Compagni d'armi

di udeis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Problemi di convivenza ***
Capitolo 2: *** L'imprevisto è sempre in agguato ***
Capitolo 3: *** Padre e figlio ***
Capitolo 4: *** Lasciata Indietro ***
Capitolo 5: *** S.O.S ***
Capitolo 6: *** La solitudine del comando ***
Capitolo 7: *** La scelta giusta ***
Capitolo 8: *** Battaglie navali ***
Capitolo 9: *** Un giorno di Marzo ***
Capitolo 10: *** Ferie ***
Capitolo 11: *** Tsuru, la Grande Tattica ***
Capitolo 12: *** Questa promozione non s'ha da fare (parte 1) ***
Capitolo 13: *** Questa promozione non s'ha da fare (parte 2) ***
Capitolo 14: *** Questioni personali ***
Capitolo 15: *** Non svegliare il can che dorme ***
Capitolo 16: *** Mine vaganti ***
Capitolo 17: *** Una serata fuori ***
Capitolo 18: *** Prima della battaglia ***
Capitolo 19: *** Dopo la battaglia ***
Capitolo 20: *** Cosa ho trovato nel Mare Orientale? ***
Capitolo 21: *** Il silenzio è d'oro ***
Capitolo 22: *** Insubordinazione ***
Capitolo 23: *** Dressrosa ***
Capitolo 24: *** Il tempo delle responsabilità ***
Capitolo 25: *** Marchio di fabbrica ***
Capitolo 26: *** Il sonno del giusto ***
Capitolo 27: *** Garp! ***
Capitolo 28: *** Ufficio ***
Capitolo 29: *** Miss e Mister Smith ***
Capitolo 30: *** Empatia ***
Capitolo 31: *** Voci ***



Capitolo 1
*** Problemi di convivenza ***


Garp invase l’ufficio del viceammiraglio, sventolando con gioia un giornale e reggendo con l’altra mano un pacchetto semivuoto di biscotti: “guarda Tsuru! Hai visto cos’ha combinato mio nipote?”
 “Garp smettila di urlare! Vuoi far sapere a tutta la Marina che hai un nipote degenere?”
“Mio nipote è un gran mascalzone, ma hai visto come ha messo facilmente nel sacco i nostri uomini?” Gongolò lui. Probabilmente non aveva ascoltato una sola parola del rimprovero della sua collega.
“Non c’è proprio niente di cui andare fieri Garp!”
“Tutto suo nonno il piccolino!” Disse e se ne andò portando con se un uragano di affetto e orgoglio paterno.
Tsuru sospirò: Garp poteva anche essere un ottimo marine e il più grande eroe che la Marina avesse mai avuto, ma quando si metteva a parlare di suo nipote sembrava dimenticarselo del tutto.
 

Il grand’ammiraglio doveva il suo soprannome alla sua capacità di mantenere il sangue freddo in qualsiasi situazione: proprio come il Budda non trascurava mai i suoi doveri, ma sapeva essere compassionevole e giusto quando il caso lo richiedeva.
Sengoku il Budda, insomma, era un uomo serio, discreto, silenzioso e responsabile.
Poi Garp invadeva il suo ufficio vantandosi ad alta voce delle azioni criminali della sua famiglia e la calma del grand’ammiraglio svaniva più in fretta di neve al sole.




Note. questa raccolta è dovuta tutta alla lettura di queste due magnifiche storie: Quando arrivò quella notizia e  Un padre di Akemichan, che mi ha fatto apprezzare i personaggi di Garp e Sengoku e mi ha dato la spinta e l'ispirazione per iniziare a scrivere (quindi davvero grazie mille a lei). Spero di riuscire a mantenere i miei personaggi IC e di scrivere qualcosa di interessante. Fatemi pure presente qualsiasi errore o qualsiasi altra cosa.

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Capitolo 2
*** L'imprevisto è sempre in agguato ***


Ciò che l’aveva resa davvero famosa non era la sua forza straordinaria o il suo coraggio fuori dal comune, ma la capacità di tessere strategie efficaci e di portarle a termine con tenacia e abilità.
Per questo la chiamavano la Grande Tattica.
 
Tutta la strategia del mondo, però, non bastava quando si trattava di comprare un paio di scarpe nuove ai Saldi di Primavera. Puntualmente, infatti, quando arrivava quel particolare periodo dell’anno, i suoi superiori la spedivano a pattugliare le zone più remote del Grande Blu oppure la incastravano in delicatissime missioni che richiedevano prudenza, concentrazione e ogni attimo del suo tempo.
Un ufficiale del suo calibro non poteva certo permettersi di rifiutare certi incarichi, se voleva fare carriera, e neppure poteva prendersi un giorno di ferie per gettarsi selvaggiamente sugli articoli scontati.
Dunque, come tutti gli anni, Tsuru si era rassegnata ad usare le orribili, ma comode, scarpe della divisa anche fuori servizio, ma poi c’era stato un imprevisto.
La nave di Garp era apparsa all’orizzonte e il collega era salito sulla sua nave con un grosso pacco colorato che conteneva proprio il tipo di scarpe che voleva.
La donna preferiva davvero non sapere come fosse riuscito a procurarsele.

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Capitolo 3
*** Padre e figlio ***


“Rocinante è entrato a far parte della Marina.”
Sengoku era un uomo discreto, ma in quel momento, si vedeva, grondava soddisfazione da tutti i pori.
“È un bravo ragazzo.” Commentò Tsuru con un sorriso. ”Diventerà un buon marine.”
Garp mugugnò qualcosa nel suo bicchiere a proposito del fatto che anche Dragon era in gamba, a modo suo, e che avrebbe potuto essere un grandissimo marine. Sengoku e Tsuru si limitarono a scambiarsi uno sguardo complice e a cambiare argomento.
 
Sengoku era stato davvero molto felice anche quando Rocinante era diventato comandante: il ragazzo aveva talento e la sua carriera era stata veloce. Sengoku gli aveva consegnato i gradi personalmente, cercando di nascondere la sua soddisfazione dietro l'aria ufficiale.
Era stata la volta in cui Garp aveva offerto da bere a tutta la base: Sengoku non l’avrebbe mai fatto, ma l’evento meritava di essere festeggiato lo stesso e al diavolo la discrezione, aveva detto Monkey, "Ma se vuoi posso sempre inventarmi una scusa." aveva aggiunto sorridendo.
Forse per via di tutto quel vino, quella era stata anche l’unica volta in cui i due amici erano quasi venuti alle mani: il primo aveva scommesso che, tempo un paio d’anni, suo nipote sarebbe diventato un Marine ancora più in gamba di Rocinante, il secondo aveva difeso il suo pupillo con più enfasi del dovuto. Per fortuna d’entrambi, Tsuru era intervenuta appena in tempo per sedare un conflitto che minacciava di radere al suolo non solo la base, ma anche l’intera cittadina che la ospitava.
 
Poi c’era stato un periodo, quello della copertura e dell’infiltrazione, avevano scoperto in seguito, in cui Sengoku aveva parlato poco e malvolentieri del suo ragazzo.
“Ci sono problemi.” Avevano pensato Garp e Tsuru, che lo conoscevano bene “e di quelli grossi.”
Entrambi avevano preferito non fare domande, limitandosi a tenerlo d’occhio da lontano e offrendogli tutto il supporto che potevano dare senza ferire il suo orgoglio.
 
Dopo Sengoku non ne aveva più parlato.
Nascondeva il dolore dietro una calma apparente e, persino al funerale, nessuno aveva sospettato del vero legame che univa l’ammiraglio e l’eroe di guerra.
La recita non gli riusciva mai alla perfezione: c’erano sempre dei piccoli segnali, nel volto, nella voce, nel modo di camminare, che i suoi vecchi compagni d’armi riuscivano a cogliere nonostante tutto.
 
Fu Sengoku a firmare l’ordine che rendeva ufficiale l’entrata di Doflamingo nella Flotta dei Sette e quando Tsuru e Garp lo scoprirono e gli chiesero spiegazioni il Budda si limitò dire: ”Era il miglior candidato possibile” e poi si chiuse in un silenzio ostinato.
Da quel giorno, Tsuru decise di arrivare alle riunioni della Flotta in anticipo e di trattenersi un po’ più a lungo alla fine: il grand’ammiraglio non poteva permettersi di mostrarsi debole davanti a quella feccia e il suo vecchio compagno d’armi non meritava di affrontare da solo i suoi rimpianti.
Nello stesso periodo, Garp iniziò ad autoinvitarsi più spesso nell’ufficio di Sengoku: portava tè e biscotti e aveva cura di avere sempre qualcosa d’interessante da raccontare.
Il viceammiraglio si sarebbe spinto a compiere le migliori scemenze -e qualche volta l’aveva anche fatto- per cercare di distrarre almeno un po’ l’amico dai suoi pensieri cupi.
 
Poi c’era stata Dressrosa: un miracolo, una manna dal cielo, l’ennesima bravata dello stupido nipote di Garp.
Sengoku si era rasserenato un po’.
Il nome di suo figlio aveva smesso di essere tabù e l’ex-Grand’Ammiraglio aveva trovato il coraggio di parlarne di nuovo con anima viva.
“Ho un nipote.” Aveva detto. “Rocinante vive nei suoi ricordi.”
Tsuru, aveva sorriso, ma, tra sé e sé, non aveva potuto fare a meno di storcere il naso: “Ci mancava un altro nipote delinquente.” Aveva pensato.

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Capitolo 4
*** Lasciata Indietro ***


Tsuru aveva avuto conferma della promozione di Garp dagli sguardi che i suoi colleghi le lanciavano, dai mezzi sorrisi e dalle conversazioni sussurrate che si azzittivano in sua presenza.
Quel giorno aveva provato un gran fastidio e allo stesso tempo una grande soddisfazione.
Fastidio, si era detta, non certo perché era stata lasciata indietro dai suoi compagni d’arme, ma perché i suoi superiori avevano aspettato così a lungo per proporre a Garp Il Pugno, la carica di ammiraglio. Soddisfazione perché, ancora una volta, le sue intuizioni si erano rivelate corrette.
Si era chiusa nel suo ufficio senza dilungarsi troppo in chiacchiere e si era messa a sbrigare le pratiche e a stilare i rapporti che aveva trascurato nei lunghi giorni in cui era stata in mare. I molteplici errori dei suoi sottoposti nel compilare dei semplici documenti di servizio l’avevano irritata e innervosita più del solito, facendole rimpiangere di essere scesa a terra.

Alle tre del pomeriggio, Sengoku aveva bussato discretamente alla porta e posato sulla sua scrivania un vassoio con sopra qualcosa da mangiare.
“Sei stato degradato?” Aveva chiesto lei, fissando con aria truce il piatto che l’ammiraglio le aveva posato davanti.
Sengoku si era stretto nelle spalle.
“La mensa chiude alle tre, pensavo potessi aver fame.”
“Ho del lavoro da sbrigare. Non come te che puoi delegare le cose più noiose ai tuoi sottoposti.”
“Puoi farlo anche tu, se vuoi.”
“Non con tutto, al contrario tuo.”
Sengoku era rimasto in silenzio per un po’ a fissare fuori dalla finestra, mentre Tsuru riprendeva a compilare le sue pratiche.
“Sono felice che tu sia tornata, ho saputo che la tua missione è stata un successo.”
“So quello che faccio. Al contrario di qualche nuova leva, che sembra non aver mai visto in faccia un pirata.”
“Impareranno anche loro, no? Ci vuole solo un po’ di tempo.”
“Chi non impara, muore, chi impara, fa carriera.” Aveva decretato lei.
“Non è sempre vero, Tsuru. Io per esempio ho ancora molto da imparare, ma non credo che arriverò più in alto di così.”
“Sengoku sei sempre il maledetto primo della classe.”
“Mentre Garp, ad esempio, ha rifiutato la promozione, proprio perché ha imparato fin troppo.”
“Cosa? Garp non ha accettato la carica di ammiraglio? Io credevo…”
“Lo credevamo tutti, ma, lo sai, quell’idiota è sempre stato una mina vagante. Ha detto che essere ammiraglio comporta troppe responsabilità e lui non le vuole.”
“Davvero? È assurdo!”
“Il ruolo di viceammiraglio comporta meno scartoffie e più azione ed a Garp non è mai piaciuto stare fermo troppo a lungo.” Aveva detto. “E neanche a te, mi pare.” Aveva aggiunto con un sorriso.
Tsuru si era scoperta d’un colpo meno irritata e decisamente affamata, così aveva attirato a sé il piatto e iniziato a mangiare: “Senza di me a pattugliare il nuovo mondo avreste i pirati fin dentro Marineford.” Aveva detto.
“Probabile. Perciò ti aspetto nel mio ufficio alle quattro.” Aveva ribattuto Sengoku senza battere ciglio. Tsuru, da parte sua, gli aveva lanciato uno sguardo carico di sospetto. “Ho bisogno di un secondo parere sulla strategia da usare contro Barbabianca. Un vero secondo parere, non una sviolinata di qualche sottoposto zelante.”
“Sarò lì alle tre e mezza.” Aveva risposto lei, trattenendo un sorriso.


 

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Capitolo 5
*** S.O.S ***


Fu Garp a sfondare la porta della cella e a liberare Sengoku dalle manette di algamatolite.
“Ho fatto più in fretta che potevo.” Disse, mentre armeggiava con chiavi e catene. “Tu stai bene?”
“Sono ancora intero.” Gracchiò l’altro in risposta.
“Non ti preoccupare, ti rimetteremo in sesto. Abbiamo un ottimo medico a bordo.” Lo rassicurò l’amico.
”E i pirati?” Chiese Sengoku.
“Tsuru e i miei uomini li stanno tenendo impegnati.”
“Cosa?" Rantolò Sengoku e sbiancò. "Siete venuti da soli? Perché non avete passato il mio messaggio a qualcuno di più alto in grado?”
“Non potevamo certo lasciare questo compito a qualche incompetente!” S’indignò Garp, caricandosi l’amico in spalla. “Perciò siamo venuti a salvarti noi. E poi lo sai, il tuo superiore ha il culo pesante: ti avrebbe lasciato marcire qui dentro piuttosto che mandare una squadra di recupero.”
Detto questo, Garp uscì dall’edificio e si gettò nella mischia, assestando un gran pugno ai pirati più vicini e scappando via prima che questi potessero riprendersi dalla sorpresa.

“Tsuru! Ce l’ho! Ritiriamoci!” Urlò.

La donna, dall’altro lato di un’enorme rissa, fece un segno d’assenso e ordinò qualcosa ai suoi uomini che cominciarono a ripiegare.
“Questi pirati sono forti, Garp!” Strepitò Sengoku. “Troppo per noi. Hanno una taglia da più di 100 000 berry: non ne usciremo mai vivi! Serviva come minimo l’intervento di un alto ufficiale e…”
“Quanto ti lamenti Sengoku! Sta' zitto che mi distrai.” Lo interruppe l’amico, mentre continuava a farsi strada tra i pirati a suon di pugni. “E comunque la strategia è tutta di Tsuru. Lo sai che ci si può fidare!”

Quella fu la prima operazione che i due marine pianificarono e portarono a termine insieme e fu un completo successo: collaborando con una perfetta sincronia, Garp e Tsuru riuscirono a sfruttare a pieno le loro capacità combattive e a salvarsi la pelle a vicenda.
Il tutto fruttò loro diverse lesioni interne, ossa rotte, una menzione speciale e tre giorni di punizione per aver agito di propria iniziativa senza aver consultato prima un superiore.
Questo permise a Sengoku di godersi una convalescenza di tutta tranquillità e al suo comandante la possibilità di ritirarsi, finalmente, a vita privata.
 
In definitiva, il Budda avrebbe dovuto farsi rapire molto prima.





Note. Qui i nostri marine sono molto giovani, perciò affrontare pirati da 100 000 berry per loro è un problema, ma allo stesso tempo, i tre sono già saliti di grado abbastanza per avere sottoposti propri. Pensate a Tashigi che alla sua prima apparizione era guardia marina (mi pare), ma contro un pirata come Crocodile non avrebbe avuto nessuna possibilità. Ovviamente i nostri sono messi un pochino meglio e soprattutto hanno dalla loro il fattore "Fortuna" dei Monkey e le strategie di Tsuru (che aveva un piano, davvero, non ha scatenato un'enorme rissa solo per divertimento.).

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Capitolo 6
*** La solitudine del comando ***


Solo.
Da quando era stato promosso prima ammiraglio, poi grand’ammiraglio, era così che Sengoku si sentiva.
All’inizio aveva pensato che i suoi due amici l’avrebbero raggiunto in fretta. Era sempre andata così, d’altronde: sebbene lui fosse sempre il primo dei tre a far carriera, gli altri due non gli erano certo da meno e recuperavano lo stacco in poco tempo.
Questa volta, però, era salito sempre più in alto mentre loro erano rimasti immobili, ai propri posti.
Sengoku sentiva la mancanza dei suoi compagni: non erano stati Sakazuki, Kuzan o Borsalino a combattere al suo fianco contro il Leone Dorato, il Re Dei Pirati o Barbabianca. Non era a loro che aveva salvato vita e carriera un migliaio di volte. Non erano loro che avevano fatto la stessa cosa per lui.
Eppure erano i tre ammiragli, adesso, a condividere con lui il peso dei segreti più importanti e delle decisioni più difficili: era una questione gerarchica, non poteva farci nulla.
 
“Allora Sengoku!” Urlò Garp spalancando la porta del suo nuovo ufficio. “Sei grand’ammiraglio da un mese e già fai finta di non conoscerci? Niente scuse ‘sta sera non lavori: Tsuru è tornata e ha deciso di offrire da bere per festeggiare la tua promozione! E poi dobbiamo anche parlare dei pirati della Mezza Luna… Kuzan mi ha detto che vuoi far bombardare i loro covi, ma Tsuru ha in mente una cosetta che potrebbe farci segnare il punto decisivo….”
 
Dopotutto, però, quella solitudine, forse, era solo una sua impressione.




Note. tocca ancora a Sengoku, ma c'è una ragione: le altre storie non sono ancora pronte. :P

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Capitolo 7
*** La scelta giusta ***


Non si chiedeva mai se avesse fatto bene: sapeva benissimo che restare era stata la scelta più giusta. Solo che, certe volte, la base le sembrava deserta senza di loro.
Non c’era più Garp, sciocco e rumoroso a invaderle l’ufficio, cantando le lodi dei suoi nipoti o ad invitarla al bar per festeggiare una missione andata bene.
Non c’era più Sengoku serio e responsabile, con cui fare del buon sarcasmo e condividere strategie, segreti di stato e pettegolezzi.
Non c’era nemmeno più il pigro Kuzan con cui andare a fare un giro in barca per prendere la vita più alla leggera.
Vedere volti nuovi in uffici fin troppo famigliari le dava un profondo fastidio.
Sapere che Kuzan si era unito ai pirati di Barbanera le spezzava il cuore.
 
Per fortuna che, qualche volta, Sengoku passava ancora a farle visita, portando tè e biscotti in onore dei vecchi tempi.
Garp, invece, non si faceva mai sentire, ma i rapporti parlavano di un gran numero di navi affondate nel mare Orientale e questo le bastava per sapere che andava tutto bene.




Note. Purtroppo non ho tempo per qualcosa di più lungo o elaborato, perciò mi tocca continuare con "il melodramma" :), mi riscatterò con la prossima, ve lo assicuro. :)

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Capitolo 8
*** Battaglie navali ***


“Sentiamo, cos’è successo questa volta?” Chiese Sengoku, raddrizzandosi gli occhiali e alzando il viso dalle pratiche che stava leggendo: i due viceammiragli che stazionavano davanti alla sua scrivania sembrarono, d’un tratto, quasi in imbarazzo.
“Ecco c’era questa nave…” Iniziò Garp.
“La mia nave.” Lo corresse Tsuru, guardandolo storto da sopra le braccia strettamente incrociate.
“E c’era questa emergenza…”
“Per cui non avevi ricevuto l’ordine d’intervenire.”
“Ma il mio equipaggio era appena sbarcato e la nave in riparazione…”
“Le tue navi sono sempre in riparazione perché tu non ti trattieni mai.”
“E perchè dovrei? In questo modo catturo molti più pirati.”
“Perché così le tue navi non sarebbero sempre in riparazione e il tuo equipaggio non sarebbe sempre esausto, Garp! Credi che non mi arrivino le loro lamentele?” Abbaiò il grand’ammiraglio. “E ora attieniti ai fatti: non li voglio sentire i tuoi commenti personali.” Ordinò.
“Insomma mi sono imbarcato sulla nave di Tsuru.” Borbottò, imbronciato, il viceammiraglio.
“Ti ci sei nascosto sopra e sei sbucato fuori quando ormai eravamo a metà della navigazione.” Precisò lei.
“Avevo un conto in sospeso con quei pirati.”
“Stiamo parlando delle navi della flotta di Shanks il Rosso, vero?” Chiese Sengoku, scrutando il rapporto che aveva in mano. “Si può sapere cos’hai contro di loro, Garp?”
“Quel Rosso è un poco di buono.”
“Certo che lo è, Garp, è un pirata!”
“Mette in testa ai bambini idee sbagliate…” Mugugnò in risposta il viceammiraglio, mentre in Sengoku si faceva strada l’inquietante certezza che i metodi educativi di Garp avessero fallito ancora una volta.
“Sia come sia,” intervenne Tsuru, stizzita, “non avevi nessuna autorità per agire e non saresti dovuto salire sulla mia nave.”
“Che c’entra? Tu hai cercato di buttarmi in mare.”
“Solo perché hai osato dare ordini al mio equipaggio.”
Il grand’ammiraglio lanciò uno sguardo irritato ad entrambi i suoi sottoposti che smisero di litigare e si ricomposero.
“Poi la situazione si è fatta tesa.” Riprese a spiegare Garp.
“Ovvio! Era stata studiata un’ottima strategia per catturare quei pirati, ma tu non l’hai seguita per niente.”
“Il vostro piano non avrebbe mai funzionato!” La contraddisse Garp. “Invece grazie a me i pirati sono stati sconfitti in un attimo e le loro navi sono state colate a picco.”
“E quindi hai pensato bene di distruggere, oltre alle navi pirata, anche quella del viceammiraglio Tsuru?” Chiese Sengoku, scrutandolo, serio, da dietro gli occhiali.
“Ma no, non è vero!”
“Se la nave di Borgat non fosse arrivata in tempo, saremmo colati a picco io, te i pirati e tutto il mio equipaggio.” Lo contraddisse Tsuru.
“E come ha fatto ad arrivare in tempo?” Domandò Sengoku.
“Lo avevo avvertito via lumacofono. Lo sapevo che sarebbe andata a finire male.”
“Quindi tu hai dato ordini a un mio sottoposto? Ti meriteresti di essere gettata in mare.” Commentò Garp, infastidito.
Tsuru lo ignorò e si rivolse direttamente al grand’ammiraglio.
“Signore, chiedo ufficialmente che al viceammiraglio Monkey D. Garp sia proibito avvicinarsi alle mie navi.”
“Oh quante storie Tsuru! Anche tu hai fatto a pezzi la mia nave tre mesi fa, ma io non mi sono di certo lamentato!”
“Il mio è stato un incidente, tu invece lo fai apposta!”
                                  
Quello che Sengoku avrebbe davvero desiderato, sarebbe stata l’autorità necessaria per tenere quei due lontani da qualsiasi tipo di nave.
Le loro continue scaramucce costavano alla Marina migliaia di Berry per volta e, soprattutto, non facevano per niente bene né alla sua reputazione, né alla sua salute; i cinque Astri di Saggezza sapevano essere davvero spietati di fronte a un grand’ammiraglio alle prime armi che si presentava con un bilancio costantemente in rosso.




Note: Borgat non è una mia invenzione ma è questo tizio qua.

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Capitolo 9
*** Un giorno di Marzo ***


La capretta arrivò un giorno di fine Marzo.
Tutt’oggi Sengoku non sapeva –ancora- chi fosse il colpevole e perché l’avesse fatto, ma quando l’avrebbe scoperto (e ce l’avrebbe fatta, era solo questione di tempo), avrebbe preso i provvedimenti adeguati affinchè quel marine passasse il resto della sua vita nella base più piccola del mare Orientale.
All’epoca, il Quartier Generale della Marina aspettava con ansia un carico di distruggi-documenti: Sengoku li aveva ordinati personalmente; era un piccolo gesto, ma avrebbe reso migliore la vita di tutti a Marineford: niente più fogli vaganti, niente più incendi incidentali niente più disattenzioni e fughe di notizie e, soprattutto, niente più maledette barchette sparse in tutti gli uffici.
Ma il destino sembrava complottare contro di lui: la prima nave era affondata in una tempesta, la seconda era stata attaccata da una nave pirata, la terza conteneva una partita di carne tritata, invece che le tanto agognate attrezzature, la quarta sarebbe dovuta arrivare a giorni.
Al quartier generale della marina girava voce che si trattasse di un ordine maledetto e che se mai i distruggi-documenti fossero arrivati a Marineford, l’isola sarebbe andata totalmente distrutta.
Per Sengoku, ormai, riuscire ad ottenerli era diventata una questione di principio e in un attimo di disperazione aveva persino pensato di affidare il compito a un ammiraglio. Insomma, era chiedere troppo sognare un Quartier Generale finalmente pulito e in ordine?
Poi, un giorno, un ufficiale piuttosto imbarazzato aveva bussato alla porta del suo ufficio, tenendo al guinzaglio una capretta bianca che ruminava serafica.
Il marine spiegò che ne era appena approdata una nave carica: il proprietario non ricordava il nome dell’ufficiale con cui aveva parlato, tuttavia, il numero del lumacofono che lo aveva chiamato corrispondeva a uno dei terminali pubblici della base.
“E quella capretta?” Chiese Sengoku, attonito.
“Questa è per dimostrare il pregio della merce.” Rispose il suo sottoposto.
 
La nave fu rimandata indietro immediatamente, la faccenda messa a tacere, la capretta, che, nel trambusto, si erano dimenticati di riportare sulla nave, venne alloggiata in una stalla, mentre l’identità del misterioso marine delle capre divenne oggetto di scommesse milionarie.
Quando la quinta nave sparì nel triangolo Florian senza lasciare tracce, Sengoku non si adirò più di tanto, ma, rassegnato, ordinò di trasferire la capretta nel suo ufficio: se il destino voleva che Marineford non avesse dei distruggi-documenti come si deve, lui non avrebbe di certo rinunciato a quel privilegio. Era pur sempre il grand’ammiraglio della Marina.
 

“Gli dirai mai che è stata colpa tua?” Chiese Garp a Tsuru accarezzando la capretta che Sengoku gli aveva momentaneamente affidato. “Potresti vincere un sacco di soldi, se le scommesse sono ancora valide.”
“Non è stata colpa mia.” Rispose lei, fulminando il collega con un’occhiataccia. “È Sakazuki che non capisce il sarcasmo.”




Note: sono stata risucchiata nel lungo e contorto vortice delle vacanze natalizie e ne sono uscita solo adesso. Mi dispiace che la prima storia dopo tutto questo tempo sia questa idiozia totale, ma quella capretta e la sua storia mi hanno sempre incuriosito. Molto più del cappello con il gabbiano. Grazie a tutti voi che ancora leggerete questa raccolta.

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Capitolo 10
*** Ferie ***


“Vado in vacanza.”
“Cosa?”
“Hai sentito bene Sengoku, mi metto in ferie.”
“Gold Roger, il Re dei Pirati è appena stato giustiziato e tu, Garp l’Eroe della Marina, decidi di andartene in vacanza.” Precisò l’uomo senza tradire nessuna emozione.
“Ho bisogno di prendermi una pausa.” Rispose Garp con lo stesso tono.
“La Marina avrà bisogno di tutti i suoi uomini per tenere a bada il caos che si scatenerà di qui a poco e tu hai il coraggio di chiedermi le ferie?” Ripeté Sengoku, attonito, cercando di sottolineare per bene le parole caos, Marina e ferie.
Garp si strinse nelle spalle: “sì”, disse.
“Senza contare che ci è stato dato l’ordine di cercare il figlio di quel demonio, se mai è riuscito ad averne uno, ed ucciderlo e questo comporterà un sacco di lavoro aggiuntivo.” Insistette il Budda, con lo stesso tono monocorde.
Sengoku avrebbe volentieri sfogato su Garp tutta la sua frustrazione se, dopo otto ore di riunione e tre di sonno, avesse avuto ancora la forza di urlare.
“Ehi, io l’ho catturato Gold Roger, la mia parte l’ho già fatta.” Rispose lui, fresco come una rosa.
Il marine lanciò al suo collega il migliore sguardo assassino del suo repertorio, ma il viceammiraglio non si lasciò impressionare e continuò a sgranocchiare allegramente i suoi biscotti.
“Garp!” Decise allora di ammonirlo con tono severo.
Non funzionò.
“Vuoi davvero spiegare al mondo che non mi dai le ferie perché il Re dei Pirati non l’abbiamo catturato noi, ma si è consegnato da solo?” Chiese Garp, vago.
“No. Tu vuoi essere giustiziato per tradimento?” Domandò stancamente, Sengoku.
“Io voglio solo andare in vacanza.”
”Garp, riflettici. Ti pare il momento opportuno?”
“Il pirata a cui do la caccia da una vita è finalmente morto. Quale momento migliore?”
“D’accordo, idiota,” Capitolò il marine, “fa’ quello che vuoi, ma non combinare danni.”
“Ma se non lo faccio mai.”
Sengoku si concesse un sospiro più profondo degli altri e poi tornò con rassegnazione alle sue carte, mentre il viceammiraglio, trionfante e riposato, si chiudeva la porta dell’ufficio alle spalle.
 
“Hai concesso a Garp le ferie.”
“Sì.”
La notizia si era sparsa per tutta la base alla velocità della luce e quello di Tsuru non era il primo rimprovero che Sengoku riceveva: lei, quantomeno, aveva avuto il coraggio di affrontarlo di persona.
“Siamo tutti onerati di lavoro. Nessuno ha un momento libero.” Proseguì il viceammiraglio con tono duro.
“Lo so.” La interruppe il collega. “Risparmiati la predica, ci ha già pensato Kong. Resto convinto che quella vacanza se la meritasse davvero, ma ormai è troppo tardi per tornare indietro.”
“Sono d’accordo.”
“Su cosa?” Chiese l’uomo, preso in contropiede.
“Garp ha il cuore troppo tenero. Aveva bisogno di una vacanza.”
“Avrebbe fatto il suo dovere, lo sai.” Rispose Sengoku grato che almeno Tsuru, la Grande Tattica si fosse schierata dalla sua parte. Poi aggiunse con una smorfia divertita: “meglio il Riposo dell’Eroe, eh?”
“Molto meglio, sì. Per lui e per la Marina stessa.”
“Quella testa dura deve ancora digerire la cosa secondo me.” Commentò l’ammiraglio, preoccupato.
“È una Nuova Era, sarà meglio che si abitui in fretta.” Ribatté, secca, il viceammiraglio.
Era evidente che, nonostante tutte le sue rassicurazioni, neanche Tsuru aveva preso bene la notizia della vacanza di Garp.
 
Due giorni dopo, il grand’ammiraglio Kong revocò le ferie del viceammiraglio su ordine dei Cinque Astri di Saggezza: il Governo Mondiale aveva bisogno di consolidare la sua posizione agli occhi del mondo e, quindi, gli serviva un eroe da mettere in mostra. Nessuno meglio di Garp poteva ricoprire quel ruolo.

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Capitolo 11
*** Tsuru, la Grande Tattica ***


 Ora che la guerra è finita e l’Eroe e il Budda se ne sono andati, mi hanno fatto capire molto chiaramente che anche il mio ritiro sarebbe stato visto di buon occhio e di promozione, ancora una volta, non se n’è proprio parlato. Il mio nome non è stato neanche messo in lizza, ne sono sicura.
Ora il motivo è che sono troppo vecchia, ai tempi di Gold Roger mi avevano detto che, invece, ero ancora troppo giovane.
Sono tutte scuse, è ovvio: ieri come oggi la Marina vuole mostrare i muscoli e stupire il mondo con la propria potenza. Una donna, per quanto famigerata, non fa abbastanza paura.
Al quartier generale molti la pensano come Sengoku e Garp e me l’hanno detto: “Tu sei il relitto di un’epoca passata. Questa è una nuova era.” Ma sono tutte scemenze. I pirati sono sempre uguali: i loro obbiettivi e i loro metodi non cambiano con le epoche e, se lo fanno, si trasformano in relazione ai nostri. È l’eterna danza tra preda e cacciatore, tra criminalità e giustizia e serve esperienza per comprenderne a fondo i meccanismi.
Bisogna conoscere il passato alla perfezione per poter predire il futuro e chi meglio di me che l’era della pirateria l’ha vista nascere e morire? Ma questo i novellini presuntuosi e arroganti lo capiranno solo quando sarà fin troppo tardi.
Comunque sia non biasimo l’Eroe e il Budda per essersi ritirati: loro avevano delle buone ragioni per dire ciò che hanno detto e fare ciò che hanno fatto e io che li conosco da una vita, lo so fin troppo bene.
Sengoku chiama la loro condizione, una sorta di pensione, ed è giusto che sia così: dopotutto, noi che abbiamo visto due ere sorgere e cadere e ci apprestiamo a viverne una terza, alcune volte abbiamo bisogno di tirare il fiato.
 
Io, invece, sono ancora in gioco: non mi faccio prendere dagli allarmismi o dalla vanagloria. Il mondo non sta per finire e la marina non è diventata, d’improvviso, invincibile. Io resto semplicemente qui a monitorare i mari in attesa che i criminali facciano la loro mossa. Tanto lo so: quando solco gli oceani con i miei uomini poco m’importa di gradi e promozioni.







Note: ovviamente, la guerra è Marineford.Ringrazio molto tutti quelli che stanno seguendo la rraccolta e vi avverto: la prossima storia potrebbe tardare.

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Capitolo 12
*** Questa promozione non s'ha da fare (parte 1) ***


Note: questa storia parla di ammiragli e di promozioni ed è la prima di due parti. Infatti, pur essendo autoconclusiva, si completa con quella che pubblicherò subito dopo, tra una settimana. Aggiungo che Kuzan è il più giovane dei tre ammiragli, mentre Borsalino è il più vecchio e che mi spiace molto di aver abbandonato la serie in questi mesi. Vi prego siccome non sono molto sicura del risultato fatemi sapere se i dialoghi e la scena funzionano bene e se i personaggi sono IC, perchè ho davvero dei grossi dubbi su tutto quanto, per questo e per altri motivi personali mi sono trovata a tardare sulla pubblicazione. Spero che mi perdonerete e continuerete a seguire le mie storie:) grazie a tutti.
 
Questa promozione non s'ha da fare: il fine giustifica i mezzi (parte uno)
 
 
Era una mattina come un’altra al quartier generale della marina e il viceammiraglio Aokiji passeggiava nei corridoi della base, badando ai fatti propri quando, da lontano, intravide due alti ufficiali della marina appoggiati a una parete e da alcuni loro atteggiamenti dedusse che stavano aspettando proprio lui.
“Ehi Kuzan, complimenti!” Esclamò Garp, assestandogli una forte pacca sulla spalla. “Si dice in giro che sarai il prossimo ammiraglio!”
“Sì, l’ho sentito dire anch’io.” Diede manforte Sengoku, sorridendo.
“Oh lo sapete anche voi?” Si stupì Aokiji. “Pensavo di essere solo uno dei candidati.”
“Diciamo che sei il favorito.” Minimizzò il grand’ammiraglio. “Noi lo sappiamo perché Kong ci ha chiesto un parere a riguardo.”
“Ah sì?”
“Sì. Garp ti ha raccomandato caldamente ed io ho fatto lo stesso.”
“Vi ringrazio molto, signori, ma non dovevate darvi tutto questo disturbo per me.” Rispose l’uomo, grattandosi la testa, imbarazzato.
“Non fare il modesto, Kuzan, quel posto te lo meriti.”
“Garp ha ragione, sarai un ottimo ammiraglio, ne hai tutte le qualità.”
“Dite?” Chiese Aokiji.
“Ne siamo sicuri.” Gli confermò nuovamente Sengoku. “Comunque, se posso darti un consiglio,” aggiunse meditabondo, “fatti sempre riferire i pettegolezzi. A volte è più difficile sopravvivere alle malelingue dei colleghi che svolgere il proprio dovere. Io lo so fin troppo bene…”
Aokiji annui, rigido.
“Non preoccuparti, Kuzan! Se Kong ha deciso di promuoverti vuol dire che puoi cavartela.” Ghignò Garp, consolando il viceammiraglio con un paio di pacche sulle spalle.
“Certo che, però, ci sarebbe quella faccenda…” Mormorò Sengoku, tra sé e sé.
“Non starai mica parlando di quella cosa, vero?” Fece Garp, intercettando il bisbiglio del collega.
“Signore, di cosa sta parlando?” Chiese Aokiji a cui non era sfuggito il sottile cambio di atmosfera della conversazione.
Gli altri due si lanciarono lo sguardo significativo di chi si prepara a mentire a costo della vita.
“Sicuramente non lo farà.” Disse Garp, cauto. “Ormai l’ha superata, no?”
“Di chi state parlando?” Chiese Kuzan.
“Di chi? Noi? Di nessuno! Assolutamente.” Negò Sengoku, allargandosi il colletto della divisa. In silenzio i tre si squadrarono.
“Ci credi se ti diciamo che si tratta della maledizione dell’ammiraglio?” Tentò Garp.
“Ah… no, signore.”
 
Il viceammiraglio Aokiji non avrebbe mai mancato di rispetto a un suo superiore, ma, di certo, lui non era mai stato un leccapiedi, così si limitò a guardarli con i suoi occhi spenti, senza distogliere lo sguardo: Garp e Sengoku non sarebbero riusciti a nascondere il loro segreto ancora a lungo. Di solito, infatti, il primo rivelava segreti di stato come se stesse parlando del tempo, il secondo se li faceva sfuggire quando urlava dietro al primo.
                                                                       
“Oh andiamo Garp, diciamoglielo e basta, ormai l’ha capito, non è mica stupido!” Capitolò il Sengoku sotto lo sguardo di ghiaccio del futuro ammiraglio.
“Sciocchezze. Io non gli dirò proprio un bel niente. Diglielo tu piuttosto.” Si ribellò il viceammiraglio, incrociando le braccia.
“Garp!” Lo ammonì il suo superiore con tono di comando. Il viceammiraglio sostenne lo sguardo dell’altro fieramente per cinque secondi, poi si arrese.
“Tsuru tende a prendersela un po’, quando qualcuno diverso da lei viene promosso ad ammiraglio.” Sputò con tono funebre.
“Sì, diventa un po’ vendicativa.” Aggiunse Sengoku, palesemente a disagio.
“Giusto un pochino.” Aggiunse Garp. “Devi capirla,” Si affrettò a spiegare, “aspetta quella promozione da secoli.”
“Comunque non sarà per sempre: non appena le sarà passata smetterà di prendersela con te e i tuoi sottoposti.” Lo rassicurò Sengoku.
“Noi te lo stiamo dicendo perché… ehm… ce lo hai chiesto.”
Sengoku tirò una gomitata al suo collega e lo corresse: ”Perché sei un po’ il nostro protetto, d’altronde ti abbiamo raccomandato noi. Ma tu non farle sapere che sai o le conseguenze potrebbero essere terribili!”
“Già terrificanti!” Annuì con forza Garp. “Terrificanti, davvero.”
“Ma non ti preoccupare ci sono passati tutti. Anche se per Akainu c’è voluto un po’ di più, vero?” Si affrettò a consolarlo il viceammiraglio.
“Sì, è durata quasi un anno e mezzo, con lui.”
“Eh lo posso capire. D’altronde era davvero giovane quando è stato promosso.”
Sengoku annuì, “già, me lo ricordo bene. Aveva più o meno la tua età” aggiunse, rivolgendosi a Kuzan in tono vago mentre Aokiji deglutiva, a disagio.
“Il suo cibo è stato salato per mesi.” Ricordò Garp, quasi nostalgico. “Più salato del dovuto, intendo, e sai quanto me che ha Akainu la pressione alta.” Precisò.
“E la sua cancelleria continuava a sparire: era un dramma ogni volta che doveva compilare un rapporto.” Ricordò Sengoku. “Uno ligio al dovere come lui non la prendeva affatto bene.”
“Già, ogni volta faceva fuoco e fiamme.”
“Non si era anche messa in ferie proprio quando l’archivio di Borsalino si era misteriosamente macchiato di muffa? Mi ricordo che aveva mandato anche una cartolina…”
“Quella dalle isole di Terme, giusto? E dire che con il frutto Wash-Wash avrebbe fatto in un attimo, invece, il neo-ammiraglio ci ha passato sopra almeno un mese e mezzo. Il suo primo mese e mezzo.”
“In realtà, ha lavorato solo la sua squadra.” Puntualizzò Garp. “L’ho trovato un po’ ingiusto, lui, da solo, avrebbe fatto prima.”
“Forse hai ragione,” Ammise Sengoku,“ma non era lo stesso periodo in cui il suo numero di lumacofono è stato scritto nei bagni di quelle taverne malfamate? Direi che a quell’epoca aveva già altre gatte da pelare.”
“Già, per fortuna che lui, il lumacofono, non lo usa quasi mai.” Commentò Garp.
“Sengoku, signore, ma quella del lumacofono non era una leggenda metropolitana?” Chiese Kuzan sconvolto, intromettendosi nel personale viale dei ricordi dei due ufficiali.
“Non lo è, ma tu non farne parola con nessuno. Qualcuno potrebbe pensare di ripetere lo scherzo.”
“E Borsalino butterebbe in mare un altro centinaio di lumacofoni.”
“La Marina non può più permettersi di sprecare soldi in questo modo!” Si disperò Sengoku, “dico, ma l’hai visto il bilancio di quest’anno? È una follia! E dire che gli basterebbe cambiare numero…. Ma Borsalino la tecnologia non l’ha davvero mai capita...”
Garp annuì comprensivo: “è un idiota.” Disse.
Poi cercò di cambiare argomento per risollevare il morale del suo vecchio collega crollato improvvisamente nell’oscuro mondo delle previsioni di bilancio: ”ti ricordi? Anche i tuoi primi sei mesi erano stati terribili!”
Sengoku lanciò al suo amico uno sguardo omicida.
Garp continuò come se niente fosse: “chiedeva la tua approvazione per ogni piccola cosa e...”
“È stato un periodo piuttosto stressante.” Taglio corto Sengoku, poi, riprendendo in un attimo la sua aria professionale, si congedò: “io e Garp,” disse, “abbiamo del lavoro da sbrigare.”
“Già mi devi proprio fare assaggiare quel tuo nuovo tipo di tè che..” Cominciò Garp, ma si fermò incenerito dall’occhiataccia del suo collega.
“Sì, va bè, noi andiamo a lavorare, eh? Ancora complimenti per la promozione!” Si corresse Garp con nonchalance, salutando Aokiji con un’allegra pacca sulla spalla e avviandosi verso il suo ufficio.
Il viceammiraglio, Kuzan, invece, rimase fermo dov’era, agghiacciato: l’idea di affrontare il nonnismo di un marine così famigerato come Tsuru, la Grande Tattica, non gli piaceva per niente. In fondo, non ci teneva così tanto a quella carica: sarebbe stata solo un’altra immensa faticaccia.
 
Garp e Sengoku raggiunsero l’ufficio del viceammiraglio e si accomodarono sulle rispettive poltrone.
“Non avremo esagerato?” chiese Garp, mentre armeggiava con il bollitore.
Sengoku si strinse nelle spalle. “Se la caverà.” Rispose. “Passami quel tè.”

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Capitolo 13
*** Questa promozione non s'ha da fare (parte 2) ***


Questa promozione non s'ha da fare: la resa dei conti.
 
“Viceammiraglio Tsuru non posso accettare questa promozione.”
“E perché no, Kuzan? Te la meriti.”
Tsuru aveva trovato il marine addormentato davanti al suo ufficio e quando lo aveva gentilmente svegliato, quelle erano state le prime parole che aveva pronunciato.
“Ma viceammiraglio! Lei ha il mio stesso grado da molto più tempo di me e..”
“Stai forse dicendo che sono vecchia, Aokiji?” Lo freddò lei.
“No.” Si affrettò a rispondere il marine, deglutendo a disagio sotto lo sguardo d’acciaio della donna. “Cioè, io non volevo offenderla, signora, ma lei è… molto più esperta di me e tutti sanno quanto vale, perciò penso che questa carica dovrebbero assegnarla a lei e non a me.”
“Tu sei portato per fare l’ammiraglio, Kuzan. La Marina ha bisogno di menti fresche e la tua lo è. In tutti i sensi.”
“Ma signora, non è giusto!”
“Sei intelligente.” Gli rispose con tono neutro. “Lo sai che è una questione d’immagine: i pirati hanno più paura di uomo giovane, forte e con un Rogia che di una donna con un Paramisha.”
“Non è giusto, signora, lei sarebbe un ammiraglio perfetto.”
Tsuru si strinse nelle spalle: “invece la Marina ha scelto te.”
“E poi signora si rende conto che sarà una grande rottura di scatole occuparsi di tutto quel lavoro…?”
“Kuzan, smetti di fare il bambino e accetta quella promozione.”
Aokiji scosse il capo e sospirò: “non sono sicuro che ce la farò.”
“Te la caverai benissimo.”                                                                                           
“Ma forse…”
“Ho mai sbagliato una previsione?”
“No, signora, ma…”
“Kuzan, non è da te impiegare tutta questa energia per fare qualcosa.”
Il viceammiraglio sorrise appena. “Ha ragione, signora, mi scusi. Solo che…”
“Non si scusi, ammiraglio, e complimenti per la promozione.” Disse Tsuru esibendosi in un perfetto saluto militare. “Eseguirò con piacere i suoi ordini quando verrà il momento.”
                                               
Quel giorno Aokiji uscì dall’ufficio del viceammiraglio Tsuru stranamente rinfrancato, la Grande Tattica, invece, si sedette alla scrivania con un insolito sorriso sul volto.
Anche questa volta la carica di ammiraglio non era stata assegnata a lei.
 
Garp e Sengoku avevano appena perso l’ennesima scommessa.




Note (che mi ero dimenticata di aggiungere): ciò che hanno detto Garp e Sengoku era la verità o solo un modo subdolo per spaventare Aokiji e vincere la scommessa? Ai posteri l'ardua sentenza.

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Capitolo 14
*** Questioni personali ***


La prima cosa che Garp vide quando si svegliò nel letto dell’infermeria fu Tsuru: la donna, che sedeva tranquilla in un angolo della stanza, gli fece una smorfia di saluto e disse solo “era ora.”
“Quanto ho dormito?” si limitò a chiedere lui.
“Due giorni.”
“La tua è un’ossessione Garp.” Gracchiò la voce di Sengoku dal letto accanto al suo.
“Sciocchezze.”
“E ti porterà alla tomba”
“Nessuno mi porterà alla tomba tantomeno quella canaglia di Roger. Io devo diventare come minimo viceammiraglio.”
“Se continui così ci arriverai con qualche arto in meno.”
“Mi farò impiantare un arto-robot.”
“Si può sapere perché ce l’hai tanto con lui?” Chiese Tsuru, interrompendo il battibecco.
“Roger è pericoloso! Se non lo prendiamo subito ci creerà un sacco di problemi.” Rispose Garp, guardando i colleghi con supponenza.
“Tra piantagrane ci si riconosce subito, eh?” Sogghignò la donna dal suo angolo. Il marine si strinse nelle spalle e disse solo: “Vedrai se non ho ragione.”
“In ogni caso, non puoi continuare ad ignorare gli ordini dei tuoi superiori ogni volta che quella canaglia si fa viva sul campo di battaglia. Che ne sarà della tua carriera?”
“Io sono un marine e i marine catturano i pirati, perciò andrà tutto bene.”
“I marine eseguono anche gli ordini. È questo che li distingue dai pirati.”
“Oh, non lo sai, Tsuru? Quello si chiama lodevole spirito d’iniziativa!”
Il broncio di Garp aumentò sensibilmente: "Quel pirata ce l'ha con me, lo so."
“No, Garp, è solo un pirata e tu sei un marine. Non ne fare una questione personale; anche perchè poi ci andiamo di mezzo noi.” Gli suggerì il collega, stizzito.
“Ha ragione, smettila." Gli diede manforte Tsuru. "Ti riduci sempre peggio e se non fosse stato per Sengoku questa volta saresti morto.”
“Ma non l'ho fatto, no? Sono ancora vivo quindi va tutto bene!” Sghignazzò Garp. ”E per di più lui non è messo tanto meglio di me,” aggiunse, soddisfatto, “perciò per un po’ non dovremmo preoccuparci dei pirati di Gol D. Roger e del suo capitano.”
“Peccato che neanche la Marina potrà contare su Garp, il Pugno.” Lo freddò Sengoku. “E neanche su Sengoku il Budda, visto come mi sono ridotto per tirarti fuori dai guai.”
“Oh bè, dai, non sarà una grande perdita.”
                                                                                                                 …….
 
“Devi smetterla di attaccare briga con quel Marine, Roger.” Disse Rayleight non appena il suo capitano aprì gli occhi.
“Non ti fa bene alla salute.” Commentò il medico di bordo.
“E attira un sacco di guai.” Rincarò la dose il vicecapitano.
“È lui che si mette sempre in mezzo.” Borbottò Roger, cercando di alzarsi dal letto dell’infermeria con scarsi risultati.
“Tu, però, lo provochi.” Disse Ray, sorridendo e schiacciando il suo capitano sul materasso per impedirgli di muoversi.
“Sì, ma io sono un pirata.” Si accigliò Roger. “Fa parte della mia natura.”
“Questo non vuol dire che non puoi usare il cervello.” Diede manforte il dottore, “e adesso stai fermo”, aggiunse, “ti si riapriranno le ferite”
“Quello stupido ce l’ha con me.” S’imbronciò il capitano, immobilizzandosi.
“È un marine Roger.” Spiegò il vice, esasperato, “un marine. Ti è chiaro il concetto? Sta facendo solo il suo dovere, non è una questione personale!”
“Infatti!” Esclamò il medico, “smettila di provocarlo, che poi, ogni volta, ti riduci in condizioni pietose e a me toccano le notti insonni per ricucirti.”
“Oh dovreste vedere come io ho ridotto lui, questa volta!” Gongolò Roger, in risposta “Per un po’ quella scimmia di Garp non ci darà più nessun fastidio!”
“Pezzo d’idiota, per un po’ non potrai fare niente neppure tu!” Lo azzittì Ray, assestandogli un gran pugno. “E neppure io ad essere onesti: hai visto come mi sono ridotto per salvarti il culo?”
Il torace del vice-capitano, infatti, era ricoperto da una grande fasciatura, ma nonostante ciò l’uomo era ben saldo sulle gambe. “Se non fosse stato per Ray a quest’ora saresti a fare compagnia ai pesci.” Chiarì il dottore.
“Bè per fortuna che su di lui si può sempre contare!” Disse Roger rivolgendo ai presenti un gran sorriso.







Note. Come al solito ogni critica, suggerimento, commento è ben accetto. Ricordo che Gol D. Roger ha completato la rotta maggiore in pochissimo tempo, ma dal momento in cui si è imbarcato (nel flashback con Ray) al momento in cui è diventato il Re dei Pirati sono passati degli anni, perciò questa storia è ambientata da qualche parte nella rotta maggiore. Ci tenevo a dire che Sengoku è sdraiato su un letto non perchè sta peggio di Ray, ma perchè lui è quel tipo di marine che segue i protocolli.

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Capitolo 15
*** Non svegliare il can che dorme ***


La nave pirata doppiò il promontorio all’improvviso e in un attimo fu il panico.
Chi, tra i cittadini, era stato tanto fortunato da accorgersi del pericolo con qualche minuto di vantaggio fu ucciso dalle cannonate, mentre, urlando, risaliva di corsa i vicoli del porto per mettersi al riparo. Gli altri lo scoprirono troppo tardi, quando ormai gli spari e le urla risuonavano anche nelle vie principali.
Le strade furono invase da una folla terrorizzata guidata solamente dall’istinto di sopravvivenza e dimentica di qualsiasi pietà. I pirati, da parte loro, erano uno sciame spietato di cavallette che faceva a pezzi qualsiasi cosa con la determinazione di chi vuole vedere il mondo bruciare.
Una campana iniziò a suonare freneticamente il segnale d’allarme, un grosso incendio divampò nella zona commerciale della città, la guardia cittadina fu spazzata via mentre tentava un’inutile resistenza.
 
Sengoku stava facendo colazione quando udì il suono delle prime cannonate. Di scatto si alzò in piedi e uscì dal bar: all’orizzonte s’intravedevano nuvole di fumo e nell’aria c’era il tipico odore di polvere da sparo.
Il marine si voltò con sicurezza verso gli altri avventori: “la vostra isola è stata attaccata dai pirati.” Disse. “Io sono un comandante della Marina e vi proteggerò. Dirigetevi verso est, sulle colline, e dite agli altri di fare lo stesso. Non andate verso il porto per nessun motivo.”
“Signore, io… Avrà bisogno d’aiuto!” Si propose un ragazzo.
“Organizza delle squadre. Muovetevi in coppia, date l’allarme a tutta la città e avvertite la Marina. Questo è l’unico aiuto che potete darmi. Non affrontate i pirati. Non voglio che dei civili rischino le loro vite: questo è compito nostro.”

Garp si svegliò sussultando al suono dei cannoni e rischiò di far capovolgere la scialuppa: la lenza della sua canna da pesca era tesa e sobbalzava segno che qualcosa si era finalmente deciso ad abboccare.
“Che tempismo di merda.” Pensò, imprecando sonoramente. Poi, dopo un ultimo sguardo nostalgico alla sua barchetta, alla sua attrezzatura da pesca e al suo cesto da pic-nic, si gettò in mare e si diresse verso la nave pirata a grandi bracciate.
 
Tsuru lasciò cadere i sacchetti che teneva in mano e sfrecciò tra i corridoi del centro commerciale. Per molti era stato solo un suono attutito, ma non per lei: non potevi militare in marina a lungo senza imparare a riconoscerlo. Scavalcò il bancone della reception con un salto e si appropriò del microfono: “qui è il comandante della marina Tsuru che vi parla.” Annunciò. “Tutti i civili si avviino verso l’uscita di emergenza più vicina e si dirigano verso le colline a est. Ripeto, tutti i civili si dirigano verso le colline a est. L’isola è sotto attacco, ma la marina ha tutto sotto controllo.”
Poi spense il microfono e si rivolse a un commesso sgomento: “Tu,” disse, “Avete una guardia cittadina su quest’isola?”
“S…sì” Balbettò l’uomo.
“Portamici. Dobbiamo organizzare un contrattacco.”
 
Sengoku atterrò il pirata con un pugno prima che potesse anche solo pensare di colpirlo e continuò a correre, fronteggiando le restanti canaglie che avevano fatto irruzione in quel vicolo: “Facciamo in fretta, feccia,” disse, “ho diverse strade da ripulire.”
“Come farai? Lascerai che la uccida?” Esclamò uno di loro, strattonando una giovane donna.
“Soru.” Il marine sparì e riapparve un attimo dopo di fronte lui. “Tekkai.” Disse, facendo a pezzi, a mani nude, la spada puntata alla gola dell’ostaggio. “Shigan”, sussurrò, spazzando via il pirata senza la minima esitazione.
Altri due criminali si fecero avanti e, se con il primo il marine ebbe vita facile, il secondo si rivelò un osso più duro e Sengoku cadde sotto i suoi colpi, rotolando lontano, contro un muro, cercando di evitare il peggio. Ancora stordito, il marine cercò di rialzarsi mentre l’altro già lo sovrastava con la spada in pugno. All'improvviso, il pirata si accasciò a terra con la gola squarciata. Sopra di lui svettava la donna, l’ostaggio, che stringeva convulsamente il moncone insanguinato di una spada.
 
Garp si arrampicò sulla catena dell’ancora e sfondò uno dei boccaporti con un pugno. Approfittando della confusione creata da quell’improvvisa esplosione di legno e schegge, si appropriò di un paio di palle di cannone e ruggì: “Chi vuole essere il primo?” Poi iniziò a distruggere la nave.
 
“Non dovreste prendervela con qualcuno più debole di voi, non ve l’ha insegnato la mamma?”
Quando i pirati si resero conto che la voce che aveva interrotto il loro massacro apparteneva a una giovane donna fasciata in un vestito azzurro, interruppero la carneficina e le si fecero incontro, minacciosi, urlandole volgarità come scimmioni arrapati.
“Voi!” ordinò lei, imperturbabile, ad alcuni degli uomini della guardia che erano ancora coscienti. “Qui non siete d’aiuto. Prendete i vostri compagni e allontanatevi verso sud-est. Veloci!”
“Ma sentila come da ordini, la signorina!” Berciò uno dei criminali. “Non la trovate spiritosa, ragazzi?”
Tsuru impugnò una pistola e fece fuoco. Caddero tre uomini, prima che i pirati riuscissero a reagire, ma quando lo fecero, la donna era pronta: si spostò dalla linea di tiro nemica e corse loro incontro, riuscendo a metterne fuori combattimento altri quattro grazie al potere del suo frutto del diavolo. Poi la donna divenne il centro mobile di una massa confusa di uomini armati: schivava fendenti, proiettili, pugni, calci e cercava di restituirli con gli interessi.
 
Qualcuno la colpì e cadde, ma prima ancora che il pirata potesse ferirla di nuovo e, questa volta, più gravemente, fu spazzato via da un’immensa mano dorata.
Tsuru ne approfittò per appropriarsi di un fucile e guadagnare una posizione più riparata: “Ti copro le spalle.” Disse. “Falli a pezzi.”
Un gigante dorato annuì alla sua esortazione e fece in modo che nessuno dei pirati ancora in piedi riuscisse più a rialzarsi.
“Tutto bene?” Chiese, poi, alla donna, tornando alle sue dimensioni consuete.
“È l’ultima volta che indosso un vestito.”
“Non ti sta male.”
“Mi limita i movimenti ed è fin troppo facile da afferrare. Qual è la situazione in città?”
“Ai cittadini è stato dato l’ordine di evacuare e l’avanguardia dei pirati è stata bloccata. Garp è a bordo, vero?” Chiese, pensieroso, “Non l’ho visto in giro.”
La donna si limitò ad indicare con un cenno del capo le nuvole di fumo che si alzavano dalla nave e l’albero maestro che vibrava pericolosamente per la forza dei colpi. ”Hanno interrotto la sua mattinata di pesca.”
“Raggiungiamolo.” Ordinò Sengoku e i due si affrettarono verso la nave.
 
 
L’assalto pirata fu sedato definitivamente nel giro di sole tre ore.
D’altronde tutti i marine tendono ad essere un tantino irritabili, quando, durante i loro pochi e sudatissimi giorni di ferie, i criminali osano disturbarli.
Garp, Tsuru e Sengoku non facevano eccezione. 

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Capitolo 16
*** Mine vaganti ***


“Garp ha un talento speciale per creare mine vaganti.” Pensava Sengoku, mentre percorreva i corridoi della base in direzione del suo, quasi, ex ufficio.
In primo luogo c’era stato suo figlio, Dragon, il capo di una ribellione impegnata a destabilizzare il mondo intero.
Poi c’erano stati i suoi due nipoti, Ace e Rufy, pirati ambiziosi e imprevedibili, responsabili di molti dei suoi capelli bianchi.
Infine c’era stato quel Kobi, il suo allievo.
Un ragazzo educato, rispettoso e molto promettente, da quello che il grand’ammiraglio vagamente ricordava, ma, evidentemente, bastava passare cinque minuti in compagnia del viceammiraglio per assorbire la sua capacità di fare danni.
A volte Sengoku si chiedeva se dipendesse tutto da quella maledetta D. o se invece non fosse solo colpa di Garp e dei suoi discutibili metodi educativi.
O forse era il suo buon cuore che aveva la meglio su tutto il resto.
Non sapeva decidersi.
Non che, effettivamente, gli importasse davvero trovare una soluzione a questo suo dilemma.
Le sue erano solo le domande oziose di un uomo stanco e vecchio che nella vita ne aveva viste troppe.
 
Comunque, alla fine della guerra, aveva messo una buona parola per Kobi.
 
Lo stress della sua prima battaglia seria, il risveglio dell’haki della percezione, l’incontro con pirati leggendari e la sua giovane età non l’avevano di certo aiutato a mantenere il sangue freddo.
Diamine, l’infermeria era piena di marine più anziani di lui, con anni di esperienza alle spalle e una carriera di successo, che non avevano saputo mantenere il sangue freddo! Alcuni di loro avevano cercato addirittura di disertare durante la battaglia, mentre Kobi aveva combattuto fino all’ultimo.
Voleva dire molto per una recluta, soprattutto se era tra quelle che erano riuscite ad uscire vive da una carneficina come Marineford.
A giudicare dalla sua scheda personale, poi, Kobi era davvero una delle matricole più promettenti: un po’ come lo era stato lo stesso Kuzan, secoli prima. Un po’ come lo era stato Garp.
 
Inoltre, quel novellino ci aveva visto più lungo dello stesso Sengoku e di tutti gli ammiragli messi insieme: una Marina vincente, ma più debole del dovuto, non sarebbe potuta sopravvivere a lungo all’onda del cambiamento.
 
 
Perfino Akainu l’aveva capito, alla fine.
 
Sengoku sperava davvero che, salvare la carriera e la vita del ragazzo in cui Garp aveva riposto le sue ultime speranze di nonno e di marine, potesse in qualche modo attenuare la colpa di aver condannato a morte due dei suoi nipoti. 

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Capitolo 17
*** Una serata fuori ***


Ubriachi come due novellini alle prime armi: era così che Tsuru aveva trovato l’ex Grand’Ammiraglio della Marina, Sengoku, il Budda e l’ex viceammiraglio, Garp, L’Eroe.
Certo, se il nuovo grand’ammiraglio fosse stato Kuzan la cosa non sarebbe stata poi così grave: Aokiji avrebbe abbassato la mascherina sugli occhi e borbottato un “non ci vedo niente di male…” e l’intera faccenda sarebbe stata dimenticata in un attimo.
Purtroppo per loro, era Sakazuki a detenere il comando della Marina.
 
Le era bastato arrivare solo un paio d’ore in ritardo all’appuntamento (d’altronde lei non era in pensione) e i due stupidi vecchi erano già totalmente fuori controllo.
 
Perché, tutte le volte che voleva concedersi una serata  fuori, finiva sempre allo stesso modo?
 
Il vero problema, comunque, non era la sbronza (tutti i marine si ubriacano prima o poi) e nemmeno la loro fama (che non si sarebbe di certo scalfita per così poco), ma il fatto che, quando li aveva raggiunti, i due fossero impegnati a decidere quale fosse il migliore tra il Chirurgo della Morte e Cappello di Paglia.
Entrambi sostenevano con fin troppa veemenza (e con voce pericolosamente alta) il loro punto di vista: Il primo urlava che l’essere un medico in possesso del frutto Ope Ope rendesse suo nipote (con orrore di Tsuru, l’ex grand’ammiraglio aveva davvero pronunciato quella parola) perfetto. Il secondo, gridava che Rufy sarebbe diventato molto presto Re dei Pirati e che, in ogni caso, era responsabile dei capelli bianchi di Sengoku, perciò non c’era assolutamente storia, vinceva suo nipote dieci a zero.
A quel punto Sengoku aveva affermato che i suoi capelli bianchi non erano solo colpa di Capppello di Paglia, - e poi che c’entravano, tra l’altro?- e che finché Rufy non fosse diventato effettivamente il Re dei Pirati, il vincitore sarebbe rimasto Law.
Garp a quel punto aveva giocato sporco e aveva ricordato all’ex-grand’ammiraglio gli illustri natali di Rufy: con una parentela così, come poteva non avere successo?
 
Dopo aver steso entrambi gli ex alti ufficiali con un pugno, Tsuru si assicurò che baristi e avventori avrebbero mantenuto il più stretto riserbo sulla serata. Poi ordinò qualcosa di forte da bere e si accomodò al bancone.
 
Nel suo ufficio di Marineford il grand’ammiraglio Sakazuki fu percorso da uno spiacevole brivido di disagio e, come un fulmine a ciel sereno, ebbe la certezza che la sua vita sarebbe stata molto più semplice, se fosse rimasto un semplice ammiraglio.  
 
 
 
 
 
Note: un grandissimo grazie a Mariacee che secoli fa, commentando, mi ha ispirato questa storia! Finalmente sono riuscita pubblicarla.  
(mi spiace, ma solo da ubriaco Sengoku poteva dire una cosa del genere.)

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Capitolo 18
*** Prima della battaglia ***


C’era stata la riunione con i cinque astri di saggezza, poi il colloquio con Kong, l’incontro con i servizi segreti e le alte cariche del governo, la riunione con gli ammiragli e poi quella con i viceammiragli e gli ammiragli insieme e poi una lunga e sfiancante chiacchierata con Vegapunk e il suo reparto scientifico, senza contare i tanti piccoli colloqui informali che il grand’ammiraglio aveva tenuto nel suo ufficio, tra una cosa e l’altra.
Sengoku sapeva che preparare una guerra contro Barbabianca non era cosa da tutti i giorni, ma se gliel’avessero chiesto, il marine avrebbe giurato che non si aspettava di sprecare così tanto tempo in chiacchiere.
C’erano stati anche una pila immensa di rapporti da leggere, ordini da dare, compiti d’assegnare, senza contare gli imprevisti dell’ultimo secondo, le crisi di nervi e molto moltissimo caffè. Da tutto il mondo si radunavano nell’enorme calderone ribollente d’attività di Marineford i marine più capaci e i tecnici più abili: ogni reparto della Marina militare tirava fuori le sue armi migliori, si tirava a lucido e cercava di fare del suo meglio. Le navi approdavano e salpavano a ritmo forsennato: c’era l’evacuazione da organizzare, armi e materiali da trasportare, le provviste da accumulare. Tutto doveva essere fatto, se non nella massima segretezza, (d’altronde il mondo intero sapeva che la Marina aveva dichiarato guerra a Barbabianca), in relativa sicurezza e velecità.
Ma c’era qualcos’altro che non lo faceva dormire la notte. Un dubbio che non smetteva di rodere la sua mente di stratega: d'altronde, toccava a lui tener conto di tutte le variabili.
 
Avrebbe disertato? Si sarebbe schierato dalla parte dei pirati? Avrebbe ripudiato il suo titolo e tradito l’istituzione che lo chiamava Eroe?
Non lo sapeva.
Vedeva il dubbio, l’incertezza e il dolore scurire di giorno in giorno gli occhi del suo amico: lo sguardo si faceva sfuggente, la risata falsa e sembrava, d’un tratto, molto più vecchio del solito. 

Avrebbe rinunciato a ciò in cui aveva creduto per più di mezzo secolo? Alla giustizia, che avevano sempre protetto e ristabilito insieme da quando si conoscevano? Avrebbe tradito anche lui?
Non lo sapeva.
Garp era una vera e propria legenda tra i marine: per la sua forza, la sua lealtà, la sua dedizione, ma era altrettanto famoso per i suoi colpi di testa, per il suo poco rispetto di alcune regole e per il suo buon cuore.

E se lui stesso, Sengoku il Budda, doveva trattenersi, ogni volta, dallo squartare vivo Doflamingo, come poteva chiedere a Garp di non intervenire? Dopotutto era pur sempre un padre.




Volevo scusarmi con tutti voi lettori per essere letteralmente sparita in questi mesi, ho dovuto abbandonare la scrittura per un po' a causa di una serie di impegni a cui non potevo proprio sottrarmi. Non riuscirò più a pubblicare una storia a settimana e il tempo di pubblicazione si allungherà, ma finirò la raccolta di questo siatene sicuri. Scusate se vi ho fatto aspettare. :)

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Capitolo 19
*** Dopo la battaglia ***


Non erano stati ritrovati resti di un sottomarino nei fondali di Marineford.
La sua squadra aveva controllato e ricontrollato più volte e lei si fidava dei loro rilevamenti. Aveva addestrato tutte le sue marine personalmente.
Nessuno le aveva dato ufficialmente quel compito: Sengoku aveva altre priorità e così gli ammiragli, ma lei, un viceammiraglio qualunque, poteva permettersi di distaccare parte degli uomini sotto il suo comando per svolgere questo compito.
Conoscere le sorti della supernova che si era proclamata fratello del figlio di Gold Roger, aveva dimostrato di possedere l’Haki del Re e che aveva guadagnato il rispetto di Barbabianca era qualcosa che si sarebbe rivelato importante per decidere alcune delle prossime mosse dell’intera Marina.
O almeno, questa sarebbe stata la motivazione con cui avrebbe giustificato le sue azioni. Sapeva già che Sengoku non avrebbe protestato, Akainu avrebbe approvato, Aokiji sarebbe rimasto in silenzio, capendo, e Kizaru semplicemente non si sarebbe fatto domande.
 
Con un sorriso tirato Tsuru pensò che doveva aspettarselo: aveva visto migliaia di volte Garp in infermeria, ferito a morte, ma trionfante, dopo aver compiuto imprese che sembravano impossibili. Certi geni non potevano essere recessivi o i Monkey si sarebbero estinti da generazioni.
Cappello di Paglia era ancora vivo, glielo diceva l’istinto.
 
 
Rufy doveva essere ancora vivo.
Altrimenti del Garp che conosceva non sarebbe rimasto più nulla.

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Capitolo 20
*** Cosa ho trovato nel Mare Orientale? ***


Quella sera, all’incirca verso le nove, il viceammiraglio Garp era piombato nell’alloggio dei suoi giovani allievi e aveva gridato: ”Preparatevi! ci sarà da divertirsi!”
Un brivido di terrore aveva attraversato la schiena delle sue due reclute: l’ultima volta che il loro superiore aveva pronunciato quelle esatte parole si erano ritrovati in guai grossi: come avevano avuto modo di appurare in quei mesi, infatti, il senso del divertimento dell’Eroe della marina era spesso opinabile.
Avevano, perciò, provato debolmente a protestare adducendo come scusa lo studio, le esercitazioni pratiche e la sveglia antidiluviana.
Era stato tutto inutile: Garp li aveva totalmente ignorati e, quando finalmente avevano smesso di balbettare, li aveva afferrati per un braccio e trascinati con sé.


Quello che li aspettava era un pub, ma, fortunatamente, questa volta, sembrava frequentato per lo più da ufficiali della marina e non da pirati, loschi commercianti d’armi, criminali o mafiosi. Hermeppo e Kobi tirarono un sospiro di sollievo e iniziarono a guardarsi intorno divisi tra la curiosità e il timore reverenziale di chi incontra finalmente i propri idoli.
Garp si era fatto largo nella folla, aveva scambiato un paio di saluti con alcuni conoscenti e loro avevano seguito la sua scia, ben attenti a non perderlo di vista.
A un certo punto Garp si era fermato e gli aveva ordinato di non muoversi.
Poi si era diretto verso un tavolo ben preciso e aveva strillato: “Ehi! Indovinate cos’ho trovato nel Mare Orientale?”
I due marine che vi erano seduti, avevano interrotto la conversazione e si erano voltati all’unisono verso il viceammiraglio, scambiando con lui un gesto di saluto.
“Se è un altro di quegli intrugli che osi chiamare tè, sappi che non m’interessa assaggiarlo.” Aveva decretato l’uomo.
“Hai scoperto l’ingrediente segreto dei biscotti di Makino? Io e Sengoku avevamo scommesso che questa era la volta buona!”
 
“ma quelli sono….” Aveva balbettato Kobi, nel frattempo. “Il grand’ammiraglio Sengoku…”
“E il viceammiraglio Tsuru!” Aveva completato per lui Hermeppo.
“Non riesco a crederci! Comandano tutte le operazioni della marina dai tempi del Re dei Pirati!”
“E sono in bar a bere birra.”
“È incredibile! Se anche adesso un mostro marino facesse a pezzi questo posto, potrei morire felice!”
“No, Kobi che fai?” Si era spaventato Hermeppo, prendendo al volo il proprio compagno. “Riprenditi, non svenire! E poi con tutti questi ufficiali il mostro marino sarebbe morto in meno di un secondo.”
“È vero, hai ragione!” Aveva esclamato Kobi battendo il pugno sul palmo della sua mano: “non ci avevo pensato! Con quei tre, non potrebbe succederci mai niente di male!”


“No, no, non si tratta di un frutto del mare,” stava chiarendo Garp, “è qualcosa di molto più divertente! Venite qui!” Aveva ordinato, alla fine, con un sorriso a trentadue denti.
Entrambe le reclute si erano avvicinate di corsa ed erano scattate immediatamente sull’attenti.
“Signore?” Avevano detto, tremando d’eccitazione.
“I due ufficiali che vedete al tavolo sono il grand’ammiraglio Sengoku e il viceammiraglio Tsuru.”
“Lo sappiamo, signore. Voglio dire…” Si era corretto immediatamente Kobi, diventando più rosso di un pomodoro, “conoscervi è un grandissimo onore per noi.”
“Avete visto che bravi i miei ragazzi?” Aveva gongolato Garp. “Vi hanno riconosciuto, subito!”
“Sarebbe strano il contrario, non credi?” Aveva commentato il vice ammiraglio, sorseggiando la sua birra.
“Neanche tanto, se vengono dal Mare Orientale. È piuttosto isolato laggiù, vero, Garp?” Aveva rilanciato il grand’ammiraglio, facendo segno al collega di accomodarsi.
“Sì, è un posto piuttosto noioso. Per questo mi sono arruolato in marina!” Aveva ridacchiato il marine, sedendosi.
“Riposo.” Aveva ordinato Sengoku, notando che le due giovani reclute erano rimaste sull’attenti fino a  quel momento. “Sono i tuoi nuovi allievi? Aveva chiesto a Garp.
“Sì, ho deciso di addestrarli io. Sono molto promettenti.” Aveva risposto il viceammiraglio, riservando alle due matricole una pacca compiaciuta che li aveva mandati stesi dritti sul tavolo.
Tsuru, che aveva spostato la sua birra appena in tempo rivolse un’occhiata torva al collega.
“Se vogliono riuscire a sconfiggere i pirati veri, questo è il minimo che devono saper sopportare!” Aveva fatto spallucce, il responsabile.
“Allora racconta, com’è che invece di tornare con tuo nipote sei tornato con loro due?” Aveva chiesto Sengoku. “Non avevi deciso che, questa volta, lo avresti fatto arruolare in marina, volente o nolente?”
“L’ho mancato.” Si era imbronciato Garp. “Quel bamboccio aveva già lasciato l’isola quando sono arrivato io.”
“Mi dispiace, Garp.” Aveva commentato Tsuru.
“Scommetto che il suo nome non è nell’elenco dei nuovi cadetti.” Si era disperato Sengoku, portando una mano alla fronte per massaggiarsi le tempie.
 “Ha iniziato a fare il pirata, ma non appena lo trovo gliela faccio io una bella ramanzina. Altro che suo padre…”
“Perché ha incontrato anche suo padre?”
“Sembrerebbe di sì e quell’irresponsabile non gli ha detto nulla! Ma giuro che mi sentirà anche lui!”
“Garp evita.” Lo avvertì Sengoku, in tono neutro, prendendo un sorso della sua birra. “Non credo che servirebbe a qualcosa.”
“Comunque perché te li sei portati dietro? Pensavo fosse il tuo giorno libero.” Chiese Tsuru.
“Domani verranno a prendere da te lezioni di strategia. Volevo presentarteli, prima.”
“Pensavo fossero i tuoi, di allievi.”
“Esatto ed è per questo che la strategia gliela insegnerai tu. Sei più brava.”
“Devi ammettere, Tsuru, che ha ragione e forse in questo modo riusciremmo ad evitare danni collaterali, almeno questa volta.” Commentò Sengoku, mentre la donna alzava gli occhi al cielo e il viceammiraglio accennava una debole protesta.
“Presentatevi domani alle cinque del pomeriggio nel mio ufficio. E che sia l’ultima volta Garp.”
“Avete sentito ragazzi?” Si era entusiasmato, il loro superiore. “È fatta! Bene siccome domani sarà una giornata dura, è tempo che vi rechiate ai vostri dormitori, ormai si è fatto tardi!”
“Uscendo prendete pure qualcosa da bere e mettetelo sul mio conto.” Aveva aggiunto Sengoku.
“Che c’è?” Aveva chiesto con un mezzo sorriso alle loro facce sconvolte. “Offrire qualcosa da bere a due reclute come voi, non mi manderà certo in bancarotta.”
I tre erano rimasti a guardare i due ragazzini finché non erano usciti dal locale.
“Diventeranno due ottimi marine!” Aveva esclamato, orgoglioso, Garp.
“Speriamo che questa volta tu abbia ragione.” Aveva commentato Sengoku.


Note: Dopo mesi di assenza sono tornata. Scusate l'attesa e grazie a coloro che danno una possibilità alla mia raccolta.

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Capitolo 21
*** Il silenzio è d'oro ***


Rammentava alla perfezione i commenti e le battute volgari che l’avevano perseguitata da giovane.
Il senso d’umiliazione e lo sconforto crescevano di giorno in giorno perché sembravano non esistere mai parole abbastanza efficaci per fare tacere i suoi commilitoni: le voci continuavano a spargersi di base in base e, qualunque risultato ottenesse, qualunque merito le venisse attribuito per tutti era stato strappato con l’inganno di un paio di belle tette.
Crescendo, Tsuru aveva imparato a non dare peso a quelle insinuazioni e lasciare che per lei parlassero semplicemente i fatti. Inamovibile come la Linea Rossa, aveva costruito la sua carriera passo dopo passo, nonostante il suo sesso.
Nonostante gli idioti.
Garp e Sengoku, invece, non ci avevano mai fatto l’abitudine.

 
Quando Tsuru entrò nel locale e vide la faccia scura di Sengoku, capì immediatamente che l’argomento che suscitava le risate sguaiate del tavolo accanto era la stretta correlazione tra le sue presunte prestazioni sessuali e il suo grado nella Marina.
Quasi provò pietà per loro.
Quando sarebbero stati trasferiti in una delle basi peggiori del Nuovo Mondo avrebbero imparato presto che, per sopravvivere, bisogna saper tenere a freno la lingua.

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Capitolo 22
*** Insubordinazione ***


Garp afferrò uno spazzolone e affiancò Tsuru, in silenzio.
“Grazie.” Le disse.
“Per cosa? Per tenere pulita la base mentre gli uomini veri combattono?”
“Mm no. Per il suggerimento sul posizionamento di cannoni e fucilieri.”
“Quello che il commodoro ha definito la stronzata di una ragazzina che farebbe meglio a ad andare a ritoccarsi il trucco, invece che parlare di cose che il suo cervellino non concepisce?”
“Sì, quello.”
“Ha seguito i miei consigli, alla fine?”
“No. L’ho fatto io. Non ti conosco, ma so riconoscere una persona in gamba quando ne vedo una e così sono stato attento fin da subito: ho pensato che di troppa prudenza non è mai morto nessuno.”
“Non hai un grado più alto del mio.”
“Infatti, all’inizio, sono riuscito a tenere al sicuro solo i miei sottoposti, più o meno, ma ho un comandante di vascello accomodante e, sai, quando sei disperato ogni consiglio è un buon consiglio, perciò la mia nave è tra quelle che si è salvate.”
“E così Garp dal pugno facile ha dimostrato anche le sue capacità strategiche, complimenti. Sei venuto dirmi che grazie a me avrai una promozione?”
“No sono venuto a dirti che grazie a te sono ancora vivo e anche il mio capitano di vascello pensa la stessa cosa. Metterà una buona parola per te, se gli sarà possibile.”
“Perchè non ti sei preso il merito?”
“Mi conoscono: non sono certo un uomo di pensiero. Per di più non ho certo bisogno di sfruttare te per fare carriera. Un giorno il mio pugno sarà il più famoso della marina!”
“Ah sì? E vorresti scalare la gerarchia a suon di cazzotti?”
“Perché no? Garp, il pugno leggendario! Non suona bene?”
Tsuru si ritrovò, a suo malgrado, a ridacchiare.
“Ma Perché hai dato dell’idiota al comandante?” Chiese il Marine. “Non che non se lo meritasse, eh, visti i risultati, ma non sei il tipo da fare questo genere di colpi di testa.”
“Tu non mi conosci.”                                   
“Ti ho osservato.”
“Non uscirò con te, se è questo che vuoi chiedermi.”
“Ma che c'entra? Sei pazza? Sono io che non voglio uscire con te! Sei carina, ma non sei proprio il mio tipo!”
“Allora perché mi osservavi?”
“Ci deve essere per forza un motivo?”
“Sì.”
“Mi stai simpatica. Tutto qui.”
Tsuru sbuffò, scettica. "Allora mi dici perché l'hai fatto?" Tornò alla carica lui. "Perché dovrei? E comunque," aggiunse, "si può sapere perché mi stai dando una mano?”
“Perché il commodoro è un idiota e tu sei una Grande Tattica e poi così finisci prima e andiamo a bere qualcosa.”
“Visto che mi stai chiedendo di uscire?” Si indignò lei, “Siete tutti uguali in questa base!”
“Ehi! Io volevo offrire una birra alla stratega che mi ha salvato la vita, ma se vuoi puoi pagare tu, io non me la prendo mica!”

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Capitolo 23
*** Dressrosa ***


Dopo la sconfitta di Doflamingo e l’arrivo della Marina, quando ormai tutti gli ordini erano stati dati e i turni di guardia stabiliti, il vice-ammiraglio Tsuru raggiunse l’ispettore generale Sengoku sul molo.
L’uomo riposava schiena contro schiena con il suo gorilla, in un punto defilato della banchina: i piedi quasi a mollo nell’acqua, una bottiglia posata accanto a lui e un pacco di biscotti ancora chiuso in grembo.
 
“Non si beve in servizio, grand’ammiraglio.” Lo apostrofò lei, accomodandoglisi accanto.
“Non sono più grand’ammiraglio, Tsuru,- la vecchiaia ti fa male?- e non sono nemmeno in servizio. Ho staccato un’ora fa.”
Lei si strinse nelle spalle.
“Fammi dare qualche sorso, allora. Dobbiamo festeggiare.”
“Già, finalmente abbiamo catturato Doflamingo.”
“Meglio tardi che mai.”
“Sì, diciamo di sì.” Rispose, amaro, Sengoku.
“Hai lasciato andare il novellino, però.”
“Sono in pensione. Non spetta a me arrestare i criminali.”
Tsuru si limitò ad alzare un sopracciglio.
“È il bambino di Rocinante. Se le cose fossero andate diversamente, ora sarebbe un marine.”
“Parli proprio come Garp.” Lo avvertì lei, riappropriandosi della bottiglia lasciata incustodita.
“Si vede che sto invecchiando.”
“La Marina, non ha bisogno di un altro piantagrane.”
Sengoku rise di cuore: lo confortava sapere che, al mondo, c’era un’altra persona che sapeva chi fosse davvero Don Quijote Roncinante, suo figlio.

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Capitolo 24
*** Il tempo delle responsabilità ***


Sengoku scrutava le onde dalla balaustra della nave, apparentemente immune al vento freddo che sferzava il ponte.
“È un bel bambino.” Disse Garp, affiancandolo.
Sengoku lanciò uno sguardo alla porta della cabina in cui riposava Rocinante e non rispose.
“Ti si è affezionato.” Continuò.
“Dici?”
“Non ti perde di vista un attimo.”
“È circondato da sconosciuti e io sono l’unico viso noto.”
“L’unico adulto che lo ha trattata gentilmente negli ultimi mesi.”
Garp lo affermò senza enfasi, ma scoccando uno sguardo penetrante al collega. L’altro strinse forte il legno della balaustra tra le mani e fissó le onde più intensamente.
“Il dottore ha detto che è stato torturato, Garp” spiegò con tono monocorde. “A chi mai può venire in mente di fare qualcosa del genere a un bambino così piccolo? Non ha nemmeno dieci anni.”
“Sono stati i pirati?”
 “No, qualcuno dell’isola.”
“Le periferie sono posti difficili.”
“Lo so, Garp, lo so. Quante volte abbiamo visto di peggio? Solo che…”
“Questa volta ti importa.”
Sengoku si azzittì.
“Già questa volta m’importa, hai ragione.” Concesse.
 
“Vuoi tenerlo?”
“Cosa? Garp, come puoi dire una cosa del genere? Ti sei bevuto il cervello?”
“Non mi sembra una cattiva idea. Ti farebbe bene.”
“Garp, non so se te lo sei dimenticato, ma io sono un ufficiale della marina. Un alto ufficiale per la precisione. Passo metà della mia vita in ufficio e l’altra metà a dare la caccia ai pirati.”
“Bè dai ci sono sempre i giorni di riposo.”
Sengoku ignorò il suo sghignazzante collega e continuò come se niente fosse: “Come e quando potrei occuparmi di un bambino così piccolo? Soprattutto di uno come lui. Rocinante è traumatizzato, ha bisogno di qualcuno che lo segua e io non ne avrei il tempo. Finirei solo per peggiorare la situazione.”
Il sorriso dell’amico paradossalmente si allargò: “Idiozie, quando ti prendi un incarico lo porti sempre a termine alla perfezione.”
“Questo non è un incarico, Garp, è un bambino.”
“Anche Dragon lo è, ma se la cava piuttosto bene.”
“Tuo figlio è un caso a parte.”
“Oh d’accordo allora, come vuoi! Ma assicurati che finisca in un buon istituto, almeno.”
“Senza dubbio.” Rispose Sengoku, rilassandosi un poco.
“E vallo a trovare.”
“Sì, forse, io potrei…”
“Se dici che vai, poi devi farlo davvero.”
“Per chi mi hai preso, Garp?!”
“Per uno che lavora troppo.”
“Solo perché io…”
“E compragli un giocattolo.”
“Non ti sembra di esagerare?!”
“No. Resta un bambino anche se la sua città se ne era dimenticata.”
Un muscolo della mascella di Sengku si contrasse pericolosamente.
“Non voglio illuderlo. Se si affeziona a me sarà tutto ancora più difficile.”
“È tempo di mettere la testa a posto Sengoku!” Se la rise Garp, dandogli un’allegra pacca sulla spalla.
“Ma senti da che pulpito viene la predica!”
“E di prenderti le tue responsabilità!”
“Ma brutto idiota..!”
 “Quel bambino ha scelto te, Sengoku, ma, soprattutto,” Lo interruppe il collega, prima ancora che il collega avesse modo di replicare, “tu hai scelto lui. Certe cose non dipendono dalla logica.”



Mi scuso per l'infinità di tempo che ormai passa tra un capitolo e l'altro, ma vivere e studiare all'estero è un esperienza bellissima che, però, porta via un sacco di risorse e di tempo. Comunque sia, la raccoltà terminerà con la prossima storia, ma se mi verrà ancora in mente qualcosa potrei aggiungerlo qui o fare uno spin-off, avete qualche preferenza? Ora più che mai ho bisogno che mi facciate notare gli errori, imparare un'altra lingua nuoce gravemente alla salute della prima, ve lo assicuro.

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Capitolo 25
*** Marchio di fabbrica ***


Tsuru bussò discretamente alla porta dell’ufficio di Garp ed entrò senza aspettare risposta. L’uomo era chino su una pila di documenti su cui si accaniva con tutta la ferocia concessa a un uomo seduto, armato di sola penna.
 
“Vuoi un biscotto?” Chiese la donna.
“Cosa mi servirebbe un biscotto, adesso?” Sbuffò l’altro, seccato, lanciando un’occhiataccia alla marine seduta di fronte a lui.
“A me risollevano sempre l’umore. Soprattutto quelli del mare settentrionale.”
Garp tuffò svogliatamente la mano nel sacchetto che l’altra gli offriva e ne afferrò uno.
“Non male.” Sgranocchiò, spargendo briciole ovunque. “Ma quelli del mare Orientale sono migliori.”
Tsuru si strinse nelle spalle. “Troppo dolci per me.”
Garp pescò un altro biscotto dal pacchetto della collega e lo rosicchiò senza abbandonare il suo cipiglio.
“Sono sicura che qualunque sia il problema ci sia una soluzione.”
“Dragon è scappato di casa un’altra volta. L’unica soluzione possibile sarebbe legarlo al letto, ma mia moglie me l’ha proibito. Dice che sarebbe inumano.”
“Ah. È la trentatreesima, giusto?”
“State tenendo il conto?!”
“Certamente, se no come faremmo a scommetterci?”
“Ma che cosa vi dice il cervello?! Begli amici che siete a prendervi gioco delle mie sventure!”
Tsuru ridacchiò: “Kuzan mi deve dei soldi.”
“Quel ragazzino deve mettere la testa a posto.” S’infuriò Garp, soprassedendo alle insane abitudini dei suoi colleghi, “io alla sua età ero già arruolato da un pezzo!”
“Ed è stato circa allora che hai abbattuto la nave del commodoro Dago, esercitandoti con le palle di cannone.”
“Ero giovane, è stato un incidente.”
“Appunto.”
“È la stessa cosa che mi ha detto Sengoku, ma che ne può sapere lui? Ha un figlio perfetto!”
“Rocinante non è suo figlio, sicuramente non è perfetto e, di sicuro, non è ancora un adolescente. Poi, comunque, stavamo parlando della tua insana passione giovanile per le palle di cannone, non del protetto del vice-ammiraglio.”
“Comunque non capisco proprio perché vi ostiniate a negare l’evidenza: è ovvio che Rocinante sia figlio di Sengoku! Lo sta crescendo lui, che diamine!”
Tsuru alzò gli occhi al cielo. “Io rispetto le sue scelte.”
“Ma che scelte e scelte, Sengoku dovrebbe smettere di nascondersi dietro un dito ed essere felice con il suo ragazzo.”
“Garp, non siamo qui per parlare di questo.”
“Che poi quel maledetto testa d’afro ha pure tutte le fortune! Sai cosa vuole fare da grande Rocinante? Il marine! Me l’ha detto l’altro giorno.”
“Era questo di cui discutevate ieri pomeriggio, invece di lavorare?”
“Sì, certo, perché, - ti rendi conto?- lui ha un figlio che non fa mai niente di male, apposta, intendo, e ancora non si decide a dimostrargli tutto il suo affetto. Mentre Dragon neppure mi ascolta, anche se lo porto a pesca tutte le volte che posso.”
“Forse se tu evitassi di trattarlo come una delle tue reclute, non avrebbe tutta questa voglia di scappare.”
“Io non lo tratto come una delle mie reclute!”
“Tua moglie avrebbe qualcosa da ridire, in proposito.”
“Mia moglie si lamenta troppo! Se Dragon non diventa forte i pirati lo faranno fuori alla prima occasione, soprattutto se continua a scappare di casa da solo. Lo faccio per il suo bene.”
“Lo so, Garp, lo so, e, vedrai, lo capirà anche lui. Dragon è un ragazzo intelligente.”
“Beh ci sta mettendo troppo!”
”Sei troppo impaziente: dopotutto anche lui è un Monkey.“ lo consolò vagamente Tsuru.“Essere scapestrati è il vostro marchio di fabbrica.”
“Io sono un Marine! Un marine!” Ululò Garp. “Possibile che nessuno lo capisca!?”
“Una cosa non esclude l’altra. Persino Roger mi darebbe ragione!” Sghignazzò Tsuru.
“E tu fideresti di quella canaglia?”
“Non ho bisogno di lui, Garp, ti conosco da vent’anni.”



So di aver detto che la raccolta sarebbe finita qui, ma ci sono un'altro paio di storie che mi piacerebbe aggiungere e siccome mi sono ritrovata ad avere tempo, ecco, la raccolta continua! Fatemi sapere.

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Capitolo 26
*** Il sonno del giusto ***


C’era una volta una nave da guerra che attraversava la rotta maggiore per combattere i pirati, al suo interno c’erano tre marine: uno dormiva il sonno del giusto, l'altro, inquieto, vegliava, l’ultima dormiva un sonno agitato.

 
La marine tirò il cuscino al primo collega per farlo smettere di russare e lo colpì con precisione chirurgica, sul naso. Questi si alzò di scatto, battendo la testa sulla branda sopra la sua e facendo grugnire il soldato che ci si era appisolato.
Il secondo marine se la prese con la terza, perché faceva troppo baccano e così proprio non riusciva a dormire, dannazione! Quest'ultima domandò se non era piuttosto il rumore tonante che emetteva il naso del loro commilitone, a disturbarlo. "Almeno quello è regolare,” rispose lui “il tuo rivoltarti senza fine mi mette ansia."
 
"Se non mi fate dormire vi denuncio entrambi all'ufficiale superiore." proclamò Garp, che, senza neppure aprire gli occhi, si stava massaggiando il suo nuovo bernoccolo.


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Capitolo 27
*** Garp! ***


“Garp!”
L’urlo del grand’ammiraglio risuonò per tutto il corridoio, mentre l’uomo si dirigeva a passo di carica verso l’ufficio del viceammiraglio in questione; tutti gli ufficiali presenti s’immobilizzarono sul posto o si ritirarono, in fretta, nei loro uffici.
“Tuo nipote ne ha combinata un’altra delle sue!”
“Cosa? Quale dei due?”
“Quale dei due? Quale dei due!? Ma che razza di domande sono?” Sbraitò Sengoku in preda alla rabbia, piantando le mani sulla scrivania di Garp.
“Voglio sperare,” sussurrò, “che almeno uno dei due non possa combinare più niente. Non più di quanto abbia già fatto. Non lui.” Poi l’irritazione prese di nuovo il sopravvento e il grand’ammiraglio ricominciò ad urlare: “non sono passate neanche due settimane da quello che è successo a Thriller Bark! Due settimane! Ha combattuto contro un membro della Flotta dei Sette, ma perché non se la prende una dannata vacanza?”
Garp provò a interrompere il superiore con una battuta spiritosa, -probabilmente qualcosa che aveva a che fare con la vecchiaia di Sengoku e la forza fisica dei Monkey- ma l’altro troncò le sue intenzioni sul nascere: “Almeno, l’altra volta,” sussurrò il marine, rendendo il suo tono di voce affilato come una lama, ”ci ha messo molto di più a tornare sotto i riflettori.”
“Ma che è successo?”
“Ha rapito tre Draghi Celesti alla casa d’asta delle Sabaody. Non. Era. Mai. Successo. Prima.” Sillabò infuriato. “E tutto questo mentre la guerra contro Barbabianca sta per scoppiare! Ma io ti averto, Garp, ti avverto, io non lo voglio più tra i piedi! Non mi interessa se è tuo nipote: l’intera Marina ha altro a cui pensare che alle idiozie di un novellino. Non voglio neanche immaginare,” aggiunse, “che cosa potrebbe fare durante la guerra. Prevenzione, Garp! Ci vuole prevenzione!”
“Sta’ tranquillo, Sengoku,” Cercò di rassicurarlo Garp,“Rufy non legge i giornali: scoprirà tutto solo a fatto compiuto. Dì un po’,”chiese con un sorriso orgoglioso, “è proprio vispo il mio nipotino, eh?”

Il grand’ammiraglio gli rivolse lo sguardo che, da sempre, faceva tremare qualsiasi uomo sotto il suo comando, riducendolo a una pappetta balbettante; il viceammiraglio ridacchiò e gli porse una tazza di tè. Sengoku l’accettò sdegnosamente.
Mentre si sorbiva l’ennesima ramanzina del suo superiore, Garp non poté fare a meno di sentirsi molto dispiaciuto per il suo collega: il Re Oscuro era stato avvistato nella stessa casa d’aste di Rufy e, molto probabilmente, prima della fine della giornata, lui e suo nipote si sarebbero alleati.
Questo voleva dire che Sengoku avrebbe avuto un sacco di gatte da pelare e che suo nipote se la sarebbe cavata di nuovo.
Ma cosa ci poteva fare, lui? Era tutta colpa di quel cappello: attirava più guai di una calamita.

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Capitolo 28
*** Ufficio ***


Era ormai un mese che l’Eroe della Marina non metteva più il naso nell’ufficio del Budda e l’intero Quartier Generale si domandava oziosamente il perché.
Garp era lì ogni volta che Sengoku riceveva una notizia importante, ogni volta che prendeva una decisione fondamentale, ogni volta che aveva bisogno di un secondo parere e, tutto ciò, ovviamente, non era sempre opera del caso.
Comunque sia, tutti avevano notato come Sengoku il Budda fosse sottilmente più irritabile del solito e alcuni mormoravano che la colpa del suo cattivo umore fosse principalmente da imputare alla mancanza del supporto morale del suo vecchio commilitone (e dei suoi ottimi biscotti).
Probabilmente, solo Tsuru sapeva la verità, ma si guardava bene da rivelarla a chicchessia, limitandosi a sorridere sotto i baffi.
Un mese prima, in un’unica estenuante giornata, quattro ufficiali, tre sottoufficiali, due vice ammiragli e Akoiji, avevano cercato, inutilmente, il vice ammiraglio in questione nel ufficio di Sengoku.
Il grand’ammiraglio non aveva per niente gradito di essere stato degradato a segretario personale del maledetto Eroe della Marina, così aveva bandito il suo vecchio commilitone dal suo ufficio.

Almeno temporaneamente.

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Capitolo 29
*** Miss e Mister Smith ***


Al bancone di un locale di classe, una donna in abiti eleganti attende il suo tavolo, ma viene approcciata, con la più classica delle scuse possibili, da un affascinante sconosciuto con un bizzarro taglio di capelli.
 
“Non ci siamo già visti da qualche parte?”
“Potrei farti la stessa domanda, lo sai?” Risponde lei, che sembra stare al gioco.
“Immagino che sia stato il destino a riunirci qui.” Ammette lui, suadente.
“Il destino è ad ore 3...?”
L'uomo lancia uno sguardo quasi distratto in quella direzione, dove una coppietta si sta accomodando a uno dei tavoli migliori e annuisce.
“Unendo le forze attireremo meno attenzioni indesiderate e nessuno tenterà di rimorchiarti, facendoti togliere gli occhi dal bersaglio.” Bisbiglia, poi.
“I tuoi bellissimi occhi” aggiunge, un po' più forte, per restare nel ruolo.
“Se proprio non vuoi dare nell'occhio, inizia ad offrirmi da bere.”
“Dove sono finiti i tuoi principi?” Finge di scandalizzarsi lui. “Da quando accetti da bere da un marine?”
“Le operazioni sotto copertura vanno prese seriamente: bisogna sapersi calare nel ruolo assegnato.” Risponde, con un ombra di sorriso sul volto. “Lo dice anche il manuale.”
”E cosa ne penserà il sergente Moon di questo? Non ha preso molto bene il tuo rifiuto.”
“Non mi interessa la sua opinione. Il sergente Moon aveva un secondo fine fin troppo evidente.”
“T.. Molti lo hanno, quando offrono da bere.”
“Anche tu?” Lo provoca lei.
“Io ho molta più classe di così.”
 
Ora i due tacciono e guardano assorti il cameriere che prende le ordinazioni dal tavolo incriminato: malgrado i suoi sforzi, non riesce a contenere a dovere l’irruenza del giovane fidanzato che, dai gesti, sembra voler ordinare tutto il locale.
 
“Secondo me, il nostro uomo prende a pugni qualcuno prima della fine della serata.” Rompe il silenzio l’uomo con i capelli afro.
“Scommettiamo?”
“50 berry che lo fa prima delle 22.23.”
 
I due alzano i bicchieri, si guardano negli occhi e brindano, suggellando scommessa e alleanza.



Note. Non sto implicando nessun tipo di romanticismo semplicemente i due si prendono abilmente per i fondelli mentre spiano garp e la sua futura moglie. Insomma ordinaria amministrazione. Per quanto riguarda il bancone: in alcuni film americani mi è capitato di vedere dei ristoranti che hanno anche un bar interno dove si può aspettare che si liberino dei posti veri e propri e intanto bere qualcosa, Sengoku e Tsuru sono in un locale del genere. E per essere precisi fino in fondo il titolo è lo stesso di un film piuttosto famoso e la storia vi si ispira liberamente.

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Capitolo 30
*** Empatia ***


Quante volte abbiamo visto di peggio?
Le periferie dei quattro mari sono un pessimo posto in cui vivere, questo è sicuro, e non è neppure la prima volta che incontriamo uno dei bambini che ha avuto la sfortuna di crescerci.
 
Oggi, però, non è solo routine.
 
Lo capisco dal modo in cui gli occhi del mio commilitone tornano ciclicamente verso la porta dell’infermeria, dove un marmocchio denutrito sta ricevendo la prima visita medica della sua vita. Lo intuisco dalla rabbia silenziosa che gli fa tremare le mani quando ascolta la diagnosi del medico e scopre, ad uno ad uno, gli abusi che ha subito il suo protetto.
Nel suo sguardo leggo distintamente che, se potesse, farebbe volentieri a pezzi l’isola e tutti i suoi abitanti un’altra volta, ma è Sengoku Il Budda e non farà pazzie: non abbatterà neppure uno degli edifici pericolanti di questa città fantasma per sfogare la sua frustrazione. Si limiterà ad afferrare la balaustra della mia nave con più forza, facendo scricchiolare il legno.
 
Succede spesso che compassione ed empatia ti facciano dubitare del simbolo sotto il quale hai scelto di servire, anche se è un dato che si preferisce ignorare.
Spero che a Sengoku spetti un destino diverso, perché non è solo un ottimo marine, ma è anche l’amico con cui ho condiviso pericoli e aspirazioni da quando mi sono arruolato. In questo momento, però, riconosco in lui il padre che sono, rivedo nei suoi occhi il mio stesso violento desiderio di protezione e non lo biasimerò se, questa volta, non sceglierà la carriera.
Anche per questo, mi avvicino e lo consolo.



Note. Potete considerarlo un prequel di "Tempo di responsabilità", se volete, di fatto è ciò che accade (almeno nella mia fantasia) poco prima del dialogo tra Sengoku e Garp, il punto di vista è ovviamente di quest'ultimo. Salvo improvvise ispirazioni questa è la penultima storia..
Alla prossima..

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Capitolo 31
*** Voci ***


Trattenere Tsuru era un lavoro complicato: era un marine altamente addestrato, tanto per iniziare, e poi era furiosa come una iena -e questo non aiutava affatto- senza voler contare il fatto che Garp non volesse farle realmente male, non troppo, almeno.
 
Il motivo della rabbia di Tsuru erano, ovviamente, le voci che giravano da qualche mese in tutto il Quartier Generale e, come il marine sospettava, ben oltre di esso.
Quelle erano le dicerie gli avevano fatto più volte maledire il genio tattico di Sengoku e l’autismo sentimentale che ne derivava. Era innegabile, infatti, che fosse tutta opera sua: anche se nessuno avrebbe mai potuto provarlo, Garp non aveva bisogno di prove per riconoscere il tocco dell’amico e, a quanto pareva, neppure Tsuru.
Senza contare che tutta la storia sulle Kuja della Marina era troppo ben orchestrata per essere solo opera del caso.
 
Non appena le voci lo avevano raggiunto Garp aveva imprecato sonoramente per venti minuti e invertito la rotta, lui, infatti, al contrario del suo collega si rendeva perfettamente conto del costo umano che quei pettegolezzi avrebbero avuto. C’erano cose che non andavano fatte, a volte, anche se tatticamente erano ineccepibili.
 
“È fuori servizio! Lasciami entrare in quel cazzo di bar!”
“No! Assolutamente no!”
“Te lo ordino.”
“Non dire idiozie, Tsuru, che ne sarà della tua carriera?”
“Grazie a quell’idiota è finita per sempre. Per questo deve pagare.”
“L’ha fatto per aiutarti, lo sai.” Garp lo ripetè per l’ennesima volta, nutrendo ben poche speranze di essere ascoltato. Per tutta risposta, Tsuru gli morse un braccio.
 
“Che sta succedendo?”
 
La voce ebbe la notevole capacità di mettere fine ai tentativi della collega di mozzargli un arto e di questo Garp ne fu infinitamente grato, ma il sollievo durò poco. Sengoku era appena uscito dal bar con quell’aria eroica che hanno gli ufficiali molto competenti che si mettono a compiere il loro dovere perfino nelle poche ore di libertà che riescono a raggranellare.
Garp lo maledì internamente, ma allo stesso tempo non poté fare a meno di compatirlo: non sapeva cosa stava per piombargli addosso.
 
“Io ti ammazzo!” Sbraitò Tsuru, rompendo il temporaneo silenzio.
“Sei un deficiente, Sengoku!” Grugnì Garp, di nuovo impegnato in una lotta impari.
“Hai screditato le mie truppe!”
“Sei un coglione, io l’ho sempre detto!”
“Che c’è? Non reggi il peso di qualche pettegolezzo?”
“Ma che razza d’idiota!” Esclamò Garp, prendendosi un deciso calcio negli stinchi da un’amica che, ora più che mai, era decisa a stendere il suo avversario anche senza l’aiuto del suo frutto del diavolo.
“Non c’è niente di falso: siete donne e siete forti, qual è il tuo problema?”
 
Garp sospettò che Sengoku lo sapesse fin troppo bene: Tsuru aveva reso chiaro da molto tempo cosa ne pensasse delle dicerie, soprattutto se giravano sul suo conto.
 
“Ci hai dato dei criminali! Ci hai fatto diventare un cazzo di sogno erotico!”
“Queste voci sarebbero uscite comunque, tanto valeva sfruttarle a proprio vantaggio!”
“Siamo diventate una barzelletta.” Sillabò lei.
 
Il fatto che la rabbia di Tsuru si stesse lentamente raffreddando, fece temere Garp per l’immediato futuro del suo collega che si prospettava cupo e pieno di cose affilate, ma il suo dispiacere non durò che un attimo: le gomitate nello stomaco hanno come effetto collaterale quello di ammazzare qualsiasi pietà e lui ne aveva prese fin troppe.
 
“Ho impedito agli ispettori militari di renderti la vita un inferno e di essere messa sotto accusa da un tribunale militare, stupida testarda!” Si difese lui.
“Non sto facendo niente di contrario al regolamento militare ed i marine del mio seguito sono tutti ottimi elementi.”
“Le marine” si lasciò scappare Garp, prendendosi all’istante una dolorosissima testata sul naso.
“Tsuru, tu non vuoi davvero metterti contro chi spulcia i regolamenti per mestiere, dammi retta. Io li conosco bene.”
“Perché sei un maledetto secchione” sbuffò Garp tra sé e sé.
“Tu metterai in giro voci contrarie.”
“Impossibile.”
“Tu mi farai assegnare la missione Orso Polare.”
“È fuori discussione.”
“Questa non è una discussione, infatti.”
“Sei impazzita? Nessuno può portarla a termine: serve solo a screditare gli ufficiali teste calde!”
“Io lo farò in due mesi.” Dichiarò, lei, mettendo fine alle trattative e Garp, capita l’antifona, lasciò andare la marine e la guardò dirigersi a passo di carica dentro al bar.
Zoppicando accanto ad un Sengoku piuttosto alterato il marine gli poggiò una mano sulla spalla e disse: “Amico ’sta volta te la sei proprio cercata.”
 


Dopo tre mesi d’intensa guerra fredda -e, quando due strateghi si confrontano, novanta giorni possono essere davvero un’infinità- Sengoku ricevette un biglietto: “Lo sai che glielo devi. G.”. Il marine capitolò e assegnò la famigerata missione tra mille maledizioni.
 
Tsuru riuscì ad conseguirvi il minor insuccesso militare della storia della Marina.






Ebbene sì, siamo giunti alla fine di questa lunghissima (almeno per me) raccolta. Mi dispiace siano passati un paio di mesi dall'ultimo aggiornamento, ma questa storia non mi convinceva mai e non riuscivo a trovare abbastanza tempo per rivederla come si deve.
Giusto per specificare un paio di punti: in questa storia Sengoku ha un grado più alto di Garp e Tsuru e per quanto riguarda quest'ultima non riesco proprio ad immaginarmela a restare sempre calma in ogni situazione soprattutto se è qualcosa che la colpisce così da vicino. Ah mio nonno diceva sempre che chi va a dividere due che si picchiano alla fine se ne prende sempre di più. Io ho solo tratto le dovute conclusioni. Garp, umanamente parlando, me lo immagino come quello più bravo a comprendere le persone immediatamente.
Grazie a tutti di avermi seguito fin qui.
Udeis

 

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