Memories of a time to come

di LilyOok_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Una ricca dispensa. ***
Capitolo 3: *** Sul Verde Cammino . ***
Capitolo 4: *** Pioggia e Troll . ***
Capitolo 5: *** L'ultima Casa Accogliente. ***
Capitolo 6: *** Voglio solo proteggerti. ***
Capitolo 7: *** Questa degli Orchi è la città! ***
Capitolo 8: *** In volo verso la salvezza. ***
Capitolo 9: *** Il protettore del Bosco. ***
Capitolo 10: *** Mai lasciare il sentiero. ***
Capitolo 11: *** Pungola, pungola! ***
Capitolo 12: *** Benvenuti, benvenuti! Tre volte ben venuti! (parte prima) ***
Capitolo 13: *** Sulle sponde del lago. (parte seconda) ***
Capitolo 14: *** Per sempre (parte terza). ***
Capitolo 15: *** Nel Dì di Durin. ***
Capitolo 16: *** Il Drago è caduto! Il Drago è caduto! ***
Capitolo 17: *** Tradimento. ***
Capitolo 18: *** Un'ultima volta. ***
Capitolo 19: *** Quando la morte avanza con gli stendardi neri. ***
Capitolo 20: *** Raccogliere i pezzi. ***
Capitolo 21: *** Addio, Thorin Scudodiquercia ***
Capitolo 22: *** Benvenuta in famiglia, Larya. ***
Capitolo 23: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Memories of a time to come.
 
 



 

Capitolo 1 – Prologo.
 
Immagini confuse si susseguivano nella sua mente in un turbine impazzito.
Rumori e suoni di ogni tipo gli assordavano le orecchie, impedendogli di capire con chiarezza cosa fossero, a cosa fossero legate, a chi appartenevano le voci che sentiva in sottofondo.
Sembrava cantassero.
Canzoni allegre riempirono gli spazi, poi il clangore delle spade e grida di lotta si sostituirono ad esse.
In piccoli flash scorse un sorriso, una lunga treccia bionda tutta sfatta, due occhi scuri che lo osservavano ridenti.
Chi era?
Quell’immagine svanì, sostituita da altre confuse e veloci.
Poi vide nero, rosso e di nuovo nero.
Gli sembrò di poter percepire la terra fresca sotto i polpastrelli, il sapore della pioggia sulle labbra e di udire il ticchettio di essa sul terreno, molto vicino alle sue orecchie.
Ma poi, altre voci affollarono la sua testa – stava impazzendo – sovrastando il resto.
Quello che sentiva ora sotto le dita era la morbidezza della pelle di qualcun altro.
Chi era?
Di nuovo, quel sorriso gli affiorò alla mente, più nitido seppur sempre sfocato.
Vide quelle labbra sottili muoversi, pronunciare parole che non riusciva a sentire.
Poi, i suoi occhi, profondi e scuri come la notte lo catturarono, lo rapirono, lo scrutarono fin dentro l’anima da dietro le lunghe ciglia bionde.
Chi era?
Perché non riusciva a ricordare?
Cos’era successo?
Era forse morto?
Stava forse sognando?
Era un incubo, quello?
Doveva esserlo.
Lentamente, il volto di quella giovane donna gli apparve sempre più nitido.
La sentì ridere, un riso che presto si tramutò in pianto, rabbia, sangue prese a scorrerle sul viso da una ferita alla tempia.
Voleva fare qualcosa, aiutarla, ma come?
Non percepiva più il suo corpo.
Le sue mani non stavano toccando nulla e i suoi occhi... i suoi occhi stavano veramente vedendo? Le sue orecchie stavano veramente ascoltando?
Poi tutto venne avvolto da una luce bianca, accecante, e l’ultima cosa che vide prima che tutto divenne di nuovo oscurità, furono gli occhi di lei che lasciavano cadere copiose lacrime di dolore.
 
 
 
Aprì gli occhi.
Ricordava.
Ricordava ogni cosa.
Si ricordava di lei.
E ora lo sapeva, sì, ne era certo: quello sguardo non avrebbe mai più lasciato il suo cuore.

















-Angolino Autrice-

Buonsalve!!
Allora, inizio col dire che mi sono gettata di nuovo a scrivere una long, ma essendo all'università (come alcuni sanno) non so se sarò puntuale con gli aggiornamenti.
Per ora su Word sono arrivata al decimo capitoli, quindi per un po' sarò puntualissima XD Anche se, in realtà, mi devo appigliare al wifi dell'uni perché a casa non l'ho ancora.

Ma, a parte questi problemi tecnici, io spero vivamente di incuriosirvi e che non vi siate stancati di leggere storie sul viaggio per Erebor perché mi rendo conto che è assai ridondante, ormai, ma ho cercato di ridurre al minimo le scene che ormai conosciamo a memoria e incentrarmi di più sul Nuovo Personaggio.

In realtà, i nuovi personaggi saranno DUE!
Ma questo lo scoprirete leggendo ^^

Questo prologo, capirete anche questo, è qualcosa che succede DOPO tutta la storia.
Non vi dico chi è il Nano che vede e sente queste cose, non vi dico a chi appartiene il sorriso, non vi dico niente.
Se volete provate ad indovinare, ma tanto io sono muta come un pesce u.u

Ho cercato di caratterizzare al meglio tutti i personaggi ma, mi trovo in serie difficoltà, quindi ogni tanto qualche membro della Compagnia sparisce, non me ne vogliate u.u

Penso che per ora ho detto tutto, nel caso, mi rifaccio nei prossimi capitoli.
Non vi chiederò di avere pietà, se vi piace bene, se non vi piace amen, ditemelo, non ditemelo, fate come vi pare, ma spero davvero che - non dico molti ma almeno un po' di voi - mi diciate cosa ne pensiate poiché io ci spendo tempo ed energia e PASSIONE ed è gratificante conoscere il parere di chi legge, che sia positivo o negativo.

Adesso vi lascio, decidete voi cosa fare, grazie per l'attenzione e spero mi seguirete fino alla fine di questo "nuovo" viaggio!

LilyOok_


Ps: il titolo è preso da una canzone dei miei amatissimi Blind Guardian e l'ho scelto poiché ho inserito appunto un prologo che è post-storia.

 

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Capitolo 2
*** Una ricca dispensa. ***


Capitolo 2 – Una ricca dispensa.
 
“Vi prego, vi scongiuro, quello no!” Gridava il piccolo Hobbit, correndo a destra e a manca per tutto il suo buco Hobbit, cercando di preservare quanti più cimeli di famiglia poteva.
Quei Nani avevano fatto irruzione dentro alla sua casa e avevano creato una baraonda.
Avevano svuotato la sua dispensa, la sua ricca dispensa e lui non aveva potuto farci nulla.
Non era riuscito minimamente a contrastare la furia famelica di quei buzzurri irrispettosi e sembrava – inoltre – che a loro non importasse un fico secco della sua opinione nonostante fossero nella sua casa, mangiassero il suo cibo e bevessero le sue bevande senza il suo consenso.
“He, he, avanti, Bilbo! Goditi la serata come fanno tutti.” Lo canzonò lo stregone e lo Hobbit poté solo che pressarsi la radice del naso tra indice e pollice per evitare di lanciare insulti a quel vecchio che da piccolo lo faceva divertire tanto con i suoi magici fuochi d’artificio.
Certo, c’era da dire che il suo tanto amato buco Hobbit non era mai stato così affollato come allora, né così rumoroso e allegro. Sì, perché quei Nani strampalati e chiassosi erano anche allegri e questo alleviava di poco i suoi tormenti.
Non mancava di continuare a chiedersi mentalmente perché Gandalf li avesse portati in casa propria... Gli venne in mente che di certo non poteva essere solo per far fare loro piazza pulita della sua dispensa o distruggere le sue stoviglie che proprio in quel momento stavano volando per tutta la-
Giorni celesti! Le mie stoviglie! Fermi, feeeermi!!” Gridò il povero signor Baggins, mettendosi le mani nei capelli.
Per tutti Sackville-Baggins, quei Nani erano fuori di senno!
“Vi prego, vi scongiuro, quelle ceramiche erano di mia madre! Per favore!” Per poco lo Hobbit non svenne quando uno dei suoi preziosi piatti fu afferrato all’ultimo istante prima che si infrangesse sul pavimento.
Inoltre, Bilbo non poté non notare come tutti – compreso Gandalf – se la ridevano incuranti della sua abnorme preoccupazione, anzi, avevano intonato anche una filastrocca canzonatoria nei suoi confronti. Questo Bilbo lo detesta!, gridavano, ridendo e continuando a lanciarsi le sue stoviglie.
Quando quella tortura cessò, il padrone di casa tirò un sospiro di sollievo nel notare che tutti i suoi adorati piatti erano puliti, impilati in ordine e tutti intatti.
“Visto, Bilbo? Ti preoccupi troppo.” Rise lo stregone.
Non fece in tempo a ribattere, lo Hobbit, che dei colpi risuonarono alla porta.
Tutti si zittirono all’istante. A Bilbo non parve vero che le sue orecchie avessero qualche istante di riposo.
Lui è qui.” Disse Gandalf e spinse Bilbo ad andare ad aprire la porta.
Tutti si erano aspettati di veder entrare un Nano orgoglioso e fiero, dal portamento regale e lo sguardo di ghiaccio...
...quel che invece videro fu soltanto una giovane Nana con una lunga treccia bionda da un lato e due grandi occhi scuri che sorridevano, vestita da uomo e con qualche arma che fuoriusciva dal borsone che si portava dietro.
“Salve ragazzi, come andiamo?” Domandò, sorridendo davanti alle facce basite di tutti gli altri, posando a terra il pesante bagaglio con tanto di rumore metallico a contornare il tonfo che fece sul pavimento di casa Baggins.
“E tu chi saresti, prego?” Domandò lo stregone, dando voce ai pensieri dei Nani che invece erano rimasti a boccheggiare davanti alla figura di lei.
“Oh, scusate, che maleducata. Non mi sono presentata! Il mio nome è Larya, al vostro servizio!” Disse quella, facendo un lieve inchino per poi rialzare lo sguardo scuro e scrutare i volti scioccati che la guardavano.
“Cosa c’è? Ho qualcosa sul viso? Accidenti...” Mormorò, strofinandosi la faccia pulita “Il viaggio è stato lungo e non ho avuto molto tempo per guardare al mio aspetto. Va meglio così?” Domandò poi, sorridendo imbarazzata.
“Si può sapere da dove vieni, ragazza?” Fu Balin a parlare, rompendo l’incantesimo che aveva ammaliato tutti quanti.
Ora tutti avevano iniziato a guardala un po’ con sospetto, chi con curiosità e chi con un sorrisetto sornione che non prometteva nulla di buono.
Il vecchio Nano attese la sua risposta e quando lei spostò lo sguardo su di lui, ampliò il suo sorriso: “Provengo dalle Lande del Nord. Più precisamente da un paesino nelle Brughiere.”
“E qual buon vento ti ha portata fin qui? Sono armi quelle che hai nella borsa?” Chiese ancora Balin, guardandola con curiosità.
Lei annuì. “Sono qui per lo stesso motivo per il quale lo siete voi! Seguire Thorin Scudodiquercia nella missione ‘Riconquista Erebor – Uccidi il Drago’. Non mi sarei fatta tutta la strada che mi sono fatta solo per vedere che aspetto hanno gli Hobbit!” E così dicendo, si voltò sorridente verso Bilbo il quale arrossì sotto il suo sguardo, per poi cercare di ricomporsi.
“Un momento, quale Drago?” Domandò poi, assimilando le parole di lei ma nessuno fece caso alla sua domanda.
“Scusa, cosa ti fa pensare che porteremmo una donnicciola come te con noi?” Domandò d’un tratto la voce burbera di Dwalin.
“Primo, non sono una donnicciola. Non sapete nulla di me. Non ho passato la mia intera esistenza a imparare come cucire centrini per decorare i mobili! Mio padre mi ha addestrata personalmente e so maneggiare le armi alquanto bene e tirare con l’arco con una buona mira. Quindi penso potrebbero essere utili due braccia in più.” Rispose Larya, facendo un passo avanti. “Secondo, mastro Nano, trovami un’altra donnicciola come me dalle tue parti e poi riapriremo questo discorso.” Il sorriso non aveva mai abbandonato le labbra della giovane, seppur il suo tono era tagliente come le lame delle spade che teneva accuratamente custodite nel bagaglio ai suoi piedi.
“Come osi...” Stava per dire Dwalin, ma poi bussarono nuovamente alla porta. Questa volta doveva essere lui.
 
“Sc-scassinatore? Io? No. No, no, no, no! Ma come vi viene in mente? Io sono uno Hobbit per bene! Non potrei mai rubare o scassinare niente. Non sono nemmeno sicuro che sarei capace di farlo.” Ribatté il Mezzuomo dopo che il suo ruolo in quella stramba Compagnia era stato delineato.
“Gli Hobbit sono silenziosi, capaci di sfuggire al tuo sguardo senza che tu te ne accorga.” Disse Gandalf, cercando di convincerlo.
“Ma io non ho la stoffa adatta per fare questa cosa, Gandalf!” Si risentì lui, lasciandosi scivolare sulla panca accanto alla ragazza.
“Secondo me ce la potresti fare.” Disse lei, vicina al suo orecchio.
Bilbo scosse la testa e Thorin, il capo di quella folle spedizione puntò gli occhi chiari sul volto di Larya e ne scrutò i lineamenti sottili e dolci, ponendosi delle domande nella sua mente: “E tu come sei arrivata qui, di grazia?” Domandò soltanto, scegliendo la più semplice di quelle.
“Cavalcando un pony, ovvio. Se fossi venuta a piedi starei ancor attraversando il Decumano Est, arrancando per la stanchezza.”
La naturalezza con la quale Larya rispose al principe dei Nani scaturì in quest’ultimo una curiosità tale che dovette trattenersi per non farle domande su chi fosse, da quale famiglia provenisse, chi erano i suoi genitori e altre cose personali che uno come lui non si sarebbe mai sognato di chiedere ad una fanciulla dal viso tanto angelico come il suo.
Una cosa però gliela chiese: “Così, tu vorresti venire con noi, eh. E cosa dovrebbe spingermi a portarmi dietro una donna?”
La Nana roteò gli occhi, pur mantenendo il suo sorriso allegro. “Certo che ce l’avete con questa storia delle donne. Non vi sembrate un po’ maschilisti? Ad ogni modo...” Mormorò, facendosi su pensierosa “...ti dirò quello che ho detto al tuo amico pelato, poco fa.” Continuò, ignorando il borbottio indignato di Dwalin quanto si sentì appellare come pelato “Mio padre mi ha insegnato a maneggiare le armi e so cavarmela abbastanza bene anche con l’arco. Ho solamente pensato che poteva far comodo un membro in più a dare una mano contro la bestia.”
Per la seconda volta, Bilbo rizzò le orecchie all’insinuazione di Drago e bestia.
“Mi spiegate, di grazia, di quale bestia parlate?” E per la seconda volta, Bilbo fu ignorato completamente.
“Bene, sei la benvenuta, allora.” La voce di Thorin sovrastò il dissenso del piccolo Hobbit, mentre un mormorio si levò tra le voci dei Nani intorno a quel tavolo.
“Thorin...” Esordì il suo amico pelato, ma lui lo zittì con uno sguardo che voleva dire ‘so quel che faccio, amico mio’ anche se Dwalin non ne rimase poi tanto convinto.
Sembravano tutti essere stati abbindolati da quel faccino roseo con il sorriso sempre stampato sulle labbra, ma il Nano si ripromise di tenerla d’occhio. Non si fidava affatto di lei.
“Insomma, qualcuno vuole ascoltarmi?!” La voce concitata di Bilbo sovrastò il vociare dei Nani e ora tutti si erano voltati a guardarlo.
“Mio caro amico” Iniziò Gandalf, illustrando allora il completo quadro di quel piano di riconquista.
L’unica cosa che Bilbo vide, prima di svenire, fu il volto sorridente di Larya che insieme a Bofur se la rideva da matti mentre l’altro gli illustrava nei minimi dettagli cosa una fornace con le ali fosse capace di fare con le sue zanne aguzze e il suo fiato rovente.














-Angolino Autrice-

Allora, ragazzi, in primis prometto che come ho un istante di tempo vi rispondo alle recensioni.
Sono di frettissima che devo studiare e non vorrei che mi crepasse il pc mentre faccio matematica, quindi sarà breve e concisa: avevo fatto una lista di cose da dirvi ma me la sono dimenticata a casa quindi non mi ricordo cosa vi volevo dire di importante, lo dirò nel prossimo capitolo eventualmente, nel frattempo vi presento il primo nuovo personaggio, che è Larya ovviamente, e spero vi piacerà, a me piace tanto.
Scappo, scusate la nota autrice di m*rda ma veramente non ho un secondo da perdere perché non ho l'alimentatore appresso.
Vi ringrazio per aver letto e recensito il capitolo precedente e in anticipo anche questo! Ho ricontrollato e più o meno non dovrebbero esserci errori ma se li trovate non esitate a farmelo presente che correggo subito!
Spero di non deludere nessuno con questa nuova storia ^^
Saluti,
Juls!

 

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Capitolo 3
*** Sul Verde Cammino . ***


Capitolo 3 – Sul Verde Cammino.
 
L’aria fresca della mattina sbatteva sui loro volti mentre si accingevano a partire alla volta di Erebor, il lontano regno sperduto dei discendenti di Durin il Senzamorte.
In testa alla lunga fila di pony stava Thorin; la sua postura regale faceva di lui una visibile guida, uno che avresti scelto fra gli altri per seguirlo, come capo, come Re.
Dietro di lui, quasi al suo fianco in realtà, c’era lo stregone. Quel vecchio era simpatico, un po’ svitato forse, ma simpatico.
Il resto della Compagnia sfilava in fila indiana dietro di loro, in silenzio, scambiandosi battute di tanto in tanto.
Avevano lasciato la casa del signor Baggins senza uno Scassinatore. Eh già, lo Hobbit si era rintanato nella sua camera dopo aver detto in più modi diversi che lui non avrebbe mai preso parte ad un viaggio così pericoloso, che lo avrebbe allontanato dalla sua amata poltrona, dai suoi libri, dalle sue mappe e dal suo caldo focolare. D'altronde, era uno Hobbit per bene, lui.
 
Larya se ne stava tranquilla più o meno al centro della fila, in sella al suo pony dal pelo marroncino, con il borsone legato alla cinta dell’animale. Aveva messo l’arco in spalla e alla sua cintola erano legati una spada e un piccolo pugnale dal manico intarsiato.
Osservava gli alberi e tutto ciò che di verde c’era in torno a loro e inspirava l’aria fresca del mattino a polmoni aperti, con grandi e profondi respiri.
Il mantello che aveva sulle spalle era di una tonalità di blu un po’ sbiadita, e copriva il suo corpo e parte della schiena del pony.
Si soffermò ad osservare la testa della fila, dove Thorin ondeggiava sul suo elegante pony nero e si sorprese a sorridere a se stessa, non credendo ancora possibile di essere stata accettata.
Si era preparata a fare un viaggio a vuoto, a tornare a casa con il morale a pezzi e la rabbia nel petto per essere stata respinta, non essendo stata ritenuta adatta ad affrontare un viaggio di quella portata.
Invece no, era lì, felice, a cavallo del suo animale che sfilava sul Verde Cammino insieme a tutti gli altri, insieme a tutti coloro che non avevano avuto timore nel rispondere alla chiamata del loro Re; coloro che, pur sapendo il rischio di quell’impresa, si erano gettati a capofitto dietro a quel Nano dallo sguardo di ghiaccio e il passato turbolento, bisognosi solamente di tornare a casa.
 
La Nana si stiracchiò, sgranchendo le braccia.
Erano partiti da due ore buone e, nonostante alcuni di loro avessero scommesso – coinvolgendo anche Gandalf – sul fatto che entro il mezzogiorno lo Scassinatore li avrebbe raggiunti unendosi a loro, di lui non vi era ancora traccia. Anche se, Gandalf, sembrava riporre grande fiducia in quel Mezzuomo.
“Hey.” La voce di Kili attirò l’attenzione di lei che si voltò a guardarlo.
“Hey.” Rispose, con lo stesso tono che aveva usato lui.
“Allora, Larya, sei mai stata ad Erebor?” Le chiese, alzando le sopracciglia curioso. Al suo fianco, dall’altro lato, le si affiancò Fili, il fratello di Kili.
“Di un po’, ti sembro forse così vecchia?” Chiese lei di rimando, con un finto tono offeso, indicandosi la faccia con il suo dito indice.
“No, no, certo che no.” Rispose il Nano bruno, colto in fallo.
“Ah, fratello, sei senza speranze.” Fili rise di lui e l’altro protestò animatamente.
A Larya venne da ridere, si comportavano esattamente come due ragazzini pronti a punzecchiarsi ad ogni momento possibile solo per gioco.
“Ci stavamo solo chiedendo...”
“Non comincerete anche voi con la storia della donnina, spero. Questa visione così ottusa del mondo mi fa piangere il cuore.” Larya bloccò la frase di Fili a metà, poi gli fece l’occhiolino quando vide che lui era rimasto a boccheggiare senza sapere cosa risponderle.
“Avanti, ragazzi, non fate quella faccia.” Sorrise ad entrambi, rincuorandoli un po’. Alla fine loro ricambiarono il sorriso e Fili trovò le parole giuste per formulare la sua domanda senza sembrarle inopportuno e senza arrecarle fastidio: “In realtà, ci stavamo chiedendo come mai, seppur non conosci nessuno di noi, ti sei unita senza indugio a quest’impresa.”
Lei fece un’alzata di spalle. “Seppur Erebor non è mai stata la mia casa, lo era per i miei genitori e i miei avi. Quindi perché non dare una mano a riprendercela? È nostra di diritto, no? E allora nessun Drago, per quanto feroce esso sia, potrà fermare un’orda di Nani arrabbiati.”
“Io non ci definirei proprio un’orda.” Disse una voce dietro di loro.
Bofur, il simpatico Nano con lo strano copricapo le sorrise, mostrandole due adorabili fossette.
“Beh, un’orda era quello che speravo di trovare. Sarò più fortunata alla prossima spedizione!” Esclamò allegra lei, scostandosi dietro l’orecchio un ciuffo di capelli che era sfuggito alla treccia.
“Speriamo non ce ne saranno altre!” Disse il giovane Ori, che cavalcava affiancato a Bofur.
Aspettate!” La voce di Bilbo interruppe la loro conversazione e – con un certo rammarico per chi aveva perso la sua scommessa – la Compagnia si ritrovò ben presto con uno scassinatore prima del mezzogiorno.
 
“Hai coraggio, bravo!” Gli disse la Nana, dandogli una pacca sulla spalla, tutta sorridente.
Lo Hobbit sorrise imbarazzato, sensazione che scomparve subito dopo aver starnutito a causa del crine di cavallo.
“Prendi questo, amico.” Bofur gli lanciò un pezzo di stoffa che strappò dal suo mantello, sudicio e mal concio, quando il povero Bilbo si era accorto di non aver preso con sé il suo fazzoletto.
Si rigirò tra le mani quel lembo di stoffa indeciso sul da farsi: gettarlo via rischiando di offendere un Nano oppure soffiarsi il naso usufruendosene con l’altrettanto rischio di prendersi qualche malattia grave che lo avrebbe portato a morte certa.
Per fortuna, ci pensò Larya a salvare la situazione. Si rivolse al Nano con una certa ilarità, esponendo però una punta di preoccupazione per Bilbo, il quale si sentì scaldato dentro che finalmente qualcuno lo teneva in considerazione: “Oh, avanti, Bofur, non vorrai mica che si soffi davvero il naso con quel coso? Lo Scassinatore ci serve vivo e vegeto, non moribondo e avvelenato da chissà quale robaccia abbia incontrato il tuo mantello! A proposito, da quanto non lo lavi?” Rise, poi si rivolse a Bilbo donandogli un quadratino di stoffa bianca con dei ricami geometrici di un colore turchese brillante. “Ecco, usa questo, è sicuramente più igienico di qualsiasi altra cosa tu stia toccando in questo momento.”
“G-grazie...” Fece Bilbo, a seguito di un altro starnuto.
“Figurati, sto solo salvaguardando il tesoro della Compagnia.”
Le parole della giovane fecero provare al Mezzuomo un senso di piacevole tepore. Poi si chiese se davvero fosse così importante il suo ruolo in quella Compagnia o se le sue erano state solo parole di cortesia.
Non osò chiederle, comunque, sia perché quella Nana lo metteva in soggezione e sia perché ormai lei si era voltata, intraprendendo una nuova conversazione con Bofur e Ori.
 
La prima giornata di viaggio passò in maniera tranquilla e quando il sole iniziò a calare sulle Terre dell’Ovest, si apprestarono a trovare un luogo adatto dove allestire i loro giacigli e passare una notte di riposo.
Il cielo era sgombro e le stelle erano ben visibili. Era uno spettacolo davvero ammaliante.
Stretti intorno al fuoco, i Nani si accingevano a degustare lo stufato che Bombur, il fratello di Bofur, aveva cucinato con tutta la dedizione che aveva al cibo, ricevendo così i complimenti degli altri.
Larya e Bilbo se ne stavano seduti vicini, in silenzio.
Nessuno dei due aveva un rapporto stretto con i membri di quella Compagnia così non avevano idea di come interagire nei loro discorsi.
Lo Hobbit si mise una mano in tasca e si ricordò solo in quel momento che prima di partire vi aveva messo dentro una mela.
Se la rigirò tra le mani, indeciso sul da farsi.
“Perché non la dai al tuo pony? Magari gli diventi simpatico e smetterà di farti starnutire.” Gli disse la Nana, mettendo in bocca un’altra cucchiaiata di stufato.
Bilbo la guardò, poi osservò ancora il pomo che teneva stretto in mano e infine annuì. “Sì, perché no.” Disse, alzandosi per dirigersi verso Mirtle. In quel momento, un ruggito fece drizzare i peli sui suoi piedi e un brivido gli scosse la schiena.
“Co-cosa è stato?” Balbettò, spaventandosi ulteriormente quando l’animale gli rubò la mela dalle mani, facendolo sobbalzare per quel contatto inaspettato.
Si era voltato a guardare gli altri membri della Compagnia: Thorin era scattato sull’attenti, Fili e Kili avevano smesso di fare quello che stavano facendo e avevano alzato gli occhi per scrutare l’orizzonte. Gli altri, si erano avvicinanti guardinghi al falò, con le mani sulle impugnature delle loro armi senza però averle sfoderate dalle loro protezioni.
Larya si era stretta nelle spalle incupendo un po’ il volto, senza però lasciar trapelare una sola emozione; se aveva avuto paura non lo aveva dato minimamente a vedere, come invece Bilbo aveva fatto.
“Orchi.” Disse Kili con voce profonda, attento ad ogni movimento intorno a sé.
“Sgozzatori.” Rincarò la dose suo fratello, poi i due osservarono il volto dello Hobbit divenire una maschera di sgomento e risero sotto i baffi.
“Non siate così crudeli col povero mastro Hobbit, ragazzi, dai.” Disse Larya, prima che Thorin si alzò e rimproverò i nipoti per quello stupido scherzetto di cattivo gusto.
Allora ci pensò Balin a calmare le acque, raccontando del perché Thorin era così infuriato verso gli Orchi.
Era una storia che conoscevano tutti, anche Larya, tranne il Mezzuomo.
Bilbo ascoltò ogni parola pendendo dalle labbra del vecchio Nano. Egli raccontò della Battaglia di Azanulbizar, di come avevano tentato di riconquistare Moria perdendo il loro Re, il nonno di Thorin, e dove il padre di quest’ultimo venne dato per disperso dopo essere impazzito dal dolore.
“Che fine ha fatto l’Orco Pallido?” Domandò Bilbo alla fine del racconto.
“È stato rispedito dal buco putrido dal quale era nato.” Rispose Thorin, troncando la conversazione.
A Larya non sfuggì lo sguardo che Balin e Gandalf si scambiarono e un sospetto al quale non diede voce si insinuò nella sua mente.
“Sarà meglio che ora le nostre membra trovino riposo.” Disse lo stregone “Domani affronteremo un’altra giornata stancante.”
 
Larya si avvolse nel mantello e si accoccolò accanto al fuoco insieme agli altri.
Non aveva più proferito parola da quando Balin aveva terminato il suo racconto e nessuno sembrava essersi accorto che per quel lasso di tempo, il sorriso aveva abbandonato le sue labbra.











-Angolino Autrice-

Buongiorno !!

Allora innanzitutto partirei con le note del capitolo precedente che mi sono dimenticata ma ora le ho portate con me in facoltà: in primis ho scritto di Gandaf che praticamente non la conosce perché BASTA con la roba che lo stregone si porta appresso i nuovi personaggi perché si! Almeno, spero, è un po' più originale come cosa... poi boh, se già qualcuno lo aveva fatto, amen u.u
Ah, poi un'altra cosa relativa al capitolo precedente: oltre alla spada Larya sa usare l'arco. Questo perché, non me ne vogliate, ma io lo amo l'arco, me lo sono costruito da sola, lo so usare, sono bravina modestamente (u.u), e quindi i miei personaggi LO DEVONO SAPER USARE PUNTO E BASTA xD che poi mi sono accorta in realtà che fino al capitolo dieci non gliel'ho fatto usare nemmeno una volta, però c'è!

Ora invece parliamo di questo: Mi sono inventata altamente la cosa di Thorin sul pony nero perché nella mia visione lui cavalca un elegantissimo e maestoso Frisone nero che però... un Nano non ci arriverebbe, quindi mi devo accontentare di un pony tutto nero elegante nel uso modo di essere un pony u.u
Seconda cosa: nel film, dopo il racconto di Balin sulla Battaglia di Moria, lui e Gandolfo si scambiano un'occhiata come se entrambi sapessero che Azog è ancora vivo e sinceramente sta cosa non mi è piaciuta per niente perché, oh, Thorin doveva saperlo!! Che diamino >.<
Terzo: nonostante abbia già scritto quasi 11 capitoli, non ho ancora deciso cone ne era di Larya prima di questo viaggio, ma il fatto che si sia un po' rabbuiata non vuol dire che sarà una piagnona per il suo passato assai triste che "ohmmioddio qualcuno mi consoli", NO! In realtà penso sarà molto scialla ^^ Non voglio che il mio personaggio sia una lagnosa, sinceramente.

Bene, detto questo vi saluto e grazie a tutti per le recensioni, per aver messo la storia tra le seguite e le preferite ^^
GRAZIE!

Juls!


Ps: qualcuno mi ha chiesto se Larya ha un significato, lo dico anche a voi: in genere i nomi con significato particolare li trovo solo in Sindarin o in Quenya e non sono adatti ai Nani. Quindi no, non ha un significato ma me lo sono inventato di sana pianta come anche quello del secondo personaggio che arriverà tra un po' di capitoli :D ^^

Pps: vi lascio il link della mia pagina fb, se vi può interessare 
https://www.facebook.com/LilyOok.EFP/?ref=bookmarks e anche quello del mio profilo fb dove però alla fine ci sclero e basta XD (il mio real è sul profilo EFP) https://www.facebook.com/profile.php?id=100012902148907&fref=ts

 

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Capitolo 4
*** Pioggia e Troll . ***


Capitolo 4 – Pioggia e Troll.
 
Nei seguenti giorni la Compagnia rimase sempre all’erta nonostante non mancarono i battibecchi tra Fili e Kili o quelli tra Bofur e Bombur, ma tutto sommato non riscontrarono granché problemi ad arrivare al Brandivino. Da lì avrebbero lasciato il Verde Cammino per inoltrasi nel boschetto adiacente, tagliando per risparmiare giorni di marcia inutili.
Prima di attraversare il fiume, però, fecero una sosta per concedere alle loro membra un po’ di riposo e lavarsi via la stanchezza nelle acque limpide del fiume.
Mentre tutti i Nani si lasciavano trasportare dal divertimento dei più giovani che presero a ridere e scherzare mentre facevano il bagno, il piccolo Hobbit se ne stava accanto a Gandalf a fumare la pipa, cercando di non guardare nella loro direzione. Tredici Nani nudi non era certo uno spettacolo che voleva gli rimanesse impresso per sempre nella mente!
Si guardò intorno alla ricerca dell’unica figura femminile di quella combriccola e quando non la trovò domandò a Gandalf dove fosse.
“Ah, Bilbo, non penserai mica che una giovane donna possa fare il bagno insieme a tredici Nani maschi?”
“N-no, no, certo che no!” Rispose quello, balbettando. Era diventato rosso come un pomodoro maturo al solo pensiero della giovane che nuotava nuda insieme a quella marmaglia di uomini pelosi.
Ma la cosa che lo sorprese di più era il fatto che se l’era immaginata nuda e questo lo fece vergognare ancora di più perché lui era uno Hobbit per bene e certi pensieri non avrebbero dovuto minimamente sfiorare la sua mente.
Si chiuse in un silenzio ostinato, offeso dallo scherzo poco divertente che i suoi pensieri gli avevano fatto e continuò a fumare la pipa senza più guardare nemmeno Gandalf che, poteva sentirlo, se la rideva sotto la lunga barba nel vederlo così imbarazzato.
 
“Ma guarda come si divertono!” Esclamò una voce allegra alla loro spalle e Bilbo per poco non si strozzò con la boccata di fumo che aveva appena dato.
Sentì le guance imporporarsi e non si volle voltare, impensierito dagli occhi di lei che potessero scorgere quel suo imbarazzo all’apparenza immotivato.
“Tu non te lo fai il bagno, mastro Hobbit?” Gli chiese Larya, questa volta la sua voce proveniva da davanti a lui e provò un certo sollievo nel veder spuntare ai suoi piedi un paio di stivali neri.
Si diede dello sciocco e rallentò il battito impazzito del suo cuore, alzando lo sguardo su lei.
Sobbalzò, suo malgrado, quando si ritrovò il suo volto troppo vicino. Larya si era piegata in avanti e stava sorridendo davanti alla sua faccia. I suoi enormi occhi scuri ridevano con le sue labbra.
I capelli lunghi erano sciolti e gocciolanti.
“I-io... veramente... ecco io...” Si diede dell’idiota. Ma che gli era preso? Balbettare in quel modo non era affatto da lui!
“Lo capisco, a volte ci vuole un po’ di privacy da quei chiassosi Nani turbolenti. Però, se vuoi, posso mostrarti il mio posticino appartato!” Larya sorrise e Gandalf osservò discretamente Bilbo arrossire fino alle orecchie.
“I-il t-tuo posticino a-appartato?” Balbettò ancora lo Hobbit. Ormai aveva abbassato lo sguardo e si stava torturando le mani in maniera convulsa.
Larya lo fece riprendere con una bella pacca sulla schiena e per poco la pipa non gli scivolò di mano.
“Avanti, non essere così teso! Scommetto che con un bel bagno ti sentiresti moooolto meglio!” La voce spensierata di lei gli fece intuire che non aveva la ben che minima idea di che cosa stesse passando.
Alla fine, dopo essersi fatto coraggio, seguì la giovane fin nel posto che aveva trovato più adatto a farsi il bagno senza essere vista da occhi indiscreti e lo mollò lì, da solo, dandogli tutta la privacy della quale aveva bisogno.
 
A fine giornata, più che rilassarli il bagno al fiume li aveva stremati; perfino Thorin si era divertito con i suoi compagni e infine avevano deciso che si sarebbero accampati lì per la notte.
Il primo turno di guardia spettò a Fili e Kili e con loro, anche la giovane rimase sveglia.
Lei, che aveva fatto il suo bel bagno in santa pace, si era rilassata da morire e le gambe le facevano meno male per il tempo passato a cavallo del pony.
“Aaah, fratello, non vedo l’ora di arrivare alla Montagna Solitaria!” Disse Kili, smuovendo la brace sotto al falò con un lungo bastoncino.
“Già, puoi ben dirlo.” Rispose Fili.
“Chissà se è ancora come se ne parla nei racconti e nelle canzoni antiche.” Considerò Larya, con lo sguardo fisso sulle fiamme e un’espressione indecifrabile sul volto.
“Che vuoi dire?” Chiese il biondo, corrugando la fronte.
Lei spostò lo sguardo su di lui, altalenandolo al viso del fratello. “Beh,” Esordì, stringendosi nelle spalle “non pensate che Smaug abbia potuto rovinare molti dei corridoi, bruciare gli arazzi, distruggere qualche muro? Insomma, un Drago ha una certa mole, non credete?”
I due la guardarono pensierosi.
All’unisono, si chiesero se quella giovane nascondesse qualcosa dietro a quel sorriso e quegli occhi profondi dentro i quali era difficile guardare a fondo.
“Sì, è probabile.” Disse infine Kili, sistemandosi meglio sul tronco sul quale erano seduti.
Larya tornò a guardare le fiamme; nella sua mente si stavano susseguendo le immagini narrate nei racconti, quelli che parlavano di come Smaug avesse spodestato Thror ed esiliato i Nani dalla propria terra, cacciandoli con ferocia e distruzione dalla propria casa.
Suo padre gliel’aveva raccontata spesso quella storia, anche se con il cuore pesante per le perdite subite.
Passarono un po’ di tempo in silenzio, rizzando le orecchie qual’ora un rumore si facesse troppo vicino o minaccioso. In realtà, solo qualche gufo che volava da un ramo all’altro e un paio di corvi che gracchiavano fra loro, niente di che.
“Senti, Larya, ti andrebbe di cacciare insieme la prossima volta?” Le disse Kili dopo un po’ e lei alzò lo sguardo di scatto sorridendo felice.
“Sì! Mi piacerebbe molto!” Esclamò, prima che dei passi li fecero voltare.
“Andate a riposare, tocca a me adesso.” La voce burbera di Dwalin sovrastò lo scoppiettare del fuocherello e quello si sedette dove prima stavano i due ragazzi, adesso in piedi accanto alla giovane Nana. “Anche tu.” Disse il Nano quando vide che lei non si era alzata.
Larya alzò gli occhi al cielo e gli fece una linguaccia, lasciandolo basito, per poi seguire i due giovani.
“Brrrrr!! Lontano dal fuoco si muore di freddo, non trovate?” Domandò lei, notando che i due si scambiarono uno sguardo d’intesa.
“Puoi dormire fra di noi, ti scalderemo con i nostri corpi.” Disse Fili, senza malizia nella voce.
Lei, per coprire un leggero imbarazzo, mise su un finto broncio. “Che proposta indecente, che mi fate, ragazzi.” Disse, poi li vide arrossire e allora rise sotto i baffi. “Stavo scherzando, accetto volentieri.”
Si sdraiarono sui loro mantelli ed entrambi i giovani Durin si strinsero al corpo di lei infondendole calore.
“Ma giù le mani, intesi? O ve le trincio.”
“Hey, ci credi dei pervertiti?” Domandò Kili, con tono offeso anche se il suo volto rideva.
“Non si sa mai.” Lei fece un’alzata di spalle, poi chiuse gli occhi e si accoccolò a loro, sprofondando nel mondo dei sogni.
Dal falò, Dwalin aveva osservato la scena con discrezione, senza farsi notare a fissarli.
Quella giovane sembrava così spensierata e allegra, ma secondo lui nascondeva qualcosa. Niente glielo avrebbe tolto dalla testa almeno finché non avesse scoperto cosa lei celava agli occhi degli altri.
Chissà, magari avrebbe scoperto che si era sbagliato, che era davvero una Nana aperta e sorridente, senza malizia o segreti... oppure no.
 
Il giorno seguente Fili si svegliò con il corpo di Larya appiccicato addosso e quello del fratello che abbracciava i loro.
Si sentì le guance bollire per quella posizione alquanto equivoca che poteva sembrare agli occhi degli altri.
Cercò di liberarsi dell’abbraccio di entrambi ma non appena si mosse, lei strinse la presa sulla sua giacca e affondò il volto nell’incavo del suo collo.
Allora Fili rimase immobile e attese, attese... e attese. Lei non disse nulla, il suo respiro era regolare e la mano aveva allentato progressivamente la presa così comprese che si era mossa nel sonno.
Sospirò, sollevato, e tentò nuovamente di muoversi. Questa volta riuscì a sgusciare via da lei e si mise a sedere, osservando il fratello che aveva la faccia completamente sepolta nel collo di lei che, invece, gli dava la schiena esattamente nella posizione di prima, come se stesse abbracciando ancora il corpo del biondo.
Quando anche gli altri Nani iniziarono a muoversi, mormorando e alzandosi dai loro giacigli, decise che era arrivato il momento di svegliare i due dormiglioni lì accanto.
La prima ad aprire gli occhi assonnati fu Larya che, non appena si accorse di avere Kili avvolto al suo corpo, se lo scrollò malamente di dosso, con le guance che le si imporporarono per l’imbarazzo.
“Ma che...” Kili si mise a sede con lo sguardo da ebete e ancora annebbiato dai sogni e si guardò intorno, notando solo quando mise bene a fuoco il volto della giovane che lei lo stava guardando scioccata.
“Mi ero raccomandata di non toccare!” Disse con voce un po’ troppo acuta.
“Ma io non ti ho toccata... o si?” Confuso, Kili cercò lo sguardo del fratello che dietro alla giovane se la stava ridendo da matti.
In più, ripensare a quello che lei aveva fatto con lui nel sonno lo faceva ridere ancora di più perché era esattamente quello si era ritrovata ad avere con Kili: un abbraccio stretto al suo corpo. Solo che, probabilmente, lei non sapeva di averlo fatto.
“La tua mano era sul mio... sul mio se... Oh insomma, la prossima volta ti taglio le mani, Kili, guardati le spalle!” Balbettò la Nana, alzandosi e raccogliendo il suo mantello in tutta fretta, con le guance porpora.
“Ma che ho fatto?” Domandò Kili, ancora spaesato, non avendo realizzato dove una delle sue mani stava abbracciando Larya mentre dormivano come bambini.
Fili allora si lasciò andare ad una risata di gusto, tenendo per sé l’accaduto di quella mattina.
 
La marcia, quel giorno, fu rallentata da una scrosciante pioggia che li rese infreddoliti e intirizziti, fradici fino al midollo, con i pony che puzzavano e le provviste che stavano prendendo acqua da tutte le direzioni.
Ci provò, Dori, a chiede a Gandalf se si poteva fare qualcosa per quella pioggia ma lo stregone rispose che altri Istari del suo ordine erano capaci in quello, ma non lui.
Bilbo notò con una certa aria divertita che Gandalf si era irritato ad ammettere di non saper fare qualcosa.
La pioggia, comunque, cadde incessante fino alle prime ore del pomeriggio, quando miracolosamente il cielo si schiarì e le nuvole si diradarono, lasciando alla Compagnia un po’ di tregua.
Si accamparono presto, in una piccola radura con una casa abbandonata e diroccata, dove il sole li colpiva in pieno e poteva permetter loro di asciugarsi almeno un po’.
Thorin e Gandalf si allontanarono discutendo di alcune questioni riguardanti la mappa, mentre gli altri presero a stendere i mantelli e le selle dei pony sui rami più bassi di alcuni alberi per farli asciugare.
Larya si liberò del mantello e della giacca, rimanendo solo con una maglia verde scuro. Sciolse la lunga treccia, liberando i capelli fradici in modo tale da farli asciugare più in fretta.
“Larya.” Quando si voltò, si ritrovò davanti il volto di Kili. “Volevo chiederti scusa. Sai, per stamattina. Ma davvero, non era mia intenz-”
“Oh, ma va, ti perdono. Ma solo perché stavi dormendo e non eri consapevole di dove mettevi le mani!” Lei gli fece l’occhiolino, mettendosi le mani sui fianchi, e il Nano distese i lineamenti con un bel sorriso.
Come una furia, proprio in quel momento Gandalf sfilò a passo pesante e con il volto offeso davanti a loro.
“Ma dove va?” Domandò Kili, curioso, rivolgendole uno sguardo interrogativo.
Lei alzò le mani scuotendo il capo, con la sua stessa espressione.
“Gandalf, aspetta! Non puoi lasciarci così!” Gridò Bilbo correndo appresso allo stregone.
Il vecchio dalla lunga barba bianca lo intimò di non seguirlo, alzando la voce mentre diceva che andava a passare del tempo con l’unico che aveva un po’ di buon senso in quella Compagnia: se stesso.
“Penso che nostro zio lo abbia fatto arrabbiare.” Disse Fili, avvicinandosi ai due.
“Oh, beh, uno stregone arrabbiato è meglio lontano che vicino, non trovate?” Disse Larya, senza voltarsi verso Fili, tornando ad armeggiare con i suoi capelli.
 
Quella sera, ai due giovani Durin fu affidato il compito di badare ai pony mentre Bombur si accingeva cucinare una minestra nel grosso calderone che si era portato appresso.
“Che profumino!” Mormorò la giovane, passando accanto al cuoco.
“Oh, aspetta di assaggiarlo!” Esclamò lui, mescolando il contenuto della pentola.
“Sono sicura che sarà squisito.” Sorrise lei, facendolo arrossire un po’.
Nel frattempo, si erano avvicinati tutti con le loro scodelle in mano, eccetto Thorin, Dwalin e Balin che stavano parlottando leggermente distanti dal gruppo.
Il sole era calato già da un po’ e dello stregone ancora nessuna traccia.
Bilbo si avvicinò ai suoi compagni di viaggio con lo stomaco che gorgogliava.
“Ah, Bilbo, porteresti questi ai ragazzi, per favore?” Gli disse subito Bofur, approfittando del fatto ch’egli avesse le mani libere.
Con un sospiro rasseganto, lo Hobbit sparì tra gli alberi laddove Fili e Kili stavano tenendo d’occhio i pony.
“Ecco a te.” Nori passò la sua ciotola a Larya che gli sorrise, dando una cucchiaiata di minestra che le scaldò le membra ancora un po’ infreddolite per la pioggia di quella mattina.
Si era nuovamente legata i capelli nella sua usuale treccia da un lato e stava degustando il suo piatto in santa pace, ridendo e scherzando con gli altri, quando Fili e Kili arrivarono di corsa annunciando che dei Troll avevano catturato Bilbo e stavano per mangiarlo insieme ai loro pony.
Corsero tutti alle armi, abbandonando il cibo – tutti eccetto Bombur che si tracannò la minestra in un sol sorso – e si precipitarono dietro ai due ragazzi alla volta dei tre grossi Troll di montagna.
Si accanirono su di loro non appena li videro afferrare Bilbo per un piede e farlo penzolare a mezz’aria, ma le loro armi non riuscirono a scalfire granché la pelle dura e spessa di quei mostri.
Alla fine, minacciando di strappare tutti e quattro gli arti al povero Hobbit terrorizzato, i Nani gettarono le armi e furono loro malgrado catturati e messi dentro a dei sacchi di iuta.
Alcuni di loro, i più sfortunati, vennero messi a rosolare su un enorme spiedo che facevano girare sopra il grande falò che avevano acceso in precedenza i Troll.
“Lasciatemi, lasciatemi andare stupide creature senza cervello!” Il grido di Larya fece voltare molte teste.
Una delle tre creature l’aveva presa per un piede, nell’esatta posizione in cui poco prima avevano messo Bilbo e la stavano osservando con curiosità.
“Cosa ci fa una graziosa ragazzina come te in mezzo a questi Nani?” Le chiese, facendole arricciare il naso per quanto il suo alito era abominevole.
“Questi non sono affari vostri! Rimettimi giù, adesso!” Larya cercò di divincolarsi inutilmente.
“Avanti, Berto, mangiala. Che ti importa del perché è con loro, la carne delle donne è ancora più succulenta di quella degli uomini.” Disse un altro dei tre, quello che sembrava il capo.
“Ma questa qui è tutta ossa, come pensi che potrò sentire il sapore della sua carne succulenta?” Domandò Berto, rivolto all’altro.
“Hey!” Protestò Larya, rimanendo però ignorata.
“Infatti me la mangerò io, tutta in un sol boccone.” Rispose il Troll di nome Maso.
“Eh no, Maso, perché devi sempre avere tu le prede più buone?” Si lamentò il terzo di loro, mentre continuava a girare imperterrito lo spiedo.
“Quanto siete noiosi. Questa donna ce l’ho in mano io e me la pappo io!” Esclamò allora Berto, aprendo la bocca per mangiarla, ma Maso gli afferrò il braccio e la povera Nana venne sballottata di qui e di là, ringraziando Mahal che non aveva finito la zuppa o l’avrebbe rimessa tutta.
“Mi fate la grazia di smetterla di parlare come se io non ci fossi?” Disse, tentando di tirarsi su con la testa.
Le stava andando il sangue al cervello e cominciava a sentire le palpebre pesanti.
“Stai zitta tu!” Disse il Troll che la teneva in mano, poi Guglielmo, quello addetto allo spiedo, gli tirò un pugno sul braccio e quello aprì la mano per riflesso al dolore e Larya cadde a terra. Fortuna volle che finisse sui corpi dei suoi compagni e il danno fu limitato.
“Oh, grazie al cielo...” Mormorò, ritrovandosi sdraiata sul giovane Ori. “Scusa, spero di non averti fatto tanto male.” Disse poi, massaggiandosi la schiena.
Nel frattempo, i tre Troll avevano smesso di litigare e uno di loro aveva afferrato Bombur, ritenendolo il più grasso e quindi il più buono.
Alla fine, mentre blateravano, si fecero scappare che la luce dell’alba li avrebbe fatti tramutare in pietra e Bilbo decise allora di farsi avanti, prendendo più tempo possibile.
Infine, grazie all’intervento di Thorin, i Nani compresero il suo piano e iniziarono a gridare di essere affetti dai più grossi parassiti mai visti prima di allora nella Terra di Mezzo e questo portò i tre Troll a distrarsi, non accorgendosi che le prime luci si stavano facendo strada nella notte.
Il colpo di grazia, comunque, lo diede Gandalf.
Grazie a lui, il sole colpì in pieno i tre mostri che presto si trasformarono in fredda pietra dalle loro sembianze.
























-Angolino Autrice-
Salveeee!!!
Eccomi come promesso!
Purtroppo anche oggi sta morendo il mio pc e io non sono a casa perché non ho internet quindi sarò brevissima, scusatemiiiii >.<

Per prima cosa vorrei che non me ne vogliate per Bilbo e i suoi pensieri molesti su Larya, ma insomma, lui sarà pure uno Hobbit perbene e quello che volete, ma è un uomo sempre eh u.u E poi basta con questa cosa che lui è sempre innocentino e timidino. Eh no.

E poi volevo solo dire che per quanto riguarda la cosa di Kili e Larya, beh, io quando abbraccio una persona nel sonno gli tocco le tette, non lo faccio a posta, ma sto comoda solo con il braccio a quell'altezza, quindi ragazzi Kili non è un pervertito u.u E poi non so mi sono divertita a scrivere quelle cose HAHAHAHAH

E niente, fuggo, scusate scusate scusate, dubbi e chiarimenti nelle recensioni che il telefono almeno è carico xD

Baci, Juls!
 

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Capitolo 5
*** L'ultima Casa Accogliente. ***


Capitolo 5 – L’ultima Casa Accogliente.
 
“Guarda quante frecce, Kili!” Esclamò Larya con occhi sognanti, afferrandone un pugno vittoriosa e mettendole nella faretra.
Kili le sorrise e si avvicinò a lei, osservando la svariata quantità di armi che erano nascoste in quella caverna putrida e puzzolente.
Dopo che Gandalf li aveva aiutati con i Troll, lo stregone aveva insistito per cercare il loro rifugio e difatti lo avevano trovato: dentro, oltre a una stragrande quantità di spade e archi pieni di ragnatele, vi erano anche monete e gioielli, coppe d’oro e d’oro riempite. Tante, tantissime monete e scrigni di ricchezze.
Bofur, Nori e Gloin si apprestarono a sotterrare un piccolo baule con quante più monete erano riusciti a racimolare, chiamandolo un prestito a lungo termine.
Gandalf e Thorin, invece, si erano avvicinati a delle spade di manifattura elfica, pregiate e con il potere di illuminarsi di blu quando nelle vicinanze vi erano Orchi o Goblin.
Quando il Nano seppe che erano elfiche, quelle spade, stette per lasciarle con faccia schifata, ma poi l’arrivo di Larya e Kili attirò la sua attenzione.
“Non gettarla via, Thorin. Guarda che bella che è! E poi, se come dice Gandalf ha il potere di illuminarsi, sarà utile, non credi?” Il sorriso della giovane era così gioviale che quasi lo contagiò.
“Non si possono desiderare lame più belle, Thorin figlio di Thrain.” Gli disse Gandalf con sguardo eloquente.
“Penso che ne prenderò una anche io.” Disse la giovane, slacciandosi quella che aveva alla cintola e cercandone una delle stesse dimensioni.
Quella che scelse, infine, fu una spada leggermente più grande – di pochissimo – ma leggera come la sua. Non c’era che dire, loro malgrado dovevano ammettere che gli Elfi di Gondolin avevano saputo forgiare bene le loro armi!
“Adesso usciamo di qui.” Disse Thorin, rivolgendo un’ultima occhiata alla ragazza, prima di condurre fuori tutto il gruppo.
Mentre Bilbo venne trattenuto da Gandalf all’entrata della grotta, gli altri avanzarono di un paio di metri.
Non avevano più i pony; erano fuggiti quando il recinto era stato distrutto da uno dei tre Troll che era inciampato cadendovi sopra. Ora erano a piedi.
Dori stava rimproverando Ori per essersi riempito le tasche di sassolini da usare con la sua fionda.
Il più giovane ribatteva, lamentandosi che a lui usare spade o asce non era mai piaciuto.
“Un Nano che non sa usare un’ascia non è un Nano, Ori, mettitelo in testa!” Gridava Dori.
Allora il giovane mise il broncio e Larya decise di avvicinarsi.
Si accorse che Dwalin la seguiva con lo sguardo, ma non lo diede a vedere; facendo finta di niente, gli sfilò davanti con nonchalance e prese tra le mani la fionda di Ori.
“Se può farti sentire meglio, io questa non la so usare.” Gli sorrise, rigirandosi l’oggetto tra le mani.
Ori arrossì e sorrise di rimando mentre Dori alzò le braccia al cielo borbottando che prima o poi avrebbe dovuto imparare ad impugnare altri tipi di armi più pericolosi.
In quel momento, si udì un fruscio e proprio perché stavano parlando di impugnare le armi, sfoderarono tutti le loro spade, Kili incoccò una freccia nell’arco e si tennero pronti.
“Gaaandaaaaaaalf!” Un grido, poi una slitta trainata da leprotti marroni e infine uno strano uomo dagli abiti rovinati e un cappello molto simile a quello di Bofur ma più buffo ancora, se possibile.
“Fermi, fermi! È Radagast il Bruno, quello!” Gandalf quietò gli animi battaglieri dei Nani che abbassarono le difese.
“Oh Gandalf, Gandalf! Funeste notizie, funeste notizie...” Disse il Bruno, mentre trascinava l’altro Istari lontano dagli altri in modo da parlare appartati seppur rimanendo a vista.
“Che strano tipo...” Disse qualcuno, scambiando sguardi interrogativi con i compagni.
 
Se prima era lo stregone, il rumore che udirono in quel momento non prometteva niente di buono.
Alle loro spalle, infatti, spuntò un Mannaro che li puntò con le zanne scoperte e la bava alla bocca.
“Kili!” Gridò Thorin e quello subito scoccò la freccia in mezzo agli occhi della bestia che cadde morta.
Non poterono tirare un sospiro di sollievo, però, che subito ne giunse un altro, attaccando Thorin.
Il Nano si dimenò sotto all’animale e se ne liberò grazie a Dwalin che con la sua ascia gli piantò un colpo ben assestato in mezzo alle spalle.
“Un Mannaro ricognitore. Un branco di Orchi non deve essere distante da qui.” Disse Thorin, dopo essersi rimesso in piedi.
“Li seminerò io, correte, forza!” Tornati fra loro attirati dalle grida dei membri della Compagnia, i due stregoni si guardarono, annuirono e poi Radagast il Bruno montò sulla sua slitta e intimò i suoi leprotti a correre più veloci che potevano, attirando su di sé l’attenzione degli Orchi.
“Seguitemi, presto.” Fece Gandalf, e tutti gli andarono dietro con le spade sguainate.
Bilbo si rigirò fra le mani lo spadino che lo stregone gli aveva dato e lo osservò brillare. Non era un buon segno.
“Avanti Bilbo, sbrigati!” Gli gridò Bofur, afferrandolo per la manica e tirandoselo dietro.
 
Fuggirono per un tempo che sembrò interminabile, passando da un masso all’altro sperando di non essere visti.
Il Bruinen era una landa desolata di sterpaglia, dai colori che variavano fra il giallo e il marroncino.
Vi erano pochi posti per nascondersi e presto o tardi gli Orchi li avrebbero scoperti.
Larya non voleva essere scoperta.
Il sorriso aveva abbandonato le sue labbra, si muoveva in modo rigido e goffo, seguendo i compagni in fondo alla fila, con solo Bilbo al seguito.
Lo Hobbit osservava i movimenti della giovane che non gli sembravano più sciolti come prima e qualcosa nella sua testa gli disse che doveva dirle qualcosa per incoraggiarla, ma cosa? E non c’era neanche il tempo per farlo.
 
Si nascosero dietro un ultimo enorme masso prima di essere scovati.
Kili scoccò una freccia che uccise l’animale ma questo, prima di soccombere, lanciò un doloroso ruggito disperato che attirò l’attenzione degli altri.
Quello era il momento più propizio per iniziare a correre.
Furono attaccati in un men che non si dica e si ritrovarono ben presto accerchiati.
Indietreggiavano, colpendo con poderosi fendenti i Mannari che osavano avvicinarsi.
“Ci stanno stringendo...” Mormorò Larya, saldando la presa sull’elsa della sua nuova spada.
Aveva il volto schizzato di nero, il sangue di uno degli orchi che si era avventato contro di lei e che lei aveva prontamente respinto tagliandogli la gola. Si era sporcata anche i vestiti e i capelli, ma non sembrava curarsene.
Se ne stava lì, ad indietreggiare con le difese alte e la spada pronta, guardandosi intorno per osservare ogni movimento.
“Da questa parte, stupidi!” La voce di Gandalf li fece rinvenire tutti e si voltarono leggermente verso lo stregone.
Ora che ci facevano caso, Gandalf era sparito per qualche minuto.
Ad ogni modo, iniziarono uno ad uno a correre verso di lui lasciandosi scivolare sulla pietra, finendo in una specie di grotta sotterranea.
Fuori erano rimasti Ori, Kili, Larya e Thorin.
Quest’ultimo si mise sull’entrata del passaggio e intimò agli altri di correre.
“Andate, vi copro io.” Disse Kili, scoccando altre frecce.
Larya annuì ma Ori rimase fermo.
“Ori avanti, andiamo!” Gli gridò, ma quello sembrò non volersi muovere.
Ori!” Gli afferrò la manica e se lo tirò appresso. Quel gesto sembrò rianimarlo e iniziò a correre dietro di lei.
Stavano per raggiungere l’entrata della grotta quando un Mannaro, nonostante Kili lo avesse colpito ripetutamente, si avvicinò a tal punto che con un balzo fu addosso ai giovani.
Thorin intervenne immediatamente, trafiggendo con la sua spada l’Orco che lo comandava mentre Larya, da sotto, tentò in tutti i modi di contrastare il mannaro insieme a Ori.
Infine, quello aprì le fauci per azzannarli entrambi e lei ne approfittò per infilargli la mano con la quale reggeva la spada nella bocca, trapassandogli il cranio.
Thorin li aiutò ad uscire da sotto il cadavere della bestia, sporchi di sangue nero in ogni dove, e con anche Kili – che li aveva nel frattempo raggiunti – si lasciarono scivolare dagli altri.
“State bene?” Domandò il giovane Durin ai tre e loro annuirono, anche se Ori e Larya avevano uno sguardo un po’ dolorante.
“Stai sanguinando, ragazza.” Oin, dietro di lei, le afferrò il braccio con il quale aveva infilzato il mannaro scoprendolo bagnato di rosso.
Lei sentì il suo corpo tremare a quella vista ma rimase ben salda in terra, anche perché Fili, al suo fianco, la sorresse.
Ora che se ne era resa conto, iniziò a sentire un dolore acuto alla ferita e strizzò forte gli occhi, stringendo i denti.
“M-mi... mi dispiace, Larya.” Disse Ori, mortificato. Si sentiva in colpa perché se non fosse stato per lui, lei si sarebbe messa in salvo prima e non si sarebbe fatta male.
Ma Larya gli sorrise, scostandosi dal biondo per fare qualche passo verso di lui e con il braccio buono lo abbracciò, affondando il viso nei suoi vestiti imbrattati del sangue della bestia.
“Non fa niente. Basta che siamo salvi tutti.” Mormorò con voce stanca.
“S-si però...”
“Ssh, va tutto bene.”
In quel momento, un corno risuonò in lontananza e un Orco cadde nel cunicolo di pietra con una freccia conficcata in testa, una freccia elfica.
 
Alla fine, Gandalf aveva ingannato Thorin e lo aveva portato comunque nell’ultima Casa Accogliente, nella valle di Imladris.
Lo stupore si aprì sul volto di tutti, ammirando con la bocca socchiusa la magnificenza del Reame Elfico di Re Elrond.
“Gran Burrone...” Mormorò lo Hobbit. Quella valle era chiamata anche Valle Nascosta e proprio per quello era difficile arrivarvi. Era più semplice se speravi di trovarla perdendoti che cercandola con tutte le tue energie.
I Nani vennero accolti benevolmente da Re Elrond, il quale offrì loro cibo, bevande e del sano riposo.
Seppur riluttanti, all’inizio, dopo quella disastrosa fuga erano così stanchi che infine si ritrovarono ad accettare.
Nel tempo che attesero prima della cena, gli Elfi concedettero loro un momento per lavarsi, anche se Re Elrond non avrebbe mai immaginato lo avrebbero fatto dentro la sua fontana.
Ancora una volta, Bilbo si era estraniato dal gruppo non avendo alcuna intenzione di rimanere scioccato a vita con delle visioni poco consone alla sua persona.
Si apprestò invece ad andarsene in giro a bighellonare per il palazzo, ammirando i grandi quadri, gli arazzi e i cimeli di Ere passate ben custodite dal popolo Elfico di Gran Burrone.
Fece la sua passeggiata in tranquillità e serenità, almeno finché non passò davanti ad una stanza dalla quale provenivano le urla della voce che apparteneva a Larya.
Si accostò allo stipite e rimase a guardare la scena con un sorrisetto divertito.
La giovane era avvolta da una camicia da notte bianca ed era in piedi sul letto con un candelabro in mano rivolto verso un’Elfa dai lunghi capelli castani che stava tentando di farla ragionare.
“Ma siete ferita gravemente.” Disse l’Elfa, con voce rassegnata.
“Non mi farò toccare, scordatevelo. Non voglio quella robaccia appiccicosa sul mio braccio ancora una volta! Brucia da morire. Voi volete uccidermi, dite la verità!” Larya agitò il candelabro, con la treccia appena rifatta che le ballava ad un lato della testa.
“Per favore, non agitatevi così... State sanguinando!” Fece l’altra, facendo un passo verso il letto.
“Oh, no! Non osate avvicinarvi a me con quella roba, ve lo dico per l’ultima volta. Sono armata e non stenterò ad usare questo... questo... candelabro contro di voi!”
Bilbo si lasciò sfuggire una risata troppo alta e le due si voltarono verso di lui.
“Ah, Bilbo, mio eroe! Salvami da questa tizia con il pelo liscio, ti prego!” Larya schizzò giù dal letto e si nascose dietro il corpo minuto dello Hobbit che arrossì al tocco gelido delle sue mani sul collo.
“Non siete una bambina! Quanti capricci per un unguento guaritore! È per il vostro bene, cosa pensate?!” Ribatté l’Elfa con voce scocciata.
Incredibile come quella ragazza stesse facendo spazientire perfino una creatura pacata come lei.
“Andiamo via, Bilbo, corri!” Gli disse la Nana e se lo trascinò via senza dargli nemmeno il tempo di chiedere scusa all’Elfa che li guardò basiti.
 
“Fiuuuù, l’abbiamo seminata!” Disse Larya, sospirando e sedendosi su una delle panche del balcone dove si erano accampati i Nani.
“Si può sapere perché non ti sei fatta medicare?” Le chiese Bilbo, con il fiatone per la corsa.
Lei si strinse nelle spalle e si guardò il braccio fasciato. Bilbo non poté vedere che tipo di ferita avesse sotto quegli strati di stoffa, ma non poté non notare che essa era macchiata di sangue, segno che era ancora aperta.
Larya non rispose alla domanda dello Hobbit, sorridendogli invece con una certa euforia.
“Ho una fame, mastro Scassinatore. Speriamo che questi Elfi abbiano una dispensa ricca come la tua o sarà un bel guaio.” Gli disse, dandogli una pacca sulla spalla e sorpassandolo con un bel sorriso.
In realtà, Larya smise di sorridere non appena superò il Mezzuomo e si guardò il braccio con sguardo corrucciato. Prima di lavarsi, le era stata pulita la ferita dal sangue del Mannaro e l’unguento che le aveva messo l’Elfa l’aveva fatta lacrimare.
Il braccio le faceva un male cane e sperò vivamente che non si infettasse.
 
“Dov’è la carne?” Domandò Dwalin, rivolto ai compagni, frugando nel suo piatto con le mani.
“Non mi piace il cibo verde...” Commentò Ori, incrociando le braccia al petto.
“Tu non devi parlare, razza di rimbambito. Se non fosse stato per te a quest’ora Larya non avrebbe una brutta ferita sul suo braccio!” Lo rimproverò Dori, severo, ma la giovane – che proprio in quel momento arrivò seguita da Bilbo pochi passi più indietro – diede una pacca sulla sua spalla e sorridente gli disse: “Oh adiamo, non prendertela tanto con lui. Sto bene eh, non sono mica morta!”
“Larya...” Mormorò Kili, guardando con apprensione il suo braccio.
La stessa cosa fecero Fili, Bofur e qualche altro Nano e lei iniziò a sentirsi a disagio sotto tutti quegli sguardi.
“Avanti, non fate quelle facce! Su col morale, guardate quanta roba abbiamo qui da... mangiare...” La frase le morì in gola quando si accorse che sul tavolo vi erano solo verdure crude e scondite.
“Già...” Mormorò Nori, scansando il suo piatto con una spinta.
Bilbo venne chiamato da Gandalf e si andò a sedere accanto a Balin, Thorin, lo stregone e Sire Elrond.
Larya invece si accomodò tra Bifur e Fili e poggiò il mento sui palmi delle piccole mani, sbuffando. Tutto quel trantran l’aveva sfinita e la fuga dall’Elfa con l’unguento le aveva tolto anche l’ultima energia che aveva. Voleva solo coricarsi e dormire.
“Stai bene?” Le sussurrò Fili, senza attirare l’attenzione degli altri su di loro.
Lei annuì senza guardarlo, trattenendo un’espressione dolorante quando la ferita le mandò una pungicata.
“Non devi mentire. Sarebbe normale se non stessi bene, sei ferita.” Le disse ancora lui. Questa volta Larya si voltò a guardarlo con uno sguardo così tagliente che il Nano si sentì in dovere di scostarsi da lei di almeno dieci centimetri.
“Ho detto che sto bene.” Disse in tono piatto, forse leggermente irritato. I profondi occhi scuri non ridevano per niente e le labbra erano strette in una linea sottile.
Gli fece un certo effetto vederla così, dato che era sempre incline al sorriso e il suo tono di voce non era mai alterato, arrabbiato o infastidito.
Poi, così, dal nulla, ecco che le labbra di lei si incresparono in un sorriso grande.
“Togliti quell’espressione preoccupata dalla faccia, avanti! Non lo mangi quello, vero?” Gli disse, rubandogli poi dal piatto un pezzo di finocchio.
Lo morse e iniziò a masticarlo senza più prestare attenzione al biondo che si voltò a guardare verso il suo piatto.
Quello che lei gli aveva rivolto non era uno dei suoi soliti sorrisi, se ne era accorto perché i suoi occhi non lo avevano seguito ma erano rimasti... spenti.
 
A sera, si misero tutti intorno ad un fuocherello che Bofur e Bombur accesero sulla terrazza.
Ridevano e scherzavano allegramente, tutti, anche lo Hobbit.
Tutti tranne Larya.
Lei si era addormentata non appena aveva poggiato la testa sul suo mantello appallottolato a mo’ di cuscino.












-Angolino Autrice-

BUONGIORNO POPOLO DELLA TERRA DI MEZZO :3

Allora, cosa dirvi, miei cari lettori... innanzitutto, prima di cominciare vorrei ringraziare tutte le persone che hanno messo la storia tra le seguite e le preferite!!! Siete già tanti e io vi amo tutti, dal primo all'ultimo!!
Grazie a tutte le persone che recensiscono, non ci contavo molto che questa storia potesse piacere o comunque attirare ancora l'attenzione poiché, comegià detto, ormai è ridondante l'avventura dei Nani e manco io la sopporto più di tanto xD

Ci sono anche molti lettori silenti che ringrazio comunque e se mai volessero lasciare un commntino-ino-ino sono sempre ben acceti u.u

Detto ciò la smetto di fluffeggiare per voi e passo alla storia:

-Per prima cosa spero davvero che Larya non sia invadente, insomma, dato che una volta ho ricevuto critiche in proposito (su un'altra storia) perché la mia PROTAGONISTA era invadente... vorrei che non lo fosse, ma per caratterizzarla ho bisogno che sia comunque presente. Poi, insomma, voglio dire.... lei è l'elemento diverso in questo viaggio, quindi deve esserci qualcosa da cambiare in sua funzione, no? Ditemi voi se sbaglio ;)

-Per quanto riguarda la reazione di lei agli Orchi, niente drammi e roba varia, solo normalissima paura. Oh, l'avrei anche io eh hahaha!!

-Nel film, mi sembra non vorrei dire stupidaggini, c'è un momento in cui ori esita a fuggire. E boh, mi piaceva così.

-Ora, la cosa veramente importante che volevo dirvi è che IO ADORO QUANDO LE PERSONE SI FERISCONO perché poi ci si deve prendere cura di loro e le persone in questi casi si avvicino, si intensificano i rapporti.... E POI CI VUOLE UN PO' DI AZIONE. E' tutto rosa e fiori fino alla Battaglia nel film (se tralasciamo la pazzia inventata da PJ sulla ferita di Kili e l'Elfa che arriva stile Madonna-scesa-la-cielo e lo salva, ma vabbbbbbè)

Per ultima cosa voglio fare un mini discorso sulle MarySue.
A qualcuno l'ho già detto in una risposta alla recensione del capitolo "Sul Verde Cammino" data a ThorinOakenshield quindi mi permetto di copiare le mie stesse parole per esprimermi, dopo di che vi lascio in pace ^^


<< Poi, oh, io non sono una che guarda e dice "questa è una Mary Sue" perché alla fine trovami un libro fantasy che non abbia come protagonista una Mary Sue!! Che poi io sta cosa non la concepisco, ognuno caratterizza i propri personaggi come vuole e se vuole un personaggio bello, forte, amabile e invincibile è libero di farlo senza che nessuno lo giudichi Mary Sue e lo disprezzi!
Se Larya diventerà o meno una Mary Sue io me ne frego altamente! A me piace così come la sto descrivendo e in primis deve piacere a ME. Poi ai lettori.
Sono diventata molto ignorante (nel senso di 'cattiva') su questo argomento perché mi danno fastidio quelli che ti dicono "ah no è una Mary Sue e io odio le Mary Sue" solo perché il resto del mondo odia le Mary Sue. >>



Al prossimo capitolo!
Juls ~

 

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Capitolo 6
*** Voglio solo proteggerti. ***


Capitolo 6 – Voglio solo proteggerti.
 
Larya si svegliò nel cuore della notte e si alzò a sedere.
Qualcuno le aveva poggiato una coperta addosso e lei ringraziò mentalmente chiunque fosse stato, stringendosela sulle spalle.
Quella specie di vestaglia che le avevano dato gli Elfi non era propriamente adatta a passare la notte all’aperto.
Si guardò intorno, scorgendo i suoi compagni addormentati attorno al fuoco ormai spento.
Decise che aveva troppo freddo per rimanere là fuori, così – con la coperta avvolta attorno al corpo – entrò nel palazzo di Elrond e andò alla ricerca dei suoi vestiti. Da qualche parte li dovevano aver messi, pensò, mentre attraversava un lungo corridoio che la condusse ad un’altra terrazza più piccola.
Sobbalzò quando scorse Thorin alzarsi da una panchina per andarle incontro.
“Thorin, accidenti, mi hai fatto prendere un colpo! Annunciati la prossima volta, ti prego.” Gli disse, portandosi una mano al petto con fare teatrale e una risata divertita.
Lui abbozzò un sorriso, poi le prese il polso con delicatezza e accarezzò la fasciatura sporca di sangue, guardandola negli occhi.
“Sei stata coraggiosa, oggi.” Le disse, non lasciandosi sfuggire il brivido che lei aveva avuto quando le sue dita avevano sfiorato la ferita.
Larya alzò le spalle e sorrise. I suoi occhi, di notte, sembravano ancora più scuri e profondi, neri, e assolutamente imperscrutabili.
Thorin era incuriosito da quella giovane donna, non riusciva a capire cosa le passasse per la testa e questo lo faceva impazzire; aveva sempre il controllo della situazione con gli altri, ma lei era così sfuggevole e lo faceva in un modo talmente naturale che era disarmante.
“Ti fa male?” Le chiese, tornando con l’attenzione alla ferita e lei annuì senza però cambiare espressione.
“È normale, no?” Disse con naturalezza.
“Sì, penso di sì.” Mormorò lui, lasciandole il polso. Sembrava pallida, ma non seppe dire se era per la luce della luna che li colpiva in pieno. “Dove stavi andando, se posso chiedere?”
“Oh, già!” Larya si picchiettò la fronte come se si fosse appena ricordata una cosa importante. “Stavo cercando i miei vestiti. Sai,” Rispose, aprendo il mantello-coperta per mostrargli la sua veste “questa cosa elfica è un po’ troppo leggera per i miei gusti. E... mi mette un po’ a disagio.”
Thorin la osservò: aveva i piedi nudi, il corpo fasciato in quel fino abito bianco e la sua solita treccia da un lato che le arrivava fino al bacino. Il volto sorridente e gli occhi scuri puntati nei suoi.
Larya tornò a coprirsi e strinse le mani sulla coperta.
“E tu?” Chiese poi, vedendo comparire sul volto di lui un’espressione sorpresa, come se non si aspettasse che lei glielo chiedesse.
“Stavo solo pensando.” Rispose, tornando a guardare il cielo notturno. Era davvero mozzafiato lo spettacolo che avevano davanti: la cascata scrosciava giù dal burrone perdendosi in nuvole di acqua vaporizzata e tutt’attorno la vegetazione era illuminata dalla luce della luna piena, coprendosi di puro argento.
“Certo che è proprio bello qui, non trovi?” Larya gli si affiancò e poggiò il braccio buono sulla balaustra di ferro, senza guardarlo.
Il Nano spese qualche istante ad osservare il suo profilo, poi si volse nuovamente al panorama. “Già... Tuttavia, domani riprenderemo il viaggio, lasciandoci alle spalle questa Valle pacifica.”
“Bene! Allora mi affretterò a trovare i miei vestiti, sperando che non li abbiano buttati per lo stato in cui erano ridotti. Mi piaceva la mia maglia verde...” Larya si grattò il mento, poi sorrise a Thorin. “E poi, non ho alcuna intenzione di partire vestita così!” Esclamò scherzosa, andandosene.
Così com’era arrivata, Larya era andata via.
E Thorin, mentre osservava la sua schiena girare l’angolo e sparire dietro un arco, si sentì terribilmente solo.
Larya fece qualche passo, poi si poggiò alla parete di pietra e sospirò, stringendosi il braccio al petto.
 
Fili si svegliò a causa di una manata che gli era arrivata dritta in faccia da un Kili ancora placidamente addormentato.
Realizzò che era l’alba e decise che non valeva la pena di rimettersi a dormire a quell’ora.
Si alzò e fece scorrere lo sguardo sulla Compagnia finché non si rese conto della sua assenza.
Se ne era andata chissà dove, portandosi via la coperta che gli aveva messo sulle spalle la sera precedente.
L’aveva trovata a tremare dal freddo, nel sonno, e non aveva resistito. Il suo corpicino minuto, velato da quella vestaglia bianca e tutto rannicchiato su se stesso gli aveva fatto una tale tenerezza, così come anche il suo viso disteso e addormentato.
Un sorriso gli nacque sulle labbra al ricordo di lei, ma dopo un attimo si rabbuiò ricordandosi di come gli aveva risposto a tavola, con quel tono spaventosamente incolore e gli occhi che sembravano lame affilate.
Si chiese come avrebbe reagito quando si sarebbero incontrati quella mattina, se gli avrebbe parlato, se si fosse mostrata arrabbiata o offesa da lui e si scoprì terrorizzato a quell’idea.
Non voleva affatto che lei provasse tali sentimenti nei suoi confronti.
Ad ogni modo, la risposta alla sua domanda arrivò presto perché proprio in quel momento Larya uscì nella terrazza con indosso i suoi vecchi vestiti logori e sporchi. La manica del braccio ferito era strappata laddove le zanne del Mannaro le avevano lacerato la pelle e si intravedeva benissimo la fasciatura sporca di rosso.
“Buongiorno!” Disse con un sorriso che lo fece vacillare.
“Buo... Buongiorno, Larya.” Balbettò, lasciando trasparire tutto il suo stupore. Si era fatto mille paranoie fino a pochi attimi prima e lei invece si stava comportando come se niente fosse, rivolgendosi a lui allegra e spensierata come suo solito.
“Perché quella faccia?” Quando la Nana gli pose quella domanda, Fili si rese conto che era rimasto a fissarla con un’espressione da ebete in volto e arrossì un po’, abbassando gli occhi.
“Non sei arrabbiata con me?”
“Eh? E perché mai dovrei, scusa?” Larya gli fece l’occhiolino e il Nano si sentì sollevato, sorridendole di rimando.
Mentre tutti gli altri iniziavano a svegliarsi, anche Thorin li raggiunse con Gandalf al seguito.
Lo stregone annunciò che quella sera avrebbe partecipato al Bianco Consiglio con Sire Elrond, l’Istari Bianco e la Dama di Lòrien, dopodiché si scambiò un’occhiata d’intesa con Thorin prima di chiamare a sé Bilbo e portarlo chissà dove per la reggia.
Thorin attese che furono tutti svegli e in grado di capire le sue parole, prima di illustrar loro il piano che aveva escogitato insieme al Grigio.
A quel punto i Nani, affamati, si diressero nella terrazza dove il giorno prima avevano cenato, sperando che per colazione vi fosse qualcosa di buono e diverso da tutta quella roba verde.
 
“Sire, non ho saputo fermarlo, chiedo venia!” Esclamò un Elfo, uscendo di corsa sulla terrazza. Era giovane, molto giovane, probabilmente alle prime armi. Arrivò pochi passi indietro rispetto ad un Nano biondo con due brillanti occhi verdi e uno sguardo duro in volto.
Larya si alzò in piedi di scatto, gli occhi sgranati mentre li puntava sull’ospite inatteso.
La Compagnia si agitò sulle sedie, mentre Re Elrond si alzò in piedi per osservare il nuovo arrivato.
“Larya!” Gridò quello, rivolgendosi a lei e ignorando tutti gli altri.
I presenti poterono solo stare a guardare la piega che presero gli eventi, poiché successe tutto così in fretta che quando Ori e Kili si mossero, ormai il danno era fatto.
“Fràin...” Mormorò Larya, indietreggiando. “Cosa ci fai qui?” Chiese con un filo di voce. Strinse la mano sulla sedia del Nano accanto a sé per evitare di crollare quando le sue gambe minacciarono di non reggere più il peso del suo corpo.
“Questa è una domanda che dovrei fare io a te! Cosa credevi di fare?!” Fràin era avanzato a passo svelto e pesante, e oramai le era addosso. Le afferrò il braccio non accorgendosi subito che era ferita.
“Fràin, ti prego, mi fai male!” Gridò lei, con gli occhi che le si riempirono di lacrime per il dolore.
“Lasciala subito!” Ori e Kili, che erano seduti di fianco alla giovane, intervennero allontanandolo da lei.
Kili stava per colpirlo, ma la ragazza lo fermò repentinamente, mettendogli una mano sul braccio alzato: “Kili, no, ti supplico! È mio fratello!”
 
Gandalf aveva messo a tacere il trambusto creato dai Nani che si erano alterati contro il nuovo arrivato sbattendo poderosamente il suo bastone in terra.
“Abbiate un po’ di rispetto verso chi ci sta ospitando!” Aveva esclamato e si erano tutti zittiti.
Larya si era voltata verso Elrond, parlando anche alla Compagnia; si scusò e poi trascinò via suo fratello dalla terrazza per potergli parlare in privato.
Con la coda dell’occhio, la giovane aveva visto Fili guardarla sconcertato e Thorin rivolgerle un’occhiata seriosa. Dwalin invece, l’aveva fissata con le braccia conserte.
Larya aveva ignorato tutti loro e aveva portato Fràin nel piccolo balcone dove quella stessa notte aveva parlato con Thorin.
“Ma che ti è preso? Ti è andato di volta il cervello forse?!” Gridò allora, infuriata, puntando gli occhi ancora leggermente lucidi in quelli di lui.
Si strinse il braccio al petto e represse una smorfia di dolore, che si era accentuato.
Fràin la osservò da capo a piedi e solo allora si rese conto delle sue condizioni fisiche. Gli occhi della sorella gli mandavano lampi e lui si sentì uno sciocco per come si era comportato. Infondo, era solo preoccupato per lei.
“Scusa. Non mi ero accorto che eri ferita.” Le disse, guardandola poi con apprensione. “Sei pallida...”
Dentro di lui erano esplose una marea di domande su come si fosse fatta quella ferita, chi era stato, cosa le fosse successo... perché si fosse allontanata da lui...
“Non parlavo di questo. Cosa ci fai qui, fratello?” Lei ricalcò la domanda che gli aveva fatto in precedenza, adesso con tono più calmo.
Lo sguardo smeraldino di lui si accese nuovamente e fece un passo verso di lei.
“Secondo te? Sono venuto per riportarti a casa, Larya. Come ti è venuto in mente di fuggire nel cuore della notte per buttarti a capofitto in questo viaggio così pericoloso?! Hai idea di quello che ho passato quando non ti ho trovata nel tuo letto? Hai idea di come mi sono sentito quando ho capito che te ne eri andata e non mi avevi detto niente?!” Fràin aveva alzato la voce. Poi corrugò la fronte. “Sono i miei pantaloni quelli?!”
“Sì, effettivamente sono un po’ larghi...” Ripose lei, ignorando tutto quello che lui aveva detto prima.
“Larya!” Suo fratello la riprese, ancora più arrabbiato prima.
“Non tornerò a casa se è quello che speri di ottenere! Nostro padre ha insegnato ad entrambi ad usare la spada e l’arco e tu lo sai che posso cavarmela!” Ribatté lei.
“Oh, certo, lo vedo!” Disse lui, indicando il suo braccio.
La macchia di sangue si era allargata sulla fasciatura e il suo viso era una maschera di dolore.
“Se sei venuto fin qui solo per sminuirmi allora vattene, non ho bisogno di te!” Larya abbassò i toni ma il suo sguardo continuava ad essere infuocato.
Fràin, allora, addolcì lo sguardo.
“Voglio solo proteggerti, sorellina.”
“Beh, io non voglio essere protetta, non lo capisci?! Finalmente questa era la mia occasione per uscire allo scoperto, per uscire dalla tua ombra, ma no!, eccoti qui! Non tornerò a casa, Fràin, scordatelo. Se ti preme tanto proteggermi allora unisciti alla Compagnia di Thorin e restami accanto... altrimenti tornatene a casa senza di me.” Sentenziò infine lei.
Fràin indurì lo sguardo, poi lo abbassò e sospirò. Sapeva già qual’era la risposta.
Non l’avrebbe mai lasciata sola.
Larya gli andò vicino e gli prese il volto fra mani: “Ti voglio bene, Fràin, ma non puoi proteggermi per sempre, non credi?”
 
“Chissà se Larya sta bene... Non mi piace quel tipo!” Mormorò Ori, sulla terrazza dove stavano raccogliendo le loro cose.
“Beh, è suo fratello, no? Non le farebbe mai del male... no?” Bilbo, dal canto suo, cercò di essere il più positivo possibile, anche se non gli era piaciuto affatto il modo in cui quel Nano aveva trattato la giovane davanti a tutti.
Fili, pensieroso, raccoglieva le sue cose distrattamente e più volte non riuscì a legarsi il mantello al collo. La cosa – ovviamente – non sfuggì al fratello che gli posò una mano sul braccio, attirando la sua attenzione.
A Kili bastava uno sguardo per capire se qualcosa in Fili non andava e così era per l’altro.
Il biondo lo guardò e quando lui gli mostrò un sorriso rassicurante, distese i lineamenti e annuì col capo.
“Larya!” Esclamò Nori, andandole incontro. Con lui si avvicinarono anche altri, tra cui Thorin.
La giovane rivolse a tutti un sorriso allegro e spensierato, anche se, notò Fili, i suoi occhi non erano legati a quel sorriso.
Dietro di lei, il Nano che avevano capito essere suo fratello la seguiva un po’ in imbarazzo nel ritrovarsi tutti quegli sguardi addosso.
“Thorin,” Esordì lei “e anche voi altri. Vi prego di perdonare il comportamento di mio fratello e accettarlo nella Compagnia. Ci sarà utile.” Disse poi, rivolta principalmente al principe dei Nani “È un ottimo combattente, te lo posso assicurare!” E sorrise, dando una pacca sulla spalla del fratello per farlo avvicinare.
Fili non poté non notare, tuttavia, che seppur lei ci provasse, il suo sorriso aveva una nota di rammarico. Poi abbassò lo sguardo sul suo braccio per sincerarsi delle sue condizioni e con fastidio vide che la macchia di sangue si era espansa.
Avrebbe voluto andare da lei e chiederle come stava, ma non lo fece. Non lo fece perché ebbe paura che lei potesse reagire male come la sera precedente e non lo avrebbe sopportato.
Per sua fortuna, però, Balin si avvicinò alla giovane e le pose la domanda che lui aveva timore a farle e lei sorrise al vecchio Nano, annuendo. “Sto bene, sto bene. Fràin è solo un fratello troppo protettivo.”
Kili osservò il volto del fratello distendersi un po’ e gli diede una gomitata lieve nelle costole, guardandolo con un sorriso sornione e pienamente malizioso, di chi la sapeva lunga.
“Ma smettila! Non è come pensi!” Si lamentò il biondo, spintonandolo, seppur suo malgrado era arrossito un po’.
 
Quella sera stessa, secondo il piano, la Compagnia lasciò Gran Burrone dirigendosi verso le Montagne Nebbiose.
Avrebbero atteso fra quelle vette l’arrivo di Gandalf e poi avrebbero continuato il viaggio insieme, ma la via per giungere sugli Ered Mithrim non fu affatto priva di pericoli.
























-Angolino Autrice-

Buonsalve gente ^^

Sarò molto breve perché ho mooooooolto da studiare, ma vi espongo i punti più importanti:

A) la conversazione tra Larya e Thorin non ha alcunché di particolare, non fatevi strane idee xD Lo dico perché mi rendo conto che potrei suscitare il dubbio che il Re sia interessato a lei, ma vi stronco subito, NO. XD

B) NUOVO PERSONAGGIO, il caro fratello iperprotettivo della nostra giovane eroina. Lo odiate? Lo odierete? Hehehehehe oh, magari vi starà pure simpy, chi lo sa u.u Datemi le vostre first impressions(?) ^^

Fine.

Vi saluto e mi chiudo con la chimica ç_ç
Bacini, Juls :*

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Capitolo 7
*** Questa degli Orchi è la città! ***


DEDICA: Avrei sinceramente voluto scrivere qualcosa di apposito per questo giorno speciale, ma oggi non ne ho proprio il tempo e mi dispiace tantissimo... Per rimediare, il capitolo 7 lo dedico completamente a te! Buon Compleanno, Mamma Dìs ~






Capitolo 7 – Questa degli Orchi è la città!
 
Trovarono rifugio in una grotta che all’apparenza sembrava sicura e disabitata, dopo che erano stati sballottati a destra e a sinistra da dei Giganti di pietra che avevano imbracciato una lotta tra di loro causando un terribile temporale del quale i Nani furono vittime.
Erano stati divisi e parte di loro per poco non era rimasta spiaccicata sulla pietra della montagna quando uno dei Giganti era caduto sbattendovi sopra.
Bilbo, in tutto ciò, era quello che aveva rischiato più di tutti: era finito appeso per una mano alla roccia bagnata e se non fosse stato per Thorin a quell’ora il suo corpo sarebbe stato in fondo al precipizio.
Questo aveva causato del risentimento da parte del Nano che gli si era rivoltato contro con parole dure, facendolo sentire malissimo.
Adesso, il Mezzuomo, zuppo come un pulcino, se ne stava accovacciato in un angolino con lo sguardo pensieroso e incupito. Non aveva il coraggio di guardare i suoi compagni, così teneva gli occhi bassi sulle proprie ginocchia.
“Hey, Bilbo.” Larya si sedette accanto a lui e gli diede una spintarella sulla spalla.
Lui sospirò e la guardò. Era tutta bagnata, con la treccia appiccicata al collo e il viso pallido, tremava e aveva delle leggere occhiaie sotto agli occhi scuri.
“Dai, non essere così abbattuto. Sono sicura che Thorin non voleva dirti quelle cose. Ha solo avuto paura di perderti e anche io.” Gli disse ancora lei, sorridendogli dolcemente.
Allo Hobbit venne da piangere e nonostante gli si annacquarono gli occhi cercò di non far scendere nemmeno una lacrima davanti al suo sorriso.
Si chiese come un’anima così gentile potesse appartenere ad una razza tanto rozza e turbolenta.
“Siamo sentimentali, eh?” Lo canzonò Larya, ridendo di lui con fare affettuoso.
 
Fràin si sedette a terra accanto a Dwalin, strizzandosi il mantello.
Il Nano di fianco a lui lo osservò puntare uno strano sguardo verso la sorella, poi distolse la sua attenzione da lui e la puntò invece su di lei.
Si era allontanata da Bilbo e adesso stava parlottando con Fili e Kili, sorrideva, come al solito, con i capelli gocciolanti e i vestiti bagnati appiccicati addosso.
Fràin si mosse sul posto, attirando la sua attenzione. Non riusciva a capire se la guardava infastidito o addirittura con gelosia.
Durante lo scontro tra le creature di pietra l’aveva stretta a sé per non farla cadere, ma lei si era divincolata non appena si erano messi in salvo per correre a sincerarsi delle condizioni dell’altra parte di Compagnia che era finita a terra dopo la caduta di uno di quelli.
Ad ogni modo, Dwalin si ripromise di tenere d’occhio entrambi i fratelli, per sicurezza.
 
“Sareste così gentili da prestarmi un po’ del vostro calore, stanotte, ragazzi?” Disse Larya, stringendosi nelle spalle tutta infreddolita.
Thorin aveva vietato loro di accendere il fuoco e così dovettero tentare di scaldarsi come potevano.
Oh, ma che proposte indecenti che ci fai, Larya!” Le fece il verso Kili, ricordandosi le sue parole quando glielo avevano proposto loro nel bosco accanto al Brandivino.
Lei gli fece la linguaccia. Barcollò per un istante, ritornando saldamente in equilibrio dopo essere indietreggiata di un passo.
“Certo che te lo prestiamo, il nostro calore.” Rise il moro, rispondendo alla sua smorfia.
“Mmh... non mi fido molto di te, a dire il vero...” Larya lo guardò pensierosa, grattandosi il mento. Quella frase più la faccia che fece suo fratello scaturirono in Fili una risata del tutto divertita.
“Riposate, adesso. Bofur, primo turno di guardia.” Disse Thorin, nel frattempo, mettendo tutti a tacere.
“Prometto che non ti toccherò, nemmeno nel sonno.” Le sussurrò Kili, finto offeso.
“Lo spero per te. O dovrai subirti anche l’ira di mio fratello oltre alla mia.”
I tre si stesero vicini e Larya fu avvolta negli abbracci dei giovani Durin.
Per comodità, lei voltò il capo dal lato dove non aveva la treccia, ritrovandosi la spalla di Fili a farle da cuscino.
Chiuse gli occhi e il suo respiro divenne quasi subito regolare. Era stremata e aveva una spossatezza addosso che solo Mahal sapeva. Voleva solo dormire.
Il biondo arrossì un po’ e si azzardò a stringere leggermente la presa sui suoi fianchi.
Lei non disse nulla né si scansò e questo poté solo che fargli piacere.
Il braccio ferito se lo era appoggiato sullo stomaco e Fili si prese un momento per osservarlo. Quella fasciatura oramai era logora e non osava immaginare il dolore che lei potesse sentire, anche se all’apparenza sembrava stare bene.
Aveva notato più volte, nel corso del viaggio, che nascondeva bene tutte le sue emozioni dietro ai suoi larghi sorrisi, ma aveva anche fatto caso che spesso e volentieri i suoi occhi non erano felici mentre lo faceva.
Era preoccupato per lei, questo lo capiva benissimo, e si ripromise che il giorno dopo l’avrebbe spinta a farsi dare un’occhiata da Oin, anche perché non gli piaceva per niente il fatto che fosse pallida come un lenzuolo bianco né che le stessero venendo due occhiaie violacee sotto agli occhi. Inoltre la sentiva tremare addosso a sé e non era del tutto certo che fosse solo per via del freddo.
 
Fu un attimo.
Il terreno si aprì sotto di loro e non ebbero nemmeno il tempo di realizzare che stavano cadendo nel vuoto.
Finirono gli uni sopra agli altri in una grande caverna piena di pontili di legno e scalette a pioli e sentieri scavati direttamente nella pietra.
“Larya!” La voce di Fràin sovrastò le altre e arrancando tra i corpi dei compagni riuscì a raggiungere la sorella. La trovò in mezzo ai due giovani fratelli che si teneva il braccio fasciato con il volto che era una maschera di dolore e gli occhi colmi di lacrime.
“Arrivano!” Gridò Bombur in quel momento, tuttavia non fecero in tempo a mettere mano alle armi poiché un numero assai elevato di Goblin li catturò e li trascinò su uno dei sentieri fino ad un grosso trono scavato nella roccia, dove sedeva il più grosso, grasso e brutto Goblin che i Nani avessero mai visto, tutto ciccia e pustole. Uno spettacolo disgustoso, da far accapponare la pelle.
“Chi osa entrare armato nel mio regno?” Domandò e si stupì quando un suo servitore gli disse che erano Nani.
Li riempì di domande alle quali nessuno rispose.
Larya se ne strava pressata tra Fràin, Kili e Fili, che erano miracolosamente riusciti a rimanere vicini.
Il braccio le doleva da morire a tal punto che avrebbe voluto tagliarselo e togliersi il pensiero.
Notò con fastidio che il sangue ora non era solamente sulla fasciatura, ma le scendeva sul gomito e gocciolava a terra, mentre se lo teneva stretto al petto.
“Larya...” Mormorò Fili, sorreggendola per le spalle.
“Va tutto bene, Fili, sto bene.” Disse lei, anche se sembrava in procinto di vomitare.
Fràin guardò preoccupato gli altri due ma proprio in quel momento si voltarono verso Thorin che si stava facendo avanti.
Il Grande Goblin lo riconobbe e con stupore di tutti inviò un messaggio all’Orco Pallido dicendo di aver trovato la sua preda.
“Credevi che i suoi giorni da Profanatore fossero terminati?” Aveva riso il Re dei Goblin.
Larya guardò Balin e nella sua mente rivide lo sguardo che si era scambiato con Gandalf la prima sera del loro viaggio e il dubbio che si era insinuato nella sua testa dopo averlo notato.
Aveva pensato bene, si disse. C’era qualcosa che Balin e Gandalf sapevano della quale Thorin era all’oscuro: Azog era ancora vivo.
 
Mentre attendevano l’arrivo dello Spezza Ossa, il Grande Goblin aveva iniziato a saltellare cantando una stonatissima canzone; le piccole creaturine sue servitrici iniziarono ad afferrare le armi dei Nani ma quando sfoderarono Orcrist, la Fendiorchi di Thorin, essi ebbero così paura che il loro capo diede l’ordine di ucciderli seduta stante.
Ci pensò Gandalf a salvarli, con la sua incredibile puntualità.
“Imbracciate le armi! Combattete!” Gridò lo stregone e i Nani si fiondarono a recuperare le proprie cose.
“Ce la fai?” Kili si avvicinò a Larya ma lei lo scansò, annuendo.
“Non ti preoccupare per me. Pensa a salvare te stesso.” Rispose lei, sorridendogli.
Incredibile che anche in quel momento riuscisse a sorridere.
 
I Nani fuggirono, abbattendo Goblin a destra e manca, respingendoli in tutti i modi possibili: Kili ne intrappolò alcuni in una scala a pioli e li gettò dal ponte che stavano attraversando; Bombur li respingeva sia con l’ascia sia con la sua stazza, prendendoli a panzate e spingendoli giù aiutato dalla forza d’urto.
Fràin restò tutto il tempo accanto alla sorella; seppur lei fosse dolorante e niente avesse evitato che le si rigassero le guance di lacrime per quanto stesse soffrendo, Larya tentava comunque di menare fendenti con la sua spada, respingendo quanti più nemici riuciva e si dette un attimo di tregua solamente quando la loro corsa venne arrestata dal Grande Goblin in tutta la sua orrida persona.
“Non potete fuggire dalla mia città!” Rise quello, ma Gandalf fu più furbo e approfittò del momento per tagliargli la gola.
Quando il corpo del mostro cadde con tutto il suo peso sul ponte dove sostavano i Nani, questo si ruppe e loro caddero scivolando sulla pietra e finendo gli uni sopra agli altri, con tanto di colpo di grazia dato dal corpo del Grande Goblin che gli precipitò addosso.
“Arrivano!” Gridò Kili in quel momento, proprio quando vide un’orda di quelle schifose creature correre dalla loro parte.
“Presto, presto, fuori di qui!” Gandalf acchiappò per il colletto i Nani più vicini e li spinse a correre.
Fràin trascinò Larya per il braccio buono finché non giunsero fuori dalla caverna. I Goblin non li seguirono, se solo lo avessero fatto si sarebbero tramutati in pietra proprio come i tre Troll di montagna di qualche settimana prima.
Mentre Gandalf li contava uno ad uno, si accorse che Bilbo non era con loro e iniziò ad inveire contro i Nani per averlo perso.
Thorin usò parole dure per dire la sua, cioè che Bilbo era scappato, tornandosene a casa.
Ma quelle parole gli costarono un minuto buono di vergogna poiché lo Hobbit sbucò magicamente da dietro un albero e gli disse che sì, era vero che pensava spesso a casa Baggins, ma era rimasto perché voleva aiutare loro a riavere la propria, di casa.
 
“Come stai? Dannazione, sanguini molto.” Fràin afferrò il braccio di Larya e vi legò intorno un pezzo di stoffa che strappò dal suo mantello ormai logoro.
“Sto bene, Fràin.” Ripeté ancora lei, asciugandosi le lacrime che avevano smesso di scendere. Tremava in maniera eccessiva e non piacque affatto al fratello.
“Smettila di ripeterlo. Vuoi convincere me o te stessa? Perché con me non sta funzionando. Ti conosco troppo bene per non capire che stai soffrendo molto.”
Larya abbozzò un sorriso verso il fratello. Aveva ragione Fràin, con lui non l’aveva mai fatta franca quando diceva le bugie. In un certo senso erano un po’ come Fili e Kili, bastava uno sguardo per comprendersi.
 
All’improvviso un ruggito fendette l’aria e presto capirono che erano finiti dalla padella alla brace...

































-Angolino Autrice-

BUONA SERA GENTE!!

Ed eccoci al capitolo 7.. accidenti come corro xD In un attimo, senza accorgermene sono già arrivata a postare fin qui... devo rimettermi a scrivere per avvantaggiarmi xD sennò tra un po' rimango senza capitoli hehehe però, capite bene che sono sotto compitini, poi l'esame e quello e quell'altro e non ho tempo ultimamente..
Ultima comunicazione: visto che vi ho rotto le palle per 6 capitoli dicendovi che non ho internet, posso finalmente dirvi che CE L'HOOOO!!! E' ARRIVATO IL MODEM E SONO UNA BIMBA FELICE :3

Okay, ora però passo al capitolo sennò qui mi prende la chiacchiera e "ciao core" come diciamo a Roma ^^

Allora:
1) Molti di voi sanno già quanto il mio ODIO verso un certo Hobbit sia spropositatamente ENORME, tuttavia mi fa una tale tenerezza quando sta per precipitare, Thorin lo salva e poi gli dice tutte quelle brutte cose che... boh.... ci voleva Larya dai, lei è il top u.u (lo so che sono di parte, ma io adoro questo mio personaggio, permettetemi di dirlo!!!)

2) Per quanto riguarda Dwalin... hehehe manca ancora un po' al momento dello scioglimento (non vi aspettate granché eh u.u), in realtà POCHISSIMOOOOOOOOOOOOOOO MANCA ^^ Però fino ad allora, oh, lui ha proprio la faccia da diffidente hahaha ma poi spiego, cioè, spiego.. non è che spiego, in realtà dice una cosa che vi farà capire perché è così sospettoso di tutto e tutti :D

3) Per quanto invece concerne Larya e suoi multipli sorrisi dove dietro nasconde tutto quello che prova, vi dico che l'ho resa in questo modo perché vorrei tanto essere come lei, ma io le mie emozioni le manifesto tutte, è come se avessi una scritta al neon lampeggiante sulla testa che dice che sono arrabbiata, felice, triste ecc... ahimé.. non si può essere perfetti u.u

4) Allora, siccome mi rendo conto che a volte potrei annoiare, sopratutto perché ripeto un sacco di volte delle cose TIPO, VEDI LA FERITA DI LARYA, non vi preoccupate perché non ho intenzione di ricamarci sopra ancora per molto ^^" Vi chiedo scusa se vi annoia che magari sto sempre a dire della ferita ecc, ma oh, ce l'ha e se la deve tenere ancora un po', mi spiace u.u

Bene, ho detto tutto quindi ora vi lascio, scusate la mia logorroicità xD e vi auguro un buon giovedì sera :3

A presto, people :*

Juls!

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Capitolo 8
*** In volo verso la salvezza. ***


Capitolo 8 – In volo verso la salvezza.
 
“Avanti, Bilbo, corri!” Gli aveva gridato Balin, dopo che lo Hobbit era rimasto impalato a guardare il Mannaro che aveva appena accidentalmente ucciso – in realtà la bestia si era fiondata su di lui infilzandosi da sola la testa con la sua spada.
Baggins si riscosse e raggiunse gli altri sui rami degli alberi.
Le grida di scherno da parte dei Nani finirono non appena le bestie iniziarono a dare poderosi colpi ai tronchi degli alberi.
Questi ultimi si incrinarono finché non sbatterono gli uni sugli altri; i Nani furono catapultati su un unico albero che, per loro sfortuna, non resse il peso e si inclinò ancora di più, lasciandoli penzoloni su un dirupo. Se fossero caduti, nemmeno Mahal in persona avrebbe potuto fare niente per loro.
Gandalf, con la sua magia, infuocò delle pigne e iniziarono a lanciarle contro le belve, impaurendole con il fuoco.
Poi, da dietro una sporgenza della roccia spuntò Azog a cavallo del suo Bianco Mannaro.
Larya comprese perché lo chiamavano Orco Pallido: la sua pelle era bianca, pallida come luna. Aveva due occhi azzurri sgargianti, insoliti per gli Orchi. Il suo viso era ricoperto di cicatrici che gli davano un aspetto ancora più feroce.
Thorin gli andò incontro accecato dalla rabbia e vi fu un breve scontro durante il quale il Nano fu messo al tappeto.
Alcuni della Compagnia scivolarono dai rami dell’albero, rischiando di finire nel vuoto.
Fràin teneva Larya per le spalle e faceva in modo da farla stare accanto a lui ad ogni costo.
“Dobbiamo spostarci, fratello, o finiremo di sotto.” Disse lei, evitando accuratamente di guardare il precipizio. Era sicura che se lo avesse fatto niente le avrebbe impedito di perdere l’equilibrio o vomitarsi anche l’anima. Inoltre, non si sentiva affatto bene.
Non appena i Nani accorsero in aiuto di Thorin, insieme allo Hobbit che si era gettato per primo nella mischia, anche Fràin e Larya si buttarono nella lotta.
La giovane pensò di essere sull’orlo di svenire.
Non si era minimamente pentita di aver salvato Ori dalle fauci di quel Mannaro, ma il braccio le doleva così tanto che le risultava difficile persino impugnare la spada tant’è che si aggrappò al braccio di Fràin senza riuscire ad alzare la sua arma. Quel gesto altruistico aveva pure salvato la sua vita e quella di Ori, ma le stava costando davvero molto.
Fili e Kili si affiancarono ai due fratelli e Larya si accorse che l’avevano accerchiata per proteggerla.
“Non dovete pensare a me!” Gridò, allarmata che per guardarle le spalle si sarebbero fatti uccidere.
“Stai tranquilla, Larya, siamo stati addestrati anche a questo!” Le disse Kili, sorridendole prima che una forte ventata li investisse in pieno.
Le grida di Dori e Ori andarono sfumando quando caddero e per un istante si pensò di averli persi...
...invece li videro risalire in groppa ad un’enorme Aquila.
Altri grossi rapaci andarono in loro aiuto.
Bofur, Bombur e Bifur si spinsero a vicenda e insieme salirono in groppa ad una sola Aquila.
Nori fu acchiappato per la giacca e si fece tutto il viaggio con le gambe penzoloni.
Fili e Kili vennero afferrati insieme e così anche Larya e Fràin.
Bilbo salì sull’Aquila di Gandalf e Oin e Gloin su quella che arrivò dopo.
Infine, l’ultima afferrò il corpo svenuto di Thorin che rimase tale per tutto il viaggio, facendo pensare al peggio.
 
Furono lasciati sul promontorio roccioso della Carrok e grazie alla magia dello stregone, Thorin si riprese e la prima cosa che chiese fu dove fosse Bilbo.
Sgridò il Mezzuomo per non essere stato responsabile poi, a dispetto di ciò che Bilbo credeva – e che tutti credevano –, il Nano lo abbracciò rivolgendogli un sorriso sinceramente grato.
Nel frattempo, risollevati dalla notizia che Thorin era vivo, alcuni si erano voltati verso Larya attirati dalla voce di Fràin.
“Avanti, sorellina, resisti.” Le stava dicendo.
Lei faticava a tenere gli occhi aperti ed era tutta sudata, ma nonostante ciò, rivolse al fratello un grande sorriso.
“Sto... bene...” Mormorò, sospirando per il dolore.
“Oin, presto, puoi fare qualcosa per lei?” Gli chiese Nori, trascinando il Nano dalla giovane visto che senza il suo cornetto non aveva capito granché di quello che gli aveva detto l’altro.
“È Erebor... quella?” Larya puntò lo sguardo nel punto in cui Thorin e Bilbo stavano ancora parlando. I due si voltarono e scorsero un’unica vetta che si ergeva solitaria fra le nuvole.
“Quella è casa nostra...” Disse Thorin, con un sorriso.
Ma l’attenzione ritornò su di lei quando per un istante cadde completamente addosso al fratello.
“Oin, ti prego, puoi aiutarla?” Disse Fràin, disperato.
“Fammi vedere... Voi altri, accendete un fuoco, presto!” Disse il vecchio Nano, iniziando a sciogliere la fasciatura.
Nessuno di loro aveva visto bene che tipo di ferita avesse là sotto poiché mentre si facevano il bagno nella fontana di Re Elrond, Larya si era lavata in una stanza isolata e solo l’Elfa che l’aveva aiutata a farsi la fasciatura aveva potuto vedere come fosse ridotta.
Quando Oin liberò il suo braccio dalle bende, Fili strinse i pugni e Kili lo trattenne a sé, qualsiasi cosa aveva in mente di fare non era quello il momento.
“Accidenti, ragazza, potevi dirlo che era così grave!” Esclamò il vecchio Nano e lei fece un’impercettibile alzata di spalle.
Il suo braccio era aperto dal gomito fino al polso. Non era troppo profonda ma era una grande ferita e lei aveva perso molto sangue, per quello era così pallida e debole.
“Allora, puoi guarirla?” Incalzò suo fratello, guardando Oin con gli occhi verdi carichi di preoccupazione.
“C’è un solo modo per farlo. Dobbiamo chiudere la ferita, ma...”
“Ma, cosa?” Riuscì a mormorare lei, guardando il Nano con le sue iridi scure velate dal dolore e dalla stanchezza.
“Dovremo bruciarla.” Disse Oin in tono grave.
Larya si agitò tra le braccia del fratello.
“Non c’è altro modo?” Chiese allora Fili, avvicinandosi a lei.
Si accovacciò di fianco a Fràin e le mise una mano su una spalla. Voleva confortarla, anche se sapeva bene che non era affatto facile in circostanze simili riuscire nel suo intento.
“Mi dispiace, giovane amica, ma tutti i miei aghi e i fili da sutura sono fuggiti insieme al mio pony... Se vuoi guarire in fretta questo è l’unico modo. Tra le altre cose, il fuoco disinfetta e vedrai che dopo ti sentirai meglio.”
“No... vi prego...” Sussurrò Larya, stringendo la presa sul polso del fratello. Era andata completamente nel panico, le pupille le si erano dilatate.
“Larya...” Mormorò Bilbo, in apprensione per lei.
“È tutta colpa mia! Stupido! Stupido!” Ori si picchiò il pugno sulla testa e subito Dori e Nori gli afferrarono la mano e lo bloccarono: “Smettila di dire sciocchezze! Picchiandoti non risolverai nulla.” Lo sgridò il maggiore, con Nori che annuiva alle sue parole.
Bombur rivolse uno sguardo preoccupato a Bofur che sospirò amareggiato.
Bifur, dal canto suo, disse qualcosa in Khuzdul antico e scosse il capo con occhi tristi.
Gloin, nel frattempo, si stava occupando del falò e Balin, Dwalin e Thorin guardavano alla giovane.
Dwalin si accorse che gli sguardi degli altri due erano preoccupati. Quello di suo fratello era totalmente addolorato per la sorte che spettava alla ragazza mentre Thorin aveva uno sguardo indecifrabile.
Il guerriero non riuscì a capire cosa passasse per la testa del suo migliore amico e questo lo infastidì non poco.
Tuttavia, riuscì ad ammettere a se stesso che quella donna aveva fegato e che forse non era poi così male e che, in un angolino remoto del suo cuore, stava provando una gran pena per lei. Ma, ovviamente, tenne quei pensieri tutti per sé.
 
Quando la lama fu pronta, Kili mise nella bocca di Larya un pezzo di cuoio e Fràin e Fili la tennero ferma mentre Oin si avvicinava con essa. In altre circostanze, in casi come quello di solito si dava del vino ai feriti per annebbiare un po’ i loro sensi e far provar loro meno dolore possibile. Ma la Compagnia non aveva dell’alcool a portata di mano e la giovane sarebbe stata cosciente per tutto il tempo.
Larya iniziò a piangere in silenzio, con gli occhi sgranati puntati sul metallo incandescente.
Prima che esso toccasse il suo braccio, Dwalin, che era il più difficile da smuovere, di sua spontanea volontà le andò ad immobilizzare le gambe.
Decise di ignorare gli sguardi interrogativi degli altri e tenne gli occhi fissi su di lei.
Non appena il ferro bollente si poggiò sulla sua pelle, Larya gridò e le lacrime iniziarono a scenderle copiose sulle guance.
Gridava e gridava, non riusciva a trattenersi, anche se la sua voce era attutita dal cuoio che aveva in bocca che strinse con forza fra i denti.
Se non fosse stato per quelli che la tenevano sarebbe fuggita via con le ultime forze che le rimanevano.
Ai Nani si strinse il cuore nel vederla così sofferente; Fili provò un’immensa tristezza e chiuse gli occhi, stringendo la presa sulle sue spalle. Non riusciva a guardarla in viso, non riusciva a vedere tutta quella sofferenza prendere il posto del suo bellissimo sorriso. Vederla piangere, sentirla urlare, gli faceva male. Avrebbe voluto tapparsi le orecchie, ma non poteva abbandonare la presa.
Quanto quel supplizio ebbe fine, Oin le fece una fasciatura nuova con la manica della sua giacca, constatando che oramai era così logora e distrutta che non le copriva più niente.
Thorin mandò Kili a caccia e con lui andò anche Dwalin per coprirgli le spalle qualora fossero stati attaccati.
Si avvicinò a Fràin che ancora teneva la sorella stretta a sé.
Larya era sveglia ma aveva il volto nascosto nell’incavo del collo del fratello e stringeva la sua giacca, con il corpicino scosso da silenziosi singhiozzi.
“Larya.” Thorin si inginocchiò di fronte a loro e chiamò il suo nome.
Lei, lentamente, girò il capo verso di lui mostrandogli la faccia stravolta, gli occhi rossi, gonfi e stanchi.
Vedendo il suo volto preoccupato, Larya accennò ad un sorriso, anche se quello che le uscì fu più una smorfia.
“Mi dispiace.” Le disse Thorin, allungando una mano per scacciare via una lacrima che le stava scendendo in quel momento sulla guancia.
Non vederla con il sorriso sulle labbra lo rabbuiò un poco. Oltre a Bofur, che era l’anima della Compagnia, anche Larya aveva il potere di portare gioia. Lo poteva vedere negli occhi dei suoi compagni quando parlavano con lei e a lui stesso faceva piacere intrattenerci delle conversazione. Il suo sorriso era contagioso, sempre allegro e solare, spensierato.
Era un bene, si disse, che aveva accettato la sua presenza in quella Compagnia. Mai come allora pensò che una figura femminile potesse fare bene in situazioni come quelle che si erano ritrovati ad affrontare.
Fili osservò la scena da vicino al fuoco.
Aveva lasciato alla giovane uno spazio intimo con il fratello, ritenendo che solo lui avrebbe potuto consolarla in quel momento, anche se sarebbe stato volentieri al suo posto.
Solo il pensiero che Fràin, pur essendo suo fratello, la stringeva in quel modo – che aveva un non sapeva cosa di possessivo – lo mandava fuori di testa.
Si chiese cosa gli stesse succedendo.
Quando la guardava, il suo cuore batteva forte e quando lei gli sorrideva minacciava addirittura di uscirgli dal petto.
Ti stai innamorando, pensò, dando un’ultima occhiata alla Nana prima che Kili tornasse con un paio di leprotti e un terzo nelle mani di Dwalin.
 
Larya non mangiò molto; continuava a guardarsi il braccio fasciato con un senso di fastidio. Se prima pensava le sarebbe rimasto il segno, ora ne era davvero certa.
Quella bruciatura non sarebbe andata più via e le avrebbe ricordato a vita quanto era stata stupida ad affondare la lama proprio nella bocca di quella bestiaccia, ferendosi da sola con i suoi denti aguzzi e affilati come le migliori lame naniche.
E poi, si vergognava tantissimo per essere scoppiata a piangere e, anche se era normale che avesse urlato quando Oin le aveva poggiato il metallo incandescente addosso, lei se ne vergognava da morire.
In quel momento era apparsa debole agli occhi degli altri e non lo sopportava.
Erano tutti guerrieri forti e lei era stata addestrata proprio per evitare di farsi male... invece era accaduto tutto il contrario di quello che sperava: mentre affondava la spada nelle fauci del Mannaro che li aveva atterrati, aveva pensato di aver dimostrato quanto valesse uccidendo quella bestia. Invece, non aveva dimostrato proprio niente se non quanto fosse stata sciocca e avventata.
“Larya, non mangi?” La voce di Bilbo la face sobbalzare e si voltò a guardarlo.
Sorrise appena, senza preoccuparsi di apparire realmente felice.
“Non ho molta fame.” Disse, schiarendosi la gola.
Dal suo ultimo grido di puro dolore non aveva aperto bocca e adesso sentiva la gola secca.
Aveva sete, tutti l’avevano, ma non avevano acqua.
A Bilbo fece tristezza il vederla così giù di morale e avrebbe voluto fare qualcosa per lei, ma esattamente come quando stavano fuggendo nel Bruinen non aveva idea di cosa dirle per tranquillizzarla.
 
Quella sera, Larya non parlò con nessuno in particolare; se ne stava per conto suo e se qualcuno le parlava rispondeva a monosillabi.
D’un tratto si ritrovò Dwalin accanto e sotto il suo sguardo non ce la fece più a resistere; puntò gli occhi nei suoi e tentò di parlare il più pacatamente possibile.
“Hai finito di fissarmi?” Gli chiese, ma lui non rispose.
Allora Larya piegò il viso di lato e si mise le mani sui fianchi, sorridendogli. Il primo sorriso relativamente allegro dopo una marea di tempo. “Guarda che lo so che mi hai tenuta d’occhio da quando siamo partiti da casa di Bilbo. Me ne sono accorta, eh. Tu segui in silenzio tutti i miei movimenti, ma non capisco proprio il perché. Mi credi forse pericolosa?”
Dwalin, dal canto suo, si prese un secondo di troppo per risponderle, impegnato a non diventare paonazzo per essere stato scoperto. “Io... non mi fido di nessuno.” Le disse, incrociando le braccia al petto.
“Di loro ti fidi, però. Perché di me no? È perché sono una donnicciola?”
Il guerriero riconobbe l’appellativo che le aveva dato quando si erano incontrati la prima volta e scosse il capo.
“Loro li conosco da una vita.” Ribatté, poi vedendo che lei non diceva niente continuò: “Io mi preoccupo solo per l’incolumità di Thorin.” Disse, come a voler difendere il suo atteggiamento guardingo nei suoi confronti.
“Credi davvero che potrei mai fare del male a Thorin o a chiunque altro di voi? Avanti, guardami... Me?” Larya non era molto scioccata da quella rivelazione, ma comunque mantenne il suo sorriso – che si era fatto più stanco.
Dwalin non rispose a continuò a fissarla.
Per lui era davvero molto difficile ammettere la sconfitta. Inoltre, si fidavano tutti di lei e dopo averci parlato, avevano preso in simpatia anche il fratello, ritenendo il suo comportamento verso di lei solo un modo non propriamente fine di proteggerla.
Era rimasto l’unico a non fidarsi, ancora.
“Beh, ad ogni modo... ti ringrazio per prima. Se non mi avessi tenuta ferma probabilmente avrei tirato calci in ogni dove.” Gli disse infine la Nana, poggiandogli una manina sull’avambraccio, per poi alzarsi e lasciarlo lì, da solo.
Dwalin fece scivolare le braccia lungo i fianchi e rimase a fissare il panorama che prima era coperto dal corpo esile di lei, senza poter far nulla. Il suo gesto era stato disarmante anche per lui.
 
Fràin attese che Larya terminasse di parlare con il Nano tatuato per raggiungerla.
“Come stai, sorellina? Ti fa molto male?”
“È una ferita, Fràin. È normale che lo faccia, non trovi?”
Il Nano le prese il volto fra le mani e poggiò la fronte sulla sua.
“Ho temuto di perderti, oggi. Non farmi mai più uno scherzo del genere, te ne prego.” Sussurrò, puntando gli occhi nei suoi.
Larya abbassò le palpebre e si beò per un istante della vicinanza del fratello.
Poi, si staccò da lui, gli accarezzò una guancia e sorrise. “Ti voglio bene, fratello. Buonanotte.” E così dicendo, se ne andò da Fili e Kili, lasciando Fràin a torcersi le mani.
Com’era possibile che sua sorella preferisse dormire con loro invece che con lui?
 
Fili si stese accanto a Larya, in mezzo tra lui e a Kili.
Il minore si era addormentato quasi subito mentre il biondo e la giovane erano rimasti ad osservare le stelle in silenzio.
Fili raccolse tutte le sue forze per trattenersi dallo stringerla a sé.
Aveva osservato la scena di poco prima e quando Fràin le aveva preso il volto fra le mani avrebbe voluto scattare e allontanarlo.
Che ironia, pensò, lui non era mai stato un tipo geloso.
O forse non ti sei mai innamorato veramente, si disse e un leggero sorriso comparve sulle sue labbra.
Si riscosse dai suoi pensieri quando sentì la testa di Larya poggiarsi alla sua spalla.
“Stai comoda? Vuoi che mi sposti un po’?” Le chiese, senza pensarci un secondo.
Lei scosse il capo e si voltò nell’abbraccio di Kili per poggiarsi meglio su di lui.
Lo stava abbracciando.
Fili si sentì formicolare le dita all’idea che lei gli stesse così vicina.
“Sei comodissimo, Fili, non ti devi preoccupare.” Gli sussurrò.
Prima di addormentarsi, Larya percepì le dita di lui sfiorare le proprie e quel piccolo gesto la fece arrossire, così nascose di più il volto nella giacca del biondo.
Nonostante ciò, fece scivolare la sua mano in quella di lui e quando lo sentì stringerla appena, si rilassò del tutto, sentendosi protetta, e si addormentò.




















-Angolino Autrice-

Allora, ragazzi, ben trovati ^^
Non ho particolari considerazioni da fare su questo capitolo, vi dico solo che non l'ho riletto e quindi se trovate errori vi prego di dirmelo :)
Si vede un po' di più quello che UN CERTO NANO ha iniziato a provare per la nostra giovane eroina, ma anche l'affetto che provano per lei i membri della Compagnia!
Ovviamente non pensiamo che da un momento all'altro Larya sia bella pimpante, stia benissimo eccetera perché NO. Si deve riprendere pian piano, poi io, ammetto, non sono ben informata su come si guarisce dopo aver avuto una ferita che è stata suturata con una bruciatura (non so se questo discorso ha senso) quindi se invento boiate scusatemi ahhahahaha, chiedo venia u.u
Tutto qui ^^

Vi saluto e vi ringrazio per essere giunti fin qui, per aver recensito e messo la sgtoria tra le preferite/seguite, vi adoro :3
Un bacio :*

Juls!








Ps: DWALIN L'HA FINALMENTE ACCETTATA :3 Vi avevo detto di non aspettarvi granché, spero comunque di non avervi deluso troppo ^^

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Capitolo 9
*** Il protettore del Bosco. ***





Capitolo 9 – Il protettore del Bosco.
 
La Compagnia si svegliò alle prime luci del’alba.
Il fuoco era ormai spento e loro si erano riposati abbastanza per poter riprendere il cammino. Non era sicuro rimanere in quel luogo ancora a lungo, poiché l’Orco Pallido era sulle loro tracce e non si sarebbe dato tregua finché non li avesse trovati.
 
Larya aveva aperto gli occhi nell’istante in cui Fili aveva lasciato la sua mano per scuoterla un po’.
Il biondo si era aspettato che gli dicesse qualcosa, addirittura che lo sgridasse giocosamente per averla toccata, ma non successe niente di tutto ciò.
Lei si stiracchiò come se niente fosse e si alzò.
Fili rimase ad osservarla con lo sguardo corrucciato. Com’era capace, Larya, di fare finta di niente quando lui stava letteralmente morendo di imbarazzo? Come l’avrebbe guardata in faccia? Come avrebbe risposto al suo sorriso se il solo pensiero che le loro mani erano state intrecciate tutta la notte lo faceva avvampare?
E lei? Lo aveva fatto così oppure c’era dell’altro sotto?
Mille e mille domande si affollarono nella sua testa, tant’è che Kili dovette scuoterlo per fargli prestare attenzione a quello che gli stava dicendo.
“Cosa?”
“Ah, niente, fratello... lascia perdere.” Gli disse Kili, poi lo guardò con un sorrisetto malizioso: “Sbattile ogni tanto, le palpebre, o ti cadranno gli occhi mentre la guardi.”
Fili si voltò di scatto verso di lui con aria scioccata e il fratello si mise a ridere.
“Io ti ammazzo!” Gli disse, tentando di acchiapparlo, ma Kili era abile come una gazzella e si allontanò da lui prima che gli venisse in mente di scaraventarlo di sotto.
 
Larya, nel frattempo, raccolse le sue cose e si sciolse i capelli per rifarsi la treccia ormai tutta sfatta. Non aveva detto niente al biondo e si era allontanata da lui per non mostrargli le sue gote arrossite. Ma che gli era preso?
Si riallacciò il mantello addosso e iniziò a seguire la fila che ridiscendeva i grandi gradini di pietra che li avrebbero portati nella vallata sottostante la Carrok.
Non fu facile arrivare in fondo e quando lo fecero, iniziarono a percorrere il sentiero che conduceva ad Est.
 
Si fermarono solo quando trovarono un ottimo riparo nella fitta boscaglia e fu allora che mandarono Bilbo in avanscoperta. Infondo, gli Hobbit erano silenziosi e chi meglio di lui sarebbe stato adatto ad un compito simile?
Con un sospiro rassegnato, il Mezzuomo si fece strada tra gli arbusti e scomparve dalla loro vista per una quindicina di minuti.
Tutti attesero con trepidazione le notizie che avrebbe portato loro Bilbo, e quando egli tornò di corsa e con il fiatone, compresero che non erano buone nuove: non solo Azog li stava inseguendo, ma alle loro calcagna vi era anche un enorme Orso nero dall’aspetto minaccioso.
“Cosa facciamo?!” Domandò qualcuno, quando lo Hobbit ebbe finito di informarli.
“Seguitemi, non perdete tempo!” Gridò Gandalf, conducendoli per una stradina in mezzo al fitto bosco.
“Dove stiamo andando?” Chiese Thorin, rivolto allo stregone.
Egli gli gettò un’occhiata di sfuggita: “Più avanti c’è una casa. Ci rifugeremo lì.” Non diede altre spiegazioni, Gandalf il Grigio, continuando solamente a far loro strada.
Un forte bramito scosse le fronde degli alberi e dietro di loro comparve il grande animale del quale aveva parlato il signor Baggins.
Per fortuna, corsero sufficientemente veloce da arrivare alla casetta – in realtà era enorme – e chiudersi la porta alle spalle prima che l’orso li azzannasse tutti in un sol boccone.
“Per la barba di Durin... un orso così grosso non mi era mai capitato di vederlo in tutta la mia vita!” Esclamò Balin, lisciandosi la barba.
“Che diavolo era quello?” Dwalin si rivolse direttamente allo stregone e quest’ultimo storse il naso. “Il nostro anfitrione.” Disse, voltandosi poi ad osservare la grossa sala in cui erano.
“Non sarà mica avvolto da un incantesimo?” Chiese Dori.
“Assolutamente no, mastro Nano. Beorn è un Mutapelle.”
“Cos’è un Mutapelle?” Domandò Larya.
“Un uomo che può trasformarsi in animale quando gli pare e piace.” Rispose Gandalf, sedendosi su una delle panche.
Prese la pipa e iniziò ad armeggiare per accendersela.
“Ma sarà sicuro qui?” Chiese Bofur, con il naso all’insù per capire quanto fosse alto il soffitto di quella casa.
“Sicurissimo, ve lo assicuro.” Disse lo stregone.
“Ci sarà del cibo?” Domandò Bombur, iniziando ad aggirarsi per la stanza.
“Acqua, vi prego. Datemi dell’acqua!” Esclamò Ori, andando appresso a Bombur.
“Io cercherò l’argenteria!” Fece Nori, seguendoli.
“Per favore, insomma, volete piantarla?” Sbottò lo stregone e a Larya venne da ridere.
Fràin le si avvicinò e le sorrise sollevato nel vederla divertita.
Fili, dal canto suo, notò il totale cambiamento di atteggiamento che aveva avuto dal giorno prima a quel momento.
Lo rincuorò vederla più serena. Era ancora pallida ma la notte di riposo aveva alleviato le sue occhiaie e i suoi occhi non era più spenti come nei giorni precedenti.
Si portò la mano davanti agli occhi; se ci ripensava poteva sentire ancora le dita di lei strette nelle sue. Ancora una volta, si chiese cos’avrebbe detto lei. Da quando si erano svegliati non aveva avuto più modo di parlarle eccetto una volta, che le si era avvicinato, ma lei era stata sfuggente come l’aria e in un attimo si era ritrovato affiancato da Bifur che gli aveva parlato in Khuzdul antico.
Sospirò. Di certo aveva capito una cosa: se voleva parlargli, sarebbe andata lei da lui, altrimenti non si sarebbe fatta avvicinare facilmente.
 
Cercando di fare meno confusione possibile, i Nani – una volta trovata la cucina – si apparecchiarono da loro la tavola con ogni sorta di cibo che avevano trovato.
La prima cosa su cui tutti si fiondarono, però, fu l’acqua, fresca e dissetante; la seconda fu la birra.
Bombur tagliò del formaggio per tutti mentre Bofur si occupò di distribuire salsicciotti di salame.
I grossi boccali che trovarono erano pesanti e dovevano sollevarli con entrambe le mani. Li riempirono fino all’orlo e brindarono, risero... si presero una pausa da tutte le peripezie affrontate fino a quel momento e persino Larya si lasciò trasportare dalla Compagnia e bevve con loro.
L’unico che rimase sobrio fu Bilbo, che se ne stava accanto allo stregone a fumare la pipa.
Il piccolo Hobbit vide in quella scena una certa somiglianza con ciò che era accaduto a casa Baggins, quando i Nani gli avevano letteralmente razziato la dispensa come fossero un’orda di barbari energumeni affamati. Ora come ora, gli venne da ridere, anche se sul momento era stato parecchio infastidito che li avrebbe cacciati a suon di calci nel sedere, lui, che era uno Hobbit per bene!
“Dovresti imparare da loro a divertirti, mio caro amico.” Gli disse ad un tratto Gandalf, toccandolo con il gomito su una spalla.
“Io so divertirmi benissimo. E poi, lo sai, gli Hobbit non sono fatti per tutto questo baccano. Noi siamo calmi, docili, pacati. Non chiassosi come lo sono i Nani, Gandalf.”
In quel momento, dal tavolo si levarono grida di vittoria: Bombur aveva afferrato dritto in bocca un uovo sodo che Bofur gli aveva lanciato dall’altro capo del tavolo.
“Gandalf?” Il Mezzuomo richiamò l’attenzione dello stregone che si voltò a guardarlo con sguardo interrogativo. “Siamo certi che il padrone di casa non se la prenderà per aver preso il suo cibo e le sue bevande?”
“Devi stare tranquillo, Bilbo, Beorn può sembrare minaccioso in forma di Orso, ma ha un gran cuore, te lo posso assicurare.”
“Se lo dici tu...”
 
Dopo aver rimesso tutto a posto, esausti, i Nani si stesero sul pavimento, improvvisando dei giacigli con della paglia presa dalle stalle e delle coperte trovate ammucchiate in un angolo.
Fràin si avvicinò alla sorella “Posso?” le chiese, sedendosi poi accanto a lei.
Larya stava giocherellando con la sua treccia, le gambe raccolte al petto e le gote un po’ arrossate per l’alcool.
Suo fratello le mise un braccio intorno alle spalle e la strinse a sé, baciandole la fronte.
“Cosa c’è, Fràin?” Domandò lei, continuando però a giocare con i suoi capelli.
“Non posso stare accanto alla mia sorellina per un po’?” Le chiese lui di rimando, stringendola più a sé.
“Certo che puoi.” Rispose la giovane. Poi decise di dar voce ad una domanda che le ronzava in testa già da un po’: “Fràin, come hai fatto a trovarmi?”
Lui le sorrise orgoglioso: “Ho seguito le tue tracce. Poi ad un certo punto le ho perse e ho dovuto ricorrere a tutto ciò che nostro padre ci ha insegnato per riuscire a ritrovarle. Non è stato facile, ma poi ho trovato alcuni cadaveri di Orchi e l’ultimo era vicino a un sentiero nascosto nella roccia; l’ho seguito e sono finito nel reame degli Elfi... da te.”
Larya alzò lo sguardo e si ritrovò a fissare gli occhi di Fili dall’altra parte della stanza.
Gli sorrise e lui distolse lo sguardo con imbarazzo.
La Nana strinse la mano con la quale aveva afferrato la sua la notte precedente e poi si scostò dal fratello, notando con la coda dell’occhio che il biondo era tornato a guardarli.
“Adesso però sono stanca, Fràin, vorrei dormire se non ti spiace.” Gli disse, coricandosi e coprendosi fino al mento con la calda coperta.
“Posso dormire con te? Mi manchi, Larya.” Il Nano dagli occhi verdi non attese la sua risposta per sdraiarsi e abbracciarla da sotto le coperte.
Larya chiuse gli occhi e si abbandonò in quell’abbraccio, anche se avrebbe voluto ci fosse qualcun altro con lei invece di suo fratello e quel pensiero la turbò; a casa loro, lei e Fràin erano inseparabili, condividevano tutto, poco ci mancasse che utilizzassero la tinozza nello stesso momento per farsi il bagno insieme.
Sorrise fra sé e sé, divertita al ricordo di una volta in cui Fràin glielo aveva proposto e lei gli aveva riso in faccia lasciandolo rosso come un pomodoro per la vergogna.
Poi si rabbuiò di nuovo; da quando suo fratello era lì con lei, in quel viaggio, era come se una parte di sé non fosse felice di averlo accanto.
C’era qualcosa che non andava nel modo in cui la guardava, le parlava o anche nella maniera in cui l’abbracciava, così possessiva... Fràin non era mai stato un tipo eccessivamente possessivo e anche questo la turbò non poco.
Sbadigliò e, infine, decise di rimandare tutte le sue domande al giorno dopo poiché era veramente troppo stanca per continuare a pensare a cose così intricate e complicate.
 
Il mattino seguente, Fili aveva un gran mal di testa a causa di tutta la birra bevuta il giorno prima.
Si tirò a sedere con gli occhi socchiusi per la luce che filtrava dalle finestre – troppa, a suo parere – e si passò una mano sul volto sbadigliando.
Quando si fu abituato a tutta quella luminosità mise subito a fuoco ciò che aveva di fronte a sé: la coperta che avvolgeva Larya e suo fratello era scivolata da un lato e il Nano poté vedere benissimo la mano di Fràin che stringeva quella di lei mentre il suo volto era affondato nei suoi capelli.
Strinse i pugni, indurendo lo sguardo.
Come poteva essere così geloso, si chiese, se quei due erano semplicemente fratelli?
La verità, si disse poi, era che Fràin non gli piaceva affatto.
Non gli piaceva come la guardava, né come la teneva vicino a sé come se fosse sua.
Larya gli dava la schiena e i loro corpi aderivano perfettamente, schiacciata sul petto del Nano.
Fili deglutì la sua saliva, sentendo la gola secca.
Si sdraiò di nuovo, stanco di vedere quella scena, rimanendo ancora un po’ a fissare il soffitto, sovrappensiero.
Lei non era sua, non poteva pretendere che non toccasse nessuno degli altri, specialmente il fratello. Però...
Scosse il capo. Al diavolo se era o non era sua! Larya aveva dormito con lui, abbraccia a lui, con la mano stretta nella sua. Qualcosa doveva voler dire per forza, o non lo avrebbe fatto.
Avrebbe potuto abbracciare Kili e stringersi a lui ma aveva scelto Fili.
E il biondo si arrovellò talmente tanto su quei pensieri che non si accorse nemmeno del tempo che passava, finché la Compagnia non iniziò a svegliarsi pian piano e allora il loro vociare disturbò il filo della sua mente e smise di pensarci.
 
Grazie a Gandalf, anche se non amava affatto i Nani, il Mutapelle decise comunque di aiutarli. L’idea di avere a che fare con gli Orchi non gli piaceva minimamente e dopo quello che aveva passato la sua razza – di cui lui era l’ultimo superstite – non gli andava a genio nemmeno il pensiero che qualcun altro potesse essere minacciato da loro.
Dopo avergli dato precise indicazione sulla strada da seguire, dopo averli riempiti di provviste e acqua fresca e dopo aver prestato loro alcuni dei suoi pony, li congedò dalla sua casa e Thorin e gli altri si incamminarono sul sentiero.
Gandalf fece notare loro che per tutto il tragitto Beorn li aveva seguiti.
Lo stregone spiegò che non solo voleva controllare che i suoi pony tornassero a casa sani e salvi, ma che egli proteggeva tutto il boschetto attorno alla sua casa. Assumeva sembianze di orso e si aggirava tra gli alberi sempre pronto ad affrontare ogni pericolo.
A metà strada dalla fine del sentiero, il sole cominciò a calare e un freddo venticello aveva iniziato a smuovere le loro barbe, così decisero di accamparsi per la notte e accendere un fuoco.
Nonostante ci fosse il Mutapelle a vegliare su di loro, Thorin dette comunque disposizione per i turni di guardia e il primo toccò a Fili.
Kili rise sotto i baffi, dapprima, poi toccò al fratello quando loro zio gli disse che sarebbe stato lui il primo a dargli il cambio.
 
Non appena percepì il respiro del fratello farsi regolare, Larya sgusciò via dall’abbraccio di Fràin e si alzò, stringendosi il mantello attorno al corpo e si andò a sedere accanto a Fili. Mise le mani in avanti, catturando il calore del fuoco, e rimase a fissare le fiamme pur sentendo lo sguardo del Nano accanto a lei su di sé.
“Larya...” La chiamò Fili, ad un certo punto e lei si voltò a guardarlo con un sorriso.
“Si?”
Il biondo esitò un istante, poi indicò con un cenno del capo il braccio fasciato: “Come stai?”
Lei riprese a guardare le fiamme; esse creavano dei giochi d’ombra sul suo viso impedendogli di capire quale espressione avesse in quel momento. Nelle sue iridi si rifletteva il bagliore del fuoco facendole sembrare rosse come i più brillanti dei rubini.
“Meglio, anche se fa ancora un gran male. Ma... passerà.” La voce della giovane lo fece sobbalzare e si rese conto che era rimasto a fissarla come uno stoccafisso.
Distolse lo sguardo e lo puntò fra gli alberi, con la parte del viso che prima era rivolta verso il fuoco che rabbrividì dal freddo, soffrendo il repentino cambio di temperatura.
Larya alzò il capo verso il cielo. “Guarda che nuvoloni. Credo proprio che domani ci faremo un bel bagno.”
Anche Fili fece lo stesso e annuì, col naso rivolto all’insù.
Inaspettatamente, lei poggiò il capo sulla sua spalla e si avvicinò di più a lui.
A primo impatto, il biondo fu sorpreso da quel contatto, poi se ne beò completamente, sorridendo tra sé e sé.
“La tua spalla è davvero comoda, Fili, non posso farne a meno.” Gli disse Larya, per smorzare il silenzio che era calato.
“Puoi... Puoi servirtene quando vuoi.” No, no, Fili, ma che dici! Si diede subito dell’idiota per quelle parole. Ma che razza di frase era, pensò, sperando che lei non si accorgesse del suo tormento interiore. Avrebbe potuto dirle qualsiasi altra cosa molto più sensata di quella, ma il suo cuore batteva così forte che gli impediva di pensare lucidamente.
“Grazie.” Rispose invece la Nana, con semplicità disarmante, infilando un braccio attorno a quello di lui.
Cercò la sua mano e la trovò non appena Fili capì cosa stesse facendo. Gliela strinse e lei fece altrettanto, lasciando che le loro dita si accarezzassero e si intrecciassero.
Di qualcosa! Si ripeteva il giovane, ma tutto quello che gli veniva in mente gli sembrava così sciocco e privo di senso che infine preferì tacere. Di nuovo, lei aveva scelto lui e questo gli provocò un sentimento di orgoglio e piacere che, infondo, era peccato rovinare con delle parole futili.
 
Larya sospirò e chiuse gli occhi.
Poteva sentire il pollice del Nano accarezzarle il dorso della sua mano e non provò il minimo fastidio a quel contatto, anzi, le piaceva.
Perché infondo, la verità, era che quando stava vicino a Fili si sentiva... bene.


































-Angolino Autrice-

VI PIACE IL MIO BANNEEEEEER ????
A me si, tanto :3
Devo ringraziare
_Azazel_, la mia dolcissima migliore amica, per avermi modificato gli occhi di Ashely Benso da chiari a scuri o non potevo utilizzarla come prestavolto per la nostra Larya! Quindi grazie, my love!

Detto ciò, SALVE!
Come andiamo?
Vi è piaciuto il capitolo?
Spero tanto di si u.u

Per prima cosa ecco svelato come Fràin ha trovato Larya e la Valle Nascosta. Scusate se è insulsa come spiegazione, banale e anche improbabile, ma è l'unica cosa che mi è venuta in mente quindi non mi linciate ve ne prego hahahaha!!!

Secondo poi, sono stanca di questo vento che scuote le chiome fluenti dei nostri personaggi, LASCIAMO CHE SCUOTA UN PO' LE LUNGHE BARBE CHE CE NE SONO MOLTE HHAHAHAH!!

Terza ed ultima cosa:
SI STANNO INNAMORANDO, IL NOSTRO TRIO DIVENTERA' UN DUO!
Vabbè, in realtà non c'è un trio ma mi è venuta in mente troppo questa canconcina dal Re Leone, perché lo sappiamo tutti che Fili è un leoncino tanto coccoloso :3
E allora, si stanno innamorando?
Lo scopriremo solo leggendo ;)

Buon fine settimana, amici!
Juls :*

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Capitolo 10
*** Mai lasciare il sentiero. ***




Capitolo 10 – Mai lasciare il sentiero.
 
Il giorno seguente furono svegliati dalla pioggia che iniziò a scendere fitta fin da subito, zuppandoli completamente in pochissimo tempo.
Fràin si alzò infastidito, di pessimo umore e con una brutta sensazione sulla pelle.
Durante la notte gli era capitato più volte di svegliarsi e in nessuno di quei momenti aveva trovato Larya accanto a sé, come quando si era addormentato stretto a lei.
Al buio della notte, però, non era stato in grado di individuarla tra i corpi addormentati dei suoi compagni e non era riuscito a capire dove se ne fosse andata.
Il pensiero che lei si stesse allontanando lo turbava parecchio, non riusciva a capire cosa fosse successo dal momento in cui lei aveva lasciato la loro casa fino a che non l’aveva ritrovata a Gran Burrone. Doveva pur esserci un motivo poiché prima non si staccavano un attimo l’uno dall’altra.
Fràin aveva il sospetto che c’entrassero i nipoti di Thorin. Erano sempre in compagnia di sua sorella e quando non lo erano, aveva notato spesso gli occhi di uno di loro cercarla e trovarla e sorridere.
Era ovvio che quel Nano avesse interesse per lei. Era scontato. Glielo si leggeva in faccia.
E questo a Fràin non piaceva affatto.
Larya apparteneva a lui, erano legati dal sangue, nessuno poteva dividerli... o almeno era ciò che si era sempre ripetuto prima di quello stramaledettissimo viaggio!
Non capiva, poi, cosa ci trovasse sua sorella in quei due: lui si reputava migliore per lei, era il suo punto di riferimento, lo era sempre stato fin da piccoli.
Larya era nata esattamente dieci anni dopo di lui e Fràin se ne era subito innamorato. Un amore fraterno che aveva una nota in più e lei lo aveva sempre ricambiato.
Potevano definirsi una cosa sola, prima.
Ma adesso, Fràin vedeva le cose per com’erano. Larya non era mai stata veramente sua. Non gli era mai appartenuta davvero.
E questo gli faceva male.
 
Dopo un paio d’ore di cammino, arrivarono davanti ad un fitto bosco scuro, nel quale la luce del giorno, seppur fioca a causa delle nuvole che oscuravano il cielo, sembrava non filtrarvi minimamente.
Incuteva un certo timore, a vederlo da fuori, figurarsi all’idea di entrarci.
“Bosco Atro.” Disse Gandalf, scendendo dal suo cavallo per avvicinarsi ai rovi che ricoprivano una specie di arco di marmo bianco, rovinato dal tempo.
“Questo posto mette i brividi...” Disse Ori, massaggiandosi le braccia.
“Credo che nessuno possa darti torto, su questo, caro amico.” Gli disse Bofur, mentre strizzava il suo copricapo e se lo rimetteva in testa.
La Compagnia iniziò a scendere dai pony e a liberarli dei pesi che si portavano dietro. In lontananza, nascosta dagli alberi, scorsero la figura del grande orso che li osservava silenziosa.
Larya fu affiancata da Fràin che iniziò ad aiutarla a prendere le sue cose.
La giovane non gli disse niente, gli sorrise e basta, prestando attenzione solo a quello che stava facendo.
In realtà, Larya non sapeva cosa dire a suo fratello. Per tutto il tempo l’aveva sentito fissare la sua schiena con insistenza e si era sentita piuttosto a disagio da quel suo atteggiamento.
“Voglio che tu mi rimanga vicina quando entreremo in questo bosco, capito sorellina?” Le disse lui, d’un tratto, afferrandole il polso. Una presa leggera ma ferrea allo stesso tempo.
Larya allargò i suoi grandi occhi marroni e lo fissò per un istante.
Quando lui lasciò la presa espirò; non si era neanche accorta di aver iniziato a trattenere il fiato.
“Non c’è bisogno che tu mi guardi sempre le spalle, Fràin. Sto guarendo e posso difendermi da sola, adesso.” Gli rispose, usando un tono che le sembrò un po’ troppo piatto. Non voleva far trasparire il timore che aveva avuto quando lui l’aveva sfiorata.
Si disse che aveva reagito in quel modo perché la sua mente gli aveva riproposto l’accaduto di Gran Burrone, ma lei lo sapeva che se lo stava ripetendo solo per convincersi che era così.
“Mi preoccupo solo per te, lo capisci, vero?” Lo sguardo che lui le rivolse era indecifrabile.
“Sì, sì... lo capisco. Ma voglio che prima di pensare a me tu pensi a te stesso, Fràin. Non sappiamo cosa ci aspetta lì dentro e non voglio essere di peso a nessuno.”
“Non sei un peso, per me.” Fràin le accarezzò una guancia rosea; aveva ripreso colore e le occhiaie erano sparite del tutto.
Larya lasciò che lui le sfiorasse la pelle del viso, continuando a fissarlo nelle sue iridi smeraldine.
 
“Io quello non lo sopporto.” Mormorò Fili, stringendosi la spada alla cinta con forza.
“Devi respirarci in quella, fratello.” Gli fece notare Kili e lui l’allargò di un buco con stizza, rimanendo a fissare quei due con insistenza.
Fràin le stava accarezzando una guancia e Fili stava provando un brivido di disgusto. Non poteva vedere in faccia Larya, essendo di spalle rispetto a lui, ma riusciva benissimo a scorgere una strana luce negli occhi di Fràin che non gli piaceva affatto.
“Fili.” La voce di suo fratello, dura e fredda come il ghiaccio, lo fece voltare verso di lui.
Kili era fermo, di fianco a lui e osservava la sua stessa scena. “Nemmeno a me piace, quel tipo lì, ma è suo fratello. Non puoi farci nulla, purtroppo.” Gli disse poi, toccandogli una spalla.
“Gandalf, non puoi lasciarci proprio ora!” La voce di Bilbo attirò l’attenzione di tutti e la Compagnia si ritrovò a fissare la schiena dello stregone che se andava al galoppo sul suo cavallo, con i pony di Beorn appresso. Si voltò una volta sola, per raccomandarsi di nuovo di non lasciare il sentiero a qualunque costo. Poi sparì tra gli alberi.
“Dov’è andato?” Domandò la voce di Larya e Fili subito si voltò verso di lei. Si era allontanata dal fratello e si era invece avvicinata a Thorin.
“Rhudaur, mormorava...” Disse Bilbo, guardando dove poco prima era galoppato via Gandalf.
“Rhudaur? Ma non c’è niente lì...”
“Ci addentreremo nel bosco senza la sua guida. Adesso andiamo.” Sentenziò Thorin, incamminandosi.
 
Il sentiero di cui avevano parlato loro lo stregone e il Mutapelle era una stradina di mattonelle bianche completamente ricoperta dal sottobosco.
Non fu per nulla facile rimanervi sopra; dovettero fermarsi più volte per scostare il fogliame putrido che avevano sotto i piedi e sincerarsi di non averlo perso.
Da quando erano entrati in quel luogo oscuro, la pioggia era cessata così come il vento, l’aria limpida e la luce.
Non scorsero nemmeno uno scoiattolo o un leprotto, non vi erano rumori, non vi era niente.
Era come se quel bosco fosse avvolto da una bolla di vetro dentro la quale non passava alcun suono, alcun alito di vento, nemmeno un raggio del sole. Niente.
Camminarono per ore, lentamente, e a mano a mano che si inoltravano di più si sentivano sempre più chiusi dai tronchi degli alberi che erano sempre più fitti.
Nessuno fiatava e il silenzio aveva cominciato ad essere assordante.
Il bosco puzzava. Era evidentemente malato, magari una volta era una foresta luminosa, ricca di vita e movimento... quello che avevano davanti era un bosco marcio.
 
Lentamente, la poca luce che vi era venne meno e i Nani furono costretti a fermarsi.
“Niente fuoco. Potrebbe non essere sicuro mostrare la nostra posizione.” Disse Thorin.
Senza il calore del falò, in pochi minuti iniziarono tutti a tremare dal freddo.
Non si vedeva niente e non riuscivano a capire chi avesse accanto chi. Parlavano sussurrando e a volte non ricevevano risposta alcuna.
Quella fu la prima di una lunga serie di interminabili notti che passarono dentro Bosco Atro.
Presto, con il susseguirsi del tempo, si accorsero che durante la notte erano osservati: piccoli occhietti rossi e bianchi li fissavano senza però avvicinarsi.
Di giorno non vi erano animali o cose che si aggiravano fra gli alberi, quindi non riuscivano a capire chi o cosa li stesse osservando.
 
Dopo qualche giorno di marcia, iniziarono a perdere la consapevolezza di star viaggiando di giorno o di notte. Si sentivano continuamente osservati e dopo un altro paio di giorni quegli inquietanti occhietti non li lasciarono più; li seguivano ovunque andassero, tenendosi però sempre a distanza.
“Non credo siano una minaccia, se non li infastidiamo.” Aveva detto Balin, saggiamente, continuando il cammino.
 
“Da quanto tempo siamo in questo bosco?” Domandò Larya, massaggiandosi un orecchio. Da qualche tempo aveva iniziato a farle male, poi a fischiarle. Era insopportabile.
“Non ne ho idea... forse una settimana o due.” Le rispose Dori, con sguardo stravolto.
Erano tutti stanchi, stremati, ma si imposero di continuare a camminare per uscire il prima possibile da quel posto infernale.
Fràin non aveva lasciato un attimo il fianco della sorella. Quel bosco li stava avvelenando con la sua aria putrida e non aveva alcuna intenzione di perderla di vista.
Fili e Kili erano rimasti sempre ad una certa distanza da loro, ma comunque vicini.
Fili, soprattutto, non aveva perso Larya di vista nemmeno per un istante.
Thorin era sempre in testa alla fila, con Dwalin e Balin al fianco, mentre lo Hobbit se ne stava nel mezzo, accanto a Bofur, Nori e Bifur e tutti gli altri.
Anche il Mezzuomo accusava una stanchezza unica e terribile, i piedi gli dolevano e la testa era diventata gradualmente sempre più pesante.
Era come se l’aria della foresta stesse annebbiando le loro menti, atrofizzando il loro cervello, impedendo loro di pensare lucidamente, di dire frasi di senso compiuto composte da più di cinque o sei parole.
Dovevano uscire da quel luogo buio e malato o sarebbero impazziti tutti.
Le provviste stavano andando via velocemente e l’acqua ancora più del cibo. Stavano centellinando quella che rimaneva, bevendone un sorso ogni tanto, cercando di sopravvivere alla gola arida e alle labbra screpolate.
Dovevano uscire da lì.
 
“Perché ci siamo fermati?” Tuonò Thorin, d’un tratto, voltandosi ad osservare il resto della Compagnia che fissava i propri piedi.
“No... no, no, no! Non è possibile!” Gridò qualcuno, in preda alla disperazione.
Nori guardò Thorin dritto negli occhi e con tono grave gli fece notare che avevano perso il sentiero.
“Come possiamo averlo perso se ci abbiamo sempre camminato sopra?!” Gridò allora il Nano, furibondo. “Cercatelo, forza! Dobbiamo ritrovarlo ad ogni costo!” Vedendo che nessuno si azzardava a rispondere, diede ordini precisi e tutti si animarono almeno quel che bastava per iniziare la cerca del sentiero.
Girarono per ore, forse giorni, perdendosi completamente.
Non avevano più idea di quale direzione stessero seguendo prima, se erano già passati da questa o quella parte, se quell’albero era identico a quello passato tre giorni prima... si erano persi totalmente e del sentiero nemmeno una traccia.
Il tempo iniziò a scorrere sempre più lentamente; in poco finirono l’acqua.
Pochi giorni più tardi, terminò anche il cibo che aveva fornito loro Beorn.
Gli occhi che li osservavano si erano moltiplicati e si erano fatti più vicini.
I Nani avevano inoltre iniziato a respirare male, si sentivano soffocare e si fermavano sempre più spesso per riposare.
Era come se una forza mistica li schiacciasse al suolo e loro dovevano contrastarla cercando di rimanere in piedi.
Solo quando qualcuno domandò dove fosse finita la luce del sole a Bilbo venne una grande idea: si arrampicò su un albero e, una volta in cima, fu come se si risvegliasse da un lungo sonno; l’aria fresca gli smosse i capelli, frustandogli il viso, facendolo sentire vivo.
“Ho trovato il sole!” Gridò, ma non gli giunse risposta.
Guardò all’orizzonte e scorse la vetta di Erebor più vicina, c’erano quasi.
Vide un fiume e un lago alle pendici della Montagna.
Tutto sorridente, ridiscese per dar loro la notizia che avevano quasi raggiunto la fine della foresta, ma una volta che i suoi piedi toccarono di nuovo terra si accorse che non vi era più nessuno.
Era solo.
In quell’infinito bosco buio e inquietante, Bilbo era solo.
























-Angolino Autrice-

Buona sera!
Ho deciso che aggiornerò oggi perché sono depressa per un esame e quindi ho bisogno delle dolci parole di voi lettori che mi tirano sempre su di morale anche quanto è già alto di per sé ^^

CHE NE DITE DI QUEST'ALTRO BANNER? 
Ne ho uno ancora più bello che metterò nel prossimo capitolo, anche se l'ho fatto per secondo ^^

Parliamo di Fràin: ho capito che non sta simpatico a nessuno, ed effettivamente, manco a me.
Non so se lo sto sviluppando bene o meno, sinceramente, ma a me piace così, con quell'aura di mistero intorno :3 E che c'avrà co sta sorella!! ;)

Bosco Atro: allora, spero di non essere troppo narcisista e vanitosa se affermo che sono piùttosto brava a scrivere cose disastrose dove si piange, dove c'è angst e tutta quella roba lì, per questo spero di non aver fatto un casino con questo capitolo.
Voglio che si evinca bene ciò che la foresta sta facendo alle loro menti, ma non so se ci sono riuscita.. Ad ogni modo, nel prossimo capitolo ci sono i Ragni e io ODIO quella parte, ma mi sono inventata una cosa bellissima - secondo me - per farmeli piacere e per farli piacere anche a voi ^^ 

Terza cosa: MI SPIEGATE COME MAI A TUTTE, E DICO PROPRIO TUTTE, SIA PARTITA LA SHIP Larya/Dwalin?! A TUTTE!!! Non ci posso credere hahaha... Vi prometto che quando saranno dentro Erebor ritaglierò loro uno spazio in cui parleranno da amici :3 ho già in mente una cosina carina carina !!

E boh, detto questo, a voi la parola :*

Un bacio,
Juls!

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Capitolo 11
*** Pungola, pungola! ***


Capitolo 11 – Pungola, pungola!
 
Thorin riusciva a vederla.
Vedeva Erebor.
Era così bella, imponente; maestosa, essa si stagliava nel cielo rosso del tramonto.
La via era sgombra, i suoi compagni lo incitarono e allora lui iniziò a correre.
Era così vicina, la sua casa, la sua vecchia casa tanto agognata era lì, proprio di fronte a lui.
E corse e corse a perdifiato, distanziando i suoi compagni.
Era solo nella sua folle corsa.
Non sentiva più le gambe per la fatica e la stanchezza, ma ecco che la Montagna si faceva sempre più vicina.
Ma d’un tratto capì che doveva fermarsi a riprendere fiato o non sarebbe giunto vivo dalla sua amata Erebor.
Si piegò sulle ginocchia e respirò con affanno.
Poi alzò di nuovo il capo e, come per magia, si ritrovò al punto di partenza.
Eppure aveva corso per moltissimo tempo.
Strinse i pugni e riprese a muovere le gambe dapprima lentamente, poi sempre più veloce.
Il sole stava calando e doveva sbrigarsi, ma ecco che come si fermò per l’immane fatica, era di nuovo lontano dalla sua casa.
E così fu per molte, molte volte.
Più strada percorreva e più quella sembrava allungarsi.
Allora capì: non sarebbe mai giunto ad Erebor, non avrebbe mai rivisto le grandi sale, accarezzato le pietre nelle quali erano scolpite...
Cadde in ginocchio, stremato, e pianse.
 
◦◦◦
 
Gridava, si dimenava, ma non c’era niente da fare.
Dalla sua bocca non usciva un solo suono e le braccia e le gambe sembravano essersi trasformate in pietra.
Qualcuno la teneva salda al suolo e l’unica cosa che riusciva a vedere era il luccichio della lama nella notte.
Non sapeva chi la stava trattenendo né chi fosse ad impugnare quella scure che pericolosa si avvicinava a lei sempre di più.
“Non aver paura.”
Fili!
Larya si voltò e solo allora vide a chi apparteneva quella presa ferrea sul suo corpo: il giovane Durin le sorrideva con malizia.
“Fili... perché?!” Domandò allora lei, la sua voce riapparsa come per magia.
“Te lo avevo detto, Larya.” La voce di Fràin la fece voltare di scatto dall’altra parte e ora poteva vedere benissimo suo fratello impugnare l’ascia con entrambe le mani, un ghigno dipinto sul suo volto. “Dovevi tornare a casa con me.”
“Fràin, che vuoi fare con quella?” Allarmata, tentò ancora di dimenarsi. “Fili! Fili, lasciami ti scongiuro!”
“È inutile che gridi tanto, nessuno verrà a salvarti.” Le disse Fràin, prendendole il braccio.
Le fece talmente male che non poté evitare di emettere un grido acuto.
La ferita, pensò e si rese conto che il braccio le sanguinava copiosamente.
“Dovevi stare più attenta sorellina.” Fràin alzò le braccia e con esse la scure, la lama che scintillò alla luce della luna.
“No, Fràin, ti prego! Fràin, Fràin...” Gridava lei, ma lui si faceva sempre più pronto ad abbassarla su di lei.
La cosa che la fece rabbrividire in quel momento, però, fu che Fili si era messo a ridere di gusto, come se vederla impaurita e sofferente fosse un godimento.
“Vi prego... vi prego...” Mormorò, sentendo le lacrime scenderle sul volto.
“Di addio al tuo bel braccino, sorellina!” Esclamò Fràin, poi calò la scure e Larya gridò fino a non avere più voce, inorridita e dolorante.
Le avevano tagliato il braccio.
 
◦◦◦
 
Kili aprì la porta di casa tutto sorridente, con la sua preda fra le braccia: un bel capriolo di montagna!
Sua madre e suo padre e tutti gli altri sarebbero stati contenti, era da tanto che non si cacciavano che lepri e piccoli volatili; quella sera avrebbero fatto una cena con i fiocchi grazie a lui.
“Mamma! Papà!” Gridò gaio, entrando nella cucina.
Il capriolo gli cadde di mano finendo a terra con un tonfo sordo.
Dìs e suo marito lo stavano fissando con aria truce, arrabbiata, entrambi con le braccia conserte e lo sguardo freddo.
“Mamma... Papà...” Ripeté allora il giovane, con aria più avvilita e confusa.
Non aveva fatto nulla, perché sembravano così arrabbiati?
“Kili.” Esordì suo padre, con voce dura e severa.
Sei una vergogna.” Gli disse sua madre, in tono piatto.
“Ma...”
“Sei la pecora nera della nostra famiglia!” Continuò suo padre, infierendo sempre di più.
Kili era basito, sentiva le lacrime pungergli gli angoli degli occhi ma cercò di trattenerle più a lungo che poté, non voleva mostrarsi debole ai loro occhi.
I suoi genitori lo sorpassarono e aprirono la porta di casa.
“Ma dove andate? Cosa ho fatto?” Domandò allora, fermandoli sulla soglia.
“Ce ne andiamo, Kili. Non sei degno della tua discendenza e noi ci vergogniamo di te.” Gli disse Fili, arrivato in quel momento.
“Cos... Fili? Anche tu?!” Ancora più sconvolto di prima, fece un passo indietro e sbatté contro la poltrona.
Si voltò e trovò Thorin seduto che lo fissava come mai aveva fatto prima: “Da quando sei nato non hai portato che guai. Ne combini sempre di tutti i colori fregandotene delle conseguenze. Non sei un principe, Kili, un principe non farebbe certe cose. Sei stupido, infantile e per giunta sei fastidioso. Non sopportiamo più la tua vista, per questo lasceremo questa casa seduta stante.” Il Nano si alzò e raggiunse il resto della famiglia.
Kili non riusciva a dire una parola.
Era stordito, confuso, ferito.
Come potevano dirgli quelle cose?
Era vero, che si metteva sempre nei guai, ma si prendeva sempre le sue responsabilità riparando ai danni che combinava.
In più, suo fratello il più delle volte era suo complice eppure lo disprezzava come tutti gli altri.
Lo disprezzavano...
Li guardò andare via, senza riuscire a muovere un passo per fermarli o a trattenere le lacrime che ormai gli solcavano le guance.
 
◦◦◦
 
L’aria era carica di sospiri, gemiti, nomi sussurrati...
I loro corpi combaciavano perfettamente e si muovevano in sincronia l’uno con quello dell’altra, in una danza appassionata e focosa.
Era sdraiato sotto di lei e lasciava che Larya comandasse il gioco. Non l’avrebbe mai detta così audace eppure eccola lì, che lo cavalcava con sicurezza, le mani sul suo petto e la treccia che gli solleticava la pancia.
Fili le accarezzò i fianchi, poi risalì e con i pollici tracciò la curva dei seni prima di iniziare a massaggiarli. Erano morbidi e freschi.
La mente era annebbiata dalle sensazioni che stava provando e il suo cuore batteva all’impazzata.
Sentiva che era quasi al culmine e non era certo che sarebbe riuscito a trattenersi ancora a lungo se lei avesse continuato a quel ritmo.
Larya catturò le sue labbra e le morse, le succhiò con veemenza.
E proprio mentre Fili capì che era arrivato il momento, lei si staccò da lui, si fermò, rimanendo a cavalcioni su di lui, e scoppiò a ridere portandosi una mano alla bocca.
Del sangue le colava sul mento e solo allora il Nano si rese conto che lo aveva morso così forte da rompergli il labbro.
“Larya...” La chiamò, con aria confusa, non capendo.
“Sei così ingenuo, Fili! Pensavi davvero che una come me avrebbe scelto te?!” Gli chiese lei, ridendo ancora. Una risata malvagia, orribile, che non le apparteneva.
Poi, all’improvviso, Larya afferrò un pugnale e glielo piantò dritto nel cuore e Fili non ebbe nemmeno il tempo di capire che tutto per lui divenne buio e non percepì altro che oscurità.
 
◦◦◦
 
Bilbo si guardò intorno indeciso su quale strada prendere.
Possibile che se ne fossero andati senza di lui? Come avevano potuto lasciarlo lì da solo?
Deglutì la sua saliva, poi infilò la mano in tasca e prese l’Anello magico che aveva trovato nella caverna dei Goblin e decise di indossarlo: se fosse arrivato qualcuno o qualcosa almeno era sicuro che non lo avrebbe visto. Già, perché quell’Anello aveva il potere di farlo diventare invisibile!
Non appena lo mise, gli sembrò di sentire dei sussurri in lontananza, così tese le orecchie e seguì il suono di quelle voci sibilanti che pian piano si facevano sempre più forti.
A mano a mano che avanzava, gli alberi e gli arbusti marci si fecero sempre più carichi di spessi strati di ragnatele.
Gli venne un brivido per la schiena quando si rese conto che la Compagnia non lo aveva abbandonato ma era stata assalita da un gruppo di grossi Ragni pelosi con lunghe zampe e otto occhietti neri che guardavano in tutte le direzioni.
“Mangiamoli!” Dicevano le loro voci e si stupì di riuscire a capire cosa dicessero.
Impugnò la sua spada e si guardò intorno: era pieno di grossi bozzoli di ragnatele.
Dovevano essere i suoi compagni.
Raccolse dei sassi e li lanciò sperando che quelle bestiacce si distraessero mentre lui tentava di liberare i suoi amici.
E in effetti fu così: le voci si fecero concitate, si chiesero cosa fosse stato quel rumore e corsero a vedere. Andarono tutte le creaturine, tranne una. L’unico Ragno rimasto stava borbottando tra sé e sé che quel bozzolo che aveva tra le zampe – il più grosso, probabilmente Bombur – se lo sarebbe mangiato prima che gli altri fossero tornati, così avrebbe avuto lui la preda più grossa.
Allora Bilbo corse nella sua direzione e lo infilzò con la sua spada.
“Pungola! Pungola!” Gridò il Ragno, prima di stramazzare la suolo senza vita.
“Pungola, eh? Beh...” Disse lo Hobbit, rivolto alla sua spada “Ti chiamerò Pungolo!” E detto ciò, si impegnò a liberare i Nani che pian piano uscirono dai bozzoli.
Sembravano storditi, barcollavano ed erano pallidi come lenzuola bianche fresche di bucato.
Non c’era tempo per chiedersi cosa fosse successo loro, anche perché quelle bestiacce stavano tornando, attirati dal grido di morte del loro compagno.
“Presto, correte! Da questa parte!” Gridò loro il Mezzuomo, togliendosi l’Anello per facilitargli le cose: non avrebbero potuto seguirlo se fosse rimasto invisibile.
 
Fili si tastò il petto scoprendolo senza ferite e si guardò intorno con gli occhi sbarrati, fino a posare lo sguardo su Larya.
Era stata affiancata da Fràin e non la smetteva di mormorare qualcosa di insensato, poi scansò suo fratello con lo sguardo impaurito e si allontanò da lui.
Il biondo notò che tutti avevano lo stessa espressione: sgomento, paura, panico. Probabilmente non era stato l’unico ad avere avuto una visione orribile. Quelle ragnatele dovevano avere una sorta di potere o essere velenose.
Provò un brivido al solo ricordo di Larya che lo pugnalava a morte.
“Forza, cosa state aspettando?! Stanno tornando!” Gridò lo Hobbit e allora i Nani, pur ancora barcollando un po’, si misero a seguirlo.
Purtroppo per loro, però, quegli orridi animali li trovarono in poco tempo e imbracciarono una lotta con i Nani.
Bilbo fu scaraventato lontano da uno di loro e si perse di vista, mentre gli altri continuarono a gridare e lottare per sopravvivere.
D’un tratto, poi, furono scoccate delle frecce che non appartenevano né a Kili né a Larya: erano frecce elfiche!
Dal nulla, comparve un gruppo di Elfi biondi in armature del colore delle foglie mature e uccisero i Ragni rimasti per poi accerchiare la Compagnia, puntando loro le armi alla gola.
“Chi siete? Cosa ci fate nel regno di mio padre, Sire Thranduil?”  Chiese uno di loro, il più giovane, probabilmente il principe.
Nessuno rispose.
Continuavano a stringersi gli uni contro gli altri senza dire una parole.
“Bene, non volete parlare?” Il principe, che in seguito scoprirono chiamarsi Legolas, si rivolse allora ai suoi compagni d’arme “Perquisiteli e portateli a palazzo. Questi Nani conosceranno il prezzo del loro silenzio: saranno rinchiusi nelle celle del Reame Boscoso.”
Dato l’ordine, i Nani furono perquisiti e le loro armi requisite.
“Hey, giù le mani!” Gridò Larya, cercando di allontanarsi, ma due di loro la afferrarono. “Non toccatemi! Sono una donna, io!” Disse allora lei, ma quelli non le diedero ascolto e la perquisirono come tutti gli altri, portandole via tutte le sue armi.
Non disse più nulla, Larya, ma qualcuno notò la tristezza avvolgerla quando il piccolo pugnale dal manico intarsiato le fu tolto.
 
Le celle erano piccole e strette per una persona sola e loro furono rinchiusi due a due.
Le une dalle altre, le celle distavano qualche metro, non molti, ma abbastanza da non potersi comunicare né vedere. Ogni porta a sbarre di metallo aveva di fronte il muro della parete opposta.
Forse la loro unica fortuna – se così poteva chiamarsi – era che nessuno di loro soffrisse di claustrofobia o non sarebbe stata per nulla piacevole la permanenza in quelle prigioni.
In realtà, anche senza la paura dei luoghi piccoli e stretti quella non si prospettava una bella esperienza, sopratutto per due membri in particolare della Compagnia: Fili e Fràin erano stati rinchiusi insieme.
Fràin era stato fatto entrare per primo mentre Fili fu spinto dentro e gli andò a finire dritto addosso.
Il Nano se lo scostò di mala grazia di dosso e si poggiò alla parete di fredda pietra, rivolgendogli uno sguardo truce.
Il biondo sostenne il suo sguardo, poi sospirò e si voltò a dare un’occhiata fuori dalla cella: riusciva ad intravedere a distanza altre due porte a sbarre di metallo, tutte sorvegliate da una guardia elfica, compresa la loro.
Quando si voltò, buttò un occhio a Fràin di sfuggita e si sedette a terra.
Passarono gran parte del tempo in silenzio.
Fili si chiese che fine avessero fatto gli altri, dov’era Thorin, dov’erano Larya e suo fratello e dove fosse finito Bilbo, dato che non si era più visto dal combattimento contro i Ragni. Sperò che non fosse stato catturato, che almeno lui si fosse salvato da quella triste sorte.
Poi il suo pensiero tornò a Larya. Più precisamente, rivide le immagini brutali che gli avevano provocato le ragnatele, lei che lo pugnalava mentre...
...Si passò una mano sul volto e cercò di scacciare il pensiero di loro due che passavano una notte di pura passione.
Il corpo di lei era ancora vivido nella sua mente, seppur non l’avesse mai vista davvero nuda, eppure era reale. Se si concentrava riusciva a sentire la consistenza del suo corpo, la sua pelle fresca e i seni morbidi tra le mani.
Scosse il capo. Si era appena imposto di non pensare a quello ed ecco che subito ci era ricascato.
Spostò lo sguardo di fronte a sé, sospirando, e notò che Fràin lo stava guardando con insistenza.
Si sentì infastidito da quel suo modo di fare, non gli aveva mai fatto nulla seppur non lo sopportasse, non aveva motivo per rivolgergli quello sguardo arrabbiato.
“C’è forse qualche problema?” Gli chiese dopo un po’, quando sopportare quella tensione stava diventando davvero un’impresa per la sua grande pazienza.
“Mia sorella ti interessa, non è così?” Domandò Fràin di rimando, indurendo ancora di più lo sguardo. I suoi occhi verdi e profondi erano come lame taglienti.
“Non penso che la cosa ti riguardi.” Rispose Fili, ancora più irritato da quella domanda. Fràin non era uno che girava intorno alle cose, a quanto pareva, ma andava dritto al punto che più gli premeva.
“Credo proprio di sì, invece. Larya è mia sorella.” Ribadì l’altro, continuando imperterrito a fissarlo negli occhi.
“E con questo? Se anche fosse, Larya non è una tua proprietà.” Disse Fili.
Si alzò in piedi e andò nuovamente a controllare fuori dalla cella. La sentinella era ancora lì, immobile, con lo sguardo fisso di fronte a sé.
“Larya è mia sorella.” Ricalcò ancora Fràin.
“Puoi smettere di ripeterlo, ci sento benissimo.” Il biondo si voltò nuovamente e notò che si era alzato anche lui.
“Trovati un’altra Nana, lei non fa per te.”
A quelle parole, Fili strinse i pugni ma si impose comunque la calma: “E questo chi lo ha deciso? Tu? Se proprio vuoi saperlo è venuta lei da me. Penso che Larya sia grande abbastanza per prendere determinate decisioni da sola, senza che tu le stia col fiato sul collo, Fràin.”
“Non parlare di lei come se la conoscessi da una vita. Sono io che la conosco meglio di chiunque altro in questa Compagnia. Io l’ho sempre protetta e lo farò anche adesso!” Esclamò l’altro Nano, alzando la voce.
Fece qualche passo verso di lui, ma Fili non indietreggiò di uno.
“Qual è il punto, Fràin? Mi sembri uno che va dritto al sodo, quindi parla: cosa ti turba così profondamente?” Senza rendersene pienamente conto, Fili lo provocò con il suo tono aspro e non si stupì della risposta che sentì arrivare.
“Sei tu il problema. Stai cercando di portarmela via!”
Fràin era completamente uscito di testa, pensò Fili. Si chiese se era stata la foresta a farlo impazzire in quel modo o se avesse avuto qualche strana visione mentre erano prigionieri dei Ragni. Rimaneva il fatto che dal suo sguardo sembrava che volesse ucciderlo.
“Non sto cercando di fare proprio niente. Ti ho già detto che è stata lei a venire da me!” Esclamò allora, ma ormai la diga si era rotta e la pazienza era arrivata a limite zero.
“Sei un bugiardo!” Gridò Fràin, prima di avventarsi su di lui.
Fili si scansò e il pugno del Nano sfiorò soltanto la sua guancia.
In risposta, il biondo sferrò un gancio destro che arrivò dritto a destinazione: il labbro di Fràin adesso sanguinava.
Con un grido di rabbia, quest’ultimo si scagliò ancora addosso a Fili, stavolta riuscendo a colpirlo alla tempia.
 
Kili se ne stava addossato alla parete, accanto a Larya che aveva poggiato la testa sulla sua spalla e si era addormentata in quella posizione.
Non riusciva a smettere di pensare alla visione terribile che aveva avuto e continuava a sentire la voce di sua madre che gli diceva in tono duro sei una vergogna! e si sentiva male al solo pensiero che potesse davvero sentire una cosa del genere dentro di sé.
Quelle maledette ragnatele lo avevano stregato, lo avevano reso schiavo di quella maledettissima visione.
Tirò fuori dal taschino interno della sua giacca una pietra nera e ovale, con incise sopra delle rune. Torna da me.
Sua madre gliel’aveva data prima di partire, era una promessa.
Dìs non avrebbe mai provato vergogna per lui, ne era certo. Sua madre lo amava tanto quanto amava suo fratello. Ricordava lo sguardo che aveva rivolto loro il giorno della partenza: dolore, tristezza...
Provava nostalgia per sua madre.
“Cos’è quella?” La voce assonnata di Larya, seguita dal movimento della sua testa che si allontanava dalla sua spalla, portarono Kili di nuovo con i piedi per terra.
Allora le raccontò della pietra e lei ascoltò in silenzio. Aveva la treccia tutta sfatta, leggere occhiaie sotto agli occhi e il viso sporco di terra.
“Sai...” Disse poi, guardandola negli occhi “Mentre eravamo nei bozzoli dei Ragni, ho visto la mia famiglia voltarmi le spalle. Si vergognavano di me. Forse è proprio così che si sentono davvero. Sono sempre stato un combina guai, infondo, perché non avrebbero dovuto? Perché non dovrebbero? Non mi stupirei se-” Larya gli mise una mano su una guancia e bloccò il suo discorso con un sorriso stanco.
“Kili, quello che hai visto era solo un’illusione. Penso... penso che quelle ragnatele fossero velenose, in un certo senso, o magiche. La tua famiglia ti ama, Fili, Thorin e anche i tuoi genitori. Non avere mai dubbi su questo.”
Kili annuì, riponendo la pietra nella giacca. “Scusa, mi dispiace per averti annoiata con le mie lamentele.”
“Non lo hai fatto.” Larya sorrise ancora, poi si rabbuiò. “Anche io ho avuto una specie di illusione.”
“Cos’hai visto?” Le chiese il moro, curioso.
Larya fece una smorfia, un sorriso amaro: “Ero in un bosco, credo, di notte. All’inizio non capivo perché non riuscissi a muovermi, poi mi sono resa conto che qualcuno mi impediva di alzarmi da terra. Era Fili.” Fece una pausa. Kili sgranò gli occhi ma attese in silenzio il resto del racconto. Dopo un attimo, Larya riprese: “C’era anche Fràin. Mio fratello si è avvicinato a me con un’ascia e, approfittando di Fili che mi immobilizzava, ha calato la lama sul mio braccio, tagliandomelo di netto.”
“Fili non ti farebbe mai del male, Larya.”
“Lo so.”
Non si dissero altro e rimasero in silenzio finché non sentirono delle grida.
Si affacciarono alle sbarre, allarmati, e ciò che videro li lasciò di stucco: Fili stava venendo trascinato via da una guardia elfica; da un sopracciglio gli scendeva un rivolo di sangue e aveva un occhio violaceo. Le nocche della mano destra erano sbucciate.
“Fili...” Mormorò Larya, ma lui evitò accuratamente di guardarla negli occhi, abbassando lo sguardo come se si vergognasse.
“Dove lo state portando?!” Gridò Kili. “Hey! Hey!” Nessun Elfo rispose alle sue domande e lo videro sparire dietro un angolo insieme alla guardia.
































-Angolino Autrice-

SALVE!
Come andiamo? :D 
Sono felice di postare, anche se a quest'ora (precisamente le 00:39) xD

Parto subito con le considerazioni:

1) La roba delle ragnatele io spero vivamente vi sia piaciuta *^*
Io la A M O ma confesso che non è PROPRIO TUTTA farina del mio sacco: un merito speciale va
Rumiko Takahashi che con il suo Manga/Anime InuYasha (che amo!) ha ideato un Demone falena che con i suoi bozzoli mostrava le paure più recondite dei personaggi e nel frattempo li trasformava in Demone. Ho riadatto questa cosa alle ragnatele per farlo un po' più movimentato e piacevole. Se avete fatto caso, non ho parlato di cosa ha visto Fràin. Questo lo saprete mooooooolto più avanti, verso la fine ;)

NIENTE TAURIELLA IN MEZZO AL *censured*! Mi dispiace, signori e signore, ma io lei non ce la voglio a rovinarmi la storia u.u

Parliamo della pseudo-rissa tra le due F della compagnia! 
Vi chiedo scusa se dovessi essere andata OOC con il leoncino biondo però mi serviva che dicesse quelle cose e che si comportasse in quel modo :D
Non temete... avete notato che non guarda Larya :3 poverino, si sente giù... come andrà a finire??
ORA DITEMI CHE ODIATE FRAIN ANCORA DI PIU' DI PRIMA HAHAHA!!!
Si redimerà?! E CHI LO SA? Muahuahuahua! 
Okay, basta è.é

Aggiungo una cosina veloce veloce: ovviamente quello tra Kili e Larya è solo un ottimo rapporto di amicia e fraternità(?) insomma, come fossero fratelli :3

Detto questo, vi rinrazio tanto e...

BOOM!
A sorpresa (anche se ve lo avevo detto che lo avrei messo) ECCOVI IL BANNER NUMERO 2 (anche se lo metto per terzo, l'ho fatto per secondo) CHE E' QUELLO CHE A ME PIACE DI PIU'!!!

Baci e alla prossima :*

Juls!



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Capitolo 12
*** Benvenuti, benvenuti! Tre volte ben venuti! (parte prima) ***


Capitolo 12 – Benvenuti, benvenuti! Tre volte benvenuti! (parte prima)
 
Il tempo è la cosa più preziosa che si possa avere.
I secondi, i minuti, le ore che perdi non torneranno mai più e tutto ciò che potevi fare in quei momenti oramai è perso.
Tutto si ritarda, si rimanda, e si rischia di non riuscir a portare a termine ciò che si è iniziato.
Bisogna sempre tener conto del tempo che passa, chi ha tempo non perda tempo.
E i Nani questo lo sapevano bene, ma rinchiusi in quelle maledette celle, per loro il giorno era uguale alla notte, i minuti uguali alle ore e le ore uguali ai giorni.
Da quanto erano rinchiusi nelle prigioni di Sire Thranduil?
Da quanto erano entrati nella foresta?
Da quanto erano partiti?
 
E passò un tempo interminabile prima che qualcosa accadde.
Nel frattempo, erano quasi impazziti.
Quelle celle erano strette e loro erano costretti a conviverci in due; non c’era abbastanza spazio per sgranchirsi le gambe entrambi e i loro muscoli di conseguenza erano addormentati.
Si lamentavano, ma gli Elfi sembravano essere sordi alle loro parole. Il cibo era scarso e avevano sete.
 
“Ho una tale fame che potrei addentarti un braccio.” Disse Larya a Kili, un giorno, sbuffando.
Erano seduti l’uno accanto all’altra, come sempre da quando erano lì dentro, lei aveva la testa poggiata sulla spalla di lui e Kili poggiava la testa sulla sua.
“Almeno a Gran Burrone, seppur non era il massimo, c’era cibo in abbondanza.” Fece lui, sospirando.
“Mi annoio, voglio uscire da queste maledette celle. Cosa ci tengono rinchiusi a fare?!” Protestò ancora lei, agitandosi. In realtà, non aveva le forze per muoversi. Era in uno stato di nullafacenza da così a lungo che perfino parlare era diventato faticoso e stancante, ma se finivano per non parlare nemmeno più sarebbero potuti diventare benissimo parte integrante delle celle. E questo non doveva succedere.
“Mi chiedo come stiano gli altri...”
“Come vuoi che stiano? Non bene.” Affranta, Larya si addossò ancora di più a lui. “E poi queste celle sono fredde e strette. Come hanno potuto metterci in due nella stessa cella, io dico, ma non hanno un po’ di sale in zucca questi folletti del bosco?!”
Kili sbuffò una risata: “Non farti sentire ad insultarli, potrebbe andare solo che peggio.” Scherzò, dandole un buffetto su una mano.
“Però, dentro di me sento che presto usciremo da qui!” Esclamò lei, d’un tratto rianimata, alzando la testa.
Il moro si voltò a guardarla: “Cosa te lo fa pensare?”
Lei allargò le labbra in un grande sorriso che coinvolse anche le sue iridi scure e alzò le spalle. “Me lo sento e basta, non so dirti come.”
 
Ben presto – ma non seppero mai dire se passarono giorni o settimane – la loro salvezza si materializzò sotto le sembianze dello Hobbit Bilbo Baggins che, cauto e silenzioso come solo uno della sua razza potrebbe mai essere, aprì le loro celle con un grosso mazzo di chiavi.
“Oh Bilbo! Non ci speravo più!” Gli disse Larya, abbracciandolo di slancio rischiando anche di farlo cadere per l’impeto del gesto affettuoso. “Mi sei mancato!” Gli sussurrò, prima di lasciarlo andare e voltarsi verso Kili: “Visto? Te lo avevo detto che presto saremmo stati liberi!”
A due a due, i Nani uscirono dalle loro celle e si avviarono a seguire lo Hobbit per i corridoi. Dall’alto proveniva una melodia festosa e questo spiegava di gran lunga l’assenza delle guardie davanti alle celle.
Quando Larya fece vagare lo sguardo sulla Compagnia e lo puntò sul fratello, sgranò gli occhi e gli si avvicinò preoccupata.
“Larya, stai bene?” Le chiese subito lui, accarezzandole il viso.
“Io si. Tu piuttosto, chi ti ha fatto questo?” La Nana fece scorrere le dita affusolate sul labbro spaccato e su un livido che Fràin aveva sulla guancia sinistra.
Prima che lui potesse rispondere, il vociare di Kili attirò l’attenzione di lei che si voltò e vide Fili che ancora aveva un occhio un po’ violaceo e il sopracciglio spaccato. Per non parlare delle nocche sulle quali si erano formate delle croste.
“Fràin...” In tono freddo, Larya si voltò verso suo fratello. “Non sarai mica venuto alle mani con Fili, vero?!” Gli chiese, anche se immaginava già la risposta.
Silenzio.
“Ecco, lo sapevo. Ma che vi ha detto il cervello a voi due, eh?! Siete usciti di senno, forse?! E per cosa avreste combattuto poi, sentiamo...” Con le mani sui fianchi, attendeva una risposta dal fratello che però si fece attendere più del dovuto. “Bene, se tu non vuoi dirmelo lo farà Fili, allora.”
Ma in quel momento, seppur avrebbe voluto chiedere spiegazioni al biondo dall’aria mortificata, non vi era il tempo.
Erano giunti nelle cantine dove Bilbo intimò loro di fare silenzio e indicò due Elfi addormentati su un tavolo dove era rovesciata una bottiglia di vino.
“No, non dirmi che si sono ubriacati...” Mormorò Bofur, trattenendosi a stento dallo scoppiare a ridere.
Thorin, che era stato liberato per ultimo, si avvicinò allo Hobbit e gli chiese cos’avesse fatto per tutto quel tempo e perché non li avesse liberati prima.
“Ho cercato un modo per farvi fuggire, ma mi ci è voluto più del previsto. Nel frattempo però ho recuperato anche le vostre armi. Ma fate piano, per favore!” Rispose il Mezzuomo, indicandogli una piccola catasta di oggetti di metallo poco distante da loro.
Dopo che i Nani si furono armati di nuovo, attesero che lo Hobbit dicesse loro come uscire da lì e non piacque per niente l’idea che il povero Scassinatore aveva avuto, l’unica che poteva funzionare, per giunta. Infine, tuttavia, si ritrovarono costretti ad eseguire gli ordini di Bilbo e si tapparono dentro dei grossi barili di legno che lo Hobbit fece scivolare via nel fiume sottostante.
 
Nel buio dei barili, furono sballottati a destra e sinistra, e dell’acqua entrò da alcune fessure nel legno, zuppandoli da capo a piedi.
L’acqua del fiume era fredda, o meglio, era gelida e si ritrovarono a tremare dal freddo in quello spazio così angusto.
Pregarono Mahal che quell’esperienza durasse moooolto poco o avrebbero dato di stomaco.
Il povero Bilbo – che per calare la leva e farli cadere nel fiume non si era potuto infilare in un barile – galleggiava a fatica reggendosi a uno dei quelli, invisibile grazie al suo magico Anello.
A volte, il povero Hobbit veniva sopraffatto dalla corrente e si ritrovava ad annaspare in cerca di ossigeno, sperando di non affogare.
Che morte misera sarebbe stata.
E si aggrappò alla vita con tanta forza quanta ne stava usando per reggersi al barile.
Per tutta la notte viaggiarono in quello stato, finché non fu l’alba.
Toccarono le sponde di una piccola spiaggia e Bilbo, dopo essere tornato visibile, iniziò a farli uscire uno ad uno.
“La prossima volta che ti viene in mente un’idea come questa, non venire a salvarci, per favore!” Esclamò Bofur, togliendosi l’acqua dal cappello.
Stava scherzando, ovviamente, ma Bilbo mise comunque un piccolo broncio.
“Dovreste essermi grato, a quest’ora senza di me stareste ancora sbraitando dentro quelle celle!” Protestò, aprendo l’ultimo barile.
In tre si misero ad aiutare Bombur ad uscire da esso.
“Non prendertela, Bilbo. Hai fatto un gran lavoro e ti siamo molto riconoscenti per averci liberato.” Gli disse Larya, poggiandogli le mani sulle spalle.
I capelli le si erano sciolti ed erano tutti bagnati, appiccicati al collo e alla fronte.
Il signor Baggins le sorrise e abbassò lo sguardo imbarazzato. “H-ho fatto solo il mio dovere.” Mormorò.
“Dicevo davvero, quella volta sul Verde Cammino: sei il tesoro di questa Compagnia.” Larya avvicinò il volto al suo e gli scoccò un bacio sulla guancia. “Grazie.”
Bilbo per poco non svenne. Nessuna donna – eccetto sua madre – lo aveva mai baciato.
“Fermi, voi! Fate un passo e siete morti.” I Nani si voltarono tutti nella stessa direzione e si ritrovarono davanti un Uomo che puntava alle loro teste una freccia incoccata nel suo lungo arco.
Si fece avanti Balin, con il suo fare diplomatico e l’arte della parola, tentando di farli sembrare un mucchio di mercanti arrivati dagli Ered Lûin per trovare i parenti su, ai Colli Ferrosi.
Bard, così si chiamava l’Uomo, non si fidò affatto delle sue parole, ma accettò di dare loro un passaggio fino a Città del Lago in cambio di denaro.
 
Sulla sua grande chiatta, i Nani si misero comodi a sedere, anche se tremavano dal freddo poiché erano tutti zuppi.
Il sole stava spuntando e la nebbia si stava diradando lentamente.
“Come stai, ti fa male?” Kili si sedette accanto al fratello e gli osservò la faccia.
Fili non disse nulla, scosse soltanto il capo, tirando su col naso.
“Perché ti sei picchiato con Fràin? C’entra forse Larya?”
Il biondo allora si voltò verso di lui e poi cercò con lo sguardo la ragazza in questione, trovandola accanto al fratello che gli toccava ancora il labbro ferito con uno sguardo carico di apprensione. Si voltò di nuovo verso Kili e annuì.
“Fili, non è da te avere certi scatti. Vuoi raccontarmi cos’è successo?”
E Fili gli disse quanto era accaduto nella cella con Fràin, come quello gli si era avventato addosso e lui aveva risposto all’attacco.
“C’era qualcosa di particolare nel suo sguardo, Kili. Io credo che lui pensi a sua sorella non nel modo in cui lo farebbe un fratello, non so se mi spiego.” Disse poi, guardando di nuovo in direzione di lei; Fràin le aveva preso una mano e le stava accarezzando i capelli, mentre la giovane gli diceva qualcosa tutta sorridente.
“Sì, sì, ho capito cosa intendi. Sinceramente, quando la guarda sembra un lupo che osserva la sua preda.” Considerò il moro, attirando di nuovo la sua attenzione.
“Credi che adesso mi odierà, Larya, per aver picchiato suo fratello?”
Kili guardò Fili con un sorriso divertito. Non lo aveva mai visto così abbattuto per una donna e questo gli fece solo pensare che per suo fratello quella era davvero la volta buona che si era innamorato seriamente.
“Non essere sciocco, non è quel tipo di persona.” Gli disse, dandogli una spintarella con la spalla.
“Sai, credo che questa volta sia lei.” Disse poi Fili, voltandosi a guardarlo.
Kili gli sorrise, poi poggiò la fronte su quella di lui. “Sono felice per te, fratello.” Mormorò, stringendolo poi a sé come non faceva da troppo tempo.
 
“Guardate!” Esclamò Ori, puntando il dito verso l’alto.
Si alzarono tutti in piedi e osservarono a bocca aperta l’imponenza di Erebor.
Thorin si sentì vacillare; finalmente era quasi giunto a casa, dopo tutta la fatica che avevano fatto, tutte le peripezie affrontate, era quasi finita, ce l’avevano quasi fatta.
Gli rivenne alla mente la folle e vana corsa che aveva fatto per raggiungerla durante quello pseudo sogno che aveva avuto a Bosco Atro sotto l’incantesimo delle ragnatele. Questa volta non sarebbe stato così, no, questa volta avrebbe raggiunto la sua Erebor, avrebbe toccato nuovamente con mano la sua pietra e avrebbe percepito dentro il calore della casa ancora una volta.
 
Non appena approdarono sulla banchina di legno del piccolo porto di Esgaroth, alcune guardie braccarono Bard e i Nani furono scoperti.
Tutti gli abitanti della cittadella si riunirono attorno al piazzale davanti il palazzo del Governatore, un Uomo alto e grasso dall’aria sospetta, ad osservare la Compagnia con occhi curiosi e mormorii sottovoce.
“E voi chi sareste? Non lo sapete che nessuno entra nella mia città senza il mio consenso?” Chiese loro il Governatore, con la sua fastidiosa voce stridula. Al suo fianco stava il suo fidato consigliere, Alfrid, un tipo dall’aria altrettanto sospetta e viscida.
“Noi siamo i Nani di Erebor.” Tuonò Thorin, facendosi avanti “Siamo venuti a reclamare la nostra casa. Io sono Thorin Scudodiquercia, legittimo erede al Trono sotto la Montagna. Se ci lascerete passare, vi prometto che renderemo voi parte del Tesoro e potrete ricostruire questa città e migliorare le vostre vite dieci volte più di ora.”
“Chi mi assicura che state dicendo il vero, Nano?” Commentò il Governatore, assottigliando le palpebre a due fessure.
“Potete solo che fidarvi della mia parola.” Rispose Thorin, facendo un passo avanti.
“No!” Gridò allora Bard, liberandosi dalle guardie e andando vicino a Thorin. “Mi avete mentito, voi non siete mercanti. Ti prego ascolta le mie parole. Se entrerete in quella Montagna, risveglierete il Drago e metterete in pericolo ogni vita in questa città.”
Thorin scrutò con attenzione Bard. “Quella Montagna è mia di diritto e sono giunto fin qui per riprendermela. Noi uccideremo il Drago e libereremo queste terre dalla minaccia di Smaug il Terribile una volta per tutte!”
La gente intorno a loro esultò vittoriosa alle parole del Nano, ma tacquero nuovamente quando l’Uomo alzò la voce per farsi sentire: “E come pensate di riuscirci, eh?! Siete piccoli ed insignificanti rispetto alla bestia!”
“Bard, Bard, perché ti scaldi tanto? Non era forse Girion, tuo antenato, colui che mancò Smaug e gli permise di ardere Dale?” Il Governatore si fece beffa di lui ed egli strinse i pugni, punto sul vivo.
“Tu sei uno di quegli sciocchi che la primavera non rimpiangerebbe se perissi d’inverno
*.” Gli disse Thorin, approfittando di quel momento, per infastidirlo ancora di più.
“E allora,” Esordì poi il Governatore, rivolto ai Nani “se ci promettete gloria e prosperità – e si sa che i Nani mantengono le loro promesse – non mi resta che dire a voi, miei nuovi amici: benvenuti, benvenuti! Tre volte benvenuti!”




*Frase presa para para da "I figli di H
úrin" (pag. 137)


















-Angolino Autrice-
BUONGIORNO!!!
Scusate se ho tardato un po' a postare il capitolo ma sono partira per tornare a casa a Roma e poi gli amici e i parenti e blablabla alla fine eccomi a poter aggiornare solo oggi, sorry ^^

Allora, che dire... Questo capitolo innanzitutto è la 1/3 parte, gli altri capitoli continueranno ad avanzare in numero chiamndosi semplicemente 13pt.2 e 14pt.3! Perché questo? Perché a Pontelagolungo succedono sempre le cose più belle o le cose più tristi, quindi tocca dare un filo logico u.u e ho deciso che un solo capitolo sarebbe venuto TROOOOOOOOOOPPO lungo e quindi l'ho diviso in tre!!

Detto questo, non essendoci
Tauriella ho eliminato anche gli Orchi che li inseguono nei barili perché sì, perché Kili non sarà ferito e perché no, nessuno avrà a che fare con Legolas-occhi-di-ghiaccio o con la rossa finta e gngngn dell'elfetta dei miei stivali u.u

Le guardie che braccano
Bardone le ho usate come espediente per far arrivare i Nani subito dal Governatore senza tutto quel tricchettracche a casa di Bard con i mocciosi e Arco-Bain che ogni 3x2 dice "pa'" e io lo ucciderei solo per quello... anche perché volevo che fossero messi in una casa per un po' di tempo essendo arrivati abbastanza presto(?) alla Montagna ;)

E poi, come ultimo, volevo dirvi che mi sono sciolta da sola quando ho scritto il pezzo tra Fili e Kili sulla chiatta... cioè... ma non sono troppo dolciosi quei due?????? *w*

Bene, lettori, ora vi saluto e mi tuffo nella fantastica genetica :'D
Un bacione a tutti e lasciatemi i vostri pensieri!!
Vi adoro troppo, a tutte, sappiatelo!!!


Juls!

 

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Capitolo 13
*** Sulle sponde del lago. (parte seconda) ***


Capitolo 13 – Sulle sponde del lago. (parte seconda)
 
Venne data loro una casa sul limitare della città, vicino al luogo dov’erano approdati con i barili.
Vennero omaggiati con frutta, verdure, pesce fresco, dolci, pane e ogni sorta di cibo di cui disponevano gli Uomini. Ricevettero anche vino, birra, formaggi e miele.
Furono regalati loro nuovi abiti, caldi e comodi.
Larya ricevette qualche vestito che per il periodo in cui rimasero a Città del Lago decise di indossare.
Non mancarono le occhiate dei Nani, ovviamente, ma dopo un paio di giorno si abituarono a vederla vestita da donna e non le fecero più tanto caso.
Kili le aveva fatto un sacco di complimenti amichevoli quando l’aveva vista per la prima volta con indosso un abito lilla dall’ampia gonna. Lei era arrossita e aveva sorriso.
Suo fratello aveva contribuito ai mille complimenti del giovane, ma i suoi non contavano, glieli faceva sempre, Fràin. E poi l’aveva vista un milione di volte con abiti femminili indosso, nella loro casa tra le Brughiere del Nord.
L’unico Nano dal quale cercava di farsi notare, però, sembrava non rivolgerle la parola.
Il biondo sfuggiva sempre al suo sguardo, nonostante quando lei non guardava si perdesse ad osservarla.
Fili era restio a rivolgerle perfino la parola da quando erano scappati dalle celle degli Elfi Silvani. C’era una paura dentro di lui, che lo tratteneva: magari Larya aspettava solo il momento giusto per scatenarsi contro di lui, arrabbiata perché aveva ferito suo fratello.
Nel frattempo, comunque, ci aveva pensato Thorin a sgridarlo, rimproverandolo che non dovevano esserci distrazioni finché Erebor non fosse stata riconquistata.
Il quarto giorno, però, si ritrovò inchiodato al muro dalla ragazza, con i suoi grandi occhi scuri che lo fissavano arrabbiati.
È giunta la resa dei conti, pensò Fili, sostenendo il suo sguardo.
Ma lei, del tutto inaspettatamente, sorrise e poi lo liberò, incrociando le braccia al petto.
“Finalmente ho catturato il tuo sguardo, musone.” Gli disse, mantenendo il sorriso.
“Larya...” Mormorò lui, non sapendo cosa fare. Non era certo la reazione che si era aspettato da lei, ma aveva anche imparato che spesso copriva le sue emozioni sotto ai suoi larghi sorrisi, così non abbassò la guardia.
Spostò invece lo sguardo a terra, girando il capo e volgendo a lei la parte di viso dove era c’era ancora un leggero alone del livido in via di guarigione.
Sussultò quando lei gli accarezzò il viso, strusciando piano il pollice sul sopracciglio spaccato. “Quanto siete sciocchi tu e quell’altro Nano cocciuto di mio fratello. Non vuole dirmi perché avete litigato. Tu me lo dirai?”
Fili la guardò, non sapendo cosa fare. Non aveva il coraggio di dirglielo.
“Come pensavo. Va bene, smetterò di chiedervelo. Ma non voglio vederti così.” Il sorriso ora era sparito dalle labbra di lei e Fili la vide abbassare lo sguardo. Fece scivolare le piccole mani sulla sua e la strinsero. “Non voglio che non mi parli, Fili. Sai, ieri ho parlato con un uccellino che mi ha detto che pensi che io sia arrabbiata con te.”
“Kili...” Mormorò lui, fra i denti, sospirando rassegnato.
“Non lo sono. Io non mi arrabbio facilmente. E poi, sono certa che non volevate davvero farvi male. È stata la foresta, ne sono certa. Ci ha fatto impazzire tutti. Abbiamo visto cose che ci hanno stranito e infastidito, abbattuti, ma ora siamo liberi dall’incantesimo malvagio di quel bosco. Non voglio che tu mi sia lontano, capito?” Larya puntò gli occhi nei suoi e rimase a fissarlo per un lungo istante.
Fili strinse la sua mano. In quel momento aveva una gran voglia di baciarla, di stringerla a sé, di accarezzarle il volto e dirle che non le sarebbe mai più stato lontano, ma si separò da lei in tutta fretta quando la porta si aprì e Bombur, Nori, Gloin e Bifur entrarono in casa sbattendo i piedi per far cadere la neve da sotto gli stivali.
Larya abbassò lo sguardo e si voltò per evitare di mostrargli la tristezza che le balenò sul volto per pochi attimi, poi salutò allegra i Nani, facendo finta di neinte.
“Cos’avete comprato?” Si avvicinò alle ceste che posarono sul tavolo, iniziando a scoperchiarle per soddisfare la sua curiosità.
Fili rimase ancora qualche istante ad osservare la sua schiena, poi sospirò e se ne andò, promettendo a se stesso che prima di partire per Erebor glielo avrebbe detto.
 
Bilbo era ormai diventato l’aiutante provetto di Bombur in cucina.
Grazie alla grande quantità di cibo con cui erano stati omaggiati, ogni pranzo e ogni cena erano una festa e grandi piatti preparavano insieme, beccandosi i complimenti di tutti.
Perfino Dwalin fece commenti di apprezzamento sul cibo.
Purtroppo per lui, Thorin si perdeva gran parte di quelle mangiate festose poiché passava un sacco di tempo fuori casa, al palazzo del Governatore.
Erano giorni felici, quelli che passavano ad Esgaroth, e freddi. Sì, perché subito dopo il loro arrivo si era messo a nevicare e le acque si erano ghiacciate, nonostante gli Uomini crepassero in continuazione la superficie per dedicarsi alla loro attività di pesca e navigazione in quelle acque.
Larya aveva trascinato Ori nel suo piano malvagio per fargli impugnare una spada e farlo combattere: una mattina, lo aveva portato fuori e sulla piccola spiaggia lo aveva pregato di insegnarle ad usare la fionda. Anche Fili e Kili erano andati con loro e avevano portato le loro armi per aiutare la giovane nella sua impresa.
Mentre rideva spensierata con Ori che si lamentava per la sua povera fionda – aveva paura che gliela potesse rompere – Kili era costretto a sorbirsi i sospiri del fratello.
“Fili, la vuoi piantare?” Gli disse d’un tratto. Non poteva sopportarlo in quelle condizioni.
“Di fare cosa?” Domandò quello, voltandosi a guardarlo.
“Di sospirare come una donnetta in preda alle pene d’amore.” Lo prese in giro il moro, dandogli una gomitata.
“Io non sto-” La protesta del biondo fu interrotta dalle risate di Larya e allora si voltarono a guardarla. Correva, alzando la fionda in alto, dietro di lei Ori cercava di prenderla senza riuscirci.
“Tanto non mi prendi!” Gridò la giovane, ma poi inciampò e finì con la faccia nella neve.
Si rigirò supina e iniziò a ridere come una bambina.
Afferrò la mano che Ori le tese per aiutarla ad alzarsi ma invece di tirarsi su, trascinò il Nano nella neve insieme a lei, ridendo ancora più forte.
“Se devi stare in queste condizioni non è meglio che tu glielo dica e basta? Sono sicuro che non ti respingerà. Ti guarda nello stesso modo in cui la guardi tu... in realtà lei è un po’ meno esplicita, ma questi sono dettagli.” Rise Kili.
Fili stava per spingerlo ma una palla di neve lo colpì dritto in faccia.
Si voltò e si ritrovò ad osservare Ori e Larya che si indicavano a vicenda, addossandosi la colpa l’un l’altro. Ma lui credeva di sapere chi fosse stata.
Si guardò con Kili e con tacito accordo misero da parte quel discorso e si allearono contro i due Nani, assalendoli con una montagna di palle di neve.
Imbracciarono una battaglia turbolenta e infine si gettarono tutti e quattro sulla neve a ridere a crepapelle, i capelli bagnati e i vestiti anche, appiccicati addosso, abbandonando il piano ‘Fai combattere Ori’.
 
Nel frattempo, Fràin era uscito per cercare sua sorella.
Voleva parlarle, ma non credeva di trovarla in compagnia.
Si stava divertendo da matti e senza di lui.
Non lo aveva chiamato, non lo aveva invitato ad andare con lei.
Ma lui sì.
Non poteva più sopportare una situazione del genere. Lei doveva capire a chi apparteneva.
Tornò sui suoi passi e rientrò in casa con l’animo turbato.
Credendo di essere solo, sbatté la porta e salì di corsa le scale chiudendosi in camera.
In realtà, nella cucina era rimasto Bilbo che stava sistemando i piatti della colazione che aveva appena finito di lavare.
Lo Hobbit osservò la scena impalato, facendosi piccolo piccolo contro la parete per paura d’esser visto.
Che poi, cosa doveva temere? Non era colpa sua se gli era capitato davanti proprio in quel momento.
Ma Fràin aveva in volto uno sguardo così truce e arrabbiato che quasi provò timore nei suoi confronti.
Quel Nano era davvero strano. Si chiese come potesse, Larya, avere il suo stesso sangue nelle vene: erano uno l’opposto dell’altra.
 
Quella stessa sera, ai Nani fu regalato dell’altro vino e si diedero alla pazza gioia.
Durante la cena, le cibarie finirono per volare da una parte all’altra della stanza e a Bilbo sembrò di rivivere ancora una volta la sera del loro arrivo in casa propria, nella Contea.
E rise, lo Hobbit, si divertì con loro e – forse a causa dell’alcool – si ritrovò anch’egli a lanciare pane e chicchi d’uva addosso ai suoi compagni.
Larya rideva insieme a Fili, Kili e Ori mentre raccontavano agli altri la loro battaglia di neve.
Fili e Kili avevano vinto, ma solo perché erano più coordinati e più forti di Ori e Larya, che erano finiti sommersi dalla neve.
Addirittura Dwalin rise insieme alla giovane mentre lei raccontava.
Balin aveva il naso così rosso che sembrava stesse per esplodere e risaltava in mezzo a tutta quella barba bianca.
Fràin se ne stava invece in silenzio.
Beveva, come gli altri, ma non partecipava alle risate. Il suo pensiero era uno solo: quella sera o mai più.
 
Dopo cena, i più anziani se ne andarono subito a letto, ubriachi come non lo erano dal tempo in cui avevano perso l’età per lasciarsi andare a certi piaceri.
Fili e Kili se ne stavano accanto al camino, con il fuoco acceso, a cantare mentre Bilbo fumava la pipa accanto a loro.
Bofur suonava il suo flauto, accompagnando i canti dei due giovani.
Larya stette con loro per un po’, poi quando si accorse che Fràin non era lì salì di sopra e lo andò a cercare nella sua stanza.
Lo trovò seduto sul letto, con lo sguardo che subito si puntò nel suo.
“Hey, stai bene? Non avrai mica bevuto troppo, eh fratellone?” Gli chiese, sedendoglisi accanto.
Lui non disse una parola.
“Fràin, rispondimi, avanti.” Fece ancora lei, abbozzando un sorriso.
Il Nano le prese una mano nella sua, la strinse e le accarezzò una guancia.
“Sei così bella, sorellina.” Le disse, la voce ferma e piena di sicurezza.
Lei sorrise, nervosa.
“Larya.” Riprese lui, chiamandola per nome e fissandola negli occhi.
Si guardarono per un tempo che sembrò interminabile, poi all’improvviso Fràin annullò la distanza tra i loro volti e le baciò le labbra, premendovi sopra le sue.
Dopo un istante di sconcerto, Larya strizzò gli occhi e lo allontanò da sé con una spinta.
“Ma che diavolo fai?!” Gridò, alzandosi di scatto.
Fràin si ricompose e si alzò andandole accanto.
“Larya, io... io credo di amarti.” Le disse, allungando una mano verso di lei.
Larya sgranò gli occhi e si scostò, indietreggiando fino sbattendo alla parete. Cercò con la mano la maniglia della porta e la afferrò con forza.
“No, non è vero. Fràin siamo fratelli, non puoi amarmi.” Le lacrime le appannarono la vista.
Com’era possibile che le stesse dicendo quelle parole? Non sembrava affatto ubriaco e dal suo sguardo poteva capire benissimo che le stava dicendo il vero. Stava aprendo a lei il suo cuore ma non era la persona giusta con la quale avrebbe dovuto farlo.
Aprì la porta e finì nel corridoio.
Lui si avvicinò ancora. “Ti ho sempre amata.”
“Fràin, basta.”
“Nei miei pensieri non ci sei che tu.”
“Fràin, sta zitto.”
“Nel mio cuore c’è posto solo per te.”
“Fràin, dannazione, chiudi quella bocca!” Gridò lei, infine, con le lacrime che le rigavano le guance.
“Larya...”
“No, no, non può essere. Ti prego smettila!” Esclamò la ragazza, tappandosi le orecchie.
Corse alle scale e le scese di corsa.
“Larya, aspetta! Ti prego!” Fràin le andò dietro ma quando arrivò di sotto, lei stava già aprendo la porta di casa.
Si voltò, con il volto solcato dal pianto: “Non avvicinarti a me, Fràin. Non farlo, non farlo...” Disse con il tono più tagliente di una lama e sgusciò via dalla porta.
“No...” Mormorò lui, tentando di seguirla, ma Dwalin lo trattenne insieme a Bofur, mentre Kili scambiò una veloce occhiata con Fili che presto seguì i passi della giovane.
“Lasciatemi! Larya! Laryaaa!” Gridò Fràin, ma finché non si calmò, Dwalin e gli altri rimasero irremovibili. Non avrebbe varcato quella soglia, non glielo avrebbero mai permesso.
Bilbo rimase a guardare la porta di casa spalancata e si chiese cosa fosse successo, perché veder Larya piangere e sentirla parlare con quel tono di voce spaventoso gli avevano fatto provare una stretta allo stomaco.
 
La trovò seduta sulle sponde del lago ghiacciato, con le ginocchia raccolte al petto e la fronte che poggiava su di esse.
Il suo corpo era scosso da tremiti e singhiozzi.
Fili si tolse la giacca e gliela mise sulle spalle, poi l’abbracciò.
“Sono qui, Larya.” Le disse.
Non sopportava di vederla piangere, gli faceva male.
Oh, ma avrebbe dato una bella lezione a quel bastardo. Ora non gli importava più se era suo fratello, se lei si sarebbe arrabbiata! Non aveva il diritto di farla soffrire e lui l’avrebbe protetta.
“Oh, Fili...” Singhiozzò lei, affondando il viso nel suo petto e gettandogli le braccia al collo.
Rimasero così finché lei non smise di piangere.
“Scusami.” Gli disse poi, scostandosi da lui per asciugarsi gli occhi con le mani.
“Non hai nulla di cui scusarti. Ma Fràin non la passerà liscia. Cosa ti ha fatto, Larya, vuoi dirmelo?”
Lei lo guardò e annuì. Stettero seduti l’uno accanto all’altra; Fili le abbracciava le spalle e lei aveva la testa poggiata a lui.
Mentre gli raccontò l’accaduto, cercò la sua mano e quando la trovò fece intrecciare le loro dita e Fili gliela strinse, infondendole calore e sicurezza.
“Sai, mia mamma morì dandomi alla luce.” Disse lei “Mio padre e mio fratello si presero cura di me. Fràin iniziò a combattere molto presto insieme a nostro padre e io rimasi affascinata dall’arte della spada, così papà insegnò anche a me ad usarla. Fràin mi ha sempre fatto un mare di complimenti, mi ha aiutata, mi è stato accanto e quando nostro padre è morto per vecchiaia siamo rimasti soli. Fu allora che mi giurò sul suo nome che mi avrebbe sempre protetta.” Larya fece una pausa e sospirò.
“Mi dispiace per i tuoi genitori.” Le disse Fili, accarezzandole il dorso della mano con il pollice.
“Grazie.” Rispose lei, con un alzata di spalle “Ad ogni modo, io e Fràin siamo diventati davvero inseparabili, indispensabili l’uno per l’altra. Tuttavia, quando è arrivata la richiesta di aiuto da Thorin, la chiamata per unirsi a questa impresa, io mi sono eccitata da matti e ho preparato subito la borsa, ma Fràin mi ha frenata dicendomi che non avremo mai preso parte ad un viaggio così pericoloso.”
“Che codardo...” Commentò Fili.
Lei non rispose ma continuò invece il suo racconto: “Quella sera stessa sono partita e ho fatto di tutto per fargli perdere le mie tracce, ma è stato inutile perché è riuscito addirittura a trovare la Valle Nascosta. Voleva riportarmi a casa, sai? Ma io gli ho detto che se proprio voleva proteggermi allora sarebbe dovuto rimanere con me oppure se ne sarebbe potuto anche tornare a casa a mani vuote.”
“Tu si che sei coraggiosa.” Commentò ancora lui, stringendole la mano.
Lei ricambiò la stretta e si appiccicò ancora di più a lui, sorridendo.
“Prima sono andata a cercarlo, credevo si stesse sentendo male per quanto aveva bevuto e invece...” La giovane deglutì, prima di svelare il resto dell’accaduto. “...Fràin mi ha baciata. Ha detto... ha detto di amarmi. E non stava mentendo.”
Fili rimase senza parole. Allora i suoi sospetti erano fondati!
“Mi dispiace, Larya...” Le disse, abbracciandola più forte.
“Non voglio che tu o chiunque altro gli facciate del male. È comunque mio fratello, lo sarà sempre e per sempre rimarrà per me tale.” Larya adesso lo stava guardando. I loro volti erano vicinissimi, tanto che i loro fiati condensati si scontravano e si mescolavano in un’unica nuvoletta opaca.
“Va bene. Se è questo quello che vuoi, rispetterò la tua scelta.” Le disse Fili, anche se gli costò molto perché avrebbe voluto tanto conciare quel Nano per le feste!
Si guardarono negli occhi, poi lei sorrise ma il biondo si rese conto che non era un vero sorriso, quello. Lo stava facendo ancora. Stava ancora nascondendo i suoi sentimenti dietro a quella curva delle sue labbra.
“Larya, tu sorridi sempre, ma ultimamente non sei quasi mai felice quando lo fai.” Le disse, scostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Sorridere non vuol dire sempre essere felici. A volte, significa semplicemente essere forti.” Rispose lei, beandosi della sua mano sul viso.
“E cosa potrebbe renderti di nuovo felice?” Le domandò allora lui, avvicinando ancora di più il volto. Le punte dei loro nasi si sfiorarono.
“Baciami, Fili.” Disse semplicemente lei, e Fili colmò la distanza tra loro, facendo toccare le loro labbra in maniera prima lieve, poi più approfondita.
Larya schiuse la bocca per lui e vennero trascinati dalle emozioni.
Si resero conto per quanto avessero agognato quel contatto, sempre vicini ma sempre lontani.
Invece ora erano stretti l’uno all’altra, con le mani intrecciare nei capelli altrui a scambiarsi un lungo bacio mozzafiato.
Larya provò un brivido mentre la sua lingua strusciava su quella del Nano, intrecciandosi con lei.
Si alzò sulle ginocchia e gli prese il volto tra le mani, spingendosi ancora di più contro di lui.
Fili le abbracciò il corpo e perse un battito quando sentì il seno di lei premergli sul petto.
Si sbilanciarono e caddero nella neve.
Quando si separarono, entrambi avevano le guance arrossate e il fiato corto.
Risero, abbracciandosi.
Fili ribaltò le posizioni e ora lei era sdraiata su quella soffice distesa bianca, mentre lui era gattoni sul suo corpo.
Si sorrisero e si baciarono ancora e ancora.
Assaporarono le proprie labbra con dolcezza. Fili fece scorrere una mano lungo il suo collo e poi giù, fino al fianco, per poi risalire e soffermarsi sul suo seno.
Esitò per un istante, timoroso che lei non volesse quello, ma quando la sua mano si poggiò sulla sua e lo intimò di continuare, prese a massaggiarle il seno da sopra il vestito e con la bocca iniziò a lasciarle una scia di baci sul collo e sulla pelle del petto lasciata scoperta dalla scollatura del suo abito verde.
Poteva sentire il capezzolo turgido sotto le sue dita e percepì arrivare l’eccitazione.
Catturò di nuovo le sue labbra e fece scorrere la mano via dal seno, fino alla coscia, le piegò la gamba e fece scivolare la mano sotto al vestito per accarezzarle la pelle.
Larya sussultò e per attimo interruppe il bacio, gemendo.
“Ti ho fatto male?” Le chiese lui, spaventato.
Lei scosse il capo. “No, hai solo le mani gelide.” Gli prese il volto fra le mani e lo attirò di nuovo a sé.
Lui sorrise sulle labbra e la baciò ancora, chiudendo gli occhi.
Riprese a far scorrere la mano sulla sua coscia snella, fino all’orlo dell’intimo.
Stava per tirare giù un lembo di stoffa quando lei lo scansò di scatto per starnutire.
Starnutì una, due, tre volte, al ché si sedette, e Fili le scivolò via da sopra, posizionandolesi accanto.
Si accorse in quel momento che stava tremando. La giacca le era scivolata via e il vestito era bagnato e appiccicato alla sua schiena.
Le toccò la fronte e si rece conto che scottava da morire.
“Dannazione!” Esclamò, facendola alzare. Dovette fare un bel respiro per calmare l’eccitazione prima di riuscire a reggersi in piedi e sorreggere anche lei.
“L’abbiamo fatta grossa.” Rise la Nana. “O... quasi.”
 
Rientrarono in casa e in salotto trovarono soltanto Kili e Dwalin.
Il moro spiegò loro che Fràin era stato così intrattabile che infine lo avevano tramortito – senza fargli del male – e ora dormiva nel suo letto.
“Che hai, Larya?” Le chiese poi, avvicinandosi a lei. Gli occhi della giovane erano lucidi, oltre ad essere un po’ arrossati e gonfi per il pianto precedente.
Le toccò la fronte e la sentì bruciare. “Per la barba di Durin, ma hai la febbre altissima!” Esclamò allora Kili, guardandosi con Fili.
“Chiamate Oin e portatemi delle coperte, presto. E non svegliate Fràin per nessuno motivo!” Disse il biondo e anche Dwalin si impegnò per aiutarli.
“Come ti senti?” Le chiese poi, e lei gli sorrise. La fece sedere accanto al camino e le frizionò le braccia per scaldarla.
“Sono stata bene, questa sera. Non volevo che finisse.” Rispose lei, ignorando la sua domanda.
Fili non fece in tempo a rispondere che Oin scese di sotto seguito da Kili e Dwalin con le coperte fra le braccia.
Anche il vecchio Nano le sentì la fronte, poi constatò che non poteva rimanere con quell’abito fradicio addosso. “Devi spogliarla e avvolgerla nelle coperte, ragazzo. Voi due,” Disse poi a Kili e a Dwalin “venite con me, ho bisogno di voi in cucina.”
Fili e Larya si guardarono imbarazzati. Non era certo così che Fili si era immaginato, poco prima, di toglierle i vestiti e lo stesso valeva per lei.
“Beh, dai, tanto lo avresti fatto comunque, no?” Disse infine la giovane, per rompere il ghiaccio.
Fili le sciolse i nodi dell’abito e Larya lo lasciò fare. Lo aiutò a sfilarselo e rabbrividì, abbracciandosi il corpo per scaldarsi. Si coprì i seni nudi, imbarazzata.
Sorrise al biondo che afferrò subito una coperta per coprirla. Buttò comunque un’occhiata al suo corpo seminudo e si risvegliò in lui l’eccitazione che prima lo aveva avvolto.
Larya si strinse due, tre coperte addosso e poi si accoccolò al suo petto, con il calore del camino a scaldarli.
“Mi dispiace, è colpa mia.” Le disse Fili.
Lei chiuse gli occhi e gli prese la mano.
“Ma quanto sei scemo.” Rispose, posandogli un bacio sul collo.
Fili sorrise.
Finalmente si sentiva bene e non aveva paura di ferirla o di dire qualcosa di sbagliato.
La strinse a sé e rimasero così finché i tre Nani non tornarono con una bevanda che odorava di erbe.
“Bevila tutta, vedrai che domani starai già meglio. Cerca di riposare.” Le disse Oin, mettendole la tazza calda tra le mani. Gettò un’occhiata eloquente al biondo quando le consigliò di riposare e poi diede loro la buonanotte.
Fili e Larya arrossirono violentemente e Kili scoppiò a ridere come un matto.
Dwalin borbottò qualcosa sottovoce e se ne andò di sopra scuotendo la testa. Avrebbero giurato tutti e tre di averlo visto arrossire, anche se solo per un istante.
“Un giorno mi racconterete cos’avete combinato là fuori, furbacchioni.” Disse Kili, malizioso, muovendo le sopracciglia in un tic nervoso da maniaco sessuale*.
“Vattene!” Rise Fili, lanciandogli un bastoncino di legno. Quello schizzò su per le scale augurandogli una buona notte e sparì al piano di sopra.
Risero, poi Fili strinse di più a sé Larya e le baciò la fronte, mentre lei dava i primi sorsi della sua medicina naturale.













































-Angolino Autrice-

Buon pomeriggio(?)
Sulla mia pagina 
https://www.facebook.com/LilyOok.EFP/ avevo avvertito che oggi avrei aggiornato ed eccomi qui!

ZAN ZAN ZAAAAAAN!!! partiamo subito con le note perché, ragazzi..... che capitolo *3*

Allora, prima le cose divertenti tipo la battaglia di neve che è stato bellissimo scriverla, ma più di tutte trovo E S I L A R A N T E  Bilbo che lancia le cose a cena!! Cioè io me lo immagino con i rossi da vino che ridacchia mentre lancia le cose addosso agli altri xD E boh, questo mi fa ridere, ma solo perché vedo la faccia di Martin Freeman, non perché si tratta di Bamboccilbo, intendiamoci u.u

Ma adesso pensiamo a ciò che ci interessa davvero: FRA'IN HA FINALMENTE RIVELATO I SUOI SENTIMENTI A LARYA che, diciamocelo, è un po' ottusa e non ha capito una ceppa fino all'ultimo :') (io sono così eh u.u quindi mi rispecchio in questo hahaha).
So, dopo che Fràin ha aperto il suo cuore, la nostra giovane pulzella gli ci ha ficcato dentro un pugnale e lo ha girato e girato e girato e girato e..... girato!, come era ovvio che accadesse!


A PROPOSITO DI QUESTO - e lo scrivo a caratteri cubitali perché mi è già successo e voglio che sia chiara questa cosa - L'INCESTO C'è MA NON C'è QUINDI NON C'è NEMMENO IL MOTIVO DI SEGNALARE LA STORIA. SE VOLETE BENE A LARYA E A ME(!!!) NON SEGNALATE QUESTA STORIA, GRAZIE! VE LO CHIEDO PROPRIO PER CORTESIA!!

Bene, detto questo, so che odierete Fràin ancora di più e non ve ne posso dare il torto.
CHI MI DICEVA CHE LO GIUSTIFICA, LO PENSA ANCORA?! Let me know :3

E diciamo due paroline anche su Fili e Larya eh :3 Cioè questi due sono passati da "Oh mio dio cosa dico? Cosa faccio?!" a "Oh mio dio facciamolo nella neve!" xD Tipo, chiamiamola foga del momento?
In ogni caso, Larya s'è beccata il febbrone! 
La mattina nella neve, la sera nella neve, esce col vestitino leggero senza una giacca e niente, si sdraia nella neve..... CON FILI... dico, come fa a non venirti il febbrone?! 
Spero non lo abbiate trovato improbabile, insomma u.u

Bene, su questo capitolo ho anche detto troppo, ci sentiamo al 14(pt.3)

 
Volete uno spoiler? Sono sisposta a darne uno solo a chi me lo chiederà u.u (sarà lo stesso per tutti, sennò non vale andarsi a leggere le mie risposte alle recensioni haha)

xoxoxo
Juls!

E CON QUESTO CAPITOLO VI AUGURO UN
FELICISSIMO NATALE!!!
(Forse il prossimo arriva prima del 2017 ;D)

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Capitolo 14
*** Per sempre (parte terza). ***


AVVERTIMENTO: Capitolo a rating rosso(?) "lettore avvisato, mezzo salvato" u.u se siete minorenni io vi ho avvertito. Per cortesia, vi ripeto, VI PREGO di non segnalare la storia altrimenti praticamente tutte le mie long a rating arancione andrebbero segnalate. Una volta chiesi ad Erika se si poteva mettere un capitolo a rating rosso in una storia di rating arancione ma non ho ottenuto risposta quindi io l'ho fatto ed è sempre andato bene. Scusate, ma sono diventata paranoica ultimamente con sta storia delle segnalazioni ^^ Detto ciò, buona lettura e scusate il mini-papiro :* Ci si ribecca infondo ^^








Capitolo 14 – Per sempre. (parte terza)
 
Nei giorni seguenti, Larya si riprese del tutto dalla febbre grazie alle cure di Oin.
Lei e Fili passarono molto tempo insieme, mentre Fràin se ne stava in disparte con l’aria incupita.
Sua sorella non gli rivolgeva la parola; aveva provato a parlarle, ma lei lo aveva guardato male e liquidato senza nemmeno dirgli ‘A’, così aveva smesso di provarci.
Anche se era dura da ammettere, era stato sconfitto, Larya non lo voleva. Non come lui avrebbe voluto lei, almeno.
Inoltre, Fràin iniziava a sentirsi a disagio poiché perfino lo Hobbit, oltre ai Nani, gli rispondeva con freddezza.
L’aveva fatta grossa, se ne rendeva solo conto solo in quel momento. Era stato accecato dalla gelosia che provava per Fili, il giovane Nano che aveva rapito il cuore di sua sorella, e non si era reso conto che con la sua azione sconsiderata aveva ferito Larya nel profondo e si era pure guadagnato l’odio dei suoi compagni.
E ora era lì, seduto in un angolo, ad osservarla ridere accanto a Fili e a Kili, sentendosi impotente.
Avrebbe voluto tornare indietro nel tempo fino a quella sera di una settimana prima, fermarsi prima di baciarla, non rivelarle affatto i suoi sentimenti.
Scosse il capo. No, sarebbe stato peggio, perché se non si fosse liberato di quel segreto che celava da anni, a quest’ora si starebbe torcendo le mani per la gelosia che lo avrebbe avvolto nella sua stretta e fatto vedere tutto nero.
Non che in quel momento si sentisse meglio, anzi: aveva sviluppato un senso di rassegnazione che lo rese quasi passivo nel vedere lei prendere la mano del biondo e intrecciarvi le dita, sussurrarsi all’orecchio e sorridersi a vicenda.
Un paio di giorni prima, li aveva persino beccati a baciarsi.
Larya si era allontanata subito da Fili e aveva abbassato lo sguardo, mentre il Nano si era grattato il capo, imbarazzato. Ma Fràin era passato oltre senza guardarli troppo, senza dar peso a quello che aveva appena assistito, anche se dentro di sé avrebbe voluto radere al suolo quella maledetta casa, quella maledetta città.
Ma non aveva fatto nulla, se ne era andato in camera sua e si era strofinato il volto con le mani.
Sconfitto, si sentiva solo sconfitto.
E vuoto.
 
Passarono ancora dei giorni a Esgaroth, nella tranquillità della cittadella.
Bilbo andava spesso al mercato insieme a Larya e Nori a comprare le verdure e il pesce, per procurare a Bombur gli ingredienti dei suoi ottimi piatti.
Aveva imparato un sacco di ricette naniche, Bilbo Baggins, e si ripromise di farle tutte una volta tornato a Vicolo Cieco.
Era quasi finita, quella fantastica avventura. Che gran rimpianto avrebbe provato, col senno di poi, se non avesse mai varcato la soglia del suo buco Hobbit!
Il giorno in cui decisero che l’indomani sarebbero partiti, vennero invitati per quella sera stessa al palazzo del Governatore, dove venne indetta una grande festa in onore del ritorno del Re sotto la Montagna.
Larya si fece una bella doccia rinfrescante e poi decise quale abito avrebbe indossato per quell’occasione, che era anche l’ultima in cui si sarebbe vestita da donna perché l’indomani avrebbe rimesso i pantaloni che aveva rubato a suo fratello prima di partire e sarebbe tornata ad essere la Larya che era piombata all’improvviso in quella Compagnia.
Si prese un attimo per riflettere su quanto fosse cambiata durante quel viaggio.
Si guardò allo specchio e sorrise alla sua immagine: aveva scelto l’abito giallo con le maniche a tre quarti.
Si fece la solita treccia, ma poi storse il naso e la disfece. Optò per qualcosa di diverso: con molta pazienza e artificio si mise ad acconciarsi i capelli, li intrecciò con cura, poi li raccolse in una complicata acconciatura piena di volute e chiuse il tutto con un fermaglio che tirò fuori dal manico del suo pugnale.
Accarezzò la sua arma e pensò a suo padre. Gliel’aveva data lui, lo aveva fatto apposta per lei e nel manico aveva nascosto quel fermaglio che era stato di sua madre.
“Indossalo solo quando sentirai che il tuo cuore apparterrà alla persona giusta.” Le aveva detto suo padre e lei aveva annuito tutta contenta.
Quel giorno, lo indossò per la prima volta nella sua vita, e lo indossò per Fili.
Soddisfatta del suo operato, scese di sotto e non appena mise piede sull’ultimo scalino si guardò intorno, confusa.
Si erano fermati tutti a guardarla, boccheggiando davanti alla sua figura.
“Che c’è?” Domandò scendendo con un saltello l’ultimo gradino, atterrando a piedi uniti sulle assi del pavimento del salotto.
“Sei... bellissima.” Le disse Fili, avvicinandosi a lei.
Larya arrossì e sorrise imbarazzata. “Grazie.”
I Nani ripresero a fare quello che stavano facendo dopo che Fili aveva gettato loro un’occhiata, poi si voltò di nuovo verso di lei e le accarezzò il viso.
“Sei uno schianto.” Le disse sottovoce, rubandole un bacio.
La giovane sorrise sulle sue labbra. “Smettila di ripeterlo, o finirò per crederci davvero e inizierò a darmi delle arie da Elfa vanitosa.” Scherzò, agitando una mano davanti a sé.
“Per carità, no!” Esclamò lui “Meglio rimediare allora: sei bruttissima, assomigli al grasso e pustoloso Re dei Goblin che abbiamo incontrato sulle Montagne Nebbiose.”
“Ah, è così?! Fili figlio di Dìs, stai forse cercando la morte?” Rispose lei, puntandogli un dito al petto.
Lui le prese la mano e la baciò sul dorso: “Se sarà per mano tua allora sarà una morte gradevole. Ma non prima che tu mi abbia dato un altro bacio, signorina.” Fili catturò le sue labbra e la tenne stretta a sé per qualche secondo.
Si separarono quando Thorin scese di sotto, insieme a Fràin, Dwalin e Balin.
Era ora di andare.
 
Le strade erano deserte, tutta la città li stava attendendo al palazzo del Governatore.
Lunghe tavolate erano state imbandite con ogni sorta di cibo e bevande.
Vi era musica allegra e festosa e le donne ballavano e gli uomini ridevano.
I bambini si rincorrevano giocando e ridendo felici.
“Wow...” Mormorò Larya, sorridendo. “Non sono mai stata ad una festa, sai.” Disse poi a Fili. “Guarda quanto cibo! Accidenti, ho una fame...”
Fili rise di gusto e le strinse di più la mano, portandola a sedere con gli altri.
Mangiarono fino a scoppiare, quella sera.
La musica allegra accompagnava le loro bevute e le loro chiacchiere.
I bambini si avvicinavano curiosi e li guardavano con il nasino all’insù.
Kili non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere quando un paio di bimbetti infastidirono Dwalin, tirandogli la barba per gioco.
“Mocciosi...” Borbottò il Nano, dopo averli spaventati con lo sguardo più truce che riuscì a fare. “E tu che cavolo hai da ridere?” Disse poi a Kili, paonazzo in volto.
“Oh, niente. Assolutamente... niente.” Rispose il moro, trattenendosi a fatica.
Balin, accanto al fratello, sorrise divertito. Dwalin faceva tanto il burbero e lo scontroso con tutti, ma lui lo sapeva bene com’era fatto. Non aveva mica dimenticato come si era preso cura di Fili e Kili quando il loro padre venne meno, com’era stato accanto a Dìs in quel periodo di sofferenza.
Voleva bene a quei Nanetti come fossero figli suoi e della Principessa, poi, man mano che crescevano, si era affezionato sempre di più a loro.
Gli aveva insegnato lui a combattere, mentre Balin aveva tenuto loro delle lezioni sui Popoli Antichi della Terra di Mezzo e sulla storia dei Nani, partendo dalla Creazione e passando per Durin il Senzamorte.
Fili, poi, era sempre stato l’allievo modello, mentre Kili era più difficile da gestire, da piccolo.
E Dwalin aveva sviluppato una pazienza che mai Balin avrebbe creduto possibile. E invece lo aveva fatto.
 
Dall’altra parte del tavolo, Bofur e Nori avevano intonato una melodia tutta stonata, facendo cozzare i boccali tra loro e cantando con la bocca piena. Quei due erano già ubriachi.
Ori se ne stava accanto a Bilbo e parlottava con il Mezzuomo mentre beveva della birra. Costrinse il povero Hobbit a bere con lui, ma Bilbo si stava divertendo anche se voleva comunque mostrarsi uno Hobbit per bene.
Bombur parlò meno di tutti ma mangiò per il doppio del loro numero. Il suo stomaco doveva essere incredibilmente capiente o avere qualche potere magico. Non si spiegavano dove potesse mettere tutto quel cibo e restare relativamente magro – se confrontato a quanto mangiava.
“Gli Elfi dovrebbero imparare dagli Uomini ad offrire cene come si devono agli ospiti!” Esclamò la giovane, infilando in bocca l’ultimo boccone che aveva nel piatto.
Si era praticamente tuffata sul pesce arrosto con le patate e ne era rimasta estasiata.
“Cavolo, devo impararmi a cucinare queste cose.” Sbuffò poi, bevendo un sorso di vino rosso.
“Tu sai cucinare?” Le chiese Fili, quasi sorpreso.
“Scusa, per chi mi hai presa? Certo che so cucinare, sciocchino!” Esclamò lei, ridendo.
“No, è che... pensavo... Non ti ho mai vista farlo.” Borbottò il biondo, ricevendo una gomitata dal fratello che sorrideva sornione.
“Ti prometto che quanto sarà tutto finito cucinerò uno dei miei piatti migliori solo per te!” Gli disse allora Larya, sorridendo felice.
Fili la trovò dolcissima e finalmente i suoi occhi ridevano insieme alle sue labbra. Ed era merito suo. Si sentiva così orgoglioso di questo.
“Hey, e io?” Chiese Kili, puntandosi col suo stesso indice, mettendo su un’aria tutt’offesa.
“E tu che c’entri?” Rise Larya, lasciandolo senza parole. Si era aspettato che dicesse qualcosa del tipo ‘cucinerò anche per te’ ma non lo aveva fatto.
Poi scoppiò a ridere e lei e Fili lo seguirono a ruota.
Larya aveva le gote arrossate dal vino e sentiva caldo.
Ma si sentiva anche felice e leggera.
Una felicità che un po’ andò scemando quando notò Fràin bere in disparte, da solo, senza che nessuno lo calcolasse più di tanto.
Si alzò, schioccando un bacio sulla guancia di Fili e poi andò da lui.
Fràin piantò gli occhi verdi nei suoi, scuri come due buchi neri.
“Fràin.” Lo chiamò, sedendosi accanto a lui.
Il Nano non disse una parola.
“Mi dispiace, okay? Non volevo ferirti, ma tu mi hai detto quelle cose e... mi hai spaventata. Però vorrei che sapessi che l’affetto che provo per te non è cambiato. Ti voglio bene e te ne vorrò sempre. Sei mio fratello, il mio fratellone. Non sono più arrabbiata con te. Ti prego, dimentichiamo questa brutta storia e torniamo amici.” Larya gli prese la mano e lo guardò fisso negli occhi mentre parlava.
“Dimenticare? Larya, io ti amo. Non posso dimenticare.” Le disse allora Fràin, intrecciando le dita con le sue.
La giovane sentì gli angoli degli occhi pizzicarle; si dispiaceva per lui, perché il destino era stato crudele a farlo innamorare della persona sbagliata.
“Non posso darti quello che cerchi, mi dispiace. Ma non voglio che restiamo separati per questo. Ti prego, fratellone.” Provò a sorridergli, ma lui tolse la mano dalla sua e bevve un sorso del suo vino.
Lei abbassò lo sguardo e strinse il pugno.
“Perdonami.”
Larya alzò il capo di scatto e si ritrovò con gli occhi incatenati ai suoi.
“Ti ho già perdonato, Fràin.” Gli disse, poi si protese verso di lui e lo abbracciò e nel silenzio che seguì Larya poté solo percepire il suo corpo scosso da un paio di sussulti.
“Ho sempre pensato che piangere faccia bene, sai. Ti libera, ti fa sentire più leggero, dopo. Sfogati con me, Fràin. Io sarò sempre qui se avrai bisogno.” Gli sussurrò, accarezzandogli i capelli.
Lui le strinse i fianchi e si beò ancora un po’ del suo abbraccio.
 
Quanto uscirono dal palazzo per tornare a casa, fuori era buio pesto e si munirono di torce che illuminarono loro la strada.
Nel cielo spiccavano luminose le stelle.
Da lì, la notte sembrava un luogo ricco di mistero, con tantissimi puntini luminosi che li guardavano e li proteggevano.
A poche ore da lì sarebbero partiti alla volta di Erebor, ultima tappa del loro faticoso viaggio.
La Montagna, un’ombra scura nella notte, alta e maestosa si stagliava nel cielo stellato.
Era bella, mozzafiato. Chissà quali sorprese avrebbero trovato al suo interno. Chissà quali pericoli.
Chissà... Sarebbero davvero riusciti a spodestare Smaug, arrivando addirittura ad ucciderlo?
 
Si salutarono e filarono dritti a riposare.
Qualcuno sì e qualcuno... no.
Larya portò Fili in camera sua e chiuse la porta.
Gli gettò le braccia al collo e lo baciò con dolcezza e desiderio.
Lo spinse seduto sul letto e si sedette accanto a lui.
“Fili.” Gli disse poi, e lui la vide assumere un’aria seria come mai prima di allora. “Questa... questa è la nostra ultima occasione per stare insieme, insieme. Non voglio gettarla al vento. Voglio amarti davvero, questa notte, in questa casa, tra queste lenzuola. Voglio essere tua, voglio appartenerti. Voglio donarti ciò che di più prezioso potrei mai offrirti e voglio darti anche questo...” Larya tolse il fermaglio dai suoi capelli, una rosa bianca con un rubino in centro, lasciandoli ricadere sciolti sulla schiena. Glielo porse e lui lo prese, rigirandoselo fra le mani.
“Era di mia madre.” Riprese lei, alzandosi in piedi e togliendosi gli stivali. “Mio padre mi disse di indossarlo solo quando avrei capito a chi appartenesse il mio cuore. Ora lo so, è tuo. Ti amo, Fili. Ti amo davvero e voglio che lo abbia tu come pegno o ricordo.”
“Larya...” Mormorò lui, allungando una mano per prendere la sua.
“Aspetta, non ho ancora finito. Lo sai che sono una gran chiacchierona.” La giovane abbozzò un sorriso, poi si avvicinò a lui e gli prese il volto tra le mani, poggiando la sua fronte sulla sua: “Fili, non sappiamo cosa accadrà una volta ad Erebor, quindi voglio dirti anche un’altra cosa. Ti ho promesso che avrei cucinato per te una volta che tutto sarà finito, giusto?”
Lui annuì.
“Beh, non voglio farlo solo una volta. Voglio farlo per sempre. Voglio sentirti rientrare la sera chiamando il mio nome, voglio apparecchiare per te, farti assaggiare tutti i miei piatti. Voglio condividere con te il letto dove dormirò e le lenzuola con le quali mi coprirò quando avrò freddo. Voglio sentire il calore del tuo corpo accanto al mio ogni notte, voglio... voglio passare il resto della mia vita al tuo fianco. Sposami, Fili. Diventa mio marito!”
Larya aprì gli occhi e catturò lo sguardo chiaro di lui nel suo.
“Non dovrei essere io a chiederti la mano?” Domandò lui, sorridendo.
“Allora fallo. Chiedimelo.” Lei sorrise di rimando.
Fili si inginocchiò a terra e le strinse le mani nelle proprie: “Larya, quando tutto sarà finito, quando avremo riavuto in dietro la nostra casa, quando finalmente regnerà la pace su queste terre, vorrai cucinare per me, condividere con me il tuo letto e le tue lenzuola se avrai freddo, sentire il calore del mio corpo accanto al tuo ogni notte per sempre? Vorrai diventare la mia sposa e vivere con me per tutta la vita?”
“Sì!” Larya annuì con veemenza, poi gli si gettò al collo e lo baciò con passione.
 
Questa volta non si coprì quando Fili le tolse l’abito.
Il Nano si prese qualche istante per ammirare il suo corpo ai suoi occhi perfetto, bellissimo: notò per la prima volta che sulla spalla destra Larya aveva degli strani segni, di un blu sbiadito.
“Cosa sono?” Le chiese, percorrendoli con le dita.
“Tatuaggi. Li abbiamo sia io che Fràin, come li aveva nostro padre. È stato lui a farceli, sai! Era molto bravo.” Spiegò lei, sorridendogli.
“Cosa significano?” Curioso, Fili spostò lo sguardo chiaro nel suo e attese.
“Sono i simboli della nostra casata. Io e Fràin siamo gli ultimi, lo sai. Nostro padre diceva sempre che era importante ricordare chi siamo e da dove veniamo.” Larya alzò le spalle con noncuranza e poi gli sorrise, baciandolo subito dopo. Abbracciò il suo torso nudo ed rabbrividì quando i capezzoli si scontrarono con la fredda pelle di lui.
Fili stesso ebbe un sussulto, ma le abbracciò la schiena e lentamente la sdraiò sul grande letto, senza smettere di baciarla.
Stavolta non li avrebbe interrotti niente e nessuno.
L’avrebbe fatta sua, sarebbe diventata in tutto e per tutto la sua donna.
Questo pensiero lo fece eccitare ancora di più e scese a baciarle il collo e il petto, mentre la sentì armeggiare con la cintura dei suoi pantaloni.
La slacciò, ma non andò oltre perché nel frattempo lui era arrivato a lambirle il seno con le labbra e tutte le sue forze vennero meno, concentrandosi solo sulle sensazioni che le stava facendo provare in quel momento.
I muscoli testi del torace di Fili guizzavano sotto i suoi palmi mentre la lingua del nano le tracciava cerchi intorno a uno dei capezzoli, turgidi, poggiandovi poi le labbra e torturandolo ancora in quella piacevole sevizia della quale lei era totalmente preda.
Si lasciò scappare un gemito, Larya, e lui sorrise, poi tornò sulle sue labbra mentre i suoi seni divennero preda delle sue mani.
Erano grandi rispetto ad essi e riuscivano a racchiuderli perfettamente nei palmi.
Larya non aveva il seno particolarmente grande, ma era proporzionato al suo corpo e a lui piaceva così.
Assaporò ancora le sue labbra e si perse dentro di lei, esplorando ancora una volta la sua bocca con la lingua, intrecciandola alla sua.
Si staccarono per riprendere fiato e il giovane ne approfittò per togliersi i pantaloni.
Alla luce della luna che filtrava dall’unica finestra, i capelli di Larya sparsi sulle coperte sembravano tanti fili d’argento, rischiarati da quel pallore lunare che faceva sembrare la sua pelle di porcellana.
I suoi occhi erano due pozze scure dove dentro ci si poteva perdere se non si stava attenti.
Si sorrisero.
Larya si sedette sulle sue gambe, intrecciando le sue al suo bacino.
Si strinse a lui e gli baciò il collo, mentre Fili scendeva piano fino all’orlo del suo intimo.
Poteva benissimo percepire le pulsazioni del suo membro al solo pensiero che tra pochi istanti avrebbe raggiunto il punto più segreto del suo corpo, quello da custodire e da donare solo alla persona giusta.
Calò la mano al di sotto della stoffa e sfiorò la sua intimità con delicatezza, senza lasciarsi sfuggire ogni minima reazione di lei.
Larya, dal canto suo, si aggrappò alle sue spalle, ma non lo fermò, anzi, si fece coraggio e gli accarezzò il braccio fino a giungere alla mano che lui aveva in mezzo alle sue gambe. La spinse in giù e lo intimò a continuare, ad andare più affondo di così. Voleva che la toccasse, voleva che la amasse.
Continuò a baciargli il collo mentre lui iniziava a massaggiarla laddove era più sensibile, facendole provare mille brividi.
 
Quella piacevole tortura andò avanti per qualche minuto, finché Fili non capì era vicina al suo limite: si era aggrappata con forza a lui e aveva smesso di baciarlo, nascondendo il volto nell’incavo del suo collo. La sentì trattenere il respiro e mugolare di piacere.
Si fermò, allora, perché il vero piacere doveva ancora arrivare e quando lei lo guardò gli scappò un sorriso divertito: aveva le guance arrossare e gli occhi quasi lucidi, sul volto un’espressione contrariata.
Il bisogno di prenderla però divenne impellente.
Il membro gli doleva per quanto era eccitato ed era ingrossato e turgido.
Doveva sentirla, doveva averla.
La sdraiò di nuovo e le levò l’ultimo lembo di stoffa che la copriva, facendo ugualmente con se stesso.
Adesso erano entrambi nudi.
Larya fece scivolare lo sguardo in basso e arrossì violentemente quando lo vide.
Era la prima volta in vita sua che faceva una cosa del genere e tutto d’un tratto divenne rigida come un ciocco di legno.
“Andrà tutto bene.” Le disse Fili, soffiando quelle parole sulle sue labbra.
Per farla rilassare, le accarezzò il corpo e scese sempre più giù, fino a tornare sulla sua intimità.
Questa volta, lentamente per farla abituare alla nuova intrusione, fece scivolare in lei le sue dita e la percepì bagnata, stretta, calda.
Capì che era eccitata quanto lui e questo lo mandò fuori di testa.
“Baciami.” Gli disse lei, sospirando di piacere.
Era più facile rilassarsi quando lui la baciava. Ma ancora di più, scoprì, se lui la toccava.
La mandava in estati con il solo senso del tatto, si rese conto troppo tardi di starsi a strusciare su di lui come una gatta in calore e le venne da ridere, ma si trattenne.
“Fili...” Mormorò, infine, quando il bisogno che provava lui era diventato anche il suo. Non le bastavano più quelle sensazioni. Ne voleva ancora, voleva di più.
Allora il biondo si mise sopra di lei e Larya allargò le gambe per lui.
L’accoglienza che ricevette fu calda e umida, un po’ stretta, ma si sentì tremendamente bene quando i loro bacini si toccarono.
Larya strinse forte la sua mano, quasi la stritolò, ma non si lasciò sfuggire nemmeno un fiato.
Poi punto gli occhi in quelli di Fili e sorrise.
 
Dopo averla fatta abituare per qualche istante, il Nano iniziò a muoversi dentro si lei con movimenti lenti e cadenzati, accarezzandole il viso e baciando le sue labbra sottili arrossate per i tanti baci ricevuti e scambiati.
Pian piano, Fili aumentò l’intensità delle spinte e presto lei si ritrovò ad andargli dietro, seguendolo al suo ritmo.
I seni strusciavano sul suo petto muscoloso, scolpito alla perfezione dagli anni e anni di addestramento con Dwalin.
Era una frizione piacevole, ma solo una piccola parte delle emozioni che stava provando.
Larya non riusciva a pensare a niente, aveva la testa su una nuvola, la mente annebbiata dal piacere.
Per tutto il tempo, entrambi trattennero come meglio potevano i gemiti. Fu una gran fatica.
Sospirarono sulle loro bocche, si guardarono, si accarezzarono e si toccarono ancora.
Fu un fiume in piena quello che la colpì, che dal basso ventre risalì fino al petto, mozzandole il respiro nei polmoni, quando il ciclone di passione si disperse in un lungo gemito di appagamento.
Fili le lasciò dei teneri baci sulla fronte sudata e scivolò via da lei per sdraiarlesi accanto.
Le accarezzò una guancia arrossata e la avvicinò a sé per baciarla ancora.
Lei lo abbracciò forte e intrecciò le gambe nelle sue.
I loro cuori battevano all’impazzata e i respiri erano ancora irregolari e affannati.
“Grazie...” Sussurrò lei, baciandogli il mento.
Lui le tirò su il volto e poggiò la fronte sulla sua.
Non si dissero altro, poiché quel gesto valeva più di mille parole per un Nano.
Inoltre, dopo essersi promessi vicendevolmente di passare il resto della loro vita l’uno accanto all’altra, non c’era altro da fare che rimanere in silenzio ad ascoltare i loro cuori tornare a battere normalmente e i respiri regolarizzarsi.
Chiusero gli occhi.
Fili le baciò un’ultima volta la fronte, poi coprì entrambi con il lenzuolo e la strinse al petto in un abbraccio protettivo carico di amore.
E così si addormentarono.






















-Angolino Autrice-
Niente, ero partita con l'intento di postare dopo l'esame del 9 gennaio ma alla fine ho ceduto alla tentazione ed eccomi qui con questo sfavillante nuovo capitolo!
  • L'idea del fermaglio nel manico del pugnale mi è venuta in mente ripensando al fermaglio che il padre di Mulan da alla figlia e che lei lascia sul suo comodino portandosi via la pergamena con la chiamata al fronte. Ecco spiegato perché era così attaccata a quell'arma e quando gli Elfi glielo hanno tolto ci era rimasta male. Non solo era un regalo di suo padre ma dentro vi era anche un oggetto appartenuto alla madre. Cosa poteva mai avere più valore se non quello, per lei? Meglio della solita storia del ciondolo o del bracciale o che so io, a mio parere u.u
  • FINALMENTE del sano sesso tra questi due dove la tensione sessuale era diventata palpabile con mano u.u E non solo, si sono pure promessi a vicenda di sposarsi. Questo pezzo, nonostante fossi indecisa se cambiare qualcosa o meno all'inizio, alla fine l'ho lasciato così come lo avevo scritto e spero vi sia piaciuto e non vi sia risultato banale o totalmente fuori tema e che Fili sia rimasto IC, altrimenti chiedo scusa, ma rimango ferma e non cambierò una virgola di ciò che ho scritto u.u
  • Per quanto riguarda il tatuaggio sulla spalla di Larya, mi è venuta questa idea così, tanto perché io amo i tatuaggi *^* e quindi in qualche modo ce lo dovevo mettere XDD Quando posterò il prossimo capitolo avrete anche l'immagine che, per inciso, ho fatto io con paint e quindi fa un po' ca*are :')

Se avete trovato errori di battitura o altro, ditemelo. Io l'horicontrollato più volte e mi sembra apposto, ma questo l'ho fatto tipo un mese fa, quindi sinceramente non avevo voglia ora di rileggerlo per cui, sorry se ne trovate :)

E niente, ditemi che ne pensate, FATEVI SENTIRE!!! Non so dove siate finiti tutti ma tempo fa c'era molta più attività in questo fandom e la cosa mi fa dispiacere perché è un bellissimo fandom!!!! SU SU IO CREDO IN VOI U.U

Un bacio e buon anno nuovo, un po' in ritardo u.u
Juls!

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Capitolo 15
*** Nel Dì di Durin. ***


ATTENZIONE: Praticamente stesse parole dello scorso capitolo, scena un po' *hot* e quindi potrebbe essere categorizzato anche questo
                                come rosso ^^ Buona lettura :*











Capitolo 15 – Nel Dì di Durin.
 
Fili si svegliò con Larya ancora tra le braccia.
La giovane aveva il volto nascosto dai capelli, le mani raccolte al volto e dormiva placidamente accanto a lui.
La schiena pallida era per metà scoperta dal lenzuolo e per metà avvolta dai suoi lunghi capelli.
Si soffermò con lo sguardo sul suo tatuaggio; alla luce del giorno, era molto più comprensibile, degli intricati segni geometrici che disegnavano tre cerchi intrecciati fra loro con due triangoli al centro e tre rune ai suoi vertici.
Sorrise, le scostò quei fili d’oro dal volto e le accarezzò una guancia rosea.
Avevano fatto l’amore. L’avevano fatto davvero!
Si appartenevano, si erano promessi addirittura di sposarsi.
Ringraziò Mahal per avergliela fatta incontrare.
In poco tempo, Larya era stata capace di farlo completamente uscire fuori di sé per lei.
Guardandola adesso, così serena e tranquilla, con il petto che si alzava e abbassava in maniera regolare e le labbra che quasi erano piegate in un sorriso, gli scoppiò il cuore di gioia.
L’amava. L’amava da morire.
 
Larya si svegliò quando percepì che le stavano toccando il viso.
Fili la stava accarezzando con dolcezza e decise di fingere di dormire ancora un po’ per bearsi di quelle piccole attenzioni che lui le stava dando.
Si sentiva incredibilmente bene e dovette raccogliere tutte le sue forze per impedirsi di sorridere come una bambina e farsi scoprire sveglia.
Quello che era successo tra lei e il Nano accanto a sé era stata la cosa più bella che potesse mai capitarle. Quell’amore che era sbocciato come un fiore in primavera li aveva avvolti e catturati nella sua bellezza.
Decise infine di aprire gli occhi e subito cercò il suo sguardo chiaro e quando lo trovò, gli sorrise felice, sbuffando sul suo petto.
Si alzò su un gomito, incurante dei seni nudi che vennero fuori dalle coperte – non doveva più vergognarsi con lui, non dopo quella notte – e si allungò per sfiorare le sue labbra.
“Buongiorno.” Le disse lui, abbracciandole la schiena e spingendola piano di nuovo sdraiata.
Era sotto di lui adesso e rideva divertita.
“Buongiorno.” Rispose, allungando le braccia e incrociandole dietro al suo collo.
I loro corpi nudi si toccarono, si accesero, facendo provare ad entrambi brividi di piacere.
“Dovremmo iniziare a prepararci per la partenza, non credi?” Disse lei, anche se il suo sguardo diceva tutto: non aveva alcuna voglia di alzarsi da quel letto, di allontanarsi dal suo corpo caldo, dalle sue carezze, dai suoi baci...
“A giudicare dal silenzio che regna in questa casa, direi proprio che abbiamo ancora un po’ di tempo.” Considerò lui, rubandole un bacio.
“Perché credo di sapere come vorresti passare questo tempo?” Rise la giovane, portandogli una mano su una guancia barbuta.
“Perché forse lo sai.” Rispose il Nano, coinvolgendola in un bacio più profondo al quale lei rispose prontamente.
Fili le accarezzò il corpo voglioso di sentirla più vicino a lui. Le toccò il seno e i fianchi, fece scivolare la mano sulla sua gamba e nell’interno coscia.
Larya sentì un brivido prenderla e trascinarla con sé quando lui la sfiorò.
Si perse nella sua bocca, gemendo e baciandolo insieme.
Le mani di lei erano premute sulle sue spalle, lo abbracciava e lo stringeva a sé mentre respirare normalmente diventava una fatica.
Fili era altrettanto eccitato ma questa volta non attese e mentre faceva risalire la sua mano al volto liscio della sua donna, entrò in lei e la portò con sé in quel nuovo turbine di emozioni forti e piacevoli che li avvolse.
Si baciarono, soffocando i gemiti come meglio poterono fino alla fine.
Larya strinse le ginocchia ai suoi fianchi e lo colse di sorpresa quando gli diede una spinta e ribaltò le posizioni.
Si sorrisero. Adesso lei era sopra di lui e conduceva il gioco.
L’ultima volta che Fili aveva vissuto una scena del genere non era finita per niente bene, ma sapeva che lei non gli avrebbe mai fatto del male.
La lasciò fare, godendo sotto di lei e i suoi movimenti leggeri e dolci.
Quella situazione, ora così reale, gli strappò un sorriso.
Gli piacque quell’audacia che gli mostrò e ne rimase pienamente soddisfatto quando il suo appagamento si riversò in lei.
Il corpo di Larya fu scosso da un sussulto e subito si sentì svuotata, quando cadde anche l’ultima goccia del suo piacere.
 
Un’ora dopo erano tutti pronti, con le borse poggiate all’ingresso della casa.
Si erano seduti alla tavola per un ultima grande colazione come si doveva, per poi partire subito dopo.
Larya indossava di nuovo i pantaloni di suo fratello, ma sopra aveva una maglia tra quelle che era stata donata ai suoi compagni.
I capelli erano nuovamente racchiusi nella sua solita treccia da un lato.
Ma c’era qualcosa di diverso in lei. Qualcosa che tradì il suo sguardo, luminoso e ridente.
Nessuno disse nulla a riguardo, anche se Kili non la smetteva di scoccare a lei e a Fili occhiate da marpioncello che la sapeva lunga.
Bilbo e Bombur si sbizzarrirono, quella mattina, e prepararono una sontuosa colazione per i loro compagni che venne ben accettata da tutti.
La giovane mangiò come se fosse stata digiuna da mesi.
Scoprì che consumare energie facendo l’amore metteva molta fame, ma fu un pensiero che decise di tenere per sé.
 
Dal capo del tavolo, Thorin guardava i suoi nipoti, in particolare Fili, e seppur gli avesse espressamente detto che non voleva distrazioni per nessuno dei membri di quella Compagnia, si sentì contento per lui, perché in tutte le difficoltà di quel viaggio aveva trovato l’amore in quella ragazza dal sorriso misterioso e disarmante che portava allegria.
Ne fu lieto, sì, e si perse nel vederli sorridersi a vicenda. Trovò una somiglianza strabiliante tra il maggiore dei figli di sua sorella e il suo defunto cognato. Vederli così affiatati e felici gli riportò alla mente quando la sua Dìs era una Nana spensierata e sorridente, prima che tutte le perdite subite dalla loro famiglia le indurissero i lineamenti e la invecchiassero più di quanto non avesse già fatto l’età stessa.
 
Finita la colazione, lasciarono definitivamente quella casa che li aveva accolti e ospitati per più di due settimane, trovando tutta la città ad attenderli al molo dove venne data loro una piccola imbarcazione – ma abbastanza grande per farceli stare tutti – per attraversare il lago e giungere ad Erebor in breve tempo.
Furono fatte suonare le trombe quando la barca lasciò il piccolo porto di Esgaroth e ben presto, la cittadella fu avvolta dalla nebbia e loro si ritrovarono nel silenzio del lago, dove l’unica interruzione ad esso era il rumore dei remi che smuovevano l’acqua sottostante.
“Lo sai che sei proprio buffo con quel coso lì?” Disse Larya a Bilbo, ridendo di lui con fare affettuoso.
Lo Hobbit si tolse l’elmetto che aveva in testa e se lo rigirò tra le mani.
“Dici?” Le chiese, storcendo il naso.
“Dai, non può nemmeno chiamarsi elmo quello lì!” Esclamò lei, prendendolo e infilandoselo.
“Mamma quanto sei brutta!” Gridò Kili, coprendosi gli occhi.
“Sei bello tu, invece, sbarbatello!” Lo canzonò lei, facendogli la linguaccia.
Si liberò il capo dall’elmo e lo restituì allo Scassinatore, poggiandosi di nuovo con la schiena alla barca.
Accanto a lei, Fili le abbracciò le spalle con un braccio e rise dell’espressione offesa del fratello: “Te la sei cercata, Kili. È inutile che fai quella faccia.”
“Ridete, ridete pure. Ma, Larya, sai... in realtà alle donne piaccio molto!” Disse Kili, gonfiando il petto e battendoci su un pugno in un moto di orgoglio.
“Ma va, non ci credo.” Disse lei, sorridendo divertita.
“Oh, avanti fratello, diglielo che mi cadono tutte ai piedi.” Disse ancora il moro, cercando l’aiuto di Fili.
“Si come no, sarà che cadono perché puzzi così tanto che lei fai svenire ai tuoi piedi.” Rise il biondo, trascinandosi dietro anche Larya.
Allora Kili incrociò le braccia al petto e si fece ancora più offeso di prima: “Credevo fossimo fratelli, traditore.”
“Come sei permaloso, mi fai morire!” Larya rise ancora più forte, tenendosi la pancia.
Allora Kili si voltò verso il Mezzuomo sperando che almeno lui non lo stesse prendendo in giro, invece lo trovò a ridere sotto ai baffi.
“Oh, no, Bilbo, anche tu.” Si lagnò, ma in realtà era divertito anche lui stesso.
Dietro di loro, Dwalin scosse il capo con un sorrisetto appena accennato.
Balin lo vide e sospirò, bonario. “Ah, la gioventù...” Mormorò tornando poi a guardare la Montagna avanti a loro divenire sempre più vicina.
 
In mezza giornata furono dall’altra parte.
Si incamminarono per la sponda del lago, attraversarono gran parte della distanza che li separava da Erebor e infine, quando il sole calò, si fermarono al limitare di un boschetto, ultimo ostacolo dietro il quale la Montagna Solitaria innalzava i suoi pendii.
Accesero un fuoco e si scaldarono intorno ad esso, mangiando parte delle provviste che si erano portati via dalla casa a Città del Lago.
Prima di coricarsi, Thorin dettò l’ordine dei turni di guardia.
Il primo toccò a Fràin e Larya decise di rimanergli accanto almeno finché non fosse toccato a qualcun altro prendere il suo posto.
Si separò da Fili e si sedette a terra accanto a suo fratello, poggiando la spalla sulla sua.
“Come stai?” Gli chiese senza guardarlo, allungando le mani verso il fuoco per catturarne il calore.
“Sto bene.” Rispose lui. Gli venne una gran voglia di passarle un braccio intorno alle spalle come quando erano nella loro casa tra le Brughiere del Nord, ma non lo fece. Non dopo quello che le aveva detto.
“Mi fa piacere sentirtelo dire.” Larya sorrise, voltandosi questa volta.
Fràin le scompigliò i capelli sulla nuca, come faceva quando erano più piccoli e poi la strinse a sé. Un abbraccio tranquillo e questo sua sorella lo capì all’istante.
Lo abbracciò di rimando e gli diede un bacio su una guancia.
Sbadigliò, poi, coprendosi la bocca con un mano.
Era davvero stanca morta e voleva solo coricarsi, ma non voleva lasciare suo fratello da solo.
Fràin però le sorrise: “Vai da lui. Riposa, sorellina.”
“Sicuro? Non vuoi che resti? Lo faccio volentieri. Ultimamente non siamo stati molto insieme.” Ed era vero, perché lei si rese conto in quel momento che lo aveva lasciato indietro ed era stata sempre accanto a Fili e Kili. Non che le dispiacesse, in realtà, perché non capiva come mai Fràin aveva certi comportamenti, ma dopo quello che era successo e dopo che lui aveva pianto fra le sue braccia alla cena dal Governatore, si sentiva male all’idea che soffrisse a causa sua.
“Vai, non c’è bisogno che tu rimanga sveglia per me.” Le disse lui, baciandole la fronte.
Stava per obbiettare, ma un altro sbadiglio la colse in fallo e allora lo salutò e si andò a rintanare tra le braccia di Fili, che aprì un occhio per potersi beare del suo sorriso – anche se al buio non ci vedeva granché.
“Tutto a posto?” Le sussurrò, stringendola a sé.
Lei annuì, poi lo baciò lievemente e si accoccolò a lui, addormentandosi subito dopo.
 
Il giorno seguente si inoltrarono nel boschetto e lo superarono prima del mezzogiorno.
Risalirono un altura di roccia dalla quale fu possibile scorgere le rovine innevate di Dale.
I loro respiri si condensavano nell’istante in cui lasciavano le loro bocche a formare nuvolette opache nell’aria fredda intorno a loro.
Camminarono ancora e a fine giornata arrivarono alle pendici di Erebor.
Passarono la notte lì, accendendo un altro fuoco e scaldandosi tra loro.
L’indomani sarebbe stato il Dì di Durin e finalmente avrebbero aperto la porta nascosta e avrebbero potuto accedere ad Erebor, la loro tanto agognata casa.
 
Fu una gran fatica trovare la strada per arrivare alla porta, ma ancora più grande fu lo sforzo che richiese loro quella salita.
Fu lo Hobbit a trovarla: una scala di pietra era stata camuffata alla perfezione quando erano state scolpite le vesti di uno dei Padri dei Nani come ornamento al fianco della Montagna.
Salirvi fu una grossa impresa, forse la più difficile affrontata fino a quel momento, soprattutto per il povero Bombur che goffamente e lentamente faticò più di tutti per giungere in cima.
E fu proprio allora che accadde: il sole iniziò a tramontare e il suo ultimo raggio vagò per la parete rocciosa della Montagna, fino a fermarsi per un paio di istanti in un punto ben preciso, prima di sparire e lasciare campo al rossore del crepuscolo.
Thorin infilò la chiave con la mano tremante e trovò il buco della serratura. Era proprio come descritto dalla mappa.
Girò la chiave e sentì uno scatto, poi la parete si deformò e la porta comparve ben visibile ai loro occhi.
La aprì e il gioco fu fatto.
Ci fu un momento di assoluto silenzio in cui trattennero addirittura il fiato, poi i Nani scoppiarono in risa e grida di gioia, abbracciandosi, chi piangendo e chi ridendo, emozionati.
Ce l’avevano fatta, erano riusciti a portare a termine la missione!
Ora mancava solo l’ultimo grande passo: uccidere il Drago dormiente.






































-Angolino Autrice-
Salve! Questa è la prima volta che posto dal pc nuovo e spero di non fare casini con l'HTML.
Ad ogni modo, parto subito con il dire che purtroppo dopo il 17 e il 18 sicuramente gli aggiornamenti degli ultimi capitoli non saranno proprio velocissimi perché ricomincerò le lezioni universitarie, quindi avrò meno tempo da dedicarvi.

Detto questo, he he he... io, ecco, mi sono fatta prendere un po' la mano con Fili e Larya ed ecco quello che succede se nessuno mi ferma hahahha :') Cioè, ma io li adoro troppo capite :3 Larya la sento come una delle mie migliori creazioni e quindi sono così felice di vederla felice che non posso fare a meno di renderla ancora più felice tramite Fili *if you know what I mean*

E niente, il povero Kili viene bulleggiato perfino da Bilbo XD povero amore mio (Kili, non Bilboccio, ovvio u.u)

Finalmente è giunto il Dì di Durin, cosa succederà di qui in avanti?
Vi do un indizio: sofferenza :*

Bacini e grazie a tutti, vi adoro!!!

La vostra Juls!


Ps: per quanto riguarda Fràin, sto cercando di farle riallacciare un po' i rapporti, però ecco, ... non posso dirvi altro perché sennò rovinerò la scena struggente ;) OPS!

Pps: questo è il tatuaggio ^^ L'ho fatto io con pain quindi abbiate pietà hahaha

 

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Capitolo 16
*** Il Drago è caduto! Il Drago è caduto! ***


Capitolo 16 – Il Drago è caduto! Il drago è caduto!
 
Quello che successe una volta aperta la porta segreta non fu esattamente quello che si erano aspettati.
Bilbo era stato mandato in avanscoperta e lui, dopo essersi infilato l’Anello per non farsi vedere da Smaug, si era addentrato con circospezione nella Montagna, ammirando le sue grandi sale e gli mancò un battito quando si ritrovò davanti alla più grande distesa d’oro che avesse mai visto in tutta la sua vita.
Era davvero immensa.
Cumuli e cumuli di monete, pietre preziose, oggetti di oro e di argento.
Vi era abbastanza ricchezza per sfamare tutta la Terra di Mezzo in quella Montagna.
Ma Bilbo aveva un compito preciso: sincerarsi della presenza di Smaug, tastare il terreno, osservare e riferire.
Quello che però lo Hobbit non poteva prevedere era che Smaug fosse sveglio e li stesse aspettando.
 
Tre giorni dopo ~ Collecorvo
 
Un banco di nebbia fitta avvolgeva l’alba con le sue spire bianche, un alba particolarmente silenziosa, senza vento, dove tutto sembrava immobile. Era come se il tempo si fosse fermato, come se il mondo avesse smesso di girare e la vita si fosse arrestata all’improvviso.
In quell’assordante silenzio, in quel grande vuoto, un ticchettio cadenzato disturbò il sonno della Compagnia.
Nessuno era rimasto di guardia, quella notte, poiché a Collecorvo si ritenevano al sicuro: una grotta nascosta dalle fronde fitte della piccola foresta, impossibile da trovare se non conoscevi la strada per arrivarci; al suo interno, delle scale scavate direttamente nella pietra portavano alla torretta d’osservazione, ma nessuno aveva osato salirle da quando si erano rifugiati lì tre giorni prima.
Entrando nella Montagna, Bilbo si era ritrovato solo a fronteggiare Smaug e quest’ultimo, dopo aver tentato più volte di cavare di bocca allo Hobbit informazioni con parole ingannevoli, si era arrabbiato e aveva riversato la sua ira fuori dalle mura di Erebor, sulla città degli Uomini di Esgaroth.
I Nani erano fuggiti per timore che potesse tornare e da quel momento non avevano messo piede fuori da Collecorvo per nessun motivo.
 
Larya si sentì scossa dolcemente per le spalle e aprì gli occhi scuri, assonnati, puntandoli subito in quelli del Nano che la stava destando dal suo risposo.
Fili le sorrise e la aiutò ad alzarsi, poi insieme si diressero con gli altri all’entrata della grotta: Thorin era inginocchiato a terra e osservava in silenzio un grosso Corvo con gli occhi scuri che beccava la pietra del masso sul quale era poggiato.
Tutti lo osservavano in silenzio; era stato il volatile a svegliarli con il rumore che il suo becco provocava sbattendo sulla roccia.
“Cosa succede?” Domandò Larya in un sussurro, scuotendo Fili per una manica.
Lui la guardò e alzò le spalle con la stessa espressione curiosa di tutti gli altri in volto.
“Quello è un Corvo Reale.” Disse loro Balin, voltandosi per guardarli in viso. “Solo i diretti discendenti di Durin possono comprendere il suo linguaggio.”
 
Dopo qualche istante, il ticchettio cessò e Thorin allungò una mano ad accarezzare il dorso dell’uccello poi abbasso il volto e avvicinandosi al piccolo capo nero piumato, sussurrò delle parole in Khuzdul antico che solo il Corvo riuscì a sentire.
Quando il Nano si allontanò, quello spiccò il volo e la Compagnia lo osservò finché non scomparve tra gli alberi.
“Cosa ti ha detto, Thorin?” Fu Balin a dare voce ai pensieri di tutti e con trepidazione attesero che la risposta del loro Re arrivasse.
Il Drago è caduto! Il Drago è caduto!” Gridò Thorin, levando le braccia in alto con un sorriso gioviale sulle labbra.
Allora si innalzarono grida di vittoria e contentezza fra i Nani e perfino Bilbo rise di gioia, visto che era stato lui l’unico a rischiare la vita faccia a faccia contro una bestia feroce e assetata di morte e distruzione – come se quella che aveva causato secoli prima non fosse già abbastanza.
 
Quando gli animi si quietarono, il volto di Thorin tornò serio e nel silenzio che tornò sovrano, tuonò con voce grave: “Amici, Röac figlio di Carc non è stato portatore solo di belle notizie, ahimè. Un esercito di Elfi e Uomini di sta dirigendo verso la Montagna. Dovremo difenderla. Dobbiamo tornare a casa, la nostra casa, nessuno ce la porterà via!”
“Cosa intendi fare, Thorin?” Gli chiede Dwalin, incrociando le braccia al petto nella sua solita posa seriosa.
Costruiremo un muro.”
 
 
Per molti di loro, mettere di nuovo piede ad Erebor fu un emozione così grande che si commossero dalla felicità e dalla consapevolezza di aver portato a termine la loro impresa con successo.
Erebor, la Montagna Solitaria, di nuovo nelle mani del popolo di Durin! Che grande gioia era poter affermare di essere tornati a casa, finalmente.
Per i più giovani, invece, che non avevano mai visto le Grandi Sale né gli ampi corridoi né tutto ciò che Erebor aveva da offrir loro, entrare nella Montagna li riempì di stupore; si guardavano intorno con le bocche spalancate e gli occhi sgranati.
Larya strinse la mano di Fili e gli sorrise. Sapeva che per lui essere lì in quel preciso momento significava molto, così dopo gli lasciò del tempo per abbracciarsi con il fratello e con lo zio, mettendosi in disparte insieme a Fràin.
“È davvero grandiosa, non trovi?” Domandò al fratello, il quale annuì convinto. “Ma ci pensi, Fràin, che un tempo mamma e papà camminavano in queste sale, percorrevano questi corridoi tutti i giorni... doveva essere davvero bella nel pieno del suo splendore. Spero di riuscire a vederla, un giorno, tornare alla sua antica gloria, come narrano i racconti e le canzoni della nostra infanzia.” Mentre parlava, la giovane faceva scorrere lo sguardo sull’altissimo soffitto e le colonne che lo collegavano a terra. Alcune erano cadute a causa del passaggio del Drago ma altre erano ancora ben salde a sorreggere le pareti.
Erano bellissime.
Tutto era bellissimo.
I ricami d’oro che adornavano i muri erano ancora ben visibili, componevano motivi geometrici che si ripetevano con impeccabile precisione in un ciclo infinito, svoltando angoli e continuando a perdita d’occhio.
Ma quello che più li colpì fu la vastità del Tesoro che brillava, riflettendosi nei loro occhi, spietato.
Nemmeno il tanfo di Drago e di bruciato che appestavano l’aria riuscirono a rovinare quel momento.
“Wow... non credevo fosse possibile l’esistenza di una tal grande ricchezza!” Disse Larya, affacciandosi al Tesoro.
“Ammirate, amici e fratelli, il Tesoro di Erebor.” La voce profonda di Thorin vibrò per tutta la Montagna, riempiendo ogni spazio possibile.
Nei suoi occhi, una strana luce brillava oscurandogli lo sguardo, rendendolo ancora più freddo e distante di quanto già non fosse.
 
Nei giorni che seguirono, Thorin diede ordine di costruire il muro e di alternarsi a turni di lavoro e turni di ricerca. Sì, perché ora che era il Re, aveva un incredibile bisogno di possedere tra le mani il Gioiello del Re: l’Arkengemma.
Più il tempo passava senza che essa venisse trovata, più Thorin si ingobbiva, si incupiva...
Una volta che il muro fu terminato, le ricerche continuarono senza sosta ma del Gioiello non vi era traccia.
E Thorin peggiorava sempre di più. Non passava istante che non fosse immerso nel Tesoro, calciando le montagnole d’oro e pietre preziose. Non dava ascolto a nessuno, era come se la sua mente avesse abbandonato il suo corpo e fosse lontana, incapace di comprendere qualsiasi cosa non riguardasse l’Arkengemma.
 
“Se vuoi nascondere un albero, la foresta è il luogo migliore.” Mormorò Bilbo, guardandosi intorno distrattamente.
Era stanco, come anche gli altri del resto, gli facevano male i piedi e la schiena, voleva solo riposare.
Si sedette a terra e prese a rigirarsi tra le mani una coppa d’oro, specchiandosi sulla sua luminosa superficie perfettamente liscia.
“Hey, Bilbo!” Nella coppa comparve anche il volto sorridente di Larya e la sua lunga treccia solleticò una guancia dello Hobbit.
“Larya, mi hai spaventato!” Ridacchio lui, osservandola sorridergli e sedersi accanto a lui.
Era stanca, glielo si leggeva in viso, ma non si dava per vinta e Bilbo suppose di sapere come mai non avesse ancora abbandonato la cerca.
“Scusa.” Gli disse la giovane, sorridendogli. Poi tornò seria e diede una rapida occhiata attorno a loro prima di parlare di nuovo: “Chi lo avrebbe mai detto che potesse esistere un Tesoro di questa vastità. Ci avresti creduto se te lo avessero raccontato?”
“Probabilmente avrei riso e insinuato che se lo stessero inventando.” Ridacchiò Bilbo, una risata amara.
“Hai notato anche tu che Thorin è cambiato, vero? Non è più lo stesso. Sembra... assente, in un mondo parallelo, completamente solo. Provo tanta tristezza per lui, vorrei aiutarlo, ma non so come...”
Il Mezzuomo la guardò, chiedendosi quante persone al mondo esistessero come lei, quante avessero la sua gentilezza e bontà d’animo, la sua dedizione per gli altri.
Probabilmente poche, se non proprio nessuna.
Larya era unica nel suo essere e non era affatto caratterizzata da quella’avarizia e possessività che si narra appartenessero ai Nani.
Nessuno della Compagnia lo era, in realtà.
Ma lei, lei aveva quel qualcosa in più che la rendeva speciale.
“Tu sei tanto buona, Larya.” Le disse, accarezzandole una mano.
Lei sorrise sincera e poi gli diede un bacio su una guancia che lo fece arrossire fino alle orecchie. “Grazie, mastro Scassinatore!”
 
“Dobbiamo fare qualcosa!” Esclamò Kili, calciando un cumulo di monete con forza, spargendole sul resto del Tesoro in una miriade di tintinnii acuti.
Fili, accanto a lui, sospirò.
“Non ci ascolta. Non ci ascolta!” Gridò ancora Kili, fuori di sé. “Ma che gli è successo? Quello laggiù non è nostro zio. Sembra... sembra... posseduto! Ecco, l’ho detto. Nostro zio è posseduto dal Tesoro, Fili! Come lo fu nostro nonno.”
“Smettila di urlare o ti sentirà.” Disse il biondo, in tono piatto, sedendosi a terra con rassegnazione.
Il fratello si mise accanto a lui e lo guardò torvo. “Credi che se anche mi sentisse cambierebbe qualcosa? Ma lo hai visto, Fili? Hai visto come si comporta? Reagisce in modo passivo a qualsiasi cosa gli accada intorno o gli venga detta, sembra che non gli importi più nulla di tutto ciò che lo circondi, compresi tutti noi. Il suo pensiero è solo quella stramaledetta pietra. Se la dovessi trovare non so se gliela darei...”
Fili sentì una forte rabbia montagli nel petto: afferrò Kili per il colletto e lo scosse poderosamente. “Vuoi piantarla di urlare? Vuoi farti tagliare la testa forse?”
Gli occhi chiari del Nano mandavano scintille e Kili si sentì come tornato bambino, quando Thorin lo sgridava per qualcosa che aveva fatto di sbagliato.
Ma stavolta non era suo zio a rivolgersi a lui in tono duro, ma suo fratello. Non aveva mai visto Fili in quello stato così decise di tapparsi la bocca e abbassare lo sguardo.
“Kili.” Quando suo fratello lo richiamò, puntò di nuovo gli occhi nei suoi. Fili lo lasciò andare e si passò una mano sul volto. “In questo momento, se lo zio ti sentisse penserebbe che tu lo tradiresti, capisci? Non devi più dirle quelle cose. Non sappiamo come potrebbe reagire...”
“Hai ragione, scusa.” Il moro si sistemò il colletto della giacca e si fece pensieroso.
Pochi minuti dopo, da quelle parti passò Balin. Li guardò con gli occhi lucidi, scosse il capo e continuò a cercare fra le monete e le pietre preziose, sparendo poco dopo.
 
Fràin stirò le gambe e le braccia e si affacciò al muro che avevano costruito, sospirando e strofinandosi gli occhi.
Certo, non aveva nulla di cui lamentarsi della sua situazione poiché mentre tutti erano impegnati a scavare nel Tesoro, lui se ne stava seduto già da qualche ora a fare la guardia, insieme a Bofur.
Non si erano detti una parola.
Non credeva di stare simpatico più a nessuno, oramai, da quella sera a Esgaroth.
Alzò le spalle, sovrappensiero: poco importava se non potevano sopportarlo, per lui contava solo che sua sorella lo avesse perdonato, nient’altro.
Affilò lo sguardo, riducendo gli occhi a due fessure quando qualcosa, in lontananza, sembrò muoversi.
All’inizio non disse niente. Prima di dare l’allarme voleva esserne sicuro, così trascorse i seguenti minuti ad osservare quella cosa che effettivamente avanzava in direzione di Erebor.
Poi, all’improvviso, sgranò gli occhi come se si fosse ricordato in quel momento di una cosa importante.
“Hey, Bofur!” Esclamò, facendogli cenno di avvicinarsi.
Contro voglia, il Nano con il buffo cappello si alzò e gli andò accanto.
“Se non sbaglio Röac aveva detto che una legione di Elfi e Uomini stava venendo alla Montagna, non è così?”
Bofur annuì, confuso.
“Guarda!” Gli disse allora Fràin, indicandogli la miriade di persone che a passo di marcia si stavano avvicinando.
“Per la barba di Durin. Dobbiamo avvertire gli altri!”
 
Alla luce rossastra del crepuscolo, i Nani si erano schierati sulla balconata sopra la porta e attendevano soltanto che l’ambasciata si arrestasse davanti all’entrata della Montagna.
Thorin portava in capo la corona che era appartenuta a suo nonno e a chi prima di lui e serioso osservava il Re degli Elfi Silvani e Bard che si avvicinavano con disinvoltura. Erano sicuri di loro e questo Thorin lo percepì dalla postura e dalla fermezza con cui volsero lo sguardo in alto, verso di lui.
Il primo a parlare fu Thranduil, che con la sua aria superiore affermò che nella Montagna vi fosse una parte del Tesoro che apparteneva a lui.
Thorin si infuriò a tal punto che strinse i pugni contro la pietra fredda fino a sbiancare le nocche. Se fosse stato possibile, la roccia si sarebbe sgretolata sotto le sue mani.
“Tu, come osi venire alla mia dimora e pretendere che ti sia data parte del mio Tesoro? Vuoi derubarmi! Tutto ciò che è ad Erebor appartiene a me!” Esclamò, con un tono così freddo e tagliente da far rabbrividire anche un sasso.
L’Elfo non si scompose.
“E che ne sarà della tua promessa? Renderai l’oro che hai garantito agli Uomini?” Fu Bard a parlare.
“Non una sola moneta lascerà questa Montagna.” Replicò il Nano.
“Cosa ne sarà di noi? A causa vostra il Drago ha distrutto la nostra città. Non abbiamo più niente. Cibo, acqua, le nostre case, è andato tutto perduto a causa della tua follia. Ci lascerai a morire di fame e di freddo?” Continuò l’Arciere, imperterrito.
“Da me non avrete niente.” Sentenziò Thorin, facendo per andarsene.
“Sei un vigliacco, Re sotto la Montagna.” La voce fredda di Thranduil risalì fino a loro e Thorin, inorridito dalle sue parole, con un gesto repentino tolse l’arco di mano a suo nipote e scagliò una freccia ai piedi della grossa Alce che cavalcava l’Elfo, costringendola ad indietreggiare.
Tra i membri della Compagnia ci fu uno scambio di sguardi generale, occhi sgranati e incapaci di comprendere le azioni del loro Re, del loro amico...
“Andatevene. Se tornerete, la prossima andrà a segno senza esitazioni.” E così dicendo, il Nano si ritirò nella Sala del Tesoro, sbattendo l’arco sul petto di Kili prima di andarsene.
Per quella sera l’ambasciata si ritirò e i Nani rientrarono sconvolti e frastornati dal comportamento del loro compagno.
 
“Non posso credere che abbia fatto una cosa del genere!” Mormorò Kili, calciando una pietra con rabbia.
Fili gli si avvicinò e gli toccò una spalla, scuotendo il capo.
Larya si guardò intorno: tutto si era aspettata, tranne che una cosa del genere potesse mai accadere. Non credeva che il Tesoro potesse fare quell’effetto sulla mente di Thorin, soggiogandolo a quel modo.
Non era il Nano che aveva conosciuto all’inizio, che l’aveva accettata con il sorriso nella Compagnia, con il quale aveva parlato nella Valle Nascosta al chiaro di luna... non era più in sé e le si strinse il cuore nel vederlo in quelle condizioni. Ma più di tutto, le dispiaceva vedere la sofferenza che il suo comportamento causava nei suoi compagni e in Fili che, seppur non diceva nulla, stava soffrendo più di tutti.
Tuttavia, in quel momento, non fu da Fili che si diresse quando mosse i primi passi, bensì andò da un certo Nano scontroso e musone, con la testa rasata e piena di tatuaggi.
Perché sapeva benissimo quanto Thorin contasse per lui e vederlo soffrire le dispiaceva tantissimo.
 
La notte era calata e a Dwalin toccava il turno di guardia, così lo trovò sulla terrazza proprio sopra la porta di Erebor.
Si poggiò alla ringhiera di pietra, scrutò il buio freddo e vuoto che avvolgeva ogni cosa.
Poi si voltò e si ritrovò lo sguardo del guerriero nel suo.
Dwalin era abbattuto, triste, sembrava addirittura più vecchio di prima, ma nonostante tutto le mostrò il suo solito sguardo duro e serio.
“È incantevole la notte, non trovi?” Esordì, per rompere il ghiaccio.
Il guerriero incrociò le braccia al petto e non rispose alla sua domanda, spostando però lo sguardo verso l’orizzonte, nero e infinito.
La piccola mano di Larya si posò sul braccio e Dwalin sobbalzò a quel contatto. Non era abituato a quel genere di cose e non si era aspettato un gesto simile da lei, non dopo come l’aveva trattata per la maggior parte del tempo.
“So che stai soffrendo molto nel vederlo così. Io... lo capisco, sai? Sei molto legato a lui, è un po’ come se foste fratelli, voi due... Credo che dovremmo fare qualcosa per aiutarlo.”
Dwalin si voltò di nuovo verso di lei, dopo aver sostato con lo sguardo sulla sua esile mano poggiata a lui. Era calda e liscia. Un tocco piacevole.
“Non vuole essere aiutato.” Disse solo, senza scansarsi da lei.
Larya lo sentì teso sotto il suo palmo, così decise di avvicinarsi ancora di più, poggiandosi a lui con il fianco e il braccio. Poi, fece scivolare la testa di lato e la poggiò alla sua spalla.
“Troveremo un modo. Insomma, dopo tutto quello che abbiamo passato insieme, non permetteremo a quattro stupide monetine luccicose di rubare la mente del nostro amico nonché nostro Re, dico bene?!” Sorridente, si voltò verso di lui.
Non si era minimamente accorta di averlo fatto arrossire e la sua espressione si addolcì quando il Nano cercò in tutti i modi di camuffare il suo imbarazzo.
“Cosa c’è da ridere? Smettila di guardarmi in quel modo.” Borbottò Dwalin, scansandola da sé. In realtà, la allontanò piano, senza farle male o essere burbero.
Incredibilmente, si riscoprì a rabbrividire senza il calore di lei addosso.
Sorrise impercettibilmente, ma Larya se ne accorse uguale e gli diede una pacca sulla spalla con un espressione vittoriosa in volto, battendosi poi un pugno sul petto.
“Ah! Ce l’ho fatta, visto? Sapevo che da qualche parte anche tu avevi un cuore, ma non immaginavo sapessi anche sorridere!” Gli fece l’occhiolino, poi scoppiò a ridere e si allontanò, rientrando nella Montagna.
Dwalin scosse il capo e si poggiò alla ringhiera di pietra della terrazza, ritrovandosi a pensare che infondo non era per niente male quella ragazza, anzi...



























-Angolino Autrice- 

Buon pomeriggio a tutti!!
Innanzitutto vorrei ipersuperultrascusarmi con voi per questo ritardissimo ma... ecco... sono un po' indietro con la stesura dei capitoli prossimi e quindi mi prendo un po' di tempo in più, ma vi prego non mi linciate che nel frattempo mi sto mettendo a studiare e sto pure recuperando un po' di tempo con le amiche che poi ricomincia l'inuversità e ciao ciao Roma per 3 mesi ç_ç

Comunque, detto questo, eccoci qui... nella Montagna... 
Abbiamo un accenno a ciò che la pazzia del Tesoro sta facendo del nostro belloccio Nano majestic e ahimé, nel prossimo capitolo tirerà fuori tutto il nero del quale si sta sporcando la sua anima a causa del Tesoro.

E, come promesso, una piccola scenetta Dwalin/Larya ^^

Vi saluto che.... ho da studiare.... mannaggia... haha!

Un bacione miei cari lettori e se spera a presto :*

Juls!

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Capitolo 17
*** Tradimento. ***


Capitolo 17 – Tradimento.
 
Le labbra di Fili erano rimaste tese durante tutto il bacio.
Quando si separarono, Larya lo guardò preoccupata e gli sorrise, poggiandogli una mano sulla guancia ricoperta di barba bionda.
“Fili...” Mormorò, mordendosi il labbro inferiore.
Lui chiuse gli occhi e si poggiò di più al suo palmo, sospirando pesantemente.
“Non ce la faccio più a reggere questa situazione, Larya. È così frustrante vederlo in quello stato e non poter far niente per aiutarlo... non vuole nemmeno vederci.”
Fili fece scivolare una mano in quella libera di lei e vi intrecciò le dita, stringendole e accarezzandole con le sue.
La giovane Nana poggiò la fronte sulla sua e sospirò, poi sfiorò nuovamente le sue labbra e strinse la presa sulla sua mano.
“Vedrai che andrà tutto bene. Supereremo anche questa, insieme.”
Fili aprì bocca per rispondere, ma un rumore li mise in allerta e si separarono all’istante, guardandosi intorno, entrambi con le mani sull’elsa delle loro spade.
“Chi va là?!” Domandò Fili, alzandosi in piedi.
“Sono solo io, Bilbo.” Timido, lo Hobbit fece capitolino da dietro un angolo, uscendo allo scoperto sulla terrazza.
“Accidenti, Bilbo, per poco non ci rimettevi le penne. Cosa fai sveglio a quest’ora? Il nostro turno di guardia è appena cominciato, non tocca a te.” Larya, rilassò i muscoli e sorridente si avvicinò allo Scassinatore, con la treccia che dondolava da un lato del collo.
“N-no... io stavo solo...” Di fronte al balbettio nervoso del Mezzuomo, Larya si incuriosì e si avvicinò ancora di più a lui, notando che teneva in mano un fagotto ben involto.
“Cos’è quello?” Chiese con innocenza, indicandolo.
Anche Fili si avvicinò per guardare e rimase in attesa che lo Hobbit parlasse.
“Ecco... veramente... ecco...” Bilbo diventò tutto rosso e iniziò a sentire il sudore colargli sulla fronte, freddo, quasi doloroso.
“Guarda che non sei obbligato a dircelo, eh.” Lei smorzò la tensione con una risata e gli diede una pacca sulla spalla per tranquillizzarlo, solo che Bilbo non se lo aspettava e si fece scivolare di mano il fagotto per la sorpresa.
In quel momento il tempo sembrò fermarsi.
I tre rimasero con gli occhi fissi su quella splendida pietra luminescente che era fuoriuscita dal fazzoletto. Erano totalmente ammaliati da tale bellezza che per un minuto buono nessuno proferì parola.
“Questa è...” Mormorò d’un tratto la giovane, lasciando la frase in sospeso.
Il signor Baggins si riebbe e in fretta e furia recuperò l’involto e nascose nuovamente l’Arkengemma nel fazzoletto. “Posso spiegare...” Disse velocemente, facendo un passo indietro.
“Da quanto ce l’hai?” Gli chiese solo Fili, che da quando si era fatto vedere non aveva detto più una parola.
“Un po’...” Rispose lui, abbassando gli occhi.
“Da quanto, Bilbo?!” Incalzò il biondo, stringendo i pugni.
Larya gli prese la mano nella sua e lo fece rilassare, poi guardò lo Hobbit e con lo sguardo lo pregò di rispondere.
“Da... L’ho trovata il giorno in cui abbiamo aperto la porta, ecco.” Confessò infine lui, provando vergogna in quel momento per ciò che aveva fatto, per il segreto che aveva tenuto nascosto a tutti.
“Ma perché non hai detto a Thorin di averla trovata?” Domandò allora la giovane, non capendo le motivazioni che avevano spinto Bilbo a comportarsi come un vero scassinatore.
“Perché sono convinto che se Thorin avrà questa,” Rispose il Mezzuomo, indicando l’involto nelle sue mani “la situazione andrebbe solo peggiorando. Questa pietra... questo gioiello è l’oggetto dei suoi desideri, in questo momento, la prova del suo diritto a regnare. Con la mente annebbiata dalla malattia del Tesoro, come credete andrebbe a finire se gli dessi questa, eh?”
I tre rimasero a guardarsi per qualche istante.
“Bilbo ha ragione.” Mormorò infine Larya, spezzando la tensione.
“Lo so.” Inaspettatamente, anche Fili si disse d’accordo.
Lo Hobbit tirò un sospiro di sollievo e si rilassò, rendendosi conto solo in quel momento che per tutto il tempo era rimasto con i muscoli induriti e il respiro quasi sempre trattenuto.
“Ma, Bilbo, cosa vuoi fare adesso? Te ne vuoi andare? È per questo che stai sgattaiolando silenzioso nel cuore della notte?” Le domande della bionda lo misero a disagio.
Davvero Larya pensava che li avrebbe abbandonati portandosi via l’Arkengemma?
Dallo sguardo che la ragazza gli rivolse, però, il signor Baggins capì che non era quello ciò che lei intendeva. Era preoccupata e anche curiosa, poté dedurre guardando in quelle pozze scure e misteriose, profonde, quali erano i suoi grandi occhi ridenti.
“Voglio negoziare.” Disse infine, beccandosi un’occhiata strana da Fili che incrociò le braccia al petto e lo intimò ad andare avanti. “Penso... Penso che potrei scambiare la pietra con la pace. Ma per farlo, ho bisogno di andare via da Erebor per qualche ora. Potete lasciarmi passare, per favore?”
“Vuoi darla a loro?” Larya sgranò gli occhi, finalmente aveva capito il piano di Bilbo e ne rimase sorpresa.
“Bene, faremo finta di non averti visto. Cerca di sbrigarti, però. Tra un paio d’ore non ci saremo più noi qui fuori.” Disse Fili, abbozzando un sorriso.
Bilbo socchiuse le labbra, stupito che il Nano avesse accettato di lasciarlo andare senza tentare nemmeno una volta di farlo desistere.
Tutti e tre insieme legarono una fune ad uno dei massi che costituivano il muro e aiutarono lo Hobbit a scavalcarlo.
Prima ch’egli potesse iniziare la sua discesa, Fili lo richiamò e gli strinse una spalla: “Spero davvero che il tuo piano funzioni, amico.” Gli disse.
I due si annuirono e infine Bilbo se ne andò, con la pietra ben stretta fra le mani, avvolta nel fazzolettino bianco con i ricami geometrici turchesi brillanti
*.
 
L’indomani mattina Thorin venne disturbato nella sua cerca con l’infausta notizia che l’ambasciata era tornata alle porte della Montagna.
Quella volta, Kili si presentò senz’arco e non mancò di beccarsi un’occhiataccia dallo zio.
Dal canto suo, Larya lo prese sotto braccio e gli sorrise, rassicurandolo un poco.
Lei e Fili si portarono accanto a Bilbo e quando lui annuì, compresero che aveva attuato il suo piano ‘di pace’ e non rimaneva che attendere e vedere come sarebbe andata a finire.
In cuor loro, però, non si aspettavano nulla di positivo.
“Re sotto la Montagna,” Lo appellò subito Bard, come lo vide affacciarsi dalla muraglia di pietra “confidiamo che oggi sia un buon giorno per negoziare.”
“La mia risposta rimane no. Non avrete un briciolo del mio oro!” Esclamò imperterrito Thorin, stringendo i pugni sulla fredda pietra.
“Scudodiquercia, ti conviene rivedere le tue priorità. Possediamo qualcosa che ti interessa molto, un oggetto che potrebbe farti cambiare idea.” Con un’occhiata, Sire Thranduil diede l’ordine all’Uomo di mostrare ciò che teneva fra le mani: un involto di cuoio dal quale si sprigionò una luce ammaliante, chiara, ricca di sfumature colorate, provenienti da una pietra dalla forma all’incirca ovale, liscia, bellissima.
Thorin sgranò gli occhi e socchiuse le labbra con stupore. In un attimo sul suo viso passò un misto di emozioni contrastanti che infine sfociarono in una rabbia assoluta: “Ladri!” Accusò l’ambasciata, puntando il dito verso di loro.
Sciorinò una serie di insulti rivolti all’Arciere e al Re degli Elfi che fecero accapponare la pelle perfino ai Nani accanto a lui.
Larya vide lo sguardo che Balin rivolse al loro Re e sentì un peso premerle sul cuore, un dispiace così grande fu vedere quel vecchio Nano così abbattuto e intristito dagli atteggiamenti di Thorin che avrebbe voluto lasciare i fratelli Durin e andarlo ad abbracciare. L’unica cosa che la trattenne fu il percepire i muscoli di Fili tendersi e la mascella serrarsi.
Quando lo guardò, si accorse dell’ombra che aleggiava nel suo sguardo e lo strinse forte a sé, timorosa che avrebbe potuto fare qualcosa di veramente stupido come mettersi a combattere con suo zio in un momento come quello, quando lui non era padrone di sé e non c’era modo di farlo ragionare anzi, ora che aveva visto la sua Arkengemma nelle mani dei ‘nemici’ era diventato una belva.
“Thorin, calmati!” Ci pensò Dwalin a mettersi in mezzo, prendendo il suo amico per le spalle e scuotendolo, ma a niente valsero i suoi tentativi di farlo rinsavire perché Thorin se lo scrollò malamente di dosso e si rigirò verso i suoi compagni con l’inferno negli occhi.
“Chi è stato?!” Gridò, con la voce che rombò per tutta la vallata.
“Gliel’ho data io.” Con una fermezza che non gli apparteneva, Bilbo si fece avanti e, nonostante quando incontrò lo sguardo del Re si sentì minuscolo davanti alla sua figura, deglutì il groppo che aveva in gola e alzò il capo con fierezza.
“Tu!” Il Nano, se possibile, uscì ancora più di senno e lo prese per la gola, sbattendolo al muro, facendogli sporgere le spalle a picco sul burrone “Io mi fidavo di te! Come hai potuto, bastardo?!”
“Thorin, ti prego, fermo!” Larya, precedette i fratelli che si mossero subito dopo di lei, afferrò il braccio del Nano e cercò di staccarlo da Bilbo ma ciò che ottenne fu solo una spinta che la mandò dritta a terra, causandole un forte dolore al polso.
Fili non resistette più e mentre Bofur, Nori e Ori si occupavano della ragazza, si precipitò dallo zio e gli sferrò un pugno dritto sullo zigomo, spaccandoglielo.
Al suo fianco, Kili fermò con il piatto della spada il braccio di Thorin che si era alzato per colpire il nipote, senza ferirlo, ma riuscendo a proteggere il fratello.
“Adesso basta!” Tuonò una voce ben conosciuta al di sotto del muro. Gandalf, dal basso del suo alto cappello grigio, lanciò un’occhiata glaciale al Nano e lo intimò di smetterla di comportarsi come un Orco e di lasciar andare Bilbo sano e salvo.
Dal canto suo, Thorin sciorinò un’altra serie di insulti contro lo Hobbit, poi scomparve nei meandri di Erebor, probabilmente tornando al suo Tesoro.
“Mi dispiace, è tutta colpa mia...” Mormorò il Mezzuomo, afflitto.
La Compagnia lo salutò con rammarico, dispiaciuta per come erano andate le cose, comprendendo che il suo gesto era stato fatto solo a buon fine, senza male intenzioni.
“Non è colpa tua.” Gli disse Larya quando venne il suo momento di salutarlo. Lo abbracciò forte e gli scoccò un bacio sulla guancia, poi gli sorrise e lo vide andare via con la testa bassa. Il peso sul suo petto si fece solo più grande.
 
“Fammi vedere.” Fràin si avvicinò alla sorella e le sollevò il braccio sul quale era caduta.
“Non è niente, è solo indolenzito per la botta.” Fece lei, anche se quando lo mosse per fargli vedere che non si era rotta il polso provò dolore e contrasse il viso in una smorfia.
“Tienilo a riposo, non sollevarci pesi.” Le disse Oin, passandole accanto.
“Larya...” Fili e Kili le andarono incontro e si accertarono anche loro delle sue condizioni.
“Smettetela di preoccuparvi, non sono fatta di vetro.” Abbozzò un sorriso lei, poi Fili l’abbracciò e la strinse forte.
“Mi hai fatto morire di paura.” Le sussurrò all’orecchio, con tono così basso che solo lei riuscì a sentirlo.
La Nana sorrise e chiuse gli occhi, lasciandosi trasportate da quella stretta.
Dal canto suo, Fràin distolse lo sguardo e si allontanò. Anche se aveva capito che sua sorella non lo amava nello stesso modo in cui lui amava lei, vederla stretta ad un altro era comunque un grande dispiacere per lui.













*IL FAZZOLETTO CHE BILBO USA PER AVVOLGERE L'ARKENGEMMA E' QUELLO CHE LARYA GLI PRESTA NEL CAPITOLO "Sul Verde Cammino" :D MI SEMBRAVA CARINO RICORDARLO ^^












-Angolino Autrice-
BUON GIORNO!!!!
Allora, oggi è un giorno speciale per me perché si conclude la mia adolescenza (sigh..) quindi in occasione, aggiorno la storia HAHAHAH :*

Che dire.... Il povero Bilbo voleva solo fare del bene e invece... Ma Thorin è accecato dall'oro porello, che gli vogliamo dire?! ç_ç
Spero di non aver reso Larya troppo invadente quando ha cercato di aiutare Bilbo ed è finita a terra. Loro hanno uan bella amicizia e pure io mi sarei buttata per aiutare un amico in quella difficoltà u.u

Vi dico che Zio Thrandy e Bardone mi stano sul cappero pure a me in questa storia, quindi tranquille ahhahahah

E niente, vi auguro una bella, bellissima giornata!!!
Un bacione, Juls! :**

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Capitolo 18
*** Un'ultima volta. ***


Capitolo 18 – Un’ultima volta.
 

Fràin si diresse al di fuori della Montagna, sulla terrazza, e rimase ad osservare le schiere di Elfi e Uomini che facevano dietrofront per tornarsene da dove erano venuti, ancora una volta a mani vuote.
Erano davvero tantissimi i soldati Silvani, tutti bardati in armature luccicanti di fine manifattura, lavorate e decorate con precisione impeccabile.
In qualche modo, considerò il Nano, era come se si fossero preparati ad affrontare una guerra più che una negoziazione.
E fu proprio al termine di quel pensiero che udì il suono di un corno levarsi al di là di una collina.
Aguzzò la vista e allora li vide: centinaia di Nani, un esercito, che marciava in direzione della Montagna.
 
Di nuovo, la Compagnia si radunò sulla terrazza e stette ad osservare gli eventi che si susseguirono con l’arrivo di Dàin, il cugino di Thorin.
Il Nano dalla folta barba fulva si arrestò a qualche metro di distanza da Thranduil e gli altri che, a loro volta, fermarono la loro marcia quando lo videro comparire da oltre le colline.
Non avevano idea che Thorin avesse chiamato rinforzi e Balin dedusse che avesse mandato Röac a convocare suo cugino sui Colli Ferrosi.
Il Nano e l’Ambasciata si scambiarono frasi ostili e offensive nei propri confronti finché non si arrivò ad un punto di rottura: gli Elfi scagliarono miriadi di frecce contro i Nani che risposero alzando i loro pesanti scudi di ferro.
Il tutto avvenne in una manciata di secondi e subito dopo un altro corno risuonò nell’aria. Un corno di guerra.
“Che roba è?” Domandò Bofur, indicando una nube nera e densa che si stava dirigendo a gran velocità verso di loro.
“Nulla di buono.” Osservò qualcun altro.
Quando fu più vicina, si resero conto che non era affatto una nuvola, ma uno sciame infinito di grossi pipistrelli neri e feroci che si abbatté con violenza sulle armate fuori da Erebor.
Infine, all’orizzonte comparve l’esercito nero, capeggiato da Azog il Profanatore.
La guerra era iniziata.
 
“Dobbiamo intervenire!” Gridò Kili, fuori di sé, ma Thorin rimase irremovibile.
Era stato disturbato nella Sala del Tesoro dove se ne stava a fissare le pietre preziose come una statua di marmo, immobile.
“Non usciremo da qui per nessun motivo!” Ribadì, rivolgendosi al nipote con tono sprezzante.
Chi sei tu?” Il moro strinse i pugni e affilò lo sguardo, rivolgendo allo zio un’occhiata così fredda da mettere i brividi.
Non lo avevano mai visto così, lui che era sempre allegro e spensierato, coraggioso sì, ma che agiva con una tale leggerezza che a volte si pensava non avesse sale in zucca.
Invece, in quel momento Kili non era il ragazzino combina guai di sempre, ma l’uomo, il Principe della stirpe reale che mai avrebbe lasciato in difficoltà un suo familiare a combattere una guerra non sua.
“Attento a quel che dici, ragazzo. Stai giocando con il fuoco.” Il tono piatto di Thorin ferì Kili più di ogni altra cosa e non riuscì a trattenersi oltre.
“Sai cosa? Fa ciò che ritieni più giusto per te, Re sotto la Montagna, ma io, io non ho alcuna intenzione di nascondermi, capito?! Non mi nasconderò mentre altri combattono le nostre battaglie per noi!*” Gridò, fuori di sé, e con un calcio poderoso fece crollare una montagnola di monete d’oro che tintinnarono pesantemente al suolo.
Voltò le spalle allo zio e si diresse fuori dalla Sala del Tesoro con le mani che gli tremavano di rabbia.
Nessuno osò fermarlo, nemmeno Fili che per quanto avesse voluto, comprese che non era quello il momento di fare il fratello maggiore. Strinse la mano di Larya e poi guardò Thorin, che in volto aveva un’espressione di puro stupore e sconcerto.
Che qualcosa nelle parole di Kili lo avesse mosso, non seppero dirlo, perché in meno di un secondo tornò serio e si voltò, tornando ad ignorare del tutto la loro presenza.
 
“Mi dispiace... Mi dispiace tanto...” Larya, abbracciò forte Fili e lo strinse a sé come a volerlo proteggere.
Quello che stava succedendo a Thorin si ripercuoteva anche sui membri della Compagnia che erano più fiacchi, stanchi e intristiti di sempre.
Larya avrebbe tanto voluto fare qualcosa, ma cosa?
Come poteva tirare su il morale a dodici Nani coi musi lunghi?
Qualsiasi cosa le venisse in mente le sembrava sciocca e inappropriata, così non le rimase se coccolare Fili tra le sue braccia finché lui ne sentì il bisogno.
Fu il minimo che poté fare per lui e la cosa non le andava bene per niente.
 
Thorin, nel frattempo, si era fissato a guardare il suo riflesso in uno specchio dalla splendida cornice argentata luminescente, intagliata e lavorata di fino.
Nella sua testa, la voce del minore dei suoi nipoti echeggiava con poderosa forza, assordandolo quasi.
Re sotto la Montagna, lo aveva chiamato Kili. Perché lo era. Finalmente lo era. Era il Re!
Allora perché gli si era rivolto in quel modo?
Non era una cosa bella, che finalmente avevano riavuto la loro casa?
Gli occhi del Nano allo specchio si riempirono di stupore.
Casa.
Re.
Ritorno.
Uccidere il Drago.
Il Tesoro.
L’Arkengemma.
“Lealtà, onore, un cuore volenteroso.”
Follia.
Era davvero lui quello che stava guardando fisso negli occhi color cielo?
Era davvero lui, Thorin?
No, quello non era lui.
Quella persona nello specchio lo disgustava per il suo comportamento avido ed egoista.
“Lealtà, onore, un cuore volenteroso.” Era stato lui stesso a pronunciare quelle parole.
“Fa ciò che ritieni più giusto per te, Re sotto la Montagna” Cos’era giusto per lui?
“Non mi nasconderò mentre altri combattono le nostre battaglie per noi!” Nascondersi? Oh, no, lui non voleva nascondersi. Non doveva. Non poteva.
Di colpo, fu come se il mondo avesse ripreso a girare, come se la campana di vetro dentro la quale aveva vissuto nell’ultima settimana si fosse appena sgretolata.
Con stizza e disgusto si tolse dal capo la corona e la scagliò con violenza contro lo specchio, mandandolo in mille pezzi.
E allora osservò il suo volto nei frammenti e si riconobbe.
Non si sarebbe più nascosto.
Si sarebbe comportato come aveva sempre fatto, da vero Re.
 
Quando la Compagnia vide il Nano arrivare verso di loro con la corona tra le mani invece che sul capo, gli occhi brillanti di una nuova luce e lo sguardo fiero, compresero che qualcosa doveva essere cambiato, che forse Kili aveva fatto centro con le sue parole, che forse Thorin si era risvegliato dall’oblio nel quale era precipitato entrando nella Montagna.
“Amici, fratelli, vi devo delle scuse.” Esordì, guardando l’oggetto fra le sue mani per poi gettarlo lontano da lui. “Il Tesoro... mi ha sopraffatto.” Continuò, avanzando di qualche asso ancora. “Sono stato debole e sciocco. Ho lasciato che la mia mente venisse soggiogata dal poter malvagio dell’oro. Ma ora... ora sono tornato.”
I Nani rimasero in silenzio ad osservarlo.
Thorin andò da Kili, gli prese il volto tra le mani e poggiò le loro fronti l’una sull’altra: “Mi dispiace.” Gli disse e il nipote sorrise, grato che suo zio fosse di nuovo se stesso.
Dopo Thorin abbracciò Fili, facendo nascere sul volto di Larya un grande sorriso e lacrime le pizzicarono gli occhi.
Infine, il Nano si rivolse al resto della Compagnia: “In questo momento, là fuori, i nostri amici e parenti stanno combattendo la nostra guerra. È arrivato il momento per noi di uscire allo scoperto e accorrere in loro aiuto. Ho solo una domanda... Mi seguireste un’ultima volta?”











































-Angolino Autrice-

SCUSATEMI IL RITARDO
SCUSATEMI IL CAPITOLO CORTO
SCUSATEMI GLI ERRORI
SCUSATEMI
SCUSATEMI
SCUSATEMI
SONO INPERDONABILE, LO SO.

Spero che il capitolo sia valso l'attesa, nonostante sia di passaggio...

Buonanotte, spero di ricevere vostre notizie molto presto ^^
Bacioni, Juls!

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Capitolo 19
*** Quando la morte avanza con gli stendardi neri. ***


PREMESSA: Gli *** indicano cose che succedono in contemporanea. Invece, gli unici ••• indicano un salto temporale. Capirete leggendo che il capitolo inizia dalla fine. Questo è un mio piccolo esperimento che spero verrà apprezzato! Ultimissima cosa: alla fine, non parlerò di Fili perché ne parlo all'inizio che è già di per sé la fine. Grazie e buona lettura!










Capitolo 19 – Quando la morte avanza con gli stendardi neri.
 
Si erano stretti la mano prima di scendere sul campo di battaglia.
Si erano guardati, specchiandosi l’uno negli occhi dell’altra.
Si erano baciati, facendosi una tacita promessa.
Sopravvivere.
Ma in quel momento, quando Fili si lasciò andare, adagiandosi sul terreno allo stremo delle forze, rivide lo sguardo di lei colmo di rammarico mentre con gli occhi puntati nei suoi scivolava lentamente sul corpo del fratello, morendo davanti ai suoi occhi.
 
•••
 
Dopo che il muro venne abbattuto, i Nani con Thorin in testa al gruppo, uscirono da Erebor e si gettarono nell’accozzaglia di combattenti di tutte le razze gridando e menando fendenti.
Si sparpagliarono come poterono e si diedero un gran da fare per sbaragliare il nemico.
Thorin si unì a Dàin Piediferro e insieme abbatterono quanti più nemici fu loro possibile unendo le forze.
Dwalin stette accanto a suo fratello, temendo per la sua vita, ma Balin diede la prova che nemmeno l’età era riuscita a piegare il suo animo battagliero. Le sue abilità non era scemate nel tempo e aveva mantenuto anche una certa agilità che lo aiutò in più di un’occasione a schivare i fendenti degli Orchi.
Dori, come Dwalin, si tenne stretto a sé Ori, con l’unica differenza che dovette salvare suo fratello più di una volta dalle fauci dei Mannari che a quanto pareva avevano una certa tendenza al volerlo azzannare.
Nori, dal canto suo, cercò di rimanere il più possibile accanto ai fratelli, ma ad un certo punto fu spinto via e finì faccia a faccia con un Orco grosso e grasso che per poco non gli staccò la testa con la sua mazza.
Fortunatamente, proprio in quel frangente passò uno dei Nani di Dàin che, a cavallo del suo capriolo, riuscì a salvare Nori dal suo triste destino.
Bofur, nel frattempo, si ritrovò in serie difficoltà: un Orco aveva ucciso un soldato elfico che gli era finito addosso atterrandolo. Nel tempo che impiegò per rialzarsi e togliersi il cadavere dell’Elfo di dosso, un Mannaro privo di ‘cavaliere’ gli saltò sopra e gli diede una zampata, ferendogli una spalla.
Proprio in quel momento, però, quando l’animale stava per addentargli il capo, un’ascia piombò sul collo, uccidendolo sul colpo.
Bofur si rialzò e con uno sguardo ringraziò Bombur per avergli salvato la vita. Si rese conto che il Nano paffutello che da piccolo veniva preso in giro e che lui proteggeva sempre da gli altri era cresciuto, era diventato forte e sapeva cavarsela da sé e di questo non poté non sentirsene fiero.
 
Nel bel mezzo della battaglia, un grido abominevole si levò dalle schiere nere e Azog il Profanatore avanzò verso Thorin a grandi passi, a cavallo del suo Bianco Mannaro.
Al Nano si affiancarono subito i suoi nipoti, con sguardi fieri e fermi, pronti a ricevere il nemico.
“State indietro.” Disse loro Thorin, muovendo qualche passo in direzione dell’Orco Pallido.
Quest’ultimo diede di tacco al suo Mannaro e quello cominciò a correre, annullando in un men che non si dica la distanza tra di loro; Azog levò in aria il moncherino con una spada infilzata in esso e tentò un primo affondo sul Nano che però riuscì a scansarsi.
Seppure il loro zio gli avesse detto di stare indietro, Fili e Kili si liberarono dei nemici e attaccarono all’unisono la cavalcatura del Profanatore, riuscendo a ferirla e ad atterrarla.
L’Orco finì disarcionato e Dwalin, arrivato in quel momento, ne approfittò per sgozzare il suo animale.
Nel frattempo l’Orco si era rialzato e aveva ingaggiato una nuova lotta con Thorin, senza esclusione di colpi.
 
***
 
Larya e Fràin restarono insieme per tutto il tempo.
Quando l’Orco Pallido era giunto in mezzo a loro, volgendo la sua attenzione esclusivamente su Thorin, Fili e Kili si erano allontanati e lei e suo fratello erano rimasi soli in mezzo agli altri combattenti.
Nonostante la botta che avesse preso al polso, la Nana non sembrava avere difficoltà a maneggiare la spada, seppur si sentiva appesantita dall’armatura scintillante che indossava.
Non ne aveva mai portata una prima di allora e non ci si ritrovava bene, ma resistette e combatté con tutta se stessa perché doveva sopravvivere a quella battaglia, tornare da Fili, abbracciarlo e sentire che era finita, che finalmente potevano trovare pace e vivere la loro vita insieme fino alla fine dei loro giorni.
E questo pensiero la animò talmente tanto che gridò e come una furia si abbatté sull’Orco che aveva davanti, infilzandolo e poi tagliandogli la gola per finirlo.
Fràin, accanto a lei, tentò in tutti i modi di non perderla di vista nemmeno per un secondo; con la coda dell’occhio, infatti, era sempre su di lei per controllare che non venisse ferita o che non fosse in serio pericolo di vita, pronto a salvarla.
E fu forse proprio per quel motivo che non vide arrivare la daga che gli si piantò nello stomaco, facendolo finire a terra.
Sgranò gli occhi per la sorpresa e lasciò che la spada gli scivolasse dalle mani, portando queste alla sua ferita, indietreggiando, cadendo all’indietro.
Larya gridò il suo nome e si gettò subito al suo capezzale.
“No, no, no!” Raccolse la testa del fratello e se la poggiò sulle ginocchia, mentre sulla cotta di Fràin si allargava una macchia rosso cremisi. “Ti prego, Fràin, non morire!” Sentì le lacrime iniziare a scenderle sulle guance prima ancora di rendersi conto che stava piangendo.
“L...Larya” La chiamò lui, cercando la sua mano.
Lei gliela strinse, macchiandosi la pelle del suo sangue.
“Sssh, non parlare, non parlare. Sono qui.” Gli accarezzò la fronte e strinse fortissimo la sua mano per fargli capire che non se ne sarebbe andata. “Resisti, ti prego. Andrà... andrà tutto bene, capito?! Non puoi lasciarmi, Fràin, non puoi...” Ormai Larya singhiozzava, incurante della battaglia che continuava attorno a loro. In quel momento esistevano solo lei e suo fratello.
“Larya...” Esordì lui, deglutendo a fatica il groppo che aveva in gola. “...lo sai, nel Bosco... i Ragni. H-Ho visto te... sorellina... ho visto come mi guardavi...”
“Non era reale, Fràin, non era reale! Qualsiasi cosa tu abbia visto, non era reale. Io sono qui, ora, accanto a te.”
“T-tu mi guardavi come se... come se... Mi dispiace, Larya, mi dispiace tanto.”
“Ehi, ehi, ehi, non hai niente di cui scusarti, capito? Ti voglio bene... ma adesso non parlare, risparmia le energie. Ti prego...” Larya accarezzò una guancia di Fràin e la percepì gelida. Le tremavano le mani e poteva vedere la luce negli occhi del fratello spegnersi pian piano.
“Ti prego... Non lasciarmi... Dovrai esserci quando mi sposerò. Se adesso muori, non te lo perdonerò mai. Hai capito?!”
Fràin voltò gli occhi verso il cielo grigio e mormorò qualcosa che Larya non riuscì a comprendere.
“Cos... Cosa?” Tirò su col naso e si scostò i capelli dalla fronte, sporcansi una tempia con il sangue di suo fratello, poi accostò l’orecchio alla sua bocca.
“È venuto a prendermi...” Disse Fràin, in un sussurro.
“Chi? Chi è venuto a prenderti?”
“Nostro padre...” Improvvisamente, la stretta sulla mano di Larya venne meno e Fràin esalò l’ultimo respiro fra le sue braccia.
“No... No, no, no! Fràin! Ti prego, ti prego, ti prego! Fràin! Fràin!” Gridò di sperata, ma ormai suo fratello non poteva più sentirla.
 
***
 
Le grida di Larya arrivarono fino ai fratelli Durin che si voltarono entrambi alla ricerca della ragazza.
“No...” Mormorò Fili, non appena la vide a terra. Temette che fosse stata ferita ed era già pronto ad andare da lei per soccorrerla, ma poi la vide alzarsi, asciugarsi le lacrime e impugnare fiera la spada, con lo sguardo che mandava saette.
Aveva la tempia sporca di sangue e il Nano pensò comunque fosse stata colpita.
Voleva andare da lei, voleva andare a sostenerla... aveva notato poco prima il corpo di Fràin a terra e compreso l’odio che aveva visto nei suoi occhi.
Lei era sola, sul campo di battaglia, accerchiata ad nemici.
Doveva fare qualcosa.
Mosse un passo, ma poi Kili lo chiamò e si voltò verso Thorin e vederlo a terra che si reggeva un fianco sanguinante gli fece montare una nuova ondata di rabbia nel petto e si accanì insieme al fratello e Dwalin sull’Orco Pallido.
 
***
 
Rimpianto.
Era l’unica cosa che provava Larya in quel momento oltre a tanta, tanta rabbia.
Rimpiangeva di non essere stata più tempo accanto a Fràin in quegli ultimi mesi, durante il viaggio.
Adesso lui era morto. Era la sua famiglia, l’unica che le era rimasta.
E non c’era più.
Altre lacrime le scivolarono sul volto, solcando lo sporco e gli schizzi di sangue che lo dipingevano.
Rabbia.
Pura e folle, per chi aveva osato privarla della vita del suo unico fratello.
Fu sfogando quel sentimento devastante che Larya finì per dimenticarsi di guardarsi le spalle, intenta a fare piazza pulita di chi aveva di fronte.
E nel momento in cui si lasciò cadere accanto al corpo del fratello, sanguinante e sfinita, con un dolore atroce alla schiena, incrociò per caso gli occhi di Fili da lontano e lo vide rimanere impalato a fissarla con stupore e terrore mentre – lo sentiva – per lei non c’era più nulla da fare.


















-Angolino Autrice-

Buonasera! 
Non credevo di riuscire a postare già stasera, perché il capitolo si che era uniziato ma non stavo nemmeno a metà, invece eccomi qui, mi sono sentita ispirata si vede non lo so hahaha!!

Comunque, volevo dirvi un paio di cosette e poi vi lascio stare!!

1) Prometto che ora rispondo alle recensioni (e per ora intendo ORA ORA!! HAHA)

2) ADDIO FRàIN. Qualcuno gioirà, qualcun'altro no (spero xD). Quello che Fràin ha visto nelle ragnatele è lasciato alla vostra immaginazione, per questo non l'ho descritto. Era il mio intento fin dall'inizio ed eccolo realizzato. Io vi ho dato l'imput, poi siete libere/i di immagianre a vostro piacimento cosa lo abbia turbato a Bosco Atro. VI CHIEDO SOLO UNA COSA, ora che il ciclo vitale di questo personaggio è concluso, voglio che spendiate 4 paroline per dirmi cosa ne pensate di lui NEL COMPLESSO! tnks :*

3) LARYA & FILI saranno morti? Saranno vivi? Sarà vivo uno/a solo/a dei due? Who knows? (io ovviamente, ma non ve lo dico muahaha! E CHI LO SA ZITTO SENNò VENGO Là E VI STACCO TUTTE LE DITA UNA AD UNA :3 perché vi voglio bene, ovvio u.u)

4) VI RINGRAZIO TUTTI PER AVER MESSO LA STORIA (si, tra le seguite, ma) TRA LE RICORDATE E LE PREFERITE!! GRAZIE GRAZIE GRAZIE! SIETE ADORABILI!!! MA OVVIAMENTE IL GRAZIE PIù SPECIALE DI TUTTI VA A CHI RECENSISCE!! 

Bene, detto ciò, sappiate che non parlerò più della battaglia quindi spero di avervi all'incirca soddisfatti e spero che il capitolo sia di una lunghezza più o meno accetabile!

Ora vi saluto che muoio di sonno, ci risentiamo nelle recensioni!
Un bacio :*

Juls!



Ps:
Fujiko91, mio piccolo fiorellino, non mi sono dimenticata della tua OS, come ho un secondo ci passo :* per scusarmi, ti tedico il capitolo ;p

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Capitolo 20
*** Raccogliere i pezzi. ***


Capitolo 20 – Raccogliere i pezzi.
 
Immagini confuse si susseguivano nella sua mente in un turbine impazzito.
Rumori e suoni di ogni tipo gli assordavano le orecchie, impedendogli di capire con chiarezza cosa fossero, a cosa fossero legate, a chi appartenevano le voci che sentiva in sottofondo.
Sembrava cantassero.
Canzoni allegre riempirono gli spazi, poi il clangore delle spade e grida di lotta si sostituirono ad esse.
In piccoli flash scorse un sorriso, una lunga treccia bionda tutta sfatta, due occhi scuri che lo osservavano ridenti.
Chi era?
Quell’immagine svanì, sostituita da altre confuse e veloci.
Poi vide nero, rosso e di nuovo nero.
Gli sembrò di poter percepire la terra fresca sotto i polpastrelli, il sapore della pioggia sulle labbra e di udire il ticchettio di essa sul terreno, molto vicino alle sue orecchie.
Ma poi, altre voci affollarono la sua testa – stava impazzendo – sovrastando il resto.
Quello che sentiva ora sotto le dita era la morbidezza della pelle di qualcun altro.
Chi era?
Di nuovo, quel sorriso gli affiorò alla mente, più nitido seppur sempre sfocato.
Vide quelle labbra sottili muoversi, pronunciare parole che non riusciva a sentire.
Poi, i suoi occhi, profondi e scuri come la notte lo catturarono, lo rapirono, lo scrutarono fin dentro l’anima da dietro le lunghe ciglia bionde.
Chi era?
Perché non riusciva a ricordare?
Cos’era successo?
Era forse morto?
Stava forse sognando?
Era un incubo, quello?
Doveva esserlo.
Lentamente, il volto di quella giovane donna gli apparve sempre più nitido.
La sentì ridere, un riso che presto si tramutò in pianto, rabbia, sangue prese a scorrerle sul viso da una ferita alla tempia.
Voleva fare qualcosa, aiutarla, ma come?
Non percepiva più il suo corpo.
Le sue mani non stavano toccando nulla e i suoi occhi... i suoi occhi stavano veramente vedendo? Le sue orecchie stavano veramente ascoltando?
Poi tutto venne avvolto da una luce bianca, accecante, e l’ultima cosa che vide prima che tutto divenne di nuovo oscurità, furono gli occhi di lei che lasciavano cadere copiose lacrime di dolore.
 
 
 
Aprì gli occhi.
Ricordava.
Ricordava ogni cosa.
Ricordava di essere stato colpito e di aver perso i sensi.
Si ricordava di lei.
E ora lo sapeva, sì, ne era certo: quello sguardo non avrebbe mai più lasciato il suo cuore.
Perché? Si chiese, perché era andata in quel modo?
Perché Larya lo aveva lasciato?
Perché lui aveva permesso che accadesse?
Non gli era stato accanto, non l’aveva protetta e ora lei era morta.
L’aveva vista cadere accanto al corpo di suo fratello con la schiena infilzata da frecce.
Strinse i pugni, maledetti Orchi, maledetta guerra! pensò.
Gliel’avevano strappa via, gli aveva tolto la donna che amava.
Il suo sorriso, nitido nella sua mente, era un ricordo doloroso quasi a livello fisico.
Perché Mahal aveva permesso che Larya fosse portata via da lui?
 
“Fili...” La voce di Kili interruppe i suoi pensieri e voltò il capo verso di lui. Solo in quel momento si rese conto di dov’era: una tenda che si sviluppava in lunghezza con Nani ed Elfi feriti distesi su brande come la sua.
Provò a muoversi, ma non ci riuscì.
“Hai una gamba immobilizzata.” Gli disse il moro, alzando il suo braccio sinistro per mostrargli le sue bende.
“Come stai?” Gli chiese, con voce rauca. Aveva la gola secca e una gran sete. Poteva sentire le labbra screpolate e ruvide.
“A parte un braccio rotto, sono messo meglio di altri. Tu piuttosto, come ti senti? Hai dormito per tre giorni. Temevo non ti risvegliassi più.”
Alle parole di Kili, il biondo sgranò gli occhi.
“Tre giorni?” Chiese, mentre l’altro si tirava su a sedere per guardarlo meglio.
“La tua ferita era profonda, ci sono voluti molti punti e in più la lama era avvelenata. Ma sapevo che ce l’avresti fatta. Mio fratello è un osso duro!” Spiegò il giovane, sorridendogli appena.
“Come stanno gli altri?” Domandò Fili, rimanendo sul vago. Temeva la risposta che poteva dargli suo fratello, anche se sapeva la verità: Larya era morta. Tre giorni erano passati ormai. E lui non le aveva detto addio.
“Stanno tutti bene, non preoccuparti. Però... qualcuno non ce l’ha fatta.”
A Fili balzò il cuore in gola. “Chi?” Fece, mentre il battito accelerava e lui si preparava a sentire quelle parole.
“Thorin è caduto in battaglia...” Gli disse lui.
Il mondo si fermò per un istante.
Si era aspettato di sentire il nome di Larya lasciare le labbra di suo fratello e invece Kili aveva detto Thorin.
Gli si strinse un nodo alla gola. “Non meritava di morire.” Disse solo, reprimendo con forza le lacrime.
“Mi dispiace...” Mormorò l’altro, tirando su col naso.
Ci fu un momento di silenzio in cui Kili lasciò che il fratello assimilasse la terribile notizia e rendesse omaggio alla sua memoria come poteva.
“C’è anche un’altra cosa che devi sapere.” Disse il moro d’un tratto, alzando gli occhi per incontrare quelli di suo fratello. “Si tratta di Larya...”
Ecco che il nodo alla gola di Fili si fece più stretto, opprimente, quasi lo soffocò.
“Io...” Disse, non riuscendo guardarlo in faccia. “Io l’ho vista cadere, Kili. L’ho vista morire. Non c’è bisogno che tu dica niente.”
“Fili...” Tentò di interromperlo l’altro, ma lui gli fece cenno di fare silenzio.
“Sto bene. Sapevo che avrebbe potuto non farcela. Se Mahal ha deciso così, così deve essere. Ma almeno, sai, mi rincuora pensare che non sia sola, che sia con suo Fràin adesso.” Gli occhi gli si appannarono ma ancora una volta ricacciò indietro le lacrime.
Era troppo arrabbiato con se stesso per piangere la sua grave perdita.
“Fili, mi vuoi stare a sentire?!” Kili alzò la voce e catturò il suo sguardo. “Larya non è affatto morta!” Esclamò, e vide cambiare l’espressione del fratello in una di totale stupore.
“Ma... io l’ho vista morire.” Ribatté Fili, non capacitandosi di come potesse essere ancora viva dopo quello che era successo. Era caduta a terra davanti ai suoi occhi, sanguinante, sfinita. Come poteva essere sopravvissuta alle sue ferite?
“Ascoltami: Larya è ancora viva. Tuttavia le frecce che l’hanno colpita alla schiena erano avvelenate come la daga che ha ferito la tua gamba. I guaritori, compreso Oin, hanno detto che potrebbe farcela, deve solo continuare a lottare perché... a differenza tua, non si è ancora risvegliata.”
Il biondo non credette alle sue orecchie. La sua Larya... “Voglio andare da lei.” Fece per alzarsi ma Kili lo fermò.
“Non puoi muoverti. Per ora, almeno.”
“Larya sta lottando per la vita e io voglio esserle accanto. Non sarà questa maledetta gamba a fermarmi!” Fili si infervorò e si tolse la mano del fratello dalla spalla e tentò nuovamente di mettersi in piedi ma come si poggiò a terra, il peso del suo corpo non venne retto e la gamba cedette. Fortunatamente Kili era in piedi davanti a lui e lo sorresse, aiutandolo e sdraiarsi di nuovo.
“Non c’è niente che tu possa fare per lei, ora. Devi riposare o non guarirai e non potrai andare a vederla nemmeno tra qualche giorno. Credimi, Fili, è meglio così.”
Con riluttanza, il giovane si lasciò adagiare sulla branda.
“Tu puoi camminare, no? Dimmi, l’hai vista?” Dopo che gli fece quella domanda, il volto del moro si contrasse in una smorfia prima di annuire.
“Non ha un bell’aspetto. Nemmeno tu lo hai a dire la verità. Ma lei è...”
“Continua! Voglio saperlo.” Lo incalzò il Nano.
“Non la riconosceresti. È scavata, pallida, ha due occhiaie così scure che la fanno sembrare morta. Ed’è molto debole. Non sta bene. Non sanno quanto ci vorrà prima che si risvegli, se lo farà... il veleno era molto forte e le frecce sono entrate in profondità. Oin e i guaritori elfici stanno facendo tutto il possibile ma dipende solo da lei.” Gli si strinse il cuore nel dirgli quelle parole.
Fili invece non disse niente.
Lasciò che le lacrime scivolassero via questa volta, senza fermarle.
Ti prego, Mahal, non portarmela via.
Larya, combatti, vivi.
Non lasciarmi.










-Angolino Autrice-

Buonsalve gente!
Come andiamo? La mia vita è completamente dedicata all'università ultimamente ma mi sono ritagliata un momento per scrivere e uno per aggiornare ^^
Ed eccoci qui con questo capitolo che come avete visto si è risollegato perfettamente al prologo.

Che dire, innanzitutto mi spiace assai per Thorin ma chi mi conosce bene sa che con me poche sono le volte che il caro Thorinno sopravvive e questa non è una di quelle xD Scusatemi, non mi uccidete, ma sinceramente è il personaggio che mi riesce meglio uccidere :')

Per quanto riguarda Fili e Larya come ave3te intuito non sono morti MA per la nostra adorata eroina non è ancora detta l'ultima parola. Spero di non aver esagerato troppo con la sua descrizione che Kili fa a Fili ma io uno che da tre giorni è in continua lotta contro un forte veleno non me lo immagino di certo roseo e rilassato, quindi...

Detto ciò, c'era una cosa che volevo dirvi ma mi è sfuggita e se mi viene in mente ve la dirà nel 21esimo capitolo xD Sorry u.u
La vecchiaia...

Vi saluto e vi auguro un buon weekend :*

Juls!

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Capitolo 21
*** Addio, Thorin Scudodiquercia ***


Capitolo 21 – Addio, Thorin Scudodiquercia.
 
Quattro giorni dopo il suo risveglio, Fili riuscì finalmente a mettersi in piedi con l’aiuto di un bastone.
Appoggiandosi a suo fratello, si diresse nella tenda dove giaceva il corpo di Thorin per rendergli omaggio prima della sepoltura.
Quel giorno si sarebbero svolti i funerali nella zona di Erebor che era stata sgomberata dalle macerie dai Nani e dagli Uomini che erano ancora in grado di fare sforzi.
Vederlo disteso su quella branda, con gli occhi chiusi e il volto rilassato, gli fece provare una strana sensazione: se non fosse stato per il petto immobile, avrebbe potuto benissimo credere che stesse dormendo.
Tuttavia non era così, Thorin era morto, suo zio, suo padre – perché dopo la morte del suo vero genitore, lui si era preso cura dei suoi nipoti come fossero figli suoi.
Non riusciva ancora a capacitarsi del fatto di averlo perso, era una verità troppo dolorosa.
Infondo, pensò, lo avevano appena ritrovato dopo che lui s’era perso nelle oscure vie sulle quali la malattia del Tesoro lo aveva portato e ora non c’era più e niente lo avrebbe fatto tornare.
La sua pelle era bianca e anche se non lo aveva toccato gli sembrò di percepire da lontano il gelo che lo avvolgeva.
Strinse il bastone fino a far sbiancare le nocche della mano, ma non pianse. Provava una profonda rabbia per averlo perso, perché non era giusto, dopo tutto quello che avevano affrontato, dopo tutto quello che lui aveva passato era stata posta la parola ‘fine’ troppo precocemente.
Non se lo meritava.
Kili gli poggiò una mano su una spalla e con quella libera, Fili la strinse, poi si voltò e uscì perché il dolore era troppo.
Pensò a sua madre, a come avrebbe fatto a dirle che un altro pilastro della loro famiglia era crollato. Sarebbe stato un duro colpo per la Nana, lo sapeva bene, forse il peggiore. Sarebbe toccato a lui e al fratello raccogliere i suoi pezzi e non farla andare giù.
 
Fuori dalla tenda, Dwalin era seduto accanto a Balin, entrambi con il volto provato e gli occhi arrossati.
Per Thorin, perfino il guerriero burbero che apparentemente sembrava avere un cuore di pietra aveva versato delle lacrime.
Ma lui, Fili, non riusciva a piangere tanto la tristezza era sormontata dalla rabbia.
Poi, in un attimo tutto svanì quando incrociò lo sguardo di suo fratello e comprese che era arrivato il momento; prima di dirigersi verso la Montagna sarebbe passato a trovare Larya. Voleva vederla, voleva toccarla, sincerarsi che il suo cuore battesse ancora, percepirlo sotto il palmo e stare tranquillo.
Gli era stato riferito che sembrava essersi un po’ ripresa e che era fuori pericolo e che il veleno era stato del tutto espulso dal suo corpo. Tuttavia, la Nana non si era ancora destata dal suo sonno e non sapevano dire se fosse un brutto segno o no.
Continuavano a ripetere che serviva tempo, ma Fili aveva imparato che il tempo era subdolo, che non si può fermare, scivola via tra le dita in battito di ciglia ed è già tutto finito.
E lui non voleva che questo accadesse con lei, perché era la sua ancora.
Si rese conto proprio in quel momento, entrando nella sua tenda e vedendola riposare sulla sua branda, che era proprio lei la ragione per la quale non era ancora crollato del tutto.
Ma se non si fosse più risvegliata, se fosse accaduto il peggio, non riusciva a vedere un futuro per lui in quel mondo, sarebbe andato in pezzi e nemmeno sua madre o suo fratello sarebbero riusciti a lenire il suo dolore.
 
Le si avvicinò tremante e le prese una mano. Sentiva i palmi sudare, ma tirò un sospiro di sollievo quando la pelle liscia di lei entrò in contatto con la sua e la percepì calda, viva.
aveva ancora le occhiaie scure sotto agli occhi, ma da come l’aveva descritta Kili poteva ben constatare che era migliorata e che si era ripresa parecchio. Le guance erano pallide ma si intravedeva del rosa sulle gote.
Forse c’era ancora speranza.
“Larya...” Chiamò piano, ma come aveva immaginato non ricevette risposta.
Chiuse gli occhi e respirò profondamente prima di posare di nuovo lo sguardo su di lei.
Le lunghe ciglia bionde le ombreggiavano un po’ il viso ma non poté far a meno di pensare a quando fosse bella e a quanto gli mancava il suo sorriso.
“Sono certo che si riprenderà.” Disse Kili, interrompendo il silenzio pesante che era calato nella tenda.
Fili si riebbe e il mondo tornò a girare intorno a lui, i rumori dell’esterno tornarono ad inondargli le orecchie e riprese a respirare, rendendosi conto che aveva trattenuto il fiato fino a quel momento.
Non ebbe il tempo di rispondere che dall’entrata fece capolino Bofur annunciando che l’ora degli addii era sopraggiunta.
 
In una lunga processione, Nani, Elfi e Uomini si diressero alla Montagna a seguito di coloro che s’erano presi l’onere di trasportare la salma del Re fin nelle Sale del Riposo.
Il funerale fu lungo e pesante da sopportare, dire addio a Thorin non fu una cosa facile per nessuno.
Bilbo, nonostante il legame di sangue che legava il Nano ai suoi compagni, sembrò essere il più provato di tutti dalla sua perdita. Il piccolo Hobbit pianse silenziosamente la scomparsa del suo amico. Il legame che si era instaurato tra loro, però, non s’era affatto scisso. Il signor Baggis, al momento dell’ultimo saluto, passò accanto al Nano e disse: “Thorin, amico mio, tu mi hai insegnato tante cose. Hai creduto in me e mi è stato possibile aiutarti a riavere la tua casa. Ma a cosa è servito se ora... tu non ci sei più?” Lo Hobbit prese poi qualcosa dalla tasca e la poggiò sul petto dell’amico. “Il Gioiello del Re è giusto sia seppellito con il suo proprietario perché, sai, infondo io ho già il mio tesoro e vale più di una quattordicesima parte di tutto l’oro di Erebor ed è questa ghianda.” Disse, infine, impugnando il piccolo oggetto in questione “Ricordi cosa mi dissi? Lo farò, pianterò questo seme nel mio giardino a casa Baggins e lo curerò e lo guarderò crescere. E mi ricorderò di te. Addio, Thorin Scudodiquercia, che il tuo ricordo non svanisca mai.”
 
Al momento della sepoltura, furono alzate le spade e le lance e le mazze e fu reso omaggio al Re Sotto la Montagna.
Alla fine del funerale, le candele avevano terminato la cera e le flebili fiammelle si spensero così come la luce dell’Arkengemma che scomparve sotto la pietra fredda del sarcofago di Thorin.
 
Per Bilbo non vi era più ragione di restare e l’invito di Gandalf a tornare a casa insieme fu ben accetto, ma c’era ancora una cosa che doveva fare prima di poter lasciare definitivamente l’Est della Terra di Mezzo.
Con il cuore in gola, andò da lei e sperò con tutto il cuore di trovarla sveglia e malgrado tutto sorridente, ma Larya era dormiente e il suo sonno sembrava eterno. Ogni momento che passava la partenza si faceva sempre più vicina e lui non riusciva a spiccicare parola per darle un degno saluto.
Voleva abbracciarla, voleva darle un bacio su una guancia e rispondere ad uno dei suoi grandi sorrisi allegri ma tutto ciò che aveva davanti era una giovane Nana addormentata, smunta e per niente felice.
“Oh Larya, non sai quanto mi dispiace...” Esordì, sedendosi accanto a lei. “Avrei voluto tanto che il nostro addio non fosse così, ma io... devo tornare a casa. Non è il mio posto qui e il mio tempo da Scassinatore è terminato. È il momento che io torni ad essere uno Hobbit per bene.” Attese qualche istante, ma non ottenne risposta, la giovane era immobile.
Passò ancora qualche minuto in cui il silenzio regnò sovrano, poi il Mezzuomo sospirò.
“Addio, amica mia. Spero tu possa vivere ancora tutto il tempo che i Valar ti concederanno.”
Allora si alzò, sconsolato e intristito, e proprio in quel momento udì la sua voce: “Non vorrai mica andare via senza salutarmi, Bilbo Baggins!”
 
Per quanto il bastone glielo consentì, dopo che lo Hobbit gli era andato incontro con la gaia notizia del risveglio di Larya, Fili corse alla sua tenda con l’aria che bruciava nei polmoni e le gote arrossare.
Arrivò da lei con il fiatone e quando entrò, la trovò seduta sulla brandina con un guaritore Elfico che le faceva qualche controllo.
Non appena i loro sguardi si incontrarono, l’Elfo si dileguò e loro rimasero a fissarsi per un tempo che sembrò infinito.
Quando Larya gli sorrise, Fili sentì lo stomaco ribaltarsi, il cuore saltare un battito e gli occhi pizzicare. Fu allora che pianse.
Pianse andandole incontro, pianse mentre l’abbracciava e pianse mentre, con voce tremante, chiamava il suo nome.
Ringraziò infinite volte Mahal per avergliela lasciata, per non averla richiamata a sé come aveva fatto con Thorin.
La strinse, rendendosi conto di quanto fosse dimagrita in quel periodo di convalescenza, ma in quel momento tutto ciò che contava era che lei fosse sveglia, che stesse ricambiando il suo abbraccio e che lo stesse rassicurando dicendogli che stava bene. Al resto avrebbero pensato dopo.
 
“Come stai?” Le chiese ancora il Nano, accarezzandole una guancia.
“Te l’ho detto, sto bene. Ho solo una gran fame.” Rise lei, poi tornò seria e Fili notò i suoi occhi castani ombreggiarsi, velarsi di tristezza e inumidirsi.
“Cosa c’è, Larya?” Le prese il mento fra le dita e voltò il suo viso verso di lui. Calde lacrime le rigavano adesso le guance.
“Fili... Fràin è...” Non riuscì a finire la frase che scoppiò a piangere forte, stringendosi al Nano.
Il suo pianto era disperato, doloro quasi a livello fisico per il biondo che avrebbe voluto fare qualcosa, ma come si può porre rimedio alla perdita di un tuo caro?
Non puoi.
Le accarezzò la schiena e attese che si calmasse da sola.
“Mi dispiace tanto, Larya... Tuo fratello era una brava persona, non meritava la fine che ha fatto.” Disse solo, non sapendo cos’altro aggiungere.
“Ti ringrazio, ma non puoi lenire le mie ferite, Fili, sono troppo profonde e questa volta non basterà bruciarle. Fràin era mio fratello e anche se diceva di amarmi io gli volevo bene, lo amavo. Un amore fraterno sincero. Era parte di me, capisci? Come potrò essere felice se Fràin giace martoriato sul campo di attaglia?”
La durezza nelle parole della giovane irrigidirono il Nano per un istante, poi le prese le mani e la costrinse a guardarlo negli occhi.
“Larya, il corpo di Fràin è stato riportato al campo. Non hanno permesso a nessuno di toccarlo. Gli daremo una degna sepoltura e...”
“No. Lui non vorrebbe essere sepolto. Ha sempre detto che avrebbe voluto una pira, com’è stato per nostra madre e nostro padre.” Larya tirò su col naso e tentò di sorridere anche se le uscì poco più che una smorfia.
“Avrà un degno funerale anche lui, non ti devi preoccupare di questo. Ma ora, ti prego, non piangere più. Sono certo che Fràin non vorrebbe sentirti piangere. Sai, io gli sono grato per averti protetta e averti salvato. Ti ha regalato la vita, anche se per farlo ha dovuto sacrificare la sua.”
“Aspetta... Cos... cosa intendi con anche lui? Qualcun altro non ce l’ha fatta?” L’innocenza di quella domanda mise al tappeto il Nano che in quel momento, dopo giorni di repressione, resistenza e contrasto si lasciò andare.
“Thorin è morto.” Disse, lasciando che le lacrime per suo zio solcassero le sue guance e incontrassero le dita di lei, poggiate su di esse.
“Mi dispiace, Fili! Perché non me lo hai detto subito?! Io ero qui a disperarmi per Fràin, senza minimamente accorgermi della tua sofferenza! Sono un’idiota, ti prego perdonami, perdonami!”
“Larya...” Il Nano si asciugò gli occhi con la manica della casacca e poi la guardò negli occhi, sprofondando nella loro oscurità “Ti amo.” Le disse, coinvolgendola in un lungo bacio.
Quando si divisero, il biondo l’abbracciò forte. “Non hai nulla di cui scusarti, non potevi saperlo. Ma ora, Larya, quello che per me conta è che tu sia qui, con me, viva. Il resto può attendere di essere detto.” E così dicendo l’abbracciò forte. “Grazie, per non avermi lasciato.”
























-Angolino autrice-


MI DISPIACE IMMENSAMENTE PER QUESTO RITARDO POTETE LINCIARMI NON VI BIASIMO, SAPPIATELO.

Bene, detto questo, felice di essere riuscita finalmente ad aggiornare! Mi sono incaponita, scrivo da due ore e finalmente ho finito questo capitolo che è stato un benedetto parto del cielo, ma finalmente ECCOLO A VOI!!

Allora, cosa ne pensate?

Voglio precisare alcuni punti:


1) L'idea di far mettere a Bilbo l'Arkengemma sul petto di Thorin mi è sembrata buona a) perché era stato proprio lui a 'rubarla' al Nano, b) perché semplicemente mi è sembrato un bel gesto da parte sua essendoci dietro un legame così forte ^^

2) Spero che il funerale via abbia soddisfatto, a me molto devo essere sincera, mi è piaciuto davvero tanto haha spero di aver incontrato il vostro gusto u.u

3) Mi sono accorta che i capitoli passati erano davvero corti rispetto alla media dei capitoli della storia, quindi spero di essermi fatta perdonare con questo, solo che ho stravolto la scaletta completamente con questo cambio, quindi mi dovrò inventare qualcosa per il prossimo altrimenti verrà mini e noi non vogliamo un capitolo mini ;)

Bene, detto questo, ringrazio tutti coloro che mi seguono, vi voglio troppo bene e siete fantastici :3
Io vi do la buonanotte e spero di non metterci troppo ad aggiornare :')
Bacione,

Juls!

Ps: vi ricordo della mia paginina, se vi interessa ^^ ​https://www.facebook.com/LilyOok.EFP/

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Capitolo 22
*** Benvenuta in famiglia, Larya. ***


Capitolo 22 – Benvenuta in famiglia, Larya.
 
L’eco delle grida le riempiva le orecchie; erano insopportabili, urla strazianti, di sofferenza.
Il clangore delle spade e delle asce, il sibilo delle frecce che fendevano l’aria, la pioggia che le bagnava il viso.
Gli occhi di Fràin che si spegnevano e la stretta sulla sua mano che veniva meno.
 
“Ehi, tutto okay? Ti senti male?” La voce di Fili la destò dal suo sonno travagliato.
Annuì, mettendosi a sedere.
Si asciugò gli occhi con la manica della veste, non si era nemmeno resa conto che stava piangendo.
“Stavo solo sognando.” Cercò di sorridere al biondo, ma non ci riuscì proprio del tutto e lui l’abbracciò, baciandole la fronte.
“Larya, se non te la senti-”
“Io ci sarò. Era mio fratello, Fili. Glielo devo, è morto per salvare me.” Larya lo guardò negli occhi e gli sorrise, poi lo baciò. “Non preoccuparti. Un giorno staremo bene, tutti quanti.”
 
Il cielo era nuvoloso, un ottimo scenario per un funerale.
Il vento ululava dal bosco e portava la sua eco fino alla Montagna; la pira era stata disposta ai suoi piedi, e il corpo di Fràin vi era stato adagiato sopra. Le sue mani erano incrociate e in pugno teneva la sua spada.
Vi si erano radunati tutti intorno, con la testa alta e gli sguardi su di lui.
Quando arrivò Larya, la Compagnia le annuì e lei cercò di sorrider loro, ma riusciva solo a guardare suo fratello steso sulla tavola di legno privo di vita.
Le iniziò a tremare il labbro, ma cercò di trattenere le lacrime il più a lungo che poté.
Indossava degli abiti pesanti e sulle spalle aveva una mantella bianca, con il cappuccio calato sul capo. In mano, teneva una torcia la cui fiamma ballava al ritmo del vento.
Si fermò accanto al corpo di suo fratello e prese un bel respiro.
“Fràin, era un Nano coraggioso. Era leale e orgoglioso. Era un ottimo combattente e un tenace avversario. Ma... prima di tutto questo, Fràin era mio fratello. È grazie a lui se sono viva, gli devo tutto. Ed è per questo che ora lo libererò da questa forma terrena e renderò il suo spirito libero di varcare la soglia delle Sale dei nostri Antenati. Riposa in pace, fratello.”
Con le lacrime che le rigavano le guance, Larya diede alle fiamme l’esca e la pira funeraria prese fuoco.
La giovane strinse la mano di Fili e rimase a guardare il fuoco divorare ogni cosa, restituendo Fràin alle ceneri e rendendolo finalmente libero.
 
Quella sera, al rientro nell’accampamento, un Nano li stava aspettando.
Si diresse subito da Fili e Kili dopo che apprese della morte di Thorin e consegnò loro una pergamena sigillata con lo stampo reale.
Quando la aprirono, un sorriso si stampò sulle loro labbra: il popolo degli Ered Lûin si stava dirigendo verso Erebor dopo aver avuto da Röac la notizia della morte del Drago. Avrebbero rivisto la loro madre.
 
 
~ Due mesi dopo ~
 
 
“Ne sei sicuro, figliolo?” Balin guardò Fili con sguardo dubbioso.
“Più che sicuro. Non voglio fare nulla al riguardo prima dell’arrivo di mia madre.” Rispose il biondo.
Dwalin sospirò e fece un passo avanti: “Allora che si fa? Piediferro ci sta col fiato sul collo.”
“Ci parlerò io.” E così dicendo, Fili uscì dalla tenda e si diresse verso l’ala dell’accampamento dove si era stabilito l’esercito dai Colli Ferrosi.
Dàin era voluto rimanere, premeva per il trono di Erebor, ma Fili non aveva alcuna intenzione di essere incoronato senza sua madre.
Erebor era comunque da ricostruire, in quei due mesi erano state tolte tutte le macerie e iniziato a riorganizzare quasi tutto il Tesoro, ma ancora il più del lavoro era da fare. Potevano permettersi di stare senza un Re ancora per un po’, con tutto ciò a tenerli occupati.
 
Nel frattempo, Larya sgattaiolò fuori dalla sua tenda e si guardò intorno.
Nessuno pareva averla vista e si inoltrò fra i corridoi dell’accampamento in cerca del Nano con il quale doveva incontrarsi.
Si tirò su il cappuccio della mantella e accelerò il passo quando vide in lontananza Nori e Dori andarle incontro.
Senza dare nell’occhio, svoltò al primo angolo e poi di nuovo nella direzione opposta e si guardò indietro: nessuno l’aveva seguita.
Non fece in tempo a tirare un sospiro di sollievo, però, che andò a sbattere contro qualcuno.
“Larya, dove stai andando così di fretta?” Kili le sorrise sornione e lei si sentì il cuore arrivarle in gola.
“Oh... Ciao Kili... Come va?” Rise istericamente e indietreggiò di un passo.
“Tutto okay? Sei strana e anche un po’ pallida... Ti senti male?” Subito il moro le si avvicinò di nuovo e la afferrò per le spalle.
Lei lo guardò negli occhi e sorrise nervosa. “Sto bene, davvero, stavo solo... facendo una passeggiata!”
“A me sembrava più una maratona... Comunque, posso accompagnarti?” Si offrì lui, gentile.
“Ma no, no, Kili, sicuramente avrai da fare, non c’è bisogno che tu-”
“Ma cosa dici, non ho proprio nulla da fare, dai dov’è che stavi andando?” Kili la prese sottobraccio e Larya, sconsolata, non poté far a meno di portarlo con sé al suo appuntamento misterioso.
 
***
 
“Ehi, Larya, ti va se...?” La frase di Fili rimase in sospeso quando, entrando nella tenda, non vide la sua donna.
Si guardò intorno ma non notò nessun biglietto o qualsiasi altra cosa gli potesse dire dove fosse andata.
Insomma, non che ci fossero grandi posti dove poteva essere, all’accampamento, ma erano un gran numero di tende che coprivano un vasto territorio e lei era l’unica donna presente. Dove poteva mai essere andata?
 
***
 
“Ecco, siamo arrivati...” Disse Larya, fermandosi davanti ad una delle tende che Kili conosceva bene.
“Ma... Oin?” Le chiese lui, poi il suo sguardo si illuminò come se avesse capito ogni cosa e a Larya iniziarono a sudare le mani. “Allora avevo ragione, sei malata!” Disse quasi contendo di averci azzeccato. Poi si rese conto che non avrebbe dovuto gioire di una cosa del genere e si ricompose. “Scusa, cioè, volevo dire... Allooooooora, stai male?” Ora la su voce era più preoccupata.
“No, non sto male. Non credo almeno. Ma tu, ora, devi aspettare fuori.” E così dicendo lo piantò sulla soglia per sparire all’interno.
 
***
 
“Hai visto Larya?”
Fili pensò che quella doveva essere la centesima volta che lo chiedeva a qualcuno.
Nessuno sembrava averla vista, né i membri della Compagnia né nessun altro.
Aveva girato l’accampamento in lungo e in largo, non sapeva più dove cercare.
“Fratello, di qua!” La voce di Kili attirò la sua attenzione e si diresse verso di lui.
“Ciao, Kili, hai visto Larya? Non riesco a trovarla da nessuna parte. Inizio a preoccuparmi.” Negli occhi di Fili era tangibile l’apprensione.
“È qui dentro, con Oin.” Lo rassicurò suo fratello.
“Oin? Ma certo! Non l’ho trovato da nessuna parte. Ma perché non me lo ha detto?” Gli chiese poi, ma ottenne solo un’alzata di spalle da parte dell’altro.
 
Passò ancora un bel po’ di tempo prima che Larya uscì dalla tenda.
Nel frangente, Fili non aveva fatto altro che camminare avanti e indietro, sospirando e chiedendosi cosa potesse avere, se era grave, se non lo era...
“Fili, metti ansia, lo sai? Vedrai che non ha niente.” Cercò di rassicurarlo Kili, ma invano, come temeva.
Quando Larya varcò la soglia, Fili le andò in contro e le prese le mani, accarezzandole il viso.
“Ehi, stai bene? Mi hai fatto preoccupare.” L’abbracciò di slancio e Larya rimase senza parole per un momento.
“Fili, sto bene...” Disse, allontanandolo per guardarlo negli occhi. Con un po’ di imbarazzo, continuò la frase: “...stiamo bene.” Sorrise, con gli occhi lucidi.
Il tempo si fermò per un istante.
“Stiamo? Tu e chi?” Chiese Kili, guardando i due con aria interrogativa, ma venne del tutto ignorato.
“Oh Mahal... Vuoi... È... quello che penso?” Il biondo non riusciva a mettere due parole in fila per la sorpresa, aveva gli occhi sgranati e un sorriso che arrivava alle orecchie.
“Sì, Fili!” Esclamò lei, iniziando a ridere felice. Trascinò nella sua risata anche il Nano che la abbracciò e la sollevò da terra, facendole fare una giravolta.
“Qualcuno mi vuole spiegare?” Fece Kili, finto offeso.
“Davvero non ci sei arrivato?” Domandò Fili, rimettendo giù la sua amata.
Kili scosse il capo e Larya fece un passo avanti. “Sono incinta.”
 
 
~ Cinque mesi dopo ~
 
 
“Non ce ne è uno che mi stia bene!” Gridò la giovane, in preda ad una crisi isterica.
Dìs era in arrivo, la principessa di Erebor, la madre del suo futuro sposo e lei non aveva alcunché da mettersi.
Tutti i vestiti che le erano stati regalati dagli Elfi e dagli Uomini non le entravano più ma non poteva certo presentarsi al suo cospetto nuda!
“Larya, non c’è bisogno che tu ti vesta diversamente da come sei di solito. Mia madre capirà.” Le disse Fili, facendole segno di sedersi accanto a lui sul letto.
Erebor era stata quasi del tutto ristrutturata e le stanze erano state ripulite dalla polvere e dalle ragnatele, rimesse completamente a nuovo ed erano stati rimesse in funzione le cucine e le fornaci. Presto, Erebor sarebbe tornata al suo splendore originario.
“Volevo essere carina per tua madre... Non voglio che pensi che suo figlio sposerà un Nano.” Sconsolata, si lasciò cadere sul materasso accanto a lui.
“Non un Nano qualunque, ma un Nano dai bellissimi e luminosi capelli biondi, un sorriso che fa impazzire e che porta in grembo suo nipote. Penso che non baderà al tuo aspetto.” Rise Fili.
“Ah-ha, molto divertente!” Larya sospirò “Sul serio, credi che le piacerò? E se non mi sopportasse? Se non mi ritenesse alla tua altezza? Sono nervosa e stressata...”
Fili le prese la mano e con l’altra le accarezzò una guancia. “Andrà tutto benissimo, vedrai. Non devi preoccuparti.”
Si scambiarono un profondo bacio carico di amore e lei si sentì subito meglio.
“Ti amo, Fili. Tantissimo!”
“Ti amo anche io. Vi amo entrambi.” Rispose lui, accarezzandole la pancia.
 
 
 
Qualche giorno dopo arrivarono le carovane dagli Ered Lûin.
Quando la gente di Erebor mise piede nuovamente nella Montagna, vi furono grida di gioia e pianti di felicità e tristezza, nel ricordo di chi non era sopravvissuto alla furia del Drago.
Tra la folla, due occhi azzurri come il ghiaccio spiccarono, infondibili, posandosi sulla Compagnia.
Salutarono Dìs con gran rispetto e si dispiacquero tutti per la sua più recente perdita.
Quando fu la volta di Dwalin, i due si guardarono per qualche istante, poi lui abbassò lo sguardo. “Mi dispiace, Dìs. Ho fallito.” Disse il guerriero, stringendo i pugni.
Ma la Nana, con una dolcezza infinita, gli prese il volto fra le mani e gli sorrise. “Tu non hai alcuna colpa. Sono certa che hai fatto tutto il possibile per proteggerlo. È il volere di Mahal, nessuno può opporsi.” E così dicendo, i due si abbracciarono, stringendosi forte.
Fili, Kili e Larya arrivarono in quel momento e i due fratelli si guardarono con aria sospetta. Kili diede una gomitata eloquente al biondo e poi indicò i due Nani con sguardo di chi la sapeva lunga.
Larya sorrise nel vederli così, ma durò un istante poiché poi il nervosismo tornò ad avvolgerla.
Quando Dìs e Dwalin si divisero, la Nana si voltò verso i suoi figli e senza esitare andò loro incontro e li abbracciò strettissimo, lasciandosi andare ad un pianto di sollievo.
“Non azzardatevi mai più a farmi una cosa del genere!” Gli disse, baciando le fronti ad entrambi.
Quando si staccò da loro per guardarli meglio, notò la presenza della giovane.
“E lei chi è?” Domandò, curiosa, ai suoi figli.
“Mamma, lei è Larya.” Fili andò da lei e le prese la mano, conducendola di fronte a sua madre.
“Larya, che bel nome che hai.” Le sorrise Dìs.
“Ehm... G-grazie. È un piacere fare la vostra conoscenza, principessa.” Larya simulò un inchino ma le venne solo un goffo movimento a causa del pancione ingombrante.
“Non c’è alcun bisogno di inchinarti a me. E non darmi del voi, chiamami Dìs, semplicemente.” Poi, Dìs si voltò verso Fili. “Allora, vuoi dirmi chi è lei?”
“Larya fa parte della Compagnia. Noi... ci siamo innamorati e ci sposeremo il giorno dell’incoronazione. E tra non molto, darà alla luce nostro figlio, il tuo primo nipote.” Fili sorrise alla sua amata e le accarezzò la pancia. Poi guardò di nuovo sua madre che aveva gli occhi lucidi e un dolce sorriso sulle labbra.
Larya aveva avuto paura di un rifiuto, ma non avvenne niente del genere: Dìs iniziò a singhiozzare e abbracciò entrambi con entusiasmo.
Larya sorrise e la abbracciò di rimando.
“Sono felice, per entrambi. Anzi, per tutti e tre.” Disse la Nana, baciando suo figlio sulla fronte, poi prese Larya per le spalle e la fissò dritta negli occhi: “Mio figlio non poteva cogliere fiore più bello. Benvenuta in famiglia, Larya.” E così dicendo, le due Nane si scambiarono un lungo e intenso abbraccio.
Tutte le paure erano scomparse.




































-Angolino autrice-


MI DISPIACE.
Sono sparita da più di un mese, lo so, ma l'università mi sta risucchiando hahaha
Spero solo di essermi fatta perdonare con questo capitolo...
Ho tanto sonno, quindi non dico altro, ma fatemi sapere. Nell'ultimo siete spariti tutti ç_ç
Vi voglio bene, lettori :3
Alla prossima, con
l'EPILOGO ç_ç

Juls!

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Capitolo 23
*** Epilogo. ***


Capitolo 23 – Epilogo.
 
“Oh, Medrewith, non ce la farò mai!” Larya si lasciò sprofondare nella poltrona, accanto al camino, e sospirò pesantemente, quasi con le lacrime agli occhi.
La giovane Medrewith, una dama giunta dagli Ered Lûin insieme a Dìs, si era imbattuta il Larya quattro mesi prima e le due erano diventate fin da subito ottime amiche, così la bionda l’aveva scelta come sua dama personale, ma non le dava nessun tipo di ordine, le faceva piacere averla accanto, come una sorella.
La Nana aveva dei lunghi capelli dai riflessi ramati che teneva intrecciati in una bellissima acconciatura, due occhi verdi smaglianti e il naso ricoperto di lentiggini. Era dolce e allegra, proprio ciò di cui Larya aveva bisogno.
“Non dire così, andrà bene, vedrai!” Le andò accanto e le prese una mano tra le sue.
“Sono stanca, sono enorme, e il tempo è scaduto! Non capisco perché Fili non poteva aspettare la nascita di nostro figlio prima di questa stramaledettissima incoronazione. Non ho mai desiderato diventare la Regina sotto la Montagna, e tutt’ora non lo voglio! Mi basta passare il resto della vita con il Nano che amo, senza tutto questo potere e queste responsabilità. Insomma, non sono pronta!” Con una smorfia, Larya guardò al sorriso di Medrewith che le infuse più calore di quanto il focolare non le stesse dando in quel momento.
“Suvvia, Larya, non dire queste cose. Sei soltanto nervosa. Ma, ehi, è anche il giorno del tuo matrimonio! Non sei felice?”
“Certo che lo sono, io amo Fili e lo voglio sposare, ma...” La futura Regina sospirò.
“Avanti, basta cianciare! Abbiamo poche ore prima delle nozze e dell’incoronazione, quindi dobbiamo darci da fare! Avanti!” La ragazza le porse la mano e Larya, riluttante, la prese e si alzò a fatica dalla sedia.
“Per Mahal! Non avere figli prima di una certa età, è davvero devastante!”
 
Dopo un bel bagno caldo, Medrewith aiutò Larya ad acconciarsi i capelli. Le lunghe ciocche bionde furono intrecciate con cura dalle abili mani della Nana e poi avvolte da un nastro bianco ricoperto di minuscoli punti luce che le davano luminosità.
Mentre Larya si osservava esterrefatta allo specchio, la porta dietro di loro si aprì e Dìs fece il suo ingresso, con un grande sorriso sulle labbra e gli occhi che già le si erano inumiditi.
“Oh, Dìs, non fare così!” Larya la abbracciò e lei la strinse forte.
“Sei bellissima, tesoro... Splendi come una stella e sono davvero fiera di mio figlio per aver preso in moglie una Nana dall’animo puro come te.”
“Non siamo ancora sposati, ma ti ringrazio.” Sorrise Larya.
“Oh, sciocchezze, è come se già lo foste!” Esclamò la futura suocera, porgendole un abito che la lasciò a bocca aperta.
“L’ho fatto fare su misura per te.” Le disse Dìs, tirando su con il naso.
“Ma... è bellissimo... Miei dei, Dìs, grazie!” Qualche lacrima scappò dagli occhi della bionda e subito Medrewith intervenne con un fazzolettino di stoffa.
“E no, eh! Non ti permetto di piangere prima che tutti gli altri ti abbiano visto o si rovinerà il trucco e tutto il mio lavoro sarà stato vano!” Le tre scoppiarono a ridere, poi Dìs e la rossa aiutarono la sposa ad indossare l’abito che la fasciò perfettamente, mettendole in risalto le curve e avvolgendo dolcemente il pancione.
Larya si sentì le farfalle nello stomaco quando vide il suo riflesso nello specchio.
Ripensò al giorno in cui era scappata da Fràin per unirsi alla Compagnia di Thorin e al cambiamento che aveva subito fino a quel momento.
Sarà la maternità, pensò, o il fatto che era cresciuta tanto durante quei mesi, ma il suo stesso viso le sembrò più maturo, più da donna.
Non era più la ragazza di un tempo, era più forte e più matura.
“Okay, basta guardarmi o finirò per piangere.” Diede le spalle allo specchio e sospirò.
“Manca ancora una cosa!” Medrewith si allontanò dalle due un istante e andò alla parete dove erano appese le armi dei due sposini e dal manico del pugnale di Larya tirò fuori il fermaglio che le aveva dato il padre.
“Come sapevi della sua esistenza?” Larya, stupita, provò una gioia immensa nell’indossare quell’accessorio di tale valore.
“Ho le mie fonti.” Soddisfatta, l’amica mise su un dolce sorriso e quasi fu lei, ora, a commuoversi. “Sei una sposa bellissima!” LE disse, poi l’abbracciò e Larya ricambiò con affetto.
“Direi che sono pronta.” Disse Larya, dopo che si furono separate.
Guardò le due Nane con un sorriso e sospirò, prima di muovere i primi passi verso la porta.
Si bloccò non appena mise la mano sulla maniglia, poiché sulle sue gambe iniziò a scorrere del liquido e sgranò gli occhi.
“Che succede, cara, ti senti male?” Dìs e l’altra Nana subito accorsero a soccorrerla.
Larya era pallida e aveva iniziato a sudare.
“Dìs, Medrewith... mi si sono rotte le acque!”
 
Nel frattempo, lo sposo, ignaro del fatto, attendeva all’altare, nella Sala del Trono.
Balin era stato scelto per svolgere la funzione e il vecchio Nano si era commosso quando Larya e Fili glielo avevano chiesto.
Kili, tutto agghindato, stava al fianco del fratello come testimone.
Dietro di loro, tutto il reame si era radunato per assistere alla cerimonia.
C’erano perfino Bard e i suoi figli, insieme agli Uomini del Lago che, in quei mesi di ristrutturazione, erano tornati a popolare Dale, rimettendola in sesto quasi del tutto.
Più il tempo passava, più Fili si sentiva nervoso.
Stava per diventare Re, marito e a breve anche padre, delle belle responsabilità.
Guardava con insistenza la porta dì ingresso e ad ogni secondo che passava senza che quella si aprisse, mostrandogli la sua sposa, sentiva l’ansia salire.
E un brutto presentimento gli si formò nello stomaco, che all’inizio scacciò via, perché, insomma, cosa poteva andare storto in quel giorno di festa?
Ma poi, quando la porta si spalancò di getto, comprese che qualcosa non andava.
Dapprima si aprì in un largo sorriso e l’orchestra iniziò la marcia nuziale, ma poi si rese conto che non era Larya colei che stava attraversando la Sala del Trono, ma una delle dame di sua madre.
“Sire!” Gridò la donna, affaticata dalla corsa. “Presto! Suo figlio...” Non fece in tempo a finire la frase che Fili abbandonò tutto e tutti e si catapultò fuori dalla porta.
Per un breve attimo, calò il silenzio nella sala, poi i Nani e gli Uomini iniziarono a gioire e un motivetto allegro di alzò dall’orchestra.
Kili e tutti i componenti della Compagnia si apprestarono a seguire il giovane Nano fino alle sue stanze, dove lo trovarono a battibeccare con una Nana anziana.
“È un ordine del tuo Re!” Gridò Fili, fuori di sé, ma la donna lo guardò scettica e gli puntò un dito nel petto.
“Non vedo corona sul tuo capo, giovanotto. E seppure tu l’avessi, non ti farei entrare ugualmente!”
“Che nonnetta grintosa...” Farfugliò Kili, sghignazzando.
Prese suo fratello per le spalle e lo tirò via, prima che i due iniziassero a darsele di santa ragione – anche se era certo che suo fratello le avrebbe prese danna vecchietta e non il contrario!
“Cerca di calmarti, entrerai quando sarà il momento. Non credo che Larya voglia farsi vedere in questo momento, sai... è una roba da donne e poi ti urlerebbe contro.” Gli disse Gloin. “Dai retta a chi ci è già passato.”
E così a Fili non restò che sedersi e aspettare.
 
E aspettare.
 
E aspettare.
 
Per ore e ore, un tempo che gli sembrò infinito, attese fuori da quella porta.
Ad ogni grido che la sua Nana emetteva, il suo cuore mancava un battito.
Quando ormai era calata la notte da diverso tempo, si rese conto che d’un tratto le grida erano cessate e sentì le lacrime agli occhi quando alle orecchie gli arrivò ovattato il suono di un pianto.
Sorrise e guardò gli altri che erano rimasti con lui per tutto il tempo con gioia.
Stava per dirigersi alla porta quando un altro grido squarciò la quiete che si era creato.
E allora si rimise a sedere, con gli occhi fissi nel vuoto.
“Complimenti, fratello, hai fatto doppiamente centro!” Scherzò Kili, prendendolo in giro bonariamente, ma beccandosi una gomitata in un fianco che lo fece piegare dal dolore.
 
Finalmente, con lo spuntare delle prime luci dell’alba, a Fili fu concesso di entrare e fu allora che li vide: Larya era sdraiata nel letto su un mare di cuscini, sudata, con i capelli tutti scompigliati e il trucco sbavato e colato dalle lacrime, le guance paonazze e gli occhi stanchi e arrossati.
Era bellissima, pensò, nonostante tutto era bellissima.
Tra le braccia, teneva stretti non uno, ma bensì due fagotti piccini e li cullava con amore e affetto materno.
“Ehi...” Le disse Fili, avvicinandosi.
Sua madre, sudata anche lei e con un sorriso stanco sulle labbra, si avvicinò a lui e lo abbracciò. “Auguri, figlio mio.” Poi uscì, portandosi via tutte le dame e Medrewith con loro.
“Ehi...” Rispose Larya, con un filo di voce.
Fili si avvicinò ancora, timoroso e si sedette sul letto accanto a lei.
“Vuoi tenerne uno?” Gli chiese lei e gli porse uno dei fagotti dai quali spuntava una folta chioma biondo cenere.
“Gemelli...” Mormorò il giovane, commosso.
“Dobbiamo scegliere dei nomi, per i nostri figli.” Disse Larya, guardandolo negli occhi. “Sai, pensavo che il nostro primogenito lo avremmo potuto chiamare Thorin.”
“Oh, Larya...” Fili tirò su col naso e poggiò la fronte su quella della sua amata. “Che ne dici di Fràin, per l’altro?”
“Fili...” Larya si commosse con lui ma scosse il capo. “Mi piacerebbe chiamare mio figlio come il mio amato fratello, ma temo che dovremmo aspettare di farne un altro, per quello.” Sorrise nel vedere l’espressione confusa di lui.
“E come vuoi chiamarlo?” Chiese allora il Nano.
“Perché non scegli tu il nome per nostra figlia?” Larya indicò con un cenno del capo il fagottino che Fili teneva in braccio e subito lui andò con lo sguardo nella stessa direzione.
“F...Figlia?” Balbettò, sentendosi il cuore scoppiare di gioia.
Larya annuì.
“Oh, Mahal...” Il Nano non trattenne più le lacrime e pianse di gioia.
Lei lo strinse a sé e affondò il capo nell’incavo del suo collo.
“Che te ne pare di Sidrin?” Chiese lui, quando si fu ripreso.
“Era il nome di mia madre!” Esclamò la giovane, sorridente. “Mi piacerebbe molto chiamarla così, grazie, Fili!”
I due si scambiarono un caloroso bacio, poi Fili le porse la loro bambina e prese dal comodino una pezza. La bagnò e iniziò a pulire il volto della sua amata.
“Cosa fai?” Chiese lei, ridendo.
“Non vorrai mica sposarti con il viso in questo stato, amore mio, vero?” Fece lui, concentrato in quello che stava facendo.
“Cosa? Credevo che ormai avessimo rimandato. Non ce la faccio ad alzarmi, sono davvero stanca, Fili...”
“Shh, non devi fare nulla.” Le diede un bacio su una guancia, poi aprì la porta e fece entrare la Compagnia, sua madre, Medrewith e le altre dame.
“Balin, ti spiacerebbe sposarci?” Chiese al vecchio Nano e Larya non poté fare a meno di sorridere.
“Con piacere, figliolo.”
 
E fu così che andarono le loro nozze, in camera da letto, con le persone più importanti ad assisterli e i loro figli tra le braccia.
Si scambiarono gli anelli e sulle loro teste furono posate le corone.
Gioirono, tutti insieme, e a turno diedero i loro auguri alla neomamma e i loro omaggi ai nascituri.
Quella, fu l’inizio di una nuova avventura.
 
 
 
 


 
 
~ F I N E .



 








-Angolino Autrice-

Ormai non ve lo chiedo nemmeno di scusarmi, ma ho avuto un blocco su questo epilogo e l'ho scritto tutto di getto a partire da un paio d'ore fa. 
In tutti questi mesi non ho scritto una parola, non ci riuscivo e non so perché.
Comunque, voglio ringraziarvi tutti per averla letta e avermi dato i vostri pareri, siete fantastici!
Spero ci rileggeremo presto.

Happy reading,
Giulia.

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