The Hermione Granger Series

di conlatestatralenuvole
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La ragazza che scompare e riappare ***
Capitolo 2: *** Una piccola regola infranta ***
Capitolo 3: *** La decisione più importante ***
Capitolo 4: *** Scacchi, camini e succo di zucca ***
Capitolo 5: *** Corda di cuore di drago ***
Capitolo 6: *** Incendio ***
Capitolo 7: *** Qualcuno ha visto un rospo? ***
Capitolo 8: *** Imbecille, medusa, scampolo, pizzicotto! ***
Capitolo 9: *** Caput Draconis ***



Capitolo 1
*** La ragazza che scompare e riappare ***


1

LA RAGAZZA CHE SCOMPARE E RIAPPARE

NOTE DELL'AUTRICE

Questo racconto è la trasposizione dell'opera letteraria "Harry Potter" di J.K. Rowling presentata dal punto di vista del personaggio Hermione Granger. Molti capitoli saranno dunque simili ad una trascrizione dell'opera stessa, con gli stessi avvenimenti, gli stessi personaggi, le stesse ambientazioni e, delle volte, le stesse battute. Ci tengo a sottolineare che questi elementi appena citati appartengono alla Rowling e NON a me. In ogni caso, alla fine di ogni capitolo, sarà riportato un elenco di tutto ciò che è stato preso in prestito dal mondo della Rowling. Se questo mio prendere in prestito l'opera vi infastidisce, non proseguite nella lettura. Per approfondire caratteristiche e punti di vista di Hermione Granger, mi sono in parte documentata attraverso il materiale pubblicato dalla Rowling stessa, mentre in parte ho lavorato di fantasia. Grazie dell'attenzione e buona lettura. Conlatestatralenuvole.

***

Il signore e la signora Granger rappresentavano la tipica famigliola inglese. Abitavano in una piccola villetta a schiera con le pareti dipinte di bianco, ampie finestre e un piccolo giardino ben curato contornato da una bassa staccionata, anch'essa bianca, che lo separava dalla tranquilla strada di città. I pavimenti della casa erano interamente rivestiti di soffice moquette color sabbia, quadri e fotografie abbellivano il corridoio d'ingresso e sui fornelli della cucina ribolliva sempre il pentolino con l'acqua per il tè. Il tavolino di vetro nel salotto buono, era sempre apparecchiato con un raffinato servizio di tazzine, piattini e zuccheriera con un grande fiore rosa in rilievo e il bordino interno dello stesso colore. In un vicino barattolo di terracotta bianca, i biscotti allo zenzero sembravano non finire mai. Sulla parete dall'altro lato del tavolino di vetro, un mobile a parete ospitava, da una parte, la cristalliera con tutta l'argenteria e i piatti da collezione della signora Granger, dall'altra, la collezione di scacchiere e pedine da gioco del signor Granger, ricavate con i materiali più svariati: pezzi in legno, ferro, argento, personaggi dipinti a mano e dalle forme inusuali, bardati d'oro o ricoperti di velluto. Tra una scacchiera e l'altra, quasi non si contavano i manuali di scacchi e le biografie dei più grandi giocatori al mondo, rilegate in pelle. Proprio al centro, dove il mobile, seguendo la parete, formava un angolo, si stagliava l'orgoglio della famiglia: un piccolo televisore a schermo piatto di forma cubica che era entarto nella casa circa due Natali prima. Insomma, economicamente il signore e la signora Granger se la cavavano piuttosto bene. Erano entrambi dentisti, e tra i migliori di tutta Londra. Possedevano un ambulatorio privato poco fuori dal centro della città, dove lavoravano sei giorni su sette per undici mesi l'anno. Nella colorata sala d'attesa, che poteva vantare una stupenda vista sul Tamigi, tra le poltrone a righe gialle e arancioni c'era un tavolinetto rotondo dalle gambe marrone scuro a mongolfiera e dalla superficie formata da tre cerchi concentrici: uno ardesia, uno più stretto rosa e l'ultimo, più amplio, di un colore tra il grigio e l'azzuro. Proprio al centro del terzo cerchio erano impilati con grande ordine una serie di opuscoli dall'aspetto severo che sembravano appartenere ad una sorta di movimento anti caramelle di cui i coniugi Granger dovevano evidentemente far parte. Riguardo a quest'ultimo particolare, ne sapeva qualcosa la signorina Hermione Granger, l'unica figlia dei due famosi dentisti. Eh, sì, perché il signore e la signora Granger erano anche padre e madre di una ragazzina di quasi dodici anni molto responsabile, diligente e ubbidiente. Una ragazza di cui essere orgogliosi, insomma, e la prima cosa che alla piccola Hermione era stata insegnata, prima ancora che lei imparasse a reggersi dritta sulle due gambe, era stato proprio che le caramelle fanno male. Perciò, ovviamente, Hermione non ne aveva mai mangiata neanche una in tutta la sua giovane vita, né col consenso, né di nascosto, né di proposito, né per sbaglio, né per Halloween, né per Natale, e neanche alle feste di compleanno. Declinava sempre gentilmente ogni offerta e mamma e papà non avrebbero mai potuto essere più fieri della sua spiccata saggezza e del suo senso del rigore.
 Quel piovoso pomeriggio di mezza estate, però, Hermione non si sentiva esattamente orgogliosa di sé. A casa da sola, come del resto accadeva quasi sempre, se ne stava stesa sul lenzulo bianco del suo letto a contemplare il soffitto e a contare le strisce rosa della carta da parati che scendevano da lì. Se la mamma l'avesse vista sulle lenzuola pulite tutta vestita, pensò, sicuramente si sarebbe arrabbiata, anzi, infuriata. Inoltre, aveva un programma preciso per quel pomeriggio, un programma che, come sempre, per evitare di dimenticarsi, era appeso dalla sera precedente con una puntina all'asse centrale della libreria in legno; un programma secondo cui era già in ritardo di una ventina di minuti. Anche se mancava poco più di un mese al ritorno a scuola, e lei era la prima in tutte le materie, avrebbe dovuto infatti studiare per due ore il dodicesimo capitolo del nuovo libro di storia. Poi si sarebbe presa venti minuti per farsi una doccia e, già in pigiama, avrebbe aiutato la mamma con la cena non appena fosse tornata dal lavoro. In realtà, sapeva benissimo che non era necessario passare quelle due ore china sui libri e che tutte le personi "normali" studiavano un capitolo solo dopo che l'insegnante lo aveva assegnato, senza contare il fatto che non sarebbero arrivati al capitolo dodici prima di marzo o aprile dell'anno successivo, ma era propio questo il punto: Hermione non era una persona "normale", ed era questo il motivo per cui se ne stava inerte sul suo letto anziché tener fede al suo programma. Il suo problema non era tanto quel bisogno di imparare a memoria tutti i libri prima ancora dell'inizio dell'anno scolastico, ma il fatto che senza volerlo, delle volte, faceva accadere cose strane; cose che proprio non si sapeva spiegare. Erano cose, quelle cose, che quando era più piccola la divertivano da matti, ma che adesso si aggiungevano ad un'infinita lista di motivi per cui i suoi compagni di scuola non facevano altro che prenderla in giro. Proprio quel giorno, per esempio, era uscita per la sua consueta passeggiata nel parchetto delle undici e mezza. Solitamente, Hermione, non era autorizzata ad uscire di casa da sola, ma dato che il parco era a soli due isolati di distanza, i suoi genitori avevano fatto un'eccezione. Stava seduta su di un'altalena, quando le si era avvicinata una sua compagna di scuola, Matilda, chiedendole se le andava di fare una piccola gara e vedere quanti salti riusciva a far fare ad un sassolino prima che affondasse nell'acqua del laghetto delle anatre. Hermione lo trovava un gioco stupido e di certo niente affatto equo: un minimo cambiamento del vento avrebbe potuto compromettere il risultato, per non parlare del fatto che i sassolini sulla riva del laghetto non erano tutti uguali tra di loro, ma non capitava spesso che qualcuno le chiedesse di giocare, per cui era scesa dall'altalena e aveva seguito Matilda fino al laghetto. Dieci minuti più tardi, Hermione non era riuscita a far rimbalzare neanche una volta nessuno di quei maledetti sassolini sulla superficie dell'acqua, mentre Matilda era riuscita a fargli compiere fino a quattro salti consecutivi.
-Si è fatto un po' tardi. Tra poco devo andare.
Aveva detto Hermione dopo aver dato un'occhiata veloce al suo nuovo orologio dal cinturino rosso di pelle – era già passato mezzogiorno e avrebbe dovuto tornare a casa per prepararsi il pranzo, finirlo entro le due, e poi andare a studiare storia.
-Come mai?
-Ho da fare.
Era stata la vaga risposta di Hermione, mentre giocherellava in modo distratto con la bandana scarlatta che le tenva su i capelli. Aveva imparato da tempo che parlare di scuola d'estate non era molto utile per migliorare la sua reputazione.
-Scommetto che devi studiare.
Un piccolo ghigno si era formato sul volto della ragazza. Hermione aveva stretto le labbra e aveva continuato a tormentare la piccola fascia di stoffa, gli occhi puntati a terra per l'imbarazzo.
-Se lo dicessi a qualcuno ti prenderebbero in giro fino all'estate prossima.
Hermione avrebbe potuto mettersi a piangere. Magari l'avessero soltanto presa in giro, ma la spintonavano, le facevano sgambetti, le rubavano le cose e gliele nascondevano nei posti più assurdi.
-Ti prego, non lo fare.
Aveva mormorato così piano, che sperava Matilda non fosse riuscita a capirla. Invece, per sua sfortuna, c'era riuscita eccome, e un lampo maligno le si era acceso negli occhi.
-Facciamo così, allora: lanciamo i sassi un'ultima volta. Se vinci tu, mi tuffo nel laghetto e prometto di non dire niente, ma se vinco io, sarai tu a tuffarti nel laghetto e tutta la scuola saprà che studi sempre anche d'estate, secchiona.
Secchiona. Odiava quella parola. Ormai, però, non le sarebbe convenuto più tirarsi indietro.
   Il primo turno era stato di Matilda, e il suo sasso aveva compiuto tre balzi. Hermione si era concentrata nell'osservare attentamente la forma del sasso da scegliere e nel movimento fluido da far compiere alla mano. Non avrebbe potuto permettersi di sbagliare. Così, scelto un sasso il più simile possibile a quello della sua compagna di scuola, si era concentrata al massimo nel tirarlo, ma la piccola pietra non aveva neanche accennato a rimbalzare. Matilda stava già per mettersi a ridere di gusto, quando, nel giro di un secondo, il sasso di Hermione era improvvisamente uscito dall'acqua per poi effettuare quattro maestosi, eleganti balzi ed affondare una seconda volta molto più avanti. Hermione era stupefatta, ma, prima che potesse accorgersene, Matilda si era alzata in piedi e le aveva dato uno spintone. Chiamandola imbrogliona, bugiarda, secchiona, era corsa quasi in lacrime dal fratello più grande, che stava seduto su una panchina a chiacchierare con gli amici. Hermione era corsa via prima che il ragazzo la potesse raggiungere, ma sapeva che il ritorno a scuola sarebbe stato un incubo, anche più dell'anno precedente. Inoltre era corsa via troppo velocemente e, poiché il fratello di Matilda la spaventava, era sicura di averlo fatto un'altra volta. Una di quelle cose che in lei non era affatto normale. Si era alzata in piedi per correre via dal parchetto e, senza neanche rendersene conto, era di nuovo in camera sua. Certo che non se ne era resa conto, lo sapeva bene, anche se non aveva veramente idea di come fosse possibile: i due isolati fino a casa sua non erano mai stati percorsi e il portone d'ingresso era sempre rimasto chiuso, ma un attimo prima si trovava in un posto, l'attimo dopo in un altro. Succedeva spesso quando era arrabbiata o spaventata e voleva scappare in un luogo diverso. Per questo la chiamavano codarda, strana, pensavano si nascondesse, non che se ne andasse, ma non era colpa sua. Lei pensava solo di scappare e il suo corpo lo faceva, agiva in completa autonomia. Quando era tornata in camera dal parco, la testa le girava così tanto che era stata costretta a sdraiarsi sul letto, e anche ora che stava meglio, era troppo giù di morale per alzarsi. Quello che era accaduto al suo sasso poco prima e il fatto che riusciva ad andare da un posto all'altro in pochi secondi, non erano le uniche cose non normali che le capitavano. Un altro fatto bizzarro che succedeva di continuo, era che, se pensava ad un oggetto molto intensamente, quello, spesso e volentieri, le appariva davanti agli occhi, come per magia. Non sempre riusciva a farlo apposta, però. La maggior parte delle volte doveva capitare mentre non ci faceva caso. Durante l'ultimo anno, comunque, quando queste strane situazioni avevano cominciato ad aumentare, un paio di volte alla settimana faceva spazio nel suo programma quotidiano ad una mezzoretta di allenamenti magici, come le piaceva chiamarli. In quelle mezz'ore, si concedeva di fantasticare sull'appartenere a una segreta e ristrettissima cerchia di persone dai poteri magici e si sforzava di padroneggiare e perfezionare tutte quelle azioni che la rendevano strana agli occhi della gente. Annotava su un diario segreto con tanto di lucchetto ogni minimo progresso. In quell'anno, per esempio, era riuscita ben cinque volte a cambiare stanza senza camminare. Solitamente riusciva a finire in una stanza al suo stesso piano, quello di sopra, ma l'ultima volta era riuscita a ritrovarsi nella cucina. Dopo aveva vomitato per quasi un'ora, ma non era mai stata così felice in vita sua. E poi, comunque, ormai sapeva che fosse normale sentirsi male dopo aver cambiato posto così rapidamente.
   Immobile sul suo letto, ormai quasi incurante del suo irrispettato programma, Hermione si concentrò più che potè e cercò di far apparire accanto a sé il suo libro preferito, un volume per studenti universitari sulla scienza dei pianeti e delle stelle. Le era sempre piaciuto immergersi nelle meraviglie dello spazio e immaginarsi abitante di un pianeta in una galassia remota, lontana da tutto e da tutti, circondata da gente strana come lei, che studiava tutto il giorno e riusciva a scomparire misteriosamente di tanto in tanto. Ed ecco che, se anche solitamente richiamare col pensiero a sé oggetti che si trovavano nella sua stessa stanza le riusciva abbastanza bene, quel piovoso pomeriggio di mezza estate un libro sfrecciò sul cuscino del letto, ma non era il suo caro volume di astronomia; era piuttosto un libro altrettanto vecchio, ma un po' meno corposo. Un libro che era certa non aver mai visto prima. Sembrava provenire da una biblioteca, a giudicare dal bollino attaccato sulla fragile copertina, ma lo stemma di quella biblioteca non lo conosceva per niente. Eppure, aveva preso in prestito libri da tutte le biblioteche di Londra. Dopo dieci minuti buoni di riflessione, Hermione era arrivata alla conclusione che quello strano libro doveva appartenere al signor Fogg, il suo dirimpettaio, un anziano e mingherlino signore che usava portare strani cappelli a punta. Gli evidenti motivi per cui il volume doveva essere suo – come poteva essere stata così sciocca da non pensarci prima? - erano ben due: entrambe le loro finestre erano spalancate, quindi il libro era potuto passare da una casa all'altra senza trovare intralci (nei suoi esperimenti Hermione aveva già capito, non senza combinare qualche piccolo disastro, che gli oggetti non riuscivano a scomparire e riapparire come lei, ma semplicemente sfrecciavano ad altissima velocità quando li chiamava, quindi se non avessero avuto alcuna possibilità di raggiungerla, avrebbero semplicemente sbattuto contro la parete, la finestra o la porta e sarebbero finiti a terra), e soprattutto il signor Fogg era originario del Galles, quindi era possibile che l'avesse preso in prestito in una biblioteca da quelle parti. Hermione guardò il piccolo stemma un'altra volta. Era bellissimo. Il più bello stemma che avesse mai visto, dall'aria antica e nobile. Ricordava, in effetti, l'insegna di una potente famiglia, di quelle che abitavano in grandi ville con immensi giardini pieni di fontane, roseti e piccoli labirinti di siepi. Lo scudo accartocciato dai bordi dorati che ornava il bollino attaccato sul dorso del libro, era diviso in quattro quadranti di colori diversi, al centro di ognuno dei quali era raffigurato un animale. In alto a destra c'era un leone rampante giallo su sfondo rosso e accanto ad esso faceva la sua apparizione un serpente argentato su sfondo verde. Proprio sotto al leone, un quadrante giallo conteneva un piccolo tasso marrone, mentre in basso a sinistra si poteva osservare un'aquila bronzea su campo blu. Due blasoni, uno al di sopra e uno al di sotto dello scudo, recitavano scritte troppo piccole perché la ragazza potesse riuscire a decifrarle. Sulla copertina scura, sopra al disegno di un castello con torri dallo stereotipico tetto a cono, era riportato il seguente titolo: Storia di Hogwarts, di Bathilda Bagshot. Hermione sapeva che non era saggio curiosare tra le cose altrui, per cui non si permise di aprire il libro, ma radunò tutte le sue enciclopedie di letteratura, storia e geografia alla ricerca dei nomi Bathilda Bagshot e Hogwarts. Che fosse il castello stilizzato sul libro? Passarono le ore, ma di quei due strani nomi non c'era alcuna traccia. Così, nonostante il signor Fogg la mettesse in soggezione e non avrebbe potuto né saputo spiegargli il perché "Storia di Hogwarts" fosse già in suo possesso, Hermione raccolse tutto il suo coraggio, si strinse il volume al petto, e attraversò la strada diretta a casa del suo dirimpettaio, decisa a chiedergli il permesso di sfogliare quelle preziose e misteriose pagine. Il sole aveva già iniziato a tramontare e i lampioni si erano accesi quasi dappertutto, pronti ad illuminare la strada a coloro che viaggiavano di notte. Il giardino del signor Fogg era sorprendentemente disordinato, e la porta a cui la giovane Granger bussò era scorticata su tutto il lato destro. L'anziano vicino di casa aprì quasi subito la porta. Portava indosso un mantello blu scuro che sembrava troppo caldo per la stagione sopra quelle che sembravano delle calzamglia bianche a pois neri. Sulla testa era ben fermo un cappello a punta viola. Hermione aprì la bocca per parlare, ma il signor Fogg non gliene diede occasione.
-Allora, l'hai letto?
Chiese con un luccichio di trepidazione negli occhi.
Hermione chiuse di scatto la bocca per la sorpresa e strinse automaticamente più forte il libro al petto. Che il vecchio uomo pensasse glielo avesse rubato? Magari conteneva informazioni personali che non aveva intenzione di condividere. Hermione si riscosse dallo stupore. Non potevano essere informazioni personali. Era il libro di una biblioteca. Magari era solo preoccupato di non trovarlo in tempo per la riconsegna. La ragazza scosse la testa.
-E cosa aspetti, dannazione? Quanto mi fa piacere che tu sia diversa da loro. Ci sono davvero troppi babbani in questo quartiere. Il libro è tuo, comunque. Te lo regalo.
E così dicendo, si chiuse la porta alle spalle, lasciando Hermione imbambolata a fissare il pomello d'ottone che sembrava volersi staccare.
   La ragazza aveva talmente tante domande che le frullavano per la testa, mentre rientrava in casa, che, stranamente, non cercò una risposta a nessuna di esse. Era troppo emozionata dall'idea di leggere quel nuovo libro. L'idea di imparare cose nuove la eccitava sempre, questo era vero, ma quel piccolo volume in particolare riluceva ai suoi occhi di un fascino tutto diverso che non riusciva proprio a spiegarsi. Aveva appena aperto la prima pagina, dove insieme ai ringraziamenti dell'autrice era scritto a grandi caratteri "questo libro è foderato in pelle di drago ottenuta senza maltrattamenti di alcun tipo, nel rispetto dei lettori, dell'ambiente e di ogni creatura magica" (draghi? Creature magiche? Che cos'era, una specie di scherzo?), quando sentì la macchina dei suoi genitori parcheggiarsi sul ciglio della strada e seppe di dover andare a preparare la tavola per la cena. Posò il libro sulla scrivania di legno e, dopo aver dato un'ultima occhiata al suo programma dove la voce studiare storia non era ancora stata spuntata, strappò in quattro pezzi quello stupido foglio di carta. Non era da lei comportarsi così, ma il capitolo dodici poteva aspettare. Hermione non credeva nel destino, nella predestinazione o in sciocchezze simili, ma se il testo della biblioteca dallo stemma colorato era arrivato da lei, forse un motivo ci doveva essere.

NOTE DELL'AUTRICE

Elementi ripresi da J.K. Rowling: Hermione Granger, il signore e a signora Granger, il libro "Storia di Hogwarts" (titolo originale: Hogwarts, a history), Bathilda Bagshot (conosciuta anche come Bathilda Bath).

Ringraziamenti speciali a chi è arrivato fino in fondo, e ancora di più a chi aspetterà il prossimo aggiornamento (il secondo capitolo uscirà tra quattro o cinque giorni, ve lo prometto). Fatemi sapere che cosa ne pensate. Grazie ancora per l'attenzione. Conlatestatralenuvole



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Capitolo 2
*** Una piccola regola infranta ***


1



UNA PICCOLA REGOLA INFRANTA


Una delle principali regole della famiglia Granger era che, se non per particolari e concordate eccezioni, Hermione doveva mettersi a letto non oltre le otto e trenta. La ragazza, chiaramente, non si sarebbe mai sognata di disubbidire, ma, quella sera, ciò che non era mai stato neanche un sogno stava diventando la realtà. Con il cuore in gola e la testa in subbuglio per il guaio in cui si stava cacciando, sdraiata sul suo letto, ma con gli occhi ben aperti, Hermione tendeva le orecchie, impaziente che la villetta si svuotasse da quel lieve rumore di passi e sussurri ancora presenti. L'orologio segnava già le nove. A quest'ora, solitamente, la ragazza si trovava già nel mondo dei sogni, ma quella notte non si sarebbe potuta addormentare neanche sotto l'effetto di un sonnifero. I suoi occhi vagavano velocemente dal soffitto bianco all'orologio che segnava il passare dei secondi, dalla porta chiusa della sua cameretta al libro rilegato in pelle di drago ancora intatto sulla sua scrivania. Voleva assolutamente leggerlo.
Doveva assolutamente leggerlo, e Hermione aveva un piano. Passarono altri venti minuti e il silenzio, finalmente, invase la modesta ma elegante proprietà dei signori Granger. Altri dieci minuti dopo, giusto per assicurarsi che il sonno fosse calato sui suoi genitori, l'intraprendente quasi dodicenne era in piedi davanti alla porta della stanza, ferma come una statua, con il suo amato libro stretto al petto. Chiuse gli occhi e pensò di trovarsi nella stanza di fronte. Si figurò nella mente il grande bagno dei suoi genitori in tutti i suoi particolari: il grande specchio rotondo, il piano di marmo del lavandino con tutti quei cassetti pieni di profumi, creme e dopobarba, la grande vasca da bagno che Hermione aveva il permesso di usare solo il giorno del suo compleanno e la lunga mensola sopra di essa dove erano allineate spugne colorate, candele e una scatolina di fiammiferi. Prima ancora di aprire gli occhi, avvisata dal lieve senso di nausea tipico dei piccoli spostamenti, Hermione seppe di essere arrivata a destinazione. Un sorriso le illuminò il volto. Forse aveva anche fatto una cosa strana, non normale e da ragazza disubbidiente, ma si sentiva così orgogliosa. Era riuscita a cambiare stanza senza fare alcun rumore, il libro era ancora là con lei e, soprattutto, ora avrebbe potuto leggerlo senza il timore di essere scoperta. Salì sul bordo della vasca e si allungò verso la mensola, fino a prendere una grossa candela e il pacchetto di fiammiferi. Ne accese uno e si complimentò ancora una volta con se stessa per il suo piano geniale. La fiammella tremolante illuminava solo lo spazio immediatamente intorno alla vasca, e la luce non sarebbe passata attraverso le fessure della porta. Nessuno in casa si sarebbe accorto del fatto che era sveglia. Nessuno si sarebbe reso conto che lei, la mite e disciplinata Hermione Granger, aveva appena infranto una piccola regola.
   Hermione si mise a sedere all'interno della vasca, il dorso appoggiato al comodo schienale di legno foderato in plastica impermeabile fatto montare dalla mamma. Percorse avidamente tutte le voci del sommario. Hogwarts, la fondazione; Il castello e le sue parti; Materie di studio a Hogwarts; I segreti del castello; Le case; Il torneo Tre maghi; Incantesimi anti-babbani. La ragazza non si fece troppe domande su cosa volesse significare l'ultimo capitolo e girò pagina. Una semplice nota in corsivo recitava: "
Questo libro è ricco di dettagli riguardanti la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts". Scuola di magia e stregoneria? Pensò Hermione. Roba da pazzi.

"La Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts fu fondata nel 993 d.C. dai quattro maghi più noti dell'epoca: Godric Grifondoro, Priscilla Corvonero, Tosca Tassorosso e Salazar Serpeverde. La sua struttura è quella di un castello in pietra con molte torri e torrette arroccato su una rupe. La precisa posizione del castello è sconosciuta a tutti meno che al preside e al ministro della magia; si sa solo che ha sede in Scozia ed è raggiungibile unicamente attraverso collegamento ferroviario. L'Hogwarts Express percorre andata e ritorno circa sei o sette volta l'anno dalla stazione di King's Cross, Londra, fino al villaggio di Hogsmeade. Da lì gli studenti sono condotti al castello tramite barche o carrozze volanti. All'interno della proprietà di Hogwarts si trovano il lago Nero e una foresta."

Dal libro Hermione apprese che il bellissimo simbolo che pensava appartenere ad una qualche biblioteca gallese, era in realtà lo stemma della scuola, e che i suoi quattro quadranti rappresentavano le quattro case in cui venivano smistati gli studenti: dai nomi dei loro creatori, grifondoro (leone su campo rosso), corvonero (aquila su campo blu), tassorosso (tasso su campo giallo) e serpeverde (serpente su campo verde). Hermione non riusciva a capire se fosse vero che un cappello parlante assegnasse ogni studente alla sua casa leggendogli nella mente, o che tra le varie creature magiche che abitavano nella foresta vi fossero centauri, lupi mannari e unicorni. Non era sicura se fosse possibile che un incantesimo avesse stregato il soffitto della cosiddetta Sala Grande in modo che rispecchiasse il cielo all'esterno, o che vari fantasmi alloggiassero nel castello, o ancora che fosse possibile attraversare i quadri pronunciando parole d'ordine e che le scale cambiassero posizione senza apparente criterio. Non era neanche convinta che delle scuole per ragazzi, seppur fossero maghi e streghe, potessero indurre un torneo tanto brutale che i partecipanti ne uscissero raramente illesi, e che delle volte, addirittura, non ne uscissero proprio. Non aveva mai sentito parlare di materie quali trasfigurazione, erbologia e difesa contro le arti oscure, ma, seppure la testa le dicesse che quel piccolo volume contenesse solo un mucchio di fandonie, e solitamente si fidasse della sua testa, in cuor suo Hermione credeva che quella scuola esistesse davvero. L'unico problema, pensò mentre il primo sole del mattino iniziava a diffondere tiepidi raggi nella stanza, era che, se anche avesse voluto cercarla, incantesimi potenti impedivano ai babbani impiccioni di avvicinarsi. Non aveva ben capito cosa fossero i babbani, ma se il signor Fogg era del parere che il suo quartiere ne fosse pieno, non vedeva come non dovesse essere una babbana lei stessa. Troppo stanca per concentrarsi abbastanza da riuscire a trasportarsi nella sua camera, rimise apposto i fiammiferi e la candela e aprì di soppiatto la porta del bagno dei suoi genitori per sgusciare silenziosa sotto le lenzuola. All'alba di quella mattina di luglio, Hermione si addormentò nel giro di un secondo, un sorriso sognante dipinto in volto e un vecchio libro su una strana scuola scozzese stretto tra le braccia.
   Quando si svegliò, era già mattina inoltrata. Non si svegliava così tardi dall'ultima volta che aveva avuto l'influenza. Si mise a sedere sul letto e portò automaticamente lo sguardo all'asse centrale della sua libreria. Rimase un po' stranita quando scoprì che alla puntina gialla non era attaccato nessun programma. Poi ricordò: niente programmi dopo aver letto di maghi, fantasmi e draghi. Però, siccome era pur sempre Hermione Granger, una delle ragazze più responsabili della sua età, andò comunque a lavarsi e a vestirsi, prima di scendere in cucina a fare colazione. Per tutto il tempo, non lasciò incustodito "Storia di Hogwarts" neanche un secondo. L'aveva posato su una mensola nel suo piccolo bagno mentre faceva la doccia, lo aveva riportato in camera mentre indossava una magliettina a fiori e una salopette di jeans, e lo aveva posato sul tavolo della cucina mentre accendeva il fuoco sotto al pentolino con l'acqua. Versatasi il tè nella sua tazza preferita, con la faccia di un clown disegnata sopra e due piedoni rossi al posto della base, aprì un'altra volta il libro e lo rilesse tutto da capo, sgranocchiando distrattamente biscotti allo zenzero. Poco più tardi, dopo aver sciacquato la tazza e il pentolino, decise di sfruttare la passeggiata delle undici e mezza per andare a trovare il signor Fogg.
   Seduti intorno a un tavolino pendente davanti ad un vassoio di strane caramelle che aveva rifiutato, Hermione e l'anziano signore, che quel giorno indossava un cappello azzurro, erano persi in una conversazione che la ragazza non avrebbe mai pensato di dover affrontare. Appena entrata, per la prima volta in vita sua, nella malconcia abitazione del signor Fogg, aveva iniziato a pensare che anche lui era strano almeno quanto lei e la scrittrice Bathilda Bagshot. Nel grande salone dal nauseante odore di sigaro, infatti, un grande poster raffigurava un uomo dalla lunga barba bianca, il cappello a punta e gli occhiali a mezzaluna. Non che fosse una cosa troppo strana, avere in casa un poster: magari poteva essere il personaggio di un film, ma Hermione era sicura al cento per cento che l'attore dalla barba bianca le avesse sorriso e fatto l'occhiolino. Forse stava iniziando ad avere le allucinazioni. Quel libro sulla scuola scozzese con vampiri, unicorni e scale che cambiano direzione doveva averle fatto male. Il signor Fogg, però, l'aveva informata che l'uomo del ritratto non era un attore, ma l'attuale preside di Hogwarts, Albus Percival Wulfric Brian Silente. Hermione provò senza successo a ripetere mentalmente quel complicato nome, mentre scrutava con espressione indagatrice il volto, ora serio e perfettamente immobile, del direttore di quella scuola che dal giorno prima era rimasta impressa nella sua mente.
-Tu, quindi, sei stato a Hogwarts?
Gli aveva chiesto dopo essersi seduta su un divano dalla fodera rattoppata con cento stoffe diverse.
-Oh, sì. Ih! Ih! Ih!
Ridacchiò sommessamente il vecchio Fogg.
-Tanti anni fa, ma non finii il mio terzo anno.
La voce dell'ometto dal cappello a punta era lenta ma acuta, nonostante, sentendolo parlare, si percepivano chiaramente i segni della vecchiaia.
-Mi espulsero. Ih! Ih! Ih! Mi capitò di arrabbiarmi durante le vacanze di Natale e di utilizzare uno schiantesimo piccino piccino contro il mio vicino di casa. Un babbano, puah!
La sua voce cambiò nettamente, passando dal divertito allo sprezzante, non appena ebbe nominato la parola “babbano”. Hermione raddrizzò di colpo la schiena per lo spavento.
-Uno schiantesimo?
Chiese piano la ragazza. L'uomo quasi le sbraitò contro:
-Suvvia, piccola donna, credevo fossi più intelligente. Uno schiantesimo. Un incantesimo che schianta.
Hermione si fece piccola piccola contro lo schienale del divano, ma era troppo curiosa per starsene zitta.
-E non doveva farlo?
Quasi sussurrò stringendo forte al petto "Storia di Hogwarts". Non aveva mai lasciato quel libro da quando era arrivata. Il signor Fogg tornò al suo solito tono squillante e serpentino:
-Oh, no. Ih! Ih! Ih! Non è concesso ai minorenni utilizzare la magia al di fuori di Hogwarts. Soprattutto non in presenza di babbani.
Hermione annuì come se fosse una cosa assolutamente scontata, ma prese appunti mentalmente.
-E, invece, è autorizzato a parlare di magia davanti ai babbani?
La ragazza non era sicura che potesse essere messa al corrente di questo genere di cose, per quanto lo desiderasse intensamente.
-Volendo sì, tanto non capirebbero. Ih! Ih! Ih! Ma tu, mia cara, non sei mica una babbana.
-Ah, no?
Chiese Hermione incredula, ma piena di speranze.
-Certo che no! E non so che cosa il Ministero della Magia abbia scritto sul tuo conto in quei suoi giganteschi fascicoli, ma non potrei esserne più sicuro. Del resto, abbiamo visto tutti e due come quel libro,
e puntò il dito ossuto verso il volume che la ragazza teneva in mano,
-Sia corso da te ieri. Probabilmente stavi pensando a un qualche insulso libretto che ti avrebbe strappato via dalla tua monotona e misera vita babbana...
-Il libro di astronomia!
Lo interruppe Hermione.
-Che ragazza noiosa.
Commentò il signor Fogg tra sé e sé prima di continuare.
-...E “Storia della Magia” si sarà sentito chiamato in causa. Dopotutto forse era più adatto lui per il tipo di distrazione che cercavi.
Già, era proprio così, pensò la ragazza eccitata.
-E quel semplice incantesimo che consiste nell'attirare oggetti, i ragazzi impiegano settimane per impararlo a Hogwarts, e hanno professori e bacchette dalla loro parte.
-Un incantesimo? Io avrei fatto un incantesimo?
Chiese Hermione stupita.
-Sì, ragazzina. E non uno soltanto. Non ti sei forse smaterializzata nel parchetto, ieri? Ho visto con i miei occhi quella stupida ragazza che ti cercava dietro ai cespugli e in mezzo alle giostre per i bambini.
Aggiunse con un ghigno.
-Non è molto facile smaterializzarsi senza perdere un sopracciglio o un braccio. Si narra che un giovane mago una volta abbia lasciato indietro tutta la sua metà inferiore durante un esercizio di smaterializzazione. Si spera soltanto che, con tutta questa esperienza, a te non capiteranno mai disgrazie simili, no?
Hermione lo guardò sbalordita. Forse avrebbe preferito non sapere la storia dell'uomo che si era diviso a metà, anche se una parte di lei si sentiva molto fiera per essersela sempre cavata con solo qualche lieve malessere passeggero.
Più la conversazione con il signor Fogg andava avanti, e i conti iniziavano a tornare, più la ragazza si convinceva che, sì, quella Scuola di Magia e Stregoneria in Scozia esistesse davvero; e voleva sapere tutto al riguardo.
-Ed è vero che il soffitto della Sala Grande riflette il tempo che c'è fuori, a Hogwarts?
Chiese in tono saccente, compiaciuta con se stessa per ricordare tutti i particolari di quello che era diventato il suo libro preferito. Fogg, però, non sembrò altrettanto orgoglioso della sua memoria:
-Certo che è vero! Come osi mettere in discussione gli scritti di Bathilda Bagshot? Non sai che i suoi libri sono quasi sacri a Hogwarts? Gli insegnanti li citano in continuazione e alcuni sono adottati persino come libri di testo.
La rimproverò sporgendosi pericolosamente verso di lei e sputacchiandole addosso un'industriale quantità di saliva. Poi si ricompose e si risistemò sul divano.
-Pensa a "Storia della Magia", per esempio. È uscito da quasi cinquant'anni e da allora è sempre stato utilizzato a Hogwarts, no?
Per un attimo Hermione pensò di ricordargli che lei non aveva mai sentito parlare della scuola prima d'ora, né tanto meno di Bathilda Bagshot, e quindi non poteva già
sapere dell'importanza dei suoi libri, ma poi decise di tacere. Non voleva certo che il signor Fogg cambiasse di nuovo umore. La ragazza ricordava, comunque, di aver letto che storia della magia fosse anche una materia a Hogwarts. Che strano. Era come avere un libro di matematica che si chiamasse "Matematica". Nient'affatto originale, ma non osò discuterne con il suo anziano vicino, che continuò:
-Materia odiosa, storia della magia, ai miei tempi. Ricordo di non avere mai aperto libro. Il voto più alto che presi fu Troll. Fu l'unica volta che consegnai un compito. Ih! Ih! Ih! Immagino che da quando sia stato adottato il libro di Bathilda, sia diventato tutto più...
Si fermò un attimo a cercare le parole.
-...Appassionante.
-Lei conosceva Bathilda Bagshot?
-Certo che la conoscevo! Era la mia vicina di casa giù a Godric's Hollow.
-Godric's Hollow? Non ho mai sentito parlare di un posto come Godric's Hollow.
E questa cosa le sembrava alquanto strana: aveva voti altissimi in geografia. Conosceva ogni città o paesino del Regno Unito.
-Sì, Godric's Hollow.
Rispose l'uomo con voce cantilenante, scimmiottando il tono di superiorità nella domanda della ragazza.
-Si trova qui, in Inghilterra, sai? Ma no, certo che non lo sai. Sei nata da una famiglia di stupidi babbani, come puoi saperlo? È una comunità magica, Godric's Hollow, Silente in persona è vissuto lì.
Il suo umore sembrava essere di nuovo peggiorato. Il suo tono diventava aspro ogni volta che parlava dei babbani, per cui Hermione non si azzardò a mostrarsi offesa per l'insulto ai suoi genitori. Passarono pochi secondi, e il signor Fogg sembrò riprendersi.
-La sai una cosa? È un grand'uomo, Silente. Quando ero ragazzotto io insegnava trasfigurazione. Era l'unica materia che mi piacesse, insieme a difesa contro le arti oscure, ovviamente. È lì che ho imparato a fare quello schiantesimo. Comunque, dopo la mia espulsione continuò a insegnarmi qualcosina di magia durante l'estate e ci scambiavamo gufi in continuazione. Era un coraggioso, lui. Non pensò neanche un attimo di lasciare Godric's Hollow, anche perché si sentiva responsabile di suo fratello, dopo che la sua famiglia fu andata distrutta. E comunque, seppure fosse stato da solo, sono sicuro che non sarebbe mai scappato. È per questo che ho appeso un suo poster in salotto. Ih! Ih! Ih!
Hermione tornò con lo sguardo allo strano ritratto appeso al muro, ma... era scomparso. Del grande poster era rimasto solo lo sfondo nero. Hermione indicò l'immagine con orrore:
-Guardi, non c'è più!
-Ih! Ih! Ih! Certo che non c'è.
Rispose Fogg senza nemmeno girarsi. Hermione gli rivolse uno sguardo interrogativo.
-Senti un po', ragazzina, se ci fossi stata tu al posto suo, ti sarebbe piaciuto restare ferma immobile con la stessa espressione stampata sul tuo bel viso da saputella figlia di babbani tutto il tempo?
Hermione scosse la testa lentamente. Aveva paura che si arrabbiasse un'altra volta.
-Però lui è solo un disegno.
Mormorò, ma quell'affermazione sembrò più una domanda. Non era più sicura di niente, ormai. Anni passati china sui libri e non sapeva niente di Hogwarts, Godric's Hollow, maghi, schiantesimi e ritratti che facevano l'occhiolino. E, per come ne parlava il signor Fogg, queste cose sembravano essere quasi più importanti della matematica.
-E se anche tu fossi un disegno,
riprese l'uomo aggiustandosi il cappello azzurro sulla testa,
-Ti piacerebbe non poterti muovere tutto il giorno?
Hermione scosse ancora la testa. Il signor Fogg, per tutta risposta, inclinò leggermente la testa verso destra, alzò le sopracciglia e si adagiò più comodamente sul divano, come se fosse finalmente riuscito a far comprendere qualcosa di particolarmente ovvio a un bambino cocciuto. Hermione tornò a fissare il poster vuoto, poi decise di cambiare argomento. Cominciava ad avere un gran mal di testa.
-Quindi lei viene da Godric's Hollow, non dal Galles.
-Sì, sono nato in Galles, ma mi sono trasferito che ero ancora delle dimensioni di un cucciolo di Vipertooth Peruviano.
Ovviamente, la ragazza non sapeva che cosa fosse un cucciolo di Vipertooth Peruviano, ma immaginò dovesse trattarsi di un qualcosa di molto piccolo. Forse era una creatura magica.
-E come mai ha deciso di andare via?
-Non ho il coraggio di Silente, io. Ah, Hermione, Hermione, tempi bui, la guerra. Fu poco più di una decina di anni fa e Tu-Sai-Chi diventava sempre più potente. Non erano al sicuro le città babbane, figuriamoci le comunità magiche come Godric's Hollow.
Hermione alzò la mano infastidita. Quand'è che il suo vecchio dirimpettaio si sarebbe ricordato che lei non conosceva le vicende delle comunità magiche?
-Mi scusi, ma si dà il caso che io non sappia proprio chi.
Il signor Fogg rise di gusto.
-Mia cara signorina Granger, sto parlando di,
e abbassò la voce in un sussurro quasi incomprensibile,
-Lord Voldemort.
Fogg si alzò in piedi avvicinandosi lentamente alla ragazza mentre parlava. La sua voce si fece ampia e cupa, drammatica, misteriosa, come quella dei papà che a turno raccontavano storie dell'orrore intorno a un falò nel parchetto la notte di Halloween.
-Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, uno dei maghi più oscuri di tutti i tempi. Si presentava a casa tua nel bel mezzo della notte, o anche di giorno, se preferiva, attorniato da decine e decine di seguaci, i Mangiamorte. E se tu eri un babbano, o un mezzosangue, o semplicemente non volevi unirti a lui sul cammino del male, lui agitava la bacchetta e... AVADA KEDAVRA!
Quasi urlò sporgendosi con tutto il corpo verso Hermione, che sussultò e si fece scudo con il libro. Il signor Fogg tornò a sedersi sul divano.
-Che-che cos'è un mezzosangue?
Chiese Hermione scossa, con voce tremante.
-Qualcuno come te. Ih! Ih! Ih! Qualcuno che non è un babbano, ma che ha origini babbane. Pensa che Salazar Serpeverde non voleva neanche che fossero ammessi a Hogwarts, i mezzosangue. E sebbene Tu-Sai-Chi in persona fosse uno di loro, lui li odiava, oh se li odiava. Sangue sporco li chiamava, sangue lercio.
Rispose lento e sprezzante. Hermione si rabbuiò. Non solo era strana per quelli che il suo dirimpettaio chiamava babbani, ma anche per i maghi e le streghe di Hogwarts. Esisteva un posto al mondo in cui lei andasse del tutto bene?
-E che cosa vuol dire Avada Kedavra?
Domandò la ragazza, seppure presagisse fosse qualcosa di terribile e oscuro.
-Ih! Ih! Ih! Avada Kedavra, l'anatema che uccide,
iniziò con la sua sgradevole voce serpentina,
-È una maledizione senza perdono. Basta un secondo, neanche il tempo di dire "vivere", che cadi riverso a terra come un pesce lesso.
Disse sputando le ultime parole.
-E adesso che fine ha fatto Vol... Lei-Sa-Chi? La polizia lo avrà preso, no? Sarà finito in prigione.
Il signor Fogg prese a ridere di nuovo.
-Mia cara e ingenua ragazza, credi che la vostra stupida polizia babbana possa qualcosa contro il Grande Signore Oscuro? No. Ho fatto bene a scappare. Poco più di dieci anni fa, Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato è arrivato a Godric's Hollow. Grandi maghi abitavano lì, all'epoca. Amici di Silente, e lui era l'unico che Tu-Sai-Chi veramente temeva. Tra di loro abitavano i Potter. Gente per bene, i Potter. Un mago e una strega con questa grande ambizione di combattere il male. Erano solo ragazzini, dico io. Poveri illusi che con il loro Eccezionale in difesa contro le arti oscure pensavano di poter andare in giro a sconfiggere i cattivi, inebriati dalle brillanti parole di Albus Silente. Un grand'uomo, Silente, sì, ma un folle. Quando c'è la guerra bisogna solo scappare. Chi resta è perduto. E quando Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato scovò il loro nascondiglio a Godric's Hollow, infatti, nulla poterono, i Potter. Entrambi uccisi quasi senza la possibilità di combattere, di difendersi.
Hermione sobbalzò. Quanto poteva essere crudele un mago del genere?
-Vuoi sapere chi si salvò? Eh? Vuoi sapere chi fu l'unico a salvarsi?
La ragazza annuì, ma sapeva che se anche avesse dissentito, il signor Fogg glielo avrebbe detto lo stesso. Sembrava che aspettasse da anni la possibilità di parlare a qualcuno di queste cose. O forse ne parlava anche con altri, ma Hermione era sicura che, se anche l'avesse fatto, la gente lo avrebbe preso per pazzo. Forse Hermione era l'unica che lo ascoltasse veramente.
-Harry Potter. Harry Potter si salvò. Era il loro figlioletto. Aveva appena un anno di vita. I suoi tanto "bravi e coraggiosi" genitori che volevano salvare il mondo non riuscirono neanche a rallentarlo per qualche secondo, ma lui sì. Harry Potter fu immune alla maledizione che uccide, l'unico caso al mondo, per quanto si sappia. L'anatema rimbalzò contro il Grande Mago Oscuro e, puff, lui sparì.
Hermione aveva gli occhi sgranati. Era incredula. Come poteva un mago così forte, spietato e potente essere stato sconfitto da un bambino così piccolo e indifeso? Il signor Fogg continuò:
-Ma lui non è morto. Oh, no, mia cara Hermione, lui è ancora lì da qualche parte,
disse guardando a destra e a sinistra come un ossesso,
-Ancora troppo forte per morire, ma troppo debole per vivere davvero. È questo che dicono in tanti, ormai. E nessuno sa dov'è, neanche i suoi tanto amati seguaci, anche se molti sono ad Azkaban, adesso, l'inespugnabile prigione dei maghi.
Hermione ricordò di aver visto di sfuggita citato quel nome da qualche parte in "Storia di Hogwarts".
-Potrebbe essere in un luogo sperduto, potrebbe essersi rifugiato nelle Indie o in Sud America, ma potrebbe anche trovarsi qui, in mezzo a noi, e vuoi sapere qual è la cosa più divertente, Hermione? Ih! Ih! Ih!
Hermione scosse la testa, quasi trattenendo il fiato. Come poteva esserci qualcosa di divertente in questa orribile storia? Probabilmente quella notte avrebbe avuto gli incubi.
-È che noi non lo sappiamo. E non ce ne accorgeremo mai, mia cara signorina Granger, almeno fino a quando non sarà troppo tardi.



Spazio autrice
Già da qui è più facile dire gli elementi che NON sono stati ripresi da J.K. Rowling: il signor Fogg e la sua storia. Siccome non è mai stata pubblicata una versione originale di "Storia di Hogwarts", il nome dei capitoli e il suo contenuto sono di mia invenzione (sicuramente Bathilda Bagshot scriveva meglio di me), sebbene la Rowling abbia citato alcuni degli argomenti trattati nel libro nel corso della saga. Se non l'aveste ancora fatto, leggere il disclaimer posto a capo del primo capitolo
Eccomi di nuovo con questo secondo capitolo. Grazie ancora a chi è arrivato fino in fondo. Spero che recensiate in tanti, ma se anche foste solo in uno o in due non mi dispiacerebbe, anzi ;) Prossimo aggiornamento, vari impegni permettendo, spero prima della fine della prossima settimana. Grazie per avermi sopportata. Conlatestatralenuvole



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Capitolo 3
*** La decisione più importante ***


3


LA DECISIONE PIÙ IMPORTANTE

Quando Hermione tornò a casa, dopo la lunga chiacchierata con il signor Fogg, era pomeriggio inoltrato, aveva saltato il pranzo e, nonostante il caldo afoso di luglio, non osò aprire le finestre per paura di Lord Voldemort. La ragazza, in effetti, non riusciva a smettere di pensare alla conversazione: alle strane materie citate dal suo dirimpettaio, al poster di Albus Silente, alle tragiche conseguenze di un'espulsione da Hogwarts – spezzavano la bacchetta a chi veniva cacciato dalla scuola; roba da matti – e a Bathilda Bagshot nella comunità magica di Godric's Hollow. Ma ciò che più di tutti l'aveva colpita, e a dir poco terrorizzata, era stato il terribile Signore Oscuro, Tu-Sai-Chi, come lo chiamava il signor Fogg. Hermione non si capacitava di tanta crudeltà. Si sentivano in continuazione notizie di ladri che rapinavano banche, di sicari e di maniaci che avevano assassinato i loro amici, la loro famiglia, i loro stessi parenti... ma Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato sembrava una persona intelligente, colta e totalmente consapevole delle sue azioni. Le ricordava Adolf Hitler durante la seconda guerra mondiale: amante del potere, assolutamente convinto della giustizia delle sue opere e, soprattutto, assetato del sangue di chi ostacolava il suo cammino e degli ebrei. Solo che, mentre lei non era ebrea, e non avrebbe avuto troppi problemi durante la guerra, era invece una mezzosangue. E i suoi genitori? Babbani. Se Tu-Sai-Chi si fosse trovato veramente a Londra, cosa sarebbe successo a lei e alla sua famiglia? Se i Potter erano una famiglia di maghi, ed erano stati uccisi così violentemente, che brutale tortura sarebbe toccata a quelli come lei, come sua madre e suo padre? Mezzosangue: sangue sporco, sangue lercio... La sola parola la faceva rabbrividire. Quella sera, Hermione, non si addormentò molto facilmente.
   Passarono i giorni, e l'unico motivo per cui i programmi giornalieri non erano più appesi nella sua cameretta, era che Hermione, di programma, ne aveva soltanto uno. Poco dopo essersi svegliata e vestita, infatti, preparava il tè, lo versava in due tazze separate, incartava qualche biscotto allo zenzero in un pezzetto di carta stagnola e portava la colazione dal signor Fogg. Il vecchio uomo, almeno inizialmente, sopportava a stento le visite della ragazza e la sua insaziabile curiosità. La definiva una bambinetta saccente che si vantava di tutto quello che imparava e che, per di più, era figlia di babbani, ma ciò che al mago dava enormemente fastidio, erano le continue domande sul Signore Oscuro, un argomento che non gli piaceva affrontare, ma di cui Hermione non sembrava mai averne abbastanza.
-Signor Fogg, ma se Voldemort era un mago, e possono già fare tutti gli incantesimi che vogliono i maghi, no? Insomma,

continuò Hermione tormentandosi le mani, il libro "Storia di Hogwarts" saldamente stretto tra le gambe,
-Per quale motivo voleva ancora più potere?
-Non c'è nessun vero motivo per desiderare il potere, ragazzina. Lo si vuole e basta. Potresti essere il mago o la strega più potente del mondo... stermineresti il mondo intero pur di non avere concorrenza. Tutti parlano del denaro, della fama; è il potere la vera droga di questo pianeta, ecco che penso io. Quel potere che spingerebbe un padre a maltrattare il figlio e il figlio ad assassinare il padre. Quello stesso potere che ti rende schiavo a tal punto da farti tradire tuo fratello o il tuo migliore amico.
Hermione rabbrividì.
-Ed è per questo che così tante persone si sono unite a lui? Per la sete di potere?
-Oh... Ih! Ih! Ih!
Un sorriso quasi malefico si allargò sul volto del signor Fogg. Aveva le folte sopracciglia inarcate e le palpebre rugose abbassate, nello sguardo di qualcuno che la sa molto lunga.
-Sì...
I suoi occhi sembrarono improvvisamente smarrirsi nel vuoto; l'espressione tornata seria e la bocca storta in una smorfia, come se avesse appena assaggiato qualcosa di amaro.
-...e no. Non era sempre così crudele, dopotutto, il Signore Oscuro. Nei suoi giorni buoni ti faceva scegliere: o ti univi a lui o ti torturava fino alla pazzia, anche se eri un mezzo gigante o un nato babbano.
Il cuore della ragazza cominciò a battere più freneticamente. Sentiva il sangue pulsarle nelle orecchie. Il signor Fogg si stava di nuovo arrabbiando.
-È per questo che me ne sono andato da Godric's Hollow, sai? Se fossi rimasto, a quest'ora, avrei un bel marchio nero tatuato sul braccio sinistro.
La sua voce diventava via via sempre più alta e veloce.
-Ero già stato minacciato dai mangiamorte. Ho dovuto riferire la posizione di quasi una decina di maghi e streghe; ho dovuto far assassinare il mio migliore amico. Era uno sciocco, buonissimo uomo che in tempi di guerra se ne andava in giro difendendo i diritti dei mezzosangue, nascondendoli, facendoli scappare all'estero. Ho dovuto dire dov'era il suo nascondiglio. L'hanno annegato nella vasca del suo stesso bagno dopo quasi due ore di torture, sotto l'effetto della maledizione Imperius, dopo avergli fatto assistere alla morte di tutti e cinque i nati babbani che teneva nascosti in casa.
Hermione fremeva dalla rabbia. Con le mani strette a pugno, si alzò di scatto dal divano, sentendosi montare dentro una furia sconosciuta. "Storia di Hogwarts" cadde a terra con un tonfo.
-Come ha potuto?
Urlò sull'orlo delle lacrime.
-Come ha potuto lasciare che così tante persone morissero per causa sua?
Il signor Fogg restò un attimo interdetto dall'improvvisa ira della ragazza.
-L'avresti fatto anche tu.
Mormorò poi, ma quasi con dolcezza, come se si pentisse anche lui amaramente delle scelte del passato.
-Mai!
Hermione scoppiò in lacrime. Era così infuriata con il suo vicino. Non aveva difeso quella gente, gente come lei; non avrebbe difeso neanche lei, era chiaro. Ed era al contempo così spaventata per quello che sarebbe potuto accadere se Voldemort fosse tornato.
Il signor Fogg, sospirando e con un'espressione triste in volto, si chinò a raccogliere il volume abbandonato e lo posò con delicatezza sul divano.
-Suvvia.
Sussurrò abbracciando Hermione e lasciandola singhiozzare sul suo petto. Erano anni che il signor Fogg non abbracciava qualcuno, si sentiva strano, come se non si ricordasse bene cosa avrebbe dovuto fare.
-Sei una ragazza brillante, Hermione Granger. Sei altruista, coraggiosa. Tutti coloro che ti hanno o che ti avranno vicino sono persone privilegiate. Ma io non ero come te. Ero giovane ed egoista. Chi mi è sempre rimasto accanto non è stato molto fortunato.
Con gli occhi ancora offuscati dalle lacrime, la ragazza ricambiò l'abbraccio del vecchio uomo. Provava pietà per lui, la stessa pietà che spesso aveva provato per se stessa. E fu in quel momento che Hermione prese la decisione più importante della sua vita: qualsiasi cosa sarebbe successo, che fosse nel mondo magico o in quello dei babbani, lei non si sarebbe tirata indietro. Si sarebbe fatta torturare pur di non tradire le persone che amava.
   Dopo quella discussione su Tu-Sai-Chi, la ragazza smise di insistere tanto sull'argomento, ma non fu solo per quello che quella loro singolare amicizia si andava rafforzando, giorno dopo giorno. Per quanto sempre burbero e scostante, l'anziano mago dagli stravaganti cappelli a punta salutava con entusiasmo la sua nuova amica quando arrivava con la colazione e, ogni tanto, sorrideva quando gli riempiva la testa di centinaia di domande prima ancora di aver varcato la soglia. Sebbene il vecchio uomo facesse ancora un po' paura alla ragazza, insomma, lei si era accorta di questi cambiamenti, e cercava di ricordarsene ogni qual volta lui le sbraitasse contro senza apparente motivo, o quando parlava male di babbani e mezzosangue quasi dimenticandosi che lei e i suoi genitori appartenessero proprio a quelle categorie. Il signor Fogg prestava alla giovane Hermione quasi un libro diverso ogni pomeriggio e, almeno la maggior parte delle volte, la ragazza glielo riconsegnava il giorno dopo e i due passavano il tempo a commentarlo. Le storie sui maghi e su Hogwarts si facevano sempre più interessanti. Il mago della porta accanto, come a Hermione piaceva definirlo, non senza che lui si irritasse, aveva addirittura acconsentito a prestarle "Storia della Magia". Sembrava detestare la materia in sé, ma mostrava nei confronti del volume di Bathilda Bagshot un comportamento simile alla venerazione; un'ammirazione forse ancora più forte di quella della ragazza per "Storia di Hogwarts". Hermione, in qualche modo lo capiva: non si sarebbe separata per nulla al mondo dal suo libro preferito, per cui lo ringraziò per una giornata intera quando finalmente riuscì a farselo prestare. Anzi, lo ringraziò così tanto, che alla fine il signor Fogg iniziò ad urlarle contro e la cacciò fuori casa mezz'ora prima del solito. Quando il giorno dopo la ragazza gli riportò "Storia della Magia" letto e studiato, però, il mago fu stranamente molto contento di discuterlo con lei, forse sorpreso di poter parlare con qualcuno che lo comprendesse di basilischi, rivolte dei goblin, elfi domestici e del famoso Statuto Internazionale di Segretezza del 1689.
   Hermione diveniva ogni giorno sempre più cosciente del fatto di far parte anche lei della comunità magica, almeno in piccola parte, e questo le provocava un'infinita serie di emozioni contrastanti. Le sue doti la spaventavano a morte, ma la rendevano fiera e orgogliosa. Era come se avesse sempre saputo di essere diversa da tutti i suoi coetanei, ma questa diversità adesso la eccitava e incuriosiva più che mai. Non le era mai piaciuto così tanto avere la casa tutta per sé e poter decidere cosa fare senza dover rendere conto a nessuno come in quelle lunghe giornate di mezza estate. Degli strampalati incontri con il suo dirimpettaio, non aveva ancora detto nulla ai suoi genitori. Non sapeva con esattezza il motivo. Forse era un po' preoccupata del loro giudizio, forse, semplicemente, considerava il mondo magico come qualcosa di personale, il suo piccolo segreto, e non era assolutamente pronta a condividerlo con qualcuno.
   Il mese di luglio stava quasi per giungere a termine quella mattina, e la giovane vicina del signor Fogg stava giusto per infilarsi le sue Mary Jane nere e uscire di casa, quando vide con la coda dell'occhio un gufo volare davanti all'ampia finestra dell'ingresso. Un gufo? Non aveva mai visto da vicino un gufo. Inoltre la sua "Enciclopedia delle Meraviglie della Natura volume 3 – passerotti, pettirossi e altri pennuti" parlava chiaro: i gufi erano animali notturni. Dormivano di giorno. Non c'era alcun motivo per cui un volatile del genere avrebbe dovuto... Hermione finì frettolosamente di allacciarsi la scarpa e scattò con un balzo verso la finestra. Il naso premuto contro il vetro, cercava con lo sguardo l'animale a destra e a sinistra, sperando di non averlo immaginato. I suoi respiri affannati creavano piccole nuvolette biancastre sulla finestra, appannandola fino al punto di non poterci più guardare attraverso. Con il cuore in gola e camminando lentamente, come se il rapace avesse potuto sentirla dall'altro lato dello spesso muro bianco e scappare spaventato, si avvicinò al portone d'ingresso. Forse, ma proprio forse, forse, forse, pensò la ragazza, quell'uccello non aveva mutato il suo ritmo sonno-veglia a causa del disboscamento, del buco dell'ozono o del riscaldamento globale. Forse, ma sempre e solo molto, molto forse, quel gufo non era come tutti quanti i suoi simili. Il signor Fogg parlava molto spesso dei gufi, e l'utilizzo di questi animali come postini era stato citato innumerevoli volte nei libri che le erano stati prestati, soprattutto in "Storia della Magia", dove un capitolo intero era dedicato all'incontro tra maghi e pennuti e al< corso del loro addestramento e inserimento nella comunità magica. Non era che forse...? Quasi tremando per l'eccitazione, Hermione guardò fuori dallo spioncino della porta. Nulla. Si vedeva solo la strada e la villetta del suo vicino preferito, entrambe storpiate dalla forma del tondino di vetro. Allora la ragazza, raccolto tutto il coraggio che aveva in corpo, girò per due volte la chiave nella serratura e aprì la porta molto lentamente, finché uno spiraglio di luce illuminò la soffice moquette color sabbia. Con estrema cautela, tirò il portone verso di sé, piano, piano; la striscetta di luce sul pavimento si faceva via via sempre più larga. Quando l'ingresso fu del tutto spalancato, Hermione si trovava ancora dietro alla porta, appiattita tra questa e il muro retrostante, trattenendo il fiato e allungando il collo verso l'uscio. Con le ginocchia che le tremavano, fu prima la sua gamba sinistra ad uscire da quel nascondiglio, seguita dal braccio, dal busto, dall'altra gamba, dall'altro braccio e, solo alla fine, dall'ammasso ingarbugliato di capelli cespugliosi; le palpebre talmente serrate, che le sembrava di vedere tante piccole stelline colorate. Ridusse adagio, adagio l'occhio destro a una fessura sottile. Per un attimo la sua vista si fece appannata e confusa ma, quando le immagini si mostrarono più nitide davanti a sé, Hermione la vide: una piccola lettera di pergamena giallastra. Con insopportabile lentezza, la ragazza si chinò sull'uscio, senza veramente uscire fuori di casa, e tese il braccio in avanti con la delicatezza e la precisione di un felino che, astuto e silenzioso, si avvicina alla preda, pronto a divorarla. Proprio come una ruggente tigre affamata, non appena il suo palmo si aprì del tutto pochi centimetri al di sopra della lettera, Hermione la acciuffò di colpo e la strinse forte a sé, quasi impaurita che se avesse aspettato ancora, o se la pesante busta di pergamena se ne fosse accorta, si sarebbe smaterializzata e sarebbe tornata indietro da dov'era venuta. Chiuse la porta con violenza e corse quanto più veloce poté su per le scale fino alla sua cameretta. Si sfilò le scarpe facendo scivolare le punte sui talloni e si buttò sul letto, non prima di aver afferrato in tutta fretta il libro "Storia di Hogwarts" dalla scrivania. Una lettera consegnata da un gufo; una lettera da un mago. Ancora non sapeva di chi fosse, e già sentiva una voglia matta di urlare di gioia. Non era mai stata così felice in vita sua; e l'allegria non fece che aumentare quando, letta l'intestazione scritta in eleganti caratteri di inchiostro verde e girata la pesante busta dall'altro lato, scoprì che sul sigillo di ceralacca color porpora, svettava imponente lo stemma di Hogwarts. Sarebbe potuta svenire. Senza scendere dal letto, si allungò pericolosamente verso la sua scrivania per avvicinare un portapenne, souvenir della vacanza ad Amsterdam del Natale precedente, e tirarne fuori un sottile tagliacarte d'argento, un cimelio di famiglia appartenente al suo bis-bisnonno paterno. Con la precisione di un cardiochirurgo mentre opera un paziente in fin di vita, Hermione Jean Granger aprì la busta, ben attenta a non rovinarla. All'interno, un foglio della stessa pergamena giallastra recitava in un sottile corsivo color smeraldo:

SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA
DI HOGWARTS

Preside: Albus Silente
(Ordine di Merlino, Prima Classe,
Grande Mago, Stregone Capo, Supremo Pezzo Grosso,
Confed. Internaz. dei Maghi)

Cara signorina Granger,
        siamo lieti di informarLa che Lei ha diritto a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso troverà l'elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie.
        L'anno scolastico avrà inizio il 1° settembre. Restiamo in attesa del Suo gufo entro e non oltre il 31 luglio p.v.
Distinti saluti,

Minerva McGranitt
Vicepreside

Hermione non ci poteva quasi credere. O meglio, aveva iniziato a sospettare che sarebbe arrivata la lettera anche a lei, ma non voleva crearsi false speranze. Quel giorno, correndo come una freccia dal signor Fogg, gli mostrò la lettera prima ancora che l'uomo finisse di aprire la porta di casa, e lui la festeggiò con un abbraccio enorme. Era così orgoglioso della sua piccola amica streghetta. Passarono il pomeriggio a tirar fuori da un vecchio scatolone in soffitta le vecchie foto di scuola dell'anziano mago. Nelle immagini, un giovane ragazzo con un cappello a punta e delle folte sopracciglia salutava allegramente la fotocamera, spesso facendo facce buffe con dei ragazzi della sua stessa casa. In una era abbracciato alla sua prima ragazza, e le sorrideva timidamente con sguardo innamorato. In un'altra, indossava la divisa della squadra di Quidditch di Serpeverde. Era un battitore, raccontò a Hermione. Giocò solo per qualche mese – iniziò proprio l'anno in cui fu espulso – ma era così fiero a cavallo della sua nuovissima Freccia d'Argento.
   Quando quella sera la famiglia Granger si riunì a tavola per la cena, la ragazza era tesa come una corda di violino, ma non stava più nella pelle.
-Mamma, papà, vorrei parlarvi di una cosa.
Iniziò mentre tagliava in pezzi sempre più piccoli il suo spezzatino. Era troppo agitata per mangiare.
-Dicci, cara.
Disse il signor Granger con la bocca ancora piena di carne e patate arrostite, guadagnandosi un'occhiataccia dalla moglie. Le porse uno sguardo di scuse e tornò a concentrarsi sulla figlia, i piedi della quale dondolavano nervosamente sotto il tavolo. Era proibito portare oggetti a tavola durante i pasti, ma quella volta Hermione stava infrangendo la regola: aveva bisogno del suo amato "Storia di Hogwarts" per infonderle coraggio, nonostante il signor Fogg l'avesse rassicurata dicendole che sarebbe andato tutto bene. Il libro giaceva nascosto sulla sedia, proprio sotto di lei. La ragazza abbassò un secondo la mano per toccarlo.
-Ho deciso di cambiare scuola quest'anno.
La signora Granger alzò gli occhi al cielo.
-Tesoro, ne abbiamo già parlato. So che non ti trovi molto bene con i tuoi compagni, ma la scuola è una delle migliori di Londra. E la nuova preside, la signora Scholdoog, è estremamente competente e ha assunto tutti gli insegnanti più qualificati della regione.
Questa volta fu Hermione ad alzare gli occhi al cielo.
-Sì, lo so, lo so. Ma andrei in una scuola altrettanto buona, anzi, addirittura migliore, soprattutto per me. Inoltre, da qualche anno a questa parte, la scuola è sotto l'amministrazione di Albus Percival Wulfric Brian Silente, uno dei migliori.
-Non ho mai sentito parlare di questo professore. Dove si troverebbe questa scuola?
La ragazza sospirò: qui sarebbe arrivata la parte difficile.
-Da qualche parte in Scozia.
Il signor Granger scoppiò a ridere.
-In Scozia? E perché mai vorresti andartene in Scozia?
-Sentite, so che può sembrarvi assurdo, ma è davvero la scuola che fa per me. Mi è già arrivata la lettera di ammissione e il Signor Fogg dice...
-Il signor Fogg?
La interruppe la madre.
-E da quand'è che frequenti il nostro vicino di casa?
-Vado spesso da lui... è lui che mi ha fatto capire che devo andare a Hogwarts.
La signora Granger trasse un lungo sospiro. Cercò di parlare nel modo più delicato possibile:
-Tesoro, il signor Fogg non ha una buona fama. Non che sia colpa sua, vedi, ma è una persona anziana ed è molto solo. Gli capita di parlare a vanvera. Dice parole senza senso, parla di magia, di fantasmi. Capisco che per una ragazzina come te deve essere molto affascinante ascoltare questi racconti grandiosi e singolari, e mi fa piacere che tu gli vada a fare compagnia ogni tanto, è molto gentile da parte tua, anche se avrei preferito che tu ci avessi chiesto il permesso prima, ma ciò che dice, per quanto interessante ti possa sembrare, non corrisponde alla verità.
-Non è così. Le cose magiche di cui lui parla esistono davvero. Devi credermi.
Insisté la ragazza.
-Guarda tu stessa.
Esclamò tirando fuori la lettera dalla tasca dei pantaloni. I suoi genitori si scambiavano occhiate tra il divertito e il preoccupato, man mano che la leggevano.
-Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts?
Disse alla fine il signor Granger massaggiandosi le tempie.
-Tesoro, se vuoi imparare qualche trucchetto di magia possiamo comprarti un libro o iscriverti a qualche corso qui vicino. Non c'è bisogno che tu vada in Scozia per esercitarti in giochi di carte e altra roba da illusionisti.
-No, non avete capito?
Chiese Hermione alzandosi in piedi. Per quasi dodici anni non aveva chiesto praticamente niente ai suoi genitori. Ogni loro volere era un ordine che aveva piacere di rispettare, ma andare a Hogwarts era importante. Perché non volevano esaudire questo suo unico desiderio?
-Io sono una strega. Lo sono di già. Non ho bisogno di imparare trucchetti da quattro soldi. Per di più, so già fare alcuni piccolissimi incantesimi, e senza neanche una bacchetta. L'iscrizione non costa tanto, e non dovrete neanche comprarmi una scopa, tanto non credo che giocherò mai a Quidditch.
Anche il signor Granger si alzò in piedi, ma questa volta non c'era alcuna traccia di condiscendente divertimento sul suo volto. Era serio e accigliato, e la ragazza fece istintivamente un passo indietro, rischiando di andare a sbattere contro la sua stessa sedia.
-Hermione Jean Granger,
scandì lentamente l'uomo,
-Per oggi hai veramente esagerato. Non so per quale motivo tu abbia deciso di fare questa scenata. Non mi sembra che ti abbiamo mai fatto mancare niente, ma questa idea malsana della Scozia è un'assurdità. Ti reputo una ragazza intelligente, Hermione. Sai benissimo tu, quanto me, che la magia non esiste, e neanche i maghi, le streghe, gli orchi, o i fantasmi che ti pietrificano quando li guardi.
"Quelli sono i basilischi, e una leggenda narra che ce ne sia uno nascosto in una stanza segreta a Hogwarts, una stanza aperta da Salazar Serpeverde in persona" pensò Hermione, ma non si azzardò a proferir parola.
-Se credessimo ancora in queste sciocchezze saremmo rimasti tutti nel Medioevo. Adesso vai a letto, e non tirare mai più fuori la storia di questa scuola, chiaro? Inoltre, ti proibisco di vedere il signor Fogg senza di noi. Evidentemente il vecchio ha una cattiva influenza su di te. Capito?
La ragazza ne aveva abbastanza. Non le era mai capitato come in quegli ultimi giorni di perdere la pazienza in questo modo.
-Siete voi che non capite! Il signor Fogg non c'entra niente. Sapevo di essere una strega già da prima che lui me lo dicesse.
-Hermione, basta!
Urlò la signora Granger. Hermione non ci vedeva più dalla rabbia.
-Siete soltanto degli stupidi babbani!
Con un fracasso assordante, tutti i piattini da collezione della signora Granger, allineati su una piccola mensola in legno, raffiguranti un frutto ciascuno, si frantumarono come se qualcuno gli avesse dato una martellata al centro. Tutti e tre i litiganti, sobbalzarono spaventati. Sul volto di Hermione andava dipingendosi uno sguardo colpevole.
-A che giochetto stai giocando?
La ragazza si avvicinò ai cocci sparsi sul pavimento.
-Conosco l'incantesimo,
mormorò,
-Se solo avessi una bacchetta potrei ripararli uno per uno, mi dispiace.
Si rimise in piedi e guardò negli occhi i suoi genitori, che fissavano il disastro ammutoliti.
-È per questo che devo andare a Hogwarts. Lì mi insegnerebbero a padroneggiare la magia. Non è stata una mia scelta, e neanche una vostra, ma è quello che sono. Non potete impedirmelo. Ho già fatto mandare un gufo dal signor Fogg confermando la mia iscrizione. Lui mi istruirà su dove potrò comprare il materiale necessario a frequentare la scuola.
Tornò alla sua sedia e prese il libro "Storia di Hogwarts". Lo porse a suo padre.
-Leggete questo, se può aiutarvi. Io adesso sono molto stanca. Vado a dormire. Buonanotte.
E, senza, aspettare risposta, si avviò lenta e stremata verso la sua cameretta. Sperava avessero capito, altrimenti avrebbe insistito ancora e ancora, del tutto consapevole che non si sarebbe arresa così facilmente.

NOTE DELL'AUTRICE

Con un po' di ritardo, ecco il terzo capitolo. Devo dire che purtroppo non è uno dei miei preferiti, ma tutto ciò che accade è indispensabile per anticipare gli avvenimenti successivi.
Una domanda per i lettori, ma soprattutto per i recensori... Come vi siete immaginati la reazione dei signori Granger alla lettera per Hogwarts?

Solito disclaimer: non sono la Rowling, e la stragrande maggioranza dei nomi e dei personaggi di questo racconto appartengono a lei. Testo e descrizione della lettera per Hogwarts sono stati presi da “Harry Potter e la Pietra Filosofale”.

Grazie mille e un bacione a tutti quelli che ancora mi su(so)pportano.

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Capitolo 4
*** Scacchi, camini e succo di zucca ***


4


SCACCHI, CAMINI E SUCCO DI ZUCCA


Era ormai trascorsa già la prima settimana di agosto, e Hermione non avrebbe potuto essere più stanca. Non trovando nulla di meglio da fare, passava le giornate a studiare i suoi noiosi libri babbani. Ripreso il suo vecchio testo di storia, aveva quasi imparato a memoria non solo il capitolo dodici, ma anche tutti gli altri fino alla fine. Eppure non le interessava più capire le motivazioni dietro alla rivoluzione francese, o i cambiamenti apportati dalla nascita delle industrie moderne; avrebbe tanto preferito scoprire di più sulla storia dei maghi dell'Africa e del Nord America, o sulla regolazione dei rapporti tra il Ministero della Magia e il mondo dei babbani. Avrebbe persino riletto "Il Quidditch Attraverso i Secoli", se solo avesse potuto; ma se poteva o no, questo non lo sapeva ancora. I suoi genitori avevano preso le ferie, ma nonostante si trovassero di fatto tutti sotto lo stesso tetto, dopo le incomprensioni degli ultimi giorni di luglio, una continua atmosfera di tensione e imbarazzo aveva limitato i loro discorsi a brevi scambi di saluti la mattina e la sera. Si incontravano quasi solo per i pasti, e non appena entrava nella loro stessa stanza, la ragazza era sicura di sentirli smettere di bisbigliare di colpo e si sforzava a più non posso per far finta di non percepire i loro sguardi curiosi, a volte leggermente preoccupati.
   C'erano talmente tante cose che a Hermione mancavano in quel periodo: primo tra tutte era il libro "Storia di Hogwarts", che non le era ancora stato restituito. Le mancavano le chiacchierate con sua madre e suo padre, le visite al signor Fogg, le storie su Hogwarts, le dettagliate spiegazioni dei vari incantesimi. Forse, più di ogni altra cosa, le mancava quella certezza, quella sicurezza che l'aveva sempre accompagnata, anche nei momenti più confusi e difficoltosi. Quella settimana, invece, non era sicura di niente. Aveva miliardi di domande per la testa e non aveva ancora ricevuto risposte. Si sentiva così frustrata. Sapeva che i suoi genitori avrebbero dovuto comprendere da soli la situazione; le sue spiegazioni non sarebbero servite a nulla, e questa sua impotenza la rendeva ancora più incerta. Doveva solo aspettare. Era sempre stata una persona paziente, ma questa volta sentiva che le sarebbero saltati i nervi.
Sarebbe mai andata a Hogwarts?
   La noia di quell'attesa apparentemente infinita si spezzò improvvisamente una domenica sera quando, scendendo le scale per andare a cena, Hermione notò che una delle scacchiere era sparita dal mobile a parete nel salotto buono e che, dalla porta chiusa della cucina, proveniva una voce di troppo. Suo padre doveva aver invitato qualche amico del club di scacchi, pensò, ma la sorpresa fu enorme quando, seduto su una delle massicce sedie in legno, trovò niente meno che l'anziano mago che abitava di fronte a lei.
-Salve, signor Fogg.
Salutò in modo pacato e professionale, cercando di nascondere al meglio l'ansia, l'entusiasmo e il sorriso gigante che minacciava di attraversarle il viso da una parte all'altra.
Hermione non si era mai applicata troppo a fondo nel gioco degli scacchi, non lo considerava esattamente di suo gradimento, ma a giudicare dal numero di pedine rimaste in campo, era praticamente sicura che avrebbe vinto il signor Fogg.
-Ciao, Hermione, come te la passi?
Chiese lui cordialmente.
Mentre giocava, si guardava intorno con aria perplessa. La ragazza sorrise sotto ai baffi: avrebbe giurato che l'uomo non fosse così contento di trovarsi in una casa abitata da babbani. Lo si leggeva chiaro e tondo dal sorriso palesemente finto che ostentava davanti ai suoi genitori. Era teso, e forse anche un po' intimorito. Sembrò quasi sollevato che Hermione fosse finalmente arrivata.
-Torre in C10.
Disse, quasi come se stesse parlando alla scacchiera stessa.
Tenne lo sguardo fisso sulla pedina per qualche secondo, quasi si aspettasse che succedesse qualcosa, poi sembrò avere un'illuminazione e spostò la torre nella casella che aveva indicato. Dedicò al signor Granger un altro falso e impacciato sorriso a trentadue denti, per poi tornare a guardare serio i pezzi rimasti in campo.
-Che bei denti che ha, deve avere un ottimo dentista.
Trillò la signora Granger in modo decisamente inopportuno.
Anche lei era visibilmente tesa e imbarazzata. Non aveva mai avuto a cena un mago prima d'ora, e quella frase era la prima cosa che le fosse venuta in mente nel tentativo di avviare una conversazione. Il signor Fogg, ancora più confuso, tentò con un altro enorme sorriso, mentre lanciava ad Hermione silenziose richieste d'aiuto. La ragazza andò a sedersi e prese una manciata di noccioline dalla ciotolina mezza vuota posta al centro della tavola. Sospirò:
-Dubito che il signor Fogg sappia esattamente cos'è un dentista, mamma.
Era la frase più lunga che avesse pronunciato in tutta la settimana, e non stava succedendo niente di male. Si sentì immediatamente alleggerita da un grosso macigno che, fino a quel momento, non si era neanche resa conto di star portando sulle spalle.
-Noi siamo dentisti.
Aggiunse il signor Granger, anche lui decisamente poco a suo agio, come se quella risposta avrebbe fornito una spiegazione valida a tutte le domande filosofiche che l'uomo si fosse posto fino a quel momento.
Hermione alzò gli occhi al cielo.
-Nel mondo dei babbani sono dottori che curano i denti.
Il vecchio mago annuì lentamente, come se questa volta fosse stato lui a trovare la soluzione ai grandi problemi dell'universo.
-Gradirebbe avere la radio o la televisione accesa durante la cena?
Chiese la signora Granger.
Il signor Fogg lanciò un ennesimo sguardo interrogativo a Hermione, ma la ragazza stava iniziando ad averne abbastanza.
-Vorremmo iniziare ad affrontare la questione principale, per favore?
Domandò spazientita. Era più di una settimana che stava aspettando questo momento.
-Hogwarts, Hogwarts, hoggy warty Hogwarts...
Canticchiò il mago tra sé e sé in tutta riposta.
-Sì, beh, immagino che a questo punto dovremmo partire dal presupposto che tu sia una strega e che il nostro vicino sia un mago, giusto?
Chiese il signor Granger in tono pragmatico.
Il signor Fogg annuì; sarebbe stata una lunga cena, e tecnicamente non era ancora iniziata.
-È più difficile di quanto mi sarei aspettato.
Sbuffò il signor Granger.
-Ma non ci sarebbe una scuola più vicina di questa Hogwarts? E, se non ci è dato sapere dov'è, come faremo con le riunioni o i colloqui con i professori?
Il signor Fogg aggrottò le sopracciglia..
-Non sono previsti colloqui, e Hogwarts accoglie maghi e streghe da tutto il Regno Unito. Se anche ci fossero altre scuole sul territorio, sarebbe comunque la migliore.
-E una volta terminati gli studi a Hogwarts, come potranno materie quali Trasfigurazione e, ehm, Difesa contro le Arti Oscure tornarle utili nella vita reale?
Chiese la signora Granger leggendo da un taccuino. Lei e il marito si erano segnati punto per punto ogni domanda che avevano ritenuto necessaria, per un totale di quasi dieci pagine scritte fitte fitte. Se dovevano prendere in considerazione quest'idea bizzarra della scuola di magia, almeno lo avrebbero fatto con cognizione di causa.
-Nella vita reale?! Perché, non le sembro reale, io?
Si scaldò l'anziano mago.
Hermione gli lanciò un'occhiata di rimprovero, così l'uomo, sbuffando e sistemando sulla testa il cappello nero, uno dei più eleganti che aveva, cercò di parlare in tono più calmo.
-La vita "reale" di maghi e streghe prevede tante opportunità di lavoro per coloro che hanno completato gli studi a Hogwarts e anche per chi, come me, non l'ha fatto. Alcuni mestieri sono simili a quelli babbani solo che, ovviamente, si usa la magia.
Il signor Granger annuì pensieroso.
-Lei, per esempio, che lavoro faceva?
-Lavoravo in un vecchio pub giù a Godric's Hollow.
Si sistemò il cappello ancora una volta, agitato. Non avrebbe potuto sentirsi più nervoso e giudicato. Da una coppia di babbani, tra l'altro (!). Il suo mestiere non era un granché; se non fosse stato espulso, gli sarebbe piaciuto insegnare Pozioni. Come se non bastasse, dall'arredamento costoso e dal vestito elegante della padrona di casa, stava iniziando ad immaginare che, al contrario, il dentista era una professione di tutto rispetto trai babbani.
   Una volta che il pesce con le patate fu servito a tavola, le domande proseguirono per tutta la cena e oltre. Ad alcune rispondeva Hermione stessa ma, per lo più, il suo compito consisteva nel fulminare il signor Fogg con lo sguardo ogni due o tre domande, quando cominciava ad irritarsi e ad alzare un po' troppo la voce. Eccezionalmente, alle otto e trenta, la ragazza era ancora sveglia e la tavola non era ancora stata sparecchiata. I due uomini avevano iniziato una nuova partita di scacchi e Hermione stava disponendo su un vassoio finemente decorato biscotti, zuccheriera e tazzine, mentre la madre preparava il tè.
-Abbiamo letto l'elenco dei libri di testo e del materiale necessario.
disse il signor Granger muovendo un cavallo, che fu subito mangiato dalla regina nera.
Rimase imbambolato qualche secondo a fissare la scacchiera. Si poteva ritenere abbastanza bravo nel gioco degli scacchi, ma quell'uomo dal cappello a punta si comportava come un vero campione.
-Insomma,
continuò con le sopracciglia aggrottate,
-Un calderone in peltro, misura standard due, una bacchetta, "Guida Pratica alla Trasfigurazione per Principianti"... cos'è esattamente la Trasfigurazione?
Il signor Fogg mangiò anche l'altro cavallo bianco. Stava iniziando a imparare che dire il nome della casella in cui era diretto prima di muoversi non era poi così strettamente necessario.
-Consiste nel trasformare una cosa in un'altra.
Rispose, ma avrebbe preferito poterglielo dimostrare. Peccato non avesse più una bacchetta. Avrebbe potuto fare in modo che una di quelle sedie diventasse un divano in pelle verde petrolio, con tanto di cuscini di velluto argentato. Se lo figurò nella mente: sarebbe stato bene nella Sala Comune dei Serpeverde un divano così. Chissà se era cambiata tanto da quando lui era un ragazzino. Il signor Granger annuì e si schiarì la gola:
-Sì, ecco, insomma... Dove si potrebbero trovare tutte queste cose? Che io sappia a Londra non esistono negozi specializzati in magie e stregonerie.
Il mago alzò gli occhi dalla scacchiera. Finalmente stava arrivando la parte più interessante, quella che aveva atteso per tutta la serata. Sorrise, e questa volta non in modo troppo forzato.
-Non nella Londra babbana, naturalmente. Se avrò la vostra approvazione, mi occuperò io stesso di accompagnare questa streghetta a cercare l'occorrente per Hogwarts.
Hermione fece quasi cadere il vassoio con le tazzine per l'eccitazione. Si sbrigò a bere un sorso di tè bollente per evitare di mettersi a urlare di gioia. Arricciò le labbra. Aveva dimenticato di metterci lo zucchero.
-Allora domani, non so, potreste andare a prendere la bacchetta e... tutte quelle altre cose lì.
Sorrise il signor Granger dando un morso al suo biscotto. Questa faccenda di Hogwarts lo preoccupava, e non poco, ma si fidava di sua figlia. Era una ragazza responsabile e prudente. Sarebbero rimasti in contatto, senza ombra di dubbio, e se qualcosa non le fosse piaciuto era certo che sarebbe tornata subito a casa. Hermione corse ad abbracciarlo. Sarebbe andata a Hogwarts. Era molto più di quanto avesse mai osato anche solo sperare. Anche il signor Fogg stava sorridendo, ormai. Un sorriso vero. Si stava affezionando a quella ragazzina, anche se sapeva essere saccente e insopportabile; anche se proveniva da una famiglia di babbani.
   Quella notte, Hermione non riusciva proprio ad addormentarsi. Aveva coperto con un lenzuolo l'abat-jour sulla sua scrivania per renderne più fioca la luce e leggeva per la millesima volta il libro "Storia di Hogwarts", che le era stato finalmente restituito. Leggendo delle volte incantate, immaginò di entrare nella Sala Grande una mattina presto, all'alba, magari per ripassare un'ultima volta prima di un esame, e di restare meravigliata a fissare il soffitto dalle sfumature rosate, riflesso del sorgere del sole. Oppure pensò di attardarcisi a studiare la sera, dopo cena, in un cupo giorno di novembre, quando la pioggia sembrava battere incessante anche all'interno del castello. Eppure lei sarebbe rimasta all'asciutto e al caldo, stanca ma soddisfatta della giornata, a sfogliare le pagine ingiallite di un vecchio libro preso in biblioteca per completare un assegno, con in mano una tazza di tè o di cioccolata bollente. O, ancora, eccola che si rallegrava alla vista della neve bianca che per magia fioccava a mezz'aria durante la colazione. Vagando parecchio più in là con la mente, fece posare il pensiero sull'immagine di quando sarebbe diventata abbastanza brava, dopo anni e anni di studio, da incantare il soffitto della sua stessa stanza, così da avere l'impressione di dormire al chiarore delle stelle durante le miti e tranquille notti d'estate.

***

-Signor Fogg, come arriviamo a Diagon Alley?
Chiese Hermione al mago che frugava tutto baldanzoso trai cassetti di un mobile dall'aria pericolante.
La ragazza, troppo nervosa, per restare seduta sul divano tutto rattoppato, si sistemava meglio la camicetta di lino all'interno dei jeans un po' sbiaditi. Vicino a lei, il poster di Albus Silente le rivolgeva un dolce, incoraggiante sorriso ogni qual volta si girasse ad osservarlo.
-Con questa.
Rispose mostrandole un sacchetto di iuta sigillato con un fiocco di nastro scuro.
Ne tirò fuori una manciata di quella che sembrava una specie di cenere scintillante.
-Che cos'è?
-Oh... Ih! Ih! Ih!
Sogghignò il mago allegramente mentre si avviava verso il grande camino in pietra in fondo alla stanza.
-Questa, Hermione, è la metropolvere. Polvere volante. Collega tra di loro i camini magici di tutto il mondo. È semplice da utilizzare.
Aggiunse poi davanti allo sguardo confuso e sbigottito della ragazza.
-Ne prendi un pugno raso, la lanci nel camino, ci salti dentro e scandisci chiaramente dov'è che vuoi arrivare. Facile.
Gettò la polvere volante nel focolare e subito ne scaturì una gigantesca fiamma verde smeraldo. La giovane strega indietreggiò di qualche passo, ma doveva ammettere di esserne rimasta affascinata.
-Un piccolo consiglio: non inspirare dalla bocca prima di parlare; sai com'è, la fuliggine, ih! Ih! Ih!
Entrò, abbassandosi, nel camino e, al contrario di come aveva temuto la ragazza, non iniziò a bruciare. Sembrava, anzi, tranquillo e rilassato; e con quella stessa espressione serena in volto pronunciò:
-Diagon Alley!
E scomparve, inghiottito dal fuoco color della speranza.
Hermione, da ragazza diligente quale era, si preoccupò di controllare che il portone della casa fosse ben chiuso a chiave prima di gettare a sua volta un po' di quella polvere scintillante all'interno del camino. Ancora dubbiosa sulla sicurezza di un salto in mezzo alle fiamme, allungò prima un braccio per controllare la temperatura. Un piacevole tepore la accolse. Allora, facendosi coraggio, si lasciò avvolgere dal turbinio verde e scandì "Diagon Alley". Il moto repentino delle fiamme la risucchiò con tanta forza da farle chiudere gli occhi. La streghetta si ritrovò a vorticare freneticamente su se stessa. Si portò automaticamente le braccia al petto, sentendosi comprimere per la velocità. Una passeggiata fino al centro di Londra sarebbe stata sicuramente più facile e piacevole, pensò con lo stomaco in subbuglio, ma certamente non altrettanto divertente. Viaggiare con la metropolvere era un'esperienza del tutto diversa da quelle provate prima di allora, anche se aveva qualcosa in comune con le montagne russe. Le ricordava tanto quelle con il giro della morte che non aveva mai provato. Doveva essere più o meno così che ci si sentiva a salirci sopra, ma la metropolvere era sicuramente più... magica. Nell'arco di una ventina di secondi ebbe l'impressione che delle enormi mani la stessero spingendo verso il basso, e capì per istinto di essere quasi arrivata. Portò le mani in avanti e piegò leggermente le ginocchia come quando, dopo aver saltato troppo in alto sui tappeti elastici, sentiva venir meno l'equilibrio e non era sicura di come sarebbe atterrata. Neanche il tempo di dire "Hogwarts" e, con un gridolino di sorpresa, si ritrovò carponi su una superficie di pietra liscia.
   Con le ginocchia doloranti per la brusca caduta, liberò velocemente il passaggio per paura che qualcun altro arrivasse in quel preciso momento, finendole addosso. Il signor Fogg la tirò per un braccio aiutandola ad alzarsi in piedi. Davanti ai suoi occhi, si stagliava la sala principale di una vecchia locanda dall'arredamento rustico, affollata da decine di uomini e donne che indossavano cappelli a punta, presumibilmente maghi e streghe. I clienti del locale, che recitava su una tavoletta appesa a una trave in legno "Il Paiolo Magico", non sembrarono fare particolarmente caso ai due nuovi arrivati, come se per loro vedere qualcuno materializzarsi in un camino spento fosse normale tanto quanto lo era entrare dalla porta per un babbano. Nonostante la fioca e tetra luce proveniente dalle piccole finestrelle impolverate poste all'estremità superiore dell'altissimo soffitto e dalle innumerevoli candele appese a due grossi lampadari circolari e alle colonne tra un'arcata e l'altra, il Paiolo Magico aveva un'aria decisamente accogliente, non troppo diversa da quella di molte locande babbane. Dietro al grande bancone in legno scuro, una lavagna rettangolare recitava, oltre al listino prezzi, la strampalata scritta "servizio di prenotazione camere disponibile da mezzanotte al minuto dopo". Accanto agli strani o meno strani nomi di cibi e bevande, il simbolo della sterlina non compariva neanche una volta. Al suo posto, vicino alle varie cifre, erano scarabocchiati alcuni bizzarri segni. Il signor Fogg richiamò l'attenzione di una barista dal cappello pieno di paillette luccicanti.

-In che cosa posso aiutarvi?
Chiese quella gentilmente.
-Una burrobirra e un bicchiere di succo di zucca, grazie.
-Otto falci e ventidue zellini.
Prima ancora che Hermione potesse chiedersi cosa fossero falci e zellini, il mago tirò fuori dalla tasca del mantello un borsellino di cuoio che, oltre alle banconote che i suoi genitori gli avevano dato per comprare il materiale scolastico alla ragazza, conteneva tante monete d'oro, argento e bronzo. Facendo i conti con i soldi che l'uomo posò sul bancone, la giovane strega pensò che i falci dovessero essere quelli d'argento e gli zellini quelli in bronzo, molto simili ai centesimi babbani. I due cercarono un posto a sedere e il signor Fogg porse alla ragazza una coppa piena fino all'orlo di un liquido arancione. Poi bevve un lungo sorso dal suo boccale e, con il labbro superiore sporco di schiuma, sospirò soddisfatto.
-Che cos'è?
Chiese Hermione annusando il suo bicchiere. L'odore era intenso e appetitoso.
-Succo di zucca.
-Mi dispiace, ma la zucca non è esattamente uno dei miei ortaggi preferiti.
-Neanche il mio, ma questo è succo di zucca. Cosa c'entra con gli ortaggi?
Dubbiosa, la streghetta avvicinò la coppa alle labbra e prese un piccolo sorso. Era buonissimo. Il tempo di aver vuotato mezzo bicchiere, e il succo di zucca era salito primo in classifica tra le sue bevande preferite. Aveva un sapore fresco e zuccherino, ed era anche leggero e dissetante. Hermione immaginò se stessa in un giorno d'estate, poco prima degli esami finali a Hogwarts, seduta in riva al Lago Nero a ripassare Storia della Magia rinfrescandosi con un bicchiere di quel succo delizioso, dopo aver fatto levigare in aria una margherita e averla trasfigurata in un piccolo ventilatore. L'idea le fece spuntare un enorme sorriso. Forse tutto quel fantasticare era troppo infantile da parte sua, ma, accipicchia, sarebbe andata a Hogwarts! Come avrebbe potuto smettere di pensare alle meraviglie che la attendevano in quel magico luogo lassù in Scozia?
-Allora, Hermione, da cosa dobbiamo cominciare?
Chiese il signor Fogg dopo aver salutato un mago di sua conoscenza.
Non tirò neanche fuori dal mantello la lista con l'elenco del materiale da acquistare. Era sicuro che la ragazza se lo fosse imparato a memoria.
-Non so in che ordine siano disposti i negozi a Diagon Alley, ma io pensavo che sarebbe conveniente occuparsi prima della mia divisa scolastica. Dovranno prendermi le misure e, ovviamente, ci vorrà un po' più di tempo. I miei genitori sono contrari all'avere animali in casa, quindi non credo che ne prenderò uno. Naturalmente, non vedo l'ora di avere una bacchetta, ma temo proprio che dovrò aspettare. Per di più, non potremo comprare proprio un bel niente se prima non troviamo modo di cambiare le mie sterline in quelle strane monete. Spero di aver portato abbastanza soldi. Non credo che uno zellino valga quanto una sterlina, comunque. Come potrebbe? Avremmo pagato quattro sterline per un bicchiere di succo e mi sembrerebbe un tantino eccessivo.
Il vecchio mago scosse la testa. Ormai conosceva alla perfezione quel suo arrogante modo di parlare da saputella, soprattutto quando era nervosa o eccitata. Era combattuto. Da una parte lo trovava dolce e divertente, dall'altra avrebbe voluto farla tornare in sé buttandole addosso quel poco di burrobirra che gli rimaneva nel boccale.
-Con tutte quelle informazioni che ti ritrovi nella testa non mi stupirei se ti assegnassero a Corvonero.
Ridacchiò l'uomo raddrizzandosi il cappello bordeaux.
-Sarebbe un male finire in Corvonero?
-No, ragazzina. Non c'è una Casa a Hogwarts in cui sarebbe disdicevole capitare.
-Mi parli delle Case, per favore.
-Bene.
Iniziò il signor Fogg finendo l'ultimo goccio di burrobirra e posando il calice un po' di lato, di modo che tra lui e la giovane strega non ci fosse alcun ostacolo.
-Come già sai, sono quattro. Grifondoro, Serpeverde, Tassorosso e Corvonero. Ognuna di queste è caratterizzata da degli attributi che lo studente deve avere per farne parte. Attributi positivi e negativi. Non esiste quindi una Casa perfetta, né una malvagia. Sono tutte degne in egual misura. Serpeverde, la mia Casa, ospita maghi astuti ma spesso avidi. È la più discussa probabilmente. Ih! Ih! Ih! C'è chi loda la furbizia oltre misura, come la dote immancabile a qualsiasi uomo che voglia definirsi tale, ma anche chi è certo che non c'è mago cattivo che non provenga da lì. L'avidità, del resto, è anche ricerca del potere, della gloria, e chi li vuole veramente sarebbe disposto a perseguirli con ogni mezzo.
Un breve silenzio aleggiò tra di loro. Sapevano benissimo entrambi a chi si stessero riferendo.
-Poi c'è Tassorosso, la Casa dei buoni di cuore, ma anche degli ingenui, di quelli che si fidano troppo. Corvonero è la Casa dei curiosi, di quelli che cercano la conoscenza, ma che sono anche troppo presi da essa. Sono disponibili solo quando lo vogliono i Corvonero, solo quando non sono troppo presi da qualcosa di apparentemente inutile da cui però sono attratti all'inverosimile. Infine Grifondoro, a cui appartengono gli amici coraggiosi e leali, quelli che non si fermano davanti a nulla, specialmente non davanti alle regole. Sono imprudenti i Grifondoro. Ih! Ih! Ih! Quando ero giovane io arrivavano sempre ultimi nella classifica per la Coppa delle Case.
-Secondo lei a quale Casa verrò assegnata?
-Non è possibile dirlo. È una decisione che spetta al Cappello Parlante. Sicuramente non sarai una Tassorosso, però. Sei troppo scaltra. Sai come si spiegavano le quattro Case ai miei tempi? Se si mettesse ogni studente davanti a una porta chiusa, i Corvonero troverebbero le chiavi, i Serpeverde forzerebbero la serratura, i Tassorosso busserebbero e i Grifondoro butterebbero giù la porta a calci. Tu cosa pensi che faresti?
-Cercherei la chiave, ovviamente, ma se non la trovassi... beh, non lo so esattamente.
-Pensaci, allora. Però, vedi, non sei irrimediabilmente Corvonero, dopotutto. Ne conosco tanti io e, fidati, un vero Corvonero non metterebbe neanche in dubbio il fatto che troverà la soluzione. Lo farà e basta, a costo di metterci settimane. Ih! Ih! Ih!

Note dell'autrice

Sono certa che ormai lo sapete: tutto questo fantastico mondo pieno di succhi di zucca e burrobirre è della zia Rowling. Io prendo solo in prestito praticamente tutto, tranne il signor Fogg. Lui è il mio tessssoro. L'ultima spiegazione delle Case, quella degli studenti davanti alle porte chiuse a chiave l'ho letta da qualche parte su internet e, beh, non so chi l'abbia inventata, ma è la cosa più accurata di sempre.

Che ve ne pare di questo capitolo? Sta procedendo bene? Senza essermene neanche resa conto ho scritto quattro capitoli prima dell'arrivo a Diagon Alley! Mi sento realizzata ;)
Buona giornata e al prossimo capitolo. Conlatestatralenuvole

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Capitolo 5
*** Corda di cuore di drago ***


5


CORDA DI CUORE DI DRAGO


Dopo aver ordinato un vassoio di zuccotti di zucca da portare a casa, Hermione e il signor Fogg si avviarono verso quella che sembrava essere l'uscita secondaria del Paiolo Magico. La ragazza non aveva idea di cosa fosse esattamente uno zuccotto di zucca, ma il mago aveva insistito che ai suoi genitori avrebbe fatto piacere assaggiare qualche prelibatezza del mondo magico, e comunque, pensò la giovane strega, se la zucca di quei dolcetti era la stessa che utilizzavano nel succo, nessuno avrebbe avuto di che lamentarsi. Oltrepassata la porta cadente, talmente piccola che il signor Fogg dovette abbassare la testa per evitare di sbattere contro l'architrave – e non è che fosse particolarmente alto, lui –, i due si ritrovarono in un angusto cortile esterno dalla superficie quadrata piena di erbacce e circondato da alte pareti di mattoni rossi. Di fronte a loro si ergeva un maleodorante bidone della spazzatura. Alla loro destra e sinistra, due profondi vasi ospitavano una pianta tutta intrecciata che si muoveva minacciosa da tutte le parti.
-Chi è che ha messo dei Tranelli del Diavolo qui fuori?
Si chiese il signor Fogg sdegnato.
-Tranelli del Diavolo?
-Una pianta magica. Entra troppa luce qui dentro. Non dureranno una settimana.
Hermione diede un'altra occhiata ai vasi, poi si apprestò a seguire il suo dirimpettaio, che si era posizionato davanti a un muro. Con il pugno chiuso, batté su tre diversi mattoni appena sopra al bidone. Per qualche secondo non successe niente, ma poi l'ultimo mattone colpito iniziò a vibrare, solo lievemente all'inizio e pian piano sempre più forte. Iniziò a contorcersi pericolosamente, come se avesse voluto staccarsi dalla parete e alla fine, proprio al centro, apparve un piccolo buco. Quanto piccolo fosse, però, Hermione non riuscì mai a saperlo con esattezza, perché il tempo di un battito di ciglia, e quel forellino prese ad allargarsi. Era come se, agitandosi così tanto, il mattone avesse dato origine a una reazione a catena, e ora mezzo muro aveva cominciato a muoversi. Gli spostamenti andarono avanti per quasi un minuto, e alla fine, al di là del bidone della spazzatura, si era creato un varco talmente grande che ci sarebbe potuto passare un elefante. Oltre quella porta improvvisata, una stradina girava subito verso destra, senza dar modo di capire dove potesse portare. La ragazza era così intenta a osservare quella strana magia, da non accorgersi che il mago si era già avviato, lasciandosi il varco nella parete alle spalle. Hermione si affrettò a seguirlo, ma non aveva fatto in tempo a percorrere dieci passi, che fu costretta a fermarsi di nuovo. Davanti a lei, si estendeva la via commerciale più bizzarra e colorata che avesse mai visto. Non era dritta e larga come le strade principali delle grandi città che aveva visitato. Era piuttosto estremamente tortuosa e interamente pedonale. Ai lati della strada, si affacciavano, appiccicati l'uno all'altro, case e negozi dai colori e dalle forme più disparati. Doveva essere la magia a tenere in piedi quelle costruzioni, perché alcune di loro erano talmente storte e squilibrate che sarebbero potute cadere da un momento all'altro. Maghi e streghe di ogni età erano intenti a fare acquisti chiacchierando a voce alta. Un piccolo maghetto dal cappello fosforescente le sfrecciò davanti ridendo a più non posso, quando una sorta di lazzo si materializzò dal nulla, gli si avvolse intorno e lo trascinò indietro dalla mamma. Il bambino emise uno squittio eccitato. Hermione Granger non sapeva da che parte guardare. Strinse la mano del signor Fogg, mentre lo seguiva nel cuore di Diagon Alley. Camminarono per qualche centinaio di metri fino a raggiungere la costruzione più grande di tutto il quartiere: era un edificio bianco quasi triangolare, che formava una sorta di punta davanti per poi allargarsi gradualmente dall'altro lato. I due piani superiori sembravano essere stati fissati al pian terreno successivamente. Salirono la scalinata marmorea e superarono una grande porta di bronzo e poi una più piccola d'argento, su cui era incisa una breve filastrocca che mettesse in guardia i possibili ladri. Evidentemente dovevano essere stati installati degli ottimi sistemi di sicurezza. Attraversata quest'ultima porta, due esserini più bassi della ragazza, dalle barbe a punta e la pelle coriacea si inchinarono in segno di saluto nelle loro divise rosso e oro. Hermione li riconobbe immediatamente. Erano gli astuti e meschini goblin. Aveva letto tutto su di loro nel libro "Storia della Magia" di Bathilda Bagshot. Erano stati spesso considerati esseri inferiori e malvagi dai maghi, e per questo si erano ribellati nelle vicinanze del villaggio di Hogsmeade nel 1962. I goblin non facevano solo da uscieri all'ingresso, ma lavoravano anche come banchieri in quella che la ragazza scoprì essere la Gringott, la banca dei maghi. Dietro ai banconi in pietra, erano tutti intenti a esaminare, con delle comuni lenti d'ingrandimento, galeoni, falci e zellini, forse alla ricerca di qualche falso. Il vecchio mago si avvicinò a uno di loro e si schiarì la gola per richiamarne l'attenzione.
-Buongiorno, vorremmo cambiare dei soldi babbani.
Il goblin alzò lentamente lo sguardo dalle monete che stava controllando e allungò altrettanto lentamente il collo verso i suoi interlocutori, gli occhi indagatori ridotti a due fessure. La strana creatura squadrò l'uomo e la ragazzina dalla testa ai piedi e allungò una mano dalle dita lunghe e sottili verso di loro, in attesa delle banconote che il signor Fogg prontamente gli porse. Il funzionario della Gringott le esaminò con calma con la sua piccola lente e iniziò a contare alcune delle scintillanti monete che aveva davanti a sé. Pochi minuti dopo, che a Hermione sembrarono durare un'eternità, il goblin diede loro la corretta quantità di denaro e, finalmente, i due uscirono dalla Gringott. La ragazza non vedeva l'ora di comprare tutto ciò che le serviva. Non era una grande fan dello shopping, ma curiosare tra le botteghe di Diagon Alley si stava rivelando la cosa più interessante che avesse mai fatto.
   Per prima cosa entrarono in un negozio di medie dimensioni poco distante dalla banca chiamato con il nome della sua proprietaria: Madame Malkin. La strega, una donnina paffutella vestita di turchese dalla testa ai piedi, accolse il signor Fogg con l'entusiasmo che i negozianti rivolgono solo ai clienti più fidati:
-Guarda un po' chi si rivede! È passato un po' ormai, caro. Tra l'altro mi è appena arrivato un nuovo cappello. Vuole venirlo a vedere?
Trillò la signora trascinando l'uomo, alto il doppio di lei ma largo la metà verso il reparto dei cappelli e delle sciarpe.
-No, grazie, Madame Malkin. Oggi sono qui per questa giovane strega. Inizierà il primo anno a Hogwarts.
Annunciò il signor Fogg orgoglioso. La donna sembrò notare Hermione solo in quel momento. Fu un attimo scossa dallo stupore, probabilmente non essendo abituata a vedere il vecchio mago al fianco di una ragazzina, ma si riprese quasi immediatamente e porse alla streghetta un sorriso dolce, materno.
Mentre iniziava una conversazione con il signor Fogg riguardo all'innalzamento dei prezzi delle stoffe e della pelle di drago, scortò Hermione sul retro del negozio, la fece accomodare su uno sgabello e iniziò a prenderle le misure. Quasi mezz'ora dopo, la ragazza uscì dalla bottega con una grande busta contenente ben tre morbidi mantelli e due paia di guanti, uno di lana per l'inverno e l'altro in pelle di drago. Quest'ultimo paio era indispensabile per Hogwarts: guanti di protezione. Il signor Fogg si era preoccupato personalmente di testarne di varie fatture e spessori, dopo essersi fatto consigliare da Madame Malkin quelli di migliore qualità. Spiacevoli incidenti possono capitare durante le lezioni se non si sta attenti e non si è ben equipaggiati, aveva detto. Anche lui portava delle buste, due per la precisione; una contenente il pesante mantello invernale e il cappello da giorno della ragazza, l'altra invece con il nuovo cappello che alla fine non aveva potuto fare a meno di andare a vedere. Era di un elegante color arancio e si adattava bene alla sua carnagione chiara. Il signor Fogg diede un'occhiata veloce all'orologio:
-Per tutti i draghi, c'è così poco tempo e non abbiamo praticamente neanche iniziato. Credo sia meglio che ci dividiamo, a questo punto. Conosco un negozio che ti piacerà. Ih! Ih! Ih! Io intanto vado a procurarti qualche ingrediente per le pozioni.
Così dicendo, i due entrarono nel negozio immediatamente attaccato alla bottega di Madame Malkin: il Ghirigoro di Flourish & Blott. Era solo il terzo negozio che Hermione vedeva in tutta Diagon Alley, ma le bastò un'occhiata per decretare senza un minimo di dubbio che quello fosse il suo posto preferito. Il Ghirigoro era un'enorme libreria con scaffali alti fino al soffitto stracolmi di volumi di tutte le dimensioni e dai titoli più strani. Un'intera sezione era dedicata ai libri di Bathilda Bagshot. Un'altra, altrettanto corposa, alle pubblicazioni di un certo Gilderoy Allock. "A merenda con la morte", "In vacanza con le streghe", "Trekking con i troll". Che titoli assurdi. Hermione raggiunse il reparto Creature Magiche, prese un libricino delle dimensioni di una pila di post-it e lo portò ad un tavolo con una gamba più corta delle altre. "Guida all'allevamento dei Thestral", recitava il titolo. La ragazza iniziò a sfogliare le pagine, ma... erano tutte bianche. In una piccola postilla scritta al margine dell'ultimo foglio era riportato:
"Se non sei riuscito a leggere questo libro, sicuramente non puoi allevare un Thestral".
La giovane strega lo chiuse frustrata. Continuando il giro attraverso quella strana libreria, trovò addirittura un reparto per giovani maghi e streghe che vendeva romanzi, apparentemente considerati best sellers nel mondo magico, quali "Un amore babbano" e "Il mistero della vuota cornice". Vi erano anche una sezione per bambini e una dedicata ai manuali di cura della casa ("Eliminate le lumache cornute dal vostro giardino in 7 semplici colpi di bacchetta" e "Le ricette segrete del fantasma delle cucine – piatti rinfrescanti di fine estate" erano solo alcuni dei titoli). Hermione restò particolarmente intrigata dal reparto denominato: Libri Oscuri. Era colmo dei più strani e misteriosi volumi. Alcuni erano pelosi come delle grosse scimmie, altri ringhiavano se ci si avvicinava troppo, altri ancora sembravano bruciare continuamente, senza per questo mai essere distrutti. Quando la ragazza provò ad aprire un libro dalla copertina decorata con intricati motivi in rilievo, le pagine iniziarono a sfogliarsi da sole, freneticamente, e ad urlare come forsennate. Impaurita, Hermione chiuse il volume di colpo. Si guardò intorno con aria colpevole in attesa della reazione delle persone all'interno del negozio. Sembrava che nessuno si fosse accorto del rumore. Strano. Molto, molto strano. I casi potevano essere solo due, pensò: o erano tutti abituati a questo genere di cose, oppure... che non avessero sentito nulla? La giovane strega provò allora a riaprire il libro, questa volta girata verso gli altri clienti. Il frastuono era assordante, ma non sembrava disturbare nessun altro oltre a lei. Lo posò ancora aperto su un tavolino e, non appena le sue mani smisero di toccarlo, le voci delle pagine tacquero all'improvviso, per poi riprendere come se non avessero mai veramente smesso, una volta che lo ebbe ripreso in mano.
   Quando, più di un'ora dopo, Hermione uscì dal Ghirigoro, aveva comprato non solo tutti i libri di testo, ma anche un'altra mezza dozzina di volumi dall'aspetto interessante. Il signor Fogg, nel frattempo, aveva provveduto ad acquistarle tutto l'occorrente per le lezioni di Pozioni e un telescopio avvolgibile lungo quasi un metro e mezzo, ma che si poteva arrotolare su se stesso fino a diventare di forma e dimensioni simili a quelle di un mandarino. Era decisamente più pratico poter riporre il telescopio nella tasca del mantello quando si dovevano già portare molti libri in mano, le aveva spiegato il mago. Più la ragazza si guardava intorno tra gli edifici di Diagon Alley, più non poteva far altro che rimanerne affascinata oltre misura. Avrebbe tanto voluto aver potuto portare con sé una macchina fotografica per immortalare ogni angolo, ogni vetrina, ma, soprattutto, ogni persona. I maghi e le streghe dagli inconfondibili mantelli e gli stravaganti cappelli a punta, erano uguali, identici ai babbani, naturalmente. Una faccia, due occhi, due gambe due braccia e un naso. Ciò che facevano, però, era affascinante. Utilizzavano tutti le loro bacchette, anche per fare le cose più semplici. Con silenziosi incantesimi facevano sollevare in aria un articolo per guardarlo più da vicino, lo facevano levitare per non doverlo trasportare a mano fino alla cassa, puntavano quei bitorzoluti bastoncini magici ai loro borsellini per fare in modo che zellini, falci e galeoni si posassero sul bancone nel numero giusto. Si vedevano addirittura qua e là, bambini andare in giro con lecca-lecca volanti, retti da una mano invisibile, che si muovevano in perfetta sincronia con i proprietari, a pochi centimetri dalla loro bocca, così che potessero mangiarli senza avere le mani impegnate. Le merci in vendita, poi, erano così bizzarre da poter rallegrare anche l'uomo più triste dell'universo. E spesso non si trattava tanto di assurdi ingredienti per le pozioni o di modellini di scope in miniatura che sfrecciavano volteggiando nella teca dov'era esposta la loro "sorella maggiore", quanto di oggetti comunissimi nel mondo babbano. Un apparentemente normale medaglione, per esempio, dava a chi lo indossava consigli di carattere modaiolo.
-Dovresti dare una lavata a quei piedoni.
Aveva detto uno ad una strega che se lo era provato con una profonda voce scorbutica;
-Oh, mi piace molto come ti sei vestita oggi. Abbinare un mantello nero a un cappello color malva è stata un'idea geniale. Ho sentito che il rosa sarà di tendenza quest'inverno. Conservalo bene, quel cappello, così non si rovinerà nel frattempo.
Aveva invece mormorato una catenina più timida alla ragazza che l'aveva messa al collo. La streghetta aveva arrossito, lusingata, poi aveva chiesto alla madre se poteva comprare quello strano artefatto.
Ancora più insolite erano le nuvolette di zucchero filato che, come ogni nuvola che si rispetti, cambiava forma a seconda di chi aveva davanti. Quando un venditore di dolciumi ambulanti ne porse una a forma di bassotto ad un maghetto che indossava un mantello troppo lungo per la sua minuta statura, quella si tramutò in un drago dal dorso spinato che sputava fili di zucchero dalla bocca. Meraviglioso. Il negozio più affollato di tutta Diagon Alley era forse un certo Gambol & Jape: Scherzi da maghi, nella cui vetrina esplodevano in sempre diversi giochi di forme e colori un'infinita varietà di fuochi d'artificio. Non c'era bambino che non volesse entrare nel coloratissimo locale, un po' come accadeva con i negozi di giocattoli a Londra.
   Allontanandosi dal muro del cortile del Paiolo Magico e dal negozio di Gambol & Jape, la folla iniziava sempre più a diradarsi. C'erano altri negozi, per lo più di attrezzatura di seconda mano, ma per lo più case e piccole officine magiche e botteghe che ricordavano tanto i negozietti di souvenir babbani.
-Dove andiamo adesso?
Chiese la ragazza.
-A comprare la tua bacchetta, ovvio. Ih! Ih! Ih!
L'antico, piccolo locale a cui arrivarono, posto quasi all'estremità meridionale di Diagon Alley, aveva un aspetto molto meno accogliente degli altri fantasiosi negozi per cui erano passati. Un'insegna recitava, in piccoli caratteri dorati, "Ollivander: fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 a. C". Attraverso l'unica vetrina, che sembrava non essere spolverata proprio da quella remota data, era possibile individuare la sagoma confusa di una bacchetta. Non appena entrarono, un campanello trillò da qualche parte in lontananza, ma Hermione non riuscì neanche a domandarsi da dove, che fu subito rapita dalle migliaia di scatoline di bacchette impilate disordinatamente fino al soffitto. Come aveva già potuto constatare osservando le storte costruzioni e gli scaffali del Ghirigoro, evidentemente il fatto che la magia potesse tenere in piedi tutto sollevava i maghi dalla responsabilità di mettere le cose in ordine. Del resto, sarebbe bastato un colpo di bacchetta per far sfrecciare l'oggetto desiderato dal suo proprietario. Non c'era alcun bisogno di ricordarsi la sua posizione. D'altro canto, probabilmente, gli gnomi o le lumache cornute avrebbero potuto prendere qualcosa di nascosto. Neanche loro erano esenti dai problemi, dopotutto, e poi, avevano Tu-Sai-Chi. Il signor Fogg fece segno a Hermione di accomodarsi sull'unica sedia posta al centro della stanza. Immediatamente un metro sartoriale iniziò a prenderle le misure nei posti più improbabili: dalla spalla al gomito, dal ginocchio all'ascella... La ragazza lo lasciò fare mantenendo la calma e cercando di non agitarsi troppo per il solletico che quello strumento le faceva saltando da una parte all'altra del suo corpo. Voleva dare di sé un'impressione il più professionale possibile. Proprio mentre si concentrava per non muovere la testa mentre quel diavoletto di un metro le solleticava il collo misurandole la distanza tra la narice sinistra e la punta dell'orecchio destro e tra la fronte e lo sterno, un ometto dagli occhi color dell'argento arrivò da loro. Da dove fosse spuntato, la strega non sapeva proprio dirlo.
-Darnell Fogg. Salice, 10 pollici, capelli di Veela, non molto flessibile, aggiungerei. Era una bella bacchetta.
-Era.
Puntualizzò amaramente il vecchio mago.
-Comunque, chi abbiamo qui?
-Hermione.
Sussurrò la ragazza con tono appena udibile agitandosi sulla sedia, la voce tremante per l'ansia e la soggezione che quello strano ometto, che sembrava non sentire mai il bisogno di sbattere le palpebre, le incuteva.
Si schiarì la voce e ripeté con maggiore decisione:
-Hermione Granger.
-Bene, bene, bene.
Scandì lentamente il commerciante. Non sembrava affatto una persona affabile e tranquilla. Aveva un guizzo negli occhi che la giovane strega non si poteva spiegare, ma le ricordava il suo dirimpettaio, per certi versi, e questo la rassicurava un pochino.
-Allora, signorina Hermione Granger, io sono Garrick Ollivander, fabbricante di bacchette. Ma questo immagino lo avrai già capito.
La ragazza annuì, il cuore che le batteva a mille. Ollivander estrasse in modo apparentemente casuale una scatolina dallo scaffale alla sua destra. Lo spazio lasciato dalla sua momentanea assenza restò immutato, totalmente ignaro della forza di gravità.
-Cuore di piuma di fenice e legno di betulla.
Annunciò porgendole una lunga bacchetta di legno scuro organizzata simmetricamente in tanti precisi nodini sporgenti. Tra una serie e l'altra di nodini, si intravedeva la struttura sottile della bacchetta. Non appena Hermione la prese in mano, dovette lasciarla andare con un gridolino sorpreso. Bruciava, e non poco. Ollivander non si preoccupò di raccoglierla da terra, piuttosto si voltò verso lo scaffale opposto e tirò fuori un'altra scatolina.
-E questa?
La strega impugnò la bacchetta un po' titubante. Questa volta non scottava.
-Nucleo di Veela, legno di agrifoglio, 12 centimetri, flessibile. Provi ad agitarla.
La ragazza la puntò come aveva visto fare alla gente di Diagon Alley verso il metro che, finito il suo lavoro, si era accovacciato sulle sue gambe e faceva le fusa. Un lampo di luce rosata scaturì dalla punta e il metro saltò in aria spaventato e corse a rintanarsi sulle spalle di Ollivander.
-Ci siamo quasi, ma no. Non è ancora quella giusta.
A Hermione sudavano le mani per l'ansia. E se non ci fosse stata una bacchetta adatta a lei? Era solo una mezzosangue, del resto. L'uomo tirò fuori un'altra scatolina e poi un'altra ancora. Molte bacchette dopo, la ragazza si era scottata un'altra volta, aveva incenerito un angolo del mantello del signor Fogg e aveva fatto saltare in aria una bottiglietta di vetro distrattamente lasciata in precario equilibrio sul bordo di uno scaffale.
Ollivander aveva quasi svuotato un intero ripiano. Apriva le scatoline, ne esaminava il contenuto e, il più delle volte, le lasciava cadere per terra frustrato per poi rimettersi a cercare.
-Quattordici pollici, legno di salice e nucleo di crine di unicorno. La proviamo?
Non era neanche lui molto speranzoso. La ragazza impugnò la bacchetta imbarazzata. Non era né troppo calda, né troppo fredda e non faceva partire raggi incenerenti, ma aveva qualcosa che non andava. Non sapeva esattamente cosa. Del resto, non era mica un'esperta, lei. La studiò attentamente. Sembrava che quello strumento di legno le stesse sussurrando qualcosa. Non era qualcosa di udibile, però: non faceva alcun rumore, ma lei lo sentiva; sentiva quel sussurro dentro di sé; lo sentiva entrarle a fondo nell'anima; lo sentiva bisbigliarle parole armoniose di cui non riusciva a comprendere il senso. Poi si mosse. Impercettibilmente. La bacchetta di legno di salice e nucleo di crine di unicorno si protese verso destra, verso il basso, come un cagnolino che strattona delicatamente il guinzaglio, pensò Hermione, o un bambino che ha appena iniziato a camminare che tira la manona della mamma con la sua soffice manina. La ragazza si lasciò guidare e posò lo sguardo sul punto esatto in cui quello strano bastoncino magico sembrava volerla trascinare. Proprio lì, in un marasma di carta appallottolata e scatoline socchiuse, Hermione notò un'altra bacchetta più piccola e sottile. Presa dall'istinto, lasciò cadere a terra la bacchetta di salice e si incamminò lentamente verso quella appena trovata. Sentiva gli occhi piccoli e argentati di Ollivander scrutarla con curiosità. Si chinò a prendere la bacchetta, ma aspettò un secondo prima di stringerla fra le mani, quasi come se sentisse il bisogno di chiederle il permesso. Era tiepida al tocco e le intorpidiva leggermente la mano. Sorrise.
-Eccola!
Esclamò il fabbricante.
-Cuore di corda di drago, legno di vite, dieci pollici e mezzo, particolarmente flessibile. Davvero bella. Senza offesa, signorina Granger, ma è curioso come questa bacchetta l'abbia scelta. Non è una passeggiata, è una piccola ribelle, diciamo. Impara in fretta, ma bisogna saperla ammaestrare.
Hermione non era sicura che l'uomo stesse ancora parlando della bacchetta. La descrizione sembrava simile a una di quelle scritte sulle gabbie dei gufi al Serraglio Stregato: impara in fretta ma è cocciuto come un mulo. Ollivander continuò:
-Maghi molto esperti sono stati rifiutati da queste bacchette, ma lei no, nonostante sia cresciuta in una famiglia babbana e non ha alcuna conoscenza del mondo magico. Deve essere un privilegio, per lei, avere questa bacchetta. Ne è degna, signorina Granger. Sono sicuro che costituirete un ottimo binomio.
***
-Mi piace.
Disse poco più tardi la ragazza al vecchio mago tenendo con una mano un gelato e con l'altra la nuova bacchetta. Non aveva smesso di impugnarla neanche per un secondo. Era la sua bacchetta. L'aveva scelta. Lei ne era degna. Si sentiva orgogliosa.
-Cuore di corda di drago, no? Non mi sembra affatto male.
Hermione diede una leccata al cono variopinto, finendo per sporcarsi la punta del naso. Sulla strada del ritorno verso il Paiolo Magico, si erano fermati qualche secondo a guardare un'altra volta le vetrine del Ghirigoro, e adesso si erano accomodati su uno dei tavolini all'aperto della gelateria Florean. La giornata stava giungendo al termine e la caotica Diagon Alley si stava sfollando un po' alla volta. I bambini urlanti e sempre di corsa, stanchi dopo una giornata di acquisti con i genitori, avevano smesso di giocare e ora tenevano i nasi incollati alla vetrina di Accessori di Prima Qualità per il Quidditch con un lecca lecca o dello zucchero filato in mano. Quello del più piccolo di loro aveva assunto le sembianze di una scopa. Il sole, via via sempre più basso, faceva risplendere di un'atmosfera fiabesca i colori sgargianti delle case. I proprietari dei negozi iniziavano a riporre all'interno le merci che avevano allestito fuori per invitare i clienti ad entrare. Madame Malkin, seduta sui gradini della bottega, chiacchierava allegramente con un'altra strega dal mantello color senape. Sarebbe andata a Hogwarts. Hermione Jean Granger era una strega e sarebbe andata a Hogwarts. Aveva un mantello nero, un calderone in peltro e una bacchetta di legno di vite e cuore di corda di drago e, soprattutto, sarebbe andata a Hogwarts. Se glielo avessero detto qualche mese prima non ci avrebbe mai creduto. L'estate era la stagione delle belle notizie. La stagione dei giochi, delle vacanze, del fermarsi a contemplare il canto armonioso degli uccelli. Poi, quando arrivava settembre, si portava sempre via qualcosa. Quel settembre, Hermione sapeva che l'estate si sarebbe presa con sé, come premio per le gioie e per i divertimenti che aveva donato, una ragazza consapevole di non essere al suo posto. Quella ragazza, Hermione non l'avrebbe più rivista. Strinse più forte la bacchetta in mano. Ora ce lo aveva, un posto.


NOTE DELL'AUTRICE

Ecco a voi il nuovo capitolo! Disclaimer: non sono la Rowling. Se potete, recensite, altrimenti, grazie comunque per essere passati per di qua. Un bacione a tutti. Conlatestatralenuvole

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Capitolo 6
*** Incendio ***


5
INCENDIO
 
-Come avete detto che si chiamano, questi... dolci?
Chiese il signor Granger.
Dopo vari istanti di titubanza, si era lasciato convincere a tirare un morso a quei pasticcini a forma di mezzaluna ripieni di qualcosa che non aveva mai assaggiato prima. Era una specie di marmellata, ma dalla consistenza molto granulosa, quasi come fossero tante piccole briciole immerse in qualcosa di fresco e molle. L'impasto soffice sapeva di mandorle, mentre il composto interno era insieme menta, limone e liquirizia. O almeno era questo che sembrava a lui. Le piccole briciole, infine, avevano mille sapori diversi, quasi come se ognuna di esse fosse stata ricavata da un diverso alimento, e tutte quante erano in perfetta armonia tra di loro. C'era anche un retrogusto più aspro, che si sentiva appena appena: mandarino, probabilmente. L'insieme era squisito. Un'esplosione di sapori e colori.
-Zuccotti di zucca, caro.
Rispose sua moglie, prendendone un altro dal vassoio.
Zucca? Se c'era un sapore che non si sentiva era proprio quello della zucca. Che strani, i maghi. Il signor Fogg mosse un alfiere sulla scacchiera e fece scacco al re bianco, che fu subito messo in salvo da un cavallo. Poteva essere bizzarro, il mondo magico, ma di cucina e scacchi se ne intendeva parecchio. Il signor Granger stava vedendo le sue pedine perdere lentamente anche quell'ennesima partita. Forse poteva chiedere al mago di fronte a lui di insegnargli qualche trucco. Insomma, già così era trai più bravi nel suo club di scacchi, ma se avesse imparato la strategia del signor Fogg, avrebbe potuto ricevere il titolo di campione e diventare almeno per un anno membro onorario del consiglio dell'associazione. Era una delle sue più grandi aspirazioni. Purtroppo, durante il torneo fine anno, non era mai riuscito a passare oltre i quarti di finale. Un buon risultato, certo, ma con il giusto allenamento avrebbe potuto fare di più. Forse, il signor Fogg l'avrebbe aiutato. L'uomo, d'altro canto, con in testa il suo cappello arancione nuovo di zecca, non si trovava ancora molto a suo agio in una casa di babbani. Aveva acconsentito a restare a cena solo perché gliel'aveva chiesto una streghetta un po' troppo eccitata per i suoi gusti. Hermione, infatti, quella sera, era ciò che si potrebbe definire un fiume di parole. Non c'era modo per gli adulti di fare tanta conversazione con la ragazza che non faceva altro che descrivere Diagon Alley nei minimi dettagli. Ogni tanto i suoi genitori le facevano qualche domanda, ma sembravano più interessati a vederla parlare con così tanto entusiasmo che non al discorso in generale. Il signor Fogg non era un tipo sentimentale, ma doveva ammettere che quella scena era uno spettacolo per gli occhi. Hermione aveva gli occhi accesi per la felicità e non riusciva a stare ferma sulla sedia per più di qualche secondo. Sua madre sorrideva orgogliosa ad ogni parola e il padre la guardava altrettanto radiante. Era abbastanza ovvio che quella giornata era stata la migliore della sua vita. Aveva raccontato tutto, dal metro addestrato che le aveva preso le misure quando era andata a comprare la bacchetta al sapore della burrobirra, dai fuochi d'artificio ad acqua all'interno del negozio di Gambol & Jape al viaggio nel camino attraverso la metropolvere. Quell'ultimo particolare allarmò non poco la signora Granger. Sembrava una cosa un po' pericolosa: se avesse sbagliato comignolo dove sarebbe andata a finire? Il signor Granger, invece, aveva mormorato qualcosa su un certo Babbo Natale e si era messo a ridere talmente forte che aveva dovuto abbandonare la stanza per ricomporsi. Alla fine della cena, Hermione acconsentì a sfilare per tutta la cucina con indosso il mantello, il cappello e la bacchetta, per la gioia della madre, che si era addirittura messa a pinagere. Sdolcinati, questi babbani, aveva pensato il signor Fogg alzando gli occhi al cielo. Alle otto e mezza, la ragazza salutò tutti con un abbraccio e se ne andò in camera sua. Era certa che, però, non si sarebbe addormentata tanto presto.
   Sulla sua scrivania in legno, infatti, la aspettava una grossa pila di libri. Posò la bacchetta delicatamente nella sua custodia, piegò e ripose nel baule gli abiti da strega e ne prese uno. "Le Forze Oscure, guida all'autoprotezione". Era un manuale dai contenuti inquietanti e intriganti al tempo stesso. Forniva una descrizione di molte creature magiche alquanto pericolose, ma nulla di troppo approfondito. Sembravano quasi avvertimenti, che includevano alcuni dettagli della creatura in questione, appena sufficienti perché lo studente fosse in grado di riconoscerla, e il motivo per cui era meglio tenersene alla larga. La cosa più interessante erano le indicazioni – scritte per scopi puramente accademici, ovviamente: era del tutto improbabile che uno studente del primo anno si trovasse ad affrontare pericoli del genere, e ancora più improbabile che uscisse vivo, o comunque indenne, da un ipotetico scontro – utili a chi volesse tentare di affrontare l'essere oscuro o trovare rimedio a una ferita da esso inflitta. Non tutte le creature, purtroppo, offrivano tutti questi contenuti. Si parlava di lupi mannari e berretti rossi, che nonostante il nome apparentemente innocuo, sembravano prendere a bastonate chiunque gli si avvicinasse.

   Non erano passati che pochi giorni, e Hermione aveva divorato i libri di testo e tutti gli altri che aveva acquistato al Ghirigoro. A detta del signor Fogg, sapeva molte più cose di quante una giovane strega della sua età avrebbe dovuto. Il suo volume preferito, comunque, restava "Storia di Hogwarts" e, per qualche motivo, ciò rendeva felice il vecchio mago, suo dirimpettaio. Non faceva altro che ripetere quanto Bathilda Bagshot fosse una brava scrittrice, e di quanto fosse naturale che uno dei suoi manoscritti più importanti avesse lasciato il segno nella mente della ragazza. Ogni pomeriggio, dopo pranzo, i due si incontravano per piccole lezioni di introduzione alla magia. Il Ministero della Magia aveva promulgato un articolo sulla ragionevole restrizione delle arte magiche trai minorenni, ma il signor Fogg aveva insistito che a nessuno importava di un paio di incantesimi effettuati in un luogo sicuro, al riparo dalla vista dei babbani, per meri scopi conoscitivi.
-Tira fuori la tua bacchetta, ragazzina!
Sbraitò il vecchio mago con un tono da sergente. A Hermione si incurvarono le labbra in un sorriso e fu sul punto di rispondere con il saluto militare, ma poi ci ripensò – al signor Fogg non piacevano troppo gli scherzi -, e tirò fuori da una tasca che la madre le aveva cucito apposta all'interno di un paio di jeans di una misura un po' più grande, la custodia della sua preziosa bacchetta con cuore di corda di drago. Il mago si batté una mano sulla fronte.
-Un mago, o una strega, ragazzina, tiene sempre la propria bacchetta a portata di mano. Non all'interno della custodia.
Sbuffò.
-E se dovesse rompersi?
Chiese la streghetta inarcando un sopracciglio.
L'uomo borbottò qualcosa di incomprensibile, prese la scatolina vuota e la ripose in un cassetto della sua credenza, lo stesso in cui teneva la polvere volante. Hermione spalancò gli occhi incredula. Fece per aprir bocca, ma il mago la precedette:
-Te la ridarò prima della tua partenza, non ti preoccupare. Per adesso devi imparare la regola fondamentale di ogni mago: la bacchetta deve essere un'estensione del tuo stesso braccio. Devi tenerla pronta, a portata di mano, per ogni evenienza. Non ti capiterà di trovarti attaccata da chimere e letalmanti a Hogwarts, tuttavia potrebbe rendertisi necessario riparare qualcosa di rotto prima che qualche professore lo scopra. Come penseresti di farlo, sprovvista di una bacchetta?
Le sputò addosso.
Hermione non aveva idea di quali fossero le sue precise intenzioni, ma se voleva spaventarla, non ci stava riuscendo affatto. Era piuttosto divertente, in realtà.
-Adesso, prova a fare qualche incantesimo. Qualsiasi. Anche appiccare fuoco al divano. Tanto dubito che ti riuscirà. Ih! Ih! Ih!
La ragazza impugnò saldamente la bacchetta, proprio come il signor Fogg le aveva già insegnato e...
-Incendio!
Tuonò la giovane strega puntando la bacchetta contro il vecchio divano e compiendo un movimento a forma di fiammella. Doveva mantenere il polso fermo, scandire bene l'incantesimo e muovere la bacchetta in modo netto e pulito. Dalla punta del bastoncino, uscirono una serie di scintille scure come tizzoni ardenti. Ci fu una fiammata che durò meno di un secondo. Quando terminò, il bracciolo del divano era totalmente incenerito.
-Ih! Ih! Ih!
Fu l'unico commento del mago, mentre la ragazza si sedeva per terra, stremata, con la fronte imperlata di sudore. Le prese la bacchetta dalle mani.
-Reparo.
Ordinò, e il bracciolo tornò esattamente com'era prima.
Il signor Fogg le porse di nuovo la bacchetta e la aiutò ad alzarsi in piedi.
-Non male come prima volta, ragazzina. Devi solo concentrarti di più.
Hermione spalancò gli occhi e si tolse alcune ciocche di capelli dagli occhi. Si era sforzata talmente tanto per quell'incantesimo, che nonostante l'avesse pettinata innumerevoli volte quella mattina, la massa cespugliosa dei suoi capelli era diventata ancora più informe e scompigliata del solito. Per non parlare degli stretti nodi che avevano reso i suoi ricci più crespi che mai. Si chiese se esistesse una magia per riuscire a domare una chioma come quella.
-Sì, sì. Mi hai sentito bene. Ih! Ih! Ih! Devi concentrarti, non metterci dentro tutta la potenza che utilizzeresti per sollevare una macchina.
Le si accostò e corresse l'impugnatura della bacchetta.
-Non focalizzarti troppo sull'effetto finale. Pensa bene all'atto di eseguire l'incantesimo in sé. È quello il trucco. Due scintille non sono degne di un incenerimento del genere. Impara a regolarti. Scintille, uguale a lieve bruciatura. Esplosione con fiamme giganti, uguale a divano incenerito e due schiaffoni da parte mia perché sono affezionato a questo divano, chiaro?
La ragazza annuì. Aveva ancora il fiatone.
-Perfetto, vediamo quello che riesci a fare.
-Incendio!
Ripeté Hermione con un po' meno foga, concentrandosi mentalmente sull'immagine di grandi fiamme che uscivano dalla bacchetta. Questa volta le scintille furono un po' più consistenti, ma l'incantesimo aveva colpito sempre e soltanto il bracciolo. La ragazza non si era mai sentita così delusa da se stessa. Aveva studiato tutto il libro di Incantesimi. Conosceva a memoria ogni movimento, ogni formula e ogni effetto di ogni magia tra quelle elencate. Era sicura che ce l'avrebbe fatta. Inoltre si sentiva stanchissima, come se avesse veramente provato a sollevare una macchina. Si fece cadere sdraiata sul divano rattoppato, stando ben attenta a non toccare il bracciolo mezzo incenerito. Il signor Fogg raccolse la bacchetta che aveva lasciato cadere per terra e pronunciò un'altra volta l'incantesimo di riparazione. Poi posò la bacchetta sul petto della streghetta e si andò a sedere accanto a lei.
-So che non hai qualcuno a cui paragonarti, ragazzina.
Disse con la voce più gentile che gli riuscì di fare dopo qualche secondo di silenzio. La ragazza aveva gli occhi lucidi, e il vecchio mago non avrebbe davvero saputo che cosa fare se fosse scoppiata a piangere. Non era bravo, lui, con i bambini.
-Sappi, però, che i tre quarti dei tuoi coetanei non riuscirebbero a far uscire neanche l'accenno di una scintilla dalla punta delle loro bacchette la prima volta. Ci vuole esercizio. È a questo che serve Hogwarts. Tu sei una strega talentuosa, Hermione Granger, soprattutto considerando che questo è il tuo primissimo approccio con la magia. A scuola troverai tantissimi maghi purosangue, che avranno visto praticare incantesimi come questo miliardi di volte e, comunque, non saranno bravi quanto te. Con un po' di impegno tu potresti arrivare a Hogwarts sapendo eseguire alla bene e meglio tutte le magie riportate sui tuoi libri. La maggior parte degli altri, invece, per quanto ci avrà provato, non riuscirà nemmeno a muovere bene la bacchetta. Puoi farcela, ragazzina. È il tuo mondo, questo. Sei una strega brillante. Devi dimostrarglielo. A tutti quegli spocchiosi purosangue. Non devi farti trovare indifesa. Loro ti potranno prendere in giro, dirti che sono di gran lunga migliori di te. Non è così. I tuoi genitori sono denticisti, e allora? Non è questo ciò che conta.
Hermione sorrise. Era un sorriso triste, ma stava iniziando a cpire quello che il signor Fogg voleva farle comprendere.
-Si dice dentisti.
-Vedi, loro questo non lo sanno. Sei la regina di due mondi, ragazzina, mettiamola così. Del mondo babbano e del mondo magico. Anche il più potente dei purosangue saprà solo la metà delle cose che sai tu.
Trai due calò un attimo di silenzio. Non un silenzio imbarazzato, però. Più una pausa di riflessione.
-Dimmi un po', che cos'è l'aconito?
-Una pianta.
Mormorò Hermione ancora imbronciata.
-No, ragazzina, sono sicuro che mi puoi dire molto più di così.
-Beh, è utilizzata per preparare la pozione antilupo.
Con un cenno della testa, il signor Fogg la esortò a continuare. La ragazza si mise a sedere. Ormai aveva abbandonato i pensieri tristi e ripreso la sua solita aria autoritaria da perfetta so-tutto-io.
-Detta anche napello o luparia, il suo nome significa rapa, per la forma del suo fusto, ma anche giavellotto. Anticamente infatti era utilizzata per avvelenare la punta delle lance nei combattimenti. Tutt'ora ha la fama di essere una pianta molto velenosa e irritante, ma se ben diluita può avere proprietà analgesiche e depurative. È anche un ingrediente fondamentale per la preparazione dell'antidoto contro il distillato di morte vivente, la pozione occhiopallato, insieme a zanne di serpente e pungiglioni di celestino essiccati.
-Visto?
Sorrise il vecchio mago alzandosi in piedi.
-Nessuno impara queste cose prima di andare a Hogwarts.
-Non mi serve a niente saperlo, però. L'ha detto anche lei: non mi capiterà mai di affrontare un lupo mannaro a Hogwarts, né tanto meno credo che qualcuno mi rifilerà un distillato di morte vivente.
Obiettò la giovane strega, ma stava sorridendo.
-Però, se qualcuno ti farà del male o ti dirà qualcosa di brutto, puoi sempre strofinarne una foglia o due sulla sua scopa da Quidditch appena prima di una partita.
Le bisbigliò il mago facendole l'occhiolino.
Hermione sorrise ancora di più. Con tutta probabilità non avrebbe mai fatto qualcosa del genere, ma nuova scuola, nuova lei. Non si poteva mai sapere...
   Le settimane successive passarono più in fretta di quanto chiunque avesse sperato. Anche la stessa Hermione, che non vedeva l'ora di prendere il treno per la Scozia, si sentiva triste al pensiero di dover lasciare per un anno intero la sua famiglia. Non erano mai stati distanti così a lungo. A dire la verità, non erano proprio mai stati distanti per più di una giornata, in cui con giornata si intendeva l'arco di tempo compreso tra l'arrivare a scuola e l'ora di cena. Il tempo da trascorrere nella sua villetta babbana era agli sgoccioli, e il giorno prima della partenza, il suo baule con tutto l'occorrente per il nuovo anno scolastico era già stato preparato da tempo. I mantelli con i guanti e il cappello da giorno, erano piegati ordinatamente da un lato, separati da tutte le varie cianfrusaglie. Avrebbe dovuto cambiarsi sul treno per Hogwarts, e non aveva intenzione di passare mezz'ora a rovistare all'interno del baule per trovare i suoi vestiti da strega. Tutti gli ingredienti per le pozioni, compresi quelli che aveva comprato nonostante non fossero presenti nella lista del materiale necessario, erano ben chiusi all'interno dei loro barattoli e delle fialette. Erano stati chiusi in una busta perché non combinassero danni nel caso in cui si dovessero rovesciare, e riposti insieme alle delicate provette di cristallo all'interno del calderone in peltro. I libri, sia quelli di testo che tutti quelli facoltativi che si era comprata anche durante la sua seconda visita a Diagon Alley, erano incastrati tutt'intorno. Sopra una pila di volumi aveva posato la bilancia in ottone, mentre in un altro scompartimento, aveva riposto ordinatamente il telescopio pieghevole e i vestiti da tutti i giorni, anche se dubitava che li avrebbe usati più di tanto. Il mantello aveva tutto un altro fascino ai suoi occhi. Una tasca laterale del baule ospitava busta e carta da lettere, vari rotoli di pergamena, penne d'oca e calamai d'inchiostro nero splendente. Non era abituata a scrivere in quel modo, ma si era esercitata davvero molto, e adesso padroneggiava la scrittura con penne e inchiostro senza problemi. In uno scompartimento ricavato all'interno del coperchio del baule, infine, aveva infilato due vassoi di zuccotti di zucca e alcuni dolci fatti in casa che la mamma le aveva preparato. Le uniche cose che si trovavano al di fuori del grande baule, in verità, erano il libro "Storia di Hogwarts" e la sua bacchetta. Cuore di corda di drago, legno di vite, dieci pollici e mezzo, particolarmente flessibile. Si era esercitata molto, con quel fantastico strumento magico, e ci si era in qualche modo affezionata. Come aveva previsto il signor Fogg, ormai sapeva effettuare, alcuni più e alcuni meno, quasi tutti gli incantesimi che avrebbe imparato, o nel suo caso, perfezionato, nel corso dell'anno. Il signor Fogg. Anche lui le sarebbe mancato molto.
   Dopo aver cenato, quella sera, in compagnia anche del vecchio mago, a Hermione fu concesso in via del tutto eccezionale di farsi il bagno nella grande vasca da bagno della madre. Del resto, non sarebbe stata a casa per il suo compleanno. Quel pensiero le provocò una fitta al cuore. Non si era mai preparata all'evenienza di andare via di casa. Pensava che sarebbe successo solo una volta finite le scuole superiori, quando avrebbe iniziato il college. Mormorando l'incantesimo Incendio accese tutte le profumatissime candele allineate sulla mensola sopra la vasca, fece scorrere l'acqua calda e la riempì con tantissimo bagnoschiuma colorato, fino a che la superficie dell'acqua scomparve sotto tutte le bollicine. Si immerse nella vasca e chiuse gli occhi, appoggiandosi allo schienale foderato in plastica impermeabile e beandosi della sensazione dell'acqua profumata e calda che si riversava su di lei. Lasciò la mente libera di vagare e una lacrima le rigò il volto. Non sapeva il perché di quella lacrima. Era per la gioia di andare a Hogwarts, sicuramente, per la felicità di stare per trovare lei stessa, di imparare tutto ciò che aveva sempre, pur senza saperlo, desiderato di imparare; ma era anche per la tristezza, il dolore di dover lasciare per un anno intero la propria famiglia, il suo fantastico dirimpettaio, la sua quotidiana routine fatta di programmi già stilati il giorno prima, ricorrenti passeggiate al parchetto vicino casa, noiose partite di scacchi con il papà in cui perdeva sempre. Non era certo la vita più emozionante che si potesse immaginare, quella che aveva vissuto fino a poche settimane prima, quando aveva scoperto di essere una strega, ma era qualcosa di prezioso e le piaceva. Le donava pace. Era per lei sinonimo di conforto e tranquillità, nonostante le prese in giro che riceveva a scuola perché era diversa. Si fece scivolare con la testa sotto l'acqua. Trattenne il fiato. Sapeva che, una volta riemersa in superficie, non sarebbe più stata la stessa Hermione di sempre. Sarebbe stata la ragazza che si finisce di preparare perché il giorno dopo avrebbe preso il treno per la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Sarebbe stata smistata da un cappello parlante all'interno di una delle quattro Case, avrebbe cenato in compagnia dei suoi nuovi compagnia sotto a un soffitto incantato che rifletteva il tempo che faceva all'esterno. A pensarci, sembrava ancora una semplice, irreale fantasticheria. Hermione riemerse dall'acqua, molto più tranquilla di quando ci era entrata. Con una cura che non aveva mai messo nel prendersi cura del proprio corpo, si insaponò per bene con varie lozioni diverse, lavò gli indomabili capelli massaggiandoli con delicatezza finché non furono soffici come la seta. Si infilò nella camicia da notte di lino bianco e, in memoria dei vecchi tempi, chiuse gli occhi e, con la concentrazione al massimo, si smaterializzò nella sua cameretta. Si sdraiò subito a letto, di colpo stanchissima, e si addormentò poco dopo. Un sonno ristoratore, senza sogni, perché il sogno più grande si stava già per realizzare. Mancavano meno di ventiquattro ore, poi sarebbe arrivata a Hogwarts.


NOTE DELL'AUTRICE

Mi sono fatta un po' attendere, e mi scuso profondamente per ciò, ma ecco il nuovo capitolo. Credo che non ci sia bisogno di ricordarlo, oramai, ma no, non sono J.K. Rowling. Questa è solo una fanfiction. È il mio personale mondo dei sogni.

Vi invito caldamente a recensire perché mi farebbe molto piacere avere qualche commento in più alla mia storia. Vi piace? Scrivetemelo. Non vi piaca? Fatemelo sapere ed entrate bene nei dettagli, così che io possa migliorare.

Una cosa curiosa: non so come è possibile ma uno dei capitoli è stato più visitato di quello prima. Probabilmente qualcuno si sarà accorto che andando avanti alla storia sembrasse mancare un pezzo... controllate, perché potreste aver saltato il capitolo ;) Oppure non fatelo: mi piace pensare che sia un evento magico!

Pronti per il grande giorno? L'Hogwarts Express è in arrivo! Continuate a seguirmi e vedrete dove ci porterà.

Con grandissimo affetto a tutti i lettori, sia gli affezionati che quelli di passaggio (sperando che magari vi fermerete per un po'), sempre vostra. Conlatestatralenuvole

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Capitolo 7
*** Qualcuno ha visto un rospo? ***


7
QUALCUNO HA VISTO UN ROSPO?

Schiacciato sul sedile posteriore di una macchina, il signor Fogg si sentiva assolutamente fuori posto. Era ben abituato alla materializzazione, alla metro polvere, a volare sulle scope, ma le automobili babbane erano per lui una vera tortura. Il suo stomaco si attorcigliava a ogni curva e le uova strapazzate che aveva mangiato per colazione sembravano volergli risalire su da un momento all’altro. Mai più, si ripromise, sarebbe salito su una di quelle scatole di metallo puzzolenti. La giovane strega al suo fianco, il libro “Storia di Hogwarts stretto in una mano e la bacchetta di corda di cuore di drago nell’altra, guardava nervosamente fuori dal finestrino alla ricerca di un qualsiasi indizio su dove si stessero dirigendo. Avevano deciso di tenerglielo nascosto, una sorta di piccola sorpresa, e, per questo motivo, anche il suo tè con i biscotti allo zenzero minacciava di fare capolino. I suoi genitori stavano parlando, ma lei non riusciva a sentire niente, troppo impegnata a controllare e ricontrollare nella sua testa che non si fosse dimenticata nulla. Si passò una mano trai capelli. Diventavano sempre più gonfi e annodati quando era agitata, e cominciava a sospettare che non si trattasse della qualità dello shampoo che utilizzava. Il dito mignolo le restò incastrato tra due ciocche particolarmente intrecciate. Doveva proprio darsi una calmata. La macchina si fermò, e la ragazza sentì il proprio cuore batterle più forte nel petto. Fortissimo, come se cercasse di restare al passo con i suoi pensieri. Avrebbe voluto gridare, urlare a squarciagola, tornare a casa a gambe levate e rintanarsi in un angolino, essere già a Hogwarts, essere già una strega esperta capace di eseguire tutti gli incantesimi, evitare in qualunque modo il momento carico di emozioni che si stava approntando ad affrontare.
   La stazione di King’s Cross era gremita di gente a quella tarda ora del mattino. C’era chi andava a lavoro impugnando la sua valigetta ventiquattr’ore, chi trascinava carrelli pieni di bagagli, pronto a compiere un lungo viaggio; c’erano turisti che si muovevano in gruppi piccoli o grandi, con al collo le loro instancabili macchine fotografiche. C’era chi andava e chi veniva, un ritmo frenetico, un movimento senza sosta, proprio come quello dei treni, sempre in corsa, che si fermavano solo per ripartire, senza mai arrivare veramente a destinazione.
Una voce dal microfono annunciava i binari dei treni in partenza, esortando i più ritardatari a sbrigarsi. Un grande orologio a numeri romani segnava l’inesorabile passare dei minuti. Sotto di esso, un vigilante si era fermato per fornire informazioni a una famiglia spagnola, o forse italiana. Erano le dieci. Tutto ciò che Hermione sapeva era che il treno sarebbe partito in un’ora. Da dove? Questo non le era dato saperlo. Il signor Fogg le porse un biglietto.
Hogwarts Express, Binario 9¾, ore 11.00, 01/09/1991
La giovane strega si guardò intorno. Nessun cartello segnalava un binario simile. Del resto, come nome, era abbastanza inusuale. Per di più, come poteva un treno diretto verso una scuola di magia, trovarsi circondato da centinaia di babbani? Quando i suoi genitori la raggiunsero, il suo enorme baule riposto su un carrello, il vecchio mago fece loro cenno di seguirlo attraverso la stazione. Portava il cappello arancione che aveva comprato a Diagon Alley da Madame Malkin. Doveva piacergli davvero molto, perché ultimamente portava quasi solo quello. Arrivarono al binario nove, dove il treno per Royston era prossimo alla partenza. Al binario successivo, si era appena fermato quello proveniente da Welwyn Garden City. Trai due, il binario nove e tre quarti non dava il benché minimo segno di esistere. Il signor Fogg teneva lo sguardo puntato fisso alla colonna in mattoncini esattamente al centro tra quella contrassegnata con il cartello del binario nove e quella che invece segnalava la posizione del numero dieci. Probabilmente funzionava come per Diagon Alley, pensò Hermione: bisognava colpire il muro per farlo aprire.
-Avanti, su!
Esclamò il mago sistemando Hermione a meno di dieci passi di distanza dalla colonna. Le posizionò il carrello davanti e fece un cenno con la mano verso gli ordinati mattoncini della barriera. La ragazza lo guardò confuso. Come avrebbe fatto lei a sapere quali mattoni colpire con esattezza. Hermione si schiarì la gola per farglielo notare, ma quello che le disse il signor Fogg subito dopo fu totalmente diverso da ciò che si aspettava.
-Non stare lì impalata e corri, ragazzina. Il binario nove e tre quarti è là dietro.
La giovane strega, nonostante la bizzarra indicazione, cercò di non farsi troppe domande. Era un mondo strano, quello dei maghi. L’aveva capito bene. Così, preso un bel respiro, chiuse gli occhi, impugnò con forza il manico del carrello e partì di corsa verso la colonna, lasciandosi alle spalle il gridolino strozzato della madre. Anche se si fidava del signor Fogg e cercava di convincersi che sarebbe andato tutto bene, una parte di lei era a dir poco terrorizzata. Stava correndo contro una barriera di solidissima pietra insieme a un pesantissimo carrello contenente tutto il suo preziosissimo materiale scolastico. Si sarebbe schiantata.
   Presa da tutto quel pensare, però, Hermione non si era accorta di star correndo da un po’ troppo tempo. La colonna tra il binario nove e dieci le era sembrata molto più vicina. Rallentò e aprì gli occhi, ma dovette spalancarli ancora di più tanto fu lo stupore di ciò che si estendeva per decine di metri davanti a lei. La stazione di King’s Cross era sparita. O meglio, si trovava ancora in una stazione, ma era totalmente diversa da quella di prima. Il cartello affisso alla colonna attraverso cui era appena passata riportava in grandi caratteri il numero 9¾. Sì, era proprio quello. Più della metà della gente indossava mantelli e capelli da mago. Tantissime famiglie si scambiavano gli ultimi saluti, e i genitori aiutavano i figli più piccoli a caricare i proprio bagagli su una fiammeggiante e fumante locomotiva, l’Hogwarts Express. I ragazzi portavano con sé gabbie di svariate forme e dimensioni contenenti gufi, civette, gatti e persino qualche rospo. L’aria festante risuonava delle voci eccitate degli studenti che si rincontravano dopo l’estate, di quelli nuovi che venivano presentati dai fratelli più grandi e guardavano il treno con un misto di orgoglio e ammirazione. Dopo una manciata di minuti anche i suoi genitori e il signor Fogg la raggiunsero al di là della barriera magica che separava il resto di King’s Cross dal binario nove e tre quarti. Probabilmente non era stato molto facile convincerli a correre contro una colonna di mattoni. Sua madre corse ad abbracciarla in lacrime. Suo padre, guardandosi intorno, si strofinava gli occhi un po’ per lo stupore e un po’ per nascondere l’emozione. Anche Hermione si lasciò sfuggire una lacrimuccia. Il vecchio mago, nel frattempo, aveva trovato una cartaccia abbandonata per terra ed era impegnatissimo a farla rotolare avanti e indietro con il piede, deciso a lasciare un po’ di spazio alla famigliola. Non era mai stato bravo con gli addii, lui. Aveva sempre preferito andarsene e basta, bere quella pozione amara tutta d’un sorso.
-Ci mancherai tantissimo, tesoro.
Singhiozzò la signora Granger affondando il viso trai capelli sempre più gonfi della figlia e stringendola in un abbraccio soffocante che avrebbe voluto far durare per ore, giorni, tutto l’anno, in realtà, così che non se ne sarebbe mai dovuta separare.
-Scrivici sempre, mi raccomando. E ricorda, se dovesse succedere qualcosa, qualsiasi cosa che ti spaventi, che ti turbi o che semplicemente non ti dovesse piacere, facci un fischio e ti riportiamo subito a casa. E anche se volessi decidere di costruirti una vita interamente nel mondo dei maghi, senza nessun collegamento con la tua vita insieme a noi, sappi che io e tua madre appoggeremo ogni tua decisione.
-Quanto sei melodrammatico, papà.
Sorrise la ragazza coinvolgendolo nell’abbraccio.
-Non posso credere che la mia bambina sia diventata così grande. Se ne va a studiare in Scozia.
Mormorò la signora Granger.
La “sua bambina” alzò gli occhi al cielo e strinse più forte la madre.
-Vi voglio bene.
Aggiunse prima di sciogliersi dall’abbraccio dei suoi genitori e andare dal signor Fogg, ancora tutto preso dalla pallina di carta sul pavimento. Il vecchio mago la prese in disparte.
-Stai bene attenta, ragazzina. Hogwarts è impegnativa, ih! ih! ih! non è tutta rose e fiori. Ricordati che sei una strega brillante, che, anche se non vieni da una famiglia purosangue, potrai battere tutti i tuoi compagni in pozioni e incantesimi. Non abbassare mai la guardia. Dimostra a tutti che si sbagliano con i loro pregiudizi all’antica. Fai amicizia. Trovati qualcuno che ti stia accanto e che sarà sempre dalla tua parte, anche se dovesse appartenere a un'altra Casa. A proposito di Case, stasera prederai parte alla cerimonia dello smistamento. Nel mondo dei maghi non c’è evento più importante. Da stasera in poi la tua Casa diventerà parte di te e tu diventerai parte della tua Casa. E quando ti troverai con il cappello parlante su quella piccola testolina sapientona, ricordati bene: se ti trovassi davanti a una porta chiusa, cosa faresti?
   Il momento degli addii fu faticoso almeno quanto trascinare il pesante baule per lo stretto corridoio del treno, ingombrato da decine di ragazzi che passavano in entrambe le direzioni portandosi dietro i propri bagagli. Fortunatamente Hermione era arrivata in anticipo e molti scompartimenti non erano ancora stati occupati, così riuscì quasi subito a trovare un posto insieme a un ragazzo paffutello con grandi occhi color nocciola e a una ragazza dai capelli biondi raccolti in due ordinati codini. Dal silenzio teso e dall’espressione spaesata sui loro volti, dovevano essere del primo anno anche loro.
-Piacere, io sono Hermione Granger.
Si presentò sistemando il baule sotto ad uno dei sedili.
I due ragazzi si voltarono di scatto, come se si fossero accorti solo adesso della sua presenza.
-Hannah Abbott.
Si riscosse quasi subito la bionda con un timido sorriso. Il ragazzo accanto a lei, invece, impiegò un po’ più di tempo a rendersi conto di cosa stava succedendo intorno a lui.
-Neville Paciock.
Si introdusse allora.
-Anche tu del primo anno?
-Sì, è così.
Rispose Hermione lasciandosi cadere sul sedile e aprendo un nuovo libro che il signor Fogg le aveva donato appena prima che salisse a bordo dell’Hogwarts Express: “Incantesimi da tutti i giorni, guida per principianti.”
Nello scompartimento era di nuovo calato il silenzio. La ragazza, però, non fece in tempo a finire di leggere la prima frase che alzò la testa dal libro incuriosita.
-Paciock, hai detto? Non sarai mica imparentato con Frank e Alice Paciock?
Al ragazzo si illuminarono gli occhi.
-Sì, sono i miei genitori.
-Ho comprato alcune letture facoltative, quest’estate. La tua mamma e il tuo papà sono citati in “Ascesa e declino delle Arti Oscure”. Due auror che hanno combattuto valorosamente Tu-Sai-Chi. Devi esserne orgoglioso.
-Oh, sì, lo sono. Erano dei Grifondoro. Anch’io spero di essere smistato in Grifondoro. Pure mia nonna è stata lì. Io vivo con lei, ora.
Hermione non conosceva la storia dei genitori di Neville, quindi preferì non fare domande sul perché “vivesse con lei, ora” mentre distoglieva con imbarazzo lo sguardo dal giovane mago, mettendo fine alla conversazione.
-Anche mio padre era un Grifondoro.
Intervenne improvvisamente Hannah rompendo la tensione che stava calando attorno a loro.
-Ma tutti in famiglia dicono che sarò una Tassorosso, proprio come mia mamma. A me piacerebbe tanto, ovviamente. Mi piacciono molto i Tassorosso. Certo, nessuna delle case è male, ma loro hanno la fama di essere i più grandi lavoratori e i migliori cercatori, e io riesco a trovare quasi sempre tutto.
Esclamò con un moto d’orgoglio.
-Io invece perdo quasi sempre tutto. Non lo faccio apposta. La nonna dice che è perché sono sempre distratto. Proprio stamattina ho perso Trevor. È il mio rospo, ma scappa in continuazione. Spero tanto che non sia rimasto al binario.
Borbottò Neville mogio.
-Oh, mi dispiace. Possiamo aiutarti a cercarlo, se vuoi. Vero, Hermione?
Propose la bionda con un sorriso gentile.
-Certo, ma credo che dovremmo aspettare che tutti abbiano preso posto. C’è ancora troppa confusione là fuori.
   Qualche minuto dopo il treno partì con un fischio, acquistando velocità man mano che si allontanava dall’affollata stazione di King’s Cross e procedeva a nord verso le incantate foreste di Nottingham e l’infinita brughiera dello Yorkshire. Hermione, alla fine, aveva riposto il suo nuovo libro insieme agli altri nel baule – tranne “Storia di Hogwarts”, ovviamente, che era posato sulle sue gambe – . Parlare con Neville e Hannah si stava inaspettatamente rivelando ancora più interessante che imparare le formule di nuovi incantesimi. Nessuno dei due l’aveva presa in giro quando aveva raccontato della prima volta che era riuscita a spostare un libro senza toccarlo, e neanche quando aveva confessato che i suoi genitori erano entrambi babbani. A dire la verità, si erano mostrati genuinamente interessati. Non avevano mai conosciuto qualcuno che non avesse almeno un genitore mago e la tempestavano di domande mentre si divertivano a spiegarle tutto il possibile sul mondo magico, sorprendendosi ogni volta di quanto la ragazza già sapesse, talvolta anche più di loro. Quando, intorno all’ora di pranzo, era arrivata una venditrice con un carrello pieno di leccornie, nonostante Hermione avesse già i suoi zuccotti di zucca, Neville e Hannah insistettero a lungo perché assaggiasse un po’ delle prelibatezze che avevano comprato.
Le bacchette magiche di liquirizia erano incantate ognuna con una diversa magia. Alcune mordevano, altre cercavano di farti il solletico, altre ancora si scioglievano non appena le afferravi lasciandoti le mani tutte appiccicose. Le cioccorane, invece, si comportavano come rane vere finché non le si metteva in bocca.
-Non sono poi tanto diverse dalla cioccolata babbana.
Iniziò la ragazza staccando con un morso la testa della sua cioccorana e porgendo a Neville la figurina dell’esperto in creature magiche Newt Scamander. Il ragazzo faceva la collezione.
-In realtà sono solo incantate. Con i giusti stampi chiunque potrebbe riprodurre quella forma. Anzi, una volta sono andata con i miei genitori in vacanza in Belgio, e lì vendevano cioccolatini a forma di scarpe, animali, attrezzi da lavoro. Ce n’era anche uno a forma di drago.
-Quello sì che sarebbe stato divertente da incantare.
Rise Neville scartando la sua quinta cioccorana.
-Per la barba di Merlino, non sapevo che i babbani conoscessero i draghi!
Esclamò Hannah con gli occhi peni di ammirazione.
-Sì, li conoscono, ma non pensano che esistono veramente. Li usano solo nelle favole per i bambini.
-Draghi nelle favole per bambini? Che strano. A me hanno sempre fatto paura i draghi. Non che ne abbia mai visto uno vero, in realtà.
Commentò la ragazza con i codini.
-Prova una di queste.
La esortò Neville porgendole una strana caramella color giallo canarino.
-No, grazie. Non mangio caramelle.
-Non mangi caramelle? E perché mai?
Chiese la bionda indignata mettendone in bocca una rosso corallo.
-I miei sono dentisti. Dottori che curano i denti. Non vogliono che io le mangi. Dicono che fanno male.
-Andiamo! Non sarà la fine del mondo se ne assaggi una.
-Infatti. Poi queste non sono caramelle normali. Sono gelatine Tuttigusti+1. Vedi che sono tutte diverse? Ad ognuna il suo sapore. La mia sapeva di menta piperita, ma una volta ne ho trovata una alle zucchine lesse. È stato orribile.
Hermione ci pensò su un secondo. Insomma, i suoi non lo sarebbero mai venuti a sapere. In più una non poteva fare troppo male, giusto? Presa dall’eccitazione del momento afferrò una gelatina azzurra dal pacchetto di Neville e se la lasciò sciogliere sulla punta della lingua.
-Zucchero filato.
Assaporò chiudendo gli occhi sopraffatta da quell’ottimo sapore.
Quando ebbero finito di mangiare dolciumi e di bere il loro succo di zucca fresco, Hannah decise che era il momento di darsi da fare e andare a cercare il rospo di Neville che, per tutto quel tempo, non era ancora tornato dal proprietario.
-Da dove cominciamo?
Chiese il ragazzo infilandosi la divisa della scuola sopra la maglietta bianca che aveva addosso.
-Non lo so. Dove pensi che potrebbe essere andato? C’è per caso un posto che gli piace qua dentro?
-N-non credo.
Balbettò Neville sforzandosi di ragionare.
-Non dovrebbe avere preferenze.
-Allora ci dividiamo. Hannah perlustrerà il corridoio, mentre io e Neville andremo a chiedere in tutte gli scompartimenti. Non è un animale difficile da individuare il rospo. Sicuramente qualcuno lo avrà notato.
Dopo essersi sistemata il cappello da giorno sulla testa, Hermione prese il ragazzo per un braccio e lo trascinò dietro di sé per il treno. Si divisero, e la ragazza si diresse subito allo scompartimento più vicino.
-Scusate, qualcuno ha visto un rospo? Un ragazzo di nome Neville l’ha perso.
Seduti sui sedili, c’erano due ragazzi dai capelli rossi perfettamente identici che stuzzicavano con le bacchette qualcosa all’interno di un grosso calderone tenuto in mano da un ragazzo con la pelle scura.
-Oh, sì.
Disse uno dei gemelli.
-Certo.
Gli fece eco l’altro.
-L’abbiamo trovato…
-E l’abbiamo messo…
-Proprio qui.
-In questo calderone.
Continuarono i due parlando in modo alternato.
Hermione si avvicinò al contenitore, ma quando il ragazzo dalla pelle scura sollevò il coperchio ridacchiando, un enorme ragno peloso fece capolino. La ragazza si tirò indietro spaventata, ma si ricompose quasi subito e uscì dallo scompartimento indignata, con le risate dei tre ragazzi che le rimbombavano nelle orecchie. Si sistemò il mantello e oltrepassò la porta che separava una carrozza dall’altra.
   Aveva cercato in tutte le carrozze a destra della sua, e anche in molte di quelle a sinistra, dopo aver incontrato Neville rannicchiato in lacrime in un angolino perché neanche Hannah aveva trovato il suo Trevor. Entrarono tutti e tre nell’ultima carrozza, e mentre la streghetta con i codini biondi andava a chiedere un’altra volta in uno scompartimento in cui erano riunite ben sette ragazze, lei avanzò verso quello accanto con Neville alle spalle, ormai senza speranze.
-Qualcuno ha visto un rospo? Neville ha perso il suo.
Ripeté per l’ennesima volta senza neanche guardare i suoi interlocutori.
Quando finalmente alzò lo sguardo, si trovò stupita di trovarsi di fronte a due ragazzi che, insieme, formavano un’accoppiata piuttosto strana. Uno indossava abiti di almeno tre o quattro taglie in più e portava sul naso un paio di occhiali rotondi che sembravano sul punto di cadere a pezzi. Il secondo, invece, aveva i capelli rossi e tantissime lentiggini. Era incredibile quante persone dai capelli rossi si trovassero nel mondo magico. Ne aveva viste al massimo un paio in tutta la sua vita, e solo su quel treno ce n’erano ben quattro: lui, i due gemelli con la tarantola e un altro ragazzo piuttosto snob nel vagone dei prefetti.
-Gli abbiamo già detto che non lo abbiamo visto.
Rispose il secondo seccato, ma Hermione non lo stava quasi ascoltando. Ciò che aveva catturato la sua attenzione in quel maghetto dai capelli rossi, infatti, era la bacchetta che teneva pronta nella mano, la punta che quasi sfiorava il topo grigio e grassoccio che ronfava sulle sue ginocchia.
-State facendo una magia? Vediamo.
Disse mettendosi a sedere sull’unico sedile non occupato dalle centinaia di cartacce di dolci che quei due si erano mangiati. Doveva sicuramente essere un purosangue. Parlando con la gente in giro aveva notato di essere stata l'unica a leggere i libri di testo. Non poteva conoscere una magia se non ne aveva mai vista fare una e Hermione non vedeva l'ora di scoprire se era vero quello che diceva il signor Fogg. Se era vero che lei era più brava.
Il ragazzo la guardò confuso.
-Ehm… Va bene.
Hermione si concentrò sul topo. La bacchetta gli stava troppo vicino e per di più l’aveva impugnata male. Non avrebbe funzionato. L'ombra di un sorriso le attraversò il volto.
Il rosso si schiarì la gola.
-Sole, mimosa, caciocavallo,
stupido topo diventa giallo!
Agitò la bacchetta rischiando quasi di ficcarla nell’orecchio del povero animale e, esattamente come la ragazza aveva previsto, non accadde nulla. Hermione scosse la testa in segno di disapprovazione, mentre cercava di trattenere un'esclamazione di vittoria. Era sbagliato essere felici delle sconfitte altrui, ma una scintilla di speranza le si era accesa nel petto.
-Sei sicuro che sia un vero incantesimo?
Il ragazzo la guardò con gli occhi spalancati, mentre il suo amico accanto a lui storceva la bocca con una smorfia mortificata. Quell’incantesimo era stato proprio una fregatura. Per fortuna che lei si era preparata per tempo. Non avrebbe mai fatto figuracce del genere, lei. E quel mago era un purosangue, quindi non aveva davvero di che temere, lei. Sapeva fare incantesimi migliori, lei. Era all’altezza, lei. Nessuno avrebbe potuto criticare lei per essere figlia di babbani. Le parole le uscirono di bocca così veloci che non riuscì neanche a controllarle.
-Comunque, non funziona molto bene, o sbaglio? Io ho provato a fare alcuni incantesimi semplici semplici e mi sono riusciti tutti.
Si vantò. Vantarsi era profondamente sbagliato, lo sapeva bene, ma in quel momento non riusciva proprio ad evitarlo. Aveva ragione il signor Fogg. Sarebbe stata migliore dei purosangue. Nessuno l'avrebbe mortificata come facevano nella scuola babbana. Ma, un momento. Un dubbio le attraversò la testa come un fulmine a ciel sereno. Non le erano venuti proprio tutti gli incantesimi. Non era riuscita a trasfigurare una penna d’oca in un ramoscello di lavanda, in realtà, ma non aveva importanza, vero? Non era che sarebbe stata un disastro in Trasfigurazione solo perché…
-Nella mia famiglia nessuno ha poteri magici; è stata una vera sorpresa quando ho ricevuto la lettera.
Una sorpresa positiva. Non è che non volesse essere una strega perché i suoi genitori non lo erano o cose del genere.
-Ma mi ha fatto un tale piacere,
Però non si era messa a urlare di gioia come una bambina perché aveva ricevuto la lettera, insomma, le streghe vere e proprie dovevano già sapere di essere streghe prima di ricevere la lettera, e anche lei lo sapeva in qualche modo, no? Le aveva fatto così tanto piacere perché… perché,
-Naturalmente, voglio dire, è la migliore scuola di magia che esista.
E se non lo fosse stata? Del resto che poteva saperne, lei.
-Ho sentito dire…
E lo standard all’interno di scuole così importanti doveva essere molto alto. E se non fosse stata all’altezza? Ma certo, lei era totalmente all’altezza, anche se non era una purosangue.
-Ho imparato a memoria tutti i libri di testo, naturalmente.
Stava utilizzando troppe volte la parola “naturalmente”. Però in realtà una scuola di magia insegnava la pratica degli incantesimi, non solo la teoria. Era veramente all’altezza, allora? Insomma, non riuscire a trasfigurare una penna d’oca in un ramoscello di lavanda non poteva essere così grave.
-Spero proprio che basti. E…
Non si era presentata. Come aveva potuto dimenticarsi di presentarsi?
-A proposito, io mi chiamo Hermione Granger.
Non parlare solo di te, Hermione, cerca di fare una buona impressione.”
-E voi?
Dannazione, doveva aver fatto la figura dell’idiota. Cercò di mantenere la compostezza e di mostrarsi interessata.
-Ron Weasley.
Bofonchiò il ragazzo dai capelli rossi.
-Harry Potter.
Aggiunse il ragazzo dagli abiti smessi. Perfetto, adesso se ne sarebbe potuta andare e magari non li avrebbe mai più rivisti per tutto l’anno, anche se in fondo avrebbero avuto sicuramente delle classi in comune se fossero stati anche loro del primo anno. Si stava agitando troppo. I capelli le diventavano più crespi ogni secondo che passava. “Avanti, Hermione, fare una figuraccia con due maghi non può essere così male. Ma, aspetta un secondo? Harry Potter?” Chi non conosceva Harry Potter? Avrebbe potuto salvarsi. A tutti piaceva avere qualche riconoscimento, del resto.
-Davvero? So tutto di te, naturalmente…
Doveva. Smettere. Di. Dire. Naturalmente.
-Ho comprato alcuni libri facoltativi, come letture preparatorie, e ho visto che sei citato in “Storia moderna della magia”, in “Ascesa e declino delle Arti Oscure” e anche in “Grandi eventi magici del ventesimo secolo”.
-Sul serio?
La interruppe lui sbalordito.
-Ma santo cielo, non lo sapevi? Io, se fossi in te, avrei cercato di sapere tutto il possibile.
Doveva. Smettere. Di. Parlare. Di. Sé. C’era il famoso Harry Potter davanti a lei, un mago famoso. Oddio, stava facendo una figuraccia proprio con un mago famoso. E con il suo amico, giusto. C’era anche il suo amico.
-Sapete in quale Casa andrete? Io ho chiesto in giro e spero di essere a Grifondoro; sembra di gran lunga la migliore; ho sentito dire che c’è andato anche Silente, ma penso che anche Corvonero non dovrebbe poi essere tanto male…
Forse così se l’era cavata. Aveva parlato delle Case di Hogwarts ma, oddio, aveva comunque parlato di sé. Se un mago famoso come Harry Potter avesse parlato male di lei tutti lo avrebbero ascoltato e si sarebbe ritrovata senza amici, come sempre.
-Comunque, meglio che ci muoviamo e andiamo a cercare il rospo di Neville. E…
Ma… Santo cielo! Ormai stavano per arrivare a Hogsmeade e quei due non si erano ancora messi le divise. Tutto il treno era pronto, ormai. Hermione si riscosse. Il famoso Harry Potter e il suo amico dai capelli rossi saranno anche stati degli influenti purosangue, ma dovevano essere sciocchi come pochi. Insomma, prima l’incantesimo fasullo e adesso le divise. Lei era di sicuro migliore di loro. Non aveva nulla da temere. Si sentì alleggerita da un peso che non si era neanche accorta di avere. Sospirò.
-Voi due fareste bene a cambiarvi, sapete? Credo che tra poco arriveremo.
Hermione prese per un braccio Neville, che per tutto il tempo aveva assistito alla scena imbambolato, e lo trascinò fuori dallo scompartimento. Anche lui era un po’ sciocco. Simpatico, certo, ma sciocco. Forse tutti i purosangue erano così, e lei era sicuramente una mezzosangue e chissà quante altre cose di male, ma una sciocca non lo era di certo.
-Nessuno riesce a trovare Trevor.
Si lamentò Neville minacciando di scoppiare un’altra volta in lacrime.
-E se fosse rimasto a Londra?
-Beh, immagino che tua nonna lo troverà e riuscirà a spedirtelo in qualche modo. Ora torna al nostro scompartimento. Io intanto vado dal macchinista. Magari potrà dare un’occhiata nel treno dopo che saremo tutti scesi.
Il ragazzo annuì, tirò su con il naso e si avviò per il corridoio, mentre la ragazza si sistemava i capelli e avanzava, schiena dritta e mento alto, nella direzione opposta.
   Dieci minuti dopo, nel corridoio regnava una confusione ancora maggiore di quando erano partiti e tutti si affannavano a cercare un posto per sé e per i propri bauli. Qualcuno aveva lasciato il proprio gufo in libertà, e adesso tutti i gatti dei vari studenti lo stavano inseguendo tra una carrozza e l’altra, mentre chi assisteva allo spettacolo incitava a volte il pennuto, a volte i felini senza intervenire. Come se non bastasse, da uno degli scompartimenti erano appena usciti in tutta fretta tre ragazzi che strillavano come se avessero appena visto un fantasma. L’ultimo ad uscire la spinse all’interno dello scompartimento. Tra poco sarebbero arrivati. Era mai possibile che non riuscisse a raggiungere Neville e Hannah per recuperare le sue cose a causa di tutta quella confusione? Hermione era esasperata.
-Che cosa diavolo è successo, qui?
Lo scompartimento era, guarda caso, quello di Harry Potter e del suo amico dai capelli rossi che, se ricordava bene, doveva chiamarsi Ron. Le cartacce di dolci erano ora tutte rovesciate a terra. Il muso del grasso topo che il rosso aveva cercato di far diventare giallo poco prima faceva capolino da una scatola di gelatine Tuttigusti+1.
Il ragazzo si chinò a raccoglierlo da terra.
-Mi sa che me l’hanno fatto fuori.
Disse rivolto a Harry. Lo esaminò con più attenzione.
-No… è incredibile… si è addormentato di nuovo! Conoscevi già Malfoy?
-Non esattamente. L’ho incontrato a Diagon Alley quest’estate. Ci siamo trovati insieme a comprare le nostre divise.
-Ho sentito parlare della sua famiglia.
Si incupì Ron.
-Sono stati trai primi a tornare dalla nostra parte dopo che Tu-Sai-Chi è scomparso. Dissero che erano stati stregati. Papà non ci crede. Dice che al padre di Malfoy non serviva una scusa per passare dal Lato Oscuro.
Hermione spalancò gli occhi. Sentir parlare di Voldemort la agitava, e sapere che a scuola con lei ci sarebbe stato il figlio di un suo possibile sostenitore non la tranquillizzava di certo. Sperava solo che ci avrebbe avuto a che fare il meno possibile.
-Possiamo esserti utili in qualcosa?
Domandò il rosso in tono non molto gentile risvegliandola dai suoi pensieri. A Hermione sembrò di notarlo davvero per la prima volta. Lo scrutò pensosa per qualche secondo e si passò una mano per districare i nodi trai capelli.
-Dovete sbrigarvi a vestirvi; vengo dalla cabina della motrice e il macchinista mi ha detto che siamo quasi arrivati. Non avrete mica fatto a botte? Sareste nei guai prima ancora di arrivare!
Li rimproverò.
-È stato Crosta, non noi.
Disse Ron guardandola storta.
-Ti spiacerebbe uscire mentre ci cambiamo?
-Va bene…
Rispose la ragazza stizzita alzando gli occhi al cielo. Quel ragazzo era proprio antipatico.
-Sono venuta qui soltanto perché là fuori c’è gente che si comporta in modo molto infantile e corre su e giù per i corridoi.
Scrutò ancora una volta il rosso. C’era qualcosa di strano che non sapeva spiegare in lui. Qualcosa che… individuò subito il problema:
-A proposito, hai il naso sporco, lo sapevi?
Gli indicò il punto da pulire e se ne andò.
   Stava calando la sera, e il cielo aveva assunto una particolare sfumatura violacea. Proprio quando riuscì ad arrivare al suo scompartimento, la voce del macchinista risuonò per tutto il treno:
-Tra cinque minuti arriveremo a Hogwarts. Siete pregati di lasciare il bagaglio sul treno; verrà portato negli edifici della scuola separatamente.
Lo stomaco le si chiuse in una morsa d’acciaio. Ce l’aveva fatta. Stava veramente arrivando a Hogwarts.
-Hermione, dov’eri finita? Pensavamo che ti fossi persa.
Esclamò Hannah preoccupata non appena entrò nello scompartimento.
-C’è solo un sacco di confusione là fuori.
-Hai trovato Trevor?
-No, Neville, ma il macchinista ha detto che lo cercherà per bene dopo che ce ne saremo andati.
Il ragazzo annuì.
-Non devi preoccuparti, Neville. Mia mamma mi ha raccontato che una volta il suo gatto è stato via per due settimane. Pensavano gli fosse successo qualcosa di grave e invece un giorno, inaspettatamente, è ritornato.
Cercò di consolarlo la bionda stringendosi i codini.
-Eccitati?
Chiese poi con un sorriso enorme.
Neville impallidì come se si fosse accorto solo in quel momento che mancavano pochi minuti all’arrivo, mentre Hermione annuì seria, come sempre persa nei suoi pensieri; ma poi sorrise. Era eccitata? Decisamente sì.
   Mentre i tre amici uscivano dallo scompartimento e si mettevano faticosamente in fila con la calca di studenti impaziente di scendere dalla locomotiva, il treno iniziò a rallentare sempre di più, fino a fermarsi completamente con un fischio e uno sbuffo di fumo che appannò i finestrini. Non appena si aprirono le portiere, tutti gli studenti iniziarono a spingere per uscire il prima possibile. L’aria fuori era gelida, molto più fredda di quanto fosse giù a Londra. Hermione cercò di non perdere di vista Neville e Hannah tra la folla rumorosa. Raggiunsero a fatica le prime file, quando improvvisamente una luce li illuminò dall’alto.
-Primo anno! Primo anno da questa parte!
Tuonò una voce maschile poco distante. Hannah intimò alla ragazza di alzare lo sguardo. A pochi passi da loro, un uomo alto più del doppio di una persona normale e con una lunga barba scura reggeva una gigantesca lanterna.
-Coraggio, seguitemi… C’è qualcun altro del primo anno?
Continuò camminando all’indietro con grosse falcate.
-E ora attenti a dove mettete i piedi. Quelli del primo anno mi seguano!
Non appena si girò nella direzione opposta a quella da cui era arrivato l’Hogwarts Express, sulla massa di studenti del primo anno calò un buio talmente fitto che si riuscivano a vedere a malapena le punte delle proprie scarpe e i capelli dello studente davanti. Le decine di giovani maghi e streghe seguirono il gigante per uno stretto sentiero tortuoso.
-Fra un attimo: prima visita panoramica su Hogwarts! Ecco, dopo questa curva!
Annunciò con voce cavernosa.
Improvvisamente, il sentiero sbucò sulla riva di un grande lago dalle acque scure.
-Deve essere il lago Nero.
Mormorò Hermione eccitata a Neville e Hannah, che come lei non riuscivano a staccare gli occhi dal paesaggio. Se andare per la prima volta a Diagon Alley era stata un’avventura spettacolare, ammirare il castello che dominava quella distesa d’acqua dall’alto di una rupe era ancora più grandioso. La ragazza strinse forte il libro “Storia di Hogwarts”. La scuola era ancora più magnifica di come se la fosse immaginata. Aveva decine di torri e torrette, proprio come sulla copertina del libro, e le luci che risplendevano dalle alte finestre rilucevano nel riflesso increspato del castello sul lago. Ormeggiate sulla riva davanti a loro erano apparse per magia tante piccole barche senza motore, né remi, né vela.
-Non più di quattro per battello.
Avvertì il gigante sistemandosi sull’imbarcazione più grande, mentre la folla di studenti si scapicollava sulla spiaggia. Hannah si trovò spinta lontano da loro, e Neville e Hermione si sbrigarono a salire sul battello più vicino, dove si erano già arrampicati Harry e Ron.
-Tutti a bordo?
Gridò il gigante.
-SI PARTEE!
Prima ancora che la ragazza si potesse chiedere come avrebbero fatto a far partire le barchette, quelle lasciarono la riva da sole, guidate da chissà quale incantesimo.
Dopo essere passati per una strettoia tra le rocce, ormeggiarono in una baia proprio ai piedi della scogliera su cui era arroccato il castello. Hermione scese dalla barca con un balzo, arrampicandosi sugli scogli. L’omone con la lanterna scese per ultimo e si avvicinò a Neville, che sbiancò per la paura.
-Ehi, tu! È tuo questo rospo?
-Trevor!
Gridò Neville felice.
-Visto, Hermione? Hanno ritrovato Trevor.
Disse poi rivolto a lei.
La ragazza annuì senza tanta convinzione mentre tutti gli studenti procedevano in salita lungo un passaggio tra le rocce. Hannah era riuscita a tornare accanto a loro. Camminavano in silenzio, troppo emozionati per parlare. Dopo circa cento metri, la strettoia si aprì su un piazzale erboso al centro del quale facevano la loro comparsa le maestose scale in pietra che consentivano l'accesso a Hogwarts.

NOTE DELL'AUTRICE

Ricordo che le recensioni sono molto ben accette.

Eccomi qua con un nuovo capitolo. Mi scuso per il ritardo, ma in compenso spero che vi faccia piacere che sia lungo quasi il doppio dei capitoli precedenti.

Finalmente il gran giorno è arrivato. Hermione Granger è arrivata a Hogwarts e ha incontrato, oltre ai suoi due nuovi amici Neville e Hannah, un mago molto famoso e il suo amico un po' antipatico. Hanno fatto inoltre la loro breve apparizione altri ragazzi dai capelli rossi e, alla fine, un grosso gigante barbuto.

Che ve ne pare? Sono sicura che li abbiate riconosciuti tutti.

Come sempre, la maggioranza dei personaggi e dei luoghi descritti appartengono a J.K. Rowling. In questo capitolo, ma anche in molti dei successivi, parte dei dialoghi appartiene anch'essa alla Rowling.

Piccola anticipazione del nuovo capitolo:
-...Per il tempo che resterete a Hogwarts, i trionfi che otterrete faranno vincere punti alla vostra Casa, mentre ogni violazione delle regole gliene farà perdere.
Hermione sperò con tutto il cuore di non trovarsi mai e poi mai nella condizione di infrangere qualche regola. Non aveva intenzione di farsi espellere come era accaduto al signor Fogg. Strinse forte la bacchetta nella tasca del mantello. Non avrebbe mai lasciato che gliela spezzassero.

Buon proseguimento di giornata/serata a tutti. Conlatestatralenuvole

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Capitolo 8
*** Imbecille, medusa, scampolo, pizzicotto! ***


IMBECILLE, MEDUSA, SCAMPOLO, PIZZICOTTO!


L'omone con la lanterna, quello che li aveva guidati fino al castello e aveva trovato il rospo di Neville, era ora salito sulla scalinata e, il pugno alto e lo sguardo serio, stava bussando alle porte di Hogwarts. Hermione aveva praticamente smesso di respirare. Ad ogni battito di ciglia si rendeva in qualche modo sempre più conto di dove si trovasse, di quale importante passo della propria vita stesse affrontando. Era ancora così innaturale tutto questo per lei. Per quanto avesse cercato di prepararsi, conosceva ancora così poco. Quando il grande portone si fu spalancato, sentì un forte bisogno di chiudere gli occhi. Era troppo per lei. Troppo bello, troppo inaspettato, troppo incredibile, troppo... magico. Troppo, semplicemente. Non chiuse gli occhi, ovviamente, era troppo curiosa. I ragazzi facevano silenziosamente a gara a chi entrava per prima nel castello. Sgusciavano da tutte le parti. Si affrettavano, anche senza correre. Si alzavano sulle punte dei piedi per vedere meglio, anche a costo di rischiare di inciampare sui gradini. Hermione, ancora intontita dall'emozione, era rimasta indietro. Non era particolarmente alta, e con tutti quegli altri maghi davanti a lei non riusciva a vedere niente. Solo il bianco marmoreo della scalinata sotto i suoi piedi, quasi grigia, avvolta com'era dalle ombre della notte, e l'enorme portone che si stagliava alto sopra di lei. Hannah le stringeva forte la mano. Oltre a tutte queste novità a cui stava andando incontro, passo dopo passo, anche la confidenza con cui quella ragazza con i codini biondi si rivolgeva a lei era qualcosa di nuovo. Hannah era ancora più bassa di lei, e camminava con il naso in su pur di cercare di capire qualcosa, di scorgere anche solo un pezzettino della tanto sognata Hogwarts. Mentre il gruppo di studenti del primo anno procedeva in avanti pian piano, Neville era rimasto indietro, il suo rospo Trevor stretto in mano, fermo sull'ultimo gradino, la bocca spalancata e il viso tondo pallido come se avesse appena visto un fantasma. Raccogliendo un po' di coraggio, Hermione si sporse a prendergli la mano e lo tirò bruscamente su con sé, prima che il portone si richiudesse cigolando. Il maghetto aveva la mano talmente sudata che Hermione dovette lasciargliela andare quasi subito, un po' schifata, per pulirsela sul mantello. Anche ora che era finalmente arrivata all'interno del castello, la giovane strega non riusciva a distinguere ancora molto. Il corridoio in cui si trovavano era altissimo, forse cinque o sei metri, e le pareti in pietra disegnavano archi e colonne, sulle quali erano appese grosse torce infuocate. Dovevano essercene diverse dozzine, o essere incantate con la magia, perché la luce nella stanza era forte quasi come quella di un lampadario. Morbide ombre, lunghe e tremolanti, disegnavano il loro profilo un po' dappertutto. C'erano quella del gigante, che era alto almeno tre metri, e quelle dei ragazzi, che andavano a sfiorare sulla parete la pancia protuberante dell'omone con la lanterna. Ma anche una terza ombra si stagliava insieme alle altre. Era più alta di quelle degli alunni e, sul suo profilo esile, si distinguevano un lungo mantello e un cappello a punta.

-Ecco qua, gli allievi del primo anno, professoressa McGranitt.

L'ombra, anzi, la professoressa McGranitt, avanzò di un paio di passi fino a confondersi quasi con l'ombra del grosso uomo con la barba.

-Grazie, Hagrid. Da qui li accompagnerò io.

La voce della strega era ferma, asciutta e autoritaria. Un po' rauca, segno che probabilmente la professoressa era un po' avanti con gli anni. Nonostante tutto, però, era anche musicale, in qualche modo, come quella della nonna di Hermione, la mamma di suo padre, che era venuta a mancare l'anno prima. Le ispirava simpatia. Quella strega con il cappello a punta ed il mantello era sicuramente una donna che sapeva farsi rispettare.

Ad un ritmo sostenuto l'ombra di Hagrid si allontanò dalla loro vista mentre quella della professoressa McGranitt si affrettava nella stessa direzione. La massa di studenti iniziò a seguirla e anche Hermione si mosse con loro, una mano stretta a quella di Hannah e l'altra che si tirava un'altra volta dietro quella sudata di Neville, per evitare che rimanesse indietro.

La professoressa li condusse avanti lungo il corridoio fino a che non si trovarono davanti un'elegante scalinata in marmo che sembrava infinita e, a destra, una grande porta in legno, poco più piccola dell'immenso portone d'ingresso, da cui provenivano voci schiamazzanti. Non presero però né l'una né l'altra direzione. Si infilarono invece in una stanzetta proprio di fronte a quella da cui proveniva il brusio degli altri studenti e ci si sistemarono tutti stretti stretti, non perché non ci fosse abbastanza spazio, ma piuttosto perché la gente non faceva altro che indietreggiare contro la parete di fondo, forse timorosa di stare troppo vicino alla professoressa. Essendo stata tra gli ultimi ad entrare nella sala, Hermione adesso si trovava in prima fila e da lì, finalmente, vedeva proprio tutto. Non che ci fosse molto da vedere, in realtà, in quella stanza vuota, stipata di studenti e con pavimento, pareti e torce identici a quelli dell'ingresso. La cosa più interessante erano le vetrate, grandi, strette e lunghe, che affacciavano sull'oscurità del cortile. Finiti di entrare anche gli ultimi allievi, tra cui Neville, che nel breve percorso era riuscito a staccarsi da Hermione e a rimanere indietro, la professoressa chiuse la porta e si posizionò dritta davanti a loro, un sopracciglio sollevato a scrutarli tutti attentamente, un cipiglio impassibile in volto. Ora che ce l'aveva a pochi passi di distanza, la professoressa McGranitt non era più solo un'ombra alta e sottile, ma una donna con un paio di occhiali squadrati intorno agli occhi, un completo da strega verde smeraldo e degli occhi felini che incutevano timore e soggezione. Portava le mani giunte in grembo e tutto in lei gridava ordine e severità, ma aveva gli angoli della bocca rilassati, leggermente incurvati in un accenno di sorriso che accentuava le rughe sulla faccia e tradiva un temperamento abbastanza tranquillo, alla fine dei conti. Una cosa era certa, però, non bisognava farla arrabbiare.

-Benvenuti a Hogwarts.

Disse così improvvisamente che qualcuno sussultò.

-Il banchetto per l'inizio dell'anno scolastico avrà luogo tra breve, ma prima di prendere posto nella Sala Grande, verrete smistati nelle vostre Case. Lo Smistamento è una cerimonia molto importante, perché per tutto il tempo che passerete qui a Hogwarts, la vostra Casa sarà un po' come la vostra famiglia. Frequenterete le lezioni con i vostri compagni di Casa, dormirete nei dormitori della vostra Casa e passerete il tempo libero nella Sala Comune della vostra Casa.

-Le quattro Case si chiamano Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde. Ciascuna ha la sua nobile storia e ciascuna ha sfornato maghi e streghe di prim'ordine. Per il tempo che resterete a Hogwarts, i trionfi che otterrete faranno vincere punti alla vostra Casa, mentre ogni violazione delle regole gliene farà perdere.

Hermione sperò con tutto il cuore di non trovarsi mai e poi mai nella condizione di infrangere qualche regola. Non aveva intenzione di farsi espellere come era accaduto al signor Fogg. Strinse forte la bacchetta nella tasca del mantello. Non avrebbe mai lasciato che gliela spezzassero.

-Alla fine dell'anno, la Casa che avrà totalizzato più punti verrà premiata con la Coppa delle Case, il che costituisce un grande onore. Spero che ognuno di voi darà lustro alla Casa cui verrà destinato.

-La Cerimonia dello Smistamento inizierà tra pochi minuti davanti a tutti gli altri studenti. Nell'attesa, vi suggerisco di mettervi il più possibile in ordine.

Non appena la professoressa uscì dalla stanza, come in preda ad un riflesso automatico, Hermione raddrizzò la schiena, passò le mani sul mantello come per togliergli le pieghe e si passò le dita tra i capelli, che stavano iniziando a diventare crespi e gonfi. Ora che non erano più sotto il controllo di qualcuno, alcuni ragazzi avevano iniziato a chiacchierare a bassa voce o a muoversi sul posto per guardarsi meglio intorno. Nella prima fila, insieme a lei, oltre a Hannah e Neville, c'erano Harry Potter e il suo amico con i capelli rossi, Ron, che stavano parlottando nervosamente tra loro.

-Di preciso, in che modo ci smistano per Casa?

Sentì chiedere Harry all'altro.

-Una specie di prova, credo. Fred ha detto che è molto dolorosa, ma penso che stesse scherzando.

Hermione dovette girarsi verso Hannah per evitare di mettersi a ridere. Una prova dolorosa? Ma sul serio? Se i purosangue erano tutti come quei due e Neville, non aveva davvero di che preoccuparsi.

-Cosa ti è successo?

Chiese la biondina sentendola ridacchiare sotto i baffi.

-Due ragazzi credono che lo Smistamento consista in una prova da superare o qualcosa del genere. Non è ridicolo?

-Davvero c'è una prova?

Chiese Neville. Hermione lo guardò di traverso.

-No, Neville. Ti mettono un cappello in testa e lui ti dice in che Casa devi andare.

Rispose Hannah con pazienza.

-Un cappello parlante, mitico.

Annuì lui, non molto convinto.

-Già.

Rispose la strega con i codini.

-Sarebbe bello se ci fosse una prova di magia, però. Vero, Hermione?

-Sì, beh, non so. Non credo che tutti noi conosciamo qualche incantesimo.

-Io conosco la formula di un incantesimo che serve a far lavare i piatti da soli. Mia nonna lo usa sempre. Non l'ho mai provato, però.

-Anch'io ne conosco un paio. Uno è quello che usa sempre papà per degnomizzare il giardino e l'altro invece serve a riparare le cose spezzate. Mi riesce davvero benissimo.

Anche Hermione iniziò a parlare degli incantesimi che conosceva, sia di quelli di cui sapeva solo le formule, sia di quelli che invece aveva imparato a praticare con l'aiuto del signor Fogg.

Il signor Fogg, a pensarci bene le mancava un po'. Non vedeva l'ora di potergli scrivere per raccontargli tutto di Hogwarts. Avrebbe scritto anche ai suoi genitori. Chissà quante cose avrebbe dovuto spiegargli. Non è una cosa facile credere all'esistenza di un cappello parlante o dei fantasmi.

Come se li avesse chiamati, Neville la prese un braccio per farle indicare qualcosa sopra di loro. Qualcosa di cui Hermione aveva solo sentito parlare. Un gruppo di fantasmi in carne ed ossa erano entrati da non si sa dove nella stanza. Beh, in carne ed ossa non erano proprio. Erano di un bianco quasi trasparente, tanto che ci si poteva vedere attraverso e, se non fosse stato per il colore e per il fatto che fluttuavano nell'aria, sarebbero sembrati persone vere in tutto e per tutto. In più, parlavano. Anzi, sembravano immersi in una conversazione talmente importante da non essersi neanche accorti del pubblico che avevano proprio sotto di loro.

-Io sono dell'idea che bisogna perdonare e dimenticare; dobbiamo dargli un'altra possibilità...

Stava dicendo un fantasma basso e grassoccio, con quella che sembrava la tunica di un frate indosso e le mani conserte. Accanto a lui, un fantasma con la calzamaglia e la gorgiera cercava di farlo ragionare:

-Mio caro Frate, non abbiamo forse dato a Peeves tutte le possibilità che meritava? Non fa che gettare discredito sul nostro nome, e poi non è neanche un vero e proprio fantasma... Ehi, dico, che cosa ci fate qui?

Il fantasma in calzamaglia li aveva notati. Qualcuno cacciò un gridolino.

-Nuovi studenti!

Esclamò il Frate battendo le mani con un sorriso.

-In attesa di essere smistati, suppongo.

Qualcuno annuì, ma la maggior parte di loro era terrorizzata. Hermione li guardava con occhi spalancati. Per quanto si ricordasse, in nessuna delle sue letture i fantasmi erano citati come creature pericolose o poco amichevoli. Tuttavia, trovarseli davanti, sortiva comunque un certo effetto.

-Spero di vedervi tutti a Tassorosso!

Continuò il Frate.

-Sapete? È stata la mia Casa.

Hannah sorrise.

-Visto? Quello deve essere il Frate Grasso, il fantasma di Tassorosso. La mamma me ne parlava sempre. È simpatico e mette tutti di buon'umore.

Ma si dovette interrompere, perché la figura possente della professoressa McGranitt si era fermata proprio dietro di lei.

-E ora, sgombrare!

Ordinò la strega a quelle figure eteree più vicine al soffitto che al pavimento. Con un ultimo cenno di saluto, i fantasmi scomparono al di là della parete.

-Sta per cominciare la Cerimonia dello Smistamento.

Li avvertì poi la professoressa quando gli occhi degli alunni del primo anno tornarono a posarsi su di lei.

-Mettetevi in fila e seguitemi.

Ordinò la professoressa McGranitt, e tutti obbedirono silenziosamente. Hermione apriva la fila e Hannah era dietro di lei. Seguendo la donna, si incamminarono tutti fuori dalla stanza dove si trovavano ed entrarono in quella con i battenti giganteschi, la Sala Grande.

Già a vederla in foto o a leggerne la descrizione sul libro Storia di Hogwarts, la Sala Grande evocava un fascino fiabesco, ma vederla dal vivo era tutta un'altra cosa. Occupavano il centro della stanza, egregiamente apparecchiate con piatti e calici d'argento e d'oro, quattro lunghissime tavolate attorno alle quali gli studenti e alcuni fantasmi applaudivano e si scambiavano parole eccitate. Le mani timide di qualche studente del primo anno salutavano i fratelli più grandi, ma la maggior parte di loro guardava verso l'alto. Hermione lo sapeva, lo aveva letto tante di quelle volte, ma a guardarlo, quel soffitto interminabile era ancora più straordinario. Pochi metri sopra le teste degli studenti erano sospese a mezz'aria centinaia di candele e, in alto, molto più in alto, il soffitto era nero come la notte ed ornato da tante piccole stelline. Era davvero da mozzare il fiato, ancora più incredibile di quanto già non le sembrasse prima. Si girò verso Hannah:

-È un incantesimo che lo fa sembrare come il cielo che c'è fuori! L'ho letto in "Storia di Hogwarts".

Bisbigliò. L'espressione della biondina divenne, se possibile, ancora più meravigliata.

Cercando di mantenere una postura eretta nel seguire la professoressa McGranitt e di non guardarsi continuamente intorno in alto, in basso, a destra e a sinistra - era difficile, ma avrebbe avuto sette anni di tempo per farlo, no? - Hermione proseguì lungo la sala fino a che le tavolate non terminarono e si trovò di fronte al tavolo rialzato degli insegnanti. Tra loro c'erano Hagrid e il professor Albus Silente. Finalmente lo vedeva di persona, l'uomo che il signor Fogg stimava più di tutti, il miglior preside che Hogwarts avesse mai avuto; il vecchio mago dalla barba bianca e gli occhiali a mezza luna che le faceva l'occhiolino dal poster nel salone del suo dirimpettaio giù a Londra era adesso proprio davanti a lei. Nessuno dei ragazzi, però, stava guardando i professori. Erano tutti girati dal lato opposto e fissavano qualcosa davanti a loro. Hermione, che era finita di nuovo in ultima fila, si fece largo tra qualche studente per vedere meglio. La professoressa McGranitt aveva piazzato di fronte a loro uno sgabello in legno e ci aveva posizionato un cappello a punta, sgualcito e malandato, pieno di macchie e toppe dappertutto. All'improvviso, il cappello si ripiegò su se stesso e, nel rimettersi nella posizione iniziale, un pezzo di stoffa vicino al bordo si strappò. Era il Cappello Parlante e quella era la sua bocca; e da quella bocca, iniziò a cantare:


-Forse pensate che non son bello,

ma non giudicate da quel che vedete:

io ve lo giuro che mi scappello

se uno migliore ne troverete.

Potete tenervi le vostre bombette,

i vostri cilindri lucidi e alteri,

son io quello che a posto vi mette

e al mio confronto gli altri son zeri.

Non c'è pensiero che nascondiate

che il mio potere non sappia vedere,

quindi indossatemi e ascoltate,

qual è la Casa a cui appartenere.

È forse Grifondoro la vostra via,

culla dei coraggiosi di cuore:

audacia, fegato, cavalleria

fan di quel luogo uno splendore.

O forse è Tassorosso la vostra vita,

dove chi alberga è giusto e leale:

qui la pazienza regna infinita

e il duro lavoro non è innaturale.

Oppure Corvonero, il vecchio e il saggio,

se siete svegli e pronti di mente,

ragione e sapienza qui trovan linguaggio

che si confà a simile gente.

O forse a Serpeverde, ragazzi miei,

voi troverete gli amici migliori,

quei tipi astuti e per niente babbei

che qui raggiungono fini e onori!

Venite dunque senza paure

e mettetemi in capo all'istante;

con me sarete in mani sicure

perché io sono un Cappello Parlante!


Gli studenti più grandi e i professori iniziarono ad applaudire non appena lo strappo-bocca del Cappello Parlante si fu richiuso, ma gli allievi del primo anno erano troppo frastornati per unirsi a quelle acclamazioni. Hermione si fermò a pensare alla filastrocca del Cappello stringendo la bacchetta da sotto il mantello. Grifondoro era la Casa delle persone audaci. Fino a quel momento le era sembrato che fosse il posto più adatto a lei, in fin dei conti, ma adesso, pronta per essere smistata davanti a tutta la scuola, non si sentiva poi così coraggiosa. Corvonero, invece, per quelli svegli e pronti di mente, sembrava una Casa più sicura.

I suoi pensieri si interruppero di colpo quando la professoressa McGranitt si fece avanti accanto allo sgabello del Cappello e srotolò un lungo foglio di pergamena.

-Quando chiamerò il vostro nome, metterete il cappello in testa e vi siederete sullo sgabello per essere smistati.

Disse.

Ci fu un attimo di silenzio, poi...

-Abbott Hannah!

Hannah, che si trovava appena dietro di lei, si fece avanti con mani e gambe tremanti. Perse l'equilibrio. Inciampò. Si sistemò. Si sedette sullo sgabello e aspettò che la professoressa le mettesse il Cappello sui codini biondi. Quell'indumento magico non ebbe neanche bisogno di tempo per pensare:

-TASSOROSSO!

Urlò, e dal tavolo dei Tassorosso si levò un rumore fragoroso di urla e di applausi.

Hannah era raggiante e Hermione si ritrovò a sentirsi molto felice per lei. Era stata collocata proprio nella Casa dove sognava di stare.

-Bones Susan!

-TASSOROSSO!

-Boot Terry!

-CORVONERO!

Il Cappello andò avanti così con un sacco di nomi, e ogni volta che un allievo veniva smistato, tutta la sua nuova Casa si alzava in piedi ad accoglierlo calorosamente. Hermione si passò una mano trai capelli. Diventavano più crespi ad ogni nome che veniva chiamato. Doveva darsi una calmata. Alcuni degli studenti ci mettevano un'eternità per essere smistati. Hermione sperò che con lei facesse subito. Doveva essere incredibilmente imbarazzante starsene lì per minuti interi con un vecchio cappello calato sugli occhi e centinaia di facce che ti guardano mentre un oggetto magico decide del tuo futuro.

-Granger Hermione!

La giovane strega si sentì mancare il pavimento sotto ai piedi, eppure avrebbe giurato che la pietra fosse molto resistente. All'inizio avanzò lentamente, un passo dopo l'altro, il cervello in panne. Dove sarebbe stata collocata? Dove sarebbe stata collocata? Poi, però, decise che doveva veramente darsi una calmata. Stava perdendo troppo tempo a cercare di capire dove fosse la chiave per quella dannatissima porta di cui parlava il signor Fogg, ma se non la trovava forse era meglio cercare un'altra soluzione. È meglio strapparsi in fretta il cerotto, pensò. Così superò le ultime righe di studenti con un'andatura affrettata e si mise di corsa il cappello sulla testa, prima di riuscire a riprendere fiato. Ecco fatto, pensò, Ci sono. L'ho presa a calci quella porta. E, dopo un arco di tempo che le sembrò infinito, forse proprio per quello che aveva pensato, forse per qualche altro motivo, il Cappello finalmente parlò:

-GRIFONDORO!

Emozionata come mai prima di allora, Hermione Granger scese dallo sgabello e riconsegnò il cappello alla professoressa McGranitt. Finalmente era una vera studentessa di Hogwarts. Una Grifondoro. Sperava che sarebbe riuscita a fare proprio quello che la professoressa aveva detto quando erano arrivati: avrebbe dato lustro alla sua Casa. Avrebbe fatto il possibile per farle guadagnare punti e non si sarebbe mai e poi mai cacciata nei guai. Questo era il minimo che poteva fare per Hogwarts, per quella scuola di cui non aveva mai sentito neanche il nome fino a poche settimane prima e che comunque l'aveva scelta. Aveva scelto lei come studentessa. Hermione sapeva che in realtà era stata ammessa perché era una strega, ma in qualche modo si sentiva comunque riconoscente verso quel castello, verso tutto il mondo magico, verso il preside Albus Silente. Trattenendo la voglia di saltellare fino al tavolo dei Grifondoro, si avviò verso gli studenti esultanti con schiena dritta e mento in alto. In ragazzo dai capelli rossi accanto a cui si andò a sedere, il prefetto di Grifondoro, la accolse con una stretta di mano e una pacca sulle spalle:

-Piacere, Hermione. Io sono Percy Weasley. Sono sicuro che ti troverai bene con noi.

La ragazza sorrise raggiante:

-Il piacere è tutto mio.

Weasley, pensò. Quel nome l'aveva già sentito.

La Cerimonia dello Smistamento continuò. La folla degli studenti del primo anno davanti al tavolo dei professori si diradava a mano a mano che il Cappello Parlante assegnava ciascun allievo alla sua Casa. Hermione riconosceva alcune di quelle facce, quelle delle persone che aveva incontrato sul treno mentre cercava il rospo di Neville. Riconobbe anche i tre ragazzi che erano scappati dal vagone di Harry Potter urlando. Erano finiti tutti e tre in Serpeverde. Quando fu il turno di Neville, il povero ragazzo inciampò e cadde. Le sue guance paffute erano diventate più rosse delle fiammelle delle candele sospese per aria. Mentre il Cappello impiegava il suo tempo a decidere dove collocarlo, Hermione si trovò parecchio in apprensione per Neville. Ogni minuto che passava lo sguardo sul suo viso diventava sempre più terrorizzato. Il Cappello non ci aveva messo poco con lei, ma con il ragazzo stava impiegando ancora più tempo. Alla fine, anche lui fu smistato in Grifondoro e Hermione fu la prima ad alzarsi in piedi sbattendo le mani. Era felicissima per lui. Era stato collocato proprio nella sua Casa preferita, la Casa dei suoi genitori. Purtroppo, corse via dallo sgabello senza togliersi il Cappello dalla testa, e tutta la Sala Grande scoppiò in una fragorosa risata. Anche Hermione non poté fare a meno di ridere. Era troppa l'emozione di essere finalmente arrivata a Hogwarts perché riuscisse a impegnarsi a mantenere una compostezza esemplare. Ormai i ragazzi rimasti erano davvero in pochi. Un ragazzo fu smistato in Corvonero, un ragazzo dai capelli biondi e una ragazza con un caschetto nero in Serpeverde, due gemelle, forse di origine indiana, furono collocate una in Corvonero, l'altra in Grifondoro. Chissà se anche in India esisteva una scuola di magia, si chiese Hermione mentre le salutava con un applauso. Poi fu chiamato il nome di Harry Potter.

Il brusio nella sala cessò immediatamente. Tutti allungavano il collo verso il ragazzino con gli occhiali che avanzava titubante verso il Cappello. Tutti volevano sapere dove sarebbe stato smistato il ragazzo più famoso dell'anno, il ragazzo che era sopravvissuto. A Hermione, in fin dei conti, non importava granché. Da quello che aveva capito parlandoci sul treno, non era un granché sveglio. Lei lo sapeva bene: i ragazzi popolari sono sempre i più sciocchi. O almeno, nel mondo dei babbani funzionava così. Il Cappello non fu tanto svelto nel collocarlo, e la curiosità degli studenti si faceva sempre più accesa. Poi lo strappo-bocca vicino al bordo del vecchio oggetto magico si aprì e la voce del Cappello annunciò:

-GRIFONDORO!

Tutti al tavolo dei Grifondoro si alzarono in piedi ad applaudirlo. Tutti gli volevano stringere la mano. Tutti lo acclamavano a gran voce, come se avesse fatto qualcosa di speciale. Tutti volevano presentarsi a Harry Potter. I due gemelli dai capelli rossi che avevano giocato a Hermione lo scherzo della tarantola sul treno urlavano a squarciagola:

-Potter è dei nostri!

Harry Potter ricambiava ogni saluto con un sorriso, ma sembrava troppo scombussolato per rendersi conto di quante cerimonie gli stessero serbando.

I ragazzi da smistare davanti al tavolo dei professori erano rimasti solo in tre.

-Turpin Lisa!

-CORVONERO!

-Weasley Ron!

Ecco dove avevo sentito quel nome! Il penultimo ragazzo ad andarsi a sedere sullo sgabello era Ron, l'amico di Harry che Hermione aveva conosciuto sul treno. Un altro non particolarmente sveglio. Era talmente pallido che sembrava stesse per sentirsi male. I suoi capelli color carota scintillavano alla luce delle candele. Hermione notò che aveva ancora dello sporco sul naso.

-GRIFONDORO!

Urlò il Cappello, e Ron corse verso la loro tavolata sollevato, il viso che riassumeva piano piano un colorito normale. Il prefetto Percy si alzò per accoglierlo con una vigorosa stretta di mano, allungandosi da sopra la testa di Harry:

-Ben fatto, Ron, ottimo!

Dovevano essere fratelli.

Quando anche l'ultimo ragazzo fu collocato nella sua nuova Casa, la professoressa McGranitt portò via il Cappello e Albus Silente si alzò in piedi per prendere la parola. Aveva uno sguardo raggiante e le braccia spalancate, un po' come se li volesse abbracciare tutti. Hermione era così emozionata. Finalmente stava per conoscere il più grande preside che, a detta del signor Fogg, fosse mai stato nominato a Hogwarts.

-Benvenuti! Benvenuti a Hogwarts per un nuovo anno scolastico!

-Prima di dare inizio al nostro banchetto, vorrei dire qualche parola.

Hermione si mise seduta più comodamente, pronta ad ascoltare con la massima attenzione e a prendere mentalmente nota di tutto quello che Albus Silente avesse detto.

-E cioè,

continuò il preside,

-imbecille, medusa, scampolo, pizzicotto! Grazie!

E si risedette.

Hermione restò a fissarlo con gli occhi spalancati per un po', indecisa su cosa pensare di quello strano uomo con gli occhiali a mezza luna. Era stato il discorso di benvenuto più breve e più strampalato cui avesse mai assistito. Continuava a credere fosse un grand'uomo solo perché glielo aveva assicurato il signor Fogg. Gliene avrebbe parlato in una lettera, di quel discorso, mentre con i suoi genitori non ne avrebbe fatto parola. Avrebbero creduto che il preside fosse matto e sarebbero corsi in Scozia a prenderla immediatamente. Adesso che era finalmente arrivata a Hogwarts, però, Hermione avrebbe di gran lunga preferito avere a che fare con un branco di matti, piuttosto che tornarsene a casa.


NOTE DELL'AUTRICE


Chiedo umilmente perdono per la lunghissima assenza. Scusate, scusate, scusate, scusate, scusate. Eccovi qua questo capitolo che vi ho fatto aspettare fin troppo. Se non siete troppo arrabbiati per l'imperdonabile ritardo, lasciate una piccola recensione ;)


Disclaimer: non sono J.K. Rowling e tutti i personaggi, gli ambienti e i dialoghi di sua proprietà, restano di sua proprietà.


Siccome sono state “brutta e cattiva” nel farvi aspettare questo capitolo, il prossimo arriverà lunedì. Per il resto, sperando di non avere altri periodi tremendamente impegnati come sono stati per me dicembre e gennaio, cercherò di riprendere una certa regolarità nell'aggiornare. Pensavo di darmi una scadenza fissa ogni settimana, il venerdì o il sabato, così voi potete avere una qualche idea di quando controllare.


Per quanto riguarda i personaggi, sto mischiando i nomi utilizzati nella prima edizione italiana di Harry Potter con quelli della seconda. Non c'è un vero e proprio criterio, solo il suonarmi meglio o peggio. Neville Longbottom non lo riesco proprio a metabolizzare in un contesto italiano, per esempio. Sono troppo affezionata al nome Paciock. Così anche per la McGranitt. Gli altri professori invece li ho fatti per lo più tornare ai nomi originali e anche Peeves, che a mio parere suona molto meglio di Pix.


Fino alla fine sono stata molto insicura sull'inserire o meno la canzone del Cappello Parlante per intero all'interno del capitolo, perché suppongo che chiunque legga fanfiction su Harry Potter già la conosca piuttosto bene; poi ho pensato che forse avrebbe fatto piacere risentirla, e soprattutto che Hermione vi avrebbe prestato molta attenzione, come in tutte le cose, quindi non ho proprio potuto evitare di riportarla.


Per il resto, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Un bacione a tutti e un ritardatario buon Natale, felice anno nuovo e buona Epifania. Sempre vostra. Conlatestatralenuvole.


Anticipazioni:


L'inno di Hogwarts, per l'orrore di Hermione, era di quanto più stupido si potesse desiderare. C'era chi lo cantava in un modo, chi in un altro, chi lo recitava con scherzosa baldanza e chi invece si limitava a ripetere le parole nel tono monocorde di una filastrocca. Hermione non ebbe neanche il coraggio di provare a sussurrarlo. In quel momento, si sentiva in perfetta empatia con i professori.”


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Capitolo 9
*** Caput Draconis ***


9

CAPUT DRACONIS


Con tutto quel pensare al professor Silente, Hermione non si era accorta che, all'improvviso, tutti i vassoi, i piatti da portata e le brocche ordinati al centro del tavolo si erano riempiti. C'era di tutto: tutti i possibili tipi di carne, dal maiale al pollo, dal roast beef alle salsicce; e poi così tanti contorni che sua madre sarebbe impazzita di gioia, salutista com'era lei, a vedere tante verdure su una sola tavola. C'erano patate lesse e arrostite e fritte, carote, piselli, spinaci e tante salse per condire i piatti, da quelle più speziate al semplice Ketchup. Delle ciotoline d'argento poste tra un vassoio e l'altro offrivano un'interminabile scorta di caramelle alla menta. Gli studenti si stavano già servendo. Neville, di fronte a lei, si era riempito il piatto di talmente tanta roba che il cibo rischiava di uscire dai bordi. Percy, al suo fianco, invece, aveva preso solo del roast beef con delle patate arrosto, e riforniva il piatto educatamente un po' alla volta, sostituendo con una porzione nuova la pietanza che aveva finito di mangiare. Di fianco a lui, Harry Potter aveva preso un po' di tutto, ma senza esagerare, mentre Ron Weasley guardava tutto quel cibo come se non avesse mai mangiato in vita sua, nonostante tutti i dolci che aveva condiviso con l'amico sul treno, e si era subito fiondato sul pollo. Hermione si servì con un po' di bacon e tante verdure, proprio come le aveva insegnato sua mamma. Nel piatto di una signora devono esserci sempre più verdure che altro. Il cibo buono e salutare non deve mai mancare, diceva sempre. Evitò di abbuffarsi di patatine fritte, nonostante le facessero gola, ripromettendosi che le avrebbe prese più in là solo se avesse avuto ancora fame.
Harry Potter stava parlando con il fantasma con la calzamaglia e la gorgiera che avevano visto passare nella stanza dove la professoressa McGranitt li aveva fatti attendere appena arrivati. Diceva di essere il fantasma della Torre di Grifondoro, qualsiasi cosa dovesse significare. Ron Weasley lo additò con la bocca ancora piena di pollo:
-Io lo so chi è! I miei fratelli mi hanno parlato di lei! Lei è Nick-Quasi-Senza-Testa!
-Preferirei che mi chiamaste Sir Nicholas de Mismy-Porpington.
puntualizzò il fantasma stizzito, ma un ragazzino con i capelli tendenti più al biondo che al castano, anche lui del primo anno, lo interruppe:
-Quasi-Senza-Testa? Come è possibile essere quasi senza testa?
Non era una domanda molto educata da porre a qualcuno, pensò Hermione, nonostante, in effetti, se lo stesse chiedendo anche lei; soprattutto perché, ad osservarlo bene, Sir Nicholas de Mismy-Porpington la testa ce l'aveva, ed era pure adornata di un etereo cespuglio di capelli.
-Così,
rispose stizzito il fantasma, e prese a tirarsi per un orecchio fino a quando la testa gli ricadde quasi completamente sulla spalla, staccandosi dal collo tranne che per un sottile lembo di pelle. Hermione storse il naso disgustata. Doveva farlo proprio mentre stavano mangiando? Poi, come se nulla fosse, Nick, o Sir Nicholas, o in qualunque modo si volesse far chiamare quel fantasma, lasciò andare l'orecchio di scatto, facendo sì che la testa tornasse al suo posto e disse, levandosi un po' più in alto sul tavolo:
-Allora... nuovi Grifondoro! Spero che ci aiuterete a vincere il Campionato delle Case di quest'anno. Non è mai successo che Grifondoro non vincesse per tanto tempo: Serpeverde ha vinto la Coppa per sei anni di fila!
Hermione pensò che avrebbe aggiunto anche questo particolare alla lettera per il signor Fogg. Sicuramente gli avrebbe fatto piacere saperlo.
Il fantasma continuò:
-Il Barone Sanguinario sta diventando a dir poco insopportabile...ehm,
aggiunse poi, visti gli sguardi interrogativi del suo piccolo pubblico,
-...lui è il fantasma di Serpeverde.
Come seguendo un ordine silenzioso, Hermione, Harry, Ron, Neville e il ragazzo dai capelli biondo scuro accanto a lui voltarono contemporaneamente lo sguardo al tavolo dei Serpeverde, dove un grosso fantasma dallo sguardo malinconico e gli abiti macchiati di chiazze di sangue argentato sedeva accanto a un ragazzino biondissimo del primo anno, uno di quelli che erano scappati dallo scompartimento di Harry Potter sul treno.
-Come ha fatto a coprirsi tutto di sangue?
Chiese il ragazzo biondo. A quanto pare il suo forte era fare domande poco discrete ai fantasmi.
-Non gliel'ho mai chiesto.
Rispose semplicemente Nick, e poi fluttuò via verso un altro gruppo di studenti.
Quando tutti ebbero finito di cenare, i piatti si svuotarono da soli e si riempirono di dolci. Dolci di tutti i tipi: torte, crostate, gelati e zuccotti di zucca. Hermione ne afferrò uno anche se era piena da scoppiare. Aveva esagerato con le patatine fritte, alla fine, ne era sicura, per non parlare poi di tutti quei bicchieri di succo di zucca. Il ragazzo biondo, che nel frattempo aveva scoperto chiamarsi Seamus Finnigan, stava raccontando della sua famiglia:
-Io sono metà e metà. Papà è un babbano. Mamma non gli ha detto di essere una strega fino a dopo sposati. È stato un bel colpo per lui! E tu Neville?
Anche Neville raccontò della sua famiglia. Solo di sua nonna in realtà, e di un certo prozio Algie che aveva cercato in tutti i modi di fargli compiere la sua prima magia. Hermione non voleva essere interpellata su quell'argomento. Seamus era un mezzosangue, sì, ma lei era proprio una nata babbana, e anche se Neville e Hannah, quando l'avevano scoperto, non si erano comportati in modo strano, preferiva non farlo sapere in giro. Così si mise invece a parlare con Percy delle lezioni. Percy Weasley sembrava un tipo a posto. Era educato e tranquillo e non alzava mai la voce per parlare con gli altri. Se qualcuno non lo sentiva o se voleva chiacchierare con un ragazzo lontano da lui, si alzava e gli andava vicino. A prima vista, sembrava anche un ragazzo serio e studioso. Hermione pensò subito che se si fosse comportata sempre in maniera esemplare come sembrava facesse lui, forse un giorno sarebbe diventata prefetto anche lei. Sarebbe sicuramente stato un grandissimo onore.
-Allora Percy, sai quando iniziano le lezioni? Io spero proprio che comincino subito, c'è così tanto da imparare.
Trillò eccitata.
-Quest'anno le lezioni inizieranno martedì, ma in via del tutto eccezionale. Solitamente il primo giorno è sempre lunedì, ma si è voluto lasciare agli studenti del primo anno almeno un giorno per ambientarsi. Sai già qualcosa delle materie che studierete?
-Oh, sì. A me interessa in modo particolare la Trasfigurazione, sai, mutare un oggetto in qualcos'altro, naturalmente è ritenuta una pratica molto difficile.
-Comincerete dalle cose più semplici, che so, trasformare fiammiferi in aghi e cose del genere.
Parlarono dei vari professori. A quanto pareva ad insegnare Trasfigurazione sarebbe stata la professoressa McGranitt, che era la direttrice dei Grifondoro. Il direttore della Casa Serpeverde era Severus Piton, l'insegnante di pozioni, un uomo alto e tutto pelle e ossa con capelli neri tanto lisci da sembrare unti e un naso adunco. Tassorosso, la Casa di Hannah, era diretta dalla professoressa Pomona Sprout, di Erbologia, una materia che si sarebbe svolta nelle serre tre volta alla settimana. Era una strega cicciottella e dall'aria cordiale, con delle guance che sembravano due mele rosse. Infine c'era il professor Flitwick, insegnante di Incantesimi e direttore della Casa Corvonero. Aveva un'aria simpatica ma era alto meno della metà di una persona normale. Tra le altre materie c'erano Astronomia, Volo e Storia della Magia, il cui professore era un fantasma. Infine c'era l'amatissima Difesa Contro le Arti Oscure che, nonostante il nome pomposo che faceva presagire ogni sorta di pericolo immaginabile, era insegnata dal professor Quirrell, un omino dall'aspetto del tutto innocuo, sempre calmo e pacato e con un turbante in testa. Sembrava un po' un fifone, in reraltà. Tuttavia, le aveva spiegato Percy, il professore di Difesa Contro le Arti Oscure cambiava tutti gli anni a Hogwarts. Hermione, per il resto, sapeva tutto su tutte le materie. Volo era una materia che studiavano solo gli allievi del primo anno – e per fortuna, dato che era una persona che preferiva restare in tutti i sensi con i piedi per terra – e dal terzo anno avrebbero potuto iniziare a studiare alcune interessantissime materie facoltative, come l'Artimanzia.
   Quando tutti quanti finirono di mangiare anche il dolce, i piatti tornarono ad essere lindi e puliti e il professor Silente si rialzò in piedi e sorrise alla sala. Questa volta, Hermione attese il suo discorso con un po' meno zelo di prima. La sala sprofondò nel silenzio.
-Solo poche parole ancora, adesso che siamo tutti sazi di cibi e bevande,
disse Silente.
-Ho da darvi alcuni annunci di inizio anno.
-Gli studenti del primo anno devono ricordare che l'accesso alla foresta è proibito a tutti gli alunni. E alcuni degli studenti più anziani farebbero bene a ricordarlo anche loro.
Il suo sguardo puntò, poco distanti da Hermione, i due gemelli dai capelli rossi, anche loro dei Weasley, che avevano schiamazzato più di tutti durante il banchetto; gli stessi dello scherzo della tarantola. Avevano ingaggiato una piccola lotta con il cibo insieme a quel loro amico che stava con loro nello scompartimento dell'Hogwarts Express e ogni volta che passavano vicino a Percy, il loro fratello maggiore, si divertivano a tirargli uno scappellotto.
-Inoltre,
proseguì il preside,
-Il signor Gazza, il custode, mi ha chiesto di ricordare a voi tutti che è vietato usare la magia nei corridoi tra una lezione e l'altra.
-Le selezioni di Quidditch si terranno durante la seconda settimana dell'anno scolastico. Chiunque sia interessato a giocare per la squadra della propria Casa è pregato di contattare Madama Bumb.
-E infine, devo avvertirvi che da quest'anno è vietato l'accesso al corridoio del terzo piano a destra, a meno che non desideriate fare una fine molto dolorosa.
-Dice sul serio?
Sentì Harry Potter chiedere a Percy in un sussurro.
-Certamente.
Il prefetto aggrottò la fronte perplesso.
-È strano, perché in genere lui dice sempre la ragione per cui non abbiamo il permesso di andare da qualche parte... la foresta è piena di bestie pericolose, questo lo sanno tutti. No, penso che almeno a noi prefetti avrebbe dovuto dirlo.
-E ora, prima di andare a letto,
terminò Silente,
-Intoniamo l'inno della scuola!
Il vecchio mago agitò la bacchetta e dalla punta scaturì un nastro dorato che andò a srotolarsi fino in fondo alla sala e poi iniziò a contorcersi formando delle parole. Silente sembrava contentissimo, ma gli altri professori avevano stampato in volto un sorriso palesemente finto, gli sguardi che suggerivano che in quel momento avrebbero preferito trovarsi da qualsiasi altra parte e fare qualsiasi altra cosa.
-Ognuno scelga il motivetto che preferisce. Via!
L'inno di Hogwarts, per l'orrore di Hermione, era di quanto più stupido si potesse desiderare. C'era chi lo cantava in un modo, chi in un altro, chi lo recitava con scherzosa baldanza e chi invece si limitava a ripetere le parole nel tono monocorde di una filastrocca. Hermione non ebbe neanche il coraggio di provare a sussurrarlo. In quel momento, si sentiva in perfetta empatia con i professori.
-...Insegna a noi che cosa va imparato,
ripeti ciò che abbiam dimenticato,
fa' del tuo meglio e noi faremo il resto,
finché il cervello non ci andrà in dissesto.
Finirono per ultimi di cantare i due gemelli Weasley al ritmo lento e cantilenante di una marcia funebre. Per tutto il tempo, Silente aveva continuato ad agitare a ritmo la bacchetta, come un direttore d'orchestra.
-Ah, la musica. Una magia che supera tutte quelle che noi facciamo qui! E adesso, è ora di andare a letto. Via di corsa.
   I prefetti delle varie Case si aprirono un varco tra la folla di studenti che si erano alzati. Molti si stavano avviando verso i loro dormitori, ma alcuni erano rimasti in piedi a chiacchierare. Hermione e gli altri studenti del primo anno, seguirono Percy fuori dalla Sala Grande. Salirono lungo la grande scalinata in marmo che Hermione aveva già notato nel breve percorso verso la stanza in cui la McGranitt aveva dato loro il benvenuto. I ritratti appesi alle pareti li salutavano festosi, ma loro erano troppo pieni e stanchi, stravolti dalla forte emozione del primo giorno ad Hogwarts, per farci caso. Passarono dietro porte, pannelli scorrevoli e arazzi, sempre sotto la guida attenta di Percy Weasley. Hermione cercò con tutta se stessa di memorizzare la strada, ma dopo l'ennesimo cambio di rampa di scale si dovette arrendere. Stavano salendo talmente tanti gradini che probabilmente sarebbero arrivati all'ultimo piano del castello. Poi si ricordò quello che aveva detto Sir Nicholas, Nick-Quasi-Senza-Testa: lui era il fantasma della Torre di Grifondoro, quindi evidentemente era proprio lì che stavano andando. Su una torre. In alto, in alto, in alto. Evviva! Pensò ironicamente Hermione. Sono capitata proprio nella Casa che deve fare più scale. Però non si azzardò a lamentarsi come alcuni di loro stavano facendo, piuttosto rimase con la schiena dritta e un portamento impeccabile, tanto che da fuori sembrava non facesse la minima fatica, nonostante la pancia piena di zuccotti di zucca e patatine fritte. Per non pensare alla stanchezza che inevitabilmente stava colpendo anche lei, in realtà, fingeva nella sua testa di essere la professoressa McGranitt. Quella strega avrebbe percorso centinaia di scale sempre con l'eleganza di una regina. Ad un certo punto, però, la piccola comitiva si fermò di colpo. Un fascio di bastoni fluttuava a mezz'aria proprio davanti a Percy. Che anche gli oggetti potessero essere come i fantasmi a Hogwarts? Ma non appena il prefetto si azzardò a fare un passo avanti, i bastoni presero a colpirlo sulla testa.
-Peeves.
Sussurrò Percy più sconsolato che infastidito.
-Un poltergeist.
-Peeves... Fatti vedere!
Urlò poi.
La risposta fu un forte rumore maleducato. Il rumore dell'aria che viene fatta uscire da un palloncino dopo che lo si è gonfiato. Anche se non c'era nessuna puzza, qualcuno storse il naso. Molti ridacchiarono. Hermione alzò gli occhi al cielo. Evidentemente anche a Hogwarts esistevano i guastafeste. Nel mondo dei babbani c'erano i bulli e i ragazzi viziati, in quello magico i poltergeist.
-Vuoi che vada dal Barone Sanguinario?
Minacciò Percy guardando i bastoni. Stranamente, Hermione non sapeva nulla dei poltergeist. Forse erano invisibili, ma invisibili per davvero, non come i fantasmi. Invisibili che non li si può vedere e basta.
Ma Hermione si sbagliava. Improvvisamente, apparve un omino con gli occhi scuri e vispi, le gambe incrociate e un sorriso beffardo sulla faccia. Era in qualche modo simile ai fantasmi, ma anche molto diverso, visto che ora reggeva in mano i bastoni. Indossava un buffo cappello arancione e delle scarpe a punta e al collo portava una cravatta a farfalla.
-Oooooooh! Pivellini del primo anno. Ma che bello!
Esclamò ridacchiando, fissando Percy dritto negli occhi e senza degnare gli altri ragazzi del minimo sguardo. Poi, senza preavviso, si gettò su di loro. Hermione si accovacciò per terra di scatto con un piccolo urletto, le braccia a coprirsi la testa, e tutti fecero come lei. Un ragazzino scoppiò a piangere impaurito.
-Vattene, Peeves, o dirò tutto al Barone, puoi giurarci!
Lo apostrofò Percy lanciandogli un'occhiata storta.
I ragazzi si rimisero in piedi uno alla volta, guardando a destra e a sinistra per controllare che il poltergeist fosse effettivamente sparito. Ma non lo era. Era a poche dita di distanza dalla testa di Neville e, con una linguaccia, gli lasciò cadere i bastoni addosso. Poi svanì.
-Ahi!
Gridò Neville, e Hermione temette che si mettesse a piangere anche lui.
-Dovete guardarvi da Peeves.
Li informò Percy riprendendo a camminare.
-Il Barone Sanguinario è l'unico che riesca a controllarlo; Peeves non dà retta neanche a noi prefetti. Eccoci arrivati.
Erano arrivati in fondo a un corridoio da cui non partivano altre rampe di scale. Di fronte a loro si stagliava il ritratto, alto almeno due metri, di una grossa donna dall'aspetto gioviale, con i capelli neri e un abito rosa.
-La parola d'ordine?
Chiese sorridendo la signora.
-Caput Draconis.
Scandì Percy, in modo che tutti potessero sentire e memorizzare. Dopo un breve cenno del capo della donna, il ritratto si staccò dal muro come una vera e propria porta. Nella parete retrostante era stata ricavata un'apertura circolare che permetteva il passaggio degli studenti. Percy ci passò attraverso e tutti gli altri lo seguirono, alcuni non senza qualche difficoltà. Hermione dovette aiutare Neville, che non riusciva ad arrampicarsi, con una piccola spintarella.
   La Sala Comune di Grifondoro era ampia e sontuosa, decorata sui toni del rosso e con tanti dettagli d'oro, i colori della Casa. La stanza era rotonda e, mentre il pavimento in pietra era coperto da un pregiato tappeto, le pareti erano interamente rivestite da arazzi a sfondo rosso raffiguranti maghi, streghe e varie creature magiche. A destra dell'entrata era acceso un enorme camino in marmo dominato dal dipinto di un leone. Da un lato e dall'altro del camino, si ergevano due paia di altissime finestre bifore, le due vetrate separate da una colonnina, che davano sul parco intorno al castello. Il soffitto era adornato da tendaggi scarlatti. Al centro della sala, erano posti tavolini in legno, morbide poltrone e un divano rosso. Su ogni poltrona c'era un cuscino di velluto scarlatto. Tutto il resto era oro. D'oro erano le rifiniture dei drappeggi, i candelabri appesi alle pareti, la cornice del dipinto e gli oggetti e le coppe ordinati sulla mensola del camino. E d'oro, infine, erano i disegni del leone rampante, il simbolo di Grifondoro, che comparivano un po' dappertutto sui cuscini e sui tendaggi. Un leone rampante era addirittura inciso su ogni tavolino. Ai lati della stanza si aprivano come due salette un po' più piccole, sempre circolari e riccamente decorate, ciascuna arredata con due tavolini, due paia di poltrone, un divanetto e una libreria. Ciascuna con la propria alta finestra, sempre bifora. A destra e a sinistra di ogni saletta partivano due scale a chiocciola, con i gradini in marmo e la ringhiera di mogano. Una scala saliva ai dormitori, l'altra scendeva verso i bagni. Dalla saletta di destra si accedeva, salendo, ai dormitori maschili; dalla saletta di sinistra a quelli femminili. Percy li avvertì che avrebbero potuto trovare i loro effetti personali già all'interno delle loro stanze. La scala a chiocciola proseguiva per altri sei piani per tutta la torre. Su ogni pianerottolo si aprivano due porte in legno, ognuna con una lista di nomi incisi sopra. Hermione controllò porta per porta dove fosse il suo nome. Lo trovò al terzo piano dei dormitori, a destra. Insieme al suo, incisi sulla porta, c'erano i nomi di Lavanda Brown, Parvati Patil, Apple Broadbent e Fay Dunbar, le sue nuove compagne di stanza. Presto le avrebbe conosciute. Con il cuore in gola, Hermione aprì la porta.
   -Per me il Quidditch è lo sport più fantastico di tutto il mondo magico!
Stava dicendo una ragazza dai capelli scuri e gli occhi azzurri come il mare, la pelle tanto chiara da sembrare porcellana.
-Non lo so. Non mi piace il Quidditch. È troppo frenetico per me.
Rispose la ragazza accanto a lei, una strega alta con i capelli rossi e un mucchio di lentiggini, poco prima di accorgersi della nuova arrivata.
-Oh, ciao. Tu sei?
Le chiese la rossa.
-Hermione. Hermione Granger. Voi?
Rispose Hermione nel modo più naturale che le riuscisse. Era sempre difficile per lei presentarsi a persone nuove.
-Apple Broadbent,
si presentò la rossa,
-e lei è Fay.
Disse indicando l'amica, che intanto stava svuotando il suo baule, sistemando ordinatamente tutti i vestiti sul letto. La mora alzò la mano in segno di saluto.
-Fay Dunbar. Tanto piacere.
Erano ancora solo loro tre nella stanza. Le altre due ragazze dovevano essere ancora di sotto. Anche il dormitorio era sui toni del rosso e dell'oro, ma era più spoglio della Sala Comune. Il pavimento era coperto da un tappeto circolare, ma non c'erano poltrone o cuscini di velluto. Solo quattro letti a baldacchino, con i drappeggi e le coperte scarlatte. Accanto ad ognuno, era posto un armadio in legno con due ante e tre cassetti. I loro bauli si trovavano intatti ai piedi del letto. Gli spazi vuoti lasciati dai baldacchini, la testiera appoggiata alla parete e l'estremità finale verso il centro, erano riempiti per più di metà da una finestra quadrata che sporgeva leggermente rispetto al resto del dormitorio creando come una specie di nicchia, per un totale di ben cinque finestre. Di giorno la stanza doveva essere molto luminosa, anche se delle spesse tende rosse con ricamato un leone rampante dorato erano legate ai lati di ogni vetrata, pronte a filtrare gli abbaglianti raggi del sole. Nella nicchia della finestra a sinistra del letto di Apple, un gufo reale sonnecchiava beato nella sua gabbia.
   Hermione trovò il suo letto, proprio il primo vicino alla porta, così, senza scambiare un'altra parola con Apple e Fay, troppo stanca per provare a stringere nuove amicizie, si mise a disfare il proprio baule, riponendo i pochi vestiti nell'armadio e sistemando i libri in parte in un cassetto rimasto inutilizzato, in parte ordinati in una pila nella nicchia accanto al suo baldacchino. I manuali scolastici, invece, li tenne all'interno del baule, per poterli avere sempre a portata di mano. Le altre due ragazze, Patil e Lavanda, arrivarono poco dopo. La prima era una delle due gemelle che erano state smistate in Case diverse durante la Cerimonia, la seconda era una ragazzina un po' paffuta con lunghi riccioli biondi che le ricadevano sulle spalle. Quando si ripeterono le presentazioni, Hermione si limitò a dire il suo nome, senza intrattenersi a parlare né del banchetto, né dei professori, né di Peeves il poltergeist, né tanto meno mettersi a discutere su quali fossero i ragazzi di Grifondoro più carini del primo anno o a spettegolare sul famoso Harry Potter. Così, prendendo il pigiama e il suo beauty case, uscì nel corridoio e scese in bagno. Era tardi, ormai, e il grande bagno in marmo era deserto. Lì, sopraffatta da tutte le emozioni della giornata e dalla nostalgia per la sua famiglia che non avrebbe rivisto per mesi interi, si lasciò sfuggire qualche lacrima. Lacrime dolceamare; lacrime di gioia per tutto quello che doveva arrivare e di dolore per tutto quello che si era inevitabilmente lasciata alle spalle.


NOTE DELL'AUTRICE

Come promesso eccomi subito con il nuovo capitolo. Spero che sia di vostro gradimento e che l'inserimento di nomi talvolta appartenenti alla prima edizione italiana, talvolta a quella nuova non vi abbia mandato in confusione.

Disclaimer: non sono J.K. Rowling e tutti i dialoghi, ambienti e personaggi tratti dai suoi libri sono solo ed esclusivamente di sua proprietà.

ANTICIPAZIONI:

"Qualcosa che Hermione non sentiva da molto, molto tempo scattò dentro di lei. Una vena di competitività. Una caparbia voglia di dimostrare che ce l'avrebbe fatta. Lei non era una "testa di legno"."

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