erbologia e difesa contro
le arti oscure, ma, seppure la testa le dicesse che quel piccolo
volume contenesse solo un mucchio di fandonie, e solitamente si
fidasse della sua testa, in cuor suo Hermione credeva che quella
scuola esistesse davvero. L'unico problema, pensò mentre il
primo
sole del mattino iniziava a diffondere tiepidi raggi nella stanza,
era che, se anche avesse voluto cercarla, incantesimi potenti
impedivano ai babbani impiccioni di avvicinarsi. Non aveva ben capito
cosa fossero i babbani, ma se il signor Fogg era del parere che il
suo quartiere ne fosse pieno, non vedeva come non dovesse essere una
babbana lei stessa. Troppo stanca per concentrarsi abbastanza da
riuscire a trasportarsi nella sua camera, rimise apposto i fiammiferi
e la candela e aprì di soppiatto la porta del bagno dei suoi
genitori per sgusciare silenziosa sotto le lenzuola. All'alba di
quella mattina di luglio, Hermione si addormentò nel giro di
un
secondo, un sorriso sognante dipinto in volto e un vecchio libro su
una strana scuola scozzese stretto tra le braccia.
Quando si
svegliò, era già mattina inoltrata. Non si
svegliava così tardi
dall'ultima volta che aveva avuto l'influenza. Si mise a sedere sul
letto e portò automaticamente lo sguardo all'asse centrale
della sua
libreria. Rimase un po' stranita quando scoprì che alla
puntina
gialla non era attaccato nessun programma. Poi ricordò:
niente
programmi dopo aver letto di maghi, fantasmi e draghi. Però,
siccome
era pur sempre Hermione Granger, una delle ragazze più
responsabili
della sua età, andò comunque a lavarsi e a
vestirsi, prima di
scendere in cucina a fare colazione. Per tutto il tempo, non
lasciò
incustodito "Storia di Hogwarts" neanche un secondo.
L'aveva posato su una mensola nel suo piccolo bagno mentre faceva la
doccia, lo aveva riportato in camera mentre indossava una magliettina
a fiori e una salopette di jeans, e lo aveva posato sul tavolo della
cucina mentre accendeva il fuoco sotto al pentolino con l'acqua.
Versatasi il tè nella sua tazza preferita, con la faccia di
un clown
disegnata sopra e due piedoni rossi al posto della base,
aprì
un'altra volta il libro e lo rilesse tutto da capo, sgranocchiando
distrattamente biscotti allo zenzero. Poco più tardi, dopo
aver
sciacquato la tazza e il pentolino, decise di sfruttare la
passeggiata delle undici e mezza per andare a trovare il signor
Fogg.
Seduti intorno a un tavolino pendente davanti ad
un
vassoio di strane caramelle che aveva rifiutato, Hermione e l'anziano
signore, che quel giorno indossava un cappello azzurro, erano persi
in una conversazione che la ragazza non avrebbe mai pensato di dover
affrontare. Appena entrata, per la prima volta in vita sua, nella
malconcia abitazione del signor Fogg, aveva iniziato a pensare che
anche lui era strano almeno quanto lei e la scrittrice Bathilda
Bagshot. Nel grande salone dal nauseante odore di sigaro, infatti, un
grande poster raffigurava un uomo dalla lunga barba bianca, il
cappello a punta e gli occhiali a mezzaluna. Non che fosse una cosa
troppo strana, avere in casa un poster: magari poteva essere il
personaggio di un film, ma Hermione era sicura al cento per cento che
l'attore dalla barba bianca le avesse sorriso e fatto l'occhiolino.
Forse stava iniziando ad avere le allucinazioni. Quel libro sulla
scuola scozzese con vampiri, unicorni e scale che cambiano direzione
doveva averle fatto male. Il signor Fogg, però, l'aveva
informata
che l'uomo del ritratto non era un attore, ma l'attuale preside di
Hogwarts, Albus Percival Wulfric Brian Silente. Hermione
provò senza
successo a ripetere mentalmente quel complicato nome, mentre scrutava
con espressione indagatrice il volto, ora serio e perfettamente
immobile, del direttore di quella scuola che dal giorno prima era
rimasta impressa nella sua mente.
-Tu, quindi, sei stato a
Hogwarts?
Gli aveva chiesto dopo essersi seduta su un divano dalla
fodera rattoppata con cento stoffe diverse.
-Oh, sì. Ih! Ih!
Ih!
Ridacchiò sommessamente il vecchio Fogg.
-Tanti anni fa,
ma non finii il mio terzo anno.
La voce dell'ometto dal cappello a
punta era lenta ma acuta, nonostante, sentendolo parlare, si
percepivano chiaramente i segni della vecchiaia.
-Mi espulsero.
Ih! Ih! Ih! Mi capitò di arrabbiarmi durante le vacanze di
Natale e
di utilizzare uno schiantesimo piccino piccino contro il mio vicino
di casa. Un babbano, puah!
La sua voce cambiò nettamente,
passando dal divertito allo sprezzante, non appena ebbe nominato la
parola “babbano”. Hermione raddrizzò di
colpo la schiena per lo
spavento.
-Uno schiantesimo?
Chiese piano la ragazza. L'uomo
quasi le sbraitò contro:
-Suvvia, piccola donna, credevo fossi
più intelligente. Uno schiantesimo. Un incantesimo che
schianta.
Hermione si fece piccola piccola contro lo schienale del
divano, ma era troppo curiosa per starsene zitta.
-E non doveva
farlo?
Quasi sussurrò stringendo forte al petto "Storia di
Hogwarts". Non aveva mai lasciato quel libro da quando era
arrivata. Il signor Fogg tornò al suo solito tono squillante
e
serpentino:
-Oh, no. Ih! Ih! Ih! Non è concesso ai minorenni
utilizzare la magia al di fuori di Hogwarts. Soprattutto non in
presenza di babbani.
Hermione annuì come se fosse una cosa
assolutamente scontata, ma prese appunti mentalmente.
-E, invece,
è autorizzato a parlare di magia davanti ai babbani?
La ragazza
non era sicura che potesse essere messa al corrente di questo genere
di cose, per quanto lo desiderasse intensamente.
-Volendo sì,
tanto non capirebbero. Ih! Ih! Ih! Ma tu, mia cara, non sei mica una
babbana.
-Ah, no?
Chiese Hermione incredula, ma piena di
speranze.
-Certo che no! E non so che cosa il Ministero della
Magia abbia scritto sul tuo conto in quei suoi giganteschi fascicoli,
ma non potrei esserne più sicuro. Del resto, abbiamo visto
tutti e
due come quel libro,
e puntò il dito ossuto verso il volume che
la ragazza teneva in mano,
-Sia corso da te ieri. Probabilmente
stavi pensando a un qualche insulso libretto che ti avrebbe strappato
via dalla tua monotona e misera vita babbana...
-Il libro di
astronomia!
Lo interruppe Hermione.
-Che ragazza
noiosa.
Commentò il signor Fogg tra sé e sé
prima di
continuare.
-...E “Storia della Magia” si sarà
sentito
chiamato in causa. Dopotutto forse era più adatto lui per il
tipo di
distrazione che cercavi.
Già, era proprio così, pensò la
ragazza eccitata.
-E quel semplice incantesimo che consiste
nell'attirare oggetti, i ragazzi impiegano settimane per impararlo a
Hogwarts, e hanno professori e bacchette dalla loro parte.
-Un
incantesimo? Io avrei fatto un incantesimo?
Chiese Hermione
stupita.
-Sì, ragazzina. E non uno soltanto. Non ti sei forse
smaterializzata nel parchetto, ieri? Ho visto con i miei occhi quella
stupida ragazza che ti cercava dietro ai cespugli e in mezzo alle
giostre per i bambini.
Aggiunse con un ghigno.
-Non è molto
facile smaterializzarsi senza perdere un sopracciglio o un braccio.
Si narra che un giovane mago una volta abbia lasciato indietro tutta
la sua metà inferiore durante un esercizio di
smaterializzazione. Si
spera soltanto che, con tutta questa esperienza, a te non capiteranno
mai disgrazie simili, no?
Hermione lo guardò sbalordita. Forse
avrebbe preferito non sapere la storia dell'uomo che si era diviso a
metà, anche se una parte di lei si sentiva molto fiera per
essersela
sempre cavata con solo qualche lieve malessere passeggero.
Più la
conversazione con il signor Fogg andava avanti, e i conti iniziavano
a tornare, più la ragazza si convinceva che, sì,
quella Scuola di
Magia e Stregoneria in Scozia esistesse davvero; e voleva sapere
tutto al riguardo.
-Ed è vero che il soffitto della Sala Grande
riflette il tempo che c'è fuori, a Hogwarts?
Chiese in tono
saccente, compiaciuta con se stessa per ricordare tutti i particolari
di quello che era diventato il suo libro preferito. Fogg,
però, non
sembrò altrettanto orgoglioso della sua memoria:
-Certo che è
vero! Come osi mettere in discussione gli scritti di Bathilda
Bagshot? Non sai che i suoi libri sono quasi sacri a Hogwarts? Gli
insegnanti li citano in continuazione e alcuni sono adottati persino
come libri di testo.
La rimproverò sporgendosi pericolosamente
verso di lei e sputacchiandole addosso un'industriale
quantità di
saliva. Poi si ricompose e si risistemò sul divano.
-Pensa a
"Storia della Magia", per esempio. È uscito da quasi
cinquant'anni e da allora è sempre stato utilizzato a
Hogwarts,
no?
Per un attimo Hermione pensò di ricordargli che lei non
aveva
mai sentito parlare della scuola prima d'ora, né tanto meno
di
Bathilda Bagshot, e quindi non poteva già sapere
dell'importanza
dei
suoi libri, ma poi decise di tacere. Non voleva certo che il signor
Fogg cambiasse di nuovo umore. La ragazza ricordava, comunque, di
aver letto che storia della magia fosse anche una materia a Hogwarts.
Che strano. Era come avere un libro di matematica che si chiamasse
"Matematica". Nient'affatto originale, ma non osò
discuterne con il suo anziano vicino, che continuò:
-Materia
odiosa, storia della magia, ai miei tempi. Ricordo di non avere mai
aperto libro. Il voto più alto che presi fu Troll. Fu
l'unica volta
che consegnai un compito. Ih! Ih! Ih! Immagino che da quando sia
stato adottato il libro di Bathilda, sia diventato tutto
più...
Si
fermò un attimo a cercare le parole.
-...Appassionante.
-Lei
conosceva Bathilda Bagshot?
-Certo che la conoscevo! Era la mia
vicina di casa giù a Godric's Hollow.
-Godric's Hollow? Non ho
mai sentito parlare di un posto come Godric's Hollow.
E questa
cosa le sembrava alquanto strana: aveva voti altissimi in geografia.
Conosceva ogni città o paesino del Regno Unito.
-Sì, Godric's
Hollow.
Rispose l'uomo con voce cantilenante, scimmiottando il
tono di superiorità nella domanda della ragazza.
-Si trova qui,
in Inghilterra, sai? Ma no, certo che non lo sai. Sei nata da una
famiglia di stupidi babbani, come puoi saperlo? È una
comunità
magica, Godric's Hollow, Silente in persona è vissuto
lì.
Il suo
umore sembrava essere di nuovo peggiorato. Il suo tono diventava
aspro ogni volta che parlava dei babbani, per cui Hermione non si
azzardò a mostrarsi offesa per l'insulto ai suoi genitori.
Passarono
pochi secondi, e il signor Fogg sembrò riprendersi.
-La sai una
cosa? È un grand'uomo, Silente. Quando ero ragazzotto io
insegnava
trasfigurazione. Era l'unica materia che mi piacesse, insieme a
difesa contro le arti oscure, ovviamente. È lì
che ho imparato a
fare quello schiantesimo. Comunque, dopo la mia espulsione
continuò
a insegnarmi qualcosina di magia durante l'estate e ci scambiavamo
gufi in continuazione. Era un coraggioso, lui. Non pensò
neanche un
attimo di lasciare Godric's Hollow, anche perché si sentiva
responsabile di suo fratello, dopo che la sua famiglia fu andata
distrutta. E comunque, seppure fosse stato da solo, sono sicuro che
non sarebbe mai scappato. È per questo che ho appeso un suo
poster
in salotto. Ih! Ih! Ih!
Hermione tornò con lo sguardo allo strano
ritratto appeso al muro, ma... era scomparso. Del grande poster era
rimasto solo lo sfondo nero. Hermione indicò l'immagine con
orrore:
-Guardi, non c'è più!
-Ih! Ih! Ih! Certo che non
c'è.
Rispose Fogg senza nemmeno girarsi. Hermione gli rivolse uno
sguardo interrogativo.
-Senti un po', ragazzina, se ci fossi stata
tu al posto suo, ti sarebbe piaciuto restare ferma immobile con la
stessa espressione stampata sul tuo bel viso da saputella figlia di
babbani tutto il tempo?
Hermione scosse la testa lentamente. Aveva
paura che si arrabbiasse un'altra volta.
-Però lui è solo un
disegno.
Mormorò, ma quell'affermazione sembrò
più una domanda.
Non era più sicura di niente, ormai. Anni passati china sui
libri e
non sapeva niente di Hogwarts, Godric's Hollow, maghi, schiantesimi e
ritratti che facevano l'occhiolino. E, per come ne parlava il signor
Fogg, queste cose sembravano essere quasi più importanti
della
matematica.
-E se anche tu fossi un disegno,
riprese l'uomo
aggiustandosi il cappello azzurro sulla testa,
-Ti piacerebbe non
poterti muovere tutto il giorno?
Hermione scosse ancora la testa.
Il signor Fogg, per tutta risposta, inclinò leggermente la
testa
verso destra, alzò le sopracciglia e si adagiò
più comodamente sul
divano, come se fosse finalmente riuscito a far comprendere qualcosa
di particolarmente ovvio a un bambino cocciuto. Hermione
tornò a
fissare il poster vuoto, poi decise di cambiare argomento. Cominciava
ad avere un gran mal di testa.
-Quindi lei viene da Godric's
Hollow, non dal Galles.
-Sì, sono nato in Galles, ma mi sono
trasferito che ero ancora delle dimensioni di un cucciolo di
Vipertooth Peruviano.
Ovviamente, la ragazza non sapeva che cosa
fosse un cucciolo di Vipertooth Peruviano, ma immaginò
dovesse
trattarsi di un qualcosa di molto piccolo. Forse era una creatura
magica.
-E come mai ha deciso di andare via?
-Non ho il
coraggio di Silente, io. Ah, Hermione, Hermione, tempi bui, la
guerra. Fu poco più di una decina di anni fa e Tu-Sai-Chi
diventava
sempre più potente. Non erano al sicuro le città
babbane,
figuriamoci le comunità magiche come Godric's Hollow.
Hermione
alzò la mano infastidita. Quand'è che il suo
vecchio dirimpettaio
si sarebbe ricordato che lei non conosceva le vicende delle
comunità
magiche?
-Mi scusi, ma si dà il caso che io non sappia proprio
chi.
Il signor Fogg rise di gusto.
-Mia cara signorina Granger,
sto parlando di,
e abbassò la voce in un sussurro quasi
incomprensibile,
-Lord Voldemort.
Fogg si alzò in piedi
avvicinandosi lentamente alla ragazza mentre parlava. La sua voce si
fece ampia e cupa, drammatica, misteriosa, come quella dei
papà che
a turno raccontavano storie dell'orrore intorno a un falò
nel
parchetto la notte di Halloween.
-Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato,
uno dei maghi più oscuri di tutti i tempi. Si presentava a
casa tua
nel bel mezzo della notte, o anche di giorno, se preferiva,
attorniato da decine e decine di seguaci, i Mangiamorte. E se tu eri
un babbano, o un mezzosangue, o semplicemente non volevi unirti a lui
sul cammino del male, lui agitava la bacchetta e... AVADA
KEDAVRA!
Quasi urlò sporgendosi con tutto il corpo verso
Hermione, che sussultò e si fece scudo con il libro. Il
signor Fogg
tornò a sedersi sul divano.
-Che-che cos'è un
mezzosangue?
Chiese Hermione scossa, con voce tremante.
-Qualcuno
come te. Ih! Ih! Ih! Qualcuno che non è un babbano, ma che
ha
origini babbane. Pensa che Salazar Serpeverde non voleva neanche che
fossero ammessi a Hogwarts, i mezzosangue. E sebbene Tu-Sai-Chi in
persona fosse uno di loro, lui li odiava, oh se li odiava. Sangue
sporco li chiamava, sangue lercio.
Rispose lento e sprezzante.
Hermione si rabbuiò. Non solo era strana per quelli che il
suo
dirimpettaio chiamava babbani, ma anche per i maghi e le streghe di
Hogwarts. Esisteva un posto al mondo in cui lei andasse del tutto
bene?
-E che cosa vuol dire Avada Kedavra?
Domandò la ragazza,
seppure presagisse fosse qualcosa di terribile e oscuro.
-Ih! Ih!
Ih! Avada Kedavra, l'anatema che uccide,
iniziò con la sua
sgradevole voce serpentina,
-È una maledizione senza perdono.
Basta un secondo, neanche il tempo di dire "vivere", che
cadi riverso a terra come un pesce lesso.
Disse sputando le ultime
parole.
-E adesso che fine ha fatto Vol... Lei-Sa-Chi? La polizia
lo avrà preso, no? Sarà finito in prigione.
Il signor Fogg prese
a ridere di nuovo.
-Mia cara e ingenua ragazza, credi che la
vostra stupida polizia babbana possa qualcosa contro il Grande
Signore Oscuro? No. Ho fatto bene a scappare. Poco più di
dieci anni
fa, Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato è arrivato a Godric's
Hollow.
Grandi maghi abitavano lì, all'epoca. Amici di Silente, e
lui era
l'unico che Tu-Sai-Chi veramente temeva. Tra di loro abitavano i
Potter. Gente per bene, i Potter. Un mago e una strega con questa
grande ambizione di combattere il male. Erano solo ragazzini, dico
io. Poveri illusi che con il loro Eccezionale in difesa contro le
arti oscure pensavano di poter andare in giro a sconfiggere i
cattivi, inebriati dalle brillanti parole di Albus Silente. Un
grand'uomo, Silente, sì, ma un folle. Quando c'è
la guerra bisogna
solo scappare. Chi resta è perduto. E quando
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato scovò il loro
nascondiglio a
Godric's Hollow, infatti, nulla poterono, i Potter. Entrambi uccisi
quasi senza la possibilità di combattere, di difendersi.
Hermione
sobbalzò. Quanto poteva essere crudele un mago del genere?
-Vuoi
sapere chi si salvò? Eh? Vuoi sapere chi fu l'unico a
salvarsi?
La
ragazza annuì, ma sapeva che se anche avesse dissentito, il
signor
Fogg glielo avrebbe detto lo stesso. Sembrava che aspettasse da anni
la possibilità di parlare a qualcuno di queste cose. O forse
ne
parlava anche con altri, ma Hermione era sicura che, se anche
l'avesse fatto, la gente lo avrebbe preso per pazzo. Forse Hermione
era l'unica che lo ascoltasse veramente.
-Harry Potter. Harry
Potter si salvò. Era il loro figlioletto. Aveva appena un
anno di
vita. I suoi tanto "bravi e coraggiosi" genitori che
volevano salvare il mondo non riuscirono neanche a rallentarlo per
qualche secondo, ma lui sì. Harry Potter fu immune alla
maledizione
che uccide, l'unico caso al mondo, per quanto si sappia. L'anatema
rimbalzò contro il Grande Mago Oscuro e, puff, lui
sparì.
Hermione
aveva gli occhi sgranati. Era incredula. Come poteva un mago
così
forte, spietato e potente essere stato sconfitto da un bambino
così
piccolo e indifeso? Il signor Fogg continuò:
-Ma lui non è
morto. Oh, no, mia cara Hermione, lui è ancora lì
da qualche
parte,
disse guardando a destra e a sinistra come un
ossesso,
-Ancora troppo forte per morire, ma troppo debole per
vivere davvero. È questo che dicono in tanti, ormai. E
nessuno sa
dov'è, neanche i suoi tanto amati seguaci, anche se molti
sono ad
Azkaban, adesso, l'inespugnabile prigione dei maghi.
Hermione
ricordò di aver visto di sfuggita citato quel nome da
qualche parte
in "Storia di Hogwarts".
-Potrebbe essere in un luogo
sperduto, potrebbe essersi rifugiato nelle Indie o in Sud America, ma
potrebbe anche trovarsi qui, in mezzo a noi, e vuoi sapere qual
è la
cosa più divertente, Hermione? Ih! Ih! Ih!
Hermione scosse la
testa, quasi trattenendo il fiato. Come poteva esserci qualcosa di
divertente in questa orribile storia? Probabilmente quella notte
avrebbe avuto gli incubi.
-È che noi non lo sappiamo. E non ce ne
accorgeremo mai, mia cara signorina Granger, almeno fino a quando non
sarà troppo tardi.
Spazio
autrice
Già
da qui è più facile dire gli elementi che NON
sono stati ripresi da
J.K. Rowling: il signor Fogg e la sua storia. Siccome non è
mai
stata pubblicata una versione originale di "Storia di Hogwarts",
il nome dei capitoli e il suo contenuto sono di mia invenzione
(sicuramente Bathilda Bagshot scriveva meglio di me), sebbene la
Rowling abbia citato alcuni degli argomenti trattati nel libro nel
corso della saga. Se non l'aveste ancora fatto, leggere il disclaimer
posto a capo del primo capitolo
Eccomi di nuovo con questo secondo
capitolo. Grazie ancora a chi è arrivato fino in fondo.
Spero che
recensiate in tanti, ma se anche foste solo in uno o in due non mi
dispiacerebbe, anzi ;) Prossimo aggiornamento, vari impegni
permettendo, spero prima della fine della prossima settimana. Grazie
per avermi sopportata. Conlatestatralenuvole
|
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Capitolo 3 *** La decisione più importante ***
3
LA
DECISIONE PIÙ IMPORTANTE
Quando
Hermione tornò a casa, dopo la lunga chiacchierata con il
signor
Fogg, era pomeriggio inoltrato, aveva saltato il pranzo e, nonostante
il caldo afoso di luglio, non osò aprire le finestre per
paura di
Lord Voldemort. La ragazza, in effetti, non riusciva a smettere di
pensare alla conversazione: alle strane materie citate dal suo
dirimpettaio, al poster di Albus Silente, alle tragiche conseguenze
di un'espulsione da Hogwarts – spezzavano la bacchetta a chi
veniva
cacciato dalla scuola; roba da matti – e a Bathilda Bagshot
nella
comunità magica di Godric's Hollow. Ma ciò che
più di tutti
l'aveva colpita, e a dir poco terrorizzata, era stato il terribile
Signore Oscuro, Tu-Sai-Chi, come lo chiamava il signor Fogg. Hermione
non si capacitava di tanta crudeltà. Si sentivano in
continuazione
notizie di ladri che rapinavano banche, di sicari e di maniaci che
avevano assassinato i loro amici, la loro famiglia, i loro stessi
parenti... ma Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato sembrava una persona
intelligente, colta e totalmente consapevole delle sue azioni. Le
ricordava Adolf Hitler durante la seconda guerra mondiale: amante del
potere, assolutamente convinto della giustizia delle sue opere e,
soprattutto, assetato del sangue di chi ostacolava il suo cammino e
degli ebrei. Solo che, mentre lei non era ebrea, e non avrebbe avuto
troppi problemi durante la guerra, era invece una mezzosangue. E i
suoi genitori? Babbani. Se Tu-Sai-Chi si fosse trovato veramente a
Londra, cosa sarebbe successo a lei e alla sua famiglia? Se i Potter
erano una famiglia di maghi, ed erano stati uccisi così
violentemente, che brutale tortura sarebbe toccata a quelli come lei,
come sua madre e suo padre? Mezzosangue: sangue sporco, sangue
lercio... La sola parola la faceva rabbrividire. Quella sera,
Hermione, non si addormentò molto facilmente.
Passarono i
giorni, e l'unico motivo per cui i programmi giornalieri non erano
più appesi nella sua cameretta, era che Hermione, di
programma, ne
aveva soltanto uno. Poco dopo essersi svegliata e vestita, infatti,
preparava il tè, lo versava in due tazze separate, incartava
qualche
biscotto allo zenzero in un pezzetto di carta stagnola e portava la
colazione dal signor Fogg. Il vecchio uomo, almeno inizialmente,
sopportava a stento le visite della ragazza e la sua insaziabile
curiosità. La definiva una bambinetta saccente che si
vantava di
tutto quello che imparava e che, per di più, era figlia di
babbani,
ma ciò che al mago dava enormemente fastidio, erano le
continue
domande sul Signore Oscuro, un argomento che non gli piaceva
affrontare, ma di cui Hermione non sembrava mai averne abbastanza.
-Signor Fogg,
ma se Voldemort era un mago, e possono già fare tutti gli
incantesimi che vogliono i maghi, no? Insomma,
continuò
Hermione tormentandosi le mani, il libro "Storia di Hogwarts"
saldamente stretto tra le gambe,
-Per
quale
motivo voleva ancora più potere?
-Non
c'è
nessun vero motivo per desiderare il potere, ragazzina. Lo si vuole e
basta. Potresti essere il mago o la strega più potente del
mondo...
stermineresti il mondo intero pur di non avere concorrenza. Tutti
parlano del denaro, della fama; è il potere la vera droga di
questo
pianeta, ecco che penso io. Quel potere che spingerebbe un padre a
maltrattare il figlio e il figlio ad assassinare il padre. Quello
stesso potere che ti rende schiavo a tal punto da farti tradire tuo
fratello o il tuo migliore amico.
Hermione
rabbrividì.
-Ed
è
per
questo che così tante persone si sono unite a lui? Per la
sete di
potere?
-Oh...
Ih!
Ih! Ih!
Un
sorriso
quasi malefico si allargò sul volto del signor Fogg. Aveva
le folte
sopracciglia inarcate e le palpebre rugose abbassate, nello sguardo
di qualcuno che la sa molto lunga.
-Sì...
I
suoi occhi
sembrarono improvvisamente smarrirsi nel vuoto; l'espressione tornata
seria e la bocca storta in una smorfia, come se avesse appena
assaggiato qualcosa di amaro.
-...e
no. Non
era sempre così crudele, dopotutto, il Signore Oscuro. Nei
suoi
giorni buoni ti faceva scegliere: o ti univi a lui o ti torturava
fino alla pazzia, anche se eri un mezzo gigante o un nato babbano.
Il
cuore
della ragazza cominciò a battere più
freneticamente. Sentiva il
sangue pulsarle nelle orecchie. Il signor Fogg si stava di nuovo
arrabbiando.
-È
per
questo che me ne sono andato da Godric's Hollow, sai? Se fossi
rimasto, a quest'ora, avrei un bel marchio nero tatuato sul braccio
sinistro.
La
sua voce
diventava via via sempre più alta e veloce.
-Ero
già
stato minacciato dai mangiamorte. Ho dovuto riferire la posizione di
quasi una decina di maghi e streghe; ho dovuto far assassinare il mio
migliore amico. Era uno sciocco, buonissimo uomo che in tempi di
guerra se ne andava in giro difendendo i diritti dei mezzosangue,
nascondendoli, facendoli scappare all'estero. Ho dovuto dire dov'era
il suo nascondiglio. L'hanno annegato nella vasca del suo stesso
bagno dopo quasi due ore di torture, sotto l'effetto della
maledizione Imperius, dopo avergli fatto assistere alla morte di
tutti e cinque i nati babbani che teneva nascosti in casa.
Hermione
fremeva dalla rabbia. Con le mani strette a pugno, si alzò
di scatto
dal divano, sentendosi montare dentro una furia sconosciuta. "Storia
di Hogwarts" cadde a terra con un tonfo.
-Come
ha
potuto?
Urlò
sull'orlo delle lacrime.
-Come
ha
potuto lasciare che così tante persone morissero per causa
sua?
Il
signor
Fogg restò un attimo interdetto dall'improvvisa ira della
ragazza.
-L'avresti
fatto anche tu.
Mormorò
poi,
ma quasi con dolcezza, come se si pentisse anche lui amaramente delle
scelte del passato.
-Mai!
Hermione
scoppiò in lacrime. Era così infuriata con il suo
vicino. Non aveva
difeso quella gente, gente come lei; non avrebbe difeso neanche lei,
era chiaro. Ed era al contempo così spaventata per quello
che
sarebbe potuto accadere se Voldemort fosse tornato.
Il
signor
Fogg, sospirando e con un'espressione triste in volto, si
chinò a
raccogliere il volume abbandonato e lo posò con delicatezza
sul
divano.
-Suvvia.
Sussurrò
abbracciando Hermione e lasciandola singhiozzare sul suo petto. Erano
anni che il signor Fogg non abbracciava qualcuno, si sentiva strano,
come se non si ricordasse bene cosa avrebbe dovuto fare.
-Sei
una
ragazza brillante, Hermione Granger. Sei altruista, coraggiosa. Tutti
coloro che ti hanno o che ti avranno vicino sono persone
privilegiate. Ma io non ero come te. Ero giovane ed egoista. Chi mi
è
sempre rimasto accanto non è stato molto fortunato.
Con
gli occhi
ancora offuscati dalle lacrime, la ragazza ricambiò
l'abbraccio del
vecchio uomo. Provava pietà per lui, la stessa
pietà che spesso
aveva provato per se stessa. E fu in quel momento che Hermione prese
la decisione più importante della sua vita: qualsiasi cosa
sarebbe
successo, che fosse nel mondo magico o in quello dei babbani, lei non
si sarebbe tirata indietro. Si sarebbe fatta torturare pur di non
tradire le persone che amava.
Dopo quella
discussione su Tu-Sai-Chi, la ragazza smise di insistere tanto
sull'argomento, ma non fu solo per quello che quella loro singolare
amicizia si andava rafforzando, giorno dopo giorno. Per quanto sempre
burbero e scostante, l'anziano mago dagli stravaganti cappelli a
punta salutava con entusiasmo la sua nuova amica quando arrivava con
la colazione e, ogni tanto, sorrideva quando gli riempiva la testa di
centinaia di domande prima ancora di aver varcato la soglia. Sebbene
il vecchio uomo facesse ancora un po' paura alla ragazza, insomma,
lei si era accorta di questi cambiamenti, e cercava di ricordarsene
ogni qual volta lui le sbraitasse contro senza apparente motivo, o
quando parlava male di babbani e mezzosangue quasi dimenticandosi che
lei e i suoi genitori appartenessero proprio a quelle categorie. Il
signor Fogg prestava alla giovane Hermione quasi un libro diverso
ogni pomeriggio e, almeno la maggior parte delle volte, la ragazza
glielo riconsegnava il giorno dopo e i due passavano il tempo a
commentarlo. Le storie sui maghi e su Hogwarts si facevano sempre
più
interessanti. Il mago della porta accanto, come a Hermione piaceva
definirlo, non senza che lui si irritasse, aveva addirittura
acconsentito a prestarle "Storia della Magia". Sembrava
detestare la materia in sé, ma mostrava nei confronti del
volume di
Bathilda Bagshot un comportamento simile alla venerazione;
un'ammirazione forse ancora più forte di quella della
ragazza per
"Storia di Hogwarts". Hermione, in qualche modo lo capiva:
non si sarebbe separata per nulla al mondo dal suo libro preferito,
per cui lo ringraziò per una giornata intera quando
finalmente
riuscì a farselo prestare. Anzi, lo ringraziò
così tanto, che alla
fine il signor Fogg iniziò ad urlarle contro e la
cacciò fuori casa
mezz'ora prima del solito. Quando il giorno dopo la ragazza gli
riportò "Storia della Magia" letto e studiato,
però, il
mago fu stranamente molto contento di discuterlo con lei, forse
sorpreso di poter parlare con qualcuno che lo comprendesse di
basilischi, rivolte dei goblin, elfi domestici e del famoso Statuto
Internazionale di Segretezza del 1689.
Hermione
diveniva ogni giorno sempre più cosciente del fatto di far
parte
anche lei della comunità magica, almeno in piccola parte, e
questo
le provocava un'infinita serie di emozioni contrastanti. Le sue doti
la spaventavano a morte, ma la rendevano fiera e orgogliosa. Era come
se avesse sempre saputo di essere diversa da tutti i suoi coetanei,
ma questa diversità adesso la eccitava e incuriosiva
più che mai.
Non le era mai piaciuto così tanto avere la casa tutta per
sé e
poter decidere cosa fare senza dover rendere conto a nessuno come in
quelle lunghe giornate di mezza estate. Degli strampalati incontri
con il suo dirimpettaio, non aveva ancora detto nulla ai suoi
genitori. Non sapeva con esattezza il motivo. Forse era un po'
preoccupata del loro giudizio, forse, semplicemente, considerava il
mondo magico come qualcosa di personale, il suo piccolo segreto, e
non era assolutamente pronta a condividerlo con qualcuno.
Il mese di
luglio stava quasi per giungere a termine quella mattina, e la
giovane vicina del signor Fogg stava giusto per infilarsi le sue Mary
Jane nere e uscire di casa, quando vide con la coda dell'occhio un
gufo volare davanti all'ampia finestra dell'ingresso. Un gufo? Non
aveva mai visto da vicino un gufo. Inoltre la sua "Enciclopedia
delle Meraviglie della Natura volume 3 – passerotti,
pettirossi e
altri pennuti" parlava chiaro: i gufi erano animali notturni.
Dormivano di giorno. Non c'era alcun motivo per cui un volatile del
genere avrebbe dovuto... Hermione finì frettolosamente di
allacciarsi la scarpa e scattò con un balzo verso la
finestra. Il
naso premuto contro il vetro, cercava con lo sguardo l'animale a
destra e a sinistra, sperando di non averlo immaginato. I suoi
respiri affannati creavano piccole nuvolette biancastre sulla
finestra, appannandola fino al punto di non poterci più
guardare
attraverso. Con il cuore in gola e camminando lentamente, come se il
rapace avesse potuto sentirla dall'altro lato dello spesso muro
bianco e scappare spaventato, si avvicinò al portone
d'ingresso.
Forse, ma proprio forse, forse, forse, pensò la ragazza,
quell'uccello non aveva mutato il suo ritmo sonno-veglia a causa del
disboscamento, del buco dell'ozono o del riscaldamento globale.
Forse, ma sempre e solo molto, molto forse, quel gufo non era come
tutti quanti i suoi simili. Il signor Fogg parlava molto spesso dei
gufi, e l'utilizzo di questi animali come postini era stato citato
innumerevoli volte nei libri che le erano stati prestati, soprattutto
in "Storia della Magia", dove un capitolo intero era
dedicato all'incontro tra maghi e pennuti e al< corso del loro
addestramento e inserimento nella comunità magica. Non era
che
forse...? Quasi tremando per l'eccitazione, Hermione guardò
fuori
dallo spioncino della porta. Nulla. Si vedeva solo la strada e la
villetta del suo vicino preferito, entrambe storpiate dalla forma del
tondino di vetro. Allora la ragazza, raccolto tutto il coraggio che
aveva in corpo, girò per due volte la chiave nella serratura
e aprì
la porta molto lentamente, finché uno spiraglio di luce
illuminò la
soffice moquette color sabbia. Con estrema cautela, tirò il
portone
verso di sé, piano, piano; la striscetta di luce sul
pavimento si
faceva via via sempre più larga. Quando l'ingresso fu del
tutto
spalancato, Hermione si trovava ancora dietro alla porta, appiattita
tra questa e il muro retrostante, trattenendo il fiato e allungando
il collo verso l'uscio. Con le ginocchia che le tremavano, fu prima
la sua gamba sinistra ad uscire da quel nascondiglio, seguita dal
braccio, dal busto, dall'altra gamba, dall'altro braccio e, solo alla
fine, dall'ammasso ingarbugliato di capelli cespugliosi; le palpebre
talmente serrate, che le sembrava di vedere tante piccole stelline
colorate. Ridusse adagio, adagio l'occhio destro a una fessura
sottile. Per un attimo la sua vista si fece appannata e confusa ma,
quando le immagini si mostrarono più nitide davanti a
sé, Hermione
la vide: una piccola lettera di pergamena giallastra. Con
insopportabile lentezza, la ragazza si chinò sull'uscio,
senza
veramente uscire fuori di casa, e tese il braccio in avanti con la
delicatezza e la precisione di un felino che, astuto e silenzioso, si
avvicina alla preda, pronto a divorarla. Proprio come una ruggente
tigre affamata, non appena il suo palmo si aprì del tutto
pochi
centimetri al di sopra della lettera, Hermione la acciuffò
di colpo
e la strinse forte a sé, quasi impaurita che se avesse
aspettato
ancora, o se la pesante busta di pergamena se ne fosse accorta, si
sarebbe smaterializzata e sarebbe tornata indietro da dov'era venuta.
Chiuse la porta con violenza e corse quanto più veloce
poté su per
le scale fino alla sua cameretta. Si sfilò le scarpe facendo
scivolare le punte sui talloni e si buttò sul letto, non
prima di
aver afferrato in tutta fretta il libro "Storia di Hogwarts"
dalla scrivania. Una lettera consegnata da un gufo; una lettera da un
mago. Ancora non sapeva di chi fosse, e già sentiva una
voglia matta
di urlare di gioia. Non era mai stata così felice in vita
sua; e
l'allegria non fece che aumentare quando, letta l'intestazione
scritta in eleganti caratteri di inchiostro verde e girata la pesante
busta dall'altro lato, scoprì che sul sigillo di ceralacca
color
porpora, svettava imponente lo stemma di Hogwarts. Sarebbe potuta
svenire. Senza scendere dal letto, si allungò
pericolosamente verso
la sua scrivania per avvicinare un portapenne, souvenir della vacanza
ad Amsterdam del Natale precedente, e tirarne fuori un sottile
tagliacarte d'argento, un cimelio di famiglia appartenente al suo
bis-bisnonno paterno. Con la precisione di un cardiochirurgo mentre
opera un paziente in fin di vita, Hermione Jean Granger aprì
la
busta, ben attenta a non rovinarla. All'interno, un foglio della
stessa pergamena giallastra recitava in un sottile corsivo color
smeraldo:
SCUOLA
DI MAGIA E STREGONERIA
DI
HOGWARTS
Preside:
Albus Silente
(Ordine
di Merlino, Prima Classe,
Grande
Mago, Stregone Capo, Supremo Pezzo Grosso,
Confed.
Internaz. dei Maghi)
Cara
signorina Granger,
siamo
lieti di informarLa che Lei ha diritto a frequentare la Scuola di
Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso troverà
l'elenco di
tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie.
L'anno
scolastico avrà inizio il 1° settembre. Restiamo in
attesa del Suo
gufo entro e non oltre il 31 luglio p.v.
Distinti
saluti,
Minerva
McGranitt
Vicepreside
Hermione
non ci poteva quasi credere. O meglio, aveva iniziato a sospettare
che sarebbe arrivata la lettera anche a lei, ma non voleva crearsi
false speranze. Quel giorno, correndo come una freccia dal signor
Fogg, gli mostrò la lettera prima ancora che l'uomo finisse
di
aprire la porta di casa, e lui la festeggiò con un abbraccio
enorme.
Era così orgoglioso della sua piccola amica streghetta.
Passarono il
pomeriggio a tirar fuori da un vecchio scatolone in soffitta le
vecchie foto di scuola dell'anziano mago. Nelle immagini, un giovane
ragazzo con un cappello a punta e delle folte sopracciglia salutava
allegramente la fotocamera, spesso facendo facce buffe con dei
ragazzi della sua stessa casa. In una era abbracciato alla sua prima
ragazza, e le sorrideva timidamente con sguardo innamorato. In
un'altra, indossava la divisa della squadra di Quidditch di
Serpeverde. Era un battitore, raccontò a Hermione.
Giocò solo per
qualche mese – iniziò proprio l'anno in cui fu
espulso – ma era
così fiero a cavallo della sua nuovissima Freccia d'Argento.
Quando
quella sera la famiglia Granger si riunì a tavola per la
cena, la
ragazza era tesa come una corda di violino, ma non stava più
nella
pelle.
-Mamma,
papà, vorrei parlarvi di una cosa.
Iniziò
mentre tagliava in pezzi sempre più piccoli il suo
spezzatino. Era
troppo agitata per mangiare.
-Dicci,
cara.
Disse
il signor Granger con la bocca ancora piena di carne e patate
arrostite, guadagnandosi un'occhiataccia dalla moglie. Le porse uno
sguardo di scuse e tornò a concentrarsi sulla figlia, i
piedi della
quale dondolavano nervosamente sotto il tavolo. Era proibito portare
oggetti a tavola durante i pasti, ma quella volta Hermione stava
infrangendo la regola: aveva bisogno del suo amato "Storia di
Hogwarts" per infonderle coraggio, nonostante il signor Fogg
l'avesse rassicurata dicendole che sarebbe andato tutto bene. Il
libro giaceva nascosto sulla sedia, proprio sotto di lei. La ragazza
abbassò un secondo la mano per toccarlo.
-Ho
deciso di cambiare scuola quest'anno.
La
signora Granger alzò gli occhi al cielo.
-Tesoro,
ne abbiamo già parlato. So che non ti trovi molto bene con i
tuoi
compagni, ma la scuola è una delle migliori di Londra. E la
nuova
preside, la signora Scholdoog, è estremamente competente e
ha
assunto tutti gli insegnanti più qualificati della regione.
Questa
volta fu Hermione ad alzare gli occhi al cielo.
-Sì,
lo so, lo so. Ma andrei in una scuola altrettanto buona, anzi,
addirittura migliore, soprattutto per me. Inoltre, da qualche anno a
questa parte, la scuola è sotto l'amministrazione di Albus
Percival
Wulfric Brian Silente, uno dei migliori.
-Non
ho mai sentito parlare di questo professore. Dove si troverebbe
questa scuola?
La
ragazza sospirò: qui sarebbe arrivata la parte difficile.
-Da
qualche parte in Scozia.
Il
signor Granger scoppiò a ridere.
-In
Scozia? E perché mai vorresti andartene in Scozia?
-Sentite,
so che può sembrarvi assurdo, ma è davvero la
scuola che fa per me.
Mi è già arrivata la lettera di ammissione e il
Signor Fogg dice...
-Il
signor Fogg?
La
interruppe la madre.
-E
da quand'è che frequenti il nostro vicino di casa?
-Vado
spesso da lui... è lui che mi ha fatto capire che devo
andare a
Hogwarts.
La
signora Granger trasse un lungo sospiro. Cercò di parlare
nel modo
più delicato possibile:
-Tesoro,
il signor Fogg non ha una buona fama. Non che sia colpa sua, vedi, ma
è una persona anziana ed è molto solo. Gli capita
di parlare a
vanvera. Dice parole senza senso, parla di magia, di fantasmi.
Capisco che per una ragazzina come te deve essere molto affascinante
ascoltare questi racconti grandiosi e singolari, e mi fa piacere che
tu gli vada a fare compagnia ogni tanto, è molto gentile da
parte
tua, anche se avrei preferito che tu ci avessi chiesto il permesso
prima, ma ciò che dice, per quanto interessante ti possa
sembrare,
non corrisponde alla verità.
-Non
è così. Le cose magiche di cui lui parla esistono
davvero. Devi
credermi.
Insisté
la ragazza.
-Guarda
tu stessa.
Esclamò
tirando fuori la lettera dalla tasca dei pantaloni. I suoi genitori
si scambiavano occhiate tra il divertito e il preoccupato, man mano
che la leggevano.
-Scuola
di magia e stregoneria di Hogwarts?
Disse
alla fine il signor Granger massaggiandosi le tempie.
-Tesoro,
se vuoi imparare qualche trucchetto di magia possiamo comprarti un
libro o iscriverti a qualche corso qui vicino. Non c'è
bisogno che
tu vada in Scozia per esercitarti in giochi di carte e altra roba da
illusionisti.
-No,
non avete capito?
Chiese
Hermione alzandosi in piedi. Per quasi dodici anni non aveva chiesto
praticamente niente ai suoi genitori. Ogni loro volere era un ordine
che aveva piacere di rispettare, ma andare a Hogwarts era importante.
Perché non volevano esaudire questo suo unico desiderio?
-Io
sono una strega. Lo sono di già. Non ho bisogno di imparare
trucchetti da quattro soldi. Per di più, so già
fare alcuni
piccolissimi incantesimi, e senza neanche una bacchetta. L'iscrizione
non costa tanto, e non dovrete neanche comprarmi una scopa, tanto non
credo che giocherò mai a Quidditch.
Anche
il signor Granger si alzò in piedi, ma questa volta non
c'era alcuna
traccia di condiscendente divertimento sul suo volto. Era serio e
accigliato, e la ragazza fece istintivamente un passo indietro,
rischiando di andare a sbattere contro la sua stessa sedia.
-Hermione
Jean Granger,
scandì
lentamente l'uomo,
-Per
oggi hai veramente esagerato. Non so per quale motivo tu abbia deciso
di fare questa scenata. Non mi sembra che ti abbiamo mai fatto
mancare niente, ma questa idea malsana della Scozia è
un'assurdità.
Ti reputo una ragazza intelligente, Hermione. Sai benissimo tu,
quanto me, che la magia non esiste, e neanche i maghi, le streghe,
gli orchi, o i fantasmi che ti pietrificano quando li guardi.
"Quelli
sono i basilischi, e una leggenda narra che ce ne sia uno nascosto in
una stanza segreta a Hogwarts, una stanza aperta da Salazar
Serpeverde in persona" pensò Hermione, ma non si
azzardò a
proferir parola.
-Se
credessimo ancora in queste sciocchezze saremmo rimasti tutti nel
Medioevo. Adesso vai a letto, e non tirare mai più fuori la
storia
di questa scuola, chiaro? Inoltre, ti proibisco di vedere il signor
Fogg senza di noi. Evidentemente il vecchio ha una cattiva influenza
su di te. Capito?
La
ragazza ne aveva abbastanza. Non le era mai capitato come in quegli
ultimi giorni di perdere la pazienza in questo modo.
-Siete
voi che non capite! Il signor Fogg non c'entra niente. Sapevo di
essere una strega già da prima che lui me lo dicesse.
-Hermione,
basta!
Urlò
la signora Granger. Hermione non ci vedeva più dalla rabbia.
-Siete
soltanto degli stupidi babbani!
Con
un fracasso assordante, tutti i piattini da collezione della signora
Granger, allineati su una piccola mensola in legno, raffiguranti un
frutto ciascuno, si frantumarono come se qualcuno gli avesse dato una
martellata al centro. Tutti e tre i litiganti, sobbalzarono
spaventati. Sul volto di Hermione andava dipingendosi uno sguardo
colpevole.
-A
che giochetto stai giocando?
La
ragazza si avvicinò ai cocci sparsi sul pavimento.
-Conosco
l'incantesimo,
mormorò,
-Se
solo avessi una bacchetta potrei ripararli uno per uno, mi dispiace.
Si
rimise in piedi e guardò negli occhi i suoi genitori, che
fissavano
il disastro ammutoliti.
-È
per questo che devo andare a Hogwarts. Lì mi insegnerebbero
a
padroneggiare la magia. Non è stata una mia scelta, e
neanche una
vostra, ma è quello che sono. Non potete impedirmelo. Ho
già fatto
mandare un gufo dal signor Fogg confermando la mia iscrizione. Lui mi
istruirà su dove potrò comprare il materiale
necessario a
frequentare la scuola.
Tornò
alla sua sedia e prese il libro "Storia di Hogwarts". Lo
porse a suo padre.
-Leggete
questo, se può aiutarvi. Io adesso sono molto stanca. Vado a
dormire. Buonanotte.
E,
senza, aspettare risposta, si avviò lenta e stremata verso
la sua
cameretta. Sperava avessero capito, altrimenti avrebbe insistito
ancora e ancora, del tutto consapevole che non si sarebbe arresa
così
facilmente.
NOTE
DELL'AUTRICE
Con
un po' di ritardo, ecco il terzo capitolo. Devo dire che purtroppo
non è uno dei miei preferiti, ma tutto ciò che
accade è
indispensabile per anticipare gli avvenimenti successivi.
Una
domanda per i lettori, ma soprattutto per i recensori... Come vi
siete immaginati la reazione dei signori Granger alla lettera per
Hogwarts?
Solito
disclaimer: non sono la Rowling, e la stragrande maggioranza dei nomi
e dei personaggi di questo racconto appartengono a lei. Testo e
descrizione della lettera per Hogwarts sono stati presi da
“Harry
Potter e la Pietra Filosofale”.
Grazie
mille e un bacione a tutti quelli che ancora mi su(so)pportano.
Conlatestatralenuvole
|
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Capitolo 4 *** Scacchi, camini e succo di zucca ***
4
SCACCHI,
CAMINI E SUCCO DI ZUCCA
Era
ormai trascorsa già la prima settimana di agosto, e Hermione
non
avrebbe potuto essere più stanca. Non trovando nulla di
meglio da
fare, passava le giornate a studiare i suoi noiosi libri babbani.
Ripreso il suo vecchio testo di storia, aveva quasi imparato a
memoria non solo il capitolo dodici, ma anche tutti gli altri fino
alla fine. Eppure non le interessava più capire le
motivazioni
dietro alla rivoluzione francese, o i cambiamenti apportati dalla
nascita delle industrie moderne; avrebbe tanto preferito scoprire di
più sulla storia dei maghi dell'Africa e del Nord America, o
sulla
regolazione dei rapporti tra il Ministero della Magia e il mondo dei
babbani. Avrebbe persino riletto "Il Quidditch Attraverso i
Secoli", se solo avesse potuto; ma se poteva o no, questo non lo
sapeva ancora. I suoi genitori avevano preso le ferie, ma nonostante
si trovassero di fatto tutti sotto lo stesso tetto, dopo le
incomprensioni degli ultimi giorni di luglio, una continua atmosfera
di tensione e imbarazzo aveva limitato i loro discorsi a brevi scambi
di saluti la mattina e la sera. Si incontravano quasi solo per i
pasti, e non appena entrava nella loro stessa stanza, la ragazza era
sicura di sentirli smettere di bisbigliare di colpo e si sforzava a
più non posso per far finta di non percepire i loro sguardi
curiosi,
a volte leggermente preoccupati.
C'erano talmente tante cose che a Hermione mancavano in
quel periodo: primo tra tutte era il libro "Storia di Hogwarts",
che non le era ancora stato restituito. Le mancavano le chiacchierate
con sua madre e suo padre, le visite al signor Fogg, le storie su
Hogwarts, le dettagliate spiegazioni dei vari incantesimi. Forse,
più
di ogni altra cosa, le mancava quella certezza, quella sicurezza che
l'aveva sempre accompagnata, anche nei momenti più confusi e
difficoltosi. Quella settimana, invece, non era sicura di niente.
Aveva miliardi di domande per la testa e non aveva ancora ricevuto
risposte. Si sentiva così frustrata. Sapeva che i suoi
genitori
avrebbero dovuto comprendere da soli la situazione; le sue
spiegazioni non sarebbero servite a nulla, e questa sua impotenza la
rendeva ancora più incerta. Doveva solo aspettare. Era
sempre stata
una persona paziente, ma questa volta sentiva che le sarebbero
saltati i nervi.
Sarebbe
mai andata a Hogwarts?
La
noia di quell'attesa apparentemente infinita si spezzò
improvvisamente una domenica sera quando, scendendo le scale per
andare a cena, Hermione notò che una delle scacchiere era
sparita
dal mobile a parete nel salotto buono e che, dalla porta chiusa della
cucina, proveniva una voce di troppo. Suo padre doveva aver invitato
qualche amico del club di scacchi, pensò, ma la sorpresa fu
enorme
quando, seduto su una delle massicce sedie in legno, trovò
niente
meno che l'anziano mago che abitava di fronte a lei.
-Salve,
signor Fogg.
Salutò
in modo pacato e professionale, cercando di nascondere al meglio
l'ansia, l'entusiasmo e il sorriso gigante che minacciava di
attraversarle il viso da una parte all'altra.
Hermione
non si era mai applicata troppo a fondo nel gioco degli scacchi, non
lo considerava esattamente di suo gradimento, ma a giudicare dal
numero di pedine rimaste in campo, era praticamente sicura che
avrebbe vinto il signor Fogg.
-Ciao,
Hermione, come te la passi?
Chiese
lui cordialmente.
Mentre
giocava, si guardava intorno con aria perplessa. La ragazza sorrise
sotto ai baffi: avrebbe giurato che l'uomo non fosse così
contento
di trovarsi in una casa abitata da babbani. Lo si leggeva chiaro e
tondo dal sorriso palesemente finto che ostentava davanti ai suoi
genitori. Era teso, e forse anche un po' intimorito. Sembrò
quasi
sollevato che Hermione fosse finalmente arrivata.
-Torre
in C10.
Disse,
quasi come se stesse parlando alla scacchiera stessa.
Tenne
lo sguardo fisso sulla pedina per qualche secondo, quasi si
aspettasse che succedesse qualcosa, poi sembrò avere
un'illuminazione e spostò la torre nella casella che aveva
indicato.
Dedicò al signor Granger un altro falso e impacciato sorriso
a
trentadue denti, per poi tornare a guardare serio i pezzi rimasti in
campo.
-Che
bei denti che ha, deve avere un ottimo dentista.
Trillò
la signora Granger in modo decisamente inopportuno.
Anche
lei era visibilmente tesa e imbarazzata. Non aveva mai avuto a cena
un mago prima d'ora, e quella frase era la prima cosa che le fosse
venuta in mente nel tentativo di avviare una conversazione. Il signor
Fogg, ancora più confuso, tentò con un altro
enorme sorriso, mentre
lanciava ad Hermione silenziose richieste d'aiuto. La ragazza
andò a
sedersi e prese una manciata di noccioline dalla ciotolina mezza
vuota posta al centro della tavola. Sospirò:
-Dubito
che il signor Fogg sappia esattamente cos'è un dentista,
mamma.
Era
la frase più lunga che avesse pronunciato in tutta la
settimana, e
non stava succedendo niente di male. Si sentì immediatamente
alleggerita da un grosso macigno che, fino a quel momento, non si era
neanche resa conto di star portando sulle spalle.
-Noi
siamo dentisti.
Aggiunse
il signor Granger, anche lui decisamente poco a suo agio, come se
quella risposta avrebbe fornito una spiegazione valida a tutte le
domande filosofiche che l'uomo si fosse posto fino a quel momento.
Hermione
alzò gli occhi al cielo.
-Nel
mondo dei babbani sono dottori che curano i denti.
Il
vecchio mago annuì lentamente, come se questa volta fosse
stato lui
a trovare la soluzione ai grandi problemi dell'universo.
-Gradirebbe
avere la radio o la televisione accesa durante la cena?
Chiese
la signora Granger.
Il
signor Fogg lanciò un ennesimo sguardo interrogativo a
Hermione, ma
la ragazza stava iniziando ad averne abbastanza.
-Vorremmo
iniziare ad affrontare la questione principale, per favore?
Domandò
spazientita. Era più di una settimana che stava aspettando
questo
momento.
-Hogwarts,
Hogwarts, hoggy warty Hogwarts...
Canticchiò
il mago tra sé e sé in tutta riposta.
-Sì,
beh, immagino che a questo punto dovremmo partire dal presupposto che
tu sia una strega e che il nostro vicino sia un mago, giusto?
Chiese
il signor Granger in tono pragmatico.
Il
signor Fogg annuì; sarebbe stata una lunga cena, e
tecnicamente non
era ancora iniziata.
-È
più difficile di quanto mi sarei aspettato.
Sbuffò
il signor Granger.
-Ma
non ci sarebbe una scuola più vicina di questa Hogwarts? E,
se non
ci è dato sapere dov'è, come faremo con le
riunioni o i colloqui
con i professori?
Il
signor Fogg aggrottò le sopracciglia..
-Non
sono previsti colloqui, e Hogwarts accoglie maghi e streghe da tutto
il Regno Unito. Se anche ci fossero altre scuole sul territorio,
sarebbe comunque la migliore.
-E
una volta terminati gli studi a Hogwarts, come potranno materie quali
Trasfigurazione e, ehm, Difesa contro le Arti Oscure tornarle utili
nella vita reale?
Chiese
la signora Granger leggendo da un taccuino. Lei e il marito si erano
segnati punto per punto ogni domanda che avevano ritenuto necessaria,
per un totale di quasi dieci pagine scritte fitte fitte. Se dovevano
prendere in considerazione quest'idea bizzarra della scuola di magia,
almeno lo avrebbero fatto con cognizione di causa.
-Nella
vita reale?! Perché, non le sembro reale, io?
Si
scaldò l'anziano mago.
Hermione
gli lanciò un'occhiata di rimprovero, così
l'uomo, sbuffando e
sistemando sulla testa il cappello nero, uno dei più
eleganti che
aveva, cercò di parlare in tono più calmo.
-La
vita "reale"
di
maghi e streghe prevede tante opportunità di lavoro per
coloro che
hanno completato gli studi a Hogwarts e anche per chi, come me, non
l'ha fatto. Alcuni mestieri sono simili a quelli babbani solo che,
ovviamente, si usa la magia.
Il
signor Granger annuì pensieroso.
-Lei,
per esempio, che lavoro faceva?
-Lavoravo
in un vecchio pub giù a Godric's Hollow.
Si
sistemò il cappello ancora una volta, agitato. Non
avrebbe potuto sentirsi più nervoso e giudicato. Da una
coppia di
babbani, tra l'altro (!). Il suo mestiere non era un
granché; se non
fosse stato espulso, gli sarebbe piaciuto insegnare Pozioni. Come se
non bastasse, dall'arredamento costoso e dal vestito elegante della
padrona di casa, stava iniziando ad immaginare che, al contrario, il
dentista era una professione di tutto rispetto trai babbani.
Una volta che il pesce con le patate fu servito a
tavola, le domande proseguirono per tutta la cena e oltre. Ad alcune
rispondeva Hermione stessa ma, per lo più, il suo compito
consisteva
nel fulminare il signor Fogg con lo sguardo ogni due o tre domande,
quando cominciava ad irritarsi e ad alzare un po' troppo la voce.
Eccezionalmente, alle otto e trenta, la ragazza era ancora sveglia e
la tavola non era ancora stata sparecchiata. I due uomini avevano
iniziato una nuova partita di scacchi e Hermione stava disponendo su
un vassoio finemente decorato biscotti, zuccheriera e tazzine, mentre
la madre preparava il tè.
-Abbiamo
letto l'elenco dei libri di testo e del
materiale necessario.
disse
il signor Granger muovendo un cavallo, che fu
subito mangiato dalla regina nera.
Rimase
imbambolato qualche secondo a fissare la
scacchiera. Si poteva ritenere abbastanza bravo nel gioco degli
scacchi, ma quell'uomo dal cappello a punta si comportava come un
vero campione.
-Insomma,
continuò
con le sopracciglia aggrottate,
-Un
calderone in peltro, misura standard due, una bacchetta, "Guida
Pratica alla Trasfigurazione per Principianti"... cos'è
esattamente la Trasfigurazione?
Il
signor Fogg mangiò anche l'altro cavallo bianco.
Stava iniziando a imparare che dire il nome della casella in cui era
diretto prima di muoversi non era poi così strettamente
necessario.
-Consiste
nel trasformare una cosa in un'altra.
Rispose,
ma avrebbe preferito poterglielo dimostrare.
Peccato non avesse più una bacchetta. Avrebbe potuto fare in
modo
che una di quelle sedie diventasse un divano in pelle verde petrolio,
con tanto di cuscini di velluto argentato. Se lo figurò
nella mente:
sarebbe stato bene nella Sala Comune dei Serpeverde un divano
così.
Chissà se era cambiata tanto da quando lui era un ragazzino.
Il
signor Granger annuì e si schiarì la gola:
-Sì,
ecco, insomma... Dove si potrebbero trovare tutte
queste cose? Che io sappia a Londra non esistono negozi specializzati
in magie e stregonerie.
Il
mago alzò gli occhi dalla scacchiera. Finalmente
stava arrivando la parte più interessante, quella che aveva
atteso
per tutta la serata. Sorrise, e questa volta non in modo troppo
forzato.
-Non
nella Londra babbana, naturalmente. Se avrò la
vostra approvazione, mi occuperò io stesso di accompagnare
questa
streghetta a cercare l'occorrente per Hogwarts.
Hermione
fece quasi cadere il vassoio con le tazzine per
l'eccitazione. Si sbrigò a bere un sorso di tè
bollente per evitare
di mettersi a urlare di gioia. Arricciò le labbra. Aveva
dimenticato
di metterci lo zucchero.
-Allora
domani, non so, potreste andare a prendere la
bacchetta e... tutte quelle altre cose lì.
Sorrise
il signor Granger dando un morso al suo biscotto. Questa faccenda di
Hogwarts lo preoccupava, e non poco, ma si fidava di sua figlia. Era
una ragazza responsabile e prudente. Sarebbero rimasti in contatto,
senza ombra di dubbio, e se qualcosa non le fosse piaciuto era certo
che sarebbe tornata subito a casa. Hermione corse ad abbracciarlo.
Sarebbe andata a Hogwarts. Era molto più di quanto avesse
mai osato
anche solo sperare. Anche il signor Fogg stava sorridendo, ormai. Un
sorriso vero. Si stava affezionando a quella ragazzina, anche se
sapeva essere saccente e insopportabile; anche se proveniva da una
famiglia di babbani.
Quella notte, Hermione non riusciva proprio ad
addormentarsi. Aveva coperto con un lenzuolo l'abat-jour sulla sua
scrivania per renderne più fioca la luce e leggeva per la
millesima
volta il libro "Storia di Hogwarts", che le era stato
finalmente restituito. Leggendo delle volte incantate,
immaginò di
entrare nella Sala Grande una mattina presto, all'alba, magari per
ripassare un'ultima volta prima di un esame, e di restare
meravigliata a fissare il soffitto dalle sfumature rosate, riflesso
del sorgere del sole. Oppure pensò di attardarcisi a
studiare la
sera, dopo cena, in un cupo giorno di novembre, quando la pioggia
sembrava battere incessante anche all'interno del castello. Eppure
lei sarebbe rimasta all'asciutto e al caldo, stanca ma soddisfatta
della giornata, a sfogliare le pagine ingiallite di un vecchio libro
preso in biblioteca per completare un assegno, con in mano una tazza
di tè o di cioccolata bollente. O, ancora, eccola che si
rallegrava
alla vista della neve bianca che per magia fioccava a mezz'aria
durante la colazione. Vagando parecchio più in là
con la mente,
fece posare il pensiero sull'immagine di quando sarebbe diventata
abbastanza brava, dopo anni e anni di studio, da incantare il
soffitto della sua stessa stanza, così da avere
l'impressione di
dormire al chiarore delle stelle durante le miti e tranquille notti
d'estate.
***
-Signor
Fogg, come arriviamo a Diagon Alley?
Chiese
Hermione al mago che frugava tutto baldanzoso
trai cassetti di un mobile dall'aria pericolante.
La
ragazza, troppo nervosa, per restare seduta sul
divano tutto rattoppato, si sistemava meglio la camicetta di lino
all'interno dei jeans un po' sbiaditi. Vicino a lei, il poster di
Albus Silente le rivolgeva un dolce, incoraggiante sorriso ogni qual
volta si girasse ad osservarlo.
-Con
questa.
Rispose
mostrandole un sacchetto di iuta sigillato con
un fiocco di nastro scuro.
Ne
tirò fuori una manciata di quella che sembrava una
specie di cenere scintillante.
-Che
cos'è?
-Oh...
Ih! Ih! Ih!
Sogghignò
il mago allegramente mentre si avviava verso
il grande camino in pietra in fondo alla stanza.
-Questa,
Hermione, è la metropolvere. Polvere volante.
Collega tra di loro i camini magici di tutto il mondo. È
semplice da
utilizzare.
Aggiunse
poi davanti allo sguardo confuso e sbigottito
della ragazza.
-Ne
prendi un pugno raso, la lanci nel camino, ci salti
dentro e scandisci chiaramente dov'è che vuoi arrivare.
Facile.
Gettò
la polvere volante nel focolare e subito ne
scaturì una gigantesca fiamma verde smeraldo. La giovane
strega
indietreggiò di qualche passo, ma doveva ammettere di
esserne
rimasta affascinata.
-Un
piccolo consiglio: non inspirare dalla bocca prima
di parlare; sai com'è, la fuliggine, ih! Ih! Ih!
Entrò,
abbassandosi, nel camino e, al contrario di come
aveva temuto la ragazza, non iniziò a bruciare. Sembrava,
anzi,
tranquillo e rilassato; e con quella stessa espressione serena in
volto pronunciò:
-Diagon
Alley!
E
scomparve, inghiottito dal fuoco color della speranza.
Hermione,
da ragazza diligente quale era, si preoccupò di controllare
che il
portone della casa fosse ben chiuso a chiave prima di gettare a sua
volta un po' di quella polvere scintillante all'interno del camino.
Ancora dubbiosa sulla sicurezza di un salto in mezzo alle fiamme,
allungò prima un braccio per controllare la temperatura. Un
piacevole tepore la accolse. Allora, facendosi coraggio, si
lasciò
avvolgere dal turbinio verde e scandì "Diagon Alley". Il
moto repentino delle fiamme la risucchiò con tanta forza da
farle
chiudere gli occhi. La streghetta si ritrovò a vorticare
freneticamente su se stessa. Si portò automaticamente le
braccia al
petto, sentendosi comprimere per la velocità. Una
passeggiata fino
al centro di Londra sarebbe stata sicuramente più facile e
piacevole, pensò con lo stomaco in subbuglio, ma certamente
non
altrettanto divertente. Viaggiare con la metropolvere era
un'esperienza del tutto diversa da quelle provate prima di allora,
anche se aveva qualcosa in comune con le montagne russe. Le ricordava
tanto quelle con il giro della morte che non aveva mai provato.
Doveva essere più o meno così che ci si sentiva a
salirci sopra, ma
la metropolvere era sicuramente più... magica. Nell'arco di
una
ventina di secondi ebbe l'impressione che delle enormi mani la
stessero spingendo verso il basso, e capì per istinto di
essere
quasi arrivata. Portò le mani in avanti e piegò
leggermente le
ginocchia come quando, dopo aver saltato troppo in alto sui tappeti
elastici, sentiva venir meno l'equilibrio e non era sicura di come
sarebbe atterrata. Neanche il tempo di dire "Hogwarts" e,
con un gridolino di sorpresa, si ritrovò carponi su una
superficie
di pietra liscia.
Con le ginocchia doloranti per la brusca caduta,
liberò velocemente il passaggio per paura che qualcun altro
arrivasse in quel preciso momento, finendole addosso. Il signor Fogg
la tirò per un braccio aiutandola ad alzarsi in piedi.
Davanti ai
suoi occhi, si stagliava la sala principale di una vecchia locanda
dall'arredamento rustico, affollata da decine di uomini e donne che
indossavano cappelli a punta, presumibilmente maghi e streghe. I
clienti del locale, che recitava su una tavoletta appesa a una trave
in legno "Il Paiolo Magico", non sembrarono fare
particolarmente caso ai due nuovi arrivati, come se per loro vedere
qualcuno materializzarsi in un camino spento fosse normale tanto
quanto lo era entrare dalla porta per un babbano. Nonostante la fioca
e tetra luce proveniente dalle piccole finestrelle impolverate poste
all'estremità superiore dell'altissimo soffitto e dalle
innumerevoli
candele appese a due grossi lampadari circolari e alle colonne tra
un'arcata e l'altra, il Paiolo Magico aveva un'aria decisamente
accogliente, non troppo diversa da quella di molte locande babbane.
Dietro al grande bancone in legno scuro, una lavagna rettangolare
recitava, oltre al listino prezzi, la strampalata scritta "servizio
di prenotazione camere disponibile da mezzanotte al minuto dopo".
Accanto agli strani o meno strani nomi di cibi e bevande, il simbolo
della sterlina non compariva neanche una volta. Al suo posto, vicino
alle varie cifre, erano scarabocchiati alcuni bizzarri segni. Il
signor Fogg richiamò l'attenzione di una barista dal
cappello pieno
di paillette luccicanti.
-In
che cosa posso aiutarvi?
Chiese
quella gentilmente.
-Una
burrobirra e un bicchiere di succo di zucca,
grazie.
-Otto
falci e ventidue zellini.
Prima
ancora che Hermione potesse chiedersi cosa fossero
falci e zellini, il mago tirò fuori dalla tasca del mantello
un
borsellino di cuoio che, oltre alle banconote che i suoi genitori gli
avevano dato per comprare il materiale scolastico alla ragazza,
conteneva tante monete d'oro, argento e bronzo. Facendo i conti con i
soldi che l'uomo posò sul bancone, la giovane strega
pensò che i
falci dovessero essere quelli d'argento e gli zellini quelli in
bronzo, molto simili ai centesimi babbani. I due cercarono un posto a
sedere e il signor Fogg porse alla ragazza una coppa piena fino
all'orlo di un liquido arancione. Poi bevve un lungo sorso dal suo
boccale e, con il labbro superiore sporco di schiuma,
sospirò
soddisfatto.
-Che
cos'è?
Chiese
Hermione annusando il suo bicchiere. L'odore era
intenso e appetitoso.
-Succo
di zucca.
-Mi
dispiace, ma la zucca non è esattamente uno dei
miei ortaggi preferiti.
-Neanche
il mio, ma questo è succo di zucca. Cosa
c'entra con gli ortaggi?
Dubbiosa,
la streghetta avvicinò la coppa alle labbra e prese un
piccolo
sorso. Era buonissimo. Il tempo di aver vuotato mezzo bicchiere, e il
succo di zucca era salito primo in classifica tra le sue bevande
preferite. Aveva un sapore fresco e zuccherino, ed era anche leggero
e dissetante. Hermione immaginò se stessa in un giorno
d'estate,
poco prima degli esami finali a Hogwarts, seduta in riva al Lago Nero
a ripassare Storia della Magia rinfrescandosi con un bicchiere di
quel succo delizioso, dopo aver fatto levigare in aria una margherita
e averla trasfigurata in un piccolo ventilatore. L'idea le fece
spuntare un enorme sorriso. Forse tutto quel fantasticare era troppo
infantile da parte sua, ma, accipicchia, sarebbe andata a Hogwarts!
Come avrebbe potuto smettere di pensare alle meraviglie che la
attendevano in quel magico luogo lassù in Scozia?
-Allora,
Hermione, da cosa dobbiamo cominciare?
Chiese
il signor Fogg dopo aver salutato un mago di sua
conoscenza.
Non
tirò neanche fuori dal mantello la lista con
l'elenco del materiale da acquistare. Era sicuro che la ragazza se lo
fosse imparato a memoria.
-Non
so in che ordine siano disposti i negozi a Diagon
Alley, ma io pensavo che sarebbe conveniente occuparsi prima della
mia divisa scolastica. Dovranno prendermi le misure e, ovviamente, ci
vorrà un po' più di tempo. I miei genitori sono
contrari all'avere
animali in casa, quindi non credo che ne prenderò uno.
Naturalmente,
non vedo l'ora di avere una bacchetta, ma temo proprio che
dovrò
aspettare. Per di più, non potremo comprare proprio un bel
niente se
prima non troviamo modo di cambiare le mie sterline in quelle strane
monete. Spero di aver portato abbastanza soldi. Non credo che uno
zellino valga quanto una sterlina, comunque. Come potrebbe? Avremmo
pagato quattro sterline per un bicchiere di succo e mi sembrerebbe un
tantino eccessivo.
Il
vecchio mago scosse la testa. Ormai conosceva alla perfezione quel
suo arrogante modo di parlare da saputella, soprattutto quando era
nervosa o eccitata. Era combattuto. Da una parte lo trovava dolce e
divertente, dall'altra avrebbe voluto farla tornare in sé
buttandole
addosso quel poco di burrobirra che gli rimaneva nel boccale.
-Con
tutte quelle informazioni che ti ritrovi nella
testa non mi stupirei se ti assegnassero a Corvonero.
Ridacchiò
l'uomo raddrizzandosi il cappello bordeaux.
-Sarebbe
un male finire in Corvonero?
-No,
ragazzina. Non c'è una Casa a Hogwarts in cui
sarebbe disdicevole capitare.
-Mi
parli delle Case, per favore.
-Bene.
Iniziò
il signor Fogg finendo l'ultimo goccio di
burrobirra e posando il calice un po' di lato, di modo che tra lui e
la giovane strega non ci fosse alcun ostacolo.
-Come
già sai, sono quattro. Grifondoro, Serpeverde,
Tassorosso e Corvonero. Ognuna di queste è caratterizzata da
degli
attributi che lo studente deve avere per farne parte. Attributi
positivi e negativi. Non esiste quindi una Casa perfetta, né
una
malvagia. Sono tutte degne in egual misura. Serpeverde, la mia Casa,
ospita maghi astuti ma spesso avidi. È la più
discussa
probabilmente. Ih! Ih! Ih! C'è chi loda la furbizia oltre
misura,
come la dote immancabile a qualsiasi uomo che voglia definirsi tale,
ma anche chi è certo che non c'è mago cattivo che
non provenga da
lì. L'avidità, del resto, è anche
ricerca del potere, della
gloria, e chi li vuole veramente sarebbe disposto a perseguirli con
ogni mezzo.
Un
breve silenzio aleggiò tra di loro. Sapevano
benissimo entrambi a chi si stessero riferendo.
-Poi
c'è Tassorosso, la Casa dei buoni di cuore, ma anche degli
ingenui,
di quelli che si fidano troppo. Corvonero è la Casa dei
curiosi, di
quelli che cercano la conoscenza, ma che sono anche troppo presi da
essa. Sono disponibili solo quando lo vogliono i Corvonero, solo
quando non sono troppo presi da qualcosa di apparentemente inutile da
cui però sono attratti all'inverosimile. Infine Grifondoro,
a cui
appartengono gli amici coraggiosi e leali, quelli che non si fermano
davanti a nulla, specialmente non davanti alle regole. Sono
imprudenti i Grifondoro. Ih! Ih! Ih! Quando ero giovane io arrivavano
sempre ultimi nella classifica per la Coppa delle Case.
-Secondo
lei a quale Casa verrò assegnata?
-Non
è possibile dirlo. È una decisione che spetta al
Cappello Parlante. Sicuramente non sarai una Tassorosso,
però. Sei
troppo scaltra. Sai come si spiegavano le quattro Case ai miei tempi?
Se si mettesse ogni studente davanti a una porta chiusa, i Corvonero
troverebbero le chiavi, i Serpeverde forzerebbero la serratura, i
Tassorosso busserebbero e i Grifondoro butterebbero giù la
porta a
calci. Tu cosa pensi che faresti?
-Cercherei
la chiave, ovviamente, ma se non la
trovassi... beh, non lo so esattamente.
-Pensaci,
allora. Però, vedi, non sei irrimediabilmente
Corvonero, dopotutto. Ne conosco tanti io e, fidati, un vero
Corvonero non metterebbe neanche in dubbio il fatto che
troverà la
soluzione. Lo farà e basta, a costo di metterci settimane.
Ih! Ih!
Ih!
Note
dell'autrice
Sono
certa che ormai lo sapete: tutto questo fantastico
mondo pieno di succhi di zucca e burrobirre è della zia
Rowling. Io
prendo solo in prestito praticamente tutto, tranne il signor Fogg.
Lui è il mio tessssoro. L'ultima spiegazione delle Case,
quella
degli studenti davanti alle porte chiuse a chiave l'ho letta da
qualche parte su internet e, beh, non so chi l'abbia inventata, ma
è
la cosa più accurata di sempre.
Che
ve ne pare di questo capitolo? Sta procedendo bene?
Senza essermene neanche resa conto ho scritto quattro capitoli prima
dell'arrivo a Diagon Alley! Mi sento realizzata ;)
Buona
giornata e al prossimo capitolo.
Conlatestatralenuvole
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Capitolo 5 *** Corda di cuore di drago ***
5
CORDA DI
CUORE DI DRAGO
Dopo
aver ordinato un vassoio di zuccotti di zucca da portare a casa,
Hermione e il signor Fogg si avviarono verso quella che sembrava
essere l'uscita secondaria del Paiolo Magico. La ragazza non aveva
idea di cosa fosse esattamente uno zuccotto di zucca, ma il mago
aveva insistito che ai suoi genitori avrebbe fatto piacere assaggiare
qualche prelibatezza del mondo magico, e comunque, pensò la
giovane
strega, se la zucca di quei dolcetti era la stessa che utilizzavano
nel succo, nessuno avrebbe avuto di che lamentarsi. Oltrepassata la
porta cadente, talmente piccola che il signor Fogg dovette abbassare
la testa per evitare di sbattere contro l'architrave – e non
è che
fosse particolarmente alto, lui –, i due si ritrovarono in un
angusto cortile esterno dalla superficie quadrata piena di erbacce e
circondato da alte pareti di mattoni rossi. Di fronte a loro si
ergeva un maleodorante bidone della spazzatura. Alla loro destra e
sinistra, due profondi vasi ospitavano una pianta tutta intrecciata
che si muoveva minacciosa da tutte le parti.
-Chi
è che ha messo dei Tranelli del Diavolo qui fuori?
Si
chiese il signor Fogg sdegnato.
-Tranelli
del Diavolo?
-Una
pianta magica. Entra troppa luce qui dentro. Non dureranno una
settimana.
Hermione
diede un'altra occhiata ai vasi, poi si apprestò a seguire
il suo
dirimpettaio, che si era posizionato davanti a un muro. Con il pugno
chiuso, batté su tre diversi mattoni appena sopra al bidone.
Per
qualche secondo non successe niente, ma poi l'ultimo mattone colpito
iniziò a vibrare, solo lievemente all'inizio e pian piano
sempre più
forte. Iniziò a contorcersi pericolosamente, come se avesse
voluto
staccarsi dalla parete e alla fine, proprio al centro, apparve un
piccolo buco. Quanto piccolo fosse, però, Hermione non
riuscì mai a
saperlo con esattezza, perché il tempo di un battito di
ciglia, e
quel forellino prese ad allargarsi. Era come se, agitandosi
così
tanto, il mattone avesse dato origine a una reazione a catena, e ora
mezzo muro aveva cominciato a muoversi. Gli spostamenti andarono
avanti per quasi un minuto, e alla fine, al di là del bidone
della
spazzatura, si era creato un varco talmente grande che ci sarebbe
potuto passare un elefante. Oltre quella porta improvvisata, una
stradina girava subito verso destra, senza dar modo di capire dove
potesse portare. La ragazza era così intenta a osservare
quella
strana magia, da non accorgersi che il mago si era già
avviato,
lasciandosi il varco nella parete alle spalle. Hermione si
affrettò
a seguirlo, ma non aveva fatto in tempo a percorrere dieci passi, che
fu costretta a fermarsi di nuovo. Davanti a lei, si estendeva la via
commerciale più bizzarra e colorata che avesse mai visto.
Non era
dritta e larga come le strade principali delle grandi città
che
aveva visitato. Era piuttosto estremamente tortuosa e interamente
pedonale. Ai lati della strada, si affacciavano, appiccicati l'uno
all'altro, case e negozi dai colori e dalle forme più
disparati.
Doveva essere la magia a tenere in piedi quelle costruzioni,
perché
alcune di loro erano talmente storte e squilibrate che sarebbero
potute cadere da un momento all'altro. Maghi e streghe di ogni
età
erano intenti a fare acquisti chiacchierando a voce alta. Un piccolo
maghetto dal cappello fosforescente le sfrecciò davanti
ridendo a
più non posso, quando una sorta di lazzo si
materializzò dal nulla,
gli si avvolse intorno e lo trascinò indietro dalla mamma.
Il
bambino emise uno squittio eccitato. Hermione Granger non sapeva da
che parte guardare. Strinse la mano del signor Fogg, mentre lo
seguiva nel cuore di Diagon Alley. Camminarono per qualche centinaio
di metri fino a raggiungere la costruzione più grande di
tutto il
quartiere: era un edificio bianco quasi triangolare, che formava una
sorta di punta davanti per poi allargarsi gradualmente dall'altro
lato. I due piani superiori sembravano essere stati fissati al pian
terreno successivamente. Salirono la scalinata marmorea e superarono
una grande porta di bronzo e poi una più piccola d'argento,
su cui
era incisa una breve filastrocca che mettesse in guardia i possibili
ladri. Evidentemente dovevano essere stati installati degli ottimi
sistemi di sicurezza. Attraversata quest'ultima porta, due esserini
più bassi della ragazza, dalle barbe a punta e la pelle
coriacea si
inchinarono in segno di saluto nelle loro divise rosso e oro.
Hermione li riconobbe immediatamente. Erano gli astuti e meschini
goblin. Aveva letto tutto su di loro nel libro "Storia della
Magia" di Bathilda Bagshot. Erano stati spesso considerati
esseri inferiori e malvagi dai maghi, e per questo si erano ribellati
nelle vicinanze del villaggio di Hogsmeade nel 1962. I goblin non
facevano solo da uscieri all'ingresso, ma lavoravano anche come
banchieri in quella che la ragazza scoprì essere la
Gringott, la
banca dei maghi. Dietro ai banconi in pietra, erano tutti intenti a
esaminare, con delle comuni lenti d'ingrandimento, galeoni, falci e
zellini, forse alla ricerca di qualche falso. Il vecchio mago si
avvicinò a uno di loro e si schiarì la gola per
richiamarne
l'attenzione.
-Buongiorno,
vorremmo cambiare dei soldi babbani.
Il
goblin alzò lentamente lo sguardo dalle monete che stava
controllando e allungò altrettanto lentamente il collo verso
i suoi
interlocutori, gli occhi indagatori ridotti a due fessure. La strana
creatura squadrò l'uomo e la ragazzina dalla testa ai piedi
e
allungò una mano dalle dita lunghe e sottili verso di loro,
in
attesa delle banconote che il signor Fogg prontamente gli porse. Il
funzionario della Gringott le esaminò con calma con la sua
piccola
lente e iniziò a contare alcune delle scintillanti monete
che aveva
davanti a sé. Pochi minuti dopo, che a Hermione sembrarono
durare
un'eternità, il goblin diede loro la corretta
quantità di denaro e,
finalmente, i due uscirono dalla Gringott. La ragazza non vedeva
l'ora di comprare tutto ciò che le serviva. Non era una
grande fan
dello shopping, ma curiosare tra le botteghe di Diagon Alley si stava
rivelando la cosa più interessante che avesse mai fatto.
Per
prima cosa entrarono in un negozio di medie dimensioni poco distante
dalla banca chiamato con il nome della sua proprietaria: Madame
Malkin. La strega, una donnina paffutella vestita di turchese dalla
testa ai piedi, accolse il signor Fogg con l'entusiasmo che i
negozianti rivolgono solo ai clienti più fidati:
-Guarda
un po' chi si rivede! È passato un po' ormai, caro. Tra
l'altro mi è
appena arrivato un nuovo cappello. Vuole venirlo a vedere?
Trillò
la signora trascinando l'uomo, alto il doppio di lei ma largo la
metà
verso il reparto dei cappelli e delle sciarpe.
-No,
grazie, Madame Malkin. Oggi sono qui per questa giovane strega.
Inizierà il primo anno a Hogwarts.
Annunciò
il signor Fogg orgoglioso. La donna sembrò notare Hermione
solo in
quel momento. Fu un attimo scossa dallo stupore, probabilmente non
essendo abituata a vedere il vecchio mago al fianco di una ragazzina,
ma si riprese quasi immediatamente e porse alla streghetta un sorriso
dolce, materno.
Mentre
iniziava una conversazione con il signor Fogg riguardo
all'innalzamento dei prezzi delle stoffe e della pelle di drago,
scortò Hermione sul retro del negozio, la fece accomodare su
uno
sgabello e iniziò a prenderle le misure. Quasi mezz'ora
dopo, la
ragazza uscì dalla bottega con una grande busta contenente
ben tre
morbidi mantelli e due paia di guanti, uno di lana per l'inverno e
l'altro in pelle di drago. Quest'ultimo paio era indispensabile per
Hogwarts: guanti di protezione. Il signor Fogg si era preoccupato
personalmente di testarne di varie fatture e spessori, dopo essersi
fatto consigliare da Madame Malkin quelli di migliore
qualità.
Spiacevoli incidenti possono capitare durante le lezioni se non si
sta attenti e non si è ben equipaggiati, aveva detto. Anche
lui
portava delle buste, due per la precisione; una contenente il pesante
mantello invernale e il cappello da giorno della ragazza, l'altra
invece con il nuovo cappello che alla fine non aveva potuto fare a
meno di andare a vedere. Era di un elegante color arancio e si
adattava bene alla sua carnagione chiara. Il signor Fogg diede
un'occhiata veloce all'orologio:
-Per
tutti i draghi, c'è così poco tempo e non abbiamo
praticamente
neanche iniziato. Credo sia meglio che ci dividiamo, a questo punto.
Conosco un negozio che ti piacerà. Ih! Ih! Ih! Io intanto
vado a
procurarti qualche ingrediente per le pozioni.
Così
dicendo, i due entrarono nel negozio immediatamente attaccato alla
bottega di Madame Malkin: il Ghirigoro di Flourish & Blott. Era
solo il terzo negozio che Hermione vedeva in tutta Diagon Alley, ma
le bastò un'occhiata per decretare senza un minimo di dubbio
che
quello fosse il suo posto preferito. Il Ghirigoro era un'enorme
libreria con scaffali alti fino al soffitto stracolmi di volumi di
tutte le dimensioni e dai titoli più strani. Un'intera
sezione era
dedicata ai libri di Bathilda Bagshot. Un'altra, altrettanto corposa,
alle pubblicazioni di un certo Gilderoy Allock. "A merenda con
la morte", "In vacanza con le streghe", "Trekking
con i troll". Che titoli assurdi. Hermione raggiunse il reparto
Creature Magiche,
prese un
libricino delle dimensioni di una pila di post-it e lo portò
ad un
tavolo con una gamba più corta delle altre. "Guida
all'allevamento dei Thestral", recitava il titolo. La ragazza
iniziò a sfogliare le pagine, ma... erano tutte bianche. In
una
piccola postilla scritta al margine dell'ultimo foglio era riportato:
"Se
non sei riuscito a leggere questo libro, sicuramente non puoi
allevare un Thestral".
La
giovane strega lo chiuse frustrata. Continuando il
giro attraverso quella strana libreria, trovò addirittura un
reparto
per giovani maghi e streghe che vendeva romanzi, apparentemente
considerati best sellers nel mondo magico, quali "Un amore
babbano" e "Il mistero della vuota cornice". Vi erano
anche una sezione per bambini e una dedicata ai manuali di cura della
casa ("Eliminate le lumache cornute dal vostro giardino in 7
semplici colpi di bacchetta" e "Le ricette segrete del
fantasma delle cucine – piatti rinfrescanti di fine estate"
erano solo alcuni dei titoli). Hermione restò
particolarmente intrigata dal reparto denominato:
Libri Oscuri. Era
colmo dei più strani e misteriosi volumi. Alcuni erano
pelosi come
delle grosse scimmie, altri ringhiavano se ci si avvicinava troppo,
altri ancora sembravano bruciare continuamente, senza per questo mai
essere distrutti. Quando la ragazza provò ad aprire un libro
dalla
copertina decorata con intricati motivi in rilievo, le pagine
iniziarono a sfogliarsi da sole, freneticamente, e ad urlare come
forsennate. Impaurita, Hermione chiuse il volume di colpo. Si
guardò
intorno con aria colpevole in attesa della reazione delle persone
all'interno del negozio. Sembrava che nessuno si fosse accorto del
rumore. Strano. Molto, molto strano. I casi potevano essere solo due,
pensò: o erano tutti abituati a questo genere di cose,
oppure... che
non avessero sentito nulla? La giovane strega provò allora a
riaprire il libro, questa volta girata verso gli altri clienti. Il
frastuono era assordante, ma non sembrava disturbare nessun altro
oltre a lei. Lo posò ancora aperto su un tavolino e, non
appena le
sue mani smisero di toccarlo, le voci delle pagine tacquero
all'improvviso, per poi riprendere come se non avessero mai veramente
smesso, una volta che lo ebbe ripreso in mano.
Quando,
più di un'ora
dopo, Hermione uscì dal Ghirigoro, aveva comprato non solo
tutti i
libri di testo, ma anche un'altra mezza dozzina di volumi
dall'aspetto interessante. Il signor Fogg, nel frattempo, aveva
provveduto ad acquistarle tutto l'occorrente per le lezioni di
Pozioni e un telescopio avvolgibile lungo quasi un metro e mezzo, ma
che si poteva arrotolare su se stesso fino a diventare di forma e
dimensioni simili a quelle di un mandarino. Era decisamente
più
pratico poter riporre il telescopio nella tasca del mantello quando
si dovevano già portare molti libri in mano, le aveva
spiegato il
mago. Più la ragazza si guardava intorno tra gli edifici di
Diagon
Alley, più non poteva far altro che rimanerne affascinata
oltre
misura. Avrebbe tanto voluto aver potuto portare con sé una
macchina
fotografica per immortalare ogni angolo, ogni vetrina, ma,
soprattutto, ogni persona. I maghi e le streghe dagli inconfondibili
mantelli e gli stravaganti cappelli a punta, erano uguali, identici
ai babbani, naturalmente. Una faccia, due occhi, due gambe due
braccia e un naso. Ciò che facevano, però, era
affascinante.
Utilizzavano tutti le loro bacchette, anche per fare le cose
più
semplici. Con silenziosi incantesimi facevano sollevare in aria un
articolo per guardarlo più da vicino, lo facevano levitare
per non
doverlo trasportare a mano fino alla cassa, puntavano quei
bitorzoluti bastoncini magici ai loro borsellini per fare in modo che
zellini, falci e galeoni si posassero sul bancone nel numero giusto.
Si vedevano addirittura qua e là, bambini andare in giro con
lecca-lecca volanti, retti da una mano invisibile, che si muovevano
in perfetta sincronia con i proprietari, a pochi centimetri dalla
loro bocca, così che potessero mangiarli senza avere le mani
impegnate. Le merci in vendita, poi, erano così bizzarre da
poter
rallegrare anche l'uomo più triste dell'universo. E spesso
non si
trattava tanto di assurdi ingredienti per le pozioni o di modellini
di scope in miniatura che sfrecciavano volteggiando nella teca
dov'era esposta la loro "sorella maggiore", quanto di
oggetti comunissimi nel mondo babbano. Un apparentemente normale
medaglione, per esempio, dava a chi lo indossava consigli di
carattere modaiolo.
-Dovresti
dare una lavata a quei piedoni.
Aveva
detto uno ad una strega che se lo era provato con
una profonda voce scorbutica;
-Oh,
mi piace molto come ti sei vestita oggi. Abbinare
un mantello nero a un cappello color malva è stata un'idea
geniale.
Ho sentito che il rosa sarà di tendenza quest'inverno.
Conservalo
bene, quel cappello, così non si rovinerà nel
frattempo.
Aveva
invece mormorato una catenina più timida alla
ragazza che l'aveva messa al collo. La streghetta aveva arrossito,
lusingata, poi aveva chiesto alla madre se poteva comprare quello
strano artefatto.
Ancora
più insolite erano le nuvolette di zucchero filato che, come
ogni
nuvola che si rispetti, cambiava forma a seconda di chi aveva
davanti. Quando un venditore di dolciumi ambulanti ne porse una a
forma di bassotto ad un maghetto che indossava un mantello troppo
lungo per la sua minuta statura, quella si tramutò in un
drago dal
dorso spinato che sputava fili di zucchero dalla bocca. Meraviglioso.
Il negozio più affollato di tutta Diagon Alley era forse un
certo
Gambol & Jape: Scherzi da maghi, nella cui vetrina esplodevano
in
sempre diversi giochi di forme e colori un'infinita varietà
di
fuochi d'artificio. Non c'era bambino che non volesse entrare nel
coloratissimo locale, un po' come accadeva con i negozi di giocattoli
a Londra.
Allontanandosi dal muro del cortile del Paiolo Magico e
dal negozio di Gambol & Jape, la folla iniziava sempre
più a
diradarsi. C'erano altri negozi, per lo più di attrezzatura
di
seconda mano, ma per lo più case e piccole officine magiche
e
botteghe che ricordavano tanto i negozietti di souvenir babbani.
-Dove
andiamo adesso?
Chiese
la ragazza.
-A
comprare la tua bacchetta, ovvio. Ih! Ih! Ih!
L'antico,
piccolo locale a cui arrivarono, posto quasi all'estremità
meridionale di Diagon Alley, aveva un aspetto molto meno accogliente
degli altri fantasiosi negozi per cui erano passati. Un'insegna
recitava, in piccoli caratteri dorati, "Ollivander: fabbrica di
bacchette di qualità superiore dal 382 a. C". Attraverso
l'unica vetrina, che sembrava non essere spolverata proprio da quella
remota data, era possibile individuare la sagoma confusa di una
bacchetta. Non appena entrarono, un campanello trillò da
qualche
parte in lontananza, ma Hermione non riuscì neanche a
domandarsi da
dove, che fu subito rapita dalle migliaia di scatoline di bacchette
impilate disordinatamente fino al soffitto. Come aveva già
potuto
constatare osservando le storte costruzioni e gli scaffali del
Ghirigoro, evidentemente il fatto che la magia potesse tenere in
piedi tutto sollevava i maghi dalla responsabilità di
mettere le
cose in ordine. Del resto, sarebbe bastato un colpo di bacchetta per
far sfrecciare l'oggetto desiderato dal suo proprietario. Non c'era
alcun bisogno di ricordarsi la sua posizione. D'altro canto,
probabilmente, gli gnomi o le lumache cornute avrebbero potuto
prendere qualcosa di nascosto. Neanche loro erano esenti dai
problemi, dopotutto, e poi, avevano Tu-Sai-Chi. Il signor Fogg fece
segno a Hermione di accomodarsi sull'unica sedia posta al centro
della stanza. Immediatamente un metro sartoriale iniziò a
prenderle
le misure nei posti più improbabili: dalla spalla al gomito,
dal
ginocchio all'ascella... La ragazza lo lasciò fare
mantenendo la
calma e cercando di non agitarsi troppo per il solletico che quello
strumento le faceva saltando da una parte all'altra del suo corpo.
Voleva dare di sé un'impressione il più
professionale possibile.
Proprio mentre si concentrava per non muovere la testa mentre quel
diavoletto di un metro le solleticava il collo misurandole la
distanza tra la narice sinistra e la punta dell'orecchio destro e tra
la fronte e lo sterno, un ometto dagli occhi color dell'argento
arrivò da loro. Da dove fosse spuntato, la strega non sapeva
proprio
dirlo.
-Darnell
Fogg. Salice, 10 pollici, capelli di Veela, non
molto flessibile, aggiungerei. Era una bella bacchetta.
-Era.
Puntualizzò
amaramente il vecchio mago.
-Comunque,
chi abbiamo qui?
-Hermione.
Sussurrò
la ragazza con tono appena udibile agitandosi
sulla sedia, la voce tremante per l'ansia e la soggezione che quello
strano ometto, che sembrava non sentire mai il bisogno di sbattere le
palpebre, le incuteva.
Si
schiarì la voce e ripeté con maggiore decisione:
-Hermione
Granger.
-Bene,
bene, bene.
Scandì
lentamente il commerciante. Non sembrava affatto
una persona affabile e tranquilla. Aveva un guizzo negli occhi che la
giovane strega non si poteva spiegare, ma le ricordava il suo
dirimpettaio, per certi versi, e questo la rassicurava un pochino.
-Allora,
signorina Hermione Granger, io sono Garrick
Ollivander, fabbricante di bacchette. Ma questo immagino lo avrai
già
capito.
La
ragazza annuì, il cuore che le batteva a mille.
Ollivander estrasse in modo apparentemente casuale una scatolina
dallo scaffale alla sua destra. Lo spazio lasciato dalla sua
momentanea assenza restò immutato, totalmente ignaro della
forza di
gravità.
-Cuore
di piuma di fenice e legno di betulla.
Annunciò
porgendole una lunga bacchetta di legno scuro organizzata
simmetricamente in tanti precisi nodini sporgenti. Tra una serie e
l'altra di nodini, si intravedeva la struttura sottile della
bacchetta. Non appena Hermione la prese in mano, dovette lasciarla
andare con un gridolino sorpreso. Bruciava, e non poco. Ollivander
non si preoccupò di raccoglierla da terra, piuttosto si
voltò verso
lo scaffale opposto e tirò fuori un'altra scatolina.
-E
questa?
La
strega impugnò la bacchetta un po' titubante. Questa
volta non scottava.
-Nucleo
di Veela, legno di agrifoglio, 12 centimetri,
flessibile. Provi ad agitarla.
La
ragazza la puntò come aveva visto fare alla gente di
Diagon Alley verso il metro che, finito il suo lavoro, si era
accovacciato sulle sue gambe e faceva le fusa. Un lampo di luce
rosata scaturì dalla punta e il metro saltò in
aria spaventato e
corse a rintanarsi sulle spalle di Ollivander.
-Ci
siamo quasi, ma no. Non è ancora quella giusta.
A
Hermione sudavano le mani per l'ansia. E se non ci
fosse stata una bacchetta adatta a lei? Era solo una mezzosangue, del
resto. L'uomo tirò fuori un'altra scatolina e poi un'altra
ancora.
Molte bacchette dopo, la ragazza si era scottata un'altra volta,
aveva incenerito un angolo del mantello del signor Fogg e aveva fatto
saltare in aria una bottiglietta di vetro distrattamente lasciata in
precario equilibrio sul bordo di uno scaffale.
Ollivander
aveva quasi svuotato un intero ripiano.
Apriva le scatoline, ne esaminava il contenuto e, il più
delle
volte, le lasciava cadere per terra frustrato per poi rimettersi a
cercare.
-Quattordici
pollici, legno di salice e nucleo di crine
di unicorno. La proviamo?
Non
era neanche lui molto speranzoso. La ragazza impugnò
la bacchetta imbarazzata. Non era né troppo calda,
né troppo fredda
e non faceva partire raggi incenerenti, ma aveva qualcosa che non
andava. Non sapeva esattamente cosa. Del resto, non era mica
un'esperta, lei. La studiò attentamente. Sembrava che quello
strumento di legno le stesse sussurrando qualcosa. Non era qualcosa
di udibile, però: non faceva alcun rumore, ma lei lo
sentiva;
sentiva quel sussurro dentro di sé; lo sentiva entrarle a
fondo
nell'anima; lo sentiva bisbigliarle parole armoniose di cui non
riusciva a comprendere il senso. Poi si mosse. Impercettibilmente. La
bacchetta di legno di salice e nucleo di crine di unicorno si protese
verso destra, verso il basso, come un cagnolino che strattona
delicatamente il guinzaglio, pensò Hermione, o un bambino
che ha
appena iniziato a camminare che tira la manona della mamma con la sua
soffice manina. La ragazza si lasciò guidare e
posò lo sguardo sul
punto esatto in cui quello strano bastoncino magico sembrava volerla
trascinare. Proprio lì, in un marasma di carta
appallottolata e
scatoline socchiuse, Hermione notò un'altra bacchetta
più piccola e
sottile. Presa dall'istinto, lasciò cadere a terra la
bacchetta di
salice e si incamminò lentamente verso quella appena
trovata.
Sentiva gli occhi piccoli e argentati di Ollivander scrutarla con
curiosità. Si chinò a prendere la bacchetta, ma
aspettò un secondo
prima di stringerla fra le mani, quasi come se sentisse il bisogno di
chiederle il permesso. Era tiepida al tocco e le intorpidiva
leggermente la mano. Sorrise.
-Eccola!
Esclamò
il fabbricante.
-Cuore
di corda di drago, legno di vite, dieci pollici e
mezzo, particolarmente flessibile. Davvero bella. Senza offesa,
signorina Granger, ma è curioso come questa bacchetta
l'abbia
scelta. Non è una passeggiata, è una piccola
ribelle, diciamo.
Impara in fretta, ma bisogna saperla ammaestrare.
Hermione
non era sicura che l'uomo stesse ancora
parlando della bacchetta. La descrizione sembrava simile a una di
quelle scritte sulle gabbie dei gufi al Serraglio Stregato: impara in
fretta ma è cocciuto come un mulo. Ollivander
continuò:
-Maghi
molto esperti sono stati rifiutati da queste
bacchette, ma lei no, nonostante sia cresciuta in una famiglia
babbana e non ha alcuna conoscenza del mondo magico. Deve essere un
privilegio, per lei, avere questa bacchetta. Ne è degna,
signorina
Granger. Sono sicuro che costituirete un ottimo binomio.
***
-Mi
piace.
Disse
poco più tardi la ragazza al vecchio mago tenendo
con una mano un gelato e con l'altra la nuova bacchetta. Non aveva
smesso di impugnarla neanche per un secondo. Era la sua bacchetta.
L'aveva scelta. Lei ne era degna. Si sentiva orgogliosa.
-Cuore
di corda di drago, no? Non mi sembra affatto
male.
Hermione
diede una leccata al cono variopinto, finendo
per sporcarsi la punta del naso. Sulla strada del ritorno verso il
Paiolo Magico, si erano fermati qualche secondo a guardare un'altra
volta le vetrine del Ghirigoro, e adesso si erano accomodati su uno
dei tavolini all'aperto della gelateria Florean. La giornata stava
giungendo al termine e la caotica Diagon Alley si stava sfollando un
po' alla volta. I bambini urlanti e sempre di corsa, stanchi dopo una
giornata di acquisti con i genitori, avevano smesso di giocare e ora
tenevano i nasi incollati alla vetrina di Accessori di Prima
Qualità
per il Quidditch con un lecca lecca o dello zucchero filato in mano.
Quello del più piccolo di loro aveva assunto le sembianze di
una
scopa. Il sole, via via sempre più basso, faceva risplendere
di
un'atmosfera fiabesca i colori sgargianti delle case. I proprietari
dei negozi iniziavano a riporre all'interno le merci che avevano
allestito fuori per invitare i clienti ad entrare. Madame Malkin,
seduta sui gradini della bottega, chiacchierava allegramente con
un'altra strega dal mantello color senape. Sarebbe andata a Hogwarts.
Hermione Jean Granger era una strega e sarebbe andata a Hogwarts.
Aveva un mantello nero, un calderone in peltro e una bacchetta di
legno di vite e cuore di corda di drago e, soprattutto, sarebbe
andata a Hogwarts. Se glielo avessero detto qualche mese prima non ci
avrebbe mai creduto. L'estate era la stagione delle belle notizie. La
stagione dei giochi, delle vacanze, del fermarsi a contemplare il
canto armonioso degli uccelli. Poi, quando arrivava settembre, si
portava sempre via qualcosa. Quel settembre, Hermione sapeva che
l'estate si sarebbe presa con sé, come premio per le gioie e
per i
divertimenti che aveva donato, una ragazza consapevole di non essere
al suo posto. Quella ragazza, Hermione non l'avrebbe più
rivista.
Strinse più forte la bacchetta in mano. Ora ce lo aveva, un
posto.
NOTE DELL'AUTRICE
Ecco a voi il nuovo capitolo! Disclaimer: non sono la Rowling. Se
potete, recensite, altrimenti, grazie comunque per essere passati per
di qua. Un bacione a tutti. Conlatestatralenuvole
|
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Capitolo 6 *** Incendio ***
5
INCENDIO
-Come
avete
detto che si chiamano, questi... dolci?
Chiese
il
signor Granger.
Dopo
vari
istanti di titubanza, si era lasciato convincere a tirare un morso a
quei pasticcini a forma di mezzaluna ripieni di qualcosa che non
aveva mai assaggiato prima. Era una specie di marmellata, ma dalla
consistenza molto granulosa, quasi come fossero tante piccole
briciole immerse in qualcosa di fresco e molle. L'impasto soffice
sapeva di mandorle, mentre il composto interno era insieme menta,
limone e liquirizia. O almeno era questo che sembrava a lui. Le
piccole briciole, infine, avevano mille sapori diversi, quasi come se
ognuna di esse fosse stata ricavata da un diverso alimento, e tutte
quante erano in perfetta armonia tra di loro. C'era anche un
retrogusto più aspro, che si sentiva appena appena:
mandarino,
probabilmente. L'insieme era squisito. Un'esplosione di sapori e
colori.
-Zuccotti
di
zucca, caro.
Rispose
sua
moglie, prendendone un altro dal vassoio.
Zucca?
Se
c'era un sapore che non si sentiva era proprio quello della zucca.
Che strani, i maghi. Il signor Fogg mosse un alfiere sulla scacchiera
e fece scacco al re bianco, che fu subito messo in salvo da un
cavallo. Poteva essere bizzarro, il mondo magico, ma di cucina e
scacchi se ne intendeva parecchio. Il signor Granger stava vedendo le
sue pedine perdere lentamente anche quell'ennesima partita. Forse
poteva chiedere al mago di fronte a lui di insegnargli qualche
trucco. Insomma, già così era trai più
bravi nel suo club di
scacchi, ma se avesse imparato la strategia del signor Fogg, avrebbe
potuto ricevere il titolo di campione e diventare almeno per un anno
membro onorario del consiglio dell'associazione. Era una delle sue
più grandi aspirazioni. Purtroppo, durante il torneo fine
anno, non
era mai riuscito a passare oltre i quarti di finale. Un buon
risultato, certo, ma con il giusto allenamento avrebbe potuto fare di
più. Forse, il signor Fogg l'avrebbe aiutato. L'uomo,
d'altro canto,
con in testa il suo cappello arancione nuovo di zecca, non si trovava
ancora molto a suo agio in una casa di babbani. Aveva acconsentito a
restare a cena solo perché gliel'aveva chiesto una
streghetta un po'
troppo eccitata per i suoi gusti. Hermione, infatti, quella sera, era
ciò che si potrebbe definire un fiume di parole. Non c'era
modo per
gli adulti di fare tanta conversazione con la ragazza che non faceva
altro che descrivere Diagon Alley nei minimi dettagli. Ogni tanto i
suoi genitori le facevano qualche domanda, ma sembravano più
interessati a vederla parlare con così tanto entusiasmo che
non al
discorso in generale. Il signor Fogg non era un tipo sentimentale, ma
doveva ammettere che quella scena era uno spettacolo per gli occhi.
Hermione aveva gli occhi accesi per la felicità e non
riusciva a
stare ferma sulla sedia per più di qualche secondo. Sua
madre
sorrideva orgogliosa ad ogni parola e il padre la guardava
altrettanto radiante. Era abbastanza ovvio che quella giornata era
stata la migliore della sua vita. Aveva raccontato tutto, dal metro
addestrato che le aveva preso le misure quando era andata a comprare
la bacchetta al sapore della burrobirra, dai fuochi d'artificio ad
acqua all'interno del negozio di Gambol & Jape al viaggio nel
camino attraverso la metropolvere. Quell'ultimo particolare
allarmò
non poco la signora Granger. Sembrava una cosa un po' pericolosa: se
avesse sbagliato comignolo dove sarebbe andata a finire? Il signor
Granger, invece, aveva mormorato qualcosa su un certo Babbo Natale e
si era messo a ridere talmente forte che aveva dovuto abbandonare la
stanza per ricomporsi. Alla fine della cena, Hermione
acconsentì a
sfilare per tutta la cucina con indosso il mantello, il cappello e la
bacchetta, per la gioia della madre, che si era addirittura messa a
pinagere. Sdolcinati, questi babbani, aveva pensato il signor Fogg
alzando gli occhi al cielo. Alle otto e mezza, la ragazza
salutò
tutti con un abbraccio e se ne andò in camera sua. Era certa
che,
però, non si sarebbe addormentata tanto presto.
Sulla sua scrivania
in legno, infatti, la aspettava una grossa pila di libri.
Posò la
bacchetta delicatamente nella sua custodia, piegò e ripose
nel baule
gli abiti da strega e ne prese uno. "Le Forze Oscure, guida
all'autoprotezione". Era un manuale dai contenuti inquietanti e
intriganti al tempo stesso. Forniva una descrizione di molte creature
magiche alquanto pericolose, ma nulla di troppo approfondito.
Sembravano quasi avvertimenti, che includevano alcuni dettagli della
creatura in questione, appena sufficienti perché lo studente
fosse
in grado di riconoscerla, e il motivo per cui era meglio tenersene
alla larga. La cosa più interessante erano le indicazioni
–
scritte per scopi puramente accademici, ovviamente: era del tutto
improbabile che uno studente del primo anno si trovasse ad affrontare
pericoli del genere, e ancora più improbabile che uscisse
vivo, o
comunque indenne, da un ipotetico scontro – utili a chi
volesse
tentare di affrontare l'essere oscuro o trovare rimedio a una ferita
da esso inflitta. Non tutte le creature, purtroppo, offrivano tutti
questi contenuti. Si parlava di lupi mannari e berretti rossi, che
nonostante il nome apparentemente innocuo, sembravano prendere a
bastonate chiunque gli si avvicinasse.
Non erano
passati che pochi giorni, e Hermione aveva divorato i libri di testo
e tutti gli altri che aveva acquistato al Ghirigoro. A detta del
signor Fogg, sapeva molte più cose di quante una giovane
strega
della sua età avrebbe dovuto. Il suo volume preferito,
comunque,
restava "Storia di Hogwarts" e, per qualche motivo, ciò
rendeva felice il vecchio mago, suo dirimpettaio. Non faceva altro
che ripetere quanto Bathilda Bagshot fosse una brava scrittrice, e di
quanto fosse naturale che uno dei suoi manoscritti più
importanti
avesse lasciato il segno nella mente della ragazza. Ogni pomeriggio,
dopo pranzo, i due si incontravano per piccole lezioni di
introduzione alla magia. Il Ministero della Magia aveva promulgato un
articolo sulla ragionevole restrizione delle arte magiche trai
minorenni, ma il signor Fogg aveva insistito che a nessuno importava
di un paio di incantesimi effettuati in un luogo sicuro, al riparo
dalla vista dei babbani, per meri scopi conoscitivi.
-Tira
fuori
la tua bacchetta, ragazzina!
Sbraitò
il
vecchio mago con un tono da sergente. A Hermione si incurvarono le
labbra in un sorriso e fu sul punto di rispondere con il saluto
militare, ma poi ci ripensò – al signor Fogg non
piacevano troppo
gli scherzi -, e tirò fuori da una tasca che la madre le
aveva
cucito apposta all'interno di un paio di jeans di una misura un po'
più grande, la custodia della sua preziosa bacchetta con
cuore di
corda di drago. Il mago si batté una mano sulla fronte.
-Un
mago, o
una strega, ragazzina, tiene sempre la propria bacchetta a portata di
mano. Non all'interno della custodia.
Sbuffò.
-E
se dovesse
rompersi?
Chiese
la
streghetta inarcando un sopracciglio.
L'uomo
borbottò qualcosa di incomprensibile, prese la scatolina
vuota e la
ripose in un cassetto della sua credenza, lo stesso in cui teneva la
polvere volante. Hermione spalancò gli occhi incredula. Fece
per
aprir bocca, ma il mago la precedette:
-Te
la ridarò
prima della tua partenza, non ti preoccupare. Per adesso devi
imparare la regola fondamentale di ogni mago: la bacchetta deve
essere un'estensione del tuo stesso braccio. Devi tenerla pronta, a
portata di mano, per ogni evenienza. Non ti capiterà di
trovarti
attaccata da chimere e letalmanti a Hogwarts, tuttavia potrebbe
rendertisi necessario riparare qualcosa di rotto prima che qualche
professore lo scopra. Come penseresti di farlo, sprovvista di una
bacchetta?
Le
sputò
addosso.
Hermione
non
aveva idea di quali fossero le sue precise intenzioni, ma se voleva
spaventarla, non ci stava riuscendo affatto. Era piuttosto
divertente, in realtà.
-Adesso,
prova a fare qualche incantesimo. Qualsiasi. Anche appiccare fuoco al
divano. Tanto dubito che ti riuscirà. Ih! Ih! Ih!
La
ragazza
impugnò saldamente la bacchetta, proprio come il signor Fogg
le
aveva già insegnato e...
-Incendio!
Tuonò
la
giovane strega puntando la bacchetta contro il vecchio divano e
compiendo un movimento a forma di fiammella. Doveva mantenere il
polso fermo, scandire bene l'incantesimo e muovere la bacchetta in
modo netto e pulito. Dalla punta del bastoncino, uscirono una serie
di scintille scure come tizzoni ardenti. Ci fu una fiammata che
durò
meno di un secondo. Quando terminò, il bracciolo del divano
era
totalmente incenerito.
-Ih!
Ih! Ih!
Fu
l'unico
commento del mago, mentre la ragazza si sedeva per terra, stremata,
con la fronte imperlata di sudore. Le prese la bacchetta dalle mani.
-Reparo.
Ordinò,
e il
bracciolo tornò esattamente com'era prima.
Il
signor
Fogg le porse di nuovo la bacchetta e la aiutò ad alzarsi in
piedi.
-Non
male
come prima volta, ragazzina. Devi solo concentrarti di più.
Hermione
spalancò gli occhi e si tolse alcune ciocche di capelli
dagli occhi.
Si era sforzata talmente tanto per quell'incantesimo, che nonostante
l'avesse pettinata innumerevoli volte quella mattina, la massa
cespugliosa dei suoi capelli era diventata ancora più
informe e
scompigliata del solito. Per non parlare degli stretti nodi che
avevano reso i suoi ricci più crespi che mai. Si chiese se
esistesse
una magia per riuscire a domare una chioma come quella.
-Sì,
sì. Mi
hai sentito bene. Ih! Ih! Ih! Devi concentrarti, non metterci dentro
tutta la potenza che utilizzeresti per sollevare una macchina.
Le
si accostò
e corresse l'impugnatura della bacchetta.
-Non
focalizzarti troppo sull'effetto finale. Pensa bene all'atto di
eseguire l'incantesimo in sé. È quello il trucco.
Due scintille non
sono degne di un incenerimento del genere. Impara a regolarti.
Scintille, uguale a lieve bruciatura. Esplosione con fiamme giganti,
uguale a divano incenerito e due schiaffoni da parte mia
perché sono
affezionato a questo divano, chiaro?
La
ragazza
annuì. Aveva ancora il fiatone.
-Perfetto,
vediamo quello che riesci a fare.
-Incendio!
Ripeté
Hermione con un po' meno foga, concentrandosi mentalmente
sull'immagine di grandi fiamme che uscivano dalla bacchetta. Questa
volta le scintille furono un po' più consistenti, ma
l'incantesimo
aveva colpito sempre e soltanto il bracciolo. La ragazza non si era
mai sentita così delusa da se stessa. Aveva studiato tutto
il libro
di Incantesimi. Conosceva a memoria ogni movimento, ogni formula e
ogni effetto di ogni magia tra quelle elencate. Era sicura che ce
l'avrebbe fatta. Inoltre si sentiva stanchissima, come se avesse
veramente provato a sollevare una macchina. Si fece cadere sdraiata
sul divano rattoppato, stando ben attenta a non toccare il bracciolo
mezzo incenerito. Il signor Fogg raccolse la bacchetta che aveva
lasciato cadere per terra e pronunciò un'altra volta
l'incantesimo
di riparazione. Poi posò la bacchetta sul petto della
streghetta e
si andò a sedere accanto a lei.
-So
che non
hai qualcuno a cui paragonarti, ragazzina.
Disse
con la
voce più gentile che gli riuscì di fare dopo
qualche secondo di
silenzio. La ragazza aveva gli occhi lucidi, e il vecchio mago non
avrebbe davvero saputo che cosa fare se fosse scoppiata a piangere.
Non era bravo, lui, con i bambini.
-Sappi,
però,
che i tre quarti dei tuoi coetanei non riuscirebbero a far uscire
neanche l'accenno di una scintilla dalla punta delle loro bacchette
la prima volta. Ci vuole esercizio. È a questo che serve
Hogwarts.
Tu sei una strega talentuosa, Hermione Granger, soprattutto
considerando che questo è il tuo primissimo approccio con la
magia.
A scuola troverai tantissimi maghi purosangue, che avranno visto
praticare incantesimi come questo miliardi di volte e, comunque, non
saranno bravi quanto te. Con un po' di impegno tu potresti arrivare a
Hogwarts sapendo eseguire alla bene e meglio tutte le magie riportate
sui tuoi libri. La maggior parte degli altri, invece, per quanto ci
avrà provato, non riuscirà nemmeno a muovere bene
la bacchetta.
Puoi farcela, ragazzina. È il tuo mondo, questo. Sei una
strega
brillante. Devi dimostrarglielo. A tutti quegli spocchiosi
purosangue. Non devi farti trovare indifesa. Loro ti potranno
prendere in giro, dirti che sono di gran lunga migliori di te. Non
è
così. I tuoi genitori sono denticisti,
e allora? Non è questo ciò che conta.
Hermione
sorrise. Era un sorriso triste, ma stava iniziando a cpire quello che
il signor Fogg voleva farle comprendere.
-Si
dice dentisti.
-Vedi,
loro questo non lo sanno. Sei la regina di due mondi, ragazzina,
mettiamola così. Del mondo babbano e del mondo magico. Anche
il più
potente dei purosangue saprà solo la metà delle
cose che sai tu.
Trai
due calò un attimo di silenzio. Non un silenzio imbarazzato,
però.
Più una pausa di riflessione.
-Dimmi
un po', che cos'è l'aconito?
-Una
pianta.
Mormorò
Hermione ancora imbronciata.
-No,
ragazzina, sono sicuro che mi puoi dire molto più di
così.
-Beh,
è utilizzata per preparare la pozione antilupo.
Con
un cenno della testa, il signor Fogg la esortò a continuare.
La
ragazza si mise a sedere. Ormai aveva abbandonato i pensieri tristi e
ripreso la sua solita aria autoritaria da perfetta so-tutto-io.
-Detta
anche napello o luparia, il suo nome significa rapa, per la forma del
suo fusto, ma anche giavellotto. Anticamente infatti era utilizzata
per avvelenare la punta delle lance nei combattimenti. Tutt'ora ha la
fama di essere una pianta molto velenosa e irritante, ma se ben
diluita può avere proprietà analgesiche e
depurative. È anche un
ingrediente fondamentale per la preparazione dell'antidoto contro il
distillato di morte vivente, la pozione occhiopallato, insieme a
zanne di serpente e pungiglioni di celestino essiccati.
-Visto?
Sorrise
il vecchio mago alzandosi in piedi.
-Nessuno
impara queste cose prima di andare a Hogwarts.
-Non
mi serve a niente saperlo, però. L'ha detto anche lei: non
mi
capiterà mai di affrontare un lupo mannaro a Hogwarts,
né tanto
meno credo che qualcuno mi rifilerà un distillato di morte
vivente.
Obiettò
la giovane strega, ma stava sorridendo.
-Però,
se qualcuno ti farà del male o ti dirà qualcosa
di brutto, puoi
sempre strofinarne una foglia o due sulla sua scopa da Quidditch
appena prima di una partita.
Le
bisbigliò il mago facendole l'occhiolino.
Hermione
sorrise ancora di più. Con tutta probabilità non
avrebbe mai fatto
qualcosa del genere, ma nuova scuola, nuova lei. Non si poteva mai
sapere...
Le
settimane successive passarono più in fretta di quanto
chiunque
avesse sperato. Anche la stessa Hermione, che non vedeva l'ora di
prendere il treno per la Scozia, si sentiva triste al pensiero di
dover lasciare per un anno intero la sua famiglia. Non erano mai
stati distanti così a lungo. A dire la verità,
non erano proprio
mai stati distanti per più di una giornata, in cui con
giornata si
intendeva l'arco di tempo compreso tra l'arrivare a scuola e l'ora di
cena. Il tempo da trascorrere nella sua villetta babbana era agli
sgoccioli, e il giorno prima della partenza, il suo baule con tutto
l'occorrente per il nuovo anno scolastico era già stato
preparato da
tempo. I mantelli con i guanti e il cappello da giorno, erano piegati
ordinatamente da un lato, separati da tutte le varie cianfrusaglie.
Avrebbe dovuto cambiarsi sul treno per Hogwarts, e non aveva
intenzione di passare mezz'ora a rovistare all'interno del baule per
trovare i suoi vestiti da strega. Tutti gli ingredienti per le
pozioni, compresi quelli che aveva comprato nonostante non fossero
presenti nella lista del materiale necessario, erano ben chiusi
all'interno dei loro barattoli e delle fialette. Erano stati chiusi
in una busta perché non combinassero danni nel caso in cui
si
dovessero rovesciare, e riposti insieme alle delicate provette di
cristallo all'interno del calderone in peltro. I libri, sia quelli di
testo che tutti quelli facoltativi che si era comprata anche durante
la sua seconda visita a Diagon Alley, erano incastrati tutt'intorno.
Sopra una pila di volumi aveva posato la bilancia in ottone, mentre
in un altro scompartimento, aveva riposto ordinatamente il telescopio
pieghevole e i vestiti da tutti i giorni, anche se dubitava che li
avrebbe usati più di tanto. Il mantello aveva tutto un altro
fascino
ai suoi occhi. Una tasca laterale del baule ospitava busta e carta da
lettere, vari rotoli di pergamena, penne d'oca e calamai d'inchiostro
nero splendente. Non era abituata a scrivere in quel modo, ma si era
esercitata davvero molto, e adesso padroneggiava la scrittura con
penne e inchiostro senza problemi. In uno scompartimento ricavato
all'interno del coperchio del baule, infine, aveva infilato due
vassoi di zuccotti di zucca e alcuni dolci fatti in casa che la mamma
le aveva preparato. Le uniche cose che si trovavano al di fuori del
grande baule, in verità, erano il libro "Storia di Hogwarts"
e la sua bacchetta. Cuore di corda di drago, legno di vite, dieci
pollici e mezzo, particolarmente flessibile. Si era esercitata molto,
con quel fantastico strumento magico, e ci si era in qualche modo
affezionata. Come aveva previsto il signor Fogg, ormai sapeva
effettuare, alcuni più e alcuni meno, quasi tutti gli
incantesimi
che avrebbe imparato, o nel suo caso, perfezionato, nel corso
dell'anno. Il signor Fogg. Anche lui le sarebbe mancato molto.
Dopo
aver cenato, quella sera, in compagnia anche del vecchio mago, a
Hermione fu concesso in via del tutto eccezionale di farsi il bagno
nella grande vasca da bagno della madre. Del resto, non sarebbe stata
a casa per il suo compleanno. Quel pensiero le provocò una
fitta al
cuore. Non si era mai preparata all'evenienza di andare via di casa.
Pensava che sarebbe successo solo una volta finite le scuole
superiori, quando avrebbe iniziato il college. Mormorando
l'incantesimo Incendio accese tutte le profumatissime candele
allineate sulla mensola sopra la vasca, fece scorrere l'acqua calda e
la riempì con tantissimo bagnoschiuma colorato, fino a che
la
superficie dell'acqua scomparve sotto tutte le bollicine. Si immerse
nella vasca e chiuse gli occhi, appoggiandosi allo schienale foderato
in plastica impermeabile e beandosi della sensazione dell'acqua
profumata e calda che si riversava su di lei. Lasciò la
mente libera
di vagare e una lacrima le rigò il volto. Non sapeva il
perché di
quella lacrima. Era per la gioia di andare a Hogwarts, sicuramente,
per la felicità di stare per trovare lei stessa, di imparare
tutto
ciò che aveva sempre, pur senza saperlo, desiderato di
imparare; ma
era anche per la tristezza, il dolore di dover lasciare per un anno
intero la propria famiglia, il suo fantastico dirimpettaio, la sua
quotidiana routine fatta di programmi già stilati il giorno
prima,
ricorrenti passeggiate al parchetto vicino casa, noiose partite di
scacchi con il papà in cui perdeva sempre. Non era certo la
vita più
emozionante che si potesse immaginare, quella che aveva vissuto fino
a poche settimane prima, quando aveva scoperto di essere una strega,
ma era qualcosa di prezioso e le piaceva. Le donava pace. Era per lei
sinonimo di conforto e tranquillità, nonostante le prese in
giro che
riceveva a scuola perché era diversa. Si fece scivolare con
la testa
sotto l'acqua. Trattenne il fiato. Sapeva che, una volta riemersa in
superficie, non sarebbe più stata la stessa Hermione di
sempre.
Sarebbe stata la ragazza che si finisce di preparare perché
il
giorno dopo avrebbe preso il treno per la scuola di magia e
stregoneria di Hogwarts. Sarebbe stata smistata da un cappello
parlante all'interno di una delle quattro Case, avrebbe cenato in
compagnia dei suoi nuovi compagnia sotto a un soffitto incantato che
rifletteva il tempo che faceva all'esterno. A pensarci, sembrava
ancora una semplice, irreale fantasticheria. Hermione riemerse
dall'acqua, molto più tranquilla di quando ci era entrata.
Con una
cura che non aveva mai messo nel prendersi cura del proprio corpo, si
insaponò per bene con varie lozioni diverse, lavò
gli indomabili
capelli massaggiandoli con delicatezza finché non furono
soffici
come la seta. Si infilò nella camicia da notte di lino
bianco e, in
memoria dei vecchi tempi, chiuse gli occhi e, con la concentrazione
al massimo, si smaterializzò nella sua cameretta. Si
sdraiò subito
a letto, di colpo stanchissima, e si addormentò poco dopo.
Un sonno
ristoratore, senza sogni, perché il sogno più
grande si stava già
per realizzare. Mancavano meno di ventiquattro ore, poi sarebbe
arrivata a Hogwarts.
NOTE
DELL'AUTRICE
Mi
sono fatta un po' attendere, e mi scuso profondamente
per ciò, ma ecco il nuovo capitolo. Credo che non ci sia
bisogno di
ricordarlo, oramai, ma no, non sono J.K. Rowling. Questa è
solo una
fanfiction. È il mio personale mondo dei sogni.
Vi
invito caldamente a recensire perché mi farebbe
molto piacere avere qualche commento in più alla mia storia.
Vi
piace? Scrivetemelo. Non vi piaca? Fatemelo sapere ed entrate bene
nei dettagli, così che io possa migliorare.
Una
cosa curiosa: non so come è possibile ma uno dei
capitoli è stato più visitato di quello prima.
Probabilmente
qualcuno si sarà accorto che andando avanti alla storia
sembrasse
mancare un pezzo... controllate, perché potreste aver
saltato il
capitolo ;) Oppure non fatelo: mi piace pensare che sia un evento
magico!
Pronti
per il grande giorno? L'Hogwarts Express è in
arrivo! Continuate a seguirmi e vedrete dove ci porterà.
Con
grandissimo affetto a tutti i lettori, sia gli
affezionati che quelli di passaggio (sperando che magari vi fermerete
per un po'), sempre vostra. Conlatestatralenuvole
|
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Capitolo 7 *** Qualcuno ha visto un rospo? ***
7
QUALCUNO HA VISTO UN
ROSPO?
Schiacciato
sul sedile
posteriore di una macchina, il signor Fogg si sentiva assolutamente
fuori posto. Era ben abituato alla materializzazione, alla metro
polvere, a volare sulle scope, ma le automobili babbane erano per lui
una vera tortura. Il suo stomaco si attorcigliava a ogni curva e le
uova strapazzate che aveva mangiato per colazione sembravano volergli
risalire su da un momento all’altro. Mai più, si
ripromise,
sarebbe salito su una di quelle scatole di metallo puzzolenti. La
giovane strega al suo fianco, il libro “Storia di Hogwarts
stretto
in una mano e la bacchetta di corda di cuore di drago
nell’altra,
guardava nervosamente fuori dal finestrino alla ricerca di un
qualsiasi indizio su dove si stessero dirigendo. Avevano deciso di
tenerglielo nascosto, una sorta di piccola sorpresa, e, per questo
motivo, anche il suo tè con i biscotti allo zenzero
minacciava di
fare capolino. I suoi genitori stavano parlando, ma lei non riusciva
a sentire niente, troppo impegnata a controllare e ricontrollare
nella sua testa che non si fosse dimenticata nulla. Si passò
una
mano trai capelli. Diventavano sempre più gonfi e annodati
quando
era agitata, e cominciava a sospettare che non si trattasse della
qualità dello shampoo che utilizzava. Il dito mignolo le
restò
incastrato tra due ciocche particolarmente intrecciate. Doveva
proprio darsi una calmata. La macchina si fermò, e la
ragazza sentì
il proprio cuore batterle più forte nel petto. Fortissimo,
come se
cercasse di restare al passo con i suoi pensieri. Avrebbe voluto
gridare, urlare a squarciagola, tornare a casa a gambe levate e
rintanarsi in un angolino, essere già a Hogwarts, essere
già una
strega esperta capace di eseguire tutti gli incantesimi, evitare in
qualunque modo il momento carico di emozioni che si stava approntando
ad affrontare.
La stazione di King’s
Cross era gremita di gente a quella tarda ora del mattino.
C’era
chi andava a lavoro impugnando la sua valigetta
ventiquattr’ore,
chi trascinava carrelli pieni di bagagli, pronto a compiere un lungo
viaggio; c’erano turisti che si muovevano in gruppi piccoli o
grandi, con al collo le loro instancabili macchine fotografiche.
C’era chi andava e chi veniva, un ritmo frenetico, un
movimento
senza sosta, proprio come quello dei treni, sempre in corsa, che si
fermavano solo per ripartire, senza mai arrivare veramente a
destinazione.
Una
voce dal microfono
annunciava i binari dei treni in partenza, esortando i più
ritardatari a sbrigarsi. Un grande orologio a numeri romani segnava
l’inesorabile passare dei minuti. Sotto di esso, un vigilante
si
era fermato per fornire informazioni a una famiglia spagnola, o forse
italiana. Erano le dieci. Tutto ciò che Hermione sapeva era
che il
treno sarebbe partito in un’ora. Da dove? Questo non le era
dato
saperlo. Il signor Fogg le porse un biglietto.
“Hogwarts
Express,
Binario 9¾, ore 11.00,
01/09/1991”
La
giovane strega si
guardò intorno. Nessun cartello segnalava un binario simile.
Del
resto, come nome, era abbastanza inusuale. Per di più, come
poteva
un treno diretto verso una scuola di magia, trovarsi circondato da
centinaia di babbani? Quando i suoi genitori la raggiunsero, il suo
enorme baule riposto su un carrello, il vecchio mago fece loro cenno
di seguirlo attraverso la stazione. Portava il cappello arancione che
aveva comprato a Diagon Alley da Madame Malkin. Doveva piacergli
davvero molto, perché ultimamente portava quasi solo quello.
Arrivarono al binario nove, dove il treno per Royston era prossimo
alla partenza. Al binario successivo, si era appena fermato quello
proveniente da Welwyn Garden City. Trai due, il binario nove e tre
quarti non dava il benché minimo segno di esistere. Il
signor Fogg
teneva lo sguardo puntato fisso alla colonna in mattoncini
esattamente al centro tra quella contrassegnata con il cartello del
binario nove e quella che invece segnalava la posizione del numero
dieci. Probabilmente funzionava come per Diagon Alley, pensò
Hermione: bisognava colpire il muro per farlo aprire.
-Avanti,
su!
Esclamò
il mago
sistemando Hermione a meno di dieci passi di distanza dalla colonna.
Le posizionò il carrello davanti e fece un cenno con la mano
verso
gli ordinati mattoncini della barriera. La ragazza lo guardò
confuso. Come avrebbe fatto lei
a sapere quali mattoni colpire con esattezza. Hermione si
schiarì la
gola per farglielo notare, ma quello che le disse il signor Fogg
subito dopo fu totalmente diverso da ciò che si aspettava.
-Non
stare lì impalata e
corri, ragazzina. Il binario nove e tre quarti è
là dietro.
La
giovane strega,
nonostante la bizzarra indicazione, cercò di non farsi
troppe
domande. Era un mondo strano, quello dei maghi. L’aveva
capito
bene. Così, preso un bel respiro, chiuse gli occhi,
impugnò con
forza il manico del carrello e partì di corsa verso la
colonna,
lasciandosi alle spalle il gridolino strozzato della madre. Anche se
si fidava del signor Fogg e cercava di convincersi che sarebbe andato
tutto bene, una parte di lei era a dir poco terrorizzata. Stava
correndo contro una barriera di solidissima
pietra insieme a un pesantissimo
carrello contenente tutto il suo preziosissimo
materiale scolastico. Si sarebbe schiantata.
Presa da tutto quel
pensare, però, Hermione non si era accorta di star correndo
da un
po’ troppo tempo. La colonna tra il binario nove e dieci le
era
sembrata molto più vicina. Rallentò e
aprì gli occhi, ma dovette
spalancarli ancora di più tanto fu lo stupore di
ciò che si
estendeva per decine di metri davanti a lei. La stazione di
King’s
Cross era sparita. O meglio, si trovava ancora in una stazione, ma
era totalmente diversa da quella di prima. Il cartello affisso alla
colonna attraverso cui era appena passata riportava in grandi
caratteri il numero 9¾. Sì, era proprio quello.
Più della metà
della gente indossava mantelli e capelli da mago. Tantissime famiglie
si scambiavano gli ultimi saluti, e i genitori aiutavano i figli
più
piccoli a caricare i proprio bagagli su una fiammeggiante e fumante
locomotiva, l’Hogwarts Express. I ragazzi portavano con
sé gabbie
di svariate forme e dimensioni contenenti gufi, civette, gatti e
persino qualche rospo. L’aria festante risuonava delle voci
eccitate degli studenti che si rincontravano dopo l’estate,
di
quelli nuovi che venivano presentati dai fratelli più grandi
e
guardavano il treno con un misto di orgoglio e ammirazione. Dopo una
manciata di minuti anche i suoi genitori e il signor Fogg la
raggiunsero al di là della barriera magica che separava il
resto di
King’s Cross dal binario nove e tre quarti. Probabilmente non
era
stato molto facile convincerli a correre contro una colonna di
mattoni. Sua madre corse ad abbracciarla in lacrime. Suo padre,
guardandosi intorno, si strofinava gli occhi un po’ per lo
stupore
e un po’ per nascondere l’emozione. Anche Hermione
si lasciò
sfuggire una lacrimuccia. Il vecchio mago, nel frattempo, aveva
trovato una cartaccia abbandonata per terra ed era impegnatissimo a
farla rotolare avanti e indietro con il piede, deciso a lasciare un
po’ di spazio alla famigliola. Non era mai stato bravo con
gli
addii, lui. Aveva sempre preferito andarsene e basta, bere quella
pozione amara tutta d’un sorso.
-Ci
mancherai tantissimo,
tesoro.
Singhiozzò
la signora
Granger affondando il viso trai capelli sempre più gonfi
della
figlia e stringendola in un abbraccio soffocante che avrebbe voluto
far durare per ore, giorni, tutto l’anno, in
realtà, così che non
se ne sarebbe mai dovuta separare.
-Scrivici
sempre, mi
raccomando. E ricorda, se dovesse succedere qualcosa, qualsiasi cosa
che ti spaventi, che ti turbi o che semplicemente non ti dovesse
piacere, facci un fischio e ti riportiamo subito a casa. E anche se
volessi decidere di costruirti una vita interamente nel mondo dei
maghi, senza nessun collegamento con la tua vita insieme a noi, sappi
che io e tua madre appoggeremo ogni tua decisione.
-Quanto
sei
melodrammatico, papà.
Sorrise
la ragazza
coinvolgendolo nell’abbraccio.
-Non
posso credere che la
mia bambina sia diventata così grande. Se ne va a studiare
in
Scozia.
Mormorò
la signora
Granger.
La
“sua bambina” alzò
gli occhi al cielo e strinse più forte la madre.
-Vi
voglio bene.
Aggiunse
prima di
sciogliersi dall’abbraccio dei suoi genitori e andare dal
signor
Fogg, ancora tutto preso dalla pallina di carta sul pavimento. Il
vecchio mago la prese in disparte.
-Stai
bene attenta,
ragazzina. Hogwarts è impegnativa, ih! ih! ih! non
è tutta rose e
fiori. Ricordati che sei una strega brillante, che, anche se non
vieni da una famiglia purosangue, potrai battere tutti i tuoi
compagni in pozioni e incantesimi. Non abbassare mai la guardia.
Dimostra a tutti che si sbagliano con i loro pregiudizi
all’antica.
Fai amicizia. Trovati qualcuno che ti stia accanto e che
sarà sempre
dalla tua parte, anche se dovesse appartenere a un'altra Casa. A
proposito di Case, stasera prederai parte alla cerimonia dello
smistamento. Nel mondo dei maghi non c’è evento
più importante.
Da stasera in poi la tua Casa diventerà parte di te e tu
diventerai
parte della tua Casa. E quando ti troverai con il cappello parlante
su quella piccola testolina sapientona, ricordati bene: se ti
trovassi davanti a una porta chiusa, cosa faresti?
Il momento degli addii
fu faticoso almeno quanto trascinare il pesante baule per lo stretto
corridoio del treno, ingombrato da decine di ragazzi che passavano in
entrambe le direzioni portandosi dietro i propri bagagli.
Fortunatamente Hermione era arrivata in anticipo e molti
scompartimenti non erano ancora stati occupati, così
riuscì quasi
subito a trovare un posto insieme a un ragazzo paffutello con grandi
occhi color nocciola e a una ragazza dai capelli biondi raccolti in
due ordinati codini. Dal silenzio teso e dall’espressione
spaesata
sui loro volti, dovevano essere del primo anno anche loro.
-Piacere,
io sono Hermione
Granger.
Si
presentò sistemando il
baule sotto ad uno dei sedili.
I
due ragazzi si voltarono
di scatto, come se si fossero accorti solo adesso della sua presenza.
-Hannah
Abbott.
Si
riscosse quasi subito
la bionda con un timido sorriso. Il ragazzo accanto a lei, invece,
impiegò un po’ più di tempo a rendersi
conto di cosa stava
succedendo intorno a lui.
-Neville
Paciock.
Si
introdusse allora.
-Anche
tu del primo anno?
-Sì,
è così.
Rispose
Hermione
lasciandosi cadere sul sedile e aprendo un nuovo libro che il signor
Fogg le aveva donato appena prima che salisse a bordo
dell’Hogwarts
Express: “Incantesimi da tutti i giorni, guida per
principianti.”
Nello
scompartimento era
di nuovo calato il silenzio. La ragazza, però, non fece in
tempo a
finire di leggere la prima frase che alzò la testa dal libro
incuriosita.
-Paciock,
hai detto? Non
sarai mica imparentato con Frank e Alice Paciock?
Al
ragazzo si illuminarono
gli occhi.
-Sì,
sono i miei
genitori.
-Ho
comprato alcune
letture facoltative, quest’estate. La tua mamma e il tuo
papà sono
citati in “Ascesa e declino delle Arti Oscure”. Due
auror che
hanno combattuto valorosamente Tu-Sai-Chi. Devi esserne orgoglioso.
-Oh,
sì, lo sono. Erano
dei Grifondoro. Anch’io spero di essere smistato in
Grifondoro.
Pure mia nonna è stata lì. Io vivo con lei, ora.
Hermione
non conosceva la
storia dei genitori di Neville, quindi preferì non fare
domande sul
perché “vivesse con lei, ora” mentre
distoglieva con imbarazzo
lo sguardo dal giovane mago, mettendo fine alla conversazione.
-Anche
mio padre era un
Grifondoro.
Intervenne
improvvisamente
Hannah rompendo la tensione che stava calando attorno a loro.
-Ma
tutti in famiglia
dicono che sarò una Tassorosso, proprio come mia mamma. A me
piacerebbe tanto, ovviamente. Mi piacciono molto i Tassorosso. Certo,
nessuna delle case è male, ma loro hanno la fama di essere i
più
grandi lavoratori e i migliori cercatori, e io riesco a trovare quasi
sempre tutto.
Esclamò
con un moto
d’orgoglio.
-Io
invece perdo
quasi
sempre tutto. Non lo faccio apposta. La nonna dice che è
perché
sono sempre distratto. Proprio stamattina ho perso Trevor. È
il mio
rospo, ma scappa in continuazione. Spero tanto che non sia rimasto al
binario.
Borbottò
Neville mogio.
-Oh,
mi dispiace. Possiamo
aiutarti a cercarlo, se vuoi. Vero, Hermione?
Propose
la bionda con un
sorriso gentile.
-Certo,
ma credo che
dovremmo aspettare che tutti abbiano preso posto.
C’è ancora
troppa confusione là fuori.
Qualche minuto dopo il
treno partì con un fischio, acquistando velocità
man mano che si
allontanava dall’affollata stazione di King’s Cross
e procedeva a
nord verso le incantate foreste di Nottingham e l’infinita
brughiera dello Yorkshire. Hermione, alla fine, aveva riposto il suo
nuovo libro insieme agli altri nel baule – tranne
“Storia di
Hogwarts”, ovviamente, che era posato sulle sue gambe
– . Parlare
con Neville e Hannah si stava inaspettatamente rivelando ancora
più
interessante che imparare le formule di nuovi incantesimi. Nessuno
dei due l’aveva presa in giro quando aveva raccontato della
prima
volta che era riuscita a spostare un libro senza toccarlo, e neanche
quando aveva confessato che i suoi genitori erano entrambi babbani. A
dire la verità, si erano mostrati genuinamente interessati.
Non
avevano mai conosciuto qualcuno che non avesse almeno un genitore
mago e la tempestavano di domande mentre si divertivano a spiegarle
tutto il possibile sul mondo magico, sorprendendosi ogni volta di
quanto la ragazza già sapesse, talvolta anche più
di loro. Quando,
intorno all’ora di pranzo, era arrivata una venditrice con un
carrello pieno di leccornie, nonostante Hermione avesse già
i suoi
zuccotti di zucca, Neville e Hannah insistettero a lungo
perché
assaggiasse un po’ delle prelibatezze che avevano comprato.
Le
bacchette magiche di
liquirizia erano incantate ognuna con una diversa magia. Alcune
mordevano, altre cercavano di farti il solletico, altre ancora si
scioglievano non appena le afferravi lasciandoti le mani tutte
appiccicose. Le cioccorane, invece, si comportavano come rane vere
finché non le si metteva in bocca.
-Non
sono poi tanto
diverse dalla cioccolata babbana.
Iniziò
la ragazza
staccando con un morso la testa della sua cioccorana e porgendo a
Neville la figurina dell’esperto in creature magiche Newt
Scamander. Il ragazzo faceva la collezione.
-In
realtà sono solo
incantate. Con i giusti stampi chiunque potrebbe riprodurre quella
forma. Anzi, una volta sono andata con i miei genitori in vacanza in
Belgio, e lì vendevano cioccolatini a forma di scarpe,
animali,
attrezzi da lavoro. Ce n’era anche uno a forma di drago.
-Quello
sì che sarebbe
stato divertente da incantare.
Rise
Neville scartando la
sua quinta cioccorana.
-Per
la barba di Merlino,
non sapevo che i babbani conoscessero i draghi!
Esclamò
Hannah con gli
occhi peni di ammirazione.
-Sì,
li conoscono, ma non
pensano che esistono veramente. Li usano solo nelle favole per i
bambini.
-Draghi
nelle favole per
bambini? Che strano. A me hanno sempre fatto paura i draghi. Non che
ne abbia mai visto uno vero, in realtà.
Commentò
la ragazza con i
codini.
-Prova
una di queste.
La
esortò Neville
porgendole una strana caramella color giallo canarino.
-No,
grazie. Non mangio
caramelle.
-Non
mangi caramelle? E
perché mai?
Chiese
la bionda indignata
mettendone in bocca una rosso corallo.
-I
miei sono dentisti.
Dottori che curano i denti. Non vogliono che io le mangi. Dicono che
fanno male.
-Andiamo!
Non sarà la
fine del mondo se ne assaggi una.
-Infatti.
Poi queste non
sono caramelle normali. Sono gelatine Tuttigusti+1. Vedi che sono
tutte diverse? Ad ognuna il suo sapore. La mia sapeva di menta
piperita, ma una volta ne ho trovata una alle zucchine lesse.
È
stato orribile.
Hermione
ci pensò su un
secondo. Insomma, i suoi non lo sarebbero mai venuti a sapere. In
più
una non poteva fare troppo male, giusto? Presa
dall’eccitazione del
momento afferrò una gelatina azzurra dal pacchetto di
Neville e se
la lasciò sciogliere sulla punta della lingua.
-Zucchero
filato.
Assaporò
chiudendo gli
occhi sopraffatta da quell’ottimo sapore.
Quando
ebbero finito di
mangiare dolciumi e di bere il loro succo di zucca fresco, Hannah
decise che era il momento di darsi da fare e andare a cercare il
rospo di Neville che, per tutto quel tempo, non era ancora tornato
dal proprietario.
-Da
dove cominciamo?
Chiese
il ragazzo
infilandosi la divisa della scuola sopra la maglietta bianca che
aveva addosso.
-Non
lo so. Dove pensi che
potrebbe essere andato? C’è per caso un posto che
gli piace qua
dentro?
-N-non
credo.
Balbettò
Neville
sforzandosi di ragionare.
-Non
dovrebbe avere
preferenze.
-Allora
ci dividiamo.
Hannah perlustrerà il corridoio, mentre io e Neville andremo
a
chiedere in tutte gli scompartimenti. Non è un animale
difficile da
individuare il rospo. Sicuramente qualcuno lo avrà notato.
Dopo
essersi sistemata il
cappello da giorno sulla testa, Hermione prese il ragazzo per un
braccio e lo trascinò dietro di sé per il treno.
Si divisero, e la
ragazza si diresse subito allo scompartimento più vicino.
-Scusate,
qualcuno ha
visto un rospo? Un ragazzo di nome Neville l’ha perso.
Seduti
sui sedili, c’erano
due ragazzi dai capelli rossi perfettamente identici che stuzzicavano
con le bacchette qualcosa all’interno di un grosso calderone
tenuto
in mano da un ragazzo con la pelle scura.
-Oh,
sì.
Disse
uno dei gemelli.
-Certo.
Gli
fece eco l’altro.
-L’abbiamo
trovato…
-E
l’abbiamo messo…
-Proprio
qui.
-In
questo calderone.
Continuarono
i due
parlando in modo alternato.
Hermione
si avvicinò al
contenitore, ma quando il ragazzo dalla pelle scura sollevò
il
coperchio ridacchiando, un enorme ragno peloso fece capolino. La
ragazza si tirò indietro spaventata, ma si ricompose quasi
subito e
uscì dallo scompartimento indignata, con le risate dei tre
ragazzi
che le rimbombavano nelle orecchie. Si sistemò il mantello e
oltrepassò la porta che separava una carrozza
dall’altra.
Aveva cercato in tutte le
carrozze a destra della sua, e anche in molte di quelle a sinistra,
dopo aver incontrato Neville rannicchiato in lacrime in un angolino
perché neanche Hannah aveva trovato il suo Trevor. Entrarono
tutti e
tre nell’ultima carrozza, e mentre la streghetta con i codini
biondi andava a chiedere un’altra volta in uno scompartimento
in
cui erano riunite ben sette ragazze, lei avanzò verso quello
accanto
con Neville alle spalle, ormai senza speranze.
-Qualcuno
ha visto un
rospo? Neville ha perso il suo.
Ripeté
per l’ennesima
volta senza neanche guardare i suoi interlocutori.
Quando
finalmente alzò lo
sguardo, si trovò stupita di trovarsi di fronte a due
ragazzi che,
insieme, formavano un’accoppiata piuttosto strana. Uno
indossava
abiti di almeno tre o quattro taglie in più e portava sul
naso un
paio di occhiali rotondi che sembravano sul punto di cadere a pezzi.
Il secondo, invece, aveva i capelli rossi e tantissime lentiggini.
Era incredibile quante persone dai capelli rossi si trovassero nel
mondo magico. Ne aveva viste al massimo un paio in tutta la sua vita,
e solo su quel treno ce n’erano ben quattro: lui, i due
gemelli con
la tarantola e un altro ragazzo piuttosto snob nel vagone dei
prefetti.
-Gli
abbiamo già detto
che non lo abbiamo visto.
Rispose
il secondo
seccato, ma Hermione non lo stava quasi ascoltando. Ciò che
aveva
catturato la sua attenzione in quel maghetto dai capelli rossi,
infatti, era la bacchetta che teneva pronta nella mano, la punta che
quasi sfiorava il topo grigio e grassoccio che ronfava sulle sue
ginocchia.
-State
facendo una magia?
Vediamo.
Disse
mettendosi a sedere
sull’unico sedile non occupato dalle centinaia di cartacce di
dolci
che quei due si erano mangiati. Doveva sicuramente essere un
purosangue. Parlando con la gente in giro aveva notato di essere
stata l'unica a leggere i libri di testo. Non poteva conoscere una
magia se non ne aveva mai vista fare una e Hermione non vedeva l'ora
di scoprire se era vero quello che diceva il signor Fogg. Se era vero
che lei era più brava.
Il
ragazzo la guardò
confuso.
-Ehm…
Va bene.
Hermione
si concentrò sul
topo. La bacchetta gli stava troppo vicino e per di più
l’aveva
impugnata male. Non avrebbe funzionato. L'ombra di un sorriso le
attraversò il volto.
Il
rosso si schiarì la
gola.
-Sole,
mimosa, caciocavallo,
stupido
topo diventa
giallo!
Agitò
la bacchetta
rischiando quasi di ficcarla nell’orecchio del povero animale
e,
esattamente come la ragazza aveva previsto, non accadde nulla.
Hermione scosse la testa in segno di disapprovazione, mentre cercava
di trattenere un'esclamazione di vittoria. Era sbagliato essere
felici delle sconfitte altrui, ma una scintilla di speranza le si era
accesa nel petto.
-Sei
sicuro
che sia un vero incantesimo?
Il
ragazzo la guardò con
gli occhi spalancati, mentre il suo amico accanto a lui storceva la
bocca con una smorfia mortificata. Quell’incantesimo era
stato
proprio una fregatura. Per fortuna che lei
si era preparata per tempo. Non avrebbe mai fatto figuracce del
genere, lei. E
quel
mago era un purosangue, quindi non aveva davvero di che temere, lei.
Sapeva fare incantesimi migliori, lei.
Era all’altezza, lei.
Nessuno avrebbe potuto criticare lei
per essere figlia di babbani. Le parole le uscirono di bocca
così
veloci che non riuscì neanche a controllarle.
-Comunque,
non funziona
molto bene, o sbaglio? Io ho provato a fare alcuni incantesimi
semplici semplici e mi sono riusciti tutti.
Si
vantò. Vantarsi era
profondamente sbagliato, lo sapeva bene, ma in quel momento non
riusciva proprio ad evitarlo. Aveva ragione il signor Fogg. Sarebbe
stata migliore dei purosangue. Nessuno l'avrebbe mortificata come
facevano nella scuola babbana. Ma, un momento. Un dubbio le
attraversò la testa come un fulmine a ciel sereno. Non le
erano
venuti proprio tutti gli incantesimi. Non era riuscita a trasfigurare
una penna d’oca in un ramoscello di lavanda, in
realtà, ma non
aveva importanza, vero? Non era che sarebbe stata un disastro in
Trasfigurazione solo perché…
-Nella
mia famiglia
nessuno ha poteri magici; è stata una vera sorpresa quando
ho
ricevuto la lettera.
Una
sorpresa positiva. Non
è che non volesse essere una strega perché i suoi
genitori non lo
erano o cose del genere.
-Ma
mi ha fatto un tale
piacere,
Però
non si era messa a
urlare di gioia come una bambina perché aveva ricevuto la
lettera,
insomma, le streghe vere e proprie dovevano già sapere di
essere
streghe prima di ricevere la lettera, e anche lei lo sapeva in
qualche modo, no? Le aveva fatto così tanto piacere
perché…
perché,
-Naturalmente,
voglio
dire, è la migliore scuola di magia che esista.
E
se non lo fosse stata?
Del resto che poteva saperne, lei.
-Ho
sentito dire…
E
lo standard all’interno
di scuole così importanti doveva essere molto alto. E se non
fosse
stata all’altezza? Ma certo, lei
era totalmente all’altezza, anche se non era una purosangue.
-Ho
imparato a memoria
tutti i libri di testo, naturalmente.
Stava
utilizzando troppe
volte la parola “naturalmente”. Però in
realtà una scuola di
magia insegnava la pratica degli incantesimi, non solo la teoria. Era
veramente all’altezza, allora? Insomma, non riuscire a
trasfigurare
una penna d’oca in un ramoscello di lavanda non poteva
essere così grave.
-Spero
proprio che basti.
E…
Non
si era presentata.
Come aveva potuto dimenticarsi di presentarsi?
-A
proposito, io mi chiamo
Hermione Granger.
“Non
parlare solo di te,
Hermione, cerca di fare una buona impressione.”
-E
voi?
Dannazione,
doveva aver
fatto la figura dell’idiota. Cercò di mantenere la
compostezza e
di mostrarsi interessata.
-Ron
Weasley.
Bofonchiò
il ragazzo dai
capelli rossi.
-Harry
Potter.
Aggiunse
il ragazzo dagli
abiti smessi. Perfetto, adesso se ne sarebbe potuta andare e magari
non li avrebbe mai più rivisti per tutto l’anno,
anche se in fondo
avrebbero avuto sicuramente delle classi in comune se fossero stati
anche loro del primo anno. Si stava agitando troppo. I capelli le
diventavano più crespi ogni secondo che passava.
“Avanti,
Hermione, fare una figuraccia con due maghi non può
essere così male. Ma, aspetta un secondo? Harry
Potter?” Chi non
conosceva Harry Potter? Avrebbe potuto salvarsi. A tutti piaceva
avere qualche riconoscimento, del resto.
-Davvero?
So tutto di te,
naturalmente…
Doveva.
Smettere. Di.
Dire. Naturalmente.
-Ho
comprato alcuni libri
facoltativi, come letture preparatorie, e ho visto che sei citato in
“Storia moderna della magia”, in “Ascesa
e declino delle Arti
Oscure” e anche in “Grandi eventi magici del
ventesimo secolo”.
-Sul
serio?
La
interruppe lui
sbalordito.
-Ma
santo cielo, non lo
sapevi? Io, se fossi in te, avrei cercato di sapere tutto il
possibile.
Doveva.
Smettere. Di.
Parlare. Di. Sé. C’era il famoso Harry Potter
davanti a lei, un
mago famoso. Oddio, stava facendo una figuraccia proprio con un mago
famoso. E
con il suo
amico, giusto. C’era anche il suo amico.
-Sapete
in quale Casa
andrete? Io ho chiesto in giro e spero di essere a Grifondoro; sembra
di gran lunga la migliore; ho sentito dire che c’è
andato anche
Silente, ma penso che anche Corvonero non dovrebbe poi essere tanto
male…
Forse
così se l’era
cavata. Aveva parlato delle Case di Hogwarts ma, oddio, aveva
comunque parlato di sé. Se un mago famoso come Harry Potter
avesse
parlato male di lei tutti lo avrebbero ascoltato e si sarebbe
ritrovata senza amici, come sempre.
-Comunque,
meglio che ci
muoviamo e andiamo a cercare il rospo di Neville. E…
Ma…
Santo cielo! Ormai
stavano per arrivare a Hogsmeade e quei due non si erano ancora messi
le divise. Tutto il treno era pronto, ormai. Hermione si riscosse. Il
famoso Harry Potter e il suo amico dai capelli rossi saranno anche
stati degli influenti purosangue, ma dovevano essere sciocchi come
pochi. Insomma, prima l’incantesimo fasullo e adesso le
divise. Lei
era di sicuro migliore di loro. Non aveva nulla da temere. Si
sentì
alleggerita da un peso che non si era neanche accorta di avere.
Sospirò.
-Voi
due fareste bene a
cambiarvi, sapete? Credo che tra poco arriveremo.
Hermione
prese per un
braccio Neville, che per tutto il tempo aveva assistito alla scena
imbambolato, e lo trascinò fuori dallo scompartimento. Anche
lui era
un po’ sciocco. Simpatico, certo, ma sciocco. Forse tutti i
purosangue erano così, e lei era sicuramente una mezzosangue
e
chissà quante altre cose di male, ma una sciocca non lo era
di
certo.
-Nessuno
riesce a trovare
Trevor.
Si
lamentò Neville
minacciando di scoppiare un’altra volta in lacrime.
-E
se fosse rimasto a
Londra?
-Beh,
immagino che tua
nonna lo troverà e riuscirà a spedirtelo in
qualche modo. Ora torna
al nostro scompartimento. Io intanto vado dal macchinista. Magari
potrà dare un’occhiata nel treno dopo che saremo
tutti scesi.
Il
ragazzo annuì, tirò
su con il naso e si avviò per il corridoio, mentre la
ragazza si
sistemava i capelli e avanzava, schiena dritta e mento alto, nella
direzione opposta.
Dieci minuti dopo, nel
corridoio regnava una confusione ancora maggiore di quando erano
partiti e tutti si affannavano a cercare un posto per sé e
per i
propri bauli. Qualcuno aveva lasciato il proprio gufo in
libertà, e
adesso tutti i gatti dei vari studenti lo stavano inseguendo tra una
carrozza e l’altra, mentre chi assisteva allo spettacolo
incitava a
volte il pennuto, a volte i felini senza intervenire. Come se non
bastasse, da uno degli scompartimenti erano appena usciti in tutta
fretta tre ragazzi che strillavano come se avessero appena visto un
fantasma. L’ultimo ad uscire la spinse all’interno
dello
scompartimento. Tra poco sarebbero arrivati. Era mai possibile che
non riuscisse a raggiungere Neville e Hannah per recuperare le sue
cose a causa di tutta quella confusione? Hermione era esasperata.
-Che
cosa diavolo è
successo, qui?
Lo
scompartimento era,
guarda caso, quello di Harry Potter e del suo amico dai capelli rossi
che, se ricordava bene, doveva chiamarsi Ron. Le cartacce di dolci
erano ora tutte rovesciate a terra. Il muso del grasso topo che il
rosso aveva cercato di far diventare giallo poco prima faceva
capolino da una scatola di gelatine Tuttigusti+1.
Il
ragazzo si chinò a
raccoglierlo da terra.
-Mi
sa che me l’hanno
fatto fuori.
Disse
rivolto a Harry. Lo
esaminò con più attenzione.
-No…
è incredibile…
si è addormentato di nuovo! Conoscevi già Malfoy?
-Non
esattamente. L’ho
incontrato a Diagon Alley quest’estate. Ci siamo trovati
insieme a
comprare le nostre divise.
-Ho
sentito parlare della
sua famiglia.
Si
incupì Ron.
-Sono
stati trai primi a
tornare dalla nostra parte dopo che Tu-Sai-Chi è scomparso.
Dissero
che erano stati stregati. Papà non ci crede. Dice che al
padre di
Malfoy non serviva una scusa per passare dal Lato Oscuro.
Hermione
spalancò gli
occhi. Sentir parlare di Voldemort la agitava, e sapere che a scuola
con lei ci sarebbe stato il figlio di un suo possibile sostenitore
non la tranquillizzava di certo. Sperava solo che ci avrebbe avuto a
che fare il meno possibile.
-Possiamo
esserti utili in
qualcosa?
Domandò
il rosso in tono
non molto gentile risvegliandola dai suoi pensieri. A Hermione
sembrò
di notarlo davvero per la prima volta. Lo scrutò pensosa per
qualche
secondo e si passò una mano per districare i nodi trai
capelli.
-Dovete
sbrigarvi a
vestirvi; vengo dalla cabina della motrice e il macchinista mi ha
detto che siamo quasi arrivati. Non avrete mica fatto a botte?
Sareste nei guai prima ancora di arrivare!
Li
rimproverò.
-È
stato Crosta, non noi.
Disse
Ron guardandola
storta.
-Ti
spiacerebbe uscire
mentre ci cambiamo?
-Va
bene…
Rispose
la ragazza
stizzita alzando gli occhi al cielo. Quel ragazzo era proprio
antipatico.
-Sono
venuta qui soltanto
perché là fuori c’è gente
che si comporta in modo molto
infantile e corre su e giù per i corridoi.
Scrutò
ancora una volta
il rosso. C’era qualcosa di strano che non sapeva spiegare in
lui.
Qualcosa che… individuò subito il problema:
-A
proposito, hai il naso
sporco, lo sapevi?
Gli
indicò il punto da
pulire e se ne andò.
Stava calando la sera, e
il cielo aveva assunto una particolare sfumatura violacea. Proprio
quando riuscì ad arrivare al suo scompartimento, la voce del
macchinista risuonò per tutto il treno:
-Tra
cinque minuti
arriveremo a Hogwarts. Siete pregati di lasciare il bagaglio sul
treno; verrà portato negli edifici della scuola
separatamente.
Lo
stomaco le si chiuse in
una morsa d’acciaio. Ce l’aveva fatta. Stava veramente
arrivando a Hogwarts.
-Hermione,
dov’eri
finita? Pensavamo che ti fossi persa.
Esclamò
Hannah
preoccupata non appena entrò nello scompartimento.
-C’è
solo un sacco di
confusione là fuori.
-Hai
trovato Trevor?
-No,
Neville, ma il
macchinista ha detto che lo cercherà per bene dopo che ce ne
saremo
andati.
Il
ragazzo annuì.
-Non
devi preoccuparti,
Neville. Mia mamma mi ha raccontato che una volta il suo gatto
è
stato via per due settimane. Pensavano gli fosse successo qualcosa di
grave e invece un giorno, inaspettatamente, è ritornato.
Cercò
di consolarlo la
bionda stringendosi i codini.
-Eccitati?
Chiese
poi con un sorriso
enorme.
Neville
impallidì come se
si fosse accorto solo in quel momento che mancavano pochi minuti
all’arrivo, mentre Hermione annuì seria, come
sempre persa nei
suoi pensieri; ma poi sorrise. Era eccitata? Decisamente sì.
Mentre i tre amici
uscivano dallo scompartimento e si mettevano faticosamente in fila
con la calca di studenti impaziente di scendere dalla locomotiva, il
treno iniziò a rallentare sempre di più, fino a
fermarsi
completamente con un fischio e uno sbuffo di fumo che
appannò i
finestrini. Non appena si aprirono le portiere, tutti gli studenti
iniziarono a spingere per uscire il prima possibile. L’aria
fuori
era gelida, molto più fredda di quanto fosse giù
a Londra. Hermione
cercò di non perdere di vista Neville e Hannah tra la folla
rumorosa. Raggiunsero a fatica le prime file, quando improvvisamente
una luce li illuminò dall’alto.
-Primo
anno! Primo anno da
questa parte!
Tuonò
una voce maschile
poco distante. Hannah intimò alla ragazza di alzare lo
sguardo. A
pochi passi da loro, un uomo alto più del doppio di una
persona
normale e con una lunga barba scura reggeva una gigantesca lanterna.
-Coraggio,
seguitemi…
C’è qualcun altro del primo anno?
Continuò
camminando
all’indietro con grosse falcate.
-E
ora attenti a dove
mettete i piedi. Quelli del primo anno mi seguano!
Non
appena si girò nella
direzione opposta a quella da cui era arrivato l’Hogwarts
Express,
sulla massa di studenti del primo anno calò un buio talmente
fitto
che si riuscivano a vedere a malapena le punte delle proprie scarpe e
i capelli dello studente davanti. Le decine di giovani maghi e
streghe seguirono il gigante per uno stretto sentiero tortuoso.
-Fra
un attimo: prima
visita panoramica su Hogwarts! Ecco, dopo questa curva!
Annunciò
con voce
cavernosa.
Improvvisamente,
il
sentiero sbucò sulla riva di un grande lago dalle acque
scure.
-Deve
essere il lago Nero.
Mormorò
Hermione eccitata
a Neville e Hannah, che come lei non riuscivano a staccare gli occhi
dal paesaggio. Se andare per la prima volta a Diagon Alley era stata
un’avventura spettacolare, ammirare il castello che dominava
quella
distesa d’acqua dall’alto di una rupe era ancora
più grandioso.
La ragazza strinse forte il libro “Storia di
Hogwarts”. La scuola
era ancora più magnifica di come se la fosse immaginata.
Aveva
decine di torri e torrette, proprio come sulla copertina del libro, e
le luci che risplendevano dalle alte finestre rilucevano nel riflesso
increspato del castello sul lago. Ormeggiate sulla riva davanti a
loro erano apparse per magia tante piccole barche senza motore,
né
remi, né vela.
-Non
più di quattro per
battello.
Avvertì
il gigante
sistemandosi sull’imbarcazione più grande, mentre
la folla di
studenti si scapicollava sulla spiaggia. Hannah si trovò
spinta
lontano da loro, e Neville e Hermione si sbrigarono a salire sul
battello più vicino, dove si erano già
arrampicati Harry e Ron.
-Tutti
a bordo?
Gridò
il gigante.
-SI
PARTEE!
Prima
ancora che la
ragazza si potesse chiedere come avrebbero fatto a far partire le
barchette, quelle lasciarono la riva da sole, guidate da
chissà
quale incantesimo.
Dopo
essere passati per
una strettoia tra le rocce, ormeggiarono in una baia proprio ai piedi
della scogliera su cui era arroccato il castello. Hermione scese
dalla barca con un balzo, arrampicandosi sugli scogli.
L’omone con
la lanterna scese per ultimo e si avvicinò a Neville, che
sbiancò
per la paura.
-Ehi,
tu! È tuo questo
rospo?
-Trevor!
Gridò
Neville felice.
-Visto,
Hermione? Hanno
ritrovato Trevor.
Disse
poi rivolto a lei.
La
ragazza annuì senza
tanta convinzione mentre tutti gli studenti procedevano in salita
lungo un passaggio tra le rocce. Hannah era riuscita a tornare
accanto a loro. Camminavano in silenzio, troppo emozionati per
parlare. Dopo circa cento metri, la strettoia si aprì su un
piazzale
erboso al centro del quale facevano la loro comparsa le maestose
scale in pietra che consentivano l'accesso a Hogwarts.
NOTE
DELL'AUTRICE
Ricordo
che le recensioni sono molto ben accette.
Eccomi
qua con un nuovo capitolo. Mi scuso per il ritardo, ma in compenso
spero che vi faccia piacere che sia lungo quasi il doppio dei
capitoli precedenti.
Finalmente
il gran giorno è arrivato. Hermione Granger è
arrivata a Hogwarts e
ha incontrato, oltre ai suoi due nuovi amici Neville e Hannah, un
mago molto famoso e il suo amico un po' antipatico. Hanno fatto
inoltre la loro breve apparizione altri ragazzi dai capelli rossi e,
alla fine, un grosso gigante barbuto.
Che
ve ne pare? Sono sicura che li abbiate riconosciuti tutti.
Come
sempre, la maggioranza dei personaggi e dei luoghi descritti
appartengono a J.K. Rowling. In questo capitolo, ma anche in molti
dei successivi, parte dei dialoghi appartiene anch'essa alla Rowling.
Piccola
anticipazione del nuovo capitolo:
-...Per
il tempo che resterete a Hogwarts, i trionfi che otterrete faranno
vincere punti alla vostra Casa, mentre ogni violazione delle regole
gliene farà perdere.
Hermione
sperò con tutto il cuore di non trovarsi mai e poi mai nella
condizione di infrangere qualche regola. Non aveva intenzione di
farsi espellere come era accaduto al signor Fogg. Strinse forte la
bacchetta nella tasca del mantello. Non avrebbe mai lasciato che
gliela spezzassero.
Buon
proseguimento di giornata/serata a tutti.
Conlatestatralenuvole
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Capitolo 8 *** Imbecille, medusa, scampolo, pizzicotto! ***
IMBECILLE, MEDUSA,
SCAMPOLO, PIZZICOTTO!
L'omone
con
la lanterna, quello che li aveva guidati fino al castello e aveva
trovato il rospo di Neville, era ora salito sulla scalinata e, il
pugno alto e lo sguardo serio, stava bussando alle porte di Hogwarts.
Hermione aveva praticamente smesso di respirare. Ad ogni battito di
ciglia si rendeva in qualche modo sempre più conto di dove
si
trovasse, di quale importante passo della propria vita stesse
affrontando. Era ancora così innaturale tutto questo per
lei. Per
quanto avesse cercato di prepararsi, conosceva ancora così
poco.
Quando il grande portone si fu spalancato, sentì un forte
bisogno di
chiudere gli occhi. Era troppo per lei. Troppo bello, troppo
inaspettato, troppo incredibile, troppo... magico. Troppo,
semplicemente. Non chiuse gli occhi, ovviamente, era troppo curiosa.
I ragazzi facevano silenziosamente a gara a chi entrava per prima nel
castello. Sgusciavano da tutte le parti. Si affrettavano, anche senza
correre. Si alzavano sulle punte dei piedi per vedere meglio, anche a
costo di rischiare di inciampare sui gradini. Hermione, ancora
intontita dall'emozione, era rimasta indietro. Non era
particolarmente alta, e con tutti quegli altri maghi davanti a lei
non riusciva a vedere niente. Solo il bianco marmoreo della scalinata
sotto i suoi piedi, quasi grigia, avvolta com'era dalle ombre della
notte, e l'enorme portone che si stagliava alto sopra di lei. Hannah
le stringeva forte la mano. Oltre a tutte queste novità a
cui stava
andando incontro, passo dopo passo, anche la confidenza con cui
quella ragazza con i codini biondi si rivolgeva a lei era qualcosa di
nuovo. Hannah era ancora più bassa di lei, e camminava con
il naso
in su pur di cercare di capire qualcosa, di scorgere anche solo un
pezzettino della tanto sognata Hogwarts. Mentre il gruppo di studenti
del primo anno procedeva in avanti pian piano, Neville era rimasto
indietro, il suo rospo Trevor stretto in mano, fermo sull'ultimo
gradino, la bocca spalancata e il viso tondo pallido come se avesse
appena visto un fantasma. Raccogliendo un po' di coraggio, Hermione
si sporse a prendergli la mano e lo tirò bruscamente su con
sé,
prima che il portone si richiudesse cigolando. Il maghetto aveva la
mano talmente sudata che Hermione dovette lasciargliela andare quasi
subito, un po' schifata, per pulirsela sul mantello. Anche ora che
era finalmente arrivata all'interno del castello, la giovane strega
non riusciva a distinguere ancora molto. Il corridoio in cui si
trovavano era altissimo, forse cinque o sei metri, e le pareti in
pietra disegnavano archi e colonne, sulle quali erano appese grosse
torce infuocate. Dovevano essercene diverse dozzine, o essere
incantate con la magia, perché la luce nella stanza era
forte quasi
come quella di un lampadario. Morbide ombre, lunghe e tremolanti,
disegnavano il loro profilo un po' dappertutto. C'erano quella del
gigante, che era alto almeno tre metri, e quelle dei ragazzi, che
andavano a sfiorare sulla parete la pancia protuberante dell'omone
con la lanterna. Ma anche una terza ombra si stagliava insieme alle
altre. Era più alta di quelle degli alunni e, sul suo
profilo esile,
si distinguevano un lungo mantello e un cappello a punta.
-Ecco qua,
gli allievi del primo anno, professoressa McGranitt.
L'ombra,
anzi, la professoressa McGranitt, avanzò di un paio di passi
fino a
confondersi quasi con l'ombra del grosso uomo con la barba.
-Grazie,
Hagrid. Da qui li accompagnerò io.
La voce
della
strega era ferma, asciutta e autoritaria. Un po' rauca, segno che
probabilmente la professoressa era un po' avanti con gli anni.
Nonostante tutto, però, era anche musicale, in qualche modo,
come
quella della nonna di Hermione, la mamma di suo padre, che era venuta
a mancare l'anno prima. Le ispirava simpatia. Quella strega con il
cappello a punta ed il mantello era sicuramente una donna che sapeva
farsi rispettare.
Ad un ritmo
sostenuto l'ombra di Hagrid si allontanò dalla loro vista
mentre
quella della professoressa McGranitt si affrettava nella stessa
direzione. La massa di studenti iniziò a seguirla e anche
Hermione
si mosse con loro, una mano stretta a quella di Hannah e l'altra che
si tirava un'altra volta dietro quella sudata di Neville, per evitare
che rimanesse indietro.
La
professoressa li condusse avanti lungo il corridoio fino a che non si
trovarono davanti un'elegante scalinata in marmo che sembrava
infinita e, a destra, una grande porta in legno, poco più
piccola
dell'immenso portone d'ingresso, da cui provenivano voci
schiamazzanti. Non presero però né l'una
né l'altra direzione. Si
infilarono invece in una stanzetta proprio di fronte a quella da cui
proveniva il brusio degli altri studenti e ci si sistemarono tutti
stretti stretti, non perché non ci fosse abbastanza spazio,
ma
piuttosto perché la gente non faceva altro che
indietreggiare contro
la parete di fondo, forse timorosa di stare troppo vicino alla
professoressa. Essendo stata tra gli ultimi ad entrare nella sala,
Hermione adesso si trovava in prima fila e da lì,
finalmente, vedeva
proprio tutto. Non che ci fosse molto da vedere, in realtà,
in
quella stanza vuota, stipata di studenti e con pavimento, pareti e
torce identici a quelli dell'ingresso. La cosa più
interessante
erano le vetrate, grandi, strette e lunghe, che affacciavano
sull'oscurità del cortile. Finiti di entrare anche gli
ultimi
allievi, tra cui Neville, che nel breve percorso era riuscito a
staccarsi da Hermione e a rimanere indietro, la professoressa chiuse
la porta e si posizionò dritta davanti a loro, un
sopracciglio
sollevato a scrutarli tutti attentamente, un cipiglio impassibile in
volto. Ora che ce l'aveva a pochi passi di distanza, la professoressa
McGranitt non era più solo un'ombra alta e sottile, ma una
donna con
un paio di occhiali squadrati intorno agli occhi, un completo da
strega verde smeraldo e degli occhi felini che incutevano timore e
soggezione. Portava le mani giunte in grembo e tutto in lei gridava
ordine e severità, ma aveva gli angoli della bocca
rilassati,
leggermente incurvati in un accenno di sorriso che accentuava le
rughe sulla faccia e tradiva un temperamento abbastanza tranquillo,
alla fine dei conti. Una cosa era certa, però, non bisognava
farla
arrabbiare.
-Benvenuti a
Hogwarts.
Disse
così
improvvisamente che qualcuno sussultò.
-Il
banchetto
per l'inizio dell'anno scolastico avrà luogo tra breve, ma
prima di
prendere posto nella Sala Grande, verrete smistati nelle vostre Case.
Lo Smistamento è una cerimonia molto importante,
perché per tutto
il tempo che passerete qui a Hogwarts, la vostra Casa sarà
un po'
come la vostra famiglia. Frequenterete le lezioni con i vostri
compagni di Casa, dormirete nei dormitori della vostra Casa e
passerete il tempo libero nella Sala Comune della vostra Casa.
-Le quattro
Case si chiamano Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde.
Ciascuna ha la sua nobile storia e ciascuna ha sfornato maghi e
streghe di prim'ordine. Per il tempo che resterete a Hogwarts, i
trionfi che otterrete faranno vincere punti alla vostra Casa, mentre
ogni violazione delle regole gliene farà perdere.
Hermione sperò con tutto il
cuore di non trovarsi mai e
poi mai nella condizione di infrangere qualche regola. Non aveva
intenzione di farsi espellere come era accaduto al signor Fogg.
Strinse forte la bacchetta nella tasca del mantello. Non avrebbe mai
lasciato che gliela spezzassero.
-Alla fine dell'anno, la Casa che
avrà totalizzato più
punti verrà premiata con la Coppa delle Case, il che
costituisce un
grande onore. Spero che ognuno di voi darà lustro alla Casa
cui
verrà destinato.
-La Cerimonia dello Smistamento
inizierà tra pochi
minuti davanti a tutti gli altri studenti. Nell'attesa, vi suggerisco
di mettervi il più possibile in ordine.
Non appena la professoressa uscì
dalla stanza, come in
preda ad un riflesso automatico, Hermione raddrizzò la
schiena,
passò le mani sul mantello come per togliergli le pieghe e
si passò
le dita tra i capelli, che stavano iniziando a diventare crespi e
gonfi. Ora che non erano più sotto il controllo di qualcuno,
alcuni
ragazzi avevano iniziato a chiacchierare a bassa voce o a muoversi
sul posto per guardarsi meglio intorno. Nella prima fila, insieme a
lei, oltre a Hannah e Neville, c'erano Harry Potter e il suo amico
con i capelli rossi, Ron, che stavano parlottando nervosamente tra
loro.
-Di preciso, in che modo ci smistano per
Casa?
Sentì chiedere Harry all'altro.
-Una specie di prova, credo. Fred ha detto
che è molto
dolorosa, ma penso che stesse scherzando.
Hermione dovette girarsi verso Hannah per
evitare di
mettersi a ridere. Una prova dolorosa? Ma sul serio? Se i purosangue
erano tutti come quei due e Neville, non aveva davvero di che
preoccuparsi.
-Cosa ti è successo?
Chiese la biondina sentendola ridacchiare
sotto i baffi.
-Due ragazzi credono che lo Smistamento
consista in una
prova da superare o qualcosa del genere. Non è ridicolo?
-Davvero c'è una prova?
Chiese Neville. Hermione lo
guardò di traverso.
-No, Neville. Ti mettono un cappello in
testa e lui ti
dice in che Casa devi andare.
Rispose Hannah con pazienza.
-Un cappello parlante, mitico.
Annuì lui, non molto convinto.
-Già.
Rispose la strega con i codini.
-Sarebbe bello se ci fosse una prova di
magia, però.
Vero, Hermione?
-Sì, beh, non so. Non credo che
tutti noi conosciamo
qualche incantesimo.
-Io conosco la formula di un incantesimo
che serve a far
lavare i piatti da soli. Mia nonna lo usa sempre. Non l'ho mai
provato, però.
-Anch'io ne conosco un paio. Uno
è quello che usa
sempre papà per degnomizzare il giardino e l'altro invece
serve a
riparare le cose spezzate. Mi riesce davvero benissimo.
Anche Hermione iniziò a parlare
degli incantesimi che
conosceva, sia di quelli di cui sapeva solo le formule, sia di quelli
che invece aveva imparato a praticare con l'aiuto del signor Fogg.
Il signor Fogg, a pensarci bene le mancava
un po'. Non
vedeva l'ora di potergli scrivere per raccontargli tutto di Hogwarts.
Avrebbe scritto anche ai suoi genitori. Chissà quante cose
avrebbe
dovuto spiegargli. Non è una cosa facile credere
all'esistenza di un
cappello parlante o dei fantasmi.
Come se li avesse chiamati, Neville la
prese un braccio
per farle indicare qualcosa sopra di loro. Qualcosa di cui Hermione
aveva solo sentito parlare. Un gruppo di fantasmi in carne ed ossa
erano entrati da non si sa dove nella stanza. Beh, in carne ed ossa
non erano proprio. Erano di un bianco quasi trasparente, tanto che ci
si poteva vedere attraverso e, se non fosse stato per il colore e per
il fatto che fluttuavano nell'aria, sarebbero sembrati persone vere
in tutto e per tutto. In più, parlavano. Anzi, sembravano
immersi in
una conversazione talmente importante da non essersi neanche accorti
del pubblico che avevano proprio sotto di loro.
-Io sono dell'idea che bisogna perdonare e
dimenticare;
dobbiamo dargli un'altra possibilità...
Stava dicendo un fantasma basso e
grassoccio, con quella
che sembrava la tunica di un frate indosso e le mani conserte.
Accanto a lui, un fantasma con la calzamaglia e la gorgiera cercava
di farlo ragionare:
-Mio caro Frate, non abbiamo forse dato a
Peeves tutte
le possibilità che meritava? Non fa che gettare discredito
sul
nostro nome, e poi non è neanche un vero e proprio
fantasma... Ehi,
dico, che cosa ci fate qui?
Il fantasma in calzamaglia li aveva notati.
Qualcuno
cacciò un gridolino.
-Nuovi studenti!
Esclamò il Frate battendo le
mani con un sorriso.
-In attesa di essere smistati, suppongo.
Qualcuno annuì, ma la maggior
parte di loro era
terrorizzata. Hermione li guardava con occhi spalancati. Per quanto
si ricordasse, in nessuna delle sue letture i fantasmi erano citati
come creature pericolose o poco amichevoli. Tuttavia, trovarseli
davanti, sortiva comunque un certo effetto.
-Spero di vedervi tutti a Tassorosso!
Continuò il Frate.
-Sapete? È stata la mia Casa.
Hannah sorrise.
-Visto? Quello deve essere il Frate Grasso,
il fantasma
di Tassorosso. La mamma me ne parlava sempre. È simpatico e
mette
tutti di buon'umore.
Ma si dovette interrompere,
perché la figura possente
della professoressa McGranitt si era fermata proprio dietro di lei.
-E ora, sgombrare!
Ordinò la strega a quelle figure
eteree più vicine al
soffitto che al pavimento. Con un ultimo cenno di saluto, i fantasmi
scomparono al di là della parete.
-Sta per cominciare la Cerimonia dello
Smistamento.
Li avvertì poi la professoressa
quando gli occhi degli
alunni del primo anno tornarono a posarsi su di lei.
-Mettetevi in fila e seguitemi.
Ordinò la professoressa
McGranitt, e tutti obbedirono
silenziosamente. Hermione apriva la fila e Hannah era dietro di lei.
Seguendo la donna, si incamminarono tutti fuori dalla stanza dove si
trovavano ed entrarono in quella con i battenti giganteschi, la Sala
Grande.
Già a
vederla in foto o a leggerne la
descrizione sul
libro Storia di Hogwarts, la Sala Grande evocava un fascino fiabesco,
ma vederla dal vivo era tutta un'altra cosa. Occupavano il centro
della stanza, egregiamente apparecchiate con piatti e calici
d'argento e d'oro, quattro lunghissime tavolate attorno alle quali
gli studenti e alcuni fantasmi applaudivano e si scambiavano parole
eccitate. Le mani timide di qualche studente del primo anno
salutavano i fratelli più grandi, ma la maggior parte di
loro
guardava verso l'alto. Hermione lo sapeva, lo aveva letto tante di
quelle volte, ma a guardarlo, quel soffitto interminabile era ancora
più straordinario. Pochi metri sopra le teste degli studenti
erano
sospese a mezz'aria centinaia di candele e, in alto, molto
più in
alto, il soffitto era nero come la notte ed ornato da tante piccole
stelline. Era davvero da mozzare il fiato, ancora più
incredibile di
quanto già non le sembrasse prima. Si girò verso
Hannah:
-È un incantesimo che lo fa
sembrare come il cielo che
c'è fuori! L'ho letto in "Storia di Hogwarts".
Bisbigliò. L'espressione della
biondina divenne, se
possibile, ancora più meravigliata.
Cercando di mantenere una postura eretta
nel seguire la
professoressa McGranitt e di non guardarsi continuamente intorno in
alto, in basso, a destra e a sinistra - era difficile, ma avrebbe
avuto sette anni di tempo per farlo, no? - Hermione proseguì
lungo
la sala fino a che le tavolate non terminarono e si trovò di
fronte
al tavolo rialzato degli insegnanti. Tra loro c'erano Hagrid e il
professor Albus Silente. Finalmente lo vedeva di persona, l'uomo che
il signor Fogg stimava più di tutti, il miglior preside che
Hogwarts
avesse mai avuto; il vecchio mago dalla barba bianca e gli occhiali a
mezza luna che le faceva l'occhiolino dal poster nel salone del suo
dirimpettaio giù a Londra era adesso proprio davanti a lei.
Nessuno
dei ragazzi, però, stava guardando i professori. Erano tutti
girati
dal lato opposto e fissavano qualcosa davanti a loro. Hermione, che
era finita di nuovo in ultima fila, si fece largo tra qualche
studente per vedere meglio. La professoressa McGranitt aveva piazzato
di fronte a loro uno sgabello in legno e ci aveva posizionato un
cappello a punta, sgualcito e malandato, pieno di macchie e toppe
dappertutto. All'improvviso, il cappello si ripiegò su se
stesso e,
nel rimettersi nella posizione iniziale, un pezzo di stoffa vicino al
bordo si strappò. Era il Cappello Parlante e quella era la
sua
bocca; e da quella bocca, iniziò a cantare:
-Forse pensate che non son bello,
ma
non giudicate da quel che vedete:
io
ve lo giuro che mi scappello
se
uno migliore ne troverete.
Potete
tenervi le vostre bombette,
i
vostri cilindri lucidi e alteri,
son
io quello che a posto vi mette
e
al mio confronto gli altri son zeri.
Non
c'è pensiero che nascondiate
che
il mio potere non sappia vedere,
quindi
indossatemi e ascoltate,
qual
è la Casa a cui appartenere.
È
forse Grifondoro la vostra via,
culla
dei coraggiosi di cuore:
audacia,
fegato, cavalleria
fan
di quel luogo uno splendore.
O
forse è Tassorosso la vostra vita,
dove
chi alberga è giusto e leale:
qui
la pazienza regna infinita
e
il duro lavoro non è innaturale.
Oppure
Corvonero, il vecchio e il saggio,
se
siete svegli e pronti di mente,
ragione
e sapienza qui trovan linguaggio
che
si confà a simile gente.
O
forse a Serpeverde, ragazzi miei,
voi
troverete gli amici migliori,
quei
tipi astuti e per niente babbei
che
qui raggiungono fini e onori!
Venite
dunque senza paure
e
mettetemi in capo all'istante;
con
me sarete in mani sicure
perché
io sono un Cappello Parlante!
Gli studenti più grandi e i
professori iniziarono ad
applaudire non appena lo strappo-bocca del Cappello Parlante si fu
richiuso, ma gli allievi del primo anno erano troppo frastornati per
unirsi a quelle acclamazioni. Hermione si fermò a pensare
alla
filastrocca del Cappello stringendo la bacchetta da sotto il
mantello. Grifondoro era la Casa delle persone audaci. Fino a quel
momento le era sembrato che fosse il posto più adatto a lei,
in fin
dei conti, ma adesso, pronta per essere smistata davanti a tutta la
scuola, non si sentiva poi così coraggiosa. Corvonero,
invece, per
quelli svegli e pronti di mente, sembrava una Casa più
sicura.
I suoi pensieri si interruppero di colpo
quando la
professoressa McGranitt si fece avanti accanto allo sgabello del
Cappello e srotolò un lungo foglio di pergamena.
-Quando chiamerò il vostro nome,
metterete il cappello
in testa e vi siederete sullo sgabello per essere smistati.
Disse.
Ci fu un attimo di silenzio, poi...
-Abbott Hannah!
Hannah, che si trovava appena dietro di
lei, si fece
avanti con mani e gambe tremanti. Perse l'equilibrio.
Inciampò. Si
sistemò. Si sedette sullo sgabello e aspettò che
la professoressa
le mettesse il Cappello sui codini biondi. Quell'indumento magico non
ebbe neanche bisogno di tempo per pensare:
-TASSOROSSO!
Urlò, e dal tavolo dei
Tassorosso si levò un rumore
fragoroso di urla e di applausi.
Hannah era raggiante e Hermione si
ritrovò a sentirsi
molto felice per lei. Era stata collocata proprio nella Casa dove
sognava di stare.
-Bones Susan!
-TASSOROSSO!
-Boot Terry!
-CORVONERO!
Il Cappello andò avanti
così con un sacco di nomi, e
ogni volta che un allievo veniva smistato, tutta la sua nuova Casa si
alzava in piedi ad accoglierlo calorosamente. Hermione si
passò una
mano trai capelli. Diventavano più crespi ad ogni nome che
veniva
chiamato. Doveva darsi una calmata. Alcuni degli studenti ci
mettevano un'eternità per essere smistati. Hermione
sperò che con
lei facesse subito. Doveva essere incredibilmente imbarazzante
starsene lì per minuti interi con un vecchio cappello calato
sugli
occhi e centinaia di facce che ti guardano mentre un oggetto magico
decide del tuo futuro.
-Granger Hermione!
La giovane strega si sentì
mancare il pavimento sotto
ai piedi, eppure avrebbe giurato che la pietra fosse molto
resistente. All'inizio avanzò lentamente, un passo dopo
l'altro, il
cervello in panne. Dove sarebbe stata collocata? Dove sarebbe stata
collocata? Poi, però, decise che doveva veramente darsi una
calmata.
Stava perdendo troppo tempo a cercare di capire dove fosse la chiave
per quella dannatissima porta di cui parlava il signor Fogg, ma se
non la trovava forse era meglio cercare un'altra soluzione. È
meglio strapparsi in fretta il cerotto, pensò.
Così superò le
ultime righe di studenti con un'andatura affrettata e si mise di
corsa il cappello sulla testa, prima di riuscire a riprendere fiato.
Ecco fatto, pensò, Ci sono. L'ho
presa a calci quella
porta. E, dopo un arco di tempo che le sembrò
infinito, forse
proprio per quello che aveva pensato, forse per qualche altro motivo,
il Cappello finalmente parlò:
-GRIFONDORO!
Emozionata come mai prima di allora,
Hermione Granger
scese dallo sgabello e riconsegnò il cappello alla
professoressa
McGranitt. Finalmente era una vera studentessa di Hogwarts. Una
Grifondoro. Sperava che sarebbe riuscita a fare proprio quello che la
professoressa aveva detto quando erano arrivati: avrebbe dato lustro
alla sua Casa. Avrebbe fatto il possibile per farle guadagnare punti
e non si sarebbe mai e poi mai cacciata nei guai. Questo era il
minimo che poteva fare per Hogwarts, per quella scuola di cui non
aveva mai sentito neanche il nome fino a poche settimane prima e che
comunque l'aveva scelta. Aveva scelto lei come
studentessa.
Hermione sapeva che in realtà era stata ammessa
perché era una
strega, ma in qualche modo si sentiva comunque riconoscente verso
quel castello, verso tutto il mondo magico, verso il preside Albus
Silente. Trattenendo la voglia di saltellare fino al tavolo dei
Grifondoro, si avviò verso gli studenti esultanti con
schiena dritta
e mento in alto. In ragazzo dai capelli rossi accanto a cui si
andò
a sedere, il prefetto di Grifondoro, la accolse con una stretta di
mano e una pacca sulle spalle:
-Piacere, Hermione. Io sono Percy Weasley.
Sono sicuro
che ti troverai bene con noi.
La ragazza sorrise raggiante:
-Il piacere è tutto mio.
Weasley,
pensò. Quel nome l'aveva già sentito.
La
Cerimonia dello Smistamento continuò. La folla degli
studenti del
primo anno davanti al tavolo dei professori si diradava a mano a mano
che il Cappello Parlante assegnava ciascun allievo alla sua Casa.
Hermione riconosceva alcune di quelle facce, quelle delle persone che
aveva incontrato sul treno mentre cercava il rospo di Neville.
Riconobbe anche i tre ragazzi che erano scappati dal vagone di Harry
Potter urlando. Erano finiti tutti e tre in Serpeverde. Quando fu il
turno di Neville, il povero ragazzo inciampò e cadde. Le sue
guance
paffute erano diventate più rosse delle fiammelle delle
candele
sospese per aria. Mentre il Cappello impiegava il suo tempo a
decidere dove collocarlo, Hermione si trovò parecchio in
apprensione
per Neville. Ogni minuto che passava lo sguardo sul suo viso
diventava sempre più terrorizzato. Il Cappello non ci aveva
messo
poco con lei, ma con il ragazzo stava impiegando ancora più
tempo.
Alla fine, anche lui fu smistato in Grifondoro e Hermione fu la prima
ad alzarsi in piedi sbattendo le mani. Era felicissima per lui. Era
stato collocato proprio nella sua Casa preferita, la Casa dei suoi
genitori. Purtroppo, corse via dallo sgabello senza togliersi il
Cappello dalla testa, e tutta la Sala Grande scoppiò in una
fragorosa risata. Anche Hermione non poté fare a meno di
ridere. Era
troppa l'emozione di essere finalmente arrivata a Hogwarts
perché
riuscisse a impegnarsi a mantenere una compostezza esemplare. Ormai i
ragazzi rimasti erano davvero in pochi. Un ragazzo fu smistato in
Corvonero, un ragazzo dai capelli biondi e una ragazza con un
caschetto nero in Serpeverde, due gemelle, forse di origine indiana,
furono collocate una in Corvonero, l'altra in Grifondoro.
Chissà se
anche in India esisteva una scuola di magia, si chiese Hermione
mentre le salutava con un applauso. Poi fu chiamato il nome di Harry
Potter.
Il
brusio nella sala cessò immediatamente. Tutti allungavano il
collo
verso il ragazzino con gli occhiali che avanzava titubante verso il
Cappello. Tutti volevano sapere dove sarebbe stato smistato il
ragazzo più famoso dell'anno, il ragazzo che era
sopravvissuto. A
Hermione, in fin dei conti, non importava granché. Da quello
che
aveva capito parlandoci sul treno, non era un granché
sveglio. Lei
lo sapeva bene: i ragazzi popolari sono sempre i più
sciocchi. O
almeno, nel mondo dei babbani funzionava così. Il Cappello
non fu
tanto svelto nel collocarlo, e la curiosità degli studenti
si faceva
sempre più accesa. Poi lo strappo-bocca vicino al bordo del
vecchio
oggetto magico si aprì e la voce del Cappello
annunciò:
-GRIFONDORO!
Tutti
al tavolo dei Grifondoro si alzarono in piedi ad applaudirlo. Tutti
gli volevano
stringere la mano.
Tutti lo acclamavano a
gran voce, come se avesse fatto qualcosa di speciale. Tutti
volevano presentarsi a Harry Potter. I due gemelli dai capelli rossi
che avevano giocato a Hermione lo scherzo della tarantola sul treno
urlavano a squarciagola:
-Potter è dei nostri!
Harry Potter ricambiava ogni saluto con un
sorriso, ma
sembrava troppo scombussolato per rendersi conto di quante cerimonie
gli stessero serbando.
I ragazzi da smistare davanti al tavolo dei
professori
erano rimasti solo in tre.
-Turpin Lisa!
-CORVONERO!
-Weasley Ron!
Ecco
dove avevo sentito quel nome! Il
penultimo ragazzo ad andarsi a sedere sullo sgabello era Ron, l'amico
di Harry che Hermione aveva conosciuto sul treno. Un
altro
non particolarmente sveglio. Era
talmente pallido che sembrava stesse per sentirsi male. I suoi
capelli color carota scintillavano alla luce delle candele. Hermione
notò che aveva ancora dello sporco sul naso.
-GRIFONDORO!
Urlò il Cappello, e Ron corse
verso la loro tavolata
sollevato, il viso che riassumeva piano piano un colorito normale. Il
prefetto Percy si alzò per accoglierlo con una vigorosa
stretta di
mano, allungandosi da sopra la testa di Harry:
-Ben fatto, Ron, ottimo!
Dovevano essere fratelli.
Quando anche l'ultimo ragazzo fu collocato
nella sua
nuova Casa, la professoressa McGranitt portò via il Cappello
e Albus
Silente si alzò in piedi per prendere la parola. Aveva uno
sguardo
raggiante e le braccia spalancate, un po' come se li volesse
abbracciare tutti. Hermione era così emozionata. Finalmente
stava
per conoscere il più grande preside che, a detta del signor
Fogg,
fosse mai stato nominato a Hogwarts.
-Benvenuti! Benvenuti a Hogwarts per un
nuovo anno
scolastico!
-Prima di dare inizio al nostro banchetto,
vorrei dire
qualche parola.
Hermione si mise seduta più
comodamente, pronta ad
ascoltare con la massima attenzione e a prendere mentalmente nota di
tutto quello che Albus Silente avesse detto.
-E cioè,
continuò il preside,
-imbecille, medusa, scampolo, pizzicotto!
Grazie!
E si risedette.
Hermione restò a fissarlo con
gli occhi spalancati per
un po', indecisa su cosa pensare di quello strano uomo con gli
occhiali a mezza luna. Era stato il discorso di benvenuto
più breve
e più strampalato cui avesse mai assistito. Continuava a
credere
fosse un grand'uomo solo perché glielo aveva assicurato il
signor
Fogg. Gliene avrebbe parlato in una lettera, di quel discorso, mentre
con i suoi genitori non ne avrebbe fatto parola. Avrebbero creduto
che il preside fosse matto e sarebbero corsi in Scozia a prenderla
immediatamente. Adesso che era finalmente arrivata a Hogwarts,
però,
Hermione avrebbe di gran lunga preferito avere a che fare con un
branco di matti, piuttosto che tornarsene a casa.
NOTE DELL'AUTRICE
Chiedo umilmente perdono per la lunghissima
assenza.
Scusate, scusate, scusate, scusate, scusate. Eccovi qua questo
capitolo che vi ho fatto aspettare fin troppo. Se non siete troppo
arrabbiati per l'imperdonabile ritardo, lasciate una piccola
recensione ;)
Disclaimer: non sono J.K. Rowling e tutti i
personaggi,
gli ambienti e i dialoghi di sua proprietà, restano di sua
proprietà.
Siccome sono state “brutta e
cattiva” nel farvi
aspettare questo capitolo, il prossimo arriverà
lunedì. Per il
resto, sperando di non avere altri periodi tremendamente impegnati
come sono stati per me dicembre e gennaio, cercherò di
riprendere
una certa regolarità nell'aggiornare. Pensavo di darmi una
scadenza
fissa ogni settimana, il venerdì o il sabato,
così voi potete avere
una qualche idea di quando controllare.
Per quanto riguarda i personaggi, sto
mischiando i nomi
utilizzati nella prima edizione italiana di Harry Potter con quelli
della seconda. Non c'è un vero e proprio criterio, solo il
suonarmi
meglio o peggio. Neville Longbottom non lo riesco proprio a
metabolizzare in un contesto italiano, per esempio. Sono troppo
affezionata al nome Paciock. Così anche per la McGranitt.
Gli altri
professori invece li ho fatti per lo più tornare ai nomi
originali e
anche Peeves, che a mio parere suona molto meglio di Pix.
Fino alla fine sono stata molto insicura
sull'inserire o
meno la canzone del Cappello Parlante per intero all'interno del
capitolo, perché suppongo che chiunque legga fanfiction su
Harry
Potter già la conosca piuttosto bene; poi ho pensato che
forse
avrebbe fatto piacere risentirla, e soprattutto che Hermione vi
avrebbe prestato molta attenzione, come in tutte le cose, quindi non
ho proprio potuto evitare di riportarla.
Per il resto, spero che il capitolo vi sia
piaciuto. Un
bacione a tutti e un ritardatario buon Natale, felice anno nuovo e
buona Epifania. Sempre vostra. Conlatestatralenuvole.
Anticipazioni:
“L'inno
di Hogwarts, per l'orrore di Hermione, era di quanto più
stupido si
potesse desiderare. C'era chi lo cantava in un modo, chi in un altro,
chi lo recitava con scherzosa baldanza e chi invece si limitava a
ripetere le parole nel tono monocorde di una filastrocca. Hermione
non ebbe neanche il coraggio di provare a sussurrarlo. In quel
momento, si sentiva in perfetta empatia con i professori.”
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Capitolo 9 *** Caput Draconis ***
9
CAPUT
DRACONIS
Con
tutto quel pensare al professor Silente, Hermione non si era accorta
che, all'improvviso, tutti i vassoi, i piatti da portata e le brocche
ordinati al centro del tavolo si erano riempiti. C'era di tutto:
tutti i possibili tipi di carne, dal maiale al pollo, dal roast beef
alle salsicce; e poi così tanti contorni che sua madre
sarebbe
impazzita di gioia, salutista com'era lei, a vedere tante verdure su
una sola tavola. C'erano patate lesse e arrostite e fritte, carote,
piselli, spinaci e tante salse per condire i piatti, da quelle
più
speziate al semplice Ketchup. Delle ciotoline d'argento poste tra un
vassoio e l'altro offrivano un'interminabile scorta di caramelle alla
menta. Gli studenti si stavano già servendo. Neville, di
fronte a
lei, si era riempito il piatto di talmente tanta roba che il cibo
rischiava di uscire dai bordi. Percy, al suo fianco, invece, aveva
preso solo del roast beef con delle patate arrosto, e riforniva il
piatto educatamente un po' alla volta, sostituendo con una porzione
nuova la pietanza che aveva finito di mangiare. Di fianco a lui,
Harry Potter aveva preso un po' di tutto, ma senza esagerare, mentre
Ron Weasley guardava tutto quel cibo come se non avesse mai mangiato
in vita sua, nonostante tutti i dolci che aveva condiviso con l'amico
sul treno, e si era subito fiondato sul pollo. Hermione si
servì con
un po' di bacon e tante verdure, proprio come le aveva insegnato sua
mamma. Nel
piatto di una signora devono esserci sempre più verdure che
altro.
Il cibo buono e salutare non deve mai mancare,
diceva sempre. Evitò di abbuffarsi di patatine fritte,
nonostante le
facessero gola, ripromettendosi che le avrebbe prese più in
là solo
se avesse avuto ancora fame.
Harry
Potter stava parlando con il fantasma con la calzamaglia e la
gorgiera che avevano visto passare nella stanza dove la professoressa
McGranitt li aveva fatti attendere appena arrivati. Diceva di essere
il fantasma della Torre di Grifondoro, qualsiasi cosa dovesse
significare. Ron Weasley lo additò con la bocca ancora piena
di
pollo:
-Io
lo so chi è! I miei fratelli mi hanno parlato di lei! Lei
è
Nick-Quasi-Senza-Testa!
-Preferirei
che mi chiamaste Sir Nicholas de Mismy-Porpington.
puntualizzò
il fantasma stizzito, ma un ragazzino con i capelli tendenti
più al
biondo che al castano, anche lui del primo anno, lo interruppe:
-Quasi-Senza-Testa?
Come è possibile essere quasi
senza
testa?
Non
era una domanda molto educata da porre a qualcuno, pensò
Hermione,
nonostante, in effetti, se lo stesse chiedendo anche lei; soprattutto
perché, ad osservarlo bene, Sir Nicholas de Mismy-Porpington
la
testa ce l'aveva, ed era pure adornata di un etereo cespuglio di
capelli.
-Così,
rispose
stizzito il
fantasma, e prese a tirarsi per un orecchio fino a quando la testa
gli ricadde quasi completamente sulla spalla, staccandosi dal collo
tranne che per un sottile lembo di pelle. Hermione storse il naso
disgustata. Doveva farlo proprio mentre stavano mangiando? Poi, come
se nulla fosse, Nick, o Sir Nicholas, o in qualunque modo si volesse
far chiamare quel fantasma, lasciò andare l'orecchio di
scatto,
facendo sì che la testa tornasse al suo posto e disse,
levandosi un
po' più in alto sul tavolo:
-Allora...
nuovi Grifondoro! Spero che ci aiuterete a vincere il Campionato
delle Case di quest'anno. Non è mai successo che Grifondoro
non
vincesse per tanto tempo: Serpeverde ha vinto la Coppa per sei anni
di fila!
Hermione
pensò che avrebbe aggiunto anche questo particolare alla
lettera per
il signor Fogg. Sicuramente gli avrebbe fatto piacere saperlo.
Il
fantasma
continuò:
-Il
Barone Sanguinario sta diventando a dir poco insopportabile...ehm,
aggiunse
poi, visti
gli sguardi interrogativi del suo piccolo pubblico,
-...lui
è il
fantasma di Serpeverde.
Come
seguendo un ordine silenzioso, Hermione, Harry, Ron, Neville e il
ragazzo dai capelli biondo scuro accanto a lui voltarono
contemporaneamente lo sguardo al tavolo dei Serpeverde, dove un
grosso fantasma dallo sguardo malinconico e gli abiti macchiati di
chiazze di sangue argentato sedeva accanto a un ragazzino biondissimo
del primo anno, uno di quelli che erano scappati dallo scompartimento
di Harry Potter sul treno.
-Come
ha fatto a coprirsi tutto di sangue?
Chiese
il ragazzo biondo. A quanto pare il suo forte era fare domande poco
discrete ai fantasmi.
-Non
gliel'ho mai chiesto.
Rispose
semplicemente Nick, e poi fluttuò via verso un altro gruppo
di
studenti.
Quando
tutti ebbero finito di cenare, i piatti si svuotarono da soli e si
riempirono di dolci. Dolci di tutti i tipi: torte, crostate, gelati e
zuccotti di zucca. Hermione ne afferrò uno anche se era
piena da
scoppiare. Aveva esagerato con le patatine fritte, alla fine, ne era
sicura, per non parlare poi di tutti quei bicchieri di succo di
zucca. Il ragazzo biondo, che nel frattempo aveva scoperto chiamarsi
Seamus Finnigan, stava raccontando della sua famiglia:
-Io
sono metà e
metà. Papà è un babbano. Mamma non gli
ha detto di essere una
strega fino a dopo sposati. È stato un bel colpo per lui! E
tu
Neville?
Anche
Neville raccontò della sua famiglia. Solo di sua nonna in
realtà, e
di un certo prozio Algie che aveva cercato in tutti i modi di fargli
compiere la sua prima magia. Hermione non voleva essere interpellata
su quell'argomento. Seamus era un mezzosangue, sì, ma lei
era
proprio una nata babbana, e anche se Neville e Hannah, quando
l'avevano scoperto, non si erano comportati in modo strano, preferiva
non farlo sapere in giro. Così si mise invece a parlare con
Percy
delle lezioni. Percy Weasley sembrava un tipo a posto. Era educato e
tranquillo e non alzava mai la voce per parlare con gli altri. Se
qualcuno non lo sentiva o se voleva chiacchierare con un ragazzo
lontano da lui, si alzava e gli andava vicino. A prima vista,
sembrava anche un ragazzo serio e studioso. Hermione pensò
subito
che se si fosse comportata sempre in maniera esemplare come sembrava
facesse lui, forse un giorno sarebbe diventata prefetto anche lei.
Sarebbe sicuramente stato un grandissimo onore.
-Allora
Percy, sai
quando iniziano le lezioni? Io spero proprio che comincino subito,
c'è così tanto da imparare.
Trillò
eccitata.
-Quest'anno
le lezioni inizieranno martedì, ma in via del tutto
eccezionale.
Solitamente il primo giorno è sempre lunedì, ma
si è voluto
lasciare agli studenti del primo anno almeno un giorno per
ambientarsi. Sai già qualcosa delle materie che studierete?
-Oh,
sì. A me
interessa in modo particolare la Trasfigurazione, sai, mutare un
oggetto in qualcos'altro, naturalmente è ritenuta una
pratica molto
difficile.
-Comincerete
dalle cose più semplici, che so, trasformare fiammiferi in
aghi e
cose del genere.
Parlarono
dei vari professori. A quanto pareva ad insegnare Trasfigurazione
sarebbe stata la professoressa McGranitt, che era la direttrice dei
Grifondoro. Il direttore della Casa Serpeverde era Severus Piton,
l'insegnante di pozioni, un uomo alto e tutto pelle e ossa con
capelli neri tanto lisci da sembrare unti e un naso adunco.
Tassorosso, la Casa di Hannah, era diretta dalla professoressa Pomona
Sprout, di Erbologia, una materia che si sarebbe svolta nelle serre
tre volta alla settimana. Era una strega cicciottella e dall'aria
cordiale, con delle guance che sembravano due mele rosse. Infine
c'era il professor Flitwick, insegnante di Incantesimi e direttore
della Casa Corvonero. Aveva un'aria simpatica ma era alto meno della
metà di una persona normale. Tra le altre materie c'erano
Astronomia, Volo e Storia della Magia, il cui professore era un
fantasma. Infine c'era l'amatissima Difesa Contro le Arti Oscure che,
nonostante il nome pomposo che faceva presagire ogni sorta di
pericolo immaginabile, era insegnata dal professor Quirrell, un omino
dall'aspetto del tutto innocuo, sempre calmo e pacato e con un
turbante in testa. Sembrava un po' un fifone, in reraltà.
Tuttavia,
le aveva spiegato Percy, il professore di Difesa Contro le Arti
Oscure cambiava tutti gli anni a Hogwarts. Hermione, per il resto,
sapeva tutto su tutte le materie. Volo era una materia che studiavano
solo gli allievi del primo anno – e per fortuna, dato che era
una
persona che preferiva restare in tutti i sensi con i piedi per terra
– e dal terzo anno avrebbero potuto iniziare a studiare
alcune
interessantissime materie facoltative, come l'Artimanzia.
Quando
tutti quanti finirono di mangiare anche il dolce, i piatti tornarono
ad essere lindi e puliti e il professor Silente si rialzò in
piedi e
sorrise alla sala. Questa volta, Hermione attese il suo discorso con
un po' meno zelo di prima. La sala sprofondò nel silenzio.
-Solo
poche parole
ancora, adesso che siamo tutti sazi di cibi e bevande,
disse
Silente.
-Ho
da darvi alcuni
annunci di inizio anno.
-Gli
studenti del primo anno devono ricordare che l'accesso alla foresta
è
proibito a tutti gli alunni. E alcuni degli studenti più
anziani
farebbero bene a ricordarlo anche loro.
Il
suo sguardo puntò, poco distanti da Hermione, i due gemelli
dai
capelli rossi, anche loro dei Weasley, che avevano schiamazzato
più
di tutti durante il banchetto; gli stessi dello scherzo della
tarantola. Avevano ingaggiato una piccola lotta con il cibo insieme a
quel loro amico che stava con loro nello scompartimento dell'Hogwarts
Express e ogni volta che passavano vicino a Percy, il loro fratello
maggiore, si divertivano a tirargli uno scappellotto.
-Inoltre,
proseguì
il
preside,
-Il
signor Gazza, il custode, mi ha chiesto di ricordare a voi tutti che
è vietato usare la magia nei corridoi tra una lezione e
l'altra.
-Le
selezioni di
Quidditch si terranno durante la seconda settimana dell'anno
scolastico. Chiunque sia interessato a giocare per la squadra della
propria Casa è pregato di contattare Madama Bumb.
-E
infine, devo avvertirvi che da quest'anno è vietato
l'accesso al
corridoio del terzo piano a destra, a meno che non desideriate fare
una fine molto dolorosa.
-Dice
sul serio?
Sentì
Harry Potter chiedere a Percy in un sussurro.
-Certamente.
Il
prefetto aggrottò
la fronte perplesso.
-È
strano, perché in genere lui dice sempre la ragione per cui
non
abbiamo il permesso di andare da qualche parte... la foresta
è piena
di bestie pericolose, questo lo sanno tutti. No, penso che almeno a
noi prefetti avrebbe dovuto dirlo.
-E
ora, prima di andare a letto,
terminò
Silente,
-Intoniamo
l'inno della scuola!
Il
vecchio mago agitò la bacchetta e dalla punta
scaturì un nastro
dorato che andò a srotolarsi fino in fondo alla sala e poi
iniziò a
contorcersi formando delle parole. Silente sembrava contentissimo, ma
gli altri professori avevano stampato in volto un sorriso palesemente
finto, gli sguardi che suggerivano che in quel momento avrebbero
preferito trovarsi da qualsiasi altra parte e fare qualsiasi altra
cosa.
-Ognuno
scelga il motivetto che preferisce. Via!
L'inno
di Hogwarts, per l'orrore di Hermione, era di quanto più
stupido si
potesse desiderare. C'era chi lo cantava in un modo, chi in un altro,
chi lo recitava con scherzosa baldanza e chi invece si limitava a
ripetere le parole nel tono monocorde di una filastrocca. Hermione
non ebbe neanche il coraggio di provare a sussurrarlo. In quel
momento, si sentiva in perfetta empatia con i professori.
-...Insegna
a noi che cosa va imparato,
ripeti
ciò che abbiam dimenticato,
fa'
del tuo meglio e noi faremo il resto,
finché
il cervello non ci andrà in dissesto.
Finirono
per ultimi di cantare i due gemelli Weasley al ritmo lento e
cantilenante di una marcia funebre. Per tutto il tempo, Silente aveva
continuato ad agitare a ritmo la bacchetta, come un direttore
d'orchestra.
-Ah,
la musica. Una magia che supera tutte quelle che noi facciamo qui! E
adesso, è ora di andare a letto. Via di corsa.
I
prefetti delle varie Case si aprirono un varco tra la folla di
studenti che si erano alzati. Molti si stavano avviando verso i loro
dormitori, ma alcuni erano rimasti in piedi a chiacchierare. Hermione
e gli altri studenti del primo anno, seguirono Percy fuori dalla Sala
Grande. Salirono lungo la grande scalinata in marmo che Hermione
aveva già notato nel breve percorso verso la stanza in cui
la
McGranitt aveva dato loro il benvenuto. I ritratti appesi alle pareti
li salutavano festosi, ma loro erano troppo pieni e stanchi,
stravolti dalla forte emozione del primo giorno ad Hogwarts, per
farci caso. Passarono dietro porte, pannelli scorrevoli e arazzi,
sempre sotto la guida attenta di Percy Weasley. Hermione
cercò con
tutta se stessa di memorizzare la strada, ma dopo l'ennesimo cambio
di rampa di scale si dovette arrendere. Stavano salendo talmente
tanti gradini che probabilmente sarebbero arrivati all'ultimo piano
del castello. Poi si ricordò quello che aveva detto Sir
Nicholas,
Nick-Quasi-Senza-Testa: lui era il fantasma della Torre di
Grifondoro, quindi evidentemente era proprio lì che stavano
andando.
Su una torre. In alto, in alto, in alto. Evviva!
Pensò
ironicamente Hermione. Sono
capitata proprio nella Casa che deve fare più scale.
Però non si azzardò a lamentarsi come alcuni di
loro stavano
facendo, piuttosto rimase con la schiena dritta e un portamento
impeccabile, tanto che da fuori sembrava non facesse la minima
fatica, nonostante la pancia piena di zuccotti di zucca e patatine
fritte. Per non pensare alla stanchezza che inevitabilmente stava
colpendo anche lei, in realtà, fingeva nella sua testa di
essere la
professoressa McGranitt. Quella strega avrebbe percorso centinaia di
scale sempre con l'eleganza di una regina. Ad un certo punto,
però,
la piccola comitiva si fermò di colpo. Un fascio di bastoni
fluttuava a mezz'aria proprio davanti a Percy. Che anche gli oggetti
potessero essere come i fantasmi a Hogwarts? Ma non appena il
prefetto si azzardò a fare un passo avanti, i bastoni
presero a
colpirlo sulla testa.
-Peeves.
Sussurrò
Percy più
sconsolato che infastidito.
-Un
poltergeist.
-Peeves...
Fatti vedere!
Urlò
poi.
La
risposta fu un forte rumore maleducato. Il rumore dell'aria che viene
fatta uscire da un palloncino dopo che lo si è gonfiato.
Anche se
non c'era nessuna puzza, qualcuno storse il naso. Molti
ridacchiarono. Hermione alzò gli occhi al cielo.
Evidentemente anche
a Hogwarts esistevano i guastafeste. Nel mondo dei babbani c'erano i
bulli e i ragazzi viziati, in quello magico i poltergeist.
-Vuoi
che vada dal
Barone Sanguinario?
Minacciò
Percy guardando i bastoni. Stranamente, Hermione non sapeva nulla dei
poltergeist. Forse erano invisibili, ma invisibili per davvero, non
come i fantasmi. Invisibili che non li si può vedere e basta.
Ma
Hermione si
sbagliava. Improvvisamente, apparve un omino con gli occhi scuri e
vispi, le gambe incrociate e un sorriso beffardo sulla faccia. Era in
qualche modo simile ai fantasmi, ma anche molto diverso, visto che
ora reggeva in mano i bastoni. Indossava un buffo cappello arancione
e delle scarpe a punta e al collo portava una cravatta a farfalla.
-Oooooooh!
Pivellini
del primo anno. Ma che bello!
Esclamò
ridacchiando, fissando Percy dritto negli occhi e senza degnare gli
altri ragazzi del minimo sguardo. Poi, senza preavviso, si
gettò su
di loro. Hermione si accovacciò per terra di scatto con un
piccolo
urletto, le braccia a coprirsi la testa, e tutti fecero come lei. Un
ragazzino scoppiò a piangere impaurito.
-Vattene,
Peeves, o dirò tutto al Barone, puoi giurarci!
Lo
apostrofò Percy lanciandogli un'occhiata storta.
I
ragazzi si rimisero in piedi uno alla volta, guardando a destra e a
sinistra per controllare che il poltergeist fosse effettivamente
sparito. Ma non lo era. Era a poche dita di distanza dalla testa di
Neville e, con una linguaccia, gli lasciò cadere i bastoni
addosso.
Poi svanì.
-Ahi!
Gridò
Neville, e
Hermione temette che si mettesse a piangere anche lui.
-Dovete
guardarvi da
Peeves.
Li
informò Percy riprendendo a camminare.
-Il
Barone Sanguinario è l'unico che riesca a controllarlo;
Peeves non
dà retta neanche a noi prefetti. Eccoci arrivati.
Erano
arrivati in
fondo a un corridoio da cui non partivano altre rampe di scale. Di
fronte a loro si stagliava il ritratto, alto almeno due metri, di una
grossa donna dall'aspetto gioviale, con i capelli neri e un abito
rosa.
-La
parola d'ordine?
Chiese
sorridendo la signora.
-Caput
Draconis.
Scandì
Percy, in
modo che tutti potessero sentire e memorizzare. Dopo un breve cenno
del capo della donna, il ritratto si staccò dal muro come
una vera e
propria porta. Nella parete retrostante era stata ricavata
un'apertura circolare che permetteva il passaggio degli studenti.
Percy ci passò attraverso e tutti gli altri lo seguirono,
alcuni non
senza qualche difficoltà. Hermione dovette aiutare Neville,
che non
riusciva ad arrampicarsi, con una piccola spintarella.
La Sala
Comune di Grifondoro era ampia e sontuosa, decorata sui toni del
rosso e con tanti dettagli d'oro, i colori della Casa. La stanza era
rotonda e, mentre il pavimento in pietra era coperto da un pregiato
tappeto, le pareti erano interamente rivestite da arazzi a sfondo
rosso raffiguranti maghi, streghe e varie creature magiche. A destra
dell'entrata era acceso un enorme camino in marmo dominato dal
dipinto di un leone. Da un lato e dall'altro del camino, si ergevano
due paia di altissime finestre bifore, le due vetrate separate da una
colonnina, che davano sul parco intorno al castello. Il soffitto era
adornato da tendaggi scarlatti. Al centro della sala, erano posti
tavolini in legno, morbide poltrone e un divano rosso. Su ogni
poltrona c'era un cuscino di velluto scarlatto. Tutto il resto era
oro. D'oro erano le rifiniture dei drappeggi, i candelabri appesi
alle pareti, la cornice del dipinto e gli oggetti e le coppe ordinati
sulla mensola del camino. E d'oro, infine, erano i disegni del leone
rampante, il simbolo di Grifondoro, che comparivano un po'
dappertutto sui cuscini e sui tendaggi. Un leone rampante era
addirittura inciso su ogni tavolino. Ai lati della stanza si aprivano
come due salette un po' più piccole, sempre circolari e
riccamente
decorate, ciascuna arredata con due tavolini, due paia di poltrone,
un divanetto e una libreria. Ciascuna con la propria alta finestra,
sempre bifora. A destra e a sinistra di ogni saletta partivano due
scale a chiocciola, con i gradini in marmo e la ringhiera di mogano.
Una scala saliva ai dormitori, l'altra scendeva verso i bagni. Dalla
saletta di destra si accedeva, salendo, ai dormitori maschili; dalla
saletta di sinistra a quelli femminili. Percy li avvertì che
avrebbero potuto trovare i loro effetti personali già
all'interno
delle loro stanze. La scala a chiocciola proseguiva per altri sei
piani per tutta la torre. Su ogni pianerottolo si aprivano due porte
in legno, ognuna con una lista di nomi incisi sopra. Hermione
controllò porta per porta dove fosse il suo nome. Lo
trovò al terzo
piano dei dormitori, a destra. Insieme al suo, incisi sulla porta,
c'erano i nomi di Lavanda Brown, Parvati Patil, Apple Broadbent e Fay
Dunbar, le sue nuove compagne di stanza. Presto le avrebbe
conosciute. Con il cuore in gola, Hermione aprì la porta.
-Per me
il Quidditch è lo sport più fantastico di tutto
il mondo magico!
Stava
dicendo una
ragazza dai capelli scuri e gli occhi azzurri come il mare, la pelle
tanto chiara da sembrare porcellana.
-Non
lo so. Non mi piace il Quidditch. È troppo frenetico per me.
Rispose
la ragazza
accanto a lei, una strega alta con i capelli rossi e un mucchio di
lentiggini, poco prima di accorgersi della nuova arrivata.
-Oh,
ciao. Tu sei?
Le
chiese la rossa.
-Hermione.
Hermione
Granger. Voi?
Rispose
Hermione nel modo più naturale che le riuscisse. Era sempre
difficile per lei presentarsi a persone nuove.
-Apple
Broadbent,
si
presentò la rossa,
-e
lei è Fay.
Disse
indicando l'amica, che intanto stava svuotando il suo baule,
sistemando ordinatamente tutti i vestiti sul letto. La mora
alzò la
mano in segno di saluto.
-Fay
Dunbar. Tanto piacere.
Erano
ancora solo loro tre nella stanza. Le altre due ragazze dovevano
essere ancora di sotto. Anche il dormitorio era sui toni del rosso e
dell'oro, ma era più spoglio della Sala Comune. Il pavimento
era
coperto da un tappeto circolare, ma non c'erano poltrone o cuscini di
velluto. Solo quattro letti a baldacchino, con i drappeggi e le
coperte scarlatte. Accanto ad ognuno, era posto un armadio in legno
con due ante e tre cassetti. I loro bauli si trovavano intatti ai
piedi del letto. Gli spazi vuoti lasciati dai baldacchini, la
testiera appoggiata alla parete e l'estremità finale verso
il
centro, erano riempiti per più di metà da una
finestra quadrata che
sporgeva leggermente rispetto al resto del dormitorio creando come
una specie di nicchia, per un totale di ben cinque finestre. Di
giorno la stanza doveva essere molto luminosa, anche se delle spesse
tende rosse con ricamato un leone rampante dorato erano legate ai
lati di ogni vetrata, pronte a filtrare gli abbaglianti raggi del
sole. Nella nicchia della finestra a sinistra del letto di Apple, un
gufo reale sonnecchiava beato nella sua gabbia.
Hermione
trovò il
suo letto, proprio il primo vicino alla porta, così, senza
scambiare
un'altra parola con Apple e Fay, troppo stanca per provare a
stringere nuove amicizie, si mise a disfare il proprio baule,
riponendo i pochi vestiti nell'armadio e sistemando i libri in parte
in un cassetto rimasto inutilizzato, in parte ordinati in una pila
nella nicchia accanto al suo baldacchino. I manuali scolastici,
invece, li tenne all'interno del baule, per poterli avere sempre a
portata di mano. Le altre due ragazze, Patil e Lavanda, arrivarono
poco dopo. La prima era una delle due gemelle che erano state
smistate in Case diverse durante la Cerimonia, la seconda era una
ragazzina un po' paffuta con lunghi riccioli biondi che le ricadevano
sulle spalle. Quando si ripeterono le presentazioni, Hermione si
limitò a dire il suo nome, senza intrattenersi a parlare
né del
banchetto, né dei professori, né di Peeves il
poltergeist, né
tanto meno mettersi a discutere su quali fossero i ragazzi di
Grifondoro più carini del primo anno o a spettegolare sul
famoso
Harry Potter. Così, prendendo il pigiama e il suo beauty
case, uscì
nel corridoio e scese in bagno. Era tardi, ormai, e il grande bagno
in marmo era deserto. Lì, sopraffatta da tutte le emozioni
della
giornata e dalla nostalgia per la sua famiglia che non avrebbe
rivisto per mesi interi, si lasciò sfuggire qualche lacrima.
Lacrime
dolceamare; lacrime di gioia per tutto quello che doveva arrivare e
di dolore per tutto quello che si era inevitabilmente lasciata alle
spalle.
NOTE DELL'AUTRICE
Come promesso eccomi subito con il nuovo capitolo. Spero che sia di
vostro gradimento e che l'inserimento di nomi talvolta appartenenti
alla prima edizione italiana, talvolta a quella nuova non vi abbia
mandato in confusione.
Disclaimer: non sono J.K. Rowling e tutti i dialoghi, ambienti e
personaggi tratti dai suoi libri sono solo ed esclusivamente di sua
proprietà.
ANTICIPAZIONI:
"Qualcosa che Hermione
non sentiva da
molto, molto tempo scattò dentro di lei. Una vena di
competitività. Una caparbia voglia di dimostrare che ce
l'avrebbe fatta. Lei non era una "testa di legno"."
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